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REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale per l' Abruzzo (Sezione Prima) ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 200 del 2019, proposto da Do. Bi., rappresentato e difeso dall’avvocato Al. Ma., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Si. Ba. in (…), (…); contro Regione Abruzzo, in persona del Presidente della Giunta Regionale in carica, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato, presso i cui uffici in L’Aquila, via Buccio di Ranallo, complesso monumentale di San Domenico, è domiciliata, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; per l’annullamento - del verbale di accertamento e stima dei danni alle colture, redatto dalla Regione Abruzzo - Dipartimento Politiche dello Sviluppo Rurale e della Pesca - Servizio Territoriale per l’Agricoltura Abruzzo Ovest - Avezzano in data 2 aprile 2019, prot. n. (…); - di ogni altro atto antecedente, preparatorio, preordinato, presupposto, conseguente e connesso; e per la condanna della Regione Abruzzo a rifondere al ricorrente l’importo di euro 160.559,00 (centosessantamilacinquecentocinquantanove/00), a titolo di risarcimento dei danni cagionati dalla fauna selvatica alle proprie colture agricole. Visti il ricorso e i relativi allegati; Visto l’atto di costituzione in giudizio della Regione Abruzzo; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell’udienza pubblica del giorno 9 luglio 2024 la dott.ssa Rosanna Perilli; Udito il difensore della parte ricorrente, come specificato nel verbale; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO e DIRITTO 1. In data 31 agosto 2018 il signor Do. Bi., titolare dell’omonima impresa agricola, ha presentato alla Regione Abruzzo, ai sensi della legge regionale 24 giugno 2003, n. 10, Individuazione di specie animali di notevole interesse faunistico e disciplina dei danni causati dalla fauna selvatica, la domanda per ottenere il ristoro dei danni cagionati dalla fauna selvatica ai vigneti della propria azienda. In data 26 settembre 2018 il tecnico inviato dalla Regione Abruzzo ha accertato una perdita di produzione, per danni cagionati da cinghiali e cervi nel corso dell’anno 2018, pari a circa 318 quintali di uva. Con nota del 2 aprile 2019, comunicata in data 4 aprile 2019, il Responsabile dell’Ufficio autorizzazioni, licenze, verifica e pagamento dei danni da fauna selvatica di Sulmona ha invitato il signor Bi. a rendere la dichiarazione sostitutiva sugli aiuti di Stato “de minimis” - liquidabili nell’importo massimo di euro 15.000,00 nell’arco di tre esercizi finanziari - e gli ha comunicato che il danno liquidabile per l’anno 2018, ai sensi del Regolamento UE n. 1408/2013, ammonta a euro 4.071,46 (quattromilasettantuno/46). Con mail del 12 aprile 2019, inviata alla Regione Abruzzo, il signor Bi. ha contestato la quantificazione del danno effettuata nella predetta nota. 1.1. Con ricorso notificato il 2 maggio 2019 e depositato il 15 maggio 2019, il signor Do. Bi. ha domandato l’annullamento del verbale di accertamento e stima dei danni alle colture, quantificati in euro 4.071,46, nonché la condanna della Regione Abruzzo a corrispondergli la maggior somma di euro 160.559,00, a titolo di risarcimento dei danni cagionati dalla fauna selvatica ai propri vigneti. A sostegno delle sue ragioni, il ricorrente ha prodotto una relazione tecnica, con la quale contesta la stima dei danni effettuata dalla Regione Abruzzo, per aver tenuto in considerazione solo il valore del prodotto perduto, pari a circa 219 quintali di uva, e non anche il valore di trasformazione del prodotto, pari a circa 29.733 bottiglie di vino, e la riduzione della produzione conseguente al mancato sviluppo vegetativo delle colture negli anni a venire. Il ricorrente ha chiesto altresì al Tribunale di disporre la prova testimoniale sulle circostanze e con i testimoni indicati nonché una consulenza tecnica per la quantificazione dei danni. 1.2. Ha resistito al ricorso la Regione Abruzzo e ha preliminarmente eccepito il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo sulla domanda risarcitoria proposta dal ricorrente. 1.3. In data 25 giugno 2024 il ricorrente ha depositato una memoria difensiva, senza prendere un’espressa posizione sull’eccezione di difetto di giurisdizione sollevata dalla Regione Abruzzo. 1.4. Alla pubblica udienza del 9 luglio 2024 la causa è stata discussa e trattenuta in decisione. 2. Il Collegio deve esaminare in via prioritaria l’eccezione di difetto di giurisdizione, sollevata dalla Regione Abruzzo nella memoria depositata in data 28 maggio 2021. 2.1. Essa deve essere disattesa. 2.2. Secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, la giurisdizione si individua in base al petitum sostanziale, ossia in base alla natura della situazione soggettiva dedotta in giudizio e alla tutela ad essa apprestata dall’ordinamento, a prescindere dalla prospettazione fornitane dalle parti (Corte di Cassazione, Sezioni Unite, sentenza 7 marzo 2018, n. 5399). Il ricorrente, pur qualificando come risarcitoria la domanda proposta ai sensi dell’articolo 30 del codice del processo amministrativo, ha chiesto, previo annullamento dell’atto conclusivo del procedimento avviato, ad istanza di parte, ai sensi dell’articolo 4, comma 2, della legge della Regione Abruzzo 24 giugno 2003, n. 10, l’integrale riconoscimento di un contributo di natura indennitaria per i danni causati alle colture agrarie e forestali dalle specie animali di notevole interesse faunistico, di cui all’allegato A), tra le quali sono ricompresi sia il cinghiale che il cervo. Tale contributo è riconosciuto in misura “pari al 100% del valore del prodotto perduto”. 2.3. Ai sensi dell’articolo 4-ter, lettere a) ed e), della citata legge regionale, è attribuito alla Giunta Regionale il potere di definire con regolamento “i criteri di riparto degli stanziamenti annuali tra province” nonché “la soglia minima di danno, i criteri e le modalità di concessione dei contributi”. Con decreto del 5 agosto 2004, n. 1, il Presidente della Giunta della Regione Abruzzo ha adottato il Regolamento di attuazione dell’articolo 4 della legge regionale 24 giugno 2003, n. 10. Il riconoscimento di detto contributo è dunque mediato dall’esercizio del potere amministrativo ed è condizionato, nell’an debeatur, alla disponibilità delle risorse stanziate nel bilancio nonché, nel quantum debeatur, al rispetto dei criteri e delle modalità individuati dall’amministrazione. 2.4. Sicché, la situazione soggettiva del richiedente il contributo si configura come interesse legittimo, la cui tutela, secondo l’ordinario criterio di riparto della giurisdizione, è attribuita al giudice amministrativo (Tribunale amministrativo regionale per l’Abruzzo, 8 novembre 2023, n. 513). 3. Nel merito, il ricorso è infondato. 3.1. Il ricorrente lamenta l’erronea quantificazione del contributo, effettuata dalla Regione Abruzzo a seguito del sopralluogo del 26 settembre 2018, e contestualmente formula la domanda risarcitoria per la corresponsione del maggior danno, quantificato nella misura di euro 160.559,00. 3.2. Come già affermato da questo Tribunale con la sentenza n. 245 del 18 maggio 2024, pronunciata tra le medesime parti sulla domanda presentata dalla parte ricorrente per ottenere il ristoro dei danni cagionati dalla fauna selvatica ai vigneti della propria azienda nell’anno 2017, “l’indennizzo che la Regione Abruzzo riconosce agli imprenditori agricoli, per concorrere a reintegrare le perdite derivanti dai danni causati alle colture dalla fauna selvatica, è parametrato esclusivamente al danno emergente, ossia alla totalità del valore del prodotto perduto. Esulano pertanto dalla quantificazione del predetto indennizzo i profili relativi al lucro cessante, quali il valore del prodotto trasformato all’esito della conclusione del ciclo produttivo e la futura riduzione della produzione per mancato sviluppo vegetativo delle colture. La Regione Abruzzo ha perciò correttamente quantificato il contributo di sostegno al reddito con riferimento all’intero valore del prodotto perduto, di cui il ricorrente non ha contestato i parametri di valutazione, espressamente individuati nella resa media unitaria delle colture, nel prezzo unitario del prodotto e nella quantità di prodotto finale andata perduta”. 4. In applicazione di tali considerazioni, il ricorso deve dunque essere respinto. 5. Le spese di lite seguono la soccombenza del ricorrente e sono liquidate, anche in ragione dell’intervento di un precedente giurisprudenziale pronunciato tra le medesime parti, nella misura indicata nel dispositivo. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per l’Abruzzo (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge. Condanna la parte ricorrente a rifondere alla Regione Abruzzo le spese di lite, che liquida in euro 1.500,00 (millecinquecento/00) oltre accessori di legge. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa. Così deciso in L’Aquila nella camera di consiglio del giorno 9 luglio 2024 con l’intervento dei magistrati: Germana Panzironi, Presidente Mario Gabriele Perpetuini, Consigliere Rosanna Perilli, Primo Referendario, Estensore
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale per l' Abruzzo Sezione Prima ha pronunciato la presente SENTENZA ex art. 60 cod. proc. amm.; sul ricorso numero di registro generale 221 del 2024, proposto da St. Ba. Sa. di Eu. Im. S.r.l. & C. S.a.s., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati En. Io. Fi., Fa. An., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; contro Comune di (omissis), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Pa. Ca., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; Ministero dell'Economia e delle Finanze, Agenzia del Demanio Abruzzo e Molise, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato de L'Aquila, domiciliataria ex lege in L'Aquila, via (...); per l'annullamento, previa sospensione dell'efficacia, - del provvedimento, ex art. 21-quinquies legge 241/90, del 21 marzo 2024 (prot. 9836 del 22 marzo 2024) del Comune di (omissis), con cui il predetto Comune ha disposto la revoca del provvedimento amministrativo di cui alla nota n. 20840 dell'8 luglio 2021, recante accoglimento del c.d. "condono demaniale" ex articolo 100 del DL n. 104 del 14 agosto 2020, poi convertito con Legge del 13 ottobre 2020, n. 126; - di tutti gli atti presupposti, conseguenti e comunque connessi. Visti il ricorso e i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di (omissis) e del Ministero dell'Economia e delle Finanze e dell'Agenzia del Demanio Abruzzo e Molise; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nella camera di consiglio del giorno 9 luglio 2024 il dott. Massimo Baraldi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO La società St. Ba. Sa. di Eu. Im. Srl & C. Sas, odierna ricorrente, è concessionaria di una zona demaniale marittima sita nel Comune di (omissis), odierno resistente, recante il n. 464/2002 e su tale concessione la predetta società gestisce uno stabilimento balneare denominato "Sa.". Lo stabilimento è classificato quale pertinenza demaniale e dunque, sin dal 2007, a seguito dell'adozione della Finanziaria (legge n. 296/2006) il canone demaniale ha registrato un aumento che ha dato luogo a diversi contenziosi con l'Ente gestore e l'Agenzia del Demanio. In data 10 settembre 2020, a seguito dell'adozione del DL n. 104 del 14 agosto 2020, poi convertito con legge n. 126 del 13 ottobre 2020 (c.d. condono demaniale), l'odierna ricorrente avanzava richiesta di definizione dei procedimenti giudiziari amministrativi pendenti alla data del 14 agosto 2020 mediante pagamento in unica soluzione di un importo pari al 30% delle somme richieste dedotte le somme eventualmente già versate a tale titolo. Il Comune di (omissis), completata l'istruttoria della relativa pratica, con provvedimento finale n. 20840 dell'8 luglio 2021 così provvedeva: "accoglie la domanda in oggetto rilevando che ai fini della definizione del contenzioso codesta ditta dovrà versare in un'unica soluzione, entro e non oltre il 30.09.2021, la somma pari ad Euro 144.732,97 (centoquarantaquattromilasettecentotrentadue/97) così come meglio dettagliata nel prospetto allegato alla presente ed utilizzando i codici di pagamento ivi indicati". In particolare, con il sopra menzionato provvedimento il Comune di (omissis) stabiliva che la misura eccezionale del c.d. condono balneare di cui all'art. 100 del DL 104/2020 andava applicata calcolando dapprima il 30% su tutte le somme dovute e, poi, deducendo dal risultato le somme già versate dal titolare della concessione. A seguito di successive interlocuzioni con l'Agenzia del Demanio, il Comune di (omissis) mutava indirizzo interpretativo ed emetteva, in data 20 febbraio 2024, comunicazione di avvio del procedimento amministrativo relativo alla revoca del precedente provvedimento di accoglimento della domanda di condono demaniale sopra menzionato, e dunque di quantificazione dei contributi dovuti da parte dell'odierna ricorrente. Il 29 febbraio 2024 a mezzo p.e.c. la ricorrente contestava detta comunicazione di avvio del procedimento, evidenziando sia l'inammissibilità della revoca quanto la carenza di presupposti. Il Comune di (omissis), con nota prot. n. 9836 del 22 marzo 2024 di cui in epigrafe, provvedeva a revocare definitivamente il proprio precedente provvedimento n. 20840 dell'8 luglio 2021 per errata interpretazione nei conteggi degli importi, riportando nuovamente il calcolo corretto degli importi ed intimando alla società odierna ricorrente il pagamento della nuova somma così determinata. Avverso tale provvedimento ha proposto il ricorso introduttivo del presente giudizio, depositato in data 14 giugno 2024, la società St. Ba. Sa. di Eu. Im. Srl & C. Sas, chiedendone l'annullamento, previa sospensione dell'efficacia, deducendo il seguente articolato motivo: - Violazione di legge: violazione e falsa applicazione dell'art. 21-quinquies l. 241/90. Eccesso di potere: difetto dei presupposti, illogicità, ingiustizia manifesta, disparità di trattamento, violazione del principio di legittimo affidamento. Violazione di legge: violazione dell'art. 100 DL n. 104/2020 conv. con legge n. 126/2020. Violazione di legge: violazione art. 3, comma 4, legge n. 241/90. Si sono costituiti in giudizio, in data 19 giugno 2024, il Ministero dell'Economia e delle Finanze e l'Agenzia del Demanio dell'Abruzzo e del Molise, depositando poi, in data 25 giugno 2024, relativa memoria con cui veniva eccepito il difetto di legittimazione passiva delle due Amministrazioni. Si è costituito in giudizio, in data 3 luglio 2024, il Comune di (omissis), eccependo in primis il difetto di giurisdizione di questo Giudice Amministrativo e, poi, chiedendo la reiezione del ricorso nel merito. All'udienza in camera di consiglio del 9 luglio 2024, previo avviso alle parti della possibile definizione del ricorso con sentenza in forma semplificata, ex artt. 60 e 73 CPA, per difetto di giurisdizione di questo Giudice Amministrativo, la causa è stata trattenuta in decisione. DIRITTO 1. - Il ricorso è inammissibile per difetto di giurisdizione dell'adito Giudice Amministrativo, sussistendo, nella presente vicenda, la giurisdizione del Giudice Ordinario. 2. - Il Collegio osserva che, nel presente caso, la società St. Ba. Sa. di Eu. Im. s.r.l. & C. Sas, odierna ricorrente, impugna un provvedimento relativo al canone di concessione demaniale, in particolare il provvedimento con cui il Comune di (omissis), odierno resistente, ha rideterminato il quantum dovuto dalla ricorrente a titolo di canone demaniale (specificamente riferendosi ai contributi di cui all'art. 100 del DL n. 104/2020), atteso che la ricorrente è concessionaria di una zona demaniale marittima sita in (omissis) recante il n. 464/2002 e su tale concessione gestisce uno stabilimento balneare denominato "Sa.". Precisato quanto sopra, il Collegio osserva che rispetto a tale impugnazione risulta fondata l'eccezione di difetto di giurisdizione svolta nelle proprie difese da parte del Comune di (omissis), secondo cui "il ricorso in esame si riflette sulla determinazione dei canoni concessori, la cui competenza appartiene senza dubbio alla giurisdizione dell'A.G.O." e ciò in quanto "in materia di concessioni amministrative di beni pubblici, l'art. 133, comma 1, lett. b), del D.lgs. n. 104 del 2010 (come il previgente art. 5 della l. n. 1034 del 1971, mod. dall'art. 7 della l. n. 205 del 2000), nell'attribuire la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo fa espressamente salve le controversie aventi ad oggetto "indennità, canoni od altri corrispettivi", che restano assoggettate al regime generale, a seconda che involgano diritti soggettivi a contenuto patrimoniale o l'esercizio di poteri discrezionali inerenti alla determinazione dei canoni od alla debenza del rimborso. Pertanto, a prescindere dalla natura del provvedimento adottato, ne consegue che le controversie sull'"an" e sul "quantum" del canone appartengono alla giurisdizione ordinaria, avendo ad oggetto diritti soggettivi a contenuto patrimoniale senza involgere la validità degli atti amministrativi che hanno condotto alla stipula della convenzione" (cfr. Cass. Civ. S.U., n. 21597/18, n. 21950/15).". Sul punto parte resistente richiama anche alcune pronunce del Giudice Amministrativo, fra cui quella del Tar Lazio che, in una vicenda analoga, ha stabilito che "l'odierna res controversa si sostanzia nell'accertamento giurisdizionale dei presupposti di cui all'art. 100 D.L. n. 104/2020 in tema di definizione agevolata dell'obbligo di pagamento dei canoni concessori demaniali, nello specifico richiesta dalla società ricorrente in relazione alla concessione demaniale marittima n. 38/2002 di cui è titolare... In siffatta ipotesi, dunque, la causa petendi/petitum sostanziale sottesi alla proposta domanda di annullamento coincide con l'accertamento di posizioni creditorie/debitorie tra le parti...Considerata, quindi, la natura paritetica delle posizioni giuridiche soggettive sottese all'accertamento dei presupposti di cui all'art. 100, commi 7 e 8, D.L. n. 104/2020 e s.m.i. in uno al carattere dovuto e vincolato della conseguente attività provvedimentale della p.a., quanto alle sorti del titolo concessorio, l'odierna controversia rientra nella giurisdizione del giudice dei diritti soggettivi, ovvero al giudice ordinario...Le superiori considerazioni trovano conferma nelle statuizioni di cui alla recente ordinanza delle Sezioni Unite n. 8475 del 15 marzo 2022. Ad avviso della Suprema Corte, infatti, quanto alla natura della controversia sulla definizione agevolata (cd. condono demaniale), "non vi è dubbio sul fatto che si tratti di una controversia concernente canoni. Essa infatti ha ad oggetto una misura straordinaria e di stretta interpretazione, che mira a definire, attraverso, il pagamento di una somma di danaro, il contenzioso legato agli inadempimenti dei concessionari del demanio marittimo. Trattandosi, dunque, di un istituto di quantificazione dei canoni, il relativo contenzioso è devoluto alla giurisdizione ordinaria". Si tratta, in buona sostanza, di un meccanismo di definizione agevolata che, interessando direttamente il quantum dovuto a titolo di canoni annuali concessori, incide sulla sfera soggettiva dell'istante in termini meramente patrimoniali, con conseguente radicamento della giurisdizione ordinaria non soltanto per le controversie ad esso inerenti ma anche per quelle allo stesso strettamente legate da un vincolo di presupposizione necessaria che non ammette margini di discrezionalità in capo alla p.a., quali la declaratoria di decadenza dal titolo concessorio per morosità .". (TAR Lazio, Roma, Sez. II-quater, sentenza n. 9616/2022). Le conclusioni esplicitate nella sopra menzionata sentenza di primo grado, del tutto condivise dal Collegio, risultano confermate anche dal Consiglio di Stato che, in una vicenda analoga, ha stabilito che "su controversia analoga alla presente, le Sezioni Unite della Cassazione non solo hanno ribadito che la giurisdizione spetta al giudice ordinario, ma hanno riaffermato il principio generale secondo cui, salvo deroghe normative espresse, nell'ordinamento processuale vige il principio generale della inderogabilità della giurisdizione per motivi di connessione e che i problemi di coordinamento posti dalla concomitante operatività della giurisdizione ordinaria e di quella amministrativa su rapporti diversi, ma interdipendenti, vanno risolti secondo le regole della sospensione del procedimento pregiudicato (Cass., Sez. Un., 15 marzo 2022, ord. n. 8475)." (Consiglio di Stato, Sez. VII, sentenza n. 10380/2023). Per quanto sopra affermato, dunque, risulta non condivisibile l'affermazione di parte ricorrente contenuta nel ricorso, secondo cui lo stesso "non è rivolto alla determinazione dei canoni concessori, la cui competenza appartiene alla Giurisdizione dell'A.G.O., bensì alla legittimità dell'annullamento di una precedente determinazione di accoglimento di una istanza di definizione anticipata di un contenzioso, adottata dallo stesso ente pubblico.", atteso che il provvedimento di revoca impugnato determina chiaramente il quantum dovuto da parte ricorrente a titolo di contributo di cui all'art. 100 del DL n. 104/2020, ossia dell'importo (ancora) dovuto per la chiusura del contenzioso relativo ai canoni non pagati, esplicitando lo stesso in una pertinente tabella che reca gli importi delle somme richieste e di quelle già effettivamente pagate da parte dell'odierna ricorrente nel periodo 2007-2020. Inoltre il Collegio osserva che il provvedimento impugnato ha un duplice contenuto in quanto dapprima revoca la precedente nota del 2021 e, poi, intima alla ricorrente il pagamento di una somma ulteriore, a conferma del fatto che il predetto provvedimento ha come oggetto la ridefinizione del quantum dovuto a titolo di canoni per concessione demaniale da parte della ricorrente e, dunque, lo stesso risulta sottoposto alla giurisdizione del G.O. 3. - Per tutto quanto sopra rappresentato, dunque, il ricorso introduttivo del presente giudizio è inammissibile per difetto di giurisdizione dell'adito Giudice Amministrativo, sussistendo nella presente vicenda la giurisdizione del Giudice Ordinario, dinanzi al quale il giudizio potrà essere riassunto nelle forme e nei termini di rito. 4. - La natura della presente decisione giustifica l'integrale compensazione tra le parti delle spese di lite. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per l'Abruzzo Sezione Prima, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile per difetto di giurisdizione dell'adito Tribunale Amministrativo Regionale e individua, quale Giudice munito di giurisdizione, il Giudice Ordinario, dinanzi al quale la causa potrà essere riproposta nei termini di legge. Spese compensate. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa. Così deciso in L'Aquila nella camera di consiglio del giorno 9 luglio 2024 con l'intervento dei magistrati: Germana Panzironi - Presidente Maria Colagrande - Consigliere Massimo Baraldi - Primo Referendario, Estensore
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale per l' Abruzzo Sezione Prima ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 532 del 2019, proposto da -OMISSIS-, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Fa. Tr., con domicilio eletto presso lo studio dell'avv. An. Fi. De Sa. in L'Aquila, via (...); contro Ufficio Territoriale del Governo L'Aquila, Ministero dell'Interno, in persona del Ministro in carica, Anac - Autorità Nazionale Anticorruzione, in persona del legale rappresentante pro tempore rappresentati e difesi dall'Avvocatura distrettuale dello Stato, domiciliataria ex lege in L'Aquila, via (...); nei confronti Consorzio Acquedottistico Marsicano - CAM -OMISSIS-, -OMISSIS-, non costituiti in giudizio; per l'annullamento: - del provvedimento (decreto) prot. -OMISSIS-, notificato in pari data, con cui il Prefetto di L'Aquila ha disposto, nei confronti della ricorrente, la misura della straordinaria e temporanea gestione, ai sensi dell'art. 32 commi 1, lett. b) e 2 D.L. 90/2014, nonché (per quanto di incidenza lesiva) della nota prot. -OMISSIS-, con cui è stata data comunicazione della avvenuta adozione del citato provvedimento; - della comunicazione di avvio del relativo procedimento; - della nota prot. -OMISSIS- (la cui adozione è stata comunicata con nota -OMISSIS- di pari data, che ugualmente si impugna), con cui il Presidente dell'ANAC ha proposto al Prefetto di L'Aquila di applicare la misura anzidetta, nonché di tutti gli atti, documenti e/o comunicazioni ivi richiamati, compresa la comunicazione di avvio del relativo procedimento prot. -OMISSIS-; - di tutti gli atti e/o provvedimenti presupposti, connessi, conseguenti e correlati a quelli sopraindicati, ancorché non conosciuti e con riserva di promuovere azione risarcitoria e/o indennitaria. Visti il ricorso e i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione in giudizio dell'Ufficio Territoriale del Governo di L'Aquila, del Ministero dell'Interno e dell'Anac - Autorità Nazionale Anticorruzione; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 9 luglio 2024 la dott.ssa Maria Colagrande; Uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO e DIRITTO La Società ricorrente, operante nel settore edile, impugna il provvedimento con il quale l'Ufficio del Governo di L'Aquila, su proposta dell'Anac, ha disposto la misura della straordinaria e temporanea gestione dell'impresa, ai sensi dell'art. 32, comma 1, lett. b) e comma 2, d.l. n. 90/2014, in seguito all'arresto del suo rappresentante legale per presunte irregolarità commesse nell'ambito di una gara d'appalto, di cui è risultata aggiudicataria, indetta dal Consorzio acquedottistico marsicano di -OMISSIS- per l'adeguamento e potenziamento dell'impianto di depurazione del Comune di -OMISSIS-. Il ricorso è affidato ai seguenti motivi: I. violazione e/o falsa applicazione di legge e, in particolare, degli artt. 1 e ss. l. 241/90; irragionevole durata del procedimento amministrativo; violazione dei canoni di buon andamento ed imparzialità dell'azione amministrativa; violazione degli artt. 3 e 97 Cost. intempestività dell'azione amministrativa; violazione del legittimo affidamento; il procedimento, conclusosi con il provvedimento impugnato dopo un anno e mezzo dalla comunicazione di avvio, sarebbe lesivo dell'affidamento della ricorrente che, decorso il termine stabilito per provvedere, aveva ragionevolmente confidato nell'archiviazione della proposta dell'Anac e aveva quindi assunto gli impegni prodromici all'esecuzione dell'appalto che aveva dato origine all'indagine dell'ANAC; II. violazione e/o falsa applicazione di legge e, in particolare, dell'art. 32 d.l. 90/2014, come convertito con l. 114/2014; eccesso di potere per intempestività dell'azione amministrativa, travisamento dei fatti, falso supposto in fatto, difetto di istruttoria e sviamento della causa tipica; violazione dei principi di leale collaborazione e buona fede; il provvedimento richiama i fatti posti a fondamento dell'ordinanza di custodia cautelare del rappresentante legale e direttore tecnico della ricorrente, revocata dopo appena due settimane e non seguita dal rinvio a giudizio, ma non indica quali ulteriori ed attuali "fatti gravi ed accertati", giustificherebbero ex art. 32 d.l. 90/2014, l'adozione, dopo due anni dalla revoca dell'ordinanza cautelare, della misura contestata, non potendosi considerare tale la mera presenza del rappresentante legale e direttore tecnico della ricorrente, ormai cessato dalle cariche, alla consegna dei lavori relativi all'appalto oggetto di gestione straordinaria; III. violazione e/o falsa applicazione di legge e, in particolare, dell'art. 32 d.l. 90/2014, come convertito con l. 114/2014; omessa valutazione dei presupposti per l'applicazione della misura di cui al comma 8 dell'art. 32 d.l. 90/2014; eccesso di potere per sproporzionalità dell'azione amministrativa, travisamento dei fatti, falso supposto in fatto, difetto di istruttoria e sviamento della causa tipica. violazione dei principi di leale collaborazione e buona fede; violazione e/o falsa applicazione delle linee guida 2015; il commissariamento dell'appalto aggiudicato alla ricorrente ex comma 1, lett. b) dell'art. 32 d.l. n. 90/2014 sarebbe una misura in concreto sproporzionata essendo prevista, per casi analoghi, la misura stabilita dal comma 8 dell'art. 32 cit. secondo il quale "Nel caso in cui le indagini di cui al comma 1 riguardino componenti di organi societari diversi da quelli di cui al medesimo comma è disposta la misura di sostegno e monitoraggio dell'impresa". Resistono le Amministrazioni intimate. All'udienza del 9 luglio 2024 il ricorso è passato in decisione. Occorre stabilire preliminarmente se al caso in decisione sia astrattamente applicabile, come sostenuto dalla ricorrente con il terzo motivo, il comma 8 dell'art. 32 del d.l. n. 90/2014 e non i commi 1 e 2 che prevedono l'impugnata misura della gestione straordinaria dell'impresa appaltatrice limitatamente al contratto oggetto di indagine in sede penale. L'articolo 32, comma 1, d.l. n. 90/2014 prevede due ipotesi alternative nelle quali il Presidente dell'ANAC può proporre misure straordinarie di gestione, sostegno e monitoraggio di imprese nell'ambito della prevenzione della corruzione: - nel caso in cui l'Autorità giudiziaria proceda per i delitti - previsti dal codice penale agli articoli 317, 318, 319 e 319 bis, 319 ter, 319 quater, 320, 322, 322 bis, 346 bis, 353 e 353 bis; - in presenza di rilevate situazioni anomale e comunque sintomatiche di condotte illecite o eventi criminali attribuibili ad un'impresa aggiudicataria di un appalto per la realizzazione di opere pubbliche, servizi o forniture, ovvero ad un concessionario di lavori pubblici o a un contraente generale. Il Presidente dell'ANAC propone al Prefetto competente, alternativamente: a) di ordinare la rinnovazione degli organi sociali mediante la sostituzione del soggetto coinvolto e, ove l'impresa non si adegui nei termini stabiliti, di provvedere alla straordinaria e temporanea gestione dell'impresa appaltatrice limitatamente alla completa esecuzione del contratto d'appalto oggetto del procedimento penale; b) di provvedere direttamente alla straordinaria e temporanea gestione dell'impresa appaltatrice limitatamente alla completa esecuzione del contratto di appalto oggetto del procedimento penale. Il successivo comma 2 dispone: "Il Prefetto, previo accertamento dei presupposti indicati al comma 1 e valutata la particolare gravità dei fatti oggetto dell'indagine, intima all'impresa di provvedere al rinnovo degli organi sociali sostituendo il soggetto coinvolto e ove l'impresa non si adegui nel termine di trenta giorni ovvero nei casi più gravi, provvede nei dieci giorni successivi con decreto alla nomina di uno o più amministratori, in numero comunque non superiore a tre, in possesso dei requisiti di professionalità e onorabilità di cui al regolamento adottato ai sensi dell'articolo 39, comma 1, del decreto legislativo 8 luglio 1999, n. 270. Il predetto decreto stabilisce la durata della misura in ragione delle esigenze funzionali alla realizzazione dell'opera pubblica oggetto del contratto". Il comma 8 stabilisce che "Nel caso in cui le indagini di cui al comma 1 riguardino componenti di organi societari diversi da quelli di cui al medesimo comma è disposta la misura di sostegno e monitoraggio dell'impresa. Il Prefetto provvede, con decreto, adottato secondo le modalità di cui al comma 2, alla nomina di uno o più esperti, in numero comunque non superiore a tre, in possesso dei requisiti di professionalità e onorabilità di cui di cui al regolamento adottato ai sensi dell'articolo 39, comma 1, del decreto legislativo 8 luglio 1999, n. 270, con il compito di svolgere funzioni di sostegno e monitoraggio dell'impresa. A tal fine, gli esperti forniscono all'impresa prescrizioni operative, elaborate secondo riconosciuti indicatori e modelli di trasparenza, riferite agli ambiti organizzativi, al sistema di controllo interno e agli organi amministrativi e di controllo". Il comma 1 non specifica quali siano gli "organi societari diversi" di cui il Prefetto può ordinare la sostituzione (o che egli stesso può sostituire mediante la nomina di amministratori) ai sensi del comma 8. L'interpretazione sistematica accolta dalla giurisprudenza ha individuato l'elemento distintivo degli "organi societari diversi" nei titolari di funzioni diverse da quelle di amministrazione in senso proprio della compagine sociale o dell'impresa. Nel caso in decisione l'indagine ha riguardato il coinvolgimento del rappresentante legale e amministratore unico della società nelle irregolarità riconducibili al comma 1 dell'art. 32 d.l. n. 90/2014 dell'affidamento dell'appalto bandito dal Consorzio acquedottistico marsicano e tanto esclude l'applicabilità del comma 8 dell'art. 32 che, come detto, si applica quando sono coinvolti nell'indagine organi societari diversi da quelli titolari di poteri di amministrazione. Non conduce conclusioni diverse il fatto, valorizzato dalla ricorrente, che l'amministratore in carica all'epoca della conclusione del contratto oggetto di indagine sia stato in seguito sostituito e pertanto non sussisterebbero le esigenze di prevenzione della corruzione che impongono di sottoporre l'impresa a gestione straordinaria. Infatti non può ragionevolmente considerarsi estraneo all'amministrazione della società l'ex amministratore in quanto sostituito dalla coniuge e dal figlio, data la stretta relazione familiare e di interessi che li accomuna, come evidenziato nel provvedimento impugnato con convincimento immune da profili di irragionevolezza, avvalorato da riscontri oggettivi, in specie la presenza "continua" e "attiva" dell'ex amministratore al momento della consegna del cantiere per l'esecuzione dell'appalto oggetto di indagine, operazione certamente di primaria importanza nella gestione dell'appalto, perché implica "l'attività propedeutica alla firma della consegna formale dei lavori (visione ed esame dei progetto esecutivo, dei cronoprogramma dei lavori, del computo metrico e della planimetria generale del progetto)" (nota prot. -OMISSIS- della Guardia di Finanza, richiamata nel provvedimento gravato). Si tratta, come affermato dalla stessa ricorrente, di attività preliminare all'accettazione dei lavori; ne consegue che l'ex amministratore durante le operazioni di consegna del cantiere ha avuto un ruolo determinante nella decisione di accettare i lavori, la cui assunzione costituisce un atto di gestione dell'impresa. Il terzo motivo deve pertanto essere respinto. Il primo motivo è infondato. Il fatto che il procedimento si sia concluso oltre il termine previsto dalla legge è irrilevante perché, non avendo esso natura perentoria, non ricorre un'ipotesi di carenza di potere in concreto, né la ricorrente può vantare alcun affidamento nell'archiviazione del procedimento, in conseguenza della mera scadenza del termine per provvedere. Ne consegue che la violazione del termine di conclusione del procedimento non incide sulla legittimità della misura adottata, ma potrebbe avere rilevanza solo ai fini del risarcimento del danno che, seppur allegato, peraltro genericamente, non è stato in alcun modo provato. Anche il secondo motivo deve essere respinto. La ricorrente sostiene che il provvedimento impugnato manchi del presupposto tipico - fatti gravi ed accertati - richiesto dall'art. 32 del d.l. n. 90/2014 in quanto il provvedimento del Prefetto e la proposta dell'ANAC muovono dagli addebiti contenuti nell'ordinanza di custodia cautelare dell'ex amministratore della ricorrente, senza considerare che la misura fu revocata appena quindici giorni dopo. La circostanza è irrilevante perché alla data dell'adozione del provvedimento impugnato il procedimento penale era ancora pendente, perché la revoca della misura cautelare era stata disposta solo a seguito della collaborazione dell'ex l'amministratore con gli inquirenti e infine perché i fatti accertati in sede di indagine non erano stati fino ad allora smentiti. Con apprezzamento dettagliatamente e rigorosamente motivato il Prefetto ha considerato detti fatti come accertati, gravi e di attuale rilevanza ai fini dell'adozione della misura impugnata, la cui ratio, eminentemente preventiva, esige una stretta e attiva vigilanza sull'esecuzione dell'appalto, per evitare che le condotte corruttive contestate agli organi sociali dell'appaltatrice possano condizionarne la gestione, in attesa della definizione del procedimento penale. L'ordinanza cautelare del GIP del tribunale di -OMISSIS- (cui fanno rinvio la proposta dell'ANAC e il provvedimento gravato) ha evidenziato un quadro fattuale "connotato da un'illegalità diffusa che coinvolge pubblici ufficiali da una parte e imprenditori privati dall'altra (i primi disposti a manipolare eventuali gare pubbliche per il proprio tornaconto personale di tipo economico, i secondi, invece, convinti di dover aggirare le regole per poter lavorare con la pubblica amministrazione) induce a ritenere che nel caso che ne occupa riguardo a tutti gli indagati [fra i quali l'ex amministratore della ricorrente], è concreto e attuale il rischio di recidiva, inteso, appunto, come inclinazione a commettere reati della stessa indole alla prima occasione utile. Il duo -OMISSIS-ha, effettivamente, siglato un vero e proprio contratto fondato sullo scambio costante e duraturo, quasi permanente, tra denaro (da commisurare in misura percentuale rispetto all'importo dei lavori affidati dalla P.A. e da versare parte in contanti e parte mediante pagamento di fatture per consulenze inesistenti) e influenze e conoscenze politico istituzionali in ambito locale proprio in vista della commissione di una serie indeterminata di fatti di corruzione dello stesso tenore di quelli analizzati partitamente nei capitoli che precedono" (pagg. 130 e ss. dell'ordinanza cautelare del GIP di -OMISSIS-). Tali riscontri emergono da una serie di intercettazioni telefoniche che evidenziano la fitta trama di rapporti criminogeni consolidatisi nel tempo tra soggetti dell'impresa e funzionari pubblici, non limitata all'aggiudicazione dell'appalto avente ad oggetto l'impianto di depurazione del Comune di -OMISSIS-, ma convergente sulle procedure di l'affidamento degli interventi manutentivi programmati dal Consorzio acquedottistico marsicano in molteplici comuni abruzzesi. Il decreto prefettizio impugnato, al contrario dell'ordinanza del GIP, persegue finalità preventive e contiene una valutazione autonoma dei riscontri probatori acquisiti in sede di indagini dai quali desume l'esistenza di "un vero e proprio sodalizio fra l'imprenditore (l'ex amministratore della ricorrente), il suo faccendiere e gli amministratori pubblici grazie al quale le funzioni pubbliche di questi ultimi sono state completamente asservite alle aspettative di -OMISSIS-", pervenendo a ritenere, con apprezzamento logicamente conseguente, che non "possa essere messa in discussione la circostanza che i fatti reato accertati in sede di indagine sono stati con chiarezza preordinati a turbare una procedura pubblica di gara onde consentire l'aggiudicazione del conseguente contratto di appalto alla Società "-OMISSIS- di -OMISSIS- & C". Emerge, pertanto, un quadro di "fatti accertati" connotati dal requisito della "gravità " di cui all'art. 32, comma 2, del d.l. n. 90/2014 che giustifica l'adozione della misura impugnata proprio al fine eminentemente precauzionale di sottrarre l'esecuzione dell'appalto ad interferenze illecite il cui verificarsi è ritenuto un evento possibile, stante la pericolosità sociale... concreta e persistente (pag. -OMISSIS- dell'ordinanza cautelare del GIP di -OMISSIS-) dell'ex amministratore della ricorrente, ancora coinvolto in atti di gestione dell'impresa. Il ricorso pertanto deve essere respinto. Le spese seguono la soccombenza. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per l'Abruzzo Sezione Prima, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali, in favore del Ministero dell'Interno e dell'ANAC, che liquida in Euro 1.500,00 ciascuno, oltre accessori di legge. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dell'articolo 10 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare le persone menzionate nel testo della sentenza. Così deciso in L'Aquila nella camera di consiglio del giorno 9 luglio 2024 con l'intervento dei magistrati: Germana Panzironi - Presidente Maria Colagrande - Consigliere, Estensore Massimo Baraldi - Primo Referendario
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale per l' Abruzzo Sezione Prima ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 84 del 2024, integrato da motivi aggiunti, proposto da Vi. Ge., rappresentato e difeso dagli avvocati Il. Co., Va. Pe., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; contro Università degli Studi L'Aquila, Ministero dell'Università e della Ricerca, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura distrettuale dello Stato, domiciliataria ex lege in L'Aquila, via (...); nei confronti Da. Si., rappresentato e difeso dagli avvocati Pa. Cl., Pi. Pa. No. e Ga. Pe., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; St. De Gr., non costituito in giudizio; per l'annullamento, per quanto riguarda il ricorso introduttivo: • del verbale 20 luglio 2023 n. 1 - "verbale preliminare"; • del verbale 27 luglio 2023 n. 2; • del verbale 31 ottobre 2023 n. 3; • del verbale 28 novembre 2023 n. 4; • del verbale 28 novembre 2023 n. 5; • del D.R. Rep. n. 1577 - 2023 - n. 21.12.2023 Prot. n. 134140 di approvazione degli atti della procedura concorsuale suddetta; • della D.R. n. 252 - 2023 del 15.03.2023 Prot. n. 33863, pubblicato in G.U. n. 24 del 28/03/2023 con il quale è stata indetta la procedura selettiva per la copertura mediante chiamata di n. 1 posto di Professoressa/Professore di seconda fascia presso l''Università degli Studi dell''Aquila per il Settore Concorsuale 08C1, Settore Scientifico Disciplinare ICAR/11, ai sensi dell''art. 18, comma 1 della Legge 30.12.2010 n. 240 (D.R. n. 252 - 2023 del 15.03.2023 Prot. n. 33863, pubblicato in G.U. n. 24 del 28/03/2023) - di seguito anche solamente 'bandò '; • del regolamento per la chiamata dei professori di I e II fascia adottato dall''Università dell''Aquila (Emanato con D.R. n. 616/2012 del 5/04/2012 e da ultimo modificato con D.R. n. 932/2022 del 06/07/2022; • di tutti gli atti presupposti, connessi e/o consequenziali, ancorché non conosciuti; per quanto riguarda i motivi aggiunti presentati il 20/3/2024: • della delib. 16 gennaio 2024 n. 12, prot. n. 3391/2024 con cui è stata adottata la proposta di chiamata nel ruolo di professore di II fascia del dott. Da. Si., con presa di servizio a partire dal 1 aprile 2024; • della delib. 23 gennaio 2024 n. 8 con cui il Consiglio di Amministrazione ha approvato la chiamata del dott. Da. Si. a far data dal 2 aprile 2024; • del DR 20 febbraio 2024 nl 168 con cui è stato adottato il provvedimento di nomina del controinteressato Da. Si.; • di tutti gli atti già impugnati nel ricorso introduttivo e di quelli ulteriori comunque presupposti, connessi e/o consequenziali, ancorché non conosciuti. Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione in giudizio di Da. Si., di Università degli Studi di L'Aquila e del Ministero dell'Università e della Ricerca; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 9 luglio 2024 la dott.ssa Maria Colagrande; Uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO Il ricorrente ha partecipato al concorso per la copertura di n. 1 posto di professore di seconda fascia, presso l'Università degli Studi dell'Aquila per il Settore Concorsuale 08/C1 - Settore Scientifico Disciplinare ICAR/11 e si è classificato secondo in graduatoria all'esito della valutazione comparativa dei tre candidati aderenti al bando. Con il ricorso in decisione impugna gli atti della procedura e la designazione del controinteressato come vincitore per i seguenti motivi: 1) violazione e falsa applicazione della l. 240/2010, in particolare artt. 18 e 24, D.M. 4 agosto 2011 n. 344; violazione del d.P.R. 95/2016, art. 8; violazione della l. 241/1990, artt. 1 e 3, artt. 3 e 97 Cost.; violazione del regolamento dell'università dell'Aquila per la chiamata dei professori di I e II fascia (Emanato con D.R. n. 616/2012 del 5/04/2012 e da ultimo modificato con D.R. n. 932/2022 del 06/07/2022) e del bando di gara; violazione della Carta Europea dei Ricercatori ed in particolare sez. 1, "sistemi di valutazione" e sez. 2, valutazione del merito nell'ambito del procedimento di assunzione; eccesso di potere per sviamento, errati e falsi presupposti di fatto e di diritto; insufficienza, perplessità e contraddittorietà della motivazione; assenza, insufficienza e contraddittorietà dell'istruttoria; violazione del principio di correttezza, imparzialità e non discriminazione; violazione del principio di legittimo affidamento; la commissione di concorso ha definito, nella seduta preliminare e prima di aver conoscenza della provenienza e del contenuto delle domande, quattro criteri di valutazione (produzione scientifica; curriculum e titoli; ulteriori titoli; attività didattica), ciascuno articolato in specifici sub-criteri, ma in sede di valutazione, quando erano ormai noti i candidati e i curricula, li avrebbe illegittimamente modificati, o parzialmente accorpati o non applicati; 2) violazione e falsa applicazione della l. 240/2010, in particolare artt. 18 e 24, D.M. 4 agosto 2011 n. 344.; violazione del d.P.R. 95/2016, art. 8; violazione della l. 241/1990, artt. 1 e 3, artt. 3 e 97 Cost.; violazione del regolamento dell'università dell'Aquila per la chiamata dei professori di I e II fascia (Emanato con D.R. n. 616/2012 del 5/04/2012 e da ultimo modificato con D.R. n. 932/2022 del 06/07/2022) e del bando di gara; violazione della Carta Europea dei Ricercatori ed in particolare sez. 1, "sistemi di valutazione" e sez. 2, valutazione del merito nell'ambito del procedimento di assunzione; eccesso di potere per sviamento, errati e falsi presupposti di fatto e di diritto; insufficienza, perplessità e contraddittorietà della motivazione; assenza, insufficienza e contraddittorietà dell'istruttoria; violazione del principio di legittimo affidamento; violazione del principio di correttezza, imparzialità e non discriminazione; la commissione avrebbe violato i parametri di valutazione e fatto un uso distorto della funzione discrezionale perché : - avrebbe omesso di attribuire un "peso" ad ognuno dei criteri e sub criteri di valutazione pervenendo ad assegnare ex post solamente un giudizio di valore che varia da ottimo, molto buono, buono e discreto, inidoneo ad esprimere un'adeguata motivazione; - con riferimento al "criterio I - valutazione della produzione scientifica", il miglior giudizio assegnato al controinteressato sarebbe smentito dalla netta superiorità della produzione scientifica del ricorrente per intensità, numero di citazioni e premi conseguiti, che la Commissione non avrebbe colto perché avrebbe applicato in modo parziale i sub criteri, avrebbe valorizzato immotivatamente le pubblicazioni su riviste comprese nell'elenco in classe A Anvur o le monografie rispetto alle altre pubblicazioni e infine avrebbe mancato di applicare i seguenti sub criteri: a) "diffusione (delle pubblicazioni) all'interno della comunità scientifica"; b) "continuità temporale della produzione scientifica, anche in relazione all'evoluzione delle conoscenze di settore"; c) ripartizione percentuale in parti uguali del contributo del candidato coautore di lavori collegiali che non abbia dichiarato il suo apporto; la commissione ha considerato "non riconoscibile" il contributo del ricorrente in opere collettive in quanto prive della indicazione del relativo apporto, omettendo di esperire il soccorso istruttorio o di fare ricorso a criteri condivisi dalla giurisprudenza (coerenza delle tematiche scientifiche, il numero di coautori, ordine di citazione degli autori) o di applicare, come stabilito, il criterio suppletivo della ripartizione percentuale in parti uguali del contributo in relazione al numero degli autori, mentre sono state dichiarate "riconoscibili" e quindi giudicate migliori le pubblicazioni collettive in cui compare il nome del vincitore, benché siano esse stesse prive della dichiarazione del relativo contributo; - con riferimento al "criterio IV -valutazione dell'attività didattica" la commissione avrebbe omesso di applicare i quattro sub criteri individuati in sede di definizione del criterio generale, pervenendo a formulare un giudizio identico ("molto buono") per il ricorrente e il vincitore, ma del tutto generico, immotivato e irragionevole a fronte della superiorità dei titoli presentati dal ricorrente, tanto più che la commissione avrebbe illegittimamente qualificato e valutato come "attività didattica" la diversa attività di "assistenza alla didattica" dichiarata dal vincitore; - anche per il "criterio II- valutazione del curriculum e dei titoli del candidato", la commissione non avrebbe applicato i sub criteri a), b) e d) alla luce dei quali il ricorrente avrebbe ottenuto una valutazione migliore del vincitore; - quanto al "criterio III- valutazione di ulteriori titoli" la commissione avrebbe agito in sviamento di potere: a ) valorizzando la dichiarazione del vincitore di aver ricoperto il ruolo di "principal investigator", sebbene il titolo allegato altro non sia che il conseguimento di un finanziamento per un progetto che non coinvolge un gruppo di ricerca; ß ) sostituendo al sub criterio "partecipazione a progetti impiantistici, architettonici, di risanamento e restauro, urbanistici e territoriali di grande rilevanza anche nazionale conferenti con il settore disciplinare di cui al bando, con particolare riferimento agli aspetti della sostenibilità edilizia ed ambientale", il diverso criterio: "partecipazione allo sviluppo di progetti complessi in ambito professionale", peraltro applicato erroneamente con l'effetto di favorire il controinteressato. Con atto di motivi aggiunti il ricorrente ha impugnato, per illegittimità derivata, gli atti con i quali l'Università ha disposto la chiamata in ruolo del controinteressato. Resistono l'Università e il controinteressato vincitore del concorso, il quale che ha eccepito preliminarmente l'inammissibilità del secondo motivo di ricorso: - nella parte in cui lamenta la mancata attribuzione di punteggi ai sub criteri, sostenendo che è sufficiente che essi siano idonei ad oggettivizzare l'ampiezza della discrezionalità valutativa tipica e che la commissione abbia motivato in forma discorsiva il suo giudizio; - per omessa allegazione della prova di resistenza dalla quale evincersi che l'accoglimento del ricorso consentirebbe al ricorrente di risultare vincitore; - perché le avverse censure solleciterebbero un inammissibile sindacato nel merito delle valutazioni discrezionali rese dalla Commissione; - per omessa impugnazione della valutazione comparativa resa dalla commissione giudicatrice nella relazione finale; - nella parte in cui il ricorrente si limita a contestare come erronea la valutazione delle pubblicazioni dei candidati con riguardo esclusivamente alla classe di appartenenza della rivista, senza però fornire alcun elemento concreto a sostegno di tale doglianza. All'udienza pubblica del 9 luglio 2024 il ricorso e i motivi aggiunti sono passati in decisione. DIRITTO 1. Viene in decisione l'impugnativa degli atti di una procedura concorsuale per la selezione di un professore di seconda fascia presso l'Università degli Studi di L'Aquila per il SSD ICAR/11, alla quale il ricorrente ha partecipato risultando secondo in graduatoria. 1.1. Preliminarmente devono essere esaminate le eccezioni di inammissibilità del secondo motivo di ricorso sollevate dal controinteressato, vincitore della selezione. La prima eccezione, che ritiene inammissibile la censura di omessa determinazione del valore da attribuire a ogni criterio di valutazione, non pone una questione pregiudiziale sui requisiti di ammissibilità della domanda (presupposti del processo e condizioni dell'azione), ma contesta la legittimità dell'azione amministrativa introducendo una questione che riguarda il merito della controversia. Quanto all'omessa allegazione della prova di resistenza, è noto che chi impugna gli esiti di una procedura concorsuale per vizi dell'attività discrezionale di valutazione, non deve provare che sarebbe risultato vincitore se il potere fosse stato correttamente esercitato; una tale dimostrazione infatti presuppone la prevedibilità secondo parametri vincolanti dell'esito dell'attività di valutazione, che invece, ove siano prospettati, come in specie, e risultino fondati vizi della funzione discrezionale, non consente di formulare una prognosi ex ante di tale esito, dovendo in merito nuovamente pronunciarsi l'amministrazione in conformità con il giudicato. Pertanto, ai fini della dimostrazione dell'interesse al ricorso, è sufficiente che dagli atti della selezione non risultino (né sono indicati dal controinteressato a sostegno dell'eccezione) elementi tali da escludere che il ricorrente sarebbe potuto risultare vincitore se la commissione avesse reso una valutazione del suo curriculum e di quello del controinteressato esente dai vizi denunciati. Parimenti infondata è l'eccezione di inammissibilità del secondo motivo perché solleciterebbe un sindacato sul merito dell'azione amministrativa. Le censure esposte nel motivo mirano a dimostrare che il giudizio "ottimo" attribuito al vincitore non è compatibile con i criteri di valutazione che il ricorrente considera applicati solo in parte. Entro tali limiti è certamente ammesso il sindacato giurisdizionale sotto il profilo dell'eccesso di potere, poiché i criteri di valutazione sono altrettanti parametri di legittimità del giudizio comparativo. Infondata è anche l'eccezione di inammissibilità per omessa impugnazione della valutazione comparativa resa dalla Commissione nella relazione finale; la relazione infatti è un atto endoprocedimentale il cui esito è confluito con effetti costitutivi nel decreto rettorale - ritualmente impugnato - che ha approvato gli atti della procedura e ha dichiarato il controinteressato idoneo alla chiamata e vincitore della selezione. Attiene infine al merito e non all'ammissibilità del motivo anche l'ultima eccezione che ritiene indimostrato l'asserito errore di valutazione delle pubblicazioni dei candidati con riguardo esclusivamente alla classe di appartenenza della rivista; la censura infatti lamenta un vizio della funzione valutativa che presuppone un accertamento sulla fondatezza, non già sull'ammissibilità del motivo. 1.2.1. Venendo all'esame del primo motivo di ricorso, risulta dalla lettura dei verbali che la commissione di concorso si è riunita il 20.7.2023 in seduta preliminare e ha stabilito i criteri valutazione, attenendosi ai criteri generali previsti dal d.m. n. 344/2011. Dopo la pubblicazione del verbale preliminare i membri della commissione hanno avuto accesso alle domande presentate dai candidati attraverso il portale PICA dal Settore Concorsi e Selezioni dell'Università degli Studi dell'Aquila, come si desume dal verbale del 27.7.2023. Nella riunione del 28.11.2023 la commissione ha quindi valutato i titoli e il curriculum dei candidati e con giudizio collegiale "ottimo" ha selezionato come vincitore, fra i tre aspiranti, il controinteressato Da. Si.. Il giudizio collegiale sull'attività didattica (VI criterio di valutazione) dei tre in candidati reca null'altro che la stessa formula standard - "svolta con continuità nell'ambito del settore in corsi universitari curriculari e non curriculari" - che si differenzia per il vincitore per la chiosa finale " soprattutto a livello dottorale ". È dunque dimostrato che la commissione non ha accertato i requisiti espressi nei seguenti, specifici sub criteri stabiliti nel corso della riunione preliminare, i quali sono rimasti, pertanto, del tutto inapplicati: a) numero dei moduli/corsi tenuti e continuità degli stessi; b) esiti della valutazione da parte degli studenti, ove disponibili, con gli strumenti predisposti dall'Ateneo, dei moduli/corsi tenuti; c) partecipazione alle commissioni istituite per gli esami di profitto; d) quantità e qualità dell'attività di tipo seminariale, di quella mirata alle esercitazioni e al tutoraggio degli studenti, ivi inclusa quella relativa alla predisposizione delle tesi di laurea, di laurea magistrale e delle tesi di dottorato. Analoghe considerazioni valgono per i seguenti sub-criteri: - "continuità temporale della produzione scientifica anche in relazione all'evoluzione delle conoscenze di settore" e "diffusione (delle pubblicazioni) all'interno della comunità scientifica ", che non vengono affatto menzionati nella " valutazione della produzione scientifica " (I criterio di valutazione) del vincitore il quale, ciononostante, ha ottenuto il giudizio "ottimo", giudizio che avrebbe richiesto l'accertamento del più alto livello qualitativo delle pubblicazioni per tutti i sub criteri stabiliti dalla commissione; - " conseguimento della titolarità di brevetti " e " organizzazione di congressi e workshop scientifici inerenti il settore disciplinare di cui al bando ", titoli che non figurano fra quelli allegati dal vincitore ai fini della " valutazione del curriculum e dei titoli " (II criterio di valutazione) il quale, ciononostante, ha ottenuto il giudizio "ottimo" che, anche in questo caso, avrebbe richiesto l'accertamento del più alto livello qualitativo delle pubblicazioni per tutti i sub criteri stabiliti dalla commissione. Ciò premesso, l'omessa integrale applicazione dei sub criteri stabiliti nella seduta del 20.7.2023 contrasta con il principio inderogabile, emergente in numerose disposizioni (art. 12 d.P.R. 9 maggio 1994, n. 487, art. 12 della l. 241/1990, art. 4 d.P.R. n. 117/ 2000, art. 35 d.lgs. n. 165/2001), che esige la definizione dei criteri di valutazione prima che siano noti i candidati a una selezione pubblica e la loro rigorosa e completa applicazione ai fini della formulazione del giudizio quanto più possibile imparziale ed oggettivo. Nel caso in decisione, invece, il giudizio collegiale attributo ai candidati è stato reso senza considerare elementi ritenuti dalla commissione significativi dell'idoneità alla nomina di professore di seconda fascia (le esperienze didattiche maturate in diversi e specifici contesti, la continuità temporale e la diffusione delle pubblicazioni, la titolarità di brevetti o l'organizzazione di congressi scientifici...). La commissione infatti ha applicato, solo una parte dei sub criteri originari e ciò equivale ad aver sostituito, quando erano ormai noti i nomi e i curricula dei candidati, altre regole di giudizio a quelle predefinite alle quali si era vincolata; tanto giustifica la presunzione assoluta di violazione dell'imparzialità della valutazione (Consiglio di Stato, sez. VI, 08/10/2021, n. 6726; Consiglio di Stato, sez. III 22/12/2020, n. 8209). 1.2.2. Venendo all'esame del secondo motivo, il collegio ritiene fondata la censura di carenza di motivazione. Occorre premettere che la giurisprudenza è ormai concorde nel ritenere adeguata la valutazione di prove concorsuali o di titoli espressa in forma numerica o con un aggettivo qualificativo se ciascun voto o aggettivo o giudizio sintetico viene motivato mediante la descrizione, per ciascun criterio, dell'accertato livello della prova o del titolo da valutare; è cioè richiesta, per ciascun criterio di valutazione, la graduazione del giudizio: - o mediante attribuzione del voto (o del giudizio sintetico, " ottimo, buono, molto buono, discreto ...") e rinvio a una griglia articolata in criteri e indicatori che spieghi a quale livello corrispondano il voto o il giudizio sintetico, - o mediante l'espressione ex post di un giudizio che chiarisca, per ciascun criterio, le ragioni del voto o del giudizio sintetico attribuito. Si è condivisibilmente affermato in proposito che "L'utilizzo del solo punteggio numerico ai fini della valutazione delle prove concorsuali può essere sì sufficiente, ma nel solo caso in cui risultino definiti criteri di massima, anche a livello generale, e precisi parametri di riferimento cui raccordare il punteggio assegnato (inter multis, Cons. Stato, sez. IV, 1.08.2018 n. 4745; Cons. Stato, sez. IV, 8.01.2018 n. 76; Cons. Stato, sez. IV, 5.12.2016 n. 5099; Cons. Stato, sez. V, 30.11.2015 n. 5407; Cons. Stato, sez. VI, 11.12.2015 n. 5639)". (Cons. Stato, sez. V, 24.09.2019 n. 6358). La Sezione recentemente ha così ribadito tali principi: "Dalla lettura della griglia di valutazione è agevole notare come manchi la preordinazione dei parametri di giudizio attraverso una descrizione esauriente di cosa debba intendersi per valutazione "eccellente", "più che ottima", "ottima", "buona", "discreta", "più che sufficiente", "sufficiente" e "scarsa", considerato che a tale giudizio sintetico è stato agganciato il punteggio numerico. La Commissione avrebbe dovuto rendere espliciti i criteri di valutazione attraverso la predisposizione di griglie complete di descrittori qualitativi e indicatori quantitativi in relazione a ciascun elemento oggetto di verifica, specificando per ogni descrittore gli indicatori (ovvero giudizi sintetici esplicativi del grado corrispondente della prova al descrittore) parametrati sui voti sintetici...... Coerentemente si è affermato che la commissione giudicatrice, nel caso in cui si sia limitata a stabilire ex ante i soli elementi oggettivi (descrittori) sui quali formulare un giudizio, è tenuta a spiegare a valle, con una motivazione cosiddetta "discorsiva" perché, in concreto, è stato attribuito un certo voto numerico e non un altro a una determinata prova (Cons. Stato, sez. III, 29.10.2020 n. 6618; Cons. Stato, sez. IV, 20.04.2016 n. 1556; T.A.R. Trento, sez. I, 20.05.2016 n. 219; T.A.R. Roma, sez. II, 02.08.2022 n. 10886; T.A.R. Pescara 12.07.2023 n. 266)..... Non deve trarre in inganno, poi, il fatto che alle singole votazioni numeriche è stato affiancato un aggettivo qualificativo (eccellente, più che ottimo, ottimo, più che buono, buono, discreto, più che sufficiente, sufficiente, non sufficiente). Dette espressioni, infatti, equivalgono ai voti e non sono certo idonee a colmare la mancanza degli indicatori della valutazione..... La mancata preordinazione di una adeguata griglia di valutazione con specifica individuazione degli indicatori avrebbe richiesto, quindi, la formulazione di un giudizio che avrebbe dovuto spiegare ex post perché la prova orale della ricorrente è risultata in concreto insufficiente" (TAR Abruzzo - L'Aquila n. 124/2024). Nel caso in decisione i criteri di valutazione (" attività didattica ", " produzione scientifica ", "curriculum e titoli " e " ulteriori titoli ") descrivono gli elementi oggettivi da valutare, ma non sono corredati da indicatori che consentano di comprendere a che cosa corrispondano, per ciascuno di detti criteri, i giudizi " ottimo ", " molto buono ", " buono " e " discreto " attribuiti ai titoli dei candidati, né ciò può evincersi, in via suppletiva, dal giudizio collegiale a ciascuno attribuito perché la commissione si è limitata a descrivere le attività e i titoli presentati dai candidati, afferenti a ciascuno del predetti criteri, e ha espresso detti giudizi tacendo del tutto sulle ragioni che dovrebbero giustificarli. La valutazione è fondatamente cesurata anche con riferimento a specifiche violazioni dei criteri in concreto applicati. Infatti per il I criterio (produzione scientifica) la commissione ha stabilito, quale specifico sub criterio di valutazione, la " determinazione analitica, anche sulla base di criteri riconosciuti nella comunità scientifica internazionale di riferimento, dell'apporto individuale della/del/dei candidata/o/i nel caso di partecipazione della/del/dei medesima/o/i a lavori in collaborazione" specificando ulteriormente che "per i lavori in collaborazione la determinazione analitica dell'apporto individuale... sarà effettuata sulla base... della dichiarazione di proprietà intellettuale dei singoli contributi dei candidati a lavori collettanei; laddove non espressamente dichiarato, il valore del contributo verrà ripartito percentualmente in parti uguali ". Per le pubblicazioni collettive presentate dal ricorrente, non avendo egli dichiarato in quale misura vi avesse contribuito, la commissione ha considerato il suo apporto " non riconoscibile ", con conseguente assegnazione del giudizio "C", mentre la commissione ha considerato "riconoscibile " l'apporto del vincitore per tre delle pubblicazioni collettive presentate, con conseguente assegnazione del miglior giudizio "B", benché non siano state oggetto di espressa dichiarazione. Dette circostanze di fatto devono ritenersi provate perché non sono contestate ex adverso e di conseguenza deve essere accolta la censura che lamenta disparità di trattamento fra i candidati. Parimenti è fondata la critica di falsa applicazione del menzionato sub criterio. La commissione infatti ha considerato "non riconoscibile" l'apporto individuale non dichiarato dal ricorrente per i lavori collettivi, senza procedere, come imposto dal sub criterio, né all'applicazione " di criteri riconosciuti nella comunità scientifica internazionale di riferimento " (richiamati a tal fine nel verbale del 20.7.2023), fra i quali figurano la coerenza delle tematiche scientifiche e il numero e ordine dei coautori (Consiglio di Stato, Sez. VI, 10.9.2020 n. 5424), né alla ripartizione dell'apporto in misura percentualmente uguale in relazione al numero degli autori, come stabilito nel predetto verbale, cui avrebbe dovuto far seguito la diversificazione della valutazione delle pubblicazioni, dovendo imputarsi, per le pubblicazioni a doppia firma (il ricorrente ne ha presentate due), un apporto individuale pari al 50%, meritevole di una valutazione diversa e presumibilmente migliore di quelle con più di due autori. Di tale differenziazione la commissione non ha invece tenuto conto, avendo invece considerato " non riconoscibile " il contributo individuale del ricorrente nelle pubblicazioni collettive presentate e affermando senza alcuna specificazione che esse " sono valutabili solo percentualmente ". Non è inoltre contestato e deve quindi ritersi provato, che la commissione abbia valutato l'attività di " assistenza alla didattica " dichiarata dal vincitore in applicazione del IV criterio " valutazione dell'attività didattica ". Deve presumersi invece che l'" assistenza didattica " sia un'esperienza diversa dall'" attività didattica ", tanto che lo stesso vincitore le distingue nell'elenco allegato alla domanda di partecipazione. Sono quindi fondate le critiche di eccesso di potere mosse all'operato della commissione che ha considerato l'" assistenza alla didattica " equivalente all'" attività didattica ", senza spiegarne le ragioni. Analogamente sono da accogliere le censure di eccesso di potere sulla valutazione del ruolo di " principal investigator " dichiarato dal vincitore. Preliminarmente deve considerarsi provato, perché incontestato, il fatto che la commissione abbia considerato e valutato, come " funzioni di coordinatore e di responsabile di ricerca ", il titolo " principal investigator " (così indicato a pag. 1 del curriculum del vincitore) o di " responsabile scientifico " (così indicato a pag. 3 del curriculum del vincitore) del Progetto di Ateneo " Un Modello di Simulazione per il Riuso del Patrimonio Storico-Architettonico presso Sapienza Università di Roma (Progetto di Avvio alla Ricerca) ", allegato da Da. Si.. Parimenti non è contestato che il vincitore abbia condotto il progetto individualmente. Come sostenuto dal ricorrente, invece, il ruolo di " principal investigator " o " responsabile scientifico " presuppone l'esistenza di un gruppo di ricerca coordinato dal titolare di detto ruolo. Ciò si ricava dalla definizione di " unità operativa " di ricerca data dal d.m. MIUR del 24.7.2019 come " l'insieme delle persone fisiche costituenti un gruppo di ricerca guidato da un responsabile scientifico locale, con sede operativa presso una università o istituzione universitaria italiana, statale o non statale, o presso un ente pubblico di ricerca vigilato dal MIUR ". Ne consegue che il progetto di ricerca presentato dal vincitore, siccome non affidato a un "gruppo di ricerca", non avrebbe potuto essere valutato come occasione di esercizio di attività di " responsabile scientifico di progetto " o di " principal investigator ". 2. In accoglimento delle specifiche censure sopra esaminate, assorbite le altre, devono essere annullati gli atti e provvedimenti successivi alla definizione dei criteri di valutazione di cui al verbale della seduta preliminare del 20.7.2023, con conseguente ordine all'Amministrazione resistente di procedere, previa nomina di una nuova commissione, alla ripetizione della valutazione dei titoli prodotti dai candidati, in applicazione integrale dei criteri di valutazione indicati nel citato verbale del 20.7.2023. La valutazione dovrà concludersi, in assenza di predisposizione degli indicatori di valutazione, con la formulazione di un giudizio esplicativo contenente le specifiche motivazioni del valore che sarà attribuito ai titoli presentati dai candidati in relazione al profilo di professore di seconda fascia. 3. Le spese seguono la soccombenza nei confronti dell'Università, mentre possono essere compensate nei confronti del controinteressato e dei Ministeri resistenti, in quanto non coinvolti nell'attività di valutazione P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per l'Abruzzo Sezione Prima, definitivamente pronunciando sul ricorsoe sui motivi aggiunti, come in epigrafe proposti, li accoglie e per l'effetto annulla gli atti impugnati nei termini indicati in motivazione. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate, in favore del ricorrente, in Euro 2.000,00, oltre accessori di legge, con onere a carico dell'Università degli Studi di L'Aquila. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in L'Aquila nella camera di consiglio del giorno 9 luglio 2024 con l'intervento dei magistrati: Germana Panzironi - Presidente Maria Colagrande - Consigliere, Estensore Massimo Baraldi - Primo Referendario
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale per l' Abruzzo Sezione Prima ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 422 del 2021, proposto da Ho. Al. Ad. s.r.l. e Im. Ca. St. s.r.l., in persona dei rispettivi legali rappresentanti in carica, rappresentate e difese dall'avvocato Stefania Pastore, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in L'Aquila, via (...); contro Comune di (omissis), in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dall'avvocato Ga. Ra., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; nei confronti Provincia di Teramo, in persona del Presidente in carica, non costituita in giudizio; per l'annullamento - della deliberazione del Consiglio Comunale di (omissis) n. 34 del 29 giugno 2021, pubblicata sul Bollettino Ufficiale della Regione Abruzzo n. 35 del 15 settembre 2021, avente ad oggetto "Approvazione ai sensi dell'articolo 11 della l.r. 12 aprile 1983, n. 18 e s.m.i., variante alle norme tecniche di attuazione del vigente P.R.G."; - della deliberazione del Consiglio Comunale di (omissis) n. 75 del 21 dicembre 2019, pubblicata sul Bollettino Ufficiale della Regione Abruzzo n. 19 del 13 maggio 2020, avente ad oggetto "Adozione ai sensi dell'art. 10 della l.r. 12 aprile 1983, n. 18, variante alle norme tecniche di attuazione del vigente P.R.G."; - della deliberazione del Consiglio Comunale di (omissis) n. 6 del 12 febbraio 2021, avente ad oggetto "Delibera ai sensi del c. 5, art. 10, della l.r. n. 18/83 e s.m.i., sulle osservazioni dei cittadini pervenute nel periodo di deposito della variante alle norme tecniche di attuazione vigente P.R.G."; e per la condanna del Comune di (omissis) al risarcimento dei danni subiti per effetto dell'illecita condotta dallo stesso tenuta, ai sensi dell'articolo 2043 del codice civile e degli articoli 30 e 133 del codice del processo amministrativo. Visti il ricorso e i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di (omissis); Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 9 luglio 2024 la dott.ssa Rosanna Perilli; Uditi per le parti i difensori, come specificato nel verbale; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO e DIRITTO 1. La Im. Ca. St. s.r.l. è proprietaria di alcuni terreni ubicati nel Comune di (omissis), ricompresi nella zona C1 (Intervento di Nuovo Impianto Urbano) del vigente Piano Regolatore Generale (PRG); la Ho. Al. Ad. s.r.l. è proprietaria di un terreno ubicato nel Comune di (omissis), ricompreso nella zona A (Struttura Urbana Adeguamento e Ristrutturazione) del vigente PRG. Con deliberazione del Consiglio Comunale n. 10 del 25 marzo 2013 il Comune di (omissis) ha recepito la possibilità di avvalersi delle misure premiali per la riqualificazione urbana previste dagli articoli 3 e 4 della legge regionale 15 ottobre 2012, n. 49, di attuazione dell'articolo 5, comma 9, del decreto legge 13 marzo 2011, n. 70, convertito con modificazioni nella legge 12 luglio 2011, n. 106, anche con riferimento alla delocalizzazione delle volumetrie in area o in aree diverse, nel rispetto del vigente PRG. La Im. Ca. St. s.r.l. e la Ho. Al. Ad. s.r.l. hanno acquistato, con atti di compravendita rispettivamente trascritti in data 19 giugno 2019 e 28 ottobre 2019, i diritti edificatori di alcuni terreni ricompresi nella zona A (Struttura Urbana Adeguamento e Ristrutturazione). Con deliberazione del Consiglio Comunale n. 75 del 21 dicembre 2019 il Comune di (omissis) ha adottato una variante alle Norme Tecniche di Attuazione (NTA) del vigente PRG, con la quale - in attuazione dell'articolo 5, comma 9, lettera b), del decreto legge 13 marzo 2011, n. 70, convertito con modificazioni nella legge 12 luglio 2011, n. 106, già recepito con deliberazione consiliare n. 10 del 25 marzo 2013 - ha fissato i criteri per la disciplina della delocalizzazione delle volumetrie. In particolare, all'articolo 5, punto 16, delle NTA, il Comune ha stabilito che la traslazione della capacità edificatoria dei lotti cedenti ricompresi nelle zone urbanistiche A (Struttura Urbana Adeguamento e Ristrutturazione), B2 (Comparti Unitari di Ristrutturazione Edilizia ed Urbanistica con Piani di Lottizzazione convenzionati), B3 (Lottizzazioni autorizzate e non ancora attuate con Piani di Lottizzazione convenzionati), C1 (Interventi di Nuovo Impianto Urbano con Piani di Lottizzazione convenzionati) e C2 (Struttura Urbana Interventi su aree libere) è ammessa solo in favore di lotti beneficiari ricompresi nella medesima zona omogenea e posti a una distanza dal lotto cedente non superiore ai duecento metri lineari. Le predette limitazioni non si applicano ove i lotti cedenti siano ricompresi nella zona urbanistica B1 (Struttura Urbana Rinnovo Urbano - Piani di Recupero), ove la traslazione della capacità edificatoria degli stessi può avvenire solo in favore di lotti beneficiari ricompresi in differenti zone omogenee, senza prescrizione di una distanza minima tra lotto cedente e lotto beneficiario. In data 22 giugno 2020 le società Im. Ca. St. a r.l. e Ho. Al. Ad. a r.l., ritenendosi pregiudicate dalla rigida disciplina della delocalizzazione delle volumetrie contenuta nella variante alle NTA, hanno presentato osservazioni ai sensi dell'articolo 10, comma 3, della legge regionale 12 aprile 1983, n. 18, con le quali hanno chiesto al Comune di (omissis) di integrare l'articolo 5, punto 16, delle NTA al PRG con l'espressa previsione della non applicabilità della disciplina della traslazione delle volumetrie ai trasferimenti dei diritti edificatori avvenuti con atti già trascritti al momento della sua adozione. Con deliberazione del Consiglio Comunale n. 6 del 12 febbraio 2021 il Comune di (omissis) ha respinto le predette osservazioni. Con deliberazione n. 34 del 29 giugno 2021, pubblicata sul Bollettino Ufficiale della Regione Abruzzo n. 35 del 15 settembre 2021, il Comune di (omissis), previo parere favorevole espresso dalla Provincia di Teramo con determinazione n. 586 del 27 aprile 2021, ha approvato la variante alle NTA del vigente PRG. 1.1. Con ricorso collettivo notificato in data 11 novembre 2021 e depositato in data 7 dicembre 2021, le società Im. Ca. St. a r.l. e Ho. Al. Ad. a r.l. hanno domandato, previa sospensione della loro efficacia, l'annullamento delle deliberazioni con le quali il Consiglio Comunale di (omissis) ha dapprima adottato e poi approvato la variante alle NTA al PRG, nella parte relativa alla delocalizzazione delle volumetrie, per i seguenti motivi: a) violazione ed elusione dell'obbligo di astensione di cui all'articolo 78, comma 2, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, da parte di alcuni consiglieri comunali che, pur trovandosi in una situazione di conflitto di interessi, hanno partecipato alla discussione e alla votazione delle deliberazioni impugnate (primo e terzo motivo); b) violazione, falsa applicazione ed elusione dell'articolo 35 della legge regionale 12 aprile 1983, n. 18, poiché il Comune, nel procedimento di formazione della variante, ha omesso di accertare la consistenza delle proprietà immobiliari degli amministratori comunali (secondo e terzo motivo); c) illogicità della motivazione, errata valutazione dei presupposti di fatto, carenza di istruttoria, violazione dei principi di proporzionalità e di ragionevolezza nonché sviamento di potere, dal momento che la disciplina della delocalizzazione delle volumetrie, contenuta nell'articolo 5, punto 16, delle NTA al PRG, si porrebbe in contrasto con gli obiettivi indicati dall'articolo 5, comma 9, del decreto legge 13 marzo 2011, n. 70, convertito con modificazioni nella legge 12 luglio 2011, n. 106, e con il legittimo affidamento dei privati alla conservazione della disciplina antecedente, recepita con deliberazione del Consiglio Comunale n. 10 del 25 marzo 2013 (quarto motivo); d) disparità di trattamento, atteso che le condizioni di ammissibilità della traslazione delle volumetrie non si applicano ove i lotti cedenti sono ricompresi nella zona B1 (Struttura Urbana Rinnovo Urbano - Piani di Recupero) ed anche ove i lotti cedenti e beneficiari (ricompresi in una medesima zona urbanistica diversa dalla zona B1) siano posti ad una distanza inferiore a duecento metri lineari (quinto motivo). Le società ricorrenti hanno altresì domandato il risarcimento dei danni patrimoniali subiti a causa dell'illegittimità degli atti impugnati e della condotta tenuta dal Comune di (omissis) in relazione alla regolamentazione dei diritti edificatori; a tal proposito, la Im. Ca. St. s.r.l. ha quantificato i danni in euro 198.000,00 (centonovantottomila/00), mentre la Ho. Al. Ad. s.r.l. li ha quantificati in euro 500.000,00 (cinquecentomila/00). 1.2. Ha resistito al ricorso il Comune di (omissis) e ne ha preliminarmente invocato la declaratoria di inammissibilità, in ragione sia dell'insindacabilità della scelta di pianificazione urbanistica effettuata con le deliberazioni impugnate che della carenza delle condizioni delle azioni esperite. 1.3. Con ordinanza n. 7 del 13 gennaio 2022 questo Tribunale ha respinto la domanda cautelare proposta dalla parte ricorrente, per carenza del requisito del periculum in mora. 1.4. In vista della trattazione del merito del giudizio, entrambe le parti hanno depositato memorie difensive e il Comune di (omissis) ha depositato anche una memoria di replica. 1.5. Alla pubblica udienza del 9 luglio 2024 la causa è stata discussa e trattenuta in decisione. 2. In attuazione dei principi di economia processuale e di effettività della tutela, il Collegio ritiene di prescindere dalla trattazione delle plurime questioni preliminari, sollevate dal Comune di (omissis) nella memoria di costituzione, in ragione della complessiva infondatezza del ricorso. 3. Il Collegio ritiene di procedere alla trattazione congiunta dei primi tre motivi di ricorso, con i quali è stata dedotta, sia pure sotto differenti profili, la violazione dei principi di imparzialità e di trasparenza dell'attività amministrativa. 3.1. Secondo la parte ricorrente, il Sindaco, il Vice sindaco e altri Consiglieri Comunali, tra i quali lo stesso relatore delle proposte delle deliberazioni impugnate, avrebbero violato il dovere di astensione previsto dall'articolo 78, comma 2, parte seconda, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, il quale vieta ai sindaci e ai componenti dei consigli e delle giunte comunali di partecipare alla discussione e alla votazione delle deliberazioni relative ai piani urbanistici o alle loro varianti, ove "sussista una correlazione immediata e diretta tra il contenuto della deliberazione e specifici interessi dell'amministratore o di parenti o affini fino al quarto grado." A sostegno della predetta censura, la parte ricorrente ha prodotto alcune visure immobiliari, dalle quali risulta che i componenti del Consiglio Comunale nonché i loro parenti e affini entro il quarto grado sono proprietari di beni immobili ricompresi nell'unica zona urbanistica (la zona B1) esclusa dall'applicazione della variante in oggetto. 3.2. La parte ricorrente ha altresì dedotto la mancata applicazione della norma procedimentale di cui all'articolo 35 della legge regionale 12 aprile 1983, n. 18, vigente all'epoca dell'adozione delle deliberazioni impugnate, il quale, nei procedimenti per l'adozione degli strumenti urbanistici generali o delle "varianti, ai grafici o alla normativa, che comportino modifiche di carattere generale", impone al Sindaco di acquisire dai Consiglieri in carica le dichiarazioni e la documentazione afferenti la consistenza delle loro proprietà immobiliari e di quelle appartenenti al coniuge, agli ascendenti e ai discendenti in linea retta, le quali devono risultare graficamente evidenziate negli elaborati tecnici. 3.3. I primi tre motivi di ricorso sono infondati. 3.4. L'articolo 78, comma 2, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, enuncia il generale dovere di astensione degli amministratori comunali di cui all'articolo 77, comma 2, dalle attività di discussione e votazione delle deliberazioni che riguardano direttamente interessi propri o di parenti e affini sino al quarto grado. La norma cristallizza un conflitto di interessi potenziale, valevole per la generalità delle deliberazioni consiliari, il quale sussiste anche ove non si dimostri che la deliberazione adottata in violazione del dovere di astensione sia effettivamente idonea a realizzare uno specifico interesse privato ovvero ad arrecare pregiudizio alla realizzazione dell'interesse pubblico primario. 3.5. La regola generale non si applica, per espresso dettato legislativo, alle deliberazioni aventi ad oggetto "provvedimenti normativi o di carattere generale, quali i piani urbanistici, se non nei casi in cui sussista una correlazione immediata e diretta fra il contenuto della deliberazione e specifici interessi dell'amministratore o di parenti o affini fino al quarto grado". La deroga alla regola generale contempla pertanto un'ulteriore deroga, la quale non legittima tout court il riespandersi della regola generale: a differenza che per le deliberazioni aventi ad oggetto provvedimenti puntuali e concreti, è infatti richiesta, perché possa configurarsi il dovere di astensione, una relazione qualificata tra il contenuto dell'atto generale in materia urbanistica e un interesse specifico dell'amministratore comunale ovvero dei suoi parenti e affini. Negli enti locali di piccoli dimensioni occorre interpretare tale relazione qualificata con particolare rigore, al fine di evitare che, in ragione dell'evenienza - molto frequente a verificarsi - che gli amministratori locali abbiano un qualche generico interesse nelle fattispecie sulle quali sono chiamati a deliberare, si verifichi una situazione di paralisi funzionale degli organi deliberanti (Consiglio di Stato, sezione VII, 22 gennaio 2024, n. 652; sezione IV, 7 novembre 2022, n. 9731). 3.6. Tanto premesso, la parte ricorrente si è limitata a fornire la prova dell'appartenenza degli immobili agli amministratori coinvolti nella discussione e nell'approvazione delle deliberazioni impugnate o a loro parenti ed affini nonché della collocazione degli stessi nella zona urbanistica B1 (circostanza, quest'ultima, incontestata tra le parti). La parte ricorrente non ha dimostrato la sussistenza di una correlazione immediata e diretta, oggettivamente apprezzabile ai fini della configurabilità di un conflitto di interessi, tra la astratta fissazione dei criteri che regolano la traslazione della capacità edificatoria e gli interessi privati di determinati amministratori comunali, i quali devono essere connotati da specificità, concretezza e attualità e non restare nell'ambito delle mere ipotesi. La parte ricorrente avrebbe dovuto, ad esempio, allegare l'effettivo trasferimento della potenzialità edificatoria di un lotto intestato all'amministratore comunale (ovvero ad un suo parente o affine), per il recupero o la riqualificazione di un immobile nella sua disponibilità, già esistente in altre zone urbanistiche. 3.7. Pertanto, in assenza di elementi indiziari specifici, concreti e attuali, non può ritenersi integrata in capo agli amministratori comunali una situazione di conflitto di interessi, tale da imporre loro il dovere di astensione. 3.8. L'articolo 35 della legge regionale 12 aprile 1983, n. 18, vigente all'epoca dell'adozione delle deliberazioni impugnate e dunque applicabile ratione temporis alla presente fattispecie, rubricato Norme sulla trasparenza amministrativa, dispone che "1. Prima dell'adozione del P.R.G. e del P.R.E., o contestualmente ad essa, il Consiglio comunale accerta la consistenza delle proprietà immobiliari situate nel territorio comunale, appartenenti ai singoli consiglieri comunali, al loro coniuge ed agli ascendenti e discendenti in linea diretta, come risultano dai Registri immobiliari ovvero da dichiarazioni sostitutive di atto di notorietà dei singoli consiglieri comunali. 2. A tal fine, il Sindaco richiede ai consiglieri in carica di dichiarare e documentare la consistenza immobiliare come precisato nel precedente comma. 3. Della deliberazione all'uopo assunta costituisce parte integrante una copia del Piano in cui dette proprietà risultino con apposita campitura. 4. Le disposizioni che precedono si applicano anche nel caso di varianti, ai grafici o alla normativa, che comportino modifiche di carattere generale. 5. Nel caso di varianti specifiche, l'accertamento del Consiglio comunale è limitato ai soli immobili oggetto della variante stessa." 3.9. Nella deliberazione n. 75 del 21 dicembre 2019 il Consiglio Comunale di (omissis) ha escluso che le predette norme sulla trasparenza fossero applicabili alla variante in oggetto, la quale integrerebbe una "mera revisione formale del testo vigente" e non andrebbe ad incidere sui parametri e sulle destinazioni urbanistiche del vigente PRG. 3.10. Tale giustificazione non può essere condivisa: la norma impone infatti un obbligo di trasparenza dalla portata assai ampia, che si applica, per espressa disposizione (comma 4), anche alle varianti alla normativa contenuta nelle NTA del vigente PRG, le quali, in quanto disciplinano nel dettaglio o per indirizzi progettuali i parametri e le prescrizioni per l'edificazione delle singole zone urbanistiche, integrano senz'altro una modificazione di carattere generale. 3.11. La ratio della predetta norma procedimentale è quella di rendere conoscibili tutte le informazioni relative al patrimonio immobiliare dei consiglieri comunali e dei rispettivi coniugi e parenti in linea retta, non tanto al fine di stimolare il dovere di astensione di cui al citato articolo 78, comma 2, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, (il quale ha, tra l'altro, una diversa portata soggettiva) quanto al fine - tipico delle norme sulla trasparenza - di rendere controllabile ab externo l'operato dell'amministrazione in settori particolarmente sensibili dell'economia, quale quello della pianificazione urbanistica. 3.12. A differenza della violazione del dovere sostanziale di astensione in presenza di una situazione di conflitto di interessi, la violazione delle norme procedimentali di trasparenza, consistente nell'acquisizione delle dichiarazioni dei consiglieri comunali e della relativa documentazione probatoria, non comporta l'invalidità derivata dell'atto adottato all'esito del procedimento di formazione dei piani urbanistici (o delle loro varianti). L'articolo 35 che si assume violato è stato infatti modificato dall'articolo 2 della legge regionale 24 aprile 1990, n. 47, il quale, oltre ad estendere l'obbligo di accertamento della consistenza delle proprietà immobiliari anche alle varianti, ha eliminato la qualificazione di tale accertamento (all'epoca effettuato con apposita deliberazione del Consiglio Comunale) come condizione di legittimità degli atti concernenti il procedimento di formazione dei piani urbanistici. 4. Con il quarto motivo le società ricorrenti hanno sostanzialmente dedotto l'irragionevolezza e l'abnormità della scelta discrezionale effettuata dal Comune di (omissis) con l'adozione e l'approvazione della variante all'articolo 5, comma 16, delle NTA al PRG, siccome contrastante con gli obiettivi indicati dal legislatore statale ed effettuata senza tenere in debita considerazione il legittimo affidamento, maturato dagli acquirenti dei diritti edificatori, al mantenimento della disciplina più favorevole recepita con la deliberazione consiliare n. 10 del 25 marzo 2013. 4.1. Il motivo è infondato. 4.2. Con l'articolo 5, comma 9, del decreto legge 13 marzo 2011, n. 70, convertito con modificazioni nella legge 12 luglio 2011, n. 106, il legislatore ha individuato alcuni interventi finalizzati alla razionalizzazione del patrimonio edilizio esistente, alla promozione della riqualificazione delle aree urbane degradate e degli edifici a destinazione non residenziale dismessi, in via di dismissione o da rilocalizzare nonché allo sviluppo dell'efficienza energetica e delle fonti rinnovabili, tra i quali la delocalizzazione delle volumetrie in aree diverse, demandando alle Regioni l'approvazione delle norme attuative. Con la legge regionale 15 ottobre 2012, n. 49, la Regione Abruzzo ha dettato le seguenti norme per l'attuazione degli obiettivi individuati dal legislatore statale: a) ha consentito la realizzazione degli "interventi di delocalizzazione delle volumetrie dei fabbricati in area o aree diverse nella disponibilità del medesimo proponente, purché totalmente o parzialmente edificate e totalmente urbanizzate diverse dalle zone A ai sensi e per gli effetti dell'articolo 2, lettere b) e c) del d.m. 1444/1968" (articolo 2, comma 1-bis); b) ha individuato le misure premiali per la riqualificazione urbana (articoli 3 e 4); c) ha riconosciuto ai Comuni la possibilità di avvalersi, su tutto il territorio comunale o su parte di esso, delle misure incentivanti previste dall'articolo 3, commi 2 e 4, e dall'articolo 4, commi 2, 4 e 5, con una deliberazione consiliare che, a prescindere dalla sua denominazione, "non riveste carattere di pianificazione o programmazione urbanistica" (articolo 1, comma 1). 4.3. Con la modificazione dell'articolo 5 delle NTA del PRG il Comune di (omissis), nell'esercizio del potere di pianificazione, ha espressamente individuato i seguenti obiettivi: a) riqualificare la zona B1 (Struttura Urbana Rinnovo Urbano - Piani di Recupero) mediante la riduzione del carico insediativo e il reperimento di nuovi spazi per le urbanizzazioni primarie e secondarie; b) razionalizzare gli spazi costruiti nelle zone A (Struttura Urbana Adeguamento e Ristrutturazione), B2 (Comparti Unitari di Ristrutturazione Edilizia ed Urbanistica con Piani di Lottizzazione convenzionati) e B3 (Lottizzazioni autorizzate e non ancora attuate con Piani di Lottizzazione convenzionati). La scelta pianificatoria effettuata dal Comune di (omissis) risulta pertanto coerente con l'obiettivo di razionalizzazione del patrimonio edilizio esistente, da realizzare mediante l'alleggerimento del carico urbanistico dell'area in cui si registra il maggiore insediamento edilizio, dalla quale è stata non irragionevolmente esclusa l'allocazione di lotti beneficiari della traslazione delle volumetrie. 4.4. L'esigenza di alleggerire il carico urbanistico della zona B1 giustifica altresì la mancata applicazione dei criteri, individuati per tutte le altre zone omogenee, dell'appartenenza del lotto cedente e del lotto beneficiario alla medesima zona omogenea e del rispetto di una distanza massima tra il lotto cedente e il lotto beneficiario, individuata in duecento metri lineari. La subordinazione dell'ammissibilità della traslazione delle volumetrie al sussistere di entrambe le predette condizioni è infatti finalizzata a tenere sotto controllo l'incremento del carico urbanistico nelle zone già urbanizzate, senza che ne risultino alterati gli indici edificatori di cui al decreto interministeriale 2 aprile 1968, n. 1444. 4.5. La vicinanza tra il fondo cedente e il fondo cessionario è stata altresì non irragionevolmente fissata in una misura massima (pari a 200 metri lineari) per garantire l'omogeneità degli assetti costruttivi (Consiglio di Stato, sezione IV, 21 novembre 2016, n. 486). A tal proposito, occorre evidenziare che il Comune di (omissis) non era tenuto, come sostenuto dalla parte ricorrente, ad esternare le ragioni per cui ha ritenuto di dover fissare proprio in duecento metri lineari la distanza massima tra fondo cedente e fondo beneficiario per il trasferimento integrale della volumetria: l'individuazione di tale distanza massima è infatti coerente con gli obiettivi urbanistici sopra enunciati e con l'orientamento giurisprudenziale per cui la cessione di cubatura, la quale si perfeziona solo con il rilascio del permesso di costruire, richiede sia l'omogeneità dell'area territoriale che la contiguità dei fondi, intesa quale distanza fisica "non significativa" (Consiglio di Stato, sezione VI, 14 aprile 2016, n. 1515). 4.6. Le scelte urbanistiche afferenti alla pianificazione territoriale implicano valutazioni ampiamente discrezionali, adottate all'esito di una complessiva valutazione degli interessi coinvolti, che non sono soggette, in quanto appartenenti al merito amministrativo, al sindacato di legittimità del giudice amministrativo, a meno che esse non si presentino caratterizzate da palese travisamento dei fatti, arbitrarietà o manifesta illogicità (ex multis, Consiglio di Stato, sezione II, 12 febbraio 2020, n. 1095). 4.7. La mancata valutazione dell'interesse vantato dalle società ricorrenti all'applicazione della disciplina anteriore più favorevole, recepita con deliberazione del Consiglio Comunale n. 10 del 25 marzo 2013, dalle stesse prospettato nelle osservazioni n. 1 e n. 2 presentate in data 22 giugno 2020, non comporta l'invalidità delle scelte urbanistiche effettuate dal Comune di (omissis). Le osservazioni che i privati formulano nell'iter di formazione degli strumenti urbanistici rappresentano infatti un mero apporto collaborativo e non sono idonee a radicare negli stessi aspettative qualificate, per cui il Comune è tenuto a prenderle in considerazione e a valutarle secondo il criterio dell'interesse generale, ma non è obbligato a fornire, in caso di rigetto, una dettagliata motivazione che ne tenga specificamente conto. 4.8. L'onere motivazionale è invece più intenso ove vengano in rilievo situazioni di legittimo affidamento dei privati alla conservazione di una specifica utilizzazione del suolo, come avviene, ad esempio, in presenza di strumenti urbanistici esecutivi (piano di lottizzazione, piano particolareggiato o piano attuativo) ovvero di convenzioni di lottizzazione, di accordi di diritto privato, di giudicati di annullamento di dinieghi di titoli edilizi o di accertamento dell'illegittimità di silenzi serbati su domande di rilascio del permesso di costruire (Consiglio di Stato, sezione II, 10 luglio 2020, n. 4467; 6 novembre 2019, n. 7560). Al di fuori di tali gruppi di fattispecie, il semplice mutamento dei parametri edificatori non è idoneo a fondare, in capo al privato interessato, una situazione di legittimo affidamento alla conservazione della precedente disciplina più favorevole (Tribunale amministrativo regionale per l'Abruzzo, 8 febbraio 2021, n. 55). 4.9. Ciò vale, a maggior ragione, in una fattispecie come in quella in oggetto, in cui la disciplina ritenuta più favorevole per il privato è contenuta nella legge regionale di attuazione della normativa statale, le cui disposizioni sono state recepite dal Comune con un atto meramente adesivo (la deliberazione consiliare n. 10 del 25 marzo 2013), avulso dall'esercizio del potere di pianificazione o di programmazione urbanistica. 4.10. Le società ricorrenti individuano la nascita del legittimo affidamento alla conservazione della disciplina più favorevole, di cui alla deliberazione consiliare n. 10 del 25 marzo 2013, nel parere favorevole espresso dal Comune di (omissis) in data 26 novembre 2019 sulla domanda di variante del permesso di costruire n. 407 del 19 aprile 2018, presentata dalla Im. Ca. St. s.r.l. in data 28 agosto 2019. Tale parere favorevole - in realtà condizionato all'allegazione della esatta descrizione del lotto cedente della capacità edificatoria - non è tuttavia idoneo a fondare il legittimo affidamento nell'applicazione della disciplina previgente, dal momento che il procedimento per il rilascio del titolo edilizio non è stato definito anteriormente all'adozione della variante contestata con il presente ricorso, né risulta che in esso siano stati prodotti i titoli di acquisto dei diritti edificatori. 4.11. Per quanto riguarda la censura di sviamento dell'attività amministrativa dalla causa tipica, osserva il Collegio che la parte ricorrente non ha allegato alcun elemento concreto dal quale ritrarre che le scelte pianificatorie contenute nelle deliberazioni impugnate siano state adottate per realizzare uno scopo diverso dalla razionalizzazione del patrimonio edilizio esistente, quale l'affermata alterazione della concorrenza in danno delle società ricorrenti e in favore dell'attività imprenditoriale di pochi operatori economici (tra i quali un consigliere comunale). Il vizio di eccesso di potere per sviamento deve essere infatti sostenuto da elementi di prova precisi e concordanti, in relazione alla divergenza dell'atto dal fine pubblico istituzionale, non essendo sufficiente la mera supposizione o l'allegazione di indizi inidonei a dimostrare l'illegittima finalità perseguita in concreto dall'organo amministrativo (ex multis, Consiglio di Stato, sezione V, 8 agosto 2023, n. 7665), quali la mera allegazione dell'ostacolo che la normativa contenuta nella variante alle NTA rappresenta per la realizzazione dei futuri progetti imprenditoriali delle società ricorrenti. 5. Deve infine ritenersi infondato anche il sesto motivo di ricorso, con il quale le società ricorrenti hanno dedotto la disparità di trattamento operata dal Comune di (omissis) nella regolamentazione della traslazione delle volumetrie tra lotti cedenti e beneficiari nelle diverse zone urbanistiche del territorio comunale. 5.1. Il vizio di eccesso di potere per disparità di trattamento richiede la prova rigorosa dell'identità delle situazioni di fatto alle quali l'Amministrazione ha riservato un diverso trattamento (ex multis, Consiglio di Stato, sezione IV, 22 maggio 2024, n. 4549). Nella specifica materia della pianificazione urbanistica il vizio di eccesso potere per disparità di trattamento non è inoltre configurabile in base alla mera comparazione della disciplina dettata per le differenti aree omogenee, la cui idoneità a soddisfare specifici interessi urbanistici rientra nei limiti dell'esercizio del potere discrezionale dell'Amministrazione (Consiglio di Stato, sezione III, 25 marzo 2024, n. 2816). 5.2. La parte ricorrente non ha allegato alcun elemento dal quale ritrarre l'eguaglianza delle situazioni dei proprietari dei lotti cedenti inseriti nelle varie zone omogenee, eguaglianza che deve comunque ritenersi insussistente proprio per la loro differente connotazione urbanistica, sulla quale il Comune di (omissis) ha correttamente fondato la puntuale (e diversa) regolamentazione della delocalizzazione delle volumetrie. 6. In conclusione, il ricorso deve essere integralmente respinto, anche con riferimento alla domanda risarcitoria formulata ai sensi dell'articolo 2043 del codice civile, per carenza del presupposto dell'illegittimità degli atti impugnati, in relazione agli specifici vizi dedotti. 7. Le spese di lite seguono la soccombenza della parte ricorrente e sono liquidate, in favore del Comune di (omissis), nella misura indicata nel dispositivo. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per l'Abruzzo Sezione Prima, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge. Condanna la parte ricorrente a rifondere al Comune di (omissis) le spese di lite, che liquida in euro 4.000,00 (quattromila/00) oltre accessori. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in L'Aquila nella camera di consiglio del giorno 9 luglio 2024 con l'intervento dei magistrati: Germana Panzironi - Presidente Mario Gabriele Perpetuini - Consigliere Rosanna Perilli - Primo Referendario, Estensore
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale per l' Abruzzo Sezione Prima ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 205 del 2019, proposto da Fr. Di Fa. ed altri, rappresentati e difesi dall'avvocato Fa. Co., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; contro Comune dell'Aquila, in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dagli avvocati An. Or. e Ra. Du., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso gli uffici dell'Avvocatura Comunale in L'Aquila, via (...); nei confronti Ma. Ma., rappresentato e difeso dagli avvocati Ro. Co. e Ma. Re., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell'avvocato Ma. Re. in L'Aquila, via (...); per l'annullamento previa sospensione dell'efficacia - del provvedimento prot. n. 22878 del 28 febbraio 2019, di annullamento in autotutela del certificato di agibilità, con il quale il Dirigente del Settore Rigenerazione Urbana, Mobilità e Sviluppo del Comune dell'Aquila ha dichiarato "la decadenza del condominio edilizio 'Fabbricato D'A. via del (omissis)' dai benefici conseguiti mediante la SCIA di agibilità prot. n. 99760 del 4/11/2015" nonché "la inefficacia della predetta SCIA ai fini dell'attestazione di agibilità del complesso condominiale suddetto (salva la possibilità di presentare una nuova dichiarazione, anche riferita a parte del complesso edilizio)". Visti il ricorso e i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune dell'Aquila e di Ma. Ma.; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 9 luglio 2024 la dott.ssa Rosanna Perilli; Uditi i difensori della parte ricorrente e del controinteressato, come specificato nel verbale; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO e DIRITTO 1. I ricorrenti - nelle rispettive qualità di progettista e direttore dei lavori di demolizione e ricostruzione dell'immobile denominato "Condominio Palazzo D'A." e di proprietari di un'unità immobiliare in esso ubicata - hanno domandato l'annullamento, previa sospensione della sua efficacia, del provvedimento prot. n. 22878 del 28 febbraio 2019, con il quale il Dirigente del Settore Rigenerazione Urbana, Mobilità e Sviluppo del Comune dell'Aquila ha annullato in autotutela il certificato di agibilità conseguito a seguito della domanda prot. n. 99760 del 4 novembre 2015 e ha dichiarato la decadenza del Condominio dai benefici conseguiti sulla scorta delle dichiarazioni non veritiere in essa contenute. Il provvedimento impugnato è stato adottato in seguito agli esposti presentati in data 7 gennaio 2016 (prot. n. 672) e 26 aprile 2018 (prot. n. 41325) da un altro condomino, il signor Ma. Ma., il quale segnalava al Comune dell'Aquila di aver riscontrato, per quanto riguarda la porzione di fabbricato di sua proprietà, alcune difformità nella documentazione presentata a corredo della domanda di rilascio del certificato di agibilità . In particolare, l'esponente denunciava la non conformità : a) dell'impianto di riscaldamento realizzato nel proprio locale ad uso commerciale rispetto al progetto approvato; b) della rampa realizzata per l'accesso al predetto locale rispetto alla normativa vigente in materia di accessibilità e superamento delle barriere architettoniche. 1.1. Il ricorso è affidato ai seguenti motivi: a) la violazione dell'articolo 21-novies della legge 7 agosto 1990, n. 241, nella versione vigente all'epoca dell'adozione del provvedimento impugnato, nella parte in cui fissa il limite temporale di diciotto mesi, decorrente dall'adozione del provvedimento, per l'esercizio del potere di annullamento in autotutela (primo motivo): b) il difetto di motivazione e la violazione del principio di proporzionalità, per aver disposto l'annullamento del certificato di agibilità dell'intero edificio, mentre le difformità denunciate riguardano esclusivamente la porzione di proprietà del signor Ma. Ma. (secondo motivo); c) il difetto di motivazione e l'erroneità del presupposto delle false dichiarazioni, in ordine al completamento dell'impianto termico nella porzione di edificio di proprietà del signor Ma. e alla conformità della rampa di accesso alla normativa in materia di abbattimento delle barriere architettoniche (terzo e quarto motivo); d) la violazione e la falsa applicazione dell'articolo 75 del d.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445, attesa la sua inapplicabilità alla presente fattispecie (quinto motivo). 1.2. Hanno resistito al ricorso il Comune dell'Aquila e il signor Ma. Ma.. 1.3. Alla camera di consiglio del 19 giugno 2019 la parte ricorrente ha implicitamente rinunciato alla domanda cautelare, mediante la richiesta di rinvio della causa all'udienza di trattazione del merito, in vista della quale essa ha depositato una memoria difensiva. 1.4. In data 18 giugno 2024 il controinteressato ha depositato una memoria di replica. 1.5. Alla pubblica udienza del 9 luglio 2024, durante la quale il difensore della parte ricorrente ha dichiarato "che è stata rilasciata SCIA parziale per le abitazioni", la causa è stata discussa e trattenuta in decisione. 2. Il primo motivo di ricorso è fondato. 2.1. L'articolo 21-novies della legge 7 agosto 1990, n. 241, nella versione introdotta dall'articolo 6, comma 1, lettera d), della legge 7 agosto 2015, n. 124, applicabile ratione temporis alla presente fattispecie, dispone che: a) l'amministrazione può annullare d'ufficio, per ragioni di interesse pubblico, un proprio provvedimento illegittimo "entro un termine ragionevole, comunque non superiore a diciotto mesi dal momento dell'adozione dei provvedimenti di autorizzazione o di attribuzione di vantaggi economici, inclusi i casi in cui il provvedimento si sia formato ai sensi dell'articolo 20..." (comma 1); b) l'amministrazione può annullare d'ufficio, anche dopo la scadenza del termine di cui al comma 1, "i provvedimenti amministrativi conseguiti sulla base di false rappresentazioni dei fatti o di dichiarazioni sostitutive di certificazione e dell'atto di notorietà false o mendaci per effetto di condotte costituenti reato, accertate con sentenza passata in giudicato..." (comma 2-bis). La disciplina dettata dall'articolo 21-novies costituisce il giusto punto di equilibrio tra le esigenze di ripristino della legalità violata e la tutela dell'affidamento che i destinatari degli atti ampliativi ripongono nella conservazione dell'assetto degli interessi con essi delineato. 2.2. Il comma 2-bis dell'articolo 21-novies consente tuttavia all'amministrazione di disporre l'annullamento d'ufficio di un atto ampliativo anche oltre il termine di diciotto mesi dalla sua adozione, nei seguenti casi: a) nelle fattispecie in cui la falsità delle dichiarazioni sostitutive di certificazione e dell'atto di notorietà che, ai sensi dell'articolo 76 del d.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445, integrano condotte penalmente illecite, sia stata accertata con sentenza passata in giudicato; b) nelle fattispecie in cui la falsa rappresentazione dei fatti che hanno condotto all'adozione dell'atto ampliativo sia imputabile esclusivamente a malafede del privato (dolo o colpa grave), con conseguente inconfigurabilità, in capo a questi, di una situazione di legittimo affidamento meritevole di tutela; in tal caso, l'accertamento della falsità dei fatti rappresentati dal privato è rimessa all'amministrazione, la quale è comunque tenuta ad disporre l'annullamento in autotutela dell'atto ampliativo entro un termine ragionevole, decorrente dal momento in cui ha avuto effettivamente conoscenza dei profili di illegittimità dell'atto (Consiglio di Stato, sezione V, 28 giugno 2018, n. 3940). Ove il giudicato di condanna ovvero la conoscenza di possibili profili di falsità dei presupposti sui quali si fonda l'atto ampliativo sopravvengano entro il termine di diciotto mesi dalla sua adozione, le fattispecie derogatorie di cui al comma 2-bis non si applicano, trovando esse applicazione solo nei casi in cui sia spirato il termine di cui al comma 1. 2.3. Nella fattispecie oggetto del presente giudizio non ricorrono le condizioni per l'annullamento in autotutela del certificato di agibilità del fabbricato, il quale è stato rilasciato ai sensi della disciplina delineata dagli articoli 24 e 25 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, nella versione vigente anteriormente all'11 dicembre 2016, data di entrata in vigore del decreto legislativo 25 novembre 2016, n. 222, il cui articolo 3, comma 1, lettera i), ha sostituito al certificato di agibilità la segnalazione certificata per l'agibilità (SCA). 2.4. Dalla formazione per silentium del certificato di agibilità, perfezionatasi ai sensi dell'articolo 25, comma 4, del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, all'effettiva scoperta dei fatti e delle circostanze che il Comune dell'Aquila ha posto a fondamento del provvedimento di annullamento d'ufficio, è trascorso un lasso temporale così esiguo, da non precludere all'amministrazione la possibilità di annullare d'ufficio, previo esperimento di tutti gli accertamenti necessari ed entro il termine di diciotto mesi dalla sua adozione, il certificato di agibilità del Condominio Palazzo D'A.. Il Comune dell'Aquila ha infatti avuto piena conoscenza di tutte le circostanze che ha utilizzato per disporre l'annullamento in autotutela del certificato di agibilità (mancanza delle condizioni di agibilità "con particolare riferimento ai profili impiantistici e di superamento delle barriere architettoniche") già con la presentazione del primo esposto da parte del signor Ma. in data 7 gennaio 2016, ossia non appena il provvedimento ampliativo si era formato per silentium. Nel predetto esposto, trasmesso all'Ufficio Agibilità del Comune dell'Aquila con nota prot. n. 30841 del 22 marzo 2016 del Dirigente del Settore Ricostruzione Privata, si afferma infatti che: a) "la rampa di accesso al locale lunga oltre 20 mt. è stata realizzata con una pendenza di circa il 20% violando la normativa in materia che prevede una pendenza massima dell'8%" e "rappresenta, quindi un ostacolo tale da impedire l'accessibilità e la visitabilità da parte di persone con ridotta o impedita capacità motoria...; gli elaborati tecnici, poi, non evidenziano le soluzioni progettuali e gli accorgimenti tecnici adottati al fine di garantire il soddisfacimento delle prescrizioni di accessibilità e visitabilità di cui al D.M. 236/1989 - pubblicato in G.U. n° 145 il 23/6/89"; b) "i terminali di riscaldamento (termoconvettori) non sono stati montati nonostante fossero previsti nelle relazioni, nel progetto e certificata la prestazione energetica e la conformità degli impianti". 2.5. L'organo competente al rilascio della certificazione di agibilità ha avuto dunque piena conoscenza delle circostanze sopra indicate almeno a far data dal 22 marzo 2016 e tuttavia, solo a seguito della presentazione dell'esposto del 26 aprile 2018, ha avviato - con un ritardo di circa due anni e pur in assenza di significative sopravvenienze - il procedimento di autotutela. Occorre, a tal proposito, evidenziare che il contenuto dell'esposto del 26 aprile 2018, almeno per quanto riguarda i profili impiantistici e di superamento delle barriere architettoniche posti a fondamento del provvedimento impugnato, è sostanzialmente riproduttivo del contenuto dell'esposto del 7 gennaio 2016. In esso infatti si afferma che: a) "la rampa di accesso al locale commerciale, di proprietà privata esclusiva, lunga oltre 20 mt. è stata realizzata con una pendenza del 18%...e non rispetta la normativa in materia di superamento delle barriere architettoniche la quale dispone, tra le altre cose, che la pendenza delle rampe non deve essere superiore all'8%. La rampa realizzata rappresenta, oggi, un ostacolo tale da impedire l'accessibilità e la visitabilità da parte di chiunque e in special modo delle persone con ridotta o impedita capacità motoria...; gli elaborati tecnici, poi, non evidenziano, come previsto per legge, le soluzioni progettuali e gli accorgimenti tecnici adottati al fine di garantire il soddisfacimento delle prescrizioni di accessibilità e visitabilità "; b) "... i terminali di riscaldamento, i termostati e l'impianto elettrico dell'impianto di riscaldamento non sono stati installati, giustificandone la mancanza con la circostanza che nello stato ante-demolizione non erano presenti...". 2.6. Non può dunque trovare accoglimento la tesi del Comune dell'Aquila, esplicitata nel provvedimento impugnato, per cui la piena conoscenza della falsità dei fatti posti a fondamento della domanda di agibilità si sarebbe perfezionata solo a seguito del "completamento del corredo documentale del procedimento di riesame", coincidente con la presentazione delle osservazioni procedimentali del progettista, avvenuta in data 30 gennaio 2019. 2.7. Il Comune dell'Aquila ha esercitato il potere di annullamento d'ufficio del certificato di agibilità a distanza di quasi tre anni dalla segnalazione, da parte del controinteressato, della sussistenza di possibili profili di falsità dei fatti rappresentati nella documentazione a corredo della domanda di agibilità ; tale segnalazione è avvenuta mentre il termine di diciotto mesi, di cui al comma 1 dell'articolo 21-novies, era ancora in corso, per cui il provvedimento di autotutela impugnato avrebbe dovuto essere adottato entro il predetto termine decadenziale. 3. In conclusione, il primo motivo di ricorso deve essere accolto e, per l'effetto, il provvedimento impugnato deve essere annullato. 4. La radicalità del vizio riscontrato consente al Collegio di ritenere assorbite nella trattazione del primo motivo di ricorso le censure specificate nei restanti motivi. 5. In considerazione della circostanza che il provvedimento impugnato ha espressamente riconosciuto ai ricorrenti la possibilità di conseguire l'agibilità parziale dell'edificio, effettivamente conseguita con segnalazione certificata di agibilità prot. n. 53213 del 20 maggio 2019, il Collegio ritiene di dover disporre la compensazione delle spese di lite tra le parti. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per l'Abruzzo Sezione Prima, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei sensi di cui in motivazione e, per l'effetto, annulla il provvedimento impugnato. Compensa tra le parti le spese di lite. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in L'Aquila nella camera di consiglio del giorno 9 luglio 2024 con l'intervento dei magistrati: Germana Panzironi - Presidente Mario Gabriele Perpetuini - Consigliere Rosanna Perilli - Primo Referendario, Estensore
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale per l' Abruzzo Sezione Prima ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 454 del 2017, proposto da Costruzioni Generali Mi. Srl, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Fr. Sa. Ma., con domicilio eletto presso lo studio Ma. Di Vi. in (omissis), via (...); contro Comune di L'Aquila, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Do. De Na., An. Or., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio An. Or. in L'Aquila, via (...); Comune di L'Aquila - Settore Ricostruzione Privata - Servizio Liquidazione Contributi per la Ricostruzione Privata, Comune di L'Aquila - Giunta Comunale, non costituiti in giudizio; nei confronti Ne. Ar. En. S.r.l., An. Sa., non costituiti in giudizio; e con l'intervento di Condominio "Pa. Pu. Is.", in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Ro. Lu., con domicilio eletto presso il suo studio in L'Aquila, (...); per l'annullamento - del provvedimento del Comune de L'Aquila - Settore Ricostruzione Privata - Servizio Liquidazione Contributi per la Ricostruzione Privata, prot. n. 48833 del 10 maggio 2017, nella parte in cui è stata richiesta alle ricorrenti la restituzione di Euro 160.907,70 a titolo di somme non dovute per lavori inerenti la Pratica AQ-BCE-16068, ammessa a contributo definitivo per Sostituzione edilizia edifici residenziali colpiti dal sisma del 6 aprile 2009; - del provvedimento del Comune de L'Aquila - Settore Ricostruzione Privata - Servizio Liquidazione Contributi per la Ricostruzione Privata, prot. n. 48840 del 10 maggio 2017, con la quale si è richiesta alla CS. Co. Sv. Ca. S.A. lo svincolo della garanzia fideiussoria contratta dalla Costruzioni Generali Mi. Srl per la complessiva somma di Euro 160.907,70 a titolo di somme non dovute per lavori; - del provvedimento del Comune de L'Aquila - Settore Ricostruzione Privata - Servizio Liquidazione Contributi per la Ricostruzione Privata, prot. n. 68512 del 4 luglio 2017, con cui è stata respinta l'istanza di riesame formulata dalla ricorrente; - di ogni atto presupposto, connesso e conseguente, ivi compresa la nota comunale prot. 22558 del 2 marzo 2016, di comunicazione dei motivi ostativi all'accoglimento dell'istanza, nonché, ove occorrer possa, della Deliberazione della Giunta Comunale n. 216 del 10 maggio 2017, di ratifica del Protocollo sulle procedure da tenersi per l'accelerazione delle liquidazioni contributi e dei controlli documentali e di cantiere. Visti il ricorso e i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune de L'Aquila e del Condominio "Pa. Pu. Is."; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 28 febbraio 2024 il dott. Massimo Baraldi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO Con nota acquisita al protocollo del Comune de L'Aquila, odierno resistente, n. AQ-BCE-16068 del 23 agosto 2011, il Condominio "Pa. Pu. Is.", odierno interveniente, richiedeva al Comune de L'Aquila il contributo per la copertura degli oneri relativi alla demolizione e alla ricostruzione del fabbricato rientrante in tipologia esito di agibilità "E", sito in L'Aquila, Piazza Ma. D'A., n. (omissis), colpito dall'evento sismico del 6 aprile 2009, ai sensi dell'art. 3, del d-l. n. 39 del 2009, convertito con modificazioni dalla legge n. 77 del 2009 e ss.mm., e della O.P.C.M. n. 3790 del 9 luglio 2009. Il Condominio affidava l'esecuzione dei lavori al Consorzio Collemaggio Costruttori, il quale, a sua volta, ne assegnava l'intera esecuzione alla consorziata Costruzioni Generali Mi. Srl, odierna ricorrente. A seguito dell'istruttoria tecnica-economica positivamente conclusa, effettuata dal Consorzio Re. e dal Consorzio Ci., con atto del Comune de L'Aquila prot. 39256 del 30 ottobre 2012 la domanda veniva ammessa a contributo definitivo per l'importo di Euro 2.590.223,08 comprensivo di IVA e delle spese tecniche. Il Condominio e la società Costruzioni Generali Mi. Srl stipulavano dunque il contratto di appalto in data 21 novembre 2012. Con le Determine dirigenziali n. 827 del 27 giugno 2013, n. 1456 del 24 settembre 2014, n. 34 del 27 gennaio 2016 veniva impegnata la somma di Euro 2.590.223,08 ed accreditata la somma di Euro 2.538.603,02, pari al 98% dell'importo ammesso a contributo. Durante la fase di esecuzione dei lavori l'Amministrazione effettuava pagamenti per la somma complessiva di Euro 2.428.656,01, compresa IVA. In data 18 novembre 2015 la pratica veniva estratta ai fini del controllo a campione previsto dall'art. 7 dell'O.P.C.M. n. 3790 del 9 luglio 2009, all'esito del quale il Servizio di Liquidazione inviava al Condominio e, per conoscenza, alla ricorrente e al progettista la nota prot. n. 22558 del 2 marzo 2016, recante "Comunicazione motivi ostativi all'accoglimento dell'istanza", con la quale si contestavano, per quanto qui di interesse, numerose voci inerenti la rendicontazione del SAL finale. All'esito del procedimento di controllo, visionata anche la documentazione integrativa inviata dal Condominio, il Comune de L'Aquila emetteva il provvedimento prot. 48833 del 10 maggio 2017, di cui in epigrafe, con cui rappresentava che dal controllo della documentazione contabile erano emerse cause di riduzione del contributo richiesto e, conseguentemente, procedeva alla determinazione del contributo liquidabile in Euro 2.218.180,50, al contempo informando il Condomino e l'odierna ricorrente che l'importo di Euro 160.907,70 sarebbe stato recuperato con escussione della polizza assicurativa contratta dalla ricorrente (come avvenuto con nota n. 48840 sempre del 10 maggio 2017) mentre l'ulteriore importo di Euro 159.514,82 sarebbe stato recuperato a seguito di restituzione da parte dei soggetti interessati. Preso atto di quanto sopra, l'odierna ricorrente ha presentato in data 19 giugno 2017 istanza di annullamento in autotutela del provvedimento del Comune n. 48833, istanza che è stata riscontrata negativamente dal Comune de L'Aquila con nota prot. 68512 del 4 luglio 2017, di cui in epigrafe. Avverso i sopra menzionati provvedimenti e note ha proposto il ricorso introduttivo del presente giudizio, depositato in data 3 novembre 2017, la società Costruzioni Generali Mi. Srl, chiedendone l'annullamento deducendo i seguenti motivi: 1) Illegittimità dei provvedimenti impugnati per violazione di legge: violazione dell'art. 3, del d-l. n. 39 del 2009, convertito con modificazioni dalla legge n. 77 del 2009 e ss.mm.; degli artt. 1, 2 e 4 dell'OPCM n. 3790 del 9.7.2009; dell'art. 5 dell'OPCM n. 3881 dell'11.6.2010. violazione del par. 11 della circolare della Presidenza del Consiglio dei Ministri del 25.8.2009, in GURI n. 201 del 31.8.2009. violazione dell'art. 2 del protocollo sui controlli ratificato con delibera di Giunta Comunale n. 216 del 2013 e dell'art. 2, l. n. 241 del 1990. eccesso di potere per contraddittorietà e per difetto di motivazione e di istruttoria. violazione dei principi di buon andamento e legittimo affidamento. Sviamento; 2) Illegittimità dei provvedimenti impugnati per violazione di legge: violazione dell'art. 21-nonies, della legge n. 241 del 1990, dei principi di proporzionalità, buon andamento e legittimo affidamento ex artt. 3, 97 e 117, comma 1, Costituzione. Violazione del diritto di proprietà ex art. 1, del 1° protocollo addizionale alla CEDU; 3) Illegittimità dei provvedimenti impugnati per contraddittorietà, arbitrarietà e irragionevolezza manifesta, difetto di motivazione e di istruttoria. Violazione della determina dirigenziale prot. n. 57623 del 4.9.2012 del Dipartimento per la Ricostruzione, nonché degli artt. 53, comma 4, D.Lgs. n. 163 del 2006, 118, comma 2, e 120 del DPR n. 207 del 2010 (ratione temporis vigenti e ivi richiamati). Violazione del legittimo affidamento e dei principi di buona fede e correttezza. Si è costituito in giudizio, in data 6 dicembre 2017, il Condominio "Pa. Pu. Is.", depositando poi relative memorie in data 24 gennaio 2024 e 6 febbraio 2024, con cui ha chiesto l'accoglimento del ricorso. Si è costituito in giudizio, in data 12 gennaio 2018, il Comune de L'Aquila, eccependo in via preliminare il difetto di giurisdizione di questo Giudice Amministrativo a favore del Giudice Ordinario e, poi, chiedendo la reiezione del ricorso nel merito in quanto infondato. Infine, all'udienza pubblica del 28 febbraio 2024, previo avviso ex art. 73, comma 3 CPA, della possibile sussistenza di un profilo di difetto di giurisdizione e dopo articolata discussione, la causa è stata trattenuta in decisione. DIRITTO 1.1. - Preliminarmente il Collegio deve scrutinare l'eccezione di difetto di giurisdizione di questo Giudice Amministrativo avanzata dal Comune de L'Aquila nella memoria di costituzione del 12 gennaio 2018. Nella sopra menzionata memoria, difatti, parte resistente ha affermato che "qualora si controverta sulla legittimità della revoca del contributo concesso, o della decadenza dal medesimo, o della ripetizione degli importi già erogati, in ogni caso per motivi attinenti all'inadempimento delle prescrizioni alle quali il beneficio era stato subordinato, la giurisdizione spetta al giudice ordinario.". 1.2. - L'eccezione è fondata. Il Collegio osserva che il Comune de L'Aquila col provvedimento n. 48833 impugnato ha revocato una parte del contributo concesso al Condominio "Pa. Pu. Is.", ponendo alla base della predetta revoca parziale della somma concessa una serie di ragioni oggettive attinenti alla concreta opera di ricostruzione posta in essere dall'impresa odierna ricorrente, fra cui il fatto che i lavori di sostituzione dell'unità immobiliare di che trattasi si sono svolti in maniera parzialmente difforme da quanto preventivato (ossia con minori costi) e senza la stipula di una polizza assicurativa postuma decennale il cui costo, però, risulta inserito nell'importo dei lavori per la ricostruzione presente nella scheda di convenienza economica. Il provvedimento impugnato, dunque, procede ad una riduzione del contributo elargibile rispetto a quanto concesso originariamente al Condominio odierno interveniente solo per il fatto che il costo della ricostruzione risulta inferiore a quanto originariamente concesso e, dunque, non sussiste alcuna revoca dell'originario contributo per motivi di interesse pubblico o in ragione di una nuova ponderazione dei presupposti alla base della concessione del medesimo ma vi è solo una riduzione dell'ammontare del medesimo per la semplice ragione che il contributo concesso per la ricostruzione si è rivelato superiore a quanto effettivamente speso o che poteva essere speso da parte dell'impresa costruttrice in base alle disposizioni previste in materia di ricostruzione. Statuito quanto sopra, ne deriva dunque che la presente controversia ha ad oggetto una richiesta di restituzione di parte del contributo pubblico che si colloca nella fase successiva a quella definita con il provvedimento di concessione del contributo in quanto, come già sopra evidenziato, la ripetizione parziale del contributo indebitamente erogato non è determinata dalla mancanza originaria di un requisito richiesto per la sua concessione o dal contrasto iniziale del provvedimento di concessione con l'interesse pubblico ma dall'inosservanza di alcuni degli obblighi che disciplinano il rapporto conseguente alla concessione del contributo, quali, ad esempio, la mancata esecuzione di alcune delle opere progettate, la mancata stipulazione della polizza assicurativa decennale postuma, lo svolgimento in economia delle opere di demolizione, il mancato rispetto del Protocollo di intesa sottoscritto tra la Protezione Civile e gli Ordini professionali, ecc... La natura della revoca parziale (rectius: riduzione) impugnata nel presente giudizio, pertanto, attenendo alla esecuzione del rapporto di finanziamento per la ricostruzione, esula dalla giurisdizione di questo Giudice Amministrativo e risulta rientrare nella giurisdizione del Giudice Ordinario come statuito da condivisibile giurisprudenza, citata dal Comune resistente, secondo cui "in materia di sovvenzioni da parte della Pubblica Amministrazione, la posizione del privato, nella fase successiva all'attribuzione del beneficio, assume il carattere del diritto soggettivo ogni volta che insorga controversia circa la conservazione della disponibilità della somma percepita, di fronte alla contraria posizione assunta dalla Pubblica Amministrazione con provvedimenti variamente definiti (revoca, decadenza, ecc.), emanati in funzione dell'attuazione del fine che si è voluto agevolare. In tal caso, invero, non si tratta di effettuare una ponderazione tra l'interesse pubblico e quello privato (come quando si deve decidere se concedere o non il finanziamento), ma di valutare l'osservanza degli obblighi presi o imposti contestualmente all'erogazione" (T.A.R. Umbria 4 settembre 2017 n. 571). La sopra riportata sentenza risulta del tutto conforme al consolidato orientamento giurisprudenziale, da cui il Collegio non ravvisa motivi per discostarsi, secondo cui occorre distinguere: a) la fase procedimentale della valutazione della domanda di concessione del contributo, connotata dall'esercizio del potere - discrezionale o vincolato - dell'Amministrazione, a fronte del quale si staglia la situazione soggettiva di interesse legittimo del privato e si radica sempre la giurisdizione del Giudice Amministrativo (Corte di Cassazione, Sezioni Unite, ordinanza 30 marzo 2018, n. 8049; sentenza 7 gennaio 2013, n. 150; Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, 29 gennaio 2014, n. 6); b) la fase successiva alla concessione del contributo, afferente alla sua erogazione o alla sua ripetizione, nella quale occorre ulteriormente distinguere a seconda che la controversia riguardi l'annullamento o la revoca del provvedimento di concessione per vizi di legittimità e per contrasto iniziale con l'interesse pubblico ovvero l'esecuzione del rapporto di sovvenzione e l'inadempimento degli obblighi ai quali il provvedimento di concessione è subordinato; nella prima fattispecie (annullamento o revoca del provvedimento di concessione per vizi di legittimità o per contrasto iniziale con l'interesse pubblico), la situazione soggettiva del privato che si staglia a fronte dell'esercizio del potere di autotutela è quella di interesse legittimo, con conseguente attribuzione della controversia alla giurisdizione del Giudice Amministrativo, mentre nella seconda fattispecie nella quale viene in rilievo l'inadempimento del beneficiario (che, per quanto sopra diffusamente illustrato, risulta essere pianamente quella occorsa nella presente vicenda) questi è titolare di una situazione di diritto soggettivo, tutelabile dinanzi al Giudice Ordinario (Corte di Cassazione, Sezioni Unite, ordinanza 25 gennaio 2013, n. 1776; Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, 29 gennaio 2014, n. 6). Né sul punto risulta rilevante quanto affermato da parte ricorrente in risposta alla sopra riportata eccezione di difetto di giurisdizione secondo cui "il caso di specie non riguarda affatto un'ipotesi di inadempimento della ricorrente, essendo i lavori oggetto del contratto di appalto stati svolti integramente e conformemente a quanto pattuito con l'amministrazione, circostanza del resto confermata dal contenuto degli atti impugnati. Diversamente, nella specie la giurisdizione amministrativa si giustifica alla luce del potere esercitato dall'Amministrazione, rispetto al quale la posizione giuridica soggettiva di parte ricorrente assume la consistenza di interesse legittimo. Sotto un primo aspetto, con l'atto impugnato in via principale il Comune ha esercitato un potere di controllo, che costituisce ovviamente esercizio di attività amministrativa pubblicistica, connaturato alla natura pubblicistica delle erogazioni. Sotto un secondo aspetto, come vedremo meglio infra, il procedimento di controllo svolto dal Comune, ed esitato con l'atto impugnato, costituisce esercizio di un potere di annullamento in autotutela dell'originario atto di concessione del contributo, che per sua natura è massima espressione di discrezionalità dell'amministrazione sia nell'an che nel quod e nel quomodo"; a tal fine, difatti, il Collegio osserva che risulta palesemente non vera la circostanza secondo cui il Comune de L'Aquila avrebbe annullato in autotutela l'originario atto di concessione del contributo. Difatti, come sopra già esposto, il Comune de L'Aquila, col provvedimento n. 48833 del 10 maggio 2017 impugnato, ha semplicemente determinato dapprima la somma complessiva liquidabile nei confronti del Condominio "Pa. Pu. Is.", individuando una somma inferiore al contributo concesso col proprio provvedimento n. 39256 del 30 dicembre 2012 che non risulta intaccato dal nuovo provvedimento (e che, va ricordato, prevedeva espressamente che il contributo concesso, pari ad Euro 2.590223,08, era da intendersi "salvo eventuali economie da verificare in sede di avanzamento lavori o ultimazione lavori") e, poi, ha provveduto a recuperare la somma in eccesso pagata, escutendo la polizza della Co. Sv. Ca. e chiedendo la restituzione della somma rimanente ai soggetti interessati, senza procedere all'annullamento di alcun precedente provvedimento di concessione del contributo. Le sopra menzionate considerazioni comportano di conseguenza la giurisdizione del Giudice Ordinario anche relativamente agli altri provvedimenti impugnati, tutti conseguenti al provvedimento di rideterminazione del contributo liquidabile impugnato. 2. - Per tutto quanto sopra rappresentato, dunque, il ricorso introduttivo del presente giudizio è inammissibile per difetto di giurisdizione dell'adito Giudice Amministrativo, sussistendo nella presente vicenda la giurisdizione del Giudice Ordinario, dinanzi al quale il giudizio potrà essere riassunto nelle forme e nei termini di rito. 3. - La natura della presente decisione giustifica l'integrale compensazione tra le parti delle spese di lite. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per l'Abruzzo Sezione Prima, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, dichiara inammissibile il ricorso per difetto di giurisdizione dell'adito Tribunale Amministrativo Regionale e individua, quale Giudice munito di giurisdizione, il Giudice Ordinario, dinanzi al quale la causa potrà essere riproposta ai sensi dell'art. 11, comma 2, c.p.a. Spese compensate. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa. Così deciso in L'Aquila nella camera di consiglio del giorno 28 febbraio 2024 con l'intervento dei magistrati: Germana Panzironi - Presidente Mario Gabriele Perpetuini - Consigliere Massimo Baraldi - Primo Referendario, Estensore
TAR L'Aquila
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale per l' Abruzzo Sezione Prima ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 169 del 2024, integrato da motivi aggiunti, proposto da 3M He. It. Srl, in persona del legale rappresentante pro tempore, in relazione alla procedura CIG A02D395F37, rappresentata e difesa dagli avvocati St. Ca., An. Cr. Sa., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; contro ASL n. 1 Avezzano Sulmona L'Aquila, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Gi. La., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in L'Aquila, via (...); nei confronti Me. In. It. Srl Unipersonale, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati En. Di Ie., Lu. Li., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio En. Di Ie. in Roma, viale (...); Per quanto riguarda il ricorso introduttivo: per l'annullamento, previa sospensione dell'efficacia, in relazione al lotto 2: - della Delibera n. 660 del 21 marzo 2024, comunicata a 3M in data 5 aprile 2024, di aggiudicazione a Me. del lotto 2 della "Procedura di gara negoziata su piattaforma M.E.P.A., ai sensi dell''art. 50, comma 1, lett. e) D.Lgs n. 36/2023, per l'affidamento della fornitura di "Medicazioni adesive per la gestione di cateteri venosi centrali, picc e midline" occorrenti al fabbisogno della ASL 1 Avezzano - Sulmona - L'Aquila per un periodo di 24 mesi, nelle more dell''indizione di gara regionale. Richiesta di offerta n. 3842928", e dei relativi allegati; - di tutti i verbali di gara ivi compresi i loro allegati da cui risulta la valutazione dell'offerta tecnica per il lotto 2 presentata da Me. ed, in particolare, le note di trasmissione dell'offerta tecnica al Direttore del Servizio Aziendale del Farmaco, prot. 0176715/23 del 13 dicembre 2023 e al Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione Aziendale, prot. 0176738/23 del 13 dicembre 2023, la nota prot. 0030705/24 del 14 febbraio 2024 del Direttore del Servizio Aziendale del Farmaco di valutazione dell'offerta tecnica di Me., il verbale n. 2/2024 di recepimento delle valutazioni del Direttore del Servizio Aziendale del Farmaco, il parere del Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione Aziendale, nota prot. 180399/23 del 19 dicembre 2023, il verbale n. 3/2023 del 7 marzo 2024, e il provvedimento di ammissione/esclusione relativamente all'ammissione dell'offerta di Me. - nota prot. 31928/24 del 15 febbraio 2024; - della nota prot. 84841/2024 del 3 maggio 2024 di diniego dell'istanza di annullamento in autotutela trasmessa da 3M in data 26 aprile 2024; - nei limiti di interesse, dei chiarimenti, della lex specialis di gara e, in particolare, della lettera di invito e del Capitolato tecnico; - di ogni altro atto ad essi presupposto, anche di natura istruttoria e di programmazione, connesso e/o consequenziale; nonché per l'accertamento dell'illegittimità dei suddetti atti e provvedimenti, nonché in ogni caso della contrarietà alle regole della correttezza della condotta tenuta dalla resistente; e per la condanna della resistente al risarcimento del danno, in via preferenziale, in forma specifica, mediante l'aggiudicazione o subentro nel contratto (al quale la ricorrente si dichiara disponibile) - previa, ove occorra, declaratoria di inefficacia del contratto qualora medio tempore stipulato con l'aggiudicataria - e, in via subordinata, per equivalente. Per quanto riguarda i motivi aggiunti presentati da 3M He. It. Srl in data 10 giugno 2024: per l'annullamento, in relazione al lotto 2: - della nota prot. 82378 del 2 maggio 2024 del Servizio Aziendale del Farmaco dell'ASL 1 Avezzano - Sulmona - L'Aquila, nonché della nota di trasmissione prot. 82378/24 del 29 aprile 2024; - degli atti già impugnati con il ricorso notificato introduttivo del giudizio e da intendersi qui nuovamente impugnati, e quindi: "- della Delibera n. 660 del 21 marzo 2024, comunicata a 3M in data 5 aprile 2024, di aggiudicazione a Me. del lotto 2 della "Procedura di gara negoziata su piattaforma M.E.P.A., ai sensi dell'art. 50, comma 1, lett. e) D.Lgs n. 36/2023, per l'affidamento della fornitura di "Medicazioni adesive per la gestione di cateteri venosi centrali, picc e midline" occorrenti al fabbisogno della ASL 1 Avezzano - Sulmona - L'Aquila per un periodo di 24 mesi, nelle more dell'indizione di gara regionale. Richiesta di offerta n. 3842928", e dei relativi allegati; - di tutti i verbali di gara ivi compresi i loro allegati da cui risulta la valutazione dell'offerta tecnica per il lotto 2 presentata da Me. ed, in particolare, le note di trasmissione dell'offerta tecnica al Direttore del Servizio Aziendale del Farmaco, prot. 0176715/23 del 13 dicembre 2023 e al Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione Aziendale, prot. 0176738/23 del 13 dicembre 2023, la nota prot. 0030705/24 del 14 febbraio 2024 del Direttore del Servizio Aziendale del Farmaco di valutazione dell'offerta tecnica di Me., il verbale n. 2/2024 di recepimento delle valutazioni del Direttore del Servizio Aziendale del Farmaco, il parere del Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione Aziendale, nota prot. 180399/23 del 19 dicembre 2023, il verbale n. 3/2023 del 07/03/2024, e il provvedimento di ammissione/esclusione relativamente all'ammissione dell'offerta di Me. - nota prot. 31928/24 del 15 febbraio 2024; - della nota prot. 84841/2024 del 3 maggio 2024 di diniego dell'istanza di annullamento in autotutela trasmessa da 3M in data 26 aprile 2024; - nei limiti di interesse, dei chiarimenti, della lex specialis di gara ed, in particolare, della lettera di invito e del Capitolato tecnico; - di ogni altro atto ad essi presupposto, anche di natura istruttoria e di programmazione, connesso e/o consequenziale; "; nonché per l'accertamento dell'illegittimità dei suddetti atti e provvedimenti, nonché in ogni caso della contrarietà alle regole della correttezza della condotta tenuta dalla resistente; e per la condanna della resistente al risarcimento del danno, in via preferenziale, in forma specifica, mediante l'aggiudicazione o subentro nel contratto (al quale la ricorrente si dichiara disponibile) - previa, ove occorra, declaratoria di inefficacia del contratto qualora medio tempore stipulato con l'aggiudicataria - e, in via subordinata, per equivalente. Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione in giudizio dell'ASL n. 1 - Avezzano - Sulmona - L'Aquila e di Me. In. It. Srl Unipersonale; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 9 luglio 2024 il dott. Massimo Baraldi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO Con Deliberazione del Direttore Generale n. 2164 del 15 novembre 2023 l'Azienda Sanitaria Locale 1 - Avezzano - Sulmona - L'Aquila, odierna resistente, ha indetto una procedura negoziata, suddivisa in n. 2 lotti funzionali, da espletarsi su piattaforma M.E.P.A., per mezzo di "Rdo Aperta", per la fornitura di "Medicazioni adesive per la gestione di cateteri venosi centrali, pice e midline", per il fabbisogno della ASL 1 Avezzano - Sulmona - L'Aquila per una durata di 24 mesi, nelle more dell'espletamento di gara regionale, da aggiudicare secondo il criterio del minor prezzo. La sopra menzionata procedura prevedeva due lotti e ad essa ha partecipato anche la società 3M He. It. Srl (di seguito anche 3M), odierna ricorrente, presentando un'offerta per il lotto n. 2, avente ad oggetto "Sistema di fissaggio" CIG A02D3A1920, per l'importo complessivo a base d'asta biennale di Euro 32.760,00. Per quanto qui di interesse, va ricordato che il Capitolato tecnico ha previsto che ogni operatore economico dovesse trasmettere le schede tecniche del prodotto offerto contenenti le seguenti informazioni: 1. Destinazione d'uso; 2. Composizione e caratteristiche dei materiali e dei controlli effettuati; 3. Biocompatibilità ; 4. Ipoallergenicità ; 5. Le diciture ''sterile" "monouso", deve essere indicato il metodo di sterilizzazione; 6. La data di fabbricazione; 7. Il numero del lotto e la data di scadenza ove previsto; 8. Eventuali avvertenze per lo stoccaggio e l'uso; 9. Le dimensioni e il numero di pezzi; 10. Marchio CE; 11. CND numero di Repertorio. Inoltre, a pag. 3 del Capitolato tecnico sono state indicate le caratteristiche tecniche minime dei prodotti richiesti per il Lotto 2, ossia "Sistema di fissaggio universale per la stabilizzazione di cateteri venosi centrali ad accesso centrale e periferico composto da dispositivo senza fili di sutura con massa adesiva ipoallergenica in silicone e da una medicazione (8.5x1.5 cm) in film di poliuretano ad alta traspirabilità (MVRT = 3000g/m2/24h) con rinforzo perimetrale in TNT. Tempo di permanenza non inferiore a 7 giorni". Nello svolgimento della procedura in questione sono stati resi chiarimenti da parte della stazione appaltante in data 5 dicembre 2023 e, per quanto concerne il lotto n. 2, è stato fornito, fra gli altri, il chiarimento n. 2 in risposta ad un quesito pervenuto in data 21 novembre 2023 con cui un operatore economico aveva chiesto alla Stazione Appaltante se "...in un'ottica di un'ampia partecipazione, viste le peculiarità descrittive che identificano un particolare prodotto presente sul mercato - è possibile partecipare con un device che raggiunga lo scopo di fissare e proteggere l'accesso vascolare - come da voi richiesto - ma che disponga di un sistema di fissaggio incorporato nella medicazione e che quindi non si identifichi unicamente nella composizione di un sistema fatto da dispositivo di fissaggio + medicazione?". A tale domanda la Stazione appaltante ha risposto, come detto sopra, col chiarimento n. 2 reso con nota del 5 dicembre 2023, in cui ha affermato che "Si accetta il rilievo in quanto, dalla descrizione sintetica, il prodotto risulta essere equivalente dal punto di vista funzionale. Si specifica che la definitiva valutazione dei prodotti offerti sarà redatta anche a seguito della verifica della campionatura richiesta.". Entro il termine di scadenza, in risposta alla lettera di invito, hanno partecipato per il Lotto 2 n. 4 operatori economici, tra cui la ricorrente 3M He. It. Srl e la società Me. In. It. Srl Unipersonale (di seguito più semplicemente Me.), odierna controinteressata. Il Seggio di gara, in composizione monocratica, si è riunito nella prima seduta del 13 dicembre 2023 accertando le offerte ricevute e poi il RUP ha inviato, con note sempre del 13 dicembre 2023, le schede tecniche dei dispositivi offerti sia al Servizio di Prevenzione e Protezione, per le verifiche in materia di sicurezza, che al Servizio Aziendale del Farmaco per la valutazione di idoneità tecnica del prodotto offerto. Per quanto qui di interesse va ricordato che in data 14 febbraio 2024 il Servizio Aziendale del Farmaco ha risposto al RUP, affermando che, per quanto concerne il lotto n. 2, "le ditte 3M e Me. risultano idonee, mentre le ditte....non sono idonee in quanto entrambe offrono il solo sistema di fissaggio catetere (di tipo alternativo) ma non offrono anche la medicazione come invece da noi richiesto nel capitolato tecnico. Infatti in quest'ultimo caso, nel calcolo del prezzo dei prodotti offerti dalle ditte....deve essere sommato il prezzo della medicazione in poliuretano". Preso atto di tale risposta nonché di quella del responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione, si procedeva all'esame della documentazione amministrativa degli operatori economici a seguito della quale venivano ammesse a gara, per il lotto n. 2, l'odierna ricorrente e l'odierna controinteressata. Le operazioni di gara terminavano con la verifica delle offerte economiche, ad esito delle quali Me. è risultata aver offerto il minor prezzo (Euro 23.520,00), seguita dalla ditta 3M, che ha offerto Euro 32.704,00, come affermato dalla Deliberazione del Direttore Generale n. 660 del 21 marzo 2024 di aggiudicazione, di cui in epigrafe, con cui la fornitura per il lotto n. 2 veniva aggiudicata a Me. In. It. Srl. In data 5 aprile 2024, 3M richiedeva alla Stazione Appaltante di inviare la Delibera di aggiudicazione nonché tutti i verbali di gara e l'offerta di Me. per il lotto n. 2. A seguito della ricezione della pec, nel pomeriggio del 5 aprile 2024, la Stazione appaltante trasmetteva via e-mail la Delibera di aggiudicazione n. 660 del 21 marzo 2024, già notificata tramite la piattaforma MEPA, da cui risultava l'aggiudicazione del lotto 2 in favore di Me. per un importo pari ad Euro 23.520,00. In data 26 aprile 2024, per il tramite dei propri legali, 3M presentava istanza di annullamento in autotutela dell'intera gara (lotti 1 e 2) affermando, per quanto qui di interesse, che con riferimento al lotto n. 2 "Me. In. It. ha offerto il prodotto So. Sh. Ce. (codice prodotto (omissis)), caratterizzato da una medicazione e da un sistema di fissaggio integrato il quale non presenta adesivo in silicone.". Preso atto di tale istanza il Servizio Acquisizione e Gestione Beni e Servizi dell'ASL 1 inoltrava la stessa, con nota n. 82378/24 del 29 aprile 2024, al Servizio Aziendale del Farmaco, invitando tale ufficio "a valutare quanto esposto dalla società nella nota allegata", ed il predetto Servizio Aziendale del Farmaco rispondeva con nota n. 82378 del 2 maggio 2024, di cui in epigrafe, in cui affermava che "si ribadisce che nella valutazione dei lotti è stata applicata l'equivalenza terapeutica e funzionale come previsto dall'ultimo codice degli appalti". Nel frattempo, in data 30 aprile 2024 l'ASL 1 riscontrava l'accesso svolto dalla ricorrente in data 5 aprile 2024 inviando alla stessa le sopra menzionate note del 13 dicembre 2023 di trasmissione al Direttore del Servizio Aziendale del Farmaco e al Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione Aziendale delle schede tecniche per il giudizio di idoneità, la nota prot. 0030705/24 del Direttore del Servizio Aziendale del Farmaco del 14 febbraio 2024, quella del Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione Aziendale e la scheda tecnica del prodotto offerto da Me.. In data 3 maggio 2024, la Stazione Appaltante respingeva l'istanza di annullamento in autotutela presentata dalla ricorrente, affermando che "l'aggiudicazione, infatti, è avvenuta sulla scorta del parere tecnico del Direttore della U.O.C. Servizio Aziendale del Farmaco, nel rispetto della normativa prevista dal vigente codice degli appalti". Avverso la determina di aggiudicazione n. 660 del 21 marzo 2024, nonché gli altri provvedimenti in epigrafe indicati, ha proposto il ricorso introduttivo del presente giudizio, depositato in data 7 maggio 2024, la società 3M He. It. Srl, chiedendone l'annullamento, previa sospensione dell'efficacia, deducendo il seguente motivo: - Violazione e falsa applicazione della lex specialis ed in particolare, della lettera di invito e del capitolato tecnico di gara. Violazione e falsa del D.lgs. 36/2023 ed in particolare degli artt. 50, 108. Violazione e falsa applicazione del giusto procedimento e della l. 241/90. Eccesso di potere per travisamento dei fatti e difetto di istruttoria, omessa motivazione. Si è costituita in giudizio in data 10 maggio 2024 la società Me. In. It. Srl Unipersonale, depositando poi, in data 20 maggio 2024, memoria con cui ha chiesto la reiezione del ricorso in quanto infondato nel merito. Si è costituita in giudizio, in data 17 maggio 2024, l'ASL 1 Avezzano - Sulmona - L'Aquila depositando copiosa documentazione nonché relativa memoria con cui ha chiesto la reiezione del ricorso in quanto infondato nel merito affermando che "la stazione appaltante, per il tramite della commissione (nel caso di specie, in relazione al tipo di gara, ai sensi di legge, il RUP), dopo aver richiesto ed acquisito il parere del Servizio Prevenzione e Protezione...e la relazione di valutazione dell'idoneità tecnica del prodotto..., ha eseguito, nel legittimo esercizio del potere discrezionale...le attività di rito di valutazione comparativa delle offerte..., applicando correttamente l'istituto dell'equivalenza (o equipollenza), ritenendo il prodotto offerto da Me., comunque perfettamente corrispondente alle specifiche esigenze dell'ente committente nonché conforme alle specifiche di gara". Inoltre, in occasione della sua costituzione, l'ASL 1 ha depositato documentazione non trasmessa prima alla ricorrente, ossia la nota del 2 maggio 2024 del Servizio Aziendale del Farmaco sopra menzionata nonché una dichiarazione di equivalenza che sarebbe stata presentata da Me. congiuntamente all'offerta tecnica. In data 20 maggio 2024 parte ricorrente ha presentato rinuncia all'istanza cautelare in quanto "in data 17 maggio 2024, l'Azienda Sanitaria resistente ha depositato memoria e prodotto atti e documenti mai prima trasmessi alla ricorrente né in sede di evasione dell'istanza di accesso né con il riscontro all'istanza di annullamento, da cui è emersa la necessità di proporre motivi aggiunti di ricorso" e "considerato altresì che la Stazione Appaltante ha depositato il contratto stipulato con la controinteressata in data 5 aprile 2024". All'udienza in camera di consiglio del 22 maggio 2024 è stata emessa l'ordinanza n. 107/2024, con cui si è preso atto della predetta rinuncia. In data 10 giugno 2024 parte ricorrente ha depositato ricorso per motivi aggiunti, con cui ha affermato che "In vista della camera di consiglio la Stazione appaltante si costituiva in giudizio depositando memoria e documenti. La Stazione Appaltante ha fondato l'intero impianto difensivo sulla presunta equivalenza del prodotto offerto da Me., depositando in giudizio una dichiarazione di equivalenza che sarebbe stata presentata da Me. (e non ostesa a 3M in riscontro all'accesso!) e la nota del 2 maggio 2024 prot. 82378 del Servizio Farmaceutico - anch'essa non trasmessa alla ricorrente con la pec del 3 maggio 2024 - in cui lo stesso Servizio Farmaceutico, nel valutare l'istanza di annullamento presentata da 3M, faceva riferimento ad una valutazione di equivalenza.". Premesso quanto sopra, parte ricorrente coi motivi aggiunti ha impugnato la nota prot. 82378 del 2 maggio 2024 del Servizio Aziendale del Farmaco dell'ASL 1 - Avezzano - Sulmona - L'Aquila, con cui lo stesso ha affermato che "nella valutazione dei lotti è stata applicata l'equivalenza terapeutica e funzionale, come previsto dall'ultimo codice degli appalti". In particolare, coi sopra ricordati motivi aggiunti parte ricorrente ha dedotto il seguente articolato motivo di ricorso: - Violazione e falsa applicazione della lex specialis ed in particolare, della lettera di invito e del capitolato tecnico di gara. Violazione e falsa del D.lgs. 36/2023 ed in particolare degli artt. 50, 79, 105, 108 nonché degli allegati ii.5 e ii.8. Violazione e falsa applicazione del giusto procedimento e della l. 241/90. Omessa verbalizzazione. Eccesso di potere per travisamento dei fatti e difetto di istruttoria, omessa motivazione. Violazione del divieto di motivazione postuma. Le parti hanno poi depositato memorie finali ed infine, all'udienza pubblica del 9 luglio 2024, la causa è stata trattenuta in decisione. DIRITTO 1. - Il ricorso, come integrato dai motivi aggiunti, è infondato nel merito e va respinto. 2.1. - Col ricorso introduttivo del presente giudizio parte ricorrente ha dedotto, nell'unico motivo di ricorso, l'illegittimità della delibera di aggiudicazione n. 660 del 21 marzo 2024, nonché degli altri provvedimenti ivi indicati, affermando che l'aggiudicazione del lotto 2 della gara di che trattasi a Me. è illegittima in quanto "La controinteressata ha infatti offerto un prodotto che non rispetta le caratteristiche tecniche minime stabilite dalla lex specialis a pena di esclusione, e pertanto la stazione appaltante avrebbe dovuto procedere alla sua esclusione.". In particolare, parte ricorrente richiama le disposizioni del Capitolato tecnico che prevedevano "un sistema di fissaggio...composto da dispositivo senza fili di sutura con massa adesiva ipoallergenica in silicone e da una medicazione (8.5x11.5 cm) in film di poliuretano ad alta aspirabilità (MVRT o1: 3000g/m2/24h) con rinforzo perimetrale in TNT..." e sostiene che il prodotto offerto da Me. non presenta tali caratteristiche in quanto dalla scheda tecnica di tale prodotto emergerebbe che lo stesso "è caratterizzato da una medicazione e da un sistema di fissaggio integrato il quale non presenta una massa adesiva in silicone, richiesta quale caratteristica essenziale dalla lex specialis, ma a base acrilico. Nella scheda tecnica si legge espressamente: "Adesivo: a base acrilico (biocompatibile, di grado medicale per la cute)". Inoltre nella scheda tecnica non vi è alcun riferimento al requisito che la medicazione deve essere "in film di poliuretano ad alta aspirabilità (MVRT = : 3000g/m2/24h)" anch'esso richiesto quale caratteristica essenziale della fornitura.". La mancanza di tali requisiti, sempre secondo parte ricorrente, renderebbe l'offerta di Me. incompleta e dunque la stessa "avrebbe dovuto essere esclusa per l'assenza di ben due caratteristiche tecniche minime della fornitura.", risultando censurabile l'azione svolta dalla Stazione appaltante "per erroneità e carenza di istruttoria visto che la valutazione di idoneità dei prodotti offerti imponeva al Direttore del Servizio del Farmaco di valutare la sussistenza delle caratteristiche essenziali della fornitura richieste nel Capitolato tecnico che, nel caso di specie, per le sopradescritte motivazioni non appare essere stata svolta. Né giova all'Amministrazione la nota del Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione Aziendale il quale si è limitato a rilevare la "conformità sottoscritta dai vari operatori economici di quanto offerto alle normative di riferimento in vigore", che esclude che lo stesso abbia svolto qualsiasi verifica rispetto ai requisiti della lex specialis di gara.". In altri termini, il prodotto offerto da Me. costituirebbe, secondo la tesi di parte ricorrente, "un vero e proprio aliud pro alio rispetto all'oggetto della gara in esame" e, pertanto, la Stazione appaltante "non avrebbe potuto fare altro che escludere l'offerta dalla stessa presentata.". Inoltre parte ricorrente afferma che "Alla luce delle considerazioni che precedono la stessa nota prot. 84841/2024 del 3 maggio 2024 con cui è stata respinta l'istanza di annullamento è del pari errata e affetta da carenza di motivazione ed istruttoria considerato che sostenere che l'aggiudicazione è avvenuta sulla scorta del parere tecnico del Direttore della U.O.C. Servizio Aziendale del Farmaco "nel rispetto della normativa prevista dal vigente codice degli appalti", non è affatto una motivazione, rilevato che tale Direttore non risulta peraltro nemmeno essere stato ulteriormente interpellato a seguito dell'istanza di annullamento.". 2.2. - Il motivo (e, conseguentemente, il ricorso introduttivo) è infondato nel merito e va respinto. Il Collegio osserva che non risulta contestato che il prodotto offerto da Me. risulta difforme dalle specifiche previste dal Capitolato tecnico ma tale difformità non implica l'illegittimità dell'impugnata aggiudicazione. Al riguardo, difatti, va ricordato che la stessa Stazione appaltante, in sede di chiarimenti, aveva affrontato il punto delle specifiche tecniche del prodotto richiesto per il lotto n. 2 in seguito ad una richiesta di chiarimenti avanzata da un concorrente. In particolare, come già ricordato sopra, un concorrente aveva chiesto all'Amministrazione, ai fini della massima partecipazione, la possibilità di rispondere all'invito presentando un dispositivo comunque funzionalmente identico alle esigenze dalla Stazione appaltante, avente il precipuo scopo di fissare e proteggere l'accesso vascolare ma costituito da un sistema di fissaggio incorporato nella medicazione atteso che la descrizione del prodotto richiesto da parte dell'Amministrazione, sempre secondo la tesi del concorrente, identificava "...un particolare prodotto presente sul mercato", e a tale domanda l'Amministrazione aveva risposto in senso positivo stabilendo che "Si accetta il rilievo in quanto, dalla descrizione sintetica, il prodotto risulta essere equivalente dal punto di vista funzionale." e ribadendo che "la definitiva valutazione dei prodotti offerti sarà redatta anche a seguito della verifica della campionatura richiesta". Il Collegio rileva, dunque, che la mancata rispondenza alle caratteristiche tecniche previste dal Capitolato tecnico da parte del prodotto offerto da Me. non rendeva certo l'offerta di tale dispositivo illegittima in quanto costituente aliud pro alio, atteso che ben potevano i concorrenti offrire un prodotto diverso rispetto a quello descritto nel predetto Capitolato ma di pari funzionalità in base, innanzitutto, al principio di equivalenza che permea le gare pubbliche in generale e, poi, alla specifica risposta data dalla Stazione appaltante sul punto, atteso che la stessa aveva espressamente accettato un sistema di fissaggio incorporato nella medicazione come è quello offerto dalla controinteressata, così integrando di fatto la previsione del Capitolato tecnico sul punto. A tal riguardo va rimarcato come la controinteressata ha offerto il Sistema So. Sh., ossia un "dispositivo integrato per il fissaggio "suture less" - con tecnologia SH. che stabilizza il catetere facendolo restare saldamente in posizione e garantendo resistenza alle forze di trazione multidirezionali....il dispositivo in oggetto è composto da una innovativa medicazione che integra il film trasparente in poliuretano altamente permeabile con il dispositivo di fissaggio. Questo permette quindi di avere in un unico dispositivo la funzione di protezione del sito di inserzione e la funzione di ancoraggio del catetere...". Il predetto dispositivo, inviato in campionatura dal concorrente e corredato da apposita scheda tecnica, è stato valutato dalla Stazione appaltante mediante invio della scheda tecnica del prodotto al Servizio Aziendale del Farmaco in data 13 dicembre 2023 al fine del controllo di conformità del prodotto (mentre, per quanto concerne la campionatura del prodotto, va ricordato che, secondo le previsioni del Capitolato tecnico, la stessa doveva essere inviata direttamente al Magazzino della Farmacia Sa. Sa. di L'A.). Il Servizio Aziendale del Farmaco, come già sopra esposto nella parte in fatto, ha risposto alla richiesta di valutazione di conformità con nota n. 30705 del 14 febbraio 2024 in cui ha affermato che, ai fini della valutazione dell'idoneità tecnica, "sulla base delle schede tecniche e della campionatura allegata di seguito, si comunica la valutazione relativa alla conformità /idoneità dei dispositivi oggetto della presente:...le ditte 3M e Me. risultano idonee...", così svolgendo appieno la valutazione di equivalenza prevista dal Codice degli appalti e ribadita dalla Stazione appaltante col chiarimento n. 2; ne deriva, dunque, che il prodotto della società controinteressata, pur non rispondendo alle precise caratteristiche tecniche previste dalla legge di gara, risultava del tutto equivalente funzionalmente (e, pertanto, idoneo) rispetto a quanto richiesto dalla Stazione appaltante che correttamente non ha escluso lo stesso sulla base di un giudizio tecnico di un proprio ufficio che non risulta abnorme o illogico (e, inoltre, va ricordato che il giudizio tecnico svolto dal Servizio Aziendale del Farmaco ha portato all'esclusione dell'offerta di due concorrenti in quanto le stesse offrivano un prodotto non equivalente a quello richiesto). Risultano condivisibili, sul punto, le argomentazioni della controinteressata secondo cui "la presentazione del dispositivo diverso da quello indicato, ma avente le caratteristiche richieste dalla lettera di invito è stata confermata dalla richiesta della campionatura e della scheda tecnica, proprio ai fini della valutazione di equivalenza, richiesta - che diversamente non avrebbe avuto alcuna ragione di essere - inoltrata ai concorrenti da parte dell'Amministrazione. Da un tanto, l'evidente correttezza del provvedimento di aggiudicazione del lotto 2 disposta in favore della Me. che ha offerto un prodotto equivalente e conforme alle caratteristiche funzionali richieste dalla legge di gara...". La predetta applicazione del principio di equivalenza è stata affermata anche dalla difesa della Stazione appaltante, la quale ha dichiarato che la stessa ha applicato "correttamente l'istituto dell'equivalenza (o equipollenza), ritenendo il prodotto offerto da Me., comunque perfettamente corrispondente alle specifiche esigenze dell'ente committente nonché conforme alle specifiche di gara" e tale affermazione risulta del tutto condivisibile in quanto, come si dirà più diffusamente nell'esame del ricorso per motivi aggiunti, l'Amministrazione ha applicato il predetto principio alla valutazione delle offerte pervenute dandone piena evidenza negli atti di gara. Per quanto attiene, poi, alla doglianza di parte ricorrente secondo cui anche la nota del 3 maggio 2024 dell'Amministrazione, con cui è stata respinta l'istanza di autotutela avanzata dalla ricorrente, risulterebbe errata in quanto, rispetto al menzionato parere tecnico del Direttore dell'U.O.C., non risulta che il predetto Direttore sia "stato ulteriormente interpellato a seguito dell'istanza di annullamento", il Collegio rileva che la stessa risulta smentita per tabulas dalla produzione dell'Amministrazione, la quale ha versato in atti la propria nota n. 82378/24 del 29 aprile 2024, con cui ha chiesto al Direttore dell'U.O.C. Servizio Aziendale del Farmaco un parere rispetto al richiesta di annullamento in autotutela presentata dalla ricorrente, richiesta di parere cui è stato risposto con nota n. 82378/24 del 2 maggio 2024, con cui il Direttore dell'UOC interessata ha affermato che "nella valutazione dei lotti è stata applicata l'equivalenza terapeutica e funzionale, come previsto dall'ultimo codice degli appalti". Risulta quindi assodato che la nota del 3 maggio 2024 di reiezione dell'istanza in autotutela non è errata o affetta da carenza di motivazione ed istruttoria ma, al contrario, è stata adottata all'esito di una rinnovata istruttoria relativamente al punto dell'equivalenza funzionale, di nuovo accertata, del prodotto offerto dalla società Me. rispetto al prodotto descritto nel Capitolato tecnico. 2.3 - Dall'infondatezza del ricorso rispetto alla domanda di annullamento degli atti impugnati, del tutto legittimi per le motivazioni sopra espresse, ne discende l'infondatezza della domanda risarcitoria avanzata da parte ricorrente per mancanza dell'elemento oggettivo del danno. 3. - Stabilito quanto sopra con riferimento al ricorso introduttivo del giudizio, il Collegio può ora passare all'esame del ricorso per motivi aggiunti presentato da parte ricorrente in data 10 giugno 2024, con cui la stessa ha dedotto varie censure avverso il giudizio di equivalenza svolto dalla Stazione appaltante rispetto al prodotto offerto da Me., e, al riguardo, osserva che lo stesso è infondato nel merito e va respinto. 3.1.1. - Con una prima censura dell'unico motivo di ricorso per motivi aggiunti parte ricorrente, dopo aver ricordato che in sede di accesso agli atti la Stazione appaltante non ha fornito alla stessa la dichiarazione di equivalenza prodotta poi in giudizio (e che Me., secondo quanto dalla medesima dichiarato, avrebbe inviato fra gli atti di gara) né il test report, ha affermato che "diversamente da quanto riportato nella nota sopracitata, il Servizio Aziendale del Farmaco della ASL non ha mai operato una valutazione di equivalenza, come risulta dai verbali della procedura di gara e allegati all'aggiudicazione. Dalla documentazione della procedura di gara non risulta affatto che Me. abbia allegato alla propria offerta una dichiarazione di equivalenza (né il test report sul valore MVTR), né che la stazione appaltante abbia mai esaminato una dichiarazione di equivalenza di Me., né in ogni caso che abbia effettuato una valutazione di equivalenza.". In particolare, secondo parte ricorrente la Stazione appaltante avrebbe esaminato solamente la scheda tecnica del prodotto offerto da Me. ed il campione dello stesso depositato dalla controinteressata e non avrebbe mai valutato la dichiarazione di equivalenza in atti in quanto "gli atti e i verbali di gara non menzionano in alcun modo che sia stata effettuata una valutazione di equivalenza, ed anzi non vi è traccia né che la dichiarazione di equivalenza sia stata fornita da Me., né che tale dichiarazione sia stata valutata ai fini dell'ammissione e/o dell'aggiudicazione.". Inoltre, secondo parte ricorrente "la Lettera di Invito, pag. 7, stabiliva la necessità di inserire una "Dichiarazione sostitutiva, redatta ai sensi del D.P.R. 445/2000, attestante che il materiale/dispositivo/sistema offerto, qualora non risponda esattamente alla descrizione delle caratteristiche minime indicate, "pena esclusione" nel capitolato tecnico, abbia comunque caratteristiche "equivalenti" sotto il profilo tecnico, con ampia indicazione e dettagliata motivazione dell'equivalenza medesima, eventualmente comprovata da attinente documentazione allegata alla dichiarazione medesima", onde la regola di gara chiedeva che il concorrente che intendesse avvalersi dell'equivalenza, avrebbe dovuto dichiararlo. Se, come appare, tale dichiarazione è stata fornita ex post, l'illegittimità dell'ammissione dell'offerta di Me. è evidente...Qualora invece tale dichiarazione fosse stata tempestivamente acquisita, allora gli atti di gara sarebbero illegittimi per omessa verbalizzazione e per difetto assoluto di motivazione, con violazione dell'art. 3 L. 241/90, essendo ovviamente illegittima una motivazione postuma.". 3.1.2. - La censura è infondata. Il Collegio rileva, innanzitutto, che vi è prova in atti del fatto che la Stazione appaltante, contrariamente a quanto sostenuto da parte ricorrente, ha svolto il giudizio di equivalenza rispetto al prodotto offerto dalla società controinteressata sia con esame della scheda tecnica dello stesso prodotto che con esame del relativo campione inviato. Di tale esame vi è piena contezza negli atti di gara, in primis nella delibera di aggiudicazione n. 660 del 21 marzo 2024 impugnata, la quale menziona espressamente, a p. 3, la valutazione di idoneità tecnica svolta dal Servizio Aziendale del Farmaco con nota n. 30705/24 del 14 febbraio 2024, affermando che, in base alla stessa, sono state escluse due offerte "in quanto non conformi ai requisiti tecnici minimi" e così confermando che la verifica di idoneità tecnica svolta da tale Servizio integra pienamente la verifica di corrispondenza o equivalenza del prodotto presentato dai concorrenti rispetto a quanto previsto dai documenti di gara e, quindi, tale giudizio, rispetto al prodotto offerto da Me., dà piena contezza della valutazione di equivalenza svolta dalla Stazione appaltante rispetto a tale prodotto. La predetta valutazione di idoneità tecnica mira, infatti, a verificare la funzionalità del prodotto offerto rispetto a quanto richiesto, a livello appunto di funzionalità, da parte della Stazione appaltante nei documenti di gara e costituisce indubbiamente il giudizio di equivalenza da parte dell'Amministrazione. Tale giudizio è stato svolto dal competente organo tecnico dell'ASL n. 1, ossia il Servizio Aziendale del Farmaco, che si è espresso in merito alla idoneità tecnica del prodotto offerto da Me. per ben due volte, ossia in sede di esame delle offerte con la nota n. 30705/24 sopra menzionata - parte integrante del verbale n. 2 del Seggio di gara - ed in sede di riesame da parte dell'Amministrazione con la nota n. 82378/24 del 2 maggio 2024, esprimendo dunque un giudizio compiuto ed esaustivo rispetto alla funzionalità del prodotto offerto da Me. per il lotto n. 2 in quanto tale giudizio è stato emesso, per quanto concerne la seconda nota, all'esito dell'esame dell'istanza di annullamento in autotutela formulata dall'odierna ricorrente e, dunque, valutando i rilievi formulati da 3M rispetto al prodotto offerto da Me., in primis l'asserita assenza di un adesivo in silicone. Risulta dunque del tutto infondata l'affermazione di parte ricorrente secondo cui "Gli atti della procedura di gara smentiscono per tabulas la nota del 2 maggio 2024, prodotta in giudizio e mai trasmessa alla ricorrente, in cui il Servizio di Farmacia, a seguito dell'istanza di annullamento di 3M, riferisce di aver svolto una valutazione di equivalenza. Ed infatti, non sussistono tracce di tale valutazione durante la valutazione del prodotto di Me. da parte del Servizio Aziendale del Farmaco che - come detto - si è limitata a visionare le schede tecniche ed il campione e ad affermarne l'idoneità ." atteso che le tracce invocate da parte ricorrente consistono proprio nel giudizio di idoneità tecnica svolto dal Servizio Aziendale del Farmaco, poi recepito dai verbali di gara, dal provvedimento di ammissione/esclusione n. 31928/24 del 15 febbraio 2024 e dalla delibera di aggiudicazione del 21 marzo 2024, come reso evidente dall'univoco senso che può essere attribuito a tale valutazione che concerne, appunto, l'idoneità tecnica del prodotto offerto da Me., ossia il suo soddisfare i requisiti richiesti dal Capitolato tecnico. La sopra menzionata conclusione risulta confermata, in base ad un semplice ragionamento a contrario, dalla piana lettura della nota n. 30705/24 con cui il Servizio Aziendale del Farmaco, come già sopra ricordato, ha riferito al Seggio di gara le proprie conclusioni rispetto a tutti i prodotti offerti, atteso che in tale nota, con riferimento ai prodotti di altre ditte non ritenuti tecnicamente idonei, il Servizio Aziendale del Farmaco ha affermato espressamente che tali prodotti offerti non sono idonei in quanto "offrono il solo sistema di fissaggio catetere (di tipo alternativo) ma non offrono anche la medicazione come invece da noi richiesto nel capitolato tecnico", ossia con una puntuale motivazione tecnica di non rispondenza alle caratteristiche tecniche richieste nel Capitolato che costituisce pienamente un giudizio di equivalenza del prodotto offerto (in questo caso, giudizio con esito negativo). Ne deriva, dunque, che il richiesto giudizio di equivalenza è stato svolto da parte della Stazione appaltante con l'analisi della scheda tecnica del prodotto offerto e del campione dello stesso, come peraltro stabilito dalla stessa Amministrazione in sede di risposta al quesito n. 2, in cui è stato affermato che "la definitiva valutazione dei prodotti offerti sarà redatta anche a seguito della verifica della campionatura richiesta.". Statuito in via dirimente quanto sopra, il Collegio osserva come la circostanza relativa al fatto che sia stata presentata o meno la dichiarazione di equivalenza nonché il test report da parte di Me. sia irrilevante ai fini della decisione in quanto, per quanto attiene al test report, lo stesso non era richiesto dalla documentazione di gara, mentre, per quanto riguarda la dichiarazione di equivalenza di cui a p. 7 della lettera di invito, il Collegio osserva come tale lettera di invito, adottata in data 17 novembre 2023, va necessariamente coordinata coi successivi chiarimenti emessi dalla Stazione appaltante in data 5 dicembre 2023. Nello specifico, il Collegio osserva che i chiarimenti del 5 dicembre 2023 hanno, con tutta evidenza, ridefinito l'oggetto dell'appalto per quanto concerne il lotto n. 2, in quanto gli stessi hanno di fatto integrato il Capitolato tecnico ridefinendo l'oggetto del predetto lotto che è stato individuato non solo in un dispositivo di fissaggio con una medicazione ma anche in un sistema di fissaggio incorporato nella medicazione e, dunque, l'oggetto dell'appalto è stato ridefinito dai predetti chiarimenti includendo anche i dispositivi aventi un sistema di fissaggio incorporato nella medicazione come quello offerto da Me.. 3.2.1. - Con una seconda censura dell'unico motivo di ricorso per motivi aggiunti, parte ricorrente afferma che "l'eventuale giudizio di equivalenza sarebbe illegittimo, secondo i principi affermati dalla sentenza della III Sezione del Consiglio di Stato n. 6841/2021". In particolare, parte ricorrente richiama il passo della sopra menzionata sentenza in cui viene affermato che "la documentazione tecnica presentata dal concorrente con riferimento ad una offerta priva dei requisiti di conformità alle specifiche tecniche previste dalla lex specialis, per poter fungere da oggetto della "relatio" eventualmente contenuta nel provvedimento di ammissione della medesima offerta alla gara, deve quantomeno indicare: - il requisito tecnico carente; - il requisito tecnico posseduto atto a soddisfare "per equivalente" l'esigenza funzionale cui il primo era preordinato; - le ragioni tecniche per le quali il prodotto offerto (nel caso di appalto di fornitura) debba ritenersi equivalente, da un punto di vista funzionale, a quello richiesto dalla stazione appaltante.". Inoltre parte ricorrente richiama anche il diverso punto della predetta sentenza in cui viene affermato che "Deve aggiungersi che non si intende negare che dalla documentazione tecnica prodotta dalle concorrenti possano astrattamente ricavarsi gli elementi necessari alla formulazione di un giudizio di equivalenza, anche in mancanza di una sua espressa e formale elaborazione da parte delle stesse e tenuto conto della specifica competenza in materia della commissione di gara: tuttavia, deve rilevarsi che nella specie non è solo a discutersi di una insufficiente (o, per meglio dire, assente del tutto) appendice motivazionale del giudizio di equivalenza, ma della stessa inconfigurabilità - se non del tutto ipotetica, ciò che è diverso dal suo semplice essere implicito - di quest'ultimo, non potendo ritenersi sotteso alla affermazione, risultante dai verbali di gara, secondo cui "la commissione giudicatrice ha constatato (...) la presenza della documentazione e dei requisiti di idoneità richiesti nonché degli elementi necessari alla valutazione di qualità " (formula che allude ad una verifica "diretta", e non "per equivalente", dei requisiti tecnici di ammissione).". Sulla base delle sopra richiamate conclusioni, parte ricorrente deduce che "in fattispecie, come detto, il disciplinare di gara richiedeva comunque al concorrente (a differenza dell'ipotesi esaminata nella citata sentenza) di presentare nell'offerta tecnica - unitamente alle schede illustrative del prodotto offerto - una "Dichiarazione sostitutiva, redatta ai sensi del D.P.R. 445/2000, attestante che il materiale/dispositivo/sistema offerto, qualora non risponda esattamente alla descrizione delle caratteristiche minime indicate, "pena esclusione" nel capitolato tecnico, abbia comunque caratteristiche "equivalenti" sotto il profilo tecnico, con ampia indicazione e dettagliata motivazione dell'equivalenza medesima, eventualmente comprovata da attinente documentazione allegata alla dichiarazione medesima"..., dichiarazione che non risulta sia mai stata fornita entro il termine di presentazione dell'offerta.". 3.2.2. - La censura è infondata. Il Collegio rileva che le conclusioni della sentenza del Consiglio di Stato n. 6481/2021 risultano del tutto condivisibili ed altrettanto inconferenti rispetto al caso di che trattasi, atteso che nella presente fattispecie la Stazione appaltante, come largamente argomentato nell'esame della precedente censura, ha dato conto nei documenti di gara del giudizio di equivalenza svolto da un apposito ufficio della stessa (Servizio Aziendale del Farmaco) relativamente ai prodotti offerti e, dunque, non si è in presenza di una "inconfigurabilità " del giudizio di equivalenza che, viceversa, risulta compiutamente espresso in base non solo alla documentazione di gara prodotta dai concorrenti ma anche con riferimento all'analisi del campione del prodotto offerto dai medesimi. Sussiste, dunque, in atti la prova della verifica svolta dalla Stazione appaltante dell'idoneità tecnica del prodotto offerto da parte di Me. e, inoltre, il predetto giudizio di equivalenza è stato svolto tenendo ben presente che, per quanto già detto sopra, l'oggetto del lotto n. 2 era stato integrato dai chiarimenti forniti in data 5 dicembre 2023 dalla stessa Amministrazione, chiarimenti che hanno di fatto esteso l'oggetto del lotto 2 anche a dispositivi con diverse caratteristiche (un sistema di fissaggio incorporato nella medicazione) ma aventi uguale funzionalità ed idoneità tecnica. 3.3.1. - Con un'ulteriore censura dell'unico motivo di ricorso per motivi aggiunti, parte ricorrente deduce la mancanza di necessarie caratteristiche tecniche da parte del prodotto offerto da Me., affermando che il dispositivo offerto dalla controinteressata "non possiede le caratteristiche tecniche minime della: (i) massa adesiva in silicone, risultando dalla scheda tecnica che si tratta di una medicazione a base acrilico (ii) "aspirabilità (MVRT = : 3000g/m2/24h)", considerato che tale valore non risulta indicato in scheda tecnica.". Inoltre, sempre sotto il profilo tecnico del prodotto offerto da Me., parte ricorrente afferma che "la valutazione di equivalenza, ove mai fosse stata effettuata, sarebbe errata, quanto alla massa adesiva in silicone, e impossibile quanto al requisito dell'aspirabilità " e ciò in quanto, per quanto attiene all'adesivo in silicone, asseritamente non offerto dalla controinteressata, "Si tratta dunque di una scelta precisa della Stazione appaltante che, qualora non avesse ritenuto essenziale la caratteristica tecnica dell'"adesivo in silicone", avrebbe potuto chiedere un semplice "dispositivo di fissaggio sutureless adesivo" senza specificare la natura della componente di quest'ultimo." mentre, per quanto attiene al requisito della aspirabilità, "risulta evidente che non essendo il valore MVTR dichiarato nella scheda tecnica, l'Amministrazione non aveva alcuna possibilità di verificarne la rispondenza al requisito minimo stabilito a pena di esclusione". 3.3.2. - La censura è infondata. Il Collegio rileva che, come più volte affermato, la Stazione appaltante ha svolto un giudizio di equivalenza sul prodotto offerto da Me. e tale giudizio, reso da un particolare Ufficio della stessa, costituisce con ogni evidenza una espressione di discrezionalità tecnica che non può essere messa in discussione dal Giudice Amministrativo se non in casi di palese illogicità od abnormità del giudizio, casi che non è dato ravvisare nella presente fattispecie. Al riguardo, difatti, il Collegio osserva che nel presente caso l'Amministrazione ha svolto un giudizio tecnico con i propri uffici che ha condotto alla esclusione di alcuni concorrenti per non aver offerto un prodotto equivalente a quello richiesto ed all'ammissione di altri (nella specie, la ricorrente e la controinteressata) e, dunque, ha compiutamente svolto il richiesto giudizio di idoneità tecnica del prodotto offerto e di equivalenza per prodotti diversi da quello indicato nel Capitolato tecnico (come integrato, di fatto, dai chiarimenti resi in data 5 dicembre 2023) con conclusioni che rientrano pienamente nell'ambito di discrezionalità di cui la stessa è titolare e che non risultano palesemente illogiche. Inoltre, per quanto concerne il requisito relativo al valore del MVTR, il Collegio osserva che la mancata indicazione di tale dato sulla scheda tecnica non impediva (e non ha impedito) alla Stazione appaltante di verificarlo in concreto, atteso che la mancata indicazione del dato nella scheda tecnica non significa necessariamente che il relativo prodotto non disponga di tale caratteristica ma solo che la scheda (che parla di dispositivo "altamente permeabile") non lo ha indicato puntualmente. 3.4. - Dall'infondatezza del ricorso per motivi aggiunti rispetto alla domanda di annullamento degli atti impugnati, del tutto legittimi per le motivazioni sopra espresse, ne discende l'infondatezza della domanda risarcitoria avanzata da parte ricorrente per mancanza dell'elemento oggettivo del danno. 4. - Per tutto quanto sopra illustrato, dunque, il ricorso introduttivo del presente giudizio e i motivi aggiunti sono infondati nel merito e vanno respinti, ivi compresa la domanda risarcitoria. 5. - Le spese seguono la soccombenza ex art. 91 cpc e vengono liquidate come da dispositivo. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per l'Abruzzo Sezione Prima, definitivamente pronunciando sul ricorso, integrato dai motivi aggiunti, come in epigrafe proposto, lo respinge. Condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio a favore di parte resistente e della società controinteressata, liquidate in Euro 2.000,00 (duemila/00) ciascuna. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa. Così deciso in L'Aquila nella camera di consiglio del giorno 9 luglio 2024 con l'intervento dei magistrati: Germana Panzironi - Presidente Maria Colagrande - Consigliere Massimo Baraldi - Primo Referendario, Estensore
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO DI L'AQUILA SEZIONE UNICA IN COMPOSIZIONE MONOCRATICA All'esito della camera di consiglio, il Giudice, Dott. Christian Corbi, deposita la seguente SENTENZA emessa ai sensi degli artt. 281 sexies e 127 ter c.p.c., nella causa civile iscritta al n. 1100 del ruolo generale affari contenziosi dell'anno 2020 - fascicolo assegnato allo scrivente in data 29.3.2024 - discussa, tramite il deposito di note scritte in sostituzione dell'udienza, in data 6 giugno 2024; TRA (...), elettivamente domiciliato a L'Aquila, (...), presso lo studio dell'Avv. Ci.Vi.Al., che la rappresenta e difende in virtù di procura in calce all'atto di citazione. Parte attrice E (...), entrambi elettivamente domiciliati a L'Aquila, (...), presso lo studio dell'Avv. Ca.An., che li rappresenta e difende in virtù di procura in calce alla comparsa di costituzione e di risposta. Parte convenuta E (...) elettivamente domiciliato a L'Aquila, (...), presso lo studio dell'Avv. Lu.Le., che lo rappresenta e difende in virtù di procura in calce alla comparsa di costituzione e di risposta. Parte convenuta OGGETTO: impugnazione del lodo arbitrale irrituale ex art. 808 ter c.p.c. CONCLUSIONI DELLE PARTI I procuratori delle parti concludevano come da rispettive note scritte tempestivamente depositate in sostituzione dell'udienza. MOTIVI DELLA DECISIONE Con atto di citazione ritualmente notificato in data 24.6.2020, (...) conveniva in giudizio, dinanzi all'intestato Tribunale, (...) e (...) al fine di sentir annullare il lodo arbitrale irrituale emesso dall'arbitro unico, Avv. An.Ma.Ra., in data 14.2.2020. Si costituivano in giudizio (...) e (...) contestando la ricostruzione avversaria e insistendo, in via principale, nel rigetto della domanda attorea e, in via subordinata, spiegando domanda riconvenzionale, avente a oggetto la determinazione dell'entità delle "quote di recesso spettanti (ai convenuti), comprensive di ogni spettanza dovuta, ivi compresa quella derivante dell'attività svolta prima del recesso nelle pratiche della ricostruzione giacenti presso i competenti uffici". Si costituiva, altresì, in giudizio (...) aderendo sostanzialmente alla domanda attorea. Tanto premesso, il presente giudizio ha a oggetto l'impugnazione del lodo arbitrale irrituale ex art. 808 ter c.p.c., in ragione dei vizi allegati da parte attrice e di seguito indicati: a) l'errore di fatto in cui si sarebbe imbattuto l'arbitro, allorquando esso ha asserito che parte attrice: i) sarebbe subentrata in tutti i contratti della "disciolta Associazione"; ii) avrebbe integralmente percepito i compensi "correlati alle pratiche in itinere, senza nulla riconoscere agli altri ex associati"; iii) "avrebbe proseguito nell'autoattribuirsi i compensi anche nel corso della procedura arbitrale"; b) la violazione del principio del contraddittorio in quanto l'arbitro, per l'adozione della decisione, si sarebbe basato su elementi di prova che nessuna delle parti avrebbe prodotto in giudizio, ovvero sarebbero mai stati ritualmente acquisiti; c) la "violazione del mandato", da parte dell'arbitro, per non essersi esso attenuto alle regole di cui allo statuto dell' (...) " (di seguito, breviter, anche "Statuto"); d) l'ultrapetizione dell'arbitro, in quanto esso avrebbe condannato l'attore alla rifusione delle spese di lite dell'arbitrato irrituale, pur in assenza di precipua domanda di parte convenuta. 1. Orbene, la soluzione della presente controversia impone l'esatta ricostruzione della natura giuridica dell'arbitrato irrituale e dei rimedi esperibili avverso esso. Al riguardo, giova rammentare come l'arbitrato irrituale possa essere definito, a seguito dell'entrata in vigore della Riforma attuata con il D.Lgs. 40/2006, quale modo di regolare un conflitto di interessi, tramite una determinazione contrattuale, cui si perviene attraverso un processo. In altre parole, l'arbitrato irrituale, quale strumento negoziale di risoluzione delle controversie (Cass. civ., n. 9142/2020), è connotato dai seguenti elementi: a) sussistenza di un conflitto di interessi tra le parti, che assume la natura di vera e propria controversia; b) procedimentalizzazione - attuata attraverso norme impositive disciplinate del codice di procedura civile - della modalità tramite la quale si addiviene alla composizione degli interessi contrapposti; c) natura negoziale della determinazione conclusiva del processo. Ciò posto, la natura contrattuale del lodo irrituale induce a ritenere che - in disparte i motivi di impugnazione tassativamente (Trib Piacenza, n. 309/2023 e Trib Roma, n. 13681/2017, che hanno, appunto, escluso l'impugnazione per accertamento dell'invalidità del lodo arbitrale irrituale fondata sull'eccesso di mandato, manifesta iniquità, violazione e falsa applicazione delle norme in materia di mandato, nonché sul vizio di motivazione della determinazione) previsti dall'art. 808 ter c.p.c. (motivi che determinano l'annullabilità del lodo) - ben possono ritenersi esperibili anche le ordinarie azioni del codice di procedura civile in ordine alla patologia del contratto (in tal senso, si era già espressa la S.C. di Cassazione, sent. n. 272/2004). Secondo l'impostazione del Giudice di legittimità (Cass. civ., n. 13522/2021) "in tema di arbitrato irrituale, il lodo può essere impugnato per errore essenziale esclusivamente quando la formazione della volontà degli arbitri sia stata deviata da un'alterata percezione o da una falsa rappresentazione della realtà e degli elementi di fatto sottoposti al loro esame (c.d. errore di fatto), e non anche quando la deviazione attenga alla valutazione di una realtà i cui elementi siano stati esattamente percepiti (c.d. errore di giudizio). Con la conseguenza che il lodo irrituale non è impugnabile per errores in iudicando (...), neppure ove questi consistano in una erronea interpretazione dello stesso contratto stipulato dalle parti, che ha dato origine al mandato agli arbitri. Il lodo irrituale, inoltre, non è annullabile per erronea applicazione delle norme di ermeneutica contrattuale o, a maggior ragione, per un apprezzamento delle risultanze negoziali diverso da quello ritenuto dagli arbitri e non conforme alle aspettative della parte impugnante. Deriva da quanto precede, pertanto, che il lodo irrituale non è impugnabile per errori di diritto, ma solo per i vizi che possono vulnerare ogni manifestazione di volontà negoziale, come l'errore, la violenza, il dolo o la incapacità delle parti che hanno conferito l'incarico e dell'arbitro stesso". 2. Fermi tali principi, occorre prendere le mosse dall'eccezione sollevata dalle parti convenute per la quale l'art. 22 dello Statuto, nel disciplinare la convenzione arbitrale, contiene la rinuncia all'impugnazione a opera delle parti. In particolare, esse hanno convenuto che "la decisione dell'arbitro rituale sarà definitiva e non impugnabile salva diversa norma inderogabile di legge". Occorre quindi chiedersi se sia legittima la rinuncia preventiva all'impugnazione di un futuro lodo irrituale. Sul punto, giova precisare come il problema non possa essere risolto avendo riguardo al diverso profilo della rinuncia preventiva all'impugnazione delle sentenze giurisdizionali (nel cui ambito la giurisprudenza prevalente opina nel senso della nullità: Cass. civ., n. 2870/1974 e Corte d'appello Salerno, n. 1117/09), attesa la natura eteronoma del processo civile ordinario rispetto a quella autonoma dell'arbitrato irrituale. Del resto, proprio l'art. 829 c.p.c., seppure con riferimento all'arbitrato rituale, prevede la possibilità per le parti di rinunciare all'impugnazione, fatta eccezione per le ipotesi di nullità ivi previste. Tanto premesso, ritiene il Tribunale che il patto con il quale le parti rinunciano all'impugnazione preventiva del lodo irrituale dia la stura a un negozio giuridico a effetti processuali che, in quanto tale, è destinato a spiegare i propri effetti sul processo. Siffatta tipologia di negozi deve, per trovare valido ingresso nell'ordinamento giuridico, necessariamente essere prevista dalla legge, ossia essere tipica (es. art. 329 c.p.c., art. 806 c.p.c., art. 5, comma 1, D.Lgs. 28/2010 ecc.). Ai fini che qui interessano, se l'art. 829 c.p.c. prevede, per l'arbitrato irrituale e almeno in astratto, la possibilità per le parti di rinunciare all'impugnazione, così non è in riferimento all'arbitrato irrituale, cosicché il relativo patto deve considerarsi privo di effetti. 3. Quanto sopra detto circa la possibilità per le parti interessate di impugnare il lodo irrituale tramite le azioni contrattuali consente al Tribunale di rigettare la diversa eccezione relativa alla tassatività dei motivi ex art. 808 ter c.p.c. e quindi circa l'inammissibilità della domanda attorea. 4. Respinte le eccezioni pregiudiziali di rito ed entrando nel merito della vicenda, giova rilevare come l'errore essenziale e rilevante che può determinare l'annullamento del lodo irrituale sia, nell'ottica della giurisprudenza di merito (Trib. Milano n. 2006/2022), "solo quello riguardante la formazione della volontà degli arbitri, che si configura quando questi abbiano avuto una falsa rappresentazione della realtà per non aver preso visione degli elementi della controversia o per averne supposti altri inesistenti, ovvero per aver dato come contestati fatti pacifici o viceversa. Al contrario, risulta preclusa ogni impugnazione per errori attinenti alla determinazione da essi adottata sulla base del convincimento raggiunto dopo aver interpretato ed esaminato gli elementi acquisiti". In tale ottica, si inscrive anche il divieto di scienza privata - che peraltro può rilevare anche sotto il diverso profilo della violazione del contraddittorio ex art. 808 ter n. 5 c.p.c. - in virtù del quale è fatto divieto al giudice sia di introdurre nel processo prove dallo stesso acquisite, sia di decidere la causa avvalendosi di conoscenze di carattere privato. Sotto tale ultimo aspetto, il Giudice di legittimità (Cass. n. 4951/17) ha escluso che il giudice possa, a tal fine, utilizzare, sub specie di fatti notori, informazioni da esso autonomamente acquisite via web: "la circostanza che attraverso il ricorso ai moderni strumenti informatici un'informazione sia agevolmente accessibile ad una vasta platea di soggetti non rende di per sé "notoria" l'informazione"; nel caso in esame, il fatto stesso che fossero state comunque necessarie delle ricerche su Internet per acquisire le informazioni contestate rende ipso facto evidente che non si trattava certo di un fatto notorio". Ebbene, ai fini che qui interessano, la disamina del lodo irrituale in questa sede impugnato evidenzia come esso sia viziato sotto un duplice aspetto. In primo luogo, il lodo dà per presupposti, quali fatti notori, circostanze che, invece, non sono tali, allorquando afferma (p. 16): "è fatto notorio che, per tutte le procedure che riguardano la ricostruzione, i pagamenti delle competenze dei tecnici non avvengono in un'unica soluzione bensì in più trances in corrispondenza con l'avanzamento dei lavori, talché gli stessi anche per l'associazione professionale de qua sono sicuramente avvenuti in maniera dilazionata nel corso degli anni". Sennonché, le modalità di corresponsione dei compensi in favore dei professionisti operanti nell'ambito della ricostruzione post sisma, lungi dal costituire fatto notorio ex art. 115 c.p.c., avrebbero necessitato di una prova puntuale da parte dell'interessato, con la conseguenza per la quale l'aver l'arbitro collocato tale circostanza al di fuori del thema probandum implica l'aver dato per supposti fatti potenzialmente inesistenti e comunque non asseverati. In secondo luogo, alle medesime conclusioni deve addivenirsi allorquando l'arbitro ha affermato (p. 21) di aver proceduto, di propria iniziativa, alla disamina del sito ufficiale del Comune di L'Aquila al fine di tratte l'indicazione dell'importo degli utili ancora dovuti da parte attrice in favore delle parti convenute. Testualmente si legge nel lodo per cui è causa: "da quanto risulta dal sito ufficiale del Comune dell'Aquila, gli utili di cui ha sicuramente beneficiato o beneficerà il geom. (...) per nove delle tredici pratiche ancora in itinere ammontano a complessivi euro 179.013,46'. Anche sotto tale aspetto, la condotta dell'arbitrato, traducendosi nella violazione del principio dispositivo, da, un lato, integra la violazione del principio del contraddittorio - che, alla luce dell'intervenuta processualizzazione dell'arbitrato irrituale, governa l'istituto de quo - e, dall'altro, finisce per far dipendere la soluzione stragiudiziale della controversia da un dato meramente supposto, non provato, travisato perché privo di riscontro negli atti del giudizio; di qui la falsa rappresentazione della realtà. Alla luce di quanto precede, il Tribunale, in accoglimento della domanda attorea, annulla il lodo arbitrale irrituale emesso dall'arbitro unico, Avv. An.Ma.Ra., in data 14.2.2020. Assorbito l'esame delle altre doglianze di parte attrice. 5. Deve inoltre essere dichiarata l'improponibilità della domanda riconvenzionale subordinata, spiegata da (...) e da (...) in virtù della quale si chiede al Tribunale, in caso di annullamento del lodo per cui è causa, di determinare l'entità delle "quote di recesso spettanti (ai convenuti), comprensive di ogni spettanza dovuta, ivi compresa quella derivante dell'attività svolta prima del recesso nelle pratiche della ricostruzione giacenti presso i competenti uffici". Ritiene, viceversa, il Tribunale che, in difetto della richiesta congiunta delle parti, all'Autorità giudiziaria sia impedito di decidere il merito della vicenda compromessa in arbitri. Depone in tal senso, da un lato, il principio di autonomia della clausola arbitrale e, dall'altro, la circostanza per la quale non può il giudice, d'ufficio, sostituire la determinazione contrattuale (il lodo irrituale) con altra statuizione negoziale. A ciò deve essere aggiunta l'inapplicabilità dell'art. 830 c.p.c. all'arbitrato irrituale. 6. Le spese di lite del presente giudizio, liquidate come in dispositivo ai sensi del D.M. 55/2014, così come modificato dal D.M. 147/22 (quest'ultimo applicabile, ex art. 28, anche alle prestazioni professionali che, benché poste in essere sotto la vigenza del precedente D.M., si sono esaurite successivamente alla sua entrata in vigore, ossia a far data dal 23.10.2022), seguono la soccombenza. La non particolare complessità della causa consente al Tribunale di applicare il valore minimo del tariffario forense. Ridetermina il valore della controversia in complessivi Euro 250.667,89. P.Q.M. Il Tribunale Ordinario di L'Aquila, Sezione unica, in composizione monocratica, definitivamente pronunciando sulla causa civile iscritta al R.G. n. 1100/2020 e vertente tra le parti emarginate in epigrafe, così provvede: - in accoglimento della domanda attorea, annulla il lodo arbitrale irrituale emesso dall'arbitro unico, Avv. An.Ma.Ra., in data 14.2.2020; - dichiara l'improponibilità della domanda riconvenzionale spiegata, in via subordinata, da (...) e da (...) - condanna (...) e da (...), in solido tra loro, alla rifusione delle spese di lite del presente giudizio, in favore di parte attrice, che liquida in Euro 545,00 per esborsi materiali e in Euro 7.052,00 per compensi, oltre R.S.G. (15%), C.P.A. (4%) e I.V.A. (22%); - condanna (...) e da (...) in solido tra loro, alla rifusione delle spese di lite del presente giudizio, in favore di (...) che liquida in Euro 7.052,00 per compensi, oltre R.S.G. (15%), C.P.A. (4%) e I.V.A. (22%). L'Aquila, 6 giugno 2024.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale per l' Abruzzo Sezione Prima ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 9 del 2024, proposto da In. Wi. It. s.p.a., in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dagli avvocati Fr. Sa. Ca., Ro. Co., Fi. La. e Ja. D'A., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell'avvocato Ro. Co. in L'Aquila, via (...); contro Comune di (omissis), in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dall'avvocato Pi. Re., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; Ministero della Cultura - Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio per le Province dell'Aquila e di Teramo e Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio per le Province di Chieti e di Pescara, in persona del Ministro in carica, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, presso i cui uffici in L'Aquila, via (...), complesso monumentale di San Domenico, sono domiciliati per legge, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; per l'annullamento - del provvedimento prot. n. 26584 dell'8 novembre 2023, con il quale il Responsabile dell'Area Urbanistica - Assetto del Territorio - Attività Produttive del Comune di (omissis) ha annullato d'ufficio il silenzio assenso formatosi, ai sensi dell'articolo 44, comma 10, del decreto legislativo 1 agosto 2003, n. 259, sull'istanza presentata dalla società ricorrente per l'autorizzazione alla realizzazione di una nuova infrastruttura di telecomunicazioni sul territorio comunale, in località (omissis), foglio (omissis), particella (omissis); - del diniego definitivo di autorizzazione paesaggistica, adottato dal Ministero della Cultura - Direzione generale archeologia, belle arti e paesaggio - Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio per le Province dell'Aquila e di Teramo, segnatura MIC|MIC_SABAP-AQ-TE|23/06/2023|0009171-P, prot. Ente n. 9171 del 23 giugno 2023, prot. comunale n. 14990 del 23 giugno 2023, il cui contenuto è trascritto nel provvedimento di annullamento in autotutela; - della nota prot. n. 18250 del 31 luglio 2023, con la quale il Comune di (omissis) ha comunicato alla società ricorrente il diniego definitivo di autorizzazione paesaggistica adottato dalla Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio per le Province dell'Aquila e di Teramo; - della nota prot. n. 10711 dell'8 maggio 2023, con la quale il Comune di (omissis) ha comunicato alla società ricorrente i motivi ostativi alla realizzazione dell'intervento; - del preavviso di parere negativo della Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio per le Province dell'Aquila e di Teramo, segnatura MIC|MIC_SABAP-AQ-TE|28/04/2023|0006155-P, prot. Ente n. 6155 del 28 aprile 2023 - non allegato - il cui contenuto è trascritto nella nota comunale dell'8 maggio 2023; - di ogni altro atto presupposto, connesso e conseguenziale, anche se non conosciuto, ivi compresa la nota prot. n. 17852 del 18 agosto 2022, con la quale il Comune di (omissis) ha richiesto integrazioni documentali. Visti il ricorso e i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di (omissis) e del Ministero della Cultura - Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio per le Province dell'Aquila e di Teramo e Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio per le Province di Chieti e di Pescara; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 27 marzo 2024 la dott.ssa Rosanna Perilli; Uditi per la parte ricorrente gli avvocati Fr. Sa. Ca. e Ro. Co., per il Comune di (omissis) l'avvocato Pi. Re. e per il Ministero della Cultura - Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio per le Province dell'Aquila e di Teramo e Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio per le Province di Chieti e di Pescara il procuratore dello Stato Gi. Bi.; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO e DIRITTO 1. In data 28 luglio 2022 la In. Wi. It. s.p.a., nella qualità di soggetto autorizzato alla progettazione, realizzazione e gestione di infrastrutture per le comunicazioni elettroniche, la Te. It. s.p.a. e la Vo. It. s.p.a., quest'ultime nella qualità di operatori economici del settore della telefonia mobile, hanno presentato allo Sportello unico per le attività produttive del Comune di (omissis) (d'ora in avanti solo SUAP) un'istanza per l'autorizzazione unica alla realizzazione di una stazione radio base sul terreno contraddistinto al foglio (omissis), particella (omissis), del Catasto Terreni, ricompreso in un'area interessata dai vincoli paesaggistico e idrogeologico (documenti dal n. 5 al n. 9 dell'indice della parte ricorrente). Con PEC del 2 agosto 2022, inviata al Responsabile Unico delle Attività Produttive del Comune di (omissis) e per conoscenza alle amministrazioni interessate, le società richiedenti hanno sollecitato il Comune di (omissis) a convocare la conferenza di servizi di cui all'articolo 44, comma 7, del decreto legislativo 1 agosto 2003, n. 259 (documento n. 10 dell'indice della parte ricorrente). In data 8 agosto 2022 il tecnico delegato alla presentazione dell'istanza di autorizzazione unica ha inviato l'istanza, corredata del progetto architettonico, della relazione tecnica, della relazione di conformità radioelettrica, della relazione di compatibilità idraulica e della relazione di compatibilità paesaggistica, anche alle amministrazioni coinvolte nel procedimento disciplinato dagli articoli 43 e seguenti del decreto legislativo 1 agosto 2003, n. 259 (documento n. 11 dell'indice della parte ricorrente). In data 9 agosto 2022 il SUAP ha comunicato alle società richiedenti che non avrebbe preso in considerazione comunicazioni non trasmesse attraverso il portale dedicato (documento n. 1 depositato dal Comune di (omissis) in data 14 febbraio 2024). In data 11 agosto 2022 la Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio per le Province di Chieti e di Pescara ha comunicato alle società richiedenti la propria incompetenza territoriale, indicando quale Soprintendenza territorialmente competente quella per le Province dell'Aquila e di Teramo (documento n. 24 dell'indice della parte ricorrente). In data 17 agosto 2022 le società richiedenti hanno comunicato al SUAP che, contrariamente a quanto indicato nell'istanza, la Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio di riferimento doveva intendersi quella per le Province dell'Aquila e di Teramo, alla quale, in pari data, hanno provveduto a inoltrare l'istanza unica e la documentazione relativa all'intervento (documenti n. 22 e n. 25 dell'indice della parte ricorrente). Con nota prot. n. 17852 del 18 agosto 2022 il Comune di (omissis) ha richiesto alla In. Wi. It. s.p.a. (d'ora in avanti solo IN. s.p.a.) alcune integrazioni alla documentazione prodotta, da questa riscontrate con nota prot. n. 23807 del 27 ottobre 2022 (documenti n. 4 e n. 12 dell'indice della parte ricorrente). Con nota prot. n. 12810 del 25 novembre 2022 l'Autorità di Bacino Distrettuale dell'Appennino Centrale - Settore per la Regione Abruzzo ha espresso il parere favorevole sullo studio di compatibilità idraulica allegato all'istanza di autorizzazione unica (documento n. 15 dell'indice della parte ricorrente). Stante l'avvenuto decorso del termine perentorio di novanta giorni per la conclusione del procedimento - previsto dall'articolo 44, comma 10, del decreto legislativo 1 agosto 2003, n. 259, nella versione vigente ratione temporis - e dell'ulteriore termine perentorio di sette giorni per il rilascio dell'autorizzazione unica, in data 27 febbraio 2023 la IN. s.p.a. ha comunicato al SUAP e alle amministrazioni preposte alla cura degli interessi coinvolti nel procedimento unico di cui al citato articolo 44, la dichiarazione di autocertificazione dell'autorizzazione unica, dalla stessa redatta in data 6 febbraio 2023 (documenti n. 13 e n. 14 dell'indice della parte ricorrente). In data 7 aprile 2023 il SUAP ha trasmesso alla Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio per le Province dell'Aquila e di Teramo l'istanza di autorizzazione alla realizzazione della stazione radio base e la relazione di compatibilità paesaggistica presentata dalle società richiedenti nonché la valutazione di conformità paesaggistica espressa dal Servizio Edilizia, il parere preventivo favorevole reso dalla Commissione istruttoria interna dell'Area Urbanistica - Assetto del Territorio - Attività Produttive e la proposta di rilascio del parere favorevole di compatibilità paesaggistica, formulata dal Responsabile dell'Area predetta (allegati n. 1 e da n. 1a a n. 1l dell'indice del Ministero della Cultura). In data 20 aprile 2023 la IN. s.p.a. ha trasmesso al SUAP la comunicazione di inizio dei lavori (documento n. 16 dell'indice della parte ricorrente). In data 28 aprile 2023 la Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio per le Province dell'Aquila e di Teramo ha comunicato al Comune di (omissis) il preavviso di parere negativo di compatibilità paesaggistica (documento n. 2 dell'indice del Ministero della Cultura). Con nota prot. n. 10711 dell'8 maggio 2023 il Comune di (omissis), sulla scorta del predetto preavviso di parere negativo, ha comunicato alla IN. s.p.a. i motivi ostativi all'accoglimento dell'istanza di autorizzazione unica, ai quali la IN. s.p.a. ha replicato in pari data, deducendo l'inefficacia del parere rilasciato dalla Soprintendenza oltre i termini stabiliti per la formazione tacita del titolo autorizzatorio (documenti n. 3 e n. 17 dell'indice della parte ricorrente). In data 5 giugno 2023 il Responsabile dell'Area Urbanistica - Assetto del Territorio - Attività Produttive del Comune di (omissis) ha trasmesso alla Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio per le Province dell'Aquila e di Teramo le osservazioni procedimentali della IN. s.p.a., proponendone l'accoglimento (allegati n. 3 e n. 7 dell'indice del Ministero della Cultura). Con nota prot. n. 9171 del 23 giugno 2023 la Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio per le Province dell'Aquila e di Teramo - ritenendo di aver agito nel pieno rispetto dei termini procedimentali, previsti dall'articolo 146 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, per il rilascio del parere di compatibilità paesaggistica, e di avere adeguatamente evidenziato il forte impatto ambientale derivante dalla realizzazione di una nuova stazione radio base sull'area indicata - ha comunicato al Comune di (omissis) il diniego definitivo dell'autorizzazione paesaggistica, successivamente comunicato dal Comune di (omissis) alla IN. s.p.a. con nota prot. n. 18250 del 31 luglio 2023 (allegato n. 4 dell'indice del Ministero della Cultura e documento n. 2 dell'indice della parte ricorrente). In data 8 agosto 2023 la IN. s.p.a. ha comunicato al Comune di (omissis) di aver ultimato i lavori per la realizzazione della stazione radio base in data 4 agosto 2023 (documento n. 21 dell'indice della parte ricorrente). Con nota del 9 settembre 2023 la IN. s.p.a. ha invitato il Comune di (omissis) a riesaminare la nota prot. n. 18250 del 31 luglio 2023 e ad accertare l'inefficacia del parere negativo adottato dalla Soprintendenza dopo la scadenza dei termini di cui all'articolo 44, comma 10, del decreto legislativo 2003, n. 259 (documento n. 18 dell'indice della parte ricorrente). Con provvedimento prot. n. 26584 dell'8 novembre 2023 il Comune di (omissis) ha disposto l'annullamento in autotutela dell'autorizzazione unica alla realizzazione della stazione radio base, formatasi per silenzio assenso serbato sull'istanza presentata dalla IN. s.p.a., per "incompatibilità dell'intervento progettato con l'interesse paesaggistico tutelato" (documento n. 1 dell'indice della parte ricorrente). 1.1. Con ricorso notificato in data 28 dicembre 2023 e depositato in data 9 gennaio 2024, la IN. s.p.a. ha domandato l'annullamento, previa adozione di idonee misure cautelari, del provvedimento prot. n. 26584 dell'8 novembre 2023, con il quale il Comune di (omissis) ha annullato in autotutela il silenzio assenso formatosi sull'istanza di autorizzazione unica alla realizzazione di una stazione radio base nel territorio comunale. 1.1.1. Con il primo motivo di ricorso la IN. s.p.a. ha dedotto la violazione dei presupposti procedimentali e sostanziali per l'esercizio del potere di autotutela. 1.1.2. Con il secondo motivo di ricorso la IN. s.p.a. ha dedotto la violazione della specifica disciplina di settore, l'inefficacia del parere negativo di compatibilità ambientale rilasciato dalla competente Soprintendenza nonché l'erroneità dei presupposti di fatto, la disparità di trattamento, la contraddittorietà, l'irragionevolezza, l'ingiustizia manifesta e il difetto di istruttoria del provvedimento di autotutela. 1.2. Hanno resistito al ricorso il Comune di (omissis) nonché il Ministero della Cultura e le Soprintendenze archeologia, belle arti e paesaggio per le Province dell'Aquila e di Teramo e di Chieti e di Pescara. 1.2.1. Il Comune di (omissis) ha preliminarmente eccepito: a) l'irricevibilità del ricorso, con riferimento all'impugnazione del parere negativo di compatibilità ambientale reso dalla Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio per le Province dell'Aquila e di Teramo, il quale, in ragione della sua natura obbligatoria e vincolante, avrebbe dovuto essere autonomamente impugnato, siccome immediatamente lesivo dell'interesse della parte ricorrente; b) l'inammissibilità del ricorso, con riferimento all'impugnazione del provvedimento di annullamento in autotutela del silenzio assenso formatosi sull'istanza di autorizzazione unica, atteso che all'eventuale annullamento dello stesso non potrebbero conseguire né la riedizione del potere della Soprintendenza né l'adozione di un provvedimento di segno contrario del Comune di (omissis), che si discosti dal parere obbligatorio e vincolante reso della Soprintendenza. 1.3. Con ordinanza cautelare n. 21 dell'1 febbraio 2024 il Tribunale ha fissato, ai sensi dell'articolo 55, comma 10, del codice del processo amministrativo, l'udienza pubblica per la trattazione del merito del ricorso, in vista della quale la società ricorrente e il Comune di (omissis) hanno depositato documenti, memorie e repliche. 1.4. Alla pubblica udienza del 27 marzo 2024 la causa è stata discussa e trattenuta in decisione. 2. Prima di procedere alla trattazione del ricorso, occorre sinteticamente ricostruire il quadro normativo applicabile alla presente fattispecie. 2.1. L'articolo 43 del decreto legislativo 1 agosto 2003, n. 259, Codice delle comunicazioni elettroniche, enuncia una disciplina speciale di favore per la diffusione capillare delle infrastrutture di reti pubbliche di comunicazione sul territorio, che si sostanzia, per quel che interessa la presente fattispecie: a) nell'assimilazione, ad ogni effetto, di tali opere alle opere di urbanizzazione primaria (comma 4); b) nella conformazione dell'attività delle autorità competenti alla gestione del suolo pubblico ai principi di efficacia, trasparenza, pubblicità e non discriminazione (commi 1 e 2); c) nell'applicazione delle disposizioni a tutela dei beni ambientali e culturali, contenute nel decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, "nel rispetto del procedimento autorizzatorio semplificato di cui agli articoli 44 e 49" (comma 5). 2.2. L'articolo 44 - nella versione vigente dal 16 luglio 2022 al 24 febbraio 2023, applicabile ratione temporis alla presente fattispecie - detta una disciplina speciale e compiuta del procedimento autorizzatorio semplificato per l'installazione di nuove infrastrutture di comunicazione elettronica per impianti radioelettrici, del quale devono essere evidenziati i tratti caratteristici rilevanti nel presente giudizio, quali: a) la competenza dell'ente locale sul cui territorio deve essere realizzata la nuova infrastruttura (commi 1 e 2); b) l'unicità dell'istanza, "effettuata per tutti i profili connessi agli interventi e per tutte le amministrazioni o enti comunque coinvolti nel procedimento" (comma 5); c) la concentrazione della fase decisoria nella conferenza di servizi per l'acquisizione, da parte delle amministrazioni competenti coinvolte nel procedimento, di tutti gli atti necessari, comunque denominati, incluse le autorizzazioni previste dal decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, all'esito della quale si forma una decisione pluristrutturata (commi 7 e 8); d) la previsione di brevi termini infra-procedimentali e di un termine perentorio di conclusione del procedimento, fissato in novanta giorni dalla presentazione del progetto e della relativa domanda (commi 6, 9 e 10); e) la formazione del silenzio assenso nel caso in cui, decorso il predetto termine finale, "non sia stato espresso un dissenso, congruamente motivato, da parte di un'Amministrazione preposta alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale o dei beni culturali" (comma 10); f) la certezza della formazione del titolo, mediante la previsione del termine perentorio di sette giorni, decorrente dalla scadenza del predetto termine perentorio di conclusione del procedimento, per la comunicazione, da parte dell'amministrazione procedente, dell'attestazione dell'avvenuta autorizzazione, scaduto inutilmente il quale, è sufficiente ad attestare l'avvenuta formazione del titolo autorizzatorio per l'installazione del nuovo impianto l'autocertificazione del richiedente (comma 10). 2.3. Al procedimento autorizzatorio semplificato per l'installazione di nuove infrastrutture di comunicazione elettronica si applicano, ove non diversamente stabilito, anche gli istituti generali del procedimento amministrativo, disciplinati dalla legge 7 agosto 1990, n. 241, e, in particolare, per quanto concerne la presente fattispecie, l'articolo 17-bis, commi 1 e 3, il quale è assurto a nuovo paradigma generale dell'azione amministrativa nei procedimenti pluristrutturati (Consiglio di Stato, Commissione speciale, parere 23 giugno 2016, n. 1640) e l'articolo 2, comma 8-bis, il quale prevede il rimedio dell'inefficacia dei pareri adottati dopo la scadenza dei termini per la formazione del silenzio assenso, a prescindere dalla convocazione della conferenza di servizi e dalla natura degli interessi coinvolti, fatto salvo, ove ne ricorrano i presupposti, l'esercizio del potere di annullamento d'ufficio, ai sensi dell'articolo 21-nonies. 3. Alla luce del quadro normativo sopra delineato, devono essere innanzitutto disattese le eccezioni preliminari formulate dal Comune di (omissis) nella memoria depositata in data 27 gennaio 2024. 3.1. Quanto all'eccezione di irricevibilità del ricorso, per essere stato notificato in data 28 dicembre 2023, ossia oltre il termine perentorio di sessanta giorni, decorrente dalla comunicazione del provvedimento di diniego definitivo dell'autorizzazione paesaggistica, avvenuta in data 31 luglio 2023, occorre evidenziare che la parte ricorrente ha impugnato tale provvedimento quale atto presupposto al provvedimento di annullamento in autotutela del silenzio assenso formatosi sull'istanza di autorizzazione unica. Solo con l'adozione del provvedimento di autotutela è stato infatti leso l'interesse oppositivo della IN. s.p.a. alla conservazione del titolo autorizzatorio tacito, la cui validità può essere messa in discussione esclusivamente mediante l'esercizio del potere di autotutela (Consiglio di Stato, sezione VI, 16 agosto 2023, n. 7774). La parte ricorrente ha inoltre dedotto in via principale l'inefficacia del parere negativo di autorizzazione paesaggistica, espresso dalla Soprintendenza successivamente alla formazione del silenzio assenso sull'istanza di autorizzazione unica, sicché non aveva l'onere di impugnarlo autonomamente. 3.2. Quanto all'eccezione di inammissibilità del ricorso per carenza di interesse alla sua decisione, osserva il Collegio che la natura obbligatoria e vincolante del parere di compatibilità ambientale, affermata dall'articolo 146, comma 5, del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, non priva la parte ricorrente dell'interesse a sentirne dichiarare l'inefficacia anche con riferimento all'adozione del provvedimento di autotutela impugnato in via principale. 4. Con il primo motivo, la società ricorrente ha dedotto la carenza dei requisiti formali e sostanziali per l'esercizio del potere di autotutela. 4.1. La parte ricorrente sostiene che il Comune di (omissis) avrebbe adottato il provvedimento di annullamento d'ufficio dell'autorizzazione unica tacita oltre il limite temporale previsto dall'articolo 21-nonies, comma 1, della legge 7 agosto 1990, n. 241, pari a dodici mesi dalla formazione del silenzio assenso di cui all'articolo 44, comma 10, del decreto legislativo 1 agosto 2003, n. 259. 4.1.2. La censura non merita di essere favorevolmente apprezzata, poiché si fonda sull'erroneo presupposto della perentorietà del termine di cui all'articolo 44, comma 6, sulla scorta del quale la parte ricorrente sostiene che, una volta decorsi quindici giorni dalla ricezione dell'istanza di autorizzazione unica, il responsabile del procedimento non potrebbe più richiedere l'integrazione dell'istanza e della documentazione prodotte, sicché il silenzio assenso sull'istanza presentata in data 28 luglio 2022 si sarebbe formato in data 26 ottobre 2022. A sostegno della tesi della perentorietà del predetto termine infraprocedimentale, la parte ricorrente ha richiamato un orientamento giurisprudenziale formatosi sotto il vigore dalla versione originaria dell'articolo 87, comma 5, in vigore dal 16 settembre 2003 al 18 dicembre 2012, il quale ricollegava alla richiesta delle dichiarazioni e delle integrazioni documentali da parte del responsabile del procedimento un effetto interruttivo del termine fissato dal comma 9 per la conclusione del procedimento. Nel vigore della disciplina originaria del procedimento autorizzatorio semplificato, la formazione del silenzio assenso sull'istanza di autorizzazione era prevista solo in assenza dell'acquisizione di un provvedimento di diniego o di un parere negativo da parte dell'organismo preposto al controllo dei limiti fissati per le esposizioni ai campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici, mentre era espressamente esclusa in assenza del parere negativo delle amministrazioni preposte alla tutela ambientale. In tale contesto, risultava perciò del tutto coerente la qualificazione del termine infraprocedimentale per la richiesta di dichiarazioni ed integrazioni documentali come perentorio (Consiglio di Stato, sezione VII, 26 luglio 2023, n. 7338), siccome rivolta a scongiurare il rischio che l'amministrazione procedente potesse interrompere il termine per la conclusione del procedimento al mero fine di dilatare, sin quasi a raddoppiarlo, il termine per la formazione del silenzio assenso, facendolo decorrere nuovamente, anche se solo per una volta. 4.1.3. L'articolo 44, comma 6, nella versione applicabile ratione temporis alla presente fattispecie, ricollega invece alla richiesta delle dichiarazioni e delle integrazioni documentali da parte del responsabile del procedimento un effetto sospensivo del termine fissato dal comma 10 per la conclusione del procedimento ed espressamente qualificato come perentorio, il quale "riprende a decorrere dal momento dell'avvenuta integrazione documentale". La formazione del silenzio assenso sull'istanza di autorizzazione è stata inoltre espressamente estesa alla mancata acquisizione del parere negativo da parte delle amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale o dei beni culturali. 4.1.4. La ratio sottesa alla previsione del termine infraprocedimentale di cui all'articolo 44, comma 6, è duplice: da un lato esso è finalizzato a stimolare il richiedente a collaborare secondo buona fede con l'amministrazione procedente per scongiurare il rischio della dilatazione del termine per la formazione del silenzio assenso, dall'altro è finalizzato a garantire la più ampia ed approfondita istruttoria procedimentale privando, al contempo, l'amministrazione procedente della possibilità di porre in essere attività istruttorie surrettiziamente dirette a procrastinare il termine di conclusione del procedimento, il quale, a differenza del termine infraprocedimentale di cui al comma 6, è espressamente qualificato come perentorio. 4.1.5. Il Collegio è consapevole che la perentorietà di un termine può essere desunta, anche in assenza della espressa qualificazione da parte del legislatore, dalla ratio sottesa alla sua apposizione, e tuttavia ritiene che proprio dalla duplice ratio evidenziata al paragrafo che precede discenda la natura meramente sollecitatoria del termine per la richiesta delle integrazioni documentali. 4.1.6. Il Comune di (omissis) ha chiesto alla società ricorrente di integrare la documentazione allegata all'istanza di autorizzazione unica in data 18 agosto 2022, ossia ventuno giorni dopo la prestazione dell'istanza. Il termine di conclusione del procedimento ha pertanto ripreso a decorrere a far data dal 27 ottobre 2022, ossia quando la società ricorrente ha prodotto le richieste integrazioni, sicché il termine perentorio di novanta giorni, previsto per la formazione del silenzio assenso, è spirato in data 4 gennaio 2023. 4.1.7. La parte ricorrente sostiene altresì che, anche ove il termine infraprocedimentale di cui all'articolo 44, comma 6, dovesse qualificarsi come ordinatorio, il periodo di sospensione ricompreso tra il 18 agosto 2022 e il 27 ottobre 2022 non andrebbe comunque considerato nel computo del termine perentorio di conclusione del procedimento, atteso che la documentazione integrativa richiesta dal Comune di (omissis) non sarebbe contemplata dagli articoli 43 e 44 nonché dall'Allegato 13 al decreto legislativo 1 agosto 2003, n. 259. 4.1.8. In data 18 agosto 2022 il SUAP ha chiesto alla società ricorrente di produrre i modelli denominati "Dichiarazione Unica (Allegato 1)" e "Relazione tecnica asseverata (Allegato 2)", compilati con i relativi allegati obbligatori da accludere alla richiesta di autorizzazione già inoltrata in data 28 luglio 2022. A tal proposito, la parte ricorrente si è limitata a dedurre che la documentazione richiesta dal Comune di (omissis) non fosse necessaria e che essa costituirebbe un illegittimo aggravio degli oneri procedimentali imposti al richiedente, senza tuttavia dimostrare la completezza della documentazione allegata all'istanza e la consistenza della documentazione prodotta in data 27 ottobre 2022. Ove infatti la società ricorrente avesse ritenuto superflua la documentazione integrativa richiesta dal Comune di (omissis), avrebbe dovuto, in attuazione dell'obbligo di buona fede procedimentale, contestarlo immediatamente al SUAP, senza attendere più di due mesi per il deposito della stessa. 4.1.9. Come risulta dall'autocertificazione della dichiarazione del titolo unico resa dalle società richiedenti in data 6 febbraio 2023, la Te. It. s.p.a. e la Vo. It. s.p.a., a seguito della richiesta di integrazioni documentali ricevuta in data 18 agosto 2022, hanno richiesto l'inserimento dei propri impianti nel Piano di Rete approvato con deliberazione del Consiglio Comunale n. 10 del 28 marzo 2006, e ciò è sufficiente a sconfessare la tesi sostenuta dalla parte ricorrente, per cui le integrazioni richieste ai fini della valutazione dell'interesse paesaggistico sarebbero state inutili e pretestuose. 4.1.10. Il provvedimento di annullamento d'ufficio del silenzio assenso formatosi sull'istanza di autorizzazione unica deve dunque ritenersi tempestivamente adottato in data 8 novembre 2023. 4.2. La parte ricorrente lamenta altresì la mancata comunicazione di avvio del procedimento di secondo grado, conclusosi con il provvedimento di autotutela impugnato, la quale non potrebbe essere giustificata dall'applicazione dell'articolo 21-octies, comma 2, parte seconda, della legge 7 agosto 1990, n. 241, per cui "Il provvedimento amministrativo non è comunque annullabile per mancata comunicazione dell'avvio del procedimento qualora l'amministrazione dimostri in giudizio che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato". Il Comune di (omissis) sostiene invece che la natura obbligatoria e vincolante del parere negativo di compatibilità paesaggistica rilasciato dalla Soprintendenza, nel quale è stata affermata l'incompatibilità dell'intervento progettato con l'interesse paesaggistico tutelato, lo obbligherebbe comunque a disporne l'annullamento in autotutela, per cui l'eventuale apporto procedimentale del privato si sarebbe rivelato del tutto inutile. 4.2.1. La censura è fondata. 4.2.2. L'articolo 146, comma 5, del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, definisce il parere di compatibilità paesaggistica, rilasciato dalla Soprintendenza nei termini prescritti, come vincolante per l'amministrazione procedente. 4.2.3. Nel procedimento per il rilascio dell'autorizzazione unica di cui all'articolo 44 del decreto legislativo 1 agosto 2003, n. 259, al richiedente è imposto esclusivamente l'onere di notiziare le amministrazioni coinvolte della presentazione dell'istanza, mentre il responsabile del procedimento ha l'obbligo di convocare la conferenza di servizi decisoria per l'acquisizione degli atti delle amministrazioni coinvolte, comunque denominati, incluse le autorizzazioni previste dal decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42. 4.2.4. Nei procedimenti pluristrutturati come quello in oggetto, il parere vincolante di compatibilità paesaggistica espresso dalla Soprintendenza concorre alla formazione del provvedimento finale di autorizzazione unica, nel quale confluiscono tutte le autorizzazioni necessarie all'installazione dell'infrastruttura di comunicazione, inclusa quella paesaggistica, espressione di un'attività di cogestione attiva del vincolo paesaggistico, intestata a diverse amministrazioni (Ministero della Cultura e Regioni, quest'ultime con facoltà di delega dell'esercizio ai Comuni). 4.2.5. La violazione dell'obbligo di indizione della conferenza di servizi decisoria non impedisce tuttavia il decorso del termine decadenziale di conclusione del procedimento e non esonera l'amministrazione procedente dall'obbligo di richiedere alla Soprintendenza, entro il predetto termine e anche al di fuori del modulo procedimentale della conferenza di servizi, il parere di compatibilità paesaggistica. 4.2.6. La IN. s.p.a., anche in data successiva al ricevimento, da parte della Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio per le Province di Chieti e di Pescara (11 agosto 2022), della comunicazione della propria incompetenza territoriale, ha effettivamente continuato a indicare tale organo periferico del Ministero della Cultura come destinatario delle comunicazioni afferenti al procedimento per il rilascio dell'autorizzazione unica. Non risulta tuttavia che il Comune di (omissis), nonostante fosse stato edotto, in data 17 agosto 2022, dell'erronea individuazione della Soprintendenza territorialmente competente da parte delle società richiedenti, abbia inviato alla Soprintendenza competente, entro il termine perentorio di conclusione del procedimento, l'istanza di autorizzazione paesaggistica e la relazione di compatibilità paesaggistica presentata dalle società richiedenti, documenti che comunque erano stati già stati da queste inviati, in pari data, alla Soprintendenza competente. Come già affermato da questo Tribunale, il silenzio assenso di cui all'articolo 44, comma 10, del decreto legislativo 1 agosto 2003, n. 259, si forma infatti con il mero decorso del termine perentorio di conclusione del procedimento, senza che sia stato espresso un motivato dissenso da parte di un'Amministrazione preposta alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale o dei beni culturali, anche ove "l'istanza e l'oggetto della richiesta non corrispondono alla disciplina sostanziale" (Tribunale amministrativo regionale per l'Abruzzo, sezione I, 1 marzo 2024, n. 112). 4.2.7. Il parere negativo di compatibilità paesaggistica espresso dalla Soprintendenza territorialmente competente deve pertanto considerarsi tardivo rispetto ai termini procedimentali fissati dall'articolo 44, comma 10, del decreto legislativo 1 agosto 2003, n. 259, i quali, in ragione della loro specialità, prevalgono sulla disciplina generale di cui all'articolo 146 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42. 4.2.8. Ai sensi dell'articolo 2, comma 8-bis, della legge 7 agosto 1990, n. 241, introdotto dall'articolo 12, comma 1, lettera a), del decreto legge 16 luglio 2020, n. 76, convertito nella legge 11 settembre 2020, n. 120, il parere tardivo non spiega gli effetti ostativi al rilascio del titolo autorizzatorio unico di cui all'articolo 44 del decreto legislativo 1 agosto 2003, n. 259. Come già affermato in precedenza, una volta formatosi il silenzio assenso sull'autorizzazione unica - in seguito al decorso del termine perentorio di conclusione del procedimento, senza che un'amministrazione preposta alla tutela dell'interesse paesaggistico abbia espresso un motivato dissenso - il Comune, ove ritenga insussistenti le condizioni per il rilascio dell'autorizzazione, può esercitare solo il potere discrezionale di autotutela, di cui all'articolo 21-nonies della legge 7 agosto 1990, n. 241, nell'ambito del quale è tenuto a valutare autonomamente e motivatamente i profili di incompatibilità paesaggistica dell'intervento realizzato in forza del titolo autorizzatorio tacito. Diversamente opinando, si consentirebbe all'amministrazione procedente, che non abbia provveduto tempestivamente né a convocare la conferenza di servizi decisoria né ad acquisire dalle amministrazioni interessate i pareri obbligatori e vincolanti, di sospendere sine die il procedimento di cui all'articolo 44 del decreto legislativo 1 agosto 2003, n. 259, con conseguente frustrazione della ratio acceleratoria e semplificatoria ad esso sottesa. 4.2.9. Il Comune di (omissis) avrebbe dunque dovuto comunicare alla società ricorrente l'avvio del procedimento di annullamento d'ufficio del silenzio assenso formatosi sull'istanza di autorizzazione all'installazione della stazione radio base, nel quale - come si tornerà più diffusamente in seguito - avrebbero dovuto essere individuati e confrontati i diversi interessi coinvolti, anche grazie all'indispensabile apporto procedimentale dei destinatari del provvedimento di autotutela. 4.3. La censura di difetto di istruttoria e di motivazione del provvedimento di autotutela è fondata. 4.3.1. Successivamente alla legge delega 7 agosto 2015, n. 124, e ai decreti delegati attuativi della semplificazione amministrativa, l'interesse paesaggistico tutelato dall'articolo 9 della Costituzione non gode più di una tutela rafforzata nel procedimento amministrativo, ma deve essere sempre bilanciato con altri interessi di rango costituzionale. Per quanto riguarda il procedimento autorizzatorio di cui all'articolo 44 del decreto legislativo 1 agosto 2003, n. 259, l'amministrazione procedente è dunque tenuta a bilanciare l'interesse pubblico paesaggistico con l'interesse pubblico alla capillare diffusione dei servizi di telecomunicazione, finalizzata a realizzare gli obiettivi di inclusione sociale e di non discriminazione degli utenti, e con l'interesse imprenditoriale degli operatori del settore, i quali devono essere posti nelle condizioni di poter programmare la loro attività economica entro tempi certi e rapidi. 4.3.2. Il Comune di (omissis) ha omesso di esplicitare nel dettaglio le ragioni di interesse pubblico, concrete, attuali e diverse dal mero ripristino della legalità violata, che gli imporrebbero di annullare d'ufficio il provvedimento ritenuto invalido, limitandosi, a tal proposito, a richiamare la natura obbligatoria e vincolante del parere negativo di compatibilità paesaggistica, rilasciato dalla Soprintendenza successivamente alla formazione tacita del titolo autorizzatorio. 4.3.3. Nell'esercizio del potere di annullamento in autotutela, che l'articolo 2, comma 8-bis, della legge 7 agosto 1990, n. 241 fa comunque salvo, il Comune di (omissis) avrebbe dovuto dettagliatamente individuare le ragioni per cui l'interesse paesaggistico deve ritenersi prevalente sugli altri interessi, pubblici e privati, coinvolti nella fattispecie concreta, senza appiattirsi sulle considerazioni svolte dalla Soprintendenza. In particolare, il Comune avrebbe dovuto confrontare l'interesse paesaggistico, autonomamente rilevato in base alla situazione concreta ed attuale, sia con l'interesse imprenditoriale della società ricorrente e con l'affidamento dalla stessa riposto nella conservazione dell'infrastruttura, interamente realizzata in virtù della formazione tacita del titolo autorizzatorio e della sua autocertificazione, che con l'interesse pubblico all'erogazione capillare del servizio di comunicazione elettronica, individuando, ove necessario, eventuali soluzioni alternative ovvero imponendo prescrizioni volte a realizzare la massima soddisfazione dell'interesse paesaggistico. 4.3.4. Nulla di tutto ciò risulta dalla motivazione del provvedimento impugnato, nel quale non sono state neppure indicate le ragioni concrete per cui l'incompatibilità dell'intervento progettato e realizzato con l'interesse paesaggistico, per come rilevata dalla Soprintendenza, è stata ritenuta idonea a superare il giudizio di compatibilità paesaggistica, precedentemente espresso dal Comune di (omissis) con la nota prot. n. 13159 dell'1 giugno 2023, indirizzata alla Soprintendenza, e con la valutazione di conformità paesaggistica preventiva espressa dal Servizio Edilizia. Tale modus operandi contrasta, oltre che con i presupposti e le condizioni per l'esercizio del potere di autotutela, con il quadro normativo che regola il procedimento autorizzatorio unico per l'installazione di nuove infrastrutture elettroniche, ove i diversi interessi coinvolti si trovano tra di loro in rapporto di integrazione reciproca, senza che nessuno di essi, neppure l'interesse paesaggistico tutelato dall'amministrazione statale, prevalga in astratto e in assoluto sugli altri interessi di pari rango costituzionale. 4.3.5. La motivazione del provvedimento di annullamento d'ufficio del silenzio assenso, formatosi sull'autorizzazione unica richiesta dalla società ricorrente, deve perciò considerarsi insufficiente e contraddittoria. 5. Alcune delle censure specificate nel secondo motivo di ricorso, quali il difetto di istruttoria e l'erroneità dell'unico presupposto sul quale il Comune di (omissis) ha fondato l'esercizio del potere di autotutela (il parere negativo tardivamente rilasciato dalla Soprintendenza), sono state già esaminate nei paragrafi 4.3.2, 4.3.3 e 4.3.4. 5.1. La natura assorbente dei vizi riscontrati non consente tuttavia al Collegio di esaminare le rimanenti censure specificate nel secondo motivo di ricorso, le quali hanno ad oggetto il potere discrezionale non esercitato dal Comune di (omissis), afferente alla valutazione autonoma dell'impatto della stazione radio base già realizzata sul contesto paesaggistico ed alla sua comparazione con gli altri interessi coinvolti, ai sensi dell'articolo 21-nonies della legge 7 agosto 1990, n. 241. 5.2. La parte ricorrente non ha comunque interesse ad ottenere l'annullamento, per vizi propri, di un atto, quale il diniego definitivo di autorizzazione paesaggistica adottato dalla Soprintendenza archeologia, inefficace ex lege e dal quale il Comune ha la facoltà di discostarsi motivatamente nell'ambito del procedimento di autotutela. 6. Le spese di lite seguono la soccombenza del Comune di (omissis) e sono liquidate, in favore della parte ricorrente, nella misura indicata nel dispositivo. 6.1. In ragione della mancata imputabilità del ritardo nell'adozione del parere di autorizzazione paesaggistica alle Sovrintendenze resistenti, le quali non hanno effettivamente mai ricevuto dal Comune di (omissis) la convocazione per la conferenza di servizi o la richiesta di parere, il Collegio ritiene di dover compensare le spese di lite tra la parte ricorrente e il Ministero della Cultura. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per l'Abruzzo Sezione Prima, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l'effetto, annulla il provvedimento del Responsabile dell'Area Urbanistica - Assetto del Territorio - Attività Produttive del Comune di (omissis) prot. n. 26584 dell'8 novembre 2023. Condanna il Comune di (omissis) a rifondere alla parte ricorrente le spese di lite, che liquida in euro 3.000,00 (tremila/00) oltre accessori. Compensa le spese di lite tra la parte ricorrente e il Ministero della Cultura. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in L'Aquila nella camera di consiglio del giorno 27 marzo 2024 con l'intervento dei magistrati: Germana Panzironi - Presidente Mario Gabriele Perpetuini - Consigliere Rosanna Perilli - Primo Referendario, Estensore
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale per l' Abruzzo Sezione Prima ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 89 del 2017, integrato da motivi aggiunti, proposto da Ra. Mo. ed altri, rappresentati e difesi dall'avvocato Mi. Bo., con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via (...); contro Università degli Studi L'Aquila, Ministero dell'Università e della Ricerca Scientifica, in persona del Ministro in carica, rappresentati e difesi dall'Avvocatura distrettuale dello Stato, domiciliataria ex lege in L'Aquila, via (...); nei confronti Lu. Gu. ed altri, non costituiti in giudizio; per l'annullamento: per quanto riguarda il ricorso introduttivo: - dello Statuto e Regolamento Didattico dell'Ateneo; - della delibera del 27/09/2016 del Dipartimento di Medicina Clinica, Sanità Pubblica, Scienze delle Vita e dell'Ambiente, relativa alla richiesta di emanazione del bando di concorso per l'ammissione di n. 12 laureati non medici alla Scuola di Specializzazione in Ortognatodonzia per il corrente anno accademico; - della delibera del Senato Accademico del 17.10.2016; - della delibera del Consiglio di Amministrazione del 19.10.2016; - della graduatoria del concorso di specializzazione in Ortognatodonzia pubblicata priva di nominativi con i soli codici delle schede il 23.12.2016; - della graduatoria pubblicata il 13.01.2017 con D.R. n. 36/2017 Prot. n. 1025; - della nota avente prot. n. 4448 del 13.02.2017 attestante la presenza di posti disponibili presso la scuola di specializzazione in Ortognatodonzia presso l'Università degli Studi dell'Aquila; - dei quesiti nn. 3-5-53-69 relativi alla prova specifica di Ortognatodonzia e relativa attribuzione dei punteggi; - del verbale di nomina della Commissione; - dei verbali della commissione che ha validato o comunque redatto i quesiti sottoposti ai candidati nonché degli atti del procedimento riguardanti tanto la fase della predisposizione dei quesiti quanto quella della successiva validazione seppur non conosciuti; per il riconoscimento: - del diritto dei ricorrenti ad essere ammessi alla Scuola di Specializzazione in Ortognatodonzia presso l'Università degli Studi dell'Aquila; per la condanna: - al risarcimento del danno mediante reintegrazione in forma specifica, con l'ammissione (anche con riserva e in sovrannumero o in copertura dei posti vacanti) al corso suddetto. Per quanto riguarda i motivi aggiunti presentati da Pa. Fr. in data 8\6\2017: per l'annullamento, previa misura cautelare ex art. 55 c.p.a. anche in parte qua e nella parte in cui occorrer possa, a) della nota avente numero di protocollo 8318 del 13.03.2017 composta da n. 14 allegati e dei relativi allegati, ivi compresi i test e le griglie dei candidati e tutta la documentazione prodotta dall'Amministrazione sempre nella parte di cui in atti in merito alla violazione dell'anonimato con tutte le censure esposte; b) della nota avente numero di protocollo 19663 del 10 agosto 2016 del Ministero dell'Istruzione dell'Università e della Ricerca indirizzata ai Rettori delle Università sedi di scuole di specializzazione di area sanitaria; c) del bando di concorso per l'ammissione di n. 12 laureati non medici alla Scuola di Specializzazione in Ortognatodonzia per il corrente Anno Accademico presso l'Università degli Studi dell'Aquila già impugnato nel ricorso introduttivo; d) di tutti i verbali della Commissione esaminatrice portati a conoscenza del ricorrente a seguito del deposito nel presente giudizio dell'atto di costituzione dell'Università in data 13.03.2017; e) di tutti i provvedimenti richiamati e/o menzionati al punto precedente, ivi compresa ogni eventuale e connessa deliberazione e/o parere, benché non conosciuta/o; f) di ogni ulteriore atto anche non conosciuto connesso o prodromico agli atti sopra indicati nella parte in cui, anche interpretata, limitano od escludono il diritto del ricorrente all'ammissione al corso di specializzazione oggetto di causa. Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione in giudizio di Università degli Studi di L'Aquila e del Ministero dell'Università e della Ricerca Scientifica; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 13 marzo 2024 la dott.ssa Maria Colagrande; Uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO e DIRITTO I ricorrenti hanno partecipato al concorso svoltosi il 20.1.2016 per l'ammissione di dodici laureati non medici alla Scuola di Specializzazione in Ortognatodonzia presso l'Università degli Studi dell'Aquila, senza risultare idonei. Ai fini dell'allegazione dell'interesse al ricorso riferiscono che l'Università, in sede di accesso ai documenti amministrativi, ha reso noto che solo dieci posti sono stati coperti e che pertanto, considerato l'aumento del 30% previsto dall'art. 2, comma 5, del d.P.R. n. 162/82, residuano sei posti vacanti e disponibili. Il ricorso è affidato ai seguenti motivi: I. violazione dell'art. 5, comma 4 del d.lgs. 17 agosto 1999 n. 368; violazione degli artt. 4, 35 e 51 Costituzione, eccesso di potere per irragionevolezza, contraddittorietà tra più atti provenienti della p.a.; violazione dei principi di imparzialità e buon andamento ai sensi dell'art. 97 Costituzione; arbitrarietà della pubblica amministrazione e violazione dei principi del fabbisogno e della capienza strutturale e degli stessi principi della programmazione: il numero di posti disponibili pari a sedici - solo dieci sono stati coperti - dimostra sia la capacità strutturale e didattica dell'Ateneo sia il fabbisogno sociale di specialisti in ortognatodonzia, criteri ai quali l'Università deve conformarsi per assicurare la programmazione delle immatricolazioni e garantire che l'accesso alle scuole di specializzazione sia proporzionale alle risorse disponibili; la mancata copertura dei posti disponibili sarebbe quindi in sé indicativa dell'eccesso di potere che inficia a procedura anche in danno dei ricorrenti che aspirano ad occuparli senza aggravio finanziario per l'Atenei in quanto non è previsto un trattamento economico per gli specializzandi ammessi alla Scuola di specializzazione in Ortognatodonzia; II. violazione degli artt. 3, 33, 34 Cost.; eccesso di potere per disparità di trattamento; la soglia pari a 49/70, arbitraria e avulsa da qualsiasi criterio ponderale, del punteggio minimo richiesto per il superamento della prova di ammissione alla scuola, pari ai 2/3 del punteggio massimo assegnabile, sarebbe eccessivamente rigorosa; altri atenei per l'accesso alla stessa scuola hanno stabilito la soglia minima di 25/70; III. errata formulazione dei quesiti nn. 3-5-53-69; violazione e/o falsa applicazione dell'art. 34, comma 3, cost.; eccesso di potere per arbitrarietà ed irragionevolezza manifesta dell'azione amministrativa; violazione dei principi che devono soprassedere alla valutazione dei test a risposta multipla con codici etici e linee guida sui protocolli di adozione; la prova strutturata in quesiti a risposta multipla sottoposta ai candidati sarebbe scientificamente inattendibile e falsata dalla presenza di quesiti identici (il n. 3 e il numero 5, uno dei quali il presidente della Commissione senza assumere atti formali avrebbe consentito ai candidati di escludere dalla prova) e illogici e fuorvianti (il n. 53 e il n. 59 che presentano delle risposte identiche fra quelle proposte); inoltre la prova non sarebbe stata sottoposta alle necessarie procedure di analisi e validazione che vanno dalla definizione precisa dell'oggetto da valutare (Planning phase), alla selezione dei contenuti del test (Design phase/initial specifications), alla produzione vera e propria degli item (Development test); IV. violazione e falsa applicazione dei principi generali in tema di pubblici concorsi e del principio di affidamento e buon andamento; violazione dell'anonimato; violazione degli articoli 3, 97 e 34 Cost., intesi come ragionevolezza, legittimo affidamento del cittadino nello stato e certezza del diritto (art. 3), buon andamento ed imparzialità della p.a. (art. 97) e principio di meritocrazia (art. 34) e dell'art. 1 c. 2 del d.P.R. 487/1994; la prova si sarebbe svolta in violazione del bando e in particolare della procedura posta a garanzia dell'anonimato perché ai candidati non è stata consegnata la busta "piccola" destinata a contenere, sigillata, i dati anagrafici dei candidati da utilizzare, dopo la correzione, per l'abbinamento delle prove al nome dell'autore; inoltre i membri della commissione non avrebbero sigillato, né siglato le buste destinate a contenere gli elaborati, ma li avrebbero riposti, dopo la consegna, in una scatola contenente anche le schede anagrafiche. I ricorrenti concludono chiedendo di essere ammessi al corso di specializzazione sui posti vacanti o in sovrannumero, previo annullamento degli atti che limitano l'accesso alla scuola meditante la soglia di superamento della prova parti a 49/70 e, solo in subordine, l'annullamento della prova. Resistono le Amministrazioni intimate. La domanda cautelare è stata respinta e, sulla scorta delle allegazioni documentali, il collegio ha rilevato la questione di inammissibilità del ricorso perché i posti liberi e vacanti sarebbero solo due, non sufficienti a soddisfare l'interesse dei tre ricorrenti; essi si troverebbero pertanto in una posizione di conflitto tale da rendere inammissibile il ricorso cumulativo. Con memoria depositata il 10.4.2017 la difesa della parte ricorrente ha dichiarato la rinuncia al ricorso da parte della dott.ssa Ra. Mo.. In data 8.6.2017 uno dei due ricorrenti ancora interessati alla decisione ha presentato motivi aggiunti con i quali sinteticamente ha ribadito l'illegittimità degli atti impugnati per violazione del principio dell'anonimato aggiungendo: - che sette idonei su dieci hanno consegnato schede che presentano "due colonne identiche con tanto di correzioni effettuate per giungere alla stessa risposta per un determinato numero di domande"; - che i candidati erano solo trentasette e il codice attribuito a ciascuno di essi è identificato da tre lettere iniziali uguali per tutte le schede e da un numero progressivo da 1 a 37; sarebbe bastato quindi ricordare il numero assegnato a ciascuna scheda perché fosse riconoscibile l'autore dell'elaborato, per giunta modificabile con annotazioni postume in quanto inserito alla consegna in una scatola non sigillata e dunque accessibile. All'udienza pubblica del 13 marzo 2024 il ricorso e i motivi aggiunti sono passati in decisione. Preliminarmente deve essere dichiarato improcedibile il ricorso presentato dalla dott.ssa Ra. Mo. poiché, ai sensi dell'art. 84 del codice del processo ammnistrativo, la rinuncia al ricorso presentata dal difensore in data 10.4.2017, non sottoscritta dalla parte, né notificata alle altre parti, equivale a dichiarazione di sopravvenuto difetto d'interesse alla decisione, limitatamente agli effetti che essa avrebbe nella sfera soggettiva della dott.ssa Ra. Mo.. Sotto altro profilo, il sopravvenuto difetto d'interesse alla decisione del ricorso di uno dei tre ricorrenti originari, consente di superare il rilievo sollevato d'ufficio in sede cautelare della questione di inammissibilità del ricorso cumulativo per conflitto d'interesse fra i tre ricorrenti, i quali con la domanda principale hanno chiesto di essere assegnati sui due posti rimasti vacanti all'esito della selezione. Va infatti ribadito che l'inammissibilità del ricorso cumulativo in conseguenza del conflitto d'interessi fra i proponenti segue all'accertamento della mancanza di una delle condizioni di ammissibilità del gravame - in specie l'omogeneità delle posizioni azionate - condizione che tuttavia può sopravvenire fino al momento della decisione. Nel caso in esame l'omogeneità delle posizioni azionate, prima in conflitto fra loro per indisponibilità di un numero sufficiente di posti residui, ha fatto seguito alla rinuncia al ricorso da parte di uno dei ricorrenti, consentendo così al tribunale di decidere il ricorso. Nel merito il ricorso e i motivi aggiunti sono infondati. La soglia di sufficienza delle prove stabilita in 49/70 del punteggio non può considerarsi illegittima per il solo fatto che altre Università, per l'accesso allo stesso corso di specializzazione, hanno stabilito una soglia decisamente inferiore. Infatti non è provato che ricorra l'ipotesi di un trattamento diseguale in situazioni identiche, quanto meno perché i ricorrenti non hanno neppure dedotto l'identità o l'equivalenza quantitativa e qualitativa delle prove di ammissione il cui numero e grado di difficoltà costituisce uno dei parametri che condizionano la decisione sul punteggio minimo per il superamento della prova. Il rigetto della censura comporta l'intangibilità dell'esito di non ammissione dei ricorrenti alla Scuola di specializzazione e quindi il rigetto della domanda principale di ammissione degli stessi alla frequenza del corso sui posti disponibili che non sono stati assegnati all'esito della prova. Ciò premesso e considerato che i ricorrenti non hanno superato la selezione perché non hanno raggiunto il punteggio minimo, l'esame delle ulteriori censure verrà condotto solo con riferimento al residuo interesse alla riedizione della procedura selettiva, previo annullamento degli atti impugnati. È infondata la censura che lamenta la violazione dell'anonimato delle prove. Occorre premettere che l'anonimato delle procedure concorsuali o di ammissione a percorsi di studio o di abilitazione serve a garantire l'imparzialità della pubblica amministrazione nelle operazioni di selezione degli aspiranti. La regola dell'anonimato mira quindi ad evitare che la discrezionalità del giudizio di valore delle prove selettive sia condizionata dalla conoscenza dell'autore della prova da parte di coloro che devono valutarla. Nel caso in decisione la prova si articola in quesiti a risposta multipla la cui valutazione sfugge alla discrezionalità della commissione perché è la conseguenza della mera verifica oggettiva della corrispondenza delle risposte date dai candidati alle risposte esatte, contenute della griglia di valutazione. Ne consegue che la valutazione della prova non può ritenersi inquinata dalla violazione della regola dell'anonimato solo perché le operazioni di raccolta degli elaborati avrebbero reso possibile in astratto il riconoscimento degli autori perché, come detto, ciò non incide sull'espressione della valutazione che è invece il frutto di un'operazione automatica. Alle stesse conclusioni deve pervenirsi in relazione all'ulteriore censura avanzata con i motivi aggiunti che ritiene che la conoscibilità degli autori delle prove avrebbe potuto permettere di apportare delle correzioni postume agli elaborati agevolando l'esito favorevole della valutazione. Occorre precisare che i ricorrenti non lamentano la manipolazione in peius, dei loro elaborati - circostanza che ove provata avrebbe senz'altro determinato l'illegittimità in parte qua della selezione - ma solo di sette fra i dieci elaborati utilmente selezionati. I ricorrenti avrebbero dovuto, non solo dedurre, ma anche dare la prova concreta, invece mancata, che alcuni degli elaborati dei vincitori sono stati consegnati con una determinata soluzione delle domande e ad essi, dopo la consegna, sarebbero state apportate aggiunte o correzioni, ma in tal caso l'annullamento degli atti non potrebbe che essere parziale e di nessuna utilità per la soddisfazione del loro interesse definitivamente pregiudicato dal mancato raggiungimento della soglia di sufficienza. Non meritano adesione infine, perché non provate, neppure le censure sulla formulazione della prova che conterrebbe due quesiti identici, uno dei quali, per disposizione del presidente, i candidati avrebbero potuto tralasciare e altri due formulati in modo fuorviante. Il tribunale non può però neppure accertare il fondamento di quanto asserito perché i ricorrenti si astengono dall'enunciare il contenuto di dette domande e dall'allegare la rilevanza della censura ai fini dell'annullamento della prova o della modifica del punteggio in misura tale da consentire loro di superare la selezione. Anche le censure di illegittimità del questionario sottoposto ai ricorrenti, censurato in quanto non sottoposto a un sistema di validazione, sono palesemente infondate, perché i ricorrenti non hanno indicato i parametri normativi, prescrizioni amministrative o autovincoli che avrebbero imposto un tale adempimento. Le spese processuali, considerato che l'avvocatura erariale non ha svolto difese, possono essere compensate. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per l'Abruzzo Sezione Prima, definitivamente pronunciando sul ricorso e sui motivi aggiunti: - dichiara improcedibile il ricorso introduttivo limitatamente alla posizione della ricorrente Mozzillo Raffella; - respinge il ricorso introduttivo proposto da Fr. Pa. e Te. An.; - respinge i motivi aggiunti presentati da Fr. Pa.; - compensa le spese processuali. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in L'Aquila nella camera di consiglio del giorno 13 marzo 2024 con l'intervento dei magistrati: Germana Panzironi - Presidente Maria Colagrande - Consigliere, Estensore Rosanna Perilli - Primo Referendario
TAR L'Aquila
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale per l' Abruzzo Sezione Prima ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 6 del 2015, proposto da Me. Ad. e Pr. Vi., al quale sono subentrati, in corso di causa, gli eredi Me. Ad., Pr. Ro. e Pr. Ni., rappresentati e difesi dall'avvocato An. Ma., domiciliato presso la Segreteria T.A.R. Abruzzo in L'Aquila, via (...); contro Comune di (omissis), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Lu. Ta., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; per l'annullamento, previa sospensione dell'efficacia, - dell'ordinanza n. 146 del 7 ottobre 2014, con cui il Comune di (omissis) ha ordinato ai signori Pr. Vi. e Me. Ad. il ripristino dello stato dei luoghi e la demolizione delle opere, ivi puntualmente elencate, realizzate in assenza del titolo abilitativo o in difformità dello stesso presso un fabbricato in località (omissis); Visti il ricorso e i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di (omissis); Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 8 novembre 2023 il dott. Massimo Baraldi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO I signori Pr. Vi. e Me. Ad., odierni ricorrenti, sono proprietari di un immobile nel Comune di (omissis) che è stato oggetto di sopralluogo da parte dei tecnici comunali in data 4 luglio 2014, sopralluogo all'esito del quale il Comune di (omissis) ha ravvisato la presenza nel predetto immobile di opere abusive. In particolare, il Comune di (omissis), all'esito di un articolato procedimento, ha poi emesso l'ordinanza n. 146 del 7 ottobre 2014, di cui in epigrafe, con cui ha ingiunto ai signori Pr. Vi. e Me. Ad. la demolizione delle opere ivi puntualmente indicate, ossia la demolizione della scala di collegamento tra i due piani dell'abitazione, riconducendo le funzioni a quelle di locali aziendali con rimozione degli impianti che configurano detti locali come ambienti residenziali, la demolizione del volume interrato e della sovrastante tettoia ed il ripristino di quanto originariamente assentito per quanto concerne i terrazzi. Avverso tale provvedimento hanno proposto il ricorso introduttivo del presente giudizio, depositato in data 8 gennaio 2015, i signori Pr. Vi. e Me. Ad., chiedendone l'annullamento, previa sospensione dell'efficacia, deducendo i seguenti motivi: 1) Violazione di legge con riferimento all'art. 3 L. 241/90. Violazione di legge in relazione all'art. 34, comma 2, D.P.R. 380/2001 - Violazione del principio di proporzionalità - Eccesso di potere; 2) Violazione di legge con riferimento all'art. 5 L.R. 49/2012 - Violazione dell'art. 3 L. 241/90 - Eccesso di potere per insufficienza della motivazione e genericità della stessa; 3) Violazione di legge con riferimento all'art. 12, p.to 5, delle N.T.A. P.R.G. adottato - Omessa valutazione dell'art. 12, p.to 5, lett. h delle NTA P.R.G. adottato - Eccesso di potere per insufficienza di motivazione; 4) Violazione di legge con riferimento all'art. 12 del P.R.G. adottato - Eccesso di potere per erroneo presupposto di fatto e per carenza di motivazione; 5) Violazione di legge con riferimento all'art. 10 D.P.R. 380/2001 e art. 50 R.E. del Comune di (omissis); 6) Violazione di legge con riferimento all'art. 3 L. 241/90 e art. 31, comma 7 D.P.R. 380/2001 - Eccesso di potere per insufficiente e/o carenza di motivazione in ordine alla mancata allegazione del verbale di sopralluogo ed alla omessa pubblicazione; 7) Eccesso di potere per insufficiente motivazione - Violazione del principio di affidamento. Si è costituito in giudizio, in data 24 gennaio 2015, il Comune di (omissis), con memoria di stile. All'esito dell'udienza in camera di consiglio del 28 gennaio 2015 è stata emessa l'ordinanza n. 26/2015, con cui è stata respinta la richiesta tutela cautelare "Ritenuto che nella fattispecie emergono variazioni d'uso essenziali, e comunque abusi edilizi sui quali i ricorrenti (come affermato dal resistente patrono, senza alcuna avversa confutazione) hanno vanamente richiesto accertamento di conformità ". Successivamente, in data 5 giugno 2023, la difesa di parte ricorrente ha depositato in atti il certificato di morte di uno dei due ricorrenti (Pr. Vi.) e conseguentemente, all'esito dell'udienza pubblica del 7 giugno 2023, è stata emessa l'ordinanza collegiale n. 340/2023 con cui è stata disposta l'interruzione del giudizio. In data 14 luglio 2023 gli eredi del signor Pr. hanno depositato atto di riassunzione del giudizio, atto notificato al Comune di (omissis) in pari data. Parte ricorrente ha poi depositato memoria finale in data 7 ottobre 2023, richiamandosi interamente al ricorso già depositato, e parte resistente ha depositato in giudizio, in data 26 ottobre 2023, i provvedimenti del Comune di (omissis) con cui è stata respinta l'istanza di accertamento di conformità presentata dai ricorrenti, documentazione cui era allegata una memoria meramente formale. Infine, all'udienza pubblica dell'8 novembre 2023, dopo discussione la causa è stata trattenuta in decisione. DIRITTO 1. - Il ricorso è infondato nel merito e va respinto. 2. - Col primo motivo di ricorso parte ricorrente svolge alcune censure avverso l'ordinanza di demolizione impugnata. 2.1.1. - Con una prima censura del primo motivo di ricorso, parte ricorrente afferma che il provvedimento impugnato violerebbe il principio di proporzionalità "per irrogazione della sanzione più afflittiva senza tener in debito conto la possibilità di irrogare la sanzione pecuniaria. Cosa che sarebbe stata opportuna attesa la evidente invasività ed onerosità di tale misura sanzionatoria". In altri termini, secondo parte ricorrente il Comune di (omissis) avrebbe dovuto valutare quale sanzione applicare, ossia demolizione con riduzione in pristino, come disposto, o sanzione pecuniaria attenendosi al principio di proporzionalità . 2.1.2. - La censura è palesemente infondata. Il Collegio osserva che la possibilità di sostituire la sanzione demolitoria con quella pecuniaria, per un verso, va valutata dalla P.A. nella fase esecutiva della demolizione, successiva ed autonoma rispetto all'ordine di demolizione in sé e nella quale gli interessati ben potranno dedurre lo stato di pericolo per la stabilità dell'edificio, ove sussistente; per altro e correlato verso, tale sanzione pecuniaria, derogatoria alla regola generale della demolizione nei casi di illeciti edilizi di cui al comma 1 dell'art. 34 del DPR 380/2001, può esser applicata solo ove sia oggettivamente impossibile la demolizione delle parti difformi senza incidere sulla stabilità dell'intero edificio. Profilo, quest'ultimo, che potrà trovare adeguata verifica ed eventuale dimostrazione solo nella citata fase esecutiva e che, in ogni caso, non viene dedotto da parte ricorrente nel ricorso introduttivo del presente giudizio, ove non vengono mai rappresentate criticità circa la stabilità dell'edificio in caso di adempimento alle demolizioni disposte dall'ordinanza impugnata. 2.2.1. - Con una seconda censura del primo motivo di ricorso, parte ricorrente deduce l'illegittimità dell'ordinanza impugnata in quanto "nel caso di specie, la risalenza degli abusi comporta un esercizio del proprio potere discrezionale ancor più oculato attesa la stabilizzazione nel tempo della situazione di fatto e l'affidamento del privato in ordine alla stabilizzazione della stessa. Sul punto lo stesso Ente ammette di non conoscere "con certezza l'epoca di realizzazione degli abusi"; dunque oltre ad un difetto di motivazione appare profilarsi anche la genericità della stessa". 2.2.2. - La censura è infondata. Il Collegio osserva che la risalenza degli abusi non ha alcuna incidenza sull'ordinanza di demolizione emessa dal Comune di (omissis) impugnata nel presente giudizio, non dovendo il predetto Comune contemperare in alcun modo l'interesse del privato come esaustivamente affermato dall'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, la quale ha stabilito che "non occorre motivare in modo particolare un provvedimento con il quale sia ordinata la demolizione di un immobile abusivo neppure quando sia trascorso un notevole lasso di tempo dalla sua realizzazione. Ed infatti l'ordinamento tutela l'affidamento di chi versa in una situazione antigiuridica soltanto laddove esso presenti un carattere incolpevole, mentre la realizzazione di un'opera abusiva si concretizza in una volontaria attività del costruttore realizzata contra legem (in tal senso - ex multis -: Cons. Stato, IV, 28 febbraio 2017, n. 908; id., VI, 13 dicembre 2016, n. 5256). Si è altresì osservato - e in modo parimenti condivisibile - che l'ordine di demolizione presenta un carattere rigidamente vincolato e non richiede né una specifica motivazione in ordine alla sussistenza di un interesse pubblico concreto e attuale alla demolizione, né una comparazione fra l'interesse pubblico e l'interesse privato al mantenimento in loco dell'immobile. Ciò, in quanto non può ammettersi l'esistenza di alcun affidamento tutelabile alla conservazione di una situazione di fatto abusiva, che il tempo non può in alcun modo legittimare (in tal senso - ex multis -: Cons. Stato, 28 febbraio 2017, n. 908; id., IV, 12 ottobre 2016, n. 4205; id., IV, 31 agosto 2016, n. 3750)." (Adunanza Plenaria n. 9/2017). 3. - Col secondo motivo di ricorso, parte ricorrente svolge ulteriori distinte censure avverso l'ordinanza di demolizione n. 146 del 7 ottobre 2014. 3.1.1. - Con una prima censura del secondo motivo di ricorso parte ricorrente afferma che "Con riferimento al primo degli abusi contestati al Piano Terra l'Ente resistente (pag. 2 relazione tecnica facente parte del provvedimento sanzionatorio) afferma che "Dai calcoli effettuati risulta che attualmente al piano terra sono presenti 199,38 mq con destinazione residenziale in luogo delle destinazione per rimessa attrezzi, magazzino, cantina e fondaco autorizzati configurando un cambio d'uso in contrasto per diversi profili con le normative urbanistiche". Leggendo il provvedimento non viene specificato quali articoli della normativa urbanistica sono stati violati, limitandosi l'Ente a spiegare l'inapplicabilità di disposizioni che potrebbero legittimare quanto realizzato". 3.1.2. - La censura è infondata. Il Collegio osserva che il contrasto con la normativa urbanistica sussiste, in primis, con riferimento al fatto che il titolo abilitativo rilasciato ai ricorrenti non prevedeva al piano terra locali con destinazione residenziale ma solo per rimessa attrezzi, magazzino e cantina e, dunque, parte ricorrente ha operato un cambio di destinazione d'uso di tali locali in aperto contrasto col titolo abilitativo di cui dispone, cambio dunque non autorizzato e, pertanto, illegittimo. 3.2.1. - Con una seconda censura del secondo motivo di ricorso, parte ricorrente afferma che "andando a scorgere la normativa edilizia, la L.R. n. 49/2012, all'art. 5, comma 3, così recita: "Nel caso in cui gli immobili siano inseriti in zone di P.R.G. che concorrono alla determinazione della dotazione complessiva degli standard di piano, presupposto essenziale per il cambio di destinazione d'uso è in ogni caso il rispetto dei limiti minimi inderogabili stabiliti dall'art. 3 del D.M. 1444/1968 ovvero la relativa monetizzazione con i criteri stabiliti dal comma 2 dell'articolo 3". E' evidente che tra le disposizioni normative prese in considerazione dall'Ente Comunale non figura quella testé riportata. Questa disposizione, dunque, renderebbe illegittimo l'ordine di demolizione per omessa valutazione di una norma fondamentale ovvero imporrebbe all'Amministrazione un'ulteriore valutazione, in ordine alla possibilità di "monetizzazione", nell'esercizio del potere amministrativo.". 3.2.2. - La censura è infondata. Il Collegio rileva che parte ricorrente cita una norma regionale senza contestualizzarla e senza nemmeno dedurre che le condizioni previste dalla predetta norma per il cambio di destinazione d'uso ricorrano nel presente caso. In particolare, la sopra menzionata norma regola ipotesi di cambio di destinazione d'uso "nel caso in cui gli immobili siano inseriti in zone di PRG che concorrono alla determinazione della dotazione complessiva degli standard di piano..." ma parte ricorrente nulla deduce al riguardo, non affermando che tale condizione risulta verificata nella presente situazione né tantomeno dimostrando che l'immobile di che trattasi sia inserito in una zona di PRG che concorre alla determinazione degli standard di piano. 3.3.1. - Con una terza censura del secondo motivo di ricorso, parte ricorrente afferma che "sempre con riferimento alla prima delle violazioni contestate, il Comune afferma che: "infine anche la scala di collegamento tra i due livelli dell'abitazione non è consentita ai sensi dell'art. 2 delle NTA del PRG adottato, in quanto i locali destinati a rimesse, cantine o simili devono avere accessi indipendenti dall'abitazione". Ebbene, andando a leggere l'art. 2 cit. (che ad ogni buon conto si produce), non si evince alcuna disposizione di tal fatta. Dunque, alcuna violazione vi può essere.". 3.3.2. - La censura è infondata. Il Collegio osserva che l'art. 2 delle NTA del Comune di (omissis) stabilisce che "I servizi agricoli sono quelli funzionali all'attività ; possono essere realizzati in manufatti a sè stanti o al piano terra dei fabbricati abitativi. In quest'ultimo caso essi devono avere accesso indipendente dall'abitazione e di massima essere destinati a: rimesse attrezzi-cantine per deposito derrate alimentari e/o stagionatura prodotti, locali destinati a piccole attività produttive familiari e simili."; la sopra riportata prescrizione risulta, dunque, chiara nel sancire l'obbligo che i servizi agricoli siano indipendenti dalle abitazioni ed abbiano un proprio accesso dedicato. 4.1. - Col terzo motivo di ricorso, parte ricorrente deduce l'illegittimità dell'ordinanza impugnata affermando che la stessa risulta illegittima in quanto dispone che l'art. 12, comma 5, delle NTA del Comune di (omissis), relativo al recupero di edifici esistenti funzionali all'attività agricola, non risulta applicabile al caso de quo in quanto si tratta di fabbricato non esistente alla data del 1° agosto 1983. Secondo parte ricorrente, difatti, "Il Comune resistente ha omesso di valutare che la stessa disposizione richiamata prevede la possibilità di interventi anche sugli edifici realizzati dopo tale data. Sempre l'art. 12, p.to 5, NTA del PRG adottato, alla lett. H dispone: "L'intervento sugli edifici esistenti, costruiti dopo il 01/08/1983, è subordinato alla SAU minima di 3 ha". E' evidente che già la omessa valutazione di tale norma vizia irrimediabilmente l'esercizio del potere amministrativo. Per di più la disposizione richiamata appare evidentemente applicabile al caso in esame atteso che i sigg.ri Me. e Pr. possiedono terreni per ben 6 ha come si evince dalle visure catastali allegate al presente ricorso.". 4.2. - Il motivo è infondato. Il Collegio osserva che il Comune di (omissis) ha ben chiarito nel provvedimento del 19 giugno 2023, recante diniego dell'istanza di accertamento di conformità presentata dalla signora Me. in data 9 marzo 2023 (provvedimento peraltro non impugnato da parte ricorrente e depositato dal Comune resistente in data 26 ottobre 2023), che "la Sig.ra Me., titolare dell'istanza, sebbene sia in procinto di acquisirlo, non possiede ad oggi il titolo di Imprenditore Agricolo a titolo Principale (IAP) e comunque non ne era in possesso all'epoca di realizzazione dell'abuso" e che, inoltre, "i terreni posseduti non risultano contigui rispetto alla proprietà sulla quale è stato realizzato l'immobile in esame" e, infine, che "Nel caso di soggetti diversi dagli I.A.P. le unità poderali devono fare capo ad un'unica proprietà di fondi rustici contigui che includa la proprietà sulla quale è stato realizzato l'immobile oggetto di accertamento di conformità così come desumibile all'art. 12 punti 3 e 4 delle NTA del PRG vigente e l'art 37 delle NTA del PRG vigente all'epoca dell'abuso.". Da quanto sopra esposto ne consegue, dunque, che la censura di parte ricorrente risulta infondata perché, come dedotto nel provvedimento impugnato, le NTA del Comune di (omissis) non consentivano la regolarizzazione dedotta nel ricorso per contrasto con le stesse NTA. 5.1. - Col quarto motivo di ricorso parte ricorrente formula altre censure avverso il provvedimento impugnato. 5.1.1. - Con una prima censura del quarto motivo di ricorso parte ricorrente afferma, con riferimento alla parte del provvedimento relativa all'abuso commesso rispetto ai terrazzi realizzati al primo piano, che i ricorrenti sono proprietari di 6 ha di terreno e dunque, risulterebbe illegittima la parte del predetto provvedimento in cui il Comune ha stabilito che "al piano primo risultano già eseguiti 150,87 mq (regolarmente autorizzati) che non possono essere incrementati atteso che i sigg.ri Pr. e Me. non possiedono il requisito di imprenditori agricoli a titolo principale e i terreno posseduti sono solo di 18.260 mq, inferiori al lotto minimo previsto da entrambi i piani (PRG vigente prevede 3 ha, quello adottato, più restrittivo, 4 ha).". 5.1.2. - La censura è infondata. Il Collegio osserva che il provvedimento impugnato afferma che la superficie del primo piano dell'immobile non può essere incrementata in quanto i ricorrenti non possiedono il lotto minimo di terreno richiesto e, inoltre, gli stessi non hanno il requisito di imprenditore agricolo a titolo principale e tale ultima circostanza risulta incontestata e, dunque, la stessa rende del tutto legittimo il provvedimento impugnato anche nella parte sopra riportata in quanto parte ricorrente si limita a contestare le dimensioni del terreno di proprietà dei ricorrenti e non la mancanza in capo agli stessi del requisito di imprenditore agricolo a titolo principale rilevata dal Comune resistente. 5.2.1. - Con una seconda censura del quarto motivo di ricorso, parte ricorrente afferma che "l'art. 12 del P.R.G. adottato prevede la possibilità di realizzare nuove costruzioni anche per soggetti non imprenditori agricoli, circostanza che l'Ente comunale ha del tutto omesso di considerare." e che, inoltre, "l'art. 38 delle NTA del PRG vigente prevede diverse possibilità di intervento per le aree ricadenti in zona 4 e 2 (pag. 2 provvedimento impugnato), come quella di proprietà dei ricorrenti" e dunque "Tali circostanze denotano una evidente insufficienza della motivazione del provvedimento che, anche in relazione all'invasività nella sfera giuridica del privato, avrebbe dovuto tenere in debito conto le norma richiamate. Cosa che è stata del tutto omessa.". 5.2.2. - La censura è infondata. Il Collegio osserva, in primis, che il provvedimento impugnato appare esaustivamente motivato, recando una puntuale ricognizione dell'immobile e di tutti gli abusi commessi dagli odierni ricorrenti nonché delle norme violate con gli stessi abusi. Inoltre parte ricorrente con la sopra menzionata censura richiama alcuni articoli del PRG del Comune di (omissis) e delle relative Norme di Attuazione senza specificare quali parti del provvedimento impugnato si pongano in contrasto con tali disposizioni né per quali motivi e, dunque, le censure svolte risultano inammissibili in quanto non specifiche. 6. - Col quinto motivo di ricorso parte ricorrente formula censure avverso la parte del provvedimento che ha individuato, quale abuso, la realizzazione di un volume seminterrato e di una tettoia esterna. 6.1. - Con una prima censura, parte ricorrente afferma che per tali abusi vale "quanto già dedotto nel terzo motivo di ricorso. Inoltre, si rinvia a quanto già esposto nel quarto motivo e, dunque, a tutte le disposizioni richiamate che consentono nuovi volumi in zona agricola, anche da parte di non imprenditori agricoli, con ciò smentendosi l'assunto dell'Ente secondo cui tali opere sono "non altrimenti riconducibili a legalità "..." e, dunque, rispetto a tale censura vale quanto già detto nell'esame dei precedenti motivi di ricorso circa la loro infondatezza nel merito. 6.2.1. - Con una seconda censura del quinto motivo di ricorso, parte ricorrente afferma, con riferimento alla tettoia realizzata, che "tale struttura con tettoia deve essere classificata quale "pertinenza" e, dunque, non necessitante titolo abilitativo. Sul punto la Giurisprudenza amministrativa così si esprime: "A differenza della nozione di pertinenza di derivazione civilistica, un manufatto può essere considerato pertinenza a fini edilizi quando è non solo preordinato ad un'oggettiva esigenza dell'edificio principale e funzionalmente inserito al suo servizio ma anche sfornito di un autonomo valore di mercato e non comporta un carico urbanistico" (Cons. Stato, n. 4290/2014). La realizzazione di tale struttura, dunque, non può considerarsi abuso come sostiene l'Ente resistente.". 6.2.2. - La censura è infondata. Il Collegio osserva che il Comune di (omissis) afferma nell'ordinanza impugnata che la tettoia di che trattasi non può "essere conservata mediante accertamento di conformità in quanto comporterebbe una maggiore superficie destinata ad annessi e/o servizi agricoli che, come sopra già richiamato, non è consentito per mancanza del lotto minimo aziendale" e, dunque, la stessa non può essere considerata pertinenza ai fini edilizi in quanto la stessa aumenta la superficie destinata ad annessi agricoli ed ha, dunque, un'incidenza diretta sulla struttura realizzata, ampliandone la superficie autorizzata per i servizi agricoli. 7.1. - Col sesto motivo di ricorso, parte ricorrente deduce l'illegittimità del provvedimento impugnato in quanto allo stesso non risulta allegato il verbale del sopralluogo svolto in data 4 luglio 2014. In particolare, secondo parte ricorrente "La omessa allegazione del verbale di sopralluogo configura un difetto ovvero una carenza di motivazione in relazione a tutte le violazioni contestate nonché con riferimento alle opere eventualmente necessarie per ricondurre lo stato di fatto sotto l'egida della legalità . Non vengono nemmeno allegate, né richiamate, eventuali fotografie relative allo stato dei luoghi. Sul punto, la Giurisprudenza amministrativa afferma: "L'ordinanza di demolizione che si limita ad asserire che il privato avrebbe provveduto a demolizioni in difformità dalla d.i.a. già presentata e a rinviare ad un verbale di sopralluogo non puntuale, non soddisfa l'obbligo di cui all'art. 3 l. 241 del 1990 in quanto non permette di desumere con certezza quali opere compiere, ovvero cosa fare, per ottemperare al dispositivo dell'ordinanza che gli imponeva la messa in sicurezza statica" (T.A.R. Brescia, sez. I, n. 471/2013).". 7.2. - Il motivo è infondato. Il Collegio osserva che nel presente caso l'ordinanza di demolizione impugnata risulta compiutamente ed esaurientemente motivata e, dunque, risulta del tutto inconferente il precedente giurisprudenziale richiamato da parte ricorrente in quanto, nel caso di che trattasi, l'ordinanza impugnata non si limita a disporre la demolizione degli abusi ma, prima, li individua esaustivamente descrivendoli puntualmente. Inoltre, all'ordinanza di demolizione risulta allegato il documento relativo all'istruttoria del procedimento, che dà conto analiticamente delle difformità ravvisate e della loro qualificazione, e pertanto la dedotta carenza di motivazione non sussiste in alcun modo nel presente caso. Infine, su tale punto, il Collegio osserva che parte ricorrente ben poteva chiedere all'Amministrazione copia del verbale, copia evidentemente ritenuta non necessaria per la proposizione del ricorso presentato dove sono stati svolti vari motivi formulati sulla base dell'esauriente provvedimento impugnato. 8.1. - Col settimo ed ultimo motivo di ricorso parte ricorrente deduce l'illegittimità del provvedimento impugnato affermando che "Per quanto riguarda il locale "annesso esterno e tettoia", realizzato presumibilmente nel 2002 atteso che è stato realizzato durante i lavori assentiti con P.d.C. n. 84/2002 deve rilevarsi la violazione del principio di affidamento in quanto realizzati ben dodici anni addietro. Il tempo trascorso dall'edificazione è tale che, nella sua oggettiva consistenza, da consolidare in capo al proprietario - peraltro ignaro della natura abusiva dell'opera - una legittima aspettativa in ordine all'insussistenza di alcuna ragione di pubblico interesse alla rimozione del manufatto...Il Comune resistente nulla ha osservato in ordine alla lesione dell'affidamento del privato in ciò evidenziandosi una carenza sotto il profilo motivazionale, in quanto non ha esplicitato le ragioni di pubblico interesse - evidentemente diverse dal mero ripristino della legalità - che conducevano, nella specie, al sacrificio della posizione consolidata in capo al privato proprietario.". 8.2. - Il motivo è infondato. Il Collegio osserva che, sul punto, valgono le considerazioni già svolte con riferimento al primo motivo di ricorso, in cui si è ricordato l'insegnamento dell'Adunanza Plenaria n. 9/2017 secondo cui "non può ammettersi l'esistenza di alcun affidamento tutelabile alla conservazione di una situazione di fatto abusiva, che il tempo non può in alcun modo legittimare (in tal senso - ex multis -: Cons. Stato, 28 febbraio 2017, n. 908; id., IV, 12 ottobre 2016, n. 4205; id., IV, 31 agosto 2016, n. 3750)." (Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria n. 9/2017). 9. - Per tutto quanto sopra sinteticamente illustrato, dunque, il ricorso introduttivo del presente giudizio è infondato nel merito e va respinto. 10. - Sussistono giustificati motivi per disporre l'integrale compensazione fra le parti delle spese del presente giudizio, in ragione dell'assenza di difese da parte del Comune di (omissis) che si è limitato a depositare in giudizio i provvedimenti adottati. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per l'Abruzzo Sezione Prima, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge. Spese compensate. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa. Così deciso in L'Aquila nella camera di consiglio del giorno 8 novembre 2023 con l'intervento dei magistrati: Germana Panzironi - Presidente Rosanna Perilli - Primo Referendario Massimo Baraldi - Primo Referendario, Estensore
TAR L'Aquila
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale per l' Abruzzo Sezione Prima ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 285 del 2023, integrato da motivi aggiunti, proposto da Cooperativa So. e di La. - Op. Sa. As. - O.S. Soc. Coop. Sociale - Onlus, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Ma. Re., Al. Ca., Ni. Sa., Lu. Bo., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; contro Regione Abruzzo, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale, domiciliataria ex lege in L'Aquila, via Buccio Da Ranallo S. Domenico; Dipartimento Sanità - Sede Pescara della Regione Abruzzo, Agenzia Sanitaria Regionale Abruzzo - Asr, non costituiti in giudizio; nei confronti Consorzio Lu. Società Cooperativa Sociale, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Vi. An., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; Asl 1 Avezzano - Sulmona - L'Aquila, Asl 2 Lanciano - Vasto - Chieti, Asl 3 Pescara, Asl 4 Teramo, non costituiti in giudizio; per l'annullamento Per quanto riguarda il ricorso introduttivo: della Deliberazione della Giunta Regionale della Regione Abruzzo n. 274 del 16 maggio 2023, avente ad oggetto " Presa d''atto e approvazione del "Documento Tecnico - Manuale di Autorizzazione e di Accreditamento Istituzionale Cure Domiciliari (ADI)" - Adempimenti relativi all''attuazione della D.G.R. n. 769 del 29.11.2021 ", pubblicata sul Bollettino Ufficiale della Regione Abruzzo, Ordinario, n. 23 del 7 giugno 2023; - nonché di ogni altro atto presupposto, preparatorio, connesso, consequenziale o di esecuzione rispetto all''atto impugnato, ivi inclusa la nota prot. n. 1276 del 2.12.2022, acquisita al prot. n. RA 0516269/22 del 5.12.2022 (allo stato non nota), con cui l''Agenzia Sanitaria Regionale Abruzzo (ASR) ha trasmesso il Documento Tecnico "Manuale di Autorizzazione e di Accreditamento Istituzionale Cure Domiciliari (ADI)" approvato con la predetta d.G.R. n. 274 del 16 maggio 2023. Per quanto riguarda i motivi aggiunti presentati da Cooperativa So. e di La. - Op. Sa. As. - O.S. Soc. Coop. Sociale - Onlus il 28/12/2023: per l''annullamento, previa adozione delle più idonee misure cautelari - della nota prot. n. 0427207 del 19 ottobre 2023 del Dirigente del Servizio Accreditamento e Accordi Contrattuali del Dipartimento Sanità della Giunta Regionale della Regione Abruzzo, notificata in pari data a mezzo p.e.c., avente ad oggetto " Domanda per il rilascio dell''autorizzazione all''esercizio dell''attività sanitaria o socio-sanitaria per le Cure Domiciliari - DGR 274 del 16/05/2023 - riscontro "; - quale atto presupposto, della Deliberazione della Giunta Regionale della Regione Abruzzo n. 274 del 16 maggio 2023, avente ad oggetto " Presa d''atto e approvazione del "Documento Tecnico - Manuale di Autorizzazione e di Accreditamento Istituzionale Cure Domiciliari (ADI)" - Adempimenti relativi all''attuazione della D.G.R. n. 769 del 29.11.2021 ", pubblicata sul Bollettino Ufficiale della Regione Abruzzo, Ordinario, n. 23 del 7 giugno 2023; - nonché di ogni altro atto presupposto, preparatorio, connesso, consequenziale o di esecuzione rispetto all''atto impugnato, ivi inclusa la nota prot. n. 1276 del 2.12.2022, acquisita al prot. n. RA 0516269/22 del 5.12.2022 (allo stato non nota), con cui l''Agenzia Sanitaria Regionale Abruzzo (ASR) ha trasmesso il Documento Tecnico "Manuale di Autorizzazione e di Accreditamento Istituzionale Cure Domiciliari (ADI)" approvato con la predetta d.G.R. n. 274 del 16 maggio 2023. Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione in giudizio di Regione Abruzzo e di Consorzio Lu. Società Cooperativa Sociale; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 13 marzo 2024 il dott. Mario Gabriele Perpetuini e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO e DIRITTO 1.§ . Con il ricorso introduttivo, la Cooperativa sociale e di lavoro Operatori Sanitari Associati O.S. Soc. Coop. Sociale - ONLUS (di seguito, "Cooperativa OSA" o la "ricorrente") ha impugnato la Deliberazione della Giunta Regionale della Regione Abruzzo n. 274 del 16 maggio 2023, avente ad oggetto "Presa d'atto e approvazione del "Documento Tecnico - Manuale di Autorizzazione e di Accreditamento Istituzionale Cure Domiciliari (ADI)" - Adempimenti relativi all'attuazione della D.G.R. n. 769 del 29.11.2021 ", pubblicata sul Bollettino Ufficiale della Regione Abruzzo, Ordinario, n. 23 del 7 giugno 2023, nonché l'approvato Manuale, quale parte integrante e sostanziale della predetta delibera. Il ricorso è sostenuto dai seguenti motivi di diritto: I. "Violazione e falsa applicazione dell'art. 117, secondo comma, lettera e), e dell'art. 117, terzo comma, Cost.. Violazione dell'art. 8-ter, commi 2 e 4, del D.Lgs. n. 502/1992. Violazione dell'art. 8, comma 6, della Legge 5 giugno 2003, n. 131 e dell'Intesa Stato Regioni Rep. n. 151/CSR del 04.08.2021. Violazione del principio di leale collaborazione tra Stato e Regioni. Eccesso di potere per illogicità e contraddittorietà estrinseca. Violazione e falsa applicazione degli artt. 3 e 97 Cost.. Violazione e falsa applicazione dell'art. 1, co. 2, della legge n. 241/1990. Violazione dei principi di ragionevolezza e di proporzionalità dell'azione amministrativa. Violazione del divieto di aggravio del procedimento. Eccesso di potere per illogicità e irragionevolezza"; II. "In subordine. Violazione e falsa applicazione degli artt. 3 e 97 Cost.. Violazione e falsa applicazione dell'art. 1, co. 2, della legge n. 241/1990. Violazione dei principi di ragionevolezza e di proporzionalità dell'azione amministrativa. Violazione del divieto di aggravio del procedimento. Eccesso di potere per illogicità e irragionevolezza, nonché per disparità di trattamento". A seguito della proposizione del presente giudizio, con pec in data 29.09.2023, la Cooperativa ricorrente ha presentato al Sindaco del Comune di L'Aquila, e, per conoscenza, al Dipartimento di Prevenzione dell'A.S.L. 1 Avezzano - Sulmona - L'Aquila e al Direttore del Dipartimento Sanità Regionale, una domanda per il rilascio dell'autorizzazione all'esercizio dell'attività sanitaria o socio-sanitaria per le Cure Domiciliari. Con la nota prot. n. 0427207/23 del 19 ottobre 2023, il Servizio Accreditamento e Accordi Contrattuali del Dipartimento Sanità della Regione Abruzzo ha riscontrato la domanda, acquisita con n. prot. RA/0400618/23 del 02.10.2023, rappresentando che "il rilascio del titolo di autorizzazione all'esercizio (ex art. 4 della L.R. n. 32/2007) è subordinato al rilascio dell'autorizzazione alla realizzazione, che non risulta agli atti del Servizio scrivente". Ciò sulla base della considerazione secondo cui il procedimento di autorizzazione alla realizzazione (ex art. 3) e all'esercizio (ex art. 4) sarebbe disciplinato con l.r. n. 32/2007, senza che la d.GR. n. 274/2023 rileverebbe ai fini dell'istanza presentata. Con ricorso per motivi aggiunti la ricorrente ha impugnato la nota del 19 ottobre 2023, oltre alla presupposta d.G.R. n. 274/2023. Il ricorso per motivi aggiunti è sostenuto dalle seguenti censure: I. "Violazione e falsa applicazione degli artt. 1, 2, 3 e 4 della l.r. Abruzzo n. 32/2007. Violazione dell'art. 12 delle Disposizioni sulla legge in generale. Violazione e falsa applicazione dell'art. 117, secondo comma, lettera e), e dell'art. 117, terzo comma, Cost.. Violazione e falsa applicazione degli artt. 3 e 97 Cost.. Violazione dell'art. 8-ter, commi 2 e 4, del D.Lgs. n. 502/1992. Violazione dell'art. 8, comma 6, della Legge 5 giugno 2003, n. 131 e dell'Intesa Stato Regioni Rep. n. 151/CSR del 04.08.2021. Violazione del principio di leale collaborazione tra Stato e Regioni ex art. 5 Cost.. Eccesso di potere per illogicità e irragionevolezza"; II. "In subordine. Illegittimità derivata degli atti impugnati per incostituzionalità del sistema di autorizzazioni stabilito dalla Regione Abruzzo ex artt. 1, 2, 3 e 4 della L.R. n. 32/2007 e ss.mm.iii.. - Violazione dell'art. 117, secondo comma, lettera e), e dell'art. 117, terzo comma, Cost. in relazione all'esercizio, da parte della Regione Abruzzo, di una competenza legislativa spettante in via esclusiva allo Stato. Violazione del principio di leale collaborazione tra Stato e Regioni ex art. 5 Cost.. - Violazione degli artt. 3 e 97 Cost. in relazione alla irragionevolezza e alla mancanza di proporzionalità del sistema introdotto, nonché alla violazione del principio di uguaglianza"; III. "Violazione e falsa applicazione dell'art. 117, secondo comma, lettera e), e dell'art. 117, terzo comma, Cost.. Violazione dell'art. 8-ter, commi 2 e 4, del D.Lgs. n. 502/1992. Violazione dell'art. 8, comma 6, della Legge 5 giugno 2003, n. 131 e dell'Intesa Stato Regioni Rep. n. 151/CSR del 04.08.2021. Violazione del principio di leale collaborazione tra Stato e Regioni. Eccesso di potere per illogicità e contraddittorietà estrinseca. Violazione e falsa applicazione degli artt. 3 e 97 Cost.. Violazione e falsa applicazione dell'art. 1, co. 2, della legge n. 241/1990. Violazione dei principi di ragionevolezza e di proporzionalità dell'azione amministrativa. Violazione del divieto di aggravio del procedimento. Eccesso di potere per illogicità e irragionevolezza". IV. "In subordine. Violazione e falsa applicazione degli artt. 3 e 97 Cost.. Violazione e falsa applicazione dell'art. 1, co. 2, della legge n. 241/1990. Violazione dei principi di ragionevolezza e di proporzionalità dell'azione amministrativa. Violazione del divieto di aggravio del procedimento. Eccesso di potere per illogicità e irragionevolezza, nonché per disparità di trattamento". Si è costituita l'Amministrazione Regionale con memoria di mera forma senza proporre difese sostanziali. Si è altresì costituito il Consorzio Lu. Società Cooperativa Sociale rappresentando di non essere interessata al giudizio e chiedendo la estromissione. Con ordinanza n. 8/2024 questo collegio ha accolto la domanda cautelare proposta dalla ricorrente. All'udienza pubblica del 13 marzo 2024 il ricorso principale e quello per motivi aggiunti sono stati trattenuti in decisione. 2.§ . Quanto al ricorso introduttivo. La d.G.R. n. 274 del 16 maggio 2023, con cui è stato approvato il Documento Tecnico "Manuale di Autorizzazione e di Accreditamento Istituzionale Cure Domiciliari (ADI)", risulta illegittima nella parte in cui impone di acquisire l'autorizzazione alla realizzazione di cui all'art. 3 della L.R. n. 32/2007. Nello specifico, all'Allegato 2 del Manuale è disciplinata la procedura di richiesta e di concessione dell'autorizzazione alla realizzazione di cui all'art. 3 della L.R. n. 32/2007, prevedendosi che "tale procedura si applica alle strutture pubbliche e private che erogano cure domiciliari che chiedono la realizzazione, l'ampliamento ed il trasferimento in altro Comune di struttura". Invero, l'art. 1, comma 406, della Legge 30 dicembre 2020, n. 178 ha modificato l'art. 8-ter del D.Lgs. n. 502/1992, inserendo, al comma 2, la previsione secondo cui l'erogazione di cure domiciliari rientra tra le attività per le quali è richiesta la sola "autorizzazione all'esercizio di attività sanitarie", secondo la disciplina di cui al successivo comma 4. Per contro, l'erogazione di cure domiciliari non è menzionata in alcun modo tra le strutture indicate al comma 1 dell'art. 8-ter del D.Lgs. n. 502/1992, per le quali è richiesto il rilascio dell'autorizzazione alla realizzazione disciplinata al comma 3, oltre all'autorizzazione all'esercizio di attività sanitarie disciplinata al comma 4. In coerenza e in attuazione della Legge n. 178/2020, è stato sancito l'Accordo Stato Regioni Rep. Atti n. 151/CSR del 4 agosto 2021, recante "Proposta di requisiti strutturali, tecnologici e organizzativi minimi per l'autorizzazione all'esercizio e requisiti ulteriori per l'accreditamento delle cure domiciliari, in attuazione dell'articolo 1, comma 406, della legge 30 dicembre 2020, n. 178". L'Intesa, all'Allegato A - "Aspetti normativi e criteri di riferimento per il sistema di autorizzazione e di accreditamento delle cure domiciliari", riconosce il ruolo di riferimento normativo principale della Legge n. 178/2020, la quale "ha introdotto alcune modifiche alla disciplina di cui al decreto legislativo 23 dicembre 1992, n. 502 estendendo l'applicazione del sistema di autorizzazione all'esercizio e di accreditamento istituzionale delle strutture sanitarie e sociosanitarie anche alle organizzazioni pubbliche e private che erogano cure domiciliari ". L'Intesa è stata adottata ai sensi dell'articolo 8, comma 6, della legge 5 giugno 2003, n. 131, secondo cui il Governo può promuovere la stipula di intese in sede di Conferenza Stato-Regioni, "dirette a favorire l'armonizzazione delle rispettive legislazioni o il raggiungimento di posizioni unitarie o il conseguimento di obiettivi comuni". L'Amministrazione resistente si è, dunque, vincolata, anche in forza della predetta Intesa, a uniformarsi alla normativa nazionale, in base alla quale alle organizzazioni che erogano cure domiciliari è stata estesa l'applicazione del sistema della sola autorizzazione all'esercizio e di accreditamento istituzionale, con esclusione dell'autorizzazione alla realizzazione. Con la d.G.R. n. 769 del 29.11.2021, la Regione Abruzzo ha, quindi, recepito formalmente l'Accordo Stato Regioni Rep. Atti n. 151/CSR del 4 agosto 2021, richiamando espressamente "l'articolo 1, comma 406, della legge 30 dicembre 2020, n. 178, che ha modificato la disciplina di cui al decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 estendendo l'applicazione del sistema di autorizzazione all'esercizio, di accreditamento istituzionale delle strutture sanitarie e sociosanitarie e di accordi contrattuali, anche alle organizzazioni pubbliche e private che erogano cure domiciliari". Nella citata d.G.R. n. 769 del 29.11.2021 si è tenuto, inoltre, conto del fatto che "l'estensione alle cure domiciliari del sistema di autorizzazione all'esercizio e di accreditamento istituzionale dei soggetti erogatori è finalizzato a garantire equità nell'accesso ai servizi e qualità delle cure nell'ambito dei Livelli Essenziali di Assistenza". Sia la normativa nazionale, sia la regolazione della Regione Abruzzo sono, dunque, chiare nel prevedere l'estensione alle cure domiciliari della sola autorizzazione all'esercizio di attività sanitarie e dell'accreditamento istituzionale, con esclusione della autorizzazione alla realizzazione. E ciò, al fine di uniformare la disciplina applicabile su tutto il territorio nazionale, come previsto dall'articolo 8, comma 6, della Legge 5 giugno 2003, n. 131. Peraltro, la previsione censurata risulta, altresì, irragionevole, in considerazione dei requisiti per l'autorizzazione previsti nel Manuale, che non fanno riferimento ad alcuna "struttura". E, infatti, con riferimento alle cure domiciliari, non vi è alcuna "struttura" deputata all'erogazione delle cure, che possa essere oggetto di autorizzazione alla realizzazione, in ragione del fatto che l'esecuzione delle prestazioni avviene direttamente al domicilio dell'utente. 3.§ . Quanto al ricorso per motivi aggiunti. Con la gravata nota prot. n. 0427207/23 del 19 ottobre 2023 l'Amministrazione resistente ha espresso l'avviso secondo cui il rilascio del titolo di autorizzazione all'esercizio sarebbe subordinato al rilascio dell'autorizzazione alla realizzazione, che si applicherebbe anche alle organizzazioni che erogano Cure Domiciliari. Tanto si evincerebbe dalla l.r. n. 32/2007, senza che la d.G.R. n. 274/2023 possa avere alcuna rilevanza in merito. La tesi non può essere condivisa. In primo luogo, gli artt. 1 e 2 della l.r. n. 32/2007, nell'individuare quali strutture siano sottoposte ad autorizzazione, non differenziano né specificano in alcun modo le tipologie di autorizzazione da applicarsi a ogni singola tipologia di attività sanitaria. È sufficiente leggere l'elenco di cui all'art. 2, relativo alla "Tipologia di strutture soggette ad autorizzazione", per verificare l'eterogeneità delle attività ivi contemplate, che variano, ad esempio, dalle strutture di specialistica chirurgica (lett. a) 2), ai centri per la medicina di laboratorio (lett. a) 4), dai presidi di ricovero ospedaliero (lett. b)), agli studi medici (lett. e)). Pertanto, la mera inclusione in tale elenco, alla lettera e-bis), delle " strutture per l'esercizio di attività sanitarie e socio-sanitarie cui afferiscono le funzioni di coordinamento e di gestione dei percorsi assistenziali a domicilio per le persone non autosufficienti e in condizioni di fragilità " non consente di ricavare uno specifico iter autorizzatorio per tali strutture né la necessaria applicazione di entrambi gli step dell'autorizzazione alla realizzazione ex art. 3 e dell'autorizzazione all'esercizio ex art. 4. Inoltre, i successivi artt. 3 e 4 della l.r. n. 32/2007 dettano esclusivamente la fisionomia delle due tipologie di autorizzazioni, gli enti competenti per le diverse fasi procedimentali, i passaggi da seguire e i contenuti dei provvedimenti di autorizzazione alla realizzazione e di autorizzazione all'esercizio. Nulla viene specificato in relazione a quando debbano essere richiesti entrambi i titoli e quando invece sia sufficiente la sola autorizzazione all'esercizio e questo nonostante si abbia a che fare con un quadro molto variegato di attività sanitarie. Aderire, inoltre, a una interpretazione secondo la quale sarebbe necessario ottenere entrambe le autorizzazioni al fine dello svolgimento dell'attività di assistenza domiciliare integrata avrebbe conseguenze manifestamente irragionevoli, in quanto porterebbe al configurarsi di una situazione nella quale per l'apertura di strutture nelle quali si svolge una mera attività di coordinamento logistico (quali quelle previste per l'ADI, in sostanza dei depositi o magazzini con possibili uffici) sarebbero previsti oneri più gravosi rispetto a strutture nelle quali è svolta attività medica con presenza e permanenza di pazienti, nelle quali è indubbio che la salute dei pazienti sia maggiormente a rischio (si veda l'esclusione dal sistema delle autorizzazioni degli studi medici contenuta nell'art. 2, comma 1, lett. e) della l.r. n. 32/2007). In ogni caso, posto che non può ritenersi corretta l'interpretazione della legge regionale proposta dall'Amministrazione resistente, quand'anche vi fossero più interpretazioni possibili delle disposizioni regionali, queste ultime dovrebbero essere interpretate secondo il chiaro dettato della legislazione nazionale in base al criterio dell'interpretazione costituzionalmente orientata. Orbene, nel caso di specie, è necessario interpretare gli artt. 1, 2, 3 e 4 della legge regionale n. 32/2007 in senso conforme alla Costituzione, e in particolare nel rispetto del riparto di competenze stabilito dall'art. 117, secondo e terzo comma, Cost., nonché dei principi di eguaglianza sostanziale e di ragionevolezza ex art. 3 Cost., senza che ciò ingeneri una incompatibilità con il disposto letterale delle disposizioni legislative regionali. 4.§ . Per i motivi predetti, assorbita ogni altra censura, il ricorso introduttivo e il ricorso per motivi aggiunti devono essere accolti. Le spese di giudizio sono liquidate come da dispositivo. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per l'Abruzzo Sezione Prima, definitivamente pronunciando: 1) accoglie il ricorso introduttivo e il ricorso per motivi aggiunti nei termini di cui in motivazione e, per l'effetto, annulla, in parte qua nei limiti dell'interesse dedotto in giudizio, i provvedimenti impugnati; 2) estromette dal giudizio il Consorzio Lu. Società Cooperativa Sociale; 3) condanna la regione Abruzzo al pagamento delle spese di giudizio che si liquidano in complessivi euro 1000,00, oltre accessori di legge, da corrispondere alla parte ricorrente. 4) compensa le spese nei confronti delle altre parti. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in L'Aquila nella camera di consiglio del giorno 13 marzo 2024 con l'intervento dei magistrati: Germana Panzironi - Presidente Mario Gabriele Perpetuini - Consigliere, Estensore Massimo Baraldi - Primo Referendario
TAR L'Aquila
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale per l' Abruzzo Sezione Prima ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 121 del 2023, integrato da motivi aggiunti, proposto da Cooperativa So. e di La. - Op. Sa. As. - O.S. Soc. Coop. Sociale - Onlus, Ho. Se. Soc. Coop. Soc., in persona del legale rappresentante pro tempore, in relazione alla procedura CIG 9342015AA6, rappresentati e difesi dagli avvocati Ma. Re., Al. Ca., Ni. Sa., Lu. Bo., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; contro Agenzia Regionale di Informatica e Committenza - Aric, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Eu. Ga., Fa. Ru., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Ro. Co. in L'Aquila, via (...), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Al. Di. in Pescara, via (...); Regione Abruzzo, non costituito in giudizio; nei confronti Consorzio Lu. Società Cooperativa Sociale, Asl 1 Avezzano - Sulmona - L'Aquila, Asl 2 Lanciano - Vasto - Chieti, Asl 3 Pescara, Asl 4 Teramo, non costituiti in giudizio; Cooperativa Sociale Cr. Gi. - Società Cooperativa, Società Cooperativa Sociale Consorzio Ma., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall'avvocato Vi. An., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; e con l'intervento di ad adiuvandum: Me. It. S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Fi. Br., Al. Vi., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; per l'annullamento Per quanto riguarda il ricorso introduttivo: - della nota prot. n. 1441/23 del 22.03.2023 del Direttore Generale dell''''ARIC - Agenzia Regionale di Informatica e Committenza, con cui è stata trasmessa la determinazione n. 46 del 16.03.2023, recante l''''aggiudicazione della "procedura aperta per la conclusione di accordi quadro con più operatori economici, ai sensi dell''''art. 54, comma 4, lett. A), del d.lgs. 50/2016 e ss.mm.ii., per l''''affidamento del Servizio di cure domiciliari per i pazienti residenti nel territorio della Regione Abruzzo", e sono state date "indicazioni per la fase esecutiva"; - della tabella allegata alla predetta nota, nella quale sono stati indicati i massimali di spesa annuali e quadriennali da assegnare agli operatori economici ammessi alla stipula degli accordi quadro per ciascuna ASL; - dello schema di accordo quadro, trasmesso tramite la piattaforma S.tel.la in data 05.04.2023 e da completare e restituire entro il 20.04.2023, nel quale sono stati recepiti i massimali di spesa già indicati; - della nota prot. n. 1775/23 del 05.04.2023 del Direttore Generale dell''''ARIC - Agenzia Regionale di Informatica e Committenza, con cui, in riscontro alla nota rif. 13/23 als inviata dalla ricorrente in data 05.04.2023, è stato confermato " l''''intero contenuto della nota n. 1441/23 del 22.03.2023 e dei razionali sottesi alla valorizzazione figurativa del massimale di spesa "; - nonché di ogni altro atto presupposto e/o preparatorio e/o connesso e/o consequenziale e/o di esecuzione rispetto agli atti impugnati; nonché per la declaratoria di inefficacia degli accordi quadro e dei contratti eventualmente stipulati con gli aggiudicatari, ai sensi e per gli effetti degli artt. 121 e 122 c.p.a., e per la conseguente condanna dell''''Amministrazione resistente al risarcimento in forma specifica ex art. 124 c.p.a., mediante la stipulazione dell''''accordo quadro con la ricorrente per l''''importo complessivamente previsto per ciascun ambito territoriale e il subentro di quest''''ultima nei contratti eventualmente stipulati; con esplicita riserva di proporre futura azione per il risarcimento per equivalente del danno causato dagli atti impugnati. Per quanto riguarda i motivi aggiunti presentati da Cooperativa So. e di La. - Op. Sa. As. - O.S. Soc. Coop. Sociale - Onlus il 21/6/2023: per l''''annullamento, in aggiunta ai provvedimenti già impugnati con il ricorso, - della nota recante " precisazioni e rettifica lettera ARIC prot. n. 1441/23 del 22.03.2023 " adottata dal Direttore Generale dell''''ARIC - Agenzia Regionale di Informatica e Committenza, inviata tramite la piattaforma S.tel.la in data 07.05.2023, nella parte in cui l''''ARIC ha preteso di individuare i criteri da utilizzare per l''''assegnazione degli assistiti tra i diversi fornitori; - ove occorrer possa, del nuovo schema di accordo quadro, trasmesso tramite la piattaforma S.tel.la in data 07.05.2023 e da completare e restituire entro il 18.05.2023; - nonché di ogni altro atto presupposto e/o preparatorio e/o connesso e/o consequenziale e/o di esecuzione rispetto agli atti impugnati; nonché per la declaratoria di inefficacia degli accordi quadro e dei contratti eventualmente stipulati con gli aggiudicatari, ai sensi e per gli effetti degli artt. 121 e 122 c.p.a., e per la conseguente condanna dell''''Amministrazione resistente al risarcimento in forma specifica ex art. 124 c.p.a., mediante la stipulazione dell''''accordo quadro con la ricorrente nel rispetto dei criteri di assegnazione degli assistiti previsti dalla lex specialis di gara e il subentro della ricorrente nei contratti eventualmente stipulati; con esplicita riserva di proporre futura azione per il risarcimento per equivalente del danno causato dagli atti impugnati. Per quanto riguarda i motivi aggiunti presentati da Cooperativa So. e di La. - Op. Sa. As. - O.S. Soc. Coop. Sociale - Onlus il 15/12/2023: per l'annullamento, previa adozione delle più idonee misure cautelari, anche con decreto monocratico ex art. 56 c.p.a., in aggiunta ai provvedimenti già impugnati, - della nota in data 07.11.2023 avente ad oggetto " Gara europea a procedura aperta per la conclusione di accordi quadro con più operatori economici per l'affidamento del "servizio di cure domiciliari" per i pazienti residenti nel territorio della Regione Abruzzo. Trasmissione accordi quadro firmati per adesione delle AASSLL ", adottata dal Direttore Generale dell'AREACOM - Agenzia Regionale dell'Abruzzo per la Committenza, di cui la ricorrente ha avuto conoscenza in data 21.11.2023; - ove occorrer possa, dei provvedimenti di adesione adottati dalle AA.SS.LL. in esecuzione della predetta nota dell'AREACOM ai fini dell'avvio del servizio (allo stato non noti), ove recepiscano le illegittime determinazioni già impugnate nel presente giudizio con cui si è preteso di "chiarire" i criteri da utilizzare per l'assegnazione degli assistiti tra i diversi fornitori in violazione di quanto previsto dal Disciplinare di gara; - nonché di ogni altro atto presupposto e/o preparatorio e/o connesso e/o consequenziale e/o di esecuzione rispetto agli atti impugnati; nonché per la declaratoria di inefficacia degli accordi quadro e dei contratti eventualmente stipulati con gli aggiudicatari, ai sensi e per gli effetti degli artt. 121 e 122 c.p.a., e per la conseguente condanna dell'Amministrazione resistente al risarcimento in forma specifica ex art. 124 c.p.a., mediante la stipulazione dell'accordo quadro con la ricorrente nel rispetto dei criteri di assegnazione degli assistiti previsti dalla lex specialis di gara e il subentro della ricorrente nei contratti eventualmente stipulati; con esplicita riserva di proporre futura azione per il risarcimento per equivalente del danno causato dagli atti impugnati. Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione in giudizio di Agenzia Regionale di Informatica e Committenza - Aric e di Cooperativa Sociale Cr. Gi. - Società Cooperativa e di Società Cooperativa Sociale Consorzio Ma.; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 13 marzo 2024 il dott. Mario Gabriele Perpetuini e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO e DIRITTO 1.§ . Con ricorso introduttivo, la ricorrente ha adito questo TA.R. Abruzzo per l'annullamento: - della nota prot. n. 1441/23 del 22.03.2023 del Direttore Generale dell'ARIC - Agenzia Regionale di Informatica e Committenza, con cui è stata trasmessa la determinazione n. 46 del 16.03.2023, recante l'aggiudicazione della "procedura aperta per la conclusione di accordi quadro con più operatori economici, ai sensi dell'art. 54, comma 4, lett. A), del d.lgs. 50/2016 e ss.mm.ii., per l'affidamento del Servizio di cure domiciliari per i pazienti residenti nel territorio della Regione Abruzzo", e sono state date "indicazioni per la fase esecutiva"; - della tabella allegata alla predetta nota, nella quale sono stati indicati i massimali di spesa annuali e quadriennali da assegnare agli operatori economici ammessi alla stipula degli accordi quadro per ciascuna ASL; - dello schema di accordo quadro, trasmesso tramite la piattaforma S.tel.la in data 05.04.2023 e da completare e restituire entro il 20.04.2023, nel quale sono stati recepiti i massimali di spesa già indicati; - della nota prot. n. 1775/23 del 05.04.2023 del Direttore Generale dell'ARIC - Agenzia Regionale di Informatica e Committenza, con cui, in riscontro alla nota rif. 13/23 als inviata dalla ricorrente in data 05.04.2023, è stato confermato "l'intero contenuto della nota n. 1441/23 del 22.03.2023 e dei razionali sottesi alla valorizzazione figurativa del massimale di spesa"; - nonché di ogni altro atto presupposto e/o preparatorio e/o connesso e/o consequenziale e/o di esecuzione rispetto agli atti impugnati. A seguito della proposizione del ricorso, l'ARIC ha convocato gli operatori economici ammessi alla stipulazione degli accordi quadro a un incontro tenutosi in data 5 maggio 2023. All'esito di tale incontro, in data 7 maggio 2023 l'ARIC ha inviato una nota "a parziale rettifica e precisazione della precedente comunicazione pec n. 1441/23 del 22.03.2023", già impugnata con il ricorso introduttivo. Con la nota di rettifica, per un verso, per quanto concerne gli "importi da inserire negli accordi quadro", l'ARIC ha previsto, a rettifica della nota pec del 22.03.2023, di inserire negli accordi quadro l'importo del massimale spendibile nei quattro anni di durata dell'accordo stesso. Tale rettifica, come indicato dalla stessa ARIC, è stata apportata "al fine di chiarire definitivamente che, in conformità alla natura dell'istituto dell'accordo quadro multifornitore senza graduatoria, non vi sono quantità e importi "PREDEFINITI" ma di volta in volta le singole AASSLL assegneranno gli assistiti in base alle regole oggettive del disciplinare di gara fino al limite massimo di spesa previsto in accordo quadro". Per altro verso, per quanto concerne i "criteri da utilizzare per l'assegnazione degli assistiti", l'ARIC ha chiarito che " i tre criteri utilizzati dalle aassll hanno pari dignità e sono equipollenti: continuità -libera scelta-rotazione ". In data 8 maggio 2023 è intervenuta ad adiuvandum nel predetto giudizio la società Me. It. S.p.A., che ha sostenuto le ragioni di doglianza formulate dall'odierna esponente. Ritenendosi solo parzialmente soddisfatta, in relazione alla rettifica degli importi massimi di spesa indicati nello schema di accordo quadro riallineandoli alle previsioni del Disciplinare di gara, la ricorrente ha proposto ricorso per motivi aggiunti notificato in data 6.06.2023, estendendo l'impugnativa alla nota adottata dal Direttore Generale dell'ARIC in data 7 maggio 2023, nella parte in cui l'ARIC ha preteso di "chiarire" i criteri da utilizzare per l'assegnazione degli assistiti tra i diversi fornitori. Con sentenza n. 483 del 21.09.2023 il T.A.R. Abruzzo - L'Aquila, Sez. I, ha dichiarato il proprio difetto di giurisdizione e individuato quale giudice munito di giurisdizione il Giudice Ordinario. Avverso la predetta sentenza, l'ATI OS. / HO. ha proposto appello davanti al Consiglio di Stato, Sez. III, R.G. n. 8032/2023, nell'ambito del quale è stata argomentata la sussistenza della giurisdizione del giudice amministrativo e sono state altresì riproposte le censure di cui al ricorso, anche al fine della decisione sulla domanda cautelare ivi formulata. In seno all'appello, infatti, la ricorrente ha presentato un'istanza di misure cautelari monocratiche ai sensi degli artt. 56, 62, co. 2 e 98, co. 2, c.p.a., rappresentando che l'Azienda Sanitaria Locale di Pescara, con Deliberazione del Direttore Generale n. 1518 del 3.10.2023, ha preso atto della gravata nota dell'ARIC prot. n. 1441/23 del 22.03.2023 in vista della stipulazione dell'accordo quadro e dei successivi contratti e che l'ARIC in data 9.10.2023 ha inviato l'accordo quadro alla ricorrente, così come a tutti gli altri operatori economici aggiudicatari, chiedendo di sottoscriverlo e di restituirlo entro il termine del 12.10.2023 ore 12.00. Con decreto presidenziale n. 4186 dell'11.10.2023, il Consiglio di Stato ha accolto l'istanza cautelare e sospeso la sentenza appellata e gli atti impugnati in primo grado, ritenendo, a esito della delibazione propria della fase cautelare, che "le censure di parte appellante, e specialmente quelle in ordine alla giurisdizione del giudice amministrativo, presentano elementi di fondatezza" e che fosse "prevalente l'interesse al mantenimento della res adhuc integra". Alla Camera di Consiglio del 9.11.2023, è stata depositata la sentenza n. 9745 del 14.11.2023, con la quale il Consiglio di Stato, Sezione Terza, ha accolto l'appello e, per l'effetto, ha dichiarato la giurisdizione del giudice amministrativo e ha rimesso gli atti al TAR Abruzzo, ai sensi dell'art. 105 cod. proc. amm, compensando le spese di lite di entrambi i gradi di giudizio. In data 13.12.2023 la ricorrente ha, pertanto, riassunto il ricorso R.G. n. 121/2023 già proposto davanti a codesto Ecc.mo TAR. Nelle more del giudizio la ricorrente ha appreso, trattandosi di documento depositato in data 21.11.2023 in un giudizio avente ad oggetto la medesima procedura di gara pendente avanti a questo TAR (R.G. n. 311/2023) che, con nota in data 7.11.2023, l'ARIC (divenuta AREACOM - Agenzia Regionale dell'Abruzzo per la Committenza) ha trasmesso alle AA.SS.LL. abruzzesi i n. 10 accordi quadro sottoscritti con alcuni degli operatori economici aggiudicatari. Con un secondo ricorso per motivi aggiunti la ricorrente ha esteso il giudizio anche alla nota indicata in epigrafe di AREACOM. 2.§ . Nello specifico, con il ricorso introduttivo si lamenta la "Violazione della lex specialis di gara. Violazione dell'art. 54, comma 4, lett. a), del D.Lgs. n. 50/2016. Violazione del Considerando 61 della Direttiva 2014/24/UE. Violazione degli artt. 32 e 97 Cost.. Violazione dei principi di legalità, buon andamento e imparzialità dell'azione amministrativa. Violazione dei principi di legittimo affidamento, libera concorrenza e del c.d. autovincolo. Violazione e falsa applicazione dell'art. 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241. Eccesso di potere nelle figure sintomatiche del difetto d'istruttoria, del travisamento dei fatti, della contraddittorietà e dell'irragionevolezza e illogicità manifeste". In particolare, parte ricorrente sostiene che l'attribuzione di un massimale di spesa "matematicamente" suddiviso, uguale per tutti gli erogatori, sovverte i criteri fissati dal Disciplinare di gara per la contrattualizzazione degli operatori economici ammessi alla stipula degli accordi quadro e comporta una inammissibile modifica dello Schema di accordo quadro facente parte dei documenti di gara. Secondo la ricorrente, in doverosa applicazione delle previsioni normative sopra richiamate e dei criteri stabiliti dal Disciplinare di gara, e in particolare per preservare il criterio prioritario di assegnazione della libera scelta dell'utente, deve ritenersi che fosse precluso all'ARIC di predeterminare, in vista della sottoscrizione degli accordi quadro, un massimale di spesa distinto per ciascun operatore economico, basato su un mero calcolo matematico, ossia in applicazione del solo criterio di rotazione. Con il primo ricorso per motivi aggiunti si lamenta la "Violazione della lex specialis di gara. Violazione dell'art. 54, comma 4, lett. a), del D.Lgs. n. 50/2016. Violazione del Considerando 61 della Direttiva 2014/24/UE. Violazione degli artt. 32 e 97 Cost.. Violazione dei principi di legalità, buon andamento e imparzialità dell'azione amministrativa. Violazione dei principi di legittimo affidamento, libera concorrenza e del c.d. autovincolo. Violazione e falsa applicazione dell'art. 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241. Eccesso di potere nelle figure sintomatiche del difetto d'istruttoria, del travisamento dei fatti, della contraddittorietà e dell'irragionevolezza e illogicità manifeste". La gravata nota del 07.05.2023, adottata dall'ARIC successivamente alla proposizione del ricorso in epigrafe, pur avendo rettificato gli importi massimi di spesa indicati nello schema di accordo quadro riallineandoli alle previsioni del Disciplinare di gara, risulterebbe anch'essa illegittima per quanto attiene ai criteri da utilizzare, introducendo regole asseritamente difformi da quelle previste nei documenti di gara attribuendo prevalenza al criterio della rotazione, in luogo del criterio della libera scelta. Con il secondo ricorso per motivi aggiunti si lamenta la "Violazione del decreto cautelare del Consiglio di Stato n. 4186 dell'11.10.2023. Violazione del principio di effettività della tutela giurisdizionale di cui all'art. 111 Cost. e all'art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell'UE. Violazione del principio di buon andamento e imparzialità dell'amministrazione di cui all'art. 97 Cost.. Violazione dell'art. 21-septies della l. 7 agosto 1990, n. 241. Violazione dell'art. 114, co. 4, lett. c), c.p.a.. Eccesso di potere per ingiustizia manifesta e irragionevolezza dell'azione amministrativa". Secondo la tesi della ricorrente, in ottemperanza al decreto monocratico del Consiglio di Stato, n. 4186 dell'11.10.2023, l'Amministrazione resistente non avrebbe potuto in alcun modo dar corso alla procedura per cui è causa, procedendo con la stipulazione degli accordi quadro e dei contratti. Invece, l'AREACOM, con la nota del 7.11.2023 ha trasmesso alle AA.SS.LL. abruzzesi n. 10 accordi quadro sottoscritti con alcuni degli operatori economici aggiudicatari, invitando le AA.SS.LL. all'adozione dei provvedimenti di adesione e alla stipula dei contratti attuativi. 3.§ . ARIC ha indetto una "Gara Europea a procedura aperta per la conclusione di accordi quadro con più operatori economici, ai sensi dell'art. 54, comma 4, lett. a), del d.lgs. 50/2016 e ss. mm. ii. per l'affidamento del "servizio di cure domiciliari" per i pazienti residenti nel territorio della Regione Abruzzo" per la durata di 48 mesi dalla stipula dell'accordo quadro. L'accordo quadro di cui trattasi deve essere sottoscritto con una pluralità di operatori economici. Quanto ai termini di utilizzo dell'accordo quadro, il Disciplinare di gara prevedeva che "L'ARIC, all'esito del presente appalto, procederà alla definizione di tre fasce di qualificazione nell'ambito delle quali inserire i fornitori sulla base dei punteggi tecnici ed economici ottenuti". Nello specifico, era previsto che "La somma dei pesi ponderali e dell'offerta economica costituirà il valore finale che consentirà l'iscrizione del soggetto nella/e corrispondente/i fascia/e di qualificazione come di seguito indicato (tabella B)". La tabella prevedeva tre fasce cosi distinte: 1° fascia (CD I° livello): da 45 a 60 pt.; 2° fascia (CD I° e II° livello): da 61 a 70 pt.; 3° fascia (CD I°, II°, III° e CP): da 71 a 90 pt. In base al Disciplinare di gara, pertanto, ferma restando la soglia minima di punteggio per l'ammissione alla stipula dell'accordo quadro, il punteggio ottenuto dai vari concorrenti avrebbe determinato unicamente l'iscrizione in una o più delle tre fasce di qualificazione e la conseguente possibilità di erogare prestazioni corrispondenti al livello di intensità assistenziale "bassa" (I fascia), "bassa" e "media" (II fascia), "bassa", "media" e "alta" e Cure Palliative (III fascia), senza la formazione di alcuna graduatoria di merito. Quanto alle condizioni oggettive per determinare quale degli operatori economici parti dell'accordo quadro avrebbe effettuerà la prestazione, il Disciplinare di gara prevede che l'elenco degli operatori economici ammessi alla stipula degli accordi quadro, suddiviso per fasce di qualificazione, sarà trasmesso alle AA.SS.LL. per la successiva contrattualizzazione degli operatori economici, in funzione del livello di cure domiciliari erogate, nel rispetto: 1. "Della ASL o delle AA.SS.LL. scelte dall'operatore economico in sede di gara"; 2. "Del fine prioritario di salvaguardare la continuità assistenziale", in base al "grado di soddisfazione maturato a conclusione del precedente rapporto contrattuale"; 3. "Del principio di scelta dell'utente"; 4. "Del principio di rotazione, in assenza della scelta dell'utente, sulla scorta della classificazione operata" Quanto all'importo e alla durata dell'accordo quadro, il Disciplinare di gara stabiliva che "I valori presunti di ciascun Lotto/ambito territoriale sono stati calcolati su una stima delle quantità basata sui dati di fabbisogno espressi dalle Aziende Sanitarie" nel periodo di 48 mesi dell'accordo quadro. Tali valori rappresentavano, pertanto, il tetto massimo di spesa per ciascun ambito territoriale, entro il quale le Aziende Sanitarie interessate avrebbero potuto stipulare i contratti attuativi durante i 48 mesi di durata dell'accordo. Con determinazione n. 46 del 16.03.2023, comunicata agli interessati tramite piattaforma telematica in data 20.03.2023, il Direttore Generale dell'ARIC disponeva, pertanto, l'aggiudicazione dell'accordo quadro, ammettendo alla stipula degli accordi quadro per le fasce prestazionali di 1°, 2° e 3° livello tutti gli operatori economici, ad eccezione di un unico operatore ammesso alla stipula degli accordi quadro relativamente al 1° e 2° livello, come ivi indicato. Al punto 6 della determinazione si precisava che "non esiste graduatoria di merito, ma esclusivamente l'ammissione alla fase successiva e che il massimale quadriennale di spesa per la durata quadriennale degli accordi quadro, pari a 109.650.815,16 Euro, verrà eroso applicando agli importi unitari a base d'asta la % unica di sconto offerta in gara da ciascun concorrente". Il provvedimento di aggiudicazione, dunque, in coerenza con la disciplina di gara e con i chiarimenti resi medio tempore, non contiene l'assegnazione a ciascun operatore economico di un massimale di spesa specifico e non prevede una graduatoria. In data 7.05.2023 l'ARIC ha inviato agli operatori aggiudicatari una nota "a parziale rettifica e precisazione della precedente comunicazione pec n. 1441/23 del 22.03.2023", che è oggetto dei primi motivi aggiunti. Con tale nota gli importi massimi di spesa indicati nello schema di accordo quadro sono stati rettificati in conformità alle previsioni del Disciplinare di gara. In particolare, non è stato assegnato a ciascun operatore un tetto/massimale di spesa individuale, ma per ciascun operatore è stato figurativamente indicato l'intero tetto/massimale di spesa. Nelle more del giudizio la ricorrente ha appreso che, con nota in data 7.11.2023, l'ARIC (divenuta AREACOM - Agenzia Regionale dell'Abruzzo per la Committenza) ha trasmesso alle AA.SS.LL. abruzzesi i n. 10 accordi quadro sottoscritti con alcuni degli operatori economici aggiudicatari. Tale ultima nota è stata impugnata con il secondo ricorso per motivi aggiunti. 4.§ . Il collegio ritiene di poter superare le eccezioni processuali sollevate dalla resistente e dalle controinteressate in considerazione dell'infondatezza dei gravami nel merito. Il collegio, inoltre, deve dichiarare improcedibile il ricorso introduttivo nella parte in cui vengono censurati i massimali di spesa individuati dall'ARIC con la nota del 22.03.2023 in considerazione del fatto che gli stessi sono stati poi modificati dalla stessa Amministrazione con la successiva nota del 07.05.2023 (gravata con atto di motivi aggiunti del 06.06.2023). 5.§ . Il primo ricorso per motivi aggiunti è infondato. Per quanto attiene ai criteri da utilizzare per l'assegnazione degli assistiti, viene chiarito quanto segue: "· Il criterio della "libera scelta" è stato introdotto nell'appalto in conformità al considerando 61 della Direttiva 2014/24/UE che è considerato il riferimento normativo quando si preferisce non indicare le quote di aggiudicazione e lasciare maggior discrezionalità di scelta al paziente: "Le condizioni oggettive per stabilire quale tra gli operatori economici parte dell'accordo quadro debba svolgere un determinato compito, per esempio forniture o servizi destinati ad essere usati da persone fisiche, possono includere, nel contesto di accordi quadro che stabiliscono tutti i termini, le esigenze o la scelta delle persone fisiche interessate". · Il criterio della "continuità assistenziale" è stato introdotto nell'appalto per evitare soluzioni di continuità in caso di PAI che verranno a scadenza successivamente alla stipula degli accordi quadro di cui al presente appalto dando la possibilità all'assistito di terminare il ciclo di cure domiciliari con il fornitore "uscente" purché lo stesso sia "qualificato" nella rispettiva fascia in base alle regole del presente appalto oppure di "scegliere" altro fornitore qualificato. La scelta del cittadino è prioritaria per confermare/mantenere l'erogatore uscente e, al riguardo, si precisa che una volta terminato il PAI l'assistito è considerato "nuovo paziente" e il rinnovo (eventuale) del PAI segue le regole del presente appalto. · Il criterio della "rotazione" è stato introdotto nell'appalto al fine di evitare il consolidarsi di rapporti solo con alcune imprese, favorendo la distribuzione temporale delle opportunità degli operatori economici di essere affidatari di un contratto pubblico. Al fine di garantire massima trasparenza nella rotazione, si procederà una tantum ad un sorteggio pubblico per definire un ordine di partenza. Per meglio chiarire si riporta il seguente esempio (già inserito nella FAQ5) che specifica l'utilizzo dei suddetti criteri: · Si ipotizzano, per l'ASL "alfa" n. 100 assistiti già attualmente in carico a un solo fornitore nella terza fascia ed i cui PAI verranno a scadenza successivamente alla stipula degli accordi quadro. · Si ipotizza che il fornitore attuale si qualifichi anche per la terza fascia. · Si ipotizzano ulteriori n. 4 operatori economici qualificati per la terza fascia per un totale di n. 5 oo.ee. in terza fascia. · In virtù delle previsioni del disciplinare, i n. 100 assistiti verranno distribuiti nel modo seguente: 1. in primis verrà chiesto al singolo assistito se vuole continuare o meno con l'attuale fornitore fino a scadenza del PAI in corso alla data di stipula dei nuovi AQ; 2. in caso di non conferma dell'attuale fornitore, l'assistito potrà scegliere un nuovo operatore dall'elenco dei qualificati oppure, in caso di mancata scelta, si applicherà il criterio della rotazione; 3. in caso di conferma dell'attuale operatore, lo stesso continuerà sino a scadenza del PAI in corso; 4. in caso di rinnovo del PAI scaduto, l'assistito si considera sempre "nuovo paziente" per cui si applicherà il criterio della rotazione per l'assegnazione del nuovo PAI oppure, come già ben espressamente espresso nel disciplinare di gara (pagg.12-13 art. 3), l'affidamento al contraente uscente riveste carattere eccezionale e richiederà un onere motivazionale più stringente in considerazione della riscontrata effettiva assenza di alternative e/o del grado di soddisfazione maturato a conclusione del precedente rapporto contrattuale, anche tenendo conto della qualità della prestazione erogata; 5. tutti i nuovi assistiti presi in carico successivamente alla stipula degli AQ, verranno assegnati ai n. 5 oo.ee. qualificati nella terza fascia nel rispetto del principio di rotazione. 6. in ogni caso, l'assistito, dopo l'assegnazione ad un operatore, ha sempre la facoltà di cambiare (ad es. in virtù del grado di soddisfazione maturato o per reiterati inadempienze, reclami ecc.) attingendo all'elenco degli ulteriori oo.ee. qualificati nella terza fascia". Mediante tale ipotesi esemplificativa, l'Amministrazione ha chiarito le modalità con le quali verranno utilizzati i tre criteri che costituiscono ai sensi dell'art. 54 del Codice "i criteri oggetti per l'individuazione, di volta in volta, del fornitore che dovrà eseguire la prestazione in un'ottica di salvaguardare e contemperare contestualmente gli interessi del paziente alla libera scelta e alla continuità con gli interessi degli operatori economici alla massima concorrenza". Sostiene la ricorrente che con i chiarimenti pubblicati successivamente all'aggiudicazione, l'Amministrazione avrebbe stravolto i criteri contenuti nella lex specialis con evidente illegittimità dei provvedimenti impugnati. La censura non può essere accolta. Si osserva, infatti, che il criterio della libera scelta, attraverso il quale si punta a garantire la discrezionalità del paziente, il criterio della "continuità assistenziale", introdotto per evitare soluzioni di continuità in caso di PAI che verranno a scadenza e quello della rotazione che invece consente di evitare il consolidarsi di rapporti solo con alcune imprese, favorendo la distribuzione temporale delle opportunità degli operatori economici di essere affidatari di un contratto pubblico, sono stati previsti tutti dalla lex specialis ma, al di là di un riferimento al criterio della rotazione "in assenza di scelta del paziente", che induce a riservare una preminenza a al criterio della scelta, i tre principi dovevano essere razionalmente graduati. Con i chiarimenti forniti l'Amministrazione riserva un favor al criterio della scelta del paziente al fine di garantire la continuità assistenziale in caso di PAI ancora in corso e solo in caso di rinnovo del PAI scaduto, l'assistito si considererà "nuovo paziente" per cui si applicherà il criterio della rotazione per l'assegnazione del nuovo PAI. Anche in tale ipotesi, però, si prevede la possibilità che il paziente scelga di nuovo il contraente precedente, anche se attraverso una motivazione rafforzata. In ogni caso, la prevalenza del criterio di scelta è garantito anche attraverso il punto 6 nella parte in cui si prevede che "l'assistito, dopo l'assegnazione ad un operatore, ha sempre la facoltà di cambiare (ad es. in virtù del grado di soddisfazione maturato o per reiterati inadempienze, reclami ecc.) attingendo all'elenco degli ulteriori oo.ee. qualificati nella terza fascia". Accertato che i chiarimenti hanno garantito la prevalenza al criterio della libera scelta sia pur armonizzandolo con quello, pur previsto dalla disciplina di gara, della rotazione, deve affermarsi che i chiarimenti non abbiano modificato la lex specialis limitandosi a fornire delucidazioni da applicare alla fase esecutiva del rapporto contrattuale. Sul punto è sufficiente ricordare che i chiarimenti della stazione appaltante sono ammissibili quando contribuiscono, con un'operazione di interpretazione del testo, a renderne chiaro e comprensibile il significato senza attribuire ad una disposizione della lex specialis, un significato ed una portata diversa di quella che risulta dal testo stesso (Consiglio di Stato sez. III, 7 gennaio 2022, n. 64). Il caso qui all'esame è paradigmatico di un chiarimento che non modifica la ratio della clausola del disciplinare, e, pertanto, non è possibile ritenerlo illegittimo. I chiarimenti forniti, pertanto, non costituiscono un'indebita e perciò illegittima modifica delle regole di gara, ma una sorta d'interpretazione autentica con cui la stazione appaltante chiarisce la propria volontà provvedimentale, precisando e meglio delucidando le previsioni della lex specialis. 6.§ . Il secondo ricorso per motivi aggiunti è infondato. Il decreto presidenziale monocratico riveste una funzione strumentale rispetto alla fase cautelare collegiale e alla decisione di merito Tale rapporto rispetto alla trattazione in sede collegiale della domanda cautelare viene sottolineato da diverse previsioni che, tenuto conto del contraddittorio molto limitato, enfatizzano il carattere provvisorio del decreto monocratico. Da questo punto di vista, si considerino le previsioni dell'art. 56 per cui il decreto, nel quale deve essere comunque indicata la prima camera di consiglio utile, è efficace, in caso di accoglimento, sino a detta camera di consiglio e perde comunque efficacia se il collegio non provvede sulla domanda cautelare (comma 4, primo e secondo periodo). Nel caso di specie, il decreto monocratico del Consiglio di Stato, n. 4186 dell'11.10.2023, non ha più efficacia considerato che alla Camera di Consiglio del 9.11.2023, è stata depositata la sentenza n. 9745 del 14.11.2023, con la quale il Consiglio di Stato, Sezione Terza, si è pronunciato sull'appello dichiarato la giurisdizione del giudice amministrativo. In ogni caso, la nota impugnata, limitandosi a trasmettere dei contratti quadro firmati da altri operatori, non può essere considerato violativo del decreto monocratico in quanto atto meramente procedimentale di per sé inidoneo a modificare lo status quo della procedura oggetto di giudizio. 7.§ . Per i motivi predetti il ricorso introduttivo deve essere dichiarato improcedibile per sopravvenuto difetto di interesse, il primo ricorso per motivi aggiunti e il secondo ricorso per motivi aggiunti devono essere respinti in quanto infondati. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per l'Abruzzo Sezione Prima, definitivamente pronunciando: 1) dichiara improcedibile il ricorso introduttivo; 2) respinge il primo ricorso per motivi aggiunti; 3) respinge il secondo ricorso per motivi aggiunti; 4) condanna parte ricorrente al pagamento delle spese di giudizio che si liquidano in complessivi euro 5.000,00, oltre accessori di legge, da corrispondere all'AREACOM. Compensa le spese nei confronti degli altri soggetti intervenuti. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in L'Aquila nella camera di consiglio del giorno 13 marzo 2024 con l'intervento dei magistrati: Germana Panzironi - Presidente Mario Gabriele Perpetuini - Consigliere, Estensore Massimo Baraldi - Primo Referendario
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale per l' Abruzzo (Sezione Prima) ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 377 del 2022, integrato da motivi aggiunti, proposto da Comune di (Omissis), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Gi. Am., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; contro Ente Regionale per il Servizio Idrico Integrato dell'Abruzzo, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Cl. Ca. Di Tr., Ma. Cr. Va., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; nei confronti Regione Abruzzo, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale, domiciliataria ex lege in L'Aquila, via Buccio Da Ranallo S. Domenico; Regione Abruzzo – Dipartimento Territorio – Ambiente, non costituito in giudizio; Ac. S.p.A. in Ho. Pr., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Ni. Pi., An. Ma. Di Be., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; per l'annullamento Per quanto riguarda il ricorso introduttivo: per l'annullamento a) della DELIBERAZIONE del CONSIGLIO DIRETTIVO dell'ERSI n. 31 del 30 giugno 2022, avente ad “Oggetto: Presa d'atto dell'attività istruttoria effettuata ai sensi dell'art. 147 commi 2 bis e 2 ter del D.Lgs. 152/06 e s.m.i. - Comune di (Omissis) (PE)”, notificata al Comune ricorrente il 05 luglio 2022; b) della nota dell'ERSI-Abruzzo Protocollo N. (…) in data 14/09/2022 10:37 – avente ad “OGGETTO: Procedura propedeutica al trasferimento della gestione del Servizio Idrico Integrato al gestore unico”, con tutti i suoi allegati; c) tutti gli altri atti presupposti, connessi e conseguenti. Per quanto riguarda i motivi aggiunti presentati da Comune di (Omissis) il 10/3/2023: - nota dell'ERSI - Prot. N. (…) in data 23/12/2022; - nota del Dipartimento Territorio e Ambiente - Servizio Gestione e Qualità Delle Acque della REGIONE ABRUZZO del 29/12/2022 - Numero protocollo: (…). Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ente Regionale per il Servizio Idrico Integrato dell'Abruzzo e di Regione Abruzzo e di Ac. S.p.A. in Ho. Pr.; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 6 dicembre 2023 il dott. Mario Gabriele Perpetuini e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO e DIRITTO 1.§. Con il ricorso introduttivo il Comune ricorrente chiede l’annullamento: a) della DELIBERAZIONE del CONSIGLIO DIRETTIVO dell’ERSI n. 31 del 30 giugno 2022, avente ad “Oggetto: Presa d’atto dell’attività istruttoria effettuata ai sensi dell’art. 147 commi 2 bis e 2 ter del D.Lgs. 152/06 e s.m.i. - Comune di (Omissis) (PE)”, notificata al Comune ricorrente il 05 luglio 2022; b) della nota dell’ERSI-Abruzzo Protocollo N. (…) in data 14/09/2022 10:37 – avente ad “OGGETTO: Procedura propedeutica al trasferimento della gestione del Servizio Idrico Integrato al gestore unico”, con tutti i suoi allegati. Con successivo ricorso per motivi aggiunti si chiede l’annullamento: C) della nota Prot. N. (…) in data 23/12/2022 13:22 (doc. b di questo appello), con la quale l’ERSI, premesso che il TAR dell’Aquila ha respinto l’istanza cautelare, ha intimato al Comune di (Omissis) a porre in essere con la massima sollecitudine, e comunque entro e non oltre 20 giorni dal ricevimento della presente, tutte le attività propedeutiche al trasferimento [della gestione del Servizio Idrico Integrato], già comunicate con nota di questo Ente prot. (…) del 14.09.2022; D) della nota del 29/12/2022 - Numero protocollo: (…), del Dipartimento Territorio e Ambiente - Servizio Gestione e Qualità Delle Acque della REGIONE ABRUZZO, con la quale il detto Dipartimento ha fatto proprio e ribadito il contenuto della predetta nota ERSI del 23.12.2022: esprimendo comminatoria di commissariamento ai sensi dell’art. 28 della L.R. n. 34/ 2007; Con ordinanza n. 204/2022, questo collegio ha respinto la richiesta di adozione di misure cautelari invocata dalla ricorrente. In sede di appello la predetta ordinanza è stata confermata dal Consiglio di Stato con ordinanza n. 969/2023, ha respinto l’appello del comune ricorrente rilevando che: “- che l’ordinanza cautelare del primo giudice è correttamente motivata, avendo l’Ente regionale per il servizio idrico integrato (Ersi) svolto una adeguata istruttoria ed escluso la possibilità della gestione autonoma del servizio idrico integrato, di cui all’art. 147, comma 2 bis, del d.lgs. n. 152 del 2006, in ragione della sussistenza di una procedura di infrazione europea n. 2181 del 2027 per la non corretta applicazione della direttiva n. 271 del 1991 sul trattamento delle acque reflue urbane”. 2.§. A sostegno della domanda di annullamento in punto di diritto il Comune ricorrente eccepisce: 1) Violazione e falsa applicazione dell’art. 147 del D.Lgs. n. 152-06; 2) Violazione e falsa applicazione dell’art. 147 del D.Lgs. n. 152-06 e dell’art. 22, comma 1-quinquies, D.L. 06.11.2021, n. 152 - conv. in legge 29.12.2021, n. 233. 3) Violazione e falsa applicazione della DGR 857-20 e del principio di leale collaborazione fra gli enti; difetto di istruttoria; carenza di motivazione; deviazione dalla causa tipica. Il ricorso per motivi aggiunti è affidato agli stessi motivi del ricorso introduttivo che sono stati altresì proposti anche in sede di impugnazione dell’ordinanza cautelare. All’udienza pubblica del 6 dicembre 2023 il ricorso è stato trattenuto in decisione. 2.§. Il ricorrente rileva che l’unico motivo di diniego del possesso dei requisiti per la gestione autonoma del Servizio Idrico risiederebbe nella pendenza della procedura di infrazione comunitaria. L’Amministrazione ricorrente contesta l’interpretazione dell’art. 147, in epigrafe, e in particolare del suo comma 2 bis. Impugna anche il parere del Min. Ambiente n. 7069 del 18.4.2016 ed il D.P.C.M. 4.3.96 - cui il parere fa rinvio – perché (nell’interpretazione fatta propria dall’ERSI) fanno uguale trattamento di situazioni diseguali: violazione del principio di eguaglianza. Il ricorrente ritiene che non si possa equiparare la condizione nella quale esso si trova con quella delle amministrazioni che non hanno intrapreso alcuna azione finalizzata alla depurazione delle acque reflue nel pieno rispetto delle norme. Secondo il ricorrente le Amministrazioni intimate non avrebbero adeguatamente valutato le azioni finalizzate alla regolarizzazione che il Comune di San Valentino avrebbe intrapreso. Le conclusioni negative della relazione istruttoria impugnata sarebbero frutto dell’azione amministrativa pregressa e dell’interpretazione errata che gli Uffici regionali e l’ERSI hanno dato dell’art. 147. L’ERSI ed il Dipartimento Territorio-Ambiente avrebbero inoltre rallentato il conseguimento degli obiettivi, perseguiti dalla DGR 857-20, agendo in violazione dell’art. 147 e deviando l’azione amministrativa dalla causa tipica: perciò negando al Comune di San Valentino la leale collaborazione sostanziale. Il Comune ricorrente, pertanto, ritiene di avere anche tutti i requisiti che devono contestualmente sussistere per ottenere la salvaguardia in forza della lettera b) del comma 2 bis dell’art. 147del d. lgs. n. 152/2006, in base al quale possono essere salvaguardate solo le gestioni comunali che presentano contestualmente le seguenti caratteristiche: approvvigionamento idrico da fonti qualitativamente pregiate; sorgenti ricadenti in parchi naturali o aree naturali protette ovvero in siti individuati come beni paesaggistici ai sensi del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42; utilizzo efficiente della risorsa e tutela del corpo idrico. Ai fini della salvaguardia delle gestioni in forma autonoma di cui alla lettera b), l'ente di governo d'ambito territorialmente competente provvede all'accertamento dell'esistenza dei predetti requisiti. 3.§. La domanda proposta dal Comune ricorrente nel presente giudizio è infondata. In base all’art. 147, comma 2 bis, lett. b) del d. lgs. n. 152/2006, “Sono fatte salve...b) le gestioni del servizio idrico in forma autonoma esistenti, nei comuni che presentano contestualmente le seguenti caratteristiche: approvvigionamento idrico da fonti qualitativamente pregiate; sorgenti ricadenti in parchi naturali o aree naturali protette ovvero in siti individuati come beni paesaggistici ai sensi del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42; utilizzo efficiente della risorsa e tutela del corpo idrico. Ai fini della salvaguardia delle gestioni in forma autonoma di cui alla lettera b), l'ente di governo d'ambito territorialmente competente provvede all'accertamento dell'esistenza dei predetti requisiti”. Alla luce di tale disposizione, l’ERSI, con deliberazione n. 6 del Consiglio direttivo n. 6 dell’8 marzo 2022 ha avviato il procedimento concluso con il provvedimento oggetto dell’odierno gravame, condotto sulla scorta delle norme di settore che disciplinano proprio i requisiti in discorso e non lasciano spazio alcuno a scelte discrezionali dell’Ente resistente. La disamina dei dati forniti dai Comuni abruzzesi con gestioni autonome è stata compiuta alla luce dei parametri forniti dalle disposizioni legislative, dalle deliberazioni ARERA e dalle indicazioni del Ministero dell’Ambiente, che consentono di ricostruire un quadro chiaro. Ciò chiarito, all’esito dell’istruttoria sulla documentazione trasmessa dal Comune ricorrente, l’ERSI ha dovuto rilevare che “nel caso di specie non sussistono i requisiti di cui all’art. 147 co 2Bis lett. b) del D. Lgs 152/06, il cui accertamento è posto a carico dell’Ente di Governo dell’Ambito, con particolare riferimento “all’utilizzo efficiente della risorsa idrica e tutela del corpo idrico”. La procedura di infrazione comunitaria, infatti, anche alla luce del summenzionato parere del Ministero dell’Ambiente del 2016, di per sé stessa impedisce la salvaguardia delle gestioni autonome. Dunque, dall’istruttoria eseguita sulla corta degli elementi forniti dal Comune ricorrente non risultava comprovata la sussistenza di tutti i requisiti per la salvaguardia della gestione autonoma. In merito si ricorda che il legislatore ha stabilito che la gestione autonoma ai sensi della lettera b) costituisce un'eccezione alla regola generale della gestione unica, eccezione consentita solo laddove vi sia una dimostrazione di efficienza ed efficacia tale che verrebbe persa nella gestione aggregata. Dunque la gestione salvaguardata dovrebbe costituire una vera e propria eccellenza che diventerebbe interesse collettivo tutelare e garantire. E’ allora gioco forza necessario riconoscere che le gestioni autonome che non risultano in grado di comprovare il rispetto di adeguati standard di eccellenza, e addirittura versano in condizione di infrazione comunitaria, non meritano di derogare alla gestione unica che invece è costantemente controllata e monitorata dal regolatore ARERA e soggiace ad una serie di obblighi e sanzioni anche tariffarie a tutela dell’utenza, in caso di mancato rispetto degli standard. 4.§. Con apposita memoria conclusionale il Comune ricorrente afferma che “sarebbe vano insistere nell’azione demolitivo/pretensiva e pienamente satisfattoria; ritiene, tuttavia, che vi sia ancora spazio per tutelare – seppure in modo meno pieno – gli interessi già prospettati nei propri ricorsi” e chiede “all’ecc.mo TAR – ritenendo che sia una domanda ricompresa in quella più ampia, esplicitamente formulata, di continuazione dell’esercizio autonomo del Servizio Idrico – di fare ordine alle controparti di erogare alla Collettività sanvalentinese l’acqua di Fonte Ravillara... Altrimenti il ricorrente è costretto a richiedere, almeno, il risarcimento del danno...affidando all’equità di codesto ecc.mo Tribunale Amministrativo la liquidazione dei danni sentiti”. La memoria, contenendo una domanda diversa e che non può ritenersi ricompresa in quella formulata con il ricorso introduttivo essendo quest’ultima una domanda annullatoria di provvedimenti adottati dalle Amministrazioni resistenti, è senza dubbio inammissibile. Ciò in quanto, con tutta evidenza, muta radicalmente petitum e causa petendi. In ogni caso, in disparte l’inammissibilità, le domande contenute nella memoria devono ritenersi anche non accoglibili in quanto infondate. In primo luogo in quanto la richiesta di ordinare alle Amministrazioni intimate di “erogare alla collettività sanvalentinese l’acqua di Fonte Ravillara” è una questione in relazione alla quale non risulta avviato un procedimento specifico e in ordine alla stessa non può che trovare applicazione la disposizione dell’art. 34, comma 2, c.p.a, secondo la quale “in nessun caso il giudice può pronunciare con riferimento a poteri amministrativi non ancora esercitati”. La disposizione mira a salvaguardare non già il potere come prerogativa della pubblica amministrazione, bensì la sua specifica modalità di esercizio, ossia il procedimento amministrativo, con la conseguenza che al Giudice amministrativo deve ritenersi precluso l’esercizio di un potere non ancora estrinsecatosi attraverso un apposito procedimento amministrativo. La reiezione della domanda annullatoria rende infondata anche la domanda risarcitoria. 5.§. Per i motivi predetti il ricorso principale, il ricorso per motivi aggiunti devono essere respinti mentre deve dichiararsi inammissibile la domanda formulata con la memoria conclusiva. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate, anche in ragione del ricorso per motivi aggiunti proposto, come da dispositivo. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per l'Abruzzo (Sezione Prima), definitivamente pronunciando: 1. respinge il ricorso introduttivo; 2. respinge il ricorso per motivi aggiunti; 3. condanna il Comune ricorrente al pagamento delle spese di lite che si liquidano in complessivi euro 5000,00, oltre accessori di legge, in favore dell’Ente Regionale per il Servizio Idrico. Compensa nei confronti degli altri soggetti. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in L'Aquila nella camera di consiglio del giorno 6 dicembre 2023 con l'intervento dei magistrati: Germana Panzironi, Presidente Mario Gabriele Perpetuini, Consigliere, Estensore Maria Colagrande, Consigliere
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