Sentenze recenti Tribunale Grosseto

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  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO di GROSSETO Contenzioso CIVILE Il Tribunale, nella persona del Giudice Mario Venditti ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 131/2020, avente a oggetto "prestazione d'opera intellettuale" vertente tra (...), in persona dell'amministratore p.t., elettivamente domiciliato in Grosseto, via (...), presso lo studio dell'avv. El.Ti., che lo rappresenta e difende in giudizio in virtù di procura in calce alla citazione; ATTORE - OPPONENTE contro: (...), elettivamente domiciliato in Siena, (...), presso lo studio dell'avv. Le.Pa., che lo rappresenta e difende in giudizio in virtù di procura in calce alla comparsa di costituzione e risposta; CONVENUTO - OPPOSTO e (...), elettivamente domiciliato in Siena, via (...), presso lo studio degli avv.ti Gi.Pe. ed El.Bo., che lo rappresentano e difendono in giudizio in virtù di procura in calce alla comparsa di costituzione e risposta; TERZO CHIAMATO CONCLUSIONI: come da note scritte depositate in luogo dell'udienza del 21.5.2024. MOTIVI DI FATTO E DI DIRITTO Oggetto del contendere è l'opposizione proposta dal (...) avverso il decreto ingiuntivo n. 750/2019 (RG: 2223/2019) emesso dal Tribunale di Grosseto in data 8.10.2019 in favore dell'ing. (...) per un credito di Euro 6.441,00 originato dall'attività di direttore dei lavori resa nel 2014 nell'ambito di opere di messe in sicurezza e rifacimento delle parti comuni dell'edificio. Impugnato il suddetto titolo, il Condominio ne chiedeva la revoca, con contestuale condanna avversaria ex art. 96 c.p.c., negando d'aver mai conferito incarichi al condomino (...) e segnalando come il credito da questi rivendicato in monitorio fosse stato creato ad arte nel tentativo di opporlo in compensazione con la morosità da accumulata, come del resto già avvenuto in occasione di un giudizio pendente innanzi al medesimo Tribunale. Si costituiva in giudizio (...) per chiedere il rigetto dell'opposizione e, in via subordinata, la condanna dell'amministratore del condominio a pagargli il compenso, previa sua chiamata in causa, stante l'assenza di obiezioni sulla realizzazione dei lavori indicati in monitorio in favore del Condominio. Autorizzata la chiamata del terzo, si costituiva in giudizio (...) associandosi di fatto alle difese del (...) e chiedendo anch'esso il rigetto della domanda ingiunzionale con contestuale condanna avversaria ex art. 96 c.p.c., per non aver affidato alcun personale incarico al convenuto. Assegnati i termini di cui all'art. 183, co. 6 c.p.c., la causa veniva istruita con l'assunzione delle prove orali ammesse e trattenuta in decisione all'udienza cartolare del 21.5.2024, con assegnazione dei termini di cui all'art. 190 c.p.c. per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica. I fatti di causa. Il (...) membro del (...) ubicato a Castiglione della Pescaia, ha ottenuto nei confronti di quest'ultimo un'ingiunzione di pagamento per la somma di Euro 6.441,00, a titolo di compenso professionale per l'attività di direttore dei lavori asseritamente resa nel 2014 nell'ambito di opere di messe in sicurezza e rifacimento delle parti comuni dell'edificio. A sostegno della sua pretesa, ha prodotto in giudizio due relazioni stilate nel 2014, inerenti alle opere di messa in sicurezza delle parti esterne della corte condominiale e allo stato della rete fognaria (all.ti 3 e 4), due mail intercorse con l'amministratore del condominio a febbraio e maggio 2014 (all.ti 5 e 6) e la fattura n. 21018/2018 attinente alle sue prestazioni (all. 1 del ricorso monitorio). Stante la negazione del (...), contenuta nell'atto introduttivo, d'aver mai conferito incarichi al (...) questi ha esteso la domanda di condanna verso l'amministratore (...) destinato in ipotesi a rispondere del mandato personalmente assegnatogli. La domanda contro il (...). L'opposizione promossa dal (...) è fondata e va accolta, con conseguente revoca del decreto ingiuntivo opposto. Secondo l'indirizzo consolidato della giurisprudenza nomofilattica, il riparto di competenze tra amministratore e assemblea condominiale, previsto dagli artt. 1130 e 1135 c.c., attribuisce al primo l'autonoma gestione dei soli affari di ordinaria amministrazione, mentre la preventiva autorizzazione assembleare è necessaria per gli atti di straordinaria amministrazione, tali essendo quelli che esulano dalla "normalità" della gestione, tenuto conto anche del loro costo (cfr. Cass. n. 10865/2016); per gli atti di straordinaria amministrazione, l'amministratore di condominio neppure può autonomamente conferire incarichi professionali (cfr. Cass. n. 20136/17 e Cass. n. 33057/18). In mancanza dell'approvazione assembleare, l'atto rimane inefficace nei confronti del (...), salvo che rivesta il carattere dell'urgenza: difatti, qualora l'amministratore, avvalendosi dei poteri di cui all'art. 1135 c.c., co. 2, abbia assunto l'iniziativa di compiere opere di manutenzione straordinaria caratterizzate dall'urgenza, ove questa effettivamente ricorra ed egli abbia speso, nei confronti dei terzi, il nome del condominio (c.d. contemplatio domini), quest'ultimo deve ritenersi validamente rappresentato e l'obbligazione è direttamente riferibile al (...); viceversa, laddove i lavori eseguiti da terzi su disposizione dell'amministratore non posseggano il requisito dell'urgenza, il relativo rapporto obbligatorio non è riferibile al condominio, trattandosi di atto posto in essere dell'amministratore al di fuori delle sue attribuzioni, attesa la rilevanza "esterna" delle disposizioni di cui all'art. 1130 c.c., e art. 1135 c.c., co. 2 (cfr. Cass. n. 2807/17 e Cass. 6557/10). Alla luce di tali principi, è dunque evidente che, per essere efficace nei confronti del (...), il conferimento dell'incarico al sig. (...) (di redigere gli elaborati tecnici da sottoporre all'impresa e assumere poi le vesti di direttore dei lavori) avrebbe richiesto la previa autorizzazione dell'assemblea - non potendo l'amministratore stipulare un contratto vincolante i condomini nei confronti di un terzo senza l'autorizzazione di una deliberazione dell'assemblea che, con le maggioranze prescritte, fissi i limiti precisi dell'attività negoziale da svolgere -, in quanto prevedeva l'intervento di un soggetto non indispensabile (o quantomeno il convenuto non ha fornito alcuna prova della necessità della sua opera), remunerato attraverso un compenso non irrisorio e relativo a un'attività professionale avulsa dall'ordinario svolgimento degli affari condominiali. Né può dirsi che l'autonomia dell'amministratore fosse giustificata dall'urgenza, in quanto è rimasta del tutto indimostrata la causa di obiettiva indifferibilità delle opere edili, e soprattutto delle prestazioni offerte dal sig. (...) per evitare un danno grave al condominio. D'altronde, il requisito dell'urgenza dei lavori eseguiti è appena enunciato a pag. 3 della comparsa di risposta ("...nell'autunno 2012, l'Amministratore contattò urgentemente l'Ing. (...) perché stava franando il lastrico solare della corte lato nord, che fa da tetto al garage della condomina (...) pregandolo di occuparsene, anche a fronte delle richieste della predetta condomina, allarmata dalla situazione."), mentre appare smentito dalla data riportata nelle relazioni elaborate dal (...) e dal preventivo dell'impresa da questi prodotto (all. 5), risalenti a due anni dopo. Al contempo, non è lecito individuare un'intervenuta ratifica dell'operato dell'amministratore da parte dell'assemblea condominiale (sulla base di un'eventuale conoscenza di fatto dell'attività compiuta dal falsus procurator), atteso che ai sensi dell'art. 1399 c.c. l'efficacia della ratifica, espressa o tacita, del contratto concluso dal falsus procurator presuppone una manifestazione della volontà del rappresentato, chiara e inequivoca, di far propri, con efficacia retroattiva, gli effetti del contratto, e trattandosi di atto recettizio è inoltre necessario che tale volontà sia comunicata alla controparte (cfr. Cass. n. 30938/17 e Cass. n. 408/06). Quindi, dato per pacifico il carattere straordinario delle opere edili eseguite nel 2014 sul (...) e dell'eventuale incarico rivestito dal sig. (...) e atteso che non v'è prova della rispettiva urgenza né tantomeno del conferimento assembleare (pregresso o successivo) di un incarico professionale all'odierno convenuto per l'attività recriminata con la domanda ingiunzionale, quest'ultima risulta infondata nei confronti del (...). Inoltre, si presenta inammissibile l'istanza istruttoria formulata dal (...) ai sensi dell'art. 210 c.p.c., per ottenere l'ordine rivolto alle controparte di esibire i verbali dell'assemblea aventi a oggetto le lavorazioni de quibus e le relative delibere. Benvero, l'ordine di esibizione può essere impartito esclusivamente riguardo ad atti la cui acquisizione al processo sia necessaria ovvero concernenti la controversia, e quindi ai soli atti o documenti specificamente individuati o individuabili, dei quali sia noto, o almeno assertivamente indicato, un preciso contenuto, influente per la decisione della causa (art. 94 disp. att. c.p.c.); tra l'altro, non può essere ordinata l'esibizione in giudizio di un documento di una parte o di un terzo, allorquando l'interessato possa di propria iniziativa acquisirne una copia e produrla in causa, trattandosi l'ordine ex art. 210 c.p.c. di strumento istruttorio residuale, cioè utilizzabile solo quando la prova del fatto non sia acquisibile aliunde. Nel caso in esame, dal momento che il (...) non ha indicato di quali verbali chiede l'esibizione, ed essendo presumibile che il medesimo, in qualità di condomino, possa averne già il possesso (analogamente al verbale dell'assemblea del 25.9.2015, all. 8), l'istanza formulata ha chiara finalità esplorativa, volta a cercare nei documenti in possesso della controparte la prova a sostegno delle pretese dell'ingiungente. La domanda contro l'amministratore di condominio. È parimenti infondata la domanda avanzata dal convenuto nella comparsa di costituzione e risposta contro l'amministratore di condominio (...). È vero che l'amministratore può disporre opere straordinarie solo in caso d'urgenza, sicché la mancanza di quest'ultima fa sì che la spesa da egli autorizzata rimane in capo ad esso se l'assemblea non la ratifica (per eccedenza nell'esercizio della propria funzione), ma è altresì vero che nella specie non v'è prova che il terzo chiamato affidò negozialmente incarichi al convenuto di seguire direttamente le opere edili afferenti al Condominio dietro compenso. Dalle due mail depositate dal sig. (...) infatti, emerge nulla di più che un'autorizzazione dell'amministratore a compiere gli interventi programmati dal Condominio, evidentemente sulla base del fatto che, come avviene di consueto nei condomini, fu il convenuto ad attivarsi per reperire preventivi di eventuali ditte interessate alle opere, di curarne i contatti e di seguire l'andamento dei lavori affinché venissero correttamente svolti, avendovi un interesse specifico nella sua veste di condomino ed essendo dotato di specifiche competenze, stante la qualifica di ingegnere. Risulta, infine, inammissibile la documentazione allegata dal convenuto alla comparsa conclusionale, tenuto conto che tale atto difensivo ha la sola funzione di illustrare le domande e le eccezioni già proposte, sicché eventuali questioni nuove prospettate per la prima volta sono inammissibili, così come i documenti non prodotti in precedenza nei termini stabiliti dal codice di rito. In definitiva, anche la domanda rivolta contro l'amministratore condominiale va disattesa. Spese di lite e domande ex art. 96 c.p.c.. Vanno respinte la richieste di risarcimento del danno ex art. 96 c.p.c. formulate dall'attore e dal terzo chiamato, non avendo questi dedotto e dimostrato, indipendentemente da ogni considerazione circa la colpa grave o il dolo che avrebbero caratterizzato il comportamento processuale del convenuto, la concreta ed effettiva esistenza di un danno risarcibile ai sensi del citato disposto normativo, diverso ed ulteriore rispetto all'onere delle relative spese processuali, che seguono il criterio della soccombenza e si liquidano in dispositivo secondo i criteri di cui al DM 55/2014. P.Q.M. Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni altra istanza disattesa o assorbita anche formulata in via istruttoria, così dispone: 1) accoglie l'opposizione e, per l'effetto, revoca il decreto ingiuntivo n. 750/2019 (RG: 2223/2019) emesso dal Tribunale di Grosseto in data 8.10.2019; 2) rigetta la domanda proposta dal convenuto contro il terzo chiamato; 3) condanna il convenuto a rifondere all'attore le spese processuali, che liquida in Euro 145,50,00 per esborsi ed Euro 5.077,00 compensi, oltre IVA, CPA e spese generali (15%) come per legge; 4) condanna il convenuto a rifondere al terzo chiamato le spese processuali, che liquida in Euro 19,65 per esborsi ed Euro 5.077,00 per compensi, oltre IVA, CPA e spese generali (15%) come per legge. 5) rigetta le domande formulate ex art. 96 c.p.c. dall'attore e dal terzo chiamato nei confronti del convenuto. Grosseto, 12 settembre 2024.

  • Tribunale di Grosseto, sentenza 15 giugno 2024, n. 582 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO di GROSSETO Contenzioso CIVILE Il Tribunale, nella persona del (...) ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di I grado iscritta al n. r.g. (...)/2020, vertente tra (...) (C.F.: (...)), elettivamente domiciliata in (...) via (...), presso lo studio dell'avv. (...) che la rappresenta e difende in giudizio in virtù di procura in calce all'atto di citazione; ATTORE contro: (...) e C. S.N.C. (PIVA: (...)), in persona del legale r.p.t., elettivamente domiciliat (...), presso lo studio dell'avv. (...) che la rappresenta e difende in giudizio in virtù di procura in calce alla comparsa di costituzione e risposta; CONVENUTA CONCLUSIONI: come da verbale di udienza del 19.3.2024. MOTIVI DI FATTO E DI DIRITTO Con atto di citazione ritualmente notificato, (...) ha evocato in giudizio la (...) di (...) e C. s.n.c. (d'ora innanzi "(...)") esponendo all'intestato Tribunale che: - nell'anno 2019 incaricò la convenuta del rifacimento delle componenti in legno della tuga del proprio yacht, accettando un preventivo del 6 febbraio e corrispondendo il 10 aprile un acconto di Euro 4.880,00; - a causa del ritardo imputabile ad altra impresa incaricata della sostituzione della componente metallica della tuga, il natante fu messo disposizione di (...) a ottobre 2019 per procedere al montaggio dei nuovi componenti in legno che, nel frattempo, avrebbe dovuto predisporre, dato che lo smontaggio era avvenuto ad aprile; - nonostante solleciti e diffide, nell'estate del 2020 (...) non aveva ancora eseguito l'opera - imputando il ritardo a contrasti tra l'armatore e altri artigiani intervenuti, ovvero all'impedimento frappostole nell'accesso al cantiere -, tanto che su invito della committenza, in data (...), restituì le sagome di legno smontate l'anno prima. Tanto premesso, l'attrice chiedeva al Tribunale di Grosseto di accertare la risoluzione di diritto del contratto ex art. 1454 c.c., ovvero di pronunciarne la risoluzione ex art. 1453 c.c., e per l'effetto condannare (...) a restituirle l'acconto di Euro 4.880,00 e a risarcirle i danni subiti, ammontanti ad Euro 50.900,00, di cui Euro 9.900,00 a titolo di costi sostenuti per i nove mesi in cui l'imbarcazione rimase ricoverata in cantiere, ed Euro 41.000,00 quale pregiudizio dal mancato utilizzo dello yacth nei mesi di agosto e settembre del 2022; il tutto col favore delle spese di lite. Si costituiva in giudizio (...) eccependo in via pregiudiziale l'improcedibilità della domanda per omesso espletamento della negoziazione assistita, e nel merito l'insussistenza di un suo inadempimento, di un nesso di causalità fra lo stesso e la mancata messa a mare dell'imbarcazione, e l'impossibilità di ritenere sussistente in re ipsa il danno da mancato godimento del bene, avanzando in via riconvenzionale domanda di ritenzione dell'acconto percepito a titolo di corrispettivo per i lavori comunque svolti. Respinta l'eccezione preliminare e concessi i termini di cui all'art. 183, co. 6 c.p.c., la causa veniva istruita con l'assunzione delle prove testimoniali ammesse e l'espletamento di (...) per essere trattenuta in decisione all'udienza del 19.3.2024, con assegnazione alle parti dei termini di cui all'art. 190 c.p.c. per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica. Tanto premesso in fatto, si ritiene in diritto che la domanda attorea è fondata nei limiti che seguono. É documentato che nell'anno 2019 la sig.ra (...) commissionò alla (...) i lavori di rifacimento delle componenti in legno della tuga del proprio yacht accettando il preventivo da quest'ultima redatto nel mese di febbraio e versando un acconto di Euro 4.880,00 (all.ti 3 e 4 dell'attrice). È, inoltre, pacifico che la società convenuta, dopo aver smontato i componenti lignei nell'aprile del 2019 per provvedere al loro rifacimento, li restituì alla committenza il 13 agosto 2020 a seguito dei contrasti insorti fra le parti circa la realizzazione e ultimazione delle opere. (...) imputa alla convenuta il fallimento dell'affare, segnalando il mancato compimento dei lavori a fronte del lungo periodo concesso alla ditta, entrata nella disponibilità dell'imbarcazione a inizio novembre 2019, appena terminati i lavori relativi alla componente metallica della tuga affidati ad altra impresa; la restituzione del materiale asportato dallo yatch, quindi, sarebbe avvenuta dopo vari incontri e solleciti rivolti a (...) (aliti 5 e 7 dell'attrice). Per converso, quest'ultima sostiene di non aver potuto completare il proprio lavoro per mancata ultimazione delle opere propedeutiche di fabbro commissionate dall'attrice ad altre ditte; ha poi affermato che quand'anche i suoi lavori fossero stati completati in tempo, il natante non avrebbe potuto essere messo in mare, visto che nel giugno 2020 risultavano ancora da completare lavorazioni sulla carena, sugli strumenti di bordo, oltre all'integrale verniciatura, e anche a settembre 2020 l'imbarcazione necessitava della verniciatura, del trattamento dello scafo, dell'impianto elettrico e dell'istallazione della strumentazione, oltre altri lavori di manutenzione. Alla luce dell'istruttoria svolta in giudizio, la tesi propugnata dalla committenza appare senz'altro preferibile. I testi (...) e (...) escussi all'udienza del 14.12.2021, hanno rispettivamente confermato che il natante fu messo a disposizione di (...) all'interno del (...) del (...) a fine ottobre 2019 per il montaggio delle parti lignee e che l'opera del fabbro prodromica al montaggio dei rivestimenti lignei interni era già terminata nel precedente mese di luglio. Il fatto che la società convenuta non abbia realizzato l'opera che avrebbe dovuto realizzare è incontroverso, non solo perché non contestato dalla convenuta, ma anche perché, come emerge dalla CTU espletata in corso di causa, da aprile 2019 a luglio 2020 (...) si limitò a smontare i legni della tuga - e neppure tutti - e trasportarli nel suo cantiere (pagg. 4-7 della perizia). Sono rimaste, invece, prive di ogni riscontro probatorio le generiche eccezioni sollevate da (...) circa l'impossibilità di adempiere alla propria prestazione a causa del mancato completamento dell'opera del fabbro e delle restrizioni governative legate all'epidemia di (...)19. Deve quindi ritenersi fondata e meritevole di accoglimento la domanda principale dell'attrice di dichiarare risolto il contratto di appalto di lavori stipulato tra le parti nel 2019 a seguito della notifica della diffida ad adempiere del 2.7.2020 ex art. 1454 c.c. per inutile decorso del termine di venti giorni intimato. Detto termine appare congruo, tenuto conto del fatto che lo smontaggio delle componenti lignee dell'imbarcazione avvenne ad aprile 2019 e la situazione era rimasta inalterata a distanza di oltre un anno. Deve, peraltro, ritenersi accertata la non scarsa importanza dell'inadempimento della convenuta, attesa la pressoché totale mancata realizzazione delle opere commissionate. Verificatasi la risoluzione di diritto del contratto per inosservanza della diffida ad adempiere (art. 1454 c.c.), insorgono i reciproci obblighi delle parti di provvedere al ripristino della situazione anteriore alla stipulazione, in conformità del principio della retroattività di detta risoluzione (art. 1458 c.c.). Corollario di ciò, nella fattispecie in esame, è l'obbligo di (...) di restituire l'acconto ricevuto, pari ad Euro 4.880,00, senza possibilità di vedersi riconoscere alcun compenso per le opere effettuate (stimate dal perito nella misura di Euro 2.280,00+IVA per smontaggio e trasporto) delle quali il committente si sia giovato, atteso che alcuni componenti, come accertato dal (...) non sono stati restituiti, mentre i pannelli effettivamente resi da (...) -come dedotto dall'attrice e non contestato - furono riconsegnati confusamente, senza un criterio identificativo della collocazione originaria, arrecando così alla committenza plausibili disagi nella reinstallazione. Va quindi respinta la domanda riconvenzionale avente a oggetto la ritenzione dell'acconto ricevuto quale corrispettivo per opere comunque rese. Sull'importo dovuto all'attrice devono essere riconosciuti gli interessi compensativi dalla data della domanda, posto che l'obbligo restitutorio gravante sulla parte inadempiente trova il proprio fondamento nel venire meno del contratto come causa giustificatrice delle attribuzioni patrimoniali e l'azione a disposizione della parte non inadempiente per ottenere dalla controparte la restituzione della prestazione eseguita è l'azione di ripetizione di indebito disciplinata dall'articolo 2033 c.c. (cfr. Cass. n. 738/2007 e n 6911/2018). La sig.ra (...) poi, ha chiesto la condanna di (...) al risarcimento del danno provocato dall'inadempimento dell'obbligazione dalla stessa contrattualmente assunta, stimandolo nell'importo complessivo pari ad Euro 50.900,00. Nel dettaglio, ha indicato quale danno emergente la somma di Euro 9.900,00, quali spese sopportate per il rimessaggio dell'imbarcazione, comprensivo di noleggio invasatura, taccaggio e assicurazione, per i nove mesi in cui la barca rimase ricoverata in cantiere (aliti 12-15 e 20); ha inoltre quantificato il lucro cessante nell'importo di Euro 41.000,00, a titolo di mancato guadagno derivante dall'impedimento nell'uso della barca nel bimestre agosto-settembre 2020 per diporto e promozione dei vini prodotti dall'azienda vitivinicola "(...)", società della quale è socia di maggioranza. Il Tribunale ritiene, però, che dette domande non meritino accoglimento. Quanto al danno emergente, supponendo che i nove mesi di rimessaggio del natante cui si riferisce l'attrice siano quelli compresi tra ottobre 2019 e giugno 2020 (poiché non sono state prodotte fatture imputabili e periodi successivi), anzitutto dovrebbe scomputarsi l'intervallo temporale concedibile alla convenuta per riassemblare le componenti lavorate e quello per consentire agli altri artigiani impiegati di ultimare i lavori propedeutici all'alaggio e al varo dell'imbarcazione, perché è incontroverso che a (...) non spettasse di completare gli interventi ai quali il natante era sottoposto dal 2018. In secondo luogo, giova osservare come il preventivo di (...) accettato dalla committenza non prevedesse un termine per realizzare l'opus, né vi sono solleciti scritti trasmessi prima di inizio luglio 2020 - in cui si diffidava l'impresa a consegnare i lavori entro venti giorni -, e dalle stesse allegazioni dell'attrice si ravvisa piuttosto un interesse a mettere in acqua il natante entro metà luglio, per sfruttarlo nel bimestre agosto settembre 2020 (mesi su cui poi è calibrato il lucro cessante), quasi a far desumere una tolleranza della committenza a mantenere il rimessaggio fino al mese di giugno compreso per ultimare le opere di restauro, per poi alarlo e vararlo con decorrenza da luglio 2020. Sulla base della documentazione offerta, pertanto, le spese di rimessaggio affrontate sino al mese di giugno 2020 non appaiono ristorabili, trattandosi di costi che la committenza avrebbe comunque sostenuto. In ordine alla domanda risarcitoria del mancato guadagno, giova premettere che i preventivi depositati dall'attrice riguardano il nolo di altre imbarcazioni (all. ti 16-18), e quindi non rilevano nella specie. Ciò detto, il danno rispetto al quale viene avanzata domanda risarcitoria non sembra affatto rivestire natura patrimoniale, integrando piuttosto gli stremi di un pregiudizio d'affezione, come tale non risarcibile ai sensi dell'art. 2059 c.c., mancando la lesione d'un interesse della persona costituzionalmente garantito (cfr. Cass. n. 20620/2015). Benvero, l'attrice ricollega all'inadempimento altrui l'impossibilità di utilizzo della barca nel bimestre agosto-settembre 2020, ma si lamenta non della perdita di eventuali canoni traibili dalla locazione del natante a terzi (e si noti, alcun contratto di noleggio è stato prodotto, malgrado la barca fu acquistata nel 2014), bensì dell'impedimento a svolgere attività ricreative e di promozione dei vini prodotti dalla società di cui è membra di maggioranza. Al riguardo, va ulteriormente precisato che l'indisponibilità di un autoveicolo - o di un'imbarcazione - è un danno che deve essere allegato e dimostrato, e la prova del danno non può consistere nella dimostrazione della mera indisponibilità del mezzo, ma deve consistere nella dimostrazione della spesa sostenuta per procacciarsi un mezzo sostitutivo, ovvero nella dimostrazione della perdita subita per avere dovuto rinunciare ai proventi ricavati dall'uso del mezzo (cfr. Cass. n. 20620/2015 e Cass n. 22201/2017). La domanda attorea, pertanto, in mancanza non solo della prova, ma sinanche dell'allegazione di questo tipo di pregiudizi, va rigettata. Le spese di lite seguono la soccombenza principale e si liquidano nel dispositivo secondo i criteri di cui al DM 55/2014, con la compensazione di ex art. 92, co. 2 c.p.c., in ragione del parziale accoglimento delle domande attoree e del rigetto della domanda riconvenzionale. Le spese della (...) liquidate in atti, vengono definitivamente poste a carico della convenuta, visti degli esiti. P.Q.M. Il Tribunale di Grosseto definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza ed eccezione disattesa o assorbita, così dispone: 1) dichiara la risoluzione del contratto intercorso tra le parti alla data del 22.7.2020 per fatto e colpa della convenuta; 2) condanna la convenuta a restituire all'attrice la somma di Euro 4.880,00, oltre interessi legali dalla domanda al saldo; 3) rigetta la domanda riconvenzionale della convenuta; 4) compensa le spese di lite nella misura di (...) e, per l'effetto, condanna la convenuta a rifondere all'attrice la residua quota di (...) delle spese del giudizio, che liquida in Euro 560,00 per esborsi ed Euro 2.850,00 per compensi, oltre (...) CPA e rimborso forfettario (15%) come per legge; 5) pone definitivamente le spese di CTU a carico della convenuta.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO DI GROSSETO Il Tribunale di Grosseto, in composizione monocratica, in persona del Giudice Dott. Valerio Medaglia ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di primo grado iscritta al n. 1270/2023 R.G., promossa da (...) rappresentata e difesa dall'Avv. PA.EM. ATTRICE contro (...) quale mandataria di (...) rappresentata e difesa dall'Avv. ME.OM.; CONVENUTA Oggetto: opposizione preventiva all'esecuzione. Conclusioni: all'udienza di discussione del 11.06.2024 le parti concludevano come in atti. MOTIVAZIONE IN FATTO E IN DIRITTO La parte attrice ha proposto opposizione avverso il precetto notificatole dalla parte convenuta in data 05.06.2023, per l'importo di 111.251,38 euro e fondato sul mutuo fondiario concluso tra il (...) e l'attrice in data 21.03.2016 per una pluralità di motivi da valutare separatamente. In considerazione dei motivi di opposizione proposti, la parte attrice ha chiesto "nel merito: dichiarare improcedibile, nullo ed inefficace, in forza di quanto argomentato in narrativa in particolare in relazione all'eccezione di arbitrato ed all'idoneità del contratto di mutuo a costituire titolo, il precetto notificato alla società (...) (...) in data 5.6.2023 per l'importo complessivo di Euro 111.251,38; - in subordine: dichiarare, qualora fosse ritenuta applicabile all'odierna controversia la normativa in materia di mediazione obbligatoria, il mancato assolvimento di tale procedura da parte della società opposta e per l'effetto l'improcedibilità dell'atto di precetto notificato in data 5.6.2023". La parte convenuta ha chiesto il rigetto delle domande attoree. Venendo ai motivi di opposizione, innanzi tutto, la parte attrice contesta la violazione ad opera della convenuta della clausola compromissoria contenuta nel contratto di mutuo azionato, in quanto tale clausola ha rimesso ad arbitrato anche le azioni esecutive, di cui il precetto costituisce, con conseguente esigenza di rimettere la lite al collegio arbitrale. Inoltre, con un secondo motivo di opposizione, l'attrice sostiene che la parte convenuta non ha esperito la procedura di mediazione obbligatoria, sicché va dichiarata l'improcedibilità del precetto opposto. I motivi di opposizione sono infondati. Sul punto, va osservato che con contratto del 21.03.2016 il (...) nelle cui posizioni giuridiche è subentrata per fusione l'odierna convenuta (cfr. all. 1 fasc. convenuta), e l'odierna attrice hanno concluso un contratto di mutuo fondiario con atto rogito del Notaio (...) con la quale la prima ha concesso alla seconda un finanziamento pari a 144.000,00 euro da restituirsi mediante il pagamento di 120 rate mensili secondo il piano di ammortamento allegato al contratto (cfr. all. 6 fasc. convenuta). In base all'art. 15 del contratto di mutuo, in caso di controversia a seguito della stipulazione del contratto e di ogni atto conseguente e connesso, "la Parte mutuataria può (...) b) previo esperimento della procedura di reclamo di cui alla lettera a), rivolgersi ai sensi dell'art. 128-bis del D.Lgs. I settembre 1993, n. 385, Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, all'Arbitro Bancario Finanziario (ABF)". Dunque, ai sensi della clausola richiamata da parte attrice, la parte mutuataria ha una mera facoltà di adire l'arbitrato bancario finanziario, sicché la clausola non istituisce alcuna competenza esclusiva del collegio arbitrale sulle controversie relative al contratto di mutuo sopra richiamato. Del resto, la clausola richiama espressamente l'art. 128-bis del D.Lgs. n. 385/1993, il quale al comma 3 stabilisce che "Fermo restando quanto previsto dall'articolo 5, comma 1, del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28, le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 non pregiudicano per il cliente il ricorso a ogni altro mezzo di tutela previsto dall'ordinamento", sicché, in conformità con tale disposizione, la clausola arbitrale contenuta nel contratto di mutuo non preclude alle parti di adire l'autorità giudiziaria ordinaria per la tutela dei propri diritti. Ad ogni modo, non appare fondata la deduzione di parte attrice secondo cui tale clausola avrebbe istituito la competenza arbitrale anche per le azioni esecutive. Invero, come ha sottolineato la giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass. Civ. n. 7891/2018), le norme in materia di esecuzione forzata hanno natura di norme di ordine pubblico e dunque sono inderogabili, sicché i diritti coinvolti nell'esecuzione forzata sono indisponibili per le parti, con la conseguenza che l'azione esecutiva costituisce materia indisponibile per le parti, con conseguente inammissibilità di una eventuale clausola arbitrale in materia di azioni esecutive (art. 806 c.p.c.), ferma restando la compromettibilità ad arbitrato delle opposizioni all'esecuzione. Alla luce delle considerazioni svolte, appare infondata la tesi di parte attrice secondo cui la parte convenuta avrebbe dovuto esperire l'azione esecutiva dinanzi al collegio arbitrale senza possibilità di notificare preventivamente il precetto, posto che le azioni esecutive sono sottratte alla competenza arbitrale. Né vale richiamare per fondare l'opposta conclusione, come ha fatto l'attrice, la pronuncia della Corte di Cassazione Civile n. 29932/2022. Secondo tale pronuncia "Affinché l'inserimento di una clausola arbitrale in un rogito notarile abbia l'effetto non solo di devolvere agli arbitri ogni controversia - ivi compresa quella sull'opposizione all'esecuzione - relativa al suo contenuto, ma anche di privare il rogito della sua idoneità a fungere da titolo esecutivo, ex art. 474, comma 1, n. 3), cod. proc. civ, occorre che la subordinazione pattizia dell'esercizio dell'azione esecutiva alla formazione del giudicato risulti chiaramente delineata in una pattuizione contrattuale, non potendo ritenersi insita nel solo fatto che le parti - nel dare vita ad un atto che è idoneo a porsi come titolo esecutivo extragiudiziale - abbiano previsto la devoluzione ad arbitri di ogni controversia relativa a detta pattuizioni". Nel caso di specie, l'art. 15 del contratto di mutuo non contiene alcuna pattuizione in base alla quale l'esercizio dell'azione esecutiva è subordinata alla formazione di un giudicato che tenga luogo del contratto di mutuo, non essendo sufficiente per affermare tale conclusione la mera previsione di una clausola arbitrale, alla luce dei principi espressi dalla Corte di Cassazione con la suddetta pronuncia. Invero, la Suprema Corte con la pronuncia in precedenza richiamata ha stabilito che "Il "pactum de non exequendo ad tempus" (inteso a subordinare l'esercizio dell'azione esecutiva alla formazione del giudicato sul provvedimento che ne rappresenti il titolo) dev'essere chiaramente contemplato dalle parti in una pattuizione contrattuale, non potendo ritenersi insito nella previsione di una clausola compromissoria". Pertanto, non stabilendo l'art. 15 del contratto di mutuo alcuna subordinazione dell'azione esecutiva alla formazione di un giudicato che funga da titolo esecutivo, la deduzione di parte attrice appare infondata. Analogamente è infondata la deduzione di parte attrice circa l'improcedibilità del precetto per mancato esperimento della procedura di mediazione obbligatoria. Invero, la mediazione obbligatoria è condizione di procedibilità per la proposizione di "un'anione relativa a una controversia" (art. 5 del D.Lgs. n. 28/2010), ossia di azioni volte a dirimere liti tra privati, sicché non è applicabile alle azioni esecutive le quali non sono preordinate a dirimere controversie su diritti, bensì a dare esecuzione ai comandi contenuti nei titoli esecutivi previsti dall'art. 474 c.p.c. Peraltro, la mediazione non è condizione di procedibilità nemmeno per la proposizione dei giudizi di opposizione incidentali alle procedure esecutive (art. 5 comma 6 lett. e) del D.Lgs. n. 28/2010). Inoltre, va osservato che il precetto non è atto giudiziale in quanto non contiene una domanda rivolta ad un giudice, rappresentando invece una semplice minaccia di esecuzione, sicché esso è semplice atto stragiudiziale preliminare rispetto all'esecuzione (cfr. Cass. Civ. n. 8213/2012), sicché per la sua notificazione non occorre espletare la procedura di mediazione obbligatoria, perché non costituisce atto con cui si propone una domanda giudiziale. Né vale il richiamo fatto da parte attrice all'art. 15 del contratto di mutuo per giungere a una diversa conclusione. Invero, l'art. 15 si limita a richiamare la normativa legale, in base alla quale per le controversie in materia bancaria costituisce condizione di procedibilità l'espletamento della mediazione obbligatoria, richiamando l'art. 5 comma Ibis del D.Lgs. n. 28/2010. Dunque, l'art. 15 del contratto di mutuo non subordina la notificazione del precetto ad opera della banca mutuante all'esperimento della procedura di mediazione, ma si limita a ribadire che per le azioni dirette a dirimere liti in materia bancaria, e tali non sono le azioni esecutive per le ragioni in precedenza enunciate, occorre esperire preventivamente la mediazione obbligatoria. Pertanto, alla luce delle considerazioni svolte, il motivo di opposizione è infondato. Infine, l'attrice sostiene che il precetto non indichi con chiarezza il titolo esecutivo azionato, asserendo un debito derivante dal contratto di mutuo n. 2884923 non menzionato nelle premesse dell'atto con conseguente incertezza circa l'individuazione del titolo azionato. Inoltre, secondo la parte attrice, il contratto di mutuo non costituirebbe titolo esecutivo in quanto la presenza della clausola arbitrale nell'art. 15 del contratto avrebbe imposto alla parte convenuta di munirsi di titolo esecutivo giudiziale per agire in sede esecutiva. I motivi di opposizione sono infondati. In ordine all'individuazione del titolo esecutivo, il precetto opposto richiama come titolo esecutivo il contratto di mutuo fondiario concluso in data 21.03.2016 e descritto in precedenza, dando atto anche di accordi accessori integrativi intervenuti successivamente in data 29.08.2018 e 04.07.2019 (cfr. all.ti 7 e 8 fasc. convenuta). Nei suddetti contratti le parti danno atto del carattere non novativo degli accordi (art. 3 del contratto del 29.08.2018 e art. 4 dell'accordo del 04.07.2019). Inoltre, va osservato che il numero richiamato nel precetto (n. 2884923) identifica il mutuo fondiario del 21.03.2016 come si evince dal piano di ammortamento allegato al mutuo in cui viene utilizzato il suddetto codice numerico per identificare il contratto di mutuo cui il piano è riferibile. Inoltre, il suddetto codice numerico identifica il contratto di mutuo suddetto anche alla luce del documento di sintesi e del piano di ammortamento allegati all'accordo di sospensione del 04.07.2019 richiamato dal precetto. Pertanto, il precetto identifica con chiarezza il titolo esecutivo azionato, ossia il contratto di mutuo fondiario concluso in data 21.03.2016 e richiamato in precedenza. Circa l'esigenza per la banca di munirsi di titolo esecutivo giudiziale, non essendo sufficiente, in ragione della clausola compromissoria, l'utilizzo del mutuo come titolo esecutivo, è sufficiente richiamare quanto già evidenziato in precedenza, ossia che, secondo i principi espressi dalla giurisprudenza di legittimità, la presenza in un contratto di mutuo di una clausola compromissoria non consente di ritenere implicitamente pattuito anche il pactum de non exequendo ad tempus, inteso a subordinare l'esercizio dell'azione esecutiva alla formazione del giudicato sul provvedimento che ne rappresenti il titolo, in quanto un siffatto patto deve essere chiaramente contemplato dalle parti in una pattuizione contrattuale, che nel caso di specie non è contenuta nell'art. 15 del mutuo, a differenza di quanto sostenuto da parte attrice. Deve osservarsi che nella comparsa conclusionale la parte attrice ha rilevato la mancata notificazione del titolo esecutivo prima del precetto. Va osservato sul punto che ai sensi dell'art. 41 del D.Lgs. n. 385/1993, laddove il titolo esecutivo, come nel caso di specie, sia un mutuo fondiario, non occorre la preventiva notificazione del titolo esecutivo al debitore per l'avvio della procedura esecutiva, sicché la deduzione è irrilevante ai fini del presente giudizio. Alla luce delle considerazioni svolte, le domande proposte da parte attrice vanno respinte in quanto infondate. Le spese seguono il criterio di soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo, secondo i parametri previsti dal D.M. n. 55/2014, tenuto conto della nota spese di parte convenuta, il cui compenso va ridotto alla luce delle attività concretamente eseguite dalle parti, non essendo state assunte prove, e del valore della controversia da desumere dal valore del credito controverso. P.Q.M. il Tribunale di Grosseto, definitivamente pronunciando, sulla causa civile iscritta a R.G. n. 1270/2023 e vertente tra le parti di cui in epigrafe, disattesa ogni contraria istanza e deduzione, così provvede: 1) respinge le domande proposte da parte attrice; 2) condanna la parte attrice al pagamento delle spese processuali in favore della parte convenuta che si liquidano nella somma di 9.000,00 euro a titolo di compensi, oltre ad accessori di legge. Grosseto, 13 giugno 2024

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Tribunale Ordinario di Grosseto Contenzioso CIVILE Il Giudice, dott.ssa (...) ha pronunziato la seguente SENTENZA nella causa iscritta al n. (...)/2015 R.Gen.Aff.Cont. assegnata in decisione all'udienza del 21/02/2024, con la fissazione dei termini previsti dagli artt. 190 e 281 quinquies, co. I, c.p.c. TRA (...) (C.F.(...)), nato a (...) il (...), con il patrocinio dell'avv. (...) giusta procura in atti, presso il cui studio sito in (...) al (...) n. 44, risulta elettivamente domiciliato; ATTORE E (...) (C.F.(...)), nato a (...) il (...), con il patrocinio dell'avv. (...) giusta procura in atti, presso il cui studio sito in (...) alla (...) n. 1, risulta elettivamente domiciliato; CONVENUTO E (...) (C.F.(...)), nata a (...) il (...); CONVENUTA CONTUMACE E (...) (C.F.(...)), nato a (...) il (...); CONVENUTO CONTUMACE E - 2 - (...) (C.F.(...)), nato a (...) il (...); CONVENUTO CONTUMACE E (...) (C.F.(...)), nato a (...) il (...); CONVENUTO CONTUMACE E (...) (C.F.(...)), nata a (...) il (...), con il patrocinio dell'avv. (...) giusta procura in atti, presso il cui studio sito in (...) al (...) n. 140, risulta elettivamente domiciliata; CONVENUTA Oggetto: Azione di nullità ex artt. 1418 e ss c.c., azione di simulazione assoluta ex artt. 1414 e ss c.c. ed azione revocatoria ex art. 2901 Conclusioni: all'udienza del 21/02/2024, come in atti riportate. 1. Breve svolgimento del processo. Con atto di citazione ritualmente notificato, il sign. (...) evocava in giudizio (...) e (...) dichiarava che, in data (...), erogava a titolo di prestito infruttifero a (...) titolare dell'azienda (...) la somma di Euro 50.000,00, attraverso l'emissione di un assegno circolare di Euro 30.000,00 e di un assegno bancario di Euro 20.000,00 (cfr. in atti). Contestualmente e solidalmente con (...) si assumeva il debito di cui sopra il padre dello stesso, (...) consegnando al sign. (...) un assegno bancario di Euro 50.000,00, tratto su un conto corrente cointestato con la moglie, (...) Il sign. (...) affermava che, nonostante le numerose promesse di restituzione del prestito e le richieste di pagamento, né il (...) né il (...) il quale veniva nelle more dichiarato fallito con sentenza datata 24.01.2014 del Tribunale di (...) (cfr. in atti), onoravano il debito. (...) sottolineava che non aveva alcun esito neanche l'invio di una diffida e di un telegramma (cfr. in atti) e che, pertanto, si trovava costretto ad adire le vie legali, ottenendo nei confronti di (...) il decreto ingiuntivo (...)/2015 (cfr. in atti), non opposto nei termini di legge, e presentando nei confronti di (...) istanza di ammissione al passivo fallimentare (cfr. in atti). (...) evidenziava, inoltre, che iniziate le procedure esecutive la famiglia (...) effettuava una serie di operazioni finalizzate a sottrarre i beni dalle azioni esecutive e dalla procedura fallimentare, nonostante le continue promesse di pagamento. Nello specifico, l'attore dichiarava di essere venuto a conoscenza di alcune circostanze: 1) in data (...) stipulava con la coniuge una convenzione matrimoniale (cfr. in atti), con la quale disponevano la separazione dei beni, sciogliendo, quindi, la comunione legale; 2) poco prima del fallimento, (...) vendeva due immobili alla madre, (...) la quale si accollava il mutuo ipotecario e disponeva sugli stessi un vincolo di destinazione ex art. 2645 ter c.c., sui quali il primo manteneva il diritto di abitazione (cfr. in atti); 3) in data (...) succedeva a (...) nella qualità di amministratore unico della società (...) s.r.l. (cfr. in atti); 4) in data (...), (...) e (...) vendevano alla cognata del figlio, (...) un podere in (...) con annessi terreni e magazzino, al corrispettivo di Euro 100.000,00, il quale risulta pagato con bonifico bancario n. (...) (cfr. in atti); 5) in data (...) vincolava, ex art. 2645 ter c.c., a favore proprio, della moglie e dei nipoti l'intero residuo compendio immobiliare (cfr. in atti). Parte attrice censurava questi ultimi due atti, ritenendo che il primo fosse inficiato da nullità o comunque oggetto di simulazione assoluta, ovvero in subordine che dovesse essere revocato; ed il secondo nullo ovvero in subordine che dovesse essere revocato. Si costituiva in giudizio solamente (...) con rituale comparsa di costituzione e risposta. Il convenuto dichiarava che l'assegno emesso dallo stesso a favore del (...) veniva consegnato agli inizi del 2015 e, quindi, dopo che erano stati stipulati gli atti contestati dall'attore. Tale assegno, sosteneva il (...) veniva consegnato su un c/c privo di provvista, in bianco ed avente solo una funzione di garanzia. Parte convenuta, inoltre, affermava che la vendita del podere sito in (...) era effettiva ed aveva lo scopo di sostenere il figlio, (...) e la sua famiglia, date le difficoltà economiche derivanti dal fallimento della società. Rispetto al secondo atto, invece, il convenuto metteva in rilievo che il vincolo di destinazione fosse motivato principalmente dall'esigenza di garantire la realizzazione dei bisogni del nipote, (...) in quanto affetto da una grave disabilità, oltre che della sua famiglia. Chiedeva, pertanto, il rigetto di tutte le domande proposte da parte attrice. Gli altri convenuti non si costituivano in giudizio. All'udienza del 05.04.2016 il giudice dichiarava la contumacia degli altri convenuti non costituiti e assegnava i termini di cui all'art. 183, comma 6, c.p.c. Alle udienze del 20.03.2018 e del 04.12.2018 si procedeva all'espletamento dell'istruttoria orale. All'udienza del 15.11.2022 le parti precisavano le conclusioni. Con ordinanza del 08.05.2023 veniva dichiarata l'interruzione del processo, essendo stata depositata la sentenza del Tribunale di (...) che aveva disposto l'apertura della procedura di amministrazione di sostegno a favore del minore (...), (...) riassumeva il giudizio nei termini di legge nei confronti di tutti i convenuti. Si costituivano in giudizio solo (...) e (...) prima contumace. Degli altri convenuti non si costituiva nessuno, pertanto, deve esserne dichiarata la contumacia. All'udienza del 21.02.2024 le parti precisavano nuovamente le conclusioni. 2. Qualificazione giuridica delle domande. In via prioritaria, è essenziale procedere alla qualificazione giuridica delle domande proposte dall'attore. Ebbene, dall'esame delle domande e delle ragioni svolte negli atti introduttivi del giudizio, nonché dal preciso tenore letterale delle conclusioni formulate, emerge in tutta evidenza che la detta parte attrice abbia esperito una domanda volta ad ottenere l'accertamento della nullità, ex artt. 1418 e ss c.c., ovvero della simulazione assoluta, ex artt. 1414 e ss c.c., del contratto di compravendita di cui sopra, ovvero in subordine una domanda finalizzata ad ottenere la revocazione, ex artt. 2901 e ss c.c., dello stesso. Inoltre, l'attore ha esperito un'azione volta ad ottenere l'accertamento della nullità dell'atto di destinazione, ex art. 2645 ter c.c., di cui sopra, ai sensi degli artt. 1418 e ss c.c., ovvero in subordine una domanda finalizzata ad ottenerne la revocazione, ex artt. 2901 e ss Al fine di rendere organica la trattazione delle questioni oggetto di giudizio, oltre che logica e coerente, è necessario richiamare brevemente aspetti degli istituti rilevanti, per poterli, poi, calare nella fattispecie concreta. La simulazione, com'è noto, rappresenta un'ipotesi di divergenza tra quanto dichiarato dalle parti e quanto effettivamente voluto internamente dalle stesse. Ed infatti, l'art. 1414 c.c. stabilisce che il contratto simulato non produce effetti tra le parti; mentre nel caso in cui le stesse abbiano voluto concludere un contratto diverso da quello apparente, avrà effetto tra i contraenti il contratto dissimulato, sempre che ne ricorrano i requisiti di sostanza e di forma. Pertanto, vengono delineate due ipotesi di simulazione, quella assoluta e quella relativa. Nel primo caso, i contraenti stipulano un contratto, c.d. simulato, ma in realtà non ne vogliono concludere nessuno. Nel secondo caso, invece, le parti apparentemente pongono in essere un determinato contratto, c.d. simulato, ma in realtà internamente e in accordo tra loro vogliono concluderne uno diverso, c.d. dissimulato ("la simulazione si ha quando v'è difformità tra volontà effettiva delle parti e quanto dalle stesse dichiarato; essa può essere assoluta o relativa a seconda che le parti pongano in essere un contratto senza l'intenzione di costituire alcun rapporto, oppure vogliano costituirne uno diverso da quello poi effettivamente posto in essere", Tribunale Patti, sez. I, 08.05.2023, n. 454). Gli elementi essenziali della simulazione, quindi, sono: il contratto simulato, il contratto dissimulato - nel caso della simulazione relativa -, l'accordo o comunque la volontà comune delle parti di simulare e, infine, l'eventuale controdichiarazione. Parte della giurisprudenza qualifica il negozio simulato come nullo, o per difetto di accordo tra le parti o per mancanza di causa ("(...) della simulazione assoluta determina la nullità del negozio o del contratto, per anomalia della causa rispetto allo schema tipico che ne giustifica il riconoscimento normativo", Civ., Sez. II, 26.03.2018, n. 7459). Di conseguenza, il contratto simulato sarà un negozio invalido e contrario all'ordinamento giuridico. (...) un altro orientamento, che si ritiene maggiormente condivisibile, invece, attraverso l'azione di simulazione si mira ad ottenere una declaratoria di inefficacia totale o parziale del contratto e non di invalidità ("(...) di simulazione è un'azione di accertamento, normalmente diretta a fare accertare giudizialmente l'inefficacia totale o parziale del contratto ed il reale rapporto intercorrente tra le parti. La simulazione non ha effetto tra le parti (cfr. art. 1414 1° comma c.c.), tra le quali ha invece effetto la situazione realmente voluta", Tribunale di Napoli, sez. II, del 18.10.2021, n. 8477). Ed infatti, com'è noto, nei casi in cui la simulazione non è opponibile ai terzi, il negozio simulato può comunque produrre effetti a carico delle parti. Ciò rende più giustificabile la circostanza che la legittimazione ad agire competa solo a soggetti determinati e non a chiunque vi abbia interesse ed è, inoltre, esclusa la rilevabilità d'ufficio. (...) di nullità, invece, com'è noto, è connotata dalla legittimazione assoluta, oltre che dalla rilevabilità d'ufficio (art. 1421 c.c.). A conferma di ciò, l'art. 1415 c.c. il quale prevede che "La simulazione non può essere opposta né dalle parti contraenti, né dagli aventi causa o dai creditori del simulato alienante, ai terzi che in buona fede hanno acquistato diritti dal titolare apparente, salvi gli effetti della trascrizione della domanda di simulazione. I terzi possono far valere la simulazione in confronto delle parti, quando essa pregiudica i loro diritti". Aspetto centrale in tema di simulazione del contratto concerne la prova della stessa. (...). 1416 c.c., in particolare, stabilisce che la simulazione può essere dimostrata senza limiti attraverso la prova testimoniale quando la domanda è proposta dai creditori o da terzi e, nel caso in cui sia volta a far valere l'illiceità del contratto dissimulato, anche se è proposta dalle parti ("La prova per testimoni e presunzioni (come definito nell'articolo 2729, secondo comma, cod. civ.) riguardo alla simulazione è accettata solo se richiesta dai creditori o da soggetti terzi. Un'eccezione si applica nei confronti delle parti coinvolte quando la questione mira a dimostrare l'illecito del contratto nascosto", Cass. Civ., sez. III, del 15.05.2024, n. 13407). La ratio di tale regime differenziato a seconda che ad agire siano creditori o terzi ovvero i contraenti risiede nella circostanza che questi ultimi dovrebbero essere più agevolati a dimostrare la simulazione attraverso prove documentali, come un'eventuale controdichiarazione. Nell'ipotesi specifica in cui ad agire in giudizio è un terzo, il quale intende provare la simulazione assoluta di una compravendita immobiliare, quindi, non valgono i limiti alla prova testimoniale che sussistono nel caso in cui ad agire sia una delle parti del contratto simulato. Inoltre, com'è noto, la simulazione assoluta, in tal caso può provarsi anche tramite presunzioni ("In tema di prova per presunzioni, ai sensi degli artt. 2727 e 2729 Cc, non occorre che tra il fatto noto e quello ignoto sussista un legame di assoluta ed esclusiva necessità causale, essendo sufficiente che dal fatto noto sia desumibile univocamente quello ignoto, alla stregua di un giudizio di probabilità basato sull'id quod plerumque accidit, sicché il giudice può trarre il suo libero convincimento dall'apprezzamento discrezionale degli elementi indiziari prescelti, purché dotati dei requisiti legali della gravità, precisione e concordanza", Cass. Civ., Sez. III, del 19.03.2024, n. 7350; "in tema di prova per presunzioni della simulazione assoluta di un contratto, spetta al giudice del merito apprezzare l'efficacia sintomatica dei singoli fatti noti, che debbono essere valutati non solo analiticamente, ma anche nella loro globalità all'esito di un giudizio di sintesi, non censurabile in sede di legittimità se sorretto da adeguata e corretta motivazione sotto il profilo logico e giuridico", Cass. Civ., sez. II, del 10.05.2023, n. 12606). Ancor più in particolare, quando a proporre l'azione di simulazione è il creditore di una delle parti di un contratto di compravendita immobiliare e questa si fonda su presunzioni che indicano il carattere fittizio dell'alienazione, l'acquirente dovrà provare l'effettivo pagamento del prezzo, in quanto in mancanza potrà desumersi il carattere apparente del contratto ("(...) l'azione di simulazione proposta dal creditore di una delle parti di un contratto di compravendita immobiliare fondi su elementi presuntivi che, in ottemperanza a quanto previsto dall'articolo 2697 del codice civile, indichino il carattere fittizio dell'alienazione, l'acquirente ha l'onere di provare l'effettivo pagamento del prezzo, potendosi, in mancanza, trarre elementi di valutazione circa il carattere apparente del contratto; tale onere probatorio non può, tuttavia, ritenersi soddisfatto dalla dichiarazione relativa al versamento del prezzo contenuta nel rogito notarile, in quanto il creditore che agisce per far valere la simulazione è terzo rispetto ai soggetti contraenti", Civ., sez. II, del 10.05.2023, n. 12606). (...) di simulazione si differenzia, inoltre, dall'azione revocatoria, di cui agli artt. 2901 e 2902 Quest'ultima è uno strumento di conservazione della garanzia patrimoniale generica, di cui all'art. 2740 c.c., posto a presidio dei creditori, in quanto ha la finalità di impedire il depauperamento del patrimonio del debitore, nel caso in cui quest'ultimo effettui atti dispositivi dello stesso. Ed infatti, l'art. 2901 c.c. prevede che: "Il creditore, anche se il credito è soggetto a condizione o a termine, può domandare che siano dichiarati inefficaci nei suoi confronti gli atti di disposizione del patrimonio con i quali il debitore rechi pregiudizio alle sue ragioni, quando concorrono le seguenti condizioni: 1) che il debitore conoscesse il pregiudizio che l'atto arrecava alle ragioni del creditore o, trattandosi di atto anteriore al sorgere del credito, l'atto fosse dolosamente preordinato al fine di pregiudicarne il soddisfacimento; 2) che, inoltre, trattandosi di atto a titolo oneroso, il terzo fosse consapevole del pregiudizio e, nel caso di atto anteriore al sorgere del credito, fosse partecipe della dolosa preordinazione. - 8 - Agli effetti della presente norma, le prestazioni di garanzia, anche per debiti altrui, sono considerate atti a titolo oneroso, quando sono contestuali al credito garantito. Non è soggetto a revoca l'adempimento di un debito scaduto. (...) dell'atto non pregiudica i diritti acquistati a titolo oneroso dai terzi di buona fede, salvi gli effetti della trascrizione della domanda di revocazione". (...) di revocazione, quindi, mira a ricostruire la garanzia generica sul patrimonio del debitore attraverso la declaratoria di inefficacia di ogni atto dispositivo compiuto da quest'ultimo ed è volta ad evitare che i beni vengano sottratti all'azione esecutiva del creditore agente. Le condizioni per l'esercizio dell'azione revocatoria sono l'esistenza di un credito, l'eventus damni, ossia il pregiudizio che dall'atto revocando può derivare alle ragioni del creditore, il consilium fraudis, ossia l'intento frodatorio del debitore o comunque la consapevolezza del carattere pregiudizievole del proprio comportamento, e la partecipatio fraudis del terzo, ossia la partecipazione del terzo, nel caso di atti a titolo oneroso, nell'intento frodatorio del debitore. Quindi, si evince come l'azione di simulazione e quella revocatoria sono del tutto diverse per contenuto e finalità, in quanto la prima mira ad accertare l'esistenza di un negozio apparente in quanto insussistente, mentre la seconda tende ad ottenere una declaratoria di inefficacia di un contratto esistente e realmente voluto, previo accertamento delle condizioni di cui sopra, dalle quali invece prescinde la simulazione (Corte d'appello L'(...) del 29.06.2020, n. 908). Ed infatti, "Da tale differenza tra le due azioni deriva che esse, pur diverse per contenuto e finalità, possono essere proposte nello stesso giudizio in forma alternativa tra loro oppure in via subordinata l'una all'altra, senza che la possibilità di esercizio dell'una precluda la proposizione dell'altra" (Tribunale Patti, sez. I, del 08.05.2023, n. 454). 3. Contratto di compravendita immobiliare stipulato tra (...) e (...) Fatte tali premesse è opportuno analizzare separatamente i contratti oggetto delle domande formulate da parte attrice. Quanto al contratto di compravendita immobiliare del 31.03.2014, registrato in data (...) al n. (...) Mod. 1t, trascritto in data (...), al n. (...) Reg. gen. e n. (...) Reg. part., la domanda di accertamento della simulazione assoluta risulta fondata per le ragioni che seguono. Applicando le coordinate normative ed ermeneutiche tracciate poc'anzi, in virtù di un apprezzamento singolo e globale degli elementi di fatto emersi soprattutto dall'istruttoria documentale, si desume come le parti del contratto di compravendita immobiliare, (...) e (...) da un lato, nella qualità di alienanti, e (...) dall'altro, nella qualità di acquirente, in realtà non abbiano voluto stipulare alcun negozio. Specificamente, gli elementi di fatto dai quali si presume l'avvenuta simulazione assoluta sono molteplici. In primo luogo, le e-mail del 13.07.2014, inviate da (...) in risposta alle richieste di spiegazioni del (...) in ordine all'intervenuta vendita del podere in (...) infatti, al fine di rassicurare il (...) gli comunica che in realtà l'immobile era stato solamente intestato alla cognata, (...) al fine di garantire un prestito di Euro 100.000,00 che la stessa gli aveva concesso e che, infatti, il padre, (...) si recava, come sempre, tutte le domeniche al podere. Da tale elemento di fatto, si risale alla circostanza che l'intestazione dell'immobile in realtà era semplicemente finalizzata a garantire un prestito che il (...) aveva ricevuto dalla cognata al fine di fronteggiare le difficoltà economiche derivanti dall'intervenuta dichiarazione di fallimento della società, (...) Ed infatti, come anche sottolineato da (...) il padre dello stesso continuava ad utilizzare il podere, come se ne fosse ancora il proprietario, recandosi presso il medesimo tutte le domeniche. Inoltre, la circostanza determinante e provante la simulazione assoluta è, anche, la mancata prova dell'avvenuto pagamento da parte di (...) nei confronti del (...) e di (...) del corrispettivo dell'immobile suddetto. Ed infatti, decisivo il mancato ottemperamento all'ordine di esibizione, di cui all'art. 210 c.p.c., disposto dal giudice all'udienza del 21.06.2017, con il quale veniva ordinato a (...) e alla (...) S.p.a. di esibire e produrre copia del bonifico bancario n. (...), con allegazione di tutta la documentazione da cui risultasse la causale, il destinatario e gli estremi. I convenuti destinatari dell'ordine di esibizione non hanno esibito e prodotto alcunché nei termini di cui sopra. Unica documentazione prodotta è la copia di una lista movimenti, tra l'altro connotata anche da alcuni annerimenti che non ne consentono un esame approfondito, dalla quale risulta un pagamento effettuato da tale (...) nei confronti di (...) in data (...), di Euro 100.000,00, con causale "caparra acquisto imm." e (...). Tale documento non può costituire la prova dell'avvenuto pagamento per una molteplicità di ragioni. Innanzitutto, non è il bonifico bancario vero e proprio ma una semplice copia di lista movimenti, tra l'altro anche in parte alterata da annerimenti che ne mettono in dubbio la genuinità. A provare il pagamento doveva essere il vero e proprio bonifico bancario, con indicazione di causale, destinatario del pagamento ed estremi, che i convenuti si sono rifiutati di esibire; condotta questa dalla quale si possono trarre ulteriori elementi di prova in ordine all'avvenuta simulazione assoluta della compravendita del podere di (...) In secondo luogo, se è pur vero che il numero di CRO corrisponde con quello indicato nel contratto di compravendita prodotto agli atti non si spiega perché l'operazione di pagamento risulta datata 02.08.2013 e il contratto è stato invece stipulato il (...), addirittura quasi otto mesi dopo. A chiarire tale aspetto non sono stati neanche i testi sentiti alle udienze del 20.03.2018 e del 04.12.2018, (...) e (...) I primi due, infatti, sostenendo l'effettività della vendita fanno riferimento ad un bonifico bancario, quale mezzo di pagamento utilizzato per la corresponsione del corrispettivo di Euro 100.000,00, che, però, non è mai stato esibito in giudizio. Né tantomeno è stata chiarita la circostanza del lungo lasso temporale intercorso tra il presunto anteriore pagamento e il contratto di compravendita stipulato, il cui collegamento, quindi, è da escludersi. Ancora, se, come già detto, è pur vero che il numero di CRO corrisponde con quello indicato nel contratto di compravendita prodotto agli atti, si è avuto modo di evidenziare che tale circostanza non costituisce alcuna prova dell'avvenuto pagamento. Tale onere probatorio non può, quindi, ritenersi soddisfatto dalla dichiarazione relativa al versamento del prezzo contenuta nel rogito notarile, in quanto il creditore, in tal caso il (...) che agisce per far valere la simulazione è terzo rispetto ai soggetti contraenti. Non da ultimo a corroborare la simulazione anche l'aspetto in virtù del quale il versamento di cui alla lista movimenti prodotta non è stato effettuato da quella che dovrebbe essere l'acquirente dell'immobile, ossia (...) bensì da (...) Pertanto, da tali elementi di fatto si ritiene si possa risalire alla circostanza in ordine alla quale il contratto di compravendita immobiliare del 31.03.2014, registrato in data (...) al n. (...) Mod. 1t, trascritto in data (...), al (...) Reg. gen. e n. (...) Reg. part., è stato oggetto di simulazione assoluta, poiché in realtà il trasferimento del diritto di proprietà dal (...) e da (...) verso (...) non è mai avvenuto, stante la mancata prova del pagamento. 4. Atto di destinazione ex art. 2645 ter c.c. effettuato da (...) Per quanto concerne l'atto di destinazione, di cui all'art. 2645 ter c.p.c., del 10.06.2014, trascritto presso l'(...) per il territorio di (...) al (...) Gen. (...) e Reg. Part. (...), la domanda di accertamento della nullità dello stesso risulta infondata per i motivi che seguono. (...) che viene in rilievo è un negozio di destinazione disciplinato dall'art. 2645 ter c.c., rubricato "(...) di atti di destinazione per la realizzazione di interessi meritevoli di tutela riferibili a persone con disabilità, a pubbliche amministrazioni, o ad altri enti o persone fisiche". Tale norma prevede la trascrizione, al fine di rendere opponibile a terzi il vincolo di destinazione, di atti in forma pubblica con cui beni immobili o beni mobili iscritti in pubblici registri sono destinati, per un periodo non superiore a novanta anni o per la durata della vita della persona fisica beneficiaria, alla realizzazione di interessi meritevoli di tutela riferibili a persone con disabilità, a pubbliche amministrazioni, o ad altri enti o persone fisiche, ai sensi dell'art. 1322, comma 2, c.c. Inoltre, per la realizzazione degli interessi di cui sopra può agire il conferente e qualunque interessato anche durante la vita del primo e il vincolo di destinazione si estende anche ai frutti derivanti dai beni conferiti. La disposizione in oggetto rappresenta una noma sugli effetti, posto che il legislatore ha disposto principalmente la trascrivibilità degli atti negoziali di destinazione, confermando la non tassatività degli atti soggetti a trascrizione di cui agli artt. 2643 e ss. Tuttavia, attraverso una norma sulla pubblicità si è indirettamente introdotta anche una norma sulla fattispecie, poiché l'art. 2645 ter c.c. individua alcuni elementi identificativi dei negozi di destinazione. (...) principale dei negozi indicati nell'art. 2645 ter c.c. è quello di destinare determinati beni, mobili registrati e/o immobili, alla realizzazione di specifici interessi. Dal vincolo di destinazione deriva il c.d. effetto segregativo o di separazione patrimoniale, in quanto i beni sui quali viene impresso il vincolo di destinazione possono essere aggrediti in sede esecutiva unicamente dai creditori i cui diritti rispondono alle finalità sottese alla destinazione. Pertanto, costituisce un'ipotesi di limitazione della responsabilità patrimoniale generica, ex art. 2740 c.c., posto che i creditori che vantano ragioni estranee a quelle proprie del vincolo di destinazione non potranno soddisfarsi sui beni conferiti ma solo su quelli residui. Quindi, l'art. 2645 ter c.c. rientra tra i casi espressamente previsti dalla legge di limitazione della responsabilità patrimoniale, di cui all'art. 2740, comma 2, Posto che gli atti in esame comportano una limitazione della responsabilità patrimoniale del debitore, l'art. 2645 ter c.c. disciplina analiticamente i connotati degli atti di destinazione. Innanzitutto, devono essere redatti in forma pubblica e devono avere ad oggetto beni mobili registrati e beni immobili, proprio al fine della loro trascrizione. I beni in questione devono essere destinati, per un periodo non superiore a novanta anni o per la durata della vita della persona beneficiaria, alla realizzazione di interessi meritevoli di tutela, secondo l'accezione di cui all'art. 1322, comma 2, c.c. Tali interessi devono essere riferibili a persone con disabilità, a pubbliche amministrazioni, o ad altri enti o persone fisiche. La caratteristica della meritevolezza degli interessi assume rilevanza centrale proprio perché la stessa rappresenta la causa giustificatrice della destinazione e, di conseguenza, della separazione patrimoniale. E' necessario, quindi, individuare una giustificazione al prevalere dell'interesse perseguito con la destinazione rispetto a quello dei creditori, il quale non può che essere, anche in un'ottica costituzionalmente orientata, uno scopo di pubblica utilità. Ed infatti, il controllo di meritevolezza di cui all'art. 2645 ter c.c. non può consistere in un mero riscontro di assenza di illiceità del negozio ma deve svolgersi in una prospettiva valoriale, guardando soprattutto alla (...) I negozi di destinazione possono essere dinamici o statici, ossia possono comportare una vicenda traslativa ovvero essere autodichiarati. Nel primo caso il conferente trasferisce la proprietà dei beni oggetto del vincolo ad un soggetto gestore che dovrà amministrare i medesimi nel rispetto degli scopi posti alla base della destinazione. Nel secondo caso non si ha alcuna vicenda traslativa, posto che il conferente mantiene la proprietà dei beni oggetto del vincolo, ma sugli stessi imprime una specifica finalità, nei termini di cui sopra; ragion per cui in questa evenienza l'atto sarà a titolo gratuito, poiché il sacrificio economico del disponente non rinviene una contropartita in una attribuzione a suo favore ("(...) di semplice destinazione di un bene (senza il trasferimento della proprietà dello stesso) alla soddisfazione di determinate esigenze, ai sensi dell'art. 2645 ter c.c., costituisce, di regola, un negozio unilaterale - non perfezionandosi con l'incontro delle volontà di due o più soggetti, ma essendo sufficiente la sola dichiarazione di volontà del disponente - e a titolo gratuito, in quanto di per sé determina un sacrificio patrimoniale da parte del disponente, che non trova contropartita in una attribuzione in suo favore; esso resta tale anche se, nel contesto di un atto pubblico dal contenuto più ampio, ciascuno dei beneficiari del vincolo abbia a sua volta destinato propri beni in favore delle esigenze di tutti gli altri - risultando in tal caso i diversi negozi di destinazione solo occasionalmente contenuti nel medesimo atto pubblico notarile -, salvo che risulti diversamente, sulla base di una puntuale ricostruzione del contenuto effettivo della volontà delle parti e della causa concreta del complessivo negozio dalle stesse posto in essere", Cassazione civile sez. III, 13/02/2020, n.3697). Nella prima ipotesi il negozio avrà struttura bilaterale, nella seconda, invece, avrà struttura unilaterale. (...) di negozio di destinazione autodichiarato, non rientrando in una vicenda circolatoria, può porre maggiori problemi rispetto alla verifica della meritevolezza dello stesso; tuttavia, per tali ragioni, risulta sempre necessaria l'altruità dell'interesse, nel senso che quest'ultimo non può riferirsi solo ed esclusivamente alla persona conferente. Orbene, l'atto di destinazione posto in essere da (...) risulta connotato da tutti gli elementi costitutivi e i presupposti previsti dall'art. 2645 ter c.c. e, quindi, non può considerarsi nullo. Lo stesso rientra nell'ipotesi del negozio di destinazione autodichiarato e statico, in quanto il conferente, ossia il (...) non trasferisce i beni oggetto del vincolo bensì li destina a specifiche finalità. I beni in questione sono tutti beni immobili e sono vincolati al perseguimento di interessi meritevoli di tutela, in quanto aventi rango costituzionale. Tra questi, il "fine di assicurare ai beneficiari un'idonea abitazione e la disponibilità dei frutti dei beni, allo scopo di utilizzarli per sostenere le spese del proprio mantenimento, dell'assistenza medica e della persona, dell'istruzione e dell'avviamento al lavoro, per consentire loro il mantenimento dell'attuale tenore di vita e la soddisfazione di bisogni legati a ragioni di salute, di studio, di lavoro o familiari.". Quindi, pur essendo un atto di destinazione statico è evidente la prevalenza dell'altruità dell'interesse, oltre che la meritevolezza dello stesso, essendo conforme ai canoni costituzionali. I beneficiari di tale destinazione vengono individuati nel conferente stesso, il sign. (...) nella coniuge, la sign.ra (...) ed i nipoti, (...) e (...) Pertanto, i beneficiari sono tutte persone fisiche secondo il disposto dell'art. 2645 ter c.c., ma ancor più importante tra gli stessi vi è anche una persona con grave disabilità, qual è il nipote del conferente (...) così come risulta dalla documentazione medica prodotta agli atti. Gli interessi perseguiti dal conferente rispondono, pertanto, a finalità che ricevono un'espressa tutela nella (...) quali il principio di solidarietà sociale e di tutela della salute, di cui agli artt. 2 e 32 Cost., in particolare rispetto alla posizione del (...) e quelli in materia di tutela della famiglia, di cui agli artt. 29, 30 e 31 Cost., relativamente a tutti i beneficiari. Per quanto concerne, invece, l'azione revocatoria, di cui all'art. 2901 c.c., volta ad ottenere una declaratoria di inefficacia dell'atto di destinazione analizzato, la stessa, invece, risulta fondata e meritevole di accoglimento per i motivi che seguono. In particolare, quanto alla sussistenza del credito questo risulta cristallizzato nel decreto ingiuntivo non opposto, n. (...)/2015, r.g.n. (...)/2015, il quale, com'è noto, "è equiparabile ad una sentenza di condanna e, proprio perché non opposto, acquista efficacia di giudicato, sia in ordine all'esistenza del credito azionato, che al rapporto di cui esso è oggetto ed al titolo su cui il credito e il rapporto stessi si fondano, oltre che in merito all'inesistenza di fatti impeditivi, estintivi e modificativi del credito dedotto in giudizio precedenti al ricorso per ingiunzione e non dedotti con l'opposizione" (Tribunale Termini Imerese, 30/03/2023, n.379). Quanto agli altri presupposti, previsti dall'art. 2901 c.c., gli stessi sono parzialmente differenti a seconda della natura onerosa o gratuita dell'atto, in quanto nel secondo caso non risulta necessaria la prova del consilium fraudis da parte terzo intervenuto, com'è nel caso di specie. La revocatoria può operare anche rispetto all'atto costitutivo del vincolo di destinazione, di cui all'art. 2645 ter c.c., ciò in quanto il solo fatto che si tratti di un negozio volto a soddisfare interessi meritevoli di tutela (art. 1322, comma 2, c.c.), anche in un'accezione costituzionale, non presuppone necessariamente una soccombenza degli interessi dei creditori, aventi ragioni estranee alla destinazione, i quali potrebbero anche prevalere ("(...) costitutivo del vincolo di destinazione ex art. 2645 ter c.c. stipulato in pregiudizio degli interessi dei creditori del disponente è revocabile, ove ne sussistano i presupposti, essendo soggetti all'azione revocatoria anche gli atti aventi un profondo valore etico e morale. In particolare, va riconosciuta la assoggettabilità alla tutela ex art. 2901 c.c. dell'atto di costituzione del vincolo di destinazione ai sensi dell'art. 2645 ter c.c., trattandosi di atto che, anche se non determina la fuoriuscita dei beni dal patrimonio del disponente, comporta tuttavia un effetto di segregazione patrimoniale così da imprimere ai beni una destinazione idonea a sottrarli alla generica garanzia dei creditori. I beni segregati, infatti, per effetto della costituzione del vincolo, possono costituire oggetto di esecuzione esclusivamente per i debiti contratti per la realizzazione del fine di destinazione", Tribunale Alessandria sez. I, 25/08/2020, n.486). Ed infatti, "l'atto di costituzione del vincolo sui propri beni ai sensi dell'art. 2645 ter c.c., benché non determina il trasferimento della proprietà dei beni medesimi, né la costituzione su di essi di diritti reali in senso stretto, è comunque idoneo a sottrarre i beni vincolati alla garanzia dei creditori ed è conseguentemente idoneo alla declaratoria di inefficacia ex art. 2901 c.c." (Tribunale Vicenza sez. II, 15/06/2022, n.1047). Per quanto concerne l'esame del merito dell'azione revocatoria proposta, considerato che il credito risulta vantato dal (...) pari ad Euro 50.000,00, oltre interessi, risulta accertato nel decreto ingiuntivo non opposto di cui sopra, la stessa deve essere accolta, ricorrendo tutti i presupposti previsti dall'art. 2901 Sussiste, in particolare, l'eventus damni, ossia un pregiudizio alle aspettative vantate dal creditore, stante la notevole riduzione del patrimonio aggredibile, che è idonea ad incidere negativamente sulla garanzia patrimoniale generica, rendendo più difficoltosa la realizzazione del credito, anche in sede esecutiva. Quindi, il pregiudizio ricorre non solo quando sia del tutto compromessa la consistenza patrimoniale del debitore, ma anche quando l'atto dispositivo comporti una variazione quantitativa e/o qualitativa del patrimonio, che rende più incerta la soddisfazione del credito (Cass. Civ. Sez. II, del 03.02.2015, n. 1902, anche Civ. Sez. VI, del 8.07.2014, n. 16498). Parte attrice ha allegato che con l'atto di destinazione censurato il (...) abbia sottratto ai propri creditori personali l'intero patrimonio eventualmente pignorabile. Tale circostanza non è stata contestata dal convenuto, il quale non ha offerto alcuna prova in ordine alla consistenza del proprio patrimonio ed alla possibilità per il (...) di soddisfarsi proficuamente sullo stesso. Sussiste anche l'ulteriore elemento della scientia damni, quale consapevolezza da parte del debitore del pregiudizio che l'atto di destinazione possa causare alle ragioni creditorie. Sempre muovendo dall'accertamento contenuto nel decreto ingiuntivo non opposto n. (...)/2015, quest'ultimo si fonda su quanto risulta dal ricorso monitorio ("(...)à del giudicato spiega i suoi effetti non solo sulla pronuncia esplicita della decisione, ma anche sulle ragioni che ne costituiscono, sia pure implicitamente, il presupposto logico-giuridico; essa trova applicazione anche in riferimento al decreto ingiuntivo di condanna al pagamento di una somma di denaro, il quale, ove non sia proposta opposizione, acquista efficacia di giudicato non solo in ordine al credito azionato, ma anche in relazione al titolo posto a fondamento dello stesso, precludendo in tal modo ogni ulteriore esame delle ragioni addotte a giustificazione della relativa domanda", Tribunale Cosenza I, 26/10/2022, n.1853). Quest'ultimo, infatti, prevede che in data (...), quindi in epoca anteriore all'atto da revocare, (...) ha erogato a titolo di prestito infruttifero, a (...) la somma di Euro 50.000,00, attraverso un assegno circolare di Euro 30.000,00 e un assegno bancario di Euro 20.000,00 e che, pochi giorni dopo, si assumeva il debito nei confronti del primo anche il padre del debitore, ossia il (...) consegnando un assegno bancario di Euro 50.000,00. Pertanto, quest'ultimo era perfettamente a conoscenza del fatto che l'atto di destinazione potesse cagionare un pregiudizio alle ragioni del (...) nei termini di cui sopra. Per tutte queste ragioni deve essere dichiarata l'inefficacia relativa dell'atto di destinazione nei confronti di parte attrice, (...) in accoglimento dell'azione revocatoria. Tutte le altre eccezioni proposte dalle parti si intendono assorbite. Le spese di giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo ai sensi del D.M. 55/2014 tenuto conto della complessità delle questioni di fatto e di diritto trattate, del valore della controversia (scaglione da Euro 26.001,00 a Euro 52.000,00), delle fasi effettivamente svolte (studio, introduttiva, istruttoria, trattazione e decisionale), del pregio dell'opera e dei vantaggi conseguiti. P.Q.M. Il Tribunale di Grosseto Sezione Civile, in composizione monocratica, definitivamente pronunciando sulla domanda proposta da parte attrice, così provvede: a) dichiara la contumacia di (...) e (...) b) dichiara la simulazione assoluta del contratto di compravendita stipulato per atto del (...) dott. (...) in data (...), tra (...) e (...) registrato in data (...), avente ad oggetto l'unità immobiliare, sita in (...) Via del (...) n. 27, (Foglio n. (...), part. (...), sub. (...) e Foglio n. (...), part. (...)); c) dichiara assorbite le altre domande relative all'atto sub a); d) ordina alla competente (...) del (...) di pubblicità immobiliare (ex (...) dei registri immobiliari) di (...) di annotare la presente sentenza ai sensi dell'art. 2655 c.c. rispetto all'atto di cui al punto b); e) accoglie l'azione revocatoria e per l'effetto dichiara l'inefficacia nei confronti di (...) dell'atto costitutivo di vincolo di destinazione ex art. 2645 ter stipulato da (...) in data, 10.06.2014, a rogito del (...) dott. (...) n. rep. (...)/(...), trascritto presso la conservatoria dei registri immobiliari di (...) con nota di trascrizione RG (...) e RP (...); - 17 - f) ordina alla competente (...) del (...) di pubblicità immobiliare (ex (...) dei registri immobiliari) di (...) di annotare la presente sentenza ai sensi dell'art. 2655 c.c. rispetto all'atto di cui al punto e); a) condanna i convenuti costituiti, (...) e (...) al pagamento in favore di parte attrice delle spese di lite che si liquidano in Euro 7.616,00 per compensi, ed in Euro 545,00 per spese, oltre rimborso forfettario, Iva e CPA come per legge.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Tribunale Ordinario di Grosseto Il Tribunale, in composizione collegiale nelle persone dei seguenti magistrati: dott. (...) dott. (...) rel. dott.ssa (...) ha pronunziato la seguente SENTENZA nel procedimento per (...) giudiziale instaurato da (...) (C.F. (...)) con l'assistenza dell'Avv. (...) contro (...) (C.F. (...)) con l'assistenza dell'Avv. (...) con l'intervento del Pubblico Ministero CONCLUSIONI Per parte ricorrente: "(...) l'(...)mo Tribunale adito contrariis reiectis disporre l'affido condiviso del figlio (...) ad entrambi i genitori con facoltà dello stesso di frequentarli con la massima libertà in ragione dell'età del minore, disporre altresì che il padre versi alla signora (...) a titolo di contribuito nel mantenimento del figlio la somma di euro 300,00 in ragione delle condizioni economiche del (...) e degli obblighi alimentari a suo carico, oltre al 50 per cento delle spese straordinarie per la cui corretta individuazione e disciplina si rinvia al protocollo attualmente in uso al Tribunale di Grosseto . Disporre che ciascuno dei coniugi provveda al proprio mantenimento in quanto economicamente autosufficienti con rinuncia alla domanda di addebito della separazione. Con vittoria di spese e competenze di lite". Per parte resistente: "in via principale (...) la separazione personale dei coniugi con addebito di colpa al marito, avendo lo stesso, per tutto quello già dimostrato in istruttoria, violato gli obblighi e doveri coniugali. Affidamento esclusivo del figlio (...) alla madre, presso la quale dovrà essere domiciliata (...)profondo rifiuto psicologico del minore di avere rapporti con il padre. Si evidenzia come il (...)# anche a seguito della sentenza penale depositata abbia con ripetuti comportamenti fatto mancare i mezzi di sussistenza al figlio minore corrispondendo a titolo di mantenimento. (...) ha omesso di corrispondere la propria quota parte del rateo di mutuo gravante sull'abitazione (...) familiare ed ha venduto la sua quota di proprietà, ½, della abitazione familiare alla allora compagna (...) che adesso è stata sottoposta a vendita giudiziaria per cui (...) e la di lui madre dovranno, a seguito della vendita della casa, trovarsi una nuova abitazione. In via subordinata sul punto disporre l'affidamento condiviso del figlio (...) di 14 anni con domicilio presso l'abitazione della madre in (...) n. 43. Assegnare, comunque, l'uso esclusivo della casa coniugale sita in (...) n. 43 e di tutti i mobili che la arredano alla (...)ra (...) ed al minore (...) come da Ordinanza presidenziale del 24.10.2018 e trascritta il (...) Reg. Gen. 1390 e Reg. Part. 1062. (...) stabilire che, non appena il (...) dei (...) di (...) avrà venduto all'asta la ex casa coniugale, il (...) corrisponda la metà del canone di affitto per una nuova abitazione delle stesse dimensioni e caratteristiche di quella attuale e nella stessa loc. di (...) dove (...) ha tutte le amicizie. Attribuire la riscossione degli assegni familiari al genitore domiciliatario, quindi alla (...)ra (...) come per legge, mentre adesso vengono percepiti dal (...) confermare l'erogazione dell'assegno di mantenimento (Euro 350,00) per il figlio (...) a carico del padre disposto dal (...) del Tribunale in via provvisoria, oltre alla corresponsione del 50% delle spese straordinarie come da protocollo del Tribunale di Grosseto. Dichiara di non accettare il contraddittorio su domande ed eccezioni nuove della parte convenuta. Con vittoria delle spese, competenze onorari del presente giudizio" MOTIVI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE La presente sentenza si pone a definizione dei giudizi riuniti RG n. (...)/ 2017 e (...)/2017. Su questo presupposto occorre brevemente ricordare che: - in data (...) è stato iscritto al ruolo da, (...) il ricorso ex art.709 ter c.p.c. (distinto al Registro Generale del contenzioso civile del Tribunale di Grosseto con il n. (...)/2017) con cui - rappresentato che (...) aveva in precedenza avviato "due distinti ricorsi per separazione giudiziale: il primo davanti a questo Tribunale (..)" e l'altro "avanti al Tribunale di Viterbo", poi non coltivati - il ricorrente ha chiesto al Tribunale di disporre "l'espletamento di perizia socio familiare che coinvolga soprattutto il minore volta ad accertare e verificare 1) la condotta alienante della madre; 2) gli effetti di essa sul minore; 3) gli interventi di sostegno alla genitorialità da porre in essere a tutela del minore (...) funzionali al superamento dell'atteggiamento di vendetta e rancore che anima la ricorrente e a rendere civili i rapporti tra genitori" e di assumere "nei confronti di (...) inadempiente agli obblighi cha la onerano in tema di responsabilità genitoriale, affidamento, collocamento (di fatto) e tempi di permanenza "; - in questo procedimento si è costituita (...) la quale, contestando le pretese avversarie, ha chiesto al Tribunale di "dichiarare inammissibile ed improcedibile il ricorso proposto ex art 709 ter c.p.c., poiché tra i coniugi non vi è mai stata e non è pendente allo stato alcuna separazione e perché non sono mai stai presi provvedimenti che regolino l'affidamento condiviso ... nel merito... rigettarlo in quanto infondato in fatto ed in diritto"; - successivamente, sul medesimo giudizio instaurato ex art. 709 ter c.p.c., con ordinanza del 2.11.2017, è stat disposta CTU sul seguente quesito: "esaminati gli atti di causa, sentite le parti, separatamente, congiuntamente e con i figli ove possibile, i minori, ed i loro eventuali consulenti, nonché sentiti e coinvolti i (...) territoriali e il personale scolastico dell'istituto frequentato dai minori medesimi nonché eseguiti, con il metodo che riterrà adeguato al caso, servendosi di ausiliari ove lo ritenga necessario, le opportune indagini ed accertamenti, dica il (...) a) quale sia lo stato psicologico e la personalità delle parti, la condizione psicofisica e la situazione familiare, sociale e scolastica dei minori con particolare riferimento alla conflittualità fra i coniugi ed alle possibili ricadute sul processo formativo dei minori; b) quali siano i rapporti dei minori con entrambi i genitori ed i relativi ambienti familiari, evidenziando eventuali situazioni di disagio degli stessi minori rispetto a questi ultimi; c) se sussistano condotte della madre ovvero del padre idonee a pregiudicare lo sviluppo psichico dei minori e a ostacolare il rapporto con l'altro genitore;) nel caso di riscontro di elevata conflittualità tra i genitori nella gestione dei minori o di altro motivo che arrechi pregiudizio allo stesso, suggerisca il CTU se sia opportuno che i genitori avvalendosi di esperti, tentino un percorso di mediazione familiare nell'interesse dei minori stessi e la presumibile durata di tale percorso, indicando altresì le soluzioni, compatibili le condizioni delle parti, che meglio salvaguardino l'interesse dei minori"; - nella stessa data del 2.11.2017, (...) ha depositato, presso l'intestato Tribunale, ricorso per la separazione giudiziale dei coniugi, distinto al registro generale del contenzioso civile con il n. (...)/2017; - la resistente si è costituita in tale giudizio in data (...); - celebratasi l'udienza dinanzi al (...) del Tribunale, quest'ultimo ha emesso l'ordinanza del 24.1.2018.2019 con cui, in via temporanea ed urgente, ha affidato il figlio minore (...) ad entrambi i genitori, in modo condiviso, con domiciliazione prevalente presso la madre, ha assegnato a quest'ultima il diritto d'uso della casa familiare ed ha determinato in euro 350,00 mensili oltre rivalutazione (...) ed oltre al 50% delle spese straordinarie, il contributo del padre al mantenimento del figlio, con riserva di provvedere sulle modalità di frequentazione tra padre e figlio all'esito della relazione che avrebbe successivamente definito "la CTU disposta nell'ambito del procedimento ex art 709 ter c.p.c. pendente tra le stesse parti"; - la relazione peritale è stata depositata, in data 30 luglio 2018, sul fascicolo R.G. n. (...)/2017; tale procedimento è stato poi riunito (all'udienza del 18.1.2019) al fascicolo R.G. n. (...) del 2017; - nelle more, su tale ultimo procedimento (prima della detta riunione), il giudice istruttore, acquisita la relazione peritale di cui sopra, ha adottato l'ordinanza del seguente tenore: "letti gli atti di causa, nonché la relazione peritale del dr. (...) disposta nel giudizio n. R.G. (...)/2017 pendente tra le stesse parti; rilevato che appare necessario dare mandato ai servizi territorialmente competenti in relazione al luogo di residenza del minore affinché sia fornito sostengo ai genitori ed al minore, per il superamento della conflittualità manifestata tra i coniugi e delle ripercussioni negative che la stessa ha avuto su (...) e per la ripresa dei rapporti tra quest'ultimo e il padre; dispone che il servizio socio assistenziale competente: - previo ascolto del minore e delle parti, attivi ogni opportuno intervento di sostegno al nucleo familiare, al fine di consentire al minore il superamento delle difficoltà psicologiche sorte in conseguenza della conflittualità genitoriale, indicando in sede di relazione ogni evoluzione sullo stato psicologico del minore, sulle cause della permanenza di eventuali condizioni di disagio e sulla qualità della relazione del minore con i genitori; - compia ogni opportuna valutazione sulla capacità genitoriale delle parti, fornendo, alla luce dell'indagine socio-familiare ad esso demandata, ogni elemento utile alla definizione del regime di affidamento del minore e proponendo le modalità di collocamento e frequentazione dell'uno e dell'altro genitore più idonee nel caso di specie, che, nel tutelare l'interesse del figlio al mantenimento di un continuativo rapporto con ciascuno dei genitori e di rapporti significativi con gli ascendenti, realizzi, in concreto, questo interesse e protegga il minore dalla conflittualità genitoriale; - depositi relazione fino a 5 giorni prima dell'udienza cui la causa verrà rinviata. Quanto al contributo del padre al mantenimento per il figlio (...) conferma l'ordinanza del 24.1.2018 precisando, con riferimento alle spese straordinarie, che l'assegno di mantenimento è comprensivo delle voci di spesa caratterizzate dall'ordinarietà o comunque dalla frequenza, in modo da consentire al genitore beneficiario una corretta ed oculata amministrazione del budget di cui sa di poter disporre. Al di fuori di queste spese ordinarie vi sono le spese straordinarie, cosiddette non soltanto perché oggettivamente imprevedibili nell'an, ma altresì perché, anche quando relative ad attività prevedibili sono comunque indeterminabili nel quantum ovvero attengono ad esigenze episodiche e saltuarie. Tra le spese straordinarie, vanno distinte le spese che devono considerarsi obbligatorie perché di fatto conseguenziali a scelte già concordate tra i coniugi (es. libri di testo spesa consequenziale alla scelta della scuola o acquisto farmaci conseguenti alla prescrizione del medico scelto di comune accordo) oppure connesse a decisioni talmente urgenti da non consentire la previa concertazione, da quelle invece subordinate al consenso di entrambi i genitori. Compiuta tale premessa deve essere evidenziato che tra le spese comprese nell'assegno di mantenimento devono essere considerate: vitto, abbigliamento, contributo per spese dell'abitazione, spese per tasse scolastiche (eccetto quelle universitarie) e materiale scolastico di cancelleria, mensa, medicinali da banco (comprensivi anche di antibiotici, antipiretici e comunque di medicinali necessari alla cura di patologie ordinarie e/o stagionali), spese di trasporto urbano (tessera autobus e metro), carburante, ricarica cellulare, uscite didattiche organizzate dalla scuola in ambito giornaliero; prescuola, doposcuola e baby sitter se già presenti nell'organizzazione familiare prima della cessazione della convivenza; trattamenti estetici (parrucchiere, estetista, ecc.). Le spese straordinarie subordinate al consenso di entrambi i genitori, sono suddivise nelle seguenti categorie: scolastiche: iscrizioni e rette di scuole private e, iscrizioni, rette ed eventuali spese alloggiative ove fuori sede, di università pubbliche e private, ripetizioni, viaggi di istruzione organizzati dalla scuola, prescuola, doposcuola e baby sitter se l'esigenza nasce con la separazione e deve coprire l'orario di lavoro del genitore che li utilizza; spese di natura ludica o parascolastica: corsi di lingua o attività artistiche (musica, disegno, pittura), corsi di informatica, centri estivi, viaggi di istruzione, vacanze trascorse autonomamente senza i genitori, spese di acquisto e manutenzione straordinaria di mezzi di trasporto (mini-car, macchina, motorino, moto); spese sportive: attività sportiva comprensiva dell'attrezzatura e di quanto necessario per lo svolgimento dell'eventuale attività agonistica; spese medico sanitarie: spese per interventi chirurgici, spese odontoiatriche, oculistiche e sanitarie non effettuate tramite (...) spese mediche e di degenza per interventi presso strutture pubbliche o private convenzionate, esami diagnostici, analisi cliniche, visite specialistiche, cicli di psicoterapia e logopedia. Con riguardo alle spese straordinarie da concordare, il genitore, a fronte di una richiesta scritta dell'altro, dovrà manifestare un motivato dissenso per iscritto nell'immediatezza della richiesta (massimo 15 gg.); in difetto il silenzio sarà inteso come consenso alla richiesta. Le spese straordinarie "obbligatorie", per le quali non è richiesta la previa concertazione, che possono dunque essere effettuate da ciascun genitore anche in assenza del consenso dell'altro sono: spese per libri scolastici, spese sanitarie urgenti, per acquisto di farmaci prescritti ad eccezione di quelli da banco, spese per interventi chirurgici indifferibili sia presso strutture pubbliche che private, spese ortodontiche, oculistiche e sanitarie effettuate tramite il SSN in difetto di accordo sulla terapia con specialista privato, spese di bollo e di assicurazione per il mezzo di trasporto"; - tale ordinanza è stata successivamente oggetto di modifica da parte dello stesso giudice istruttore, il quale ha disposto che "le spese straordinarie per il minore devono individuarsi in base a quanto previsto dal (...) concluso tra l'intestato Tribunale e il Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di (...) nel febbraio 2017 (invita i (...)ri Avvocati a fornirne copia ai propri assistiti)"; - il giudizio, istruito documentalmente, mediante l'assunzione di prove orali e con l'ascolto del minore, è stato trattenuto in decisione all'udienza del 17.10.2023 con assegnazione alle parti dei termini di legge per il deposito di comparse conclusionali e memorie di replica. (...) in via preliminare (...) resistente ha insistito, invero soltanto con la comparsa conclusionale, per la pronuncia "sulla inammissibilità ed improcedibilità del ricorso ex art. 709 ter c.p.c." in quanto "introdotto irritualmente e, conseguentemente" per la condanna di "(...) alla rifusione delle spese di lite". Anche a non voler ritenere la domanda rinunciata (poiché non riproposta in sede (...)può trovare accoglimento. Come ricordato, infatti, con ordinanza del 2.11.2017, il Collegio ha accolto la domanda del (...) nella parte in cui chiedeva di disporre "l'espletamento di perizia socio familiare che coinvolga soprattutto il minore volta ad accertare e verificare 1) la condotta alienante della madre; 2) gli effetti di essa sul minore; 3) gli interventi di sostegno alla genitorialità da porre in essere a tutela del minore (...) funzionali al superamento dell'atteggiamento di vendetta e rancore che anima la ricorrente e a rendere civili i rapporti tra genitori", così parzialmente definendo il giudizio introdotto ex art 709 ter c.p.c.. Il provvedimento, avente natura decisoria e latamente cautelare, ha dunque definitivamente, seppure implicitamente, affermato la ammissibilità della domanda cui ha dato parziale accoglimento, cosicché l'eventuale sua censura avrebbe dovuto essere necessariamente veicolata da una immediata impugnazione. Mutatis mutandis, infatti, appare applicabile alla descritta fattispecie il condivisibile principio secondo cui per comprendere se un provvedimento debba o meno essere oggetto di impugnazione immediata "è necessario avere riguardo non alla sua forma esteriore o alla denominazione adottata, bensì al suo contenuto e, conseguentemente, all'effetto giuridico che esso è destinato a produrre, sicché hanno natura di sentenze - soggette agli ordinari mezzi di impugnazione e suscettibili, in mancanza, di passare in giudicato - i provvedimenti che, ai sensi dell'art. 279 cod. proc. civ., contengono una statuizione di natura decisoria (sulla giurisdizione, sulla competenza, ovvero su questioni pregiudiziali del processo o preliminari di merito), anche quando non definiscono il giudizio" (cfr. Corte di Cassazione Sez. 2, Sentenza n. 27127 del 19/12/2014) Le domande di merito. La separazione personale dei coniugi. Sul punto il Tribunale ha emesso sentenza non definitiva, pubblicata in data (...). Alcuna ulteriore statuizione deve essere pertanto adottata in merito allo status. (...) della separazione. Stante la rinuncia da parte del ricorrente alla propria domanda di addebito, può analizzarsi soltanto la omologa domanda dispiegata da (...) A sostegno della propria richiesta la resistente ha allegato che "i rapporti tra i coniugi si sono deteriorati solamente per colpa del marito che ha lasciato la moglie ed il figlio per un'altra donna, la sig.ra (...) non occupandosi più di loro e per andare a convivere con la stessa in casa di costei in (...) n. 14 e con i loro due gemelli"; in particolare, ha evidenziato la resistente che "il (...) e la (...) hanno concepito i loro figli tra febbraio e marzo, proprio poco dopo il ritorno da un viaggio fatto con la moglie e Dennis". Sul punto relativo alla cessazione della comunione materiale e spirituale tra i coniugi il ricorrente si è limitato ad allegare quanto segue: "il matrimonio non è mai stato felice a causa della condotta della moglie, ostile al nucleo familiare da cui il marito proviene e morbosamente dipendente dalla di lei madre. Il fatto che il ricorrente e la moglie (così come la suocera del ricorrente) abbiano, ..., lavorato presso la stessa azienda in (...) ((...) ha aggravato tale situazione di conflitto. La moglie inoltre ha manifestato tratti psicologici complessi, manifestando un'attrazione verso il mondo della magia (...). Per tali motivi è cessata la comunione materiale e morale tra i coniugi, il marito ha deciso di lasciare la casa familiare (i litigi erano divenuti troppo frequenti e rischiavano di arrecare pregiudizio a (...), e conosciuta una donna (la sig.ra (...) con questa ha allacciato una relazione da cui sono nati due gemelli nati il 23 dicembre del 2016 di nome (...) e (...)". Sulla scorta di quanto precede la domanda di addebito dispiegata dalla resistente deve essere accolta. E' noto, infatti, il condivisibile insegnamento della Corte di Cassazione "secondo cui l'abbandono del tetto coniugale è causa di per sè sufficiente di addebito della separazione, in quanto conduce all'impossibilità della convivenza, salvo che il coniuge che ha posto in essere l'abbandono "provi" che siffatta condotta è stata da lui posta in essere a cagione del comportamento dell'altro coniuge, ovvero in una situazione - ed a causa della stessa - di conclamata ed irreversibile crisi del rapporto coniugale." (Corte di Cassazione Sez. 1 - , Ordinanza n. 11792 del 05/05/2021). Ebbene, nel caso di specie risulta pacifico che il ricorrente si sia volontariamente allontanato dalla casa familiare nel 2016, ed anzi, più precisamente, è rimasto incontestato che " a fine settembre, verso il 26 o 27, improvvisamente il (...) se ne andava di casa senza farvi più ritorno" (vds. pag. 4 comparsa di costituzione e risposta (...) A fronte di ciò il ricorrente non ha offerto la prova di una preesistente conclamata ed irreversibile crisi del rapporto coniugale, che risulta invero smentita dal viaggio compiuto dalla famiglia agli inizi dello stesso 2016. Nessun rilievo in proposito, poi, possono avere le dichiarazioni testimoniali rilasciate da (...) all'udienza del 28.4.2021, in quanto "de relato actoris" e vertenti, dunque, su fatti e circostanze di cui il teste è stato informato dal soggetto che ha proposto il giudizio, cosicché la rilevanza del loro assunto è sostanzialmente nulla (cfr. Corte di Cassazione Sez. 1, Sentenza n. 569 del 15/01/2015). Affidamento del minore, sua collocazione ed assegnazione della casa familiare. All'udienza del 28.6.2023 (...) ormai quattordicenne, ha espresso un chiaro e fermo rifiuto ad avere rapporti con il padre. Tale rifiuto è stato fondato dal ragazzo principalmente in ragione dell'episodio relativo alla presentazione da parte di quest'ultimo della sua nuova compagna; in particolare, con riferimento al rapporto con il padre, (...) ha dichiarato: "meno lo vedo è meglio è; avevo 6 o 7 anni, lui mi aveva proposto di andare all'(...) per prendere un gioco, invece mi ha portato a casa di quella con cui stava e mi ha detto questa è la tua nuova mamma, hai due fratelli; poi mi chiude in bagno (non so perché); poi sono arrivati i carabinieri perché era arrivata la mia mamma...". Invero, già la consulenza tecnica d'ufficio evidenziava come la "frequentazione della nova compagna promossa dal padre e la nascita dei fratelli a breve distanza di tempo dalla separazione dei propri genitori, sembrano aver costituito per il minore una serie di eventi stressanti superiori alle sue capacità elaborative" (vds. pag 24 CTU) e che "in seguito alle difficoltà di frequentazione con il figlio ed all'attribuzione da parte del (...) dell'intera responsabilità di tale situazione alla ex compagna, questi ha agito la propria conflittualità in modo controproducente alimentando, attraverso alcune discutibili scelte sul piano simbolico ed economico (ad es. la vendita della metà della casa coniugale alla nuova compagna e la richiesta alla (...) del pagamento di un affitto per l'usufrutto) che non hanno fatto altro che rafforzare nella madre di (...) il timore di una sua volontà di tutelare il nuovo nucleo familiare a scapito dell'interesse del figlio. Timore che la madre, in modo forse inconsapevole, sembra aver veicolato in modo diretto e non filtrato a (...) alimentando così la propria ostilità nei confronti del padre" (vds. pag. 25 CTU). Sulla scorta di quanto sopra e delle ulteriori emergenze che si seguito si andranno ad elencare, ritiene questo Collegio che il rifiuto del minore di avere rapporti con il padre non possa che apparire consapevole e motivato e non possa, peer questo essere disatteso. Tale determinazione appare infatti maturata in via principale in ragione dello stress emotivo patito dal minore a fronte degli "incongrui agiti" da parte del padre, quali "la precoce esposizione alla figura della nuova compagna e la minimizzazione del potenziale impatto su figlio della gravidanza e della nascita dei fratelli a pochi mesi di distanza dalla separazione coniugale" (cfr. pag. 24 della consulenza tecnica d'ufficio). Proprio tali agiti appaiono aver verosimilmente innescato il coinvolgimento del minore "in maniera attiva e disfunzionale all'interno" della dinamica conflittuale in atto tra i genitori; dinamica in cui "(...) sembra essersi caricato della funzione di contenitore emotivo della madre e della sua pur comprensibile sofferenza, interrompendo la frequentazione con un padre percepito come abbandonico e come principale responsabile di tale sofferenza" (cfr. pag. 24 della consulenza tecnica d'ufficio). Sul punto deve ancora rilevarsi che le relazioni depositate dal (...) nel corso del giudizio hanno restituito un quadro caratterizzato dalla aderenza, meramente astratta, dei genitori al progetto condiviso per la ripresa dei rapporti tra padre e figlio (progetto che ipotizzava "1. incontri singoli di conoscenza; 2. incontri di coppia con il consultorio; 3. sostegno psicologico al minore; 4 nuove modalità comunicative tra il minore e il padre inizialmente tramite messaggi telefonici, successivamente con contatti diretti; 5. incontri preparatori "protetti" con educatore professionale; 6. successivi incontri monitorati con educatore professionale"), la cui realizzazione è stata, però, purtroppo, di fatto, del tutto inficiata dalla difficoltà degli adulti "ognuno con motivazioni diverse ... a porsi in un atteggiamento di cambiamento rispetto al passato" e dall' "insormontabile atteggiamento di rabbia reciproca" della coppia genitoriale, "dovuto al percorso giudiziario", articolatosi in almeno quattro procedimenti "riguardanti conflitti successivi alle separazione" (vds. relazione del 10.12.2019- depositata in data (...)). In questo contesto emerge la figura di (...) come quella di un minore dotato di "autonomia decisionale" che rifiuta di vedere il padre "non tanto (perché) indotto dalla figura materna, quanto dall'esperienza "abbandonica" vissuta attraverso il comportamento avuto dalla figura paterna in modo repentino nei suoi confronti"; minore che "vive la figura paterna con moti di rabbia e con la ferma volontà di non volerlo incontrare, neanche in modalità "protetta", al fine di potersi sollevare attraverso un incontro monitorato dalla parte "irrisolta" e non detta", che "si sente offeso per il comportamento avuto dal padre in questi anni, sente(ndo) di essere stato repentinamente sostituito con un'altra famiglia" e che, ancora, ha via via inasprito le proprie reazioni alla possibilità di incontrare il padre, in tal senso giungendo - di fronte alle proposte del (...) - sino ad agire "con gesti dimostrativi di aggressività sia contro gli operatori, sia contro la madre, la sua reale rabbia nei confronti del padre" (vds. relazione del 7.10.2020). Tali circostanze rendono evidente che la "posizione di rabbia e di indisposizione del minore" verso il padre sia di fatto rimasta immutata nel corso di tutto il giudizio. Le successive relazioni dei (...) infatti - pur dando conto di una possibilità di riavvicinamento per il tramite di un compagno di (...) poi non concretizzatasihanno sempre confermato il forte disagio del minore nel relazionarsi al padre, tale da giustificare la richiesta dei genitori di "non sottoporlo ad ulteriori stress" (vds. relazione di aggiornamento dell'8.10.2020) e l'interruzione della programmazione volta al riavvio dei rapporti padre-figlio (vds. relazione di aggiornamento del 20.3.2023). In tal senso deve ancora rilevarsi che, "seppure in sedi e momenti separati, la coppia genitoriale si è mostrata concorde ed ha espresso la volontà di attendere la crescita e la conseguente maturazione di (...) senza forzare ulteriormente il riavvicinamento alla figura genitoriale paterna" . Insomma, "nel corso degli anni i (...) ... hanno effettuato numerosi tentativi di riavvicinamento tra (...) e il padre che si sono mostrati tutti fallimentari se non addirittura controproducenti e che hanno solo alimentato lo status emotivo di rabia provato dal minore nei confronti del padre" cosicché, nonostante gli interventi posti in essere "per riavvicinare il minore al padre, con la piena collaborazione di entrambi i genitori... è possibile affermare che ad oggi non sembrano esserci gli estremi per poter procedere con ulteriori interventi che non fanno altro che creare pregiudizio al minore alimentando rabbia e opposizione" (vds. relazione di aggiornamento del 20.3.2023). Ebbene, sulla scorta di quanto precede, ritiene il Collegio, orientato dal preminente interesse del minore, di dover disporre l'affidamento esclusivo di (...) in favore della madre, e ciò al fine di ridurre al massimo il pregiudizio derivante dalla disgregazione del nucleo familiare e di assicurare il migliore sviluppo possibile della personalità del minore. Preme precisare che il regime di affido esclusivo disposto non deve confondersi con il regime di affido c.d. super-esclusivo. Nella presente fattispecie, dunque, il padre rimane titolare del potere di adottare, assieme alla madre, le decisioni di vita più importanti per il minore. Il padre, inoltre, a norma di legge ex art. 337 quater co. 3 c.c., manterrà il potere-dovere di vigilare sulla istruzione ed educazione del figlio, potendo ricorrere al (...) quando ritenga che siano state assunte dalla madre affidataria decisioni pregiudizievoli all'interesse del minore stesso, a norma del medesimo art. 337 quater co. 3 c.c. La deroga alla regola dell'affidamento condiviso si giustifica, nel caso di specie, in ragione della radicata volontà del minore di non avere rapporti con il padre. In ragione di tale ferma determinazione di (...) infatti, il coinvolgimento paterno in quelle decisioni che non siano di maggiore importanza potrebbe verosimilmente essere vissuto dal minore come pregiudizievole in quanto percepito come l'intrusione nella sua sfera personale da parte di una figura con cui non ha più alcuna condivisione ormai dal 2017 e che ha mostrato, in passato, "di non essere in grado di sintonizzarsi in modo sufficientemente adeguato rispetto ai vissuti ed ai comprensibili timori del figlio" (vds. pag. 29 CTU). Tale percezione, verosimilmente, non permetterebbe al minore di svincolarsi ed emanciparsi dalla sua attuale posizione di profonda rabbia nei confronti del padre e - in considerazione della latente conflittualità tra i genitori, che proprio nelle decisioni di minor rilievo potrebbe trovare maggiore sfogo - di essere sollevato (per usare le parole della (...) "dalla funzione assunta di contenitore emotivo e di difensore della madre". Preme precisare, a questo punto, che, pur a fronte delle dinamiche disfunzionali venutesi a creare a seguito della disgregazione della coppia genitoriale, non possono sorgere dubbi sulla idoneità genitoriale della madre, e ciò anche sotto il punto di vista dell'accesso all'altro genitore; emerge infatti, dalle diverse relazioni dei (...) che entrambi i genitori abbiano prestato la piena collaborazione agli interventi di volta in volta ipotizzati, seppure, poi, la reciproca conflittualità ne abbia disinnescato gli effetti. Stante l'assenza di rapporti con il padre, è naturale che il minore sia collocato presso la madre, in favore della quale deve essere confermata l'assegnazione della casa coniugale. (...)à dei presupposti su cui si fonda la domanda di "stabilire che, non appena il (...) dei (...) di (...) avrà venduto all'asta la ex casa coniugale, il (...) corrisponda la metà del canone di affitto per una nuova abitazione delle stesse dimensioni e caratteristiche di quella attuale e nella stessa loc. di (...) dove (...) ha tutte le amicizie" nei impone il rigetto. Quanto al regime di frequentazione, state quanto sopra, non può che prevedersi che gli incontri padre-figlio siano subordinati alla effettiva disponibilità in ipotesi manifestata da (...) allo stato, peraltro, ancora in ragione della ferma opposizione del minore, appare inopportuna la previsione di ulteriori incarichi al (...) Le domande aventi contenuto economico. Nessuna rilevante modificazione ha interessato nel corso del giudizio le capacità reddituali del ricorrente, che con la nota del 20 maggio 2020 ha manifestato la propria disponibilità "a consensualizzare la causa di separazione... alle condizioni in corso" per come stabilite, dunque, in sede presidenziale. Considerate le condizioni economiche del padre, per come emergenti dagli atti, non sussistono pertanto ragioni per discostarsi, in punto di richieste economiche, da quanto già previsto con ordinanza del 24.1.2018. Invero, gli oneri gravanti sul ricorrente, anche per il mantenimento dei suoi due ulteriori figli, non permettono di individuare un contributo al mantenimento più elevato rispetto a quello già in essere. Le spese del presente giudizio. Stante il comune interesse delle parti alla pronuncia sullo status ed alla disciplina relativa all'esercizio della responsabilità genitoriale, le spese di lite debbono essere compensate per la quota di 3/4 ; in ragione della soccombenza di parte ricorrente sulla domanda di addebito, la restante quota di 1/4 essere posta a suo carico. Quest'ultima è liquidata come da dispositivo in ragione dei parametri medi di cui al D.M. 55 del 2014, tenuto conto del valore indeterminabile della causa. Le spese di CTU debbono essere poste a definitivo carico solidale delle parti. P.Q.M. Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni altra istanza ed eccezione disattesa o assorbita così dispone: -addebita la separazione a (...) - assegna la casa coniugale a (...) che la abiterà con il figlio; -affida in via esclusiva il minore, (...) alla madre, prevedendo che il padre possa vedere e tenere con sé il figlio soltanto a seguito dell'eventuale disponibilità manifestata dal minore stesso, secondo i tempi ed i modi dal medesimo individuati; - dispone che (...) versi a (...) entro il giorno cinque del mese, a titolo di contributo al mantenimento del figlio, la somma di Euro 350,00; l'importo è soggetto a rivalutazione annuale secondo gli indici (...) far data dal maggio 2025; -le spese straordinarie del figlio saranno sostenute da ciascun genitore per la quota del 50% ; - compensa per la quota di 3/4 le spese del presente giudizio; - condanna (...) a rifondere a (...) la restate quota di 1/4 delle spese legali, che liquida in euro 1.904,00 oltre spese generali al 15%, oltre c.p.a. e IVA se dovuta come per legge; - pone a definitivo carico solidale delle parti le spese di CTU già liquidate con decreto del 18.10.2018, emesso sul fascicolo R.G. n. (...)/2017 Così deciso nella camera di consiglio del giorno 18/04/2024.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO di GROSSETO Contenzioso CIVILE Il Tribunale, nella persona del (...) ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di I (...) iscritta al n. r.g. 1331/2018, vertente tra F.(...) S.A.S. (...) e C. (P.IVA: (...)), in persona del legale r.p.t., elettivamente domiciliata (...), presso lo studio dell'avv. (...) che la rappresenta e difende in giudizio in virtù di procura in calce all'atto di citazione; ATTRICE contro: (...) e C. S.N.C. (P.IVA: (...)), in persona del legale r.p.t., elettivamente domiciliat (...), presso lo studio dell'avv. (...) che la rappresenta e difende in giudizio in virtù di procura in calce alla comparsa di costituzione e risposta; (...) (C.F.: (...)) e (...) (C.F.: (...)), elettivamente domiciliat (...), presso lo studio dell'avv. (...) che li rappresenta e difende in giudizio in virtù di procura in atti; CONVENUTI (...) S.R.L. IN LIQUIDAZIONE (P.IVA: (...)); CONVENUTA - CONTUMACE CONCLUSIONI: come da verbale di udienza del 7.11.2023. MOTIVI DI FATTO E DI DIRITTO Con atto di citazione ritualmente notificato, la F.lli (...) s.a.s. di (...) e C. (d'ora innanzi "(...)") ha convenuto in giudizio l'(...) di (...) e C. s.n.c. (d'ora innanzi "(...)"), esponendo all'intestato Tribunale che: - nel dicembre 2015 si rivolse alla convenuta per riparare un autocarro e riportarlo in piena efficienza; - a distanza di pochi giorni dal ritiro, avvenuto il (...), il mezzo iniziò a presentare numerose problematiche - tra cui difficoltà nell'inserimento delle marce, emissione di forti rumori in frenata e di grandi quantità di fumo nero nonché accensione della spia del motore segnalante problemi all'impianto antinquinamento -, sicché fu riportato in officina a fine marzo; - restituito una seconda volta il 29 luglio, l'autocarro continuava a spegnersi durante la marcia ed emettere fumo nero dallo scarico, tanto da ritornare nuovamente in officina a dicembre; - rimaste irrisolte le criticità, fu promosso nel marzo 2017 un procedimento per (...) il quale esitò con l'accertamento dei vizi lamentati dalla ricorrente. Tanto premesso, la (...) chiedeva accertarsi l'inadempimento della convenuta e, per l'effetto, condannarla a restituirle il prezzo pagato a seguito del primo intervento, pari ad Euro 6.900,00, oltre interessi e rivalutazione monetaria, nonché a risarcirgli gli ulteriori danni subiti, consistenti negli interessi sul finanziamento acceso per acquistare un veicolo alternativo, oltre a rimborsagli le spese della procedura di ATP e di negoziazione assistita. Si costituiva in giudizio l'(...) chiedendo il rigetto delle domande avversarie, la condanna dell'attrice per responsabilità processuale aggravata, ai sensi dell'art. 96 c.p.c., e in via riconvenzionale la condanna della (...) a pagarle la somma di Euro 4.040,01 quale insoluto dei lavori globalmente compiuti sul pick-up. A sostegno della propria difesa, riferiva d'aver correttamente reso le sue prestazioni e che l'attrice dovesse ancora saldarle il compenso di Euro 1.300,00 per la prima commessa (avendolo arbitrariamente decurtato dal prezzo preventivato di Euro 8.200,00) e quello di Euro 2.740,01 relativo al secondo intervento. Il processo veniva istruito con l'assunzione delle prove testimoniali ammesse e l'espletamento di (...) per essere dichiarato interrotto all'udienza del 29.11.2022 a seguito dell'intervenuta cancellazione dal registro delle imprese dell'(...) Ritualmente riassunto nei confronti dei dedotti soci, rimaneva contumace l'(...) s.r.l. in liquidazione, mentre si costituivano in giudizio (...) e (...) i quali si riportavano alle difese svolte dalla società cancellata. La causa veniva trattenuta in decisione all'udienza del 7.11.2023, con assegnazione dei termini di cui all'art. 190 c.p.c. per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica. ***** I fatti di causa. Il contenzioso in esame verte sul rapporto intercorso fra le società (...) e (...) a decorrere dal mese di dicembre 2015 per interventi eseguiti dalla convenuta su un autocarro dell'attrice immatricolato nel 2006, avente all'epoca 262.000 Km. In particolare, dalla documentazione versata in atti, sotto ordinata cronologicamente, e dalla ricostruzione fattuale delle parti, emergono le seguenti circostanze: - nel dicembre 2015 la società (...) affidò all'(...) la riparazione del proprio veicolo (...) 2.5, trasportato a traino presso l'autofficina con motore bloccato meccanicamente; - nei primi giorni del 2016, dopo aver smontato la testata, l'(...) diagnosticò la "rottura della catena di distribuzione con relativi ingranaggi, guide, pompa del vuoto e conseguente rottura delle valvole, della testata, di un albero a camme e di un pistone" (all. 4 della citazione); - il (...), l'(...) riconsegnò il mezzo alla (...) ed emise la fattura n. 235 per un importo complessivo di Euro 8.200,00 (all. 1 della citazione); - a fine marzo la (...) tornò presso l'officina lamentando un forte rumore in fase di frenata e l'accensione di una spia che segnalava problemi all'impianto antinquinamento, con conseguente perdita di potenza e relativa limitazione elettrica della stessa nonché l'accensione della spia motore; - dopo vani tentativi di ripristino, il veicolo fu trasportato all'autofficina del concessionario della (...) di (...) (all. 9 della comparsa), la quale non riuscì a risolvere le problematiche lamentate, quindi il pick-up fu nuovamente riportato presso l'officina dell'(...) segnando un chilometraggio pari a 265.300, come risulta dalla scheda tecnica/preventivo n. 115 dell'(...) con inclusi gli interventi asseritamente compiuti per risolvere i nuovi guasti diagnosticati (all. 10 della comparsa); - in data (...), la (...) effettuò il pagamento della fattura n. 235, decurtandovi la somma di Euro 1.300,00, e l'(...) emise una rispettiva nota di credito (all. 8 della citazione); - agli inizi di dicembre 2016 il (...) portò nuovamente l'auto presso l'(...) denunciando ulteriori guasti, quali lo spegnimento del motore a bassi regimi e un'eccessiva produzione di gas di scarico, e da tale momento il pick-up giace presso l'officina. Questi sono i fatti documentati e sostanzialmente pacifici, ma diversa è la concreta ricostruzione delle parti. Per quanto riferito dalla (...) l'(...) non sarebbe riuscita ad assolvere l'incarico assegnatole a dicembre 2015, consistente nel riportare in piena efficienza l'autoveicolo; dopo il primo intervento di febbraio 2016, infatti, il mezzo avrebbe continuato a presentare problemi che giustificarono dapprima il ritorno all'(...) successivamente - dietro suggerimento dell'odierna convenuta - il trasporto al concessionario (...) di (...) e infine il rientro presso l'(...) per cercare di ripristinarlo definitivamente; ciò avrebbe giustificato, peraltro, la riduzione del prezzo del primo intervento di Euro 1.300,00, corrispondente alla somma fatturata dal concessionario (...) tuttavia, ben presto venne riscontrata anche l'inutilità del secondo intervento di luglio 2016 dell'(...) tanto che il mezzo fu riportato di nuovo presso la convenuta a dicembre 2016, e ivi rimase. (...) la prospettazione della convenuta, viceversa, i guasti riscontrati dal cliente a marzo 2016 erano del tutto diversi da quelli riparati il mese prima, e fu la (...) a ritirare spontaneamente il mezzo a giugno 2016 per trasferirlo alla concessionaria (...) che però non riuscì a risolvere i problemi, spingendo la (...) a riportarlo all'(...) a settembre 2016, dalla quale venne ritirato funzionate a ottobre, per poi ritornarvi a dicembre per altri guasti e dopo comunque aver percorso quasi 9.000,00 km dal ritiro di febbraio; segnala, tra l'altro, che la (...) non versò la somma di Euro 2.740,01 per gli interventi di settembre, e scalò arbitrariamente l'importo di Euro 1.300,00 dalla fattura n. 235 di febbraio, su cui l'(...) decise in un primo momento di soprassedere per evitare controversie, emettendo nota di credito per ragioni contabili. Pertanto, mentre la (...) ha chiesto la restituzione della somma versata di Euro 6.900,00 e il risarcimento dei danni sofferti, l'(...) ha insistito per il rigetto delle domande attoree e per la condanna dell'attrice a saldarle l'importo di Euro 4.040,01 (Euro 1.300,00 + Euro 2.740,01) per i lavori eseguiti sul mezzo. Questioni preliminari. Come risulta dalla visura camerale depositata dal difensore della società convenuta all'udienza del 29.11.2022, l'(...) di (...) e C. s.n.c. è stata cancellata dal registro delle imprese in data (...). Com'è noto, "la cancellazione della società dal registro delle imprese, a partire dal momento in cui si verifica l'estinzione della società cancellata, priva la società stessa della capacità di stare in giudizio (con la sola eccezione della "fictio iuris" contemplata dall'art. 10 legge fall.); pertanto, qualora l'estinzione intervenga nella pendenza di un giudizio del quale la società è parte, si determina un evento interruttivo, disciplinato dagli artt. 299 e ss. cod. proc. civ., con eventuale prosecuzione o riassunzione da parte o nei confronti dei soci, successori della società, ai sensi dell'art. 110 cod. proc. civ." (cfr. Cass. SS.UU. 6070/2013). Nel caso di specie, il processo interrotto all'udienza del 29.11.2022 è stato riassunto sia nei confronti di (...) e (...) i quali si sono costituiti ribadendo le domande ed eccezioni della società convenuta, sia contro l'(...) s.r.l. in liquidazione, che non s'è costituita in giudizio malgrado la ritualità della notifica. Ciò posto, devono compiersi due osservazioni. In primo luogo, dalle visure camerali di (...) di (...) e C. s.n.c. e di (...) s.r.l. (quest'ultima allegata alle comparse di costituzione dai sigg. (...) e (...), non emerge alcuna partecipazione sociale della seconda nella compagine della prima, figurando la stessa quale mera affittuaria (verosimilmente d'azienda) di un contratto annuale del 18.4.2002. Ne consegue la carenza di legittimazione passiva di (...) s.r.l. in liquidazione rispetto alle pretese attoree. In secondo luogo, deve ritenersi inammissibile la domanda reiterata dai soci (...) e (...) nei confronti della (...) per ottenere le somme da questa eventualmente dovute per i lavori resi dalla società cancellata. Infatti, secondo l'orientamento consolidato della Suprema Corte (cfr. ex plurimis Cass. SS.UU. n. 29108/2020): "è acquisito nella giurisprudenza di questa Corte il principio secondo cui, in caso di cancellazione di una società di persone dal registro delle imprese, i singoli soci non sono legittimati all'esercizio di azioni giudiziarie la cui titolarità sarebbe spettata alla società prima della cancellazione ma che essa ha scelto di non esperire, sciogliendosi e facendosi cancellare dal registro, atteso che, in tal modo, la società ha posto in essere un comportamento inequivocabilmente inteso a rinunciare a quelle azioni, facendo così venir meno l'oggetto stesso di una trasmissione successoria ai soci (Cass., Sez. I, 16 luglio 2010, n. 16758). Su questa base, è stato chiarito che non si verifica la successione dei soci nella titolarità di mere pretese, ancorché azionate o azionabili in giudizio, e di crediti ancora incerti o illiquidi che, ove non compresi nel bilancio finale di liquidazione, devono ritenersi rinunciati dalla società a favore della conclusione del procedimento estintivo, con la conseguenza che gli ex soci non hanno la legittimazione a farli valere in giudizio (Cass., Sez. I, 15 novembre 2016, n. 23269; Cass., Sez. I, 19 luglio 2018, n. 19302). Più in generale, qualora all'estinzione della società, conseguente alla sua cancellazione dal registro delle imprese, non corrisponda il venir meno di ogni rapporto giuridico facente capo alla società estinta, si determina un fenomeno successorio, in virtù del quale si trasferiscono ai soci, in regime di contitolarità o di comunione indivisa, i diritti e i beni non compresi nel bilancio di liquidazione della società estinta, ma non anche le mere pretese, ancorché azionate o azionabili in giudizio, né i diritti di credito ancora incerti o illiquidi la cui inclusione in detto bilancio avrebbe richiesto un'attività ulteriore (giudiziale o extragiudiziale), il cui mancato espletamento da parte del liquidatore consente di ritenere che la società vi abbia rinunciato (Cass., Sez. Un., 12 marzo 2013, n. 6072)". Ciò esposto, ritiene questo Tribunale che non s'è verificato alcun fenomeno successorio in favore dei soci con riferimento alle pretese creditorie azionate nel presente giudizio dalla società cancellata durante la sua ordinaria attività d'impresa. Infatti, nel momento in cui i due soci oggi costituiti hanno deciso di sciogliere la società e di provvedere alla relativa cancellazione non potevano non sapere che il credito suindicato non fosse affatto liquido ed esigibile, trattandosi di un credito contestato da controparte in merito alla debenza delle somme richieste. Oltre al rilievo che di mere pretese si tratta, la cancellazione della società in pendenza del giudizio deve far concludere che il liquidatore abbia inteso rinunciare a perseguire l'accertamento dei diritti di credito vantati dalla società, cosicché non s'è verificato alcun fenomeno successorio. Il soggetto che agisce a tutela della pretesa creditoria di una società cancellata dal registro delle imprese ha l'onere di allegare espressamente e, poi, di dimostrare la propria qualità di avente causa della società, come assegnatario del credito in base al bilancio finale di liquidazione oppure come successore nella titolarità di un credito non inserito nel bilancio e non oggetto di tacita rinuncia, senza che assuma alcun rilievo la dichiarata qualità di ex-socio o di liquidatore, non necessariamente implicante la successione nella posizione giuridica (cfr. Cass. n. 8521/2021). Sulla scorta, quindi, dei principi espressi dalla giurisprudenza di legittimità, in caso di cancellazione di una società di persone, mentre i rispettivi debiti si trasferiscono ai successori (art. 2312, co. 2 c.c.), le pretese creditorie debbono ritenersi implicitamente rinunciate. La domanda riconvenzionale reiterata dai convenuti (...) e (...) pertanto, deve ritenersi inammissibile. Le risultanze istruttorie. In sede di precisazione delle conclusioni, le parti non hanno riproposto le istanze istruttorie non accolte nel corso del giudizio, sicché le stesse devono reputarsi tacitamente rinunciate (cfr. ex plurimis Cass. ord. 3229/2019). Le testimonianze assunte, invece, si rivelano sostanzialmente inapprezzabili, dal momento che le dichiarazioni rese dai testimoni citati dalle parti - ognuno legato ad esse da particolari rapporti (parentali, societari o lavorativi) che non li rendono completamente estranei ai rispettivi interessi - contrastano insanabilmente fra loro. Ai fini del giudizio, quindi, risultano indispensabili le risultanze peritali, ritenute meritevoli d'essere recepite nel contesto della presente statuizione, in quanto immuni da vizi logici e di metodo, oltre che frutto di un iter espositivo congruamente e ampiamente motivato. Ebbene, già in fase di ATP il consulente riscontrò dei problemi sul mezzo durante la fase di partenza, non legate a problematiche del cambio, ma dovute all'anomalo stato di funzionamento del motore, il quale non riusciva a rimanere acceso autonomamente intorno al regime del minimo dei giri motore, segnalando come anche le altre anomalie accertate (quali l'accensione della spia motore e di quella dell'impianto anti inquinamento, con conseguente perdita di potenza e limitazione elettronica della potenza, e le emissioni di grandi quantità di fumo nero dallo scarico), fossero con molta probabilità riconducibili all'anomalo stato di funzionamento nel quale il motore si trova a lavorare (pag. 20 della perizia). Il consulente non riuscì a individuare le cause effettive dei malfunzionamenti del pick-up, in quanto tale operazione avrebbe richiesto analisi approfondite con onerosi costi aggiuntivi. Tuttavia, nell'incarico affidatogli in questo giudizio, il CTU ha verificato che nonostante il corretto montaggio del kit, e in particolar modo delle catene, ad opera dall'(...) nel febbraio 2016, le anomalie riscontrate sull'auto siano direttamente legate all'allungamento della catena del primario e/o alla rottura dei denti del suddetto ingranaggio, componenti meccanici entrambi sostituiti nel kit distribuzione installato dall'(...) nella prima riparazione, escludendone invece una riconducibilità alla vetustà del mezzo o al suo stato d'uso (pag. 37, 38 e 41 della perizia). (...) perizia d'ufficio costituisce, a parere di questo Tribunale, uno strumento sufficiente per trarre argomentazioni idonee a supportare le circostanze fatte valere dalla parte attrice. Infatti, risulta provata l'esistenza del vizio - ovvero l'impedimento al normale utilizzo del veicolo dovuto all'allungamento della catena del primario e/o alla rottura dei denti del suddetto ingranaggio - e alla sua riconducibilità causale agli interventi di riparazione eseguiti sul motore oggetto di contesa dalla carrozzeria convenuta, atteso che i componenti meccanici furono entrambi sostituiti nel kit distribuzione installato dall'(...) nella riparazione di febbraio 2016, che seppur conforme e certificato non era originale (...) La prestazione dell'autoriparatore non comprende soltanto lo svolgimento di un'attività lavorativa, ma anche la produzione di un risultato utile, vale a dire il corretto intervento di riparazione, di sostituzione o di manutenzione richiesto dal cliente. (...) deve sempre svolgere la propria opera con la diligenza professionale propria dell'artigiano qualificato ed esperto nell'attività dell'autoriparazione. Non basta, dunque, la diligenza generica del buon padre di famiglia, ma occorre un grado di diligenza qualificata, che comporta l'obbligo di compiere il proprio lavoro a perfetta regola d'arte e secondo la perizia professionale, le regole tecniche e l'esperienza concreta tipiche della figura dell'autoriparatore modello, professionalmente preparato. La garanzia per difformità o vizi dell'opera (che nel caso di specie non copre qualsiasi difetto di conformità, come nel caso del cliente consumatore, bensì soltanto i difetti che pregiudicano la corretta funzionalità e la normale utilizzabilità del componente, nonché i difetti che ne diminuiscono in modo apprezzabile il valore economico, ovvero i difetti derivanti da una procedura di installazione non corretta, che abbia pregiudicato la normale funzionalità o le qualità prestazionali del componente) che le imprese di autoriparazione prestano nei confronti dei committenti all'atto di assunzione dell'incarico è disciplinata dagli artt. 1668 e 2226 c.c. (a seconda della struttura dell'officina). Il meccanico s'impegna a eseguire la riparazione concordata con il cliente, mentre quest'ultimo si obbliga a corrispondere la somma pattuita per la riparazione. Gli articoli citati prevedono una specifica forma di tutela, ossia la garanzia per difformità o vizi dell'opera. Qualora la difformità/vizio sia stata denunciata in maniera corretta e tempestiva (sebbene nel caso concreto non è stata eccepita alcuna decadenza o prescrizione dell'azione), il codice civile prevede due alternative: si può chiedere l'eliminazione del vizio, ossia la riparazione del veicolo a spese del meccanico, oppure la riduzione del prezzo pattuito in considerazione del danno subito. Se, invece, la riparazione non può più essere effettuata perché le difformità o i vizi dell'opera sono tali da renderla del tutto inadatta alla sua destinazione, si può chiedere la risoluzione del contratto che dà diritto ad ottenere la restituzione dei soldi versati per la riparazione. In ogni caso, la norma fa salva la possibilità di agire per ottenere il risarcimento dei danni subiti che sono conseguenza immediata e diretta dell'operato colposo dell'autoriparatore. Pertanto, l'autoriparatore risponde con la garanzia per i vizi indipendentemente da sua colpa, in quanto la garanzia è dovuta per il semplice fatto oggettivo dell'esistenza dei difetti, ma risponde dei pregiudizi che possono derivare dal vizio solamente quando sia ravvisabile una colpa a suo carico, che tuttavia è presunta sino a prova contraria (cfr. Cass. n. 21269/2009). Nel caso di specie, ad avviso del Tribunale, non vi sono gli estremi per dichiarare la risoluzione del contratto intercorso a dicembre 2016 tra la (...) e l'(...) (domanda attorea implicitamente proposta per conseguire la ripetizione della somma versata alla società convenuta), atteso che i vizi riscontrati sul veicolo - legati a componenti meccanici installati dalla convenuta nella prima riparazione - non erano tali da impedirgli di assolvere alla sua funzione, tanto che tra il primo e il secondo intervento dell'(...) il mezzo percorse oltre 3.000 km, e altri 5.000 km vennero effettuati prima del ritorno definitivo in officina a dicembre 2016. Non avendo pertanto la (...) agito per la riduzione del prezzo dell'intervento, ma solo per il risarcimento dei danni sofferti, la pronuncia giudiziale (in assenza di congrua prova liberatoria fornita dall'(...) circa la totale assenza di responsabilità in merito alle criticità riscontrate sul veicolo dell'attrice, le quali possono ragionevolmente ricondursi all'inadeguatezza dei componenti meccanici non originali installati a febbraio 2016) deve limitarsi al riconoscimento del diritto della (...) a vedersi corrispondere la somma di Euro 3.361,00 stimata prudenzialmente dal CTU quale costo necessario all'eliminazione dei vizi riscontrati (pag. 39 della perizia). Poiché tale credito è di valore, sulla somma sopra indicata è dovuta la rivalutazione secondo gli indici (...) dalla data in cui il danno è stato stimato (20.12.2020) fino a quella della presente sentenza, e gli interessi legali, che vanno calcolati inizialmente sull'importo capitale su riportato e, per gli anni successivi, sulle ulteriori frazioni via via risultanti dalla rivalutazione annuale. Sull'importo complessivo come determinato, spettano poi gli interessi legali dalla data della presente sentenza fino a quella del saldo effettivo. Per converso, vanno disattese le domande della (...) per avere il ristoro delle somme versate ad altra officina per interventi sul mezzo nonché gli interessi che sarebbe tenuta a pagare per il finanziamento corrispondente al nuovo veicolo acquistato in sostituzione di quello oggetto di causa. La prima pretesa, infatti, deve ritenersi inammissibile, in quanto allegata solo in sede di precisazione delle conclusioni. Circa la seconda, invece, la documentazione in atti non prova l'esistenza di tale vulnus, poiché non è stato prodotto alcun contratto di finanziamento - che peraltro risalirebbe a novembre 2016, quando il mezzo era ancora circolante -, ma solo un piano di ammortamento generico, privo di sottoscrizioni e di specifica giustificazione (all. 4 della II memoria istruttoria dell'attrice). Spese di CTP. Le spese sostenute per la consulenza tecnica di parte, la quale ha natura di allegazione difensiva tecnica, rientrano tra quelle che la parte vittoriosa ha diritto di vedersi rimborsate, a meno che il giudice non si avvalga, ai sensi dell'art. 92, co. 1 c.p.c. della facoltà di escluderle dalla ripetizione, ritenendole eccessive o superflue (cfr. Cass. n. 3380/2015). La condanna del soccombente a rimborsare alla controparte il compenso per l'assistenza del consulente, di cui lo stesso si sia avvalso, presuppone la prova dell'effettività della spesa, ossia che la parte vittoriosa abbia quantomeno assunto la relativa obbligazione, seppure il pagamento non sia stato già effettuato al momento della sentenza (cfr. Cass. n. 24188/2021). Nel caso di cui trattasi, l'attrice ha prodotto due fatture emesse dal proprio CTP nella fase accertamento tecnico preventivo, e dagli atti di causa, con particolare riguardo al tenore della CTU svolta in quella sede e dalla parte dedicata alle osservazioni, è provato sia l'incarico come consulente di parte, con conseguente assunzione dell'obbligo di pagamento, sia l'attività compiuta dal CTP in favore della (...) con la partecipazione alla procedura e la formulazione delle osservazioni critiche alla bozza. Essendo provata sia l'obbligazione al pagamento, che l'attività in concreto svolta, dev'essere disposta la condanna al pagamento anche delle spese di CTP ammontanti ad Euro 756,70, da ritenersi congrue perché in linea con le spese della (...) come quantificate nel decreto di liquidazione. Viceversa, in carenza di apposita documentazione, non può liquidarsi alcuna somma per attività di consulenza svolta nel giudizio di merito. Spese di negoziazione assistita. Come ha ribadito la Corte di Cassazione nella sentenza n. 24481/2020: "il rimborso delle spese di assistenza stragiudiziale ha natura di danno emergente, consistente nel costo sostenuto per l'attività svolta da un legale in detta fase pre-contenziosa. "(...)à di tale esborso, ai fini della possibilità di porlo a carico del danneggiante, deve essere valutata ex ante, cioè in vista di quello che poteva ragionevolmente presumersi essere l'esito futuro del giudizio". "Da ciò consegue il rilievo che l'attività stragiudiziale, anche se svolta da un avvocato, è comunque qualcosa d'intrinsecamente diverso rispetto alle spese processuali vere e proprie" (enfasi aggiunta). "Ne deriva che, se la liquidazione deve avvenire necessariamente secondo le tariffe forensi, essa resta soggetta ai normali oneri di domanda, allegazione e prova secondo l'ordinaria scansione processuale, al pari delle altre voci di danno emergente. Il che comporta che la corrispondente spesa sostenuta non è configurabile come danno emergente e non può, pertanto, essere riversata sul danneggiante quando sia, ad esempio, superflua ai fini di una più pronta definizione del contenzioso, non avendo avuto in concreto utilità per evitare il giudizio o per assicurare una tutela più rapida risolvendo problemi tecnici di qualche complessità (Cass. n. 9548 del 2017). Ne deriva che non è corretta affermazione di taluna giurisprudenza (Cass. n. 14594 del 2005) secondo cui le spese legali dovute dal danneggiato/cliente al proprio avvocato in relazione ad attività stragiudiziale seguita da attività giudiziale possono formare oggetto di liquidazione con la nota di cui all'art. 75 disp. att. c.p.c. (Cass. n. 14594 del 2005), dovendo invece formare oggetto della domanda di risarcimento del danno emergente nei confronti dell'altra parte con le preclusioni processuali ordinarie nei confronti delle nuove domande" (così, in motivazione, Cass. Sez. U. 10 luglio 2017, n. 16990)" Applicando tali principi al caso di specie, la domanda di condanna al pagamento delle spese legali stragiudiziali in favore dell'attrice si ritiene ammissibile, benché il relativo importo quantificato in sede di precisazione delle conclusioni non appaia congruo rispetto all'attività espletata con riferimento ai parametri di cui al D.M.55/2014, ai quali pertanto il Tribunale ritiene di doversi uniformare nella liquidazione compiuta in dispositivo. Spese di lite e di (...) Le spese di lite, comprensive della fase di ATP e dell'odierno giudizio, seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo secondo i criteri del DM 55/2014, tenuto conto del credito riconosciuto (criterio del "decisum"). Le spese di (...) già liquidate in fase di ATP e nell'odierno giudizio con rispettivi decreti, vengono poste definitivamente a carico di parte convenuta. Responsabilità ex art. 96 c.p.c. (...) parziale delle domande attoree, giustificano il rigetto delle reciproche istanze formulate dalle parti di condanna per lite temeraria. P.Q.M. Il Tribunale di Grosseto definitivamente pronunciando sulle domande proposte, disattesa ogni contraria istanza, deduzione ed eccezione, così provvede: 1) dichiara il difetto di legittimazione passiva di (...) s.r.l. in liquidazione; 2) accoglie le domande attoree nei limiti di parte motiva e, per l'effetto, condanna (...) e (...) in solido tra loro, a pagare all'attrice la somma di Euro 3.361,00, oltre alla rivalutazione e agli interessi legali su tali somme intervenuti dal 20.12.2020 e fino alla data della presente sentenza e oltre agli ulteriori interessi legali maturati sull'importo complessivo come sopra calcolato dalla data della sentenza fino al saldo effettivo; 3) condanna (...) e (...) in solido tra loro, a pagare all'attrice l'ulteriore importo di Euro 756,70 per spese di CTP sostenute nella fase di (...) 4) condanna (...) e (...) in solido tra loro, a pagare all'attrice l'ulteriore somma di Euro 650,00 per spese legali della procedura di negoziazione assistita, oltre IVA e (...) come per legge; 5) condanna (...) e (...) a rifondere all'attrice le spese di lite, che liquida in Euro 436,50 per esborsi ed Euro 3.398,00 per compensi, oltre (...) CPA e rimborso forfettario (15%) come per legge; 6) pone definitivamente a carico di (...) e (...) in solido tra loro, le spese di CTU della fase di ATP e dell'odierno giudizio; 7) rigetta le domande formulate dalle parti ai sensi dell'art. 96 c.p.c.. (...) 31.1.2024 (...)

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO DI GROSSETO CONTENZIOSO CIVILE Il Tribunale, in persona del giudice dott. Giulio Bovicelli, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile iscritta al n. 1913/2016 ruolo contenzioso generale promossa da (...) SRL IN LIQUIDAZIONE E IN CONCORDATO PREVENTIVO (C.F. (...)), rappresentata e difesa dall'Avv. MA.CE.; ATTORE contro (...) (C.F. (...)) e (...) (C.F. (...)), in proprio e quali eredi di (...), entrambe rappresentate e difese dall'Avv. MA.BE.; CONVENUTE RAGIONI DI FATTO E DIRITTO DELLA DECISIONE La (...) s.r.l. in liquidazione e concordato preventivo ha evocato in giudizio le convenute per sentire accogliere le conclusioni sopra trascritte. A sostegno delle proprie pretese la società attrice ha allegato: - di aver stipulato, in data 13.12.2010, con (...), (...) e (...) un accordo preliminare di preliminare per l'attuazione di un intervento edificatorio in Magliano in Toscana; accordo che, secondo la tesi attorea, condizionava la stipula di un secondo preliminare (volto a stabilire prezzo e modalità di pagamento dei terreni oggetto di negoziazione) alla "duplice condizione sia dell'acquisto da parte delle promittenti (?) dei terreni (evidentemente di proprietà di terzi) siti nel confinante comparto CR3, sia della approvazione del PdL (piano di lottizzazione)" (vds. pag. 2 atto di citazione); - di avere, su richiesta delle convenute, anticipato i tempi di esecuzione di una parte della propria prestazione contrattuale, avviando e portando a termine, già nel 2012, i lavori sul bed&breakfast di cui al contratto siglato in data 13.12.2010; - che l'assenso alla anticipazione di tali lavori era prestato dalla (...) "con la sola richiesta, dato il conseguente rilevante impegno di spesa (pari a circa 300.000,00 Euro), che le proprietarie accettassero le cessioni delle fatture onde consentire alla (...) l'anticipazione da parte delle Banche, salvo restando che almeno la prima metà dell'importo scontato doveva comunque restare rimanere a carico della (...), nel senso che questa avrebbe dovuto anticipare o restituire alle (...) l'importo che le stesse, sulla base della accettazione delle fatture, formalmente avrebbero dovuto corrispondere alle banche" (cfr. pag. 4 atto di citazione); - che in tale ottica era emesso, tra gli altri, "un assegno di Euro 104.500, afferente la fattura n. (...) del 2012 il quale, nella tesi attorea non veniva incassato in attesa che fosse eseguito dalle cedute ? il corrispondente versamento della anticipazione" (cfr. pagg. 4 e 5 atto di citazione); - che, posto all'incasso l'assegno ad opera di (...), la (...) avrebbe dato mandato alla propria banca di non pagarlo sia perché giunto fuori termine, sia perché aveva nelle more scoperto la circostanza che il termine fissato dalle convenute "per l'ottenimento in permuta da terzi di alcuni terreni del comparto CR3, come previsto nella premessa dell'Acc. 13 dicembre 2010, andava a scadere (?) in data di gran lunga successiva a quella prevista per la stipula del preliminare"; - che il credito in favore della (...), relativo all'anticipazione del citato assegno è stato estinto da L.D.P., con conseguente liberazione delle signore (...) e (...); - di aver invitato le convenute, con lettera del 21.6.2013, a presentarsi innanzi al Notaio (...) per il giorno 12.7.2013 per la stipula del secondo contratto e per il contestuale versamento del prezzo a conguaglio; - che tale data decorreva inutilmente; - che in data 29.1.2015 la Giunta comunale di Magliano adottava il piano attuativo del comparto CR3, rimanendo ignota la sorte della conseguente approvazione definitiva. Sulla scorta di tali allegazioni, l'attrice ha quindi dedotto che "oltre che per l'inadempimento sia dell'una o dell'altra o di entrambe le parti, il contratto si dovrebbe risolvere anche per impossibilità e/o eccessiva onerosità sopravvenute", stante la situazione di insolvenza che affligge la società attrice, allo stato "impossibilitata a rendersi acquirente di un bene che alcuna utilità le produrrebbe". In ragione di ciò, ovvero dell'annullamento per dolo, la stessa società attrice avrebbe diritto a "vedersi restituire, ..., la prestazione corrisposta, nella fattispecie equivalente all'ammontare in denaro dei lavori svolti" ovvero (in subordine) la corresponsione della stessa somma a titolo di indennizzo da indebito arricchimento. Costituitesi in giudizio soltanto in prima udienza, le convenute hanno contestato le pretese attoree, rappresentando, in particolare, di non essere incorse in alcun inadempimento del contratto del 13.12.2010, il quale deve ritenersi a tutt'oggi in vigore. In tal senso hanno evidenziato che il Piano di Lottizzazione sarebbe stato approvato soltanto nel gennaio 2015 e di aver provveduto, a fronte di ciò, a convenire, senza esito, la società attrice dinanzi al Notaio (...) di Firenze per la sottoscrizione del secondo contratto. Il giudizio, istruito documentalmente e per testimoni, a seguito della riassunzione conseguente all'interruzione per decesso di (...), è stato trattenuto in decisione all'udienza del 23.2.2022. Questo giudice ha poi rimesso la causa sul ruolo con ordinanza del seguente tenore: "visto l'art. 101, comma II c.p.c., ai sensi del quale "se ritiene di porre a fondamento della decisione una questione rilevata d'ufficio, il giudice riserva la decisione, assegnando alle parti, a pena di nullità, un termine, non inferiore a venti e non superiore a quaranta giorni dalla comunicazione, per il deposito in cancelleria di memorie contenenti osservazioni sulla medesima questione"; dato conto del consolidato principio giurisprudenziale per il quale "nel caso in cui le parti abbiano condizionato l'efficacia (o la risoluzione) di un contratto al verificarsi di un evento senza indicare il termine entro il quale questo può utilmente avverarsi, può essere ottenuta la dichiarazione giudiziale di inefficacia del contratto stesso per il mancato avveramento della condizione sospensiva (o per l'avveramento della condizione risolutiva) senza che ricorra l'esigenza della previa fissazione di un termine da parte del giudice, ai sensi dell'art. 1183 cod. civ. quando lo stesso giudice ritenga essere trascorso un lasso di tempo congruo entro il quale l'evento previsto dalle parti si sarebbe dovuto verificare" (cfr. Corte di Cassazione, Sez. 3, Sentenza n. 22811 del 10/11/2010); ritenuto che il predetto principio - salva ed impregiudicata ogni diversa valutazione all'esito del giudizio - sembra applicabile al caso di specie, apparendo a tutt'oggi non avverata la condizione relativa alla "approvazione definitiva del PdL" di cui all'art. 4 del contratto del 13.12.2010; ritenuto, altresì, che come affermato da recente giurisprudenza di merito "il mancato avveramento della condizione sospensiva può essere valutato anche di ufficio dal giudice" poiché lo stesso "non rappresenta infatti un'eccezione in senso proprio, ma una semplice difesa volta a contestare la sussistenza dei fatti costitutivi della domanda, che deve essere esaminata e verificata dal giudice anche d'ufficio, indipendentemente dalle argomentazioni e richieste della parte (cfr. Corte di Appello di Bari, sentenza n. 1318 del 10.7.2020); ritenuto pertanto necessario rimettere la causa sul ruolo per permettere alle parti il deposito di memorie contenenti osservazioni sulla medesima questione; P.Q.M. Visto l'art. 101 c.p.c. Rimette la causa sul ruolo; assegna alle parti termine sino al 7 ottobre 2022 per il deposito di memorie contenenti osservazioni sulla sollevata questione; fissa per la precisazione delle conclusioni l'udienza del 12 ottobre 2022 ore 12.00" Le parti non hanno dedotto nulla sulla questione rilevata d'ufficio; parte convenuta ha però provveduto, entro il termine assegnato per note al deposito di alcuni documenti. La causa è stata nuovamente trattenuta in decisione all'udienza del 13.12.2023 con assegnazione dei termini di cui all'art. 190 c.p.c. Preliminarmente occorre rilevare l'inammissibilità della domanda riconvenzionale della parte convenuta ("ordinare, in esecuzione della scrittura - accordo preliminare, il trasferimento a favore della società attrice dei terreni di proprietà di M.C., (...)F. e (...)") poiché formulata con comparsa di costituzione e risposta depositata soltanto il 22.11.2016 a fronte della citazione a comparire al 30 novembre 2023, e dunque oltre il termine prescritto dall'art. 166 c.p.c. Passando al merito delle domande attoree si ritiene che la complessità delle questioni giuridiche alle stesse sottese ne consigli, al fine di una maggiore efficacia espositiva, la trattazione secondo i paragrafi che seguono. 1. Sulla natura del contratto stipulato in data 13.12.2013. Con il citato accordo le parti hanno stabilito quanto segue: "ART. 1 La (...) srl, a propria cura e spese predisporrà il Piano di Lottizzazione del terreno da presentare in comune entro quattro mesi dalla data odierna. ART. 2 La (...) srl predisporrà, contemporaneamente al Piano di Lottizzazione, il progetto di trasformazione e cambio di destinazione d'uso per la realizzazione di un Bed &Breakfast nei locali del piano terra e del piano seminterrato dell'edificio di proprietà delle Signore (...) in Via X. (...) in (...) in T. da presentare in comune entro quattro mesi dalla data odierna. ART. 3 La (...) srl predisporrà, a propria cura e spese il progetto delle OO.UU.PP. per la stipula della Convenzione con il Comune, che verrà sottoscritta dalle proprietarie con costi e garanzie a carico della (...) srl. ART 4All'approvazione definitiva del PdL verrà stipulato un preliminare nel quale si stabiliranno prezzo e modalità di pagamento e di trasferimento dei terreni di cui sopra. ART. 5 La (...) srl predisporrà, a propria cura e spese, anche il progetto degli edifici da realizzare nella lottizzazione, per i quali sarà presentata domanda di Permesso di Costruire a nome delle Proprietarie. ART. 6 Durante le fasi di progettazione delle OO.UU.PP successive alla definitivaapprovazione del Piano di Lottizzazione, dopo la stipula del Preliminare di compravendita ma prima della stipula della Convenzione con il Comune e del rilascio del permesso a costruire degli edifici, e cioè prima del trasferimento della proprietà, la (...) srl è disposta ad eseguire i lavori per la realizzazione del Bed&Breakfast, una volta ottenuto il relativo permesso a costruite, il cui costo, comprensivo anche delle spese tecniche di progettazione, andrà considerato quale acconto sulle somme da corrispondere per l'acquisto dei terreni di cui sopra. ART. 7il valore del terreno inserito nel comparto CR3, sarà definito al momento della stipula del preliminare, tuttavia lo stesso non potrà essere inferiore, per la totale cubatura realizzabile (incluso, quindi, anche la quota di altra proprietà) a Euro 300.000 (?). Qualora non vi fosse accordo tra le parti, sul suddetto valore, le proprietarie potranno proporre l'acquisto anche ad altri soggetti fatto salvo, però, ma solo in tale evenienza, l'indennizzo delle spese tecniche che la (...) s.r.l. avrà nel tempo sostenuto per la progettazione del piano di Lottizzazione, delle OO.UU.P. e degli edifici, da valutarsi secondo le vigenti tariffe professionali degli ingegneri e architetti, scontato del 20%". Dalla lettura dell'accordo appena trascritto emerge la sua natura di contratto ad effetti (meramente) obbligatori, condizionato alla approvazione definitiva del Piano di Lottizzazione. Con lo stesso, infatti, le parti - procedimentalizzando fasi contrattuali corrispondenti a interessi realmente rintracciabili alla base dell'operazione negoziale - hanno previsto una serie di prestazioni propedeutiche rispetto a quelle che avrebbero dovuto essere l'oggetto del secondo preliminare (tra queste figurano, ad esempio, la predisposizione del Piano di Lottizzazione a cura e spese della società attrice - v. art. 1 - e quella del "progetto di trasformazione e cambio di destinazione d'uso" -v. art. 2 -) assumendo l'obbligazione principale - invero condizionata all'effettiva approvazione del piano di lottizzazione (o più correttamente piano attuativo) - di "contrattare", sul prezzo e sulle modalità di pagamento, andando peraltro a disciplinare compiutamente l'ipotesi di un mancato accordo ("qualora non vi fosse accordo tra le parti, sul suddetto valore, le proprietarie potranno proporre l'acquisto anche ad altri soggetti fatto salvo, però, ma solo in tale evenienza, l'indennizzo delle spese tecniche che la (...) s.r.l. avrà nel tempo sostenuto per la progettazione del piano di Lottizzazione, delle OO.UU.P. e degli edifici, da valutarsi secondo le vigenti tariffe professionali degli ingegneri e architetti, scontato del 20%"). A ciò occorre aggiungere che è pacifico tra le parti che il suddetto accordo sia stato modificato - seppure vi è discordia circa le relative motivazioni - con anticipazione all'inizio del 2012 (e dunque a piano attuativo non ancora approvato) dei tempi di esecuzione dei lavori di ristrutturazione del B&B. Ebbene in ragione di quanto precede deve innanzitutto rilevarsi la natura di "preliminare di preliminare" del contratto che ci occupa. Nessun dubbio può conseguentemente sorgere circa la sua validità per un ipotizzabile difetto di causa. E' evidente, infatti, che lo stesso corrisponda all'interesse delle parti di rendere cogente, prima dell'approvazione definitiva del piano attuativo, soltanto una ristretta area del loro regolamento di interessi, da integrare, successivamente, con più attuali e compiute valutazioni circa la definizione del prezzo e delle relative modalità di pagamento. All'interno di questa valida regolamentazione negoziale, l'effettuazione dei lavori di ristrutturazione del B&B operati dalla (...) s.r.l., deve essere qualificata come una datio in solutum (art. 1197 c.c.), con cui la società si è anticipatamente liberata dal pagamento del prezzo, eseguendo, appunto - con il consenso delle controparti - una prestazione diversa da quella tipicamente prevista nel contratto di compravendita. Poste tali premesse, può adesso passarsi all'analisi delle singole domande svolte da parte attrice. 2. Sulla domanda di annullamento del contratto per dolo delle convenute. L'attore fonda la propria domanda sul presupposto che al momento dell'approvazione del Piano di Lottizzazione le convenute avrebbero potuto non essere proprietarie dei terreni che invece si erano impegnate a trasferirgli; ciò sarebbe desumibile in ragione del fatto che le stesse convenute avevano pattuito che il trasferimento in loro favore dei fondi oggetto di permuta avvenisse "entro e non oltre il termine di 15 giorni dalla sottoscrizione della prima convenzione ... che regoli le modalità di esecuzione delle opere di urbanizzazione" (vds. doc. 20 - attore), e dunque in un momento logicamente successivo "all'approvazione definitiva del PDL", la quale si pone quale presupposto giuridico della Convenzione di Lottizzazione. Di tale circostanza le convenute non avrebbero dato conto alla società attrice, così impedendole di "poter fare le giuste valutazioni in ordine al rischio, alla certezza e alla conseguente convenienza dell'affare, così non consentendole di determinarsi in maniera corretta in ordine alla stipula dell'accordo ed in ordine al contenuto dello stesso" (vds. pag. 8 citazione). Ebbene, è noto che può parlarsi di dolo ex art. 1439 c.c. solo allorché la parte abbia utilizzato artifici o raggiri tali che "senza di essi, l'altra parte non avrebbe contrattato". A tal proposito deve in particolare ricordarsi che "il dolo omissivo, pur potendo viziare la volontà, è causa di annullamento, ai sensi dell'art. 1439 c.c., solo quando l'inerzia della parte si inserisca in un complesso comportamento, adeguatamente preordinato, con malizia o astuzia, a realizzare l'inganno perseguito, determinando l'errore del "deceptus". Pertanto, il semplice silenzio, anche in ordine a situazioni di interesse della controparte, e la reticenza, non immutando la rappresentazione dellarealtà, ma limitandosi a non contrastare la percezione della realtà alla quale sia pervenuto l'altro contraente, non costituiscono di per sé causa invalidante del contratto" (cfr. Corte di Cassazione Sez. 2 - , Ordinanza n. 11605 del 11/04/2022). Ebbene, l'attore ha esaurito le proprie allegazioni in merito al dolo asseritamente serbato dalle altre parti semplicemente riferendo che queste non lo avrebbero informato del termine ("entro e non oltre ? 15 giorni dalla sottoscrizione della prima convenzione") dalle stesse fissato per la permuta. Ebbene, è evidente che tale circostanza non sia da sola sufficiente a dare conto dell'esistenza di quel "complesso comportamento, adeguatamente preordinato, con malizia o astuzia, a realizzare l'inganno perseguito, determinando l'errore del "deceptus" richiesto invece dall'art. 1439 c.c. Da ciò non può che discendere il rigetto, in questa parte, della domanda attorea. 3. Sulla domanda di risoluzione del contratto per inadempimento delle convenute. Anche con riferimento a tale profilo la domanda attorea non può che risultare infondata. La stessa, infatti, si fonda sul medesimo contegno omissivo sopra descritto e sull'asserito presupposto per il quale le promittenti non sarebbero "state in grado di adempiere all'invito ? alla cessione dei terreni". Ebbene, l'attore non ha fornito la prova che al 12.07.2013, data dallo stesso fissata per la stipula del rogito dinanzi al notaio (...), si fosse inverata la condizione della "approvazione definitiva del piano di lottizzazione"; ed anzi lo stesso attore dà atto che la sola adozione ("e non l'approvazione definitiva") abbia avuto luogo soltanto in data successiva e, più precisamente, il 25.2.2015. Nessun inadempimento agli obblighi prescritti nel contratto preliminare di preliminare che ci occupa è dunque neppure astrattamente ipotizzabile, posto che la verifica della possibilità delle convenute di procurare all'attore l'acquisto degli immobili dedotti in contratto è logicamente e giuridicamente successiva all'avveramento della condizione cui le parti hanno subordinato la cogenza del loro obbligo di ricontrattare. Conseguentemente nessun obbligo gravava sulle convenute di recarsi dal notaio per la stipula del secondo contratto in data 12.7.2013 e nessun inadempimento delle stesse può essere rinvenuto nella circostanza che a quella data, le medesime non avessero ancora ottenuto la proprietà di parte degli immobili dedotti nel preliminare di preliminare. 4. Sulla domanda di risoluzione per impossibilità o eccessiva onerosità sopravvenuta "e/o recesso e/o inadempimento e volontà della promissaria acquirente" (vds. pag. 11 atto di citazione). Tanto l'impossibilità, quanto la eccessiva onerosità sopravvenuta fondano la propria giustificazione sul profilo oggettivo del rapporto sinallagmatico, cosicché per impossibilità non deve intendersi una mera difficolta, ma un impedimento assoluto ed obiettivo, tale cioè da non poter essere rimosso, con riferimento alla prestazione in sé e per sé considerata, a prescindere dalle concrete possibilità del debitore (cfr. Corte di Cassazione, Sez. 3, Sentenza n. 2018 del 14/10/1970) e, dunque, per quel che qui rileva, dalla condizione di insolvenza in cui si è trovata la società attrice. Allo stesso modo, anche con riferimento alla dedotta eccessiva onerosità, deve osservarsi che ciò che l'attore deduce si risolve invero nella modificazione delle condizioni personali delle parti e non nel realizzarsi del presupposto dell'art. 1467c.c., ossia di un sopravvenuto squilibrio - conseguente ad eventi straordinari ed imprevedibili - tra il valore delle prestazioni originariamente concordate. Neppure risultano allegati elementi a sostegno della domanda nella parte in cui la stessa evoca il "recesso e/o inadempimento e volontà della promissaria acquirente". Anche con riguardo al profilo trattato in questo paragrafo, le pretese attoree risultano dunque infondate. 5. Sulla questione rilevata d'ufficio relativamente alla ipotizzabile inefficacia del contratto per mancato avveramento della condizione entro un lasso di tempo congruo. Come sopra accennato questo giudice ha rimesso la causa sul ruolo sollecitando le parti a prendere posizione sulla questione oggetto del presente paragrafo. In proposito, anche a prescindere dalle produzioni documentali offerte in comunicazione dal convenuto in data 5.10.2022, occorre rilevare che mai, prima dell'ordinanza di rimessione sul ruolo l'attore ha sentito la necessità di richiedere la fissazione di un termine ex art. 1183 cod. civ. Pur a fronte della sollecitazione del giudice, l'attore neppure ha dedotto alcun elemento da cui trarre l'incongruità del termine dalle parti fissato con il semplice riferimento all'adozione dell'approvazione definitiva del piano. A tal proposito si osserva, infatti, che quello dell'adozione di strumenti di gestione del territorio si risolve in un complesso procedimento amministrativo, coinvolgente diversi enti, non sottoposto dalle norme vigenti ad un preciso termine di adozione, tant'è vero che all'attualità l'art. 111 della L.R. Toscana n. 65 del 2014, con riferimento ai piani attuativi di iniziativa privata si limita a stabilire che "entro sessanta giorni dal ricevimento della proposta, o dal completamento della documentazione necessaria, sono comunicati al proponente i tempi previsti per l'adozione del piano". Ebbene nel caso di specie le parti neppure hanno allegato quali dovessero ritenersi i tempi di normale conclusione del procedimento. Non vi sono, dunque, gli elementi per ritenere incongruo il tempo trascorso dalla stipula del preliminare di preliminare e conseguentemente valutare d'ufficio, senza fissazione di un termine ex art. 1183 c.c., il mancato avveramento della condizione sospensiva pattuita dalle parti. 6. sulle domande di pagamento, restituzione o indennizzo. Stante l'assenza di circostanze che rendano invalido il contratto, anche le domande di pagamento, restituzione o indennizzo - tutte fondate dall'attore sul presupposto della dedotta annullabilità o risoluzione - debbono essere rigettate. 7. sulla domanda di accertamento dell' "inesistenza ed inefficacia del titolo di credito di Euro 104.500 portato dall'assegno nr (...)" E' evidente che il giudice non possa dichiarare l'inesistenza o inefficacia del titolo cartolare rappresentato dall'assegno emesso, il quale è esistente e efficace proprio per essere stato messo in circolazione dall'attore; per le stesse ragioni il giudice non può ordinare la restituzione del titolo. Anche con riferimento a tale profilo, dunque, la domanda attorea non potrà che essere rigettata 8. sulla domanda di accertamento dell' "inesistenza di qualsiasi altro credito a favore di (...) e (...) inibendo alle stesse di azionare tale assegno" Dal tenore complessivo delle difese svolte dalle parti emerge che la richiesta attorea di accertamento negativo, seppure all'apparenza genericamente formulata, si riferisce invero alla sola inesistenza di crediti in astratto riferibili all'assegno sopra citato. Ciò è reso chiaro dalla univocità con cui l'attore lega la richiesta di accertamento negativo a quella di inibitoria dall'utilizzazione dell'assegno. Conseguentemente, la domanda deve trovare accoglimento: entrambe le difese delle parti, infatti, risultano incompatibili con la persistenza di un credito delle convenute, per la somma indicata nell'assegno, nei confronti della società attrice. Tanto a ritenere che lo stesso trovasse la propria giustificazione in una fatturazione di comodo - così come sostenuto da parte convenuta - quanto ad aderire alla tesi sostenuta da parte attrice (secondo cui "questa avrebbe dovuto anticipare o restituire alle (...) l'importo che le stesse, sulla base della accettazione della cessione delle fatture formalmente avrebbero dovuto corrispondere alle banche"), non può dubitarsi, infatti, che a fronte del non contestato pagamento in favore del B.P. da parte di L.D.P. (vds. doc.ti 23 e 24 attore) non possa ritenersi sussistere alcun credito corrispondente e sottostante all'assegno nr (...) tratto dalla (...) srl su (...) Filiale di (...) del (...) datato 16.7.2012. Dall'accertamento dell'inesistenza di ragioni creditorie sottese a tale assegno, discende l'inibizione di parte convenuta dal utilizzo dello stesso, che, se posto in essere, non potrà che risultare illecito e lesivo dei diritti della società attrice. La soccombenza reciproca delle parti (inammissibilità delle domande di parte convenuta e rigetto quasi integrale delle domande attoree) giustifica la compensazione integrale delle spese di lite. Ogni ulteriore domanda o eccezione delle parti è assorbita in quanto precede. P.Q.M. Il tribunale, ogni contraria istanza, eccezione e difesa disattesa; definitivamente pronunciando: - dichiara l'inammissibilità delle domande formulate da parte convenuta; - accerta che nessun credito sostiene l'assegno n. (...) tratto dalla (...) srl su (...) Filiale di (...) del (...) datato 16.7.2012; - rigetta per il resto le domande attoree; - compensa integralmente le spese di lite. Così deciso in Grosseto il 29 giugno 2022. Depositata in Cancelleria il 29 giugno 2023.

  • TRIBUNALE ORDINARIO DI G... Sezione Civile II Tribunale di Grosseto, in composizione collegiale, composto dai S... Magistrati: - Dott.ssa C... F... - Presidente - Dott. V... M... - Giudice Rel. - Dott. G... B... - Giudice riunito in camera di consiglio ha emesso la seguente SENTENZA nella causa .../2020 r.g. promossa da R... B... (C.F. B..., rappresentato e difeso dall'Avv. I... M... ATTORE Contro P... B... (C.F. B..., B... F..., (C.F.: B... F... (...) G... B... F... (C F .: B... F... (...) G... S... v... (C F .: S... rappresentati e difesi dall'Avv. G... C... CONVENUTI Oggetto : azione di riduzione. Svolgimento del processo - Motivi della decisione In via preliminare deve darsi atto che con D.P. n. 51 del 2022 del 15.06.2022 il presente fascicolo è stato riassegnato al Dott. V... M... quale Giudice Relatore. Ancora preliminarmente deve darsi atto che risulta espletata la procedura di mediazione obbligatoria, sicché la domanda attorea risulta procedibile, con conseguente infondatezza dell'eccezione di improcedibilità proposta da parte convenuta. Ciò posto, l'odierno attore chiede, quale figlio di B... V... ed erede legittimario dello stesso, la riduzione delle disposizioni del testamento di B... V..., pubblicato con verbale del Notaio Dott. B (...) , Rep.n. (...)- racc.n. (...), in quanto lesive della propria quota di legittima con conseguente reintegrazione di tale quota e, per l'effetto, assegnarsi anche ai sensi dell'art. 561 c.c. a favore dell'attore, nella sua qualità di erede legittimario, la quota di comproprietà, e salvo il diritto di (...) abitazione di S... V..., del bene immobile sito in M... A... (G.), Via delle F...n. 44 distinto al N... al foglio (...), particella (...), sub (...)e per 1/8 pari ad Euro 27.000,00 ovvero per il diverso valore che sarà provato in corso di causa o ritenuto di giustizia. La domanda attorea è infondata. Sul punto deve rilevarsi che la giurisprudenza di legittimità ha stabilito che, " in materia di successione testamentaria, il legittimario che propone l'azione di riduzione ha l'onere di indicare entro quali limiti è stata lesa la sua quota di riserva, determinando con esattezza il valore della massa ereditaria nonché il valore della quota di legittima violata dal testatore; a tal fine, ha l'onere di allegare e comprovare tutti gli elementi occorrenti per stabilire se, ed in quale misura, sia avvenuta la lesione della sua quota di riserva oltre che proporre, sia pure senza l'uso di formule sacramentali, espressa istanza di conseguire la legittima, previa determinazione della medesima mediante il calcolo della disponibilità e la susseguente riduzione delle donazioni compiute in vita dal de cuius (Cass. Civ. n. 1357/2017). Poiché l'azione di riduzione presuppone la ricostituzione della massa ereditaria del defunto, l'attore che agisce in riduzione ha altresì l'onere di allegare e di provare quali siano le componenti patrimoniali facenti parte di detta massa, in particolare dimostrando che i beni allegati siano effettivamente appartenuti al defunto. A tal fine, l'attore che agisce in riduzione ha l'onere di allegare e di provare i titoli di provenienza dei cespiti patrimoniali attribuiti al patrimonio ereditario. E ancora è stato osservato che l'attore che agisce in riduzione ha l'onere di indicare puntualmente quali siano i beni facenti parte del patrimonio ereditario, posto che in assenza di una estesa indagine sull'intero patrimonio del defunto, non è dato poter discutere di lesione della quota di legittima, giacché, quand'anche tale lesione fosse sussistente, alla stessa ben potrebbe porsi rimedio con una diversa distribuzione del patrimonio relitto, sia di natura immobiliare che mobiliare, come previsto dall'art. 553 c.c. (cfr. Cass. Civ. n. 22325/2017). Ciò posto, nel caso di specie la parte attrice non ha compiutamente assolto all'onere di allegazione e di prova dei fatti costitutivi dell'azione di riduzione proposta. Dagli elementi di prova assunti in corso di causa, risulta che V... B... è defunto il 22.01.2019 (cfr. .n. 5 fasc, attore) e che questo ha disposto delle proprie sostanze a mezzo di testamento pubblico redatto con atto a rogito del Notaio D (...) del (...) (cfr. . 4 fasc, attore). Con tale testamento V... B... ha istituito eredi la moglie V... S... e i figli P... B... e R... B..., attribuendo in particolare alla moglie il diritto di usufrutto sulla casa sita in M... A... via delle F...n. 44, nonché i beni mobili, il denaro contante e il saldo attivo del libretto postale; alla figlia P... B... ha lasciato la nuda proprietà della suddetta casa e della relativa area erbosa di pertinenza; al figlio R... B..., dando atto di una donazione di denaro fatta alla stesso mediante l'estinzione di un suo debito nei confronti della B.P.E., ha attribuito la titolarità delle quote di proprietà dei terreni siti nel Comune di M... A... L... assume che la lesione della propria quota di legittima derivi dall'attribuzione alla sorella P... B... della nuda proprietà della casa sita in M... A... Via delle F...n. 44, con perdita del valore di 27.000,00 euro sulla massa ereditaria, chiedendo l'attribuzione di una quota di detto diritto corrispondente al detto valore ovvero di un importo in denaro di pari entità. Ebbene, alla luce degli elementi di prova assunti in corso di causa non risulta provata sufficientemente l'appartenenza degli immobili sopra richiamati all'asse ereditario e, dunque, la possibilità di considerarli oggetto della domanda di riduzione attorea. Innanzi tutto, la parte attrice non ha allegato quali siano i titoli giuridici in base ai quali il defunto V... B... avrebbe acquistato il fabbricato sopra indicato, censito al C.F. di monte A... al foglio (...) particella, sub(...) e (...) nonché le quote di proprietà dei terreni che, secondo prospettazione, il testamento attribuisce allo stesso attore e censiti ai C.T. di M... A... al foglio (...)particelle (...)e(...) , foglio (...)particelle(...) , e (...). Né può ritenersi comunque assolto l'onere di allegazione gravante sull'attore attraverso il mero richiamo dei documenti prodotti in corso di causa, ivi incluse le consulenze di parte depositate. In particolare, dovendosi distinguere l'onere di allegazione dei fatti costitutivi della domanda, da assolversi con la deduzione di fatti specifici negli scritti difensivi, e l'onere di provare i suddetti fatti da assolversi mediante la rituale formulazione di istanze istruttorie (art. 163 c.p.c.), non può ritenersi ammissibile supplire alle carenze della domanda circa l'individuazione degli elementi costitutivi della stessa tramite il richiamo dei documenti allegati, cui può assegnarsi solo la funzione probatoria di attestare la veridicità degli assunti riportati nell'atto introduttivo della lite e di mostrarne la fondatezza (cfr. Cass. Civ. n. 13825/2008). Ciò posto, alcuna rilevanza assumono per la prova della proprietà degli immobili di causa i contratti depositati dalle parti e in particolare il contratto di compravendita redatto con atto a rogito del Notaio B... (...)del (...) Rep.n.(...) e Racc.n. (...)e quello redatto con atto a rogito del Notaio U... P... del (...) Rep.n.(...) e Racc.n. (...)(cfr. .ti 1 e 2 seconda memoria istruttoria attore en. 10 e 11 fasc. convenuti). In detti atti V... B... interviene quale venditore sicché non possono costituire i titoli di provenienza in favore del defunto del diritto di proprietà sul fabbricato oggetto del testamento. Inoltre, i contratti afferiscono a immobili aventi dati catastali diversi dal fabbricato per cui è causa e l'attore non ha fornito alcuna ricostruzione storica dei dati catastali del bene così da consentire di riferire lo stesso ai titoli predetti, né tale storia risulta dalle visure per immobile in atti. Né assume rilevanza decisiva l'atto di divisione intervenuto in data 26.06.1979 tra V... B..., G... B..., L... B... e G... B..., con cui le parti, dando atto di essere eredi di R... o L... B..., attribuiscono a V... B... il fabbricato, costruito sul terreno del de cuius, censito al C.F. di M... A... al foglio (...) p.lla (...) sub.(...) (cfr. . 19 fasc, convenuti), posto che l'atto di divisione non è sufficiente per dimostrare la proprietà di un immobile, occorrendo la prova del titolo che fondava la comunione sciolta con la divisione (cfr. Cass. Civ. n. 22661/2022) e concernendo comunque l'atto un immobile diverso da quello di causa e le parti nulla hanno dedotto sull'eventuale riconducibilità catastale di detto bene a quello oggetto della divisione. E ancora risulta priva di rilevanza probatoria la scrittura privata depositata dai convenuti (cfr. . 14 fasc., convenuti), trattandosi di documento che riconosce il possesso ventennale di V... B... su un fabbricato e che risulta priva di data e provenienza certa. Inoltre, alcun rilievo probatorio assumono le perizie estimative depositate dalle parti (cfr. ti 2 citazione e 3 della memoria istruttoria di parte attrice, ... 5 fasc, convenuti) posto che le consulenze di parte non possono assumere alcun valore probatorio della proprietà, risolvendosi in mere allegazioni tecniche di parte (cfr. Cass. Civ. n. 16030/2002). Inoltre, la prova della proprietà non può fondarsi sulla dichiarazione di successione in atti (cfr. ... 13 fasc, convenuti), trattandosi di documento di mera rilevanza fiscale, privo di valore sul piano civilistico (cfr. Cass. Civ. n. 25149/2014) ovvero sulle sole visure catastali in atti (cfr. ... 19 fasc, convenuti), trattandosi di atti aventi il mero scopo di individuare i dati catastali di riferimento di un immobile (cfr. Cass. Civ. n. 7567/2019) ovvero sui titoli e documenti edilizi o urbanistici dell'immobile (cfr. ...ti 15, 16, 17, 18, 19 fasc, convenuti) che afferiscono ai soli rapporti tra P.A. e privato (Cass. Civ. n. 15905/1999). Gli altri documenti prodotti dalle parti e consistenti in comunicazioni intercorse tra le stesse e in estratti di conto corrente e altra documentazione contabile sono irrilevanti per la prova della proprietà degli immobili di causa. In definitiva, non sussistono allegazioni e prove sufficienti per affermare che gli immobili dedotti dall'attore siano parte dell'asse ereditario e come tali rilevanti per la domanda di riduzione proposta dallo stesso, sicché risulta impossibile ricostruire la massa ereditaria di V... B... come prospettata dall'attore. Avendo questo fondato la lesione della propria quota di legittima essenzialmente sul fatto che il testatore ha attribuito la nuda proprietà del fabbricato sopra descritto a P... B... e non risultando provata l'appartenenza dello stesso all'asse ereditario, la domanda di riduzione risulta infondata, risultando assorbita ogni ulteriore questione dedotta per il principio della ragione più liquida. Sul punto deve osservarsi che le richieste dei convenuti di accertamento delle donazioni asseritamente svolte in favore dell'attore dal defunto sono state proposte incidentalmente ai soli fini del rigetto delle domande attoree, come si evince dalle conclusioni rassegnate dagli stessi, in cui si richiede in via principale il rigetto della domanda di riduzione dell'attore. In conclusione, le domande di parte attrice vanno respinte in quanto infondate. Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo, tenuto conto dei parametri del D.M. n. 55 del 2014, del valore della controversia e delle attività concretamente svolte dalle parti. P.Q.M. il Tribunale di Grosseto, definitivamente pronunciando, sulla causa civile iscritta a R.G. n. 814/2020 e vertente tra le parti di cui in epigrafe, disattesa ogni contraria istanza e deduzione, così provvede: 1) respinge tutte le domande, istanze ed eccezioni proposte da parte attrice; 2) condanna la parte la parte attrice al rimborso delle spese processuali in favore dei convenuti che si liquidano nella somma di 7.616,00 euro, a titolo di compensi, oltre ad accessori di legge. Così deciso in Grosseto, il 28 giugno 2023. Depositata in Cancelleria il 28 giugno 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE DI GROSSETO SEZIONE LAVORO in persona del Giudice, dott. Giuseppe GROSSO, all'udienza del 25 gennaio 2023, all'esito della camera di consiglio, ha pronunciato la seguente SENTENZA ex art. 429, 1 comma c.p.c., modificato dall'art. 53, comma 2 D.L. n. 112 del 2008, conv. in L. n. 133 del 2008, nella causa civile iscritta al n. 91 del Ruolo Generale Affari Lavoro dell'anno 2022, vertente TRA (...), nata a G. il (...) (C.F.: (...)) ed ivi residente in Piazza V. n. 12, rappresentata e difesa dagli avv.ti Li.Mi. e Ja.Fa., ed elettivamente domiciliata presso il primo procuratore con studio in Firenze, Viale (...), giusta delega in atti telematici. RICORRENTE E (...) S.p.A., in persona del legale rappresentante, con sede legale in G., Via (...). CONVENUTA CONTUMACE NONCHÉ' I.N.P.S., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in Grosseto, alla via (...), rappresentato e difeso dall'Avv. Ka.Le. in virtù di mandato generale alle liti, Notaio Ca. di Roma. CONVENUTO OGGETTO: accertamento qualifica, pagamento spettanze retributive e risarcimento del danno. FATTO E DIRITTO 1. Con ricorso depositato in data 3 marzo 2022 (...) rappresentava (i) d'aver iniziato a lavorare come direttrice per l'Hotel (...) sin dal 1 novembre 2007, quale lavoratrice subordinata, seppure non regolarizzata, ricevendo direttive da (...), socio di maggioranza e amministratore unico di (...) S.p.A., società proprietaria della struttura, di cui la stessa ricorrente è socia con quota di minoranza pari al 3,75% (doc. 1); (ii) d'essere stata nominata consigliere d'amministrazione di (...) dallo stesso mese di novembre 2007 sino all'aprile 2015, senza tuttavia percepire compensi; (iii) che di fatto, sin dal novembre 2007, aveva svolto unicamente mansioni di direttrice dell'Hotel (...), con tutte le caratteristiche tipiche di un lavoro di natura subordinata, assoggetta al potere gerarchico e disciplinare del (...), dal quale riceveva le direttive di massima sulla gestione dell'Hotel, seppur con l'autonomia connaturata alla propria posizione di quadro (e sebbene superiore gerarchico della ricorrente risultasse (...)); (iv) che solo a far data dal 1.10.2013 otteneva la formalizzazione del proprio rapporto di lavoro, inquadrata come vicedirettrice (doc. 16); (v) che da quando, nel novembre 2007, si era dimessa la precedente direttrice, (...), l'albergo non aveva avuto in organico altro direttore nonostante, nel corso dello stesso 2007, dopo alcuni lavori di ristrutturazione generale, la struttura si fosse molto ampliata, passando da hotel 3 stelle con 36 camere a hotel 4 stelle con 68 camere, 5 sale congressi, ristorante e centro benessere e (vi) che le mansioni di direttrice svolte dal 2007 rientrano in quelle tipiche di Quadro A del CCNL Turismo, mentre ella era stata inquadrata, come detto, solo a decorrere dal 1.10.2013 come vicedirettrice al livello Quadro B del medesimo contratto collettivo. Tanto premesso, concludeva come in epigrafe riportato. 2. Si è costituito tempestivamente l'INPS in relazione alla domanda di regolarizzazione contributiva, concludendo come in epigrafe per il caso in cui il Tribunale avesse ritenuto di accogliere le domande della ricorrente. 3. (...) S.p.A., pur ritualmente citata, non si è costituita e all'esito dell'udienza del 1.6.2022 ne è stata dichiarata la contumacia. Udienza nella quale veniva liberamente sentita la (...), che affermava di essere stata la compagna del (...) e che il loro rapporto si era concluso nel momento in cui aveva preteso d'essere messa in regola, di intrattenere tuttora rapporti di lavoro con il (...) e di non sapersi spiegare perché egli non avesse inteso costituirsi ("All'epoca in cui ho intrapreso il rapporto di lavoro - non regolarizzato - con (...) ero la compagna del l.r., (...). Il rapporto è andato in crisi nel momento in cui ho preteso d'essere formalmente assunta. Ciò è avvenuto nel mese di ottobre/novembre 2013. Il (...) è tuttora l.r. della società, io sono stata assunta come vicedirettrice, pur avendo continuato di fatto a esercitare mansioni di direttrice della struttura, priva di tale figura anche a livello formale. Ho tuttora rapporti di lavoro con il (...), non so spiegarmi perché egli, pur essendo bene a conoscenza della situazione, abbia deciso di non costituirsi. Temo che la compagine non navighi in buone acque"). Con istanza del 16.6.2022, il procuratore della ricorrente chiedeva l'anticipazione dell'udienza in ragione della grave situazione economica della società resistente; depositava, a riprova, documentazione attestante la rilevante esposizione bancaria di (...) Spa (per oltre 10 milioni e mezzo di Euro) e ulteriori atti comprovanti, di fatto, l'insolvenza della società, che non era in grado di onorare neppure incombenze minori. Accolta l'istanza d'anticipazione, veniva fissata nuova udienza al 13.9.2022 (anziché al 20.12.2022, come originariamente stabilito) per procedere all'interpello del l.r. della resistente, che tuttavia non si presentava. Escussi quindi i testi ammessi addotti dalla ricorrente, all'odierna udienza, acquisite le note conclusive depositate dalla sola (...), la causa è stata discussa e decisa mediante sentenza di cui è stata data lettura. 5. Va innanzitutto ricordato, circa la distribuzione dell'onere probatorio nelle fattispecie come quella in esame, che tanto nel caso in cui il lavoratore agisca in giudizio per ottenere l'inquadramento in una qualifica superiore quanto in quello in cui rivendichi solamente d'aver svolto un orario maggiore rispetto a quanto convenuto, egli ha l'onere di allegare e di provare gli elementi posti a base della domanda quali fatti costitutivi della pretesa fatta valere. Nel merito, la S.C. ha avuto modo di affermare, a più riprese, che nel procedimento logico - giuridico diretto alla determinazione dell'inquadramento di un lavoratore subordinato non può prescindersi da tre fasi successive, e cioè, dall'accertamento in fatto delle attività lavorative in concreto svolte, dall'individuazione delle qualifiche e dei gradi previsti dal contratto collettivo di categoria e dal raffronto tra il risultato della prima indagine e i testi della normativa contrattuale individuati nella seconda (così le sentenze gemelle nn. 26233 e 26234 del 30.10.2008; si veda anche Cass. 28284/2009, 20272/2010 e 8589/2015). Il lavoratore che agisce in giudizio per ottenere l'inquadramento in una qualifica superiore ha quindi l'onere di allegare e di provare gli elementi posti a base della domanda e, in particolare, è tenuto ad indicare esplicitamente quali siano i profili caratterizzanti le mansioni di detta qualifica, raffrontandoli altresì espressamente con quelli concernenti le mansioni che egli deduce di avere concretamente svolto (si veda ancora Cass. sez. lav. sent. 8025 del 21.5.2003 ove la S.C. ha confermato la sentenza impugnata che aveva rigettato la domanda proposta dal dipendente di un banca al fine di ottenere l'inquadramento superiore, in quanto questi non aveva indicato nel ricorso introduttivo gli elementi caratterizzanti la qualifica superiore omettendo altresì di procedere al raffronto tra le mansioni tipiche di quest'ultima e le mansioni svolte di fatto). 6. Ebbene, quanto ai passaggi del detto procedimento logico-giuridico, la (...) ha innanzitutto dedotto d'aver iniziato a lavorare presso l'Hotel in data 1.11.2007, quando all'epoca era sentimentalmente legata al l.r. (...), con mansioni di direttrice di fatto della struttura e di essere stata regolarizzata solo nel 2013, continuando a svolgere le medesime mansioni. La circostanza è stata confermata da tutti e quattro i testi escussi all'udienza del 13.9.2022 ovvero (...), (...) e (...) (la prima consulente del lavoro di (...) sin dal 2004, le altre due dipendenti dell'Hotel da lunga data, la (...) addirittura sin dal 1998), nonché dai due testi escussi alla successiva udienza del 2.11.2022 ovvero (...) e (...) (il primo dipendente della struttura, a conoscenza di fatti sin dal 2006 e il secondo titolare di un'azienda informatica che sin dal 2008 fornisce servizi in favore della struttura). In particolare, la (...) ha confermato (i) che fino al 2007 le funzioni di Direttrice dell'Hotel (...) erano svolte dalla (...) ("...inquadrata come impiegato di primo livello, tuttavia seguiva tutta la parte del personale dell'albergo, non so se seguisse altro. ADR: Ciò dico perché era la mia referente per ogni attività che riguardasse il personal (buste paga, livello d'inquadramento, documenti per l'assunzione etc."); (ii) che la struttura mai ha avuto nel proprio organico una figura inquadrata come direttore; (iii) che dal novembre 2007 la (...) è stata sostituita in tutto e per tutto dalla (...) ("Confermo che dal novembre 2007 le funzioni prima svolte dalla (...) sono state svolte dalla ricorrente. Anzi le sue mansioni erano più gravose e ampie, anche sotto un profilo dell'autonomia gestionale dal momento che l'albergo si era ampliato e occorreva assumere altro personale. Ricordo poi che ella ha svolto tali funzioni, sempre interfacciandosi con me quale consulente del lavoro (come prima faceva la E.), pur non essendo stata formalmente assunta (ricordo che aveva una partecipazione del capitale sociale); da una certa data in avanti è stata assunta come dipendente e inquadrata quale vice direttrice. Ricordo che, ad esempio, in occasione di nuove assunzioni, ricevevo dalla ricorrente una mail dall'indirizzo "direzione airone", cui fornivo risposta"); (iv) che non c'era una figura che svolgesse mansioni sovraordinate rispetto a quelle della ricorrente (ADR. Non c'era una figura "sopra" di lei, a parte l'amministratore (...)) e (v) che di fatto, pur essendovi la figura del (...), l'amministratore era il (...) ("Posso dire che l'amministratore di fatto era il (...), cui facevano capo diverse società. Era lui che prendeva le decisioni rilevanti; ricordo, nello specifico, che in occasione della formale assunzione della ricorrente (avvenuta , come mi si dice, nel 2013), fu il (...) a contattarmi e dirmi che aveva individuato la (...) e quali dovessero essere i suoi compiti. ADR: Sono certa che la (...) ha svolto le medesime funzioni per un periodo di tempo lungo prima dell'assunzione (compatibile con l'arco 2007/2013). Anzi sono stata io a far presente al (...) che la presenza costante della (...) in azienda avrebbe potuto comportare difficoltà nel caso di controlli dal momento che non aveva titolo a svolgere attività se non come dipendente. ADR. So che c'era un rapporto sentimentale tra i due. Non ero un segreto."). La teste (...), che lavora da circa 25 anni al ricevimento dell'Hotel, ha confermato che la (...) ha sempre fatto la direttrice dell'albergo sin dal 2007, gestendo l'hotel in autonomia, occupandosi dell'organizzazione e del coordinamento di tutta la struttura, sia con riferimento alle risorse economiche che ai servizi e al personale; ha così confermato nel dettaglio le mansioni svolte dalla (...) quali elencate al capitolo 9 (si veda anche la risposta al cap. 8 in relazione a quelli che erano i compiti della (...)). La teste ha inoltre precisato che l'ingresso della (...) nella compagine "è coinciso con la trasformazione dell'albergo da tre stelle nella struttura 4 stelle attuale". Circa l'autonomia operativa della ricorrente, ha riferito che il (...) "non ha mai partecipato in prima persona alla gestione operativa" (così precisando: "(...) so che c'erano riunioni tra la (...) e il (...) che precedevano le decisioni più importanti. A livello operativo era lei l'unica nostra referente. ADR. Di fatto la (...) dirigeva in tutto e per tutto la struttura ..."). Analoghe dichiarazioni sono state rese dalla (...), pure impiegata al ricevimento come segretaria sin dal 2008. La teste ha aggiunto d'essere stata selezionata dalla (...), con la quale ebbe a sottoscrivere il contratto di lavoro ("Io sono stata assunta dopo un colloquio con la (...); il mio contratto è stato firmato dalla (...). Per me è sempre stata la direttrice, nel senso che ha sempre operato come tale con noi dipendenti. Era la (...) che prendeva ogni decisione dentro l'albergo, dalla gestione del personale, alle convenzioni ai rapporti con i fornitori"). La (...) ha confermato infine il dettaglio delle mansioni svolte dalla (...), rispondendo affermativamente al cap. 9, nonché il ruolo del (...) all'interno della struttura (cap. 10). Lo stesso è a dirsi con riguardo al dichiarante (...), dipendente della struttura quale addetto al ricevimento, che pure ha reso testimonianza idonea a coprire tutto l'arco temporale dei fatti per cui è causa ("prima di essere assunto ho effettuato degli stage con la scuola alberghiera presso l'albergo in questione. Ricordo che la ricorrente illustrò, da direttrice, a me e ai miei compagni l'albergo e le relative funzioni. ADR Parlo degli anni 2006/2007."). Egli ha poi confermato i suddetti capp. 9 e 10, specificando, quanto ai rapporti con il (...) che questi "abitualmente non è presente; fa tutto la (...)". Infine, il teste A. - come detto, titolare di un'azienda informatica che fornisce servizi all'Hotel (...) dal 2008 - ha riferito che la (...) è il proprio esclusivo referente, colei che gli affida gli incarichi all'interno e per conto dell'Hotel ("Nella sostanza non ho trovato differenze dal 2008 in avanti; mi sono sempre interfacciato con lei, anche oggi è così ... Posso dire che la (...) mi contattava dandomi l'incarico di eseguire gli interventi necessari. Non ho avuto a che fare con il (...)"). 7. D'altronde, la mancata risposta della convenuta alla prova per interpello disposta con ordinanza ritualmente notificata, consente di ritenere, ai sensi dell'art. 232 c.p.c., sostanzialmente ammesse tutte le circostanze allegate in ricorso, dedotte con sufficiente precisione. 8. In ragione di tutto quanto sopra - e all'esito del procedimento logico giuridico, cui si è fatto riferimento in premessa - deve dirsi comprovato lo svolgimento da parte della (...) sin da principio di mansioni tipiche di Direttrice di una struttura alberghiera di rilevante complessità gestoria, trattandosi di un hotel a 4 stelle, con 68 camere, 5 sale congressi, ristorante e centro benessere. Il che giustifica l'esclusione della legittimità dell'inquadramento come Quadro B del CCNL di comparto, ammissibile per gli alberghi la cui struttura organizzativa non sia complessa, e l'accordo della qualifica di Direttrice Quadro A, avendo la (...) sempre avuto la piena e autonoma responsabilità della gestione dell'Hotel (...) sin da quando esso è stato massicciamente ristrutturato e ampliato. 9. Va quindi accolta sia la domanda relativa al riconoscimento della natura subordinata del rapporto di lavoro instaurato tra le parti sin dal 1 novembre 2007 (essendo questa la forma naturale del rapporto di lavoro in carenza di differenti previsioni espresse, in relazione al periodo dal 2007 al 2013 durante il quale la (...) ha lavorato senza essere stata regolarizzata), sia quella di superiore inquadramento al livello di Quadro A sin dall'inizio del rapporto perché, entrambe, adeguatamente comprovate. Ne consegue la condanna della società resistente al pagamento delle differenze retributive, come quantificate in atti dal consulente del lavoro (doc. 19 ric.) e non contestate, pari a Euro 238.480,69 (compreso TFR per Euro 25.373,28) in relazione al periodo dal 1.11.2007 al 31.12.2021, oltre interessi e rivalutazione e salve le differenze maturande per il periodo successivo. Deve altresì trovare accoglimento la domanda di condanna generica della resistente al risarcimento del danno da irregolarità contributiva ex art. 2116 c.c. per il periodo prescritto, in quanto esso rappresenta un'ipotesi di responsabilità contrattuale derivante da una specifica e indisponibile obbligazione imposta dalla legge (da ciò conseguendo che il termine di prescrizione della relativa azione risarcitoria e quello di cui all'art. 2946 cod. civ.; vedi Cass. 15/6/2007 n.13997, Cass. 25/11/2009 n. 24768 e da ultimo Cass. 18661/2020). Parte resistente deve essere condannata altresì alla regolarizzazione della posizione contributiva e previdenziale e al pagamento nei confronti dell'Inps dei relativi contributi omessi, maggiorati delle sanzioni di legge, da quantificarsi separatamente. 10. Le spese di lite, liquidate come in dispositivo in base ai parametri per i compensi per l'attività forense, di cui al D.M. 10 marzo 2014, n. 55, pubbl. in GU n. 77 del 2.4.2014 e ss. modificazioni, seguono la soccombenza. Con la precisazione che la pronuncia di un'unica condanna alle spese di causa, con liquidazione cumulativa delle medesime, è consentita a carico di più parti soccombenti, secondo la previsione dell'art. 97 c.p.c., ma non anche in favore di più parti vittoriose, che siano state assistite da difensori diversi. Infatti, la solidarietà attiva, non essendo espressamente prevista, non si presume, per cui la responsabilità delle parti soccombenti comporta che ciascuna delle controparti, ove abbia presentato distinte comparse e memorie, abbia diritto al proprio rimborso, tanto più se la difesa sia stata espletata da difensori diversi (Cass. sent. 663/1999 e 13001/2005 e, da ultimo, ord. 18256/2017). 11. Essendo documentalmente emersa una situazione finanziaria della (...) S.p.A. connotata da estrema gravità, con rilevantissima esposizione debitoria e, di fatto, insolvenza anche rispetto a obbligazioni minori, si impone la trasmissione degli atti alla locale Procura della Repubblica per quanto di competenza. P.Q.M. il Tribunale, definitivamente pronunciando sulla domanda proposta da (...), disattesa ogni contraria istanza ed eccezione, così provvede: - accerta e dichiara che la ricorrente ha prestato attività lavorativa di natura subordinata alle dipendenze di (...) S.p.A. sin dal 1 novembre 2007; - accerta e dichiara che la ricorrente ha diritto a essere inquadrata al livello di Quadro A del CCNL Turismo sin dall'inizio del rapporto e, per l'effetto, - condanna la società resistente, in persona del suo l.r. pro tempore, al pagamento delle differenze retributive pari a Euro 238.480,69 (compreso TFR per Euro 25.373,28) in relazione al periodo dal 1.11.2007 al 31.12.2021, oltre interessi e rivalutazione, e salve le differenze maturande per il periodo successivo; - condanna la società resistente al risarcimento del danno da irregolarità contributiva ex art. 2116 c.c. per il periodo prescritto; - condanna parte resistente alla regolarizzazione della posizione contributiva e previdenziale con pagamento nei confronti dell'Inps dei relativi contributi omessi, maggiorati delle sanzioni di legge, da quantificarsi separatamente; - condanna la società resistente al pagamento, in favore di parte ricorrente e dell'INPS, delle spese di giudizio, che liquida in Euro 7.500 ciascuno, oltre spese forfettarie, I.V.A. e cpa, ove dovute, come per legge; - dispone trasmettersi copia degli atti alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Grosseto. Così deciso in Grosseto il 25 gennaio 2023. Depositata in Cancelleria il 25 gennaio 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE DI GROSSETO SEZIONE LAVORO in persona del Giudice, dott. Giuseppe GROSSO all'udienza del 5 ottobre 2022, all'esito della camera di consiglio, ha pronunciato la seguente SENTENZA ex art. 429, 1 comma c.p.c., modificato dall'art. 53, comma 2 D.L. n. 112 del 2008, conv. in L. n. 133 del 2008, nella causa civile iscritta al n. 108 del Ruolo Generale Affari Lavoro dell'anno 2021, vertente TRA (...), ((...), - C.F. (...)) residente in M. A., loc. P. S. G. n. 13 (G.) rappresentato e difeso con il proprio ministero ex art. 86 c.p.c. OPPONENTE E ISTITUTO NAZIONALE della PREVIDENZA SOCIALE (I.N.P.S.), con sede in Roma, in persona del Presidente pro-tempore, in proprio e quale mandatario della (...) - S. S.p.A., con sede in Roma, difeso e rappresentato dall'Avv. Ka.Na. in virtù di procura generale alle liti notaio C. di R., ed elettivamente domiciliato in Grosseto, Via (...). OPPOSTO OGGETTO: opposizione ad avviso di addebito. FATTO E DIRITTO 1. Con ricorso depositato il 3 marzo 2021, (...) ha proposto opposizione avverso l'avviso di addebito n. (...), notificatogli in data 16.02.2021, con il quale è stato ingiunto all'istante il pagamento di contributi relativi all'anno 2012 per il complessivo importo di Euro 2.644,93. Il ricorrente eccepisce l'intervenuta prescrizione del credito azionato dall'INPS. 2. Si costituiva l'INPS, che contestando l'avvenuta prescrizione del credito, concludeva per il rigetto del ricorso con condanna di controparte al pagamento della somma portata nell'AVA opposto. 3. La causa, documentalmente istruita, è stata decisa all'odierna udienza mediante sentenza di cui è stata data lettura. 4. Il ricorso è fondato. 5. È utile ricordare che l'art. 3, co. 9, della L. n. 335 del 1995 ha introdotto il termine quinquennale di prescrizione in sostituzione di quello decennale per i contributi relativi a periodi successivi alla data di entrata in vigore di detta legge e anche per quelli precedenti per i quali non siano stati compiuti validi atti interruttivi entro lo stesso termine. Tale termine di prescrizione dei crediti previdenziali e assistenziali decorre dalla data di inadempimento/violazione; esso, a seguito di iscrizione a ruolo e cartella esattoriale (ora avviso di addebito), inizia nuovamente a decorrere dalla notifica della cartella. Come chiarito dalla circolare INAIL n. 32 del 10.05.1996, la prescrizione quinquennale si applica tanto ai crediti previdenziali vantati dall'INPS quanto ai crediti INAIL. È poi ormai noto che i giudici della Corte di Cassazione a Sezioni Unite, con la sentenza n. 23397 depositata in data 17.11.2016, hanno confermato che le pretese della Pubblica Amministrazione (Agenzia delle Entrate, Inps, Inail, Comuni, Regioni etc.) si prescrivono sempre nel termine "breve" di cinque anni, eccetto nei soli casi in cui la sussistenza del credito non sia stata accertata con sentenza passata in giudicato o a mezzo di decreto ingiuntivo. 6. Per quanto concerne il dies a quo della prescrizione per i contributi dovuti alla gestione separata, gli E. hanno ritenuto di sposare l'orientamento a norma del quale "in materia previdenziale, la prescrizione dei contributi dovuti alla gestione separata decorre dal momento in cui scadono i termini per il pagamento dei predetti contributi e non dalla data di presentazione della dichiarazione dei redditi ad opera del titolare della posizione assicurativa, in quanto la dichiarazione in questione, quale esternazione di scienza, non costituisce presupposto del credito contributivo" (cfr. Cass. n. 27950/2018, conforme Cass. n. 19403/2019). Sul punto, è stato affermato che in tema di contributi cd. "a percentuale", il fatto costitutivo dell'obbligazione contributiva è rappresentato dall'avvenuta produzione, da parte del lavoratore autonomo, di un determinato reddito (Cass. n. 13463/2017). Pur sorgendo il credito sulla base della produzione del reddito, la decorrenza del termine di prescrizione dipende dall'ulteriore momento in cui è dovuta la corrispondente contribuzione, e quindi dal momento in cui scadono i termini di pagamento di essa. Tale conclusione viene ritenuta conforme al principio generale in ambito di assicurazioni obbligatorie, secondo cui la prescrizione corre dal momento in cui i singoli contributi dovevano essere versati (art. 55 R.D.L. n. 1827 del 1935), valendo la regola, fissata dall'art. 18, co. 4, del D.Lgs. n. 241 del 1997 secondo cui "i versamenti a saldo e in acconto dei contributi dovuti agli enti previdenziali da titolari di posizione assicurativa in una delle gestioni amministrate da enti previdenziali sono effettuati entro gli stessi termini previsti per il versamento delle somme dovute in base alla dichiarazione dei redditi ". Pertanto, il Collegio ha ritenuto che, tra il momento di esigibilità del credito e il successivo momento in cui interviene la dichiarazione dei redditi o comunque l'accertamento tributario, si determina una "difficoltà di mero fatto" rispetto all'accertamento dei diritti contributivi, il cui elemento costitutivo resta la produzione di redditi rilevante ai sensi di legge. 5.1. In relazione all'anno oggetto di contenzioso, le scadenze fiscali erano stabilite per il 17 giugno 2013 per il saldo 2012 e il primo acconto 2013 e 2 dicembre 2013 per il secondo acconto 2013. Il termine legale di versamento della contribuzione relativa all'anno 2012 era dunque fissato alla data del 17.06.2013. 7. Parte resistente eccepisce la mancata omessa compilazione del quadro RR da parte del ricorrente, come ipotesi di sospensione del decorso della prescrizione ai sensi dell'art. 2941 n. 8 c.c., per occultamento doloso del debito, richiamando a fondamento la sentenza della Corte di Cassazione n. 6677 del 7.3.2019. Tuttavia, la Cassazione, con la sentenza n. 1293 del 17 gennaio 2022, (si veda nello stesso senso anche Cass. 2490/2022) ha mutato orientamento circa la prescrizione dei contributi INPS e la sospensione della stessa per mancata comunicazione dei redditi all'Istituto Previdenziale. La Cassazione con sentenza 17 gennaio 2022 n. 1293 ha, infatti, confermato la sentenza d'appello che ha escluso che la mancata compilazione del "Quadro RR" potesse integrare un intenzionale occultamento doloso del debito contributivo rilevando che "l'appellata nel modello reddituale per l'anno 2011 ha dichiarato nel Quadro CM i redditi da lavoro autonomo della cui contribuzione si tratta, per cui deve essere esclusa l'intenzione di voler occultare l'esistenza degli stessi, così come l'impossibilità per l'Istituto di poter agire per far valere il proprio diritto di credito...". Ha ulteriormente rilevato come "l'omessa compilazione del Quadro RR (fosse) avvenuta in un contesto di incertezza in ordine alla sussistenza dell'obbligo di iscrizione alla Gestione Separata Inps, affermata solo negli anni successivi dalla Corte di Cassazione, a fronte di contrastante pregresso orientamento della giurisdizione di merito". La Cassazione ha quindi ritenuto che "Il motivo di ricorso dell'Istituto si colloca all'esterno del perimetro di cui citato art. 360 n. 5 ed anzi denuncia un errore di diritto (violazione degli artt. 2935 e 2941 c.c.), con la pretesa di affermare un inammissibile automatismo tra la mancata compilazione del quadro RR nella dichiarazione dei redditi e l'occultamento doloso del debito contributivo, già escluso da questa Corte" (v. Cass. n. 7254 del 2021, in motivazione) (Cfr. Cass. 17 gennaio 2022 n.1293) Nello stesso senso, precedentemente la Corte di Cassazione, Sez. 6 - L, Ordinanza n. 37529 del 30/11/2021 aveva statuito che "INPS avrebbe dovuto chiarire perché la condotta del professionista fosse tale da concretare il doloso occultamento del debito, valutabile ai sensi dell'art. 2941, n. 8 quale causa di sospensione del decorso della prescrizione ma apprezzabile solo se idonea a determinare un impedimento ad esercitare il diritto, non sormontabile con gli ordinari controlli. Nella specie, i giudici hanno escluso una tale evenienza perché il debitore aveva puntualmente presentato la propria dichiarazione dei redditi e l'Istituto avrebbe potuto avvalersi dei propri poteri ispettivi o chiedere informazioni all'Agenzia delle Entrate; l'INPS, senza confrontarsi specificamente con dette argomentazioni, si limita ad affermare la sussistenza di una "presunzione di occultamento" derivante dall'omessa compilazione del quadro RR, situazione, invece, che questa Corte esclude. È stato chiarito, infatti, come non sia predicabile "un automatismo ... tra la mancata compilazione del quadro RR nella dichiarazione dei redditi e l'occultamento doloso del debito contributivo" (v. Cass. nr. 7254 del 2021 e successive conformi di questa sesta sezione). Il relativo accertamento (id est: l'accertamento di un eventuale occultamento doloso del credito) configura, infatti, un giudizio rimesso al giudice di merito (v., in motivazione, quanto affermato, tra l'altro, dalla stessa ordinanza n. 6677 del 2019, richiamata in ricorso a fondamento delle censure) e, perciò, censurabile nei ristretti limiti tracciati da questa S.C. in relazione all'art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c.. (v. Cass., S.U. n. 5083 del 2014), qui non ritualmente prospettati". 8. Tutto ciò premesso, decorrendo il dies a quo per la prescrizione dalla data di scadenza della termine per la presentazione della dichiarazione dei redditi a opera del titolare della posizione assicurativa e, non operando, nel caso di specie, la sospensione della prescrizione in caso di mancata compilazione del quadro RR, poiché l'INPS non ha provato il dolo dello (...) nell'occultamento della contribuzione, il credito vantato risulta prescritto in data 17.06.2018. 9. Risulta pertanto tardiva e improduttiva di effetti la messa in mora notificata all'opponente in data 27.09.2018. 10. Tenuto conto della peculiarità della questione sottoposta e dei non del tutto sopiti contrasti giurisprudenziali, frutto anche di recentissimi interventi, le spese di lite possono essere interamente compensate tra le parti. P.Q.M. Il Tribunale, definitivamente pronunciando sulla domanda proposta da (...), disattesa ogni contraria istanza ed eccezione, così provvede: - accerta e dichiara prescritto il credito dell'Inps e pertanto non dovute le somme di cui all'avviso di addebito n. (...), emesso dall'INPS per l'importo di Euro 2.644, 93; - compensa le spese di lite. Così deciso in Grosseto il 5 ottobre 2022. Depositata in Cancelleria il 5 ottobre 2022.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO DI GROSSETO Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. Amedeo Russo, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 1508/2017 promossa da: (...) (già (...)) (...), (...) (sposata (...)), (...) (sposata (...)) e (...), tutti rappresentati e difesi dall'avv. Fa.Br. ed elettivamente domiciliati presso il suo studio sito in Grosseto, Via (...) ATTORE/I contro (...) S.P.A. (C.F. (...) - (...) I.V.A. (...)), con sede legale in (...) V. (T.), Via (...), in persona dei legali rappresentanti pro tempore, rappresentata e difesa dall'avv. Ca.Ga. (anche quale impresa incorporante (...) S.P.A. - C.F. (...)) CONVENUTO SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con ricorso ex art. 702 bis c.p.c. i ricorrenti (...) (già (...)) (...), (...) (sposata (...)), (...) (sposata (...)) e (...) convenivano in giudizio (...) SpA e (...) SpA, al fine di sentirle condannare solidalmente al risarcimento dei danni non patrimoniali in favore di (...), (...) sposata (...), (...) sposata (...) e (...), ed in particolare al pagamento delle rispettive somme di Euro 100.000,00 a (...), ed Euro 50.000,00 a ciascuno degli altri tre, oltre rivalutazione monetaria ed interessi; il tutto con vittoria di spese. Gli stessi ponevano a fondamento delle proprie pretese i danni non patrimoniali asseritamente patiti in conseguenza del sinistro stradale occorso alla prossima congiunta (...) (sposata (...), già (...)) il 2 marzo 2008. Premettevano i ricorrenti che, nella suddetta circostanza, quest'ultima viaggiava, in qualità di trasportata, nell'auto Ford Fiesta tg. (...), assicurata con polizza (...) S.p.A. e riportava delle lesioni poi quantificate in un successivo giudizio di merito dinanzi a questo Tribunale (R.G.N. 1853/2009), nella misura del 42% di invalidità permanente con 60 giorni di invalidità temporanea totale e 60 giorni di invalidità temporanea parziale. Tale sinistro avrebbe comportato gravi e dannose conseguenze per i ricorrenti, i quali hanno dunque agito per il risarcimento del danno morale permanente riflesso e/o esistenziale, anche per la grave lesione del rapporto parentale ed il grave pregiudizio per il rapporto dinamico relazionale con (...) indotto dal dimezzamento della di lei integrità psicofisica" (cfr.. Pag. 6 ricorso introduttivo). Si costituiva (...) S.p.A. (assumendosi soggetto giuridico in cui è "confluita" - presumibilmente per incorporazione - (...) S.p.A.), la quale eccepiva in via preliminare l'intervenuta prescrizione delle domande e dei relativi diritti azionati in giudizio e, nel merito, la manifesta infondatezza delle avverse pretese; il tutto con vittoria di spese. Alla prima udienza il Giudice, ritenendo che l'istruttoria della controversia non potesse essere sommaria, mutava il rito. La causa veniva quindi istruita con lo scambio delle memorie di cui all'art. 183, comma VI, c.p.c. e con la successiva escussione testimoniale di (...) e (...) all'udienza del 12.02.3019 e, da ultimo, della Sig.ra (...), all'udienza del 17.11.2020, al cui esito le parti chiedevano ed ottenevano di poter precisare le proprie conclusioni. Alla medesima udienza del 17.11.2020 la causa veniva trattenuta in decisione con concessione dei termini di cui all'art. 190 c.p.c. A seguito di interruzione del giudizio per decesso del procuratore di parte convenuta, avvenuto nelle more dei termini ex art. 190 c.p.c., il giudizio veniva riassunto ed alla successiva udienza il Giudice tratteneva nuovamente la causa in decisione. OSSERVATO CHE Va preliminarmente osservato che i ricorrenti hanno proposto domanda risarcitoria nei confronti di due distinti soggetti giuridici, ovvero (...) S.p.A. e (...) S.p.A.; la prima, nei propri scritti difensivi, ha dedotto che la seconda convenuta (...) S.p.A. (mai formalmente costituita nel presente giudizio) è "confluita" in (...) S.p.A. in virtù - apparentemente - di vicende societarie antecedenti all'instaurazione del presente giudizio. Tale circostanza non è stata contestata dalla parte ricorrente, sicchè ben può ritenersi che (...) S.p.A. sia l'unico soggetto giuridico destinatario dell'odierna domanda risarcitoria. Deve in proposito osservarsi che la titolarità attiva o passiva della situazione soggettiva dedotta in giudizio è un elemento costitutivo della domanda ed attiene al merito della decisione, così che grava sull'attore l'onere di allegarne e provarne i fatti costitutivi, salvo che il convenuto li riconosca o svolga difese incompatibili con la loro negazione, ovvero li contesti oltre il momento di maturazione delle preclusioni assertive o di merito (cfr. Cassazione civile, sez. III, 27 Giugno 2018, n. 16904). Nella specie, (...) S.p.A. mai ha contestato la sussistenza ed operatività della polizza assicurativa stipulata in relazione all'auto Ford Fiesta tg. (...), sulla quale (...) viaggiava in qualità di terza trasportata, così palesando a questo giudice che la stessa polizza sia riferibile proprio a (...) S.p.A. Anche in merito alla coincidenza dei due soggetti giuridici convenuti, la dichiarazione mai messa in discussione circa il fatto che (...) S.p.A. è "confluita" in (...) S.p.A., rende pacifico che si tratti ad oggi di unico soggetto, individuabile, pertanto, nell'odierno convenuto (...) S.p.A. Sempre in via preliminare, va disattesa l'eccezione di prescrizione spiegata da parte convenuta. Nella specie, si osserva che il sinistro per cui è causa è avvenuto in data 2.03.2008, e che per lo stesso opera la prescrizione prevista dal terzo comma dell'art. 2947 c.c., trattandosi di illecito civile considerato dalla legge come reato, l'accertamento della cui esistenza, ancorché effettuata incidenter tantum del giudice civile, rende applicabile il più ampio termine prescrizionale (cfr. Cassazione, sez. III, 15 maggio 2012, n. 7543). Nella specie, questo Giudice ritiene, seppure all'esito di una valutazione incidenter tantum e con gli strumenti probatori ed i criteri propri del procedimento civile, la sussistenza di una fattispecie che integri gli estremi di un fatto - reato in tutti i suoi elementi costitutivi, soggettivi ed oggettivi, ovvero quello di lesioni personali gravissime in capo a (...), il cui termine prescrizionale va dunque fissato in anni 6. Ciò in ragione sia dell'acclarato stato di alterazione psicofisica del conducente, Ferko Adriatic, del veicolo sul quale (...) viaggiava in qualità di trasportata (cfr. Rapporto dei carabinieri compagnia di Massa Marittima - doc. 1 in produzione parte ricorrente) sia dell'entità delle lesioni patite ed accertate in occasione del giudizio di risarcimento esitato con Sentenza n. 1008/2011 del Tribunale di Grosseto (cfr. doc 2 in produzione parte ricorrente). Ebbene, risulta che i ricorrenti formulavano una prima richiesta di risarcimento con lettera raccomandata del 17.02.2014 (cfr. doc 29-37 in produzione parte ricorrente) e successivamente, per quello che in questa sede interessa, veniva dai medesimi soggetti instaurato il presente giudizio di merito (ricorso introduttivo del 5.07.2017, con giudizio incardinato nel medesimo anno solare). Venendo dunque al merito, alla luce del quadro probatorio offerto dai ricorrenti (cfr. All. 1-58 in produzione parte ricorrente, nonché della prova testimoniale assunta in corso di causa) e degli esiti della perizia (a firma del dott. (...)) disposta nel giudizio recante RG 1853/2009 esitato con Sentenza del Tribunale di Grosseto n- 1008/2011 versata in atti, deve concludersi per la sussistenza di un diritto risarcitorio in capo ai ricorrenti per il sinistro oggetto di lite, seppure nei limiti che seguono. Si osserva che la perizia a firma del dott. (...) disposta nel giudizio recante RG 1853/2009 esitato con Sentenza del Tribunale di Grosseto n- 1008/2011, valutata in uno alle risultanze testimoniali raccolte in corso di causa, sia tale da far ritenere sussistente il diritto al risarcimento del danno anche in favore dei prossimi congiunti di (...), la quale, pur sopravvissuta a seguito del sinistro stradale per cui è causa, abbia tuttavia patito un danno talmente grave da comportare immediati riflessi anche sulle persone a sè più vicine. Sotto questo profilo, si osserva come sia essenziale che la parte attrice dia prova - come in effetti avvenuto nella specie - anche in via presuntiva del danno patito, dovendosi evitare qualsiasi forma di automatismo. Si ritiene opportuno premettere che la questione oggetto di odierno esame concerne la tematica del danno patito dai prossimi congiunti del macroleso, in ragione delle conseguenze negative che l'illecito altrui ha prodotto direttamente nella propria sfera giuridica. Conseguenze negative che, per poter assumere rilievo giuridico, devono essere serie e concrete e costituire conseguenza immediata e diretta dell'altrui comportamento. La giurisprudenza ha da tempo chiarito come ai prossimi congiunti della persona che abbia subito lesioni personali sia attribuibile il risarcimento del danno morale concretamente accertato in relazione ad una particolare situazione affettiva con la vittima, non essendo ostativo il disposto dell'art. 1223 c.c., in quanto anche tale danno trova causa immediata e diretta nel fatto dannoso, con conseguente legittimazione del congiunto ad agire iure proprio contro il responsabile (cfr. Cass. S.S.U.U., 22 maggio 2002, n. 9556). E' stato inoltre affermato in giurisprudenza che la prova del danno non patrimoniale, patito dai prossimi congiunti di persona resa invalida dall'altrui illecito, può essere desunta anche soltanto dalla gravità delle lesioni, sempre che l'esistenza del danno non patrimoniale sia stata debitamente allegata nell'atto introduttivo del giudizio (cfr. Cass. Civ., Sez. 3, Sentenza n. 2228 del 16/02/2012) e che lo stesso danno, consistente nella sofferenza morale patita dal prossimo congiunto di persona lesa in modo non lieve dall'altrui illecito, può essere dimostrato con ricorso alla prova presuntiva ed in riferimento a quanto ragionevolmente riferibile alla realtà dei rapporti di convivenza ed alla gravità delle ricadute della condotta (cfr. Cass. Civ., Sez. 3 - Sentenza n. 2788 del 31/01/2019: nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata che aveva ritenuto non provato il danno non patrimoniale patito dal marito per le lesioni subite dalla moglie a seguito di un intervento chirurgico, senza considerare in particolare, l'entità non lieve delle lesioni personali riportate dalla danneggiata, quantificate al 30%, in conseguenza delle quali le era stato riconosciuto un danno alla vita di relazione, in specie sessuale). Ancora, afferma la giurisprudenza, sempre in tema di danno non patrimoniale consistente nella sofferenza morale patita dal prossimo congiunto di persona lesa in modo non lieve dall'altrui illecito, che questo può essere dimostrato con ricorso alla prova presuntiva ed in riferimento a quanto ragionevolmente riferibile alla realtà dei rapporti di convivenza ed alla gravità delle ricadute della condotta (cfr. Cass. Civ., Sez. 3 - , Ordinanza n. 11212 del 24/04/2019). Giova richiamare, inoltre, la lettura costituzionalmente orientata data dalle Sezioni Unite in tema di presupposti e contenuti del risarcimento del danno non patrimoniale attraverso la quale, in virtù del principio della tutela minima risarcitoria spettante ai diritti costituzionali inviolabili, è stata estesa la tutela ai casi di danno non patrimoniale prodotto dalla lesione di diritti inviolabili della persona riconosciuti dalla Costituzione e, per effetto di tale estensione, è stata ricondotta nell'ambito dell'art. 2059 c.c., anche la tutela riconosciuta ai soggetti che abbiano visto lesi i diritti inviolabili della famiglia (artt. 2, 29 e 30 Cost.); ciò con la precisazione che il danno non patrimoniale da perdita o compromissione del rapporto parentale nel caso di morte o di procurata grave invalidità del congiunto consiste nella privazione di un valore non economico, ma personale, costituito della irreversibile perdita del godimento del congiunto, dalla definitiva preclusione delle reciproche relazioni interpersonali, secondo le varie modalità con le quali normalmente si esprimono nell'ambito del nucleo familiare; perdita, privazione e preclusione che costituiscono conseguenza della lesione dell'interesse protetto. Tanto precisato, le SSUU hanno altresì ribadito che il danno non patrimoniale, anche quando sia determinato dalla lesione di diritti inviolabili della persona, costituisce danno conseguenza che deve essere allegato e provato, non potendo condividersi la tesi che trattasi di danno in re ipsa, sicché dovrà al riguardo farsi ricorso alla prova testimoniale, documentale e presuntiva (Cass. Sez. U. 11/11/2008, n. 26972). Infine, è stato sottolineato che ai fini dell'accoglimento della domanda di risarcimento del danno subito a causa della uccisione o macrolesione di un prossimo congiunto non hanno rilievo le qualificazioni adoperate dagli interessati, ma è necessario che il pregiudizio venga compiutamente descritto e che ne vengano allegati e provati gli elementi costitutivi (Cass. Sez. 3 17/07/2012, n. 12236). Quanto al criterio di liquidazione del danno, la Suprema Corte di Cassazione, proprio per sopperire al rischio di sperequazioni in sede di giudizi di merito, ha più volte indicato le tabelle predisposte dal Tribunale di Milano (ad oggi nella versione aggiornata al 2021) quale strumento cui i Giudici possono fare riferimento, in quanto rispondono ai requisiti di equità che sono richiesti nella quantificazione del danno patrimoniale, naturalmente adeguandole oggettivamente al caso concreto e personalizzando il danno in relazione alla situazione soggettiva dei danneggiati: "una liquidazione adeguata e proporzionata che, muovendo da una uniformità pecuniaria di base, riesca ad essere adeguata all'effettiva incidenza della menomazione subita dal danneggiato nel caso concreto" (Cass. Civ. 5013/2017). Nel caso di specie, deve dunque farsi applicazione del parametro di cui alle Tabelle di Milano 2021, stante la non fruibilità del criterio tabellare di cui alle Tabelle di Roma, queste ultime - apparentemente - suggerite da una recentissima giurisprudenza di legittimità esclusivamente in relazione all'ipotesi di danno da perdita del rapporto parentale (cfr. Corte di Cassazione Sentenza n. 10579 del 21/04/2021 - Presidente Travaglino, relatore Sc.) e non, dunque, al danno riflesso sui prossimi congiunti indotto dalla diminuzione dell'integrità psicofisica del danneggiato. Va infatti tenuto conto del fatto che la medesima giurisprudenza ha precisato che la liquidazione del danno non patrimoniale, in assenza di specifica normativa, è sempre operata su base equitativa in ossequio all'art. 1226 del codice Civile sulla base delle circostanze del caso concreto; il ricorso al sistema tabellare è infatti unicamente volto a garantire l'uniformità di giudizio su tutto il territorio nazionale. Questa giurisprudenza ritiene che le tabelle di Milano, pur non essendo un precetto legislativo, costituiscono una sorta di clausola generale, con conseguente "conversione della clausola generale in una pluralità di ipotesi tipizzate risultanti dalla standardizzazione della concretizzazione giudiziale della clausola di valutazione equitativa del danno"; in tale ottica, anche l'eventuale ricorso alle Tabelle di Roma non esclude in ogni caso la possibilità di applicare sull'importo finale dei correttivi in ragione della particolarità della situazione, "salvo che l'eccezionalità del caso non imponga, fornendone adeguata motivazione, una liquidazione del danno senza fare ricorso a tale tabella" (cfr. Corte di Cassazione Sentenza n. 10579 del 21/04/2021). Da tanto deriva che si dovrà tenere necessariamente conto della gravità del fatto, dell'entità del dolore patito, delle condizioni soggettive della persona, del turbamento dello stato d'animo, dell'età della vittima e dei congiunti all'epoca del fatto, del grado di sensibilità dei danneggiati, della situazione di convivenza o meno con il danneggiato principale; tutte circostanze la cui prova grava sull'attore, non assumendo rilievo le qualificazioni adoperate dagli interessati, rimanendo sempre necessario che il pregiudizio venga compiutamente descritto e che ne vengano allegati e provati gli elementi costitutivi (Cass. Sez. 3 17/07/2012, n. 12236). Orbene, nel caso di specie i ricorrenti hanno agito per il risarcimento del danno morale permanente riflesso e/o esistenziale, anche per la grave lesione del rapporto parentale ed il grave pregiudizio per il rapporto dinamico relazionale con (...) indotto dal dimezzamento della di lei integrità psicofisica" (cfr. Pag. 6 ricorso introduttivo). Per la prova del danno azionato in questa sede, dunque, soccorrono tra l'altro le prove orali assunte in corso di causa. Ebbene, esse hanno condotto al seguente esito: Il tre testi indicati da parte attrice, (...) (amico dei ricorrenti), (...) (compagno convivente della (...)) e (...) (indifferente), fornendo dichiarazioni sostanzialmente conformi e prive di contraddizioni intrinseche, richiesti di fornire dichiarazioni in merito al rapporto familiare intercorrente tra i ricorrenti e la (...), hanno sostanzialmente confermato quanto dedotto in ricorso introduttivo. In particolare, in merito al fatto che la (...) sarebbe venuta dalla Romania subito dopo l'incidente per ricongiungersi alla figlia (...), recandosi all'Ospedale dove questa era ricoverata e che dopo le dimissioni dall'Ospedale sarebbe rimasta con lei a Piombino per circa 1 anno, assistendola ed occupandosi del nipotino (...), nato nel (...), figlio di (...), i testi escussi hanno sostanzialmente confermato la circostanza (il teste (...) precisando di saperlo per essergli stato raccontato da (...), gli altri due per diretta conoscenza - cfr. verbale del 12.02.2019 e 18.11.2020) confermando altresì che negli anni successivi all'incidente la (...) è sempre stata con la figlia (...) a (...) almeno 6 mesi per ogni anno, anche continuativamente, salvo tornare in certi periodi in Romania, per custodire la proprietà della famiglia il di lei figlio (...) (cfr. verbale del 12.02.2019 e 18.11.2020). Risulta altresì confermata la circostanza per cui le sorelle (...) sposata (...) e (...) sposata (...) subito dopo l'incidente del 2/3/08 vennero la prima dalla Romania e la seconda da Trieste, dove abitava con il marito, e si recarono all'Ospedale dalla sorella (...), dandosi il cambio per assisterla ogni 1-2 mesi circa anche dopo che (...) fu dimessa e stava a casa, e ciò per circa 6 mesi. (cfr. deposizione dei testi (...), (...) e (...) verbale del 12.02.2019 e 18.11.2020). In merito a (...), i testi escussi hanno confermato che nel 2013 questa prese l'aspettativa presso l'Impresa di cui era dipendente in Romania per stare con la sorella (...) a (...) per circa 6 mesi, e dall'autunno 2008 in poi, tornando a Piombino dalla Romania presso la sorella (...) almeno 3-4 volte l'anno ogni volta per 10-15 giorni, rarefacendo le sue visite solo nell'anno 2011, dopo la nascita del figlio avvenuta allora." (cfr. deposizione dei testi (...), (...) e (...) verbale del 12.02.2019 e 18.11.2020). In merito a (...), i testi escussi hanno confermato che dall'autunno 2008 in poi si è portata da Trieste a Piombino presso la sorella (...) ogni 2-3 mesi ed ogni volta per 10-15 giorni, sinché verso la fine del 2010 con suo marito si è trasferita a Piombino, dove stava quotidianamente assieme alla sorella (...) (cfr. deposizione dei testi (...), (...) e (...) verbale del 12.02.2019 e 18.11.2020). I testi escussi hanno altresì confermato che le sorelle (...) e (...), oltre ad assisterla per tutto il 2008, quando stavano assieme a (...), la aiutavano nei lavori di casa e nella cura del figlio N. e che (...) diede alla luce una bambina nel 2012 a Piombino, e nel 2013 tornò ad abitare a Trieste, avendo il marito perduto il lavoro a Piombino e trovatone un altro a Trieste, e da allora, non appena la bambina è stata in grado di viaggiare con lei, ha ripreso a tornare periodicamente a Piombino presso la sorella (...) con la stessa frequenza e durata delle permanenze del periodo precedente (cfr. deposizione dei testi (...), (...) e (...) verbale del 12.02.2019 e 18.11.2020). Quanto al fratello (...), risulta confermato dai testi che questi cominciò a venire a Piombino dalla Romania nel 2006 per periodi di lavoro a tempo determinato, ritornando in Romania ogni volta che il lavoro cessava, mentre non risulta confermato quanto dedotto dai ricorrenti al capitolo di prova M) ("ovvero che egli finchè (...), la quale fino a quel momento svolgeva attività lavorative di vario genere, non ottenne degli acconti sul risarcimento dei danni, provvedette al pagamento del canone di locazione dell'alloggio in cui la sorella abitava, e ciò dal Marzo 2008 a fine 2009) non avendo i testi dichiarato di conoscere direttamente detta circostanza (cfr. deposizione dei testi (...), (...) e (...) verbale del 12.02.2019 e 18.11.2020). Sempre quanto al fratello (...), i testi hanno invece sostanzialmente confermato che egli egli ha sempre coadiuvato in Piombino la madre e le sorelle, e, in loro assenza, ha provveduto direttamente ad accompagnare all'asilo e poi a scuola il nipotino (...), andando poi a riprenderlo e riportarlo a casa, ed anche attualmente aiuta la sorella (...) in questi compiti (cfr. deposizione dei testi (...), (...) e (...) verbale del 12.02.2019 e 18.11.2020) il tutto quasi tutti i giorni recandosi a casa della sorella (...), che non ha più avuto un lavoro, intrattenendosi con lei e con la madre o le altre sorelle quando queste sono presenti a Piombino (cfr. deposizione dei testi (...), (...) e (...) verbale del 12.02.2019 e 18.11.2020). Circa i rapporti tra (...) e la famiglia nel suo complesso, risulta confermato dalla teste (...) altresì che (...) venne in Italia a Piombino nel 2006 ed ogni due o tre mesi tornava in Romania dalla famiglia, sempre ogni 2 o 3 mesi venivano a trovarla per qualche giorno a Piombino la madre (...) (allora (...)) (...) e le sorelle (...) e (...), aiutandola nelle incombenze domestiche e di madre (cfr. deposizione della teste (...) - verbale del 18.11.2020). Alla luce degli esiti della prova testimoniale come innanzi riassunta, avendo i ricorrenti puntualmente allegato e provato le abitudini specifiche della famiglia de qua, e potendosi ricavare dal rapporto familiare nel suo complesso la prova presuntiva della sussistenza di un solido rapporto familiare tra i ricorrenti e la (...), si ritiene sussista il diritto al risarcimento in capo ai primi, il quale dovrà parametrarsi in relazione ai dati forniti, tenuto conto di una situazione di non stabile convivenza in tempo anteriore al sinistro tra ricorrenti e danneggiata principale, ed è dunque calcolato partendo dal valore monetario medio per la perdita del congiunto, calcolato in applicazione delle Tabelle di Milano 2021 e pari ad Euro 168.250,00 per il genitore ed Euro 24.350,00 per sorelle e fratello, ridotto al 50% in ragione dell'entità delle lesioni patite (42%) e dell'età della (...) al momento del fatto (23 anni) ed ulteriormente ridotto in via equitativa in misura del 20% in ragione della permanenza in vita della (...) (non essendo possibile considerare equipollente la morte del congiunto, con la perdita definitiva di ogni possibilità di relazione con lo stesso, alla lesione gravissima, con residua possibilità di mantenere un legame affettivo stabile e una relazione quotidiana). Il danno è dunque riconosciuto nei limiti seguenti, parametrato a tutte le caratteristiche del caso concreto, secondo quanto chiarito nelle Tabelle del Tribunale di Milano: P. (già (...)) (...): Euro 63.700,00; (...) (sposata (...)): Euro 9.740,00; (...) (sposata (...)): Euro 9.740,00; (...): Euro 9.740,00. Poiché si tratta di danno liquidato all'attualità, lo stesso deve essere maggiorato di soli interessi in misura legale, dalla data odierna al soddisfo. L'importo deve poi essere devalutato al 2 marzo 2008 e maggiorato di interessi in misura legale, sull'importo di anno in anno rivalutato secondo l'indice ISTAT, dal marzo 2008 alla data odierna. Tali somme devono essere poste a carico di (...) S.p.A., stante il fatto che, in relazione alla dinamica del sinistro de quo, risulta pacifico e mai contestato che (i) la (...) viaggiava, in qualità di trasportata, "nell'auto Ford Fiesta tg. (...), assicurata con polizza (...) S.p.A.", riportando delle lesioni poi quantificate in un successivo giudizio di merito dinanzi a questo Tribunale (R.G.N. 1853/2009), nella misura del 42% di invalidità permanente con 60 giorni di invalidità temporanea totale e 60 giorni di invalidità temporanea parziale; (ii) sul punto (...) S.p.A,, ha dichiarato che (...) S.p.A. sarebbe "confluita" in quest'ultima, mai contestando la sussistenza ed operatività della polizza assicurativa in parola e quindi che l'obbligo assicurativo in relazione alla vicenda de qua sia riferibile a (...) S.p.A. quale impresa che ha incorporato (...) S.p.A.. Pertanto, sebbene non sia stata offerta prova documentale del consolidamento di entrambi i convenuti in un unico soggetto giuridico, tenuto conto dei fatti non contestati, della sicura operatività della polizza assicurativa per cui è lite e della sua - pacifica - riferibilità a (...) S.p.A., si giustifica la condanna esclusivamente di quest'ultima al pagamento delle somme, meglio quantificate in dispositivo, in favore degli odierni ricorrenti. In ordine alle spese di lite tra ricorrenti e (...) S.p.A., si statuisce come da dispositivo secondo la soccombenza, in applicazione della quinta fascia della tabella n. 2 (giudizi ordinari e sommari di cognizione innanzi al tribunale) del D.M. n. 55 del 2014, con aumento del 20% per la presenza di più parti aventi stessa posizione processuale ed identico disegno defensionale (art. 4, comma 2 D.M. cit.). P.Q.M. Il Tribunale di Grosseto, sezione civile, definitivamente pronunciando sulla domanda proposta come in epigrafe, così provvede: 1) condanna (...) S.p.A. (anche quale impresa incorporante (...) S.p.A.). a corrispondere in favore dei ricorrenti la complessiva somma di Euro 92.920,00, così suddivisa: (...) (già (...)) (...): Euro 63.700,00; (...) (sposata (...)): Euro 9.740,00; (...) (sposata (...)): Euro 9.740,00; (...): Euro 9.740,00; ognuno di tali importi dapprima devalutati al 2 marzo 2008 e maggiorato di interessi in misura legale, sull'importo di anno in anno rivalutato secondo l'indice ISTAT, dal marzo 2008 alla data odierna; il tutto oltre gli interessi legali dalla sentenza al saldo; 2) condanna (...) S.p.A. (anche quale impresa incorporante (...) S.p.A.) a corrispondere in favore del procuratore antistatario avv. Fa.Br. le spese del presente giudizio che liquida complessivamente in Euro 1.022,74 per spese documentate; nonché complessivamente Euro 16.116,00 per compensi, oltre spese generali al 15%, Iva e Cpa se dovute come per legge; Così deciso in Grosseto il 19 gennaio 2022. Depositata in Cancelleria il 22 gennaio 2022.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE DI GROSSETO SEZIONE LAVORO in persona del Giudice, dott. Giuseppe GROSSO all'udienza del 24 novembre 2021, all'esito della camera di consiglio, ha pronunciato la seguente SENTENZA ex art. 429, 1 comma c.p.c., modificato dall'art. 53, comma 2 d.l. n. 112/2008, conv. in legge n. 133/2008, nella causa civile iscritta al n. 540 del Ruolo Generale Affari Lavoro dell'anno 2019, vertente TRA (...) S.p.A., in persona del Presidente e legale rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa dall'Avv. El.Cr., Servizio Legale di (...) S.p.A., ed elettivamente domiciliata presso (...) S.p.A. Filiale di Grosseto Piazza (...). RICORRENTE e (...), C.F. (...), nato (...) e residente in Via (...), Grosseto, rappresentato e difeso dall'Avv. Vi.So. del foro di Roma, ed elettivamente domiciliato in Grosseto alla Via (...), presso (...), giusta procura in atti telematici. CONVENUTA Oggetto: sanzione disciplinare. FATTO E DIRITTO 1. Con ricorso depositato in data 25 settembre 2019 (...) S.p.A. ha rappresentato che il proprio dipendente (...) non aveva provveduto a svolgere il servizio di recapito nel giorno 11.6.2019 con la dovuta diligenza, omettendo di recapitare 7 prioritari esteri, 2 prioritari nazionali e 13 invii a firma "come da rapportino palmare agli atti" (all. 6 e 7); ciò a fronte delle complessive consegne affidategli per quella giornata, pari a 15 recapiti esteri, 7 prioritari nazionali e 61 invii, lasciando quanto non consegnato sul tavolo nella stanza dei capisquadra portalettere. Il tutto come da addebito che costituisce all. 1 del ricorso. Tanto premesso, la ricorrente ha avanzato richiesta di voler riconoscere la legittimità della sanzione disciplinare conservativa irrogata ossia la sospensione dal servizio e dalla retribuzione per un giorno, ai sensi degli artt. 2104 e 2015 c.c. nonché degli artt. 52/55 del CCNL di comparto (doc. 3 ric.). 2. Si è costituita in giudizio il convenuto, contestando nel merito la pretesa punitiva, negando in particolare l'addebitabilità della mancanza per stante la gravosità dell'impegno, in particolare dovuta alla "carenza di risorse umane, l'assenza per infortunio di una collega (Sig.ra (...)) e l'aumento della mole di lavoro". 3. Rifiutata da pare ricorrente la proposta giudiziale di ridurre la sanzione al solo richiamo verbale (cfr. verbale del 3.12.2019), escussi i testimoni ammessi e acquisita la documentazione prodotta, la causa è stata decisa mediante sentenza di cui è stata data integrale lettura. 4. Il ricorso è infondato. 4.1. Preliminarmente va detto che l'addebito disciplinare - che cristallizza i fatti contestati e che come tale risulta intangibile in corso di causa - non muove, nello specifico, un rimprovero per aver il portalettere lasciato quanto non recapitato sul tavolo dei capisquadra in violazione di una specifica disposizione in tal senso. Di tale comportamento (meramente descritto nella contestazione) la ricorrente non indica neppure la fonte (sia essa regolamentare o di prassi). Ad ogni modo, anche a voler estendere l'imputazione disciplinare anche a tale profilo, come la ricorrente ha dedotto nel proprio ricorso introduttivo - laddove ha rappresentato che il (...) avrebbe dovuto lasciare i prodotti non consegnati in una casetta presso la sezione registrate, indicando le ragioni della mancata consegna - esso tuttavia non risulta adeguatamente comprovato all'esito dell'istruttoria svolta. 5. Per quanto attiene al primo profilo, i riferimenti oggettivi risultano documentali e non contestati. In particolare deve confermarsi che al (...) erano stati affidati 15 recapiti esteri, 7 prioritari nazionali e 61 invii, quindi complessivamente 83 recapiti (dal che si desume che quanto sul punto riferito dal teste di parte ricorrente, ovvero dal dipendente (...), colui che ha materialmente effettuato all'azienda la segnalazione circa la mancata completa consegna, non è corretto dal momento che il (...) ha invece riferito in udienza che il (...) avrebbe dovuto effettuare complessivamente 60 consegne a fronte di una media di 80 consegne giornaliere dei portalettere). All'esito dell'istruttoria è emerso che il territorio di consegna assegnato al resistente è caratterizzato da aree a vocazione agricola con luoghi di consegna distanti tra loro. Sul punto anche il teste (...) ha dichiarato che al (...) è stato assegnato un "territorio vasto con significative percorrenze all'interno di zone di campagna, anche fuori dal Comune di Grosseto" (cfr. risposta del teste al cap. 6). La teste indicata da parte resistente, (...), ha confermato sul medesimo punto il capitolo 1 della memoria di costituzione del (...), precisando che per esperienza diretta "5 zone di cui 2 rurali per esperienza sono tante" (cfr. dichiarazioni della teste in risposta ai cap. 1 e 4). La teste (...) ha poi confermato che ella quel giorno era assente dal lavoro per infortunio, dato addotto dal resistente a giustificazione del maggior aggravio di lavoro che si era ritrovato a svolgere. In merito - si ricorda - che il (...) ha riferito come la media di consegne dei portalettere è di 80 recapiti, mentre nello specifico al (...) ne erano stati assegnati 83. Così stando le cose, a fronte di 22 complessive mancate consegne, non pare al Tribunale che la condotta del (...) possa definirsi negligente al punto da meritare una risposta sanzionatoria come quella in concreto irrogatagli. Tanto più che l'azienda non ha specificato se le consegne dovessero seguire un certo ordine di importanza né quindi distinto all'interno della contestazione le mancate consegne sotto un profilo qualitativo, bensì meramente quantitativo. Va tenuto poi in debito conto che la presenza di aree agricole con limiti di velocità, quali quelli indicati dal resistente (cfr. doc. nn. 2 e 3) e non contestati, ben potevano nello specifico di una giornata giustificare eventuali ritardi, data anche l'oggettiva, ricorrente, presenza di macchine agricole nelle aree in questione, che - notoriamente, come dedotto da parte resistente - rallentano gli altri veicoli, dilatando così i tempi di consegna. Nè la stessa media indicata dal teste (...) (80 consegne giornaliere) distingue peraltro tra aree urbane e inurbane o agricole. Viene così meno la contestazione della violazione del codice etico, indicata nella contestazione del 15.7.2019 (all. 1 ric.) relativamente alla qualità, diligenza e professionalità del lavoratore. 5. Come detto, la mancata consegna delle rimanenze nella sezione recapiti, e nello specifico dentro una apposita scatola (con riferimento in particolare ai prodotti esteri e prioritari non consegnati), e ancora la mancata giustificazione scritta sono profili che non stati espressamente contestati come mancanze di rilievo disciplinare nell'addebito sopra indicato. Peraltro l'istruttoria non ha neppure adeguatamente confermato l'esistenza di indicazioni in tal senso e anzi, con riferimento specifico alla detta scatola, è emerso che essa non era più in uso all'epoca dei fatti (sul punto, liberamente interrogato, il resistente ha pure lui affermato che la detta scatola "non c'era più da tempo e c'era la prassi di lasciare la posta sul tavolo; (...) solo in tempi recenti è stato introdotto l'obbligo di avvisare per iscritto" circa le ragioni delle mancate consegne; cfr. verbale interrogatorio libero del 19.11.2019). 6. Deve conseguentemente riconoscersi la non imputabilità delle contestazioni mosse al (...). Con il che deve ritenersi esclusa la configurabilità della violazione dei sopra citati articoli del CCNL invocati da parte ricorrente, non potendosi affermare che il convenuto abbia violato i principi dettati dall'art. 2104 c.c. (diligenza del prestatore di lavoro) e 2105 c.c. (obbligo di fedeltà), richiamati dagli artt. 52 e ss. del CCNL del 14 aprile 2011. La sanzione disciplinare applicata risulta quindi illegittima. 7. Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo in base ai parametri medi per i compensi per l'attività forense di cui al D.M. 10.3.2014 n. 55, pubbl. in GU n. 77 del 2.4.2014 avuto riguardo al valore della causa appartenente al primo scaglione. P.Q.M. Il Tribunale, definitivamente pronunciando sulla domanda proposta da (...) S.p.a., così provvede: - rigetta il ricorso; - condanna (...) S.p.A. alla rifusione in favore dell'Avv. Vi.So., dichiaratosi antistatario, delle spese di giudizio che liquida in Euro 610 per compensi di avvocato, oltre spese forfettarie I.V.A. e cpa come per legge. Così deciso in Grosseto il 24 novembre 2021. Depositata in Cancelleria il 24 novembre 2021.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO di GROSSETO Il Tribunale, nella persona del Giudice, dott.ssa Paola Caporali ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 2365/2015 tra: (...) con l'avv. (...) elettivamente domiciliati presso il difensore giusta delega in atti; -ATTORI- e CONDOMINIO (...), con il patrocinio dell'avv. (...) elettivamente domiciliato presso il difensore giusta delega in atti; -CONVENUTO- Oggetto: risarcimento danni conclusioni: come da fogli di udienza depositati a seguito di trattazione scritta dell'udienza di precisazione delle conclusioni del 29.09.2020 come da ordinanza del 21.08.2020 emessa ex art. 83 co 7 lett. h) DL 18/20 e specificamente: per parte attrice "Piaccia al Tribunale di Grosseto, ogni altra contraria, diversa, istanza, richieste, domanda, rigettata o disattesa, accertata l'esistenza delle immissioni pregiudizievoli, di cui alla narrativa che precede come riconosciuto dalla ordinanza di cotesto Tribunale del 25.05.2013 resa nella causa ex art. 700 cpc N. 2138/12; accertato che le stesse integrano danno alla salute, danno esistenziale, danno morale, lucro cessante, in pregiudizio degli attori; ritenuto che la fattispecie ricade sotto le previsioni degli artt. 844, 2043, 2051, 2059, 2909 c.c., 32 Cost.,. nonché dell'art. 674 e 659 c.p., viste le conclusioni raggiunte dalla espletata CTU medica; visto l'esito della prova per testi, tenuto conto della ordinanza resa dal Giudice all'udienza del 3.5.2017, dichiarare tenuto e condannare il Condominio di (...), Follonica in persona dell'Amministratore legale rappresentante protempore, al pagamento in favore dei coniugi (...), a titolo di risarcimento del danno pregresso, della somma di Euro 9.000,00, di cui Euro 4.500,00 a titolo di invalidità temporanea di (...), ed Euro 4.500,00 complessivamente per entrambi i coniugi, a titolo di risarcimento per il mancato o diminuito godimento dell'immobile a causa del rumore; salvo diversa valutazione equitativa del Tribunale, con interessi legali dal fatto al saldo, con vittoria di spese, compensi di causa, rimborso forfettario spese, cap ed Iva come per legge "; per parte convenuta "Piaccia al Giudice adito , ogni contraria istanza disattesa e reietta respingere la domanda attrice , in quanto infondata in fatto e in diritto e comunque al momento non provata. Con vittoria del compenso e delle spese di lite". SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con atto ritualmente notificato (...) citavano in giudizio il Condominio di via della Pace 45/53 in Follonica, in persona dell'amministratore pro tempore per sentirlo condannare al risarcimento dei danni subiti dalle immissioni sonore provocate dal nuovo impianto di autoclave condominiale installato nel 2010 sottostante il primo piano dell'appartamento degli attori. Che lamentavano di essere stati costretti a proporre ricorso d'urgenza per ottenere l' adozione da parte del condominio degli accorgimenti necessari a far cessare i rumori, culminato in ordinanza con cui, in accoglimento del ricorso, il condominio era stato condannato ad eseguire le modifiche tecniche indicate dal CTU per eliminare le immissioni sonore superiori alla normale tollerabilità. Evidenziavano quindi come il condominio aveva provveduto a conformarsi a quanto disposto dal Tribunale solo nel 2014 e chiedevano la refusione dei danni alla salute e a quelli corrispondenti al ridotto godimento dell'appartamento nel periodo estivo, che erano stati costretti a lasciare e non avevano potuto locare dato il continuo disturbo sonoro con particolare riferimento al riposo notturno, nonché il danno alla salute causato a (...). Si costituiva il condominio contestando la pretesa risarcitoria fatta valere sia in punto di an sia di quantum. In via istruttoria venivano prodotti documenti, acquisite le copie prodotte dalle parti del procedimento cautelare di urgenza ante causam, sentiti testimoni, deferito interrogatorio formale e disposta CTU medica. Nelle more, entravano in vigore il D.L. n. 11 dell'8.03.2020 avente ad oggetto 'misure straordinarie ed urgenti per contrastare l'emergenza epidemiologica da COVID - 19' e il D.L. 17 marzo 2020, n. 18 (misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostengo economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19) con cui veniva disposta la sospensione di tutti i termini processuali in un primo momento fino al 16.04.2020, quindi prorogato fino all'11.05.2020, con indicazione delle successive modalità alternative di trattazione tra cui la modalità scritta ex art. 83 comma 7 lett. h) D.L. 83/2020. Con ordinanza in data 21.08.2020 veniva disposta la trattazione scritta dell'udienza di precisazione delle conclusioni, disponendosi il trattenimento in decisione della causa all'esito del deposito del foglio sostitutivo della presenza in udienza, con concessione dei termini ex art. 190 c.p.c. Le parti depositavano 'foglio' in cui precisavano le conclusioni e chiedevano che il giudice trattenesse la causa in decisione. MOTIVI DELLA DECISIONE 1. La ricostruzione del fatto - Dalle risultanze istruttorie è emerso che il condominio di via della Pace 49/53 in Follonica nel 2010 è stato interessato da lavori di rifacimento dell'impianto autoclave. Gli accertamenti espletati dal CTU nell'ambito del procedimento cautelare d'urgenza ante causam, hanno permesso di verificare che il suddetto impianto autoclave condominiale è stato allocato in un locale tecnico posto al piano sottostrada, sottostante una porzione del primo piano dell'appartamento degli attori, adibita a zona giorno. Espletati gli esami strumentali funzionali alla misurazione delle immissioni sonore nell'appartamento degli attori provenienti dall'apparecchiatura autoclave in oggetto, è risultato il costante superamento dei limiti di tollerabilità sia nel periodo diurno, sia in quello notturno. Il testimone (...) ha confermato che (...), in quanto costretto in sedia a rotelle, dormiva al piano terra della sua abitazione, proprio nel locale soggiorno soprastante l'autoclave. (...), medico, in sede di dichiarazioni testimoniali, confermava i problemi di insonnia manifestati dallo (...) a causa dei rumori, nonché le conseguenti prescrizioni di farmaci effettuate a causa di tale disturbo. Con ordinanza emessa il 25.05.2013 il giudice del Tribunale di Grosseto ordinava al condominio di eseguire, in via di urgenza, gli interventi di bonifica acustica indicate dal CTU onde eliminare le immissioni sonore superiori alla normale tollerabilità all'interno dell'appartamento degli attori. Parte attrice ha dedotto che le opere di adeguamento indicate nell'ordinanza cautelare sono state eseguite dal condominio sono nell'anno 2014, circostanza non documentata altrimenti, ma non oggetto di espressa contestazione da parte del condominio convenuto. 2. La responsabilità - E' oramai principio consolidato che per determinare il limite di tollerabilità delle immissioni sonore e per valutare la sussistenza del presupposto oggettivo della illiceità dell'immissione, deve applicarsi il criterio cd. comparativo-differenziale, consistente nel confrontare il livello medio dei rumori di fondo costituiti dalla somma degli effetti acustici prodotti dalle sorgenti sonore esistenti e interessanti una determinata zona, con quello del rumore rilevato sul luogo che subisce le immissioni, e nel ritenere superato il limite della normale tollerabilità per quelle immissioni che abbiano una intensità superiore di oltre tre decibel al livello sonoro di fondo, cosa che equivale al raddoppio dell'intensità di quest'ultimo (cfr. tra le tante Trib. Milano, 10-121992, Trib. Roma 16 marzo 1964; Cass. 1796/1976, Cass. 161/1996, App. Milano 28 febbraio 1995, Trib. Perugia 8 novembre 1997). La correttezza di tale criterio è stata più volte sottolineata dalla giurisprudenza, la quale ha evidenziato come, così operando, al contrario di ciò che avviene utilizzando il c.d. criterio assoluto - il quale giudica della tollerabilità o meno sulla base del mero superamento di un dato livello di rumorosità - si tiene nella debita considerazione la reale situazione dei luoghi. Né può ritenersi che su tale metodo di accertamento dell'intollerabilità abbia influito la sopravvenuta emanazione prima del d.p.c.m. 1° marzo 1991 (limiti massimi di esposizione al rumore negli ambienti abitativi e nell'ambiente esterno), poi della l. 26 ottobre 1995 n. 447 (legge quadro sull'inquinamento acustico): infatti, le norme ivi previste disciplinano esclusivamente i rapporti fra imprese ed enti locali per la bonifica del territorio dall'inquinamento acustico e i livelli di accettabilità delle immissioni sonore al fine di assicurare alla collettività il rispetto dei livelli minimi di quiete, senza incidere sui rapporti di diritto soggettivo intercorrenti fra privati, e senza, quindi, porre eccezioni alle disposizioni di legge di portata generale in materia di tutela dei diritti patrimoniali e della salute che competono ad ogni persona e, in particolare, all'art. 844 c.c. (v. tra le tante, Pret. Monza 18 luglio 1991, Trib. Catania 13 dicembre 2001 e Cass., sez. II, 27-01-2003, n. 1151; Cass. n. 2319/2011). È possibile, così, affermare l'intollerabilità delle immissioni anche ove le immissioni non superano i limiti fissati dalle norme di interesse generale (v. da ultimo, Cass. 951/1999, Cass. 5398/1999, Cass. 1565/2000, Cass., sez. II, 27-01-2003, n. 1151). Tanto premesso, nel caso di specie non è contestato in punto di fatto la collocazione dell'appartamento degli attori rispetto all'impianto di autoclave condominiale, da cui è stato accertato - a mezzo CTU adeguatamente motivata e condivisibile - il propagarsi, alla soprastante porzione di immobile degli attori, di immissioni sonore superiori ai limiti di tollerabilità, nei termini sopra indicati. Ora, a seguito della pronuncia della Corte Costituzionale n. 247/74, come è noto, in caso di immissioni illecite sono ritenute esercitabili, alternativamente o cumulativamente, due azioni: una personale, fondata sull'art. 2043 c.c. e sull'art. 32 Cost. (disposizione, ormai ritenuta immediatamente precettiva in tutti i settori della responsabilità civile), che può essere esercitata, nei confronti del responsabile delle immissioni dannose per la salute, al fine di far cessare le immissioni stesse e ottenere il risarcimento del pregiudizio all'integrità psico-fisica da loro provocato; e l'altra, di natura reale, fondata sull'art. 844 c.c. e soggetta alla disciplina di tale disposizione, che può essere esercitata, nei confronti del proprietario del fondo vicino, per ottenere l'imposizione delle misure necessarie per far cessare le immissioni intollerabili in relazione a tutte le attività esercitabili sul fondo interessato. Nella prassi giudiziaria - così come anche nella fattispecie in esame - le due azioni tendono a sovrapporsi in quanto l'accertamento dell'illiceità delle immissioni spesso avviene in modo speculare ed in entrambe le azioni si esclude la rilevanza della normativa pubblicistica, in quanto riguardante i rapporti tra l'autore delle immissioni e la collettività (a tutela della quale vigila l'ente pubblico preposto), mentre l'azione ex art. 844 c.c. è finalizzata alla tutela del diritto dominicale nei rapporti tra privati e l'azione ex art. 2043 c.c. e 32 Cost. è finalizzata alla tutela del diritto alla salute sempre nei rapporti tra privati. Secondo il prevalente orientamento giurisprudenziale, peraltro, l'azione diretta a far valere il divieto di immissioni eccedenti la normale tollerabilità ex articolo 844 c.c. può essere iscritta anche nei confronti dell'autore materiale delle immissioni, che non sia proprietario dell'immobile da cui derivano, quando soltanto a costui debba essere imposto un "facere" o un "non facere" suscettibile di esecuzione forzata in caso di diniego (cfr. Cass. 1.12.2000 n. 15.392). Nel caso di specie deve dunque ritenersi sussistente la responsabilità per i danni arrecati agli attori come conseguenza del collocamento di un impianto autoclave da cui provenivano immissioni rumorose, nell'appartamento degli attori, superiori alla normale tollerabilità, senza l'adozione delle necessarie cautele per ridurre l'impatto sonoro nell'abitazione, nonostante le ripetute richieste e lamentele come confermato dall'istruttoria. L'illiceità delle immissioni per cui è causa discende infatti non dallo svolgimento di un'attività produttiva rumorosa da valutarsi comparativamente rispetto al diritto alla salute ed alla serenità di vita, bensì dal collocamento dell'impianto condominiale di autoclave - della cui necessità e collocazione nessuna parte discute - senza adottare le necessarie e dovute cautele per attutire l'impatto sonoro sull'appartamento soprastante. 3. Il danno non patrimoniale - Il CTU, con motivazione adeguata e pertanto condivisibile, ha accertato che in conseguenza delle immissioni sonore di cui è causa, si è determinato nell'attore (...) un transeunte stato ansioso reattivo necessitante di farmacoterapia delle durata di tre mesi. La suddetta conclusione, comprovata anche dalla documentazione prodotta e dalle risultanze dell'istruttoria, è stata valutata dal CTU come tale da determinare nello (...) un periodo di invalidità temporanea parziale al 50% di tre mesi, senza invece residui di danno biologico permanente. Non rientrandosi nei danni da circolazione stradale cui è limitata l'applicazione dell'art. 139 legge sulle assicurazioni, successivamente richiamata limitatamente alla responsabilità medica, nel caso in esame la liquidazione deve dunque avvenire sulla base della tabella milanese, che individua il danno da inabilità temporanea, da valutarsi in maniera unitaria, come danno non patrimoniale "temporaneo" complessivo e comprensivo tanto del danno biologico quanto del morale temporaneo. In tal senso lo stesso va ritenuto corrispondente al valore base di euro 98 per un giorno di invalidità temporanea al 100%, non ritenendo sussistenti presupposti per addivenire ad un suo incremento con riferimento alla caratteristiche della fattispecie lesiva. In tal senso si perviene dunque alla complessiva quantificazione del danno da inabilità temporanea subito dallo (...) per complessive euro 4.410,00. Trattandosi di debito di valore, su tale somma già rivalutata debbono essere computati, quali danno per il danno per il ritardato pagamento, gli interessi legali, che dovranno essere calcolati sulla somma mediamente rivalutata, giusta Cass. Sez. Un. 22.4.94-17.2.95 n. 1712. Quanto all'attrice (...) non è stato invece né allegato, né provato alcun danno biologico causalmente connesso alle immissioni sonore per cui è causa. Va quindi valutato con riferimento alla stessa ed anche allo (...) il danno inerente la compromissione della serenità di vita come conseguenza delle immissioni sonore superiori alla normale tollerabilità. Ed invero, secondo il più recente indirizzo della Cassazione, se è vero che il danno alla salute non può ritenersi sussistente in re ipsa, l'assenza di un danno biologico documentato, non osta al risarcimento del danno non patrimoniale conseguente ad immissioni illecite, allorché siano stati lesi il diritto al normale svolgimento della vita familiare all'interno della propria abitazione ed il diritto alla libera e piena esplicazione delle proprie abitudini di vita quotidiane, quali diritti costituzionalmente garantiti, nonché tutelati dall'art. 8 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo (cfr. Cass. 21554/2018; Cass. Ss.UU. 2611/2007). A tale proposito il teste (...) ha spiegato che gli attori già dal 2009 si erano trasferiti nella nuova casa di (...), mentre nell'abitazione di Follonica avevano continuato a venire solo d'estate negli anni 2010 e 2011, spiegando "poi hanno smesso per il rumore e non ci sono più tornati, neppure nelle ultime estati, almeno per quanto mi consta". La testimone (...) confermava che dal 2008 circa gli attori avevano la disponibilità di un'altra casa in Gavorrano, spiegando che da un certo punto in poi non li aveva più visti nell'immobile di Follonica. A tale proposito precisava "A dire il vero, io non li ho visti nemmeno d'estate, ogni tanto vedo la sola (...) che viene, ma lui no. Per quanto ne so, non c 'è né luce né acqua. Lo so perché dovevano fare dei lavori in garage e hanno chiesto la corrente, ciò è accaduto due anni fa. Garage ed appartamento sono collegati". Dalle risultanze istruttorie risulta dunque che anteriormente ed indipendentemente alla collocazione dell'impianto di cui è causa, gli attori non vivevano più stabilmente nell'appartamento di Follonica, utilizzato per trascorrere i soli periodi estivi e poi non più abitato successivamente all'estate del 2011. Deve pertanto ritenersi provata la sussistenza di un danno conseguente alle immissioni superiori alla normale tollerabilità provenienti dal contatore in termini di lesione del diritto al normale svolgimento della vita familiare all'interno della propria abitazione ed il diritto alla libera e piena esplicazione delle proprie abitudini di vita, concretizzatosi, nella fattispecie, nella perdita della facoltà di utilizzare liberamente ed in pieno l'appartamento in oggetto per il periodo estivo. Essendo questo un danno non patrimoniale che deve essere ritenuto accertato nell'an, ma di difficile quantificazione, appaiono sussistenti i presupposti per la valutazione equitativa ex art. 1226 c.c. La valutazione equitativa può intervenire anche quando l'esperimento dei mezzi probatori non ha potuto dimostrare sufficientemente l'ammontare del danno. Questo non significa che ad ogni insufficienza probatoria deve corrispondere una valutazione equitativa, ma che detta liquidazione è legittima quando il giudice sia convinto dell'impossibilità o della estrema difficoltà per il danneggiato di fornire una prova dettagliata ed adeguata del preciso ammontare del danno. Ebbene, considerata la effettiva difficoltà nella quantificazione di tutti i danni subiti dagli attori in termini di limitazione delle proprie abitudini di vita, per essere stati privati della facoltà di fruire liberamente e compiutamente dell'abitazione di loro proprietà in zona di mare nei periodi estivi, si ritiene di quantificare il suddetto danno in euro 1500 per ciascuno degli attori. Trattandosi di debito di valore, su tale somma già rivalutata debbono essere computati, quali danno per il danno per il ritardato pagamento, gli interessi legali, che dovranno essere calcolati sulla somma mediamente rivalutata, giusta Cass. Sez. Un. 22.4.94-17.2.95 n. 1712. 4. Il danno patrimoniale - Allo (...) spetta altresì il danno patrimoniale pari ai costi per le spese mediche documentate e ritenute congrue dal c.t.u. con riferimento alla patologia manifestata e pari ad euro 29,90. Trattandosi di debito di valore, tale somma dev'essere rivalutata tenendo conto della svalutazione intervenuta dalla data degli esborsi ad oggi e sulla somma mediamente rivalutata debbono computarsi gli interessi legali. Il danno patrimoniale richiesto dagli attori in termini di perdita di contratti di locazione dell'immobile non risulta invece sostenuto da alcuna adeguata prova. Neppure risulta adeguatamente allegato e provato alcun ulteriore danno patrimoniale subito dagli attori in termini di costi per soggiorni nei periodi estivi in siti alternativi all'abitazione in oggetto. Dunque, per quanto il danno complessivamente subito dall'attore (...) a seguito delle immissioni sonore per cui è causa e che parte convenuta deve essere condannata a rifondergli è complessivamente pari ad euro 5939,90, oltre gli interessi come sopra specificati. Il danno subito da (...) e che deve essere risarcito alla stessa dal condominio convenuto è invece complessivamente pari ad euro 1500,00, oltre gli interessi come sopra specificati. 5. Spese di lite - Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo in base al DM 55/14 con riferimento allo scaglione parametrato al quantum decisum. Sulla base dei medesimi presupposti le spese di CTU, liquidate come in atti, sono poste definitivamente a carico della parte convenuta. P.Q.M. Il Tribunale, definitivamente pronunciando sulla domanda proposta tra le parti come in epigrafe emarginate, ogni diversa deduzione ed eccezione disattesa, così provvede: - Condanna parte convenuta a risarcire in favore di (...) euro 5939,90 e in favore di (...) euro 1500, per entrambi per i titoli e con gli interessi di cui in parte motiva; - Condanna parte convenuta a rifondere agli attori le spese di lite che si liquidano in euro 4800 per compenso professionale, euro 237,00 per spese, oltre rimb. forf., IVA e CPA come per legge; - Pone le spese di CTU, liquidate come in atti, definitivamente a carico di parte convenuta. Così deciso in Grosseto, il 26 dicembre 2020. Depositata in Cancelleria il 30 dicembre 2020.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO DI GROSSETO Il Tribunale, nella persona del Giudice, dott.ssa Paola Caporali ha pronunciato la seguente SENTENZA all'esito di trattazione scritta ex art. 83 lett. h) D.L. n. 18 del 1920 nella causa civile iscritta al n. r.g. 189/2016 tra: (...) (C.F. (...)), con l'avv. BO.DA. elettivamente domiciliata presso il difensore giusta delega in atti; - ATTORE - e COMUNE DI GROSSETO (C.F. non rilevato), con il patrocinio dell'avv. US.FR., elettivamente domiciliato presso il difensore giusta delega in atti; - CONVENUTO - oggetto: risarcimento danni. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con atto di citazione ritualmente notificato (...) conveniva in giudizio, innanzi al Tribunale di Grosseto, il Comune di Grosseto per sentirlo condannare al risarcimento dei danni subiti a seguito della caduta avvenuta il 16.03.2014 quando, intorno alle 21,30, stava attraversando nelle strisce pedonali in via M., all'altezza del civico 7 e cadeva, a causa di una buca nella sede stradale. Il comune si costituiva in giudizio contestando la pretesa ex adverso fatta valere sia in punto di an sia di quantum, evidenziando la carenza di prova e l'assenza di sua responsabilità. Deduceva che la caduta doveva essere piuttosto imputata alla condotta della danneggiata, ovvero alle problematiche alla caviglia dell'attrice riconducibili ad un precedente incidente. In via istruttoria veniva prodotta documentazione, assunte testimonianze ed espletata CTU medico legale. All'udienza del 22.05.2019, ritenuta la causa matura per la decisione, veniva quindi disposta udienza di discussione orale della causa ex art. 281 sexies c.p.c., fissata per il 15.01.2019, con concessione di termini antecedenti per note conclusive. L'udienza di discussione subiva differimenti di ufficio e, nelle more, entravano in vigore il D.L. n. 11 dell'8 marzo 2020 avente ad oggetto "misure straordinarie ed urgenti per contrastare l'emergenza epidemiologica da COVID - 19" e il D.L. 17 marzo 2020, n. 18 (misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostengo economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19) con cui veniva disposta la sospensione di tutti i termini processuali in un primo momento fino al 16.04.2020, quindi prorogato fino all'11.05.2020, con indicazione delle successive modalità alternative di trattazione tra cui la modalità scritta ex art. 83 comma 7 lett. h) D.L. n. 83 del 2020. Rilevato che entrambe le parti risultavano aver comunque depositato le note finali, il giudice disponeva quindi la trattazione scritta della presente decisione dando termine alle parti per deposito di note contenenti la precisazione delle conclusioni, l'indicazione degli argomenti della discussione e la contestuale rinuncia alla lettura della sentenza, stante la necessaria revoca della comparizione personale all'udienza. Entrambe le parti risultano aver depositato il suddetto "foglio", in luogo della presenza all'udienza, non tenuta e sostituita dalla trattazione scritta, in cui precisavano le conclusioni ed esponevano i propri argomenti di discussione. Stante difficoltà tecniche intervenute in sede di svolgimento dell'udienza con trattazione scritta del 14.10.2020, il giudice, con provvedimento in pari data, disponeva la revoca della decisione con la modalità della sentenza contestuale ex art. 281 sexies c.p.c. e contestualmente il trattenimento in decisione con le modalità ordinarie, sulle conclusioni rassegnate dalle parti e senza termini ex art. 190 c.p.c., stante la previa concessione di termini per note finali. MOTIVI DELLA DECISIONE 1. La ricostruzione del fatto - Il testimone (...), che premetteva di essere il fratello dell'attrice, confermava di trovarsi accanto alla sorella quando, verso le 21,30 del 16.03.2014, mentre stavano completando l'attraversamento sulle strisce pedonali che si trovano all'altezza del civico 7 di via M., l'attrice era caduta a terra a causa di una buca posta proprio in corrispondenza dell'ultima striscia pedonale. Il teste spiegava di aver visto che il piede dell'attrice si era storto e la stessa era caduta, aggiungendo "solo dopo che è caduta, guardando bene, ho visto che c'era la buca, che riconosco nelle foto mostratemi". Specificava che il tratto di strada in oggetto era scarsamente illuminato, ribadendo di aver visto la buca solo dopo la caduta della sorella perché era buio. Esponeva quindi di aver aiutato l'attrice a rialzarsi sorreggendola sotto braccio fino all'autovettura, in quanto non riusciva a reggersi in piedi, né a camminare autonomamente, spiegando che avevano pernottato presso amici e che per tutta la notte l'aveva medicata con somministrazioni di analgesici ed applicazioni di ghiaccio. E stata prodotta cartella clinica del Pronto soccorso in data 17.03.2014 in cui si dà atto che la paziente riferisce "trauma di ieri sera dolore alla caviglia destra, mentre attraversava la strada sulle strisce pedonali su una buca del manto stradale". Nella medesima cartella del Pronto Soccorso risulta allegato il referto di esame strumentale con cui era stata osservata l'interruzione corticale ossea a livello del malleolo tibiale posteriore, con diagnosi finale di "distorsione caviglia destra con frattura". Il tal senso, il CTU ha ritenuto attendibile e congruo anche il ricorso al Pronto Soccorso solo il giorno successivo alla caduta, sia in relazione all'ora del sinistro avvenuto in tarda serata, sia tenuto conto della presenza di sintomi non ancora rilevanti al momento del fatto, ma successivamente aggravatisi. Il consulente dell'ufficio ha altresì affermato la compatibilità delle lesioni con la caduta per come rappresentata in atti. Non essendo emersi elementi oggettivi da cui far derivare l'inattendibilità dell'unico testimone oculare, e risultando le dichiarazioni testimoniali non in contrasto con le risultanze documentali e la CTU e, in particolare, con i referti del pronto soccorso e con le conclusioni del consulente dell'ufficio, deve ritenersi che la dinamica del sinistro sia quella descritta e che dunque l'attrice sia caduta dopo aver messo il piede in una buca - le cui caratteristiche emergono chiaramente dalle fotografie in atti - che si trovava in corrispondenza dell'ultima striscia del passaggio pedonale che la stessa stava attraversando. 2. La responsabilità - I fatti di causa sono sussumibili nella norma dell'art. 2051 c.c.. Secondo il consolidato orientamento della Suprema Corte (cfr. per tutte Cass. 2331/01), in particolare, nel caso di responsabilità ex art. 2051 c.c. è onere della parte danneggiata provare il nesso causale tra la cosa in custodia e l'evento dannoso e, ove abbia dedotto che il bene è suscettibile di produrre danni per certe sue specifiche caratteristiche o per l'insorgenza in esso di un agente esterno, ha l'onere di dimostrare tali specifiche circostanze. Una volta che sia stata raggiunta tale prova, il custode ha l'onere di dimostrare la sussistenza di un caso fortuito ovvero che il sinistro non s'è verificato come conseguenza normale della particolare situazione potenzialmente lesiva, ma per una circostanza del tutto estranea ad essa, che può consistere anche nel comportamento colposo del danneggiato, allorché questo abbia costituito la causa esclusiva dell'evento dannoso. Ebbene, nel caso di specie, in base alle complessive risultanze istruttorie, deve ritenersi provata la sussistenza di nesso causale tra la caduta dell'attrice e la sconnessione della sede stradale nel centro abitato, in corrispondenza di un avvallamento della superficie del marciapiede. La situazione di irregolarità del manto stradale nel punto della caduta, particolarmente insidioso, è poi documentato dalla fotografia prodotta da parte attrice, dovendosi dunque ritenere che il sinistro sia effettivamente avvenuto come conseguenza dell'anomalo stato del manto stradale. Ora, la responsabilità prevista dall'art. 2051 c.c. per i danni cagionati da cose in custodia presuppone la sussistenza di un rapporto di custodia della cosa e una relazione di fatto tra un soggetto e la cosa stessa, tale da consentire il potere di controllarla, di eliminare le situazioni di pericolo che siano insorte e di escludere i terzi dal contatto con la cosa. In proposito si deve chiarire che la P.A. quale ente proprietario delle strade pubbliche, ha l'obbligo della relativa manutenzione (ex artt. 16 e 28 L. n. 2248 del 1865 all. F; art. 14 C.d.S.), non essendo pertanto condivisibile l'esclusione in tali casi dell'applicabilità dell'art. 2051 c.c. Tale assunto, giustificato da un certo filone giurisprudenziale, per lo più risalente nel tempo, con l'argomento che l'estensione dei beni demaniali ed il loro utilizzo diretto e generalizzato da parte della collettività impedirebbe di ravvisare in capo alla P.A. una vera e propria posizione di custodia, non appare condivisibile, quanto meno laddove la strada, anziché appartenere allo Stato, appartenga invece ad un Comune e, in quanto tale, abbia un ambito territoriale più limitato e suscettibile di un effettivo controllo. La stessa Corte Costituzionale, con la pronuncia 156/99, ha posto le premesse per un'apertura nel caso concreto all'applicazione della norma dell'art. 2051 c.c. e tale apertura è stata confermata da Cass. S.U. 10893/01, trovando poi espressa consacrazione in Cass. 29.5.2006 n. 1415. Più di recente, s'è assistito ad un ulteriore ampliamento della applicabilità della norma nella giurisprudenza di legittimità. In particolare, la Suprema corte ha affermato che "l'ente proprietario di una strada aperta al pubblico transito si presume responsabile, ai sensi dell'art. 2051 cod. civ., dei sinistri riconducibili alle situazioni di pericolo connesse in modo immanente alla struttura o alle pertinenze della strada stessa, indipendentemente dalla sua estensione, salvo che dia la prova che l'evento dannoso era imprevedibile e non tempestivamente evitabile o segnalabile" (cfr. Cass. 18.10.2011 n. 21508) e, soprattutto, ha distinto il caso in cui il pericolo sia creato dagli stessi utenti ovvero da una repentina e non specificamente prevedibile alterazione dello stato della cosa che, nonostante l'attività di controllo e la diligenza impiegata allo scopo di garantire un intervento tempestivo, non possa essere rimossa o segnalata, per difetto del tempo strettamente necessario a provvedere, da quello in cui derivi invece da situazioni strutturali e dalle caratteristiche della cosa medesima (cfr. Cass. 18.7.2011 n. 15720; 6.6.2008 n. 15042). In ultima analisi, secondo il più recente orientamento della Suprema Corte affinché la P.A. possa andare esente dalla responsabilità di cui all'art. 2051 c.c., per i danni causati da beni demaniali, occorre avere riguardo non solo e non tanto all'estensione di tali beni od alla possibilità di un effettivo controllo su essi quanto, piuttosto, alla causa concreta (identificandosene la natura e la tipologia) del danno. Tale valutazione e cambio di prospettiva si è resa possibile anche per il contemporaneo cambiamento di concetto di responsabilità ex 2051 c.c. operato dalla Suprema Corte (cfr. Cass. 10 febbraio 2003 n. 1948, Cass. 20 agosto 2003 n. 12219; Cass. 28 ottobre 1995; Corte Cost. 156/99; Cass. 11 novembre 1991 n. 12019) che è arrivata a sostenere che il dovere di controllo e di custodia ex art. 2051 c.c. sussiste anche per le cose inerti e prive di proprio dinamismo proprio, ben potendo anch'esse essere idonee, in concorso con altri fattori causali, a cagionare danni. Ove il danno sia stato determinato da cause intrinseche alla cosa (come il vizio costruttivo o manutentivo), l'amministrazione ne risponde ai sensi dell'art. 2051 cod. civ.; per contro, ove l'amministrazione - sulla quale incombe il relativo onere - dimostri che il danno sia stato determinato da cause estrinseche ed estemporanee create da terzi (come ad esempio la perdita o l'abbandono sulla pubblica via di oggetti pericolosi), non conoscibili né eliminabili con immediatezza, neppure con la più diligente attività di manutenzione, essa è liberata dalla responsabilità per cose in custodia in relazione al cit. art. 2051 cod. civ.. Ebbene, nel caso in esame, alla luce, da un canto, del fatto che il sinistro s'è verificato all'interno dell'area urbana, e soprattutto, dall'altro, del fatto che la potenzialità lesiva del bene è derivata, evidentemente, da un non adeguato stato della sede stradale al momento del sinistro, si deve affermare l'applicabilità dell'art. 2051 c.c. Allora, era onere del Comune convenuto dimostrare che il fatto si verificò per un caso fortuito, occorrendo a tal fine un evento eccezionale, imprevedibile ed inevitabile, dotato di autonomo impulso causale, quale nella specie non è ravvisabile nel comportamento della danneggiata, né in altre situazioni. La condotta della vittima può infatti assumere efficacia causale esclusiva soltanto solo ove possa qualificarsi come abnorme e cioè estranea al novero delle possibilità fattuali congruamente prevedibili in relazione al contesto (cfr. Cass. n. 15761/2016; Cass. n. 6550/2011). In tale prospettiva, il fatto che l'attrice stesse attraversando la strada sulle strisce all'interno del centro abitato di G., senza che vi fosse alcun cartello di divieto di percorrenza, né risultasse apposta alcuna effettiva barriera - trattandosi anzi del percorso consigliato per l'attraversamento della strada da parte dei pedoni - non integra alcuna peculiare imprevedibilità, con caratteristiche tali che esse si debbano ritenere eccezionali e cioè manifestamente estranee ad una sequenza causale ordinaria o "normale", corrispondente allo sviluppo potenzialmente possibile in un contesto dato secondo l'id quod plerumque accidit. 2.1 Esclusione del concorso della parte danneggiata - Ora, quando il comportamento del danneggiato non è idoneo da solo ad interrompere il nesso eziologico tra la causa del danno, costituita dalla cosa in custodia, ed il danno - come nel caso di specie - esso può, tuttavia, integrare un concorso colposo ai sensi dell'art. 1227 cod. civ., comma 1 con conseguente diminuzione della responsabilità del danneggiante secondo l'incidenza della colpa del danneggiato (cfr. Cass. 08 maggio 2008, n. 11227; Cass. 06 luglio 2006, n. 15384). Il principio richiamato dalla giurisprudenza prevalente sul punto, è che quanto meno la cosa è pericolosa e quanto più la situazione di pericolo è suscettibile di essere prevista, tanto più incidente deve ritenersi il comportamento della vittima. Nel caso di specie anche tale concorso colposo della parte danneggiata deve tuttavia essere escluso. Non sono infatti emerse circostanze idonee ad addebitare alcuna colpa - neppure a livello di concorso - all'attrice, posto che l'anomalia dell'avvallamento della strada, in zona aperta al pubblico passaggio in un centro abitato, era assolutamente pericolosa, quanto difficilmente percepibile considerata la non particolare illuminazione della strada nel punto della caduta, nonché la mancanza di alcuna segnalazione. All'attrice spetta quindi l'integrale risarcimento del danno patito. 3. Il danno non patrimoniale - Con riferimento alla quantificazione del danno non patrimoniale il CTU, con motivazione che, in quanto logica, coerente va integralmente recepita, ha accertato che in seguito al sinistro l'attrice ha riportato "esiti di trauma distorsivo della caviglia destra con interessamento ligamentoso e sospetta frattura della corticale ossea del malleolo tibiale posteriore", ritenuto compatibile con la dinamica del sinistro descritta in atti. A tali lesioni il CTU ha accertato essere conseguiti un danno biologico permanente del 3%, un'invalidità temporanea assoluta di 20 giorni, un'invalidità temporanea parziale di 20 giorni al 50% e 24 giorni al 25%. Non rientrandosi nei danni da circolazione stradale cui è limitata l'applicazione dell'art. 139 legge sulle assicurazioni, successivamente richiamata limitatamente alla responsabilità medica, nel caso in esame la liquidazione deve dunque avvenire sulla base della tabella milanese, che individua un danno non patrimoniale unitariamente inteso, comprensivo della componente morale e di quella esistenziale (che altro non è che la dimensione dinamica del danno all'integrità psico-fisica), che pertanto non debbono essere ulteriormente liquidate ma, appunto, ove ne ricorrano i presupposti, personalizzate. Tale orientamento è pienamente condivisibile, tanto per la collocazione sistematica della disposizione, inserita nel "Codice delle assicurazioni private" e, in particolare, nel "Titolo X: Assicurazione obbligatoria per i veicoli a motore e i natanti", quanto per la ratio legis, volta a dare una risposta settoriale al problema della liquidazione del danno biologico al fine del contenimento dei premi assicurativi (specie se si considera che, nel campo della r.c.a., i costi complessivamente affrontati dalle società di assicurazione per l'indennizzo delle cosiddette micropermanenti sono di gran lunga superiori a quelli sopportati per i risarcimenti da lesioni comportanti postumi più gravi). La liquidazione deve dunque avvenire sulla base della tabella milanese, che individua un danno non patrimoniale unitariamente inteso, comprensivo della componente morale e di quella esistenziale (che altro non è che la dimensione dinamica del danno all'integrità psico-fisica), che pertanto non debbono essere ulteriormente liquidate; in particolare, si ritiene di dover riconoscere un danno per la componente strettamente morale del danno permanente (ex artt. 2059 c.c. e 185 c.p.) pari ad 1/4 di quello all'integrità fisica, come già determinato in via generale da tali tabelle. Invero, pur dovendosi escludere ogni automatismo, si può tuttavia ritenere che, in concreto, l'attrice abbia subito, oltre alla menomazione dell'integrità fisica, anche un patema d'animo, tanto per il trauma conseguente la caduta a terra, quanto, oggi, per la percezione della compromissione della propria salute. Come chiarito dalla Suprema Corte (cfr. Cass. 12.9.2011 n. 18641), "in tema di liquidazione del danno, la fattispecie del danno morale, da intendersi come "voce" integrante la più ampia categoria del danno non patrimoniale, trova rinnovata espressione in recenti interventi normativi (e, segnatamente, nel D.P.R. 3 marzo 2009, n. 37 e nel D.P.R. 30 ottobre 2009, n. 181), che distinguono, concettualmente, ancor prima che giuridicamente, tra la "voce" di danno cd. biologico, da un canto, e la "voce" di danno morale, dall'altro, con la conseguenza che di siffatta distinzione, in quanto recata da fonte abilitata a produrre diritto, il giudice del merito non può prescindere nella liquidazione del danno non patrimoniale. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che, in base a motivazione esente da vizi logici e giuridici, aveva liquidato congiuntamente il danno biologico ed il danno morale secondo le tabelle "milanesi" antecedenti all'arresto delle Sezioni unite civili del 2008; la stessa S.C. ha, altresì, rilevato che le successive tabelle del Tribunale di Milano modificate nel 2009 - e applicabili dai giudici di merito su tutto il territorio nazionale - non hanno "cancellato" il danno morale, bensì provveduto ad una liquidazione congiunta del danno non patrimoniale derivante da lesione permanente all'integrità psicofisica e del danno non patrimoniale derivante dalla stessa lesione in termini di dolore e sofferenza soggettiva, e cioè "la liquidazione congiunta dei pregiudizi in passato liquidati a titolo di danno biologico standard, personalizzazione del danno biologico, danno morale")". Tanto premesso, poiché la danneggiata al momento del fatto aveva 58 anni, il demoltiplicatore in ragione dell'età è dello 0,715 ed il danno non patrimoniale permanente, comprensivo del suddetto danno morale, ammonta ad Euro 3.587,00. Quanto alla richiesta personalizzazione, dall'istruttoria è emerso che l'attrice, a seguito del sinistro, non può più indossare scarpe con tacco, ha smesso di fare le passeggiate nelle montagne, è costretta a fare pause nella guida dell'autovettura ed ha dovuto diradare i tornei di burraco, che erano la sua passione, non riuscendo ad affrontare lunghi spostamenti in auto, al contrario di prima. Il CTU ha inoltre sottolineato come il sinistro abbia determinato un disagio nello svolgimento dell'attività lavorativa di fisioterapista domiciliare. Di tale aspetto, inerente le ricadute degli effetti del danno in aspetti tipici della vita della parte e dell'esplicazione della sua personalità, deve dunque tenersi conto ai fini della personalizzazione del danno biologico, che nella particolare fattispecie per postumi del 3% consente un aumento fino al 50%. Nello specifico può ritenersi che l'aver dovuto abbandonare il proprio modo di trascorrere il tempo libero, l'aver dovuto modificare le modalità di abbigliamento e la maggior fatica nello svolgimento delle incombenze quotidiane e della propria attività lavorativa, giustifichi un ulteriore aumento del danno biologico nella misura del 50%, con conseguente complessiva quantificazione del danno permanente in Euro 5.380,50. Ad esso deve aggiungersi il danno per la temporanea, anch'esso quantificato dal Tribunale di Milano in modo unitario, come danno non patrimoniale "temporaneo" complessivo e comprensivo tanto del danno biologico quanto del morale temporaneo, corrispondente a un giorno di invalidità temporanea al 100% secondo il valore base di Euro 98 al giorno, non ritenendo sussistenti presupposti per addivenire ad un suo incremento con riferimento alla caratteristiche della fattispecie lesiva. In tal senso si perviene dunque ad una somma complessiva di Euro 3.528,00 per danno temporaneo. Ne discende che il complessivo danno non patrimoniale ammonta ad Euro 8.908,50. Trattandosi di debito di valore, su tale somma già rivalutata debbono essere computati, quali danno per il danno per il ritardato pagamento, gli interessi legali, che dovranno essere calcolati sulla somma mediamente rivalutata, giusta Cass. Sez. Un. 22.4.94-17.2.95 n. 1712. 4. Danno patrimoniale - All'attrice debbono poi essere riconosciute le spese mediche, documentate e ritenute congrue dal c.t.u. e pari ad Euro 310,00. All'attrice deve essere risarcito anche il costo della consulenza di parte funzionale alla predisposizione della causa come documentato in atto pari ad Euro 300. Il danno patrimoniale subito dall'attrice deve ritenersi dunque pari ad Euro 610,00. Non sono invece qualificabili come danno patrimoniale subito dall'attrice le spese di viaggio dei testimoni (richieste in sede di conclusionale), soggetti alla apposita normativa indennitaria, ovviamente su richiesta da parte del teste e non certo della parte. Trattandosi di debito di valore, tale somma dev'essere rivalutata tenendo conto della svalutazione intervenuta dalla data degli esborsi ad oggi e sulla somma mediamente rivalutata debbono computarsi gli interessi legali. Non si ritiene sussistano invece gli estremi per riconoscere all'attrice anche il danno patrimoniale da mancato guadagno dovuto a riduzione dell'attività lavorativa. Infatti, se i testimoni hanno riferito di aver appreso che successivamente al sinistro l'attrice aveva avuto meno incarichi professionali, tuttavia, a parte la genericità delle circostanze, non sono emersi elementi per poter ritenere provato il nesso causale tra il sinistro e la riduzione dei guadagni (che peraltro non risulta determinato/determinabile in base agli atti prodotti). Inoltre, il CTU ha evidenziato non una perdita né una riduzione della capacità lavorativa specifica, bensì un maggior disagio nello svolgimento della stessa che, come tale, è stato già fatto valere quale cenestesi lavorativa ai fini della personalizzazione del danno biologico, concessa nella percentuale massima consentita. La parte convenuta deve quindi essere condannata a rifondere all'attrice, a titolo di risarcimento dei danni come sopra specificati, l'importo complessivo di Euro 9.518,50 oltre gli interessi come sopra indicati. 5. Spese di lite - Le spese di lite, che seguono la soccombenza sostanziale, sono liquidate come in dispositivo, in base al D.M. n. 55 del 2014, avuto riguardo all'entità del credito risarcitorio effettivamente riconosciuto. Parimenti, le spese di c.t.u. in via definitiva debbono gravare sulla parte convenuta. P.Q.M. Il Tribunale, definitivamente pronunciando sulla domanda proposta tra le parti come in epigrafe emarginate, ogni diversa eccezione e deduzione disattesa e respinta, così provvede: - Condanna parte convenuta a corrispondere a parte attrice l'importo di Euro 9518,50 per il titolo e con gli interessi di cui in parte motiva; - Respinge nel resto le domande proposte da parte attrice; - Condanna parte convenuta a rifondere a parte attrice le spese di lite che si liquidano in Euro 4800,00 per compenso professionale, oltre Euro 145,00 per spese, oltre rimb. forf., IVA e CPA come per legge, da distrarsi in favore del procuratore dichiaratosi antistatario; - Pone le spese di CTU, liquidate come in atti, definitivamente a carico di parte convenuta. Così deciso in Grosseto il 16 ottobre 2020. Depositata in Cancelleria il 17 ottobre 2020.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO DI GROSSETO Il Tribunale, nella persona del Giudice, dott.ssa Paola Caporali ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 2090/2017 tra: CH.RU. (C.F. (...)), con l'avv. BO.DA. elettivamente domiciliato presso il difensore giusta delega in atti; - ATTORE - e UN. S.p.A. incorporante FO. S.p.A., quale impresa designata per la Toscana per la liquidazione dei sinistri a carico di FGVS (C.F. (...)), con il patrocinio dell'avv. GU.FR. elettivamente domiciliata presso il difensore giusta delega in atti; - CONVENUTA - Oggetto: risarcimento danni da circolazione stradale. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con atto di citazione ritualmente notificato Ru.Ch. conveniva in giudizio, innanzi al Tribunale di Grosseto, Un., quale impresa designata per la Toscana per il F.G.V.S., per sentirla condannare al risarcimento dei danni subiti in ragione dell'incidente stradale causato per fatto e colpa di un veicolo rimasto non identificato. L'attore esponeva che in data 27.12.2015, mentre percorreva la via (...) nel comune di Monte Argentario, alla guida del motociclo Aprilia di proprietà del padre, giunto in corrispondenza di una curva, si vedeva improvvisamente invadere la propria corsia da una (...), proveniente dall'opposto senso di marcia. Aggiungeva che, onde evitare la collisione frontale con la vettura, cercava di portarsi ancora più sulla destra, ma veniva lo stesso urtato dalla vettura, che successivamente si dileguava senza prestare soccorso. L'attore deduceva quindi che il veicolo investitore era rimasto ignoto e per tale motivo veniva convenuto il Fondo di Garanzia delle Vittime della Strada (o meglio, l'impresa per esso designata) tenuto al risarcimento per la disciplina di cui all'art. 19 della legge 990/1969. Un. s.p.A. si costituiva in giudizio eccependo preliminarmente la propria carenza di legittimazione passiva e, nel merito, contestando sia l'an che il quantum della pretesa avversaria. In particolare evidenziava la mancanza di prova del sinistro e in subordine la responsabilità concorrente anche del danneggiato. In via istruttoria venivano assunte prove testimoniali nonché disposta CTU medico legale. Nelle more, entravano in vigore il D.L. n. 11 dell'8.03.2020 avente ad oggetto "misure straordinarie ed urgenti per contrastare l'emergenza epidemiologica da COVID - 19" e il D.L. 17 marzo 2020, n. 18 (misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostengo economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19) con cui veniva disposta la sospensione di tutti i termini processuali in un primo momento fino al 16.04.2020, quindi prorogato fino all'11.05.2020, con indicazione delle successive modalità alternative di trattazione tra cui la modalità scritta ex art. 83 comma 7 lett. h) D.L. 83/2020. Con ordinanza in data 17.04.2020 veniva disposta la trattazione scritta dell'udienza di precisazione delle conclusioni, disponendosi il trattenimento in decisione della causa all'esito del deposito del foglio sostitutivo della presenza in udienza, con concessione dei termini ex art. 190 c.p.c. Entrambe le parti depositavano "foglio" in cui precisavano le conclusioni ed espressamente chiedevano che il giudice trattenesse la causa in decisione. Venivano quindi depositate le memorie e repliche ex art. 190 c.p.c. nei termini concessi. MOTIVI DELLA DECISIONE 1. L'eccezione di carenza di legittimazione passiva del FGVS - La preliminare eccezione di carenza di legittimazione passiva del FGVS deve essere respinta, atteso che riguarda la mancata astratta coincidenza dell'attore e del convenuto con i soggetti destinatari della pronuncia richiesta. La questione relativa alla legittimazione, pertanto, si distingue nettamente dall'accertamento in concreto che l'attore ed il convenuto siano, dal lato attivo e passivo, effettivamente titolari del rapporto fatto valere in giudizio (cfr. Cass. civ. sent. n. 5912 del 24.3.2004). Si tratta quindi di una verifica intrinseca alla domanda giudiziale, mentre è invece questione soltanto di merito accertare se la dedotta responsabilità, o anche la sola competenza in materia del soggetto convenuto, sussistano o meno. Nel caso di specie è evidente che tale astratta coincidenza sussiste, dal momento che parte attrice ha evocato in giudizio il FGVS deducendo di essere stato urtato e danneggiato da un veicolo rimasto ignoto, in quanto fuggito subito dopo il sinistro senza prestare soccorso. Sarà poi questione di merito accertare la fondatezza della domanda in termini di sussistenza o meno dei presupposti per azionare la responsabilità del FGVS. 2. La ricostruzione del fatto - Deve quindi in primo luogo rilevarsi che l'intervento del Fondo di Garanzia per le vittime della strada - previsto attualmente dall'art. 283 dlgs 209/2005 e prima dall'art. 19 L. 990/69, al fine di consentire il risarcimento dei danni causati dalla circolazione dei veicoli per i quali vi è obbligo di assicurazione, nei casi di a) sinistro cagionato da veicolo o natante non identificato; b) veicolo o natante non coperto da assicurazione; c) veicolo o natante assicurato presso una impresa operante nel territorio della Repubblica, in regime di stabilimento o di libertà di prestazione di servizi, e che al momento del sinistro si trovi in stato di liquidazione coatta o vi venga posta successivamente; d) veicolo posto in circolazione contro la volontà del proprietario, dell'usufruttuario, dell'acquirente con patto di riservato dominio o del locatario in caso di locazione finanziaria - non incide sulla regola generale per cui il danneggiato deve provare il fatto generatore del danno. Ne consegue, dunque, che il danneggiato il quale promuova richiesta di risarcimento nei confronti del Fondo di Garanzia, sul presupposto che il sinistro sia stato cagionato da veicolo non identificato, deve, in primo luogo, provare le modalità del sinistro e l'attribuibilità dello stesso alla condotta dolosa o colposa (esclusiva o concorrente) del conducente di altro veicolo e, in secondo luogo, provare anche che tale veicolo è rimasto sconosciuto (cfr. Cass. 10762 del 19.9.92) e ciò perché la garanzia assicurativa predisposta dalla citata legge intende solo rafforzare la tutela sanzionatoria della responsabilità civile e non assicurare comunque un risarcimento al danneggiato, come negli ordinamenti stranieri ispirati al sistema del cosiddetto nofault (cfr. Cass. 25 luglio 1995 n. 8086; così anche Cass. 1860 del 1990 e più di recente Cass. n. 12304 del 10/06/2005). Tanto premesso, nel caso di specie, la testimone Ba.El. confermava che al momento dell'incidente si trovava ad essere trasportata a bordo del ciclomotore condotto dall'attore, specificando di non aver subito alcun danno e di non aver avanzato alcuna richiesta risarcitoria a seguito dell'incidente. Fatta tale premessa, la teste confermava altresì che il ciclomotore su cui viaggiava, stava percorrendo la via (...), in direzione Porto Ercole a velocità moderata, spiegando in proposito "non ho specificatamente guardato il contachilometri, ma posso confermare che la velocità era bassa anche perché eravamo in due in un cinquantino ed in un tratto un po' in salita". Dichiarava quindi che il Ru. aveva il casco e che procedeva accostato alla linea di margine destro della carreggiata, avendolo constatato direttamente. Confermava quindi che, giunti in prossimità di una curva destrorza, una (...), proveniente dall'opposto senso di marcia, invadeva la corsia di marcia di pertinenza del motociclo, che a quel punto tentava di spostarsi il più possibile verso la banchina, non riuscendo tuttavia ad evitare completamente l'urto con la Toyota, che con lo specchietto colpiva di striscio il motociclo, facendolo cadere a terra. Riferiva che sia lei, sia il conducente erano caduti a terra, ma che il conducente della Toyota non si era fermato a soccorrerli, proseguendo la sua marcia a dileguandosi, senza che riuscissero ad identificarne la targa. Aggiungeva che il Ru. era ferito e zoppicante ed entrambi si erano rialzati ed erano andati verso il guard rail dove, di lì a poco, erano soccorsi da delle auto che si erano fermate. Era stata quindi chiamato il 118 e Ru.Ch. era stato portato al Pronto Soccorso con l'ambulanza. Dalla documentazione prodotto risulta altresì che il genitore dell'allora minore Ru.Ch. ha sporto denuncia querela nei confronti di ignoti per le lesioni subite e l'omesso soccorso ed il Carabinieri hanno effettuato accertamenti, anche procedendo a sentire a sommarie informazioni oltre a Ba.El., che nell'immediatezza dei fatti forniva dichiarazioni assolutamente conformi a quelle poi rilasciata in corso di causa, anche altre persone intervenute a soccorrere i due ragazzi, ma che non avevano assistito direttamente alla dinamica del sinistro. In particolare, Ga.Lu., sentito dai Carabinieri, riferiva di essere intervenuto per soccorrere i due ragazzi rimasti coinvolti nel sinistro e di aver invitato gli altri presenti a non togliere il casco al ragazzo steso a terra. Spiegava che mentre sua moglie si occupava della ragazza rimasta coinvolta nell'incidente, lui aveva chiamato il 118 con il suo telefono cellulare, che poi aveva prestato alla ragazza per avvisare i familiari. So.El. riferiva ai Carabinieri di essere scesa dal suo veicolo e di essersi avvicinata al luogo del sinistro dove aveva visto il ragazzo steso per terra con ancora il casco in testa e vicino una ragazza che appariva visibilmente scossa. Vigliacco Valentina, che riferiva di essersi anche lei fermata sul luogo del sinistro, confermava di aver visto il ragazzo disteso per terra, con ancora il casco, vigile ed in posizione supina, che, nell'immediatezza, aveva detto di essere stato vittima di un sinistro provocato dall'invasione della corsia da parte di un veicolo non meglio identificato. Confermava altresì la presenza anche della ragazza rimasta anch'essa coinvolta nel sinistro. Le stesse circostanze venivano riferite ai Carabinieri dall'informatore Bruni Alessandro, che anch'esso riferiva di aver sentito il Ru. che nell'imminenza del sinistro diceva che una macchina rimasta sconosciuta aveva invaso la sua corsia. Dagli atti risulta quindi che era stato aperto dalla locale Procura della Repubblica un fascicolo a carico di ignoti e che il PM, sulla base delle suddette risultanze istruttorie, aveva richiesto l'archiviazione. Ciò posto, si ritiene che dalla istruttoria esperita risulti provato tanto il fatto illecito posto in essere dallo sconosciuto conducente dell'autovettura, quanto il danno a carico dell'attore ed il nesso causale tra il primo ed il secondo. A tale proposito, l'unica testimone oculare del sinistro è apparsa attendibile e, ancorché trasportata nel ciclomotore, non suscettibile di essere ritenuta incapace a testimoniare. In tal senso si osserva infatti che la teste, anche se risultata trasportata a bordo del ciclomotore al momento del sinistro, ha dichiarato di non aver subito danni e di non aver avanzato alcuna richiesta risarcitoria, di talché non si configura nei suoi confronti alcun interesse concreto a partecipare alla causa così come richiesto dall'art. 246 c.p.c. A ciò si aggiunge che, dal punto di vista strettamente procedurale, l'eccezione sollevata dalla convenuta nella memoria ex art. 183 co. VI c.p.c., non è stata poi riproposta subito dopo l'esame del teste, né in sede di precisazione delle conclusioni. Inoltre, dalla sommarie informazioni di persone informate sui fatti raccolte dai Carabinieri, risulta che lo stesso attore, nell'immediatezza del fatto, ha riferito di essere entrato in collisione con un'auto che veniva dall'opposto senso di marcia. A tale ultimo proposito deve evidenziarsi come la testimonianza c.d. de relato ex parte actoris può assurgere a valido elemento di prova quando sia suffragata da ulteriori risultanze probatorie che concorrano a confermarne la credibilità (cfr. Cass. n. 18352/2013). Nel caso di specie la credibilità e valenza indiziaria delle suddette dichiarazioni, oltre che dalla sua collocazione temporale nell'imminenza del fatto, così da rendere non plausibile una sua predeterminazione in funzione di un futuro giudizio, anche da una molteplicità di riscontri fattuali oggettivi, quali la dichiarazione della testimone oculare al sinistro e le dichiarazioni rese alle forze dell'ordine da molteplici persone intervenute subito dopo l'incidente, che hanno confermato di aver visto l'attore steso a terra con ancora il casco. Alla luce dei suddetti elementi, deve inferirsi che sia stata l'auto rimasta sconosciuta ad invadere la corsia di marcia dell'attore provenendo dal senso opposto. Non risultano invece elementi per ritenere che Ru.Ch. avesse a sua volta invaso neppure parzialmente la corsia di pertinenza dell'altro veicolo. In tal senso la testimone ha confermato di aver verificato che viaggiavano tenendo strettamente la destra, aggiungendo che anzi il Ru. aveva tentato in tutti i modi di evitare l'impatto frontale con l'auto spostandosi tutto vero la banchina. Neppure è risultato che il Ru. viaggiasse ad una velocità non prudenziale, essendo la circostanza contraria stata affermata dalla testimone e comunque desumibile anche dall'entità dei danni. 3.1 La responsabilità: in diritto - Ciò premesso in fatto, va osservato in diritto che la fattispecie in esame risulta sussumibile nell'ambito dell'art. 2054 c.c.. Secondo il prevalente orientamento giurisprudenziale, che si intende condividere, una corretta lettura della norma di cui all'art. 2054 c.c. conduce infatti a ritenere del tutto indifferente, affinché lo si possa considerare "in circolazione", che un veicolo sia in marcia ovvero in sosta in luoghi ove si svolga il traffico veicolare, dovendosi qualificare come "scontro" qualsiasi urto tra due (o più) veicoli in marcia ovvero tra uno in moto ed uno fermo (cfr. Cass. n. 281 del 13.01.2015; Cass. 16 febbraio 2006, n. 3437). Si rileva quindi che l'art. 2054, comma 2, c.c. prevede una presunzione di responsabilità di entrambi i conducenti dei veicoli coinvolti in un incidente. In tal senso, va evidenziato in generale che la giurisprudenza ha sottolineato che la citata norma non configura a carico del conducente un'ipotesi di responsabilità oggettiva, ma una responsabilità presunta da cui il medesimo può liberarsi dando la prova di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno, ovvero dimostrando non l'impossibilità di una condotta diversa o la diligenza massima, bensì di avere osservato, nei limiti della normale diligenza, un comportamento esente da colpa e conforme alle regole del codice della strada, da valutarsi dal giudice con riferimento alle circostanze del caso concreto (cfr. Cass. Civ. Sez VI-3 ordinanza 16.02.2017 n. 4130). La presunzione di colpa nel senso appena specificato ha funzione meramente sussidiaria ed opera soltanto quando è impossibile determinare la concreta misura delle rispettive responsabilità, in modo che, ove risulti accertata l'esclusiva colpa di uno di essi, l'altro conducente è esonerato dalla presunzione e non è tenuto a provare di avere fatto tutto il possibile per evitare il danno (cfr. Cass. Civ. Sezione III, 22.09.2015 n. 18631). Al contrario, quando la dinamica del sinistro è stata ricostruita in fase istruttoria, il mero accertamento della colpa di uno dei conducenti, non può esonerare il giudicante dalla verifica in concreto relativa al rispetto da parte dell'altro di una condotta di guida corretta. Conseguentemente il soggetto che abbia riportato danni da un incidente stradale, anche in presenza di una conclamata responsabilità perfino ove prevalente dell'altra parte, deve dimostrare in concreto di essersi quanto meno attenuto alle regole di prudenza a suo carico per vedere esclusa, mediante un accertamento in concreto, ogni sua corresponsabilità nel verificarsi del danno (cfr. Cass. Civ. Sezione III, 28.06.2016 n. 13271; Cass. Civ. Sezione III, 15.07.2011 n. 15674). In tal senso, va evidenziato che la giurisprudenza ha delineato un orientamento genericamente restrittivo in ordine alla citata norma affermando che, per escludere l'applicazione della presunzione di corresponsabilità, il danneggiato coinvolto in uno scontro tra veicoli deve provare non solo che il conducente dell'auto investitrice sia in colpa, ma altresì che egli si sia uniformato alle norme di circolazione ed a quelle di comune prudenza, ed abbia fatto tutto il possibile per evitare l'incidente (cfr. Cass. sez. 3, n. 4639 del 2/04/2002). Quindi, la "prova liberatoria" di cui all'art. 2054, comma 2, c.c. deve ritenersi fornita solo laddove il danneggiato dimostri che il comportamento illegittimo della controparte assorba in sé l'intero profilo causale del sinistro e, quindi, di avere osservato, nei limiti della normale diligenza, un comportamento esente da colpa e conforme alle regole del codice della strada, da valutarsi dal giudice con riferimento alle circostanze del caso concreto (cfr. Cass. Civ. Sez. VI-3 ordinanza 16.02.2017 n. 4130). In particolare, la prova liberatoria per il superamento di detta presunzione di colpa non deve necessariamente essere fornita in modo diretto - e cioè dimostrando di non aver arrecato apporto causale alla produzione dell'incidente - ma può anche indirettamente risultare tramite l'accertamento del collegamento eziologico dell'evento dannoso con il comportamento dell'altro conducente (cfr. Cass. Civ. Sezione III, 31.07.2013 n. 18340; Cass. Civ. Sezione VI ordinanza 26.01.2012 n. 1144). 3.2 La responsabilità: in fatto - Fatta tale premessa in diritto, nel caso di specie, deve ritenersi superata la suddetta presunzione di pari responsabilità, considerato che lo stesso evento dannoso deve ritenersi interamente assorbito dal punto di vista causale dalla condotta dell'ignoto conducente del veicolo che, per come emerso dalle risultanze istruttorie, non ha tenuto la necessaria prudenza e diligenza di guida e, impegnando una curva, ha invaso l'opposta corsia di marcia dove viaggiava il ciclomotore condotto dall'attore. Deve, inoltre, ritenersi provato anche l'altro presupposto per l'insorgere dell'obbligo risarcitorio in capo al FGVS, ossia che il veicolo sia rimasto sconosciuto. In tema di assicurazione obbligatoria per la responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli o dei natanti, la vittima di un sinistro stradale causato da un veicolo non identificato non ha, infatti, alcun obbligo, per ottenere il risarcimento da parte dell'impresa designata per conto del Fondo di garanzia vittime della strada, di presentare una denuncia od una querela contro ignoti, la cui sussistenza o meno non è che un mero indizio, da valutare insieme a tutti gli altri eventualmente esistenti, per stabilire se sussista il diritto al risarcimento (cfr. Cass. 9939 del 18/06/2012). La prova che il danneggiato è tenuto a fornire che il danno sia stato effettivamente causato da veicolo non identificato, può essere offerta mediante la denuncia o querela presentata contro ignoti alle competenti autorità, ma senza automatismi, sicché il giudice di merito può sia escludere la riconducibilità della fattispecie concreta a quella del danno cagionato da veicolo non identificato, pur in presenza di tale denuncia o querela, sia affermarla, in mancanza della stessa (cfr. Cass. 18532 del 03/09/2007). La Cassazione si è inoltre espressa nel senso che "la prova può essere fornita dal danneggiato anche sulla base di mere "tracce ambientali" o di "dichiarazioni orali non essendo alla vittima richiesto di mantenere un comportamento di non comune diligenza ovvero di complessa ed onerosa attuazione, avuto riguardo alle sue condizioni psicofisiche e alle circostanze del caso concreto" (cfr. Cass. 24449 del 18/11/2005). Nel caso di specie si ritiene che tale conclusione possa essere raggiunta sulla base dei suesposti elementi di prova, oltre che dalle dichiarazioni del testimone oculare e dall'annotazione dei Carabinieri, dal procedimento aperto dal PM anche sulla base della denuncia del genitore del Ru., conclusosi con richiesta di archiviazione per mancata individuazione del soggetto responsabile. 4. Il danno non patrimoniale - Il c.t.u., con motivazione che, in quanto logica, coerente, approfondita, va integralmente recepita, ha accertato che in seguito al sinistro l'attore ha riportato "trauma cranio facciale con ferita mentoniera, frattura del malleolo peroneale e scafoide tarsale della caviglia destra"; a tali lesioni sono conseguiti un periodo di invalidità temporanea assoluta valutabile di giorni 50, ulteriori giorni 340 di inabilità temporanea parziale al 50%, oltre a postumi permanenti pari al 4,5%. Nel quantificare tale danno si deve fare applicazione della tabella ex art. 139 cod. ass. aggiornata al D.M. 20.6.2014. Allora, considerato che al momento del sinistro l'attore aveva 17 anni, gli deve essere riconosciuta a titolo di invalidità permanente la somma di Euro 4.989,64 (a cui si è pervenuti facendo la media tra il danno pari al 5% pari ad Euro 5893,28 ed il danno del 4% pari ad Euro 4086,01). Tale importo, poi, dev'essere aumentato per dar conto del danno morale per i patimenti fisici e per la percezione della compromissione della propria integrità fisica, essendovi una presunzione che lesioni di una certa consistenza abbattano e addolorino chi le patisce. Secondo quello che, ormai, è diritto vivente, qualora, come nel caso di specie, la lesione debba essere liquidata in base alla tabella ministeriale, il danno non patrimoniale da micropermanente non potrà che essere liquidato, per tutti i pregiudizi areddituali che derivino dalla lesione del diritto alla salute, entro i limiti stabiliti dall'art. 139 cod. ass.. Benvero, la Suprema Corte (v. Cass. 12408/11) ha affermato che "ai postumi di lieve entità derivati invece da lesioni verificatesi per sinistri stradali, il citato art. 139 va applicato in linea coi principi enunciati dalle Sezioni unite del 2008, le quali (al paragrafo 4.9 delle sentenze più volte citate) hanno affermato: che costituisce componente del danno biologico "ogni sofferenza fisica o psichica per sua natura intrinseca"; che determina dunque duplicazione del risarcimento la congiunta attribuzione del danno biologico e del danno morale inteso come turbamento dell'animo e dolore intimo; che il giudice che si avvalga delle note tabelle dovrà procedere ad un'adeguata personalizzazione del risarcimento al fine di indennizzare le sofferenze fisiche o psichiche patite dal soggetto leso. Ora, l'art. 139, comma 2, cod. assic., stabilendo che "per danno biologico si intende la lesione temporanea o permanente all'integrità psicofisica della persona suscettibile di accertamento medico-legale che esplica un'incidenza negativa sulle attività quotidiane e sugli aspetti dinamico-relazionali della vita del danneggiato ...", ha avuto riguardo ad una concezione del danno biologico anteriore alle citate sentenze del 2008, nel quale il limite della personalizzazione - costituente la modalità attraverso la quale, secondo le Sezioni unite, è possibile riconoscere le varie "voci del danno biologico nel suo aspetto dinamico" - è fissato dalla legge: e lo è in misura non superiore ad un quinto. Quante volte, dunque, la lesione derivi dalla circolazione di veicoli a motore e di natanti, il danno non patrimoniale da micropermanente non potrà che essere liquidato, per tutti i pregiudizi areddituali che derivino dalla lesione del diritto alla salute, entro i limiti stabiliti dalla legge mediante il rinvio al decreto annualmente emanato dal Ministro delle attività produttive (ex art. 139, comma 5), salvo l'aumento da parte del giudice, "in misura non superiore ad un quinto, con equo e motivato apprezzamento delle condizioni soggettive del danneggiato" (art. 139, comma 3). Solo entro tali limiti si ritiene di poter condividere il principio enunciato da Cass. 17 settembre 2010, n. 19816, che ha accolto il ricorso in un caso nel quale il risarcimento del danno "morale" era stato negato sul presupposto che la tabella normativa non ne prevede la liquidazione". Tale orientamento, poi, è stato avallato e giustificato dalla stessa Corte Costituzionale, nella nota pronuncia 235/14. Poiché, dunque, tale norma consente un aumento nella misura di un quinto, e poiché, nel caso concreto, la sofferenza a carico del danneggiato è stata certamente di un certo rilievo, stante l'incidenza delle lesioni sia sul movimento, sia sulla funzionalità dentale e sull'aspetto estetico, in soggetto di giovanissima età, si ritiene di aumentare la liquidazione del danno permanente di 1/5 per la complessiva somma di Euro 5.987,56. Per quanto appena detto non sussistono invece spazi interpretativi per dar luogo ad alcuna ulteriore personalizzazione del danno non patrimoniale, da ritenersi completamente assorbito per legge nel suddetto aumento di 1/5. Per ciò che attiene, invece, alla temporanea, tale tabella riconosce la somma di Euro 47,49 per ogni giorno d'invalidità assoluta (ed una somma proporzionalmente inferiore per ogni giorno d'invalidità parziale) e, dunque, a tale titolo dev'essere liquidata l'ulteriore somma di Euro 3086,85. Ne discende che il complessivo danno non patrimoniale ammonta alla somma (arrotondata) di Euro 9.074,41. Su tale somma complessiva, già rivalutata, dev'essere computato il danno per il ritardato pagamento, equitativamente determinato nella media tra gli interessi legali calcolati sulla somma interamente rivalutata e quelli calcolati sul capitale puro (che si determina devalutando alla data del fatto la somma rivalutata), giusta Cass. Sez. Un. 22.4.94-17.2.95 n. 1712. 5. Il danno patrimoniale - All'attore debbono poi essere riconosciute le spese mediche sostenute, documentate e ritenute congrue dal c.t.u., nella misura di Euro 839,00. Discorso a parte va invece fatto per le spese odontoiatriche, sia sostenute, sia future, ma rese necessarie dalle lesioni subite, per le quali il CTU si è avvalso anche di consulenza specialistica odontoiatrica. In tale sede sono risultate necessarie spese ricostruttive per complessive Euro 3700. Quanto al bite, inizialmente ricompreso dal consulente nelle spese future ritenute necessarie, in sede di chiarimenti è emerso trattarsi di un supporto utile, per cui si è indicata "la discreta probabilità della necessità di utilizzo futuro del bite, altamente probabile il vantaggio di un utilizzo preventivo futuro del bite". In tal senso non si ritiene che nella fattispecie sussistano sufficienti elementi per ritenere anche la suddetta spesa causalmente conseguente alle lesioni verificatesi in sede di sinistro. All'attore deve infine essere risarcita la spesa per l'ausiliario nella consulenza tecnica pari ad Euro 204,00 Il danno patrimoniale complessivamente subito dall'attore ammonta dunque ad Euro 4.743,00. Trattandosi di debito di valore, tale somma dev'essere attualizzata tenendo conto della svalutazione monetaria intervenuta dalla data degli esborsi ad oggi; sulla somma rivalutata anno per anno, poi, debbono computarsi anche gli interessi legali quali danno da ritardato pagamento, giusta Cass. S.U. 1712/95. Dunque, la parte convenuta deve essere condannata a rifondere, complessivamente, a parte attrice l'importo di Euro 13.817,41, oltre agli interessi come sopra indicati. 6. Le spese di lite - Le spese di lite, che seguono la soccombenza, sono liquidate come in dispositivo in applicazione degli ordinari parametri di cui al DM 55/2014, tenuto conto dei valori medi riferiti allo scaglione parametrato al quantum decisum. Sulla base dei medesimi presupposti le spese di CTU, liquidate come in atti sono poste definitivamente a carico di parte convenuta in relazione alla soccombenza. P.Q.M. Il Tribunale, definitivamente pronunciando sulla domanda proposta tra le parti come in epigrafe emarginate, ogni diversa eccezione e deduzione disattesa e respinta, così provvede: - Dichiara che il sinistro per cui è causa (meglio descritto in parte motiva) è attribuibile ad esclusiva responsabilità del conducente di un'autovettura rimasta non identificata; Per l'effetto, Condanna la Un. Ass.ni S.p.A. - (quale impresa designata ai sensi dell'art. 20 della legge 990/1969 e succ. modif. per i sinistri a carico del "Fondo di Garanzia per le Vittime della Strada") al pagamento in favore di parte attrice, dell'importo complessivo di Euro 13.613,41, per il titolo e con gli interessi di cui in parte motiva; Condanna la convenuta a rifondere all'attrice le spese processuali che si liquidano in Euro 4.800,00 per compenso professionale, Euro 237,00 per spese, oltre rimborso forfettario, IVA e CPA come per legge, da distrarsi in favore del procuratore dichiaratosi antistatario; Pone definitivamente a carico della parte convenuta le spese delle CTU liquidate come in atti. Così deciso in Grosseto il 10 luglio 2020. Depositata in Cancelleria il 10 luglio 2020.

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