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REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE ORDINARIO DI IMPERIA in composizione monocratica, nella persona del dott. (...) ha emesso la seguente SENTENZA nelle cause civili di primo grado riunite ed iscritte ai nn. 7 e 151 del ruolo generale degli affari contenziosi civili dell'anno 2019 poste in decisione alla data del 2.1.2024 di scadenza del termine per il deposito delle memorie di replica e vertenti TRA (...) (...) elett.te dom.ti in Sanremo, in (...) n. 61, presso lo studio dell'avv.to (...) che li rappresenta e difende giusta rispettiva procura in calce all'atto di citazione. - ATTORI - E (...) elett.te dom.to in Sanremo, in Via C.so O. (...) n. 53, presso lo studio dell'avv.to (...) che lo rappresenta e difende giusta procura in calce alla comparsa di costituzione e risposta. - CONVENUTO - NONCHE' COMUNE DI SANREMO in persona dell'(...) pro tempore - (...) - E (...) (...) E (...) In persona del legale rapp.te pro-tempore, elett.te dom.ta in Ventimiglia, in (...) n. 67, presso lo studio dell'avv.to (...) che la rappresenta e difende giusta procura in calce alla comparsa di costituzione e risposta. - TERZA CHIAMATA - NONCHE' TRA (...) elett.te dom.ta (...) , in Via (...) , presso lo studio dell'avv.to (...) del (...) di (...) che la rappresenta e difende giusta procura in calce all'atto di citazione. - ATTRICE - E (...) elett.te dom.to in Sanremo, in Via C.so O. (...) n. 53, presso lo studio dell'avv.to (...) che lo rappresenta e difende giusta procura in calce alla comparsa di costituzione e risposta. - CONVENUTO - OGGETTO: rivendicazione proprietà condominiale CONCLUSIONI all'udienza di precisazione delle conclusioni del 11.10.2023 i procuratori delle parti così concludevano: per gli attori: "... In via preliminare: previa remissione del la causa in istruttoria, chiamare il CTU a chiarimenti chiedendo di precisare l'esatta consistenza e gli esatti confini del cortile oggetto di causa, distinguendo tra il cortile condominiale e l'eventuale cortiletto posto innanzi alle finestre dell'alloggio del convenuto, eventualmente con l'ausilio delle planimetrie catastali che individuino l'alloggio del convenuto e le relative pertinenze, nonché precisando i vari diritti degli altri condomini del piano del cortile che vi affacciano con porte finestre; 2. In via principale: riconoscere in capo (agli attori) la piena proprietà del cortile condominiale riportato a NCT in Comune censuario di (...) al F. SR/44, mapp. (...) (graffato al fabbricato); 3. Sempre in via principale: dichiarare che detto cortile non è di proprietà esclusiva del (...) con conseguente ordine al medesimo di rilasciare nella piena disponibilità del (...) e dei condòmini il cortile ex art. 948 c.c., salva la propria quota condominiale; 4. Sempre in via principale: conseguentemente ordinare al (...) dei (...) di (...) la trascrizione dell'emananda sentenza in favore degli odierni attori, salvi altri aderenti in corso di causa; 2 Sempre in via principale: condannare il (...) al risarcimento dei danni - da quantificarsi anche in via equitativa - in favore degli odierni attori (in relazione ai rispettivi m/m condominiali) a seguito dell'indebita occupazione da parte del (...) del suddetto cortile condominiale ..."; per l'attrice (...) "... - In via principale: accertare e dichiarare in capo alla signora (...) ... la piena proprieta? del cortile condominiale riportato a NCT in Comune censuario di (...) al F. SR/44, mapp. 1044 (graffato al fabbricato); - (...) in via principale: accertare e dichiarare che detto cortile non e? di proprieta? esclusiva del dott. (...) con conseguente ordine al medesimo di rilasciarlo nella piena disponibilita? dell'esponente ex art. 948 c.c.; - (...) in via principale: conseguentemente ordinare al (...) dei (...) del Comune di (...) (...) la trascrizione dell'emananda sentenza in favore dell'attrice: - (...) in via principale: condannare il dott. (...) al risarcimento dei danni - da quantificarsi anche in via equitativa - in favore dell'attrice (in relazione ai rispettivi m/m condominiali) a causa dell'indebita occupazione da parte del dott. (...) del suddetto cortile condominiale ..."; per il convenuto (...) "...a) ammissione dei capitoli di prova per interrogatorio formale e testi come dedotti con la memoria 8 giugno 2020, nonché in controprova come da memoria 29 giugno 2020 infra riprodotti, questi ultimi nel caso in cui le controparti insistano l'ammissione - alla quale ci si oppone - dei propri capitoli e questi vengano - in tutto o in parte - ammessi; b) rigetto delle istanze avversarie tutte; ? in via principale: respingere le attrici domande siccome infondate e indimostrate e comunque in considerazione del fatto che il cortile oggetto di causa è di proprietà esclusiva del convenuto, come si chiede di dichiarare; ? in via subordinata, nel non creduto caso di accoglimento anche solo parziale di una o più delle domande formulate dagli attori, condannare la terza chiamata al risarcimento del danno subito dall'attore in caso di evizione totale ex art. 1483 c.c. o ex art. 1484 c.c. nell'ipotesi di evizione parziale, nella misura liquidanda anche in via equitativa; previo incarico al (...) come richiesto con la memoria 8 giugno 2020, di stimare il valore di mercato del cortile anche in considerazione che lo stesso, per la vicinanza con la pista ciclabile, è suscettibile di utilizzo come parcheggio per biciclette oltre che per motocicli e come parcheggio per autoveicoli effettuando un intervento la cui realizzabilità era stata accertata sotto il profilo urbanistico ed edilizio dal (...) (...) e dell'impresario (...) ..."; per la terza chiamata: "... in via preliminare, disporre la rimessione in termini della terza chiamata per i verificati vizi formali dell'atto di citazione del terzo in quanto mancante del decreto del 24/04/2019 n cron 3219/19 dell'Ill.mo Giudice dott. (...) emesso nel proc RG n 7/2019 ed altresì delle attestazioni di conformita? sia dell'atto di citazione che della comparsa agli originali presenti nel fascicolo telematico presso il Tribunale di Imperia, attestazioni obbligatorie trattandosi di notifica in proprio. - In via principale, dichiarare infondate e rigettare le domande tutte formulate nei confronti della (...) e (...) ... per i motivi di cui in narrativa, con vittoria di spese del presente procedimento oltre al risarcimento dei danni ex art 96 cpc per lite temeraria per i motivi suesposti e quantificati in una somma che ritirerà equa ...". FATTO e DIRITTO Con atto di citazione ritualmente notificato in data (...)/17.1.2019 gli attori in epigrafe indicati - premesso che ciascuno di essi era proprietario esclusivo degli alloggi rispettivamente individuati e descritti in citazione e tutti ubicati in un più ampio fabbricato condominiale sito in (...) in (...) n. 16 - tanto premesso, esponevano che (...) anch'esso proprietario esclusivo di un alloggio posto al piano terra del medesimo stabile condominiale, aveva arbitrariamente occupato, nel periodo 2012/2014, l'intera area cortilizia di pertinenza condominiale, impedendone l'accesso e l'uso a tutti gli altri condòmini "attraverso l'indebita apposizione di catene e lucchetti ai relativi cancelli". Tutto ciò esposto, gli attori, rivendicando la natura condominiale del bene occupato, convenivano in giudizio, dinanzi a questo Tribunale, (...) nonché tutti gli altri condòmini dello stabile (in epigrafe indicati), per ivi sentirlo condannare a rilasciare "nella piena disponibilità del (...) e dei condomini il cortile ex art. 948 c.c.", oltre al risarcimento del danno. Si costituiva in giudizio (...) contestando la domanda attrice e chiedendone il rigetto perché infondata in fatto ed in diritto; in subordine, chiedeva che la (dante causa) (...) "(...) E (...) " - di cui invocava la chiamata in causa - fosse condannata, in caso di accoglimento della domanda attrice, al risarcimento del danno per la subìta evizione (totale o parziale). In particolare, il convenuto contestava che il bene (...) rivendicato dagli attori avesse, per ubicazione e struttura, natura condominiale; peraltro, nel rogito notarile di acquisto del suo alloggio, stipulato in data (...) con la (...) (terza chiamata), l'area cortilizia di cui si discute era ricompresa tra i beni che la dante causa gli aveva trasferito in via esclusiva; in ogni caso aveva posseduto animo domino il bene in questione per il tempo necessario all'usucapione del diritto di proprietà: il cortile, pertanto, era di sua proprietà esclusiva a titolo derivativo (in forza del citato atto di acquisto) o, comunque, a titolo originario (per maturata usucapione ordinaria o abbreviata) Con decreto del 24.4.2019 il Giudice provvedeva ai sensi dell'art. 269 c.p.c. Si costituiva in giudizio la (...) "(...) E (...) " contestando la domanda di garanzia (per evizione) svolta nei suoi confronti dal convenuto (avente causa), siccome l'atto traslativo intercorso inter partes aveva ad oggetto soltanto l'alloggio e non anche il più ampio cortile rivendicato dagli attori Con distinto atto di citazione ritualmente notificato (...) - premesso di essere proprietaria esclusiva di un alloggio posto al piano primo di un più ampio edificio condominiale sito in (...) in (...) n. 16 - tanto premesso, esponeva che (...) anch'esso proprietario esclusivo di un alloggio posto al piano terra del medesimo stabile condominiale, aveva arbitrariamente occupato, negli anni 2012/2014, l'intera area cortilizia di pertinenza condominiale, impedendone l'accesso a tutti i condòmini "attraverso l'indebita apposizione di catene e lucchetti ai relativi cancelli. Tutto ciò esposto, l'attrice, rivendicando la natura condominiale del bene così occupato, conveniva in giudizio, dinanzi a questo Tribunale, (...) per ivi sentirlo condannare a rilasciare il cortile occupato, oltre al risarcimento del danno Si costituiva in giudizio (...) contestando la domanda attrice di cui chiedeva il rigetto perché infondata in fatto ed in diritto; chiedeva, in subordine, che la terza chiamata ((...) E (...) ) fosse condannata, in caso di accoglimento della domanda attrice, al risarcimento del danno per la subìta evizione (totale o parziale). In particolare, il convenuto contestava che il bene occupato avesse natura condominiale e, peraltro, nel rogito notarile di acquisto, stipulato in data 29.1.1999 con la terza chiamata, il cortile era compreso tra i beni che gli erano stati trasferiti in via esclusiva: l'area, pertanto, era di sua proprietà esclusiva a titolo derivativo (in forza del citato atto di acquisto) o, in ogni caso, a titolo originario (per maturata usucapione) per averla posseduta animo domini per oltre venti anni Pur ritualmente citati non si costituivano in giudizio tutti gli altri convenuti e all'udienza del 4.2.2020 - disposta la riunione delle due cause per ragioni di connessione oggettiva (e soggettiva) - ne veniva dichiarata la contumacia (...) i documenti ed espletata la (...) la causa era posta in decisione, sulle precisate conclusioni (in epigrafe trascritte), alla data del 2.1.2024 scadenza del termine per il deposito delle memorie di replica. ......... Gli attori affermandosi proprietari esclusivi dei singoli alloggi rispettivamente indicati in citazione e tutti ubicati in un più ampio stabile condominiale (sito in (...) in (...) n. 16), hanno proposto, nella loro qualità di condòmini, una vera e propria azione di rivendicazione (art. 948 c.c.) in relazione ad un bene, indicato come area cortilizia - "retrostante e fiancheggiante dal lato sud del (...) suddetto" con "vialetto di sbocco verso Via Fiume" - ritenuto comune perché di natura condominiale; ed allegavano, a fondamento della domanda di rivendicazione, il fatto che tale bene comune fosse stato indebitamente occupato da altro condomino ((...) che del tutto arbitrariamente se ne era appropriato, impedendone l'accesso e l'uso a tutti gli altri condòmini "attraverso l'indebita apposizione di catene e lucchetti ai relativi cancelli" (vd., atto di citazione, pg. 7); chiedevano, pertanto, che il convenuto fosse condannato a "... rilasciare nella piena disponibilità del (...) e dei condòmini il cortile ex art. 948 c.c.", oltre a risarcimento del danno (vd., conclusioni in epigrafe trascritte). Il convenuto, costituendosi in giudizio, ha per contro ribadito la proprietà esclusiva del bene de quo, contestandone la natura condominiale e, comunque, deducendo di averne acquistato la "nuda proprietà" dalla (...) (terza chiamata) in data (...) e comunque di averlo posseduto, animo domini, per oltre venti anni: chiedeva, pertanto, il rigetto della domanda attrice La domanda di rivendicazione è fondata e deve essere accolta per le seguenti ragioni (...) natura condominiale dell'area cortilizia (...) condominiale - come si evince dalle mappe catastali (in atti) - è censito al (...) del Comune di (...) al F. SR/44, mapp. 1044 Nel corso del giudizio è stata espletata una CTU - affidata al geom. G. (...) - al fine di descrivere "lo stato dei luoghi con specifico riferimento all'ubicazione del cortile rivendicato dagli attori" (vd., ordinanza del 23.11.2020) Il CTU ha rilevato che l'area cortilizia in questione "ha accesso unicamente pedonale da due cancelli in ferro: uno su via (...) s.n.c. a valle del civ. 18 e da un altro su via (...) civ. 39 entrambi chiusi con lucchetto"; inoltre l'area cortilizia risulta catastalmente "... graffata al (...) mappale 1044, posta tra i fabbricati 1044 e 1061, erroneamente identificata sulla mappa catastale con unico sbocco su via Fiume"; infine "Il cortile si presenta pianeggiante con selciato in ghiaia interessato da alcuni pozzetti con chiusino, probabilmente ispezioni delle condotte condominiali" (vd., CTU depositata in data (...) ) Il perito ha anche accertato che "Gli unici accessi diretti al cortile sono possibili solo dal fabbricato mapp. 1044 per tramite di due portefinestre aggettanti sul cortile, che risultano essere di due proprietà distinte, una della proprieta? (...) mentre l'altra della proprieta? confinante". E' infine utile evidenziare che il perito ha rilevato che "(...) porzione a confine con il fabbricato mapp. 1044 è presente un marciapiede in battuto di cemento largo circa 1.00 mt." (...) . 1117, I co., n. 1 c.c., dispone che sono oggetto di proprietà comune dei proprietari delle singole unità immobiliari dell'edificio "se il contrario non risulta dal titolo: 1) tutte le parti dell'edificio necessarie all'uso comune, come ... i cortili ...": è la c.d. presunzione (iuris tantum) di condominialità perché appunto si ritengono oggetto di proprietà comune dei condòmini - "se il contrario non risulta dal titolo" - tutti quei beni le cui caratteristiche strutturali e funzionali ne rilevano l'attitudine al godimento collettivo (come appunto i cortili la cui presunzione di condominialità - cioè di comproprietà - trova fondamento nella loro funzione principale essendo strutturalmente destinati a fornire aria e luce alle unità immobiliari circostanti) La più autorevole Giurisprudenza ha affermato che per tutelare la proprietà di un bene appartenente a quelli indicati dall'art. 1117 c.c. - come appunto nel caso che ne occupa - "non è necessario che il condominio dimostri con il rigore richiesto per la rivendicazione la comproprietà del medesimo, essendo sufficiente, per presumerne la natura condominiale, che esso abbia l'attitudine funzionale al servizio o al godimento collettivo, e cioè sia collegato, strumentalmente, materialmente o funzionalmente con le unità immobiliari di proprietà esclusiva dei singoli condomini, in rapporto con queste da accessorio a principale, mentre spetta al condomino che ne affermi la proprietà esclusiva darne la prova ... senza che, peraltro, a tal fine sia sufficiente l'allegazione del suo titolo di acquisto ove lo stesso non contenga in modo chiaro ed inequivocabile elementi idonei ad escludere la condominialità del bene" (Cass. n. 3310/19). E' stato ulteriormente precisato che il cortile, salvo titolo contrario, ricade nella presunzione di condominialità ai sensi dell'art. 1117, I co., n. 1 c.c., "essendo destinato prevalentemente a dare aria e luce allo stabile comune", senza che la detta presunzione (di condominialità) possa essere vinta dalla circostanza che "... ad esso si acceda solo dalla proprietà esclusiva di un condomino, in quanto l'utilità particolare che deriva da tale fatto non incide sulla destinazione tipica del bene e sullo specifico nesso di accessorietà del cortile rispetto all'edificio condominiale". (Cass. n. 23316/2020) La descrizione e l'ubicazione del cortile, come emerge dalla perizia e dalla documentazione fotografica allegata alla (...) dimostra come l'area de qua sia evidentemente destinata a dare aria e luce allo stabile condominiale (ove sono ubicati gli alloggi dei condomini che vi si affacciano) e, pertanto, se ne può presumere senz'altro la natura condominiale ai sensi dell'art. 1117 cit. (vd., CTU, foto nn. 3 e 4) (...) parte, tale attitudine del bene al godimento collettivo è stata solo genericamente contestata dal convenuto (vd., comparsa di costituzione, pg. 2) Piuttosto il convenuto, costituendosi in giudizio, allegava di essere proprietario esclusivo del bene in forza del titolo di acquisto del 29.1.1999, stipulato con la terza chiamata: invero, nel rogito notarile l'unità immobiliare acquistata veniva così descritta: "ingresso, tre camere, cucina, bagno, sottoscale e cortile, confinante con la (...) e, proseguendo in senso orario, con proprietà (...) con proprietà dell'USL 1 Imperiese, con altro condominio e con proprietà Rosso" (vd., doc 1 fasc. convenuto; l'enfasi è aggiunta) Pertanto - se si è ben inteso - il convenuto riteneva di essere proprietario esclusivo del cortile in quanto il bene era ricompreso nel suo (...) titolo di acquisto e tanto consentiva, a suo giudizio, di superare la presunzione di condominialità di cui all'art. 1117 c.c. Tuttavia, secondo la più autorevole Giurisprudenza, al fine di stabilire se sussista un titolo contrario alla presunzione di condominialità di cui all'art. 1117 c.c. "... occorre fare riferimento all'atto costitutivo del condominio e, quindi, al primo atto di trasferimento di un'unità immobiliare dell'originario proprietario ad altro soggetto. Pertanto, se in occasione della prima vendita" - o di altro atto di trasferimento - "la proprietà di un bene potenzialmente rientrante nell'ambito dei beni comuni risulti riservata ad uno solo dei contraenti, deve escludersi che tale bene possa farsi rientrare nel novero di quelli comuni" (Cass. n. 20693/18). Invero, il condominio di edifici si costituisce ipso iure nel momento in cui si realizza "... il frazionamento dell'edificio da parte dell'unico originario proprietario pro indiviso, con la vendita" - o, comunque, il trasferimento - "in proprietà esclusiva, ad uno o più soggetti diversi, di piani o porzioni di piano" (Cass. n. 3257/2004) e, quindi, la presunzione di condominialità operata dall'art. 1117 c.c. non può essere vinta "... con qualsiasi prova contraria, potendo essere superata soltanto dalle opposte risultanze di quel determinato titolo che ha dato luogo alla formazione del condominio per effetto del frazionamento dell'edificio in più proprietà individuali" (Cass. n. 3852/2020) Nel caso in esame, sulla base dei documenti prodotti in giudizio, il (...) atto di frazionamento dell'edificio - quello appunto costitutivo del condominio de quo - non è certamente il rogito notarile di acquisto (della nuda proprietà) vantato dal convenuto (quello del 29.1.1999), ma, piuttosto, l'atto di divisione del 30.6.1980 (in atti) con cui le singole unità immobiliare, di cui si componeva il fabbricato in esame, venivano assegnate in via esclusiva ai due condividenti, realizzandosi così il (...) frazionamento dell'edificio e la nascita (ipso iure) del condominio (vd., doc. 14 fasc. telematico attori) (...) parte, come affermato in Giurisprudenza, il condominio nasce quando i comunisti individuano - come esattamente accaduto nel caso che ne occupa - "gli appartamenti di proprietà esclusiva di ciascuno di essi, con un'operazione negoziale che assume la portata di una vera e propria divisione" (Cass. n. 11201/96) Nell'atto di divisione ora in esame l'area cortilizia rivendicata dagli attori non veniva affatto riservata in via esclusiva a nessuno dei due condividenti e tanto meno veniva assegnata in via esclusiva alla (...) (terza chiamata e) dante causa del convenuto: conseguentemente, quando in occasione del primo atto di frazionamento della proprietà di un edificio, operato con la citata divisione negoziale, la destinazione obbiettiva di un bene potenzialmente comune (come appunto un'area cortilizia), non è contrastata dal titolo, tale bene nasce di proprietà comune e tale comunione, contrariamente a quanto asserito dal convenuto "non può più venire meno per effetto del negozio con cui uno dei condomini intenda attribuire la proprietà del bene stesso a un terzo" (vd., Cass. n. 3867/86) Peraltro, nell'atto di divisione il bene rivendicato - facente parte della proprietà comune (mapp. 1044) - veniva espressamente indicato come cortile condominiale e quindi destinato, per stessa volontà dei condividenti, al godimento collettivo dei condomini (perché strutturalmente e funzionalmente destinato a fornire aria e luce alle unità immobiliari circostanti) (...) parte, il rogito notarile di acquisto del 29.1.1999 - intercorso inter alios - non può ritenersi opponibile agli odierni attori (essendo appunto res inter alios acta) Peraltro, è utile sin da adesso evidenziare, come pure meglio si dirà (...) , che il cortile trasferito al convenuto con il rogito notarile del 29.1.1999 non era affatto identificabile con (...) l'area cortilizia rivendicata dagli attori, ma solo con una piccola porzione (terrazzino o balconcino) immediatamente prospiciente il suo alloggio. In conclusione: il (...) titolo di acquisto opposto dal convenuto - ossia il rogito notarile del 29.1.1999 - non è idoneo a superare la presunzione di condominialità di cui all'art. 1117 c.c. in relazione al bene rivendicato in citazione Il convenuto ha però anche eccepito, per affermare la proprietà esclusiva del bene, la maturata usucapione ordinaria (...) ovvero quella c.d. abbreviata (...) ex art. 1159 c.c. Sull'eccezione di usucapione ordinaria E' anzitutto infondata l'eccezione di usucapione ordinaria perché, anche a ritenere che il convenuto abbia esercitato sul bene in questione il possesso (ad immagine della proprietà esclusiva) sin dal 29.1.1999 - ossia sin dal momento dell'acquisto della nuda proprietà dell'alloggio (perché nel periodo precedente ne aveva soltanto la mera detenzione concessagli dall'usufruttario) - la citazione introduttiva del presente giudizio (di rivendicazione) gli è stata notificata in data 15/17.1.2019 così interrompendo efficacemente (entro il termine ventennale) il decorso dell'usucapione (artt. 1165 e 2943, I co., c.c.): infatti, il rinvio dell'art. 1165 c.c. alle norme sulla prescrizione in generale e, in particolare, a quelle dettate in tema di sospensione ed interruzione, incontra il limite della compatibilità di queste con la natura stessa dell'usucapione, con la conseguenza che non è consentito attribuire efficacia interruttiva del possesso se non ad atti che comportino, per il possessore, la perdita materiale del potere di fatto sulla cosa, oppure, come nella specie, "ad atti giudiziali siccome diretti ad ottenere, "ope iudicis", la privazione del possesso nei confronti del possessore usucapente, con la conseguenza che, mentre può legittimamente ritenersi (come nel caso di specie) atto interruttivo del termine della prescrizione acquisitiva la notifica dell'atto di citazione con il quale venga richiesta la materiale consegna di tutti i beni immobili dei quali si vanti un diritto dominicale ... atti interruttivi non risultano, per converso, ne' la diffida ne' la messa in mora, potendosi esercitare il possesso anche in aperto contrasto con la volontà del titolare del corrispondente diritto reale" (Cass. n. 9845/2003) In sede di comparsa conclusionale (pg. 6) il convenuto ha dedotto - se ne è stata ben compresa la finalità tecnica - di avere posseduto il bene già prima del titolo di acquisto della nuda proprietà e, precisamente, sin da quando era conduttore dell'alloggio "... per conto dell'usufruttuario il quale, nei precedenti decenni, aveva sempre posseduto in via esclusiva il cortile de quo": il convenuto pare, dunque, avere invocato la c.d. accessione del possesso di cui all'art. 1146, II co., c.c. secondo cui "Il successore a titolo particolare può unire al proprio possesso quello del suo autore per goderne gli effetti". Tuttavia, non può operare l'accessione del possesso (nel senso indicato dal convenuto) in quanto affinché operi il trapasso del possesso dall'uno all'altro dei successivi possessori ed il successore a titolo particolare possa unire al proprio quello del dante causa, "è necessario che il trasferimento sia giustificato da un titolo astrattamente idoneo al passaggio della proprietà od altro diritto reale sul bene" (Cass. n. 8579/2023): tale titolo (tra usufruttuario e convenuto), nel caso di specie, non sussiste, perché il convenuto ha acquistato la nuda proprietà dell'alloggio dalla (...) (terza chiamata) e, a seguito della morte dell'usufruttuario, è divenuto pieno proprietario in virtù della regola della elasticità del diritto di proprietà. Il convenuto non è pertanto successore a titolo particolare dell'usufruttuario e non può invocare il disposto di cui all'art. 1146, II co., c.c. Sull'eccezione di usucapione c.d. abbreviata Il convenuto ha infine eccepito di avere usucapito il bene in forza del disposto di cui all'art. 1159 c.c. secondo cui "(...) che acquista in buona fede da chi non è proprietario un immobile, in forza di un titolo che sia idoneo a trasferire la proprietà e che sia stato debitamente trascritto, ne compie l'usucapione in suo favore col decorso di dieci anni dalla data della trascrizione" Va tuttavia rilevato che in ipotesi di acquisto "a non domino" la circostanza che il titolo contenga elementi idonei per consentire con la normale diligenza di escludere o comunque dubitare della titolarità in capo all'alienante del diritto trasferito può essere ostativa all'usucapione decennale ai sensi dell'art. 1159 cod. civ. ove evidenzi il difetto di buona fede del compratore. Ne consegue che la presunzione di buona fede nell'acquisto può ritenersi superata "... anche nel caso in cui il compratore sia stato in grado di accertare o comunque dubitare che l'alienante non fosse il proprietario del fondo mediante opportuna verifica catastale della corrispondenza fra il diritto trasferitogli e quello ricevuto dal suo dante causa" (Cass. n. 7278/1992) Nel caso in esame era sufficiente la verifica, peraltro usuale, del titolo di provenienza (atto di divisione del 30.6.1980) del dante causa (espressamente richiamato nell'atto di acquisto) per escludere chiaramente che il bene (cortile condominiale) fosse di proprietà esclusiva della (...) venditrice Va peraltro evidenziato che lo stesso convenuto (avente causa) dichiarava, in sede di rogito notarile (pg. 3) di "ben conoscere" il titolo di provenienza: non sussiste, pertanto, la buona fede richiesta dall'art. 1159 c.c. Inoltre, ai fini dell'usucapione decennale, il titolo di acquisto (astrattamente idoneo a trasferire la proprietà del bene) deve essere anche "debitamente" trascritto e quindi la nota di trascrizione, da compilare secondo le indicazioni previste dall'art. 2659 c.c., non deve presentare inesattezze e/o omissioni tali da indurre incertezza sull'oggetto trasferito: nella specie, la nota di trascrizione (in atti) non riporta affatto tra i beni trasferiti, con le indicazione richieste dall'art. 2826 c.c. (vd., art. 2659, n. 4), il cortile rivendicato dagli attori e quindi la trascrizione de qua non è stata debitamente eseguita (vd., doc. 2 fasc. convenuto) (...) va pertanto, anche in tal caso, disattesa In conclusione: gli attori, quali condòmini, sono comproprietari ex art. 1117 c.c., unitamente ai convenuti, di tutta l'area cortilizia censita al CT del Comune di (...) al F. 44, mapp. 1044 graffata al fabbricato censito al mapp. 1044, così come meglio individuata e descritta nella CTU geom. G. (...), con la sola eccezione di un piccolo cortiletto (terrazzino o balconcino) di cui subito si dirà Conseguentemente, il convenuto (...) va condannato a rilasciare, in favore della collettività condominiale, tutta la suddetta area cortilizia (nei limiti di cui in dispositivo) eliminando catene e lucchetti dai relativi cancelli o consegnando copia delle chiavi al (...) in persona dell'amm.re pro-tempore. La domanda risarcitoria è invece rimasta sfornita di qualsivoglia supporto probatoria e va rigettata Non è, infine, prevista la trascrizione della sentenza, ma soltanto della domanda diretta a rivendicare la proprietà di un bene (art. 2653, n. 1 c.c.) (...) garanzia per evizione Il convenuto ha chiesto, in via subordinata, che la terza chiamata fosse condannata, in caso di accoglimento della domanda attrice, "... al risarcimento del danno subito dall'attore in caso di evizione totale ex art. 1483 c.c. o ex art. 1484 c.c. nell'ipotesi di evizione parziale, nella misura liquidanda anche in via equitativa; previo incarico al (...) come richiesto con la memoria 8 giugno 2020, di stimare il valore di mercato del cortile ..." (vd., conclusioni in epigrafe trascritte). La terza chiamata ha chiesto il rigetto della domanda di garanzia siccome il rogito notarile (del 29.1.1999), stipulato inter partes, aveva ad oggetto soltanto l'alloggio e non anche il più ampio cortile (di mq. 644) rivendicato dagli attori La domanda di garanzia è infondata Il rogito notarile del 29.1.1999 riguardava, infatti, soltanto l'alloggio censito al F. 44 mapp. 168, sub 23 ed evidentemente quel piccolo "terrazzino" (o balconcino) - di cui si è fatto cenno -sopraelevato rispetto alla restante area cortilizia, di forma trapezoidale nella planimetria catastale e munito di parapetto - campito in colore verde chiaro nella planimetria prodotta sub doc. 30 fasc. convenuto e raffigurato nelle foto nn. 3 e 4 della CTU - aggettante l'alloggio acquistato dal convenuto (indicato nella planimetria con il n. 3), di cui costituisce un prolungamento, ma non certamente tutta la restante area cortilizia condominiale di mq 644 di cui si è discusso sin qui Il convenuto non ha pertanto subìto alcuna evizione (neppure parziale) Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo (per quanto riguarda il valore della causa si ritiene applicabile il disposto di cui all'art. 15, u.c., c.p.c. in quanto per l'area rivendicata non risulta agli atti il reddito dominicale - vd., doc. 15 fasc. attori - né vi sono altri elementi che consentano una stima dell'immobile oggetto della domanda: la causa deve pertanto ritenersi, in difetto di possibile stima, di valore indeterminabile; la complessità è quella media) P.Q.M. il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni altra istanza, eccezione, deduzione disattesa, così provvede: 1. dichiara che gli attori, quali condòmini, sono comproprietari (ex art. 1117, I co., n. 1 c.c.), unitamente ai convenuti, di tutta l'area cortilizia di mq 644 censita al CT del Comune di (...) al F. 44, mapp. 1044 graffata al fabbricato censito al F. 44 mapp. 1044, così come meglio individuata e descritta nella CTU geom. G. (...) (con la sola eccezione del piccolo terrazzino o balconcino, sopraelevato rispetto alla residua area cortilizia, di forma trapezoidale nella planimetria catastale e munito di parapetto - campito in colore verde chiaro nella planimetria prodotta sub doc. 30 fasc. convenuto e raffigurato nelle foto nn. 3 e 4 della CTU - aggettante l'alloggio del convenuto medesimo e da questi acquistato in data (...) ); 2. condanna il convenuto a rilasciare, in favore della collettività condominiale, la suddetta area cortilizia di mq. 644 censita al CT n. del Comune di (...) al F. 44, mapp. 1044 graffata al fabbricato censito al F. 44 mapp. 1044 (ad eccezione del terrazzino descritto sub n. 1), eliminando catene e lucchetti apposte ai relativi cancelli o consegnando copia delle relative chiavi all'amministrazione condominiale; 3. rigetta ogni altra domanda; 4. condanna il convenuto (...) alla rifusione, in favore degli attori, delle spese di lite che si liquidano in complessivi Euro 9.759,00 di cui Euro 759,00 per spese ed Euro 9.000,00 per compenso di avvocato, oltre rimborso spese generali, IVA e CPA come per legge; 5. condanna il convenuto (...) alla rifusione, in favore dell'attrice (...) delle spese di lite che si liquidano in complessivi Euro 9.237,00 di cui Euro 237,00 per spese ed Euro 9.000,00 per compenso di avvocato, oltre rimborso spese generali, IVA e CPA come per legge; 6. condanna il convenuto (...) alla rifusione, in favore della terza chiamata, delle spese di lite che si liquidano in complessivi Euro 5.431,00 per compenso di avvocato, oltre rimborso spese generali, IVA e CPA come per legge; 7. Spese di (...) come liquidate con separato decreto, poste definitivamente a carico del convenuto (...) Così deciso in (...) il (...)
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE ORDINARIO DI IMPERIA in composizione monocratica, nella persona del dott. Alessandro CENTO, ha emesso la seguente SENTENZA nella causa civile in primo grado iscritta al n. 1176 del registro generale per gli affari contenziosi civili dell'anno 2021, posta in decisione alla data del 7.11.2023 di scadenza del termine per il deposito delle memorie di replica e vertente TRA (...) elett.te dom.to in Arezzo, in (...), presso lo studio dell'avv.to (...) che lo rappresenta e difende giusta procura in calce all'atto di citazione in riassunzione. - ATTORE - E (...) elett.te dom.ta in Imperia, in Via (...), presso lo studio dell'avv.to Patrizia Rava che la rappresenta e difende giusta procura in calce alla comparsa di costituzione e risposta - CONVENUTA - OGGETTO: compenso professionale CONCLUSIONI all'udienza di precisazione delle conclusioni del 19.7.2023 i procuratori delle parti così concludevano: per l'attore: "... accertata e dichiarata la sussistenza del credito professionale vantato dall'Ing. (...) per le prestazioni descritte nella fattura 56 del 25.10.2019, condannare la sig.ra (...), a pagare all'Ing. (...) l'importo di Euro. 16.129,22 di cui alla fattura n. 56/2019 oltre interessi di legge o quella diversa somma che sarà ritenuta di giustizia all'esito dell'istruttoria del giudizio ... In via istruttoria si reiterano le richieste di prova formulate nei precedenti scritti difensivi ed allo stato disattese ove ritenute necessarie ai fini della decisione". per la convenuta: "...in via preliminare e pregiudiziale dichiarare improcedibili le attrici domande per difetto di preventiva negoziazione assistita obbligatoria per legge, con ogni conseguente provvedimento di legge. Nel merito in via principale: rigettare le attrici domande in quanto infondate in fatto ed in diritto per tutte le causali in atti. In via subordinata, per la non creduta ipotesi di accoglimento, anche solo parziale delle avverse domande, ricalcolare i compensi professionali secondo le tabelle ministeriali in vigore all'epoca dell'espletamento delle prestazioni che risultino effettivamente provate da controparte come effettuate a seguito di specifico incarico scritto ... ". FATTO e DIRITTO Con atto di citazione ritualmente notificato in data 1.6.2020 (...) - premesso che su istanza di (...) le era stato ingiunto dal Tribunale di Arezzo, con decreto ingiuntivo n. 78/2020, il pagamento della complessiva somma di Euro 16.129,22 oltre interessi e spese, a titolo di compenso per le prestazioni professionali (ingegneristiche) meglio indicate e descritte nella fattura n. 56/2019 - tanto premesso, eccepita, in via pregiudiziale, l'incompetenza territoriale del Tribunale adito (in favore della competenza territoriale del Tribunale di Imperia) e contestando, nel merito, la pretesa creditoria (per difetto di titolo), conveniva in giudizio, dinanzi al Tribunale di Arezzo, (...) per ivi sentir revocare l'ingiunzione di pagamento. Si costituiva in giudizio (...) contestando l'opposizione e chiedendone il rigetto perché infondata in fatto ed in diritto In particolare, l'opposto ribadiva la sussistenza e l'esigibilità della pretesa creditoria così come azionata in sede monitoria. Con sentenza n. 147/2021 - pubblicata in data 23.2.2021 - il Tribunale di Arezzo dichiarava l'incompetenza per territorio del Tribunale di Arezzo ("essendo competente il Tribunale di Imperia") e, per l'effetto dichiarava la nullità del decreto ingiuntivo opposto (che revocava); quindi fissava il termine perentorio di mesi tre per la riassunzione della causa davanti al Tribunale di Imperia. Riassunto il giudizio (ad iniziativa del creditore istante) e ricostituitosi il contraddittorio, la causa era posta in decisione, sulle precisate conclusioni (in epigrafe trascritte), alla data del 7.11.2023 di scadenza del termine per il deposito delle memorie di replica. Sull'eccezione pregiudiziale di improcedibilità della domanda attrice. L'eccezione pregiudiziale spiegata dalla convenuta (di improcedibilità della domanda attrice "per difetto di preventiva negoziazione assistita obbligatoria per legge") non è stata coltivata in sede di prima udienza - ove entrambe le parti hanno chiesto la concessione dei termini di cui all'art. 183 c.p.c. - e deve pertanto ritenersi abbandonata Sul merito (...) esponeva di essere creditore di (...) della complessiva somma di Euro 16.129,22 (oltre interessi) a titolo di compenso professionale: deduceva, infatti, di avere eseguito, su incarico e per conto della cliente, le prestazioni professionali meglio indicate e descritte nella fattura n. 56/2019 (già azionata in sede monitoria); e, in particolare, asseriva di avere eseguito, su incarico e per conto della debitrice, "... molteplici prestazioni professionali ... con riferimento ad un fabbricato di civile abitazione sito in Imperia Via di Sant'Agata" (vd., atto di citazione) Si trattava, per l'appunto, delle prestazioni professionali indicate nella fattura n. 56 cit. (sub doc. 1 fasc. attrice) e segnatamente: 1. "redazione di relazione sul pericolo delle scariche atmosferiche'; 2. "redazione di relazione sui requisiti acustici passivi'; 3. "Elaborati in 3D e Rendering 88 Elaborati di progetto (viste, piante, prospetti ecc.) in 3D e Rendering; 4. "incarico di Coordinatore della sicurezza in fase di progettazione e redazione di PSC per un intervento di nuova edificazione in Imperia" La convenuta, costituendosi in giudizio, contestava la sussistenza del credito professionale in quanto, diversamente da quanto adombrato in citazione, non aveva mai richiesto al professionista le prestazioni indicate nella menzionata fattura: piuttosto, l'unico incarico professionale riguardante la progettazione architettonica e strutturale dell'immobile sito in Imperia (in Via Sant'Agata), era stato conferito in data 15.9.2017 alla (...) s.r.l. (vd., doc. 2 fasc. convenuta) La domanda attrice è infondata e va rigettata. Vale la pena premettere che, secondo la più autorevole Giurisprudenza, il conferimento dell'incarico professionale, con cui si instaura il rapporto di prestazione d'opera professionale, può avvenire in qualsiasi forma idonea a manifestare il consenso delle parti, "sicché, quando sia contestata la instaurazione di un siffatto rapporto' - come appunto nella specie - "grava sull'attore l'onere di dimostrarne l'avvenuto conferimento, anche ricorrendo alla prova per presunzioni, mentre compete al giudice del merito valutare se gli elementi offerti, complessivamente considerati, siano in grado di fornire una valida prova presuntiva; il risultato di tale accertamento, se adeguatamente e coerentemente motivato, si sottrae al sindacato di legittimità, che é invece ammissibile quando nella motivazione siano stati pretermessi, senza darne ragione, uno o più fattori aventi, per condivisibili massime di esperienza, una oggettiva portata indiziarie" (Cass. n. 1792/2017) L'attore riteneva di avere fornito la prova (presuntiva) del conferimento dell'incarico professionale, anche in relazione alle prestazioni professionali di cui alla citata fattura, perché la "mole di documentazione", offerta in comunicazione sin dall'atto di citazione (e già in sede di ricorso monitorio), era senz'altro sufficiente - a suo giudizio - a dimostrare l'instaurazione del rapporto professionale intercorso tra le parti (vd., atto di citazione, pg. 7/8) Tuttavia, in senso contrario, va osservato che la detta documentazione, pur riferendosi alle prestazioni professionali indicate nella fattura n. 56 cit., non prova affatto, di per sé, che l'esecuzione di tali prestazioni sia avvenuta proprio su incarico della convenuta (vd., docc. 5-9 fasc. attore): l'indizio documentale (unico), su cui è fondata la domanda, non è cioè sufficiente a comprovare, prima ancora della esecuzione, l'avvenuto conferimento dell'incarico professionale da parte della convenuta e quindi l'instaurazione del rapporto professionale posto a giustificazione della pretesa creditoria Per altro verso, risulta agli atti, come già accennato, l'incarico professionale conferito in data 15.9.2017 dalla convenuta alla (...) s.r.l. e riguardante non solo la progettazione architettonica, strutturale, termotecnica ed impiantistica, ma anche la Direzione Lavori strutturale in relazione all'immobile di Imperia (vd., doc. 2 fasc. convenuta) Tali prestazioni professionali, la cui esecuzione è documentata agli atti, sono state espletate dall'attore in adempimento dell'incarico conferito alla suddetta società e la cliente ha già corrisposto, per tale titolo, il dovuto compenso professionale: ogni ulteriore richiesta, risolvendosi in una duplicazione del compenso, sarebbe pertanto indebita (vd., docc. 3, 4, 20 e ss. fasc. attore) E' utile ancora evidenziare che secondo gli accordi in questione, qualora fossero state ritenute necessarie, per la corretta esecuzione dell'incarico de quo, "ulteriori prestazioni non previste dalla presente lettera di incarico", ne sarebbe stata data tempestiva comunicazione al cliente e, su richiesta, sarebbe stato fornito il relativo preventivo (vd., doc. 2 fasc. convenuta, sub art. 4 ultimo cpv): tale informativa, comunque doverosa per prestazioni diverse da quello oggetto dell'incarico professionale, non risulta agli atti di causa L'interpretazione secondo buona fede del contratto in esame impone quindi di ritenere che anche l'incarico di "Coordinatore della sicurezza in fase di progettazione e redazione di PSC per un intervento di nuova edificazione in Imperia'' (di cui alla fattura n. 56 cit.) fosse stato assolto dal Direttore dei Lavori strutturale in forza degli accordi de quibus e non giustificasse alcun compenso aggiuntivo (rispetto a quello già concordato per tabulas) In definitiva, le risultanze processuali consentono di ritenere che le prestazioni indicate nella fattura n. 56/2019 fossero già dovute in forza dell'incarico professionale conferito alla (...) s.r.l. (comprensivo anche della Direzione Lavori strutturale); in ogni caso, non vi è prova che la convenuta, debitamente informata, avesse richiesto prestazioni professionali (diverse e) aggiuntive rispetto a quelle previste nel ridetto accordo de 15.9.2017 Pertanto, in difetto di prova dell'avvenuto conferimento dell'incarico professionale anche in relazione alle prestazioni di cui alla fattura n. 56/2019, non spetta al professionista alcun compenso aggiuntivo rispetto a quello concordato con la (...) s.r.l. e già onorato dalla committente La domanda va pertanto rigettata Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo P.Q.M. il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni altra istanza, eccezione, deduzione disattesa, così provvede: 1. rigetta la domanda attrice; 2. condanna l'attore alla rifusione, in favore della convenuta, delle spese di lite che si liquidano in complessivi Euro 4.237,00 per compenso di avvocato, oltre rimborso spese generali, IVA e CPA come per legge. Così deciso in Imperia il 15 novembre 2023. Depositata in Cancelleria il 16 novembre 2023.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI IMPERIA In composizione monocratica e nella persona del Giudice Dott. Maria Teresa De Sanctis ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di primo grado iscritta al n. 2033 del Ruolo Generale per l'anno (...) assunta m decisione all'udienza del (...) con assegnazione del termine di 60 gg. per il deposito delle comparse conclusionali e ulteriori 20 gg. per lo scambio delle memorie di replica TRA (...), elettivamente domiciliato in (...) presso e nello Studio dell'Avv. (...) che lo rappresenta e difende, come da procura alle liti in atti (p.e.c.: (...)) ATTORE E (...) con domicilio ex lege nello studio dell'Amministratore pro tempore, (...) in persona dell'Amministratore Dott. (...) elettivamente domiciliato in (...) presso e nello studio dell'avvocato (...) del Foro di Piacenza, che lo rappresenta e difende come da procura in atti; CONVENUTO Conclusioni come in atti. MOTIVI DELLA DECISIONE L'attore (...) ha impugnato, deducendone anzitutto un vizio di nullità, quattro delibere assembleari con cui, per quanto di interesse, è stato nominato l'amministratore di condominio per la gestione 2022/2023, approvato il rendiconto consuntivo dell'esercizio 2021/2022 ed il preventivo 2022/2023, sostenendo che tali delibere assembleari sarebbero nulle m quanto l'amministratore, non essendo stato nominato dai rappresentanti di ciascun condominio, come prescritto dall'art. 67 disp. att. c.c. allorquando si sia in presenza, come nella specie, di più di sessanta condomini, non avrebbe il potere di far approvare spese afferenti alle parti supercondominiali con efficacia vincolante per i condomini. Il condominio, convenuto nella persona dell'Amministratore, ha resistito a tale domanda eccependo nel mento che non esisterebbe alcun supercondommio, ma soltanto un unico condominio; e ciò, sia perché sotto il profilo strutturale ì quattro edifici che compongono il complesso sarebbero strettamente collegati, ma anche e soprattutto perché il regolamento contrattuale di condominio avrebbe costituito un unico condominio. Ritiene preliminarmente il giudicante che sia stato correttamente esperito il tentativo di mediazione obbligatoria poiché per ì primi due incontri di mediazione non era necessaria la procura notarile, essendo sufficiente la delega conferita m forma scritta e rilasciata dalla parte, m quanto, dovendo considerarsi il verbale di mediazione come contratto che il rappresentante deve concludere, la procura ad esso riferita può avere la forma della scrittura privata, senza che occorra l'autenticazione da parte del notaio. Infondata è altresì la tesi per la quale la condizione di procedibilità non potrebbe dirsi realizzata quando non si verifichi, a causa delle indisponibilità delle parti, un effettivo tentativo di mediazione. In materia, è intervenuta la Corte di cassazione (Cass. n. 2019/8473; Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 13029 del 2022), che ha dato sulla questione una soluzione divergente, stabilendo che "la condizione di procedibilità può ritenersi realizzata al termine del primo incontro davanti al mediatore, qualora una o entrambe le parti, richieste dal mediatore dopo essere state adeguatamente informate sulla mediazione, comunichino la propria indisponibilità di procedere oltre". In maniera analoga, si ritiene che nessuna utilità potesse esplicare il primo incontro in caso di mancata adesione di una delle parti all'invito, di modo che la condizione di procedibilità deve ritenersi realizzata. Ciò premesso, va osservato in diritto che l'art. 1117-bis c.c., introdotto dall'art. 2 comma I della L. 220/2012, ha esteso l'ambito applicativo della normativa del condominio al Super-condominio, figura atipica di origine giurisprudenziale, caratterizzata da complessi immobiliari, le cui unità sono strutturalmente separate, ma funzionalmente collegate. E' oggi richiesta, anche a livello positivo, la presenza di "più finità immobiliari o più edifici ovvero più condomini di unità immobiliari o di edifici che abbiano parti comuni ai sensi dell'art. 1117 c.c." e dunque la presenza di almeno due edifici, costituiti o meno in distinti condomini (a seconda, cioè, che la proprietà di ciascun edificio appartenga a più soggetti o allo stesso soggetto) legati tra loro dall'esistenza di taluni beni comuni (impianti e servizi) in rapporto di accessorietà con gli edifici medesimi e appartenenti pro-quota ai proprietari delle singole unità immobiliari dei diversi fabbricati (oppure anche la presenza di più villette a schiera, non costituite in condominio, il che avverrà ove abbiano in comune il solo muro di confine, ma collegate da impianti comuni, o la presenza di più condominii di villette a schiera separati, ma collegati da impianti comuni). Si ha, dunque, supercondominio laddove vi sia un raggruppamento di edifici anche strutturalmente separati, ma che abbia spazi e beni di comune proprietà o servizi destinati all'uso comune. Il Super-condominio costituisce un'entità distinta ed autonoma rispetto ai singoli condomini che lo compongono e, se non è disposto diversamente dal titolo, viene ad esistenza ipso iure et facto, cioè senza bisogno di specifiche manifestazioni di volontà dell'originario costruttore, dei proprietari delle unità immobiliari o di approvazioni assembleari di sorta. E' stato confermato, anche da un punto di vista normativo, che il complesso di più condomini in parola è a tutti gli effetti un condominio ulteriore ed autonomo. Poiché la normativa codicistica in tema di condominio trova completamento nelle disposizioni di attuazione del codice, per quel che qui interessa, rileva l'art. 67 disp. att. c.c.. Ai fini della organizzazione del supercondominio e della formazione delle maggioranze assembleari occorre avere riguardo al numero complessivo dei condomini che lo compongono. In ordine alla nomina dell'amministratore del supercondominio, la legge prevede, all'art. 67 co. 3 cit., che quando i partecipanti al supercondominio sono complessivamente più di sessanta, ciascun condominio debba designare il proprio rappresentante all'assemblea per la gestione ordinaria delle parti comuni a più condomini e per la nomina dell'amministratore. Per questa deliberazione, all'interno del singolo condominio, è richiesta una maggioranza qualificata, quella di cui all'art. 1136 co. 5 c.c. (ossia un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno ì due terzi del valore dell'edificio). L'art. 67 co. 3 disp. Att. c.p.c. prevede, in sostanza, una ipotesi di delega collettiva obbligatoria: ed invero la formulazione letterale è chiara nel senso che nelle situazioni di supercondominio o condominio complesso descritte dall'art. 1117 bis cc, quando le unità immobiliari di titolarità frazionata sono almeno (...), ciascuno dei più condomini coordinati è obbligato a designare con la maggioranza ex art. 1136, co. 5, c.c., un proprio rappresentante che è l'unico legittimato (salva la facoltà di intervento del singolo condomino) a partecipare all'assemblea per la gestione ordinaria delle parti comuni ai diversi edifici e per la nomina dell'amministratore del supercondominio. La nomina di quest'ultimo è dunque riservata all'assemblea dei rappresentanti con le maggioranze previste dagli artt. 1129 co. 1 e 1136 co. 4 c.c.. Tali coordinate normative hanno indotto il Tribunale di Milano, Sezione 13 civ., Sentenza (...) n. 1368, ad affermare, con interpretazione che qui si condivide, che "E' affetta da nullità radicale la delibera assunta dall'assemblea di un supercondominio con più di sessanta partecipanti convocata per la nomina dell'amministratore e per la gestione ordinaria delle parti comuni, allorché al relativo voto abbiano partecipato i singoli condomini anziché i rappresentanti di codominio, come previsto dall'art. 67 att. c.c.". Dello stesso tenore è quanto statuito dal Tribunale di Roma Sezione 5 Civile, con la Sentenza del (...) n. 11593, secondo cui, in caso di supercondominio ex art. 1117 bis c.c. con più di sessanta partecipanti, l'assemblea per la gestione ordinaria di tali parti comuni è pertanto sottoposta alla disciplina speciale (inderogabile) ex art. 67 disp. att. c.c. con conseguente invalidità delle delibere che siano state assunte con il voto dei singoli condomini e non con quello dei rappresentanti di condominio. Tanto premesso in diritto, occorre considerare che la parte convenuta ha eccepito che il complesso (...) costituisce un unico condominio. Al riguardo, dal punto di vista strutturale, osserva il giudicante che la planimetria generale (doc. 12 di parte attrice) ed anche la fotografia n. 31 del doc.7 di parte convenuta evidenziano come quantomeno gli edifici B abbiano una struttura autonoma rispetto agli edifici A, essendo costruiti ad una quota più elevata sul pendio collinare e avendo muri perimetrali e coperture a sé stanti rispetto a quelle proprie degli edifici A, pur se a questi ultimi collegati da ballatoi esterni. La stessa autonoma considerazione che della posizione di ciascun fabbricato (secondo la sua destinazione, prospetto, luminosità e orientamento, assunti quali parametri per l'attribuzione di un coefficiente convenzionale, da moltiplicare per la superficie reale, a ciascun edificio) danno le tabelle millesimali (prodotte sub doc 08 di parte convenuta) offre un argomento ulteriore a conforto della presenza di una pluralità di edifici. Si ravvisano nella specie pertanto quanto meno due blocchi edilizi strutturalmente a sé stanti. Potrebbe allora in linea teorica prospettarsi la questione se un regolamento contrattuale di supercondominio possa contenere validamente disposizioni che attribuiscano a tutti i condomini la proprietà, ad esempio, delle facciate e dei tetti di tutti gli edifici facenti parte del condominio complesso e conseguentemente possa obbligarli a concorrere alle spese di straordinaria manutenzione delle facciate o dei tetti degli edifici di cui non siano condomini. Sul tema mette conto evidenziare che una fonte negoziale quale il regolamento contrattuale può costituire (in favore di tutti ì condomini) un diritto reale di comunione sulle cose non incluse tra quelle elencate nell'art. 1117 c.c. per le quali cioè non operi la presunzione di condominialità. In tal senso nella ordinanza (...) (dep. il (...)) n- 10370 la Cassazione civile, Sez. II, ha avuto modo di chiarire che "può ravvisarsi una comunione volontaria immobiliare, conseguente ad un accordo delle parti": 1) quando più soggetti mettono in comune immobili già di rispettiva proprietà individuale; 2) quando con distinti atti di alienazione si vendono a più soggetti singole parti di un immobile, obbligando gli acquirenti a lasciare in comune alcune parti residue (nel qual caso non si riscontra una espressione di volontà degli acquirenti di costituire la comunione, e la stessa comunione non è "causa del contratto", quanto automatica conseguenza del fatto che l'acquisto del diritto reale su una cosa (atto a causa traslativa) sia stato compiuto da più persone. Con riguardo alla fattispecie sottoposta alla sua attenzione, nella quale si discuteva della ricorrenza di un titolo idoneo ad attribuire a tutti i condomini la comproprietà di un tetto che, nel contesto di un "condominio orizzontale", assolveva unicamente alla funzione di copertura di una sola delle unità immobiliari e perciò non era incluso tra le parti elencate nell'art. 1117 c.c., la Corte ha affermato che "occorre accertare o che tutti 1 condomini abbiano acquistato individualmente con 1 rispettivi atti una quota di tale bene, oppure che tale comunione abbia un vero e proprio titolo costitutivo contrattuale, ai sensi degli artt. 1350 n. 3 e 2643 n. 3, c.c., il quale abbia comportato il trasferimento del diritto dal patrimonio del singolo a quello soggettivamente collettivo". Orbene nel caso che ci occupa il regolamento contrattuale prodotto in atti (doc. 05 di parte convenuta), predisposto dagli originari costruttori, trascritto e richiamato negli atti di acquisto dei primi aventi causa da costoro (c.f.r. doc 17 e 18 di parte attrice, 14 e 15 di parte convenuta), non vale a dar luogo ad un contratto costitutivo di un diritto di comunione (ad es. a favore dei condomini degli edifici A di una comunione immobiliare sulle facciate, coperture, scale interne o autorimesse degli edifici B) perché contiene disposizioni che fanno invece riferimento a diritti di condominialità, come reso evidente sia dal rimando contenuto in diversi articoli del regolamento alle tabelle millesimali (ove la proporzione è rapportata ai millesimi della proprietà esclusiva e non, invece, espressa come quota di una comunione di godimento), sia dalla contestuale indicazione, nelle disposizioni relative a beni specifici, di un criterio di ripartizione delle spese che evoca l'obbligazione di contribuire alle spese riconducibile alla proprietà, l'obbligazione propter rem connessa con la appartenenza. Ebbene, l'art. 5 intitolato parti comuni, del regolamento contrattuale prodotto agli atti, crea incertezza in ordine alla esistenza, o meno, ab origine di un unico condominio, in quanto reca una elencazione generica di beni con riferimento ai quali, senza distinzione per beni specificamente individuati, afferma che la comproprietà su tali beni appartiene a tutti i condomini (titolari di beni di proprietà esclusiva) "nelle proporzioni stabilite dalla tabella A complesso o singolo fabbricato", ossia in base ai millesimi stabiliti per ciascun immobile di proprietà esclusiva dalla tabella A (valore della proprietà) del complesso o dalla tabella A del singolo edificio. E' evidente che il titolo della proprietà è costituito dal regolamento contrattuale e non dalle tabelle, eppur tuttavia in esso si riconosce la "proprietà comune" di alcuni beni genericamente determinati in un elenco, beni non tutti individuabili nell'ambito di un "condominio orizzontale" o supercondominio, ma alcuni individuabili (quali, ad esemplo, le facciate e le coperture) nell'ambito di singoli edifici (o al più di singoli plessi di edifici, rispettivamente A (est e ovest) e B (est e ovest)), senza che risulti dal regolamento la manifestazione specifica della volontà di costituzione di un unico condominio. Ciò detto, il rimando alla tabella A, o relativa al complesso o relativa al fabbricato, non appare idoneo a colmare tale lacuna in quanto la possibilità di esprimere contabilmente il valore millesimale di ciascuna unità di proprietà esclusiva rapportandolo sia ai 1000/1000 del singolo fabbricato di cui faccia parte, sia ai 1000/1000 dell'intero complesso (o in alternativa rispetto alla volumetria totale di me 31.806 indicata a pg. 7 del regolamento) non significa né che tutte le parti comuni elencate all'art. 5 diano origine all'obbligazione di contribuire alle relative spese di conservazione con ripartizione tra i partecipanti a tutti ì fabbricati, né che tutte le parti comuni di cui all'elenco diano origine ad un'obbligazione di contribuzione soltanto in capo ai partecipanti al singolo fabbricato e neppure offre un criterio di attribuzione della titolarità sulle parti comuni. Dall'ulteriore esame del regolamento emerge, poi, che esso contiene sia disposizioni che rimandano alla figura del supercondominio, sia disposizioni che rimandano a quella del condominio costituito da singolo edificio. In particolare all'art. 13, concernente le aiuole e il giardino, è dato leggere che "le spese di manutenzione ordinaria e straordinaria saranno ripartite tra tutti i condomini in base alla tabella A complesso o tabella A dei singoli fabbricati, a seconda che si tratti di spese riguardanti l'intero complesso o i singoli fabbricati così presupponendo, la disposizione, che possano esservi spese inerenti al complesso, da ripartire tra tutti ì (super)condomini secondo ì millesimi della tabella A (valori di proprietà) del complesso, in base alla quale ciascuna unità di proprietà esclusiva di ciascun edificio ha un valore rapportato al valore del complesso immobiliare (edificio A/est 189/1000 + edificio A/ovest 161/1000 + edificio B/est 418/1000 + edificio B/ovest 232/1000 = complesso 1000/1000), e spese inerenti al singolo fabbricato, da ripartire tra ì soli condomini di tale fabbricato. Anche l'art. 19, intitolato "spese di riparazione facciate" prevede che "tutte le spese riguardanti il restatiro e la verniciatura delle facciate (..) e le ringhiere condominiali saranno ripartite tra tutti i condomini secondo la tabella A di ciascun fabbricato'", il che induce a ritenere che il regolamento abbia considerato separatamente ì quattro edifici come dotati di facciate comuni al singolo gruppo di condomini. Tali considerazioni portano a ritenere che convivono nel regolamento contrattuale sia la figura del supercondominio che quella del condominio singolo. Un contestuale riferimento ad entrambi gli istituti giuridici è contenuto anche negli atti di vendita (c.fr. doc. 14 di parte convenuta) che, per ciò che concerne le parti comuni, comprendono nella vendita "il diritto di comproprietà stille parti della Casa (ad es. B ovest) e del (...) che per titolo o ipso facto siano considerate comuni, facendo salvo quanto disposto dal regolamento contrattuale adottando dalla parte venditrice su mandato del singolo acquirente. Ritiene, pertanto, questo giudice che il regolamento contrattuale de quo si sia limitato all'art. 5 a riconoscere la "proprietà comune" di beni genericamente determinati in un elenco e che non risulti dal regolamento una inequivoca volontà di costituzione ab origine di un condominio unico tra più fabbricati. Posta tale premessa, dalle fotografie n. 31 nonché 34 e 35 del doc.7 di parte convenuta emerge che gli edifici B sono strutture autonome rispetto agli edifici A, costruiti ad una quota più elevata, con propri muri perimetrali, proprie coperture ed un accesso carrabile autonomo, di modo che tali elementi di fatto appaiono idonei a determinare (in presenza di proprietari diversi per edificio) la nascita di più condomini nell'ambito di un supercondominio (data l'esistenza, a titolo esemplificativo, di un ingresso comune a tutti gli edifici, di impianti comuni, della piscina comune, di ballatoi comuni, etc.). Ci si limita peraltro ad osservare che se si ritenesse che il regolamento contrattuale sia espressione della volontà dei costruttori originari di costituire un unico condominio per un complesso edilizio composto, come si è detto, da più edifici, non essendovi un titolo convenzionale costitutivo di un diritto reale di comunione sulle parti comuni, occorrerebbe verificare che la scelta di dare luogo alla formazione di un unico condominio non abbia eventualmente creato un titolo negoziale contrario alla presunzione di comunione ex art. 1117 c.c., atteso che, in linea meramente teorica, la costituzione per via contrattuale di diritti di condominio e così di obbligazioni propter rem, operata per ipotesi in capo a chi non fosse condomino dell'edificio (derogando, cioè, all'art. 1117 co. 1 c.c. in senso estensivo e non restrittivo) potrebbe porre la questione del rispetto dei limiti posti all'autonomia privata (c.f.r. Cass. 23688/2014), atteso che, come ribadito dalla S.C. (Cass. S.U. Sentenza n. 28972 del (...)) le obbligazioni propter rem "sono caratterizzate dal requisito della tipicità, con la conseguenza che possono sorgere per contratto solo nei casi e col contenuto espressamente previsti dalla legge (...). Ciò stilla scia di Cass. Civ. (...), n. 141, secondo cui oneri reali e obbligazioni propter rem "non possono avere in applicazione generale e illimitata, ma costituiscono figure ammissibili soltanto nei casi previsti dalla legge". Tale questione non si prospetta in ogni caso come rilevante nel presente giudizio in quanto, da un lato, non è stata proposta domanda di accertamento in via principale dell'esistenza di uno o più condominii (che avrebbe richiesto peraltro la veste di legittimati passivi in capo a tutti ì condomini), d'altro lato l'attore, sul quale grava l'onere di specifica allegazione delle ragioni di nullità poste a fondamento della propria impugnazione (c.f.r. Cass. Sez. 2, Sentenza n. 13732 del (...), nella citazione e nella prima memoria ex art. 183 co. 6 c.p.c. ha dedotto la nullità delle delibere per carenza di potere e non invece la nullità per oggetto impossibile o illecito o contrario all'ordine pubblico. Più segnatamente, l'attore ha dedotto la carenza della assemblea dei rappresentanti di supercondominio quale ragione di nullità della delibera dell'assemblea dei condomini che ha approvato le spese ordinarie delle parti comuni al supercondominio e nominato l'amministratore di supercondominio. L'impugnativa è fondata e va accolta. Va premesso che il gravame attoreo deve intendersi limitato alla sola decisione intervenuta con la delibera del (...) sul tema iscritto al punto 1 e al punto 2 dell'ordine del giorno, rispettivamente di approvazione del rendiconto consuntivo 2021/2022 e del preventivo della gestione 2022/2023, oltre che, per ragioni conseguenziali, della delibera del (...) (pur se non espressamente richiamata a pg. 18 della citazione) limitatamente al punto 4 dell'o.d.g., recante la nomina dell'amministratore per l'anno (...), con esclusione per contro della ulteriore decisione del (...) (di cui al punto 5 dell'o.d.g.) di approvazione del preventivo di spesa relativo ai lavori straordinari di adeguamento dell'impianto elettrico generale e dell'impianto antincendio dell'autorimessa, e della delibera del (...), poiché le anzidette deliberazioni hanno ad oggetto la gestione straordinaria, alla quale sono legittimati a partecipare e votare i singoli condomini anziché ì rappresentanti di condominio, in quanto l'art. 67 disp. att. c.c. è una norma di carattere eccezionale, non applicabile al di fuori dei casi ivi previsti e che non trova perciò applicazione analogica alle assemblee nelle quali si decida di lavori straordinari, per le quali vale il principio generale di massima possibile partecipazione dei condomini alle decisioni riguardanti la comproprietà dominicale (c.f.r. Tribunale, Milano, sez. XIII, (...), n. 1368) e con esclusione altresì della delibera del (...) in quanto sebbene richiamata nelle conclusioni dell'atto di citazione, tuttavia, all'atto della concreta enucleazione delle doglianze integranti ì motivi di gravame oggetto del sollecitato scrutinio giudiziale, non risulta essere stata oggetto di puntuali e descrittive contestazioni, idonee anche a dare evidenza al pertinente interesse ad agire ex art. 100 cod. proc. civ.. Va dunque dichiarata la nullità della delibera del (...) sul tema iscritto al punto 1 e al punto 2 dell'ordine del giorno, rispettivamente di approvazione del rendiconto consuntivo 2021/2022 e del preventivo della gestione 2022/2023, nonché della delibera del (...) limitatamente al punto 4 dell'o.d.g. recante la nomina dell'amministratore per l'anno (...). Il motivo di gravame con cui è stata dedotta l'omessa convocazione delle assemblee dei singoli (...) è inammissibile per assoluta genericità sia della 'causa petendi' che del petitum, mancando l'indicazione del bene comune di cui venga predicata la inerenza ai punti posti all'ordine del giorno delle decisioni che si assumano eventualmente invalide e alle quali si assuma che non avrebbero dovuto votare tutti i condomini. La mancata costituzione dei singoli condomini di cui al punto VI della citazione è doglianza manifestamente inammissibile in quanto non costituisce motivo di impugnazione di delibere assembleari (né peraltro integra domanda di accertamento giudiziale della formazione di condominio, che in ogni caso non vedrebbe l'odierno convenuto quale soggetto legittimato passivo). Quanto alla pretesa annullabilità della delibera del (...) va rilevata la genericità ed astrattezza dell'impugnazione proposta perché mancante della allegazione in fatto delle carenze, con riferimento anche alle parti che compongono il rendiconto di gestione e alla pertinente documentazione giustificativa di supporto, che non consentirebbero ad avviso dell'attore di poterlo qualificare, in adempimento della propria istituzionale funzione, fedele e veritiera rappresentazione della gestione del condominio. Il governo delle spese processuali segue la soccombenza, con loro addebito al (...) convenuto e liquidazione, per l'importo che viene dettagliato in dispositivo, in favore di parte attrice. P.Q.M. definitivamente pronunciando sulla domanda proposta da (...) nei confronti del condominio (...), in persona del suo amministratore p.t., ogni diversa istanza ed eccezione disattesa, così provvede: dichiara nulla la deliberazione assunta dall'assemblea del condominio convenuto nella sessione del (...) quanto alle decisioni di approvazione del rendiconto consuntivo 2021/2022 e preventivo 2022/2023, oggetto dei temi iscritti ai punti, rispettivamente 1 e 2 del relativo ordine del giorno, nonché dichiara nulla la deliberazione assunta nella sessione del (...) quanto alla nomina dell'amministratore, oggetto del tema iscritto al punto 4 del relativo ordine del giorno; condanna il condominio (...) sito in (...), al pagamento, in favore di parte attrice, delle spese processuali che determina in euro 264,00 per esborsi ed euro 3.800,00 per compensi di avvocato, oltre IVA, CPA e rimborso ex art. 2 d.m. n. 55/2014 ss.mod. Imperia, (...).
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale di Imperia, nelle persone dei Dott. Pasquale Longarini - Presidente Dott.ssa Silvana Oronzo - Giudice Dott. Fabio Favalli - Giudice Est. riunito in camera di consiglio ha pronunziato la seguente Sentenza nella causa civile iscritta al n. 2312/2022 del ruolo generale degli affari civili del Tribunale di Imperia tra Ba.Ba., rapp.to e difeso dagli Avv. St.Bo. Attrice e La.Da., rapp.to e difeso dagli Avv. Al.Pr. Convenuto MOTIVI DELLA DECISIONE L'attore ha agito, esponendo: -d'essere nipote per parte di padre del signor Vi.Ba., nato a M. L. (I.) il (...); -il de cuius, che in vita non era coniugato né aveva avuto figli, decedeva in Imperia in data 8.5.20221 senza lasciare alcun discendente diretto e quindi legittimari ex art. 536 c.c.; -d'essere in possesso d'un testamento redatto il 15.9.2007, con cui il de cuius così disponeva "IO sottosCRITTO Vi.Ba., NATO IL (...) A M. L. ORA RESIDENTE A T. IN REGIONE C.a 30 DICHIARO quanto seEGUE. TUTTO quello CHE POSSIEDO MOBILI IMMOBILI DICO TUTTO VENGA LASCIATO A MIA NIPOTE FIGLIA DI MIO FRATELLO GINO: Ba.Ba. NATA A S. IL (...) RESIDENTE AD A. DI T. IN VIA Q. N.32 CON UNA CLAUSOLA CHE LA CASA NON VENGA VENDUTa E CHE IL MIO BENE VENGA TENUTO DALLA FAMIGLIA Ba.. PENSO CHE LE MIE ULTIME VOLONTA VENGANO RISPETTATE. GRAZIE. IN FEDE Vi.Ba."; -d'essere venuta a conoscenza che in data 24.5.2022 era stato pubblicato per atto Notaio Aa.Ac. di T., Rep. (...), Racc. (...), il testamento olografo asseritamente proveniente dal defunto e datato 12.8.2019; X (ndr: il testamento per cui è causa); non ha valore se sono inseriti tratti stentati che per altro come riportate nel testo X, il Ba. non ha mai eseguito. Sono le lettere-strutture altamente evolute, il ritmo organizzato e fluido, la rapidità grafica che non rientra nelle caratteristiche scrittorie del signor Vi.. Chi propone strutture evolute, fluide, eccetera, può imitare stentatezza, ma chi scrive trasandato e stentato con strutture di livello poco superiori al livello scolare, non è in grado di eseguire strutture evolute, complesse, fluide con rapidità scrittoria. Il falsificatore è stato altamente abile nel riprodurre quindi molte lettere analoghe del Vi.Ba. che scriveva prediligendo lo stampato maiuscolo. Si ribadisce che stando alle leggi grafologiche, stando alle autografie, il Vi.Ba. non è in grado di vergarle. Infatti il Ba. ha ritmo trasandato con stentatezze, con personalità grafica di poco superiore al livello scolare e non è in grado di stilare tali virtuosismi. In oltre con il subentrare della maggior età, per decadimento senile il nastro grafico di uno scrivente si deteriora, peggiora. È probabile che il falsificatore possedesse scritti del signor V., possibile siano state settimane enigmistiche stilate anche a mezzo scrittorio matita che si rammenta agevola la redazione. Però con le scritte incasellate il falsificatore non è riuscito a cogliere il ritmo ed ha confuso, dinamiche letterarie particolari, eseguite dal Ba. per semplificare la grafo-gestualità e diminuire le stentatezze, con lettere altamente elaborate. In oltre il falsificatore non possedeva documenti del Ba. dove erano vergati numeri ed ha prodotto strutture numeriche totalmente diverse." Ebbene, secondo l'orientamento maggioritario della giurisprudenza, la perizia stragiudiziale non ha valore di prova nemmeno rispetto ai fatti che il CT assume di aver accertato, costituendo la stessa un mero indizio, al pari di ogni documento proveniente da un terzo, con la conseguenza che la valutazione della stessa e' rimessa all'apprezzamento discrezionale del giudice di merito, il quale, peraltro, non e' obbligato in nessun caso a tenerne conto (Cass. ord. 2022/n. 25930; cfr. Cass., sez. 5, n. 33503/2018, Cass. n. 8621/2018.). Nel caso di specie, tuttavia, v'è un dato, invero molto significativo, che conferisce alla Ct in questione una valenza particolarmente pregnante ai fini della decisione. Personalmente intervenuto all'udienza del 31-5-2023, il La. ha dichiarato, anche alla presenza dell'attrice, di confermare il contenuto della comparsa di costituzione e, pertanto, di concordare sulla falsità del testamento, soggiungendo di non avere nulla a pretendere dalla successione di Vi.Ba.. Viene, dunque, in rilievo un'affermazione di natura paraconfessoria, trattandosi d'una manifestazione d'opinione, spontaneamente resa in giudizio da parte di colui che avrebbe tratto in via esclusiva beneficio dal testamento oggetto d'impugnazione, in quanto istituito unico erede, sul fatto che la seconda scheda pubblicata 24.5.2022 non fu redatta dalla mano del de cuius. Alla luce d'una simile dichiarazione con cui il convenuto ha sostanzialmente anche rinunciato all'eredità innanzi all'autorità giudiziaria e tenuto conto delle risultanze della perizia di parte, estremamente accurata e ampiamente motivata, ritiene il Collegio che sussistano elementi sufficienti per dichiarare la falsità del testamento, senza che sia necessario licenziare Ctu grafologica. Ne consegue che le prime 2 domande spiegate in via principale dall'attrice devono essere accolte e costei dichiarata unica erede del de cuius in forza del primo testamento olografo recante la data del 15-9-2007 e pubblicato il 20-7-2022 per atto notar Fr.Ce. di Sanremo. Da rigettare è la domanda con cui è stata chiesta la condanna del convenuto alla restituzione di somme prelevate dalla massa ereditarià non avendo la Ba. fornito prova di ciò. Spese integralmente compensate, come richiesto dall'attrice in comparsa conclusionale. P.Q.M. Il Tribunale di Imperia, definitivamente pronunciando sulle domande proposte da Ba.Ba. così provvede: Dichiara la scheda testamentaria datata (...), apparentemente redatta da Vi.Ba., nato a M. L. (I.) il 2.1.1930 e deceduto in Imperia in data 8.5.20221, e pubblicata come testamento olografo per atto Notaio An.Ac. di T. del (...), Rep. (...) Racc. (...) è falsa poiché non formata di pugno da Vi.Ba. Dichiara, per l'effetto, l'inesistenza del predetto testamento. Dichiara Ba.Ba. unica erede universale in forza del testamento olografo recante la data del 15-9-2007 e pubblicato il 20-7-2022 per atto notar Fr.Ce. di Sanremo. Rigetta tutte le ulteriori domande. Compensa integralmente le spese di lite. Così deciso in Imperia il 3 ottobre 2023. Depositata in Cancelleria il 4 ottobre 2023.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE ORDINARIO DI IMPERIA in composizione monocratica, nella persona del dott. Alessandro CENTO, ha emesso la seguente SENTENZA nella causa civile in primo grado iscritta al n. 687 del registro generale per gli affari contenziosi civili dell'anno 2020, posta in decisione alla data del 31.7.2023 di scadenza del termine per il deposito delle memorie di replica e vertente TRA Su.Ph. Jo.Va. elett.te dom.ti in Sanremo, in C.so (...), presso lo studio dell'avv.to Lu.Fu. che li rappresenta e difende giusta procura in calce al ricorso introduttivo. - ATTORI - E Sf.Ma. elett.te dom.to in Sanremo, in Via (...), presso lo studio degli avv.ti An.Ru. e Ma.Da. che lo rappresentano e difendono giusta procura in calce alla comparsa di costituzione e risposta. - CONVENUTO - E Pi.Ro. elett.te dom.to in Bordighera, in Via (...), presso lo studio dell'avv.to Ma.Na. che lo rappresenta e difende giusta procura in calce alla comparsa di costituzione e risposta. - CONVENUTO - NONCHE' Vi. s.p.a. elett.te dom.ta in Savona, in C.so (...), presso lo studio dell'avv.to Ma.Mo. che lo rappresenta e difende, unitamente all'avv.to Gu.Ge., giusta procura generale alle liti i atti. - TERZA CHIAMATA - OGGETTO: appalto - risoluzione - risarcimento del danno FATTO e DIRITTO Con ricorso ex art. 702 bis c.p.c. depositato in data 7.4.2020 Su.Ph. e Jo.Va. - premesso di avere affidato in data 18.3.2016 a Sf.Ma. (titolare dell'omonima impresa edile) l'esecuzione, in regime di appalto, di alcuni lavori di ristrutturazione edilizia (con ampliamento volumetrico e realizzazione di piscina ai sensi dell'art. 3 della L.R. n. 49 del 2009) presso un immobile di loro proprietà sito in B., in Via C.V. n. 14/D (e meglio indicato in atti); che la direzione dei lavori era stata affidata a Pi.Ro.; che le parti, in data 18.5.2017, per risolvere alcuni contrasti insorti durante l'esecuzione dei lavori, stipulavano una transazione che prevedeva, tra l'altro, l'impegno dell'appaltatore di terminare le opere appaltate entro 120 gg. dalla sottoscrizione dell'accordo; che, tuttavia, non solo i lavori non venivano terminati nel termine pattuito, ma in data 3.8.2018 l'appaltatore, senza giustificazione alcuna, abbandonava definitivamente il cantiere e non completava le opere appaltate; che la CTU, espletata in fase di ATP, aveva anche evidenziato numerosi vizi e difetti nelle opere eseguite - tanto premesso, i ricorrenti adivano questo Tribunale per sentir pronunziare la risoluzione del contratto di appalto intercorso tra le parti per grave inadempimento dell'appaltatore e quindi per sentir condannare Sf.Ma. alla corresponsione dell'importo di Euro 116.168,52 "per opere non eseguite e vizi così come quantificati dal CTU in sede di ATP", oltre al pagamento delle penali nella misura contrattualmente convenuta, nonché al risarcimento del danno non patrimoniale; chiedevano anche la condanna di Pi.Ro., quale Direttore dei Lavori, al risarcimento del danno "per responsabilità professionale" Si costituiva in giudizio Sf.Ma. che eccepiva, in via pregiudiziale, "il difetto di giurisdizione del G.O." in virtù della clausola compromissoria (per arbitrato) concordata inter partes; nel merito, contestava la domanda attrice di cui chiedeva il rigetto perché infondata in fatto ed in diritto; in subordine, chiedeva che la Vi. s.p.a. - di cui invocava la chiamata in causa - fosse condannata "a tenere indenne e manlevare l'impresa S. da ogni responsabilità"; in via riconvenzionale, chiedeva che i ricorrenti fossero condannati al pagamento della somma di Euro 43.700,00 (oltre IVA) per le opere extra-contratto eseguite In particolare, il convenuto contestava che le opere eseguite fossero affette da vizi e dalle difformità denunziate dal committente e negava che il mancato completamento delle opere fosse dipeso da propria colpa contrattuale Si costituiva in giudizio Pi.Ro. che eccepita la prescrizione/decadenza di cui all'art. 1666 c.c., contestava nel merito la domanda attrice di cui chiedeva il rigetto perché infondata in fatto ed in diritto; in via riconvenzionale, chiedeva che i ricorrenti fossero condannati al pagamento della somma di Euro 3.879,53 a saldo del compenso professionale Si costituiva in giudizio la Vi. s.p.a. concludendo per il rigetto di qualsivoglia domanda svolta nei suoi confronti Acquisiti i documenti e disposto il passaggio al rito ordinario, la causa era posta in decisione, sulle precisate conclusioni (in epigrafe trascritte), alla data del 31.7.2023 di scadenza del termine per il deposito delle memorie di replica Sul "difetto di legittimazione attiva" di Jo.Va. E' stato pregiudizialmente eccepito il difetto di legittimazione attiva dell'attrice (rectius, la sua estraneità al rapporto sostanziale dedotto in giudizio) L'eccezione è fondata in quanto, come risulta dalla documentazione prodotta in giudizio, il rapporto contrattuale su cui è fondata la domanda attrice - e, segnatamente, sia quello regolato dal contratto di appalto del 18.3.2016 che quello definito dalla successiva scrittura privata del 18.5.2017 - è intercorso esclusivamente tra l'attore (Su.Ph.) ed i convenuti (vd., docc. 1 e 3 fasc. attori) Sulla domanda di risoluzione del contratto intercorso tra Su.Ph. e Sf.Ma. I fatti di causa risultano sufficientemente comprovati per tabulas In data 18.3.2016 le parti stipulavano un contratto di appalto con cui veniva affidata al convenuto, quale titolare dell'omonima impresa edile, l'esecuzione di alcuni lavori di ristrutturazione edilizia (con ampliamento volumetrico ai sensi dell'art. 3 L.R. n. 49 del 2009) presso l'immobile sito in B., in Via C.V. n. 14/D (e meglio indicato in atti), per il complessivo importo (comprensivo degli oneri di sicurezza) di Euro 321.359,25 oltre IVA (vd., doc. 1 fasc. attori) In data 18.5.2017 le parti, per risolvere alcune divergenze insorte durante l'esecuzione dei lavori appaltati, stipulavano una ulteriore scrittura privata che oltre a regolare i reciproci rapporti di credito/debito fino a quel momento maturati, prevedeva, tra l'altro, l'impegno da parte del convenuto di terminare i lavori de quibus entro 120 gg. dalla data di sottoscrizione dell'accordo (vd., doc. 3 fasc. attori) Gli attori hanno anzitutto chiesto che fosse pronunziata "? la risoluzione dei contratti in essere tra le parti per il grave inadempimento" del convenuto Sf.Ma. (vd., conclusioni in epigrafe trascritte) Il convenuto, costituendosi in giudizio, ha però eccepito il "difetto di giurisdizione del G.O." in quanto le parti al momento della stipula del contratto di appalto (18.3.2016), avevano stabilito che qualunque "contestazione o vertenza ? sull'interpretazione, esecuzione e risoluzione del presente contratto e non composta amichevolmente" dovesse essere risolta con "giudizio arbitrale" (vd., art. 31 del contratto di appalto) Va tuttavia rilevato che le parti con l'accordo (transattivo) sottoscritto in data 18.5.2017, di cui si è fatto cenno, avevano già composto negozialmente ("amichevolmente") le contestazioni insorte durante l'esecuzione del contratto e, pertanto, secondo la stessa disciplina contrattuale, la controversia non avrebbe più dovuto essere devoluta al giudizio arbitrale (essendo stata appunto risolta amichevolmente) Gli attori hanno infatti lamentato che il convenuto, nonostante l'impegno assunto con la scrittura privata del 18.5.2017, non avesse terminato i lavori commissionati nel termine di 120 gg. (dalla data di sottoscrizione dell'accordo) e che anzi avesse definitivamente (e immotivatamente) abbandonato il cantiere nell'agosto del 2018 (vd., ricorso introduttivo) Il convenuto non ha contestato la mancata esecuzione dei lavori appaltati (nei termini fissati nell'accordo transattivo del 18.5.2017), ma ne ha ribaltato la responsabilità sulla committenza, eccependo come il mancato adempimento del contratto di appalto fosse in realtà dipeso dall'inadempimento imputabile, a sua volta, all'attore (art. 1460 c.c.): questi ultimo, infatti, contrariamente a quanto previsto nel (citato) accordo transattivo, non aveva provveduto al "pagamento ? delle fatture ancora inevase per opere edilizie eseguite ? su immobili siti in N." e tanto aveva "determinato il naufragio dell'accordo intercorso tra le parti" (vd., comparsa di costituzione, pg. 8) Il convenuto ha dunque proposto una tipica eccezione di inadempimento (art. 1460 c.c.), ma l'eccezione non può essere condivisa L'art. 1460 c.c. dispone, infatti, che nei contratti con prestazioni corrispettive, ciascuno dei contraenti può rifiutarsi di adempiere la sua obbligazione, se l'altro non adempie o non offre di adempiere contemporaneamente la propria, "salvo che termini diversi per l'adempimento siano stati stabiliti dalle parti o risultino dalla natura del contratto" Nella specie va in primo luogo evidenziato che, contrariamente a quanto adombrato dall'appaltatore, l'obbligo assunto dalla committenza - ossia quello di provvedere entro 5 gg. "al saldo di cui alle fatture relative ai lavori svolti nel cantiere di Nizza" - non era legato da alcun rapporto di sinallagmaticità (corrispettività) con le obbligazioni previste nel contratto di appalto del 18.3.2016, trattandosi di obblighi che scaturivano da rapporti contrattuali sostanzialmente distinti e rimasti indipendenti tra loro: il contratto di appalto del 18.3.2016 - della cui inadempienza ora si tratta - aveva infatti ad oggetto lavori edilizi da svolgersi presso un immobile sito (non già a N., ma) a B. Va poi soprattutto rilevato che con riguardo a tali lavori - quelli appunto oggetto del contratto di appalto del 18.3.2016 - le parti avevano espressamente stabilito, sempre nel citato accordo transattivo, termini diversi per l'adempimento delle reciproche (corrispettive) obbligazioni e pertanto ne era stata espressamente esclusa la simultaneità di esecuzione (cfr., Acc. del 18 maggio 2017, sub 3, 5 e 8, comma 2) La più autorevole Giurisprudenza ha già precisato che il principio che sorregge l'eccezione di inadempimento ("inadimpleti contractus") trae fondamento dal nesso di interdipendenza che nei contratti a prestazioni corrispettive lega le opposte obbligazioni e prestazioni nell'ambito di un rapporto sinallagmatico, cioè dall'esigenza di simultaneità nell'adempimento delle reciproche obbligazioni scadute legate dal rapporto sinallagmatico: conseguentemente, affinché il principio "inadimplenti non est adimplendum" operi anche con riguardo ad inadempienze inerenti a rapporti sostanzialmente diversi, quale quelli dedotti nella specie, è necessario che le parti, nell'esercizio del loro potere di autonomia, abbiano voluto tali rapporti come funzionalmente e teleologicamente collegati tra loro e posti in rapporto di reciproca interdipendenza, "onde tale principio nonrisulta applicabile a rapporti che siano" - come nel caso che ne occupa - "indipendenti l'uno dall'altro" (cfr., Cass. n. 5938/2006) Infatti, dall'accordo transattivo del 18.5.2017 non risulta affatto che le parti avessero condizionato e subordinato l'esecuzione del contratto di appalto (del 18.3.2016) anche al pagamento delle fatture relative all'altro appalto (quello riguardante i lavori sull'immobile di N.). In definitiva, il rifiuto opposto dall'appaltatore di adempiere alle obbligazioni assunte nel contratto di appalto del 18.3.2016 (nei termini previsti dall'accordo transattivo del 18.5.2017) doveva ritenersi del tutto ingiustificato (ex art. 1460 c.c.) Il fatto poi che l'appaltatore avesse manifestato nel mese di agosto 2018/gennaio 2019, la propria disponibilità a riprendere i lavori (vd., docc. 2 e 3 fasc. convenuto) non poteva più giustificare un inadempimento già conclamato Deve essere pertanto pronunziata la risoluzione del contratto di appalto del 18.3.2016 per grave inadempimento imputabile al convenuto che, senza alcun giustificato motivo, non ha completato nei termini convenuti l'esecuzione dell'opera appaltata Sulla domanda risarcitoria nei confronti dell'appaltatore Gli attori hanno domandato che, pronunziata la risoluzione del contratto per grave inadempimento dell'appaltatore, questi fosse altresì condannato alla corresponsione, in loro favore, del complessivo importo di Euro 116.168,52, di cui Euro 23.211,85 per vizi riscontrati nelle opere appaltate (ed eseguite) ed Euro 92.956,67 per le opere non eseguite o eseguite solo parzialmente (vd., ricorso introduttivo, pg. 13) La domanda è solo in parte fondata Vale la pena premettere che in tema di appalto, quando sia richiesta, come nella specie, l'eliminazione dei vizi per le opere già eseguite, ma non ancora ultimate, è esclusa l'operatività della speciale garanzia ex art. 1668 cod. civ., la quale presuppone il totale compimento dell'opera, "mentre può essere fatta valere la comune responsabilità contrattuale ex artt. 1453 e 1455 cod. civ., non preclusa dalle disposizioni di cui agli artt. 1667 e 1668 cod. civ., in quali integrano, senza negarli, i normali rimedi in materia di inadempimento contrattuale" (cfr., ex multis, Cass. n. 1186/15) Il CTU, in fase di ATP, ha stimato i costi per eliminare i vizi riscontrati nelle opere eseguite in complessivi Euro 23.211,85 (vd., doc. 9 fasc. attori) e tale stima è condivisa dal Tribunale Il convenuto ha infatti soltanto genericamente contestato, in parte qua, la valutazione del CTU, richiamando di fatto le osservazioni già proposte dal proprio CTP (ing. Minutoli) in fase di ATP (vd., comparsa di costituzione, pg. 11) Ma tali osservazioni, genericamente richiamate, erano già state tutte puntualmente esaminate ed apprezzate dal CTU nella propria relazione peritale (pg. 43/50) ed alle contro-deduzioni del perito non sono state mosse, nella presente sede di merito, ulteriori specifiche censure (salvo il rilievo, del tutto insignificante, della loro "opinabilità": vd., comparsa di costituzione, pg. 11) D'altra parte, solo quando ad una consulenza tecnica d'ufficio siano mosse critiche puntuali e dettagliate da un consulente di parte il giudice che intenda disattenderle ha l'obbligo di indicare nella motivazione della sentenza le ragioni di tale scelta, mentre può limitarsi a richiamare le conclusioni del consulente d'ufficio, ove questi a sua volta si sia fatto carico - come accaduto nel caso in esame - di esaminare e confutare i rilievi di parte (cfr., Cass. n. 23637/2016) Il convenuto (Sf.Ma.) va pertanto condannato alla corresponsione, in favore dell'attore, della somma di Euro 23.211,85, oltre interessi sulla detta somma rivalutata anno per anno dalla data del deposito della CTU (geom. Filippi) e sino al saldo Non può invece essere accolta la domanda per il pagamento della ulteriore somma di Euro 92.956,67 corrispondente - a quanto è dato comprendere - all'importo pattuito per le opere commissionate all'appaltatore, ma da questi non eseguite o eseguite solo parzialmente Va anzitutto precisato che l'importo in questione è stato richiesto (non già a titolo restitutorio, ma) a titolo risarcitorio, quale equivalente pecuniario delle opere non eseguite dall'appaltatore (ma non ancora remunerate): non vi è infatti prova in atti - e neppure è stato (specificamente) allegato - che le dette opere (ancorché non eseguite) siano già state saldate all'appaltatore e che, pertanto, questi sia tenuto, a seguito della soluzione del rapporto, alla restituzione del corrispettivo (indebitamente) ricevuto (c.d. conditio indebiti ob causam finitam) La domanda risarcitoria così proposta non può essere accolta Vale la pena premettere che l'appalto, anche nei casi in cui la sua esecuzione si protragga nel tempo, non può considerarsi un contratto ad esecuzione continuata o periodica e, pertanto, non si sottrae alla regola generale, dettata dall'art. 1458 c.c., della piena retroattività di tutti gli effetti della risoluzione, anche in ordine alle prestazioni già eseguite (c.d restitutio in integrum). Pertanto, è stato autorevolmente affermato che il risarcimento del danno che si aggiunge alla risoluzione del contratto (di appalto) ai sensi dell'art. 1453, primo comma, c.c. non può avere natura di reintegrazione in forma specifica, nel senso che non può essere richiesto il ripristino della situazione esistente anteriormente all'esecuzione del contratto (c.d. restitutio in integrum) e, contemporaneamente, anche la realizzazione di quella che sarebbe conseguita all'esatto adempimento del medesimo, determinandosi altrimenti un illegittimo duplice beneficio conseguente dalla restituzione di ciò che si è dato "e dal conseguimento dell'utilità che l'adempimento avrebbe determinato" (cfr., Cass. n. 8889/11 specie in motivazione) Inoltre, è stato anche precisato che, in caso di risoluzione del contratto di appalto, il risarcimento dovuto al committente - liberato dall'obbligo di pagare il prezzo - non include il corrispettivo dal committente stesso sostenuto per procurarsi, attraverso la conclusione di un altro contratto di appalto, la medesima utilità prefissa con il negozio risolto, ma soltanto la differenza fra l'importo pattuito con l'appaltatore inadempiente ed il maggior costo affrontato per la stipulazione di un contratto più oneroso (vd., Cass. n. 17453/2021). La domanda va pertanto rigettata in quanto per effetto della risoluzione del contratto le parti possono soltanto conseguire una totale restitutio in integrum (art. 1458 c.c.), ma non pretendere, neppure sotto il profilo risarcitorio, anche le utilità che sarebbero conseguite dall'esatta e puntuale esecuzione del contratto Sulla domanda risarcitoria nei riguardi del Direttore dei Lavori Gli attori hanno anche richiesto la condanna dell'altro convenuto (Pi.Ro.) "in qualità di Direttore dei Lavori al risarcimento del danno nei confronti dei ricorrenti per responsabilità professionale la cui quantificazione si lascia alla determinazione dell'Ill.mo Sig. G. ma, comunque, per una somma non inferiore a quella di cui al punto che precede" (vd., conclusioni in epigrafe trascritte) La domanda è infondata. Con l'accordo (transattivo) sottoscritto in data 18.5.2017 la committenza avrebbe dovuto procedere al pagamento dei lavori "secondo stati di avanzamento regolarmente emessi previa verifica delle quantità di volta in volta eseguite" (vd., doc. 3 fasc. attori, sub 5) La documentazione prodotta in giudizio dagli attori - e segnatamente l'allegato 4 alla suddetta scrittura privata - comprova che il D.L., contrariamente a quanto asserito nel libello introduttivo, ha puntualmente eseguito le verifiche che l'incarico professionale gli imponevano, evidenziando, in particolare, anche i problemi di infiltrazione poi segnalati dallo stesso CTU (vd., in particolare, doc. 7 fasc. attori, ma anche docc. 4, 5 e 6): non sussiste pertanto alcuna responsabilità professionale Sulle penali contrattuali Gli attori hanno ancora domandato la condanna dell'appaltatore alla corresponsione, in loro favore, "? delle penali contrattualmente previste e ribadite nella successiva scrittura privata di transazione per l'importo di Euro 321.359,25 o nella diversa somma maggiore o minore ritenuta di giustizia e, comunque, in ogni caso, condannare la resistente al risarcimento del danno contrattuale per il grave inadempimento posto in essere nei confronti dei ricorrenti" (vd., conclusioni in epigrafe trascritte) In particolare, gli attori esponevano, a fondamento della domanda, il fatto che nell'accordo transattivo sottoscritto il 18.5.2017 fossero state richiamate - e ribadite - le clausole penali già pattuite nel contratto di appalto stipulato in data 18.3.2016 sia per il caso di "ritardo" che per quello di "inadempienza anche parziale nell'esecuzione dei lavori previsti" (vd., doc. 3 fasc. attori, sub 9) Tuttavia, nel contratto di appalto del 18.3.2016 le parti avevano concordato una clausola penale soltanto per il solo caso di "ritardo sui lavori", stabilendo appunto che l'appaltatore, "per il tempo che impiegasse nell'esecuzione dei lavori oltre il termine contrattuale", avrebbe dovuto corrispondere una "penale pecuniaria di 0,5x1000 dell'importo dei lavori, per ogni giorno di ritardo" (vd., art. 32 del contratto di appalto) Pertanto, la clausola penale, poi richiamata nell'accordo transattivo, era stata concordata tra le parti soltanto per il caso di "ritardo nell'adempimento" (art. 1382 c.c.), ossia valeva per l'ipotesi in cui i lavori appaltati venissero (ultimati e) consegnati dall'appaltatore in ritardo rispetto ai tempi convenuti; per contro nessuna clausola penale era stata negoziata per il "caso di inadempimento", totale o parziale, del contratto di appalto (art. 1382 c.c.) Nella vicenda in esame, per quanto già detto, i lavori appaltati non venivano affatto ultimati (ancorché in ritardo rispetto ai tempi convenuti) perché l'appaltatore si era reso (definitivamente) inadempiente rispetto alle obbligazioni assunte con conseguente inapplicabilità della clausola penale de qua nei termini convenuti dalle parti La domanda va pertanto rigettata Sulla domanda di "risarcimento del danno extracontrattuale non patrimoniale" Gli attori lamentavano che, a causa dell'inadempimento imputabile all'appaltatore, non avevano ancora potuto "usufruire del loro immobile inquanto, in occasione di eventi atmosferici, vi erano copiose infiltrazioni, spifferi di aria che provenivano dalle finestre malamente installate e fessurazioni nei muri e sui soffitti che peggioravano di giorno in giorno" (vd., ricorso introduttivo, pg. 17), creando una continua situazione di disagio (ibidem) La domanda è infondata perché tutti i disagi lamentati in atto introduttivo (pg. 16-18), di cui si è fatto ora cenno, non appaiono di tale afflittività da costituire un pregiudizio per la salute o per altro diritto costituzionalmente garantito (cfr., Cass. n. 19101/18 in motivazione) e così l'interesse leso non avendo alcuna rilevanza costituzionale non è neppure suscettibile di risarcimento (cfr., Cass. n. 29206/19: il danno non patrimoniale derivante dalla lesione dei diritti inviolabili della persona è risarcibile "a condizione che l'interesse leso abbia rilevanza costituzionale, che la lesione dell'interesse sia grave, nel senso che l'offesa superi la soglia minima di tollerabilità imposta dai doveri di solidarietà sociale, che il danno non sia futile, ovvero non consista in meri disagi o fastidi e che, infine, vi sia specifica allegazione del pregiudizio, non potendo assumersi la sussistenza del danno "in re ipsa") La domanda va allora rigettata Sul rapporto assicurativo Risulta in atti il contratto di ass.ne stipulato tra Sf.Ma. e la Vi. spa (vd., doc. 1 fasc. terza chiamata) In forza della detta polizza assicurativa la società (terza chiamata) si impegnava -: 1) "? a tenere indenne l'Assicurato di quanto questi fosse tenuto a pagare, quale civilmente responsabile ai sensi di legge, a titolo di risarcimento (capitale, interessi e spese) di danni involontariamente cagionati a terzi per morte, per lesioni personali e per danneggiamenti a cose in conseguenza di un fatto accidentale verificatosi in relazione ai rischi per i quali è stipulata la polizza" (c.d. garanzia per responsabilità civile verso terzi - R.C.T.); ovvero, 2) a tenere indenne l'assicurato di quanto questi fosse tenuto a pagare, quale civilmente responsabile, per gli infortuni occorsi ai propri dipendenti (c.d garanzia responsabilità civile verso i prestatori di lavoro - R.C.O.) La garanzia assicurativa non valeva, pertanto - come fondatamente eccepito dalla terza chiamata - per il risarcimento del danno contrattuale ossia per i danni conseguenti ai vizi ed alle difformità riscontrate nelle opere eseguite La domanda di manleva formulata dal convenuto va perciò disattesa Sulla domanda riconvenzionale del convenuto Sf.Ma. Il convenuto ha chiesto, in via riconvenzionale, che - accertato il credito dell'impresa per Euro 43.700,00 oltre IVA di legge per le opere "extra contratto" - il committente fosse condannato "al pagamento di quanto dovuto all'impresa" (vd., conclusioni in epigrafe trascritte). La domanda va rigettata Il convenuto fondava la sua domanda sul fatto di aver realizzato, per conto e su incarico del committente, le opere (extra contratto) meglio indicate e descritte in un "elenco" datato 12.12.2016 (vd., doc. 5 fasc. convenuto) Tuttavia, tale credito (asseritamente maturato dall'appaltatore per opere extra contratto) non risulta menzionato nel (successivo) accordo transattivo stipulato in data 18.5.2017 ove pure le parti avevano definito le reciproche posizioni creditorie/debitorie anche con riguardo ai lavori extra-contratto (vd., doc. 3 fasc. attori) In tale accordo transattivo - la cui validità ed efficacia non è mai stata contestata nel presente giudizio - per le opere extra-contratto non risultava alcun importo a credito in favore dell'appaltatore (vd., premesse dell'accordo transattivo) Sulla domanda riconvenzionale del convenuto Pi.Ro. Il convenuto domandava il pagamento della somma di Euro 3.879,53 a saldo del compenso La domanda va accolta in quanto, come già rilevato, non vi è stato alcun inadempimento, da parte del convenuto, al contratto professionale intercorso tra le parti: conseguentemente, l'attore va condannato al pagamento, in favore di Pi.Ro., della somma di Euro 3.879,53, oltre gli interessi dalla data della domanda e sino al saldo Sulle spese di lite In considerazione della reciproca soccombenza e della particolare complessità dei fatti di causa, si reputano sussistenti giusti motivi per compensare integralmente le spese di lite P.Q.M. il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni altra istanza, eccezione, deduzione disattesa, così provvede: 1. condanna Sf.Ma. al pagamento, in favore di Su.Ph., della somma di Euro 23.211,85, oltre interessi sulla detta somma rivalutata anno per anno dalla data del deposito della CTU (geom. Filippi) e sino al saldo, per il titolo di cui in motivazione; 2. condanna Su.Ph. al pagamento, in favore di Pi.Ro., della somma di Euro 3.879,53, oltre gli interessi dalla data della domanda e sino al saldo, per il titolo di cui in motivazione; 3. rigetta ogni altra domanda; 4. compensa le spese di lite 5. spese di CTU, come liquidate in fase di ATP, poste definitivamente a carico degli attori nella misura del 50% e del convenuto Sf.Ma. nella residua misura del 50% Così deciso in Imperia il 31 agosto 2023. Depositata in Cancelleria il 7 settembre 2023.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Giudice del Tribunale di Imperia, dott. Fabio Favalli, in funzione di Giudice di I grado, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile iscritta al n. 2471/2019 del ruolo generale degli affari contenziosi Civili del Tribunale di Imperia tra (...), rapp.ta e difesa dall'Avv. Ro.Be. Attrice E Condominio via (...) 34 rapp.to e difesa dagli Avv.ti Ma.Me. e Ri.Ca. Convenuto MOTIVI DELLA DECISIONE In atto di citazione l'attrice ha chiesto l'annullamento della delibera assembleare del 22-10-2019 esclusivamente in ragione della circostanza per cui, a suo dire, il rendiconto consuntivo oggetto d'approvazione sarebbe stato privo del registro di contabilità e della nota esplicativa. Nella prima memoria ex art. 183 comma 6 c.p.c. si lamenta poi che alla missiva di convocazione inoltrata alla (...) erano stati allegati i succitati documenti e che 'amministratore aveva omesso di specificare che il rendiconto e relativi allegati erano depositati presso il proprio studio e che ciascun condomino aveva facoltà di visionarli, assumendosi pertanto che all'attrice era stato impedito d'avere contezza dell'effettiva situazione patrimoniale del condominio. Orbene, a tali argomentazioni supplementari, prospettanti ulteriori motivi d'invalidità della delibera, deve replicarsi che: - l'art. 66 disp. att così recita: 'L'avviso di convocazione, contenente specifica indicazione dell'ordine del giorno, deve essere comunicato almeno cinque giorni prima della data fissata per l'adunanza in prima convocazione, a mezzo di posta raccomandata, posta elettronica certificata, fax o tramite consegna a mano, e deve contenere l'indicazione del luogo e dell'ora della riunione o, se prevista in modalità di videoconferenza, della piattaforma elettronica sulla quale si terrà la riunione e dell'ora della stessa". Non è, dunque prescritto alcun dovere per l'amministratore d'accludere all'avviso anche copia dei bilanci da approvare. - alla luce di ciò lo scrivente ritiene di condividere pienamente quell'orientamento della giurisprudenza di legittimità, espressamene richiamato dalla difesa del convenuto, secondo cui "..l'amministratore del condominio non ha l'obbligo di depositare integralmente la documentazione giustificativa del bilancio negli edifici, ma è soltanto tenuto a permettere ai condomini, che ne facciano richiesta, di prendere visione ed estrarre copia, a loro spese, della documentazione contabile, gravando sui condomini l'onere di dimostrare che l'amministratore non ha loro consentito di esercitare detta facoltà" (Cass. 33038/2018; cfr.: Cass. Sez. 2, 28/01/2004, n. 1544; Cass. Sez. 2, 19/05/2008, n. 12650); - parimenti, non v'è alcuna disposizione di legge che imponga all'amministratore di menzionare espressamente nell'avviso di convocazione che i condomini hanno facoltà di visionare preventivamente gli atti. Tale diritto è, infatti, già attribuito in termini generali a ciascun comproprietario dall'art. 1129 comma 2 c.c., il quale fa obbligo all'amministratore di comunicare (anche) "il locale ove si trovano i registri di cui ai numeri 6) e 7) dell'articolo 1130" contestualmente all'accettazione della nomina e al rinnovo dell'incarico e non, dunque, ad ogni invio dell'avviso di convocazione; - non consta poi, non avendo l'attrice allegato (e provato) ciò in corso di causa, che la (...) chiesto di prendere visione ed estrarre copia della documentazione e che tale istanza sia stata disattesa dall'amministratore; grava infatti sui condomini l'onere di dimostrare che l'amministratore non abbia loro consentito di esercitare detta facoltà (Cass. 33038/2018; Cass. Sez. 2, 28/01/2004, n. 1544; Cass. Sez. 2, 19/05/2008, n. 12650). Tutto ciò chiarito, l'impugnazione in esame s'incentra, in buona sostanza, sul principio per cui "Allorché il rendiconto non sia composto da registro, riepilogo e nota, parti inscindibili di esso, ed i condomini non risultino perciò informati sulla reale situazione patrimoniale del condominio quanto ad entrate, spese e fondi disponibili, può discenderne - indipendentemente dal possibile esercizio del concorrente diritto spettante ai partecipanti di prendere visione ed estrarre copia dei documenti giustificativi di spesa l'annullabilità della deliberazione assembleare di approvazione", come statuito in Cass. 33038/2018, pronuncia anch'essa richiamata dall'attrice in comparsa conclusionale a sostegno delle proprie ragioni. Al riguardo s'osserva che la Cassazione non ha chiarito se l'amministratore sia o meno tenuto a presentare all'assemblea il rendiconto per la propria approvazione. A parere di chi scrive tale dovere non sussiste poiché dal tenore del suddetto dictum s'evince che ciò che rileva è esclusivamente il fatto che l'amministratore abbia redatto un bilancio consuntivo conforme alle prescrizioni di legge, si da porre ciascun condomino in condizione di conoscere in termini adeguati l'andamento della gestione e la situazione patrimoniale del condominio. Ebbene, nel verbale assembleare in atti (all. 4 parte attrice) si legge che l'assembla approvò il bilancio dopo averlo brevemente esaminato e aver ascoltato alcuni chiarimenti da parte dell'amministratore, il che smentisce quanto sostenuto dalla (...) comparsa conclusionale laddove s'afferma che nel processo verbale della seduta non risulterebbe che l'amministratore avesse in alcun modo illustrato l'attività gestionale posta in essere nell'anno di riferimento né nella circostanza aveva messo a disposizione dei condomini la documentazione obbligatoria ex art. 1130 bis c.p.c.. Questa, invece, risulta essere stata per la maggior parte redatta. Si tratta dei doc. 4 e 5 prodotti dal Condominio, consistenti in un registro di contabilità alquanto semplificato e redatto secondo il principio di cd. cassa (come ritenuto debba essere fatto dalla giurisprudenza di merito maggioritaria) ossia riportante nelle rispettive colonne le entrate e le uscite sul c/c condominiale nel periodo fine 2017/2018-inizio 2018/2019, con l'indicazione delle relative causali, nonché d'una sintetica relazione di bilancio. Sul punto si prende atto che nessuna contestazione circa l'esaustività e l'intelligibilità di tali scritti è stata mossa dall'impugnante nella 1 memoria. Ciò che, invece, manca e che rende fondata l'impugnazione è il riepilogo finanziario, documento anch'esso prescritto dall'art. 1130 bis c.c. come obbligatoriamente facente parte del rendiconto. In materia condominiale tale atto si risolve nell'illustrazione dei costi e dei ricavi e dell'annotazione finale dell'avanzo o disavanzo di gestione ovvero dello stato patrimoniale del condominio, atto che secondo l'opinione giurisprudenziale maggioritaria, che lo scrivente ritiene di condividere, va redatto secondo il criterio di cd. competenza. A tal fine occorre riportare il conguaglio dell'esercizio in corso ossia l'importo totale di quanto dovuto dai condomini e da terzi e degli eventuali crediti vantati da costoro nei confronti del condominio, unitamente all'analogo conguaglio dell'esercizio precedente, per poi indicare la differenza ossia l'avanzo o il disavanzo. Inoltre, occorre annotare l'esistenza di fondi disponibili e d'eventuali riserve. Ebbene, avendo l'amministratore omesso di far ciò, il bilancio consuntivo relativo alla gestione 1/10/2018-30/9/2019 non rispondeva ai requisiti minimi prescritti dall'art. 1130 bis c.c. e pertanto non era idoneo a consentiva alla Viale, così come ad ogni altro condomino, di comprendere adeguatamente quale fosse l'effettiva situazione patrimoniale complessiva del Condominio. La domanda va pertanto accolta e l'impugnata delibera annullata. Ne consegue la condanna del convenuto al pagamento degli oneri processuali, che, determinati sulla base dei parametri legali applicabili per le cause dal valore indeterminabile e della complessità medio - bassa della causa, si quantificano come in dispositivo. P.Q.M. Il Tribunale di Imperia definitivamente pronunciando sulle domanda proposta da (...) nei confronti di Condominio via (...) 34, Imperia, così provvede: Annulla la delibera del 22/10/2019 con cui Condominio via (...) 34, Imperia ha approvato il rendiconto consuntivo relativo al periodo fine 2017/2018-inizio 2018/2019. Condanna Condominio via (...) 34, Imperia, alla rifusione delle spese di causa che si quantificano in Euro 1800,00 per la fase di studio, Euro 1400,00 per la fase introduttiva, Euro 1800,00 per la fase di trattazione, Euro 2800,00 per la fase decisionale, oltre a spese generali IVA e CPA come da legge. Così deciso in Imperia il 9 luglio 2022. Depositata in Cancelleria il 12 luglio 2022.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI IMPERIA SEZIONE CIVILE in composizione monocratica, in persona del G.O.P. Avv. Andrea Saccone, ha pronunciato la seguente SENTENZA ex art. 281 quinquies comma 2 c.p.c. nella causa n. 3504/2014 R.G. promossa da: - (...) e (...), anche quali eredi di (...), rappresentati e difesi dagli Avv.ti Ro.Ca. e Vi.Vi., come per procura alla lite in calce all'atto di citazione, elettivamente domiciliati presso lo studio del primo, in Sanremo - corso (...); - ATTORI - contro - (...) s.r.l. in liquidazione, rappresentata e difesa dagli Avv.ti Va.Qu. e Lu.Ca., come per procura alla lite a margine della comparsa di costituzione e risposta, elettivamente domiciliata presso lo studio della prima in Ventimiglia - via (...); - CONVENUTA - - COMUNE DI BORDIGHERA, rappresentato e difeso dall'Avv. Ma.Ba., come per procura alla lite a margine della comparsa di costituzione e risposta, elettivamente domiciliato in Bordighera - via (...); - ALTRO CONVENUTO - - PROVINCIA DI IMPERIA, rappresentata e difesa dall'Avv. Ma.Cr., come per procura alla lite a margine della comparsa di costituzione e risposta, elettivamente domiciliata presso l'Ufficio Legale della Provincia di Imperia - viale (...); - TERZA CHIAMATA IN CAUSA - - (...) s.p.a., rappresentata e difesa dall'Avv. Ma.Ma., come per procura notarile alle liti del 3/2/2012 Notaio Lo.St., elettivamente domiciliata in Imperia - via (...); - TERZA CHIAMATA IN CAUSA - avente ad oggetto: risarcimento danni. MOTIVI DELLA DECISIONE 1. Con atto di citazione del 20/11/2014, notificato a (...) s.r.l. e al Comune di Bordighera, (...) e (...), anche in qualità di eredi di (...), hanno esposto quanto segue. In data 1/11/2010, il treno condotto quale ferroviere da (...) deragliava in Comune di Bordighera a causa della frana di un muro e di un terreno, i cui detriti, insieme a quelli derivati da altri fondi confinanti, avevano invaso la massicciata; (...) riportava trauma cranico, frattura ossa del naso, frattura della corticale anteriore del mascellare con avulsione dentarie multiple arcata superiore e inferiore, frattura pluriframmentaria dell'acetabolo di sinistra del pilastro posteriore, distorsione del rachide cervico dorsale e contusione emicostato destro; rimaneva, altresì, permanentemente inabile alla specifica attività lavorativa di macchinista ferroviario e, al rientro nel gennaio 2012, era assegnato ad altra mansione, fino al momento del decesso, avvenuto il 28/3/2014, per altra causa. Gli attori hanno chiesto la condanna di (...) s.r.l. e del Comune di Bordighera in solido o secondo la graduazione di responsabilità meglio accertata e ritenuta al risarcimento del danno non patrimoniale da loro stessi patito quali congiunti di (...), nonché iure hereditatis, di tutti i danni patrimoniali e non patrimoniali dallo stesso subiti. (...) s.r.l. in liquidazione si è costituita in giudizio contestando in fatto e in diritto la domanda attrice, in particolare, negando ogni responsabilità ex art. 2053 cod. civ. e chiamando a titolo di manleva la Provincia di Imperia per omessa manutenzione degli scoli e per omessa custodia e vigilanza della soprastante sede stradale e delle sue pertinenze. Il Comune di Bordighera, a sua volta, si è costituito in giudizio contestando anch'esso la domanda attrice in fatto e in diritto; in particolare, ha rilevato la genericità delle domande formulate, stante l'assenza di ogni culpa in vigilando del Comune stesso. La Provincia di Imperia, nel costituirsi in giudizio, principalmente ha richiamato la sentenza n. 181/2012 del Tribunale di Sanremo, laddove era stato accertato che il muro di sostegno crollato sui binari era stato edificato abusivamente su terreno, in buona parte, di (...) (R.), con palesi difetti di costruzione; inoltre, asseriva che la regimazione delle acque spettava per legge e per convenzione a (...) s.r.l. (...) s.p.a., chiamata in causa a garanzia da parte della Provincia di Imperia, ha contestato, tra l'altro, ogni responsabilità dell'Ente medesimo. La causa è stata istruita a mezzo di prove documentali ed orali; all'esito è stata licenziata C.T.U. medico legale; quindi, precisate le conclusioni e previa concessione dei termini ex art. 190 c.p.c., è stata trattenuta in decisione. Rimessa la causa sul ruolo a seguito di apposita ordinanza del 2/5/2021, al fine di consentire alle parti di precisare se i vari provvedimenti del Giudice penale prodotti, fossero o meno irrevocabili ovvero passati in giudicato, la causa è stata discussa e nuovamente trattenuta in decisione, ai sensi dell'art. 281 quinquies comma 2 c.p.c.. 2. In atto di citazione gli attori hanno domandato il risarcimento dei danni, da una parte, ai sensi dell'art. 2053 cod. civ. nei confronti di (...) s.r.l. e, dall'altra, ex art. 2043 cod. civ. con riferimento al Comune di Bordighera. 2.1 La difesa di (...) s.r.l. ha chiamato in causa la Provincia di Imperia, evidenziando come la causa del sinistro fosse da ricondurre alla mancata manutenzione e pulizia degli scoli della SS1 (...) posta a monte della proprietà, circostanza che aveva causato un incontrollato deflusso delle acque piovane dalla strada, inondando il terreno sottostante e favorendone lo smottamento; inoltre, ha allegato che il muro franato insisteva sui fondi identificati a C.T. con i mappali (...) e (...) di proprietà rispettivamente delle Ferrovie dello Stato e di (...) s.r.l. e che il movimento franoso aveva interessato al 90% il mapp. (...) e al 10% il mapp. (...). Peraltro, dall'esame della relazione dei periti del (...)P. del 30/7/2011, prodotta sub n. (...) da parte della difesa degli attori, è stato accertato che la predetta ripartizione è pari a 2/3 per il mapp. (...) e ad 1/3 per il mapp. (...) (pag. 2, all'inizio); che quest'ultimo mappale risulta di proprietà di (...) (ceduto dalla (...) s.r.l. il 27/7/2004) ed i sottostanti mapp. (...) e 212 di proprietà di (...), l'ultimo comprendente la sede ferroviaria e le opere di delimitazione (pag. 4, all'inizio); che vi erano opere di regimazione idraulica sul lato levante della frana per convogliare le acque reflue dalla Via (...) sino ad oltre la sede ferroviaria (sempre pag. 4, in fondo); che i deflussi provenienti dal tombino della Via (...) si disperdevano per andare a riversarsi sul fronte sottostante poi franato (pag. 5); che dalla consultazione della cartografia del Piano di Bacino sul sito della Provincia di Imperia, l'area in esame è individuata in "zona R4" ad alto rischio (pag. 8); che la piovosità del periodo 30/10 - 1/11/2010, rilevata dalle stazioni meteo di Sanremo e Ventimiglia, è stata pari a circa 110 mm, piogge persistenti, ma non particolarmente intense (pag. 10); che lo stato di emergenza aveva interessato, particolarmente, il territorio del centro levante della Regione Liguria e solo marginalmente l'estremo ponente (pag. 11); che sarebbe emerso, a carico del Comune di Bordighera, il mancato accertamento delle opere non conformemente realizzate ed il mancato controllo degli iter autorizzativi, mentre (...) non sarebbe intervenuta sulla realizzazione di opere effettuate nella sua proprietà né avrebbe operato i dovuti controlli su aree sensibili ai fini della sicurezza della sede ferroviaria (pag. 24, in fondo); che le opere di regimazione per lo smaltimento delle acque provenienti dalla Via (...) avrebbero carattere di opere e manufatti artificiali e non di rivi o scoli naturali (pag. 26); che, a fronte delle richieste di interventi di regimazione idraulica da parte di (...) s.r.l., la Provincia di Imperia ha dato un unico riscontro a mezzo della comunicazione del 10/9/2002, preannunciando operazioni di pulizia e manutenzione dei tombini della Via (...), ma demandando al privato le opere di canalizzazione delle acque (pagg. 26 e 27); che le cause della frana sono da attribuirsi alla arbitraria modifica della morfologia del tratto di versante con la costruzione di muri di fascia difformi dal titolo autorizzativo e con caratteristiche statiche del tutto non adeguate, stante l'anomalo e abusivo posizionamento (pagg. 27 e 28), nonché all'inefficienza della canalizzazione delle acque provenienti dalla Via (...) e dal modesto impluvio a monte della stessa, in particolare per il mapp. (...) (pag. 28). Al fine di individuare le responsabilità conseguenti al richiamato accertamento peritale, che questo Giudice ritiene utilizzabile quale prova atipica, occorre preliminarmente chiarire che la Suprema Corte ritiene che la responsabilità per rovina di edificio ex art. 2053 cod. civ., ha carattere di specialità rispetto a quella ex art. 2051 cod. civ., in quanto deriva dall'essere posta a carico del proprietario o di altro titolare di diritto reale di godimento in base al criterio formale del titolo, non essendo sufficiente il mero potere d'uso della res; inoltre, ha natura oggettiva e può essere esclusa solo dalla dimostrazione che i danni provocati dalla rovina non sono riconducibili a vizi di costruzione o a difetto di manutenzione, bensì ad un fatto dotato di efficacia causale autonoma, comprensivo del fatto del terzo o del danneggiato, ancorché non imprevedibile ed inevitabile (da ultimo, Cass. 9694/2020). Ne consegue che, in quanto proprietaria del muro all'epoca della rovina (il mapp. (...) è stato ceduto dalla (...) s.r.l. il 27/7/2004), deve essere dichiarata la responsabilità di (...) s.r.l., ex art. 2053 cod. civ., anche in relazione al fatto che detta Società ha comunicato la fine dei lavori al Comune di Bordighera, in relazione alle pratiche 5627 e 5628, così come risulta a pag. 24 della già richiamata relazione dei periti del (...)P. del 30/7/2011, prodotta sub n. 13 da parte della difesa degli attori. Secondo giurisprudenza pacifica della Suprema Corte "in tema di responsabilità del proprietario per danni derivanti ex art. 2053 c.c. da rovina dell'edificio, va considerata tale ogni disgregazione, sia pure limitata, degli elementi strutturali della costruzione, ovvero degli elementi accessori in essa stabilmente incorporati" (ex multis Cass. 23939/2009 e 7755/2007). La norma integra un'ipotesi particolare di danno da cose in custodia che impedisce l'applicazione dell'art. 2051 cod. civ. per il principio di specialità e può essere esclusa soltanto dalla prova, che il proprietario deve fornire, che la rovina non fu dovuta a difetto di manutenzione o a vizio di costruzione; benché la norma non ne faccia menzione è consentita anche la prova del caso fortuito, di un fatto cioè dotato di efficacia causale autonoma rispetto alla condotta del proprietario medesimo, compreso il fatto del terzo o dello stesso danneggiato (Cass. 1002/2010). I testi escussi hanno confermato che concause della rovina del muro in pietra sono state il non corretto smaltimento delle acque e l'imbibizione eccessiva del terreno (teste T. Ing. S., C.T.U. del (...)P. nella causa penale, cfr. verbale di udienza del 18/1/2017); che le opere erano abusive e che non erano stati presentati i relativi calcoli strutturali dai quali si sarebbe potuto correttamente verificare l'idoneità o meno delle opere di sostegno (teste (...) Ing. (...), perito di parte della Provincia di Imperia nel procedimento penale, cfr. verbale di udienza del 7/4/2017); che l'impianto di smaltimento delle acque meteoriche della sovrastante via (...) era sottodimensionato e che l'evento piovoso era stato di eccezionale portata, come da dichiarazione dello stato di emergenza (teste (...) Ing. (...), perito di parte di (...) s.r.l. nel procedimento penale, cfr. verbale di udienza del 7/4/2017); che l'opera era stata costruita da (...) s.r.l. senza permessi edilizi o, comunque, con grosse difformità e che vi erano carenze costruttive in sede di realizzazione del muro (teste (...), perito di parte del Dirigente della Provincia di Imperia nel procedimento penale, cfr. verbale di udienza del 22/6/2017); che la causa scatenante è stata la mancata regimazione delle acque provenienti dalla Via (...) e che, comunque, il terrapieno ed il muro che lo sosteneva erano abusivi, con palesi deficienze di ordine statico (teste (...) Ing. (...), cfr. verbale di udienza del 22/6/2017); che il muro era totalmente abusivo e che era stato realizzato senza fondamenta né pali né tiranti né ferro (testi (...) Ing. (...), Dirigente della Provincia di Imperia e (...), cfr. verbale di udienza del 22/6/2017). Occorre aggiungere che i testi escussi hanno riferito anche intorno all'esistenza in loco di un tombino in muratura e pietra con funzioni di scolo delle acque provenienti dalla sovrastante Via (...) (il teste (...) ha anche parlato di carenza strutturale dell'impianto), precisando che detto tombino è classificato come scolo naturale, non essendo ricompreso nell'elenco delle acque pubbliche, che la canaletta era ostruita da terra e materiale non identificabile ed attribuibile come provenienza (teste (...), occlusione confermata dal teste (...)) e che la Provincia di Imperia non aveva l'onere della relativa manutenzione nella parte privata, in quanto spettante a (...) s.r.l. La difesa di quest'ultima, all'udienza tenutasi il 12/10/2017 ha depositato le copie di tre denunce querele presentate nei confronti dei testi (...), (...) e (...) per falsa testimonianza riguardo alla circostanza che l'opera franata fosse stata edificata da (...) s.r.l., anziché da (...) s.r.l.: tuttavia, ai fini del decidere, nessuna rilevanza può essere attribuito al contenuto delle denunce querele, in quanto alla data dell'1/11/2010 la proprietà del muro franato era, ormai da circa sei anni, pacificamente intestata a (...) s.r.l., la quale, pertanto, deve rispondere quale proprietario ex art. 2053 cod. civ.. 2.2 Come già anticipato, la difesa di (...) s.r.l. ha chiamato in causa la Provincia di Imperia per la mancata manutenzione e pulizia degli scoli della SS1 (...) ed ha allegato che il muro franato insisteva, per gran parte, sul mappale (...) di proprietà delle Ferrovie dello Stato (rectius: (...)). La difesa della Provincia di Imperia ha prodotto copia della sentenza penale n. 909/2016 di questo stesso Tribunale, a mezzo della quale sono stati assolti, dal reato p. e p. dagli artt. 113, 430 e 449 comma 2 c.p., i Dirigenti della Provincia stessa per non aver commesso il fatto: in detta pronuncia (pagg. 6 e ss. della motivazione), la difettosa manutenzione della canaletta di scolo viene imputata a (...) s.r.l. che si era assunta l'onere relativo, mentre la regimazione delle acque spettava a (...) (peraltro, anche i Dirigenti di quest'ultima, sono stati assolti in grado di appello per non aver commesso il fatto). Al di là di quanto prevede l'art. 652 comma 1 c.p.p. in ordine all'efficacia di giudicato nel giudizio civile per il risarcimento del danno quanto all'accertamento che il fatto non sussiste o che l'imputato non lo ha commesso, vi è comunque evidente carenza di prova, in ordine al nesso di causalità tra le asserite omissioni della Provincia di Imperia e l'evento dannoso per cui è causa. Infatti, l'unico teste che ha riferito che l'impianto di smaltimento delle acque meteoriche della sovrastante via (...) era sottodimensionato e che l'evento piovoso era stato di eccezionale portata, come da dichiarazione dello stato di emergenza (teste (...) Ing. (...), perito di parte di (...) s.r.l. nel procedimento penale, cfr. verbale di udienza del 7/4/2017), è palesemente smentito dai dati riportati nella relazione dei periti del (...)P. del 30/7/2011, prodotta sub n. (...) da parte della difesa degli attori (piovosità del periodo 30/10 - 1/11/2010, rilevata dalle stazioni meteo di Sanremo e Ventimiglia, pari a circa 110 mm, piogge persistenti, ma non particolarmente intense - pag. 10; stato di emergenza che aveva interessato, particolarmente, il territorio del centro levante della Regione Liguria e solo marginalmente l'estremo ponente - pag. 11). Ne consegue che la Provincia di Imperia è esente da ogni responsabilità e, pertanto, non può essere accolta, da una parte, la domanda di manleva di (...) s.r.l. e, dall'altra, anche (...) s.p.a. va dichiarata esente da ogni obbligo di garanzia e manleva nei riguardi della Provincia di Imperia. 2.3 Parimenti deve essere respinta la domanda a mezzo della quale gli attori hanno chiesto dichiararsi la responsabilità del Comune di Bordighera, ex art. 2043 cod. civ., per mancato esercizio della vigilanza sull'attività urbanistico-edilizia posta in essere da parte di (...) s.r.l., così come disposto dall'art. 27 del D.P.R. n. 380 del 2001. La difesa del Comune di Bordighera ha condivisibilmente richiamato le argomentazioni contenute nella richiesta di archiviazione del Pubblico Ministero Dott. (...) del 28/12/2011 (prod. 14 degli attori e n. 2 di (...) s.r.l.), integralmente accolte dal (...) con decreto di archiviazione del 21/5/2012. In particolare, a pag. 2 della richiamata richiesta di archiviazione, si evidenzia per quale motivo "... al Comune non competeva accertare, sotto il profilo della tecnica costruttiva, l'idoneità statica delle opere realizzate, segnalando o sanzionando, in caso di verifica negativa la carenza dell'opera: al Comune spetta solamente una verifica formale - di conformità dell'opera al progetto - la cui omissione, se dolosa, potrebbe integrare altre fattispecie delittuose, senza che, tuttavia, tale condotta costituisca causa dell'evento realizzatosi." 3. Per quanto attiene al quantum debeatur, preliminarmente, va ricordato che gli attori hanno domandato il risarcimento sia del danno non patrimoniale dagli stessi subito quali congiunti di S.P. sia iure hereditatis di tutti i danni patrimoniali e non patrimoniali dallo stesso S.P. subiti in ragione dei fatti di causa. Il danno non patrimoniale reclamato iure proprio dagli odierni attori è del tutto carente di prova: infatti, gli stessi non hanno subito alcuna conseguenza diretta a seguito dell'evento dannoso che ha colpito il loro congiunto o, quantomeno, non è stato possibile dimostrarlo in corso di causa; pertanto, la relativa domanda deve essere respinta. La domanda riguardante i danni patrimoniali e non patrimoniali iure hereditatis, al contrario, può essere accolta, ma nei limiti del cosiddetto danno da premorienza, come verrà motivato tra breve. La prova dei danni non patrimoniali è stata conseguita a seguito dell'escussione del teste S.S. (cfr. verbale di udienza del 18/1/2017), il quale ha confermato che, dopo l'incidente, (...) era stato demansionato da macchinista, era divenuto claudicante e si appoggiava ad un bastone, aveva problemi di masticazione e di alimentazione. 4. Passando alla liquidazione del danno, il C.T.U. ha così risposto ai quesiti: "1)La Invalidità temporanea assoluta si è protratta per almeno mesi 3 La invalidità parziale al 50% per altri mesi 3 2)Lo stato di Invalidità ha impedito totalmente l'attività lavorativa svolta come macchinista ferroviere per almeno 430 gg. (certificato dall'INAIL) 3)Sussistevano esiti permanenti non migliorabili 4)Tali esiti incidevano negativamente sulla validità del periziando nella misura del 35% 5)L'Invalidità permanente incideva sull'esercizio dell'attività di lavoro creando incompatibilità tra le condizioni fisiche e neuropsichiche ed il lavoro svolto fino ad allora come conducente di treni. Oltre alle difficoltà di movimento in seguito alla ftt acetabolare è da ritenere incompatibile con il lavoro già svolto lo stress psichico che esso produce su una vittima di deragliamento 6)In fascicolo non ho rinvenuto spese sostenute ma solo 2 preventivi di spese odontoiatriche per riparare alla perdita dentaria multipla e ftt del mascellare, con lavori per 5.300,00 Euro nel primo caso e di 22.000 Euro nel secondo Non ho ricevuto osservazioni critiche dalle parti alla bozza di CTU inviata". Le predette conclusioni cui è pervenuto il C.T.U. appaiono immuni da vizi ed essendo frutto di argomentazioni logiche, motivate e rispettose del principio del contraddittorio, sono del tutto condivisibili, tanto che i C.T. di parte non hanno neanche presentato osservazioni all'elaborato finale. Va osservato, peraltro, che (...) è deceduto 3 anni e 147 giorni dopo l'evento (1/11/2010 - 28/3/2014), per cause indipendenti: l'Osservatorio della Giustizia civile presso il Tribunale di Milano ha denominato tale fattispecie come "danno definito da premorienza". Con riferimento a tali ipotesi i Giudici di legittimità, con orientamento consolidato, hanno chiarito che "ove la persona danneggiata muoia ... per causa indipendente dal fatto lesivo di cui il convenuto è chiamato a rispondere, la determinazione del danno biologico che gli eredi del defunto richiedano iure successionis va effettuata non più con riferimento alla durata probabile della vita futura del soggetto, ma alla sua durata effettiva (così Cassazione civile sez. III, 07/07/2016, n.13920, che in motivazione ricorda il "principio già ripetutamente affermato da questa Corte, secondo cui "ove la persona danneggiata muoia nel corso del giudizio di liquidazione del danno per causa indipendente dal fatto lesivo di cui il convenuto è chiamato a rispondere, la determinazione del danno biologico che gli eredi del defunto richiedano "iure successionis" va effettuata non più con riferimento alla durata probabile della vita futura del soggetto, ma alla sua durata effettiva (Cass. 9/08/2001, n. 10980; Cass. 24/10/2007, n. 22338; Cass. 14/11/2011, n. 23739; Cass. 30/06/2015, n. 13331)". Si veda anche Cass. 25157/2018, ma più di recente è intervenuta Cass. 41933/2021, la quale ha ritenuto che il Giudice di merito è tenuto a liquidare il danno secondo il criterio della proporzionalità, cioè assumendo come punto di partenza il risarcimento spettante, a parità di età e d'invalidità, ad un danneggiato che sia rimasto in vita fino al termine del giudizio, per poi diminuirne l'importo in proporzione agli anni di vita residua effettivamente vissuti. Ne discende che, a mezzo della ricordata pronuncia, la Suprema Corte ha volutamente disatteso le indicazioni dell'Osservatorio della Giustizia civile presso il Tribunale di Milano, di cui alle tabelle del "danno definito da premorienza" nella parte in cui assumono che il danno sia maggiore, quanto più vicino all'evento lesivo e che decresca col trascorrere del tempo fino a consolidarsi. Pertanto, secondo Cass. 41933/2021, per non incorrere in scelte inique, ove la vittima di un danno alla salute, conseguenza di un fatto illecito, sia deceduta prima della conclusione del relativo giudizio, per cause non ricollegabili alla menomazione sofferta, l'ammontare del risarcimento spettante agli eredi va parametrato alla durata effettiva della vita del danneggiato e non a quella statisticamente probabile. Il Giudice di merito è tenuto a liquidare il danno secondo il criterio della proporzionalità, cioè assumendo come punto di partenza il risarcimento spettante, a parità di età e d'invalidità, ad un danneggiato che sia rimasto in vita fino al termine del giudizio, per poi diminuirne l'importo in proporzione agli anni di vita residua effettivamente vissuti. Pertanto, i conteggi per la liquidazione dei danni risarcibili, effettuati con riferimento all'anno 2014 (stante l'avvenuto decesso di (...) il 28/3/2014) sono i seguenti. Tabella di riferimento: Tribunale di Milano 2014 Età del danneggiato alla data del sinistro 56 anni Percentuale di invalidità permanente 35% Punto danno biologico Euro 4.701,23 Punto danno non patrimoniale Euro 7.051,85 Punto base I.T.T. Euro 96,00 Giorni di invalidità temporanea totale 90 Giorni di invalidità temporanea parziale al 75% 0 Giorni di invalidità temporanea parziale al 50% 90 Giorni di invalidità temporanea parziale al 25% 0 Danno biologico risarcibile Euro 119.294,00 Danno non patrimoniale risarcibile Euro 178.941,00 Invalidità temporanea totale Euro 8.640,00 Invalidità temporanea parziale al 50% Euro 4.320,00 Totale danno biologico temporaneo Euro 12.960,00 Totale generale Euro 191.901,00 (...) aveva 56 anni all'epoca dell'incidente ed è deceduto all'età di anni 59: pertanto, essendo la speranza di vita degli uomini pari ad anni 80, il predetto importo, parametrato ad anni (80 - 56 =) 24, deve essere diminuito in proporzione agli anni di vita residua effettivamente vissuti che sono pari ad anni (59 - 56 =) 3. Pertanto, risulta la seguente proporzione 191.901,00 : 24 = X : 3 dove X = 23.987,62 che rappresenta l'importo dovuto per i tre anni di vita, a titolo di danno non patrimoniale: spettano inoltre gli interessi legali sul capitale originario (id est devalutato al momento dell'evento dannoso) rivalutato anno per anno secondo gli indici ISTAT dell'incremento dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati, dall'evento dannoso al saldo effettivo (SS. UU. 1712/1995). Tuttavia, occorre tenere conto del fatto che parte attrice ha ricevuto la somma di euro 80.426,52 da parte di INAIL, come da apposita attestazione acquisita a seguito di ordinanza ex art. 213 c.p.c. del 22/11/2016: detta somma è costituita dalla sommatoria dell'indennità di euro 54.033,91 per inabilità temporanea assoluta al lavoro per complessivi gg. 427, dal costo delle protesi per euro 62,80 e dal danno biologico per euro 8.865,84 nonché euro 17.463,97 per il ristoro del danno patrimoniale, importo da ritenersi congruo ed equo, in carenza di idonea quantificazione, non essendo sufficienti, a tal fine, le buste paga prodotte dagli attori che riguardano solo pochi mesi del periodo di demansionamento subito. Pertanto, le somme percepite da parte di INAIL risultano ampiamente satisfattive rispetto a quelle liquidate utilizzando le tabelle in vigore presso il Tribunale di Milano, motivo per cui le domande degli attori devono essere respinte in punto quantum debeatur. 5. In virtù delle reciproche soccombenze dovute anche ai revirements giurisprudenziali relativi al danno definito da premorienza, le spese di lite vanno interamente compensate, tranne per i compensi del C.T.U., già liquidati in corso di causa, che vengono posti definitivamente a carico degli attori, stante la mancata allegazione di quanto percepito da parte di INAIL. P.Q.M. il Tribunale di Imperia, in composizione monocratica, definitivamente pronunciando, disattesa ogni contraria domanda, eccezione o deduzione: 1) respinge le domande di parte attrice; 2) spese di lite interamente compensate, tranne per i compensi del C.T.U., posti definitivamente a carico degli attori. Così deciso in Imperia il 20 aprile 2022. Depositata in Cancelleria il 21 aprile 2022.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE CIVILE DI IMPERIA il TRIBUNALE di Imperia in composizione monocratica, in persona del dott. Pasquale LONGARINI, ha emesso la seguente SENTENZA nella causa iscritta al n.341/2019 RG del Tribunale di Imperia avente ad oggetto "azione di rivendicazione con domanda riconvenzionale di usucapione" promossa da CONDOMINIO (...) n.13 (CF: (...)), in persona dell'amministratore pro-tempore, rappresentato e difeso dall'avv. Lu.FU. presso il cui studio in Sanremo al corso (...) è eletto domicilio -attore- contro 1) (...) ((...)), rappresentata e difesa dall'avv. Ma.MA. presso il cui studio in Ventimiglia alla via (...) è eletto domicilio 2) (...) SpA (PI: (...)), contumace -convenuti- RAGIONI DELLA DECISIONE (1) abstract Il CONDOMINIO "CORSO (...) N.13", in persona dell'amministratore pro-tempore, con atto di citazione ritualmente notificato, premesso di essere comproprietario pro-indiviso con la (...) SpA del tratto di strada privato denominato "(...)" posto a confine tra il Condominio (...) (particella n.(...)), lo stabile che occupa gli uffici della banca (...) (particella n.(...)), e parte di proprietà di (...) (particella n. (...)) e censito al CF del Comune di Sanremo alla Sezione SR/Foglio n.(...)/Particella (...)/(...) mq, sul quale (...) gode di una mera servitù di passaggio per accedere agli immobili censiti al CF del Comune di Sanremo alla Sezione SR/Foglio n.(...)/Particella (...)/Subb. (...)-(...)-(...)-(...)-(...), dedotto che (...) aveva "delimitato una parte della stradina meglio sopra specificata con paletti uniti da catene al fine di collocarvi auto e moto proprie e dei propri familiari, in assenza di qualsiasi diritto reale, diritto reale minore o di godimento, qualsiasi tipo di concessione e/o autorizzazione da parte del Condominio attore e del palazzo Carige, ledendo il diritto di proprietà di questi ultimi", allegato che (...) in diversa procedura di mediazione aveva assunto di aver usucapito il predetto tratto di strada privato denominato "(...)" volturandolo sine titulo a proprio nome presso l'Agenzia del Territorio, evocava in giudizio (...) e la comproprietaria (...) SpA, in persona del legale rappresentante pro-tempore, con azione di rivendicazione, per sentir condannare (...) all'immediato rilascio e restituzione ai proprietari CONDOMINIO (...) 13 e (...) SpA delle porzioni del bene immobile innanzi descritto, rimuovendo i paletti dallo stesso posti a delimitazione del tratto di strada dallo stesso illecitamente occupato, lasciandolo libero da persone o cose di sua pertinenza, e al risarcimento del danno per l'occupazione abusiva per una somma da valutarsi in via equitativa, con vittoria di spese e compensi professionali. 1.1) Si costituiva in giudizio (...) che, eccepito il difetto dello jus postulandi per mancanza di una autorizzazione rilasciata dall'assemblea condominiale con la maggioranza di cui all'art. 1136 c.c., dedotta la nullità/inammissibilità/infondatezza delle domande attoree per difetto di prova della proprietà del bene rivendicato essendo all'uopo insufficienti le risultanze catastali e le prove dichiarative, per indeterminatezza dell'oggetto non avendo individuato esattamente l'area in contestazione e difetto di prova del lamentato danno patrimoniale per occupazione sine titulo, svolta in via riconvenzionale domanda di acquisto per usucapione dell'area privata in parte adibita a strada carrabile ed in parte a parcheggio e spazio di manovra, allegate riparazioni e miglioramenti apportate all'immobile rivendicato, instava, in via pregiudiziale, per la declaratoria di nullità della domanda per (i) difetto dello jus postulandi, (ii) difetto di legittimazione quanto alla domanda di accertamento e rilascio anche nell'interesse della (...) SpA, (iii) indeterminatezza dell'oggetto, nel merito, per il rigetto della domanda attorea perché infondata in fatto ed in diritto, in via subordinata, per il rigetto delle domande in quanto infondate in fatto ed in diritto, in via riconvenzionale principale, per la dichiarazione di intervenuta usucapione dell'immobile catastalmente identificato al F.(...)/Part.(...) del NCEU del Comune di Sanremo, in via riconvenzionale subordinata, per la condanna dell'attore al versamento dei rimborsi e delle indennità dovute, da determinarsi in corso di causa, con diritto di ritenzione ex art. 1152 c.c. sino all'effettivo soddisfo, con vittoria di spese ed onorari di giudizio. 1.2) Nella contumacia della (...) SpA, assunta la prova dichiarativa (testi di parte attrice: (...); (...), (...), (...), (...), (...), (...), (...); testi di parte convenuta: (...), (...), (...), (...). (...), (...), (...), (...), (...), (...)), la causa veniva assunta a decisione nell'udienza del 7.1.2022 sulle conclusioni delle parti in epigrafe riportate e con concessione dei termini per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica. (2) sulla produzione documentale svolta nell'udienza di PC. La produzione documentale chiesta da parte convenuta nell'udienza del 12.01.2022 ("l'avv. (...) precisa come da ...e chiede l'acquisizione della missiva (...) del 15.07.2021"), peraltro indirizzata al figlio del convenuto, è palesemente inammissibile in quanto irrituale e inconferente, il cui contenuto è peraltro di significato diverso da quello voluto dal (...). Non va disposta, conseguentemente, neppure l'acquisizione della missiva di chiarimento della (...) all'avv. (...), riportata nel corpo della memoria di replica alle conclusionali di parte attrice. (3) sulle eccezioni pregiudiziali svolte dalla parte convenuta. Tutte le eccezioni di rito svolte da (...) sono destituite di fondamento e, dunque, vanno respinte. 3.1) jus postulandi. Ai sensi dell'art. 948 c.c., il proprietario può rivendicare la cosa da chiunque la possiede o la detiene. La rivendicazione è l'azione, di natura reale, di condanna con finalità tipicamente recuperatoria, attraverso la quale il proprietario di un bene, facendo valere il suo diritto di proprietà, agisce nei confronti del possessore o del detentore della stessa, al fine di ottenere il riconoscimento giudiziale del proprio diritto e di recuperare la cosa da altri illegittimamente posseduta o detenuta. La causa petendi dell'azione è la lesione del diritto di proprietà (cass. n. 15915/2007), mentre il petitum è la condanna del convenuto alla restituzione della cosa o al pagamento di un equivalente in danaro (cass. n. 21834/2007). 3.1.1) All'evidenza, l'azione di rivendica non rientra tra gli atti meramente conservativi al cui compimento l'amministratore è autonomamente legittimato ex art. 1130 c.c., n. 4. All'uopo non coglie nel segno l'allegazione di parte attrice che "dal riconoscimento del bene di cui in causa quale area comune asservita all'uso condominiale discende altresì in modo inequivocabile la legittimità dell'azione esperita dall'amministratore, a prescindere dall'avvenuto conferimento di incarico da parte dell'assemblea condominiale", non trattandosi di azione con funzione conservativa. 3.1.2) In tema di condominio, le azioni reali da esperirsi contro i singoli condomini o contro terzi e dirette ad ottenere statuizioni relative alla titolarità, al contenuto o alla tutela dei diritti reali dei condomini su cose o parti dell'edificio condominiale che esulino dal novero degli atti meramente conservativi (al cui compimento l'amministratore è autonomamente legittimato ex art. 1130 c.c., n. 4) possono essere esperite dall'amministratore solo previa autorizzazione dell'assemblea, ex art. 1131 c.c., adottata con la maggioranza qualificata di cui all'art. 1136 c.c. (cass. n. 21533/2020; cass. n. 12525/2018; cass. n. 14797/2014). Ove si tratti, invece, di azioni a tutela dei diritti esclusivi dei singoli condomini, la legittimazione dell'amministratore trova il suo fondamento soltanto nel mandato a lui conferito da ciascuno dei partecipanti alla comunione, e non anche nel predetto meccanismo deliberativo dell'assemblea condominiale - ad eccezione della (in tal caso equivalente) ipotesi di unanime deliberazione di tutti i condomini - atteso che il potere di estendere il dominio spettante ai singoli condomini in forza degli atti di acquisto delle singole proprietà (come nel caso di specie, relativo a domanda di rivendica proposta dall'amministratore per usucapione di un'area finitima al fabbricato) è del tutto estraneo al meccanismo deliberativo dell'assemblea condominiale e può essere conferito, pertanto, solo in virtù di un mandato speciale rilasciato da ciascuno dei condomini interessati (cass. n. 21533/2020; cass. n. 5147/2003; cass. n. 8774/2020; cass. n. 80/2015; cass. n. 14797/2014). 3.1.2.1) I singoli condomini possono conferire all'amministratore il potere di agire in nome e per conto, purtuttavia all'uopo occorre: (a) una preventiva deliberazione dell'assemblea, con l'autorizzazione all'amministratore a procedere a loro nome e per loro conto, nelle ipotesi in cui l'area da oggetto di rivendica è comune per legge o regolamento; (b) uno specifico mandato conferito da ciascuno dei partecipanti alla comunione, conferito all'infuori del meccanismo deliberativo dell'assemblea, ad eccezione dell'ipotesi di deliberazione unanime, qualora i condomini vantino la comproprietà di un'area esterna all'edificio condominiale, in forza di un titolo derivativo. 3.1.3) Nel caso di specie, la stradina privata, adibita a parcheggio e manovra, denominata (...) e catastalmente identificata al F.(...)/Part.(...) del NCEU del Comune di Sanremo, è certamente da ritenersi parte comune condominiale essendo funzionalmente e strutturalmente asservita all'utilizzo comune (all'utilizzo e alle necessità del Condominio (...) n.13 e del limitrofo palazzo (...)) atteso che sulla facciata prospiciente dell'area sono presenti l'ascensore per l'accesso agli studi medici condominiali, l'uscita di sicurezza dell'immobile al piano strada, le finestre delle cantine e le aperture per l'aerazione delle cantine al piano strada, soggetta alla presunzione di comproprietà posta dall'art. 1117 c.c. in quanto bene necessario per l'utilizzo delle entrate laterali del condominio e del palazzo (...) nonché per l'esercizio della servitù del garage (...) n.19 (vedi documentazione fotografica, all. 21 di parte attrice): "Il diritto di condominio sulle parti comuni dell'edificio ha il suo fondamento nel fatto che tali parti siano necessarie per l'esistenza dell'edificio stesso, ovvero che siano permanentemente destinate all'uso o al godimento comune, sicché la presunzione di comproprietà posta dall'art. 1117, che contiene un'elencazione non tassativa ma meramente esemplificativa dei beni da considerare oggetto di comunione, può essere superata se la cosa, per obbiettive caratteristiche strutturali, serve in modo esclusivo all'uso o al godimento di una parte dell'immobile, venendo meno, in questi casi, il presupposto per il riconoscimento di una con titolarità necessaria, giacché la destinazione particolare del bene prevale sull'attribuzione legale, alla stregua del titolo contrario" (cass. n.17993/2010); "In tema di condominio negli edifici, la presunzione legale di comunione di talune parti, stabilita dall'art. 1117 c.c., trova applicazione anche nel caso di cortile esistente tra più edifici limitrofi ma strutturalmente autonomi appartenenti a proprietari diversi, ove lo stesso sia destinato a dare aria, luce ed accesso a tutti i fabbricati che lo circondano" (cass. n. 3739/2018); "in tema di condominio ai fini della presunzione di comproprietà del cortile per le unità immobiliari che vi si affacciano, è sufficiente che queste da esso traggano aria e luce, poiché la ratio della norma contenuta nell'art. 1117 c.c. si fonda sulla funzionalità oggettiva dei beni ivi indicati e cioè sulla loro attitudine a servire l'immobile condominiale" (cass. n.23670/2021) 3.1.3.1) l'elencazione di cui all'art. 1117 c.c. non è tassativa e, nello specifico, l'area esterna di un edificio condominiale, relativamente alla quale manca un'espressa riserva di proprietà nel titolo originario di costituzione del condominio, va "ritenuta di presunta natura condominiale, ai sensi dell'art. 1117 c.c." (cass. n. 5831/2017; cass. n. 20612/2017). 3.1.4) La natura di spazio esterno asservito all'utilizzo comune del bene comune lo si desume, altresì, come correttamente osservato da parte attrice, dagli atti con i quali gli originari proprietari ne definivano la natura, laddove si legge "Il terreno così reso comune fra le due parti dovrà servire esclusivamente a strada privata di accesso al terreno retrostante le case (...) e F./Galleano, acquistato dal (...) con atto 9 Dicembre 1912, N.R.. La strada dovrà essere sempre libera in modo che i contraenti possano sempre utilizzarla in tutta la sua larghezza con assoluto divieto di ostruzioni di qualsiasi genere e forma, anche per il sottosuolo, senza il consenso scritto dell'altra parte" (atto del (...) a Rogito del Notaio (...)). 3.1.5) Orbene, non essendo necessario uno specifico mandato speciale conferito da ciascuno dei condomini interessati alla comunione, conferito all'infuori del meccanismo deliberativo dell'assemblea o una deliberazione unanime dell'assemblea che autorizzava il condominio ad agire in rivendica a nome e per conto dei singoli condomini, avendo nella specie parte attrice prodotto la delibera dell'assemblea con cui la maggioranza qualificata dei condomini aveva preventivamente autorizzato l'amministratore a conferire incarico professionale al difensore, l'amministratore, e per esso il difensore, ha la legittimazione, lo jus postulandi. 3.1.5.1) Dall'analisi dei documenti prodotti da parte attrice (docc. nn. 10, 11, 17, 18, 19, 20) si evince che il 10.05.2017 il Condominio (...) n. 13, a mezzo di delibera assembleare adottata a maggioranza qualificata di 683 millesimi, abbia formalmente conferito incarico all'amministratore al fine di esperire tentativo di mediazione obbligatoria e, all'esito negativo della mediazione, come l'assemblea condominiale veniva puntualmente informata dello stato della controversia, deliberando di procedere con la odierna azione, conferendo incarico - con successiva conferma e ratifica - all'attuale difesa di parte attrice. 3.2 citazione in giudizio (...). La citazione in giudizio della (...) si era resa necessaria in ragione che il (...), invitato alla mediazione dal Condominio, allegava l'intervenuta usucapione dell'immobile oggetto di controversia e, dunque, per evitare una sentenza inutiliter data nei confronti del comproprietario. Correttamente la parte attrice, ex art. 102 c.p.c., ha chiamato in giudice la comproprietaria (...). Come correttamente richiamato da parte attrice: "In tema di domanda di rivendica di un bene proposta da uno o più soggetti che assumono di esserne i comproprietari, la necessità dell'integrazione del contraddittorio dipende dal comportamento del convenuto. Infatti, qualora egli si limiti a negare il diritto di comproprietà degli attori, non si richiede la citazione in giudizio di altri soggetti, non essendo in discussione la comunione del bene; qualora, al contrario, eccepisca di esserne il proprietario esclusivo, la controversia ha come oggetto la comunione di esso, cioè l'esistenza del rapporto unico plurisoggettivo, e il contraddittorio deve svolgersi nei confronti dì tutti coloro dei quali si prospetta la contitolarità (litisconsorzio necessario), affinché la sentenza possa conseguire un risultato utile che, invece, non avrebbe in caso di mancata partecipazione al giudizio di alcuni, non essendo essa a loro opponibile" (cass. n.24234/2018); "La domanda diretta all'accertamento della usucapione di un bene richiede la presenza in causa di tutti i comproprietari in danno dei quali l'usucapione si sarebbe verificata perché comporta l'accertamento di una situazione giuridica (usucapione e proprietà esclusiva) confliggente con quella preesistente (comproprietà degli altri) della quale il giudice può solo conoscere in contradditorio di ogni interessato" (cass. n.15619/2018). 3.2.1) A.(...) svolto domanda riconvenzionale di intervenuta usucapione del bene oggetto di causa, la predetta sentenza non potrà che svolgere i suoi effetti, in ragione della sussistenza di una comunione pro-indiviso, sia su (...) che sul Condominio (...) 13. 3.3) nullità della domanda per indeterminatezza. La precisa individuazione dell'immobile oggetto di causa, mediante la produzione della documentazione catastale ed il puntuale riferimento operato sin dall'atto di citazione ai dati ivi riportati (Sezione SR, Foglio n. (...), Particella (...), (...) mq, con tanto di estratto planimetrico), peraltro del tutto coincidente con l'area dei cui parte convenuta chiede il riconoscimento dell'acquisto per usucapione (Nel meritoRigettare comunque la domanda, siccome del tutto infondata, in fatto ed in diritto. In via riconvenzionale, principalmente dato atto che l'immobile catastalmente identificato al Foglio (...), Particella (...), del N.C.E.U. del Comune di Sanremo è stato posseduto continuativamente, pubblicamente, pacificamente ed ininterrottamente dal conchiudente, per oltre un ventennio, accertare che quest'ultimo ne è divenuto proprietario per intervenuta usucapione), rende del tutto priva di pregio l'eccezione di parte convenuta. (4) sulla domanda attorea di rivendicazione. Il bene immobile oggetto di causa, individuato nel tratto di strada privato denominato "(...)" posto a confine tra il Condominio (...) n.13 (particella n.(...)), lo stabile che occupa gli uffici della banca (...) (particella n.(...)) e parte di proprietà di (...) (particella n. (...)), è censito al Catasto Fabbricato del Comune di Sanremo alla Sezione SR/Foglio n.(...)/Particella (...)/(...) mq. Alle spalle dei due edifici vi sono altre costruzioni, una che in passato era la sede di un'autofficina ed oggi è un garage, nonché il (...) n. 21. 4.1) Con atto di permuta a R.N.R.D.S. rep. n. (...) trascritto in S. il (...) al numero 1355 vol. 111, (...)B. e (...) fu A., allora aventi diritto in quanto proprietari degli immobili con tale area confinanti, convenivano sulla predetta area una comunione pro-indiviso, mantenuta anche in occasione delle successive avvenute modificazioni. 4.1.2) Nello specifico, gli allora proprietari del condominio in oggi denominato "(...) n.13", (...), e del palazzo in oggi di proprietà della (...), (...) e (...), disponevano che "Il sig. (...) e sigg. (...), (...) rendono comuni i terreni che si trovano rispettivamente a sud e a nord delle loro case in Corso Umberto I di questa Città, e cioè il sig. (...) la striscia di terreno di circa mq 30 (metri quadrati trenta) confinante a mezzogiorno con la sua casa, a ponente col corso Umberto a levante col vicolo (...), ivi compresa la costruzione in muratura attualmente ad uso di passaggio ed i sigg. F.-Galleano l'attigua striscia di terreno nord della loro casa tra Corso Umberto e (...) di circa metri settanta compreso lo spazio della costruzione in muratura attualmente adibita a magazzino. Il terreno così reso comune fra le due parti dovrà servire esclusivamente a strada privata di accesso al terreno retrostante le case (...) e F.-Galleano, acquistato dal (...) con atto 9 Dicembre 1912, N.R.. La strada dovrà essere sempre libera in modo che i contraenti possano sempre utilizzarla in tutta la sua larghezza con assoluto divieto di ostruzioni di qualsiasi genere e forma, anche per il sottosuolo, senza il consenso scritto dell'altra parte". La predetta disposizione veniva riportata nella relativa nota di trascrizione. 4.1.2) Con atto a (...) del (...), rep. n. (...), (...)/(...) (vedova di (...) in R. e G.(...), divenuti proprietari dell'intero fabbricato oggi (...) civ. n. 27, vendevano ognuno per la propria quota di spettanza l'intero fabbricato. Nel dettaglio: "Rimane comunque stabilito tra tutti i contraenti che, nonostante qualsiasi diversa, incompleta od errata indicazione catastale, di confini o di consistenza, s'intende venduto dai sigg. (...), (...) ced. (...), (...) in R. e dott. ing. (...)G. ed acquistato dalla (...) l'intero stabile da cielo a terra, sito in (...), con ingresso dall'attuale civico n. 27 del (...) ? con tutti gli accessori, parti comuni e pertinenze, nulla escluso od eccettuato, compresi i diritti di comproprietà spettanti agli anzidetti venditori sulla strada privata senza nome a confine col palazzo della società T. e sul vicolo (...). ... La (...) consente al signor (...) ed ai suoi aventi causa la facoltà, sempre che essa risulti indispensabile e non sia esclusa da precedente titolo, di passaggio pedonale, per accedere allo stabile di esso sig. (...) sito in C.so (...) n. 19/b attraverso la strada privata senza nome, che separa lo stabile di (...) n. 27 dal palazzo della Società (...), ed attraverso il vicolo (...)". 4.1.2.1) l'atto veniva regolarmente trascritto il 20.04.1959 e la compravendita contemplava espressamente la cessione da parte (...) anche dei diritti di cui godeva sulla stradina per cui è causa, ossia della comproprietà pro indiviso con il Condominio (...) n. 13. Dunque, dal 1959 nessun diritto di proprietà spettava al (...) sulla strada, che dal 1914 era stata oggetto di specifica regolamentazione tra le parti proprietarie, ove era stato previsto che la stessa dovesse rimanere assolutamente sgombra e priva di intralci di qualsiasi ordine e genere. 4.1.3) Con successivo atto a (...) del (...), numero 61640 rep. (...), la (...), proprietaria dal 1959 del fabbricato sito in (...) n. 27, cedeva l'intero immobile alla Cassa di Risparmio di Genova e Imperia ((...)). Nell'atto testualmente si legge: "Il fabbricato in oggetto è venduto ed acquistato a corpo nello stato di fatto e di diritto in cui si trova e come tenuto e posseduto dalla parte venditrice alla quale pervenne per atto a rogito del Notaio dr. (...) alla residenza di Imperia in data 17 aprile 1959 n. 12858 di repertorio, registrato ad Imperia il 4 Maggio 1959 al n. 201, trascritto presso la Conservatoria dei Registri Immobiliari di (...) in data 20 aprile 1959 ai n.ri 559/2242 - 1396/1884, atto che la parte acquirente dichiara di conoscere e di accettare senza riserve in ogni sua parte e particolarmente per quanto si riferisce alle servitù sia attive che passive, apparenti e non, ai diritti di passaggio ed agli accessi in genere, in detto atto ed in quelli in esso citati contenuti; il tutto per quanto attinente da aversi qui come riportato e trascritto". 4.2) Il Condominio (...) n.13, in persona dell'amministratore pro-tempore, a fronte della condotta di (...) che, pur godendo della sola mera servitù di passaggio pedonale per accedere agli immobili di sua proprietà siti nel medesimo (...) al civico 21, censite al Catasto Fabbricati del Comune di Sanremo Sez. SR, Foglio (...), Particella (...), subalterni (...), (...), (...), (...) e (...), indebitamente delimitava una parte della stradina con paletti uniti da catene al fine di collocarvi auto e moto proprie e dei propri familiari, agisce con azione di rivendicazione della stradina vicolo Pian di nave censita al CF del Comune di Sanremo alla sezione SR, Foglio (...), Particella (...), (...) mq, regolata come proprietà pro-indiviso tra lo stesso Condominio e con lo stabile dei proprietà di (...). (...) oppone la proprietà del predetto immobile con domanda riconvenzionale di acquisto dello stesso per usucapione ultraventennale. 4.2.1) La prova del diritto di proprietà è diversa a seconda se sia a titolo originario o derivativo: nel primo caso l'attore deve dimostrare i presupposti della fattispecie acquisitiva; nel caso di acquisto a titolo derivativo, ove gli eventuali vizi che inficiavano il titolo del precedente proprietario si trasferiscono sul titolo del successore secondo il principio resoluto iure dantis, resolvitur et ius accipientis, sarà necessaria la dimostrazione dell'esistenza di un titolo idoneo (valido ed efficace) e che il dante causa sia effettivamente proprietario: "il rigore della regola secondo cui chi agisce in rivendicazione deve provare la sussistenza del proprio diritto di proprietà o di altro diritto reale sul bene anche attraverso i propri danti causa, fino a risalire ad un acquisto a titolo originario o dimostrando il compimento dell'usucapione, non riceve attenuazione per il fatto che la controparte proponga domanda riconvenzionale ovvero eccezione di usucapione, in quanto chi è convenuto nel giudizio di rivendicazione non ha l'onere di fornire alcuna prova, potendo avvalersi del principio possideo quia possideo, anche nel caso in cui opponga un proprio di dominio sulla cosa rivendicata, dal momento che tale difesa non implica alcuna rinuncia alla (più vantaggiosa) posizione di possessore" (cass. n.11555/2007). 4.2.2) L'azione di rivendicazione non si prescrive, salvi gli effetti dell'acquisto della proprietà da parte di altri per usucapione, che rappresenta un modo di acquisto della proprietà a titolo originario, mediante il possesso indisturbato protratto per un determinato periodo di tempo. Ai fini dell'acquisto della proprietà, il possesso continuato nel tempo deve essere pacifico, non violento e ininterrotto. Gli effetti giuridici della usucapione si producono come conseguenza di un fatto giuridico, la sentenza che accerta tali effetti, pertanto, ha valore solo dichiarativo. La proprietà dei beni immobili si acquista in virtù del possesso continuato per venti anni. 4.2.2.1) L'usucapione rappresenta, dunque, un modo di acquisto della proprietà a titolo originario, mediante il possesso indisturbato protratto per un determinato periodo di tempo. La ratio dell'usucapione va ricercata nell'opportunità, dal punto di vista sociale, di favorire chi, nel tempo, utilizza e rende produttivo il bene a scapito del proprietario che lo trascura. Perché si verifichi l'usucapione, debbono concorrere i seguenti presupposti, la prova della cui sussistenza grava su chi agisce in giudizio per essere dichiarato proprietario: a) il possesso del bene; b) la continuità del possesso per un certo lasso di tempo. A tal fine il soggetto interessato non ha l'onere di fornire la prova di aver posseduto il bene giorno per giorno, minuto per minuto, per tutto l'arco di tempo richiesto. La legge, infatti, lo agevola con la "presunzione di possesso intermedio", in forza del quale basta che il possessore dimostri di possedere ora e di aver posseduto in un tempo più remoto. Ciò e sufficiente per far presumere, iuris tantum, che abbia posseduto anche nel periodo intermedio; c) la non interruzione del possesso; d) il decorso di un certo lasso di tempo. Ai fini dell'acquisto della proprietà, il possesso continuato nel tempo deve essere pacifico, non violento e non interrotto. L'usucapione si realizza quando il possesso è esercitato, per l'intero periodo previsto dalla legge, in modo continuativo, ossia senza interruzioni. L'acquisto del diritto per usucapione avviene per legge, nel momento in cui matura il termine previsto dalle norme del codice civile che, per quanto riguarda i beni immobili, è di venti anni (art. 1158 c.c.). L'accertamento per via giudiziale dell'intervenuta usucapione dà luogo a una sentenza accertativa avente natura dichiarativa e non costitutiva (cfr. cass. n.2485/2007; cass. n.12609/2008). Gli effetti giuridici dell'usucapione si producono, dunque, quale conseguenza di un fatto giuridico: la sentenza che accerta tali effetti, pertanto, ha valore solo dichiarativo. La trascrizione, in base all'articolo 2651 del codice civile, della sentenza da cui risulta acquistato per usucapione la proprietà dei beni immobili e gli altri diritti reali di godimento sui beni medesimi ha, pertanto, natura di pubblicità-notizia, in quanto assolve allo scopo di garantire completezza ai pubblici registri. 4.2.3) Tanto premesso, va innanzitutto osservato come il Condominio (...) n.13, con riferimento al bene la cui proprietà è controversa, ha assolto l'onere probatorio di cui era gravata allegando al proprio fascicolo di parte i titoli d'acquisto. In tema di rivendicazione, per l'individuazione del bene rivendicato, del quale si chiede il rilascio, la base primaria dell'indagine del giudice di merito è costituita dall'esame e dalla valutazione dei titoli di acquisto delle rispettive proprietà, quando essi sono stati esibiti in giudizio. Difatti solo la mancanza o insufficienza di indicazioni sui dati di individuazione delle unità rilevabile dai titoli, ovvero la loro mancata produzione, giustifica il ricorso ad altri mezzi di prova, ivi comprese le mappe catastali (cass. n. 21834/2007). 4.2.3.1) Sul punto va osservato che secondo un risalente e più consolidato indirizzo giurisprudenziale della Suprema Corte in tema di azione di rivendicazione, ove il convenuto spieghi una domanda ovvero un'eccezione riconvenzionale, invocando un possesso "adusucapionem" iniziato successivamente al perfezionarsi dell'acquisto ad opera dell'attore in rivendica (o del suo dante causa), l'onere probatorio gravante su quest'ultimo si riduce alla prova del suo titolo d'acquisto, nonché della mancanza di un successivo titolo di acquisto per usucapione da parte del convenuto, attenendo il "thema disputandum" all'appartenenza attuale del bene al convenuto in forza dell'invocata usucapione e non già all'acquisto del bene medesimo da parte dell'attore (ex multis cass. n. 8215/2016). Va tuttavia dato atto di un indirizzo giurisprudenziale allo stato minoritario, al quale non si intende aderire, secondo cui, nell' ipotesi in cui il possessore che propone in via riconvenzionale eccezione di usucapione si avvalga del principio "possideo quia possideo", non vi sarebbe alcuna attenuazione del rigore probatorio in tema di rivendicazione (cass. civ. n.14734/2018). In ogni caso, anche volendo seguire questo orientamento, deve osservarsi che nella fattispecie il convenuto, nella comparsa di costituzione e risposta, si è limitato ad affermare apoditticamente il suo possesso, non ha contestato i titoli d'acquisto della parte attrice, implicitamente riconoscendoli. 4.2.4) Vertendosi in fattispecie di diritto di proprietà a titolo derivativo, il Condominio, con le produzioni documentali offerte in prova e sopra evidenziate (nello specifico: atto di permuta a (...) rep. n. (...) trascritto in S. il (...) al numero 1355 vol. 111; atto a (...) rep. n. (...) trascritto in S. il (...) al numero 1355; nota di trascrizione ; atto a (...) del (...), rep. n. (...) regolarmente trascritto il 20/04/1959; atto a (...) del (...), numero 61640 rep. (...)), ha dimostrato l'esistenza di un titolo idoneo (valido ed efficace) e che i danti causa erano effettivamente proprietari: "il rigore della regola secondo cui chi agisce in rivendicazione deve provare la sussistenza del proprio diritto di proprietà o di altro diritto reale sul bene anche attraverso i propri danti causa, fino a risalire ad un acquisto a titolo originario o dimostrando il compimento dell'usucapione, non riceve attenuazione per il fatto che la controparte proponga domanda riconvenzionale ovvero eccezione di usucapione, in quanto chi è convenuto nel giudizio di rivendicazione non ha l'onere di fornire alcuna prova, potendo avvalersi del principio possideo quia possideo, anche nel caso in cui opponga un proprio di dominio sulla cosa rivendicata, dal momento che tale difesa non implica alcuna rinuncia alla (più vantaggiosa) posizione di possessore" (cass. n.11555/2007). 4.2.4.1) Alcun pregio ha l'eccezione di parte convenuta relativa alla mancata apparizione del Condominio nei rogiti in atti atteso che questi risalgono ad un periodo in cui i condomìni non erano ancora sorti, infatti degli interi fabbricato ne disponevano i proprietari che, con il rogito Notaio (...) rep. n. (...) trascritto in S. il (...) al numero 1355 vol. 111, convenivano la comunione pro-indiviso di un tratto di strada limitrofo alle parti di loro proprietà, tratto di strada meglio specificato nel successivo atto di compravendita a rogito notaio (...)D.I. del (...) rep. (...) e trascritto in Sanremo il 20/04/1959 ("quanto i diritti di comproprietà che spettanti al medesimo venditore sulla strada privata senza nome, sita a confine col palazzo della Società T. e sul vicolo (...), strada privata che figura in catasto a pag. 37 foglio XLII n. (...) con mq. (...)"), esattamente l'immobile oggetto del presente giudizio. Dunque, a partire dal 1914, la proprietà della stradina vicolo (...), censita al Catasto fabbricati del Comune di Sanremo Sezione SR, Foglio n. (...), Particella (...), (...) mq, è stata regolata come proprietà pro indiviso tra il Condominio (...) 13 e in oggi con lo stabile di proprietà della (...) SpA. La condotta ascritta a (...), che godeva di una mera servitù di passaggio pedonale per accedere agli immobili di sua proprietà e non anche un diritto reale, diritto reale minore o di godimento, una qualsiasi tipo di concessione e/o autorizzazione da parte del Condominio attore e del palazzo Carige, delimitando una parte della stradina con paletti uniti da catene al fine di collocarvi auto e moto proprie e dei propri familiari, lede il diritto di proprietà di questi ultimi. (5) sulla domanda riconvenzionale di usucapione. Avendo la parte convenuta formulato domanda riconvenzionale di usucapione, occorre esaminare nel merito il relativo tema ovvero la questione dell'intervenuta usucapione dell'area contesa tra le parti. (...), convenuto in giudizio per il rilascio dell'immobile, fonda, infatti, la sua difesa invocando un titolo di acquisto diverso da quello che la parte attrice pone a sostegno della sua domanda e chiedendone in via riconvenzionale l'accertamento. Non si è limitato solo a chiedere il rigetto della domanda attorea ma chiede a sua volta una pronuncia in suo favore ovvero l'accertamento della maturata usucapione ex art. 1158 c.c. dell'immobile catastalmente identificato al Foglio (...), Particella (...), del N.C.E.U. del Comune di Sanremo. 5.1) È onere di colui che chiede l'accertamento della intervenuta usucapione dimostrare di aver esercitato sul bene un potere di fatto estrinsecatosi in un'attività corrispondente all'esercizio del diritto di proprietà. Questi non solo deve provare il corpus, dimostrando di essere nella disponibilità del bene, ma anche l'animus possidendi per il tempo necessario ad usucapire. Ai fini della usucapione è, infatti, necessaria la manifestazione del dominio esclusivo sulla "res" da parte dell'interessato attraverso un'attività apertamente contrastante e inoppugnabilmente incompatibile con il possesso altrui, gravando l'onere della relativa prova su colui che invochi l'avvenuta usucapione del bene (ex multis, cass. 20508/2019; cass. n. 23849/2018). 5.2) Ebbene, va osservato che (...) non ha offerta adeguata prova di aver posseduto "uti dominus" l'immobile descritto al NCEU del Comune di Sanremo al Foglio (...), Particella (...), per un periodo, continuativo, ininterrotto, pubblico e pacifico, di almeno venti anni. 5.3) (...) ha rimesso la dimostrazione di tutti gli elementi costitutivi dell'invocata fattispecie acquisitiva a titolo originario del diritto di proprietà affermato nella domanda riconvenzionale sostanzialmente alla sola prova orale, deducendo la testimonianza di (...) (figlio del convenuto), (...), (...), (...) (figlia del convenuto), (...) (nipote del convenuto), (...) (genero del convenuto), (...) (cognata del convenuto), (...), (...), (...), non producendo alcun documento a supporto delle proprie argomentazioni (note di trascrizione, visura catastale, relazione tecnica, etcc.), all'esito della quale ha offerto la prova della disponibilità del bene conteso ma non anche del dominio esclusivo sul bene attraverso un'attività incompatibile con il possesso della parte attrice. 5.3.1) In ragione della circostanza non contestata che il (...) godeva sulla stradina oggetto di contesa di una servitù di passaggio, all'evidenza alcun rilievo assumono le testimonianze volte a provare come il convenuto abbia transitato sull'area per cui è causa per accedere al retrostante edificio utilizzando detta area anche per il parcheggio e la manovra, in quanto attività non corrispondente all'esercizio del diritto di proprietà. 5.3.2) (...) adduce a prova del possesso pacifico, pubblico, continuativo ed ininterrotto: (1) l'avvenuta delimitazione dell'area contesa con apposizione di paletti a far data dagli anni '80; (2) l'apposizione di cartelli riportanti la dicitura "proprietà privata" sui muri del condominio prospicenti sull'area contesa a far data dagli anni '70; (3) il riconoscimento della sua proprietà da parte del Comune di Sanremo e da parte di privati che avrebbero utilizzato l'area su sua concessione nonché dall'utilizzo continuativo dell'area quale zona di sosta per sé e i propri famigliari. 5.3.2.1) Quanto alla circostanza di cui al punto (1), non può dirsi offerta la prova rigorosa, secondo il criterio della prova "al di là di ogni ragionevole dubbio", applicabile nella fattispecie atteso che "almeno in materia immobiliare, la prova del titolo formale del diritto reale si basa su un elemento certo (salvi i casi di falsificazione) che è dato dall'atto scritto con cui si acquista il diritto; non è pensabile che tale certezza sia scalfita da testimonianze o presunzioni non dotate di un assai grado di plausibilità", ma neppure secondo la regola della "preponderanza dell'evidenza" o del "più probabile che non", che, a far data dagli anni 80, il convenuto (...) aveva delimitato l'area contesa con apposizione di paletti atteso che, fermo restando il giudizio di inattendibilità soggettiva delle dichiarazioni rese dalle persone in stretto rapporto di parentela o di affinità col convenuto che trarrebbero un indubbio vantaggio dal riconoscimento dell'acquisto per usucapione del bene immobile oggetto di contesa ((...), (...), (...), (...), (...)), le dichiarazioni rese dal teste neutro (...), laddove confermava di aver visto il (...) apporre i paletti (alla domanda Vero che all'inizio degli anni 80 il geom. (...) ha apposto i paletti e le catene che delimitano le zone di parcheggio e manovra e riconosco nelle foto che mi vengono rammostrate (docc. 5-6)?, rispondeva: "il geom. (...) ha apposto i paletti e le catene che delimitano le zone di parcheggio e manovra. L'ho visto personalmente"), del teste non del tutto neutro in quanto gli era stato concesso da parte del convenuto di poter transitare nell'area contesa per accedere al retrostante magazzino locatogli dallo stesso convenuto, (...), laddove dichiarava di aver visto il (...) apporre i paletti (alla domanda Vero che dal 1978 ad oggi il geom. (...) transita con mezzi meccanici sull'area per cui è causa per accedere al retrostante edificio ed utilizza detta area anche per il parcheggio e la manovra, nelle zone delimitate con i paletti e le catene che riconosco nelle foto che mi vengono rammostrate (docc. 5-6)?, rispondeva: "si è vero, con l'azienda di famiglia siamo stati in affitto da loro a far data dal 1968 fino al dicembre 1986. Anche noi li transitavamo"; alla domanda Vero che alla fine degli anni '70 il geom. (...) ha apposto sulla facciata del Condominio, i cartelli recanti la scritta "proprietà privata", che riconosco nelle foto che mi vengono rammostrate (docc. 5-6)?, rispondeva: "è vero, l'ho constatato personalmente"; alla domanda Vero che all'inizio degli anni '80 il geom. (...) ha apposto i paletti e le catene che delimitano le zone di parcheggio e manovra e riconosco nelle foto che mi vengono rammostrate (docc. 5-6)?, rispondeva: "si è vero, l'ho visto personalmente. Ovviamente non lui, ma gli operai che mettevano i paletti") e dal teste, anch'esso non del tutto neutro in quanto gli veniva concesso dal convenuto di utilizzare l'ultimo parcheggio posto sull'area contesa, (...) laddove dichiarava di ricordare la presenza di catene che delimitavano i posti auto, non venivano confermate dal teste neutro (...), a conoscenza dei luoghi in quanto collaboratore degli studi del dr. (...) e del notaio (...) siti al corso (...) e cliente dell'officina BMW sita la fondo del vicolo Pian di neve ove portava la moto per il tagliando, il quale non ricordava di aver mai visto alcuna area di parcheggio delimitata da catene e paletti (alla domanda Vero che la stradina-cortile che congiunge (...), tra i numeri civici 13 e 27, con (...) - talvolta denominata negli atti (...) o strada privata senza nome - sita in Sanremo, meglio censita al Catasto Fabbricati del Comune di Sanremo alla Sezione SR, Foglio n. (...), Particella (...), (...) mq, è stata utilizzata dagli esercenti l'autofficina sita in (...) n. 19 fino almeno al 2003 per la collocazione delle auto in attesa di essere riparate o pronte per la riconsegna?, così rispondeva: "si è vero. Io avevo una moto BMW che vi portavo a fare regolare tagliando. Lo so in quanto collaboravo con lo studio (...) che della (...), dal 1990 al 2005, ed ho potuto osservare quanto in domanda"; alla domanda Vero che la stradina-cortile che congiunge (...), tra i numeri civici 13 e 27, con (...) - talvolta denominata negli atti (...) o strada privata senza nome - sita in Sanremo, meglio censita al Catasto Fabbricati del Comune di Sanremo alla Sezione SR, Foglio n. (...), Particella (...), (...) mq, veniva occupata stabilmente dal signor (...) e dai suoi familiari dopo il 2009?, così rispondeva: "questo non lo so. Io mai ho visto paletti a delimitazione dello spazio auto dei parcheggi") e dal teste neutro (...), direttore dei lavori presso il condominio attore dal 1990 al 2003, che ricordava la presenza di veicoli ma non di paletti (alla domanda Vero che la stradina-cortile che congiunge (...), tra i numeri civici 13 e 27, con (...) - talvolta denominata negli atti (...) o strada privata senza nome - sita in Sanremo, meglio censita al Catasto Fabbricati del Comune di Sanremo alla Sezione SR, Foglio n. (...), Particella (...), (...) mq, è stata utilizzata dagli esercenti l'autofficina sita in (...) n. 19 fino almeno al 2003 per la collocazione delle auto in attesa di essere riparate o pronte per la riconsegna?, rispondeva: "conosco la zona, in quanto ho svolto direzione lavori per il condominio attore, e ciò a cavallo degli 2000, fine anni 1990 fino al 2003. Quando io ho frequentato per motivi professionali quella zona, effettivamente era utilizzata come nella domanda postami. Ricordo la presenza di veicoli ma non quella di paletti"). 5.3.2.2) Quanto alla circostanza di fatto di cui al punto 2), il teste (...), esercente attività lavorativa preso l'autofficina del padre dal 1978, ha dichiarato di non ricordare se il (...) aveva apposto sulla facciata del Condominio, i cartelli recanti la scritta "proprietà privata" (alla domanda Vero che la stradina-cortile che congiunge (...), tra i numeri civici 13 e 27, con (...) - talvolta denominata negli atti (...) o strada privata senza nome - sita in Sanremo, meglio censita al Catasto Fabbricati del Comune di Sanremo alla Sezione SR, Foglio n. (...), Particella (...), (...) mq, è stata utilizzata dagli esercenti l'autofficina sita in (...) n. 19 fino almeno al 2003 per la collocazione delle auto in attesa di essere riparate o pronte per la riconsegna?, rispondeva: "si è vero. Lo so perché dal 1978 ho lavorato con mio padre che era il titolare dell'officina"; alla domanda Vero che alla fine degli anni '70 il geom. (...) ha apposto sulla facciata del Condominio, i cartelli recanti la scritta "proprietà privata", che riconosco nelle foto che mi vengono rammostrate (docc. 5-6)?, rispondeva: "non lo ricordo"; alla domanda Vero che nel 1995 il sig. (...) ha apposto, sulla facciata del Condominio, il cartello recante la scritta "passo carraio", che riconosco nelle foto che mi vengono rammostrate (docc. 5-6), rispondeva: "non lo ricordo"). In ragione delle predette dichiarazioni, della cui attendibilità soggettiva ed oggettiva non è lecito dubitare in ragione dell'estraneità ai fatti e della prolungata frequentazione della zona, non può ritenersi provata la predetta circostanza all'esito delle dichiarazioni rese da (...) e (...) della cui attendibilità è lecito dubitare in ragione dello stretto rapporto di parentela che le legava al convenuto. Le medesime argomentazioni valgono per le deposizioni dei testi L., D.F. e R., in quanto generi e cognata di (...). 5.3.2.3) Né l'intervenuto acquisito per usucapione può inferirsi dal riconoscimento del (...) quale proprietario ad opera del Comune di Sanremo atteso che, ai fini che qui interessano, l'unilaterale intestazione a proprio nome dell'area in contesa presso il catasto del predetto comune non ha rilevanza probatoria alcuna, intestazione del mappale, peraltro, assunta in riserva. 5.3.2.4) Neppure a tal fine rileva l'asserito riconoscimento quale proprietario da parte del (...) il quale, proprietario di un immobile sito in fondo al vicolo Pian di nave (part. n.(...)) come atto di compravendita a Rogito Notaio (...) (rep. (...) registrato il (...) ai nn. 391/184) nel 1998 avrebbe richiesto al (...) l'autorizzazione alla realizzazione di un ascensore. La scrittura privata all'uopo invocata ed evocata ha soltanto valore obbligatorio tra le parti e non anche verso il Condominio proprietario. In ogni caso, l'immobile indicato nella scrittura privata prodotta da parte convenuta, veniva venduto dal (...) nel 2005 al (...) che lo concedeva in locazione a (...) fino al settembre del 2002 per l'utilizzazione ad officina BMW. Fino a quest'ultima data, lungo la stradina contesa, lato monte, venivano collocati i mezzi in attesa di essere riparati o pronti per essere consegnati ai clienti come inequivocabilmente si evince dalle dichiarazioni rese da (...) (alla domanda Vero che la stradina-cortile che congiunge (...), tra i numeri civici 13 e 27, con (...) - talvolta denominata negli atti (...) o strada privata senza nome - sita in Sanremo, meglio censita al Catasto Fabbricati del Comune di Sanremo alla Sezione SR, Foglio n. (...), Particella (...), (...) mq, è stata utilizzata dagli esercenti l'autofficina sita in (...) n. 19 fino almeno al 2003 per la collocazione delle auto in attesa di essere riparate o pronte per la riconsegna?, rispondeva: "si mi risulta in quanto io lavoravo in corso (...) al n.50 dal 1973 al 21.08.2020"; alla domanda Vero che la stradina-cortile che congiunge (...), tra i numeri civici 13 e 27, con (...) - talvolta denominata negli atti (...) o strada privata senza nome - sita in Sanremo, meglio censita al Catasto Fabbricati del Comune di Sanremo alla Sezione SR, Foglio n. (...), Particella (...), (...) mq, è stata utilizzata fino almeno al 2005 anche dall'allora amministratore del (...) n. 13, dott. (...) per parcheggiare la propria autovettura?, rispondeva: "assolutamente si, io stessa ivi mi sono recata per ritirare la macchina del dott. (...) per accompagnarlo"; alla domanda Vero che la stradina-cortile che congiunge (...), tra i numeri civici 13 e 27, con (...) - talvolta denominata negli atti (...) o strada privata senza nome - sita in Sanremo, meglio censita al Catasto Fabbricati del Comune di Sanremo alla Sezione SR, Foglio n. (...), Particella (...), (...) mq, è stata utilizzata fino almeno al 2005 anche dal Notaio (...), che aveva studio proprio in (...) n. 13, nonché dalle impiegate di quest'ultima, per parcheggiare le proprie autovetture?, rispondeva: "si mi risulta, io conoscevo la macchina della (...) in quanto era nostra cliente"), dal teste (...) (alla domanda Vero che la stradina-cortile che congiunge (...), tra i numeri civici 13 e 27, con (...) - talvolta denominata negli atti (...) o strada privata senza nome - sita in Sanremo, meglio censita al Catasto Fabbricati del Comune di Sanremo alla Sezione SR, Foglio n. (...), Particella (...), (...) mq, è stata utilizzata dagli esercenti l'autofficina sita in (...) n. 19 fino almeno al 2003 per la collocazione delle auto in attesa di essere riparate o pronte per la riconsegna?, rispondeva: "si è vero. Lo so perché dal 1978 ho lavorato con mio padre che era il titolare dell'officina"), dal teste (...) (alla domanda Vero che la stradina-cortile che congiunge (...), tra i numeri civici 13 e 27, con (...) - talvolta denominata negli atti (...) o strada privata senza nome - sita in Sanremo, meglio censita al Catasto Fabbricati del Comune di Sanremo alla Sezione SR, Foglio n. (...), Particella (...), (...) mq, è stata utilizzata dagli esercenti l'autofficina sita in (...) n. 19 fino almeno al 2003 per la collocazione delle auto in attesa di essere riparate o pronte per la riconsegna?, rispondeva: "conosco la zona, in quanto ho svolto direzione lavori per il condominio attore, e ciò a cavallo degli 2000, fine anni 1990 fino al 2003. Quando io ho frequentato per motivi professionali quella zona, effettivamente era utilizzata come nella domanda postami. Ricordo la presenza di veicoli ma non quella di paletti") e dal teste (...) (alla domanda Vero che la stradina-cortile che congiunge (...), tra i numeri civici 13 e 27, con (...) - talvolta denominata negli atti (...) o strada privata senza nome - sita in Sanremo, meglio censita al Catasto Fabbricati del Comune di Sanremo alla Sezione SR, Foglio n. (...), Particella (...), (...) mq, è stata utilizzata dagli esercenti l'autofficina sita in (...) n. 19 fino almeno al 2003 per la collocazione delle auto in attesa di essere riparate o pronte per la riconsegna?, rispondeva: "si è vero. Io avevo una moto BMW che vi portavo a fare regolare tagliando. Lo so in quanto collaboravo con lo studio (...) che della (...), dal 1990 al 2005, ed ho potuto osservare quanto in domanda"). 5.4) Non potendo far risalire il possesso ad usucapionem per un periodo antecedente il settembre dell'anno 2002 in ragione del fatto che il locale presente sul fondo di vicolo Pian di nave (part. (...)) era condotto in locazione dal (...) che utilizzava la stradina oggetto di contesa per ivi collocare le autovetture e/o motocicli dei propri clienti, il (...) solo dopo tale data, inidonea all'integrazione della usucapione con riferimento al requisito temporale, può aver utilizzato il predetto spazio per ivi collocare in maniera stabile e continuativa le autovetture ed i motocicli propri e della propria famiglia. 5.4.1) A conferma della circostanza che il possesso sul bene oggetto di contesa non si fosse sviluppato in maniera pacifica ed interrotta per un periodo di venti anni, soccorre la circostanza che uno dei posti auto era stato utilizzato fino all'anno 2005 da (...) (amministratore del Condominio), dal notaio (...), che ivi aveva il proprio studio, e dalle sue impiegate. 5.4.1.1) L'utilizzo del posto auto almeno a far data al 2005 da parte (...), anche in qualità di amministratore del Condominio, è stato confermato da: (i) (...) (alla domanda Vero che la stradina-cortile che congiunge (...), tra i numeri civici 13 e 27, con (...) - talvolta denominata negli atti (...) o strada privata senza nome - sita in Sanremo, meglio censita al Catasto Fabbricati del Comune di Sanremo alla Sezione SR, Foglio n. (...), Particella (...), (...) mq, è stata utilizzata dagli esercenti l'autofficina sita in (...) n. 19 fino almeno al 2003 per la collocazione delle auto in attesa di essere riparate o pronte per la riconsegna?, rispondeva: "si mi risulta in quanto io lavoravo in corso M. al n.50 dal 1973 al 21.08.2020"; alla domanda Vero che la stradina-cortile che congiunge (...), tra i numeri civici 13 e 27, con (...) - talvolta denominata negli atti (...) o strada privata senza nome - sita in Sanremo, meglio censita al Catasto Fabbricati del Comune di Sanremo alla Sezione SR, Foglio n. (...), Particella (...), (...) mq, è stata utilizzata fino almeno al 2005 anche dall'allora amministratore del (...) n. 13, dott. (...) per parcheggiare la propria autovettura?, rispondeva: "assolutamente si, io stessa ivi mi sono recata per ritirare la macchina del dott. (...) per accompagnarlo"); (ii) (...) (alla domanda Vero che la stradina-cortile che congiunge (...), tra i numeri civici 13 e 27, con (...) - talvolta denominata negli atti (...) o strada privata senza nome - sita in Sanremo, meglio censita al Catasto Fabbricati del Comune di Sanremo alla Sezione SR, Foglio n. (...), Particella (...), (...) mq, è stata utilizzata dagli esercenti l'autofficina sita in (...) n. 19 fino almeno al 2003 per la collocazione delle auto in attesa di essere riparate o pronte per la riconsegna?, rispondeva: "conosco la zona, in quanto ho svolto direzione lavori per il condominio attore, e ciò a cavallo degli 2000, fine anni 1990 fino al 2003. Quando io ho frequentato per motivi professionali quella zona, effettivamente era utilizzata come nella domanda postami. Ricordo la presenza di veicoli ma non quella di plaetti"; alla domanda Vero che la stradina-cortile che congiunge (...), tra i numeri civici 13 e 27, con (...) - talvolta denominata negli atti (...) o strada privata senza nome - sita in Sanremo, meglio censita al Catasto Fabbricati del Comune di Sanremo alla Sezione SR, Foglio n. (...), Particella (...), (...) mq, è stata utilizzata fino almeno al 2005 anche dall'allora amministratore del (...) n. 13, dott. (...) per parcheggiare la propria autovettura?, rispondeva: "ricordo di avere visto l'auto del dr. (...) in quella zona diverse volte"); (iii) (...) (alla domanda Vero che la stradina-cortile che congiunge (...), tra i numeri civici 13 e 27, con (...) - talvolta denominata negli atti (...) o strada privata senza nome - sita in Sanremo, meglio censita al Catasto Fabbricati del Comune di Sanremo alla Sezione SR, Foglio n. (...), Particella (...), (...) mq, è stata utilizzata fino almeno al 2005 anche dall'allora amministratore del (...) n. 13, dott. (...) per parcheggiare la propria autovettura?, rispondeva: "ricordo che il (...) ci parcheggiava, ma non ricordo gli anni in cui lo faceva"); (iv) (...) (alla domanda Vero che la stradina-cortile che congiunge (...), tra i numeri civici 13 e 27, con (...) - talvolta denominata negli atti (...) o strada privata senza nome - sita in Sanremo, meglio censita al Catasto Fabbricati del Comune di Sanremo alla Sezione SR, Foglio n. (...), Particella (...), (...) mq, è stata utilizzata dagli esercenti l'autofficina sita in (...) n. 19 fino almeno al 2003 per la collocazione delle auto in attesa di essere riparate o pronte per la riconsegna?, rispondeva: "io lavoravo al primo piano presso il notaio (...) dal 1992 al 2008. Io potevo vedere il vicolo sotto dove c'era un'autorimessa in fondo. Ho visto che lungo la stradina , sul lato di sinistra, vi erano dei parcheggi liberi e li ho visto parcheggiate delle auto. Anche il notaio (...) ivi ha parcheggiato. Non sono in grado di dire se le auto ivi parcheggiate erano dei clienti dell'autofficina"; alla domanda Vero che la stradina-cortile che congiunge (...), tra i numeri civici 13 e 27, con (...) - talvolta denominata negli atti (...) o strada privata senza nome - sita in Sanremo, meglio censita al Catasto Fabbricati del Comune di Sanremo alla Sezione SR, Foglio n. (...), Particella (...), (...) mq, è stata utilizzata fino almeno al 2005 anche dall'allora amministratore del (...) n. 13, dott. (...) per parcheggiare la propria autovettura?, così rispondeva: "si ce la vedevo"; alla domanda Vero che la stradina-cortile che congiunge (...), tra i numeri civici 13 e 27, con (...) - talvolta denominata negli atti (...) o strada privata senza nome - sita in Sanremo, meglio censita al Catasto Fabbricati del Comune di Sanremo alla Sezione SR, Foglio n. (...), Particella (...), (...) mq, è stata utilizzata fino almeno al 2005 anche dal Notaio (...), che aveva studio proprio in (...) n. 13, nonché dalle impiegate di quest'ultima, per parcheggiare le proprie autovetture?, rispondeva: "si come ho già detto per quanto riguarda la (...). Non sono in grado di dire se ci parcheggiassero anche le mie colleghe. Posso dire che qualche volta hanno citofonato in studio per lamentarsi che il Notaio avesse ivi parcheggiato"); (v) (...) (alla domanda Vero che la stradina-cortile che congiunge (...), tra i numeri civici 13 e 27, con (...) - talvolta denominata negli atti (...) o strada privata senza nome - sita in Sanremo, meglio censita al Catasto Fabbricati del Comune di Sanremo alla Sezione SR, Foglio n. (...), Particella (...), (...) mq, è stata utilizzata dagli esercenti l'autofficina sita in (...) n. 19 fino almeno al 2003 per la collocazione delle auto in attesa di essere riparate o pronte per la riconsegna?, rispondeva: "conosco i luoghi. Io lavoravo ed ancora oggi lavoro in corso (...) n.50 di fronte all'autofficina. Preciso che oggi non c'è più. Io lavorato lì dal 1981 ad oggi. Io vidi parcheggiate delle auto dove in fondo c'era la officina. Io vedevo le auto parcheggiate ma non posso dire se fossero dei clienti dell'autofficina"; alla domanda Vero che la stradina-cortile che congiunge (...), tra i numeri civici 13 e 27, con (...) - talvolta denominata negli atti (...) o strada privata senza nome - sita in Sanremo, meglio censita al Catasto Fabbricati del Comune di Sanremo alla Sezione SR, Foglio n. (...), Particella (...), (...) mq, è stata utilizzata fino almeno al 2005 anche dall'allora amministratore del (...) n. 13, dott. (...) per parcheggiare la propria autovettura?, rispondeva: "si è vero, posso dirlo con certezza"; alla domanda Vero che la stradina-cortile che congiunge (...), tra i numeri civici 13 e 27, con (...) - talvolta denominata negli atti (...) o strada privata senza nome - sita in Sanremo, meglio censita al Catasto Fabbricati del Comune di Sanremo alla Sezione SR, Foglio n. (...), Particella (...), (...) mq, è stata utilizzata fino almeno al 2005 anche dal Notaio (...), che aveva studio proprio in (...) n. 13, nonché dalle impiegate di quest'ultima, per parcheggiare le proprie autovetture?, rispondeva: "ricordo perfettamente che il notaio (...) ivi parcheggiasse"; alla domanda Vero che la stradina-cortile che congiunge (...), tra i numeri civici 13 e 27, con (...) - talvolta denominata negli atti (...) o strada privata senza nome - sita in Sanremo, meglio censita al Catasto Fabbricati del Comune di Sanremo alla Sezione SR, Foglio n. (...), Particella (...), (...) mq, veniva occupata stabilmente dal signor (...) e dai suoi familiari dopo il 2009?, rispondeva: "conosco il signor (...). (...) posso dire che nei luoghi indicati parcheggia la signora della farmacia. Non sono in grado di dire quale tipo di auto parcheggiasse il notaio (...). IL (...) aveva una Peugeot rossa o arancione che si aprivano le porte con un bottone. Faccio presente che io lavoro per lo studio professionale (...)/(...)"); (vi) (...) (alla domanda Vero che la stradina-cortile che congiunge (...), tra i numeri civici 13 e 27, con (...) - talvolta denominata negli atti (...) o strada privata senza nome - sita in Sanremo, meglio censita al Catasto Fabbricati del Comune di Sanremo alla Sezione SR, Foglio n. (...), Particella (...), (...) mq, è stata utilizzata dagli esercenti l'autofficina sita in (...) n. 19 fino almeno al 2003 per la collocazione delle auto in attesa di essere riparate o pronte per la riconsegna?, rispondeva: "si è vero. Io avevo una moto BMW che vi portavo a fare regolare tagliando. Lo so in quanto collaboravo con lo studio (...) che della (...), dal 1990 al 2005, ed ho potuto osservare quanto in domanda"; alla domanda Vero che la stradina-cortile che congiunge (...), tra i numeri civici 13 e 27, con (...) - talvolta denominata negli atti (...) o strada privata senza nome - sita in Sanremo, meglio censita al Catasto Fabbricati del Comune di Sanremo alla Sezione SR, Foglio n. (...), Particella (...), (...) mq, è stata utilizzata fino almeno al 2005 anche dall'allora amministratore del (...) n. 13, dott. (...) per parcheggiare la propria autovettura?, rispondeva: "assolutamente si"; alla domanda Vero che la stradina-cortile che congiunge (...), tra i numeri civici 13 e 27, con (...) - talvolta denominata negli atti (...) o strada privata senza nome - sita in Sanremo, meglio censita al Catasto Fabbricati del Comune di Sanremo alla Sezione SR, Foglio n. (...), Particella (...), (...) mq, è stata utilizzata fino almeno al 2005 anche dal Notaio (...), che aveva studio proprio in (...) n. 13, nonché dalle impiegate di quest'ultima, per parcheggiare le proprie autovetture?, rispondeva: "assolutamente si"); (vii) (...) (alla domanda Vero che la stradina-cortile che congiunge (...), tra i numeri civici 13 e 27, con (...) - talvolta denominata negli atti (...) o strada privata senza nome - sita in Sanremo, meglio censita al Catasto Fabbricati del Comune di Sanremo alla Sezione SR, Foglio n. (...), Particella (...), (...) mq, è stata utilizzata fino almeno al 2005 anche dall'allora amministratore del (...) n. 13, dott. (...) per parcheggiare la propria autovettura?, rispondeva: "si questo lo ricordo in quanto io diverse volte mi sono recato a prendere la macchina del dr. (...) ivi parcheggiata per condurlo in aereoporto. Ciò è avvenuto dal 2002 al 2006"). 5.4.1.2) L'utilizzo del posto auto almeno a far data al 2005 da parte del notaio P.R. e delle sue impiegate, è stato confermato: (i) (...) che, avendo lavorato in C.so (...) dal 1973 al 2020, conosceva quale fosse stata la vettura della (...) in quanto sua cliente; (ii) (...), impiegata presso lo studio del notaio (...) dal 1992 al 2008, la quale confermava come talvolta citofonassero in studio lamentando l'avvenuto parcheggio ad opera del notaio (...); (iii) (...), impiegata presso un ufficio sito in C.so (...) n.50; (iv) (...), collaboratore dal 1990 al 2005 degli studi (...) e (...), siti in C.so (...). 5.4.2) Le dichiarazioni rese dai testi di parte convenuta, anche in ragione di quanto dichiarato dai testi di parte attrice, all'evidenza non sono sufficienti a fornire la prova del possesso continuativo ventennale "uti dominus" chiesta dalla consolidata giurisprudenza in materia di usucapione, ai sensi della quale, al fine di dimostrare la sussistenza del possesso utile ad usucapire, non deve adottarsi il canone del "più probabile che non" ma occorre fare riferimento al criterio della prova "al di là di ogni ragionevole dubbio" atteso che "almeno in materia immobiliare, la prova del titolo formale del diritto reale si basa su un elemento certo (salvi i casi di falsificazione) che è dato dall'atto scritto con cui si acquista il diritto; non è pensabile che tale certezza sia scalfita da testimonianze o presunzioni non dotate di un assai grado di plausibilità" (cass. n. 21873/2018). 5.4.2.1) Dai richiamati costituti dichiarativi si inferisce solo l'asserito uso/detenzione della stradina da parte del (...) a far data dal settembre 2002, da sola insufficiente ad integrare sotto il profilo temporale la invocata fattispecie acquisitiva, restando invece indeterminati i termini essenziali della fattispecie acquisitiva in parola. Ma ai fini dell'usucapione non è sufficiente affermare genericamente di aver posseduto ed usato il bene per oltre venti anni: "colui che afferma di aver usucapito deve fornire la dimostrazione del come e del quando abbia cominciato a possedere "uti dominus", non essendo sufficiente a tal fine una semplice dichiarazione di aver posseduto" (cass. n. 21873/2018; cass. n. 9325/2011). Chi agisce per usucapione deve dare prova dei fatti storici integranti un possesso "uti dominus" e li deve collocare con sufficiente precisione nel tempo e nello spazio. 5.4.2.1.1) E all'uopo, l'apposizione di alcuni paletti in un arco spazio/temporale non accertato con la necessaria precisione, l'affermazione di essere proprietario, cortesi concessioni di sosta e di transito a terze persone in costanza di una servitù di passaggio, pur fatti idonei a provare il "corpus" (di essere, cioè, nella disponibilità del bene), non sono circostanze idonee, in assenza di altri indizi, assenti nel caso che ci occupa, ad integrare un possesso uti dominus ed a fornire la prova dell'animus possidendi per il tempo necessario ad usucapire (cass. n.23849/2018), atteso che il predetto uso non è di per sè espressivo in modo inequivocabile dell'intento del (...) di possedere per sé, non è stato accompagnati da un atto di interversione del possesso, che non può avere luogo mediante un semplice atto di volizione interna (cass. n. 1376/2018) "ma deve estrinsecarsi in una manifestazione esteriore, dalla quale sia possibile desumere che il detentore abbia iniziato ad esercitare il potere di fatto sulla cosa esclusivamente in nome proprio e non più in nome altrui, e detta manifestazione deve essere rivolta specificamente contro il possessore, in maniera che questi sia posto in grado di rendersi conto dell'avvenuto mutamento e della concreta opposizione al suo possesso" (cass. 4931/2022), essendo necessario che l'attività materiale corrispondente al diritto di proprietà sia accompagnata almeno da indizi che consentano di desumere sia pure in via presuntiva che quell'attività è svolta "uti dominus"" (cass. n.18215/2013). Non ha dimostrato di aver esercitato sul bene un potere di fatto che si è estrinsecato in un'attività corrispondente all'esercizio del diritto di proprietà. 5.4.3) Non avendo la prova orale fornito elementi dai quali inferire in capo al convenuto un possesso qualificato della stradina privata controversa, dovendosi invece ritenere che "l'apprensione di parte del bene controverso "invito domino et in re aliena", limitata tutt'al più ad una mera tolleranza di fatto", la domanda riconvenzionale va rigettata ed il convenuto va condannato alla immediata restituzione al legittimo proprietario. (6) sul risarcimento del danno per occupazione sine titulo. La domanda è sfornita di qualsivoglia supporto probatorio e, pertanto, va respinta. (7) sul rimborso delle spese ed indennità ex art. 1150 c.c.. Il possessore, anche se di mala fede, ha diritto al rimborso delle spese fatte per le riparazioni straordinarie nonché ha il diritto a indennità per i miglioramenti recati alla cosa, purchè sussistano al momento della restituzione. L'indennità va corrisposta nella minor somma tra l'importo della spesa e l'aumento di valore. 7.1) La domanda, però, è sfornita di qualsivoglia supporto probatorio e, pertanto, va respinta. (8) sulle spese di giudizio. Principio cardine che regola la materia relativa alle spese processuali è il criterio della soccombenza, sancito dall'art. 91 c.p.c., laddove prevede che il giudice, con la sentenza che chiude il processo davanti a lui, condanna la parte soccombente al rimborso delle spese a favore dell'altra parte e ne liquida l'ammontare insieme con gli onorari di difesa. L'individuazione del soccombente si compie in base al principio di causalità, con la conseguenza che parte obbligata a rimborsare alle altre le spese anticipate nel processo è quella che, col comportamento tenuto fuori del processo stesso, ovvero col darvi inizio o resistervi in forme e con argomenti non rispondenti al diritto, abbia dato causa al processo o al suo protrarsi (cass. n. 25111/2006). Al criterio della soccombenza può derogarsi, ai sensi dell'art. 92 c.p.c., in caso di reciproca soccombenza, ovvero, "nel caso di assoluta novità della questione trattata o mutamento della giurisprudenza rispetto alle questioni dirimenti". Con l'intervento della Corte Costituzionale (sentenza n. 77/18) è stato dichiarato incostituzionale il comma 2 dell'art. 92 nella parte in cui non prevede che il giudice possa disporre la compensazione anche laddove sussistano gravi ed eccezionali ragioni, che devono essere specificamente indicate nella motivazione. Ne consegue che le ipotesi espressamente indicate dal legislatore devono ritenersi paradigmatiche svolgendo "in sostanza una funzione parametrica ed esplicativa della clausola generale". 8.1) Pertanto, in ragione della soccombenza, (...) deve essere dichiarato tenuto e condannato a rimborsare in favore del CONDOMINIO (...) n.13, in persona dell'amministratore pro-tempore, le spese di lite del presente giudizio, così come liquidate in dispositivo, in conformità del D.M. 10 marzo 2014, n. 55 come aggiornato dal (...) dell'8.3.2018. Sulla base del criterio del decisum, in ragione del quale il valore della causa è pari, per il primo grado, alla somma domandata con l'atto introduttivo se la domanda viene rigettata, ed a quella accordata dal giudice, se viene accolta (cass. n. 15857/2019), e tenuto conto della natura della controversia nonché dell'esiguo numero e limitata complessità delle questioni di fatto e di diritto trattate, i compensi vengono liquidati, sulla base dell'art. 5, co. 6, D.M. n. 55 del 2014, secondo il valore medio di liquidazione previsto per le cause di valore indeterminabile a complessità bassa - per la fase di studio, Euro 1.620,00 - per la fase introduttiva, Euro 1.147,00 - per la fase istruttoria/trattazione, Euro 1.720,00 - per la fase decisionale, Euro 2.767,00 per un compenso complessivo pari ad Euro 8.342,10, di cui Euro 7.254,00 per compenso tabellare ed euro 1.088,10 per spese generali al 15%, oltre euro 518,00 per contributo unificato, Euro 27,00 per anticipazioni forfettarie, cassa avvocati e IVA su imponibile, come per legge 8.2) Nulla per quanto riguarda i rapporti tra il CONDOMINIO (...) N.13 e la (...) SpA P.Q.M. Il Tribunale di Imperia, sezione civile, in composizione monocratica, ogni diversa istanza, eccezione e deduzione disattesa e definitivamente pronunziando, nel contraddittorio delle parti: a) accoglie la domanda attorea e rigetta la domanda riconvenzionale e, per l'effetto, accertato il diritto di comproprietà pro-indiviso, unitamente alla (...) SpA, del Condominio (...) n.13, in persona dell'amministratore pro-tempore, della stradina che congiunge (...), tra i numeri civici 13 e 27, con (...) - talvolta denominato negli atti (...) o strada privata senza nome - sita in Sanremo e censito al Catasto Fabbricati del Comune di Sanremo alla Sezione SR, Foglio n. (...), Particella (...), (...) mq, ordina a (...) di rilasciare immediatamente il suddetto immobile, libero da persone e cose, in favore del Condominio (...) n.13 b) rigetta la domanda attorea di risarcimento del danno per occupazione abusiva c) rigetta la domanda riconvenzionale di parte convenuta (...) di rimborso a titolo di indennità per i miglioramenti recati alla cosa d) condanna (...) al pagamento in favore del CONDOMINIO (...) n.13, in persona del legale rappresentante pro-tempore, delle spese del presente giudizio che liquida in Euro 8.342,10, di cui Euro 7.254,00 per compenso tabellare ed euro 1.088,10 per spese generali al 15%, oltre euro 518,00 per contributo unificato, Euro 27,00 per anticipazioni forfettarie, cassa avvocati e IVA su imponibile, come per legge e) nulla per le spese di giudizio nei rapporti tra il Condominio (...) e la (...) SpA f) rigetta nel resto g) visto l'art. 52 del D.Lgs. n. 196 del 2003, dispone che, in caso di diffusione della presente sentenza in qualsiasi forma, per finalità di informazione giuridica su riviste, supporti elettronici o mediante rete di comunicazione elettronica, sia omessa l'indicazione delle generalità e degli altri dati identificativi degli interessati. Così deciso in Imperia il 6 aprile 2022. Depositata in Cancelleria il 7 aprile 2022.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE CIVILE DI IMPERIA il TRIBUNALE di Imperia in composizione monocratica, in persona del dott. Pasquale LONGARINI, ha emesso la seguente SENTENZA nella causa iscritta al n.1707/2019 RG del Tribunale di Imperia avente ad oggetto "responsabilitàperdannicagionatidacoseincustodia" promossa da (...) (CF: (...)), rappresentato e difeso dall'avv. Fr.SO. presso il cui studio in Sanremo alla via (...) è eletto domicilio - attore - contro 1) (...) (PI: (...)), rappresentata e difesa dall'avv. Sa.RI. presso il cui studio in Sanremo al corso (...) è eletto domicilio 2) (...) SrL (PI: (...)), in persona del legale rappresentante pro-tempore, contumace - convenuti - RAGIONI DELLA DECISIONE (1) abstract (...), con atto di citazione ritualmente notificato, premesso di essere caduto rovinosamente a terra a causa del muschio e alghe che ricoprivano la piattaforma in cemento che conduceva dalla spiaggia militare alla spiaggia denominata "(...)" riportando "la frattura ingranata del terzo distale del radio con interessamento intra-articolare - frattura della base del V metatarso - infrazione dell'apice del malleolo peronale" e di aver promosso una consulenza tecnica del preventiva ai fini della lite ex art. 696 aver bis c.p.c. (RG n.1678/18) nei confronti della "ditta individuale (...)", quale concessionaria della spiaggia dal Comune di Sanremo, e della (...) SrL, quale concessionaria del contratto di multi servizi per la Base tra cui quello relativo alla pulizia della zona di libero transito, che concludeva per una invalidità temporanea parziale di gg. 80 e per una invalidità biologica permanente nella misura dell'8%, dedotta la responsabilità ditta individuale (...)" e della (...) SrL per mancata custodia del tratto di spiaggia ovvero della passerella cementifera in mare priva di tappetino antiscivolo e ricoperta di strato di vegetali, evocava in giudizio la ditta individuale "(...)" e la società "(...) SrL" per sentirle condannare, in solido tra loro, al risarcimento in suo favore di tutti i danni, patiti e patiendi in conseguenza del sinistro occorso il 22.7.2017, , quantificati nella misura di Euro 22.128,03, con vittoria di spese ed onorari di causa anche in relazione alla procedura per ATP. 1.1) Si costituiva in giudizio la ditta individuale "(...)", in persona di (...), che, eccepita la improcedibilità della domanda non avendo promosso il procedimento di negoziazione assistita, dedotto che il manufatto non era da lui stato realizzato né costituiva oggetto di concessione demaniale, instava, in via preliminare, per la declaratoria di improcedibilità della domanda attorea, nel merito, per il rigetto della domanda attorea perché infondata in fatto ed in diritto e con condanna per lite temeraria, con vittoria di spese e compensi. 1.2) Nella contumacia della (...) SrL, rilevato l'esperimento del procedimento di negoziazione assistita alla quale il convenuto costituito non aderiva, licenziata CTU ("accerti il CTU e descriva anche con documentazione fotografica la piattaforma di cemento sulla quale è caduto l'attore, la sua collocazione rispetto ai (...) e al Comando Militare, la sua funzione e se essa è parte della battiggia dei (...) o comunque entro i confini naturali o artificiali della spiaggia"), la causa veniva assunta a decisione nell'udienza del 11.01.2022 sulle conclusioni delle parti in epigrafe riportate e con concessione dei termini per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica. (2) il fatto. La dinamica dell'evento non è contestata, tanto che, sull'accordo delle parti, le prove dichiarative, già ammesse, non venivano assunte. Si ha, dunque, per provato che, il 22 luglio 2017, (...), a causa del muschio e delle alghe che la rendevano viscida, scivolava sulla piattaforma in cemento posizionata tra la spiaggia Militare e quella dei (...)S., riportando "la frattura ingranata del terzo distale del radio con interessamento intra-articolare - frattura della base del V metatarso - infrazione dell'apice del malleolo peronale", con ITP di giorni 80 (gg. 30 al 75%, gg. 20 al 50%, gg. 30 al 25%) e con postumi funzionali e obiettivabili stabilizzati a carico del polso sinistro e della caviglia destra, danno biologico non patrimoniale permanente di rilevanza biologica del 8%. 2.1) Parte attrice invoca una responsabilità della ditta individuale "(...)", quale concessionaria della spiaggia dal Comune di Sanremo, e, invocando l'obbligo di custodia gravante anche sul custode di fatto, della società (...) SrL, quale concessionaria del contratto di multi servizi per la Base tra cui quello relativo alla pulizia della zona di libero transito, che troverebbe fondamento "nell'art. 2051 c.c. ma anche nell'art. 2043 c.c. e nell'art. 2050, poiché rientra tra i compiti specifici del gestore di un'attività di pubblico esercizio e di uno stabilimento balneare mettere in essere tutte le provvidenze necessarie per evitare a coloro, che accedono alla spiaggia, ogni rischio o pericolo di infortunio" (pag. 5, comparsa conclusionale parte attrice). (3) sulla RESPONSABILITÀ PER DANNO CAGIONATO DA COSE IN CUSTODIA. L'esame della domanda attorea rende opportuna una puntualizzazione dei principi in materia di responsabilità per danni da cose in custodia, come via via espressi dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione. 3.1) L'art. 2051 c.c. pone a carico del custode, l'obbligo di risarcire i danni cagionati a terzi dalla res custodita, salvo il caso fortuito. 3.2) Al fine di circoscrivere il campo di applicazione dell'art. 2051 c.c. da quello residuale dell'art. 2043 c.c. occorre: (i) in primis, distinguere tra "fatto della cosa" e "fatto dell'uomo", dovendosi considerare il danno cagionato dalla cosa quando è prodotto da essa per effetto del suo "intrinseco dinamismo", al di fuori di un'azione diretta dell'uomo; (ii) in secondo luogo tenere presente che il requisito della custodia non implica uno specifico obbligo di custodire analogo a quello previsto, ad esempio, in tema di contratto di deposito, atteso che la norma fa riferimento, piuttosto, ad uno stato di fatto. Per cui, l'art. 2051 c.c. imputa la responsabilità a chi si trova nelle condizioni di controllare i rischi inerenti alla cosa, ovverosia in capo al soggetto che di fatto controlla le modalità di uso e conservazione della stessa ed ha, pertanto, il "governo della res". Ad integrare la responsabilità è necessario (e sufficiente) che il danno sia stato "cagionato" dalla cosa in custodia, assumendo rilevanza il solo dato oggettivo della derivazione causale del danno dalla cosa, mentre non occorre accertare se il custode sia stato o meno diligente nell'esercizio del suo potere sul bene, giacché il profilo della condotta del custode è del tutto estraneo al paradigma della responsabilità delineata dall'articolo 2051 c.c. (ex multis, cass. n. 4476/2011). 3.3) Pertanto, la responsabilità del custode ex art. 2051 c.c. è basata sul positivo riscontro del solo nesso di causalità tra la cosa causativa del pregiudizio e l'evento dannoso, a prescindere, pertanto, dal comportamento colpevole del custode stesso, il quale, per escludere la propria responsabilità, ha l'onere di provare che l'evento è stato cagionato da fatto estraneo alla cosa, che può dipendere anche dalla condotta colpevole di un terzo o della stessa vittima (c.d. fortuito incidentale), del tutto eccezionale, secondo il principio della regolarità e probabilità causale in quelle circostanze di tempo e di luogo, si dà essere imprevedibile e perciò inevitabile. 3.4) Gli elementi essenziali di questa ipotesi di responsabilità sono: (i) la cosa, che non deve necessariamente essere pericolosa, infatti il dovere di controllo e di custodia sussiste anche in relazione alle cose prive di un dinamismo proprio e, nondimeno, suscettibili in concorso di altri fattori causali, di cagionare danni; (ii) il custode. Quanto al rapporto di custodia, il fondamento della responsabilità ex art. 2051 risiede nella relazione tra persona e res, intesa come potere fisico del soggetto sulla cosa, al quale inerisce il dovere di vigilare sulla stessa per impedire che produca danni a terzi. La custodia, dunque, è quel potere effettivo, è la disponibilità di fatto e giuridica, che si esercita e si ha su una res che si sostanzia in tre elementi: il potere di controllare la cosa (non solo, dunque, il proprietario, ma anche il semplice possessore ed anche il detentore della cosa), il potere di modificare la situazione di pericolo insita nella cosa o che in essa si è determinata e quello di escludere qualsiasi terzo dall'ingerenza sulla cosa nel momento in cui si è prodotto il danno in quanto titolare di un potere di intervento e di controllo su eventuali rischi connessi al dinamismo o, in ogni caso, al'in in sé della res (cass. n.15761/2016); (iii) il danno prodotto dalla cosa, o perché questa sia per intrinseca natura suscettibile di produrlo, o perché siano insorti agenti dannosi. È richiesta, infine, la sussistenza di un nesso eziologico tra la res e l'evento dannoso, la cui prova grava sul danneggiato e può assolta anche attraverso la dimostrazione di circostanze dalle quali sia possibile dedurre, in via presuntiva, il nesso causale. All'uopo basta provare che la cosa sia stata la causa e non la mera occasione del danno, invece prodotto da diverso fattore eziologico, occorrendo dimostrare che l'evento si è prodotto come conseguenza normale della particolare condizione, potenzialmente lesiva, originariamente posseduta, o successivamente assunta, dalla cosa considerata nella sua globalità. Spetta, invece, al convenuto che intenda liberarsi dalla responsabilità addebitatagli provare l'intervento del caso fortuito, ovvero di un fattore idoneo ad interrompere il predetto nesso. E tale è sia il "fortuito autonomo", quello che si verifica quando il danno è direttamente cagionato da una causa che, indipendentemente dalla condotta del custode o dalla cosa medesima, è da sola idonea a provocare l'evento, sia il "fortuito incidente", quello che si verifica quando la cosa in custodia ha assunto un ruolo di mera occasione del danno, in effetti provocato da una causa ad essa estranea, che aveva in sé tutta la potenzialità dannosa. Non esclude la responsabilità del custode, bensì eventualmente la attenua potendo dar luogo ad un concorso di responsabilità ex art. 1227 c.c., il "fortuito concorrente", quello in cui alla determinazione del fatto dannoso concorre, con il fattore esterno, anche la cosa che per effetto del fattore esterno ha assunto un dinamismo dannoso. Nella ipotesi in cui la causa produttiva dei danni sia rimasta ignota, in ragione della finalità ridistributiva e di riequilibrio assegnata alle responsabilità speciali tipizzate dal legislatore alternativamente con l'introduzione di ipotesi in cui opera una presunzione di colpa o una presunzione di responsabilità, le conseguenze economiche pregiudizievoli derivate dal fatto dannoso vanno poste a carico del danneggiante. 3.5) Si tratta, dunque, di un'ipotesi di responsabilità oggettiva (per tutte, cass. n. 12027/2017) con possibilità di prova liberatoria, nel cui ambito il caso fortuito interviene come elemento idoneo ad elidere il nesso causale altrimenti esistente fra la cosa e il danno. Non può escludersi, invero, che un'eventuale colpa venga fatta specificamente valere dal danneggiato, ma, trattandosi di azione ex articolo 2051 c.c., la deduzione di omissioni o violazioni di obblighi di legge, di regole tecniche o di criteri di comune prudenza da parte del custode può essere diretta soltanto a rafforzare la prova dello stato della cosa e della sua attitudine a recare danno, sempre ai fini dell'allegazione e della prova del rapporto causale tra la prima e il secondo; né è da escludere che, viceversa, sia il custode a dedurre la conformità della cosa agli obblighi di legge o a prescrizioni tecniche o a criteri di comune prudenza al fine di escludere l'attitudine della cosa a produrre il danno: in entrambi i casi si tratta di deduzioni volte a sostenere oppure a negare la derivazione del danno dalla cosa e non, invece, a riconoscere rilevanza al profilo della condotta del custode. Resta dunque fermo che, prospettato e provato dal danneggiato il nesso causale tra cosa custodita ed evento dannoso, la colpa o l'assenza di colpa del custode rimane del tutto irrilevante ai fini dell'affermazione della sua responsabilità ai sensi dell'art. 2051 c.c.. Quanto ai criteri di accertamento del nesso causale, va richiamato il consolidato orientamento di legittimità (cfr., per tutte, cass., S.U. n. 576/2008) secondo cui: (i) ai fini dell'apprezzamento della causalità materiale nell'ambito della responsabilità extracontrattuale, va fatta applicazione dei principi penalistici di cui agli articoli 40 e 41 c.p., sicché un evento è da considerare causato da un altro se, ferme restando le altre condizioni, il primo non si sarebbe verificato in assenza del secondo (cd. teoria della condicio sine qua non); (ii) tuttavia, il rigore del principio dell'equivalenza delle cause, posto dall'articolo 41 c.p. (in base al quale, se la produzione di un evento dannoso è riferibile a più azioni od omissioni, deve riconoscersi ad ognuna di esse efficienza causale), trova il suo temperamento nel principio di causalità efficiente, desumibile dal capoverso della medesima disposizione, in base al quale l'evento dannoso deve essere attribuito esclusivamente all'autore della condotta sopravvenuta ove questa condotta risulti tale da rendere irrilevanti le altre cause preesistenti, ponendosi al di fuori delle normali linee di sviluppo della serie causale già in atto; (iii) al contempo, neppure è sufficiente tale relazione causale per determinare una causalità giuridicamente rilevante, dovendosi, all'interno delle serie causali così determinate, dare rilievo a quelle soltanto che appaiano idonee a determinare l'evento secondo il principio della c.d. causalità adeguata o quello similare della c.d. regolarità causale, che individua come conseguenza normale imputabile quella che, secondo l'id quod plerumque accidit e quindi in base alla regolarità statistica o ad una probabilità apprezzabile ex ante (ancorché riscontrata con una prognosi postuma), integra gli estremi di una sequenza costante dello stato di cose originatosi da un evento iniziale (sia esso una condotta umana oppure no), che ne costituisce l'antecedente necessario. Tutto ciò che non è prevedibile oggettivamente ovvero tutto ciò che rappresenta un'eccezione alla normale sequenza causale, integra il caso fortuito, quale fattore estraneo alla sequenza originaria, avente idoneità causale assorbente e tale da interrompere il nesso con quella precedente, sovrapponendosi ad essa ed elidendone l'efficacia condizionante. È pacifico che il caso fortuito può essere integrato dalla stessa condotta del danneggiato (che abbia usato un bene senza la normale diligenza o con affidamento soggettivo anomalo) quando essa si sovrapponga alla cosa al punto da farla recedere a mera occasione o "teatro" della vicenda produttiva di danno, assumendo efficacia causale autonoma e sufficiente per la determinazione dell'evento lesivo, così da escludere qualunque rilevanza alla situazione preesistente. Quando, poi, la condotta del danneggiato non assuma i caratteri del fortuito, si dà elidere il rapporto causale fra cosa e danno, residua comunque la possibilità di configurare un concorso causale colposo, ai sensi del primo comma dell'articolo 1227 c.c. (applicabile anche in ambito di responsabilità extracontrattuale, in virtù del richiamo compiuto dall'articolo 2056 c.c.), che potrà essere apprezzato, al pari del fortuito, anche sulla base di una valutazione officiosa (per tutte, cass. n. 20619/2014). Quanto più la situazione di possibile pericolo sia suscettibile di essere prevista e superata attraverso l'adozione delle normali cautele da parte dello stesso danneggiato, tanto più incidente deve considerarsi l'efficienza causale del comportamento imprudente del medesimo nel dinamismo causale del danno, fino a rendere possibile che detto comportamento interrompa il nesso eziologico tra fatto ed evento dannoso; se è vero, infatti, che il riconoscimento della natura oggettiva del criterio di imputazione della responsabilità custodiale si fonda sul dovere di precauzione imposto al titolare della signoria sulla cosa custodita, in funzione di prevenzione dei danni che da essa possono derivare, è altrettanto vero che l'imposizione di un dovere di cautela in capo a chi entri in contatto con la cosa risponde a un principio di solidarietà (ex articolo 2 Cost.), che comporta la necessità di adottare condotte idonee a limitare entro limiti di ragionevolezza gli aggravi per i terzi, in nome della reciprocità degli obblighi derivanti dalla convivenza civile. (4) sul merito della domanda nei confronti della società (...) SrL. La domanda è fondata e, dunque, va accolta. 4.1) Con la dimostrazione che la piattaforma in cemento ricoperta da muschio ed alghe svolgeva una funzione di servizio anche a favore della spiaggia militare consentendo l'accesso al mare agli avventori della medesima, con la documentazione del rapporto contrattuale intercorso tra il Comando Militare e la (...) in ragione del quale quest'ultima riceveva in concessione una serie di servizi tra i quali quello relativo alla pulizia della zona di libero transito, circostanza confermata dall'autorizzazione che il Comando Militare aveva ricevuto dal Comune di Sanremo per posizionare sulla piattaforma oggetto di causa un tappetino antiscivolo ed altri accorgimenti volti ad eliminare la situazione di pericolo, parte attrice ha offerto la prova della relazione tra la (...) SrL e la piattaforma in cemento ricoperta da muschio ed alghe, intesa come potere fisico del soggetto sulla cosa, alla quale ineriva il dovere di vigilare sulla stessa per impedire che producesse danni a terzi. Ha offerto la prova della disponibilità di fatto e giuridica della res, concretamente sostanziatasi nel potere di controllare la cosa, nel potere di modificare la situazione di pericolo insita nella cosa o che in essa si era determinata e nel potere di escludere qualsiasi terzo dall'ingerenza sulla cosa nel momento in cui si era prodotto il danno, in quanto titolare di un potere di intervento e di controllo su eventuali rischi connessi al dinamismo o, in ogni caso, al'in in sé della res. 4.2) A fronte di ciò, causa anche la scelta di restare contumace, la (...) SrL non ha offerto la prova liberatoria ovvero l'intervento del caso fortuito, di un fattore idoneo ad interrompere il nesso di causa tra lo stato di manutenzione della cosa custodita e il danno lamentato e documentato da parte attrice. 4.3) Quanto al quantum debeatur, non può prescindersi dagli esiti della consulenza medico legale in sede di ATP, pienamente condivisibili dal giudicante in quanto basati su un completo esame anamnestico e su un obiettivo, approfondito e coerente studio della documentazione medica prodotta, valutata con criteri medico-legali immuni da errori e vizi logici. La CTU in ATP, ha riscontrato nel (...), quale conseguenza diretta dell'evento traumatico del 22.07.2017, la "la frattura ingranata del terzo distale del radio con interessamento intra-articolare - frattura della base del V metatarso - infrazione dell'apice del malleolo peronale", con ITP di giorni 80 (gg. 30 al 75%, gg. 20 al 50%, gg. 30 al 25%) e con postumi funzionali e obiettivabili stabilizzati a carico del polso sinistro e della caviglia destra, danno biologico non patrimoniale permanente di rilevanza biologica del 8%. 4.3.1) Secondo l'ausiliario del giudice, dalla predetta lesione è derivata al danneggiato un'inabilità temporanea parziale al 75% per giorni 30, un'inabilità temporanea parziale al 50% per giorni 20 e un'inabilità parziale al 25% per giorni 30, con postumi di rilevanza biologica permanente nella misura del 8%. 4.3.2) Il danno biologico viene liquidato attraverso il c.d. "punto tabellare", basato su un criterio progressivo in relazione alla gravità della menomazione ed uno regressivo in relazione all'età del danneggiato, utilizzando all'uopo le tabelle elaborate nel 2009 dal Tribunale di Milano e aggiornate nell'anno 2018, le quali tengono conto che la lesione all'integrità psicofisica implica altresì una naturale sofferenza che, pur non potendo essere configurata come autonomo danno di natura morale, deve ottenere adeguato ristoro. 4.3.3) L'adozione dei criteri milanesi non vale ad escludere la possibilità di personalizzare il trattamento liquidatorio sulla base, però, delle allegazioni delle parti e delle prove raggiunte, con esclusione di ogni tipo di automatismo essendo giuridicamente erronea l'affermazione "secondo cui la misura standard del risarcimento del danno biologico debba essere aumentata sempre e comunque, per il sol fatto che l'invalidità causata dalle lesioni sia di grado elevato" (cass. n.21939/2017; cass. n.20630/2016; cass. n. 16788/2015). Infatti, l'ammontare non patrimoniale, quantificato attraverso i meccanismi tabellari in uso presso i Tribunali, è destinato alla riparazione delle conseguenze dannose ordinarie, ossia ai pregiudizi che qualunque vittima con lesioni analoghe normalmente subirebbe. Invece, la personalizzazione del danno non patrimoniale è finalizzata a sopperire a specifiche circostanze di fatto "peculiari" al solo caso in esame, che valgano a superare le conseguenze "ordinarie" già previste e risarcite tramite la liquidazione forfettizzata del danno non patrimoniale assolta dai meccanismi tabellari, da queste ultime distinguendosi siccome legate all'irripetibile singolarità dell'esperienza di vita individuale nel caso concreto (cass. n. 21939/2017). Conseguentemente, è preciso onere del preteso danneggiato evidenziare, valorizzare e dimostrare specifiche circostanze personalizzanti che non possono astrattamente riferirsi a qualunque altro soggetto che fosse ordinariamente incorso nelle medesime conseguenze lesive. Nel caso di specie, parte attrice non ha dedotto e provato elementi personalizzanti, tali da indurre il giudicante ad aumento personalizzato, come richiesto da parte attrice. 4.3.4) Per quanto riguarda l'invalidità temporanea, la somma dovuta all'attrice, ammonta ad Euro 1.899,61 (30 gg. al 75%= Euro 1.068,53; gg. 20 al 50% = 4.74,00; giorni 30 al 25% = Euro 356,18). Tenuto conto che al momento della causazione del danno C.R. aveva 63 anni, secondo le tabelle meneghine la somma dovuta a titolo di danno biologico permanente differenziale da lesione all'integrità psicofisica ammonta ad Euro 10.054,61. A titolo di danno morale va liquidata la somma di Euro 3.984,34 4.3.4.1) Pertanto, la somma totale dovuta ammonta ad Euro 15.938,56. 4.4) Quello del risarcimento del danno per equivalente, consistente nella dazione di una somma di danaro in misura tale da compensarlo del pregiudizio sofferto, costituisce tipico debito di valore (cass. n. 12288/2016), è oggetto di un'obbligazione di valore, cioè di un debito che fin dal momento in cui sorge è per sua natura non quantificabile né monetizzabile con criteri oggettivi. Scopo dell'obbligazione risarcitoria è quello di reintegrare la perdita arrecata al patrimonio del danneggiato, consentendo di pervenire ad una condizione patrimoniale analoga a quella che vi sarebbe stata se il danno non si fosse verificato. Qualora il danno consista nella perdita di un bene suscettibile di valutazione economica, il ripristino di tale condizione avverrà surrogando la perdita con un importo monetario pari al controvalore del bene perso. Controvalore che dev'essere espresso non avendo riguardo al momento in cui si è verificato il danno ma a quello in cui avviene la liquidazione, con la conseguenza che qualora questa non avvenga con valori monetari correnti sarà necessario attualizzare il valore che il bene aveva all'epoca del danno (cass. n. 15856/2019; cass. n.21764/19; cass. n.9631/2005; cass. n.3125/1990; cass. n. 2830/1986). La rivalutazione del credito risarcitorio, tuttavia, non è il solo passaggio in cui si articola l'operazione di liquidazione del danno. Qualora la liquidazione avvenga a distanza di tempo dal sinistro, al danneggiato, oltre al capitale rivalutato, può spettare infatti anche un ulteriore risarcimento: quello per l'ulteriore pregiudizio subito a causa del ritardato pagamento del credito. Sul punto la giurisprudenza ha precisato che tale ritardo nell'adempimento causa al creditore un danno ulteriore e diverso rispetto a quello primario, identificabile nell'impossibilità di investire la somma dovutagli e di ricavarne un lucro ulteriore. In difetto di specifici criteri la liquidazione di tale voce di danno avverrà necessariamente in via equitativa, anche se la forma più diffusa è indubbiamente il ricorso ad un tasso d'interesse. Il giudice chiamato ad operare in concreto tale liquidazione, procederà di regola in base a tre parametri: periodicità, saggio e base di calcolo, i cui criteri di individuazione sono stati stabiliti dalla stessa Corte a Sezioni Unite con la sentenza n. 1712 del 17 febbraio 1995, ove si legge che: la periodicità è sempre annuale; il saggio è determinato in via equitativa dal giudice in base alle circostanze concrete, dando particolare rilevo all'entità del capitale (in rapporto di proporzionalità diretta tra importo del credito e lucro finanziario perso dal creditore); la base di calcolo può essere determinata o applicando il saggio sul capitale dell'anno in corso, previa devalutazione, per ogni anno di mora, oppure su un valore medio. 4.4.1) Tanto premesso, la liquidazione dell'obbligazione "di valore" va effettuata, secondo la giurisprudenza prevalente, attraverso una triplice operazione (cass. n. 11899/16; cass. n. 9950/2017): (a) la quantificazione in termini monetari del valore che la prestazione oggetto dell'obbligazione aveva all'epoca in cui è sorta l'obbligazione stessa (c.d. estimatio); (b) la successiva rivalutazione di detto importo, dall'epoca in cui è sorta l'obbligazione al momento della liquidazione (cass. n.13225/2016), attraverso l'applicazione degli indici ISTAT di variazione del costo della vita (c.d. taxatio); (c) la liquidazione dell'ulteriore danno da ritardo, dall'epoca in cui è sorta l'obbligazione al momento della liquidazione, nell'ottenimento della prestazione: cd interessi compensativi. Questi ultimi, secondo il più recente orientamento giurisprudenziale, vanno calcolati sulla somma corrispondente al valore della prestazione via via rivalutata (cass. UU, n.1712/1995). Va, dunque, altresì, riconosciuto il danno derivante dal mancato tempestivo godimento dell'equivalente pecuniario che, in difetto di diversi elementi probatori, si ritiene di compensare adottando quale parametro quello degli interessi legali da calcolarsi, secondo l'insegnamento delle Sezioni Unite della Suprema Corte (n.1712/95), sulla somma via via rivalutata dalla produzione dell'evento di danno sino ad oggi, tempo della liquidazione. Così, tenuto conto di questo criterio, previa devalutazione alla data del fatto (22.07.2017) della somma espressa in moneta attuale, vanno aggiunti alla somma via via rivalutata annualmente gli interessi compensativi nella misura legale fino alla data odierna. Da oggi, giorno della liquidazione, all'effettivo saldo decorrono gli interessi legali sulla somma sopra liquidata complessivamente. 4.5) Va altresì liquidata, a titolo di danno patrimoniale per spese mediche e di pernottamento, la ulteriore somma di Euro 6.054,53, oltre interessi al tasso legale a far data dalla domanda all'effettivo soddisfo 4.6) Conclusivamente, la società (...) SrL, in persona del legale rappresentante pro-tempore, va condannato al risarcimento in favore di (...): (i) della somma di Euro 15.938,56, a titolo di danno non patrimoniale patito per causa del sinistro occorsogli il 22.7.2017. Su di essa, devalutata alla data dell'evento lesivo (22.07.2017) e quindi annualmente rivalutata, sono dovuti interessi al tasso legale sino alla data di pubblicazione della sentenza. Su tutte le somme liquidate a titolo di capitale, rivalutazione ed interessi sono dovuti ulteriori interessi al tasso legale dalla data di pubblicazione della sentenza a quella di reale soddisfo; (ii) della somma di Euro 6.054,53, oltre interessi al tasso legale a far data dalla domanda all'effettivo soddisfo, a titolo di danno non patrimoniale patito per causa del sinistro occorsogli il 22.7.2017 (5) sul merito della domanda nei confronti della ditta individuale "(...)". La domanda è infondata e, dunque, va respinta. 5.1) Nessun obbligo o dovere di custodia aveva la ditta individuale "(...)" in relazione al manufatto oggetto di contesa, mai essendogli stato dato in concessione dal Demanio e neppure dal Comune di Sanremo, non essendo all'uopo sufficiente, in ragione degli esiti della perizia svolta in corso di causa, la mera allegazione che il manufatto fosse aderente senza soluzione di continuità alla battigia e che, per tale ragione, costituisse una pertinenza della spiaggia affidata alla predetta ditta individuale. 5.1.1) Invero il CTU, all'esito di un idoneo sopralluogo, laddove parte convenuta faceva verbalizzare "... che la piattaforma in questione risulta essere ubicata completamente al di fuori dell'area in concessione allo stabilimento balneare denominato (...)" (CTU, pag. 1), descritto l'oggetto del contendere in "una piattaforma cementifera parzialmente dotata di mancorrente in corda (nella parte prospiciente il muro) e metallico (nella parte verso il muro), edificata in aderenza al muro di sostegno dell'area con cabine dei (...). La stessa piattaforma mette in comunicazione (mediante gradini con rivestimento in cotto e mancorrente questa volta metallico) la zona in uso allo Stabilimento Balneare (...) attualmente di competenza della Base Logistica dell'Esercito corrente in Sanremo (c.d. Soggiorno Militare), che si trova ad una quota più elevata rispetto al livello del mare, con il sottostante pelo dell'acqua" (CTU, pag. 2), accertato che lo stabilimento balneare "(...)" era "dotato di concessione demaniale relativa all'occupazione di mq. 2627 di area demaniale marittima, con un fronte mare di ml. 73, rilasciata in data 19 marzo 2007 (Pratica 5022 - Registro Licenze n. 12/2007) come esemplificato nella planimetria allegata alla concessione stessa, che sotto si riporta", mentre la Base Logistica dell'Esercito aveva "in consegna lo Stabilimento Balneare (...), come da verbale di consegna di pertinenza di demanio pubblico marittimo del 19/02/1987, al quale è allegata una planimetria sommaria dei luoghi che nulla aggiunge a quanto già relazionato" (CTU, pag.5), dopo aver sovrapposto la mappa catastale con la planimetria allegata alla concessione demaniale, perentoriamente concludeva che "- La piattaforma è collocata al di fuori di quella che è la concessione dei (...), così come parrebbe (ma la planimetria già citata non è molto dettagliata) anche fuori dalla concessione dello Stabilimento Balneare (...) - Non fa parte della battigia dei (...) (ancorchè questa, rappresentata come detto dal mapp. (...), non faccia parte della concessione demaniale in essere) - Non ricade, comunque, entro I confini naturali o artificiali della spiaggia - La passerella, vista la sua collocazione, non serve sicuramente ai clienti dei (...) per accedere allo Stabilimento Balneare del Soggiorno Militare (in quanto non c'è una ragione logica perché debbano fare ciò) ma piuttosto serve ai clienti dello Stabilimento Balneare (...) per accedere al mare, non avendo questo altro facile accesso trovandosi, come detto, ad una quota ben superiore al livello del mare)" (CTU, pagg. 8/9), conclusioni ribadite in sede di chiarimenti sui punti oggetto di contestazione da parte del CTP di parte attrice, laddove, nell'atto integrativo del 10.5.2021, confermava quanto già in precedenza specificato ovvero che " ...per le motivazioni riportate qui sopra e nella CTU, la passerella non è dentro i confini naturali o artificiali della spiaggia e non rientra nella concessione demaniale dei (...)". 5.1.2) A fronte di ciò, parte attrice non ha offerto la prova della sussistenza del rapporto di custodia, comportante l'effettivo potere sulla cosa e cioè la disponibilità giuridica e materiale della stessa tale da comportare il potere-dovere di intervento su di essa, con la cosa che ha dato luogo all'evento lesivo, non essendo in ogni caso a tal fine sufficiente la disponibilità della cosa non comportando essa necessariamente il trasferimento in capo a questo della custodia (cass. n. 8408/2022). Non essendovi la prova che il manufatto fosse oggetto al potere fisico della ditta individuale "(...), la domanda va respinta. 5.2) Ma neppure è fondata la domanda risarcitoria di parte convenuta ex art. 96 c.p.c.. A giudizio della ditta individuale (...) " il pervicace atteggiamentodicontropartechedifronteall'evidenzadocumentaleedaltresìinspregioancherispettoaduna valutazione logica alla luce dello stato dei luoghi.... ha ritenuto di perseverare nel proprio intento di proseguire un giudizio chiaro negli effetti fin dall'origine.." costituirebbe un abuso del processo e una violazione degli obblighi di buona fede. 5.2.1) L'istituto della responsabilità processuale aggravata, disciplinato dall'art. 96 c.p.c., tutela l'interesse della parte a non subire pregiudizi per effetto dell'azione o della resistenza dolosa o colposa del contraddittore. La c.d. responsabilità aggravata per temerarietà della lite, abbracciando in sé tutti i casi di responsabilità risarcitoria per atti o comportamenti processuali delle parti e coprendo ogni effetto pregiudiziale che da questi ne derivi, contempla tutti gli illeciti correlati alla qualità di parte del processo. Disciplinata dall'art. 96 c.p.c., la suddetta responsabilità costituisce una ipotesi peculiare sussumibile nella più ampia categoria della responsabilità aquiliana extracontrattuale di cui all'art. 2043 c.c., rispetto alla quale si atteggia con carattere di specialità in modo che "pur rientrando concettualmente nel genere della responsabilità per fatti illeciti, ricade interamente, in tutte le sue ipotesi, sotto la disciplina dell'art. 96 c.p.c." (cfr. cass. n.12029/2017; cass. n.3573/2002). Fra i presupposti onde ottenere la condanna della controparte al risarcimento del danno di cui all'art. 96 c.p.c. vi è il carattere temerario della lite ovvero la coscienza dell'infondatezza delle tesi sostenute o il difetto della normale diligenza per l'acquisizione di detta consapevolezza (cass. n.9060/2003) o l'ignoranza colpevole in ordine a detta fondatezza (cass. n.327/2010; cass. n. 13071/2003). La lite temeraria ex art. 96 c.p.c. disciplina una fattispecie risarcitoria con funzione compensativa del danno cagionato dal c.d. illecito processuale. L'archetipo di tale illecito è sicuramente aquiliano: verte sull'impulso della parte danneggiata che deve assolvere all'onere di allegare almeno gli elementi di fatto necessari alla liquidazione, anche se equitativa, del danno cha assume patito. La temerarietà, nel bilanciamento degli interessi in gioco tra le parti contendenti, è ravvisabile tutte le volte in cui si ha non solo coscienza dell'infondatezza della lite intrapresa, ma anche quando vi è difetto della normale diligenza per l'acquisizione di detta coscienza. Il danno aquiliano, secondo questa prospettiva, è dato dal pregiudizio eziologicamente determinato (causa-effetto) dell'instaurazione del processo. In linea di principio, secondo la prevalente giurisprudenza, il presupposto per l'applicabilità della norma di cui all'art. 96 c.p.c. - nel rispetto del principio secondo cui la responsabilità processuale aggravata si sostanzia in una forma di danno punitivo teso a scoraggiare l'abuso del processo e preservare la funzionalità del sistema giustizia con la censura di iniziative giudiziarie avventate o meramente dilatorie - è la presenza, in capo al destinatario della condanna, della mala fede o della colpa grave previsti per la lite temeraria di cui al comma 1 di detta norma. In particolare, si richiede: a) un requisito oggettivo costituito dalla soccombenza (totale), con la conseguente condanna alle spese; b) un requisito soggettivo costituito dalla mala fede o colpa grave del soccombente, il verificarsi di un conseguente danno a carico del vincitore. L'ampia formulazione del comma 3 consente, inoltre, al giudice di emettere condanna anche d'ufficio della parte soccombente (e quindi a prescindere da una specifica domanda in tal senso) al pagamento, a favore della controparte, di una "somma equitativamente determinata" e quindi sganciata dalla prova del quantum del danno riportato dalla parte vittoriosa. Quanto al regime probatorio per l'accoglimento della domanda per lite temeraria, avendo la responsabilità per lite temeraria natura extracontrattuale, la domanda di cui all'art. 96 c.p.c. richiede pur sempre la prova, incombente sulla parte istante, sia dell'an e sia del quantum debeatur, o comunque postula che, pur essendo la liquidazione effettuabile di ufficio, tali elementi siano in concreto desumibili dagli atti di causa. 5.2.2) Nel caso di specie, non essendo stata provata la ricorrenza della mala fede o della colpa grave nella condotta della parte attrice non potendo evincersi il carattere temerario della lite dalla mera opinabilità del diritto fatto valere e dalle prospettazioni giuridiche riconosciute errate da questo giudice (cass. n. 19298/2016; cass. n.3376/2016; cass. n. 15030/2015), non può dirsi integrata la invocata fattispecie di responsabilità aggravata non solo di cui al comma 1, bensì anche di cui al comma 3, atteso che l'agire in giudizio per far valere una pretesa che poi si rileva infondata non è in re ipsa condotta rimproverabile per l'ordinamento giuridico (cass. n. 21570/2010). (6) sulle spese di causa. Principio cardine che regola la materia relativa alle spese processuali è il criterio della soccombenza, sancito dall'art. 91 c.p.c., laddove prevede che il giudice, con la sentenza che chiude il processo davanti a lui, condanna la parte soccombente al rimborso delle spese a favore dell'altra parte e ne liquida l'ammontare insieme con gli onorari di difesa. L'individuazione del soccombente si compie in base al principio di causalità, con la conseguenza che parte obbligata a rimborsare alle altre le spese anticipate nel processo è quella che, col comportamento tenuto fuori del processo stesso, ovvero col darvi inizio o resistervi in forme e con argomenti non rispondenti al diritto, abbia dato causa al processo o al suo protrarsi (cass. n. 25111/2006). Al criterio della soccombenza può derogarsi, ai sensi dell'art. 92 c.p.c., in caso di reciproca soccombenza, ovvero, "nel caso di assoluta novità della questione trattata o mutamento della giurisprudenza rispetto alle questioni dirimenti". Con l'intervento della Corte Costituzionale (sentenza n. 77/2018) è stato dichiarato incostituzionale il comma 2 dell'art. 92 nella parte in cui non prevede che il giudice possa disporre la compensazione anche laddove sussistano gravi ed eccezionali ragioni, che devono essere specificamente indicate nella motivazione. Ne consegue che le ipotesi espressamente indicate dal legislatore devono ritenersi paradigmatiche svolgendo "in sostanza una funzione parametrica ed esplicativa della clausola generale". 6.1) Le spese di causa seguono la soccombenza e sono liquidate, con riferimento al presente giudizio, nonché al precedente procedimento ex art. 696bis c.p.c., in conformità dei parametri di cui al D.M. n. 55 del 2014. 6.1.1) Le spese dell'accertamento tecnico preventivo ante causam vanno poste, a conclusione della procedura, a carico della parte richiedente, vanno prese in considerazione nel successivo giudizio di merito (ove l'accertamento stesso venga acquisito) come spese giudiziali, da porre, salva l'ipotesi di possibile compensazione totale o parziale, a carico del soccombente e da liquidare in un unico contesto (cass. n. 15672/2005; cass. n. 1690/2000). In particolare, procedimento di ATP ex art. 696 bis c.p.c. si conclude col deposito della relazione di consulenza tecnica, cui segue la liquidazione del compenso al consulente nominato dal giudice, senza che possa essere adottato alcun provvedimento relativo al regolamento delle spese tra le parti, attesa la mancanza dei presupposti sui quali il giudice deve basare la propria statuizione in ordine alle spese ex artt. 91 e 92 c.p.c.. 6.2) Pertanto, in ragione della soccombenza, la società (...) SrL, in persona dell'amministratore pro-tempore, deve essere dichiarata tenuta e condannata a rimborsare in favore di (...): 6.2.a) le spese di lite del presente giudizio, così come liquidate in dispositivo, in conformità del D.M. 10 marzo 2014, n. 55 come aggiornato dal D.M. n. 37 dell'8 marzo 2018. Sulla base del criterio del decisum, in ragione del quale il valore della causa è pari, per il primo grado, alla somma domandata con l'atto introduttivo se la domanda viene rigettata, ed a quella accordata dal giudice, se viene accolta (cass. n.15857/2019), e tenuto conto della natura della controversia nonché dell'esiguo numero e limitata complessità delle questioni di fatto e di diritto trattate e dall'assenza di una fase istruttoria/trattazione, i compensi vengono liquidati, sulla base dell'art. 5, co. 6, D.M. n. 55 del 2014, secondo il valore medio di liquidazione previsto per le cause di valore da Euro 5.201,00 ad Euro 26.000,00: - per la fase di studio, Euro 875,00 - per la fase introduttiva, Euro 740,00 - per la fase decisionale, Euro 1.620,00 per un compenso complessivo pari ad Euro 3.720,25, di cui Euro 3,235,00 per compenso tabellare ed Euro 485,25 per spese generali al 15%, oltre Euro 518,00 per contributo unificato, Euro 27,00 per anticipazioni forfettarie, cassa avvocati e IVA su imponibile, come per legge 6.2.b) le spese del procedimento ex art. 696bis c.p.c. n. 1678/2018 RG così come liquidate in dispositivo, in conformità del D.M. 10 marzo 2014, n. 55 come aggiornato dal D.M. n. 37 dell'8 marzo 2018. Tenuto conto del valore e della natura della controversia nonché dell'esiguo numero e limitata complessità delle questioni di fatto e di diritto trattate e dell'assenza di una fase istruttoria/trattazione, i compensi vengono liquidati, sulla base dell'art. 5, co.6, D.M. n. 55 del 2014, secondo il valore medio di liquidazione previsto per le cause di valore da Euro 5.201,00 ad Euro 26.000,00: - per la fase di studio, Euro 540,00 - per la fase introduttiva, Euro 675,00 per un compenso complessivo pari ad Euro 1.397,25, di cui Euro 1.215,00 per compenso tabellare ed Euro 182,25 per spese generali al 15%, oltre contributo unificato, anticipazioni forfettarie, cassa avvocati e IVA su imponibile, come per legge. 6.3) Pertanto in ragione della soccombenza, (...) deve essere dichiarata tenuto e condannato a rimborsare in favore della ditta individuale (...) le spese di lite del presente giudizio, così come liquidate in dispositivo, in conformità del D.M. 10 marzo 2014, n. 55 come aggiornato dal D.M. n. 37 dell'8 marzo 2018. Sulla base del criterio del decisum, in ragione del quale il valore della causa è pari, per il primo grado, alla somma domandata con l'atto introduttivo se la domanda viene rigettata, ed a quella accordata dal giudice, se viene accolta (cass. n.15857/2019), e tenuto conto della natura della controversia nonché dell'esiguo numero e limitata complessità delle questioni di fatto e di diritto trattate e dall'assenza di una fase istruttoria/trattazione, i compensi vengono liquidati, sulla base dell'art. 5, co.6, D.M. n. 55 del 2014, secondo il valore medio di liquidazione previsto per le cause di valore da Euro 5.201,00 ad Euro 26.000,00: - per la fase di studio, Euro 875,00 - per la fase introduttiva, Euro 740,00 - per la fase decisionale, Euro 1.620,00 per un compenso complessivo pari ad Euro 3.720,25, di cui Euro 3,235,00 per compenso tabellare ed Euro 485,25 per spese generali al 15%, oltre cassa avvocati e IVA su imponibile, come per legge (7) sulle spese delle CTU in ATP. Per le ragioni suesposte, le spese della CTU in ATP vanno poste definitivamente a carico della società (...) SrL, in persona dell'amministratore pro-tempore (8) sulle spese delle CTU in corso di causa. Per le ragioni suesposte, le spese della CTU in ATP vanno poste definitivamente a carico della società (...) SrL, in persona dell'amministratore pro-tempore P.Q.M. Il TRIBUNALE di IMPERIA, in composizione monocratica, ogni diversa istanza, eccezione e deduzione disattesa e definitivamente pronunziando: 1) rigetta la domanda attorea svolta nei confronti della ditta individuale (...) 2) accoglie la domanda attorea svolta nei confronti della società (...) SrL, in persona del legale rappresentante pro-tempore, e, per l'effetto, condanna la società (...) SrL, in persona del legale rappresentante pro-tempore, al pagamento in favore di (...): (i) della somma di Euro 15.938,56, a titolo di danno non patrimoniale patito per causa del sinistro occorsogli il 22.7.2017. Su di essa, devalutata alla data dell'evento lesivo (22.07.2017) e quindi annualmente rivalutata, sono dovuti interessi al tasso legale sino alla data di pubblicazione della sentenza. Su tutte le somme liquidate a titolo di capitale, rivalutazione ed interessi sono dovuti ulteriori interessi al tasso legale dalla data di pubblicazione della sentenza a quella di reale soddisfo; (ii) della somma di Euro 6.054,53, oltre interessi al tasso legale a far data dalla domanda all'effettivo soddisfo, a titolo di danno non patrimoniale patito per causa del sinistro occorsogli il 22.7.2017 3) condanna la società (...) SrL, in persona del legale rappresentante pro-tempore, al pagamento in favore di (...) delle spese del presente giudizio che liquida in Euro 3.720,25, di cui Euro 3,235,00 per compenso tabellare ed Euro 485,25 per spese generali al 15%, oltre Euro 518,00 per contributo unificato, Euro 27,00 per anticipazioni forfettarie, cassa avvocati e IVA su imponibile, come per legge 4) condanna la società (...) SrL, in persona del legale rappresentante pro-tempore, al pagamento in favore di (...) delle spese del procedimento per ATP RG 1678/2918 che liquida in Euro 1.397,25, di cui Euro 1.215,00 per compenso tabellare ed Euro 182,25 per spese generali al 15%, oltre contributo unificato, anticipazioni forfettarie, cassa avvocati e IVA su imponibile, come per legge 5) condanna (...) al pagamento in favore della ditta individuale (...) delle spese del presente giudizio che liquida in Euro 3.720,25, di cui Euro 3,235,00 per compenso tabellare ed Euro 485,25 per spese generali al 15%, oltre cassa avvocati e IVA su imponibile, come per legge 6) pone definitivamente a carico della società (...) SrL, in persona del legale rappresentante pro-tempore, le spese della CTU in ATP 7) pone definitivamente a carico della società (...) SrL, in persona del legale rappresentante pro-tempore, le spese della CTU in corso di causa 8) visto l'art. 52 del D.Lgs. n. 196 del 2003, dispone che, in caso di diffusione della presente ordinanza in qualsiasi forma, per finalità di informazione giuridica su riviste, supporti elettronici o mediante rete di comunicazione elettronica, sia omessa l'indicazione delle generalità e degli altri dati identificativi degli interessati Così deciso in Imperia il 5 aprile 2022. Depositata in Cancelleria il 6 aprile 2022.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE DI IMPERIA Sezione Civile- Ufficio Fallimentare in composizione collegiale, in persona dei magistrati: Dott.ssa Paola Cappello - Presidente Dott.ssa Maria Teresa De Sanctis - Giudice rel. Dott.ssa Martina Badano - Giudice ha pronunciato la seguente SENTENZA nel giudizio per l'ammissione tardiva di credito allo stato passivo ex artt. 101 e 99 l.fall. nella versione antecedente al D.Lgs. n. 5 del 2006, iscritto al n. 2229/2020 RG., assunto in decisione all'udienza del 4.11.2021 svoltasi nelle forme della trattazione scritta promosso da: (...), nato a (...) il (...) (C.F. (...)), residente in (...), Via S. n. 8, rappresentato e difeso dall'Avv. Ro.Ta. del Foro di Monza (Cod. Fisc. (...) fax (...) Pec (...)) presso il cui studio, in Monza, Via (...), è elettivamente domiciliato giusta procura in calce all'atto di costituzione di nuovo difensore del 21.3.2021; ricorrente nei confronti di FALLIMENTO "(...) e del socio accomandatario (...), in persona della Curatrice, Rag. (...), rappresentata e difesa dell'Avv. Gi.Gi. (c.f.: (...)) (fax (...); pec: (...)) giusta procura in calce alla memoria di costituzione dell'11.12.2020, presso il cui studio in Sanremo, C.so (...), è elettivamente domiciliata; resistente MOTIVI DELLA DECISIONE Il ricorrente Sig. (...) ha chiesto il risarcimento dei danni subiti in conseguenza dell'acquisto ex art. 586 c.p.c. di un immobile del tutto diverso, per mancanza di idoneità statica, rispetto a quello indicato nel decreto di trasferimento emesso in proprio favore dal giudice dell'esecuzione. In particolare, ha domandato il risarcimento del pregiudizio quantificato in un importo pari al valore di stima del bene promesso per Euro 490.000,00 ovvero il pagamento dei costi di demolizione e ricostruzione del bene pari ad Euro 496.494,36, nonché il risarcimento dei costi delle sanatorie, il rimborso dei costi sostenuti per gli accertamenti tecnici sulla reale situazione dell'immobile acquistato, il pregiudizio per mancato godimento del bene ed i maggiori compensi ed imposte di trasferimento. Il ricorrente assume che tali pregiudizi debbano ricondursi a responsabilità del Fallimento per omessa diligente custodia del curatore fallimentare in capo al quale la custodia dei beni pignorati si sarebbe trasferita automaticamente sin dal momento della dichiarazione di fallimento del debitore esecutato (Sig. (...)), ex artt. 42, 117 legge fall. e 559 cod. proc. civ., non essendo stato nominato, nella procedura espropriativa immobiliare già pendente, un custode diverso dal debitore; sostiene il ricorrente, in particolare, che i danni subiti debbano ricondursi all'inadempimento da parte del curatore agli obblighi "non solo di vigilare e conservare l'immobile, ma anche di assicurarsi che la rappresentazione fornitane ai potenziali acquirenti sia effettivamente rispondente alla realtà materiale e, quindi, di consegnarlo nello stesso stato rappresentato" (c.f.r. pg. 18 dell'atto introduttivo). Tanto premesso, occorre preliminarmente osservare che dalla natura pubblicistica della vendita forzata deriva che non possono trovare ad essa applicazione, oltre alle regole riguardanti i vizi della volontà e i correlati rimedi negoziali, anche la garanzia per vizi o mancanza di qualità. L'esclusione della garanzia per i vizi della cosa, espressamente prevista dall'art. 2922 c. 2 c.c., si riferisce, tuttavia, alle fattispecie previste dagli artt. 1490-1497 c.c. (vizi della cosa e mancanza di qualità), mentre l'art. 2922 c.c. nulla prevede in merito alla garanzia per vendita di aliud pro alio. Il Tribunale ritiene di dover aderire alla interpretazione prevalente per cui la norma limitatrice di responsabilità riguarda solo i vizi e gli eventuali difetti strutturali dell'immobile messo in vendita, mentre l'aliud pro alio, invero non integrante un vizio, non si sottrae alle regole generali vigenti per la vendita volontaria che danno rilievo alla diversità sostanziale del bene consegnato (cfr. Cass., n. 7233/1983; n. 1698/1981; e, più in generale, n. 2724/1969). Va pertanto affermata l'ammissibilità della proposizione della domanda risarcitoria del danno da aliud pro alio nei casi di vendita forzata. Nella specie, la domanda risarcitoria risulta pertanto ammissibile, non rilevando il rispetto del termine di legge previsto dall'art. 617 c.p.c. in quanto afferente al diverso piano della tutela restitutoria del bene. Giova osservare che è configurabile un aliud pro alio, per costante giurisprudenza, sia quando la cosa appartenga a un genere del tutto diverso rispetto a quello indicato nell'ordinanza di vendita (ovvero manchi delle particolari qualità necessarie per assolvere la sua naturale funzione economico-sociale), sia quando risulti del tutto compromessa la destinazione della cosa all'uso che, preso in considerazione nell'ordinanza di vendita, abbia costituito elemento determinante per l'offerta d'acquisto (ex multis Cass., n. 11018/1994; Cass., n. 10015/1998). La giurisprudenza di legittimità ha, in particolare, chiarito che la destinazione dell'immobile è un profilo attinente all'identità del bene, con la conseguenza che la consegna di un immobile che sia privo dei requisiti strutturali necessari alla destinazione promessa integra consegna di aliud pro alio (Cass., n. 5448/1978; n. 3592/75; Cass., n. 1141/73). Ritiene il Tribunale che nel caso di specie risulti dimostrata, sulla base della documentazione prodotta, l'esistenza di aliud pro alio, in quanto l'immobile descritto nella perizia del 17.1.2008 redatta dall'Arch. (...) nel senso che "nella sua globalità ben si presta ad una fruibilità, come l'attuale, ad abitazione e risulterebbero necessarie unicamente opere di manutenzione ordinaria per rendere le due unità abitative del tutto idonee ad una immediata abitabilità, con la sola eccezione di parte del piano terreno, che necessiterebbe di un seppur contenuto intervento di manutenzione straordinaria", è risultato invece inagibile; la relazione tecnica in data 30.10.2010, depositata in esito all'ATP promosso dal ricorrente, ha accertato che l'edificio per cui è causa, sito in S. in via (...) V. n. 63, "per le sue gravi carenze statiche (..) non risulta idoneo a soddisfare le condizioni minime di sicurezza" (pg. 16 della relazione) e che "le condizioni attuali dell'edificio sono comunque di una gravità tale da rendere impossibile un riutilizzo del fabbricato attraverso una serie di semplici interventi migliorativi localizzati", evidenziando come il fabbricato sia stato realizzato in fasi successive senza un progetto strutturale organico, con l'impiego di una pessima tecnica costruttiva e di materiali di scarsa qualità ed evidenziando come "il motivo dello sbilanciamento si dovrebbe ricercare nella sagoma dell'edificio, con il suo baricentro spostato verso monte e fondato sul suo retro su suoli superficiali e poco addensati, di natura argillosa e soggetti alle azioni delle acque sub superficiali". Tali risultanze tecniche, accertate a suo tempo nel contraddittorio delle parti e con giudizio tecnicamente adeguato e pertanto condivisibile, portano indubbiamente a ritenere configurata nella specie la consegna di un aliud pro alio, stante la situazione di grave e generalizzato dissesto statico dell'edificio richiedente interventi di ristrutturazione, eccedenti la manutenzione ordinaria e straordinaria, che comportano la inagibilità totale del bene a scopo abitativo, pur se ovviabile con i predetti lavori. 2) Sulla responsabilità del Fallimento. Va a questo punto vagliata la fondatezza del ricorso sotto il profilo della responsabilità attinente alla custodia dei beni inventariati, che viene invocata a carico del fallimento in quanto correlata al compimento di atti tipici rientranti nelle attribuzioni del curatore - custodia, che si inserisce nel contesto della procedura esecutiva immobiliare contro il sig. (...) e la di lui sorella, in cui la curatela è intervenuta instando per la vendita, in quella sede, della quota del 50% dei cespiti di pertinenza del fallito. Secondo il principio enunciato dalla giurisprudenza di legittimità (Cass. 16 luglio 2005, n. 15103), è indubbio, almeno con riguardo ai fallimenti c.d. vecchio rito - qual è quello della (...) sas e del suo socio accomandatario - che una volta intervenuta la sentenza dichiarativa di fallimento, il curatore subentri ex lege, a norma dell'art. 107 l. fall., al creditore procedente, in quanto si tratta, come chiarito dalla citata giurisprudenza, di una sostituzione che opera di diritto, senza necessità di alcun intervento del curatore o autorizzazione del giudice dell'esecuzione. Ne consegue che, ove non sia stato nominato un custode diverso dal fallito, anche la custodia dei beni pignorati si trasferisce immediatamente in capo al curatore, ex artt. 42 l. fall. e 559 c.p.c.. Nella specie, dunque, per quanto qui interessa, il Curatore fallimentare è subentrato, senza necessità di nomina da parte del giudice dell'esecuzione, nella custodia dell'immobile già pignorato quanto alla quota appartenente al (...). E' evidente che, trattandosi della titolarità in capo al fallito della quota del 50% dell'intero fabbricato indiviso, la custodia della curatela ha riguardato anche l'abitazione posta al secondo piano (pur se in concorso con la comproprietaria in bonis). E' opportuno a questo punto osservare che nella fase liquidatoria delle vendite forzate, che realizzano congiuntamente l'interesse pubblicistico, connesso a ogni processo giurisdizionale, e quello privato, dell'aggiudicatario, la legge pretende dall'organo gestorio notevoli cautele, anche alla luce della professionalità dell'incarico. Nella specie è vero che la gestione delle vendite non faceva capo al curatore, purtuttavia è indubbio che il curatore fosse tenuto ai doveri discendenti dalla custodia, rientranti ex art. 42 l.fall. nelle sue funzioni, strumentali alla conservazione del bene come pure al buon esito della liquidazione nell'interesse della massa dei creditori. Tali doveri sono suscettibili di rilevanza, pertanto, anche sotto il profilo di una corretta verifica ed informativa sulle condizioni dell'immobile posto in vendita. Ciò detto, occorre osservare in diritto che, secondo consolidata giurisprudenza, sebbene la vendita forzata non sia equiparabile alla vendita volontaria, non è incompatibile con la natura dell'espropriazione forzata la norma dell'art. 1477 c.c.. E' bene rammentare che tale norma prevede l'obbligo di consegna e correlativa custodia come dovere strumentale, che si aggiunge alla prestazione principale, imponendo al venditore ogni attività necessaria a far conseguire al compratore il possesso: in primo luogo l'obbligo del venditore di custodire la cosa, già trasferita ma non ancora consegnata al momento della prestazione del consenso, fino al momento della consegna. L'art. 1477 c.c. esplicita in altri termini l'obbligo del venditore come dovere di mantenere inalterato fino alla consegna lo stato quali-quantitativo della cosa esistente al momento della vendita. Con riguardo alle vendite forzate, la giurisprudenza di legittimità, alla quale si aderisce, ritiene che nella vendita coattiva l'aggiudicatario sia titolare di una legittima aspettativa alla conformità del bene acquistato rispetto a quello indicato nel provvedimento ex art. 586 c.p.c., nel senso che gli sia riconoscibile il diritto alla consegna della cosa nello stato in cui si trovava al momento dell'aggiudicazione. In questo segmento temporale tra l'aggiudicazione provvisoria ed il decreto di trasferimento sono, infatti, richiesti obblighi di diligenza e buona fede che incombono sul custode (oltre che sul debitore) aventi ad oggetto la conservazione della res nello stato in cui si trovava al momento dell'aggiudicazione (c.f.r. Cass. civ., Sent. 1, 17 febbraio 1995 n. 1730; Cass. civ., Sez. 1, 18 giugno 2010 n. 14760). Date tali premesse, pur se non venga in questione nella fattispecie la perdita del bene, per colpa dell'omessa custodia, a causa di danneggiamento operato da terzi o dal debitore, né il dissesto dell'immobile dovuto ad omessa manutenzione (posto che, come emerge dalla relazione tecnica, in atti, dei CTU ing. Fiorenzo (...) e dott. geol. Ma.Ma. del 30.10.2010, "le cause principali e determinanti che hanno portato l'immobile nella sua attuale grave situazione di degrado sono attribuibili sostanzialmente alle gravi deficienze statiche e realizzative (...) infatti la semplice mancanza di manutenzione può influire solo sulle parti accessorie di un edificio, ma non viene ad intaccare l'integrità statica al punto in cui si trova l'immobile in oggetto" (c.f.r. pg. 25 della relazione), tuttavia risulta fondato l'addebito al curatore di negligenza per omesso rilievo, nello svolgimento dell'attività di custodia e relativa rendicontazione, di una situazione dei luoghi recante segnali di allarme sulle condizioni degli immobili posti in vendita. Dalla relazione tecnica di a.t.p. emerge che ancora alla data del sopralluogo effettuato il 3.8.2010 "risulta ancora in fase di evoluzione" la situazione di degrado statico presente nel fabbricato (c.f.r. punto 10 a pg. 15 della relazione del 30.10.2010). Tale fenomeno degenerativo era già stato accertato come grave al punto da determinare l'emissione da parte del Comune di Sanremo di un ordine di inagibilità (c.f.r. ordinanza comunale recante l'ordine di inagibilità n. 96 dell'11.2.2010 - doc. 21 di parte attrice) alla data del 25.01.2010, quando (c.f.r. doc. 23) il sopralluogo dei Vigili del Fuoco del Comando Provinciale aveva constatato "lesioni interne, alcune delle quali presenti anche sugli elementi strutturali. Erano visibili anche delle lesioni di non recente formazione sui muri esterni di contenimento. Le lesioni interne più gravi si riscontravano al II piano del fabbricato nella zona a monte. Tali lesioni, dovute al cedimento del terreno sottostante, sono presumibilmente peggiorate a causa delle recenti piogge intense". Considerato dunque che l'ATP ha confermato che l'edificio si trovava esposto durante l'alternanza dei cicli di siccità-piovosità alla formazione di lesioni dovute all'abbassamento del terreno e constatato che il dissesto è apparso suscettibile di evolvere sulla lunga durata (tra gennaio 2010 ed ottobre 2010), ritiene il tribunale che sia ragionevole dalla gravità delle lesioni riscontrate nel gennaio 2010 presumere che si fossero già formate con elevata probabilità nel periodo compreso tra l'aggiudicazione (22 luglio 2009) e l'emissione del decreto di trasferimento (20 ottobre 2009), vale a dire soltanto cinque mesi prima della dichiarazione di inagibilità da parte del Comune. In tal senso convergono anche le dichiarazioni del teste (...) rese nel processo penale che si è svolto a carico del perito (arch. (...)), nel quale il fallito, che ha abitato la casa sino al suo rilascio avvenuto il 17.02.2010 e certamente ha posseduto le chiavi del secondo piano (terzo fuori terra) dal mese di aprile 2009, ha dichiarato che le lesioni passanti sulla parete nord ovest del fabbricato e quelle più significative alle strutture si erano verificate nell'ultimo anno prima del rilascio dell'immobile, allorquando in data 25.1.2010 il fallito aveva effettuato la segnalazione alla protezione civile per manlevarsi da responsabilità in caso di danni a terzi. A ciò si aggiunga che talune lesioni, come quella della lunghezza di quattro, cinque metri posta sulla parete nord a livello del secondo piano è indicata dal teste (...), nell'esame testimoniale anzidetto, come già esistente anche al momento del sopralluogo dell'arch. (...), ossia nel gennaio 2008, con dichiarazione intrinsecamente attendibile, avendo il (...) riferito che, a motivo del posizionamento della fessurazione ad una altezza di 2,80 mt, non era riuscito a cementarla e tinteggiarla di rosa. Tali risultanze probatorie, complessivamente valutate, fondano il convincimento che il fenomeno di dissesto statico dell'edificio si fosse verificato nel corso dell'anno 2009 e avesse manifestato segnali visibili di gravità già al momento dell'aggiudicazione, percepibili dal curatore attraverso l'accesso all'interno dell'abitazione posta al secondo piano. Sono pertanto ravvisabili nella specie i presupposti per affermare la responsabilità del Fallimento per inadempimento agli obblighi di custodia. 3) Sul risarcimento del danno. Ritiene il Tribunale, innanzitutto, che in caso di alienazione di aliud pro alio ove l'acquirente non intenda addivenire alla risoluzione del contratto - nel caso di specie all'annullamento della vendita forzata - possa prospettarsi un danno laddove sia riscontrabile uno scarto tra il prezzo corrisposto ed il minor valore di mercato del bene derivante dalla sua concreta e diversa (rispetto a quella promessa) identità. Occorre verificare dunque quale fosse al momento dell'alienazione e cioè alla data del 20.10.2009 il valore effettivo del bene alienato. La consulenza tecnica d'ufficio elaborata nel giudizio n. 1217/2011 RG, acquisita agli atti, ha inquadrato - alla luce della normativa tecnica cogente alla data della vendita (le norme tecniche per le costruzioni di cui al D.M. del 14 gennaio 2008, cap. 8.4, in vigore dal 1.7.2009) - le opere necessarie al ripristino dell'immobile nella categoria degli interventi di ristrutturazione edilizia con demolizione e ricostruzione del fabbricato, anche non estesa alla totalità del fabbricato (ma certamente non riguardanti porzioni limitate della costruzione), che richiedono, come previsto dalla normativa tecnica per gli interventi di adeguamento, apposita valutazione della sicurezza da parte del progettista incaricato, dovendo il progetto essere riferito all'intera costruzione e riportare le verifiche dell'intera struttura post intervento. Il c.t.u. Arch. Ma.Be. ha infatti determinato la stima del valore di mercato del bene con procedimento sintetico comparativo, individuando il valore base nel valore medio OMI della zona D4 del primo e secondo semestre anno 2009 ed attribuendo, a correzione di tale valore, allo stato di criticità strutturale che imporrebbe opere edilizie trasformative importanti, un coefficiente di detrazione in misura del - 44%, nonché detraendo i costi per le regolarizzazioni urbanistico - edilizie e catastali quantificati in Euro 12.122,00 ed operando una riduzione del 6% per gli ulteriori fattori incidenti sul valore (assenza di regimazione delle acque, per l'incuria della corte e l'impianto GPL non a norma etc.). Correttivi in aumento sono stati operati per la posizione, in misura complessivamente pari a + 5,5%. Il valore dei terreni è stato determinato tenendo conto del dissesto dei terrazzamenti secondo una riduzione del 15% sul valore medio OMI. Conclusivamente il CTU ha stimato il valore commerciale dei cespiti alla data della vendita in complessivi Euro 269.831,37 per il fabbricato ed Euro 17.350,00 per i terreni e così per un valore complessivo pari ad Euro 287.181,87. Il Tribunale ritiene di dover condividere e fare proprio il giudizio conclusivo espresso dal C.T.U., in quanto esso trae origine da una meditata valutazione degli elementi di fatto e documentali, è sorretto da metodica corretta, è rispondente ai criteri tabellari e sorretto da valide considerazioni tecniche, oltre ad essersi svolto nel rispetto del contraddittorio tecnico. Essendo il valore dell'immobile derivante dalla sua concreta e diversa identità pari ad Euro 287.000,00 nessun danno ha subito il ricorrente, il quale ha corrisposto per il trasferimento un prezzo pari a complessivi Euro 285.300,00. Ove si utilizzasse, per la stima del bene alla data della vendita, il diverso criterio del valore di trasformazione, pari alla differenza tra il valore del fabbricato edificabile sull'area ed il suo costo di costruzione, si perverrebbe ad un valore di Euro 253.080,00, ottenuto come differenza tra il valore dei beni supposti finiti di Euro 758.728,00 (= 2.160 Euro/mq x 290,30 mq + 21% coefficiente merito per fabbr. nuovo) - in cui Euro 2.160,00 è il valore unitario massimo/mq, da ritenersi maggiormente adeguato allo scopo di tener conto della più appetibile condizione edilizia - ed i costi di demolizione e ricostruzione pari ad Euro 505.648,00, così quantificati integrando le voci elencate dall'Arch. (...) (inclusa la voce allacciamenti di Euro 3.000) con quelle ulteriori desunte dalla ctu dell'ing. (...), come dedotto dall'attore a pg. 23 della memoria di parte ricorrente del 21.3.2021. Ne deriva un margine di oscillazione del valore "attuale" (al 4.9.2015 data della c.t.u.) del bene scarsamente significativo, che conferma la validità del risultato di Euro 287.000,00 quale più probabile valore di mercato del bene, tenuto conto di quanto allegato e provato dalle parti al momento della presente decisione. Non sono condivisibili le deduzioni di parte ricorrente volte a dimostrare che il valore di trasformazione sarebbe molto lontano da quello attribuito dal CTU al bene, in quanto l'operazione seguita per la determinazione del valore di trasformazione omette, senza giustificazione teorica e metodologica, l'applicazione del coefficiente di aumento per nuovo fabbricato. Ciò detto, occorre altresì considerare che il ricorrente lamenta che il danno subito in conseguenza dell'acquisto dell'aliud pro alio debba consistere nel risarcimento dei costi di demolizione e ricostruzione, in quanto necessari ad essere messo nel possesso dell'immobile così come descritto nella relazione peritale e chiede dunque la condanna al pagamento di Euro 496.494,36. A pg. 25 della comparsa conclusionale si legge che "Al sig. (...), dovevano essere consegnati lotti del valore di E. 490.000,00, ma soprattutto, dovevano essere consegnati due lotti così come indicati nelle relazioni peritali dell'Arch. (...) pronti per essere abitati con interventi di ordinaria manutenzione". A ben vedere le ragioni della doglianza sono connesse alla mancanza dell'abitabilità del bene trasferito quale fonte di pregiudizio. Si vuol dire che non sussiste un diritto dell'aggiudicatario di un bene venduto all'asta a fare affidamento sul valore economico del bene indicato nella stima del perito, atteso che nel sistema delle vendite forzate il prezzo che dovrebbe assicurare proporzionalità tra mezzo e scopo è il prezzo di aggiudicazione che risulta dagli esiti della vendite e che è determinato dall'incontro tra l'interesse del mercato e la ripetizione dei tentativi di vendita con ribassi di prezzo giustificati sia per le minori garanzie offerte all'acquirente, sia per le esigenze di contenimento della durata del processo e soddisfo dei creditori. Tuttavia merita tutela l'affidamento sulla appartenenza del bene venduto al genere "immobile ad uso abitativo". Ciò conduce alle seguenti brevi considerazioni. Va premesso in diritto che, fermo il principio della riparazione integrale del danno, nella disciplina codicistica tale riparazione può assumere la forma di risarcimento per equivalente o di risarcimento in forma specifica; e ciò anche nella responsabilità contrattuale. L'art. 2058 c.c. stabilisce infatti, al primo comma, che "il danneggiato può chiedere la reintegrazione in forma specifica, qualora sia in tutto o in parte possibile" ed al successivo comma afferma che "tuttavia il giudice può disporre che il risarcimento avvenga solo per equivalente, se la reintegrazione in forma specifica risulta eccessivamente onerosa per il debitore". Dalla lettura della norma emerge che "il risarcimento per equivalente e la reintegrazione in forma specifica sono forme riparatorie che hanno in comune il presupposto del danno inteso come diminuzione patrimoniale e vanno commisurate alla diminuzione stessa. Sicchè all'unitarietà dell'obbligazione risarcitoria corrispondono due modalità del risarcimento che garantiscono entrambe l'attuazione del principio della riparazione integrale del danno come equivalente della perdita economica subita" (Cass. civ., sez. III, 21.5.2004 n. 9709). Il risarcimento per equivalente può essere disposto dal Giudice, anche in caso di domanda di reintegrazione in forma specifica, quando quest'ultima forma di tutela sia eccessivamente onerosa per il debitore, nel senso che il costo della reintegrazione in forma specifica risulti superiore a quello del risarcimento per equivalente, ovvero quando il sacrificio economico necessario al fine del ripristino della situazione quo ante, sia nella forma del ripristino materiale che nella corresponsione della somma di danaro corrispondente alle spese necessarie per tale ripristino, superi in misura eccessiva, date le circostanze del caso, il valore da corrispondere in base al risarcimento per equivalente. Al proposito la giurisprudenza di legittimità (Cass. civ., Sez. 3, Sentenza n. 8052 del 22/05/2003) ha affermato che: "il principio di diritto desumibile dal combinato disposto degli art. 2058 e 2056 c.c. è che il risarcimento del danno da responsabilità aquiliana, quale che sia il criterio adottato su richiesta del creditore (forma specifica o equivalente pecuniario) ha la funzione di porre il patrimonio del danneggiato nello stesso stato in cui si sarebbe trovato ove l'illecito non si fosse verificato, trovando il suo presupposto ed il suo limite nell'effettiva perdita subita da quel patrimonio (Cass. civ. sez. 3 n. 2402/1998). Perciò l'art. 2058 c.c. attribuisce al giudice la facoltà di disporre che il risarcimento avvenga per equivalente (quindi secondo i criteri richiamati dall'art. 2056 c.c.), qualora "la reintegrazione in forma specifica risulta eccessivamente onerosa per il debitore". Detto principio che si sostanzia in quello della corrispondenza tra danno e risarcimento e che in quanto tale vieta di fare conseguire al danneggiato un'indebita locupletazione comporta che le spese necessarie alla reintegrazione in forma specifica non possono essere superiori alla somma calcolata ai sensi dell'art. 2056 c.c. E sicuramente si avrebbe violazione di tale principio allorché si consentisse al creditore di sostituire i componenti usurati del veicolo con pezzi di ricambio nuovi". Principio enunciato anche nella sentenza n. 211012 del 12.10.10, Cass. Civ., sez. III, secondo cui: "La domanda di risarcimento del danno subito da un veicolo a seguito di incidente stradale, quando abbia ad oggetto la somma necessaria per effettuare la riparazione dei danni, deve considerarsi come richiesta di risarcimento in forma specifica, con conseguente potere del giudice, ai sensi dell'art. 2058, secondo comma, cod. civ., di non accoglierla e di condannare il danneggiante al risarcimento per equivalente, ossia alla corresponsione di un somma pari alla differenza di valore del bene prima e dopo la lesione, allorquando il costo delle riparazioni superi notevolmente il valore di mercato del veicolo". Più di recente, con l'ordinanza n. 27546 del 21/11/2017, Cass. civ., sez. III, si è ribadito che: "Ai sensi del comma 2 dell'art. 2058 c.c., in virtù del quale, anche se il danneggiato abbia chiesto, quando possibile, la reintegrazione in forma specifica, il giudice può disporre che il risarcimento avvenga solo per equivalente ove la reintegrazione in forma specifica risulti eccessivamente onerosa per il debitore, la differenza fra risarcimento in forma specifica e risarcimento per equivalente consiste nel fatto che, nel primo, la somma dovuta è calcolata sui costi occorrenti per la riparazione, mentre, nel secondo, è riferita alla differenza fra il bene integro (e cioè nel suo stato originario) ed il bene leso o danneggiato". Facendo applicazione di tali principi al caso di specie, ritiene il Tribunale che la domanda di pagamento dei costi di demolizione e ricostruzione pari ad Euro 496.494,36, ove accolta, farebbe conseguire al danneggiato un'indebita locupletazione, sostituendo il nuovo fabbricato del valore di Euro 758.728 (c.f.r. relazione finale di c.t.u. del procedimento n. 1217/2011 rg. dell'arch. Be., pg. 18) all'immobile ad uso abitativo descritto nel decreto di trasferimento, e supererebbe in misura eccessiva il valore da corrispondere in base al risarcimento per equivalente. Si ritiene di determinare tale risarcimento per equivalente nella differenza tra il valore di mercato alla data del 20.10.2009 dell'edificio supposto abitabile, che appare congruo assumere pari al valore di stima determinato dall'arch. (...) nella perizia del 2008 in Euro 469.000,00 (secondo i valori O. "medi" della zona D4, anno 2009, di Euro 1.750,00 Euro/mq, valori confermati anche nella c.t.u. del 2015) ed il valore di mercato del bene effettivamente trasferito, pari ad Euro 287.000,00. Va riconosciuto pertanto in favore del ricorrente un importo a titolo di danno per aliud pro alio pari ad Euro 182.000,00 oltre interessi e rivalutazione dalla data del trasferimento. 4) Sul danno da mancato godimento dell'immobile; Il risarcimento del danno richiesto dal ricorrente è prospettato come conseguenza del ritardo nel conseguimento dell'immobile promesso ed è parametrato al c.d. valore locativo del bene, considerato nella sua interezza, prescindendo espressamente dai costi di locazione di fatto sostenuti per le proprie esigenze abitative. Tale domanda va rigettata atteso che detta posta risarcitoria non è provata quanto all'an del pregiudizio, emergendo anzi dagli atti l'intenzione del ricorrente di avviare nell'immobile un'attività di bed & breakfast, il che fa presumere, al contrario, che l'immobile non fosse destinato all'immediato utilizzo a scopo abitativo o locatizio da parte del ricorrente, essendo ragionevole presumere che l'esercizio dell'attività di Bed & Breakfast avrebbe comportato l'effettuazione di lavori funzionali al rinnovo dell'immobile. 5) Sul danno emergente da rimborso dei costi sostenuti. Con riguardo al pregiudizio consistente nella perdita economica sofferta in relazione ai costi causati dall'acquisto dell'aliud pro alio, spetta il risarcimento delle seguenti poste di danno, che si reputano documentate e causalmente conseguenti ex art. 1223 c.c. all'illecito: Euro 4.572,82 costi per completamento condono (c.f.r. doc. 38 e 39 di parte attrice) Euro 4.368,00 costi per accatastamento ampliamento fabbricato (c.f.r. doc. 41 fattura n. (...) del 7.2.2011; doc. 42 fatt. n. (...) del 7.2.2011); Euro 8.896,10 onorario del CTU Ing. (...) (doc. 32 fatt. n. (...) del 10.1.2011) Euro 2.692,80 onorario geol. Ma.Ma. (doc. 33 parcella n. (...) del 14.1.2011) Euro 2.203,20 compenso ing. (...) per perizia di parte (doc. 34 fatt. n. (...)) Euro 1.872,00 compenso CTP rg. 1226/2010 (doc. 35 fatt. n. 7/2011) Euro 1.468,80 compenso geol. (...) (doc. 36 fatt. (...)) Euro 8.426,05 spese legali ATP come da compensi tabellari medi (esclusi gli accessori, stante la mancata produzione di parcella) Euro 651,48 spese vive ATP (doc. 37 b) Euro 4.551,80 onorario CTU Arch. (...) rg. 1217/2011. Detta voce di costo si reputa integrare un danno emergente conseguente all'illecito contrattuale per cui è causa, in quanto, pur se il giudizio rg. 1217/11 debba ritenersi ascrivibile a colpa dell'odierno attore stante la definitività della pronuncia che ha dichiarato l'inammissibilità della domanda, la consulenza tecnica a firma dell'Arch. (...), acquisita al presente giudizio, è risultata utile alla presente decisione, che, essendo di accoglimento, pur se parziale, della domanda attorea comporta, in punto di spese ctu, che esse debbano essere poste a carico di parte convenuta. Il danno emergente ammonta, pertanto, complessivamente all'importo di Euro 39.703,05. 6) Sui maggiori costi per imposte e compenso del notaio delegato Per ciò che concerne il rimborso dei maggiori costi per imposte e compenso del notaio delegato rispetto ai costi parametrati sul valore di ipotetica aggiudicazione del bene nel suo reale stato, la domanda va rigettata in quanto, optando per la sola azione risarcitoria l'attore ha invero manifestato la volontà di conservare l'acquisto del, sia pure diverso, bene trasferitogli. Chiedere il rimborso di una parte delle imposte pagate sul trasferimento si traduce in una richiesta di ristoro di danni da inutile dispendio di somme spese per l'acquisto del bene, ossia di un pregiudizio derivante dall'annullamento del contratto (recte del decreto di trasferimento). Ne deriva la limitazione del risarcimento al pregiudizio determinato secondo il parametro di commisurazione del c.d. interesse positivo e l'impossibilità di cumulare quest'ultimo con la richiesta di risarcimento del danno secondo il c.d. interesse negativo. In ogni caso, il minor prezzo assunto dall'attore a parametro del danno per maggiori spese di trasferimento è privo di rilievo giuridico in quanto meramente ipotetico (non consentendo l'aliud pro alio di proiettare la volontà dell'aggiudicatario su ipotesi omogenee, pur se difformi), non potendo che farsi riferimento al valore di mercato del bene nel suo stato reale, che è sostanzialmente corrispondente al prezzo pagato. 7) Sull'equiparabilità del credito prededucibile di cui si chiede l'ammissione ai crediti con prelazione ex art. 112 l. fall. Venendo alla domanda dell'attore affinchè venga dichiarato anche il diritto del Sig. (...) di ottenere nei successivi riparti anche le quote che gli sarebbero spettate, quale creditore prededucibile, nelle precedenti ripartizioni, premesso che il credito risarcitorio per cui è causa va ascritto all'ambito delle prededuzioni chirografarie, si ritiene che per esso valga quanto previsto per i creditori muniti di titolo di prelazione dall'art. 112 l. fall. di c.d. vecchio rito nei termini che seguono. Varrà dunque il principio secondo cui i creditori per i quali l'art. 112 l.f. enuncia le due eccezioni possono prelevare le quote che sarebbero loro spettate nelle eventuali precedenti ripartizioni, sempre nei limiti delle disponibilità residue nel senso che il creditore tardivo-privilegiato (al quale si ritiene assimilabile il creditore tardivo-prededucibile) non può pretendere di incrementare le disponibilità residue del riparto cui partecipi mediante la riduzione dei riparti ricevuti dagli altri creditori, né pretendere, a seguito della presentazione della domanda tardiva, accantonamenti. Tuttavia nel primo riparto cui partecipi dopo l'ammissione, va effettuata una preventiva ed autonoma assegnazione della quota eventualmente assegnata ai creditori di pari grado e rango nei riparti precedenti all'insinuazione tardiva, e poi va inserito, per la parte residua, nel riparto in corso nel grado di competenza. 8) Sulla domanda riconvenzionale del Fallimento. Il Fallimento convenuto ha proposto domanda riconvenzionale di condanna della controparte alla restituzione alla procedura della somma di Euro 124.730,66 proveniente dal pagamento del prezzo della vendita, indebitamente trattenuta dal sig. (...) nonostante il sequestro sia stato revocato con sentenza divenuta cosa giudicata. Il Fallimento ha chiesto che a tal fine venga dichiarata in via incidentale la nullità radicale dell'ordinanza con cui il giudice dell'esecuzione ha, in sede di attuazione del sequestro conservativo, assegnato la somma giacente sul conto corrente del fallimento al Sig. (...). Rileva il Collegio che l'actio nullitatis non ha natura di mezzo di impugnazione ed è pertanto possibile la sua proposizione nell'ambito del giudizio di merito, anche in via di azione. Al riguardo, costante orientamento della giurisprudenza di legittimità (c.f.r. di recente: Cass. Sez. 6 - 2, Ordinanza n. 3810 del 07/02/2022; Sez. 6 - 1, Ordinanza n. 22334 del 15/10/2020) afferma la natura di azione di accertamento della querela nullitatis. In tal senso, si veda Cassazione, Sez. 6 - L, Ordinanza n. 9910 del 15/04/2021 secondo cui "La cd. inesistenza giuridica o la nullità radicale di una sentenza può essere fatta valere o mediante un'autonoma azione di accertamento negativo ("actio nullitatis") esperibile in ogni tempo, oppure attraverso gli ordinari mezzi di impugnazione (...)". E' pertanto ammissibile la proponibilità della querela nullitatis nella presente sede. Non appare, pertanto, fondata l'eccezione di incompetenza a favore del giudice ordinario, sollevata dalla difesa della parte ricorrente, essendo la querela nullitatis stata proposta in via incidentale rispetto alla riconvenzionale di restituzione delle somme, stante la pregiudizialità logica del detto accertamento rispetto alla domanda principale, di modo che la competenza a conoscere dell'azione di nullità viene attratta al Giudice della riconvenzionale, ossia al tribunale fallimentare. Ed è indubbio che nell'ambito del giudizio di accertamento in fase contenziosa della domanda tardiva di ammissione al passivo possano essere proposte dal fallimento convenuto domande riconvenzionali. Anche con riferimento alla legge fallimentare di c.d. vecchio rito, invero, la giurisprudenza di legittimità (c.f.r. Cass. civile, sez. VI, 27 Ottobre 2020, n. 23472) ha avuto modo di chiarire che: "nel regime anteriore alle riforme la "relazione di dipendenza della domanda riconvenzionale "dal titolo dedotto in giudizio dall'attore", che giustifica la trattazione simultanea delle cause, si configura non già come identità della causa petendi, ma comunanza della situazione o del rapporto giuridico dal quale traggono fondamento le contrapposte pretese delle parti, ovvero come comunanza della situazione o del rapporto giuridico sul quale si fonda la riconvenzionale con quello posto a base di una eccezione, così da delinearsi una connessione oggettiva della domanda riconvenzionale con l'azione o l'eccezione proposta" (Cass., 11 aprile 2016, n. 7070). Ciò detto, va rilevato come l'ordinanza datata 3.07.2011 con cui il giudice dell'esecuzione del Tribunale di Sanremo, nel procedimento di attuazione del sequestro conservativo presso terzi n. 483/2011 RGE. MOB., ha assegnato al creditore sequestrante le somme di cui era stato autorizzato il sequestro (con ordinanza del tribunale ordinario di Sanremo del 1.6.2011, doc. 9 del convenuto) sia da considerarsi abnorme in quanto il giudice dell'esecuzione, attribuendo le somme al Sig. (...), ha eseguito una sentenza di condanna esecutiva che non esisteva, pur essendo privo del potere di decidere sulla esistenza del diritto di credito al risarcimento. In altri termini l'assegnazione è abnorme perché pretenderebbe di costituire essa stessa il titolo (la sentenza di condanna esecutiva) che invece presuppone e che non esisteva. Le circostanze di fatto dedotte dal Fallimento inerenti al sequestro delle somme pervenute al fallimento dall'incasso del prezzo della vendita (mai annullata), l'assegnazione al (...) da parte del G.E. delle somme sequestrate, il prelievo delle stesse da parte dell'interessato mediante giroconto dal conto corrente della procedura non risultano specificamente contestate e si hanno pertanto per provate, anche a prescindere dalle produzioni documentali offerte. Va dunque dichiarata la nullità radicale dell'ordinanza 13.7.2011 di assegnazione della somma di Euro 124.730,66 al creditore sequestrante Sig. (...) (doc. 9 del convenuto). Ciò premesso, essendo intervenuta in data 4.08.2020 sentenza del Tribunale di Imperia che ha definito la causa di merito di accertamento del credito risarcitorio, dichiarando inammissibile per violazione dell'art. 52 l. fall. la domanda di condanna al risarcimento del danno formulata dal Sig. (...), e che ha "revocato il sequestro conservativo disposto in favore di parte attrice con ordinanza del Tribunale di Sanremo in data 1 giugno 2011 sui beni del Fallimento convenuto", ne deriva l'inefficacia del provvedimento cautelare di sequestro a decorrere dalla data di deposito della sentenza cui consegue l'obbligo di restituzione al fallimento dell'importo di Euro 124.730,66, oltre interessi legali dal 4.8.2020 al saldo effettivo. E' bene ricordare che tanto l'art. 669 novies co. 3 c.p.c. quanto l'art. 669 novies co. 1 c.p.c. prevedono l'inefficacia del provvedimento cautelare di natura conservativa, qual è il sequestro conservativo, anche in caso di pronuncia di inammissibilità. A ciò si aggiunga che l'ultimo comma dell'art. 669 octies c.p.c. espressamente prevede che "l'autorità del provvedimento cautelare non è invocabile in un diverso processo". Ne deriva che il sequestro conservativo è divenuto inefficace il 4.8.2020 e che con ogni evidenza a nulla rileva il successivo accertamento nel presente diverso giudizio ex art. 101 l. fall. del credito risarcitorio, che di certo non potrebbe determinare la conversione in pignoramento di un sequestro inefficace, la cui autorità è già stata revocata in via definitiva. Quanto alla richiesta di compensazione avanzata dal ricorrente per l'ipotesi di accoglimento della domanda riconvenzionale avversaria, la stessa non può essere accolta in quanto in caso di incapienza dell'attivo anche i crediti prededucibili devono essere graduati secondo le rispettive cause di prelazione ed il grado corrispondente, dovendosi provvedere pertanto al pagamento del credito prededucibile di rango chirografario del ricorrente in sede di riparto. In conclusione il danno subito dal ricorrente va determinato, come sopra detto, in Euro 221.703.05 (= Euro 182.000,00 + Euro 39.703,05) che, devalutati al 20.10.2009 (in Euro 187.724,85) e rivalutati di anno in anno con aggiunta degli interessi compensativi al tasso legale sino al momento della decisione, determinano un totale di capitale rivalutato ed interessi pari ad Euro 244.439,50 (=Euro 187.724,85 per capitale + Euro 33.978,20 per rivalutazione + Euro 22.736,45 per interessi). Il credito restitutorio accertato in capo al fallimento ammonta, sulla base della domanda ed alla luce di quanto allegato e provato in giudizio, ad Euro 124.730,66, oltre interessi legali dal 4.8.2020 al soddisfo. Al momento della presente decisione il credito ammonta a complessivi Euro 125.020,61. Va precisato che il saggio di interesse previsto dall'art. 1284 co. 4 c.c. non è dovuto perché inapplicabile qualora, come nel caso di specie, le obbligazioni derivino da illecito, non essendo ipotizzabile neppure in astratto un accordo delle parti nella determinazione del saggio la cui mancanza costituisce presupposto indefettibile di operatività della disposizione, e perché ai sensi dell'art. 1 del D.Lgs. n. 231 del 2002 le disposizioni del decreto non si applicano per a) debiti oggetto di procedure concorsuali aperte a carico del debitore e per b) pagamenti effettuati a titolo di risarcimento del danno. Quanto al governo delle spese del presente procedimento, si ritiene che la reciproca soccombenza delle parti conduca alla loro integrale compensazione. P.Q.M. Il Tribunale, definitivamente decidendo, ogni diversa istanza, domanda ed eccezione disattesa, così provvede: - dichiara la responsabilità del Fallimento nella causazione dei danni subiti dal ricorrente in seguito all'acquisto all'asta degli immobili per cui è ricorso; - per l'effetto, ammette al passivo del Fallimento (...) S.a.s. di (...) e del socio accomandatario (...) il credito risarcitorio vantato dal ricorrente in prededuzione e, nell'ambito delle prededuzioni, in chirografo, per l'importo di Euro 244.439,50 all'attualità (comprensivo di rivalutazione ed interessi), oltre interessi dalla sentenza al saldo; - accerta che il ricorrente ha diritto di ottenere nei successivi riparti anche le quote che eventualmente gli sarebbero spettate, quale creditore prededucibile chirografario, nelle precedenti ripartizioni ex art. 112 l.f. nel senso che nel primo riparto cui partecipi dopo l'ammissione va effettuata una preventiva ed autonoma assegnazione della quota eventualmente assegnata ai creditori di pari grado e rango nei riparti precedenti all'insinuazione tardiva, e poi va inserito, per la parte residua, nel riparto in corso nel grado di competenza; - dichiara la nullità dell'ordinanza datata 3.07.2011 resa dal giudice dell'esecuzione del Tribunale di Sanremo nel procedimento di attuazione del sequestro conservativo presso terzi n. 483/2011 Rge mob., per le ragioni esposte in motivazione; - condanna il Sig. (...) a restituire alla curatela la somma di Euro 124.730,66 oltre interessi dal 4.8.2020 al saldo; - compensa integralmente le spese del presente giudizio. Manda al Curatore per la variazione dello stato passivo. Così deciso in Imperia il 3 aprile 2022. Depositata in Cancelleria il 4 aprile 2022.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE CIVILE DI IMPERIA il TRIBUNALE di Imperia in composizione monocratica, in persona del dott. Pasquale LONGARINI, ha emesso la seguente SENTENZA nella causa iscritta al n.2393/2015 RG del Tribunale di Imperia promossa da (...) (CF: (...)), rappresentato e difeso dall'avv. Ar.Ar. presso il cui studio in Sanremo alla via (...) è eletto domicilio - attore - contro (...) (CF: (...)), rappresentata e difesa dall'avv. An.AR. presso il cui studio in Sanremo alla via (...) è eletto domicilio - convenuto - RAGIONI DELLA DECISIONE (1) abstract (...), con atto di citazione ritualmente notificato, premesso di essere stato vittima di numerosi e protratti episodi di violenza commessi in suo danno da (...) marito di seconde nozze della madre (...) durante il periodo in cui questo aveva convissuto con lui e con le quattro sorelle, in relazione ai quali il (...) veniva definitivamente condannato in sede penale dalla Corte di Appello di Genova con sentenza n. 3802 del 15.12.2011 in ordine al reato di maltrattamento continuato contro familiari e conviventi (artt. 81 cpv, 572 c.p.) e al reato di estorsione continuata (artt. 81 cpv., 629 c.p.) nonché al risarcimento dei danni in favore delle parti civili, con provvisionale di euro 5.000,00, da determinarsi nel loro esatto ammontare in sede civile, dedotto gravi danni morali per essere stato costretto a vivere un'infanzia di privazioni e vessazioni che avevano influenzato in negativo la propria vita di relazione, evocava in giudizio (...) per sentirlo condannare al risarcimento in suo favore di tutti i danni, patiti e patiendi, quantificati nella misura di euro 30.000,00, oltre interessi legali e rivalutazione monetaria, con vittoria di spese ed onorari di causa. 1.1) Si costituiva in giudizio (...) che, premesso di aver interamente scontato la pena inflittagli dalla Corte di Appello di Genova e di versare in stato di indigenza, osservato che il giudicato penale aveva efficacia nel giudizio civile per le restituzioni ed il risarcimento del danno promosso dalla persona offesa/danneggiata dal reato ivi costituita parte civile solamente quanto all'accertamento della sussistenza del fatto, della sua illiceità penale e dell'affermazione che l'imputato lo ha commesso e dunque all'accertamento dei fatti materiali oggetto dell'imputazione, allegato di essere stato assolto dal Tribunale di Imperia con sentenza n.878/15 resa nel RGNR 1308/14 promosso a seguito di querele sporte dalla moglie e dal (...) in ordine al reato di minaccia, contestata nell'an e nel quantum la pretesa risarcitoria di parte attrice, instava, in via principale, per il rigetto della domanda attorea perché infondata in fatto ed in diritto, in via subordinata, per la condanna a minor somma ritenuta di giustizia anche in ragione del proprio stato di indigenza, con vittoria di spese e compensi. 1.2) Assunta la prova dichiarativa (testi: (...), mamma dell'attore), licenziata CTU medicolegale/psicologica sulla persona di (...) ("esaminatigli atti e i documenti medici, descriva il CTU, previa acquisizione della documentazione medica: a)i danni patiti dal sig. (...) e le ripercussioni psicologiche che su lo stesso, sulla sua crescita e sulla vita di relazione hanno avuto i comportamenti posti in essere da parte del sig. (...), in relazione ai fatti per il cui il convenuto è stato condannato con sentenza della Corte di Appello di Genova n. 380/2012, e descritti negli atti di parte attrice: precisi il CTU: a)le ripercussioni psicologiche che i comportamenti reiterati del signor (...) hanno cagionato in relazione all'infanzia del signor (...)"), convocato il CTU per chiarimenti forniti per iscritto con nota integrativa del 15.07.2020 ("Sulla base della documentazione medica esibita e del racconto anamnestico si può ritenere che il signor (...), per quanto riferito, abbia patito nei trascorsi adolescenziali di stati ansiosi reattivi a seguito di riferiti comportamenti posti in essere da parte del compagno della madre con ripercussioni nella vita di relazione e della propria autonomia con difficoltà di concentrazione, con calo del rendimento scolastico per l'ansia con somatizzazioni dovute ai maltrattamenti(riferiti)subiti. Al colloquio la rievocazione dei fatti accaduti, anche se ad oggi il periziando si presenta tranquillo, evocano allo stesso"senso di angoscia"configurabile, per quanto può concernere una valutazione del danno permanente in una "Sindrome post traumatica da stress" valutabile percentualmente nella misura del 10% della validità biologica del soggetto"), la causa veniva assunta a decisione nell'udienza del 7.1.2022 sulle conclusioni delle parti in epigrafe riportate e con concessione dei termini per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica. (2) sul merito della domanda. La domanda attorea è fondata e, pertanto, va accolta. 2.1) La richiesta risarcitoria trae fondamento dalla sentenza GIP Tribunale di Sanremo n. 44/11 del 31/03/2011, confermata dalla sentenza di Corte d'Appello di Genova n. 3802 del 15/12/2012, con la quale (...) veniva giudicato colpevole dei reati di maltrattamenti familiari e estorsione con conseguente condanna al risarcimento dei danni patiti dalla parti civili, con riferimento all'intero protrarsi dell'azione delittuosa, con provvisionale di euro 5.000,00, da determinarsi nel loro esatto ammontare in sede civile. 2.2) Secondo il fermo orientamento del giudice di legittimità, in tema di rapporti fra procedimento penale e procedimento civile: (i) per l'esistenza del diritto al risarcimento del danno può non bastare la condanna penale, in quanto non tutti i reati producono un danno; (ii) la sentenza penale non può essere rimessa in discussione, nel relativo giudizio civile o amministrativo, quanto all'accertamento della sussistenza del fatto, la sua illiceità penale e la sua commissione da parte del condannato; (iii) tuttavia, quando si afferma che l'esistenza del danno, nei cosiddetti reati di danno, è implicita nell'accertamento del "fatto-reato", il riferimento, sulla base delle regole di diritto civile, è al danno evento, ma non anche al danno conseguenza, per il quale l'indagine da compiere è quella del nesso di causalità giuridica fra l'evento di danno e le sue conseguenze pregiudizievoli, ex art. 1223 c.c.; (iv) in relazione all'accertamento del danno conseguenza, sotto il profilo dell'esistenza del nesso di causalità, dell'esistenza e della quantificazione del danno, all'esito del giudicato penale, resta quindi ferma la competenza del giudice civile anche con riferimento all'ipotesi del reato cosiddetto di danno (cass. UU, n. 4549/2010). 2.3.1) Pertanto, la sentenza del giudice penale che, accertando l'esistenza del reato, abbia altresì pronunciato condanna definitiva dell'imputato al risarcimento dei danni in favore della parte civile, demandandone la liquidazione ad un successivo e separato giudizio, spiega, in sede civile, effetto vincolante in ordine alla "declaratoria iuris" di generica condanna al risarcimento ed alle restituzioni, ferma restando la necessità dell'accertamento, in sede civile, della esistenza e della entità delle conseguenze pregiudizievoli derivate dal fatto individuato come "potenzialmente" dannoso e del nesso di derivazione causale tra questo e i pregiudizi lamentati dai danneggiati (cass, ordinanza n. 8477/2020; cass. n. 5660/2018; cass. n. 4318/2019). 2.4) Tanto premesso, i fatti emersi in sede penale hanno trovato riscontro anche nel presente procedimento civile in sede testimoniale, atteso che la teste (...), madre di (...), confermava che quest'ultimo, nel periodo di convivenza col (...) e per ben 25 anni, aveva subito durante l'infanzia e l'adolescenza un peggioramento della vita di relazione a causa di privazioni dal punto di vista affettivo/relazionale, essendogli impedito di intrattenere rapporti di amicizia con coetanei, di svolgere attività ludico -sportive, al contempo subendo vessazioni e minacce che gli procuravano stati ansia e paura, dovendo altresì assistere ad episodi di continui litigi con aggressioni fisiche e verbali alla madre, situazioni di panico per continue minacce di morte, vissute insieme alle di lui sorelle, oltre a gravi danni economici per essere stato costretto dal (...) a consegnargli i risparmi ricevuti dal proprio defunto padre e il denaro che la madre gli consegnava per l'acquisto della merenda. 2.5) Lo stato di profondo disagio psico-fisico vissuto dalla parte attrice ad opera del convenuto ha trovato altresì conferma nella espletata CTU laddove l'ausiliario del giudice, dopo aver affermato nell'elaborato del 11.12.2019 che "sulla base di quanto esposto e dalla documentazione medica esibita si può ritenere che il signor (...), per quanto riferito, abbia patito nei trascorsi adolescenziali di stati ansiosi reattivo a seguito di riferiti comportamenti posti in essere da parte del compagno della madre con ripercussioni nella vita di relazione e della propria autonomia con difficoltà di concentrazione, con calo del rendimento scolastico per l'ansia con somatizzazioni dovute ai maltrattamenti (riferiti) subiti. Ad oggi, dopo l'allontanamento del compagno della madre il periziando si presenta tranquillo e non manifesta più segni d'ansia sia libera che somatizzata", in sede di chiarimenti scritti meglio circostanziava che ("Sulla base della documentazione medica esibita e del racconto anamnestico si può ritenere che il signor (...), per quanto riferito, abbia patito nei trascorsi adolescenziali di stati ansiosi reattivi a seguito di riferiti comportamenti posti in essere da parte del compagno della madre con ripercussioni nella vita di relazione e della propria autonomia con difficoltà di concentrazione, con calo del rendimento scolastico per l'ansia con somatizzazioni dovute ai maltrattamenti (riferiti) subiti. Al colloquio la rievocazione dei fatti accaduti, anche se ad oggi il periziando si presenta tranquillo, evocano allo stesso "senso di angoscia" configurabile, per quanto può concernere una valutazione del danno permanente in una "Sindrome post traumatica da stress" valutabile percentualmente nella misura del 10 % della validità biologica del soggetto" 2.6) Per tutto quanto sopra esposto, essendo le condotte vessatorie svolte dal convenuto nei confronti del (...), interpretate in proiezione della grave esperienza vissuta, realmente sorrette dalla volontà del (...) di produrre nel suo animo un perdurante stato d'ansia, di paura o di timore per la incolumità propria e della madre e delle sorelle, essendo stato provato il nesso di causa tra le predette manifestazioni invasive del convenuto e lo stato d'ansia e la compromissione della vita di relazione lamentati dal (...), la domanda di parte attrice merita il pieno accoglimento, dovendosi conseguentemente procedersi alla quantificazione del danno individuato dal CTU nell'elaborato peritale, dai cui esiti non può prescindersi. 2.7) Il danno biologico viene liquidato attraverso il cd. "punto tabellare", basato su un criterio progressivo in relazione alla gravità della menomazione ed uno regressivo in relazione all'età del danneggiato, utilizzando all'uopo le tabelle elaborate nel 2009 dal Tribunale di Milano e aggiornate nell'anno 2021, le quali tengono conto che la lesione all'integrità psicofisica implica altresì una naturale sofferenza che, pur non potendo essere configurata come autonomo danno di natura morale, deve ottenere adeguato ristoro. 2.7.1) L'adozione dei criteri milanesi non vale ad escludere la possibilità di personalizzare il trattamento liquidatorio sulla base, però, delle allegazioni delle parti e delle prove raggiunte, con esclusione di ogni tipo di automatismo essendo giuridicamente erronea l'affermazione "secondo cui la misura standard del risarcimento del danno biologico debba essere aumentata sempre e comunque, per il sol fatto che l'invalidità causata dalle lesioni sia di grado elevato" (cass. n.21939/2017; cass. n.20630/2016; cass. n. 16788/2015). Infatti, l'ammontare non patrimoniale, quantificato attraverso i meccanismi tabellari in uso presso i Tribunali, è destinato alla riparazione delle conseguenze dannose ordinarie, ossia ai pregiudizi che qualunque vittima con lesioni analoghe normalmente subirebbe. Invece, la personalizzazione del danno non patrimoniale è finalizzata a sopperire a specifiche circostanze di fatto "peculiari" al solo caso in esame, che valgano a superare le conseguenze "ordinarie" già previste e risarcite tramite la liquidazione forfettizzata del danno non patrimoniale assolta dai meccanismi tabellari, da queste ultime distinguendosi siccome legate all'irripetibile singolarità dell'esperienza di vita individuale nel caso concreto (cass. n. 21939/2017). Conseguentemente, è preciso onere del preteso danneggiato evidenziare, valorizzare e dimostrare specifiche circostanze personalizzanti che non possono astrattamente riferirsi a qualunque altro soggetto che fosse ordinariamente incorso nelle medesime conseguenze lesive. Nel caso di specie, parte ricorrente non ha provato elementi personalizzanti tali da giustificare l' aumento personalizzato. 2.7.2) Quanto al danno biologico permanente, il CTU ha concluso stimandolo nella misura del 10%. Per tale titolo, tenuto conto dell'incremento per sofferenza soggettiva, va allora liquidata la somma di euro 26.197,00 tenuto conto dell'età di 16 anni del danneggiato al momento dell'inizio dei fatti vessatori (gennaio 2000) protrattisi per oltre 10 anni e cessati nell'ottobre del 2010. 2.8) Così, in definitiva, va complessivamente liquidata in favore di (...) per i titoli discussi la somma di euro 26.197,00. 2.8.1) Quello del risarcimento del danno per equivalente, consistente nella dazione di una somma di danaro in misura tale da compensarlo del pregiudizio sofferto, costituisce tipico debito di valore (cass. n.12288/2016), è oggetto di un'obbligazione di valore, cioè di un debito che fin dal momento in cui sorge è per sua natura non quantificabile né monetizzabile con criteri oggettivi. Scopo dell'obbligazione risarcitoria è quello di reintegrare la perdita arrecata al patrimonio del danneggiato, consentendo di pervenire ad una condizione patrimoniale analoga a quella che vi sarebbe stata se il danno non si fosse verificato. Qualora il danno consista nella perdita di un bene suscettibile di valutazione economica, il ripristino di tale condizione avverrà surrogando la perdita con un importo monetario pari al controvalore del bene perso. Controvalore che dev'essere espresso non avendo riguardo al momento in cui si è verificato il danno ma a quello in cui avviene la liquidazione, con la conseguenza che qualora questa non avvenga con valori monetari correnti sarà necessario attualizzare il valore che il bene aveva all'epoca del danno (cass. n. 15856/2019; cass. n.21764/19; cass. n.9631/2005; cass. n.3125/1990; cass. n. 2830/1986). La rivalutazione del credito risarcitorio, tuttavia, non è il solo passaggio in cui si articola l'operazione di liquidazione del danno. Qualora la liquidazione avvenga a distanza di tempo dal sinistro, al danneggiato, oltre al capitale rivalutato, può spettare infatti anche un ulteriore risarcimento: quello per l'ulteriore pregiudizio subito a causa del ritardato pagamento del credito. Sul punto la giurisprudenza ha precisato che tale ritardo nell'adempimento causa al creditore un danno ulteriore e diverso rispetto a quello primario, identificabile nell'impossibilità di investire la somma dovutagli e di ricavarne un lucro ulteriore. In difetto di specifici criteri la liquidazione di tale voce di danno avverrà necessariamente in via equitativa, anche se la forma più diffusa è indubbiamente il ricorso ad un tasso d'interesse. Il giudice chiamato ad operare in concreto tale liquidazione, procederà di regola in base a tre parametri: periodicità, saggio e base di calcolo, i cui criteri di individuazione sono stati stabiliti dalla stessa Corte a Sezioni Unite con la sentenza n. 1712 del 17 febbraio 1995, ove si legge che: la periodicità è sempre annuale; il saggio è determinato in via equitativa dal giudice in base alle circostanze concrete, dando particolare rilevo all'entità del capitale (in rapporto di proporzionalità diretta tra importo del credito e lucro finanziario perso dal creditore); la base di calcolo può essere determinata o applicando il saggio sul capitale dell'anno in corso, previa devalutazione, per ogni anno di mora, oppure su un valore medio. 2.8.2) Tanto premesso, la liquidazione dell'obbligazione "di valore" va effettuata, secondo la giurisprudenza prevalente, attraverso una triplice operazione (cass. n.11899/16; cass. n.9950/2017): (a) la quantificazione in termini monetari del valore che la prestazione oggetto dell'obbligazione aveva all'epoca in cui è sorta l'obbligazione stessa (cd. estimatio); (b) la successiva rivalutazione di detto importo, dall'epoca in cui è sorta l'obbligazione al momento della liquidazione (cass. n.13225/2016), attraverso l'applicazione degli indici ISTAT di variazione del costo della vita (cd. taxatio); (c) la liquidazione dell'ulteriore danno da ritardo, dall'epoca in cui è sorta l'obbligazione al momento della liquidazione, nell'ottenimento della prestazione: cd interessi compensativi. Questi ultimi, secondo il più recente orientamento giurisprudenziale, vanno calcolati sulla somma corrispondente al valore della prestazione via via rivalutata (cass. UU, n.1712/1995). Va, dunque, altresì, riconosciuto il danno derivante dal mancato tempestivo godimento dell'equivalente pecuniario che, in difetto di diversi elementi probatori, si ritiene di compensare adottando quale parametro quello degli interessi legali da calcolarsi, secondo l'insegnamento delle Sezioni Unite della Suprema Corte (n.1712/95), sulla somma via via rivalutata dalla produzione dell'evento di danno sino ad oggi, tempo della liquidazione. Così, tenuto conto di questo criterio, previa devalutazione alla data del fatto (01.01.2000) della somma espressa in moneta attuale, vanno aggiunti alla somma via rivalutata annualmente gli interessi compensativi nella misura legale fino alla data odierna. Da oggi, giorno della liquidazione, all'effettivo saldo decorrono gli interessi legali sulla somma sopra liquidata complessivamente. (3) sulle spese di causa. Principio cardine che regola la materia relativa alle spese processuali è il criterio della soccombenza, sancito dall'art. 91 c.p.c., laddove prevede che il giudice, con la sentenza che chiude il processo davanti a lui, condanna la parte soccombente al rimborso delle spese a favore dell'altra parte e ne liquida l'ammontare insieme con gli onorari di difesa. L'individuazione del soccombente si compie in base al principio di causalità, con la conseguenza che parte obbligata a rimborsare alle altre le spese anticipate nel processo è quella che, col comportamento tenuto fuori del processo stesso, ovvero col darvi inizio o resistervi in forme e con argomenti non rispondenti al diritto, abbia dato causa al processo o al suo protrarsi (cass. n. 25111/2006). Al criterio della soccombenza può derogarsi, ai sensi dell'art. 92 c.p.c., in caso di reciproca soccombenza, ovvero, "nel caso di assoluta novità della questione trattata o mutamento della giurisprudenza rispetto alle questioni dirimenti". Con l'intervento della Corte Costituzionale (sentenza n. 77/2018) è stato dichiarato incostituzionale il comma 2 dell'art. 92 nella parte in cui non prevede che il giudice possa disporre la compensazione anche laddove sussistano gravi ed eccezionali ragioni, che devono essere specificamente indicate nella motivazione. Ne consegue che le ipotesi espressamente indicate dal legislatore devono ritenersi paradigmatiche svolgendo "in sostanza una funzione parametrica ed esplicativa della clausola generale". 3.1) Pertanto, in ragione della soccombenza, (...) deve essere dichiarato tenuto e condannato a rimborsare in favore dello Stato, in quanto (...) è stato ammesso al gratuito patrocinio, le spese di lite del presente giudizio, così come liquidate in dispositivo, in conformità del D.M. 10 marzo 2014, n. 55 come aggiornato dal (...) dell'8.3.2018. Tenuto conto del valore e della natura della controversia nonché dell'esiguo numero e limitata complessità delle questioni di fatto e di diritto trattate, i compensi vengono liquidati, sulla base dell'art. 5, co. 6, D.M. n. 55 del 2014, secondo il valore medio di liquidazione previsto per le cause di valore da euro 26.00,01 ad euro 52.000,00: per la fase di studio, Euro 1.620,00 per la fase introduttiva, Euro 1.147,00 per la fase istruttoria/trattazione, Euro 1.720,00 per la fase decisionale, Euro 2.767,00 per un compenso complessivo pari ad Euro 4.171,05, di cui Euro 3.627,00 per compenso tabellare al netto della riduzione del 50% ex art. 130 D.P.R. n. 115 del 2002 ed euro 544,05 per spese generali al 15%, cassa avvocati e IVA su imponibile, come per legge. (4) sulle spese della ctu. Le spese della CTU vanno direttamente anticipate dallo Stato in ragione della circostanza che la parte soccombente è stata ammessa al gratuito patrocinio. P.Q.M. Il TRIBUNALE di IMPERIA, in composizione monocratica, ogni diversa istanza, eccezione e deduzione disattesa e definitivamente pronunziando: 1) accoglie la domanda attorea, e, per l'effetto, condanna (...) al pagamento in favore di (...) della somma di euro 26.197,00 oltre interessi al tasso legale annuo da applicarsi sulla predetta somma, devalutata al 01.01.2000 e di anno in anno rivalutata sino alla data della presente decisione e oltre interessi legali dalla decisione all'effettivo soddisfo, per il titolo di cui in motivazione 2) condanna (...) al pagamento in favore dello Stato delle spese del presente giudizio che liquida in complessivi Euro 4.171,05, di cui Euro 3.627,00 per compenso tabellare al netto della riduzione del 50% ex art. 130 D.P.R. n. 115 del 2002 ed euro 544,05 per spese generali al 15%, cassa avvocati e IVA su imponibile, come per legge 3) le spese di CTU vanno direttamente anticipate dallo Stato 4) visto l'art. 52 del D.Lgs. n. 196 del 2003, dispone che, in caso di diffusione della presente ordinanza in qualsiasi forma, per finalità di informazione giuridica su riviste, supporti elettronici o mediante rete di comunicazione elettronica, sia omessa l'indicazione delle generalità e degli altri dati identificativi degli interessati. Così deciso in Imperia il 29 marzo 2022. Depositata in Cancelleria il 30 marzo 2022.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Giudice del Tribunale di Imperia, dott. Fabio Favalli, in funzione di Giudice di I grado, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile iscritta al n. 45/2018 del ruolo generale degli affari contenziosi Civili del Tribunale di Imperia TRA Comune di Ventimiglia, rapp.to e difeso dall'Avv. ... Attore in opposizione Contro E.A. Cooperativa Sociale Onlus, rapp.ta e difesa dall'Avv. ... Convenuta in opposizione Oggetto Opposizione a decreto ingiuntivo. Contratto d'appalto di servizi Svolgimento del processo - Motivi della decisione Preliminarmente, così rettificandosi le considerazioni illustrate nell'ordinanza del 16-5-2018, deve rilevarsi l'inammissibilità della domanda riconvenzionale avanzata ai sensi dell'art. 2041 c.c. da EDA. Invero l'art. 183 comma 5, 1 pt., stabilisce che "Nella stessa udienza l'attore può proporre le domande e le eccezioni che sono conseguenza della domanda riconvenzionale o delle eccezioni proposte dal convenuto. Può altresì chiedere di essere autorizzato a chiamare un terzo ai sensi degli articoli 106 e 269, terzo comma, se l'esigenza è sorta dalle difese del convenuto". Nel caso di specie la pretesa in questione, spiegata in via riconvenzionale alternativa, è stata invece espressamente e formalmente proposta per la prima volta nella 1 memoria ex art. 183 comma 6 c.p.c. (in comparsa di costituzione v'è soltanto un fugace cenno all'arricchimento procurato alla p.a.) e dunque tardivamente, atteso che la memoria in questione è deputata soltanto a precisare le domande ed eccezioni originarie oppure sollevare eccezioni nuove. Va poi preso poi atto che, come riconosciuto da parte opposta medesima, prima dell'instaurazione del presente giudizio il Comune di Ventimiglia ha provveduto a saldare le fatture n. (...), (...) del 2016 nonché le n. (...), (...), (...), (...) poste dalla controparte a fondamento del ricorso monitorio. L'unico punto di divergenza tra le parti verte sull'effettivo importo corrisposto, atteso che l'opponente afferma d'aver erogato la somma Euro 61.215,00, mentre EDA asserisce d'aver ricevuto il minore importo di Euro 60.710,00, il quale, in effetti, coincide pienamente con quello totale portato nelle fatture. Comunque sia, la questione è irrilevante poiché l'effettivo oggetto della controversia inerisce esclusivamente al pagamento delle prestazioni di cui alle ulteriori fatture n., (...), (...), (...), (...), (...), per complessivi Euro 27.090,00. A dire dell'ente tale ammontare non spetterebbe poiché maturato per l'attività d'accoglienza/permanenza nelle strutture della cooperativa di soggetti extracomunitari maggiorenni, giunti in Italia come tali e/o che hanno compiuto i 18 anni nel corso della permanenza. S'assume infatti che secondo la legislazione vigente che i Comuni sarebbero tenuti per conto dello Stato ad accogliere e a prestare cure soltanto ai minori non accompagnati e non anche agli stranieri maggiorenni, soggiungendosi che già al 28-6-2016 il Comune di Ventimiglia aveva comunicato a E.A. (all. 3 di parte opposta) che non sarebbe stato più possibile sostenere il costo della retta dopo il compimento della maggiore età. Tali circostanze sono state oggetto d'istruttoria testimoniale, la quale, melius re perpensa, non avrebbe dovuto essere espletata in quanto irrilevante ai fini della decisione. Vale comunque la pena evidenziare che le risultanze hanno delineato un quadro del tutto contraddittorio. M.L. dipendente dal comune di Ventimiglia ha riferito che a fine giugno 2016 l'ente locale inoltrò all'odierna opponente e ad altre 2 cooperative una missiva formale, la quale fu seguita nel mese di luglio da una riunione con i responsabili delle coop allo scopo di rappresentare loro che i minori divenuti maggiorenni avrebbero dovuto essere dimessi per legge e che i fondi pubblici per l'accoglienza erano esauriti. Di tale ultima circostanza ha dato conto anche B.G., anch'egli in forza all'ente convenuto, dichiarando che al colloquio presero parte sia il referente di EPA sia una collaboratrice di questa. Di tenore diametralmente opposto è la versione riportata da F.G., F.C.C.C. e C.C. e M.M., tutti soci nonché educatori della cooperativa. In sintesi, essi hanno negato che controparte mise loro a conoscenza delle suddette problematiche già nell'anno 2016; ciò avvenne, invece, nel 2017. Parimenti, tutti i testi, in particolare i F. e il C., hanno escluso che nel 2016 le parti s'incontrarono personalmente per discutere della questione. Il thema decidendum, a ben vedere, è però un'altro. In primo luogo va rilevato che non è stato prodotto un provvedimento dirigenziale - oppure adottato dai competenti organismi comunali - d'affidamento del servizio d'accoglienza a EPA, né tantomeno consta che si svolse una gara d'appalto. Tuttavia, dalle premesse riportate nella determinazione generale n. 708 e della disposizione generale n. 726 (all. 6 e 7 di parte opponente) s'evince che la convenuta fu incaricata di ciò tramite un atto formale d'incarico/designazione (in caso contrario il contratto/convenzione sarebbe nullo), tant'è che nessuna delle parti ha sollevato questioni sul punto. Ebbene, benché non siano note le concrete condizioni della convenzione (ad es. durata della stessa), i 2 suddetti provvedimenti attestano che il Comune di Ventimiglia liquidò alla cooperativa i compensi per le prestazioni di tutela e sostegno rese soltanto in favore dei minori stranieri presenti sul territorio. In tal senso depone la ripetuta locuzione "minori stranieri non accompagnati" più volte riportata, mentre non v'è alcun riferimento a giovani maggiorenni extracomunitari eventualmente destinatari del servizio d'accoglimento e d'assistenza. Non è un caso, dunque, che la convenuta in opposizione non abbia mai sostenuto il contrario. Semmai, come è dato leggere in comparsa di costituzione e nella 1 memoria ex art. 183 comma 6 c.p.c., il fondamento della domanda s'incentra pressoché esclusivamente su considerazioni di natura sociale e solidaristica, affermandosi, in buona sostanza, che la cessazione del sostegno ai minori divenuti nelle more maggiorenni costituirebbe un'illecita violazione delle norme umanitarie poiché li lascerebbe "a loro stessi e in mezzo ad una strada". Si tratta, tuttavia, con ogni evidenza, d'argomentazioni di tenore generico nonché prive di spessore giuridico. Opportuno al riguardo sintetizzare il quadro normativo vigente all'epoca dei fatti di causa, quadro disciplinato inizialmente dal D.Lgs. n. 142 del 2015 e successivamente modificato dalla L. n. 47 del 2017. L'art. 19 comma 1 cpv. del D. Lgs dispone(va) che "Per le esigenze di soccorso e di protezione immediata, i minori non accompagnati sono accolti in strutture governative di prima accoglienza a loro destinate, istituite con decreto del Ministro dell'interno, sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del D.Lgs. 27 agosto 1997, n. 281, per il tempo strettamente necessario, comunque non superiore a trenta giorni, all'identificazione, che si deve concludere entro dieci giorni, e all'eventuale accertamento dell'età, nonché a ricevere, con modalità adeguate alla loro età, ogni informazione sui diritti riconosciuti al minore e sulle modalità di esercizio di tali diritti, compreso quello di chiedere la protezione internazionale. Le strutture di prima accoglienza sono attivate dal Ministero dell'interno, in accordo con l'ente locale nel cui territorio è situata la struttura, e gestite dal Ministero dell'interno anche in convenzione con gli enti locali. Con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze per i profili finanziari, sono fissati le modalità di accoglienza, gli standard strutturali, in coerenza con la normativa regionale, e i servizi da erogare, in modo da assicurare un'accoglienza adeguata alla minore età, nel rispetto dei diritti fondamentali del minore e dei principi di cui all'articolo 18...." Così il comma 3: "In caso di temporanea indisponibilità nelle strutture di cui ai commi 1 e 2, l'assistenza e l'accoglienza del minore sono temporaneamente assicurate dalla pubblica autorità del Comune in cui il minore si trova, fatta salva la possibilità di trasferimento del minore in un altro comune, secondo gli indirizzi fissati dal Tavolo di coordinamento di cui all'articolo 16, tenendo in considerazione prioritariamente il superiore interesse del minore. I Comuni che assicurano l'attività di accoglienza ai sensi del presente comma accedono ai contributi disposti dal Ministero dell'interno a valere sul Fondo nazionale per l'accoglienza dei minori stranieri non accompagnati di cui all'articolo 1, comma 181, della L. 23 dicembre 2014, n. 190, nel limite delle risorse del medesimo Fondo e comunque senza alcuna spesa o onere a carico del Comune interessato all'accoglienza dei minori stranieri non accompagnati." A seguito dell'introduzione della L. n. 47 del 2017 ("Disposizioni in materia di misure di protezione dei minori stranieri non accompagnati"), l'assetto normativo è il seguente: Il minore straniero non accompagnato che abbia raggiunto la maggiore età aveva (e ha diritto) a continuare a beneficiare del programma di accoglienza/protezione soltanto se: - sia stato inserito nello SPAR (Sistema di Protezione per Richiedenti Asilo e Rifugiati" poi divenuto SIPROIMI, "Sistema di Protezione per Titolari di protezione internazionale e per minori stranieri non accompagnati) ai sensi della L. n. 47 del 2017" - ove sia così, egli ha diritto di continuare ad usufruire dell'accoglienza e dell'assistenza sino 6 mesi dopo il compimento dei 18 anni (Decreto del Ministero dell'Interno 10.8.2016, art. 36, co. 2.8). - successivamente, egli può continuare a beneficiare del progetto SPAR/SIPROIMI soltanto nei casi in cui: sia richiedente asilo in attesa della decisione della Commissione Territoriale; titolare dello status di rifugiato, di protezione sussidiaria o umanitaria; titolare di permesso di soggiorno per ragioni speciali (studio/lavoro/attesa occupazione o affidamento); se al compimento dei 18 anni è stato disposto il prosieguo amministrativo in suo favore dal Tribunale per i Minorenni (D.M. 10 agosto 2016, art. 36, co. 2., art. 13 L. n. 47 del 2017); - i neomaggiorenni che invece durante la minore età sono stati accolti in comunità educative o altre strutture per minori gestite dai Comuni al di fuori dello SPAR/SIPROIMI, in centri FAMI di prima accoglienza o in CAS per minori, hanno diritto di restare nella struttura per minori solo fino al compimento dei 18 anni. Ebbene, come già rilevato, dalle rispettive allegazioni - e in particolare di quelle della convenuta -nonché dalla documentazione prodotta dalle parti non risulta affatto, deponendo semmai il complesso degli elementi in senso contrario, che l'accordo concluso tra le parti contemplava che EPA avrebbe svolto attività d'accoglienza, di tutela e d'integrazione anche in favore di stranieri maggiorenni in possesso dei succitati requisiti. Inoltre, e ancor prima di ciò, non è dato sapere se costoro avevano titolo per continuare ad usufruire del sistema d'accoglienza. Se così è, deve concludersi che EPA ha reso alcune prestazioni non commissionatele, le quali, pertanto, esulano dall'oggetto dell'affidamento/convenzione. Ne consegue che nessuna remunerazione può esserle riconosciuta dall'ente locale. Questo ha, a propria volta, proposto domanda riconvenzionale volta ad ottenere il rimborso dell'importo di Euro 25.137,00 che sarebbe stato indebitamente corrisposta a controparte. Le ragioni, esposte alle pag. 6-7 della comparsa di costituzione, sono principalmente le stesse sulle quali s'incentra l'opposizione ossia sull'aver EPA ospitato presso la propria struttura alcuni soggetti già maggiorenni e altri divenuti tali nel corso della permanenza. Di ciò, tuttavia, non è stata fornita alcuna prova, non avendo l'opponente né prodotto documentazione attestante l'età degli ospiti, il tempo in cui costoro fecero ingresso sul territorio nazionale, l'epoca in cui furono ricoverati nella struttura, ecc., né tantomeno formulato apposite istanze istruttorie sul punto, dovendosi soggiungere che in relazione alla maggior parte delle fatture che s'assume essere state erroneamente pagate (n. 80, 90, 123, 124, 136, 172) il Comune di Ventimiglia non ha neppure indicato le generalità dei soggetti che avrebbero usufruito dell'accoglienza. La domanda va pertanto respinta. Considerato: che il ricorso monitorio risulta fondato nella misura di circa 60.000,00 rispetto alla somma di Euro 87.800,00 richiesta; che l'opponente ha corrisposto tale importo subito dopo la notificazione del decreto ingiuntivo; che le domande riconvenzionali avanzate dalle parti sono risultate rispettivamente inammissibili e infondate unitamente all'entità della somma chiesto in restituzione dal Comune di Imperia, si ritiene equo compensare integralmente le spese di giudizio. P.Q.M. Il Tribunale di Imperia definitivamente pronunciando sull'opposizione proposta dal Comune di Ventimiglia nei confronti del decreto ingiuntivo n. 520/2017 emesso dal Tribunale di Imperia in favore di E.A. Cooperativa Sociale Onlus, così provvede: Revoca il decreto ingiuntivo opposto. Dichiara inammissibile la domanda riconvenzionale spiegata da E.A. Cooperativa Sociale Onlus. Rigetta la domanda riconvenzionale spiegata dal Comune di Ventimiglia. Compensa integralmente le spese di lite. Conclusione Così deciso in Imperia, il 22 gennaio 2022. Depositata in Cancelleria il 26 gennaio 2022.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE CIVILE DI IMPERIA Il TRIBUNALE di Imperia in composizione monocratica, in persona del dott. Pasquale LONGARINI, ha emesso la seguente SENTENZA nella causa iscritta al n.199/2019 RG del Tribunale di Imperia promossa da 1) CONDOMINIO (...) (PI: (...)), in persona dell'amministratore pro-tempore, rappresentata e difesa dall'avv. An.GR. presso il cui studio in Bergamo al viale (...) è eletto domicilio 2) (...) (CF: (...)), rappresentata e difesa dall'avv. An.GR. presso il cui studio in Bergamo al viale (...) è eletto domicilio 3) (...) (CF: (...)), rappresentata e difesa dall'avv. An.GR. presso il cui studio in Bergamo al viale (...) è eletto domicilio -attori - contro (...) Srl (PI: (...)), in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa dall'avv. Lu.Pe. presso il cui studio in Cremona alla via (...) è eletto domicilio - convenuta - RAGIONI DELLA DECISIONE 1. abstract Il Condominio (...), in persona dell'amministratore pro-tempore, ed i condomini (...) e (...), con atto di citazione ritualmente notificato, premesso di aver affidato alla (...) SrL i lavori di impermeabilizzazione della copertura dell'immobile condominiale di via P. G. n.19 di (...) per i quali il condominio versava la somma complessiva di Euro 15.433,35, dedotta l'erronea soluzione tecnica adottata e l'erronea esecuzione materiale dei lavori, lamentati danni patrimoniali alle parti comuni e danni alle unità immobiliari site all'ultimo piano, evocavano in giudizio la società (...) Srl, in persona del legale rappresentante pro-tempore, per sentirla condannare, in via principale, previa risoluzione del contratto di appalto ex art. 1668 c.c. per grave inadempimento contrattuale ex artt. 1218 c.c. e 1667 c.c. non avendo correttamente eseguito la prestazione oggetto del contratto, (i) alla restituzione in favore del Condominio della somma corrisposta per i lavori pari ad Euro 15.433,35 e della somma di Euro 9.615,21 a titolo di danno patrimoniale per i danni alle parti comuni/costi rimozione e smaltimento nonché alla restituzione in favore dei condomini (...) e (...) della somma di Euro 836,00 a titolo di danno patrimoniale per il rispristino degli appartamenti di loro proprietà, in via subordinata, previo accertamento della responsabilità contrattuale ex artt. 1667/2018 c.c. e previa proporzionale riduzione del prezzo, (ii) alla restituzione ex art. 1668 c.c. a favore del Condominio di parte dell'importo versato in ragione del contratto di appalto in ragione del grado di responsabilità e della e della somma di Euro 9.615,21 a titolo di danno patrimoniale per i danni alle parti comuni/costi rimozione e smaltimento nonché alla restituzione in favore dei condomini (...) e (...) della somma di Euro 836,00 a titolo di danno patrimoniale per il rispristino degli appartamenti di loro proprietà, in via di ulteriore subordine, previo accertamento della responsabilità contrattuale ex art. 1669 c.c. in ragione dei gravi difetti dell'opera, (iii) al pagamento a favore del Condominio della somma di Euro 9.615,21 a titolo di danno patrimoniale per i danni alle parti comuni/costi rimozione e smaltimento nonché alla restituzione in favore dei condomini (...) e (...) della somma di Euro 836,00 a titolo di danno patrimoniale per il rispristino degli appartamenti di loro proprietà, con vittoria di spese, diritti e compensi di lite. 1.1) Si costituiva in giudizio la società appaltatrice (...) Srl, in persona del legale rappresentante pro-tempore, che, premesso di essere stata incaricata della sola impermeabilizzazione della copertura dell'immobile condominiale e non anche del rifacimento del lastrico solare, dedotto di aver eseguito correttamente i lavori come da proposta commerciale sotto la supervisione di un direttore che mai ha mosso alcuna contestazione, allegato che il committente aveva accettato l'opera, invocata la dinamica dei fatti contenta nella espletata CTU in ATP, instava per il rigetto delle domande attoree in quanto infondate in fatto ed in diritto, con vittoria di spese e competenze professionali. 1.2) Integrato il contraddittorio, acquisiti gli atti del giudizio di ATP n. 736/2017, licenziata CTU volta ad accertare "le cause dello scoperchiamento della copertura del Condominio (...) e se esse siano riconducibili ad errori, omissioni e comunque mancanza di diligenza e perizia nell'esecuzione dell'opera di impermeabilizzazione della copertura da parte di (...) srl; .... quali sono i lavori necessari per l'eliminazione dei riscontrati vizi, difetti e danni, quantificandone i costi ...", disposta un'integrazione della CTU, respinta l'istanza di rinnovazione della CTU (" in tema di rinnovazione di CTU va rilevato che rientra nei poteri discrezionali del giudice di merito la valutazione dell'opportunità di disporre indagini tecniche suppletive o integrative, di sentire a chiarimenti il CTU sulla relazione già depositata ovvero di rinnovare, in parte o in toto, le indagini, sostituendo l'ausiliario del giudice ...... Ciò quando i risultati della perizia risultino insoddisfacenti o idonei al raggiungimento dello scopo per cui era stata ordinata l'indagine del CTU, oppure quando la consulenza sia affetta da vizi di forma tali da aver comportato la lesione del diritto si difesa di una delle parti. Questioni meramente relative alla chiarezza della relazione, invece, possono essere risolte dal giudice con una semplice richiesta di chiarimenti. Nella fattispecie, in assenza di vizi di forma tali da aver comportato la lesione del diritto di difesa di parte convenuta ed avendo il CTU fornito adeguate, logiche e convincenti risposte ai quesiti posti, attraverso un percorso tecnico e logico immune da vizi, non ricorre l'opportunità di disporre la rinnovazione delle operazioni peritali"), la causa veniva assunta a decisione nell'udienza del 21.09.2021 sulle conclusioni delle parti in epigrafe riportate e con concessione dei termini per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica. 2. Sul contratto di appalto. L'art. 1655 c.c. definisce l'appalto come il contratto con il quale una parte, ossia l'appaltatore, assume, con organizzazione dei mezzi necessari e con gestione a proprio rischio, il compimento di un'opera o di un servizio, commissionatogli dall'appaltante o committente, verso un corrispettivo in danaro. È un contratto ad esecuzione prolungata ove l'interesse del committente trova soddisfazione al momento della produzione dell'effetto traslativo, nonostante l'esecuzione sia dilatata nel tempo e la durata della prestazione dell'appaltatore sia determinata in funzione dell'opus dovuto, avendo inizio con la consegna dei lavori e terminando con l'ultimazione di questi e, quindi, con il passaggio della proprietà in capo all'appaltante. Si tratta di un contratto tipicamente oneroso atteso che, come previsto dall'art. 1655c.c., il compimento dell'opera o del servizio avviene verso un corrispettivo in danaro, nonché di un contratto a prestazioni corrispettive ed essenzialmente obbligatorio, facendo nascere in capo ad entrambe le parti l'obbligo di eseguire una prestazione. 2.1) Connotazione del contratto di appalto, oltre la non aleatorietà data dal fatto che il rischio della gestione che l'appaltatore assume su di sé rientra pur sempre nell'alea normale del contratto, essenziale ai fini della riconducibilità al tipo, è, infine, l'autonomia dell'appaltatore, "dominus nell'organizzare e regolare lo svolgimento del lavoro nell'ambito delle finalità previste dal contratto ed al fine di conseguirle" (cass. n.3050/92), senza che in generale sia ammessa un'ingerenza del committente. Trattasi di un carattere strettamente connesso all'assunzione del rischio in capo all'appaltatore che esclude ogni rapporto istitutorio fra committente ed appaltatore, con conseguente inapplicabilità dell'art. 2049 c.c. (cass. n.1234/2016). È tuttavia possibile che le parti convengano di riservare al committente il potere di ingerirsi nella direzione dei lavori. In tal caso, lungi dal venir meno il requisito dell'autonomia, si assiste semplicemente ad una compressione della stessa, con la conseguenza che l'appaltatore sarà comunque tenuto ad attenersi alle regole dell'arte (cass. n. 1154/2002; cass. n. 3932/2008), dovendo segnalare eventualmente la contrarietà a tali regole delle prescrizioni impartitegli (cass. n. 8813/2003). In particolar modo, l'appaltatore, "anche quando sia chiamato a realizzare un progetto altrui, è sempre tenuto a rispettare le regole dell'arte ed è soggetto a responsabilità anche in caso di ingerenza del committente. Ne consegue che la responsabilità dell'appaltatore, con il conseguente obbligo risarcitorio, non viene meno neppure in caso di vizi imputabili aderrori di progettazione o direzione dei lavori se egli, accortosi del vizio, non lo abbia tempestivamente denunziato al committente manifestando formalmente il proprio dissenso, ovvero non abbia rilevato i vizi pur potendo e dovendo riconoscerli in relazione alla perizia ed alla capacità tecnica da lui esigibili nel caso concreto" (cass. n. 8813/2003; cass n. 7515/2005). 2.1.1) L'autonomia dell'appaltatore, esclusa solo allorché sia ridotto a nudus minister dovendo eseguire la prestazione sotto la diretta e penetrante direzione del committente, non è neppure esclusa dalla presenza di un direttore dei lavori, che è un rappresentante del committente limitatamente alla materia tecnica (cass. n. 7370/2015). All'uopo, La Corte di Cassazione ha ribadito che qualora il danno subito dal committente sia conseguenza dei concorrenti inadempimenti dell'appaltatore e del direttore dei lavori, entrambi rispondono solidalmente dei danni (cass. n. 18521/2016), essendo sufficiente, per la sussistenza della solidarietà, che le azioni e le omissioni di ciascuno abbiano concorso in modo efficiente a produrre l'evento, a nulla rilevando che le stesse costituiscano autonomi e distinti fatti illeciti, o violazioni di norme giuridiche diverse. 2.1.2) Invero, l'art. 1669 c.c., in materia di rovina e difetti di cose immobili, dispone che "l'appaltatore è responsabile nei confronti del committente e dei suoi aventi causa". La giurisprudenza prevalente ha tuttavia ritenuto che la (...) di cui all'art. 1669 c.c. configuri una responsabilità extracontrattuale, di ordine pubblico, sancita per ragioni e finalità di pubblico interesse, e di conseguenza l'art. 1669 risulta applicabile anche quando manchi tra danneggiante e danneggiato l'intermediazione di un contratto di appalto, e può essere invocato dal terzo, estraneo al contratto di appalto, che tuttavia abbia subito danni dalla rovina dell'immobile. Ne consegue che la norma dell'art. 1669 si estende a quanti abbiano collaborato alla costruzione, sia nella sua fase ideativa con la redazione del progetto, sia in quella attuativa, tutte le volte che si dimostri che i vizi si siano verificati in dipendenza e a causa di errori commessi nella progettazione, ovvero nei calcoli, oppure, nel contempo, nell'una e negli altri. 2.2) La cessazione del rapporto contrattuale si ha con l'ultimazione dei lavori ed il passaggio dell'opera in proprietà del committente. All'accettazione, che costituisce negozio unilaterale recettizio con il cui il committente manifesta, anche per facta concludentia, il gradimento dell'opera, seguono molteplici effetti: oltre al diritto al pagamento del corrispettivo a favore dell'appaltatore, il passaggio del rischio per perimento o deterioramento dell'opera (art. 1673 c.c.) e l'esonero dell'appaltatore dalla garanzia per le difformità ed i vizi dell'opera, ove i vizi fossero conosciuti o riconoscibili, purché, in questo ultimo caso, non taciuti in mala fede (art. 1667 c.c.). 3. sul merito della causa. Il CTU, in relazione alle cause del lamentato scoperchiamento della impermeabilizzazione, ravvisava una serie di anomalie in parte riconducibili a omissioni da parte del Condominio (...) nel far eseguire un lavoro di impermeabilizzazione senza un adeguato progetto esecutivo e di una conseguente Direzione Lavori delle opere, in parte a errori e mancanza di diligenza da parte dell'impresa posatrice che, comunque, avrebbe dovuto seguire delle verifiche di carattere generale prima di eseguire la posa della poliurea. 3.1) Nello specifico, il CTU, dopo aver premesso che (i) "il Condominio (...), prima di far eseguire i lavori, avrebbe dovuto provvedere alla nomina di un tecnico specializzato, il quale avrebbe dovuto redigere un progetto esecutivo secondo quanto richiesto dalla norma UNI 11540. Il progetto avrebbe dovuto contenere un Capitolato dei lavori, le schede tecniche dei prodotti utilizzati, i disegni esecutivi, nonché l'elenco degli interventi manutentivi eseguiti in passato"; (ii) " in mancanza di un progetto esecutivo corredato della documentazione, l'impresa esecutrice dei lavori di impermeabilizzazione avrebbe dovuto provvedere ad una attenta analisi particolareggiata preliminare finalizzata alla ricostruzione della situazione reale preesistente, analisi che avrebbe permesso di valutare se lo stato della copertura consenta un intervento diretto o, in alternativa, richieda preparazioni adeguate, quali l'adozione di apprestamenti correttivi o compensativi anche di carattere geometrico, o la necessità di demolizioni parziali o totali"; (iii) " in generale, prima di iniziare i lavori di ripristino, in presenza di anomalie e/o patologie riscontrate, bisognerebbe capire esattamente quali siano le cause primarie e secondarie che le abbiano determinate e provvedere a eliminare sia le cause che gli effetti (anomalie e patologie). Se, per qualsiasi motivo non fosse possibile capire quali siano le cause primarie e secondarie, bisognerà pensare a una rimozione totale del sistema di copertura presente, fino al supporto strutturale di base. Queste indicazioni sono riportate nel Codice di Pratica di cui sopra quale guida indispensabile sia per quanto concerne Progettisti e Direttori dei Lavori sia per le imprese chiamate a preparare i piani di posa e realizzare le opere", evidenziava che "dall'esame della documentazione ricevuta dalle parti e in particolare di alcune foto realizzate successivamente allo scoperchiamento della copertura risultano inequivocabilmente presenti diffuse anomalie di cui non si è tenuto conto prima di eseguire l'intervento di impermeabilizzazione", all'uopo richiamando la foto n. 6 "vista del lastrico solare dopo lo scoperchiamento dell'impermeabilizzazione" , la foto n. 7 "vista del lastrico solare con nuova impermeabilizzazione"2, la foto n. 8 "vista del lastrico solare dopo lo scoperchiamento. A destra, sopra la scossalina in metallo, è ancora visibile, sulla vecchia membrana, la pellicola in plastica a dimostrazione di una cattiva posa e quindi di u sistema instabile" , foto n. 9 "vista del lastrico solare dopo lo scoperchiamento. E' ancora visibile, sulla vecchia membrana, la pellicola in plastica a dimostrazione di una cattiva posa e quindi di un sistema instabile" e foto n. 10 "vista del lastrico solare dopo lo scoperchiamento", per poi, non prima di aver risposto alle osservazioni del CTP (...) "il sottoscritto CTU rimanda alle conclusioni della presente relazione sottolineando che prima di iniziare i lavori di ripristino di una impermeabilizzazione esistente, in presenza di anomalie e/o patologie, sia necessario capire, esattamente, quali siano le cause primarie e secondarie che le hanno determinate e provvedere a eliminare sia le cause che gli effetti (anomalie e patologie). Se, per qualsiasi motivo non fosse possibile capire quali siano le cause primarie e secondarie dei difetti, bisognerà pensare a una rimozione totale del sistema di copertura presente, fino al supporto strutturale di base. Uno specialista del settore, anche in mancanza di un progetto esecutivo, non può esimersi dal compiere le indagini necessarie alla buona riuscita dell'intervento", perentoriamente concludere "Il problema in questione dimostra come la realizzazione di una impermeabilizzazione debba essere affrontata da tecnici e ditte specializzate già a partire dalla progettazione del sistema. La mancanza di una progettazione esecutiva non sgrava comunque il posatore, quale specialista del settore, dall'eseguire le analisi dei supporti preesistenti e quindi di verificare l'idoneità degli stessi a ricevere un nuovo manto impermeabilizzante. Posto che la stessa ditta posatrice ha facoltà di far redigere un progetto esecutivo, come precedentemente evidenziato, il posatore, prima di applicare un nuovo strato impermeabile, avrebbe dovuto esaminare il sistema di tenuta degli strati preesistenti verificandone la stabilità con ogni mezzo e, se impossibilitato a far ciò, optare per la rimozione totale del vecchio sistema. In mancanza di dati sufficientemente attendibili, a parere dello scrivente, uno specialista dovrebbe rifiutarsi di eseguire un lavoro se non ha la piena certezza che le norme siano rispettate. A tal proposito, si richiama quanto più volte sottolineato: prima di applicare un sistema impermeabile ad un sistema impermeabile già esistente occorrerebbe capire quali siano le patologie presenti sul sistema esistente. Inoltre, un sistema di impermeabilizzazione nuovo potrà essere posato su un sistema preesistente una sola volta: non si possono eseguire, in base al Codice di Pratica, due rifacimenti uno sull'altro. Nel caso in esame, sembra evidente che siano state poste in opera più rifacimenti. In merito ai lavori necessari per l'eliminazione dei vizi si ribadisce che al momento del sopralluogo i lavori di ripristino erano già stati eseguiti attraverso la totale rimozione degli strati impermeabili preesistenti e la messa in opera di un nuovo sistema di impermeabilizzazione". 3.2) La garanzia per le difformità e i vizi dell'opera è disciplinata dall'art. 1667 c.c., evocato dalle parti attrici, la cui operatività è peraltro limitata ai soli casi in cui l'opera sia in ogni caso compiuta e completa, come nel caso che ci occupa. Come già osservato, la garanzia non è dovuta laddove il committente ha accettato l'opera e le difformità o i vizi erano da lui conosciuti o riconoscibili, purché, in questo caso, non siano stati taciuti in mala fede dall'appaltatore. In ragione della natura occulta dei vizi dell'opera realizzata dall'appaltatore, nella specie l'accettazione senza riserve da parte del committente non costituisce fatto impeditivo al sorgere della responsabilità dell'appaltatore. 3.2.1) Ritualmente il committente, una volta scoperti i vizi occulti, ha denunciato la mancanza di qualità che doveva inerire ai lavori di impermeabilizzazione della copertura condominiale e nei termini prescrizionali ha svolto la relativa domanda giudiziale. 3.3) Orbene, l'art. 1668 c.c., quale contenuto della garanzia per difetti dell'opera, prevede l'azione di eliminazione dei vizi, la riduzione del prezzo, il risarcimento del danno e, infine, la risoluzione del contratto, rimedi tutti attivabili anche in assenza di colpa dell'appaltatore (cass. n. 21269/2009). 3.3.1) Nella specie, la domanda di risoluzione, che può essere richiesta nel caso in cui il vizi e le difformità siano tali da rendere l'opera inadatta alla sua destinazione, in ragione del concorrente inadempimento della parte attrice, che non provvedeva alla nomina di un tecnico specializzato che avrebbe dovuto redigere un progetto esecutivo, secondo quanto richiesto dalla norma UNI 11540, contenente un Capitolato dei lavori/le schede tecniche dei prodotti utilizzati/i disegni esecutivi/ l'elenco degli interventi manutentivi eseguiti in passato, e del direttore dei lavori, che, pur dovendo riconoscerli in relazione alla perizia ed alla capacità tecnica da lui esigibili nel caso concreto, non denunciava al committente i vizi nell'esecuzione dell'opera da parte dell'appaltatore e non manifestava formalmente il proprio dissenso, non può essere accolta per difetto del requisito della gravità dell'inadempimento della società appaltatrice atteso che "ai fini della risoluzione del contratto di appalto per i vizi dell'opera si richiede un inadempimento più grave di quello richiesto per la risoluzione della compravendita per i vizi della cosa, atteso che, mentre per l'art. 1668 c.c. la risoluzione può essere dichiarata soltanto se i vizi dell'opera sono tali da renderla del tutto inidonea alla sua destinazione, l'art. 1490 c.c. stabilisce che la risoluzione va pronunciata per vizi che diminuiscono in modo apprezzabile il valore della cosa, in aderenza alla norma generale di cui all'art. 1455 c.c., secondo cui l'inadempimento non deve essere di scarsa importanza avuto riguardo all'interesse del creditore" (cass. 7942/2012). 3.3.2) Va invece riconosciuta la legittimazione del Condominio (...) ad ottenere una proporzionale riduzione del prezzo a fronte della presenza di vizi nell'appalto che, in ragione dei concorrenti inadempimenti contrattuali della società appaltatrice, del Condominio (...) e del Direttore dei Lavori, va quantificata nella quota di 1/3. Pertanto la (...) Srl, in persona del legale rappresentante pro-tempore, va condannata a restituire al Condominio (...), in persona dell'amministratore pro-tempore, la somma di Euro 5.144,45 a far data dal pagamento effettuato dal Condominio all'effettivo soddisfo. 3.3.3) Va altresì riconosciuta la legittimazione del Condominio (...) ad ottenere, in proporzione della ritenuta quota di corresponsabilità nella causazione dei vizi dell'opera, la quota di 1/3 a titolo di danno patrimoniale per i danni alle parti comuni/costi rimozione e smaltimento, complessivamente provato in Euro 9.615,21. Pertanto la (...) Srl, in persona del legale rappresentante pro-tempore, va condannata al pagamento in favore del Condominio (...), in persona dell'amministratore pro-tempore, della somma di Euro 3.205,07 a far data dalla domanda all'effettivo soddisfo. 3.3.4) Va da ultimo riconosciuta la legittimazione (...) e (...) ad ottenere, in proporzione della ritenuta quota di corresponsabilità nella causazione dei vizi dell'opera, la quota di 1/3 a titolo di danno patrimoniale per il rispristino degli appartamenti di loro proprietà, complessivamente provato in Euro 836,00. Pertanto la (...) Srl va condannata al pagamento in favore di (...) e (...) della somma di Euro 278,66 a far data dalla domanda all'effettivo soddisfo. 4. sulle le spese di giudizio Principio cardine che regola la materia relativa alle spese processuali è il criterio della soccombenza, sancito dall'art. 91 C., laddove prevede che il giudice, con la sentenza che chiude il processo davanti a lui, condanna la parte soccombente al rimborso delle spese a favore dell'altra parte e ne liquida l'ammontare insieme con gli onorari di difesa. L'individuazione del soccombente si compie in base al principio di causalità, con la conseguenza che parte obbligata a rimborsare alle altre le spese anticipate nel processo è quella che, col comportamento tenuto fuori del processo stesso, ovvero col darvi inizio o resistervi in forme e con argomenti non rispondenti al diritto, abbia dato causa al processo o al suo protrarsi (cass. n. 25111/2006). Al criterio della soccombenza può derogarsi, ai sensi dell'art. 92 C., in caso di reciproca soccombenza, ovvero, "nel caso di assoluta novità della questione trattata o mutamento della giurisprudenza rispetto alle questioni dirimenti". Con l'intervento della Corte Costituzionale (sentenza n. 77/18) è stato dichiarato incostituzionale il comma 2 dell'art. 92 nella parte in cui non prevede che il giudice possa disporre la compensazione anche laddove sussistano gravi ed eccezionali ragioni, che devono essere specificamente indicate nella motivazione. Ne consegue che le ipotesi espressamente indicate dal legislatore devono ritenersi paradigmatiche svolgendo "in sostanza una funzione parametrica ed esplicativa della clausola generale". 4.1) Pertanto, in ragione della, seppur limitata, soccombenza, (...) SrL, in persona del legale rappresentante pro-tempore, deve essere dichiarata tenuta e condannata a rimborsare a al CONDOMINIO (...), in persona dell'amministratore pro-tempore, (...) e (...) le spese di giudizio, così come liquidate in dispositivo, in conformità del D.M. 10 marzo 2014, n. 55 come aggiornato dal D.M. n. 37 dell'8 marzo 2018, tenendo però conto del "criterio del decisum", proporzionando cioè gli onorari all'effettiva consistenza della lite (cass. SSUU n.19014/2007; cass. n. 21256/2016). All'uopo, tenuto conto della natura della controversia, caratterizzata dall'esiguo numero e limitata complessità delle questioni di fatto e di diritto trattate nonché dall'assenza di una fase istruttoria, i compensi vengono liquidati sulla base del D.M. n. 55 del 2014, secondo il valore medio di liquidazione previsto per le cause di valore da Euro 5.201,00 ad Euro 26.000,00 e precisamente: fase di studio, Euro 875,00 fase introduttiva, Euro 740,00 fase decisionale, Euro 1.620,00 per un compenso complessivo di Euro 3.720,25, di cui 3.235,00 per compenso tabellare ed Euro 485,25 per spese generali (15% sul compenso totale), oltre Euro 237,00 per contributo unificato, Euro 27,00 per anticipazioni forfettarie, cassa avvocati e IVA su imponibile, come per legge 7. sulle spese di CTU. In ragione della quota di corresponsabilità, le spese di CTU in ATP e della CTU svolta in corso di causa vanno poste definitivamente a carico di (...) Srl, in persone del legale rappresentante pro-tempore, nella misura del 33,33% ed a carico del CONDOMINIO (...), in persona dell'amministratore pro-tempore, nella misura del 66,66%. P.Q.M. Il TRIBUNALE di IMPERIA, in composizione monocratica, ogni diversa istanza, eccezione e deduzione disattesa e definitivamente pronunziando: 1) rigetta la domanda di risoluzione svolta da parte attrice 2) condanna la (...) Srl, in persona del legale rappresentante pro-tempore, a restituire al Condominio (...), in persona dell'amministratore pro-tempore, la somma di Euro 5.144,45 a far data dal pagamento effettuato dal Condominio all'effettivo soddisfo nonché al pagamento della somma di Euro 3.205,07 a far data dalla domanda all'effettivo soddisfo. 3) condanna la (...) Srl, in persona del legale rappresentante pro-tempore, al pagamento in favore di (...) e (...) della somma di Euro 278,66 a far data dalla domanda all'effettivo soddisfo 4) condanna la (...) Srl, in persona del legale rappresentante pro-tempore, al pagamento in favore di CONDOMINIO (...), in persona dell'amministratore pro-tempore, (...) e (...) delle spese di giudizio che liquida in Euro 3.720,25, di cui 3.235,00 per compenso tabellare ed Euro 485,25 per spese generali (15% sul compenso totale), oltre Euro 237,00 per contributo unificato, Euro 27,00 per anticipazioni forfettarie, cassa avvocati e IVA su imponibile, come per legge 5) pone le spese di CTU in ATP e di CTU svolta in corso di causa definitivamente a carico di (...) Srl, in persone del legale rappresentante pro-tempore, nella misura del 33,33% ed a carico del CONDOMINIO (...), in persona dell'amministratore pro-tempore, nella misura del 66,66% 6) visto l'art. 52 del D.Lgs. n. 196 del 2003, dispone che, in caso di diffusione della presente sentenza in qualsiasi forma, per finalità di informazione giuridica su riviste, supporti elettronici o mediante rete di comunicazione elettronica, sia omessa l'indicazione delle generalità e degli altri dati identificativi degli interessati Così deciso in Imperia il 15 dicembre 2021. Depositata in Cancelleria il 15 dicembre 2021.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Giudice del Tribunale di Imperia, dott. Fabio Favalli, in funzione di Giudice di I grado, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile iscritta al n. 1996/2017 del ruolo generale degli affari contenziosi Civili del Tribunale di Imperia TRA (...) e (...), rapp.ti e difesi dall'Avv.to Pa.Pr. Attori Contro (...) S.p.A. rapp.ta e difesa dall'Avv.to Lu.Cr. Convenuta MOTIVI DELLA DECISIONE La domanda è fondata. Gli attori hanno agito rivendicando non già il risarcimento d'un danno provocato da una condotta illecita, bensì il riconoscimento ai sensi degli artt. 46, L. n. 2359/1865 e 44, D.L. 327/2001 d'un indennizzo derivante da un cd. fatto lecito, assumendo che la costruzione della nuova Stazione ferroviaria della città di Imperia nelle vicinanze del proprio appartamento, sito in Imperia, Via Vecchia Piemonte n. 124, interno 18, avrebbe arrecato una permanente e significativa diminuzione del valore del cespite a causa delle sopravvenuta compromissione d'alcune delle caratteristiche del quale esso era dotato. La pretesa si fonda su quello che ormai appare un consolidato orientamento della giurisprudenza, secondo cui l'operatività della L. n. 2359 del 1865, art. 46, non può essere esclusa "...neppure nelle situazioni in cui, pur in mancanza d'immissioni in senso stretto, la presenza dell'opera pubblica provochi di per sè una limitazione delle facoltà di godimento da parte del proprietario per la riduzione di luce, aria e veduta dell'immobile "giacché "la posizione soggettiva cui si deve avere riguardo non è quella del proprietario rispetto alla pubblica strada o allo spazio aereo che circonda la propria abitazione, ma quella che deriva dal rapporto tra lo stesso soggetto e l'immobile di sua proprietà". Proseguendo il ragionamento, la Suprema Corte ha osservato "che, per effetto della legittima costruzione di un'opera pubblica, il proprietario può ben essere privato di utilità che, lungi dall'essere "marginali", ineriscono giuridicamente al contenuto intrinseco della sua proprietà, quali la luminosità, la panoramicità e, in definitiva, la godibilità dell'immobile, con conseguente diminuzione della capacità abitativa, che si traduce in una riduzione dell'appetibilità e quindi del suo potenziale valore commerciale. Si è quindi riconosciuto che la privazione di queste utilità o facoltà da parte della Pubblica Amministrazione, determinando una diminuzione o comunque una ridotta possibilità di esercizio del diritto di proprietà (secondo la terminologia adottata dall'art. 46 cit., ed oggi dal D.Lgs. 8 giugno 2001, n. 327, art. 44), con conseguente diminuzione del valore venale del bene, comporta l'obbligo d'indennizzare il proprietario per la perdita subita, e ciò proprio in virtù del richiamato principio di giustizia distributiva, desumibile dall'art. 42 Cost., il quale esige che le conseguenze economiche pregiudizievoli causate da opere dirette al conseguimento di vantaggi pubblici non ricadano su un solo privato o su una ristretta cerchia di privati, ma siano sopportate dall'intera collettività..." (Cass. 26/05/2017,n.13368., nella quale si richiamano Cass. sez 1, 3/07/2013, n. 16619; e, Cass. Sez. 3, 3/07/2014, n. 15223). Non esprime un diverso principio giuridico Cass. 07/09/2020, n. 18581, espressamente citata in comparsa conclusionale dalla convenuta a sostegno delle proprie difese, nella parte in cui, con riferimento alla perdita o diminuzione subite da soggetti estranei al procedimento espropriativo di facoltà inerenti al proprio diritto dominicale in conseguenza dell'esecuzione di un'opera pubblica, s'è ribadito che "l'indennizzo non mira a compensare integralmente l'obiettiva diminuzione del valore di uso a di scambio della proprietà per l'avvenuta costruzione nelle vicinanze di un'opera pubblica, ma si fonda su un principio di giustizia distributiva, sicché non è consentito soddisfare l'interesse generale attraverso il sacrificio del singolo senza che questi venga indennizzato di una significativa compressione del diritto di proprietà (Cass. 06/06/2019 n. 15401; Cass. 26/05/2017 n. 13368; "Cass. n. 23865 cit.; Cass. SU 11/06/2003, n. 9341". Tale dictum conferma la diversità tra la ratio del risarcimento per fatto illecito - risarcimento che deve essere integrale poiché volto a ripristinare per equivalente in toto l'utilità perduta - e quella dell'indennizzo, il cui riconoscimento si fonda su ragioni di "giustizia sociale" ovvero sull'esigenza di compensare un "sacrificio" imposto lecitamente ad un terzo. Che poi l'indennizzo "non mira a compensare integralmente l'obiettiva diminuzione del valore di uso a di scambio della proprietà" implica semplicemente che il Legislatore ben può legittimamente porre un limite-limite - purché costituzionalmente "ragionevole" - al tetto massimo del relativo importo, ma non anche che questo debba necessariamente e sistematicamente, ossia in tutte le ipotesi di produzione d'un cd. danno lecito, essere inferiore a quello liquidabile a titolo risarcitorio, tant'è che per quanto concerne il caso di specie non consta l'esistenza di disposizioni che, disciplinando specificamente la materia, pongano criteri di determinazione dell'indennizzo diversi da quelli basati sulla valutazione della riduzione del pregio di mercato del bene. Tutto ciò chiarito, le indagini peritali hanno rivelato che a seguito della messa in funzione del tratto ferroviario, l'immobile dei Beccaria/Cavalera ha effettivamente subito un deprezzamento provocata da una rilevante diminuzione della comodità abitativa. Nel premettere che "L'alloggio di proprietà diparte attrice occupa i lati Sud, Est ed Ovest del 6 piano di un fabbricato condominiale in via Vecchia Piemonte al n. 124 e confina a Nord con i terreni di proprietà R.F.I. ove è stato costruito l'impalcato ferroviario e la sottostante infrastruttura stradale. L'appartamento che occupa una superficie di 125 mq. ed è composto da 7,5 vani, dotato di bagno e doppio servizio, si presenta in buono stato di conservazione; le rifiniture interne, la pavimentazione, gli infissi e gli impianti -regolarmente funzionanti - sono quelli originariamente realizzati all'epoca della costruzione negli anni 60; l'esposizione a Sud è incontrastata, mentre due finestre a Nord e a Est si affacciano sull'infrastruttura ferroviaria con veduta laterale sul ponte e sui binari, dai quali distano circa 25 metri.....Il fabbricato composto da 7 piani f.t., è dotato di ascensore, ha ampi spazi condominiali con parcheggi e aree verdi, ed è attualmente dotato di strade di accesso adeguate. In passato, prima dell'intervento effettuato dalla R.F.I., il fabbricato, come gli altri due limitrofi -aventi analoghe caratteristiche ed edificati nello stesso periodo - si affacciava a Nord su un ampio spazio non edificato ed era asservito dalla sola stradina comunale a Sud -via Vecchia Piemonte - rimasta invariata. Ilfabbricato composto da 7piani f.t., è dotato di ascensore, ha ampi spazi condominiali con parcheggi e aree verdi, ed è attualmente dotato di strade di accesso adeguate. In passato, prima dell'intervento effettuato dalla R.F.I., il fabbricato, come gli altri due limitrofi -aventi analoghe caratteristiche ed edificati nello stesso periodo - si affacciava a Nord su un ampio spazio non edificato ed era asservito dalla sola stradina comunale a Sud, via (...), rimasta invariata........", il Ctu ha dato conto che "L'immobile di cui trattasi, a seguito della costruzione del nuovo ponte ferroviario, viene a trovarsi nella fascia di rispetto di 30 mt. di cui al D.P.R. 753/80, ed in relazione all'estrema vicinanza dell'edificio alla nuova opera ferroviaria, l'immobile risulta gravato da servitù perpetue consistenti in limitazione di luci e vedute, immissioni acustiche maggiori rispetto alle condizioni ante operam, vibrazioni e ulteriori interferenze ambientali derivanti dall'esercizio della nuova sede ferroviaria. ", precisando che "Le principali cause di impatto ambientale nell'esercizio dei sistemi di trasporto terrestre stradali e ferroviari, sia superficiali che sotterranei, sono il rumore e le vibrazioni, nel caso specifico altri effetti che influiscono sulle caratteristiche estrinseche dell'edificio sono il peggioramento della qualità dell'aria - a causa della produzione di polveri sottili - la riduzione di luminosità e panoramicità conseguenti alla realizzazione delle strutture della linea ferroviaria e il disturbo arrecato dall'illuminazione della linea ferroviaria e della sottostante arteria stradale, per poi illustrare che "Nel traffico su gomma o su rotaia, la fonte del disturbo può essere identificata sia nei meccanismi vibrazionali propri del moto dei veicoli e legati alla trasformazione dell'energia meccanica in energia cinetica, sia dagli effetti secondari del rumore generato dal moto e dalla sua interazione con l'ambiente circostante. Tali effetti poi si propagano nell'ambiente attraverso le mutue interazioni ruota/piano di rotolamento e strada/edificio. L'Ing. (...) così prosegue: "Dall'analisi dei dati relativi ai rilievi effettuati si evince che, l'aumento delle immissioni di rumore, vibrazioni e di polveri conseguenti all'esercizio della linea ferroviaria e i danni conseguenti alla sua costruzione quali la riduzione della luminosità e della panoramicità, influiscono, seppure con incidenze diverse, sia sugli alloggi che si affacciano direttamente sull'infrastruttura ferroviaria sia su quelli con vista laterale su essa, come quello in esame, infatti benché si sia riscontrata una differenziazione dei valori relativi all'immissione di rumore e vibrazioni, in tutti i casi si sono registrati valori che superano i limiti di accettabilità e tollerabilità, analogamente per le privazioni di utilità quali la luminosità e la panoramicità, le quali incidono anche sugli alloggi che benché non prospettino direttamente sull'infrastruttura si affacciano su di essa tramite aperture esterne....". Il nuovo assetto dei luoghi ha pregiudicato anche la fruibilità dell'immobile per cui è causa in ragione della posizione rilevata "a vista" dell'alloggio rispetto all'infrastruttura (luminosità, panoramicità, inquinamento luminoso), dal rilievo celerimetrico (distanza dall'impalcato), dai rilievi fonometrici (rumori e vibrazioni)". I fattori pregiudizievoli sono stati così descritti dal Ctu: - "riduzione della luminosità e soleggiamento..", valutata in riferimento alle "Linee guida TAV" redatte da RFI stessa; - "... riduzione dell'ampiezza di veduta per l'interferenza dell'impalcato..." "- inquinamento luminoso. Tale interferenza è stata rilevata visivamente e risulta derivare dal posizionamento dei fari di illuminazione della strada sottostante l'impalcato e di quelli della banchina ferroviaria. Essenzialmente ne sono influenzati gli alloggi con affaccio - anche parziale - verso le infrastrutture e ubicati ai piani sino al 4"; - ".... peggioramento del clima acustico dell'immobile per effetto dell'emissione sonora derivante dall'esercizio della nuova linea ferroviaria e della strada sottostante, discende dai rilievi e dall'analisi fonometrica effettuata. Dalla relazione tecnica acustica dell'ing. (...) allegata si evince che il rumore prodotto sia dal passaggio dei treni che dal traffico veicolare, non rientra nei limiti di accettabilità secondo il criterio differenziale ex art. 4 del D.P.C.M. 14-11-1997"; - "I dati relativi alla valutazione della qualità dell'aria effettuata dalla ARPAL si riferiscono ad una zona di Imperia distante e con caratteristiche non affini a quella in esame, per cui in mancanza di dati diretti si è valutato un incremento della media giornaliera di PM10 a causa dell'esercizio delle nuove infrastrutture derivato dalla letteratura scientifica per casi similari alla situazione in oggetto e pari al minimo trattato, ovvero dell'1% parametrato ad un coefficiente d'incidenza variabile in funzione della distanza dall'infrastruttura e dal piano in cui si trova l'alloggio, che in questo caso si trova al 4° piano e dista poco meno di 25 metri dall'impalcato". I risultati delle indagini, la metodologia seguita e gli indici della valutazione dell'incidenza di ciascuno dei fattori forieri di "danno" sono stati illustrati alle pag. 11-13 della relazione, alla quale scrivente rimanda in toto. La misura del deprezzamento, quantificata in Euro 30.857,20, e i parametri adoperati dall'Esperto del Tribunale sono stati diffusamente criticati dal Ct di RFI con argomentazioni, puntualmente ribadite in comparsa conclusionale, che lo scrivente ritiene per la maggior parte infondate poiché: - l'aver il Ctu preso in considerazione oltre ai valori Omi, anche altri indici di stima, quali "Guida Valore Casa" della Fiap, "Borsino Immobiliare" nonché eseguito "indagini presso le locali agenzie immobiliari" è elemento ininfluente in concreto giacché la convenuta ha lamentato la presunta violazione del diritto di difesa in termini puramente astratti, senza cioè illustrare i termini nei quali sarebbe stato precluso al proprio Ct d'interloquire adeguatamente con il Ctu in ordine alla determinazione del pregio commerciale del bene; - inoltre, a ancor prima di ciò, il Ctu, lungi dall'aver introdotto e utilizzato di propria iniziativa circostanze nuove suscettibili di fondare/avallare la pretesa attorea nonché acquisito autonomamente documenti specificamente inerenti ai fatti di causa, s'è limitato a ricorrere agli "strumenti del mestiere" ovvero a fare applicazioni dei parametri tecnici d'ordine generale vigenti nella materia oggetto d'indagine, parametri comunemente adoperati dai professionisti incaricati di valutare il pregio d'un alloggio, analogamente a quanto è solito fare il consulente medicolegale con la letteratura scientifica, oppure, ad es., il professionista investito del compito di quantificare le opere d'un appalto alla stregua delle tariffe di mercato vigenti, ecc. - circa il censurato utilizzo dei dati dei dati Omi relativi al 2 semestre 2006 e non invece di quelli al 1 semestre 2008, nel prendersi atto delle ragioni di ciò illustrate alla pag. 10 dell'elaborato, deve replicarsi che il quesito demandato al Ctu si riferiva all'anno 2008 poiché è in tale epoca che fu realizzato il "grosso" della struttura (ossia la costruzione del ponte ferroviario). Sul punto si rileva che l'Ing. (...) ha appositamente e opportunamente formulato una stima alternativa (pag. 10) ed è a questa che lo scrivente farà riferimento; - quanto poi all'adozione dei parametri relativi al 1° semestre del 2018 e non di quelli vigenti nel 2016 (in base ai quali, a dire della convenuta, l'appartamento avrebbe avuto un valore inferiore) come prescritto nel quesito, questo Giudice ritiene di dover modificare il proprio convincimento - ovvero il contenuto dell'incarico - poiché, se è vero che la linea ferroviaria fu attivata nel 2016, l'indennizzo va calcolato al tempo della domanda ossia al momento della stabilizzazione del "danno". - ebbene, l'atto di citazione è stato notificato nel settembre del 2017; considerato poi che gli attori hanno quantificato il ristoro nella misura di Euro 50.000,00 e che il petitum e la causa petendi si cristallizzano definitivamente con il deposito della 1 memoria, corretto è l'utilizzo degli indici di stima del 2018; - l'aver il Ctu applicato i valori Omi relativi alle abitazione di tipo civile e non, invece, di quelli previsti per gli alloggi di tipo economico è operazione esesente da critiche; invero che l'immobile risulti accatastato sotto la suddetta seconda categoria è aspetto del tutto irrilevante, dovendosi, come già detto, aversi riguardo alle concrete caratteristiche del bene e al suo deprezzamento commerciale subìto nell'ambito della libera contrattazione tra privati; Ulteriore punto di contrasto è costituito dall'entità del coefficiente di vetustà. Secondo il Ctp della convenuta il pregio dell'immobile andrebbe abbattuto del 30% in quanto lo stesso fu costruito negli anni 60 e risulta tuttora dotato degli originari impianti, pavimentazioni, infissi e rifiniture. Al riguardo il Ctu ha puntualizzato che "oltre che in base alla posizione al limite della zona C5, il coefficiente di vetustà nell'analisi svolta è stato applicato adottando il valore minimo della valutazione e non applicando il 10% indicato dal CTP ing. Pino, percentuale utilizzata invece come coefficiente correttivo ad ulteriore decremento del valore in funzione dello stato di conservazione e manutenzione riscontrato. Si vuole comunque precisare che malgrado non siano state riscontrate ristrutturazioni attuate negli anni, non si è ravvisata una mancanza di manutenzione generale tale da rendere necessarie opere di manutenzione e riparazione rilevanti e tali da giustificare il deprezzamento del 30% indicato dal CTP". Anche su ciò lo scrivente ritiene di concordare giacché, a dispetto della sua epoca di costruzione, la casa versa tuttora in buone condizioni ossia è ancora confortevole e comodamente abitabile, il che non giustifica il, invero notevole, abbattimento del valore propugnato dalla convenuta. RFI ha poi censurato la misura della diminuzione della panoramicità in quanto il Ctu avrebbe dovuto considerare che prima dell'edificazione della stazione innanzi allo stabile in cui è ubicato l'immobile non v'era un mero terreno incolto, ma una discarica, come parrebbe raffigurato nelle foto accluse all'all. 4 (verbale di consegna e immissione nel possesso). L'assunto, oltre ad essere esposto in termini sostanzialmente generici, atteso che nulla è stato allegato e provato in ordine al periodo di tempo per il quale s'è protratto l'accumulo di rifiuti - si da poter verificare se la naturalezza della veduta fu compromessa per un lasso cronologico apprezzabile e sia perdurata sino all'epoca d'instaurazione del presente giudizio, in termini tali da comportare una stabile diminuzione della qualità dell'appartamento - risulta inconferente giacché la creazione da parte di terzi d'una discarica "a cielo aperto" non costituisce una intrinseca e permanente caratteristica del territorio, bensì un'illecita sua alterazione transitoria, di rilevanza anche e specialmente penale, alterazione della quale, conseguentemente, non può tenersi conto alcuno, non constando che essa fu autorizzata dalle autorità competenti. Si ritiene poi disattendere l'argomento di RFI, secondo cui il Ctu avrebbe dovuto considerare anche le utilità derivate dalla presenza della nuova struttura, utilità costituite dalla creazione d'un parco, dell'incremento dell'illuminazione, della creazione di parcheggi e della possibilità dei residenti d'accedere in tempi rapidi alla nuova stazione ferroviaria. Invero, nell'evidenziare che le nuove illuminazioni, lungi dall'aver apportato vantaggi, sono state identificate dal Ctu come uno dei fattori "inquinanti", deve replicarsi che prima del 2006 Via (...) si trovava notoriamente in una zona che può essere definita quasi "residenziale" poiché notoriamente non particolarmente trafficata e già dotata di verde ossia sostanzialmente "tranquilla". Non è dato, pertanto, vedere quali benefici possa aver apportato ai residenti la nuova opera, visto che la realizzazione di nuovi posti auto in adiacenza della stazione (e non già nei pressi dello stabile per cui è causa) non può che implicare maggior traffico automobilistico, con conseguente aumento dei rumori o delle polveri. Quanto poi alla sopravvenuta maggior "centralità" dell'abitazione rispetto al tratto ferroviario, deve replicarsi che si tratta d'un vantaggio pressocchè irrisorio giacchè Imperia, il fatto è notorio, annoverava in precedenza 2 stazioni (la principale sita in Porto Maurizio e l'altra ad Oneglia), entrambe facilmente raggiungibili in una piccola città con mezzi privati o pubblici in tempi brevi. Contrariamente a quanto asserito dalla difesa di R.F.I., il Ctu non ha affatto esorbitato dal suo incarico laddove egli ha preso in considerazione anche l'incremento rumore stradale del traffico veicolare causato dalla costruzione della strada sottostante alla linea ferroviaria, costituendo anche tale fattore una conseguenza immediata e diretta "dannosa" dell'edificazione della struttura, atteso che il nuovo tracciato costituisce infrastruttura strettamente collegata e funzionale all'utilizzo della stazione da parte della collettività. Non controvertendosi in ordine al ristoro d'un pregiudizio illecito e pertanto dunque, dell'individuazione della responsabilità d'un fatto dannoso, irrilevante è poi l'appartenenza nonché la "gestione" della strada non già a R.F.I. ma verosimilmente al Comune di Imperia, ente del tutto estraneo al procedimento amministrativo d'approvazione e di costruzione. Al punto 4 del paragrafo 4 della relazione l'Ing. (...) Ctu ha riportato che "Dalla relazione tecnica acustica dell'ing. (...) allegata si evince che il rumore prodotto sia dal passaggio dei treni che dal traffico veicolare, non rientra nei limiti di accettabilità secondo il criterio differenziale ex art. 4 del D.P.C.M. 14-111997 e neanche nei limiti di tollerabilità definiti dall'art. 844 C.C...", per poi esporre le risultanze della analisi fonometriche, le quali hanno rivelato che "il rumore immesso dal passaggio dei treni negli alloggi del fabbricato, avviene in quota parte per via solida, attraverso trasmissione della vibrazione nel terreno, da questo propagata alle strutture e da queste viene poi restituito all'interno degli ambienti abitativi". La convenuta ha censurato (pag. 17-18 della comparsa conclusionale) l'utilizzo dei parametri previsti dall'art. 4 del D.P.C.M. 14-11-1997 giacché l'art. 3 prescrive che "Le disposizioni di cui al presente articolo non si applicano alla rumorosità prodotta: dalle infrastrutture stradali, ferroviarie,aeroportuali e marittime". Tale disposizione deve ritenersi richiamata dall'art. 6 ter del D.L. dicembre 2008, n. 208, convertito dalla L. 13/2009, il quale dispone che "Nell'accertare la normale tollerabilità delle immissioni e delle emissioni acustiche, ai sensi dell'articolo 844 del codice civile, sono fatte salve in ogni caso le disposizioni di legge e di regolamento vigenti che disciplinano specifiche sorgenti e la priorità di un determinato uso". Tra le previsioni di legge figura, infatti, in primo luogo la 445/1995, denominata "Legge quadro sull'inquinamento acustico", della quale il D.P.C.M. 14-11-1997 costituisce normativa attuativa. L'argomento risulta però privo di pregio in quanto: - la giurisprudenza in materia ha statuito - peraltro proprio in caso di disturbi causati dal passaggio di treni - che "in tema di immissioni acustiche, la differenziazione tra tutela civilistica e tutela amministrativa mantiene la sua attualità anche a seguito dell'entrata in vigore del D.L. n. 208 del 2008, art. 6 ter, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 13 del 2009, al quale non può aprioristicamente attribuirsi una portata derogatoria e limitativa dell'art. 844 c.c., con l'effetto di escludere l'accertamento in concreto del superamento del costituzionalmente orientata, il soddisfacimento dell'interesse ad una normale qualità della vita rispetto alle esigenze della produzione (Cassazione civile 07/10/2016, n. 20198); - nella motivazione si puntualizza che "l'osservanza delle normative tecniche speciali, quali quelle qui invocate da (...), non può ritenersi dirimente nell'escludere l'intollerabilità delle immissioni. In tale ambito, la fattispecie deve infatti essere vagliata secondo l'ordinario criterio di cui alla disposizione generale dell'art. 844", reputandosi non criticabile l'accertamento delle immissioni operato dal Giudice del merito sulla base di "un apprezzamento in concreto ancorato al criterio del cd. "differenziale" (nella specie, incremento massimo di 5 decibel, sulla scorta del D.P.C.M. 14 novembre 1997, art. 4, comma 1), ritenendo le immissioni sonore prodotte dalla movimentazione dei vagoni superiori alla normale tollerabilità di cui all'art. 844 c.c..". Ne consegue che non è censurabile l'operato del Ctu, il quale ha rilevato il superamento della soglia della normale tollerabilità all'esito d'una serie di verifiche incentrate sull'adozione di indici tecnici e normativi, tra i quali anche quelli contemplati dal DPCM, concludendo nella fattispecie che le immissioni risultano insopportabili "in concreto" ossia avendo riguardo alla condizione dei luoghi, conformemente al principio posto dall'art. 844 c.c., il quale, secondo la costante interpretazione fornita dalla giurisprudenza, va interpretato nel senso che per immissioni intollerabili devono intendersi quelle che interferiscono in senso peggiorativo sulle facoltà dominicali del vicino, limitando in misura apprezzabile o impedendo il pieno godimento dell'immobile. Opportuno dare anche conto che la Legge di Bilancio 2019 (L.145/2018) ha aggiunto all'art. 6 ter della legge 13/009 la seguente previsione: "Ai fini dell'attuazione del comma 1, si applicano i criteri di accettabilità del livello di rumore di cui alla legge 26 ottobre 1995, n. 447, e alle relative norme di attuazione", tra le quali vi sono quelle contenute nel D.P.C.M. 14/11/1997. Nulla, dunque è mutato nel quadro normativo, che resta pienamente compatibile con la succitata elaborazione giurisprudenziale. Inconferente è poi l'assunto secondo cui il Ctu avrebbe dovuto tenere conto soltanto della percentuale di deprezzamento relativa a vani e ai locali concretamente interessati dalle interferenze ambientali. Nell'evidenziare che le Linee Guida Tav, prescriventi tale criterio d'indennizzo, lungi da costituire un parametro giuridicamente vincolante per i terzi, ossia una fonte di diritto, si risolvono in meri criteri orientativi "interni" unilateralmente adottati, deve replicarsi che ciò che viene in rilievo è un bene unitario, tendenzialmente inscindibile (a non meno di metter mano ad opere divisionali) nei propri ambienti, ciascuno funzionale al godimento e alla vivibilità dell'altro; va da sé pertanto che, come indicato nel quesito, la valutazione del Ctu non può che inerire all'immobile nel suo complesso. Considerato che al 2008 il valore commerciale al mq dell'appartamento, dall'estensione di mq 125, ammontava a Euro 1341,90, il calcolo è il seguente: Euro 1341,90 x 18,225% (demoltiplicatore frutto della combinatoria delle varie percentuali di deprezzamento legati ai diversi fattori) x 125 mq = Euro 30.570,16. Tal è, dunque, l'importo da riconoscere agli attori. Dall'accoglimento della domanda discende la condanna della convenuta alla rifusione della spese di lite nella misura che si indica come in dispositivo, tenendosi conto ai fini della relativa quantificazione che gli attori hanno agito per ottenere la maggior somma di Euro 50.000,00. P.Q.M. Il Tribunale di Imperia, definitivamente pronunciando sulla domanda proposta da (...) e (...), così provvede: Condanna (...) S.p.A. al pagamento in favore degli attori della somma di Euro 30.570,16, oltre ad interessi legali a far data dalla pubblicazione del presente provvedimento sino al saldo. Condanna (...) al rimborso delle spese di lite, che si determinano in Euro 1100,00 per la fase di studio, Euro 800,00 per la fase introduttiva, Euro 1100,00 per la fase di trattazione e istruttoria, Euro 2100,00 per la fase decisionale, Euro 604,33, per spese vive, oltre a Iva e Cpa, come da legge. Pone le spese di Ctu a carico di (...) S.p.A. Così deciso in Imperia il 7 ottobre 2021. Depositata in Cancelleria l'8 ottobre 2021.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE CIVILE DI IMPERIA il TRIBUNALE di Imperia in composizione monocratica, in persona del dott. Pasquale LONGARINI ha emesso la seguente SENTENZA nella causa iscritta al n.2862/2018 RG del Tribunale di Imperia avente ad oggetto "recesso ad nutum" promossa da FALLIMENTO (...) SrL (CF: (...)/PI: (...)), in persona del curatore fallimentare, rappresentato e difeso dall'avv. La.CA., presso il cui studio in Sanremo alla via (...) è eletto domicilio - attore - contro (...) COMPANY SrL (PI: (...)), in persona dell'Amministratore Unico pro-tempore in qualità di Trustee del (...) (CF: (...)), rappresentato e difeso dall'avv. An.CE. e dall'avv. Lu.D'A. presso il cui studio in Como alla via Milano n.162 è eletto domicilio RAGIONI DELLA DECISIONE 1. ABSTRACT Rappresentato la (...) SrL (I) di aver comunicato alla (...) COMPANY SrL in data 03.11.2011 la sospensione dei lavori ex art. 16 n. 5 del contratto di appalto concluso con la predetta società, avente ad oggetto la realizzazione di fabbricati di civile abitazione ed edilizia agevolata in loc. P. del Comune di San Bartolomeo al Mare, per mancato pagamento della fattura n.(...) relativa al S.A.L. 4, (II) che con lettera raccomandata del 4.11.2011, ricevuta in data 9.11.2011, la società (...) COMPANY SrL esercitava il diritto di recesso ad nutum contrattualmente previsto dall'art. 11, comunicandoLe altresì la sospensione dei pagamenti che sarebbero stati regolarizzati sulla base dei lavori effettivamente svolti allo spirare del termine di 90 giorni di preavviso (art. 12), (III) la contestazione della sospensione dei pagamenti insistendo per la regolarizzazione di quelli medio tempore scaduti, (IV) l'intervenuta dichiarazione di fallimento della (...) SrL con sentenza del 15.04.2015, il FALLIMENTO (...) SrL, in persona del curatore fallimentare, premesso di aver formalizzato apposita diffida di pagamento e costituzione in mora contestata dalla società (...) COMPANY SrL che lamentava di aver subito danni derivanti dalla tardiva riconsegna del cantiere da parte della società in bonis, dedotto di aver sollecitato una sopralluogo congiunto al fine della quantificazione delle opere realizzate dalla società in bonis all'esito del quale veniva attestato che le opere eseguite ammontavano ad Euro 324.000,00, allegato che veniva accertato in contraddittorio un credito a favore del fallimento pari ad Euro 78.000,00 oltre IVA di legge (determinato sottraendo dal valore delle opere eseguite la somma degli acconti corrisposti dalla ITC per i primi tre SAL e pari ad Euro 246.000,00), lamentato il rifiuto, pure all'esito di una nuova formale diffida di pagamento, della (...) Company SrL di corrispondere il dovuto, con atto di citazione ritualmente notificato, evocava in giudizio la società (...) COMPANY SrL, in persona dell'Amministratore Unico pro-tempore in qualità di Trustee del (...), per sentirla condannare al pagamento della somma di Euro 78.000,00 oltre IVA oltre al risarcimento del danno ex art. 1671 c.c. quantificato in Euro 57.600,00, pari al 10% del corrispettivo pattuito per la esecuzione del contratto, con vittoria di spese. 1.1) Si costituiva in giudizio la società (...) COMPANY SrL, in persona dell'Amministratore Unico pro-tempore in qualità di Trustee del (...) che, ammesso di aver esercitato il recesso dal contratto ex art. 11 delle condizioni contrattuali ed ex art. 1671 c.c., divenuto efficace il 7.2.20212 al termine del periodo di preavviso di 90 giorni contrattualmente previsto dal medesimo articolo 11, dedotto di avere in epoca precedente svolto contestazione di vizi e difetti dei lavori effettuati e di aver sollecitato i lavori non effettuati che mai venivano realizzati, lamentato l'inadempimento contrattuale da parte della (...) in bonis, contestato il valore probatorio della consulenza tecnica di parte stragiudiziale, contestata la fondatezza della richiesta di risarcimento del danno ex art. 1671 c.c., instava per la dichiarazione dell'inadempimento contrattuale da parte della (...) SrL in bonis quale causa della risoluzione del contratto di appalto e, per l'effetto, per la dichiarazione che nulla era da Essa dovuto alla società appaltatrice, con vittoria di spese. 1.2) Integrato il contraddittorio, respinta la prova orale svolte dalle parti, licenziata CTU tecnica, convocato il CTU per chiarimenti, respinta l'istanza di rinnovazione della CTU, la causa veniva trattenuta per la decisione nell'udienza del 16.04.2021 sulle conclusioni delle parti in epigrafe riportate e con concessione dei termini per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica. 2. sulla RIMESSIONE DELLA CAUSA IN ISTRUTTORIA. L'istanza di rimessione della causa in istruttoria per l'espletamento della prova orale va respinta in quanto le circostanze capitolate da parte convenuta sono o irrilevanti, o valutative, o implicanti valutazioni tecniche da riservare alla CTU, o da provare per documento, come motivato nell'ordinanza del 29.10.20219 che a tali fini si richiama. 3. sulla ESTINZIONE DEL RAPPORTO CONTRATTUALE. Il rapporto negoziale tra le parti, contrariamente a quanto invocato dalla società (...) Company SrL, è venuto meno per volontà del committente, a fronte dell'esercizio del diritto di recesso ad nutum previsto dall'art. 11 del contratto di appalto per la "realizzazione di fabbricati per civile abitazione ed edilizia agevolata in Comune di San Bartolomeo al Mare (IM) in località P. ..." (art. 2) che testualmente recita "Qualora la committenza decida di rescindere il contratto unilateralmente dovrà comunicarlo all'impresa 90 giorni prima, saranno riconosciuti all'impresa tutti i lavori e le finiture a piè d'opera presenti alla data di riconsegna delle opere. Qualora la committenza non ottemperi a quanto previsto ai successivi articoli 13 e 14 l'impresa avrà facoltà unilaterale di sospendere i lavori e rescindere in danno il contratto ed avrà diritto alle spettanze maturate alla data di rescissione successivamente al pagamento dovrà consegnare immediatamente le aree alla committenza". 3.1) Il recesso è l'atto mediante il quale una delle parti contraenti manifesta la volontà di sciogliere il contratto. Di regola, le parti non sono legittimate a recedere unilateralmente dal contratto, poiché quest'ultimo ha forza di legge tra i contraenti (art. 1372 c.c.). Il recesso unilaterale può essere esercitato solo se tale facoltà è stata espressamente pattuita convenzionalmente, come nel caso che ci occupa in ragione del citato art. 11, o se è previsto dalla legge. 3.1.1) E' lo stesso committente ad ammettere di aver esercitato il diritto potestativo di recesso riconosciutogli convenzionalmente, mediante un atto unilaterale recettizio, subordinato all'osservanza di un periodo di preavviso (che, nella specie, si pone come limite temporale all'efficacia del recesso con la funzione di tutelare l'appaltatore dalle conseguenze negative di un recesso immediatamente efficace), laddove: (I) a pagina 3 della comparsa di costituzione, testualmente dichiara "il recesso da parte dell'odierna convenuta è divenuto efficace ... in data 07.02.2012, al termine del periodo di preavviso di 90 giorni contrattualmente previsto all'art. 11"; (II) mentre alle pagine 4 e 5 della comparsa si legge, rispettivamente: "in data 04.11.2011 il Dott. (...) ... ai sensi e per gli effetti dell'art. 11 del contratto di appalto ... comunicava recesso dello stesso alla ditta appaltatrice (...) s.r.l. ... l'odierna convenuta ha esercitato il diritto di recesso contrattualmente previsto ai sensi dell'art. 11 e normativamente sancito dall'art. 1671 c.c."; (III) alle pagine 15 e seguenti della comparsa di costituzione dedica un intero paragrafo all'intervenuto esercizio del diritto di recesso ex art. 1671 del codice civile. 3.1.2) Atteso che la facoltà di recesso è intesa come diritto potestativo che consente ad una parte di provocare unilateralmente lo scioglimento del vincolo contrattuale per il quale il suo interesse è venuto meno trattenendo la parte di opera o di servizio già eseguiti, senza necessità di giustificazione alcuna purché esercitato con modalità conformi al principio di buona fede, il legislatore ha contemperato questa esigenza con quella dell'appaltatore a non essere pregiudicato da un atto che non esige nemmeno una giustificazione: pertanto, questi ha diritto al compenso per quanto già eseguito e trattenuto dal committente nonché a ciò che avrebbe dovuto percepire se l'opera fosse stata compiuta per l'intero. 3.1.3) Nella specie, dunque, l'appaltatore ha acquisito automaticamente il diritto a conseguire il pagamento delle opere eseguite , oltre al rimborso delle spese sostenute e al risarcimento per il mancato guadagno: "Il diritto di recesso esercitabile "ad nutum" dal committente in qualsiasi momento dell'esecuzione del contratto di appalto non presuppone necessariamente uno stato di regolare svolgimento del rapporto, ma, al contrario, stante l'ampiezza di formulazione della norma di cui all'art. 1671 cod. civ., può essere esercitato per qualsiasi ragione che induca il committente medesimo a porre fine al rapporto, da un canto, non essendo configurabile un diritto dell'appaltatore a proseguire nell'esecuzione dell'opera (avendo egli diritto solo all'indennizzo previsto dalla detta norma), e, d'altro canto, rispondendo il compimento dell'opera esclusivamente all'interesse del committente. Ne consegue che il recesso può essere giustificato anche dalla sfiducia verso l'appaltatore per fatti d'inadempimento, e, poiché il contratto si scioglie esclusivamente per effetto dell'unilaterale iniziativa del recedente, non è in tal caso necessaria alcuna indagine sull'importanza dell'inadempimento, viceversa dovuta quando il committente richiede anche il risarcimento del danno per l'inadempimento già verificatosi al momento del recesso" (Corte d'Appello di Milano, sentenza n. 857 del 03.04.2020). 3.1.4) Essendo il recesso espressione dell'esercizio del diritto potestativo del committente, esercitabile senza necessità di giustificazioni (cass. n. 10400/2008) in qualunque momento posteriore alla conclusione del contratto (cass. n.17340/2003), logico corollario è che l'obbligo di pagamento all'appaltatore dell'indennizzo ex art. 1671 c.c., costituisce effetto automatico della decisione di scioglimento dal vincolo adottata unilateralmente dal convenuto" (cass. n. 23558 del 09.10.2017). E', infatti, previsto a favore dell'appaltatore il pagamento di una indennità, che costituisce debito di valore e che si giustifica in ragione che il recesso, negozio unilaterale recettizio, produce effetti ex nunc, con la conseguenza di far conseguire al committente la proprietà dell'opera fino al quel momento realizzata. 3.1.5) All'uopo, nessun pregio assumono le asserite contestazioni di vizi e /o difetti, tanto che il committente non ha mai attivato le verifiche in corso d'opera sullo svolgimento dei lavori espressamente previste dall'art. 16621 c.c., a norma del quale "Il committente ha diritto di controllare lo svolgimento dei lavori e di verificarne a proprie spese lo stato. ", né ha mai fissato un congruo termine intimando alla (...) SrL in bonis di conformarsi alle condizioni stabilite dal contratto ed a regola d'arte come espressamente previsto dal secondo comma del citato articolo 1662 c.c. in ragione del quale "Quando, nel corso dell'opera, si accerta che la sua esecuzione non procede secondo le condizioni stabilite dal contratto e a regola d'arte, il committente può fissare un congruo termine entro il quale l'appaltatore si deve conformare a tali condizioni; trascorso inutilmente il termine stabilito, il contratto è risoluto, salvo il diritto del committente al risarcimento del danno". 3.1.5.1) Del resto, solo all'esito della notificazione dell'atto di citazione, la società (...) Company SrL deduceva che il recesso /risoluzione del contratto di appalto era stato esercitato a causa di evocati ed invocati inadempimenti della società appaltatrice in bonis. In ogni caso, a prescindere dalla circostanza che nella fattispecie non vi è prova di vizi e/o difetti dell'opera, la giurisprudenza, in ragione della circostanza che i rapporti tra azione di risoluzione e azione di recesso si pongono in termini di assoluta incompatibilità strutturale e funzionale, è univoca nell'affermare che: "Ove ... il committente abbia dapprima optato per il recesso, determinando lo scioglimento del rapporto, gli rimane preclusa la successiva proposizione della domanda di risoluzione" (cass. n. 16404/2017). Comunicata l'intenzione di recedere, non può più essere richiesta la risoluzione del contratto (cass. n. 7649/1994), né il recesso può essere esercitato dopo che sia stata richiesta la risoluzione (cass. n. 5237/1983). 3.1.6) Neppure hanno pregio le contestazioni di parte convenuta circa i presunti inadempimenti della ditta appaltatrice, asseritamente consistenti nella (I) tardiva consegna del computo metrico, (II) nel ritardo nell'esecuzione di alcune opere e (III) nella ritenzione del cantiere. 3.1.6.1) Quanto alla tardiva consegna del computo metrico, nel caso di appalto a corpo, come nel caso che ci occupa, conta solo il prezzo finale che, allorché accettato, è vincolante per l'appaltatore, mentre "il richiamo ai prezzi unitari e ai calcoli contenuti nel computo metrico ha valore di semplice traccia indicativa delle modalità di formazione del prezzo globale che è destinata a restare fuori dal contenuto del contratto" (cass. n. 5262/2015). Del resto, non menzionandolo l'art. 19 tra gli allegati costituenti parte integrante dell'accordo, autorizzando il committente l'avvio dei lavori senza di esso e provvedendo ai pagamenti dei primi tre stati di avanzamento, l'irrilevanza del computo metrico trova conferma nel contenuto del contratto di appalto e nella condotta di parte convenuta. 3.1.6.2) Dalla lettura della missiva del 17.10.2011 (doc. 8 di parte convenuta), non è dato desumere, come vorrebbe il committente, l'ammissione da parte dell'appaltatore di mancanze nei lavori effettuati, atteso che il riferimento allo "stato d'avanzamento scarsamente produttivo" era relativo alla pendenza di un procedimento avviato dal Comune di San Bartolomeo al Mare a seguito di una segnalazione di terzi. 3.1.6.2.1) Quanto alla mancata ultimazione dei lavori, all'evidenza essa è la conseguenza dell'intervenuto recesso. Del resto, come già osservato, la società (...) Company SrL non ha mai azionato i rimedi previsti dall'art. 1662 c.c.. 3.1.6.3) Parimenti infondata è l'allegazione di una asserita ritenzione del cantiere da parte della (...) SrL in quanto il cantiere rientrava nella disponibilità della committenza tanto che in data 5.7.2012 una impresa terza procedeva "al completamento delle nuova recinzione, posta in opera nella posizione concordata" (doc. 10 di parte convenuta). 3.1.6.4) Del resto, la società convenuta non svolgeva alcuna domanda riconvenzionale per la compensazione delle somme richiesta in pagamento dal fallimento con quelle corrispondenti ai pretesi danni sofferti, anzi espressamente rinunciava a formulare richieste economiche contro il fallimento. Quanto osservato rende del tutto ultronea la produzione n.14 di parte convenuta relativa alla quantificazione del danno derivante dall'asserito inadempimento. 3.2) In ragione del fatto che all'esercizio del diritto di recesso segue l'automatico diritto dell'appaltatore a percepire l'indennizzo delle voci indicate nell'art. 1671 c.c. e in ragione della mancata prova degli asseriti inadempimenti della società appaltatrice, l'invocata eccezione di inadempimento, peraltro mai svolta in costanza del rapporto contrattuale, è priva di qualsivoglia pregio. 3.3) Solo "la condanna dell'appaltatore al risarcimento del danno in favore del committente per inadempimento già verificatosi al momento dell'esercizio del recesso ex art. 1371 c.c. può vanificare l'obbligo del committente recedente di indennizzare l'appaltatore" (cass. n.11642/2003). 3.4) Conseguentemente, non avendo il committente formulato alcuna domanda riconvenzionale di accertamento o di quantificazione del danno asseritamente sofferto e non avendo eccepito neppure in compensazione l'esistenza di un proprio diritto al risarcimento, la domanda attrice sul punto va accolta e, per l'effetto, la società (...) Company SrL è tenuta a pagare al fallimento della (...) SrL l'indennizzo previsto dall'art. 1671 c.c. quale "effetto automatico della decisione di scioglimento adottata unilateralmente dal convenuto" (cass. n. 23558/2017). 3.4.1) Come già anticipato, l'obbligazione indennitaria costituisce debito di valore. La liquidazione dell'obbligazione "di valore" va effettuata, secondo la giurisprudenza prevalente, attraverso una triplice operazione (cass. n. 11899/16; cass. n. 9950/2017): (a) la quantificazione in termini monetari del valore che la prestazione oggetto dell'obbligazione aveva all'epoca in cui è sorta l'obbligazione stessa (cd. estimatio); (b) la successiva rivalutazione di detto importo, dall'epoca in cui è sorta l'obbligazione al momento della liquidazione (cass. n.13225/2016), attraverso l'applicazione degli indici ISTAT di variazione del costo della vita (cd. taxatio); (c) la liquidazione dell'ulteriore danno da ritardo, dall'epoca in cui è sorta l'obbligazione al momento della liquidazione, nell'ottenimento della prestazione: cd interessi compensativi. Questi ultimi, secondo il più recente orientamento giurisprudenziale, vanno calcolati sulla somma corrispondente al valore della prestazione via via rivalutata (cass. UU, n.1712/1995). Va, dunque, altresì, riconosciuto il danno derivante dal mancato tempestivo godimento dell'equivalente pecuniario che, in difetto di diversi elementi probatori, si ritiene di compensare adottando quale parametro quello degli interessi legali da calcolarsi, secondo l'insegnamento delle Sezioni Unite della Suprema Corte (n.1712/95), sulla somma via via rivalutata dalla produzione dell'evento di danno sino ad oggi, tempo della liquidazione. Così, tenuto conto di questo criterio, previa devalutazione alla data del fatto, ovvero del momento in cui diveniva efficace il recesso (07.02.2012), della somma espressa in moneta attuale, vanno aggiunti alla somma via via rivalutata annualmente gli interessi compensativi nella misura legale fino alla data odierna. Da oggi, giorno della liquidazione, all'effettivo saldo decorrono gli interessi legali sulla somma sopra liquidata complessivamente. 4. sulla QUANTIFICAZIONE DELL'INDENNIZZO SPETTANTE AL FALLIMENTO. Il CTU ha quantificato il corrispettivo per i lavori eseguiti dalla (...) SrL in bonis, basato sull'effettivo stato di avanzamento e non sul raffronto proporzionale dei prezzi, nella somma di Euro 307.782,46 oltre IVA. 4.1) Ai sensi dell'art. 11 del contratto di appalto, la determinazione del corrispettivo delle opere svolte, in caso di recesso del committente, deve avvenire mediante valutazione di "tutti i lavori e forniture a piè d'opera presenti alla data di riconsegna delle opere". 4.1.1) In ragione della circostanza che la (...) COMPANY SrL ha versato acconti pari ad Euro 246.000,00, il Fallimento vanta un credito, a titolo di lavori svolti e non saldati, pari ad Euro 61.782,46 oltre IVA. Su di essa, devalutata alla data di efficacia del recesso (07.02.2012) e quindi annualmente rivalutata, sono dovuti interessi al tasso legale sino alla data di pubblicazione della sentenza. Sulla somma liquidata a titolo di capitale, rivalutazione ed interessi sono dovuti ulteriori interessi al tasso legale dalla data di pubblicazione della sentenza a quella di reale soddisfo. 4.2) Alla società appaltante spetta, altresì, l'indennizzo delle spese tecniche e di sicurezza. Dal documento n.8 di parte convenuta si evince che la società (...) SrL in bonis ha sostenuto esborsi per spese tecniche pari ad Euro 27.400,00 oltre IVA nonché oneri per la sicurezza pari ad Euro 6.578,97 oltre IVA, per un totale complessivo di Euro 33.978,97 oltre IVA. Su di essa, devalutata alla data di efficacia del recesso (07.02.2012) e quindi annualmente rivalutata, sono dovuti interessi al tasso legale sino alla data di pubblicazione della sentenza. Sulla somma liquidata a titolo di capitale, rivalutazione ed interessi sono dovuti ulteriori interessi al tasso legale dalla data di pubblicazione della sentenza a quella di reale soddisfo. 4.3) Quanto alla voce mancata guadagno, ossia dell'utile netto che l'appaltatore avrebbe conseguito a seguito dell'esecuzione del contratto, dell'indennizzo dovuto ex art. 1671 c.c., va determinata in via equitativa sulla base di criteri presuntivi e non effettivi (cass. n.5879/2017). 4.3.1) Secondo il consolidato indirizzo del giudice di legittimità, in ipotesi di recesso unilaterale del committente dal contratto d'appalto, ai sensi dell'art. 1671 c.c., grava sull'appaltatore, che chiede di essere indennizzato del mancato guadagno, l'onere di dimostrare quale sarebbe stato l'utile netto da lui conseguibile con l'esecuzione delle opere appaltate, costituito dalla differenza tra il pattuito prezzo globale dell'appalto e le spese che si sarebbero rese necessarie per la realizzazione delle opere, restando salva per il committente la facoltà di provare che l'interruzione dell'appalto non ha impedito all'appaltatore di realizzare guadagni sostitutivi, ovvero gli ha procurato vantaggi diversi (cass. 9132/2012; cass. n.5879/2017). Nella liquidazione di tale indennizzo, peraltro, il giudice del merito ha facoltà di applicare il criterio equitativo che, se costituisce il metodo normale per la valutazione del lucro cessante (ex art. 2056 c.c.), può essere utilizzato per qualsiasi danno, quando sia impossibile o assai difficoltoso, sulla base di una valutazione discrezionale del giudice, fornire la prova precisa dell'entità del pregiudizio sofferto (cass. 2608/2003; cass. n.5879/2017). 4.3.2) A tale fine, questo giudice ritiene che l'utile netto possa essere commisurato, ex art. 1226, al 5% del corrispettivo contrattuale pari ad Euro 900.000,00 oltre IVA. 4.3.2.1) Pertanto, considerato che l'importo di Euro 246.000,00 è già stato pagato dalla società (...) COMPANY SrL e che la stessa viene condannata a pagare la somma di Euro 61.782,46 a titolo di saldo dei lavori svolti e la somma di Euro 33.978,97 oltre IVA per spese tecniche e di sicurezza, il mancato guadagno, conteggiato sulla differenza tra il corrispettivo totale (900.000,00 + IVA) meno la somma di Euro 341.761,43 (246.000,00 + 61.782,46 + 33.978,97), pari al 5%, è di Euro 27.911,92 oltre IVA se dovuta. Su di essa, devalutata alla data di efficacia del recesso (07.02.2012) e quindi annualmente rivalutata, sono dovuti interessi al tasso legale sino alla data di pubblicazione della sentenza. Sulla somma liquidata a titolo di capitale, rivalutazione ed interessi sono dovuti ulteriori interessi al tasso legale dalla data di pubblicazione della sentenza a quella di reale soddisfo. 5. sulla RESPONSABILITÀ PROCESSUALE AGGRAVATA PER TEMERARIETÀ DELLA RESISTENZA IN GIUDIZIO. A giudizio della società attrice, la società convenuta avrebbe resistito in giudizio in modo temerario, con abuso del processo e in violazione degli obblighi di buona fede. 5.1) L'istituto della responsabilità processuale aggravata, disciplinato dall'art. 96 c.p.c., tutela l'interesse della parte a non subire pregiudizi per effetto dell'azione o della resistenza dolosa o colposa del contraddittore. La c.d. responsabilità aggravata per temerarietà della lite, abbracciando in sé tutti i casi di responsabilità risarcitoria per atti o comportamenti processuali delle parti e coprendo ogni effetto pregiudiziale che da questi ne derivi, contempla tutti gli illeciti correlati alla qualità di parte del processo. Disciplinata dall'art. 96 c.p.c., la suddetta responsabilità costituisce una ipotesi peculiare sussumibile nella più ampia categoria della responsabilità aquiliana extracontrattuale di cui all'art. 2043 c.c., rispetto alla quale si atteggia con carattere di specialità in modo che "pur rientrando concettualmente nel genere della responsabilità per fatti illeciti, ricade interamente, in tutte le sue ipotesi, sotto la disciplina dell'art. 96 c.p.c." (cfr. cass, n.12029/2017; cass, n.3573/2002). Fra i presupposti onde ottenere la condanna della controparte al risarcimento del danno di cui all'art. 96 c.p.c. vi è il carattere temerario della lite ovvero la coscienza dell'infondatezza delle tesi sostenute o il difetto della normale diligenza per l'acquisizione di detta consapevolezza (cass., n.9060/2003) o l'ignoranza colpevole in ordine a detta fondatezza (cass., n.327/2010; cass., n. 13071/2003). 5.2) La lite temeraria ex art. 961 c.p.c. disciplina una fattispecie risarcitoria con funzione compensativa del danno cagionato dal c.d. illecito processuale. L'archetipo di tale illecito è sicuramente aquiliano: verte sull'impulso della parte danneggiata che deve assolvere all'onere di allegare almeno gli elementi di fatto necessari alla liquidazione, anche se equitativa, del danno cha assume patito. La temerarietà, nel bilanciamento degli interessi in gioco tra le parti contendenti, è ravvisabile tutte le volte in cui si ha non solo coscienza dell'infondatezza della lite intrapresa, ma anche quando vi è difetto della normale diligenza per l'acquisizione di detta coscienza. Il danno aquiliano, secondo questa prospettiva, è dato dal pregiudizio eziologicamente determinato (causa-effetto) dell'instaurazione del processo. In linea di principio, secondo la prevalente giurisprudenza, il presupposto per l'applicabilità della norma di cui all'art. 96 c.p.c. - nel rispetto del principio secondo cui la responsabilità processuale aggravata si sostanzia in una forma di danno punitivo teso a scoraggiare l'abuso del processo e preservare la funzionalità del sistema giustizia con la censura di iniziative giudiziarie avventate o meramente dilatorie - è la presenza, in capo al destinatario della condanna, della mala fede o della colpa grave previsti per la lite temeraria di cui al comma 1 di detta norma. In particolare, si richiede: a) un requisito oggettivo costituito dalla soccombenza (totale), con la conseguente condanna alle spese; b) un requisito soggettivo costituito dalla mala fede o colpa grave del soccombente, il verificarsi di un conseguente danno a carico del vincitore. L'ampia formulazione del comma 3 consente, inoltre, al giudice di emettere condanna anche d'ufficio della parte soccombente (e quindi a prescindere da una specifica domanda in tal senso) al pagamento, a favore della controparte, di una "somma equitativamente determinata" e quindi sganciata dalla prova del quantum del danno riportato dalla parte vittoriosa. 5.3) Quanto al regime probatorio per l'accoglimento della domanda per lite temeraria, avendo la responsabilità per lite temeraria natura extracontrattuale, la domanda di cui all'art. 961 c.p.c. richiede pur sempre la prova, incombente sulla parte istante, sia dell'an e sia del quantum debeatur, o comunque postula che, pur essendo la liquidazione effettuabile di ufficio, tali elementi siano in concreto desumibili dagli atti di causa. 5.4) Nel caso di specie, non essendo stata provata la ricorrenza della mala fede o della colpa grave nella condotta della parte convenuta e non potendo evincersi il carattere temerario della lite dalla mera opinabilità del diritto fatto valere e dalle prospettazioni giuridiche riconosciute errate da questo giudice (cass., n. 19298/2016; cass. n.3376/2016; cass. n.15030/2015), non può dirsi integrata la invocata fattispecie di responsabilità aggravata non solo di cui al comma 1, bensì anche di cui al comma 3, atteso che l'agire in giudizio per far valere una pretesa che poi si rileva infondata non è in re ipsa condotta rimproverabile per l'ordinamento giuridico (cass. n.21570/2010). 6. sulle ULTERIORI QUESTIONI. Le ulteriori domande, eccezioni e questioni proposte dalle parti devono ritenersi assorbite, anche in ossequio al c.d. "criterio della ragione più liquida", in forza del quale la pronuncia viene emessa sulla base di un'unica ragione, a carattere assorbente, che da sola è idonea a regolare la lite (cfr. per tutte: cass. UU n.26242/2014; cass. UU n. 26243/2014; cass. n. 16630/2013; cass. n. 11356/2006) 7. sulle SPESE DI GIUDIZIO Principio cardine che regola la materia relativa alle spese processuali è il criterio della soccombenza, sancito dall'art. 91 c.p.c., laddove prevede che il giudice, con la sentenza che chiude il processo davanti a lui, condanna la parte soccombente al rimborso delle spese a favore dell'altra parte e ne liquida l'ammontare insieme con gli onorari di difesa. L'individuazione del soccombente si compie in base al principio di causalità, con la conseguenza che parte obbligata a rimborsare alle altre le spese anticipate nel processo è quella che, col comportamento tenuto fuori del processo stesso, ovvero col darvi inizio o resistervi in forme e con argomenti non rispondenti al diritto, abbia dato causa al processo o al suo protrarsi (cass. n. 25111/2006). Al criterio della soccombenza può derogarsi, ai sensi dell'art. 92 c.p.c., in caso di reciproca soccombenza, ovvero, "nel caso di assoluta novità della questione trattata o mutamento della giurisprudenza rispetto alle questioni dirimenti". Con l'intervento della Corte Costituzionale (sentenza n. 77/18) è stato dichiarato incostituzionale il comma 2 dell'art. 92 nella parte in cui non prevede che il giudice possa disporre la compensazione anche laddove sussistano gravi ed eccezionali ragioni, che devono essere specificamente indicate nella motivazione. Ne consegue che le ipotesi espressamente indicate dal legislatore devono ritenersi paradigmatiche svolgendo "in sostanza una funzione parametrica ed esplicativa della clausola generale". 7.1) In ragione della soccombenza, (...) COMPANY SrL, in persona dell'Amministratore Unico pro-tempore in qualità di Trustee del (...), deve essere dichiarata tenuta e condannata a rimborsare in favore del FALLIMENTO della società (...) SrL, in persona del curatore fallimentare, le spese del presente giudizio, così come liquidate in dispositivo, in conformità del D.M. 10 marzo 2014, n. 55 come aggiornato dal D.M. n. 37 dell'8 marzo 2018, tenendo però conto del "criterio del decisum", proporzionando cioè gli onorari all'effettiva consistenza della lite (cass. SSUU n.19014/2007; cass. n. 21256/2016). All'uopo, tenuto conto della natura della controversia, caratterizzata dall'esiguo numero e limitata complessità delle questioni di fatto e di diritto trattate e dall'assenza di una fase istruttoria, i compensi vengono liquidati sulla base del D.M. n. 55 del 2014, secondo il valore medio di liquidazione previsto per le cause di valore da Euro 52.001,00 ad Euro 260.000,00 e precisamente: - fase di studio, Euro 2.430,00 - fase introduttiva, Euro 1.550,00 - fase decisionale, Euro 4.050,00 per un compenso complessivo di Euro 9.234,50, di cui Euro 8.030,00 per compenso tabellare ed Euro 1.204,50 per spese generali (15% sul compenso totale), oltre Euro 759,00 per contributo unificato, Euro 27,00 per anticipazioni forfettarie, cassa avvocati e IVA su imponibile, come per legge 8. sulle SPESE DI CTU Le spese di CTU, in ragione della soccombenza, vanno poste definitivamente a carico di (...) COMPANY SrL, in persona dell'Amministratore Unico pro-tempore in qualità di Trustee del (...) P.Q.M. Il TRIBUNALE di IMPERIA, in composizione monocratica, ogni diversa istanza, eccezione e deduzione disattesa, definitivamente pronunziando: 1) accoglie la domanda attrice e, per l'effetto condanna la società (...) COMPANY SrL, in persona dell'Amministratore Unico pro-tempore in qualità di Trustee del (...), al pagamento in favore del Fallimento della società (...) SrL, in persona del curatore fallimentare, delle sottoindicate somme di danaro ex art. 1671 c.c.: 1.1) Euro 61.782,46 oltre IVA, se dovuta, a titolo di lavori svolti e non saldati, oltre interessi compensativi da calcolarsi al tasso legale sulla somma devalutata alla data di efficacia del recesso (07.02.2012) e quindi annualmente rivalutata, e decorrenti dalla medesima data di efficacia del recesso alla data di pubblicazione della sentenza. Su tutte le somme liquidate a titolo di capitale, rivalutazione ed interessi sono dovuti ulteriori interessi al tasso legale dalla data di pubblicazione della sentenza a quella di reale soddisfo; 1.2) Euro 33.978,97 oltre IVA, se dovuta, a titolo spese tecniche e di sicurezza , oltre interessi compensativi da calcolarsi al tasso legale sulla somma devalutata alla data di efficacia del recesso (07.02.2012) e quindi annualmente rivalutata, e decorrenti dalla medesima data di efficacia del recesso alla data di pubblicazione della sentenza. Su tutte le somme liquidate a titolo di capitale, rivalutazione ed interessi sono dovuti ulteriori interessi al tasso legale dalla data di pubblicazione della sentenza a quella di reale soddisfo; 1.3) Euro 27.911,92 oltre IVA, se dovuta oltre IVA, a titolo di mancato guadagno, oltre interessi compensativi da calcolarsi al tasso legale sulla somma devalutata alla data di efficacia del recesso (07.02.2012) e quindi annualmente rivalutata, e decorrenti dalla medesima data di efficacia del recesso alla data di pubblicazione della sentenza. Su tutte le somme liquidate a titolo di capitale, rivalutazione ed interessi sono dovuti ulteriori interessi al tasso legale dalla data di pubblicazione della sentenza a quella di reale soddisfo. 2) respinge la domanda di risarcimento del danno svolta da parte attrice per lite temeraria 3) condanna (...) COMPANY SrL, in persona dell'Amministratore Unico pro-tempore in qualità di Trustee del (...), al pagamento in favore del Fallimento della società (...) SrL, in persona del curatore fallimentare, delle spese del presente giudizio che liquida in complessivi Euro 9.234,50, di cui Euro 8.030,00 per compenso tabellare ed Euro 1.204,50 per spese generali (15% sul compenso totale), oltre Euro 759,00 per contributo unificato, Euro 27,00 per anticipazioni forfettarie, cassa avvocati e IVA su imponibile, come per legge 4) pone le spese di CTU definitivamente a carico di (...) COMPANY SrL, in persona dell'Amministratore Unico pro-tempore in qualità di Trustee del (...) 5) visto l'art. 52 del D.Lgs. n. 196 del 2003, dispone che, in caso di diffusione della presente sentenza in qualsiasi forma, per finalità di informazione giuridica su riviste, supporti elettronici o mediante rete di comunicazione elettronica, sia omessa l'indicazione delle generalità e degli altri dati identificativi degli interessati Così deciso in Imperia il 13 luglio 2021. Depositata in Cancelleria il 14 luglio 2021.
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