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  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO di FORLÌ Seconda Sottosezione CIVILE Il Tribunale, nella persona del Giudice dott.ssa Giorgia Sartoni ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 3771/2020 promossa da: (...) (C.F.(...) con il patrocinio dell'avv.(...) elettivamente domiciliato in VIA (...) 47121 FORLÌ, presso il difensore avv.(...) ATTORE contro (...), con il patrocinio dell'avv.(...) elettivamente domiciliato in VIA (...) 47100 FORLÌ, presso il difensore avv.(...) CONVENUTO CONCISA ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE Con ricorso ai sensi dell'art. 702 bis c.p.c. ritualmente notificato,(...) conveniva in giudizio innanzi al Tribunale di Forlì (...) al fine di ottenere, per le ragione evidenziate nel ricorso e qui solo sinteticamente riportate, l'accoglimento delle proprie domande ovvero di disporre il trasferimento in proprio favore della proprietà dell'immobile sito in F., via (...) (meglio identificato catastalmente in atti), ai sensi dell'art. 2932 c.c., con provvedimento sostitutivo di rogito ed avente efficacia traslativa tra le parti, accertando che nulla è dovuto dalla stessa parte ricorrente a parte resistente (...) in quanto il prezzo del trasferimento immobiliare è compensato con il diritto di (...) ad ottenere da (...) il rimborso della somma a questa fornita per l'acquisto dell'immobile in questione; conseguentemente, di ordinare al Conservatore dei Registri Immobiliari di Forlì-Cesena di procedere alla relativa trascrizione; in ogni caso con vittoria delle spese di lite. In particolare, parte ricorrente ricostruiva la vicenda fattuale occorsa e dava atto di aver dato vita, insieme alla moglie, ad un tipico schema negoziale di interposizione reale di persona, in relazione alla compravendita dell'immobile sito in F., via (...) Nello specifico, parte ricorrente (...) deduceva che, in data 6.03.2012, (...) acquistava da terzi, previa dichiarazione di saper leggere e scrivere in lingua italiana, dietro versamento del prezzo di Euro 250.000,00 - pagato mediante due assegni circolari non trasferibili -, la piena proprietà dell'immobile sopra identificato e che, contestualmente alla sottoscrizione di tale atto notarile di compravendita, i coniugi sottoscrivevano sempre presso lo studio del Notaio una scrittura privata con la quale pattuivano e dichiaravano che: a) il prezzo per l'acquisto di detto immobile era stato pagato interamente da (...) e che lo stesso veniva intestato a (...) per motivi personali, ma che la proprietà doveva intendersi di (...) b)(...) si obbligava a trasferire la piena proprietà dell'immobile acquistato con provvista del marito, a semplice richiesta di (...) senza aver diritto ad alcun compenso, in quanto il prezzo del trasferimento era compensato con il diritto di (...) al rimborso della somma fornita per l'acquisto della porzione immobiliare; c) (...) si obbligava a non vendere e a non costituire diritti reali di godimento o di garanzia sull'immobile senza il preventivo consenso scritto di (...) d) in caso di alienazione dell'immobile,(...) si obbligava a versare (...) il prezzo ricavato dalla vendita. Parte ricorrente deduceva, altresì, che (...) in pendenza di matrimonio, non aveva mai svolto alcuna attività lavorativa ed era priva di risparmi personali. Da ultimo,(...) dava atto di essersi separato consensualmente dalla moglie avanti al Tribunale di Forlì con provvedimento di omologa del 20.04.2017 e di risiedere nell'immobile sopra descritto, in virtù di contratto di comodato sottoscritto in data 1.03.2017, contestualmente alla sottoscrizione del ricorso congiunto di separazione. Pertanto e ciò premesso, parte ricorrente deduceva il proprio pieno dritto ad ottenere una sentenza costituiva, produttiva degli effetti del contratto non concluso ex art. 2932 c.c., stante l'indisponibilità di parte resistente (...) a trasferire volontariamente la proprietà dell'immobile in questione in favore di (...) reale proprietario. Con comparsa di costituzione e risposta depositata in data 3.09.2021, si costituiva (...) che, preliminarmente, ricostruiva i rapporti intercorsi tra le odierne parti e, contestando le avverse allegazioni e deduzioni, deduceva l'infondatezza della pretesa avversaria. Parte resistente disconosceva la conformità della copia prodotta rispetto all'originale, nonché ai sensi dell'art. 214 c.p.c. l'autenticità della sottoscrizione apposta sulla scrittura privata sub documento n. 3 prodotto da parte ricorrente, eccependo che il segno grafico non è riconducibile a (...) In particolare, parte resistente dava atto di aver acquistato l'immobile in questione, antistante a quello coniugale, in modo da garantirsi la vicinanza ai figli, deducendo l'insussistenza di alcuna prova che l'importo prelevato da (...) dal proprio conto corrente - corrispondente al valore dell'immobile acquistato da (...) - sia confluito a favore di che legittimamente acquistava con le proprie disponibilità l'immobile oggetto di causa. Parte resistente eccepiva, altresì, la nullità della scrittura privata prodotta da controparte, stante la mancanza del requisito essenziale della causa ai sensi dell'art. 1418 c.c. della pretesa obbligazione di trasferire la proprietà dell'immobile acquistato a semplice richiesta di (...) Per tali ragioni,(...) domandava la l'eiezione delle domande avanzate nei propri confronti, in quanto infondate in fatto ed in diritto, comunque con declaratoria di nullità, invalidità ed inefficacia della scrittura privata sopra citata e, conseguentemente, delle obbligazioni da essa derivanti; in ogni caso con vittoria delle spese di lite. All'udienza del 16.09.2021, i difensori delle parti si riportavano ai rispettivi atti introduttivi, contestando quelli della controparte ed insistendo per l'accoglimento delle conclusioni ivi contenute; il giudice, visto l'art. 702 ter, comma 3, c.p.c. disponeva il mutamento del rito da sommario e ordinario e, come da richiesta congiunta dei difensori delle parti, assegnava alle stesse i termini di cui all'art.183 comma 6, numeri 1, 2 e 3 c.p.c.. Le parti, poi, provvedevano al deposito delle rispettive memorie istruttorie. Con ordinanza del 23.02.2022, a scioglimento della riserva assunta all'udienza svoltasi in pari data - unicamente con modalità di trattazione cartolare ai sensi dell'art. 83, comma 7, lett. h) di. n. 18/2020, come disposto con decreto del 12.01.2022 -, ammetteva la consulenza tecnica d'ufficio richiesta da parte (...) e nominava consulente tecnico di ufficio la dott.ssa(...) All'udienza del 31.03.2022, il consulente tecnico d'ufficio nominato prestava il giuramento di rito e accettava l'incarico e, con decreto del 11.04.2022, il giudice, su istanza del consulente tecnico d'ufficio nominato, autorizzava il posticipato inizio delle operazioni peritali e confermava l'udienza per verificare l'esito dell'espletanda consulenza tecnica d'ufficio grafologica. In data 17.08.2022, il consulente tecnico d'ufficio depositava la consulenza grafologica. All'udienza del 20.10.2022, svoltasi mediante collegamento da remoto in videoconferenza teams ai sensi dell'art. 83, comma 7, lett. f, D.L. n. 18 del 2020, come disposto con decreto del 12.10.2022, il giudice, ritenuta la consulenza tecnica d'ufficio esaustiva ai fini del decidere, vista la richiesta congiunta dei difensori delle parti e ritenuta, dunque, la causa matura per la decisione, fissava per la precisazione delle conclusioni l'udienza del 8.03.2023, dando atto della necessità, conformemente al piano di gestione dell'arretrato, di dare prioritaria definizione ai procedimenti di più risalente iscrizione al ruolo, nonché a quelli di cui all'art. 43 comma 4,l. fall.. All'udienza in presenza del 9.03.2023, come disposto con decreto di rinvio motivato del 9.02.2023, le parti precisavano le rispettive conclusioni e il giudice tratteneva la causa in decisione, assegnando i termini di cui all'art. 190, comma 2, c.p.c., ovvero termine ridotto a giorni quaranta per il deposito delle comparse conclusionali ed ulteriore termine di giorni venti perii deposito delle memorie di replica, che venivano poi depositate dalle parti. Le domande attoree proposte da (...) nei confronti di (...) sono fondate e, dunque, devono trovare accoglimento per le ragioni di cui alla seguente motivazione. 1. Preliminarmente e prima di passare all'analisi del merito, anche tenendo conto delle eccezioni sollevate nel corso del giudizio da parte convenuta, al fine di fornire una completa valutazione della vicenda e delle questioni sottoposte all'attenzione del giudice, si rendono necessarie alcune considerazioni sia in fatto che in diritto. 1.1 Innanzitutto e per completezza espositiva, si rileva che parte attrice ha documentato di aver instaurato, prima della proposizione della domanda giudiziale, procedimento di mediazione ex D.Lgs. n. 28 del 4 marzo 2010 - in ogni caso non obbligatoria ai sensi dell'art. 5, comma 1 bis, D.Lgs. n. 28 del 2010, in quanto l'azione diretta all'esecuzione in forma specifica dell'obbligazione di trasferire la proprietà di un immobile ai sensi dell'art. 2932 c.c., non ha natura reale, bensì personale (cfr. Cass. n. 1233 del 27.01.2012) - conclusosi con esito negativo (cfr. doc. nn. 6 e 7 parte attrice). Inoltre, si rende necessario sin d'ora dichiarare l'ammissibilità delle produzioni documentali sub doc. A, B e C effettuate da parte attrice, solo in allegato alla comparsa conclusionale depositata in data 17.04.2023, in quanto i primi due documenti risultano di formazione sopravvenuta ed in ogni caso tese a dimostrare la sussistenza della condizione dell'azione di adempimento in forma specifica dell'obbligo di contrarre, che deve sussistere al momento della decisione, mentre i terzo integra una pronuncia giurisprudenziale, sempre producibili in giudizio, in ragione del fatto che i generali principi codicistici della domanda, dispositivo e di corrispondenza tra chiesto e pronunciato artt. 99 e 112 c.p.c. attengono ai fatti costitutivi della domanda e non già alla qualificazione giuridica della stessa. 1.2 Sempre in via preliminare e con riferimento alla documentazione che parte attrice pone a fondamento della propria domanda giudiziale, risulta imprescindibile l'accertamento tecnico condotto dal consulente d'ufficio grafologo nominato nel presente giudizio in merito all'autenticità o meno della sottoscrizione apposta a penna presente in calce alla scrittura privata datata "Forlì 6 marzo 2012", con la quale, tra le altre cose, debitamente indicata con le rispettive generalità nell'intestazione del documento redatto a macchina, ha manifestato la propria volontà nei seguenti termini: "(...) La signora (...) si obbliga a trasferire la piena proprietà dell'immobile sopra descritto al signor (...) a sua semplice richiesta, senza aver diritto ad alcun compenso, in quanto il prezzo del trasferimento è compensato con il diritto del signor (...) al rimborso della somma fornita per l'acquisto della porzione immobiliare (...)" (cfr. doc. n. 3 parte attrice). Un tale documento è, infatti, stato oggetto di formale e tempestivo disconoscimento ad opera di parte convenuta sia sotto il profilo della conformità della copia fotostatica prodotta rispetto all'originale ex art. 2719 c.c. - eccezione superata dalla produzione in giudizio ad opera di parte attrice della scrittura privata in originale alla prima udienza di comparizione e trattazione del 16.09.2021 - sia sotto il profilo della non autografia della sottoscrizione ex art. 214 c.p.c., nonché di conseguente e rituale istanza di verificazione ai sensi dell'art. 216 c.p.c. ad opera di parte attrice. In questa sede occorre, innanzitutto, ribadire la riscontrata assoluta necessità di introdurre un tale accertamento tecnico in corso di causa, stante la specifica contestazione mossa da parte convenuta in ordine alla presunta falsità di una tale sottoscrizione, nonché considerate le contrastanti e diverse ricostruzioni fattuali proposte dalle parti. Alla luce delle risultanze dell'espletata consulenza grafologica depositata in data 17.08.2022 e degli atti di causa, non sussistono dubbi circa l'autenticità della sottoscrizione contenuta in calce alla scrittura privata datata "Forlì, 6 marzo 2012" e la riconducibilità della stessa all'autografia di (...) con ciò risultando nel tutto smentite le allegazioni assertive proposte sul punto dall'odierna parte convenuta. In particolare, la consulenza tecnica d'ufficio espletata - che in questa sede si deve intendere integralmente richiamata per quanto attiene ai profili tecnici esaminati ed applicati -, ha accertato che "nella firma in verifica il gesto è pienamente automatizzato e lo sviluppo chiarisce come la scrivente pensi al concetto da esprimere e non ai gesti necessari per tracciarlo, il risultato è l'integrazione dinamica dei vari movimenti che ne determina schiettezza e credibilità" e che "in ragione delle corrispondenze evidenziate nel confronto, fondato su parametri grafici portanti della dinamica scritturale, quali Pressione, Gesto grafico e Gesto fuggitivo, valutando il fenomeno grafico per mezzo di una dimostrazione rigorosa ed oggettività, è tecnicamente possibile asserire che la firma disconosciuta appartenga alla personalità grafica della signora (...) con ducendo approfondite analisi, anche mediante saggio grafico e analisi di scritture di plurime comparazione, in ordine a tutte le peculiarità identificative del tratto e della gestualità del soggetto interessato. Si deve osservare, peraltro, che il consulente tecnico d'ufficio ha risposto al quesito affidato, compitamente ed organicamente, utilizzando anche plurimi documenti e scritture autografe di comparazione presenti in atti, nonché confermando e ulteriormente motivando le risultanze delle proprie valutazioni tecniche a seguito delle osservazioni ricevute da entrambi i consulenti tecnici di parte (cfr. consulenza tecnica d'ufficio pagg. da 23 a 26). hi conclusione e accertata, dunque, la paternità e l'autenticità della sottoscrizione apposta in calce alla scrittura privata datata "Forlì, 6 marzo 2012" da (...) indubbia è la piena utilizzabilità del documento offerto in comunicazione da parte attrice sub doc. n. 3 e, quindi, la legittimazione passiva in capo all'odierna parte convenuta in relazione alla presente azione giudiziale propostada (...) 1.3 Ancora in via preliminare, risulta, altresì, opportuna una sintetica ricostruzione della disciplina relativa alla specifica domanda formulata da parte attrice ovvero di accertamento dell'inadempimento di parte convenuta in relazione all'obbligazione di "trasferire la piena proprietà dell'immobile sopra descritto al signor (...) sua semplice richiesta, senza aver diritto ad alcun compenso, in quanto il prezzo del trasferimento è compensato con il diritto del signor (...) al rimborso della somma fornita per l'acquisto della porzione immobiliare (...)" (cfr. doc. n. 3 parte attrice) e di pronuncia costitutiva reperimento della proprietà ai sensi dell'art. 2932, comma 2, c.c. dell'immobile per cui è causa. Innanzitutto, a tal proposito, si evidenzia come l'azione di esecuzione specifica dell'obbligo di concludere un contratto ex art. 2932 c.c. tende ad una pronuncia costitutiva che mira a procurare il trasferimento del bene di proprietà del promittente alienante inadempiente al promittente acquirente, purché quest'ultimo sia e risulti adempiente alle proprie obbligazioni contrattuali, di fatto producendo gli effetti che sarebbero stati propri del contratto definitivo qualora fosse stato stipulato. Si ricorda, in particolare, come l'azione ex art. 2932 c.c. abbia natura personale e non reale e sia diretta a far valere un diritto di obbligazione nascente da un accordo contrattuale, al fine di conseguire una pronuncia che disponga il trasferimento del bene di pertinenza del promittente alienante e, pertanto, la stessa può essere esperita esclusivamente nei confronti di chi abbia assunto detta obbligazione. L'accoglimento della domanda di esecuzione in forma specifica dell'obbligo di concludere un contratto, avente per oggetto il trasferimento della proprietà di una cosa determinata, postula inoltre che, quando tale prestazione sia esigibile al momento della domanda giudiziale, l'attore esegua la propria prestazione o ne faccia offerta nei modi di legge. Quanto agli aspetti di possibilità e di non esclusione in base al titolo, si rileva che il primo comma dell'art. 2932 c.c., come noto, in generale a richiedere la sussistenza di tali requisiti. In particolare, quanto al primo requisito le ragioni di impossibilità possono essere sia di fatto che di diritto, mentre con riferimento all'esclusione in base al titolo, si ritiene che tale esclusione per essere efficace debba risultare espressamente dal titolo o comunque dall'univoca volontà delle parti che deve parimenti emergere in modo chiaro dal titolo negoziale. Inoltre, con specifico riferimento ad una specifica condizione dell'azione ai sensi dell'art. 2932 c.c., ci si limita a richiamare la massima giurisprudenziale in base alla quale "le indicazioni circa la c.d. conformità catastale oggettiva, ovvero l'identificazione catastale del bene, il riferimento alle planimetrie depositate in catasto, la dichiarazione o attestazione di conformità dei dati catastali e delle planimetrie allo stato di fatto, previste dall'art. 29, comma 1 bis, della L. n. 52 del 1985, aggiunto dall'art. 19, comma 14, del D.L. n. 78 del 2010 convertito, con modificazioni, dalla L. n. 122 del 2010, a pena di nullità del contratto di trasferimento immobiliare, devono sussistere, quali condizioni dell'azione, nel giudizio di trasferimento giudiziale della proprietà degli immobili mediante sentenza emessa ai sensi dell' articolo 2932 c.c., anche in relazione ai processi instaurati prima dell'entrata in vigore del D.L. n. 78 del 2010" (cfr. Cass. n. 20526 del 29.09.2020). 2. Tutto ciò doverosamente premesso e ricostruito, non vi è dubbio che la scrittura privata datata "Forlì, 6 marzo 2012", ed in precedenza già richiamata e riportata testualmente per quanto d'interesse (cfr. doc. n. 3 parte attrice), abbia forza di legge tra le parti contraenti (...) - all'epoca coniugi in regime di separazione dei beni (cfr. doc. n. 1 e 4 parte attrice e doc. n. 1 e 2 parte convenuta) - ai sensi dell'art. 1372 c.c. e produca i propri effetti giuridici nei confronti delle stesse, che si sono obbligate al loro rispetto in sede di stipulazione con l'apposizione di una propria sottoscrizione, qual e manifestazione di volontà. Pacifico in atti è poi che una tale scrittura privata è stata sottoscritta dalle odierne parti processuali sempre presso lo studio notarile ed immediatamente dopo alla stipulazione dell'atto pubblico di compravendita, a rogito del Notaio (...) con cui (...) ha acquistato l'immobile sito in F., via (...) dai venditori (...) e (...) previa dichiarazione di sapere e potere leggere e scrivere in lingua italiana, dietro contestuale versamento del prezzo convenuto pari ad Euro 250.000,00 pagato mediante due assegni circolari emessi entrambi dalla (...) agenzia di (...) rispettivamente n. (...) per Euro 198.030,62 e n. (...) per Euro 51.969,38, come emerge dalla lettura dell'atto notarile di compravendita prodotto (cfr. doc. nn. 2 e 13 parte attrice). 2.1 In primo luogo, quanto alla validità, non solo formale, bensì anche sostanziare della scrittura privata oggetto di causa e delle obbligazioni ivi assunte dai contraenti, le doglianze di invalidità e di inefficacia sollevate da parte convenuta non sono certamente accoglibili. Sotto un primo profilo di analisi, dagli atti del presente giudizio,(...) è soggetto senza dubbio da considerare dotato della capacità di agire ovvero di manifestare validamente e coscientemente la propria volontà nel compimento di atti giuridici, quale l'acquisto o l'esercizio di diritti e l'assunzione di obblighi, sin dall'epoca dei fatti oggetto di causa. L'odierna parte convenuta, infatti, alla data di sottoscrizione della scrittura privata in esame, risultava maggiorenne ed in ogni caso capace di leggere e scrivere in lingua italiana, come dalla stessa dichiarato in sede di stipulazione del contestuale atto notarile di compravendita del 6.03.2012 alla presenza del Notaio rogante (cfr. doc. n. 2 parte attrice) e implicitamente confermato dagli atti processuali relativi al procedimento di separazione prodotti in atti (cfr. doc. nn. 1 e 2 parte convenuta). Sotto un secondo profilo di analisi, l'eccepita nullità per mancanza di causa ex art. 1418 c.p.c., in quanto la pretesa obbligazione che sarebbe stata assunta da (...) di trasferire l'immobile sarebbe priva di qualsiasi giustificazione economico sociale stante la mancanza di prova di alcun pagamento da patte di (...) degli importi utilizzati per l'acquisto dell'immobile, risulta destituita di fondamento proprio alla luce della documentazione offerta in comunicazione. A tal proposito, infatti, ci si limita a ricordare che, come noto, l'art. 1322 c.c. sancisce il principio cardine in materia contrattuale dell'autonomia negoziale delle parti che, quindi, "possono liberamente determinare il contenuto del contratto nei limiti imposti dalla legge e dalle norme corporative" e che l'unico sostanziale prerequisito per l'esercizio di una tale libertà negoziale è la capacità di agire del soggetto contraente ovvero l'attitudine a compiere atti giuridici di cui all 'art. 2 c.c.. Per quanto di specifico interesse, si deve rilevare come ima tale generale autonomia negoziale sia in realtà composta da una pluralità di specifiche libertà riconosciute dall'ordinamento giuridico ai contraenti, quando con proprie libere manifestazioni di volontà dispongono di propri diritti disponibili: per un verso, la libertà di contrarre ovvero la libertà del contraente di scegliere se concludere o meno il contratto; per altro verso, la cd libertà di contrattare ovvero la libertà del contraente di scegliere quale contratto concludere, in base ai propri interessi negoziali, nonché tanto di scegliere se concludere contratti già tipizzati dall'ordinamento giuridico (anche con l'aggiunta di eventuali ed ulteriori specifiche clausole) o proprio contratti atipici / innominati, integralmente creati dalla manifestazione di volontà dei contraenti, "purché siano diretti a realizzare interessi meritevoli di tutela secondo l'ordinamento giuridico" ai sensi del secondo comma dell'art. 1322 c.c.. Ciò è senza dubbio avvenuto nel caso di specie in quanto la scrittura privata in oggetto integra un accordo contrattuale di carattere atipico e non simulato che è stato contrattato e contratto dalle parti negoziali, peraltro con la partecipazione e collaborazione di un professionista ovvero del Notaio rogante l'atto di compravendita immobiliare, senza che in atti siano emerse concrete evidenze di una coercizione della volontà dei soggetti liberamente intervenuti. Le parti contraenti, peraltro, lungi dal concludere un contratto privo di causa, hanno nei fatti voluto regolare i rispettivi rapporti economici, convenendo il trasferimento della proprietà dell'immobile da parte di (...) a favore di (...) non già a titolo gratuito, bensì verso restituzione - mediante compensazione volontaria di crediti reciproci ed omogenei - della somma di Euro 250.000,00 corrisposta a titolo di prezzo ai terzi venditori con consegna di due assegni circolari nn. (...) e (...), peraltro indicati a pag. 3 dell'atto notarile eh compravendita (cfr. doc. nn. 2 e 13 parte attrice). A quest'ultimo proposito, si deve altresì osservare che risulta totalmente priva di pregio la formalistica contestazione sollevata da parte convenuta in ordine alla mancanza di prova circa il fatto che la somma di Euro 250.000,00 prelevata dal conto corrente n. 1665 presso (...) intestato a parte attrice (cfr. documento n. 8 parte attrice) sia in qualche modo confluita a favore di (...) per l'acquisto dell'immobile di via (...) Per un verso, si rileva che una tale deduzione non integra in radice una contestazione specifica della circostanza fattuale del pagamento con somme di proprietà esclusive, di(...) del prezzo di acquisto da terzi dell'immobile, in quanto in linea con quanto affermato dalla consolidata giurisprudenza di legittimità "in materia di prova civile, la generica deduzione di assenza di prova senza negazione del fatto storico non è equiparabile alla specifica contestazione di cui all'art. 115 c.p.c." (cfr. Cass. n. 17889 de 27.08.2020). Per altro verso, in ogni caso, l'argomentazione di parte convenuta risulta del tutto smentita, sia in ragione della complessiva documentazione bancaria offerta in comunicazione (cfr. doc. nn. 8, 13 e 14 patte attrice), sia in ragione dell'espresso riconoscimento effettuato da (...) nell'ambito della scrittura privata datata "Forlì, 6 marzo 2012" per cui l'obbligazione di trasferire a richiesta la proprietà dell'immobile è stata assunta "senza aver diritto ad alcun compenso, in quanto il prezzo del trasferimento è compensato con il diritto del signor (...) al rimborso della somma fornita per l'acquisto della porzione immobiliare (... )" (cfr. doc. n. 3 parte attrice). Inoltre, per completezza espositiva, si deve altresì valorizzare la mancanza di specifica contestazione ad opera di parte convenuta della circostanza fattuale allegata da parte attrice in atto di citazione per cui (...)"in pendenza di matrimonio, non aveva mai svolto alcuna attività lavorativa ed era priva di significativi risparmi personali ", non avendo in ogni caso la stessa parte convenuta né allegato né tantomeno provato il contrario. 2.2 In secondo luogo, accertata l'autenticità della sottoscrizione apposta in calce alla scrittura privata datata "Forlì, 6 marzo 2012", nonché accertata la validità delle obbligazioni con la stessa assunte dalle parti contraenti, presupposto imprescindibile della presente decisione è l'integrale efficacia dell'accordo contrattuale concluso tra (...) e (...) (cfr. doc. n. 3 parte attrice), nel rispetto del generale principio dell'autonomia negoziale. Peraltro, alla luce dell'operazione immobiliare complessivamente posta in essere con riferimento all'immobile sito in F. via (...) e che ha interessato le odierne parti processuali, è necessario precisare che una tale scrittura privata è qualificabile come contratto unicamente bilaterale, idoneo ai fini della prova scritta dell'interposizione reale verificatasi e dotato di efficacia tra l'interponente (...) e l'interposto (...) Sul punto e per quanto di specifico interesse ai fini del decidere, ci si limita a ricordare che l'istituto della interposizione reale di persona, differenziandosi dall'azione di simulazione relativa e soggettiva del contratto per interposizione fittizia di persona, è uno schema negoziale in cui non esiste simulazione, in quanto il soggetto interposto, d'accordo con il soggetto interponente, conclude il contratto direttamente ed in nome proprio con il terzo, acquistando effettivamente i diritti nascenti dal contratto, salvo l'obbligo, derivante dai rapporti interni, di ritrasferire i diritti, in tal modo acquistati, all'interponente (cfr. Cass. n. 5457 del 14.03.2006 e Cass. n. 6451 del 18.05.2000). Inoltre, sempre in ordine ai principi generali che regolano la materia contrattuale, si rende necessario richiamare la portata del principio di relatività degli effetti del contratto, per cui "res inter alios (contr)acta tertio neque prodest neque nocet". Tale principio è sancito a ciliare lettere dall'art. 1372 c.c. ed è teso a limitare la produzione degli effetti del contratto tra le parti che hanno manifestato la propria volontà di concluderlo. Il contratto ha, infatti, sì forza di legge tra le parti ma non produce effetto rispetto ai terzi, salvi i casi previsti espressamente dalla legge. Anche la ratio di tale previsione risiede nel più generale principio dell'autonomia negoziale delle parti e della libertà di concludere il contratto, in base al quale, in assenza di una espressa manifestazione di volontà di partecipare agli effetti del contratto, questo non vincola in alcun modo un terzo. Proprio per tali ragioni, lo schema negoziale dell'interposizione reale di persona si caratterizza per la mancata conoscenza da parte del terzo, che conclude il contratto con il soggetto interposto, degli accordi intercorsi tra interponente ed interposto ovvero la mancata adesione ad essi, pur se dal terzo comunque conosciuti. Ciò è avvenuto nel caso di specie, in forza dell'interposizione reale di persona posta in essere nell'ambito dell'operazione di acquisto dai terzi venditori, (...) e (...) dell'immobile sito in F., via(...) Da un lato, infatti, l'interponente (...) ha di fatto conferito all'interposto (...)- che ha accettato mediante sottoscrizione della scrittura privata datata "Forlì, 6 marzo 2012", di cui ha condiviso il relativo contenuto obbligatorio - un mandato senza rappresentanza, incaricando l'allora moglie di stipulare per suo conto ma non in suo nome il contratto di compravendita immobiliare (cfr. doc. n. 2 parte attrice). Dall'altro, l'interposto (...) si è obbligato a "trasferire la piena proprietà dell'immobile sopra descritto al signor (...) a sua semplice richiesta, senza aver diritto ad alcun compenso" e ha espressamente riconosciuto che "il prezzo per l'acquisto dell'immobile è stato pagato interamente dal signor (...) come gli stessi riconoscono" e che "l'immobile è stato intestato alla signora (...) per motivi personali delle parti ma in realtà deve intendersi di proprietà del signor (...) (cfr. doc. n. 3 parte attrice). 3. Ciò puntualmente accertato, alla luce dell'interpretazione dell'accordo contrattuale tra l'interponente (...) e l'interposto (...) effettuata facendo applicazione dei generali criteri ermeneutici contenuti negli artt. 1362 e ss. c.c. - in primis, sulla base della "comune intenzione delle parti", da valutare anche in relazione al comportamento complessivo delle stesse - il promittente alienante (...) non può che considerarsi inadempiente in relazione alla mancata stipulazione del contratto definitivo di trasferimento proprietà dell'immobile a semplice richiesta di (...) senza aver diritto ad alcun compenso, non avendo peraltro la prima fornito, nell'ambito del presente giudizio di merito, adeguata prova di eventuali e circostanziati fatti estintivi, modificativi ed impeditivi dell'altrui legittima pretesa, in forza del generale principio dell'onere di specifica allegazione e della prova (cfr. già Cass. S.U. n. 13533 del 30.10.2001). Integralmente richiamate, dunque, le considerazioni già effettuate nel primo paragrafo di motivazione ed essendo sussistenti al momento della proposizione della presente azione giudiziale da parte di (...) i necessari requisiti di possibilità giuridica del trasferimento e di non espressa esclusione nel titolo azionato, la presente sentenza ha efficacia traslativa del diritto di proprietà sul bene immobile oggetto della scrittura privata datata "Forlì, 6 marzo 2012" ed è, quindi, produttiva degli effetti del contratto non concluso tra le parti, senza necessità di alcun ulteriore trasferimento di natura patrimoniale tra le stesse, in forza della compensazione prevista dalla volontà delle parti contraenti. Peraltro, occorre evidenziare come l'odierna parte attrice (...) attualmente detenga già materialmente il possesso dell'immobile in oggetto sulla base del contratto di comodato d'uso gratuito sottoscritto tra le parti in data 01.03.2017, in concomitanza con la separazione dei coniugi, e regolarmente registrato in data 20.03.2017 (cfr. doc n. 5 parte attrice). In ultima analisi, si rileva che, sulla base della complessiva documentazione offerta in comunicazione da parte attrice (cfr. doc. nn. 2, A e B parte attrice), può dirsi sussistente l'ulteriore condizione dell'azione proposta ex art. 2932 c.c. costituita dalla verifica della conformità catastale oggettiva che è stata possibile sulla base dei documenti urbanistici e catastali, delle relazioni tecniche e delle attestazioni presenti in atti e che dimostrano l'esistenza tanto delle necessarie menzioni catastali ai sensi dell'art. 29, comma 1 bis, della L. n. 52 del 1985, quanto di quelle edilizie ed urbanistiche (cfr. Cass. n. 20526 del 29.09.2020, nonché Cass. n. 12654 del 25.06.2020). 4. Infine, le spese di lite seguono la soccombenza e vengono liquidate, come indicato in dispositivo, nei valori medi in ogni fase, in ragione del valore della controversia ai fini dell'applicazione degli scaglioni previsti dal D.M. n. 55 del 2014. In questa sede si provvede anche sulla domanda attorea di rimborso dei costi e delle spese legali relativi alla documentata instaurazione in via stragiudiziale del procedimento di mediazione tra le parti, propedeutica alla proposizione della domanda giudiziale. Ai sensi dell'art. 2, comma 2, D.M. n. 55 del 2014 oltre al compenso e alle spese generali, la parte vittoriosa ha altresì diritto al rimborso delle spese sostenute debitamente documentate in atti. La condanna alle spese processuali, a norma dell'art. 91 c.p.c., ha il suo fondamento nell'esigenza di evitare una diminuzione patrimoniale alla parte che ha dovuto svolgere un'attività processuale per ottenere il riconoscimento e l'attuazione di un suo diritto e l'essenziale criterio rivelatore della soccombenza è l'aver dato causa al giudizio (cfr. Cass. n. 13498 del 29.05.2018). Nel caso di specie, con riferimento al presente procedimento di cognizione ordinaria non vi è dubbio in merito alla totale soccombenza di parte convenuta, come meglio chiarito in motivazione. 4.1 Parimenti i costi della consulenza tecnica d'ufficio sono definitivamente posti a carico di parte convenuta, che vi ha sostanzialmente dato causa in ragione del disconoscimento proposto e tenuto conto delle risultanze della stessa che ha confermato l'autenticità della sottoscrizione disconosciuta. 4.2 hi ultima analisi, nel caso di specie, stante l'integrale soccombenza di parte opponente, si configura altresì l'ipotesi di responsabilità aggravata di cui all'art. 96, comma 3, c.p.c., applicabile anche d'ufficio (cfr. Cass. n. 27326/2019), in tutti i casi di soccombenza della parte come "sanzione di carattere pubblicistico, autonoma ed indipendente rispetto alle ipotesi di responsabilità aggravata ex art. 96, commi 1 e 2, c.p.c. e con queste cumulabile, volta - con finalità deflattive del contenzioso - alla repressione dell'abuso dello strumento processuale; la sua applicazione, pertanto, non richiede, quale elemento costitutivo della fattispecie, il riscontro dell'elemento soggettivo del dolo o della colpa grave, bensì di una condotta oggettivamente valutabile alla stregua di "abuso del processo", quale l'aver agito o resistito pretestuosamente " (cfr. Cass. n. 27623 del 21.11.2017, Cass. n. 29812 del 18.11.2019 e più di recente Cass. n. 20018 del 24.09.2020). Inoltre, ci si limita a ricordare che "la condanna ex art. 96, comma 3, c.p.c. è volta a salvaguardare finalità pubblicistiche, correlate all 'esigenza di una sollecita ed efficace definizione dei giudizi, nonché interessi della parte vittoriosa ed a sanzionare la violazione dei doveri di lealtà e probità sanciti dall'art. 88 c.p.c., realizzata attraverso un vero e proprio abuso della "potestas agendi" con un 'utilizzazione del potere di promuovere la lite, di per sé legittimo, per fini diversi da quelli ai quali esso è preordinato, con conseguente produzione di effetti pregiudizievoli per la controparte. Ne consegue che la condanna, al pagamento della somma equitativamente determinata, non richiede nè la domanda di parte nè la prova del danno, essendo tuttavia necessario l'accertamento, in capo alla parte soccombente, della mala fede (consapevolezza dell'infondatezza della domanda) o della colpa grave (per carenza dell'ordinaria diligenza volta all'acquisizione di detta consapevolezza), venendo in considerazione, a titolo esemplificativo, la pretestuosità dell'iniziativa giudiziaria per contrarietà al diritto vivente ed alla giurisprudenza consolidata, la manifesta inconsistenza giuridica delle censure in sede di gravame ovvero la palese e strumentale infondatezza dei motivi di impugnazione" (cfr. Cass. S.U. n. 22405 del 13.09.2018). Si ritiene, infatti, che parte convenuta, costituendosi in giudizio, proponendo il disconoscimento sotto vari profili della scrittura privata, poi rivelatasi integralmente autentica, e contestando altresì la validità della stessa, facendo valere allegazioni manifestamente inconsistenti e prive di puntuali riscontri a sostegno, nonché sollevando eccezioni di carattere generico e contrastanti con orientamenti giurisprudenziali consolidati, abbia travalicato il legittimo esercizio del proprio diritto di difesa e abbia nei fatti abusato dello strumento processuale. Insomma, si rileva che parte opponente ha dato vita ad una forma anomala e pretestuosa di esercizio del diritto e ha tenuto una condotta processuale quantomeno colposamente gravatoria e caratterizzata da profili di un'inescusabile carenza di quel minimo di diligenza e perizia sufficiente ad avvedersi della palese infondatezza delle proprie pretese nel compimento delle attività processuali difensive. Si precisa, in aggiunta, che tale sanzione pecuniaria viene determinata in via equitativa dal giudice e, secondo la ormai costante giurisprudenza, si deve ancorare ad alcuni elementi oggettivi quali, ad esempio, il valore della causa e della controversia (cfr. Cass. n. 26435 del 20.11.2020) e/o il parametro del compenso defensionale liquidato in causa (cfr. ex multis Tribunale di Cuneo del 16.07.2020 e Tribunale di Verona del 10.06.2020). Alla luce di tali oggettivi parametri e delle specificità del caso di specie, appare equo liquidare una somma pari ad Euro 1.500,00 ovvero a circa un decimo delle spese di lite liquidate a titolo di compensi. P.Q.M. Il Tribunale, definitivamente pronunciando sulla causa che reca numero 3771/2020, ogni diversa istanza ed eccezione disattesa o assorbita, così dispone: 1. ACCOGLIE le domande attoree proposte da (...) per ragioni di cui in motivazione. 2. ACCERTA E DICHIARA l'autenticità della sottoscrizione apposta da parte di (...) in calce alla scrittura privata datata "Forlì, 6 marzo 2012" e la validità della stessa. 3. TRASFERISCE ai sensi dell'art. 2932 c.c. ed in esecuzione dell'obbligazione assunta da (...) di cui alla scrittura privata datata "Forlì, 6 marzo 2012", dal promittente alienante inadempiente, (...) in favore di parte attrice (...) la pena proprietà del seguente immobile sito in F., via (...) e così precisamente: ".Appartamento con ingresso indipendente distribuito sui piani terra, primo e secondo sottotetto, con annessi vano ad uso cantina con bagno e garage al piano interrato, due porzioni di corte esclusiva e posto auto scoperto al piano terra che costituiscono pertinenza dell'appartamento; confini dell'appartamento: corte comune, appartamenti di cui ai subalterni 9 e 11, salvo altri; confini della cantina e del garage nell'insieme: passaggio comune, garage di cui al sub. 7, cantina di pertinenza dell'appartamento di cui al sub. (...), salvo altri; confini del posto auto scoperto: corte comune da due lati, posto auto scoperto di cui al sub. (...), salvo altri. Il tutto riportato nel Catasto dei Fabbricati del Comune di F., in ditta (...) al foglio (...) Part.(...) sub.(...) IO, Via (...) piano S1-T-1-2, cat. (...), classe (...), vani 7, r.c. Euro 741,12 (appartamento, cantina e corti esclusive); Part. (...) sub.(...), (...) piano S1, cat. (...), classe (...), mq. 30, r.c. Euro 63,52 (garage); Parte.(...) sub.(...), Via del (...) piano T, cat. (...), classe (...), mq. 12, r.c. Euro 21,69- classamento proposto e validato (D.M. n. 701 del 1994) (posto auto scoperto), nonché la quota proporzionale di comproprietà delle parti comuni dell'edificio come per legge, per destinazione, per regolamento e per titoli, tra le quali si trovano: in ragione di 333 (trecentotrentatrè) millesimi complessivi, la corte, la rampa ed il passaggio comune distinti al Catasto dei Fabbricati del Comune di F., al foglio (...) part.(...) sub. (...), bene non censibile comune a tutti i subalterni; in ragione di 1/6 (un sesto) la strada privata che consente l'accesso al fabbricato da Via (...) distinta al Catasto dei Fabbricati del Comune di F., al foglio (...) part.(...) area urbana di mq. 142; la strada privata è distinta anche al Catasto Terreni del Comune di F., al foglio (...) part. (...) ente urbano di mq. 142. L'area di terreno coperta e scoperta su cui è costruito il fabbricato è distinta nel Catasto Terreni del Comune di F., alla partita 1, al foglio (...) part. (...) ente urbano di mq. 838. Sono esclusi dalle parti comuni del fabbricato i posti auto scoperti distinti con i subalterni (...), (...), (...) e (...) della part. (...). Quanto sopra nello stato di fatto e nella consistenza giuridica in cui si trova con ogni accessione, accessorio, dipendenza, pertinenza, diritto, azione, servitù attiva e passiva in atto e legalmente esistente, così come alla parte venditrice spettante per effetto dei titoli di provenienza e del legittimo possesso, ivi comprese le servitù di passaggio condutture interrate derivanti, per destinazione del padre di famiglia ai sensi dell'art. 1062 c.c., dal frazionamento del fabbricato in più unità immobiliari autonome, con obbligo dei singoli condomini di consentire l'accesso alle proprie unità immobiliari per ispezioni e manutenzioni delle condutture". 4. ACCERTA E DICHIARA che nulla è dovuto da parte di (...) in favore di (...) in relazione al trasferimento immobiliare di cui al precedente punto del dispositivo, in quanto il relativo pezzo è compensato con il diritto di (...) ad ottenere da (...) il rimborso della somma dal primo fornita per l 'acquisto dell'immobile, come risulta dalla scrittura privata datata "Follì, 6 marzo 2012". 5. ORDINA al Conservatore dei Registri Immobiliari competente ovvero all'Agenzia delle Entrate - Direzione Provinciale di Forlì - ufficio provinciale Territorio di voler eseguire la trascrizione della presente sentenza di accoglimento della domanda di esecuzione in forma specifica dell'obbligazione di trasferimento assunta nell'ambito della scrittura privata datata "Forlì, 6 marzo 2012"; domanda giudiziale già oggetto di trascrizione come da relativa nota del 14.04.2021 reg. generale n. 6661 e reg. particolare n. 4656. 6. CONDANNA parte convenuta (...) pagamento a favore di parte attrice (...) delle spese di lite del presente giudizio di merito, nonché relative all'instaurazione del procedimento di mediazione, che si liquidano complessivamente in Euro 15.111,00 per compensi; spese generali pari al quindici per cento della somma che immediatamente precede; spese specifiche pari ad Euro 1.324,03 per spese documentate di trascrizione delle domanda giudiziale, di notifica, contributo unificato e bolli; infine, IVA e CPA sull'imponibile come per legge. 7. CONDANNA, altresì, parte convenuta (...) al pagamento a favore di parte attrice (...) della somma di Euro 1.500,00, ai sensi dell'art. 96, comma 3, c.p.c.. 8. DISPONE che il costo di consulenza tecnica di ufficio sia posto definitivamente a calicò di parte convenuta (...) 9. DISPONE sin d'ora che la Cancelleria provveda alla restituzione a parte attrice dell'originale della scrittura privata datata "Forlì, 6 marzo 2012" custodito in cassaforte sub n. (...). Così deciso in Forlì il 10 maggio 2023. Depositata in Cancelleria il 12 maggio 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE DI FORLÌ in composizione monocratica in persona del giudice dott.ssa Valentina Vecchietti pronuncia SENTENZA nella causa civile di primo grado iscritta al n. 2042 del ruolo generale degli affari contenziosi dell'anno 2019 promossa da: (...) - Cod. Fisc. (...), elettivamente domiciliato in VIA (...) 47521 CESENA, presso lo studio dell'avv. PA.RA., rappresentato e difeso dall'avv. PA.RA. (C.F. (...)) ATTORE nei confronti di (...) SPA - Cod. Fisc. (...), elettivamente domiciliata in CORSO (...) 47100 FORLÌ, presso lo studio dell'avv. NA.CA., rappresentata e difesa dall'avv. NA.CA. (CF (...)) e dell'avv. NA.EN. (CF (...)) CONVENUTA nei confronti di (...) - Cod. Fisc. (...), CONVENUTO CONTUMACE MOTIVAZIONE IN FATTO E IN DIRITTO Il sig. (...) (di seguito anche "l'attore") citava in giudizio (...) S.p.A. (di seguito anche "la convenuta" o "la Compagnia") ed il sig. (...) (di seguito anche "il convenuto"; collettivamente, "i convenuti") per sentire accertata e dichiarata la responsabilità esclusiva di (...) nella causazione del sinistro stradale oggetto di causa e per l'effetto condannare i convenuti, in solido fra di loro, al ristoro integrale dei danni sofferti dall'attore in dipendenza del sinistro per la somma di Euro 51.019,00 o la diversa somma ritenuta di giustizia, oltre interessi e rivalutazione, nonché valutare il comportamento di controparte circa il rifiuto di addivenire alla stipula di convenzione di negoziazione assistita con condanna ex art. 96 c.p.c. e vittoria di spese. Allegava l'attore che il giorno 11 luglio 2018, verso la ore 11 e 45 si trovava a Cesenatico in compagnia di due accompagnatori e dipendenti della cooperativa sociale "(...)"; insieme a loro, l'attore iniziava ad attraversare la via N. per raggiungere il supermercato posto sul lato opposto. Giunto a metà attraversamento, l'attore chiedeva ai suoi accompagnatori di potere tornare indietro per prendere le sigarette e, fuori dalle strisce pedonali, invertiva il senso di marcia e giunto all'altezza del civico 24 veniva investito dall'autocarro targato (...) condotto e di proprietà del convenuto; l'attore veniva caricato sul cofano del veicolo e scaraventato a terra. Il luogo del sinistro è costituito dal un lungo rettilineo e quel giorno le condizioni di visibilità erano perfette con manto stradale asciutto. Sul luogo del sinistro intervenivano agenti della Polizia Municipale di Cesenatico per i necessari rilievi. L'attore, in conseguenza del sinistro, riportava lesioni. La responsabilità del sinistro sarebbe imputabile al 100% al convenuto, emergendo dagli atti che l'investimento fu causato dalla disattenzione del conducente, con tutte le conseguenze del caso anche ai sensi dell'art. 2054 comma 1 c.c.. I danni conseguenti al sinistro venivano quantificati dall'attore in termini di danno biologico temporaneo e permanente, personalizzazione del danno, spese mediche. Non si costituiva in giudizio il convenuto, dichiarato contumace alla udienza del 4.3.2020. Si costituiva in giudizio tempestivamente la Compagnia, concludendo per il rigetto della domanda o quanto meno l'accertamento della concorrente e preponderante responsabilità dell'attore, con correlativa diminuzione dell'importo risarcitorio, il tutto con vittoria di spese. Eccepiva la Compagnia la sussistenza dell'esclusiva responsabilità dell'attore nella causazione del sinistro, come peraltro acclarato nel rapporto di sinistro stradale redatto dagli agenti intervenuti in loco; in particolare, il repentino mutamento di direzione del pedone costituirebbe condotta atipica, imprevedibile e del tutto eccezionale. In subordine, sussisterebbe comunque un conclamato e assorbente concorso di colpa del pedone con conseguente necessità di limitare il risarcimento ex art. 1227 c.c.. Contestava infine la domanda attorea anche sotto il profilo del quantum. La causa è stata istruita documentalmente e mediante c.t.u. medico legale. La dinamica del sinistro, nelle sue linee essenziali, appare chiara. Dalla lettura del rapporto di sinistro stradale redatto dagli Agenti intervenuti a seguito dei fatti (doc. 2 fascicolo parte attrice, doc. 1 fascicolo parte convenuta), si evince che l'attore, con i suoi accompagnatori, intento nell'attraversamento pedonale della carreggiata, giunto a metà di questa tornava sui suoi passi, invertendo la marcia; nello stesso tempo, però, stava sopraggiungendo il veicolo del convenuto che purtroppo colpiva in pieno l'attore, sbalzandolo sul cofano e poi a terra (crf. sommarie informazioni rese da (...), (...), e dallo stesso (...), allegate al rapporto di sinistro); lo stesso (...) dichiarava di avere visto l'attore solo all'ultimo, come pure l'attore dichiarava, sempre sentito a sommarie informazioni, di non essersi avveduto della presenza della vettura. I due protagonisti della vicenda, dunque, non si avvedevano della presenza l'uno dell'altro, determinandosi così il sinistro e le sue conseguenze dannose. Le parti controvertono, dunque, essenzialmente, sulle conseguenze, anche giuridiche, dei fatti sopra rapidamente sintetizzati; posto che, come sottolineato dalla Compagnia, è pacifica nel caso di specie l'inapplicabilità dell'art. 2054 comma 2 c.c., piuttosto, la norma di riferimento si sostanzia nel comma 1 dello stesso articolo, alla luce del quale, tuttavia, le parti pervengono a soluzioni opposte. Resta da precisare che, ai nostri fini, le conclusioni raggiunte dagli Agenti intervenuti in loco, in punto al riparto delle responsabilità del sinistro, non assumono alcuna valenza vincolante. Allega dunque l'attore che il convenuto non avrebbe dato dimostrazione di avere fatto tutto il possibile per evitare il danno; la convenuta eccepisce invece a carico dell'attore la sussistenza di una condotta negligente, del tutto imprevedibile e anomala; va peraltro sottolineato come possa ritenersi acclarato che l'attore ebbe ad assumere, nel caso di specie, una condotta connotata da colpa, per avere attraversato al di fuori degli appositi spazi, mutando improvvisamente traiettoria senza controllare adeguatamente se sopraggiungessero veicoli. Va tuttavia precisato che, come evidenziato dalla giurisprudenza di legittimità, "In caso di investimento pedonale, il conducente del veicolo investitore può vincere la presunzione di colpa posta a suo carico dall'art. 2054, comma 1, c.c., dimostrando che non vi era alcuna possibilità di prevenire ed evitare l'evento; a tal fine, non è sufficiente l'accertamento del comportamento colposo del pedone, ma è necessario che si dia prova non solo che il predetto abbia tenuto una condotta anormale e ragionevolmente non prevedibile, ma anche che il conducente abbia adottato tutte le cautele esigibili in relazione alle circostanze del caso concreto, pure sotto il profilo della velocità di guida mantenuta" (Cass. civ., Sez. 3 - , Ordinanza n. 9856 del 28/03/2022); nello stesso senso, "L'accertamento del comportamento colposo del pedone investito da veicolo non è sufficiente per l'affermazione della sua esclusiva responsabilità, essendo pur sempre necessario che l'investitore vinca la presunzione di colpa posta a suo carico dall'art. 2054, comma 1, c.c., dimostrando di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno e tenendo conto che, a tal fine, neanche rileva l'anomalia della condotta del primo, ma occorre la prova che la stessa non fosse ragionevolmente prevedibile e che il conducente avesse adottato tutte le cautele esigibili in relazione alle circostanze del caso concreto, anche sotto il profilo della velocità di guida mantenuta" (Cass. Civ., Sez. 3 - , Sentenza n. 8663 del 04/04/2017); pertanto, l'onere della prova che incombe sul conducente riguarda non solo la sussistenza di una anomalia nella condotta del pedone, ma anche che il conducente avesse adottato tutte le cautele esigibili in relazione alle circostanze del caso concreto, anche sotto il profilo della velocità di guida mantenuta (crf., Cass. Civ., Sez. 3 - , Sentenza n. 8663 del 04/04/2017, cit.). Nel caso di specie, se sussiste, dal lato dell'attore, una condotta che potrebbe effettivamente definirsi anomala (invertire l'attraversamento senza curarsi adeguatamente del traffico), tuttavia manca la prova positiva che il conducente avesse tenuto una condotta connotata da tutte le cautele esigibili in relazione alle circostanze. Al contrario, emerge dalle dichiarazioni assunte in sede di sommarie informazioni (crf. dichiarazione (...) e dello stesso (...)) che il convenuto, nell'occorso, non era stato in grado di vedere il pedone e, pur avendo frenato profondamente, non era riuscito ad evitarlo; del resto, la presenza di un pedone sulla sede stradale di una strada urbana non appare accadimento imprevedibile e straordinario, e certamente il conducente del veicolo avrebbe dovuto e potuto assumere un comportamento adeguato a prevenire il rischio connaturato a questa eventualità; peraltro, la Compagnia nemmeno allega quali accortezze e cautele il convenuto avesse assunto onde mantenere il controllo del veicolo, così non ottemperando all'onere della prova che la norma impone sul conducente, il quale, nemmeno costituitosi in giudizio, non ha del pari fornito alcun elemento a sostegno; pertanto, la responsabilità del convenuto nella causazione del sinistro deve certamente essere affermata e non può ritenersi esclusa. Resta da domandarsi se possa essere predicato un concorso di responsabilità fra le parti per i fatti di causa ed in che misura detta responsabilità vada ripartita. Sul punto, la Cassazione ha precisato che "In materia di responsabilità civile da sinistri stradali, stante la presunzione del 100% di colpa in capo al conducente del veicolo di cui all'art. 2054, comma 1, c.c., ai fini della valutazione e quantificazione di un concorso del pedone investito occorre accertare, in concreto, la sua percentuale di colpa e ridurre progressivamente quella presunta a carico del conducente" (Cass. Civ., Sez. 6 - 3, Ordinanza n. 2241 del 28/01/2019 (Rv. 652291 - 01); in particolare, spiega la Suprema Corte, nella sentenza citata, "... questa Corte ha già avuto modo di affermare il conducente di veicoli a motore è onerato da una presunzione di colpa e ove il giudice si trovi a dover valutare e quantificare l'esistenza di un concorso di colpa tra la colpa del conducente e quella del pedone investito deve: a) muovere dall'assunto che la colpa del conducente sia presunta e pari al 100%; b) accertare in concreto la colpa del pedone; c) ridurre progressivamente la percentuale di colpa presunta a carico del conducente via via che emergono circostanze idonee a dimostrare la colpa in concreto del pedone (v. Cass., 4/4/2017, n. 8663; Cass., 18/11/2014, n. 24472; Cass. 19/2/2014, n. 3964).". Partendo dal presupposto, dunque, che la presunzione di responsabilità a carico del conducente non è nell'occorso superata, occorre valutare in concreto la colpa del pedone. Nel caso di specie, la condotta dell'attore è connotata certamente da profili di colpa rilevanti. Appare significativa, sotto questo profilo, la dichiarazione di (...), laddove ha precisato che "... conto sguardo notavo che (...) aveva già attraversato metà della strada, ho visto un'auto arrivare da Ravenna e in quel momento ho urlato per fermare (...) ma lui non mi ha sentito e ha continuato l'attraversamento, mentre l'auto ha frenato pesantemente ma non è riuscito ad evitarlo"; il dichiarante (...) ha poi affermato che: "io ho pensato che il pedone si sarebbe fermato per fare passare la macchina che ormai era troppo vicina, ma invece il pedone non si è fermato, ha proseguito l'attraversamento camminando normalmente ..."; dal quadro delle predette dichiarazioni, emerge una condotta dell'attore gravemente anomala, sotto plurimi aspetti, l'attraversamento al di fuori degli spazi appositi, il brusco cambio di direzione, la carenza totale di controllo sulla sede stradale, che avrebbe consentito all'attore di avvistare con tutta probabilità il veicolo del convenuto (significativo il fatto che, secondo il sig. (...) questa era la condotta che ci si poteva attendere dall'attore); certamente, questo non può essere sufficiente ad escludere la responsabilità del conducente, posto che chi guida un veicolo (potenzialmente letale) non può certamente "affidarsi" alla presunzione di un comportamento accorto del pedone, ma deve porre in essere accortezze positive atte a prevenire i sinistri (e deve poi darne prova); tuttavia, essa consente di condurre, per i principi sopra visti, all'affermazione di una corresponsabilità nella causazione del sinistro, da valutarsi in misura quanto meno paritaria, sì che la domanda dell'attore, sotto il profilo dell'an, va parzialmente accolta nella misura del 50%. Si è detto che la domanda è contestata anche sotto il profilo della quantificazione; in proposito, è stata redatta consulenza tecnica d'ufficio medico legale, la cui relazione è stata depositata in data "a) Il sig. (...) nell' evento per cui è causa (Infortunio stradale con investimento dello stesso da parte di un'auto) ha subito le seguenti lesioni: "Frattura lievemente scomposta ed ingranata dell'emipiatto tibiale laterale con avvallamento della superficie articolare del ginocchio destro (lesione a rischio di artrosi postraumatica). (...) costali a destra. Ferita Lacero Contusa all'orecchio sinistro e al cuoio capelluto dissimulata dal capillizio". Le patologie preesistenti non hanno influenzato l'insorgere delle lesioni. Vi è sussistenza di nesso di causa diretta tra le lesioni e l'evento di rilevanza processuale. b) Le lesioni descritte hanno cagionato un peggioramento temporaneo delle condizioni dell'attore rispetto a quelle preesistenti. Dall'evento è derivata una invalidità temporanea sia assoluta che relativa suddivisibile nelle seguenti proporzioni: Invalidità temporanea assoluta: 20 giorni; Invalidità temporanea relativa al 50%: 20 giorni; c) All'evento sono residuati postumi che possono essere così descritti: Esiti di frattura lievemente scomposta ed ingranata dell'emipiatto tibiale laterale con avvallamento della superficie articolare del ginocchio destro (lesione a rischio di artrosi postraumatica). Esiti di fratture costali a destra. Ferita Lacero Contusa all'orecchio sinistro e al cuoio capelluto dissimulata dal capillizio. Tali postumi incidono sull'integrità psico-fisica del periziando della misura del 12% (dodici) comprensivi dell'evoluzione artrosica della lesione. d) Le spese mediche presenti agli atti, attinenti, giustificate e congrue, ammontano a complessivi Euro 370,00 (trecentosettanta) come da prospetto sotto riportato: 30/10/2018 Consulenza medico-legale dr. (...) - consulenza occasionale Euro. 250,00 10/08/2018 Ricevuta n. 81 - dr. (...) - certificato di infortunio ad uso assicurativo. Euro. 60,0021/09/2018 Ricevuta n. 90 - dr. (...) - certificato di infortunio ad uso assicurativo. Euro. 60,00"; la quantificazione deve essere operata secondo le Tabelle di Milano, come segue: Tabella di riferimento: Tribunale di Milano 2021 Età del danneggiato alla data del sinistro 47 anni Percentuale di invalidità permanente 12% Punto danno biologico Euro 2.453,72 Incremento per sofferenza soggettiva (+ 28%) Euro 687,04 Punto danno non patrimoniale Euro 3.140,76 Punto base I.T.T. Euro 99,00 Giorni di invalidità temporanea totale 20 Giorni di invalidità temporanea parziale al 75% 0 Giorni di invalidità temporanea parziale al 50% 20 Giorni di invalidità temporanea parziale al 25% 0 Danno biologico risarcibile Euro 22.672,00 Danno non patrimoniale risarcibile Euro 29.021,00 Invalidità temporanea totale Euro 1.980,00 Invalidità temporanea parziale al 50% Euro 990,00 Totale danno biologico temporaneo Euro 2.970,00 Spese mediche Euro 370,00 TOTALE GENERALE: Euro 32.361,00 Può essere riconosciuto l'incremento per sofferenza soggettiva ma non la personalizzazione, in assenza di adeguata allegazione e prova dei relativi presupposti. L'importo così determinato deve essere devalutato alla data dei fatti e successivamente maggiorato di interessi e rivalutazione, trattandosi di obbligazione di valore, per ottenere l'importo di Euro 33.436,48; l'importo va poi dimezzato, per ottenere la somma di Euro 16.718,24. Pertanto, per le causali di cui sopra, i convenuti, in solido, andranno condannati al pagamento all'attore della somma predetta, oltre interessi legali dalla data della presente decisione al saldo effettivo. Le spese di c.t.u., in ragione della soccombenza, vanno poste integralmente carico dei convenuti, in solido. I convenuti vanno poi condannati alla integrale refusione all'attore delle spese di lite del presente giudizio, liquidate nei valori medi tabellari per tutte le fasi, scaglione corrispondente all'importo effettivamente riconosciuto come dovuto. Non sussistono i presupposti per una condanna ex art. 96 c.p.c.. P.Q.M. Il Giudice del Tribunale di Forlì in composizione monocratica, definitivamente pronunciando sulla causa n. 2042 del 2019 , ogni diversa e contraria istanza, domanda ed eccezione disattese, così provvede: 1) Accerta e dichiara la corresponsabilità, nella misura del 50% ciascuno, dei sig.ri (...) e (...) nella causazione del sinistro oggetto di causa del 11 luglio 2018 e pertanto, 2) Condanna (...), proprietario e conducente della vettura coinvolta nel sinistro, e (...) S.p.A., compagnia assicuratrice del convenuto, in solido, al risarcimento all'attore dei danni patiti in conseguenza del sinistro, nella misura del 50% e pertanto 3) Condanna (...), proprietario e conducente della vettura coinvolta nel sinistro, e (...) S.p.A., compagnia assicuratrice del convenuto, in solido, al pagamento all'attore (...) della somma di Euro 16.718,24, oltre interessi legali dalla data della presente decisione al saldo effettivo; 4) Pone le spese di c.t.u. definitivamente a carico di (...), proprietario e conducente della vettura coinvolta nel sinistro, e (...) S.p.A., compagnia assicuratrice del convenuto, in solido; 5) Condanna (...), proprietario e conducente della vettura coinvolta nel sinistro, e (...) S.p.A., compagnia assicuratrice del convenuto, in solido, alla integrale refusione a (...) delle spese di lite del presente giudizio, che liquida in complessivi Euro 5077,00 per compensi, oltre 15% per spese generali, cp e iva di legge ed Euro 264,00 per anticipazioni. Così deciso in Forlì il 2 maggio 2023. Depositata in Cancelleria il 4 maggio 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO di FORLÌ Seconda Sottosezione CIVILE Il Tribunale, nella persona del Giudice dott.ssa Giorgia Sartoni ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 1084/2020 promossa da: (...) (C.F. (...) ), con il patrocinio dell'avv. ZA.MA., elettivamente domiciliato in VIA (...) PADOVA presso il difensore avv. ZA.MA. ATTORE contro (...) S.P.A. (C.F. (...) ), con il patrocinio dell'avv. ZI.LU. e dell'avv. MO.FR., elettivamente domiciliato in CORSO (...) 20122 MILANO presso i difensori avv. ZI.LU. e avv. MO.FR. CONVENUTO CONCISA ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE Con ricorso ai sensi dell'art. 702 bis c.p.c. depositato telematicamente in data 9.04.2020 e ritualmente notificato, (...) (di seguito anche solo investitore) conveniva in giudizio innanzi al Tribunale di Forlì, (...) s.p.a. (di seguito anche senza indicazione del tipo sociale o banca), al fine di ottenere per le ragioni meglio descritte in atto di citazione e qui solo sinteticamente riportate, - in via principale, l'accertamento e la declaratoria di responsabilità di parte resistente (...), per violazione degli obblighi informativi e comportamentali anche di cui alla normativa del T.U.F. e del Reg. Consob n. 16190/2007, nonché per violazione degli artt. 1175 e 1375 c.c. e degli obblighi di informazione e di protezione gravanti sulla stessa ex art. 1173 c.c. e/o ex art. 1218 c.c., e per avere la stessa svolto un ruolo attivo determinante nella gestione e conclusione dell'operazione di investimento, in presenza di un interesse giuridico proprio, per tutte le ragioni esposte in parte narrativa e di conseguenza la condanna di parte resistente (...) al risarcimento dei danni patiti da (...) per un importo pari all'esborso di Euro 15.263,50 ed agli ulteriori danni come accertati in corso di causa, anche in via equitativa, oltre interessi e rivalutazione, o a quella maggiore o minore somma che sarà ritenuta di giustizia; - in via subordinata, l'accertamento e la declaratoria anche in via incidentale di annullabilità del contratto concluso in data 26.07.2016, ai sensi dell'art. 1439 c.c., sostanziandosi la condotta illecita della odierna parte resistente, in artifici e raggiri senza i quali parte ricorrente non avrebbe concluso l'investimento in diamanti ed avendo la banca svolto un ruolo attivo determinante nella gestione e conclusione dell'operazione di investimento, in presenza di un interesse giuridico proprio nell'affare per trarne un ingiusto profitto, in ogni caso con conseguente condanna di parte resistente al risarcimento dei danni nei confronti dell'investitore pari alla somma di Euro 15.263,50 ed agli ulteriori danni come accertati in corso di causa, anche in via equitativa, oltre interessi e rivalutazione dal fatto al soddisfo, o a quella maggiore o minore somma che sarà ritenuta di giustizia; - sempre in via subordinata, l'accertamento e la declaratoria di responsabilità della banca ai sensi degli artt. 2043 e 2055 c.c. per tutti danni patrimoniali e non patrimoniali subiti e, conseguentemente, la condanna di parte resistente al risarcimento dei danni in favore di (...) per l'importo di Euro 15.263,50 ed agli ulteriori danni come accertati in corso di causa, anche in via equitativa, oltre interessi e rivalutazione, o quella maggiore o minore somma che sarà ritenuta di giustizia, anche rappresentata dalla differenza tra il prezzo pagato e l'effettivo valore dei diamanti; in ogni caso, on vittoria di spese. Preliminarmente, parte ricorrente ricostruiva i rapporti intercorsi fra le parti ed in particolare dava atto che: a) nell'anno 2016, su invito di (...), referente per gli investimenti della filiale di C., viale M. n. 190 di (...) - banca presso la quale (...) era titolare di conto corrente e aveva stipulato un piano di investimento -, parte ricorrente si recava in filiale, dove la referente per gli investimenti suggeriva un investimento in diamanti, enunciandone i vantaggi e la sicurezza e mostrandole un fascicolo riguardante la loro certificazione ed il loro incremento di valore; b) dopo vari incontri, in data 26.07.2016, parte ricorrente sottoscriveva la proposta di investimento relativa a due diamanti e provvedeva contestualmente al pagamento del prezzo mediante bonifico bancario per l'importo di Euro 15.263,50; c) parte ricorrente firmava altresì modulo di richiesta di custodia presso la società venditrice (...), che rilasciava un attestato di valore dei due diamanti; d) nel periodo successivo parte ricorrente riceveva rassicurazioni dal proprio referente per gli investimenti di (...) sull'andamento favorevole dell'investimento, tramite il grafico delle quotazioni dei diamanti tratta dal Sole24ore, nonché i prospetti predisposti da (...); e) nel mese di ottobre 2016, sulla base di notizie giornalistiche, parte ricorrente apprendeva che l'investimento in diamanti non era affatto vantaggioso e, richiedendo informazioni, veniva nuovamente rassicurato da (...); f) interveniva poi il provvedimento sanzionatorio dell'Autorità Garante per il Mercato e la Concorrenza del 30.10.2017 riguardante la violazione della disciplina consumeristica da parte di (...), nella vendita dei diamanti venduti e in data 15.01.2019 il Tribunale fallimentare di Milano dichiarava il fallimento di (...) e, di conseguenza, parte ricorrente proponeva istanza per la rivendicazione dei diamanti in custodia presso la società fallita; g) a seguito di ciò, il personale della banca, dapprima minimizzava l'accaduto e poi suggeriva all'investitore di presentare reclamo; pertanto parte ricorrente instaurava procedura di mediazione, a cui (...) non aderiva. Ciò premesso, parte ricorrente deduceva come la condotta complessivamente assunta dalla banca sia stata determinante nella conclusione dell'operazione di investimento in diamanti ed essendo dunque quest'ultima inadempiente, avendo violato i propri obblighi di buona fede e correttezza, nonché di informazione riteneva applicabile la figura del contatto sociale qualificato, in considerazione del rapporto di fiducia che intercorreva fra l'investitore e il referente della filiale di (...) che aveva proposto l'investimento e posto in essere un'opera di convincimento, in assenza della quale (...) non avrebbe sottoscritto la proposta di investimento in diamanti. Da ultimo ed in via subordinata, parte ricorrente lamentava di essere stato sottoposto ad artifizi e raggiri ad opera della banca in relazione all'investimento e in ogni caso deduceva l'esistenza di responsabilità di parte resistente, quantomeno da fatto illecito ex art. 2043 c.c.; in ogni caso con onere della banca di risarcire il danno patrimoniale subito. Con comparsa di costituzione e risposta depositata in data 18.09.2020, si costituiva (...) che, preliminarmente, contestava le avverse allegazioni assertive e probatorie e deduceva l'estraneità della banca rispetto agli acquisti di diamanti conclusi esclusivamente tra l'investitore (...) e la società venditrice (...), eccependo il proprio difetto di legittimazione passiva. Sempre in via preliminare, parte resistente eccepiva l'inammissibilità e l'improcedibilità per carenza dei presupposti di legge della domanda risarcitoria proposta da parte ricorrente, essendo (...) ancora in possesso dei diamanti acquistati, che, per loro natura, sono soggetti a continue oscillazioni di valore e, quindi, non essendosi creato un danno in termini di effettiva diminuzione patrimoniale. In particolare e quanto al merito, parte resistente deduceva di essersi limitata a svolgere in favore di parte ricorrente il ruolo di mero segnalatore dell'operazione di investimento, evidenziandone i pregi, sulla base di una convenzione stipulata tra (...) e la società venditrice (...), senza assumere alcun impegno dei confronti del cliente investitore. Parte resistente deduceva l'assenza di prova di asseriti comportamenti scorretti ed esorbitanti rispetto all'attività di mera segnalazione, non essendo a ciò sufficiente il richiamo al provvedimento, peraltro non definitivo, dell'(...) ed, inoltre, quanto al valore dei diamanti, che (...) vendeva i diamanti agli investitori ad un prezzo superiore, rispetto agli indici Rapaport e IDEX, senza che ciò possa rappresentare di per sé fonte di particolari responsabilità né di (...), né di (...). Parte resistente deduceva l'inapplicabilità delle norme a tutela del consumatore e del T.U.F., chiedendo il rigetto delle domande avverse fondate su tali contestazioni. In ragione di quanto premesso, parte resistente, inoltre, deduceva l'infondatezza della domanda risarcitoria ex averso proposta, stante nella specie la mancanza dell'elemento essenziale dell'affidamento, tenuto conto che quest'ultimo veniva escluso dalla documentazione iscritta, in maniera espressa ed inequivocabile. Parte resistente dava atto, inoltre, dell'inutilizzabilità e dell'irrilevanza del provvedimento reso dall'(...), non potendo essere lo stesso fonte di prova in giudizio e deduceva l'assenza di responsabilità sia contrattuale che extracontrattuale di (...), anche tenuto conto del fatto che il materiale pubblicitario relativo a tale operazione veniva realizzato esclusivamente da (...), di cui recava nome e logo, senza alcun contributo da parte della banca. Quanto all'invocata responsabilità da contatto sociale qualificato, parte resistente deduceva che i clienti venivano avvertiti del fatto che (...) sarebbe rimasto estraneo all'operazione, svolgendo un ruolo di mero segnalatore e che, pertanto, non avrebbe prestato alcuna garanzia o altro affidamento in relazione alla compravendita di diamanti; parimenti, parte resistente deduceva che, in forza del generale principio di autoresponsabilità, l'affidamento dell'investitore non poteva estendersi a quelle operazioni, comunque estranee a quelle tipicamente bancarie, per le quali veniva chiarito che la banca era un soggetto terzo. Da ultimo, parte resistente deduceva in ogni caso l'esistenza di un concorso di colpa dell'investitore ex art. 1227 c.c. e l'infondatezza della quantificazione del danno ex adverso effettuata, in assenza di quotazioni ufficiali dei diamanti in oggetto e non considerando le stime esistenti, gli importi relativi all'IVA e alle commissioni applicabili. Per tutte le ragioni sopra esposte, parte resistente domandava la reiezione di ogni avversa domanda, istanza, eccezione e deduzione; preliminarmente, chiedeva l'accertamento e la declaratoria del difetto di legittimazione passiva della banca in ordine alle domande avversarie; in via principale di merito, chiedeva il rigetto di tutte le domande formulate da parte ricorrente nei confronti di (...), poiché generiche, inammissibili, improcedibili ed infondate in fatto ed in diritto; in via subordinata, in ipotesi di accoglimento delle domande avversarie, domandava l'accertamento del concorso di colpa di parte ricorrente nella causazione del danno ai sensi dell'art. 1227 c.c. - non avendo l'investitore (...) utilizzato l'ordinaria diligenza - e, per l'effetto, la riduzione dell'entità del risarcimento del danno dovuto; in ogni caso con vittoria delle spese di lite. All'udienza del 30.09.2020, i difensori delle parti contestavano quanto ex adverso dedotto e prodotto, si riportavano ai rispettivi atti introduttivi ed insistevano per l'accoglimento delle rispettive conclusioni; parte ricorrente chiedeva la cancellazione ex art. 89 c.p.c. dell'espressione contenuta a pag. 7 dell'avversa costituzione e parte resistente vi si opponeva, opponendosi altresì all'ammissione delle istanze istruttorie ex adverso formulate. Con ordinanza del 5.10.2020, a scioglimento della riserva assunta in udienza, il giudice rigettava l'istanza formulata ai sensi dell'art. 89 c.p.c. e, ritenuto che la causa richieda un'istruzione non sommaria, disponeva procedersi nelle forme del rito ordinario e fissava l'udienza ex art. 183 c.p.c.. Come da D.P. del Tribunale di Forlì n. 32 del 2 novembre 2020, la causa veniva riassegnata alla scrivente, la quale, dando atto in particolare del carico del ruolo e della necessità di procedere ad una ulteriore e complessiva riorganizzazione del ruolo sempre conformemente al piano di gestione dell'arretrato e trattenendo in decisione e trattando prioritariamente i fascicoli recanti anno di iscrizione al ruolo antecedente (2015, 2016, 2017 e 2018), nonché del protrarsi e dell'aggravarsi dell'emergenza sanitaria, fissava udienza per i medesimi incombenti al giorno 28.04.2021. All'udienza del 28.04.2021, svoltasi unicamente con modalità di trattazione cartolare, come disposto ai sensi degli artt. 36 D.L. n. 23 del 8 aprile 2020 e 83 D.L. n. 18 del 2020 con decreto del 13.03.2021, il giudice, su richiesta dei difensori delle parti, assegnava alle stesse, i termini istruttori di cui all'art. 183, comma 6, numeri 1, 2 e 3 c.p.c.. Le parti provvedevano, poi, al deposito delle rispettive memorie istruttorie. All'udienza del 28.10.2021, svoltasi unicamente con modalità di trattazione cartolare, come disposto ai sensi degli artt. 36 D.L. n. 23 del 8 aprile 2020 e 83 D.L. n. 18 del 2020 con decreto del 18.09.2021, il giudice ammetteva e non ammetteva le istanze istruttorie richieste da parte attrice. All'udienza del 11.05.2022, veniva escusso il testimone di parte attrice, (...) e il giudice si riservava sulle richieste formulate dai difensori delle parti. Con ordinanza del 11.05.2022, a scioglimento della riserva assunta in udienza, il giudice non ammetteva la consulenza tecnica d'ufficio richiesta e, ritenuta la causa matura per la decisione, fissava udienza di precisazione delle conclusioni al giorno 15.02.2023, dando atto del carico del ruolo e della necessità, conformemente al piano di gestione dell'arretrato, di dare prioritaria definizione ai procedimenti di più risalente iscrizione al ruolo (2018 e 2019), da trattenere in decisione prioritariamente, nonché a quelli di cui all'art. 43 comma 4, l. fall.. All'udienza del 15.02.2023, le parti precisavano le conclusioni e il giudice tratteneva la causa in decisione assegnando i termini di cui all'art. 190 c.p.c., ovvero termine di giorni quaranta per il deposito delle comparse conclusionali ed ulteriore termine di giorni venti per il deposito delle memorie di replica, che venivano poi depositate dalle parti. La domanda attorea di accertamento della responsabilità della banca convenuta proposta dal correntista ed investitore in diamanti (...) nei confronti di (...) è fondata e va, dunque, accolta per le ragioni di cui alla presente motivazione. Diversamente, le domande risarcitorie formulate dalla stessa parte attrice non sono fondate e vengono rigettate per mancanza di adeguata prova dell'esistenza del danno patrimoniale lamentato. 1. Preliminarmente e per completezza espositiva, ci si limita a rilevare che la condizione di procedibilità della domanda giudiziale si è in ogni caso avverata - verbale di mediazione con esito negativo datato 9.10.2019 (cfr. doc. n. 10 parte attrice) -, in assenza peraltro di tempestive eccezioni sul punto ad opera di parte convenuta (...). 1.1 Sempre in via preliminare, si rende innanzitutto necessario rilevare l'inammissibilità della produzione documentale sub doc. n. 19 effettuata da parte attrice, solo in allegato alla comparsa conclusionale depositata in data 27.03.2023, in quanto produzione certamente tardiva, essendo a quella data nell'ambito del presente giudizio ordinario di cognizione maturate le preclusioni istruttorie. Inoltre, il documento offerto in comunicazione non costituisce una prova di formazione sopravvenuta, trattandosi di risultati di un'indagine unilateralmente condotta dalla parte - valutazione on line del reale valore dei diamanti acquistati - e che ben poteva formare oggetto di tempestiva produzione documentale in allegato alle memorie istruttorie. Peraltro, si deve rilevare sempre a tal proposito, che parte attrice limitandosi ad effettuare la produzione documentale in esame in allegato alla propria comparsa conclusionale, a sostegno della propria domanda di condanna al risarcimento danni subiti, non ha allegato né tantomeno provato di essere incorsa in decadenza per causa alla stessa non imputabile ai sensi dell'art. 153, comma 2, c.p.c. ai fini di un'eventuale rimessione in termini per il compimento di una tale attività difensiva. Al contrario, sono senza dubbio ammissibili le ulteriori produzioni documentali allegate da entrambe le parti alle rispettive comparse conclusionali, in quanto hanno ad oggetto pronunce giurisprudenziali, sempre producibili in giudizio, in ragione del fatto che i generali principi codicistici della domanda, dispositivo e di corrispondenza tra chiesto e pronunciato di cui agli artt. 99 e 112 c.p.c. attengono ai fatti costitutivi della domanda e non già alla qualificazione giuridica della stessa. Sul punto e al fine di fornire una completa valutazione della vicenda e delle questioni sottoposte all'attenzione del giudice, ci si limita a ricordare che gli artt. 112 e 113 c.p.c. impongono al giudice nell'ambito del suo potere di interpretazione e qualificazione giuridica sia di valutare il contenuto sostanziale della pretesa fatta valere, non limitandosi alla formulazione letterale delle conclusioni della parte e sia, nel rispetto dei principi generali della domanda e della corrispondenza tra chiesto e pronunciato, di qualificazione giuridica dei fatti allegati dalle parti. In particolare, si rende opportuno richiamare sul punto le seguenti consolidate massime giurisprudenziali che affermano, per un verso, che "in materia di procedimento civile, l'applicazione del principio "iura novit curia", di cui all'art. 113, comma 1, c.p.c., importa la possibilità per il giudice di assegnare una diversa qualificazione giuridica ai fatti ed ai rapporti dedotti in lite, nonché all'azione esercitata in causa, ricercando le norme giuridiche applicabili alla concreta fattispecie sottoposta al suo esame, potendo porre a fondamento della sua decisione princìpi di diritto diversi da quelli erroneamente richiamati dalle parti. Tale principio deve essere posto in immediata correlazione con il divieto di ultra o extra-petizione, di cui all'art. 112 c.p.c., in applicazione del quale è invece precluso al giudice pronunziare oltre i limiti della domanda e delle eccezioni proposte dalle parti, mutando i fatti costitutivi o quelli estintivi della pretesa, ovvero decidendo su questioni che non hanno formato oggetto del giudizio e non sono rilevabili d'ufficio, attribuendo un bene non richiesto o diverso da quello domandato" (cfr. di recente anche Cass. n. 5832 del 3.03.2021) e, per altro verso, che il giudice ha il potere / dovere di qualificare giuridicamente l'azione e di attribuire al rapporto dedotto in giudizio un nomen iuris diverso da quello indicato dalle parti, purché non sostituisca la domanda proposta con una diversa, modificandone i fatti costitutivi o fondandosi su una realtà fattuale non dedotta e allegata in giudizio, essendo infatti, il limite al potere di interpretazione della domanda del giudice del merito, rappresentato dal rispetto del principio della corrispondenza della pronunzia alla richiesta e del divieto di sostituire d'ufficio una diversa azione a quella formalmente proposta (cfr. Cass. n. 13945 del 3.08.2012). 1.2 Ancora in via preliminare e prima di passare all'analisi del merito, al fine di evidenziare il perimetro fattuale allegato dalle parti e, dunque, il thema decidendum della presente causa, si rende opportuno delineare, in sintesi, le vicende fattuali di particolare rilievo nell'ambito di questo giudizio, rilevando che tali circostanze, in parte, risultano adeguatamente provate in via documentale o in sede istruttoria per testimoni - come meglio si specificherà nel proseguo della sentenza - ed, in parte, non sono state di fatto specificamente contestate dalle parti, costituendo, pertanto, circostanze fattuali pacifiche che devono essere poste a fondamento della decisione ai sensi dell'art. 115, comma 1, c.p.c.. Il presente giudizio trae origine dalle circostanze fattuali dell'esistenza di un rapporto bancario in essere tra il cliente (...) e la banca convenuta e dell'intervenuto investimento in diamanti effettuato da parte attrice nell'anno 2016 presso filiale di C., viale M. n. 190 di (...). Sotto il primo profilo, ci si limita a rilevare che il fatto che (...) fosse correntista della filiale di Cesena di (...) e che avesse come proprio referente bancario per gli investimenti, il dipendente della banca, (...), costituisce circostanza pacifica tra le parti. Sotto il secondo profilo, risulta documentato che in data 26.07.2016 (...) ha sottoscritto proposta di acquisto e contestualmente ha acquisto due diamanti venduti dalla società (...) s.p.a. (di seguito anche solo società (...)) - codice Cliente (...) e codice investimento (...) - con le caratteristiche e il valore di cui all'elenco redatto su carta intestata da (...) (cfr. doc. n. 6 parte attrice e doc. nn. 3 e 4 parte convenuta) e lasciati per la custodia presso caveaux alla società venditrice (...), verso pagamento del corrispettivo prezzo pari ad Euro 15.263,50 a favore della stessa società (...) mediante bonifico bancario eseguito sempre in data 26.07.2016 (cfr. doc. n. 6 parte attrice). Inoltre, sempre ai fini della presente decisione e con riferimento alla specifica documentazione tempestivamente prodotta in atti, occorre evidenziare che (...) nel corso degli anni ha posto in essere altre operazioni di investimento con la banca convenuta e per il tramite del dipendente (...) (cfr. doc. n. 1 parte attrice) e che, finché è stato regolarmente in essere l'investimento in diamanti oggetto di causa, ha ricevuto informazioni ed assistenza in relazione all'investimento in diamanti della società venditrice (...) (cfr. doc. nn. 2 e 7 parte attrice), tramite la sostanziale intermediazione operativa della banca convenuta, per il tramite dei propri dipendenti. In aggiunta, risulta documentalmente dimostrata la sussistenza di un rapporto negoziale tra la banca convenuta e la società (...) in forza di un formale "accordo di collaborazione" sottoscritto tra le stesse in data 6.09.2011 (cfr. doc. n. 2 parte convenuta), che prevede - per quanto di specifico interesse - le seguenti previsioni contrattuali ovvero che "la banca è disponibile a collaborare con (...) informando i propri clienti sulla possibilità di acquistare diamanti dalla medesima (...) (...) la banca metterà a disposizione il materiale divulgativo predisposto a cura e spese della (...). Il materiale divulgativo dovrà precisare che la detenzione del medesimo non comporta il suo intervento nella conclusione delle trattative e degli affari, eseguite direttamente tra (...) e gli acquirenti ed esclude la (...) da qualsiasi responsabilità in ordine ai contratti stipulati, la banca si asterrà dal fornire informazioni specifiche sul prodotto offerto, indirizzando i clienti interessati alla (...) ove necessitassero di ulteriori chiarimenti non esplicitati nel materiale informativo fornito. 1.2 La banca provvederà a contattare (...) al fine di segnalare il potenziale cliente inoltrando le disposizioni di acquisto sottoscritte dall'acquirente medesimo (...)". In ultima analisi, a seguito delle notorie e comunque sufficientemente documentate vicende legate, prima, al provvedimento sanzionatorio irrogato dall'Autorità Garante per il Mercato e la Concorrenza alla società (...) per violazione delle norme consumeristiche sulle pratiche commerciali scorrette in relazione alla vendita dei diamanti (cfr. doc. nn. 8 e 11 parte attrice e doc. n. 12 parte convenuta) e, poi, al successivo fallimento di quest'ultima società dichiarato con sentenza del Tribunale di Milano n. 43 del 15.01.2019 (circostanza non contestata ex art. 115 c.p.c.), (...) ha proposto istanza di rivendicazione e restituzione dei beni in custodia presso i caveaux della società (...) ex artt. 93 e 103 l. fall. al Tribunale di Milano, sezione fallimentare (cfr. doc. n. 18 parte attrice). In conclusione, occorre rilevare che è, altresì, pacifica la circostanza fattuale relativa all'attuale possesso in capo a parte attrice dei due diamanti acquistati, a seguito dell'intervenuta restituzione ad opera della Curatela fallimentare nelle more del presente giudizio, come dedotto e confermato dalla stessa parte attrice nell'ambito della propria memoria di replica - "il Poggioli è riuscito a rientrare in possesso delle pietre dalla Curatela solo poco prima dell'udienza delle conclusioni della presente causa e, per riaverne la disponibilità, ha dovuto esercitare un'azione di rivendica coi relativi costi". 1.3 Ciò doverosamente ricostruito in fatto e tenuto conto delle specifiche allegazioni formulate dalle parti - in particolare, con riferimento alle domande attoree proposte in via principale e alle contestazioni mosse da parte attrice in ordine alla pretesa sollecitazione all'investimento posta in essere direttamente dalla banca e alle informazioni ingannevoli ed omissive circa la valorizzazione del prezzo dei diamanti acquistati e l'aumento della relativa quotazione, nonché la sicurezza e la pronta liquidità dell'investimento in diamanti dalla stessa fornite direttamente all'investitore -, occorre sempre in via preliminare e per quanto di specifico interesse ai fini del decidere, richiamare in sintesi la disciplina relativa in generale alle fonti dell'obbligazione ed in particolare riguardante la clausola elastica contenuta in chiusura dell'art. 1173 c.c.. Accanto alle obbligazioni che derivano da contratto e da fatto illecito, infatti, la disciplina codicistica attualmente vigente prevede, quali fonti atipiche ed innominate, anche "ogni altro atto o fatto idoneo a produrle in conformità dell'ordinamento giuridico", nella sostanza dovendosi ammettere ipotesi di responsabilità - tipizzate in via interpretativa nell'ambito del diritto vivente - derivanti da un fatto diverso dal contratto o dall'illecito, che comunque può far sorgere un rapporto negoziale in senso ampio, caratterizzato dall'assunzione di specifiche obbligazioni tra le stesse. In particolare, all'interno della tipizzazione dei cd. "quasi contratti", l'ordinamento giuridico ammette, ormai in modo pacifico, una categoria di obbligazioni da "contatto sociale" ovvero che discendono un rapporto lato sensu contrattuale, che non trova però la propria fonte in un atto negoziale, bensì in un evento ovvero in un fatto che mette in relazione altrimenti due soggetti, facendo sorgere in capo a uno dei due oppure in capo a entrambi l'obbligo di eseguire una determinata prestazione, con l'inevitabile conseguenza che il mancato adempimento a tale obbligazione fa sorgere in capo all'obbligato una particolare forma di responsabilità cui è applicabile in via diretta la disciplina di cui agli artt. 1218 ss. c.c., pur non trattandosi di responsabilità di fonte contrattuale in senso proprio. Una tale estensione dell'ambito di applicazione della disciplina dettata in materia di responsabilità contrattuale, o meglio da inadempimento dell'obbligazione contrattuale - in particolare, per quanto concerne gli istituti dell'onere della prova e della prescrizione dell'azione - anche ad altre ipotesi qualificate di fatto, è stata elaborata in un primo momento dalla dottrina e ha poi trovato il fermo avallo della giurisprudenza di legittimità, soprattutto in tema di responsabilità medica. Nello specifico ci si limita a richiamare le condivisibili massime giurisprudenziali per cui "il contatto sociale qualificato, inteso come fatto idoneo a produrre obbligazioni ex art. 1173 c.c., e dal quale derivano, a carico delle parti, non obblighi di prestazione ai sensi art. 1174 c.c., bensì reciproci obblighi di buona fede, di protezione e di informazione, giusta gli artt. 2 Cost., 1175 e 1375 c.c., opera anche nella materia contrattuale, prescrivendo un autonomo obbligo di condotta che si aggiunge e concorre con l'adempimento dell'obbligazione principale, in quanto diretto alla protezione di interessi ulteriori della parte contraente, estranei all'oggetto della prestazione contrattuale, ma comunque coinvolti dalla realizzazione del risultato negoziale programmato" (cfr. Cass. n. 24071 del 13.10.2017), nonché in base alla quale "la cosiddetta responsabilità "da contatto sociale", soggetta alle regole della responsabilità contrattuale, pur in assenza d'un vincolo negoziale tra danneggiante e danneggiato, è configurabile non in ogni ipotesi in cui taluno, nell'eseguire un incarico conferitogli da altri, nuoccia a terzi, come conseguenza riflessa dell'attività così espletata, ma soltanto quando il danno sia derivato dalla violazione di una precisa regola di condotta, imposta dalla legge allo specifico fine di tutelare i terzi potenzialmente esposti ai rischi dell'attività svolta dal danneggiante, tanto più ove il fondamento normativo della responsabilità si individui nel riferimento dell'art. 1173 c.c. agli altri atti o fatti idonei a produrre obbligazioni in conformità dell'ordinamento giuridico" (cfr. Cass. n. 29711 del 29.12.2020). In sintesi, dunque, perché si possa ritenere configurata la fattispecie atipica della responsabilità da contatto sociale occorre che sia raggiunta adeguata prova tanto di un fatto idoneo a produrre obbligazioni di buona fede, di protezione e di informazione, quanto di un danno lamentato derivante dalla violazione di una specifica regola di condotta, che trovi la propria fonte nella legge e sia posta al fine di tutelare i terzi dai rischi in senso ampio connessi ad una certa attività di rilievo sociale. 2. Tutto ciò premesso in fatto ed in diritto, quanto alle plurime domande attoree proposte nei confronti di (...), si deve, innanzitutto, rilevare l'assoluta fondatezza della domanda di accertamento della responsabilità della banca convenuta, stante l'assorbente prova presente in atti in ordine alla sussistenza di un contatto sociale certamente qualificato tra il correntista / investitore (...) e la banca convenuta medesima. Dagli atti del presente giudizio, emerge senza dubbio l'esistenza di un rapporto continuativo, duraturo e caratterizzato da fiducia tra le due odierne parti processuali anche in relazione all'investimento in diamanti - venduti direttamente della società (...) - posto in essere nell'anno 2016, che, seppur privo di base contrattuale, ha indiscutibilmente portato (...) a porre serio affidamento nel dovere di diligenza e di correttezza informativa gravante anche in capo a (...) di cui l'odierna parte attrice è correntista da anni, presso la filiale di Cesena di viale M. n. 190, in virtù delle specifiche competenze tecniche e professionali nonché del contegno tenuto nel corso dell'operazione di investimento da parte della banca convenuta, o meglio nello specifico dal referente per gli investimenti della predetta filiale, (...). Nel caso di specie, una tale ipotesi di responsabilità - di matrice eminentemente giurisprudenziale - è certamente ravvisabile e affonda le proprie radici nel generale principio di buona fede, di rango costituzionale per il tramite dell'art. 2 della Costituzione, che pone le regole di proporzionalità, correttezza nei rapporti commerciali, cura dell'interesse altrui e di solidarietà, nonché nel principio della tutela del risparmio, dettato dall'art. 47 della Costituzione, in materia di rapporti economici. Una tale ipotesi di responsabilità è, in effetti, integrata dall'effettiva e concreta ricostruzione dei fatti storici occorsi tra le parti, che, per come emersa dall'attività istruttoria condotta nell'ambito del presente giudizio, risulta difforme in concreto rispetto a quanto previsto nell'accordo di collaborazione concluso tra la banca e la società (...) (cfr. doc. n. 2 parte convenuta). In particolare, infatti, alla luce dell'analisi sopra condotta della documentazione complessivamente prodotta in atti e soprattutto delle risultanze dell'istruttoria orale espletata, risulta adeguatamente provata la deduzione di parte attrice in relazione al fatto di aver concluso l'investimento in diamanti con la società (...) per il solo fatto dell'affidamento riposto nella banca da parte dell'investitore. Nell'ambito del presente giudizio ordinario di cognizione, è emerso che l'investimento in diamanti concluso in data 26.07.2016 è stato proposto attivamente da (...) al cliente / investitore e non già il frutto di una manifestazione di libero interessamento da parte di (...) ad una tale operazione finanziaria pubblicizzata presso i locali della banca. Infatti, nel mese di gennaio 2016 il correntista / investitore, avendo incassato una somma derivante da un piano di accumulo scaduto, aveva richiesto al proprio referente per gli investimenti informazioni circa la possibilità di reinvestire tali somme in prodotti finanziari (...) - termine espressamente indicato nello scambio di corrispondenza mail, peraltro evidenziato dal cliente in formato maiuscolo e grassetto (cfr. doc. n. 1 parte attrice) e a seguito di una tale richiesta, seguivano vari incontri presso la filiale della banca in cui veniva proposto l'investimento in diamanti oggetto di causa. Fattiva e costante è stata la promozione e l'assistenza alle operazioni di investimento in diamanti della società (...) nel complesso ad opera dei dipendenti della filiale della banca, sulla base proprio del rapporto fiduciario instaurato con il cliente negli anni, rapporto particolarmente stringente nella specie con il referente per gli investimenti (...), anche per i pregressi investimenti effettuati. Nel caso di specie e alla luce delle circostanze chiaramente emerse in sede istruttoria, il comportamento posto in essere dalla banca convenuta, rispetto all'originaria indicazione del prodotto finanziario, travalica l'attività di mera segnalazione della clientela interessata e di intermediazione meramente operativa, prevista nell'ambito dell'accordo di collaborazione sottoscritto da (...) con (...) nell'anno 2011. Un tale concreto coinvolgimento attivo, in termini di sollecitazione e pubblicizzazione attiva, anche mediante consegna presso i locali della filiale di documentazione pubblicitaria ed informativa (cfr. doc. n. 3 parte attrice), nonché di estratti conto contenenti l'andamento positivo riportato da altri analoghi investimenti (cfr. doc. n. 4 e 5 parte attrice), unitamente alle dichiarazioni rilasciate dal referente della banca, (...), in ordine alla natura di bene rifugio ed in ogni caso di bene liquido, largamente remunerativo e di pronto disinvestimento, hanno generato nei fatti l'obbligo diretto di protezione e di corretta informazione nei confronti del proprio correntista/investitore anche in capo alla banca convenuta, che lo ha violato rendendosi inadempiente. Ciò ha trovato puntuale riscontro nelle dichiarazioni rese in sede istruttoria dallo stesso testimone (...), il quale, oltre a confermare di aver proposto a (...) l'investimento in diamanti, ha espressamente precisato che ciò è avvenuto in ragione del fatto che "i referenti di area mi convocarono assieme ad altri consulenti finanziari dell'area e ci informarono sull'esistenza di questo nuovo prodotto da proporre, unitamente agli altri già esistenti e specifico, nella sostanza, per gli investitori più avversi al rischio e alle fluttuazioni del mercato, in quanto tale investimento in diamanti era stato presentato come sicuro e classificato come bene rifugio" (cfr. verbale d'udienza del 11.05.2022). Una tale attività di organizzazione interna alla banca e di informazione / formazione dei propri consulenti finanziari, per un verso, comprova il fatto che anche il cliente (...) sia stato informato e reso edotto dalla banca convenuta, per il tramite dei dipendenti, della supposta natura remunerativa, sicura e prontamente liquidabile dello stipulando investimento in diamanti della società (...) e, per altro verso, pone in evidenza quantomeno l'incauto comportamento - certamente non conforme alla diligenza professionale qualificata richiesta ad un operatore bancario medio -, posto in essere da (...) nel confermare che si trattava di un'operazione di investimento sicuro, in conformità alle richieste e alle esigenze del cliente. In particolar modo, poi, quanto all'attività di sollecitazione e di proposizione dell'operazione finanziaria attivamente svolta in autonomia dalla referente degli investimenti della banca, (...), oltre a confermare anche in sede istruttoria di aver posto in essere tra il mese di gennaio 2016 e la conclusione del contratto di acquisto 26.07.2016 attività promozionale e pubblicitaria, anche mediante consegna di documentazione e brochure informative nell'ambito della fase delle trattative precontrattuali, ha anche inoltrato al cliente nel mese di febbraio 2016 comunicazione mail in cui ha espressamente dichiarato "io fossi in te un bel diamantino da regalare a tua figlia quando compie 18 anni lo prenderei" (cfr. doc. n. 2 parte convenuta). Peraltro, si deve osservare che a fronte della richiesta di (...) di "verificare se ci sono prodotti finanziari (...) in cui investire questa cifra" pari ad Euro 15.628,90 (cfr. doc. n. 1 parte attrice), il referente per gli investimenti della filiale (...) abbia proposto al proprio cliente unicamente l'investimento in diamanti per l'intera somma accantonata, senza formulare - o quantomeno ciò non risulta documentato in atti - ulteriori e alternative proposte di investimento da sottoporre alla libera scelta dell'investitore richiedente. In aggiunta, tali plurime e convergenti condotte che hanno avuto come destinatario l'odierna parte attrice e che hanno inevitabilmente generato in capo allo stesso un chiaro affidamento circa gli obblighi diretti di protezione e di corretta informazione della propria banca, devono altresì essere contestualizzate anche a livello spaziale. Infatti, lo stesso testimone escusso che è stato presente personalmente anche alla conclusione del contratto di acquisto dei due diamanti in data 26.07.2016 avvenuto proprio presso i locali della filiale della banca, rispondendo ai capitoli relativi allo svolgimento dell'incontro con il rappresentante della società (...) avente ad oggetto l'esibizione dei diamanti acquistati in blister sigillati, lasciati poi in custodia presso i caveaux della società venditrice, ha confermato la propria partecipazione e presenza anche a questa attività, centrale sul piano dell'affidamento riposto dall'investitore anche nei confronti della propria banca, a nulla rilevando che il referente (...), come dallo stesso dichiarato, non ha in quella sede né assistito né personalmente effettuato le specifiche dichiarazioni oggetto del capitolo n. 12 di parte attrice. Inoltre, l'affidamento riposto dall'investitore nei confronti della propria banca è, altresì, avallato in atti da ciò che è avvenuto successivamente all'acquisto dei diamanti ovvero nei successivi scambi di comunicazioni ed incontri di chiarimento e di confronto in merito alle vicende che hanno coinvolto negativamente la società (...) (cfr. doc. n. 7 parte attrice e verbale d'udienza del 10.05.2022). Ai fini della ritenuta integrazione della fattispecie di un contatto sociale qualificato tra (...) e la banca convenuta, devono essere valorizzate anche le seguenti circostanze concrete e personalistiche ovvero l'esistenza di un rapporto di lunga data con la banca e di fiducia con il referente per gli investimenti della propria filiale, il fatto che tutte le operazioni necessarie e l'incontro relativo all'acquisto di diamanti siano comunque avvenuti presso i locali della filiale della banca e alla presenza di personale della stessa, in particolare (...), che affiancava la formale controparte contrattuale (...), nonché i consigli e le rassicurazioni fornite durante la stipulazione e l'esecuzione del contratto di acquisto dei diamanti, anche dopo la scoperta delle difficoltà della società venditrice e del fallimento della stessa. In ultima analisi, vi sono altre due ulteriori considerazioni che, unite agli altri elementi probatori già evidenziati, occorre valorizzare, al fine di ritenere integrate le condotte inadempienti contestate alla banca convenuta. Da un lato, infatti, si deve considerare il sostanziale interesse economico della banca convenuta all'effettiva conclusione degli investimenti in diamanti da parte dei propri correntisti con la società venditrice (...), tenuto conto delle rilevanti provvigioni dalla stessa percepite in ragione della conclusione di ogni singolo affare. Dall'altro, poi, vi è la decisione dell'Autorità Garante per la Concorrenza e il Mercato, divenuta nelle more definitiva in ragione della pronuncia n. 2081/2021 del Consiglio di Stato, nell'ambito della quale in un caso di specie del tutto simile, è stato accertato un ruolo attivo nella vicenda da parte di (...), che ha posto in essere condotte non conformi a diligenza e buona fede sul pino informativo nell'ambito di una analoga operazione di investimento in diamanti (...). Nel corso del presente giudizio, parte convenuta non ha dimostrato di aver tenuto un diverso comportamento nei confronti del cliente (...), adottando ad esempio idonei presidi per garantire una corretta e trasparente informazione al cliente / investitore, che fa affidamento sulla professionalità dell'istituto di credito e sul rapporto di fiducia instaurato con il referente di filiale. Sul punto ci si limita a rilevare che parte convenuta non ha formulato alcuna istanza istruttoria al fine di provare nello specifico caso di specie, circostanze ulteriori volte ad escludere una propria responsabilità sul punto. In sintesi, quindi, l'attività pubblicitaria, promozionale ed informativa condotta dal referente per gli investimenti della filiale di C. di (...), che ha segnalato e sollecitato l'investimento in diamanti e ha nei fatti rafforzato concretamente l'intenzione maturata in ultimo dall'investitore di porre in essere una tale specifica operazione finanziaria, nella convinzione che i diamanti fossero un investimento sicuro, in termini di assenza di rischi di fluttuazione del relativo valore e di pronto realizzo (ovvero prodotti finanziari prontamente svincolabili) integrano fatti senza dubbio idonei a far discendere anche in capo alla banca convenuta una conseguente e autonoma responsabilità diretta nei confronti del proprio cliente, in forza dei generali principi costituzionali di buona fede, solidarietà e di tutela del risparmio. Infine, si rileva altresì che in ragione dell'accoglimento della predetta domanda attorea proposta in via principale restano certamente assorbite tutte le ulteriori domande proposte da parte attrice in via subordinata in termini di annullamento del contratto ex art. 1439 c.c. e di responsabilità aquiliana. 3. Accertata, dunque, la sussistenza di responsabilità da contatto sociale qualificato di parte convenuta (...), con riferimento all'operazione di investimento in diamanti della società (...), proposta e sollecitata dalla banca, senza un'informativa trasparente ed adeguata, e conclusa dall'investitore (...) in data 26.07.2016, occorre ora analizzare le conseguenti domande risarcitorie proposte da parte attrice, dovendosi in ogni caso ritenere non condivisibili le eccezioni preliminari sollevate da parte convenuta. In primo luogo, alla luce della già evidenziata natura di una tale responsabilità inquadrabile nell'astratta categoria dei quasi contratti, non coglie nel segno l'eccezione di inammissibilità e di improcedibilità della domanda risarcitoria proposta da parte attrice, in quanto attualmente in possesso dei due diamanti acquistati dalla società venditrice (...). A prescindere dalle analisi e dalle valutazioni che verranno esplicitate nel successivo paragrafo di motivazione in ordine alla fondatezza (ed eventualmente in che limiti) o all'infondatezza di una tale domanda, non si condivide quanto sostenuto da parte convenuta circa la mancata individuazione o individuabilità di un danno risarcibile in capo a (...). L'eccezione sollevata da parte convenuta risulta, infatti, smentita dallo stesso tenore letterale delle allegazioni assertive e probatorie di parte attrice, che sin dal proprio atto di citazione deduce di aver subito un danno patrimoniale ingiusto in relazione all'investimento in diamanti proposto da (...) ed in ragione delle condotte da quest'ultima tenuti nei suoi confronti. In conseguenza di ciò, lo stesso (...) ha quantificato il danno subito, dapprima in ragione dell'esborso economico sostenuto per l'acquisto dei diamanti di (...) (pari ad Euro 15.263,50) e ha richiesto in ogni caso il risarcimento degli "ulteriori danni come accertati in corso di causa, anche in via equitativa, oltre interessi e rivalutazione o a quella maggiore o minore somma che sarà ritenuta di giustizia", allegando in ogni caso il reale minor valore dei diamanti intermediati e venduti da (...). Pertanto, in via astratta e sulla base delle allegazioni delle parti, non vi sono dubbi circa la possibile esistenza di un danno conseguenza immediata e diretta del comportamento inadempiente tenuto dalla banca convenuta nei confronti dell'investitore - ovviamente ferma l'esigenza in concreto di una adeguata dimostrazione in giudizio del danno che parte attrice lamenta di aver subito. In secondo luogo e alla luce della ricostruzione dei fatti emersa nell'ambito della fase istruttoria del presente giudizio di merito, non si ritiene parimenti applicabile al caso di specie, l'istituto invocato da parte convenuta (...) in termini di concorso di colpa del danneggiato creditore, nonché di attenuazione del grado di responsabilità del colpevole previsti dall'art. 1227 c.c. e dei conseguenti limiti posti in materia di risarcimento del danno. Sul punto, ci si limita infatti a ricordare che la giurisprudenza è pacifica nel ritenere che una volta allegato da parte del responsabile del danno il fatto colposo del danneggiato, il giudice ai sensi dell'art. 1227, comma 1, c.c. è tenuto ad esaminare d'ufficio l'eventuale incidenza causale del comportamento colposo di quest'ultimo nella produzione dell'evento dannoso, diversamente, nel caso di cui al secondo comma dell'art. 1227 c.c. - di esclusione della risarcibilità dei danni che il soggetto ha diritto alla prestazione risarcitoria avrebbe potuto evitare con l'uso dell'ordinaria diligenza - grava sul responsabile del danno l'onere di provare la violazione da parte del danneggiato del dovere di correttezza ed evitabilità delle conseguenze dannose prodottesi, trattandosi di una circostanza impeditiva della pretesa risarcitoria (cfr. Cass. n. 11258/2018). Nella specie, si rileva come alcun concorso colposo sia riconducibile al comportamento dell'investitore (...) - peraltro, all'epoca dei fatti dipendente di una società che svolge un'attività imprenditoriale totalmente differente (cfr. doc. n. 1 parte attrice) -, unico soggetto sostanzialmente adempiente alle proprie obbligazioni derivanti dal contratto di acquisto dei diamanti e che ha fatto affidamento, a fronte della richiesta di informazioni specifiche e mirate in ordine all'investimento proposto dalla banca e di una congiunta valutazione approfondita in merito all'effettiva sicurezza e convenienza economica di una tale forma di investimento con il referente per gli investimenti della propria filiale, (...). 3.1 Ciò premesso, dagli atti del presente giudizio, le domande risarcitorie proposte da (...) in relazione ai pretesi danni subiti proprio ad opera della condotta inadempiente posta in essere dalla banca convenuta non sono fondate in quanto carenti sul piano probatorio. In base alla ragione maggiormente liquida (cfr. tra le altre Cass. n. 363 del 9.01.2019), ci si limita, infatti, ad affermare che parte attrice non ha fornito adeguata prova circa l'effettiva ed integrale sussistenza di una perdita patrimoniale qualificabile come danno derivante dalla condotta di (...) di omessa corretta informazione ad opera del referente della filiale della banca (...) circa la reale natura sostanzialmente speculativa ed illiquida degli investimenti in diamanti direttamente proposti e sollecitati all'investitore, già correntista. Infatti, come noto, ai fini dell'affermazione della responsabilità risarcitoria, sia in materia contrattuale che extracontrattuale, l'onere della dimostrazione di aver subito un danno è a carico di colui che agisce per il risarcimento (cfr. ex multis Cass. n. 28995 del 5.12.2017). Inoltre, si precisa che il risarcimento del danno patrimoniale richiede comunque la prova, anche da fornire eventualmente in via presuntiva, circa la certezza della reale esistenza di un vero e proprio danno, nonché della relativa quantificazione; in quanto la sola declaratoria di responsabilità del debitore per inadempimento dell'obbligazione non esaurisce il sistema della risarcibilità del danno di cui agli artt. 1223 e ss. c.c.. Pertanto, la puntuale prova di una effettiva ed esatta diminuzione di patrimonio è elemento in difetto del quale non vi è radicalmente spazio per alcuna forma di attribuzione risarcitoria a livello patrimoniale. Nel caso di specie e ferma l'accertata responsabilità da contatto sociale qualificato dell'istituto di credito, dagli atti e dai documenti offerti in comunicazione non emerge una adeguata prova dell'esistenza di un effettivo ed integrale danno economico derivante dalla condotta inadempiente di (...), in relazione all'operazione di investimento in diamanti oggetto del presente giudizio. In tal senso, per un verso, lungi dal poter essere risarcito un danno pari all'integrale somma pagata dall'investitore per l'acquisto dei due diamanti alla società venditrice (...) non certamente ipotizzabile, in ragione della circostanza pacifica per cui a seguito dell'istanza di rivendica dei beni nel corso della procedura fallimentare, (...) ha ricevuto la restituzione dei due diamanti acquistati da parte della Curatela fallimentare, il danno astrattamente risarcibile è quello risultante dalla differenza tra il prezzo di acquisto dei diamanti, non contestato ed effettivamente pagato in sede di conclusione delle operazioni di investimento (pari ad Euro 15.263,50) e l'effettivo valore di mercato degli stessi, che però non è stato in alcun modo allegato né tantomeno provato dal danneggiato. A tal proposito, infatti, occorre certamente valorizzare il fatto che parte attrice non abbia prodotto né una consulenza di parte, quantomeno sulla base dell'analisi dei certificati gemmologici non contestati e in possesso delle parti, non essendo i diamanti concretamente esaminabili, in quanto conservati in blister sigillati, in ragione della loro vocazione di investimento, né effettive valorizzazioni di mercato dei diamanti, in assenza di quotazioni ufficiali, mediante i listini più utilizzati e diffusi nella prassi (quale ad esempio il Rapaport). Sotto quest'ultimo profilo, occorre rilevare come parte attrice non abbia assolto al proprio onere di specifica allegazione e di prova dell'esistenza del lamentato danno patrimoniale. In sintesi, nella specie, totalmente carente è la prova della solo presunta e non meglio circostanziata perdita patrimoniale subita dall'investitore, quale conseguenza immediata e diretta della condotta tenuta dall'odierna parte convenuta. Inoltre, si deve precisare che la sussistenza di un danno patrimoniale relativo al minor valore dei diamanti acquistati dalla società (...) anche in ragione dell'affidamento riposto nella banca convenuta dal cliente / investitore, non si può ritenere sufficientemente provata nemmeno sulla base dell'istituto della presunzione (cfr. Cass. n. 12912/2004 e Cass. n. 9225/2005), in quanto dai documenti ritualmente allegati dalle parti non emergono elementi gravi, precisi e concordati in tal senso. Per un verso, infatti, non risultano dirimenti, in quanto comunque generiche e non meglio dimostrate, tanto la deduzione effettuata dalla stessa parte convenuta per cui "IDB ha venduto i diamanti ai clienti a un prezzo superiore, anche di molto, rispetto agli indici Rapaport e IDEX" (cfr. pag. 14 comparsa di costituzione e risposta), quanto la deduzione di parte attrice in ordine alla "incidenza delle alte commissioni bancarie sul prezzo di vendita del diamante (circa 15-20% dell'operazione finanziaria)" (cfr. pag. 4 prima memoria istruttoria di parte attrice). Tali circostanze non possono rilevare ai fini della sussistenza di un danno per l'investitore, considerata in ogni caso la liberà negoziale della società (...) di stabilire il prezzo di vendita dei diamanti commercializzati per investimento. Per altro verso, considerata l'assenza di quotazione ufficiale dei diamanti e l'impossibilità di un'analisi diretta delle pietre in quanto sigillate nei rispettivi blister, come emerso nel corso dell'istruttoria orale espletata, si ribadisce che la consulenza tecnica d'ufficio richiesta da parte attrice, atteso quanto sopra esposto, nonché per ragioni di economia processuale, è inammissibile, in quanto sarebbe stata assolutamente esplorativa ed inutile, anche tenuto conto delle allegazioni del tutto generiche e sfornite, quantomeno di idonei principi di prova, formulate dalla parte istante. A quest'ultimo proposito, ci si limita a ricordare, infatti, che nel caso di specie non è applicabile il generale potere del giudice di determinazione del quantum risarcitorio in via equitativa (ad esempio con riferimento all'art. 1226 c.c.), proprio in ragione dell'assenza di rigorosa prova in ordine all'an della pretesa risarcitoria, il cui onere permane a carico della parte interessata ovvero del danneggiato. Per tutte le predette ragioni, le domande attoree di risarcimento del danno sono infondate e, dunque, vanno rigettate, per carenza di adeguata prova dei relativi presupposti. 4. Infine, si osserva che tale ultimo aspetto deve essere tenuto in debita considerazione ai fini della liquidazione delle spese di lite del presente giudizio, che appare equo compensare integralmente tra le parti ai sensi dell'art. 92 c.p.c., stante la parziale reciproca soccombenza delle stesse e trattandosi in ogni caso di situazione eccezionale, che sicuramente può essere ricompresa entro il nuovo canone sancito dalla Corte Costituzionale nella propria pronuncia n. 77 del 19.04.2018. In tal senso, infatti, è necessario considerare, da un lato, l'accoglimento della domanda attorea di accertamento della responsabilità da contatto sociale in capo alla banca convenuta, mentre, dall'altro lato, l'integrale rigetto delle ulteriori domande risarcitorie proposte dalla stessa parte attrice. P.Q.M. Il Tribunale, definitivamente pronunciando sulla causa che reca numero 1084/2020; ogni diversa istanza ed eccezione disattesa o assorbita, così dispone: 1. DICHIARA INAMMISSIBILE e, per l'effetto, INUTILIZZABILE la produzione documentale sub doc. n. 19 allegata alla comparsa conclusionale di parte attrice. 2. ACCOGLIE parzialmente le domande attoree di (...) nei confronti di parte convenuta (...) s.p.a., per le ragioni e nei limiti di cui in motivazione. 3. ACCERTA e DICHIARA la responsabilità da contatto sociale di parte convenuta (...) s.p.a. nei confronti di parte attrice (...) in relazione ai fatti di causa. 4. RIGETTA le domande attoree di risarcimento del danno patrimoniale per carenza di prova. 5. COMPENSA integralmente tra le parti le spese di lite del presente giudizio. Così deciso in Forlì l'1 maggio 2023. Depositata in Cancelleria il 3 maggio 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE DI FORLÌ in composizione collegiale così composto: dott. Danilo Maffa - Presidente dott.ssa Valentina Vecchietti - Giudice rel. dott. Fabio Santoro - Giudice SENTENZA nella causa civile di primo grado iscritta al n. 3764 del ruolo generale degli affari contenziosi dell'anno 2020 promossa da: (...) -Cod. Fisc. (...), (...) (Cod. Fisc. (...)) elettivamente domiciliati in PIAZZA (...) 47121 FORLI', presso lo studio dell'avv. MA.MA., C.F. (...)) rappresentati e difesi dall'avv. MA.MA. ATTORI nei confronti di (...) - Cod. Fisc. (...), elettivamente domiciliata in VIA (...) FORLI', presso lo studio dell'avv. DA.LA., rappresentata e difesa dall'avv. DA.LA. (CF (...) ) e dall'avv. FA.SO. ((...)) con studio in VIA (...) 47121 FORLI'; CONVENUTA MOTIVAZIONE IN FATTO E IN DIRITTO I sig.ri (...) e (...) (di seguito anche "gli attori") citavano in giudizio (...) (di seguito anche "la convenuta") domandando la condanna della convenuta alla reintegra dell'asse ereditario per un totale di Euro 1.459.000,00 oltre interessi legali dalla data dei singoli prelievi al saldo, nonché a rendere il conto della gestione in relazione a tutte le somme esposte nella narrativa dell'atto, con vittoria di spese. Allegavano gli attori di essere figli legittimi e due dei tre eredi del sig. (...) deceduto in data 31.1.2016. Ad avviso degli attori, la sig. (...), coerede degli attori, a sua volta deceduta e di cui la convenuta è unica erede, si sarebbe appropriata nel corso della vita del de cuius di ingenti somme, pari quanto meno a 1 milione di euro, con bonifico in data 12.10.2012, Euro 250.000,00 di cui all'assegno tratto da (...) in data 20.1.2016, importo fuoriuscito dopo la scomparsa del de cuius, con conseguente ulteriore danno anch'esso da risarcire. Gli attori lamentano inoltre che la sig.ra (...) avrebbe compiuto per proprio interesse una serie di operazioni di distrazione del patrimonio del de cuius, corrispondendo indebite somme ai sig.ri (...), (...), (...), (...), (...), (...), e alla società (...) sas, il tutto in forza di una delega rilasciata dal marito, peraltro in quel momento in evidente stato di incapacità di intendere e volere. In relazione a dette somme di denaro, sussisterebbe anche un dovere di rendiconto da parte della convenuta. Si costituiva in giudizio tempestivamente la convenuta, concludendo, in via preliminare, per la declaratoria di carenza di legittimazione attiva di (...) o comunque l'improcedibilità della domanda per omesso esperimento della mediazione, per la declaratoria di carenza di legittimazione passiva della convenuta rispetto alla domanda di rendiconto, per la declaratoria di nullità dell'atto introduttivo e nel merito, per il rigetto di tutte le domande attoree per i motivi di cui in narrativa; in via riconvenzionale, domandava che (...) fosse dichiarato tenuto e condannato al rimborso a (...) dell'importo di Euro 357.000,00 oltre al 50% del rimborso Irpef anno 2015 ovvero la somma risultante dall'istruttoria e che, in accoglimento della domanda di collazione, fosse condannato l'attore (...) alla reintegra dell'asse ereditario e dunque al pagamento in favore della convenuta dell'importo di Euro 120.000,00 o la maggiore somma risultante dalla istruttoria, il tutto con rivalutazione e interessi e vittoria di spese. Eccepiva la convenuta che la attrice (...) sarebbe carente di legittimazione attiva, non assumendo la qualità di erede, bensì di destinataria di una somma predeterminata di Euro 300.000,00, avendo peraltro rinunciato a ogni azione con atto a rogito Notaio T. del (...). Eccepiva inoltre la convenuta la nullità dell'atto introduttivo, per radicale incertezza del petitum e della causa petendi, non ricostruibili sulla scorta della narrativa dell'atto. Eccepiva ancora la convenuta il proprio difetto di legittimazione passiva rispetto alla domanda di rendicontazione, fondata su una asserita delega rilasciata dal de cuius alla sig.ra (...). Nel merito, la convenuta eccepiva l'infondatezza delle domande attoree. In particolare, contestava la convenuta che le somme comunque presenti nei conti correnti intestati o cointestati fossero di pertinenza solo del de cuius; infatti, il de cuius e la sig.ra (...) erano coniugati in regime di comunione dei beni con le conseguenti ricadute ai sensi dell'art. 177 comma 1 c.c.. Pertanto, gli attori sarebbero chiamati a dimostrare che eventuali operazioni compiute dalla sig.ra (...) avessero riguardato oltre la metà del patrimonio comune. Contestava ogni ipotesi di illiceità della condotta della sig.ra (...), evidenziando che i coniugi avevano operato di comune accordo alternandosi sui conti comuni, avvalorando reciprocamente le rispettive decisioni ed investimenti effettuati su consiglio dei consulenti bancari. Contestava infine ogni allegazione circa la pretesa incapacità di intendere e di volere del de cuius, ad avviso della convenuta sconfessata documentalmente. Contestava, in quanto non sussistente e non provata, la affermata appropriazione da parte della sig.ra (...) della somma di Euro 1.000.000,00 e quanto all'assegno di Euro 250.000,00, esso sarebbe costituito da un assegno tratto su un conto corrente cointestato e accreditato su altro conto corrente cointestato, il tutto prima della morte del de cuius; non sarebbe così ipotizzabile alcuna appropriazione o distrazione. Quanto al preteso danno da svincolo anticipato dei titoli, essa sarebbe del tutto infondata oltre che genericamente formulata. Del tutto carenti sarebbero infine i presupposti della domanda di rendiconto. In via riconvenzionale, la convenuta affermava di essere creditrice dell'attore della somma di Euro 150.000,00 quale rimborso pro quota del bonifico effettuato a favore di (...) in esecuzione delle volontà testamentarie del padre, somma anticipata integralmente dalla convenuta, e della somma di Euro 207.000,00 quale quota di spettanza della convenuta della polizza (...) sottoscritta da (...) il 11.9.2014 e incassata integralmente dall'attore, oltre che della quota parte del 50% del rimborso Irpef 2015 spettante a (...) e incassato totalmente da coerede. Sempre in via riconvenzionale, la convenuta allegava che l'attore avrebbe percepito liberalità, come dettagliate in atti, per un totale di Euro 240.000,00, oggetto di obbligo di collazione da parte del coerede, che dovrebbe dunque corrispondere alla convenuta la somma di Euro 120.000,00. Alla prima udienza del 14 luglio 2021, il procuratore degli attori precisava la domanda, eccependo come le somme di cui al doc. 2 avversario sarebbero state corrisposte con denaro dell'asse, così come la quota della polizza (...) sarebbe stata attribuita per liberalità, che la contezza degli atti appropriativi sarebbe avvenuta solo successivamente all'atto di conferma delle disposizioni testamentarie, legittimando così l'iniziativa degli attori, i quali dichiaravano di volere svolgere, eventualmente in via subordinata, domanda di riduzione per lesione di legittima. La causa è stata istruita documentalmente. In primo luogo, occorre definire i contorni della causa, sotto il profilo oggettivo e soggettivo. Sotto il profilo oggettivo, la contesa ha ad oggetto l'eredità relitta dal de cuius (...) deceduto il 31.1.2016 (crf. doc. 3 fascicolo parte attrice, denuncia di successione): come si evince dallo stesso documento, l'eredità si è devoluta per testamento (crf. anche doc.ti 1 e 2 fascicolo parte attrice, su cui ci si soffermerà nel prosieguo). Per quanto concerne il profilo soggettivo e dunque l'identità degli eredi, ad avviso della convenuta, l'attrice (...) sarebbe mera legataria e non rivestirebbe la qualità di erede; pertanto, l'attrice sarebbe carente di legittimazione attiva rispetto alle domande svolte. L'eccezione non appare fondata. A norma dell'art. 588 c.c. infatti "Le disposizioni testamentarie, qualunque sia l'espressione o la denominazione usata dal testatore, sono a titolo universale 637 c.c. e attribuiscono la qualità di erede 625 c.c., se comprendono l'universalità o una quota dei beni del testatore 674 c.c.. Le altre disposizioni sono a titolo particolare 631 c.c. e attribuiscono la qualità di legatario"; nella giurisprudenza di legittimità, si evidenzia che "In tema di distinzione tra erede e legatario, ai sensi dell'art. 588 cod. civ., l'assegnazione di beni determinati configura una successione a titolo universale ("institutio ex re certa") qualora il testatore abbia inteso chiamare l'istituito nell'universalità dei beni o in una quota del patrimonio relitto, mentre deve interpretarsi come legato se egli abbia voluto attribuire singoli, individuati, beni. L'indagine diretta ad accertare se ricorra l'una o l'altra ipotesi si risolve in un apprezzamento di fatto, riservato ai giudici del merito e, quindi, incensurabile in cassazione, se congruamente motivato" (Cass. civ. n. 24163/2013). Evidenzia ancora la giurisprudenza di merito come l'assegnazione di beni determinati possa configurare sia una successione a titolo universale che a titolo particolare (crf. Tribunale di Ivrea 01.09.2020 n. 127, (...)), dipendendo essa dalla ricostruzione della volontà testamentaria (crf., Cass. Civ., sez. 2 sentenza n. 12861 del 28.12.1993), sotto il profilo oggettivo e soggettivo, con particolare riferimento alla ricostruzione del rapporto fra la disposizione e l'universalità dei beni del testatore (Tribunale civile Trani, sez. I, 7 marzo 2022 n. 431, F.) e dell'intenzione del testatore; d'altro canto, non depone necessariamente a favore della natura di istituzione di erede il fatto che il beneficiario della disposizione sia costituito da un figlio o da un parente stretto, giacché l'indagine che il giudice è chiamato a svolgere riguarda invece se la disposizione sia avvenuta in relazione al complesso del patrimonio del testatore (istituzione di erede) ovvero secondo una specifica individuazione dell'oggetto attribuito (legato) (crf., Cass. Civ., sez. 2, sentenza n. 6516 del 6.11.1986); nemmeno assume rilievo decisivo di per sé l'impiego da parte del de cuius del termine "erede" ovvero "legato" (crf., Cass. Civ. sez. 2, sentenza n. 6110 del 18.11.1981; crf. anche Tribunale civile Trani, sez. I, 7 marzo 2022 n. 431, F., cit.); come evidenziato in giurisprudenza, infatti, l'interpretazione del testamento è caratterizzata, rispetto a quella contrattuale, da una più penetrante ricerca, al di là della mera dichiarazione, della volontà del testatore che va individuata sulla base dell'esame globale del testamento, eventualmente, nei casi dubbi, con riferimento ad elementi estrinseci, come la cultura, la mentalità e l'ambiente di vita del testatore; conseguentemente, il giudice di merito può anche attribuire alle parole usate un significato diverso da quello tecnico e letterale, quando si manifesti evidente, nella valutazione complessiva dell'atto, che esse debbano essere interpretate in senso diverso e più conforme alla volontà del testatore (crf., Tribunale civile Milano, sez. IV, 5 maggio 2022, n. 3900, (...)). Nel caso di specie, occorre dunque analizzare il testamento, in primo luogo dal punto di vista oggettivo, ed in relazione all'entità complessiva del patrimonio relitto, come desumibile dalla dichiarazione di successione (doc. 3 fascicolo parte attrice); dunque, dal tenore della denuncia di successione, emerge un asse ereditario molto vasto, che comprende diritti reali immobiliari (immobili a (...), (...), (...), (...) (B.)) titoli, azioni, fondi e altri diritti mobiliari, denaro. Nel testamento, il testatore pare essenzialmente esaurire tutto il suo asse, suddividendo i vari beni (immobili e "investimenti") fra la moglie e i due figli. Sul punto, preme ricordare che il testatore può, nel testamento, stabilire norme per la divisione (art. 733 c.c.) ovvero dividere i beni fra i suoi eredi (art. 734 c.c.): in particolare, "la divisio inter liberos, regolata dall'art. 734 c.c., ricorre quando la volontà del testatore è quella di effettuare direttamente la divisione dei suoi beni fra gli eredi, distribuendo tra questi le sue sostanze mediante l'assegnazione di singole quote concrete, con effetti reali ed immediati: ricorre, invece, l'ipotesi di cui all'art. 733 c.c. quando il testatore non divide, ma si limita a dettare le regole per la futura divisione" (Cassazione civile sez. II, 20/08/2009, n.18561); nel testamento in esame, il testatore non utilizza mai il termine "erede" o "eredi", bensì fa uso del termine "lascio" indicando i destinatari secondo il loro grado di parentela (figlia, figlio, moglie); detto termine (peraltro di per sé non significativo della presenza di un legato - crf. Tribunale Vicenza, 17/10/2017, n.2856, (...)) viene utilizzato sia per la figlia che per gli altri (pacifici) eredi, mentre testatore utilizza il termine "lego" in relazione a disposizioni patrimoniali diverse ed ulteriori, peraltro dirette sempre a moglie e figlio. Dal tenore del testamento, essenzialmente comprensivo dell'intero asse (pare possibile ricondurre il termine "investimento bancario" a tutti gli elementi attivi depositati in banca, anche i conti correnti), pare potersi evincere che il testatore abbia inteso suddividere i propri beni fra gli eredi, dando per scontato che essi fossero - come previsto dalle norme sulla successione legittima - proprio la moglie e i figli. Così, l'espressione "lascio a mia figlia (...) la somma di Euro 300.000,00" deve intendersi come espressiva della quota del proprio patrimonio e non relativa ad un singolo bene determinato; pertanto, non può mettersi in dubbio la qualità di erede della sig.ra (...); il tutto come risulterebbe, a suo tempo, chiaro e pacifico fra le parti, visto che nell'atto di conferma delle disposizioni testamentarie (doc. 2 fascicolo parte attrice), le parti si qualificano (punto F) quali "eredi legittimi del defunto sig. (...)", apparendo dunque tale qualifica pacifica e accertata inter partes. Sempre sotto il profilo della legittimazione attiva, la convenuta, in secondo luogo, eccepisce la carenza di legittimazione attiva di (...), in ragione della intervenuta rinuncia, da parte della stessa, ad ogni azione come da dichiarazione dalla stessa sottoscritta, e prodotta sub doc. 2 dalla convenuta. L'eccezione, in questo caso, è fondata. Qui si riporta il tenore di tale dichiarazione: "...dichiaro di avere già ricevuto quanto di mia spettanza relativamente all'eredità di (...), come da disposizioni testamentarie pubblicate, mediante bonifico di Euro 300.000,00...disposto a titolo di anticipazione dalla signora (...)...con la presente confermo intanto di non avere più nulla a pretendere, a qualsiasi titolo, dagli altri eredi legittimi e testamentari, sciogliendoli da qualsivoglia riserva presente e futura"; la dichiarazione pare costituire, quanto meno, quietanza rispetto all'importo ricevuto di 300.000,00 euro; essa, come sottolineato dalla giurisprudenza di legittimità, ha natura di atto unilaterale recettizio contenente il riconoscimento dell'avvenuto pagamento; di regola, tuttavia, non è legittimo desumere dal mero rilascio della quietanza l'esistenza di una volontà transattiva e di rinuncia ad altre pretese da parte del creditore, salvo che ciò non emerga da specifici elementi di fatto e dal contenuto del documento, secondo un accertamento riservato al giudice di merito (crf., ex multis, Cass. Civ. sez. 3, sentenza n. 13189 del 28 maggio 2013). Nel caso di specie, tuttavia, l'attrice, nella sua qualità di erede dichiara altresì "confermo pertanto di non avere più nulla a pretendere a qualsiasi titolo, dagli altri eredi legittimi e testamentari, sciogliendoli da qualsivoglia riserva presente e futura". La volontà abdicativa espressa nella dichiarazione appare chiara; del resto, la domanda attorea si fonda sulla allegazione di asserite condotte appropriative e distrattive, sicuramente antecedenti alla dichiarazione in questione, e che dunque non possono dirsi "sopravvenute" rispetto a tale dichiarazione; sul punto, l'attrice afferma che la sopravvenienza sarebbe legata al fatto che solo di recente si sarebbe venuti a conoscenza dell'esistenza di condotte siffatte; non vi è prova, tuttavia, che esse non fossero conoscibili anche prima, sì che deve imputarsi alla parte la scelta di svolgere le riferite indagini bancarie, solo dopo avere sottoscritto la dichiarazione. L'attrice, da ultimo, osserva che detta rinuncia non riguarderebbe comunque l'azione di rendiconto: la precisazione non è condivisibile, atteso l'ampiezza della rinuncia nei termini sopra menzionati. Pertanto, deve essere dichiarata la carenza di legittimazione attiva della attrice, in accoglimento dell'eccezione in tale senso formulata dalla convenuta. Risulta così assorbita anche l'eccezione di improcedibilità per omessa mediazione, formulata dalla convenuta in via subordinata. Ancora in via preliminare, la convenuta eccepisce la nullità dell'atto introduttivo: l'eccezione è superata e deve essere disattesa, come evidenziato in ordinanza del GI in data 5 agosto 2021, visto il corretto e compiuto svolgersi del contraddittorio fra le parti; la convenuta eccepisce ancora l'inammissibilità delle allegazioni, domande ed eccezioni proposte successivamente all'atto introduttivo; l'eccezione è sicuramente fondata in punto alla domanda di riduzione, formulata dagli attori in via subordinata alla udienza del 14 luglio 2021, trattandosi di domanda nuova tardivamente formulata, che non costituisce conseguenza delle domande e delle eccezioni della convenuta, genericamente formulata e peraltro oggetto di preventiva rinuncia da parte delle parti, come da atto di conferma del testamento più volte menzionato. Ulteriore eccezione preliminare della convenuta riguarda la propria carenza di legittimazione passiva, rispetto alla domanda di rendiconto. Gli attori svolgono tale domanda, in ordine al fatto che la defunta (...) (dante causa della convenuta) avrebbe agito, infedelmente, in forza di una "delega" rilasciata dal marito (doc. 14 fascicolo parte attrice). Sul punto, la convenuta eccepisce la propria carenza di legittimazione passiva rispetto alla domanda di rendiconto, stante la natura personale del rapporto. L'eccezione preliminare non si appalesa fondata, atteso che, come evidenziato dalla giurisprudenza di legittimità, l'obbligo di rendiconto costituisce obbligazione trasmissibile mortis causa (crf., Cassazione civile sez. III, 04/09/1998, n.8801; crf. anche Cassazione civile sez. III, 22/03/2013, n.7254), ferma restando l'esigenza di chiarire la fonte - contrattuale o altro - dell'obbligo di rendiconto, questione che verrà affrontata nel merito. Nel merito, gli attori allegano che la dante causa della convenuta, (...), avrebbe nel corso della vita del de cuius, distratto a proprio favore e a favore di terzi ingenti somme di denaro, che dovrebbero essere restituite all'asse. È contestata dunque la composizione dell'asse ereditario, che, ad avviso degli attori, dovrebbe essere reintegrato di somme asseritamente dovute dalla convenuta. Gli attori prospettano, in particolare, la sussistenza di azioni "appropriative" di somme di pertinenza del defunto, sottratte, secondo gli attori, senza giustificazione alcuna. Sul punto, occorre tuttavia prestare bene attenzione alle allegazioni, tempestivamente effettuate dagli attori: in atto di citazione, infatti, appaiono ben distinte, da un lato, (1) asserite condotte di appropriazione, da parte di (...), delle somme di Euro 1 milione ed Euro 250.000,00, la prima mediante bonifico e la seconda con assegno; dall'altro (2), erogazioni indebite a favore di terzi, che la sig.ra (...) avrebbe posto in essere "in forza di una delega rilasciata dal marito", in relazione alle quali, come specificato al punto 7) dell'atto di citazione, viene esercitata anche l'azione di rendiconto (crf. anche punto b) delle conclusioni, pag. 3 atto di citazione): la narrativa, come sopra esposta, viene confermata dagli attori in prima memoria ex art. 183 comma 6 c.p.c. (termine ultimo di scadenza delle preclusioni assertive), laddove si evidenzia che "...i fatti per cui è giudizio si sono svolti esattamente come esposto in citazione"; le conseguenze, sul piano della qualificazione giuridica, sono che, rispetto alle condotte di cui al punto (1), la domanda attorea appare assumere natura di azione reale o extracontrattuale (su cui vedasi oltre); invece, per le domande di cui al punto (2), pare prospettabile una azione di tipo contrattuale (presumibilmente fondata su di un mandato). Invero, la domanda di cui al superiore punto (1), ha, secondo alcuni, natura di azione reale di petizione di eredità (art. 533 c.c.), che "...è un'azione di condanna avente un contenuto necessariamente recuperatorio, in quanto volta ad ottenere, previo accertamento della qualità di erede, la restituzione in tutto o in parte dei beni ereditali in confronto di chiunque li possegga senza titolo o a titolo di erede" (Tribunale Piacenza, 02/05/2018, (ud. 30/04/2018, dep. 02/05/2018), n.335; (...); analogo orientamento pare espresso anche da Tribunale Bergamo sez. I, 02/05/2022, (...)); recente giurisprudenza di legittimità si è tuttavia espressa invece in senso contrario a tale orientamento, rilevando che "...la domanda restitutoria delle somme che il convenuto avrebbe prelevato dal conto del de cuius, quale cointestatario, ... non rientra nella previsione dell'art. 22 c.p.c. sotto la specie di domanda di "petizione". Con la domanda di petizione, infatti, "l'erede può reclamare soltanto i beni nei quali egli è succeduto mortis causa al defunto, ossia i beni che, al tempo dell'apertura della successione, erano compresi nell'asse ereditario; ne consegue che tale azione non può essere esperita per far ricadere in successione somme di denaro che il de cuius abbia, prima della sua morte, rimesso a mezzo di assegni bancari, senza un'apparente causa di giustificazione, al futuro erede e che questi abbia o abbia avuto in disponibilità in forza di un titolo giuridico preesistente e indipendente rispetto alla morte del de cuius" (Cass. n. 3181/2011)" (Cass. Civ. Sez. 6 - 2, Ordinanza n. 11879 del 12/04/2022), venendo in considerazione la diversa configurazione della azione quale ripetizione di indebito oggettivo (crf., Tribunale Taranto, 09/02/2022, n.328; D.), per pagamenti privi di una causa di giustificazione (crf. Cass. Civ. Sez. 2 - , Sentenza n. 30713 del 27/11/2018). Ad avviso degli attori, la sig.ra (...) si sarebbe appropriata in data 12.10.2012 della somma di Euro 1 milione, mediante bonifico da (...) (crf. atto di citazione, doc. 12 fascicolo parte attrice); come ripetizione di indebito oggettivo, sotto il profilo probatorio, "il creditore istante ha l'onere di provare i fatti costitutivi della sua pretesa: sia l'avvenuto pagamento, sia la mancanza di una causa che lo giustifichi. Tale principio generale vale anche nel caso in cui si agisce in ripetizione solo per una parte del pagamento eseguito" (Tribunale Velletri sez. II, 29/04/2022, n.882, D.); del resto, se qualificata come azione di petizione di eredità, sul piano oggettivo, resta fermo "...l'onere della dimostrazione, nei limiti relativi alla difesa della controparte, dell'appartenenza del bene all'asse ereditario al momento dell'apertura della successione" (Tribunale Siena sez. I, 23/09/2021, n.700, D.); viste le ampie contestazioni sussistenti fra le parti, è dunque onere degli attori quello di dimostrare l'azione appropriativa o, comunque, la sussistenza di un credito di pari importo al momento della apertura della successione. Nei limiti delle preclusioni assertive, gli attori hanno allegato che la somma sarebbe stata sottratta in data 12.10.2012, mediante bonifico da (...); solo successivamente (crf. capitolo 2 seconda memoria ex art. 183 comma 6 c.p.c., pag. 4 comparsa conclusionale) gli attori precisano che la sig.ra (...), avvalendosi della delega rilasciatale dal marito, che si sarebbe trovato in condizioni di incapacità, avrebbe invece prelevato un milione di euro dal conto personale del marito, sottoscrivendo a proprio unico nome un fondo comune di investimento, per poi, nel corso del 2013, disinvestire ed incamerare la somma di Euro 900.000,00, depositati sul conto corrente del marito, per poi essere nuovamente utilizzati per l'acquisto di quote di fondi comuni di investimento intestati alla sola (...). La convenuta, sul punto, già nella terza memoria ex art. 183 comma 6 c.p.c., contesta sia in fatto la condotta appropriativa, sia evidenzia come i fatti dedotti da controparte (in particolare i successivi reinvestimenti del 2013) sarebbero del tutto tardivi e inammissibili, in quanto esulanti dalle allegazioni tempestivamente formulate in atti; l'eccezione processuale della convenuta appare fondata, a maggior ragione considerato che "...il regime di preclusioni è inteso non solo a tutela dell'interesse di parte, ma anche dell'interesse pubblico a scongiurare l'allungamento dei tempi del processo, sicché la relativa inosservanza deve essere rilevata d'ufficio dal giudice, indipendentemente dall'atteggiamento processuale della controparte" (Cass. Civ. Sez. 2 - , Sentenza n. 17121 del 13/08/2020); pare infatti che i capitoli 2, 3 e 4 della seconda memoria ex art. 183 comma 6 c.p.c., formulati dagli attori, introducano tardivamente circostanze di fatto, mai dedotte prima di allora, e che, dunque, non possono essere oggetto di prova in quanto estranee al thema decidendum e probandum della causa; la giurisprudenza di merito, sul punto, ha evidenziato che "...nell'ambito di un processo a preclusioni rigide quale quello vigente nel nostro ordinamento sin dal vigore della L. n. 353 del 1990 (ed ulteriormente rafforzato dalle Le. di riforma processuale n. 263/1995 e 69/2009), non può essere revocato in dubbio il principio secondo cui il diritto alla prova può essere esercitato solo relativamente ai fatti che sono stati tempestivamente allegati; e quindi relativamente a fatti dedotti prima dello spirare delle preclusioni assertive, che devono essere individuate nella memoria ex art. 183 comma 6 n. 1 c.p.c.. Né potrebbe in alcun modo sostenersi che vi possa essere una sostanziale sovrapposizione e coincidenza tra il momento delle preclusioni assertive e quelle probatorie, di guisa che la parte potrebbe ancora introdurre fatti nuovi o specificare quelli già introdotti al momento delle richieste di prova, poiché il sistema processuale si fonda su scansioni ben precise, al verificarsi delle quali maturano preclusioni e decadenze: in particolare, con la prima memoria ex art. 183, comma 6, c.p.c., maturano le preclusioni relative all'attività assertiva delle parti, di modo che non possono più essere dedotti o specificati fatti nuovi o ulteriori; con la seconda memoria ex art. 183, comma 6, c.p.c. scattano le preclusioni probatorie per la prova diretta, mentre con la terza memoria quelle relative alla prova contraria" (Tribunale Lagonegro, 27/02/2018, n.54, D.); opportunamente dunque la convenuta, nella memoria di replica (pag. 9) stigmatizza la condotta processuale attorea, evidenziando che le produzioni documentali non possono sanare l'inammissibilità della domanda, fondata su allegazioni di fatto diverse ed ulteriori rispetto a quelle tempestivamente dedotte in giudizio. In ogni caso, sotto il profilo fattuale, gli attori allegano che dai documenti di causa (doc. ti 15, 16, 17 fascicolo parte attrice) si evincerebbe in effetti l'operazione di sottoscrizione di fondi comuni e il loro successivo riaccredito su conto intestato al de cuius, ma che lo stesso denaro sarebbe stato poi destinato ad investimenti destinati alla sola (...); tuttavia, tale percorso motivazionale, peraltro, come si è visto, irrimediabilmente viziato da tardività e inammissibilità, non è comunque univocamente dimostrato dalla produzione in atti. Vi è inoltre da dire che il ragionamento degli attori presuppone, altresì, che le operazioni fossero state effettuate da (...) avvalendosi della delega ad operare, mentre il marito si trovava in condizioni di incapacità; la questione della delega ad operare riguarda, tuttavia, come si è visto, in base alle allegazioni tempestivamente introdotte in atti, soltanto le operazioni di cui al punto 5) dell'atto di citazione, mentre appare del tutto contraddittorio che gli attori, da un lato (doc. 11) producano una relazione dove si dà atto del decadimento cognitivo del de cuius "... a partire almeno dal 2009" e dall'altro, redigano un atto notarile di conferma, avente ad oggetto un testamento, disposto dal medesimo de cuius in data 15.06.2010 (doc. 2 fascicolo parte attrice). Alla luce di tutto quanto sopra, la domanda relativa alla somma di Euro 1.000.000,00 appare infondata e deve essere respinta. La seconda domanda attiene invece alla somma di Euro 250.000,00, che sarebbe fuoriuscita attraverso un assegno datato 20.1.2016, dopo la scomparsa del defunto; in relazione a tale fatto, gli attori prospettano genericamente una ulteriore domanda, per cui l'operazione avrebbe cagionato un grave pregiudizio all'asse per lo svincolo anticipato di titoli in scadenza nel 2023, per un controvalore di Euro 400.000,00, danno che dovrebbe essere risarcito; la domanda di risarcimento di tale danno, tuttavia, non viene poi chiaramente riprodotta nelle conclusioni, e la stessa si appalesa comunque generica ed indeterminata sia in ordine all'an debeatur, che al quantum. Per quanto attiene all'importo di Euro 250.000,00, valgano le considerazioni dette prima; dalla lettura della comparsa conclusionale degli attori, infatti, (pagina 11) emergono ulteriori elementi di fatto (disinvestimento fondi, versamento su conto cointestato, successiva sottoscrizione di fondo comune) che non risultano tuttavia tempestivamente dedotti in giudizio e che sono dunque estranei al thema decidendum e probandum della causa, posto che esso è rappresentato invece dalla affermata appropriazione, da parte di (...), di un assegno dell'importo di Euro 250.000,00; l'allegazione è peraltro smentita dalle produzioni documentali della convenuta (doc.ti 4, 5, 6, 7 acclusi alla comparsa di costituzione e risposta), apparendo chiaro che i conti correnti interessati dalle operazioni erano cointestati, salvo l'impiego delle somme in questione in un investimento in un fondo comune con previsione di riaccredito sul medesimo conto corrente cointestato (doc. 7, cit.); la circostanza per cui le risorse alla base dell'investimento di Euro 250.000,00 deriverebbero da obbligazioni di pertinenza del solo de cuius costituisce deduzione del tutto inaccoglibile perché tardiva e radicalmente diversa dalle allegazioni su cui l'atto di citazione si fonda, apparendo essa piuttosto prospettare - semmai, al limite - una donazione indiretta della quota del 50% di tale somma, allegazione mai formulata e del tutto confliggente con la circostanza, invece, tempestivamente allegata, relativa alla "appropriazione" dell'importo di Euro 250.000,00 portato dall'assegno in questione; essa, peraltro, si scontra altresì con la presunzione, nel caso di specie non smentita, della comproprietà dei fondi giacenti su conto corrente cointestato (crf., Cass. Civ., sez. 2, sentenza n. 77 del 4 gennaio 2018). Il disconoscimento del doc. 7, compiuto dagli attori a verbale dell'udienza del 14 luglio 2021, appare irrilevante in quanto del tutto generico. Ulteriore domanda svolta dagli attori riguarda le somme che la sig.ra (...) avrebbe distratto a favore di terzi, avvalendosi di una delega rilasciata dal marito; in relazione a tali condotte, viene svolta altresì azione di rendiconto. Dall'esame dei doc.ti 4- 10 prodotti dagli attori, e dagli stessi richiamati in atto di citazione, come fondamento della domanda, si evince che le somme asseritamente distratte provenivano dal conto corrente (...) n. (...) e dal conto (...) - (...), entrambi cointestati vista la stessa ammissione degli attori, come evincibile dal doc. 4 da essi prodotto nonché dalla denuncia di successione sub doc. 3; relativamente a detti conti cointestati, per cui vige la presunzione di pari titolarità delle risorse ivi presenti, gli attori non deducono e non provano che gli importi corrispondenti supererebbero la quota della metà disponibile della sig.ra (...); allegano (peraltro solo negli allegati, non nel testo dell'atto di citazione) che essi sarebbero stati alimentati da risorse appartenenti solo al de cuius, ma detta affermazione non è provata; nemmeno chiaramente allegano e provano gli attori quale sarebbe il titolo da cui, in relazione a tali conti correnti cointestati, trarrebbe origine l'obbligo di rendiconto, trattandosi appunto di conti correnti cointestati e visto che la delega prodotta in atti (doc. 14 attoreo) riguarda solo il conto corrente M. n. (...). Ne deriva l'infondatezza anche della domanda di rendiconto. Per quanto concerne gli addebiti sul Conto (...) -(...) (indicato nel doc. 10 attoreo), esso non è menzionato neppure in denuncia di successione (doc. 3 cit.) e non vi è prova della riferibilità al defunto. Resta da analizzare il conto corrente M. (...), intestato al defunto (crf. doc. 3 cit., progressivo n. 3 pag. 6), su cui risulta la delega ad operare sub doc. 14; ad esso sarebbero riferibili gli addebiti indicati dagli attori sub doc.ti (...), (...), (...), relativi ai presunti beneficiari (...), (...), (...) sas, (...) (crf., doc.ti 25, 26, 27, 28, 29, 30, 31, 42); ebbene, dalla lettura di detti documenti, non vi è prova della riferibilità degli addebiti portati da tali assegni al conto corrente non cointestato sopra indicato. L'assegno sub doc. (...) è infine intestato ad una Banca diversa da M.. Pertanto, i presupposti della azione recuperatoria e di rendiconto avanzate dagli attori non sono provati, sì che le domande devono essere respinte. Restano da analizzare le domande riconvenzionali avanzate dalla convenuta. La prima riconvenzionale è volta al rimborso, da parte dell'attore (...), dell'importo di Euro 150.000,00, pari alla quota di sua spettanza della somma di Euro 300.000,00, asseritamente anticipata dalla convenuta per la liquidazione della quota di (...). Ad avviso dell'attore, il pagamento sarebbe invece avvenuto con denaro dell'asse. La domanda è fondata, atteso che, dall'esame del doc. 2 prodotto dalla convenuta, si evince invece che l'addebito è avvenuto sul conto corrente (...), n. -4704, intestato alla sola (...) e infatti non indicato nella dichiarazione di successione (doc.3 attoreo). La seconda domanda riconvenzionale della convenuta riguarda la somma di Euro 207.000,00 incassata dall'attore in forza di polizza (...) sottoscritta dal de cuius ed avente come beneficiari la sig.ra (...) e il sig. (...), ma incassata solo da quest'ultimo. Ad avviso dell'attore, la quota sarebbe stata attribuita dalla sig.ra O. all'attore per liberalità. L'eccezione non appare provata, tanto più che l'eventuale donazione, quand'anche fosse, sarebbe nulla per difetto di forma. La riconvenzionale dunque è fondata. La terza riconvenzionale riguarda la quota parte dell'Irpef 2015 che sarebbe stata integralmente incassata dall'attore (...) e mai riaccreditata. La domanda è contestata e fondata su documentazione (doc. 10, doc. 30 fascicolo parte convenuta) che tuttavia non comprova l'effettivo incasso del rimborso da parte dell'attore. La domanda dunque infondata e deve essere rigettata. La quarta riconvenzionale riguarda la richiesta di reintegra del patrimonio ereditario, mediante collazione, da parte dell'attore, di liberalità asseritamente ricevute per circa 240.000,00. Ad avviso della convenuta, l'attore avrebbe ricevuto bonifici ed assegni costitutivi di liberalità, rispetto alle quali vige l'obbligo di collazione. Sotto tale profilo, si rammenta che la giurisprudenza di legittimità ha evidenziato che "Il presupposto dell'obbligo di collazione, ai sensi dell'art. 737 c.c., è che il soggetto ad esso tenuto abbia ricevuto beni o diritti a titolo di liberalità dal "de cuius", direttamente o indirettamente tramite esborsi effettuati da quest'ultimo" (Cass. Civ., Sez. 6 - 2, Ordinanza n. 1506 del 22/01/2018). In particolare, "In presenza di donazioni fatte in vita dal "de cuius", la collazione ereditaria - in entrambe le forme previste dalla legge, per conferimento del bene in natura ovvero per imputazione - è uno strumento giuridico volto alla formazione della massa ereditaria da dividere al fine di assicurare l'equilibrio e la parità di trattamento tra i vari condividenti, così da non alterare il rapporto di valore tra le varie quote, da determinarsi, in relazione alla misura del diritto di ciascun condividente, sulla base della sommatoria del "relictum" e del "donatum" al momento dell'apertura della successione , e quindi garantire a ciascuno degli eredi la possibilità di conseguire una quantità di beni proporzionata alla propria quota. Ne consegue che l'obbligo della collazione sorge automaticamente a seguito dell'apertura della successione" (Cass. Civ., sez. 2, Sentenza n. 15131 del 18/07/2005 (Rv. 582041 - 01); costituiscono soggetti tenuti alla collazione i figli e i loro discendenti ed il coniuge che concorrono alla successione (art. 737 c.c.). La circostanza è contestata da controparte a verbale di udienza del 14 luglio 2021. Sono documentati in atti: doc. 18) assegno dell'importo di Euro 30.000,00 tratto su (...) credito cooperativo: la copia prodotta in atti si presenta illeggibile quanto al destinatario e alla firma, sì che il relativo importo non può essere conteggiato; doc. 19) disposizione di bonifico datata 19 luglio 2011 da parte di (...) e (...), per complessivi Euro 10.000,00 a favore dell'attore, causale "spese ordinarie"; provenendo la disposizione da conto cointestato, potrà essere valutata come liberalità oggetto di collazione, al più, la somma di Euro 5.000,00, in relazione alla quale, tuttavia, la contestazione attorea si appalesa del tutto inconsistente e generica, in contrasto con l'onere del soggetto chiamato alla collazione di eccepire precisamente e dare prova del fatto ostativo alla collazione (crf., Cassazione civile sez. II, 01/02/1995, n.1159): è dovuta dunque da parte dell'attore la collazione dell'importo di Euro 5.000,00; doc. 20) disposizione di bonifico datata 27 dicembre 2011 da parte di (...) e (...), per complessivi Euro 3.000,00 a favore dell'attore, causale "versamento"; provenendo la disposizione da conto cointestato, potrà essere valutata come liberalità oggetto di collazione, al più, la somma di Euro 1.500,00, in relazione alla quale, tuttavia, la contestazione attorea si appalesa del tutto inconsistente e generica, in contrasto con l'onere del soggetto chiamato alla collazione di eccepire precisamente e dare prova del fatto ostativo alla collazione (crf., Cassazione civile sez. II, 01/02/1995, n.1159): è dovuta dunque da parte dell'attore la collazione dell'importo di Euro 1.500,00; doc. 21) disposizione di bonifico datata 12 ottobre 2012 da parte di (...) e (...), per complessivi Euro 1.500,00 a favore dell'attore, causale "giroconto"; provenendo la disposizione da conto cointestato, potrà essere valutata come liberalità oggetto di collazione, al più, la somma di Euro 750,00, in relazione alla quale, tuttavia, la contestazione attorea si appalesa del tutto inconsistente e generica, in contrasto con l'onere del soggetto chiamato alla collazione di eccepire precisamente e dare prova del fatto ostativo alla collazione (crf., Cassazione civile sez. II, 01/02/1995, n.1159): è dovuta dunque da parte dell'attore la collazione dell'importo di Euro 750,00; doc. 22) disposizione di bonifico di (...) a favore di (...), per l'importo di Euro 50.000,00, causale "come da accordi", data 31.03.2009: anche per detta disposizione la contestazione attorea si appalesa del tutto inconsistente e generica, in contrasto con l'onere del soggetto chiamato alla collazione di eccepire precisamente e dare prova del fatto ostativo alla collazione (crf., Cassazione civile sez. II, 01/02/1995, n.1159): è dovuta dunque da parte dell'attore la collazione dell'importo di Euro 50.000,00; doc. 23) disposizione di bonifico di (...) a favore di (...), per l'importo di Euro 50.000,00, causale "come da accordi", data 29.12.2008: anche per detta disposizione la contestazione attorea si appalesa del tutto inconsistente e generica, in contrasto con l'onere del soggetto chiamato alla collazione di eccepire precisamente e dare prova del fatto ostativo alla collazione (crf., Cassazione civile sez. II, 01/02/1995, n.1159); è dovuta dunque da parte dell'attore la collazione dell'importo di Euro 50.000,00; doc. 24) giroconto a favore di (...) da conto intestato a (...) per l'importo di Euro 30.000,00 in data 29.02.2012: anche per detta disposizione la contestazione attorea si appalesa del tutto inconsistente e generica, in contrasto con l'onere del soggetto chiamato alla collazione di eccepire precisamente e dare prova del fatto ostativo alla collazione (crf., Cassazione civile sez. II, 01/02/1995, n.1159); è dovuta dunque da parte dell'attore la collazione dell'importo di Euro 30.000,00; doc. 25) disposizione di (...) a favore di (...) da conto intestato a (...) per la somma di Euro 20.000,00 in data 14.2.2013: anche per detta disposizione la contestazione attorea si appalesa del tutto inconsistente e generica, in contrasto con l'onere del soggetto chiamato alla collazione di eccepire precisamente e dare prova del fatto ostativo alla collazione (crf., Cassazione civile sez. II, 01/02/1995, n.1159); è dovuta dunque da parte dell'attore la collazione dell'importo di Euro 20.000,00; doc. 26) disposizione di (...) a favore di (...) da conto intestato a (...) per la somma di Euro 20.000,00 in data 3.9.2013: anche per detta disposizione la contestazione attorea si appalesa del tutto inconsistente e generica, in contrasto con l'onere del soggetto chiamato alla collazione di eccepire precisamente e dare prova del fatto ostativo alla collazione (crf., Cassazione civile sez. II, 01/02/1995, n.1159); è dovuta dunque da parte dell'attore la collazione dell'importo di Euro 20.000,00; doc. 27) disposizione di bonifico datata 10 ottobre 2016: non oggetto di collazione in quanto successiva al decesso; totali Euro 177.250,00 totale da corrispondere alla convenuta (50%): Euro 88.625,00. La domanda riconvenzionale di collazione va dunque accolta, limitatamente all'importo sopra menzionato. Per quanto riguarda interessi e rivalutazione, sulle somme sopra menzionate sono dovuti gli interessi ex art. 1284 comma 1 c.c. (vertendosi in materia non contrattuale) dalla data della domanda giudiziale al saldo. Non è dovuta rivalutazione, in quanto i rimborsi e i conferimenti richiesti seguono il principio nominalistico, con conseguente esclusione della rivalutazione (crf. Cass. Civ. sez. 2, sentenza n. 26486 del 17.10.2019). Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo ex dm 55 del 2014, parametri medi per scaglione corrispondente al valore della causa, con esclusione della fase di mediazione non appalesandosi una effettiva autonomia della stessa rispetto alla stretta strumentalità alla fase di merito. Non sussistono i presupposti per la condanna ex art. 96 c.p.c. richiesta dalla convenuta. P.Q.M. Il Giudice del Tribunale di Forlì in composizione collegiale, definitivamente pronunciando sulla causa n. 3764 del 2020 RG , ogni diversa e contraria istanza, domanda ed eccezione disattese, così provvede: 1) Respinge l'eccezione di nullità dell'atto di citazione; 2) Accerta e dichiara la carenza di legittimazione attiva di (...), per le ragioni dettagliate in motivazione; 3) Dichiara inammissibile la domanda di riduzione avanzata dagli attori; 4) Respinge le ulteriori domande tutte avanzate dagli attori; 5) Accoglie parzialmente le domande riconvenzionali avanzate da (...) e pertanto condanna (...) al pagamento a (...), a tale titolo e per i motivi esplicati in premessa, della somma complessiva di Euro 445.625,00 oltre interessi ex art. 1284 comma 1 c.c. dalla data della domanda giudiziale al saldo; 6) Condanna (...) e (...), in solido, alla integrale refusione a (...) delle spese di lite del presente giudizio, che liquida in complessivi Euro 37.951,00 per compensi, oltre 15% per spese generali, cp e iva di legge. Così deciso in Forlì il 20 marzo 2023. Depositata in Cancelleria il 22 marzo 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO DI FORLI' Il Tribunale, nella persona del Giudice dott.ssa Valentina Vecchietti SENTENZA nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 1593/2022 promossa da: (...) (C.F. (...)) rappresentata e difesa dall'avv. MA.GI. (C.F. (...)), elettivamente domiciliata in PIAZZA (...) 47035 GAMBETTOLA (FC) presso il difensore avv. MA.GI. (...) (C.F. (...)) rappresentata e difesa dall'avv. MA.GI. (C.F. (...)), elettivamente domiciliata in PIAZZA (...) 47035 GAMBETTOLA (FC) presso il difensore avv. MA.GI. (...) (C.F. (...)) rappresentata e difesa dall'avv. MA.GI. (C.F. (...)), elettivamente domiciliata in PIAZZA (...) 47035 GAMBETTOLA (FC) presso il difensore avv. MA.GI. ATTORI contro (...) (C.F. (...)) (...) (C.F. (...)) (...) (C.F. (...)) (...) (C.F. (...)) CONVENUTI CONTUMACI CONCISA ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE Con atto di citazione notificato per pubblici proclami ex art. 150 c.p.c., i sig.ri (...), (...) e (...) hanno convenuto in giudizio i sig.ri (...), (...), (...) e (...) per ivi sentire accogliere le seguenti conclusioni: "Voglia l'Ill.mo Tribunale di Forlì, ritenuta la propria competenza, accertato che gli odierni attori hanno posseduto per oltre 20 anni, in modo continuo, indisturbato ed esclusivo, uti domini, gli immobili di cui è causa, - accertare e dichiarare che i sig.ri (...), (...) e (...) hanno acquistato per usucapione i seguenti immobili siti nel Comune di G. (F.): 1. immobile distinto al Catasto Fabbricati - foglio (...), part. (...), sub. (...), Nat. (...), consistenza 3,5 vani, per la quota di 105/1512 intestata a (...), nata a C. (F.) il (...), per la quota di 105/1512 intestata a (...), nato a C. (F.) il (...), per la quota di 105/1512 intestata a (...), nato a C. (F.) il (...) e per la quota di 105/1512 intestata a (...), nata a C. (F.) il (...); 2. immobile distinto al Catasto Fabbricati - foglio (...), part. (...), sub. (...), Nat. (...), consistenza 41 mq., per la quota di 105/1512 intestata a (...), nata a C. (F.) il (...).01.1860, per la quota di 105/1512 intestata a (...), nato a C. (F.) il (...), per la quota di 105/1512 intestata a (...), nato a C. (F.) il (...) e per la quota di 105/1512 intestata a (...), nata a C. (F.) il (...); 3. immobile distinto al Catasto Terreni - foglio (...), part. (...), Nat. (...), in comproprietà pro indiviso per la quota complessiva di 35/126 intestata a (...), nata a C. (F.) il (...), (...), nato a C. (F.) il (...), (...), nato a C. (F.) il (...) e (...), nata a C. (F.) il (...), 4. immobile distinto al Catasto Terreni - foglio (...), part. (...), Nat. T, in comproprietà pro indiviso per la quota complessiva di 35/126 intestata a (...), nata a C. (F.) il (...), (...), nato a C. (F.) il (...), (...), nato a C. (F.) il (...) e (...), nata a C. (F.) il (...), 5. immobile distinto al Catasto Terreni - Foglio (...), part. (...), Nat. (...). in comproprietà pro indiviso per la quota complessiva di 35/126 intestata a (...), nata a C. (F.) il (...), (...), nato a C. (F.) il (...), (...), nato a C. (F.) il (...) e (...), nata a C. (F.) il (...); 6. immobile distinto al Catasto Terreni - Foglio (...), part. (...), Nat. (...) in comproprietà pro indiviso per la quota complessiva di 35/126 intestata a (...), nata a C. (F.) il (...), (...), nato a C. (F.) il (...), (...), nato a C. (F.) il (...) e (...), nata a C. (F.) il (...); 7. immobile distinto al Catasto Fabbricati - foglio (...), part. (...), sub. (...), Corte, (...) a tutti i sub; 8. immobile distinto al Catasto Terreni - foglio (...), part. (...), Ente Urbano. - ordinare al conservatore la trascrizione dell 'emananda sentenza, quale titolo di acquisto; - condannare i convenuti alla rifusione delle spese in caso di opposizione. Con vittoria di spese e compensi di causa, oltre al 15% per spese generali e C.P.A. come per legge." A sostegno delle proprie domande, gli attori hanno esposto di avere posseduto in modo esclusivo, continuativo e pubblico, da oltre vent'anni, i beni immobili siti nel Comune di G. (F.) così identificati: immobile distinto al Catasto Fabbricati, foglio (...), part. (...), sub. (...), Nat. (...), consistenza 3,5 vani; immobile distinto al Catasto Fabbricati, foglio (...), part. (...), sub. (...), Nat. (...), consistenza 41 mq.; immobile distinto al Catasto Terreni, foglio (...), part. (...), Nat. (...); immobile distinto al Catasto Terreni, foglio (...), part. (...), Nat. T; immobile distinto al Catasto Terreni, foglio (...), part. (...), Nat. (...); immobile distinto al Catasto Terreni, foglio (...), part. (...), Nat. (...).; immobile distinto al Catasto Fabbricati, foglio (...), part. (...), sub. (...), Corte, (...) a tutti i sub; immobile distinto al Catasto Terreni, foglio (...), part. (...), Ente Urbano, edificati antecedentemente al 1942, ma attualmente in stato di avanzata fatiscenza, in origine utilizzati come alloggio di campagna ed in un secondo tempo, destinati a ripostiglio, esercitando sopra di essi un potere corrispondente all'esercizio del diritto di proprietà accompagnato dall'animus possidendi, con l'intenzione cioè di comportarsi come esclusivi ed unici proprietari; in particolare, gli odierni attori, che hanno situato le proprie abitazioni a qualche metro dal compendio immobiliare oggetto della causa de qua (i sig.ri (...) e (...) risiedono in Via V., 92 (ex civico n. 66) dal 01.01.1993, mentre la sig.ra (...) risiede in Via V., 94 (ex civico n. 68) a partire dal 03.04.1957) hanno affermato di avere sempre goduto uti domini dei suddetti immobili, in modo esclusivo, per oltre trent'anni, sostenendone anche la relativa imposta (IMU) ed esercitandone, con idonea dichiarazione depositata presso l'Ente Locale di riferimento, il diritto alla riduzione del 50% relativamente all'intero edificio, in conformità alla normativa vigente ed in virtù del degrado delle strutture in questione. Tutto ciò è avvenuto in modo inconciliabile con la possibilità di godimento di altre persone, tuttavia, gli immobili di che trattasi risultavano così formalmente intestati: 1. Immobile distinto al Catasto Fabbricati, foglio (...), part. (...), sub. (...), Nat. (...), consistenza 3,5 vani: - per la quota di 105/1512 a (...), nata a C. (F.) il (...), C.F. (...), deceduta; - per la quota di 105/1512 a (...), nato a C. (F.) il (...), C.F. (...), deceduto; - per la quota di 105/1512 a (...), nato a C. (F.) il (...), C.F. (...), deceduto; - per la quota di 105/1512 a (...), nata a C. (F.) il (...), C.F. (...), deceduta; - per la quota di 364/1512 a ciascun attore: (...), nata a C. (F.) il (...), C.F. (...), (...), nata a C. (F.) il (...), C.F. (...), (...), nato a C. (F.) il (...), C.F. (...). 2. Immobile distinto al Catasto Fabbricati, foglio (...), part. (...), sub. (...), Nat. (...), consistenza 41 mq: - per la quota di 105/1512 a (...), nata a C. (F.) il (...), C.F. (...), deceduta; - per la quota di 105/1512 a (...), nato a C. (F.) il (...), C.F. (...), deceduto; - per la quota di 105/1512 a (...), nato a C. (F.) il (...), C.F. (...), deceduto; - per la quota di 105/1512 a (...), nata a C. (F.) il (...), C.F. (...), deceduta; - per la quota di 364/1512 a ciascun attore: (...), nata a C. (F.) il (...), C.F. (...), (...), nata a C. (F.) il (...), C.F. (...), (...), nato a C. (F.) il (...), C.F. (...). 3. Immobile distinto al Catasto Fabbricati, foglio (...), part. (...), sub. (...), Corte, (...) a tutti i sub; 4. Immobile distinto al Catasto Terreni, foglio (...), part. (...), Nat. (...): - in comproprietà pro indiviso per la quota di 35/126 a (...), nata a C. (F.) il (...), C.F. (...), deceduta; - in comproprietà pro indiviso per la quota di 35/126 a (...), nato a C. (F.) il (...), C.F. (...), deceduto; - in comproprietà pro indiviso per la quota di 35/126 a (...), nato a C. (F.) il (...), C.F. (...), deceduto; - in comproprietà pro indiviso per la quota di 35/126 a (...), nata a C. (F.) il (...), C.F. (...), deceduta; - per la quota di 91/378 a ciascun attore: (...), nata a C. (F.) il (...), C.F. (...), (...), nata a C. (F.) il (...), C.F. (...), (...), nato a C. (F.) il (...), C.F. (...). 5. Immobile distinto al Catasto Terreni, foglio (...), part. (...), Nat. (...): - in comproprietà pro indiviso per la quota di 35/126 a (...), nata a C. (F.) il (...), C.F. (...), deceduta; - in comproprietà pro indiviso per la quota di 35/126 a (...), nato a C. (F.) il (...), C.F. (...), deceduto; - in comproprietà pro indiviso per la quota di 35/126 a (...), nato a C. (F.) il (...), C.F. (...), deceduto; - in comproprietà pro indiviso per la quota di 35/126 a (...), nata a C. (F.) il (...), C.F. (...), deceduta; - per la quota di 91/378 a ciascun attore: (...), nata a C. (F.) il (...), C.F. (...), (...), nata a C. (F.) il (...), C.F. (...), (...), nato a C. (F.) il (...), C.F. (...). 6. Immobile distinto al Catasto Terreni, foglio (...), part. (...), Nat. (...): - in comproprietà pro indiviso per la quota di 35/126 a (...), nata a C. (F.) il (...), C.F. (...), deceduta; - in comproprietà pro indiviso per la quota di 35/126 a (...), nato a C. (F.) il (...), C.F. (...), deceduto; - in comproprietà pro indiviso per la quota di 35/126 a (...), nato a C. (F.) il (...), C.F. (...), deceduto; - in comproprietà pro indiviso per la quota di 35/126 a (...), nata a C. (F.) il (...), C.F. (...), deceduta; - per la quota di 91/378 a ciascun attore: (...), nata a C. (F.) il (...), C.F. (...), (...), nata a C. (F.) il (...), C.F. (...), (...), nato a C. (F.) il (...), C.F. (...). 7. Immobile distinto al Catasto Terreni, foglio (...), part. (...), Nat. (...): - in comproprietà pro indiviso per la quota di 35/126 a (...), nata a C. (F.) il (...), C.F. (...), deceduta; - in comproprietà pro indiviso per la quota di 35/126 a (...), nato a C. (F.) il (...), C.F. (...), deceduto; - in comproprietà pro indiviso per la quota di 35/126 a (...), nato a C. (F.) il (...), C.F. (...), deceduto; - in comproprietà pro indiviso per la quota di 35/126 a (...), nata a C. (F.) il (...), C.F. (...), deceduta; - per la quota di 91/378 a ciascun attore: (...), nata a C. (F.) il (...), C.F. (...), (...), nata a C. (F.) il (...), C.F. (...), (...), nato a C. (F.) il (...), C.F. (...). Allegava inoltre parte attrice che i predetti comproprietari, oggi non più in vita, hanno vissuto e svolto le rispettive attività lavorative lontani da G., e pertanto, sulla base dei suddetti dati anagrafici, è plausibile sostenere che non vi sia più alcun erede legittimo in vita, considerando anche il decorso del termine utile per accettare l'eredità, essendo trascorsi oltre 10 anni dal decesso degli stessi. All'udienza fissata per la comparizione delle parti del 12 ottobre 2022 i convenuti (...), (...), (...) e (...) non si costituivano in giudizio e ne veniva dichiarata la contumacia. All'udienza del 25 gennaio 2023 sono stati escussi i testi ammessi (...), (...) e (...) e la causa è stata pertanto trattenuta in decisione, senza termini, come richiesto da parte attrice, la quale ha concluso come da atto di citazione. All'esito dell'istruttoria, la domanda di parte attrice è fondata e merita accoglimento, in ragione dell'esistenza di un potere di fatto sulla cosa oggetto di domanda di usucapione. L'istruttoria ha comprovato il possesso continuativo, pubblico, pacifico uti domini da oltre 20 anni degli immobili indicati nell'atto introduttivo, da parte degli attori. I testi escussi hanno infatti confermato, che da oltre trent'anni, i sig.ri (...), (...) e (...) si occupano ed utilizzano gli immobili di cui è causa, siti in G. (F.), come se ne fossero gli esclusivi proprietari. In particolare, la teste (...), figlia di (...), sentita sul capitolo ammesso della citazione ha dichiarato che: "si è vero, loro si comportano come proprietari, si occupano di qualsiasi cosa ci sia da fare, come tagliare l'erba, mettere a posto, ecc.". Le medesime circostanze vengono confermate dal teste (...), il quale ha affermato che: "si è vero, io lavoro nell'altra metà dell'immobile, posso confermare la circostanza, se ne occupano direttamente o indirettamente pagando qualcuno, come per tagliare l'erba e non ho mai avuto contezza di altre persone che avessero avanzato pretese di qualche tipo sull'immobile; dopo la guerra il nonno abitava lì poi loro si fecero casa per conto loro, poco distante". Infine, il teste (...) ha ammesso che: "si è vero, io abito proprio di fronte, posso dire che gli attori lavorano lì, sistemano, fanno le pulizie, ed in passato abitavano lì, anche se non ricordo la data precisa. A un certo punto si sono trasferiti. Non ho mai avuto contezza di altre persone che avessero avanzato pretese di qualche tipo sull'immobile". La situazione di possesso degli attori risulta pertanto continuativa, non interrotta, non viziata e pertanto utile all'usucapione, di cui ricorrono anche i requisiti temporali richiesti, essendosi protratta per un tempo indubbiamente superiore a vent'anni, in maniera esclusiva e pubblicamente nota, senza alcuna contestazione da parte dei comproprietari. La mancata prova della circostanza che gli attori abbiano iniziato ad esercitare il potere di fatto semplicemente come detenzione permette di presumere a loro favore, ex art. 1141 c.c., una situazione di possesso, esonerandoli dal fornire la prova dell'animus possidendi. In definitiva, dall'insieme delle risultanze istruttorie sopra menzionate, univocamente coincidenti ed immuni da profili di contraddittorietà, deve ritenersi accertata la fondatezza della domanda attorea. Occorrerà dunque dichiarare che (...) (C.F. (...)), (...) (C.F. (...)) e (...) (C.F. (...)), in virtù di un possesso continuato ultraventennale, hanno usucapito i seguenti immobili, siti nel Comune di G. (...): - immobile distinto al Catasto Fabbricati, foglio (...), part. (...), sub. (...), Nat. (...), consistenza 3,5 vani, per la quota di 105/1512 intestata a (...), nata a C. (F.) il (...), per la quota di 105/1512 intestata a (...), nato a C. (F.) il (...), per la quota di 105/1512 intestata a (...), nato a C. (F.) il (...) e per la quota di 105/1512 intestata a (...), nata a C. (F.) il (...); - immobile distinto al Catasto Fabbricati, foglio (...), part. (...), sub. (...), Nat. (...), consistenza 41 mq., per la quota di 105/1512 intestata a (...), nata a C. (F.) il (...), per la quota di 105/1512 intestata a (...), nato a C. (F.) il (...), per la quota di 105/1512 intestata a (...), nato a C. (F.) il (...) e per la quota di 105/1512 intestata a (...), nata a C. (F.) il (...); - immobile distinto al Catasto Terreni, foglio (...), part. (...), Nat. (...), in comproprietà pro indiviso per la quota complessiva di 35/126 intestata a (...), nata a C. (F.) il (...), (...), nato a C. (F.) il (...), (...), nato a C. (F.) il (...) e (...), nata a C. (F.) il (...), - immobile distinto al Catasto Terreni, foglio (...), part. (...), Nat. (...), in comproprietà pro indiviso per la quota complessiva di 35/126 intestata a (...), nata a C. (F.) il (...), (...), nato a C. (F.) il (...), (...), nato a C. (F.) il (...) e (...), nata a C. (F.) il (...), - immobile distinto al Catasto Terreni, foglio (...), part. (...), Nat. (...). in comproprietà pro indiviso per la quota complessiva di 35/126 intestata a (...), nata a C. (F.) il (...), (...), nato a C. (F.) il (...), (...), nato a C. (F.) il (...) e (...), nata a C. (F.) il (...); - immobile distinto al Catasto Terreni, foglio (...), part. (...), Nat. T. in comproprietà pro indiviso per la quota complessiva di 35/126 intestata a (...), nata a C. (F.) il (...), (...), nato a C. (F.) il (...), (...), nato a C. (F.) il (...) e (...), nata a C. (F.) il (...); - immobile distinto al Catasto Fabbricati, foglio (...), part. (...), sub. (...), Corte, (...) a tutti i sub; - immobile distinto al Catasto Terreni, foglio (...), part. (...), Ente Urbano. Il competente ufficio provinciale dell'Agenzia del Territorio effettuerà la trascrizione della presente sentenza in favore degli attori. P.Q.M. Il Giudice del Tribunale di Forlì, definitivamente pronunciando nella causa in epigrafe, ogni ulteriore domanda e/o eccezione disattesa, così provvede: 1. accerta e dichiara che (...) (C.F. (...)), (...) (C.F. (...)) e (...) (C.F. (...)), in virtù di un possesso continuato ultraventennale, hanno usucapito il diritto di piena proprietà relativo ai seguenti immobili, siti nel Comune di G. (F.): - immobile distinto al Catasto Fabbricati, foglio (...), part. (...), sub. (...), Nat. (...), consistenza 3,5 vani, per la quota di 105/1512 intestata a (...), nata a C. (F.) il (...), per la quota di 105/1512 intestata a (...), nato a C. (F.) il (...), per la quota di 105/1512 intestata a (...), nato a C. (F.) il (...) e per la quota di 105/1512 intestata a (...), nata a C. (F.) il (...); - immobile distinto al Catasto Fabbricati, foglio (...), part. (...), sub. (...), Nat. (...), consistenza 41 mq., per la quota di 105/1512 intestata a (...), nata a C. (F.) il (...), per la quota di 105/1512 intestata a (...), nato a C. (F.) il (...), per la quota di 105/1512 intestata a (...), nato a C. (F.) il (...) e per la quota di 105/1512 intestata a (...), nata a C. (F.) il (...); - immobile distinto al Catasto Terreni, foglio (...), part. (...), Nat. (...), in comproprietà pro indiviso per la quota complessiva di 35/126 intestata a (...), nata a C. (F.) il (...), (...), nato a C. (F.) il (...), (...), nato a C. (F.) il (...) e (...), nata a C. (F.) il (...), - immobile distinto al Catasto Terreni, foglio (...), part. (...), Nat. (...), in comproprietà pro indiviso per la quota complessiva di 35/126 intestata a (...), nata a C. (F.) il (...), (...), nato a C. (F.) il (...), (...), nato a C. (F.) il (...) e (...), nata a C. (F.) il (...), - immobile distinto al Catasto Terreni, foglio (...), part. (...), Nat. (...). in comproprietà pro indiviso per la quota complessiva di 35/126 intestata a (...), nata a C. (F.) il (...), (...), nato a C. (F.) il (...), (...), nato a C. (F.) il (...) e (...), nata a C. (F.) il (...); - immobile distinto al Catasto Terreni, foglio (...), part. (...), Nat. (...). in comproprietà pro indiviso per la quota complessiva di 35/126 intestata a (...), nata a C. (F.) il (...), (...), nato a C. (F.) il (...), (...), nato a C. (F.) il (...) e (...), nata a C. (F.) il (...); - immobile distinto al Catasto Fabbricati, foglio (...), part. (...), sub. (...), Corte, (...) a tutti i sub; - immobile distinto al Catasto Terreni, foglio (...), part. (...), Ente Urbano; 2 ordina ai competenti uffici di voler provvedere a tutte le necessarie trascrizioni, iscrizioni e volture, con esonero del Sig. Conservatore dei Registri Immobiliari da ogni responsabilità al riguardo; 3 nulla sulle spese di lite. Così deciso in Forlì l'1 febbraio 2023. Depositata in Cancelleria il 3 febbraio 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO DI FORLI' SEZIONE CIVILE Il Tribunale, in composizione collegiale, nelle persone dei seguenti magistrati: dott. Danilo Maffa - Presidente dott.ssa Agnese Cicchetti - Giudice dott.ssa Anna Orlandi - Giudice est. ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di I Grado iscritta al n. 1567 del ruolo generale degli affari contenziosi civili dell'anno 2019, avente ad oggetto divorzio contenzioso - scioglimento del matrimonio, promossa da: (...) (C.F. (...) ) nato a (...) il (...) ed ivi residente in fraz. Paderno, via (...), rappresentato e difeso, anche disgiuntamente tra loro e in forza di procura allegata al ricorso introduttivo, dall'Avv. AL.CE. del foro di Forlì - Cesena e dall'Avv. MA.VI. del foro di Napoli, con domicilio eletto presso e nello studio di quest'ultima sito in Forlì alla via (...); RICORRENTE nei confronti di (...) (C.F. (...) ) nata a (...) lo (...) ed ivi residente in via Sobb. E. (...) n. 25, rappresentata e difesa, in forza di procura allegata alla comparsa di costituzione e risposta, dall'Avv. ST.SP. del foro di Forlì-Cesena, con domicilio eletto presso e nel suo studio sito in Cesena al viale (...); RESISTENTE E con l'intervento obbligatorio ex lege del Pubblico Ministero presso la Procura della Repubblica in sede; MOTIVI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE Preliminarmente, si evidenzia che nel presente giudizio è già stata pronunziata sentenza parziale di scioglimento del matrimonio contratto dalle parti a (...) in data 16.11.1991 (vedasi sentenza parziale n. 714/2020 emessa in data 16.09.2020 e pubblicata il 21.09.2020) con separata ordinanza per la rimessione della causa in istruttoria. Il procedimento è poi stato istruito, oltre che tramite abbondante produzione documentale, con l'espletamento dell'interrogatorio formale del ricorrente e con l'escussione di cinque testimoni. All'esito, all'udienza allo scopo fissata, svoltasi in modalità cartolare con la sola trattazione scritta ex art. 83, co. 7 lett. h) del D.L. n. 18 del 2020, le parti hanno precisato le proprie conclusioni come indicato in epigrafe, depositando le ultime dichiarazioni dei redditi e documentazione sopravvenuta, e la causa è stata nuovamente rimessa al Collegio per la sentenza definitiva. Venendo ora, quindi, agli aspetti economici, ovvero sussistenza o meno del diritto della resistente a percepire assegno perequativo dal marito o, meglio, essendo già passata in giudicato la sentenza parziale di divorzio, assegno divorzile e, in caso di risposta positiva, determinazione della sua entità, nonché contributo mensile per il mantenimento delle due figlie della coppia, maggiorenni non ancora economicamente autosufficienti, (...), nata il (...) e (...), nata lo 03.09.1999, da porre a carico del padre, quanto alla prima questione che ha assorbito in modo pressochè esclusivo la dialettica processuale, si evidenzia che: - nelle condizioni di separazione concordate tra i coniugi e omologate dal Tribunale di Forlì in data 18.10.2012 si prevedeva, per quanto qui interessa, che il marito (...) versasse alla moglie (...) "a titolo di contributo al mantenimento" della stessa, entro il giorno 10 di ogni mese, la somma di Euro 800,00, annualmente rivalutabili secondo gli indici Istat. Il predetto si impegnava, altresì, in qualità di socio al 38% della (...) S.r.l., a votare l'aumento dell'emolumento mensile spettante alla Sig.ra (...), in qualità di amministratore, nella misura di Euro 1.400,00 mensili netti, impegnandosi in tal senso, ex art. 1381 c.c., anche per il socio al 21% Sig. (...) (la stessa (...) era socia di (...) con una partecipazione del 39.50%). Qualora nei dieci anni successivi all'omologa della separazione l'emolumento non fosse stato deliberato o (...) S.r.l. non avesse rinnovato l'incarico di amministratore alla (...) e sino alla scadenza del decennio, il Sig. (...) si impegnava a provvedere personalmente a corrispondere alla stessa la somma di Euro 1.400,00 netti, quale integrazione al contributo al mantenimento. L'accordo prevedeva che l'emolumento mensile sarebbe venuto meno nell'ipotesi in cui la Sig.ra (...) non avesse prestato la propria attività lavorativa almeno quattro ore al giorno per cinque giorni settimanali, ovvero nell'ipotesi in cui, per giusta causa, non le fosse rinnovata la carica di amministratore o fosse revocata dall'incarico con sentenza passata in giudicato. L'obbligazione dell'(...) sarebbe in ogni caso venuta meno nel caso in cui la (...) avesse venduto a terzi la propria partecipazione nella società, indipendentemente dalla somma ricavata dalla vendita. L'obbligazione da parte del Sig. (...) di corrispondere tale emolumento sarebbe venuta meno anche qualora, nei dieci anni successivi all'omologazione della separazione, tutti i soci della (...) S.r.l. avessero venduto a terzi la totalità delle partecipazioni, solo a condizione che dalla vendita della propria quota la (...) avesse percepito un corrispettivo di almeno Euro 300.000,00. Qualora la stessa avesse ottenuto una somma inferiore ad Euro 300.000,00, il Sig. (...) si obbligava a corrisponderle la somma di Euro 1.400,00 mensili, sino alla scadenza del decennio, ovvero ad integrare la somma liquidata per la cessione fino alla concorrenza di Euro 300.000; tale obbligazione, di cui il Sig. (...) si rendeva personalmente garante, sarebbe cessata al reperimento da parte della moglie di una occupazione consona al proprio grado di istruzione. La moglie, a sua volta, si impegnava, ove avesse venduto l'abitazione allora sua residenza in (...), via Angeli, ad attribuire alle figlie (...) ed (...) un terzo del prezzo percepito da dividersi in eguale misura tra queste ultime. Il marito si impegnava infine a corrispondere alla moglie Euro 10.000,00 a titolo di contributo una tantum per il pagamento delle spese legali relative al procedimento di separazione consensuale; - nel marzo 2017 i soci di (...) S.r.l. si determinavano alla cessione della totalità delle partecipazioni sociali, l'offerta formulata dal potenziale acquirente per la partecipazione della (...) era di complessivi Euro 198.061,00, il marito, pertanto, conformemente a quanto previsto nell'art. 12 delle condizioni di separazione, proponeva alla Sig.ra (...) di procedere con la vendita della società integrando lui stesso il corrispettivo alla stessa spettante con il pagamento di ulteriori Euro 101.939,00, la (...) accettava tale proposta e, nei tempi stabiliti dal contratto di cessione delle quote, incassava la complessiva somma di Euro 300.000,00; - nel ricorso per divorzio, (...) chiedeva accertarsi e dichiararsi che alla moglie (...) non spetta alcun contributo mensile di mantenimento, essendo la predetta, laureata in economia, con una importante esperienza professionale maturata presso la società (...), attualmente impegnata in attività lavorativa presso la (...) e proprietaria di diversi immobili, del tutto economicamente autosufficiente e comunque non avendo la stessa, nel corso del matrimonio, per un verso sacrificato il proprio lavoro e le proprie aspettative professionali, per altro verso, contributo in alcun modo alla formazione del patrimonio personale del marito. Dal canto suo, la (...), costituendosi, contestava la ricostruzione fattuale offerta dal ricorrente e insisteva per il riconoscimento in suo favore di un assegno mensile di divorzio pari ad Euro 5.000,00, ricorrendone senza dubbio i presupposti ovvero, in primo luogo, l'esigenza di riequilibrare il contributo fornito dall'ex coniuge allo svolgimento della vita familiare e anche alla realizzazione professionale dell'altro, tenuto altresì conto della durata del matrimonio e della natura precaria e assai poco remunerativa del lavoro svolto attualmente dalla moglie come procacciatore di affari per assicurazione; - il Presidente del Tribunale, nell'ordinanza di provvedimenti temporanei ed urgenti ex art. 4 L. n. 898 del 1970 emessa il 30.11.2019, rilevato come le condizioni della separazione omologata prevedessero "anche patti ulteriori rispetto a quelli concernenti la disciplina propria del nucleo familiare, uno dei quali (in effetti verificatosi, non risultando esservi controversia sul punto) con natura di condizione risolutiva dell'obbligo dell'(...) di corrispondere alla (...) l'assegno perequativo di Euro 1.400,00 mensili (si vedano in particolare gli accordi concernenti la società (...) s.r.l. di cui al punto 12)", ritenuto pertanto che non si ponesse "nella presente un problema di conferma o meno dell'obbligo dell'(...), già cessato, di corrispondere alla (...) l'assegno di cui all'art. 156 c.c., avendo ad oggetto il contrasto tra le parti unicamente la sussistenza o meno del diritto della (...) all'assegno di cui all'art. 5 L. n. 898 del 1970 che - salva l'ipotesi eccezionale, che qui non ricorre, di cui all'art. 4 comma 13 L. citata - decorre dal passaggio in giudicato della sentenza costitutiva del diverso status", non stabiliva alcun assegno in favore della moglie; - con ordinanza emessa il 22.05.2020 e depositata in data 03.06.2020, la Corte di Appello di Bologna, adita in sede di reclamo dalla (...), osservato come il provvedimento presidenziale sia frutto di un errore, posto che la condizione risolutiva riguarda esclusivamente l'obbligo del Sig. (...) di corrispondere alla moglie l'assegno "integrativo" di Euro 1.400,00, di cui ai punti dal n. 8 al n. 13, ma non quello di Euro 800,00 di cui al punto n. 7 (il pagamento della somma di Euro 1.400,00, sempre indicato, nelle condizioni di separazione, quale pagamento ulteriore ed aggiuntivo, ovviamente rispetto al pagamento della somma di Euro 800,00, era legato a vicende inerenti la società (...) SRL, e sottoposto ad un termine decennale, non così invece per il contributo di cui al punto 7 che appare svincolato dalle vicende societarie), rilevato come sia, infatti, incontestato che il marito abbia sempre pagato, fino a novembre 2019, la somma mensile di Euro 800,00, anche successivamente all'avveramento della condizione risolutiva avvenuto nel marzo 2017, osservato infine che è altro il diritto della Sig.ra (...) all'assegno divorzile, che ha altri presupposti, e non viene in alcun modo esaminato, in accoglimento del ricorso, confermava l'obbligo di (...) di corrispondere a (...) la somma mensile di mantenimento stabilita al punto 7) delle condizioni di separazione, pari ad Euro 800; - in data 21.09.2020 era pubblicata sentenza parziale di divorzio, passata in giudicato il 24.10.2020; - con memoria ex art. 183 comma 6 n. 1 c.p.c. depositata in data 16.10.2020, la resistente (...) domandava disporsi/confermarsi, con ogni miglior formula e se del caso sotto forma di provvedimenti temporanei ed urgenti sussistendone certamente i presupposti, un contributo di mantenimento in proprio favore a carico del Sig. (...), pari quantomeno a quello confermato in sede di reclamo dalla Corte di Appello di Bologna con pronuncia del 22.05.2020; - nelle note di trattazione scritta depositate per l'udienza di precisazione delle conclusioni, il ricorrente (...), dopo avere ribadito che con la sentenza parziale di divorzio non vi è stata alcuna conversione dell'emolumento di separazione in assegno divorzile, che, pertanto a fare data dal novembre 2020 nulla è più dovuto alla Sig.ra (...) a titolo di assegno di mantenimento e che tutto quanto erogato alla ex moglie dal ricorrente dopo la sentenza parziale è stato e viene corrisposto con espressa riserva di ripetizione, instava per la declaratoria di indipendenza economica di entrambi i coniugi e quindi per l'assenza del diritto di qualsivoglia contributo/assegno a carico dell'uno e in favore dell'altro. Di par suo, la resistente (...) domandava, in via immediata e preliminare, confermarsi, se del caso sotto forma di provvedimenti temporanei ed urgenti, il contributo mensile al suo mantenimento pari ad Euro 800, nel merito, stabilirsi a carico dell'ex marito assegno divorzile in favore della resistente pari ad Euro 5.000 mensili. Orbene, ai fini della decisione, è senz'altro necessario soffermarsi sulla recente pronuncia delle Sezioni Unite, che, con la sentenza n. 18287/2018 depositata l'11 luglio 2018, hanno ridefinito in modo chiaro i principi in materia, in particolare la natura dell'assegno divorzile ed i presupposti per il suo riconoscimento in favore del coniuge richiedente. Partendo da un attento esame del dato normativo di cui all'art. 5 Legge divorzio, nella sua formulazione originaria e poi nella sua versione ultima, come modificata dall'intervento legislativo del 1987, le Sezioni Unite hanno richiamato il proprio iniziale pronunciamento del 1990 (sentenza Cass. civ. Sez. Un. n. 11490/1990), nel quale era stato affermato che l'assegno divorzile aveva carattere esclusivamente assistenziale, dal momento che il presupposto per la sua concessione doveva essere rinvenuto nella inadeguatezza dei mezzi del coniuge istante, da intendersi come insufficienza degli stessi, comprensivi di redditi, cespiti patrimoniali ed altre utilità disponibili, a conservargli un "tenore di vita analogo a quello avuto in costanza di matrimonio". In linea generale, avendo, appunto, l'assegno di divorzio funzione eminentemente assistenziale, la sua attribuzione era subordinata alla sussistenza di una situazione di squilibrio reddituale tra i coniugi, per effetto del quale uno dei due si trovi privo di mezzi adeguati per provvedere al proprio mantenimento, o nell'impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive. La sussistenza di tale presupposto condizionava il sorgere del diritto all'assegno divorzile, mentre tutti gli altri criteri, costituiti dalle condizioni dei coniugi, dalle ragioni della decisione, dal contributo personale ed economico di ciascuno alla conduzione della vita familiare ed alla formazione del patrimonio di ciascuno e di quello comune, e dal reddito di entrambi, erano destinati ad operare solo se l'accertamento dell'unico elemento attributivo si fosse risolto positivamente, ed incidevano soltanto sulla quantificazione dell'assegno stesso (cfr., ex multis, oltre alla richiamata Cass. Sez. Un. n. 11490/1990, anche Cass. civ. 12 marzo 1992 n. 3019). Per quanto concerne il concetto di "adeguatezza" impiegato dal legislatore, esso andava inteso, secondo l'interpretazione fatta propria dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, in relazione all'interesse giuridicamente tutelato a conservare un tenore di vita analogo a quello avuto in costanza di matrimonio, senza che fosse necessario uno stato di bisogno dell'avente diritto, il quale poteva essere anche economicamente autosufficiente, rilevando l'apprezzabile deterioramento, in dipendenza del divorzio, delle condizioni economiche del medesimo che, in via di massima, dovevano essere ripristinate, in modo da ristabilire un certo equilibrio. L'accertamento del diritto all'assegno di divorzio si articolava, pertanto, in due fasi, nella prima delle quali il giudice era chiamato a verificare l'esistenza del diritto in astratto, in relazione all'inadeguatezza dei mezzi o all'impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive, raffrontati ad un tenore di vita analogo a quello goduto in costanza di matrimonio, o che poteva legittimamente fondarsi su aspettative maturate nel corso del matrimonio, fissate al momento del divorzio. Nella seconda fase, il giudice doveva poi procedere alla determinazione in concreto dell'assegno in base alla valutazione ponderata e bilaterale dei criteri indicati nello stesso art. 5, che agiscono come fattori di moderazione e diminuzione della somma considerabile in astratto, e possono in ipotesi estreme valere anche ad azzerarla, quando la conservazione del tenore di vita assicurato dal matrimonio finisca per risultare incompatibile con detti elementi di quantificazione (vedasi, tra le numerose, Cass. civ. 12 luglio 2007, n. 15610; Cass. civ. Sez. I, 11 novembre 2009, n. 23906 ove si ribadivano chiaramente i principi sopra espressi). Ad una tale affermazione di principio, rimasta sostanzialmente ferma per quasi un trentennio, si era recentemente contrapposto altro innovativo orientamento, cui aveva dato avvio la sezione prima civile della Cassazione con la sentenza n. 11504 del 2017, che, pur condividendo e facendo propria la premessa sistematica della rigida distinzione tra criterio attributivo (fondato sulla verifica della sussistenza della inadeguatezza di mezzi del coniuge richiedente, di cui all'ultima parte dell'art. 5, comma 6, Legge Divorzio) e criterio determinativo (fondato sugli elementi di cui alla prima parte della norma citata), aveva individuato, quale parametro della inadeguatezza dei mezzi del coniuge istante, non più il tenore di vita analogo a quello avuto in costanza di matrimonio, quanto piuttosto la "non autosufficienza economica" dello stesso, evidenziando come solo all'esito del positivo accertamento di tale presupposto potevano essere esaminati i criteri determinativi dell'assegno indicati nella prima parte della norma. Le Sezioni Unite del 2018 hanno sottoposto a revisione critica entrambi gli orientamenti richiamati, evidenziando, da un lato, che il criterio attributivo dell'assegno cristallizzato nella sentenza n. 11490/1990 - fondato, come sopra evidenziato, sul mantenimento del tenore di vita matrimoniale - si espone, oggettivamente, ad un forte rischio di creare indebite rendite di posizione, dall'altro, che l'impostazione prospettata dalla sentenza n. 11504/2017, nel suo attribuire esclusivo rilievo alla astratta condizione economico-patrimoniale soggettiva dell'ex-coniuge richiedente, sconta il fatto di essere del tutto scollegata dalla relazione matrimoniale che pure c'è stata tra i coniugi, e che ha determinato scelte di vita, frutto di decisioni libere e condivise, che possono aver impresso alle condizioni personali ed economiche dei coniugi un corso irreversibile. "Le rilevanti modificazioni sociali che hanno inciso sulla rappresentazione simbolica del legame matrimoniale e sulla disciplina giuridica dell'istituto" hanno, dunque, indotto le Sezioni Unite del 2018 ad offrire una nuova soluzione interpretativa, fondata sulla necessità di "abbandonare la rigida distinzione tra criteri attributivi e determinativi dell'assegno di divorzio, alla luce di una interpretazione dell'art. 5, comma 6, più coerente con il quadro costituzionale di riferimento costituito ... dagli artt. 2, 3 e 29 Cost.". Alla compiuta spiegazione della "soluzione interpretativa adottata" la Suprema Corte ha dedicato l'intero paragrafo 10 della sentenza qui riportata. Scrivono le Sezioni Unite che "l'art. 5 comma 6 attribuisce all'assegno di divorzio una funzione assistenziale, riconoscendo all'ex coniuge il diritto all'assegno di divorzio quando non abbia mezzi "adeguati" e non possa procurarseli per ragioni obiettive. Il parametro dell'adeguatezza ha, tuttavia, carattere intrinsecamente relativo ed impone una valutazione comparativa che entrambi gli orientamenti illustrati delle Sezioni Unite del 1990 e della sezione I civile del 2017 traggono al di fuori degli indicatori contenuti nell'incipit della norma", esegesi in quanto tali non soddisfacenti, che hanno imposto un radicale ripensamento. Nella sentenza in esame, si legge che "Il fondamento costituzionale dei criteri indicati nell'incipit della norma conduce ad una valutazione concreta ed effettiva dell'adeguatezza dei mezzi e dell'incapacità di procurarseli per ragioni oggettive fondata in primo luogo sulle condizioni economico-patrimoniali delle parti, da accertarsi anche utilizzando i poteri istruttori officiosi attribuiti espressamente al giudice della famiglia a questo specifico scopo. Tale verifica è da collegare causalmente alla valutazione degli altri indicatori contenuti nella prima parte dell'art. 5, c. 6, al fine di accertare se l'eventuale rilevante disparità economico-patrimoniale degli ex coniugi all'atto dello scioglimento del vincolo sia dipendente dalle scelte di conduzione della vita familiare adottate e condivise in costanza di matrimonio, con il sacrificio delle aspettative professionali e reddituali di una delle parti in funzione dell'assunzione di un ruolo trainante endofamiliare, in relazione alla durata, fattore di cruciale importanza nella valutazione del contributo di ciascun coniuge alla formazione del patrimonio comune e/o del patrimonio dell'altro coniuge, oltre che delle effettive potenzialità professionali e reddituali valutabili alla conclusione della relazione matrimoniale, anche in relazione all'età del coniuge richiedente ed alla conformazione del mercato del lavoro". L'accertamento relativo all'inadeguatezza dei mezzi ed all'incapacità di procurarseli per ragioni oggettive deve, dunque, essere saldamente ancorato alle caratteristiche ed alla ripartizione dei rispettivi ruoli endofamiliari, i quali, alla luce del principio solidaristico che permea la formazione sociale della famiglia, di rilievo costituzionale, costituiscono attuazione della rete di diritti e doveri fissati dall'art. 143 codice civile. Questo accertamento "non è conseguenza di una inesistente ultrattività dell'unione matrimoniale, definitivamente sciolta tanto da determinare modifica irreversibile degli status personali degli ex coniugi" ma diviene necessario in quanto è la stessa norma regolatrice del diritto all'assegno che attribuisce rilievo alle scelte e ai ruoli della vita familiare; tale rilievo ha "l'esclusiva funzione di accertare se la condizione di squilibrio economico patrimoniale sia da ricondurre eziologicamente alle determinazioni comuni ed ai ruoli endofamiliari, in relazione alla durata del matrimonio e all'età del richiedente", di modo che, ove la disparità reddituale abbia questa specifica radice causale e sia accertato, con assolvimento di un onere probatorio che le Sezioni Unite richiedono espressamente sia "rigoroso", "che lo squilibrio economico patrimoniale conseguente al divorzio derivi dal sacrificio di aspettative professionali e reddituali fondate sull'assunzione di un ruolo consumato esclusivamente o prevalentemente all'interno della famiglia e dal conseguente contributo fattivo alla formazione del patrimonio comune e a quello dell'altro coniuge", di tale specifica caratteristica della vita familiare si tenga conto "nella valutazione della inadeguatezza dei mezzi e dell'incapacità del coniuge richiedente di procurarseli per ragioni oggettive". In buona sostanza, dunque, "la funzione assistenziale dell'assegno di divorzio si compone di un contenuto perequativo-compensativo che discende direttamente dalla declinazione costituzionale del principio di solidarietà e che conduce al riconoscimento di un contributo che, partendo dalla comparazione delle condizioni economico-patrimoniali dei due coniugi, deve tener conto non soltanto del raggiungimento di un grado di autonomia economica tale da garantire l'autosufficienza, secondo un parametro astratto ma, in concreto, di un livello reddituale adeguato al contributo fornito nella realizzazione della vita familiare, in particolare tenendo conto delle aspettative professionali ed economiche eventualmente sacrificate, in considerazione della durata del matrimonio e dell'età del richiedente. Il giudizio di adeguatezza ha, pertanto, anche un contenuto prognostico riguardante la concreta possibilità di recuperare il pregiudizio professionale ed economico derivante dall'assunzione di un impegno diverso. Sotto questo specifico profilo il fattore età del richiedente è di indubbio rilievo al fine di verificare la concreta possibilità di un adeguato ricollocamento sul mercato del lavoro". In definitiva, le Sezioni Unite affermano in modo chiaro che "l'eliminazione della rigida distinzione tra criterio attributivo e criteri determinativi dell'assegno di divorzio e la conseguente inclusione, nell'accertamento cui il giudice è tenuto, di tutti gli indicatori contenuti nell'art. 5. c. 6 in posizione equiordinata, consente, ... senza togliere rilevanza alla comparazione della situazione economico-patrimoniale delle parti, di escludere i rischi d'ingiustificato arricchimento derivanti dalla adozione di tale valutazione comparativa in via prevalente ed esclusiva, ma nello stesso tempo assicura tutela in chiave perequativa alle situazioni, molto frequenti, caratterizzate da una sensibile disparità di condizioni economico-patrimoniali ancorché non dettate dalla radicale mancanza di autosufficienza economica ma piuttosto da un dislivello reddituale conseguente alle comuni determinazioni assunte dalle parti nella conduzione della vita familiare". Il parametro dell'adeguatezza dunque contiene in sé una funzione equilibratrice e non solo assistenziale-alimentare. La piena ed incondizionata reversibilità del vincolo coniugale non esclude il rilievo pregnante che tale scelta, unita alle determinazioni comuni assunte in ordine alla conduzione della vita familiare, può imprimere sulla costruzione del profilo personale ed economico-patrimoniale dei singoli coniugi, non potendosi trascurare che l'impegno all'interno della famiglia può condurre all'esclusione o limitazione di quello diretto alla costruzione di un percorso professionale-reddituale. Il legislatore impone sì di accertare preliminarmente l'esistenza e l'entità dello squilibrio determinato dal divorzio mediante l'obbligo della produzione dei documenti fiscali dei redditi delle parti, anche attraverso il potenziamento dei poteri istruttori officiosi attribuiti al giudice, nonostante la natura prevalentemente disponibile dei diritti in gioco e, all'esito di tale preliminare e doveroso accertamento, può venire già in evidenza il profilo strettamente assistenziale dell'assegno, qualora una sola delle parti non sia titolare di redditi propri e sia priva di redditi da lavoro. Possono, tuttavia, riscontrarsi più situazioni comparative caratterizzate da una sperequazione nella condizione economico patrimoniale delle parti, di entità variabile. Secondo la Suprema corte, quindi deve essere prescelto un criterio integrato che si fondi sulla concretezza e molteplicità dei modelli familiari attuali. Le Sezioni Unite del 2018, sulla base delle approfondite argomentazioni sino a qui testualmente riportate, ritenute coerenti anche con il quadro normativo europeo ed extraeuropeo, sono quindi pervenute all'affermazione del seguente principio di diritto enunciato conclusivamente, da leggere alla luce di quanto spiegato al paragrafo 10 della decisione stessa: "Ai sensi dell'art. 5 c. 6 della L. n. 898 del 1970, dopo le modifiche introdotte con la L. n. 74 del 1987, il riconoscimento dell'assegno di divorzio, cui deve attribuirsi una funzione assistenziale ed in pari misura compensativa e perequativa, richiede l'accertamento dell'inadeguatezza dei mezzi o comunque dell'impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive, attraverso l'applicazione dei criteri di cui alla prima parte della norma i quali costituiscono il parametro di cui si deve tenere conto per la relativa attribuzione e determinazione, ed in particolare, alla luce della valutazione comparativa delle condizioni economico-patrimoniali delle parti, in considerazione del contributo fornito dal richiedente alla conduzione della vita familiare e alla formazione del patrimonio comune e personale di ciascuno degli ex coniugi, in relazione alla durata del matrimonio e all'età dell'avente diritto". Al fine del calcolo dell'assegno di divorzio di cui all'articolo 5 della L. 1 dicembre 1970, n. 898 occorre dunque tenere in considerazione non il tenore di vita, ma diversi fattori, attraverso un criterio c.d. "composito" che, alla luce della valutazione comparativa delle rispettive condizioni economico-patrimoniali, dia particolare rilievo al contributo fornito dall'ex coniuge richiedente alla formazione del patrimonio comune e personale, in relazione alla durata del matrimonio, alle potenzialità reddituali future ed all'età dell'avente diritto (si vedano, tra le numerose successive pronunce della Suprema Corte intervenute dopo le Sezioni Unite, Cass. civ. Sez. I, ordinanza 23.01.2019, n. 1882 nella quale si è ribadito che "il riconoscimento dell'assegno di divorzio in favore dell'ex coniuge, cui deve attribuirsi una funzione assistenziale ed in pari misura compensativa e perequativa, ai sensi dell'art. 5, comma 6, della L. n. 898 del 1970, richiede, ai fini dell'accertamento dell'inadeguatezza dei mezzi dell'ex coniuge istante, e dell'impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive, l'applicazione dei criteri contenuti nella prima parte della norma, i quali costituiscono, in posizione equiordinata, i parametri cui occorre attenersi per decidere sia sull'attribuzione sia sulla quantificazione dell'assegno. Il giudizio, premessa la valutazione comparativa delle condizioni economico-patrimoniali delle parti, avrà ad oggetto, in particolare, il contributo fornito dal richiedente alla condizione della vita familiare ed alla formazione del patrimonio comune, nonché di quello personale di ciascuno degli ex coniugi, in relazione alla durata del matrimonio ed all'età dell'avente diritto"; con più specifico riguardo alla durata del matrimonio, Cass. civ. Sez. I, 07.05.2019, n. 12021 ove si osserva, in conformità a quanto statuito da una pronunzia della Corte di Appello di Palermo (oggetto di gravame) che "la breve durata della vita in comune, non caratterizzata dalla nascita dei figli, era tale da escludere che avesse avuto efficacia condizionante sulla formazione del patrimonio delle parti, ove ritenuto astrattamente valutabile quanto all'an debeatur" nonché Cass. civ. Sez. VI-I, ord. 05.06.2020, n. 10647, che si è espressa in termini di "limitata durata del vincolo matrimoniale" con riferimento ad un matrimonio di anni sei; Cass. civ. Sez. I, ordinanza 28.02.2020, n. 5603 secondo cui "in tema di assegno di divorzio, la natura perequativo-compensativa, che discende direttamente dalla declinazione del principio costituzionale di solidarietà, conduce al riconoscimento di un contributo volto a consentire al coniuge richiedente, non il conseguimento dell'autosufficienza economica sulla base di un parametro astratto, bensì il raggiungimento in concreto di un livello reddituale adeguato al contributo fornito nella realizzazione della vita familiare, in particolare tenendo conto delle aspettative professionali sacrificate. La funzione equilibratrice del reddito degli ex coniugi, anche essa assegnata dal legislatore all'assegno divorzile, non è finalizzata, peraltro, alla ricostituzione del tenore di vita endoconiugale, ma al riconoscimento del ruolo e del contributo fornito dall'ex coniuge economicamente più debole alla formazione del patrimonio della famiglia e di quello personale degli ex coniugi"). Secondo la più recente giurisprudenza, dunque, l'assegno divorzile ha oggi una "funzione equilibratrice del reddito", riconoscendo all'ex coniuge l'assegno quando non abbia mezzi adeguati e non possa procurarseli per ragioni obiettive, ed è finalizzato non già al mantenimento del tenore di vita goduto in costanza di matrimonio, bensì al riconoscimento del ruolo e del contributo fornito dall'ex coniuge economicamente più debole nel matrimonio (vedasi, Cass. civ. Sez. VI-I ordinanza 09.12.2020, n. 28104; Cass. civ. Sez. VI - I, ordinanza 02.10.2020 n. 21140; Cass. civ. Sez. I, ord. 30.04.2021 n. 11472 ove si afferma in modo chiaro che "la funzione equilibratrice del reddito degli ex coniugi, anch'essa assegnata dal legislatore all'assegno divorzile, non è finalizzata alla ricostituzione del tenore di vita endoconiugale, ma al riconoscimento del ruolo e del contributo fornito dall'ex coniuge economicamente più debole alla formazione del patrimonio della famiglia e di quello personale degli ex coniugi"; Cass. civ. Sez. VI-I, ord. 07.10.2021, n. 27276 secondo cui lo squilibrio economico tra le parti ed anche l'alto livello reddituale del coniuge onerato non sono, di per sé considerati, elementi autonomamente decisivi per il riconoscimento e la quantificazione dell'assegno divorzile, posto che i criteri fondanti su cui accertare la sussistenza del diritto a percepire l'assegno divorzile sono costituiti dalla non autosufficienza economica insieme alla eventuale necessità di compensazione del particolare contributo dato dal coniuge richiedente l'assegno durante la vita matrimoniale, della cui prova è onerato il richiedente; Cass. civ. Sez. I ord. 04.05.2022, n. 14160 ove si trova scritto che "... il giudice di merito, nel valutare l'inadeguatezza dei mezzi dell'ex coniuge che richieda l'assegno divorzile, o l'impossibilità per lo stesso di procurarseli per ragioni oggettive, deve tener conto, utilizzando i criteri di cui all'art. 5, comma 6, L. n. 898 del 1970, sia dell'impossibilità di vivere autonomamente e dignitosamente da parte di quest'ultimo, sia della necessità di compensarlo per il particolare contributo che dimostri di avere dato alla formazione del patrimonio comune o dell'altro coniuge durante la vita matrimoniale, senza che abbiano rilievo, da soli, lo squilibrio economico tra le parti e l'alto livello reddituale dell'altro ex coniuge, tenuto conto che la differenza reddituale è coessenziale alla ricostruzione del tenore di vita matrimoniale, ma è oramai irrilevante ai fini della determinazione dell'assegno, e l'entità del reddito e/o del patrimonio dell'altro ex coniuge non giustifica, di per sé, la corresponsione di un assegno in proporzione delle sue sostanze"; da ultimo, Cass. civ. Sez. VI-I, ordinanza 10.06.2022, n. 18838 ove si osserva che "...Per le Sezioni Unite occorre prendere atto della "piena ed incondizionata reversibilità del vincolo coniugale". E dunque, sciolto il vincolo coniugale, ciascun ex coniuge, almeno in linea di principio, deve provvedere al proprio mantenimento. In forza della norma sull'assegno, tuttavia, tale principio è derogato, oltre che nel caso di non autosufficienza di uno degli ex coniugi, nel caso in cui il matrimonio sia stato causa di uno spostamento patrimoniale divenuto ingiustificato ex post dall'uno all'altro coniuge, spostamento patrimoniale che, in tal caso, e solo in tal caso, va corretto attraverso l'assegno, in funzione compensativo - perequativa. In breve, l'assegno risponde anzitutto e per lo più ad un'esigenza assistenziale, esigenza che le Sezioni Unite non hanno affatto inteso cancellare e danno invece per scontata. In taluni casi, però, l'assegno può rispondere, in tutto o in parte, ad una finalità compensativo - perequativa, tanto in ipotesi in cui il coniuge richiedente sia economicamente autosufficiente, ed allora la finalità sarà solo compensativo - perequativa, tanto in ipotesi in cui il coniuge richiedente non sia economicamente autosufficiente, ed allora la finalità sarà compensativo - perequativa ed assorbirà quella assistenziale....", deve quindi essere provata la sussistenza di un nesso evidente tra il preteso maggiore valore del patrimonio dell'uno ed il contributo offerto dall'altro coniuge; Cass. civ. Sez. VI, 13.10.2022, n. 29920 ove si trova scritto che: "....condizione per l'attribuzione dell'assegno divorzile in funzione compensativa non è il fatto in sé che uno dei coniugi si sia dedicato prevalentemente alle cure domestiche e dei figli, né di per sé il divario o lo squilibrio reddituale tra gli ex coniugi - che vale unicamente come precondizione fattuale per l'applicazione dei parametri di cui all'art. 5, comma 6, prima parte della L. n. 898 del 1970) ... o l'elevata capacità economica di uno dei due ...Occorre piuttosto indagare sulle ragioni e conseguenze della scelta di uno dei coniugi, seppur condivisa con l'altro coniuge, di dedicarsi prevalentemente all'attività familiare ....Ai fini della funzione compensativa dell'assegno divorzile, quella scelta assume rilievo nei limiti in cui sia all'origine di "aspettative professionali sacrificate"). Ciò posto, aderendo nella fattispecie in esame all'opzione ermeneutica prospettata dalle Sezioni Unite, si svolgono le seguenti considerazioni, partendo da semplici dati fattuali e documentali e dalle risultanze dell'istruttoria di causa, comprendente l'interrogatorio formale del ricorrente e le prove testimoniali: - il ricorrente (...), attualmente di anni 60, essendo L. n. 898 del 1970, di professione imprenditore, più in particolare amministratore nella (...) S.p.A. e nel Consorzio (...) e con ulteriori incarichi in altre società riconducibili al (...), gruppo e marchio noti a livello internazionale e fondati dal proprio padre e dal di lui fratello, e la resistente (...), di anni 52, essendo nata lo (...), laureata in economia e commercio (titolo di studio conseguito dopo la nascita della seconda figlia della coppia), per circa 20 anni impegnata all'interno della società (...) S.r.l. (dal novembre 1997 al marzo 2017) dapprima in posizione di legale rappresentante e poi come amministratore, attualmente procacciatore di affari per la (...) di (...), si sono sposati a (...) in data 16.11.1991; - alla data del matrimonio, la moglie frequentava il primo anno della facoltà di Economia e Commercio a Bologna e non aveva alcun reddito, il 10.05.1992 nasceva la prima figlia (...) e sette anni dopo la secondogenita (...); - inizialmente la coppia viveva in piccolo appartamento acquistato dalla moglie con l'aiuto evidentemente dei propri genitori, successivamente nell'anno 1998 il nucleo familiare si trasferiva a vivere in villa di notevoli dimensioni di proprietà del marito e ubicata nelle campagne cesenati, con ampio giardino e dotata di dependance ove risiedevano i custodi; - i testi sentiti in ordine alle vicende del nucleo familiare, accudimento e gestione delle due figlie della coppia nonché disbrigo delle varie incombenze domestiche e gestione dell'immobile coniugale (in particolare, (...), amica della moglie e frequentatrice della villa di (...) anche con il proprio marito, (...), madre della (...), e (...), amica della coppia) riferiscono che era la (...) ad occuparsi in modo pressochè totale della gestione delle due figlie, accompagnandole a scuola e alle varie attività ed impegni extrascolastici, aiutata sia dai propri genitori, che dal personale domestico assunto dalla coppia, trovandosi peraltro la casa familiare in zona lontana dal centro di (...) e non servita dai mezzi pubblici, che dal 1991 al 2010 il marito accompagnava spesso il padre Arnaldo e lo zio (...), fondatori come detto del G.A., nelle varie trasferte di lavoro, e trascorreva almeno due giorni alla settimana a Teramo ove era ubicato l'altro polo aziendale, che nel corso di tutta la convivenza matrimoniale il Sig. (...) era solito recarsi quattro/cinque volte all'anno presso le aziende appartenenti al padre (...) ubicate in (...) ed in (...), ivi permanendo, ogni volta, circa 15/20 giorni e che la coppia genitoriale era supportata oltre che, come detto, dai genitori della (...), anche da collaboratrici familiari che non solo si occupavano della pulizia e gestione della villa ma anche, al bisogno e in caso di assenza della (...) per motivi di lavoro, delle stesse ragazzine. Lo stesso (...), nell'interrogatorio formale lui deferito, in parte conferma la ricostruzione fattuale della vita familiare prospettata dalla (...), affermando che la moglie "teneva i rapporti" con i propri genitori che aiutavano la coppia "negli spostamenti delle figlie" quando non riusciva a provvedervi il personale domestico, che era solito recarsi, unitamente allo zio (...), il mercoledì mattina a Teramo nel secondo polo produttivo del gruppo di famiglia per riunioni ed incontri tornando la sera a casa e che circa una volta l'anno sempre per motivi di lavoro andava in Brasile e in Tanzania; - se vi è idonea prova che la (...), con il proprio lavoro e costante impegno domestico e di gestione, supervisione e organizzazione della vita delle due figlie, abbia senz'altro consentito all'(...), molto spesso impegnato fuori casa e fuori città per la propria attività di imprenditore/amministratore, di dedicare ogni propria energia alla conservazione e proficua gestione delle proprie numerosissime iniziative imprenditoriali, non altrettanto può dirsi in ordine alla dimostrazione che la resistente abbia sacrificato particolari aspettative professionali o progressioni di carriera, in realtà neppure specificamente allegate, o abbia contribuito alla formazione e crescita del patrimonio personale dell'ex coniuge. Orbene, in base alle circostanze fattuali sopra descritte, devono essere svolte quantomeno due osservazioni. La prima è rappresentata dalla attuale autosufficienza economica della resistente moglie, la quale ha maturato una importante esperienza professionale presso la (...) S.r.l., è in possesso quindi di capacità lavorativa specifica, vive, pur dovendosi tenere conto dell'attuale crisi del mercato del lavoro con le conseguenti difficoltà a reperire determinate occupazioni, in un buon contesto socio-industriale quale è quello della provincia di Forlì - (...), lavora per la (...) di (...), e dispone di diverse proprietà immobiliari tra cui l'abitazione di (...) in cui ospita le figlie quando tornano da (...) e può presumersi abbia avuto modo di accumulare disponibilità liquide avendo provveduto e provvedendo interamente il marito al mantenimento della figlia più grande a (...) e ora anche della figlia più piccola. La seconda è rappresentata, come già in parte evidenziato, dal significativo apporto fornito in modo pressochè totale dalla (...) alla conduzione della vita familiare, in particolare occupandosi delle due figlie e delle esigenze scolastiche ed extrascolastiche delle stesse nell'ambito di un matrimonio durato quasi 21 anni. La terza osservazione è che la resistente (...), di anni 52, ben può eventualmente, se del caso, essendo le figlie già grandi e ormai fuori casa vivendo durante la settimana a (...), in ragione del titolo di studio e della esperienza professionale maturata, cercare diverso impiego meglio remunerato nel settore di competenza. In base a quanto sopra esposto ed ai principi giurisprudenziali illustrati, può fondatamente ritenersi che solo un criterio compensativo-perequativo, avuto riguardo anche al dato non trascurabile della durata dell'unione matrimoniale, supporti in modo adeguato il diritto della (...) a percepire dal marito assegno mensile. Ora, venendo ad analizzare più specificamente la situazione economico-reddituale delle parti per come emersa dalle allegazioni e reciproche contestazioni e deduzioni delle parti nonché dalla abbondante documentazione versata in atti, è risultato che il ricorrente (...), di professione imprenditore all'interno del (...) e titolare di partecipazioni all'interno di varie società sempre riconducibili al predetto gruppo, ha percepito nell'anno di imposta 2009 un reddito complessivo di Euro 827.378, nell'anno di imposta 2015 un reddito complessivo di Euro 250.712,00 ed un reddito imponibile di Euro 235.117,00 ed una imposta netta di Euro 91.291, nell'anno di imposta 2016 un reddito complessivo pari ad Euro 290.046,00 ed un reddito imponibile di Euro 276.811,00, nell'anno di imposta 2017 un reddito complessivo di Euro 247.063,00 ed un reddito imponibile di Euro 234.624,00, nell'anno di imposta 2019 un reddito complessivo pari ad Euro 245.936,00 ed un reddito imponibile di Euro 233.730,00, nell'anno di imposta 2020 un reddito complessivo di Euro 297.262,00 ed un reddito imponibile di Euro 285.056,00 e nell'anno di imposta 2021 un reddito complessivo pari ad Euro 341.886,00 ed un reddito imponibile di Euro 329.680,00 con una imposta netta di Euro 132.224,00, è proprietario esclusivo della villa di notevoli dimensioni sita nelle campagne di (...), già casa familiare, di immobile sito in (...) per una quota di proprietà al 25% in comunione con i fratelli e di altri immobili conferiti in un trust. La resistente (...), attualmente procacciatore di affari con autonoma partita iva per la (...), ha percepito nell'anno di imposta 2015 un reddito complessivo pari ad Euro 30.451,00 ed un reddito imponibile di Euro 26.205,00 con una imposta netta di Euro 4.768, nell'anno di imposta 2016 un reddito complessivo di Euro 32.580,00 ed un reddito imponibile di Euro 29.118,00 (redditi, questi, comprensivi sia dell'assegno versatole dal marito sia della retribuzione per il lavoro svolto nella società A.), nell'anno di imposta 2017 un reddito complessivo di Euro 15.000 con un reddito imponibile di Euro 14.278, nell'anno di imposta 2018 un reddito complessivo di Euro 10.322 ed un reddito imponibile di Euro 9.600, negli anni di imposta 2019 e 2020 un reddito complessivo pari ad Euro 10.322,00 con un imponibile di Euro 9.600, nell'anno di imposta 2021 un reddito complessivo di Euro 10.691,00 con un imponibile di Euro 9.969 ed imposta netta pari a zero (redditi, questi, tutti comprensivi dell'assegno di mantenimento del coniuge), è proprietaria esclusiva dell'immobile di (...), Sobb. Valzania, di circa 100 mq, in cui risiede quando le figlie tornano da (...) e vengono a trovarla, nuda proprietaria di porzione di immobile di circa 60 mq ubicato sempre in (...) e di posto auto scoperto sito in (...). Alla luce dei principi enunciati dalle Sezioni Unite del 2018, in base ad un criterio compensativo- perequativo, in mancanza di idonea prova di una perdita di prospettive di carriera o rinuncia allo svolgimento di particolari incarichi professionali in conseguenza di una comune volontà dei coniugi o di scelta di uno dei due, avuto invece riguardo al non trascurabile contributo fornito dalla resistente alla conduzione della vita familiare e alla formazione del patrimonio comune e di quello del marito nel corso della convivenza matrimoniale durata venti anni, sussistono, dunque, i presupposti per accogliere la domanda della resistente volta ad ottenere in questa sede un contributo da parte dell'ex marito nella misura, ritenuta congrua ed adeguata, di Euro 800,00 mensili, così come già rivalutati a fare data dalla separazione consensuale del 18.10.2012 e annualmente rivalutabili secondo gli indici Istat, e da versarsi entro il giorno 5 di ogni mese. Quanto alla decorrenza dell'assegno divorzile ed eventuale cessazione nel corso della causa di divorzio dell'obbligo di corrispondere il contributo ex art. 156 c.c., deve essere svolto un duplice ordine di considerazioni. La prima è che non sussiste dubbio alcuno sul fatto che, con il passaggio in giudicato della sentenza parziale che scioglie il vincolo matrimoniale, cessa automaticamente l'obbligo di corrispondere l'assegno di mantenimento ex art. 156 c.c. disposto in sede di separazione a tutela del c.d. coniuge debole (si vedano, ex multis, Cass. civ. Sez. I 23.10.2019, n. 27205; Cass. civ. Sez. I 28.02.2017, n. 5062; Cass. civ. Sez. I 26.08.2013, n. 19555) e che rientra tra le facoltà del Presidente del Tribunale in sede di divorzio, ai sensi dell'art. 4 comma 8 L. n. 898 del 1970, di emettere provvedimenti provvisori ed urgenti, anche solo confermativi delle statuizioni assunte in sede separativa, finalizzati a tutelare provvisoriamente la parte economicamente più debole per la durata del procedimento di divorzio. La giurisprudenza di legittimità fa espressamente "salva l'ipotesi di provvedimenti di natura economica disposti dal presidente del tribunale o dall'istruttore L. n. 898 del 1970, ex art. 4, comma 8", così riconoscendo, ferma l'autonomia e la diversa natura dell'assegno ex art. 156 c.c. e di quello divorzile, la legittimità di un provvedimento "presidenziale o del giudice istruttore di cui alla L. 1 dicembre 1970, art. 4, comma 8 che - n.d.r. contenga già disposizioni sui rapporti economici tra i coniugi") (vedasi, al riguardo, Cass. civ. Sez. I 08.02.2012, n. 1779, di cui si riporta integralmente il relativo punto: "Il primo motivo è fondato nei limiti di cui appresso. Giova premettere, in sede dogmatica, che tra il giudizio di divorzio e quello di modifica delle condizioni della separazione personale, pendenti dinanzi a giudici diversi, non ricorrono i requisiti dell'identità di petitum e di causa petendi che costituiscono, insieme con l'identità dei soggetti, presupposti indispensabili perché possa ravvisarsi l'identità di causa ai sensi dell'art. 39 cod. proc. civ.. Si tratta, per contro, di procedimenti del tutto autonomi, sia per la diversa struttura, finalità e natura dell'assegno di divorzio rispetto a quella di separazione, sia perché per effetto della pronunzia di divorzio perde efficacia il regolamento economico stabilito in sede di separazione. Né la pronuncia di scioglimento del matrimonio, operando ex nunc, al momento del passaggio in giudicato, comporta la cessazione dalla materia del contendere nel giudizio di modifica delle condizioni della separazione iniziato anteriormente e tuttora pendente, ove ne permanga l'interesse di una delle parti. (Cass., sez. 1, 8 maggio 1992, n. 5497). Ciò non esclude che la domanda di adeguamento dell'assegno di separazione possa essere proposta dinanzi allo stesso giudice del divorzio, data, anzi, l'opportunità del simultaneus processus per la definizione di questioni patrimoniali indubbiamente connesse (Cass., sez. 1, 10 dicembre 2008, n. 28.990; Cass., sez. 1, 24 agosto 1994, n. 7488); con l'unico limite naturale del divieto di duplicazione dei due assegni e di preclusione della revisione dell'assegno di separazione ove l'ordinanza presidenziale o del giudice istruttore di cui alla L. 1 dicembre 1970, n. 898, art. 4, comma 8, contenga già disposizioni sui rapporti economici tra i coniugi. Ne consegue l'erroneità della statuizione della Corte d'appello di Roma che ha limitato la disamina delle circostanze sopravvenute, allegate dal (...) a sostegno della sua domanda di revisione delle condizioni di separazione, fino alla data di presentazione del ricorso per la cessazione degli effetti civili del matrimonio, avvenuta nel marzo 2004. Statuizione che non tiene conto del fatto che i mutamenti reddituali verificatisi in pendenza del giudizio di divorzio restano oggetto di valutazione da parte del giudice investito della domanda di modifica delle condizioni di separazione; e che queste ultime sono destinate alla perdurante vigenza fino all'introduzione di un nuovo regolamento patrimoniale per effetto della sentenza di divorzio (normalmente, al suo passaggio in giudicato). Pertanto, salva l'ipotesi di provvedimenti di natura economica disposti dal presidente del tribunale o dall'istruttore L. n. 898 del 1970, ex art. 4, comma 8, rientrano nel presente thema decidendum le sopravvenienze attive e passive successive al marzo 2004 fino al termine iniziale di efficacia della sentenza di cessazione degli effetti civili del matrimonio", nonché la più recente Cass. civ. Sez. I 27.03.2020, n. 7547, ove si ribadisce che "i provvedimenti economici adottati nel giudizio di separazione anteriormente iniziato sono destinati ad una perdurante vigenza fino all'introduzione di un nuovo regolamento patrimoniale per effetto delle statuizioni (definitive o provvisorie) rese in sede divorzile"). La seconda è che l'art. 4 comma 13 della L. n. 898 del 1970 consente al tribunale, quando emette la sentenza che dispone l'obbligo di corresponsione dell'assegno, di fare retrocedere la decorrenza dell'assegno dalla data della domanda di divorzio (anziché da quella del passaggio in giudicato della sentenza) sulla base delle circostanze del caso concreto, e ciò anche in assenza di specifica richiesta delle parti (vedasi Cass. civ. Sez. I ord. 17.09.2020, n. 19330); peraltro, come già detto, anche l'istruttore può, ricorrendone le condizioni, stabilire in via provvisoria ed urgente assegno perequativo in favore del coniuge. Si ritiene congruo fare decorrere il diritto della (...) di percepire assegno divorzile dal mese successivo al passaggio in giudicato della sentenza di divorzio ovvero dal mese di novembre 2020, essendo al contempo venuto meno il diritto della resistente di ricevere l'assegno ex art. 156 c.c. previsto nelle condizioni di separazione concordate. Quanto all'assegno per le figlie maggiorenni (...), attualmente di anni 30, non ancora economicamente autosufficiente in modo completo, in quanto, dopo il conseguimento della laurea presso lo I. di (...), ove vive in appartamento in affitto, lavora nel settore della moda con contratti precari, ed (...), di anni 23, in procinto di laurearsi presso la medesima Università e residente sempre a (...) in appartamento in locazione, si sottolinea che: - in sede di separazione consensuale, i coniugi stabilivano, quanto alla figlia minore (...), affidata a entrambi i genitori con collocazione prevalente presso la madre, l'obbligo per il ricorrente di corrispondere alla (...) Euro 700,00 mensili quale contributo al mantenimento ordinario della figlia, oltre all'integrale pagamento delle spese straordinarie per la medesima occorrende, e, quanto alla figlia maggiorenne (...), trasferitasi a (...) per frequentare l'università privata I., l'obbligo del padre di provvedere integralmente al mantenimento ordinario e straordinario della stessa; - nell'ordinanza ex art. 4 L. n. 898 del 1970 del 30 novembre 2019, il Presidente del Tribunale, oltre a dichiarare cessata l'efficacia dei provvedimenti separativi in materia di affidamento della secondogenita (...), stante l'intervenuto raggiungimento della maggiore età, disponeva che il padre corrispondesse alla (...), a titolo di parziale contributo al mantenimento della figlia (...), l'assegno mensile di Euro 300,00 rivalutabile annualmente secondo gli indici Istat e provvedesse tramite accordi diretti con entrambe le figlie all'integrale mantenimento delle stesse; - in sede di precisazione delle conclusioni, il ricorrente (...) domanda disporsi che il mantenimento ordinario e straordinario delle figlie (...) ed (...), maggiorenni ma non ancora completamente economicamente autosufficienti - in particolare (...), perché (...) già da qualche anno lavora a (...) - sia posto integralmente a carico del padre con versamento diretto alle stesse fino alla loro autosufficienza economica, analogamente la resistente (...) chiede porsi il mantenimento ordinario e straordinario delle due figlie (...) ed (...) a carico integrale del padre con versamento quanto a (...) direttamente alla stessa e quanto ad (...) sempre direttamente alla medesima ad eccezione dell'importo di Euro 500 da corrispondersi alla madre quale genitore presso la cui abitazione la figlia è solita tornare quando è libera da impegni universitari. Orbene, non ricorrono ragioni per non porre così come richiesto da entrambe le parti il mantenimento ordinario e straordinario delle figlie (...) ed (...) a carico integrale del padre tramite accordi da prendersi direttamente tra l'(...) e le figlie, ad eccezione della somma mensile da versarsi direttamente alla madre quale contributo al mantenimento ordinario di (...) dell'importo che si ritiene congruo, alla luce delle condizioni economiche dei genitori, di Euro 400,00 mensili, annualmente rivalutabili sulla base degli indici Istat. La formulazione di pressochè coincidenti domande in punto a mantenimento delle due figlie della coppia nonché la parziale, reciproca soccombenza sull'assegno per l'ex coniuge giustificano la compensazione per l'intero delle spese processuali tra le parti. P.Q.M. Il Tribunale di Forlì in composizione collegiale, ogni diversa istanza, domanda ed eccezione disattesa, vista la sentenza parziale n. 714/2020 emessa in data 16.09.2020 e pubblicata il 21.09.2020, con la quale è stata dichiarato lo scioglimento del matrimonio, definitivamente decidendo nella causa avente ad oggetto domanda di scioglimento del matrimonio promossa da (...) nei confronti di (...), con ricorso depositato in data 03.05.2019, così provvede; - PONE a carico del ricorrente (...) l'obbligo di corrispondere alla resistente (...) assegno divorzile dell'importo di Euro 800,00 mensili, così come già rivalutati a fare data dalla separazione consensuale omologata e annualmente rivalutabili secondo gli indici Istat, e da versarsi entro il giorno 5 di ogni mese, con decorrenza del relativo diritto dal mese di novembre 2020; - DISPONE che il padre (...) corrisponda alla madre (...), a titolo di parziale contributo al mantenimento della figlia (...), studentessa universitaria fuori sede, l'assegno mensile di Euro 400,00 rivalutabile annualmente secondo gli indici Istat, e provveda, tramite accordi diretti con le figlie (...) e (...), all'integrale mantenimento ordinario e straordinario delle stesse; - COMPENSA integralmente le spese di lite tra le parti; - MANDA alla Cancelleria per gli adempimenti di competenza. Così deciso in Forlì il 26 gennaio 2023. Depositata in Cancelleria il 31 gennaio 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE DI FORLÌ in composizione monocratica in persona del giudice dott.ssa Valentina Vecchietti pronuncia SENTENZA nella causa civile di primo grado iscritta al n. 4100 del ruolo generale degli affari contenziosi dell'anno 2019 promossa da: (...) -Cod. Fisc. (...), (...), Cod. Fisc. (...), (...) S.A. già (...), in persona del legale rappresentante pro tempore, piva (...), elettivamente domiciliati in VIA (...) 19 CESENA C/O STUDIO AVV. MA.MA., rappresentati e difesi dall'avv. LE.SY. (CF (...)) ATTORI nei confronti di (...) - Cod. Fisc. (...), QU.GR. - Cod. Fisc. (...); CONVENUTI CONTUMACI nei confronti di (...) S.P.A. - Cod. Fisc. (...), elettivamente domiciliata in Forlì, via (...), presso lo studio dell'avv. RU.PI., rappresentata e difesa dall'avv. RU.PI. CONVENUTA In punto a: lesione personale MOTIVAZIONE IN FATTO E IN DIRITTO Gli attori (...), (...), (...) S.A. citavano in giudizio i convenuti (...), (...), (...) S.p.A. per sentire dichiarati i convenuti tenuti al risarcimento agli attori Soldati e L. dei danni patiti in occasione del sinistro oggetto di causa con la condanna al pagamento della somma di Euro 20.302,00 o la maggiore o minore somma ritenuta di giustizia e con la condanna dei convenuti al pagamento, in via solidale, alla attrice (...) della somma di Euro 31.668,78 a titolo di risarcimento, o quella somma maggiore o minore ritenuta di giustizia. Il tutto con vittoria di spese. Allegavano gli attori che (...), proprietario del veicolo BMW Serie 3 tg. (...), assicurato con polizza casko della società (...), e la sig.ra (...), passeggero, restavano gravemente feriti a seguito del sinistro avvenuto il 6 giugno 2016 in località B. (F.) via E. e via V., verso le ore 16.35 circa. In particolare, la vettura attorea percorreva la via E. in direzione Forlì quando, giunta all'intersezione di via V., nel Comune di Bertinoro, si portava in prossimità della linea di mezzeria arrestandosi nell'attesa di effettuare la successiva manovra di svolta a sinistra; improvvisamente, la vettura veniva tamponata nella parte posteriore destra, con estrema violenza, dal veicolo guidato dal sig. (...), di proprietà della sig.ra (...), (...) tg. (...), assicurata da (...), il quale non riusciva a mantenerne il controllo e ad arrestarlo. Il veicolo attoreo veniva conseguentemente sospinto in avanti andando ad urtare il trattore con rimorchio Scania CVR tg. (...)che percorreva la via E. nel senso opposto. A seguito dell'urto, gli attori riportavano lesioni, che determinavano anche postumi permanenti, ed il veicolo attoreo riportava danni sia alla parte anteriore che a quella posteriore. Per quanto riguarda i danni al veicolo, essi venivano risarciti da (...) in forza della polizza in essere. La responsabilità del sinistro sarebbe imputabile integralmente al convenuto, come attestato anche dagli accertamenti compiuti dalla Polizia Municipale intervenuta in loco. La Compagnia convenuta, tuttavia, proponeva di risarcire il sinistro con il pagamento della sola somma di Euro 3.737,96, del tutto insufficiente a risarcire i danni, in termini di danno non patrimoniale e spese mediche. Non si costituivano in giudizio i convenuti, dichiarati contumaci alla udienza del 9 luglio 2020. Si costituiva in giudizio tempestivamente (...) S.p.A. (di seguito anche "la Compagnia" o "(...)") concludendo per il rigetto della domanda attorea in quanto eccessiva e non provata. La domanda attorea veniva contestata dalla Compagnia sotto il solo profilo del quantum debeatur, contestando in particolare i danni biologico e morale dedotto dagli attori in quanto reputato eccessivo e non provato. Eccepiva che gli importi già fatti pervenire e percepire "ante - causam " da (...) in favore di (...) (per Euro 562,56) ed in favore di (...) (per Euro 3.737,96), fossero pienamente sufficienti ed idonei a rivalere "in toto" entrambi gli attori. Contestava inoltre la Compagnia anche la quantificazione dei danni materiali al veicolo. La causa è stata istruita documentalmente. La vertenza ha ad oggetto essenzialmente il quantum debeatur. La Compagnia, infatti, non ha contestato la dinamica del sinistro e, con riferimento ai convenuti contumaci, va comunque precisato che essa risulta chiaramente descritta nel rapporto di sinistro stradale in atti (doc. 3, crf. in particolare pag. 6 ultima parte), sì che la responsabilità dei convenuti, in punto all'an, appare acclarata. In via ulteriormente preliminare, deve essere dichiarata cessata la materia del contendere tra (...) S.A., già (...), e le parti convenute, in quanto la compagnia attrice (...) S.A. (già (...) ), è stata risarcita in corso di causa, circostanza di cui le parti hanno concordemente dato atto. La causa è stata istruita documentalmente e mediante c.t.u. medico legale. Il c.t.u. ha depositato la relazione in data 18.12.2021. Sul punto, gli attori lamentano, da parte del CTU, l'incompletezza delle sue indagini, in quanto il CTU ha rilevato che le parti attrici non sono state in grado di produrre le cartelle cliniche relative ai ricoveri immediatamente successivi al grave sinistro nel quale sono rimaste vittime le parti attrici. Ad avviso degli attori, ben avrebbe dovuto il CTU porsi il problema di quali possano essere le difficoltà incontrate da cittadini stranieri, rispetto alla posizione in cui si trova un cittadino italiano, dopo un incidente di tale gravità, ed invitare le parti a procurarsi detta documentazione, utile per completare le proprie indagini, oppure far presente detta mancanza al CT di parte, oppure ancora, ottenerle direttamente. Il motivo di lagnanza è infondato, giacchè, come precisato dalla giurisprudenza di legittimità, "In materia di consulenza tecnica d'ufficio, il consulente nominato dal giudice, nei limiti delle indagini commessegli e nell'osservanza del contraddittorio delle parti, può acquisire, anche prescindendo dall'attività di allegazione delle parti - non applicandosi alle attività del consulente le preclusioni istruttorie vigenti a loro carico -, tutti i documenti necessari al fine di rispondere ai quesiti sottopostigli, a condizione che non siano diretti a provare i fatti principali dedotti a fondamento della domanda e delle eccezioni che è onere delle parti provare e salvo, quanto a queste ultime, che non si tratti di documenti diretti a provare fatti principali rilevabili d'ufficio" (Cass. Civ., sez. 6 - 3, Ordinanza n. 25604 del 31/08/2022): è evidente che la sussistenza e l'entità delle lesioni costituisce un fatto principale che è onere della parte, che si assume danneggiata, provare, sì che il c.t.u. correttamente ha limitato la propria indagine alla documentazione presente agli atti di causa. Queste le considerazioni del c.t.u. con riferimento all'attore (...): "Sulla scorta degli elementi di giudizio disponibili (dinamica del sinistro connotata da indubbia vis lesiva, riferito del Pz., scarna documentazione medica versata in atti), pur nella mancata disponibilità del documento più importante ai fini medico-legali, ovvero il referto di Pronto Soccorso (che non è presente nel fascicolo telematico di causa), ritengo di poter avvalorare il nesso causale fra il sinistro per cui e causa e lesioni di lieve entità costituite da contusione toracica verosimilmente da cintura di sicurezza e da contusione alla mano sinistra. Le lesioni sono giunte a guarigione senza il residuare di postumi permanenti. Il periodo di danno biologico temporaneo alle stesse conseguenti, può essere quantificato in 10 giorni di ITP l 50 % e 10 giorni di ITP al 25%. Per quanto riguarda infine le spese mediche documentate, si rileva che in atti è presente unicamente ricevuta di spesa di 75,00 Euro per visita oftalmologica effettuata il 30.6.2016, che - sulla base degli elementi disponibili - non risulta pertinente, non essendo documentati nè riferiti lesioni/disturbi oculari CONCLUSIONI 1. A seguito del sinistro stradale del 6.6.2016 (...) riportava contusione toracica e contusione alla mano sinistra, con accertamenti strumentali (riferiti) negativi. Pur mancando in atti il referto di Pronto Soccorso, gli elementi di giudizio disponibili inducono a ritenere provato il nesso di causa evento-lesioni. 2. Le lesioni hanno determinato un danno biologico temporaneo quantificabile in 10 giorni di ITP al 50 % e 10 giorni di ITP al 25%. 3. Le lesioni sono giunte a guarigione senza il residuare di postumi permanenti. 4. In atti documentata unicamente spesa di 75,00 Euro per visita oftalmologica, non pertinente, non essendo documentati nè riferiti lesioni / disturbi oculari.Non sono necessarie spese mediche future.". Con riferimento alla attrice (...), il c.t.u. così relazionava: "Sulla scorta degli elementi di giudizio disponibili (dinamica del sinistro connotata da indubbia vis lesiva, riferito del Pz., documentazione medica versata in atti), pur nella mancata disponibilità del documento più importante ai fini medico-legali, ovvero il referto di Pronto Soccorso (che non è presente nel fascicolo telematico di causa), ritengo di poter avvalorare il nesso causale fra il sinistro per cui e causa e lesioni di lieve entità costituite da trauma toracico (verosimilmente da cintura di sicurezza) con frattura composta della 4 costa dx e trauma minore del collo. Risulta essere stato successivamente praticato trattamento fisioterapico a carico del rachide cervicale e fornitura anche di un bite occlusale per trattamento di patologia condilo-meniscale cronica della (...) sinistra, aggravata dal sinistro stradale in trattazione, ma della quale alla valutazione odierna (effettuata ad oltre 5 anni di distanza dai fatti), la P, nulla ha riferito in termini di sintomatologia soggettiva e nemmeno nulla di significativo è stato rilevato all'esame obiettivo (dinamica condilare sin. sostanzialmente normale, apertura della bocca nei limiti fisiologici). Trascorso più che congruo termine di tempo per poter ritenere il quadro clinico stabilizzato e non ulteriormente emendabile, il caso è da considerare chiuso dal lato medico-legale, con il residuare di postumi permanenti identificabili nel seguente giudizio diagnostico conclusivo: Esiti oligosintomatici di frattura della 4 costa dx. C. post-traumatica. In tema di Responsabilità Civile deve ritenersi subentrata una condizione di danno biologico permanente valutabile nella misura del 2 % (due). La durata del periodo di invalidità temporanea biologica è computabile in 15giorni di ITP al 75 %, 15 giorni di ITP al 50 % e 15 giorni di ITP al 25 %. Per quanto riguarda infine le spese mediche documentate, si rileva che in atti sono presenti numerosi giustificativi per trattamenti riabilitativi, che coprono un arco temporale esteso sino alla primavera del 2019 (quasi tre anni più tardi); tale reiterata esecuzione di FKT non trova peraltro alcun supporto clinico e prescrittivo nella certificazione versata in atti: l'ultimo certificato medico è datato infatti 29.3.2017 ed indica la stabilizzazione del quadro clinico, con postumi permanenti. Sulla scorta della certificazione prodotta, ritengo dunque potersi circoscrivere in 600-700 Euro la somma rimborsabile per esecuzione di FKT al rachide cervicale, non essendo da ritenere utile l'esecuzione di ulteriori trattamenti, non esistendo alcuna evidenza scientifica della loro reale utilità in termini di riduzione dei tempi di guarigione e di prevenzione delle riacutizzazioni. Ulteriori spese documentate, da considerare rimborsabili, sono costituite da 24,00 Euro per acquisto di collare cervicale (8.6.16) e da 21,60 Euro per acquisto di farmaci (8.6.16) CONCLUSIONI 1. A seguito del sinistro stradale del 6.6.2016 (...) riportava trauma toracico chiuso con frattura composta della 4 costa dx e trauma minore del collo. Pur mancando in atti il referto di Pronto Soccorso, gli elementi di giudizio disponibili orientano a ritenere provato il nesso di causa evento-lesioni. 2. Le lesioni hanno determinato un danno biologico temporaneo quantificabile in 15 giorni di ITP al 75, 15 giorni di ITP al 50 % e 15 giorni di ITP al 25 %. 3. Sono residuati postumi concretizzanti danno biologico permanente valutabile nella misura del 2 % (due) 4. Spese mediche documentate in atti pertinenti e congrue, per importo di 45,60 Euro. Al novero delle spese rimborsabili va poi aggiunta lasomma di 600-700 Euro, quale importo forfettario per trattamenti riabilitativi alla colonna cervicale. Non sono necessarie spese mediche future.". Parte attrice, in punto alle operazioni del c.t.u., lamenta ulteriormente che egli non avrebbe motivato congruamente la propria valutazione, in particolare con riferimento al danno permanente patito dalla attrice, e non avrebbe dato risposta alle osservazioni del c.t.p.; tuttavia, risulta documentalmente che il c.t.u. abbia riportato le osservazioni del c.t.p. attoreo e fornito adeguata risposta, motivando congruamente sulla base degli accertamenti svolti e in modo coerente con il quesito sottoposto. Lamentano infine gli attori che le operazioni sarebbero irregolari, per la tardiva nomina del consulente di parte convenuta: tuttavia, gli attori non chiariscono se e in che modo detto fatto abbia concretamente inciso sulla formazione del convincimento del c.t.u., tanto più che non risulta che il c.t.p. dei convenuti abbia presentato osservazioni. Pertanto, i danni andranno liquidati sulla scorta delle risultanze della perizia, come segue: (...): Calcolo Danno Biologico di Lieve Entità Tabella di riferimento 2022-2023 Età del danneggiato alla data del sinistro 62 anni Percentuale di invalidità permanente 0% Giorni di invalidità temporanea totale 0 Giorni di invalidità temporanea parziale al 75% 0 Giorni di invalidità temporanea parziale al 50% 10 Giorni di invalidità temporanea parziale al 25% 10 Indennità giornaliera Euro 50,79 CALCOLO del RISARCIMENTO: Invalidità temporanea parziale al 50% Euro 253,95 Invalidità temporanea parziale al 25% Euro 126,98 Totale danno biologico temporaneo Euro 380,93 Danno morale (33,33%) Euro 126,9 TOTALE GENERALE:Euro 507,89 L'importo di Euro 507,89 va devalutato alla data dei fatti (6 giugno 2016) e successivamente maggiorato di interessi e rivalutazione sino alla attualità per ottenere l'importo risarcitorio di Euro 520,16. (...) Calcolo Danno Biologico di Lieve Entità Tabella di riferimento 2022-2023 Età del danneggiato alla data del sinistro 60 anni Percentuale di invalidità permanente 2% Punto base danno permanente Euro 870,97 Giorni di invalidità temporanea totale 0 Giorni di invalidità temporanea parziale al 75% 15 Giorni di invalidità temporanea parziale al 50% 15 Giorni di invalidità temporanea parziale al 25% 15 Indennità giornaliera Euro 50,79 CALCOLO del RISARCIMENTO: Danno biologico permanente Euro 1.437,10 Invalidità temporanea parziale al 75% Euro 571,39 Invalidità temporanea parziale al 50% Euro 380,93 Invalidità temporanea parziale al 25% Euro 190,46 Totale danno biologico temporaneo Euro 1.142,78 Danno morale (33,33%) Euro 859,87 Spese mediche Euro 700,00 TOTALE GENERALE: Euro 4.139,75 L'importo di Euro 4.139,75 va devalutato alla data dei fatti (6 giugno 2016) e successivamente maggiorato di interessi e rivalutazione sino alla attualità per ottenere l'importo risarcitorio di Euro 4.239,60. Va precisato che non vi sono acconti da conteggiare in quanto Compagnia, in sede di conclusioni, ha dato atto che "gli importi di Euro.562,56 ed Euro.3.737,96 furono da (...) S.p.A. solo offerti ma mai pagati agli attori", con tutte le conseguenze, anche in termini di spese di lite. Conclusivamente, dichiarata la cessata materia del contendere fra (...) e i convenuti, accertata e dichiarata la responsabilità di (...), conducente della vettura tg. (...), di proprietà della sig.ra (...) e assicurata (...) S.p.A. per il sinistro del 6 giugno 2016 oggetto di causa, i convenuti, in solido, andranno condannati al pagamento agli attori, a titolo di risarcimento, della somma rispettivamente di Euro 520,16 per (...) ed Euro 4.239,60 per (...). Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo, ex D.M. n. 55 del 2014, parametri minimi, attesa la limitatezza del thema decidendum e probandum, scaglione compreso fra Euro 1101,00 e 5.200,00. Le spese di c.t.u. vanno poste integralmente a carico dei convenuti, in solido fra di loro. P.Q.M. Il Giudice del Tribunale di Forlì in composizione monocratica, definitivamente pronunciando sulla causa n. 4100 del 2019 , ogni diversa e contraria istanza, domanda ed eccezione disattese, così provvede: 1) Dichiara cessata la materia del contendere fra (...) S.A., già (...) e le parti convenute (...) S.p.A., (...) e (...); 2) Accerta e dichiara la responsabilità di (...), conducente della vettura tg. (...), di proprietà della sig.ra (...) e assicurata (...) S.p.A. per il sinistro del 6 giugno 2016 oggetto di causa; 3) condanna (...), (...), (...) S.p.A., in solido, al pagamento agli attori, a titolo di risarcimento, della somma rispettivamente di Euro 520,16 per (...) ed Euro 4.239,60 per (...), oltre interessi legali dalla data della presente sentenza al saldo effettivo; 4) Condanna (...), (...), (...) S.p.A. in solido alla integrale refusione a (...) e (...) delle spese di lite del presente giudizio, che liquida nella somma complessiva di Euro 1.278,00 per compensi, oltre 15% per spese generali, cp e iva di legge ed Euro 125,00 per anticipazioni; 5) Le spese di c.t.u. vanno poste integralmente a carico dei convenuti, in solido fra di loro. Così deciso in Forlì il 24 gennaio 2023. Depositata in Cancelleria il 26 gennaio 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO DI FORLI' SEZIONE CIVILE Il Tribunale, in composizione collegiale, nelle persone dei seguenti magistrati: dott.ssa Rossella Talia - Presidente dott.ssa Agnese Cicchetti - Giudice dott.ssa Anna Orlandi - Giudice est. ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di I Grado iscritta al n. 2626 del ruolo generale degli affari contenziosi civili dell'anno 2019, avente ad oggetto divorzio contenzioso - scioglimento del matrimonio, promossa da: (...) (C.F. (...) ) nata a N. di P. (V.) lo (...) ed ivi residente in via (...), rappresentata e difesa, in forza di procura allegata al ricorso per lo scioglimento del matrimonio, dall'Avv. TA.TO. del foro di Rimini, con domicilio eletto presso e nel suo studio sito in Rimini alla via (...); RICORRENTE nei confronti di (...) (C.F. (...) ) nato a (...) il (...) ed ivi residente in via (...) n. 365, rappresentato e difeso, anche disgiuntamente tra loro e in forza di procura allegata alla comparsa di costituzione e risposta, dagli Avv.ti NI.BA. e FR.MO. del foro di Forlì-Cesena, con domicilio eletto presso e nel loro studio sito in Cesena alla via (...); RESISTENTE E con l'intervento obbligatorio ex lege del Pubblico Ministero presso la Procura della Repubblica in sede; MOTIVI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE Preliminarmente, si evidenzia che nel presente giudizio è già stata pronunziata sentenza parziale di scioglimento del matrimonio civile contratto tra le parti a (...) (F.) in data 29.04.2001 (vedasi sentenza parziale n. 235/2021 emessa il 25.02.2021 e pubblicata in data 01.03.2021) con separata ordinanza per la rimessione della causa in istruttoria ed assegnazione dei termini ex art. 183 comma 6 c.p.c. alle parti. Il procedimento è poi stato istruito tramite produzione documentale, ritenute non ammissibili e non rilevanti ai fini della decisione le prove orali articolate dalle parti, e quindi rinviato per la precisazione delle conclusioni. All'udienza allo scopo fissata, svoltasi in modalità cartolare con la sola trattazione scritta ex art. 83, co. 7 lett. h) del D.L. n. 18 del 2020 e succ. modifiche, le parti hanno precisato le proprie conclusioni come indicato in epigrafe, hanno depositato le ultime dichiarazioni dei redditi e la causa è stata nuovamente rimessa al Collegio per la sentenza definitiva, assegnando alle parti i termini ex art. 190 c.p.c. per il deposito di comparse conclusionali e memorie di replica. Tutto ciò premesso, venendo ora al merito e quindi a trattare gli aspetti economici della causa, ovvero in buona sostanza solo entità (non essendo in alcun modo contestata la debenza) dell'assegno da porsi a carico del padre (...) a titolo di contributo al mantenimento della figlia maggiorenne, (...), nata lo (...), dunque attualmente di anni ventisette e che abita in via prevalente con la madre, presso la cui abitazione in (...) ha anche la propria residenza anagrafica, questione che ha impegnato in modo pressochè esclusivo la dialettica processuale, è senz'altro utile riassumere brevemente i fatti di causa, evidenziando che: 1) nella sentenza di separazione giudiziale emessa dall'intestato Tribunale in data 21.05.2015, confermata dalla Corte di Appello di Bologna, si determinava in Euro 500,00 mensili, da rivalutarsi annualmente secondo gli indici Istat, il contributo da pagarsi da parte della madre, entro il 5 di ogni mese, a favore della figlia maggiorenne (...) convivente con il padre, cui andava aggiunto l'obbligo di provvedere al pagamento del 50% delle tasse scolastiche e dei libri di scuola, nonché del 50% delle spese connesse (mensa, trasporto, etc..), e del 50% delle spese straordinarie di natura scolastica, medica, ricreativa; - nel ricorso per lo scioglimento del matrimonio, la ricorrente (...), dopo avere fatto presente che la figlia è tornata ad abitare presso di lei, nella casa di (...), trasferendovi anche la sua residenza anagrafica a far tempo dall'ottobre 2018, e rilevato che sussiste sperequazione reddituale tra i coniugi separati, entrambi insegnanti, il (...) con stipendio mensile di circa Euro 2.000/2.100, la (...) di Euro 1.500, domandava stabilirsi in capo al padre un contributo mensile al mantenimento della figlia di Euro 500, oltre il 50% delle spese straordinarie da sostenersi per la stessa mentre il resistente, costituendosi, chiedeva determinarsi l'assegno mensile per la figlia in una somma non superiore ad Euro 150,00, oltre il 50% delle spese straordinarie, in ragione dei vari finanziamenti e debiti contratti per la ristrutturazione dell'immobile ricevuto in eredità, unitamente ai due fratelli, dai propri genitori; - con ordinanza di provvedimenti temporanei ed urgenti ex art. 4 L. n. 898 del 1970 del 30 ottobre 2020, il Presidente del Tribunale, rilevato che, non avendo proposto nessuna delle parti richiesta di assegno divorzile, l'unica questione controversa è, appunto, quella del contributo al mantenimento della figlia (...), nata lo 03.07.1995 e tuttora impegnata in un percorso di studi universitari presso la Facoltà di Chimica dell'Università di Ferrara in fase ancora iniziale non già per colpa della predetta quanto, verosimilmente, per le pressoché inevitabili difficoltà psicologiche conseguenti all'aspra conflittualità tra i genitori che direttamente la coinvolgeva, e che i genitori sono entrambi professori e percepiscono uno stipendio pressoché equivalente di circa Euro 1.900,00 al mese, ritenuto che, in questa fase di cognizione sommaria, le rispettive condizioni economiche possono stimarsi pressoché equivalenti, disponendo nell'attualità anche il (...), pur se indebitato per la relativa ristrutturazione, della casa di abitazione in proprietà (come si desume dall'asserito prestito da parte del fratello per l'acquisto dei mobili) e incidendo comunque sulle condizioni economiche in genere la sopravvenuta malattia della (...), disponeva che (...) versasse direttamente alla figlia (...), entro il giorno 5 di ogni mese a titolo di contributo al mantenimento della predetta, l'assegno mensile dell'importo ritenuto congruo di Euro 400,00 oltre il 50% delle spese straordinarie, ivi comprese tutte quelle necessarie per l'alloggio nella città sede dell'Università e per le spese universitarie in genere; - in sede di precisazione delle conclusioni, la ricorrente madre insiste per la conferma dei provvedimenti economici assunti in sede presidenziale e affinchè sia revocato il contributo materno al mantenimento di (...), già previsto nella sentenza di separazione, il resistente padre domanda invece stabilirsi un assegno di contribuzione al mantenimento della figlia (...) di importo non superiore ad Euro 200 mensili, da versarsi alla ricorrente solo nei periodi in cui (...) non rimane con il padre. Ora, osserva in primo luogo il Tribunale come non sia mai stata oggetto di contestazione alcuna la circostanza che la figlia (...), la quale frequenta l'Università a Ferrara, facoltà di Chimica, alloggiando durante il periodo delle lezioni in monolocale in affitto, mantiene un collegamento stabile e significativo con la residenza materna presso la quale evidentemente è solita tornare nei fine settimana, durante le festività varie o nei periodi in cui non vi sono lezioni, con la conseguenza che è prevalentemente la madre a provvedere al mantenimento diretto della figlia, fornendole vitto ed alloggio e che è il padre quindi il genitore tenuto a versare contributo mensile per il mantenimento della figlia. Il fatto che (...) alcuni giorni durante la settimana permanga a Ferrara per seguire le lezioni all'università non fa venire meno la sussistenza della convivenza con la madre, posto che, secondo la Suprema Corte, il concetto di convivenza non viene a mancare quando comunque vi sia "un collegamento stabile con l'abitazione del genitore, benché la coabitazione possa non essere quotidiana, essendo tale concetto compatibile con l'assenza del figlio anche per periodi non brevi per motivi di studio o di lavoro, purché egli vi faccia ritorno regolarmente appena possibile, in una determinata unità di tempo" (vedasi, ex multis, Cass. civ. n. 11320/2005; Cass. civ. Sez. I, 22.03.2012, n. 4555). Quanto alla richiesta di sospensione dell'obbligo di versare assegno mensile alla madre quale contributo al mantenimento di (...) nei periodi in cui questa risiede con il padre, deve essere svolto un duplice ordine di considerazioni: la prima è che, fermo restando che l'ordinanza presidenziale prevede il versamento diretto alla figlia e non già alla madre, proprio per il collegamento stabile con la residenza materna che non risulta mai essere venuto meno, non può essere disposta in via generale alcuna sospensione, la seconda è che trattasi comunque di domanda e allegazione del tutto nuove, prospettata la prima nel foglio di precisazione delle conclusioni e la seconda solo nella comparsa conclusionale, allorquando il (...) riferisce che nelle estati del 2021 e 2022 la figlia sarebbe rimasta nella abitazione del padre a (...) per circa tre mesi, circostanza, questa, oggetto di contestazione da parte della ricorrente nella memoria di replica. Va quindi rigettata la richiesta avanzata dal resistente affinchè sia sospeso l'obbligo di contributo mensile posto a suo carico nel periodo in cui la figlia si trova presso di lui. Ora, quanto dunque alle condizioni economico-reddituali degli ex-coniugi, dalle allegazioni e deduzioni degli stessi e dalla abbondante documentazione versata in atti, è emerso che la madre, insegnante, con retribuzione mensile di circa Euro 1.900,00, ha percepito nell'anno di imposta 2016 un reddito complessivo di Euro 29.996,00 ed un reddito imponibile di Euro 28.856,00 con imposta netta di Euro 5.568, nell'anno di imposta 2017 un reddito complessivo pari ad Euro 29.357,00 con un imponibile di Euro 28.595,00, nell'anno di imposta 2020 un reddito complessivo di Euro 31.808,00 ed un reddito imponibile di Euro 31.253,00 con una imposta netta di Euro 5.674,00 e nell'anno di imposta 2021 un reddito complessivo pari ad Euro 31.783,00 con un imponibile di Euro 30.734 ed una imposta netta di Euro 5.044,00, è proprietaria esclusiva dell'abitazione, sita in (...), in cui risiede unitamente all'anziana madre e alla figlia, immobile libero da vincoli e mutuo, a seguito della grave patologia che l'ha colpita nell'anno 2016 si è dovuta sottoporre ad un pesante intervento chirurgico e a successive, debilitanti cure, e le è stata riconosciuta una invalidità civile al 100% con totale e permanente inabilità lavorativa, condizioni di salute, queste, che incidono comunque sulle condizioni economiche in genere della (...). Quanto al resistente padre, è risultato che il medesimo, di professione insegnante come la ricorrente e retribuzione mensile di circa Euro 2.000,00, in collocamento a riposo per raggiunti limiti di età a decorrere dallo 01.09.2022 (non è ancora noto l'importo della pensione che sarà percepita), ha percepito nell'anno di imposta 2017 un reddito complessivo di Euro 33.715,00 con un reddito imponibile dello stesso importo ed una imposta netta di Euro 7.664,00, nell'anno di imposta 2018 un reddito complessivo ed imponibile pari ad Euro 34.404,00, nell'anno di imposta 2020 un reddito complessivo pari ad Euro 41.057,00 ed un reddito imponibile di Euro 40.902,00, nell'anno di imposta 2021 un reddito complessivo pari ad Euro 41.335,00 ed un reddito imponibile di Euro 41.180 con una imposta netta di Euro 7.940,00, redditi, questi ultimi due, superiori ai precedenti in ragione delle ulteriori ore di lavoro svolto durante l'anno scolastico per supplenze varie resesi necessarie a seguito dell'emergenza sanitaria causata dalla pandemia virus Covid 19, è comproprietario, unitamente ai due fratelli e per la quota di un terzo ciascuno, dell'immobile, risalente agli anni cinquanta del secolo scorso e ubicato a (...), composto da tre appartamenti e due autorimesse, necessitante opere di radicale ed onerosa ristrutturazione anche per la sua divisione, il suo reddito risulta gravato dall'obbligo di versamento di rata di finanziamento di Euro 281,00 mensili con scadenza ad agosto 2026 e di Euro 500 per prestito infruttifero di complessivi Euro 30.000 ricevuto dal fratello, oneri finanziari assunti, appunto, per provvedere alla ristrutturazione e all'arredamento dell'appartamento in cui vive all'interno della casa ereditata dai genitori, e deve altresì fare fronte al pagamento di rata mensile di Euro 255 per il finanziamento contratto per l'acquisto di una nuova autovettura avendo dovuto rottamare la precedente. Così illustrate le condizioni economiche delle parti, devono essere svolte almeno due osservazioni. La prima è rappresentata dai significativi esborsi mensili sostenuti dal resistente per le spese di ristrutturazione dell'immobile in cui si è trasferito a vivere (ai tempi della separazione viveva infatti in immobile condotto in locazione), in particolare l'obbligo di versare al fratello, a decorrere dal luglio 2022, mese di scadenza di precedente finanziamento, e sino all'ottobre 2026, la somma mensile di Euro 500 a titolo di restituzione del prestito ottenuto per la ristrutturazione e arredamento dell'immobile ereditato, spese di cui si dava conto anche nella sentenza della Corte di Appello di Bologna la quale osservava: "...senz'altro condivisibile appare quindi l'analisi comparativa articolata dal tribunale, inducente una minore disponibilità economica del padre a far fronte alle esigenze di mantenimento della figlia, cui motivatamente si è ritenuto non possa il medesimo sopperire trasferendo la residenza familiare nell'appartamento ereditato, per ovvie ragioni connesse alla indisponibilità del bene, appartenente in uguali quote ad altri due coeredi, oltreché di dubbia convenienza dell'opzione, implicante l'esecuzione, con il consenso dei coeredi, di opere di radicale e quindi onerosa ristrutturazione, trattandosi di immobile risalente agli anni cinquanta del secolo scorso, come emerso incontestato, che possano renderlo suscettibile di salubrità, tenendo altresì conto dell'ovvia necessità di corrispondere ai coeredi in proporzione delle loro quote il corrispettivo del canone corrente per abitazioni di quella tipologia in quella zona ...". La seconda è rappresentata dalla percezione di retribuzioni mensili non dissimili da parte del ricorrente e della resistente, il reddito della (...) non è gravato da oneri o esborsi mensili per finanziamenti/mutui, dal settembre 2022 il (...) risulta collocato a riposo per raggiunti limiti di età ma la probabile riduzione della sua entrata mensile sarà evidentemente compensata dal ricevimento del Trattamento di fine rapporto. Tenuto conto di quanto sopra, in base ad una valutazione comparativa della condizione economica dei genitori, si stabilisce che il resistente corrisponda assegno mensile a titolo di contributo al mantenimento delle figlia (...) di importo pari ad Euro 300,00, annualmente rivalutabili secondo gli indici Istat, somma questa ritenuta congrua e rispettosa del principio di proporzionalità e da versarsi ex art. 337 septies c.c. direttamente nelle mani della figlia. La madre (...) e il padre (...) provvederanno nella misura del 50% ciascuno al pagamento delle spese straordinarie da sostenersi nell'interesse della figlia, ivi comprese quelle necessarie per l'alloggio nella città sede dell'Università e per le spese universitarie in genere, attenendosi per il resto all'art. 15 del Protocollo di intesa per la gestione dei processi in materia di famiglia del Tribunale di Forlì del 27.07.2016 e succ. modifiche, che predispone uno schema/disciplina di spese straordinarie e da intendersi qui integralmente richiamato. Infine, va evidentemente revocato l'obbligo già posto a carico della madre nella sentenza di separazione di versare assegno mensile a titolo di contributo al mantenimento della figlia (...). La parziale, reciproca soccombenza sulle questioni economiche giustifica la compensazione per l'intero delle spese processuali tra le parti. P.Q.M. Il Tribunale di Forlì in composizione collegiale, ogni diversa istanza, domanda ed eccezione disattesa, vista la sentenza parziale n. 235/2021 emessa il 25.02.2021 e pubblicata in data 01.03.2021 con la quale è stata dichiarato lo scioglimento del matrimonio, definitivamente decidendo nella causa avente ad oggetto divorzio contenzioso promossa da (...) nei confronti di (...) con ricorso depositato il 26.07.2019, così provvede: - (...) in Euro 300,00, annualmente rivalutabili secondo gli indici Istat, l'importo dell'assegno mensile posto a carico del padre (...) a titolo di contributo al mantenimento della figlia (...) e da versarsi direttamente alla stessa entro il giorno 5 di ogni mese; - (...) che la madre (...) e il padre (...) provvedano al pagamento delle spese straordinarie da sostenersi nell'interesse della figlia (...), ivi comprese quelle necessarie per l'alloggio nella città sede dell'Università e per le spese universitarie in genere, nella misura del 50% ciascuno, attenendosi per il resto all'art. 15 del Protocollo di intesa per la gestione dei processi in materia di famiglia del Tribunale di Forlì del 27.07.2016, da intendersi qui integralmente richiamato; - REVOCA l'assegno mensile già posto a carico della madre a titolo di contributo al mantenimento della figlia (...); - COMPENSA integralmente le spese di lite tra le parti; - MANDA alla Cancelleria per gli adempimenti di competenza. Così deciso in Forlì il 3 gennaio 2023. Depositata in Cancelleria il 5 gennaio 2023.

  • TRIBUNALE ORDINARIO DI FORLÌ SEZIONE CIVILE Il Tribunale, in composizione collegiale, nelle persone dei seguenti magistrati: dott.ssa Rossella Talia Presidente dott. Danilo Maffa Giudice dott.ssa Anna Orlandi Giudice est. ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di I Grado iscritta al n. 4622 del ruolo generale degli affari contenziosi civili dell'anno 2016 aventi à ad oggetto dichiarazione giudiziale di paternità, promossa da: Mevia (C.F. ***) nata a *** (FC) il 12.11.1983 ed ivi residente in via *** 4, in qualità di genitore esercente in via esclusiva la responsabilità genitoriale sulla figlia minore Caia (C.F. ***) nata a *** il 25.06.2005 ed ivi residente in via *** n. 4, rappresentata e difesa, in forza di procura posta in calce all'atto di citazione, dall'Avv. ...del foro Bologna, con domicilio eletto presso e nel suo studio sito in Bologna alla via...; attrice nei confronti di: Tizio (C.F. ***) nato a *** (BO) il 14.08.1938, rappresentato e difeso in forza di procura allegata alla comparsa di costituzione e risposta, dall'Avv. ...del foro di Forlì-Cesena, con domicilio eletto presso e nel suo studio sito in Cesena alla...; convenute e con l'intervento obbligatorio ex lege del Pubblico Ministero presso la Procura della Repubblica in sede. CONCLUSIONI: Con "note di trattazione scritta" ex art. 83, co. 7, lett. h) D.L. n. 18/2020 e succ. mod., depositate dalla parte attrice e dal convenuto in data 29.09.2022 per l'udienza dello 06.10.2022, svoltarsi in modalità cartolare, le parti hanno così concluso, la prima precisando come di seguito le proprie conclusioni: "Voglia l'Ill.mo Tribunale adito, contrariis reiectis, nel merito, in via principale: - accertare e dichiarare che il Sig. Sempronio , nato a *** (FC) in data 12 agosto 1981, e deceduto a Lima in data ...è padre della minore Caia, nata a *** (FC) il ...fu figlio di Tizio .., nato a *** (BO), in data..., e domiciliato a *** (FC), in Via *** n. 5; - ordinare al competente Ufficiale dello Stato Civile di procedere all'annotazione dell'emanando provvedimento nell'atto di nascita così come prescritto dall'art. 49, lett. O), D.P.R. n. 396/2000; - rigettare ogni domanda avversaria; in via istruttoria: - ammettere i mezzi istruttori così come richiesti nella memoria ex art. 183 co. 6, n. 2), c.p.c.; - acquisire il fascicolo relativo al procedimento di disconoscimento di paternità promosso da Caia nei confronti di Primo e Filana svoltosi innanzi al Tribunale di Forlì (RG .../2017) e definito con sentenza n. .../2019. Si dichiara di non accettare il contraddittorio su eventuali domande nuove di controparte. Con vittoria di spese e onorari", il secondo, ferme le domande, eccezioni e conclusioni già svolte da questa parte nel presente giudizio, e decise conte sentenza parziale di questo Tribunale n. 114 del 2021 pubblicata il 15.11.2021, oggi appellata, precisando le proprie conclusioni come di seguito: " - rigettare ogni domanda proposta da Caia poiché infondata in fatto e diritto. - vittoria di spese e compensi professionali oltre 15% per spese generali, IVA 22% c.p.a. 4% il tutto come per legge". MOTIVI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE Con atto di citazione ex artt. 269 e ss. c.c., notificato in data 04.11.2016, la Sig.ra Mevia, in qualità di genitore esercente in via esclusiva la responsabilità genitoriale sulla figlia minore Caia, conveniva in giudizio il Sig. Tizio avanti all'intestato Tribunale al fine di sentire accertare e dichiarare che il premorto Sig. Sempronio, padre di Caia, fu figlio del convenuto, con ordine al competente Ufficiale dello Stato civile di procedere all'annotazione dell'emanando provvedimento nell'atto di nascita. A fondamento della domanda, l'attrice esponeva che: - la propria figlia minore, Caia, era nata dalla relazione con Sempronio, il quale era nato in costanza di matrimonio dei Sig.ri Primo e Filana; - quest'ultima aveva rivelato al figlio all'epoca in cui egli aveva 17/18 anni, la sua vera identità biologica, e, precisamente, che egli era figlio del fratello del padre putativo, il Sig. Tizio, col quale ella aveva intrattenuto una relazione extraconiugale; qualche anno prima della sua scomparsa nel novembre 2014 in Perù, Sempronio, il quale, prima di conoscere la sua reale identità, aveva vissuto in famiglia frequentando normalmente il vero padre come "zio Tizio", considerato anche il rapporto di normale frequentazione in essere tra questi ed i suoi genitori, aveva rivelato all'allora compagna Mevia quanto appreso dalla propria madre; - in diverse occasioni, Sempronio aveva esternato alla compagna Mevia il desiderio di far accertare e dichiarare formalmente la propria vera paternità e, in effetti, pochi mesi dopo la nascita di Caia, precisamente in data 5 agosto 2005, si era recato presso il centro ...S.r.l. di Roma, determinato a verificare la compatibilità genetica tra il proprio DNA e quello del presunto padre Tizio (questa era infatti la sua volontà anche per agevolare la figlia Caia sotto il profilo economico/patrimoniale e garantirle una florida prospettiva successoria, in varie occasioni manifestata all'odierna attrice) e l'esame ivi effettuato dava esito positivo, appurando la corrispondenza genetica con una probabilità di paternità maggiore del 99,99%; - la morte del padre di Caia era sopravvenuta, tuttavia, quando ancora egli non aveva formalmente intrapreso le iniziative legali volte all'accertamento della sua reale paternità; - in data 20.09.2016, l'odierna istante, in rappresentanza della figlia minore Caia, aveva depositato presso la Procura della Repubblica di Forlì ricorso per la nomina di un Curatore speciale nell'interesse della figlia minore a norma degli artt. 244 e 246 c.c. e 78 e ss. c.p.c. affinché il curatore così nominato provvedesse a promuovere l'azione di disconoscimento di paternità, Curatore che veniva nominato dal Tribunale nella persona dell'Avv..... Il convenuto, Sig. Tizio, si costituiva nel presente giudizio con comparsa di risposta del 16.03.2017, contestando di essere il padre biologico di Sempronio. Domandava, previa sospensione ricorrendone presupposti di legge, dichiarare improcedibile o, in subordine, rigettare ogni domanda proposta da Caia rappresentata dalla madre Mevia poiché infondata in fatto e diritto, con vittoria di spese di lite. Alla udienza di prima comparizione delle parti svoltasi in data 26.04.2017, Mevia domandava che il giudizio venisse sospeso in attesa della definizione del giudizio di disconoscimento della paternità e il convenuto si riportava alla comparsa di costituzione, non opponendosi alla richiesta di sospensione. Con ordinanza del 12.05.2017, il Tribunale disponeva la sospensione del procedimento ex art. 295 c.p.c. sino al passaggio in giudicato della sentenza che definisce la controversia pregiudiziale. Il giudizio di disconoscimento di paternità, iscritto al n. .../2017 R.G. avviato dal curatore speciale della minore Caia, era definito con sentenza n. ../2019 emessa dall'intestato Tribunale il 22.07.2019 e pubblicata data 07.08.2019, con la quale si accertava e dichiarava che Primo non è padre di Sempronio, con ordine all'Ufficiale di Stato Civile del Comune di Forlì di procedere all'annotazione della sentenza. Detta pronunzia o passava in giudicato in data 03.12.2019, come da attestazione del Cancelliere resa ex art. 124 disp att. c.p.c. in data 09.12.2019. Conseguentemente, essendo venuta meno la causa determinante la sospensione del procedimento pendente, con ricorso in riassunzione del 28.02.2020, l'attrice domandava fissazione di udienza per la prosecuzione del presente giudizio, ex art. 297 c.p.c., nonché la convocazione, se del caso, della minore Caia ai fini della prestazione del consenso di cui all'art. 273 comma 2 c.c., avendo ella compiuto i 14 anni d'età. Veniva fissata udienza allo 03.06.2020, con termine per la notifica alla controparte. Nel giudizio così riassunto, si costituiva il convenuto Tizio, eccependo in via preliminare l'estinzione del procedimento ai sensi degli artt. 305, 297 e 307 c.p.c. per asserita tardiva sua riassunzione; nel merito, richiamava le difese e conclusioni della precedente comparsa di costituzione e risposta. Assegnati alle parti i termini ex art. 183 comma 6 c.p.c., con ordinanza resa in data 24.02.2021 a scioglimento della riserva assunta all'udienza per l'ammissione dei mezzi di prova, ritenuto necessario decidere preliminarmente sulla eccezione di estinzione del giudizio per sua mancata tempestiva riassunzione avanzata dalla parte convenuta, era fissata udienza al 15.07.2021 per la precisazione delle conclusioni in ordine all'eccezione preliminare in questione. A tale udienza, svoltasi sempre in modalità cartolare, le parti precisavano le conclusioni e la causa veniva posta in decisione, assegnando alle parti i termini ex art. 190 c.p.c. per il deposito di conclusionali e repliche. Con sentenza parziale n. .../2021 dello 05.11.2021, pubblicata in data 15.11.2021, il Tribunale di Forlì rigettava l'eccezione preliminare avanzata dal convenuto Tizio, disponendo con separata, contestuale ordinanza la rimessione delle parti innanzi al G.I. per l'ammissione dei mezzi di prova. Previo rigetto dell'istanza avanzata dal Caia di sospensione del procedimento sino alla decisione della Corte d'appello sul gravame proposto dal medesimo avverso la citata sentenza parziale, era quindi disposta la c.t.u. medico-legale richiesta dalla parte attrice, con il seguente quesito: "Dica il c.t.u., effettuati i necessari prelievi biologici ed esperito ogni altro accertamento ritenuto opportuno, se esista compatibilità genetica tra il convenuto, Sig. Tizio, e il Sig. Sempronio, attraverso prelievo del campione biologico sulla figlia di quest'ultimo, Caia, al fine di accertare a meno la paternità del primo nei confronti del secondo", conferendo l'incarico alla prof.ssa ..., la quale, prestato giuramento, provvedeva a depositare l'elaborato peritale il 12.05.2022. All'udienza del 15.06.2022 fissata per esame c.t.u. e per la comparizione della minore Caia ex art. 272 c.p.c. comma 2 c.c., la predetta minore prestava il proprio consenso per la prosecuzione dell'azione e la causa era rinviata per la precisazione delle conclusioni. All'udienza allo scopo fissata e svoltasi in modalità cartolare lo 06.10.2022, le parti precisavano le conclusioni come indicate in epigrafe e la causa era nuovamente rimessa al Collegio, con l'assegnazione dei termini ex art. 190 c.p.c. per il deposito di comparse conclusionali e memorie di replica. Ciò premesso in ordine allo svolgimento del processo, si osserva sempre in via preliminare come vi sia senz'altro la legittimazione attiva della minore Caia, rappresentata dalla propria madre Mevia, a promuovere la presente azione ex art. 269 c.c. per la dichiarazione giudiziale di paternità. Ai sensi dell'art. 270 comma 1 c.c., l'azione per ottenere la dichiarazione giudiziale di paternità è imprescrittibile riguardo al figlio. Ne deriva che Sempronio sarebbe stato legittimato ad esperire l'azione di cui agli artt. 269 e ss., c.c., senza che il suo diritto fosse soggetto ad alcun termine di decadenza/prescrizione. Peraltro, ai sensi dell'art. 270 comma 2 c.c., se il figlio muore senza avere iniziato l'azione, questa può essere promossa in sua vece da discendente nel termine di due anni decorrenti dalla morte. Con la morte di Sempronio, pertanto, la legittimazione attiva all'azione di dichiarazione giudiziale della paternità di cui agli artt. 269 e ss. c.c., si è trasferita in capo alla figlia minore e discendente Caia. Detto termine è stato rispettato, come dimostra l'avvenuta notificazione dell'atto di citazione in data 04.11.2016 a fronte dell'intervenuto decesso di Sempronio in data 14.11.2014. Nel merito, la domanda di parte attrice è infondata e non merita pertanto accoglimento. Orbene, la prova della paternità, a norma dell'art. 269 comma 2 c.c., può essere data con ogni mezzo, nonostante sia ben noto come nelle azioni di stato la prova principe sia rappresentata dagli accertamenti emato-genetici. Al riguardo, giova richiamare quanto osservato dalla Suprema Corte in ordine alla rilevanza che la consulenza tecnica di ufficio assume nel giudizio de quo, affermando che: "in materia di accertamenti relativi alla paternità e alla maternità, la consulenza tecnica ha funzione di mezzo obbiettivo di prova, costituendo lo strumento più idoneo, avendo margini di sicurezza elevatissimi, per l'accertamento del rapporto di filiazione; essa pertanto, in tal caso, non è mezzo per valutare elementi di prova offerti dalle parti, ma costituisce strumento per l'acquisizione della conoscenza del rapporto di filiazione" (così si è espressa Cass. civ. Sez. I, ord. 13.07.2020, n. 14916; vedasi anche Cass. civ. Sez. 122.01.2014, n. 1279 ove si legge: "deve ribadirsi che l'art. 269 c.c., nella vigente formulazione, non pone alcuna limitazione in ordine ai mezzi con i quali può essere provata la paternità naturale e, così, consente che quella prova possa essere anche indiretta ed indiziaria, e possa essere raggiunta attraverso una serie di elementi presuntivi che, valutati nel loro complesso e sulla base del canone dell'id quod plerumque accidit risultino idonei, per la loro attendibilità e concludenza, a fornire la dimostrazione completa e rigorosa della paternità. In particolare, nell'ambito di queste circostanze indiziarie sono utilizzabili come elementi di giudizio il tractatus e la fama (consistendo il primo nell'effettivo rapporto fra l'asserito genitore e la persona a cui favore si chiede la dichiarazione giudiziale di paternità, nel senso che il padre l'abbia trattata come figlio e abbia provveduto in questa qualità al mantenimento, all'educazione e all'istruzione, e la seconda nella manifestazione esterna di tale rapporto nelle relazioni sociali), essendo gli stessi indicativi di quel possesso di stato di figlio naturale, al quale già il testo dell'abrogato art. 270 c.c., attribuiva l'idoneità a dimostrare la paternità naturale ... la valutazione delle risultanze probatorie sopra indicate è stata correttamente raccordata all'esito della consulenze immuno-ematologica, la quale, sulla base di campioni biologici del figlio, della madre e di un fratello del P., ha accertato un rapporto di parentela con margini di compatibilità prossimi al 99%: nell'ambito della sempre maggiore rilevanza attribuita alle indagini ematologiche e genetiche, in considerazione dell'alto grado di affidabilità di tale mezzo di prova (Corte cost. 6 luglio, 2006, n. 266; Cass. 14 luglio 2011, n. 15568; Cass. 9 gennaio 2009, n. 282; Cass., 6 giugno 2008, n. 15088; Cass., 3 aprile 2007, n. 8356), considerati altresì gli ampi margini offerti, in tema di prova, dal richiamato art. 269 c.c., comma 2, deve ritenersi che la corte territoriale, nel contesto degli ulteriori elementi acquisiti, abbia correttamente valutato il valore indiziario di tale risultato, pur non riconducibile a quello relativo all'esame dei prelievi effettuati derivanti dal soggetto cui è attribuita la paternità biologica.... "; Cass. civ. 16.04.2008, n. 10007). Ora, nella fattispecie in esame, non può dirsi raggiunta la prova "principe" di cui si è detto sopra attraverso l'elaborato redatto dalla prof.ssa ..., non ricorrendo motivi per discostarsi dalle conclusioni cui è pervenuta la predetta specialista, risultando la c.t.u. esaustiva, ampia e ben motivata anche, soprattutto, in relazione alle note critiche del C.T.P. di parte convenuta dott. ... - al riguardo va disattesa l'eccezione formulata da parte attrice in sede di udienza del 15.06.2022 di irritualità e conseguente inammissibilità della produzione da parte del C.T.P. del convenuto di una nota tecnica a firma di un proprio specialista incaricato, dott...., posto che il dott. Troiano ha fatto proprie le osservazioni e conclusioni formulate dal predetto, così che non può dirsi leso alcun principio del contraddittorio e/o diritto di difesa -. Il C.T.U., dopo avere premesso che "secondo le raccomandazioni dei Genetisti Forensi italiani (Ge.F.I.), valutato l'assetto genetico, secondo le linee guida internazionali, per escludere il rapporto di paternità/maternità occorrono non meno di tre incompatibilità. Laddove non si giunga ad un giudizio di esclusione, deve essere eseguito il calcolo biostatistico di attribuzione di paternità. La base del calcolo è il confronto delle verosimiglianze di due (o eventualmente più) ipotesi ben formulate sulla paternità del probando (ad esempio: Ipotesi 1: il padre presunto è il padre biologico del probando; Ipotesi 2: un soggetto ignoto e non consanguineo del padre presunto è il padre biologico del probando)...", che quando il caso è deficitario per l'assenza del padre presunto (nell'ipotesi in esame il preteso figlio è premorto) "è necessario disporre del profilo genetico di almeno un parente del padre presunto, ma la potenza statistica disponibile per l'esclusione o l'attribuzione può non essere sufficiente; è comunque utile tipizzare il maggior numero possibile di parenti del padre presunto. Il ricorso a programmi validati internazionalmente per il calcolo biostatistico è in questi casi necessario...." e che "come si evince dalla tabella dei risultati, in cui sono riportate le tipizzazioni dei marcatori autosomici utili per il caso in esame, l'analisi dei sistemi esplorati ha permesso la ricostruzione dei 4 profili genetici che sono stati utilizzati per rispondere al quesito se Tizio sia padre di Sempronio, deceduto, attraverso lo studio della trasmissione dei caratteri ereditari genetici alla figlia di Sempronio, Caia... il calcolo biostatistico è stato eseguito con il software "Familias v. 3.2.9", validato dalla Società Scientifica Internazionale utilizzando sia le frequenze della popolazione italiana (Ge.F.I.) che quelle del database STRideR, queste ultime disponibili on line, confrontando le due proposizioni: H1: che Tizio sia padre di Sempronio; H2: che il padre di Sempronio sia una persona random nella popolazione e non correlata a Tizio", conclude la bozza dell'elaborato, rispondendo al quesito posto, già sopra indicato, affermando: "effettuati i necessari prelievi biologici su Tizio, Caia, Mevia e Filana e ricostruito il loro profilo genetico, dal calcolo biostatistico effettuato confrontando l'ipotesi di paternità contro quella di non paternità rispetto alla popolazioni generale, è emerso un supporto molto forte all'ipotesi che il Sig. Tizio sia padre del Sig. Sempronio". Inviata la bozza della relazione di consulenza tecnica a entrambi i ctp, la prof.ssa ... evidenzia come il C.T.P. dott..., facendo proprie le considerazioni espresse dal dott. ...di cui si è avvalso per l'ausilio tecnico, abbia contestato le conclusioni del C.T.U. nella parte in cui non tiene conto che Tizio è lo zio di Sempronio e che Tizio fa parte di una famiglia di 9 fratelli di cui 4 maschi, posto che, ripetendo il calcolo "aggiungendo questa non trascurabile evidenza", si ottiene un risultato di LR o indice di paternità molto più basso (49,72), a supporto solo moderato dell'ipotesi di paternità di Tizio nei confronti di Sempronio. In risposta alle note critiche del dott...., la prof.ssa ..., dopo avere sottolineato che "il quesito posto dal Giudice riguardava esclusivamente lo studio del rapporto di genitura tra Tizio e Sempronio, senza alcun riferimento ad altre possibili ipotesi di paternità presunta relative a eventuali correlati. In questo contesto, il CTU risponde alla proposizione (quesito) del Giudice, senza procedere in autonomia ad avanzare altre proposizioni o quesiti desumibili solo eventualmente dai dati circostanziali di cui il CTU non è in possesso ... Se così non fosse il CTU sarebbe costretto a formulare, al di fuori del quesito, ipotesi di possibili correlati finanche ad ipotizzare come alternativa, ad esempio, l'eventualità della paternità di un gemello monozigote del presunto padre .... le conclusioni del CTU si riferiscono alla probabilità delle osservazioni dato il quesito e non alla probabilità dei quesiti...", afferma di concordare con il C.T.P. che "in caso di valutazione statistica in cui vi siano soggetti correlati nel confronto tra ipotesi di paternità e di non paternità, il calcolo statistico fornisce risultati diversi e generalmente più bassi, come nel calcolo mostrato nelle osservazioni del ctp. Le due ipotesi testate dal CTU, come ribadito in diversi punti della relazione di consulenza tecnica, sono quelle riferite al quesito del Giudice, tenendo in considerazione l'ipotesi H1 che Tizio sia padre di Sempronio rispetto all'ipotesi H2 che il padre sia una persona non correlata nella popolazione di riferimento. Ma se, in generale l'ipotesi alternativa riguarda soggetti consanguinei, allora il calcolo statistico cambia perché i consanguinei possono condividere caratteristiche genetiche". Il C.T.U., rispondendo alle osservazioni avanzate, conclude l'elaborati dichiarando che "le risultanze statistiche del CTU sono state ottenute testando le ipotesi derivate dal quesito del Giudice, non potendo in alcun modo formulare altri quesiti o allargare il quesito sulla base di elementi circostanziali non noti al CTU. Si conferma che il valore statistico ottenuto, come in più punti della relazione riportato, riferimento esclusivamente all'ipotesi di paternità rispetto a quella di non paternità considerando come alternativa che il padre sia una persona della popolazione non correlata, non consanguinea del presunto padre. Si conferma inoltre, come da letteratura scientifica unanime, che, in generale, se l'ipotesi alternativa di paternità coinvolge invece soggetti correlati, consanguinei tra loro, il calcolo statistico fornisce valori diversi e generalmente più bassi fino ad addivenire all'impossibilità di accertare la paternità nel caso in cui fossero coinvolti gemelli monozigoti". In buona sostanza, dunque, il C.T.U. non ha preso in considerazione il fatto storico, non contestato, che il convenuto Tizio sia fratello di Primo e quindi zio di Sempronio, con la conseguenza che le conclusioni alle quali è giunto nella bozza di relazione riguardano ipotesi di persone non correlate tra loro mentre il padre della minore e il convenuto sono soggetti consanguinei. A fronte di un siffatto risultato ottenuto dalla consulenza tecnica di ufficio, non sussistono ulteriori significativi elementi probatori ad colorandum della affermata paternità del convenuto Tizio. Tale non può essere considerato infatti l'esame genetico recante la data del 5 agosto 2005 asseritamente eseguito presso il C.G. S.r.l. di Roma e prodotto dalla parte attrice quale doc. n. 7, trattandosi di documento non utilizzabile in quanto illeggibile e non essendovi alcuna prova che i reperti biologici di riferimento ivi ipoteticamente utilizzati appartengano a Tizio. Analogamente alcun rilievo dirimente può essere attribuito alla "domanda di tumulazione e determinazione resti o ceneri" del defunto Sempronio recante data del 27.11.2014 inoltrata dal convenuto al Comune di Forlì, trattandosi di adempimento che ben può essere posto in essere da un familiare, nel caso zio, e non necessariamente da un genitore. Per i motivi sopra esposti, va quindi rigettata la domanda proposta da Mevia quale genitore esercente la responsabilità genitoriale sulla figlia minore Caia volta a sentire accertare e dichiarare che il premorto Sempronio fu figlio di Tizio. La peculiarità delle questioni trattate, sia in fatto che in diritto, giustifica la compensazione per l'intero delle spese processuali tra le parti. P.Q.M. Il Tribunale di Forlì, in composizione collegiale, ogni diversa istanza, domanda ed eccezione disattesa definitivamente decidendo nella causa promossa da Ferreira Ginevra nei confronti di Miranda Mello Enrique, così provvede: - RIGETTA ogni domanda attorea; - COMPENSA integralmente le spese di lite tra le parti; - PONE DEFINITIVAMENTE a carico della parte attrice le spese di c.t.u.; - MANDA alla Cancelleria per gli adempimenti di competenza. Così deciso in Forlì nella Camera di consiglio del 28 dicembre 2022.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO di FORLÌ Seconda Sottosezione CIVILE Il Tribunale, nella persona del Giudice dott.ssa Giorgia Sartoni ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 30/2019 promossa da: G.T. (C.F. (...)), con il patrocinio dell'avv. (...), elettivamente domiciliato in (...) 47023 CESENA, presso il difensore avv. (...) OPPONENTE contro L.M.S. (C.F. (...)), con il patrocinio dell'avv. (...), elettivamente domiciliato in (...) 47521 CESENA, presso il difensore avv. (...) B.A. (C.F. (...)), con il patrocinio dell'avv. (...), elettivamente domiciliato in (...) 47521 CESENA, presso il difensore avv. (...) OPPOSTI CONCISA ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE Con atto di citazione tempestivamente notificato, G.T. proponeva opposizione avverso il decreto ingiuntivo n. 1486/2018, con il quale il Tribunale di Forlì, su ricorso di B.A. e L.M.S. (di seguito anche solo eredi di L.Q.) ingiungeva il pagamento della somma pari ad Euro 102.537,50, oltre interessi e spese del procedimento monitorio, somma richiesta a titolo di mancata restituzione da parte di G.T. del prestito personale, ricevuto da L.Q. per l'acquisto dell'azienda di autolavaggio e commercio al dettaglio di ricambi da parte della società A.R. s.n.c. di L.G.D., come risultante dalla scrittura privata di riconoscimento di debito sottoscritta fra le parti in data 10.04.2010. Preliminarmente, parte opponente contestava l'avversa pretesa, dando atto di non aver mai ricevuto alcun prestito da parte di L.Q. e disconosceva, ai sensi dell'art. 214 c.p.c., la scrittura privata prodotta dalla controparte - peraltro priva di data certa -, nonché la firma ivi apposta recante il suo nome, dando atto di non aver mai sottoscritto un tale riconoscimento di debito. Parte opponente G.T. deduceva, altresì, di aver ceduto a L.G.D. e a L.G., in data 10.01.2013, la propria quota di partecipazione (pari al 33%) nella società A.R. s.n.c. per poche centinaia di Euro, apparendo pertanto inverosimile che il prestito personale in questione - che si asseriva ammontare ad Euro 205.075,00 - fosse destinato all'acquisto di detta società. In ogni caso, parte opponente deduceva come il riconoscimento di debito e la promessa di pagamento non costituiscono promesse unilaterali ai sensi dell'art. 1987 c.c. e, pertanto, non possono costituire fonte di obbligazione. Per tali motivi, G.T. chiedeva, in via preliminare, la reiezione della eventuale richiesta di concessione della provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo opposto e, in via principale, di dichiarare che G.T. nulla deve a controparte e, conseguentemente, la revoca e la declaratoria di nullità del decreto ingiuntivo opposto, in quanto inammissibile, infondato, erroneo e carente dei presupposti di legge; in ogni caso con vittoria di spese di lite. Con comparsa di costituzione e risposta telematicamente depositata in data 8.06.2019, si costituivano B.A. e L.M.S. che, preliminarmente, contestavano quanto ex adverso dedotto ed eccepito e proponevano istanza di verificazione ex art. 216 c.p.c. in relazione alla predetta scrittura privata. In particolare, parte opposta dava atto che, al momento della sottoscrizione della scrittura privata in questione, oltre a G.T. e L.Q., erano presenti il figlio di quest'ultimo - L.G.D., che unitamente a G.T. beneficiava della somma sopra riportata - e R.S.. Parte opposta deduceva inoltre che, contestualmente alla sottoscrizione della predetta scrittura privata, in data 30.03.2013, la società C.R. e C. s.n.c. cedeva e vendeva l'azienda di autolavaggio e commercio al dettaglio di ricambi ed accessori per veicoli alla società A.R. s.n.c. di L.D.G.T., al prezzo di Euro 140.000,00, per il cui pagamento venivano utilizzati gli importi ottenuti a titolo di prestito. Parte opposta dava atto che, nelle more, mai alcuna somma veniva restituita da G.T. a L.Q., nonostante le richieste bonarie trasmesse. Per tali ragioni, parte opposta domandava, in via preliminare, la concessione della provvisoria esecuzione al decreto ingiuntivo opposto, ai sensi e per gli effetti dell'art. 648 c.p.c., attesa la mancanza di prova scritta o di opposizione di pronta soluzione e, nel merito, l'accertamento e la declaratoria che G.T. ha ricevuto la somma di Euro 102.537,50 e, per l'effetto, la reiezione dell'avversa opposizione, siccome infondata, confermando integralmente il decreto ingiuntivo opposto; in ogni caso con vittoria di spese di lite. Con ordinanza del 13.06.2019, a scioglimento della riserva assunta in udienza, il giudice rigettava la richiesta formulata da parte opposta di concessione di provvisoria esecuzione al decreto ingiuntivo opposto, in ragione del disconoscimento proposto avverso la scrittura privata di riconoscimento di debito e, su richiesta congiunta delle parti, concedeva i termini di cui all'art. 183, comma 6, n. 1, 2 e 3 c.p.c., fissando udienza per la discussione sull'ammissione dei mezzi istruttori. Le parti provvedevano, poi, al deposito delle rispettive memorie istruttorie. Con decreto del Presidente del Tribunale del 16.09.2019, il presente fascicolo veniva riassegnato ad altro giudice. Con ordinanza del 17.02.2020, a scioglimento della riserva assunta all'udienza del 30.10.2019, il giudice ammetteva e non ammetteva le prove richieste dalle parti, disponeva la verificazione della scrittura privata di riconoscimento di debito prodotta in originale da parte opposta e nominava consulente tecnico d'ufficio la dott.ssa C.B.. All'udienza del 14.10.2020, il CTU accettava l'incarico e prestava il giuramento di rito. Come da decreto del Presidente del Tribunale di Forlì n. 32 del 2.11.2020, la causa veniva riassegnata alla scrivente, la quale confermava l'udienza già fissata. Il CTU provvedeva al deposito telematico della consulenza grafologica in data 16.03.2021. Con ordinanza del 17.05.2021, a scioglimento della riserva assunta all'udienza del 5.05.2021 - svoltasi unicamente con modalità di trattazione cartolare, come disposto ai sensi degli artt. 36 D.L. n. 23 del 8 aprile 2020 e 83 D.L. n. 18 del 2020 con decreto del 5.04.2021 -, il giudice rigettava le istanze ex art. 186 quater e 648 c.p.c. formulate da parte opposta e fissava udienza per l'escussione dei testimoni già ammessi con ordinanza del 17.02.2020. All'udienza del 18.11.2021, venivano escussi i testimoni di parte opponente, L.G.D. e N.N.K.; il difensore di parte opposta rinunciava all'interrogatorio formale di G.T. in precedenza ammesso e il giudice fissava udienza in prosecuzione. All'udienza del 15.12.2021, veniva escusso il testimone di parte opposta C.R. e il giudice, esaurita l'istruttoria ammessa e ritenuta, dunque, la causa matura per la decisione, fissava udienza di precisazione delle conclusioni al 28.09.2022, dando atto del carico del ruolo e della necessità, conformemente al piano di gestione dell'arretrato, di dare prioritaria definizione ai procedimenti di più risalente iscrizione al ruolo, nonché a quelli di cui all'art. 43 comma 4, l. fall. All'udienza del 28.09.2022, svoltasi unicamente con modalità di trattazione cartolare, come disposto ai sensi degli artt. 36 D.L. n. 23 del 8 aprile 2020 e 83 D.L. n. 18 del 2020 con decreto del 21.07.2022, le parti precisavano le conclusioni e il giudice tratteneva la causa in decisione assegnando i termini di cui all'art. 190 c.p.c., ovvero termine di giorni quaranta per il deposito delle comparse conclusionali ed ulteriore termine di giorni venti per il deposito delle memorie di replica, che venivano poi depositate dalle parti. L'opposizione proposta da G.T. avverso il decreto ingiuntivo n. 1486/2018 è del tutto infondata e va, dunque, rigettata per tutte le ragioni di seguito esposte. 1. In primo luogo, occorre ricostruire quanto emerso in relazione alla scrittura privata rubricata "dichiarazione di debito" e sottoscritta anche da G.T. in data 10.04.2010 (cfr. doc. n. 1 monitorio), oggetto sostanziale del presente giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, e procedere in ordine all'accertamento delle relative obbligazioni assunte in capo alla parte dichiarante. Innanzitutto, si ricorda che, come noto, "il riconoscimento di un debito non esige formule speciali e può essere contenuto in una dichiarazione di volontà diretta consapevolmente all'intento pratico di riconoscere l'esistenza di un diritto, ma può risultare, implicitamente, anche da un atto compiuto dal debitore per una finalità diversa e senza la consapevolezza dell'effetto ricognitivo. L'atto di riconoscimento, infatti, non ha natura negoziale, né carattere recettizio e non deve necessariamente essere compiuto con una specifica intenzione riconoscitiva. Ciò che occorre è che esso rechi, anche implicitamente, la manifestazione della consapevolezza del debito e riveli i caratteri della volontarietà (Cass. n. 15353 del 30.10.2002)" (cfr. Cass. n. 9097 del 12.04.2018). Pertanto, in linea con il predetto orientamento della giurisprudenza di legittimità, in base al quale viene di fatto esclusa la natura negoziale del riconoscimento del debito, si ritiene che una tale dichiarazione unilaterale, priva di carattere recettizio, non deve necessariamente essere compiuta con una specifica intenzione riconoscitiva, ma è necessario che presenti, per un verso, la manifestazione, anche implicita, della consapevolezza dell'esistenza di un proprio debito e, per altro verso, l'indefettibile carattere della volontarietà. A tali condizioni, in ogni caso, il riconoscimento di debito validamente sottoscritto dal debitore ai sensi dell'art. 1988 c.c. costituisce presunzione dell'esistenza del rapporto giuridico sottostante e, qualora gli si voglia attribuire rilevanza confessoria, addirittura la prova del rapporto debitorio (cfr. Cass. n. 1231 del 2000). In sintesi, sebbene appunto il riconoscimento di un debito non esiga formule particolari, occorre che in sostanza emerga chiaramente il dato di fatto del riconoscimento dello specifico rapporto debito/credito, in qualsiasi forma purché in modo inconfutabile e puntuale, nonché anteriore al giudizio. Nel caso di specie, alla luce dei documenti prodotti e delle risultanze dell'istruttoria orale non vi è alcun dubbio circa la chiara natura di riconoscimento di debito, specifico e titolato, effettuato da G.T. nei confronti del creditore L.Q.. A quest'ultimo proposito, inoltre, ci si limita unicamente a rilevare la piena legittimazione attiva di B.A. e L.M.S., in quanto la qualità di eredi in capo alle odierne opposte è stata dalle stesse documentata in atti (cfr. doc. nn. 2 e 3 monitorio) ed in ogni caso non è stata specificamente contestata, costituendo, pertanto, circostanza fattuale pacifica che deve essere posta a fondamento della presente decisione ai sensi dell'art. 115, comma 1, c.p.c.. 1.1 Innanzitutto, tale inequivoca natura emerge dall'interpretazione complessiva della scrittura privata dattiloscritta e datata 10.04.2010, facendo applicazione dei generali criteri ermeneutici contenuti negli artt. 1362 e ss. c.c. ed in particolare, del criterio di cui all'art. 1363 c.c. che prevede espressamente che "le clausole del contratto si interpretano le une per mezzo delle altre, attribuendo a ciascuna il senso che risulta dal complesso dell'atto". Tale scrittura privata riporta testualmente quale intitolazione la dicitura "dichiarazione di debito" e, nella parte introduttiva contiene l'espressa indicazione di colui che si riconosce debitore ovvero - oltre a L.G.D. per la propria quota di competenza - di G.T., individuato specificamente con le relative generalità, ed in calce all'unico foglio del documento la sottoscrizione apposta a penna anche di quest'ultimo. I due dichiaranti - tra cui per quanto di interesse anche G.T. -, infatti, hanno espressamente riconosciuto "di aver ricevuto dal sig. L.Q. (...) la somma di Euro 205.075,00 (duecentocinquemilasettantacinque/00) a titolo di prestito occorrente per l'acquisto della azienda di autolavaggio ubicata a C. via M. dello S., n. 391" e "che tale somma è stata corrisposta dal sig. L.Q. nel seguente modo" ovvero con l'elencazione testuale di dieci specifiche operazioni (prelievi postamat e/o assegni postali recanti importo e data). Inoltre, per quanto di specifico interesse ai fini della presente decisione, G.T. si è contestualmente impegnato a provvedere al rientro dell'importo, oltre interessi, mediante pagamenti rateali, dichiarando che "il socio G.T. si obbliga a rimborsare al sig. L.Q. la somma di propria competenza (euro 102.537,50) alle seguenti modalità: Euro 500,00 mensili a partire dal mese di aprile 2010. Sul pagamento delle somme rateizzate verranno calcolato gli interessi nella misura del 2%" (cfr. doc. n. 1 monitorio). L'attribuibilità a G.T. di tali dichiarazioni e dell'assunzione di tali obbligazioni restitutorie risulta, pertanto, evidente, così come la volontarietà dello stesso riconoscimento di debito, proprio dall'apposizione di una propria sottoscrizione di pugno, formalmente disconosciuta dalla parte nelle more del presente giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, ma risultata "altamente compatibile con quella autografa del signor T.G." all'esito del procedimento di verificazione introdotto nel presente giudizio (cfr. consulenza tecnica d'ufficio pagg. 22 e 23). 1.2 Sempre in ordine alla prova della legittimità della pretesa creditoria vantata nei confronti di G.T. dal creditore ovvero dagli eredi di L.Q., risulta imprescindibile l'accertamento tecnico condotto dal consulente d'ufficio grafologo nominato nel presente giudizio in merito all'autenticità o meno della sottoscrizione presente in calce alla già esaminata scrittura privata di riconoscimento di debito datata 10.04.2010, oggetto di formale e tempestivo disconoscimento da parte dell'opponente in atto di citazione, nonché di istanza di verificazione ai sensi dell'art. 216 c.p.c. ad opera di parte opposta, che ha indicato e offerto in comunicazione anche documentazione comparativa. In questa sede occorre, innanzitutto, ribadire la riscontrata assoluta necessità di introdurre un tale accertamento tecnico in corso di causa, stante le specifiche contestazioni mosse da parte opponente in ordine alla presunta apocrifia e falsità di una tale sottoscrizione. Alla luce delle risultanze dell'espletata consulenza tecnica d'ufficio grafologica e degli atti di causa, non vi sono ragionevoli dubbi circa l'autenticità di una tale sottoscrizione e la riconducibilità all'autografia dell'odierno opponente G.T.. In particolare, la consulenza tecnica d'ufficio in atti, in questa sede integralmente richiamata per quanto attiene ai profili tecnici applicati e valutati, ha, infatti, accertato che "tutti gli esami effettuati convergono in un giudizio di elevata compatibilità delle scritture" e che "la firma in verifica sia altamente compatibile con la scrittura del signor T.G. autore delle comparative agli atti senza però potersi dare la certezza del giudizio" (cfr. consulenza tecnica d'ufficio pag. 22), sia conducendo approfondite analisi in ordine a tutte le peculiarità identificative del tratto e della gestualità e avendo, altresì, il CTU compitamente e organicamente risposto al quesito affidatogli, utilizzando plurimi documenti e scritture autografe di comparazione. Inoltre, si deve osservare come "l'unico elemento di discordanza rilevato" dal CTU nell'ambito dell'accertamento tecnico condotto, in base al criterio di valutazione della prova nell'ambito del processo civile (cfr. ex multis Cass. n. 26304 del 29.09.2021) non possa essere considerato ostativo, nel caso di specie, a ritenere sufficientemente raggiunta la prova della provenienza della sottoscrizione e, dunque, delle dichiarazioni sopra riportate, dalla parte che l'ha disconosciuta. Per un verso, infatti, occorre valorizzare un altro specifico profilo evidenziato e accertato dallo stesso consulente tecnico d'ufficio ovvero che "non sono stati dunque rilevati evidenti segni di alterazione come quelli relativi all'imitazione o al ricalco" (cfr. consulenza tecnica d'ufficio pag. 21) e che "dagli esami condotti è possibile affermare che le due firme non sono identiche, né sovrapponibili né mostrano le stesse dimensioni e quindi non è realistico che la firma sulla carta d'identità sia stata usata come modello per quella in verifica" (cfr. consulenza tecnica d'ufficio pag. 20). Tali risultanze, pertanto, portano a non ritenere condivisibile in radice l'originaria allegazione contenuta nell'atto di citazione in opposizione per cui "la mano che ha vergato il nome G.T. e L.Q. sembra la medesima" (cfr. pag. 2 atto di citazione). Per altro verso, l'autenticità e la piena efficacia dei contenuti delle dichiarazioni di cui alla scrittura privata in esame risulta, altresì, implicitamente avallata dal comportamento tenuto dalle parti coinvolte ed in particolare dal comportamento tenuto da L.Q., alla luce degli atti del presente giudizio. Si deve rilevare, infatti, che parte opposta ha offerto in comunicazione copia dei pagamenti effettuati direttamente da parte di L.Q. (cfr. doc. da F a M parte opposta) relativi all'acquisto e alle attività di gestione in senso ampio dell'azienda di autolavaggio e commercio al dettaglio di ricambi ed accessori per veicoli, formalmente intestata alla società A.R. s.n.c. di L.G.D., i cui soci allora L.G.D. e G.T. hanno dichiarato di essere beneficiari delle somme a titolo di prestito e si sono impegnati alla restituzione rateale delle somme di rispettiva competenza. Nello specifico, poi, i testimoni escussi tanto a prova diretta C.R. - venditore dell'azienda di autolavaggio -, quanto a prova contraria L.G.D. - che non è in ogni caso parte del presente giudizio - hanno confermato, per quanto di propria diretta conoscenza e senza contraddizioni, che le somme a titolo di prezzo dell'acquisto dell'azienda, di relative spese notarili, nonché di deposito cauzionale circa il contratto di locazione dell'immobile, sono state pagate direttamente da L.Q. a mezzo degli assegni indicati nel dettaglio all'interno della scrittura privata di riconoscimento di debito datata 10.04.2010 (cfr. verbali d'udienza del 18.11.2021 e del 15.12.2021). Pertanto, tutti i predetti elementi probatori complessivamente considerati sono dotati di idoneità rappresentativa e di congruità logica, tali da confutare le contestazioni - in ogni caso generiche - mosse da parte opponente, anche con riferimento alla pretesa scarsa credibilità della presunta ricognizione di debito di un valore di Euro 205.075,00 a fronte della cessione della quota di partecipazione (33%) nella società A.R. s.n.c. da parte dello stesso G.T. in data 31.01.2013 al valore di Euro 1.650,00 (cfr. doc. n. 2 parte opponente). Peraltro una tale allegazione attorea risulta inconferente e non dirimente ai fini del decidere, avendo parte opponente proceduto ad effettuare una comparazione - non condivisibile, in quanto non omogenea - tra il valore di una quota di partecipazione di una società di persone, rispetto alle somme prestate da L.Q. a favore dei soci della medesima società di persone per l'acquisto e per tutte le necessarie attività di gestione dell'azienda di autolavaggio. 2. In secondo luogo, accertata la validità del predetto riconoscimento di debito, in merito alle conseguenze e agli effetti dello stesso, ci si limita a ricordare che "la ricognizione di debito non costituisce autonoma fonte di obbligazione, ma ha solo effetto confermativo di un preesistente rapporto fondamentale, determinando, ex art. 1988 c.c., un'astrazione meramente processuale della causa debendi, da cui deriva una semplice relevatio ab onere probandi che dispensa il destinatario della dichiarazione dall'onere di provare quel rapporto, che si presume fino a prova contraria, ma dalla cui esistenza o validità non può prescindersi sotto il profilo sostanziale, venendo, così, meno ogni effetto vincolante della ricognizione stessa ove rimanga giudizialmente provato che il rapporto suddetto non è mai sorto, o è invalido, o si è estinto, ovvero che esista una condizione o un altro elemento ad esso attinente che possa comunque incidere sull'obbligazione derivante dal riconoscimento" (cfr. Cass. n. 20689 del 13.10.2016, nonché già Cass. n. 11332 del 15.05.2009). Pertanto, la ricognizione di debito ha effetto confermativo di un preesistente rapporto fondamentale e ha, altresì, l'effetto di invertire l'onere della prova in merito all'esistenza di una causa debendi. Inoltre, non costituendo autonoma fonte di obbligazione e presupponendo pur sempre l'esistenza e la validità del rapporto fondamentale, sotto il profilo strettamente probatorio, si rileva che la prova contraria a cui è ammesso il soggetto che si è riconosciuto debitore può essere data giudizialmente dalla parte anche con testimoni ai sensi degli artt. 2722 c.c.. Inoltre, al pari del dichiarante promittente, anche il destinatario della dichiarazione, per contrastare i risultati della prova fornita eventualmente dalla controparte, può ricorrere pure alla prova testimoniale (cfr. già Cass. n. 771 del 1980). Nella specie, una tale prova contraria non è stata adeguatamente fornita da parte opponente. Per un verso, si rileva che parte opponente in atto di citazione ha dedotto circostanze relative al fatto che il rapporto debitorio fondamentale non sia mai sorto, contraddicendo per la prima volta solo in sede di opposizione a decreto ingiuntivo quanto riconosciuto per iscritto e sottoscritto all'epoca nell'ambito della scrittura privata rubricata "dichiarazione di debito" già più volte richiamata. Diversamente, in atti non risultano allegate né provate in modo idoneo ad opera di parte opponente precedenti contestazioni in tal senso, nemmeno a seguito della ricezione della comunicazione di sollecito di pagamento e messa in mora datata 7.05.2015 (cfr. doc. n. 4 monitorio). Per altro verso, poi, si osserva come parte opponente abbia solo dedotto, ma non provato la sussistenza di fatti modificativi e/o estintivi del debito in precedenza formalmente riconosciuto. Ciò non è avvenuto né documentalmente, avendo parte opponente prodotto unicamente copia del contratto di cessione della quota di partecipazione di G.T. (cfr. doc. n. 2 parte opponente), né in sede di istruttoria orale. Inoltre, si deve evidenziare che parte opponente non ha allegato in modo specifico eventuali e circostanziati pagamenti o compensazioni, anche solo parziali, del prestito personale in precedenza riconosciuto, né in sede di istruttoria orale ha provato per testimoni idonei fatti modificativi, impeditivi e/o estintivi dell'altrui pretesa economica, essendo parte dei capitoli formulati inammissibili per le ragioni già evidenziate nell'ordinanza istruttoria del 17.02.2020 che deve intendersi qui integralmente richiamata e risultando le dichiarazioni testimoniali rese non dirimenti a tale fine. In particolare, anche a voler ritenere ammissibili i capitoli nn. 4 e 5 formulati da parte opponente, i testimoni escussi si sono limitati a confermare che G.T. dal mese di aprile 2010 al mese di gennaio 2013 ha prestato attività lavorativa all'interno dell'azienda autolavaggio e che dallo stipendio gli veniva decurtata una somma che andava in conto quote sociali (cfr. verbali d'udienza del 18.11.2021 e del 15.12.2021), senza che ciò abbia rilievo sotto il diverso profilo del prestito ricevuto da L.Q. e riconosciuto con la scrittura privata in esame, quale sostanziale finanziamento per l'acquisto e le attività di gestione dell'autolavaggio oggetto di causa. Dall'altro lato, si ribadisce che al contrario parte opposta ha adeguatamente provato in giudizio che le somme indicate nel dettaglio nella scrittura privata di riconoscimento di debito sono state pagate da L.Q. a titolo di prezzo e di relative spese e costi di gestione dell'azienda di autolavaggio e commercio al dettaglio di ricambi formalmente intestata e gestita dalla società A.R. s.n.c. di L.G.D. (cfr. doc. n. E parte opposta), mediante produzione della relativa documentazione (cfr. doc. da F a M parte opposta) e dichiarazioni testimoniali del venditore dell'azienda C.R. (cfr. verbale d'udienza del 15.12.2021). In conclusione e per tutte le sopracitate ragioni, stante l'intervenuto riconoscimento di debito, con contestuale promessa di pagamento rateale da parte di G.T., rimasta integralmente inadempiuta, la sufficiente prova del rapporto di prestito personale sottostante, nonché la mancanza di idonea prova contraria, l'opposizione proposta è sotto ogni profilo infondata e va, quindi, rigettata, con conferma della pretesa creditoria azionata dagli eredi di L.Q. in sede monitoria. 3. Infine, le spese di lite seguono la soccombenza e vengono liquidate, come indicato in dispositivo, nei valori medi in ogni fase; in ragione del valore della controversia ai fini dell'applicazione degli scaglioni previsti dal D.M. n. 55 del 2014. Ai sensi dell'art. 2, comma 2, D.M. n. 55 del 2014 oltre al compenso e alle spese generali, la parte vittoriosa ha altresì diritto al rimborso delle spese sostenute debitamente documentate (cfr. documentazione allegata comparsa conclusionale di parte opposta). La condanna alle spese processuali, a norma dell'art. 91 c.p.c., ha il suo fondamento nell'esigenza di evitare una diminuzione patrimoniale alla parte che ha dovuto svolgere un'attività processuale per ottenere il riconoscimento e l'attuazione di un suo diritto e l'essenziale criterio rivelatore della soccombenza è l'aver dato causa al giudizio (cfr. Cass. n. 13498 del 29.05.2018). Nel caso di specie, non vi è dubbio in merito alla soccombenza di parte opponente in relazione al proprio atto di opposizione, come meglio chiarito in motivazione. Parimenti i costi della consulenza tecnica d'ufficio sono definitivamente posti a carico di parte opponente, che vi ha sostanzialmente dato causa ed in ragione delle risultanze della stessa che ha confermato l'autenticità della sottoscrizione disconosciuta. In ultima analisi, nel caso di specie, tenuto conto dell'espressa domanda di parte opposta e stante l'integrale soccombenza di parte opponente, si configura altresì l'ipotesi di responsabilità aggravata di cui all'art. 96, comma 3, c.p.c., applicabile comunque anche d'ufficio (cfr. Cass. n. 27326/2019), in tutti i casi di soccombenza della parte come "sanzione di carattere pubblicistico, autonoma ed indipendente rispetto alle ipotesi di responsabilità aggravata ex art. 96, commi 1 e 2, c.p.c. e con queste cumulabile, volta - con finalità deflattive del contenzioso - alla repressione dell'abuso dello strumento processuale; la sua applicazione, pertanto, non richiede, quale elemento costitutivo della fattispecie, il riscontro dell'elemento soggettivo del dolo o della colpa grave, bensì di una condotta oggettivamente valutabile alla stregua di "abuso del processo", quale l'aver agito o resistito pretestuosamente" (cfr. Cass. n. 27623 del 21.11.2017, Cass. n. 29812 del 18.11.2019 e più di recente Cass. n. 20018 del 24.09.2020). Inoltre, ci si limita a ricordare che "la condanna ex art. 96, comma 3, c.p.c. è volta a salvaguardare finalità pubblicistiche, correlate all'esigenza di una sollecita ed efficace definizione dei giudizi, nonché interessi della parte vittoriosa ed a sanzionare la violazione dei doveri di lealtà e probità sanciti dall'art. 88 c.p.c., realizzata attraverso un vero e proprio abuso della "potestas agendi" con un'utilizzazione del potere di promuovere la lite, di per sé legittimo, per fini diversi da quelli ai quali esso è preordinato, con conseguente produzione di effetti pregiudizievoli per la controparte. Ne consegue che la condanna, al pagamento della somma equitativamente determinata, non richiede né la domanda di parte né la prova del danno, essendo tuttavia necessario l'accertamento, in capo alla parte soccombente, della mala fede (consapevolezza dell'infondatezza della domanda) o della colpa grave (per carenza dell'ordinaria diligenza volta all'acquisizione di detta consapevolezza), venendo in considerazione, a titolo esemplificativo, la pretestuosità dell'iniziativa giudiziaria per contrarietà al diritto vivente ed alla giurisprudenza consolidata, la manifesta inconsistenza giuridica delle censure in sede di gravame ovvero la palese e strumentale infondatezza dei motivi di impugnazione" (cfr. Cass. S.U. n. 22405 del 13.09.2018). Si ritiene, infatti, che parte opponente, proponendo opposizione, ma sostanzialmente contestando solo genericamente la validità della scrittura privata di riconoscimento di debito oggetto di ingiunzione di pagamento e limitandosi solo nella sostanza a disconoscerla ai sensi dell'art. 214 c.p.c., abbia abusato dello strumento processuale attivando un autonomo giudizio, deducendo generiche circostanze prive di puntuali riscontri a sostegno e risultate del tutto smentite in sede di istruttoria, soprattutto con riferimento all'autenticità della propria sottoscrizione apposta sul riconoscimento di debito specifico e titolato, azionato dagli eredi di L.Q. in sede monitoria. Insomma, si rileva che parte opponente ha dato vita ad una forma anomala e pretestuosa di esercizio del diritto e ha tenuto una condotta processuale quantomeno colposamente gravatoria e caratterizzata da profili di un'inescusabile carenza di quel minimo di diligenza e perizia sufficiente ad avvedersi della palese infondatezza delle proprie pretese nel compimento delle attività processuali difensive. Si precisa, in aggiunta, che tale sanzione pecuniaria viene determinata in via equitativa dal giudice e, secondo la ormai costante giurisprudenza, si deve ancorare ad alcuni elementi oggettivi quali, ad esempio, il valore della causa e della controversia (cfr. Cass. n. 26435 del 20.11.2020). Per quanto riguarda la liquidazione del quantum, dunque, si ritiene opportuno aderire all'orientamento diffuso anche nella giurisprudenza di merito (cfr. ex multis Tribunale di Cuneo del 16.07.2020 e Tribunale di Verona del 10.06.2020), nonché in analogia alle previsioni contenute nelle Tabelle di Milano e il relativo aggiornamento, in base ai quali l'importo può essere determinato in relazione al parametro del compenso defensionale liquidato in causa. Alla luce di tali parametri e delle specificità del caso di specie, appare equo liquidare una somma pari ad Euro 4.700,00 ovvero ad un terzo delle spese di lite liquidate a titolo di compensi. P.Q.M. Il Tribunale, definitivamente pronunciando sulla causa che reca R.G. n. 30/2019, ogni diversa istanza ed eccezione disattesa o assorbita, così dispone: 1. RIGETTA l'opposizione proposta da G.T. per le ragioni di cui in motivazione. 2. CONFERMA il decreto ingiuntivo n. 1486/2018 in ogni sua parte: capitale, interessi quali ivi indicati, spese di lite quali ivi liquidate. 3. LO DICHIARA ESECUTIVO. 4. CONDANNA parte opponente G.T., al pagamento delle spese di lite della fase di opposizione, in favore di parte opposta, B.A. e L.M.S.; spese di lite che si aggiungono a quelle già liquidate in sede di decreto ingiuntivo e che si liquidano in Euro 14.103,00 per compensi; spese generali pari al quindici per cento della somma che immediatamente precede; spese specifiche pari ad Euro 801,99, per spese CTU anticipate e costi di intimazione testimoniale; infine, IVA e CPA sull'imponibile come per di legge. 5. DISPONE che il costo di consulenza tecnica d'ufficio sia posto definitivamente a carico di parte opponente G.T.. 6. CONDANNA, altresì, parte opponente G.T. al pagamento a favore di parte opposta, B.A. e L.M.S., della somma di Euro 4.700,00, ex art. 96, comma 3, c.p.c.. 7. A. sin d'ora la restituzione a parte opposta della documentazione originale conservata in Cancelleria (busta cassaforte n. 568). Così deciso in Forlì, il 29 novembre 2022. Depositata in Cancelleria il 1 dicembre 2022.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO di FORLI' SECONDA SOTTOSEZIONE CIVILE Il Tribunale, nella persona del Giudice dott.ssa Maria Cecilia Branca, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di II Grado iscritta al n. r.g. 1580/2020 promossa da: C.P. (C.F. (...)), autonomamente rappresentata e difesa ed elettivamente domiciliata presso la propria residenza, via C. 2368, B. (F.) APPELLANTE contro B.P.A. (C.F. (...)), con il patrocinio dell'avv. (...), dell'avv. (...), elettivamente domiciliato presso il difensore avv. (...), con il patrocinio dell'avv. (...), elettivamente domiciliato presso il difensore avv. (...) APPELLATI Concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione C.P. interponeva appello avverso la sentenza n. 147/2020 emessa dal Giudice di Pace di Forlì, con la quale veniva così statuito: "Il Giudice di Pace di Forlì, definitivamente pronunciando, rigetta la domanda attorea in quanto infondata. Condanna P.C. al pagamento delle spese di lite che liquida in complessivi Euro 1.205,00 oltre accessori di legge per ciascun convenuto". Giova premettere che l'odierna appellante, con atto di citazione ritualmente notificato, conveniva in giudizio B.P.A. S.p.A. e P.T. S.p.A. dinanzi al Giudice di Pace di Forlì, instaurando così il procedimento portante R.G. 644/2019, al fine di veder accertata la responsabilità di queste per l'inadempimento e il ritardo nell'adempimento dell'obbligazione di trasporto aereo, e, per l'effetto, ottenere una condanna al risarcimento dei danni, patrimoniali e non, da essa subiti. A tal uopo allegava aver prenotato, nel marzo 2018, con l'operatore P.T. S.p.A. e la compagnia operativa B.P.A. S.p.A., hotel e volo con destinazione H. (C.). Specificava, inoltre, che il volo di rientro (H.), la cui partenza era prevista originariamente alle ore 1,30 (H.), veniva cancellato e che, nella giornata successiva, la P. ripartiva su un volo B.P.A. S.p.A. alle ore 15 (Italia) per M.M., ivi atterrando alle ore 6:30 circa, i.e. con un ritardo di 24 ore. Deduceva, ulteriormente, la cattiva gestione degli eventi da parte delle appellate e la scarsa qualità dell'assistenza del tour operator. Si costituiva P.T. S.p.A., chiedendo il rigetto delle avverse domande, ritenendo essere carente di legittimazione passiva e deducendo l'infondatezza delle pretese risarcitorie di controparte, peraltro prive di prove. Chiedeva, in subordine, accertarsi l'esclusiva responsabilità del vettore aereo, con domanda di manleva nei confronti di B.P.A. S.p.A., che chiamava in causa. Si costituiva, dunque, B.P.A. S.p.A. (d'ora "B.P."), chiedendo anch'essa il rigetto delle domande formulate dalla P., non essendo possibile intercettare forma alcuna d'inadempimento. La convenuta eccepiva che il danno lamentato dalla P. era stato causato da uno sciopero dei dipendenti della compagnia aerea e, dunque, da causa non imputabile alla B.P. in quanto circostanza eccezionale e imprevedibile; oltre a ciò eccepiva l'assenza di prova circa an e quantum della vantata pretesa risarcitoria. Aggiungeva, inoltre, aver posto in essere tutte le attività necessarie a neutralizzare i disagi per i passeggeri: riprotezione su altro volo con altro vettore, nonché sistemazione in albergo, con vitto, alloggio e transfer. La causa veniva istruita mediante prova per testi e, precisate le conclusioni, veniva trattenuta in decisione. Conseguentemente, il Giudice di Pace di Forlì emetteva la sentenza in questa sede appellata. Con atto di citazione in appello, P.C. citava in giudizio B.P.A. S.p.A. e P.T. S.p.A., chiedendo la riforma della sentenza e l'accoglimento delle conclusioni come sopra riportate, sulla base dei seguenti motivi: 1) Erroneità e illogicità della motivazione, con particolare riferimento alla qualificazione della causa del danno come non imputabile al vettore aereo: lo sciopero non poteva sussumersi nella fattispecie della circostanza eccezionale di cui all'art. 5, paragrafo 3 del Regolamento UE 261/2004, in quanto già proclamato una settimana prima del suo verificarsi; inoltre, le misure adottate tardivamente al fine di neutralizzarne i disagi si sono rivelate inadeguate; 2) Illogicità e carenza assoluta di motivazione nella misura in cui la statuizione nulla chiarisce in relazione all'inadempimento di P.T. S.p.A.; 3) Erronea valutazione delle risultanze istruttorie. Si costituiva P.T. S.p.A., chiedendo, preliminarmente, dichiararsi l'inammissibilità dell'atto di appello di P.C. e, nel merito, dichiararsi il passaggio in giudicato della statuizione "In ordine alla posizione dell'operatore devesi dare atto della condotta adempiente posta in essere nell'occorso, considerato che il disservizio era dipeso da evento allo stesso in alcun modo imputabile" della sentenza n. 147/2020, in quanto capo autonomo e non impugnato, nonché dichiararsi la carenza di legittimazione passiva. In via subordinata, chiedeva condannarsi la B.P. a manlevare la P.T. S.p.A. per quanto eventualmente chiamata a corrispondere all'appellante a titolo risarcitorio. A tal fine, P.T. S.p.A. eccepiva che: 1) Quanto all'applicazione della normativa europea al caso di specie, il Giudice di prime cure correttamente qualificava lo sciopero alla stregua delle "circostanze eccezionali" di cui al Regolamento UE cit.; 2) In forza della polizza "Viaggi rischi zero", aveva avanzato, nei confronti dell'appallante, un'offerta risarcitoria pari ad Euro 110,00, a cui la P. non aveva dato riscontro (doc. 1 di primo grado); 3) La vacanza veniva integralmente goduta dalla P. e nessun inadempimento poteva ascriversi in capo alla P.T. S.p.A., avendo essa fornito tutto quanto contrattualmente pattuito e quanto normativamente previsto, ivi compresa l'assistenza informativa dei turisti per il tramite degli assistenti in loco; 4) Ulteriormente, eccepiva la mancanza di prove circa il contratto, i danni (patrimoniali e non) subiti, la loro entità (ritenendo inammissibile la domanda avanzata in via equitativa) e il nesso di causalità tra questi e la condotta della P.T. S.p.A.; 5) Ribadiva, inoltre, la sussistenza in capo al solo vettore aereo degli obblighi di riprotezione e assistenza in casi, come quello di specie, di cancellazione e ritardo del volo. Si costituiva B.P.A. S.p.A., chiedendo il rigetto del gravame e la conseguente conferma della sentenza n. 147/2020 emessa dal Giudice di Pace di Forlì, eccependo che: 1) Così come accertato dal Giudice di primo grado, lo sciopero, causa del ritardo della partenza del volo H.-Milano del 25 marzo 2020, si sussumeva nell'esimente delle "circostanze eccezionali" di cui all'art. 5 del Regolamento UE 261/2004; 2) La B.P. produceva documentazione atta a provare la natura imprevedibile dell'evento e di essersi attivata per riproteggere i passeggeri su altro volo; 3) Nessuna mancanza di motivazione o errata valutazione delle risultanze istruttorie si intercettava nella sentenza impugnata; 4) La pretesa risarcitoria, oltre che infondata, era priva di prove a supporto. Alla prima udienza del 31 novembre 2020 il Giudice rinviava la causa per precisazione delle conclusioni, come congiuntamente richiesto delle parti. Il Giudice, all'udienza del 4 luglio 2022, tratteneva la causa in decisione, contestualmente assegnando i termini di cui all'art. 190 c.p.c. per il deposito di comparse conclusionali e note di replica. L'appello deve essere rigettato. In primo luogo, deve darsi atto che parte appellante correttamente allegava il proprio titolo di viaggio, producendolo quale doc. 1, così provando l'esistenza del rapporto contrattuale con l'appellata P.T. S.p.A. e B.P.. Va da sé che l'appellata P.T. S.p.A. è legittimata passiva del rapporto sostanziale dedotto in giudizio, pertanto priva di pregio l'eccezione da essa sollevata al riguardo. Quanto, in particolare, a B.P., la prova della costituzione del rapporto è data dall'indicazione del volo così come dai documenti di viaggio, i cui riferimenti alfanumerici (BV1618) venivano confermati dalla B.P. nel proprio atto di comparsa di costituzione, nella parte in cui si legge: "Poiché il ritardo del volo BV1618 H.-M.M. del 24/03/2018 è stato determinato da una causa di forza maggiore ..."(cfr. pag. 5 della comparsa di costituzione in appello di B.P.). Ciò premesso, si osserva quanto segue. Il contratto sottoscritto dalla P., comunemente denominato "pacchetto turistico", è disciplinato dal Titolo I, capo I, del D.Lgs. n. 79 del 2011 - il quale ha abrogato gli artt. 82 e segg. del D.Lgs. n. 206 del 2005 - nonché dalla normativa internazionale e comunitaria e, in particolare, per quanto qui d'interesse e come correttamente rilevato dall'appellante, dal Regolamento CE n. 261 del 2004. Quest'ultimo, invero, prevede regole comuni - applicabili ai voli con partenza e/o destinazione in uno Stato membro dell'UE - in materia di compensazione ed assistenza ai passeggeri in caso di negato imbarco, di cancellazione del volo o di ritardo prolungato. In particolare, all'art. 5 è previsto che al passeggero, il cui volo viene cancellato, come nel caso di specie, deve esser garantito il diritto all'imbarco su un volo ulteriore (art. 8 Reg. cit.) e deve essere fornita assistenza nelle forme e nei modi di cui all'art. 9 del Reg. cit., i.e. deve esser garantita gratuitamente la sistemazione in albergo, oltre pasti e bevande in relazione alla durata del tempo di attesa, con trasporto dall'aeroporto. Inoltre, così come previsto dal paragrafo 1 lett. c) dell'art. cit., al passeggero "spetta la compensazione pecuniaria del vettore aereo operativo a norma dell'articolo 7". Se è vero, dunque, quanto appena esposto in tema di tutela comunitaria, è pure vero che, nello stesso art. 5 cit. al paragrafo 3, in ossequio al considerando n. 14 del Reg. cit. - il quale prevede, testualmente, "gli obblighi che incombono ai vettori aerei operativi dovrebbero essere limitati o dovrebbero non applicarsi nei casi in cui un evento è dovuto a circostanze eccezionali che non si sarebbero comunque potute evitare anche se fossero state adottate tutte le misure del caso. Siffatte circostanze possono, in particolare, ricorrere in caso di ... scioperi che si ripercuotono sull'attività di un vettore aereo operativo" - è altrettanto stabilito che "Il vettore aereo operativo non è tenuto a pagare una compensazione pecuniaria a norma dell'articolo 7, se può dimostrare che la cancellazione del volo èdovuta a circostanze eccezionali che non si sarebbero comunque potute evitare anche se fossero state adottate tutte le misure del caso". Dalla rappresentazione dei fatti, così come prospettata dalle parti, emerge con certezza, in quanto non contestato o documentalmente provato: - Che il volo BV 1618 di rientro, ergo a vacanza terminata, del 25 marzo 2018 è stato cancellato; - La cancellazione si verificava a causa dell'assenza del personale navigante di B.P. dovuta alla massiccia adesione, da parte dei dipendenti di questa appellata, ad uno sciopero; - La P. veniva riprotetta su un volo con medesima destinazione sebbene su altro vettore aereo, la cui partenza era successiva a quella prescelta di ore 23 e minuti 30, per il che veniva sistemata in alloggio con vitto garantito; - Per i disagi conseguenti alla cancellazione del volo, veniva offertole dalla P.T. S.p.A. l'indennizzo previsto dalla polizza "Viaggi rischi zero" pari ad Euro 110,00, che, tuttavia la P. non accettava, così come è possibile presumere dalla mancata indicazione dell'iban su quale eseguire l'accredito (doc. 1 del fascicolo di primo grado). Deve ritenersi adempiuto, quindi, l'onere probatorio posto a carico del vettore, nella misura in cui B.P. correttamente allegava di aver posto in essere quanto in suo potere al fine di evitare disagi ai passeggeri del volo (...) derivanti dall'assenza del personale navigante, in applicazione anche di quanto stabilito dalla giurisprudenza di legittimità, secondo la quale "In caso di contratto di trasporto aereo internazionale di persone ..., in caso di ritardo o inadempimento del vettore nell'esecuzione del trasporto sussiste una presunzione di responsabilità a suo carico, per liberarsi dalla quale egli è tenuto a dimostrare di aver adottato tutte le misure idonee ad evitare il danno, con la conseguenza che rimangono a carico del vettore i danni da causa ignota mentre il caso fortuito e la forza maggiore, quali fattori estranei alla organizzazione del trasporto, costituiscono causa non imputabile ex art. 1218 cod. civ. e portano ad escludere la responsabilità del vettore se egli dimostri di non essere riuscito ad impedire l'evento nonostante l'adozione di ogni misura idonea a garantire la puntuale esecuzione del trasporto" (Cass. Civ. Massima Ufficiale Rv. 577848 - 01 alla sent. n. 20787 del 27/10/2004). Invero, sicuramente provata, in quanto non contestata, è l'attività sia di riprotezione su altro volo, che di assistenza della P. in ottemperanza agli obblighi di matrice comunitaria, avendo ella fruito gratuitamente di vitto e alloggio ed essendo stata informata da un'operatrice locale della P.T. S.p.A. circa la cancellazione del volo e la nuova sistemazione. Tuttavia, al fine di valutare l'applicabilità al caso di specie dell'esimente della "circostanza eccezionale" è indispensabile apprezzare l'insieme degli elementi forniti a questo Tribunale dalle parti. In primo luogo, deve aversi riguardo all'intrinseca natura dell'attività di astensione dall'attività lavorativa, i.e. dello sciopero, nella quale è connaturale la finalità di protesta. Ciò porta a ritenere, secondo canoni di logica, che la circostanza verificatasi nel caso di specie mai possa rientrare nelle attività di ordinaria amministrazione tipicamente esercitata da un vettore aereo. Tale considerazione deve essere fatta anche alla luce dell'interpretazione della Corte di Giustizia la quale, interrogata sulla interpretazione della nozione di "circostanza eccezionale" di cui al Reg. Cit, ha chiarito che "possono considerarsi condizioni eccezionali ai sensi dell'art. 5, paragrafo 3, del regolamento n. 261/2004, gli eventi che, per la loro natura o per la loro origine, non sono inerenti al normale esercizio dell'attività del vettore aereo in questione e sfuggono all'effettivo controllo di quest'ultimo, e tali due condizioni sono cumulative": lo sciopero non può non ascriversi nell'alveo degli esimenti esemplificati anche al Considerando n. 14 del Reg. Cit. e ripresi, senza riserva alcuna (ubi lex voluit dixit, ubi noluit tacuit), al precipuo paragrafo 3 dell'art. 5 Reg. cit. In secondo luogo, deve ritenersi necessario sottoporre al vaglio del Giudice ad quem non solo le circostanze di fatto già di cui si è già detto ampiamente sopra (astensione del personale B.P., riprotezione della P. e sistemazione in alloggio con vitto), ma pure altri elementi offerti ed emersi dalla rappresentazione dei fatti così come prospettata dalle parti, che non possono non essere analizzate alla luce non solo del più generale principio di correttezza e buona fede di cui all'art. 1175 c.c. che governa l'intera vicenda contrattuale, ma anche, e soprattutto, del Considerando 2) al Reg. cit. in forza del quale "Il negato imbarco, la cancellazione del volo o i ritardi prolungati sono causa di gravi disagi e fastidi per i passeggeri" e che deve essere interpretato quale esemplificazione dell'evento dannoso che la normativa comunitaria invocata è tesa ad eliminare e/o risarcire. A tal uopo, appare il caso di citare condivisa e consolidata giurisprudenza di legittimità, secondo la quale "Il danno non patrimoniale da vacanza rovinata richiede la verifica della gravità della lesione e della serietà del pregiudizio patito dall'istante, al fine di accertarne la compatibilità col principio di tolleranza delle lesioni minime (precipitato, a propria volta, del dovere di solidarietà sociale previsto dall'art. 2 Cost.), e si traduce in un'operazione di bilanciamento demandata al prudente apprezzamento del giudice di merito, il quale, dalla constatazione della violazione della norma di legge che contempla il diritto oggetto di lesione, attribuisce rilievo solo a quelle condotte che offendono in modo sensibile la portata effettiva dello stesso" (Massima Ufficiale n. Rv. 636373 - 01 alla Cass. Civ. sent. n. 14662 del 14/07/2015). Pertanto, avendo la P. goduto per intero della vacanza, così realizzandosi l'interesse e lo scopo vacanziero, costituzionalmente protetto nella misura rientra in una forma di realizzazione della persona umana (art. 2 Cost), ed essendo stata ella riprotetta su un volo con medesima destinazione, ergo non avendo l'appellante subito nessuna alterazione dei programmi in termini di ulteriori spostamenti, deve considerarsi, in un'ottica di bilanciamento degli interessi, che le conseguenze derivanti dalla suesposta circostanza eccezionale, rectius dallo sciopero, possano certamente ricondursi nel più ampio perimetro della tollerabilità. In altre parole, la cancellazione (prima) e il ritardo (dopo) non hanno recato alcun grave pregiudizio alla P.. Circa la domandata declaratoria di passaggio in giudicato del capo "In ordine alla posizione dell'operatore devesi dare atto della condotta adempiente posta in essere nell'occorso, considerato che il disservizio era dipeso da evento allo stesso in alcun modo imputabile" della sentenza n. 147/2020, oggetto di gravame, si osserva quanto di seguito. Anzitutto, occorre riportare qui l'orientamento di legittimità per cui "Nel caso di impugnazione parziale, l'acquiescenza ai sensi dell'art. 329, secondo comma, cod. proc. civ., alle parti della sentenza non impugnate, si verifica quando si desuma dall'atto in modo inequivoco la volontà dell'appellante di sottoporre solo in parte la decisione all'appello (elemento soggettivo) e le diverse parti siano del tutto autonome l'una dall'altra (elemento oggettivo) e non anche quando la parte impugnata sia sviluppo logico della parte non impugnata, per cui in realtà l'impugnazione della argomentazione, pur distinta, della prima si ponga in nesso conseguenziale con l'altra" (Massima Ufficiale alla Cass. Civ. sent. n. 33 del 07/01/2008, Rv. 601561 - 01). Quanto poi all'invocata pronuncia accertativa dell'inadempimento di P.T., è sufficiente richiamare quanto sopra esposto. L'appellata, conformemente a quanto previsto dal contratto concluso con la P., ha riprotetto la P. su altra struttura alberghiera ed ha offerto una somma a titolo risarcitorio, non accettata dall'appellante. Quanto poi alle risultanze istruttorie, le censure di parte appellante sono sul punto così generiche da non consentire al giudice di motivare sul punto, e ciò corrobora il rigetto del gravame. Il rigetto dell'appello determina la conferma della sentenza n. 147/2020 emessa dal Giudice di Pace di Forlì. Le spese di lite seguono la soccombenza e vengono liquidate in dispositivo conformemente a quanto previsto dal D.M. n. 55 del 2014, come aggiornato, relativamente alle fasi svolte. Deve darsi atto della sussistenza dei presupposti ex art. 13, comma 1 quater, D.P.R. n. 115 del 2002. P.Q.M. Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza ed eccezione disattesa o assorbita, così dispone: 1) Rigetta l'appello; 2) Per l'effetto, conferma la sentenza n. 147/2020 emessa dal Giudice di Pace di Forlì; 3) Dichiara tenuta e condanna parte appellante al pagamento in favore di B.P.A. della somma di Euro 850,00 a titolo di compensi, oltre a spese generali al 15%, IVA e CPA come per legge; 4) Dichiara tenuta e condanna parte appellante al pagamento in favore di P. & S. S.P.A., Gia' P.T. S.P.A. 1.701,00 a titolo di compensi, oltre a spese generali al 15%, IVA e CPA come per legge. Si dà atto della sussistenza dei presupposti ex art. 13, comma 1 quater, D.P.R. n. 115 del 2002. Così deciso in Forlì, il 29 novembre 2022. Depositata in Cancelleria il 1 dicembre 2022.

  • REPUBBLICA ITALIANA TRIBUNALE ORDINARIO DI FORLÌ Sezione Civile - Procedure Concorsuali - Il Tribunale di Forlì, sezione procedure concorsuali, composto dai magistrati Dott. Barbara Vacca Presidente rel. Dott. Emanuele Picci Giudice Dott. Maria Cecilia Branca Giudice riunito in camera di consiglio ha pronunciato la seguente SENTENZA dichiarativa dell'apertura della LIQUIDAZIONE CONTROLLATA del sovraindebitato in via (...) nel procedimento R.G. n. 34/2022 Visto il ricorso diretto all'apertura della liquidazione controllata del sovraindebitato depositato in data 09/11/2022 da (...) Residente (...) assistito dalla dott.ssa (...) quale advisor e dall'OCC in persona dei Gestori nominati dott. (...) e dott.ssa (...) - esaminati gli atti ed i documenti depositati; - sentito il Giudice Relatore in camera di consiglio; - ritenuta la competenza del Tribunale adito ex art. 27, comma 2, CCII avendo il debitore la propria residenza nel circondario di questo Tribunale; - dato atto che non risultano pendenti domande di accesso alle procedure di cui al titolo IV del CCII; - rilevato che al ricorso è stata allegata la prescritta documentazione di cui all'art. 39 CCII nonché la relazione redatta dai Gestori dell'OCC ex art. 269, comma 2, CCII contenente valutazione di completezza e attendibilità della documentazione depositata dal debitore a corredo della domanda e in cui è illustrata la situazione economica, patrimoniale e finanziaria del debitore; - considerato che il debitore è soggetto alla disciplina sui procedimenti concorsuali ex artt. 1, 2 e 268 CCII trattandosi di persona fisica che non ha mai svolto direttamente attività d'impresa, essendo stato socio di due s.r.l. ((...) S.r.l. ed (...) S.r.l., quest'ultima già cancellata dal registro delle imprese nel febbraio 2021) e svolgendo attualmente l'attività di agente di commercio in forma individuale entro i limiti di cui all'art. 2 lett. d); - rilevato che il (...) si trova in situazione di sovraindebitamento nel senso indicato dall'art. 2 lett. c) CCII, atteso che a fronte di un'esposizione debitoria complessiva di Euro 155.322,50 (dei quali oltre Euro 74.000 nei confronti dell'Erario e Euro 19.355 a fronte di garanzia rilasciata), il patrimonio di cui dispone è chiaramente insufficiente per soddisfare regolarmente le obbligazioni non essendo proprietario di alcun bene immobile o mobile registrato e potendo contare sul solo reddito da lavoro autonomo pari a ca. 6 25.000 annui netti (dato pari alla media dei redditi dell'ultimo triennio); - verificata la sussistenza dei presupposti previsti dagli artt. 268 e 269 CCII per aprire la procedura di liquidazione controllata; - precisato che la procedura liquidatoria ha carattere generale e determina l'apertura del concorso tra i creditori e lo spossessamento del debitore, salvi i limiti previsti dall'art. 268, comma 4, CCII, con la conseguenza che non assume rilievo la proposta ed il piano liquidatorio formulato dal debitore e che la determinazione dei limiti di reddito compete al Giudice tenuto conto di quanto occorre per il mantenimento del nucleo familiare; - dato atto che nel caso in esame, tenuto conto del reddito attuale percepito dal debitore, delle spese necessarie per il suo ordinario sostentamento, della composizione del nucleo familiare (il (...) vive con la nonna, titolare di pensione di Euro 7.500 annui nella casa di proprietà di quest'ultima, contribuendo di fatto solo alle utenze e spese alimentari) l'importo da versare alla procedura ai sensi dell'art. 268, co. 4, lett. b) va determinato in Euro 300 mensili per 12 mensilità annue per i tre anni necessari per accedere all'esdebitazione, pari alla durata della procedura in assenza, allo stato, di beni da liquidare, oltre alla messa a disposizione del f.i.r.r. già maturato di Euro 1.739,98 e per la quota annua futura di ca. Euro 700 per tre annualità; - osservato, quanto alla nomina del Liquidatore, che lo stesso vada individuato nello stesso OCC cui si è rivolto il debitore, salvo che ricorrano giustificati motivi contrari, nel caso in esame non presenti; - visti gli artt. 268 e 269 e ss. CCII P.Q.M. DICHIARA APERTA LA LIQUIDAZIONE CONTROLLATA di (...) residente a (...) NOMINA Giudice Delegato la dott. BARBARA VACCA Liquidatori i Gestori già incaricato dall'OCC dott. (...) e dott. (...) con poteri di gestione disgiunta; ORDINA al debitore di depositare entro sette giorni i bilanci e le scritture contabili e fiscali obbligatorie, nonché l'elenco dei creditori nella cancelleria fallimentare di questo Tribunale, ove non già prodotti. ASSEGNA ai terzi che vantano diritti sui beni del debitore e ai creditori risultanti dall'elenco depositato termine perentorio di 60 giorni entro il quale, a pena di inammissibilità, dovranno trasmettere al Liquidatore, a mezzo posta elettronica certificata, la domanda di restituzione, di rivendicazione o di ammissione al passivo, da predisporre ai sensi dell'art. 201 CCII ORDINA la consegna e il rilascio dei beni facenti parte del patrimonio di liquidazione, avvertendo che il presente provvedimento costituisce titolo esecutivo che sarà posto in esecuzione a cura del Liquidatore AVVERTE che dalla data di deposito della domanda resta sospeso, ai soli fini del concorso, il corso degli interessi convenzionali o legali fino alla chiusura della liquidazione, salvo che per i crediti garantiti da ipoteca, pegno o privilegio e salvo quanto previsto dagli artt. 2749, 2788 e 2855 c.c.; che non sono compresi nella liquidazione i soli beni di cui all'art. 268, comma 4, CCII come di seguito indicati: a) i crediti impignorabili ai sensi dell'articolo 545 c.p.c.; b) i crediti aventi carattere alimentare e di mantenimento, gli stipendi, le pensioni, i salari e ciò che il debitore guadagna con la sua attività nei limiti, indicati dal giudice, di quanto occorre al mantenimento suo e della sua famiglia; c) i frutti derivanti dall'usufrutto legale sui beni dei figli, i beni costituiti in fondo patrimoniale e i frutti di essi, salvo quanto disposto dall'articolo 170 c.c.; d) le cose che non possono essere pignorate per disposizione di legge. che alla liquidazione controllata si applicano in quanto compatibili le disposizioni dell'art. 143 in merito alla legittimazione per i rapporti processuali e degli artt. 150 e 151 CCII in ordine al divieto di azioni esecutive e cautelari individuali dal giorno della dichiarazione di apertura della liquidazione e all'apertura del concorso tra i creditori con il conseguente necessario accertamento dei crediti e dei diritti; STABILISCE in ordine al limite di cui all'art. 268, comma 4 lett. b), che il debitore possa trattenere per le necessità familiari l'intero importo dei redditi da lavoro autonomo come attualmente percepiti, al netto dell'importo di Euro 300,00 mensili che dovrà essere messo a disposizione del Liquidatore, per i tre anni di durata della procedura, oltre alle quote del t.f.r.r. come dallo stesso previsto, salva modifica e rideterminazione del limite reddituale ove dovessero significativamente modificare le condizioni reddituali di cui il debitore e il nominato Liquidatore dovranno dare pronta comunicazione al Giudice; AVVERTE Il debitore che ai sensi dell'art. 282 CCII l'esdebitazione opererà di diritto a seguito del provvedimento di chiusura della procedura o, anteriormente, decorsi tre anni dall'apertura in presenza delle condizioni di cui all'art. 282 e in assenza delle condizioni ostative di cui all'art. 280 CCII sulle quali dovrà riferire il Liquidatore, ed è dichiarata con decreto motivato del tribunale; DISPONE CHE IL LIQUIDATORE - entro 2 giorni dalla comunicazione della nomina depositi in cancelleria una dichiarazione attestante l'insussistenza delle cause di incompatibilità di cui all'articolo 35, comma 4-bis, D.Lgs. 6 settembre 2011, n. 159 come previsto dall'art. 270, comma 3, CCII; - entro 30 giorni dalla comunicazione della sentenza, provveda ad aggiornare l'elenco dei creditori ai sensi dell'art. 271 CCII e a depositarlo in Cancelleria; - entro 90 giorni dall'apertura della liquidazione completi l'inventario dei beni del debitore e rediga il programma di liquidazione in ordine ai tempi e modi della liquidazione, depositandolo entro lo stesso termine in Cancelleria per l'approvazione da parte del GD, avvertendo che il programma di liquidazione deve essere redatto in modo da assicurare la ragionevole durata della procedura; - scaduto il termine assegnato ai creditori, predisponga il progetto di stato passivo e lo comunichi agli interessati attenendosi a quanto previsto dall'art. 273 CCII; - eserciti, o se pendenti, prosegua ogni azione prevista dalla legge a conseguire la disponibilità dei beni compresi nel patrimonio del debitore e ogni azione diretta al recupero dei crediti nonché quelle dirette a far dichiarare inefficaci gli atti compiuti dal debitore in pregiudizio dei creditori secondo le norme del codice civile, richiedendo la necessaria preventiva autorizzazione del giudice delegato; - provveda con sollecitudine a verificare l'esistenza di contratti pendenti e ad assumere le decisioni previste dall'art. 270, comma 6, CCII; - riferisca sull'esecuzione del programma di liquidazione e sull'andamento della procedura mediante il deposito di relazioni semestrali, con avvertimento che il mancato deposito costituisce causa di revoca dell'incarico ed è valutato ai fini della liquidazione del compenso; - riferisca, cori apposita relazione da depositare entro il termine del terzo anno dall'apertura della procedura, in merito alla ricorrenza delle condizioni di cui all'art. 280 e 282. comma 2, CCII ai fini dell'esdebitazione AVVERTE IL LIQUIDATORE che ha l'amministrazione dei beni che compongono il patrimonio di liquidazione; che si applicano le disposizioni sulle vendite previste per la liquidazione giudiziale in quanto compatibili; che eseguita la vendita e riscosso interamente il prezzo dovrà essere chiesto al giudice di ordinare la cancellazione delle iscrizioni relative ai diritti di prelazione, delle trascrizioni dei pignoramenti e dei sequestri conservativi nonché di ogni altro vincolo; che terminata l'esecuzione, dovrà presentare al giudice il rendiconto e, solo in seguito alla sua approvazione, si potrà procedere alla liquidazione del compenso del liquidatore; che dovrà procedere alla distribuzione delle somme ricavate dalla liquidazione secondo l'ordine di prelazione risultante dallo stato passivo, previa formazione di un progetto di riparto da comunicare al debitore e ai creditori, assegnando termine non superiore a 15 giorni per osservazioni, in assenza delle quali, comunicherà il progetto di riparto al giudice per l'autorizzazione all'esecuzione; che in presenza di contestazioni sul progetto di riparto, dovrà verificare la possibilità di componimento, apportandovi le modifiche che ritiene opportune, dovendo diversamente rimettere gli atti al giudice delegato, il quale provvederà con decreto motivato, reclamabile ai sensi dell'articolo 124 CCII ORDINA che a cura del Liquidatore sia eseguita la trascrizione della presente sentenza su tutti gli immobili di proprietà del debitore e sui beni mobili registrati. DISPONE che a cura del Liquidatore la presente sentenza sia inserita nel sito internet del Tribunale e che, ove il debitore svolga attività d'impresa, sia pubblicata presso il Registro delle Imprese. Così deciso in Forlì il 17 novembre 2022. Depositata in Cancelleria il 22 novembre 2022.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO DI FORLÌ SECONDA SOTTOSEZIONE CIVILE Il Tribunale, nella persona del Giudice dott.ssa Giorgia Sartoni ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 4395/2018 promossa da: (...) S.P.A. (C.F. (...)), con il patrocinio dell'avv. MI.MA. e dell'avv. GI.IL., elettivamente domiciliato in VIA (...) 47100 FORLÌ, presso il difensore avv. MI.MA. ATTORE contro (...) S.P.A. (C.F. (...)), con il patrocinio dell'avv. MA.LI. e dell'avv. VA.LO., elettivamente domiciliato in VIA (...) FAENZA presso il difensore avv. VA.LO. CONVENUTO nonchè (...) S.P.A. (C.F. (...)), con il patrocinio dell'avv. HA.MA. e dell'avv. TA.ST., elettivamente domiciliato in VIA (...) RIMINI, presso l'avv. ST.MO. TERZO CHIAMATO CONCISA ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE Con atto di citazione ritualmente notificato, (...) s.p.a. (di seguito anche senza indicazione del tipo sociale o solo (...)), conveniva in giudizio innanzi al Tribunale di Forlì (...) s.p.a. (di seguito anche senza indicazione del tipo sociale o solo (...)), al fine di ottenere per le ragioni meglio descritte in atto di citazione e qui solo sinteticamente riportate, l'accoglimento delle proprie domande ovvero l'accertamento e la declaratoria di violazione della garanzia prevista ex art. 1667 c.c., o, in subordine, ex art. 1490 c.c., da parte di (...) e, per l'effetto, la declaratoria di riduzione del prezzo delle linee oggetto del contratto stipulato fra le parti, per un importo non inferiore ad Euro 226.600,00 ovvero per il diverso importo ritenuto di giustizia; l'accertamento e la declaratoria dell'inadempimento di (...) al contratto in atti e, per l'effetto, la condanna di parte convenuta al pagamento in favore di (...) dei danni subiti, in misura pari ad Euro 18.402.200,00 (oltre interessi moratori fino all'effettivo saldo) ovvero alla diversa somma accertata in corso di causa - somma a titolo di risarcimento del danno poi ridotta in prima memoria e in sede di precisazione delle conclusioni ad Euro 4.585.435,54 -; la compensazione degli importi eventualmente dovuti a favore di (...) con gli importi da quest'ultima dovuti, con condanna di (...) al pagamento dell'eventuale differenza a favore di parte attrice; in ogni caso con vittoria delle spese di lite. Preliminarmente, parte attrice dava atto che, nell'ambito di un progetto di sviluppo e crescita aziendale, stipulava con (...), in data 2.08.2017, un contratto di appalto per la realizzazione di cinque linee di confezionamento, stabilendo un prezzo di Euro 2.350.000,00 - corrisposto pressoché integralmente da (...), oltre ad un importo aggiuntivo di Euro 152.500,00 - e che, a seguito della corresponsione del 90% del prezzo originariamente pattuito, parte attrice rilevava una serie di gravi malfunzionamenti ed inadempimenti imputabili a (...), segnalate da parte attrice alla controparte negoziale anche con lettere raccomandate del 5.11.2018 e del 14.12.2018. A fronte dei disservizi e della mancata collaborazione di parte convenuta, (...) commissionava la realizzazione di una perizia, nell'ambito della quale venivano riscontrati una serie di vizi, per i quali ricorreva in giudizio. A fronte della qualificazione di detto contratto come misto fra appalto e vendita, con prevalenza dell'appalto, parte attrice deduceva la responsabilità di (...) ex artt. 1667 c.c. e ss. e, in subordine, in ipotesi di qualificazione di detto contratto quale vendita, la responsabilità ex artt. 1476, 1490 e/o 1494 c.c.. Quindi, parte attrice domandava una riduzione del prezzo delle linee oggetto del contratto almeno pari ad Euro 226.600,00 e lamentava una serie di danni meglio specificati in atti per un ammontare totale di Euro 18.402.200,00, di cui chiedeva il relativo risarcimento del danno. Con comparsa di costituzione e risposta telematicamente depositata in data 4.06.2019, si costituiva (...) che, preliminarmente, eccepiva l'intervenuta decadenza ex art. 1495 c.c. (o in ipotesi ex art. 1667 c.c.) dell'azione attorea proposta nei propri confronti, a fronte della qualificazione del contratto stipulato fra le parti in causa quale compravendita e non già quale appalto e della mancata denuncia dei presunti vizi entro otto giorni dalla loro scoperta ovvero dal momento in cui la stessa scoperta era possibile. Ad ogni modo, rilevava inoltre come la comunicazione ex adverso prodotta del 21.10.2018 non conteneva alcuna denuncia dei lamentati vizi. In particolare, parte convenuta dava atto che l'intera fornitura veniva installata, avviata, collaudata ed in seguito accettata dall'acquirente come conforme all'ordine, tenuto conto che le riserve poste in sede di collaudi o eventuali malfunzionamenti riscontrati venivano immediatamente risolti da (...). Pertanto, parte convenuta (...) contestava la sussistenza degli asseriti vizi indicati in atto di citazione e nella perizia prodotta da controparte, stante la consegna dei macchinari in condizione di perfetto funzionamento e contestava l'an e il quantum dell'avversa domanda di risarcimento del danno, eccependo, altresì, la non risarcibilità di tutti i predetti danni, seppur contestati. In aggiunta, rilevava che, come espressamente riconosciuto in atto di citazione, (...) corrispondeva solo il 90% del corrispettivo della fornitura e, pertanto, formulava domanda riconvenzionale di condanna di (...) al pagamento del saldo prezzo pari ad Euro 226.000,00. Da ultimo, parte convenuta chiedeva l'autorizzazione alla chiamata in causa del sub-fornitore (...) s.p.a. e della propria compagnia assicuratrice (...) s.p.a.. Per tutte le predette ragioni, parte convenuta domandava la reiezione delle domande ex adverso formulate per intervenuta decadenza, ovvero perché infondate in fatto e in diritto; in via riconvenzionale, domandava la condanna di parte attrice al pagamento del saldo prezzo ancora dovuto pari ad Euro 226.000,00, oltre IVA e interessi di mora commerciale; in ipotesi, domandava di dichiarare (...) s.p.a. responsabile di ogni eventualmente accertato vizio e, per l'effetto, la riduzione del prezzo della subfornitura e, in ogni caso, di dichiarare tenuta e condannare L. s.p.a., anche a titolo risarcitorio, a manlevare (...) da ogni eventuale condanna; sempre in ipotesi, dichiarare tenuta e condannare la società (...) s.p.a. a garantire, manlevare e rimborsare la parte convenuta (...), tramite pagamento diretto al terzo danneggiato ai sensi dell'art. 1917, comma 2, c.c., da ogni condanna ed esborso nei confronti della società attrice; in ogni caso con vittoria di spese di lite. Come da decreto del Presidente del Tribunale di Forlì n. 5 del 21.03.2019, la causa veniva assegnata alla scrivente, la quale prendeva servizio a far data dal 5.04.2019. Con decreto del 25.06.2019, su istanza del difensore di parte convenuta, il giudice autorizzava la chiamata in causa della sola compagnia assicuratrice e differiva l'udienza di comparizione delle parti, affinché parte convenuta provvedesse a chiamare in causa (...) s.p.a.. Con comparsa di costituzione e risposta depositata telematicamente in data 28.11.2019, si costituiva (...) s.p.a. (di seguito anche senza indicazione del tipo sociale o solo compagnia assicuratrice) che, preliminarmente, rilevava la violazione degli artt. 1913 e 1915 c.c., avendo parte convenuta omesso sino al giorno 1.04.2019 di comunicare alla compagnia assicuratrice l'insorgenza del contenzioso, perdendo dunque, quale effetto sanzionatorio, il diritto all'indennizzo. In particolare, parte terza chiamata deduceva l'estraneità del sinistro rispetto all'oggetto della copertura assicurativa - rilevando come l'oggetto della copertura facesse riferimento ad un "fatto accidentale" non presente nel caso di specie -, nonché l'estraneità della richiesta di riduzione del prezzo, delle riparazioni, della non corrispondenza delle prestazioni erogate e le voci di danni indiretti e futuri, non essendoci un sinistro indennizzabile in termini di polizza. Altresì, (...) eccepiva che la polizza prevedeva un limite di indennizzo derivante da interruzioni di attività pari ad Euro 500.000,00 e un massimale di polizza di Euro 5.000.000,00. In subordine nel merito, la compagnia assicurativa rilevava l'infondatezza delle pretese di (...), contestate nell'an e nel quantum. Per tali ragioni, (...) domandava, in via principale, la reiezione delle avverse domande e, in via subordinata, l'esclusione o il contenimento dell'indennizzo in forza degli artt. 1913, 1914 e 1915 c.c., nel limite di massimale di Euro 5.000.000,00, nel sotto limite di indennizzo per interruzioni di attività di Euro 500.000,00, della previsione di scoperto pari al 10% dell'importo del sinistro, limitando l'ordine di pagamento a favore dell'attore ex art. 1917, comma 2, c.c. unicamente alla propria quota, con esclusione di ogni somma di franchigia, scoperto, massimale e limite di indennizzo. In ogni caso, domandava la reiezione della richiesta delle spese ex art. 1917, comma 3, c.c. formulata da parte convenuta e, in ulteriore subordine, che venissero computate in proporzione del rispetto interesse. In ultimo, in estremo subordine, in caso di accoglimento della domanda di manleva oltre la quota parte danni concretamente ascrivibile a (...), domandava l'accertamento e la declaratoria del diritto in capo alla stessa di surrogarsi nei diritti dell'assicurata verso gli altri terzi responsabili in solido; in ogni caso con vittoria delle spese di lite. All'udienza del 18.12.2019, il giudice, verificata la regolarità dell'integrazione del contraddittorio e della chiamata in causa del terzo, assegnava, come da richiesta, alle parti i termini di cui all'art. 183, comma 6, numeri 1, 2 e 3 c.p.c., con decorrenza dal giorno 15.02.2020. Le parti provvedevano, poi, a depositare le rispettive memorie istruttorie. All'udienza del 18.11.2020, svoltasi unicamente con modalità di trattazione cartolare, come disposto con decreto del 9.11.2020, il giudice, alla luce delle allegazioni e delle prove offerte in comunicazione dalle parti, nonché tenuto conto della documentazione tecnica presentata e che una rilevante parte dei capitoli di prova testimoniale risultano relativi, altresì, a valutazioni tecniche, nominava prioritariamente consulente tecnico d'ufficio l'ing. (...) e formulava il quesito. All'udienza del 18.03.2021, il consulente tecnico d'ufficio prestava il giuramento di rito. Con ordinanza del 21.09.2021, a scioglimento della riserva assunta all'udienza del 16.09.2021, il giudice autorizzava la proroga richiesta dal consulente tecnico d'ufficio e fissava udienza per verificare l'esito dell'espletanda consulenza. All'udienza del 10.11.2021, il giudice autorizzava il consulente tecnico d'ufficio al deposito cartaceo della consulenza tecnica d'ufficio e rinviava per i medesimi incombenti. Con ordinanza del 13.02.2022, a scioglimento della riserva assunta all'udienza del 3.02.2022, il giudice non ammetteva le prove orali richieste dalle parti e, ritenuta la causa matura per la decisione, fissava udienza di precisazione delle conclusioni al 29.06.2022, dando atto del carico del ruolo e della necessità, conformemente al piano di gestione dell'arretrato, di dare prioritaria definizione ai procedimenti di più risalente iscrizione al ruolo, nonché a quelli di cui all'art. 43 comma 4, l. fall.. All'udienza del 29.06.2022, svoltasi unicamente con modalità di trattazione cartolare, come disposto ai sensi degli artt. 36 D.L. n. 23 del 8 aprile 2020 e 83 D.L. n. 18 del 2020 con decreto del 19.05.2022, le parti precisavano le conclusioni e il giudice tratteneva la causa in decisione assegnando i termini di cui all'art. 190 c.p.c., per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica, che venivano poi depositate dalle parti. Le domande attoree proposte dal compratore (...) nei confronti del venditore (...) sono infondate e, dunque, vanno rigettate per le ragioni di seguito esposte, a fronte peraltro dell'accoglimento della domanda riconvenzionale proposta da parte convenuta. Al fine di una più chiara esposizione delle ragioni sottese a tale decisione, è opportuno trattare le varie questioni sollevate dalle parti in distinte sezioni di motivazione. 1. In primo luogo, nell'ambito dell'esercizio del potere di qualificazione giuridica riservato al giudice ai sensi dell'art. 112 c.p.c. e allo specifico fine di individuare la disciplina codicistica applicabile alla fattispecie considerata, ci si limita a rilevare come, nel caso di specie, dall'incontestata documentazione contrattuale presente in atti (cfr. doc. n. 2 parte attrice) e più in generale in base ad elementi di comune esperienza ai sensi dell'art. 115, comma 2, c.p.c., risulti sostanzialmente prevalente la prestazione di dare ovvero di consegnare le macchine compravendute e l'ulteriore materiale necessario ai fini dell'installazione presso lo stabilimento di A. di (...) delle cinque linee per l'incartonamento e per la pallettizzazione di buste di surgelati per cui è causa. In tal senso, infatti, devono essere tenuti in considerazione tanto la netta prevalenza del costo dei macchinari e materiali prodotti e forniti direttamente dal venditore (...) in relazione ai costi delle componenti materiali fornite da terzi nonché ai costi indicati sotto le voci "service per installazione e avviamento" delle varie linee automatizzate, risultando appunto la manodopera, l'assistenza e la competenza tecnica prestate per l'installazione e l'avviamento delle linee per l'inscatolamento e la pallettizzazione di verdure surgelate semplici mezzi per avviare la produzione dell'impianto. Peraltro, si osserva che il conseguimento dei beni mobili ordinati da parte del compratore risulta essere l'effettiva e sostanziale finalità del contratto concluso tra le parti in data 2.08.2017 (cfr. doc. n. 2 parte attrice), tenuto conto della sostanziale possibilità per il venditore a priori di conoscere l'impatto del lavoro, anche in termini di costo, necessario per l'adempimento all'ancillare obbligazione di installazione e di avviamento delle linee automatizzate, con le personalizzazioni contrattualmente convenute (cfr. Cass. n. 5935 del 12.3.2018 e Cass. n. 20301 del 20.11.2012). 2. In secondo luogo e sempre in via generale, si rende poi necessaria una breve ricostruzione della disciplina relativa all'inadempimento contrattuale, certamente valevole anche in relazione ai rapporti intercorsi tra le odierne parti sussumibili, quindi, nell'alveo del contratto di compravendita. Innanzitutto, è necessario ricordare che, come noto e per pacifica giurisprudenza, in tema di prova dell'inadempimento di una obbligazione, il creditore che agisce per la risoluzione contrattuale, per il risarcimento del danno, ovvero per l'adempimento deve soltanto provare la fonte negoziale o legale del suo diritto ed il relativo termine di scadenza, limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell'inadempimento della controparte, mentre il debitore convenuto è gravato dell'onere della prova del fatto estintivo dell'altrui pretesa, costituito dall'avvenuto adempimento (cfr. già Cass. S.U. n. 13533 del 30.10.2001, nonché Cass. n. 826 del 20.01.2015). Passando, quindi, all'analisi delle questioni di merito relative alla domanda riconvenzionale di accertamento e di condanna di (...) al pagamento del saldo prezzo, dagli atti del presente giudizio, ferma l'incontestata sussistenza di un rapporto commerciale tra le odierne parti processuali, emerge la prova dell'inadempimento di parte attrice con riferimento all'obbligazione di pagare integralmente il saldo del prezzo della compravendita a fronte dell'effettiva consegna dei beni mobili compravenduti e dell'installazione, nonché dell'avviamento degli stessi da parte del venditore (...). Sotto un primo profilo d'analisi, tanto la copia del contratto sottoscritto tra le parti in data 2.08.2017 contenente l'accordo sul prezzo totale di Euro 2.350.000,00, IVA esclusa, quanto l'accordo integrativo del 17.04.2018, relativo all'importo aggiuntivo di Euro 152.500,00 per le modifiche richieste dal compratore sono documenti prodotti in atti e non specificamente contestati in ordine al valido ed effettivo perfezionamento dell'accordo negoziale e alla congruità dei prezzi degli stessi in relazione agli ordini effettuati (cfr. doc. nn. 2 e 6 parte attrice); così come non sono state specificamente contestate le circostanze fattuali dell'effettiva consegna ed installazione delle cinque linee ordinate e della quantità dei macchinari e dei materiali utilizzati da (...). Tali aspetti fattuali costituisco quindi circostanze pacifiche che devono essere poste a fondamento della decisione ai sensi dell'art. 115, comma 1, c.p.c.. Sotto un secondo profilo di analisi, parimenti pacifico in atti è che le cinque linee automatizzate per l'incartonamento e per la pallettizzazione fornite da (...) presso lo stabilimento sito in A. del compratore (...) siano terminate e collaudate, con alcune riserve, nel mese di agosto 2018 (cfr. doc. nn. 1, 2 e 3 parte convenuta). Peraltro, ferme le contestazioni e i vizi dedotti da parte attrice - questioni che verranno analizzate nei prossimi paragrafi di motivazione , l'intervenuta installazione ed avviamento delle linee per l'incartonamento e per la pallettizzazione di buste di surgelati, secondo le previsioni contrattuali, da parte dei dipendenti di (...) costituisce circostanza pacifica ed in ogni caso avallata dal consulente tecnico d'ufficio, il quale ha affermato che "nel sopralluogo effettuato con i CTP delle parti presso lo stabilimento (...) di (...) (P.) il 1 aprile 2021, il sottoscritto CTU ha potuto verificare che la linea corrisponde alla descrizione tecnica fatta dalle parti e presente agli atti" (cfr. consulenza pag. 2). Inoltre, il CTU ha accertato che "al momento del primo sopralluogo, nell'aprile 2021, si è visto che l'impianto non ha mai smesso di funzionare nell'intervallo di tempo intercorso (circa 3 anni)" (cfr. consulenza pag. 6). In ultima analisi, si deve rilevare che entrambe le parti contrattuali hanno dedotto che il saldo prezzo ancora da corrispondere al venditore è pari ad Euro 226.000,00, oltre IVA - già calcolato al netto degli acconti e dei pagamenti parziali convenuti e regolarmente pagati nelle more del rapporto contrattuale da (...) - e che non è stata oggetto di specifica contestazione da parte attrice l'ulteriore somma richiesta in via riconvenzionale da parte convenuta a titolo di interessi moratori di cui agli artt. 4 e 5 D.Lgs. n. 231 del 2002. In sintesi, risultando provato in modo adeguato l'esatto adempimento delle principali obbligazioni assunte dalla società (...) con la sottoscrizione del contratto di compravendita concluso in data 2.08.2017 è certamente indiscusso il mancato pagamento da parte del compratore (...) della somma richiesta in via riconvenzionale a titolo di saldo prezzo. 3. Ciò puntualmente accertato, al contrario, parte attrice non ha fornito adeguata prova né di un eventuale, circostanziato ed effettivo pagamento del proprio saldo debitorio nei confronti di (...), né della sussistenza di responsabilità contrattuale e soprattutto dell'imputabilità dei vizi lamentati esclusivamente in capo al venditore, in forza del generale principio dell'onere della prova per cui la parte sostanzialmente convenuta in giudizio ha l'onere di specifica allegazione e prova dei fatti estintivi, modificativi ed impeditivi (cfr. Cass. n. 440 del 11.01.2017). In terzo luogo, dunque, l'azione di garanzia per i vizi lamentati dal compratore non può trovare accoglimento, essendo carente sotto il profilo probatorio e conseguentemente infondate sono le domande attoree di riduzione del prezzo delle cinque linee compravendute, per un importo non inferiore ad Euro 226.000,00, oltre IVA, nonché di accertamento dell'inadempimento contrattuale del venditore e di condanna di quest'ultimo al pagamento dei danni subiti da (...). A tal proposito, è innanzitutto indispensabile ricordare che, anche alla luce della recente pronuncia a Sezioni Unite della Corte di Cassazione, incombe sul compratore l'onere della prova in merito alla sussistenza dei vizi del bene compravenduto. Infatti, "in materia di garanzia per i vizi della cosa venduta di cui all'art. 1490 c.c., il compratore che esercita le azioni di risoluzione del contratto o di riduzione del prezzo di cui all'art. 1492 c.c. è gravato dell'onere di offrire la prova dell'esistenza dei vizi" (cfr. Cass. S.U. n. 11748 del 3.05.2019). Inoltre, si precisa che i danni derivanti dall'inadempimento contrattuale del venditore in relazione alla garanzia per i vizi del bene compravenduto, che possono consistere tanto nella riduzione del prezzo di vendita, quanto nel risarcimento del danno per il ripristino e l'emenda dei medesimi vizi lamentati, devono però essere imputabili univocamente e soggettivamente allo stesso venditore. A quest'ultimo riguardo e tenuto conto della specifica domanda formulata da parte attrice, si ritiene opportuno riportare anche quanto disposto testualmente dall'art. 1494 c.c. per cui "in ogni caso il venditore è tenuto verso il compratore al risarcimento del danno, se non prova di avere ignorato senza colpa i vizi della cosa. Il venditore deve altresì risarcire al compratore i danni derivati dai vizi della cosa" e precisare che l'azione di risarcimento dei danni per vizi della cosa venduta, pur essendo cumulabile con le azioni edilizie, può essere esercitata, anche autonomamente, a condizione che sussistano i requisiti della garanzia per vizi e la colpa del venditore (cfr. Cass. n. 14986 del 28.05.2021, Cass. n. 6044/2004 e Cass. n. 14193/2004), colpa che si presume con il verificarsi del fatto obiettivo dell'inadempimento e viene meno soltanto se il venditore provi di avere ignorato la esistenza dei vizi nonostante l'uso della ordinaria diligenza (cfr. Cass. n. 4464/1997). 3.1 Passando all'analisi della specifica doglianza preliminare di merito proposta da parte convenuta, è necessario precisare che i vizi riscontrati e lamentati dal compratore (...), risultano quantomeno inquadrabili astrattamente nell'ambito della fattispecie dei vizi redibitori nel senso pacificamente inteso dalla giurisprudenza, tenuto conto delle allegazioni delle parti e del contenuto della corrispondenza intercorsa stragiudizialmente tra le medesime parti contraenti (cfr. doc. nn. 3, 4, 5, 14 e 15 parte attrice), nonché delle risultanze dell'accertamento tecnico di parte (cfr. doc. n. 7 parte attrice). In sintesi, le allegazioni attoree appaiono attenere a vizi e difetti inerenti alla complessiva funzionalità e sicurezza delle linee automatizzate compravendute - vizi che, infatti, riguardano sostanzialmente imperfezioni e difetti inerenti il processo di produzione, fabbricazione, formazione e conservazione della cosa (cfr. Cass. n. 6596 del 5.04.2016) - o, comunque, quantomeno risultano qualificabili in termini di mancanza di qualità promesse all'atto della conclusione del contratto di compravendita e quindi riconducibili nell'alveo di applicazione dell'art. 1497 c.c.. Per contro, nella specie, certamente non può dirsi integrato l'istituto di creazione giurisprudenziale dell'aliud pro alio, visto che le contestazioni attoree non si incentrano sulla consegna di beni merceologicamente differenti, ma in sostanza sulla carenza di uno specifico connotato del bene consegnato dal venditore. Ciò detto, alla luce dell'eccezione preliminare di decadenza sollevata da parte convenuta, occorre ricordare che i vizi redibitori di cui all'art. 1490 c.c. integrano un'ipotesi di inesatto adempimento, in relazione ai quali opera la speciale garanzia per vizi stabilita dagli artt. 1492 e 1497 c.c., con conseguente applicazione dei termini di decadenza e prescrizione previsti dall'art. 1495 c.c.. In particolare, inoltre, come noto, l'art. 1495 c.c. prevede i termini e le condizioni della relativa azione ovvero che il compratore decade dal diritto alla garanzia da parte del venditore se non denuncia allo stesso i vizi entro otto giorni dalla scoperta, non essendo necessaria la denuncia nel solo caso in cui il venditore abbia riconosciuto l'esistenza del vizio o l'abbia occultato e che "l'azione si prescrive, in ogni caso in un anno dalla consegna; ma il compratore, che sia convenuto per l'esecuzione del contratto, può sempre far valere la garanzia, purché il vizio della cosa sia stato denunziato entro otto giorni dalla scoperta e prima del decorso dell'anno dalla consegna". Sul punto, ci si limita a ricordare anche che per effetto del riconoscimento da parte del venditore del diritto del compratore alla garanzia, il termine di prescrizione annuale deve intendersi interrotto ai sensi dell'art. 2944 c.c. (cfr. Cass. n. 16766 del 21.06.2019). Si richiamano, inoltre, due recenti orientamenti della giurisprudenza di legittimità che affermano, per un verso, che "in tema di garanzia per i vizi della cosa venduta, il riconoscimento da parte del venditore, che esclude la necessità della denunzia da parte del compratore, concerne la materiale esistenza del vizio (nella specie, lo sfaldamento delle tegole antichizzate oggetto della fornitura), non essendo necessaria un'ammissione di responsabilità del venditore medesimo" (cfr. Cass. n. 18050 del 25.07.2013) e, per altro verso, che "in tema di garanzia per vizi nella compravendita, il riconoscimento dei difetti da parte del venditore, che, ai sensi dell'art. 1495, secondo comma, cod. civ., esonera il compratore dall'onere della tempestiva denuncia, può aver luogo anche tacitamente, per "facta concludentia", come nel caso in cui lo stesso venditore provveda alla sostituzione della cosa (nella specie, dell'intera fornitura di materiale edile di elevato valore)" (cfr. Cass. n. 23970 del 22.10.2013). Tutto ciò premesso ed in via del tutto assorbente, si deve osservare che è emerso documentalmente che il venditore, ai soli fini della decadenza e prescrizione dall'azione di garanzia per i vizi, a fronte delle contestazioni e richieste ricevute dal compratore successivamente all'avviamento e al collaudo delle cinque linee compravendute, ha sostanzialmente riconosciuto i difetti di funzionamento lamentati, intervenendo con i propri dipendenti in opere di riparazione e regolazione dell'impianto, come dimostrato dallo scambio di comunicazioni mails intercorse ed in particolare dal contenuto della mail del 7.12.2018 inoltrata da (...) all'odierna parte attrice (cfr. doc. n. 15 e doc. n. 24 parte attrice). In particolare, infatti, il venditore con la testuale affermazione di ritenere "le attività concluse con l'intervento in garanzia di oggi", ha di fatto confermato di aver svolto, solo in un primo periodo, interventi sull'impianto installato presso lo stabilimento di (...) sito in A., così implicitamente riconoscendo l'esistenza delle problematiche lamentate dal compratore. Dagli atti del presente giudizio emergono, pertanto, le condizioni necessarie per l'esercizio della garanzia per i vizi non potendosi ritenere maturata né la decadenza né la prescrizione in relazione all'azione proposta dal compratore (...). 3.2 Diversamente, dagli atti del presente giudizio, non si ritiene adeguatamente assolto l'onere della prova da parte del compratore in relazione all'effettiva sussistenza dei vizi lamentati e della loro riconducibilità ad un inadempimento contrattuale del venditore convenuto S.. In base alla ragione maggiormente liquida (cfr. Cass. n. 363 del 9.01.2019), infatti, non si rinvengono adeguati e sufficienti elementi probatori a sostegno della sussistenza dei vizi redibitori ex art. 1490 c.c. in relazione alle problematiche denunciate ed allegate dal compratore. In tal senso, depongono senza dubbio le risultanze della consulenza tecnica d'ufficio espletata da cui emerge, sotto vari profili, un chiaro concorso colposo del compratore (...). In questa sede non si può che condividere la ricostruzione del consulente tecnico d'ufficio in ordine all'individuazione delle cause dei difetti di funzionamento dell'impianto e alle modifiche realizzate successivamente volte al miglior funzionamento delle linee automatizzate compravendute, in quanto effettuata con una metodologia organica, tenendo conto della documentazione prodotta in atti, basandosi su sopralluoghi effettuati presso lo stabilimento e nel rispetto delle proprie prerogative ai sensi dell'art. 194 c.p.c., sempre nell'ambito del contraddittorio tecnico tra le parti e rispondendo sostanzialmente anche alle osservazioni formulate dai consulenti tecnici di parte. Da un lato, le valutazioni tecniche condotte dal CTU nominato, ing. (...), hanno evidenziato che "i vizi e i difetti lamentati dalla parte attrice si sono verificati nella fase di messa a punto delle linee e, per quanto possibile rilevare dalla documentazione in atti e dallo stato delle linee, nonché dalle discussioni fatte con i CTP delle parti, sono tipici di una messa a punto di linee ad elevata automazione con prodotto dalle caratteristiche fortemente variabili" e ancora che "la messa a punto di un siffatto sistema di movimentazione e prelievo di prodotti caratterizzati da elevata incertezza nel loro posizionamento preciso, pur in uno spazio definito e limitato come quello della busta, è il frutto di continue messe a punto che devono essere condotte da un dialogo continuo fra cliente e fornitore" (cfr. consulenza pag. 4). Dall'altro, il CTU ha accertato che "in corso d'opera sono state fatte modifiche importanti dal punto di vista tecnico" ed in particolare che "il numero di referenze inizialmente previsto, pari a 500 tipi di buste, in corso d'opera ha raggiunto 2.000 tipologie" e che "sull'impianto sono stati praticati, dalla sua messa in opera in avanti, continui interventi da parte di (...) attraverso ad esempio la sistemazione di sensori per il rilevamento della presenza di buste, di barriere meccaniche (sponde) per garantire che le buste avrebbero seguito le traiettorie adeguate nei cambi di direzione sui nastri, di vibratori sui nastri stessi per garantire che il prodotto surgelato all'interno delle buste si disponga correttamente per garantire la corretta presa della busta da parte delle ventose; inoltre è stato praticato un intervento di miglioramento del Software di gestione delle linee, che a detta di (...) era necessario per la corretta interfaccia del funzionamento dell'impianto con il sistema di gestione aziendale" (cfr. consulenza pag. 3). Pertanto, in via del tutto assorbente, si deve rilevare che l'onere di provare la sussistenza di vizi esclusivamente imputabili alla condotta inadempiente del venditore non è stato assolto da parte attrice, proprio a causa delle intervenute modifiche introdotte in maniera autonoma da parte di (...) e senza il coinvolgimento di (...), che hanno interrotto il relativo nesso causale. Una tale prova inoltre non può dirsi integrata né dalla consulenza di parte prodotta che costituisce in ogni caso atto di formazione unilaterale (cfr. doc. n. 7 parte attrice), né nell'ambito di una eventuale istruttoria orale, in quanto parte attrice non ha formulato specifici capitoli per circostanziare le singole modifiche apportate sulle cinque linee automatizzate. In un tale contesto, non può ritenersi provata in modo idoneo l'esistenza dei lamentati vizi imputabili oggettivamente e soggettivamente al venditore (...), con conseguente rigetto delle domande attoree che presuppongono un tale preliminare accertamento. 3.3 Per un verso, certamente infondata è la domanda di riduzione del prezzo di compravendita originariamente pattuito tra le parti contrattuali, in quanto, come già peraltro anticipato in precedenza, è emerso in sede istruttoria l'adempimento dell'obbligazione di consegna e di installazione delle cinque linee per l'incartonamento e la pallettizzazione di buste di surgelati da parte del venditore in linea con le previsioni contrattuali ed, in ragione delle modifiche unilateralmente poste in essere dal compratore, non risulta in radice provata la percentuale di riduzione del valore effettivo del bene mobile consegnato a causa dei vizi redibitori lamentati (cfr. Cass. n. 12852/2008). Nel caso di specie, alla luce della documentazione prodotta e delle risultanze dell'istruttoria condotta, non può ritenersi adeguatamente provata l'esistenza di vizi di inidoneità all'uso a cui è destinato del bene compravenduto, sempre comunque utilizzato nelle more dal compratore (...), né altri vizi che ne abbiano diminuito in modo apprezzabile il valore. Per altro verso e sempre per analoghe ragioni, non possono trovare accoglimento nemmeno le plurime domande risarcitorie formulate da parte attrice in mancanza di prova dei relativi elementi costitutivi. Sul punto, occorre brevemente tratteggiare i contorni del danno risarcibile al fine di procedere all'analisi ed alla valutazione delle domande risarcitorie formulate da parte attrice. Innanzitutto, si deve ribadire che "l'azione di risarcimento dei danni proposta dall'acquirente ex art. 1494 c.c., sul presupposto dell'inadempimento dovuto alla colpa del venditore, consistente nell'omissione della diligenza necessaria a scongiurare l'eventuale presenza di vizi nella cosa, può estendersi a tutti i danni subiti dall'acquirente medesimo e, dunque, non solo a quelli relativi alle spese necessarie per l'eliminazione dei vizi accertati, ma anche a quelli inerenti alla mancata o parziale utilizzazione della cosa, o al lucro cessante per la mancata rivendita del bene; ne discende che tale azione si rende ammissibile in alternativa, ovvero cumulativamente, rispetto alle azioni di adempimento in forma specifica del contratto, di riduzione del prezzo o di risoluzione del contratto medesimo" (cfr. Cass. n. 14986 del 28.05.2021). E', dunque, ammissibile che il compratore possa agire per il risarcimento del danno costituito dalle spese per eliminare i vizi del bene con una somma che deve essere riconosciuta a prescindere dall'effettiva eliminazione dei vizi medesimi (cfr. già Cass. n. 8336/1990), in quanto il compratore deve essere posto nella situazione economica equivalente a quella in cui egli si sarebbe trovato se la cosa fosse stata immune da vizi (cfr. di recente anche Cass. n. 14986/2021) ed integrando una tale obbligazione risarcitoria un debito di valore (cfr. Cass. n. 1627 del 19.01.2022 e Cass. n. 7948/2020 del 20.04.2020). A tal proposito, si osserva, inoltre, che l'esistenza e l'entità del danno risarcibile sono circostanze fattuali che devono essere specificamente allegate e provate dal creditore danneggiato (cfr. Cass. n. 21140/2007). Il risarcimento del danno patrimoniale richiede, infatti, la prova circa la certezza della sua reale esistenza, prova in difetto della quale non vi è spazio per alcuna forma di attribuzione patrimoniale, tenuto conto che la funzione primaria dell'obbligazione di risarcimento è la compensazione del pregiudizio arrecato ovvero la restaurazione della situazione del soggetto leso antecedente all'illecito. Ulteriormente, si ritiene opportuno richiamare altresì la massima giurisprudenziale in base alla quale "in tema di garanzia per i vizi della cosa venduta, l'onere della prova dei difetti, delle conseguenze dannose e del nesso causale fra gli uni e le altre fa carico al compratore, mentre la prova liberatoria della mancanza di colpa, incombente al venditore, rileva solo quando la controparte abbia preventivamente dimostrato la denunciata inadempienza" (cfr. Cass. n. 18947/2017). Tutto ciò doverosamente premesso, nella specie, un tale onere di specifica allegazione e soprattutto della prova dell'aver subito un danno - che abbia comportato un evento lesivo della sfera patrimoniale del compratore derivate dai vizi della cosa compravenduta - non è stato senza dubbio compiutamente assolto da parte attrice (...) nell'ambito del presente giudizio. Con riferimento alle varie poste di danno allegate in atto di citazione da (...), si precisa che le allegazioni assertive e probatorie di parte attrice non risultano sufficienti ai fini dello stringente accertamento relativo all'entità del danno subito, ma soprattutto in relazione al fatto che la presunta perdita subita sia conseguenza immediata e diretta della sola condotta tenuta dall'odierna parte convenuta, in presenza dell'accertato ed evidente concorso colposo dello stesso creditore / compratore. Ferma, in ogni caso, l'assenza di idonea prova di un inadempimento imputabile al venditore, si ritiene comunque applicabile al caso di specie anche l'istituto invocato da parte convenuta in termini di concorso di colpa del danneggiato creditore, previsto dall'art. 1227 c.c. e dei conseguenti limiti posti in materia di risarcimento del danno. Sul punto, ci si limita a ricordare che la giurisprudenza è pacifica nel ritenere che una volta allegato da parte del responsabile del danno il fatto colposo del danneggiato, il giudice ai sensi dell'art. 1227, comma 1, c.c. è tenuto ad esaminare d'ufficio l'eventuale incidenza causale del comportamento colposo di quest'ultimo nella produzione dell'evento dannoso, diversamente, nel caso di cui al secondo comma dell'art. 1227 c.c. - di esclusione della risarcibilità dei danni che il soggetto ha diritto alla prestazione risarcitoria avrebbe potuto evitare con l'uso dell'ordinaria diligenza - grava sul responsabile del danno l'onere di provare la violazione da parte del danneggiato del dovere di correttezza ed evitabilità delle conseguenze dannose prodottesi, trattandosi di una circostanza impeditiva della pretesa risarcitoria (cfr. Cass. n. 11258/2018). In base alla ragione più liquida, nella specie, si rileva come sia emerso un concorso colposo in relazione ai pretesi danni, totalmente riconducibile al comportamento del compratore (...), proprio in ragione del fatto che "alcune delle modifiche sono state fatte unilateralmente dalla (...) per sua stessa ammissione, al fine di migliorare il funzionamento dell'impianto. Queste attività sono state fatte senza informare in alcun modo la (...)" (cfr. consulenza pag. 4). In sintesi, il mancato coinvolgimento dei tecnici della (...) e la mancanza di cooperazione tra le parti della presente causa nell'attività di messa a punto delle linee compravendute integrano aspetti che conducono a ritenere la condotta di (...) priva nella necessaria diligenza richiesta. Per le stesse ragioni, infatti, anche il consulente tecnico d'ufficio con riferimento ai danni lamentati da parte attrice non è stato in grado di effettuare una quantificazione precisa, affermando che "allo stato possibile soltanto affermare che le modifiche, per lo più introdotte in maniera autonoma da parte attrice, rendono assolutamente impossibile quantificare dal punto di vista tecnico il miglioramento introdotto nel funzionamento dell'impianto, perché non vi è alcun punto di riferimento certo sulle problematiche che l'impianto dava prima delle stesse modifiche" ed, inoltre, che "appare quindi del tutto impossibile quantificare in modo oggettivo il costo delle modifiche introdotte nel corso della vita dell'impianto" (cfr. consulenza pag. 5). In conclusione ed in base alle precedenti considerazioni in fatto ed in diritto, le domande attoree di risarcimento proposte nei confronti del venditore (...) sono infondate e vanno integralmente rigettate, restando ivi assorbite tutte le ulteriori e dipendenti questioni sollevate dalle parti. 4. In ultima analisi, si rileva che nell'integrale rigetto delle domande attoree restano certamente assorbite tutte le questioni sollevate dalle parti in ordine alla domanda di garanzia impropria e manleva proposta da parte convenuta nei confronti del terzo chiamato (...); domanda formalmente proposta in via subordinata - "in ipotesi" - per il solo caso di accertamento di una qualche propria responsabilità e di accoglimento di una qualche pretesa risarcitoria in capo all'odierna parte attrice ovvero per il solo caso di soccombenza di parte convenuta nei confronti di parte attrice. Dunque, il venditore (...), con la proposizione delle proprie domande di garanzia e manleva subordinate, come rinvenienti in atti ed in base ad una disamina testuale delle conclusioni rassegnate, ha originariamente manifestato un proprio interesse alla condanna della compagnia assicuratrice (...) condizionata alla sola ipotesi di propria condanna. 5. Infine, le spese di lite seguono la soccombenza e vengono liquidate, come indicato in dispositivo, nei valori medi in ogni fase, in base al valore della controversia - valore della domanda - ai fini dell'applicazione degli scaglioni previsti dal D.M. n. 55 del 2014. Ai sensi dell'art. 2, comma 2, D.M. n. 55 del 2014 oltre al compenso e alle spese generali, la parte vittoriosa ha altresì diritto al rimborso delle spese sostenute debitamente documentate. La condanna alle spese processuali, a norma dell'art. 91 c.p.c., ha il suo fondamento nell'esigenza di evitare una diminuzione patrimoniale alla parte che ha dovuto svolgere un'attività processuale per ottenere il riconoscimento e l'attuazione di un suo diritto e l'essenziale criterio rivelatore della soccombenza è l'aver dato causa al giudizio (cfr. Cass. n. 13498 del 29.05.2018). Nel caso di specie, quanto al rapporto tra parte attrice e parte convenuta, il criterio della soccombenza, valutato complessivamente, come meglio descritta in motivazione, porta a ritenere opportuna una parziale compensazione delle spese di lite in relazione ad un terzo, trattandosi in ogni caso di situazione eccezionale, quanto alla materia tecnica trattata e al comportamento processuale tenuto dalle parti, che sicuramente può essere ricompresa entro il nuovo canone sancito dalla Corte Costituzionale nella propria pronuncia n. 77 del 2018. Si ritiene, pertanto, equo compensare le spese di lite per un terzo e porle a carico per i restanti due terzi di parte attrice, che è risultata soccombente in ordine alle proprie domande di riduzione del prezzo e di risarcimento dei danni, dovendo in ogni caso essere tenuto in debito conto che parte convenuta ha visto il rigetto della propria eccezione preliminare di decadenza del compratore ex art. 1495 c.c.. Quanto invece alla liquidazione delle spese di lite del terzo chiamato in causa, trova applicazione il principio di causalità anche in materia di regolamentazione delle spese di lite e dato atto del rigetto delle domande attoree proposte e del rapporto di pregiudizialità logica che caratterizza domanda di garanzia impropria e manleva formulata in via subordinata da parte convenuta, le relative spese processuali sostenute vanno poste a carico della stessa parte attrice che ha di fatto provocato e dato causa all'originaria chiamata in causa a garanzia del terzo (cfr. Cass. n. 23123 del 17.09.2019 e anche Cass. n. 23552 del 2011). La liquidazione in ogni caso viene effettuata ai sensi degli artt. 99 e 112 c.p.c. nei limiti della nota spese depositata dalla parte terza chiamata in data 18.10.2022. I costi della consulenza tecnica d'ufficio vengono posti definitivamente a carico di parte attrice, richiedente e soccombente, in ragione delle risultanze della stessa. P.Q.M. Il Tribunale, definitivamente pronunciando sulla causa che reca numero 4395/2018, ogni diversa istanza ed eccezione disattesa o assorbita, così dispone: 1. RIGETTA le domande proposte da parte attrice (...) s.p.a. nei confronti di parte convenuta (...) s.p.a., nei limiti e per le ragioni di cui in motivazione. 2. ACCOGLIE la domanda riconvenzionale proposta da parte convenuta (...) s.p.a. nei confronti di parte attrice (...) s.p.a. per le ragioni di cui in motivazione. 3. ACCERTA e DICHIARA che il credito di parte convenuta (...) s.p.a. a titolo di saldo prezzo del contratto di compravendita per cui è causa nei confronti di parte attrice (...) s.p.a. è pari a complessivi Euro 226.000,00, IVA esclusa, oltre interessi moratori di cui agli artt. 4 e 5 D.Lgs. n. 231 del 2002 dalla domanda all'effettivo saldo. 4. CONDANNA, per l'effetto, parte attrice (...) s.p.a. al pagamento in favore di parte convenuta (...) s.p.a. della somma di Euro 226.000,00 (IVA esclusa), oltre interessi moratori di cui agli artt. 4 e 5 D.Lgs. n. 231 del 2002 dalla scadenza della fattura alla proposizione della domanda giudiziale ed interessi di cui all'art. 1284, comma 4, c.c. dalla domanda giudiziale all'effettivo saldo. 5. DICHIARA le spese di lite compensate per un terzo tra parte attrice (...) s.p.a. e parte convenuta (...) s.p.a.; conseguentemente, 6. CONDANNA parte attrice (...) s.p.a. al pagamento a favore di parte convenuta (...) s.p.a. dei due terzi delle spese di lite che si liquidano nell'intero (dunque dovuti i due terzi di tutto quanto in appresso) in Euro 64.138,00 per compensi; spese generali pari al quindici per cento della somma che immediatamente precede; spese specifiche pari ad Euro 1.686,00 per contributo unificato; infine, IVA e CPA sulla parte imponibile come per legge. 7. CONDANNA parte attrice (...) s.p.a. nei confronti del terzo chiamato (...) s.p.a. al pagamento delle spese di lite, che si liquidano - nei limiti della nota spese depositata - in complessivi Euro 13.430,00 per compensi; spese generali pari al quindici per cento della somma che precede; infine, IVA e CPA, se dovute, come per legge. 8. PONE i costi di consulenza tecnica d'ufficio integralmente e definitivamente a carico di parte attrice (...) s.p.a.. Così deciso in Forlì il 2 novembre 2022. Depositata in Cancelleria il 4 novembre 2022.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO DI FORLI' SEZIONE CIVILE Il Tribunale, in composizione collegiale, nelle persone dei seguenti magistrati: dott.ssa Rossella Talia - Presidente dott. Danilo Maffa - Giudice dott.ssa Anna Orlandi - Giudice est. ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di I Grado iscritta al n. 2006 del ruolo generale degli affari contenziosi civili dell'anno 2019, avente ad oggetto divorzio contenzioso - scioglimento del matrimonio, promossa da: (...) (C.F. (...)) nato a (...) il (...) ed ivi residente in via C. n. 7, rappresentato e difeso, in forza di procura allegata al ricorso per lo scioglimento del matrimonio, dall'Avv. GI.AL. del foro di Forlì-Cesena, con domicilio eletto presso e nel suo studio sito in Cesena al viale (...); RICORRENTE nei confronti di (...) (C.F. (...)) nata a (...) (P.) il (...) e residente a F. in via (...), rappresentata e difesa, in forza di procura allegata alla memoria difensiva, dall'Avv. WA.BA. del foro di Forlì-Cesena, con domicilio eletto presso e nel suo studio sito in Forlì alla via (...); RESISTENTE E con l'intervento obbligatorio ex lege del Pubblico Ministero presso la Procura della Repubblica in sede; MOTIVI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE In primo luogo, lo scioglimento del matrimonio civile contratto dalle parti a Forlì in data 15.10.2007, trascritto nel Registro degli Atti di Matrimonio di tale Comune dell'anno 2007 al numero 138, Parte 1, deve essere senz'altro pronunziato, ricorrendo tutti i presupposti di cui all'art. 3, numero 2, lettera b, L. 1 dicembre 1970, n. 898, così come modificato dalla L. 6 maggio 2015, n. 55, essendo stata debitamente omologata la separazione consensuale concordata dai coniugi (decreto di omologa emesso dal Tribunale di Forlì in data 11.12.2008 e depositato in Cancelleria il 15.12.2008) ed essendo ampiamente trascorso il periodo di tempo legislativamente previsto e decorrente dalla comparizione delle parti innanzi al Presidente del Tribunale di Forlì in sede di separazione personale (udienza celebratasi in data 24.11.2008), senza che le parti si siano riappacificate né abbiano ripreso la convivenza coniugale (come dimostrato dalla separazione protrattasi per più di dieci anni, essendo irrilevante la circostanza, addotta dalla difesa della resistente ma non confermata ex adverso, della prosecuzione della coabitazione per un determinato arco temporale, dal fallimento del tentativo di conciliazione esperito in sede presidenziale e dalle rispettive allegazioni e produzioni delle parti, tenuto altresì conto della circostanza che il ricorrente continua ad abitare a (...) in via C. n. 7, nell'immobile già adibito a casa coniugale e di sua esclusiva proprietà, mentre la moglie vive con il padre a F., via T. N. n. 29 - residenza che ha sempre mantenuto anche durante il matrimonio - nell'appartamento condotto in locazione dal medesimo), non potendo, quindi, essere neppure ricostituita la comunione materiale e spirituale fra i coniugi. Ciò premesso, venendo quindi agli aspetti economici, principale se non unico punto di controversia del presente procedimento e su cui deve ora decidersi è la sussistenza o meno del diritto della ricorrente a percepire assegno perequativo dal marito e, in caso di risposta positiva, la determinazione della sua entità, tenuto presente, al riguardo, che: - in sede di separazione consensuale del 15.12.2008, nessun assegno di mantenimento era previsto per la moglie, atteso che i coniugi "economicamente autosufficienti" rinunciavano "reciprocamente a qualsiasi domanda di assegno di mantenimento, dichiarando che "ogni altra questione economica è già stata risolta dai medesimi con scrittura privata a parte" e davanti al Presidente del Tribunale la (...), chiedendo l'accoglimento del ricorso, dichiarava di non avere "istanza di contenuto economico da rivolgere nei confronti del marito"; - il Presidente del Tribunale, nell'ordinanza di provvedimenti temporanei ed urgenti ex art. 4 L. n. 898 del 1970 emessa il 28.02.2020, rilevato che dall'unione non sono nati i figli e che, in sede di separazione, nessun assegno perequativo è stato stabilito in favore dell'uno o dell'altro coniuge, ritenuto, quanto alla richiesta della resistente di assegno divorzile in via di urgenza, che la stessa non potesse essere accolta non ravvisandosene i presupposti disponendo la predetta, dipendente di autogrill dallo 01.03.2007, di un reddito lordo per l'anno 2018 (CUD 2019) di Euro 12.839,85 adeguato a condizioni di vita dignitose considerata anche la coabitazione presso la casa del padre, tanto più che il matrimonio è durato solo un anno, non stabiliva in via di urgenza alcun contributo mensile per il mantenimento della ricorrente, nominava il giudice istruttore fissando udienza davanti al medesimo per la comparizione dei coniugi e trattazione della causa; - nella memoria di costituzione, la resistente (...) domanda appunto stabilirsi che il marito le versi la somma mensile di Euro 500,00 quale contributo per il suo mantenimento, sussistendo uno squilibrio tra le condizioni economico-patrimoniali delle parti, in sede di precisazione delle conclusioni insiste affinché sia posto a carico del marito l'obbligo di versare alla moglie assegno divorzile di Euro 500,00, stante il suo attuale stato di disoccupazione dopo che è stato risolto il contratto di lavoro con (...) S.p.A. e, viceversa, le buone condizioni economiche del (...), operaio presso società di (...), con redditi annuali variabili tra Euro 30.000 ed Euro 25.000, nell'ultimo anno di Euro 14.000, e proprietario della casa già coniugale sita in (...); - il ricorrente (...), sia in sede di ricorso sia nelle note di trattazione scritta depositate per l'udienza di precisazione delle conclusioni, insiste affinchè sia dichiarata l'autosufficienza economica di entrambi i coniugi, evidenziando in particolare come la (...), pur formalmente priva di occupazione a fare data dal gennaio 2020, sia certamente in grado di procurarsi i mezzi adeguati alla propria vita, prestando attualmente attività lavorativa presso il bar dell'Associazione culturale "(...)" dalla stessa costituita nel gennaio 2020 unitamente ad altre quattro persone, tra cui il proprio fratello e il Sig. (...), a detta del ricorrente suo nuovo compagno, con il quale peraltro intrattiene o ha comunque intrattenuto una stabile relazione sentimentale, come comprovato dalle fotografie pubblicate sul social network Facebook. Secondo il ricorrente non sussistono quindi i presupposti di fatto e di diritto richiesti per il riconoscimento di assegno mensile in favore della moglie, posto che la resistente non si trova nell'oggettiva impossibilità di procurarsi adeguati mezzi economici, non vi è disparità economica tra i coniugi, dovendo altresì tenersi debito conto della breve durata del matrimonio. Orbene, ai fini della decisione, è senz'altro necessario soffermarsi sulla recente pronuncia delle Sezioni Unite, che, con la sentenza n. 18287/2018 depositata l'11 luglio 2018, hanno ridefinito in modo chiaro i principi in materia, in particolare la natura dell'assegno divorzile ed i presupposti per il suo riconoscimento in favore del coniuge richiedente. Partendo da un attento esame del dato normativo di cui all'art. 5 Legge divorzio, nella sua formulazione originaria e poi nella sua versione ultima, come modificata dall'intervento legislativo del 1987, le Sezioni Unite hanno richiamato il proprio iniziale pronunciamento del 1990 (sentenza Cass. civ. Sez. Un. n. 11490/1990), nel quale era stato affermato che l'assegno divorzile aveva carattere esclusivamente assistenziale, dal momento che il presupposto per la sua concessione doveva essere rinvenuto nella inadeguatezza dei mezzi del coniuge istante, da intendersi come insufficienza degli stessi, comprensivi di redditi, cespiti patrimoniali ed altre utilità disponibili, a conservargli un "tenore di vita analogo a quello avuto in costanza di matrimonio". In linea generale, avendo, appunto, l'assegno di divorzio funzione eminentemente assistenziale, la sua attribuzione era subordinata alla sussistenza di una situazione di squilibrio reddituale tra i coniugi, per effetto del quale uno dei due si trovi privo di mezzi adeguati per provvedere al proprio mantenimento, o nell'impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive. La sussistenza di tale presupposto condizionava il sorgere del diritto all'assegno divorzile, mentre tutti gli altri criteri, costituiti dalle condizioni dei coniugi, dalle ragioni della decisione, dal contributo personale ed economico di ciascuno alla conduzione della vita familiare ed alla formazione del patrimonio di ciascuno e di quello comune, e dal reddito di entrambi, erano destinati ad operare solo se l'accertamento dell'unico elemento attributivo si fosse risolto positivamente, ed incidevano soltanto sulla quantificazione dell'assegno stesso (cfr., ex multis, oltre alla richiamata Cass. Sez. Un. n. 11490/1990, anche Cass. civ. 12 marzo 1992 n. 3019). Per quanto concerne il concetto di "adeguatezza" impiegato dal legislatore, esso andava inteso, secondo l'interpretazione fatta propria dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, in relazione all'interesse giuridicamente tutelato a conservare un tenore di vita analogo a quello avuto in costanza di matrimonio, senza che fosse necessario uno stato di bisogno dell'avente diritto, il quale poteva essere anche economicamente autosufficiente, rilevando l'apprezzabile deterioramento, in dipendenza del divorzio, delle condizioni economiche del medesimo che, in via di massima, dovevano essere ripristinate, in modo da ristabilire un certo equilibrio. L'accertamento del diritto all'assegno di divorzio si articolava, pertanto, in due fasi, nella prima delle quali il giudice era chiamato a verificare l'esistenza del diritto in astratto, in relazione all'inadeguatezza dei mezzi o all'impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive, raffrontati ad un tenore di vita analogo a quello goduto in costanza di matrimonio, o che poteva legittimamente fondarsi su aspettative maturate nel corso del matrimonio, fissate al momento del divorzio. Nella seconda fase, il giudice doveva poi procedere alla determinazione in concreto dell'assegno in base alla valutazione ponderata e bilaterale dei criteri indicati nello stesso art. 5 L. n. 898 del 1970, che agiscono come fattori di moderazione e diminuzione della somma considerabile in astratto, e possono in ipotesi estreme valere anche ad azzerarla, quando la conservazione del tenore di vita assicurato dal matrimonio finisca per risultare incompatibile con detti elementi di quantificazione (vedasi, tra le numerose, Cass. civ. 12 luglio 2007, n. 15610; Cass. civ. Sez. I, 11 novembre 2009, n. 23906 ove si ribadivano chiaramente i principi sopra espressi). Ad una tale affermazione di principio, rimasta sostanzialmente ferma per quasi un trentennio, si era recentemente contrapposto altro innovativo orientamento, cui aveva dato avvio la sezione prima civile della Cassazione con la sentenza n. 11504 del 2017, che, pur condividendo e facendo propria la premessa sistematica della rigida distinzione tra criterio attributivo (fondato sulla verifica della sussistenza della inadeguatezza di mezzi del coniuge richiedente, di cui all'ultima parte dell'art. 5, comma 6, Legge Divorzio) e criterio determinativo (fondato sugli elementi di cui alla prima parte della norma citata), aveva individuato, quale parametro della inadeguatezza dei mezzi del coniuge istante, non più il tenore di vita analogo a quello avuto in costanza di matrimonio, quanto piuttosto la "non autosufficienza economica" dello stesso, evidenziando come solo all'esito del positivo accertamento di tale presupposto potevano essere esaminati i criteri determinativi dell'assegno indicati nella prima parte della norma. Le Sezioni Unite del 2018 hanno sottoposto a revisione critica entrambi gli orientamenti richiamati, evidenziando, da un lato, che il criterio attributivo dell'assegno cristallizzato nella sentenza n. 11490/1990 - fondato, come sopra evidenziato, sul mantenimento del tenore di vita matrimoniale - si espone, oggettivamente, ad un forte rischio di creare indebite rendite di posizione, dall'altro, che l'impostazione prospettata dalla sentenza n. 11504/2017, nel suo attribuire esclusivo rilievo alla astratta condizione economico-patrimoniale soggettiva dell'ex-coniuge richiedente, sconta il fatto di essere del tutto scollegata dalla relazione matrimoniale che pure c'è stata tra i coniugi, e che ha determinato scelte di vita, frutto di decisioni libere e condivise, che possono aver impresso alle condizioni personali ed economiche dei coniugi un corso irreversibile. "Le rilevanti modificazioni sociali che hanno inciso sulla rappresentazione simbolica del legame matrimoniale e sulla disciplina giuridica dell'istituto" hanno, dunque, indotto le Sezioni Unite del 2018 ad offrire una nuova soluzione interpretativa, fondata sulla necessità di "abbandonare la rigida distinzione tra criteri attributivi e determinativi dell'assegno di divorzio, alla luce di una interpretazione dell'art. 5, comma 6, più coerente con il quadro costituzionale di riferimento costituito ... dagli artt. 2, 3 e 29 Cost.". Alla compiuta spiegazione della "soluzione interpretativa adottata" la Suprema Corte ha dedicato l'intero paragrafo 10 della sentenza qui riportata. Scrivono le Sezioni Unite che "l'art. 5 comma 6 attribuisce all'assegno di divorzio una funzione assistenziale, riconoscendo all'ex coniuge il diritto all'assegno di divorzio quando non abbia mezzi "adeguati" e non possa procurarseli per ragioni obiettive. Il parametro dell'adeguatezza ha, tuttavia, carattere intrinsecamente relativo ed impone una valutazione comparativa che entrambi gli orientamenti illustrati delle Sezioni Unite del 1990 e della sezione I civile del 2017 traggono al di fuori degli indicatori contenuti nell'incipit della norma", esegesi in quanto tali non soddisfacenti, che hanno imposto un radicale ripensamento. Nella sentenza in esame, si legge che "Il fondamento costituzionale dei criteri indicati nell'incipit della norma conduce ad una valutazione concreta ed effettiva dell'adeguatezza dei mezzi e dell'incapacità di procurarseli per ragioni oggettive fondata in primo luogo sulle condizioni economico-patrimoniali delle parti, da accertarsi anche utilizzando i poteri istruttori officiosi attribuiti espressamente al giudice della famiglia a questo specifico scopo. Tale verifica è da collegare causalmente alla valutazione degli altri indicatori contenuti nella prima parte dell'art. 5, c. 6, al fine di accertare se l'eventuale rilevante disparità economico-patrimoniale degli ex coniugi all'atto dello scioglimento del vincolo sia dipendente dalle scelte di conduzione della vita familiare adottate e condivise in costanza di matrimonio, con il sacrificio delle aspettative professionali e reddituali di una delle parti in funzione dell'assunzione di un ruolo trainante endofamiliare, in relazione alla durata, fattore di cruciale importanza nella valutazione del contributo di ciascun coniuge alla formazione del patrimonio comune e/o del patrimonio dell'altro coniuge, oltre che delle effettive potenzialità professionali e reddituali valutabili alla conclusione della relazione matrimoniale, anche in relazione all'età del coniuge richiedente ed alla conformazione del mercato del lavoro". L'accertamento relativo all'inadeguatezza dei mezzi ed all'incapacità di procurarseli per ragioni oggettive deve, dunque, essere saldamente ancorato alle caratteristiche ed alla ripartizione dei rispettivi ruoli endofamiliari, i quali, alla luce del principio solidaristico che permea la formazione sociale della famiglia, di rilievo costituzionale, costituiscono attuazione della rete di diritti e doveri fissati dall'art. 143 codice civile. Questo accertamento "non è conseguenza di una inesistente ultrattività dell'unione matrimoniale, definitivamente sciolta tanto da determinare modifica irreversibile degli status personali degli ex coniugi" ma diviene necessario in quanto è la stessa norma regolatrice del diritto all'assegno che attribuisce rilievo alle scelte e ai ruoli della vita familiare; tale rilievo ha "l'esclusiva funzione di accertare se la condizione di squilibrio economico patrimoniale sia da ricondurre eziologicamente alle determinazioni comuni ed ai ruoli endofamiliari, in relazione alla durata del matrimonio e all'età del richiedente", di modo che, ove la disparità reddituale abbia questa specifica radice causale e sia accertato, con assolvimento di un onere probatorio che le Sezioni Unite richiedono espressamente sia "rigoroso", "che lo squilibrio economico patrimoniale conseguente al divorzio derivi dal sacrificio di aspettative professionali e reddituali fondate sull'assunzione di un ruolo consumato esclusivamente o prevalentemente all'interno della famiglia e dal conseguente contributo fattivo alla formazione del patrimonio comune e a quello dell'altro coniuge", di tale specifica caratteristica della vita familiare si tenga conto "nella valutazione della inadeguatezza dei mezzi e dell'incapacità del coniuge richiedente di procurarseli per ragioni oggettive". In buona sostanza, dunque, "la funzione assistenziale dell'assegno di divorzio si compone di un contenuto perequativo-compensativo che discende direttamente dalla declinazione costituzionale del principio di solidarietà e che conduce al riconoscimento di un contributo che, partendo dalla comparazione delle condizioni economico-patrimoniali dei due coniugi, deve tener conto non soltanto del raggiungimento di un grado di autonomia economica tale da garantire l'autosufficienza, secondo un parametro astratto ma, in concreto, di un livello reddituale adeguato al contributo fornito nella realizzazione della vita familiare, in particolare tenendo conto delle aspettative professionali ed economiche eventualmente sacrificate, in considerazione della durata del matrimonio e dell'età del richiedente. Il giudizio di adeguatezza ha, pertanto, anche un contenuto prognostico riguardante la concreta possibilità di recuperare il pregiudizio professionale ed economico derivante dall'assunzione di un impegno diverso. Sotto questo specifico profilo il fattore età del richiedente è di indubbio rilievo al fine di verificare la concreta possibilità di un adeguato ricollocamento sul mercato del lavoro". In definitiva, le Sezioni Unite affermano in modo chiaro che "l'eliminazione della rigida distinzione tra criterio attributivo e criteri determinativi dell'assegno di divorzio e la conseguente inclusione, nell'accertamento cui il giudice è tenuto, di tutti gli indicatori contenuti nell'art. 5. c. 6 in posizione equiordinata, consente, ... senza togliere rilevanza alla comparazione della situazione economico-patrimoniale delle parti, di escludere i rischi d'ingiustificato arricchimento derivanti dalla adozione di tale valutazione comparativa in via prevalente ed esclusiva, ma nello stesso tempo assicura tutela in chiave perequativa alle situazioni, molto frequenti, caratterizzate da una sensibile disparità di condizioni economico-patrimoniali ancorché non dettate dalla radicale mancanza di autosufficienza economica ma piuttosto da un dislivello reddituale conseguente alle comuni determinazioni assunte dalle parti nella conduzione della vita familiare". Il parametro dell'adeguatezza dunque contiene in sé una funzione equilibratrice e non solo assistenziale-alimentare. La piena ed incondizionata reversibilità del vincolo coniugale non esclude il rilievo pregnante che tale scelta, unita alle determinazioni comuni assunte in ordine alla conduzione della vita familiare, può imprimere sulla costruzione del profilo personale ed economico-patrimoniale dei singoli coniugi, non potendosi trascurare che l'impegno all'interno della famiglia può condurre all'esclusione o limitazione di quello diretto alla costruzione di un percorso professionale-reddituale. Il legislatore impone sì di accertare preliminarmente l'esistenza e l'entità dello squilibrio determinato dal divorzio mediante l'obbligo della produzione dei documenti fiscali dei redditi delle parti, anche attraverso il potenziamento dei poteri istruttori officiosi attribuiti al giudice, nonostante la natura prevalentemente disponibile dei diritti in gioco e, all'esito di tale preliminare e doveroso accertamento, può venire già in evidenza il profilo strettamente assistenziale dell'assegno, qualora una sola delle parti non sia titolare di redditi propri e sia priva di redditi da lavoro. Possono, tuttavia, riscontrarsi più situazioni comparative caratterizzate da una sperequazione nella condizione economico patrimoniale delle parti, di entità variabile. Secondo la Suprema corte, quindi deve essere prescelto un criterio integrato che si fondi sulla concretezza e molteplicità dei modelli familiari attuali. Le Sezioni Unite del 2018, sulla base delle approfondite argomentazioni sino a qui testualmente riportate, ritenute coerenti anche con il quadro normativo europeo ed extraeuropeo, sono quindi pervenute all'affermazione del seguente principio di diritto enunciato conclusivamente, da leggere alla luce di quanto spiegato al paragrafo 10 della decisione stessa: "Ai sensi dell'art. 5 c. 6 della L. n. 898 del 1970, dopo le modifiche introdotte con la L. n. 74 del 1987, il riconoscimento dell'assegno di divorzio, cui deve attribuirsi una funzione assistenziale ed in pari misura compensativa e perequativa, richiede l'accertamento dell'inadeguatezza dei mezzi o comunque dell'impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive, attraverso l'applicazione dei criteri di cui alla prima parte della norma i quali costituiscono il parametro di cui si deve tenere conto per la relativa attribuzione e determinazione, ed in particolare, alla luce della valutazione comparativa delle condizioni economico-patrimoniali delle parti, in considerazione del contributo fornito dal richiedente alla conduzione della vita familiare e alla formazione del patrimonio comune e personale di ciascuno degli ex coniugi, in relazione alla durata del matrimonio e all'età dell'avente diritto". Al fine del calcolo dell'assegno di divorzio di cui all'articolo 5 della L. 1 dicembre 1970, n. 898 occorre dunque tenere in considerazione non il tenore di vita, ma diversi fattori, attraverso un criterio c.d. "composito" che, alla luce della valutazione comparativa delle rispettive condizioni economico-patrimoniali, dia particolare rilievo al contributo fornito dall'ex coniuge richiedente alla formazione del patrimonio comune e personale, in relazione alla durata del matrimonio, alle potenzialità reddituali future ed all'età dell'avente diritto (si veda, tra le numerose successive pronunce della Suprema Corte intervenute dopo le Sezioni Unite, Cass. civ. Sez. I, ordinanza 23.01.2019, n. 1882 nella quale si è ribadito che "il riconoscimento dell'assegno di divorzio in favore dell'ex coniuge, cui deve attribuirsi una funzione assistenziale ed in pari misura compensativa e perequativa, ai sensi dell'art. 5, comma 6, della L. n. 898 del 1970, richiede, ai fini dell'accertamento dell'inadeguatezza dei mezzi dell'ex coniuge istante, e dell'impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive, l'applicazione dei criteri contenuti nella prima parte della norma, i quali costituiscono, in posizione equiordinata, i parametri cui occorre attenersi per decidere sia sull'attribuzione sia sulla quantificazione dell'assegno. Il giudizio, premessa la valutazione comparativa delle condizioni economico-patrimoniali delle parti, avrà ad oggetto, in particolare, il contributo fornito dal richiedente alla condizione della vita familiare ed alla formazione del patrimonio comune, nonché di quello personale di ciascuno degli ex coniugi, in relazione alla durata del matrimonio ed all'età dell'avente diritto"; con più specifico riguardo alla durata del matrimonio, Cass. civ. Sez. I, 07.05.2019, n. 12021 ove si osserva, in conformità a quanto statuito da una pronunzia della Corte di Appello di Palermo (oggetto di gravame) che "la breve durata della vita in comune, non caratterizzata dalla nascita dei figli, era tale da escludere che avesse avuto efficacia condizionante sulla formazione del patrimonio delle parti, ove ritenuto astrattamente valutabile quanto all'an debeatur" nonché Cass. civ. Sez. VI-I, ord. 05.06.2020, n. 10647, che si è espressa in termini di "limitata durata del vincolo matrimoniale" con riferimento ad un matrimonio di anni sei; Cass. civ. Sez. I, ordinanza 28.02.2020, n. 5603 secondo cui "in tema di assegno di divorzio, la natura perequativo-compensativa, che discende direttamente dalla declinazione del principio costituzionale di solidarietà, conduce al riconoscimento di un contributo volto a consentire al coniuge richiedente, non il conseguimento dell'autosufficienza economica sulla base di un parametro astratto, bensì il raggiungimento in concreto di un livello reddituale adeguato al contributo fornito nella realizzazione della vita familiare, in particolare tenendo conto delle aspettative professionali sacrificate. La funzione equilibratrice del reddito degli ex coniugi, anche essa assegnata dal legislatore all'assegno divorzile, non è finalizzata, peraltro, alla ricostituzione del tenore di vita endoconiugale, ma al riconoscimento del ruolo e del contributo fornito dall'ex coniuge economicamente più debole alla formazione del patrimonio della famiglia e di quello personale degli ex coniugi"). Secondo la più recente giurisprudenza, dunque, l'assegno divorzile ha oggi una "funzione equilibratrice del reddito", riconoscendo all'ex coniuge l'assegno quando non abbia mezzi adeguati e non possa procurarseli per ragioni obiettive, ed è finalizzato non già al mantenimento del tenore di vita goduto in costanza di matrimonio, bensì al riconoscimento del ruolo e del contributo fornito dall'ex coniuge economicamente più debole nel matrimonio (vedasi, Cass. civ. Sez. VI-I ordinanza 09.12.2020, n. 28104; Cass. civ. Sez. VI - I, ordinanza 02.10.2020 n. 21140; Cass. civ. Sez. I, ord. 30.04.2021 n. 11472 ove si afferma in modo chiaro che "la funzione equilibratrice del reddito degli ex coniugi, anch'essa assegnata dal legislatore all'assegno divorzile, non è finalizzata alla ricostituzione del tenore di vita endoconiugale, ma al riconoscimento del ruolo e del contributo fornito dall'ex coniuge economicamente più debole alla formazione del patrimonio della famiglia e di quello personale degli ex coniugi"; Cass. civ. Sez. VI-I, ord. 07.10.2021, n. 27276 secondo cui lo squilibrio economico tra le parti ed anche l'alto livello reddituale del coniuge onerato non sono, di per sé considerati, elementi autonomamente decisivi per il riconoscimento e la quantificazione dell'assegno divorzile, posto che i criteri fondanti su cui accertare la sussistenza del diritto a percepire l'assegno divorzile sono costituiti dalla non autosufficienza economica insieme alla eventuale necessità di compensazione del particolare contributo dato dal coniuge richiedente l'assegno durante la vita matrimoniale, della cui prova è onerato il richiedente; Cass. civ. Sez. I ord. 04.05.2022, n. 14160 ove si trova scritto che "...il giudice di merito, nel valutare l'inadeguatezza dei mezzi dell'ex coniuge che richieda l'assegno divorzile, o l'impossibilità per lo stesso di procurarseli per ragioni oggettive, deve tener conto, utilizzando i criteri di cui all'art. 5, comma 6, L. n. 898 del 1970, sia dell'impossibilità di vivere autonomamente e dignitosamente da parte di quest'ultimo, sia della necessità di compensarlo per il particolare contributo che dimostri di avere dato alla formazione del patrimonio comune o dell'altro coniuge durante la vita matrimoniale, senza che abbiano rilievo, da soli, lo squilibrio economico tra le parti e l'alto livello reddituale dell'altro ex coniuge, tenuto conto che la differenza reddituale è coessenziale alla ricostruzione del tenore di vita matrimoniale, ma è oramai irrilevante ai fini della determinazione dell'assegno, e l'entità del reddito e/o del patrimonio dell'altro ex coniuge non giustifica, di per sé, la corresponsione di un assegno in proporzione delle sue sostanze"; da ultimo, Cass. civ. Sez. VI-I, ordinanza 10.06.2022, n. 18838 ove si osserva che "....Per le Sezioni Unite occorre prendere atto della "piena ed incondizionata reversibilità del vincolo coniugale". E dunque, sciolto il vincolo coniugale, ciascun ex coniuge, almeno in linea di principio, deve provvedere al proprio mantenimento. In forza della norma sull'assegno tuttavia, tale principio è derogato, oltre che nel caso di non autosufficienza di uno degli ex coniugi, nel caso in cui il matrimonio sia stato causa di uno spostamento patrimoniale divenuto ingiustificato ex post dall'uno all'altro coniuge, spostamento patrimoniale che, in tal caso, e solo in tal caso, va corretto attraverso l'assegno, in funzione compensativo-perequativa. In breve, l'assegno risponde anzitutto e per lo più ad un'esigenza assistenziale, esigenza che le Sezioni Unite non hanno affatto inteso cancellare e danno invece per scontata. In taluni casi, però, l'assegno può rispondere, in tutto o in parte, ad una finalità compensativo-perequativa, tanto in ipotesi in cui il coniuge richiedente sia economicamente autosufficiente, ed allora la finalità sarà solo compensativo-perequativa, tanto in ipotesi in cui il coniuge richiedente non sia economicamente autosufficiente, ed allora la finalità sarà compensativo-perequativa ed assorbirà quella assistenziale....", deve quindi essere provata la sussistenza di un nesso evidente tra il preteso maggiore valore del patrimonio dell'uno ed il contributo offerto dall'altro coniuge; Cass. civ. Sez. VI, 13.10.2022, n. 29920 ove si trova scritto che: ".....condizione per l'attribuzione dell'assegno divorzile in funzione compensativa non è il fatto in sé che uno dei coniugi si sia dedicato prevalentemente alle cure domestiche e dei figli, né di per sé il divario o lo squilibrio reddituale tra gli ex coniugi - che vale unicamente come precondizione fattuale per l'applicazione dei parametri di cui all'art. 5, comma 6, prima parte della L. n. 898 del 1970)......o l'elevata capacità economica di uno dei due.....Occorre piuttosto indagare sulle ragioni e conseguenze della scelta di uno dei coniugi, seppur condivisa con l'altro coniuge, di dedicarsi prevalentemente all'attività familiare .....Ai fini della funzione compensativa dell'assegno divorzile, quella scelta assume rilievo nei limiti in cui sia all'origine di "aspettative professionali sacrificate"). Ciò posto, aderendo nella fattispecie in esame all'opzione ermeneutica prospettata dalle Sezioni Unite, si svolgono le seguenti considerazioni, partendo da semplici dati fattuali e documentali e dalle risultanze dell'istruttoria di causa: - il ricorrente (...), attualmente di anni 62, essendo nato il 14.03.1960, diplomato, di professione operaio, allo stato percettore di indennità di disoccupazione, e la resistente (...), di anni 56, essendo nata il (...), dipendente della (...) S.p.A. (sede di (...)-(...)) con contratto a tempo parziale e qualifica da ultimo di "Operatore pluriservizio" dallo 01.03.2007 sino allo 06.12.2019, data in cui veniva risolto consensualmente il rapporto di lavoro, allo stato attuale priva di formale occupazione, si sono sposati a Forlì in data 15.10.2007; - alla data del matrimonio, dunque, la moglie lavorava per la società (...) con uno stipendio mensile di Euro 900,00 e il marito svolgeva attività lavorativa con qualifica di operaio per società di (...); - nei primi mesi di matrimonio i coniugi vivono in appartamento in locazione a (...), località (...), successivamente vanno ad abitare nella casa di proprietà del marito, sempre a (...); - in data 01.10.2008, quindi a meno di un anno dalla celebrazione del matrimonio, il (...) e la (...) depositano ricorso per separazione consensuale, compaiono davanti al Presidente del Tribunale di Forlì il 24.11.2008 e il 15.12.2008 viene omologata la separazione consensuale; - nel dicembre 2019, come già detto, è stato risolto il contratto di lavoro tra (...) S.p.A. e la (...), più precisamente, nel processo verbale di conciliazione avanti all'Ispettorato Territoriale del Lavoro di Ravenna - Forlì-Cesena recante la data dello 06.12.2019, la lavoratrice (...) dichiara di avere manifestato all'Azienda la volontà di porre fine al rapporto di lavoro "per ragioni espressamente personali", il rapporto di lavoro si intende consensualmente risolto al 6 dicembre 2019, la società (...) corrisponderà alla dipendente il T.F.R. e le competenze di fine rapporto oltre alla somma lorda di Euro 10.000 a titolo di incentivo all'esodo; - in data 30.01.2020, la (...), unitamente ad altre quattro persone tra cui il fratello (...) e (...), nuovo compagno della resistente, costituiscono un'Associazione Culturale - Circolo ricreativo senza finalità di lucro" denominata Associazione Culturale "(...)", con sede legale in F., via (...) n. 25, la (...) viene nominata Presidente della stessa, in data 25.05.2020 il (...) stipula con la cooperativa Case Repubblicane Associate contratto di locazione avente ad oggetto il fabbricato sito in F., via (...), per un canone mensile di Euro 250; - in tali locali, si trova altresì un bar denominato "(...)"; - all'udienza del 15.02.2021, il teste (...), conoscente/amico del (...), rispondendo affermativamente ai capitoli di prova n. 5 ("vero che in data 05.07.2020 lei si recava presso il Bar (...) sito in Villa Rotta di Forlì Via (...) e che lo trovava aperto e operante"), 6 ("vero che in data 05.07.2020 presso il Bar (...), vedeva la Sig. (...) munita di grembiule e intenta a lavorare") e 7 (vero che al bar era presente anche il fratello della Sig.ra (...), Sig. (...); precisi il teste cosa stava facendo costui") della memoria istruttoria ex art. 183 comma 6 n. 2 c.p.c. di parte ricorrente, riferisce in particolare che in tale data, recatosi al bar (...), lo trovava aperto, vedeva la (...) "con il grembiule" intenta a servire ai tavoli del bar nonché il fratello della stessa che dietro al bancone provvedeva a servire i clienti; il medesimo teste, rispondendo a prova contraria sul capitolo n. 3 ("Vero che la Sig.ra (...) intrattiene stabilmente una relazione con un nuovo compagno, specificatamene con il Sig. E.P.") della seconda memoria istruttoria della parte resistente, dichiara, per quanto qui di rilievo, che sempre nella giornata di cui sopra "c'erano 5 o 6 tavoli con gente che beveva aperitivi. Credo che questo bar sia un circolo" e che vedeva la (...) "abbracciata con quell'uomo all'interno del bar dove tra un tavolo e l'altro si scambiavano delle affettuosità...."; - a fronte del chiaro contenuto della riportata deposizione testimoniale del (...), la resistente si limita ad affermare che l'Associazione Culturale - Circolo ricreativo, denominata "(...)", non ha scopo di lucro e non prevede in alcun caso divisione di utili tra gli associati, nemmeno in forma indiretta. Al riguardo è appena il caso di osservare come nello statuto costitutivo della predetta Associazione Culturale - Circolo Ricreativo prodotto dalla resistente quale doc. n. 9 sia previsto che la stessa "potrà altresì svolgere attività di tipo commerciale nel rispetto delle vigenti normative fiscali e amministrative...". Orbene, in base alle circostanze fattuali sopra descritte, devono essere svolte quantomeno due osservazioni. La prima è rappresentata dalla sicura capacità lavorativa della (...), non solo generica, ma anche specifica nell'ambito delle attività commerciali di bar e ristorazione, con buona probabilità spendibile nella provincia di Forlì- Cesena; la resistente ha infatti lavorato per più di 12 anni per la società (...) S.p.A., raggiungendo da ultimo la qualifica di "Operatore Pluriservizio", risulta avere cessato detto rapporto di lavoro nel dicembre 2019 e nel processo di conciliazione si dà comunque atto che la stessa per ragioni espressamente personali ha deciso di interrompere il lavoro dipendente per (...), non essendovi dimostrazione e neppure specifica allegazione di licenziamento collettivo o procedura di riduzione di personale. Nel gennaio 2020, con altre quattro persone, ha costituito l'Associazione Culturale "(...)" nei cui locali è presente anche un bar dove, a prescindere dalla espressa formalizzazione di uno specifico rapporto di lavoro, la resistente svolge comunque una qualche forma di lavoro/collaborazione, ricavando con buona probabilità delle entrate. La seconda è rappresentata dalla breve durata del matrimonio, di soli undici mesi, alla quale si collega anche la sostanziale difficoltà anche solo di ipotizzare un possibile contributo fornito dalla (...) alla formazione del patrimonio comune e di quello del marito il quale lavorava come operaio per società di (...), lavoro che ha continuato a svolgere sino al 2021 con redditi annuali di circa Euro 30.000 (attualmente percepisce indennità di disoccupazione) ed era proprietario della casa coniugale. Neppure viene dedotto e tantomeno provato il fatto che la (...) abbia sacrificato in qualche modo le proprie aspettative professionali e reddituali, atteso che nel breve periodo del matrimonio ha sempre continuato a svolgere il proprio lavoro. Nessuna dimostrazione ha ricevuto la contribuzione economica alla ristrutturazione dell'immobile di proprietà del coniuge asseritamente fornita dalla moglie, circostanza, peraltro, negata dal (...) e comunque priva di rilievo dirimente in ordine alla decisione sulla sussistenza o meno del diritto di ricevere assegno divorzile. Ora, venendo ad analizzare più specificamente la situazione economico-reddituale delle parti per come emersa dalle allegazioni e reciproche contestazioni e deduzioni delle parti nonché dalla documentazione prodotta, è risultato che il ricorrente (...), di professione operaio, attualmente disoccupato con percezione di Naspi, è proprietario della casa già familiare sita in (...), ha percepito nell'anno di imposta 2016 un reddito complessivo di Euro 31.484,00 ed un reddito imponibile di Euro 30.972,00 con una imposta netta di Euro 7.088, nell'anno di imposta 2017 un reddito complessivo pari ad Euro 30.833, nell'anno di imposta 2018 un reddito complessivo di Euro 30.945, nell'anno di imposta 2019 un reddito complessivo pari ad Euro 25.345,00, nell'anno di imposta 2020 un reddito complessivo di Euro 26.762 e nell'anno di imposta 2021 un reddito complessivo di Euro 14.188 ed un reddito imponibile pari ad Euro 13.303 con una imposta netta di Euro 1.523, reddito ultimo questo derivantegli dalle indennità mensili versate dall'Inps a seguito della disoccupazione. La resistente (...) non è proprietaria di alcun bene immobile, non risulta avere oneri di alloggio, abitando con il proprio padre in appartamento sito a Forlì presso il quale ha sempre mantenuto la residenza, ha percepito nell'anno di imposta 2016 un reddito lordo di Euro 11.962,30, nell'anno di imposta 2017 un reddito lordo di Euro 12.019,95 e nell'anno di imposta 2018 un reddito lordo pari ad Euro 12.839,85, non sono state prodotte le ultime dichiarazioni dei redditi, neppure quella relativa all'anno 2019 quando la moglie lavorava ancora per la società A.. Orbene, per un verso l'esame comparato della situazione economico-patrimoniale delle parti, per come risultante da un'analisi delle dichiarazioni dei redditi del (...) e della (...), attesta una sia pur non significativa disparità tra le medesime (dal mese di marzo 2021 il ricorrente è privo di occupazione e percepisce la Naspi, è proprietario della casa in cui risiede, mentre la (...) è formalmente priva di occupazione e di entrate ufficiali dal 2020). Per altro verso, tenendo conto di quanto affermato dalla Suprema Corte circa la necessità di un accertamento rigoroso sul fatto che la sperequazione reddituale eventualmente prodottasi a danno dell'ex coniuge richiedente l'assegno sia frutto delle scelte comuni attinenti alla conduzione della vita familiare sotto forma ad esempio di rinuncia ad opportunità di carriera o particolari incarichi professionali e/o sotto forma di incremento patrimoniale dell'altro coniuge, osserva il Tribunale come nel caso in esame non sussista prova alcuna di un depauperamento professionale o diminuzione patrimoniale subiti dalla resistente nel corso del matrimonio in forza di scelte imposte dal marito e poi adottate in costanza del matrimonio stesso, e ciò anche considerata la brevissima durata del matrimonio. Parimenti, non vi è prova alcuna che la (...) abbia in qualche modo contribuito alla formazione e crescita del patrimonio del marito (elementi tutti, questi, peraltro neppure compiutamente dedotti e specificamente allegati), posto che il (...) ha sempre lavorato come operaio per società di (...) (vedasi, al riguardo, Cass. civ. Sez. I, ordinanza 17.04.2019, n. 10781, ove si è affermato come gravi sul coniuge richiedente l'assegno divorzile l'onere di provare la mancanza di redditi adeguati al proprio sostentamento e di dimostrare, inoltre, che le eventuali differenze reddituali siano state direttamente causate dalle scelte di vita coniugali). Se quindi alcun criterio di tipo compensativo-perequativo può supportare la richiesta di assegno avanzata dalla resistente, neppure un profilo più propriamente assistenziale può fondare il diritto a ricevere contributo mensile dal marito, atteso che, come già detto, la resistente moglie ha piena capacità lavorativa, anche specifica, non sostiene spese per l'abitazione in cui vive, il mese dopo la cessazione del rapporto di lavoro con la società (...) ha costituito l'Associazione Culturale - C.R. nell'ambito del quale è operante un esercizio commerciale di bar, e risulta quindi avere mezzi e capacità lavorative sufficienti per mantenersi. La domanda di assegno perequativo da porre a carico del marito va dunque rigettata. Le spese di lite seguono integralmente il principio della soccombenza e sono quindi poste a carico della resistente in favore del ricorrente. Le stesse si liquidano sulla base del D.M. n. 147 del 13 agosto 2022, in vigore dal 23.10.2022, avuto riguardo al valore della causa, all'attività difensiva concretamente espletata e al livello di complessità delle questioni trattate (scaglione indeterminabile - complessità bassa, importo medio per le fasi di studio e introduttiva e importo minimo per le fasi istruttoria e decisionale). P.Q.M. Il Tribunale di Forlì in composizione collegiale, ogni diversa istanza, domanda ed eccezione disattesa, definitivamente decidendo nella causa avente ad oggetto domanda di scioglimento del matrimonio promossa da (...) nei confronti di (...), con ricorso depositato in data 07.06.2019, così provvede; - PRONUNZIA lo scioglimento del matrimonio contratto a Forlì il 15.10.2007 tra (...), nato a (...) il (...), e (...), nata a (...) (P.) il (...), e trascritto nel Registro degli Atti di matrimonio del predetto Comune dell'anno 2007, Parte 1, atto numero 138, ordinando all'Ufficiale dello Stato Civile del Comune di Forlì di procedere all'annotazione della presente sentenza; - RIGETTA la domanda di assegno perequativo a titolo di contributo al proprio mantenimento da porre a carico del ricorrente marito avanzata dalla resistente moglie; - CONDANNA la resistente (...) alla refusione, in favore del ricorrente (...), delle spese di lite che si liquidano in Euro 5.261,00 per compenso professionale, oltre al 15% rimborso forfettario spese generali, C.P.A. ed IVA come per legge; - MANDA alla Cancelleria per gli adempimenti di competenza. Così deciso in Forlì nella Camera di consiglio del 31 ottobre 2022. Depositata in Cancelleria il 3 novembre 2022.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO DI FORLÌ SECONDA SOTTOSEZIONE CIVILE Il Tribunale, nella persona del Giudice dott.ssa Giorgia Sartoni ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 222/2020 promossa da: (...) OPPONENTE contro (...) S.r.l. E PER ESSA, QUALE PROCURATRICE, (...) S.p.A. (C.F. (...) OPPOSTO CONCISA ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE Con atto di citazione tempestivamente notificato, (...) di seguito anche solo fideiussore) proponeva opposizione avverso il decreto ingiuntivo n. 1674/2019, con il quale il Tribunale di Forlì, su ricorso di (...) s.r.l. e per essa, quale procuratrice, (...) S.p.A. (di seguito anche senza indicazione del tipo sociale o cessionario), ingiungeva il pagamento di complessivi Euro 1.098.553,00, oltre interessi e spese del procedimento monitorio, in forza delle fideiussioni prestate da parte opponente in favore della banca a garanzia dell'adempimento del debitore principale (...) S.r.l. datate 11.07.2012, 27.06.2012, 05.10.2012 e 27.09.2012, in relazione rispettivamente al contratto di apertura di credito di Euro 1.950.000,00, al contratto di mutuo n. (...) per Euro 1.800.000,00, al contratto di mutuo fondiario n. (...) di originari Euro 500.000,00 e al contratto di apertura di credito fino ad Euro 2.340.000,00; rapporti bancari tutti conclusi tra la società (...) S.r.l. e la banca (...) S.p.A.. Preliminarmente, parte opponente contestava i presupposti in fatto ed in diritto posti alla base dell'emesso provvedimento di ingiunzione, nonché la debenza della somma ingiunta, per violazione del disposto di cui agli artt. 633 e 634 c.p.c., stante l'inesistenza del credito ingiunto e comunque il difetto di prova dello stesso. In particolare, il fideiussore (...) deduceva che, sulla base della documentazione prodotta dalla società ricorrente in sede monitoria, emergerebbe una propria responsabilità - se ed in quanto esistente - quantomeno limitata, per quanto riguarda il mutuo n. (...) al 16,67%, per quanto riguarda il mutuo n. (...) ad Euro 83.350,00 e per quanto riguarda il contratto di apertura di credito in conto corrente n. (...) Euro 390.078,00. Parte opponente, altresì, contestava gli estratti ex art. 50 T.U.B. prodotti dalla società ricorrente in sede monitoria, non sussistendo i presupposti richiesti dalla lege, a fronte in ogni caso dell'impossibilità di verificare la correttezza del conteggio degli interessi applicati sulla base della documentazione prodotta in sede monitoria dall'odierna parte opposta. In aggiunta, parte opponente deduceva la mancata debenza degli importi di cui al decreto ingiuntivo opposto - emesso in difetto dei requisiti minimi previsti ex lege di certezza, liquidità ed esigibilità -, contestando tutte le pattuizioni di interessi risultanti dai titoli azionati, nonché la loro capitalizzazione, stante la violazione del divieto anatocistico bancario e l'illegittimo superamento del tasso soglia usura di cui alla legge n. 108/1996. Per tutte le predette ragioni, parte opponente, in via preliminare, chiedeva la reiezione dell'eventuale avversa richiesta di concessione della provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo opposto e, nel merito, domandava la declaratoria di nullità e di inefficacia nei confronti di (...) del decreto ingiuntivo opposto n. 1674/2019; in ogni caso con vittoria delle spese di lite e con distrazione delle stesse in favore del difensore, che si dichiarava antistatario. All'udienza del 29.06.2020, il giudice dichiarava la contumacia di (...), non costituita e non comparsa, e, come da richiesta di parte opponente, assegnava i termini istruttori di cui all'art. 183, comma 6, c.p.c.. Parte opponente provvedeva poi a depositare telematicamente le proprie memorie istruttorie. Con provvedimento del Presidente del Tribunale del 17.07.2020, la causa veniva riassegnata alla scrivente, la quale, con successivo decreto del 22.07.2020, al fine di decidere in merito all'istanza di riunione proposta nell'ambito delle opposizioni al medesimo decreto ingiuntivo nn. R.G. 142/2020 e 235/2020, chiamava tutti i fascicoli oggetto dell'istanza di riunione proposta all'udienza del giorno 10.06.2021, per le determinazioni in ordine all'istanza di riunione nonché per il proseguo dei giudizi. Con istanza del 27.08.2020, l'avv. (...) per (...) s.r.l. e per essa, quale procuratrice, (...) S.p.A. depositava richiesta di visibilità del fascicolo telematico d'ufficio. Con comparsa di costituzione e risposta telematicamente depositata in data 7.06.2021, si costituiva (...), impugnando e contestando integralmente l'avversa opposizione. Preliminarmente, parte opposta dava atto di essere l'attuale titolare del credito oggetto del decreto ingiuntivo, così come cedutole dalla (...) S.p.A. in forza del contratto di cessione di crediti stipulato in data 6.12.2017 e che (...) S.p.A. veniva incaricata dalla stessa di porre in essere, in suo nome e per suo conto, tutti gli atti necessari allo svolgimento dell'attività di recupero dei crediti. Parte opposta ribadiva, altresì, di essere creditrice di parte opponente, nella sua qualità di fideiussore - in forza delle fideiussioni elencate in atti - del debitore principale (...) S.r.l., per la somma complessiva di Euro 1.098.553,00. In particolare, parte opposta affermava la propria legittimazione attiva, atteso che gli effetti dell'intervenuta cessione in blocco di crediti si perfezionano con il negozio, di cui la pubblicità costituisce una mera divulgazione al fine di potenziare gli effetti della cessione già perfezionata. Parte opposta, inoltre, deduceva di aver assolto il proprio onere probatorio, a fronte della documentazione prodotta senza dubbio integrante il requisito della prova scritta di cui all'art. 633 c.p.c. avendo, il legislatore, ritenuto che l'estratto ex art. 50 T.U.B. rappresenti un adeguato mezzo probatorio al fine di ottenere la pronta formazione di un titolo giudiziale, essendo espressamente consentita ai dirigenti delle banche la facoltà di certificare gli estratti conto. Inoltre, parte opposta si opponeva all'avversa richiesta di consulenza tecnica d'ufficio contabile, in quanto superflua e strumento non utilizzabile per supplire le avversarie carenze probatorie. Da ultimo, parte opposta ribadiva l'infondatezza delle avverse doglianze, respingendo le eccezioni di nullità dei contratti di fideiussione e non essendo gli stessi né nulli per conformità allo schema contrattuale predisposto dall'A.B.I., né nulli per illiceità della causa. Per tutte queste ragioni, parte opposta domandava, in via principale, la conferma del decreto ingiuntivo opposto e la reiezione delle domande ex adverso formulate, in quanto inammissibili e infondate; in via subordinata, in ipotesi di revoca del decreto ingiuntivo opposto, la condanna di parte opponente Germano al pagamento in favore di parte opposta della somma di Euro 1.098.553,00, ovvero di quella diversa accertata in corso di causa; in ogni caso con vittoria di spese di lite. All'udienza del 10.06.2021, il giudice, dato atto dell'intervenuta costituzione di parte opposta, revocava il provvedimento del 29.06.2020 limitatamente alla parte in cui era stata dichiarata la contumacia di (...), rigettava l'istanza di riunione con le altre opposizioni avverso il medesimo decreto ingiuntivo n. 1674/2019 e, su richiesta congiunta delle parti e ritenuta la causa matura per la decisione, fissava per la precisazione delle conclusioni l'udienza del 22.06.2022, dando atto del carico del ruolo e della necessità a seguito della riassegnazione di una pluralità di fascicoli di una generale e complessiva riorganizzazione del ruolo, sempre conformemente al piano di gestione dell'arretrato, trattenendo in decisione in via prioritaria i fascicoli recanti anno di iscrizione al ruolo 2016, 2017 e 2018. All'udienza del 13.06.2022, anticipata e svoltasi unicamente con modalità di trattazione cartolare, ai sensi degli artt. 36 d.l. n. 23 del 8.04.2020 e 83 d.l. n. 18/2020, come disposto con decreto del 9.04.2022 ritualmente comunicato, le parti precisavano le rispettive conclusioni e il giudice tratteneva la causa in decisione assegnando i termini di cui all'art. 190 c.p.c., per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica, che venivano poi depositate dalle parti. L'opposizione proposta dal fideiussore della società (...) s.r.l., (...) avverso il decreto ingiuntivo n. 1674/2019 è fondata e va, dunque, accolta per le ragioni di seguito esposte, essendo senza dubbio assorbente la mancata tempestiva produzione in giudizio ad opera di parte opposta - attore in senso sostanziale - della necessaria e completa documentazione bancaria a dimostrazione della fonte del proprio preteso credito, su cui si fonda il decreto ingiuntivo ottenuto in sede monitoria dal preteso cessionario (...), che conseguentemente deve essere revocato. 1. Preliminarmente e per quanto di specifico interesse ai fini della presente decisione, si ricorda in via generale che, come noto, "con l'opposizione al decreto ingiuntivo si apre un ordinario giudizio di cognizione, nel quale il giudice non deve limitarsi ad accertare se, all'atto dell'emissione del decreto ingiuntivo, sussistevano tutte le condizioni all'uopo richieste dalle norme processuali, ma deve tener conto anche degli elementi acquisiti attraverso le deduzioni delle parti e le prove da esse offerte. E, poiché le condizioni dell'azione debbono essere accertate con riferimento alla situazione esistente al tempo della pronuncia e non a quello della domanda, si deve ritenere fondata l'originaria pretesa se i fatti costitutivi di essa, ancorché insussistenti al momento in cui fu chiesto ed emesso il decreto ingiuntivo, concorrano al momento della decisione sull'opposizione" (cfr. Cass. n. 32792 del 9.11.2021) e che, dunque, l'attore in senso sostanziale ovvero, nella specie, parte opposta (...) è legittimato a fornire adeguata e compiuta prova della propria pretesa creditoria, già azionata in sede monitoria, anche nel corso del presente giudizio di cognizione, nei limiti e nel rispetto delle preclusioni processuali, assertive e probatorie, di cui all'art. 183 c.p.c.. Sempre in via preliminare, stante l'iniziale natura contumaciale della presente opposizione a decreto ingiuntivo - declaratoria di contumacia di parte opposta in prima udienza (cfr. verbale d'udienza del 29.06.2020) e formale revoca della predetta declaratoria a seguito della costituzione in giudizio della medesima parte in data 7.06.2021 (cfr. verbale d'udienza del 10.06.2021) -, appare altresì opportuna una breve premessa in merito all'istituto processuale della contumacia di cui agli artt. 290 e ss. c.p.c. e dell'applicazione del principio di non contestazione di cui all'art. 115 c.p.c.. Per un verso, ci si limita a riportare il disposto dell'art. 293 c.p.c. per cui "la parte che è stata dichiarata contumace può costituirsi in ogni momento del procedimento fino all'udienza di precisazione delle conclusioni", nonché quanto previsto dal successivo art. 294 c.p.c. per cui "il contumace che si costituisce può chiedere al giudice istruttore di essere ammesso a compiere attività che gli sarebbero precluse, se dimostra che la nullità della citazione o della sua notificazione gli ha impedito di avere conoscenza del processo o che la costituzione è stata impedita da causa a lui non imputabile. Il giudice, se ritiene verosimili i fatti allegati, ammette, quando occorre, la prova dell'impedimento, e quindi provvede sulla rimessione in termini delle parti". Per altro verso, in aggiunta, come noto, si richiama l'art. 115 c.p.c. nella parte in cui prescrive al giudice di "porre a fondamento della decisione le prove proposte dalle parti o dal pubblico ministero, nonché i fatti non specificamente contestati dalla parte costituita" enucleando così il principio generale della disponibilità delle prove. Per principio di non contestazione, dunque, si intende la regola processuale per cui nel processo civile su rapporti disponibili, non hanno bisogno di essere provati i fatti che, allegati da una parte, non sono stati espressamente contestati dall'altra e in ciò sostanzialmente configura una importante deviazione rispetto alla regola generale dell'onere della prova di cui all'art. 2697 c.c., legislativamente prevista per evidenti finalità di economia processuale. Si impone, pertanto, un preciso onere di contestazione a carico della parte contro la quale la pretesa è rivolta, a patto che la stessa parte sia costituita in giudizio. Parallelamente il nostro ordinamento prevede l'istituto della contumacia, quale scelta della parte regolarmente convenuta in giudizio di rimanere inattiva, senza esercitare il proprio potere di costituzione e di difesa attiva nel processo. A differenza di altri ordinamenti, il nostro configura la contumacia come una ficta contestatio e non già come ficta confessio e, pertanto, prevede la finzione ai base alla quale la parte che non si costituisce in giudizio contesta comunque i fatti costitutivi allegati dall'attore, incombendo, dunque, in capo a quest'ultimo l'onere di provare la fondatezza della propria domanda, anche nell'ipotesi di inattività del convenuto. In sintesi, si ricorda l'orientamento pacifico della giurisprudenza sul punto nel ritenere che "la disciplina della contumacia ex art. 290 ss cod. proc. civ. non attribuisce a questo istituto alcun significato sul piano probatorio, salva previsione espressa, con la conseguenza che si deve escludere non solo che essa sollevi la controparte dall'onere della prova, ma anche che rappresenti un comportamento valutabile, ai sensi dell'art. 116, primo comma, cod. proc. civ., per trarne argomenti di prova in danno del contumace" (cfr. Cass. n. 14860 del 13.06.2013). In sintesi, quindi, l'istituto della contumacia, quale mero fatto processuale, determina gli specifici effetti espressamente previsti dalla legge, ma non introduce deroghe al principio dell'onere della prova, né può assumere alcun significato probatorio in favore della domanda dell'attore. L'ordinanza contenente la declaratoria di contumacia non preclude la possibilità per la parte contumace di costituirsi in giudizio nelle more dello stesso, fatte salve le preclusioni maturate. 2. Tutto ciò doverosamente premesso in diritto, è circostanza processuale di centrale rilievo, ai fini della valutazione discrezionale riservata al giudice della rilevanza e dell'efficacia probatoria delle deduzioni e delle allegazioni poste in essere dalle parti, l'intervenuta costituzione nel corso del giudizio di parte opposta, inizialmente contumace, a seguito del maturare delle preclusioni processuali, con conseguente inammissibilità della comparsa di costituzione e risposta depositata telematicamente da (...) in data 7.06.2021, nella parte in cui non contiene unicamente contestazioni e mere difese, ma allegazioni e domande nuove, nonché nuove produzioni documentali. Sul punto ci si limita a rilevare come sia la stessa difesa di parte opposta a confermare le date in cui la medesima ha posto in essere i propri atti difensivi, senza sollevare eccezioni a riguardo né proponendo alcuna formale e specifica istanza di rimessione in termini ex art. 153, comma 2, c.p.c.. 3. Passando poi all'analisi delle questioni e delle doglianze sollevate da parte opponente in sede di opposizione e alla luce della documentazione utilizzabile nell'ambito del presente giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, si ritiene che parte opposta (...) non abbia dimostrato in modo idoneo e adeguato l'effettiva sussistenza di un proprio diritto di credito certo, liquido ed esigibile, come domandato in sede monitoria, sia soprattutto con riferimento al profilo della prova della titolarità attiva degli specifici crediti azionati, sia con riferimento alla prova della fonte negoziale e all'esatto ammontare degli stessi. 3.1 In primo luogo e per le ragioni in precedenza evidenziate, infatti, sono certamente inammissibili, quindi inutilizzabili ai fini della presente decisione, le produzioni documentali sub doc. nn. 3 e 4 allegate alla comparsa di costituzione di parte opposta, in quanto nuove e successive al maturare della preclusione istruttoria di cui all'art. 183, comma 6, c.p.c.. (28.09.2020). 3.2 In secondo luogo, poi, anche a voler ritenere ammissibile l'acquisizione nell'ambito del giudizio di opposizione dei documenti già prodotti nel fascicolo monitorio, sulla base del potere officioso di consultazione telematica del fascicolo monitorio d'ufficio e alla luce di un'interpretazione evolutiva del sistema tenuto conto delle potenzialità informatiche insite della Consolle del Magistrato, parte opposta non ha in ogni caso adeguatamente assolto al proprio onere della prova di attore in senso sostanziale (cfr. anche Cass. n. 24885 del 21.11.2014). 3.2.1 In base alla ragione maggiormente liquida (cfr. Cass. n. 363 del 9.01.2019), dovendosi comunque rilevare che in atti non vi è prova dell'avveramento della condizione di procedibilità della domanda - carenza non rilevata né eccepita durante la prima udienza di comparizione e trattazione del 29.06.2020 -, si deve rilevare l'assoluta infondatezza delle pretese vantate da (...) nei confronti (...) stante l'assorbente e specifica contestazione formulata da parte opponente in termini di difetto di titolarità attiva in ordine ai crediti azionati in sede monitoria in capo a (...), che si è solo affermato cessionario ovvero successore a titolo particolare di (...) S.p.A. in forza del contratto di cessione di crediti pecuniari individuabili in blocco ex art. 58 T.U.B., datato 06.12.2017. Innanzitutto, occorre rilevare la tempestività e la ritualità dell'eccezione in senso stretto di carenza di legittimazione attiva, formulata da parte opponente, in via preliminare con il proprio atto di citazione in opposizione a decreto ingiuntivo e sempre riproposta nelle successive difese. A fronte di tale specifica eccezione, occorre altresì rilevare che, alla luce della documentazione complessivamente offerta in comunicazione da parte opposta, risulta comunque carente la prova dell'effettiva cessione in capo all'attore in senso sostanziale (...) degli specifici crediti rispettivamente derivanti dal saldo debitorio dei contratti di mutuo fondiario n. (...) del 27.06.2012, di mutuo fondiario n. 80124 del 05.10.2012 e di apertura di credito in conto corrente n. (...) linee di credito tutte concesse dalla banca (...) S.p.A. alla società debitrice principale (...) cfr. doc. nn. 4, 6 e 8 monitorio) e garantite, pro quota, anche da (...) con plurime fideiussioni rilasciate nell'anno 2012 (cfr. doc. nn. da 10 a 13 monitorio). A tal proposito, occorre rilevare che certamente, in ragione della disciplina speciale di cui all'art. 58 T.U.B. in materia di cessioni di credito in blocco da parte di istituti di credito, l'estratto della pubblicazione del relativo avviso di cessione dei crediti sulla Gazzetta Ufficiale - avviso dell'intervenuta operazione di cartolarizzazione tra (...) e (...) (cfr. doc. n. 3 monitorio) - costituisce una facilitazione per le banche, producendo gli effetti pubblicitari dell'intervenuta cessione nonché di efficacia della stessa cessione in blocco. In particolare, infatti, la pubblicazione dell'avviso di cessione dei crediti nella Gazzetta Ufficiale costituisce presupposto di efficacia della cessione in blocco dei rapporti giuridici nei confronti dei singoli debitori ceduti, dispensando la banca dall'onere di procedere alle singole notifiche della cessione in relazione ad ognuno dei rapporti acquisiti (cfr. anche Cass. n. 20495 del 29.09.2020). Sul punto, ci si limita peraltro a richiamare il dettato testuale dell'art. 58 T.U.B. che al comma 4 espressamente prevede che "nei confronti dei debitori ceduti gli adempimenti pubblicitari previsti dal comma 2 producono gli effetti indicati dall'articolo 1264 del codice civile", nonché il precedente comma 3 per cui "i privilegi e le garanzie di qualsiasi tipo, da chiunque prestati o comunque esistenti a favore del cedente, nonché le trascrizioni nei pubblici registri degli atti di acquisto dei beni oggetto di locazione finanziaria compresi nella cessione conservano la loro validità e il loro grado a favore del cessionario, senza bisogno di alcuna formalità o annotazione". Con ciò, per quanto di specifico interesse ai fini del decidere la presente causa, si osserva come non è necessaria ai fini dell'efficacia della cessione alcuna ulteriore comunicazione/notificazione nei confronti del debitore principale e/o del fideiussore, quali debitori ceduti. Tale norma speciale, al contrario, però, non implica di per sé la perdita della legittimazione sostanziale e processuale della banca cedente, avendo unicamente l'effetto di derogare, nello specifico settore bancario, alla disciplina dettata dal codice civile in tema di opponibilità ai debitori ceduti della cessione dei debiti trasferiti in blocco; pertanto, in caso di contestazione circa l'effettiva titolarità del credito, spetta pur sempre al cessionario fornire la prova dell'essere stato lo specifico credito di cui si controverte compreso tra quelli compravenduti nell'ambito dell'operazione di cessione in blocco, essendo il fondamento sostanziale della legittimazione attiva legato per il cessionario alla prova dell'oggetto della cessione (cfr. Cass. n. 4116 del 2.03.2016). Inoltre, è necessario rilevare, sempre in via generale, che la titolarità della posizione soggettiva, attiva o passiva, vantata in giudizio - a differenza della condizione dell'azione costituita dalla legittimazione ad agire ovvero dell'affermazione di essere titolare di un determinato diritto - è un elemento costitutivo della domanda ed attiene al merito della decisione, insorgendo, quindi, in capo a colui che agisce uno specifico onere di allegazione e di prova, salvo il riconoscimento o lo svolgimento di difese incompatibili con la negazione da parte del convenuto (cfr. Cass. n. 2951 del 16.02.2016). Sempre sul punto, si ricorda, anche in base ad un consolidato orientamento giurisprudenziale, che l'attore, in quanto soggetto agli ordinari criteri sull'onere della prova ex art. 2697 c.c. è esonerato della dimostrazione della titolarità del rapporto solo quando il convenuto ne faccia espresso riconoscimento o la sua difesa sia incompatibile con il disconoscimento, in applicazione del principio secondo cui non egent probatione i fatti pacifici o incontroversi (cfr. Cass. n. 15759 del 10.07.2014). Ancora in tale senso, si ritiene opportuno richiamare anche i più recenti approdi della giurisprudenza di legittimità per cui "la parte che agisca affermandosi successore a titolo particolare del creditore originario, in virtù di un'operazione di cessione in blocco secondo la speciale disciplina di cui all'art. 58 del D.Lgs. n. 385 del 1993, ha anche l'onere di dimostrare l'inclusione del credito medesimo in detta operazione, in tal modo fornendo la prova documentale della propria legittimazione sostanziale, salvo che il resistente non l'abbia esplicitamente o implicitamente riconosciuta" (cfr. Cass. n. 24798 del 5.11.2020, nonché Cass. n. 5617 del 28.02.2020 con specifico riferimento ad un caso di insinuazione al passivo). Ciò premesso e richiamato, nel caso di specie, la puntuale e documentale prova dell'effettiva inclusione dei crediti pretesi nei confronti di (...) S.r.l. e conseguentemente nei confronti del fideiussore (...) nell'ambito dell'operazione di cartolarizzazione tra (...) e (...) non è stata adeguatamente fornita da parte opposta (...). Innanzitutto e per le ragioni sopra evidenziate, si rileva l'insufficienza ai fini del compiuto assolvimento dell'onere della prova circa la sussistenza di sostanziale titolarità attiva del credito in capo al cessionario dell'avviso di cessione dei crediti deteriorati in blocco mediante pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, documento offerto in comunicazione da parte opposta già con il proprio ricorso per decreto ingiuntivo (cfr. doc. n. 3 monitorio). Per un verso, infatti, si rileva in ogni caso l'assoluta genericità della ricognizione dei crediti oggetto di cessione in blocco da parte di (...) a favore di (...) contenuta di per sé nel già richiamato avviso di cessione in blocco, in cui si da atto che (...) "con contratto di cessione concluso in data 6 dicembre 2017 ai sensi degli articoli 1, 4 e 7.1 della Legge sulla cartolarizzazione ("Contratto di Cessione ") ha acquistato pro soluto da (...) S.p.A. ("il Cedente") (...) con efficacia economica dalle ore 23.59 del 31 marzo 2017 e con efficacia giuridica in data 6 dicembre 2017 tutti i crediti per capitale, interessi (anche di mora), spese e altri accessori, un elenco analitico dei quali è richiamato nel Contratto di Cessione (i "Crediti"), derivanti da facilitazioni creditizie erogate in varie forme tecniche e concesse nel periodo intercorrente tra la data del 4.01.1965 e la data del 31.03.2017, come meglio indicati nel Contratto di Cessione. I suddetti crediti sono qualificabili quali crediti deteriorati in base alle disposizioni di banca d'Italia e per gli effetti di cui all'articolo 7.1, comma 6, della Legge sulla Cartolarizzazione". Per altro verso, inoltre, si rileva come lo stesso avviso pubblicato in Gazzetta Ufficiale quanto all'oggetto della cessione, oltre a rimandare proprio direttamente al contratto di cessione, espressamente prevede che "sul sito internet https: (...) saranno resi disponibili, fino all'estinzione del relativo credito ceduto, i dati indicativi dei Crediti, nonché la conferma dell'avvenuta cessione per i debitori ceduti che ne fanno richiesta". Una tale indicazione contenente un generico rinvio per relationem al contratto di cessione, nonché al sito internet indicato, che peraltro sostanzialmente onera gli stessi debitori ceduti di richiedere all'istituto di credito la conferma dell'avvenuta cessione, non può certamente integrare la puntuale prova di natura oggettiva e/o documentale dell'essere gli specifici crediti azionati in sede monitoria nei confronti del fideiussore opponente ricompresi nell'oggetto della compravenduta di crediti deteriorati nell'ambito della dedotta operazione di cessione in blocco. Nella specie, infatti, si rileva come, pur essendo presumibilmente sorti i pretesi crediti oggetto del presente giudizio nell'ampio periodo temporale indicato, l'effettiva inclusione degli stessi nel contratto di cessione in blocco, nonché la formale classificazione a sofferenza ovvero di crediti deteriorati non emerge dalla documentazione in atti, dovendosi rilevare che la natura deteriorata dei crediti è enunciata - peraltro, senza alcuno specifico elemento identificativo delle singole posizioni - solo nelle comunicazioni di revoca delle facilitazioni bancarie e delle linee di credito, nonché di messa in mora che (...) deduce di aver inviato al debitore principale e ai fideiussori (cfr. doc. n. 14 monitorio), non fornendo le relative prove di ricezione delle raccomandate A/R. Parimenti, la necessaria prova oggettiva dell'effettiva inclusione degli specifici crediti azionati nell'ambito dell'oggetto del contratto di cessione in blocco concluso in data 6.12.2017 ai sensi degli articoli 1, 4 e 7.1 della Legge sulla Cartolarizzazione tra (...) e (...) non si ritiene adeguatamente fornita da parte opposta nemmeno con la produzione nell'ambito della fase monitoria di copia dell'estratto del contratto di cessione in blocco, in larga parte omissato e soprattutto che riporta unicamente la sottoscrizione dell'odierna parte opposta (cfr. doc. n. 15 monitorio). Inoltre, in ragione delle varie questioni ed eccezioni sollevate dalle parti a tal proposito occorre effettuare le seguenti precisazioni. Da un lato, senza dubbio ammissibile ed utilizzabile in base alla disciplina codicistica è la produzione di documenti anche non in lingua italiana ovvero, nel caso di specie, del documento redatto integralmente in lingua inglese e denominato "Claims Transfer Agreement". Sul punto, ci si limita a richiamare l'orientamento pressoché pacifico della giurisprudenza di legittimità in base al quale "il principio della obbligatorietà della lingua italiana, previsto dall'art. 122 cod. proc. civ., si riferisce agli atti processuali in senso proprio (tra i quali, i provvedimenti del giudice e gli atti dei suoi ausiliari, gli atti introduttivi del giudizio, le comparse e le istanze difensive, i verbali di causa) e non anche ai documenti esibiti dalle parti. Ne consegue che qualora siffatti documenti siano redatti in lingua straniera, il giudice, ai sensi dell'art. 123 cod. proc. civ., ha la facoltà, e non l'obbligo, di procedere alla nomina di un traduttore, della quale può farsi a meno allorché le medesime parti siano concordi sul significato delle espressioni contenute nel documento prodotto ovvero esso sia accompagnato da una traduzione che, allegata dalla parte e ritenuta idonea dal giudice, non sia stata oggetto di specifiche contestazioni della parte avversa" (cfr. Cass. n. 13249 del 16.06.2011). Dall'altro lato, anche considerato ed analizzato nel suo complesso, tale specifico documento, prodotto peraltro in copia contenente ampie omissioni e costituita da appena 7 pagine a fronte di un'indicazione a pie pagina di 69 pagine totali, non presenta sufficienti indici tali da dimostrare chiaramente ed univocamente che il debito vantato nei confronti dell'odierna parte opponente sia ricompreso nell'oggetto dell'intervenuta cessione in blocco. In tal senso, infatti, si osserva che pagina 5 del documento offerto in comunicazione non appare integrare senza ombra di dubbio l'elenco dei crediti ceduti relativo allo specifico contratto di cessione di crediti in blocco analizzato, in quanto tale pagina si presenta a livello grafico - impaginazione orizzontale, anziché verticale, diversità del carattere delle scritte e mancanza di riferimento al numero di pagina - del tutto distonica rispetto alle pagine introduttive del contratto di cessione prodotte. Ed in ogni caso, anche a voler ritenere tale pagina quale effettiva parte integrante del contratto di cessione in blocco ed in particolare a volerla qualificare quale sostanziale elenco dei crediti oggetto dell'operazione di cessione in blocco per cui è causa e a cui fa espresso rimando l'avviso di cessione pubblicato in Gazzetta Ufficiale, si osserva che tale documento contiene unicamente sotto l'indicazione "RAG.SOC.DEBITORE" il nominativo della società (...) s.r.l. senza nessun altra specificazione neanche di carattere meramente numerico - ad esempio NDG o similari -, idonea ad individuare e conseguentemente ricondurre in modo puntuale gli specifici crediti nell'oggetto della cessione in blocco considerata. In aggiunta e per completezza espositiva, si precisa che ogni ulteriore ed eventuale indicazione numerica contenuta sia sulla dichiarazione datata 13.11.2019 prodotta da parte opposta (cfr. doc. n. 16 monitorio) sia in allegato all'avviso di cessione (cfr. doc. n. 17 monitorio) non è certamente idonea ad assurgere al rango di prova richiesta ai fini della dimostrazione dell'effettiva titolarità attiva in capo al cessionario del credito azionato, in quanto la prima costituisce dichiarazione - che seppur autenticata da Notaio - proveniente e sottoscritta dallo stesso preteso creditore e non già da terzi (quale ad esempio la banca cedente) e la seconda riporta un'elencazione di NDG non riconducibile oggettivamente alla cessione di crediti in blocco dedotta da parte opposta. 3.2.2 Inoltre e sempre in base alle ragioni maggiormente liquide, ci si limita a rilevare che parte opposta, nemmeno a seguito del deposito del proprio ricorso per decreto ingiuntivo, ha assolto sufficientemente il proprio onere della prova, in qualità di attore sostanziale. A tal proposito, si ricorda che secondo l'orientamento costante della giurisprudenza di legittimità, il normale regime dell'onere probatorio non risulta modificato neanche quando venga proposta una domanda di mero accertamento negativo del credito di controparte, dal momento che l'onere probatorio gravante, a norma dell'art. 2697 c.c., su chi intende far valere in giudizio un diritto, ovvero su chi eccepisce la modifica o l'estinzione del diritto da altri vantato, non subisce deroga neanche quando abbia ad oggetto fatti negativi, in quanto la negatività dei fatti oggetto della prova non esclude né inverte il relativo onere, gravando esso pur sempre sulla parte che fa valere il diritto di cui il fatto, pur se negativo, ha carattere costitutivo; tuttavia, in tal caso la relativa prova può esser data mediante dimostrazione di uno specifico fatto positivo contrario, od anche mediante presunzioni dalle quali possa desumersi il fatto negativo (cfr. Cass. n. 500 del 11.01.2017, Cass. n. 14854 del 13.06.2013). Pertanto, nei giudizi promossi dalla banca o dal cessionario del credito, che si affermano creditori nei confronti del proprio cliente, la giurisprudenza di legittimità può dirsi ormai sufficientemente consolidata con riferimento agli oneri probatori gravanti sulla banca/cessionario del credito, prima, in sede monitoria e, poi, nel successivo ed eventuale giudizio contenzioso di opposizione. Se, infatti, l'art. 50 T.U.B. (d.lgs. n. 385 del 1.09.1993) prevede a favore di tutti gli istituti di credito un particolare privilegio probatorio per cui accanto al titolo negoziale è sufficiente la produzione de "l'estratto conto, certificato conforme alle scritture contabili da uno dei dirigenti della banca interessata, il quale deve altresì dichiarare che il credito è vero e liquido", ciò non vale nella successiva fase di opposizione a decreto ingiuntivo, in quanto si apre un ordinario giudizio di cognizione (cfr. exmultis Cass. n. 7020 del 12.03.2019 e Cass. n. 32792 del 9.11.2021). Infatti, una volta proposta dal correntista o dal garante comunque coobbligato, l'opposizione a decreto ingiuntivo, essendo la banca o il cessionario del credito, attrice in senso sostanziale, a fronte di specifiche e puntuali contestazioni di nullità delle clausole negoziali da parte dell'opponente, è proprio quest'ultima a dover provare rigorosamente il credito vantato in sede monitoria, producendo in giudizio la fonte negoziale del proprio diritto di credito ovvero il contratto di apertura del rapporto bancario, allegando la circostanza dell'inadempimento della controparte (cfr. già Cass. S.U. n. 13533 del 30.10.2001, conforme Cass. n. 826 del 20.01.2015), nonché tutti gli estratti conto integrali dalla data di inizio del rapporto alla chiusura dello stesso - circostanze fattuali che parimenti devono essere dimostrate dalla parte che agisce in giudizio considerata l'ontologica natura di rapporto di durata che caratterizza il contratto di conto corrente bancario -, al fine di fornire puntuale giustificazione del saldo contabile, come dalla stessa calcolato. A tal proposito, infatti, si ricorda la consolidata impostazione giurisprudenziale per cui "qualora venga eccepita la nullità di alcune clausole contrattuali, è necessario rideterminare il saldo finale del conto, mediante la ricostruzione dell'intero andamento del rapporto, sulla base degli estratti conto a partire dall'apertura del medesimo, che la banca, quale attore in senso sostanziale nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, ha l'onere di produrre, non potendo ritenersi provato il credito in conseguenza della mera circostanza che il correntista non abbia formulato rilievi in ordine alla documentazione prodotta nel procedimento monitorio" (cfr. Cass. n. 21466 del 21.09.2013). Pertanto, la rideterminazione del saldo del conto deve avvenire attraverso i relativi estratti a partire dalla data dell'originaria apertura del conto corrente, così effettuandosi l'integrale ricostruzione del dare e dell'avere, "sulla base di dati contabili certi in ordine alle operazioni ivi registrate, inutilizzabili, invece, rivelandosi, a tal fine, criteri presuntivi od approssimativi" (cfr. Cass. n. 20693 del 13.10.2016, nonché più di recente sul punto anche Cass. n. 11543 del 2.05.2019 e Cass. n. 1077 del 21.01.2021). Conseguentemente, nel caso di specie, ci si limita a rilevare come parte opposta non abbia tempestivamente offerto in comunicazione la serie integrale e continuativa degli estratti conto dalla data di insorgenza del rapporto contrattuale alla chiusura dello stesso con riferimento al rapporto di conto corrente affidato n. (...) né tantomeno abbia specificamente contestato e smentito la puntuale doglianza sollevata con l'opposizione dal fideiussore in merito alla natura in ogni caso pro quota delle garanzie personali assunte dall'odierno opponente (cfr. doc. nn. da 10 a 13 monitorio), ribadendo di agire per l'ottenimento dell'importo complessivo già richiesto in sede monitoria. Senza dubbio, in radice infondata per carenza di prova della fonte negoziale del preteso credito vantato dalla banca deve essere dichiarata la domanda di pagamento del saldo debitorio, in assenza di prova ad opera della parte che agisce di tutti i fatti costitutivi posti a fondamento della propria pretesa. In sintesi ed in conclusione, in un tale deficitario contesto probatorio, parte opposta non ha provato in modo idoneo la sussistenza della propria effettiva e sostanziale titolarità attiva in relazione alla posizione creditoria, come dedotta in giudizio, nella sostanza limitandosi ad affermarsi cessionario degli specifici crediti azionati in sede monitoria a fronte delle specifiche contestazioni mosse da parte opponente sin dall'atto di citazione. L'opposizione proposta dal fideiussore (...) è, pertanto, fondata e deve trovare accoglimento, con conseguente necessità, in questa sede, di revocare il decreto ingiuntivo opposto. 4. Infine, le spese di lite seguono la soccombenza e vengono liquidate, come indicato in dispositivo ed in base al valore della controversia ai fini dell'applicazione degli scaglioni previsti dal D.M. n. 55 del 2014, nei valori minimi per ogni fase, tenuto conto della natura non particolarmente complessa delle questioni affrontate e del fatto che il valore si attesa in prossimità del valore minimo dello scaglione applicabile, nonché del fatto che la causa ha richiesto la partecipazione ad un numero minimo di udienze, senza necessità di espletare alcuna ulteriore attività istruttoria in senso stretto. La condanna alle spese processuali, a norma dell'art. 91 c.p.c., ha il suo fondamento nell'esigenza di evitare una diminuzione patrimoniale alla parte che ha dovuto svolgere un'attività processuale per ottenere il riconoscimento e l'attuazione di un suo diritto e l'essenziale criterio rivelatore della soccombenza è l'aver dato causa al giudizio (cfr. Cass. n. 13498 del 29.05.2018). Ai sensi dell'art. 2, comma 2, D.M. n. 55 del 2014 oltre al compenso e alle spese generali, la parte vittoriosa ha, altresì, diritto al rimborso delle spese sostenute debitamente documentate. Nel caso di specie, non vi è dubbio in merito alla soccombenza di parte opposta in relazione alla propria pretesa creditoria azionata con ricorso per decreto ingiuntivo e non compiutamente provata in sede di giudizio di cognizione in opposizione, come meglio chiarito in motivazione. Occorre, altresì, rilevare che il difensore di parte opponente si è dichiarato antistatario sin dall'atto di citazione in opposizione e, pertanto, le spese di lite vengono liquidate a favore dello stesso. La distrazione delle spese processuali ex art. 93 c.p.c., infatti, integra una fattispecie delegatoria per cui la parte soccombente è tenuta ad adempiere la propria obbligazione direttamente nei confronti dell'avvocato distrattario (creditore anticipatario), estinguendo, al tempo stesso, anche il debito per le spese di lite nei confronti della parte processualmente vittoriosa. P.Q.M. Il Tribunale, definitivamente pronunciando sulla causa che reca numero 222/2020; ogni diversa istanza ed eccezione disattesa o assorbita, così dispone: 1. ACCOGLIE l'opposizione proposta da (...) per le ragioni di cui in motivazione. 2. REVOCA, per l'effetto, il decreto ingiuntivo n. 1674/2019. 3. CONDANNA parte opposta (...) s.r.l. e per essa, quale procuratrice, (...) S.p.A. al pagamento a favore di parte opponente (...) delle spese di lite della presente fase di opposizione, che si liquidano in Euro 21.424,00 per compensi; spese generali pari al quindici per cento della somma che immediatamente precede; spese specifiche pari ad Euro 870,00 per contributo unificato e bollo; infine, IVA e CPA sull'imponibile come per legge, disponendone la distrazione a favore dell'avv. (...). Così deciso in Forlì il 10 ottobre 2022. Depositata in Cancelleria il 13 ottobre 2022.

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