Sentenze recenti Tribunale L'Aquila

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  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO DI L'AQUILA SEZIONE UNICA Il Tribunale di L'Aquila in composizione monocratica, in persona del Giudice dott. Baldovino de Sensi, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile iscritta al n. r.g. 2513/2018, trattenuta in decisione all'udienza del 13.7.2022, con la concessione dei termini di legge di cui all'art. 190 c.p.c., per il deposito e lo scambio delle comparse conclusionali e di replica, vertente tra: (...), (...), (...), (...), (...), (...) e (...) elettivamente domiciliati in Roma, via (...) presso e nello studio dell'Avv. Pa.Sc. che li rappresenta e difende giusta procura in calce all'atto di citazione ATTORI E COMUNE DI L'AQUILA, elettivamente domiciliata in L'Aquila, presso la sede del Municipio in via (...), rappresentato e difeso dagli avv.ti Ra.Du. e An.Or., giusta procura allegata alla comparsa di costituzione e risposta CONVENUTO REGIONE ABRUZZO, elettivamente domiciliata in L'Aquila, via (...), rappresentata e difesa dagli avv.ti St.Va. e An.Or., entrambi dell'avvocatura regionale CONVENUTA PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, in persona del Presidente del Consiglio dei Ministri pro tempore p.t., domiciliata a L'Aquila, via (...) s.n.c., presso il Complesso Monumentale di San Domenico, ex lege rappresentata e difesa dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato CONVENUTA GENIO CIVILE presso REGIONE ABRUZZO, in persona del l.r., Via (...) L'Aquila, rappresentata e difesa dagli avv.ti St.Va. e An.Or., entrambi dell'avvocatura regionale CONVENUTO OGGETTO: responsabilità extracontrattuale. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con atto di citazione ritualmente notificato, gli attori sopra generalizzati hanno convenuto in giudizio il Comune di L'Aquila, la Regione Abruzzo, la Presidenza del Consiglio dei Ministri e il Servizio Genio Civile di L'Aquila presso il Dipartimento opere pubbliche della Regione Abruzzo al fine di chiedere il risarcimento del danno da perdita parentale connesso al decesso dei propri congiunti (...) (congiunto di (...), (...), (...) e (...)) e (...) (congiunto di (...), (...) e (...)) in occasione del noto sisma del 6.4.2009 che ha colpito la città di L'Aquila. A sostegno delle proprie ragioni hanno dedotto che: - in occasione ed a causa del crollo dell'edificio sito a L. in via L. S. 39 sono deceduti i propri congiunti (...) e (...); - tale crollo sarebbe imputabile per varie concause ed a vario titolo a (...), costruttore dell'edificio, (...), quale incaricato della prefettura, (...) e (...), quali funzionari del Genio Civile e al Comune di L'Aquila, per le autorizzazioni rilasciate dal Sindaco di L'Aquila all'epoca della realizzazione dell'edificio; - le responsabilità sarebbero state accertate anche in sede penale n. r.g. 404/2012 Tribunale di L'Aquila - di conseguenza, gli attori avrebbero diritto al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniale (nella specie da perdita parentale e biologico) derivante dalla morte dei propri congiunti; Si è costituito il Comune di L'Aquila il quale, chiedendo il rigetto della domanda attorea nei propri confronti, ha dedotto che: - nessun illecito sarebbe addebitabile all'ente in quanto ed, anzi, tale responsabilità sarebbe esclusa proprio dagli atti di indagine su cui fondano la domanda gli attori; - peraltro, le attività di controllo e vigilanza sugli edifici che gli erano demandate, attenevano solamente a profili di natura meramente formale e documentale, non aventi in ogni caso ad oggetto il controllo della normativa antisismica Si è costituita la Regione Abruzzo, la quale ha chiesto il rigetto della domanda attorea deducendo che: - sarebbe decorso il termine di prescrizione quinquennale senza atti interruttivi della stessa; - non sarebbe legittimata passiva nel giudizio in quanto le funzioni del Genio Civile, all'epoca dei fatti, sarebbero state in capo al Ministero dei lavori Pubblici; - la responsabilità, pertanto, sarebbe imputabile ad altri soggetti Si è infine costituita la Presidenza del Consiglio dei Ministri, deducendo che: - non sarebbe legittimata passiva nel giudizio in quanto totalmente estranea ai fatti di causa; - nei propri confronti non sarebbe stata accertata alcuna responsabilità nei procedimenti penali richiamati dagli attori; Nel corso del giudizio, valutate le istanze istruttorie delle parti, la causa è stata istruita con l'espletamento di una CTU tecnica ed all'esito, all'udienza del 13.07.2022, il Giudice ha trattenuto la causa in decisione, con l'assegnazione del termine di 20 giorni per il deposito e lo scambio delle comparse conclusionali e ulteriori 20 giorni per le eventuali repliche. MOTIVI DELLA DECISIONE Preliminarmente deve essere analizzata l'eccezione di prescrizione sollevata dalla Regione Abruzzo. La stessa sostiene, infatti, che sia decorso il termine di prescrizione quinquennale senza alcun atto interruttivo e che non possa applicarsi nei suoi confronti il termine di prescrizione più lungo ove l'illecito civile sia qualificato anche quale illecito penale, cosi come previsto dall'art. 2947 c.c. A ben vedere, in effetti, il termine di prescrizione non può che essere quello quinquennale: in primo luogo è pacifico che l'obbligazione di che trattasi sia inquadrabile nell'alveo della responsabilità extracontrattuale; in secondo luogo, dalle produzioni documentali di parte attrice, non è possibile rinvenire la partecipazione dell'ente al procedimento penale (e non risultano imputate persone fisiche riconducibili all'ente regione) richiamato nell'atto introduttivo, con conseguente inapplicabilità del termine prescrizionale di cui all'art. 2947 comma 3 c.c.. Di conseguenza, in assenza di atti interruttivi - che non risultano agli atti, non avendo peraltro gli attori preso posizione in merito, a seguito della formulata eccezione - il termine di prescrizione nei confronti della Regione è spirato il 6.4.2014, mentre l'atto introduttivo del presente giudizio è stato ad essa notificato solo in data 24.09.2018. L'eccezione è dunque fondata. Relativamente alla domanda formulata nei confronti del Servizio Genio Civile presso la Regione Abruzzo, deve premettersi che l'art. 1 D.P.R. 15 gennaio 1972, ha disposto il trasferimento delle funzioni amministrative in materia di urbanistica, fino ad allora esercitate dagli organi centrali e periferici dello Stato, in capo alle Regioni a statuto ordinario (per il loro territorio). Di conseguenza, il Servizio Genio Civile non può avere una autonoma capacità di stare in giudizio ex art. 75 c.p.c., in quanto esplica la propria attività non in via autonoma bensì in seno alle Regioni e nello svolgimento di attività demandate dalla legge a queste ultime. Di conseguenza, semmai, l'autonoma citazione diretta in giudizio di un servizio, può essere ricondotta all'ente a cui il servizio fa capo e, nel caso di specie, alla Regione. Ulteriormente, fermo restando quanto già scritto in punto di prescrizione nei confronti della Regione, deve chiarirsi che nel 1966, all'epoca dei controlli di pertinenza del Genio Civile, durante e dopo la costruzione dell'edificio, tale servizio risultava esercitato nell'ambito delle funzioni attribuite al Ministero dei Lavori Pubblici (ora Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti) dalla L. n. 874 del 1882. Inoltre, la materia della successione tra enti non risulta regolamentata da apposita disciplina ma dalle norme che di volta in volta la dispongono: nel caso di specie, analizzando il D.P.R. n. 7 del 1972, emerge come sia rimasta in capo allo Stato la competenza in ordine ai procedimenti relativi alle funzioni trasferite qualora essi abbiano importato un impegno di spesa, anche pluriennale, anteriore al trasferimento (art. 10) e, in base all'art.11, quelli relativi ad affari non esauriti diversi da quelli indicati dall'art. 10. Di conseguenza, considerando che i procedimenti di controllo e di vigilanza sull'edificio da parte del Genio Civile si erano esauriti ben prima del richiamato D.P.R. n. 7 del 1972, può concludersi che la responsabilità per gli atti posti in essere, all'epoca, dal Genio Civile (e i suoi funzionari per esso) risulta semmai in capo all'attuale Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti - che, tuttavia, non è stato citato nel presente Giudizio - e non della Regione Abruzzo: pertanto, la domanda formulata nei confronti del Genio civile, presso il Dipartimento delle opere pubbliche della regione Abruzzo, non può che essere rigettata. Ulteriormente va dichiarato il difetto di legittimazione passiva della Presidenza del Consiglio dei ministri: la Presidenza, infatti, è stata chiamata in giudizio per vedere accertata la responsabilità in merito ai fatti illeciti commessi da soggetti riconducibili al genio civile di L'Aquila ed al Sindaco di L'Aquila e ciò ai sensi dell'art. 28 Cost., che, secondo parte attrice, prevederebbe una responsabilità "statale" per l'operato dei propri funzionari e dei dipendenti pubblici. A ben vedere, e fermo restando quanto esposto in merito al Genio Civile, secondo l'art. 28 "i funzionari e i dipendenti dello Stato e degli enti pubblici sono direttamente responsabili, secondo le leggi penali, civili e amministrative, degli atti compiuti in violazione di diritti. In tali casi la responsabilità civile si estende allo Stato e agli enti pubblici": è palese, già dal tenore letterale della norma, che la responsabilità dei dipendenti e dei funzionari deve essere ricondotta all'ente pubblico di appartenenza. Nel caso di specie, infatti, correttamente, sono stati evocati in giudizio gli enti di appartenenza (Genio Civile, Regione Abruzzo e Comune di L'Aquila) per presunte responsabilità di tecnici agli stessi riconducibili e del Sindaco di L'Aquila: conseguentemente, la Presidenza del Consiglio dei Ministri appare totalmente estranea alla controversia, essendo stati citati enti potenzialmente e direttamente chiamati a rispondere, in caso di accoglimento, dei comportamenti dei propri dipendenti o funzionari. Nel merito, deve essere rigettata la domanda formulata nei confronti del Comune di L'Aquila. Nel corso del Giudizio è stata, infatti, disposta CTU sulle cause del crollo, che sono state attribuite alla errata progettazione, alle caratteristiche non idonee del calcestruzzo utilizzato, alla inidonea quantità di armatura utilizzata, alla cattiva messa in opera del conglomerato cementizio ed a discostamenti dal progetto iniziale (già comunque non idoneo). Tali responsabilità, derivanti dal mancato rispetto delle norme che disciplinavano la costruzione degli edifici, nello specifico sono state attribuite a: - (...), in qualità di committente e titolare dell'autorizzazione a costruire; - Ing. (...), progettista strutturale dell'edificio; - Ing. (...), progettista architettonico e direttore dei lavori; - Ing. (...), collaudatore delle opere cementizie; - Genio Civile di L'Aquila, nelle persone dell'ing. (...) e dell'ing. (...), in qualità di Ente preposto al controllo del progetto strutturale e del rilascio dell'autorizzazione a costruire; - Prefettura di L'Aquila, in qualità di Ente supervisore per il controllo delle opere in cemento armato, e la verifica della regolarità dell'esecuzione dei lavori, con l'obbligo di segnalare eventuali difformità rispetto al progetto assentito dal Genio Civile. Il CTU, ha invece specificato che non sussiste alcuna responsabilità dell'ente comunale, essendo questo chiamato a controlli di tipo meramente amministrativo finalizzati al rilascio di provvedimenti di tipo sanitario e non relativi al rispetto della normativa edilizia ed antisismica. Pertanto la domanda nei confronti del comune di L'Aquila non può che essere rigettata perché infondata, mentre per i soggetti individuati dal CTU come responsabili dei crolli, questo Giudice, da un lato, non può che prendere atto della loro estraneità al processo in quanto non citati ((...), (...), (...), (...) e Prefettura di L'Aquila) e, dall'altro, come detto sopra, non può che rigettare la domanda nei confronti della Regione Abruzzo, Dipartimento del Genio civile e della Presidenza del Consiglio dei Ministri in quanto soggetti rispetto ai quali non è configurabile alcuna forma di responsabilità. Le spese di giudizio, tenuto conto dell'esito della CTU, possono essere compensate. Le spese di CTU sono poste definitivamente a carico di tutte le parti in solido tra loro. P.Q.M. Il Tribunale, definitivamente pronunciando, così provvede: dichiara la carenza di legittimazione passiva della Presidenza del Consiglio dei Ministri; rigetta la domanda nei confronti della Regione Abruzzo, anche quale ente esponenziale del Genio Civile e del Comune di L'Aquila. Spese compensate. Spese di CTU definitivamente a carico di tutte le parti in solido tra loro. Così deciso in L'Aquila l'11 aprile 2023. Depositata in Cancelleria il 12 aprile 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale per l' Abruzzo Sezione Prima ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 238 del 2022, proposto da Pa. S.r.l. Unipersonale, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Ga. Al., Lu. Gi., Pa. Br., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; contro Azienda Sanitaria Locale di Teramo, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Al. St. Nè To., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Teramo, corso (...); nei confronti Ca. Me. (It.) S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Pa. Cl., An. Bo., Gi. De. Ci., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; per l'annullamento Per quanto riguarda il ricorso introduttivo: a) della Deliberazione n. 0095 del 22 gennaio 2022 di aggiudicazione a Ca. Me. (It.) S.r.l. della procedura aperta, a lotto unico, ex art. 60 del D.lgs. n. 50/2016 finalizzata all'affidamento della fornitura in service "di sistemi completi per il trattamento, la conservazione e la tracciabilità degli endoscopi flessibili" in uso presso l'Asl di Teramo - CIG 8190582A14, comunicata il 25 gennaio 2022; b) di tutti i verbali delle sedute di gara, pubbliche e riservate; c) di tutti gli atti, comunicazioni, verbali e relativi allegati concernenti il procedimento di presentazione e valutazione delle offerte tecniche ed economiche; d) delle risposte ai quesiti posti dagli operatori economici pervenuti entro il termine prefissato negli atti di gara; e) di ogni altro atto presupposto, connesso e/o conseguenziale, ancorché allo stato non noto; E PER IL CONSEGUIMENTO DELL'AGGIUDICAZIONE, PREVIA DECLARATORIA DI INEFFICACIA del contratto di appalto stipulato, nelle more del presente giudizio, tra la Stazione Appaltante e la Controinteressata, dichiarando sin d'ora la disponibilità al subentro a norma degli artt. 122 e 124 del D.lgs. n. 104/2010 NONCHÉ PER LA CONDANNA dell'Amministrazione resistente al risarcimento dei danni ex art. 30 del D.lgs. n. 104/2010, in forma specifica ovvero, in subordine, per equivalente pecuniario che ci si riserva di quantificare in corso di causa o con separato giudizio. Per quanto riguarda il ricorso incidentale presentato da Ca. Me. (It.) S.r.l. il 11/7/2022: Per l'annullamento: - del provvedimento di aggiudicazione e della relativa proposta, nella parte in cui hanno ammesso e utilmente graduato l'offerta della Pa. s.r.l.; - del verbale della seduta di gara del 17.6.2022, in parte qua, relativamente all'ammissione alla procedura di gara di Pa. s.r.l., nonché, per quanto occorrer possa, di tutti gli atti e verbali di gara nelle parti nelle quali l'offerta di Pa. s.r.l. è stata assoggettata a valutazione ed attribuzione di punteggio; - se del caso e in parte qua, del disciplinare di gara, del capitolato speciale e del capitolato tecnico. Visti il ricorso e i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione in giudizio di Azienda Sanitaria Locale di Teramo e di Ca. Me. (It.) S.r.l.; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 23 novembre 2022 il dott. Mario Gabriele Perpetuini e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO Con il gravame in epigrafe la ricorrente chiede l'annullamento della Deliberazione n. 0095 del 22 gennaio 2022 di aggiudicazione a Ca. Me. (It.) S.r.l. della procedura aperta, a lotto unico, ex art. 60 del D.lgs. n. 50/2016 finalizzata all'affidamento della fornitura in service "di sistemi completi per il trattamento, la conservazione e la tracciabilità degli endoscopi flessibili" in uso presso l'Asl di Teramo - CIG 8190582A14, comunicata il 25 gennaio 2022 e di ogni atto connesso. Il ricorso è sostenuto dai seguenti motivi di diritto: I. "Violazione dell'art. 68, commi 4, 6 e 7, del d.lgs. N. 50/2016 nonché del capitolato tecnico. Eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione, errore sui presupposti, irragionevolezza, illogicità e contraddittorietà, sviamento di potere"; II. "Violazione dell'art. 68, commi 4, 6 e 7, del d.lgs. N. 50/2016 nonché del capitolato tecnico. Eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione, errore sui presupposti, irragionevolezza, illogicità e contraddittorietà, sviamento di potere". Si sono costituiti la ASL intimata e la Ca. Me. (It.) S.r.l. resistendo al ricorso e chiedendone la reiezione. La controinteressata Ca. ha, altresì, proposto ricorso incidentale lamentando: I. "Violazione e falsa applicazione degli artt. 83 e 89 del d.lgs. 50/2016; violazione e falsa applicazione dell'art. 7.3. del disciplinare di gara - carenza dei requisiti di capacità tecnico-professionale - eccesso di potere per difetto di istruttoria - violazione e falsa applicazione dei principi di imparzialità, buon andamento trasparenza e par condicio dei concorrenti"; II. "Violazione e falsa applicazione dell'art. 68 del d.lgs. 50/2016; violazione e falsa applicazione del disciplinare di gara, del capitolato tecnico e dell'art. 14 del capitolato speciale - violazione e falsa applicazione dei principi di imparzialità, buon andamento trasparenza e par condicio dei concorrenti". Considerata la natura tecnica delle censure contenute nel ricorso introduttivo, il collegio ha disposto verificazione con Ordinanza n. 325/2022. All'udienza del 23 novembre 2022 il ricorso principale e quello incidentale sono stati trattenuti in decisione. DIRITTO 1.§ . In relazione all'ordine di scrutinio dei ricorsi, il Collegio rileva che la Corte di Giustizia U.E., sez. X, con sentenza del 5 settembre 2019 (causa C-333/18) ha risolto la questione rimessa dall'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato con ordinanza 11 maggio 2018, n. 6, relativa al rapporto tra ricorso principale e ricorso incidentale, affermando che la normativa europea in materia di appalti pubblici deve essere interpretata nel senso che essa osta a che un ricorso principale inteso a ottenere l'esclusione di un altro offerente, proposto da un concorrente che abbia interesse ad ottenere l'aggiudicazione di un determinato appalto e che affermi di essere leso da una violazione del diritto dell'Unione, venga dichiarato inammissibile in base al diritto nazionale, quali che siano il numero di partecipanti alla procedura di aggiudicazione dell'appalto e il numero di quelli che hanno presentato ricorsi. Conseguentemente verranno scrutinati il ricorso principale e il ricorso incidentale. 2.§ . Il ricorso principale è fondato. 2.§ .1. Con il primo motivo di ricorso la società Pa. sostiene l'illegittimità dell'aggiudicazione in quanto l'apparecchiatura offerta da Ca. sarebbe priva di determinate caratteristiche minime richieste a pena di esclusione dal Capitolato. Né a conclusioni opposte potrebbe condurre, nella fattispecie, l'applicazione del principio di equivalenza sancito dall'art. 68, commi 4 e 7 del Codice, peraltro, sostiene la ricorrente, nemmeno formalmente invocato dalla Controinteressata secondo le specifiche prescrizioni della legge di gara. Infatti, secondo la ricostruzione della ricorrente, la Stazione appaltante, in sede di autovincolo, ha individuato taluni presupposti ineludibili perché il suddetto principio potesse trovare regolare ingresso nella presente procedura, vale a dire: i) la produzione di una relazione tecnica predisposta dal fabbricante (o da un organismo terzo notificato) a comprova della equivalenza funzionale della soluzione offerta rispetto a quella richiesta originariamente nei documenti di gara; j) una specifica valutazione della Commissione di gara circa l'adeguatezza di una tale prova documentale con particolare riferimento alle esigenze e alle finalità di utilizzo dell'apparecchiatura. 2.§ .2. Controdeduce la Ca. sostenendo che La lex specialis ha puntualmente dettagliato la concreta portata del concetto di equivalenza: - da un lato, indicando la possibilità per il concorrente di presentare un bene o una soluzione non conforme alle specifiche tecniche riportate; - dall'altro lato, precisando che, in tale ipotesi, l'equivalenza sarebbe stata valutata rispetto alla "finalità di utilizzo", da intendersi quale capacità della soluzione alternativa proposta di soddisfare lo specifico fabbisogno per il quale la specifica tecnica è stata richiesta; - dall'altro ancora, consentendo la dimostrazione della equivalenza funzionale "con qualsiasi mezzo appropriato". Ebbene, Ca., in relazione ad entrambi i profili tecnici oggetto di censura, sostiene di aver proposto (e comprovato in offerta) la fornitura di soluzioni equivalenti (e perfino migliorative) rispetto a quelle indicate nella lex specialis, con conseguente piena legittimità della propria ammissione in gara. Né a diverse conclusioni può pervenirsi, come invece pretende controparte, per il solo fatto che Ca. nel fornire le proprie dichiarazioni di equivalenza non abbia "formalmente invocato" l'art. 68 del Codice. 2.§ .3. La censura è fondata e deve essere accolta. Come già affermato, considerata la natura tecnica delle censure contenute nel ricorso introduttivo, il collegio ha disposto verificazione con Ordinanza n. 325/2022, sottoponendo al verificatore i seguenti quesiti: "__ a.1) se l'apparecchiatura offerta da Ca. sia priva delle seguenti caratteristiche minime richieste a pena di esclusione dal Capitolato: (1) Per singolo armadio di stoccaggio: - "Sistema di eliminazione dell'umidità residua mediante flusso di aria filtrata HEPA all'interno dell'armadio e all'interno dei singoli canali degli strumenti endoscopici" (lett. g); (2) Per ciascun sistema di lavaggio automatico: - "Tubazione per irrigazione dei canali completamente rimuovibile ed autoclavabile" (ultimo bullet point); __ a.2) se, verificata l'assenza delle predette caratteristiche minime, l'offerta della Ca. possa essere considerata equivalente rispetto a quella prevista dal bando (...)". Quanto al primo quesito il verificatore ha accertato che "l'armadio di asciugatura e stoccaggio Endodry offerto da Ca. è sprovvisto di filtro HEPA per l'eliminazione dell'umidità residua all'interno dell'armadio e all'interno dei singoli canali degli strumenti endoscopici. (...) La capacità filtrante dichiarata in gara da Ca. non può essere considerata né equivalente né tantomeno superiore a quella di un filtro HEPA H13, in quanto l'efficienza di filtraggio dichiarata sulle particelle con diametro 0,01 um è pari a 99,9% e, pertanto, inferiore a quella di un filtro HEPA H13 (99,95%). (...) Ne consegue che un'efficienza di filtraggio su particelle di diametro di 0,01 um non comporti automaticamente un'efficienza superiore su particelle di diametro maggiore. Pertanto, l'efficienza filtrante del 99,9% su particelle di diametro di 0,01 um del filtro Ca. non può comportare automaticamente un'efficienza maggiore (peraltro, come si è detto, non riportata in documentazione di cui all'offerta tecnica e degli atti di gara) su particelle di diametro di 0,3 um. I riferimenti, contenuti nelle deduzioni di parte Ca., alle verifiche previste dalla norma UNI EN 16442 sulla purezza dell'aria non sono attinenti alla efficienza del filtro. In conclusione, il filtro presente nell'apparecchiatura offerta dalla Ca. non può, in base alla documentazione disponibile, essere considerato equivalente o superiore ad un filtro HEPA H13". La relazione evidenzia come, contrariamente a quanto potrebbe sembrare, un'efficienza di filtraggio su particelle di diametro inferiore non comporti automaticamente un'efficienza superiore su particelle di diametro maggiore. Alla luce di quanto esposto, risulta comprovata la fondatezza del ricorso principale e l'illegittimità degli atti gravati. La Commissione Giudicatrice ha, infatti, omesso di riscontrare l'assenza della caratteristica tecnica minima in esame anche sotto la forma del giudizio di equivalenza. 3.§ . Quanto al ricorso incidentale, secondo la prospettazione della Ca. il contratto di avvalimento, prodotto in gara da Pa., sarebbe nullo per mancata indicazione delle risorse messe a disposizione dell'impresa ausiliaria e per mancata previsione del corrispettivo o dell'utilità di natura patrimoniale conseguita sull'ausiliaria e dunque e per mancanza di uno degli elementi essenziali ovvero della causa in concreto ex art. 1346 c.c. Entrambi i motivi di doglianza risultano infondati 3.§ .1. Per quanto riguarda il primo motivo di ricorso incidentale l'impegno prodotto al riguardo dalla Pa. Srl, così come le dichiarazioni della società ausiliaria appaiono idonee a soddisfare i presupposti richiesti in materia dalla normativa e dalla giurisprudenza. L'art. 7.3 della legge di Gara ha previsto, infatti, un requisito di fatturato specifico, formalmente rubricato come requisito di capacità tecnico-professionale, riferito all'aver realizzato nei trentasei mesi antecedenti la riattivazione della procedura di gara un fatturato pari a 736.000 euro per la fornitura di "sistemi competi per il trattamento, la conservazione e la tracciabilità degli endoscopi flessibili" a favore di enti sanitari pubblici o privati. Per la dimostrazione del possesso del predetto requisito, Pa. ha dichiarato di avvalersi di St. S.p.A., quale impresa ausiliaria, allegando il relativo contratto di avvalimento che reca un preciso riferimento alle risorse necessarie di cui è carente l'ausiliata e segnatamente al requisito prestato. La società ausiliaria si obbliga infatti a mettere a disposizione tutte le proprie risorse e sul punto precisa di "....possedere un fatturato specifico per la fornitura di sistemi completi per il trattamento, la conservazione e la tracciabilità degli endoscopi flessibili pari ad almeno Euro 736.000,00 a favore di Enti Sanitari pubblici o privati...". È di tutta evidenza che l'avvalimento in esame, riferito ad un dato di fatturato di incontrovertibile natura economico-finanziaria è ascrivibile al c.d. "avvalimento di garanzia". Poiché la Pa. s.r.l., infatti, è dotata di autonoma capacità tecnico-operativa necessaria all'esecuzione materiale del contratto d'appalto, ma non dell'unico requisito economico finanziario richiesto a pena di esclusione all'art. 7.3 del Disciplinare di gara, il contratto di avvalimento stipulato fra le parti è qualificabile come avvalimento in garanzia. Ne deriva, in forza dell'inquadramento sistematico operato dalla giurisprudenza, l'applicazione di un regime di validità contrattuale meno rigido avuto riguardo alla specifica indicazione delle risorse e dei beni capitali messi a disposizione dell'ausiliata, essendo sufficiente, ai fini della validità del contratto di avvalimento, l'indicazione del requisito economico finanziario di cui l'ausiliata intende avvalersi e della disponibilità da parte dell'ausiliaria a mettere a disposizione per la durata dell'appalto tutte le risorse eventualmente necessarie alla sua esecuzione. Sul punto la giurisprudenza è consolidata nell'affermare che "il c.d. fatturato specifico va qualificato infatti come requisito di carattere economico-finanziario e non come risorsa tecnica, atteso che l'art. 83 comma 4 lett. a) del d.lgs. n. 50 del 2016, stabilisce che, ai fini della verifica del possesso dei requisiti di capacità economica e finanziaria, le stazioni appaltanti, nel bando di gara, possono richiedere "che gli operatori economici abbiano un fatturato minimo annuo, compreso un determinato fatturato minimo nel settore di attività oggetto dell'appalto" (in tal senso T.A.R. Lazio, Roma, Sez III, 28 ottobre 2022, n. 13991). Il fatturato specifico è dunque ascrivibile "al genus del c.d. avvalimento di garanzia" (Cons. Stato, Sez. V, 12 febbraio 2020 n. 1120) e in tale contesto non assume alcun il rilievo che il requisito in parola sia stato erroneamente annoverato dalla legge di gara tra i requisiti di capacità tecnico- professionale (T.A.R. Lazio, Roma, Sez III, 28 ottobre 2022, n. 13991). Ora, come noto, nell'ambito dell'avvalimento di garanzia non vi è alcun obbligo di indicare nel contratto di avvalimento le risorse messe a disposizione dall'impresa ausiliaria considerato che "allorquando un'impresa intenda avvalersi, mediante stipula di un c.d. contratto di avvalimento dei requisiti finanziari di un'altra (c.d. avvalimento di garanzia), la prestazione oggetto specifico dell'obbligazione è costituita non già dalla messa a disposizione da parte dell'impresa ausiliaria di strutture organizzative e mezzi materiali, ma dal suo impegno a garantire con le proprie complessive risorse economiche, il cui indice è costituito dal fatturato, l'impresa ausiliata munendola, così, di un requisito che altrimenti non avrebbe e consentendole di accedere alla gara nel rispetto delle condizioni poste dal bando (in tal senso:Cons. Stato, V, 15 marzo 2016, n. 1032)" (Cons. Stato, Sez. V, 15 gennaio 2018, n. 187). Invero, "la regola della puntuale indicazione, nel contratto di avvalimento, delle risorse in concreto prestate e della necessaria specificità della dichiarazione resa in tal senso trova piena e incondizionata applicazione nel caso di avvalimento c.d.tecnico od operativo e non nel caso di avvalimento c.d. di garanzia, poiché quest'ultimo non implica necessariamente il coinvolgimento di aspetti specifici dell'organizzazione della impresa, bensì assolve alla funzione di ampliare lo spettro della responsabilità per la corretta esecuzione dell'appalto con le risorse economiche dell'ausiliaria, il cui indice è costituito dal fatturato(cfr. ex multis, Cons. Stato, sez. V, 22 dicembre 2016, n. 6551; Id., sez. V, 15 gennaio 2018, n. 187; Id., sez. V, 20 novembre 2018, n. 6551; Id., sez. V, 26 novembre 2018, n. 6690); conclusione valida anche nel caso di richiesta di fatturato c.d. specifico, poiché anche quest'ultimo attiene alla capacità economica e finanziaria, in mancanza di puntuale dimostrazione di caratteristiche prettamente tecniche ed operative del requisito e di conseguente necessità di indicare uno specifico sostrato di mezzi aziendali da mettere a disposizione per l'esecuzione dell'appalto (cfr., Cons. Stato, sez. V, n. 6551/2016 cit.)." (Cons. Stato, Sez. V, 12 febbraio 2020 n. 1120). 3.§ .2. Con il secondo motivo del ricorso incidentale si afferma che il contratto di avvalimento sarebbe a titolo gratuito, e pertanto nullo. La censura non è fondata. Il Disciplinare di gara consentiva l'impiego del contratto di avvalimento ex art. 89 del codice dei contratti pubblici (D.lgs. 50/2016), ai fini della partecipazione alla gara da parte di quelle imprese che, come già menzionato, difettassero del requisito tecnico-professionale previsto dal Disciplinare stesso. Per evitare "il rischio che il prestito dei requisiti rimanga soltanto su un piano astratto e cartolare e l'impresa ausiliaria si trasformi in una semplice cartiera produttiva di schemi contrattuali privi di sostanza" (TAR Catanzaro, 01.03.2021 n. 444), la giurisprudenza, sia sotto il profilo della garanzia dei titoli prestati ai fini della partecipazione alla gara, sia sotto il profilo della causa contrattuale, ha ammesso che il contratto di possa essere stipulato anche a titolo gratuito ma solo in presenza di un'interesse economico diretto o indiretto desumibile dal contratto nella sua interezza.(ex multis: TAR Catania, 13.07.2021 n. 2276; Tar Roma 155/2021; Tar Firenze 1144/2018). In sostanza, laddove un contratto di avvalimento, come nel caso in questione, venga stipulato a titolo gratuito, cioè non prevedendo alcun compenso in caso di aggiudicazione dell'appalto, il contratto stesso rimane valido a fronte della dimostrazione della sussistenza di interessi diretti o indiretti, di tipo economico, derivanti dalla stipula di suddetto contratto. Nello specifico, avuto riguardo alla distinzione posta in precedenza tra l'avvalimento operativo e l'avvalimento in garanzia, deve affermarsi che non è necessario, nel caso di un contratto di avvalimento in garanzia, che sussista l'imprescindibile interesse economico indiretto per la salvaguardia della validità causale del contratto. Il collegio ritiene, infatti, di non aver motivo per discostarsi dalla giurisprudenza maggioritaria secondo la quale "Nelle gare pubbliche d'appalto il contratto di avvalimento, anche se generalmente oneroso, deve ritenersi validamente prestato anche a titolo non oneroso ed anche se manchi il corrispettivo in favore dell'ausiliario, ma a condizione che dal testo contrattuale emerga chiaramente l'interesse, direttamente o indirettamente patrimoniale, che ha guidato l'ausiliario ad assumere senza corrispettivo gli obblighi derivanti dal contratto in questione e le relative responsabilità " (Cons. Stato, V, 242/2016). Si osserva, inoltre, che la giurisprudenza consolidata afferma che: "l'indicazione del preciso ammontare del corrispettivo "esula dalle prescrizioni imposte al contratto di avvalimento (...), essendo piuttosto frutto di una impropria estensione analogica al caso di specie delle speciali prescrizioni dettate per il c.d. 'avvalimento operativò (relativo cioè a personale, mezzi ed attrezzature che devono essere puntualmente individuati - ed indicati nell'offerta - proprio al fine di dimostrare l'affidabilità dell'impegno assunto dall'impresa ausiliaria" (Cons. Stato, V, 27 gennaio 2021, n. 806). È invece essenziale verificare l'effettiva sussistenza della causa concreta del contratto di avvalimento al fine di accertare se l'operazione negoziale arrechi effettivamente il possesso di quei requisiti di cui la concorrente è priva sì da garantire la stazione appaltante sull'affidabilità dell'aggiudicatario in ordine alla corretta esecuzione dell'appalto: pertanto la nullità del contratto di avvalimento per mancanza del requisito dell'onerosità potrà dichiararsi solo allorquando non sia ravvisabile una "ragione pratica giustificativa" del contratto o un interesse meritevole di tutela ad esso sotteso" (in termini Cons. Stato, Sez. V, 21 dicembre 2021, n. 8486). La sussistenza di un interesse economico indiretto in capo alle parti, quandanche da ricercarsi nel caso di specie, è dimostrato dalla circostanza per cui i prodotti che la Pa. offre in gara sono realizzati dalla impresa ausiliaria St. s.p.a.,, la quale, secondo quanto previsto dal contratto di avvalimento all'art. 2 ha anche possibilità di "verificare e monitorare costantemente l'avanzamento del servizio, la regolarità dell'esecuzione dello stesso ed a visionare tutti gli atti tecnici ed amministrativi relativi ed inoltre la facoltà di procedere, anche a mezzo di proprio delegato, ad accedere sui luoghi di svolgimento dei lavori onde verificare il regolare e legittimo svolgimento degli stessi; l'impresa ausiliaria è fin d'ora autorizzata ad interloquire con il R.U.P. ai fini dei controlli di propria competenza". Ulteriormente, le risorse tecniche, immateriali e finanziare di cui si fa menzione all'art. 7 del contratto di avvalimento costituiscono un'entità economica distinta da quella propria delle risorse materiali disponibili in capo alla società ausiliaria sotto lo specifico profilo del loro valore economico. Dunque, seppur all'art. 7 del Contratto di avvalimento è pattuito un corrispettivo "pari al 0% del valore dell'appalto", risultando così il contratto a titolo manifestamente gratuito sul versante dell'onerosità tipica derivante dall'aggiudicazione dell'appalto, di segno diverso è la previsione immediatamente successiva che fa riferimento al versamento degli importi in base al "costo delle risorse materiali, immateriali, tecniche, finanziarie fornite dall'impresa ausiliaria che sarà pagato, dietro presentazione di regolare fattura soggetta ad IVA, proporzionalmente agli incassi dei SAL". Ciò in quanto da una lettura combinata del menzionato art. 7 e dell'art 5 lett.a) si evince che l'attività che l'ausiliaria si appresta a svolgere è un'attività di durata consistente nel monitoraggio, verifica, controllo e manutenzione delle apparecchiature offerte in gara del contratto di appalto. 4.§ . Per i motivi predetti, il ricorso principale deve essere accolto mentre deve essere respinto il ricorso incidentale. Ritenuto di dover liquidare al verificatore Ing. An. Pe., nominato con ordinanza collegiale 325/2022, la somma complessiva di euro 3.000,00, oltre iva se dovuta che pone a carico della Ca. Me. (It.) S.R.L. Le spese di giudizio possono essere compensate data la complessità della fattispecie. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per l'Abruzzo Sezione Prima, definitivamente pronunciando: 1) accoglie il ricorso principale; 2) respinge il ricorso incidentale; 3) liquida al verificatore Ing. An. Pe. la somma complessiva di euro 3.000,00, oltre iva se dovuta, ponendola a carico della ricorrente incidentale Ca. Me. (It.) S.R.L.; 4) Compensa le spese di giudizio. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in L'Aquila nella camera di consiglio del giorno 23 novembre 2022 con l'intervento dei magistrati: Germana Panzironi - Presidente Mario Gabriele Perpetuini - Consigliere, Estensore Maria Colagrande - Consigliere

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale per l' Abruzzo Sezione Prima ha pronunciato la presente SENTENZA ex art. 60 cod. proc. amm.; sul ricorso numero di registro generale 354 del 2022, proposto da Ci. Ve. S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Lo. De Gr. e Pi. Fr. Ma., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; contro Ministero dell'Istruzione, Convitto Nazionale "M. De." di Teramo, in persona del Ministro in carica, rappresentati e difesi dall'Avvocatura distrettuale dello Stato, domiciliataria ex lege in L'Aquila, via (…); nei confronti Ge.. S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Pa. Di Eg. e Gi. Di Lu., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; per l'annullamento, previa sospensiva, - della determina a contrarre del 21.09.2022 per l'affidamento diretto, per il triennio 2022/2025, del servizio di installazione di distributori automatici di bevande calde, bevande fredde, snack dolci e salati presso i locali del Convitto, mediante procedura di cui all'art. 36 comma 2 lett. a) del D.lgs. n. 50/2016, pervenuta a conoscenza dell'odierna ricorrente in data 17.10.2022, a seguito di istanza di accesso agli atti, con la quale è stata assegnato il servizio in oggetto alla Ge.. s.r.l. (atto prot. 0006161/U del 21/09/2022); - del verbale prot. 0006085/U del 20.09.2022, e pervenuto a conoscenza dell'odierno ricorrente in data 17.10.2022, di comparazione dei preventivi per affidamento diretto del predetto servizio; della richiesta di preventivo per l'affidamento in oggetto (atto prot. 0005262/U del 03.09.2022); - dell'offerta presentata dalla Ge.. S.r.l. e protocollata al n. 0005638/E del 13.09.2022; del contratto per l'affidamento in concessione stipulato tra il Convitto e la Ge.. srl in data 21.09.2022 (atto prot. 0006326/U del 26.09.2022); - di ogni altro atto presupposto connesso o consequenziale, anche se non conosciuto e di estremi ignoti. Visti il ricorso e i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell'Istruzione, del Convitto Nazionale "M. De." di Teramo e di Ge.. S.r.l.; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nella camera di consiglio del giorno 9 novembre 2022 la dott.ssa Maria Colagrande; Uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;   La società ricorrente ha aderito all'invito del Convitto Nazionale "M. De." di Teramo di presentare la sua offerta di vendita di cibi e bevande per il triennio 2022- 2025, mediante l'installazione, all'interno dell'istituto scolastico, di nove distributori automatici. Le offerte pervenute sono state due, quella della ricorrente e quella del gestore uscente, che è stata preferita dalla stazione appaltante. Il ricorso è affidato a i seguenti motivi: 1) violazione e falsa applicazione di legge; violazione e falsa applicazione, in particolare, degli artt. 30, 32 e 36 del D.Lgs. n. 50/2016; violazione dei principi di trasparenza, correttezza, economicità, efficienza, non discriminazione, di libera concorrenza; violazione del principio eurounitario di concorrenza; violazione del principio di rotazione; violazione del principio di imparzialità e buon andamento ex art. 97 Cost; violazione del principio di parità di trattamento; la stazione appaltante, pur potendo procedere all'affidamento diretto del servizio perché di valore inferiore a E. 40.000, ha deciso di chiedere ad operatori preventivamente selezionati di presentare la loro offerta, avviando così una procedura comparativa, ai sensi dell'art. 36 e retta dai principi dell'art. 30 del d.lgs. n. 50/2016, principi che tuttavia sarebbero stati violati perché l'amministrazione avrebbe valorizzato, ai fini dell'aggiudicazione, l'importo del canone di concessione che la controinteressata ha offerto con separata nota del 13.9.2022, modificando in parte qua la precedente offerta che indicava un importo inferiore; 2) irragionevolezza, contraddittorietà e ingiustizia manifesta nell'attribuzione dei punteggi; illegittima attribuzione degli stessi; difetto di motivazione; eccesso di potere per sviamento; travisamento dei fatti; la stazione appaltante avrebbe stabilito i criteri di selezione - dichiaratamente funzionali a selezionare l'offerta economicamente più vantaggiosa - dopo aver ricevuto e conosciuto le offerte delle imprese aderenti all'invito, applicando, inoltre, non correttamente tali criteri, in quanto non avrebbe considerato che la ricorrente ha proposto prezzi di vendita più bassi per la maggior parte dei prodotti di più largo consumo; 3) violazione di legge; violazione del principio di rotazione; violazione del "Regolamento per l'acquisizione di lavori forniture e servizi per importi inferiori e superiori alle soglie di rilevanza comunitaria in adesione al nuovo Regolamento di contabilità D.L. 18 agosto 2018 n°219" del Convitto resistente; la stazione appaltante non avrebbe adeguatamente giustificato la decisione di invitare anche il gestore uscente del servizio, in violazione del principio di rotazione degli affidamenti sottosoglia, stabilito dall'art. 36 del d.lgs. n. 50/2016. Resistono il Convitto Nazionale "Me. De." e la controinteressata Ge.. s.r.l. Alla camera di consiglio del 9 novembre 2022, avvisate le parti della possibilità di definire il giudizio con sentenza in forma semplificata, il ricorso è passato in decisione. Occorre premettere che il contratto oggetto dell'affidamento per cui è causa è una concessione di servizi, cui si applicano i principi stabiliti in materia di appalti pubblici, ai sensi del comma 2 dell'art. 165 del decreto legislativo n. 50/2016 che dispone:  "Alle procedure di aggiudicazione di contratti di concessione di lavori pubblici o di servizi si applicano, per quanto compatibili, le disposizioni contenute nella parte I e nella parte II, del presente codice, relativamente ai principi generali, alle esclusioni, alle modalità e alle procedure di affidamento, alle modalità di pubblicazione e redazione dei bandi e degli avvisi, ai requisiti generali e speciali e ai motivi di esclusione, ai criteri di aggiudicazione, alle modalità di comunicazione ai candidati e agli offerenti, ai requisiti di qualificazione degli operatori economici, ai termini di ricezione delle domande di partecipazione alla concessione e delle offerte, alle modalità di esecuzione". Proprio il rinvio ai principi in materia di criteri di aggiudicazione è rilevante ai fini del decidere. Infatti il principio, acquisito prima dalla giurisprudenza e poi codificato dal comma 2 dell'art. 36 d.lgs. n. 50/2016, prevede che la stazione appaltante può stabilire regole più stringenti di quelle previste dalla legge per l'affidamento dei contratti pubblici sottosoglia. Pertanto l'amministrazione aggiudicatrice, quando si determina a consultare più operatori per l'affidamento di contratti, ancorché di importo inferiore a E. 40.000, avvia pur sempre una procedura di gara. Nel caso in decisione il procedimento ha avuto avvio con l'invito di più operatori, cui ha fatto seguito la presentazione e la valutazione selettiva delle offerte ed è proseguito con la comparazione delle offerte e la scelta del contraente, mediante applicazione di criteri tabellari di selezione della migliore offerta attributivi di distinti punteggi, sulla base del prezzo di vendita proposto dai concorrenti per ciascuno dei prodotti offerti. È dunque evidente l'Amministrazione ha inteso dar corso a un confronto competitivo fra gli aderenti all'invito ad offrire. Trovano pertanto piena applicazione i principi in materia di parità di trattamento degli operatori partecipanti alla gara. Ciò premesso, il ricorso è fondato. Ebbene, non è certo rispettoso del principio di parità di trattamento l'operato della stazione appaltante che ha stabilito i criteri di valutazione ad offerte già note, pervenutele via email in allegato non crittografato e immediatamente consultabile al momento della ricezione, come riconosciuto espressamente nella relazione (punto 13) della parte resistente. Il principio di imparzialità che governa l'operato della pubblica amministrazione, esige, in materia di affidamenti di incarichi e contratti pubblici (declinato per questi ultimi in funzione pro- concorrenziale dal diritto comunitario), che i criteri che l'amministrazione decide di applicare per scegliere il candidato o l'offerta migliore siano preventivamente stabiliti a garanzia del buon andamento. La regola è stata accolta dall'art. 32, comma 2 del d.lgs. 50/2016 applicabile a tutti i contratti pubblici, ivi comprese le concessioni di servizi in virtù del rinvio posto dal citato art. 164, che dispone: "Prima dell'avvio delle procedure di affidamento dei contratti pubblici, le stazioni appaltanti, in conformità ai propri ordinamenti, decretano o determinano di contrarre, individuando gli elementi essenziali del contratto e i criteri di selezione degli operatori economici e delle offerte". I criteri applicati dalla stazione appaltante per attribuire i punteggi alle offerte della ricorrente e della controinteressata non sono menzionati nella lettera di invito, ma appaiono per la prima volta nel verbale di comparazione delle offerte già conosciute dai membri del seggio di gara. Deve pertanto presumersi che essi siano stati definiti dopo l'avvio della procedura, la ricezione e la visione delle offerte, in aperta violazione del disposto del citato art. 32 comma 2. Nel caso in decisione risulta violato anche il principio di immodificabilità dell'offerta. La controinteressata aveva infatti offerto un canone di E. 3.500 che ha successivamente integrato fino a E. 5.000 con separata nota. Il verbale di comparazione tiene conto di tale modifica dell'offerta laddove pone a confronto sia i prezzi dei prodotti proposti da ciascuna delle imprese partecipanti, sia l'importo offerto a titolo di canone concessorio. Non è quindi verosimile, in difetto di specifica motivazione, non rinvenibile nel verbale di comparazione, né nella successiva determina a contrarre, che la stazione appaltante non abbia tenuto conto, come invece sostenuto nella relazione della resistente, anche dell'importo offerto a titolo di canone concessorio per la scelta dell'offerta economicamente più vantaggiosa. La stazione appaltante, nel valutare l'offerta della controinteressata, come integrata in via postuma, ha dunque violato il principio di immodificabilità dell'offerta che è chiaramente funzionale a garantire la par condicio fra i concorrenti. Pertanto, in accoglimento delle censure esposte nel primo e del secondo motivo, in ordine alla violazione dei principi di previa definizione dei criteri di valutazione e di immodificabilità delle offerte, assorbite tutte le altre, il verbale di comparazione delle offerte del 20.09.2022 e la determina a contrarre del 21.09.2022 devono essere annullati. Le spese seguono la soccombenza. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per l'Abruzzo (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l'effetto, annulla il verbale di comparazione delle offerte del 20.09.2022 e la determina a contrarre del 21.09.2022, adottati dal Convitto Nazionale "M. De." di Teramo. Condanna il Ministero dell'Istruzione e il Convitto Nazionale "M. De." di Teramo in solido al pagamento, in favore della ricorrente, delle spese processuali che liquida in E. 1.500,00, oltre accessori di legge. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in L'Aquila nella camera di consiglio del giorno 9 novembre 2022 con l'intervento dei magistrati: Germana Panzironi - Presidente Mario Gabriele Perpetuini - Consigliere Maria Colagrande - Consigliere, Estensore

  • IL TRIBUNALE PER I MINORENNI DI L'AQUILA composto come segue: Dr. Cecilia ANGRISANO Presidente Dr. Flavia MARTINELLI Giudice Dr. Carmen FEDELI Giudice on. Dr. Marco PEZZOPANE Giudice on. Ha pronunciato la seguente SENTENZA Nel procedimento n. 76 /2022 VG introdotto con ricorso depositato ai sensi dell'art. 44 lett. B) Legge n. 184/83 in data 3 maggio 2022 da (...) nata a (...) Sulmona il (...) difesa dall'avv.to Ba.Ra.. La ricorrente si è rivolta a questo Tribunale premettendo di essere la compagna di (...) a Sulmona il (...) madre della minore (...) nata a Sulmona (...) di convivere con la donna dall'anno 2014. La Sig.ra (...) rappresentava che la decisione di ricorrere alla PMA (procreazione medicalmente assistita) all'estero, affinché la partner potesse diventare madre biologica, nacque dall'esigenza di dare corso al progetto di formare una famiglia e di avere dei figli. Il giorno 2 febbraio 2021, dopo meno di due anni dalla nascita della minore, la ricorrente e la Sig.ra (...) costituivano unione civile ai sensi della Legge n. 76/16, regolarmente trascritta nei registri dello Stato civile (vedi certificazione presente in atti). Il G.D., Dr.ssa (...), ha quindi richiesto un'approfondita indagine psicosociale alla equipe adozioni del Comune di Sulmona e ha proceduto alla convocazione delle parti. La madre di (...) sentita all'udienza del 17 ottobre 2022, ha espresso il proprio consenso alla scelta adottiva della compagna e, insieme alla ricorrente, ha dichiarato di crescere e di occuparsi della minore unitamente a quest'ultima e di essere serenamente integrate come famiglia nel contesto sociale, non avendo mai subito alcuna forma di discriminazione, insistendo quindi nel dare forma e riconoscimento giuridico al legame che unisce la piccola (...) alla Sig.ra (...). Con relazione in data 3 ottobre u.s., l'Equipe adozioni ha riferito in ordine alla positività del contesto familiare e socio-ambientale della minore, alla fitta di rete di sostegno costituita dalle risorse parentali, che non solo hanno accettato la scelta della coppia, ma hanno altresì supportato il nucleo familiare sia nella ricerca della gravidanza che attualmente nell'accudimento della nipote, a cui sono fortemente legati; il rapporto tra le due donne è apparso forte e ben equilibrato, oltre che consolidato nel tempo; l'intero nucleo familiare è risultato ben inserito nel contesto socio-ambientale e la minore frequenta regolarmente la scuola dell'infanzia; le donne, con naturalezza e tranquillità, hanno spiegato alla bambina la composizione della loro famiglia allargata e quest'ultima è apparsa molto socievole, serena e adeguatamente accudita; l'abitazione è apparsa più che adeguata e durante la visita domiciliare è stato osservato come gli spazi abitativi sono stati organizzati in modo funzionale alle esigenze della bambina. L'equipe ha concluso ritenendo che la ricorrente "possiede le capacità economiche, morali ed educative che consentono un sano sviluppo psicofisico della bambina". Sotto il profilo prettamente giuridico occorre riqualificare il ricorso introduttivo nell'ipotesi prevista dalla lettera D dell'art. 44 L. n. 184 del 1983, atteso che l'entrata in vigore della L. 20 maggio 2016, n. 76, che regolamenta le unioni civili tra persone dello stesso sesso e le convivenze di fatto, non ha modificato l'art. 44 lett. B L. n. 184 del 83, non estendendo all'unione civile quanto già disposto per le coppie unite in matrimonio, ovvero non prevedendo la possibilità (c.d. stepchild adoption) che il partner possa adottare il figlio dell'altro, diversamente da quanto ammesso per il coniuge. E' stato già condivisibilmente osservato (vedi, tra le altre, Tribunale per i Minorenni di Bologna n. 333/2016 8/6 - 6/7 - 2017) come il comma 20 dell'arti L. n. 76 del 2016 ha tuttavia disposto in termini generali, e ad eccezione della tematica delle adozioni, l'applicabilità alle unioni civili di tutte le disposizioni "che si riferiscono al matrimonio" o che contengono le parole "coniuge" o termini equivalenti, ovunque ricorrono nelle leggi, negli atti aventi forza di legge, nei regolamenti nonché negli atti amministrativi o nei contratti collettivi", specificando che "resta fermo quanto previsto e consentito in materia di adozione dalle norme vigenti". Il legislatore della L. n. 76 del 2016 dimostra, con tale inciso, esprimendosi favorevolmente al mantenimento di quanto già "consentito", e quindi già ammesso in via interpretativa, dalle norme vigenti, di conoscere e di tenere in massimo conto il dibattito e la giurisprudenza formatasi in tema di adozione da parte di coppie omosessuali (si veda per tutte Tribunale per i Minorenni di Roma 229/2014, confermata dalla Corte d'appello nel 2015 e, successivamente - dopo l'entrata in vigore della legge - dalla nota sentenza della Corte di Cassazione n. 12962/2016). Come è noto, non essendo consentito dalla legge italiana alle coppie non unite in matrimonio di accedere alla c.d. adozione legittimante (che presuppone il positivo accertamento dello stato di abbandono del minore e determina la totale rescissione della relazione del minore adottato con i componenti della famiglia d'origine) né, come già detto, a chi si è "unito civilmente" di far valere ai sensi dell'art. 44 lett. B tale condizione di "unione" per adottare il figlio biologico del compagno, le coppie omosessuali hanno fatto ricorso al disposto della lettera D dell'art. 44 L. n. 184 del 1983 per chiedere l'adozione del figlio del compagno (Tribunale per i Minorenni di Milano Sent., 10/10/2018). Si ricorda che l'adozione speciale prevista dal citato art. 44 (come modificato dalla L. n. 149 del 2001) dispone che i minori possono essere adottati "anche quando non ricorrono le condizioni di cui al comma 1 dell'art. 7 (in assenza dello stato di abbandono) in quattro casi espressamente indicati: lett. A) adozione dell'orfano da parte dei parenti o da parte di chi avesse già con lui un rapporto stabile e duraturo, maturato anche nel corso di un affidamento familiare, lett. B) adozione del figlio, anche adottivo, del coniuge; lett. C) minore affetto da handicap ai sensi della L. del 1992, che sia orfano di padre e di madre e lett. D) minore per cui risulti la "constatata impossibilità di affidamento preadottivo". Tale normativa è stata interpretata, ed utilizzata, come uno strumento di chiusura, destinato a salvaguardare il preminente interesse del minore ad essere accolto in una famiglia ove ricorrano determinate ipotesi specifiche, senza che sia però necessario provvedere all'accertamento della sussistenza dello "stato di abbandono", previo consenso del genitore ove in vita, e previo positivo accertamento ai sensi del successivo art. 57 L. n. 184 del 1983, che tale adozione risponda in concreto al preminente interesse del minore (vedi sul punto anche Cass. civ. Sez. I Ord., 26/06/2019, n. 17100). Osserva il Collegio che senza alcun dubbio ricorrono, nel caso in esame, i presupposti richiesti dall'art. 44 lett. D perché sia pronunciata sentenza di adozione di (...) da parte della Sir.ra (...) quale la bambina riconosce a tutti gli effetti una figura genitoriale di riferimento. Sussiste, infatti, il legame affettivo-genitoriale tra la ricorrente e la minore e sussiste, altresì, la necessità di preservare, anche giuridicamente, tale relazione nell'ambito di un nucleo familiare costituito da una coppia di persone dello stesso sesso. Il periodo successivo alla nascita della bambina è valso, infatti, a consolidare il legame affettivo tra la ricorrente e (...) in una cornice a tutti gli effetti bi-genitoriale e, quindi, la decisione di richiedere l'adozione appare come il completamento essenziale del progetto di genitorialità delle due donne; questa volontà è stata ribadita in udienza dalla ricorrente e dalla compagna, madre biologica della minore. Il Collegio ritiene che il presupposto di cui all'art. 44, co. 1, lett. d), cioè l'impossibilità dell'affidamento preadottivo, di fatto o di diritto, sia realizzato nel caso di specie, in quanto l'adottanda non si trova in una situazione di abbandono e mai potrebbe essere collocata in affidamento preadottivo. Non può ostare all'adozione della bambina da parte della ricorrente la circostanza che la donna non sia, ai sensi dell'ordinamento italiano, coniugata con la madre (...). Come già sopra esplicitato, un rapporto di coniugio tra il genitore dell'adottando e l'adottante è previsto solo dall'art. 44, co.i, lett. b), e non dall'art. 44, co. 1, lett. d), che trova applicazione alla fattispecie de qua. Se il Legislatore avesse voluto estendere tale presupposto anche all'art. 44, co. 1, lett. d), lo avrebbe fatto espressamente. Invero, la diversa formulazione letterale delle due ipotesi di cui alla lett. b) e alla lett. d) pone fuor di dubbio l'interpretazione qui seguita. La norma in esame non può, dunque, non applicarsi, ad avviso del Collegio, anche a conviventi del medesimo sesso, alla luce dell'inequivoco dato letterale di cui all'art. 44, co. 1, lett. d). Tale norma non discrimina tra coppie conviventi eterosessuali o omosessuali. Una lettura in senso diverso sarebbe, peraltro, contraria alla ratio legis, al dato costituzionale nonché ai principi di cui alla Convenzione Europea sui Diritti Umani e le Libertà Fondamentali ("CEDU"), di cui l'Italia è parte. A favore di tale conclusione si pone, infine, l'interpretazione evolutiva proposta dalla giurisprudenza ormai granitica formatasi sul punto che fa leva sul "preminente interesse del minore" ad essere stabilmente inserito nel nucleo familiare cui già appartiene, vedendo giuridicamente riconosciuti rapporti di genitorialità sociale, che sul piano reale si manifestano in modi diversi ed aventi come tratto comune la significatività della relazione del minore con l'aspirante adottante per l'adeguatezza delle cure ricevute e l'intensità del legame affettivo (vedi Cass. civ., 22/06/2016, n. 12962; Cass. civ. Sez. I Ord., 26/06/2019, n. 17100). Osserva il Collegio che, alla luce delle motivazioni svolte, sarebbe illegittimo respingere la domanda sottoposta dalla ricorrente all'esame di questo Tribunale solo ed esclusivamente a motivo del suo orientamento sessuale, in aperto contrasto con la lettera e la ratio della norma, nonché con i principi costituzionali e i diritti fondamentali garantiti dalla CEDU. Fermo restando che, come sottolineato dalla Corte di Strasburgo, la possibilità di introdurre o meno il matrimonio per le coppie omosessuali, così come la decisione di ammetterle alla domanda di adozione, costituisce una scelta dei legislatori nazionali dei singoli Paesi, che dovranno operare il bilanciamento tra contrapposti interessi, la possibilità di evitare il pregiudizio di terzi, nel caso di specie di un bambino, ove l'interpretazione della legge già in vigore in uno Stato lo consenta, s'impone. Nel caso di specie, non si può non tenere conto delle situazioni che sono da tempo esistenti e cristallizzate: (...) è nata e cresciuta con la ricorrente e la sua compagna, madre biologica, instaurando con loro un legame inscindibile che, a prescindere da qualsiasi "classificazione giuridica", nulla ha di diverso rispetto a un vero e proprio vincolo genitoriale. Negare alla bambina i diritti e i vantaggi che derivano da questo rapporto costituirebbe certamente una scelta non corrispondente all'interesse del minore, che, come indicato dalla Corte Costituzionale stessa, dalla Corte Europea dei Diritto dell'Uomo e dalla Corte di Cassazione occorre sempre valutare in concreto. Non si tratta, infatti, di concedere un diritto ex novo, creando una situazione prima inesistente, ma di garantire la copertura giuridica di una situazione di fatto già esistente da anni, nell'esclusivo interesse di una bambina che è da sempre cresciuta e allevata da due donne, che riconosce come riferimenti affettivi primari, instaurando con la ricorrente un legame non diverso da quello genitoriale e vivendo come del tutto normale la costituzione della sua famiglia, composta da persone che manifestano la capacità di svolgere il ruolo genitoriale assicurando alla bambina la positività dell'ambiente familiare. Oltre a ciò occorre sottolineare che le due donne hanno utilizzato tutti gli strumenti giuridici a loro disposizione per ufficializzare la forza e la stabilità del loro progetto di vita, mediante la costituzione di un'unione civile regolarmente iscritta nei Registri statali, unico strumento previsto allo stato in Italia. In conclusione il Collegio ritiene che il ricorso proposto dalla ricorrente, previa riqualificazione dello stesso nella fattispecie di cui alla lettera D della L. n. 184 del 1983 debba essere accolto in quanto ne sussistono tutti i presupposti di diritto e di fatto ed atteso che risponde all'interesse della minore essere adottata dalla sig.ra (...) la quale costituisce per (...) un riferimento stabile e significativo. Per l'effetto, l'adottata aggiungerà il cognome dell'adottante al proprio cognome di origine. P.Q.M. su conforme parere del P.M.M. letto l'art. art. 44 lettera d) L. 184/83 e successive modifiche; DISPONE farsi luogo all'adozione di (...), ora (...) nata (...) da parte di (...) nata a Sulmona il (...) ORDINA la comunicazione per esteso al P.M.M. in sede, alla ricorrente, elettivamente domiciliata presso l'avv. Ba.Ra. con studio in Sulmona, Via (...), alla sig.ra (...) una volta divenuta esecutiva, all'Ufficiale dello Stato Civile del Comune di Sulmona, per la trascrizione di rito. Così deciso in L'Aquila il 2 novembre 2022. Depositata in Cancelleria il 9 novembre 2022.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME NEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO DI L'AQUILA SEZIONE UNICA Il Tribunale di L'Aquila in composizione monocratica, in persona del Giudice dott. Baldovino de Sensi, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di appello iscritta al n.r.g. 326/2020, trattenuta in decisione all'udienza del 14/06/2022, con la concessione dei termini di legge di cui all'art. 190 c.p.c., per il deposito e lo scambio delle comparse conclusionali e di replica, vertente tra: REGIONE ABRUZZO, in persona del L.R.P.T., rappresentata e difesa dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di L'Aquila ed elettivamente domiciliata presso la medesima in via (...) snc - Complesso Monumentale San Domenico; APPELLANTE E (...) S.r.l., in persona del L.R.P.T, elettivamente domiciliata a Teramo, Piazza (...), presso lo studio dell'Avv. (...), che la rappresenta e difende, giusta procura in calce all'atto di comparsa di costituzione e risposta in appello. APPELLATA OGGETTO: Appello avverso la sentenza emessa dal Giudice di Pace. Responsabilità extracontrattuale. CONCLUSIONI Per l'appellante: "In riforma della sentenza impugnata n. 413 del 30 luglio 2019 del Giudice di Pace di Teramo: - Dichiararsi inammissibili le domande tutte originariamente proposte da controparte, per difetto di legittimazione passiva della Regione Abruzzo. - In subordine, in integrale riforma della sentenza gravata, rigettarsi in ogni caso le domande tutte originariamente proposte da controparte nei confronti della Regione Abruzzo perché inammissibili, infondate e, comunque, non provate. - In estremo subordine, nella denegata ipotesi di riconoscimento della responsabilità della Regione Abruzzo nella produzione del danno per cui è causa, disattesa ogni avversa deduzione, produzione e richiesta, accertare il concorso di colpa dell'originario attore, odierno appellato, nella causazione dell'evento per cui si procede e, per l'effetto, limitare l'eventuale condanna della Regione Abruzzo al risarcimento dei soli danni direttamente riconducibili al comportamento della Regione medesima. Con vittoria di spese del doppio grado di giudizio ". Per l'appellata: "Voglia l'Ecc.mo Tribunale adito, contrariis reiectis: a) rigettare l'appello proposto siccome inammissibile, improcedibile e, comunque, infondato in fatto e in diritto, confermando integralmente la sentenza impugnata; b) condannare, in ogni caso, l'appellante al pagamento delle spese, comprese quelle generali, diritti ed onorari di entrambi i gradi del giudizio, in favore della società concludente". SVOLGIMENTO del PROCESSO Con sentenza n. 413/2019, depositata il 30.07.2019, il Giudice di Pace di Teramo ha condannato la Regione Abruzzo al pagamento, in favore di (...) S.r.l., della somma di euro 2.285,00, oltre rivalutazione monetaria e interessi legali sino al soddisfo, quale risarcimento dei danni riportati dal veicolo di proprietà dell'attrice, a seguito dell'impatto con un capriolo, verificatosi in data 24.11.2017 lungo la S.S. 150, in località Canzano (TE). Con atto di citazione ritualmente notificato, la Regione Abruzzo ha proposto appello avverso la predetta sentenza, chiedendone la riforma. A sostegno delle proprie doglianze, l'appellante ha dedotto: a) il proprio difetto di legittimazione passiva, poiché dei danni cagionati dalla fauna selvatica risponderebbe la Provincia, in quanto titolare di funzioni amministrative ad essa delegate proprio per il controllo della fauna selvatica, nonché quale ente proprietario della strada; b) l'errata valutazione delle risultanze istruttorie e il vizio di motivazione, per violazione dei principi inerenti la responsabilità extracontrattuale, ex art. 2043 c.c., delle regole di riparto dell'onere probatorio, ex art. 2697 c.c., nonché degli artt. 115 e 116 c.p.c.; nonché, l'errata quantificazione del danno. Si è costituita in giudizio (...) S.r.l., la quale, in via preliminare, ha eccepito l'inammissibilità dell'appello ai sensi dell'art. 342 c.p.c. e, nel merito, ha contestato l'appello della regione Abruzzo chiedendone la reiezione, con conferma della sentenza appellata. All'udienza del 14.06.2022 le parti hanno precisato le conclusioni ed il Giudice ha trattenuto la causa in decisione assegnando i termini di cui all'art.190 c.p.c. per le comparse conclusionali ed eventuali repliche. MOTIVI della DECISIONE Preliminarmente, è infondata l'eccezione sollevata da parte appellata riguardo l'asserita inammissibilità dell'appello ex art. 342 c.p.c. atteso che con lo stesso l'appellante ha espressamente indicato le parti di motivazione non condivise, nonché le ragioni a sostegno della diversa ricostruzione della fattispecie coinvolta. Sempre preliminarmente, deve essere rigettata l'eccezione di difetto di legittimazione passiva sollevata dall'appellante. Secondo il più recente insegnamento della Suprema Corte di Cassazione, "Nell'azione di risarcimento del danno cagionato da animali selvatici a norma dell'art. 2052 c.c. la legittimazione passiva spetta in via esclusiva alla Regione, in quanto titolare della competenza normativa in materia di patrimonio faunistico, nonché delle funzioni amministrative di programmazione, di coordinamento e di controllo delle attività di tutela e gestione della fauna selvatica, anche se eventualmente svolte - per delega o in base a poteri di cui sono direttamente titolari - da altri enti". (Cfr. Cass. n. 7969/2020). Pertanto, applicando tali principi al caso di specie, la legittimazione passiva nel presente giudizio non può che essere riconosciuta in capo alla Regione Abruzzo. Occorre tuttavia individuare quale siano i confini di responsabilità dell'ente. Nel merito, va osservato che, sebbene la giurisprudenza, anche di legittimità, abbia ritenuto a lungo che la responsabilità per danni causati dagli animali selvatici dovesse ricondursi alla clausola generale di responsabilità civile, di cui all'art. 2043 c.c. (cfr. Cass. civ. n. 9276/2014, n. 27543/2017, n. 5722/2019) -e ciò in quanto si riteneva che la disposizione di cui all'art. 2052 c.c. riguardasse esclusivamente gli animali domestici e non anche quelli selvatici - il più recente approdo della Suprema Corte di Cassazione (cfr. Cass. civ. n. 13848/2020, n. 12113/2020, n. 7969/2020), condiviso anche da questo Giudice, individua nell'art.2052 del c.c. il paradigma normativo cui ricondurre anche la responsabilità per i danni causati dalla fauna selvatica. Dalla lettura della norma, infatti, si evince che nessun distinguo è posto tra animali domestici e selvatici in quanto la disposizione in parola prescinde dalla sussistenza di una effettiva custodia dell'animale da parte dell'uomo, prevedendo invece la responsabilità del proprietario o dell'utilizzatore sia che l'animale "fosse sotto la sua custodia, sia che fosse smarrito o fuggito". Si tratta dunque di un criterio di imputazione della responsabilità fondato non sulla custodia ma sulla proprietà dell'animale o comunque sulla sua utilizzazione, per cui dei danni causati dall'animale risponde il soggetto che ne trae un beneficio, con l'unica salvezza del caso fortuito: "I danni cagionati dalla fauna selvatica sono risarcibili dalla P.A. a norma dell'art. 2052 c.c., giacché, da un lato, il criterio di imputazione della responsabilità previsto da tale disposizione si fonda non sul dovere di custodia, ma sulla proprietà o, comunque, sull'utilizzazione dell'animale e, dall'altro, le specie selvatiche protette ai sensi della l. n. 157 del 1992 rientrano nel patrimonio indisponibile dello Stato e sono affidate alla cura e alla gestione di soggetti pubblici in funzione della tutela generale dell'ambiente e dell'ecosistema" (Cfr. Cass.7969/2020). Pertanto, anche nel caso di specie, la vicenda risarcitoria deve essere risolta alla stregua dell'art. 2052 c.c. Al riguardo va, peraltro, premesso che, come chiarito dalla giurisprudenza di legittimità (Cass. civ. n. 1244/2019), il giudice d'appello può anche dare, ai fatti e ai rapporti dedotti in giudizio, una qualificazione giuridica diversa da quella data dal Giudice di primo grado, avendo il potere - dovere di definire la natura del rapporto al fine di precisarne il contenuto, gli effetti e le norme applicabili: nel caso che ci occupa, appare evidente che la fattispecie concreta dedotta dall'attore sia chiaramente riconducibile all'art. 2052 del c.c. in quanto il danno dallo stesso lamentato appare senza dubbio imputabile alla libera circolazione degli animali sul territorio regionale. Ciò posto, è noto che in base all'art. 2052 c.c. spetta al danneggiato, che alleghi, appunto, di aver subito un danno da un animale selvatico, l'onere di dimostrare, oltre al danno, anche la dinamica del sinistro, il nesso causale tra la condotta dell'animale e l'evento dannoso subito e l'appartenenza dell'animale ad una delle specie oggetto della tutela di cui alla L. n. 157 del 1992 o che rientri nel patrimonio indisponibile dello Stato: "In materia di danni da fauna selvatica a norma dell'art. 2052 c.c., grava sul danneggiato l'onere di dimostrare il nesso eziologico tra il comportamento dell'animale e l'evento lesivo, mentre spetta alla Regione fornire la prova liberatoria del caso fortuito, dimostrando che la condotta dell'animale si è posta del tutto al di fuori della propria sfera di controllo, come causa autonoma, eccezionale, imprevedibile o, comunque, non evitabile neanche mediante l'adozione delle più adeguate e diligenti misure -concretamente esigibili in relazione alla situazione di fatto e compatibili con la funzione di protezione dell'ambiente e dell'ecosistema - di gestione e controllo del patrimonio faunistico e di cautela per i terzi". (Cfr. Cass.7969/2020). Spetta, inoltre, al danneggiato, ai sensi dell'art. 2054, comma 1, c.c., la prova di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno, cioè di avere, nella specie, adottato ogni opportuna cautela nella propria condotta di guida. E ciò sul presupposto che l'art. 2054 c.c. esprima principi di carattere generale, applicabili a tutti i soggetti che subiscano danni dalla circolazione (cfr. Cass. civ. n. 13848/2020). Orbene, nel caso di specie, è emerso che le parti non hanno prodotto in giudizio alcun documento idoneo per un'eventuale rivalutazione del giudizio di primo grado. Al riguardo, giova rilevare come l'insegnamento della Suprema Corte di Cassazione, con la pronuncia a Sezioni Unite n. 3033/2013, ha statuito che "Nel vigente ordinamento processuale, il giudizio d'appello non può più dirsi, come un tempo, un riesame pieno nel merito della decisione impugnata ("novum judicium"), ma ha assunto le caratteristiche di una impugnazione a critica vincolata ("revisio prioris instantiae"). Ne consegue che l'appellante assume sempre la veste di attore rispetto al giudizio d'appello, e su di lui ricade l'onere di dimostrare la fondatezza dei propri motivi di gravame, quale che sia stata la posizione processuale di attore o convenuto assunta nel giudizio di primo grado. Pertanto, ove l'appellante si dolga dell'erronea valutazione, da parte del primo giudice, di documenti prodotti dalla controparte e da questi non depositati in appello, ha l'onere di estrarne copia ai sensi dell'art. 76 disp. att. cod. proc. civ. e di produrli in sede di gravame". Orbene, nel caso di specie, l'appellante, in qualità di attore nel presente giudizio, formula censure che per essere vagliate necessitano della valutazione degli allegati prodotti in primo grado dall'originario attore che, tuttavia, non sono stati riproposti anche in questa sede, impendo al giudicante qualsivoglia valutazione in merito ai motivi di gravame dedotti. Tale circostanza, pertanto, impone il rigetto dell'appello con conseguente conferma della sentenza appellata. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo. Ai sensi dell'art.13, comma 1 quater, del D.P.R. 115/2002 e ai fini di quanto previsto dal comma 1 bis dello stesso articolo, si dà atto che l'appello è stato integralmente rigettato. P.Q.M. Il Tribunale, definitivamente pronunciando nel giudizio di appello avverso la sentenza del Giudice di Pace di Teramo n. 413/2019, così provvede: - rigetta l'appello e, per l'effetto, conferma la sentenza di primo grado; - condanna la regione Abruzzo alla refusione, in favore dell'appellata, delle spese processuali relative al presente grado di giudizio, che liquida nella somma complessiva di euro 1.000,00, oltre spese generali 15%, I.V.A. e C.A. come per legge. L'Aquila, 25 ottobre 2022. Depositata in Cancelleria il 26 ottobre 2022.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO DI L'AQUILA SEZIONE UNICA composto dai seguenti magistrati riuniti in camera di consiglio: Dott. Ciro Riviezzo Presidente Dott.ssa Monica Croci Giudice est. Dott. Giovanni Spagnoli Giudice ha emesso la seguente SENTENZA redatta ai sensi dell'art. 132 n. 4 c.p.c. e dell'art. 118, comma 1, disp. att. c.p.c., nella causa civile di primo grado iscritta al n. 3122 del ruolo generale affari contenziosi dell'anno 2017, trattenuta in decisione all'udienza del 10/02/21, trattata in forma scritta, con la concessione dei termini di legge di cui all'art.190 c.p.c. per il deposito e lo scambio degli scritti difensivi finali, vertente tra (...), elettivamente domiciliato a L'Aquila in via (...) presso la persona e lo studio dell'Avv. (...) e rappresentato e difeso dall'Avv. (...), giusta procura in calce all'atto di citazione, e dall'Avv. (...), giusta procura in calce alla comparsa di ulteriore difensore ATTORE E PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, in persona del Presidente del consiglio P.T., rappresentata e difesa dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di L'Aquila e domiciliata presso la medesima in via Buccio di Ranallo s.n.c. - Complesso Monumentale San Domenico - L'AQUILA CONVENUTA (...), MAGISTRATO, rappresentata e difesa dall'Avv. (...), giusta procura in calce alla comparsa di costituzione INTERVENUTA Oggetto: risarcimento danni, responsabilità civile dei Magistrati. CONCLUSIONI DELLE PARTI: i procuratori delle parti concludevano come note di trattazione scritta depositate per udienza di precisazione delle conclusioni, da intendersi qui integralmente trascritte. MOTIVI di FATTO e di DIRITTO della DECISIONE Con atto di citazione notificato in data 06/12/2017 (...) conveniva in giudizio la Presidenza del Consiglio, chiedendone la condanna al risarcimento per i danni patrimoniali (per la perdita del proprio compendio immobiliare, comprensivo degli arredi, sottostimati e venduti in sede fallimentare a prezzo nettamente inferiore a quello di mercato, con un danno quantificato in euro 2 milioni circa; rapporti bancari e fondi pensione di cui lo stesso era titolare e da cui la Curatela ha ricavato euro 459.267,11; spese legali per circa 350.000 euro lordi; lucro cessante, per essere a causa del fallimento stato radiato dalla FIGC e, non potendo di conseguenza più svolgere la propria attività di direttore sportivo di squadre di calcio professionistiche, stimato in euro 300.000 l'anno per tutta la durata della procedura fallimentare; perdita dell'imbarcazione dallo stesso detenuta in leasing di proprietà della (...) s.r.l., quantificata in euro 250.000) e non patrimoniali (alla reputazione ed al diritto alla libera iniziativa economica, frutto della dichiarazione di fallimento e conseguente radiazione dalla FIGC, quantificato in euro 3.600.000) patiti a seguito della sentenza n.49 del 6-27 luglio 2005 del Tribunale di Ancona, che ne aveva dichiarato il fallimento (poi revocato con sentenza definitiva n. 154/2016 del Tribunale di Ancona del 14 e 27 gennaio 2016), previo accertamento della colpa grave del Tribunale per manifesta violazione di legge. Esponeva in sintesi che: con la sentenza n.49/2005 del 6-27 luglio 2005, il Tribunale di Ancona aveva dichiarato il fallimento della (...) LLC - società di diritto statunitense, Stato del Wyoming, assimilabile ad una società a responsabilità limitata, avente sede in Svizzera - quale unico socio (...) S.p.A.) ai sensi dell'art.147 L.F., ossia in estensione a quello già dichiarato (con sentenza dell'11.8.2004) dell'(...) nonché di (...) in proprio, in quanto solo socio della citata (...); su tale ultimo punto il Tribunale aveva motivato osservando che: "La giurisprudenza di legittimità (la quale ammette pacificamente l'operatività dell'art. 2363 c.c. anche quando unico azionista sia una società di capitali, cfr. Cass. 14/12/1981 n. 6594; Cass. 29/11/83 n. 7152; Cass. 24/02/86 n. 1088; Cass. 28/4/94 n. 4111 in motivazione) ritiene però non assoggettabile a fallimento il socio unico azionista (ed unico quotista nella società a responsabilità limitata) sulla base della considerazione secondo cui l'art. 147 L.F. si riferirebbe solo a quelle società che, in base al tipo legale, prevedono una responsabilità solidale ed illimitata per le obbligazioni di tutti i soci (S.N.C.) o di una categoria degli stessi (società in accomandita), non operando invece tale disposizione per quelle società (S.P.A. e S.R.L.) i cui soci hanno tipicamente una limitazione di responsabilità e, solo eccezionalmente per determinare circostanze e per un periodo limitato, responsabilità illimitata (Cfr. Cass. 19/11/81 n. 6151; Cass. 15/10/92 n. 11275; Cass. 28/04/94 n. 4111). L'orientamento esposto non è tuttavia condiviso dall'orientamento prevalente della giurisprudenza di merito, cui anche questo Tribunale aderisce (Trib. Milano 19/10/95 in Fall. 1996, 385; Trib. S.Maria Capua V. 1/3/96 in Dir. Fall. 1997, II, 1059; Trib. Monza 24/5/96 in Giur. Comm. 1997, II, 609; Trib. Milano 22/4/97 in Fall. 1998, 190; Trib. Milano 6/10/97 in Dir. Fall. 1998, II, 1142; Trib. Firenze 27/5/98 in Foro Toscano 2000, 46; Trib.Bologna 24/11/98 in Giur. Comm. 2000, II, 272; Corte Appello Bologna 21/09/01 in Fall. 2002, 770; Trib. Lucera 18/01/02 in Dir. Fall. 2002, II, 330; Trib. Messina 11/03/02 in Foro It. 2002, I, 1222; Trib. Tivoli 19/03/03 in Dir. E Prat. Soc. 2003, p. 24, 88). In particolare, si obietta che non vi è diversità della fonte della illimitata responsabilità (comminata dall'ordinamento per l'unico azionista ex art. 2362 c.c. così come per i soci di una s.n.c. dall'art. 2291 c.c. o per il socio accomandatario di una s.a.s. dall'art. 2313 c.c.) né diversità di "ratio", consistente nell'evitare l'aggiramento l'art. 2740 c.c., consentendo l'esclusione dell'assoggettabilità al fallimento del citato azionista. Del resto è già pacificamente ammessa la fallibilità del socio receduto, defunto o escluso nonostante egli veda la propria responsabilità limitata (proprio come l'unico azionista) ad un circoscritto periodo di tempo (sino al giorno in cui si verifica lo scioglimento, ex art. 2290 c.c.). Il Tribunale, sulla scorta della considerazione che il tema della responsabilità del socio unico di una società di capitali necessariamente investa la valutazione del concetto di correttezza dell'utilizzo degli strumenti giuridici propri, ritiene che quando la società di capitali si riveli un mero schermo diretto a dissimulare l'esercizio di un'attività imprenditoriale individuale, non possa ritenersi la limitazione della responsabilità propria caratterizzante le società di capitali ma debba essere piuttosto affermata la responsabilità patrimoniale personale del reale imprenditore, sia esso individuale, sia esso collettivo, e del conseguente fallimento personale, per aver utilizzato la società di capitali come uno strumento, non giuridico bensì materiale, snaturando l'istituto con il rigetto del regime giuridico suo proprio. L'orientamento della Cassazione, contrario alla applicabilità dell'art. 147 L.F. al socio unico di società di capitali, appare per altro in contraddizione con i principi affermati dalla medesima Corte di legittimità in merito all'art. 2362 c.c., ora modificato ma sostanzialmente riprodotto nel nuovo testo dell'art. 2325, rinvenendo la vera ratio della norma nella necessità di consentire che l'esercizio di un'attività di impresa nelle forme di una società di capitali possa essere utilizzata per separare la responsabilità personale da quella imprenditoriale solo in presenza di un effettivo esercizio collettivo dell'impresa, posto che la società non può ritenersi totalmente distinta dalle persone dei soci poiché i debiti della società sono anche debiti del socio dei quali, però, il socio risponde limitatamente solo fino a quando non si verifichi un abuso della personalità giuridica: quando ciò accada non può che trovare applicazione la regola generale dell'illimitata responsabilità patrimoniale di cui all'art. 2740 c.c.." La dichiarazione di fallimento in proprio del (...) costituiva in realtà una manifesta violazione del citato art.147 L.F., anche nel testo vigente nel 2005 (anteriore alle modifiche introdotte con D.Lgs. n5 del 09/01/2006), essendo inesistente il problema interpretativo illustrato sul punto nella sentenza del Tribunale, posto che già all'epoca esso era pacificamente interpretato nel senso della sua inapplicabilità al socio di società di capitali quali la (...); il Tribunale era inoltre incorso in un gravissimo errore di fatto nell'affermare che il (...) era unico socio della (...), essendo questa partecipata anche da altro socio, (...), come risultante dai certificati prodotti agli atti; con atto di citazione del 5/08/2005 il (...) aveva proposto opposizione alla propria dichiarazione di fallimento, osservando tra l'altro (nei passi trascritti nell'atto di citazione introduttivo del presente giudizio) che il contrasto giurisprudenziale tra la tesi sostenuta dalla giurisprudenza di legittimità, contraria all'applicazione dell'art.147 L.F. all'unico socio di società di capitali (di cui pure il Tribunale dava atto in sentenza, argomentando la propria difforme posizione con una criticabile ricostruzione degli istituiti di diritto societario e connesse obbligazioni) e le corti di merito, fosse in realtà di portata assai minore di quanto rappresentato dal Tribunale stesso; la causa di opposizione - dopo una prima sentenza di rigetto n.1465/07 del Tribunale di Ancona con ed una successiva sentenza n.870/13 della Corte di appello di Ancona, che aveva rimesso la controversia al primo giudice per difetto di litisconsorzio - si concludeva con sentenza n.154/2016 del Tribunale di Ancona, che revocava il fallimento personale del (...), negando l'estensione del fallimento della società di capitali al socio della stessa. Ritenuto che nella specie dovesse applicarsi il testo della legge n.117/88 così come modificato dalla legge n.18/2015, domandava quindi il risarcimento dei danni sopra indicati, nella complessiva somma di euro 10.259.267,11 o nella diversa ritenuta all'all'esito dell'istruttoria. Si costituiva tempestivamente la Presidenza del Consiglio, che contestava an e quantum delle avverse pretese. Deduceva: l'applicabilità nella specie della legge n.117/88 nel testo anteriore alle modifiche del 2015, essendo il fatto lesivo allegato, ossia la sentenza n.49/2005, verificatosi nella vigenza del vecchio testo della legge stessa; la conseguente decadenza dall'azione, soggetta al termine biennale dal momento in cui essa è esperibile (art.4 comma II legge n.117/88 nel testo ratione temporis vigente) e l'intervenuta prescrizione quinquennale del diritto al risarcimento, che sarebbe sorto nel 2005 a seguito della sentenza contestata; l'insussistenza del diritto al risarcimento dei danni non patrimoniali, non trattandosi di danni derivanti dalla privazione della libertà personale (art.2, I comma legge cit. nel testo ratione temporis vigente); l'inammissibilità della domanda, posto che l'attività di interpretazione del diritto e la valutazione del fatto e delle prove non possono dar luogo a responsabilità, mentre nella specie ci si duole in sostanza dell'interpretazione che il Tribunale ha fornito dell'art.147 L.F.; l'infondatezza della domanda, per essere insussistenti sia il dedotto errore in fatto che in diritto: contestava l'avversa ricostruzione in fatto dell'intera vicenda, osservando come la dichiarazione di fallimento in estensione e della (...) e del (...) in proprio, avvenute su istanza della Curatela (...) S.p.A. e Procura della Repubblica, si fondava sull'approfondita istruttoria prefallimentare e sulle indagini condotte in sede penale dalla Procura (che avevano poi portato alla condanna del (...) per bancarotta fraudolente per distrazione di ingenti somme dalle casse sociali, con prescrizione di ulteriori reati), da cui era tra l'altro emerso che: la (...) era il solo socio dell'(...), quantomeno dal 30/03/2000, come risultante dai due certificati azionari in originale di 500.000 azioni di lire 1.000 ciascuna rivenuti nella cassetta di sicurezza (...) Ascoli Piceno intestata al (...), di cui uno intestato alla (...) ed emesso in Ancona il 15/01/00 e l'altro intestato alla (...), di pari importo, accompagnato da certificato di vendita alla (...) del 30/03/2000; come dichiarato dallo stesso (...) in sede di interrogatorio, la (...) era una mera società schermo o di comodo, da lui stesso definita uno "scudo" e costituita per proteggere il proprio patrimonio e indirettamente quello sociale dell'(...) dalle pretese di ex mogli e figli oltre che in ragione di un proprio contenzioso all'epoca esistente col (...); lo stesso (...) in due scritture private a sua firma, intervenute tra (...) e (...) s.r.l. del 20/04/2000 e del 30/05/2000 si era definito unico proprietario della (...) LLC; ne derivava l'insussistenza di qualsivoglia errore del Tribunale nell'affermare che il (...) fosse il solo socio della (...), anche considerato che il (...) non aveva mai contestato la propria unica signoria sulla (...) nel corso dell'istruttoria prefallimentare e che i certificati azionario della (...), tra cui uno intestato a tale (...), la cui era attendibilità e valenza probatoria era stata comunque radicalmente contestata dalla curatela, erano stati prodotti, peraltro in mera fotocopia, per la prima volta solo nel giudizio di opposizione nell'anno 2006 e dunque solo dopo la sentenza di cui trattasi; neppure poteva dirsi sussistete il contestato errore in diritto, avendo il Tribunale, chiamato ad applicare il testo dell'art.147 L.F. all'epoca vigente (anteriore alla prima modifica introdotta con D.Lgs. n.5 del 9/01/2006, in vigore dal 16/07/2006) il quale recitava: "La sentenza che dichiara il fallimento della società con soci a responsabilità illimitata produce anche il fallimento dei soci illimitatamente responsabili" aveva dato ampiamente conto del dibattito esistente sulla possibilità di applicare detto articolo al socio unico di società di capitali, non nascondendo l'orientamento negativo della giurisprudenza di legittimità e motivatamente illustrando il proprio dissenso, con richiami alla giurisprudenza di merito; trattavasi pertanto di attività interpretativa insuscettibile di dar luogo a responsabilità e, in ogni caso, ben lontana da quella macroscopica e grossolana violazione di legge, determinata da negligenza inspiegabile, dando una lettura della norma applicata in contrasto con ogni criterio logico e/o frutto di una ricostruzione aberrante della volontà del legislatore tale da configurare un manipolazione dello stesso testo normativo che deve ricorrere affinché sussista la responsabilità dedotta. Rilevava poi come a prima sentenza pronunciata sull'opposizione aveva confermato quella ex adverso contestata, che la Corte di appello aveva rimesso al primo giudice per ragioni di rito e che la sentenza di revoca aveva - non condivisibilmente - fatto applicazione del nuovo testo dell'art.147 L.F.. Contestava infine sussistenza ed entità dei lamentati danni (anche patrimoniali osservando come il (...) avesse in passato riportato altre condanne penali per truffa ai danni di giocatori oltre che della stessa FIGC). Interveniva la (...), che faceva proprie tutte le difese della Presidenza del Consiglio, chiedendo l'accoglimento delle conclusioni da questa formulate e la reiezione delle pretese attoree. Assegnati i richiesti termini ex art.183 VI comma c.p.c., disposta la traduzione dei due certificati della (...) prodotti agli atti e redatti in lingua inglese, la causa veniva istruita con prove documentali ed all'esito trattenuta in decisione. In ordine alle legge applicabile, si osserva che, come chiarito in più pronunce della S.C. in ordine ai vari aspetti della disciplina contenuta nella legge n.117/88 intaccati dalla legge n.18/2015, in mancanza di una disciplina transitoria e stante la generale irretroattività della legge, la tempestività dell'azione va vagliata alla stregua del termine esistente al momento in cui l'azione divenne esperibile ed il vaglio di merito delle condotte contestate al magistrato va compiuto in base al testo di legge vigente allorché esse furono poste in essere (vd. Cass., Ordinanza n. 9916 del 14/05/2015; SS.UU. n.11747/19: la "legge 27 febbraio 2015, n. 18 ("Disciplina della responsabilità civile dei magistrati") ... in mancanza di una disciplina transitoria, si applica infatti ai soli fatti illeciti posti in essere dal magistrato, nei casi previsti dagli articoli 2 e 3, dalla data della sua entrata in vigore (19 marzo 2015). 4.3. - Il profilo della non retroattività delle norme modificative della responsabilità civile dei magistrati è stato già chiarito da questa Corte: la sentenza n. 25216 del 2015 ha affermato che, in tema di responsabilità civile dei magistrati, la sopravvenuta abrogazione della disposizione di cui all'art. 5 della L. n. 117 del 1988, per effetto dell'art. 3, comma 2, della L. n. 18 del 2015, non ha efficacia retroattiva, onde l'ammissibilità della domanda di risarcimento danni cagionati nell'esercizio delle funzioni giudiziarie deve essere delibata alla stregua delle disposizioni processuali vigenti al momento della sua proposizione."; vd. SS.UU. n.11747/19, pagina 11, parr.4.1 e ss.; "... E' essenziale chiarire che alla controversia in esame si applica, ratione temporis, la disciplina dettata dalla legge 13 aprile 1988, n.117, rubricata "Risarcimento dei danni cagionati nell'esercizio delle funzioni giudiziarie e responsabilità civile dei magistrati", nel testo precedente alle integrazioni, abrogazioni e modificazioni derivanti dalla entrata in vigore della legge 27 febbraio 2015, n. 18 ("Disciplina della responsabilità civile dei magistrati").4.2. - Quest'ultima legge, in mancanza di una disciplina transitoria, si applica infatti ai soli fatti illeciti posti in essere dal magistrato, nei casi previsti dagli articoli 2 e 3, dalla data della sua entrata in vigore (19 marzo2015)."; la sentenza prende in esame il caso di una sentenza pronunciata nel 2011 e ritenuta integrante l'illecito, in cui il vaglio di responsabilità viene compiuto alla stregua del testo della l. n.117/88 anteriore alle modifiche introdotte con la citata legge del 2015). Ciò chiarito, sono infondate le eccezione di decadenza e prescrizione formulate dalla convenuta: l'azione è stata proposta con atto di citazione notificato il 06/12/17, ossia entro il termine decadenziale di tre anni decorrente dal momento in cui l'azione divenne esperibile (art.4 comma II legge n.117/88), ossia dalla sentenza di revoca del fallimento n.154 /16 del 27.01.2016, né appare predicabile un decorso della prescrizione anteriore al momento di decorrenza del termine di decadenza (cfr. artt.2964, 2967, 2943 c.c.); in ogni caso la domanda deve essere respinta poiché infondata. Non sussiste il lamentato errore di fatto circa l'affermazione della qualità di socio unico della (...) in capo al (...); è in primo luogo certo che i certificati delle quote di detta società (gli stessi versati agli atti nel presente giudizio e di cui è stata disposta traduzione dalla lingue inglese) furono prodotti dal (...) solo dopo la sentenza di fallimento n.49/2005 ed in sede di opposizione, in particolare con la Memoria del 25/10/2006 prodotta in copia da parte attrice nel proprio allegato 20: in tale Memoria, alla pagine 5/6 si afferma testualmente "...forniamo oggi la prova positiva della pluralità dei soci della (...) esibendo gli originali e producendone copia dei due titoli azionari datati 4/10/02 intestati al sig. (...) (certificato n.1 per 450 unità) e al sig. (...) (certificato n.2 per 50 unità); il capitale sociale della (...) era di dol. 500,00. La pluralità dei soci della (...) che incolpevolmente è stata ritenuta inesistente dal Tribunale fallimentare che si è fidato dell'accertamento effettuato sul punto dalla Procura della Repubblica, elide alla radice il fondamento stesso della prospettazione giuridica che ha fondato l'estensione del fallimento della (...) al sig. (...). Il deposito dei certificati azionari non è evidentemente un coupe de theatre ma solo il frutto di una ricerca metodica sul titolare del secondo certificato azionario (naturalmente) al portatore che evidentemente ha ritenuto prudente rimanere sino ad ora celato per evitare coinvolgimenti connessi alle vicende civili, penali e fallimentari della (...) e quindi della (...). ..."; si veda anche l'all.14 di parte attrice, costituito dalla Memoria del 20/12/2006 depositata dall'Avv. (...) della Curatela Fallimentare sempre nel giudizio di opposizione, ove si contesta ammissibilità ed attendibilità di tali documenti. Da quanto ora esposto risulta altresì evidente che, contrariamente a quanto sostenuto da parte attrice, allorché la sentenza n.45/2005, a pag.5, fa riferimento ai certificati azionari in possesso del (...) (".Da quanto esposto ampiamente provato è che: 1. Almeno a decorrere dal 30/03/2000 il capitale sociale della (...) S.p.A. è stato interamente posseduto dalla (...) LLC; 2. la (...) LLC è appartenuta sin dalla data della sua costituzione (1/11/1999) e appartiene tuttora al sig. (...) Ermanno che è in possesso dell'originale dell'atto costitutivo e soprattutto dell'originale dei due certificati azionari per un capitale di Lire 1.000.000.000; ...") si sta riferendo a quelli dell'(...) S.p.A. e non ai certificati delle quote della (...): ciò emerge non solo da quanto sopra già osservato circa il momento (univocamente posteriore alla sentenza n.49/2005) in cui per la prima volta furono prodotti i certificati delle quote (...), ma anche dal fatto che in sentenza si parla di certificati azionari (mentre quelli della (...) riguardano delle quote, "units"; vedi certificati (...) in atti in questo giudizio e relativa traduzione dell'inglese) e di un capitale complessivo di lire un miliardo (ossia, il capitale sociale dell'(...), di cui ai due certificati azionari rinvenuti nella cassetta di sicurezza del (...), di cui uno intestato alla (...) ed emesso in Ancona il 15/01/00 e l'altro intestato alla (...), di pari importo, accompagnato da certificato di vendita con girata alla (...) del 30/03/2000), mentre il capitale della (...) era di 500 dollari. Tale circostanza era perfettamente nota alla difesa (...) già al tempo del giudizio di opposizione (si veda la ulteriore memoria depositata il 29/03/2006, pag. 2, ove si ribadisce che i certificati azionari trovati in possesso del (...) era appunto quelli dell'(...) e non della (...) in all.20 parte attrice). Pertanto, non vi è alcun errore di fatto (e men che meno "b) l'affermazione, determinata da negligenza inescusabile, di un fatto la cui esistenza è incontrastabilmente esclusa dagli atti del procedimento; c) la negazione, determinata da negligenza inescusabile, di un fatto la cui esistenza risulta incontrastabilmente dagli atti del procedimento; ..." art. 2 comma III, legge n.117/88), avendo il Tribunale ragionevolmente concluso, nella sentenza n.49/2005, che il (...) fosse il solo titolare della (...) sulla base degli elementi probatori a sua disposizione ed in particolare sia delle dichiarazioni rese dal (...) nell'interrogatorio del 29/12/2004 (ove affermava di aver costituito tale società per usarla come "scudo" e prevenire azioni di ex mogli e figli, vd. all.11 Presidenza del Consiglio) sia delle due scritture private dell'aprile e del maggio 2000 a sua firma in cui per ben due volte lo stesso (...) si dichiara unico proprietario delle (...) (all.ti 12 e 13 Presidenza). Neppure sussiste la lamentata violazione di legge determinata da negligenza inescusabile lì dove il Tribunale, ritenuto il (...) il solo socio della (...), ne dichiara il fallimento in estensione a quello di tale ultima società: premesso che il testo dell'art.147 L.F. allora vigente (ossia nel testo anteriore alla modifica introdotta con il D.Lgs. n.5 del 9/01/2006, in vigore dal 16/07/2006) prevedeva al primo comma che "La sentenza che dichiara il fallimento della società con soci a responsabilità illimitata produce anche il fallimento dei soci illimitatamente responsabili." Il Tribunale, nella propria motivazione sopra riportata nella parte di interesse e contestata da parte attrice, dà conto dell'orientamento della S.C. che restringe in estrema sintesi l'applicabilità dell'art.147 alle società che "fisiologicamente" abbiano soci a responsabilità illimitata e tuttavia argomenta il proprio dissenso sul punto con considerazioni tratte sia dalla disciplina normativa per casi ritenuti affini (richiamando le previsioni dell'art.2362 c.c. poi modificato e sostanzialmente riprodotto nel testo dell'art.2325 c.c.) sia con considerazioni di carattere sistematico inerenti la ratio ed i conseguenti limiti di operatività delle disposizioni in punto di autonomia patrimoniale perfetta delle società di capitali, osservando in sostanza che, qualora non esista quella pluralità di soci che è alla base della nozione stessa di società, i benefici patrimoniali che discendono dalla personalità giuridica di essa non abbiano ragion d'essere, configurando semplicemente un aggiramento del disposto dell'art.2740 c.c. (aggiramento che risultava essere l'obiettivo dichiaratamente perseguito dal (...) con la costituzione della (...)); si tratta di conclusioni che, alla luce del testo in vigore dell'art.147 L.F., non trovavano affatto un ostacolo nella lettera della legge e condivise da almeno una parte della giurisprudenza di merito, le quali appaiono tutt'altro che illogiche o insostenibili; non sembra del resto casuale che il legislatore abbia avvertito la necessità di introdurre una specificazione proprio nel testo del citato comma I dell'art.147 L.F., individuandone la portata con riguardo alle società collettiva, in accomandita semplice e in accomandita per azioni. Conclusivamente, la dichiarazione di fallimento del (...) in estensione di quello della (...) fu frutto di una attività interpretativa - e non di una violazione - dell'art.147 L.F. nel testo allora vigente, cui venne attribuito un significato ben possibile da un punto di vista letterale come sistematico, attività legittima e doverosa in sé incapace di dar luogo a responsabilità; in ogni caso, va del tutto esclusa la sussistenza di quand'anche ci si volesse porre al di fuori dell'attività va del tutto escluso che si configuri nella specie la previsione di cui all'art.2 comma lettera a), ossia una lettura implausibile, abnorme, palesemente sganciata dal ventaglio di ogni possibile significante del dettato normativo che costituisce possibile fonte di responsabilità (cfr. SS.UU. Sentenza n. 11747 del 03/05/2019 Rv. 654029 - 01: In tema di azione contro lo Stato per il risarcimento dei danni cagionati nell'esercizio delle funzioni giudiziarie, la grave violazione di legge, fonte di responsabilità ai sensi dell'art. 2, comma 3, lett. a), della l. n. 117 del 1988, nel testo anteriore alle modifiche apportate dalla l. n. 18 del 2015, va individuata nelle ipotesi in cui la decisione appaia non essere frutto di un consapevole processo interpretativo, ma contenga affermazioni ad esso non riconducibili perché sconfinanti nel provvedimento abnorme o nel diritto libero, e pertanto caratterizzate da una negligenza inesplicabile, prima ancora che inescusabile, restando pertanto sottratta alla operatività della clausola di salvaguardia di cui all'art. 2, comma 2, della legge citata, ipotesi che può verificarsi in vari momenti dell'attività prodromica alla decisione, in cui la violazione non si sostanzia negli esiti del processo interpretativo, ma ne rimane concettualmente e logicamente distinta, ossia quando l'errore del giudice cada sulla individuazione, ovvero sulla applicazione o, infine, sul significato della disposizione, intesa quest'ultima come fatto, come elaborato linguistico preso in considerazione dal giudice che non ne comprende la portata semantica.; Cass. Sentenza n. 10832 del 05/06/2020 Rv. 658094 - 01; Cass. Sentenza n. 25454 del 29/08/2022 Rv. 665614 - 01: In tema di azione contro lo Stato per il risarcimento dei danni cagionati nell'esercizio delle funzioni giudiziarie, la grave violazione di legge, fonte di responsabilità ai sensi dell'art. 2, comma 3, lett. a), della l. n. 117 del 1988, nel testo anteriore alle modifiche apportate dalla l. n. 18 del 2015, va individuata nelle ipotesi in cui la decisione appaia non essere frutto di un consapevole processo interpretativo, ma contenga affermazioni ad esso non riconducibili perché sconfinanti nel provvedimento abnorme o nel diritto libero, e pertanto caratterizzate da una negligenza inesplicabile, prima ancora che inescusabile, restando pertanto sottratta alla operatività della clausola di salvaguardia di cui all'art. 2, comma 2, della legge citata, ipotesi che può verificarsi in vari momenti dell'attività prodromica alla decisione, in cui la violazione non si sostanzia negli esiti del processo interpretativo, ma ne rimane concettualmente e logicamente distinta, ossia quando l'errore del giudice cada sulla individuazione, ovvero sulla applicazione o, infine, sul significato della disposizione, intesa quest'ultima come fatto, come elaborato linguistico preso in considerazione dal giudice che non ne comprende la portata semantica. (In applicazione del principio, la S.C. - nel confermare la sentenza di merito che aveva rigettato la domanda risarcitoria in relazione ad una vicenda in cui il giudice aveva accolto, in difformità dalla giurisprudenza di legittimità e senza alcuna motivazione al riguardo, un orientamento del tutto minoritario - ha precisato che il discostarsi dall'orientamento giurisprudenziale consolidato non costituisce di per sé ipotesi di colpa grave e che, nella fattispecie, l'interpretazione fornita non si collocava al di fuori delle possibilità testuali, né si rivelava totalmente implausibile o abnorme).). Conclusivamente la domanda va respinta. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo, a mente del d.m. n.55/14 e succ.ve mod.ni, assumendo quale parametro quello delle cause di valore indeterminabile a complessità media (posto che la cifra indicata, accompagnata dal riferimento alla diversa somma quantificabile all'esito dell'istruttoria e dalla richiesta di liquidazione equitativa dei danni non patrimoniali, deve ritenersi orientativa, cfr. Cass. Ordinanza n. 10984 del 26/04/2021 Rv. 661238 -01), ponendo le spese di c.t.u., liquidate con separato decreto, definitivamente a carico di parte attrice, mentre si ritiene di compensare le spese tra l'attore e l'intervenuta (corte Cost. n.77/18), considerata particolare struttura del giudizio ed il carattere puramente volontario ed eventuale dell'intervento. P.Q.M. Il Tribunale, definitivamente pronunciando, così provvede: respinge la domanda attorea e pe l'effetto condanna l'attore (...) alla rifusione delle spese di lite in favore della convenuta Presidenza del Consiglio dei Ministri, che liquida in euro 5.885 per compensi oltre accessori di legge; compensa le spese di lite tra l'attore e l'intervenuta; pone definitivamente a carico di parte attrice le spese di c.t.u., liquidate con separato decreto. Depositata in Cancelleria il 19 ottobre 2022.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO DI L'AQUILA SEZIONE UNICA IN COMPOSIZIONE MONOCRATICA Il Giudice, Dott.ssa Monica Croci, ha pronunciato la seguente SENTENZA redatta ai sensi dell'art. 132 n. 4 c.p.c. e dell'art. 118, comma 1 disp. att. c.p.c., nella causa civile di primo grado iscritta al n. r.g. 878/2015, cui sono riunite le cause n. r.g. 880/2015, 881/2015, 882/2015, trattenuta in decisione all'udienza del 13.01.21 con assegnazione dei termini di legge di cui all'art. 190 c.p.c. per il deposito e lo scambio degli scritti difensivi finali FRA (...) e (...) in proprio ed in qualità di EREDI DI (...) ATTORI nel proc. R.G. 878/2015; (...), (...), (...) ATTORI nel proc. R.G. 880/2015; (...), (...) in proprio ed in qualità di EREDE DI (...) ATTRICI nel proc. R.G. 881/2015; (...), (...), (...) ATTORI nel proc. R.G. 882/2015 tutti rappresentati e difesi dall'avv. An.Lu. ed elettivamente domiciliati presso il suo studio in Sulmona, Via (...), giuste procure in calce ai rispettivi ricorsi introduttivi E MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI e MINISTERO DELL'INTERNO - PREFETTURA DI L'AQUILA, difesi dall'Avvocatura dello Stato e domiciliati in via (...) presso l'Avvocatura distrettuale dello Stato di L'Aquila CONVENUTI in tutti i procedimenti (...), (...), (...) in qualità di eredi di (...) nonché di (...), rappresentate e difese dagli Avv.ti Ad.Ro., An.Ro. e Fr.Ca. ed elettivamente domiciliate nel loro studio in L'Aquila, Via (...), giusta procura in calce alla comparsa di costituzione e risposta CONVENUTE in tutti i procedimenti COMUNE DI L'AQUILA, rappresentato e difeso dagli Avv.ti Do.De. e An.Li. del Foro di L'Aquila ed elettivamente domiciliato presso il loro studio giusta procura in calce alla comparsa di costituzione e risposta CONVENUTO in tutti i procedimenti nonché CONDOMINIO (...), rappresentato e difeso dall'Avv. Lu.De. ed elettivamente domiciliato presso il suo studio in L'Aquila, Via (...) giusta procura a margine della comparsa di costituzione e risposta CONVENUTO CHIAMATO in tutti i procedimenti (...), (...), (...) in qualità di eredi di (...), rappresentati e difesi dagli Avv.ti Ga.Bo. e Ma.Ca. ed elettivamente domiciliati nello studio dell'Avv. Bo. in via (...), L'Aquila, giusta procura in calce alla comparsa di costituzione e risposta CONVENUTI CHIAMATI in tutti i procedimenti (...) S.P.A., in persona del L.R.P.T. rappresentata e difesa dall'Avv. Mi.Cl. del Foro di Roma ed elettivamente domiciliata presso il suo studio in Roma, Vicolo (...) n. 21,, giusta procura in calce alla comparsa di costituzione CONVENUTA CHIAMATA in tutti i procedimenti SOCIETÀ (...) ASS.NI, in persona del L.R.P.T., rappresentata e difesa dagli Avv.ti Ge.Ma. e Al.Ma. ed elettivamente domiciliata presso il loro studio in Teramo, Via (...), giusta procura speciale alla comparsa di costituzione e risposta CONVENUTA chiamata in tutti i procedimenti OGGETTO: risarcimento danni CONCLUSIONI DELLE PARTI: le parti concludevano come verbale di udienza di precisazione delle conclusioni da intendersi qui integralmente trascritto MOTIVI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE Con distinti ricorsi ex 702 bis c.p.c. gli attori sopra indicati adivano questo Tribunale chiedendo la condanna in solido dei convenuti Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, la Prefettura di L'Aquila, il Comune di L'Aquila nonché di (...), (...), (...) e Domenica (...) quali eredi del costruttore (...) al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali derivati dal decesso dei rispettivi familiari a seguito del al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali subiti in conseguenza del crollo del palazzo sito in L'Aquila, Via (...) n. 6B, verificatosi la notte del 6 aprile 2009 a seguito del noto sisma verificatosi in tale data. Esponevano come il collasso dell'edificio fosse imputabile a gravi vizi di progettazione e di costruzione nonché carenze nel calcestruzzo, quanto a elevata variabilità del materiale impiegato e cattiva esecuzione nella ripresa dei getti, come documentato dalle consulenze tecniche espletate nell'ambito del penale avviato dalla Procura di L'Aquila n. 1509/2009 ampiamente richiamate negli atti introduttivi e prodotte agli (procedimento conclusosi con l'archiviazione, essendo gli indagati tutti deceduti).Deducevano pertanto la responsabilità ex artt. 2043, 2049, 2055 c.c. dei convenuti per la realizzazione di una costruzione difforme dalle prescrizioni normative all'epoca vigenti ed incapace di resistere all'azione di un sisma non avente carattere anomalo o eccezionale; in particolare: del Ministero delle Infrastrutture e Trasporti nonché della Prefettura per aver non aver diligentemente adempiuto ai compiti di vigilanza e controllo di rispettiva competenza in materia edilizia (in particolare: legge n. 1684 del 1962 -"Norme tecniche per l'edilizia, con speciali prescrizioni per le località colpite dai terremoti" per quanto attiene al Genio civile, all'epoca incardinato nel Ministero dei LLPP., i cui funzionari avevano rilasciato dapprima autorizzazione a costruire, ritenendo il progetto conforme alla normativa antisismica e corretti i calcoli di progetto all'uopo presentati e poi certificato di perfetta rispondenza alla normativa stessa dell'edificio realizzato; R.D.L. n. 2229 del 16 novembre 1939 -"Norme per l'esecuzione delle opere in conglomerato cementizio semplice o armato", di competenza della Prefettura, il cui incaricato Ing. (...) per non aver adempiuto agli obblighi di verifica sul conglomerato cementizio); del Comune di L'Aquila, che aveva rilasciato il certificato di abitabilità nonostante le difformità tra il fabbricato realizzato e quello assentito; del costruttore e primo proprietario (...) e per esso dei suoi eredi per i vizi nell'edificazione del palazzo. Si costituivano tempestivamente tutti i convenuti nei procedimenti inizialmente separati, tutti eccependo la prescrizione delle pretese azionate e contestandone an e quantum. Il Ministero Infrastrutture e Ministero dell'Interno (dicastero in cui è incardinata la Prefettura) deducevano il proprio difetto di legittimazione passiva, posto che le competenze già facenti capo a Genio Civile e Prefettura erano passate alla Regione con D.P.R. n. 8/1972; il difetto di rapporto organico tra Prefettura e l'ing. (...), libero professionista da questo incaricato, remunerato a spese del costruttore, del cui operato l'Ente non può essere chiamato a rispondere, senza che peraltro consti che questi inviò una segnalazione di irregolarità e questa sia stata ignorata dalla Prefettura; la mancanza di prova in ordine alle condotte negligenti imputate a Genio Civile e Prefettura, non potendo le stesse dirsi provate sulla base degli accertamenti svolti in sede penale cui i convenuti non avevano preso parte, ed in ordine al nesso causale tra le stesse e il crollo, stante la simultanea presenza di ben più gravi condotte illecite dotate di efficienza causale determinante tale da escludere e/o ridurre la responsabilità dei Ministeri, ossia di progettisti e D.L., ditta costruttrice, lo stesso incaricato della Prefettura ing. (...), Comune di L'Aquila. Inoltre deducevano: il concorso di colpa dei deceduti ex art. 1227 c.c. per essersi trattenuti all'interno dell'edificio la notte del 6 aprile, nonostante le scosse già verificatesi; la responsabilità ex art. 2053 c.c. dei proprietari dell'immobile, tra cui gli stessi ricorrenti e/o defunti, la convenuta (...) e il Condominio (...), che avrebbe omesso la manutenzione dell'immobile e collocato dei pesanti serbatoi d'acqua all'ultimo piano dell'edificio, minandone la stabilità. Le condotte di tutti i soggetti indicati varrebbero in ogni caso ad escludere il nesso causale tra il crollo e le condotte di Genio Civile e Prefettura. La difesa erariale concludeva per il rigetto delle avverse pretese e, in subordine, chiedeva in via riconvenzionale l'accertamento del grado della colpa ex art. 2055 c.c. degli altri convenuti ossia Eredi del costruttore, Comune di L'Aquila nonché della proprietaria già convenuta (...), dei ricorrenti in proprio e/o nella qualità di eredi dei rispettivi familiari defunti quali eventuali proprietari nonché del Condominio (...), che veniva chiamato in causa, con condanna degli stessi a rifondere pro quota ai Ministeri quanto questi ultimi fossero condannati a pagare agli attori. Si costituiva altresì il Comune di L'Aquila, che contestava la configurabilità una propria responsabilità per il crollo, osservando che, premessa l'inapplicabilità alla fattispecie del Regolamento Edilizio Comunale emanato nel 1972, le verifiche demandate all'Ente comunale ai fini del rilascio del certificato di abitabilità avvenuto in data 3.9.1964 avevano carattere prettamente urbanistico e/o igienico sanitario, ma nulla che attenesse alla stabilità e idoneità costruttiva dell'edificio; deduceva inoltre come la responsabilità per il crollo dovesse imputarsi alla condotta del tecnico progettista ed autore del calcoli dell'edificio; chiamava quindi in causa gli eredi di (...) nonché il proprio assicuratore (...) S.p.a., concludendo in via principale per la reiezione delle pretese attoree e in subordine, in caso di propria condanna, condannare (...) S.p.A. a tenere indenne il Comune di quanto questo fosse tenuto a pagare agli attori al netto della franchigia contrattuale nonché accertare il grado di responsabilità delle altre PP.AA. convenute e dei convenuti chiamati Eredi (...), con condanna di costoro a rivalere pro quota quanto il Comune fosse condannato a pagare agli attori. Si costituivano gli Eredi (...), che contestavano le avverse pretese deducendo in particolare come il crollo dovesse ascriversi a forza maggiore, ossia all'evento sismico e non alle postulate carenze costruttive, l'inapplicabilità degli artt. 11667, 1669 c.,c. essendo decorsi oltre 45 anni dalla costruzione dell'edificio, la concorrente responsabilità del Condominio proprietario e il concorso di colpa dei defunti, per essersi imprudentemente trattenuti all'interno degli edifici nonostante le forti scosse che notoriamente precedettero quelle delle 3:32. Concludevano per il rigetto delle avverse pretese e comunque per l'esclusione di un vicolo di solidarietà con gli altri convenuti. Si costituivano altresì i terzi chiamati. Il Condominio (...), chiamato dai Ministeri, deduceva l'inesistenza della notificazione e comunque l'inammissibilità e infondatezza domanda avanzata dalla difesa erariale nei propri confronti per essere il Condominio stesso estinto per effetto del crollo dell'edificio; l'impossibilità di porre Part.2053 c.c. a fondamento della domanda di accertamento di concorrente responsabilità e di regresso formulate dai Ministeri chiamanti, e comunque l'insussistenza di una qualche responsabilità dei condomini per opere posteriori all'edificazione; con specifico riguardo al tema dei serbatoi, deduceva come dalla documentazione prodotta (tra cui lo stesso certificato di abitabilità comunale, fatture in atti e verbali assembleari) come i serbatori fossero stati posti nel locale sottotetto dallo stesso costruttore e come in ogni caso essi furono svuotati anni prima del sisma, sicché è da escludere una influenza degli stessi nel crollo del palazzo. Concludeva per la reiezione della domanda di regresso, chiedendo in subordine di essere manlevata dal proprio assicuratore per la R.C. (...), che chiamava in causa. Si costituivano altresì gli Eredi Del (...), chiamati in causa dal Comune di L'Aquila, che eccepivano la nullità della chiamata per difetto di delibera comunale che autorizzasse la costituzione in giudizio (poi prodotta); l'insussistenza di una estensione automatica della domanda attorea agli eredi (...), comunque contestata in an e quantum, la non trasmissibilità dell'obbligazione in ipotesi gravante sul defunto (...) ai suoi eredi, la loro carenza di legittimazione passiva e la prescrizione di qualsivoglia pretesa nei loro confronti, 1-inutilizzabilità della documentazione tratta dal fascicolo penale, istando per una chiamata ex art. 107 c.p.c. del Condominio (...), dell'Arch. (...) e per esso dei suoi eredi, di (...) ed (...) (quale progettista architettonico e D.L. e quali originarie comproprietarie e committenti dell'edificio) e concludendo per la reiezione della domanda formulata dal convenuto chiamante Comune, con condanna dello stesso ex art. 96 c.p.c. e in subordine limitando la condanna nella misura provata e ripartita pro quota in capo agli eredi. Si costituivano altresì (...) S.p.A., che deduceva la prescrizione del diritto dell'assicurato, l'inoperatività della garanzia, che non comprende i rischi di danni derivanti da terremoto, nonché in ordine al fatto addebitato al Comune ossia il rilascio del certificato di abitabilità, avvenuto ben prima della stipula del contratto di assicurazione polizza n. 703472276 accesa dal Comune dell'Aquila con la (...) S.p.a. per la responsabilità civile verso terzi e prestatori di lavoro con validità dal 31.12.2007 al 30.9.2010; l'infondatezza in an e quantum della domande attoree, i limiti di massimale e di franchigia, chiedendo la riunione con altro ed ulteriore procedimento pendente per il medesimo evento dannoso R.G. 975/15 e l'applicazione dell'arti910 c.c. con riguardo agli altri assicuratori chiamati in causa; concludeva la reiezione della domanda di manleva; in subordine, per l'ipotesi di condanna, l'accertamento del contributo causale dei convenuti, con esclusione di condanna solidale e, in ulteriore subordine, condanna dei coobbligati al rimborso pro quota in favore di (...) S.p.a.. Si costituiva anche (...), che aderiva all'eccezione del Condominio di inesistenza della notificazione e comunque inammissibilità della domanda, stante l'estinzione del Condominio per il totale perimento dell'edificio in epoca anteriore alla notifica dell'atto di chiamata in causa, residuando tra gli originari condomini solo una comunione pro indiviso dell'area di risulta; contestava in ogni caso la fondatezza di qualsivoglia condanna verso il Condominio, rilevando come nessuna pretesa fosse stata avanzata dagli attori / ricorrente verso lo stesso e come la domanda di regresso non potesse fondarsi sull'invocato art. 2053 c.c., trattandosi di disposizione che prevede una responsabilità oggettiva incompatibile con l'art. 2055 c.c.; contestava comunque in an e quantum le pretese dei ricorrenti, eccepiva i limiti di massimale contrattuale e contestava l'applicabilità dell'art. 1910 c.c. invocato da (...) S.p.A. posto che i contratti assicurativi proteggono rischi differenti. Concludeva per la reiezione di ogni domanda verso il Condominio e in subordine, ridotto il quantum anche in forza del concorso di colpa della vittima, limitare la responsabilità del Condominio e dichiarare Reale tenuta alla manleva nei limiti del massimale contrattuale. Il giudizio veniva interrotto per il decesso della convenuta (...) e quindi riassunto; disposto il mutamento del rito da sommario ad ordinario, disposta la riunione della cause ed assegnati i richiesti termini ex art. 183 VI comma c.p.c., la causa veniva istruita con prove documentali, orali (interrogatori liberi dei ricorrenti i quali negavano di aver percepito indennizzi o risarcimenti per il decesso dei loro congiunti, salvo le attrici (...) e Piccinini, che riferivano di aver ricevuto dalla Presidenza del Consiglio una provvisionale all'esito del procedimento penale contro (...), essendo allo stato pendente procedimento per la restituzione; prove testimoniali con i testi del convenuto Condominio (...): (...), amministratore del condominio nei primi anni 2000, ammesso a rispondere sui cap. 8 e 9 il quale riferiva che lo spostamento di tubazioni del gas e dell'acqua e si fornitura di un serbatoio da mille lit. del 5.5.2004 si svolsero nel locale nei locali seminterrato e che vennero in apri data svuotati due serbatoi del sottotetto; (...) progettista e direttore di lavori relativi al condominio, ammesso a rispondere sul capitolo 10 precisava di aver ricostruito lo stato ante sisma del sottotetto sulla base dei documenti e che tutte le misurazioni coincidono; (...), proprietario di un appartamento del condominio, ammesso a rispondere sui cap. 3, 5 e 7 precisava che i serbatoi dell'acqua presenti nel sottotetto, distribuiti su due vani, erano stati svuotati dalla maggior parte dei condomini dal 1980 al 2009); disposta c.t.u. in ordine alla cause del crollo, stante le questioni insorte nell'espletamento dell'incarico, venivano sospese le operazioni peritali e con ordinanza del 22.10.2020, rilevato che la c.t.u. non avrebbe potuto apportare alcun contributo utile ai fini della decisione atteso il mutamento dello stato dei luoghi e il mancato reperimento dei campioni a suo tempo rilevati, il Giudice revocava la disposta c.t.u. e tratteneva la causa in decisione all'udienza del 13.01.2021. Va premesso come non si rinvengano in atti i fascicoli di parte cartacei relativi alla controversia R.G. 882/15, essendovi solo il fascicolo d'ufficio con le copie di taluni degli atti introduttivi; dovrà pertanto disporsi la separazione del procedimento e la rimessione sul Ruolo per le ricerche e/o la ricostruzione. Venendo ai residui procedimenti riuniti, si osserva: sono infondate le eccezioni di prescrizione quinquennale (applicabile nella specie, stante l'intervenuta estinzione del reato ipotizzabile per morte dei postulati rei prima della condanna; peraltro, ignorandosi le date di morte di alcuni e considerato che risulta dagli atti che altri morirono anche prima dell'evento lesivo - (...) morì nel 1977; (...) nel 2000, vd. comparse Eredi (...) e Eredi (...) - il termine di decorrenza della stessa non può che fissarsi alla data del fatto lesivo, anche considerato che l'applicazione della più lunga prescrizione penale ha la finalità di tutelare l'affidamento del danneggiato circa la conservazione dell'azione civile negli stessi termini utili per l'esercizio della pretesa punitiva dello Stato - cfr. Cass. Ordinanza n. 2694 del 04/02/2021 Rv. 660396 - 01-, pretesa che nella specie non avrebbe potuto essere esercitata né essendo predicabile una decorrenza della prescrizione del diritto al ristoro anteriore alla data di verificazione del fatto lesivo, non potendo fino ad allora il diritto al risarcimento essere esercitato), essendo in atti le richieste di risarcimento formulate dai ricorrenti nei confronti dei convenuti, di cui quelle dirette alla Prefettura e Ministero giunte a destinazione in tempo utile (vd. racc.ta ricevuta il 04/04/14 da Prefettura, Ministero delle Infrastrutture, proc. R.G. 880/15; lo stesso nel proc. R.G. 880/15; con riguardo al proc. 878/15, in cui si dispose la ricostruzione del fascicolo perché non reperito dalla Cancelleria, sono in atti, tra l'altro le copie delle attestazioni di invio verso il citato Ministero e Prefettura nonché delle cartoline di ricevimento, tuttavia prodotte in copia nel fascicolo attoreo ricostruito solo nel retro; tuttavia, considerato che esse furono spedite nella stessa data di quelle versate agli atti negli altri due fascicoli, con il medesimo prodotto postale - Raccomandata 1 - e coi medesimi destinatari agli stessi indirizzi, deve ritenersi che anche quelle spedite a Ministero e Prefettura per conto dei ricorrenti (...) e (...) giunsero anch'esse a destinazione il 4/04/14), così interrompendo la prescrizione anche nei confronti dei coobbligati solidali (art. 1310, 2055 c.c.). Ciò chiarito, premessa l'utilizzabilità in sede civile degli atti espletati in sede penale (e in particolare delle consulenze redatte in sede di indagine e prodotte agli atti, da ritenersi nella specie attendibili in considerazione dell'elevata competenza dei consulenti incaricati, dell'ampia indagine da costoro svolta con numerose ispezioni sul posto, analisi dei campioni ivi raccolti; cfr. ex multis. Cass. Ordinanza n. 3689 del 12/02/2021 Rv. 660319 - 01; Sentenza n. 1593 del 20/01/2017 (Rv. 642469 - 01; Ordinanza n. 19521 del 19/07/2019 Rv. 654570 - 01) sussiste la legittimazione passiva e la responsabilità dei Ministeri convenuti nonché degli Eredi (...). Dalla documentazione agli atti (Consulenze Arch. (...); ing. (...); ingg. (...)), emerge che l'edificio di interesse fu costruito (in forza di Autorizzazione per costruire rilasciata dal Comune dell'Aquila in data 09/04/1963, seguita da denuncia depositata al Genio civile il 06/06/1963) nella vigenza della legge n. 1684 del 1962 - "Norme tecniche per l'edilizia, con speciali prescrizioni per le località colpite dai terremoti" e del R.D.L. n. 2229 del 16 novembre 1939 - "Norme per l'esecuzione delle opere in conglomerato cementizio semplice o armato". La legge n. 1684 del 1962 che poneva in generale in capo all'Ufficio del Genio Civile l'obbligo di vigilare sull'osservanza della legge medesima; classificava il Comune di L'Aquila nella II Categoria di rischio sismico e prescriveva le caratteristiche progettuali e strutturali degli edifici ivi realizzati, ponendo il divieto di iniziare nuove costruzioni senza la previa autorizzazione scritta dell'Ufficio del Genio Civile, rilasciata dopo l'invio da parte dell'interessato della denunzia lavori unitamente al progetto; subordinava poi il rilascio della Licenza d'uso da parte della Prefettura alla previa certificazione, da parte dell'Ufficio del Genio Civile, della corrispondenza della costruzione alla normativa antisismica; ai funzionari del Genio Civile era attribuito altresì il compito di verificare se i lavori fossero in concreto eseguiti in conformità con le norme della stessa legge 4, 12, 13, 15, 25, 38; in particolare devolve al Genio Civile la vigilanza sull'osservanza delle norme poste dalla legge medesima con riguardo alle costruzioni in cemento armato, quale quella di specie: "Per la progettazione e l'esecuzione delle opere in cemento armato nelle località sismiche, fermi restando i compiti demandati alle Prefetture dalle norme vigenti in materia, agli Uffici del genio civile compete l'obbligo della vigilanza sull'osservanza delle presenti norme" (art. 15). Tale vigilanza si esplica sia in via preventiva, posto che è al Genio Civile che gli interessati debbono presentare la denuncia di nuova costruzione di cui all'art.25 al fine di ottenere l'autorizzazione indispensabile alla realizzazione della nuova costruzione di cui all'art.26 (art. 26 - Autorizzazione per l'inizio dei lavori. Fermo restando l'obbligo della licenza di costruzione prevista dalla vigente legge urbanistica, nelle località sismiche non si possono iniziare lavori senza preventiva autorizzazione scritta dell'Ufficio del genio civile competente.; art. 25-art.25 - Denunzia dei lavori, presentazione ed esame dei progetti. Nelle località sismiche di cui agli articoli 5 e seguenti della presente legge chiunque intende procedere a nuove costruzioni, è tenuto a darne preavviso scritto ... all'Ufficio del genio civile competente.... Alla domanda deve essere unito il progetto, in doppio esemplare ... esauriente per planimetria, piante, prospetti e sezioni ed accompagnato da una relazione tecnica e dal fascicolo dei calcoli delle strutture portanti, sia in fondazione che in elevazione. La relazione tecnica, salvo che non si tratti di edifici speciali, deve dar anche conto della natura geomorfologica del terreno ed essere accompagnata da necessari profili stratigrafici.....All'Ufficio del genio civile compete la verifica della corrispondenza del progetto alle presenti norme, ed in particolare: 1) il controllo della idoneità del terreno edificatorio e la larghezza delle banchine dei ritiri e dei ripiani previsti dall'art. 5; 2) l'ammissibilità delle altezze degli edifici, delle larghezze stradali e degli intervalli d'isolamento, di cui all'art. 17, sentita la Sezione urbanistica del Provveditorato; ....") sia in corso di edificazione (art. 38 ult. co.: "I funzionari del Genio civile debbono altresì accertare se le riparazioni, ricostruzioni e nuove costruzioni procedano in conformità delle presenti norme. ...") sia, infine, a posteriori, ove si consideri che "Il rilascio da parte del prefetto della licenza d'uso per gli edifici costruiti in cemento armato e delle licenze di abitabilità da parte dei Comuni è condizionata alla esibizione di un certificato da rilasciarsi dall'Ufficio del genio civile che attesta la perfetta rispondenza dell'opera eseguita alle norme per l'edilizia antisismica" (art. 36 legge cit.). Il R.D.L. n. 2229 del 16 novembre 1939 - "Norme per l'esecuzione delle opere in conglomerato cementizio semplice o armato", applicabile ad ogni opera in conglomerato cementizio da cui "la cui stabilità possa comunque interessare l'incolumità delle persone" (art. 1), quale certamente era l'edificio di causa, prevedeva la necessaria redazione di un progetto" da parte di un architetto o ingegnere, che preferibilmente avrebbero dovuto dirigere i lavori; lavori la cui esecuzione era riservata a costruttori inscritti nell'apposito elenco delle ditte specializzate; esigeva altresì che le qualità e proprietà dei materiali fossero essere comprovate prima e durante il corso dei lavori, con periodico prelievo di campioni, mediante certificati rilasciati laboratori ufficiali indicati nello stesso R.D.L. (artt.2/3); l'art. 4 imponeva quindi ai costruttori, prima di dare avvio alle opere in questione, di trasmettere alla Prefettura una denuncia corredata da una copia del progetto di massima, da tenere a disposizione in cantiere - e da aggiornare con le eventuali modifiche disposte in corse d'opera, da evidenziarsi con inchiostro di colore diverso, datate e firmate dal direttore dei lavori - per "eventuali visite di controllo. Le visite predette possono essere affidate dalla prefettura a funzionari di uffici tecnici municipali o provinciali o a liberi professionisti di riconosciuta competenza. (...) Qualora dalle ispezioni risultassero gravi manchevolezze nella esecuzione delle opere, la prefettura potrà ordinare la sospensione dei lavori e far eseguire una inchiesta da apposita commissione per i provvedimenti del caso. Agli ingegneri incaricati delle visite di controllo sono corrisposte, a carico dei costruttori, le competenze sancite dalla tariffa professionale (...). Al termine dei lavori il committente, per ottenere la licenza di uso della costruzione, deve presentare alla prefettura il certificato di collaudo rilasciato da un ingegnere di riconosciuta competenza iscritto all'albo. (...)" Il testo normativo prosegue dettando Norme di disciplinando specificamente la qualità e composizione dei materiali - Capo II Qualità dei materiali (artt.5/17), la progettazione (Capo III Norme di progettazione, artt. 18/34), le modalità esecutive delle opere in conglomerato cementizio, disciplinando nel dettaglio la preparazione degli impasti, il getto e la ripresa, la compattazione, la rimozione dei casseri, le temperature richieste per l'esecuzione dell'opera, ecc. (Capo IV Norme di esecuzione, artt. 335/49), nonché il collaudo Capo V (artt.50/51). Che i compiti demandati alla Prefettura integrassero una funzione di controllo emerge con evidenza sia dalla previsione inerente l'invio alla Prefettura, unitamente alla denuncia di nuova costruzione, del progetto redatto dall'ingegnere o architetto di cui all'art. 1 R.D.L. cit., sia dalla necessità che le visite ispettive fossero eseguite da un tecnico, capace pertanto di verificare l'effettiva osservanza della normativa in materia, sia dal potere di sospendere i lavori allorché questi rinvenisse gravi irregolarità, art. 4, R.D.L.. Peraltro, il fatto che fosse prevista una denuncia all'avvio dei lavori si spiega tenendo conto del fatto che, ad influire sulla solidità e buona riuscita dell'opera non sono solo la correttezza a livello progettuale e la qualità dei componenti del cemento (vagliate tramite l'obbligo di invio del progetto, di tenerlo in cantiere per eventuali visite ispettive e di aggiornarlo in modo da rendere immediatamente visibili le eventuali modifiche, con inchiostro diverso, nonché l'obbligo di prelevare periodicamente dei campioni), ma anche le operazioni di miscelazione dello stesso e la sua concreta posa in opera, le quali incidono in via determinante e decisiva sulle caratteristiche finali conglomerato, ben potendo comprometterne radicalmente le capacità di tenuta ove non correttamente eseguite (vd. infra, Relazione ing. Quaresima; il che spiega anche perché la legge detti una minuziosa disciplina in ordine alla fase esecutiva). E' quindi evidente come tali testi normativi devolvessero agli organi dei due Ministeri compiti di controllo funzionali a garantire la sicurezza dell'edificio da costruire. In ordine alla contestata legittimazione dei Ministeri, si osserva che la successiva legge n. I086 del 5.11.71 G.U. 21.12.71 "Norme per la disciplina delle opere di conglomerato cementizio armato, normale e precompresso ed a struttura metallica" (vd. in particolare artt. 44, 8, 22) trasferì al Genio Civile i compiti in materia di costruzioni in conglomerato cementizio sin lì affidati alle Prefetture; il D.P.R. n.8/72 trasferì alle Regioni a statuto ordinario nel cui territorio avevano sede gli Uffici del Genio Civile (art. 12, lettera a, ove gli uffici del genio civile sono qualificati uffici periferici del Ministero dei LL.PP.; non appare rilevante il successivo D.P.R. n.616/77, che si occupa delle funzioni statali non trasferite, tra l'altro, con il citato D.P.R. n.8/72). Più tardi, per quanto concerne la Regione Abruzzo si trasferivano alle Province le funzioni amministrative inerenti i provvedimenti di competenza dei servizi del Genio Civile e in materia di denuncia di opere in conglomerato cementizio armato, normale o precompresso ed a struttura metallica di cui alla legge n. 1086 del 1971 e succ.ve mod.ni (L.R. 12 agosto 1998, n. 72, art. 7). E' vero che l'illecito si è consumato soltanto nel 2009 e tuttavia l'attività umana che ad esso ha dato causa si è realizzata quando tali uffici e funzioni erano di competenza e concretamente svolti dalle PP.AA. statali odierne convenute. AI riguardo, si osserva che la successione tra enti pubblici non dispone di una propria disciplina generale, sicché essa viene regolata dal provvedimento che la dispone; solo ove in quest'ultimo non si rinvengano indicazioni può farsi applicazione dei principi generali ("La successione fra enti pubblici non è regolata in via generale dall'ordinamento e, pertanto essa viene, di regola, disciplinata dalle singole leggi che la dispongono. Da ciò consegue, fra l'altro, che possa ipotizzarsi l'applicabilità dei principi civilistici solo in assenza di contrarie disposizioni relative alla singola vicenda successoria (...)" Cass. Sentenza n. 5072 del 05/04/2001, Rv. 545608 - 01). Nel caso di specie, il D.P.R. n. 7/72 lascia in capo allo Stato la competenza in ordine ai procedimento relativi alle funzioni trasferite qualora essi abbiano importato un impegno di spesa, anche pluriennale, anteriore al trasferimento (art. 10); l'art. 11 prevede la consegna alle Regioni degli elenchi degli affari non esauriti diversi da quelli individuati all'art. 10; si prevede la successione delle Regioni negli immobili ed arredi degli uffici statali trasferiti ai sensi dell'art. 12 (art. 14), nonché la consegna degli archivi e documenti (art. 15). Orbene, dalle disposizioni ora richiamate emerge che il trasferimento non ha certamente investito procedimenti già definitivamente esauriti anteriormente ad esso (quale quello che qui interessa). Ciò anche tenendo conto di quanto disposto dall'art.21 (che in parte rinvia all'art.8, l. 281/70 - Provvedimenti finanziari per l'attuazione delle regioni a statuto ordinario e prevede la creazione di un fondo speciale) inerente le modalità contabili di assegnazione delle risorse per le funzioni trasferite, che risultano operanti comunque per il futuro e dunque volte a sostenere le attività che le Regioni avrebbero svolto dal trasferimento in poi. E' peraltro da escludere applicazione dei principi propri delle successioni universali, posto che gli Enti di "provenienza", ossia i Ministeri, non si sono estinto né è cessato l'interesse pubblico alla sorveglianza sull'osservanza della normativa in materio di edilizia antisismica e/o in conglomerato cementizio sicché non si è verificato quell'integrale subingresso nel patrimonio degli Enti "dante causa" che giustificherebbe anche l'assunzione di tutte le obbligazioni ad esso riferibili. Tenuto infine conto del fatto che la regola-base della responsabilità extracontrattuale di cui all'art.2043, c.c. pone a carico di colui che ha commesso il fatto doloso o colposo l'obbligo di risarcire il danno ingiusto che dal fatto è derivato deve ritenersi che sussista la legittimazione del Ministeri qui convenuti (cfr. Cass. Sentenza n. 3248 del 11/05/1983 Rv. 428145 - 01; Sentenza n. 6452 del 13/12/1980 Rv. 410208 - 01; Sentenza n. 8692 del 10/04/2013 Rv. 626122 - 01). Ciò chiarito, alla luce dei compiti che le citate disposizioni normative affidavano ai Ministeri, sussiste la responsabilità degli stessi nella determinazione del crollo. Come sopra osservato, in data 09/04/1963 il Comune di L'Aquila rilasciava autorizzazione a costruire, condizionata, tra l'altro, al preventivo rilascio dell'autorizzazione da parte del Genio Civile competente per territorio; l'istanza di autorizzazione a costruire, a firma delle allora proprietarie dell'area di sedime, venne acquisita dal Genio Civile di L'Aquila in data 6.6.1963 con il n. 9119 di protocollo; la richiesta venne corredata del progetto architettonico e del progetto strutturale dell'edificio, con annessa la relazione tecnica illustrativa dell'intervento e la relazione di calcolo delle strutture portanti in conglomerato cementizio armato; il Genio Civile rilasciò l'autorizzazione all'esecuzione delle opere in data 20.6.1963 con il n. 6417 e, completata l'opera, il proprietario chiedeva al Genio Civile l'attestazione di perfetta rispondenza dell'opera eseguita alle norme di edilizia antisismica in data 28.12.1963. Il 12/07/63 la Prefettura incaricava l'ing. (...) del controllo delle opere in conglomerato cementizio, invitandolo a segnalare eventuali irregolarità e a trasmettere all'esito una breve relazione circa la regolare esecuzione dei lavori funzionale al rilascio della Licenza d'uso ai sensi dell'art. 4 R.D.L.; tale Licenza d'uso risulta poi effettivamente rilasciata, risultando la stessa dal certificato di abitabilità poi emesso dal Comune (vd. certificato fase. Condominio; relazione (...) pag.32); il funzionario del Genio Civile incaricato, il giorno 21.1.1964 redigeva verbale di accertamento delle opere eseguite, alla presenza del Direttore dei Lavori, del Costruttore e del Committente. In data 22.1.1964 l'ingegnere capo del Genio Civile di l'Aquila, preso atto delle risultanze del Verbale di accertamento, rilasciava il certificato di perfetta rispondenza del manufatto realizzato alle norme per l'edilizia antisismica (vd. relazione Arch. (...), pagg. 17 e ss. 29 e ss.). Dalla Relazione degli ing. (...) e (...) risulta come il progetto strutturale e la relazione di calcolo presentate al Genio Civile al fine di verificare la conformità alla normativa antisismica fossero entrambi assai carenti, con una marcata sottostima delle azioni simiche previste dalla normativa all'epoca vigente e dei carichi reali presenti sull'edificio, tali da renderlo particolarmente vulnerabile proprio dal punto di vista sismico in particolare nella direzione traversale, proprio quella nella quale si manifestò il collasso (vd. pagg.48/65; 68/71). Ciò attesta come il crollo sia imputabile all'inosservanza delle normativa antisismica da applicarsi ed alla negligenza del Genio Civile, che invece certificava la conformità di progetti e connessa costruzione alla predetta normativa. Parimenti sussiste la responsabilità del Ministero dell'Interno e delle Eredi (...), in ragione della inosservanza delle prescrizioni dettate dal RDL n. 2229 del 16 novembre 1939 e della buona tecnica nonché degli omessi controlli sul in punto. Sia dalla relazione redatta il 20/09/2009 dall'ing. (...) dei VV.FF. a seguito di sopralluogo eseguito all'indomani del crollo, sia dalla relazione dell'ing. (...) (vd. produzioni attoree) emerge una anomala disgregazione delle strutture in cemento armato; in particolare la stessa viene imputata dall'ing. (...) alla scorretta posa in opera del materiale: il Consulente chiarisce che la correttezza della miscelazione del conglomerato c delle operazioni di getto e ripresa dello stesso nel corso dei lavori siano determinanti per garantire la sua resistenza e durata; in particolare, la miscelazione ed il getto/ripresa debbono essere eseguiti in modo da assicurare l'omogeneità dell'impasto delle varie componenti del conglomerato (omogeneità necessaria perché esso possa poi avere le caratteristiche di resistenza e durevolezza sue proprie) nonché in modo da assicurarne la perfetta compattazione nelle casseforme (indispensabile per espellere l'aria); ove tali operazioni non siano correttamente eseguite, il conglomerato perde le sua capacità di resistenza e durevolezza nel tempo, sostanzialmente divenendo assai più fragile; la scorrettezza delle operazioni di miscelazione, getto/ripresa e compattazione determina una serie di fenomeni denominati sedimentazione (i componenti più pesanti del conglomerato precipitano in basso, separandosi dagli altri), bleeding (separazione dell'acqua dall'impasto); quando entrambi tali fenomeni si verificano essi danno luogo ad un ulteriore fenomeno, denominato segregazione; tali fenomeni sono stati riscontrati in numerosi pilastri dell'edificio ed alla base degli stessi nonché in corrispondenza di nodi travi/pilastro; essi, con particolare riguardo alla sedimentazione alla base di vari pilastri del livello garage, hanno avuto un ruolo determinante nel collasso dell'edificio (pag. 21 Relaz. Quaresima). Peraltro, il fenomeno di sedimentazione alla base dei pilastri era immediatamente visibile e percettibile, tanto che l'ing. Quaresima ritiene perciò particolarmente grave la mancata vigilanza e controllo in cantiere durante la lavorazione (pag.21, Relazione Quaresima). Va poi escluso che il sisma possa configurare un'ipotesi di forza maggiore atta ad escludere il nesso causale; sul punto appare sufficiente osservare che, come rilevato anche nella Consulenza (...) e come mostrato sia dalle fotografie in essa riportate, gli edifici viciniori sia in muratura che in cemento armato, pur subendo danni più o meno estesi non hanno subito il collasso radicale verificatosi nella specie. Né il nesso causale è interrotto dalle concorrenti responsabilità imputabili ad altri soggetti indicati dalla difesa erariale, posto che queste semmai si affiancano e concorrono, ma non certo escludono quelle dei Ministeri. Alla luce delle osservazioni sin svolte deve affermarsi la responsabilità della Ministero dell'Interno e del costruttore (...) e per esso delle sue Eredi convenute: quest'ultimo procedeva alla realizzazione delle strutture in cemento armato compiendo errori di miscelazione, getto/ripresa e compattazione (operazioni eseguite in difformità alle prescrizioni di cui agli artt. 335 e 41 R.D.L. cit. e comunque alle regole della buona tecnica) e l'ing. (...) incaricato della Prefettura non rilevava gli stessi benché resi evidenti dai gravi fenomeni di sedimentazione presenti alla base dei pilastri; pur in mancanza della relazione dell'ing. (...) alla Prefettura, ben può desumersi che egli non avesse rilevato detti errori dal fatto che la Licenza d'uso sia poi stata emessa dalla Prefettura. Non possono condividersi le considerazioni del Ministero in ordine alla non imputabilità alla Prefettura dell'operato dell'ing. (...), in ragione della sua qualità di libero professionista; la Prefettura era il soggetto cui - a tutela dell'incolumità pubblica, art. 1, R.D.L. n. 2229/39 - la legge affidava la vigilanza sulle opere in conglomerato; essa esercitava pertanto una funzione amministrativa sua propria, sicché il (...) agiva quale funzionario pubblico (ossia quale soggetto di cui l'ente pubblico si serve per l'espletamento delle proprie funzioni; null'altro - e certo non la sua qualità di libero professionista - attribuivano al (...) il potere di eseguire ispezioni sul cantiere e compiere le verifiche sui lavori in corso), restando completamente indifferente la mancanza di un rapporto di lavoro subordinato con la Prefettura o altra P.A.; l'art. 28 Cost. nel riferirsi espressamente "funzionari e dipendenti" contempla - implicitamente ma chiaramente - la possibilità che vi siano funzionari (intesi come esercenti di pubbliche funzioni) che non siano anche dipendenti della P.A. per conto della quale operano (dal punto di vista del rapporto di lavoro che ad essa li lega), e tuttavia adotta per essi un identico regime ("L'affermazione della responsabilità aquiliana degli enti pubblici per il fatto di funzionari e dipendenti presuppone che sia stata accertata e dichiarata la responsabilità, ai sensi dell'art. 2043 cod. civ., di (almeno) una delle persone fisiche poste in rapporto giuridicamente rilevante con l'ente stesso (amministratori, funzionari o dipendenti), le quali, per la posizione di "protezione" rispettivamente rivestita, siano in condizione di adottare le misure preventive necessarie ad evitare la consumazione dell'illecito" Cass. Sentenza n. 22585 del 03/10/2013, Rv. 628151 - 01); avalla ulteriormente tale conclusione lo stesso tenore dell'art. 4 RDL n. 2229/39, il quale consentiva al prefetto di affidare l'incarico a tecnici municipali o provinciali ovvero a liberi professionisti riconosciuta competenza. L'intercambiabilità delle due opzioni e l'identità del compito da eseguire per conto della P.A. esclude che il regime della responsabilità possa mutare in ragione di un dato 'esterno' - tipologia del rapporto di lavoro con la P.A. - del funzionario, inteso appunto come colui che svolge in concreto le funzioni proprie della P.A. di cui trattasi. Resta poi irrilevante il dato che il compenso dell'incaricato libero professionista fosse a carico del costruttore; tale disposizione si spiega tenendo conto che è il costruttore che, avviando l'opera, ingenera il possibile pericolo per l'incolumità pubblica che impone l'attivazione della competente P.A.. Ciò chiarito, va respinta la domanda di regresso ex art. 2055 c.c. formulata dai Ministeri verso gli altri convenuti nonché il convenuto chiamato Condominio nonché in genere verso i proprietari ai sensi dell'art. 2053 c.c.; premesso che il regresso presuppone il previo pagamento dell'intero, elemento costitutivo di tale diritto (artt.1299, 2055 II comma c.c., che allo stato non sussiste, apparendo inutile una pronuncia condizionata a tale eventualità, posto che il fatto del pagamento dovrebbe comunque essere accertato e provato in un giudizio che, quand'anche nelle forme monitorie, sarebbe comunque di cognizione) sicché non può in questa sede pronunciarsi condanna di rimborso verso alcuno, si osserva come l'azione di regresso, presupponendo l'accertamento della colpa, è incompatibile con una responsabilità quale quella di cui all'art.2053 c.c. che ha carattere oggettivo e che configura anche una fattispecie di responsabilità per fatto altrui laddove accolla al proprietario anche il vizio di costruzione, quali quelli ricorrenti e fonte del crollo (cfr. Cass. Sentenza n. 17763 del 05/09/2005 Rv. 584900 - 01: "In tema di responsabilità per illecito extracontrattuale, il principio secondo cui, nei rapporti interni tra più soggetti tenuti a rispondere solidalmente dell'evento dannoso, il regresso è ammesso, a favore di colui che ha risarcito il danno e contro ciascuno degli altri, nella misura determinata dalla gravità della rispettiva colpa, presupponendo che ciascuno dei corresponsabili abbia una parte di colpa nel verificarsi dell'evento dannoso, esclude implicitamente la possibilità di esercitare l'azione di regresso nei confronti di coloro che, essendo tenuti a rispondere del fatto altrui in virtù di specifiche disposizioni di legge, e quindi in base ad un criterio di imputazione legale, risultano per definizione estranei alla produzione del danno. Pertanto, nell'ipotesi in cui per un incidente stradale siano tenuti a rispondere nei confronti di un terzo, oltre al conducente, il suo datore di lavoro ed il proprietario dell'autoveicolo, questi ultimi due sono privi di regresso l'uno nei confronti dell'altro, venendone a mancare la stessa funzione giuridico - economica, che consiste nell'accollare il costo del danno all'effettivo responsabile, mentre possono esperire, nello stesso o in separato giudizio, azione di rivalsa contro il conducente - dipendente, autore del fatto dannoso, per l'intera somma pagata al terzo danneggiato."; cfr. anche Cass. Sentenza n. 16417 del 27/07/2011 Rv. 619443 - 01; Sentenza n. 24567 del 01/12/2016 Rv. 641973 - 01; Sentenza n. 16512 del 05/07/2017 (Rv. 644819 - 01) ed essendo rimaste indimostrate eventuali posteriori condotte colpose dei proprietari influenti sul collasso. Va quindi respinta la domanda verso il condominio (e/o gli altri proprietari quali al Di Nicola nonché verso il Comune, vd. infra) e resta pertanto assorbita la domanda di garanzia del Condominio verso (...). Può pertanto solo procedersi all'accertamento delle quote di responsabilità ascrivibili agli altri convenuti Eredi del costruttore (...), previo scomputo della quota imputabile alle stesse vittime. E' infatti fondata l'eccezione di concorso di colpa delle vittime ai sensi dell'art. 1227 I comma c.c., costituendo obiettivamente una condotta incauta quella di trattenersi a dormire - così privandosi della possibilità di allontanarsi immediatamente dall'edificio al verificarsi della scossa - nonostante il notorio verificarsi di due scosse nella serata del 5 aprile e poco dopo la mezzanotte del 6 aprile, concorso che, tenuto conto dell'affidamento che i soggetti poi defunti potevano riporre nella capacità dell'edificio di resistere al sisma per essere lo stesso in cemento armato e rimasto in piedi nel corso dello sciame sismico da mesi in atto, può stimarsi in misura del 30% (art. 1127 I co. c.c.), con conseguente proporzionale riduzione del credito risarcitorio degli odierni attori. Ne deriva che la quota di responsabilità ascrivibile a ciascun Ministero è del 15% ciascuno e per il residuo 40% in capo agli Eredi del costruttore (...). Vanno invece respinte le domande attoree verso il Comune di L'Aquila, posto che il controllo a detto ente demandato dalla disciplina prevede un controllo meramente formale circa l'esistenza delle autorizzazioni di competenza del genio Civile e Prefettura; nella specie, si dà atto nel certificato dell'avvenuto rilascio della licenza di cui all'art.4 RDL n. 2229 del 1939, la quale ha come presupposto il previo rilascio del certificato di conformità alla normativa antisismica da parte del Genio Civile (art. 36 legge n. 1684 del 1962) sicché non si ravvisa una omissione rilevante nel rilascio del certificato in questione. Restano pertanto assorbite le domande di regresso formulate in via subordinata dal Comune per l'ipotesi di propria condanna verso gli Eredi del progettista (...) chiamati in causa e la domanda di manleva del Comune verso il proprio assicuratore (...) S.p.A.. Va peraltro osservato, con riguardo alla posizione dei chiamati Condominio e Eredi (...) come gli attori non abbiano esteso le proprie pretese nei confronti di detti terzi chiamati e come non operi nella specie l'estensione automatica della domanda, posto che né i Ministeri né il Comune indicano i soggetti rispettivamente chiamati quali unici obbligati nei confronti degli attori, in via alternativa a essi convenuti, ma quali soggetti portatori di responsabilità aventi altro titolo e fondamento, ritenuti corresponsabili o le cui condotte eliderebbero il nesso causale tra quelle ascritte dagli attori ai convenuti chiamanti e l'evento lesivo, formulando domanda di regresso verso i chiamati per l'ipotesi di propria condanna; in altre parole, i Ministeri ed il Comune non sostengono che siano i soggetti da loro chiamati a dover rispondere dei fatti loro ascritti, ma semplicemente che esistano altri coobbligati che concorsero per altri titoli nella determinazione del danno lamentato dagli attori, titoli che questi ultimi, peraltro, ben avrebbero potuto azionare in via autonoma e che non hanno fatto valere in corso di causa estendendo ai detti chiamati le proprie pretese, (cfr. Cass. civ., sez. III, 21/10/2008, n. 25559: "la domanda principale dell'attore si estende automaticamente al chiamato in causa dal convenuto, quando la chiamata del terzo sia effettuata per ottenere la liberazione dello stesso convenuto dalla pretesa attorca, individuandosi il terzo come l'unico obbligato nei confronti dell'attore, in posizione alternativa con il convenuto ed in relazione alla medesima obbligazione dedotta nel giudizio; viceversa, l'estensione automatica della domanda dell'attore al terzo chiamato dal convenuto non opera quando il chiamante faccia valere nei confronti del chiamato un rapporto diverso, ed in particolare, ove l'azione abbia natura risarcitoria, qualora venga dedotto un titolo di responsabilità del terzo differente ed autonomo rispetto a quello invocato dall'attore"; Cass. Ordinanza n. 30601 del 27/11/2018 Rv. 651852 - 01: Qualora il convenuto in un giudizio di risarcimento dei danni, chiami in causa un terzo indicandolo come soggetto (cor)responsabile della pretesa fatta valere dall'attore e chieda di essere manlevato in caso di accoglimento della pretesa attorea, senza porre in dubbio la propria legittimazione passiva, si versa in una ipotesi di chiamata in garanzia, nella quale non opera la regola della automatica estensione della domanda al terzo chiamato, atteso che la posizione assunta dal terzo nel giudizio non contrasta, ma anzi coesiste, con quella del convenuto rispetto all'azione risarcitoria, salvo che l'attore danneggiato proponga nei confronti del chiamato (quale coobbligato solidale) una nuova autonoma domanda di condanna. (Nella fattispecie, la S.C., in applicazione del principio di cui in massima, ha confermato la decisione di merito, che aveva considerato non operante la regola della automatica estensione al terzo chiamato della domanda risarcitoria principale relativamente ad un'ipotesi in cui l'Azienda Ospedaliera convenuta aveva chiamato in causa il proprio dipendente medico-chirurgo, limitandosi a svolgere nei suoi confronti domanda di rivalsa condizionata all'accoglimento della pretesa attorea e senza che l'attore avesse proposto in via autonoma una domanda di condanna nei confronti del chiamato); Sentenza n. 516 del 15/01/2020 Rv. 656810 - 01: Diversamente dall'ipotesi in cui il convenuto in giudizio chiami in causa un terzo, indicandolo come il soggetto tenuto a rispondere della pretesa dell'attore (caso, questo, nel quale la domanda attorea si estende automaticamente al terzo, pur in mancanza di apposita istanza, dovendosi individuare il vero responsabile nel quadro di un rapporto oggettivamente unitario), nell'eventualità della chiamata del terzo in garanzia la predetta estensione automatica non si verifica, in ragione dell'autonomia sostanziale dei due rapporti, ancorché confluiti in un unico processo). Venendo ai danni risarcibili, premesso quanto sopra detto circa il concorso di colpa della vittime, si osserva: R.G. 878/15: può riconoscersi il danno non patrimoniale da perdita del rapporto parentale patito dalla madre, padre e dal fratello del defunto, che può ritenersi presuntivamente provato in ragione dello stretto legame parentale; per la liquidazione si reputa di muovere dai valori della Tabella da ultimo elaborata dal Tribunale di Milano (ed. 2022); vanno invece respinte le domande inerenti il postulato danno alla salute psichica, non suffragate da certificazione medica, accompagnate da una mera relazione di parte insufficiente a fornire prova dei postulati danni; va respinta la domanda di risarcimento del danno da perdita della vita: la lesione del bene giuridico "vita", in sé, non dà luogo ad una posta risarcibile trasmissibile agli eredi, dato che l'evento produttivo della lesione determina altresì la perdita della capacità giuridica sicché impedisce l'acquisizione del diritto al ristoro al patrimonio del dante causa; circa il danno patrimoniale, può presumersi che il defunto fornisse un qualche contributo economico alla famiglia d'origine convivente, che tuttavia, sulla base di un criterio di normalità, secondo cui sono piuttosto i figli ad appoggiarsi economicamente a i genitori finché convivono con essi, e considerato che dal CUD 2009 in atti non risultano familiari a carico e si attesta un reddito annuo di circa 17.600, si può riconoscere un danno patrimoniale di Euro 1760 annui, che tuttavia può ritenersi ragionevolmente certo solo per l'anno in corso alla data della morte, posto che per il futuro la possibilità che lo stesso si distaccasse dalla famiglia d'origine per costituire un proprio nucleo, anch'essa ragionevole secondo un criterio di normalità, rende incerta l'esistenza del danno patrimoniale futuro; alla stregua dei criteri tabellari sopra indicati, tenuto conto per i genitori dell'esistenza di un altro figlio, dell'età dei superstiti e della convivenza, si reputa di liquidare la somma di Euro 190.000 per ciascun genitore e di Euro 130.000 per il fratello; dedotta la quota del 30% e ripartita tra madre e fratello in parti uguali la somma dovuta al padre defunto nonché quella riconosciuta per danno patrimoniale, spettano Euro 200.380 attuali a (...) ed Euro 158.380 attuali a (...); R.G. 880/15: anche in questo caso può riconoscersi il danno da perdita del rapporto parentale in favore dei genitori e del fratello del defunto, richiamando le osservazioni e criteri di liquidazione sopra già indicati; per le medesime ragioni vanno respinte le domanda di danno da perdita della vita ed alla salute psichica; non è provato il postulato danno patrimoniale (non essendo a tal fine sufficiente il proposito di assunzione del giovane da parte dello zio al termine degli studi di cui alla dichiarazione in atti e non essendo in ogni caso fornito alcun elemento circa i possibili redditi); si reputano eque le somme attuali di Euro 133.000 per ciascun genitore (...) e (...) ed Euro 91.000 per il fratello (...); R.G. 881/15: va accordato il danno da perdita del rapporto parentale alle attrici (...) Ilaria anche nella non contestata qualità di erede del padre morto il 17/10/12 e alla madre così come vanno respinte le ulteriori domande (danno alla salute psichica, perdita della vita) per le medesime ragioni sopra esposte, non essendovi prova alcuna di una qualche danno patrimoniale futuro né della convivenza tra la defunta e le parti attrici (tale non potendo essere la mera dichiarazione a firma della (...) prodotta agli atti), si liquidano Euro 180.000 per ciascun genitore ed Euro 120.000 per la sorella; applicato il concorso di colpa e riconosciuto alla (...) la somma dovuta al padre defunto, spettano 126.000 Euro attuali a (...) ed Euro 210.000 attuali a (...) (le questioni inerenti le somme percepite dalle predette per il medesimo danno ma per altro titolo da altro soggetto possono essere all'occorrenza risolte in sede di opposizione all'esecuzione); Sulle somme qui accordate spettano gli interessi legali dal fatto alla sentenza, a titolo di lucro cessante per la mancata disponibilità delle somme stesse, da calcolarsi secondo i noti criteri di cui alla sentenza SS.UU. n. 1712/95 per evitare ingiustificate locupletazioni. In ordine alle spese di lite, esse seguono la soccombenza tra attori e convenuti qui condannati, nonché tra gli attori ed il Condominio ed il suo assicuratore; i Ministeri vanno condannati alla rifusione delle spese in favore del Condominio chiamato e del suo assicuratore, mentre il Comune va condannato alla rifusione delle spese di lite in favore dei convenuti Eredi (...) da esso chiamati (senza che ricorrano gli estremi per l'invocata applicazione dell'art. 96 c.p.c., non essendo la chiamata connotata da manifesta negligenza tenuto conto delle ragioni di esse e del titolo di responsabilità ascritto al dante causa dei chiamati stessi) e si liquidano come in dispositivo, a mente del d.m. 55/14 e succ.ve mod.ni. Va infine disposta la separazione e rimessione sul Ruolo della causa R.G. 882/15 come sopra anticipato. P.Q.M. Il Tribunale, definitivamente pronunciando, così provvede: accertata e dichiarata la corresponsabilità degli attori quali eredi dei rispettivi familiari defunti, delle convenute Eredi (...) (ossia (...), (...), (...), anche quali eredi di (...), ciascuna nei limiti della propria quota ereditaria), dei convenuti MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI E MINISTERO DELL'INTERNO, accoglie parzialmente le domande attoree verso i convenuti Eredi (...) (ossia (...), (...), (...), anche quali eredi di (...), ciascuna nei limiti della propria quota ereditaria), MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI E MINISTERO DELL'INTERNO; per l'effetto condanna i convenuti Eredi (...) (ossia (...), (...), (...), anche quali eredi di (...), ciascuna nei limiti della propria quota ereditaria), MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI e MINISTERO DELL'INTERNO, in solido, al pagamento delle seguenti somme, oltre1 interessi legali sulle stesse come in parte motiva: Euro 200.380 a (...); Euro 158.380 a (...); Euro 133.000 a (...); Euro 133.000 a (...); Euro 91.000 a (...); Euro 126.000 a (...); Euro 210.000 a (...), oltre alla rifusione delle spese di lite in favore degli attori, che liquida in complessivi Euro 37.604,00 per compenso oltre spese per Euro 2.172,48, oltre accessori di legge; respinge la domande attoree nei confronti di Comune di L'Aquila e per l'effetto condanna gli attori in solido alla rifusione delle spese di lite in favore di Comune di L'Aquila ed (...) S.p.A., che liquida in Euro 13.430 per compenso ed accessori di legge per ciascuna di dette parti, oltre spese di C.U. in favore del Comune di L'Aquila; respinge le domande di regresso formulate da MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI e MINISTERO DELL'INTERNO e per l'effetto condanna i predetti in solido alla rifusione delle spese di lite in favore di Condominio (...) e (...) di Assicurazioni, che liquida in Euro 13.430 per compenso ed accessori di legge per ciascuna di dette parti, oltre spese di C.U. in favore di Condominio (...); condanna il Comune di L'Aquila alla rifusione delle spese di lite in favore di Eredi (...), che liquida in Euro 13.430 per compenso ed accessori di legge; pone le spese di c.t.u., liquidate con separato decreto, definitivamente a carico dei convenuti Eredi (...) (ossia (...), (...), (...), anche quali eredi di (...), ciascuna nei limiti della propria quota ereditaria), MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI E MINISTERO DELL'INTERNO; Visti gli artt. 2281 bis, 279 II comma n. 5, c.p.c., dispone la separazione della causa R.G. 882/15. Così deciso in L'Aquila il 9 ottobre 2022. Depositata in Cancelleria il 9 ottobre 2022.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI L'AQUILA Il Tribunale di L'Aquila in composizione monocratica in persona del Giudice Onorario dott.ssa Anna Maria Mancini ha emesso la seguente SENTENZA nella causa civile in I grado, iscritta al n. 2846/2018 R.G. vertente TRA - (...), in persona del legale rappresentante pro tempore. elettivamente domiciliata in SS.80 n. 63 L'Aquila presso e nello studio dell'avv. BU.CR. dal quale è rappresentata e difesa Opponente E - (...) SOC. COOP., in persona del suo legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Via (...), L'Aquila presso e nello studio dell'avv. GI.FA. dal quale è rappresentata e difesa Opposta OGGETTO: opposizione a decreto ingiuntivo. MOTIVI DELLA DECISIONE Preliminarmente, va evidenziato che la presente sentenza viene estesa senza la concisa esposizione dello "svolgimento del processo", ai sensi delle indicazioni di cui al secondo comma dell'art. 132 c.p.c., come modificato per effetto dell'entrata in vigore dell'art. 45, comma 17, della Legge 18 giugno 2009, n. 69, e in maniera sintetica a norma dell'art. 16 bis, comma 9-octies del D.L. 18 ottobre 2012 n. 179, convertito, con modificazioni dalla legge 17 dicembre 2012 n. 221 (comma aggiunto dall'art. 19, comma 1, lett. a), n. 2-ter) del D.L. 27 giugno 2015 n. 83, convertito, con modificazioni, dalla L. 6 agosto 2015 n. 132). Devono, pertanto, considerarsi integralmente richiamati dalla presente pronuncia gli atti introduttivi e tutti gli atti difensivi e i verbali di causa. Appare tuttavia opportuno precisare l'oggetto del processo nonché riportare, sinteticamente, le rispettive domande, deduzioni ed eccezioni nella misura in cui le stesse siano rilevanti ai fini del decidere. Con atto di citazione in opposizione a decreto ingiuntivo di data 19/10/2018, la (...) proponeva opposizione avverso il decreto ingiuntivo n. 545/18 emesso dal Tribunale di L'Aquila, giudizio n. 2165/2018 R.G., con il quale, su conforme richiesta di (...) Soc. Coop., nella qualità di garante fideiussore, le era stato intimato il pagamento di Euro 7.361,79 oltre gli interessi e le spese della procedura monitoria, a titolo di surroga della Banca di Credito Cooperativo di Roma nei diritti di credito vantati per il contratto di mutuo chirografario n. (...) di originari Euro 35.000,00. Nell'atto di opposizione così concludeva: A) - "In via PRELIMINARE e PREGIUDIZIALE, stante il mancato esperimento della procedura di mediazione prescritto dall'art. 5, co. 1. Legge n. 98/2013 Voglia l'Ill.mo Tribunale adito assegnare alle parti il termine per l'avvio del procedimento di mediazione, onde, all'esito, verificare la regolarità ed effettività della procedura stessa, con ogni consequenziale statuizione in ordine al pagamento delle spese e del compenso professionale, oltre alle percentuali per legge dovute, da porsi a carico della (...) Soc. Coop., con distrazione in favore del sottoscritto avvocato antistatario; B) - sempre in via PRELIMINARE e PREGIUDIZIALE dichiarare la avvenuta ESTINZIONE ex art. 1957 cod. civ. della obbligazione fideiussoria contratta dalla (...) Soc. Coop., con ogni consequenziale statuizione in ordine al pagamento delle spese e del compenso professionale, oltre alle percentuali per legge dovute, da porsi a carico della (...) Soc. Coop., con distrazione in favore del sottoscritto avvocato antistatario; C) - in denegata ipotesi in cui codesto Giudice ritenesse di superare le suddette questioni preliminari e pregiudiziali - che si pongono in priorità logica e come tali da risolvere immediatamente il giudizio - entrando così nel MERITO, rigettare le contestate in toto domande, sia nell'an, che nel quantum, peraltro sfornite di qualsivoglia supporto probatorio, in ordine alla fonte negoziale della obbligazione ex adverso dedotta con la domanda, così che la ingiunzione nemmeno poteva essere emessa in difetto delle condizioni legittimanti, ex art. 633 e seguenti c.p.c., con ogni consequenziale statuizione in ordine al pagamento delle spese e del compenso professionale, oltre alla percentuali per legge dovute, da porsi a carico della (...) Soc. Coop., con distrazione in favore del sottoscritto avvocato antistatario". In particolare, l'opponente deduceva: a) l'improcedibilità della domanda per il mancato esperimento del procedimento di mediazione vertendosi in materia bancaria; b) la avvenuta estinzione, ex art. 1957 cod. civ. dell'obbligazione fideiussoria contratta dalla (...) Soc. Coop., per non aver proposto l'istanza nei confronti della debitrice entro il termine di sei mesi dalla revoca del contratto di finanziamento avvenuto il 07/10/2016; c) l'infondatezza della domanda non essendo la stessa fornita di qualsivoglia supporto probatorio, sia con riferimento all'an che al quantum debeatur. Si costituiva ritualmente in giudizio l'opposta (...) Soc. Coop. per contestare le argomentazioni poste a sostegno dell'avversa opposizione, deducendo che la controversia dedotta in giudizio vertendo su un rapporto di garanzia non era riconducibile nell'alveo della obbligatorietà della disciplina dettata dal D. Lgs. n. 28 del 2010; di aver correttamente adempiuto all'obbligazione assunta con il creditore per non avere i debitori (debitore principale e garante) riscontrato il preavviso di data 14.10.2017 di cui all'art. 1952, 2 comma, cod. civ.; che il carteggio in atti comprovava il rapporto di garanzia sussistente con la debitrice principale (...). Chiedeva, pertanto l'accoglimento delle seguenti conclusioni: "Piaccia all'On. Tribunale di L'Aquila, rigettare l'opposizione proposta siccome infondata in fatto ed in diritto. In subordine, condannare gli opponenti al pagamento della somma che risulterà di giustizia. Con vittoria di spese e competenze del presente giudizio". Concessa la provvisoria esecutività del decreto ingiuntivo opposto, istruita la causa con le produzioni documentali, sulle conclusioni rassegnate dalle parti, la causa è stata trattenuta a decisione con la concessione dei termini di cui all'art. 190 c.p.c.. Nel merito, va osservato preliminarmente che con l'opposizione a decreto ingiuntivo si instaura un ordinario giudizio di cognizione piena, sull'intera situazione giuridica controversa; esso tende a verificare, al momento della decisione e non solo della domanda, la sussistenza delle condizioni dell'azione e dei presupposti di fatto e di diritto per l'accoglimento della domanda di condanna del debitore. Al riguardo si osserva che nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, nonostante che l'opponente introduca la causa mediante un atto di citazione (art. 645 c.p.c.) e sia colui che evoca in ius la controparte, è soltanto il creditore opposto ad essere la reale parte attrice (in senso sostanziale) della controversia, in quanto, pur assumendo la veste di convenuto in senso formale, è il solo soggetto che avanza l'originaria pretesa sulla quale il Tribunale è chiamato a pronunciarsi. Da questa premessa deriva che ogni facoltà processuale del convenuto nel giudizio di opposizione deve andare (tendenzialmente) esercitata nei limiti in cui la stessa competa ad un normale attore in una causa ordinaria, giungendosi, ad opinare diversamente, ad una grave disparità di trattamento tra parti processuali che avanzano - seppur in forme differenti, ordinaria e monitoria - analoghe istanze di giustizia (Cass. Civ. Sez. 1, Sentenza n. 5390 del 11/03/2006 Cass. Civ. Sezione I, sentenza 2 agosto 2006 n. 17551; Cass. Civ. Sezione II, sentenza 27 ottobre 2006 n. 23294; Cassazione civile, sez. I, 21 maggio 2004, n. 9685). In tale giudizio, poi, è il ricorrente - opposto ad assumere la veste sostanziale di attore, e l'ingiunto - opponente quella di convenuto, ragione per la quale, in presenza, appunto di contestazioni del secondo, spetta al primo di provare l'esistenza della pretesa monitoriamente azionata e in sostanza la fondatezza nel merito della domanda avanzata nel ricorso per decreto ingiuntivo. Nel caso in esame, la vicenda trae origine dal decreto ingiuntivo n. 545/18 emesso dal Tribunale di L'Aquila, giudizio n. 2165/2018 R.G., con il quale si ingiungeva il pagamento dell'importo di Euro 7.361,79, oltre interessi, in danno dell'opponente alla (...)., debitrice principale e di (...) debitore garante, in favore della (...) Soc. Coop. a seguito della mancata restituzione del debito residuo del contratto di mutuo chirografario n. (...) di originari Euro 35.00,00 che la Banca di Credito Cooperativo di Roma aveva concesso alla (...). e non onorato né dal debitore principale, né dal garante (...), tutti obbligati nei confronti della (...) Soc. Coop.. Innanzitutto occorre esaminare l'eccezione di improcedibilità del giudizio per mancato espletamento della procedura di mediazione, formulata dall'opponente. È vero che ai sensi dell'art. 5 c. 1 bis del D.Lgs. n. 28 del 2010 chi intende esercitare in giudizio un'azione relativa a una controversia in materia, tra l'altro, di contratti bancari è tenuto, preliminarmente, a esperire il procedimento di mediazione con l'assistenza di un avvocato. Va, però, osservato che il comma 4 dell'art. 5 citato, stabilisce, alla lettera a), che tale condizione non si applica ai procedimenti di ingiunzione, inclusa l'opposizione, fino a una pronuncia sulle istanze di concessione o provvisoria esecuzione. In secondo luogo, tale norma va interpretata restrittivamente cosicché per controversia in materia bancaria debba intendersi quella che verta su contratti tipicamente bancari e non anche quella che possa qualificarsi bancaria per la qualità soggettiva di uno delle parti. In particolare nella fattispecie è da escludersi l'applicabilità della normativa in materia di mediazione obbligatoria, poiché per un verso la fideiussione, anche se stipulata con una banca, non pare riconducibile strictu sensu ad un contratto bancario ai sensi dell'art. 10 T.U.B. e per l'altro verso le disposizioni del D.Lgs. n. 385 del 1993 non sono indirizzate a regolare propriamente il negozio unilaterale stipulato dal fideiussore del debitore principale della banca, il quale non può essere considerato, per osmosi, alla stregua di un cliente della banca, proprio per il carattere accessorio di tale obbligazione rispetto a quella del debitore garantito, ex art. 1936 c.c. (cfr. Cass. civ., Sez. III, Sent., (data ud. 19/12/2018) 28/02/2019, n. 5833). L'eccezione di improcedibilità, formulate dall'opponente, deve essere respinta. Riguardo alla eccezione di estinzione, ex art. 1957 cod .civ. dell'obbligazione fideiussoria contratta dalla (...) Soc. Coop., per non aver quest'ultima istaurato il procedimento monitorio nei confronti della debitrice entro il termine di sei mesi dalla revoca del contratto di finanziamento avvenuto il 07/10/2016, va osservato quanto segue. La decadenza prevista in tema di fideiussione dall'art. 1957 cod. civ. per l'ipotesi in cui il creditore non coltivi entro sei mesi dalla scadenza dell'obbligazione la propria pretesa nei confronti del debitore principale comporta la liberazione del garante. In altri termini l'assetto ordinario previsto dall'art. 1957 c.c. impone alla banca di attivarsi entro sei mesi contro il debitore principale al fine di non perdere la garanzia fideiussoria. E' il fideiussore che può sottrarsi agli obblighi derivanti dalla fideiussione ove dimostri che la Banca ha violato la disciplina legislativa (ove non validamente derogata) dettata dall'art. 1957 cod. civ.. In altri termini, la decadenza prevista dall'art. 1957 c.c. è espressione dell'accessorietà dell'obbligazione fideiussoria, in quanto tende ad instaurare un collegamento tra la scadenza dell'obbligazione di garanzia (nel caso in esame della garante (...) Soc. Coop) e quella dell'obbligazione principale (nel caso in esame del creditore garantito la Banca di Credito Cooperativo di Roma) e a regolamentare l'onere del creditore garantito di far valere tempestivamente le sue ragioni nei confronti del debitore principale; mentre, non instaura, come erroneamente sostenuto dall'opponente, un collegamento tra l'azione del fideiussore che ha effettuato un pagamento nei confronti del creditore principale e l'esperibilità del diritto di regresso (art. 1950 cod. civ.) o del diritto di surroga (art. 1949 cod. civ.) nei confronti del debitore principale. Ciò posto, l'eccezione di estinzione dell'obbligazione fideiussoria ex art. 1957 cod. civ. è risultata infondata e va rigettata. Avuto riguardo al merito della controversia, va osservato che parte opponente contesta l'an ed il quantum della pretesa creditoria che sarebbe sfornita della prova del titolo costitutivo. Orbene, dalla disamina della documentazione presente in atti si evince che tra la Banca di Credito Cooperativo di Roma e la (...) Soc. Coop. è stata stipulata una convenzione in virtù della quale quest'ultima si impegna a garantire il 50% dell'insolvenza delle imprese associate al fine di favorire l'accesso al credito a tassi di remunerazione concorrenziali e che la (...), in conseguenza della formale domanda di ammissione tra i soci della Cooperativa di data 21/05/2013, ha beneficiato del finanziamento da parte della Banca di Credito Cooperativo di Roma di originari Euro 35.000,00. La posizione sostanziale della (...) per effetto del contratto di mutuo chirografario n. (...) di originari Euro 35.000,00 è quella di debitore principale nei confronti del creditore Banca di Credito Cooperativo di Roma e quella di debitore garantito nei confronti della (...) soc. coop., garante della somma mutuata nella misura del 50% in virtù della citata convenzione. Ne consegue che con suddetta fideiussione il creditore garantito è la (...) di Roma, il debitore garantito è la (...). e fideiussore è la (...) SOC. COOP.. Chiarita, sulla base della documentazione allegata in atti, la natura giuridica del rapporto in essere tra la (...) Soc. Coop. e la (...), nonché la sua astratta validità ed efficacia, va accertata, per il caso che ci occupa, la legittimità della domanda di pagamento dell'importo ingiunto di Euro 7.361,79, oltre interessi, da parte della (...) Soc. Coop., quale garante solvente che ha estinto l'obbligazione garantita. Nel caso che ci occupa la (...) Soc. Coop. ha ottenuto il decreto ingiuntivo sulla base del contratto di mutuo chirografario n. (...) di originari Euro 35.000,00 stipulato dalla (...), nella sua qualità di socio della Cooperativa, con la (...) di Roma e da essa garantito in virtù della citata convenzione. Orbene i suddetti contratti, in quanto scrittura privata sottoscritta, in ossequio all'art. 634 c.p.c., costituiscono indubbiamente, di per sé, prova scritta del credito idonea a legittimare la concessione del decreto ingiuntivo de quo. In ordine all'entità della somma richiesta, dalla documentazione in atti è risultato che la (...) Soc. Coop. ha pagato, in favore della (...) di Roma, la somma di Euro 7.361,79, corrispondente al 50% dell'esposizione debitoria della opponente come da missiva di data 17/07/2018 del suddetto istituto bancario con effetto solutorio per il debitore principale. Da qui la legittimità della surroga del garante nei diritti vantati dalla banca nei confronti dei debitori per l'importo richiesto di Euro 7.361,79, oltre interessi, ricorrendo nel fattispecie in esame la surroga legale di cui all'art. 1203 n. 3 cod. civ., la quale presuppone che il terzo che adempie sia tenuto con altri o per altri al pagamento del debito. Da qui la legittimità del diritto azionato dall'opposta nei confronti dei debitori per l'importo richiesto. L'opponente nella memoria ex art. 183, 6 comma, c.p.c. n. 1, ha poi eccepito che dopo la revoca del finanziamento ha provveduto ad eseguire dei pagamenti alla banca per cui il 19 ottobre 2018 il debito residuo era pari ad Euro 4.445,48. Senonchè parte opponente non ha contestato il fatto storico di aver ricevuto dall'opposta la lettera di data 14.10.2017 con la quale (...) Soc. Coop., con espresso e specifico riferimento al contratto di finanziamento, dava avviso ai debitori che in mancanza di ripianamento della esposizione debitoria, avrebbe provveduto al pagamento di quanto richiesto dalla banca nella misura e con le modalità previste dalla convenzione, avvertendoli che avrebbe agito nei loro confronti per il recupero di quanto dovuto. A riguardo occorre far riferimento, in mancanza di prova di eventuali specifiche pattuizioni, alla disciplina generale della fideiussione a norma del codice civile, ivi incluso l'art. 1952 cod. civ.. Nello specifico, non avendo il debitore principale provveduto a saldare l'intera esposizione, trova applicazione il secondo comma che prevede la possibilità per il debitore principale di opporre al fideiussore "le eccezioni che avrebbe potuto opporre al creditore principale all'atto del pagamento" qualora questi abbia pagato senza averne dato avviso al debitore principale. Dall'altro canto l'opponente non ha dato prova di aver inviato alla (...) Soc. Coop. una comunicazione idonea a impedirle di effettuare il pagamento in favore della (...) di Roma. Dalle considerazioni qui esposte, emerge come, nel caso di specie, l'opponente non essendosi opposta al pagamento, non può sollevare in questa sede, nei confronti della garante alla (...) Soc. Coop., le eccezioni in relazione all'obbligazione principale da far valere nei confronti del creditore. In definitiva l'opposizione è risultata infondata e va rigettata. Ogni altra questione resta nel merito assorbita. Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo ex D.M. n. 55/2014 con riferimento al quantum accertato ed all'attività effettivamente svolta con condanna dell'opponente al pagamento in favore dell'opposta. P.Q.M. Il Tribunale definitivamente pronunciando sulle conclusioni e tra le parti indicate in epigrafe, ogni contraria o diversa istanza e deduzione disattesa, così provvede: - rigetta l'opposizione e per l'effetto conferma il decreto ingiuntivo n. 545/18 emesso dal Tribunale di L'Aquila, giudizio n. 2165/2018 R.G.; - condanna l'opponente al pagamento in favore dell'opposta delle spese di giudizio che si liquidano in Euro 2.738,00 oltre accessori di legge. Così deciso in L'Aquila il 16 agosto 2022. Depositata in Cancelleria il 31 agosto 2022.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO DI L'AQUILA SEZIONE UNICA IN COMPOSIZIONE MONOCRATICA Il Giudice, Dott. Emanuele Petronio, ha emesso la seguente SENTENZA redatta ai sensi dell'art. 132 n. 4 c.p.c. e dell'art. 118, comma 1, disp. att. c.p.c., nella causa civile iscritta al n. 253 del ruolo generale affari contenziosi dell'anno 2014 - procedimento assegnato a questo giudice in data 10 maggio 2018 - trattenuta in decisione all'udienza del 17.06.2021 con l'assegnazione in favore delle parti dei termini di cui all'art. 190 c.p.c. per il deposito e lo scambio degli scritti difensivi finali, vertente TRA (...) (C.F.: (...)) e (...) (C.F.: (...) anche in qualità di eredi (...) (C.F: (...)), tutti rappresentati e difesi, giusta procura a margine dell'atto di citazione, dall'Avv. MA.SC. e dall'Avv. CR.SA. del Foro di Roma e domiciliati presso le rispettive pec (...); (...); Parte attrice E ASL n. 1 AVEZZANO-SULMONA-L'AQUILA (C.F.: (...) in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in L'Aquila, alla Via (...) presso lo studio dell'Avv. MO.BA., rappresentata e difesa dall'Avv. GI.BA. in virtù di in calce alla comparsa di costituzione e di risposta; Parte convenuta E (...) (C.F.: (...) elettivamente domiciliata a L'Aquila, alla via (...), presso lo studio dell'Avv. CA.FA., che lo rappresenta e difende, unitamente all'Avv. PA.BA. del Foro di Fermo, in virtù di procura in calce alla comparsa di costituzione e di risposta. Parte convenuta OGGETTO: responsabilità professionale. MOTIVI DELLA DECISIONE Con atto di citazione i sigg. (...), in vita, (...) e (...), in proprio nonché nella qualità di eredi del sig. (...), convenivano in giudizio l'ASL n. 1 Avezzano Sulmona L'Aquila nonché il dott. (...), chiedendo l'accoglimento delle conclusioni così formulate: "(...) accertato e dichiarato che il dott. (...), medico di base nonché medico curante convenzionato con la Asl di L'Aquila e l'Azienda USL n. 1 di Avezzano, Sulmona L'Aquila sono tenuti a titolo di responsabilità contrattuale ovvero extracontrattuale al risarcimento di tutti i danni derivati agli attori in dipendenza di tutti i fatti commissivi, omissivi e colposi per come dianzi analiticamente descritti nel premesse, e comunque riconducibili a negligenza, imperizia, imprudenza, malpractice e malasanità, inadempimento agli obblighi contrattuali assunti nei confronti di parte attrice, nonché per insufficiente organizzazione ed assistenza, nel suo complesso assolutamente deficitaria, ed omissione di validi e preventivi consensi informati da parte di tutti coloro che per vincolo di pubblica e/o privata assistenza ovvero ancora all'interno della Struttura convenuta, ebbero in cura e ad assistere il paziente (...)". Gli attori deducevano l'illiceità della condotta dei sanitari della struttura ospedaliera S. Salvatore di L'Aquila nonché del dott. (...), in merito all'assistenza dagli stessi prestata in favore di (...) in occasione delle prestazioni rese in favore dello stesso nel periodo intercorrente tra il 14.05.2010 ed il 29.11.2010, allorquando interveniva lo sfortunato exitus del paziente. Gli attori, in particolare, assumevano che la condotta posta in essere dagli operatori non sia stata improntata al rispetto delle doverose regole dell'arte medica, e che la difformità tra il comportamento assunto e le predette regole avrebbe determinato il verificarsi dello sfortunato decesso. In punto di fatto, le parti attrici assumevano che: a) la sig.ra (...), madre del compianto (...), verso le ore 12,00 del 29.11.2010, ebbe a chiamare al telefono il Dr. (...) per richiedere assistenza domiciliare visto che il figlio (...) aveva febbre alta, vomito, dolori al petto e mal di gola; b) tale richiesta venne disattesa dal Dr. (...) che si sarebbe limitato, con il consulto telefonico con la sig.ra (...), a prescrivere l'antibiotico Augumentin, Tachipirina per abbassare la febbre e lo sciroppo Plasil per il vomito; c) verso le 19,30 (...), a dire dello stesso padre nelle s.i.t. versate in atti, cenò con la famiglia per poi prendere l'antibiotico a stomaco pieno; d) verso le ore 22,00, stante il rialzarsi della temperatura, (...) prese la Tachipirina, andò in bagno e poi si rimise in camera a giocare con il proprio computer; e) poco dopo, all'incirca intorno alle 23,00, (...) chiese aiuto dicendo di sentirsi male e fu in quel frangente che i genitori, entrati in camera, lo trovarono sdraiato a letto e privo di conoscenza; f) da una parte il padre iniziò un massaggio cardiaco ad (...), dall'altra la madre allertò telefonicamente alle ore 23,02 il 118 ed il Dr. (...) che, saputo dell'arrivo del 118, avrebbe detto che non sarebbe andato a casa (...); g) stante il mancato successo delle operazioni di soccorso e di rianimazione da parte del personale del 118, giunti sul posto alle 23,12, il giovane (...) decedette nel proprio letto. Si costituiva in giudizio la convenuta ASL n. 1 Avezzano Sulmona L'Aquila, la quale eccepiva preliminarmente la mancanza di prova della legittimazione attiva degli attori, nonché l'assoluta infondatezza, nel merito ed in punto di diritto, della domanda ex adverso avanzata, oltre all'eccessività delle richieste risarcitone formulate. Si costituiva in giudizio altresì il dott. (...), il quale, a sua volta, rilevava l'infondatezza delle pretese attoree, evidenziando altresì l'inattendibilità della ricostruzione della vicenda oggetto di giudizio prospettata dalla controparte. Celebratasi la prima udienza di comparizione, seguiva lo scambio delle memorie istruttorie tra le parti in causa, all'esito del quale veniva ritenuto necessario conferire incarico di CTU medico legale specialistica al Collegio composto dal dott. (...) e dalla dott.ssa (...). Espletate le operazioni peritali, il dott. (...) inoltrava alle parti relazione specialistica e, solo successivamente, perveniva ulteriore relazione, di natura medico legale, redatta dalla seconda CTU dott.ssa (...)o. All'udienza fissata per l'esame della CTU, le parti provvedevano a sottolineare l'irritualità delle attività di CTU, evidenziando la sostanziale assenza di coordinamento tra i membri del Collegio peritale incaricato. Con provvedimento reso in data 17.05.2018, rilevata l'effettiva sussistenza di incompatibilità tra quanto accertato dalla dott.ssa (...) e quanto invece sostenuto dal dott. (...), veniva disposta la rinnovazione della consulenza, all'uopo nominando la dott.ssa (...). Conclusesi le ulteriori attività peritali, il procedimento veniva dapprima dichiarato interrotto a causa del decesso di una delle parti, sig. (...), e successivamente riassunto dagli eredi sigg. (...) e (...), già precedentemente parti del giudizio in proprio nonché nella qualità di eredi del sig. (...). All'udienza del 17.06.2021, ritenuta esaustiva l'istruttoria espletata, la causa veniva trattenuta in decisione, assegnando alle parti i termini di cui all'art. 190 c.p.c. per lo scambio delle memorie conclusionali e di replica. Il presente giudizio ha ad oggetto le richieste risarcitorie dei congiunti di (...), deceduto in data 29.11.2010 per un'insufficienza acuta di cuore conseguente a un infarto miocardico. Quanto allo svolgimento dei fatti e alla relativa valutazione medico-legale si può fare ampio richiamo all'esaustiva consulenza della Dott.ssa (...), da ritenersi pienamente condivisibile in quanto ragionevole ed esente da vizi logici. A tali riguardi, va evidenziato che la condotta contestata al medico di base è relativa alla circostanza per cui, a seguito della richiesta di intervento da parte del paziente nella mattinata del giorno in cui si è verificato il decesso, il Dott. (...) si è limitato a un consulto telefonico e alla prescrizione di cure antinfluenzali, non avendo per contro prescritto immediate indagini volte ad accertare la reale situazione clinica dell'assistito. In questo solco, risulta indispensabile richiamare solamente la decisa affermazione delle criticità emerse dall'analisi della condotta del medico di base e che di seguito si riportano: "il suo paziente, infatti, nonostante la giovane età, presentava un elevato rischio per malattie cardiovascolari per il solo fatto di essere affetto da obesità grave (IBM 40). Era pertanto dovere del sanitario sottoporre il suo assistito alle indagini strumentali necessarie per evidenziare l'eventuale compromissione anatomo funzionale del muscolo cardiaco, anche in assenza di sintomi e di porre in atto, di concerto con altri specialisti, tutte le strategie terapeutiche in grado di contrastare l'evoluzione peggiorativa della cardiopatia eventualmente riscontrata. Tali accertamenti in particolar l'ecocardiogramma, invece, non sono stati effettuati, neppure dopo che l'elettrocardiogramma, prescritto dallo stesso medico con carattere di urgenza, ha evidenziato un emiblocco anteriore sinistro (EAS), disturbo della conduzione raro nei giovani e potenzialmente patologico, in quanto suggestivo di una sottostante cardiopatia. La cardiopatia ipertensiva, pertanto, è rimasta misconosciuta e non è stata trattata, andando incontro a progressivo peggioramento. La mancata consapevolezza delle condizioni cardiovascolari del suo assistito, dovuta ad una condotta negligente, ha indotto il medico a sottovalutare il dolore toracico, riferito dalla madre del ragazzo insieme ad altri sintomi ed a scambiare per banale influenza un infarto miocardico in evoluzione, giungendo a prescrivere telefonicamente una terapia empirica, senza recarsi presso il domicilio del paziente, distante pochi metri dalla propria abitazione. Egli, pertanto, si è in tal modo privato della possibilità di indagare sulle caratteristiche del dolore toracico e di riconoscere la gravità del quadro clinico attraverso l'osservazione del paziente, che solitamente in tali casi presenta pallore, bassa pressione e sudorazione algida, sintomi neurovegetativi estremamente importanti per un corretto orientamento diagnostico. Di conseguenza il ragazzo non è stato inviato d'urgenza in ospedale dove, attraverso l'incremento degli enzimi cardiaci e l'esecuzione di un ECG e di un ecocardiogramma si sarebbe potuto porre diagnosi di infarto miocardico". Ancora, il CTU ha affermato in modo chiaro e plausibile che "la tempestiva adozione nel caso concreto del protocollo diagnostico-terapeutico previsto in caso di infarto secondo il criterio del "più probabile che non" avrebbe potuto evitare la morte del paziente. In base ai reperti istologici, infatti, è possibile affermare che l'intervallo di tempo tra l'esordio dei sintomi ed il decesso è stato di circa 12 ore, un tempo molto lungo che ha consentito l'estensione dell'area ischemica e provocato l'evento aritmico maggiore, ampiamente giustificato dalla disomogeneità elettrica tra porzioni adiacenti di miocardio. Se si fosse intervenuti tempestivamente a ridosso della comparsa dei primi sintomi (ore 12 del 29.11.10) le probabilità di sopravvivenza sarebbero state elevate. In epoca antecedente alla comparsa dei sintomi il trattamento precoce della cardiopatia ipertensiva, qualora riconosciuta avrebbe potuto consentirne addirittura la regressione con notevole miglioramento della prognosi". Con riferimento, infine, alla mancata prospettazione al sanitario di sintomi riconducibili a patologie cardiache, va evidenziato che nella perizia si nota che "dalla documentazione disponibile emerge che data 14.05.2010 (...) (...) si è recato presso il PS dell'Ospedale San Salvatore dell'Aquila con una richiesta di visita cardiologica ed Elettrocardiogramma, formulata con carattere di urgenza dal dottor (...). Tale circostanza fa presupporre che il ragazzo avesse riferito al medico una non meglio definita sintomatologia suggestiva di un problema cardiaco". Quanto sopra considerato, tenuto anche conto della non speciale difficoltà del caso, induce a ritenere che il bene leso non sia configurabile in termini di mera chance di guarigione, in ragione dell'elevata probabilità di sopravvivenza in caso di intervento a ridosso della comparsa dei primi sintomi. In punto di diritto deve precisarsi che, essendo state le domande risarcitorie proposte dai parenti del paziente deceduto, la fattispecie deve essere inquadrata nell'ambito della responsabilità extracontrattuale per entrambi i soggetti convenuti (cfr. sul punto Cassaz. Civ., Sez. III, sentenza 08.07.2020, n. 14258). Difatti, il paziente rimane l'unica parte contrattuale e, in quanto tale, l'unico titolare di un autonomo diritto al risarcimento del danno di natura contrattuale, non dispiegando il negozio alcun effetto protettivo verso terzi. La mancata osservanza delle cautele tecniche e delle buone pratiche del caso da parte del medico di base convenuto, ad ogni modo, costituisce il fatto illecito colposo a cui è causalmente ricollegabile il danno ingiusto subito dai parenti del paziente deceduto. È del tutto evidente, da questo punto di vista, la rilevanza ordinamentale delle situazioni affettive familiari risultate lese dalle carenze nell'assistenza prestata al giovane deceduto da parte del Dott. (...). La responsabilità della ASL, d'altronde, non deve essere vagliata in base ad azione od omissioni colpose, dal momento che la giurisprudenza di legittimità (Corte di Cassazione, sentenza 27 marzo 2015, n. 6243) basandosi su un'attenta lettura della normativa istitutiva del Servizio Sanitario Nazionale, ha affermato la responsabilità dell'ASL per l'errore compiuto dal medico con essa convenzionato. Più in particolare, prendendo le mosse da un'attenta lettura della legge n. 833/78, la quale dando effettività al precetto costituzionale di cui all'art. 32 Cost. mira a garantire i livelli minimi ed uniformi delle prestazioni sanitarie che devono essere assicurate ai cittadini, includendo "l'assistenza medico-generica" (art. 14 comma 3, lett h)). tra le prestazioni "curative" (così espressamente definite dal combinato disposto degli artt. 19 e 25 della legge 833/78), deve ritenersi configurabile in capo all'ASL un'obbligazione ex lege di prestare l'assistenza medicogenerica che viene adempiuta avvalendosi del personale medico dipendente o in regime di convenzionamento e che è riconducibile all'interno dell'inciso finale della disposizione di cui all'art. 1173 c.c. che contempla tra le fonti delle obbligazioni "ogni atto e fatto idoneo a produrle". La prestazione professionale del medico convenzionato va iscritta, dunque, nel momento esecutivo di un obbligo preesistente derivante dalla legge che grava esclusivamente sull'ASL e non anche sul medico convenzionato del cui operato l'ASL si sia avvalso per adempiere alla propria obbligazione e di cui è responsabile ai sensi dell'art. 1228 c.c.; in tal modo, il medico di base partecipa di questa obbligazione nella sola fase esecutiva in ragione del convenzionamento con l'ASL. Per quanto sopra considerato, il titolo in base al quale la ASL n. 1 è chiamata a rispondere del decesso di (...) è relativo alle condotte poste in essere dal sanitario con essa convenzionato, e non in base alle azioni e omissioni da essa direttamente poste in essere. Ciò acclarato, deve essere affermata la responsabilità di entrambi i soggetti convenuti nel presente processo per il decesso del giovane paziente. Passando all'esame del quantum risarcitorio dovuto e venendo all'esame delle varie voci di danno richieste, va notato che nel caso di specie gli attori hanno avanzato domanda di risarcimento del danno non patrimoniale nonché del danno patrimoniale conseguente alla perdita del loro congiunto. In relazione al danno sofferto per la perdita di un familiare, il danno risarcibile deve essere valutato alla luce della nota statuizione della Corte di legittimità (Cass. Sezioni Unite 11.11.2008 n. 26972), che ha definito in particolare i limiti e le condizioni di risarcimento del danno non patrimoniale. Occorre premettere che trattandosi nel caso di specie di danno da fatto illecito costituente (anche solo astrattamente: Cass. S.U. 6651/1982) reato, il danno morale iure proprio è dovuto in base al disposto degli artt. 2059 c.c. e 185 c.p., quale "danno non patrimoniale". Nel caso in esame, peraltro, anche a prescindere dalla esistenza di un reato, il danno non patrimoniale sarebbe comunque dovuto in quanto la condotta illecita ha leso diritti della persona costituzionalmente qualificati, che nella specie sono i diritti della famiglia, fondati sugli artt. 2, 29, 30 Cost., in relazione ai quali è stato tradizionalmente configurato il danno da lesione del rapporto parentale. Nell'ipotesi di cui trattasi, quindi, deve essere risarcito il danno non patrimoniale subito dalle ricorrenti per la perdita del loro congiunto, ricorrendo entrambi i presupposti previsti dalla legge per la liquidazione dello stesso, in quanto il fatto illecito costituisce reato e, comunque, ha leso interessi costituzionalmente rilevanti. Con riguardo agli attori (...), (...) e (...), rispettivamente padre, madre e sorella del Sig. (...), l'esistenza del danno deve ritenersi provata in base alla natura del vincolo familiare degli stessi con la vittima, che giustifica la presunzione della sussistenza del danno in oggetto ex art. 2727 c.c.. Per la concreta liquidazione del danno non patrimoniale sofferto per la perdita di un congiunto, si terrà conto di quanto costantemente affermato dalla giurisprudenza in ordine alla liquidazione del danno morale derivante da fatto illecito del terzo, che, per sua natura, sfugge ad una valutazione economica vera e propria e può compiersi solo con il ricorso all'equità, tenendo conto di tutte le specificità del caso concreto al fine di adeguare l'equivalente pecuniario all'oggettiva entità del danno. Già da tempo la Suprema Corte ha affermato che occorre tenere conto nella liquidazione del danno non patrimoniale dei diversi profili, precisando tuttavia che è onere della parte che richiede il risarcimento fornire tutti gli elementi per rendere il risarcimento più aderente al caso concreto (Cass. n. 8827/2003). La prassi giurisprudenziale ha a tal fine individuato alcune circostanze "tipiche" da prendere in considerazione, quali, per esempio, l'età dei soggetti coinvolti, la convivenza con la vittima primaria, la consistenza (più o meno ampia) del nucleo familiare (cfr. fra molte Cass. n. 9231/13 e n. 14931/12). Orbene, (...) è deceduta all'età di soli anni 20 e il danno è lamentato dai tre più stretti suoi familiari. La prova del legale parentale e della convivenza degli attori con il giovane paziente è stata fornita in via documentale (cfr. certificato dello stato di famiglia rilasciato in data 14/02/2014). Deve darsi atto che i congiunti appartenenti al nucleo familiare allargato sono tre e che quindi essi, potendo ragionevolmente fare conto l'uno sull'altro, ricevono ausilio nella sofferenza della perdita e ciò è apprezzabile ai fini di liquidazione del danno. La perdita parentale in esame è stata, ad ogni modo, sicuramente significativa e fortemente dolorosa nel vissuto dei congiunti, tenuto conto della giovane età del familiare deceduto. Ciò posto, dall'unico interesse leso e cioè quello alla conservazione del vincolo familiare, discende l'unica perdita concretamente apprezzabile dal giudicante nel caso di specie e precisamente riconducibile alla sofferenza patita sia in modo transeunte sia in modo più duraturo in relazione alla morte del figlio e fratello, con esclusione di un ulteriore profilo di "danno esistenziale" nei termini solo enunciati in via astratta dalle parti attrici. Avuto, pertanto, riguardo all'intensità del vincolo affettivo, si stima equo liquidare a titolo di danno morale in favore dei due genitori (...) e (...) la somma di Euro 300.000,00, liquidata all'attualità, pari a un valore prossimo ai massimi tra quelli indicati dalle tabelle di Milano per l'anno 2021, considerati lo stretto legame parentale, la non esigua composizione del nucleo familiare e l'età non avanzata dei congiunti al momento dell'evento, che rendeva di consistente prospettiva la relazione parentale perduta. Quanto al fratello (...), si stima equo liquidare a titolo di danno morale la somma di Euro 130.000,00, liquidata all'attualità, pari a un valore prossimo ai massimi tra quelli indicati dalle tabelle di Milano per l'anno 2021, considerati nuovamente la non esigua composizione del nucleo familiare e la giovane età del congiunto al momento dell'evento, che rendeva di consistente prospettiva la relazione parentale perduta. Ad ogni modo, essendo stato comprovato il decesso in corso di causa del Sig. (...) e tenuto conto che è rimasta incontestata l'affermazione di parte attrice relativa alla successione legittima degli altri due attori, le quote risarcitorie dei Sig.ri (...) e (...) devono essere accresciute ex art. 581 c.c. della metà del risarcimento spettante al de cuius, giungendosi così agli importi di Euro 450.000,00 per la prima e di Euro 280.000,00 per il secondo. Tali importi tengono conto delle tabelle elaborate dal Tribunale di Milano, riconosciute dalla Suprema Corte di Cassazione quale adeguato parametro di riferimento in quanto elaborate su presupposti in fatto apprezzabili, non ritenendosi ammissibile una valutazione equitativa pura. Va precisato che l'importo deve essere calcolato utilizzando le tabelle 2021 del Tribunale di Milano, applicabili al caso di specie in quanto vigenti al momento al momento della decisione (Cass. civ., Sez. III, 11 luglio 2017, n. 17061). Le predette somme devono essere maggiorate degli interessi annualmente maturati al tasso legale, dalla data dell'evento dannoso fino alla data della presente sentenza, prendendo a base di calcolo la somma liquidata, prima devalutata fino alla data dell'evento dannoso e poi anno per anno rivalutata fino alla data della presente sentenza, secondo gli indici delle variazioni dei prezzi al consumo annualmente accertati dall'ISTAT (v. Cass. SS.UU., 5.4.2007 n. 8521). In ordine ai danni azionabili iure hereditatis, gli attori hanno chiesto anche il risarcimento del c.d. "danno morale catastrofico". Secondo l'ormai consolidato orientamento giurisprudenziale, mentre non è possibile risarcire il c.d. danno tanatologico o da morte (cfr. da ultimo Sez. Un., sent. n. 15350 del 22/07/2015), inteso quale lesione definitiva ed immediata del diritto alla vita (diverso in quanto tale dal diritto alla salute), è però ammesso il risarcimento del cd. danno terminale biologico, ossia del danno che è maturato in capo alla vittima (trasmissibile agli eredi) ove la morte della stessa non sia seguita immediatamente alle lesioni ma tra l'infortunio e la morte sia intercorso un apprezzabile lasso temporale, ancorché minimo (cfr. Cass. civ., sez. III, 13 gennaio 2009. n. 458: Cass. civ., sez. III. 17 gennaio 2008. n. 870). Pertanto, ove sia fornita la prova del decorso di un apprezzabile lasso di tempo tra il verificarsi dell'evento lesivo ed il sopraggiungere della morte, nella sfera patrimoniale del de cuius sorge una posta risarcitoria come tale trasmissibile iure successionis ai suoi eredi. Nel caso in cui invece la morte segua le lesioni dopo breve tempo, la sofferenza psichica patita dalla vittima integra un danno che deve essere qualificato, e risarcito iure hereditatis come danno morale e non come danno biologico, giacché una tale sofferenza, di massima intensità anche se di durata contenuta, non è suscettibile, in ragione del limitato intervallo temporale tra lesione e morte, di degenerare in patologia (cfr. Cass. civ., 12 febbraio 2010, n. 3357). Tuttavia, affinché possa riconoscersi tale pregiudizio, detto anche danno morale "catastrofico" e come tale trasmissibile iure hereditatis, la giurisprudenza è unanime nel richiedere la prova che la vittima sia stata in condizione di percepire il proprio stato, lucidamente assistendo allo spegnersi della propria vita, dovendosi escludere la risarcibilità del danno morale quando all'evento lesivo sia conseguito immediatamente lo stato di coma e la vittima non sia rimasta lucida nella fase che precede il decesso (cfr. Cass. civ., 28 novembre 2008, n. 28423; Cass. civ., 24 ottobre 2007 n. 22338: Cass. civ., 28 agosto 2007 n. 18163). È stato peraltro sottolineato in tali pronunce la ineludibile rilevanza del profilo probatorio, dovendo risultare provato, anche documentalmente attraverso le risultanze del referto medico, lo stato di coscienza della vittima prima del decesso: invero, affinché possa riconoscersi solo la sofferenza morale, indipendentemente dal danno biologico, deve essere accertato lo stato di coscienza e lucidità della vittima in grado di percepire e, quindi, soffrire, in conseguenza di siffatta percezione, l'approssimarsi della morte. In relazione alla fattispecie in esame, va evidenziato che in base alle indagini peritali non risulta provato che (...) fosse in condizioni di percepire sul piano soggettivo l'incombenza e l'ineluttabilità dell'evento morte nella sua stretta prossimità: infatti, dalla documentazione sanitaria agli atti emerge che l'evento morte è stato improvviso e sul punto il CTU ha condivisibilmente notato che "Nel pomeriggio del 29.11.10, secondo la testimonianza del padre, il dolore toracico era momentaneamente cessato ed egli aveva cenato con appetito ritirandosi in camera per giocare al computer, per cui si desume che egli non avesse consapevolezza dell'imminenza del decesso". La relativa richiesta risarcitoria deve essere, pertanto, rigettata, come peraltro quella relativa al risarcimento dei danni alla salute psichica subiti dagli attori, rimasti privi di alcuno specifico riscontro probatorio. Va, inoltre, rigettata la domanda di risarcimento del danno tanatologico, da perdita del diritto alla vita, fatto valere iure successionis dalle eredi del de cuius, per l'impossibilità tecnica di configurare l'acquisizione di un diritto risarcitorio derivante dalla lesione di un bene intrinsecamente connesso alla persona del titolare, e da questo fruibile solo in natura: e invero, posto che finché il soggetto è in vita, non vi è lesione del suo diritto alla vita, mentre, sopravvenuto il decesso, il morto, in quanto privo di capacità giuridica, non è in condizione di acquistare alcun diritto, il risarcimento finirebbe per assumere, in casi siffatti, un'anomala funzione punitiva (Cass. civ. 24 marzo 2011, n. 6754; Cass. civ. 16 maggio 2003, n. 7632, Cass. civ. 22 giugno 2016, n. 12870, Cass. civ. 23 marzo 2016, n. 5684). Gli eredi di (...), inoltre, hanno chiesto il risarcimento del danno da lesione del diritto all'autodeterminazione, per mancata acquisizione del necessario consenso informato del paziente in sede di effettuazione dei trattamenti sanitari. Sul punto, deve notarsi che gli unici trattamenti sanitari praticati al paziente deceduto (le manovre di rianimazione) sono stati praticati in urgenza e nell'immediatezza dell'evento che ha portato alla morte di (...). Di conseguenza, a tali riguardi non può postularsi alcuna responsabilità dei convenuti, dal momento che l'obbligo di acquisire il consenso informato del paziente non è configurabile per i trattamenti prestati in situazioni di emergenza tali da porre in gravissimo pericolo la vita della persona (Corte appello Genova sez. II 28 luglio 2020 n. 745). Peraltro, i trattamenti eseguiti hanno avuto un grado di invasività minima e, data la gravità della situazione già in atto al momento dell'intervento, non avrebbe potuto neppure prospettarsi la possibilità di ricevere cure presso altre strutture sanitarie. Ancora, gli attori hanno chiesto il risarcimento del danno patrimoniale arrecato dal fatto che la morte del proprio coniuge ha fatto venir meno le contribuzioni al nucleo familiare prestate dalla (...), con conseguente perdita patrimoniale. La richiesta deve essere rigettata, in quanto non è stato provato alcuna contribuzione effettuata dal congiunto alla propria famiglia prima del suo decesso, di modo che il pregiudizio asseritamente subito non è stato sufficientemente dimostrato. Allo stesso modo, deve essere rigettata la domanda relativa al danno all'attività di casalinga svolta dalla Sig.ra (...) in ragione dell'assenza di adeguate risultanze probatorie. Va, da ultimo, rigettata la richiesta di risarcimento delle spese funerarie, in quanto agli atti non c'è alcuna prova dei relativi esborsi. Va, infine, rigettata la domanda proposta da parte attrice di condanna al risarcimento ai sensi dell'art. 96 c.p.c., in quanto il presupposto di tale condanna è la totale soccombenza della controparte (Cass. sez. I, 13/10/2017, n. 24158), non riscontrabile nel caso di specie. In conclusione, sulla scorta di quanto sopra esposto, la ASL n. 1 e il Dott. (...) devono essere dichiarati responsabili del decesso di (...) e, di conseguenza, condannati a risarcire gli attori degli importi suindicati. Sono poste a carico solidale dei convenuti le spese della C.T.U., già liquidate con separato provvedimento. Le spese di lite devono essere compensate nei confronti della ASL n. 1 e del Dott. (...) nella misura di un terzo in ragione della soccombenza parziale evidenziata dal riconoscimento in misura rilevantemente ridotta del quantum risarcitorio richiesto e sono liquidate come in dispositivo, in ossequio ai parametri medi di cui al D.M. n. 55/2014 e s.m.i., secondo lo scaglione del decisum. P.Q.M. Il Tribunale Ordinario di L'Aquila, definitivamente pronunciando sulla causa civile iscritta al R.G. n. 253/2014 e vertente tra le parti indicate in epigrafe, così provvede: - condanna i convenuti ASL n. 1 AVEZZANO-SULMONA-L'AQUILA e (...) al pagamento delle seguenti somme a titolo di risarcimento del danno a favore degli attori, maggiorate degli interessi annualmente maturati al tasso legale, dalla data dell'evento dannoso fino alla data della presente sentenza, prendendo a base di calcolo la somma liquidata, prima devalutata fino alla data dell'evento dannoso e poi anno per anno rivalutata fino alla data della presente sentenza, secondo gli indici delle variazioni dei prezzi al consumo annualmente accertati dall'ISTAT: - Euro 450.000,00 in favore di (...); - Euro 280.000,00 in favore di (...); - rigetta le altre domande proposte dagli attori; - pone definitivamente a carico solidale della ASL n. 1 AVEZZANO-SULMONA-L'AQUILA e di (...) le spese di C.T.U. liquidate come da separato provvedimento; - compensa le spese di lite nella misura di un terzo e condanna i convenuti in solido alla refusione della rimanente due terzi delle spese di lite del presente giudizio in favore degli attori, che liquida nella complessiva somma di Euro 18.600,00 per compensi, oltre R.S.G. (15%), C.P.A. (4%) e I.V.A. (22%). Così deciso in L'Aquila il 15 novembre 2021. Depositata in Cancelleria il 2 marzo 2022.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO DI L'AQUILA Sezione specializzata in materia d'impresa IN COMPOSIZIONE COLLEGIALE composto dai seguenti magistrati riuniti in camera di consiglio: Dott. Christian Corbi Presidente rel. Dott. Giovanni Spagnoli Giudice Dott. Niccolò Guasconi Giudice ha emesso la seguente SENTENZA redatta ai sensi dell'art. 132 n. 4 c.p.c. e dell'art. 118, comma 1, disp. att. c.p.c., nella causa civile iscritta al n. 2359 del ruolo generale affari contenziosi dell'anno 2018, assegnata al giudice relatore in data 28.9.2021, rimessa al Collegio per la decisione all'udienza del 28.10.2021, con l'assegnazione dei termini di legge di cui all'art. 190 c.p.c. per il deposito e lo scambio degli scritti difensivi finali, scaduti in data 17.1.2022, vertente TRA (...), elettivamente domiciliato a Pescara, Via (...), presso lo studio degli Avv.ti (...), in virtù di procura in calce all'atto di citazione. Parte attrice E (...) S.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore, nonché (...), entrambi elettivamente domiciliati a Pescara, Via (...), presso lo studio dell'Avv. (...) che li rappresenta e difende in virtù di procura in calce alla comparsa di costituzione e risposta. Parti convenute OGGETTO: invalidità del contratto di cessione di quote sociali e liquidazione delle stesse. CONCLUSIONI DELLE PARTI I procuratori delle parti concludevano come da verbale dell'udienza di precisazione delle conclusioni del 28.10.2021. MOTIVI DELLA DECISIONE Con atto di citazione ritualmente notificato, (...) - nella qualità di erede con beneficio d'inventario di (...) - conveniva in giudizio, dinanzi l'intestato Tribunale, (...) S.r.l. (di seguito breviter anche "B&B") e (...) al fine di sentir: a) in via principale, dichiarare la nullità, per simulazione relativa, del contratto con cui, in data 5.10.2015, (...), titolare del 50% del capitale sociale di B&B, ha alienato in favore di (...) le quote sociali relative al 40% dello stesso (negozio simulato), stante il difetto dei presupposti (presenza di due testimoni ex art. 48 L.N.) dell'atto dissimulato (contratto di donazione); b) in via subordinata, dichiarare l'annullamento del suddetto contratto per incapacità naturale dell'alienante, ovvero per dolo dell'acquirente, ovvero per errore sul prezzo di vendita; c) accertare e dichiarare l'intervenuta risoluzione del contratto per cui è causa ai sensi dell'art. 1457 c.c. (termine essenziale al 30.6.2016). Parte attrice instava, altresì, all'esito della pronuncia di invalidità/inefficacia del descritto contratto di cessione delle quote sociali di B&B e della rideterminazione delle quote sociali in capo a (...), perché il Tribunale procedesse alla liquidazione delle stesse, nonché degli utili ancora dovuti. Si costituivano in giudizio le parti convenute, contestando la tesi attorea e insistendo nell'inammissibilità e comunque nel rigetto delle relative domande. In sede di comparsa conclusionale, parte attrice chiedeva al Tribunale di dichiarare, in caso di rigetto delle domande di cui ai subb a, b e c), la risoluzione giudiziale ex art. 1453 c.c. del contratto che in questa sede ci occupa. E ciò stante il grave inadempimento di (...) che, allo stato, non ha ancora corrisposto il prezzo pattuito per l'acquisto delle descritte quote sociali di B&B. 1. Tanto premesso, il Collegio dichiara l'inammissibilità della domanda di risoluzione giudiziale ex art. 1453 c.c. del contratto per cui è causa, in quanto tardiva. Orbene, non v'è dubbio che le conclusioni contenute nell'atto introduttivo del giudizio, quelle di cui alla memoria ex art. 183, comma 1, c.p.c., nonché quelle di cui all'udienza di precisazione delle conclusioni del 28.10.2021, abbiano a oggetto la domanda di accertamento della risoluzione del contratto de quo, asseritamente avvenuta ex art. 1457 c.c. Consegue che la domanda di tal fatta, corroborata da diversa causa petendi (art. 1453 c.c.), è inammissibile non solo perché formulata in sede di comparsa conclusionale, e quindi tardivamente, ma anche perché trattasi di domanda nuova. In argomento, la giurisprudenza di legittimità, con la pronuncia n. 6386/18, ha stabilito che, una volta proposta la domanda di risoluzione ex art. 1453 c.c., non è possibile mutarla, mediante memoria ex art. 183, comma 6, n. 1 c.p.c., in domanda di accertamento dell'avvenuta risoluzione ope legis di cui agli artt. 1456 e 1457 c.c. e viceversa. A ciò osta, in particolare, la radicale differenza tra le due azioni, sia in ordine al petitum - in quanto la risoluzione ex art. 1453 c.c. fonda una sentenza costitutiva, mentre quella di cui agli artt. 1456 e 1457 c.c. fonda una sentenza dichiarativa -, sia in ordine alla causa petendi, giacché nella prima ipotesi (risoluzione ai sensi dell'art. 1453 c.c.) il fatto costitutivo è l'inadempimento grave e colpevole della parte mentre, nella seconda ipotesi (risoluzione ai sensi dell'art. 1457 c.c.), la violazione di una clausola negoziale. 2. Passando ora all'esame della domanda di nullità del negozio dissimulato (contratto di donazione) per difetto dei requisiti di legge (due testimoni di cui all'art. 48 L.N.), parte attrice ha allegato che il carattere simulato della cessione deriverebbe, da un lato, dall'omessa corresponsione del prezzo di acquisto da parte di (...) in favore di (...), e, dall'altra, dall'irrisorietà dell'importo ivi pattuito (Euro 40.000,00). La domanda è priva di qualsivoglia corredo probatorio e come tale infondata. Benché l'art. 1417 c.c. consenta al terzo interessato di provare, senza limiti (e quindi senza necessità di produrre in giudizio la controdichiarazione), il carattere simulato dell'accordo dallo stesso allegato, alcuna attività asseverativa di tal fatta risulta sollecitata dall'attore. In primo luogo, la circostanza per la quale il prezzo di cessione non sarebbe ancora stato corrisposto dall'acquirente in favore dell'alienante rileva sul piano dell'inadempimento e non su quello della simulazione. Infatti, le parti che avessero inteso agire in tal senso (simulazione), lungi dal prevedere nel negozio in esame il termine del 30.6.2016 per l'adempimento, ben avrebbero potuto darsi reciprocamente atto di aver regolato in precedenza e tra loro il pagamento del prezzo, di modo che l'alienante avrebbe potuto rilasciare quietanza in favore dell'acquirente. In secondo luogo, l'allegata, ma non provata, irrisorietà dello stesso non pone un problema di simulazione, bensì di qualificazione giuridica del contratto. Infatti, anche a voler ritenere, ma così non è, che il valore delle quote sociali oggetto di cessione fosse di gran lunga superiore al loro valore nominale di Euro 40.000,00, allora il contratto per cui è causa avrebbe potuto essere (diversamente) qualificato quale vendita mista a donazione, ovvero quale negozio indiretto, ma non certo come negozio simulato. Nel primo caso (vendita mista a donazione, ovvero negozio indiretto), le parti vogliono esattamente gli effetti che discendono dal negozio da esse concluso; nel secondo caso (simulazione relativa), le parti o non vogliono gli effetti del negozio giuridico posto in essere dalle stesse, ovvero vogliono effetti diversi. 3. In ordine alla domanda di annullamento del suddetto contratto per incapacità naturale dell'alienante, giova rammentare come l'art. 428 c.c. subordini la pronuncia caducatoria de qua, oltre che all'incapacità naturale di una parte, anche alla mala fede dell'altro contraente. 3.1. Sotto il primo aspetto (incapacità naturale), non può essere condivisa la tesi di parte attrice secondo la quale (...), al momento della stipula del contratto per cui è causa, sarebbe risultato privo - a causa della grave malattia cerebrale (neoplasia tumorale) che ne avrebbe determinato il decesso nei mesi successivi - della capacità d'intendere e di volere. Sul punto, depongono in tal senso i seguenti elementi. In primo luogo, la cessione di quote che in questa sede ci occupa è avvenuta per atto pubblico e quindi alla presenza del Notaio, (...). In argomento, la S.C. di Cassazione, con sent. 19350/14, secondo l'orientamento condiviso dal Collegio, ha chiarito che il notaio non può limitarsi a un generico controllo dei documenti d'identità delle parti, ma è tenuto, da un lato, a verificare che le stesse siano capaci di intendere e di volere e, dall'altro, che effettivamente vogliano gli effetti degli atti che si accingono a porre in essere. In secondo luogo, la predetta stipula notarile è avvenuta quattro giorni dopo il ricovero di (...), ossia entro un lasso temporale così esiguo tale da escludere che la malattia abbia così repentinamente inciso sulla capacità naturale. In terzo luogo, dai documenti versati in atti da parte attrice, non si ricava alcuna alterazione delle capacità cognitive di (...). Al contrario, quest'ultimo, in data 17.10.2015, veniva dimesso in ragione del seguente esito: "vigile, collaborante, orientato, non deficit di moto e sensibilità ai 4 arti" (cfr. doc. n. 7 indice di parte attrice). A ciò deve essere aggiunto come alcun elemento atto a corroborare la tesi di parte attrice risulti dalla disamina della cartella clinica di (...) (cfr. docc. 5 e 6 indice di parte attrice), cosicché l'eventuale C.T.U. sollecitata da (...) sarebbe peraltro risultata esplorativa. Del resto, la tesi attorea è sotto tale aspetto apodittica: a p. 4 dell'atto di citazione, si legge infatti: "è notorio che un tumore celebrale causa una grave menomazione delle facoltà cognitive e volitive". Orbene, ritiene invece il Collegio che non sussista alcun automatismo di tal fatta, in quanto l'eventuale diminuzione o esclusione della capacità naturale non è di per sé ascrivibile alla neoplasia tumorale in quanto tale, bensì allo stato, avanzato o meno, della stessa, alla posizione in cui essa si è formata, ecc. In quarto luogo, (...), successivamente all'atto dispositivo per cui è causa, ha altresì partecipato all'assemblea sociale del 6.10.2015, giusta verbale redatto per atto pubblico in pari data (cfr. doc. 9 indice di parte attrice). Consegue, da un lato, come la pluralità di atti posti in essere dall'alienante depongano nel senso della capacità naturale dello stesso e, dall'altro, che, anche in tale occasione, il notaio rogante ha potuto sindacarne la sussistenza. In quinto luogo, parte attrice ha ammesso - e quindi la circostanza di tal fatta si pone al di fuori del thema probandum - che, successivamente al compimento dei predetti atti, (...) abbia conferito, sempre per mezzo del medesimo Notaio, (...), alla propria figlia, (...), procura generale. E ciò affinché quest'ultima, nel corso della convalescenza, provvedesse al disbrigo degli affari correnti del (...). I prospettati elementi hanno consentito al giudice istruttore di non disporre, nel corso del processo, C.T.U. sul punto. La stessa sarebbe infatti risultata esplorativa, stante l'assenza di qualsivoglia indizio in ordine alla presunta incapacità naturale di (...). 3.2. Sotto il secondo aspetto (mala fede dell'altro contraente), il Collegio è dell'avviso per il quale difetta, ai fini che qui interessano, il requisito in esame, stante il tenore di cui al richiamato verbale assembleare del 6.10.2015. In virtù di tale deliberazione, infatti, B&B, in persona del nuovo amministratore unico, (...), ha modificato il proprio statuto e stabilito che il riparto degli utili non sarebbe avvenuto in proporzione alle quote sociali (10% in favore di (...) e 90% in favore di (...)), ma al 50% tra essi. Siffatta circostanza esclude quindi la mala fede dell'altro contraente, atteso che l'operazione in esame, oltre a salvaguardare l'originario assetto societario in punto di riparto degli utili conseguiti dalla società, risulta essere frutto della scelta consapevole dell'alienante. 3.3. Alla luce di tutto quanto precede, s'impone il rigetto della domanda attorea, difettando, nel caso di specie, entrambi i presupposti previsti dal richiamato art. 428 c.c. 4. Il Collegio respinge altresì la domanda di annullamento del suddetto contratto per dolo dell'acquirente. Secondo la tesi attorea, tale dolo sarebbe consistito nell'approfittamento da parte di (...) della situazione di malattia di (...) a tal punto da indurlo recarsi con un notaio presso il Nosocomio in cui quest'ultimo era ricoverato al fine di acquistare le quote sociali che ci occupano a un prezzo irrisorio. Tale tesi non persuade. L'atto dispositivo in contestazione è infatti stato stipulato solo dopo quattro giorni dal ricovero ospedaliero di (...), cosicchè il lasso di tempo per porre in essere una condotta fraudolenta tesa a coartare la volontà di quest'ultimo risulta eccessivamente breve. A ciò deve essere aggiunto come il (...) non si sia limitato a porre in essere solamente l'atto dispositivo per cui è causa ma abbia, tramite il medesimo notaio rogante, sia partecipato all'assemblea sociale di B&B del 6.10.2015, sia conferito procura generale in favore della figlia. Tale circostanza denota come l'alienante, oltre a essere capace d'intendere e di volere, avesse fiducia nel predetto Notaio, essendosi a esso rivolto per la contestuale stipula della descritta procura generale rispetto alla quale (...) era certamente estraneo. In altre parole, la circostanza per la quale (...) si fosse spontaneamente e a tal fine rivolto al predetto Notaio mina la tesi attorea per la quale quest'ultimo sarebbe stato condotto artatamente presso il Nosocomio con finalità fraudolente. In ogni caso, l'attore non ha allegato né i raggiri che sarebbero stati utilizzati dall'acquirente, né gli effetti degli stessi, prospettando unicamente la circostanza per la quale il contratto sarebbe stato stipulato durante la degenza ospedaliera del cedente. 5. In ordine alla domanda di annullamento del suddetto contratto per errore sul prezzo, soccorre l'art. 1431 c.c. La norma appena invocata subordina l'annullamento del contratto, oltre che all'essenzialità dell'errore, anche alla sua riconoscibilità. In altre parole, "il giudice del merito davanti al quale venga impugnato un contratto per errore non può limitarsi a stabilire se, con riguardo alla dichiarazione dell'errante, egli abbia realmente stipulato alla stregua di una falsa conoscenza della realtà, ma deve altresì accertare se il contraente cui è diretta la dichiarazione dell'errante avrebbe potuto, con l'uso della normale diligenza, riconoscere tale errore, con la conseguenza, in caso positivo di tale indagine, della sussistenza della riconoscibilità dell'errore, che unitamente alla sua essenzialità ne legittima la rilevanza e quindi l'annullamento del contratto" (Cass. civ., n. 980/1991). Applicando tali principi al caso di specie, deve ritenersi coma la vendita delle quote sociali al loro prezzo nominale pari a Euro 40.000,00 non possa integrare il c.d. errore riconoscibile, in quanto il prezzo di cessione può sia essere determinato sulla base del valore del patrimonio netto della società, sia stabilito in virtù di trattativa tra le parti. In altre parole, parte attrice non ha provato che il prezzo di vendita fosse così abnorme da indurre qualsivoglia soggetto di media diligenza a ritenere, secondo l'id quod plerumque accidit, che esso fosse frutto di un errore. Pertanto, s'impone il rigetto della domanda appena esaminata. 6. Passando ora all'esame della domanda di risoluzione del contratto ex dell'art. 1457 c.c., la stessa deve essere respinta. Parte attrice si duole dell'inadempimento di (...) che non avrebbe versato "né nel termine essenziale né dopo" il corrispettivo pattuito per la compravendita. Ciò posto, occorre quindi valutare se la previsione contenuta nel contratto de quo possa effettivamente integrare la fattispecie di cui all'art. 1457 c.c. Al riguardo, la prevalente giurisprudenza di legittimità (Cass. civ., n. 4640/21), condivisa dall'intestato Tribunale, ha affermato come l'utilizzo della formula "entro e non oltre' ovvero l'espressa indicazione dell'essenzialità di un termine non possano condurre all'automatica qualificazione di esso come essenziale, essendo viceversa necessaria una valutazione globale delle circostanze del caso concreto. Orbene, applicando tali principi al caso di specie, ritiene il Tribunale di poter escludere l'essenzialità del termine in esame. Sebbene il contratto di cessione delle quote per cui è causa contenga la locuzione per la quale "il pagamento del prezzo come sopra convenuto sarà pagato dalla parte cessionaria alla parte cedente entro e non oltre il 30.06.2016", la previsione negoziale immediatamente seguente - "salvo diversa pattuizione tra le parti di diversa scadenza" - consente di derogare a tale termine. Cosicché essa vale certamente a escluderne l'essenzialità. 7. La domanda avente a oggetto la liquidazione della quota sociale di cui è titolare l'attore deve essere assorbita. E ciò in quanto l'attore ha spiegato tale domanda in via subordinata, ossia all'esito della rideterminazione giudiziale, che però non s'è verificata, delle quote sociali. In ogni caso, tale domanda sarebbe risultata in questa sede inammissibile. L'art. 10 dello Statuto, nell'escludere il diritto dell'erede del socio a subentrare nella compagine sociale, demanda al successivo art. 11 dello stesso il compito di individuare modalità e termini per la liquidazione della relativa quota sociale. Sul punto, l'art. 11 in parola rinvia all'art. 2473, comma 3, c.c. che, a sua volta, così recita: "in caso di disaccordo (in ordine al valore della quota sociale), la determinazione è compiuta tramite relazione giurata di un esperto nominato dal tribunale, che provvede anche sulle spese, su istanza della parte più diligente; si applica in tal caso il primo comma dell'articolo 1349". Orbene, siffatto procedimento, dovendosi svolgere, come chiarito dalla giurisprudenza di merito (Trib. Roma, 8.7.2016), in sede di volontaria giurisdizione, deve essere dichiarato inammissibile ove proposto in sede di giudizio contenzioso ordinario. 8. Anche la domanda attorea avente a oggetto il pagamento degli utili asseritamene maturati medio tempore dall'attore è infondata. In argomento, (...) ha omesso di fornire qualsivoglia allegazione al riguardo, omettendo persino di specificarne l'importo. Consegue che la genericità della domanda e l'assenza del relativo corredo probatorio ne impongono il rigetto. 9. Le spese di lite, liquidate come in dispositivo ai sensi del D.M. n. 55/14, così come dal modificato D.M. n. 37/18, seguono la soccombenza. A tal fine, si ritiene di applicare 10 scaglione "valore indeterminato - complessità alta". P.Q.M. iL Tribunale Ordinario di L'Aquila, Sezione specializzata in materia d'impresa, in composizione collegiale, all'esito della camera di consiglio, definitivamente pronunciando sulla causa civile iscritta al R.G. n. 2359/2018 e vertente tra le parti indicate in epigrafe, così provvede: - dichiara l'inammissibilità della domanda attorea di risoluzione giudiziale ex art. 1453; - rigetta tutte le altre domande attoree; - condanna parte attrice alla rifusione delle spese di lite del presente giudizio in favore delle parti convenute, che liquida nella complessiva e unica somma di Euro 13.430,00 per compensi, oltre R.S.G. (15%), C.P.A. (4%) e IVA. (22%). L'Aquila, così deciso nella camera di consiglio del 20 gennaio 2022. Depositata in Cancelleria l'1 febbraio 2022.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO DI L'AQUILA SEZIONE UNICA CIVILE IN COMPOSIZIONE MONOCRATICA Il Tribunale, in persona del giudice dott.ssa Monica Croci, ha pronunciato la seguente SENTENZA redatta ai sensi dell'art. 132 n. 4 c.p.c. e dell'art. 118, comma 1, disp. att. c.p.c., nella causa civile di appello iscritta al n. r.g. 3314/18, trattenuta in decisione all'udienza del 25/01/2021, trattata in forma scritta, con termini di cui all'art. 190 c.p.c., per il deposito e lo scambio delle comparse conclusionali e di replica, vertente tra: REGIONE ABRUZZO, in persona del L.R.P.T., rappresentata e difesa dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di L'Aquila ed elettivamente domiciliata presso la medesima in via (...) - Complesso Monumentale San Domenico - L'AQUILA APPELLANTE E (...), elettivamente domiciliato, in Miglianico (CH) Via (...), presso lo Studio dell'Avv. Ma.D'A., giusta procura in calce alla comparsa di risposta APPELLATO OGGETTO: Appello sentenza Giudice di Pace MOTIVI DI FATTO E DI DIRITTO Con sentenza n. 589/18, depositata in data 07.10.18 e notificata il 05/11/2018, il Giudice di Pace di Chieti condannava la Regione Abruzzo al pagamento della somma di Euro 4553,63 oltre accessori e spese di lite, in favore (...), quale risarcimento dei danni subiti a seguito del sinistro occorso in data 30/12/17, alle ore 20:00 circa sulla S.P. 184 "Fondovalle Treste" all'altezza del km 10,90, nel territorio di Furci (CH), allorché, alla guida dal suo autoveicolo Suzuki Gran Vitara tg.(...), procedendo in direzione Vasto, veniva in urto con cinghiale che si immetteva improvvisamente sulla carreggia dal margine destro della stessa. Con atto di citazione notificato il 04/12/2018 , la Regione proponeva appello, chiedendone la riforma; deduceva: il proprio difetto di legittimazione passiva (essendo la Provincia la (...) deputata alla gestione della fauna selvatica e non essendo la Regione neppure proprietaria della strada su cui si verificò il sinistro); l'errata valutazione delle risultanze istruttorie, con violazione degli artt.2697 e 2043 c.c. nonché 115 e 116 c.p.c. e vizio di motivazione (non essendo allegati e provati gli elementi costitutivi dell'illecito ex art. 2043 c.c. ascritto alla Regione, in particolare condotta colposa dell'Ente in nesso eziologico con l'evento dannoso posto a fondamento della pretesa); il concorso di colpa del conducente nella determinazione del danno, assorbente o comunque concorrente; si doleva infine della condanna alle spese di lite. Concludeva chiedendo in via principale la reiezione della pretesa risarcitoria e, in subordine, accertato il concorso di colpa del danneggiato, limitare la condanna della Regione ai soli danni a questa eziologicamente riconducibili. Si costituiva l'appellato, che contestava la fondatezza degli avversi motivi di doglianza, ribadendo la legittimazione passiva della Regione e la responsabilità della stessa per l'occorso; contestava il concorso di colpa del conducente, sulla base delle prove testimoniali e documentali, in particolare il Rapporto dei CC depositato in primo grado; sul quantum richiamava altresì la c.t.u. espletata e la documentazione prodotta; osservava infine come la decisione sulle spese di lite assunta in primo grado fosse coerente con la regola della soccombenza; concludeva chiedendo il rigetto dell'impugnazione. Non sussiste la dedotta carenza di legittimazione passiva della Regione. Ai sensi della L. n. 157 del 1992 - Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio, la fauna selvatica (siccome definita all'art. 2, ossia le "specie di mammiferi e di uccelli dei quali esistono popolazioni viventi stabilmente o temporaneamente in stato di naturale libertà nel territorio nazionale") costituisce patrimonio indisponibile dello Stato; spetta alle Regioni (art.1) il compito di emanare norme che disciplinino la gestione e la tutela della medesima ed alle Province il compito di attuare la disciplina regionale ai sensi dell'art. 14, comma 1, lettera f), della L. 8 giugno 1990, n. 142 (art. 1, 1 e 3 co.); alle Regioni è sono altresì affidate le funzioni amministrative di programmazione e coordinamento nella pianificazione e ripartizione del territorio in aree a regime distinto - volte sostanzialmente a contemperare le esigenze connesse alla conservazione e tutela della fauna con altre potenzialmente confliggenti, quali l'esercizio della caccia - nonché i poteri di controllo e sostitutivi in caso di inadempienze di altri Enti (artt.9 e 10); è infine alla Regione che è demandato il compito di controllo della fauna selvatica (art.19), ivi inclusa la scelta e l'adozione, nei limiti legali ivi tracciati, delle contromisure da adottare verso la fauna variamente nociva, tra cui l'adozione di piani di abbattimento, attività che è estranea e distinta dall'attività venatoria (vd. ex multis, Corte cost. n.392/05; n. 174 del 2017; n.217/2018). Sul punto giova sin d'ora segnalare che il legislatore statuale (così come quello regionale, che ad esso dedica l'art.44 L.R. n. 10 del 2004; vd. infra) ha fatto della questione del controllo un compito a sé stante (il quale rimane distinto dalle funzioni proprie della Provincia di cui al citato art.14, L. n. 142 del 1990, oggi art.19 D.Lgs. n. 267 del 2000; l'odierno art.19, D.Lgs. n. 267 del 2000 attribuisce tra l'altro alle Province le funzioni di "e) protezione della flora e della fauna, parchi e riserve naturali; f) caccia e pesca nelle acque interne"; il tema del controllo della fauna selvatica non attiene alla materia della caccia e riguarda essenzialmente la protezione "dalla" fauna selvatica e dai danni essa può cagionare più che "della" fauna medesima). Nell'ambito della potestà normativa attribuitale dalla legge statale, la Regione Abruzzo ha emanato la L.R. n. 10 del 2004 - Normativa organica per l'esercizio dell'attività venatoria, la protezione della fauna selvatica omeoterma e la tutela dell'ambiente, la quale regola la tutela della fauna selvatica, il prelievo venatorio, la pianificazione faunistico venatoria nonché il controllo della fauna selvatica: l'art.44 - che riproduce pressocché testualmente i primi due commi dall'art.19 L. n. 157 del 1992 - delega alla Provincia detto compito, il quale assume rilievo centrale allorché si verta in tema di danni cagionati da fauna selvatica, posto che esso si sostanzia chiaramente nello scongiurare o prevenire i suddetti danni; ai sensi dell'art.48, comma 1, L.R. n. 41 del 2004, quale interpretazione autentica dell'art. 2 L.R. n. 10 del 2004, il controllo costituisce una funzione amministrativa regionale delegata alla Provincia. La giurisprudenza di legittimità allo stato ancora maggioritaria riconosce la responsabilità ex art. 2043 c.c. in capo all'Ente a cui siano stati concretamente affidati, tramite delega, i poteri sul territorio e sulla gestione della fauna in essa insediata. La suddetta responsabilità trova riconoscimento a condizione che all'Ente delegato sia stata conferita autonomia decisionale e operativa sufficiente a consentirgli di svolgere l'attività in modo da poter efficientemente amministrare i rischi di danni a terzi e da poter adottare le misure normalmente idonee a prevenire, evitare o limitare tali danni, dei quali deve altrimenti rispondere l'ente delegante (vd. ex multis, Cass., n. 80/2010, 4202/2011; Ordinanza n. 23151 del 17/09/2019 Rv. 655507 - 01: "La responsabilità extracontrattuale per i danni provocati da animali selvatici alla circolazione dei veicoli deve essere imputata all'ente, sia esso Regione, Provincia, Ente Parco, Federazione o Associazione, ecc., a cui siano stati concretamente affidati, nel singolo caso, anche in attuazione della L. n. 157 del 1992, i poteri di amministrazione del territorio e di gestione della fauna ivi insediata, sia che i poteri di gestione derivino dalla legge, sia che trovino la fonte in una delega o concessione di altro ente (come, nel caso esaminato, da parte della Regione Marche, in virtù della L.R. n. 7 del 1995, in favore delle Province). In quest'ultimo caso, l'ente delegato o concessionario potrà considerarsi responsabile, ai sensi dell'art. 2043 c.c., per i suddetti danni a condizione che gli sia stata conferita, in quanto gestore, autonomia decisionale e operativa sufficiente a consentirgli di svolgere l'attività in modo da poter efficientemente amministrare i rischi di danni a terzi, inerenti all'esercizio dell'attività stessa, e da poter adottare le misure normalmente idonee a prevenire, evitare o limitare tali danni."; in motivazione si precisa la necessità che l'eventuale delega della Regione alla Provincia sia effettiva e concretamente esercitabile, il che ricorre solo allorché "la Regione abbia messo quest'ultima nelle condizioni materiali di provvedere alla gestione ed al controllo della fauna selvatica; cioè, in altre parole, se la Provincia, oltre a disporre dei poteri attribuitile dalla Regione "sulla carta", abbia anche ricevuto i mezzi per farvi fronte (Cass. 2508/2016)".) Ciò per l'evidente ragione che una delega sfornita degli strumenti necessari - anche sul piano finanziario - a far fronte al compito delegato si tradurrebbe in una mera dismissione della funzione e della connessa responsabilità. Detta autonomia non sussiste in capo alle Province abruzzesi: il citato art. 44 L.R. n. 10 del 2004 attribuisce alla Provincia il potere di disporre autonomamente anche piani di abbattimento della fauna nociva e tuttavia la predetta legge non prevede alcuna dotazione per l'esercizio di tale funzione: l'art. 55, contenente i finanziamenti regionali - ai quali soltanto può farsi riferimento per l'esercizio di una funzione delegata - non destina specificamente alcuna somma all'attività di controllo della fauna selvatica e predetermina nel dettaglio l'impiego da parte delle Province delle risorse devolute ai sensi del comma I lettera d), ossia le risorse destinate "a tutte le ulteriori funzioni amministrative" previste dalla stessa legge diverse da quelle fatte oggetto di specifico finanziamento, senza prevedere una quota di esse da impiegare nel controllo della fauna selvatica, sicché la delega al controllo non può dirsi in via generale operante ( vd. art.55 I e V comma; peraltro, premesso che l'operatività della delega va vagliata prioritariamente sulla scorta delle dotazioni per misure di carattere preventivo più che sulle risorse fornite per ristorare i danni, si osserva altresì che i fondi destinati ai risarcimenti dei danni da fauna selvatica di cui alla L.R. n. 10 del 2004 sono circoscritti alle ipotesi di cui all'art.49 della stessa legge, ossia per i danni a colture ed allevamenti; né rilevano gli stanziamenti previsti dalla L.R. n. 10 del 2003 - che, a dispetto della terminologia impropria ivi impiegata, prevede e disciplina in realtà misure di natura indennitaria, selezionando le voci di danno 'risarcibili' nonché le condizioni ed i limiti del ristoro; del resto, la Regione non può certo legiferare in punto di risarcimento da responsabilità aquiliana, trattandosi di tema rientrante nella materia ordinamento civile riservata allo Stato ex art.117 lettera l, Cost. - posto che, in ogni caso, l'estensione dei benefici ai danni cagionati da fauna selvatica agli utenti della strada, introdotta dalla L.R. n. 8 del 2005, venne meno a seguito dall'abrogazione di quest'ultima ad opera dell'art. 1, comma 94, L.R. 9 novembre 2005, n. 33, che stornò la totalità delle risorse destinandole al ristoro dei danni all'agricoltura ed allevamenti). Parimenti infondato è il secondo motivo di appello. Come già detto, secondo la giurisprudenza di legittimità allo stato ancora maggioritaria, la responsabilità per il danno cagionato dalla fauna selvatica è retta dall'art. 2043 c.c., stante l'incompatibilità del regime tracciato dall'art.2052, c.c. con il carattere selvatico degli animali in questione (ex multis, Cass., Sentenza n. 9276 del 24/04/2014, Rv. 631131 - 01; Ord. n. 18955/2017 del 31/07/2017; Cass. Ordinanza n. 5722 del 27/02/2019, Rv. 652994 - 01; Ordinanza n. 23151 del 17/09/2019 Rv. 655507 - 01; Ordinanza n. 4004 del 18/02/2020, Rv. 657005 - 01), sicché il danneggiato ha l'onere di provare tutti gli elementi costitutivi dell'illecito aquiliano, ivi inclusa e dunque la concreta condotta colposa in nesso eziologico con l'evento pregiudizievole. Il Tribunale è naturalmente consapevole delle recenti pronunce a Sezioni Semplici della S.C. secondo cui la fattispecie in questione deve invece ricondursi all'art.2052 c.c., disposizione che non avrebbe tra i propri presupposti la custodia dell'animale, stante la sussistenza della responsabilità anche in caso di smarrimento o fuga dello stesso; la sua portata non andrebbe pertanto circoscritta alla sola fauna domestica; la responsabilità in questione, secondo questo nuovo orientamento, si "fonda sulla stessa proprietà dell'animale e/o comunque sulla sua utilizzazione da parte dell'uomo per trarne utilità, anche non patrimoniali), cioè sul criterio oggettivo di allocazione della responsabilità, secondo cui dei danni causati dall'animale deve rispondere il soggetto che dall'animale trae un beneficio (essendone il proprietario o colui che se ne serve per sua utilità: "ubi commoda ibi et incommoda "; la responsabilità rappresenta, in altri termini, la contropartita dell'utilità tratta dall'animale) con l'unica salvezza del caso fortuito." (Cass. n.7969/20, in motivazione). In questo quadro, accanto allo Stato proprietario, si collocano le Regioni, titolari di potere normativo e funzioni amministrative di programmazione e coordinamento, quali "enti che "utilizzano" il patrimonio faunistico protetto al fine di perseguire l'utilità collettiva di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema." (vd. Cass. n.7969/20 cit.). La ricostruzione ora sintetizzata lascia tuttavia perplessi , in primo luogo, con riguardo al fatto che l'art. 2052 c.c. non abbia la custodia tra i propri presupposti e sia perciò applicabile anche alla fauna selvatica; le stesse nozioni di smarrimento e fuga - richiamate nell'art.2052 per precisarne l'ininfluenza ai fini della responsabilità - appaiono in realtà predicabili solo rispetto ad un pregresso stato di custodia dell'animale o, quantomeno, riferibili ad un animale ordinariamente sottoponibile a custodia; esse non sembrano facilmente conciliabili con la condizione di libertà della fauna selvatica, che non può dirsi smarrita o fuggita, proprio perché nessuno è tenuto a governarla così come deve invece farsi con un animale domestico in proprietà o in uso. A ciò si aggiunga che la giurisprudenza della S.C. ha sempre affermato il carattere alternativo e non solidale della responsabilità del proprietario e dell'utilizzatore, quest'ultimo chiamato a rispondere dei danni nel tempo in cui si serve dell'animale (cfr. ex multis, Cass., Sentenza n. 25738 del 22/12/2015 Rv. 638298 - 01; Ordinanza n. 9661 del 26/05/2020 Rv. 657745 - 01); tale alternatività sembra riconducibile più all'obbligo di custodia che al criterio "ubi commoda ibi et incommoda ", ove si consideri che il proprietario potrebbe ad esempio cedere l'uso di un animale a titolo oneroso, continuando così a trarre dallo stesso una utilità, e senza tuttavia dover rispondere dei danni che l'animale cagiona a terzi mentre esso è nella disponibilità dell'utilizzatore. Risulta poi difficile connettere la responsabilità ad una utilità di carattere collettivo (cfr. Corte Cost. n. 4 del 2001), che appare riferibile all'intera comunità stanziata sul territorio regionale più che all'Ente Regione in sé; ciò che distingue la posizione dell'Ente non sembra essere la fruizione dell'utilità fornita dalla fauna, quanto piuttosto la titolarità dei poteri di organizzazione e controllo della stessa. Alla luce di quanto osservato e stante l'obiettiva divergenza tra il nuovo orientamento e quello pregresso maggiormente consolidato, appare preferibile seguire quest'ultimo, sino ad un consolidamento della nuova interpretazione o ad chiarificatore intervento delle SS.UU.. Nel caso di specie, risultano provati lo scontro con l'animale, i danni al veicolo, l'imputabilità al primo dei secondi ed il loro ammontare; si vedano: il Rapporto redatto dai Carabinieri Stazione di Maglianico intervenuti con allegate fotografie e che mostrano il mezzo incidentato con (relativa targa erroneamente riportata nel corpo della relazione e) danni alla parte frontale e con perdita di liquidi, l'animale morto sulla carreggiata; il verbale veterinario (...) che confermava la morte per investimento; la deposizione del teste trasportato incolume (...), il quale che ha riferito che, mentre l'auto procedeva sulla strada sopra indicata, priva di segnaletica di avvertimento e illuminazione, ad una velocità di circa 60 km/h, l'animale si immise dal margine destro della carreggiata, attraversando la corsia; l'urto si verificava nonostante la frenata del veicolo; la c.t.u. espletata in primo grado stimava in Euro 4409,45 l'importo occorrente al ripristino; è in atti la fattura di Euro 145,18 per il trasporto del veicolo, non marciante dopo l'impatto). Deve parimenti ritenersi provata la condotta colposa della Regione in nesso causale coi fatti de quo: sul punto, si osserva che una negligenza dell'Ente nello svolgimento del proprio compito di controllo può presuntivamente desumersi da circostanze di fatto quali un'anomala sovrabbondanza di capi in una determinata zona o il ripetersi di attraversamenti e sinistri coinvolgenti animali su una certa strada, l'esistenza di incontrollate fonti di richiamo prossime alla sede stradale, la reiterata presenza di animali in luoghi antropizzati o lontani dagli ambiti boschivi costituenti il loro habitat (cfr. Cass. Sentenza n. 9276 del 24/04/2014; Ordinanza n. 5722 del 27/02/2019 Rv. 652994 - 01) ). Nel caso di specie, la parte attrice ha depositato in primo grado articoli di giornale, attestanti il ripetersi di sinistri stradali cagionati da cinghiali sul territorio regionale (anni 2012/2015), anche nella provincia di Chieti e sulla stessa strada teatro dell'incidente per cui è causa; ne emerge una negligenza della Regione nello svolgimento dei compiti di controllo, omettendo quelle iniziative - quali il selecontrollo volto a ridurre il numero dei capi - atte ad impedire che gli animali selvatici integrino un ricorrente pericolo per la circolazione stradale. Al contempo, sussiste il concorso di colpa del danneggiato. Sul punto si osserva che (...), è un cacciatore - posto che il teste (...) ha riferito che al momento dei fatti lui e l'attore stavano rientrando dopo una battuta di caccia - per cui è chiaramente consapevole della presenza degli animali selvatici sul territorio e del loro comportamento; inoltre, risiede in M. (C.), sicché era certamente al corrente del frequente verificarsi nel territorio provinciale di incidenti stradali causati in particolare da cinghiali; sul grafico allegato al rapporto dei Carabinieri della Stazione di Miglianico intervenuti in loco è annotata la presenza di un segnale di avvertimento del pericolo di attraversamento di animali selvatici in corrispondenza del bivio per San Buono, circa quattro chilometri prima del luogo del sinistro secondo la direzione di marcia dell'attore (segnale che peraltro deve essere posizionato solo allorché, per le specifiche condizioni della strada, il pericolo non possa essere tempestivamente percepito da chi pure proceda con l'ordinaria diligenza; vd. art. 84 Reg. esec. Codice della Strada); conclusivamente non può dirsi che l'eventualità di un attraversamento da parte di animali selvatici rappresentasse un pericolo non prevedibile per il conducente, il quale doveva pertanto adottare un'andatura adeguata alle concrete circostanze in cui si svolse la circolazione, ossia l'ora notturna, con la connessa limitazione di visibilità, ed il pericolo noto (art. 141, I, II, III co. Codice della Strada; premesso che non sussiste in capo all'Ente gestore della fauna selvatica o al proprietario/gestore della strada l'obbligo di provvedere alla recinzione o segnalazione generalizzata dei perimetri boschivi e/o di illuminazione notturna di strade lontane da centri abitati, e che l'obbligo di predisporre presidi o accorgimenti di altra natura può discendere soltanto da norma positive - cfr. Cassazione civile, sez. III, 21/11/2017, n. 27543; n.4004/20 - il conducente era ovviamente consapevole della limitazione di visibilità dovuta all'ora notturna ed alla mancanza di recinzioni lungo i margini). Nel caso di specie, l'animale si immise dal margine destro, lo stesso lungo il quale l'auto era tenuta a viaggiare (art.143 Codice della Strada) e l'impatto avvenne subito dopo la sua immissione sulla corsia percorsa dall'auto, lasciando uno spazio certamente limitato per l'esecuzione di una manovra elusiva (vd. Grafico Carabinieri); il conducente avvistò l'animale ad una distanza di almeno 17 mt. (lunghezza di una delle stracce di frenata riscontrate dal Carabinieri), avanzando a circa 60 km/h, velocità che, sebben inferiore al limite ivi esistente di 70 km/h siccome riferito dallo stessa parte appellata, non gli consentiva di arrestarsi utilmente; deve ritenersi che, qualora avesse adottato l'andatura più moderata che le concrete circostanze imponevano, sarebbe riuscito, se non ad evitare la collisione, quantomeno a ridurre l'entità dei danni che ne sono derivati, in misura che appare adeguato fissare nel 50%. L'importo del risarcimento dovuto deve pertanto essere proporzionalmente diminuito e ridotto ad Euro 2277,31 oltre rivalutazione ed interessi legali, a titolo di lucro cessante per la mancata disponibilità delle somme dovute, dal fatto alla sentenza (Cass., Sentenza n. 18243 del 17/09/2015, Rv. 636751 - 01), da calcolarsi secondo i noti criteri di cui alla SS.UU. n.1712/95. In ordine alle spese del doppio grado di giudizio, alla cui regolazione il giudice d'appello deve provvedere d'ufficio allorché accolga in tutto in parte l'impugnazione, esse vengono liquidate, sulla base del decisum, come in dispositivo mente del D.M. n. 55 del 2014 così come modificato dal D.M. n. 37 del 2018, ponendosi le spese di c.t.u. definitivamente a carico dell'appellante. P.Q.M. Il Tribunale, definitivamente pronunciando, così provvede: - Accoglie parzialmente l'appello e, per l'effetto, in riforma della sentenza impugnata, condanna l'appellante Regione Abruzzo al pagamento, in favore dell'appellato (...) della somma di Euro.2277,31 oltre rivalutazione ed interessi legali come in parte motiva, oltre alla rifusione delle spese di lite, che liquida in Euro 1.205 per compensi, oltre spese per Euro 125, oltre rimb. forf. al 15%, i.v.a. e c.p.a. per il primo grado ed Euro 1.620 per compensi oltre rimb. forf. al 15%, i.v.a. e c.p.a. per il grado di appello, da distrarsi in favore dell'Avv. Ma.D'A. antistatrio; pone le spese di c.t.u., come liquidate in primo grado, definitivamente a carico di parte appellante. Così deciso in L'Aquila il 18 gennaio 2022. Depositata in Cancelleria il 19 gennaio 2022.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale per l' Abruzzo Sezione Prima ha pronunciato la presente SENTENZA ex art. 60 cod. proc. amm.; sul ricorso numero di registro generale 438 del 2021, proposto da Ma. Ba., rappresentato e difeso dall'avvocato Cl. Al., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in L'Aquila, via (…); contro Comune di (omissis), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Ro. Sp., con domicilio eletto presso il suo studio in L'Aquila, via (…); per l'annullamento del provvedimento del Comune di (omissis) prot. 3774 del 5 novembre 2021 di accoglimento della istanza di accesso agli atti del 27 luglio e del 3 settembre 2021 nella parte in cui condizionano l'estrazione delle copie al pagamento di euro 40 per ogni atto; nonché della delibera di Giunta Comunale n. 17 del 9 aprile 2021 con cui il Comune di (omissis) ha deliberato di "istituire [...] i diritti di ricerca e di visura di cui all'art. 25 comma 1 della Legge 7 agosto 1990, n. 241 e le relative modalità di corresponsione, secondo la tabella allegata e che fa parte integrante del presente provvedimento" nella parte in cui prevede a carico del cittadino l'onere di pagare i diritti di segreteria nella misura di euro 40 per ogni atto, nonché per l'accertamento dell'obbligo del Comune di (omissis) di provvedere in relazione alla medesima istanza di accesso senza condizionare le copie degli atti al pagamento richiesto. Visti il ricorso e i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di (omissis); Visti tutti gli atti della causa; Relatore nella camera di consiglio del giorno 12 gennaio 2022 il dott. Umberto Realfonzo e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO e DIRITTO 1.§. Con il presente gravame il ricorrente chiede l'annullamento: -- del provvedimento del Comune di (omissis) di accoglimento della istanza di accesso agli atti del 27 luglio e del 3 settembre 2021 limitatamente alla parte in cui si condiziona l'estrazione delle copie al pagamento di euro 40 per ogni atto; -- della delibera di Giunta Comunale n. 17 del 9 aprile 2021 con cui il Comune di (omissis) ha deliberato di "istituire [...] i diritti di ricerca e di visura di cui all'art. 25 comma 1 della Legge 7 agosto 1990, n. 241 e le relative modalità di corresponsione, secondo la tabella allegata e che fa parte integrante del presente provvedimento" nella parte in cui prevede a carico del cittadino l'onere di pagare i diritti di segreteria nella misura di euro 40 per ogni atto. Il ricorso è affidato a due motivi di gravame relativi: alla violazione dell'art. 21 dello Statuto del Comune di (omissis) e del Regolamento adottato dal Consiglio Comunale per la disciplina del diritto di accesso agli atti. alla violazione dell'art. 25 della L. n. 241/1990. 2.§. Si è costituito in giudizio il Comune di (omissis) eccependo: 1) l'inammissibilità del ricorso perché, avendo l'Amministrazione consentito l'accesso, non vi sarebbe stato alcun diniego o differimento dell'accesso sull'istanza di accesso ai documenti amministrativi di cui il ricorrente ha chiesto l'ostensione. Pertanto, alla richiesta di impugnazione della Comunicazione prot. 3774 del 5.11.2021 e della Delibera di Giunta n. 17 del 9.4.2021, non corrisponderebbe alcuna istanza di accertamento della sussistenza del diritto di accesso. 2) l'irricevibilità del gravame perché le prescrizioni della delibera di Giunta che quantificano i diritti di segreteria tra cui quelli di ricerca e visura degli atti sarebbero state immediatamente direttamente lesive nei confronti degli amministrati per cui, secondo la regola generale delle impugnazioni delle delibere comunali, avrebbe dovuto essere immediatamente impugnata entro 60 giorni dal decorso del termine di pubblicazione all'albo pretorio del Comune - vale a dire entro 60 giorni dal 20.7.2021 ossia dal quindicesimo giorno. 3) nel merito il ricorso sarebbe comunque infondato in quanto mera attuazione dell'art. 25 della Legge 241/1990 che al comma 1 dispone che "Il rilascio di copia è subordinato soltanto al rimborso del costo di riproduzione, salve le disposizioni vigenti in materia di bollo, nonché i diritti di ricerca e di visura". Alla camera di consiglio del giorno 12 gennaio 2022, in sede di decisione della domanda cautelare, il Collegio ha ritenuto di poter definire il giudizio con sentenza in forma semplificata ai sensi del combinato disposto degli artt. 60 e 74 c.p.a.. 3.§. In linea preliminare devono essere esaminate le eccezioni preliminari della resistente. 3.§.1. Quanto all'eccezione di inammissibilità, contrariamente a quanto vorrebbe l'Amministrazione, l'impugnativa della imposizione di un rimborso per acconsentire l'accesso non integra affatto un ricorso di cui all'art. 116 c.p.a. ma concerne un ordinario ricorso impugnatorio di atti connessi, ma sostanzialmente estranei, al provvedimento concessorio dell'accesso, ancorché indirettamente finalizzati a vanificarne la portata. 3.§.2. Quanto alla pretesa irricevibilità, è noto che i regolamenti e gli atti amministrativi generali sono impugnabili in via diretta solo ove contengano disposizioni in grado di ledere direttamente ed immediatamente le posizioni giuridiche soggettive dei destinatari, mentre in tutti gli altri casi, gli atti generali divengono impugnabili solo quando sorge l'interesse a ricorrere, ovvero assieme all'atto applicativo che produca una lesione effettiva, e non solo ipotetica o futura (cfr. ex multis Consiglio di Stato, sez. IV, 21/05/2021, n. 3953). L'identificazione del tutto generale ed astratta dei richiedenti l'accesso quali soggetti passivi ritenuti al versamento dei pretesi diritti di segreteria non comporta affatto l'onere di immediata impugnazione a loro carico dei possibili futuri destinatari. L'indeterminatezza soggettiva della prescrizione esclude che dalla mancata immediata impugnazione possano conseguire decadenze per il ricorrente. Dunque nel caso in esame l'interesse ad impugnare il provvedimento del Comune di (omissis) del 5.11.2021 di applicazione delle disposizioni tariffarie sui diritti di ricerca e visura fissate dalla Delibera di Giunta è sorto -- ed è stato reso concreto ed attuale -- solo con la comunicazione del 5.11.2021. 4.§. Nel merito il ricorso è fondato per l'unitaria considerazione di entrambi i profili di gravame. 4.§.1. Assume il ricorrente che l'amministrazione non ha contestato la legittimità di detta istanza, riconoscendo il diritto del ricorrente a visionare e ad estrarre copia, ma ha condizionato l'esercizio concreto del diritto ad avere la copia degli atti richiesti al complessivo versamento di circa euro 1.000, oltre il costo di riproduzione. Tale richiesta si porrebbe in violazione dell'art. 21 dello Statuto del Comune e del Regolamento a cui rimanda lo statuto, approvato con delibera del Consiglio Comunale nel 2019 che, per ciò che qui interessa, all'art. 20, comma 3, stabilisce che "...l'esame dei documenti è gratuito. Il rilascio di dato o documento in formato elettronico o cartaceo è gratuito, salvo il rimborso del costo per la riproduzione su supporto materiale." La Delibera di Giunta dell'aprile 2021 disattenderebbe tale indicazione, poiché condizionerebbe l'accesso non al versamento da parte del privato dei soli "costi di riproduzione" (come prescritto dal Consiglio Comunale) ma anche di costosi "diritti di segreteria" di importo oggettivamente rilevante, che impongono un gravoso onere economico sui cittadini che intendono accedere agli atti dell'amministrazione. L'assunto merita completa adesione. In linea di principio, ai sensi dell'art. 25, l. n. 241 del 1990, la visione dei documenti non può che essere gratuita; se così non fosse, il principio della massima trasparenza, introdotto dalla l. n. 15/2005 come principio generale dell'azione amministrativa e quindi da intendersi anche come ampliativo ed estensivo delle disposizioni in materia di diritto di accesso, non avrebbe una idonea attuazione (T.A.R., Roma, sez. III, 03/11/2015, n. 12383). In ogni caso mentre il regolamento del Comune fa "salvo il rimborso del costo per la riproduzione su supporto materiale" appare perfettamente coerente con l'art. 25 l. n. 241 del 1990 che, per l'appunto, consente soltanto il recupero delle spese di riproduzione (in fotocopia o su supporto digitale) dei documenti amministrativi. L'Amministrazione, nella fissazione dei costi per la riproduzione deve limitarsi a richiedere l'importo esatto dell'onere di riproduzione in concreto delle copie secondo i criteri di ragionevolezza e proporzionalità. In ogni caso quindi la somma richiesta non può eccedere i costi effettivi sopportati, escluso ovviamente qualsiasi utile, non potendo l'amministrazione ricavare profitti dall'esercizio di un'attività istituzionale connessa al diritto di accesso (cfr. T.A.R., Firenze, sez. I, 09/01/2017, n. 11). Nel caso in esame poi la stessa consecutio degli avvenimenti rende evidente l'eccesso di potere del comportamento Comune. Nel caso in esame infatti l'imposizione dei diritti di segreteria è di molto successivo all'istanza del 27 luglio e del 3 settembre 2021 del ricorrente, il che induce il convincimento che il Comune per tale via abbia sviatoriamente cercato di impedire o di limitare il diritto all'accesso del ricorrente. In sostanza appare rilevante che, solo successivamente alle istanze di accesso del ricorrente, al fine di ostacolare in concreto l'esercizio del diritto, ha illegittimamente introdotto l'onere del tutto arbitrario, immotivato e spropositato di € 40 per singolo documento. In definitiva il ricorso è fondato e deve essere accolto. 5.§. Per l'effetto deve esser pronunciato l'annullamento del provvedimento del Comune di (omissis) prot. 3774 del 5 novembre 2021 nella parte in cui condiziona l'estrazione delle copie al pagamento di euro 40 per ogni atto e la presupposta delibera di Giunta Comunale n. 17 del 9 aprile 2021. Le spese tuttavia possono essere integralmente compensate tra le parti. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per l'Abruzzo (Sezione Prima), definitivamente pronunciando: accoglie il ricorso, come in epigrafe proposto. Spese compensate. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in L'Aquila nella camera di consiglio del giorno 12 gennaio 2022 con l'intervento dei magistrati: Umberto Realfonzo - Presidente, Estensore Mario Gabriele Perpetuini- Primo Referendario Maria Colagrande - Primo Referendario

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale per l' Abruzzo Sezione Prima ha pronunciato la presente SENTENZA ex art. 60 cod. proc. amm.; sul ricorso numero di registro generale 418 del 2021, integrato da motivi aggiunti, proposto da Ri. Società per Azioni, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati St. Co., Ma. Di Ri., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; contro Comune di (omissis), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Pi. Re., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; Asmel Consortile Soc. Cons. A R.L., non costituita in giudizio; nei confronti Di. Ec. S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Vi. Ca., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; Ci. Tr. Am. Società Cooperativa, Società Au. e Pu. In. di Pe. Si. S.r.l. - S.A.. S.r.l., non costituiti in giudizio; per l'annullamento Per quanto riguarda il ricorso introduttivo: - della determinazione del Dirigente del Settore II Tecnico del Comune di (omissis) n. 302 del 20 ottobre 2021 recante "Procedura aperta per l'affidamento del servizio di raccolta differenziata dei rifiuti con modalità porta a porta, trasporto e smaltimento presso impianti convenzionati. Approvazione verbali di gara e proposta di aggiudicazione. CIG 8548794FF7" e di tutti gli atti con essa approvati e ad essa allegati; - di tutti gli atti conseguenti, connessi e presupposti e tra gli altri: - della nota del Dirigente del II Settore del Comune di (omissis) prot. n. 0040302 del 20 ottobre 2021 recante "Procedura aperta per l'affidamento del servizio di raccolta differenziata dei rifiuti con modalità porta a porta, trasporto e smaltimento presso impianti convenzionati. Approvazione verbali di gara e proposta di aggiudicazione. CIG 8548794FF7C - Comunicazione di aggiudicazione ai sensi dell'art. 76, comma 5, lett. a), del D.Lgs. 50/2016" e di ogni altra analoga comunicazione; - della proposta di aggiudicazione del servizio all'operatore economico Di. Ec. s.r.l.; - di tutti i verbali del seggio di gara e della Commissione, compresi i verbali del 3 maggio 2021, del 3 e 7 maggio 2021, del 4 agosto 2021, del 3 settembre 2021, del 17 settembre 2021, del 20 settembre 2021, del 27 settembre 2021, del 15 ottobre 2021 e di tutti i loro allegati; - della determinazione n. 340 del 14 dicembre 2020 del Dirigente Settore II Tecnico avente ad oggetto "Nuovo servizio raccolta e smaltimento rifiuti solidi urbani sul territorio del Comune di (omissis) - determinazione a contrarre" e degli atti e documenti con essa approvati; - del Bando/Bandi di gara di cui alla determina a contrarre, del Disciplinare di gara come risultante anche a seguito di errata corrige, di tutti i documenti di gara ivi compreso il Progetto del nuovo servizio di gestione dei rifiuti sul territorio comunale [comprensivo, come da elenco elaborati, del Piano Industriale servizi di igiene urbana, della nota sul compostaggio, dell'elenco prezzi unitari, del quadro economico, del Disciplinare di gara, del Capitolato Speciale, del DUVRI, degli elaborati grafici]; gli elenchi dipendenti; il Patto di integrità; il DGUE; il codice di comportamento dell'amministrazione; - della determinazione n. 197 del 21 luglio 2021 del Dirigente II Settore avente ad oggetto "Procedura aperta per l'affidamento del servizio di raccolta differenziata dei rifiuti con modalità porta a porta, trasporto e smaltimento presso impianti convenzionati. Nomina Commissione di gara"; - di tutti i chiarimenti pubblicati dalla Stazione Appaltante; - degli ulteriori atti richiamati da quelli sopra elencati e tra l'altro: - della deliberazione della Giunta comunale n. 342 in data 11 dicembre 2020 recante "Nuovo servizio di raccolta e smaltimenti rifiuti solidi urbani sul territorio del Comune di (omissis) - Approvazione progetto" e della documentazione progettuale con essa approvata; - della determinazione del Settore II Tecnico n. 98 del 22 maggio 2020 recante "Affidamento incarico per la redazione del progetto del nuovo servizio di gestione dei rifiuti sul territorio comunale. CIG Z172D0D948"; - della deliberazione della Giunta comunale n. 359 del 7 ottobre 2019 recante "Linee Guida per la gestione dei servizi di igiene ambientale nel Comune di (omissis) - Recepimento" e delle Linee Guida ivi recepite; - della deliberazione del Consiglio comunale n. 15 del 15 aprile 2021 di approvazione del bilancio di previsione esercizio 2021 e pluriennale 2021/2023 e relativi allegati; - della deliberazione della Giunta comunale n. 102 in data 11 maggio 2021 di approvazione del Piano esecutivo di gestione per l'anno 2021 e relativi allegati; - della deliberazione del Consiglio comunale n. 15 del 7 maggio 2020 con cui è stato approvato il DUP 2020/2022 e relativi allegati; - della deliberazione del Consiglio comunale n. 16 del 7 maggio 2020 di approvazione del bilancio di previsione finanziario per il triennio 2020/2022 e relativi allegati; - della deliberazione della Giunta comunale n. 106/2020 di approvazione del Piano esecutivo di gestione per l'esercizio 2020 e relativi allegati; - di ogni atto adottato lesivo ai fini del presente giudizio; - dello Statuto comunale e/o altri atti anche regolamentari, ove si ritenga che sottraggano al Consiglio comunale competenze sue proprie per attribuirle ad altri organi. Per quanto riguarda i motivi aggiunti presentati da Ri. Società per Azioni il 14/12/2021: per l'annullamento, previa concessione di misure cautelari: - della determinazione del Dirigente del Settore II Tecnico del Comune di (omissis) n. 302 del 20 ottobre 2021 recante "Procedura aperta per l'affidamento del servizio di raccolta differenziata dei rifiuti con modalità porta a porta, trasporto e smaltimento presso impianti convenzionati. Approvazione verbali di gara e proposta di aggiudicazione. CIG 8548794FF7" e di tutti gli atti con essa approvati e ad essa allegati; - di tutti gli atti conseguenti, connessi e presupposti e tra gli altri: - della nota del Dirigente del II Settore del Comune di (omissis) prot. n. 0040302 del 20 ottobre 2021 recante "Procedura aperta per l'affidamento del servizio di raccolta differenziata dei rifiuti con modalità porta a porta, trasporto e smaltimento presso impianti convenzionati. Approvazione verbali di gara e proposta di aggiudicazione. CIG 8548794FF7C - Comunicazione di aggiudicazione ai sensi dell'art. 76, comma 5, lett. a), del D.Lgs. 50/2016" e di ogni altra analoga comunicazione; - della proposta di aggiudicazione del servizio all'operatore economico Di. Ec. s.r.l.; - di tutti i verbali del seggio di gara e della Commissione, compresi i verbali del 3 maggio 2021, del 3 e 7 maggio 2021, del 4 agosto 2021, del 3 settembre 2021, del 17 settembre 2021, del 20 settembre 2021, del 27 settembre 2021, del 15 ottobre 2021 e di tutti i loro allegati; - della determinazione n. 340 del 14 dicembre 2020 del Dirigente Settore II Tecnico avente ad oggetto "Nuovo servizio raccolta e smaltimento rifiuti solidi urbani sul territorio del Comune di (omissis) - determinazione a contrarre" e degli atti e documenti con essa approvati; - del Bando/Bandi di gara di cui alla determina a contrarre, del Disciplinare di gara come risultante anche a seguito di errata corrige, di tutti i documenti di gara ivi compreso il Progetto del nuovo servizio di gestione dei rifiuti sul territorio comunale [comprensivo, come da elenco elaborati, del Piano Industriale servizi di igiene urbana, della nota sul compostaggio, dell'elenco prezzi unitari, del quadro economico, del Disciplinare di gara, del Capitolato Speciale, del DUVRI, degli elaborati grafici]; gli elenchi dipendenti; il Patto di integrità; il DGUE; il codice di comportamento dell'amministrazione; - della determinazione n. 197 del 21 luglio 2021 del Dirigente II Settore avente ad oggetto "Procedura aperta per l'affidamento del servizio di raccolta differenziata dei rifiuti con modalità porta a porta, trasporto e smaltimento presso impianti convenzionati. Nomina Commissione di gara"; - di tutti i chiarimenti pubblicati dalla Stazione Appaltante; - degli ulteriori atti richiamati da quelli sopra elencati e tra l'altro: - della deliberazione della Giunta comunale n. 342 in data 11 dicembre 2020 recante "Nuovo servizio di raccolta e smaltimenti rifiuti solidi urbani sul territorio del Comune di (omissis) - Approvazione progetto" e della documentazione progettuale con essa approvata; - della determinazione del Settore II Tecnico n. 98 del 22 maggio 2020 recante "Affidamento incarico per la redazione del progetto del nuovo servizio di gestione dei rifiuti sul territorio comunale. CIG Z172D0D948"; - della deliberazione della Giunta comunale n. 359 del 7 ottobre 2019 recante "Linee Guida per la gestione dei servizi di igiene ambientale nel Comune di (omissis) - Recepimento" e delle Linee Guida ivi recepite; - della deliberazione del Consiglio comunale n. 15 del 15 aprile 2021 di approvazione del bilancio di previsione esercizio 2021 e pluriennale 2021/2023 e relativi allegati; - della deliberazione della Giunta comunale n. 102 in data 11 maggio 2021 di approvazione del Piano esecutivo di gestione per l'anno 2021 e relativi allegati; - della deliberazione del Consiglio comunale n. 15 del 7 maggio 2020 con cui è stato approvato il DUP 2020/2022 e relativi allegati; - della deliberazione del Consiglio comunale n. 16 del 7 maggio 2020 di approvazione del bilancio di previsione finanziario per il triennio 2020/2022 e relativi allegati; - della deliberazione della Giunta comunale n. 106/2020 di approvazione del Piano esecutivo di gestione per l'esercizio 2020 e relativi allegati; - di ogni atto ulteriore lesivo ai fini del presente giudizio, comprese le eventuali valutazioni relative alla congruità dell'offerta e al costo del personale; - dello Statuto comunale e/o altri atti anche regolamentari, ove si ritenga che sottraggano al Consiglio comunale competenze sue proprie per attribuirle ad altri organi. Per quanto riguarda il ricorso incidentale presentato da Di. Ec. S.r.l. il 27/12/2021: - dei verbali della gara indetta dal Comune di (omissis) con determinazione del Dirigente Settore II Tecnico n. 340 del 14 dicembre 2020 per l'affidamento dei servizi di igiene urbana e segnatamente dei verbali in data 4 agosto, 3 settembre, 17 settembre, 20 settembre, 27 settembre, 15 ottobre 2021, nelle parti in cui non è stata disposta l'esclusione dalla gara di Ri. s.p.a., successivamente all'esame della sua offerta tecnica e dei relativi allegati e, comunque, nelle parti in cui è stato determinato il punteggio relativo all'offerta tecnica di Ri. s.p.a.; del verbale del 15 ottobre 2021, nelle parti in cui non è stata disposta l'esclusione dalla gara di Ri. s.p.a., successivamente all'esame della sua offerta economica e dei relativi allegati e, comunque, nelle parti in cui è stato determinato il punteggio relativo all'offerta economica di Ri. s.p.a.; -nonché della determinazione del Dirigente del Settore II Tecnico del Comune di (omissis) n. 302 del 20 ottobre 2021, con la quale sono stati approvati i verbali di gara e la proposta di aggiudicazione, limitatamente alla mancata esclusione dalla gara della Ri. s.p.a. e, comunque, alla determinazione dei punteggi attribuiti a Ri. s.p.a. per l'offerta tecnica e per l'offerta economica; della legge speciale della gara, per quanto possa impedire l'esclusione della Ri. s.p.a. ovvero confermare i punteggi attribuiti a Ri. s.p.a. per l'offerta tecnica e per l'offerta economica; degli atti rispetto a questi presupposti, connessi, conseguenti. Visti il ricorso introduttivo, i motivi aggiunti, il ricorso incidentale e i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di (omissis) e della società Di. Ec. S.r.l.; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nella camera di consiglio del giorno 12 gennaio 2022 il dott. Giovanni Giardino e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO e DIRITTO 1.§- Con il ricorso in epigrafe, successivamente integrato con atto per motivi aggiunti notificato il 14 dicembre 2021, la società RI. s.p.a. è insorta avverso la determinazione dirigenziale n. 302 del 20 ottobre 2021, con cui il COMUNE di (omissis) ha approvato i verbali di gara e la proposta di aggiudicazione in favore della controinteressata inerenti alla procedura aperta per l'affidamento del servizio di raccolta differenziata dei rifiuti con modalità porta a porta, trasporto e smaltimento presso impianti convenzionati, nonché tutti gli atti ad essa conseguenti, connessi e presupposti meglio in epigrafe emarginati, deducendo plurime doglianze di violazione e falsa applicazione di legge e di eccesso di potere sotto svariati profili. Si sono costituite per resistere al gravame l'Amministrazione intimata e la controinteressata DI. EC. s.r.l. instando, in punto di rito, per la sua inammissibilità e chiedendone nel merito la reiezione in quanto infondato. All'udienza del 15 dicembre 2021 fissata per la discussione della istanza cautelare, vista la proposizione del ricorso motivi aggiunti con richiesta di misure cautelari, la trattazione dell'istanza cautelare è stata differita, con il consenso di tutte le parti, al 12 gennaio 2022. In data 27 dicembre 2021 la controinteressata DI. EC. s.r.l. ha depositato ricorso incidentale chiedendo l'annullamento degli atti impugnati, nelle parti in cui non è stata disposta l'esclusione dalla procedura della ricorrente principale Ri. s.p.a. e nelle parti in cui sono stati determinati i punteggi attribuiti alla medesima ricorrente. Alla Camera di Consiglio del 12 gennaio 2022 il ricorso è stato trattenuto in decisione ai sensi dell'art. 120, comma 6 c.p.a., come da ultimo modificato dall'art. 4, comma 4, lett. a), D.L. 16 luglio 2020, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 settembre 2020, n. 120, vista la sua manifesta inammissibilità e la non incompatibilità della predetta opzione con le esigenze di difesa di tutte le parti in relazione alla complessità della causa. 2.§- Preliminarmente, occorre dare atto che nel presente giudizio è stato proposto gravame incidentale da parte della controinteressata DI. EC. s.r.l. avverso la mancata esclusione della ricorrente dalla procedura de qua. Come di recente ribadito anche da questo Tribunale (T.A.R. L'Aquila, sentenza 27 luglio 2021, n. 398) in ordine alla relazione tra ricorso principale e incidentale, il rapporto di priorità logica tra ricorso principale ed incidentale deve essere rivisto rispetto a quanto ritenuto dalla giurisprudenza sinora prevalente, nel senso che il ricorso principale deve essere esaminato per primo, potendo la sua eventuale infondatezza determinare l'improcedibilità del ricorso incidentale. "In altri termini, l'ordo questionum impone oggi di dare priorità al gravame principale e ciò in quanto, mentre l'eventuale fondatezza del ricorso incidentale non potrebbe in ogni caso comportare l'improcedibilità del ricorso principale, l'eventuale infondatezza del ricorso principale consentirebbe di dichiarare l'improcedibilità del ricorso incidentale, con conseguente economia dei mezzi processuali. Infatti, ove fosse respinto il ricorso principale, con conseguente formazione del giudicato sulla legittimità (rectius: sulla non illegittimità sulla base dei motivi dedotti) della aggiudicazione controversa, il controinteressato, vale adire l'aggiudicatario, avendo reso intangibile la soddisfazione del proprio interesse, non potrebbe nutrire alcun ulteriore interesse all'accoglimento del ricorso incidentale" (Consiglio di Stato, Sez. IV, Sentenza, (ud. 28/05/2020) 10-07-2020, n. 4431; TAR Campania, Napoli sentenza 1 dicembre 2020 n. 5688). 3.§- Ebbene, in applicazione del surrichiamato approccio interpretativo deve, quindi, essere prioritariamente scrutinato il gravame proposto dalla ricorrente principale società RI. s.p.a.. In via preliminare, seguendo la tassonomia propria delle questioni secondo le coordinate ermeneutiche tracciate dall'Adunanza plenaria n. 5 del 2015, in ordine logico è prioritario l'esame della eccezione di inammissibilità del ricorso principale sollevata dall'amministrazione comunale resistente e dalla controinteressata. L'eccezione è meritevole di positivo apprezzamento. 3.1.§- In termini generali deve osservarsi che l'azione di annullamento è subordinata alla coesistenza delle seguenti condizioni: a) la legittimazione a ricorrere, ovvero la titolarità di una posizione giuridica, intesa come posizione sostanziale differenziata e qualificata che distingue il soggetto dal "quisque de populo" in rapporto all'esercizio dell'azione amministrativa; b) l'interesse al ricorso, ovvero la concreta possibilità di perseguire un bene della vita, anche di natura morale o residuale, attraverso il processo, in corrispondenza ad una lesione diretta ed attuale dell'interesse protetto, a norma dell'art. 100 c.p.c.. L'interesse al ricorso si connota per i caratteri della "personalità", "attualità" e "concretezza". La mera titolarità di un interesse protetto non giustifica quindi l'azione giudiziale, quando tale interesse non sia concretamente leso dall'atto di cui si chiede la rimozione dal mondo giuridico. Dunque, per dimostrare la sussistenza dell'interesse a ricorrere, colui che agisce deve fornire prova della lesione personale, attuale e concreta arrecata dal provvedimento impugnato ed il vantaggio che otterrebbe dall'annullamento del provvedimento, non essendo sufficiente a radicare l'interesse al ricorso una lesione configurabile solo in astratto, né la mera eventualità di una lesione futura. 3.2.§- Con specifico riferimento alle procedure di affidamento dei contratti pubblici, l'operatore economico che abbia partecipato alla procedura di gara, pur essendo titolare della legittimazione a ricorrere e potendo astrattamente contestare l'operato della stazione appaltante in quanto riveste una posizione differenziata rispetto a quella di un qualsiasi operatore, non ha, tuttavia, interesse ad impugnare autonomamente né la "proposta di aggiudicazione", né "l'approvazione della proposta di aggiudicazione" per carenza di una lesione attuale e concreta riconducibile a detti atti. Il D.lgs. n. 50/2016, infatti, opera una chiara distinzione tra la "proposta di aggiudicazione", "l'approvazione della proposta di aggiudicazione" e "l'aggiudicazione". La "proposta di aggiudicazione", che è formulata dalla commissione giudicatrice composta da esperti nello specifico settore relativo all'oggetto del contratto d'appalto, è soggetta ad "approvazione" dell'organo competente secondo l'ordinamento della stazione appaltante e nel rispetto dei termini dallo stesso previsti (in mancanza di fissazione di detto termine lo stesso è individuato ope legis in trenta giorni) (art. 33, comma 1). L'"aggiudicazione", invece, costituisce il provvedimento conclusivo della procedura di gara in forza del quale viene attribuito il bene della vita. La "proposta di aggiudicazione" rappresenta un atto endoprocedimentale e, come tale, non è soggetto ad autonoma impugnazione (in tali termini, T.A.R. Abruzzo, L'Aquila, 5.6.2020, n. 212; T.A.R. Abruzzo, L'Aquila, 23.6.2020, n. 240). L'art. 204 del nuovo Codice degli appalti difatti sancisce espressamente l'inammissibilità della impugnazione della "proposta di aggiudicazione" in quanto atto privo di lesività essendo destinato ad essere superato dall'"aggiudicazione". Parimenti non impugnabile è "l'approvazione della proposta di aggiudicazione" che si sostanzia in quell'attività di "verifica della proposta di aggiudicazione" prevista dall'art. 32, comma 5, del D.Lgs n. 50/2016, ovvero nell'attività di controllo sulla proposta di aggiudicazione rientrante nel più generale controllo degli atti della procedura attuato dalla stazione appaltante (che autonomamente individua l'organo compente, ovvero, in mancanza, il R.u.p.), disciplinata dall'art. 33, comma 1, del D.Lgs. n. 50/2016 (in tali termini, cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 27 aprile 2020 n. 2655). Solo all'esito della suddetta attività di verifica sulla "proposta di aggiudicazione", la stazione appaltante provvede all'"aggiudicazione" che costituisce un'autonoma e distinta manifestazione di volontà della stazione appaltante. Il provvedimento di "aggiudicazione", che deve essere necessariamente espresso, segue, quindi, "l'approvazione della proposta di aggiudicazione", che può intendersi perfezionata anche qualora la stazione appaltante non si sia pronunciata nei termini di legge, come prevede testualmente l'art. 33, comma 1, ultima parte del D.Lgs. n. 50/2016. In definitiva, dopo "l'approvazione della proposta di aggiudicazione", atto privo di carattere lesivo, che sia espressa o tacita, deve comunque necessariamente intervenire "l'aggiudicazione". Come di recente è stato puntualmente rimarcato in giurisprudenza, dal combinato disposto degli artt. 32, comma 5, e 33, comma 1, del D.Lgs. 50/2016 emerge con meridiana evidenza la distinzione formale, oltre che logica, dell'approvazione della proposta di aggiudicazione e del provvedimento definitivo di aggiudicazione:  solo quest'ultimo concretizza e rende attuale l'interesse all'impugnazione (T.A.R. Campania - Napoli, Sez. I - sentenza 2 aprile 2021 n. 2247). 4.1.§- Ebbene, applicato l'esposto indirizzo interpretativo alla fattispecie in esame, rileva il Collegio che l'odierno gravame introduttivo si appunta sulla determinazione comunale con cui l'organo tecnico competente della stazione appaltante (nello specifico il Dirigente del II Settore Tecnico) si è limitato a prendere atto dei verbali e degli atti di gara e ad approvare la proposta di aggiudicazione "per l'affidamento del servizio di raccolta differenziata dei rifiuti con modalità porta a porta, trasporto e smaltimento presso impianti convenzionati". La volontà dell'amministrazione nei termini anzidetti trova puntuale ed espresso riscontro testuale non solo nel contenuto dispositivo della citata determinazione, ove si afferma che la stazione appaltante determina di "approvare, conseguentemente, ai sensi e per gli effetti dell'art. 33, comma 1 del D.Lgs. n. 50/2016 la proposta di aggiudicazione del servizio di che trattasi all'operatore economico Di. Ec. SRL" e "di dare atto che l'aggiudicazione definitiva avverrà a seguito del completamento con esito favorevole delle verifiche previste dalla vigente normativa in materia", ma anche nella comunicazione prot. n. 0040302 del 20 ottobre 2021 della predetta approvazione della proposta di aggiudicazione, erroneamente qualificata dalla stazione appaltante come "Comunicazione di aggiudicazione ai sensi dell'art. 76, comma 5, lett. a), del D.Lgs. 50/2016", ove si precisa espressamente che a norma dell'articolo 32 comma 7, del D.Lgs. 50/2016 " l'aggiudicazione definitiva avverrà a seguito del completamento con esito favorevole delle verifiche previste dalla normativa vigente in materia". 4.2.§- In definitiva, atteso che nell'odierna vicenda l'aggiudicazione allo stato non è ancora avvenuta, deve ritenersi che la gravata determinazione sia un mero atto interno al procedimento di evidenza pubblica, come tale privo di valenza provvedimentale e, quindi, non di per sé lesivo, né autonomamente impugnabile. Medesima natura, e parimenti non dotati di immediata lesività ai sensi dell'art. 120, comma 2 bis c.p.a., rivestono le risultanze ed i verbali delle operazioni di gara e gli altri atti relativi alla procedura di gara in questa sede impugnati. 5.§- In conclusione in assenza di un provvedimento definitivo ed autonomamente lesivo, il ricorso principale, come integrato con motivi aggiunti, deve essere dichiarato inammissibile per difetto di interesse. Ne consegue, quindi, la reiezione dell'intero gravame e, stante il carattere processuale della questione che attiene alla possibilità stessa di proporre il ricorso, resta assorbito il vaglio di ogni altra censura di merito dedotta. 6.§- Per l'effetto, in applicazione del summenzionato indirizzo pretorio di cui al 2.§ della presente decisione (Consiglio di Stato, Sez. IV, n. 4431/2020), deve essere dichiarato improcedibile il gravame incidentale articolato dalla controinteressata DI. EC. s.r.l., in quanto dal suo eventuale accoglimento non potrebbe derivare alcuna utilità. 7.§- La complessità delle questioni esaminate e la definizione in rito del giudizio giustificano l'integrale compensazione delle spese ed onorari tra le parti costituite. Nondimeno, in applicazione dell'art. 13, comma 6-bis.1, del D.P.R. n. 115/2002, la ricorrente società RI. s.p.a. va condannata al rimborso del contributo unificato versato dalla controinteressata per la proposizione del gravame incidentale. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per l'Abruzzo (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso principale e sul ricorso incidentale, come in epigrafe proposti: 1) respinge il ricorso principale, come integrato da atto per motivi aggiunti, presentato dalla società RI. s.p.a. in quanto inammissibile; 2) dichiara improcedibile il ricorso incidentale formulato dalla società DI. EC. s.r.l.; 3) compensa integralmente tra le parti le spese e gli onorari di giudizio; 4) condanna la società RI. s.p.a. al rimborso del contributo unificato versato dalla controinteressata DI. EC. s.r.l. per la proposizione del gravame incidentale. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in L'Aquila nella camera di consiglio del giorno 12 gennaio 2022 con l'intervento dei magistrati: Umberto Realfonzo - Presidente Mario Gabriele Perpetuini - Primo Referendario Giovanni Giardino - Referendario, Estensore

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale per l' Abruzzo Sezione Prima ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 149 del 2020, proposto da Fi. Ma. Ia., rappresentato e difeso dall'avvocato An. Gr. Sc., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; contro Comune dell'Aquila, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Do. De Na., Ci. An., con domicilio eletto presso lo studio Ci. An. in L'Aquila, via (...); per l'annullamento - del diniego del permesso di costruire n. 16 del 30 gennaio 2020, notificato il 7 febbraio 2020, con cui il Comune dell'Aquila ha disposto nei confronti della ricorrente il diniego del permesso di costruire per lavori di realizzazione di una tettoia a copertura di un terrazzo su un fabbricato di civile abitazione, sito a L'Aquila, in via (omissis), catasto di L'Aquila sez. L'Aquila, foglio (omissis) part. N. (omissis), nonchè di ogni altro atto e/o provvedimento presupposto, consequenziale o comunque connesso con quello impugnato, con ampia riserva di motivi aggiunti per quanto non potuto conoscere. Visti il ricorso e i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune dell'Aquila; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 12 gennaio 2022 il dott. Giovanni Giardino e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO e DIRITTO 1.§ - Con ricorso ritualmente notificato il 18/05/2020 e depositato il 26/05/2020 IA. Fi. Ma. ha impugnato, unitamente ad ogni altro atto ad esso connesso, prodromico o preliminare, il provvedimento comunale di diniego del permesso di costruire n. 16 del 30 gennaio 2020, notificato in data 7 febbraio 2020, "per lavori di realizzazione di una tettoia a copertura di un terrazzo su un fabbricato di civile abitazione, sito a L'Aquila, in via (omissis), Catasto di L'aquila sez. L'Aquila, foglio (omissis) part. N. (omissis)", deducendo con un'unica articolata doglianza censure di violazione di legge e di eccesso di potere sotto svariati profili. In punto di fatto la ricorrente premette di aver presentato il 7 maggio 2019 richiesta di permesso di costruire per la realizzazione di una tettoia in legno, con manto di copertura in coppi, a copertura parziale del terrazzo del fabbricato di sua proprietà ubicato nel Comune dell'Aquila in prossimità delle mura urbiche soggette a vincolo paesaggistico, allegando all'istanza la relazione tecnica a firma del professionista incaricato e gli elaborati progettuali. In data 17 dicembre 2019 la Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio per la città dell'Aquila, ritenendo le opere progettate compatibili con i criteri di tutela definiti dalla normativa in materia di beni culturali, ha rilasciato l'autorizzazione prevista dall'articolo 21, comma 4 del D.Lgs. 22/01/2004, n. 42. Di poi, con decreto n. 106 del 30 dicembre 2019, il Comune resistente ha adottato l'autorizzazione paesaggistica ai sensi dell'art. 146 del D.Lgs. 22/01/2004, n. 42, fermo restando il rispetto dei profili in merito alla normativa urbanistica, edilizia locale e sanitaria. Con il provvedimento oggetto di gravame il Comune dell'Aquila ha negato il permesso di costruire in ragione del ritenuto contrasto dell'intervento con gli artt. 9 e 74 delle N.T.A. e con l'art. 5, comma 7, della D.C.C. 66/2010 di recepimento della LR 16/2009 (che non consentirebbero costruzioni in aderenza ai fabbricati confinanti e ampliamenti volumetrici tesi alla realizzazione di tettoie e/o superfici accessorie alla residenza), nonché della carenza di una serie di documenti indicati nel diniego. Si è costituito in resistenza al ricorso il Comune dell'Aquila instando per il suo rigetto in quanto irricevibile, inammissibile e, comunque, privo di merito di fondatezza. All'udienza pubblica del 15 dicembre 2021 la difesa dell'ente comunale ha chiesto breve rinvio per procedere alla riassunzione del ricorso a seguito del passaggio ad altra amministrazione del legale firmatario del ricorso. La causa è stata, quindi, rinviata all'udienza del 12 gennaio 2022 allorché è stata trattenuta in decisione. 3.§ - Preliminarmente in punto di rito, va vagliata l'eccezione di tardività del ricorso, al fine di verificare la sussistenza del presupposto processuale della ricevibilità . L'eccezione non è meritevole di positivo apprezzamento. Nell'ambito degli interventi tesi a fronteggiare l'emergenza Covid-19 riguardanti il processo amministrativo, l'articolo 3 del decreto legge 8 marzo 2020, n. 11 ha previsto la sospensione dei termini di cui all'articolo 54 commi 2 e 3 del codice del processo amministrativo fino al 22 marzo 2020. Successivamente, l'art. 84 del decreto legge n. 18/2020 ha disposto la sospensione di tutti i termini relativi al processo amministrativo fino al 15 aprile 2020. Da ultimo, l'articolo 36, comma 3 del decreto legge 8 aprile 2020, n. 23 - successivamente convertito con la legge 5 giugno 2020, n. 40 - ha previsto l'ulteriore sospensione, dal 16 aprile al 3 maggio 2020 inclusi, dei termini per la notificazione dei ricorsi, fatta eccezione per i procedimenti cautelari. Ebbene, applicate le surrichiamate coordinate normative alla fattispecie per cui è causa il gravame non può ritenersi tardivo. Ciò in quanto il provvedimento impugnato è stato notificato il 7 febbraio 2020, mentre il ricorso è stato notificato il 18 maggio 2020, nel pieno rispetto del termine decadenziale di 60 giorni tenuto conto delle sospensioni legali di cui innanzi. Da quanto fin qui riferito discende il rigetto dell'eccezione di irricevibilità . 4.§ - Ciò chiarito in via preliminare, il ricorso è, nel merito, fondato. Il Comune assume a fondamento della legittimità del provvedimento impugnato un duplice e concomitante rilievo, ovvero: 1) che mancherebbe l'autorizzazione paesaggistica; 2) che sussisterebbero plurime violazioni della normativa in materia urbanistica ed edilizia. Entrambi i rilievi che precedono non colgono, tuttavia, minimamente nel segno. 4.1.§ - Con riguardo al primo, è sufficiente considerare che, come innanzi rappresentato e da quanto emerge dalla documentazione versata agli atti del giudizio, l'autorizzazione paesaggistica risulta stata rilasciata tanto dalla Soprintendenza quanto dal medesimo Comune resistente con distinti provvedimenti del dicembre 2019. 4.2.§ - Con riguardo alle asserite violazioni della normativa in materia urbanistica ed edilizia deve osservarsi che appare del tutto inconferente alla fattispecie in esame il richiamo all'art. 9 N.T.A. che riguarda i limiti di distanza dei soli "fabbricati" nel cui novero non può evidentemente ricondursi una tettoia in legno aperta sui tre lati, come quella che vorrebbe realizzare la ricorrente. Parimenti insussistente è la ritenuta violazione dell'art. 74 N.T.A. essendo consentita l'edificabilità in aderenza rispetto ad edifici contermini ai sensi degli artt. 873 ss. c.c. e dell'art. 46 delle medesime N.T.A., nonché dell'art. 4, comma 6, Regolamento Edilizio del Comune dell'Aquila. Inoltre, contrariamente a quanto ritenuto dal Comune resistente, la realizzazione della tettoia oggetto dell'istanza presentata dalla ricorrente, che si sviluppa per una superficie di mq. 35,76, inferiore alla superficie della terrazza pari a mq. 41,28, che è aperta su tre lati e priva di muri perimetrali con la funzione di proteggere la terrazza da intemperie e da altri agenti climatici, non determina alcun ampliamento volumetrico. Ed infatti, sulla base del consolidato indirizzo giurisprudenziale la tettoia aperta su tre lati non costituisce volume aggiuntivo (in tali termini, T.A.R. Abruzzo Pescara Sez. I, 13/02/2020, n. 65) e non è comunque qualificabile come nuova costruzione se trattasi di un manufatto che, per le sue caratteristiche costruttive, è una struttura aperta sui tre lati, che quindi non costituisce ampliamento, volumetria e nuova superficie, posta a servizio dell'abitazione principale e poggiante su un muro preesistente, realizzata per il tramite del recupero di altra superficie demolita, e non è idonea ad alterare la sagoma delle edificazioni presenti (T.A.R. Lombardia Milano Sez. II, 19/04/2021, n. 975). Di poi appare del tutto fuorviante quanto riportato dalla difesa dell'ente civico in ordine al procedimento penale conclusosi con la condanna della precedente proprietaria dell'immobile de quo per aver realizzato un manufatto in forza di d.i.a. anziché con permesso di costruire, trattandosi di una vicenda totalmente estranea rispetto a quella per cui è causa. Da ultimo, quanto alla presunta carenza documentale va rilevato che anche sotto tale profilo il provvedimento non supera i rilievi di illegittimità qui dedotti, atteso che la documentazione agli atti del giudizio dà contezza del fatto che la ricorrente ha fornito tutta la documentazione e gli elaborati tecnici necessari all'istruzione della pratica, di talché la richiesta di ulteriori documenti risulta non solo ultronea e contraria ai criteri di economicità e di efficacia dell'azione amministrativa (art. 1, comma 1 L. n. 241/1990), ma si appalesa vieppiù in evidente contrasto con i doveri di collaborazione e buona fede che, avendo portata bilaterale, si impongono anche all'Amministrazione ai sensi del comma 2 bis dell'art. 1 della legge 7 agosto 1990, n. 241 (in tali termini, Consiglio di Stato - sentenza 29 novembre 2021 n. 19). 5. § - In definitiva, sulla base delle superiori complessive considerazioni, il ricorso è dunque fondato e va accolto con conseguente annullamento del provvedimento impugnato. Da ultimo, le specifiche circostanze inerenti alla peculiarità del caso di specie costituiscono elementi che militano per l'applicazione dell'art. 92 c.p.c., come richiamato espressamente dall'art. 26, comma 1, c.p.a. e depongono per la compensazione delle spese di giudizio tra le parti. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per l'Abruzzo Sezione Prima, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l'effetto, annulla il diniego del permesso di costruire n. 16 del 30 gennaio 2020 "per lavori di realizzazione di una tettoia a copertura di un terrazzo su un fabbricato di civile abitazione, sito a L'Aquila, in via (omissis), Catasto di L'aquila sez. L'Aquila, foglio (omissis) part. N. (omissis)". Spese compensate. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in L'Aquila nella camera di consiglio del giorno 12 gennaio 2022 con l'intervento dei magistrati: Umberto Realfonzo - Presidente Mario Gabriele Perpetuini - Primo Referendario Giovanni Giardino - Referendario, Estensore

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale per l' Abruzzo Sezione Prima ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 228 del 2021, integrato da motivi aggiunti, proposto da Cns - Consorzio Nazionale Servizi Soc. Coop., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Mi. Lo., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Modena, via (...); contro Azienda Sanitaria Locale di Teramo, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Pi. Re., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; nei confronti An. S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Ma. Pi. e Fr. De. Ro., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; L'O. S.p.A. (Già L'O. S.C.A.R.L.) ed altri, non costituite in giudizio; e con l'intervento di ad adiuvandum: Mi. S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Pa. Sa. ed Eu. Br. Li., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; per l'annullamento: per quanto riguarda il ricorso introduttivo: - della deliberazione n. 1043 del 7.6.2021 del Direttore Generale dell'Azienda Unità Sanitaria Locale n. 4 di Teramo (d'ora in avanti "AUSL Teramo"), pubblicata sul sito internet dell'Ente in pari data, con la quale l'Amministrazione disponeva l'"Adesione Consip relativa alla "Fornitura di un Multi Servizio tecnologico integrato con la fornitura di energia per gli immobili adibiti ad uso sanitario, in uso a qualsiasi titolo alle pubbliche amministrazioni" Edizione 2" e l'affidamento di servizi complementari ex art. 57 comma 5 lett. a) d.lgs. n. 163/2006 in favore dell'ATI capeggiata da An. S.p.a; - della nota dell'AUSL di Teramo del 30.10.2020 prot. n. 5815147 avente ad oggetto la richiesta preliminare di fornitura inviata al RTI An. nonché della nota dell'AUSL Teramo del 9.4.2021 prot. n. 58316/21, con la quale l'Amministrazione Contraente chiedeva una rimodulazione del Piano Tecnico Economico inviato da An. (atti non noti); - dei verbali di incontro e/o delle note con le quali l'AUSL di Teramo ha definito il contenuto dell'offerta MIES 2 ed ha richiesto all'ATI An. una proposta per servizi complementari, ai sensi dell'art. 57 co. 5 lett. a) relativi al potenziamento della manutenzione edile e al servizio di facchinaggio (atti non noti); - per quanto occorrer possa, del Piano Tecnico Economico del 4.6.2021 (rev. 01) [d'ora in poi "PTE"] presentato dall'ATI An. e delle precedenti versioni e/o integrazioni del PTE del 22.3.2021 e del 19.4.2021 nonché della nota inviata a mezzo email il 31.5.2021 e acquisita a protocollo dell'Ente il 3.6.2021 prot. n. 83324 (Rev. 5) dell'ATI An. con la quale offriva i servizi complementari ed inoltre del preventivo di spesa di An. del 23.4.2021 ed infine delle note di An. del 4.11.2020, del 11.3.2021 (atti noti solo in parte); - di ogni altro atto antecedente, connesso o comunque consequenziale, ancorché non conosciuto, con espressa riserva di motivi aggiunti; per la declaratoria: - di inefficacia del contratto/ordinativo principale di fornitura ovvero di qualsiasi atto aggiuntivo medio tempore concluso; per il risarcimento del danno: - in forma specifica mediante, ove possibile, il subentro dell'odierna ricorrente nel rapporto contrattuale medio tempore concluso, ovvero mediante la rinnovazione della procedura di affidamento ovvero ancora, in via subordinata, per equivalente; per quanto riguarda i motivi aggiunti presentati da Cns - Consorzio Nazionale Servizi Soc. Coop. il 24/9/2021: per l'annullamento: - della deliberazione n. 1043 del 7.6.2021 del Direttore Generale dell'Azienda Unità Sanitaria Locale n. 4 di Teramo (d'ora in avanti "AUSL Teramo"), pubblicata sul sito internet dell'Ente in pari data, con la quale l'Amministrazione disponeva l'"Adesione Consip relativa alla "Fornitura di un Multi Servizio tecnologico integrato con la fornitura di energia per gli immobili adibiti ad uso sanitario, in uso a qualsiasi titolo alle pubbliche amministrazioni" Edizione 2" e l'affidamento di servizi complementari ex art. 57 co. 5 lett. a) d.lvo 163/2006 in favore dell'ATI capeggiata da An. Spa (d'ora in avanti "ATI An."); - della nota dell'AUSL di Teramo del 30.10.2020 prot. n. 5815147 avente ad oggetto la richiesta preliminare di fornitura inviata al RTI An. nonché della nota dell'AUSL Teramo del 9.4.2021 prot. n. 58316/21, con la quale l'Amministrazione Contraente chiedeva una rimodulazione del Piano Tecnico Economico inviato da An.; - dei verbali di incontro e/o delle note con le quali l'AUSL di Teramo ha definito il contenuto dell'offerta MIES 2 ed ha richiesto all'ATI An. una proposta per servizi complementari, ai sensi dell'art. 57 co. 5 lett. a) relativi al potenziamento della manutenzione edile e al servizio di facchinaggio; - per quanto occorrer possa, del Piano Tecnico Economico del 4.6.2021 (rev. 01) [d'ora in poi "PTE"] presentato dall'Ati An. e delle precedenti versioni e/o integrazioni del PTE del 22.3.2021 e del 19.4.2021 nonché della nota inviata a mezzo email il 31.5.2021 e acquisita a protocollo dell'Ente il 3.6.2021 prot. n. 83324 (Rev. 5) dell'Ati An. con la quale offriva i servizi complementari ed inoltre del preventivo di spesa di An. del 23.4.2021 ed infine delle note di An. del 4.11.2020, del 11.3.2021; - quanto ai presenti motivi aggiunti, della deliberazione dell'ASL Teramo n. 1257 del 20.7.2021, nella parte in cui l'Amministrazione ha accettato le integrazioni dell'offerta dei servizi aggiuntivi proposti da An. con nota del 16.7.2021; - di ogni altro atto antecedente, connesso o comunque consequenziale, ancorché non conosciuto, con espressa riserva di motivi aggiunti; per la declaratoria: - di inefficacia del contratto/ordinativo principale di fornitura ovvero di qualsiasi atto aggiuntivo medio tempore concluso; per il risarcimento: - del danno in forma specifica mediante, ove possibile, il subentro dell'odierna ricorrente nel rapporto contrattuale medio tempore concluso, ovvero mediante la rinnovazione della procedura di affidamento ovvero ancora, in via subordinata, per equivalente. Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione in giudizio dell'Azienda Sanitaria Locale di Teramo e di An. S.p.a.; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 17 novembre 2021 la dott.ssa Maria Colagrande; Uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO Il "Consorzio nazionale di servizi" è gestore in proroga del servizio tecnologico integrato con la fornitura di energia per gli immobili adibiti ad uso sanitario della ASL di Teramo. Con il ricorso in decisione ha impugnato la delibera 1043 del 7.6.2021 con la quale l'ASL Teramo: - ha aderito alla convenzione MIES 2, stipulata fra la Consip S.p.a. e l'aggiudicataria del lotto n. 16, An. s.p.a., per la "Fornitura di un Multi Servizio tecnologico integrato con la fornitura di energia per gli immobili adibiti ad uso sanitario, in uso a qualsiasi titolo alle pubbliche amministrazioni"; - ha affidato ad An. alcuni servizi complementari a quello oggetto della convenzione, ai sensi dell'art 57 comma 5 del d.lgs. n. 163/2006. Con il primo motivo lamenta vizi di violazione e falsa applicazione degli artt. 57 del d.lvo 163/2006, degli art. 26 L. n. 488/1999, art. 1, commi 449 e 450, L. n. 296/2006 e art. 15, 6 co. 13, lett. d), D.L. n. 95/2012 conv. nella l. n. 135/2012, del par. 8.4 del Capitolato Tecnico MIES 2 nonché dei principi di par condicio, trasparenza, libera concorrenza, giusto procedimento - eccesso di potere per carenza dei presupposti di fatto, difetto di istruttoria e di motivazione; l'ASL di Teramo, facendo formalmente ricorso alla disciplina dell'art. 57 comma 5 lett. a) del d.lgs. n. 163/2006, avrebbe illegittimamente affidato al Rti An. prestazioni ulteriori (potenziamento dei servizi di manutenzione edile e servizio di facchinaggio interno ed esterno), o coincidenti con altre prestazioni remunerate con il canone stabilito nel piano tecnico economico, o riconducibili alle prestazioni extra-canone previste nella convenzione MIES 2, per circa un terzo del valore dell'intero contratto. La ASL avrebbe così di fatto promosso la stipula di un contratto diverso da quello oggetto della convenzione MIES 2, in contrasto la par condicio tra gli operatori economici che avrebbero avuto interesse a poter partecipare a una procedura pubblica di affidamento avente ad oggetto tutte le prestazioni affidate ad An., o quantomeno le prestazioni complementari che peraltro, pur essendo contemplate dalla convenzione MIES come prestazioni extra- canone (fino al 10% del canone), sono state affidate a tariffe ben maggiori come servizi complementari. Con il secondo motivo deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 57 del d.lvo 163/2006, dell'art. 3 della legge 241/1990 nonché dei principi di par condicio e di libera concorrenza - eccesso di potere per difetto di motivazione; l'ASL di Teramo ha fatto ricorso, per l'affidamento dei servizi aggiuntivi, all'art. 57 comma 5 lett. a) del d.lgs. n. 163/2006 così ampliando l'oggetto della convenzione MIES, benché non ne ricorrano le condizioni previste quali: - l'estraneità dei servizi aggiuntivi al progetto e al contratto iniziale, mentre il servizio di manutenzione edile nella Convenzione MIES 2 era, in parte, previsto; - la necessità, derivante da una circostanza imprevista, di affidarli allo stesso operatore, che non risulta indicata nei provvedimenti impugnati mentre, al contrario, l'imprevisto dipende dall'inerzia dell'Amministrazione; - i servizi devono essere divenuti necessari all'esecuzione dell'opera o del servizio oggetto del progetto o del contratto, ma non viene indicata la sopravvenuta necessità di affidamento di detti servizi. Il Consorzio chiede quindi l'annullamento dei provvedimenti impugnati e il subentro nell'affidamento disposto in favore della controinteressata o, in subordine, il risarcimento del danno da perdita dalla chance di aggiudicarsi la gara aperta per l'affidamento del servizio o almeno dei servizi complementari. Resiste la ASL di Teramo che eccepisce preliminarmente: - l'inammissibilità del ricorso perché - essendo l'ASL di Teramo obbligata ad aderire alla convenzione stipulata da Consip s.p.a. per l'acquisto di beni e servizi - la ricorrente, che non è aggiudicataria di nessun lotto della gara indetta dalla centrale di committenza, non potrebbe subentrare nel contratto ad An. e non potrebbe quindi conseguire alcuna utilità concreta dall'annullamento dell'atto impugnato; - la S.p.a. An. che eccepisce l'inammissibilità del ricorso: a) per difetto di specificità dei motivi; b) per difetto di giurisdizione, relativamente alla domanda di declaratoria di inefficacia del contratto di affidamento dei servizi di cui al MIES 2; c) per abuso del processo in quanto il Consorzio ricorrente avrebbe conseguito l'affidamento del servizio oggetto di affidamento alle stesse condizioni censurate con il ricorso introduttivo. È intervenuta ad adiuvandum la Mi. S.p.a. Con memoria del 20.9.2021 An. eccepisce ulteriormente: - l'improcedibilità del ricorso perché la ASL ha provveduto a contrattualizzare le sole prestazioni inerenti ai servizi di cui alla Convenzione MIES2 tramite l'ordine di acquisto trasmesso all'ATI An. in data 8 giugno 2021, che tra i servizi richiesti ad An. indica pure quelli c.d. "extracanone a consumo", per un importo di Euro 2.435.747,09; inoltre, con la nota del 16.7.2021 inviata all'Amministrazione, An. ha precisato che tra i servizi "extracanone a consumo", possono essere ricompresi quelli di "potenziamento manutenzione edile" e facchinaggio da espletarsi dalle 22 risorse full time equivalent ("FTE"), già indicate per l'esecuzione dei servizi complementari ex art. 57 del d.lgs. n. 163/2006, e che tali risorse saranno contabilizzate con applicazione dello sconto offerto in sede di gara, ai sensi del Capitolato Tecnico MIES2; - l'inammissibilità dell'intervento ad adiuvandum di Mi. S.p.a., di cui chiede l'estromissione, in quanto il giudizio, diversamente da quanto ritenuto dall'interveniente a sostegno della propria legittimazione e interesse, non verte su presunti inadempimenti contrattuali e carenze del PTE dell'ATI An.. Con atto di motivi aggiunti notificati il 20 settembre 2021, il Consorzio ha impugnato la deliberazione dell'ASL Teramo n. 1257 del 20.7.2021, nella parte in cui l'Amministrazione ha accettato le integrazioni dell'offerta dei servizi aggiuntivi proposti da An. con nota del 16.7.2021. Con il primo motivo aggiunto - violazione e falsa applicazione dell'art. 57 del d.lvo 163/2006, degli art. 26 L. n. 488/1999, art. 1, commi 449 e 450, L. n. 296/2006 e art. 15, co. 13, lett. d), D.L. n. 95/2012 conv. nella l. n. 135/2012, del par. 8.4 del capitolato tecnico MIES 2 - eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione - lamenta che la deliberazione impugnata non avrebbe annullato in parte qua la precedente deliberazione n. 1043/2021 - i cui effetti lesivi quindi permarrebbero - con riferimento allo sconto offerto da An. per i materiali dei servizi complementari e alla riduzione del canone da versare ad An. per i servizi complementari; deduce inoltre che l'Amministrazione, non avendo modificato la precedente deliberazione, corrisponderà ad An. un canone superiore, per la parte del personale impiegata nei servizi complementari, rispetto allo sconto che la stessa controinteressata dichiara di applicare nella nota del 16.7.2021. Con il secondo motivo aggiunto il ricorrente si duole di vizi di violazione e falsa applicazione degli art. 26 l. n. 488/1999, art. 1, commi 449 e 450, l. n. 296/2006 e art. 15, co. 13, lett. d), D.L. n. 95/2012 conv. nella l. n. 135/2012, dell'art. 1 del d.lvo 115/2008, dei parr. 2, 5.3, 5.3.3 e delle Appendici 9 e 11 al Capitolato Tecnico MIES 2, della norma UNI EN ISO 13790 nonché dei principi di par condicio, trasparenza, libera concorrenza, giusto procedimento - eccesso di potere per difetto di istruttoria; l'ASL non avrebbe dovuto approvare il PTE di An., poiché carente dei dati necessari per ricostruire il calcolo del canone offerto, indispensabile per l'adesione alla Convenzione MIES 2, né quindi aderire alla Convenzione Consip MIES 2, in mancanza di un PTE conforme alle previsioni della Convenzione medesima, che prevede l'indicazione delle modalità di calcolo del Jck (Appendice 11 allegato al Capitolato MIES2. Il PTE di An.), in specie del tutto omesse. L'ASL eccepisce: - l'inammissibilità dei motivi aggiunti perché il ricorrente non ha impugnato il rigetto dell'istanza di autotutela insito nella deliberazione n. 1257/2021; - il difetto di giurisdizione perché il ricorso è strutturato come doglianza avverso aspetti di natura privatistica attinenti allo svolgimento del rapporto contrattuale tra l'azienda ASL di Teramo e An., in quanto oggetto di censura sarebbe la modifica da parte di An. dell'importo del costo della manodopera per i servizi aggiuntivi, nonché lo sconto offerto per i materiali, non già il riesame della deliberazione di affidamento n. 1043/2021; - l'irricevibilità dei motivi aggiunti perché introdurrebbero censure che avrebbero dovuto essere dedotte nel ricorso principale, nel termine decadenziale decorrente dal 7 giugno 2021, ovvero dal momento del deposito degli allegati al P.T.E. nel fascicolo telematico (10 luglio 2021); La controinteressata An. S.p.a. ha eccepito: - l'inammissibilità del primo motivo aggiunto per difetto di specificità, perché non viene indicato il parametro normativo violato dalla deliberazione impugnata nella parte in cui non avrebbe contestualmente annullato il provvedimento di affidamento dei servizi complementari di cui alla precedente deliberazione n. 1043/2021; - il difetto di giurisdizione perché le nuove censure avrebbero ad oggetto un contratto (la convenzione Consip) in corso di esecuzione; - l'inammissibilità del primo motivo aggiunto perché, una volta che sarà raggiunto il limite economico del 10% del canone complessivo per l'affidamento dei servizi extracanone di potenziamento manutenzione edile e facchinaggio, potrà esserne aggiudicato l'affidamento con gara; - l'irricevibilità del secondo motivo aggiunto perché introduce censure del PTE di An. depositato dalla ASL insieme agli allegati il 10.7.2021; - l'inammissibilità del secondo motivo aggiunto per difetto di legittimazione attiva, in quanto il Consorzio non sarebbe titolare di alcun contratto alternativo cui l'AUSL di Teramo potrebbe scegliere di aderire nel caso in cui la deliberazione n. 1257/2021 della ASL fosse annullata; All'udienza del 17 novembre 2021 il ricorso e i motivi aggiunti sono passati in decisione. DIRITTO 1. Viene in decisione il ricorso, integrato da motivi aggiunti, avverso la decisione della ASL di Teramo di avvalersi, in regime di convenzione MIES 2, cui ha aderito: - del servizio offerto dalla S.p.a. An., aggiudicataria del lotto n. 16 della gara bandita da Consip S.p.a. per la "Fornitura di un Multi Servizio tecnologico integrato con la fornitura di energia per gli immobili adibiti ad uso sanitario, in uso a qualsiasi titolo alle pubbliche amministrazioni", - di alcuni servizi complementari affidati dalla stessa ASL alla controinteressata ai sensi dell'art 57 comma 5 del d.lgs. n. 163/2006. 2. Occorre muovere dalle eccezioni solevate dalla controinteressata e dalla resistente. 2.1 Non è fondata l'eccezione di difetto di giurisdizione della domanda di declaratoria di inefficacia del contratto stipulato dalla ASL con An. S.p.a. Infatti il Consorzio ricorrente censura l'adesione della ASL alla convenzione MIES 2, che ha condotto alla stipula del contratto con l'aggiudicataria del lotto 16, in luogo dell'esperimento della gara pubblica di un servizio che considera diverso per oggetto e consistenza da quello inerente al lotto 16. La disapplicazione del contratto è l'effetto dell'eventuale annullamento della procedura ed è riconducibile al potere conferito al giudice amministrativo dall'art. 122 del codice del processo amministrativo nell'ambito della giurisdizione esclusiva in materia di contratti pubblici. 2.2. La decisione sulle altre eccezioni riguardanti sia il ricorso introduttivo, sia il ricorso per motivi aggiunti, anche sotto il profilo dell'eccezione di improcedibilità del primo sollevata da An. S.p.a. e dell'inammissibilità del secondo per difetto di legittimazione e di interesse del ricorrente, presuppone la soluzione dei seguenti quesiti: - se la ASL, avendo necessità di disporre di servizi ulteriori ("potenziamento manutenzione edile" e facchinaggio) e diversi da quelli compresi nel capitolato MIES 2 - "Multi Servizio tecnologico integrato con la fornitura di energia per gli immobili adibiti ad uso sanitario", aggiudicato alla controinteressata con gara Consip MIES 2, avrebbe potuto fare ricorso alla procedura prevista dall'art. dell'art. 57 comma 5 lett. a) del d.lgs. n. 163/2006; - se, in caso di risposta negativa al quesito, trattandosi di un contratto per l'affidamento di servizi diversi da quelli oggetto della convenzione MIES 2, avrebbe dovuto essere oggetto di gara pubblica aperta al mercato, come sostenuto dal ricorrente che, in quanto operatore economico del settore, ha sicuramente legittimazione e interesse all'annullamento della procedura e all'affidamento con gara pubblica dell'intero servizio o dei soli servizi complementari. È decisivo, ai fini della soluzione dei quesiti, l'art. 8.4 del capitolato tecnico MIES 2 che consente l'acquisito, da parte dell'amministrazione, di prestazioni aggiuntive extra-canone per un corrispettivo scontato del 70% per i materiali e del 99% per la manodopera e le spese generali, rispetto ai prezziari di enti pubblici presi come riferimento. Il ricorrente stesso censura l'operato dell'ASL perché, pur potendo avvalersi della possibilità offerta dal capitolato di affidare extra-canone i "servizi complementari", ha deciso di fare ricorso alla procedura prevista dall'art. 57 del d.lgs. n. 163/2006 a condizioni molto più gravose. Il fatto che, come sostenuto dal ricorrente, fosse possibile ricondurre a prestazioni extra - canone a consumo i servizi complementari di "potenziamento manutenzione edile" e "facchinaggio", trova poi conferma negli atti sopravvenuti. Infatti con "nota di chiarimenti" del 16.7.2021, in realtà si tratta di una proposta rivolta alla ASL di modifica della precedente deliberazione n. 1043/2021, An. ha precisato: - che, tra i servizi "extra-canone a consumo", possono essere ricompresi quelli di "potenziamento manutenzione edile" e facchinaggio da espletarsi dalle 22 risorse full time equivalent ("FTE"), già indicate ai fini dei servizi complementari ex art. 57 d.lgs. n. 163/2006; - che tali risorse saranno contabilizzate con applicazione dello sconto offerto in sede di gara ai sensi del capitolato tecnico MIES2. In adesione a detta proposta poi, con deliberazione n. 1257 del 20 luglio 2021, la Asl ha disposto l'avvicendamento di An. a CNS nella gestione dei servizi oggetto della Convenzione MIES2 alle condizioni di cui alla "nota di chiarimenti" trasmessa da An.. Dette sopravvenienze, da un lato forniscono risposta a entrambi i quesiti iniziali (la Asl non poteva affidare i servizi complementari ex art. 57 d.lgs. 163/2006 difettandone le condizioni, ma doveva indire una gara), dall'altro determinano l'improcedibilità del ricorso introduttivo. Infatti la sopravvenuta deliberazione n. 1257 del 20 luglio 2021 della Asl: - ha superato il contenuto della deliberazione n. 1043/2021 nella parte in cui questa dispone l'affidamento dei servizi complementari "potenziamento manutenzione edile" e "facchinaggio" alla controinteressata ex art. 57 d.lgs. n. 163/2006; - ha sostituito la deliberazione n. 1043/2021 aderendo alla proposta dell'aggiudicataria - assimilabile a un accordo sostitutivo di provvedimento avente titolo nella convenzione normativa MIES 2 - di fornire gli stessi servizi di "potenziamento manutenzione edile" e "facchinaggio" come prestazioni extra-canone alle condizioni stabilite dal capitolato MIES. Viene meno pertanto l'interesse del ricorrente all'annullamento della deliberazione n. 1043/2021 con riferimento: - sia al precedente affidamento ex art. 57 d.lgs. n. 163/2006, perché il capitolato MIES consente ad An. di erogare le medesime prestazioni extra -canone; - sia all'adesione della ASL alla convenzione MIES (contestata con riferimento alla decisione n. 1043/2021 perché non confacente al fabbisogno del multiservizio e delle prestazioni aggiuntive della ASL) in quanto con le diverse determinazioni assunte con la deliberazione n. 1257/2021 entrambe le esigenze della ASL vengono soddisfatte (dalla prestazione dei servizi principali previsti nel capitolato MIES e dalla possibilità, ivi espressamente contemplata, di affidare extra - canone prestazioni aggiuntive), con la conseguenza che la ASL era, in effetti, tenuta ad aderire alla convenzione MIES e non a indire una gara pubblica. L'improcedibilità del ricorso introduttivo assorbe le altre eccezioni preliminari. 2.3. Venendo all'esame dei motivi aggiunti, devono essere respinte le eccezioni di difetto di giurisdizione sollevate dalla resistente e dalla controinteressata. Il ricorrente infatti non censura la convenzione in corso di esecuzione, come sostenuto dalla controinteressata, né aspetti meramente privatistici attinenti allo svolgimento del rapporto contrattuale, come sostenuto dalla ASL, ma il contenuto della deliberazione n. 1257/2021, nella parte in cui la ASL aderisce alla proposta di An. di modificare l'affidamento dei servizi di "potenziamento manutenzione edile" e facchinaggio e di ricondurli allo schema contrattuale delle prestazioni extra - canone di cui al capitolato MIES. Si tratta, come accennato, di un accordo sostitutivo del provvedimento di affidamento ad An. di prestazioni aggiuntive alle condizioni del capitolato MIES, la cui cognizione è attratta alla giurisdizione esclusiva del tribunale ex art. 11 l. 241/1990. 3. Per il resto il ricorso per motivi aggiunti in parte è infondato e in parte è tardivo e può quindi prescindersi dall'esame delle altre questioni preliminari. 3.1. Il primo motivo è infondato. La deliberazione n. 1257/2021 della Asl non si presta ad equivoci nella parte in cui sostituisce al precedente affidamento ex art. 57 d.lgs. n 163/2001, l'affidamento dei medesimi servizi nell'ambito delle prestazioni aggiuntive extra - canone previste dal capitolato MIES, facendo espresso rinvio alla "nota di chiarimenti" di An. del 16.7.2021 che riporta il ribasso offerto, pari, rispettivamente, al 70% sul prezzario dei materiali e al 99,99 per la manodopera, da applicare al prezziario della quota spese generali e utile d'impresa. Non vi è quindi alcuna possibilità che An. possa lecitamente richiedere il compenso stabilito per dette prestazioni con il precedente affidamento ex art. 57 d.lgs. n. 163/2006 disposto con deliberazione n. 1043/2021. 3.1. Il secondo motivo aggiunto, che censura l'approvazione de PTE di An., in quanto carente di qualsiasi elemento di dettaglio in ordine al metodo di calcolo del valore Jck è chiaramente tardivo. Il PTE infatti è stato prodotto in atti dalla ASL ed era quindi esaminabile già in data 10.7.2021, mentre il ricorso per motivi aggiunti è stato notificato il 20.9.2021, ben oltre il termine di trenta giorni - esclusa la sospensione feriale - previsto dall'art. 119 del codice del processo amministrativo. 4. L'intervento spiegato da Mi. S.p.a. deve essere dichiarato inammissibile, in accoglimento dell'eccezione di difetto di legittimazione sollevata da An. poiché, contrariamente a quanto sostenuto da Mi. S.p.a., il giudizio non verte sul corretto adempimento della Convenzione Consip Mies2 e delle relative disposizioni che disciplinano il procedimento di adesione, ma sull'annullamento delle deliberazioni con le quali la ASL ha aderito alla convenzione MIES 2 e disposto l'affidamento dei servizi complementari ad An. prima ex art. 57 d.lgs. n. 163/2006 e poi avvalendosi della possibilità offerta dal capitolato del lotto 16 di ricondurli all'affidamento di prestazioni extra-canone. L'interveniente non ha però allegato alcun interesse proprio all'accoglimento delle domande avanzate dal ricorrente. La complessità delle questioni trattate giustifica la compensazione delle spese processuali. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per l'Abruzzo Sezione Prima, definitivamente pronunciando: - dichiara improcedibile il ricorso introduttivo; - in parte dichiara irricevibili e in parte respinge i motivi aggiunti; - dichiara inammissibile l'intervento ad adiuvandum; - compensa le spese di giudizio; Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in L'Aquila nella camera di consiglio del giorno 17 novembre 2021 con l'intervento dei magistrati: Umberto Realfonzo - Presidente Maria Colagrande - Primo Referendario, Estensore Giovanni Giardino - Referendario

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