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  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria Sezione Prima ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 321 del 2023, proposto da Co. It. S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, in relazione alla procedura CIG 9395166041, rappresentato e difeso dall'avv. Al. Ce., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via (...); contro Regione Liguria, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Ma. Cr. e Au. Do. Ma., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; Regione Liguria - Settore Stazione Unica Appaltante Regionale, non costituito in giudizio; nei confronti Me. S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Ma. Cr., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; Ef. Ho. S.r.l., non costituita in giudizio; per l'annullamento - del Decreto del Dirigente n. 2820/2023 del 27.04.2023, avente a oggetto l'aggiudicazione della procedura di gara aperta ai sensi dell'art. 60 D.Lgs. n. 50/2016 ss.mm.ii. per l'affidamento della fornitura di "Kit per la gestione dell'incontinenza fecale" per le AASSLL, EEOO e IRCCS della Regione Liguria per un periodo di anni tre con opzione di proroga per ulteriori 12 mesi (lotto unico, gara n. 8711570) e di tutti gli Allegati, nessuno eccettuato e/o escluso, comunicato a Co. It. S.r.l. con nota prot. n. 2023-0361195 del 28.04.2023; - di tutti i Verbali delle operazioni di gara, nessuno eccettuato ed escluso, e così, a titolo esemplificativo, e non esaustivo, del "Verbale seduta pubblica di apertura della documentazione amministrativa" del 20.10.2022; del "Verbale di verifica della documentazione amministrativa" del 5.12.2022; del "Verbale seduta pubblica apertura documentazione tecnica" del 15.02.2023; del "Verbale 1^ seduta riservata della Commissione giudicatrice del 21/03/2023" del 21.03.2023; del "Verbale 2^ seduta riservata della Commissione giudicatrice del 28/03/2023"; del "Verbale seduta pubblica apertura offerte economiche" del 6.04.2023; della "Relazione verifica dell'anomalia dell'offerta" di cui alla nota prot. n. 2023-0337539 del 12.04.2023; - sempre in parte qua, ove occorrer possa, e comunque, nei limiti dei motivi di ricorso, del Progetto di gara, del Bando di gara, del Disciplinare e del Capitolato Tecnico prestazionale, e di tutti gli allegati alla documentazione di gara; - della nota prot. n. 2023-0348100 del 19.04.2023, contenente il Verbale della seduta riservata della Commissione per l'esame delle contestazioni inviate da Co. It. S.r.l. con nota del 12.04.2023, e della nota prot. n. 2023-0357163 del 26.04.2023 del RUP, contenente "Riscontro contestazioni valutazione tecnica"; - di ogni altro atto presupposto, connesso e/o consequenziale, ancorché allo stato sconosciuto; nonché per l'ACCERTAMENTO e la declaratoria del diritto di Co. It. S.r.l. a ottenere l'esclusione dalla gara di Me. S.r.l. e di Ef. Ho. S.r.l., nonché dell'INEFFICACIA del contratto di appalto che dovesse essere medio tempore stipulato tra la stazione appaltante e la ditta aggiudicataria nelle more del presente giudizio e con espressa dichiarazione di disponibilità di Co. It. S.r.l. all'eventuale SUBENTRO nel contratto medesimo; nonché per ottenere il risarcimento del danno per equivalente. Visti il ricorso e i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione in giudizio di Regione Liguria e di Me. S.r.l.; Visti tutti gli atti della causa; Visti gli artt. 74 e 120 cod. proc. amm.; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 20 ottobre 2023 il dott. Marcello Bolognesi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO e DIRITTO 1) La Regione Liguria ha indetto la procedura di gara aperta per l'affidamento - in lotto unico - della fornitura di "Kit per la gestione dell'incontinenza fecale" per le AASSLL, EEOO e IRCCS della Regione Liguria per un periodo di tre anni (con possibilità di proroga per ulteriori 12 mesi), da aggiudicarsi sulla base del criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa. 2) Il Disciplinare di gara ha previsto un lotto unico ripartito nei due seguenti sub-lotti: - il sub-lotto 1-a) costituito dal set per la gestione dell'incontinenza fecale; - il sub-lotto 1-b) costituito dal sacchetto a fondo chiuso, con scala graduata, di almeno 1000 ml di capacità, con sistema di ancoraggio per il posizionamento al letto del paziente e filtro antiodore. 3) Il presente giudizio riguarda il sub-lotto b). 4) L'art. 3 del Capitolato tecnico prestazionale ha stabilito che l'oggetto della fornitura è costituito da un sacchetto a fondo chiuso con almeno 1000 ml di capacità con la precisazione (a pena di esclusione ai sensi dell'art. 3 del Disciplinare) che "all'interno della sacca non deve essere presente alcuna sostanza e/o materiale in grado di alternarne significativamente il volume del contenuto, impedendo la valutazione qualitativa e quantitativa del materiale raccolto". 5) Hanno partecipato alla gara tre operatori: Me. S.r.l., Ef. Ho. S.r.l. e Co. It. S.r.l. odierna ricorrente (d'ora in poi semplicemente: Me., Ef. e Co.). 6) La ricorrente ha offerto una sacca che, al suo interno, è priva di qualsiasi sostanza o materiale, mentre gli altri due concorrenti hanno offerto una sacca contenente all'interno una sostanza gelificante. 7) Durante la gara la stazione appaltante ha chiesto a Me. di fornire un chiarimento in merito ad una dichiarazione relativa ad un requisito del prodotto offerto e, una volta ricevute le note esplicative dalla concorrente, ha ritenuto idonea l'offerta. 8) Alla conclusione della gara è stata stilata la graduatoria ove Me. è stata collocata al primo posto, Ef. al secondo e Co. al terzo, con conseguente affidamento dell'appalto alla prima classificata. 9) Co. ha impugnato l'aggiudicazione con il ricorso di cui in epigrafe lamentando la mancata esclusione dei primi due concorrenti per avere offerto un dispositivo privo dei requisiti minimi previsti a pena d'esclusione dalla lex specialis. A sostegno delle proprie deduzioni la ricorrente ha prodotto in giudizio una relazione tecnica predisposta dall'Università di Firenze secondo cui le sacche offerte dalle prime due graduate sarebbero prive dei requisiti minimi in quanto la sostanza gelificante presente al loro interno, solidificandosi a contatto con l'acqua, altererebbe significativamente il volume del liquido contenuto nella sacca, impedendo una precisa valutazione quantitativa e qualitativa del materiale raccolto. 10) Si sono costituite in giudizio la Regione Liguria e l'aggiudicataria, contestando le affermazioni della ricorrente nonché l'attendibilità dell'accertamento tecnico effettuato ed illustrato nella relazione tecnica di parte. 11) Alla camera di consiglio del 9.6.2023 il Collegio, con ordinanza n. 124 del 13.6.2023 ha disposto apposita verificazione, incaricando il Dipartimento di fisica dell'Università di Genova cui sono stati posti i seguenti quesiti: "a) verificare se, per ogni sacca intatta e posizionata con l'apposito sistema di fissaggio previsto simulando la condizione di utilizzo prevista (ancoraggio al letto del paziente mediante fascette di aggancio o cinghie di fissaggio), l'introduzione di un volume di 1000 ml di acqua in un tempo definito, comporti un aumento di volume misurabile mediante lettura dell'apposita graduazione indicata sulla sacca; b) in caso di incremento di volume di cui al punto precedente: b.1) rilevare a quanto ammonta detto incremento sulla base della graduazione indicata sulla sacca; b.2) verificare se tale incremento sia così "significativo" da impedire la valutazione quantitativa del materiale raccolto". L'ordinanza ha prescritto, inoltre, di utilizzare l'elemento "acqua" non ricorrendo idonee ragioni per praticare un esperimento mediante utilizzo del materiale biologico per cui le sacche sono realizzate. 12) Il verificatore, effettuate le prove di laboratorio alla presenza dei consulenti di parte, ha depositato in giudizio la relazione finale. 13) Le parti hanno presentato memorie e repliche e, all'udienza del 20.10.2023, il ricorso è stato trattenuto in decisione. 14) Il ricorso è fondato, nei termini di seguito precisati. 15) Con l'unico articolato motivo la ricorrente ha dedotto l'illegittimità - per violazione dell'art. 3 del Disciplinare di gara e dell'art. 3 del Capitolato tecnico prestazionale - dell'aggiudicazione a Me. e degli atti di gara nella parte in cui non hanno disposto l'esclusione delle prime due classificate Me. ed Ef., a causa del difetto nei dispositivi offerti delle specifiche tecniche minime richieste a pena di esclusione dalla lex specialis di gara. 15.1) Il motivo merita condivisione. 15.2) L'art. 3 del Capitolato Tecnico Prestazionale ha stabilito che i dispositivi in questione devono avere le "caratteristiche tecniche di minima ed elementi soggetti a valutazione qualitativa" di seguito indicate: "sub-lotto 1b): 1. Sacchetto a fondo chiuso, con scala graduata, di almeno 1000 ml di capacità, con sistema di ancoraggio per il posizionamento al letto e filtro antiodore; 2. All'interno della sacca non deve essere presente alcuna sostanza o materiale in grado di alterare significativamente il volume del contenuto, impedendo la valutazione qualitativa e quantitativa del materiale raccolto". La regola di gara, dunque, ha chiaramente richiesto che nelle sacche non sia presente alcuna sostanza in grado di alterare significativamente il volume del materiale immesso, impedendone la valutazione quantitativa e qualitativa. La sacca offerta dalla ricorrente è priva al suo interno di qualsiasi sostanza o materiale sicché per essa non si pone neppure il problema dell'alterazione volumetrica conseguente all'interazione del liquido immesso nella sacca con elementi reagenti presenti al suo interno. La questione si pone, invece, per le sacche offerte dalle due controinteressate Me. e Ef. (classificate al primo e secondo posto) che contengono all'interno una sostanza gelificante. 15.3) La verificazione ha dimostrato che le sostanze gelificanti presenti nei due dispositivi offerti dalle controinteressate alterano in maniera significativa il volume del materiale immesso nella sacca e ne impediscono la corretta valutazione qualitativa e quantitativa. Il verificatore ha svolto due articolati esperimenti immettendo progressivamente nelle sacche quantità di liquido in determinate scansioni temporali e, per ogni fase, ha rilevato la leggibilità delle quantità immesse sulle graduazioni apposte sulle sacche ed ha fornito anche utili indicazioni sull'eventuale alterazione qualitativa indotta dalla reazione del polimero gelificante con il liquido. Ebbene, in plurimi casi, relativi esclusivamente alle sacche delle due controinteressate, è stata rilevata addirittura l'impossibilità assoluta di lettura del livello del liquido "per la coesistenza di acqua e polimero gelificato" che ha creato un grumo solido all'interno delle sacche impeditivo della lettura del livello e della valutazione qualitativa. Nelle conclusioni il verificatore ha affermato: - che "In molti casi, soprattutto per volumi immessi piccoli, non si riesce a dare numeri significativi nel senso dato a questo termine nell'ambito delle esperimentazioni di fisica perché non si riesce ad individuare in modo univoco un livello di riempimento sulla scala graduata"; - che "rispetto alla taratura effettuata dai produttori, che si esprime con la scala graduata indicata sulle sacche, non si osservano "incrementi" del volume misurato (quando misurabile) rispetto al volume di liquido introdotto; - per un volume di 1000 ml le tarature effettuate dai produttori risultano "congrue""; - che tuttavia "- le sacche SECCO (utilizzate da Me., n. d.e.) possano fornire indicazioni "significative" per quantità di acqua dell'ordine del litro o superiori, per cui si verifica una reazione più efficace dell'acqua con il materiale assorbente mentre le misurazioni risultano più difficili per volumi progressivamente più piccoli; - le sacche PAHSCO (utilizzate da Ef., n. d.e.) presentano problematiche in parte simili, ma l'incertezza di misura è minore anche per volumi relativamente piccoli; - le sacche FlexiSeal (utilizzate da Co., n. d.e.) danno indicazioni della quantità di acqua immessa, anche per piccoli volumi, con incertezza di misura molto minore; per queste sacche gli effetti temporali sono sostanzialmente trascurabili". 15.4) Tali conclusioni, valutate alla luce delle spiegazioni fornite dallo stesso verificatore e dalle risultanze delle singole operazioni da esso effettuate, evidenziano che le sacche offerte dalle controinteressate non sono conformi ai requisiti minimi previsti dalla lex specialis per le seguenti ragioni. a) In primo luogo nelle conclusioni si rileva che per piccoli volumi immessi "non si riesce ad individuare in modo univoco un livello di riempimento sulla scala graduata", situazione particolarmente grave nella prospettiva di impiego sanitario del dispositivo (anche nelle terapie intensive), atteso che esso deve garantire un'attendibilità costante anche per quantità piccole di liquido immesso. Si precisa, peraltro, che tale rilievo negativo riguarda le sole sacche offerte dalle controinteressate, mentre per quelle di Co. lo stesso verificatore ha precisato che esse "danno indicazioni della quantità di acqua immessa, anche per piccoli volumi, con incertezza di misura molto minore; per queste sacche gli effetti temporali sono sostanzialmente trascurabili". b) In secondo luogo sebbene la scala graduata per 1000 ml sia stata definita "congrua", è lo stesso verificatore a limitare e precisare la portata di tale affermazione che riguarda unicamente il volume "quando misurabile", ossia solo nelle ipotesi in cui la sostanza gelificante non abbia impedito in toto la misurazione (effetto di per sé sintomatico dell'inidoneità del dispositivo a consentire una corretta lettura del volume di materiale immesso nella sacca). Ebbene per le sacche delle controinteressate (non per quelle di Co.) tale situazione di impossibilità di lettura dei valori volumetrici si è verificata in plurime occasioni, come si vedrà al punto seguente. c) In terzo luogo, dall'analisi degli esperimenti effettuati dal verificatore, sono emerse le seguenti significative criticità per le sacche delle controinteressate. c.1) In relazione alla prova A (pag. 6 della relazione finale), consistente nell'immissione nelle sacche di 1000 ml di liquido (in quattro dosi successive da 250 ml), è stata riscontrata: - per Me. (in ben 6 casi su 10) l'impossibilità assoluta di lettura del livello perché il gelificante ha creato un grumo solidificato all'interno della sacca che ha impedito tout court la lettura "per la coesistenza di acqua e polimero gelificato" (pagina 8 della relazione finale); inoltre, anche nei casi in cui la lettura è stata possibile, è stata riscontrata una "alterazione" del volume (fenomeno che riguarda sia gli aumenti che le diminuzioni) di circa il 20% rispetto a quello immesso, valori che, valutati nel loro differenziale tra massimo aumento e massima diminuzione, appaiono qualificabili come "significativi" ai sensi della lex specialis; - per Ef. si è riscontrata una "alterazione" di volume sia in aumento anche del 60% nei casi di immissione di 250 ml che hanno determinato una lettura che è giunta fino a 400 ml. (cfr. i risultati delle prove "A1" con intervallo a 15 minuti e "A2" sempre con intervallo a 15 minuti), sia in diminuzione del 20% rispetto a quello immesso (cfr. le prove A1 e A2 menzionate), valori che, valutati nel loro differenziale tra massimo aumento e massima diminuzione, appaiono "significativi" ai sensi dell'art. 3 del Capitolato tecnico prestazionale stante l'idoneità ad alterare la valutazione quali-quantitativa del materiale immesso; - per Co. non si è verificato alcun caso di impossibilità di lettura e, inoltre, le differenze di indicazione tra quantità immesse e indicazione dei dati volumetrici sulla sacca sono limitate (cfr. il giudizio sul punto espresso dal verificatore riportato sopra al punto a) e tali da non pregiudicare né la lettura delle quantità di volume, né la valutazione qualitativa del materiale immesso, atteso che all'interno della sacca non vi è alcuna sostanza e, quindi, non si verifica alcuna reazione gelificante. Sull'attendibilità delle misurazioni delle sacche di Co. anche la controinteressata Me. (pag. 12 della memoria conclusiva) ha ammesso che da quanto risulta dalla relazione finale "Le sacche proposte da Co., anche con limitati livelli di materiale raccolto, presentano una lettura più accurata dei volumi, ma, prive di sostanze solidificanti". c.2) Nella la prova B (pag. 8 della relazione finale che ha riguardato solo le sacche di Me. ed Ef.) consistente nell'immissione nelle sacche di 1000 ml di liquido (in due dosi successive da 500 ml) è stata riscontrata: - per Me. l'impossibilità di misurazione in 4 casi su 6 "per la coesistenza di acqua e polimero gelificato" (pagina 8 della relazione finale), con conseguente inidoneità del dispositivo a consentire la misurazione della quantità e della qualità del materiale immesso nella sacca; - per Ef. un caso di impossibilità assoluta di lettura del livello volumetrico per l'interazione del polimero gelificato, fattispecie che, di per sé, è sufficiente a determinare l'inidoneità del dispositivo in relazione alle regole di gara. 15.5) Sulla base di tali rilevazioni consegue che le sacche offerte dalle controinteressate Me. ed Ef. non possiedono i requisiti minimi previsti dal bando perché la presenza dei polimeri gelificanti hanno evidenziato le seguenti situazioni: - in alcuni casi la presenza di indicazioni volumetriche con scostamenti di valore aventi entità tale da essere "significativi" ai sensi della lex specialis; - in altri casi la totale impossibilità di procedere a qualsiasi misurazione del volume di materiale immesso nella sacca perché, formandosi un grumo di materiale gelificato, è risultato impossibile effettuare valutazioni sia quantitative (perché non si riesce a leggere il livello sulle tacche disegnate sulla sacca) che qualitative (perché il materiale gelificato in modo non omogeneo e raggrumato risulta qualitativamente non valutabile). Tali situazioni, anche disgiuntamente valutate, evidenziano l'assenza del requisito tecnico minimo previsto dal bando giacché i dispositivi medici in questione non consentono di effettuare costantemente - e per qualsiasi quantità di liquido immessa - la lettura dei dati quantitativi e qualitativi, con implicazioni negative sulla tempestività e sull'accuratezza della diagnosi e cura del paziente. Né rileva la circostanza secondo cui la reazione gelificante (produttiva del grumo impeditivo della lettura con piccole quantità di liquido) tende a ridurre tali effetti con il passaggio delle ore, atteso che la sacca deve consentire in qualsiasi momento e con immediatezza di verificare la quantità e qualità del contenuto, non potendosi sostenere che se quest'ultimo è stato immesso da poco tempo occorra attendere (magari in una terapia intensiva) alcune ore prima di poter avere un dato (in ipotesi) più attendibile, e sempre che nel frattempo non sia stato immesso nuovo materiale, così imponendo una nuova inammissibile attesa. Si consideri, infine, che la prescrizione prevista dal bando, lungi dal rendere più difficoltoso l'accesso al mercato, consente l'offerta anche di dispositivi più semplici (privi del polimero gelificante), ove certificati ed affidabili o con un gel che non presenti le problematiche sopra illustrate. 15.6) La fondatezza del suddetto profilo motivazionale sulla inidoneità del dispositivo offerto risulta decisiva, in quanto idonea a determinare l'annullamento degli atti impugnati per non avere escluso i concorrenti graduati nelle prime due posizioni, con conseguente assorbimento dell'ulteriore profilo impugnatorio dedotto in punto di ritenuta illegittimità del soccorso "istruttorio" che la Regione ha invece qualificato come "procedimentale". 16) Conclusivamente, il ricorso è in parte fondato e pertanto: - devono essere annullati l'aggiudicazione disposta in favore di Me. S.r.l. nonché gli altri atti impugnati di cui in epigrafe, nella parte lesiva per la ricorrente; - deve essere dichiarato inefficace il contratto eventualmente stipulato medio tempore con l'aggiudicataria, disponendo il conseguente subentro della società ricorrente. Va, invece, rigettata la domanda risarcitoria per equivalente, perché priva della dimostrazione del danno subito, della sua eziologia e della sua quantificazione. 17) L'accoglimento parziale del ricorso costituisce giusta ragione per disporre l'integrale compensazione delle spese del giudizio tra tutte le parti. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria Sezione Prima, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie in parte e, per l'effetto: - annulla l'aggiudicazione disposta in favore di Me. S.r.l. nonché gli atri impugnati di cui in epigrafe nella parte lesiva per la ricorrente; - dichiara inefficace il contratto eventualmente stipulato medio tempore con l'aggiudicataria e dispone il conseguente subentro della società ricorrente; - respinge l'istanza risarcitoria per equivalente. Spese compensate. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso a Genova nella camera di consiglio del giorno 20 ottobre 2023 con l'intervento dei magistrati: Giuseppe Caruso - Presidente Liliana Felleti - Referendario Marcello Bolognesi - Referendario, Estensore

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE DI GENOVA - SEZIONE PRIMA - IN COMPOSIZIONE MONOCRATICA Dr. Marco Canepa all'udienza del 23.02.2023 ha pronunziato e pubblicato, mediante lettura del dispositivo, la seguente SENTENZA nei confronti di: (...), nato il (...) a C., residente in Via C. di N. 11/1, dichiaratamente domiciliato in Cicagna, Via (...) (presso la pasticceria "Fo."), rappresentato e difeso dal difensore di fiducia Avv. Em.Ca. del foro di Genova con studio in Genova, Via (...) (come da verbale di identificazione, elezione o dichiarazione di domicilio e nomina del difensore del 22.02.2020) LIBERO PRESENTE IMPUTATO 1) del reato di cui all'art. 73 C 1 sanzionato da art. 55 C5 LC del D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81 per non avere, nella sua qualità di titolare dell'omonima ditta individuale e quindi datore di lavoro, assicurato che ciascun lavoratore ricevesse una formazione sufficiente ed adeguata in materia di salute e sicurezza, anche rispetto alle conoscenze linguistiche, con particolare riferimento: a) concetti di rischio, danno, prevenzione, protezione, organizzazione della prevenzione aziendale, diritti e doveri dei vari soggetti aziendali, organi di vigilanza, controllo, assistenza; b) rischi riferiti alle mansioni e ai possibili danni e alle conseguenti misure e procedure di prevenzione protezione caratteristici del settore o comparto di appartenenza dell'azienda. Segnatamente non assicurava alle lavoratrici (...) e (...) (impiegate come banconiere di 5 livello), adeguata formazione in materia di salute e sicurezza, anche rispetto alle conoscenze linguistiche. MOTIVI DELLA DECISIONE Sommario: 1. il processo 2. l'istruzione probatoria 3. la ricostruzione giudiziale del fatto e le considerazioni in diritto 1. Il processo è stato chiamato all'udienza filtro del 06/04/22 e rinviato, dapprima, all'udienza del 02/11/22, poi, all'udienza del 23/02/23, onde consentire al Pubblico Ministero di verificare il deposito della lista testi. All'udienza del 23/02/23, esperita l'istruttoria, si procedeva alle conclusioni all'esito delle quali veniva pubblicata sentenza mediante lettura del dispositivo. 2. L'istruzione è stata caratterizzata dall'esame dell'imputato (...) e della teste a difesa (...). Su accordo delle parti, invece, è stata revocata l'ordinanza di ammissione dell'esame del teste Rag. (...), che all'udienza del 23/02/23 non era presente per asseriti impegni lavorativi non prorogabili. Va evidenziato, da un lato, come non sia stata depositata lista testi da parte dell'Ufficio del pubblico ministero. Dall'altro lato, non è stata nemmeno possibile una integrazione probatoria d'ufficio in quanto non sono presenti agli atti verbali circa gli accertamenti ispettivi in questione. 2.1. L'imputato, (...), in sede di esame, riferisce che da più di vent'anni è titolare di una pasticceria in Genova, nella quale sono state assunte con mansioni di commesse (...) e (...). In particolare, l'imputato dichiara che (...), assunta con contratto a tempo determinato dal 17/07/18 al 31/12/18, si è dimessa senza preavviso in data 10/09/18, mentre (...), tutt'ora sua dipendente, è stata assunta a Novembre 2018, in vista del Natale e in sostituzione di (...). In merito ai corsi di formazione previsti dal D.Lgs. n. 81 del 2008, (...) dichiara di avere sempre fatti fare ai propri dipendenti, affidandosi, sugli aspetti giuslavoristici, ad uno studio di consulenza. Tuttavia, l'imputato fa presente che non ci sono sessioni durante l'estate e il periodo natalizio, sicché la partecipazione ai corsi da parte di (...) e (...) - rispettivamente assunte nei suddetti periodi - non sarebbe stata possibile. Le suddette circostanze venivano confermate da (...), la quale riferiva, inoltre, di avere frequentato il corso in materia di sicurezza non appena possibile, ossia nel gennaio 2019, dopo un mese dalla propria assunzione. Infine, all'udienza del 23/02/'23, con il consenso delle parti, sono stati acquisiti la visura camerale relativa all'attività d'impresa dell'Imputato, nonché l'attestato di frequenza rilasciato a (...) con riferimento a un corso svoltosi dal 25/07/19 al 18/09/19. 3. Alla luce dell'istruzione probatoria, emerge l'insussistenza materiale del fatto storico indicato nell'imputazione in epigrafe. In primo luogo, infatti, è emerso dalla istruttoria che (...), assunta a novembre 2018, abbia frequentato i corsi di formazione previsti dalla normativa prevenzionistica nel gennaio 2019 (oltre che dal 25/07/19 al 18/09/19, come attestato dalla documentazione in atti). In secondo luogo, è emerso che (...) sia stata assunta il 27/7/18 e abbia dato le dimissioni il 30/9/18, circa tre mesi prima del termine contrattuale. In pratica, il datore di lavoro risulta essersi attivato da subito al fine di assicurare alle lavoratrici una adeguata formazione in materia di salute e sicurezza sul lavoro. Ciò, compatibilmente con la disponibilità oggettiva di poter accedere alla richiesta formativa e alle difficoltà incontrate per il periodo estivo e natalizio. Va considerato, tra l'altro, la circostanza che le mansioni delle lavoratrici non erano particolarmente delicate con riguardo al rischio di infortunio. Come noto, le modalità e le tempistiche della formazione sono definite mediante accordo in sede di C. permanente per i rapporti fra lo Stato e regioni (cui l'art. 37 D.Lgs. n. 81 del 2008 rinvia). La Giurisprudenza, peraltro, ha escluso che si sia in presenza di una norma penale in bianco e che tali accordi abbiano natura integrativa della fattispecie incriminatrice: così Cass., Sez. 3, Sentenza n. 3898 del 23/11/2016 Ud. (dep. 27/01/2017) Rv. 269071. In motivazione, la S.C. ha osservato che l'accordo svolge una funzione meramente processuale riservata al piano probatorio, nel senso che, a seguito del suo raggiungimento, il datore di lavoro che impartisca una formazione secondo gli "standards" ivi tracciati, può ritenersi esonerato, salvo prova contraria, da qualsiasi responsabilità al riguardo. Va detto, infine, che la mancanza di una lista testi del P.M. ha impedito di approfondire adeguatamente la vicenda. Conseguentemente, non vi sono elementi per ritenere che (...) sia stato inadempiente agli obblighi formativi previsti dall'art. 37, c. 1, D.Lgs. n. 81 del 2008, che consistono nell'assicurare che "ciascun lavoratore riceva una formazione sufficiente ed adeguata in materia di salute e sicurezza, anche rispetto alle conoscenze linguistiche, con particolare riferimento a: a) concetti di rischio, danno, prevenzione, protezione, organizzazione della prevenzione aziendale, diritti doveri dei vari soggetti aziendali, organi di vigilanza, controllo, assistenza; b) rischi riferiti alle mansioni e ai possibili danni e alle conseguenti misure e procedure di prevenzione e protezione caratteristici del settore o comparto di appartenenza dell'azienda". Non vi è infatti prova che, con specifico riferimento alle caratteristiche ed ai rischi concreti dell'attività, (...) e (...) non abbiano ricevuto una formazione adeguata e sufficiente come richiesto dall'alt 37 D.Lgs. n. 81 del 2008. Consegue il giudizio assolutorio. P.Q.M. Visti gli artt. 530 c.p.p., assolve (...) dal reato ascritto perché il fatto non sussiste. Così deciso in Genova il 22 febbraio 2023. Depositata in Cancelleria il 2 marzo 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE DI GENOVA -SEZIONE PRIMA- IN COMPOSIZIONE MONOCRATICA Il G.O.P. Dr. GABRIELE DALLARA all'udienza del 09/03/23 ha pronunciato e pubblicato, mediante lettura del dispositivo, la seguente SENTENZA E CONTESTUALE MOTIVAZIONE nei confronti di: (...), nato in E. il (...) C.U.I. (...) Elettivamente domiciliato presso lo studio dell'avv. Ma.Au. del foro di Genova; assistito e difeso di fiducia dall'avv. Ma.Au. del foro di Genova (Nomina e dichiarazione di domicilio come da verbale di identificazione del 30/12/2021). LIBERO ASSENTE IMPUTATO Del reato p. e p, dall''art. 651 c.p., perché a richiesta degli Agenti (...) e (...) in servizio presso la Questura di Genova, nell'esercizio delle loro funzioni, rifiutava di fornire indicazioni sulla propria identità personale. Recidiva semplice MOTIVI (...) viene tratta a giudizio con decreto di citazione dei 8.10.2020 per rispondere dei reato dì cui all'art. 651 c.p. come in atti meglio descritto. L'imputato ha nominato un difensore di fiducia ed eletto domicilio, e quindi, essendo egli certamente a conoscenza di questo procedimento, ne è stata legittimamente dichiarata l'assenza. Il processo, celebrato con rito ordinario, ha visto l'escussione di un testimone. All'udienza del 9.3.2023, le parti discutevano e concludevano, il P.M. chiedendo la condanna dell'imputato a 5 giorni di arresto, la difesa chiedendo l'applicazione della pena pecuniaria in misura minima e la disapplicazione della recidiva. All'esito della discussione, è stata pronunciata sentenza fondata sui seguenti motivi. Come narrato dal teste (...), in data 25.8.2019, verso le ore 23, lui ed un collega sono intervenuti in ausilio ad altra pattuglia della Polizia di Stato impegnata in un intervento in un appartamento in G., via B., intervento richiesto perché i vicini lamentavano schiamazzi e l'uso di musica ad alto volume. Allorché gli agenti sia presentavano e chiedevano i documenti, uno dei presenti ne rifiutava la consegna. Dopo varie insistenze, gli agenti si determinavano a portare in Questura tale soggetto per verificarne l'identità. Tale soggetto si dichiarava d'accordo. Gli agenti procedevano quindi alla perquisizione, per verificare che non avesse in tasca armi ed altri oggetti pericolosi, e rinvenivano il permesso di soggiorno di tale soggetto. I successivi accertamenti dattiloscopici confermavano che tale soggetto era l'imputato. A fronte di tali risultanze, il reato contestato risulta certamente integrato. Infatti, secondo la costante giurisprudenza, "In tema di responsabilità penale, il reato di rifiuto di generalità, previsto dall'art. 651 c.p., si perfeziona con il semplice diniego di fornire le richieste indicazioni sulla propria identità personale, a nulla rilevando, quindi, ai fini della sussistenza dell'illecito, che dette indicazioni vengano fomite in un momento successivo"(Trib. Firenze, 4936/2017. In senso conforme, tra le varie, Trib. Trieste 582/2021). Non sussiste invece la recidiva contestata, poiché, a quanto risulta dal certificato del casellario, l'imputato venne condannato nel 2015 per una contravvenzione (peraltro poi estinta per l'effettuazione dei lavori di pubblica utilità), e non per un delitto come invece sarebbe previsto dall'art. 99 c.p. Inoltre, anche la fattispecie per cui si procede oggi è meramente contravvenzionale. Il fatto in sé, peraltro, è di modesta - ma non nulla - gravità, posto che l'imputato, pur non consegnando i documenti, ha accettato dì seguire gli agenti che lo accompagnavano in Questura ed è stato comunque identificato sul posto, poiché egli aveva con sé un documento, rinvenuto dagli agenti durante la perquisizione. In sostanza, egli ha oberato non solo sé stesso, ma anche gli agenti intervenuti di attività assolutamente evitabile, e ciò in assenza di qualunque concreta ragione per opporsi al controllo, foss'anche illecita. L'atteggiamento dell'imputato pare quindi un'impuntatura irrazionale, motivata da null'altro che dalla volontà di tener fede alla propria determinazione di non consegnare il documento, pur immediatamente disponibile, agli agenti semplicemente perché così aveva deciso. Anche l'elemento soggettivo del reato è dunque qualificabile come dolo d'impeto. Alla luce di quanto sopra, pare congruente con la reale gravità del fatto condannare l'imputato al pagamento della mera ammenda, in misura pari ad Euro 100,00. In mancanza di qualunque segno di resipiscenza da parte del prevenuto e del precedente penale, a sua volta indicativo di una sostanziale insofferenza alle regole del vivere civile e all'autorità, confermata anche dalle dinamiche da cui ha preso avvio la presente vicenda, non sussistono ragioni per ritenere che l'imputato si asterrà, per il futuro, dalla commissione di ulteriori reati, e quindi non possono essere concessi i benefici di legge. P.Q.M. visti gli artt. 533 e 535 c.p.p. DICHIARA (...) responsabile del reato a lui ascritto, e, ritenuta insussistente la recidiva contestata, lo condanna alla pena di Euro 100,00 di ammenda, oltre al pagamento delle spese processuali. Motivi contestuali. Così deciso in Genova il 9 marzo 2023. Depositata in Cancelleria il 9 marzo 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE DI GENOVA -SEZIONE PRIMA- IN COMPOSIZIONE MONOCRATICA Dr. Marco Canepa all'udienza del 1.0.2023 ha pronunciato, mediante lettura del dispositivo, la seguente SENTENZA nei confronti di: (...), nata in T. il (...), elettivamente domiciliata presso lo studio del difensore di fiducia PA.PA. del foro di Genova; assistita e difesa dall'avv. di fiducia PA.Pa. del foro di Genova; (Nomina di fiducia ed elezione di domicilio del 30.6.2021) LIBERA PRESENTE IMPUTATA Del reato p. e p. dall'art. 81 comma 2 del codice penale e dall'art. 95 del D.P.R. n. 115 del 2002, perché, con più omissioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, al fine di mantenere l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato, nell'ambito del procedimento penale n. 16039/12 R.G.N.R.- 2042/14 R.G.TRIB.- 3158/15 R.G.C.A. pendente dinanzi alla Corte d'Appello di Genova - Terza Sezione Penale, ometteva di comunicare le variazioni rilevanti dei limiti di reddito, verificatesi nell'anno precedente, entro trenta giorni dalla scadenza del termine di un anno, dalla data di presentazione dell'istanza; in particolare ometteva di comunicare di avere conseguito nell'anno 2014 un reddito personale pari ad Euro 16.277,00, nell'anno 2015 pari ad Euro 16.905,00 e nell'anno 2016 pari ad Euro 16.867,00, come emergeva dagli accertamenti svolti dal personale dell'Agenzia delle Entrate di Genova - Ufficio Territoriale di Genova 1, somme superiori quindi al limite stabilito dall'art. 76 comma 1 dello stesso decreto per essere ammessi al beneficio e per mantenerlo (che alla data delle omesse comunicazioni era pari ad Euro 13.594,23 per una famiglia di tre persone compresa l'istante); con l'aggravante i avere mantenuto l'ammissione concessa da parte del Tribunale di Genova - Prima Sezione Penale con Decreto del 26/09/214; fatti occorsi in Genova, il 18/07/2015, il 18/07/2016 ed il 18/07/2017 MOTIVI DELLA DECISIONE 1.1 II processo è stato chiamato all'udienza filtro del 16/2/'2, e rinviato, davanti ad altro giudice, al 27/10/'22. In questa data si procedeva alla apertura del dibattimento e si rinviava per l'istruttoria al 1/3/'23, data nella quale si svolgeva l'istruttoria, si procedeva alle conclusioni, all'esito delle quali veniva pubblicata sentenza mediante lettura del dispositivo. 1.2 L'istruzione è stata caratterizzata dall'esame dei testi sotto indicati nonché da varie produzioni documentali. In particolare, la istanza di gratuito patrocinio costituente corpo del reato; il provvedimento di ammissione in data 26/9/'14; il decreto di revoca del beneficio da parte della Corte di Appello di Genova in data 5/6/'18; le informazioni reddituali relativi all'imputata emergenti dai prospetti della Agenzia delle Entrate; la sentenza della Corte di Appello che definisce il processo nell'ambito del quale l'imputata era stata ammessa al beneficio. Si è proceduto alla audizione di D.S., funzionario della Agenzia delle Entrate, il quale riferisce circa il fatto che la imputata, al momento dell'istanza (2013), era nelle condizioni per essere ammessa al beneficio richiesto ma che, negli anni successivi (2014; 2015; 2016), i CUD presentati dai datori di lavoro evidenziavano il superamento dei limiti di reddito (anche tenuto conto del marito e del figlio conviventi). Si è proceduto alla audizione del finanziere C.A.F., il quale riferisce circa la acquisizione degli atti dei processi. E' stato sentito (...), marito della imputata, il quale evidenzia come la moglie non conosca la lingua italiana e che, tra l'altro, la stessa era convinta di essere stata assolta in primo grado. In sede di esame, l'imputata dichiara di non conoscere la lingua italiana e riferisce circa il fatto che l'istanza era stata predisposta dal suo difensore, al quale la stessa aveva portato la necessaria documentazione; circa il fatto di non essere a conoscenza del fatto che avrebbe dovuto comunicare le variazioni del reddito; circa il fatto che, nel processo di primo grado, si era allontanata prima della lettura del dispositivo e aveva ritenuto "di essere stata perdonata". 2. All'esito della istruzione probatoria, occorre svolgere alcune considerazioni. E' emerso dal processo che effettivamente l'imputata non ha una adeguata conoscenza della lingua italiana e non sa né leggere né scrivere. L'istanza in questione è stata certamente compilata dal difensore, sulla base delle indicazioni della imputata (che, al momento dell'istanza, aveva effettivamente diritto al beneficio). Va detto che nell'istanza stessa l'impegno a comunicare le variazioni di reddito è presente ma in maniera molto vaga. Risulta verosimile che la imputata non avesse presente tale requisito. Inoltre, è del tutto verosimile che la imputata, a causa della scarsa conoscenza della lingua, non abbia compreso l'esito del giudizio di primo grado. Conseguentemente, non vi è prova della piena consapevolezza delle omissioni penalmente rilevanti che le vengono imputate. Come noto, la Suprema Corte, in un caso del tutto analogo a quello in esame, ha affermato che "in tema di patrocinio a spese dello Stato, le false indicazioni o le omissioni, anche parziali, che integrano l'elemento oggettivo del reato di cui all'art. 95, D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, indipendentemente dalla effettiva sussistenza delle condizioni di reddito per l'ammissione al beneficio, devono essere sorrette dal dolo generico, rigorosamente provato, che esclude la responsabilità per un difetto di controllo, di per sé integrante condotta colposa, e salva l'ipotesi del dolo eventuale.(In applicazione di tale principio la Corte ha annullato con rinvio la sentenza di condanna per il reato in questione, per vizio di motivazione in ordine alla sussistenza dell'elemento soggettivo del reato, per il mancato approfondimento relativo alla deduzione dell'imputato di essersi affidato al difensore, cui aveva consegnato tutta la documentazione relativa al reddito, ivi compresa quella relativa ai dati omessi ai fini della redazione dell'istanza di ammissione)": Cass., Sez. 4 - , Sentenza n. 37144 del 05/06/2019 Ud. (dep. 05/09/2019 ) Rv. 277129. Consegue il giudizio assolutorio. P.Q.M. Visto l'art. 530 c.p.p., assolve (...) dal reato ascritto perché il fatto non costituisce reato. Così deciso in Genova l'1 marzo 2023. Depositata in Cancelleria il 2 marzo 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE DI GENOVA IN COMPOSIZIONE MONOCRATICA SECONDA SEZIONE Dr.ssa Cinzia Perroni All'udienza del 22/02/2023 ha pronunciato e pubblicato, mediante lettura del dispositivo e della motivazione, la seguente SENTENZA Motivazione contestuale nel procedimento penale contro (...) nato in (...) il (...) - Codice Unico Individuo (CUI) (...) dimorante in V. I. del R., 3/1 G. Difeso di fiducia dall'avv. Fe.PE. del Foro di Genova (nomina difensore dì fiducia del 08/08/2022 depositata in Cancelleria il 09/08/2022) (in data 09/02/22 il GIP applica la misura della custodia in carcere eseguita il 12/02/2022; dal 13/05/2022 sottoposto alla misura degli AADD; dal 14/08/2022 sottoposto alla misura dell'obbligo di dimora in Genova e all'obbligo di presentazione alla PG) SOTTOPOSTO A OBBLIGHI - PRESENTE IMPUTATO del reato p. e p. dagli artt. 99 c. 4. 624 e 625 c. 1 n. 4 e c. 3, art. 61 n, 5 c.p. perché, al fine di trame profitto per sé, si impossessava del portafogli e della somma di Euro 3.000 in esso custodita sottraendoli a (...) (classe (...)), che li deteneva all'interno della sua borsa. In particolare, dopo aver convinto la donna ad acquistare una rosa, la distraeva e la confondeva girandole intorno senza alcun motivo, approfittando di un momento di distrazione per sottarle il portafoglio dalla borsa. Fatto aggravato perché commesso con destrezza e profittando di condizioni di persona, con riferimento all'età, di minorata difesa. In Rapallo (GE) commesso il 4 dicembre 2021 Con la recidiva reiterata specifica infraquinquennale. MOTIVAZIONE Con decreto emesso in data 28.04.2022 il Pubblico Ministero presso questo Tribunale disponeva la citazione diretta a giudizio di (...) per rispondere del reato di furto pluriaggravato ai danni di (...), nelle circostanze di fatto e di diritto meglio descritte in rubrica, commesso a Rapallo (GE) il 04.12.2021, e con la contestazione della recidiva reiterata, specifica e infraquinquennale. All'udienza del 15.09.2022 il Giudice (dott.ssa Pa.) rigettava l'istanza di applicazione della pena formulata dal Difensore dell'imputato, all'uopo munito di procura speciale, con il consenso del Pubblico Ministero, e contestualmente rilevando la propria incompatibilità rimetteva il processo dinnanzi al Giudice tabellarmente competente. All'udienza del 30.11.2022, alla presenza dell'imputato, questo Giudice dichiarava aperto il dibattimento ed ammetteva le prove richieste dalle parti; indi, su accordo delle parti, venivano acquisite al fascicolo per il dibattimento le annotazioni degli operanti di p.g. (...), (...), (...), (...), (...), con conseguente rinuncia alla loro audizione. In data 13.01.2023 il Difensore dell'imputato depositava in cancelleria l'atto di remissione di querela effettuata dalla persona offesa, unitamente ad una dichiarazione in cui ella forniva la spiegazione della scelta, essenzialmente dovuta al proprio stato di salute, dì non volere più che si procedesse nei confronti dell'imputato. All'udienza del 15.02.2023 veniva escusso il teste dell'accusa, il sovrintendente (...) in servizio presso il Commissariato di Rapallo, e su accordo delle parti, venivano acquisite la querela presentata dalla persona offesa presso il Commissariato di Rapallo il 06.12.2021 e il verbale delle sommarie informazioni testimoniali da lei rese il 10.12.2021 sempre presso il Commissariato di Rapallo, con contestuale rinuncia alla sua audizione; indi si svolgeva l'esame dell'imputato. A questo punto, dichiarata conclusa l'istruttoria dibattimentale, si procedeva alla discussione, al termine della quale il processo veniva aggiornato per le repliche all'udienza del 22.02.2023. All'odierna udienza, dunque, questo Giudice, udite le conclusioni delle parti, all'esito della camera di consiglio, pronunciava sentenza dando lettura in aula del dispositivo e della contestuale motivazione. Il presente procedimento trae origine dalla querela presentata in data 06.12.2021 presso il Commissariato di P.S. di Rapallo da (...), che all'epoca aveva ottantasei anni. Ella rappresentava come il giorno 04.12.2021, mentre passeggiava in compagnia del marito (n.1931) e di una parente (n.1937) per (...), veniva avvicinata in via C., all'altezza della Porta delle Saline, da un venditore di fiori ambulante, di nazionalità straniera, magro, vestito di scuro e con un cappellino in testa, il quale tentava a più riprese di venderle una rosa. La (...), mossa a compassione, decideva di acquistarne una e, al fine di prelevare la moneta per pagarla, apriva la cerniera della propria borsa ove erano custoditi sia il portamonete sia il portafogli, in cui vi erano 1.300,00 euro oltre ai propri documenti. Una volta corrisposta la moneta all'uomo, la (...) decideva di cambiare la rosa acquistata con una di un altro colore. A quel punto il venditore iniziava a girarle intorno e, con insistenza, la invitava a prendere la rosa che preferiva, generando in lei un po' di confusione. Prelevata dal sacco in cui erano contenuti i fiori la rosa prescelta, la donna si dirigeva verso Piazza (...); giunta all'ingresso della chiesa ivi ubicata, apriva nuovamente la propria borsa al fine di estrarre il green pass e, immediatamente, si accorgeva della mancanza del portafogli. Al che ipotizzava che ad averglielo sottratto fosse stato proprio il venditore di rose, poiché tra il loro incontro e il momento in cui si avvedeva della mancanza del portafogli era trascorso un breve lasso di tempo; inoltre, nel tragitto percorso fino alla chiesa non aveva incontrato nessun altro. Tale supposizione veniva suffragata dal fatto che il venditore di fiori, anch'egli giunto in Piazza (...) e avvistato dalla persona offesa, non appena ella si metteva a urlare che non trovava più il portafogli, si dileguava. Tornata presso il Commissariato di P.S. di Rapallo il giorno 10.12.2021 al fine di rendere sommarie informazioni testimoniali, la (...) riconosceva nelle immagini ritraenti l'accaduto che le venivano rammostrate, tratte dal sistema di videosorveglianza dell'albergo (...), l'uomo che le aveva venduto la rosa e quindi sottratto il portafogli. Successivamente, nell'ambito dell'attività di ricerca dell'autore del fatto, in data 18.12.2021 in Via Della L. a R., l'Assistente Capo (...) e l'Agente (...) si imbattevano in un uomo di origini nord africane, venditore di rose, sedicente, il quale affermava di chiamarsi (...) e teneva i fiori in un sacco azzurro. Condotto, dapprima, in Commissariato a Rapallo e, poi, presso il GPRS di Chiavari al fine di procedere alla sua identificazione mediante rilievi dattiloscopici e fotografici, i predetti operanti appuravano che l'uomo era irregolare sul territorio dello Stato e aveva tra i vari precedenti di polizia anche uno per reato analogo a quello subito dalla (...), commesso in data 9.12.2020. A questo punto, in data 21.12.2021 l'Assistente Capo Coordinatore (...) procedeva a redigere un'annotazione in cui venivano raffrontate le immagini del giorno del furto (04.12.2021), estrapolate dalle telecamere del sistema di videosorveglianza del Comune di Rapallo e dell'hotel (...), con quelle del giorno dell'identificazione di (...) (18.12.2021), estrapolate dalle telecamere del Commissariato di Rapallo. Da tale raffronto emergeva come si trattasse della stessa persona: in primo luogo, "la corporatura, l'altezza e la conformazione del padiglione auricolare sono perfettamente compatibili tra le due foto"; inoltre, "in entrambe le foto si nota che l'abbigliamento, a differenza del cappellino, è lo stesso: infatti scarpe, jeans e giubbotto sono gli stessi così come l'anello e il bracciale indossati nella mano sinistra sono i medesimi" (cfr. annotazione (...)). L'analisi delle suddette immagini veniva compiuta altresì dal Sovrintendente (...), il quale, sentito nel corso del dibattimento, confermava che il presunto autore del furto ai danni della (...) e (...) indossavano gli stessi abiti e sembravano essere la stessa persona. Giova, a questo punto, rilevare come, nel corso delle indagini, alla luce del grave quadro indiziario come sopra delineato, su richiesta del P.M., il GIP presso questo Tribunale ha emesso in data 09.02.2022 ordinanza di applicazione della misura cautelare della custodia in carcere; misura che con ordinanza in data 13.05.2022 veniva sostituita con gli arresti domiciliari, a loro volta sostituiti con ordinanza in data 10.08.2022 con la misura dell'obbligo di dimora in Genova con divieto di lasciare l'abitazione dalle ore 20 alle ore 7 e con l'obbligo di presentazione quotidiana alla P.G., misure tuttora in atto. Infine, nel corso del proprio esame in sede dibattimentale, l'imputato ammetteva l'addebito, precisando di avere preso il portafogli della (...) con facilità, in quanto ella lo aveva riposto male nella borsa e, quindi, stava per cadere a terra. Egli, a giustificazione del proprio comportamento, spiegava di essere senza lavoro e di avere bisogno di soldi per mantenere i suoi tre figli. Tuttavia, nei mesi successivi, resosi conto di avere sbagliato, ha provveduto a restituire l'intera somma contenuta nel portafogli alla legittima proprietaria, per un totale di 1.300,00 euro. Quest'ultima affermazione risulta confermata dalla copia dei due Vaglia Postali versati in atti dal Difensore dell'imputato, dai quali si evince che in data 25.03.2022 sono stati versati alla persona offesa 800,00 euro, mentre i restanti 500,00 euro sono stati corrisposti in data 16.06.2022. Così ricostruiti i fatti, appare provata al di là di ogni ragionevole dubbio la penale responsabilità dell'imputato in ordine al reato ascrittogli. Al netto della sua confessione, infatti, sussistono molteplici elementi che consentono di riconoscere in (...) l'autore del furto patito dalla (...). In primo luogo, va escluso che la persona offesa possa avere smarrito autonomamente il portafogli o che lo stesso non fosse custodito nella borsa che portava a tracolla il giorno dell'incontro con il venditore di rose. Tale circostanza, già affermata dalla (...) in sede di querela, trova preciso riscontro nei fotogrammi estrapolati dalle telecamere del sistema di videosorveglianza del Comune di Rapallo e dell'hotel (...), in cui si nota l'ambulante intento a riporre un oggetto di colore beige, compatibile con le dimensioni e la foggia di un portafogli, nel sacco azzurro in cui teneva le rose. Peraltro, la stessa persona offesa, nel rendere sommarie informazioni testimoniali, ha identificato tale oggetto nel proprio portafogli. In particolare, la donna dichiarava: "Riconosco l'uomo e ho riconosciuto senza ombra di dubbio il mio portafogli grigio-beige di colore chiaro che nelle immagini che mi avete mostrato il venditore di rose tiene in una mano mentre siamo fermi alla Porta delle Saline, ho visto che l'uomo subito dopo lo ha nascosto sotto il mazzo dei fiori" (cfr. verbale SIT (...)). Acclarato che il portafogli sia stato sottratto da colui che ha venduto la rosa alla persona offesa, inoltre, nessun dubbio sussiste circa il fatto che la persona raffigurata nei fotogrammi in questione sia (...): la comparazione di questi con le immagini estrapolate dalle telecamere del Commissariato di Rapallo il giorno in cui vi è stato condotto per l'identificazione (18.12.2021) non lascia incertezze sul fatto che si tratti della stessa persona. In entrambi i casi si nota un uomo dalla carnagione scura e con la medesima corporatura, il quale indossa giubbotto, pantaloni e scarpe identiche per forma, colore, marca e modello. Ancora più significativa appare la coincidenza tra il braccialetto e l'anello dell'anulare sinistro, che appaiono identici nelle due foto. A tutto ciò deve aggiungersi il fatto che il N.E.I. sia stato sorpreso dagli operanti proprio a Rapallo, mentre vendeva fiori, i quali erano contenuti in un sacco azzurro, esattamente come quello immortalato il giorno del furto (cfr. l'annotazione a firma A V.). Pertanto, la confessione resa in dibattimento non fa altro che rafforzare ulteriormente un quadro probatorio già di per sé minuzioso, esauriente e privo di contraddizioni o lacune, dal quale si evince che il giorno 04.12.2021 sia stato proprio (...) ad impossessarsi, sottraendolo alla (...), del portafogli, al fine di trarne profitto. La sussistenza del dolo specifico richiesto dall'art. 624 c.p., oltre che dalle condizioni di vita dell'imputato (soggetto senza lavoro costretto a ricavare le risorse economiche necessarie al proprio sostentamento dai proventi di un'attività saltuaria e poco redditizia come la vendita di fiori per strada), si apprezza dalle sue stesse parole. Egli, nel corso del proprio esame, ha spiegato di essersi impossessato del portafogli della (...), in quanto bisognoso di soldi, necessari al mantenimento dei suoi tre figli. Dunque, anche sotto il profilo dell'elemento soggettivo, la fattispecie incriminatrice di cui all'art. 624 c.p. risulta pienamente integrata. Nonostante la difesa dell'imputato deponga nel senso della loro insussistenza, si ritengono, al contrario, integrate sia l'aggravante di avere commesso il fatto con destrezza (art. 625, n. 4, c.p.) sia l'aggravante di avere profittato di condizioni di persona, con riferimento all'età, tali da ostacolare la pubblica o privata difesa (art. 61, n. 5, c.p.). Per quanto concerne la prima, è opportuno richiamare il noto principìo elaborato dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, a mente del quale: "La circostanza aggravante della destrezza di cui all'art. 625 cod. pen., comma 2, n. 4, richiede un comportamento dell'agente, posto in essere prima o durante l'impossessamento del bene mobile altrui, caratterizzato da particolare abilità, astuzia o avvedutezza, idoneo a sorprendere, attenuare o eludere la sorveglianza sul bene stesso; sicché non sussiste detta aggravante nell'ipotesi di furto commesso da chi si limiti ad approfittare di situazioni, dallo stesso non provocate, di disattenzione o di momentaneo allontanamento del detentore dalla cosa" (Cassazione Penale, Sezioni Unite, 12 luglio 2017 n. 34090). Orbene, nella vicenda occorsa alla (...), è ben possibile ravvisare un comportamento del N.E.I. caratterizzato da peculiare abilità e scaltrezza ed idoneo ad eludere la sorveglianza sul portafogli sottratto: la persona offesa, infatti, ha riferito che il venditore di rose, ricevuto il corrispettivo per quella acquistata e nell'intento di proporgliene altre, le si muoveva intorno con insistenza, generando in lei un po' di confusione2. Pertanto, non è possibile sostenere che l'imputato si sia limitato ad approfittare di un autonomo calo di attenzione della (...), non provocato dalla propria condotta; viceversa, risulta evidente che siano state proprio la sua insistenza e la sua abilità nell'avvicinarsi alla borsa a distrarre la donna, la quale non si è accorta che l'uomo le stava sfilando il portafogli dalla borsa. Pertanto, appare pienamente integrata la circostanza aggravante di avere commesso il fatto con destrezza. Appare altrettanto correttamente contestata l'aggravante della cd. minorata difesa in ragione dell'età della persona offesa. La dinamica dell'azione, invero, mostra come l'imputato di fatto non abbia dovuto vincere alcuna resistenza dell'anziana donna. Ciò, senz'altro, è in parte riconducibile, come sopra evidenziato, alla particolare abilità e rapidità che egli ha mostrato nell'appropriarsi del portafogli; per altro verso, tuttavia, la facilità con cui sono state vinte le difese della (...) denota la sua peculiare vulnerabilità, senza dubbio derivante dalla scarsa lucidità e prontezza di riflesso connesse all'età avanzata. Lei stessa, rivelando la sua scarsa comprensione di ciò che stava accadendo, ha dichiarato: "Io non capivo il motivo delle sue attenzioni e il fatto che continuasse a starmi addosso visto che avevo già comprato una rosa, ma non mi sono resa conto che in quel momento mi stava derubando" (cfr. Sit (...)). Nel senso che ad integrare 1'aggravante della cd. minorata difesa sia sufficiente anche solo l'età della persona offesa, purché siano evidenziati gli elementi che abbiano in concreto ostacolato la pubblica o privata difesa, milita il prevalente orientamento giurisprudenziale, secondo cui: "la commissione del reato in danno di soggetto ottuagenario è idonea ad integrare, anche in difetto di ulteriori circostanze di tempo, di luogo o di persona, la circostanza aggravante della cosiddetta "minorata difesa", ma è sempre necessario che la pubblica o privata difesa ne siano rimaste in concreto ostacolate e che non ricorrano circostanze ulteriori, di natura diversa, idonee a neutralizzare il predetto effetto" (Cass. n. 4273/2022). Si ritiene che il principio appena richiamato trovi applicazione nella vicenda in esame: l'età della persona offesa ha giocato un ruolo determinante nell'incapacità di contrastare l'azione delittuosa che stava subendo. Dapprima ella è stata facilmente mossa a compassione e convinta a comprare una rosa, al fine di dare un aiuto economico al venditore ambulante; indi, nel momento in cui si è adoperata per cercare il portamonete, non si è accorta del fatto che l'uomo ha notato il portafogli e, probabilmente, si è anche dimenticata di richiudere la borsa, rendendone più agevole la sottrazione. Quindi, alla luce degli elementi evidenziati, appare ragionevole ritenere che una persona più giovane avrebbe senz'altro prestato una maggiore attenzione, soprattutto nel momento in cui un estraneo le si fosse avvicinato e avesse iniziato a girarle attorno con insistenza, con ciò impedendo al malintenzionato di sfilarle il portafogli o, perlomeno, rendendo più difficoltoso il compimento dell'azione. A tal proposito, merita di essere rammentato come, al fine del riconoscimento dell'aggravante in parola, la Suprema Corte abbia altresì statuito che "è altrettanto vero che occorre accertare, con giudizio controfattuale se, astrattamente, la condotta criminosa avrebbe avuto le medesime probabilità di successo se fosse stata posta in essere in danno di persona non anziana ovvero se detta condotta sia stata agevolata dalla scarsa lucidità e dalla sostanziale incapacità della vittima di orientarsi nella comprensione degli avvenimenti secondo criteri di normalità" (Sez. 2, n. 35997 del 23/09/2010, (...), in motivazione). In definitiva, si reputa che l'età della (...) abbia inciso sulla realizzazione del furto da parte del N.E.I., il quale, approfittando della sua minore capacità di ostacolare le aggressioni ai propri beni, ha facilmente sottratto il portafogli dalla sua borsa. Ciò rilevato, la difesa dell'imputato, anche per l'ipotesi in cui venisse riconosciuta la sussistenza delle circostanze aggravanti contestate, ha chiesto la pronuncia di una sentenza di non doversi procedere nei suoi confronti per essersi il reato estinto a causa della remissione di querela effettuata dalla (...) in data 03.01.2023 e depositata in cancelleria il 13.01.2023. Sul punto, occorre premettere che all'epoca del fatto il delitto contestato fosse procedibile d'ufficio: l'art. 624, co. 3, c.p., invero, recitava: "il delitto è punibile a querela della persona offesa, salvo che ricorra una o più delle circostanze di cui agli articoli 61, n. 7, e 625". Nel caso di specie, dunque, essendo stata contestata l'aggravante di cui all'art. 625, co. 1, n. 4, c.p., non vi era bisogno della querela della persona offesa per poter procedere nei confronti dell'imputato. Il regime del furto aggravato, tuttavia, è stato modificato ad opera del D.Lgs. n. 150 del 2022, a partire dal 30 dicembre 2022. Il novellato art. 624, co. 3, c.p. estende la procedibilità a querela a tutte le ipotesi di furto, comunque aggravato, ad eccezione del caso in cui "la persona offesa è incapace, per età o per infermità, ovvero se ricorre taluna delle circostanze di cui all'art. 625, numeri 7, salvo che il fatto sia commesso su cose esposte alla pubblica fede, e 7 bis)". Pertanto, ad oggi il cd. furto con destrezza non è più procedibile d'ufficio ed è pacifica l'applicabilità della disposizione de qua anche a fatti di reato, per i quali non sia già divenuta irrevocabile la sentenza di condanna, antecedenti all'entrata in vigore della riforma, in virtù di quanto disposto dall'art. 2, co. 4, c.p. Orbene, nella vicenda in esame, se la tempestiva presentazione della querela da parte della (...) mette al riparo da un eventuale difetto di procedibilità ab origine, l'intervenuta remissione della stessa impone di scrutinare se la procedibilità d'ufficio resta intatta per altra ragione. A tal proposito, va evidenziato come, nel caso di specie, la riconosciuta condizione di minorata difesa, in relazione all'età, della (...) rilevi altresì ai fini della nozione di "incapacità per età" cui fa riferimento il nuovo testo dell'art. 624, co. 3, c.p. per escludere la procedibilità a querela del furto, comunque aggravato. Sul punto occorre registrare come la Relazione sulla "Riforma Cartabia" redatta dall'Ufficio del Massimario della Corte di Cassazione (Rel. n. 2/2023) abbia evidenziato che "il riferimento all'"età", quale possibile causa (alternativa all'infermità) di incapacità senile della vittima, è ampiamente enucleato dalla giurisprudenza di legittimità ai fini del riconoscimento della circostanza aggravante della minorata difesa ex art. 61, n. 5, cod. pen., come novellata dalla L. n. 94 del 2009", con ciò richiamando la più recente e consolidata giurisprudenza in merito all'esclusione di un mero automatismo e alla necessità che sia sempre verificata l'incidenza nel caso concreto dell'età rispetto all'idoneità della persona offesa di comprendere l'azione delittuosa che sta subendo. Nella vicenda in esame, essendo stata appurata l'influenza dell'età avanzata della (...) in ordine alla possibilità di respingere, come una persona più giovane avrebbe più facilmente fatto, l'aggressione in corso al proprio bene, sembra integrata la citata nozione di "incapacità per età" utile a spostare il regime di procedibilità da quello a querela a quello d'ufficio. Di conseguenza, l'intervenuta remissione di querela non è in grado di arrestare il corso del procedimento e di impedire che nei confronti dell'imputato, essendo stata accertata al di là di ogni ragionevole dubbio la sua responsabilità in ordine al reato ascritto, sia pronunciata una sentenza di condanna. Ai fine del calcolo della pena, oltre alla circostanza attenuante di cui all'art. 62, n. 6, c.p. per avere restituito l'intera somma sottratta alla persona offesa, devono altresì essere riconosciute all'imputato le circostanze attenuanti generiche, in ragione del buon comportamento processuale, atteso che l'imputato ha reso confessione. Tali circostanze attenuanti, tuttavia, possono essere ritenute solo equivalenti alle aggravanti e alla recidiva reiterata come correttamente contestata. Per tutti questi motivi si ritiene equo infliggere a N.E.S. la pena di mesi dieci di reclusione ed Euro 400,00 di multa. Alla condanna alla pena principale segue di diritto la condanna dell'imputato al pagamento delle spese processuali e di quelle di mantenimento durante la custodia cautelare. I plurimi precedenti penali sono ostativi alla concessione dei benefici di legge. Inoltre, tenuto conto delle modalità dell'azione delittuosa commessa ai danni di persona fragile, dei motivi a delinquere e delle condizioni personali dell'imputato, soggetto irregolare sul territorio dello Stato, senza ivi stabili riferimenti familiari (comprovati), sprovvisto di occupazione lavorativa, nonché gravato da numerosi precedenti penali anche specifici e per reati di evasione nonché recenti precedenti di polizia anch'essi specifici, non ritiene questo Giudice che vi siano le condizioni per la sostituzione della pena detentiva con le pene sostitutive di cui all'art. 20 bis c.p., non sussistendo sufficienti garanzie all'osservanza delle relative prescrizioni. P.Q.M. Visti gli artt. 533 - 535 c.p.p. DICHIARA (...) - C.U.I. (...) - responsabile del reato a lui ascritto e, riconosciute la circostanza di cui all'art. 62 n. 6 c.p. e le circostanze attenuanti generiche, valutate equivalenti alle aggravanti ed alla recidiva in contestazione, lo condanna alla. pena di mesi dieci di reclusione ed Euro 400,00 di multa, oltre al pagamento delle spese processuali e quelle di mantenimento durante la custodia cautelare. Così deciso in Genova il 22 febbraio 2023. Depositata in Cancelleria il 22 febbraio 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO DI GENOVA SESTA SEZIONE CIVILE in composizione monocratica, nella persona del Giudice, dott. Parentini Mirko, ha pronunciato la seguente sentenza nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 9553/2020 promossa da: (...) S.r.l. Con l'avv. Fe.Co. ATTRICE contro Banca (...) Con l'Avv. (...) CONVENUTA CONCISA ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE 1. Esposizione delle domande, eccezioni e deduzioni difensive delle parti La società (...) S.r.l., con atto di citazione del 13.11.2020, conveniva davanti a questo Tribunale (...) S.P.A., chiedendo che, previa declaratoria di nullità di interessi, commissioni ed oneri addebitati, si accertasse il reale saldo del conto corrente n. (...) depurato dalle conseguenti annotazione passive indebite e, per l'effetto, la banca convenuta venisse condannata a restituire all'attrice i versamenti indebiti effettuati, quantificati in Euro 25.000,00. A sostegno di quanto sopra, parte attrice esponeva che: - in data 03.11.1992, (...) aveva accesso un conto corrente affidato confluito in (...) in data 08.03.2008 ed estinto il 12.11.2019 a saldo zero; - in data 31.07.2019 trasmetteva a (...) richiesta di esibizione della documentazione contrattuale afferente il proprio rapporto di conto corrente; - avrebbe trasmesso esclusivamente il contratto del 03.11.1992, subordinando la consegna degli estratti conto al pagamento di una somma pari ad Euro 650,00 asseritamente illegittima (si veda doc. 2); - il rapporto di conto corrente sarebbe stato viziato da numerose irregolarità che brevemente si elencano: difetto di espressa pattuizione scritta delle commissioni (inclusa la commissione di massimo scoperto, nonché quelle sostitutive), mancata contrattualizzazione delle spese di gestione e tenuta del conto; applicazione di interessi ultralegali mai validamente pattuiti; variazioni poste in essere unilateralmente dalla Banca in assenza dei presupposti di cui all'art. 118 TUB; addebito di interessi anatocistici illegittimi. Con comparsa del 01.03.2021, si costituiva (...) chiedendo "rigetto acne" domande formulate da parte attrice eccependo, in via preliminare, che la domanda sarebbe stata improcedibile perché al procedimento di mediazione, avviato dall'attrice, non sarebbe comparsa la parte personalmente (in persona del proprio legale rappresentante pro tempore trattandosi di s.r.l.), bensì il nominato difensore privo di procura speciale sostanziale autenticata da un notaio. Nel merito deduceva che: - il conto corrente n. (...) acceso in data 03.11.1992, prima dell'08.03.2008 con (...) e non con l'odierna convenuta, talché il diritto alla ripetizione di ogni pagamento eseguito prima della data di girocontazione sul c/c n. (...) si sarebbe estinto per prescrizione; - analogamente, trattandosi di pagamenti con funzione solutoria, anche tutti i pagamenti antecedenti ad un decennio prima della domanda di mediazione (del 14.06.219) sarebbero prescritti; - la Banca avrebbe correttamente messo a disposizione della cliente il contratto e gli estratti conto afferenti gli ultimi dieci anni di rapporto a decorrere dalla data della domanda ex art. 119 TUB; - con contratto del 27.06.2008, con il quale avrebbe avuto origine il rapporto di conto corrente con (...) veniva contrattualizzati tutti gli aspetti afferenti le commissioni di massimo scoperto e gli interessi anatocistici, talché i relativi addebiti sarebbero stati legittimi; - infine, quanto allo ius variandi, (...) avrebbe assolto ai propri oneri di comunicazione ex art. 118 TUB unitamente all'invio trimestrale degli estratti conto. Istruita la causa per mezzo di CTU contabile all'udienza del 10.10.2022, le parti precisavano le rispettive conclusioni come trascritte in epigrafe e la causa veniva rimessa in decisione, previa concessione dei termini di cui all'art. 190 c.p.c.. 2. Sulla eccezione di improcedibilità per omesso esperimento di valido tentativo di mediazione obbligatoria E' fuor di dubbio che la presente controversia, in quanto vertente su un contratto bancario, soggiaccia al procedimento di mediazione obbligatoria di cui all'art. 5 del D.Lgs. n. 28 del 2010. Ai fini che ivi rilevano si osserva che l'art. 8 del medesimo decreto legislativo prescrive la partecipazione personale delle parti al procedimento di mediazione: "Al primo incontro e agli incontri successivi, fino al termine della procedura, le parti devono partecipare con l'assistenza dell'avvocato. Durante il primo incontro il mediatore chiarisce alle parti la funzione e le modalità di svolgimento della mediazione". Ciò non di meno la partecipazione personale della parte, prescritta dalla citata disposizione di legge, non esclude che la parte possa partecipare all'incontro per mezzo di proprio rappresentante. Secondo principio, da ultimo ribadito da Cass. civ. Sez. II, Ord. 26-04-2022, n. 13029, "nella comparizione obbligatoria davanti al mediatore la parte può anche farsi sostituire da un proprio rappresentante sostanziate, eventualmente nètta persona détto stesso difensore che l'assiste nel procedimento di mediazione, purché dotato di apposita procura sostanziale" (cfr. in termini anche Cass. Civ. sent. n. 8473/2019). Infatti, secondo i Giudici della Suprema Corte, la partecipazione al primo incontro "non comporta che si tratti di attività non delegabile", per cui si deve ammettere "la possibilità di delegare ad un terzo soggetto il potere sostanziale di partecipare al procedimento (e quindi di conciliare la lite), esito interpretativo peraltro del tutto conforme ai principi fondamentali del nostro ordinamento in tema di mandato (art. 1392 c.c.), pacificamente ritenuti applicabili anche alla transazione (Cass. civ. Sez. TU 27 gennaio 2012 n. 1181) e che appaiono del tutto conformi e funzionali anche allo spirito del D.lgs. 28/2010")". La convenuta assume che, pur essendo la partecipazione suscettibile di delega essa non potrebbe essere autenticata dal difensore, poiché il potere di autentica del difensore è circoscritto alla sola procura alle liti e necessiterebbe, quindi, di un'autenticazione notarile. Ciò che la Cassazione richiede per la delega della partecipazione è che sia rilasciata dalla parte una procura sostanziale. Ne discende che l'esame della questione non può prescindere dall'art. 1392 cod. civ. che delinea il regime giuridico generale della rappresentanza volontaria richiamato dalla giurisprudenza di legittimità anche con la pronuncia da ultimo citata. Il disposto dell'articolo 1392 c.c. richiede per la procura, quale negozio unilaterale attributivo del potere in capo a terzi di compiere atti in nome altrui, la forma "per relationem" del contratto che il rappresentante deve concludere (o dell'atto che questi deve porre in essere). Pertanto in tanto si impone un obbligo di conferimento della procura, mediante atto autenticato, in quanto del diritto, per il quale deve essere esperita la mediazione, possa disporsi solo con atto avente identico vincolo di forma. Ciò, peraltro, - come osservato da precedente di questa Sezione (cfr. Ordinanza del 15.12.2020 nella causa R.G.N. 7663/2020 Giudice dott.ssa Ga.Ra.) - trova un indiretto riscontro nell'art. 11, terzo comma, del D.Lgs. 28/2010 il quale prescrive, per il caso in cui le parti, mediante l'accordo conciliativo concludano "uno dei contratti o compiono uno degli atti previsti dall'articolo 2643 del codice civile, per procedere alla trascrizione dello stesso'" che la sottoscrizione del processo verbale sia "autenticata da un pubblico ufficiale a ciò autorizzato". Talché, al di fuori di questa fattispecie, non essendo richiesto, ai fini della validità del verbale di conciliazione l'autenticazione delle sottoscrizioni, neppure vi è necessità a norma dell'art. 1392 cod. civ. che la procura rilasciata dalla parte per partecipare alla mediazione sia autenticata da notaio o altro pubblico ufficiale. Pertanto, si ritiene di dover aderire all'orientamento della giurisprudenza di merito (Trib. Roma n. 18271/2021 - Tnb. Napoli n. 1488/2022 - C. App. L'Aquila n. 1129/2021 - Tnb. Crotone 05/01/2021 - Tnb. Pordenone n. 647/2020 - Tnb. Milano n. 5605/2019; Tribunale di Palermo, sentenza n. 4035 del 10.10.2022) secondo il quale, al di fuori delle controversie in cui si dibatta del trasferimento o della costituzione di diritti che necessitano di scrittura privata autenticata, il conferimento della delega a partecipare a procedimento di mediazione non necessiti di autentica notarile. Nel caso di specie, la procura con cui il legale rappresentante di (...) S.r.l. conferisce all'Avv. (...) la facoltà di rappresentarlo nel procedimento di mediazione è una procura ad hoc, nella quale dichiara, tra l'altro, di conferirgli "ogni più ampia facoltà e potere ed autorizzandolo espressamente ad avvisare o aderire alla procedura, a conciliare la suddetta controversia nel modo che riterrà più opportuno, a sottoscrivere l'accordo conciliativo..."; pertanto la procura pare rispettare 1 crismi richiesti dalla Suprema Corte. Considerato, inoltre, che essa concerne diritti derivanti da atto negoziale - l'apertura di conto corrente - per il quale non è richiesta la stipula mediante atto pubblico o la scrittura privata autenticata, si ritiene che la autenticazione da parte del notaio, per le ragioni sopra menzionate, non sia necessaria e il tentativo di mediazione esperito sia valido ed efficace per integrare la condizione di procedibilità richiesta. 3. Sull'eccezione di carenza di legittimazione attiva in capo a (...) S.r.l. (...) contestava che S.n.c., sottoscrittore del contratto di conto corrente n. (...) fosse soggetto diverso dall'attrice (...) S.r.l. e conseguentemente eccepiva la mancata prova della titolarità del rapporto agito in giudizio. Tale assunto risulta smentito per tabulas. In primo luogo, consta agli atti la dichiarazione del 04.05.2017, autenticata dal notaio Dott. (...) con cui i Sigg.ri (i soci) deliberavano di modificare la denominazione da (...) SNC di (...) a (...) SNC (...) (cfr. doc. 22 allegato alla seconda memoria di parte attrice). Inoltre, già con la prima memoria ex art. 183, VI comma, c.p.c., parte attrice aveva prodotto l'atto notarile del 17.12.2019 di trasformazione della società in nome collettivo in società a responsabilità limitata (cfr. doc. 18). Privo di pregio è poi l'assunto della banca convenuta, secondo il quale la prova non potrebbe supplire alla carenza dell'onere allegatorio non avendo, a suo dire, l'attrice mai allegato il fatto costitutivo della propria legittimazione attiva. La società ha sempre affermato, fin dall'atto di citazione, di essere la titolare del rapporto di conto corrente intrattenuto con la banca e tanto basta. 4. Sull'eccezione di carenza di legittimazione passiva in capo a (...) S.p.A. in relazione al contratto di conto corrente n. (...) del 3.11.1992 (...) eccepiva il proprio difetto di legittimazione passiva relativamente al rapporto di conto corrente acceso in data 03.11.1992, atteso che l'originario contratto di conto corrente n. (...) sarebbe stato sottoscritto da soggetti diversi, ossia (...) e (...) S.n.c.. Conseguentemente, sosteneva che il conto corrente n. (...) ed il conto corrente n. (...) fossero autonomi. Tuttavia è la stessa banca convenuta, in occasione della richiesta ex art. 119 TUB avanzata da con PEC del 31.07.2019 (doc. 2 atto di citazione) a confermare, al di là della differente numerazione identificativa del conto corrente, l'unitarietà del rapporto. Infatti (...), in evasione dell'istanza ex art. 119 TUB, trasmetteva alla correntista il contratto di conto corrente del 03.11.1992, senza menzionare alcun documento contrattuale successivo - tantomeno il documento del 27.06.2008 sub doc. 4 allegato alla seconda memoria istruttoria di parte convenuta -, precisando quanto segue: Per quanto riguarda i documenti richiesti, il contratto di conto corrente e l'atto di mutuo sono già in nostro possesso, e quindi li allego. Relativamente agli estratti conto, essendo stato acceso il rapporto di conto corrente acceso presso (...) e migrato presso (...) il 08/03/2008, non possiamo fornire la documentazione antecedente tale data. Per gli estratti conto precedenti è quindi necessario che contattiate (...). Vi è, quindi, un riconoscimento espresso, oltre quello implicito che si evince come si è già precisato dall'invio del solo contratto del 1992, di un rapporto di continuità fra i due conti correnti. Anche i dati contabili peraltro confermano la sostanziale unitarietà del rapporto: l'estratto conto al 09.03.2008 di (...) Spa, ove viene indicato un saldo debitore di Euro 120.130,59 (doc. 10 estratto conto anno 2008 pag. 30) e l'estratto conto al 09.03.2008 di (...) ove viene indicato il medesimo saldo debitore di Euro 120.130,59 (doc. 10 estratto conto anno 2008 pag. 28). La scissione dei due rapporti avrebbe richiesto la prova, non offerta dalla banca convenuta, che la nuova regolamentazione delle condizioni economiche del rapporto avesse avuto natura novativa rispetto al rapporto "migrato". Nel caso in specie la prova di tale intento novativo non è stata fornita ed, anzi, lo stesso contegno della banca, che indicava in risposta alla richiesta ex art. 119 TUB la scrittura del 1992, quale fonte originaria del rapporto di conto corrente, rafforza la conclusione che si trattasse di un rapporto unitario. Pertanto l'eccezione di parziale carenza di legittimazione passiva formulata da (...) non può essere accolta. 5. Sulla sussistenza o meno di un affidamento Preliminare ad ogni considerazione sull'eccezione di prescrizione è la natura del rapporto di conto corrente giacché, come noto, la decorrenza del termine di prescrizione si configura in modo differenziato tra conti correnti affidati e non affidati. In particolare, nei conti non affidati la prescrizione decorre dalla data dei singoli versamenti. Invece in quelli con affidamento occorre distinguere tra rimesse ripristinatorie e solutorie giacché per le prime la prescrizione decorre solo dalla chiusura del rapporto. Come evidenziato dalla stessa CTU nella propria perizia, sussistono numerosi elementi che inducono a ritenere che il conto corrente oggetto di causa fosse affidato. In primo luogo, si evidenzia che la documentazione della (...) negli anni dal 2001 al 2008 espone tre scaglioni di calcolo per il conteggio della commissione di massimo scoperto per i quali la base di calcolo rappresenta una linea di fido e il limite di massimo utilizzato nel trimestre per il portafoglio sbf. Omissis Inoltre, dal 2003 1 prospetti scalari presentano voci che evidenziano l'applicazione di tassi inerenti il fido a revoca ovvero l'anticipo salvo buon fine. In secondo luogo, si evidenzia che la lettera del 22.07.2008 con cui comunicava l'aumento di 0,500 punti percentuali del tasso a debito e del tasso a credito presenta come oggetto "Proposta di modifica unilaterale delle condizioni economiche applicate al contratto di conto corrente - Rapporti che fruiscono di affidamento", evidenziando quindi che il conto corrente n. (...) stesse usufruendo di un affidamento. Infine, si nota che i documenti di sintesi n. 21/2008 e n. 18/2007 con oggetto "apertura di credito imprese" espongono i tassi delle linee di credito e altresì gli importi dell'apertura di credito in c/c per Euro 15.494,00 con decorrenza dal 1 gennaio 2006 e dell'apertura di credito a tassi differenziati per Euro 167.000,00 con decorrenza dal 19 luglio 2007. Alla luce di tutti gli elementi individuati dalla CTU e qui riportati, si ritiene plausibile concludere che il conto corrente fosse affidato (non essendovi, secondo l'orientamento di questa Sezione, elementi ostativi alla configurabilità di fatto di un affidamento). 6. Sulla prescrizione Secondo principio ormai costituente ius receptum, nei rapporti di conto corrente affidati, al fine della decorrenza della prescrizione occorre distinguere tra versamenti con funzione solutoria e versamenti con funzione ripristinatoria della provvista. Per i primi la prescrizione decorre dalla data del versamento per i secondi dalla data della chiusura del conto corrente. La rimessa è solutoria se il versamento è effettuato in presenza di uno sconfinamento superiore all'affidamento concesso dalla banca. Inoltre - con riferimento ai conti affidati - "al fine di verificare se un versamento abbia avuto natura solutoria o ripristinatoria, occorre previamente eliminare tutti gli addebiti indebitamente effettuati dall'istituto di credito e conseguentemente rideterminare il reale saldo passivo del conto, verificando poi se siano stati superati i limiti del concesso affidamento ed il versamento possa perciò qualificarsi come solutorio" (cfr. in termini Sez. 1 -, Ordinanza n. 9141 del 19/05/2020). Attenendosi a tali criteri, la CTU ha correttamente escluso la ripetibilità dei versamenti solutori posti in essere nel periodo antecedente al decennio dal primo atto interruttivo della prescrizione. 7. Sui tassi di interessi convenzionali. L'attrice assume che il contratto di conto corrente non regolasse ì tassi degli interessi applicati e, dunque, chiedeva che il saldo finale del conto fosse ricostruito facendo applicazione del tasso sostitutivo di cui all'art. 117 settimo comma TUB. In realtà, come puntualmente rilevato dalla CTU ammessa, il tasso di interesse e pattuito sia nel contratto stipulato con (...) in data 3 novembre 1992, sia nel contratto stipulato con in data 27 giugno 2008. In particolare, il contratto di conto corrente n. (...) del 3 novembre 1992 prevede un tasso di interesse del 7,50% per i saldi a credito e del 25% per i saldi a debito, sia per lo scoperto di conto, sia per tasso di mora. Talché si ritiene che la domanda di dichiarazione di nullità degli interessi addebitati e di applicabilità del tasso sostitutivo di cui all'art. 117 settimo comma TUB vadano rigettate. Quanto alle spese di gestione e di tenuta del conto, la CTU ha rilevato che non è stata pattuita alcuna spesa nel contratto stipulato con (...) in data 03.11.1992. Per contro, sono state pattuite spese di tenuta del conto per Euro 150,00 "globali trimestrali" nel contratto stipulato con (...) in data 27 giugno 2008. Pertanto correttamente la CTU ha ricalcolato il loro ammontare sulla base delle pattuizioni intercorse. 8. Sulla CMS e le commissioni similari Secondo la tesi ormai largamente prevalente nella giurisprudenza di merito la commissione di massimo scoperto, sebbene sia munita di una propria causa - idonea a differenziarla dagli interessi corrispettivi, normalmente individuata nella remunerazione per il rischio cui la banca è sottoposta nel concedere al correntista affidato l'utilizzo di una determinata somma - tuttavia necessita, ai sensi degli artt. 1346 e 1418, secondo comma, cod. civ. per la sua valida pattuizione che la relativa clausola espliciti, con sufficiente grado di precisione, ì criteri che presiedono alla sua determinazione non essendo al riguardo sufficiente la sola indicazione in misura percentuale del suo ammontare (cfr. da ultimo in termini Cassazione Civile Sez. 1 -, Ordinanza n. 19825 del 20/06/2022). La regolamentazione negoziale della clausola recava la sola indicazione della misura percentuale senza alcuna specifica indicazione sui relativi criteri. Omissis Ma neppure la successiva scrittura del 2008 puntualizza ì criteri di determinazione della CMS. Con riferimento al contratto del 27.06.2008 concluso con (...) per la migrazione del conto corrente, la CTU ha evidenziato la previsione di una commissione di utilizzo nella misura dello 0,750% senza alcuna indicazione circa la metodologia di conteggio della medesima e circa la periodicità della sua applicazione. Pertanto appare indubbia la nullità delle clausole in punto di CMS, per contrasto con gli artt. 1346 e 1418, secondo comma, cod. civ.. Talché correttamente la CTU ha rettificato il saldo depurandolo, nei limiti della prescrizione decennale delle rimesse solutorie, degli addebiti a titolo di CMS. Né a diversa conclusione può approdarsi con riferimento alla commissione per la messa a disposizione di fondi. Posto che le commissioni per la messa a disposizione ai Tondi - addebitate a partire da un certo punto dalla banca in sostituzione delle CMS - hanno identica "causa" rispetto alla commissione di massimo scoperto (ovvero remunerare la banca per il credito concesso su un determinato conto corrente), il fatto che l'attrice non le menzioni espressamente, in citazione, tra gli addebiti illegittimi non esime questo Giudice dal valutarne la legittimità. La banca assume che a norma dell'art. 5 del Decreto d'urgenza del Ministro dell'economia e delle finanze, Presidente del CICR, del 30 giugno 2012, n. 644, per le aperture di credito in corso la nuova commissione omnicomprensiva per la messa a disposizione di fondi potesse essere introdotta anche mediante variazione unilaterale ai sensi dell'art. 118 TUB. Segnatamente l'art. 5 prevede che: "4. I contratti in corso al 1 luglio 2012 sono adeguati entro il 1 ottobre 2012 con l'introduzione di clausole conformi all'articolo 117-bis del TUB e al presente decreto, ai sensi dell'articolo 118 del TUB". Mette conto osservare che l'art. 118 TUB delimita il potere di variazione dell'intermediario alla modificazione di "tassi, prezzi1 e delle "altre condizioni previste dal contrattò". Talché esula dal potere di cui all'art. 118 TUB la costituzione ex novo di commissioni o di oneri mai pattuiti prima. Consegue, da quanto esposto, che il ricorso al diritto potestativo di cui all'art. 118 TUB, per adeguare gli affidamenti in corso alla nuova disciplina delle relative commissioni, presuppone che queste siano state validamente pattuite. Ma non essendo stata validamente pattuita, per il conto corrente che ci occupa, alcuna commissione che remunerasse la banca per l'apertura del credito era preclusa la costituzione ex novo di forme di remunerazione per le aperture di credito mediante l'istituto di cui all'art. 118 TUB. Pertanto, non essendo stata validamente pattuita la commissione di disponibilità fondi, la stessa non è dovuta. Peraltro, trattandosi di nullità rilevabile ex officio alla stregua della documentazione versata in atti, non è necessaria una specifica deduzione della nullità della clausola fin dalla citazione (cfr. Sez. 3, Sentenza n. 11772 del 06/08/2002). 9. Sull'anatocismo L'unica clausola regolante l'anatocismo si rinviene nel contratto di conto corrente del 2008 che reca la seguente disciplina negoziale: "tipo capitalizzazione: dare SEMESTRAL1 avere SEMESTRALE". E' ormai principio giurisprudenziale acquisito che le pattuizioni in punto di anatocismo, risalenti a periodo antecedente l'entrata in vigore della delibera CICR del 9.2.2000, siano nulle e, dunque, radicalmente improduttive di effetti. Peraltro, osserva la giurisprudenza di legittimità che, per il periodo successivo all'entrata in vigore della predetta delibera, è necessario che le parti pattuiscano espressamente l'anatocismo mediante la previsione di un identico periodo di capitalizzazione degli interessi attivi e passivi. In particolare la Cassazione ritiene che, in ragione della pronuncia di incostituzionalità dell'art. 25, comma 3, del D.Lgs. n. 342 del 1999, le clausole anatocistiche inserite in contratti di conto corrente conclusi prima dell'entrata in vigore della delibera CICR 9 febbraio 2000 sono radicalmente nulle, con conseguente impraticabilità del giudizio di comparazione previsto dal comma 2 dell'art. 7 della delibera del ClCR teso a verificare se le nuove pattuizioni abbiano o meno comportato un peggioramento delle condizioni precedentemente applicate, sicché in tali contratti perché sia introdotta validamente una nuova clausola di capitalizzazione degli interessi, è necessaria una espressa pattuizione formulata nel rispetto dell'art. 2 della predetta delibera (cfr. Sez. 1-, Sentenza n. 9140 del 19/05/2020; Sez. 1 -, Ordinanza n. 29420 del 23/12/2020). La CTU, dopo l'entrata in vigore della delibera CICR del 9.2.2000, ha riscontrato agli atti che solo il contratto del 27.06.2008 regolava ex novo l'anatocismo in conformità ai dettami di tale delibera. Talché correttamente la CTU ha escluso dal conto corrente gli interessi addebitati a titolo di anatocismo dalla Banca poiché mai validamente pattuiti esclusi quelli afferenti il periodo dal 27 giugno 2008 sino al 31 dicembre 2013. In conclusione, in considerazione delle commissioni illegittimamente addebitate dalla banca, degli interessi illegittimamente addebitati per anatocismo (nel periodo in cui non era stato validamente pattuito), risulta un saldo a favore della correntista attrice per Euro 19.958,37. 10. Sulle spese di lite Le spese seguono la soccombenza nella misura liquidata in dispositivo in conformità dei valori medi di liquidazione previsti per lo scaglione di riferimento (da Euro 5.201,00 ad Euro 26.000,00). P.Q.M. definitivamente decidendo ogni contraria domanda, eccezione e deduzione rigettate: 1. dichiara e condanna (...) S.P.A. - (...) in persona del legale rappresentante pro tempore, a restituire alla società (...) (S.R.L. la somma di Euro 19.958,37 oltre interessi al tasso di legge dalla notificazione dell'atto di citazione al saldo; 2. dichiara e condanna (...) S.P.A. - (...) in persona del legale rappresentante pro tempore, a rifondere alla società (...) S.R.L. le spese di lite che si liquidano in Euro 264,00 per esposti ed Euro 5.077,00 per compenso del difensore (di cui Fase di studio della controversia, valore medio: Euro 919,00 Fase introduttiva del giudizio, valore medio: Euro 777,00. Fase istruttoria e/o di trattazione, valore medio: Euro 1.680,00 Fase decisionale, valore medio: Euro 1.701,00) oltre 15% per spese generali e accessori di legge; 3. pone gli onorari di CTU come liquidati con Decreto del 6 ottobre 2022 a carico esclusivo di (...) S.P.A. -( Sentenza immediatamente esecutiva per legge. Così deciso in Genova il 15 gennaio 2023. Depositata in Cancelleria il 16 gennaio 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria Sezione Seconda ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 141 del 2022, integrato da motivi aggiunti, proposto da Wa. Ro. Wa., rappresentato e difeso dagli avv. Gi. Ca., Cr. Ri. e Ri. Di Sa., con domicilio digitale come da p.e.c. dei registri di giustizia; contro Ministero della cultura, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura distrettuale dello Stato, domiciliataria ex lege in Genova, viale (...); per l'annullamento del provvedimento di diniego al rilascio dell'attestato di libera circolazione e contestuale avvio del procedimento di dichiarazione di interesse culturale per il bene culturale di cui alla denuncia n. 28202 del 5 ottobre 2021 (codice pratica SUE 561292), di cui alla nota prot. 37848 ct. 34.28.02/110 del 21 dicembre 2021, del Ministero della cultura, Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio per la Città Metropolitana di Genova e la Provincia della Spezia - Ufficio Esportazione; del preavviso di diniego dell'attestato di libera circolazione per il bene di cui alla denuncia n. 28202 del 5 ottobre 2021 (codice pratica SUE 561292), di cui alla nota prot. 35507 ct. 34.28.02/ del 1° dicembre 2021 del Ministero della cultura, Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio per la Città Metropolitana di Genova e la Provincia della Spezia - Ufficio Esportazione; nonché di ogni altro atto preordinato, conseguente o comunque connesso ai suddetti atti, se ed in quanto lesivo dell'interesse del ricorrente; e, con ricorso per motivi aggiunti, per l'annullamento del decreto del Presidente della Commissione regionale n. 33 del 25.5.2022 di dichiarazione dell'interesse culturale ai sensi dell'art. 10, comma 3, lett. a), del d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, del dipinto, con l'allegata relazione storico-artistica, di cui alla nota prot. 2512 del 26.5.2022 trasmessa a mezzo raccomandata a/r in data 30.5.2022, in quanto provvedimento conseguente agli atti precedentemente impugnati, ad essi connesso e lesivo dell'interesse del ricorrente; nonché di ogni ulteriore atto conseguente, presupposto e/o connesso a quelli impugnati, se e nella misura in cui ledano gli interessi del ricorrente. Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della cultura; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 26 ottobre 2022 il dott. Richard Goso e uditi i difensori intervenuti per le parti, come specificato nel verbale; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO Con istanza del 5 ottobre 2021, l'odierno ricorrente aveva chiesto il rilascio dell'attestato di libera circolazione ex art. 68, d.lgs. n. 42/2004, del dipinto "Allegoria della Prudenza" attribuito ad un anonimo pittore del XVII secolo, acquistato in occasione dell'asta svoltasi il 21 settembre 2021 presso una casa d'aste genovese. Previa comunicazione del preavviso di rigetto, l'Ufficio esportazione della Soprintendenza ha respinto l'istanza con provvedimento del 21 dicembre 2021. La motivazione dell'atto, articolata anche sotto forma di controdeduzioni alle osservazioni del privato, attribuisce l'opera a Be. Me. e ne evidenzia "l'eccelsa qualità " nonché "l'evidente natura pertinenziale". Inoltre, l'Ufficio si sofferma sulla diffusione delle opere del pittore senese nelle collezioni italiane e all'estero. L'interessato ha impugnato il provvedimento suddetto con ricorso notificato il 21 febbraio 2022 e depositato il successivo 4 marzo. Questi i motivi di gravame: I) "Illegittimità per eccesso di potere nelle figure sintomatiche del travisamento dei fatti, difetto di motivazione e difetto di istruttoria". L'attribuzione certa dell'opera a Be. Me., presupposto delle le valutazioni formulate dall'Amministrazione, sarebbe frutto di travisamento fattuale in quanto non sussiste alcun riconoscimento concorde della critica al riguardo. II) "Illegittimità per eccesso di potere nelle figure sintomatiche del travisamento dei fatti, difetto di motivazione, difetto di istruttoria ed errata interpretazione degli Indirizzi circa la qualità artistica dell'opera e/o per violazione dell'art. 68, co. 3 e 4, CBC". Il giudizio relativo all'alta qualità pittorica, basato sui criteri del magistero esecutivo e della capacità espressiva, sarebbe frutto di carente attività istruttoria in quanto si limita a recepire l'opinione di un critico che, tuttavia, non ha visionato direttamente il dipinto. III) "Illegittimità per violazione dell'art. 68 CBC e/o eccesso di potere per difetto di motivazione e difetto di istruttoria in punto di appartenenza a un complesso e/o contesto storico-artistico". La motivazione che evidenzia la pretesa valenza pertinenziale dell'opera sarebbe carente e contraddittoria, atteso che l'Amministrazione non è stata in grado di individuarne il contesto o complesso di origine. IV) "Illegittimità per violazione dell'art. 68, co. 4, CBC e/o eccesso di potere sul concetto di utilità marginale". A fronte della cospicua presenza in Italia di altri dipinti dello stesso autore e del carattere assai comune della rappresentazione, l'opera non comporterebbe alcun arricchimento del patrimonio culturale nazionale. V) "Illegittimità per eccesso di potere nella figura sintomatica del difetto di motivazione per mancato bilanciamento di interessi". Nel doveroso bilanciamento dei contrapposti interessi, l'Amministrazione avrebbe dovuto meglio esplicitare le ragioni del sacrificio imposto al privato. VI) "Illegittimità per violazione dell'art. 3 CBC". Non sarebbe ravvisabile un concreto interesse pubblico al diniego di esportazione di un'opera che, a causa dello scarso interesse e del costo elevato (Euro 275.100,00), non potrà essere acquisita al patrimonio pubblico. Costituitosi in resistenza con il patrocinio dell'Avvocatura distrettuale dello Stato, il Ministero della cultura argomenta nel senso dell'infondatezza del ricorso di cui chiede il rigetto. Quindi, con ricorso per motivi aggiunti notificato il 29 luglio 2022 e depositato il successivo 3 agosto, l'interessato ha impugnato la sopravvenuta dichiarazione dell'interesse culturale dell'opera, deducendo i seguenti motivi di censura: VII) "Illegittimità derivata della dichiarazione di interesse". Essendo conseguenza diretta del diniego di libera circolazione, l'atto impugnato sarebbe viziato in via derivata dagli stessi vizi dell'atto presupposto. VIII) "Illegittimità per eccesso di potere nelle figure sintomatiche della carenza di istruttoria, assenza di motivazione e sul mero rinvio ad atti inseriti nell'ambito del procedimento di diniego, senza ulteriore istruttoria. Violazione e falsa rappresentazione degli artt. 2, 10, co. 3, lett. a), 13 e 14, co. 2, CBC. Violazione e falsa rappresentazione dell'art. 3, l. 241/1990". L'atto impugnato sarebbe viziato per difetto di motivazione e di istruttoria, poiché basato sulle risultanze del procedimento volto al rilascio dell'attestato di libera circolazione che, tuttavia, sono state fatte oggetto di ampia contestazione in sede giurisdizionale. IX) "Illegittimità per eccesso di potere nelle figure sintomatiche del travisamento dei fatti, difetto di motivazione e difetto di istruttoria e/o violazione dell'art. 3, l. 241/1990, in punto di attribuzione dell'opera a Be. Me.". Parte ricorrente ribadisce che l'opera non sarebbe attribuibile con certezza al pittore senese. X) "Illegittimità per eccesso di potere nelle figure sintomatiche del travisamento dei fatti, difetto di motivazione per insufficienza, illogicità e contraddittorietà, difetto di istruttoria circa la qualità artistica dell'opera e/o violazione degli Indirizzi e dell'art. 3, l. 241/1990". La valutazione della qualità artistica dell'opera presenterebbe le stesse criticità evidenziate nel ricorso introduttivo. XI) "Illegittimità per eccesso di potere nelle figure sintomatiche del travisamento dei fatti, difetto di motivazione per insufficienza, illogicità e contraddittorietà, difetto di istruttoria in punto di appartenenza a un complesso e/o contesto storico-artistico e/o violazione degli Indirizzi e dell'art. 3, l. 241/1990". Anche per quanto concerne la pretesa pertinenzialità dell'opera, la contestata valutazione rimarrebbe parziale e incongrua. XII) "Illegittimità per eccesso di potere nelle figure sintomatiche del travisamento dei fatti, difetto di motivazione per insufficienza, illogicità e contraddittorietà, difetto di istruttoria circa la rilevanza della rappresentazione dell'opera e/o violazione degli Indirizzi e dell'art. 3, l. 241/1990". Il giudizio di "notevole rappresentatività " dell'opera sarebbe arbitrario, trattandosi di un soggetto assai comune nella storia dell'arte italiana. XIII) "Illegittimità per violazione e/o falsa rappresentazione dell'art. 10, co. 3, lett. a, dell'art. 13 CBC e dell'art. 3, l. 241/1990. Mancato bilanciamento degli interessi". L'esponente ribadisce sostanzialmente le censure sollevate con il quinto motivo del ricorso principale. Previo deposito di memorie conclusionali, la causa è stata chiamata alla pubblica udienza del 26 ottobre 2022 e, all'esito, è stata trattenuta in decisione. DIRITTO Secondo la prospettazione di parte ricorrente, le valutazioni sottese al diniego dell'attestato di libera circolazione impugnato con il ricorso principale sarebbero diretta conseguenza dell'attribuzione dell'opera al pittore senese Be. Me.. La pretesa identità dell'autore, infatti, sarebbe di per se stessa cagione del giudizio relativo all'elevatissima qualità artistica del dipinto, peraltro formulato anche attraverso un incongruo riferimento all'apprezzamento del mercato; in secondo luogo, l'asserita appartenenza dell'opera ad una serie decorativa posta all'interno di una dimora aristocratica senese non sarebbe stata dimostrata dall'Amministrazione, ma solo ipotizzata sul presupposto che essa fosse ascrivibile alla produzione di Be. Me.. Sostiene l'esponente che tale attribuzione sarebbe erronea o, comunque, che non sussisterebbe alcun riconoscimento unanime della critica al riguardo, sicché l'impossibilità di ascrivere con certezza l'opera alla produzione del pittore senese farebbe venir meno le ragioni sottese al diniego. Tali rilievi sono condivisibili solo in parte. Infatti, le fonti indicate nel provvedimento impugnato (l'articolo di un noto critico d'arte pubblicato su un quotidiano on line e la successiva nota del Direttore dalla Pinacoteca nazionale di Siena che ne condivide i contenuti) sono quantitativamente limitate e contraddette da altrettanti pareri di esperti prodotti dalla parte ricorrente, sicché la certezza dell'attribuzione, seppure enfatizzata dall'Amministrazione, non rappresenta affatto un dato acquisito. Tuttavia, nonostante l'importanza che la contestata ipotesi attributiva assume nell'ambito della valutazione complessiva, essa non può considerarsi l'unica ragione del diniego la cui legittimità, pertanto, non costituisce una variabile dipendente dalla fondatezza di tale ipotesi, dovendosi invece ritenere che le valutazioni qualitative integranti la motivazione dell'atto conservino la propria valenza a prescindere della paternità dell'opera. Fermo restando che i fisiologici margini di opinabilità propri della materia escludono che si possa pervenire, attraverso l'acquisizione istruttoria del parere di altri esperti, alla definitiva chiarificazione del profilo controverso. Vanno disattese, per tali motivi, le censure sollevate con il primo motivo di ricorso in relazione all'attribuzione dell'opera. E' infondato anche il secondo motivo con cui il ricorrente contesta il giudizio relativo alla qualità artistica, scaturente dall'applicazione dei criteri valutativi inerenti al "magistero esecutivo" e alla "capacità espressiva". Sotto il primo profilo, l'esponente evidenzia che la valutazione di alta qualità pittorica contenuta nei documenti sui quali si è basata l'Amministrazione (l'articolo e la nota già citati) non era stata preceduta da un esame visivo dell'opera, atteso che i rispettivi autori si erano limitati a prendere cognizione di un cata d'asta e di una riproduzione fotografica; quanto alla valutazione della "capacità espressiva", i contenuti del primo documento sarebbero contraddetti dalla stessa relazione storico-artistica della Soprintendenza. Nonostante la condivisibilità di tali osservazioni critiche, resta il fatto che il provvedimento impugnato non è unicamente motivato per relationem ai documenti predetti, ma contiene un'autonoma valutazione, formulata all'esito di specifica attività istruttoria, in ordine alla "eccelsa qualità dell'opera nell'ambito della produzione artistica del pittore senese Be. Me.". Tale affermazione è suscettibile di essere scissa in due parti non interdipendenti in quanto, come si è già avuto modo di accennare, il giudizio di "eccelsa qualità " formulato da esperti del settore ha naturalmente riguardo ai valori intrinseci dell'opera, anche prescindendo dalla sua paternità, e non viene conseguentemente meno nel caso in cui essa non risulti ascrivibile con certezza alla produzione del pittore senese. Né rileva, infine, che i documenti citati fossero stati predisposti senza aver previamente proceduto ad un esame visivo del dipinto, poiché tale doveroso adempimento è stato posto in essere dai funzionari della Soprintendenza prima dell'adozione del provvedimento impugnato. Secondo gli indirizzi di carattere generale per la valutazione ai fini del rilascio dell'attestato di libera circolazione approvati con d.M. beni e attività culturali n. 537 del 6 dicembre 2017, la qualità artistica dell'opera costituisce la caratteristica fondamentale da prendere in esame, ma non può costituire l'unico elemento per giustificare il diniego che, pertanto, dovrà basarsi su almeno uno degli altri elementi di valutazione indicati dallo stesso decreto (rarità, rilevanza della rappresentazione, natura pertinenziale, significatività per la storia del collezionismo, rilevante testimonianza di relazioni tra diverse aree culturali). Nel caso in esame, secondo quanto precisato dalla stessa Amministrazione procedente, è stato utilizzato il criterio aggiuntivo inerente alla pertinenzialità dell'opera, vale a dire la sua appartenenza a un complesso e/o contesto artistico in tesi costituito da "una serie dedicata alle Virtù cardinali". Precisa il provvedimento impugnato che il dipinto "costituiva un elemento di una serie decorativa articolata intorno al tema delle Virtù e posta ad ornamento di una dimora aristocratica ad oggi non identificabile. Le fonti storiche riferite all'attività di Be. Me. ne documentano diverse; e non si può escludere che le 'compagnè dell'Allegoria della Prudenza si trovino ancora sul territorio nazionale, in attesa di ricongiungersi fra loro". Tali affermazioni sono inidonee a costituire adeguata motivazione del diniego di esportazione in quanto, senza l'allegazione di elementi concreti a suffragio dell'ipotesi formulata, si arrestano su una soglia meramente congetturale. Tanto più che i citati indirizzi ministeriali raccomandano di "porre la massima cura nel formulare un provvedimento restrittivo, evitando giudizi apodittici non sostenuti da una adeguata argomentazione critica e storica", e precisano ulteriormente, con riguardo allo specifico criterio di valutazione, che "l'appartenenza dovrà essere valutata in rapporto alla disponibilità di elementi di conoscenza tali da consentire l'affermazione, sicura o documentabile in vario modo, della sua sussistenza nel caso concreto esaminato". La violazione di tali indirizzi si manifesta con piena evidenza nel caso di specie, atteso che la stessa Amministrazione ammette di non essere in grado di individuare il contesto di origine del bene ("una dimora aristocratica ad oggi non identificabile") la cui appartenenza ad una serie dedicata dal pittore senese alle virtù cardinali costituisce una semplice supposizione non dimostrata. Sebbene l'Amministrazione procedente abbia espressamente riconosciuto che la valutazione si è basata sugli elementi relativi alla qualità artistica e alla natura pertinenziale del dipinto, la motivazione dell'atto si sofferma sulla presenza delle opere di Be. Me. nelle collezioni pubbliche italiane. In conseguenza, non potendosi escludere che l'Amministrazione abbia inteso applicare anche il criterio relativo alla "rarità (in senso qualitativo e/o quantitativo)" del bene, è opportuno prendere in esame le censure dedotte con il quarto motivo di ricorso relativamente a tale profilo. L'esponente deduce l'insussistenza del requisito in parola, poiché numerose altre opere del pittore senese sono già presenti nelle collezioni pubbliche o private italiane e il dipinto in questione appartiene ad una categoria (i quadri raffiguranti le virtù cardinali) ampiamente presente all'interno della storia dell'arte italiana. La fondatezza di tali rilievi trova riconoscimento nelle stesse argomentazioni dell'Amministrazione la quale dà atto dell'incontestabile presenza delle opere di Be. Me. nelle collezioni pubbliche italiane e non contesta che il soggetto rappresentato fosse molto comune. Peraltro, il Direttore dalla Pinacoteca nazionale di Siena aveva precisato, con la nota già citata, che "diverse significative opere dell'artista" sono presenti nella collezione del Museo e in altre collezioni della Città . Infine, l'affermazione secondo cui il dipinto costituirebbe "un singolare 'fatto d'artè, capace di attirare e coagulare pubblici diversi: i tecnici, il mercato, il pubblico", è priva di reale contenuto in quanto generica, astratta e apodittica. Non essendo stato dimostrato neppure il requisito inerente alla rarità dell'opera, il diniego del rilascio dell'attestato di libera circolazione gravato con il ricorso principale è illegittimo e, previo assorbimento delle altre censure dedotte dal ricorrente, deve essere annullato. E' meritevole di accoglimento anche il ricorso per motivi aggiunti proposto per l'annullamento della dichiarazione dell'interesse culturale del bene ex art. 10, comma 3, lett. a), d.lgs. n. 42/2004. L'atto gravato con motivi aggiunti, infatti, costituisce diretta conseguenza del diniego di esportazione dell'opera e, pertanto, è viziato per illegittimità derivata dal provvedimento presupposto. In ogni caso, le ragioni addotte per giustificare la dichiarazione dell'interesse culturale riproducono quelle dell'atto a monte, senza apprezzabili elementi di novità, e sono conseguentemente inficiate in via propria dai vizi già denunciati con il ricorso principale e riproposti con i motivi aggiunti. Le spese di lite possono essere eccezionalmente compensate tra le parti in ragione della peculiarità della fattispecie. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria Sezione Seconda, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l'effetto, annulla i provvedimenti impugnati. Spese compensate. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Genova nella camera di consiglio del giorno 26 ottobre 2022 con l'intervento dei magistrati: Luca Morbelli - Presidente Paolo Peruggia - Consigliere Richard Goso - Consigliere, Estensore

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria Sezione Prima ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 443 del 2019, proposto da Co. Ma. 3 s.r.l., rappresentata e difesa dagli avvocati Pa. Ga. e Si. Ba., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; contro il Comune di (omissis), rappresentato e difeso dall'avvocato Ri. Ma., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; il Comune di (omissis), rappresentato e difeso dagli avvocati En. Cr. e Fr. Ag., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio della prima in Genova, corso (...); la Regione Liguria, rappresentata e difesa dagli avvocati Ma. Cr. e Le. Ca., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso gli uffici dell'Ente in Genova, via (...); la Provincia di Savona, non costituita in giudizio; nei confronti delle società Ar. s.r.l. e Im. Ar. s.r.l., entrambe rappresentate e difese dall'avvocato Ro. Da., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Genova, via (...); per l'annullamento della determinazione del Responsabile dello Sportello Unico Associato Attività Produttive - Servizi Associati Intercomunali presso il Comune di (omissis) prot. n. 899/SUAP del 18 aprile 2019, di conclusione positiva del procedimento in Conferenza di Servizi ai sensi dell'art. 14-ter della legge 7 agosto 1990, n. 241 avente ad oggetto "SUAP Posizione n. 762 - Ditta Ar. S.r.l. di (omissis) (IM) - Domanda unica intervento di nuova costruzione edificio commerciale per l'apertura di una Media Struttura di Vendita (settore merceologico alimentare) con locale di somministrazione alimenti e bevande e di sistemazione area esterna, in Comune di (omissis) (SV), Via (omissis) - N.C.T. Fg. n. (omissis), Mapp.li (omissis). Progetto in variante al vigente P.R.G. ai sensi dell'art. 10 L.R. 10/2012 e L.R. 36/97", e della relativa nota di trasmissione, prot. n. 902/SUAP del 18 aprile 2019, nonché di tutti gli atti di assenso all'uopo richiamati. Visti il ricorso e i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di (omissis), del Comune di (omissis), della Regione Liguria e delle società Ar. s.r.l. e Im. Ar. s.r.l.; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 4 novembre 2022 il dott. Angelo Vitali e uditi per le parti i difensori, come specificato nel verbale di udienza; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO La società ricorrente è un operatore commerciale proprietario, nel comune di (omissis), alla piazza (omissis), di un immobile ove esercita da molti anni la sua attività di vendita al dettaglio, con una media struttura di vendita alimentare sita all'interno di una galleria commerciale. Espone: - di avere appreso dell'avvenuta approvazione, in variante al P.R.G. del Comune di (omissis), di un progetto per l'insediamento di una nuova struttura di vendita alimentare a marchio Eurospin in un'area non lontana dalla predetta galleria commerciale, con contestuale rilascio dell'autorizzazione commerciale; - che l'area sulla quale sorgerebbe l'intervento era, secondo il P.R.G., in parte agricola (E5) ed in parte produttiva, ma con una previsione a servizi (D1d), in cui quindi era vietato l'insediamento di tale attività . Impugna gli atti di approvazione dell'intervento e, segnatamente, la determinazione di conclusione positiva del procedimento di Conferenza di Servizi ai sensi dell'art. 14-ter della legge 7 agosto 1990, n. 241, prot. n. 899/SUAP del 18 aprile 2019, adottata dal responsabile dello Sportello Unico Associato Attività Produttive - Servizi Associati Intercomunali presso il Comune di (omissis), avente ad oggetto "SUAP Posizione n. 762 - Ditta Ar. s.r.l. di (omissis) (IM) - Domanda unica intervento di nuova costruzione edificio commerciale per l'apertura di una Media Struttura di Vendita (settore merceologico alimentare) con locale di somministrazione alimenti e bevande e di sistemazione area esterna, in Comune di (omissis) (SV), via (omissis) - N.C.T. Fg. n. (omissis), Mapp.li (omissis). Progetto in variante al vigente P.R.G. ai sensi dell'art. 10 L.R. 10/2012 e L.R. 36/97". Lamenta che tale iniziativa inciderebbe, per sua natura, sull'assetto di mercato degli omologhi esercizi commerciali posti nelle vicinanze e, a sostegno del gravame, deduce tredici motivi di ricorso, come segue. 1. Violazione dell'art. 10 della legge regionale 5 aprile 2012, n. 10. Violazione dell'art. 81 della legge regionale 2 aprile 2015, n. 11. Violazione dell'art. 10 della legge 17 agosto 1942, n. 1150. Violazione dell'art. 14-ter della legge 7 agosto 1990, n. 241. Incompetenza. Eccesso di potere per difetto dei presupposti e travisamento dei fatti. Eccesso di potere per immotivata contraddittorietà tra atti del procedimento. In subordine: invalidità derivata per illegittimità costituzionale degli artt. 10 della legge regionale 5 aprile 2012, n. 10, 59 della legge regionale 4 settembre 1997, n. 36 e 14-ter della legge 7 agosto 1990, n. 241. Gli atti di approvazione gravati sarebbero illegittimi in quanto comportanti una variante allo strumento urbanistico generale del Comune di (omissis), in assenza della relativa approvazione regionale, avendo l'amministrazione procedente reputato tacitamente acquisito l'assenso della Regione Liguria in pretesa applicazione dell'art. 14-ter, comma 7, della legge n. 241 del 1990 ("Si considera acquisito l'assenso senza condizioni delle amministrazioni il cui rappresentante non abbia partecipato alle riunioni"), laddove non potrebbe mai considerarsi acquisita per silenzio-assenso l'approvazione di una variante urbanistica. In subordine, prospetta questione di legittimità costituzionale della normativa regionale. 2. Violazione dell'art. 59 della legge regionale 4 settembre 1997, n. 36. Eccesso di potere per difetto dei presupposti e travisamento dei fatti. L'amministrazione procedente ha inteso applicare l'art. 59 della legge urbanistica regionale n. 36 del 1997 e s.m. onde conseguire la richiesta variante urbanistica al P.R.G., sebbene la disposizione vigente all'atto dell'adozione del provvedimento finale stabilisse che, in caso di progetto in variante, prima si desse corso, seppure con termini abbreviati, alla variante urbanistica di approvazione regionale, e, solo successivamente, all'approvazione del progetto in sede di conferenza. 3. Violazione degli artt. 6 e 12 del D.lgs. n. 152 del 2006. Violazione della Direttiva 2001/42/CE. Violazione degli artt. 3 e 13 della legge regionale 10 agosto 2012, n. 32. Violazione dell'art. 10 della legge regionale 5 aprile 2012, n. 10. Violazione degli artt. 3 e 14 e segg. della legge 7 agosto 1990, n. 241. Violazione degli artt. 44 e 59 della legge regionale n. 36 del 1997. Eccesso di potere per difetto di istruttoria e carenza di motivazione. Ove occorra, invalidità derivata dall'illegittimità della deliberazione della Giunta Regionale 28 febbraio 2014, n. 223. In subordine: invalidità derivata per illegittimità costituzionale della legge regionale 10 agosto 2012, n. 32 (artt. 3, 13 ed all. A), per violazione dell'art. 117 Cost.. Gli atti di approvazione della variante urbanistica ad un piano di livello generale sarebbero illegittimi in quanto è stato omesso un adempimento fondamentale, ovvero la verifica di assoggettabilità a valutazione ambientale strategica V.A.S.. 4. Violazione dell'art. 8 del D.P.R. 7 settembre 2010, n. 160. Violazione dell'art. 23 e segg. del d.lgs. 31 marzo 1998, n. 112. Violazione dell'art. 38 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito in legge 6 agosto 2008, n. 133. Violazione dell'art. 10 della legge regionale 5 aprile 2010, n. 12. Eccesso di potere per difetto dei presupposti e travisamento dei fatti. Eccesso di potere per difetto di motivazione e di istruttoria. Violazione dell'art. 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241. In subordine, illegittimità costituzionale dell'art. 10 della legge regionale 5 aprile 2010, n. 12 per violazione dell'art. 117 Cost. (norme interposte gli artt. 23 e segg. del d.lgs. 31 marzo 1998 n. 112 e l'art. 8 del P.R. 7 settembre 2010, n. 160). Sebbene la disciplina sullo S.U.A.P. contempli la possibilità che gli interventi de quibus vengano approvati in variante urbanistica, ciò ammette a condizione dell'impossibilità (da attestare previa rigorosa verifica) di reperire nello strumento esistente ulteriori e diverse aree idonee all'iniziativa produttiva, e che la richiesta di variante non si riferisca a medie e grandi strutture di vendita, condizioni che non ricorrono nel caso di specie. 5. Violazione dell'art. 10 della legge regionale 5 aprile 2012, n. 10. Violazione dell'art. 19 della legge regionale 3 gennaio 2007, n. 1. Violazione dell'art. 59 della legge regionale n. 36 del 1997. Violazione del P.R.G. di (omissis) come integrato dalla deliberazione del Consiglio Comunale di (omissis) n. 70 del 27 novembre 2007. Eccesso di potere per difetto di istruttoria, illogicità, travisamento dei fatti e difetto dei presupposti. L'approvazione del nuovo insediamento commerciale, che sottende una necessaria variante urbanistica al P.R.G. onde dare vita ad una nuova zona produttiva, non tiene conto che il Comune di (omissis), con deliberazione del Consiglio Comunale n. 70 del 27 novembre 2007, aveva a suo tempo operato l'"adeguamento del P.R.G. ai criteri di programmazione commerciale urbanistica in attuazione della L.R. n. 1 del 07/01/2007 -Testo unico del commercio", stabilendo nella zona interessata, con prescrizione non modificata, la possibilità di insediare soltanto "medie strutture di vendita non alimentari aventi una superficie massima di vendita di 1000 mq." (nel caso di specie, trattasi invece di una m.s.v. di 1.430 mq.). 6. Violazione dell'art. 10 della legge regionale 5 aprile 2012, n. 10. Violazione dell'art. 59 della legge regionale n. 36 del 1997. Violazione degli artt. 8 e ss. segg. della legge 17 agosto 1942 n. 1150. Violazione dell'art. 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241. Eccesso di potere per difetto di motivazione e di istruttoria. Gli atti impugnati non darebbero conto delle motivazioni a sostegno dell'adozione di una variante puntuale al piano regolatore generale, indicando le ragioni che ne hanno determinato la totale o parziale inattuabilità, o la convenienza di migliorarlo. 7. Violazione dell'art. 10 della legge regionale 5 aprile 2012, n. 10. Violazione dell'art. 9 della legge 17 agosto 1942 n. 1150. Violazione degli artt. 1 e 14 e segg. della legge 7 agosto 1990, n. 241 e s.m.. Eccesso di potere per difetto di istruttoria e carenza dei presupposti e perplessità . Le modifiche progettuali proposte dai soggetti attuatori e sottoposte al parere del consiglio comunale, non sono state seguite dalla fisiologica e necessaria rinnovazione della fase di pubblicità e partecipazione ex art. 9 della legge n. 1150 del 1942. 8. Violazione dell'art. 11 della legge regionale n. 25 del 1995. Violazione dell'art. 5 del D.M. 2 aprile 1968. Eccesso di potere per violazione della Circolare n. 59132/1407 del 17 maggio 1995. Violazione dell'art. 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241. Eccesso di potere per carenza dei presupposti, difetto di istruttoria e di motivazione. Nel caso di specie si prevede la integrale monetizzazione delle aree a standard di verde pubblico, laddove la possibilità di monetizzazione degli standard urbanistici imposti per legge (nel caso, dall'art. 5 del D.M. 2 aprile 1968) costituisce ipotesi eminentemente derogatoria, praticabile solo in specifici casi e con adeguata motivazione, potendo avvenire solamente per dimostrata carenza di aree concretamente cedibili quale urbanizzazione in natura alla P.A., ed a condizione che si specifichi puntualmente la destinazione di impiego della somma ricevuta. 9. Violazione dell'art. 5 del D.M. 2 aprile 1968. Eccesso di potere per contraddittorietà tra atti del procedimento. Il calcolo degli standard dovuti con riferimento ai c.d. "locali accessori" (magazzini, spogliatoi e locali igienici) sarebbe insufficiente. 10. Violazione dell'art. 16, comma 4, lettera d-ter, e comma 4-bis del D.P.R.6 giugno 2001, n. 380, e s.m.. Violazione dell'art. 38, comma 6-bis, della legge regionale n. 6 giugno 2008, n. 16 e s.m.. Eccesso di potere per difetto di motivazione e di istruttoria. Violazione degli artt. 1 e 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241. Non sarebbe agli atti un'autonoma valutazione ed una congrua istruttoria del Comune circa la quantificazione del contributo straordinario per le varianti. 11. Violazione dell'art. 57 delle N.T.A. del PTCP. Violazione del D.M. 4 aprile 1985. Violazione dell'art. 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241. Eccesso di potere per difetto di istruttoria, carenza di motivazione e carenza dei presupposti. Sebbene adiacente all'area di intervento vi sia l'insieme monumentale paesaggistico della "tenuta Quazzolo", individuata quale Manufatto Emergente (ME) dal PTCP regionale, non sarebbe stata espletata alcuna valutazione circa gli effetti del progetto sul contesto tutelato. 12. Violazione dell'art. 97 Cost.. Violazione dei principi generali in tema di contratti delle PP.AA.. Violazione dell'art. 4 del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50. Invalidità derivata degli atti di approvazione per illegittimità della delibera dirigenziale n. 2017/3888 del 5 dicembre 2017 e per illegittimità, annullabilità, nullità ed inefficacia del contratto di acquisto in data 28 dicembre 2018 per violazione di norme imperative. L'acquisto dell'area di intervento dalla Provincia di Savona sarebbe avvenuta senza alcuna forma di evidenza pubblica. 13. Violazione dell'art. 89 del D.P.R. n. 380 del 2001. Eccesso di potere per difetto di istruttoria e carenza dei presupposti. Dal momento che il territorio del comune di (omissis) è classificato in classe sismica, occorreva acquisire il parere del competente ufficio tecnico regionale ai fini della verifica della compatibilità delle previsioni della variante urbanistica con le condizioni geomorfologiche del territorio. Si sono costituiti in giudizio i soggetti controinteressati - proponenti la variante - Ar. s.r.l. e Im. Ar. s.r.l., nonché la Regione Liguria ed i Comuni di Millesimo e (omissis), preliminarmente eccependo l'inammissibilità del ricorso per carenza di legittimazione e difetto di interesse ad agire in termini di vicinitas commerciale, nel merito controdeducendo sulle singole censure. Con la memoria di replica la società ricorrente ha rinunciato al secondo e al dodicesimo motivo di ricorso. Alla pubblica udienza del 4 novembre 2022 il ricorso è stato trattenuto dal collegio per la decisione. DIRITTO Occorre preliminarmente affrontare le eccezioni di inammissibilità del ricorso, formulate da tutte le parti resistenti sotto il profilo del difetto di legittimazione e di interesse ad agire in termini di cosiddetta vicinitas commerciale. Le eccezioni sono infondate. Giova premettere come l'impugnazione sia rivolta contro il provvedimento dello S.U.A.P. conclusivo di un procedimento unico che integra ad un tempo - ex art. 7 comma 6 D.P.R. 7/9/2010, n. 160 e 10 comma 10 L.R. 5.4.2012, n. 10 - sia il titolo edilizio per la realizzazione dell'edificio commerciale in progetto (nel caso di specie, in variante allo strumento urbanistico), sia l'autorizzazione commerciale per l'apertura nello stesso di una media struttura di vendita. Ora, secondo una consolidata giurisprudenza - anche della sezione - è ammesso a censurare i titoli abilitativi (edilizio e commerciale) rilasciati a terzi per l'intrapresa di una nuova attività economica colui che sia titolare di analoga attività nella zona, e si trovi in situazione di stabile collegamento con essa, giacché costituisce un idoneo fattore legittimante al ricorso la coincidenza quanto meno parziale del bacino di clientela, tale da poter oggettivamente determinare un calo - anche solo potenziale (trattandosi di una m.s.v. non ancora realizzata e in esercizio) - del volume d'affari (Cons. di St., II, 21.4.2021, n. 3231; T.A.R. Liguria, I, 25.2.2015, n. 228; id., 25.2.2013, n. 363). Se è vero infatti che la libertà di apertura di nuovi esercizi commerciali sul territorio senza contingenti né limiti territoriali o di distanza costituisce un principio generale dell'ordinamento nazionale, non è men vero che ciò non equivale affatto ad un "liberi tutti!", giacché è fatta espressamente salva la facoltà, per le Regioni e gli enti locali, di introdurre limitazioni all'insediamento di strutture commerciali a tutela dell'ambiente, ivi incluso l'ambiente urbano (art. 31, comma 2 del decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214). Si tratta, per l'appunto, di quelle limitazioni che trovano la propria naturale sedes materiae nei piani territoriali ed urbanistici, sicché non può negarsi la legittimazione e l'interesse dell'operatore commerciale vicino e concorrente a contestare il titolo edilizio che egli assuma in contrasto con la strumentazione urbanistica, o, a fortiori, che comporti - come nel caso di specie - una variante ad essa. In assenza di parametri normativi, la coincidenza potenziale del bacino d'utenza va dunque apprezzata in concreto, caso per caso. Stando così le cose, il collegio non può che rilevare come, in una fattispecie perfettamente sovrapponibile alla nostra (cfr. T.A.R. Liguria, I, 17.9.2015, n. 744) in termini di distanza (circa 385 m.) e di caratteristiche merceologiche dell'esercizio da insediare (in quel caso, all'insegna Li.) nello stesso Comune di (omissis), la sezione abbia già riconosciuto all'odierna ricorrente la legittimazione in termini di vicinitas edilizia e l'interesse a ricorrere in termini di vicinitas commerciale, ovvero la potenziale interferenza dei bacini di clientela. Dunque, versandosi in una situazione pressoché identica - icasticamente rappresentata dal documento 29 delle produzioni 22.9.2022 di parte ricorrente, dove la struttura da insediare è evidenziata con una croce blu, e si trova esattamente a fianco di quella oggetto del precedente citato - non possono che confermarsi la legittimazione e l'interesse ad agire della società ricorrente. Ciò posto, il ricorso è fondato e va accolto, sotto i profili - di carattere assorbente - dedotti con il primo ed il terzo motivo di ricorso. Fondato è innanzitutto il primo motivo, con cui è dedotto che, diversamente da quanto accaduto nella fattispecie, non potrebbe mai considerarsi acquisita per silenzio-assenso l'approvazione regionale di una variante allo strumento urbanistico generale. In effetti, una risalente - ma tuttora valida - giurisprudenza ha sempre affermato che, sebbene la conferenza di servizi sia concepita come mezzo di semplificazione dell'azione amministrativa, teso a conseguire intese, concerti e nulla-osta da parte degli enti e uffici coinvolti in un procedimento amministrativo in modo da favorire la valutazione contestuale dei vari interessi pubblici, essa non è però idonea a variare lo strumento urbanistico (Cons. di Stato, IV, 7/7/2000, n. 3830; id., V, 1/3/2000, n. 1078; id., I, 5/11/1997, n. 1622). La motivazione sostanziale alla base di tale conclusione pare al collegio evidente. Difatti, la conferenza di servizi costituisce un semplice modulo procedimentale volto a conseguire la contestuale valutazione dei profili di compatibilità dell'intervento - da esprimersi in termini di assenso/dissenso - con i vincoli derivanti dalla normativa o dagli atti amministrativi generali di riferimento (cfr. l'art. 14-bis comma 3 L. n. 241/1990), non certo a variare il quadro normativo o amministrativo generale di riferimento, rispetto al quale va operata tale valutazione. Il punto è che l'approvazione di un nuovo piano urbanistico o di una sua variante non richiede affatto una valutazione di tipo vincolato ordinariamente rimessa alla dirigenza (com'è nel caso del rilascio del titolo edilizio, che postula l'attestazione di conformità dell'intervento alla zonizzazione urbanistica e ai relativi indici edificatori, ed è surrogato dall'atto di assenso in conferenza), ma una determinazione rimessa alla competenza degli organi di governo (consiglio comunale + giunta regionale) dei due enti che concorrono, in posizione ineguale, "nel merito" delle scelte prettamente discrezionali in cui si compendia l'attività pianificatoria (Cons. giust. amm. Sicilia, 27/11/2012, n. 1050). Tant'è che la normativa regionale sullo S.U.A.P. (art. 10 L.R. 5.4.2012, n. 10), già nella versione vigente ratione temporis - ovvero, prima della sua sostituzione ad opera dell'art. 5 comma 1 della L.R. 6.2.2020, n. 1 - distingueva chiaramente la fattispecie degli interventi relativi a progetti "conformi" agli atti di pianificazione urbanistica e comportanti la mera necessità di acquisire intese, nulla-osta, pareri, autorizzazioni od assensi di diverse pubbliche amministrazioni (comma 2, che rinvia agli articoli 14 e seguenti della L. n. 241/1990, dunque con la possibilità di considerare acquisito, ex art. 14-ter comma 7 L. 241/1990, l'assenso delle amministrazioni il cui rappresentante non abbia partecipato alle riunioni ovvero non abbia espresso la propria posizione), da quella degli interventi urbanistico-edilizi "in variante" agli strumenti urbanistici comunali (commi 3 e ss.), laddove, viceversa, la determinazione conclusiva della conferenza "deve essere preceduta dall'acquisizione: (...) b) dell'assenso degli organi regionali e delle altre amministrazioni ed enti competenti in materia paesaggistica, urbanistica ed ambientale" (così il comma 7-bis). Ulteriore e definitiva conferma di tale ricostruzione si trae dall'art. 59 della legge urbanistica regionale 4.9.1997, n. 36, laddove, confermando l'applicabilità del procedimento semplificato conferenziale di cui agli artt. 14 e ss. della L. n. 241/1990 anche alle istanze per l'approvazione di progetti di opere o interventi che comportino varianti al PUC, stabilisce chiaramente che "il procedimento di conferenza di servizi è avviato dal Comune a seguito della conclusione del procedimento di approvazione della variante". In conclusione, la mancata espressione del parere di competenza di un'amministrazione partecipante comporta la formazione del silenzio-assenso soltanto nel caso di approvazione di interventi conformi alla vigente strumentazione urbanistica comunale, secondo la regola generale in materia di conferenza di servizi ordinaria; mentre - diversamente da quanto opinato dalla Regione Liguria con la circolare 15.12.2016, PG/2016/311399 (doc. 32 delle produzioni 23.9.2022 di parte controinteressata, p. 4 di 6) - nel caso della conferenza di servizi di cui all'art. 59 della L.R. n. 36/1997 per l'approvazione di interventi in variante, occorre lo specifico atto (deliberazione di giunta regionale) richiesto dall'art. 38 comma 10 L.U.R. (richiamato dall'art. 59 comma 2 lett. d L.R. n. 36/1997), da acquisire prima dell'avvio del procedimento conferenziale o, al più tardi, nel corso di esso, ma dal quale non è consentito prescindere. Nel caso di specie, dalla nota regionale 20.1.2018 prot. PG/2018/349990 (doc. 23 delle produzioni 23.9.2022 di parte controinteressata) si evince tuttavia che la Regione Liguria "ha ritenuto di non assumere alcun atto", sicché per un verso non si è formato alcun silenzio-assenso, per altro verso la variante proposta non può dirsi approvata dal competente organo regionale. Fondato è anche il terzo motivo di ricorso. È noto che l'art. 6 comma 2 del D.lgs. 3/4/2006, n. 152, in linea con la Direttiva 27/6/2001, n. 2001/42/CE, richiede la valutazione ambientale strategica (c.d. V.A.S. obbligatoria) per tutti i piani ed i programmi di pianificazione territoriale che definiscono il quadro di riferimento per l'approvazione, l'autorizzazione, l'area di localizzazione o comunque la realizzazione dei progetti sottoposti a valutazione di impatto ambientale elencati negli allegati II, II-bis, III e IV del decreto, mentre, al comma 3, stabilisce che "per i piani e i programmi di cui al comma 2 che determinano l'uso di piccole aree a livello locale e per le modifiche minori dei piani e dei programmi di cui al comma 2, la valutazione ambientale è necessaria qualora l'autorità competente valuti che producano impatti significativi sull'ambiente, secondo le disposizioni di cui all'articolo 12 (Verifica di assoggettabilità a V.A.S., n. d.r.) e tenuto conto del diverso livello di sensibilità ambientale dell'area oggetto di intervento" (c.d. V.A.S. eventuale). Orbene, il piano regolatore generale di un comune è per sua natura - verrebbe da dire, per antonomasia - lo strumento di pianificazione territoriale che definisce il quadro di riferimento per la eventuale approvazione di progetti sottoposti a valutazione di impatto ambientale, non essendo necessario, ai fini della sua sottoposizione a V.A.S., che esso già preveda in concreto la localizzazione di opere soggette a V.I.A.: difatti, attesa la natura preventiva e non postuma della V.A.S, non è dubitabile che essa, o, nel caso di modifiche minori dei piani territoriali, la procedura di screening indicata dagli artt. 6, comma 3-bis, e 12 del d.lgs. n. 152 del 2006, "debba operare anche quando il piano non abbia per oggetto progetti sottoposti a VIA, in accordo con quanto precisato anche dalla relazione del 14 settembre 2009 della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle Regioni, sull'applicazione e l'efficacia della direttiva 2001/42/CE" (così C. Cost., 29.3.2013, n. 58, che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale della legge della Regione Veneto 6 aprile 2012, n. 13, nella parte in cui sottoponeva alla valutazione ambientale strategica i piani urbanistici attuativi di piani urbanistici generali non assoggettati a V.A.S soltanto nel caso in cui contenessero un progetto o un intervento assoggettato a VIA). Del resto, proprio con riferimento alla legislazione regionale ligure, il Consiglio di Stato ha recentemente confermato che il dato normativo, con riguardo sia alla valutazione ambientale strategica sia alla verifica di assoggettabilità a v.a.s., deve essere oggetto di interpretazione conforme alla Costituzione, al fine di garantire un elevato standard di tutela ambientale (in attuazione della direttiva 2001/42/CE ed alla luce dei richiami contenuti nella sentenza della Corte costituzionale n. 178 del 2013), dovendosi affermare che il procedimento di v.a.s. (o di verifica di assoggettabilità a v.a.s., nei casi minori previsti dalla legge) concerne tutte le modifiche degli atti di pianificazione territoriale - qual è appunto il piano urbanistico comunale - che definiscono il quadro di riferimento per progetti ed opere che possono essere sottoposti a v.i.a., "indipendentemente dalla circostanza che, in concreto, nel singolo piano o programma o nella singola variante, si preveda o meno la localizzazione di opere soggette alla procedura di valutazione di impatto ambientale; in altre parole ciò che rileva, ai fini della esecuzione di una v.a.s. o di una verifica di assoggettabilità a v.a.s., è che il piano o il programma da approvare sia per sua natura uno strumento che possa in astratto definire il quadro dei progetti da sottoporre a v.i.a, condizione che sempre ricorre per i piani urbanistici generali come il PUC e le sue varianti" (Cons. di Stato, sez. IV, 7.5.2021, n. 3581). Nel caso di specie, l'intervento in questione, pur interessando l'uso di una piccola area a livello locale e pur operando una variante minore allo strumento urbanistico generale, è stato invece sottratto alla procedura preliminare di verifica di assoggettabilità a valutazione ambientale strategica V.A.S. specificamente prescritta dall'art. 3 comma 2 della L.R. 10.8.2012, n. 32 (nel testo risultante dalla dichiarazione di illegittimità costituzionale di cui alla sentenza C. cost. 4.7.2013, n. 178), avendo sul punto l'amministrazione civica inopinatamente concordato con il parere dei tecnici progettisti (cfr. la nota prot. 2532 del 2.3.2018 - cfr. doc. 20 delle produzioni 23.9.2022 di parte controinteressata). Donde, in conformità ad un consolidato orientamento della sezione (cfr. T.A.R. Liguria, I, 2 luglio 2013, n. 982; id., 3.7.2019, n. 590), sempre confermato dal giudice di appello (cfr., rispettivamente, le sentenze Cons. di St. n. 2403/2014 e n. 3581/2021 cit.), la illegittimità del provvedimento impugnato, che deve pertanto essere annullato. Ed è appena il caso di osservare come non sussistesse per la società ricorrente alcun onere di immediata impugnazione della deliberazione del consiglio comunale di (omissis) 14.4.2018, n. (doc. 6 delle produzioni 23.9.2022 di parte controinteressata), laddove essa dà atto che l'intervento, ancorché in variante urbanistica al piano regolatore generale, non risulterebbe soggetto a verifica di assoggettabilità alla VAS, trattandosi di un atto endo-procedimentale di preventivo assenso, destinato a sfociare nel provvedimento finale, l'unico definitivamente lesivo delle posizioni giuridiche della società ricorrente. In considerazione della novità e della complessità delle questioni trattate, sussistono i presupposti di legge per compensare integralmente tra le parti le spese di giudizio. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria Sezione Prima, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l'effetto, annulla il provvedimento impugnato. Spese compensate. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Genova nella camera di consiglio del giorno 4 novembre 2022 con l'intervento dei magistrati: Giuseppe Caruso - Presidente Angelo Vitali - Consigliere, Estensore Liliana Felleti - Referendario

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria Sezione Prima ha pronunciato la presente SENTENZA ex art. 60 cod. proc. amm.; sul ricorso numero di registro generale 361 del 2022, integrato da motivi aggiunti, proposto da Sa. Fe., rappresentato e difeso dall'avvocato An. Ma., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Genova, via (...); contro Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico "Gi. Ga.", in persona del legale rappresentante, rappresentato e difeso dall'avvocato Ma. Al., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; nei confronti Fe. Pr., rappresentato e difeso dagli avvocati Gi. Ge. e Fr. Ma., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il loro studio in Genova, via (...); per l'annullamento per quanto riguarda il ricorso introduttivo: della Deliberazione del Consiglio di Amministrazione dell'Istituto "Gi. Ga." 11 aprile 2022, n. 22, pubblicata all'Albo Pretorio dell'Ente dal 21 aprile 2022 al 6 maggio 2022 e mai comunicata al ricorrente avente ad oggetto il conferimento, all'esito di procedura selettiva di cui all'avviso pubblico 2 settembre 2021, ripubblicato sulla GURI, n. 1, 4^ Serie Speciale, del gennaio 2022, n. 1, dell'incarico quinquennale di direzione della struttura complessa U.O.C. Ostetricia e Ginecologia al controinteressato, primo graduato, e per ottenere l'annullamento, previa sospensiva e adozione di misure cautelari urgenti ex art. 56 C.P.A., della Determinazione Dirigenziale U.O.C. Gestione Risorse Umane 28 febbraio 2022, n. 219, avente ad oggetto l'ammissione dei candidati e la nomina della Commissione Esaminatrice per la valutazione dei candidati che abbiano presentato domanda per la partecipazione alla procedura selettiva di cui all'avviso pubblico per il conferimento di incarico quinquennale di direzione di struttura complessa - U.O.C. Ostetricia e Ginecologia, nonché per ottenere l'annullamento, previa sospensiva e adozione di misure cautelari urgenti ex art. 56 C.P.A. di ogni atto connesso, presupposto e conseguente, nonché per ottenere l'annullamento, la declaratoria di nullità, l'invalidità e/o l'inefficacia del contratto di lavoro eventualmente stipulato inter partes in conseguenza degli atti qui impugnati per la copertura dell'incarico di cui qui si discute, nonché per ottenere ai sensi dell'art. 25 e ss. della L. 241/1990 eventualmente previo annullamento dei dinieghi, anche taciti, di cui alle predette note della Direzione della UOC Gestione Risorse Umane 27 maggio 2022, prot. 16330 e 10 giugno 2022, prot. 18050, la condanna dell'Istituto Gi. Ga. - Istituto di Ricovero e Cure a Carattere Scientifico-, in persona del Presidente, all'ostensione di tutta la documentazione richiesta con le istanze di accesso 24 aprile 2022 e 1° giugno 2022 tra cui, segnatamente tutta la documentazione asseritamente allegata alla domanda di partecipazione presentata dal controinteressato in data 2 dicembre 2021, nonché per ottenere la condanna dell'istituto Gi. Ga. - Istituto di Ricovero e Cure a Carattere Scientifico- in persona del Presidente nonché legale rappresentante, a risarcire all'odierno ricorrente i danni derivanti dagli atti, provvedimenti e comportamenti contestati; per quanto riguarda i motivi aggiunti presentati da Fe. Sa. il 22.08.2022: della nota del Direttore UOC Gestione Risorse Umane 25 luglio 2022, prot. 22870, di sostanziale diniego all'istanza di accesso presentata dal ricorrente in data 21 luglio 2022; nonché delle note di cui ai messaggi pec 28 luglio 2022, trasmesse a riscontro del sollecito effettuato, a mezzo pec, in data 27 luglio 2022; nonché per l'annullamento di ogni altro atto connesso, presupposto e conseguente; e per la condanna, ai sensi dell'art. 25 e ss. della legge n. 241 del 1990 dell'Istituto "Gi. Ga." all'ostensione degli originali dei messaggi PEC, in formato.eml o.msg, ricevuti dall'Istituto in data 1° dicembre 2021 e inviati dal controinteressato alle ore 23:49, 23:50 e 23:51 di quel giorno, eventualmente previo annullamento dei dinieghi, anche taciti, di cui alle note della Direzione della UOC Gestione Risorse Umane 27 maggio 2022, prot. 16330, 10 giugno 2022, prot. 18050 e 25 luglio 2022, prot. 22870 e 28 luglio 2022; nonché per ottenere l'annullamento, la declaratoria di nullità, invalidità e/o inefficacia, previa sospensiva, del contratto di lavoro 15 giugno 2022 stipulato in esecuzione degli atti impugnati e per la condanna dell'istituto "Gi. Ga." al risarcimento del danno cagionato al ricorrente; Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione in giudizio dell'IRCCS "Gi. Ga." e di Fe. Pr.; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nella camera di consiglio del giorno 9 settembre 2022 il dott. Alessandro Enrico Basilico e viste le conclusioni delle parti come da verbale; Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO e DIRITTO 1. Il ricorrente, riferendo di aver partecipato alla relativa procedura, ha impugnato il provvedimento di attribuzione al controinteressato dell'incarico quinquennale di direzione della UOC "Ostetricia e ginecologia" da parte dell'Istituto resistente. 2. In punto di fatto, occorre osservare che, con avviso del 02.09.2021, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 05.11.2021, l'Istituto "Gi. Ga." ha indetto una procedura per l'attribuzione dell'incarico quinquennale di direzione di struttura complessa, con riferimento alla direzione e organizzazione della UOC "Ostetricia e ginecologia" (doc. 2 di parte attrice). Il termine per la presentazione delle candidature era fissato per il trentesimo giorno successivo a quello della pubblicazione dell'avviso sulla Gazzetta Ufficiale. 3. Tanto il ricorrente, quanto il controinteressato (quest'ultimo, con PEC del 01.12.2021, doc. 7 depositato dal resistente il 05.09.2022) hanno presentato domanda di partecipazione. 4. Tuttavia, essendo pervenuto un numero di candidature inferiore a tre, con delibera n. 1036 del 15.12.2021 il direttore generale dell'Istituto ha disposto la "ripubblicazione" dell'avviso (doc. 3 di parte attrice). 5. L'avviso è stato dunque "ripubblicato" sulla Gazzetta Ufficiale del 04.01.2022 (doc. 4 di parte attrice). Il termine per la presentazione delle candidature è stato fissato per il trentesimo giorno successivo a quello della (nuova) pubblicazione dell'avviso sulla Gazzetta Ufficiale. 6. Non è contestato tra le parti che solo il ricorrente - e non anche il controinteressato - abbia presentato una seconda domanda di partecipazione (a tal proposito si v. anche la nota inviata il 10.06.2022 dall'Istituto al ricorrente e da questi prodotta quale doc. 14, in cui si afferma che il controinteressato "a seguito dell'avviso pubblicato sulla GURI del 4 gennaio 2022 non ha riformulato domanda di iscrizione all'avviso", sostenendo che, trattandosi di una mera "reiterazione" del medesimo bando "la documentazione da considerarsi valida era quella presentata nella precedente apertura dei termini"). 7. Con deliberazione n. 219 del 28.02.2022, il direttore della UOC Gestione risorse umane dell'Istituto ha ammesso a partecipare alla procedura il ricorrente, il controinteressato e un terzo candidato, che aveva presentato domanda a seguito della "ripubblicazione" dell'avviso pubblico (doc. 5 di parte attrice), nonché nominato la commissione per la valutazione dei titoli e del colloquio dei candidati. 8. All'esito della valutazione della commissione, il controinteressato ha ottenuto un punteggio di 89,5/100 (di cui 39,5/50 per i titoli e 50/50 per il colloquio), mentre il controinteressato ha conseguito un punteggio di 83,5/100 (di cui 33,5/50 per i titoli e 50/50 per il colloquio), mentre il terzo candidato non si è presentato al colloquio e per questo è stato considerato "decaduto" dalla procedura (si v. il verbale della commissione del 28.03.2022, doc. 8 di parte attrice). 9. Con deliberazione n. 22 dell'11.04.2022, il Consiglio di amministrazione dell'Istituto, su proposta del direttore generale (formulata oralmente, come dichiarato dall'Ente in una nota inviata al ricorrente il 27.05.2022 e da questi prodotta quale doc. 10), ha conferito l'incarico in questione al controinteressato (doc. 1 di parte attrice). 10. Il 24.04.2022, il ricorrente ha chiesto l'accesso agli atti della procedura, compresa la domanda di partecipazione del controinteressato e i relativi allegati (doc. 9 di parte attrice). 11. Con nota del 27.05.2022, l'Istituto ha riscontrato l'istanza, trasmettendo la domanda di partecipazione presentata dal controinteressato il 02.12.2021 (doc. 10 di parte attrice). 12. Con nota del 01.06.2022, il ricorrente ha chiesto conferma del fatto che tale domanda fosse l'unica presentata dal controinteressato - e che quindi questi non ne avesse inviata un'altra dopo la "ripubblicazione" dell'avviso - e se vi fossero altri allegati non trasmessi (doc. 13 di parte attrice). 13. Con nota del 10.06.2022, l'Istituto ha confermato come vi fosse un'unica domanda del controinteressato e come, in risposta all'istanza di accesso agli atti, non fossero stati trasmessi i "file" delle pubblicazioni allegati alla candidatura in quanto "troppo pesanti per essere inviati" (doc. 14 di parte attrice). 14. Il ricorrente ha quindi impugnato gli atti indicati in epigrafe, chiedendo la concessione di misure cautelari e deducendo quattro motivi di ricorso. Con il primo, si denuncia: illegittimità per violazione di legge ed eccesso di potere; violazione dell'art. 15 del d.lgs. n. 502 del 1992; violazione delle prescrizioni sulla presentazione e sulle validità delle domande di partecipazione contenute nell'avviso pubblico pubblicato sulla GURI n. 1 del 04.01.2022; violazione della DGR Regione Liguria n. 654 del 14.06.2007; eccesso di potere, per carenza di presupposti, carenza di istruttoria, illogicità ed ingiustizia grave e manifesta, irragionevolezza e contraddittorietà, difetto di motivazione. Con il secondo e con il terzo, si deduce: illegittimità per violazione di legge ed eccesso di potere; violazione dell'art. 15 del d.lgs. n. 502 del 1992; violazione dell'art. 8, co. 5, del DPR n. 484 del 1997; violazione delle prescrizioni sulla presentazione e sulle validità delle domande di partecipazione contenute nell'avviso pubblico pubblicato sulla GURI n. 1 del 04.06.2022; eccesso di potere, per carenza di presupposti, carenza di istruttoria, illogicità ed ingiustizia grave e manifesta, irragionevolezza e contraddittorietà, difetto di motivazione. Con il quarto, si deduce: illegittimità per violazione di legge ed eccesso di potere; violazione dell'art. 15 del d.lgs. n. 502 del 1992; violazione delle prescrizioni sulla presentazione e sulle validità delle domande di partecipazione contenute nell'avviso pubblico pubblicato sulla GURI n. 1 del 04.06.2022; eccesso di potere, per carenza di presupposti, carenza di istruttoria, illogicità ed ingiustizia grave e manifesta, irragionevolezza e contraddittorietà, difetto di motivazione. In particolare, il ricorrente contesta che, dopo che la prima procedura si era conclusa senza l'affidamento dell'incarico, sarebbe stata bandita una seconda procedura, nuova e diversa rispetto alla prima, alla quale il controinteressato non avrebbe validamente partecipato, non avendo (ri)presentato alcuna domanda: pertanto, questi avrebbe dovuto essere escluso o comunque non avrebbe potuto ottenere i punteggi per i titoli e le pubblicazioni che gli sono stati assegnati dalla commissione. Sotto diverso profilo, si eccepisce anche che, non essendo state presentate almeno tre domande valide nemmeno la seconda volta, l'intera procedura avrebbe dovuto essere archiviata. 15. Con l'atto introduttivo, il ricorrente ha chiesto anche l'accesso a tutti gli atti e i documenti allegati alla domanda di partecipazione del controinteressato, sino ad allora non trasmessi dal resistente, denunciando: illegittimità per violazione di legge ed eccesso di potere; violazione degli artt. 22 e ss. della legge n. 241 del 1990; eccesso di potere, per perplessità ed irragionevolezza manifeste, contraddittorietà estrinseca, difetto di motivazione. 16. Con decreto n. 124 del 2022, l'istanza di adozione di misure cautelari monocratiche proposta dal ricorrente è stata respinta. 17. In seguito, si sono costituiti in giudizio l'Istituto e il controinteressato, resistendo all'impugnativa e, in particolare, eccependo in via pregiudiziale il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo a favore del giudice ordinario e chiedendo nel merito il rigetto del ricorso, in quanto la "ripubblicazione" non avrebbe comportato l'avvio di una nuova procedura, ma semplicemente una riapertura dei termini di quella già instaurata, con salvezza delle domande presentate in precedenza. 18. Il 15.06.2022 è stato stipulato il contratto individuale di lavoro per l'incarico (doc. 10 del controinteressato). 19. Con istanza dal 21.07.2022, il ricorrente ha chiesto l'accesso agli originali "del messaggio pec di ricevimento, in formato eml o msg" inviati dal controinteressato e ricevuti dall'Istituto il 01.12.2021, comprensivo dei "file" originali degli allegati (doc. 27). 20. Alla camera di consiglio del 22.07.2022, la causa è stata rinviata su concorde richiesta delle parti. 21. In seguito, con comunicazione del 27.07.2022, il difensore del ricorrente ha rinnovato la richiesta di trasmissione in originale dei messaggi PEC inviati dal controinteressato all'Istituto ai fini della presentazione della candidatura, in formato.eml o.msg. 22. Il 28.07.2022, l'Istituto ha trasmesso gli allegati alla domanda del controinteressato in formato.pdf. 23. Con motivi aggiunti, notificati il 19.08.2022 e depositati il 22.08.2022, il ricorrente ha ribadito la domanda di accesso, deducendo: illegittimità per violazione di legge ed eccesso di potere; violazione degli artt.22 e ss. della legge n. 241 del 1990; violazione dell'art. 97 Cost. e dei principi di trasparenza ed imparzialità della PA; eccesso di potere, per perplessità ed irragionevolezza manifeste, contraddittorietà estrinseca, difetto di motivazione. 24. Con lo stesso atto, ha articolato anche delle ulteriori censure nei confronti della procedura. In particolare, con il secondo motivo aggiunto, si deduce: illegittimità per violazione di legge ed eccesso di potere; violazione dell'art. 15 del d.lgs. n. 502 del 1992; violazione dell'art. 8, co. 5, del DPR n. 484 del 1997; violazione delle prescrizioni sulla presentazione e sulla validità delle domande di partecipazione contenute nell'avviso pubblico pubblicato sulla GURI n. 1 del 04.01.2022; eccesso di potere per carenza di presupposti, carenza di istruttoria, illogicità ed ingiustizia grave e manifesta, irragionevolezza e contraddittorietà, difetto di motivazione. Con il terzo motivo, si deduce: illegittimità per violazione di legge ed eccesso di potere; violazione dell'art. 15 del d.lgs. n. 502 del 1992; violazione delle prescrizioni sulla presentazione e sulla validità delle domande di partecipazione contenute nell'avviso pubblico pubblicato sulla GURI n. 1 del 04.01.2022; eccesso di potere per carenza di presupposti, carenza di istruttoria, illogicità ed ingiustizia grave e manifesta, irragionevolezza e contraddittorietà, difetto di motivazione. Nello specifico, il ricorrente lamenta l'erroneità della valutazione del controinteressato, in quanto fondata su prestazioni non certificate dal competente ospedale e relative a un periodo precedente a quello preso come riferimento dall'avviso pubblico. 25. Nel prosieguo del giudizio, le parti hanno depositato documenti e scritti difensivi, approfondendo le rispettive tesi. 26. All'esito della camera di consiglio del 09.09.2022, la causa può essere parzialmente decisa con sentenza in forma semplificata, sussistendone i presupposti di legge. 27. Rispetto alla domanda di annullamento degli atti della procedura, infatti, è fondata l'eccezione di difetto di giurisdizione del giudice amministrativo a favore del giudice ordinario. 28. A tal proposito, occorre osservare che, secondo l'art. 15, co. 7-bis, del d.lgs. n. 502 del 1992, il conferimento degli incarichi di direzione di struttura complessa avviene sulla base dei seguenti principi: pubblicazione di un avviso; formazione di una commissione incaricata della selezione dei candidati; analisi comparativa dei titoli, dell'attività professionale e scientifica e del colloquio da parte della commissione; presentazione al direttore generale di "una terna di candidati idonei formata sulla base dei migliori punteggi attribuiti"; scelta del candidato da designare da parte del direttore generale, il quale "ove intenda nominare uno dei due candidati che non hanno conseguito il migliore punteggio, deve motivare analiticamente la scelta". Nel contesto della procedura, così come disegnata dal legislatore, la vera e propria "scelta" della persona da incaricare è effettuata dal direttore generale, mentre l'elenco formato dalla commissione a seguito dell'analisi comparativa delle candidature non è vincolante, ma risulta piuttosto volto a fornire al direttore stesso elementi utili per prendere la propria decisione in maniera il più possibile ponderata, assicurando la preparazione e professionalità dei candidati. 29. Lo stesso schema è delineato nell'avviso emanato dall'Istituto "Gi. Ga.", nel quale si prevede che "il Direttore Generale individua il candidato da nominare sulla base di una terna predisposta dalla Commissione, conferendo l'incarico al soggetto che ha ottenuto il maggior punteggio", ma potendosene comunque discostare, avvalendosi della "prerogativa" di cui all'art. 15, co. 7-bis, lett. b), del d.lgs. n. 502 del 1992 e nominando uno degli altri due candidati, purché motivi analiticamente la scelta. 30. Proprio in ragione del carattere non vincolante dell'elenco predisposto dalla commissione, la giurisprudenza è consolidata nell'affermare che la procedura per il conferimento dell'incarico di direttore di struttura complessa ha carattere non concorsuale, risolvendosi in una scelta di carattere essenzialmente fiduciario che si concreta in un atto posto in essere con le capacità e i poteri del datore di lavoro privato, e che le relative controversie rientrano nella giurisdizione del giudice ordinario (in tal senso, si v. Cass. civ., ss. uu., sentt n. 6.455 e n. 19.668 del 2020; Cons. St., sez. III, sent. n. 4217 del 2018; TAR Calabria, Reggio Calabria, sent. n. 977 del 2017; TAR Lombardia, Milano, sent. n. 2415 del 2015). In questi termini si è recentemente espresso anche il Consiglio di giustizia amministrativa della Regione siciliana, con pronuncia correttamente intesa e opportunamente richiamata dalla difesa dell'Istituto, nella quale si afferma che, laddove al direttore generale spetti una scelta discrezionale del dirigente sanitario da nominare, sia pure all'interno di una terna di idonei formata dalla commissione esaminatrice al termine di un percorso selettivo contraddistinto da analisi comparative e da assegnazione di punteggi, è nella fase finale che si concretizza il "nucleo essenziale" della procedura, che ha "carattere dominante rispetto all'intero percorso di selezione", nel senso che "il carattere prevalente dell'elemento di scelta fiduciaria, ancorché all'esito di una procedura selettiva, fonda la devoluzione della controversia "de qua" alla giurisdizione del giudice ordinario in funzione di giudice del lavoro" (sent. n. 169 del 2021; la stessa decisione precisa inoltre che la procedura non potrebbe essere scissa in due parti, la prima delle quali devoluta al sindacato del giudice amministrativo e la seconda sottoposta alla cognizione del giudice ordinario, "non potendo, la giurisdizione [...] venire frammentata, con riferimento a singole fasi procedimentali"). Il Collegio ritiene di condividere questo orientamento, peraltro largamente maggioritario, in quanto fondato su un'attenta considerazione del carattere distintivo e qualificante della scelta discrezionale del direttore generale e perché comunque in maggiore armonia con la regola generale di cui all'art. 63 del d.lgs. n. 165 del 2001, che assoggetta alla giurisdizione del giudice ordinario le controversie concernenti "il conferimento e la revoca degli incarichi dirigenziali" (in questi termini si v. anche, tra le tante, TAR Basilicata, sent. n. 550 del 2021; TAR Abbruzzo, Pescara, sent. n. 240 del 2021; TAR Puglia, Bari, sent. n. 121 del 2017). 31. Pertanto, nella specie risulta dirimente il fatto che il direttore generale potesse avvalersi della "prerogativa" di cui all'art. 15, co. 7-bis, lett. b), del d.lgs. n. 502 del 1992 e nominare un soggetto diverso da quello a cui la commissione aveva assegnato il maggior punteggio (a fronte delle argomentazioni del ricorrente, è opportuno precisare che non è rilevante il fatto che lo stesso Istituto, in alcuni atti e documenti, si sia riferito alla procedura definendola un "concorso", dato che la natura degli atti giuridici deve essere ricostruita sulla base dei loro elementi sostanziali e non del nome datogli dall'autore). 32. Rispetto alla domanda di annullamento degli atti impugnati - il cui oggetto s'identifica in realtà con la pretesa del ricorrente di vedersi affidare, sulla base di un preteso inadempimento della disciplina del rapporto, l'incarico di direzione (in tal senso si v. TAR Friuli Venezia-Giulia, sent. n. 488 del 2019) - deve quindi essere dichiarato il difetto di giurisdizione di questo giudice a favore di quello ordinario. Alla cognizione di tale giudice spetta anche la domanda risarcitoria che, nella prospettiva qui accolta, ha a oggetto un danno derivante da un'attività comunque di natura privatistica. 33. Le relative spese possono comunque essere compensate, data la complessità della questione pregiudiziale posta alla base della decisione. 34. Rientra invece nella giurisdizione amministrativa - e in particolare in quella esclusiva, ai sensi dell'art. 133, co. 1, lett. a), n. 6, cod. proc. amm. - la domanda di accesso agli atti della procedura e, in particolare, all'istanza di partecipazione alla procedura del controinteressato, con i relativi allegati, nel formato originale. 35. Tuttavia, su di essa non è possibile pronunciarsi all'esito della camera di consiglio del 09.09.2022, non essendo trascorsi i termini a difesa rispetto ai motivi aggiunti, notificati il 19.08.2022 e depositati il 22.08.2022 (considerato anche che, rispetto a essi, si deve tenere conto della sospensione feriale). È dunque necessario fissare una nuova udienza camerale per la trattazione della domanda, previa conversione del rito da quello ordinario a quello speciale in materia di accesso. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria Sezione Prima, non definitivamente pronunciando sul ricorso e sui motivi aggiunti, come in epigrafe proposti, così provvede: - dichiara la domanda di annullamento e la domanda risarcitoria inammissibili per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, indicando nell'autorità giudiziaria ordinaria il giudice fornito di giurisdizione sulla controversia, dinanzi al quale la causa potrà essere riassunta ai sensi dell'art. 11, co. 2, cod. proc. amm.; - compensa tra tutte le parti le spese di lite; - dispone la conversione del rito da ordinario a rito speciale in materia di accesso ai documenti amministrativi; - fissa per la trattazione della domanda di accesso la camera di consiglio del 4 novembre 2022. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Genova nella camera di consiglio del giorno 9 settembre 2022 con l'intervento dei magistrati: Luca Morbelli - Presidente Richard Goso - Consigliere Alessandro Enrico Basilico - Referendario, Estensore

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria Sezione Prima ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 1035 del 2016, integrato da motivi aggiunti, proposto da Pi. Ba. ed altri, in proprio e in qualità di esercenti responsabilità genitoriale sul minore Pi. De., tutti rappresentati e difesi dagli avvocati Ro. Da. e Sa. Du., con domicilio fisico eletto presso lo studio dell'avvocato Ro. Da. in Genova, via (...) e domicilio digitale presso la PEC come da Registro di Giustizia; contro Comune di (omissis), in persona Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Ma. Re., con domicilio fisico eletto presso il suo studio in Genova, Galleria (...) e domicilio digitale presso la PEC come da Registro di Giustizia; Città Metropolitana di Genova, in persona del Sindaco Metropolitano, legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Va. Ma., Ca. Sc. e Lo. O., con domicilio digitale eletto presso la PEC (omissis); Asl n. 4 - Chiavarese, Arpal (Agenzia Regionale per la Protezione dell'Ambiente Ligure), Regione Liguria, non costituiti in giudizio; nei confronti Ar. Spa, rappresentato e difeso dagli avvocati Lu. Mo., Da. Ad., con domicilio fisico eletto presso lo studio dell'avvocato Da. Ad. in Genova, via (...)e domicilio digitale presso la PEC come da Registro di Giustizia; per l'annullamento A) Quanto al ricorso introduttivo 1. del provvedimento dirigenziale S.U.A.P. del Comune di (omissis)  datato 31 marzo 2016 prot. gen. 2015/16919 Reg. n. 28560 arch. 2979, ID 1465391 avente ad oggetto "modifica autorizzazione unica ambientale relativamente al comparto emissioni in atmosfera ed integrazioni prescrizioni relativamente al comparto rumore istanza prot. n. 16919 del 06/06/2015 presentata da Ar. S.p.a. per l'insediamento produttivo sito in (omissis), Via (omissis). Rilascio titolo e relativa trasmissione ai sensi e per gli effetti dell'art. 4 D.P.R. 13/3/2013" e dell'allegata A.U.A. adottata con provvedimento dirigenziale della Citta Metropolitana n. 864 del 1773/2016, nella parte relativa al comparto rumore (acustica); 2. del provvedimento dirigenziale della Citta Metropolitana di Genova - Direzione Ambiente - Servizio Energia e Rumore n. 864 del 17/3/2016, con il quale è stata adottata la modifica dell'Autorizzazione Unica Ambientale (A.U.A.) già adottata con provvedimento dirigenziale della Citta Metropolitana di Genova - Direzione Ambiente - Servizio Energia e Rumore n. 268 del 26/01/2015 e rilasciata dal Comune di (omissis) - nella parte relativa al comparto rumore (acustica); 3. del provvedimento dirigenziale S.U.A.P. del Comune di (omissis), datato 16 marzo 2015, prot. gen. 2014/9217, Reg. n. 26568, arch. 2979, ID 1397199, avente ad oggetto "autorizzazione unica ambientale (A.U.A.) rilasciata ad Ar. S.p.a. per l'insediamento produttivo sito in (omissis), Via (omissis). Rilascio titolo e relativa trasmissione ai sensi e per gli effetti dell'art. 4 D.P.R. 13/3/2013" e relativi allegati AUA n. 268 del 26/01/2015 e nota Comunale prot. n. 6871 del 4/3/2015- nella parte relativa al comparto rumore (acustica); 4. del provvedimento dirigenziale della Citta Metropolitana di Genova - Direzione Ambiente, Ambiti naturali e Trasporti - Servizio Energia e Rumore n. 268 del 26/1/2015, con il quale è stata adottata l'Autorizzazione Unica Ambientale (A.U.A.) ex D.R.P. 59/2013, nella parte relativa al comparto rumore (acustica) nonché per l'annullamento di ogni atto precedente, presupposto, connesso e/o conseguente nessuno escluso ed in particolare: a) dello sconosciuto verbale della conferenza dei servizi deliberante del 18/12/2015 nella parte relativa al rumore (acustica); b) dello sconosciuto verbale della conferenza dei servizi deliberante del 26/11/2014 nella parte relativa al rumore (acustica) B) e con i motivi aggiunti depositati in data 27 giugno 2019 1. del provvedimento dirigenziale S.U.A.P. del Comune di (omissis) (GE) datato 3 aprile 2019 prot. gen. 2018/15461 Reg. n. 32707 arch. 2979, ID 1633792 avente ad oggetto "aggiornamento Autorizzazione Unica Ambientale relativamente al comparto emissioni in atmosfera e al comparto rumore. Istanza prot. n. 15461 del 27/04/2018 presentata da Ar. S.p.a. per l'insediamento produttivo sito in (omissis), Via (omissis). Rilascio titolo e relativa trasmissione ai sensi e per gli effetti dell'art. 4 D.P.R. 13/3/2013, n. 59." e dell'allegata A.U.A. adottata con provvedimento dirigenziale della Citta Metropolitana n. 628 del 21/3/2019, nella sola parte relativa al comparto rumore (acustica), conosciuto in data 17 aprile 2019; 2. del provvedimento dirigenziale della Citta Metropolitana di Genova - Direzione Ambiente - Servizio Tutela Ambientale n. 628 del 21/3/2019, avente ad oggetto "DPR 59/2013 Autorizzazione Unica Ambientale. Ar. S.p.a. Via (omissis) - (omissis) (GE). Aggiornamento provvedimento Dirigenziale n. 268 del 26.01.2015 già modificato con atto dirigenziale n. 864/2016 per modifica sostanziale delle emissioni in atmosfera", nella sola parte in cui provvede relativamente al comparto acustica. Conosciuto in data 17 aprile 2019. 3. del provvedimento dirigenziale del Comune di (omissis)- Area 4 Progettazione - Manutenzione - Ambiente - Servizio Ambiente prot. gen. N. 0008309 datato 25 febbraio 2019, avente ad oggetto "D.P.R. 59/2013 P.D. nn. 268/2015 e 864/2016. Istanza di modifica sostanziale di Autorizzazione Unica Ambientale rilasciata alla Ar. S.p.a. per lo stabilimento di Via (omissis) - Invio nulla-osta acustico". Conosciuto il 17 aprile 2019. nonché per l'annullamento di ogni atto precedente, presupposto, connesso e/o conseguente nessuno escluso ed in particolare: dello sconosciuto parere favorevole della ASL 4 Chiavarese 6/11/2018 prot. n. 41255. E di tutti gli atti impugnati con il ricorso introduttivo. C) e con i motivi aggiunti depositati in data 11 agosto 2022: di tutti gli atti e i provvedimenti sub A) e B) di ogni atto precedente, presupposto, connesso e/o conseguente nessuno escluso ed in particolare: dello sconosciuto parere favorevole della ASL 4 Chiavarese 6/11/2018 prot. n. 41255. E di tutti gli atti impugnati con il ricorso introduttivo. Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione in giudizio di Comune di (omissis) e di Città Metropolitana di Genova e di Ar. Spa; Visti tutti gli atti della causa; Visto l'art. 87, comma 4-bis, cod.proc.amm.; Relatore all'udienza straordinaria di smaltimento dell'arretrato del giorno 8 settembre 2022, svolta con modalità da remoto ai sensi dell'art. 87 comma 4 bis c.p.a,, la dott.ssa Ines Simona Immacolata Pisano e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO e DIRITTO Ai fini della presente decisione, nel rispetto del principio di sinteticità cui anche il Giudice è tenuto ai sensi dell'art. 3 c.p.a., per quanto riguarda lo svolgimento del processo, si prescinde dal riportare analiticamente i fatti di causa a tal fine richiamando, per relationem, gli atti e i documenti del fascicolo processuale tenuto con modalità informatica ai sensi del d.P.C.S 28 luglio 2021. In punto di fatto, ritiene invece il Collegio preliminarmente necessario, vista la complessità fattuale e i provvedimenti via via succedutisi nel corso degli anni, effettuare una sintesi ricostruttiva, quale emerge dalla copiosa documentazione in atti depositata dalle parti di causa. La Ar. S.p.A., dotata di un impianto produttivo a ciclo continuo insistente in un ambito artigianale-industriale omogeneo (secondo la zonizzazione acustica del Comune) già esistente alla data di entrata in vigore del D.M. 11.12.1996 svolge presso il proprio stabilimento sito a (omissis) in via (omissis), attività di produzione di laminati in acciaio inossidabile, della serie AISI 300 e 400, inizialmente effettuata mediante processi di rilaminazione a freddo di nastri grezzi (coils), attività per la quale aveva ricevuto autorizzazione per le emissioni in atmosfera, ai sensi del D.Lgs. 152/06, già con Provvedimento Dirigenziale n° 6661/2007. In data 20.10.2011 l'Azienda presentava istanza ex art. 269 del D.Lgs. 152/06 al fine di ottenere l'autorizzazione alle emissioni in atmosfera generate da una nuova linea per lo sgrassaggio e la ricottura del nastro in acciaio inox, le cui caratteristiche erano sostanzialmente uguali a quelle delle linee già attive presso lo stabilimento. Con provvedimenti Dirigenziali della Provincia di Genova nn. 4663/2011, 2267/2011 e 2302/2013 la società Ar. S.p.a veniva autorizzata ad effettuare scarichi in corpo idrico superficiale e con provvedimento Dirigenziale della Provincia di Genova n. 3125 del 01/06/2012 veniva autorizzata, sempre ai sensi del D. Lgs. n. 152/2006, per 15 anni dalla data di adozione del provvedimento - che sostituiva integralmente il precedente provvedimento dirigenziale n. 6661/07- alle emissioni in atmosfera originate, nel rispetto di svariate prescrizioni. Scaduti i titoli relativi agli scarichi idrici e tenuto conto dell'entrata in vigore del DPR n. 59/2013, che ha introdotto l'istituto della Autorizzazione Unica Ambientale, Ar. presentava in data 11/4/2014 istanza di AUA in relazione agli scarichi in corpo idrico superficiale, emissioni in atmosfera e rumore, tramite il SUAP del Comune di (omissis). Con note del 22/5/2014 e 1/7/2014 la CM di Genova, a fronte della carenza di documentazione dell'istanza presentata da Ar., chiedeva le dovute integrazioni alla Società tramite SUAP, che venivano fornite con note del 3/7/2014 e 22/7/2014. Verificata la completezza della domanda, con nota del 5/9/2014, la CM di Genova provvedeva, quindi, a richiedere al SUAP la convocazione della conferenza di servizi per il giorno 25/9/2014. Il Comune di (omissis) comunicava il proprio nulla osta in relazione agli aspetti urbanistici-edilizi e trasmetteva specifica nota a firma dell'Ing. Fresia sugli aspetti acustici di sua competenza. La C.M. di Genova esprimeva parere favorevole, quanto agli aspetti di propria competenza, in relazione al comparto scarichi idrici e richiedeva integrazioni in relazione al comparto emissioni in atmosfera, che venivano fornite da Ar. il 7/10/2014. Nel corso della Conferenza in sede deliberante, fissata per il 26/11/2014 si esprimeva con parere favorevole anche la ASL 4 Chiavarese. In assenza di pareri negativi al rilascio dell'autorizzazione richiesta, la CM di Genova rilasciava con Provvedimento Dirigenziale n. 268/2015 Autorizzazione Unica Ambientale ad Ar., inserendo in relazione alla parte acustica le seguenti indicazioni, come da nota del Comune di (omissis), competente in materia: 1. al completamento degli interventi dovrà essere trasmessa al Comune di (omissis) relazione descrittiva con relativo certificato di regolare esecuzione, corredata da documentazione fotografica; 2. entro un mese dalla conclusione dei lavori, ovvero entro il 28/02/2015 dovrà essere presentato al comune e all'ARPAL un accertamento fonometrico di fine lavori; 3. gli accertamenti fonometrici dovranno fare riferimento alla determinazione del livello residuo effettivo, ovvero con tutti gli impianti rumorosi fermi, compresi quelli collegati alla sicurezza; 4. qualora questo non fosse possibile si prescrive di produrre ragguagli tecnici e motivazioni per cui tali impianti non possono essere fermati. In data 1/4/2015 il SUAP trasmetteva il titolo finale rilasciato ai sensi del D.P.R. n. 59/2013, dove il punto 2 di cui sopra ("entro un mese dalla conclusione dei lavori, ovvero entro il 28/02/2015 dovrà essere presentato al comune e all'ARPAL un accertamento fonometrico di fine lavori") veniva così riformulato: "tutti gli interventi di bonifica acustica di cui al "Monitoraggio fonometrico, modellizzazione acustica e interventi di insonorizzazione" a firma del Dott. Alberto Lenzi del giugno 2014 assunto agli atti al prot. N. 16432 del 25/06/2014 a al crono programma aggiornato assunto agli atti al prot. N. 20767 del 5/8/2014 e alla comunicazione Ar. agli atti al prot. 2732 del 28/01/2015 dovranno essere realizzati antro e non oltre il 31/05/2015. Inoltre, entro un mese dalla conclusione dei lavori, ovvero entro il 30/06/2015 dovrà essere presentato al Comune e all'Arpal un accertamento fonometrico di fine lavori". Successivamente, in data 4/8/2015, Ar. presentava istanza di modifica sostanziale, in relazione ai comparti emissioni in atmosfera ed acustica, dell'AUA rilasciata con Provvedimento Dirigenziale n. 268/2015, a fronte dell'introduzione nel ciclo produttivo di un nuovo laminatoio (LAM4). In data 12/8/2015 Arpal inviava una nota al Comune di (omissis) e, per conoscenza, alla CM di Genova, contenente una sintesi della rumorosità prodotta dall'insediamento industriale. Con nota del 25/8/2015, tenuto conto della nota Arpal di cui sopra, la CM di Genova invitava il Comune di (omissis), quale ente competente in relazione al rilascio del nulla osta acustico, ad individuare le prescrizioni necessarie sotto il profilo del rumore, in vista della nuova conferenza di Servizi da convocarsi in relazione alla domanda di modifica dell'AUA presentata da Ar.. Con nota del 28/8/2015 la CM di Genova provvedeva, quindi, a richiedere al SUAP la convocazione della conferenza di servizi per il giorno 15/9/2015. Il Comune di (omissis) esprimeva con nota del 14/9/2015 il proprio nulla osta in relazione agli aspetti urbanistici-edilizi, richiedendo specifiche integrazioni sul comparto acustica che Ar. forniva con nota del 11/11/2015. Con nota del 30/11/2015 veniva fissata la Conferenza di Servizi in sede deliberante il 18/12/2015 e la ASL 4 Chiavarese faceva pervenire il proprio parere favorevole. Il Comune di (omissis) confermava il proprio nulla osta in relazione agli aspetti urbanistici-edilizi ed esprimeva parere favorevole in relazione alla situazione acustica con le seguenti condizioni: 1. Il nuovo laminatoio LAM 4 rispetti i limiti di legge in materia acustica; circa la modalità di misurazione del differenziale si rimanda ai chiarimenti che perverranno dagli enti a seguito della richiesta di parere sopra richiamata ed allegata; 2. Entro 60 giorni dall'attivazione del nuovo impianto venga trasmesso a questo comune perizia acustica corredata da rilevamenti fonometrici di verifica. In assenza di pareri negativi al rilascio dell'autorizzazione richiesta, la CM di Genova rilasciava con Provvedimento Dirigenziale n. 864/2016 Autorizzazione Unica Ambientale ad Ar. inserendo in relazione alla parte acustica le seguenti indicazioni: 1. Il nuovo laminatoio LAM4 dovrà rispettare i limiti di legge in materia acustica; 2. Entro 60 giorni dall'attivazione del nuovo impianto dovrà essere trasmesso al comune di (omissis) perizia acustica corredata di rilevamenti fonometrici di verifica. In data 31/03/2016 il SUAP trasmetteva il titolo finale rilasciato ai sensi del D.P.R. n. 59/2013. Successivamente, in data 4/5/2018, Ar. presentava una ulteriore istanza di modifica sostanziale dell'AUA rilasciata con Provvedimento Dirigenziale n. 864/2016, a fronte dell'introduzione di una nuova linea di processo comprendente una tensiospianatrice per nastri di larghezza 1550 mm (denominata TL4), un impianto di sgrassaggio e ricottura (denominato BA5) e una linea di taglio con relativo imballo automatico (denominata SL9). Con nota del 06/09/2018 la CM di Genova fissava la Conferenza di Servizi in forma semplificata e modalità asincrona. Il Comune di (omissis) esprimeva con nota del 19/9/2018 il proprio nulla osta in relazione agli aspetti urbanistici-edilizi, e anche la ASL 4 Chiavarese faceva pervenire il proprio parere favorevole. La CM di Genova chiedeva integrazioni in ordine al comparto emissioni di propria competenza, che la Società riscontrava con nota del 21/12/2018. In relazione agli aspetti acustici, la Città Metropolitana di Genova sollecitava con nota del 29/01/2019 il Comune di (omissis) a rilasciare le proprie definitive determinazioni. Il Comune di (omissis) con nota del 22/02/2019 rilasciava il proprio nulla osta acustico, imponendo alcune prescrizioni alla Società . Con Provvedimento Dirigenziale n. 628/2019 la Città Metropolitana di Genova aggiornava la AUA inserendovi le prescrizioni dettate dal Comune di (omissis) competente in materia e la SUAP provvedeva al rilascio del titolo. In merito all'ottemperanza delle prescrizioni contenute nel suddetto nulla osta acustico comunale, facente parte integrante del provvedimento di AUA, secondo quanto rappresentato dalla Città Metropolitana di Genova, non pervenivano segnalazioni da parte del Comune di (omissis) competente in materia se non, per conoscenza, le comunicazioni trasmesse da ARPAL, unitamente alle note di Ar. circa lo stato di avanzamento dei lavori e la relazione finale del Piano di risanamento acustico sicchè, in considerazione degli interventi comunicati da Ar. in materia acustica nelle predette note, la Città Metropolitana di Genova con nota del 20/05/2022 chiedeva al Comune di (omissis), competente in relazione agli aspetti acustici, indicazioni in merito ad un eventuale aggiornamento o modifica del titolo autorizzativo. Tanto premesso in punto di fatto, va preliminarmente dichiarato in parte irricevibile per tardività, inammissibile e comunque improcedibile per sopravvenuto difetto di interesse il ricorso principale, trasposto in sede giurisdizionale a seguito di opposizione di Ar. al Ricorso straordinario al presidente della Repubblica, notificato in data 19 settembre 2016 con cui i ricorrenti, argomentando di essere tutti residenti in Riva Trigoso ((omissis)) e ritenendo di vantare una posizione legittimante in virtù della "vicinitas" delle proprie abitazioni rispetto alla sede dell'attività esercitata da Ar. S.p.a. impugnavano il provvedimento dirigenziale S.U.A.P. del Comune di (omissis) (GE) datato 31 marzo 2016 prot. gen. 2015/16919 Reg. n. 28560 arch. 2979, ID 1465391 avente ad oggetto "modifica autorizzazione unica ambientale relativamente al comparto emissioni in atmosfera ed integrazioni prescrizioni relativamente al comparto rumore istanza prot. n. 16919 del 06/06/2015 presentata da Ar. S.p.a. per l'insediamento produttivo sito in (omissis), Via (omissis). Rilascio titolo e relativa trasmissione ai sensi e per gli effetti dell'art. 4 D.P.R. 13/3/2013" e l'allegata A.U.A. adottata con provvedimento dirigenziale della Citta Metropolitana n. 864 del 1773/2016, nella parte relativa al comparto rumore (acustica), unitamente agli altri provvedimenti indicati in epigrafe. Ed invero, gli stessi ricorrenti - che evidenziano nel ricorso introduttivo di risiedere in abitazioni vicine allo stabilimento della Ar. S.p.a. nel quale da più di un decennio viene svolta attività di produzione a livello internazionale di acciai extrasottili ad elevato contenuto tecnologico per i settori dell'auto, della meccanica di precisione dell'impiantistica, della componentistica e dell'elettronica caratterizzata - rilevano che l'attività svolta in tale impianto è da almeno otto anni caratterizzata "da una elevata rumorosità sia di giorno che (soprattutto) di notte e, quindi, da un rilevantissimo impatto acustico, cresciuto sempre più nell'ultimo decennio a causa di un continuo ampliamento delle dotazioni atte alla produzione (in particolare il numero dei laminatoi). In effetti sono stati realizzati nel 2007-2008 una seconda torre, un secondo laminatoio, il primo forno a tavola larga e nel 2012/2013 sono state realizzate altre due torri, un altro forno ed un terzo laminatoio. Ciò ha determinato un crescente gravissimo stato di disagio da parte dei ricorrenti, attesa la presenza di sempre maggiori, rilevanti e dannose, immissioni di tipo acustico (rumore diurno e soprattutto notturno), immissioni che a seguito di numerose rilevazioni dell'ARPAL sono risultate superiori ai limiti di legge e delle quali, i ricorrenti hanno chiesto invano un abbattimento". Proprio in considerazione di quanto testualmente riportato nel ricorso introduttivo circa la - oggettiva- preesistenza di tale impianto e della sua asserita rumorosità - sebbene i ricorrenti affermino, genericamente, che "di recente tale stato di disagio abitativo, se possibile, si è ulteriormente aggravato con percezione di un chiaro aumento della rumorosità proveniente dall'impianto Ar."- ritiene il Collegio che a fronte della allegata "vicinitas" e della dichiarata annosa percezione di una rumorosità elevata i ricorrenti avessero da almeno 8 anni la percezione ovvero la ragionevole ed esigibile percepibilità della esistenza di provvedimenti amministrativi atti a ledere la propria sfera giuridica e che quindi ben avrebbero potuto e dovuto esercitare la facoltà di accesso agli atti, riconosciuta dalla legge n. 241/90 a "chiunque vi abbia interesse per la tutela di un interesse giuridicamente rilevante", ben prima della richiesta della copia degli atti effettuata solo in data 3 febbraio 2016, a seguito della quale è stato proposto ricorso straordinario al Capo dello Stato avverso i provvedimenti indicati in epigrafe, rilasciati nel 2015 e nel 2016, solo con atto notificato in data 19 settembre 2016. Ed invero, l'art. 41, comma 2, c.p.a. individua il dies a quo del termine decadenziale per la proposizione della domanda caducatoria nel momento della "notificazione, comunicazione o piena conoscenza, ovvero, per gli atti di cui non sia richiesta la notificazione individuale" nel "giorno in cui sia scaduto il termine della pubblicazione se questa sia prevista dalla legge o in base alla legge" e costituisce, all'uopo, dato ricevuto quello in forza del quale (CdS, IV, 3875/2018; Id., id., 5675/17; Id., id., 5654/17) la "piena conoscenza" non deve essere intesa quale "conoscenza piena ed integrale" del provvedimento stesso - ovvero di eventuali atti endo-procedimentali, la cui illegittimità sia idonea a viziare, in via derivata, il provvedimento finale - essendo di contro sufficiente la percezione, ovvero la ragionevole ed esigibile percepibilità della esistenza di un provvedimento amministrativo, nonché della sua attitudine lesiva della sfera giuridica dell'interessato (al riguardo, di recente, si veda l'articolata motivazione del TAR Lombardia, Milano, n. 1945/2022 del 26/08/2022). Applicando in questa sede principi maturati in tema di "vicinitas" per gli abusi edilizi, il termine per l'impugnazione del provvedimento autorizzativo non può che decorrere da quando l'interessato abbia la possibilità di rendersi conto della lesività degli elementi essenziali: sia per la condizione in diritto che discende dalla c.d. vicinitas (cioè dalla situazione di stabile collegamento giuridico con l'intervento/attività autorizzata), sia per lo stato di fatto dell'area oggetto dell'autorizzazione (T.A.R. Umbria Perugia Sez. I Sent., 29/08/2013, n. 455 e più di recente, T.A.R. Campania Napoli Sez. VIII, 17/09/2020, n. 3871, che ribadisce l'onere di chi intende contestare adeguatamente un titolo di esercitare sollecitamente tempestivamente l'accesso documentale). Ne consegue che il ricorso presentato, quantomeno con riferimento alla determina del 2015, è senz'altro irricevibile per tardività : al riguardo, è sufficiente richiamare che l'ARPAL era già intervenuta per effettuare misurazioni sulle immissioni sonore su sollecitazione proprio delle famiglie Basso e Delbuono, che lamentavano rumorosità dell'impianto) sia nel 2014 che nel 2015 (v.documento ARPAL prot. 25268 del 5/08/2015 all.23 della documentazione depositata dalla Città Metropolitana di Genova in data 26 maggio 2022). Anche a prescindere da tale rilievo, il ricorso è inammissibile per carenza di interesse. Ciò, per la considerazione dirimente che in sede di proposizione del ricorso introduttivo non è stata documentalmente dimostrata la dichiarata "vicinitas" con l'impianto di cui trattasi (peraltro contestata dalle controparti e in particolare dal Comune di Sestri, che rileva come le abitazioni più vicine allo stabilimento siano situate ad una certa distanza dagli impianti, che risultano comunque separati dalla linea ferroviaria Genova - Pisa, soggetta a traffico ferroviario pressoché ininterrotto) né, comunque, la sussistenza di un pregiudizio concreto tale da radicare l'interesse ad agire (in tal senso, di recente, Cons.St. n. 7609/2022 e, in termini analoghi, Cons. Stato, sez. V, 16 giugno 2021, n. 4650; sez. IV, 7 febbraio 2020, n. 962; sez. VI, 18 ottobre 2017, n. 4830; C.g.a., 30 giugno 2020, n. 488; Cass. civ., sez. un., n. 20869 del 2022). In particolare - premessa la insuperabile circostanza che i certificati di residenza dei ricorrenti, necessari al fine di comprovare la dimora stabile nell'immobile interessato, sono stati depositati tardivamente solo con il secondo atto per motivi aggiunti in data 11 agosto 2022 (e che peraltro, quanto alla famiglia Delbuono, non contenendo la ricostruzione storica, sono idonei ad attestarne la residenza in via Aurelia 103 solo dall'anno 2021 e dunque irrilevanti ai fini probatori)- al fine dell'interesse a ricorrere- che, come è noto, deve sussistere tanto al momento della proposizione del ricorso che al momento della sua decisione- i ricorrenti avrebbero dovuto fornire la prova di un concreto pregiudizio direttamente derivante dai provvedimenti impugnati. Ed invero, non essendo stata invocata nella specifica situazione una norma di legge che ammetta chiunque vi abbia interesse, seppur mediatamente dalla sussistenza del requisito della "vicinitas", all'impugnazione del titolo (differentemente da quanto ad esempio previsto in materia edilizia dall'art. 31 della L. 17 agosto 1942, n. 1150 come successivamente modificata e interpretata dalla giurisprudenza), la sola vicinitas non rappresenta un dato decisivo per fondare l'interesse ad impugnare, dovendosi dimostrare che l'intervento contestato abbia capacità di propagarsi sino a incidere negativamente sul fondo del ricorrente e, dunque, la positiva dimostrazione di un danno che attingerebbe la posizione di colui il quale insorge giudizialmente (in tal senso: Cons. Stato Sez. IV, 07/02/2020, n. 962). Il concetto di "danno", tale da giustificare la differenziazione dell'interesse dei ricorrenti rispetto a quello del "quisque de populo" al fine di radicare la legittimazione al ricorso, non necessariamente deve essere dimostrato con riferimento ad una lesione individuale, ma ad avviso del Collegio deve quantomeno coincidere con la allegazione della sussistenza di immissioni intollerabili ex art. 844 c.c.. Al riguardo, va premesso che il Collegio ritiene che il limite di tollerabilità delle immissioni rumorose non sia mai assoluto, ma relativo alla situazione ambientale, variabile da luogo a luogo, secondo le caratteristiche della zona e le abitudini degli abitanti, e non possa prescindere dalla rumorosità di fondo, ossia dalla fascia rumorosa costante, sulla quale vengono a innestarsi i rumori denunciati come immissioni abnormi (c.d. criterio comparativo) (cfr. di recente, in tal senso, Tribunale Roma Sez. V, Sent., 01/03/2022 e Cass., 5 novembre 2018, n. 28201; Cass., 5 agosto 2011, n. 17051) e che dunque - a parte la necessità di allegazione o di un danno patrimoniale o di un danno alla salute- non coincida con il limite assoluto di carattere generale fissato dalla normativa, ma richieda la specifica allegazione, che nel caso di specie non è stata neppure invocata, del superamento del limite civilistico di carattere comparativo, riferito al criterio della normale tollerabilità ex art. 844 c.c.. (in tal senso, v.anche T.A.R. Campania Napoli Sez. V, 21-11-2019, n. 5465). Sebbene non sia ignota al Collegio - per quanto non la ritenga condivisibile- la diversa tesi giurisprudenziale secondo cui quantomeno in sede civilistica la prova della intollerabilità delle immissioni può essere desunta dal mero dato formale del superamento del limite assoluto stabilito dalla disciplina amministrativa di settore o dalla constatazione, da parte di sentenze penali di condanna, dell'avvenuto perfezionamento della fattispecie di disturbo alla quiete pubblica di cui all'art. 659 comma 1 c.p.a. (poiché se infatti l'immissione acustica è tale da pregiudicare la quiete pubblica, a maggior ragione essa, ove si risolva in una emissione sonora nell'ambito della proprietà del vicino - ancor più esposto degli altri, in ragione della contiguità dei fondi, al suo effetto dannoso - deve, per ciò solo, considerarsi intollerabile, ex art. 844 c.c. e, pertanto, illecita anche sotto il profilo civilistico: Cass. civ. Sez. III, Ord., 20-12-2018, n. 32943; Cass. 18/01/2017, n. 1069; Cass. 17/01/2011, n. 939), tuttavia neppure tali presupposti risultano comprovati nel caso in esame. Infatti, quanto alla dimostrazione dell'accertamento del superamento del livello acustico - e dunque, secondo la giurisprudenza richiamata, anche di immissioni intollerabili - il Collegio ha rinvenuto in atti esclusivamente documentazione relativa a rilevazioni effettuate dall'ARPAL nel mese di agosto 2017 (e, dunque, casomai riferibili all'inadempimento delle prescrizioni imposte dalla precedente autorizzazione del 2016), in epoca antecedente al Piano di risanamento acustico, dalle quali tuttavia nessun superamento del limite di immissione notturno di cui all'art. 3 del d.P.C.M. 14/11/1997 è emerso per quanto riguarda le misurazioni effettuate nell'abitazione della famiglia Delbuono in via Aurelia 130/5, mentre i componenti della famiglia Zago residenti in via Gramsci 47/1 non risultano ricorrenti nel presente ricorso. Successivamente, in data 4/10/2019 venivano effettuate nuove rilevazioni fonometriche post operam presso l'abitazione Delbono nelle quali tuttavia la stessa ARPAL non può che rilevare che, malgrado il lieve superamento delle immissioni rispetto al 2017, il valore di immissione specifico dei nuovi impianti si pone intorno ad almeno 46,6 dB e dunque al di sotto del valore limite assoluto di immissioni notturne (pari a 55) di cui all'art. 3 del d.P.C.M citato sicchè, anche ove si volesse condividere la giurisprudenza che considera le immissioni intollerabili sussistenti a fronte del mero superamento del limite assoluto posto dalla disciplina amministrativo, tale superamento non è stato dimostrato nel caso di specie nemmeno al momento della proposizione del ricorso introduttivo (in cui è stato rilevato solo il superamento del limite di immissione differenziale di cui all'art. 4 del d.P.C.M. 14/11/1997). Non sono state invece rinvenute in atti successive rilevazioni, atte a dimostrare che anche a tutt'oggi sussistano "immissioni intollerabili" tali da giustificare l'interesse all'annullamento, pro futuro, del provvedimento autorizzatorio concesso nel 2019 (posto che al fine di ottenere un ristoro per il danno già subito i ricorrenti non necessitano dell'annullamento di tale provvedimento), prova necessaria al fine del radicamento dell'interesse all'impugnazione soprattutto considerando che dagli atti risulta che la Ar. si era forlamente impegnata a porre in essere il completamento delle opere di insonorizzazione nei 18 mesi successivi al rilascio del provvedimento di Nulla Osta Acustico (emanato in data 25/02/2019) sicchè la rilevazione effettuata prima del decorso di detti 18 mesi non è rilevante neppur al dine di contestare alla odierna controinteressata l'eventuale violazione delle prescrizioni imposte. Il Collegio non può poi trascurare la circostanza che, di contro, la controinteressata ha depositato agli atti del giudizio accurata relazione, redatta anche sulla base dei rilievi tecnici fonometrici eseguiti in orario notturno nel mese di settembre/ottobre 2021 in quattro abitazioni nell'abitato di Trogoso, nell'ambito delle operazioni peritali nel procedimento penale NRG 18862/2015 a carico del LR della Ar., poste nelle stesse via Gramsci 46 e 49 e via Aurelia 130 in cui, preso atto del fatto che il rumore in dette abitazioni risente anche in misura preponderante del traffico ferroviario, il perito del Giudice ha misurato 50.6 dB come livello equivalente "depurato", e che tutti i valori acustici misurati sono risultati conformi ai limiti massimi previsti dalla disciplina di settore (D.M. 11/12/2016 e circolare interpretativa del Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio del 6 settembre 2005, relativamente ai valori differenziali). Per quanto poi riguarda l'asserito disturbo della quiete pubblica - fattispecie che non va confusa con quella di cui al comma 2 dell'art. 652 c.p, che integrando un mero reato di pericolo non richiede l'effettiva dimostrazione del danno sicchè l'eventuale condanna per tale reato non rileverebbe ai fini della dimostrazione della sussistenza di "immissioni intollerabili"- nulla è dato desumere dal dispositivo della sentenza depositata in atti, che non consente di identificare neppure a che periodo si riferisca la condotta contestata. La carenza di interesse all'impugnazione del provvedimento amministrativo non esclude, naturalmente, che ricorrendone i presupposti gli odierni ricorrenti possano agire in sede civile per l'eventuale risarcimento ai sensi dell'art. 844 c.c., a prescindere dalla legittimità o meno del provvedimento impugnato. In ogni caso, il ricorso principale è manifestamente improcedibile per sopravvenuto difetto di interesse, atteso che le autorizzazioni impugnate con il ricorso principale, relative agli anni 2015 e 2016, hanno ormai interamente esplicato i propri effetti (ivi compresi anche quelli asseritamente dannosi) essendo state pacificamente sostituite dalla sopravvenuta autorizzazione del 2019, impugnata con i motivi aggiunti. Nè parte ricorrente ha presentato, nei termini di cui all'art. 73 c.p.a., alcun atto teso a manifestare la permanenza di un interesse a fini risarcitori ai sensi dell'art. 34 comma 3 c.p.a. direttamente correlato al provvedimento impugnato (in tal senso, v. (Cons. Stato, Ad. Plen., 13/07/2022, n. 8), fermo restando quanto già evidenziato con riferimento alla possibilità per gli odierni ricorrenti di intraprendere giudizio civile per il risarcimento del danno nel caso in cui ritengano comprovata la sussistenza di immissioni intollerabili. Fermi i profili di inammissibilità per carenza di interesse già rilevati quanto al ricorso introduttivo, che sono comuni anche ai successivi motivi aggiunti proposti avverso al successivo provvedimento Dirigenziale n. 628/2019 (con cui, a seguito di nuova istanza di Ar., la Città Metropolitana di Genova aggiornava la AUA inserendovi le prescrizioni dettate dal Comune di (omissis), già evidenziate in punto di fatto, e la SUAP provvedeva al rilascio del titolo), il Collegio ritiene sommariamente evidenziare, quanto alla fondatezza nel merito, che - come correttamente rilevato dal Comune oltre che dalla Città Metropolitana- l'eventuale sopravvenuto inadempimento delle prescrizioni acustiche imposte alla Ar. in sede di rinnovo dell'autorizzazione - postulato smentito dalla controinteressata, che ha comunque prodotto in giudizio copiosa documentazione al riguardo, ivi comprese ben 11 relazioni di impatto acustico- non è comunque circostanza idonea a mettere in discussione la legittimità ab origine del titolo, potendo casomai legittimarne la successiva revoca da parte dell'amministrazione competente, oltre all'eventuale applicazione delle conseguenti sanzioni nei confronti della Società eventualmente responsabile. Del resto, non si può non evidenziare che la stessa Città Metropolitana con nota del 20/05/2022 chiedeva al Comune di (omissis), competente in relazione agli aspetti acustici, indicazioni in merito ad una eventuale modifica o aggiornamento del titolo autorizzativo. Infine, premessi i già rilevati profili di inammissibilità, vanno dichiarati irricevibili per tardività gli ulteriori motivi aggiunti depositati in data 11/08/2022 (per effetto dei quali parte ricorrente ha potuto effettuare il tardivo deposito dei certificati di residenza dei ricorrenti oltre che il dispositivo della sentenza penale resa nei confronti del l.r. di Ar.). Sostiene infatti al riguardo parte ricorrente che "A seguito della fissazione dell'udienza di trattazione di merito per il 7 luglio 2022 i ricorrenti hanno potuto prendere visione della documentazione versata in atti da alcune delle controparti ed in particolare di quanto depositato dalla Città Metropolitana di Genova. Si tratta di documentazione mai rammostrata dal Comune di (omissis) ai ricorrenti a fronte di istanze di accesso, compresi gli atti impugnati che il Comune non ha mai ostenso in versione integrale (si veda a tal fine l'AUA del 2019 ns. produzione n. 20 e doc. n. 51 della CMG). Al riguardo, rileva il Collegio che se è un dovere processuale dell'amministrazione produrre in giudizio l'atto impugnato, è di contro preciso onere di parte ricorrente su cui incombe l'onere della prova in giudizio acquisire la documentazione necessaria a sostenere le proprie argomentazioni dalle amministrazioni competenti (nel caso di specie, lo si ricorda, il Comune è competente al solo rilascio del N.O. acustico mentre l'Autorità competente al rilascio del provvedimento è la C.M.G.) e che a tal fine l'ordinamento prevede l'accesso ai documenti amministrativi, che prima ancora che ottenere la copia del provvedimento impugnato e di tutti gli atti del procedimento - che, come è noto, ai sensi dell'art. 136 comma 2 bis c.p.a deve essere oggi anche autentica non avendo altrimenti valenza processuale- consente di prendere visione di tutti gli atti del procedimento, sicchè parte ricorrente non può dolersi in alcun modo dell'eventuale deposito solo parziale del provvedimento e degli atti di causa da parte dell'amministrazione, che è assolutamente libera nella sua strategia difensiva, né tantomeno ciò può legittimare la proposizione di motivi che parte ricorrente avrebbe potuto tempestivamente proporre qualora avesse assolto il proprio onere di acquisire integralmente tutti gli atti dell'iter procedimentale. In conclusione, il ricorso principale va dichiarato irricevibile, inammissibile e comunque improcedibile; il primo ricorso per motivi aggiunti va dichiarato inammissibile; il secondo atto per motivi aggiunti va dichiarato irricevibile. Le spese di lite, in considerazione della complessità della vicenda, possono essere interamente compensate tra le parti. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria Sezione Prima, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, e sui motivi aggiunti: Dichiara irricevibile, inammissibile e comunque improcedibile il ricorso principale; Dichiara inammissibili i motivi aggiunti I; Dichiara irricevibili e comunque inammissibili i motivi aggiunti II. Compensa interamente tra le parti le spese di lite. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Genova nella camera di consiglio del giorno 8 settembre 2022 con l'intervento dei magistrati: Giuseppe Caruso - Presidente Luca Morbelli - Consigliere Ines Simona Immacolata Pisano - Consigliere, Estensore

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria Sezione Prima ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 101 del 2017, integrato da motivi aggiunti, proposto da Ga. Gi. S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati An. Mo., En. Mo., con domicilio eletto presso lo studio En. Mo. in Genova, via (...); contro Autorità di Sistema Portuale del Mar Ligure Occidentale, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliataria ex lege in Genova, viale (...); Autorità Portuale di Genova, non costituito in giudizio; nei confronti Società Ac. St. S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Gi. Ge., Il. Gr., con domicilio eletto presso lo studio Gi. Ge. in Genova, via (...); sul ricorso numero di registro generale 102 del 2017, proposto da Ga. Gi. S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati An. Mo., En. Mo., con domicilio eletto presso lo studio En. Mo. in Genova, via (...); contro Autorità Portuale di Genova, non costituito in giudizio; Autorità di Sistema Portuale del Mar Ligure Occidentale, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliataria ex lege in Genova, viale (...); nei confronti C.E. Società Cooperativa A R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Gi. Ge., Il. Gr., con domicilio eletto presso lo studio Gi. Ge. in Genova, via (...); sul ricorso numero di registro generale 103 del 2017, proposto da Ga. Gi. S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati An. Mo., En. Mo., con domicilio eletto presso lo studio En. Mo. in Genova, via (...); contro Autorità di Sistema Portuale del Mar Ligure Occidentale, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliataria ex lege in Genova, viale (...); Autorità Portuale di Genova, non costituito in giudizio; nei confronti Società In. Na. Ge. - I.N. S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Gi. Ge., Il. Gr., con domicilio eletto presso lo studio Gi. Ge. in Genova, via (...); sul ricorso numero di registro generale 265 del 2018, proposto da Ga. Gi. S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati An. Mo., En. Mo., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio En. Mo. in Genova, via (...); contro Autorità di Sistema Portuale del Mar Ligure Occidentale - Genova, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliataria ex lege in Genova, viale (...); nei confronti Ac. St. S.r.l. ed altri, non costituiti in giudizio; per l'annullamento ricorso n. 101 del 2017: per quanto riguarda il ricorso introduttivo: della licenza concessoria temporanea rilasciata ad Ac. St. srl della nota 2.12.2016, n. 23964 dell'autorità portuale di Genova del provvedimento 23.11.2016 della conferenza dei servizi della nota 29.12.2016 n. 25483 dell'autorità di sistema portuale di Genova della nota 2.1.2017, n. 28 dell'autorità di sistema portuale e del decreto 30.12.2016, n. 1647 del presidente dell'autorità di sistema quanto ai motivi aggiunti notificati il 7.4.2017 della nota 29.12.2016, n. 25542 del segretario dell'autorità di sistema portuale della nota 2.1.2017, n. 25/P del segretario generale dell'autorità di sistema portuale; quanto ai motivi aggiunti notificati l'11.7.2017 della nota 12.5.2017, n. 8599/P del presidente dell'autorità di sistema portuale per la parte in cui ha escluso le aree concesse a Ac. St. srl ed altri dal titolo assentito temporaneamente alla ricorrente; della deliberazione 10.4.2017, n. 8/6/1 del comitato di gestione dell'autorità di sistema per l'accertamento del diritto dell'interessata di prendere visione ed estrarre copia del titolo rilasciato ad Ac. St. srl per l'annullamento del diniego espresso a tale riguardo quanto ai motivi aggiunti depositati il 2.12.2017 della nota 13.9.2017, n. 16585 del presidente dell'autorità di sistema portuale per l'accertamento del diritto dell'interessata di prendere visione ed estrarre copia del titolo rilasciato ad Ac. St. srl per l'annullamento del diniego espresso a tale riguardo quanto ai motivi aggiunti presentati il 6.2.2018 della nota a firma del Presidente ADSP 29/11/2017, prot. n. 22273/P, con la quale è stata (ulteriormente) rinnovata a Ga. Gi. S.r.l., nelle more del procedimento comparativo ex art. 37, cod. nav., la concessione per licenza provvisoria relativa alle aree demaniale marittime site in (omissis) in scadenza il 31/10/2017, nella parte in cui ha implicitamente confermato l'esclusione delle aree già oggetto di assentimento temporaneo ad Ac. St. s.r.l. ed altri; della deliberazione del Comitato di Gestione ADSP 27/7/2017, prot. n. 54/4.1/2017; del verbale della Conferenza delle Direzioni e Servizi ADSP del 1/3/2017, n. 6; della nota a firma del Presidente ADSP 12/5/2017, prot. n. 8558/P, con la quale è stata prorogata ad Ac. St. s.r.l. (fino al 31/7/2017), nelle more del procedimento comparativo ex art. 37, cod. nav., la concessione per licenza temporanea relativa alle aree demaniale marittime site in (omissis); della nota a firma del Presidente ADSP 4/8/2017, prot. n. 14665/P, con la quale è stata ulteriormente prorogata ad Ac. St. s.r.l. (fino al 31/10/2017), nelle more del procedimento comparativo ex art. 37, cod. nav., la concessione per licenza temporanea relativa alle aree demaniale marittime site in (omissis); della nota a firma del Dirigente ADSP 30/10/2017, prot. n. 19956/P, con la quale è stata ulteriormente prorogata ad Ac. St. s.r.l. (fino al 31/12/2017), nelle more del procedimento comparativo ex art. 37, cod. nav., la concessione per licenza temporanea relativa alle aree demaniale marittime site in (omissis); dell'atto di concessione a firma del Presidente ADSP 9/6/2017, n. 110, arch. 3073 (1/1/2017-31/7/2017); dell'atto di concessione a firma del Presidente ADSP 7/8/2017, n. 150, arch. 3073 (1/8/2017-31/10/2017); dell'atto di concessione a firma del Presidente ADSP 6/11/2017, n. 174, arch. 3073 (1/11/2017-31/12/2017); della nota a firma del Dirigente ADSP 20/12/2017, prot. n. 23810/P, con la quale è stata ulteriormente prorogata (fino al 30/4/2018) a Ga. Gi. S.r.l., nelle more del procedimento comparativo ex art. 37, cod. nav., la concessione per licenza relativa alle aree demaniale marittime site in (omissis), nella parte in cui ha escluso le aree già oggetto di assentimento temporaneo ad Ac. St. s.r.l. ed altri; del parere del Comitato di Gestione Portuale 20/12/2017 (non conosciuto); di ogni ulteriore atto presupposto, connesso e/o conseguente, ivi compresi i provvedimenti e gli atti comunque denominati (non conosciuti) con i quali l'ADSP ha disposto e comunicato ad Ac. St. s.r.l. il rinnovo della licenza concessoria temporanea in essere al 30/4/2018. quanto ai motivi aggiunti presentati il 9.7.2018 della nota a firma del Dirigente dell'Ufficio Territoriale di Genova - Servizio concessioni e licenze - Ufficio licenze demaniali industriali dell'Autorità di Sistema Portuale del Mar Ligure Occidentale - Sede di Genova 24/4/2018, prot. n. 10363/P, con la quale è stata (ulteriormente) rinnovata a Ga. Gi. S.r.l. fino al 30/9/2018, nelle more del procedimento comparativo ex art. 37, cod. nav., la concessione per licenza provvisoria relativa alle aree demaniale marittime site in (omissis) in scadenza il 30/4/2018, nella parte in cui ha implicitamente confermato l'esclusione delle aree già oggetto di assentimento temporaneo ad Ac. St. s.r.l. ed altri; della deliberazione del Comitato di Gestione dell'Autorità di Sistema Portuale del Mar Ligure Occidentale 27/4/2018 (non conosciuta), relativa al menzionato rinnovo temporaneo; - di ogni ulteriore atto presupposto, connesso e/o conseguente, ivi compresi i provvedimenti e gli atti comunque denominati (non conosciuti) con i quali l'Autorità di Sistema Portuale ha disposto e comunicato ad Ac. St. s.r.l. il rinnovo della licenza concessoria temporanea in essere al 30/9/2018. quanto ai motivi aggiunti presentati il 26.9.2018: della licenza concessoria temporanea rilasciata dall'Autorità Portuale di Genova/Autorità di Sistema Portuale del Mar Ligure Occidentale (ADSP) ad Ac. St. s.r.l. delle aree site in (omissis) sulle quali quest'ultima Società operava, anteriormente al 31/12/2016, nella qualità di soggetto autorizzato ex art. 45-bis, cod. nav.; ricorso n. 102 del 2017: per quanto riguarda il ricorso introduttivo: della licenza concessoria temporanea rilasciata a CE. scarl della nota 2.12.2016, n. 23964 dell'autorità portuale di Genova; del provvedimento 23.11.2016 della conferenza dei servizi; della nota 29.12.2016 n. 25483 dell'autorità di sistema portuale di Genova; della nota 2.1.2017, n. 28 dell'autorità di sistema portuale e del decreto 30.12.2016, n. 1647 del presidente dell'autorità di sistema; quanto ai motivi aggiunti notificati il 7.4.2017 della nota 29.12.2016, n. 25541 del segretario dell'autorità di sistema portuale della nota 2.1.2017, n. 27/P del segretario generale dell'autorità di sistema portuale quanto ai motivi aggiunti notificati l'11.7.2017 della nota 12.5.2017, n. 8599/P del presidente dell'autorità di sistema portuale per la parte in cui ha escluso le aree concesse a Ac. St. srl ed altri dal titolo assentito temporaneamente alla ricorrente; della deliberazione 10.4.2017, n. 8/6/1 del comitato di gestione dell'autorità di sistema per l'accertamento del diritto dell'interessata di prendere visione ed estrarre copia del titolo rilasciato a CE. scarl per l'annullamento del diniego espresso a tale riguardo quanto ai motivi aggiunti depositati il 2.12.2017 della nota 13.9.2017, n. 16585 del presidente dell'autorità di sistema portuale per l'accertamento del diritto dell'interessata di prendere visione ed estrarre copia del titolo rilasciato a CE. scarl per l'annullamento del diniego espresso a tale riguardo; quanto ai motivi aggiunti presentati il 6.2.2018 della nota a firma del Presidente ADSP - Sede di Genova 29/11/2017, prot. n. 22273/P, con la quale è stata (ulteriormente) rinnovata a Ga. Gi. S.r.l., nelle more del procedimento comparativo ex art. 37, cod. nav., la concessione per licenza provvisoria relativa alle aree demaniale marittime site in (omissis) in scadenza il 31/10/2017, nella parte in cui ha implicitamente confermato l'esclusione delle aree già oggetto di assentimento temporaneo a C.E. s.c. a r.l. ed altri; della nota a firma del Dirigente ADSP - Direzione Gestione Territorio - Servizio Demanio 20/12/2017, prot. n. 23810/P, con la quale è stata ulteriormente prorogata (fino al 30/4/2018) a Ga. Gi. S.r.l., nelle more del procedimento comparativo ex art. 37, cod. nav., la concessione per licenza relativa alle aree demaniale marittime site in (omissis), nella parte in cui ha escluso le aree già oggetto di assentimento temporaneo a C.E. s.c. a r.l. ed altri; del parere del Comitato di Gestione Portuale 20/12/2017 (non conosciuto); di ogni ulteriore atto presupposto, connesso e/o conseguente, ivi compresi i provvedimenti e gli atti comunque denominati (non conosciuti) con i quali l'ADSP ha disposto e comunicato a C.E. s.c. a r.l. il rinnovo della licenza concessoria temporanea in essere al 30/4/2018. quanto ai motivi aggiunti presentati il 9.7.2018: della nota a firma del Dirigente dell'Ufficio Territoriale di Genova - Servizio concessioni e licenze - Ufficio licenze demaniali industriali dell'Autorità di Sistema Portuale del Mar Ligure Occidentale - Sede di Genova 24/4/2018, prot. n. 10363/P, con la quale è stata (ulteriormente) rinnovata a Ga. Gi. S.r.l. fino al 30/9/2018, nelle more del procedimento comparativo ex art. 37, cod. nav., la concessione per licenza provvisoria relativa alle aree demaniale marittime site in (omissis) in scadenza il 30/4/2018, nella parte in cui ha implicitamente confermato l'esclusione delle aree già oggetto di assentimento temporaneo ad Ac. St. s.r.l. ed altri; della deliberazione del Comitato di Gestione dell'Autorità di Sistema Portuale del Mar Ligure Occidentale 27/4/2018 (non conosciuta), relativa al menzionato rinnovo temporaneo; di ogni ulteriore atto presupposto, connesso e/o conseguente, ivi compresi i provvedimenti e gli atti comunque denominati (non conosciuti) con i quali l'Autorità di Sistema Portuale ha disposto e comunicato a C.E. s.c. a r.l. il rinnovo della licenza concessoria temporanea in essere al 30/9/2018; ricorso n. 103 del 2017: per quanto riguarda il ricorso introduttivo: della licenza concessoria temporanea rilasciata a IN. srl; della nota 2.12.2016, n. 23964 dell'autorità portuale di Genova; del provvedimento 23.11.2016 della conferenza dei servizi; della nota 29.12.2016 n. 25483 dell'autorità di sistema portuale di Genova; della nota 2.1.2017, n. 28 dell'autorità di sistema portuale e del decreto 30.12.2016, n. 1647 del presidente dell'autorità di sistema; quanto ai motivi aggiunti notificati il 7.4.2017 della nota 29.12.2016, n. 25481 del segretario dell'autorità di sistema portuale della nota 2.1.2017, n. 29/P del segretario generale dell'autorità di sistema portuale quanto ai motivi aggiunti notificati l'11.7.2017 della nota 12.5.2017, n. 8599/P del presidente dell'autorità di sistema portuale per la parte in cui ha escluso le aree concesse a Ac. St. srl ed altri dal titolo assentito temporaneamente alla ricorrente; della deliberazione 10.4.2017, n. 8/6/1 del comitato di gestione dell'autorità di sistema per l'accertamento del diritto dell'interessata di prendere visione ed estrarre copia del titolo rilasciato a IN. srl per l'annullamento del diniego espresso a tale riguardo quanto ai motivi aggiunti depositati il 2.12.2017 della nota 13.9.2017, n. 16585 del presidente dell'autorità di sistema portuale per l'accertamento del diritto dell'interessata di prendere visione ed estrarre copia del titolo rilasciato a IN. srl per l'annullamento del diniego espresso a tale riguardo. quanto ai motivi aggiunti presentati il 6.2.2018 della nota a firma del Presidente ADSP - Sede di Genova 29/11/2017, prot. n. 22273/P, con la quale è stata (ulteriormente) rinnovata a Ga. Gi. S.r.l., nelle more del procedimento comparativo ex art. 37, cod. nav., la concessione per licenza provvisoria relativa alle aree demaniale marittime site in (omissis) in scadenza il 31/10/2017, nella parte in cui ha implicitamente confermato l'esclusione delle aree già oggetto di assentimento temporaneo a IN. - In. Na. Ge. s.r.l. ed altri; della deliberazione del Comitato di Gestione ADSP 27/7/2017, prot. n. 54/4.1/2017; del verbale della Conferenza delle Direzioni e Servizi dell'Autorità Portuale di Genova del 1/3/2017, n. 6; della nota a firma del Presidente ADSP - Sede di Genova 12/5/2017, prot. n. 8568/P, con la quale è stata prorogata a IN. - In. Na. Ge. s.r.l. (fino al 31/7/2017), nelle more del procedimento comparativo ex art. 37, cod. nav., la concessione per licenza temporanea relativa alle aree demaniale marittime site in (omissis); della nota a firma del Presidente ADSP - Sede di Genova 4/8/2017, prot. n. 14666/P, con la quale è stata ulteriormente prorogata a IN. - In. Na. Ge. s.r.l. (fino al 31/10/2017), nelle more del procedimento comparativo ex art. 37, cod. nav., la concessione per licenza temporanea relativa alle aree demaniale marittime site in (omissis); della nota a firma del Dirigente ADSP - Direzione Gestione Territorio - Servizio Demanio 30/10/2017, prot. n. 19960/P, con la quale è stata ulteriormente prorogata a IN. - In. Na. Ge. s.r.l. (fino al 31/12/2017), nelle more del procedimento comparativo ex art. 37, cod. nav., la concessione per licenza temporanea relativa alle aree demaniale marittime site in (omissis); dell'atto di concessione a firma del Presidente ADSP 9/6/2017, n. 107, arch. 3072 (1/1/2017-31/7/2017); dell'atto di concessione a firma del Presidente ADSP 7/8/2017, n. 154, arch. 3072 (1/8/2017-31/10/2017); dell'atto di concessione a firma del Presidente ADSP 17/11/2017, n. 179, arch. 3072 (1/11/2017-31/12/2017); della nota a firma del Dirigente ADSP - Direzione Gestione Territorio - Servizio Demanio 20/12/2017, prot. n. 23810/P, con la quale è stata ulteriormente prorogata (fino al 30/4/2018) a Ga. Gi. S.r.l., nelle more del procedimento comparativo ex art. 37, cod. nav., la concessione per licenza relativa alle aree demaniale marittime site in (omissis), nella parte in cui ha escluso le aree già oggetto di assentimento temporaneo a IN. - In. Na. Ge. s.r.l. ed altri; del parere del Comitato di Gestione Portuale 20/12/2017 (non conosciuto); di ogni ulteriore atto presupposto, connesso e/o conseguente, ivi compresi i provvedimenti e gli atti comunque denominati (non conosciuti) con i quali ADSP ha disposto e comunicato a IN. - In. Na. Ge. s.r.l. il rinnovo della licenza concessoria temporanea in essere al 30/4/2018. quanto ai motivi aggiunti presentati il 9.7.2018 della nota a firma del Dirigente dell'Ufficio Territoriale di Genova - Servizio concessioni e licenze - Ufficio licenze demaniali industriali dell'Autorità di Sistema Portuale del Mar Ligure Occidentale - Sede di Genova 24/4/2018, prot. n. 10363/P, con la quale è stata (ulteriormente) rinnovata a Ga. Gi. S.r.l. fino al 30/9/2018, nelle more del procedimento comparativo ex art. 37, cod. nav., la concessione per licenza provvisoria relativa alle aree demaniale marittime site in (omissis) in scadenza il 30/4/2018, nella parte in cui ha implicitamente confermato l'esclusione delle aree già oggetto di assentimento temporaneo ad Ac. St. s.r.l. ricorso n. 265 del 2018: - della determinazione preliminare a contrarre a firma del Presidente dell'Autorità di Sistema Portuale del Mar Ligure Occidentale 27/12/2017, prot. n. 24179, con la quale è stato stabilito di formulare a Ga. Gi. S.r.l. (e alle altre Imprese interessate) una proposta di accordo sostitutivo per la ripartizione e l'assegnazione delle aree del compendio demaniale marittimo sito in Genova, (omissis) - già assentite all'odierna ricorrente anteriormente al 31/12/2016 - secondo le modalità indicate nell'allegata planimetria; - di ogni ulteriore atto presupposto, connesso e/o conseguente, ivi compresa la nota a firma del Presidente dell'Autorità di Sistema Portuale del Mar Ligure Occidentale 7/2/2018, prot. n. 2999, con la quale è stata inviata a Ga. Gi. S.r.l. (e agli altri operatori interessati) la proposta di accordo sostitutivo per la ripartizione e l'assegnazione delle aree del compendio demaniale marittimo di (omissis) secondo le modalità indicate nella menzionata determinazione prot. n. 24179/2017 e nell'allegata planimetria, nonché il verbale di Conferenza delle Direzioni e Servizi dell'Autorità di Sistema Portuale del Mar Ligure Occidentale 29/6/2017; Visti i ricorsi i motivi aggiunti e i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione in giudizio, in tutti i ricorsi, delle amministrazioni intimate e delle controinteressate Ac. St. S.r.l., C.E. Società Cooperativa A R.L. e Società In. Na. Ge. - I.N. S.r.l.; Viste le memorie depositate dalle parti a sostegno delle rispettive difese; Visti tutti gli atti della causa; Visto l'art. 87, comma 4-bis, cod.proc.amm.; Relatore all'udienza straordinaria di smaltimento dell'arretrato del giorno 7 luglio 2022 il dott. Giuseppe Caruso e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; Ritenuto che la stretta connessione soggettiva ed oggettiva imponga la riunione di ricorsi in epigrafe; Considerato che con deliberazione del Comitato di gestione dell'Adsp del Mar Ligure occidentale prot. n. 114.7.6.2019 del 30 dicembre 2019 è stata approvata la "Ripartizione delle aree afferenti il compendio demaniale marittimo ubicato nel distretto delle riparazioni industriali, in (omissis), denominato ex "Ga.", che recepisce una "soluzione comune" individuata in occasione dell'audizione delle parti interessate (Ga. Gi. S.r.l. ed altri, avendo I.N. s.r.l. rinunciato alla sua domanda concorrente, con nota pervenuta il 20 marzo 2019, prot. n. 7415) tenutasi in data 7 maggio 2019 (il cui verbale è allegato alla deliberazione, per farne parte integrante); Atteso che, in esecuzione della predetta ripartizione, le aree in questione sono state date in concessione alle società sopra indicate e che, in particolare, la GB Sh. S.r.l. (già Ga. Gi. S.r.l.) ha sottoscritto con l'Ente l'atto concessorio reg. n. 17/2021 e rep. n. 150 del 30 novembre 2021; che, secondo la ricorrente, "permane tutt'ora l'interesse di GB Sh. alla decisione della presente controversia anche tenuto conto dell'eventuale possibilità di proporre azione risarcitoria nei confronti dell'Autorità resistente per il pregiudizio verificatosi nel suddetto periodo protrattosi per oltre due anni, in considerazione, peraltro, della palese illegittimità dei provvedimenti impugnati da GB Sh., la quale aveva titolo a vedersi assegnato in via temporanea l'intera area in via unitaria"; Ritenuto che invece, come correttamente dedotto dall'Avvocatura dello Stato, l'intervenuta soluzione "concordata" determini l'improcedibilità dei ricorsi in esame, essendo venuta meno la conflittualità tra le parti per la ripartizione delle aree in questione, in quanto essa è stata ora operata dall'amministrazione in base al verbale del 7 maggio 2019, nel quale, inoltre, si fa espressa menzione dei ricorsi pendenti al T.A.R. e si attribuisce valore transattivo alla soluzione concordata; che, in particolare, il ricorso R.G. n. 265/2018 sia improcedibile anche perché attiene ad una precedente procedura di stipula di accordo sostitutivo che non ha avuto seguito, per il rifiuto di adesione da parte della ricorrente; che ricorrano i presupposti di legge per l'integrale compensazione tra le parti delle spese di causa. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria Sezione Prima dichiara improcedibili - previa loro riunione - i ricorsi in epigrafe, per sopravvenuta carenza di interesse. Spese compensate. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Genova, nella camera di consiglio del giorno 7 luglio 2022 con l'intervento dei magistrati: Giuseppe Caruso - Presidente, Estensore Ines Simona Immacolata Pisano - Consigliere Desirè e Zonno - Consigliere

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria Sezione Prima ha pronunciato la presente SENTENZA ex art. 60 cod. proc. amm.; sul ricorso numero di registro generale 389 del 2022, proposto da My Sp. S.S. Co. a r.l., in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dall'avvocato Lu. Co., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Genova, via (...); contro Comune di (omissis), in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dagli avvocati Pi. Pi. e Ch. Ga., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il loro studio in Genova, via (...); nei confronti Consorzio Ob. Sp. e Sa. 4.0, in persona del legale rappresentante, rappresentato e difeso dagli avvocati An. Mo., An. Ro., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e con domicilio eletto presso il loro studio in Genova, via (...); per l'annullamento, previa adozione delle idonee misure cautelari, per quanto riguarda il ricorso introduttivo: della determinazione assunta dal dirigente del settore finanziario del Comune di (omissis) n. 531 del 23.05.2022 avente a oggetto: "Sport - gara per la concessione della gestione del Pa. de. Sp. "Em. Bi." in (omissis), Via (omissis), aggiudicazione, cig. 913733"; nonché di tutti gli atti della procedura, a partire dalla delibera della Giunta Comunale n. 38 del 03.03.2022, ivi compresa la determina dirigenziale dell'11.03.2022 di indizione della gara, gli atti del procedimento di gara e della commissione giudicatrice e comunque tutti gli atti della procedura a partire dalla approvazione del bando di gara e fino alla approvazione della stessa; per quanto riguarda il ricorso incidentale presentato da Consorzio Ob. Sp. e Sa. 4.0 il 12/7/2022: - dei verbali di gara e, comunque, dell'atto di ammissione alla gara di My Sp. S.S. Co. a r.l., nella parte in cui non ne hanno disposto l'estromissione dalla gara per la concessione dell'impianto sportivo polivalente comunale "Em. Bi."; - della disciplina di gara e degli atti del procedimento nella non creduta ipotesi in cui si ritenesse di seguire la lettura fornita dalla ricorrente; Visti il ricorso e i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di (omissis) e del Consorzio Ob. Sp. e Sa. 4.0; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nella camera di consiglio del giorno 22 luglio 2022 il dott. Alessandro Enrico Basilico e viste le conclusioni delle parti come da verbale; Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO e DIRITTO 1. Con bando prot. 9160 del 21.03.2022, il Comune di (omissis) ha indetto una gara per l'affidamento in concessione della gestione del complesso sportivo polivalente comunale "Em. Bi.", con piscina e palestra. 2. Alla procedura hanno partecipato la My Sp. SSD, società consortile a r.l., e il Consorzio Ob. Sp. e Sa. 4.0. 3. Con comunicazione del 29.03.2022 (doc. 20 del resistente), il Comune ha avvisato che "i concorrenti, per la partecipazione alla procedura, devono inserire il Piano Economico Finanziario (predisposto sulla base delle Linee Guida facenti parte della documentazione di gara) quale allegato all'OFFERTA TECNICA (in unico file, firmato digitalmente)". 4. All'esito delle valutazioni della commissione, il Consorzio Ob. Sp. e Sa. 4.0 si è classificato al primo posto della graduatoria, con 100 punti (di cui 70 per l'offerta tecnica e 30 per quella economica), mentre la società My Sp. SSD ha ottenuto 84,49 punti (di cui 65,20 per l'offerta tecnica e 19,29 per quella economica). 5. Con determinazione n. 531 de 23.05.2022, il Comune ha aggiudicato la concessione al Consorzio Ob. Sp. e Sa. 4.0. 6. La My Sp. SSD ha impugnato l'aggiudicazione e gli atti presupposti dinanzi a questo TAR, chiedendo altresì la concessione della tutela cautelare. Il ricorso principale si fonda su quattro motivi (di cui l'ultimo è dedotto in via subordinata). Con il primo, si denuncia: violazione e falsa applicazione dell'art. 156 del d.lgs. n. 50 del 2016 e della normativa di gara; difetto del presupposto, difetto d'istruttoria e di motivazione. In particolare, la ricorrente sostiene che la controinteressata avrebbe dovuto essere esclusa per non aver allegato alla propria offerta il Piano economico finanziario-PEF, come richiesto - in tesi - dalla normativa di gara. Con il secondo, si deduce: violazione e falsa applicazione dei principi generali in materia di gare pubbliche; sviamento di potere. Secondo la ricorrente, la controinteressata avrebbe dovuto essere esclusa per aver presentato un'offerta difforme dalla normativa di gara con riferimento agli orari di apertura dell'impianto. Con il terzo, si deduce: violazione e falsa applicazione della normativa di gara; eccesso di potere per falsità dei presupposti, difetto d'istruttoria e di motivazione. In particolare, la ricorrente contesta che alla controinteressata siano stati attribuiti dei punti per le migliorie proposte, sostenendo che nel concetto di "migliorie" debbano ricomprendersi solo le innovazioni materiali e non l'offerta di maggiori servizi; denuncia altresì la presenza di varie incompatibilità dell'offerta tecnica con la normativa di gara (in termini di attività pomeridiane, che sarebbero incompatibili con quelle associative). Con il quarto, dedotto in via subordinata, si denuncia: violazione e falsa applicazione degli artt. 20 e 21 della l.r. n. 40 del 2009; eccesso di potere per falsità dei presupposti e/o travisamento, difetto di presupposto, difetto di motivazione; evidente illogicità . Secondo la ricorrente, la normativa di gara sarebbe illegittima perché difforme dalle regole dettate per l'affidamento della gestione degli impianti sportivi dal Testo unico della normativa in materia di sport di cui alla legge regionale citata. 7. Si è costituito in giudizio il Comune resistendo all'impugnativa. 8. Si è altresì costituito il Consorzio Ob. Sp. e Sa. 4.0, chiedendo il rigetto del ricorso principale e proponendo a sua volta ricorso incidentale "escludente", con atto notificato l'11.07.2022 e depositato il 12.07.2022. Il ricorso incidentale si fonda su quattro motivi. Con il primo, si deduce: violazione dell'art. 97 Cost., degli artt. 1 e 3 della legge n. 241 del 1990, degli artt. 30, 80, 83, 95 e 165 del d.lgs. n. 50 del 2016; eccesso di potere per illogicità, contraddittorietà, difetto d'istruttoria e di motivazione, travisamento dei fatti, violazione del principio di separazione dell'offerta tecnica e di quella economica. Secondo il Consorzio Ob. Sp. e Sa. 4.0, la ricorrente avrebbe dovuto essere esclusa per aver indicato nel PEF, presentato quale allegato dell'offerta tecnica, il canone annuo proposto per la gestione dell'impianto, così anticipando una componente dell'offerta economica e violando il divieto di commistione tra questa e l'offerta tecnica. Con il secondo, il terzo e il quarto, si deduce: nullità ; violazione dell'art. 97 Cost., degli artt. 1 e 3 della legge n. 241 del 1990, degli artt. 30, 80, 83, 95 e 165 del d.lgs. n. 50 del 2016; violazione del disciplinare di gara; eccesso di potere per illogicità, contradditorietà, difetto d'istruttoria e di motivazione; travisamento dei fatti, violazione del principio di separazione dell'offerta tecnica e di quella economica; violazione del principio di segretezza dell'offerta economica. La controinteressata sostiene che le linee guida, nella parte in cui prevedono che il PEF possa essere allegato all'offerta tecnica, siano anch'esse illegittime per violazione del divieto di commistione tra le due componenti dell'offerta; sotto altro profilo, si sostiene che, laddove si ritenesse che la normativa di gara imponesse la presentazione del PEF a pena di esclusione, quest'ultima risulterebbe illegittima per aver introdotta una nuova e inammissibile causa di esclusione; infine si lamenta l'erroneità della comunicazione del 29.03.2022, la quale non avrebbe potuto obbligare alla presentazione del PEF a pena di esclusione in assenza di una chiara previsione in tal senso della normativa di gara. 9. All'esito della camera di consiglio del 22.07.2022, fissata per la trattazione della domanda cautelare proposta dalla ricorrente principale, la causa può essere decisa con sentenza in forma semplificata, sussistendone i presupposti di legge e in considerazione del fatto che le parti hanno rinunciato ai termini a difesa rispetto al ricorso incidentale proposto dalla controinteressata (sul quale, peraltro, hanno comunque preso posizione nelle memorie depositate in vista dell'udienza camerale). 10. I ricorsi, principale e incidentale, devono essere esaminati entrambi, in quanto deducono censure di natura "escludente" il cui accoglimento travolgerebbe l'intera procedura, dato che a questa hanno partecipato solo le due imprese parti del giudizio, secondo l'orientamento ormai consolidato della giurisprudenza eurounitaria e interna (sul quale si v., tra le più recenti, la sent. n. 629 del 2022 di questo TAR). 11. Il primo motivo del ricorso principale, con cui My Sp. SSD sostiene che il Consorzio Ob. Sp. e Sa. 4.0 avrebbe dovuto essere escluso per non aver presentato il PEF, è fondato. 12. Il disciplinare (doc. 10 del resistente), che contiene "modalità e condizioni per la partecipazione alla gara", richiama, quale propria "parte integrante e sostanziale", le Linee guida per la stesura del Piano economico finanziario (doc. 3 del resistente). Queste ultime, approvate quale allegato B alla deliberazione della Giunta comunale n. 38 del 03.03.2022 specificamente dedicata all'affidamento della gestione del palazzetto dello sport "Em. Bi.", hanno previsto l'elaborazione, da parte dell'Amministrazione, di un PEF "di massima" "a cui dovrà necessariamente attenersi il concorrente di gara, nella preparazione dell'offerta", la quale "a fondamento della propria sostenibilità e serietà, dovrà contenere un connesso e più dettagliato piano, comprovante un quanto meno tendenziale equilibrio di gestione". È opportuno notare come la richiesta della presentazione di un PEF trovi giustificazione nel contesto in cui è stata avviata la procedura: la DGC n. 38 del 03.03.2022 (doc. 1 del resistente), che ha deciso sulla concessione, ha infatti inteso limitare l'affidamento alla stagione sportiva 2022/2023 "nell'attesa che il contesto in cui operano gli impianti sportivi sia stabilizzato sia per quanto concerne l'emergenza sanitaria covid-19 sia per quanto concerne l'attuale aumento dei costi energetici nazionale che potrebbe incidere sull'equilibrio economico della gestione"; è dunque in considerazione dei numerosi fattori che, nell'attuale situazione socio-economica, potrebbero pregiudicare l'equilibrio tra costi di gestione e ricavi e, di conseguenza, la continuità del servizio pubblico, che l'Amministrazione ha ritenuto di richiedere la presentazione di un PEF a garanzia della sostenibilità dell'offerta. Tanto il testo, quanto il contesto della normativa di gara conducono quindi a ritenere che il PEF costituisca una componente essenziale e sostanziale dell'offerta e che, di conseguenza, la sua mancanza non possa che comportare l'estromissione dalla gara. 13. Da questo punto di vista, è vero che la normativa di gara non prevede esplicitamente l'esclusione quale conseguenza dell'omessa presentazione del Piano - circostanza che il Comune e la controinteressata valorizzano nelle loro difese - ma vi è altresì da considerare che, ai sensi dell'art. 94 d.lgs. 50 del 2016, l'appalto è aggiudicato solo se "l'offerta è conforme ai requisiti, alle condizioni e ai criteri indicati" nella normativa di gara - normativa che, come si è visto, esigeva la produzione del PEF - e quindi che la mancata corrispondenza tra quanto richiesto dalla stazione appaltante e quanto proposto dal concorrente non può che condurre all'esclusione di quest'ultimo (a tal proposito, si v., tra le tante, TAR Lazio, Roma, sez. I, sent. n. 3772 del 2019). D'altro canto, un orientamento consolidato della giurisprudenza ritiene il PEF "un elemento significativo della proposta contrattuale", al punto da affermare che laddove questo presenti un vizio, quest'ultimo è destinato a riflettersi sulla qualità dell'offerta, inficiandola (sul punto si v., tra le tante, TAR Veneto, sent. n. 182 del 2019 e TAR Liguria, sent. n. 826 del 2018); se dunque errori e vizi del PEF condizionano la validità dell'offerta, a maggior ragione deve pervenirsi ad analoga conclusione qualora il Piano, pur richiesto, non sia stato nemmeno presentato. 14. È bene precisare - alla luce delle argomentazioni spese sul punto dal resistente e dalla controinteressata, anche mediante impugnazione incidentale della normativa di gara - che l'estromissione per mancata presentazione del PEF non si traduce in una violazione del principio di tassatività delle clausole di esclusione, dato che è lo stesso codice dei contratti pubblici - e, in particolare, il già citato art. 94 - a prevedere questa conseguenza in caso di presentazione di un'offerta difforme da quanto richiesto dalla stazione appaltante (pertanto, risulta infondato, in questa parte, il ricorso incidentale). 15. Per tali ragioni, l'aggiudicazione e gli atti presupposti devono essere annullati nella parte in cui non hanno disposto l'esclusione dalla gara del Consorzio Ob. Sp. e Sa. 4.0 per omessa presentazione del PEF. L'accoglimento del primo motivo consente di dichiarare l'assorbimento degli altri motivi del ricorso principale, dal cui accoglimento la parte attrice non potrebbe trarre alcuna utilità, avendo già ottenuto l'annullamento dell'aggiudicazione e degli atti di gara. 16. È fondato anche il ricorso incidentale, nei termini seguenti. 17. Non è contestato - ed emerge comunque dai documenti depositati, in particolare dall'esame dell'offerta tecnica e di quella economica di My Sp. (doc. 1 e 2 della controinteressata) - come la ricorrente abbia allegato all'offerta tecnica il PEF e come, all'interno dello stesso, abbia indicato, tra le "uscite", le "spese per locazione impianto", pari a 20.000 euro, precisando di aver valorizzato tale voce "con l'offerta economica presentata" (circostanza poi confermata dall'esame di quest'ultima, in cui si proponeva proprio un canone di 20.000 euro). È dunque palesemente violato il principio di separazione tra offerta tecnica e offerta economica, che rappresenta un portato dei canoni dell'imparzialità e del buon andamento dell'amministrazione di cui all'art. 97 Cost. e impone di mantenere segreta quest'ultima finché la commissione non abbia terminato la valutazione degli aspetti tecnici della proposta, in modo da evitare che elementi di giudizio di carattere automatico possano influenzare l'apprezzamento di quelli discrezionali; ne discende che è precluso ai concorrenti l'inserimento di elementi economico-quantitativi all'interno della documentazione che compone l'offerta tecnica-qualitativa (in tal senso si v., tra le tante, Cons. St., sez. V, sent. n. 5645 del 2021). 18. Vero è che la giurisprudenza, richiamata anche dal resistente, è prevalentemente orientata ad apprezzare in concreto la violazione del divieto di commistione, ritenendolo inosservato non per la mera indicazione di elementi economici nell'offerta tecnica, ma solo quando da questa sia possibile desumere, per il numero e la concludenza degli elementi in essa racchiusi, il contenuto di quella economica (tra le più recenti, si v. TAR Campania, Napoli, sent. n. 1042 del 2022 e TAR Lazio, Roma, sent. n. 1292 del 2022). Tuttavia, anche seguendo questa impostazione, nella specie non si può che concludere nel senso che (anche) la ricorrente avrebbe dovuto essere esclusa, perché il canone di locazione dell'impianto, chiaramente indicato nel PEF, costituiva anche l'unico elemento dell'offerta economica, che veniva così a essere disvelata già con l'offerta tecnica. 19. Né assume rilievo il fatto, su cui si appunta la difesa di My Sp., che sia stata la stessa stazione appaltante, con la comunicazione del 29.03.2022 (doc. 20 del resistente), a dare ai concorrenti l'indicazione d'inserire il PEF "quale allegato dell'OFFERTA TECNICA (in unico file, firmato digitalmente), come peraltro consentito anche dalle Linee guida: da un primo punto di vista, infatti, in questo caso l'estromissione dalla gara non ha natura sanzionatoria, ma discende da un oggettivo inquinamento dell'imparziale svolgimento della gara, senza che rilevi il fatto che esso sia o meno imputabile all'impresa; sotto alto profilo, anche Linee guida e la comunicazione del 29.03.2022 - impugnate incidentalmente dalla controinteressata - risultano a loro volta illegittime per violazione del divieto di commistione, in quanto consentono (le prime) e prescrivono (la seconda) di allegare il PEF all'offerta tecnica, nonostante in questo sia indicato il canone che costituisce l'oggetto dell'offerta economica. 20. Per tali ragioni, gli atti impugnati dal Consorzio Ob. Sp. e Sa. 4.0 devono essere annullati nella parte in cui non hanno disposto l'esclusione dalla gara della My Sp. SSD, società consortile a r.l., per violazione del divieto di commistione tra offerta tecnica e offerta economica. 21. Non vi è ragione di provvedere sulla domanda di nullità del contratto proposta da My Sp. in quanto non vi è prova che questo sia stato stipulato. 22. La soccombenza reciproca comporta la compensazione delle spese tra tutte le parti. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria Sezione Prima, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, così provvede: - accoglie il ricorso incidentale e, per l'effetto, annulla gli atti impugnati nella parte in cui non si è disposta l'esclusione dalla gara My Sp. SSD, società consortile a r.l.,; - accoglie il ricorso principale e, per l'effetto, annulla gli atti impugnati; - compensa tra tutte le parti le spese di lite. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Genova nella camera di consiglio del giorno 22 luglio 2022 con l'intervento dei magistrati: Giuseppe Caruso - Presidente Liliana Felleti - Referendario Alessandro Enrico Basilico - Referendario, Estensore

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria Sezione Prima ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 245 del 2022, proposto da -OMISSIS- -OMISSIS- S.p.A., in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dagli avvocati Ma. Lu., An. Zo., Gi. Ve., Pa. Iv. D'A., Da. Ga., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; contro Regione Liguria, in persona del Presidente della Giunta, rappresentata e difesa dagli avvocati Ma. Cr., Au. Do. Ma., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e con domicilio eletto in Genova, via (...), presso la sede dell'Avvocatura Regionale; nei confronti di Sa. Me. S.r.l., non costituita in giudizio; per l'annullamento, previa adozione di misure cautelari, - del provvedimento Prot-2022-0234885 del 24.03.2022 con il quale il RUP ha disposto l'esclusione di -OMISSIS- -OMISSIS- S.p.A. dalla procedura aperta indetta dalla Regione Liguria tramite l'utilizzo della piattaforma di intermediazione telematica denominata "SinTel", per l'affidamento della fornitura di "Sistemi di Radioprotezione" occorrenti alle AA.SS.LL., EE.OO. e I.R.C.C.S. della Regione Liguria per un periodo di 24 mesi (con opzione di proroga per ulteriori 12 mesi), in relazione al Lotto 1; - del Decreto n. 2048 del 01.04.2022, con cui il RUP ha disposto l'esclusione di -OMISSIS- -OMISSIS- S.p.A. dal Lotto 1 della Gara e contestualmente ha ammesso gli altri concorrenti alle successive fasi di gara; - del Verbale della prima seduta dell'08.02.2022; - del Verbale della seconda seduta del 24.03.2022; - di ogni ulteriore provvedimento antecedente e/o successivo, tra cui e per quanto occorrer possa, i verbali delle sedute pubbliche di gara dell'08.04.2022 e del 20.04.2022; Visti il ricorso e i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio della Regione Liguria; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 1 giugno 2022 il dott. Alessandro Enrico Basilico e viste le conclusioni delle parti, come da verbale; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO 1. La ricorrente ha impugnato il provvedimento di esclusione dalla gara indetta dalla Regione per l'affidamento della fornitura di sistemi di radioprotezione ad ASL, enti ospedalieri e IRCCS per un periodo di 24 mesi (con opzione di proroga per ulteriori 12 mesi), in relazione ai vari lotti per cui ha presentato offerta. 2. In punto di fatto, occorre rilevare che la gara è stata indetta con decreto dirigenziale n. 6245 del 15.10.2021, poi rettificato con i decreti n. 6826 dell'08.11.2021 e n. 7366 del 01.12.2021 (doc. 2, 3 e 4 della resistente), che l'appalto è stato diviso in 8 lotti (da aggiudicare con il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa, i primi 7, e con quello del minor prezzo, l'ottavo) e che, per l'individuazione del contraente, si è scelto di ricorrere alla procedura aperta, ai sensi dell'art. 60 del d.lgs. n. 50 del 2016, da espletare tramite l'utilizzo della piattaforma d'intermediazione telematica "SinTel". 3. La ricorrente ha partecipato alla gara per i lotti n. 1, 2, 3 e 8, dichiarando, tra l'altro, di essere a conoscenza della pendenza di due procedimenti penali a carico del proprio legale rappresentante (doc. 7 di parte attrice) e, in particolare: - un procedimento dinanzi alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Bari per il reato previsto dall'art. 501-bis cod. pen., rispetto al quale, in data 23.11.2021, è stato notificato l'avviso di chiusura delle indagini per i seguenti reati: artt. 501-bis, cod. pen., co. 1 e 2, 61 n. 5 e n. 9 cod. pen.; artt. 56, 81, 640 co. 2, 61 n. 5 e n. 9, artt. 81 e 356 cod. pen.; - un procedimento dinanzi alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Locri per il reato previsto dall'art. 323 cod. pen. (dando atto che lo stesso avrebbe dovuto essere trasmesso per competenza alla Procura di Reggio Calabria). 4. All'esito della seduta riservata dell'08.02.2022, il seggio di gara ha ritenuto di approfondire la dichiarazione della ricorrente sulle cause di esclusione (si v. il verbale, doc. 6 della resistente). 5. Con nota del 16.02.2022, prot. 136620, la Regione ha chiesto alla ricorrente "ulteriori informazioni con particolare riguardo ad eventuali provvedimenti di sequestro, rinvio a giudizio e/o misure cautelari, al fin di valutare l'eventuale rilevanza ai sensi dell'art. 80 comma 5 lett. c) D.Lgs. n. 50/2016" (doc. 7 della resistente). 6. Con nota del 24.02.2022 (doc. 9 di parte attrice), la ricorrente ha riscontrato le richieste della stazione appaltante, precisando che: - il procedimento pendente dinanzi alla Procura di Locri era ancora in fase di indagini preliminari; - nel procedimento pendente dinanzi alla Procura di Bari, il 01.04.2020 era stato eseguito un provvedimento di perquisizione e sequestro di documenti presso la sede della società e il 23.11.2021 era stato notificato l'avviso di conclusione delle indagini (tanto il verbale di perquisizione, quanto l'avviso ai sensi dell'art. 415-bis cod. proc. pen. venivano allegati alla comunicazione). 7. Nella seduta riservata del 24.03.2022, il seggio di gara ha deliberato l'esclusione della ricorrente, ritenendo sussistente la causa di esclusione di cui all'art. 80, co. 5, lett. c), del d.lgs. n. 50 del 2016 (si v. il verbale, doc. 9 della resistente). 8. La decisione è stata comunicata alla ricorrente con nota del 24.03.2022, prot. 234885 (doc. 1 di parte attrice). 9. Con decreto dirigenziale n. 2048 del 01.04.2022 è stata disposta l'esclusione della ricorrente dalla gara, con riferimento a tutti i lotti per i quali aveva presentato domanda di partecipazione, nonché l'ammissione delle altre concorrenti alle successive fasi della procedura (doc. 2 di parte attrice). Il provvedimento è stato comunicato alle concorrenti con nota del 04.04.2022, prot. 258859 (doc. 10 della resistente). 10. La società ha quindi impugnato l'esclusione dinanzi a questo TAR, chiedendo anche la concessione di misure cautelari. 11. Si è costituita in giudizio la Regione, resistendo all'impugnativa. 12. Alla camera di consiglio del 06.05.2022, previa rinuncia della ricorrente alla domanda cautelare, è stata fissata l'udienza pubblica del 01.06.2022 per la trattazione del merito, con rinuncia delle parti ai termini processuali previsti dal codice e fissazione di un termine di 7 giorni precedenti all'udienza per il deposito di memorie e di un termine di 3 giorni precedenti all'udienza per il deposito di repliche. 13. Nel corso del giudizio, le parti hanno depositato ulteriori scritti difensivi, approfondendo le rispettive tesi. 14. All'udienza pubblica del 01.06.2022, la causa è stata trattenuta in decisione. DIRITTO 15. Il ricorso si fonda su tre motivi. 16. Con il primo, si deduce: violazione art. 80, commi 1, 3 e 5, lett. c), del d.lgs. n. 50 del 2016 e dell'art. 57, par. 1 e par. 4, lett. c), della direttiva 2014/24/UE - violazione della normativa di gara - violazione degli artt. 16, 47 e 48 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea - violazione dell'art. 6 CEDU - violazione artt. 49 e 56 TFUE - violazione del principio di presunzione di innocenza e del principio di proporzionalità - violazione linee guida ANAC n. 6/2016. Secondo la ricorrente, l'Amministrazione non avrebbe potuto disporre l'esclusione solamente in ragione della pendenza di indagini penali, essendo necessario, alla luce della normativa richiamata, quantomeno una sentenza di condanna, ancorché non definitiva. 17. Con secondo motivo, dedotto in via subordinata, si denuncia: illegittimità derivata dall'illegittimità costituzionale dell'art. 80, co. 5, lett. c), del d.lgs. n. 50 del 2016, per violazione degli artt. 3, 23, 41, 97 e 112 Cost.. Secondo la ricorrente, ove fosse interpretato nel senso di assegnare rilievo, ai fini dell'esclusione, alla mera pendenza di indagini penali, l'art. 80, co. 5, lett. c), del codice dei contratti pubblici risulterebbe incostituzionale per violazione dei parametri richiamati, in quanto consentirebbe una compressione ingiustificata dell'attività economica privata, con danno anche per l'interesse pubblico alla più ampia partecipazione alla gara, nonché discriminerebbe tra le imprese a seconda che, avendo ricevuto un'informazione di garanzia, siano o meno a conoscenza del procedimento penale e debbano riferirlo alla stazione appaltante. 18. Con il terzo motivo, dedotto in via ulteriormente subordinata, si denuncia: violazione: dell'art. 80, co. 5, lett. c), del d.lgs. n. 50 del 2016 e dell'art. 57, par. 4, della direttiva n. 2014/24/UE; difetto di motivazione, eccesso di potere per difetto di istruttoria ed erronea presupposizione in fatto e diritto, violazione del diritto al contraddittorio; violazione degli artt. 3, 41 e 97 Cost.. In particolare, la ricorrente lamenta che l'Amministrazione non abbia compiuto la valutazione discrezionale prevista dall'art. 80, co. 5, lett. c), del d.lgs. n. 50 del 2016, da svolgersi in contraddittorio con l'interessato, né abbia congruamente motivato l'esclusione. 19. Il ricorso è fondato, nei termini seguenti. 20. Nel delineare i motivi di esclusione dalle gare d'appalto - e, a contrario, i requisiti "soggettivi" o "morali" necessari per parteciparvi - l'art. 80 del codice dei contratti pubblici elenca una serie di fattispecie il cui riscontro comporta automaticamente l'estromissione dell'impresa e altre in cui viene riconosciuto all'Amministrazione un margine di valutazione discrezionale. Tra queste ultime, rientra quella disciplinata dall'art. 80, co. 5, lett. c), secondo cui la stazione appaltante procede all'esclusione quando "dimostri con mezzi adeguati che l'operatore economico si è reso colpevole di gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità ". Come emerge chiaramente dal tenore della disposizione, si tratta di una clausola "residuale", a cui può essere ricondotta ogni condotta, collegata all'esercizio dell'attività professionale, contraria a un dovere posto da una norma giuridica di natura civile, penale o amministrativa, tale da rendere dubbia l'integrità o l'affidabilità del concorrente, secondo una valutazione in concreto che l'Amministrazione è chiamata a svolgere con ampio margine di apprezzamento, ma anche con particolari oneri probatori e motivazionali (in questi termini, tra le tante, si v. anche Cons. St., sez. III, sent. n. 1603 del 2020 e TAR Lazio, Roma, sez. II, sent. n. 13237 del 2020). 21. Con particolare riferimento al rapporto tra procedimento penale e attività valutativa della stazione appaltante, il Collegio ritiene di aderire al consolidato orientamento secondo cui "l'amministrazione deve ovviamente considerare i fatti emergenti dall'indagine penale, le conseguenze dell'indagine e le regole che previamente si è data, attraverso la legge di gara, per vagliare il disvalore specifico delle condotte rispetto all'instaurando rapporto contrattuale" (Cons. St., sez. III, sentt. n. 164 e 198 del 2022). Se dunque la "mera pendenza" dell'indagine non può di per sé sola giustificare l'esclusione dalla gara, non è illegittimo che l'Amministrazione muova dagli atti dell'indagine e dai provvedimenti emessi dall'autorità giudiziaria penale per trarne elementi idonei a dimostrare l'inaffidabilità dell'operatore economico, dando conto del loro rilievo nella motivazione del provvedimento. Da questo punto di vista, in linea generale si può ritenere che, pur in assenza di alcun automatismo, dal procedimento penale siano ricavabili elementi probatori tanto più significativi, quanto più esso è progredito (in tal senso, si v. TAR Lazio, Roma, sez. II, sent. n. 8821, che precisa: "la mera pendenza del procedimento, ad esempio, nulla permetterà di dire per relationem, mentre il contrario va postulato in caso di ordinanze cautelari, di rinvio a giudizio, e, soprattutto, di condanne non definitive"). 22. Il primo motivo è dunque infondato, perché la norma da un lato non assegna rilievo alla "mera pendenza" delle indagini, dall'altro non esige che sia stata pronunciata una sentenza di condanna in via definitiva. 23. Interpretato nel senso sopra esposto, e condiviso dalla giurisprudenza maggioritaria, l'art. 80, co. 5, lett. c), del codice dei contratti pubblici non si pone in contrasto con i parametri costituzionali ed eurounitari invocati dalla parte attrice: la norma persegue infatti legittimamente una finalità "cautelare", che è quella di evitare che contrattino con l'Amministrazione soggetti di "provata inaffidabilità ", a tutela del buon andamento di cui all'art. 97 Cost., e a tal fine assegna alla stazione appaltante il compito di verificare in concreto i "requisiti morali" dei concorrenti ricorrendo a ogni mezzo, purché "adeguato" (sul potere delle Amministrazioni aggiudicatrici di accertare "con qualsiasi mezzo di prova" se una ditta abbia commesso un errore grave nell'esercizio della propria attività professionale si v. Corte giust., ord. 04.06.2019, C-425/18, CNS c. Gruppo Torinese Trasporti). Per questa ragione, del resto, nella sentenza del Consiglio di Stato n. 198 del 2022, citata nel provvedimento impugnato, il Supremo Consesso aveva affermato l'obbligo - nella specie assolto dalla ricorrente - di segnalare alla stazione appaltante la pendenza di procedimenti penali per fatti idonei a dimostrare la carenza di affidabilità dell'aggiudicatario, reputando giustificata l'esclusione a causa della reticenza sul punto della ditta. Anche il secondo motivo di ricorso è dunque infondato, perché in astratto l'affidamento alla stazione appaltante del compito di verificare l'affidabilità dei concorrenti, dando conto in motivazione degli elementi - anzi, dei "gravi" elementi - che conducano a una valutazione negativa in tal senso, non contrasta di per sé con la Costituzione o con il diritto dell'Unione europea. 24. Nella specie, risulta quindi dirimente valutare se la Regione abbia effettivamente svolto quell'apprezzamento in concreto richiesto dalla norma e se il provvedimento soddisfi gli oneri motivazionali da essa discendenti. 25. Considerato il contenuto degli atti impugnati, la risposta non può che essere negativa, con conseguente fondatezza del terzo motivo di ricorso. Nella nota di notificazione dell'esclusione (doc. 1 di parte attrice), si fa riferimento al reato che è stato "contestato" al legale rappresentante della ricorrente e, pur dando atto del fatto che "le indagini preliminari sono concluse e, ad oggi, non si ha notizia di archiviazione, né di rinvio a giudizio", si afferma comunque che "la presenza di indagini o di procedimenti penali per fatti che riguardano l'esecuzione di attività analoghe a quelle oggetto di affidamento è sufficiente a far sorgere il dubbio circa l'integrità professionale". Ancora, la stazione appaltante ha osservato che "la fattispecie di ipotesi di reato è relativa a dispositivi di protezione, similarmente all'oggetto della presente procedura". Le stesse circostanze sono state valorizzate nel verbale della commissione del 24.03.2022, in cui è contenuto anche un riferimento alla "gravità dei fatti contestati dalla Procura della Repubblica" (doc. 9 della resistente), mentre la motivazione del provvedimento non può essere utilmente integrata, nemmeno "per relationem", dalla nota del 16.02.2022, che si limita a ipotizzare "l'eventuale rilevanza" delle procedure penali pendenti, rispetto alle quali si chiedeva un aggiornamento (doc. 7 della resistente). Negli atti della stazione appaltante, dunque, l'accento è sempre messo sulla "contestazione", sulla "presenza di indagini" ovvero sulla "ipotesi di reato", lasciando così chiaramente intendere che la ragione posta alla base dell'estromissione sia la mera pendenza del procedimento penale e, al più, l'analogia tra l'oggetto della procedura di gara e il contesto cui le indagini si riferivano (forniture di dispositivi medici), comunque sempre valutato in astratto, ossia quale "ipotizzato" nella "contestazione", e non con riferimento al comportamento concreto tenuto dal rappresentante dell'impresa. È quindi mancata quella valutazione autonoma dei fatti che l'art. 80 del codice dei contratti pubblici, nell'interpretazione sopra esposta, esige che venga svolta, pur prendendo spunto, eventualmente, anche dagli atti dell'indagine, ed esponendo in motivazione quali siano gli elementi che conducano a ritenere, in primo luogo, che l'operatore economico si sia effettivamente reso colpevole di "gravi illeciti professionali" e, in secondo luogo, come e perché questi siano "tali da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità ". Merita di essere ribadito, poi, che tale valutazione deve essere tanto più approfondita, quanto più il procedimento sia ancora nelle sue fasi iniziali e non vi siano atti dell'autorità giudiziaria penale che presuppongano una delibazione, sia pur provvisoria, sulla responsabilità dell'indagato, ai quali l'Amministrazione possa richiamarsi, facendone propri gli apprezzamenti (nella specie, vi erano solo l'avviso di conclusione delle indagini, cui non ha ancora fatto seguito l'esercizio dell'azione penale, e il verbale di perquisizione e sequestro, che di per sé è un atto istruttorio). A tal proposito, non è sufficiente il richiamo finale alle "risultanze delle indagini penali", le quali assumerebbero rilievo "come fattore sintomatico dell'inaffidabilità dell'operatore economico", perché è assolutamente generico, non venendo specificati quali elementi conducano a una simile conclusione, né da quali atti emergano. 26. Il ricorso è dunque meritevole di accoglimento, con annullamento degli atti impugnati. 27. La peculiarità della controversia giustifica la compensazione delle spese di lite tra le parti. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria Sezione Prima, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l'effetto, annulla gli atti impugnati; compensa tra le parti le spese di lite. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dell'articolo 10 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare la società ricorrente e il suo legale rappresentante. Così deciso in Genova nella camera di consiglio del giorno 1 giugno 2022 con l'intervento dei magistrati: Giuseppe Caruso - Presidente Angelo Vitali - Consigliere Alessandro Enrico Basilico - Referendario, Estensore

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria Sezione Prima ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 74 del 2022, proposto da Am. S.r.l., in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dagli avvocati Si. Sc. ed Em. Be., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio di quest'ultimo in Genova, via (...); contro Comune di (omissis), in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dagli avvocati Pi. Pi. e Ch. Ga., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il loro in Genova, via (...); nei confronti Agenzia del Demanio, non costituita in giudizio; per l'annullamento del provvedimento del Dirigente del Settore Tecnico - Ufficio Commercio - Sportello Unico Attività Produttive - Demanio Marittimo del Comune di (omissis) dell'01.12.2021, prot. n. 32507, avente a oggetto: "Comune di (omissis)/Società Am. S.r.l. - Autorizzazione/licenza demaniale marittima prot. n. 2636 del 4 febbraio 2016 per il posizionamento e per il mantenimento di una struttura precaria di facile rimozione nella spiaggia dello stabilimento balneare "Am." - Scadenza - Ingiunzione di sgombero e rimessione in pristino ex art. 54 del Codice della navigazione"; - di ogni atto presupposto, consequenziale e/o connesso, ivi compresa la nota comunale di comunicazione di avvio del procedimento del 15.07.2021, prot. n. 18956. Visti il ricorso e i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di (omissis); Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 6 maggio 2022 il dott. Alessandro Enrico Basilico e viste le conclusioni delle parti come da verbale; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO 1. La ricorrente, conduttrice di un locale a destinazione commerciale di proprietà del Comune di (omissis), impugna il provvedimento con cui l'Ente le ha intimato la rimozione di una struttura precaria di cui era stata autorizzata l'installazione nelle more della ristrutturazione del locale oggetto del contratto di locazione. 2. In punto di fatto, occorre rilevare che, con atto rep. 2223 del 04.08.2008, è stata concessa alla ricorrente un'area demaniale marittima della superficie di 2.722 mq, con fronte mare di 35 mt., per il mantenimento di una spiaggia libera attrezzata di 2.162 mq. e retrostante stabilimento balneare di 560 mq. (doc. 4 del resistente); in forza dell'autorizzazione prot. 23567 rilasciata il 16.10.2012, la spiaggia libera attrezzata è stata poi trasformata in stabilimento balneare e, con concessione n. 29/2015, la durata dell'occupazione è stata prorogata sino al 31.12.2020. 3. Sotto altro, ma connesso, profilo, in esecuzione dell'atto transattivo del 19.12.2008, rep. 2264 (doc. 3 di parte attrice), con cui la ricorrente (all'epoca denominata Casinò srl) e l'Amministrazione comunale hanno risolto una precedente vertenza che li opponeva, sono stati stipulati: - l'accordo di concessione del 19.12.2008, rep. 2265 (doc. 4 di parte attrice), con cui l'Ente ha conferito al privato l'uso di un'area di 259 mq, identificata al catasto dal mapp. (omissis) (parte, su lato est) del fg. (omissis) e destinata a deposito, situata al piano terra dell'immobile di proprietà comunale denominato (omissis); - il contratto di locazione del 19.12.2008, rep. 2266 (doc. 5 di parte attrice), avente a oggetto i locali a uso commerciale siti all'interno dell'immobile denominato (omissis), identificato al catasto dal mapp. (omissis) (parte, su lato ovest) del fg. (omissis), per una superficie di 441,70 mq, divisa tra piano terra (in cui si trovavano i locali bar-ristorante per 184,07 mq e cucina e servizi per 76,41 mq) e piano ammezzato (in cui si trovavano magazzini e servizi per 181,22 mq). Mentre il primo locale veniva adibito al posizionamento delle cabine balneari, nella (omissis) veniva aperto un ristorante, previo affitto del relativo ramo d'azienda (doc. 6 di parte attrice). 4. In seguito, il Comune ha deliberato la realizzazione di un intervento di riqualificazione della (omissis). 5. Per tale ragione, con provvedimento del 04.02.2016, prot. 2636 (doc. 7 di parte attrice), l'Ente ha autorizzato la ricorrente a posizionare, sull'area oggetto della concessione n. 29/2015 (rilasciata per il mantenimento di una spiaggia libera attrezzata, poi trasformata in stabilimento balneare), una struttura precaria di facile rimozione finalizzata al proseguimento dell'attività di ristorazione, "a partire dall'inizio dei lavori di messa in sicurezza e/o dall'indisponibilità " e "fino alla fine dei lavori e/o alla disponibilità " dei locali sottostanti la (omissis), precisando altresì che "resta inteso che tale autorizzazione si può protrarre, fermo restando la clausola del fine lavori e/o disponibilità dei locali, fino alla fine amministrativa della Concessione Demaniale Marittima n. 29/2020 [rectius, n. 29/2015], comunque non oltre il 31.10.2019" (termine poi differito al 31.03.2020 con provvedimento prot. 26416 del 30.10.2019). 6. Il 20.01.2020 è stato redatto l'atto unico di collaudo tecnico-amministrativo (doc. 9 del resistente). 7. Con successivo provvedimento del 30.03.2020 (prot. 8258), il Comune ha preso atto della proroga dell'autorizzazione in questione ai sensi dell'art. 103, co. 2, del d.l. n. 18 del 2020, rinviando a un successivo provvedimento la fissazione di un nuovo termine di validità dell'autorizzazione demaniale marittima prot. 2636 del 04.02.2016 (doc. 7 del resistente). 8. In seguito, con nota del 16.12.2020 (prot. 31864), il Comune ha informato la società dell'ultimazione dei lavori e l'ha invitata a prendere in consegna i locali sottostanti la (omissis), trasferendovi l'attività di ristorazione dal manufatto precario e avvisando che quest'ultimo avrebbe dovuto essere rimosso entro trenta giorni (doc. 9 di parte attrice). 9. A seguito di un accesso all'immobile, con nota del 22.12.2020 (doc. 10 di parte attrice), la ricorrente ha rifiutato di prendere in consegna i locali in quanto "non terminati e non verificati", segnalando una serie di problematiche. 10. Con nota del 27.01.2021, l'Amministrazione ha comunicato alla società che entro sessanta giorni dalla conclusione dei lavori di rifinitura interna avrebbe dovuto presentare la SCIA per la rimozione della struttura di somministrazione precaria. 11. Il 29.03.2021, la società ha presentato ricorso al Tribunale ordinario d'Imperia per accertamento tecnico preventivo finalizzato, tra l'altro, a verificare lo stato dei luoghi e ad appurare se l'immobile sia stato realizzato in conformità al progetto, se sia stata abbassata la quota di calpestio, se vi siano vizi o difetti di costruzione tali da inibire o aggravare l'uso dei locali (doc. 15 del resistente). 12. Il Comune ha comunque rinnovato l'invito a prendere in consegna i locali con nota del 30.03.2021, prot. 8729 (doc. 12 di parte attrice), nella quale si è dato atto del completamento dei lavori di rifinitura e si è fissata la data per il passaggio della detenzione dell'immobile per il giorno 02.04.2021. 13. Il 02.04.2021, la società ha confermato il proprio rifiuto di prendere in consegna l'immobile, dichiarando di non considerare i lavori finiti né i locali idonei all'uso (si v. il relativo verbale, doc. 14 del resistente). 14. Con nota del 15.07.2021, prot. 18956 (doc. 2 del resistente), il Comune ha comunicato l'avvio del procedimento per l'adozione di un'ingiunzione ai sensi dell'art. 54 cod. nav. rivolta alla rimozione della struttura precaria e alla rimessione in pristino dell'area demaniale marittima concessa con provvedimento rep. 2223 del 04.08.2008. 15. Con nota del 31.08.2021, la ricorrente ha chiesto l'archiviazione del procedimento, richiamando il d.l. n. 150 del 2021 e l'art. 103 del d.l. n. 18 del 2020, per effetto dei quali l'autorizzazione avrebbe dovuto ritenersi prorogata sino al 31.03.2022. 16. Al contrario, con provvedimento prot. 32507 dell'01.12.2021, il Comune ha ingiunto alla ricorrente lo sgombero e la rimozione della struttura precaria assentita con la licenza prot. 2636 del 04.02.2016, ordinando la conseguente rimessione in pristino dell'area demaniale marittima concessa con provvedimento rep. 2223 del 04.08.2008, anche al fine di salvaguardare le visuali da e verso i luoghi di particolare pregio ambientale interessati dall'intervento di riqualificazione della (omissis). 17. La società ha impugnato il provvedimento dinanzi a questo TAR, chiedendo altresì la concessione di misure cautelari. 18. Si è costituito in giudizio il Comune, resistendo all'impugnativa. 19. Non si è costituita in giudizio l'Agenzia del demanio, nonostante il ricorso le sia stato correttamente notificato. 20. Con ordinanza n. 39 del 2022, è stata fissata l'udienza per la trattazione della causa nel merito. 21. Nel prosieguo del giudizio, le parti hanno depositato documenti e scritti difensivi, approfondendo le rispettive tesi. 22. All'udienza pubblica del 06.05.2022, la causa è stata trattenuta in decisione. DIRITTO 23. Ai fini di un corretto inquadramento e della soluzione delle questioni sollevate con i motivi di ricorso, pare opportuno muovere dall'interpretazione dell'autorizzazione del 04.02.2016, prot. 2636, a posizionare la struttura precaria di cui si discute (doc. 7 di parte attrice). Al tal proposito, non è superfluo ricordare che il provvedimento ampliativo è stato emanato dal Comune, quale gestore del bene demaniale, al fine di risolvere le problematiche derivanti dal fatto che lo stesso Ente, nella diversa veste "privatistica" di locatore della (omissis), si era trovato a dover svolgere dei lavori di ristrutturazione dell'immobile, interrompendo l'attività di somministrazione di alimenti e bevande della ricorrente (di questo dà atto la stessa autorizzazione, che afferma come la struttura precaria sia destinata "a sopperire all'indisponibilità dei locali di proprietà comunale, volta al ricondizionamento e messa in sicurezza degli stessi"). E' bene chiarire che non è ricompreso nell'oggetto del presente giudizio l'accertamento della legittimità di siffatta "commistione", posta in essere dal Comune tra le sue attività quale soggetto comune e quale titolare di potestà pubbliche. A prescindere da ogni considerazione a tal riguardo, è in ragione della natura invero "straordinaria" dell'autorizzazione che s'impone un'interpretazione stringente del suo contenuto. 24. Per quanto rileva nel presente giudizio, il provvedimento pone un termine e una condizione risolutiva, i quali concorrono in via alternativa nel determinare la durata dell'abilitazione al mantenimento della struttura precaria. Il termine - che in realtà sono due termini articolati in via alternativa - è individuato nella "fine amministrativa della Concessione Demaniale Marittima n. 29/2020", a cui accedeva l'autorizzazione, e "comunque non oltre il 31.10.2019" (che si tratti di vero e proprio termine, lo si deduce dal fatto che la sua sopravvenienza è futura, ma certa). La condizione risolutiva - che in realtà sono due condizioni, articolate in via alternativa - è stabilita nel senso che la struttura potrà essere mantenuta "fino alla fine dei lavori e/o alla disponibilità dei locali sottostanti la "(omissis)"" (che si tratti di condizione, lo si evince dal fatto che, almeno in teoria, gli eventi ivi dedotti potrebbero non verificarsi). Per effetto di queste prescrizioni, dunque, l'abilitazione a mantenere la struttura era destinata a venire meno in una delle quattro seguenti eventualità alternative: - scadenza della concessione demaniale marittima n. 29/2020; - scadenza del termine del 31.10.2019 (poi ulteriormente prorogato); - ritorno della ricorrente nella disponibilità dei locali a uso commerciale della (omissis); - fine dei lavori di ristrutturazione dei locali della (omissis). 25. Con riferimento a quest'ultima ipotesi, è bene precisare che per "fine lavori" si deve intendere la data di ultimazione delle opere ai sensi del DPR n. 380 del 2001, ossia quella dichiarata al Comune dal soggetto interessato all'intervento e già di per sé rilevante a vari fini (per esempio, in relazione al termine finale di efficacia del titolo abilitativo). Questa lettura del provvedimento s'impone in ragione sia del dato letterale, sia in considerazione dello stretto collegamento tra l'assenso al mantenimento della struttura precaria e i lavori di ristrutturazione dell'immobile la cui utilità questa avrebbe dovuto sostituire, i quali, da un punto di vista amministrativo, hanno un "inizio" e una "fine" da identificare, appunto, mediante applicazione del Testo unico dell'edilizia. Sotto altro profilo, la natura straordinaria dell'autorizzazione rilasciata induce ad ancorare il termine finale della sua efficacia a un evento determinabile in maniera univoca in quanto, diversamente (ossia identificando la "fine lavori" con una determinata configurazione dell'immobile), la sua durata potrebbe protrarsi per un periodo indefinito, così sottraendo il bene demaniale alla sua funzione pubblica oltre il necessario. Alla luce di questa premessa, è possibile esaminare i singoli motivi di ricorso. 26. Con la prima censura, si deduce: violazione e/o falsa applicazione dell'art. 103 del d.l. n. 18 del 2020 (conv. in l. n. 27 del 2020), degli artt. 1 e 3 della legge n. 241 del 1990, dell'art. 97 Cost.; eccesso di potere per difetto d'istruttoria e di motivazione, ingiustizia grave e manifesta, travisamento dei fatti, contraddittorietà, illogicità, perplessità, disparità di trattamento. Secondo la ricorrente, l'autorizzazione al mantenimento della struttura precaria dovrebbe ritenersi prorogata di diritto sino al novantesimo giorno successivo alla dichiarazione dello stato di emergenza per la pandemia da Covid-19 in forza dell'art. 103 del d.l. n. 18 del 2020, norma che sarebbe stata ritenuta applicabile al caso di specie anche dall'Amministrazione con il provvedimento prot. 8258 del 30.03.2020. 27. Il motivo è infondato. L'art. 103 del d.l. n. 18 del 2020 ha disposto la proroga dei "termini" dei titoli abilitativi così da evitare che, a causa della pandemia e delle sue ripercussioni sull'ordinato e sollecito svolgimento tanto dell'attività amministrativa quanto di quella d'impresa, il privato li perdesse per effetto del mero decorso del tempo (in questo senso si v. le sentt. n. 739 del 2021 e n. 411 del 2022 di questo TAR). Nel caso di specie, tuttavia, il provvedimento impugnato non ha ingiunto la rimozione del manufatto in ragione della scadenza del termine dell'autorizzazione, bensì a causa del completamento dei lavori di ristrutturazione dei locali nella (omissis): non viene dunque in rilievo un "termine", che sarebbe stato prorogato dall'art. 103, ma una "condizione", alla quale la norma non è applicabile, perché questa non determina il venir meno del titolo per effetto del mero decorso del tempo, ma per il verificarsi di un evento futuro e incerto. Non conduce a conclusioni differenti il provvedimento del 30.03.2020 (prot. 8258), con cui il Comune ha ritenuto di applicare l'art. 103 all'autorizzazione in questione (doc. 7 del resistente): all'epoca, infatti, i lavori non erano stati completati, pertanto non veniva in rilievo la condizione risolutiva prevista dall'autorizzazione, mentre vi era necessità di dare atto del fatto della proroga del termine di efficacia del titolo abilitativo, che in mancanza dell'art. 103 sarebbe scaduto. 28. Il secondo e il terzo motivo di ricorso possono essere esaminati congiuntamente, in quanto trattano questioni connesse. In particolare, con la seconda censura, si deduce: violazione degli artt. 54 e 1161 cod. nav., dell'art. 103 del d.l. n. 18 del 2020 (conv. in l. n. 27 del 2020), dell'art. 3 della legge n. 241 del 1990; eccesso di potere per carenza dei presupposti, difetto d'istruttoria e di motivazione, illogicità, sviamento. Secondo la ricorrente, l'ordinanza di sgombero non potrebbe fondarsi sugli artt. 54 e 1161 cod. nav. in quanto l'occupazione del demanio pubblico mediante la struttura precaria non potrebbe dirsi "abusiva" - sia perché posta su un'area già data in concessione alla società, sia perché era stata autorizzata nel 2016 - sarebbe giustificata unicamente dalla volontà del Comune di penalizzare la società per non aver preso in consegna i locali della (omissis). Con il terzo motivo, si deduce: violazione dell'art. 103 del d.l. n. 18 del 2020 (conv. in l. n. 27 del 2020), degli artt. 54 e 1161 cod. nav., degli artt. 1 e 3 della legge n. 241 del 1990, dell'art. 97 Cost.; eccesso di potere per difetto d'istruttoria e di motivazione, ingiustizia grave e manifesta, travisamento dei fatti, contraddittorietà, illogicità, perplessità, disparità di trattamento. Secondo la ricorrente, non si sarebbe verificata la condizione risolutiva cui erano subordinati gli effetti dell'autorizzazione al mantenimento della struttura precaria, in quanto i locali della (omissis), in cui dovrebbe essere trasferito il ristorante, non potrebbero dirsi ultimati, come sarebbe dimostrato dalle carenze riscontrate nel corso del sopralluogo del 12.01.2022, svolto nell'ambito del procedimento per ATP, nonché dagli atti con cui il Comune ha dato avvio a interventi aggiuntivi di completamento della (omissis) (tra gli altri, la determinazione n. 399 del 13.05.2021, la determinazione n. 439 del 24.05.2021, la determinazione n. 454 del 28.05.2021, la deliberazione n. 15 del 03.02.2022, la determinazione n. 212 del 07.03.2022). 29. Il motivo è infondato. Come argomentato in premessa, per "fine lavori" deve intendersi la ultimazione delle opere ai sensi e per gli effetti del Testo unico dell'edilizia: nella specie, dunque, i lavori risultano essersi conclusi il 26.03.2021, come da verbale sottoscritto dall'impresa esecutrice, dal direttore dei lavori e dal responsabile del procedimento (doc. 8 del Comune) e, di conseguenza, è venuta meno l'abilitazione della ricorrente al mantenimento della struttura precaria e a questa, divenuta "senza titolo", è pienamente applicabile l'art. 54 cod. nav.. Per completezza, si precisa che l'eventuale inidoneità dei locali commerciali nella (omissis) - denunciata dalla parte attrice - non incide sul venir meno dell'autorizzazione al mantenimento della struttura precaria, la cui efficacia era destinata a cessare (non solo "alla disponibilità " di tali locali, ma anche) "alla fine dei lavori", da intendersi nel senso sopra specificato; da questo punto di vista, eventuali contestazioni non possono che dar luogo a una controversia di natura civilistica - tra la società conduttrice e il Comune quale locatore in regime di diritto privato, in posizione paritetica tra di essi - che esula dalla giurisdizione di questo TAR. 30. Con il quarto motivo, si deduce: violazione degli artt. 54 e 1161 cod. nav., dell'art. 103 del d.l. n. 18 del 2020 (conv. in l. n. 27 del 2020), degli artt. 1, 3 e 10 della legge n. 241 del 1990, dell'art. 97 Cost.; eccesso di potere per difetto d'istruttoria e di motivazione, ingiustizia grave e manifesta, travisamento dei fatti, contraddittorietà, illogicità, perplessità, disparità di trattamento. Secondo la ricorrente, la necessità, menzionata nel provvedimento, di salvaguardare le visuali da e verso i luoghi di particolare pregio ambientale interessati dall'intervento di riqualificazione della (omissis) non sarebbe stata prefigurata nella comunicazione di avvio del procedimento, così minando dall'origine il contraddittorio tra privato e Amministrazione; inoltre, il Comune non terrebbe conto del fatto che la struttura precaria è stata autorizzata anche sotto il profilo paesaggistico con decreto regionale n. 3825 del 03.12.2015. 31. Il motivo è infondato. Dal punto di vista procedurale, l'ordinanza di sgombero di un bene demaniale, a seguito del venir meno del titolo per occuparlo, costituisce un atto dovuto, con la conseguenza che l'omessa comunicazione di avvio del procedimento non vizia il provvedimento finale, dato che l'esito non avrebbe potuto essere diverso (in questi termini si v., tra le tante, TAR Lazio, Roma, sez. II, sent. n. 1426 del 2021 e TAR Puglia, Bari, sent. n. 1475 del 2018); inoltre, nell'atto censurato il richiamo all'interesse paesaggistico è meramente rafforzativo del motivo principale, consistente nel venir meno dell'efficacia dell'autorizzazione a mantenere la struttura precaria. Dal punto di vista sostanziale, poi, se è vero che il manufatto era stato assentito sotto il profilo paesaggistico, ciò era avvenuto in ragione del fatto che esso "per il suo carattere temporaneo non incide in modo permanente sull'immagine complessiva del territorio" (doc. 8 di parte attrice), pertanto soltanto mediante la sua rimozione sarebbe possibile eliminare completamente quella "incisione" del paesaggio che era risultata tollerabile in quanto momentanea. 32. Con il quinto motivo, si deduce: violazione degli artt. 54 e 1161 cod. nav., dell'art. 103 del d.l. n. 18 del 2020 (conv. in l. n. 27 del 2020), degli artt. 1 e 3 della legge n. 241 del 1990, dell'art. 97 Cost.; eccesso di potere per difetto d'istruttoria e di motivazione, ingiustizia grave e manifesta, travisamento dei fatti, contraddittorietà, illogicità, perplessità, disparità di trattamento. In particolare, la ricorrente contesta che il Comune abbia intimato lo sgombero senza attendere la conclusione dell'accertamento tecnico preventivo. 33. Il motivo è infondato, perché tale procedura è volta a verificare l'idoneità all'uso commerciale dei locali oggetto del contratto di locazione tra la società e il Comune e questa, come si è già argomentato, rappresenta una questione privatistica inerente i rapporti tra locatore e conduttore che non incide sull'efficacia del provvedimento amministrativo di autorizzazione al mantenimento del manufatto precario, subordinato (non solo "alla disponibilità " di tali locali, ma anche) "alla fine dei lavori". 34. Con il sesto motivo, si deduce: violazione degli artt. 1, 3 e 10 della legge n. 241 del 1990, dell'art. 97 Cost.; violazione del principio di proporzionalità ; eccesso di potere per carenza dei presupposti, difetto d'istruttoria e di motivazione, ingiustizia grave e manifesta. In particolare, si contesta l'eccessiva brevità del termine di 90 giorni per la rimozione della struttura precaria e per il trasferimento dell'attività di ristorazione. 35. Il motivo è infondato. La fissazione di un termine per l'esecuzione del provvedimento rientra nella discrezionalità dell'Amministrazione e non si espone a censure, laddove non risulti irragionevole o arbitrario; tale non può ritenersi un termine di 90 giorni per la rimozione di un manufatto che, essendo "precario", non richiede opere di vera e propria demolizione. 36. Il ricorso è dunque complessivamente meritevole di rigetto. 37. La particolarità della controversia, nella quale veniva in rilievo anche una normativa di recente adozione quale il d.l. n. 18 del 2020, giustifica la compensazione delle spese di lite tra le parti. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria Sezione Prima, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge; compensa tra le parti le spese di lite. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Genova nella camera di consiglio del giorno 6 maggio 2022 con l'intervento dei magistrati: Giuseppe Caruso - Presidente Angelo Vitali - Consigliere Alessandro Enrico Basilico - Referendario, Estensore

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria Sezione Prima ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 713 del 2018, proposto da An. Ot., rappresentato e difeso dagli avvocati Gi. Ma. La., Fe. Bi. Di La. Pa., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio di quest'ultima in Genova, via (...); contro Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti-MIT, in persona del Ministro in carica, per legge con il patrocinio dell'Avvocatura dello Stato e con domicilio nei suoi uffici in Genova, viale (...); Au. per l'It. S.p.A., rappresentata e difesa dagli avvocati Er. St., Da. Vi., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell'avvocato Lu. Co. in Genova, via (...); Regione Liguria e Comune di Genova, non costituiti in giudizio; per l'annullamento - del Decreto n. 15802 del 07.09.2017, del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, Dipartimento per le Infrastrutture, i Sistemi Informativi e Statistici, Direzione Generale per la vigilanza sulle Concessionarie autostradali, con il quale è stato approvato il progetto definitivo di "Adeguamento del sistema A7-A10-A12 del nodo stradale e autostradale di Genova" ed è stata dichiarata la pubblica utilità dell'opera; - del Decreto di occupazione di urgenza n. 15506 del 17.07.2018, emesso da Au. per l'It. S.p.A. recante oggetto "Autostrada: A7-A10-A12 - ADEGUAMENTO SISTEMA A7-A10-A12 NODO STRADALE E AUTOSTRADALE GENOVA - GENOVA SEZ 2 LOTTO 1 - Espropriazioni per Pubblica Utilità Comune di: GENOVA/SEZ 2 - Decreto Motivato di Occupazione d'Urgenza"; - della nota di Au. per l'It. S.p.A. rif. ASPI/RM/25.07.18/0015977/EU, con la quale i due decreti di cui sopra sono stati notificati al ricorrente, con invito allo stesso di rendere possibili le operazioni di immissione in possesso; - della documentazione progettuale reperita dal ricorrente presso Au. per l'It. s.p.a. in data 25.10.2018, recante titolo "planimetria di progetto, stato di fatto, tracciamento e sezioni tipo Asse C - tav 2/2"; nonché di ogni atto istruttorio, precedente e/o presupposto, conseguente e/o connesso al procedimento espropriativo, e segnatamente: - del verbale d'immissione in possesso e stato di consistenza redatto in data 04.09.2018; - in parte qua, della delibera di Conferenza di servizi del 22.01.2015 di approvazione del progetto inerente all'adeguamento del sistema A7-A10-A12 nodo stradale e autostradale di Genova, laddove riguarda la proprietà del ricorrente; - in parte qua, del provvedimento del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti - Dipartimento per le Infrastrutture, gli Affari Generali ed il Personale, n. 4236 del 27.05.2015, che ha disposto il vincolo preordinato all'esproprio per il progetto in questione; - in parte qua, dello sconosciuto progetto esecutivo approvato con provvedimento n. 13633 dell'11.12.2015 nella parte riguardante la proprietà del ricorrente Sezione 2, Lotto 1; - in parte qua, dello sconosciuto progetto definitivo denominato "Adeguamento del sistema A7-A10-A12 del nodo stradale e autostradale di Genova", trasmesso da Società Au. per l'It. s.p.a. al Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti con nota n. 9032 del 26.04.2016 e successivamente integrato da Au. per l'It. s.p.a. per adeguarlo "alle prescrizioni riportate negli atti finali delle procedure appropriative concluse positivamente (compatibilità ambientale, piano di utilizzo terre, conformità urbanistica)", nella parte riguardante la proprietà del ricorrente Sezione 2, Lotto 1; - dei sopra citati e sconosciuti "atti finali delle procedure appropriative concluse positivamente"; e per l'accertamento e la condanna delle intimate Amministrazioni al risarcimento del danno; Visti il ricorso e i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione in giudizio dell'Avvocatura dello Stato per il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e di Au. per l'It. S.p.A.; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 20 maggio 2022 il dott. Alessandro Enrico Basilico e viste le conclusioni delle parti, come da verbale; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO 1. Il ricorrente, proprietario e conduttore di terreni e fabbricati nel Comune di Genova, in località Crevari, ha impugnato il decreto del MIT di approvazione del progetto definitivo per la realizzazione della c.d. "Gronda di Ponente", ossia il nodo stradale e autostradale di Genova con adeguamento del sistema A-7, A-10 e A-12, nonché il decreto di occupazione di urgenza preordinato all'espropriazione dei terreni di sua proprietà, oltre agli altri atti presupposti e consequenziali indicati in epigrafe. In particolare, la parte attrice contesta che il tracciato della nuova strada che dovrebbe collegare le località di Borgonuovo, Campenave e Crevari, in sostituzione di quella sterrata oggi esistente, comporti la sottrazione di tutto il terreno tra la sua casa di abitazione e il confine della proprietà . 2. Si è costituita in giudizio l'Avvocatura dello Stato per il MIT, resistendo all'impugnativa. 3. Si è altresì costituita Au. per l'It. spa, chiedendo il rigetto del ricorso. 4. Non si sono costituiti il Comune di Genova e la Regione Liguria, nonostante il ricorso sia stato loro regolarmente notificato. 5. Nel corso del giudizio, le parti hanno depositato documenti e scritti difensivi, approfondendo le rispettive tesi. 6. All'udienza pubblica del 20.05.2022, la causa è stata trattenuta in decisione. DIRITTO 7. In via pregiudiziale, la difesa di ASPI eccepisce l'inammissibilità del ricorso per omessa tempestiva impugnazione del provvedimento che ha apposto il vincolo preordinato all'esproprio. 8. L'eccezione è infondata. Secondo il principio generale sancito dall'art. 100 cod. proc. civ. e applicabile al processo amministrativo in forza dell'art. 39 cod. proc. amm., per proporre una domanda è necessario avervi interesse, e questo, secondo una ricostruzione consolidata, consiste in una lesione concreta e attuale alla sfera giuridica del ricorrente e nell'effettiva utilità che potrebbe derivare a quest'ultimo dall'eventuale annullamento dell'atto impugnato (Cons. St., Ad. Plen., sentt. n. 4 del 2018 e n. 22 del 2021); di conseguenza, il termine di decadenza dalla facoltà d'impugnazione di un provvedimento inizia a decorrere solo quando sia sorto l'interesse a censurarlo, ossia quando si sia prodotta la lesione rispetto alla quale viene chiesta tutela. Nell'ambito della procedura espropriativa, apposizione del vincolo preordinato all'esproprio, dichiarazione di pubblica utilità dell'opera ed emissione del decreto di esproprio sono atti dotati di effetti diversi e che producono lesioni diverse alla sfera giuridica di coloro che ne sono destinatari o che comunque ne risultano incisi. Pertanto, al fine di verificare la tempestività del ricorso, occorre prendere le mosse dalla lesione lamentata dal ricorrente: nella specie, questi non si duole degli effetti che discendono dal vincolo preordinato all'esproprio, quanto piuttosto della perdita della disponibilità del bene quale derivante dagli atti che hanno approvato il progetto dell'opera pubblica (che contempla l'apprensione di una parte del suo terreno e prevede la realizzazione di una strada a breve distanza dalla sua abitazione) nonché dall'occupazione dell'area, così sottratta alla sua disponibilità . Si può quindi ritenere che l'interesse al ricorso sia sorto solo nel momento in cui il ricorrente ha avuto conoscenza del decreto di approvazione del progetto definitivo della c.d. "Gronda di Ponente" e del decreto di occupazione di urgenza preordinato all'espropriazione e, rispetto a questo momento, l'impugnazione è tempestiva. È dunque possibile procedere all'esame del merito. 9. Con il primo motivo, si deduce: violazione degli artt. 3 e 4 del d.m. n. 1404 del 1968 e dell'art. 26 del DPR n. 495 del 1992, anche in relazione all'art. 2 del DPR n. 327 del 2001. La parte attrice pone in luce la contraddizione esistente tra la mappa allegata al decreto di occupazione, che prevede una distanza di circa 3,5 mt. tra la strada e il prospetto di facciata dell'abitazione, e quella consegnatagli il 25.10.2018 in sede di accesso agli atti, che invece indica una distanza minima di 5,62 mt., denunciando come, in ogni caso, non sarebbe rispettata né la distanza minima tra costruzioni e confine stradale prescritta dall'art. 26, co. 2, del DPR n. 495 del 1992, né quella imposta dal d.m. n. 1404 del 1968 (consistente, in entrambi i casi, in almeno 20 mt., ove si qualificasse la strada come locale o secondaria, e comunque in 30 mt., ove la si considerasse una strada extraurbana secondaria o di media importanza). 10. Il motivo è infondato, perché, a prescindere dalla normativa applicabile - questione su cui si registra un contrasto giurisprudenziale (per il quale si v. la sent. n. 1082 del 2021 di questo Tribunale) - è pacifico, data la lettera delle disposizioni, che la distanza dal confine stradale riguarda le "nuove costruzioni", non già quelle esistenti, e in ogni caso la prescrizione è rivolta ai proprietari che intendono edificare, non già all'autorità che progetti di realizzare la strada. 11. Con il secondo motivo, si deduce: violazione degli artt. 7 e 8 della legge n. 241 del 1990, nonché degli artt. 11, co. 1, 2 e 16 del DPR n. 327 del 2001; difetto di motivazione e d'istruttoria; difetto di presupposto. In particolare, il ricorrente denuncia che il decreto di approvazione del progetto non sia stato preceduto da alcuna comunicazione di avvio del procedimento. 12. Il motivo è infondato. Nel disciplinare l'approvazione del progetto definitivo dell'opera pubblica, l'art. 16, co. 5, del DPR n. 327 del 2001 stabilisce che, nel caso in cui il numero dei destinatari sia superiore a 50, dell'avvio del procedimento venga data notizia nelle forme di cui all'art. 11, co. 2, del medesimo decreto, il quale prevede la pubblicazione di un avviso all'albo pretorio dei Comuni interessati, su uno o più quotidiani e sul sito internet della Regione. Nella specie, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, non è possibile considerare, quali "interessati" all'approvazione del progetto, i soli proprietari dei terreni da espropriare per costruire la strada di collegamento tra gli abitati di (omissis), ma occorre tener conto di tutti i privati incisi dalla realizzazione della "Gronda di Ponente", che è stata concepita e approvata con un progetto unitario. Essendovi dunque un numero di destinatari superiore a 50, ed essendo stati pubblicati gli avvisi di avvio sia del procedimento diretto all'apposizione del vincolo espropriativo, sia di quello per l'approvazione del progetto e la dichiarazione di pubblica utilità dell'opera (doc. 1 e 2 di ASPI), non vi è stata lesione del contraddittorio endoprocedimentale come disciplinato dal Testo unico in materia di espropriazione per pubblica utilità . 13. Per ragioni analoghe, è infondato anche il quarto motivo, la cui trattazione può pertanto essere anticipata. Con esso, si contesta il ricorso alla procedura speciale accelerata di cui all'art. 22-bis, co. 2, lett. b), del DPR n. 327 del 2001, in quanto non sarebbero specificate le ragioni dell'urgenza, deducendo: violazione degli artt. 20 e 22-bis del DPR n. 327 del 2001; difetto di motivazione e di presupposto. 14. A ben vedere, infatti, la norma invocata dalla parte attrice consente l'occupazione d'urgenza preordinata all'espropriazione in due casi distinti: quando vi è una particolare urgenza (co. 1) e "altresì " allorché il numero dei destinatari della procedura espropriativa sia superiore a 50 (co. 2; in tal senso si v. anche TAR Lombardia, Milano, sent. n. 1735 del 2013, nonché TAR Piemonte, sent. n. 2286 del 2010, la quale spiega come nel secondo caso l'occupazione, pur in assenza di una "particolare urgenza", si giustifica in quanto "l'espletamento del procedimento di determinazione dell'indennità di espropriazione in relazione ad un così elevato numero di proprietari espropriandi ritarderebbe eccessivamente (secondo la valutazione del legislatore, valutazione che non risulta essere arbitraria o irragionevole) l'effettiva esecuzione delle opere, per le quali, non bisogna dimenticare, è sempre già stata dichiarata la pubblica utilità, nonché l'urgenza e l'indifferibilità dei lavori"). Dato che, nella specie, il numero dei destinatari era superiore a 50, come prima argomentato, era possibile ricorrere alla procedura speciale disciplinata dall'art. 22-bis del DPR n. 327 del 2001 anche in assenza di una particolare urgenza. 15. Può essere esaminato sin d'ora anche il quinto motivo, anch'esso relativo a presunti vizi di natura procedurale, con cui si denuncia la carenza d'istruttoria sotto il profilo della compatibilità idrogeologica dell'opera, deducendo: violazione della vigente disciplina idrogeologica di cui al Piano di bacino del Comune di Genova, ambiti 12 e 13; difetto d'istruttoria e di motivazione. 16. Il motivo è infondato, in quanto la compatibilità dell'opera con il Piano di bacino, ambiti 12 e 13, è stata valutata dall'Autorità di bacino regionale, che a tal proposito ha espresso un avviso favorevole, ancorché con prescrizioni e raccomandazioni, mediante il parere n. 31 del 22.12.2016 (doc. 15 della difesa di ASPI), che non è stato specificamente contestato dalla parte attrice. 17. Infine, con il terzo motivo vengono dedotte le illegittimità che vizierebbero l'atto sotto il profilo sostanziale, denunciando: violazione dell'art. 3 della legge n. 241 del 1990 e degli artt. 2 e 16, co. 2, del DPR n. 327 del 2001; grave difetto d'istruttoria e di motivazione; illogicità e irragionevolezza manifeste; violazione dei principi di proporzionalità e buon andamento dell'amministrazione; inadeguatezza del mezzo rispetto all'obiettivo perseguito; palese contraddittorietà . Secondo il ricorrente, il sacrificio imposto al privato proprietario sarebbe sproporzionato, in quanto la strada potrebbe essere costruita anche più a monte, garantendo una distanza maggiore dall'abitazione e lasciando terreno da impiegare per l'attività agricola; inoltre, il decreto di approvazione del progetto sarebbe privo degli elementi prescritti dall'art. 16 del DPR n. 327 del 2001 (descrizione terreni ed edifici espropriandi, con indicazione dell'estensione e dei confini, nonché dei dati identificativi catastali e del nome e cognome del proprietario). 18. Il motivo è fondato. Il potere di espropriare beni privati per pubblica utilità, pur ampio e connotato da discrezionalità, non si sottrae al rispetto dei canoni generali che governano l'attività amministrativa, tra i quali viene ormai da tempo annoverato il principio di proporzionalità, la cui applicazione, in sede di sindacato giurisdizionale, si declina nei criteri dell'idoneità, ossia dell'attitudine dei mezzi impiegati a far conseguire lo scopo perseguito, della necessità, ossia nel ricorso alla misura meno restrittiva tra quelle egualmente appropriate, e dell'adeguatezza (o proporzionalità in senso stretto), ossia nella prevalenza dell'interesse pubblico perseguito dall'autorità rispetto alle posizioni individuali giuridicamente protette che vi si oppongono (tra le più recenti e ampiamente argomentate si v. TAR Lazio, Roma, sez. I, sent. n. 9849 del 2021). Nel caso di specie, i provvedimenti assunti dall'Amministrazione non superano il vaglio della "necessità ": a fronte di un pregiudizio particolarmente grave per il privato - consistente non solo nella sottrazione di una parte del terreno di sua proprietà, ma anche nella realizzazione a breve distanza dalla sua abitazione di una strada ben più ampia di quella attualmente esistente, con ciò che è presumibile ne derivi in termini di maggiori traffico, rumore e inquinamento - non viene esposto nei provvedimenti impugnati, né comunque emerge dagli atti del procedimento depositati in giudizio, quali siano le ragioni che impediscano di raggiungere lo scopo perseguito (la realizzazione di una rinnovata strada di collegamento tra le località di Borgonuovo, Campenave e Crevari) anche delineando un tracciato che passi a maggiore distanza dalla casa del ricorrente - anzi, a ben vedere, non sembra che l'impatto del progetto sulla sua specifica situazione sia stata specificamente considerata dall'autorità espropriante, com'è invece doveroso fare, anche nel caso di "grandi opere". A tal proposito, le argomentazioni esposte nella memoria di ASPI, relative all'impossibilità pratica di mutare il tracciato in ragione dei dissesti quiescenti che caratterizzerebbero la zona, rappresentano un tentativo di sanare a posteriori le carenze di motivazione degli atti impugnati e, come tali, non possono essere ammesse (sul divieto d'integrazione della motivazione mediante memoria difensiva si v., tra le tante recenti, TAR Basilicata, sent. n. 296 del 2021 e TAR Puglia, Lecce, sent. n. 387 del 2020). 19. Pertanto, sono illegittimi e meritevoli di annullamento il decreto di approvazione del progetto della c.d. "Gronda di Ponente" con dichiarazione di pubblica utilità dell'opera - nei limiti dell'interesse della parte attrice, dunque con riferimento al tracciato della nuova strada che dovrebbe collegare le località di Borgonuovo, Campenave e Crevari, in sostituzione di quella esistente - e il decreto di occupazione di urgenza preordinato all'espropriazione dei terreni di proprietà del ricorrente. Per l'effetto, ove intenda comunque realizzare la strada, l'Amministrazione dovrà rivalutarne il tracciato, considerando anche ipotesi alternative al fine di verificare se sia effettivamente necessario, e in quali termini, imporre un sacrificio al ricorrente, dando poi conto in motivazione dell'esito di questo apprezzamento. 20. Merita accoglimento anche la domanda risarcitoria formulata dalla parte attrice. Sussistono infatti tutti gli elementi necessari ad affermare la responsabilità dell'Amministrazione: l'ingiustizia del danno, consistente nell'occupazione del terreno in esecuzione di atti illegittimi, e il conseguente pregiudizio patrimoniale, rappresentato dalla perdita della disponibilità e del godimento del bene a partire dal 04.09.2018, data d'immissione nel possesso (si v. il relativo verbale, doc. 7 di ASPI); il nesso di causalità tra il fatto illecito (l'emanazione degli atti illegittimi) e il danno subito (la perdita di disponibilità del terreno); la colpa dell'Amministrazione, qui integrata dalla violazione dei principi che governano l'azione amministrativa, sotto il profilo dell'omessa doverosa considerazione dell'impatto dell'opera sulla situazione del privato e dell'apprezzamento della necessità del sacrificio a questo imposto. 21. Sotto il profilo della quantificazione del danno risarcibile, il Collegio ritiene di stabilire, ai sensi dell'art. 34, co. 4, cod. proc. amm., i criteri in base ai quali il MIT e ASPI, che hanno emanato gli atti illegittimi, devono proporre a favore del ricorrente il pagamento di una somma entro un congruo termine, qui determinato in sessanta giorni dalla data di comunicazione della presente sentenza o dalla sua notificazione, se anteriore. A tal proposito, si deve considerare, da un lato, che il ricorrente non ha quantificato in maniera precisa il pregiudizio patito, ma che questo può dirsi provato per presunzioni, essendo logico ritenere che la sottrazione della disponibilità di un terreno produca un danno per il proprietario, nonché determinato anche in via equitativa ai sensi dell'art. 1226 cod. civ.; dall'altro, che la condotta illecita consiste in un'occupazione (accertata come) illegittima del bene. Per questo, il Collegio ritiene opportuno richiamarsi ai criteri stabiliti dall'art. 42-bis del DPR n. 327 del 2001 per determinare la somma volta a ristorare il pregiudizio cagionato dall'occupazione senza titolo del bene, i quali fanno riferimento all'interesse del cinque per cento annuo sul valore venale dell'immobile occupato, da computarsi, nella specie, in proporzione ai mesi di occupazione a decorrere dal 04.09.2018, data d'immissione nel possesso, sino al saldo. 22. Secondo la regola generale della soccombenza, dalla quale non vi è ragione di discostarsi nel caso di specie, ASPI e il MIT devono essere condannati in solido al pagamento delle spese processuali, che sono liquidate in dispositivo. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria Sezione Prima, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, così provvede: - accoglie il ricorso e, per l'effetto, annulla gli atti impugnati; - condanna le resistenti in solido al risarcimento del danno, da determinarsi sulla base dell'accordo delle parti, ai sensi dell'art. 34, co. 4, cod. proc. amm., secondo i criteri stabiliti in motivazione; - condanna le resistenti in solido al pagamento delle spese processuali, liquidate in 3.000 euro, oltre oneri e accessori di legge. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Genova nella camera di consiglio del giorno 20 maggio 2022 con l'intervento dei magistrati: Giuseppe Caruso - Presidente Angelo Vitali - Consigliere Alessandro Enrico Basilico - Referendario, Estensore

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