Sentenze recenti Tribunale Genova

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  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale di Genova -Sezione I - In persona del G.o.p. Stefania Cozzani, ha pronunciato la seguente SENTENZA Nella causa iscritta a RG. 9160/2021 promossa da: (...) elett.te dom.to in Genova (...) c/o lo Studio dell'Avv. (...) che lo rapprese e difende giusta mandato allegato all'atto di citazione -attore- contro (...) e (...) elett.te dom.ti in Paratico (BS) (...) c/o lo Studio dell'Avv. (...) che li rappresenta e difende giusta mandato in calce alla comparsa costitutiva -convenuti - MOTIVI DELLA DECISIONE Con atto di citazione ritualmente notificato, (...) ha convenuto in giudizio (...) e (...), deducendo l'inadempimento dei medesimi alle obbligazioni assunte con il preliminare di vendita dell'immobile sito in G. (...) stipulato in data 30.10.20, e chiedendo, previa declaratoria della legittimità del recesso esercitato, la restituzione del doppio della caparra versata e quindi della somma pari ad Euro 60.000,00; subordinatamente la risoluzione del preliminare per inadempimento dei promittenti venditori con condanna dei medesimi al risarcimento dei danni da quantificarsi nell'importo di Euro 60.000,00. L'attore, promissario acquirente, rileva in particolare l'inadempimento dei convenuti, promittenti venditori all'obbligo assunto in preliminare volto alla sanatoria delle irregolarità urbanistiche e catastali dell'immobile per la data prevista per il definitivo - 31.3.21- (deducendo anche la falsità delle dichiarazioni in tal senso rese in preliminare circa la presentazione della detta pratica); nonchè all'obbligo di consegnare l'immobile anteriormente alla stipula del definitivo entro il 31/1/21, come previsto dal preliminare; rileva inoltre il silenzio colpevolmente serbato dai convenuti circa l'imminente cessione della quota di proprietà della sig. (...) a favore al Sig. (...) (e nella cessione stessa), in vista della cessazione degli effetti civili del loro matrimonio, circostanza mai comunicata al sig. (...) ed il mancato rispetto del temine per la stipula del contratto definitivo, pattuito per il 31/3/2021, senza alcuna adeguata giustificazione. Sulla scorta di quanto sopra il (...) in data 01.04 2021 esercitò legittimamente, ed a causa di tali inadempimenti imputabili ai promittenti venditori, il recesso dal contratto preliminare, richiedendo il doppio della caparra versata. I convenuti costituendosi hanno preliminarmente eccepito la improcedibilità della domanda per mancato esperimento del procedimento di mediazione obbligatoria; nel merito hanno contestato la domanda eccependo la insussistenza di alcun inadempimento e/o violazione del principio di buona fede, rilevando quanto segue: -la insussistenza di alcuna falsa dichiarazione nel preliminare circa l'istanza di concessione edilizia in sanatoria, posto che prima della stipula dello stesso essi conferirono incarico al proprio fiduciario per la presentazione c/o l'ufficio comunale competente dell'istanza di concessione edilizia in sanatoria, che subì ritardi imprevedibili, attesa la necessità di presentarla in forma cartacea e soprattutto l'emergenza sanitaria COVID-19 e le restrizioni ad essa connesse che hanno riguardato il Comune di Genova, impedendo il tempestivo rilascio dei provvedimenti di sanatoria. Da ciò la impossibilità di rispettare i termini per la stipula del definitivo, dovuta a causa di forza maggiore indipendente e imprevedibile dalla volontà dei convenuti; ciò che infatti venne comunicato all'attore prima della scadenza dei termini pattuiti con richiesta di relativa proroga (doc. 8); non sarebbe quindi ravvisabile in tale contesto alcun inadempimento riconducibile alla condotta attiva e/o omissiva dei convenuti. Nè vi sarebbe alcuna responsabilità per il mancato rilascio dell'immobile, posto che nessun problema vi sarebbe stato se Fattore avesse concesso la proroga, legittima e giustificata da quanto sopra, richiesta da essi convenuti con comunicazione del 29/01/2021 e però rifiutata dal (...) Quanto alla cessione delle quote di proprietà dell'immobile dalla Sig.ra (...) al Sig. (...) dopo la stipula del preliminare, essa risulta dovuta semplicemente alla cessazione del rapporto di coniugio tra (...), che non è avvenuto successivamente alla stipula del preliminare; il relativo ricorso infatti venne presentato prima e solo successivamente alla sentenza le parti hanno proceduto alla cessione dell'immobile al Sig (...), talchè non vi è stata alcuna cessione ingiustificata, né alcuna condotta contraria ai principi di buona fede pre-contrattuale e contrattuale. Sarebbero poi insussistenti ulteriori abusi edilizi (diversi da quanto identificato nel contratto preliminare) posto che le uniche strutture che avrebbero potuto rappresentare qualche eventuale problema sotto il profilo della regolarità edilizia per specifico accordo delle parti vennero rimosse. Quanto alla dazione della caparra i convenuti rilevano che solo l'assegno intestato al Sig. (...) venne incassato, mentre quello della Sig.ra (...) non venne mai posto all'incasso per motivi personali conosciuti dall'attore e avrebbe dovuto essere sostituito, cosicchè il (...) avrebbe corrisposto a titolo di caparra, vista anche la natura reale di quest'ultima, la sola somma di Euro 15.000,00, essendo l'ulteriore somma di Euro 15.000,00 a favore della (...) mai stata incassata e quindi rimasta sempre nella disponibilità dell'acquirente. Insistono quindi nel rigetto delle domande attoree; ed in denegata ipotesi di condanna, chiedono che il doppio della caparra venga quantificato nella sola misura di Euro 30.000,00 (quale doppio della somma in effetti esborsata dal (...) e non di Euro 60.000,00. Dall'espletata istruttoria documentale ed orale svolta , risulta la fondatezza della domanda attorea. Preliminarmente l'eccezione di improcedibilità della domanda per mancato esperimento del procedimento di mediazione obbligatoria è infondata; la domanda ha ad oggetto la declaratoria di legittimità del recesso e/o la risoluzione del contratto preliminare di compravendita e quindi, vertendo in ambito di rapporti obbligatori e contrattuali e non di diritti reali, non rientra nel novero dei diritti soggetti a mediazione obbligatoria ex art. 5 c. 1 D.Lgs. n. 28 del 2010. Nel merito: Il contratto preliminare stipulato tra le parti in data 30.10.2020 e regolarmente trascritto (v doc 1 fase att) prevede espressamente all'art. 4 l'obbligo di stipula del definitivo entro e non oltre la data del 31.3.21, momento nel quale l'immobile medesimo avrebbe dovuto essere in regola con le norme urbanistiche, sanitarie e catastali (v art. 2 cit. contratto); ed in tal senso, infatti, nel preliminare venne dato atto (v. art. 6) che nell'immobile erano state effettuate "opere per le quali è stata presentata istanza di concessione edilizia in sanatoria, presso il comune di genova, ....relativamente alla quale è ancora in corso il procedimento di rilascio del provvedimento definitivo" e che inoltre "la parte promittente venditrice garantisce il rilascio del detto provvedimento definitivo" e viene ulteriormente fornita "garanzia di abitabilità e/o agibilità al momento della vendita del fabbricato in oggetto e la sua regolarità urbanistica ed edilizia"; venne infine prevista e pattuita (art. 3) la consegna dell'immobile libero da persone e cose al promissario acquirente entro il 31.1.21. A fronte di tali obblighi e termini, risulta documentalmente - e comunque pacificamente ammesso- che i convenuti in data 29.1.21 (doc 4) chiesero una proroga dei termini per la stipula del definitivo, dando atto della impossibilità di adempiere entro i termini pattuiti, e comunque in tempo utile per la stipula del definitivo, agli obblighi relativi al rilascio dei provvedimenti in sanatoria, adducendo quale ragione giustificatrice l'emergenza covid-19 e le restrizioni con la stessa connesse.- L'attore respingeva detta richiesta ed anzi richiedeva il rispetto dell'impegno relativo alla sanatoria delle irregolarità urbanistico - catastali (v. doc 5); a ciò seguiva sopralluogo tra i tecnici incaricati in data 25.3.21 nel corso del quale veniva rilevato che la pratica di sanatoria, all'epoca già respinta, avrebbe dovuto essere ripresentata ciò che non risultava alla data del 1 aprile 2021 ed ove fosse anche stata presentata il perfezionamento della stessa avrebbe richiesto tempi ulteriori, con conseguente impossibilità di rispettare il termine previsto per la stipula del definitivo. In sede di sopralluogo venivano poi rilevate ulteriori difformità nel fabbricato abusivo poi effettivamente rimosse. Le circostanze di cui sopra, oltrechè documentalmente comprovate, risultano confermate dai testi escussi: v. deposiz. Geom. (...) che ha confermato di essere stato incaricato dai convenuti per la presentazione della relativa pratica di condono e di essersi recato in Comune per accertare le modalità di presentazione, che aveva appurato potersi perfezionare in modalità cartacea: "Ricordo che ho fatto i rilievi sul fabbricato ai primi di ottobre, mi pare proprio il primo di ottobre 2020 e quindi mi pare di essere andato in comune dove ho avuto il colloquio di cui sopra tra la meta e la fine di settembre 2020. - Io ho riferito quanto sopra, in particolare quanto mi aveva detto il tecnico del comune, ai sigg.ri (...) e (...)...Ricordo di essere andato successivamente in comune per far vedere la pratica prima di depositarla, e poi è stata depositata il 16.4.2021. Ricordo perfettamente la data, perché ci eravamo visti sul posto, prima di tale data......sapevo che il (...) si era preso all'epoca un impegno temporale circa questa pratica di sanatoria, che io sconsiglio sempre, in quanto le tempistiche delle pratiche di sanatoria sono imprevedibile. Mi pare nell'occasione di aver sconsigliato anche il (...) di prendersi questo impegno temporale....Sicuramente io non ho mai dato tempistiche su questa pratica; gli avevo detto che la avrei presentata di li a poco in circa 15-20 gg; ma garanzia sulle tempistiche non ne ho date; tra l'altro c'era anche il vincolo paesaggistico che in genere allunga i tempi e che poi è andato a buon fine.....la pratica di sanatoria è andata a buon fine con il provvedimento del Comune ad ottobre 2021". v depos. Geom. (...) "...ricordo che abbiamo parlato della tempistica della pratica ma sulle pratiche di sanatoria è difficile fare previsione, infatti anche il geom terrile non ha dato garanzie in termini di tempi. Tra l'altro c'era anche il vincolo paesaggistico che richiede più tempo ..." Da quanto sopra risulta pacificamente che alla data prevista per la stipula del definitivo, la pratica di sanatoria per la quale i convenuti si erano impegnati non era ancora depositata o comunque era in corso; ma in ogni caso il provvedimento definitivo di rilascio da parte della competente autorità comunale non era ancora stato emesso; in sostanza l'immobile alla data prevista per il rogito si trovava ancora in uno stato di irregolarità urbanistico-edilizia, che ha determinato la mancata stipula del definitivo entro il termine pattuito del 31.3.21. Attesa la espressa assunzione di garanzia circa la regolarità urbanistica dell'immobile al momento della vendita e della stipula del definitivo, espressamente assunta dai promittenti venditori nel preliminare (v cit artt. 2 e 6 doc. 1), il pacifico mancato rilascio del provvedimento di sanatoria-condono a tale momento (e il conseguente mancato rispetto del termine pattuito per il definitivo) integra inadempimento dei promittenti venditori alle obbligazioni assunte con il preliminare e rende legittimo il recesso operato dall'attore (v doc. 7 fasc att) con la racc. in data 01.04 2021 (v. Cass 622/2019). Né rileva ai fini della legittimità del recesso, attese le espresse assunzioni di garanzia ed obblighi previsti in preliminare, la circostanza che la pratica avrebbe dovuto rendersi con modalità cartacea anziché con modalità telematica e la contestuale emergenza covid , che avrebbero allungato i tempi, posto che ciò non costituisce certamente causa di forza maggiore, con quelle caratteristiche di necessarietà ed inevitabilità tali da renderla causa di esonero della responsabilità. Come anche emerso dalle deposizioni testimoniali, i convenuti avrebbero potuto attivarsi prima e tempestivamente; la particolare modalità non tradizionale della pratica era stata portata a conoscenza dei convenuti prima della stipula del preliminare (v anche deposi terrile : "io ho riferito quanto sopra in particolare quanto mi aveva detto il tecnico del comune ai sig.ri (...) e (...), subito dopo averlo saputo in comune") e inoltre la imprevedibilità - nota - nei tempi della definizione delle pratiche edilizio - urbanistiche non costituiva certamente circostanza eccezionale, tanto è vero che essa venne prospettata ai convenuti anche dal loro tecnico fiduciario che li sconsigliò dall'assumersi il vicino impegno temporale e la relativa assunzione di garanzia. Quanto sopra è assorbente pur dovendosi aggiungere che risulta anche inadempiuto l'obbligo assunto dai convenuti di consegna del bene -espressamente previsto anch'esso nel preliminare - entro il 31.1.21. Risulta pertanto pacifico e documentato l'inadempimento dei convenuti agli obblighi assunti con il preliminare del 30.10.2020 nei cf di parte attrice e legittimo il recesso attuato da quest'ultima in data 01.04 2021 (doc 7) cui consegue il diritto al pagamento del doppio della caparra confirmatoria a suo tempo versata nella misura del doppio, e quindi pari a d Euro 60.000,00. Quanto alla caparra versata, come risulta documentalmente, il Sig. (...) all'atto della stipula del contratto preliminare versò Euro 30.000,00 (v art. 5 preliminare sub doc 1), consegnando ai promittenti venditori due assegni bancari (ciascuno di Euro 15.000,00 intestato a ciascuno dei convenuti - doc. 3 fasc. conv.). Posto che quello consegnato alla sig.ra (...) non venne da quest'ultima incassato, per propri motivi personali, ciò determinerebbe, secondo parte convenuta, che, non essendo il denaro mai uscito dalla disponibilità dell'acquirente, non si sarebbe verificata quella traditio che caratterizza il contratto di caparra, avete natura reale, e l'obbligo restitutorio dovrebbe limitarsi all'importo di Euro 30.000 (doppio di quanto effettivamente esborsato dall'attore). La censura è infondata. Va infatti ribadito il principio espresso dalla giurisprudenza secondo cui è vero che la caparra costituisce un contratto che si perfeziona con la consegna che una parte fa all'altra di una somma di denaro o di una determinata quantità di cose fungibili, ma ciò non esclude che essa possa " ben essere costituita mediante la consegna di un assegno bancario ...ed allorquando il venditore accetti la dazione della caparra con assegno bancario è suo onere quello di porre all'incasso il titolo; se omette di riscuotere l'assegno il mancato buon fine dell'assegno bancario è riferibile unicamente al comportamento del prenditore " E di conseguenza sorgono a carico del prenditore gli obblighi propri della caparra nel senso che ove risulti "inadempiente all'obbligazione cui si riferisce la caparra egli sarà tenuto al pagamento di una somma pari al doppio di quella indicata nell'assegno" ( v Cass. 17127/2011 "Allorquando la caparra venga costituita mediante consegna di un assegno bancario, il comportamento del prenditore del titolo che, dopo averne accettato la consegna, ometta poi di porlo all'incasso, trattenendo comunque l'assegno e non restituendolo all'acquirente, è contrario a correttezza e buona fede e comporta a carico del prenditore l'insorgenza degli obblighi propri della caparra, nel senso che ove risulti inadempiente all'obbligazione cui si riferisce la caparra, egli sarà tenuto al pagamento di una somma pari al doppio di quella indicata nell'assegno" (v. anche Cass. Ordin. n. 10366/2022) La domanda attrice è quindi fondata e provata; atteso l'accertato inadempimento e la legittimità del recesso esercitato da parte attrice, i convenuti sono tenuti al pagamento del doppio dell'importo versato quale caparra confirmatoria, che è pari ad Euro 6.000,00 oltre interessi legali dalla domanda (notifica dell'atto introduttivo del giudizio) al saldo. Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate ex D.M. n. 55 del 2014 come in dispositivo. P.Q.M. Il Tribunale di Genova - 1 Sezione -, in persona del Gop, definitivamente pronunciando, ogni contraria istanza, domanda ed eccezione disattesa, accertato e dichiarato l'inadempimento dei convenuti al contratto preliminare del 30.10.2020 e legittimo il recesso esercitato dall'attore in data 01.04.2021, dichiara tenuti e condanna i convenuti a corrispondere all'attore, per le causali di cui in parte motiva, l'importo di Euro 60.000,00 oltre interessi legali dalla domanda al saldo. Condanna i convenuti a rifondere all'attore le spese del presente giudizio che liquida in Euro 819,02 per spese ed Euro 10.000,00 = per compenso professionale, oltre spese gen. 15% iva e cpa come per legge. Così deciso in Genova il 28 aprile 2024. Depositata in Cancelleria il 29 aprile 2024.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE di GENOVA Sezione Lavoro Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. Stefano Grillo ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa iscritta al n. r.g. 4205/2023 promossa dal sig.: (...) e residente in Genova, (...) elettivamente domiciliato in Genova, (...), presso lo studio e la persona dell'Avv. Va.Ma., che lo rappresenta e difende in forza di mandato in calce al ricorso -ricorrente- CONTRO (...) in persona del suo Amministratore pro tempore e legale rappresentante Dott. (...) con studio in Genova (GE), (...), ed elettivamente domiciliata in Genova, (...) presso e nello studio dell'Avv. Ca.Pa., che la rappresenta e difende congiuntamente e disgiuntamente dall'Avv. Al.Lu., per mandato allegato alla memoria di costituzione -convenuta- Conclusioni delle parti RICORRENTE: "CHIEDE al Giudice adito in via principale di accertare la nullità del licenziamento per le circostanze dedotte in narrativa e quindi perché trattasi di licenziamento discriminatorio ovvero intimato in frode alla legge; ovvero perché intimato in mancanza dei poteri conferiti da valida delibera assembleare o in seguito a delibera affetta da vizi di nullità o illegittimità. Conseguentemente ai sensi dell'art. 2 D.Lgs. n. 23/2015, Voglia il Giudice adito annullare il licenziamento in esame e condannare la parte convenuta (...) (...) in persona dell'amministratore p.t. a riammettere in servizio o a ripristinare o a reintegrare il ricorrente nel suo posto di lavoro con condanna della stessa parte convenuta al pagamento in favore del ricorrente del risarcimento del danno pari a tutte le retribuzioni, maturate e maturande, dal licenziamento sino all'effettivo ripristino del rapporto di lavoro oltre ai contributi previdenziali ed assistenziali connessi In subordine: Voglia il Giudice accertare l'illegittimità del licenziamento perché infondato, perché privo di giusta causa o giustificato motivo con conseguente condanna della parte convenuta (...) (...) in persona dell'amministratore p.t. a pagare al ricorrente l'indennità risarcitoria connessa all'illegittimo licenziamento nella misura massima o altra meglio vista ai sensi dell'art. 3 comma n. 1 e art. 9 D.Lgs. n. 23/2015. In punto procedimento disciplinare: Voglia il Giudicante dichiarare l'inammissibilità e infondatezza degli addebiti elevati nei confronti del ricorrente, annullando, ove esistenti, eventuali sanzioni disciplinari con condanna della parte convenuta a rimborsare o restituire eventuali importi illegittimamente trattenuti. In ordine agli emolumenti retributivi: con riferimento al periodo lavorativo dedotto in causa e per l'intera sua durata o altra durata meglio accertata, previa applicazione dell'art. 36 Cost. e del ccnl Proprietari di Fabbricati, il ricorrente chiede la condanna della parte convenuta (...) in persona dell'amministratore p.t. a pagare al ricorrente stesso le somme che risulteranno dovute in corso di causa mediante ctu contabile a titolo di lavoro straordinario non pagato e delle indennità elencate in narrativa e non pagate, nonché il ricalcolo del complessivo trattamento retributivo riservato all'esponente in forza delle indennità omesse su tutti gli elementi diretti e differiti: retribuzione mensile, mensilità aggiuntiva, festività, ferie e permessi ed in subordine le differenze sui singoli ratei del Tfr. Con vittoria di spese, diritti ed onorari del presente giudizio da distrarsi in favore del difensore che se ne dichiara antistatario"; CONVENUTO: "Conclude Affinché il Tribunale Ill.mo di Genova, in composizione monocratica, Sezione Lavoro, In via principale, respinga il ricorso proposto dal sig. (...) in quanto infondato in fatto e diritto. Respinga le ulteriori domande ex adverso proposte in quanto infondate in fatte e diritto Vinte le spese". MOTIVI DELLA DECISIONE 1. Con ricorso depositato telematicamente l'11.11.2023, il sig. (...) ha convenuto in giudizio il datore di lavoro, (...) in Genova (nel seguito, per brevità, anche solo il (...)"), per sentire: -accertare la nullità del licenziamento intimatogli, perché discriminatorio, ovvero in frode alla legge, o ancora comunicato in mancanza dei poteri conferiti da valida delibera assembleare o in seguito a delibera affetta da vizi di nullità o illegittimità; con conseguente reintegrazione nel posto di lavoro e condanna del convenuto al risarcimento del danno; o, in subordine, con condanna del convenuto al (solo) risarcimento del danno; -accertare l'illegittimità del medesimo licenziamento, perché infondato, privo di giusta causa o giustificato motivo, con conseguente condanna del convenuto al risarcimento del danno; -dichiarare l'inammissibilità e infondatezza degli addebiti elevati nei propri confronti, annullando, ove esistenti, eventuali sanzioni disciplinari con condanna del convenuto a rimborsare o restituire eventuali importi illegittimamente trattenuti; -condannare il convenuto, previa applicazione dell'art. 36 Cost. e del CCNL Proprietari di fabbricati, a pagargli le somme che risulteranno dovute in corso di causa a titolo di lavoro straordinario non pagato e delle indennità elencate in narrativa (principalmente, indennità per apertura e chiusura portone e per "ritiro raccomandate e pacchi") e non pagate, nonché al "ricalcolo del complessivo trattamento retributivo riservato all'esponente in forza delle indennità omesse su tutti gli elementi diretti e differiti: retribuzione mensile, mensilità aggiuntiva, festività, ferie e permessi ed in subordine le differenze sui singoli ratei del TFR". A fondamento delle proprie richieste, il ricorrente, portiere e custode condominiale con alloggio, liv. A4 del CCNL Proprietari di fabbricati, ha dedotto che: -con lettera del 6.4.2023 il Condominio (...) gli ha intimato il licenziamento alla scadenza del preavviso, prevista per il 15.4.2024, in quanto il 15.2.2023 l'assemblea condominiale avrebbe deliberato la soppressione del posto di lavoro; -il licenziamento è stato determinato dalla volontà di discriminarlo, quale lavoratore-genitore di un figlio gravemente disabile; ovvero con l'intento fraudolento di "esautorare un lavoratore il cui figlio è motivo di imbarazzo e fastidio per alcuno condomini"; -infatti, il proprio figlio (...) risulta invalido civile al 60% da marzo 2018, per disturbo schizotipico di personalità, deficit campimetrico con scotoma paracentrale-deficit visivo OS; sottoposto dal febbraio 2020 a ripetuti ricoveri in P.S., gli ultimi due nell'ottobre (2023) per ansia acuta, rimurginazioni ossessive, dubbia presenza di allucinazioni uditive; è seguito presso il SSM Asl 3 dalla curante dott.ssa (...) (v. in particolare doc. 11 e 12 ric.); -"molti condomini... erano infastiditi dal comportamento di (...) che dava spesso in escandescenze, alcuni riferivano di aver paura del ragazzo; altri si lamentavano dell'intervento dell'ambulanza o della polizia quando il ragazzo aggrediva il padre o rompeva mobili e suppellettili in casa, urlando e scagliandosi contro il padre"; di queste problematiche e doglianze si è fatto portavoce lo stesso Amministratore del Condominio, sig. (...); -in tale contesto sono maturati gli addebiti disciplinari, "come spinta ad esasperare il ricorrente per indurlo a dimettersi"; in particolare le contestazioni del 23.9.2020, relativa a scarsa pulizia, scarsa presenza in guardiola., e del 10.5.2023, relativa alla gestione delle luci dell'atrio condominiale, non seguite da sanzioni; -il licenziamento è altresì nullo "per carenza dei poteri in capo all'amministratore in mancanza dell'autorizzazione dell'assemblea o della maggioranza qualificata per assumere tale deliberazione che è l'atto presupposto per la successiva comunicazione del licenziamento." (il ricorrente contesta la delibera condominiale del 15.2.2023, menzionata nella lettera di licenziamento, quanto ad "esistenza, regolarità o legittimità dell'o.d.g., dei quorum di votazione, delle eventuali deleghe dei condomini ecc."); -il licenziamento è previo di giusta causa/giustificato motivo; -come da contratto, la portineria deve essere aperta dal lunedì al venerdì, dalle 8 alle 12.30 e dalle 14.30 alle 19; il sabato dalle 9 alle 12; tuttavia, per poter svolgere le mansioni di pulizie e sorvegliare il portone, è sempre stato tenuto ad osservare, dal lunedì al venerdì mattina, il maggiore orario dalle 7 alle 12.30; -il lavoro straordinario diurno svolto non gli è mai stato retribuito; -il (...) gli avrebbe dovuto corrispondere le indennità per apertura e chiusura portone e la voce "ritiro raccomandate e pacchi" (pagata solo dal febbraio 2020) in luogo dell'indennità "distribuzione posta"; -il (...) gli ha corrisposto per diversi anni le indennità/voci "distribuzione posta", "reperibilità", "sostituzione luce", inserendole in busta paga tra le competenze lorde mensili, dunque senza che incidessero su 13.ma, ferie e TFR. L'Amministrazione del (...) si è ritualmente costituita in giudizio, chiedendo in via principale la reiezione del ricorso, in quanto infondato in fatto e in diritto. Secondo il convenuto, infatti: -le circostanze dedotte in ricorso sono assolutamente generiche, prive di riferimenti a tempi e/o persone, nonché non conformi al vero; -nessuna finalità discriminatoria può ritenersi sussistente, perché come documentalmente provato dai verbali assembleari prodotti, il "problema portineria" nel CONDOMINIO "... è presente quanto meno già dal 2005 ed è stato spesso oggetto di discussioni e contenziosi (tra condomini e condominio) relativamente alla opportunità o meno di conservare tale servizio ovvero dismetterlo" (sia prima dell'assunzione del ricorrente: v. ordini del giorno/delibere condominiali 2005, febbraio e marzo 2011, 2014, novembre e dicembre 2016, gennaio e ottobre 2017; sia dopo: v. delibere giugno 2021, giugno 2022 e, infine, 15.2.2023, con cui è stata decisa l'abolizione), tanto per i significativi costi connessi, quanto per i controversi criteri di ripartizione di essi"; -il motivo del cambiamento di posizione sul punto di alcuni condomini deve rinvenirsi nell'incremento delle spese a carico di essi, a seguito di contenzioso giudiziale; -comunque, "la volontà assembleare di un condominio, le cui scelte sono pacificamente insindacabili nel merito da parte del Giudice, altro non. (è) che la sommatoria delle volontà dei singoli condomini per cui controparte dovrebbe dimostrare la volontà, in capo ai singoli condomini favorevoli alla soppressione del servizio di portineria, di porre in essere un atto ritorsivo-discriminatorio volto a penalizzare il ricorrente"; -ne è seguita l'intimazione del licenziamento da parte dell'amministratore, delegato dall'assemblea condominiale; -unicamente al termine del periodo di preavviso (di 12 mesi) potrà verificarsi se il servizio di portineria verrà effettivamente soppresso, non potendo il Tribunale sindacare il merito della decisione assembleare; -se davvero si fossero voluti allontanare il ricorrente e il di lui figlio dall'alloggio condominiale, "l'Amministratore avrebbe ben potuto procedere disciplinarmente nei suoi confronti (le occasioni non sono comunque mancate) ovvero avrebbe potuto sostituire l'alloggio con la relativa indennità prevista dal CCNL, ovvero procedere ad una risoluzione del rapporto con una diversa motivazione (magari strumentale) e con un periodo di preavviso considerevolmente più corto"; il Condominio non avrebbe impiegato oltre tre anni "per risolvere un rapporto di lavoro assoggettato pacificamente a tutela obbligatoria"; -"le contestazioni disciplinari elevate, ma non portate a termine, confermano come il condominio, qualora avesse avuto una intenzione ritorsiva od espulsiva del ricorrente avrebbe ben potuto dar seguito alle stesse per giungere in tempi assai più rapidi al licenziamento del sig. (...)"; -il licenziamento è pertanto legittimo, in quanto conseguente alla scelta, non sindacabile, di sopprimere il servizio di portineria e conseguentemente il posto di lavoro occupato dal ricorrente; -non essendo mai stato erogato e/o applicato alcun provvedimento disciplinare conservativo, la domanda di annullamento proposta dovrà essere respinta; -sono altresì infondate le domande attrici relative alle differenze retributive, in quanto: il portone doveva essere aperto e chiuso in coincidenza con l'orario di lavoro del sig. (...) e pertanto aperto alle 8:00 (il sabato alle 9:00) e chiuso alle 19:00 (il sabato alle 12:00); mai l'Amministratore e/o i consiglieri hanno dato disposizione e/o autorizzato il ricorrente ad iniziare l'attività lavorativa alle ore 7:00; peraltro, l'attività di portierato è "attività discontinua e pertanto, in assenza di espressa richiesta del datore di lavoro, non può essere riconosciuto il lavoro eccedente l'ordinario orario contrattuale"; lo stesso CCNL non prevede il diritto alla retribuzione dello straordinario diurno eventualmente svolto dal portiere con alloggio; pertanto, non sono dovuti compensi per lavoro straordinario e neppure le indennità di apertura e chiusura del portone, che spettano nei soli casi in cui le operazioni non debbano avvenire durante l'orario di lavoro (art. 43 punto 6 e 7 del CCNL applicato); -per quanto concerne le indennità relative al ritiro raccomandate e pacchi, fino alla fine del 2019 era prevista unicamente l'indennità per ritiro raccomandate, nella misura pacificamente riconosciuta nelle buste paga (0,63 per abitazione); "a partire dal rinnovo del CCNL avvenuto con decorrenza dal gennaio 2020, le tabelle delle indennità hanno introdotto una nuova voce relativa all'indennità per il ritiro raccomandate e pacchi stabilita per i condomini ad uso prevalente abitativo pari ad Euro 1,00 per unità immobiliare, somma regolarmente riconosciuta al ricorrente"; -è altresì infondata la richiesta di differenze retributive a causa del mancato computo di alcune voci indennitarie nella 13A mensilità, nel TFR e in occasione delle ferie e permessi: analizzando le buste paga, se ne trae conferma che, "anche nel periodo in cui alcune voci indennitarie sono state inserite nella c.d. 'parte bassa' della busta paga, le somme corrisposto a tale titolo erano ricomprese nella base imponibile del TFR, venivano corrisposte integralmente anche nei mesi in cui il ricorrente ha usufruito di ferie e/o permessi ed infine in occasione dell'erogazione della 13A mensilità la somma corrisposta veniva integrata di un importo denominato 'indennità per tredicesima' pari a quanto maturato a tale titolo". La causa è stata istruita documentalmente. E' stata poi discussa oralmente dai difensori delle parti, che hanno infine insistito nelle conclusioni di cui ai rispettivi atti. Nell'udienza del 12.4.2024, la vertenza è stata decisa come da dispositivo, di cui è stata data lettura. 2. Iniziando ad esaminare le questioni relative licenziamento, deve osservarsi che il ricorrente ne deduce la nullità o, comunque, l'invalidità, innanzitutto perché intimato dall'Amministratore senza l'autorizzazione dell'assemblea dei condomini, essendo inesistente, ovvero viziata, la delibera (di "soppressione del servizio di portineria") indicata nell'atto di recesso. Quindi, perché "discriminatorio, ovvero in frode alla legge". 3. L'esistenza della delibera dell'assemblea condominiale straordinaria, con cui è stata decisa la soppressione del servizio di portineria, è stata provata dal convenuto, che ha prodotto sub doc. 13 il relativo verbale, nel quale la decisione sul 1° punto dell'o.d.g., relativo alla "Dismissione servizio di portierato", risulta presa con la maggioranza di 19 voti (contro 13 contrari) e 633,351 millesimi (contro 321,69 contrari). Nel verbale si indica, quindi, che "L'assemblea, con m/m e 19 condomini su 32 presenti, delibera di dismettere il servizio di portierato incaricando l'amministratore di sentire il Consulente del lavoro per tutti gli adempimenti necessari ad ottenere quanto oggi deliberato". Con la produzione della delibera, è stata provata anche l'attribuzione all'Amministratore dei poteri per provvedere al licenziamento. Come da verbale d'udienza dell'11.3.2024, il difensore del ricorrente ha poi chiesto al Tribunale, nel corso del giudizio, di "... acquisire i rendiconti e i consuntivi degli ultimi due esercizi al fine di verificare se ed eventualmente con quanti millesimi i condomini (...) abbiano partecipato alle spese di portineria". Ha insistito, quindi, "... nella domanda relativa all'accertamento. (della) illegittimità/annullabilità della delibera assembleare del 15.2.23 ove i condomini (...) partecipavano all'assemblea con 127 millesimi e votavano sempre in forza di 127 millesimi il primo punto 'dismissione del portierato', laddove risulterebbe dal secondo punto che gli stessi dovevano eventualmente votare con 44 o 65 millesimi anziché 127. Da qui l'annullabilità dell'intera delibera in ordine al punto 1 e conseguentemente il profilarsi di nullità o illegittimità di tutti gli atti conseguenti e presupposti, tra cui l'intimazione del licenziamento". 3.1. Tuttavia, il vizio dell'annullabilità del negozio giuridico, secondo la disciplina generale di cui al codice civile (art. 1441 c.c., in materia di contratti, applicabile, ex art. 1324 c.c., anche agli atti unilaterali tra vivi aventi contenuto patrimoniale), può essere fatto valere (non, come quello di nullità, da chiunque vi abbia interesse), ma (solo) da colui nel cui interesse sia previsto dalla legge. E non può essere rilevato d'ufficio (a differenza della nullità). Nella disciplina del condominio, ai sensi dell'art. 1137 c.c., le deliberazioni dell'assemblea condominiale possono essere annullate solo dietro richiesta dei condomini assenti o dissenzienti. Secondo le indicazioni delle SS.UU. della Suprema Corte, "l'azione di annullamento delle delibere assembleari costituisce la regola generale, ai sensi dell'art. 1137 c.c., come modificato dall'art. 15 della l. n. 220 del 2012, mentre la categoria della nullità ha un'estensione residuale ed è rinvenibile nelle seguenti ipotesi: mancanza originaria degli elementi costitutivi essenziali, impossibilità dell'oggetto in senso materiale o giuridico - quest'ultima da valutarsi in relazione al "difetto assoluto di attribuzioni" -, contenuto illecito, ossia contrario a "norme imperative" o all'ordine pubblico" o al "buon costume". Pertanto, sono nulle le deliberazioni con le quali, a maggioranza, siano stabiliti o modificati i generali criteri di ripartizione delle spese previsti dalla legge o dalla convenzione, da valere per il futuro, trattandosi di materia che esula dalle attribuzioni dell'assemblea previste dall'art. 1135, nn. 2) e 3), c.c., mentre sono meramente annullabili le deliberazioni aventi ad oggetto la ripartizione in concreto tra i condomini delle spese relative alla gestione delle parti e dei servizi comuni adottate in violazione dei criteri generali previsti dalla legge o dalla convenzione stessi, trattandosi di deliberazioni assunte nell'esercizio di dette attribuzioni assembleari, cosicché la relativa impugnazione va proposta nel termine di decadenza previsto dall'art. 1137, comma 2, c.c." (Cass. Sez. Un. n. 9839/2021). Non solo. Secondo le SS.UU. la disposizione dell'art. 1137, secondo comma, c.c., "... descrive il "modello legal-tipico" tramite il quale l'annullabilità della deliberazione assembleare può essere dedotta dinanzi al giudice: tale modello è quello dell'azione di impugnativa, da esercitare mediante la proposizione di apposita domanda giudiziale. Ciò vuoi dire che l'annullabilità della deliberazione assembleare può essere fatta valere in giudizio soltanto attraverso l'esercizio dell'azione di annullamento; tale azione deve estrinsecarsi in una domanda che può essere proposta "in via principale", nell'ambito di autonomo giudizio, oppure "in via riconvenzionale", anche nell'ambito del giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, sempreché il termine per l'esercizio dell'azione di annullamento non sia perento... 5.2.1. - In primo luogo, occorre chiedersi se l'annullabilità della deliberazione assembleare possa essere fatta valere, oltre che in via di azione, anche in via di eccezione, come è consentito per l'annullabilità relativa ai contratti (art. 1442, ultimo comma, cod. civ.). Per trovare risposta a tale quesito, è necessario muovere dal considerare la ratio della norma di cui all'art. 1137 cod. civ., ratio che va rinvenuta nella esigenza di assicurare certezza e stabilità ai rapporti condominiali, di modo che l'ente condominiale sia in grado di conseguire in concreto la sua istituzionale finalità, che è quella della conservazione e della gestione delle cose comuni nell'interesse della collettività dei partecipanti. Questa ratio legis spiega perché il legislatore, per un verso, ha stabilito che le deliberazioni adottate dall'assemblea "sono obbligatorie per tutti i condomini" (art. 1137, primo comma, cod. civ.), anche per gli assenti e per i dissenzienti, e, per altro verso, ha sancito il principio dell'esecutività delle deliberazioni dell'assemblea... Quanto detto impone di interpretare l'art. 1137, secondo comma, cod. civ., nel senso che l'annullabilità della deliberazione non può essere dedotta in via di eccezione, ma solo "in via di azione", ossia nella sola forma che consente una pronuncia di annullamento con efficacia nei confronti di tutti i condomini" (Cass. Sez. Un. n. 9839/2021, cit.). Pertanto, parte ricorrente non è certamente legittimata a far valere l'eventuale vizio d'annullabilità da essa invocato, potendolo solo, con domanda giudiziale d'annullamento, uno dei condomini assenti o dissenzienti. D'altra parte, anche "(q)ualora un servizio condominiale (nella specie: portierato) sia previsto nel regolamento di condominio, la sua soppressione comporta una modificazione del regolamento che deve essere approvata dall'assemblea con la maggioranza stabilita dall'art. 1136 comma secondo cod. civ. (maggioranza degli intervenuti che rappresenti almeno la metà del valore dell'edificio) richiamato dall'art. 1138 comma terzo" (Cass. n. 3708/1995; conf. Cass. n. 5400/1997 e n. 12481/2002). Condizione nella specie raggiunta. Non si comprende, dunque, quale utilità potrebbe avere acquisire le tabelle di riparto delle spese concernenti la portineria, atteso che ciò che rileva, ai fini dei poteri deliberativi, è il valore proporzionale delle unità immobiliari dei condomini intervenuti in rapporto al valore dell'intero edificio (v. Cass. n. 32569/2023). Per questo, la richiesta istruttoria attrice non è stata accolta. 3.2. Parte ricorrente, nel corso del giudizio, non ha ribadito le difese (peraltro assolutamente generiche) di cui al ricorso, in merito alla (asserita) nullità della delibera condominiale. Nell'atto introduttivo, il riferimento alla frode alla legge riguarda piuttosto il recesso datoriale. Vale comunque, ad escludere l'esistenza della frode, quanto si dirà nel seguito circa la carenza di elementi probatori che consentano di ritenere la delibera de qua conseguenza della situazione familiare del lavoratore e della disabilità del di lui figlio. Altre possibili ragioni di nullità della delibera non sono emerse in corso di giudizio. 4. Venendo all'aspetto della discriminatorietà del licenziamento, deve osservarsi innanzitutto che nelle difese attrici si delinea un'ipotesi di discriminazione diretta, in relazione al fattore di rischio costituito dalla condizione di disabilità (o handicap, che dir si voglia), non del lavoratore, ma di suo figlio (...). Può ritenersi pacifico, tra le parti, che quest'ultimo sia persona disabile, nei termini di cui all'art. 15 st. lav., innanzitutto a causa delle sue affezioni psichiche. Non sembra dubitabile che la tutela a fronte di detto fattore di rischio si estenda alla c.d. "discriminazione associata", che sussiste quando la disabilità riguarda non il lavoratore, ma una persona in stretto rapporto con questi. La tesi trova conferma nella giurisprudenza di legittimità, secondo cui "... è indubbio... che la discriminazione possa rivolgersi anche verso persone diverse da quella interessata dal fattore di protezione e che essa ciononostante rilevi se finisca per comportare un trattamento sfavorevole quale effetto della situazione differenziale da proteggere: v. Corte di Giustizia 17 luglio 2008, n. 3030, (...) proprio in tema di discriminazione di genitori a causa della disabilità del figlio" (Cass. n. 24206/2020). Dunque, quanto meno astrattamente, l'odierno ricorrente può trovare tutela nella disciplina antidiscriminatoria, a fronte di un trattamento deteriore subito a cagione della disabilità del figlio, convivente presso l'alloggio condominiale in uso. E' ormai comunemente riconosciuto che "(l)a nullità del licenziamento discriminatorio discende direttamente dalla violazione di specifiche norme di diritto interno, quali l'art. 4 della l. n. 604 del 1966, l'art. 15 st. lav. e l'art. 3 della l. n. 108 del 1990, nonché di diritto europeo, quali quelle contenute nella direttiva n. 76/207/CEE sulle discriminazioni di genere... "; onde la fattispecie si differenzia dall'ipotesi del licenziamento ritorsivo, e "... non è necessaria la sussistenza di un motivo illecito determinante ex art. 1345 c.c...." (Cass. n. 6575/2016, secondo cui, inoltre e per le medesime ragioni, "... la natura discriminatoria (non)può essere esclusa dalla concorrenza di un'altra finalità, pur legittima, quale il motivo economico"). Secondo la S.C., "... affinché si verifichi una "discriminazione diretta", occorre che la condotta antidiscriminatoria abbia dato luogo a un trattamento svantaggioso per una persona: essa si configura quando, sulla base di uno dei motivi vietati, una persona è trattata meno favorevolmente di quanto sia, sia stata o sarebbe trattata un'altra in una posizione analoga. (...) Ora, è vero che il profilo soggettivo (dolo o colpa) nell'illecito discriminatorio non rileva, anche per il solo fatto della previsione di una risarcibilità del danno in presenza di una "discriminazione indiretta" - fattispecie ove una disposizione, un criterio, una prassi, di apparente neutralità, creano, in realtà, una discriminazione - cosicché devono ritenersi illeciti discriminatori tutte quelle condotte che, pur se prive delle caratteristiche di rimproverabilità e colpevolezza, siano produttive di una situazione di svantaggio per quei soggetti recanti determinate caratteristiche personali... La questione è quindi quella di verificare cosa occorra per integrare una condotta "oggettivamente discriminatoria". In generale, si riconosce che caratteristica determinante dell'illecito sia quella di creare un effetto di ingiustificata diseguaglianza, in quanto conseguenza immediata, diretta ed esclusiva di una determinata caratteristica della persona, che sia stata ritenuta rilevante dall'ordinamento come "fattore di rischio". A fronte di indizi offerti dall'attore in giudizio in ordine ad un tale trattamento deteriore collegabile ad un suo fattore di rischio, fonte di diseguaglianza, comportamento che si presume discriminatorio, il convenuto dovrà offrire elementi in grado di far acclarare l'insussistenza del fatto presunto a lui contestato, cioè la discriminazione, in quanto la medesima scelta sarebbe stata operata nei confronti di qualsiasi altra persona, che si fosse trovata nella stessa posizione. (...) E' stato evidenziato (cfr. Cass. 23338/2018, Cass. 1/2020), in ambito di controversie di lavoro, che le direttive in materia (quali quelle nn. 2000/78, così come le nn. 2006/54 e 2000/43), come interpretate della Corte di Giustizia, ed i decreti legislativi di recepimento impongono l'introduzione di un meccanismo di agevolazione probatoria o alleggerimento del carico probatorio gravante sull'attore, prevedendo che questi alleghi e dimostri circostanze di fatto dalle quali possa desumersi per inferenza che la discriminazione abbia avuto luogo, per far scattare l'onere per il convenuto di dimostrare l'insussistenza della discriminazione (cfr. Cass. n. 14206 del 2013, in materia di discriminazione di genere; Cass. 255432018, in ambito di discriminazione nel rapporto di lavoro)" (Cass. n. 7415/2022). Il fatto che, "... nel caso di discriminazione diretta la disparità di trattamento è determinata dalla condotta, nel caso di discriminazione indiretta la disparità vietata è l'effetto di un atto, di un patto, di una disposizione, di una prassi in sé legittima... (comporta) che, essendo diversi i presupposti di fatto e, conseguentemente, le allegazioni che devono sorreggere le rispettive azioni, viola il principio di corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato il giudice che senza una specifica richiesta, ed in mancanza di specifiche allegazioni, pur nell'identità del "petitum", muti la "causa petendi" e qualifichi come diretta la discriminazione indiretta prospettata dalla parte" (Cass. n. 20204/2019). Nella specie, dunque, occorre verificare se il licenziamento de quo abbia dato luogo a discriminazione diretta, in quanto conseguenza immediata e diretta della condizione di disabilità del figlio del lavoratore. Parte ricorrente può beneficiare della menzionata "attenuazione" del proprio onere probatorio, cosicché, ai sensi dell'art. 4 l. 125/1991 e, oggi, dell'art. 28 D.Lgs. 150/2011, "... può limitarsi a fornire elementi di fatto... idonei a fondare, in termini precisi e concordanti, la presunzione dell'esistenza di atti o comportamenti discriminatori, spettando in tal caso al convenuto l'onere della prova sulla insussistenza della discriminazione" (Cass. n. 6575/2016, cit.). A ben vedere, la prospettazione attrice, in punto discriminatorietà del licenziamento, risulta ellittica, quanto meno una volta esclusa la pur dedotta "inesistenza" della delibera condominiale. Infatti, a fronte della decisione dell'assemblea di abolire il servizio di portineria, qualunque lavoratore con mansioni di portiere sarebbe stato licenziato, indipendentemente dal fattore di rischio. Dunque, l'invocata natura discriminatoria della "condotta" del (...) deve ritenersi (implicitamente) riferita, nella tesi attrice, alla decisione stessa di abolire il servizio. Né, peraltro, è stato dedotto dal ricorrente che il CONDOMINIO non intenda, in realtà, abolire la portineria (se non attraverso le difese - come visto infondate - in merito all'inesistenza della delibera dell'assemblea condominiale). Occorre verificare, allora, se gli indizi allegati dal ricorrente a sostegno di detta tesi risultino precisi e concordanti; in caso positivo, se il (...) abbia offerto la prova dell'insussistenza della discriminazione. Secondo i principi generali, perché le presunzioni semplici abbiano valore giuridico, ". è necessario che gli elementi presi in considerazione siano gravi, precisi e concordanti, ovvero devono essere tali da lasciar apparire l'esistenza del fatto ignoto come una conseguenza ragionevolmente probabile del fatto noto, dovendosi ravvisare una connessione tra i fatti accertati e quelli ignoti secondo le regole di esperienza che convincano di ciò, sia pure con qualche margine di opinabilità, senza che sia consentito al giudice, in mancanza di un fatto noto, fare riferimento ad un fatto presunto e far derivare da questo un'altra presunzione" (Cass. n. 14115/2006). Nella specie, può prescindersi dal requisito della gravità, ma non da quelli della precisione e della concordanza. Mentre "... il requisito della gravità è ravvisabile per il grado di convincimento che ciascun d'essi è idoneo a produrre ed, a tal fine, è necessario che l'esistenza del fatto ignoto sia allegato e dimostrato come dotato di ragionevole certezza, se pure probabilistica; il requisito della precisione impone che i fatti noti, dai quali muove il ragionamento probabilistico, e l'iter logico nel ragionamento stesso seguito non siano vaghi ma ben determinati nella loro realtà storica; in fine, il requisito, unificante, della concordanza richiede che il fatto ignoto sia desunto, salvo l'eccezionale caso d'un singolo elemento di gravità e precisione tali da essere di per sè solo esaustivamente ed incontrovertibilmente significativo, da una pluralità di fatti noti gravi e precisi univocamente convergenti nella dimostrazione della sua sussistenza" (Cass. 19601/2004, ex pluribus). 4.1. Il ricorrente ha dedotto, invero piuttosto genericamente, alcune circostanze, per sostenere la propria tesi. Ha indicato in ricorso, in particolare, che: -il proprio figlio è "motivo di imbarazzo e fastidio per alcuno (dei) condomini"; -"molti condomini... erano infastiditi dal comportamento di (...) che dava spesso in escandescenze, alcuni riferivano di aver paura del ragazzo; altri si lamentavano dell'intervento dell'ambulanza o della polizia quando il ragazzo aggrediva il padre o rompeva mobili e suppellettili in casa, urlando e scagliandosi contro il padre"; -"i problemi famigliari del ricorrente sono sempre stati discussi nelle assemblee condominiali degli ultimi 2-3 anni dove molti condomini e l'amm.re (...) erano decisi a far dimettere il ricorrente o a trovare il modo per licenziare il sig. (...) a causa dei problemi di salute del figlio"; -"nel tempo aumentava il malumore di alcuni condomini tra cui la sig.ra (...) (ora ex condomina); quest'ultima era una tra le persone che cercava(no) di raccogliere i consensi, anche andando porta per porta a bussare ai vicini, perché non voleva che il sig. (...) e il figlio continuassero ad abitare nell'alloggio condominiale a causa delle scenate di rabbia del ragazzo"; -"nel corso dell'anno 2021 o 2022, la sig.ra (...) si era poi litigata con la sig.ra (...), perché quest'ultima aveva votato contro in assemblea nella votazione per il licenziamento del ricorrente"; -"di queste problematiche e doglianze si è fatto portavoce lo stesso Amministratore del Condominio, sig. (...) con lo stesso ricorrente in numerose occasioni, quando si recava nello stabile"; -"nel tempo lo stesso amm.re dott. (...) contattava telefonicamente la Dott.ssa (...) (medico del CSM che aveva in cura (...), presentandosi correttamente come l'amministratore del condominio ove stava lavorando il padre del paziente e chiedendo informazioni sullo stato di salute di (...) (ovviamente la dott.ssa (...) ascoltava senza commentare stante il segreto professionale). In occasione della conversazione telefonica, il dott. (...) riferiva alla dott.ssa (...) che molti condomini erano preoccupati per la condizione di salute del ragazzo, avvezzo a frequenti scatti d'ira, "scenate per strada" e davanti al portone e talvolta era dovuta (intervenire) la polizia"; -"la Dott.ssa (...) riceveva anche altre telefonate, questa volta direttamente da alcuni condomini che si lamentavano con il CSM spiegando che il ragazzo (...) creava problemi, era violento e irascibile, picchiava il padre e rompeva 'tutto' e molti condomini non lo volevano più lì"; -le contestazioni disciplinari di cui è stato destinatario, sono state utilizzate "come spinta ad esasperare il ricorrente per indurlo a dimettersi". Al fine di valutare dette deduzioni in fatto, occorre premettere che sono pacifici i comportamenti cui purtroppo il sig. (...) è indotto dalla malattia, talvolta violenti, in particolare nei confronti dei familiari, ma non solo, che hanno anche richiesto interventi della Forza pubblica e dei sanitari presso l'alloggio condominiale. Nella relazione del D.S.M. Asl 3, datata 31.8.2023 (doc. 11 ric.) si fa riferimento al "discontrollo degli impulsi (che) negli ultimi anni è andato configurandosi con tendenza alla disforia ed a reazioni aggressive circoscritte alle relazione familiari (con il padre, la nonna paterna) e sentimentali". A fronte di ciò, "la terapia prescritta, anche in forma depot, si è sempre dimostrata inefficace". Si accenna anche ad una relazione disfunzionale del paziente con una ragazza, a propria volta seguita dal S.S.M., ai cui comportamenti "manipolativi" il ragazzo "non sapeva opporsi se non in modo aggressivo e disforico". Ancora, vi si legge: "frequenti i diverbi anche per strada con comportamento aggressivo da parte del paziente ed intervento delle Forze dell'Ordine, frequenti le discussioni in casa, con momenti di grave agitazione psicomotoria, rotture di oggetti, discomportamentismi ed urla da parte di (...) che hanno creato disturbo ed insofferenza nei condomini tale da minacciare il licenziamento del padre (che è portinaio) e di conseguenza la perdita sia del lavoro che dell'alloggio. Il paziente, presumibilmente a causa dell'intenzione della curante di ricorrere ad un inserimento in comunità, ha interrotto nel luglio 2021 i rapporti con il servizio in accordo con il padre e per lungo tempo. Recentemente ha ripreso spontaneamente contatto con richiesta di aiuto, ma dopo brevissimo tempo si è rifiutato di venire ai colloqui e ha manifestato una sintomatologia a carattere persecutorio tale da essere ricoverato in ambito psichiatrico all'Osp. (...) e successivamente al (...). Anche dopo la dimissione il paziente si rifiuta di venire in servizio e di assumere qualsiasi terapia, al momento i contatti sono tenuti con la nonna che riferisce sull'andamento del quadro clinico, attualmente stabile". Ancora nell'udienza dell'8.4.2024 il ricorrente ha riferito che il figlio, dalla sera precedente, era ricoverato volontariamente (avendo accettato il ricovero) presso l'Ospedale Villa Scassi, a seguito di atteggiamenti incongrui e potenzialmente pericolosi nei confronti della nonna, per cui era stato necessario l'intervento della Guardia medica, richiesto tramite il 112. Non sembra che l'"attenzione" per i comportamenti del sig. (...), da parte dell'Amministratore e/o dei condomini, si sia concretizzata, nella stessa prospettazione attrice, (a) in fatti storici ben individuati, inoltre (b) interpretabili quali indici d'insofferenza verso padre e figlio e verso la loro presenza nel CONDOMINIO, nonché della volontà di estrometterli attraverso l'eliminazione del servizio, con conseguente licenziamento del portiere. 4.1.1. Sotto il primo aspetto, nessuna circostanza specifica, relativa ai condomini, cioè a coloro che hanno deciso la soppressione della portineria, è stata indicata dal ricorrente, che pure conosce, quanto meno, i condomini che abitano e/o lavorano nello stabile. Fa eccezione il riferimento alla sig.ra (...) della quale si afferma in ricorso che cercava di "raccogliere i consensi" degli alti condomini, su una soluzione (non meglio specificata) che "impedisse che il sig. (...) e il figlio continuassero ad abitare nell'alloggio condominiale a causa delle scenate di rabbia del ragazzo" (soluzione di per sé compatibile con iniziative diverse dall'abolizione del servizio e dal licenziamento del lavoratore). Si aggiunge, nell'atto introduttivo, che nel 2021 o nel 2022 la sig.ra (...) avrebbe litigato con altra condomina, sig.ra (...) "perché quest'ultima aveva votato contro in assemblea nella votazione per il licenziamento del ricorrente". In sede di libero interrogatorio si è cercato, dunque, di approfondire il tema relativo ai comportamenti dei condomini. I chiarimenti ottenuti hanno reso ancor più sfumate le circostanze prospettate nell'atto introduttivo e più labili i collegamenti tra esse e la situazione familiare del ricorrente. Il lavoratore, interpellato in merito, ha riferito infatti: "alcuni condomini mi hanno attaccato, in particolare per le situazioni relative a mio figlio e non solo"; "mi ha attaccato la sig.ra (...) cui non andava bene niente. Ad esempio se la caldaia non funzionava, me ne chiedeva conto e poi non credeva che avessi contattato il manutentore, ma affermava di averlo fatto lei. Per quanto riguarda i comportamenti di mio figlio, la (...) a volte mi diceva di aver sentito un po' di trambusto. Immagino che di tale situazione si lamentasse con l'amministratore e non direttamente con me. Infatti venivo chiamato dall'amministratore. L'amministratore ha ricevuto le lamentele della (...) relative alla caldaia, penso, perché poi me ne ha parlato"; "una volta sig.ra (...) altra condomina, si è lamentata con me perché a suo dire il cucciolo di cane che avevo preso per mio figlio, disturbava, guaendo. L'indomani è passato l'amministratore il quale educatamente mi ha detto che gli avevano riferito che il cane abbaiava. Io gli ho fatto notare che era solo un cucciolo e che se faceva un po' di rumore, ciò avveniva solo di giorno"; "alcuni condomini si sono lamentati per il fatto che il cucciolo si reca spesso dai vicini, passando per il cavedio. Il cane l'ho preso 3 anni fa. I vicini presso i quali si reca ne sono ben contenti e lo fanno giocare con il bambino. Si occupano loro di pulire dagli escrementi la loro parte di cavedio, che è delimitata da sbarre di ferro"; "la (...) mi rinfacciava spesso che io non adempievo correttamente ai miei doveri e che avrei dovuto riavviare la caldaia quando andava in blocco. Io l'ho fatto qualche volta, ma poi mi sono rifiutato perché lo ritenevo pericoloso e non mi ritenevo obbligato a farlo"; "l'amministratore mi ha riferito delle lamentele riguardo la caldaia ma non mi ha mai detto espressamente di occuparmene. È stata poi convocata un'assemblea che credo abbia deciso che non sia di mia competenza". Insomma, non sono emersi, (neppure) in libero interrogatorio, episodi specifici legati al fattore di rischio, ascrivibili a soggetti ben individuati; i fatti narrati sono stati ricollegati dallo stesso attore a motivi di "scontento" spesso diversi. Perfino le "lamentele" della sig.ra (...) concernenti i "comportamenti" del sig. (...), si limitano, nel racconto, ad un riferimento a un po' di "trambusto". A ben vedere, è stato più diretto e incisivo l'Amministratore del (...), che in sede di libero interrogatorio ha riferito che "la sig.ra (...) era consigliera del condominio e si è lamentata con... (lui) in diverse occasioni del ricorrente, principalmente per questioni relative al lavoro di quest'ultimo, ma talvolta anche per gli aspetti familiari". 4.1.2. Quanto fin qui osservato si riflette anche sul secondo aspetto in disamina, in quanto il ragionamento probabilistico (circa il collegamento tra la situazione familiare del ricorrente e la decisione dei condomini di abolire il servizio di portineria) risulta, in conseguenza, piuttosto vago: non emergono episodi di grave ed evidente insofferenza o di particolare timore da parte dei condomini, fermo restando che, alla luce di quanto premesso, qualche preoccupazione (per una situazione di salute e familiare davvero complicata, tale per cui i comportamenti disforici e inadeguati del sig. (...), connessi alla patologia, non si manifestavano neppure nel solo ambito domestico - v. supra), ben può comprendersi, anche da parte dell'Amministratore. Comunque, siccome la decisione di abolire il servizio di portineria non è ascrivibile all'Amministratore, le "preoccupazioni" dello stesso potrebbero al più rilevare quale indizio delle sollecitazioni ricevute dai condomini, fermo restando, però, che il giudice non può basare il proprio convincimento su una praesumptio de paesumpto. Neppure sono stati evidenziati o sono comunque emersi, richieste o tentativi di indurre il lavoratore a rinunciare all'alloggio, ovvero tentativi (infruttuosi) di licenziare il ricorrente a prescindere dall'abolizione del servizio. Si è già osservato, inoltre, come non siano state concretamente e specificamente prospettate la natura fittizia o simulata della delibera in questione e, quindi, l'inesistenza della volontà del (...) di rinunciare effettivamente alla portineria. Nell'accennata relazione del S.S.M. la curante, dopo aver descritto i diverbi, i comportamenti aggressivi, gli episodi di grave agitazione psicomotoria del paziente (...) (...), osserva che essi "hanno creato disturbo ed insofferenza nei condomini tale da minacciare il licenziamento del padre (che è portinaio) e di conseguenza la perdita sia del lavoro che dell'alloggio". Per la verità, al momento della redazione della relazione medica, il ricorrente era già stato licenziato (seppure con preavviso) a seguito della più volte citata delibera condominiale di abolizione del servizio. Nella relazione non si accenna a segnalazioni dirette da parte dei condomini, benché siano di competenza del Servizio (che può all'uopo avvalersi, tra l'altro, della professionalità degli assistenti sociali e degli educatori) le valutazioni in merito all'adeguatezza del contesto ambientale e socio-familiare del paziente e ai connessi pericoli, anche per i terzi. Infatti, "(i)l medico psichiatra è titolare di una posizione di garanzia che comprende un obbligo di controllo e di protezione del paziente, diretto a prevenire il pericolo di commissione di atti lesivi ai danni di terzi e di comportamenti pregiudizievoli per se stesso" (Cass. pen. n. 43476/2017). Che lo stesso S.S.M. ritenesse inadeguato il contesto di vita del sig. (...) è confermato, seppure indirettamente, dalla proposta (non accettata) d'inserimento in comunità terapeutica, cosicché eventuali "preoccupazioni" manifestate da condomini e Amministratore non sembrerebbero né ingiustificate, né estranee a finalità di tutela del "paziente" e della sua famiglia, oltre che altrui. Se ne deve trarre altresì che le indicazioni del sanitario (finalizzate alla promozione dell'inserimento in comunità) sono derivate da quanto appreso dai familiari del sig. (...) (...) e quindi, nel periodo più recente, dalla nonna. Il paziente, infatti, "d'accordo con il padre", ha interrotto per lungo tempo (a partire dal luglio 2021) i contatti con il S.S.M., che sono ripresi solo di recente e nel cui ambito la sola fonte di aggiornamento dalla parte del paziente risiede nei colloqui con la (anziana) nonna dello stesso (madre dell'odierno ricorrente), evidentemente informata solo per sommi capi della situazione lavorativa del proprio figlio. Del resto, dei litigi e dei comportamenti del sig. (...) nel contesto familiare difficilmente potrebbero avere riferito altre persone. Per altro verso, poiché neppure in sede di libero interrogatorio il ricorrente ha delineato rilevanti condotte dei condomini, indicative d'insofferenza e della volontà di licenziarlo a causa dei problemi del figlio, è ben difficile ipotizzare che egli ne abbia riferito al S.S.M. Ma i timori o i sospetti dei familiari del sig. (...) non possono costituire indizi "precisi". Può avere inciso, altresì, sulle indicazioni della curante, la conversazione con l'Amministratore del (...), probabilmente risalente a qualche anno prima (ne ha riferito l'Amministratore in libero interrogatorio, affermando: "ho contattato il curante presso il SSM del figlio del ricorrente perché ero preoccupato della situazione, che mi sembrava piuttosto complicata. Ero stato informato di un intervento dei sanitari e dei Carabinieri in occasione di un momento di difficoltà del figlio del ricorrente"). Come già accennato, tuttavia, tale iniziativa dell'Amministratore, soggetto non competente a deliberare, non costituisce indizio preciso della volontà dei condomini (rectius di alcuni di essi) di estromettere il ricorrente e il figlio per il tramite dell'abolizione della portineria. Comunque, le circostanze non indicano in modo chiaro che l'attenzione dell'Amministratore ed eventualmente dei condomini, per la situazione del sig. (...) (...), sia stata ispirata da finalità diverse da quelle che avrebbero mosso gli stessi soggetti a fronte di un condomino, un inquilino o un loro familiare, nella medesima condizione. E neppure che vi fosse, al momento della delibera assembleare, un significativo e diffuso livello di preoccupazione, tale da determinare i condomini a scelte "estreme". 4.2. Per quanto riguarda le contestazioni disciplinari, deve osservarsi che concernono formalmente condotte del lavoratore non connesse all'assistenza del figlio e alla situazione di questi, che una è addirittura successiva all'intimazione del licenziamento con preavviso (quando, nell'ottica attrice, il "risultato" voluto da controparte era ormai conseguito, anche se con decorrenza differita) e che ad esse non ha fatto seguito l'irrogazione di alcun tipo di sanzione disciplinare. Non sembra, dunque, che esse possano assumere il necessario valore indiziario e, tanto meno, che siano state utilizzate "come spinta ad esasperare il ricorrente per indurlo a dimettersi". Non per numero e frequenza (si tratta di due contestazioni, l'una a distanza di circa nove mesi dall'altra) e neppure per conseguenze (nessuna ne è derivata, all'esito delle giustificazioni). Certamente, non emerge alcun interesse del ricorrente ad impugnare le dette contestazioni. 4.3. Insomma, gli unici indizi dotati di una qualche precisione, circa il possibile nesso tra la situazione di disabilità del figlio convivente del ricorrente e la decisione condominiale di abolire la portineria (in quanto strumentale all'estromissione del portiere e del figlio dall'alloggio), potrebbero desumersi, al più, dal comportamento della condomina (...) quale riferito dall'Amministratore (farebbe comunque difetto una pluralità di indizi, concordanti). Deve ribadirsi, infatti, che la genericità delle deduzioni attrici non consentirebbe l'utile esperimento della prova testimoniale, il ricorso alla quale, invero, è stato escluso dalla stessa parte ricorrente, che ha ritenuto (al pari del convenuto) la causa sufficientemente istruita in relazione al licenziamento (v. verbali udienze 11.3.2024 e 8.4.2024). Il voto della predetta sig.ra (...) peraltro, non è stato decisivo in sede di adozione della delibera assembleare. Così stando le cose, non può ritenersi che la delibera sia stata conseguenza della condizione di rischio, proprio perché sarebbe stata adottata comunque, anche senza il voto della sig.ra (...) onde non emergono indizi precisi e concordanti dell'adozione di essa a causa della condizione di disabilità del sig. (...). 4.4. Gli elementi dedotti dal convenuto valgono ad indebolire ancor più il descritto quadro indiziario. Il (...), infatti, ha provato che le proposte e delibere in merito all'abolizione della portineria si sono susseguite a partire dal 2005 (mentre l'assunzione dell'odierno ricorrente risale al novembre 2017), senza che la proposta venisse approvata, ciò che è avvenuto solo il 15.2.2023. Insomma, la questione è stata oggetto di valutazione ripetutamente e per lunghi anni, indipendentemente dalla situazione familiare del ricorrente. Limitando l'analisi al periodo più recente, comunque anteriore all'assunzione del ricorrente, sono stati offerti in comunicazione i verbali delle assemblee condominiali del 16.6.2014 (votazione con millesimi 106,334 a favore soppressione); del 3.11.2016 (voti favorevoli alla soppressione 12, millesimi 309,396); del 13.12.2016 (nell'assemblea si è discusso nuovamente del tema, esaminando le contestazioni di un condomino circa il criterio di calcolo delle maggioranze necessarie per deliberare, adottato nella precedente assemblea, con conseguente rinvio di ogni decisione alla successiva assemblea del gennaio 2017); del 16.1.2017 (l'Amministratore vi ha riferito circa il parere legale riguardante il criterio di voto da adottare, onde l'assemblea ha adottato il "sistema capitario": ne sono risultati 9 voti favorevoli alla soppressione, 15 contrari); del 26.6.2017 (l'o.d.g. prevedeva nuovamente la "soppressione del servizio di portierato a modifica dell'attuale regolamento condominiale."; argomento la cui trattazione è stata rinviata all'esito dell'acquisizione di un parerepro veritate sulla natura contrattuale del regolamento condominiale). Parte convenuta ha altresì documentato e fatto constare, quanto alle delibere successive all'assunzione dell'odierno ricorrente, che l'assemblea del 30.6.2022 si è conclusa, ancora, con 15 voti contrari alla soppressione della portineria (442,097 mill.) e 7 favorevoli (169,449 mill.); quella del 15.2.2023, infine, ha approvato l'abolizione, con voto favorevole, per millesimi 633,351, di 19 condomini su 32; tra coloro che hanno votato per l'abolizione solo in tale ultima circostanza, cambiando opinione rispetto alla precedente assemblea, vi è tra l'altro (per delega) il condomino (...) con cui l'altra condomina (...) avrebbe "litigato", secondo parte attrice, perché il primo "aveva votato contro in assemblea nella votazione per il licenziamento del ricorrente". Se ne trae anche - a dimostrazione della non decisività del voto di (...) del 15.2.2023 - che (...) a espresso, peraltro per delega (cosicché neppure era presente e può avere svolto attività di proselitismo, almeno in quella sede), un solo voto, per millesimi 28,111. (...) rappresentata per delega anche nella precedente assemblea. Ancora, il contenzioso comprovato dal convenuto, relativo alla ripartizione delle spese per la portineria (v. doc. 14 conv., sentenza Tribunale di Genova del 2.1.2022, che ha escluso l'esistenza di un regolamento condominiale contrattuale atto a derogare alla disciplina codicistica ex art. 1123 c.c., in materia di riparto delle spese di portineria, fino ad allora effettuato "non proporzionalmente, bensì in misura fissa, e attribuendo una quota doppia per gli immobili adibiti ad ufficio") e atto a stravolgere gli oneri economici a carico dei singoli condomini, valutato unitamente al notorio mutamento delle condizioni socio economiche della zona ove il CONDOMINIO sorge e ai costi del servizio, offre riscontro di plausibili ragioni, alla base della deliberazione assembleare, estranee al fattore di rischio de quo. Tali elementi probatori vengono utilizzati, non per sostenere che il voto per l'abolizione della portineria sia stato determinato anche da ragioni economiche, ma per escludere, quanto meno guardando alla gran parte dei votanti a favore, che vi sia un nesso causale tra il loro voto e il fattore di rischio. 5. Sulla base degli stessi ragionamenti, può confutarsi la tesi, prospettata da parte attrice, della frode alla legge, a fronte di una decisione, in merito alla soppressione della portineria, che non è risultata strumentale e di un licenziamento che è ad essa conseguente. 6. Il ricorrente ha anche affermato che il licenziamento sarebbe "privo di giusta causa o giustificato motivo". L'esistenza di un'eventuale giusta causa non è mai stata invocata da controparte, che ha intimato il licenziamento (doc. 7 ric.) e si è difesa in giudizio, ricollegando il recesso all'abolizione della portineria. Che la soppressione del portierato possa dare luogo a giustificato motivo del licenziamento del portiere, è peraltro comunemente ritenuto in giurisprudenza (cfr. Cass. n. 15934/2020; Cass. n. 88/2002, secondo cui integra soppressione della posizione lavorativa del portiere, la decisione di rinunciare al servizio reso "secondo il modulo del rapporto di lavoro subordinato", pur a fronte della successiva reintroduzione in forme diverse; Cass. n. 14949/2009, secondo cui "il... licenziamento, intimato per intervenuta soppressione del posto di lavoro, è valido in quanto assistito da giustificato motivo oggettivo, la cui validità è contestata dal lavoratore, ma non può essere rimessa in discussione perché non risulta che la citata soppressione del posto non abbia avuto seguito."). Nella specie, come già osservato, non vi sono indici della non effettività della decisione condominiale di abolire il servizio di portineria (indici che conforterebbero, come pure indicato, la tesi attrice della strumentalità della decisione) ed è inoltre pacifico che non sussistano possibilità di "ripescaggio", trattandosi dell'unica posizione lavorativa del (...). Anche tale difesa attrice, pertanto, risulta infondata, a fronte di un licenziamento intimato per (effettivo) g.m.o. 7. Anche le domande relative alle differenze retributive possono essere decise allo stato degli atti e debbono essere respinte. Infatti, il ricorrente, molto sinceramente, ha riferito, in sede di libero interrogatorio: "io la mattina mi sveglio molto presto e quindi attorno alle 7 apro il portone. Si tratta di una mia iniziativa, non mi è mai stato chiesto, ma io mi annoio e non saprei cosa fare". Ne risulta evidente, dunque, che alcun tipo di richiesta in tal senso è mai stata rivolta al ricorrente e, d'altra parte, è ragionevole ritenere che l'Amministratore non avesse neppure contezza di tale circostanza. Ne consegue che alcun compenso per lavoro straordinario (svolto tra le 7 e le 8 del mattino) è dovuto al ricorrente. Tale conclusione, peraltro, deriva altresì dalle previsioni del CCNL pacificamente applicabile al rapporto, che riconosce ai portieri con alloggio il diritto alla retribuzione del solo lavoro straordinario domenicale, festivo e notturno, prevedendo invece, per le prestazioni diurne, il diritto al recupero (v. artt. 43, 45, 48 CCNL 2019, doc. 18 conv., e CCNL 2013, doc. 1 ric.). Del resto, ai sensi dell'art. 16 D.Lgs. n. 66/2003, dipende dalla disciplina di maggior favore stabilita dal singolo CCNL, ogni deroga all'esclusione dall'ambito di applicazione della disciplina della durata settimanale dell'orario di lavoro, delle "occupazioni che richiedono un lavoro discontinuo o di semplice attesa o custodia elencate nella tabella approvata con regio decreto 6 dicembre 1923, n. 2657, e successive modificazioni ed integrazioni, alle condizioni ivi previste" (tabella che, al n. 3, prevede i "portinai"). E' pertanto consentita l'indicata regolamentazione, da parte del CCNL de quo, del lavoro straordinario diurno (che in assenza delle previsioni contrattuali collettive, non rileverebbe affatto). 7.1. Per quanto attiene alle indennità di apertura e/o chiusura del portone (art. 43.7 del CCNL e rinnovo), esse sono dovute solo se gli orari delle operazioni non coincidono (per disposizione datoriale) con l'inizio e il termine dell'orario di lavoro. Il fatto che l'orario di apertura del portone non coincidesse con quello d'inizio dell'attività lavorativa sarebbe dipeso, secondo la prospettazione del ricorrente (v. libero interrogatorio) - come già osservato - da una sua autonoma iniziativa, senza alcuna imposizione datoriale. Pertanto, l'indennità non può ritenersi dovuta. 7.2. Riguardo alle indennità relative al ritiro di raccomandate e pacchi, trova conferma, nelle produzioni documentali (docc. 1, 2, 3 ric.; docc. 16, 17, 18 conv.), quanto indicato dal convenuto nella propria memoria di costituzione, cioè che fino alla fine del 2019 era prevista dal CCNL vigente unicamente l'indennità per ritiro raccomandate, nella misura di euro 0,63 per condomino, nei condomini ad uso prevalentemente abitativo (uso che può ritenersi pacifico); solo il rinnovo, con decorrenza gennaio 2020, ha introdotto la nuova indennità per il ritiro di raccomandate e pacchi, pari ad euro 1,00 per unità immobiliare, nei condomini ad uso prevalente abitativo, corrisposta al ricorrente a partire dalla busta paga di febbraio 2020, con arretrati del mese precedente (euro 11,84) (v. doc. 6 ric.). 7.3. Infine, non trova alcun riscontro la circostanza, asserita dal ricorrente, peraltro in modo generico, secondo cui il "pagamento" delle varie indennità "nella voce competenze lorde mensili" ha comportato che di esse non si è tenuto conto ai fini del calcolo del TFR e degli istituti retributivi indiretti. Infatti, è agevole ricavare dalle buste paga agli atti (doc. 6 ric.) che la retribuzione utile per il calcolo del TFR, di cui alle stesse, comprende gl'importi di tutte le indennità riconosciute (indicate nell'ambito degli "elementi della retribuzione" o meno; è quest'ultimo il caso dell'indennità di reperibilità); altrettanto si desume dalle buste paga relative alla tredicesima mensilità, quest'ultima quantificata sulla base degli "elementi della retribuzione" e comprendente anche l'"indennità per tredicesima". Ne risulta, altresì, che le indennità sono state corrisposte, per intero, nei periodi di fruizione delle ferie. Il ricorso, pertanto, è totalmente infondato. 8. Le peculiarità della vicenda e la particolare novità della questione, sotto l'aspetto della valutazione della discriminatorietà di una delibera condominiale di abolizione del servizio di portineria con conseguente licenziamento del portiere, rendono equa l'integrale compensazione, tra le parti, delle spese di lite. P.Q.M. Il Giudice, definitivamente pronunciando, respinta ogni diversa deduzione, eccezione e conclusione, respinge il ricorso; compensa integralmente, tra le parti, le spese di lite. Riserva il deposito della motivazione nel termine di giorni 60. Genova, il 12 aprile 2024.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI GENOVA III SEZIONE CIVILE Il Tribunale, nella persona del Giudice dott.ssa Alessandra Mainella, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di primo grado iscritta al n. 53/2022 R.G., posta in deliberazione all'udienza del 11.01.2024, vertente tra Parte_l elettivamente domiciliato in Genova, indirizzo_l, presso lo studio dell'Avv. Fe.Be. che lo rappresenta e difende come da procura in calce all'atto di citazione in opposizione a decreto ingiuntivo; - opponente -; e Controparte_1, in persona dell'amministratorepro tempore, elettivamente domiciliato in Genova, indirizzo_2, presso lo studio dell'Avv. Lo.Ma. che lo rappresenta e difende per procura in atti della procedura RG 9376/21 del Tribunale di Genova; - opposto -; OGGETTO: opposizione a decreto ingiuntivo CONCLUSIONI DELLE PARTI: all'udienza del 11.01.2024 le parti hanno così precisato le conclusioni: parte opponente: "Voglia l'Ill.mo Giudice adito, respinta ogni istanza, deduzione ed eccezione ex adverso formulata, previ gli incombenti, accertamenti e declaratorie tutte del caso, per i motivi di cui alla narrativa: 1) In via principale: accertare e dichiarare la responsabilità ex art. 2051 c.c. del CP_1 per i danni provocati all'immobile del sig. Parte_1 e per l'effetto stabilire la misura del risarcimento dovuto nella somma di Euro 3.412,06 oltre IVA, dichiarando la compensazione dei crediti azionati con il decreto ingiuntivo n. 3210/2021 pronunciato dal Tribunale di Genova nel procedimento monitorio recante n. R.G. 9376/2021; 3) sempre in via principale: in virtù del superiore accertamento accertare e dichiarare la nullità e/o l'inefficacia e/o l'invalidità e/o, comunque, l'illegittimità del decreto ingiuntivo n. 3210/2021 pronunciato dal Tribunale di Genova nel procedimento monitorio recante n. R.G. 9376/2021, e, conseguentemente, revocare, dichiarare nullo e/o illegittimo e/o annullare lo stesso e/o comunque, in ogni caso, dichiarare infondate le avversarie domande, mandando assolto in ogni caso l'esponente da ogni avversaria pretesa; 4) In via riconvenzionale: accertare e dichiarare l'inadempimento del CP_1 agli obblighi di custodia e manutenzione delle parti comuni, e per l'effetto condannarlo al risarcimento di tutti i danni patrimoniali e non patrimoniali, patiti e patiendi dal sig. Parte_1 nella misura di Euro 3.412,06 oltre IVA; 5) In via subordinata, per la denegata ipotesi di accoglimento, anche parziale, delle domande avversarie, operare la compensazione tra l'importo di Euro 3.412,06 oltre IVA le somme che eventualmente risultassero dovute dal conchiudente alla opposta, disponendo pertanto la relativa condanna della parte che risultasse debitrice, al pagamento 6) In ogni caso, con vittoria di compensi e spese di lite"; parte opposta: "Piaccia al Tribunale Ill.mo, previe l pronunce del caso, contrariis reiectis, preliminarmente di accertare e dichiarare la nullità dell'atto di citazione ex adverso per le ragioni di cui alla parte narrativa. Subordinaamente nel merito vorrà il Tribunale Ill.mo respingere sia l'opposizione ex adverso che tutte le domande formulate da controparte, nessuna esclusa e/o eccettuata, per le ragioni di cui alla parte narrativa. In ogni caso con condanna dell'attore al pagamento a favore del condominio delle somme monitoriamente richieste, spese comprese, e delle spese e competenze della presente causa". MOTIVI DELLA DECISIONE Parte_1 ha convenuto in giudizio il CP_1 sito in Genova Controparte_1 2, proponendo opposizione avverso il decreto ingiuntivo n. 3210/2021 con il quale il Tribunale di Genova lo ha condannato al pagamento della somma di Euro 7.219,76, oltre interessi e spese giudiziali. A sostegno dell'opposizione, l'opponente ha esposto di aver omesso il pagamento delle spese condominiali in quanto l'appartamento di sua proprietà e sito nel CP_1 convenuto è stato gravemente danneggiato da un'infiltrazione proveniente dal canale di gronda, che sarebbe rimasto bucato e gocciolante per molti anni, nonostante i ripetuti solleciti inviati all'amministratore. Ha aggiunto che quest'ultimo si è limitato a far eseguire i lavori di rifacimento della grondaia, ignorando la richiesta di intervento all'interno dell'appartamento di sua proprietà e che, anziché far intervenire la compagnia assicurativa del CP_2 provvedere al ripristino dello stato dell'immobile, ha agito in via monitoria per recuperare il proprio credito. A causa dell'omesso intervento da parte del CP_1 l'immobile ha subito diversi danni sia alle pareti che al mobilio, danni che sono stati eliminati mediante l'intervento di ripristino effettuato dall'impresa edile (...), per un totale pari ad Euro 5.445,00 (oltre IVA). Il Condominio sito in Genova, Controparte_1, costituitosi in giudizio, ha contestato i motivi di opposizione formulati da Parte_l In particolare, ha eccepito la prescrizione del diritto ex adverso vantato, affermando che l'attore ha genericamente affermato che gli asseriti danni all'interno del suo immobile si sarebbero verificati molti anni prima del 2019, ha negato che la gronda possa aver causato i danni lamentati da Parte_l e ha contestato la fattura n. 24/2020 relativa ai lavori di ripristino realizzati da parte attrice. Infine, ha ribadito che il credito posto a fondamento del decreto ingiuntivo n. 3210/2021 è credito liquido ed esigibile, in quanto i piani di riparto sui quali si fonda sono stati approvati nell'ambito di un'assemblea condominiale e che la relativa delibera non è stata oggetto di opposizione da parte dell'odierno opponente mentre il controcredito vantato da quest'ultimo è contestato e non provato. Così riassunte le posizioni delle parti, si evidenzia che Parte_l non ha contestato la debenza della somma di cui al decreto ingiuntivo ma ha eccepito l'esistenza di un controcredito risarcitorio scaturente dalle infiltrazioni verificatesi nell'appartamento di sua proprietà e derivanti da una parte comune del CP_1 L'opponente, infatti, ha sostenuto che il suo immobile è stato gravemente danneggiato da infiltrazioni derivanti dal canale di gronda rimasto bucato e gocciolante per anni, nonostante i vari solleciti inviati all'amministratore. Il protrarsi di tale fenomeno ha pertanto causato degli ammaloramenti nonché la diffusione di muffa in diverse stanze della sua abitazione, come risulta dalle fotografie prodotte unitamente all'atto di citazione in opposizione (cfr. produzione n. 4 attore). L'effettiva sussistenza di quanto lamentato dall'opponente e la sua riconducibilità ad una parte comune non è stata contestata dal CP_1 opposto, il quale, invece, ha espressamente riconosciuto l'imputabilità dello stesso ad una parte comune. Come risulta, infatti, dal verbale di assemblea del 24 aprile 2018, tra gli argomenti posti all'ordine del giorno era stato inserito al punto 2 "Delibera con scelta del preventivo per danni da infiltrazione che danneggiano gravemente l'appartamento del Sig. Parte_1 di lndirizzo_3" e l'assemblea aveva deliberato come di seguito: "Viene fatto rilevare che durante l'ultimo intervento dell'alpinista a fine 2017 per la sistemazione della rete antipiccione non è stata fatta la pulizia dei canali di gronda nel cavedio, come evidenziato da più condomini. Dovrà essere controllato il lavoro eseguito dagli alpinisti di cui sopra. Inoltre, dovrà essere verificata la possibilità di eseguire il lavoro al solo canale di gronda tramite tecniche alpinistiche per scongiurare le attuali infiltrazioni all'immobile dell'ultimo piano." (cfr. produzione n. 2 - terza memoria ex art. 183, VI comma, c.p.c. convenuto opposto). Inoltre, successivamente all'adozione di tale delibera, il CP_1 ha appositamente incaricato un'impresa per effettuare gli interventi di riparazione 3 e 4 unitamente alla terza memoria ex art. 183 VI comma c.p.c. da parte del CP_1 convenuto e ha, dunque, provveduto ad eliminare le cause dei danni all'appartamento di propretà di Parte_l ma non ha risarcito i danni lamentati da quest'ultimo e dallo stesso quantificati in Euro 5.445,00 (oltre IVA), come risulta dalla fattura n. 24/2020 (cfr. produzione n. 5 atto di citazione in opposizione). Al fine di determinare la congruità della richiesta risarcitoria formulata da parte attrice, accertamento che si è rivelato di non particolare complessità, si è svolta nel corso del giudizio la consulenza tecnica d'ufficio che ha quantificato i costi per l'esecuzione degli interventi di ripristino dei danni a seguito delle infiltrazioni lamentate nella somma pari ad Euro 3.412,06 (oltre I.V.A.), utilizzando come base il Prezzario delle Opere Edili della Regione Liguria, con i prezzi unitari riferiti all'anno 2023 (cfr. pagina 5 della consulenza tecnica d'ufficio e allegato 6 della CTU). Ciò posto e considerato che la giurisprudenza di legittimità in diverse pronunce ha ribadito che il CP_1, in qualità di custode delle parti comuni risponde ai sensi di quanto previsto dall'art. 2051 c.c. dei danni da queste cagionati alla porzione di proprietà esclusiva di uno dei condomini (in tal senso, cfr. Cass. n. 7044/2020 e Cass. n. 23823/2022) e che sussistono gli elementi per ritenere integrata una compensazione impropria, dal momento che le reciproche partite di dare e avere derivano del medesimo rapporto giuridico relativo alla gestione condominiale, va disposta la revoca del decreto ingiuntivo n. 3210/2021 e parte opponente va condannata al pagamento all'opposto della somma di Euro 3.466,49 (pari a Euro 7.219,76 - Euro 3.753,27 che corrisponde ad Euro 3.412,06 + I.V.A.), oltre interessi dalla domanda al saldo. Le spese di lite, stante la parziale soccombenza dell'opponente ma tenuto conto che quest'ultimo, all'udienza del 20.12.2022, diversamente dall'opposto, ha accettato la proposta conciliativa formulata dal Giudice con provvedimento del 24.11.2022 avente contenuto sostanzialmente identico a quello della presente decisione, vengono integralmente compensate. Nulla viene disposto in ordine alle spese di CTU in difetto di richiesta di liquidazione da parte del consulente tecnico d'ufficio. P.Q.M. Il Tribunale di Genova, definitivamente pronunciando, ogni diversa domanda, istanza, eccezione e deduzione reietta, così provvede: - revoca il decreto ingiuntivo n. 3210/2021; - condanna Parte_l a corrispondere al Condominio sito in Genova (...) CP_1, in persona dell'amministratore pro tempore, la somma di Euro 3.466,49, oltre interessi dalla domanda al saldo; - compensa integralmente tra le parti le spese di lite; - nulla per le spese di CTU. Così deciso, in Genova 12 aprile 2024

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE di GENOVA TERZA SEZIONE CIVILE In persona del giudice Unico dott. Ada Lucca ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa iscritta al n. 6464/2022 promossa da: Parte_1 C.F.: CodiceFiscale_1, con gli avv. An.Ni. e Pa.Ba. PARTE ATTRICE CONTRO Controparte_1 C.F. C.F._2 con l'avv. An.Pi. PARTE CONVENUTA CONCLUSIONI DELLE PARTI rassegnate con lo scambio di note ex art. 127 ter c.p.c. all'udienza di precisazione delle conclusioni in data 28.11.2023, PER PARTE ATTRICE: "Voglia l'Ill.mo Tribunale adito, contrariis reiectis, previo accertamento del possesso pubblico, pacifico, esclusivo ed ininterrotto da parte del Sig. Parte_1 dell'appartamento sito in Comune di Moneglia, lndirizzo_1, così identificato al NCEU del Comune di Moneglia Foglio, Particella Sub. 7 vani e del locale ad uso box sito nel medesimo stabile in Comune di Moneglia, lndirizzo_2 (già) I, così identificato al NCEU del Comune di Moneglia 2, Consistenza mq, nel merito, dichiarare il Sig. Parte_2 proprietario esclusivo dei predetti immobili, in virtù dell'intervenuta usucapione del relativo diritto di proprietà e conseguentemente, ordinare la trascrizione dell'emanando, sentenza al Conservatore dei Registri Immobiliari ed ogni altra relativa incombenza, con esonero dello stesso da ogni responsabilità; in via istruttoria, ammettere le istanze istruttorie - da aversi qui integralmente richiamate e trascritte - dedotte nell'atto di citazione 3.07.2022, nella memoria ex art. 183, comma 6, n. 2 c.p.c. del 15.09.2023 e nella memoria ex art. 183, comma 6, n.3 c.p.c. del 6.10.2023; in via istruttoria, respingere le istanze istruttore avversarie per i motivi di cui alla memoria ex art. 183, comma 6, n.3 c.p.c. del 6.10.2023 e nella denegata e non creduta ipotesi di ammissione, ammettere comunque la prova contraria ivi dedotta. Vinte le spese". PER PARTE CONVENUTA: "Piaccia al Tribunale Ill.mo, contrariis reiectis, previa ogni più opportuna declaratoria e previa ammissione delle prove dedotte e non ammesse, 1) rigettare tutte le domande attoree in quanto infondate e/o non dimostrate; 2) vinte le spese". Concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione Con atto di citazione ritualmente notificato Controparte_l ha citato in giudizio Parte_l esponendo di essere nel possesso ultraventennale, continuo e pacifico dei seguenti immobili: 1) appartamento sito in Comune di Moneglia, indirizzo_l, identificato al NCEU del Comune di Moneglia Foglio ..., Particella ... Sub ..., Rendita Euro 741,12, ...7 vani; 2) locale ad uso box sito in Comune di Moneglia, indirizzo_l (già), I, identificato al NCEU del Comune di Moneglia Foglio 2, Consistenza mq; In particolare, l'attore esponeva: - che a far data dal 27.06.1987 risiedeva stabilmente nell'appartamento come risultava dal certificato storico di residenza e utilizzava il box d; pertinenza dell'immobile; - che i beni immobili erano di proprietà del fratello Controparte_l che li aveva acquistati con i seguenti atti: - appartamento int. 27: atto a rogito Persona_1 del 30.07.1968, Rep. 194020, trascritto il 26.08.1968 in Chiavari al Reg. Ord. 739 Per_2 n. 4850, Reg. Part. Volume 1795 n. 4094 (doc. 04); .. box, lettera I: atto a rogito Notaio Persona_3 del 27.11.1971 Rep. 18849, Racc. 9364, trascritto il 1.12.1971 ir Chiavari al Reg. Ord. 797 Per_2 n. 7936, Reg. Part. Volume 2393 n. 6797; - che non era mai stata contestata la proprietà degli immobili in capo all'attore seppur formalmente gli stessi fossero intestati al fratello; - che con "mail datata 1C.03.2015 h 18:10 (doc. 06), ha chiesto all'esponente di "trovare una formula" per trasferirsi la proprietà di Indiriz_1 che era "nominalmente" di sua "proprietà, ma non in pratica"; il convenuto ha aggiunto poi che egli sperava "di non avere l'obbligo di dovere dichiarare ciò di cui non" poteva usufruire"; - di aver sempre partecipato alla vita condominiale prendendo parte alle assemblee ed alle decisioni di spettanza dell'assemblea condominiale e di ricoprire la carica di consigliere condominiale; - di aver pagato tutte le spese sia di ordinaria che di straordinaria amministrazione inerenti agli immobili de quo; - di essersi fatto carico di tutti i lavori di straordinaria manutenzione quali ad esempio acquisto climatizzatori, lavori di ristrutturazione straordinaria del bagno e della cucina; - di essere intestatario dal 2006 del contratto di fornitura elettrica, dal 2004 della fornitura del gas, della linea internet dal 2000 e dell'abbonamento alla televisione satellitare; Su tali presupposti, l'attore chiedeva di accertare e dichiarare l'avvenuto acquisto per intervenuto usucapione della piena proprietà degli immobili come sopra descritti. Con comparsa di costituzione e risposta depositata il 19.04.2023 si costituiva in giudizio Parte_l contestando la domanda attorea in quanto infondata in fatto ed in diritto. Il convenuto esponeva che: - i beni immobili de quo erano sempre stati di sua proprietà e che aveva concordato con il fratello che quest'ultimo avrebbe potuto abitare l'appartamento interno 30 e utilizzare il box a titolo di cortesia, pagando in compenso tutte le spese relative ai medesimi immobili; - che tale circostanza era nota a tutti coloro frequentavano la famiglia per motivi sia lavorativi che non lavorativi quali ad esempio il commercialista dott. Controparte_2 che si occupava di amministrare i beni di Controparte_l o la compagna del padre dei fratelli Persona_4; - che aveva concesso in uso al fratello i beni immobili di sua proprietà in virtù del rapporto di parentela; - che la titolarità della proprietà dei beni immobili oggetto di causa era pacifica ed anche dimostrata dai documenti versati in atti quali la corrispondenza e la contabilità redatta dall'amministratore del condominio (doc. 3-4-5), la corrispondenza con il Notaio incaricato dall'amministratore di stipulare l'atto di vendita del locale portineria (doc.6), la relazione predisposta, su incarico dell'Amministratore, dall'Arch. cp_3 riguardo la variazione delle quote millesimali conseguente alla vendita dell'alloggio portineria (doc. 7). - che l'Ufficio Tributi del Comune di Moneglia si era relazionato con CP_1 (...) e non con Parte_l a proposito dell'IMU (doc. 8, dove la dicitura "IMMOBILE CAVERI 13.570.31" era riferita all'appartamento interno ..., catastalmente identificato con il foglio, il mappale e il subalterno, cfr. visura catastale doc. 1 attore). Il convenuto deduceva inoltre che il documento 6 prodotto dall'attore, ovvero l'e-mail del 10.03.2015, contrariamente a quanto affermato dallo stesso Parte_l costituiva la dimostrazione che l'utilizzo del bene avveniva per tolleranza del legittimo proprietario e che nella stessa e-mail era contenuta la manifestazione esteriore con la quale il proprietario aveva esplicitato al detentore il venir meno della disponibilità a protrarre la tolleranza ed a voler pertanto cambiare lo stato di fatto. Sulla scorta di tali premesse il convenuto chiedeva il rigetto della domanda attorea in quando infondata e non dimostrata. Motivi della decisione La peculiarità del caso concreto è lo stretto rapporto di parentela intercorrente tra attore e convenuto. Tale vincolo infatti determina una presunzione di tolleranza degli atti compiuti da Parte_l per spirito di fratellanza e cortesia, senza che ciò solo possa implicare disinteresse del proprietario nei confronti del bene. Nella generalità dei casi, l'esercizio di attività sul bene per lungo tempo lascia supporre il disinteresse del titolare. "In materia di acquisto per usucapione di diritti reali immobiliari, poiché l'uso prolungato nel tempo di un bene non è normalmente compatibile con la mera tolleranza, essendo quest'ultima configurabile, di regola, nei casi di transitorietà ed occasionalità, in presenza di un esercizio sistematico e reiterato di un potere di fatto sulla cosa spetta a chi lo abbia subito l'onere di dimostrare che lo stesso è stato dovuto a mera tolleranza." (Cass. civ. n. 9275/2018). Diversa però è la situazione nel caso che qui ci occupa essendo il proprietario parente stretto dell'utilizzatore. Infatti, la reiterazione di tali attività, senza opposizione del fratello, si presume, sempre, che sia avvenuta per tolleranza salvo prova contraria. Sul punto la Cassazione Civ. sez. II, con sentenza del 30/07/2019, n. 20508, ha statuito che "in materia di usucapione, nell'indagine diretta a stabilire se una attività corrispondente all'esercizio della proprietà o altro diritto reale sia stata compiuta con l'altrui tolleranza ex art. 1144 c.c., e sia, perciò, inidonea all'acquisto mediante possesso, la lunga durata dell'attività medesima può integrare un elemento presuntivo della esclusione di detta situazione di tolleranza e della sussistenza di un vero e proprio possesso. Tale presunzione, tuttavia, è inoperante quando la tolleranza si colleghi a un rapporto di parentela tra i soggetti interessati, giacché lo stretto legame familiare consente al dominus di esimersi dalla necessità di rivendicare periodicamente la piena titolarità della res nei confronti del parente beneficiario del godimento del bene. Il protrarsi nel tempo di un'attività corrispondente all'esercizio della proprietà o di altro diritto reale, può, dunque, integrare un elemento presuntivo di esclusione della tolleranza solo nei rapporti labili e mutevoli, ma non nei casi di vincoli di stretta parentela, nei quali è plausibile il mantenimento di un atteggiamento tollerante anche per un lungo arco di tempo". Tale principio contrasta con la tesi attorea a sostegno dell'avvenuta usucapione ove Parte_l ritiene, contrariamente a quanto sostenuto dal fratello che nel caso di specie, la tolleranza è totalmente esclusa dall'intensione del possesso operata dallo stesso Parte_l nei confronti degli eredi del padre e dalla lunghissima durata del possesso (oltre quarant'anni). Occorre evidenziare che per la prima volta solo in seconda memoria, in merito all'interversione del possesso, l'attore asserisce che sarebbe avvenuta: "A seguito del decesso del padre sig. CP_4 nel 1985 ed all'apertura della successione dello stesso, l'odierno attore, avendo trovato che il fratello CP_1 aveva già largamente beneficiato dei beni che erano del padre e che avrebbero dovuto essere oggetto di successione, ha deciso di impossessarsi dell'abitazione di lndirizzo_1 e del pertinenziale box, mettendo in atto un'interversione del possesso nei confronti dei coeredi del defunto padre (il fratello CP_1 la sorella Controparte_5 e la mamma Persona_5". Allo stesso modo, solo in seconda memoria l'attore asserisce di detenere in via esclusiva le chiavi dell'appartamento e del garage, elemento che non era stato allegato prima e viene indicato in modo generico, senza affermare che così sarebbe avvenuta una interversione del possesso. In citazione, infatti, la sostituzione della porta blindata era indicata come una delle opere di manutenzione straordinaria effettuate dall'attore. Le allegazioni di cui sopra sono quindi tardive. L'attore non ha quindi allegato e provato elementi idonei ad integrare una interversione del possesso a dimostrazione dell'avvenuto mutamento dell'originario "animus detinendi" in "animuspossidendi". Non è dunque provata sulla base degli elementi dedotti una situazione di possesso esclusivo di Parte_l sui beni in questione. E ciò, avuto riguardo, anzitutto, allo stretto rapporto di parentela esistente tra le parti in causa che rende verosimile un godimento del bene a titolo di cortesia da parte del fratello. Il rapporto di parentela, a maggior ragione, giustifica atteggiamenti di accondiscendenza e quindi di tolleranza rispetto a forme di godimento esclusivo di lunga durata. L'attore ha riproposto le istanze istruttorie: sulle stesse si ribadisce quanto all'ordinanza del 20.10.2023, risultando i cap. 1, 5, 8-12 irrilevanti, i cap. 2, 3 e 4 valutativi e generici, il cap. 6 pacifico e irrilevante, il cap. 7 pacifico ed il cap. 13 generico e valutativo. In nessun punto l'attore si è offerto di provare un preciso momento nel quale sia intervenuta un'interversione del possesso, che deve presumersi iniziato per tolleranza. Quanto al capitolo 2 in particolare, in esso si riferisce genericamente della sostituzione della serratura: nell'atto di citazione e nella prima memoria non si fa alcun riferimento ad una sostituzione della serratura come momento di opposizione al precedente proprietario e si parla soltanto, invece, tra molti altri lavori di manutenzione, della sostituzione della porta con una porta blindata, attività che comporta ovviamente la sostituzione della serratura. Non sono inoltre sufficienti ai fini dell'usucapione il pagamento delle utenze o degli oneri condominiali effettuati da parte attrice che, per mera tolleranza o accordo con il fratello, utilizzava i beni immobili provvedendo a sostenerne le relative spese. Anche le cospicue ed incontestate attività di manutenzione anche straordinaria (inclusa la sostituzione della porta preesistente con altra blindata come indicato in citazione) trovano giustificazione nell'utilizzo- poco importa se tollerato o frutto di preciso accordo- da parte del fratello. Rileva come momento di interversione del possesso la comunicazione e - mail del 10.03.2015 (doc. 6 di parte attrice) ove si evidenzia la volontà del convenuto di porre fine alla situazione di fatto sino ad allora tollerata per il legame di parentela con il fratello: da quella data, perdurando l'occupazione, è avvenuta interversione del possesso ai sensi dell'art.1164 c.c. utile ai fini dell'usucapione. Non è in relazione a tale momento decorso il termine ventennale per l'usucapione. La domanda attorea risulta infondata e non merita accoglimento. SPESE DI LITE Le spese di lite seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo. P.Q.M. Il Tribunale, definitivamente pronunciando: RIGETTA la domanda attorea; CONDANNA Parte_l a rifondere al convenuto le spese di lite che liquida in euro 9.000,00 per compensi, oltre spese generali, Iva e Cpa come per legge. Si comunichi. Genova, il 21 marzo 2024.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE DI GENOVA - SEZIONE I - IN COMPOSIZIONE MONOCRATICA Dr.ssa ELISABETTA RIZZO All'udienza predibattimentale del 19 marzo 2024 ha pronunciato e pubblicato la seguente SENTENZA (con motivazione contestuale ai sensi dell'art.554 ter comma 1 c.p.p.) nei confronti di: Be.Am., nato in A. il (...) Assistito e difeso dal difensore di fiducia dall'avv. Ce.Pa. del Foro di Genova presso il cui studio è elettivamente domiciliato (nomina ed elezione del 24/09/2020) LIBERO - ASSENTE IMPUTATO (In concorso con Ag.Mo. per il quale si proceduto separatamente) Del reato previsto e punito dagli artt. 110, 56, 633- 639 bis del codice penale perché, in concorso tra loro, compivano atti idonei diretti in modo non equivoco ad invadere arbitrariamente, al fine di occuparlo, l'immobile sito in G., Via M. 59/45, di proprietà del Comune di Genova e gestito da ARTE, forzando la porta di ingresso con un piede di porco, non riuscendo nell'intento per l'intervento delle forze dell'ordine. Fatto commesso in Genova il 26.04.2020 SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI CONTESTUALI DELLA DECISIONE Con decreto di citazione regolarmente notificato il P.M. presso il Tribunale di Genova conveniva in giudizio davanti al medesimo Tribunale in composizione monocratica Be.Am. per rispondere del reato di cui in epigrafe, in concorso con Ag.Mo. (per il quale si è proceduto separatamente). All'udienza predibattimentale del 15/2/2024, il difensore dell'imputato, munito di procura speciale, faceva richiesta di rito abbreviato. All'udienza odierna le parti precisavano le conclusioni come da verbale, chiedendo concordemente l'assoluzione dell'imputato. In fatto Dalla documentazione istruttoria, acquisita stante la scelta del rito, emerge che il 26/4/2020 una pattuglia veniva inviata al civico n. 59 di Via M., a seguito della segnalazione di un inquilino, il quale aveva notato due persone con carnagione olivastra, con a seguito un cane, che stavano cercando di forzare il portone di ingresso dell'interno 45. In particolare, il richiedente riferiva che, a breve, era prevista, la demolizione dell'intera palazzina e, al momento, erano presenti nello stabile solo sei occupanti, in attesa di trasloco e lui era l'unico del suo piano. Il giorno dei fatti aveva sentito suonare al citofono e poi udito dei rumori sospetti provenire in corrispondenza dell'interno 45, che era l'unico che non aveva la porta sbarrata, in quanto i relativi occupanti si erano trasferiti per ultimi. Giunta sul posto, la pattuglia rintracciava i due soggetti come sopra indicati, ancora intenti a forzare la porta, i quali alla loro vista smettevano immediatamente, facendo cadere a terra gli attrezzi all'uopo utilizzati, che venivano posti sotto sequestro. I due fermati, sprovvisti di documenti, venivano portati negli uffici dove venivano identificati nell'odierno imputato e in Ag.Mo. (per il quale si è proceduto separatamente). In diritto I dati istruttori come sopra riassunti non consentono di ritenere provata la penale responsabilità dell'imputato per il reato tentato a lui contestato, per le ragioni che seguono. L'imputato è stato fermato non all'interno dell'alloggio, ma mentre cercava di forzare la porta dell'interno 45. Né nelle dichiarazioni del vicino di casa che ha richiesto l'intervento, né nella annotazione di servizio, si dà atto che l'imputato o l'altro fermato (giudicato separatamente) avessero con sé vestiti o altri effetti personali dai quali sia possibile inferire prova dell'intenzione non solo di forzare la porta, accendendo quindi all'alloggio, ma anche di stabilirsi al suo interno per porre in essere un'occupazione. Viceversa, per la configurabilità del reato di occupazione abusiva è richiesto il dolo specifico del fine di occupare l'immobile occuparlo in maniera non occasionale o di trarne altrimenti profitto che deve essere probatoriamente desunto da elementi ulteriori, che univocamente consentano di ravvisarlo. In particolare, secondo quanto chiarito dalla Cassazione occorre la dimostrazione che l'imputato, con la sua azione, si prefigga di dare inizio ad un possesso dello stesso che non sia meramente transitorio ed occasionale (ad esempio di trascorrervi semplicemente una notte), ma finalizzato a spogliarne il titolare dello ius excludendi, per un apprezzabile lasso di tempo (Cass. Sez. II, 18/11/2014, n. 2670 - 50659/14 fattispecie in cui è stata esclusa la configurabilità del tentativo di occupazione abusiva). La questione relativa alla configurabilità del reato diviene evidentemente ancor più problematica nel momento in cui, come nel caso di specie, la condotta si è arrestata al mero livello di tentativo in quanto, in assenza di una occupazione protrattasi per un apprezzabile lasso di tempo, l'elemento indicatore del dolo specifico (il fine di occupare l'immobile o di trame profitto) deve essere probatoriamente desunto da elementi ulteriori che univocamente consentano di ravvisarlo (v. Cass. sez. II, 50659/2014 cit.). Nella specie, difetta il riscontro di elementi oggettivi dai quali dedurre che con il tentativo, poi abortito, di forzatura della porta di ingresso dell'immobile, l'imputato si prefiggesse di porre in essere una occupazione non meramente transitoria dell'alloggio del quale non avevano le chiavi (tanto è vero che cercava di forzare la porta) e che fino a poco prima era stato abitato dal precedente occupante (vedi SIT Carlino). In questa situazione, non vi sono quindi concreti ed univoci elementi per ritenere che l'imputato abbia agito col fine di dare inizio ad una occupazione non meramente transitoria od occasionale dell'alloggio. Il che impone - in accoglimento della concorde richiesta delle parti - la relativa assoluzione dal reato a loro ascritto in rubrica, ai sensi dell'art. 530, comma 2, c.p.p. perché il fatto non sussiste. Va disposta la confisca e distruzione degli arnesi di scasso in sequestro. P.Q.M. Visti gli artt. 438 e ss. e art. 530 comma 2 c.p.p. ASSOLVE Be.Am. dal reato a lui ascritto perché il fatto non sussiste. Visto l'art. 240 c.p. dispone confisca e distruzione di quanto in sequestro. Così deciso in Genova il 19 marzo 2024. Depositata in Cancelleria il 19 marzo 2024.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE DI GENOVA - SECONDA SEZIONE PENALE - IN COMPOSIZIONE MONOCRATICA Giudice Dr. Alberto BARILARI (G.O.P.) in data 22 gennaio 2024 in pubblica udienza ha pronunciato e pubblicato, mediante lettura del dispositivo, la seguente SENTENZA A seguito di giudizio abbreviato nei confronti di: Me.Jo., nato a G. il (...) ed ivi residente in Via Q. 3/1; elettivamente domiciliato presso il difensore di fiducia Avv. Ma.Ca. del Foro di Genova. Assistito e difeso dal difensore di fiducia Avv. Ma.Ca. del Foro di Genova (nomina del 31.07.2020, elezione di domicilio del 31.07.2020) LIBERO - PRESENTE IMPUTATO 1) del reato p. e p. dall'art. 648 c.p. perché, al fine di procurare a sé o ad altri un profitto, acquistava o comunque riceveva da ignoti, consapevole della relativa Provenienza illecita, nn. 5 lubrificanti Du. e nn. 9 bottigliette di collutorio marca Li. oggetto di furto commesso da ignoti in Genova in data 26/09/2019 in danno dell'esercizio commerciale "Ac." punto vendita di Via S. M. n. 2 Accertato in G., il 26/09/2019 2) del reato p. e p. dall'art. 4 L. n. 110 del 1975 per avere portato fuori della propria abitazione e delle appartenenze di essa, senza giustificato motivo, due coltelli da cucina della lunghezza di cm 20 e lama rispettivamente di cm 10 e 11 detenuti, il primo nella borsa che aveva a tracolla e il secondo all'interno di un borsello posizionato sotto il sedile anteriore lato conducente del suo veicolo trg (...). Accertato in Genova il 26/09/2019 MOTIVI DELLA DECISIONE 1. L'imputato Me.Jo. è stato citato a giudizio per rispondere dei reati previsti dagli artt. 648 c.p. e 4 L. n. 110 del 1975, per aver acquistato o ricevuto la merce indicata nell'imputazione, provento di furto ai danni dell'esercizio commerciale Ac. sito in G., Via S. M. 2, commesso il 26/9/2019, e per aver portato fuori dalla propria abitazione, senza giustificato motivo, due coltelli da cucina aventi lama della lunghezza di cm. 10 e 11; fatti accertati in Genova il 26/9/2019. 2. All'udienza di comparizione del 15/12/2023 il difensore dell'imputato non comparso ha depositato richiesta scritta di giudizio abbreviato sottoscritta dall'imputato. Comparso personalmente all'udienza odierna, l'imputato ha reso spontanee dichiarazioni e il difensore ha depositato relazione del S. ed esibito assegno circolare dell'importo di Euro 50,00 destinato alla persona offesa. Le parti hanno effettuato la discussione orale, rassegnando le conclusioni riportate in epigrafe. 3. Dalla lettura della annotazione di servizio allegata alla comunicazione della notizia di reato, utilizzabile per la decisione per il rito prescelto, si apprende che il giorno 26/9/2019, intorno alle ore 9:30, personale della Questura di Genova, in servizio di pattuglia appiedato in Via (...), procedeva al controllo di un soggetto di giovane età che, alla vista degli agenti, aveva cercato di allontanarsi. Alla richiesta di mostrare il contenuto della borsa che aveva a tracolla, il ragazzo opponeva un rifiuto, per cui gli agenti procedevano ad effettuare una perquisizione personale. All'esito della perquisizione veni vano rinvenuti all'interno della borsa un coltello da cucina e numerosi articoli di parafarmacia (n. 5 lubrificanti "Du." e n. 9 colluttori "Li."), unitamente ad uno scontrino rilasciato dal punto vendita Ac. e Sa. di Via (...) alle ore 8:48 del giorno stesso e relativo all'acquisto di un colluttorio "An.". Il ragazzo non forniva spiegazione della provenienza dell'altra merce trovata in suo possesso. La perquisizione veniva estesa all'autovettura di proprietà del ragazzo, al cui interno, sotto il sedile del conducente, veniva rinvenuto un borsello nero contenente un altro coltello da cucina. Gli agenti contattavano quindi la responsabile del negozio Ac., Z.M., che confermava che la merce rinvenuta, del valore complessivo di Euro 78,51, risultava regolarmente inventariata come presente negli scaffali e non venduta. Il ragazzo veniva identificato nell'odierno imputato attraverso l'esibizione del documento di identità ed il successivo fotosegnalamento. I due coltelli venivano posti in sequestro e la merce restituita. All'udienza odierna l'imputato ha ammesso di aver rubato la merce che aveva nella borsa, spiegando che all'epoca dei fatti stava passando un momento difficile dovuto alla tossicodipendenza. Quanto al possesso dei due coltelli, l'imputato ha dichiarato che gli stessi gli servivano per il lavoro di macellaio che svolgeva a quell'epoca. L'imputato ha anche dichiarato di aver raccolto la somma di Euro 50,00 da offrire alla persona offesa per il tramite del proprio difensore. 4. Gli elementi che emergono dalla lettura dell'annotazione di servizio inducono ad escludere la qualificazione del fatto contestato come ricettazione al capo 1) dell'imputazione ed a riqualificare il fatto contestato come furto. Preliminarmente si deve osservare che, per giurisprudenza consolidata, è consentita la qualificazione come furto della condotta avente ad oggetto lo stesso bene del quale sia stata originariamente addebitata la ricettazione: sussiste infatti tra le due condotte una sostanziale immutazione del fatto, costituito nella sua essenzialità dall'acquisizione del possesso di un oggetto sottratto al legittimo proprietario, differenziandosene solo per le modalità dell'acquisizione cfr. Cass. Pen, Sez. V, 24 novembre 2015 n. 12526. Nel merito, sussistono elementi decisamente gravi, inequivocamente precisi e concordanti, che concorrono tutti a far ritenere senza dubbio accertata la condotta di furto in capo all'odierno imputato. La dichiarazione confessoria dell'imputato trova certa conferma nelle circostanze riportate nell'annotazione di Polizia, da cui emerge che l'imputato fu fermato alle ore 9:30 e sulla sua persona, oltre alla merce oggetto del furto, fu rinvenuto lo scontrino relativo ad un acquisto effettuato alle ore 8:48 della medesima mattina presso il negozio ove fu commesso il furto. Deve dunque ritenersi integrata, nei suoi elementi materiale (l'impossessamento della cosa altrui) e soggettivo (il fine di trame profitto, anche solo in termini di utilità), la fattispecie prevista dall'art. 624 c.p. e non invece quella di ricettazione contestata in imputazione. 5. La condizione documentata di tossicodipendenza e la manifestata volontà risarcitoria rappresentano elementi positivamente apprezzabili ai fini della concessione delle circostanze attenuanti generiche. 6. Nei fatti accertati deve ritenersi integrata anche la contravvenzione contestata al capo 2) dell'imputazione. Non vi è dubbio che i due coltelli rinvenuti nel possesso dell'imputato, uno sulla sua persona ed uno sotto il sedile della propria auto, per quanto di piccole dimensioni, sono oggettivamente qualificabili, per le loro caratteristiche (lama affilata e appuntita), come strumenti da punta e da taglio atti ad offendere. Sussiste, inoltre, l'elemento soggettivo tipico della contravvenzione contestata, rappresentato dalla coscienza e volontà della condotta, desumibile dal fatto che i due coltelli erano custoditi uno all'interno della borsa che l'imputato aveva con sé e l'altro sotto il sedile della propria auto. Il possesso dei due coltelli non appare giustificato da alcun valido motivo oggettivo. Il giustificato motivo, la cui sussistenza esclude l'integrazione della fattispecie, rappresenta un elemento materiale e non meramente soggettivo, per cui, anche in presenza di eventuali giustificazioni fomite dal fermato, la giustificazione deve in ogni caso risultare compatibile conia sussistenza di particolari esigenze dell'agente che siano perfettamente corrispondenti a regole comportamentali lecite in relazione alle circostanze cfr. Cass, pen., Sez. IV, 6 ottobre 2005 n. 11356. Nel caso di specie, non emergono dagli atti utilizzabili elementi specifici che facciano ritenere obiettivamente ed in concreto riconducibile il possesso del coltellino da parte dell'imputato ad un giustificato motivo oggettivo, segnatamente a quello genericamente indicato dallo stesso con le dichiarazioni spontanee rese in udienza. 7. Il fatto, per la natura e le dimensioni dei due coltelli, appare senz'altro sussumibile nella fattispecie di lieve entità descritta nella seconda parte del terzo comma dell'art. 4 L. n. 110 del 1975. 8. In relazione al fatto così ricostruito e qualificato, tuttavia, la natura e le dimensioni dei due coltelli (normali coltelli da cucina con lama seghettata di cm. 10) e le modalità della condotta (un coltello era custodito all'interno di una borsa a tracolla e l'altro all'interno di un borsello collocato sotto il sedile dell'auto) mettono in luce una obiettiva esiguità del pericolo, derivante dalla non immediata utilizzabilità degli stessi, per cui si ritiene applicabile la speciale causa di non punibilità di cui all'art. 131 bis c.p. La presenza di un solo precedente, sia pure specifico e di non modesta gravita, non risulta di per sé ostativo, non esprimendo un'abitualità della condotta. 9. Per quanto riguarda la determinazione della pena per il reato contestato al capo 1) dell'imputazione, alla luce dei criteri fissati dall'art. 133 c.p., tenuto conto della obiettiva modestia del fatto e della personalità dell'imputato, si ritiene applicabile la pena detentiva nei limiti del minimo edittale, per cui si applica la pena finale di mesi 2 e giorni 20 di reclusione ed Euro 80,00 di multa pena così determinata: pena base mesi 6 di reclusione ed Euro 180,00 di multa, diminuita per effetto delle circostanze attenuanti generiche a mesi 4 di reclusione ed Euro 120,00 di multa, diminuita infine per effetto del rito. 10. Alla luce del contenuto del certificato del Casellario Giudiziale, da cui risulta una precedente condanna a pena superiore ad anni 2 di reclusione, non vi sono le condizioni oggettive per ordinare la sospensione condizionale della pena. La mancata comparizione dell'imputato al momento della lettura del dispositivo, in assenza del conferimento di specifici poteri al difensore di fiducia, non consente di sostituire la pena detentiva con una pena sostitutiva diversa dalla pena pecuniaria. P.Q.M. Visti gli artt. 442, 533, 535 c.p.p., DICHIARA Me.Jo. responsabile del reato ad esso ascritto al capo 1) dell'imputazione, riqualificato il fatto nella diversa fattispecie prevista dall'art. 624 c.p., e, concesse le circostanze attenuanti generiche, lo condanna alla pena finale, operata la riduzione per il rito, di mesi 2 e giorni 20 di reclusione ed Euro 80,00 di multa, nonché al pagamento delle spese processuali. Visti gli artt. 131 bis c.p., 442, 530 c.p.p., ASSOLVE Me.Jo. dal reato ad esso ascritto al capo 2) dell'imputazione, perché non punibile per particolare tenuità del fatto. Ordina la confisca e distruzione di quanto in sequestro. Fissa in giorni settantacinque il termine per il deposito della motivazione. Così deciso in Genova il 22 gennaio 2024. Depositata in Cancelleria il 19 marzo 2024.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE DI GENOVA - SEZIONE SECONDA - IN COMPOSIZIONE MONOCRATICA Dott.ssa Simona Macciò All'udienza del 28.2.2024 ha pronunciato e pubblicato, mediante lettura del dispositivo, la seguente SENTENZA nei confronti di: Sa.Mo., nato in M. il (...) e residente in F., piazza del C. 26, domicilio eletto presso il difensore di fiducia, difeso dall'avv. St.SI. del foro di Genova - di fiducia (nomina ed elezione di domicilio del 31.1.2024 dep. all'udienza dell'1.2.2024) LIBERO - ASSENTE IMPUTATO Del reato p. e p. dall'art. 260 R.D. n. 1265 del 1934 perché, non osservando l'ordine legalmente dato per impedire la diffusione della SARS - COV 2, si presentava al check-in per l'imbarco sul traghetto della compagnia di navigazione G. diretto in M. (linea Genova-Tangeri), nonostante risultasse "positivo a bassa carica" al suddetto virus da un certificato medico rilasciato in data 3.12.2020 dalla Mo. s.r.l. di F.. In Genova, il 5.12.2020. SVOLGIMENTO del PROCESSO Con decreto di citazione diretta emesso dal Pubblico Ministero in data 3.5.2022, Mo.Sa. veniva tratto a giudizio innanzi a questo Tribunale in composizione monocratica per rispondere del reato di cui in imputazione, a lui ascritto nel procedimento penale n. 14806/2020 R.G.N.R. Alla prima udienza dell'11.10.2023 l'imputato non era presente e rilevato che lo stesso risultava irreperibile al domicilio dichiarato, tanto che le notifiche dell'avviso di conclusione delle indagini preliminari e del decreto di citazione a giudizio venivano eseguite ai sensi dell'art. 161, comma 4, c.p.p. presso il difensore di ufficio, il giudice disponeva la notifica del decreto di citazione a giudizio e del verbale di udienza all'imputato personalmente, disponendo rinvio all'udienza dell'1.2.2024 per le ricerche dell'imputato e la notifica personale degli atti. All'udienza dell'1.2.2024, a seguito di avvenuto rintraccio dell'imputato, che veniva dichiarato assente, il difensore depositava la nomina fiduciaria del 31.1.2024 e chiedeva un breve rinvio cui il Pubblico Ministero non si opponeva. All'udienza del 28.2.2024 le parti concordavano, ai sensi dell'art. 483, comma 3, c.p.p., l'acquisizione degli atti del fascicolo del Pubblico Ministero a quello del dibattimento e concludevano come da verbale di udienza; il giudice pronunciava sentenza, dando lettura del dispositivo e riservando nel termine di trenta giorni il deposito della motivazione. MOTIVI della DECISIONE Mo.Sa. è stato tratto a giudizio per rispondere del reato di cui in epigrafe che egli avrebbe commesso in data 5.12.2020. Dalla lettura degli atti contenuti nel fascicolo del Pubblico Ministero - tutti utilizzabili in virtù della loro acquisizione al fascicolo del dibattimento ai sensi dell'art. 483, comma 3, c.p.p. - si evince che alle ore 7,00 del 5 dicembre 2020 personale in servizio presso la Polizia di Frontiera Marittima ed Aerea di Genova si recava presso l'imbarco della motonave E. in partenza per Tangeri. Giunto sul posto il medico dipendente del Sovrano Ordine di Malta - con il compito di verificare le credenziali sanitarie di imbarco dei passeggeri diretti in Marocco con traghetti di linea Genova-Tangeri - riferiva che il cittadino marocchino Mo.Sa. si era presentato al check-in per l'imbarco a bordo della propria autovettura tg. (...)esibendo certificato di analisi SARS-Cov-2 RNA positivo in quanto l'agente patogeno in questione risultava dal predetto esame "Positivo a bassa carica". La p.g. intervenuta su richiesta del medico sopra indicato identificava l'odierno imputato tramite i dati rinvenuti sul passaporto ordinario marocchino n. (...) rilasciatogli dalle Autorità marocchine il 14.10.2020 e acquisiva copia del predetto certificato medico emesso il 3 dicembre 2020 da B.D. s.r.l. di F. con codice identificativo n. (...). Sulla base dell'esame degli atti acquisiti al fascicolo del dibattimento, la concorde richiesta di assoluzione avanzata sia dal Pubblico Ministero che dal difensore dell'imputato deve essere accolta. Ed invero, il disvalore penale della condotta integrante la contravvenzione contestata all'imputato deriva dall'inosservanza di un ordine dell'autorità emesso al fine di "impedire l'invasione o la diffusione di una malattia infettiva dell'uomo" che può consistere sia in un'azione che in un'omissione, a seconda delle modalità concrete del comportamento imposto dal provvedimento. Orbene, nel caso di contestazione del reato a soggetti che violino l'obbligo di quarantena previsto dal D.P.C.M. n. 19 del 2020, il soggetto attivo può essere soltanto la persona sottoposta alla misura della quarantena perché risultata positiva al COVID. Di talché, al fine della contestazione dell'illecito di cui all'art. 260 R.D. n. 1265 del 1934, sembra necessario - per l'operatività del divieto di allontanamento dalla propria abitazione - non solo che l'interessato sia risultato positivo al COVID, ma anche che costui sia stato destinatario di uno specifico provvedimento amministrativo con il quale, verificata la positività a seguito dell'esecuzione degli accertamenti sanitari del caso, egli sia stato sottoposto a quarantena. Nel caso in esame, non risulta essere stato acquisito alcun documento attestante la prescrizione della quarantena all'imputato ovvero alcun verbale riflettente la somministrazione del relativo avviso al medesimo S.. Ciò determina, senza ombra di dubbio, l'insussistenza di uno degli elementi costitutivi del reato, ossia il provvedimento legalmente dato dall'autorità per impedire la diffusione di una malattia infettiva dell'uomo, cui rinvia espressamente la norma di cui all'imputazione. D'altro canto, non è nemmeno possibile - in assenza di un provvedimento espresso e personale di sottoposizione a quarantena - "ripiegare" su una presunta informazione di isolamento correlata al possesso dell'esito del tampone: al di là del rilievo che la nozione di provvedimento dell'autorità "presunto" si discosta dal rigore imposto in materia penale dalla tipicità della fattispecie punitiva, dal referto del tampone in atti non si ricava un solo accenno a qualsivoglia obbligo di isolamento scaturente per ciò solo da quell'esito, oltre che alla sanzione penale comminata per la violazione del medesimo. Né, del resto, si può pensare che il provvedimento indicato dalla norma sia individuabile in via generale nei d.D.P.D.C. o nelle altre fonti di introduzione degli obblighi e dei divieti introdotti ripetutamente a seguito dello sviluppo della pandemia: la stessa Corte Costituzionale, con la sentenza n. 127/2022, pronunciandosi proprio in ordine alla legittimità costituzionale del combinato disposto degli articoli 1, comma 6, e 2, comma 3, D.L. 16 maggio 2020, n. 33 - a seguito di questione sollevata dal Tribunale di Reggio Calabria -, ravvisando nei divieti imposti una restrizione della libertà di circolazione e non già della libertà personale, ha espressamente chiarito, nel ripercorrere le tappe normative, che è stato il legislatore ad agganciare la sussistenza del reato oggetto di esame all'emanazione di un provvedimento ad personam. In tal senso ha specificato: "Per tale ragione, sebbene il legislatore abbia costruito la figura di reato sull'inosservanza del provvedimento che sottopone la singola persona alla quarantena a seguito di positività al test del virus Covid-19, non solo non vi è alcun obbligo ai sensi dell'art. 13 Cost., che tale provvedimento sia convalidato dall'autorità giudiziaria, ma di quest'ultimo provvedimento amministrativo non vi sarebbe neppure stata la necessità costituzionale. Il legislatore ben potrebbe, infatti, configurare come reato la condotta di chi, sapendosi malato, lasci la propria abitazione o dimora, esponendo gli altri al rischio del contagio, senza la necessità della sopravvenienza di un provvedimento dell'autorità sanitaria. Ciò infatti è accaduto durante la vigenza del D.L. n. 19 del 2020, il cui ari. 4, comma 6, aveva provveduto proprio in tal senso" Ne consegue, in definitiva, che - per quanto la condotta serbata da S. sia stata senz'altro riprovevole sotto il profilo dei doveri sociali - non può farsi luogo alla sua condanna perché non integrante la delineata fattispecie contravvenzionale, sicché l'imputato va mandato assolto perché il fatto non sussiste. P.Q.M. Il Tribunale di Genova, visto l'art. 530 c.p.p., ASSOLVE Sa.Mo. dal reato a lui ascritto perché il fatto non sussiste. Visto l'art. 544, comma 3, c.p.p. INDICA In giorni 30 il termine per il deposito della motivazione. Così deciso in Genova il 28 febbraio 2024. Depositata in Cancelleria il 18 marzo 2024.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE DI GENOVA - SEZIONE SECONDA - IN COMPOSIZIONE MONOCRATICA Dott.ssa Simona Macciò All'udienza del 25.1.2024 ha pronunciato e pubblicato, mediante lettura del dispositivo, la seguente SENTENZA nei confronti di: Ro.Al., nata a G. il (...), senza fissa dimora, rappresentata dal curatore speciale, avv. En.Me. del foro di Genova, elettivamente domiciliata presso il difensore di fiducia, difesa di fiducia dall'avv. Gi.TO. del foro di Genova (cfr. atto di nomina e di elezione di domicilio del 25.7.2023), SOTTOPOSTA ALLA MISURA DI SICUREZZA DELLA LIBERTA' VIGILATA CON OBBLIGO DI PROSECUZIONE DELLE CURE PRESSO IL CSM DISTRETTO 9 - FIUMARA LIBERA-ASSENTE IMPUTATA 1) per il reato di cui agli artt. 582, 585 c.p. perché colpendo To.Ro. con una tavola di legno sulla schiena e sul braccio, quindi colpendolo al capo con una bottiglia di birra, gli cagionava un trauma cranico con FLC lesioni giudicate guaribili in gg. 7. In Genova, il 21.3.2023; 2) per il reato di cui all'art. 337 c.p. per aver usato violenza per opporsi agli agenti Ba.Pi. e Ri.Ma. in servizio presso Up. di G., mentre compivano un atto del proprio ufficio: in particolare, colpiva entrambi con calci per impedire la sua identificazione. In Genova, il 21.3.2023. Persone offese: To.Ro., residente in G., via C. B. 10/10; Agente Ba.Pi., in servizio presso Up. di G.; Agente Ri.Ma., in servizio presso Up. di G.. SVOLGIMENTO del PROCESSO Con decreto di citazione diretta emesso dal Pubblico Ministero in data 25.9.2023, Al.Vi. veniva tratta a giudizio per la comparizione predibattimentale innanzi a questo Tribunale in composizione monocratica per rispondere dei reati di cui in imputazione, a lei ascritti nel procedimento penale n. 3132/2023 R.G.N.R. Alla prima udienza del 12.12.2023 l'imputata non era presente e rilevato che il difensore di fiducia dava atto di non avere avuto più contatti con la Ro. a decorrere dall'applicazione a suo carico della misura di sicurezza, il giudice disponeva la notifica urgente del decreto di citazione a giudizio e del verbale di udienza all'imputata personalmente tramite il Commissariato di Cornigliano e disponeva rinvio all'udienza del 19.12.2023 anche per la nomina di perito esperto in psichiatria per rivalutare la pericolosità sociale dell'imputata, sottoposta a libertà vigilata per questa causa giusta ordinanza del Gip di Genova del 19.7.2023. All'udienza del 19.12.2023 era presente il dr. Nu.Gi. che veniva nominato perito per valutare se permanesse lo stato di pericolosità sociale dell'imputata; se, in caso positivo, la misura di sicurezza provvisoria applicata dal Gip il 19.7.2023 risultasse adeguata a contenere la ritenuta pericolosità sociale e, infine, se l'imputata fosse capace o meno di stare in giudizio. Il perito chiedeva termine di 15 giorni e il giudice rinviava all'udienza del 16.1.2024. All'udienza del 16.1.2024 il perito esponeva la relazione tecnica da lui depositata il giorno precedente concludendo per la permanenza della pericolosità sociale dell'imputata - che non risulta capace di aderire alla comprensione della realtà per la sua patologia, destinata a peggiorare - nonché per la necessità della prosecuzione della misura di sicurezza provvisoria già applicatale, atteso che il medico e l'assistente sociale del CSM distretto 9 rappresentano il suo unico punto di riferimento. Confermava la valutazione di incapacità della Ro. di stare in giudizio quale condizione irreversibile e rilevava che, da informazioni assunte presso il CSM sopra indicato, la donna sarebbe stata destinataria di un'amministrazione di sostegno. Terminata l'escussione del perito e sulla base delle sue conclusioni, il Pubblico Ministero chiedeva l'applicazione a titolo di prosecuzione della misura di sicurezza in corso con le medesime prescrizioni già imposte dal Gip di Genova, richiesta cui il difensore si rimetteva e il giudice, riservandosi sulla richiesta del Pubblico Ministero, rinviava il processo all'udienza del 25.1.2024 affinché il P.M. documentasse la sussistenza effettiva di un'amministrazione di sostegno in favore dell'imputata così consentendo la nomina dello stesso amministratore quale curatore speciale della Ro., indicata come incapace di stare in giudizio in maniera irreversibile. Il 22.1.2024 il Pubblico Ministero depositava in cancelleria il decreto di nomina dell'avv. E.M. quale amministratore di sostegno di Ro.Al., emesso dal Tribunale di Genova in data 30.12.2022, di talché il giudice con decreto del 22.1.2024 nominava il predetto amministratore di sostegno quale curatore speciale dell'imputata nell'ambito del presente procedimento, ai sensi degli artt. 71 e 166 c.p.p. All'udienza del 25.1.2024 era presente l'amministratrice di sostegno dell'imputata, nominata curatore speciale dalla scrivente, che conferiva procura speciale al difensore di fiducia della Ro. per avanzare istanza di definizione del processo nelle forme del rito abbreviato. Avendo il difensore, regolarmente munito di procura speciale rilasciata dal curatore speciale dell'imputata, chiesto che il giudizio venisse definito allo stato degli atti mediante rito abbreviato, le parti rassegnavano le rispettive conclusioni come da verbale d'udienza e il giudice pronunciava sentenza, dando lettura del dispositivo e riservando nel termine di sessanta giorni il deposito della motivazione. MOTIVI della DECISIONE Al.Vi. è stata tratta a giudizio per rispondere dei reati di lesioni aggravate e di resistenza a pubblico ufficiale che ella avrebbe commesso in data 21.3.2023. Dalla lettura degli atti contenuti nel fascicolo del Pubblico Ministero - tutti utilizzabili in virtù della scelta del rito - si trae piena conferma dei fatti descritti in imputazione. Ed invero, come emerge dall'annotazione di p.g. del 21.3.2023 a firma degli Agenti B. e Ro., alle ore 5,20 del 21 marzo 2023 i predetti, in servizio presso l'Ufficio Volanti della Questura di Genova, si recavano in via D. a seguito di segnalazione di un'aggressione posta in essere da una donna nei confronti di un uomo, entrambi passeggeri dell'autobus A. linea 1, vettura 9142. Sul posto era già presente personale sanitario del 118 che prestava assistenza all'uomo, ferito da un profondo taglio tra le arcate sopraccigliari. Nelle immediate vicinanze era presente anche l'autrice dell'aggressione che teneva in mano un legno appuntito e che non voleva fornire le proprie generalità, dando in escandescenza, e iniziando a colpire i due agenti con calci. La donna, con fatica, veniva bloccata e posta in sicurezza all'interno dell'autovettura di servizio e le veniva sfilato il cartello in compensato, poi sottoposto a sequestro. La vittima veniva identificata nella persona di To.Ro. che, escusso a sommarie informazioni, riferiva che mentre si trovava alla fermata dell'autobus, verso le ore 5,15, veniva raggiunto da una donna che teneva in mano una tavola di legno con cui cercava di colpirlo; lui riusciva a parare il colpo con un braccio, ma dopo poco, approfittando di un momento di distrazione dell'uomo, la donna afferrava una bottiglia di vetro vuota e lo colpiva alla testa procurandogli una ferita. A quel punto si dirigeva a bordo dell'autobus della linea 1 e la donna lo seguiva, gli altri passeggeri chiamavano il 112 e l'autobus veniva fermato in via D. per consentire i soccorsi in favore della vittima. L'uomo, una volta medicato, rifiutava di essere trasportato al Pronto Soccorso e riferiva di non voler sporgere denuncia nei confronti della donna che veniva successivamente identificata, grazie al cartellino AFIS (...) collegato al codice CUI (...), nell'odierna imputata Ro.Al.: su richiesta della p.g. operante interveniva il medico di turno della Guardia Medica che proponeva per la donna il TSO chiedendo l'intervento della Polizia Locale. Alle ore 7,35 il personale della Polizia Locale accompagnava la Ro. all'O.V.S. in codice verde. A seguito di delega del Pubblico Ministero, la p.g. operante sentiva nuovamente a sommarie informazioni la vittima To.Ro., il quale ribadiva di non voler sporgere querela contro la donna e riferiva che nel corso della mattinata del 21.3.2023 aveva deciso di recarsi al Pronto Soccorso avvertendo dolore alla ferita. Allegava, a tal fine, il referto del P.S. dell'Ospedale Galliera attestante una lesione del tipo "trauma cranico con flc" giudicata guaribile in 7 giorni. Veniva, inoltre, escussa a sommarie informazioni la dr.ssa R.F., medico psichiatra in servizio presso il Centro di Salute Mentale di Fiumara che riferiva di avere in cura la Ro. dal 2020. In particolare, la donna risultava essere seguita dalla Salute Mentale da circa vent'anni soffrendo di disturbo schizoaffettivo e disturbi della personalità e presentando, quindi, sintomi psicotici del tipo allucinazioni e pensieri deliranti, contenuti ma non sopiti anche in caso di terapia farmacologica. La F. riferiva, ancora, che alla Ro. viene somministrata una fiala mensile di farmaco antipsicotico, assunto regolarmente dalla stessa nell'ultimo anno. Nel corso del 2022 la Ro. ha avuto due infarti e le è stata prescritta una terapia farmacologica, anch'essa somministrata dal Centro di Salute Mentale per consentirne l'assunzione regolare che sarebbe impossibile se fosse lasciata nella disponibilità della donna, vivendo la stessa per strada. La F. dichiarava che anche con l'aiuto degli assistenti sociali sono stati in più occasioni tentati inserimenti in comunità di accoglienza che, tuttavia, la Ro. non ha mai accettato, preferendo la stessa vivere per strada. Riferiva, infine, che in favore della donna è stato nominato un amministratore di sostegno con cui la stessa, tuttavia, non ha un buon rapporto, avendo piuttosto come punto di riferimento il personale del C.. Il Pubblico Ministero conferiva incarico al consulente tecnico per valutare la capacità di intendere e di volere dell'imputata al momento del fatto: dalla relazione del dr. Ro. depositata in data 8.7.2023 emergeva che la Ro. è affetta da una sindrome schizoaffettiva cronica in comorbilità con dipendenza da stupefacenti e che al momento del fatto si trovava in uno stato di viraggio psicotico tale da escludere la sua capacità di intendere che quella di volere. Emergeva, altresì, seppur in misura attenuata, lo stato di pericolosità sociale della donna sotto il profilo psichiatrico, controllabile tramite la prescrizione della frequentazione giuridicamente vincolata dei Servizi di Salute Mentale competenti, individuati nel C. Distretto 9, Fiumara. Detto accertamento veniva posto alla base dell'emissione dell'ordinanza di applicazione della misura di sicurezza provvisoria della libertà vigilata da parte del Gip di Genova nei confronti della Ro., eseguita in data 20.7.2023. A fronte di un fatto chiarissimo e pacifico nella sua materialità, sia il Pubblico Ministero che il difensore dell'imputata hanno chiesto di assolverla in quanto totalmente incapace d'intendere e volere all'epoca dei fatti. Tale congiunta richiesta dev'essere accolta alla luce del condivisibile esito - attesa la conformità a quanto indicato dalla dr.ssa F. del C. Distretto 9, consultata dal dr. Ro. - della consulenza tecnica del Pubblico Ministero, confermata parzialmente (ossia relativamente al quesito rivolto al perito sulla pericolosità sociale e sulla misura di sicurezza idonea a contenerla) dalla perizia psichiatrica disposta da chi scrive e depositata in data 15 gennaio 2024 dal dr. N.. La Ro. infatti, inoccupata fin dal 2011, è portatrice di invalidità civile e le è stato nominato un amministratore di sostegno. Dalla consulenza tecnica del Pubblico Ministero emerge che: "la storia clinica della predetta testimonia l'emersione della patologia schizoaffettiva in età giovanile, con successiva cronicizzazione di uno stato schizoaffettivo con diversi ricoveri in SPDC ed una lunga presa in carico da parte del C. ad andamento altalenante per la scarsa compliance terapeutica. Il quadro clinico si è aggravato per il concomitante abuso di sostanze che l'ha portata a girovagare senza fissa dimora ed a vivere per strada con peggioramento del quadro psicotico. Il disturbo psichiatrico da cui è affetta la Ro. si caratterizza per la presenza di fenomeni di tipo schizofrenico ed esperienze bipolari. Il disturbo, peraltro, è reso ancor più severo dalla ricorrenza di abuso di sostanze che ha alimentato gli aspetti psicotici e condizionato negativamente la compliance assistenziale e terapeutica". Passando alla valutazione medico-legale, il consulente del Pubblico Ministero ha rilevato, in merito alla collocazione cronologica dei disturbi dell'imputata - individuata in una psicosi cronica -, che gli stessi fossero senz'altro presenti nel momento in cui la donna ha commesso i fatti oggetto del presente procedimento, allorchè si è reso manifesto uno scompenso psichico globale a causa del quale la Ro. ha interpretato gli atteggiamenti delle persone offese in modo patologico, permeandoli di vissuti di persecuzione: da ciò ne deriva che la matrice dei suoi comportamenti è stata patologica, ossia effetto del suo disturbo schizoaffettivo in fase di scompenso, con conseguente esclusione di imputabilità. Dal punto di vista della pericolosità sociale, il consulente del Pubblico Ministero evidenziava la permanenza, seppur in forma attenuata, di alcuni dei sintomi psicopatologici che sono stati l'origine dei comportamenti delittuosi e, quindi, di indicatori clinici di "rischio" di scompenso psico-comportamentale a fronte, peraltro, di una compliance terapeutica poco strutturata. Questo quadro risulta, poi, aggravato dalla tendenza della Ro. di abusare di sostanze, conducendo ad una complessiva valutazione di attuale pericolosità sociale dal punto di vista psichiatrico che necessita la prosecuzione giuridicamente vincolata della sua presa in carico da parte del S. competente, individuato nel Distretto 9, Fiumara. A fronte della ricostruzione fornita dal consulente del Pubblico Ministero e sopra riepilogata, il perito nominato dalla scrivente depositava in data 15.1.2024 relazione tecnica in cui, rilevando come l'esame documentale e la visita della paziente avessero fatto emergere la presenza di un grave problema psichiatrico dell'imputata dovuta a psicosi schizoaffettiva (confermando così le conclusioni del dr. Ro. in relazione alla capacità di intendere e di volere della Ro.), concludeva per la sussistenza di un quadro di pericolosità sociale, dovuta alla gravità della patologia, alla scarsa consapevolezza di malattia, in una ai precedenti comportamenti trasgressivi, ancorchè di modesta rilevanza. Rilevava, dunque, la necessità di proseguire a tempo indeterminato il trattamento impostato dal Servizio sanitario curante, in quanto necessario per far fronte alla suddetta pericolosità sociale nonché adeguato alle necessità cliniche dell'imputata, ritenuta dallo stesso perito incapace di partecipare coscientemente al processo per la gravità delle turbe del pensiero e per l'imprevedibilità comportamentale. Il perito, nel corso del suo esame all'udienza del 16.1.2024, specificava poi alcuni punti della relazione rilevando come l'incapacità dell'imputata di partecipare coscientemente al processo dipendesse sostanzialmente dalla sua malattia psichiatrica legata ad una distorsione del pensiero in senso persecutorio che la determina a male interpretare gli elementi della realtà, appunto in chiave persecutoria e specificava trattarsi di una condizione irreversibile proprio in considerazione della dipendenza di tale stato alla malattia psichiatrica da cui è affetta, con la previsione che la situazione possa addirittura peggiorare. Riferiva, infine, che la Ro. trova nel Centro di Salute Mentale e in alcuni medici e assistenti sociali un punto di riferimento, recandovisi volontariamente e aderendo alla presa in carico attuata. Precisava, a domanda della scrivente, che la misura di sicurezza in corso è l'unica, a suo parere, idonea a soddisfare le esigenze specialpreventive e terapeutiche, ritenendo decisamente inadeguate risposte di natura "restrittiva" che non sarebbero assolutamente accettate dall'imputata con il rischio concreto di fuga. Il complesso di tali elementi consente di ritenere che l'imputata fosse all'epoca dei fatti e sia tutt'ora affetta da un totale ed irreversibile vizio di mente, tale da escludere sia la possibilità di considerarla imputabile sia la possibilità di ritenerla in grado di partecipare coscientemente al giudizio a suo carico in modo irreversibile. A fronte di un soggetto che si trova ad essere allo stesso tempo non imputabile e non in grado di partecipare coscientemente al giudizio, entrambe condizioni che impongono la pronuncia di una sentenza di proscioglimento, la scrivente ritiene di dover dare prevalenza alla prima delle due, dal momento che "la sentenza di non luogo a procedere ai sensi dell'art. 72-bis cod. proc. pen. può essere pronunciata solo se l'incapacità a stare in giudizio è irreversibile e non ricorre la condizione di incapacità di intendere e di volere al momento del fatto, che, in base alla riserva di cui agli arti. 70 e 71 cod. proc. pen. e alla regola di cui all'art. 129 cod. proc. pen., dev'essere dichiarata immediatamente con sentenza di proscioglimento" (Cass. Pen., sez. VI, n. 55743 del 23.10.2018, dep. 12.12.2018, Rv. 274714- 01). Tenuto conto che nell'ambito del presente procedimento all'imputata è già stata in via provvisoria applicata la misura di sicurezza della libertà vigilata - con ordinanza adottata dal G.I.P. presso questo Tribunale in data 19.7.2023, recante una serie di ulteriori prescrizioni finalizzate a consentire la cura delle gravi patologie psichiatriche da cui la Ro. è affetta e confermata dalla scrivente, a titolo di prosecuzione, con Provv. del 16 gennaio 2024 - si ritiene di dover in questa sede confermare il giudizio di pericolosità sociale dell'imputata e per l'effetto disporre la prosecuzione della misura di sicurezza già in atto, con le medesime modalità e prescrizioni, per la durata, ritenuta congrua, di anni due. P.Q.M. Il Tribunale di Genova, visti gli artt. 442 e 530 c.p.p. e l'art. 88 c.p., ASSOLVE Ro.Al. dai reati a lei ascritti per essere la medesima non imputabile per vizio totale di mente. Visti l'art. 530, c. 4, c.p.p. e gli artt. 199, 222 e 228 c.p., APPLICA a Ro.Al. la misura di sicurezza della libertà vigilata, da eseguirsi con le modalità e le prescrizioni di cui all'ordinanza del G.I.P. presso il Tribunale di Genova del 19.7.2023, per la durata di anni due. Visto l'art. 544, comma 3, c.p.p. INDICA In giorni 60 il termine per il deposito della motivazione. Così deciso in Genova il 25 gennaio 2024. Depositata in Cancelleria il 18 marzo 2024.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI GENOVA (ART. 544 E SEGG. C.P.P.) Il Tribunale penale, sez. PRIMA - Collegio PRIMO - composto dai Magistrati: Dott. Roberto CASCINI - Presidente Dott.ssa Valentina VINELLI - Giudice - Estensore Dott. Riccardo CRUCIOLI - Giudice alla pubblica udienza del 14 marzo 2024 ha pronunciato e pubblicato, mediante lettura del dispositivo, la seguente SENTENZA nei confronti di: Va.An., nato a G. il (...); residente a G. in via E. R. nr. 13/14, domiciliato in Genova via (...), elettivamente domiciliato presso l'Avv. An.Ga. del Foro di Genova (elezione in data 06/03/2024). Sottoposto alla misura cautelare dell'allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento alla persona offesa emessa ed eseguita in data 11.05.2023, misura revocata con ordinanza in data 15.03.2024. Assistito e difeso, di fiducia, dall'Avv. St.Li. del Foro di Genova (nomina in data 10/07/2023) e dall'Avv. An.Ga. del Foro di Genova (nomina in data 10/07/2023). LIBERO - PRESENTE IMPUTATO A) Art. 572 co. 1 e co.2 c.p. perché maltrattava la moglie Fr.Ro. percuotendola reiteratamente. In particolare in diverse occasioni la colpiva con schiaffi e pugni, le dava spintoni e morsi, le stringeva il collo con le mani; la minacciava dicendole farsi del seguente tenore: "ti taglio la gola, era mi butto giù con la macchina e ammazzo tutti e tre" e in una occasione le puntava un coltello alla gola; le controllava i dispositivi elettronici per controllarne i movimenti e le frequentazioni; la offendeva dicendole "non sei una buona mamma, sei una puttana". Nell'ultimo episodio di violenza del 7/5/23 mentre le diceva "ti tolgo il bambino, ti ammazzo, mi hai rovinato la vita" la colpiva con la cintura dei pantaloni, le metteva le mani al collo e le faceva sbattere la testa contro il muro procurandole lesioni giudicate guaribili in gg. 5 (capo B). Con tali condotte sottoponeva la moglie ad una abituale condizione di soggezione e paura. Fatto aggravato in quanto commesso alla presenza del figlio minore Va.An. (nato il (...)). In Genova da anni (almeno dal 2016) fino al 7/5/23 B) reato di cui agli art. 582, 585, co. 1 e 2 e 576 co. 5 e 577 co. 1 n. 1) perché in occasione del delitto di cui al capo A) colpendola con la cintura dei pantaloni, mettendole le mani al collo e facendole sbattere la testa contro il muro, le procurava lesioni giudicate guaribili in gg. 5 (policontusioni e edema regione parieto-occipitale destra"). In Genova il 7/5/23. MOTIVI DELLA DECISIONE Con decreto reso dal GUP presso il Tribunale di Genova in data 25.10.2023 Va.An. è stato tratto a giudizio per rispondere dei reati di cui agli artt. 572 c. 1-2 c.p e 582-585 c.p. contestati come commessi ai danni di Fr.Ro. da anni e sino al 7.5.23 (capo A) ed in data 7.5.23 (capo B). Al dibattimento, svoltosi alla presenza dell'imputato (presente all'udienza del 6.3.24 durante la quale si è sottoposto ad esame) sono stati acquisiti i documenti prodotti dalle parti. In particolare, il PM ha prodotto due referti di PS datati 10.9.2018 e 7.5.2023, (su accordo della difesa) le annotazioni di PG del 7.5.23 e del 10.9.23 nonché il pv di trascrizione dei file audio consegnati dalla parte offesa in sede di denuncia relativi ad ima conversazione avuta con l'imputato. Si è quindi proceduto ad esame e controesame dei testi indicati dal Pubblico Ministero: Fr.Ro., parte offesa; Fr.Gi., padre della parte offesa; Al.Gr., mamma della parte offesa; Lo.Ma., cognato della parte offesa; Lo.Cl., nipote della parte offesa F.C., sorella della parte offesa; Ca.Da., collega ed amica della parte offesa Ca.An., collega ed amica della parte offesa; Ch.Mo., ex collega della pare offesa. Con il consenso della difesa sono state acquisite le SIT da Sc.Ba. (con rinuncia all'audizione della stessa quale teste) e di Sc.Ba., collega della parte offesa. Si è proceduto quindi ad esame e controesame dell'imputato e all'audizione dei testi da questo indicati: Mo.St., Pa.Ca., Pa.Fe., Ri.Gg., tutti colleghi del Va. presso la Compagnia Unica Portuale; Ga.Va., amica dell'imputato; Re.Fr. e Sa.Ma., zii dell'imputato; Sa.Gi. e Va.Li., genitori dell'imputato. Vi è stata rinuncia agli altri testi indicati in lista. Terminata l'istruttoria PM e difesa hanno concluso come da verbale di udienza ed il Tribunale ha pronunciato sentenza, dando lettura del dispositivo. 1) La misura cautelare A seguito della denuncia presentata in data 7.5.23 e sulla base degli ulteriori atti di-indagine esperiti, con ordinanza resa in data 11.5.2023 il GIP presso il Tribunale di Genova applicava a Va.An. la misura cautelare dell'allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento alla parte offesa in relazione al reato di cui agli artt. 582-585 c.p. contestato al capo 2. La misura, ancora in essere al momento della lettura del dispositivo, è stata revocata su istanza della difesa e con parere favorevole del PM con ordinanza resa in data 15.3.2024. 2) Le dichiarazioni della parte offesa Fr.Ro., sentita nel corso del dibattimento, ha ricostruito come segue i fatti per cui è processo. I due si conoscevano nel 2006, iniziavano una relazione e si sposavano del 2013. Nel 2015 nasceva A., oggi di quasi nove anni. Dopo un iniziale periodo tranquillo, sin dalla nascita di A. il rapporto tra i due si deteriorava a causa dell'incapacità del Va. di contenere i propri impulsi e la propria rabbia. L'uomo era estremamente geloso della moglie, che accusava di tradimenti soprattutto sul luogo di lavoro (la parte offesa è insegnante di fitness in una palestra genovese). In particolare la parte offesa ha descritto cinque episodi nei quali il marito l'aveva aggredita, percuotendola e provocandole lesioni. II primo episodio, antecedente la nascita di A., si verificava circa nel 2015; Va. la aggrediva e la donna, per difendersi, colpiva l'uomo con un pugno o ima manata e se la rompeva; in quella occasione non si recava al Pronto Soccorso né raccontava l'accaduto a quanti le chiedevano cosa fosse successo, vedendo il grosso livido che dalla mano giungeva sino al gomito (raccontava invece di essere caduta). Il secondo episodio si verificava circa nel 2017: la donna aveva scoperto della foto sul cellulare del marito che lo ritraevano con altre donne ed aveva contestato la cosa al compagno mentre si trovavano in auto ed in presenza del figlio, all'epoca di due anni. V. la accusava di voler provocare dei problemi alla coppia e la colpiva con un pugno in testa. La donna ricorda che si stava recando dalla madre, perché dopo avere visto le foto sul telefono, voleva lasciare il marito; questi era sul sedile posteriore insieme al bambino ed l'aveva colpita con un pugno in testa. La donna aveva quindi fermato l'auto ed era scesa ma era stata nuovamente colpita dal marito con uno schiaffo. Quindi erano tornati a casa e durante il tragitto aveva registrato la conversazione con il marito per fargliela ascoltare una volta che si fosse calmato. La donna aveva preparato le borse per andare via di casa con il bambino ma alla fine, come già accaduto in altre occasioni, aveva desistito confidando nelle promesse di cambiamento del compagno (pag. 8 trascrizioni udienza 22.2.24: "poi come è successo durante questi anni mi convinceva: non succede più, non lo faccio più, ti amo, dammi una possibilità"). Anche in quel caso non accedeva al Pronto soccorso. Un terzo episodio si verificava nel 2018; era un periodo già piuttosto burrascoso a causa della gelosia del V.. Una sera (il 10.8.18), dopo il lavoro, la donna tornava a casa; l'uomo le chiedeva il cellulare dicendo che doveva inviare un messaggio per lavoro; la donna lo sbloccava e lo consegnava al marito che, invece che mandare il messaggio, le controllava i messaggi sul telefono. Dopo avere ascoltato un messaggio vocale tra la parte offesa e la sorella, nella quale la prima riferiva di avere incontrato un soggetto "per i soliti 5 minuti platonici", l'uomo andava su tutte le furie, la portava giù dalle scale (all'epoca i due abitavano in una casa a due piani) e la colpiva con calci e pugni minacciandola anche di morte anche con un coltello (pag. 11 trascrizioni udienza 22.2.2024 "mi aveva detto puntandomi il coltello "ti ammazzo"). La parte offesa riusciva a mandare un messaggio alla sorella chiedendole di chiamare i carabinieri che giungevano presso l'abitazione verso le 8 del mattino. In quel caso la donna veniva portato al Pronto Soccorso. Anche in quella occasione la donna non presentava denuncia ma si limitava ad andare a stare "per l'ennesima volta" (pag. 11 trascrizioni ud. Cit) a dormire dai genitori. Riferiva che in quella occasione aveva anche dei segni al volto oltre che sulla coscia e sul gluteo. Ricorda in particolare che mentre la prendeva a calci le diceva che in tale modo le avrebbe impedito di andare a lavorare ("ti tiro calci così non vai a fare i balletti in palestra" pag. 12 trascrizioni udienza del 22.2.24). Un quarto episodio si verificava nel 2020 durante la pandemia; il piccolo A. non voleva fare la doccia; il padre lo strattonava (la donna ha precisato che quella era stata l'unica volta nel quale il padre aveva usato violenza verso il figlio); la donna era intervenuta in difesa del figlio ed il marito l'aveva colpita con un calcio (pag. 14 trascrizioni). L'ultimo episodio, che ha poi convinto definitivamente la donna a lasciare il marito ed a presentare querela, si verificava in data 7.5.23. La sera del 7.5.23 la coppia insieme al piccolo A. tornava a casa dopo avere trascorso la serata a casa dei nonni patemi. A. si addormentava sul divano; la donna chiedeva al marito di svegliare il bambino per prepararlo per la notte. Iniziava una discussione durante la quale l'uomo nuovamente perdeva le staffe, iniziava ad insultare pesantemente la moglie e a minacciarla di morte. Quindi tirava pugni sul muro, lanciava i telefoni a terra e, dopo essersi tolto la cintura dai pantaloni, la usava come frusta colpendo la parte offesa alla schiena. La donna riusciva a scappare dalle scale; l'uomo la inseguiva spingendola contro il muro. La donna terrorizzata scendeva in strada e chiamava i carabinieri che arrivati sul posto allontanavano l'uomo e accompagnavano la richiedente al pronto soccorso. Al dibattimento la parte offesa ha precisato che A. era già stato messo a dormire durante l'aggressione, a diversità di quanto dichiarato a SIT dove invece riferiva che probabilmente A. aveva assistito a parte dell'episodio. Dopo tale contestazione ha precisato che effettivamente è possibile che abbia sentito qualcosa anche sia lei che il marito ritenevano dormisse (pag. 18 trascrizioni "noi pensavamo dormisse. Avrà sentito qualcosa sicuramente"!. La donna infine ha riferito che attualmente è in corso un procedimento di separazione e che vi sono accordi per cercare una separazione consensuale; ha riferito che non vi sono rivendicazioni economiche ed ha precisato che il Va. si occupa del figlio, è un bravo padre, è pentito di quanto accaduto, le ha chiesto scusa e vorrebbe tornare con lei. Riferisce di avere cercato di nascondere la reale situazione ai genitori, con i quali aveva cercato di minimizzare la cosa per evitare di farli preoccupare. 2) Le dichiarazioni dell'imputato Va.An. ha ammesso di avere percosso la moglie in tre occasioni: una volta nel 2017 le aveva dato uno schiaffo, una volta in occasione dell'intervento dei carabinieri il 10.9.18 l'aveva colpita con un calcio e l'ultima volta, il 7.5.23, l'aveva spinta. Riferisce in particolare che la prima volta (2017 circa) la moglie si era arrabbiata perché aveva visto ima foto di ima donna nuda su una chat di colleghi. Avevano litigato e lui le aveva dato uno schiaffo. I due poi erano usciti in auto con il bambino e durante il viaggio la moglie continuava a provocarlo. Nel 2018 (10.9.18) aveva chiesto alla moglie il telefono in prestito atteso che doveva chiamare il posto di lavoro per sapere i turni da fare; la moglie gli aveva dato il telefono. Va. aveva visto che vi era un messaggio wth vocale della cognata e lo aveva ascoltato. In questo messaggio si faceva riferimento ad un uomo che la moglie aveva incontrato; avevano litigato e lui le aveva detto "mi fai schifo" e le aveva dato un calcio. Era poi uscito fuori a fumare e poco dopo erano arrivati i carabinieri. Ha negato di avere mai minacciato sua moglie con un coltello. Si era quindi confidato con il cognato dicendo di avergli detto di avere dato un calcio alla moglie e di avere sbagliato. Nega comunque di averla colpita in altro modo a parte il calcio Circa l'episodio della doccia riferisce che era intento a fare la doccia al figlio; questi aveva iniziato a fare i capricci perché un po' di acqua gli era andato negli occhi; lo aveva ripreso e a quel punto la moglie, senza motivo, lo aveva colpito al costato con un pugno, facendosi male alla mano. Infine in ordine a quanto accaduto il 7.5.23 ricorda che avevano litigato: era tornato a casa dopo avere trascorso una bella giornata con A.. R. era molto nervosa e l'aveva subito rimproverato; A. si era addormentato nel lettone, aveva quindi iniziato a litigare con la moglie; si era tolto la cintura dai pantaloni e con rabbia l'aveva scagliata a terra. Per errore aveva colpito R.. Le aveva poi dato una spinta. Ricorda che la moglie gridava aiuto; non sa dire tuttavia per quale ragione chiamasse aiuto. La donna era uscita e poco dopo erano arrivati i carabinieri. 3) Gli ulteriori elementi istruttori In primo luogo risultano documentati i due interventi delle forze dell'ordine descritti dalla parte offesa ed altrettanti certificati di PS. Sono infatti stata prodotte su accordo delle parti le annotazioni di PG del 10.9.2018 e del 7.5.23. La prima annotazione riporta l'intervento dei carabinieri di Carignano alle ore 8.20; gli operanti avevano rinvenuto il Va. fuori dall'abitazione mentre intimava alla moglie di aprirgli; a seguito delle dichiarazioni della donna veniva chiamata una ambulanza. La donna veniva quindi trasportata presso il PS dell'Ospedale Galliera dove le venivano refertate "contusioni di sedi multiple" giudicate guaribili in cinque giorni. La seconda annotazione, datata 7.5.23, nuovamente attesta un intervento delle F. per violenza domestica; la pattuglia giunta sul posto rinvenivano la parte offesa e la sorella della stessa. La prima non presentava visibili segni di violenza ma era molto scossa e raccontava quando accaduto. In casa vi erano altresì l'imputato ed il figlio che pareva essersi appena svegliato ed era apparentemente tranquillo. La donna veniva quindi accompagnata al PS dell'Ospedale Galliera dove le venivano diagnosticate policontusioni giudicate guaribili in 5 giorni; in particolare venivano riscontrate "al capo in regione parieto occipitale dx edema dei tessuti molli in assenza di ferite. Stria eritematosa in regione sacrale". Risulta inoltre prodotto un file audio registrato subito dopo l'episodio avvenuto in auto nel 2017; la parte offesa ha riferito di avere registrato la conversazione per poterla fare risentire al compagno una volta trascorsa la crisi di rabbia. La trascrizione riporta dopo la frase della donna "guarda che faccia viola che ho non pesti nessuno?" il marito che risponde "non continuare perché te ne faccio ancora di più" e ancora "guarda che stasera volevo finirti" e ancora dove la donna lo rimprovera di averla colpita davanti ad A.. In secondo luogo sono stati escussi vari testi. Fr.Gi., padre della parte offesa, ricorda di avere visto ogni tanto dei lividi alle gambe o alle braccia della figlia e di averla anche vista indossare occhiali scuri per nascondere un livido all'occhio; le ecchimosi venivano giustificate con cadute accidentali o colpi o cose simili. Non ha mai detto né a lui né alla moglie che era tato il marito a provocarli. Ha saputo la verità solo a maggio 2023 quando era stato chiamato dalla figlia C. che gli aveva detto di raggiungere in ospedale lei e la sorella. Aveva quindi saputo dalla figlia R. che il marito le aveva messo un coltello alla gola, che la picchiava, che una volta in auto alla presenza del figlio le aveva dato dei pugni in testa dopo una lite originata dal fatto che la figlia avesse trovato la foto di una donna nuda sul telefono del marito. Al.Gr., mamma della parte offesa, ricorda di avere visto più volte negli anni che la figlia aveva dei lividi sul corpo o un occhio nero, coperto dagli occhiali da sole. La figlia le aveva sempre raccontato di essere caduta o di essersi fatta male accidentalmente ma lei non le aveva creduto. Le aveva detto più volte di lasciare il marito ma la figlia le aveva risposto di amarlo e che sarebbe cambiato. Più volte la figlia era andata a dormire dai genitori, anche per periodi lunghi, in concomitanza con le liti più violente e le minacce più gravi. Dopo il maggio 2023 la figlia si era confidata con lei, raccontandole di essere stata picchiata in più occasioni e che in almeno due aveva chiesto l'intervento dei carabinieri. Lo.Ma. è cognato della parte offesa, della quale ha sposato la sorella. In ordine ai fatti per cui è processo non ha saputo nulla direttamente dalla cognata ma dalla moglie con la quale si era confidata. Ricorda che Va. circa 3 o 4 anni, prima del lockdown, fa si era presentato una volta presso il bar dove il teste lavorava dicendole di "averla fatta grossa e di avere fatto una stronzata". Piangendo aveva detto di avere picchiato la moglie. Lo.Cl., nipote di Fr.Ro., ricorda di avere saputo dalla mamma della situazione di violenza domestica subita dalla zia. Ricorda di avere visto la zia circa tra il 2020 e 2021 in centro e di avere visto che aveva un occhio nero; di averle chiesto spiegazioni e di avere ricevuto una risposta evasiva dalla donna. Ricorda poi che nella notte tra il 6 e il 7 maggio 2023 la mamma (C.) era stata chiamata dalla parte offesa; ricorda di avere sentito la madre dire "ci risiamo". Quella sera erano intervenuti in carabinieri; le forze dell'ordine erano già intervenute un'altra volta nel 2018; la madre gli aveva riferito che in quella occasione Va. aveva minacciato R. con un coltello (pag. 57 trascrizioni udienza del 22.2.2024). F.C., sorella della parte offesa. La stessa ha riferito di avere un buon rapporto con la sorella che frequenta con regolarità; ricorda che ancora prima di sposarsi con Va. la sorella le aveva riferito che il marito "aveva alzato le mani" contro di lei. In seguito non aveva saputo di altri episodi sino al 2018; in tale anno, non ricorda con precisione quando, R. l'aveva chiamata chiedendole di chiamare i carabinieri perché temeva che il marito l'avrebbe uccisa; si era precipitata a casa della sorella che aveva poi accompagnato al Pronto Soccorso di San Martino. La sorella le aveva poi raccontato che il marito l'aveva picchiata e le aveva poi puntato un coltello alla gola mentre il bambino dormiva. Era molto spaventata. Il giorno stesso l'imputato si era recato al bar dove lavorava il cognato (marito della teste) dicendo di avere fatto una "cavolata" e ammettendo di avere picchiato la moglie. La teste ricorda poi di avere visto varie volte dei segni o dei lividi sul corpo o sul volto della sorella e di averle chiesto spiegazioni; la parte offesa le aveva sempre detto di essere caduta o di avere preso dei colpi, cosa alla quale la teste non aveva mia creduto. L'ultimo episodio che ricorda risale poi a maggio 2023: anche in quella occasione la sorella l'aveva chiamata; la donna era andata a casa della sorella ed era arrivata in contemporanea ai carabinieri. La sorella le aveva raccontato di ima violenta lite, di urla ed era molto spaventata. Anche in quella occasione era stata al Pronto Soccorso. Dopo quell'episodio si era finalmente decisa a lasciare il marito. La teste ha poi precisato che quest'ultimo, in costanza di matrimonio, aveva sempre avuto atteggiamenti controllanti verso la sorella che quando usciva con lei era spesso costretta ad inviarle foto con il telefono per attestare dove e con chi effettivamente si trovasse. Ca.Da., allieva ed amica della parte offesa, ricorda che nel periodo della pandemia o subito dopo il termine della stessa la parte offesa l'aveva chiamata dicendo di avere paura e che il marito l'aveva percossa facendole male ad un polso mentre il figlio era sotto la doccia. Le aveva consigliato di sporgere denuncia ma l'amica si era rifiutata temendo ripercussioni su di lei o sul bambino. La teste ricorda di avere vista alcune volte con gli occhi neri e che l'amica le aveva riferito di essere stata picchiata dal marito. Infine nel maggio 2023 Rosa aveva mandato un messaggio sul gruppo wth di lavoro dicendo che "era successo anche stavolta" e che aveva chiamato i carabinieri ed era intenzionata ad andare via. Ca.An., collega ed amica della parte offesa, ha riferito di avere capito da sola che tra R. ed il marito vi erano dei problemi; non ha però mai saputo fino al 2023 delle violenze subite dalla donna. Ricorda solo che nel 2022 era in palestra ed aveva visto R. con il telefono spaccato; rosa le aveva detto che era stato il marito a spaccarlo. Ha infine dichiarato che talora R. aveva fatto lezione con gli occhiali da sole e che si era giustificata dicendo di non avere tempo per straccarsi. Ch.Mo. è stata collega di lavoro della parte offesa sino a quattro anni fa. Ricorda che era capitato di vedere dei segni sul corpo della parte offesa, che le aveva confidato che il marito le aveva messo le mani addosso. Ricorda che sarà successo due o tre volte in circa venti anni. Nel 2023 aveva poi ricevuto un messaggio dalla parte offesa nel quale le diceva che il marito le aveva messo le mani al collo, che si era recata in ospedale e che l'aveva indicata come testimone nel processo. Sc.Ba. (della quale sono state acquisite le SIT) titolare della palestra ove lavora la parte offesa, ricorda che nell'estate del 2020 aveva visto la donna piangere negli spogliatoi; si era avvicinata chiedendone la ragione, la parte offesa si era tolta gli occhiali da sole mostrando un grosso livido sull'occhio e dicendo che lo aveva procurato il marito. Già prima del 2020 aveva notato spesso grossi lividi soprattutto sulle braccia, ma R. non le aveva detto nulla in proposito. Nel 2023 le aveva poi raccontato di essere stata colpita sul busto con la cintura e di avere presentato denuncia; le ha raccontato che durante l'ultimo episodio il figlio piangeva e che Va. si era rivolto a lui dicendo "stai zitto o ce ne sono anche per te". I.R. le aveva detto che il marito l'aveva minacciata di spezzale le gambe per non farla più lavorare. La parte offesa le aveva infine confidato che questi comportamenti tanto violeni erano dovuto ad attacchi di gelosia improvvisa del marito che lo facevano esplodere. Sc.Ba. nelle SIT rese in data 10.5.23 ha riferito di essere amica e collega della parte offesa e di non avere saputo nulla del rapporto burrascoso tra la stessa ed il marito sino al 2020. Nel 2020 aveva sentito l'amica al telefono che le aveva raccontato di essere stata picchiata dal marito con calci, pungi e forse anche una presa per il collo e che era stata in Ospedale per farsi curare. L'uomo aveva avuto una reazione eccessiva anche con il figlio, all'epoca di 5 anni. R. le aveva anche detto che non era la prima volta che il marito la picchiava. Non ricorda di avere visto segni sul volto o in altre parti del corpo di R.; ricorda solo di averla vista con una mano fasciata in occasione di quanto accaduto nel 2020. Ricorda di avere detto sin da allora di denunciare il marito e di lasciarlo: R. tuttavia dopo un iniziale convincimento in tale senso, aveva avuto un ripensamento in quanto pensava che le cose di potessero sistemare senza dover ricorrere a denunce. Sono poi stati sentiti i testi a difesa. S.G., mamma dell'imputato, ha descritto il figlio e la nuora come una coppia normale; non ha mai notato vi fossero atteggiamenti particolari né tra i due né nel nipote A.. Ha saputo direttamente dal figlio che questi nel 2018 per ragioni di gelosia (aveva visto un messaggio sul telefono della moglie) l'aveva colpita con un calcio e che, nel 2023, vi era stata una lite durante la quale il figlio si era tolto la cintura sbattendola a terra e questa aveva colpito R.. Sa anche che R. aveva preso una testata uscendo da casa ma non sa con che dinamica. Anche S.M., zia dell'imputato non ricorda nulla di particolare circa la coppia; ha solo saputo che nel 2023 vi era stato un litigio ma non sa altro. R.F., padre dell'imputato, ha dichiarato che A. è un bambino sereno senza problemi particolari. Per il resto nulla sa sui fatti pe cui è processo. G.V., amica dell'imputato e mamma di un amichetto di A., descrive l'imputato come un bravo papà. A. si era anche confidato prima dell'estate del 2023 con lei dicendo che vi erano problemi con la moglie per gelosie reciproche Sono stati poi sentiti i colleghi di lavoro dell'imputato che hanno riferito di come A. sia una persona tranquilla e che non vi siano mai state scene di rabbia o di aggressività sul luogo di lavoro da parte sua. 4) La verifica dell'impostazione accusatoria La parte offesa ha reso una deposizione puntuale precisa circostanziata e da ritenersi quindi pienamente attendibile. La donna ha raccontato la burrascosa relazione con il marito che, per lo più per gelosia, aveva incontrollabili scatti di rabbia che sfociavano in passaggi alle vie di fatto. Ogni volta poi si pentiva di quanto commesso, le chiedeva scusa e diceva che sarebbe cambiato. La parte offesa ha poi raccontato cinque episodi specifici (uno dei quali fuori dal capo di imputazione ma evidentemente sintomatico della condotta violenta del marito iniziata già prima del matrimonio), ben collocati nel tempo e precisi negli accadimenti, nei quali la violenza è stata maggiore. In due occasioni si è anche recata al Pronto Soccorso e si è rivolta alle forze dell'ordine. Le dichiarazioni della parte offesa, neppure costituita parte civile, risultano come detto assolutamente credibili: la donna, chiaramente scossa, ha comunque fornito indicazioni precise; non è apparsa affatto animata da vendetta o animosità verso il marito, che anzi non ha esitato a definire un papà attento e premuroso. Non solo: tali dichiarazioni trovano pieno riscontro negli ulteriori elementi istruttori. In particolare: le annotazioni di servizio prodotte su accordo delle parti attestano l'intervento delle forze dell'ordine in occasione delle liti avvenute nel 2018 e nel 2023. I certificati medici prodotti confermano l'esistenza di lesioni, compatibili con la dinamica descritta dalla parte offesa quanto agli episodi del 2018 e del 2023. In particolare il referto del 2018 riporta come visto "contusioni di sedi multiple" ovvero una diagnosi decisamente più compatibile con quanto dichiarato dalla donna (che ha parlato di una "lunga notte", durante la quale è stata percossa con calci e pugni) rispetto alla versione dell'imputato che ha ammesso un solo calcio. Nuovamente anche il referto del 2023 appare certamente conforme alle dichiarazioni di Fr.Ro.; riporta infatti la sussistenza di "al capo in regione parieto occipitale dx edema dei tessuti molli in assenza di ferite. Stria eritematosa in regione sacrale", ovvero esattamente quanto descritto dalla donna, che nuovamente ha parlato di numerosi colpi e di una vera e propria frustata con la cintura. Inoltre sia i familiari che le colleghe di lavoro della parte offesa ricordano chiaramente di avere visto in più occasioni lividi sul corpo della parte offesa e in alcuni casi i segni di un occhio nero, chiaramente riconducibile ad un colpo inferto con violenza al volto. La madre dell'imputato non ricorda invece la presenza di segni: la circostanza non è tuttavia dirimente sia per la minor frequentazione della donna con la nuora (che Vedeva peraltro verosimilmente vestita a differenza delle colleghe della palestra) sia per lo stretto legame con l'imputato (del quale evidentemente ha cercato di alleggerire la posizione). Non solo: lo stesso imputato ha ammesso, sia pure cercando di edulcorare l'accaduto, di avere percosso la moglie in tre occasioni con uno schiaffo, un calcio ed una spinta. A tali condotte violente vanno inoltre aggiunte le minacce di morte ricevute, le minacce di lesioni gravi (ti spezzo le gambe per impedirti di lavorare) riportate dalla parte offesa nonché le condotte controllanti descritte da C.F., sintomatiche della gelosia malata dell'imputato. La circostanza che il Va. sul luogo di lavoro e nei rapporti interpersonali con persone diverse dalla moglie fosse una persona equilibrata e controllata, un buon padre e non abbia mai manifestato eccessi di rabbia non scalfisce minimamente il racconto fatto dalla parte offesa (e debitamente riscontrato dagli elementi sopra indicati). II delitto di maltrattamenti in famiglia avviene di regola esclusivamente tra le mura domestiche, lontano da sguardi indiscreti e ad opera di soggetti insospettabili. La parte offesa d'altra parte ha chiarito che gli scatti di rabbia, con frequente digressione in impeti di violenza fisica, avvenivano in concomitanza di scenate di gelosia del marito, dato questo che spiega chiaramente per quali ragioni la violenze e le condotte maltrattanti si siano indirizzate esclusivamente verso la compagna. Alla luce di tali elementi, complessivamente considerati, si ritiene in primo luogo pienamente integrato il reato di maltrattamenti contestato al capo uno. L'elemento oggettivo del delitto di maltrattamenti in famiglia è costituito da più atti (delittuosi o meno) vessatori causanti sofferenze fisiche o morali, realizzati in momenti successivi, anche se in un limitato contesto temporale: per poter fondare una condanna per maltrattamenti le vessazioni devono essere abituali, il che significa che le condotte non devono essere sporadiche. Ebbene come visto nel caso di specie l'imputato nel corso degli anni ha minacciato, insultato percosso e cagionato anche vere e proprie lesioni alla moglie, ponendo in essere altresì condotte controllati frutto di incontenibile gelosia, ponendo la donna in stato di soggezione ed integrando quindi l'elemento oggettivo del reato contestato Peraltro, a confutazione di quanto allegato dalla difesa, vanno richiamate le pronunce della giurisprudenza di legittimità che affermano che "In tema di maltrattamenti in famiglia, lo stato di inferiorità psicologica della vittima non deve necessariamente tradursi in una situazione di completo abbattimento, ma può consistere anche in un avvilimento generale conseguente alle vessazioni patite, non escludendo sporadiche reazioni vitali ed aggressive della vittima la sussistenza di uno stato di soggezione a fronte di soprusi abituali'' (Cass. 46043 del 2018). La circostanza quindi che talora la donna abbia provato a difendere sé o il figlio1 non incrina quindi minimamente il giudizio di colpevolezza dell'imputato. Nel caso di specie, non si è affatto di fronte a sporadiche e reciproche liti ma all'instaurazione di un clima di controllo e vessazione fisica, che integra in pieno il paradigma del reato contestato. Sussiste altresì l'elemento soggettivo che non richiede la programmazione di una pluralità di atti essendo sufficiente la coscienza e la volontà di persistere in un'attività vessatoria, già attuata in precedenza, idonea a ledere la personalità della vittima. In altri termini, la sussistenza del dolo unitario non richiede l'intenzione di sottoporre la persona offesa, in modo continuo e abituale, a una serie di sofferenze fisiche e morali, ma solo la consapevolezza dell'agente di persistere in un'attività vessatoria. Nel caso di specie i ripetuti insulti proferiti con abitualità sin dal 2018 (invero sono emersi anche episodi pregressi non contestati tuttavia in imputazione): l'atteggiamento controllante dell'uomo, le manifestazioni di gelosia seguite da ingiurie, minacce, percosse, spesso sfociate in lesioni integrano quindi senza dubbio gli elementi costitutivi del reato contestato. Il reato è stato posto in essere sia prima che dopo l'entrata in vigore del c.d. "codice rosso". Sul punto va rilevato come la giurisprudenza di legittimità qui condivisa ha chiarito con riferimento che "il delitto di atti persecutori, in quanto reato abituale, si consuma nel momento in cui ha luogo l'ultima condotta attuata dall'agente, sicché le'modifìche "in peius" del regime sanzionatorio, introdotte dalla L. 19 luglio 2019, n. 69, trovano applicazione anche se intervenute dopo l'inìzio della consumazione, ma prima della cessazione della abitualità" (Cass. 3427/2023); il ragionamento sotteso vale ovviamente anche per il reato per cui è processo, parimenti di natura abituale. Va rilevato peraltro che, anche alla luce dell'orientamento, non condiviso, secondo il quale "nel reato abituale il tempus commissi delicti, ai fini della successione di leggi penali, coincide con la realizzazione dell'ultima condotta tipica integrante il fatto di reato, a condizione, però che dopo la modifica normativa vengano realizzati tutti gli elementi costitutivi del reato ("in tema di maltrattamenti contro familiari e conviventi, ove parte della condotta sìa commessa sotto la vigenza della disposizione incrìminatrice di cui all'art. 572 cod. pen., come modificata in senso peggiorativo dall'art. 4, comma 1, lett. d), L. 1 ottobre 2012, n. 172, trova applicazione la norma sopravvenuta sfavorevole al reo nel solo caso in cui si collochi dopo la sua entrata in vigore un segmento di condotta sufficiente, di per sé, a integrare l'abitualità del reato Cass. 28918/23)", troverebbe comunque applicazione il trattamento sanzionatorio più rigoroso previsto dalla Novella. Infatti due episodi certamente rilevanti sono stati posti in essere dopo l'entrata in vigore della legge citata, ovvero l'episodio del 2020 e quello del 7.5.23. Deve quindi trovare applicazione il più severo trattamento sanzionatorio di cui al novellato art. 572 c.p. Nel caso di specie nel vigore della nuova e più severa normativa, che deve quindi trovare applicazione, sono stati posti in essere sia gli episodi di minacce che gli ulteriori due episodi lesivi, atti già di per sé ad integrare il reato contestato. Va quindi affermata la penale responsabilità dell'imputato per il reato ascritto. ' E' altresì contestata raggravante dell'essere stato il reato commesso alla presenza di minori. Ebbene, la giurisprudenza di legittimità, condivisa dall'odierno giudicante, ha chiarito che è sufficiente per configurare l'aggravante, che radica peraltro la competenza collegiale, che il minore assista ad un solo episodio, non essendo necessaria la presenza a tutti gli atti integranti reato. Nel caso di specie certamente il piccolo A. era presente all'episodio avvenuto sull'auto; si ritiene inoltre che, contrariamente all'assunto della difesa, abbia assistito anche all'ultimo degli episodi citati. Si è trattato infatti di una lite accesa, nel quale la parte offesa ha gridato e chiamato aiuto; la stessa parte offesa, dopo inziali ritrosie, ha ammesso che certamente il figlio aveva sentito qualcosa. La ritrosia manifestata dalla donna è ben comprensibile: la donna infatti ha sempre cercato di proteggere il figlio ed ha più volte precisato che l'imputato è un bravo papà. Pertanto inizialmente ha riferito che neppure in quella occasione A. aveva sentito qualcosa perché dormiva e solo dopo varie ritrosie ha ammesso la circostanza. D'altra parte lo stesso minore, secondo quanto riferito dalla teste F.C., ad avere chiesto alla madre, vedendo i carabinieri in casa in occasione dell'episodio del 7.5.23 a chiederle se era stato il padre a picchiarla, a dimostrazione del fatto che tale condotta era certamente plausibile anche per il piccolo A., che vi aveva già evidentemente assistito. Risulta quindi nuovamente integrata la circostanza contestata, posta anch'essa in essere dopo la riforma del 2019 (v. Cass. 21998/23 "In tema di maltrattamenti contro familiari e convìventi, stante la natura abituale del reato, che si consuma con la cessazione delle condotte vessatorie, è sufficiente che anche solo una di esse sia stata posta in essere alla presenza di un minore dopo l'entrata in vigore della L. 19 luglio 2019, n. 69, perché trovi applicazione la circostanza aggravante ad effetto speciale di cui all'art. 572, comma secondo, cod. pen., introdotta da tale legge, in luogo dì quella, previgente, di cui all'art. 61, comma primo, n. 11-quinquies, cod. pen.'") Sussiste altresì piena prova del reato contestato al capo 2 dell'imputazione. L'imputato ha colpito con la cintura la donna e quindi, spingendola, le ha fatto sbattere la testa contro il muro. La prova di tali condotte si ricava nuovamente dalle dichiarazioni della parte offesa, che ha sempre descritto anche ai parenti là stessa dinamica e dai certificati medici prodotti nonché, quanto alla spinta, dalle dichiarazioni confessorie dello stesso imputato. Non è invece verosimile la versione dei fatti resa dal Va. che riferisce di avere colpito per sbaglio con la cintura scagliata a terra la parte offesa, La regione del corpo attinta, la presenza di impronte figurate sul corpo della parte offesa, rendono evidente come si sia trattato di un gestro chiaramente volontario. Tali condotte hanno causato la malattia indicata in imputazione ai danni della parte offesa onde risulta pienamente integrato anche il reato contestato al capo 2. I due reati possono essere posti in continuazione essendo finalizzati a prevaricare e schiacciare la donna al fine di averne il totale controllo; il reato più grave è il reato di cui al capo 1. All'imputato, incensurato e che si occupa del figlio sotto ogni profilo, possono essere concesse le attenuanti generiche, in regime di equivalenza con le aggravanti contestate. La pena non può essere contenuta nei minimi edittali: i maltrattamenti sono stati sia fisici che psicologici e sono durati a lungo. Valutati tutti gli elementi di cui all'art. 133 c.p. si stima equa la pena della reclusione per quattro anni, ottenuta da una pena base di tre anni e sei mesi aumentata a quattro per la continuazione (l'aumento è giustificato dal tipo di lesioni inferte che e dal fatto che le stesse siano state poste in essere con un'arma, la cintura, e in modalità tali da essere particolarmente umilianti, atteso che si è trattato di vere e proprie frustate). Alla condanna segue ex lege il pagamento delle spese processuali. Il difensore, munito di procura speciale, ha chiesto l'applicazione delle sanzioni sostitutive della semilibertà o della semidetenzione. Si ritiene che nel caso di specie la pena irrogata possa essere sostituita con la semidetenzione (meno afflittiva e ritenuta ex art. 133 c.p. più congrua nel caso di specie dell'altra misura richiesta), per pari durata alla pena inflitta, sussistendone i presupposti: l'imputato è incensurato; la pena irrogata è inferiore a quattro anni, non vi sono più state condotte quali quelle contestate ma, al contrario, imputato e parte offesa stanno cercando di concludere in sede civile una separazione consensuale. Per tali ragioni si ritiene che l'istanza possa essere accolta, con le prescrizioni indicate in dispositivo. P.Q.M. Il Tribunale in composizione collegiale; Visti gli artt. 533,535 c.p.p. DICHIARA Va.An. Responsabile dei reati contestati, unificati dal vincolo della continuazione (reato più grave sub (...)) e concesse le attenuanti generiche equivalenti all'aggravante lo condanna alla pena di anni quattro di reclusione oltre al pagamento delle spese processuali. Visto Part. 29 c.p. Applica all'imputato la pena accessoria dell'interdizione dai pubblici uffici per la durata di anni cinque. Dispone la trasmissione di copia della presente sentenza al Tribunale di Genova, sez. Famiglia. Visti gli artt. 545 bis c.p.p., 53 e ss e 56 L. n. 689 del 1981 SOSTITUISCE la pena detentiva sopra indicata nella pena sostitutiva della detenzione domiciliare per la durata di anni quattro fissando le seguenti le seguenti PRESCRIZIONI 1) rapporti con gli uffici e i servizi: il condannato, divenuta irrevocabile la sentenza e ricevutane comunicazione, dovrà immediatamente prendere contatti con l'U.E.P.E competente in relazione alla provincia ove si trova il domicilio che lo prenderà, in carico. La detenzione inizierà dalla data di sottoscrizione del verbale contenente le presenti prescrizioni. 2) dimora e territorio: il condannato dovrà fissare la propria dimora in un luogo comunicato preventivamente alle F. ed all'U. (necessariamente diverso dalla dimora della parte offesa) e dovrà permanere in detto domicilio per non meno di 12 ore al giorno dalle ore 19 alle ore 7.00 del giorno successivo, o in altro diverso orario indicato dal Magistrato di Sorveglianza ai sensi dell'art. 62 L. n. 689 del 1981 per un tempo comunque non inferiore a dodici ore giornaliere, rimanendo in ogni caso nel restante tempo sempre nell'ambito della Regione Liguria. 3) spostamenti e uscite: sono consentite le uscite dal domicilio in deroga alla prescrizione sub (...)), ogni qualvolta si renda necessario: a) per comprovati e documentabili motivi di salute propri o del familiari conviventi o per significative esigenze familiari o lavorative. In questo caso tali spostamenti saranno autorizzati dal Magistrato di Sorveglianza ai sensi dell'art. 62 cit. tramite l'U. o le forze dell'ordine, salvo il caso- di assoluta necessità e in ogni caso previa tempestiva comunicazione alle forze dell'ordine. 4) condotta generale: è vietato per il condannato detenere e portare a qualsiasi titolo armi munizioni ed esplosivi anche se è stata concessa autorizzazione di polizia né potrà fare uso di alcuna sostanza stupefacente, nè abusare di sostanze alcoliche. 5) frequentazioni: il condannato non potrà frequentare, senza giustificato motivo persone sottoposte a misure di prevenzione o comunque persone che lo espongano al rischio di commissione di reati (salvo si tratti dei familiari o di altre persone stabilmente conviventi). 6) controlli: il condannato dovrà predisporre tutti gli accorgimenti necessari per agevolare i controlli al domicilio da parte delle FF.OO., consentendo alle stesse di verificare la sua presenza ed accertando il costante corretto funzionamento dell'impianto citofonico o comunque rendere agevolmente accessibile il domicilio alle F., rendendosi sempre reperibile personalmente in modo agevole anche per il mezzo del telefono fìsso e/o cellulare. 7) documenti: si dispone il ritiro del passaporto e sospensione della validità ai fini dell'espatrio di ogni altro documento equipollente. 8) oneri generali: il condannato dovrà portare sempre con sè copia del presente provvedimento e un documento di identificazione o comunque dichiarare immediatamente alle F., con cui venisse in contatto per qualsiasi motivo, il proprio stato di detenuto domiciliare; 9) modifiche delle prescrizioni: il condannato dovrà richiedere al Magistrato di Sorveglianza, tramite le FF.OO. ed almeno 15 giorni prima (salvo sopraggiunte e comprovate necessità) le licenze di cui all'art. 69 L. n. 689 del 1981, ogni autorizzazione in deroga e ogni altra modifica alle prescrizioni per comprovate esigenze familiari, di studio, di formazione professionale, di lavoro o di salute; il condannato dovrà in ogni caso avvisare le F. delegate per la vigilanza dell'uscita e del rientro. AVVISA Altresì il condannato che: - ai sensi dell'art. 66 L. n. 689 del 1981, la mancata esecuzione della pena sostitutiva ovvero la violazione grave o reiterata degli obblighi e delle prescrizioni ad essa inerenti, ne determina la revoca e la parte residua si converte nella pena detentiva sostituita ovvero nella semilibertà; - ai sensi dell'art. 72 L. n. 689 del 1981, il condannato alla pena sostitutiva della detenzione domiciliare che per più di dodici ore, senza giustificato motivo, rimane assente si allontana da uno dei luoghi indicati dall'art. 56 è punito ai sensi dell'art. 385 c.p. (evasione); - ai sensi dell'art. 72 L. n. 689 del 1981, la condanna per il delitto di evasione o a pena detentiva per un delitto non colposo commesso durante l'esecuzione della pena sostitutiva, ne determina la revoca e la conversione per la parte residua nella pena detentiva sostituita, quando la condotta tenuta appare incompatibile con la prosecuzione della pena sostitutiva. Dispone la comunicazione della presente sentenza all'UEPE per la presa in carico dell'imputato e l'elaborazione del programma. Così deciso in Genova il 14 marzo 2024. Depositata in Cancelleria il 18 marzo 2024.

  • Tribunale di Genova, Sentenza n. 736/2024 del 07-03-2024 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO DI GENOVA TERZA SEZIONE CIVILE in composizione monocratica, nella persona del Giudice dott. (...) ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di I (...) iscritta al n.r.g. 4433/2022 avente ad (...) azione di responsabilità nei confronti di amministratore condominiale promossa da (...) "(...)" (...) (C.F. (...)) rappresentato e difesa dall'Avv.to (...) ATTORE Contro (...) E (...) S.R.L. rappresentata e difesa dall'Avv.to (...) CONVENUTO E SOCIETÀ (...) rappresentata e difesa dall'Avv. (...) (...) CONCLUSIONI Per il (...) "(...)" (...) "Piaccia all'(...)mo Tribunale adito, respinta ogni contraria istanza ed eccezione, in via principale accertare e dichiarare la responsabilità dello studio (...) e (...) s.r.l. in persona del legale rappresentate pro tempore per i fatti di cui in narrativa, ed in particolare in merito al danno patrimoniale subito dagli odierni attori, pari all'ammanco di cassa rivenuto a seguito delle verifiche contabili emergente, ed conseguente necessità di vedersi restituire le somme versate e non utilizzate per le voci di bilancio indicate, nonché per l'evidente mala gestio, e/o emergendi in corso di causa e/o meglio viste e ritenute e conseguentemente condannarlo al pagamento del totale importo di Euro. 125.000,00= e/o in quella meglio vista e ritenuta e/o emergenda in corso di causa, il tutto oltre interessi e rivalutazione ove dovuta fino al soddisfo, da determinarsi anche in via equitativa. Con vittoria di spese, diritti ed onorari della presente procedura" (...) e (...) s.r.l.: "Piaccia al Tribunale Ill.mo, fermo il rigetto di tutte le istanze istruttorie avversarie previa -se del caso rimessione della causa sul ruolo per l'ammissione delle istanze istruttorie formulate, In via principale respingere tutte le domanda formulate da parte attrice contro l'esponente in quanto infondate in fatto ed in diritto, pretestuose e temerarie, con conseguente condanna degli attori e(...) art. 96 cpc. In ogni caso, dichiarare tenuta e condannare la terza chiamata (...) C.F. (...) in persona del suo legale rapp.te p.t., corrente in Via Corte d'Appello 11, 10122 Torino nei limiti di polizza a: 1) garantire, manlevare e tenere indenne l'esponente di quanto eventualmente condannata a pagare a qualsiasi titolo agli attori. 2) rimborsare all'esponente tutti i costi sostenuti e sostenendi per l'attività di difesa. Con vittoria delle spese, diritti ed onorari di liti, (...) A FAVORE DELL. Avv. (...) CHE SE NE DICHIARA ANTISTATARIO." (...) di (...) "voglia (...)mo Tribunale rigettata ogni contraria istanza: - In via preliminare, rigettare ogni istanza istruttoria e in particolare istanza di CTU in quanto esplorativa, non avendo controparte prodotto in atti alcun documento contabile o bancario; - in via principale, rigettare le domande svolte dall'attore (...) nei confronti dello (...) e (...) srl in quanto generiche, non provate e comunque infondate nel merito; - in via subordinata, limitare l'eventuale domanda di garanzia formulata dallo (...) e (...) srl nei confronti di (...) alle condotte ascrivibili all'eventuale colpa dell'assicurato delle quali la società convenuta debba rispondere; o alle condotte colpose, con esclusione di qualsiasi responsabilità volontariamente assunta dall'(...) e non derivante dalla legge, nonché con esclusione di eventuali condotte dolose; o con esclusione di eventuali danni derivanti dalla perdita di cose in custodia all'(...) inclusi valori; o con applicazione della franchigia di (...) 1.500 ed entro il massimale di (...) 3.000.000. - in ogni caso, con vittoria di spese del giudizio, con condanna diretta dell'attore alla rifusione delle spese di lite all'esponente compagnia terza chiamata." 1. Esposizione delle domande e delle deduzioni difensive dell'attore. 1.1. (...) "(...)" (...) 6, con atto di citazione ritualmente notificato, conveniva davanti a questo Tribunale il (...) (...) in proprio e nella qualità di legale rappresentante dello studio (...) e (...) s.r.l., affinché dichiarasse ed accertasse la responsabilità delle due parti convenute in ordine al danno patrimoniale subito dall'attore, pari all'asserito ammanco di cassa stimato a seguito delle verifiche contabili eseguite in Euro 125.000,00 e, pertanto, li condannasse alla restituzione a favore dell'attore del predetto importo o di quello meglio visto e ritenuto, anche da determinarsi in via equitativa, il tutto oltre rivalutazione e interessi fino al soddisfo. 1.2 A sostegno della domanda formulata deduceva quanto segue: 1.2.I) l'ing. (...) quale nuovo amministratore del (...) attore (d'ora in poi (...), precedentemente amministrato dal (...) (...) in proprio e per il tramite delle proprie società, quali lo "(...) e (...) s.r.l." e la "(...) s.r.l.", all'esito dell'esame di tutta la documentazione contabile dei (...) con particolare riferimento a quella relativa alla centrale termica, che risulta essere comune a tutti i (...) costituenti il supercondominio attore, si avvedeva di alcune problematiche, tra cui un ammanco di cassa e inesattezze contabili relative al pagamento delle fatture della centrale termica; 1.2.II) in particolare sarebbe emerso che, nonostante le fatture passive ricevute dal (...) risultassero contabilmente saldate, le stesse - nei fatti - sarebbero risultate ancora insolute; 1.2.III) tale discrepanza tra le risultanze contabili e la situazione reale della posizione del (...) portavano alla luce - a seguito di un'attenta e copiosa analisi e ricostruzione della documentazione - un ammanco di cassa di circa Euro 125.000,00 come da prospetto allegato ((...) 01), nonostante il rituale e puntuale pagamento da parte dei singoli condomìni delle rispettive quote di oneri condominiali. 1.3) Pertanto, secondo il condominio, alla luce di quanto esposto, sarebbe stato del tutto evidente come il (...) (...) in qualità di amministratore di condominio, avesse posto in essere una mala gestio tale da configurare una sua grave responsabilità professionale avendo determinato l'ammanco di cassa una grave posizione debitoria nei confronti del gestore gas e di un altro fornitore come si sarebbe evinto dall'allegato conteggio. 1.4) Esponeva che, essendo stato inutile ogni tentativo di definizione bonaria della vertenza, il condominio sarebbe stato costretto ad adire il Tribunale affinché venisse accertata la responsabilità del convenuto in merito al danno patrimoniale subito dagli odierni attori, pari all'ammanco di cassa rivenuto a seguito delle verifiche contabili e, conseguentemente, venisse condannato alla restituzione delle somme versate e non utilizzate per le voci di bilancio indicate. 2. Esposizione delle eccezioni e delle deduzioni difensive della convenuta. 2.1 La società (...) e (...) s.r.l. nella comparsa di costituzione e risposta deduceva, in via preliminare, che sebbene l'atto di citazione indicasse due parti convenute il sig. (...) personalmente e la (...) e (...) s.r.l., l'atto di citazione veniva notificato mediante PEC alla sola società (...) e (...) s.r.l. 2.2. Sempre in via preliminare chiedeva il differimento della prima udienza di trattazione al fine di poter convenire in giudizio la (...) di (...) per essere da questa manlevata rispetto ad eventuali somme che fosse stata condannata a versare a parte attrice. 2.3 Nel merito chiedeva il rigetto dell'azione di responsabilità intrapresa, giacché: 2.3.I) rispetto alla persona del sig. (...) sarebbe stata già in astratto infondata posto che: 2.3.I.a) il sig. (...) non era mai stato personalmente amministratore del condominio attore; 2.3.I.b) quale legale rappresentante della società che aveva amministrato il condominio, non avrebbe potuto personalmente rispondere di eventuali debiti della società anche se derivanti da fatto illecito della stessa; 2.3.II) rispetto alla società (...) e (...) s.r.l. la domanda formulata sarebbe stata basata su un corredo allegatorio del tutto generico e fumoso posto che: 2.3.II.a) il (...) era stato amministrato, prima e dopo, da altri soggetti non convenuti nel presente giudizio, e pertanto l'attore avrebbe quantomeno dovuto chiarire: i precisi profili di responsabilità lamentati e temporalmente riconducibili all'esponente; quali "ammanchi" sarebbero stati rilevati e la loro imputazione; in che cosa consisterebbero le "problematiche" e le "inesattezze contabili"; 2.3.II.b) sarebbe rimasto del tutto oscuro, dalle allegazioni difensive, quale fosse l'errato impiego delle somme versate dai condomini che l'amministrazione condominiale convenuta avrebbe posto in essere; 2.3.III.c) l'eventuale esistenza di una carenza di cassa, in un condominio delle dimensioni di quello attoreo, poteva dipendere da numerose ragioni o da mancati versamenti dei condomini. 3. Esposizione delle eccezioni e delle deduzioni difensive della terza chiamata. 3.1. (...) di (...) nella propria comparsa di costituzione e risposta, in via preliminare, aderiva per quanto di interesse alle difese svolte dallo (...) srl con riferimento alle domande svolte nei confronti di quest'ultimo dal (...) 3.2 Sul punto deduceva che le domande, oltre ad essere basate su allegazioni di inesattezze contabili del tutto generiche, sarebbero state radicalmente prive della prova dell'ammanco lamentato nonché dell'allegazione e prova dell'inadempimento della società convenuta agli obblighi assunti in qualità di (...) 3.3. In via gradata deduceva che il sinistro, per cui veniva evocata la copertura assicurativa, non sarebbe rientrato nel rischio assicurato, sia per difetto dell'elemento soggettivo, posto che la polizza sottoscritta dalla società convenuta forniva copertura assicurativa alle sole condotte colpose dell'assicurato (...) (...) (e non della società che figurava solo come contraente), sia per difetto dell'elemento oggettivo, posto che a norma della clausola 8.1 lett. r) l'Assicurazione non avrebbe operato in caso di perdita, distruzione e deterioramento di cose che l'(...) avesse in consegna o custodia o detenesse a qualsiasi titolo o destinazione e, pertanto, la garanzia assicurativa non sarebbe stata operativa in relazione ad eventuali ammanchi di cassa derivanti dalla perdita o distruzione di valori, incluso il denaro, nella custodia dell'(...) 3.4. Inoltre deduceva che, ai sensi dell'art. 8.1 delle condizioni generali di garanzia, l'assicurazione non avrebbe compreso la responsabilità civile dell'assicurato derivante da "b) inerzia nei confronti del/dei debitore/i per la riscossione di crediti vantati dal condominio, salvo diverse disposizioni approvate dall'assemblea dei condomini" e, pertanto, la garanzia invocata, non avrebbe potuto ritenersi operante per eventuali ammanchi imputabili alla mancata riscossione di crediti del condominio, nell'ambito dei quali doveva escludersi anche la mancata ripetizione di eventuali pagamenti indebiti effettuati a terzi. 3.5 In via ulteriormente gradata deduceva che, comunque, ove fosse stata ritenuta operativa la copertura assicurativa predetta per eventuali importi che l'assicurato fosse stato condannato a versare a parte attrice, la copertura prevedeva l'applicazione di una franchigia fissa di Euro 1.500 (doc.1, pag. 2) per ogni sinistro, con massimale generale di Euro 3.000.000 4. Svolgimento del processo. 4.1. Alla prima udienza di trattazione il condominio attore rinunciava a qualsiasi domanda nei confronti del sig. (...) personalmente e il Giudice differiva la prima udienza affinché la convenuta potesse convenire in giudizio l'assicurazione (cfr. verbale di udienza del 21 ottobre 2022). 4.2 Alla prima udienza successiva alla chiamata in giudizio dell'assicurazione quest'ultima rinunciava all'eccezione di inoperatività della polizza di cui al paragrafo 2 (cfr. verbale di udienza del 29 maggio 2023). 4.3 All'esito della concessione dei termini e(...) art. 183 sesto comma c.p.c. il Giudice, rigettate tutte le istanze istruttorie formulate, fissava per p.c. l'udienza e(...) art. 127 ter c.p.c. del 12 dicembre 2023 allorché la causa veniva rimessa in decisione previa concessione dei termini e(...) art. 190 c.p.c.. MOTIVI DELLA DECISIONE 5. Domanda principale di condanna 5.1 (...) attore, preliminarmente, chiede che la causa venga rimessa in istruttoria affinché il Giudice ammetta CTU diretta ad accertare l'ammanco di cassa che sarebbe stato riscontrato, secondo quanto allegato dal condominio, dall'amministratore subentrato a quello convenuto nel presente giudizio. 5.2 Si osserva che con l'atto di citazione il condominio produceva: 5.2.a) verbale di assemblea condominiale dell'8 marzo 2022 avente il seguente contenuto: 5.2.b) un prospetto di fatture insolute redatto dal nuovo amministratore condominiale. 5.3 (...) con la memoria e(...) art. 183 sesto comma n. 2 c.p.c. produceva: 5.3.a) un verbale di consegne dall'amministratore convenuto all'attuale amministratore condominiale senza però produrre la documentazione indicata nel verbale (tra la quale rendiconti condominiali); 5.3.b) fatture insolute (...) 5.3.c) riepilogo debito residuo (...) 5.4. A fronte della totale assenza agli atti di causa della documentazione contabile del condominio e delle deliberazioni assembleari di approvazione dei preventivi e dei consuntivi del condominio, appare del tutto inutile il licenziamento di CTU contabile che non potrebbe, all'evidenza, basarsi un conteggio unilateralmente predisposto da parte attrice e contestato dalla società convenuta. 5.5 Quanto al merito della domanda di risarcimento dei danni si osserva in diritto che l'ufficio dell'amministratore di condominio, sulla base di un costante orientamento espresso dalla giurisprudenza di legittimità, è riconducibile a quello del mandatario con rappresentanza (tra le altre, Cass. Sez. Un. 9148/2008) inquadramento recepito dalla novella del 2012 che, all'art 1129 co. 15 c.c., stabilisce espressamente che si applicano le disposizioni del codice sul mandato per quanto ivi non espressamente previsto. 5.6 Dunque, l'adempimento della società convenuta deve essere vagliato alla luce delle regole sulla responsabilità contrattuale e, in particolare, alla luce delle disposizioni che regolano la diligenza nell'adempimento (art 1176 c.c.) e di quelle che disciplinano la ripartizione dell'onere della prova (art 1218 c.c.) (cfr. Tribunale Torino, sez. VIII , 10/02/2022 , n. 525). 5.7 A tal fine, la parte creditrice deve dimostrare il fatto costitutivo del proprio diritto e può limitarsi ad allegare l'inadempimento del debitore, sul quale viceversa grava l'onere di dimostrare l'avvenuto adempimento ovvero l'impossibilità dello stesso per causa a sé non imputabile (Cass Sez. Un. 13533/2001); grava in ogni caso sul creditore l'onere di fornire la prova del danno subito (art. 1223 c.c.). 5.8 Il condominio, sebbene dal verbale di consegna consti che disponesse di tutta la documentazione contabile riferibile al periodo di gestione della convenuta, non ha specificamente provato, mediante la produzione nel presente processo dei bilanci condominiali e degli estratti conto, il considerevole ammanco di cassa lamentato nel quale, allega, si sarebbe sostanziato il danno cagionato dall'amministratore convenuto. 5.9 In tal senso condivisibile orientamento della giurisprudenza di merito ritiene che, nell'ipotesi di azione di responsabilità nei confronti di amministratore condominiale, "la mancata produzione di estratti conto riferiti alla precedente amministrazione alla quale era onerato il (...) e di cui poteva disporre, impedisce di valutare se le somme versate dai condomini siano state utilizzate dal convenuto per finalità personali rispetto a quelle a cui erano destinate (pagamento di utenze, lavori straordinari, ditta pulizie, etc.), non bastando in tal senso la prova del mancato pagamento di fatture emesse dai terzi creditori del (...) potendo essere state le relative provviste, se presenti, utilizzate, comunque, per attività ed esigenze del condominio" (cfr. Tribunale di Roma Sentenza n. 4760/2022 pubbl. il (...)). 5.10 Peraltro, la dedotta mala gestio non potrebbe essere provata mediante le prove orali dedotte posto che l'unico capitolo di prova formulato verte unicamente sulla morosità accumulata dal condominio nei confronti del fornitore per Euro 125.000,00 (peraltro di per sé neppure specificamente contestata dall'amministratore uscente il quale deduce che i condominii non avrebbero corrisposto quanto dovuto per il pagamento dei fornitori). 5.11 Non si ritiene che all'omesso deposito di documentazione idonea a comprovare il dedotto ammanco di casa possa ovviarsi - come pare sostenere il condominio nella comparsa conclusionale - mediante il principio di non contestazione posto che l'amministratore convenuto, fin dalla comparsa di costituzione, contestava specificamente che tale morosità fosse ascrivibile ad una mala gestio sostenendo che potesse anche dipendere dai condominii che non versavano i relativi contributi condominiali dovuti. 5.12 La documentazione depositata in giudizio dal condominio (riepilogata nei punti 4.2 e 4.3), a tutto voler concedere, evidenzia un'esposizione debitoria del condominio nei confronti del fornitore (...) ma non vi è, alcuna prova, non essendo stato prodotto alcun verbale di assemblee condominiali (bilanci consuntivi e preventivi degli anni precedenti) e neppure estratti conto, comprovanti, quanto meno su un piano indiziario, che il debito accumulato nei confronti del fornitore dipendesse da ammanchi di cassa provocati, dolosamente o colposamente dall'amministratore condominiale convenuto, ben potendo dipendere anche dall'omesso versamento da parte dei condomini di contributi condominiali (il cui regolare versamento il condominio si è limitato ad allegare) o dall'impiego delle somme per altre esigenze pur sempre riferibili al condominio amministrato. 5.13 In conclusione, non avendo il condominio provato il preteso pregiudizio (indebiti prelievi di cassa) nel quale si sarebbe sostanziata la violazione contestata all'amministratore convenuto, la relativa domanda di risarcimento va rigettata. 6. Sulle spese di lite. 6.1 Le spese seguono la soccombenza nella misura liquidata in dispositivo in conformità dei valori medi di liquidazione per le fasi di studio e introduttiva e dei valori minimi per le fasi di trattazione e conclusionale previsti per lo scaglione di riferimento (da Euro 52.000,00 ad Euro 260.000,00). 6.2 In virtù del principio di causalità, che governa il riparto delle spese di lite, il condominio, quale parte soccombente, è tenuto a rifondere anche le spese di lite sostenute dall'assicurazione terza chiamata. 6.3. Non si ritiene la sussistenza dei presupposti per la condanna di cui all'art. 96 c.p.c.. P.Q.M. definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza ed eccezione disattesa o assorbita: 1. rigetta la domanda di risarcimento formulata dal (...) "(...)" (...) 6 nei confronti di (...) e (...) s.r.l.; 2. dichiara tenuto e condanna (...) "(...)" (...) 6, in persona dell'amministratore condominiale pro tempore, a corrispondere a (...) e (...) s.r.l. e a SOCIETÀ (...) le spese di lite che si liquidano, per ciascuna delle due parti, in Euro 9.142,00 (di cui (...) di studio della controversia, valore medio: Euro 2.552,00 (...) introduttiva del giudizio, valore medio: Euro 1.628,00 (...) istruttoria e/o di trattazione, valore minimo: Euro 2.835,00 (...) decisionale, valore minimo: Euro 2.127,00) oltre 15% per spese generali nonché CPF e IVA nella misura di legge. 3. dispone la distrazione delle spese di lite liquidate al punto 2 alla società (...) e (...) s.r.l. a favore del difensore antistatario. Sentenza immediatamente esecutiva per legge.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE DI GENOVA - SEZIONE SECONDA - IN COMPOSIZIONE MONOCRATICA Dott.ssa Simona Macciò All'udienza del 5.3.2024 ha pronunciato e pubblicato, mediante lettura del dispositivo, la seguente SENTENZA nei confronti di: Ar.Po., nato in R. il (...) e residente in D. d'A., via M. 5, con dichiarazione di domicilio all'indirizzo di posta elettronica certificata (...) (domicilio dichiarato all'udienza del 12.1.2024), difeso di fiducia dall'avv. Er.Lo. del foro di Genova (nomina in udienza del 12.1.2024) DETENUTO Ar.Po.C. - PRESENTE IMPUTATO Per il reato di cui all'art. 640 e 61 n. 5 c.p. perché con artifici e raggiri, consistiti nell'offrire in vendita senza averne la disponibilità, attraverso il sito internet "(...)" sul social network Facebook, una consolle Play-Station 4 induceva in errore Mo.Sh., convincendolo a corrispondergli, tramite ricarica sulla propria carta prepagata, la somma di Euro 150,00 a titolo di prezzo di vendita, si procurava tale ingiusto profitto con pari danno per la persona offesa. Fatto aggravato dall'aver profittato di circostanze tali da ostacolare la privata difesa della persona offesa. In Genova, 21.8.2020. Persona offesa: Mo.Sh., nato a G. il (...) ed ivi residente in via della B. 26/20 SVOLGIMENTO del PROCESSO A seguito di udienza preliminare, con decreto emesso in data 4.7.2022, Ar.Po. veniva rinviato a giudizio innanzi a questo Tribunale in composizione monocratica per rispondere del reato indicato in epigrafe, a lui ascritto nel procedimento penale n. 13296/2020 R.G.N.R. Alla prima udienza del 18.10.2023 l'imputato non compariva e il giudice, non ravvisando le condizioni per poter procedere in legittima assenza del medesimo, disponeva ricerche a cura della polizia giudiziaria. Alla successiva udienza del 12.1.2024 l'imputato - risultato ristretto presso la Casa Circondariale di Alessandria per altra causa -, era presente e il difensore di fiducia chiedeva un breve rinvio per poter contattare la persona offesa e risarcirla. Da parte sua l'imputato rinunciava a comparire all'udienza successiva. All'udienza del 5.3.2024 il difensore dell'imputato depositava le comunicazioni intervenute con la persona offesa e l'avvenuto integrale risarcimento in data 1.3.2024 tramite ricarica della postepay di Mo.Sh. per l'importo di Euro 150,00. Le parti concordavano l'acquisizione al fascicolo del dibattimento degli atti delle indagini, ai sensi dell'art. 493, comma 3, c.p.p., rassegnavano le proprie conclusioni come da verbale d'udienza e il giudice pronunciava sentenza, dando lettura del dispositivo e riservando nel termine di giorni 30 il deposito della motivazione. MOTIVI della DECISIONE Ar.Po. è stato tratto a giudizio per rispondere del reato di truffa aggravata che egli avrebbe commesso in data 21.8.2020 in danno di Mo.Sh.. Dalla lettura degli atti di indagine acquisiti ai sensi dell'art. 493, comma 3, c.p.p. e, segnatamente dalla denuncia sporta dalla persona offesa in data 15.9.2020, emerge che Mo.Sh. notava un annuncio sul gruppo "market place" di Facebook inerente ad una PlayStation 4 PR 1TB usata, di talchè prendeva contatti con l'inseritore dell'annuncio, indicato in Ar.Po.. Con lo stesso prendevano contatti in merito alla modalità di pagamento e sulla spedizione. La persona offesa, quindi, si recava presso il tabacchino di G. V., in via D.G.V. 45R ed eseguiva una ricarica S. dell'importo di Euro 150,00 oltre a Euro 1,50 di commissioni in favore della carta n. 5295 9300 1821 9270 intestata a Ar.Po., con C.F. (...) . Nonostante il pagamento l'oggetto acquistato non veniva recapitato alla persona offesa e da quel momento il suo interlocutore cessava di rispondergli sulla chat in Facebook. I CC di Voltri, a seguito della denuncia sporta dalla persona offesa e della delega di indagini da parte della Procura, accertava che la carta prepagata n. (...) risultava effettivamente intestata all'odierno imputato e che per la sua attivazione era stata utilizzata la carta di identità n. (...) rilasciata a Ar.Po. il 15.7.2016 dal Comune di Diano d'Alba: il documento, peraltro, mai smarrito o rubato era lo stesso presentato dall'imputato al momento della sua identificazione presso i CC di Cerda. Anche l'utenza telefonica utilizzata per l'attivazione della carta S. risulta effettivamente in uso all'odierno imputato, ancorchè i contatti con la persona offesa siano avvenuti esclusivamente tramite la chat del social network Facebook. Gli elementi acquisiti consentono di ritenere provato il fatto descritto in imputazione e di attribuirlo alla responsabilità dell'odierno imputato. Si è infatti in presenza della tipica condotta ingannatoria posta in essere da un soggetto che, prospettando la disponibilità di un bene offerto ad un prezzo allettante - in questo caso si trattava di una playstation usata - dapprima attirava l'attenzione della vittima e la convinceva della bontà dell'affare, inducendola a pagare il prezzo senza tuttavia poi consegnare il bene offerto e senza restituire alcunché. Occorre, a questo punto, evidenziare come il narrato reso in denuncia dalla persona offesa e le risultanze degli accertamenti di polizia giudiziaria non lascino alcun dubbio in ordine alla natura fraudolenta dell'intera contrattazione, protrattasi per il tempo necessario a trarre in inganno la persona offesa e poi prontamente interrotta nel momento in cui la vittima aveva effettuato il pagamento richiesto. Dal punto di vista oggettivo, quanto sopra ricostruito integra senza alcun dubbio tutti gli elementi costitutivi del reato di truffa, ricorrendo sia la condotta costituita da tranelli e avvolgimenti verbali pienamente integranti la nozione di artifizi e raggiri, sia l'induzione in errore della persona offesa, sia il conseguente atto di disposizione patrimoniale che aveva determinato il doppio evento di ingiusto profitto e correlativo danno. Dal punto di vista soggettivo, risulta innanzitutto assolutamente evidente, alla luce della documentazione acquisita, il fatto che la carta prepagata su cui era confluito il denaro della vittima fosse stata regolarmente attivata da P.; in occasione dell'attivazione della carta prepagata era stata esibita una carta d'identità in corso di validità intestata proprio a Ar.Po., documento presentato dallo stesso imputato in sede di identificazione ed elezione di domicilio presso i CC di Cerda. Tali elementi sono da questo Tribunale ritenuti ampiamente sufficienti per giungere ad una attribuzione di penale responsabilità in capo all'odierno imputato. Costituisce dato notorio il fatto che strumenti di pagamento come le carte prepagate sulle quali terze persone possono far confluire denaro attraverso il meccanismo della ricarica - emesse da P.I. così come da tutti i maggiori istituti di credito operanti sul mercato - vengano rilasciati solo dietro presentazione di un documento d'identità di chi intende attivarli. Non risultano antecedenti o coeve denunzie né di furto o smarrimento dei documenti dell'odierno imputato presentati per l'attivazione della carta, né denunzie di furto, smarrimento o indebito utilizzo della carta medesima, sulla quale è pacificamente confluito il denaro versato dalla persona offesa: tutto ciò induce a ritenere che il titolare di tale carta prepagata - e cioè l'odierno imputato Ar.Po. - avesse la piena disponibilità di tale strumento ed avesse quindi posto in essere la condotta truffaldina in danno del signor Mo.Sh.. In questo senso depone, altresì, la circostanza secondo cui - dall'esame dell'estratto conto della carta ricaricata - nei giorni antecedenti e successivi all'accredito della somma di Euro 150,00 da parte dell'odierna persona offesa, risultano diversi prelievi effettuati presso la banca U. e gli uffici postali di Cerda (PA), luogo in cui P. era di fatto domiciliato in quel periodo, come risulta dal verbale di identificazione del 16.11.2020, acquisito agli atti. A fronte di un fatto pienamente integrante il contestato reato di truffa dal punto di vista sia oggettivo che soggettivo, benché in imputazione sia stata contestata la circostanza aggravante della minorata difesa ex art. 61, n. 5), c.p., lo scrivente ritiene che le concrete circostanze in cui le parti avevano contrattato tra loro impongano una diversa valutazione della vicenda e dunque, come conseguenza, l'esclusione dell'aggravante in parola. È perfettamente noto a questo giudice il consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui "sussiste l'aggravante della minorata difesa, con riferimento alle circostanze di luogo, note all'autore del reato e delle quali egli, ai sensi dell'art. 61, n. 5, cod. pen., abbia approfittato, nell'ipotesi dì truffa commessa attraverso la vendita di prodotti "on-line", poiché, in tal caso, la distanza tra il luogo ove si trova la vittima, che di norma paga in anticipo il prezzo del bene venduto, e quello in cui, invece, si trova l'agente, determina una posizione di maggior favore di quest'ultimo, consentendogli di schermare la sua identità, di non sottoporre il prodotto venduto ad alcun efficace controllo preventivo da parte dell'acquirente e di sottrarsi agevolmente alle conseguenze della propria condotta" (Cass. Pen., sez. VI, n. 17937 del 22.03.2017, dep. 10.04.2017, Rv. 269893 - 01). Il rigore di tale orientamento è stato però posto in discussione non soltanto dalla giurisprudenza di merito (si richiama ad esempio Trib. Pescara, n. 1676 del 13.05.2019, dep. 13.05.2019), ma anche dalla stessa Corte di Cassazione, la quale ha recentemente affermato come "il principio enunciato nella massima sopra citata non comporta affatto la generalizzazione della ricorrenza dell'aggravante in tutti i casi di truffe on line, generalizzazione per la quale sì finirebbe, in realtà, per attribuire carattere "circostanziato" ad una delle possibili modalità della condotta di truffa; si richiede sempre la prova del concreto e consapevole approfittamento, da parte del colpevole, delle opportunità decettive offerte dalla rete, non potendosi escludere che nel singolo caso la truffa sia realizzata bensì con lo strumento on line, ma senza che ciò comporti una reale, specifica situazione di vantaggio per l'autore" (Cass. Pen., sez. II, n. 40045 del 17.07.2018, dep. 06.09.2018, pronunciatasi in relazione ad una vicenda nella quale l'indagato, attinto da misura cautelare, aveva posto in essere una condotta truffaldina mediante il "sostanziale occultamento della propria identità agli acquirenti, che, tra l'altro, nella maggior parte dei casi egli contattava via mail utilizzando generalità incomplete"). Ritiene la scrivente che l'indiscriminata contestazione dell'aggravante di cui all'art. 61, n. 5), c.p. in relazione a qualsiasi episodio di truffa commessa mediante inserimento su un sito internet di un annuncio di compravendita, al quale faccia seguito un breve scambio di comunicazioni tra soggetto agente e vittima all'esito del quale quest'ultima venga convinta ad eseguire un atto di disposizione patrimoniale che poi si rivelerà per lei dannoso, finisca per connotare come di maggior gravità anche vicende che in realtà non si caratterizzano per una particolare e più intensa insidiosità. Il ricorso a forme di commercio e scambio di beni a distanza, reso possibile dalla rete internet e dalla moltitudine di siti e applicazioni realizzati a tal fine, ha ormai raggiunto un livello di diffusione nella vita di qualunque cittadino tale che non può più verosimilmente ritenersi che chi si approcci ad un annuncio di vendita online lo faccia in una condizione di svantaggio, tale da esigere perciò una più rafforzata e attenta tutela sul piano penale. Al giorno d'oggi, chi si approccia al commercio via internet lo fa nella verosimile consapevolezza dei vantaggi che tale strumento comporta: maggiore possibilità di scelta, rapidità, comodità, spesso anche maggiore convenienza dal punto di vista economico. Al tempo stesso, è insito nella natura della compravendita a distanza il fatto di non poter avere un diretto e tangibile contatto con il bene che ci si propone di acquistare: ma si tratta, anche in questo caso, di un fattore di cui qualunque utente di media avvedutezza è certamente ben conscio e con il quale inevitabilmente occorre confrontarsi prima di decidere di procedere ad un eventuale pagamento per un bene di cui non si è materialmente potuta constatare l'esistenza. In questo senso, in conformità al più cauto indirizzo espresso dalla Corte di Cassazione nella sentenza n. 40045/2018 sopra riportata, il giudice ritiene che la circostanza aggravante contestata dal Pubblico Ministero debba essere riservata ad ipotesi nelle quali l'uso della rete internet abbia davvero consentito al reo di superare le difese che ciascuna persona ordinariamente può mettere in campo rispetto a potenziali tentativi di inganno altrui. Nel caso di specie la condotta dell'odierno imputato, così come apprezzata alla luce delle dichiarazioni della persona offesa, non sembra aver assunto una particolare e più intensa attitudine decettiva, posto che l'odierno imputato non si è mascherato dietro un nome di fantasia, ma si è presentato con le sue generalità e, ancora, all'odierno imputato è intestata la carta S. sulla quale perveniva il prezzo della presunta vendita: elemento questo che, a seguito della proposizione della denuncia, consentiva alla polizia giudiziaria di identificarlo senza particolari difficoltà. In questo senso, si ritiene di dare applicazione al principio di carattere più generale secondo cui "la valutazione della sussistenza dell'aggravante della minorata difesa va operata dal giudice, caso per caso, valorizzando situazioni che abbiano ridotto o comunque ostacolato, cioè reso più difficile, la difesa del soggetto passivo, pur senza renderla del tutto o quasi impossibile, agevolando in concreto la commissione del reato" (Cass. Pen., sez. II, n. 6608 del 14.11.2013, dep. 12.02.2014, Rv. 258337 -01). In senso più generale, è stato espressamente richiamato il principio di diritto poco prima affermato dalle Sezioni Unite - ancorché in relazione ad una diversa ipotesi di minorata difesa, cioè quella dell'esser stato un delitto di furto commesso in ora notturna - secondo cui "ai fini dell'integrazione della circostanza aggravante della minorata difesa, prevista dall'art. 61, primo comma, n. 5, cod. pen., le circostanze di tempo, di luogo o di persona, di cui l'agente abbia profittato, devono tradursi, in concreto, in una particolare situazione di vulnerabilità del soggetto passivo del reato, non essendo sufficiente l'idoneità astratta delle predette condizioni a favorire la commissione dello stesso" (Cass. Pen., SS.UU., n. 40275 del 15.07.2021, dep. 08.11.2021, Rv.282095 - 02). Riaffermata dunque la necessità di un'interpretazione in grado di cogliere i reali profili di offensività in concreto delle condotte oggetto di imputazione, la Suprema Corte ha chiarito che "ai fini dell'integrazione della circostanza aggravante della c.d. "minorata difesa", l'interprete deve rifuggire dalla prospettiva anche implicita della valorizzazione di presunzioni assolute, e non può limitarsi a richiamare il dato astratto della commissione del reato in tempo di notte, ovvero on line, dovendo considerare lo specifico contesto spazio-temporale in cui si sono verificate le vicende storico-fattuali oggetto d'imputazione, sì da enucleare, in concreto, l'effettivo ostacolo alla pubblica e privata difesa che sia, in ipotesi, derivato dalla commissione del reato nella circostanza in concreto valorizzata (in questo caso, di luogo "virtuale"), nonché l'approfittamento di essa da parte del soggetto agente". A livello operativo "l'interprete ... è chiamato ad operare tre verifiche, riguardanti, nell'ordine: a) l'esistenza di una circostanza di tempo, di luogo o di persona in astratto idonea ad ingenerare una situazione di "ostacolo alla pubblica o privata difesa"; b) la produzione in concreto dell'effetto di "ostacolo alla pubblica o privata difesa" che ne sia effettivamente derivato; c) il fatto che l'agente ne abbia concretamente "profittato" (avendone, quindi, consapevolezza). Ai fini della sussistenza della circostanza aggravante di cui all'art. 61, primo comma, n. 5, cod. pen., non è, tuttavia, sufficiente ritenere l'astratta idoneità di una situazione, quale l'effettuazione di una transazione commerciale on line, ad incidere sulle capacità di difesa, riducendole (il che va, in astratto, ammesso, valorizzando la distanza tra il luogo ove si trova la vittima, che di norma paga in anticipo il prezzo del bene venduto, e quello in cui, invece, si trova l'agente, con conseguente determinazione di una posizione di maggior favore a vantaggio di quest'ultimo, che può "schermare" la sua identità, non sottoporre il prodotto venduto ad alcun efficace controllo preventivo da parte dell'acquirente e sottrarsi agevolmente alle conseguenze della propria condotta), ma occorre "individuare ed indicare in motivazione tutte quelle ragioni che consentano di ritenere che in una determinata situazione si sia in concreto realizzata una diminuita capacità di difesa sia pubblica che privata" (Sez. 5, n. 8819 del 02/02/2010, M., Rv. 246160), ed, in particolare, che la commissione del reato on line abbia in concreto agevolato il soggetto agente nell'esecuzione del reato stesso, ostacolando (pur senza annullarle del tutto) le possibilità di difesa pubblica o privata". Esclusa dunque la sussistenza della contestata aggravante ci si ritrova in presenza di una fattispecie di truffa semplice, con conseguente ritorno ad un regime di procedibilità a querela di parte, non essendo contestate altre circostanze aggravanti tra quelle che, in base alla nuova versione dell'art. 649-bis c.p. vigente a partire dal 30.12.2022, comporterebbero doversi procedere d'ufficio. Nel caso di specie occorre evidenziare che la persona offesa - peraltro completamente risarcita - non ha presentato querela nei confronti dell'imputato, essendo presente agli atti un mero atto di denuncia che, in quanto tale, incide - esclusa l'aggravante contestata - sulla procedibilità del reato così riqualificato. A fronte di tutto ciò, si impone la declaratoria di estinzione del reato di truffa ascritto all'imputato per difetto di querela. P.Q.M. Il Tribunale di Genova, Visto l'art. 529 c.p.p., DICHIARA NON DOVERSI PROCEDERE nei confronti di Ar.Po. per il reato a lui ascritto, esclusa l'aggravante contestata, per difetto di querela. Visto l'art. 544 c.p.p., INDICA in giorni trenta il termine per il deposito della motivazione. Così deciso in Genova il 5 marzo 2024. Depositata in Cancelleria il 7 marzo 2024.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE DI GENOVA - SEZIONE SECONDA - IN COMPOSIZIONE MONOCRATICA DR.SSA ALICE SERRA in data 6/02/2024 ha pronunciato e pubblicato,, mediante lettura,la seguente SENTENZA (ai sensi dell'art. 438 c.p.p.) nei confronti di: Fl.Ma. nato a G. il (...) residente a G. Via (...), CUI (...), elettivamente domiciliato presso il difensore di fiducia avv. Ma.Ce. del foro di Genova (nomina ed elezione di domicilio dell'11/12/23) Sottoposto alla misura cautelare della custodia in carcere dal 30/12/23 Arrestato il 11/12/23 DETENUTO P.Q.C. - PRESENTE IMPUTATO del delitto di cui agli artt. 99 c. 4, 624bis c.3, 625 n. 2 seconda ipotesi c.p., perché, al fine di trarne profitto, mediante violenza sulla cosa consistita nell'effrazione della saracinesca di chiusura si introduceva all'interno di un magazzino in via C.R. 19R di proprietà di S.C., impossessandosi un computer portatile F.S. di sua proprietà. Con la recidiva reiterata specifica. MOTIVI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE Si procede nei confronti di Fl.Ma. tratto in arresto l'n.12.2023 e giudicato con giudizio direttissimo per il reato indicato in epigrafe. All'udienza di convalida dell'arresto in data 11.12.2023, era applicata al F. la misura cautelare dell'obbligo di presentazione alla p.g. ed era concesso termine a difesa. Nelle more e, precisamente in data 29.12.2023, era emessa ordinanza di aggravamento eseguita in data 30.12.2023 in forza della quale la misura dell'obbligo di presentazione era sostituita con la misura della custodia cautelare in carcere, avendo l'imputato trasgredito alle prescrizioni imposte e commesso pure un tentativo di furto all'Ipercoop di Genova, centro commerciale "L'Aquilone", sottraendo merce (vari capi di abbigliamento) per Euro 1.674,00. Alla successiva udienza del 6.02.2024, su sua personale richiesta, l'imputato era ammesso al giudizio abbreviato. Acquisito il fascicolo del Pubblico Ministero, le parti formulavano le rispettive conclusioni e il Tribunale emetteva sentenza dando lettura del dispositivo, riservando il deposito della motivazione. In sintesi, dagli atti emerge che il giorno 11.12.2023 alle ore 02:10 la Centrale Operativa inviava in via C.R. presso il civico 15 R operanti in servizio presso il Comando Provinciale di Genova, Legione Carabinieri Liguria. La richiesta di intervento proveniva dal signor Ca.Vi. che aveva riferito di aver sentito un forte rumore "di serranda" proveniente dalla strada, di essersi affacciato dalle finestre di casa e aver visto un uomo introdursi nel magazzino sotto la propria abitazione. Gli operanti giungevano in loco e notavano al 19 R di via C.R. un magazzino con la serranda parzialmente aperta, entravano e dopo una breve ispezione trovavano in una stanza al suo interno un uomo che non era in grado di giustificare la sua presenza sul posto. L'uomo era perquisito e aveva con sé a tracolla un computer portatile che consegnava agli operanti. Era contattato il proprietario del magazzino, S.C., che dopo pochi minuti giungeva sul posto, effettuava un controllo del magazzino e constatava che la serranda era stata forzata, in quanto si trattava di una serranda motorizzata e che gli era stato solo sottratto il computer portatile che immediatamente gli era restituito dagli operanti. S.C. sporgeva querela. L'imputato era arrestato e portato negli uffici, qui all'alba avvertiva una crisi di astinenza da metadone, arrivava la guardia medica e gli era somministrato un calmante. All'udienza di convalida era presente un esperto del Ser.D, A. 3, dipartimento salute mentale e dipendenze, che depositava scheda da cui si evinceva che l'arrestato era attualmente in cura presso il Ser.D. In udienza l'arrestato chiedeva scusa, era ubriaco, aveva tirato su la serranda e come uno scemo aveva preso il computer. Nella discussione la Difesa insisteva perché fosse riconosciuto il tentativo di furto e perché fosse disconosciuta l'aggravante. Come è noto "ai fini della distinzione tra il reato di furto consumato e quello tentato non hanno rilevanza ne' il criterio spaziale ne' il criterio temporale, sicché è sufficiente, ai fini della consumazione, la sottrazione della cosa alla disponibilità del detentore e il correlativo impossessamento di essa da parte dell'agente, anche per breve lasso di tempo: si realizza pertanto l'ipotesi di furto consumato anche se l'agente sia stato costretto ad abbandonare la refurtiva subito dopo la sottrazione a causa del pronto intervento dell'avente diritto o della forza pubblica" (Cass. n. 837 del 3/11/1992 e in tempi più recenti Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 16/10/2015) 21-01-2016, n. 2656). Alla luce di quanto sopra considerato che l'imputato è stato sorpreso mentre aveva già a tracolla il computer, il furto è consumato. La qualificazione giuridica del reato deve però essere modificata per un altro ordine di ragioni. Ed invero, le Sezioni Uniti hanno specificato che cosa si debba intendere per privata dimora, ossia: "Ai fini della configurabilità del reato previsto dall'art., 624 bis cod. pen., rientrano nella nozione di privata dimora esclusivamente i luoghi mi quali si svolgono non occasionalmente atti della vita privata, e che non siano aperti al pubblico né accessibili a terzi senza il consenso del titolare, compresi quelli destinati ad attività lavorativa o professionale. (Nella specie la Corte ha escluso l'ipotesi prevista dall'art. 624 bis cod. pen. in relazione ad un furto commesso all'interno di un ristorante in orario di chiusura). "(Sez. U, Sentenza n. 31345 del 23/03/2017 Ud. (dtp. 22/06/2017 )). Alla luce di ciò e tenuto conto delle risultanze istruttorie il magazzino in cui è stato commesso il furto non può certo rientrare nella puntuale e determinata definizione data dalla Corte di Cassazione e neppure può ritenersi che il magazzino in questione sia una pertinenza dell'abitazione del querelante, considerato che lo stesso abitava altrove (in via M. P. 5/1, mentre il magazzino è in via C. R. 19R). Il fatto deve essere riqualificato ai sensi dell'art. 624 c.p., con riconoscimento, altresì dell'aggravante di cui all'art. 625 n. 2 c.p., in quanto la violenza sulle cose è risultata pacifica dalle dichiarazioni della persona offesa, intervenuta quasi nell'immediatezza del fatto. Il querelante ha precisato di aver riscontrato la forzatura della serranda del magazzino e tale querela è da considerarsi pienamente utilizzabile nel rito abbreviato; la forzatura è da considerarsi idonea a integrare la aggravante in quanto corroborata dal rilievo degli operanti, secondo cui si trattava di una serranda motorizzata elettricamente e dalle dichiarazioni del C. che danno contezza della forza impiegata dall'arrestato, avendo il C. udito un forte rumore di lamiere (In termini, Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 05/12/2023) 1512-2023, n. 50105). Venendo al trattamento sanzionatorio. È riconosciuta la contestata recidiva. L'imputato vanta già 15 condanne per delitti irrevocabili, molte della quali per reati contro il patrimonio. Sono riconosciute le circostanze attenuanti generiche in ragione del pentimento mostrato e delle condizioni di vita (si tratta di soggetto con problemi di dipendenza e senza fissa dimora), da considerarsi equivalenti alle aggravanti contestate, considerato che la refurtiva è stata recuperata. Tenuto conto dei criteri di cui all'art. 133 c.p. e, in particolare della non trascurabile capacità a delinquere dell'imputato, si stima di giustizia la pena di anni 1 mesi 4 ed Euro 800,00 di multa, così determinata: pena base anni 2 di reclusione ed Euro 1.200,00 da ridursi di un terzo in ragione del rito premiale scelto. Si ritiene vi siano fondati motivi per ritenere che l'imputo non rispetterebbe le prescrizioni delle sanzioni sostitutive ex art. 545 bis c.p.p., considerate le molteplici trasgressioni alle prescrizioni imposte dalla misura cautelare. Segue per legge la condanna dell'imputato al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Visti gli artt. 442, 533 e 535 c.p.p., riqualificato il reato ascritto nel reato di cui agli artt. 99 c. 4, 624 e 625 n. 2 c.p. DICHIARA l'imputato colpevole del reato come sopra riqualificato e riconosciute le circostanze attenuanti generiche equivalenti alle aggravanti contestate, inclusa la recidiva e operata la riduzione di rito, lo CONDANNA alla pena di anni 1 mesi 4 di reclusione ed Euro 800,00 di multa, oltre al pagamento delle spese processuali. Visto l'art. 544 c. 3 c.p.p., INDICA in giorni 40 il termine per il deposito della motivazione. Così deciso in Genova il 6 febbraio 2024. Depositata in Cancelleria il 7 marzo 2024.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE DI GENOVA - SEZIONE SECONDA - IN COMPOSIZIONE MONOCRATICA Dott.ssa Chiara BLANC all'udienza del 06.03.2024 ha pronunciato, mediante lettura del dispositivo, la seguente SENTENZA (ai sensi degli artt. 442, 533, 535 c.p.p.) nei confronti di: De.Sa., nata a G. il (...), elettivamente domiciliata presso il Difensore di fiducia Avv. Vi.Pe. del foro di Genova (nomina come da verbale di arresto del 18.11.2023 ed elezione di domicilio come da verbale di convalida del 20.11.2023) Arrestata il 28.11.2023 Sottoposta alla misura cautelare dell'obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria dal 20.11.2023. DETENUTA AA.DD. PAC - PRESENTE IMPUTATA del delitto di cui agli artt. 81 cpv., 455 c.p. perché, in esecuzione di un medesimo disegno criminoso, fuori dei casi previsti dai due articoli precedenti, spendeva tre banconote contraffatte da 50,00 Euro ciascuna (rispettivamente negli esercizi commerciali "Ci.Si.", "Ta.Co." e "Ot.", tutti siti in via C.) e deteneva al fine di metterle in circolazione ulteriori due banconote contraffatte da 50 Euro. In Genova, il 18.11.2023 Con la recidiva specifica, reiterata ed infraquinquennale. FATTO E DIRITTO A seguito di arresto in flagranza, operato in data 18.11.2023 per il reato di cui all'art. 455 c.p., De.Sa. era condotta con rito direttissimo davanti al Giudice per la convalida dell'arresto ed il contestuale giudizio. L'arresto era convalidato, era applicata all'imputata la misura dell'obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria ed era concesso termine a difesa. All'udienza del 20.12.2023 il Difensore, munito di procura speciale, chiedeva la definizione del giudizio nelle forme del rito abbreviato; le parti procedevano, quindi, alla discussione ed il processo era rinviato per repliche. All'udienza del 21.12.2023 era disposta, ai sensi dell'art. 441, 5 comma c.p.p., perizia sulla capacità d'intendere e volere dell'imputata alla luce della documentazione medica prodotta. All'udienza del 12.01.2024 era conferito incarico peritale al dott. R. ed all'udienza del 06.03.2024 era sentito il perito; all'esito le parti si riportavano alle conclusioni già formulate ed era data lettura del dispositivo, riservando nei termini di legge il deposito della motivazione. Quanto agli avvisi di cui all'art. 545 bis c.p.p. erano ritenute non sussistenti le condizioni per la sostituzione della pena detentiva con le pene sostitutive di cui agli artt. 53 e ss. L. n. 689 del 1981, con conferma del dispositivo. Alla luce degli elementi di prova utilizzabili ai sensi degli artt. 438 ss. c.p.p. deve essere affermata la penale responsabilità dell'imputata per il reato contestato. Dagli atti acquisiti risulta che, alle ore 13:50 del 18.11.2023, la Centrale Operativa inviava una volante in via C. numero 50 R, presso l'esercizio commerciale "Ci.Si." poiché era segnalata una donna che aveva acquistato della merce utilizzando una banconota falsa. Una volta giunti sul posto, gli Agenti procedevano a sentire il richiedente l'intervento, identificato in Ag.Si., titolare del negozio "Ci.Si.", che riferiva che, verso le ore 11:25, era entrata nel negozio una donna, vestita con abiti neri e con un tatuaggio sulla mano destra ed aveva acquistato una bevanda solubile del valore di Euro 5,00 consegnando una banconota da Euro 50,00, ottenendo così il resto di Euro 45,00. Insospettitosi dell'autenticità della banconota ricevuta in pagamento, A. decideva di effettuare un controllo presso il vicino tabaccaio, utilizzando la macchina antifalsificazione che ne attestava la falsità. Nel frattempo, A. notava la donna camminare in via C. e salire a bordo dell'autobus 270, con direzione Begato, decidendo di richiedere l'intervento delle Forze dell'Ordine. Una seconda volante si metteva, quindi, alla ricerca dell'autobus che veniva fermato in via L., all'incrocio con via C. ed a bordo dell'autobus vi era effettivamente una donna con abiti e caratteristiche fisiche corrispondenti alla descrizione fornita dal richiedente l'intervento e che veniva identificata in De.Sa.. Contestualmente era accertato che la mattina del 18 novembre l'imputata aveva speso banconote false anche presso altri due esercizi commerciali. In particolare, G.M.A., titolare del negozio per animali "T. & Company", sito in via C. n. 77 R, riferiva che verso le ore 10:30 entrava una donna bionda ed acquistava due stick per canarini del valore di Euro 5,40, pagati con una banconota da Euro 50,00, risultata poi essere falsa. Analogamente, G.E., titolare del negozio "O.G.", sito in via C. 45 R, riferiva che tra le ore 11:00 e le 12:00 entrava una donna bionda, con analoghe caratteristiche fisiche ed acquistava due confezioni di detergente per occhiali, consegnando una banconota da Euro 50,00, risultata falsa. Era poi svolta una perquisizione personale sull'imputata che consentiva di rinvenire ulteriori due banconote false, da Euro 50,00 l'una. Al momento della presentazione della denuncia-querela, A.S. consegnava un supporto CD contenente il video relativo alla spendita della banconota falsa a fronte dell'acquisto della bevanda. Dalla visione delle immagini tratte dal filmato si rileva con certezza la corrispondenza tra l'autrice del reato e l'imputata, come si evince chiaramente dal raffronto tra le foto di cui a pagina tre del verbale di arresto. Risulta, altresì, che l'imputata abbia un tatuaggio sulla mano destra, compatibile con la descrizione fornita da A.S. (cfr. pag. 4 del verbale di arresto). Gli Agenti procedevano, infine, ad accertare l'effettiva falsità delle cinque banconote da Euro 50,00, mediante controllo con macchinario antifalsificazione. Nel corso del suo esame l'imputata ha ammesso l'addebito ed ha dichiarato di avere acquistato le banconote da un colombiano non meglio indicato poiché si trovava in difficoltà economiche; ha altresì dichiarato di essere seguita dal SERT per l'abuso di sostanze e di avere problematiche di salute, assumendo farmaci regolatori dell'umore a fronte di un disturbo Bipolare NAS e di un disturbo borderline di personalità (cfr. referto dell'A. 3 di G. dell'08.03.2023). Alla luce della predetta documentazione era disposta perizia da cui risulta che effettivamente l'imputata è affetta da una sindrome bipolare minore in soggetto con dipendenza da sostanze e tratti antisociali di personalità. Tuttavia tale quadro clinico, al momento dei fatti relativi al presente processo e con specifico riferimento ad essi, non ha rappresentato un'infermità tale da escludere o scemare grandemente la capacità d'intendere o di volere. Le risultanze emergenti dagli atti consentono, pertanto, di ritenere pienamente provata la penale responsabilità dell'imputata in ordine al reato continuato contestato. L'imputata ha, infatti, speso le banconote in tre esercizi commerciali ed è stata sorpresa detenere altre due banconote false, evidentemente da mettere in circolazione con nuovi acquisti, come di fatto dalla stessa ammesso. Si ricorda che "in tema di falso nummario, ai fini della sussistenza della grossolanità e della falsità, da cui discende l'esclusione della punibilità dei reati di cui agli artt. 453, 455, 457, è richiesto che la diversità delle caratteristiche della moneta vera rispetto a quella falsificata sia tale da poter essere riconosciuta ictu oculi dalla generalità dei cittadini anche tra quelli meno esperti e diligenti (e non certo del "cittadino medio"). Ne consegue che tale grossolanità non può ritenersi sussistente per il solo fatto che una persona adusa, per ragioni di professione o di commercio o per altro motivo, al maneggio del danaro, non venga tratta in inganno dalla contraffazione delle banconote, non priva dei requisiti sufficienti a sorprendere la buona fede della pluralità degli altri soggetti" (Cassazione penale, sez. I, 2 giugno 1992). Ed ancora: "in tema di falso nummario, la grossolanità della contraffazione, inquadrabile nello schema del reato impossibile, si verifica quando il falso sia riconoscibile 'ictu oculi" da qualsiasi persona di comune discernimento senza porre in essere manovre particolari (quali porre la banconota controluce, ovvero contrapporla e paragonarla ad altra ovvero ricercare il filetto metallico interno)" (Cassazione penale, sez. VI, 8 giugno 1995, n. 8062). Riportando tali principi alla fattispecie in esame, e riguardante le banconote in sequestro, emerge evidente l'assenza dei requisiti della grossolanità della contraffazione. Risulta, infatti, che due commercianti non si siano in alcun modo accorti della falsità delle banconote ricevute e che il terzo commerciante abbia accettato in pagamento la banconota falsa, ponendosi solo in seguito dei dubbi sulla sua autenticità, tanto da ritenere di fare un controllo presso un vicino negozio con la macchina antifalsificazione. Si ritiene provato anche il dolo richiesto dalla norma in esame. Deve, infatti, distinguersi l'atteggiamento della volontà colpevole richiesta dall'art. 455 c.p. rispetto a quella richiesta dal delitto di cui all'art. 457 c.p.: nella prima ipotesi, la consapevolezza della falsità delle monete deve sussistere nel soggetto agente all'atto della loro ricezione mentre, nella seconda ipotesi, la scoperta della falsità delle monete è successiva alla loro apprensione e può consistere anche in un dolo non specifico: è solo necessario che l'autore abbia la consapevolezza della falsità della moneta che detiene o spende. La prova di tale dolo è di certo presente nel caso in esame, come ammesso dalla stessa imputata in sede di convalida. Da tali elementi discende, dunque, la prova della penale responsabilità dell'imputata per il reato continuato a lei ascritto. Si ritiene che all'imputata possano essere riconosciute le circostanze attenuanti generiche in considerazione del buon comportamento processuale, dell'ammissione dell'addebito e delle precarie condizioni di salute, come si desume dal certificato dell'A. in atti. Tali attenuanti possono però operare con mero giudizio di equivalenza con la recidiva contestata e certamente esistente; dall'esame del casellario emergono plurimi precedenti penali (per reati in materia di stupefacenti, contro il patrimonio e per reati specifici di cui all'art. 455 c.p.), posti in essere sin dall'anno 2001 e fino a tempi recenti, tali da connotare negativamente la condotta dell'imputata che è evidentemente adusa a porre in essere reati, anche analoghi a quello per cui si procede. Sussiste anche la continuazione interna contestata dal momento che l'imputata non si è limitata a detenere delle banconote false per la successiva spendita, ma ha anche proceduto alla spedita di tre di esse, dell'ammontare di Euro 50,00 l'una, presso tre diversi esercizi commerciali. Come osserva la Suprema Corte, "l'art. 455 cod. pen. incrimina fattispecie alternative in rapporto di progressione nell'offesa del bene giuridico tutelato, atteggiandosi come reato di pericolo in relazione alle condotte di acquisto o detenzione di banconote falsificate finalizzate alla messa in circolazione e come reato di danno in relazione alle condotte di spendita, sicché, mentre nel primo caso il pericolo di lesione della fede pubblica rimane unico anche quando la condotta abbia avuto ad oggetto più banconote contraffatte, nel secondo caso ogni singolo atto di spendita o messa in circolazione di banconote integra un autonomo reato. in quanto realizza la lesione del bene giuridico tutelato, rimanendo irrilevante la circostanza che le banconote siano state acquistate unitariamente dall'agente'' (Cass. Sez. 5- Sentenza n. 43840 del 13/10/2022 Ud., dep. 18/11/2022, Rv. 283806 - 01). Le modalità delle condotte e lo stretto lasso temporale della loro realizzazione consentono di ritenere che le stesse siano esecuzione di un medesimo disegno criminoso. Ciò posto, applicati i parametri di cui all'art. 133 c.p. ed in particolare considerato il dolo che ha mosso l'imputata, le complessive modalità della condotta in concreto realizzata, la non modesta gravità del fatto, ricavabile dal valore economico delle banconote contraffatte, si ritiene necessario determinare la pena con le modalità che seguono: - pena base: un anno e mesi sei di reclusione ed Euro 270,00 di multa; - aumentata per la continuazione interna, ai sensi dell'art. 99 u.c. c.p., di sei mesi di reclusione ed Euro 90,00 di multa, alla pena di due anni di reclusione ed Euro 360,00 di multa; - ridotta per il rito alla pena finale di un anno e mesi quattro di reclusione ed Euro 240,00 di multa. All'affermazione della penale responsabilità segue la condanna dell'imputata al pagamento delle spese processuali e di legge. Non sussistono i presupposti per la concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena, non potendosi formulare una prognosi positiva circa la futura astensione da ulteriori condotte illecite. L'imputata risulta, infatti, gravata da numerosi precedenti, anche per reati specifici ed ha già fruito della sospensione condizionale, oltre che di altri benefici penitenziari, tornando a delinquere. Si ritiene che difettino del tutto anche le condizioni per procedere alla sostituzione della pena detentiva con le pene sostitutive di cui agli artt. 53 e ss. della L. n. 689 del 1981, non potendosi formulare alcuna prognosi positiva quanto al rispetto delle prescrizioni imposte. Dal casellario risulta che l'imputata abbia riportato negli anni plurime condanne, numerose per reati specifici, fruendo di vari benefici, salvo commettere nuove condotte di reato, essendo l'imputata stata sottoposta recentemente, nell'ambito di un diverso processo penale, alla misura cautelare degli arresti domiciliari. Quanto a tale profilo si rileva altresì che l'imputata, dopo avere chiesto di presenziare all'udienza del 6 marzo ed essere stata autorizzata dal Giudice titolare della predetta misura ad allontanarsi dall'abitazione, non si è presentata in aula. Tali elementi, complessivamente valutati, non consentono, dunque, di effettuare nei confronti dell'imputata alcuna prognosi positiva né di futura astensione da analoghe condotte illecite, né di proficua e leale collaborazione nel puntuale rispetto delle prescrizioni connesse all'applicazione delle pene sostitutive. Deve essere, infine, dichiarata la falsità delle banconote in sequestro, di cui si dispone la confisca e la distruzione. P.Q.M. Visti gli artt. 442, 533 e 535 c.p.p., Dichiara De.Sa. responsabile del reato continuato a lei ascritto e, riconosciute le circostanze attenuanti generiche con giudizio di equivalenza alla recidiva e operato l'aumento per la continuazione e la riduzione per il rito, la condanna alla pena di un anno e quattro mesi di reclusione ed Euro 240.00 di multa, oltre al pagamento delle spese processuali e di legge. Visto l'art. 240 c.p. Ordina la confisca e la distruzione delle banconote in sequestro delle quali dichiara la falsità. Così deciso in Genova il 6 marzo 2024. Depositata in Cancelleria il 6 marzo 2024.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE DI GENOVA - SEZIONE SECONDA - IN COMPOSIZIONE MONOCRATICA Dott.ssa Simona Macciò All'udienza del 01.03.2024 ha pronunciato, mediante lettura del dispositivo, la seguente SENTENZA ai sensi dell'art. 442 c.p.p. nei confronti di: Ma.Ra. nato a C. (G.) il (...), codice unico identificativo (...). Elettivamente domiciliato presso il proprio difensore di fiducia Avv. Ma.Ce. del Foro di Genova (elezione di domicilio del 06.01.2024). Difeso di fiducia dall'Avv. Ma.Ce. del Foro di Genova (nomina del 06.01.2024). Arrestato il 05.01.2024 e sottoposto alla misura cautelare dell'obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria con Ordinanza del 30.01.2024. LIBERO CON OBBLIGHI PRESENTE IMPUTATO a) per il reato di cui all'art. 387 bis c.p. perché, pur essendo legalmente sottoposto, con ordinanza datata 27.12.2023 del GIP del Tribunale di Genova (n. 14396/23 R. Mis. Caut. - n. 11520/2023 RGGIP Dr.ssa C.), alla misura cautelare personale del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa Ce.En., non ottemperava al divieto di mantenere una distanza non inferiore ai cinquecento metri dai luoghi frequentati dalla donna; in particolare M., non curante dei divieti imposti, seguiva a breve distanza Ce.En. la quale, assieme a sua madre Ch.An., stava percorrendo via P. in direzione C., dopo averla avvistata dal balcone della propria abitazione, che affaccia sulla predetta via; continuava altresì a seguirla in via E. e successivamente in via M.. Con la recidiva reiterata, specifica ed infraquinquennale. In Chiavari in data 4.1.24 b) per il reato di cui agli artt. 81 cpv. e 387 bis c.p. perché, con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, pur essendo legalmente sottoposto, con ordinanza datata 27.12.2023 del GIP del Tribunale di Genova (n. 14396/23 R. Mis. Caut. - n. 11520/2023 RGGIP Dr.ssa C.), alla misura cautelare personale del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa Ce.En., non ottemperava al divieto di mantenere una distanza non inferiore ai cinquecento metri dai luoghi frequentati dalla donna; in particolare M., non curante dei divieti imposti, stazionava nei pressi dello stabile condominiale sito in via U. civico 6 in cui abita Ce.En. ed altresì le inviava una lettera in data 28.12.2023 e due bigliettini in data 2.1.24. Con la recidiva reiterata, specifica ed infraquinquennale. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO In data 6.1.2024 Ma.Ra., arrestato alle ore 15.56 del precedente 5.1.2024 in virtù di quanto disposto dal nuovo art. 382 bis c.p.p., per il reato di cui all'art. 387 bis c.p., veniva presentato dinanzi al Tribunale di Genova per la convalida dell'arresto e il conseguente giudizio direttissimo. Dopo aver udito la relazione dell'agente di polizia giudiziaria che aveva effettuato l'arresto e aver proceduto all'interrogatorio dell'arrestato, che offriva una propria lunga versione dei fatti, il giudice convalidava l'arresto applicando all'imputato la misura cautelare degli arresti domiciliari presso l'abitazione di residenza; dopodiché l'imputato dichiarava di accettare la contestazione suppletiva riguardante altri episodi pregressi di violazione di cui all'art. 387 bis c.p. e chiedeva la concessione di un termine a difesa. Alla successiva udienza del 26.1.2024 l'imputato formulava richiesta di definizione del giudizio mediante rito abbreviato; ammesso il rito, il Pubblico Ministero depositava il proprio fascicolo, le parti rassegnavano le rispettive conclusioni come da verbale d'udienza e il giudice rinviava per repliche. All'udienza dell'1.3.2024, il Pubblico Ministero rinunciava alle repliche, e il giudice pronunciava sentenza, dando lettura del dispositivo e riservando nel termine di legge il deposito della motivazione. MOTIVI DELLA DECISIONE Ma.Ra. è stato tratto a giudizio direttissimo per rispondere di diverse violazioni del provvedimento che aveva disposto a suo carico la misura cautelare del divieto di avvicinamento alla persona offesa Ce.En.: violazioni che egli avrebbe commesso con le modalità e nei tempi meglio descritti in imputazione. La misura in questione era stata disposta con ordinanza emessa dal G.I.P. presso il Tribunale di Genova in data 27.12.2023 - eseguita in pari data - nell'ambito del procedimento penale n. 14396/2023 R.G.N.R. in cui M. risulta indagato per il reato di cui all'art. 612 bis c.p. in danno di Ce.En., persona alla quale era stato legato da relazione affettiva. Ciò chiarito, dalla lettura degli atti contenuti nel fascicolo del Pubblico Ministero - tutti utilizzabili in virtù del rito prescelto - emerge una serie di episodi in cui l'odierno imputato violava la misura restrittiva emessa a suo carico, ad onta dei pochissimi giorni decorsi dalla sua esecuzione. Procedendo, per miglior chiarezza, in ordine cronologico la Stazione CC di Chiavari in data 4.1.2024 trasmetteva alla Procura di Genova una comunicazione di notizia di reato a carico dell'odierno imputato per il reato di cui all'art. 387 bis c.p. avendo avuto notizia di violazioni dallo stesso commesse alla misura cautelare del divieto di avvicinamento a Ce.En. cui era stato sottoposto in data 27.12.2023. In particolare, i militari segnalavano che: - in data 1.1.2024 alcuni condomini dello stabile di C., via U. 6, in cui dimora Ce.En. avevano rinvenuto due biglietti manoscritti su cui vi era scritto, rispettivamente, "BUON ANNO" e "DRAMMA". Segnatamente, proprio in data 1.1.2024 veniva sentito a sommarie informazioni dalla p.g. operante il sig. N.S. che riferiva di aver trovato nel corso della mattinata, davanti al portone condominiale, un biglietto con la scritta "BUON ANNO", di averlo prelevato e di averlo appoggiato sopra i contatori all'interno del condominio, presumendo che fosse indirizzato alla sua vicina Ce.En.. Quando rincasava, dopo circa due ore, ne rinveniva un altro, sempre nella stessa posizione su cui vi era scritto "SONO DISPERATO", ma non ne era sicuro. Quel secondo biglietto, però, non lo raccoglieva e dichiarava di non sapere che fine avesse fatto. Riferiva che la moglie aveva telefonato alla C. proprio per dirle che era stato lasciato il primo biglietto; - la C., convocata nella data del 2.1.2024, confermava di essere stata contattata dalla vicina di casa, S.A., il giorno precedente per dirle che aveva rinvenuto un biglietto di "BUON ANNO" verosimilmente indirizzato a lei. A quel punto la C. prelevava quel biglietto riconoscendo con sicurezza nella grafia del biglietto quella del suo ex compagno Ma.Ra.. Nel corso della medesima giornata ancora la vicina di casa riferiva telefonicamente alla C. di aver rinvenuto un altro bigliettino, davanti al portone del condominio, con la scritta "DRAMMA", ma di non averlo prelevato. La C. dichiarava di essere uscita dal condominio alle ore 14.30 circa e di essere rientrata alle ore 22.30 rinvenendo, davanti al portone, un bigliettino con scritto "DRAMMA". Riferiva, ancora, che in data 28.12.2023 aveva ricevuto una lettera, riconoscendo la calligrafia di M.. A tal fine consegnava i due biglietti e la lettera ai Carabinieri di Chiavari; - in data 2.1.2024 veniva sentita a sommarie informazioni la vicina di casa indicata dalla p.o., identificata in P.A. che confermava il rinvenimento del bigliettino nella giornata precedente e dichiarava di aver immaginato che potesse essere diretto a Enrica avendo saputo che a volte in passato erano stati trovati sacchetti o lettere indirizzati a lei, di talchè le inviava un messaggio. Dichiarava, altresì, di aver visto più volte un signore di circa 60 anni recarsi dalla C. riferendo di averlo visto l'ultima volta proprio quella mattina a bordo di una bicicletta con un berretto di lana e una mascherina. L.P., sottoposta a identificazione fotografica, dichiarava di riconoscere l'uomo di sessant'anni di cui aveva parlato nella foto n. 2 dell'album fotografico, foto corrispondente all'odierno imputato; - allo stesso modo, in data 2.1.2024 i CC di Chiavari convocavano nuovamente il signor N.S., già sentito sommariamente il giorno precedente esclusivamente in merito al rinvenimento del bigliettino. Ebbene, il sommario informatore dichiarava di vedere un signore recarsi dalla C. quasi tutti i giorni da qualche mese. Lo descriveva come un signore di circa sessant'anni che indossa, solitamente, una mascherina e, da ultimo, anche un berrettino di lana. Il sig. S. dichiarava testualmente: "aspetta che il portone sia aperto ed entra. In pratica quando esco o entro nel condominio lui entra, ma poi non so cosa faccia. L'ultima volta che l'ho visto è stata oggi pomeriggio verso le 14.10- 14.15 che passava davanti a casa mia, in via U., proprio davanti al portone e si allontanava''. Anche S., al pari della moglie, riconosceva nella fotografia riproducente la persona di Ma.Ra. il soggetto precedentemente descritto. Sempre in data 4.1.2024 e, segnatamente, alle ore 16:03 Ce.En. unitamente alla madre Ch.An. richiedevano tramite il numero unico 112 un intervento in via E., all'altezza del civico 206 (ove si trova il negozio "Oro Cash") avendo notato Ma.Ra. - sottoposto al vincolo cautelare del divieto di avvicinamento correlato al divieto di comunicare con la persona offesa Ce.En. -, che camminava dietro di loro, generando in entrambe timore per la loro incolumità. Giunta sul posto la pattuglia automontata dei CC di Chiavari non trovava l'odierno imputato, ma sentiva a sommarie informazioni entrambe le donne: in particolare, la signora C., madre di Ce.En., affermava di aver visto M. poco prima affacciato al balcone della sua abitazione - sita in via O. nr. 25/2, con balcone che affaccia su via D. C. e distante circa 35 metri da via P. - che, a sua volta, notava chiaramente le due donne mentre stavano passeggiando; subito dopo entrambe notavano, a poca distanza da loro, proprio M. che percorreva la loro stessa strada, ossia Via P. in direzione C.. Come risulta dal verbale di arresto, durante l'escussione delle due donne l'Appuntato Scelto A. notava effettivamente a circa 20 metri da loro l'odierno imputato M. che sembrava fare ritorno in zona, ma alla vista della pattuglia entrava dentro il tabacchino di via E. 223, per poi uscirne poco dopo, dirigendosi nella direzione opposta e allontanandosi definitivamente. Da parte sua, la signora C. ribadiva di essere certa che M. le avesse visto poco prima mentre si trovava affacciato al balcone di casa. La C. e la di lei madre dichiaravano, poi, di averlo rivisto in via E. dietro di loro, anche se a distanza - ma di certo meno dei 500 metri imposti -, che proseguiva con direzione centro; pochi minuti dopo lo rivedevano in v.M.P.D.P.C. mentre occupava il marciapiede opposto a quello dove si trovavano loro e si allontanava in direzione di via P.. Ebbene, i successivi accertamenti eseguiti dalla p.g. operante, consistiti nell'acquisizione e nella visione delle immagini riprese dalle telecamere di videosorveglianza comunali poste sul tragitto indicato dalla parte offesa - debitamente compendiati nell'annotazione di p.g. del 5.1.2024 a firma dell'Appuntato Scelto M.A. e del Carabiniere M.M., in una al fascicolo fotografico riportante gli screenshot delle immagini estrapolate rilevanti e relativa descrizione - consentivano ai militari di appurare quanto segue: - alle ore 15:55 le due donne - riconosciute dalla p.g. operante in Ce.En. e A.C. - transitano in via P. altezza via P. X; - alle ore 16:00 le stesse, giunte all'altezza di via E. 206 (in prossimità del compro oro) si fermano e si voltano in direzione di via P. e subito dopo proseguono e girano l'angolo come per nascondersi; - alle ore 15:58 M. - riconosciuto dalla p.g. operante non solo perché noto alle forze dell'ordine, ma anche per l'abbigliamento indossato, identico a quello descritto dalle donne appena sentite e dall'App. Scelto A. - esce da via O., all'incrocio con corso Lavagna e prosegue verso via E./via P.; il predetto sembra assumere una posizione di attesa in assenza di un apparente e giustificato motivo; dalla stessa telecamera emerge, sullo sfondo, il transito alle ore 15:59 della coppia Ce.En. e Ch.An.; poco dopo - segnatamente alle ore 16:01 - M. giunge nei pressi dell'incrocio tra via P. e Corso L. e attraversa la strada, dirigendosi verso via E. (ossia la stessa strada impegnata poco prima dalle due donne); - alle ore 16:02 Ma.Ra. giunge nei pressi della rotonda di via E. (circa un minuto prima la C. si volta all'indietro e nota M.), lato sinistro secondo il suo senso di marcia e, sfruttando le strisce pedonali, si porta sul lato destro per poi proseguire all'inizio di via A. D. (detta circonvallazione) dove attraversa le strisce pedonali per raggiungere il lato opposto; in questo frangente si nota che M. rallenta oltre modo l'andatura e volge il suo sguardo nella direzione in cui si trovava la coppia C./C.; non emerge alcun altro motivo per il quale lui dovesse rivolgere il suo sguardo in quella direzione atteso che le auto provenivano semmai dall'altro senso; - alle ore 16.10 M. giunge in piazza C. e sosta sull'angolo con via M. per circa due minuti senza apparente motivo, guardando insistentemente e più volte in direzione dello sbocco di via M. dal quale, se le due donne avessero proseguito la passeggiata, sarebbero giunte; successivamente entra in via M. alle ore 16:12 circa, in direzione della rotonda di via E. utilizzando il marciapiede lato sinistro (secondo il suo senso di marcia); raggiunge la rotonda sopra indicata alle ore 16:13 e, tramite le strisce pedonali usate poco prima, attraversa la strada per dirigersi in direzione via P. scomparendo dal campo visivo della telecamera alle ore 16:14 circa; - alle ore 16.26, notando la pattuglia intervenuta su richiesta della C., M. entra frettolosamente nel tabacchino "Martello" sito sulla rotonda di via E.: lo stesso, come risulta dalle immagini acquisite dalle telecamere interne del locale, entra dalla porta di ingresso posta su via P., si dirige verso la porta a vetri che affaccia su via E. ed osserva per una decina di secondi in direzione della pattuglia. Sulla base degli accertamenti eseguiti dalla p.g. operante, come sopra riepilogati, M. veniva legittimamente arrestato, ai sensi dell'art. 382 bis c.p.p., nella flagranza differita del reato di cui all'art. 387 bis c.p., essendo l'arresto intervenuto nel termine di 48 ore dal momento in cui era stato commesso il fatto di violazione, monitorato tramite l'acquisizione delle immagini cittadine del Comune di Chiavari da parte dei Carabinieri che avevano ricevuto la richiesta di intervento da parte di Ce.En. poco dopo le 16,00 del 4.1.2024: la visione delle immagini immediatamente estrapolate consentiva, invero, ai Carabinieri di monitorare il passaggio ripetuto dell'odierno imputato a pochi minuti di distanza dal passaggio della C. e della di lei madre, come dalla stessa riferito, in evidente violazione del provvedimento cautelare emesso dal Gip di Genova in data 27.12.2023 ed eseguito in pari data con cui veniva intimato a M. di non avvicinarsi alla persona offesa Ce.En. sulla base dell'esistenza di gravi indizi di colpevolezza del reato di cui all'art. 612 bis c.p. Nel corso dell'udienza di convalida, celebrata innanzi alla scrivente, l'imputato intendeva dare la propria versione dei fatti, negando in maniera recisa non solo il fatto oggetto dell'arresto, ma contestando in maniera pervicace le accuse mosse dalla persona offesa Ce.En. in ordine al procedimento originario per cui è stata applicata la misura cautelare del divieto di avvicinamento, la cui violazione ha condotto all'arresto dello stesso M.. In particolare, quest'ultimo ha negato di aver mai avuto una relazione sentimentale con la C. e ha inteso dipingere la donna come un soggetto alcolizzato nei cui confronti ha, peraltro, sporto denuncia querela in data 1.12.2023 per minaccia aggravata. Ha sostanzialmente riferito di essersi semplicemente affezionato alla C. con cui ha intessuto un rapporto di amicizia, in nome della quale - pur essendo disoccupato e in gravi condizioni economiche - ha prestato denaro alla donna per acquistare medicinali, vodka e sigarette. Ha comunque negato di aver seguito la C. nella data del 4.1.2024 rilevando, piuttosto, di aver fatto alcuni giri senza essersi minimamente accorto che la donna fosse in giro con la madre. Agli atti del fascicolo sono, altresì, stati acquisiti i due bigliettini rinvenuti dal signor S., nonché la lettera indirizzata direttamente alla C. del seguente tenore: "CIAO ENRICA. NON MI CONOSCI MA IO SI, MI HANNO TANTO PARLATO DI TE, MI SENTO DI DIRTI CHE HAI FATTO TANTO MALE AD UN MIO CARISSIMO AMICO CHE L'UNICA MIA COLPA DI AVERTI VOLUTO TI VUOLE E TI VORRA' SEMPRE BENE, TI PORTERA' PER SEMPRE NEL CUORE SENZA DIMENTICARTI MAI, COME CREDO ANCHE TU PERCHE' A DETTA SUA NON SEI CATTIVA, LUI STA' SOFFRENDO COME UN CANE A CAUSA TUA E NON MERITA ASSOLUTAMENTE TUTTO IL MALE CHE GLI STAI PROCURANDO CREDO CHE TU' NONOSTANTE IL TUO TUMULTUOSO PASSATO, NON POTRAI MAI VIVERE UNA FIABA SE CONTINUI AVERE PAURA AD ENTRARE NEL BOSCO TI SALUTO CON SIMPATIA CON L'AUGURIO CHE TU POSSA RAGIONARE E COMPRENDERE CIO' CHE STAI BUTTANDO VIA. LUI MI HA CONFESSATO DI NON AVERTI MAI SCOPATO DICENDO CHE TU, SE CI RIFLETTI LO SAI BENISSIMO E MI HA DETTO DI SALUTARTI COSI'.... A NOVEMBRE CIAO CIOTTI BOCCA DI ROSA CIAO ARIANNA". Va, infine, evidenziato che l'odierno imputato, con Provv. dell'11 settembre 2023 del magistrato di sorveglianza di Genova, veniva sottoposto alla misura della libertà controllata a titolo di sanzione sostitutiva della pena detentiva di mesi sei di reclusione a lui inflitta con sentenza della Corte di Appello di Genova n. 2759 del 19.9.2019 (sentenza indicata al punto 3) del certificato del casellario giudiziale) - eseguita nei di lui confronti dal Commissariato P.S. di Chiavari in data 25.9.2023. A fronte dell'intervenuta querela sporta da Ce.En. per il reato di atti persecutori, il magistrato di sorveglianza, con Provv. dell'1 dicembre 2023, disponeva la convocazione di M. a cura delle forze dell'ordine competenti per diffidarlo, prescrivendo nei suoi confronti - a titolo di integrazione alle prescrizioni già imposte con il p.O.D. - il divieto di comunicare con qualsiasi mezzo con Ce.En.. Seguiva il Provv. del 12 dicembre 2023 con cui il magistrato di sorveglianza diffidava ulteriormente M. dal comunicare con Ce.En., anche per interposta persona, a mezzo sia scritto che gestuale, ricordandogli che in caso di reiterazione di condotte in violazione di tali prescrizioni avrebbe proceduto alla conversione della restante pena in quella detentiva sostituita. Ad ulteriore modifica delle prescrizioni già imposte, con ulteriore Provv. del 14 dicembre 2023 - notificato a M. il giorno successivo - il magistrato di sorveglianza disponeva il divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati da Ce.En., con obbligo di mantenersi ad una distanza di almeno 100 metri, ribadendo l'ammonimento già imposto in data 12.12.2023. Gli elementi acquisiti consentono di ritenere pienamente integrati i reati oggetto di contestazione. Risulta innanzitutto pacifico che, nelle date indicate nei due capi di imputazione, M. fosse legalmente sottoposto alla misura cautelare del divieto di avvicinamento alla persona di Ce.En., giusta ordinanza emessa dal Gip di Genova in data 27.12.2023 - eseguita in pari data - nell'ambito del procedimento penale n. 14396/2023 R.G.N.R. in cui M. risulta indagato per il reato di cui all'art. 612 bis c.p. in danno di Ce.En., persona alla quale era stato legato da relazione affettiva. Dal punto di vista oggettivo, risultano incontestabili gli episodi oggetto delle violazioni al vincolo cautelare imposto a M.. Per quanto riguarda, invero, il capo A) le dichiarazioni rese da Ce.En. e dalla di lei madre in data 4.1.2024 - subito dopo aver chiesto l'intervento delle forze dell'ordine per aver notato l'imputato che le seguiva - risultano pacificamente riscontrate dalle immagini acquisite dai Carabinieri di Chiavari in pari data laddove emerge evidente la condotta di "pedinamento" posta in essere dall'imputato e non già una sua presenza del tutto casuale nel tragitto delle due donne. In tal senso, non sono affatto credibili le dichiarazioni rese da M. che, nel corso dell'interrogatorio, ha rappresentato di non essersi affatto accorto della presenza della C. e della di lei madre, riconducendo il suo transito inconsapevole in prossimità delle due donne anche per la vicinanza delle strade percorse alla sua abitazione di residenza (circostanza peraltro confermata dallo stesso Ufficiale verbalizzante in sede di relazione). Tale difesa, tuttavia, non coglie nel segno atteso che la visione diretta delle immagini contenute nel DVD agli atti - in parte riprodotte nell'album fotografico e descritte nell'annotazione di p.g. di cui si è già dato conto - consente di dare la giusta interpretazione ai movimenti di M. che, di certo, non possono essere ricondotti a passaggi casuali per le strade di Chiavari nello stesso orario in cui transitano nelle medesime vie la C. e la di lei madre. Sono principalmente tre, a parere di chi scrive, i movimenti che dimostrano il pedinamento e non il passaggio casuale dell'imputato per le strade di Chiavari: il primo passaggio immortala M. alle ore 15.58.23 allorché, uscendo da corso Lavagna e dirigendosi verso via P., arresta la marcia per consentire il transito delle due donne in via P., che avverrà effettivamente alle ore 15.59.18; il secondo passaggio rilevante, ai fini del presente giudizio, è quello che immortala M. alle ore 16.02.06 mentre attraversa sulle strisce pedonali di via P. verso il centro cittadino rallentando oltremodo l'andatura e guardando con insistenza verso il punto in cui le due donne, accortesi di essere seguite, si erano nascoste (ossia dietro l'angolo dell'esercizio commerciale "C." di via E.); il terzo movimento sospetto riguarda poi l'ingresso repentino di M. all'interno del tabacchino "Martello" nel momento in cui si rende conto dell'arrivo della pattuglia dei Carabinieri e la sua successiva condotta di "monitoraggio" dietro i vetri della tabaccheria. Per quanto riguarda, poi, il capo B) dell'imputazione - avente ad oggetto la contestazione suppletiva accettata dall'imputato e riguardante diverse violazioni avvinte dal medesimo disegno criminoso e, segnatamente, l'essersi recato più volte nei pressi dell'abitazione della C. ed averle recapitato una lettera manoscritta oltre a due bigliettini - le dichiarazioni rese dalla persona offesa in data 2.1.2024 risultano non solo riscontrate, ma trovano addirittura consolidamento nelle imparziali dichiarazioni rese dai vicini di casa della C. che, appunto, hanno dimostrato di non avere nemmeno una grande amicizia o un particolare trasporto nei confronti della donna. Eppure, entrambi hanno dato atto del rinvenimento dei bigliettini di fronte al portone - dagli stessi reputati destinati alla C. per avere già in passato notato pacchi e biglietti alla stessa indirizzati - e, soprattutto, il signor S. ha riferito di aver visto quasi quotidianamente il soggetto - poi riconosciuto nell'album fotografico nella foto raffigurante l'odierno imputato - nei pressi del loro portone, approfittando dell'ingresso o dell'uscita di altri condomini per introdursi nella palazzina. Entrambi i sommari informatori hanno riferito, peraltro, di aver visto l'ultima volta quel soggetto sessantenne nella stessa giornata in cui erano stati sentiti, ossia il 2.1.2024: circostanza nemmeno emersa dalle dichiarazioni della C., avendo la stessa semplicemente prelevato i bigliettini su indicazione della P.. In questo contesto, le dichiarazioni dell'imputato che ha negato recisamente di essersi avvicinato all'abitazione della C. e ha disconosciuto i bigliettini mostratigli nel corso dell'interrogatorio sembrano soccombere, a livello di credibilità, rispetto alle dichiarazioni del tutto disinteressate dei sommari informatori S. e P.. L'assenza di credibilità oggettiva dell'imputato non può che riverberarsi anche sulle sue dichiarazioni laddove disconosce i bigliettini e la lettera ricevuti dalla persona offesa - oggetto del capo di imputazione sub B) - atteso che qualsivoglia ricostruzione alternativa (ossia che provengano da altro soggetto o che li abbia autoprodotti la C.) contrasta con i dati oggettivi pacificamente emersi dalla visione delle immagini e dalle sommarie informazioni rese dai vicini di casa della persona offesa. Dal punto di vista soggettivo, la piena consapevolezza in capo a M. del vincolo cautelare a suo carico, del tutto chiaro e comprensibile - cui devono, peraltro, aggiungersi i tre provvedimenti emessi dal magistrato di sorveglianza nelle date dell'1, del 12 e del 14 dicembre 2023 sopra indicati e tutti correttamente notificati - non può che deporre per la sussistenza in capo al predetto del dolo richiesto dalla norma violata a più riprese. In questo senso il disvalore delle condotte concretamente poste in essere dall'odierno imputato si incentra non solo sulla messa in pericolo della persona offesa, ma anche sulla reiterata disobbedienza rispetto ai precetti imposti dall'autorità giudiziaria a fini cautelari e dal magistrato di sorveglianza: si tratta in definitiva di reato di mera condotta, perfettamente integrato da tutti i fatti passati in rassegna. Venendo quindi al trattamento sanzionatorio, entrambi i fatti ascritti all'imputato possono essere riuniti nell'ambito di un medesimo, per quanto generico, disegno criminoso, come peraltro richiesto anche dal Pubblico Ministero nella propria requisitoria; ed invero, le violazioni ascritte, verificatesi a distanza di poco tempo l'una dalle altre e lesive del medesimo bene giuridico, appaiono espressione dell'inclinazione dell'imputato alla violazione dei provvedimenti dell'Autorità nell'ambito di un disegno criminoso costituitosi fin dall'origine, non riuscendo a mantenere il controllo della situazione. Nell'ambito della ravvisata continuazione, reato più grave deve ritenersi quello di cui al capo A), in ragione dell'effettivo pedinamento posto in essere nei confronti della persona offesa del reato di atti persecutori. Risulta possibile concedere le invocate circostanze attenuanti generiche, se non altro in ragione del buon comportamento processuale dell'imputato che ha reso un lungo interrogatorio e ha partecipato alle udienze, in via di equivalenza rispetto alla recidiva contestata. Valutati dunque tutti i criteri di cui all'art. 133 c.p., per effetto del giudizio di bilanciamento sopra indicato si reputa equo comminare una pena base di mesi nove di reclusione, non potendosi attestare sul minimo edittale in considerazione della reiterazione dei fatti di violazione e della correlata intensità del dolo dimostrata da M.. Per il reato satellite avvinto dalla continuazione si reputa opportuno applicare un aumento quantificato in ulteriori mesi tre di reclusione, pervenendosi così alla pena complessiva di anni uno di reclusione. Per effetto del rito prescelto, la pena così individuata dovrà da ultimo essere ridotta sino alla misura finale di mesi otto di reclusione. La presente pronuncia comporta altresì la condanna dell'imputato al pagamento delle spese del procedimento. Non sussiste, infine, alcuno spazio per l'applicazione del beneficio della sospensione condizionale della pena in favore dell'imputato se si pone uno sguardo al certificato del casellario giudiziale agli atti e alla recidiva qualificata contestata a M., dimostrazione dell'impossibilità di formulare una prognosi favorevole di non reiterazione di condotte illecite: condizione, a parere di chi scrive, ostativa anche per l'applicazione di sanzioni sostitutive. In tal senso, peraltro, non sembra che la libertà controllata concessa all'imputato dal magistrato di sorveglianza nel settembre 2023 quale sanzione sostitutiva della pena detentiva applicata con la sentenza indicata al punto 3) del certificato del casellario giudiziale, risulti rispettata nelle prescrizioni impartite dalla medesima Autorità giudiziaria. P.Q.M. Il Tribunale di Genova, visti gli artt. 442, 533 e 535 c.p.p. DICHIARA Ma.Ra. responsabile dei reati a lui ascritti e, riuniti gli stessi nel vincolo della continuazione, ritenuto più grave quello di cui al capo A), concesse le circostanze attenuanti generiche equivalenti alla contestata recidiva, operata la diminuzione per il rito, lo CONDANNA alla pena complessiva di mesi otto di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali. Così deciso in Genova l'1 marzo 2024. Depositata in Cancelleria il 6 marzo 2024.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE DI GENOVA SEZIONE TERZA CIVILE in composizione monocratica, in persona della Dott.ssa Francesca Ziccardi ha pronunciato la seguente SENTENZA Nella causa civile promossa da (...), nata a (...) il (...), residente in (...), ed elettivamente domiciliata in (...) presso e nello studio dell'Avv. (...) che la rappresenta e difende come da mandato in atti Attrice Contro (...) (c.f. (...)), in persona dell'Amministratore in carica geom. (...) quale legale rappresentante della (...) ai fini del presente atto elettivamente domiciliato in (...) presso lo studio dell'avv. (...) che lo rappresenta e difende come da mandato in atti Convenuto RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE Con atto di citazione ritualmente notificato (...) esponeva, in particolare, che: - era proprietaria dell'appartamento contraddistinto dall'interno 5 del civico 172 di (...); - in data 06/02/2021, nel corso dell'assemblea straordinaria del (...), si erano deliberati lavori di realizzazione di un tratto di marciapiede sulla parte a perimetro della casa nella zona posteriore; - il prolungamento del marciapiede perimetrale era stato chiesto dai condomini (...), che avevano affermato di volersene fare carico, in quanto avrebbe agevolato l'accesso alle loro abitazioni; - per questo motivo erano state deliberate opere di realizzazione del marciapiede precisando che "i condomini (...) si prenderanno carico delle spese di dette lavorazioni con la seguente ripartizione: 1/5 a carico di (...) 2/5 a carico di (...) 2/5 a carico di (...)"; - l'esecuzione dei suddetti lavori veniva affidata direttamente a (...), titolare di un'impresa edile, il quale presentava un preventivo di Euro 4.550,00 + IVA; - nel corso dell'assemblea straordinaria del (...) tenutasi in data 14/04/2021 (v. verbale assemblea straordinaria del 1314/04/2021 - doc. 3), l'amministrazione inopinatamente aveva riproposto "la votazione delle lavorazioni relative alla realizzazione dei marciapiedi posteriori di cui al preventivo (...)"; La maggioranza dei condomini presenti (quattro su cinque) approvava, con votazione contraria da parte della signora (...) la suddivisione in millesimi della relativa spesa disponendo che "detta delibera revoca la delibera del verbale relativo alla riunione del 06/02/2021 e le relative suddivisioni"; - in seguito a questa nuova ripartizione la Signora (...) titolare di 474,20 millesimi (più di tutti gli altri condomini), avrebbe dovuto sostenere un esborso di Euro 3.496,00 (v. riparto lavori straordinari - doc. 4), peraltro sulla base di un lavoro per il quale non doveva essere mantenuto l'affidamento diretto ad uno dei condòmini e che doveva essere preceduto dall'esame di altri preventivi, dalla redazione di un progetto e da un calcolo computometrico; - in tema di comunione l'art. 1102 c.c., applicabile in materia di condominio di edifici per il richiamo contenuto dell'art. 1139 c.c., disponeva: "ciascun partecipante può servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto. A tal fine può apportare a proprie spese le modificazioni necessarie per il miglior godimento della cosa"; - applicando tale principio al caso di specie, correttamente il costo della modifica alla cosa comune (prolungamento del marciapiede condominiale) nell'interesse dei condomini (...) era stato posto con la delibera assembleare del 06/02/2021 solo a carico degli stessi; - la delibera impugnata era illegittima nella parte in cui stabiliva quale diverso criterio di riparto la suddivisione in millesimi a carico di tutti i condomini e pertanto, in punto, doveva essere annullata e/o dichiarata nulla; - in subordine, anche a voler considerare dette lavorazioni delle "innovazioni", in quanto dirette al miglioramento o all'uso più comodo delle cose comuni, la delibera impugnata violava il disposto dell'art. 1120 c.c. che richiedeva la maggioranza indicata dal quinto comma dell'art. 1136 c.c., e cioè un numero di voti che rappresentasse la maggioranza degli intervenuti e almeno i due terzi del valore dell'edificio; -quest'ultima ipotesi non ricorreva nel caso di specie in quanto il numero di voti degli intervenuti non raggiungeva almeno i due terzi del valore dell'edificio (525,79 millesimi a fronte dei 666,67 millesimi richiesti). - anche per questo motivo detta delibera doveva essere annullata e/o dichiarata nulla; - in ulteriore subordine la delibera adottata in data 14/04/2021 era invalida anche con riferimento alla delibera del 06/02/2021 dalla stessa revocata; -se si fossero considerate le lavorazioni di prolungamento del marciapiedi posteriore delle "innovazioni", per revocare la precedente delibera del 06/02/2021 con le relative suddivisioni sarebbe stata necessaria una maggioranza che rappresentasse almeno due terzi del valore complessivo della cosa comune ai sensi degli artt. 1108, 1120 e 1136, comma 5, c.c.. Tale maggioranza non era stata raggiunta nel corso dell'assemblea straordinaria tenutasi il 14/04/2021. Tanto premesso conveniva in giudizio il (...) dello stabile sito in (...) al fine di sentire dichiarare la nullità o comunque, annullare la delibera dell'assemblea straordinaria del 14.04.2021 del (...) - nella parte in cui approva le "lavorazioni relative alla realizzazione dei marciapiedi posteriori di cui al preventivo della ditta (...) con la suddivisione a millesimi delle spese" e/o nella parte in cui "revoca la delibera del verbale relativo alla riunione del 06/02/2021 e le relative suddivisioni". Con comparsa datata 6/10/2021 si costituiva il (...) dello stabile sito in (...), (...), osservando ed eccependo, tra l'altro, che: - l'assemblea totalitaria del 14.4.21 (doc.2), prima di rimettere ai voti il riparto dei lavori riguardanti (oltre ad altri interventi) il completamento sul lato ponente del già esistente marciapiede, aveva accettato all'unanimità la contestuale proposta dei condomini (...) di rinunciare al diritto d'uso esclusivo della porzione di giardino posteriore ad essi attribuito con la delibera 9/10/2017 per ritrasferirlo a tutti i condomini in egual misura "con la compartecipazione da parte di tutti alle spese in proporzione ai relativi millesimi di proprietà"; - l'assemblea totalitaria aveva accettato la proposta dei condomini all'unanimità, quindi con voto favorevole della stessa condomina (...) - a conferma di ciò, anche con riferimento ad altri interventi ma pur sempre relativi alla sistemazione del giardino posteriore, deliberando sul punto 2) la medesima assemblea sempre con il voto favorevole dell'attrice aveva approvato la ripartizione dei costi in base ai millesimi di proprietà; - controparte fingeva quindi di ignorare la novità sostanziale intervenuta dopo l'assemblea del 6.2.2021, ossia la rinuncia all'uso della porzione posteriore del giardino da parte dei condomini che ne erano esclusivi titolari e la riassegnazione di detta porzione all'uso indistinto di tutti i condomini; - infatti sino alla delibera qui impugnata le differenziate modalità d'uso del giardino condominiale erano regolamentate dalla delibera totalitaria 9.10.2017 con allegata planimetria identificativa (doc.3), con la quale i condomini all'unanimità avevano attribuito "l'uso esclusivo perenne" della maggior parte del giardino (compresa tutta la sua porzione posteriore) alle unità immobiliari in allora di proprietà (...) ((...), (...)) quale contropartita dell'accollo delle spese di rifacimento dei prospetti condominiali, unità immobiliari successivamente acquistate dagli odierni condomini (...) mentre la minore porzione anteriore era rimasta in uso esclusivo alle restanti proprietà (...) e (...); -con la delibera 14.4.21 l'uso dell'intero giardino e dell'area cortilizia circostante l'edificio, pacificamente di proprietà comune anche in ragione della presunzione ex art. 1117 c.c. (Cass. 23.10.2020 n. 23316), era stato nuovamente attribuito a tutti i condomini indistintamente ed a prescindere dalla posizione delle rispettive unità immobiliari; - la realizzazione dell'unico lato di marciapiede a perimetro mancante (zona posteriore) non fu affatto richiesta specificamente dai condomini (...) e (...) (ciò infatti non risulta dal testo della delibera 6.2.21 prodotta ex adverso), ma rispondeva ad esigenze di sicurezza e salubrità dell'edificio in quanto avrebbe consentito una miglior protezione dalle infiltrazioni d'acqua provenienti dal terreno; - oltre a ciò, il rifacimento dell'unica parte mancante si inseriva negli interventi di miglioramento complessivo del giardino e si uniformava con il marciapiede già esistente sugli altri tre lati; - certamente l'intervento in questione non rispondeva ad esigenze particolari o ad usi specifici riferibili ai tre condomini indicati ex adverso, ma si collocava nell'ambito dei più generali lavori di ristrutturazione e di miglioramento del giardino e del cortile condominiale, beni oggi utilizzati indistintamente da tutti i condomini in eguale misura (ciò proprio a seguito della delibera impugnata); - prima di approvare gli interventi l'assemblea aveva visionato diversi preventivi, mentre il fatto di scegliere la ditta di un condomino rientrava tra le prerogative dell'organo di formazione della volontà condominiale e di per sé non costituiva alcuna ipotesi di conflitto di interesse; - era opportuno riassumere gli interventi di manutenzione e/o di miglioramento complessivi oggetto delle delibere 6.2.21 e 14.4.21: - completamento dell'unico lato (posteriore) di marciapiedi mancante, al servizio ed in uso comune a tutti i condomini; - manutenzione straordinaria della preesistente vetusta stazione di sollevamento (vasca con pompa e scarico di emergenza, per smaltire i liquidi in caso di cattivo funzionamento della pubblica fognatura); - realizzazione di nuovi chiusini per detta vasca e per il c.d. pozzo perdente al quale sono collegate le canaline di scolo dell'acqua del giardino; - realizzazione di nuova cancellata di confine, in sostituzione della preesistente in legno ammalorata; - rifinitura dei lavori di sistemazione del giardino mediante stesura di ghiaia; - l'unico legittimo criterio di riparto delle spese relative agli interventi in questione, compreso quello (assai modesto per la verità) di realizzazione del tratto di marciapiede mancante e posto sul lato posteriore dell'edificio, era quello proporzionale e quindi per millesimi generali di proprietà; - ciò in quanto nella specie, proprio a seguito della delibera totalitaria del 14.4.21 e del voto unanime sul punto, l'intero giardino condominiale (compresa la sua più ampia parte posteriore) era stato nuovamente attribuito all'uso indistinto di tutti i condomini con l'ovvia prescrizione della "compartecipazione da parte di tutti alle spese in proporzione ai rispettivi millesimi di proprietà" (così al punto 1 della delibera); - si trattava quindi di un importante mutamento nella regolamentazione giuridica del bene in questione, il quale sino ad allora ed a decorrere dalla precedente delibera sempre totalitaria del 9.10.2017, approvata anche dall'odierna attrice (ns. doc.3), era in uso esclusivo a soli tre condomini; - discendeva da ciò, in maniera quasi ovvia e comunque già documentalmente provata, la riattribuzione dell'uso indistinto a tutti i condomini; - l'unico criterio di riparto applicabile nella fattispecie era quello proporzionale previsto in via generale dall'art. 1123 primo comma codice civile, in quanto il completamento di quell'unico lato di marciapiedi (così come gli ulteriori lavori deliberati) non rispondeva certo ad esigenze e/o ad un uso particolare più intenso di qualche condomino, ma era inquadrabile negli interventi per la conservazione e per il godimento (paritario ed indistinto) delle parti comuni; - con la stessa delibera impugnata la Controparte_9 veva accettato la rinuncia all'uso esclusivo del giardino formalizzata dai tre condomini titolari ed aveva approvato anche la connessa previsione che, a seguito del ripristino dell'uso indistinto esercitabile da tutti i condomini (compresa la (...) , le spese di sistemazione e ripristino di detto giardino fossero suddivise in base ai millesimi generali di proprietà. Si veda la chiara previsione sempre al punto 1) della delibera, per cui "detta proposta viene accolta e deliberata unanimamente da tutti i Condomini"; - lo stesso criterio di riparto in base ai millesimi di proprietà era stato approvato nella medesima delibera con riferimento al punto 2), riguardante sempre lavori di sistemazione del giardino posteriore, ancora una volta con il voto favorevole dell'odierna attrice. - l'attrice difettava di interesse ad agire alla proposta impugnativa, dal momento che aveva approvato, previamente ed anche successivamente (punti 1 e 2 della delibera), proprio quel criterio di riparto in base ai millesimi di proprietà che oggi contesta; - non vi era alcuna giuridica ragione per ritenere che detto criterio generale fosse inapplicabile ai soli lavori di rifacimento di un lato del marciapiedi, bene pacificamente di proprietà e (oggi) in uso comune a tutti i condomini senza diverse modalità di utilizzo; nessuno degli interventi oggetto delle delibere 6.2.21 e 14.4.21 poteva costituire innovazione nel senso voluto dall'art. 1120 primo comma codice civile; - per innovazione in senso tecnico-giuridico doveva infatti intendersi solo quella modificazione materiale che alterasse l'entità sostanziale o mutasse la destinazione originaria della cosa comune , caratteri che non erano presenti; - del resto la stessa controparte si limitava ad affermare genericamente l'esistenza di innovazioni, senza individuare specificamente di quali modificazioni concrete si trattasse, in modo da poterne contestualmente escludere una connessione con la sicurezza e la salubrità degli edifici e degli impianti (ex art. 1120 comma secondo n.1, che prevede la maggioranza semplice). Concludeva per il rigetto delle domande attoree. L'attrice nella prima memoria ex art 183 cpc sosteneva che: - non era affatto vero che le opere di realizzazione del marciapiede corrispondano ad "esigenze di sicurezza e salubrità dell'edificio"; - con la delibera impugnata erano state riservate sempre ai condomini (...) "porzioni di rispetto antistanti" i loro appartamenti "per poter permettere il godimento degli immobili con un piccolo sfogo anche all'esterno", e quindi le opere di realizzazione del marciapiede rappresentavano proprio quelle modifiche apportate da alcuni condomini per il miglior godimento della cosa comune descritte nell'art.1102 c.c., con conseguente obbligo per i suddetti condomini di sostenere le relative spese; - In ogni caso, a prescindere dall'utilizzo di tali opere da parte di tutti o soltanto di alcuni condomini, non vi era dubbio che le stesse costituivano "innovazioni", in quanto comportavano una alterazione del bene su cui incidevano, che da terreno adibito a giardino si trasformava in marciapiede, e quindi richiedevano per la loro approvazione la maggioranza qualificata prevista dagli artt. 1108, 1120 e 1136, comma 5,c.c. Le domande attoree sono fondate e vanno accolte. L'eccezione preliminare sollevata dal (...) è priva di pregio. Sul punto l'odierno giudicante condivide pienamente la giurisprudenza della S.C. secondo cui "la legittimazione ad agire attribuita dall'art. 1137 cod. civ. ai condomini assenti e dissenzienti non è subordinata alla deduzione ed alla prova di uno specifico interesse diverso da quello alla rimozione dell'atto impugnato, essendo l'interesse ad agire, richiesto dall'art. 100 cod. proc. civ. come condizione dell'azione di annullamento anzidetta, costituito proprio dall'accertamento dei vizi formali di cui sono affette le deliberazioni" (Cass. 10 febbraio 2010 n. 2999; in senso conforme Cass. 25 agosto 2005 n. 17276; Cass. 23 marzo 2001 n. 4270; Cass. 4 aprile 1997 n. 2912). Si devono quindi distinguere i vizi meramente formali, per i quali l'interesse ad agire è in re ipsa, dagli altri vizi di carattere sostanziale, per far valere i quali invece è necessario anche un danno latu sensu derivante dalla delibera asseritamente viziata. Nel caso di specie si tratti pacificamente, considerate le doglianze, sia di vizi formali che sostanziali. Si deve pertanto passare l'attenzione al merito. Le innovazioni di cui all'articolo 1120 del codice civile si differenziano da quelle disciplinate dall'articolo 1102 del codice civile, sia dal punto di vista oggettivo, che da quello soggettivo: sotto il profilo oggettivo, le prime consistono in opere di trasformazione, che incidono sull'essenza della cosa comune, alterandone l'originaria funzione e destinazione, mentre le seconde si inquadrano nelle facoltà riconosciute al condomino, con i limiti precisati nello stesso articolo 1102 del codice civile, dirette a ottenere la migliore, più comoda e razionale utilizzazione della cosa; sotto il profilo soggettivo, poi, nelle innovazioni rileva l'interesse collettivo di una maggioranza qualificata, espresso con una deliberazione dell'assemblea, elemento che invece difetta nelle modificazioni, nelle quali non rileva un interesse generale, bensì quello del singolo condomino al cui perseguimento sono rivolte, con i limiti previsti dal citato articolo 1102 (Cass. 4513/2021). Di conseguenza la fattispecie non rientra nell'art. 1102 c.c. bensì nell'art 1120 c.c. trattandosi di una volontà collettiva espressa con una deliberazione dell'assemblea. Secondo il consolidato orientamento giurisprudenziale, le innovazioni possono essere definite come tutte quelle modificazioni che determinano l'alterazione dell'entità materiale o il mutamento della destinazione originaria, nel senso che le parti comuni, in seguito all'attività o alle opere eseguite, devono presentare una diversa consistenza materiale oppure devono essere utilizzate per fini diversi da quelli precedenti (tra le altre 12654/2006). Come più volte chiarito dalla giurisprudenza di legittimità, non sempre gli interventi di sostituzione di parti comuni integrano delle innovazioni, dovendosi distinguersi tra atti di straordinaria manutenzione, diretti semplicemente a ripristinare la funzionalità della cosa comune, dalle innovazioni che, come detto, consistono in opere che importano un mutamento della cosa nella forma e nella sostanza. La distinzione non è solo di carattere materiale, ma riguarda le maggioranze applicative, premesso che, le deliberazioni che concernono la ricostruzione dell'edificio o le riparazioni straordinarie di notevole entità devono essere approvate con le maggioranze stabilite dal secondo comma dell'articolo 1136 c.c., a differenza delle innovazioni che potrebbero richiedere, ad esempio la maggioranza del quinto comma dell'art. 1136 c.c.. L'innovazione può riguardare: sia qualcosa di nuovo che prima non c'era, sia la modifica o la trasformazione di una cosa o di un servizio comune già esistente. Tuttavia, non tutti gli interventi sulle parti comuni possono essere considerati innovativi: il carattere indispensabile affinché possa parlarsi di innovazioni sta nell'essere gli interventi diretti "al miglioramento o all'uso più comodo o al maggior rendimento delle cose comuni". Nel verbale della delibera assunta in data 6/2/2021 al punto 1 dell'o. d. g si legge" L'assemblea chiede che le lavorazioni di pulizia e sgombero del giardino siano completate entro la fine di febbraio. L'Amministrazione spiega le problematiche che si sono verificate a seguito del blocco della fognatura civica. Detta problematica oltre ai problemi di fruibilità degli appartamenti a piano terra ha creato lo spargimento di liquami nella parte di giardino antistante gli appartamenti (...) e (...). Pertanto, si rende necessario la realizzazione del tratto di marciapiede sulla parte a perimetro del fabbricato, con la messa in opera dei nuovi chiusini del pozzo perdente e della stazione di sollevamento essendo gli attuali in pessimo stato. La stazione di sollevamento ripristinata verrà mantenuta come bypass in caso di blocco della rete civica. Si prevede inoltre di regimare le acque bianche del pluviale d'angolo proveniente dal tetto e convogliarlo nel pozzo perdente inserendo una griglia caditoia per drenare l'acqua. Dopo ampia discussione si delibera di dividere le spese di regimazione del pluviale, di realizzazione della griglia caditoia, fornitura e posa chiusini e di ripristino della stazione di sollevamento a carico di tutti pro quota millesimale. In merito alle opere di realizzazione del marciapiede si delibera che i condomini (...) i prenderanno carico delle spese di dette lavorazioni con la seguente ripartizione: 1/5 a carico (...) 1/5 a carico (...) 1/5 a carico (...)". Dal verbale della delibera assunta in data 14/4/2021 emerge, tra l'altro, che"...Inoltre a fronte dell'esecuzione degli interventi di sistemazione e ripristino del giardino condominiale, i condomini (...) propongono di rinunciare al diritto d'uso esclusivo della porzione di giardino posteriore ad essi attribuito con delibera con delibera assembleare del 9/10/2017 con facoltà di tutti i condomini di usufruire del giardino in ugual misura nei limiti di rispetto altrui, del buon senso e del decoro e con la compartecipazione da parte di tutti alle spese in proporzione dei rispettivi millesimi di proprietà. Detta proposta viene accolta e deliberata unanimemente da tutti i condomini. L'assemblea delibera altresì unanimemente che, a seguito delle sistemazioni che vedranno la definizione della parte del giardino tra cui la realizzazione di un marciapiede già esistente sugli altri tre lati e la creazione di spazi adibiti alla piantumazione di fiori e piante ornamentali, verranno riservate le porzioni di rispetto antistanti gli appartamenti (...) per poter permettere il godimento degli immobili con piccolo sfogo anche all'esterno. Alla luce di quanto sopra statuito l'amministrazione ripropone la votazione delle lavorazioni relative alla realizzazione dei marciapiedi posteriori di cui al preventivo (...). L'assemblea approva a maggioranza, contraria la signora (...) con la suddivisione a millesimi delle spese, chiedendo inoltre la realizzazione del camminamento piastrellato anche tra il cancello ed il portone principale". Nel caso di specie l'assemblea ha approvato la realizzazione di un marciapiedi nella parte del giardino comune dove mancava. Pertanto essendo tale opera chiaramente volta ad introdurre qualcosa di nuovo, modificando il giardino comune per un uso più comodo di quest'ultimo, configura una innovazione ex art 1120 c.c.. Tuttavia trattandosi di innovazione il numero di voti degli intervenuti avrebbe dovuto raggiungere almeno i due terzi del valore dell'edificio ossia 666,67 e non, come verificatosi, millesimi 525,79). L'eccezione attorea concernente il fatto che il prolungamento del marciapiedi sarebbe finalizzato a migliorare la sicurezza e la salubrità dell'edificio non appare adeguatamente provato. La delibera impugnata è di conseguenza illegittima per mancanza del quorum deliberativo. Dalla documentazione prodotta si evince che la attrice ha pagato la quota di sua spettanza dei lavori oggetto della delibera impugnata (si veda doc. 6 attrice). Dal verbale del procedimento di mediazione emerge l'assenza ingiustificata del (...) ( si veda doc. 5 attrice). Le spese seguono la soccombenza P.Q.M. - annulla la delibera dell'assemblea straordinaria del 14.04.2021 del (...) al punto n. 1 nella parte indicata dalla attrice nelle conclusioni; - condanna il (...) convenuto a restituire alla signora (...) a somma di Euro 3.516,00, oltre agli interessi maturati dalla data del pagamento al saldo; - condanna il (...) convenuto a rifondere all'attrice le spese legali che liquida in euro 3809,00 per onorari ed euro 237,00 per esborsi,oltre IVA,CPA e spese generali - condanna il (...) convenuto al pagamento all'entrata del bilancio dello Stato di una somma pari al contributo unificato dovuto per il giudizio ex art. 8 comma 4 bis d.lgs. n. 28/2010. Così deciso in Genova il 5 marzo 2024. Depositata in Cancelleria il 5 marzo 2024.

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