Sentenze recenti Tribunale Latina

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  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio sezione staccata di Latina Sezione Prima ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 716 del 2022, proposto da -OMISSIS-, rappresentata e difesa dall'avvocato Si.Gi., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; contro Comune di -OMISSIS-, non costituito in giudizio; per l'annullamento previa sospensione dell’efficacia a. dell’ordinanza n. -OMISSIS- del 1° settembre 2022 di annullamento del permesso di costruire in sanatoria n. -OMISSIS- e contestuale ordine di ripristino dello stato dei luoghi; b. della comunicazione di avvio del procedimento. Visti il ricorso e i relativi allegati; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 28 febbraio 2024 la dott.ssa Francesca Romano e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO e DIRITTO 1. Con ricorso notificato il 7 novembre 2022 e depositato il 6 dicembre 2022 la sig.ra -OMISSIS- ha adito questo Tribunale al fine di ottenere l’annullamento dell’ordinanza n. -OMISSIS- del 1° settembre 2022 di annullamento del permesso di costruire in sanatoria n. -OMISSIS- e contestuale ordine di ripristino dello stato dei luoghi. 2. La ricorrente espone in fatto che in data 1° marzo 1995 la sig.ra -OMISSIS- in qualità di esecutrice di un abuso edilizio ha presentato istanza di condono edilizio presso il Comune di -OMISSIS-, registrata con il -OMISSIS-, prot. -OMISSIS-, in relazione ad un fabbricato ubicato al piano terra, ancora in corso di costruzione, della superficie pari a trenta metri quadrati, con pertinente corte esclusiva della superficie catastale e sito in -OMISSIS- e contraddistinto al catasto in -OMISSIS-. Tale immobile in data 15 febbraio 2015 è stato acquistato dalla ricorrente con la precisazione, nell’atto di compravendita, che in relazione all’immobile era in corso l’istruttoria della domanda di condono edilizio. Difatti, il bene poteva essere venduto solo in ragione della pendenza della domanda di condono edilizio. Successivamente, e in conseguenza di una istanza volta all’emissione del provvedimento di rilascio del condono, è stata richiesta dal Comune di -OMISSIS- una integrazione documentale. Il Comune di -OMISSIS- ha inoltrato tutta la documentazione necessaria per l’acquisizione del nulla osta del vincolo idrogeologico. Pertanto, in seguito alla trasmissione di documenti e degli atti richiesti ad integrazione dell’istanza di sanatoria del 1995 e in seguito al pagamento richiesto dal Comune di -OMISSIS-, è stato rilasciato il permesso di costruire in sanatoria-OMISSIS-, con l’espressa indicazione dell’assenza di emersione di elementi ostativi, ai sensi dell’art. 33 della l. 47/1985 a suffragio del rilascio del titolo abilitativo. Pu tuttavia, con comunicazione del -OMISSIS-, la ricorrente è stata informata dell’avvio del procedimento volto all’annullamento del suddetto permesso di costruire in sanatoria. A seguito dell’avvio del procedimento, sono state prodotte a mezzo del difensore articolate memorie a confutazione di quanto sostenuto nell’atto di avvio del procedimento. Nonostante ciò, è stato emesso l’atto impugnato in cui si afferma che la ricorrente non avrebbe mai presentato osservazioni in ordine all’avvio del procedimento e si motiva l’annullamento d’ufficio del permesso di costruire sulla base dell’intervenuto accertamento che: "- le opere sono state realizzate successivamente al 31.12.1983 come indicato e dimostrato nell'ordinanza n. -OMISSIS-; - il corpo di fabbrica de quo non ha mai avuto uso abitativo come in effetti anche il rilievo fotografico allegato alla pratica dell'-OMISSIS- lo dimostra; - agli atti non risultano provvedimenti che hanno annullato l'ordinanza n. -OMISSIS-; - agli atti non è dimostrata la titolarità della sig.ra-OMISSIS-a richiedere condono edilizio; - allo stato attuale, come da sopralluogo effettuato dall'Area 2 unitamente alla Polizia Locale di -OMISSIS- in data 24.01.2022 è emerso che l'unità immobiliare al-OMISSIS- risulta quasi inesistente come in effetti sono visibili soletta in calcestruzzo, muretti in pietre/blocchi e materiali di risulta". 3. Avverso il provvedimento di annullamento parte ricorrente deduce i seguenti motivi di diritto: I. Violazione degli articoli 21 nonies e 10 della legge 241 del 1990; totale omesso esame delle memorie partecipative. II. Violazione dell’articolo 21 nonies della legge 241 del 1990 per: a. violazione del termine di dodici mesi; b. inesistenza di un prevalente pubblico interesse; c. omessa considerazione degli interessi della ricorrente. III. Violazione dell’articolo 21 nonies della legge 241 del 1990 in ragione dell’esistenza di tutti i presupposti per il rilascio del condono previsti dalla legge 724 del 1994; eccesso di potere per sviamento e difetto di motivazione. 4. Il Comune di -OMISSIS- non si è costituito in giudizio. 5. Alla camera di consiglio dell’11 gennaio 2023 la causa è stata rinviata al merito. 6. All’esito della pubblica udienza dell’8 novembre 2023, con ordinanza collegiale n. 774/2023 sono stati chiesti documentati chiarimenti alla resistente amministrazione che, tuttavia, è rimasta silente. 7. Alla pubblica udienza del 28 febbraio 2024 la causa è passata in decisione. 8. Il ricorso è fondato. Carattere assorbente, ai fini dell’accoglimento del ricorso è il secondo ordine di censure con cui parte ricorrente deduce la palese violazione dell’art. 21 nonies, l. n. 241/90. Il permesso di costruire in sanatoria, annullato d’ufficio dal Comune di -OMISSIS- è, infatti, stato adottato il 21 maggio 2019, mentre l’avvio del procedimento di secondo grado è stato comunicato il -OMISSIS- con la emissione del provvedimento conclusivo in data 1° settembre 2022. Risulta, dunque, manifesta la violazione del termine massimo di dodici mesi per l’esercizio del potere di riesame introdotto dall’art. 63, comma 1, d.l. n. 77 del 2021, conv. nella l. n. 108 del 2021, senza che nel corpo del testo dell’atto si dia evidenza di alcuna delle circostanze indicate nell’art. 21-nonies, comma 2-bis, l. n. 241 cit. e idonee a consentire all’amministrazione di prescinderne. La natura radicale del vizio così accertato fa sì che il collegio possa esimersi dalla disamina degli ulteriori motivi di ricorso, che rimangono pertanto assorbiti. 9. In conclusione, il ricorso deve essere accolto con conseguente annullamento dell’ordinanza n. -OMISSIS- emessa in data 1° settembre 2022 dal Comune di -OMISSIS-. 10. Le spese di giudizio seguono la soccombenza nella misura liquidata in dispositivo. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio sezione staccata di Latina (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla gli atti impugnati. Condanna il Comune di -OMISSIS-, in persona del legale rappresentante p.t., al pagamento, in favore della ricorrente, delle spese di lite, che liquida nella somma di € 2.000,00 (euro duemila/00), oltre oneri ed accessori di legge. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Latina nella camera di consiglio del giorno 28 febbraio 2024 con l'intervento dei magistrati: Riccardo Savoia - Presidente Francesca Romano - Consigliere, Estensore Valerio Torano - Primo Referendario

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio sezione staccata di Latina (Sezione Prima) ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 36 del 2021, proposto da Co. S.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’avvocato Ro. Co., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; contro Comune di (Omissis), in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall’avvocato Fr. Sc., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; nei confronti Regione Lazio, Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente del Lazio - ARPA Lazio, Provincia di Frosinone, Azienda Sanitaria Locale - ASL di Frosinone, non costituiti in giudizio; per l’annullamento - del provvedimento del Comune di (Omissis) prot. n. (…) dell’11.11.2020, comunicato in pari data, con cui è stata rigettata, previa conclusione negativa del procedimento di Conferenza di servizi, la istanza di Co. S.r.l. prot. n. (…) del 29.9.2016 avente ad oggetto richiesta di rivalutazione del progetto per l’esecuzione dei lavori di ripristino morfologico e recupero ambientale di un’area sita in agro del Comune di (Omissis), loc. (Omissis), utilizzata in passato come cava di inerti dalla precedente proprietà, ai sensi dell’art. 208 d.lgs. n. 152/2006; - di ogni altro atto presupposto, conseguente e/o comunque connesso. Visti il ricorso e i relativi allegati; Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di (Omissis); Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell’udienza pubblica del giorno 15 maggio 2024 la dott.ssa Emanuela Traina e uditi per le parti i difensori come da separato verbale; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO e DIRITTO 1. Con il ricorso all’esame – notificato l’11 gennaio 2021 e depositato il 20 gennaio successivo - la Co. S.r.l. ha chiesto l’annullamento del provvedimento, i cui estremi sono dettagliatamente riportati in epigrafe, con il quale il Comune di (Omissis) ha concluso il procedimento – svoltosi tramite conferenza di servizi – conseguente alla richiesta, da essa presentata, di riesame del progetto di rispristino morfologico e recupero ambientale nonché di «installazione e messa in esercizio dell’impianto di frantumazione (R5) e la messa in riserva in attesa di lavorazione (R13) dei rifiuti e delle relative e connesse attività di gestione dei rifiuti», inerente una cava dismessa sita in Cassino, località (Omissis), rigettando l’istanza e stabilendo, di conseguenza, il divieto «ad effettuare l’intervento richiesto». 2. In fatto la ricorrente premette che: - con nota acquisita dal Comune di (Omissis) con il n. prot. (…) dell’11.3.2010 (pratica edilizia n. 20/URB/2010) presentava richiesta, ai sensi dell’art. 10 d.P.R. n. 380/2001 e degli artt. 208 d.lgs. n. 152/2006 e 15 e ss. L.R. Lazio n. 27/1998, di autorizzazione all’esecuzione dei lavori di ripristino morfologico e recupero ambientale di un’area sita in agro del Comune di (Omissis), loc. (Omissis), utilizzata in passato come cava di inerti; l’istanza veniva integrata con nota prot. n. (…) del 7.12.2011 con cui la società, in relazione al predetto intervento, chiedeva, altresì, l’autorizzazione all’esercizio dell’attività di recupero ambientale, stoccaggio e frantumazione di materiali destinati alla posa per il recupero; - all’esito della indizione di una conferenza di servizi e dei pareri ivi resi dai vari enti coinvolti, nonché di un ricorso avverso il silenzio proposto avanti a questo TAR (iscritto al n. 470/2015 R.G.), con determinazione prot. n. 51100 del 29.10.2015 il Comune di (Omissis) si pronunciava su detta istanza, respingendola nella parte inerente la «autorizzazione all’installazione e la messa in esercizio dell’impianto di frantumazione (R5) e la messa in riserva in attesa di lavorazione (R13) dei rifiuti e delle relative e connesse attività di gestione dei rifiuti», ed accogliendola, invece, relativamente alla «esecuzione dei lavori di ripristino morfologico e recupero ambientale dell’area», mediante l’utilizzo di Terre e Rocce da Scavo quale sottoprodotto, escluso dal regime di applicazione della normativa sui rifiuti, ai sensi di quanto disposto dal D.M. 10.08.2012 n. 161, dal D.L. 21 giugno 2013, n. 69 e della L. 98/2013 e s.m.i., altresì precisando che per i rifiuti diversi dai materiali di estrazione sarebbe stata necessaria «l’autorizzazione secondo le disposizioni di cui al D.lgs. 36/2003 e s.m.i. relativo alle discariche di rifiuti»; - il provvedimento enunciava, quali ragioni ostative all’accoglimento dell’istanza in parte qua, la mancata formazione dell’assenso delle amministrazioni partecipanti alla conferenza di servizi, fatta eccezione per il parere positivo reso dall’ASL, evidenziando, in particolare, il dissenso espresso dalla Regione Lazio - la quale aveva ravvisato la necessità di applicare le disposizioni del d.lgs. 36/2003, relativo alle discariche di rifiuti, in relazione al «riempimento di vuoti e delle volumetrie prodotte dall’attività estrattiva, anche per attività dismesse, con rifiuti diversi dai rifiuti di estrazione» - nonché il parere sfavorevole reso dal settore urbanistica dello stesso ente (di cui alla nota 8367 del 23.2.2015) con riferimento all’incompatibilità dell’intervento con la destinazione agricola dell’area e con l’assoggettamento della stessa a vincolo paesaggistico di PTPR (riguardi le «aree boscate»); - con istanza prot. n. 52057 del 29 settembre 2016 chiedeva una rivalutazione del progetto nella parte inerente l’impianto di frantumazione, ai sensi dell’art. 208 d.lgs. n. 152/2006 e dell’art.15 e ss. L.R. n. 27/1998, allegando la sopravvenienza di nuove indicazioni interpretative della normativa di riferimento, a suo dire idonee al superamento delle criticità rilevate nell’ambito della Conferenza di servizi, emergenti in particolare da una circolare, prot. 803/RIN del 2.2.2005, del Ministero dell’Ambiente, richiamata dalla Regione Lazio nella nota prot. 59071/15 del 10.12.2015, trasmessa al Comune di (Omissis); - con nota prot. n. 1839 dell’11.1.2017 quest’ultimo disponeva l’avvio del procedimento di riesame del progetto, indicendo un’ulteriore conferenza di servizi; - in tale ambito venivano acquisiti il parere negativo di ARPA Lazio - Sezione Provinciale di Frosinone (nota prot. n. (…) del 13.2.2017), e quello favorevole della ASL di Frosinone (nota prot. (…) del 15.2.2017) e veniva, altresì, confermato il parere (asseritamente “favorevole”) reso nel 2015 dal Settore Urbanistica del Comune di (Omissis); le altre amministrazioni coinvolte non facevano, invece, pervenire espresse prese di posizione in ordine all’istanza; - con nota prot. n. 41495 dell’8.8.2017 il Comune di (Omissis), sollecitato dalle osservazioni formulate dalla ricorrente con nota del 22.6.2017, chiedeva all’ARPA di riesaminare il parere precedentemente rilasciato nonché di valutare se il sito potesse considerarsi quale “area degradata” anziché come “cava”, con le conseguenze del caso in ordine alla normativa applicabile; - con la nota prot. n. (…) del 14.9.2017 l’ARPA chiedeva, pertanto, alla Regione Lazio «di chiarire i termini di applicabilità della Deliberazione di G.R. del 26 gennaio 2012, n. 34 che pone termini più restrittivi rispetto a quelli previsti dalla normativa comunitaria e nazionale (…)»; - il procedimento entrava, tuttavia, in una fase di stallo alla quale seguiva la proposizione, avanti a questo TAR, del ricorso ex art. 117 c.p.a. iscritto al n. 356/2020 R.G.; - quest’ultimo veniva definito con la sentenza n. 339/2020 del 28.9.2020 con cui, in accoglimento della domanda, veniva «ordinato al Comune di (Omissis) ex art. 117 del c.p.a., di concludere il procedimento entro il termine di 90 (novanta) giorni dalla notificazione o comunicazione in via amministrativa della presente decisione», nominando un commissario ad acta per il caso di persistente inerzia dell’amministrazione; - con la determinazione oggi impugnata (prot. n. (…) dell’11.11.2020, comunicata in pari data) il Comune di (Omissis), in esecuzione della citata sentenza, concludeva il procedimento respingendo l’istanza, allegando quali ragioni ostative il mancato assenso da parte degli enti coinvolti, fatta eccezione per la ASL di Frosinone, nonché l’incompatibilità urbanistica dell’intervento, siccome previsto in “zona agricola”, considerata l’assimilabilità del complesso ad un vero e proprio “opificio produttivo”, con impatto di polveri, traffico veicolare, rumore, oltre che visivo, e la sussistenza di un vincolo paesistico per via della presenza di “aree boscate”, nonché la necessità di rispettare i principi generali in materia di gestione dei rifiuti, ivi compreso quello di “prossimità”. 3. Con il ricorso all’esame la ricorrente ha chiesto l’annullamento, previa concessione di misure cautelari, di tale provvedimento, per i seguenti motivi: I) «violazione e/o falsa applicazione artt. 3 e 10-bis l. n. 241/1990, anche in relazione agli artt. 208 d.lgs. n. 152/2006 e 15 e ss. l.r. n. 27/1998, nonché dei generali principi in materia trasparenza ed efficacia dell’azione amministrativa e delle correlative garanzie partecipative. violazione degli artt. 3, 41 e 97 Cost.», in ragione della mancata trasmissione del preavviso di diniego recante l’esplicitazione delle ragioni ostative, comunicazione da ritenersi necessaria alla luce delle peculiarità dello stesso, caratterizzate dall’arresto procedimentale determinatosi nel 2017, allorché gli esiti dell’istruttoria avrebbero condotto alla favorevole definizione dell’istanza, ed al relativo riavvio solo a seguito della decisione di questo TAR n. 339/2020; II) «violazione e/o falsa applicazione dell’art. 3 e ss. e degli artt. 14, 14-bis e 14-ter l. n. 241/1990, anche in relazione agli artt. 10 d.lgs. n. 117/2008 e 208 e ss. d.lgs. n. 152/2006, eccesso di potere: erroneità dei presupposti e travisamento dei fatti; difetto di istruttoria e di motivazione; contraddittorietà tra atti; illogicità e irragionevolezza; ingiustizia manifesta; violazione degli artt. 3, 41 e 97 Cost.» in quanto il sito di intervento dovrebbe essere qualificato “area degradata” anziché “cava” (come emergerebbe anche dalla nota del Comune di (Omissis) prot. n. 41495 dell’8.8.2017) e, comunque, si sarebbe dovuta escludere l’applicabilità del d.lgs. n. 117/2008 (come emergerebbe dalla nota del Ministero dell’Ambiente n. 805 del 2.2.2015 e dalla sentenza della Corte di Giustizia UE C-147-15), con la conseguenza che il parere originariamente rimesso dalla Regione nel precedente procedimento dovrebbe intendersi come favorevole; la stessa Regione, peraltro, non si sarebbe mai pronunciata sulla richiesta formulata con prot. n. (…) del 14.9.2017 dall’ARPA Lazio in proposito; pertanto, non essendo stato acquisito agli atti della conferenza di servizi alcun parere da parte della Provincia di Frosinone, della Regione Lazio e dell’ARPA Lazio, si sarebbe formato sull’istanza un assenso privo di condizioni; III) «violazione e/o falsa applicazione dell’art. 3 e ss. l. n. 241/1990, dell’art. 208 e ss. d.lgs. n. 152/2006 e dell’art. 54 l.r. n. 38/1999. eccesso di potere: erroneità dei presupposti e travisamento dei fatti; difetto di istruttoria e di motivazione; contraddittorietà tra atti; illogicità e irragionevolezza; ingiustizia manifesta. violazione degli artt. 3, 41 e 97 Cost.»; i motivi ostativi di natura urbanistica opposti dal Comune (consistenti nella incompatibilità delle attività in progetto con la destinazione agricola dell’area) sarebbero, poi, pretestuosi ed illogici, oltre che contrastanti con il parere urbanistico favorevole reso in precedenza dallo stesso Comune con nota prot. n. 8367 del 22.2.2015 e mai ritirato e/o annullato in autotutela; in ogni caso gli stessi non potrebbero, di per sé, sorreggere il rigetto della domanda di autorizzazione ex art. 208 d.lgs. n. 152/2008, in quanto l’esito favorevole della conferenza di servizi determinerebbe variante allo strumento urbanistico; peraltro il progetto sarebbe finalizzato a riportare l’area nella sua morfologia originaria restituendola a funzioni che ne consentono la fruizione proprio ai fini agricoli e forestali, ovvero alla rinaturalizzazione dell’insediamento di una nuova vegetazione sui terreni ripristinati, destinata soprattutto ad uliveti e vigneti; IV) «violazione e/o falsa applicazione dell’art. 3 e ss. l. n. 241/1990 e dell’art. 208 e ss. d.lgs. n. 152/2006; incompetenza; eccesso di potere: erroneità dei presupposti e travisamento dei fatti; difetto di istruttoria e di motivazione; contraddittorietà tra atti; illogicità e irragionevolezza; ingiustizia manifest; violazione degli artt. 3, 41 e 97 Cost.»; sarebbe, inoltre, inconsistente il rilievo inerente l’impatto ambientale dell’attività in termini di rumore, emissione di polveri, traffico veicolare, impatto visivo, spettando la stessa alla Regione ed all’ARPA, che, per quanto sopra, avrebbero reso, come detto, un implicito assenso senza condizioni, precludendo in tal modo al Comune di (Omissis) la possibilità di esprimersi in proposito; V) «violazione e/o falsa applicazione dell’art. 3 e ss. l. n. 241/1990, nonché del d.lgs. n. 42/2004 e della L.R. n. 24/1998, anche in relazione al P.T.P.R.; eccesso di potere: erroneità dei presupposti e travisamento dei fatti; difetto di istruttoria e di motivazione; contraddittorietà tra atti; illogicità e irragionevolezza; ingiustizia manifesta - violazione degli artt. 3, 41 e 97 Cost.»; il rilievo per cui l’area di intervento sarebbe, altresì, interessata (per oltre il 50% della superficie complessiva) da un Vincolo Paesistico di P.T.P.R. (Piano Territoriale Paesistico Regionale) sarebbe parimenti infondato, avendo la ricorrente presentato nel corso del procedimento una certificazione circa la insussistenza dei requisiti per considerare l’area oggetto dell’istanza di recupero ambientale come area boscata nonché sul fatto che la stessa non è stata percorsa da fuoco e non è interessata da progetto di rimboschimento; VI) «violazione e/o falsa applicazione dell’art. 3 e ss. l. n. 241/1990, nonché della L.R. n. 27/1998, anche in relazione al P.T.P.R., eccesso di potere: erroneità dei presupposti e travisamento dei fatti; difetto di istruttoria e di motivazione; contraddittorietà tra atti; illogicità e irragionevolezza; ingiustizia manifesta, violazione degli artt. 3, 41 e 97 Cost.»; l’ulteriore affermazione del Comune di (Omissis) secondo cui le ragioni ostative sopra individuate sarebbero coerenti con i principi generali in materia di gestione dei rifiuti dettati dalla L.R. n. 21/1998 (recte L.R. n. 27/1998), con particolare riferimento alla prossimità, sarebbe parimenti erronea ed illogica, in quanto l’attività della ricorrente (costruzione di edifici residenziali e non residenziali e di ingegneria civile) si svolgerebbe principalmente nel territorio di (Omissis) e dei Comuni limitrofi, tanto che il progetto di recupero ambientale in questione sarebbe finalizzato proprio al recupero dei rifiuti inerti prodotti dall’attività dell’impresa; non sarebbero, poi, presenti vincoli paesaggistici e naturali sull’area oggetto del recupero ambientale, così che alcuna violazione del principio di pianificazione territoriale potrebbe configurarsi nella specie, né potrebbe ipotizzarsi alcuna violazione del principio di prossimità di cui all’art. 7, co. 3, lett. c), della L.R. 27/1998 e del Piano di gestione dei rifiuti della Regione Lazio, considerato che l’impianto dovrebbe ospitare rifiuti prodotti dall’impresa sul territorio di (Omissis) e Comuni limitrofi. 4. Nel giudizio così introdotto si è costituito in resistenza il Comune di (Omissis), che ha, con articolata memoria, eccepito l’infondatezza di tutti i motivi di ricorso. 5. Con ordinanza n. 36 del 10 febbraio 2021 è stato disposto il rigetto dell’istanza cautelare, in ragione della ravvisata carenza sia del fumus che del pregiudizio grave ed irreparabile. 6. La decisione è stata confermata in appello dall’ordinanza del Consiglio di Stato n. 2124 del 23 aprile 2021, la quale ha rilevato che «le motivazioni sottese al parere sfavorevole non risultano adeguatamente scalfite dalle deduzioni dell’appellante». 7. Per la discussione del ricorso è stata, poi, fissata la pubblica udienza del 15 maggio 2024. 7.1. In vista di quest’ultima le parti hanno depositato memorie e repliche ai sensi dell’art. 73 comma 1 c.p.a.; all’esito della stessa il ricorso è stato, infine, trattenuto in decisione. 8. I motivi di censura dedotti avverso il provvedimento impugnato non possono essere condivisi. 8.1. Rileva, in primo luogo, il Collegio che tramite il provvedimento prot. gen. (…) del 29 ottobre del 2015, non impugnato dalla ricorrente, il Comune di (Omissis) aveva già rigettato l’istanza, formulata dalla ricorrente (tramite nota prot. (…) del 7 dicembre 2011, di integrazione dell’originaria domanda) di autorizzazione all’esercizio dell’attività di stoccaggio e frantumazione di materiali destinati alla posa per il recupero, in ragione della mancata formazione dell’assenso delle amministrazioni partecipanti alla conferenza di servizi, fatta eccezione per il parere positivo reso dall’ASL, evidenziando, in particolare, la rilevanza del dissenso espresso dalla Regione Lazio con riferimento alla necessità di applicare le disposizioni del d.lgs. 36/2003, relativo alle discariche di rifiuti, in relazione al «riempimento di vuoti e delle volumetrie prodotte dall’attività estrattiva, anche per attività dismesse, con rifiuti diversi dai rifiuti di estrazione», nonché del parere sfavorevole reso dal Settore Urbanistica dello stesso Comune (di cui alla citata nota 8367 del 23 febbraio 2015) con riferimento all’incompatibilità dell’intervento con la destinazione agricola dell’area, ed, infine, con l’assoggettamento della stessa a vincolo paesaggistico di PTPR (“aree boscate”). 8.1.1. Invero, con il provvedimento oggetto del presente ricorso il Comune ha respinto l’istanza di rivalutazione del progetto – fondata, dalla ricorrente, su una nuova interpretazione della normativa, supportata da una nota del Ministero dell’Ambiente del 2 febbraio 2015 nonché dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia, i quali escluderebbero l’applicazione della «direttiva discariche» di cui al d.lgs. 36/2003 al caso di specie – ravvisando, ancora una volta, la mancata manifestazione dell’assenso richiesto «dall’art. 14 della l. 241/1990», con eccezione del parere favorevole reso dall’ASL, e valorizzando, in particolare, i motivi ostativi già espressi nel 2015 con riferimento alla incompatibilità dell’intervento con la destinazione agricola della zona e con la presenza del vincolo di PTPR “aree boschive”, ritenuti non superabili, nonché facendo riferimento alla compatibilità di tale conclusione con il principio di prossimità nella gestione dei rifiuti. 8.2. Premesso quanto sopra, non può essere accolto il primo motivo di ricorso, con il quale si censura la mancata comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza. 8.2.1. Deve, in proposito, essere rilevato che la conferenza di servizi all’esito della quale – pur sollecitata dalla citata pronuncia – il Comune resistente ha concluso il procedimento di riesame dell’istanza presentata dalla ricorrente, è stata convocata (con nota (…) dell’11 gennaio 2017) ai sensi dell’art. 14-bis della legge 241 (e dunque in forma semplificata e modalità asincrona, come peraltro riconosciuto anche nell’ambito della consulenza tecnica depositata da parte ricorrente – cfr. doc. 15), e ciò nonostante l’improprio richiamo, nel testo della nota citata (così come nell’ambito del provvedimento conclusivo), anche all’art. 14-ter della stessa legge, disciplinante la conferenza “simultanea”, che tuttavia pacificamente nel caso di specie non ha avuto luogo. 8.2.2. A ciò consegue l’applicazione al caso di specie del comma 5 dell’art. 14-bis citato, a tenore del quale «Qualora abbia acquisito uno o più atti di dissenso che non ritenga superabili, l'amministrazione procedente adotta, entro il medesimo termine, la determinazione di conclusione negativa della conferenza che produce l'effetto del rigetto della domanda. Nei procedimenti a istanza di parte la suddetta determinazione produce gli effetti della comunicazione di cui all'articolo 10-bis. L’amministrazione procedente trasmette alle altre amministrazioni coinvolte le eventuali osservazioni presentate nel termine di cui al suddetto articolo e procede ai sensi del comma 2.» 8.2.3. La norma citata, con evidenti finalità di semplificazione ed accelerazione procedimentale, esclude la necessità dell’attivazione del sub-procedimento di cui all’art. 10- bis della legge 241/1990, rimettendo in ogni caso all’iniziativa dell’istante la presentazione di eventuali osservazioni che possono dare luogo ad un supplemento di istruttoria, ciò che, tuttavia, non risulta essere avvenuto nel caso di specie. 8.2.4. In ogni caso, anche a prescindere da tale rilievo e per quanto successivamente si evidenzierà, la principale ragione ostativa posta a fondamento del diniego, cioè l’insuperabile carenza di conformità urbanistica dell’intervento, è sostanzialmente confermativa della analoga motivazione su cui è fondato l’inoppugnato provvedimento del 2015, ciò che ulteriormente esclude che l’omissione del c.d. “preavviso di rigetto” abbia privato la ricorrente della possibilità di apportare un significativo ulteriore contributo alle valutazioni finali svolte dall’amministrazione, con conseguente infondatezza del motivo all’esame, dovendosi peraltro in proposito ritenere irrilevante l’arresto procedimentale verificatosi nel 2017. 8.3. Venendo, invece, all’esame delle censure con le quali parte ricorrente contesta le ragioni ostative all’autorizzazione del progetto da essa presentato, deve rilevarsi che il provvedimento impugnato si fonda principalmente – analogamente a quello emesso dal Comune di (Omissis) nel 2015 - sulla rilevata incompatibilità urbanistica dell’intervento ivi contemplato, motivazione che parte ricorrente contesta nell’ambito del terzo motivo, il quale viene pertanto scrutinato in via prioritaria. 8.3.1. La ricorrente lamenta – sul punto – in primo luogo, che la posizione espressa dal Comune si porrebbe in contrasto con il precedente parere dallo stesso reso in proposito -prot. n. 8367 del 22 febbraio 2015, mai ritirato e/o annullato in autotutela. La doglianza è priva di fondamento in quanto nell’ambito della nota citata il Comune si è espressamente limitato – come emerge dal testo del provvedimento prot. (…) del 29 ottobre 2015, che lo riporta alla pag. VI - ad esprimere parere favorevole alla parte del progetto inerente l’esecuzione dei lavori di rispristino morfologico e recupero ambientale dell’area, con lo stesso autorizzati, evidenziando, al contempo e per quanto qui rileva, l’incompatibilità dell’impianto di messa in riserva e frantumazione con la destinazione agricola di zona. 8.3.2. La ricorrente lamenta, inoltre, che il mero rilievo dell’incompatibilità urbanistica dell’area non potrebbe costituire, di per sé, ragione sufficiente a determinare il rigetto dell’istanza, atteso che l’esito della conferenza di servizi prevista nell’ambito del procedimento ex art. 208 d.lgs. n. 152/2006 costituirebbe, in ogni caso, variante allo strumento di pianificazione comunale. 8.3.2.1. Nemmeno tale profilo della doglianza all’esame è, ad avviso del Collegio, meritevole di condivisione, atteso che se è vero che tramite il procedimento di cui alla disposizione citata può essere disposta una variante allo strumento urbanistico, al fine di adeguare le previsioni dello stesso al progetto proposto, è altrettanto vero che tale conseguenza presuppone il favorevole parere del Comune che, diversamente, verrebbe esautorato dall’esercizio dei poteri che nella materia de qua sono ad esso normativamente attribuiti. La conferenza di servizi è, infatti, uno strumento di semplificazione procedimentale (essendo disciplinata nell’ambito del Capo IV della legge 241/1990, dedicato per l’appunto alla «semplificazione dell’attività amministrativa»), ma non implica alcuna alterazione dell’ordine delle competenze (ex multis, Consiglio di Stato sez. IV, 29 marzo 2021, n. 2640), che devono pertanto essere pur sempre esercitate, sebbene con le peculiari modalità ivi stabilite, dagli enti titolari delle stesse. 8.3.3. Deve, peraltro, essere in questa sede ribadito che nell’ambito delle valutazioni di carattere urbanistico l’amministrazione gode di ampia discrezionalità, così che le stesse possono essere sindacate solo se affette da manifesta illogicità, arbitrarietà ed evidente travisamento dei fatti. Nel caso di specie tale evenienza deve essere esclusa, considerato che il Comune di (Omissis) ha, con ampia e dettagliata motivazione esente da evidenti vizi logici ed errori, precisato le ragioni ostative alla possibilità di installare l’impianto – che come detto è destinato allo svolgimento di un’attività di natura industriale – nell’ambito di un contesto avente vocazione esclusivamente agricola, quali: - il fatto che l’intervento proposto presenti un notevole impatto sul territorio, siccome consistente nel riempimento di un’area di una ex cava, peraltro priva di autorizzazione, colmando l’attuale catino – con conferimento nello stesso di materiale inerte stimato in circa 700.00 mila mc compattati tramite materiali inerti di risulta dell’attività edilizia, previo trattamento degli stessi (con separazione della parte ferrosa dal “breccione”), tramite l’installazione di un cantiere di natura industriale, la cui permanenza in loco viene stimata in circa 15 anni, con lavorazione di circa 94.250 tonnellate di materiale ogni anno; - nell’area di riferimento, classificata Zona Agricola dal vigente PRG, è vietata ogni attività di trasformazione del suolo per finalità diverse da quelle, appunto, agricole, alle quali è del tutto estranea, e con le quali contrasta, l’attività proposta, che determina anche un forte impatto in termini di rumore, emissioni di polveri, traffico veicolare e impatto visivo sull’ambiente circostante; - l’attività proposta dovrebbe, se mai, trovare collocazione in aree a destinazione industriale e/o produttiva. Si tratta peraltro, come già sopra evidenziato, delle stesse ragioni già opposte dal Comune nel provvedimento reiettivo del 2015, rispetto alle quali parte ricorrente non ha proposto, con l’istanza di riesame, alcuna modificazione del progetto, bensì una mera diversa lettura della normativa applicabile. 8.3.4. Il motivo, pertanto, non è suscettibile di favorevole apprezzamento, così che – considerata la prevalenza delle ragioni ostative espresse dal Comune – non ha alcuna rilevanza l’indagine circa la formazione dell’eventuale assenso, formatosi ai sensi della normativa di cui all’art. 14-bis della l. 241/1990, sulla richiesta di qualificazione dell’area di intervento quale “cava” anziché quale “discarica” e sulla conseguente normativa applicabile, dovendosi comunque ritenere non superabile l’articolato parere negativo reso dal Comune di (Omissis) circa l’autorizzabilità dell’intervento. 8.4. Di conseguenza, considerata la natura plurimotivata del provvedimento impugnato, il rigetto delle censure dirette a contestare una delle autonome ragioni poste a fondamento della motivazione, in quanto di per sé sufficiente a sorreggere l’atto, rende improcedibili i motivi diretti a contestare i diversi argomenti della stessa, non potendo l’eventuale fondatezza di questi ultimi condurre al relativo annullamento (ex multis, Consiglio di Stato sez. III, 17 aprile 2024, n.3480, TAR Umbria, sez. I, 15 gennaio 2024, n. 8). 8.5. Devono, quindi, ritenersi improcedibili e/o comunque essere assorbiti i motivi n. II, IV, V e VI. 9. Il ricorso deve, pertanto ed in conclusione, essere respinto. 10. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate nella misura indicata in dispositivo. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio sezione staccata di Latina (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge. Condanna la ricorrente al pagamento, in favore del Comune di (Omissis), delle spese del giudizio, che liquida nella somma di euro 3.500,00 oltre accessori di legge. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Latina nella camera di consiglio del giorno 15 maggio 2024 con l'intervento dei magistrati: Riccardo Savoia, Presidente Valerio Torano, Primo Referendario Emanuela Traina, Primo Referendario, Estensore

  • TRIBUNALE ORDINARIO di LATINA I Sezione CIVILE VERBALE DELLA CAUSA n. r.g. (...)/2017 All'udienza del 25 giugno 2024, alle ore 10:45, innanzi al Giudice dott.ssa (...) sono comparsi: (...) e (...) l'avv. (...) Per Condominio (...), contumace, nessuno è comparso. Il Giudice invita le parti a precisare le conclusioni. (...). (...) precisa le conclusioni riportandosi all'atto di citazione e alle note conclusive depositate e ne chiede l'integrale accoglimento. Il Giudice Dopo breve discussione orale, si ritira in camera di consiglio. Alle ore 15:35, il Giudice pronuncia sentenza ex art. 281 sexies c.p.c. dandone lettura in assenza delle parti. Il Giudice dott.ssa (...) IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO di LATINA I Sezione CIVILE Il Tribunale, nella persona del Giudice dott.ssa (...) ha pronunciato ex art. 281 sexies c.p.c. la seguente SENTENZA nella causa civile di I (...) iscritta al n. r.g. (...)/2017 promossa da: (...) (c.f. (...)) e (...) (c.f. (...)), rappresentati e difesi dall'avv. (...) ed elettivamente domiciliat (...) n. (...), giusta procura in atti; ATTORI (...) N. (...) CONVENUTO CONTUMACE Oggetto: risarcimento danni. CONCLUSIONI Le parti hanno concluso come da verbale d'udienza. RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE Con atto di citazione, ritualmente notificato, (...) e (...) convenivano in giudizio, dinanzi all'intestato Tribunale, il (...) di (...) n. (...), deducendo che: 1) erano proprietari dell'appartamento posto al piano 1, int. 2, del plesso immobiliare sito in (...) alla via (...) n. 4, distinto in catasto fabbricati del Comune di (...) al foglio (...) mappale (...) sub (...), in forza di atto di compravendita per notar (...) di (...) del 25.03.1997 (...); 2) da diverso tempo nell'appartamento de quo si verificavano, in concomitanza di giornate piovose, consistenti infiltrazioni di acqua provenienti dal soffitto sovrastante, adibito a terrazzo; 3) a seguito di numerosi solleciti inoltrati al (...) in persona del suo amministratore ed ai proprietari degli appartamenti sovrastanti, tutti rimasti inevasi, (...) presentava in data (...) domanda di mediazione onde poter adire poi la competente autorità giudiziaria per il risarcimento dei danni tutti subiti dall'appartamento a seguito delle lamentate infiltrazioni; 4) instaurata la procedura, il (...) ed i proprietari condomini dei terrazzi sovrastanti, sigg. (...) e (...) manifestavano la loro adesione alla mediazione a seguito della quale le parti addivenivano ad un accordo, in forza del quale il (...) si impegnava a provvedere ai lavori di rifacimento dei terrazzi di copertura nonché ai lavori di risanamento dell'unità immobiliare degli istanti; 5) in ottemperanza a tale accordo il (...) conferiva incarico alla ditta (...) di eseguire tutte le opere necessarie per la eliminazione delle cause delle infiltrazioni lamentate; 6) tali lavori venivano ultimati nel mese di marzo 2014; 7) confidando nella buona esecuzione dei lavori eseguiti, il sig. (...) concedeva in locazione il suo appartamento al dott. (...) che lo adibiva a studio medico per un canone di Euro 500,00 mensile; 8) tuttavia, nonostante gli interventi edili eseguiti, con le prime piogge autunnali nell'appartamento degli istanti si venivano di nuovo a verificare consistenti infiltrazioni di acqua; 9) a causa ed in conseguenza delle copiose infiltrazioni verificatesi, che comportavano anche l'accumulo di acqua sul pavimento, il conduttore dell'appartamento, dott. (...) con fax del 09.12.2014 veniva a comunicare la sua intenzione di non versare più il canone di locazione e di rescindere il contratto; 10) successivamente con raccomandata del 13.2.2015, a mezzo di proprio legale, il dott. (...) veniva a comunicare formale risoluzione del contratto di locazione richiedendo nel contempo il ristoro dei danni subiti, e in data (...) il dott. (...) presentava nei confronti del sig. (...) istanza innanzi l'(...) di (...) per richiedere i danni subiti quantificati nella misura di Euro 10.260,00; 11) per l'effetto, al fine di tutelare i suoi interessi il sig. (...) era costretto ad aderire alla mediazione con un esborso di Euro 305,00; 12) con raccomandata del 09.01.2014, gli istanti diffidavano il (...) a procedere ad ulteriori più approfondite verifiche onde accertare le cause delle persistenti infiltrazioni e procedere alla loro eliminazione; 13) intorno al mese di agosto-settembre 2015 il (...) nella persona del suo amministratore sig. (...) conferiva incarico alla ditta edile (...) al fine di individuare le cause delle infiltrazioni, e dai rilievi effettuati veniva accertato che le infiltrazioni erano da imputare ad un ammaloramento delle pareti dei terrazzi di copertura dell'appartamento degli istanti e nello specifico alla circostanza che la muratura del parapetto dei terrazzi posti sul lato della palazzina ove era ubicato il detto appartamento, presentava numerose lesioni; 14) il titolare della ditta (...) sig. (...) rappresentava la necessità di procedere ai lavori di rifacimento di tali parti di edificio onde eliminare definitivamente il ripresentarsi del fenomeno delle infiltrazioni in occasione di precipitazioni meteoriche; 15) le risultanze dei rilievi effettuati dalla ditta (...) venivano confermate dalla analisi termografica eseguita presso l'immobile dal geom. (...) su incarico dell'amministratore del (...) a seguito della quale emergeva come i fenomeni di infiltrazione di acqua fossero dovuti alle caratteristiche costruttive della palazzina; 16) tuttavia, nonostante i numerosi solleciti verbali nonché la diffida inviata a mezzo raccomandata in data (...) il (...) rimaneva totalmente omissivo non provvedendo ad eseguire i necessari lavori di sistemazione; 17) per tale ragione con istanza depositata in data (...) il sig. (...) presentava nuova domanda di mediazione obbligatoria nei confronti del (...) onde ottenere il risarcimento dei danni subiti per i danni riportati dall'immobile di sua proprietà e per la perdita economica conseguente al suo mancato utilizzo a causa delle lamentate infiltrazioni; 18) tuttavia il tentativo di mediazione risultava avere esito negativo; 19) allo stato attuale, a seguito delle infiltrazioni di acqua che continuavano a verificarsi nell'appartamento durante le giornate di pioggia, l'immobile presentava gravissimi danni alle pareti delle stanze e al solaio che risultavano piene di umidità e ricoperte di muffa in misura tale da renderlo assolutamente inabitabile; 20) stante le condizioni di totale inagibilità ed insalubrità dell'appartamento, gli istanti avevano subito una perdita economica dovuta alla impossibilità di utilizzare il loro appartamento e nello specifico di poterlo concedere in locazione; 21) per l'esecuzione dei lavori necessari al ripristino dell'appartamento si rendeva necessario l'esborso di Euro 8.474,00 oltre IVA cosi come da preventivo della (...) edile (...) Sulla scorta di tali premesse, rassegnavano le seguenti conclusioni: "(...) all'(...)mo Tribunale adito, contrariis reiectis, previo accertamento della esistenza e delle cause delle lamentate infiltrazioni di acqua che si verificano nell'appartamento di proprietà dei sigg. (...) e (...) condannare il (...) di via (...) n. 4 in persona dell'(...) legale rappresentante p.t., a eseguire i necessari lavori edili atti alla loro eliminazione. Condannare, altresì, il (...) di via (...) n. 4, in persona del suo amministratore, legale rappresentante pro tempore, al risarcimento dei danni tutti subiti e subendi dai sigg. (...) e (...) a causa delle persistenti infiltrazioni di acqua che si sono verificate e che continuano a verificarsi nell'immobile di loro proprietà sito in (...) alla via (...) n. 4, distinto in catasto fabbricati del Comune di (...) al foglio 45 mappale 224 sub 98, che si quantificano in Euro 8.474,00 oltre IVA (danno emergente) per la risistemazione dell'appartamento, ovvero nella minore o maggiore somma da determinarsi in corso di giudizio a mezzo di espletanda consulenza tecnica d'ufficio. Condannare, inoltre, il (...) di via (...) n. 4, in persona del suo amministratore, legale rapp.te pro tempore, all'ulteriore danno subito dagli attori e conseguente alla perdita economica (lucro cessante) derivante dalla impossibilità di usufruire, godere e locare il loro appartamento, a causa della sua insalubrità ed inagibilità, e ciò a decorrere dal mese di dicembre 2014 e sino alla data dell'effettivo ripristino delle funzioni per cui l'appartamento è deputato, tenuto conto che l'attuale canone di locazione medio per immobili similari posti nella zona è di Euro 500,00 mensili; oltre rivalutazione annuale (...) così come sarà accertato e quantificato in corso di giudizio a mezzo di espletanda consulenza tecnica. Condannare, altresì, il (...) di via (...) n. 4, in persona del suo amministratore, legale rapp.te pro tempore, a pagare tutte le somme che il dott. (...) verrà a richiedere ai sigg. (...) e (...) a titolo di risarcimento dei danni subiti, così come indicati in premessa, e che sino ad oggi non si possono quantificare in quanto non ancora richiesti nonostante la mediazione svolta. Condannare, infine, il (...) di via (...) n. 4 in persona del suo amministratore legale rapp.te pro tempore al rimborso delle spese di mediazione ammontanti a complessive Euro 353,80". (...) di spese e onorari di causa". Dichiarata la contumacia del (...) concessi i termini ex art. 183, comma 6, c.p.c., la causa veniva istruita mediante espletamento di prova per testi e consulenza tecnica d'ufficio, dopodiché veniva rinviata per discussione orale e decisione, ex art. 281-sexies c.p.c., all'udienza del 25.6.2024. Tanto premesso in fatto, la domanda è fondata e merita di trovare accoglimento per le ragioni di seguito esposte. (...) e (...) hanno agito nei confronti del (...) di (...) n. (...) per sentirne accertare la responsabilità in ordine alle infiltrazioni presenti all'interno del proprio appartamento, con conseguente condanna del convenuto al compimento delle opere necessarie all'eliminazione delle problematiche lamentate, oltre che al risarcimento dei danni subiti. In punto diritto, occorre precisare che, come noto, "il condominio di un edificio, quale custode dei beni e dei servizi comuni, è obbligato ad adottare tutte le misure necessarie affinché le cose comuni non rechino pregiudizio ad alcuno, e risponde in base all'art. 2051 c.c., dei danni da queste cagionati alla porzione di proprietà esclusiva di uno dei condòmini" (cfr., ex multis, civ. Sez. III Ord., 17/10/2019, n. 26291). Più nel dettaglio, "in tema di risarcimento del danno da cosa in custodia, il criterio di imputazione della responsabilità di cui all'art. 2051 c.c., ha carattere oggettivo, essendo sufficiente, per la sua configurazione, la dimostrazione da parte dell'attore del nesso di causalità tra la cosa in custodia ed il danno, mentre sul custode grava l'onere della prova liberatoria del caso fortuito, inteso come fattore che, in base ai principi della regolarità o adeguatezza causale, esclude il nesso eziologico tra cosa e danno" (Cass. civ. VI, 28/04/2021, n. 11122). Il danneggiato, pertanto, è gravato soltanto dall'onere di dimostrare l'esistenza del danno e la sua derivazione causale dalla cosa, mentre il custode, per andare esente da responsabilità, non può limitarsi a provare la propria diligenza nella custodia, ma è tenuto a dimostrare che il danno sia derivato da caso fortuito. Ne consegue che, in ambito condominiale, il singolo condomino, la cui proprietà esclusiva sia stata danneggiata in dipendenza da difetti o vizi di manutenzione delle parti comuni, può agire in giudizio affinché il (...) sia condannato ad eseguire le opere necessarie per eliminare le cause dei danni riscontrati oltre che al risarcimento dei danni, patrimoniali e non patrimoniali, subiti e provati. Ciò posto, le risultanze dell'istruttoria condotta nel presente giudizio hanno consentito di appurare la fondatezza delle doglianze attoree. Tutti i testimoni escussi hanno confermato la presenza delle muffe, delle infiltrazioni e degli ammaloramenti lamentati, nonché l'inadeguatezza dei lavori fatti eseguire dal (...) convenuti, rivelatisi non risolutivi al fine di porre rimedio alle problematiche riscontrate. In tal senso depongono altresì le conclusioni cui è pervenuto il CTU incaricato, il quale ha provveduto a verificare lo stato dei luoghi, ad accertare l'entità, la causa e la consistenza dei danni denunciati da parte attrice, nonché ad individuare gli interventi necessari all'eliminazione del fenomeno infiltrativo e al ripristino dello stato dei luoghi, con specificazione dei relativi costi. Per quanto concerne lo stato dei luoghi, costituito dall'appartamento, di proprietà degli attori, sito al primo piano, int. 2, del fabbricato di (...) n. 4, la relazione peritale ha riscontrato la presenza di gravi ed evidenti infiltrazioni, provenienti dal sovrastante terrazzo e verificatesi da diverso tempo, che hanno di conseguenza causato notevoli danni alle opere edili ed alle rifiniture (cfr. rilievi fotografici allegati alla consulenza). In ordine all'origine delle descritte infiltrazioni, il perito incaricato ha appurato che "Le cause di quanto lamentato ed effettivamente riscontrato sono da attribuirsi alle modalità costruttive dell'edificio di cui fa parte l'appartamento in esame; trattasi, infatti, di un fabbricato realizzato con elementi prefabbricati sia per i solai che per le tamponature. Da tali tamponature verticali, con particolare riferimento ai giunti tra i vari piani, l'acqua riesce ad infiltrarsi, per poi scorrere verticalmente ed entrare nell'appartamento oggetto del giudizio in corrispondenza dello spigolo con il solaio del terrazzo di copertura. Un'altra concausa delle accertate infiltrazioni è dovuta alla presenza di lesioni nei parapetti del medesimo terrazzo.". Il Consulente ha, quindi, puntualmente individuato gli interventi necessari per ripristinare lo stato dei luoghi (cfr. computo metrico estimativo allegato alla (...), quantificandone i relativi costi in Euro 26.500,00. Ebbene, ritiene il giudicante di condividere le conclusioni cui è pervenuto il consulente, in quanto intrinsecamente attendibili e immuni da vizi logico-giuridici, tenuto conto anche della esauriente documentazione fotografica e tecnica allegata dal CTU a sostegno delle proprie considerazioni e del condivisibile metodo di analisi utilizzato, nonché delle esaurienti motivazioni addotte dall'ausiliare a sostegno delle proprie considerazioni. Ed allora, risulta evidente la responsabilità del convenuto, ai sensi dell'art. 2051 c.c., in ordine all'evento dannoso verificatosi nell'appartamento degli attori, atteso che il (...) come rilevato in premessa, è tenuto, ai sensi della richiamata previsione normativa ed in considerazione della qualità di custode dei beni comuni allo stesso attribuita, ad adottare tutti gli interventi necessari affinché dagli stessi non derivino danni a terzi ovvero ai singoli condomini. Non può infatti revocarsi in dubbio che le cause poste all'origine delle infiltrazioni, per come accertate dal (...) insistano su aree di pertinenza condominiale, essendo sostanzialmente riconducibili a difetti costruttivi dell'edificio con specifico riferimento alle tamponature e ai giunti posti tra i vari piani. Invero, il (...) è obbligato ad adottare tutte le misure al fine di evitare che le cose comuni rechino pregiudizio ad alcuno, e ciò anche nell'ipotesi in cui tali danni siano imputabili a difetti costruttivi dello stabile. In tal senso, la Suprema Corte ha avuto modo di chiarire che, riguardo ai danni che una porzione di proprietà esclusiva in edificio condominiale subisca per vizi delle parti comuni, imputabili all'originario costruttore, deve riconoscersi al titolare di detta porzione la possibilità di esperire azione risarcitoria contro il condominio, non in forza dell'art. 1669 cod. civ., dato che il condominio quale successore a titolo particolare di detto costruttore non subentra nella responsabilità posta a suo carico da detta norma, ma in base all'art. 2051 in relazione alla ricollegabilità di quei danni all'inosservanza da parte del condominio medesimo dell'obbligo di provvedere quale custode ad eliminare le caratteristiche dannose della cosa. Pertanto, "il condominio di un edificio, quale custode dei beni e dei servizi comuni, è obbligato ad adottare tutte le misure necessarie affinché le cose comuni non rechino pregiudizio ad alcuno, e risponde in base all'art. 2051 cod. civ. dei danni da queste cagionati alla porzione di proprietà esclusiva di uno dei condomini, ancorché i danni siano imputabili a vizi edificatori dello stabile, comportanti la concorrente responsabilità del costruttore - venditore, ai sensi dell'art. 1669 cod. civ., non potendosi equiparare i difetti originari dell'immobile al caso fortuito, che costituisce l'unica causa di esonero del custode dalla responsabilità ex art. 2051 cod. civ." (Cass. Civ., Sez. II, 12.7.2011, n. 15291). In considerazione di quanto sinora esposto il (...) in accoglimento della domanda sul punto, deve essere condannato all'esecuzione dei lavori necessari ai fini della eliminazione delle cause delle infiltrazioni, come individuate dal (...) Venendo all'esame delle domande risarcitorie formulate dall'odierno attore, il (...) convenuto deve essere altresì condannato al pagamento, a titolo di risarcimento dei danni, delle somme necessarie al completo ripristino dello stato dei luoghi, come quantificate dallo stesso consulente, per complessivi Euro 26.500,00. Su detta somma, trattandosi di risarcimento del danno da responsabilità extracontrattuale e, dunque, di debito di valore, spettano altresì la rivalutazione monetaria e gli interessi compensativi calcolati al tasso legale sul capitale originario e su quello rivalutato anno per anno, con decorrenza dalla data in cui si è verificato l'evento dannoso. Oltre alla rivalutazione del credito, già attuata, vanno dunque riconosciuti anche gli interessi, liquidati in conformità all'orientamento assunto sul punto dalla Corte di Cassazione, a (...) con la sentenza n. 1712 del 1995, per cui gli interessi vanno calcolati sulla sorte capitale devalutata alla data dell'evento dannoso e via via rivalutata anno per anno, il tutto secondo gli indici (...) e fino alla data del deposito della presente sentenza. Pertanto, sulla somma già attualizzata dalla stima del (...) vanno computati gli interessi (...) con decorrenza dalla data del danno, che nel caso di specie può fissarsi nel mese di novembre 2014 (quando, dalla documentazione in atti e dalle dichiarazioni rese dai testimoni escussi, risultano essersi ripresentate le infiltrazioni denunciate da parte attrice nonostante i lavori in precedenza eseguiti dal (...). (...) a tale titolo complessivamente spettante ammonta pertanto ad Euro 28.898,07. Merita altresì di essere risarcito il danno conseguente all'accertata impossibilità, per gli odierni attori, di normale fruizione e godimento dell'appartamento di loro proprietà. Al riguardo, è infatti principio consolidato quello per cui "la compressione o la limitazione del diritto di proprietà o di usufrutto di un immobile, che siano causate dall'altrui fatto dannoso - nella specie, infiltrazione di acqua proveniente da terrazze di copertura dell'edificio condominiale - sono suscettibili di valutazione economica non soltanto se ne derivi la necessità di una spesa ripristinatoria (c.d. danno emergente) o di perdita dei frutti della cosa (c.d. lucro cessante), ma anche se la compressione e la limitazione del godimento siano sopportate dal titolare con suo personale disagio o sacrificio. In ordine alla sussistenza e quantificazione di tale danno, mentre resta a carico del proprietario o dell'usufruttuario il relativo onere probatorio, che può essere assolto altresì mediante presunzioni semplici, il giudice può fare ricorso anche ai parametri del cosiddetto danno figurativo, trattandosi di casa di abitazione, come quello del valore locativo della parte dell'immobile del cui godimento il proprietario è stato privato" (Cass. Civ., Sez. II, 17/12/2019 n. (...)). Ciò posto, nel caso di specie gli attori hanno dedotto un danno di tipo patrimoniale, rappresentato dall'impossibilità di godere, usufruire o locare l'immobile oggetto di causa, a causa delle sue condizioni di inagibilità e insalubrità. Il pregiudizio lamentato dagli attori trova riscontro, in primo luogo, nella documentazione versata in atti, comprovante la risoluzione del contratto di locazione stipulato dal (...) con il dott. (...) provocata da quest'ultimo proprio in conseguenza delle consistenti infiltrazioni verificatesi all'interno dell'appartamento dal mese di novembre del 2014. Il CTU, inoltre, ha accertato che l'appartamento di parte attrice versa in condizioni di tale gravità da dover essere considerato integralmente non fruibile, e di fatto non più utilizzato a decorrere dal mese di marzo del 2015. In merito alla quantificazione del danno, può quindi farsi riferimento al valore locativo dell'immobile, determinato dal (...) tenuto conto delle caratteristiche dell'immobile, della sua ubicazione e metratura in Euro 600,00 mensili. Ne consegue che l'importo a tale titolo dovuto ammonta a complessivi Euro 67.200,00 (Euro 600,00 mensili per 112 mensilità da marzo del 2015 a giugno del 2024). Anche in relazione al predetto importo, calcolato all'attualità, occorre computare gli interessi sul capitale originario via via rivalutato anno per anno, così pervenendo alla somma di Euro 73.144,55. In definitiva, quindi il (...) convenuto deve essere condannato al pagamento, a titolo di risarcimento del danno, dell'ammontare di Euro 28.898,07, per danni materiali, e dell'importo di Euro 73.144,55 per il mancato godimento dell'immobile. Sull'importo che ne deriva matureranno ulteriori interessi legali sino al soddisfo. Infine, spetta agli attori il rimborso delle spese di mediazione, dai medesimi sostenute a seguito del procedimento instaurato in loro confronto dal conduttore dell'immobile, dott. (...) pari ad Euro 353,80. Non può, invece, trovare accoglimento la domanda tesa a conseguire la condanna del convenuto a "pagare tutte le somme che il dott. (...) verrà a richiedere ai sigg. (...) e (...) a titolo di risarcimento dei danni subiti", non essendo dato conoscere, dalle allegazioni dei convenuti e dai documenti versati in atti, né se il giudizio preannunciato dal suddetto procedimento di mediazione sia stato effettivamente intrapreso dal (...) né quale sia stato il relativo esito. Le spese di lite seguono la soccombenza del convenuto e sono liquidate in dispositivo secondo i criteri di cui al D.M. 55/2014 e successive modifiche, tenuto conto del valore della controversia ed applicando i valori medi. Infine, anche le spese di (...) liquidate con separato decreto, vanno poste definitivamente a carico del (...) P.Q.M. Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni altra istanza disattesa o assorbita, così dispone: - dichiara la responsabilità del (...) di (...) n. 4 nella determinazione dell'evento dannoso subito da (...) e (...) e, per l'effetto, condanna il (...) 1) ad eseguire, a propria cura e spese, i lavori necessari per l'eliminazione delle cause delle infiltrazioni, come individuate dal CTU nella relazione peritale in atti; 2) al pagamento in favore di (...) e (...) a titolo di risarcimento del danno, dell'importo di Euro 28.898,07 per il ripristino dello stato dei luoghi e di Euro 75.898,34 per il mancato godimento dell'immobile, oltre interessi legali dalla presente sentenza al soddisfo; 3) al rimborso, in favore degli attori, delle spese del procedimento di mediazione promosso da (...) pari ad Euro 353,80; - condanna il (...) di (...) n. 4, in persona dell'amministratore pro tempore, al pagamento delle spese di lite in favore degli attori, che liquida in Euro 264,00 per esborsi e in Euro 14.103,00 per compensi, oltre spese generali, IVA e CPA come per legge; - pone le spese di (...) liquidate come da separato decreto, definitivamente a carico del (...) convenuto.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE DI LATINA Il Tribunale, in composizione monocratica, nella persona del giudice, dott.ssa Maika Marini, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile iscritta al numero 979 del registro generale degli affari civili dell'anno 2016 TRA P1 (c.f.) rappresentata e difesa dall'Avv. MA.OT., come da procura in atti ATTRICE C1, in persona dell'Amministratore p.t., rappresentato e difeso (...), come da procura in atti CONVENUTO Conclusioni: come da note sostitutive dell'udienza del 23 novembre 2023. Oggetto: impugnazione delibera di condominio FATTO E DIRITTO Con l'atto di citazione in riassunzione del giudizio dinanzi al Tribunale di Latina, la Sig.ra P1 ha premesso quanto segue: "1) - l'esponente è proprietaria dell'immobile, sito in Terracina distinto in Catasto (...), facente parte dello stabile condominiale denominato C1 2) - il giorno 31.05.2014, si riserva in seconda convocazione l'assemblea straordinaria dei condomini del C1 (...) discutere il seguente punto all'ordine del giorno: Discussione sulla sistemazione e loro ubicazione dei bidoni per la raccolta differenziata, approvazione assembleare; 3) - in detta assemblea va deliberato all'unanimità dei presenti di realizzare un manufatto in muratura posizione interna da realizzarsi nel lato sinistro dell'ingresso principale (vicino al pozzo). Oltre all'ubicazione l'assemblea deliberava le misure e le caratteristiche dei manufatto e dava incarico all'amministratore di provvedere ad acquisire n. 3 preventivi da sottoporre all'approvazione di una successiva assemblea: 4)- il giorno 12.08.2014, si riuniva in seconda convocazione l'assemblea straordinaria dei condomini del C1 per discutere tra gli altri il seguente punto all'ordine del giorno: Presa visione ed approvazione preventivi per sistemazione bidoni differenziata; In detta assemblea l'amministratore sottoponeva all'esame dell'assemblea solo preventivo anziché 3 come deliberato dall'assemblea del 31.05.2014. Votava a favore dell'approvazione del preventivo presentato la Sig.ra P1 mentre salvo due astenuti i restanti condomini si dichiaravano contrari e senza che il punto rientrasse nell'ordine del giorno decidevano di non fare più il lavoro deliberalo dal! 'assemblea del 31.05.2014; 6) il giorno 22.08.2014, si riuniva in seconda convocazione l'assemblea straordinaria dei condomini del C1 per discutere il seguente punto ali 'ordine del giorno: Ubicazione bidoni raccolta differenziata: L 'assemblea con il voto contrario di pi e C2 deliberava a maggioranza di ubicare i bidoni 3 in prossimità della curva (vicino ubicazione gas).". Tanto premesso, la Sig.ra Pi ha impugnato le ultime due delibere assembleari deducendo, quanto alla delibera del 12.8.2014, la violazione dell'obbligo della preventiva conoscenza dei (...) all'ordine del giorno oggetto di discussione, là dove l'assemblea avrebbe assunto una deliberazione su un argomento non posto all'ordine del giorno riformando il contenuto della precedente delibera del 31.05.2014, senza il preventivo avviso a tutti i condomini, ed eccependo, quanto alla delibera del 22.08.2014, la violazione dei suoi diritti soggettivi, nella parte in cui l'assemblea, senza revocare espressamente la delibera del 31.5.2014 e in contrasto con la stessa, avrebbe deciso di ubicare tre bidoni della raccolta differenziata in prossimità della curva posta a ridosso della sua proprietà, con grave nocumento delle sue ragioni e dei suoi interessi. L'attrice, avrebbe infatti denunciato la situazione di pericolo venutasi così a creare posto che la nuova sistemazione dei bidoni costringerebbe gli autoveicoli in transito a portarsi verso il cancello della proprietà pi attaccato alla curva, mettendo a rischio l'incolumità delle persone, e impedirebbe alla Sig.ra P1 la manovra di accesso con la propria autovettura all'interno del parcheggio di sua proprietà, nonché di uscita verso destra dal proprio parcheggio essendo consentita solo la manovra verso sinistra. Costituitosi in giudizio, il C1 ha chiesto il rigetto delle domande, deducendo l'infondatezza dei motivi di impugnazione delle delibere. Tanto premesso la domanda è fondata e pertanto merita accoglimento. La delibera del 12.8.2014 deve essere infatti annullata in ragione della intervenuta violazione dell'art. 66, comma 3 delle disposizioni di attuazione del codice civile, là dove la norma prescrive che l'avviso di convocazione deve contenere la specifica indicazione dell'ordine del giorno posto in discussione e che, in ipotesi di omessa, tardiva o incompleta convocazione, la delibera è annullabile ai sensi dell'art. 1337 c.c. su istanza dei dissenzienti o assenti perché non ritualmente convocati. L'ordine del giorno, infatti, assolve alla finzione di informare i condomini degli argomenti da discutere in assemblea, in modo da orientarne la partecipazione e di consentire loro di esprimere un voto consapevole. Detti principi sono stati più volti espressi dalla giurisprudenza di legittimità nella parte in cui è stato chiarito che "L'ordine del giorno non deve specificar in maniera analitica e dettagliata tutti gli argomenti da trattare in assemblea, bensì è sufficiente che questi ultimi siano comprensibili nei loro termini "essenziali", in modo tale da consentire ad ogni condomino di poter valutare l'atteggiamento da tenere, in relazione sia all'opportunità di partecipare, sia alle eventuali obiezioni o suggerimenti da sottoporre ai partecipanti (ex multis Cass. 30 luglio 2004 n. 14560; cfr. anche Cass. 23 gennaio 2014 n. 1445 in cui è tato affermato che "la conoscenza degli argomenti da trattare in assemblea va desunta esclusivamente dall'ordine del giorno e non aliunde". Alla luce delle osservazioni che precedono, l'incompletezza della convocazione comporta l'annullabilità della delibera assembleare del 12.8.2014, in cui, senza che fosse posta all'ordine del giorno la revoca della precedente delibera del 31.5.2014 o senza che fosse raggiunta l'unanimità dei partecipanti al condominio, l'assemblea dei condomini ha deciso di non intraprendere più il lavoro deliberato dall'assemblea del 31.05.2014 (realizzazione di un manufatto in muratura posizione interna da realizzarsi nel lato sinistro dell'ingresso principale, vicino al pozzo). L'azione è fondata anche con riferimento alla seconda delibera impugnata, con la quale l'assemblea in data 22.8.2014 ha approvato la decisione di ubicare tre bidoni della raccolta differenziata in prossimità della curva posta a ridosso della proprietà della Sig.ra P1 Al riguardo, l'attrice ha paventato il grave pericolo venutosi a creare con la collocazione dei bidoni della raccolta differenziata vicino alla curva adiacente al cancello di ingresso del suo immobile, deducendo che tale sistemazione indurrebbe gli autoveicoli in transito a stringersi verso il cancello della sua proprietà provocando una situazione di rischio per l'incolumità delle persone che escono dal cancello e per l'integrità delle cose, ragione per la quale il C1 aveva valutato e approvato all'assemblea del 31.05.2014 la decisione di collocare tutti i bidoni in prossimità del pozzo condominiale. La sig.ra P1 ha inoltre lamentato il grave pregiudizio arrecato alla sua proprietà da tale deliberazione, là dove la presenza dei bidoni in prossimità della curva limiterebbe la possibilità di effettuare alcune manovre per accedere con l'autovettura all'interno del parcheggio di sua proprietà, impendendole di uscire verso destra dal proprio parcheggio e consentendole esclusivamente di effettuare la manovra verso sinistra. La sig.ra P1 ha infine censurato la decisione assunta dal codominio, deducendo che i bidoni posti a ridosso delle finestre della sua abitazione comporterebbero l'immissione di cattivi odori all'interno del suo giardino e della sua abitazione, creando un ulteriore danno alla sua proprietà. Ciò posto, giova innanzitutto precisare che in tema di condominio negli edifici, 1 sindacato dell'autorità giudiziaria sulle delibere assembleari non può estendersi alla valutazione del merito e al controllo della discrezionalità di cui dispone l'assemblea, quale organo sovrano della volontà dei condomini, ma deve limitarsi ad un riscontro di legittimità che, oltre ad avere riguardo alle norme di legge o del regolamento condominiale, può abbracciare anche l'eccesso di potere, purché la causa della deliberazione risulti - sulla base di un apprezzamento di fatto del relativo contenuto, che spetta al giudice di merito - falsamente deviata dal suo modo di essere, in quanto anche in tal caso lo strumento di cui all'art. l 137 c.c. non è finalizzato a controllare l'opportunità o la convenienza della soluzione adottata dall'impugnata delibera, ma solo a stabilire se la decisione collegiale sia, o meno, il risultato del. legittimo esercizio del potere dell'assemblea. (Cass. civ. Sez. 6 - 2, Ordinanza n. 20135 del 17/08/2017). Ebbene nel caso di specie la delibera assembleare appare annullabile anche sotto tale profilo là dove la scelta di posizionare i bidoni nei pressi di una curva e in prossimità di una abitazione privata dal quale escono le auto, con le connesse difficoltà di manovra e i rischi conseguenti, anziché in un'area più isolata e distante della corte esterna, è idonea senz'altro a recare pregiudizio alla cosa comune palesandosi quindi la scelta come irragionevole e viziata per eccesso di potere. In ogni caso prima ancora che annullabile la delibera si palesa nulla perché lesiva dei diritti soggettivi dell'attrice sulla porzione di sua proprietà esclusiva, dal momento che la decisione di collocare i bidoni a ridosso del passo carrabile di accesso alla proprietà dell'attrice ne limita grandemente l'utilizzo, essendo ora consentita solo la manovra di uscita verso sinistra, e ne riduce al tempo stesso il valore. Alla luce delle considerazioni svolte la domanda merita accoglimento e, per l'effetto, la delibera del 12.8.2014 deve essere annullata per violazione dell'obbligo della preventiva conoscenza dei punti all'ordine del giorno oggetto di discussione, mentre con riferimento alla delibera del 22.08.2014, deve esserne accertata e dichiarata la nullità per la violazione dei diritti soggettivi dell'attrice. Le spese del giudizio seguono la soccombenza e vanno pertanto poste a carico del C1 in applicazione dei parametri minimi di cui al DM 55/2014 e successive modifiche, in considerazione dell'effettiva attività svolta e della non particolare complessità delle questioni m fatto e in diritto trattate. P.Q.M. Il Tribunale di Latina, definitivamente pronunciando nella causa iscritta al n. 979/2016, disattesa ogni contraria domanda, deduzione ed eccezione, così provvede: 1) accoglie la domanda di pi e, per l'effetto, annulla la delibera del 12.8.2014 e dichiara la nullità della successiva delibera del 22.8.2014; 2) condanna il Ci in persona dell'amministratore p.t., al pagamento, m favore di pi delle spese del giudizio che si liquidano in euro 545,00 per esborsi e in euro 3.809, 00 per compensi; Latina, 10 giugno 2024.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio sezione staccata di Latina (Sezione Seconda) ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 31 del 2024, proposto da -OMISSIS-, elettivamente domiciliato presso il domicilio digitale corrispondente all’indirizzo telematico presente nel Registro di Giustizia nonché fisicamente domiciliato a (Omissis), via (…), presso lo studio dell’avv. Mi. De Fi., che lo rappresenta e difende in virtù di procura in atti; contro Comune di (Omissis), in persona Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato presso il domicilio digitale corrispondente all’indirizzo telematico presente nel Registro di Giustizia nonché fisicamente domiciliato presso l’Ufficio Legale di (Omissis), sito in (Omissis), piazza (…), rappresentato e difeso dall’avv. Da. Pi., giusta procura in atti; per l’annullamento, previa sospensione, - del provvedimento del Comune di (Omissis), -OMISSIS-, con il quale è stata disposta l’immediata sospensione dei lavori per le opere di cui alla Scia alternativa al PdC in atti al protocollo -OMISSIS-, in variante alla SCIA di cui al protocollo -OMISSIS-; -di ogni altro atto antecedente, conseguente, preordinato e comunque connesso, ancorché al ricorrente non noto, ivi incluso il provvedimento di sospensione cautelativa prot. -OMISSIS- e i provvedimenti e le comunicazioni espressamente indicati nell'ordinanza -OMISSIS-. Visti il ricorso e i relativi allegati; visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di (Omissis); visti tutti gli atti della causa; relatore nell'udienza pubblica del giorno 22 maggio 2024 la dott.ssa Benedetta Bazuro e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO 1 – Con ricorso ritualmente notificato il ricorrente ha impugnato l’atto indicato in epigrafe deducendo che: - il ricorrente aveva presentato un progetto per la demolizione e successiva ricostruzione di un fabbricato rurale sito su proprio terreno in -OMISSIS- nel Comune di (Omissis); - il citato progetto veniva inizialmente presentato ai sensi dell’art.6 della legge regionale del Lazio n. 7 del 18 luglio 2017 (la quale prevedeva il recupero del patrimonio edilizio esistente, previa demolizione e ricostruzione con aumento di volumetria del 20%) e corredato della documentazione all’uopo necessaria, ivi compreso l’accertamento del fabbricato esistente e la sua ricostruzione storica – attraverso documenti, atti e testimonianze – circa la dimensione e la forma originaria del rudere, al fine dell’individuazione della volumetria da ricostruire; - con nota del -OMISSIS-, protocollo -OMISSIS-, il Comune di (Omissis) aveva ordinato di non dare inizio ai lavori in quanto, a suo dire, l’intervento sarebbe stato ricadente in “Zona agricola” e non, come previsto dall’anzidetta L.R. n. 7/2017, in una “porzione di territorio urbanizzato”; - pur non condividendo le motivazioni di tale ordine comunale e con la precisa volontà di concludere nel più breve tempo possibile l’iter burocratico per la realizzazione del fabbricato, il proprietario ed i tecnici interessati avevano presentato un nuovo progetto in data -OMISSIS-, protocollo -OMISSIS- ai sensi dell’art. 3 del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 e dell’art. 55 della legge regionale del Lazio n. 38 del 22 dicembre 1999, le quali, tra le altre cose, consentono la realizzazione degli interventi volti al ripristino di edifici, o parti di essi, eventualmente crollati o demoliti, attraverso la loro ricostruzione, purché sia possibile accertarne la preesistente consistenza, con aumento della volumetria del 10%; - l’iter procedurale relativo a tale nuovo progetto aveva subito numerose richieste di documentazione integrativa e varianti sulle dimensioni e volumetrie del fabbricato; - infine, ottenuti gli ultimi due pareri richiesti – autorizzazione -OMISSIS- prot. -OMISSIS- e nulla osta idrogeologico prot. -OMISSIS-, in data -OMISSIS-, con prot. -OMISSIS- – il ricorrente aveva trasmesso i calcoli strutturali al Genio Civile e formulato al Comune la richiesta di calcolo degli oneri di urbanizzazione ed eventuali costi di costruzione; - non avendo avuto riscontro alla richiesta ed al successivo sollecito in data -OMISSIS-, prot. -OMISSIS-, il proponente aveva trasmesso la comunicazione di inizio lavori e successivamente i documenti dell’impresa appaltatrice; -a seguito di sopralluogo assieme all’appaltatore per la pulizia superficiale dell’area d’intervento, era emersa, tuttavia, un’eccessiva onerosità sopravvenuta dell’intervento di realizzazione del piano interrato previsto in progetto; sicché, in data -OMISSIS-, prot. -OMISSIS-, il ricorrente presentava una variante, rinunciando al piano interrato, corredata di tutta la documentazione e degli elaborati necessari; - successivamente con nota del -OMISSIS-, prot. -OMISSIS-, il Comune aveva ordinato di sospendere cautelativamente i lavori in quanto, a seguito di verifica dei Carabinieri Forestali della Regione Lazio, era emersa la presenza di un vincolo archeologico insistente sull’area, invero mai confermato; - l’ordine di sospensione era stato, quindi, confermato con provvedimento, prot. -OMISSIS-, all’esito del sopralluogo effettuato dagli stessi tecnici comunali in data -OMISSIS-, coadiuvati dai carabinieri Forestali, dal quale sarebbero inoltre emerse asserite difformità degli elaborati progettuali presentati dal ricorrente a corredo della Scia e raffiguranti la consistenza del fabbricato preesistente con quella riscontrata sul fondo dai tecnici comunali; - a seguito del citato provvedimento di sospensione il ricorrente, pur non condividendo le misurazioni effettuate dai tecnici comunali ed al solo fine di potere celermente dare avvio ai lavori e potere, così, beneficiare delle agevolazioni fiscali del Superbonus 110%, del Sismabonus e dell’Ecobonus, aveva presentato al Comune di (Omissis), in data -OMISSIS-, una nuova variante al progetto avente protocollo -OMISSIS-, conforme ai rilievi comunali in ordine alla consistenza dei vani, alla dimensione esterna ed all’ipotesi di copertura effettuati in occasione del sopralluogo del -OMISSIS-; - di tale nuova variante, il Comune di (Omissis) non aveva tenuto conto, riproponendo, quindi, nell’ordinanza oggi impugnata -OMISSIS-, i medesimi rilievi circa le presunte difformità del progetto originario ed aggiungendovi un ulteriore presunto vincolo di inedificabilità per essere stata la zona d’intervento attraversata dal fuoco in data -OMISSIS-, così come riscontrato dalla Regione Carabinieri Forestale "Lazio" - Nucleo di Gaeta, con nota del -OMISSIS-, in atti al protocollo -OMISSIS-; - detta ordinanza era illegittima per: 1) violazione e falsa applicazione dell’art. 3 del D.P.R. n. 380/2001 e dell’art. 55 della L.R. n. 38/1999, con eccesso di potere per difetto di motivazione, di istruttoria e travisamento dei fatti, atteso che l’ordinanza di sospensione impugnata risultava carente sotto il profilo motivazionale circa le ragioni dell’asserita insufficienza dei documenti prodotti dal ricorrente al fine di dimostrare l’effettiva consistenza del fabbricato prima dei crolli avvenuti nel corso del tempo; 2) violazione dell’art. 10 della legge 21 novembre 2000, n. 353, non essendo applicabile il vincolo di inedificabilità decennale dovuto al passaggio del fuoco, per avere la norma richiamata eccettuato dalla relativa applicabilità l’ipotesi, ricorrente nel caso di specie, di edificazione già consentita sulla base degli strumenti urbanistici vigenti all’epoca dell’incendio. 2 – Si è costituito il Comune di (Omissis) instando per il rigetto del ricorso in quanto infondato in fatto ed in diritto. 3 – Con ordinanza collegiale -OMISSIS- è stata fissata la trattazione del merito del ricorso, reputando il Collegio sussistenti i presupposti di cui al comma 10 dell’art. 55 c.p.a. 4 – All’udienza pubblica del 22 maggio 2024 la causa è stata trattenuta in decisione. DIRITTO 5 – Il ricorso va rigettato per le ragioni di seguito esposte. 6 – Va premesso che l’ordinanza in contestazione rappresenta un atto amministrativo c.d. plurimotivato ovverosia non suscettibile, di norma, di annullamento qualora anche uno solo dei motivi posti a fondamento dello stesso fornisca autonomamente la legittima e congrua giustificazione della determinazione adottata; difatti in presenza di provvedimenti con motivazione plurima, solo l’accertata illegittimità di tutti i singoli profili su cui essi risultano incentrati può comportare l’illegittimità e il conseguente annullamento dei medesimi (cfr. per tutte quanto affermato in merito da Cons. Stato, n. 4866/2020, “in presenza di un atto c.d. plurimotivato è sufficiente la legittimità di una sola delle giustificazioni per sorreggere l’atto in sede giurisdizionale; in sostanza, in caso di atto amministrativo, fondato su una pluralità di ragioni indipendenti ed autonome le una dalla altre, il rigetto delle censure proposte contro una di tali ragioni rende superfluo l’esame di quelle relative alle altre parti del provvedimento (Cons. Stato, sez. V, 14 giugno 2017, n. 2910; sez. V, 12 settembre 2017, n. 4297; sez. V, 21 agosto 2017, n. 4045)”. Tanto premesso l’ordinanza impugnata si basa, in sintesi, sui seguenti motivi: (i) negli elaborati grafici raffiguranti il “Rilievo del fabbricato esistente” allegati alle SCIA presentate dal ricorrente (1)“alternativa al PdC (in variante) acquisita agli atti del Comune di (Omissis) con protocollo -OMISSIS-”; 2) “alternativa al permesso di costruire protocollo -OMISSIS- e successiva protocollo -OMISSIS- e protocollo -OMISSIS-”), viene rappresentato il fabbricato principale completamente diverso da quello esistente, sia per consistenza dei vani, sia per dimensioni esterne ed anche come ipotesi di copertura; (ii) i lavori sono stati sospesi in via cautelativa dalla Soprintendenza Archeologica, Belle Arti e Paesaggio per le province di Frosinone e Latina, ai sensi dell'art. 28, comma 2, D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 e s.m.i. protocollo -OMISSIS- del -OMISSIS-; (iii) il manufatto denominato “granaio” delle dimensioni in pianta di circa ml. 4,00 x ml. 5,00 risulterebbe ubicato soltanto in parte nella particella -OMISSIS- (di proprietà -OMISSIS-) ed in parte ubicato nella particella -OMISSIS- di altra proprietà; (iv) l’area di cui trattasi risulta essere stata percorsa dal fuoco l’-OMISSIS-, con conseguente applicazione del divieto edificatorio decennale previsto dall’art. 10, L. n. 353/2000. Ragioni di economia processuale impongono di analizzare preliminarmente l’ultima delle motivazioni riportate nel provvedimento gravato, in quanto la fondatezza della stessa – per le ragioni che si diranno - determina da sé sola il rigetto del ricorso. Come noto l’art. 10 della L. n. 353/2000 (in materia di conservazione e difesa dagli incendi del patrimonio boschivo nazionale) nella sua attuale formulazione (in vigore dall’1 gennaio 2004) dispone al primo comma che, “Le zone boscate ed i pascoli i cui soprassuoli siano stati percorsi dal fuoco non possono avere una destinazione diversa da quella preesistente all'incendio per almeno quindici anni. È comunque consentita la costruzione di opere pubbliche necessarie alla salvaguardia della pubblica incolumità e dell'ambiente. In tutti gli atti di compravendita di aree e immobili situati nelle predette zone, stipulati entro quindici anni dagli eventi previsti dal presente comma, deve essere espressamente richiamato il vincolo di cui al primo periodo, pena la nullità dell'atto. Nei comuni sprovvisti di piano regolatore è vietata per dieci anni ogni edificazione su area boscata percorsa dal fuoco. È inoltre vietata per dieci anni, sui predetti soprassuoli, la realizzazione di edifici nonché di strutture e infrastrutture finalizzate ad insediamenti civili ed attività produttive, fatti salvi i casi in cui detta realizzazione sia stata prevista in data precedente l'incendio dagli strumenti urbanistici vigenti a tale data…”. Secondo l’interpretazione della norma prospettata dal ricorrente (anche sostenuta da una parte della giurisprudenza amministrativa di primo grado, v. TAR Campania, Salerno, 20 marzo 2023, n. 642), “la circostanza che un’area boschiva sia stata interessata dal passaggio del fuoco non determina ipso facto l’applicabilità del vincolo di inedificabilità decennale in essa contenuto qualora l’edificazione, come per il caso di specie, risultasse già consentita sulla base degli strumenti urbanistici all’epoca vigenti” (cfr. pag. 10, ricorso). Ciò in ragione del fatto che la modifica legislativa operata dall’art. 4, comma 173, della L. n. 350 del 2003 ha eliminato, al primo comma della norma, la necessità ai fini dell'edificazione del rilascio, in data precedente l'incendio, della relativa autorizzazione o concessione edificatoria. Tale ipotesi interpretativa, tuttavia, non appare condivisibile. A ben vedere, infatti, accedendo a tale impostazione ricostruttiva, la disposizione in commento non avrebbe alcuna possibilità logica di essere applicata. Invero, se il divieto decennale edificatorio in essa previsto dovesse intervenire solo in caso di opere edilizie incompatibili con gli strumenti urbanistici vigenti alla data del passaggio del fuoco (perché altrimenti, in caso di compatibilità, opererebbe, in tesi, l’eccezione al divieto prevista dalla stessa disposizione) non si arriverebbe mai alla relativa applicazione perché alcun permesso di costruire sarebbe comunque rilasciabile e, conseguentemente, non si darebbe mai un’ipotesi valutabile di edificio non abusivo il cui terreno venga percorso dalla linea del fuoco. In altri termini la fattispecie astratta – risultante dalla interpretazione indicata dalla parte – coinciderebbe con l’esclusione generale della facoltà edificatoria che, avendo portata di divieto generale, ne eroderebbe l’intero ambito applicativo con conseguente abrogazione non espressa della norma in commento. Diversamente, in base ad una interpretazione che appare più in linea con il generale “principio di conservazione” che permea di sé l’ordinamento giuridico e che conferisca alla disposizione in commento un significato che ne consenta l’applicazione anche dopo la novella del 2003, è evidente che la stessa vada intesa nel senso che il divieto edificatorio decennale è escluso quando, unitamente alla compatibilità con gli strumenti urbanistici vigenti, si accompagni un quid pluris, ravvisabile almeno nella circostanza che l’intervento fosse programmato o che vi fosse stata una localizzazione dell’opera prima del passaggio del fuoco. Se dunque dopo la riforma non è più sostenibile per evitare l’applicazione del divieto posto dalla norma l’ipotesi di un effettivo rilascio della “relativa autorizzazione o concessione” prima dell’incendio, si reputa necessario che vi sia traccia almeno di un “programmato intervento” nei sensi detti, oltre alla mera compatibilità urbanistico-edilizia dell’opera. Tanto chiarito, non vi è dubbio che la norma ed il divieto decennale in essa previsto trovino applicazione nella fattispecie concreta. In tal senso rileva: 1) che la zona di interesse sia stata attraversata dal fuoco in data -OMISSIS-; 2) che non risultino progetti edificatori del manufatto anteriormente alla data del punto che precede, essendo stato riferito dallo stesso ricorrente che il progetto originario di ricostruzione è stato presentato ai sensi dell’art.6 della legge regionale del Lazio n. 7 del 18 luglio 2017 e, evidentemente, in epoca successiva all’occorso incendio. Non essendo, per quanto detto, integrati tutti i requisiti previsti dalla norma per evitare l’applicazione del divieto decennale di edificazione – che avrà termine nell’anno 2027-, l’Amministrazione ha correttamente applicato l’art. 10 cit. intimando al ricorrente di non costruire sul terreno di interesse. Trattandosi di motivazione idonea a sostenere da sola la legittimità del provvedimento impugnato a natura plurimotivata, tanto esime il Tribunale dall’analisi delle ulteriori ragioni di censura sollevate dal ricorrente. 7 – Le spese di lite, tenuto conto della peculiarità della fattispecie, vanno integralmente compensate tra le parti. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio sezione staccata di Latina (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta. Compensa le spese di lite tra le parti. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (e degli articoli 5 e 6 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016), a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità. Così deciso in Latina nella camera di consiglio del giorno 22 maggio 2024 con l'intervento dei magistrati: Davide Soricelli, Presidente Roberto Maria Bucchi, Consigliere Benedetta Bazuro, Referendario, Estensore

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Tribunale Ordinario di Latina SEZIONE II CIVILE in persona del giudice dott. Stefano Fava ha emesso la seguente SENTENZA ai sensi dell'art. 281 sexies c.p.c. nella causa civile di primo grado iscritta al n. 4139/2023 del R.G.A.C., decisa nell'odierna udienza cartolare del 21 maggio 2024 e vertente TRA - (...) rappresentato e difeso dall'avv. Al.IZ. per delega a margine dell'atto introduttivo PARTE ATTRICE E - (...) rappresentato e difeso dall'avv. St.CA. per delega a margine della comparsa di costituzione; PARTE CONVENUTA OGGETTO: impugnazione delibera condominiale. CONCLUSIONI Per l'udienza cartolare di discussione del 21 maggio 2024 le parti concludevano come da note scritte depositate da parte attrice in data 20 maggio 2024 e da parte convenuta in data 15 maggio 2024 atti da intendersi in questa sede trascritti e comunque in prosieguo riassunti. FATTI DI CAUSA Con ricorso ex art. 281 decies c.p.c. del 29 settembre 2023 (...) impugnava la delibera adottata dall'assemblea condominiale del (...) convenuto in data 26 aprile 2023 con istanza di mediazione del 18 maggio 2023 poiché era stata convocata in violazione de regolamento di condominio che all'art. 15 stabilisce che l'assemblea è convocata a cura dell'amministratore mediante avviso da inviarsi a ciascun condomino almeno quindici giorni prima della data fissata. Il (...) convenuto non partecipava agli incontri di mediazione fissati per 27 giugno, 26 luglio e primo agosto 2023 e il procedimento veniva dichiarato chiuso per mancata partecipazione del (...). Concludeva pertanto chiedendo l'annullamento della delibera impugnata. Si costituiva il (...) convenuto con comparsa del 22 novembre 2023 eccependo carenza di legittimazione attiva, tardività della mediazione che veniva comunicata al (...) soltanto in data 13 giugno 2023 quindi oltre i trenta giorni previsti dalla legge, infondatezza nel merito poiché la presenza dell'attore all'assemblea testimonierebbe il contrario di quanto affermato nell'atto introduttivo del giudizio e comunque la presenza all'assemblea avrebbe effetto sanante, nel merito cessata materia del contendere poiché il (...) ha convocato una nuova assemblea adottando una nuova deliberazione in sostituzione della precedente. Con le note di trattazione scritta del 29 gennaio 2024 parte attrice conveniva sulla cessazione della materia del contendere, depositava la procura generale rilasciata da (...) a (...) per dimostrare la propria legittimazione, sosteneva l'infondatezza delle eccezioni avverse, chiedeva la condanna alle spese del giudizio come da nota spese depositata. Parte attrice depositava note conclusionali in data 24 aprile 2024 ribadendo la richiesta di dichiarazione della cessazione della materia del contendere con condanna alle spese. Parte convenuta depositava note conclusive in data 29 aprile 2024 chiedendo la condanna dell'attore ex art. 96 c.p.c. per avere abusato del mezzo giudiziario. MOTIVI DELLA DECISIONE Deve essere dichiarata l'estinzione del giudizio ai sensi dell'art. 306 c.p.c. per la cessazione della materia del contendere come richiesto da entrambe le parti per avere adottato il (...) convenuto nuova deliberazione in sostituzione della precedente. La richiesta di condanna alle spese formulata da entrambe le parti impone tuttavia una sommaria valutazione del merito secondo i principi della cd. soccombenza virtuale. Al riguardo l'azione proposta da parte attrice appare infondata poiché dal verbale dell'assemblea del 26 aprile 2023 risulta che (...) fosse presente e nulla abbia eccepito in ordine alla regolarità della convocazione avendo votato per la non approvazione di alcuni degli ordini del giorno e nell'intestazione del verbale si legge "indetta con regolare avviso comunicato a tutti i condomini". La presenza del condòmino all'assemblea ha infatti effetto sanante in ordine ad eventuali irregolarità dell'avviso di convocazione. In proposito Cassazione n. 18503/2020 ha stabilito che "l'annullabilità della delibera assembleare per mancata comunicazione dell'avviso di convocazione dell'assemblea non può essere fatta valere allorché il condomino, nei cui confronti la comunicazione è stata omessa, sia presente in assemblea, dovendosi presumere che lo stesso ne abbia avuto comunque notizia, rimanendo l'eventuale irregolarità della sua convocazione conseguentemente sanata", anche l'omessa indicazione di un argomento, poi deliberato, nell'ordine del giorno di un'assemblea condominiale, non può essere rilevata dal condomino dissenziente nel merito, se non ha preliminarmente eccepito in quella sede l'irregolarità (...) il condomino, partecipando all'assemblea senza far valere invalidità poste a protezione del suo interesse ad una consapevole partecipazione alla delibera, dimostra con un comportamento univoco che l'inosservanza della disciplina legislativa non ha inciso su tale interesse e, in definitiva, presta acquiescenza". Pertanto, in tema di impugnazioni di delibere condominiali vige il principio secondo cui la presenza del condomino all'assemblea, sana una convocazione omessa, tardiva o incompleta, in quanto la deliberazione assembleare è annullabile ex art. 66 disp. att. c.c. solo su istanza dei condomini dissenzienti o assenti perché non ritualmente convocati. Nel caso in cui il condòmino partecipi all'assemblea senza contestare il vizio della convocazione, si forma quindi l'acquiescenza sanante. Diversa è l'ipotesi, che non ricorre nel caso in esame, in cui la comparizione è volta precipuamente a far valere il vizio, trattandosi, in tal caso, di condotta contraria all'acquiescenza che impedisce la sanatoria. La soccombenza virtuale di parte attrice nel merito della domanda regola le spese del presente giudizio, che vengono liquidate come in dispositivo nella misura media sulla base del D.M. 55/14, considerato che non è stata svolta attività istruttoria, applicando lo scaglione per le cause di valore indeterminabile a complessità bassa considerata la difficoltà delle questioni affrontate P.Q.M. il Tribunale di Latina, monocraticamente e definitivamente pronunciando nella causa n 4139/2023, ogni diversa domanda rigettata così provvede: - dichiara estinto il giudizio per cessata materia del contendere - condanna l'attore (...) al pagamento delle spese di lite in favore del convenuto (...) che liquida in Euro 5.810,00 per compensi, oltre spese generali, IVA e CPA come per legge; Lì 21 maggio 2024.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio sezione staccata di Latina (Sezione Prima) ha pronunciato la presente SENTENZA ex art. 116 cod. proc. amm.; sul ricorso numero di registro generale 71 del 2024, proposto dal cons. -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall’avv. Fr. Sc., con domicilio digitale eletto presso l’indirizzo p.e.c. (…); contro Comune di (Omissis) (FR), in persona del Sindaco p.t., non costituito in giudizio; nei confronti -OMISSIS-, nella qualità di presidente della commissione esaminatrice del concorso pubblico per la copertura di n. 2 posti di istruttorie amministrativo cat. C1 e di Segretario generale dell’Amministrazione civica, rappresentato e difeso dall’avv. Ma. Fo., con domicilio eletto presso il suo studio in Ca. (FR), via (…); per l’annullamento del verbale del 23 gennaio 2024, recante diniego parziale sull’istanza di accesso allibrata al prot. n. (…) del 3 gennaio 2023 e presentata dal ricorrente ai sensi dell’art. 43, comma 2, d.lgs. 18 agosto 2000 n. 267, nella sua qualità di consigliere del Comune di (Omissis), e per il conseguente accertamento del suo diritto ad ottenere la documentazione amministrativa così richiesta. Visti il ricorso e i relativi allegati; Visto l’atto di costituzione in giudizio di -OMISSIS-; Viste le memorie difensive; Visti tutti gli atti della causa; Visto l’art. 116 cod. proc. amm.; Relatore nella camera di consiglio del giorno 15 maggio 2024 il dott. Valerio Torano e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; Visti il ricorso ex art. 116 cod. proc. amm., notificato il 12 febbraio 2024 e depositato il successivo giorno 13, con cui il ricorrente, consigliere comunale di (Omissis), ha chiesto l’annullamento dell’atto indicato in epigrafe e l’accertamento del proprio diritto ad accedere immediatamente, ai sensi dell’art. 43, comma 2, d.lgs. 18 agosto 2000 n. 267, alla documentazione amministrativa indicata nella propria istanza di ostensione del 3 gennaio 2024, senza attendere la conclusione del procedimento amministrativo cui inerisce; Vista la memoria depositata dal controinteressato il 28 aprile 2024; Visto l’art. 43, comma 2, d.lgs. n. 267 del 2000, per il quale: “2. I consiglieri comunali e provinciali hanno diritto di ottenere dagli uffici, rispettivamente, del comune e della provincia, nonché dalle loro aziende ed enti dipendenti, tutte le notizie e le informazioni in loro possesso, utili all’espletamento del proprio mandato. Essi sono tenuti al segreto nei casi specificamente determinati dalla legge”; Considerato che l’accesso agli atti esercitato ai sensi dell’art. 43, d.lgs. n. 267 del 2000, ha natura e caratteri diversi rispetto alle altre forme di ostensione “poiché si esprime in un non condizionato diritto di accesso a tutti gli atti che possano essere d’utilità all’espletamento delle funzioni del consigliere, senza che gli si possa imporre di specificamente indicare le ragioni della propria richiesta atteso che, diversamente opinando, sarebbe introdotta una sorta di controllo dell’ente, attraverso i propri uffici, sull’esercizio delle funzioni consiliari” (Cons. Stato, sez. V, 11 ottobre 2022 n. 8688; in termini v. anche: Cons. Stato, sez. V, 1° marzo 2023 n. 2189; sez. V, 19 aprile 2021 n. 3161; sez. V, 13 agosto 2020 n. 5032); Considerato che l’espressione contenuta nell’art. 43, comma 2, d.lgs. n. 267 cit., secondo cui i consiglieri comunali e provinciali hanno diritto di ottenere dagli uffici dell’ente di appartenenza, oltre che delle sue aziende ed enti dipendenti, tutte le notizie e le informazioni in loro possesso “utili” all’espletamento del proprio mandato, non è interpretabile come prescrittiva di un limite, ma piuttosto nel senso che “tale aggettivo comporta l’estensione del diritto di accesso a qualsiasi atto ravvisato utile per l’esercizio delle funzioni” (Cons. Stato, sez. V, 11 ottobre 2022 n. 8688; sez. V, 13 agosto 2020 n. 5032; sez. V, 2 marzo 2018 n. 1298; sez. V, 5 settembre 2014 n. 4525; sez. IV, 12 febbraio 2013 n. 843); Considerato che gli unici limiti al diritto di accesso dei consiglieri comunali e provinciali si rinvengono “nel principio di strumentalità, inerenza e proporzionalità, nel senso che l’esercizio del diritto deve avvenire in modo da comportare il minor aggravio possibile per gli uffici e non deve sostanziarsi in richieste assolutamente generiche ovvero meramente emulative o di disturbo, che si traducano in un sindacato generale, indifferenziato e non circostanziato sull’attività amministrativa, fermo restando che la sussistenza di tali caratteri deve essere attentamente e approfonditamente vagliata in concreto al fine di non introdurre surrettiziamente inammissibili limitazioni al diritto medesimo” (Cons. Stato, sez. II, 29 febbraio 2024 n. 1974; sez. V, 28 marzo 2023 n. 3157); Vista l’istanza prot. n. 74 del 3 gennaio 2024 e dato atto che la stessa si rivolge all’acquisizione di specifica documentazione afferente a uno specifico concorso pubblico indetto dall’Amministrazione civica, inclusi regolamenti ed altri atti amministrativi generali comunque inerenti allo stesso; Ritenuto che, pertanto, nella specie non siano stati violati i suddetti limiti posti al diritto dei consiglieri comunali ad accedere alla documentazione amministrativa dell’ente locale di appartenenza e delle sue aziende ed enti dipendenti; Ritenuto che, pertanto, il ricorso sia fondato e da accogliere, a nulla rilevando né che la documentazione richiesta possa riguardare un procedimento amministrativo ancora non esaurito – posto che il mandato consiliare ben può rivolgersi a sindacare la legittimità di attività ancora in corso e che, comunque, come ribadito dall’art. 43, comma 2, d.lgs. n. 267 cit., il consigliere che ottiene l’ostensione è comunque tenuto ad osservare il segreto nei casi previsti dalla legge, sì che non gli è opponibile neppure la tutela della riservatezza (Cons. Stato, sez. V, 1° marzo 2023 n. 2189; sez. V, 20 ottobre 2022 n. 8667; sez. V, 19 aprile 2021 n. 3161) – e che, in caso di inesistenza della documentazione richiesta, l’Amministrazione ha l’obbligo di dichiararlo espressamente; Ritenuto di porre le spese di giudizio a carico del Comune di (Omissis), nella misura liquidata in dispositivo, con compensazione delle stesse tra ricorrente e controinteressato; P.Q.M. Il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sezione staccata di Latina (sezione I), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto ordina al Comune di (Omissis) di ostendere al cons. -OMISSIS- la documentazione richiesta entro trenta giorni dalla notificazione o comunicazione in via amministrativa della presente sentenza. Condanna l’Amministrazione resistente al pagamento delle spese di giudizio, che sono liquidate in euro 2.000,00 (duemila/00), oltre ad accessori di legge e rifusione del contributo unificato versato, da distrarsi in favore dell’avv. Fr. Sc., procuratore antistatario; compensa le spese tra ricorrente e controinteressato. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa. Così deciso in Latina nella camera di consiglio del giorno 15 maggio 2024 con l’intervento dei magistrati: Riccardo Savoia, Presidente Francesca Romano, Consigliere Valerio Torano, Primo Referendario, Estensore

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio sezione staccata di Latina Sezione Seconda ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 562 del 2017, integrato da motivi aggiunti, proposto da -OMISSIS- e -OMISSIS-, rappresentati e difesi dagli avvocati Al. Za. D'A. e Je. Qu., con domicilio eletto presso lo studio del primo in (...), Salita (...); contro Comune di (omissis), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Gi. La., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; Per quanto riguarda il ricorso introduttivo: per l'annullamento previa sospensiva, dell'ordinanza del Comune di (omissis), Area IV Gestione del Territorio, -OMISSIS-, con la quale l'Amministrazione Civica ha ingiunto al sig. -OMISSIS- la demolizione di opere abusive realizzate in (omissis), -OMISSIS-; di ogni altro atto, antecedente o consequenziale, conosciuto e non, comunque connesso, ed in particolare: della nota -OMISSIS- del personale dell'Area IV Gestione del Territorio del Comune di (omissis) (atto non conosciuto né esteso ai ricorrenti), nonché del Piano per la Mobilità e l'accessibilità a supporto della fruizione turistica, approvato con D.P.G.R. -OMISSIS-, nella parte in cui destina l'area delimitata dalle suddette opere ad accesso pedonale all'arenile. Per quanto riguarda i motivi aggiunti: per l'annullamento dell'ordinanza di demolizione -OMISSIS-, del Comune di (omissis), Area IV Gestione del Territorio (atto gravato con il ricorso introduttivo); nonchè : - della determinazione -OMISSIS- del Comune di (omissis) (di cui i ricorrenti hanno avuto notizia a seguito della ricezione delle note del Comune di (omissis) -OMISSIS-, -OMISSIS-, e -OMISSIS-); - di ogni altro atto, antecedente o consequenziale, conosciuto e non, comunque connesso, ed in particolare: della nota -OMISSIS- del personale dell'Area IV Gestione del Territorio del Comune di (omissis) (atto non conosciuto né esteso ai ricorrenti); del Piano per la Mobilità e l'accessibilità a supporto della fruizione turistica, approvato con D.P.G.R. -OMISSIS-, nella parte in cui destina l'area delimitata dalle suddette opere ad accesso pedonale all'arenile; delle note del Comune di (omissis) -OMISSIS-, -OMISSIS-, e -OMISSIS-. Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di (omissis); Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 8 maggio 2024 il dott. Roberto Maria Bucchi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO e DIRITTO 1) Con ricorso notificato il -OMISSIS- e depositato il -OMISSIS- i coniugi -OMISSIS- e -OMISSIS- hanno impugnato l'atto in epigrafe specificato col quale il Capo dello Sportello Unico per l'Edilizia del Comune di (omissis) ha ingiunto la demolizione delle opere abusivamente realizzate in -OMISSIS-, sul terreno distinto in Catasto al -OMISSIS-, descritte nella relazione di sopralluogo -OMISSIS-, consistenti in: - cancelletto in ferro che impedisce il transito all'arenile; - rampa di scale e camminamenti in materiale cementizio; - recinzione a delimitazione dell'intera area; - n. 2 pergolati, di cui uno coperto parzialmente da pannelli coibentati e rete verde ombreggiante e uno coperto in cannucce; - varie opere di terrazzamento; - ampliamento della preesistente struttura con copertura in pannelli di eternit, già oggetto di istanza di condono -OMISSIS- in corso di istruttoria. Il tutto in area classificata zona E sottozona E2 Agricola di Salvaguardia Ambientale e sottoposta ai vincoli paesaggistici di cui al D.lgs. n. 42/04, P.T.P. approvato con DGRL -OMISSIS- e PTPR adottato con DGRL -OMISSIS- e -OMISSIS-. 2) A sostegno del gravame, i ricorrenti deducono le seguenti censure di violazione di legge ed eccesso di potere: I) Difetto di legittimazione passiva: in quanto le opere oggetto d'ingiunzione (viottolo pedonale, recinzione e cancelli) sono state realizzate nel -OMISSIS- a cura e spese del Comune nel corso dei lavori di ammodernamento e manutenzione del depuratore. II) Difetto di istruttoria: l'Amministrazione ha notificato l'ordinanza senza aver compiuto/effettuato alcuna pertinente verifica/accertamento sul soggetto responsabile del presunto (insussistente) abuso. III) Errore nei presupposti e per difetto di motivazione: quanto al primo, perché le attuali opere in sito (vialetto pedonale, sua recinzione e cancelli) sono state realizzate dallo stesso Comune in sostituzione del precedente passaggio pedonale che conduceva ai beni della sig.ra -OMISSIS-. Quanto al secondo, perché non è stata estesa/resa conoscibile la nota -OMISSIS- redatta dal personale tecnico, su cui si fonda l'ordinanza di demolizione. IV) Violazione dei principi di ragionevolezza e proporzionalità : L'Amministrazione nell'adottare il provvedimento non ha tenuto in considerazione l'epoca di realizzazione delle opere, la circostanza che il Piano di Mobilità è stato approvato successivamente alla realizzazione del vialetto, la circostanza che il vialetto, con relativa recinzione e cancelli, venne realizzato dallo stesso Comune, la circostanza che il lotto di terreno/fabbricato della sig.ra -OMISSIS- è intercluso rispetto alla via pubblica, essendo il medesimo raggiungibile solo con il viottolo pedonale di cui trattasi. V) Violazione delle garanzie partecipative: trattandosi di opere in sito da tempo immemore era quanto mai necessario che il provvedimento impugnato venisse preceduto dagli avvisi ex artt. 7 e seg. l. 241/90. 3) Con atto depositato il 29 settembre 2017, si è costituito in giudizio il Comune di (omissis) eccependo l'irricevibilità e l'infondatezza del ricorso. 4) Con ordinanza -OMISSIS- (confermata dal Consiglio di Stato con ordinanza -OMISSIS-), questo Tribunale ha respinto la domanda di tutela cautelare. 5) Con motivi aggiunti regolarmente notificati e depositati il 25 giugno 2020, i ricorrenti hanno impugnato per illegittimità derivata la determinazione -OMISSIS- con cui il Capo dell'Area 2 ha affidato l'esecuzione dei lavori di ripristino dell'accesso all'arenile. 6) Alla pubblica udienza dell'8 maggio 2024, la causa è stata riservata per la decisione. 7) In via preliminare, va respinta l'eccezione di irricevibilità del ricorso in quanto in calce all'ordinanza di demolizione impugnata è apposta relazione di notificazione al ricorrente -OMISSIS- in data -OMISSIS-; pertanto il termine per la proposizione del ricorso è ampiamente rispettato. Ciò anche perché dagli atti depositati in giudizio non risulta una notificazione del provvedimento nella antecedente -OMISSIS-, come sostenuto dal Comune nella propria memoria. 8) Nel merito, il ricorso e i motivi aggiunti sono infondati e come tali devono essere respinti per le ragioni di seguito sinteticamente spiegate. 9) In primo luogo, il Collegio prende atto che, come illustrato dal Comune resistente, contrariamente a quanto affermato dai ricorrenti, tutte le aree su cui insistono le opere abusive in argomento sono di appartenenza pubblica. In particolare, la particella -OMISSIS- su cui insiste l'immobile oggetto della domanda di condono edilizio del -OMISSIS- appartiene al Demanio Pubblico dello Stato - Ramo Marina Mercantile; anche le particelle attigue e che rappresentano l'area pertinenziale dell'immobile occupate dai ricorrenti, senza alcun titolo, identificate con le particelle -OMISSIS- e -OMISSIS-, sono di proprietà Comunale. 10) I cancelli abusivi, sono stati realizzati dai ricorrenti, il primo a chiusura dell'accesso sulla via pubblica denominata -OMISSIS-, ed il secondo a delimitazione dei lotti di proprietà pubblica abusivamente occupati. Tanto basta per evidenziare la conseguente infondatezza di tutte le censure articolate dai ricorrenti, posto che "Una volta accertata la natura abusiva delle opere, l'adozione dell'ordinanza di demolizione dell'intervento difforme in area demaniale costituisce per il Comune un atto dovuto ai sensi dell'art. 21, l. reg. n. 15/2008 e dell'art. 27, d.P.R. n. 380/2001. Né sull'Amministrazione incombe un onere motivazionale rafforzato a causa dell'asserita, eventuale, tolleranza, in passato, di analoghi manufatti abusivi, dato che l'inerzia dell'Amministrazione nel reprimere le violazioni edilizie non consente di configurare alcun legittimo affidamento, meritevole di tutela, in capo al trasgressore. L'intervento del Comune finalizzato a rimuovere gli effetti permanenti degli abusi edilizi e a ripristinare i valori territoriali violati è legittimo e doveroso anche quando sia trascorso un notevole lasso di tempo, attesa la natura vincolata del provvedimento repressivo. Ove, poi, questi siano realizzati in area vincolata, l'Autorità può intervenire con la demolizione ad horas secondo la procedura spedita prevista dall'art. 27 del d.P.R. n. 380/2001" (T.A.R. Lazio Roma, sez. II, 24/09/2021, n. 9906). 11) In ogni caso, va detto: - Con riguardo al difetto di legittimazione passiva, che la pretesa estraneità dei ricorrenti all'esecuzione delle opere, non è credibile oltreché priva di elementi a sostegno, posto che i cancelli sono stati allocati evidentemente, da chi aveva interesse ad interdire l'accesso uti cives all'arenile, avendo edificato abusivamente un immobile ed occupato altrettanto abusivamente la porzione di terreno adiacente; - Non sussiste l'errore di fatto lamentato da controparte, in quanto il vialetto di esclusiva proprietà comunale, non conduce ai beni di proprietà -OMISSIS-; le particelle -OMISSIS-, -OMISSIS- e -OMISSIS-, infatti, sono rispettivamente di proprietà del Demanio Marittimo e del Comune di (omissis), sono state abusivamente ed illegittimamente occupate dai ricorrenti e l'immobile edificato è totalmente abusivo; - Il richiamo alla nota -OMISSIS- è sufficiente a configurare una integrazione legittima della motivazione dell'atto impugnato per relationem, non essendo necessaria anche l'allegazione; - L'esercizio del potere repressivo degli abusi edilizi costituisce manifestazione di attività amministrativa doverosa, con la conseguenza che i relativi provvedimenti, quali l'ordinanza di demolizione, costituiscono atti vincolati per la cui adozione non è necessario l'invio della comunicazione di avvio del procedimento. 12) In conclusione, quindi, il ricorso e i motivi aggiunti devono essere respinti siccome destituiti di fondamento. 13) Le spese seguono la soccombenza. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio sezione staccata di Latina Sezione Seconda, definitivamente pronunciando sul ricorso e i motivi aggiunti R.G. 562/17, li rigetta. Condanna i ricorrenti, in solido tra loro, alle spese e competenze del giudizio, che liquida in complessivi Euro 3.000 (tremila), oltre spese generali, ex art. 14 tariffario forense, cpa e iva. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Latina nella camera di consiglio del giorno 8 maggio 2024 con l'intervento dei magistrati: Davide Soricelli - Presidente Roberto Maria Bucchi - Consigliere, Estensore Benedetta Bazuro - Referendario

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE DI LATINA Sezione Seconda Civile in composizione monocratica, in persona del giudice monocratico dott.ssa Valentina Giasi, all'esito della camera di consiglio del 16.05.2024 ha pronunciato la seguente SENTENZA ex art. 281-sexies c.p.c. nella causa civile di primo grado iscritta al numero 778 del Registro Generale Affari Contenziosi dell'anno 2021 promossa DA (...), rappresentato e difeso dall'Avv. Al.Si., come da procura in atti; -parte opponente- CONTRO (...), in persona del legale rappresentante pro tempore, in persona della procuratrice speciale (...) rappresentata e difesa dall'Avv. Al.Ba. e dall'Avv. Lu.Ti., come da procura in atti; -parte opposta- FATTO E DIRITTO Con atto di citazione ex art. 645 c.p.c. (...) proponeva opposizione avverso il decreto ingiuntivo n. 1957/2020 con il quale il Tribunale di Latina aveva ingiunto il pagamento di Euro 8.104,63, oltre interessi e spese, quale saldo passivo del contratto di finanziamento n. (...). L'opponente eccepiva in via preliminare il difetto di legittimazione attiva della (...) l'infondatezza della pretesa creditoria avversa perché non adeguatamente provata, l'illegittima applicazione da parte della banca di tassi di interesse superiori al tasso soglia usura, nonché la nullità del contratto per violazione dell'art. 125 bis, c. 9, D.Lgs. 385/1993. Chiedeva l'accoglimento delle seguenti conclusioni: "Voglia il Tribunale adito, ogni contraria istanza disattesa, previa sospensione in ogni caso della provvisoria esecutività del decreto opposto: In via pregiudiziale, in rito, 1) Revocare il D.I. e dichiarare inammissibile il ricorso monitorio perché proposto da soggetto privo della legittimazione attiva; In via principale, nel merito: 2) accertare e dichiarare l'inammissibilità del ricorso monitorio e la conseguente nullità del D.I. opposto per difetto di prova scritta del credito ex artt. 633 e ss. c.p.c. e 50 TUB; 3) accertare e dichiarare, la nullità e l'inefficacia del contratto di finanziamento azionato, per violazione della forma scritta prevista a pena di nullità dall'art. 117 TUB e dell'art. 125 bis TUB, tenuto conto altresì del disconoscimento ex artt. artt. 2712 e 2719 c.c.; 4) Accertare e dichiarare la nullità del contratto di finanziamento azionato ai sensi dell'art. 125 bis, commi 8 e 9 T.U.B.; 5) accertare e dichiarare la violazione della L. 108/96 c.d. antiusura, con conseguente eliminazione del tasso degli interessi in applicazione dell'art. 1815 c.c.; 6) accertare e dichiarare la nullità del contratto di assicurazione connesso al contratto di finanziamento azionato per tutte le ragioni dedotte in narrativa; 7) accertare e dichiarare l'esatto dare/avere tra le parti e per l'effetto condannare l'opposta in persona del suo legale rappresentante pro tempore, alla restituzione ex art. 2033 c.c. in favore dell'opponente di tutte le somme indebitamente percette in base ai titoli nulli; 8) condannare la banca opposta in persona del suo legale rappresentante pro tempore al risarcimento dei danni subiti e subendi dall'opponente, sia patrimoniali che non, a qualsiasi titolo, sia sotto il profilo del danno emergente che del lucro cessante anche a titolo di responsabilità precontrattuale, ed in ogni caso al risarcimento del danno per lite temeraria ex art. 96 c.p.c. da liquidarsi in via equitativa secondo il libero apprezzamento del giudice ". Controparte_l in persona della procuratrice speciale (...) costituendosi ritualmente in giudizio, chiedeva il rigetto dell'opposizione in quanto infondata e la conferma del decreto ingiuntivo opposto, con vittoria delle spese di lite. Così concludeva: "Voglia l'Ill.mo Giudice di pace adito, disattesa e respinta ogni contraria istanza, difesa ed eccezione, In via preliminare: - Concedere ex art. 648 c.p.c. la provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo n. 1957/2020, R.G. 5759/2020 del 14/12/2020 emesso dal Tribunale ordinario di Latina in data 07/12/2020, trattandosi di credito certo, liquido ed esigibile, e non risultando l'opposizione fondata su prova scritta, né essendo di pronta soluzione; Nel merito, in via principale: - Rigettare l'opposizione, poiché totalmente infondata, generica e dilatoria in fatto e diritto, nonché le domande tutte ivi spiegate, con conferma dell'opposto decreto ingiuntivo n. 1957/2020 R.G. 5759/2020 del 14/12/2020 emesso dal Tribunale ordinario di Latina , in data 07/12/2020, e, per l'effetto, condannare l'opponente al pagamento delle somme ingiunte, oltre interessi come da domanda o in via gradata, nell'ipotesi che qui si esclude di revoca del decreto ingiuntivo opposto, condannare l'opponente al pagamento delle somme che risulteranno effettivamente dovute all'esito del giudizio. In ogni caso con integrale vittoria di spese e compenso professionale". Conclusa l'istruttoria mediante produzione documentale, all'udienza del 16.05.2024 la causa è decisa mediante sentenza pronunciata ai sensi dell'art. 281-sexies c.p.c., dando lettura del dispositivo e della esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione. In via preliminare deve essere disattesa l'eccezione di improcedibilità dell'opposizione sollevata da parte opponente nelle note difensive del 04.03.2022 per l'omessa attivazione della procedura di mediazione da parte dell'opposta entro il termine di quindici giorni disposti dal giudice con ordinanza del 11.07.2021. Sul punto si osserva che in tema di mediazione delegata ex art. 5, comma 2, del D.Lgs. n. 28 del 2010, il termine di quindici giorni disposto dal giudice non ha natura perentoria, in quanto dal tenore letterale dell'art. 5, comma 2 bis, del medesimo decreto si ricava che la dichiarazione di improcedibilità non è collegata dal legislatore al mancato rispetto del termine di presentazione della domanda, bensì al solo evento dell'esperimento del procedimento di mediazione, essendo, peraltro, tale conclusione compatibile con la ratio legis sottesa alla mediazione obbligatoria ope iudicis, consistente nella ricerca della soluzione migliore possibile per le parti, dato un certo stato di avanzamento della lite e certe sue caratteristiche (ex multis Cass. Sez. 2 -, Sentenza n. 40035 del 14/12/2021; Cass. Sez. 3 -, Ordinanza n. 4133 del 14/02/2024). Aderisce il Tribunale all'orientamento recentemente confermato dalla Suprema Corte, secondo cui il principio appena enucleato è riferito alla cd. mediazione delegata ex art. 5, 2 c., D.Lgs. n. 28/2010, "ma non vi sono ragioni ostative alla sua applicazione anche alla mediazione obbligatoria ex lege, ai sensi del comma 1-bis della medesima disposizione" (Cass. civ. Ordinanza n. 9102 del 2023). Nel caso in esame, sospesa la provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo con ordinanza ex art. 649 c.p.c. emessa in data 11.07.2021, veniva assegnato il termine di legge di quindici giorni decorrenti dalla comunicazione del provvedimento per la introduzione della procedura di mediazione. Sebbene la parte opposta non abbia rispettato il termine di quindici giorni per l'espletamento della citata procedura, occorre tuttavia rilevare che la stessa creditrice ha provato di aver avviato la procedura di mediazione, che questa si è conclusa con esito negativo e che la conclusione è intervenuta (verbale negativo del 04.11.2021) prima dello svolgimento della udienza istruttoria (tenuta in data 18.03.2022). La condizione di procedibilità della domanda deve quindi ritenersi validamente verificata e l'eccezione sollevata sul punto da parte opponente non merita accoglimento. È altresì infondata l'eccezione preliminare avanzata da parte opponente in merito alla carenza di legittimazione attiva della società (...) nella qualità di procuratrice speciale di (...). Dall'esame della produzione documentale in atti, infatti, emerge come sia stata validamente rilasciata procura notarile in data 18.12.2016 dal Dott. (...), in qualità di Amministratore unico della (...) , alla società (...), che prevede - tra gli altri poteri alla stessa assegnati - anche quello di nominare o sostituire a sé altri procuratori e avvocati, eleggendo domicilio presso di loro in qualunque circoscrizione o distretto giudiziario (all. n. 1 fascicolo monitorio). In particolare (...). in persona dell'Amministratore delegato, Dr. (...), con apposita procura speciale redatta per atto notarile del 02.08.2018 registrata in pari data, ha conferito agli Avvocati Al.Ba., Lu.Ti., An.Al., Ma.An. e Al.So. la procura al fine di rappresentare la Società "in tutte le cause ed i procedimenti stragiudiziali e/o giudiziali in tema di recupero del credito, attivo e passivo, già promossi o da promuovere, contro qualsiasi persona o ente o per qualsiasi causa, in tutti i gradi di giurisdizione (...)" (all. n. 2 fascicolo monitorio). Da tali elementi e da tutta la produzione documentale effettuata da parte opposta unitamente al ricorso monitorio può dirsi sufficientemente determinata la legittimazione attiva della (...) quale procuratrice speciale di (...). L'eccezione preliminare è pertanto destituita di fondamento. Tanto premesso, l'opposizione è infondata nel merito e deve essere rigettata. Il credito vantato ha trovato adeguata ed esaustiva dimostrazione nella documentazione prodotta da parte opposta. Sin dal procedimento per decreto ingiuntivo la parte creditrice ha prodotto il contratto di finanziamento sottoscritto in data 24 aprile 2014, il piano di ammortamento, copia della polizza assicurativa, la lettera di messa in mora, la certificazione ex art. 50 TUB relativa al contratto di finanziamento, nonché l'estratto conto relativo all'intera durata del rapporto contrattuale. Introducendo il presente giudizio, parte opponente, con comportamento rilevante ex art. 115 c.p.c. non ha contestato di aver effettivamente ricevuto dall'opposta la somma oggetto del contratto né ha contestato l'inadempimento rispetto all'obbligo di pagamento di tutte le rate mensili contrattualmente previste. Tenendo conto della ripartizione degli oneri probatori nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, a fronte di tale esaustiva produzione documentale da parte della creditrice opposta, gravava sull'opponente l'onere di allegare e provare fatti impeditivi, modificativi ed estintivi del credito. L'opponente ha in primo luogo eccepito la mancata prova del titolo negoziale, contestando la non conformità della copia all'originale del contratto di finanziamento ex art. 2719 c.c. A dimostrazione dell'esistenza del credito l'opposta ha prodotto l'originale del contratto di prestito personale n. 13398732 (doc. n. 3 fascicolo monitorio). A fronte di tale produzione documentale l'opponente non ha formalizzato il disconoscimento ex art. 214 c.p.c. 51 osserva che l'art. 2719 c.c., che esige l'espresso disconoscimento della conformità con l'originale delle copie fotografiche o fotostatiche, è applicabile tanto alla ipotesi di disconoscimento della conformità della copia al suo originale, quanto a quella di disconoscimento della autenticità di scrittura o di sottoscrizione, e, nel silenzio normativo sui modi e termini in cui deve procedersi, entrambe le ipotesi sono disciplinate dagli artt. 214 e 215 c.c., con la conseguenza che la copia fotostatica non autenticata si ha per riconosciuta, tanto nella sua conformità all'originale quanto nella scrittura e sottoscrizione, se non venga disconosciuta in modo formale e inequivoco alla prima udienza, o nella prima risposta successiva alla sua produzione (da ultimo, Cass. Sez. 6 - 3, Ordinanza n. 3540 del 06/02/2019; Cass. Sez. 3 -, Sentenza n. 18074 del 05/07/2019). Nel caso di specie, successivamente al deposito dell'originale del contratto di finanziamento da parte dell'opposta, il debitore opponente non ha disconosciuto in modo puntuale il documento nelle forme di cui all'art. 214 c.p.c. Inoltre, sebbene l'art. 214 c.p.c. non richieda che il disconoscimento avvenga secondo una forma vincolata, è in ogni caso necessario che il disconoscimento di una scrittura privata abbia i caratteri della specificità e della determinatezza, sia inequivoco e non integri una mera espressione di stile (ex multis, Cass. Sez. L, Sentenza n. 18042 del 20/08/2014; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 12448 del 19/07/2012; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 9543 del 01/07/2002). Nel corso del presente giudizio, in particolare alla prima difesa utile successiva alla produzione dell'originale del contratto di prestito personale n. (...), parte opponente non ha formalizzato il disconoscimento ex art. 214 c.p.c. Ne consegue che il titolo, non validamente contestato, debba ritenersi accertato ex art. 215, 1 c., n. 2 c.p.c. È quindi provato il titolo contrattuale quale fonte del credito e, in virtù della ulteriore documentazione prodotta dalla creditrice nel fascicolo monitorio inerente l'andamento del rapporto contrattuale dalla costituzione al recesso (nella specie, il piano di ammortamento, la copia della polizza assicurativa, la lettera di messa in mora, la certificazione ex art. 50 TUB relativa al contratto di finanziamento, nonché l'estratto conto relativo all'intera durata del rapporto contrattuale), possono compiutamente dirsi provati l'esposizione debitoria dell'opponente ed il conseguente diritto di credito vantato dalla odierna opposta. L'eccezione è quindi destituita di fondamento. Parte opponente ha altresì eccepito la illegittima determinazione del credito per applicazione di interessi usurari. Dalla documentazione prodotta emerge che in data 24.04.2014 l'opponente stipulava con (...) il contratto di finanziamento n. (...) per un importo di Euro 21.924,00 da rimborsarsi mediante il pagamento di 84 rate da Euro 333,50 ciascuna con un tasso annuale nominale TAN fisso del 7,01%, un tasso annuo effettivo globale TAEG pari almeno al 7,99% ed un tasso di mora del 15% annuo sulle rate scadute. È contrattualmente prevista una clausola di salvaguardia, secondo cui in caso di Tasso di Mora superiore a quello determinato ai sensi della legge, il tasso effettivamente pattuito sarà quello corrispondente al tasso soglia previsto dalla legge (art. 2 l. 108/1996). Occorre sul punto richiamare i principi di diritto espressi dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione con la sentenza n. 19597 del 18/09/2020, secondo cui "La disciplina antiusura, essendo volta a sanzionare la promessa di qualsivoglia somma usuraria dovuta in relazione al contratto, si applica anche agli interessi moratori, la cui mancata ricomprensione nell'ambito del Tasso effettivo globale medio (T.e.g.m.) non preclude l'applicazione dei decreti ministeriali di cui all'art. 2, comma 1, della l. n. 108 del 1996, ove questi contengano comunque la rilevazione del tasso medio praticato dagli operatori professionali'. Ne consegue che "in quest'ultimo caso, il tasso-soglia sarà dato dal T.e.g.m., incrementato della maggiorazione media degli interessi moratori, moltiplicato per il coefficiente in aumento e con l'aggiunta dei punti percentuali previsti, quale ulteriore margine di tolleranza, dal quarto comma dell'art. 2 sopra citato, mentre invece, laddove i decreti ministeriali non rechino l'indicazione della suddetta maggiorazione media, la comparazione andrà effettuata tra il Tasso effettivo globale (T.e.g.) del singolo rapporto, comprensivo degli interessi moratori, e il T.e.g.m. così come rilevato nei suddetti decreti. Dall'accertamento dell'usurarietà discende l'applicazione dell'art. 1815, comma 2, c.c., di modo che gli interessi moratori non sono dovuti nella misura (usuraria) pattuita, bensì in quella dei corrispettivi lecitamente convenuti, in applicazione dell'art. 1224, comma 1, c.c.; nei contratti conclusi con i consumatori è altresì applicabile la tutela prevista dagli artt. 33, comma 2, lett. f) e 36, comma 1, del D.Lgs. n. 206 del 2005 (codice del consumo), essendo rimessa all'interessato la scelta di far valere l'uno o l'altro rimedio." Nel caso in esame, tuttavia, l'eccezione non merita accoglimento in quanto meramente enunciata nell'atto di opposizione, senza alcuno specifico richiamo alle previsioni contrattuali rilevanti nel caso concreto e priva di ogni necessaria puntuale allegazione e riscontro probatorio. Parte opponente, invero, deduce il superamento dei tassi soglia usura, ma non fa applicazione dei principi elaborati dalla giurisprudenza di legittimità e di merito in materia né descrive puntualmente il metodo di calcolo utilizzato e le ragioni per cui possa dirsi integrata nel caso in esame una ipotesi di cd. "usura originaria". Manca inoltre una specifica allegazione delle somme asseritamente richieste in modo illegittimo dalla banca. Ne consegue che anche tale motivo di opposizione è infondato. Quanto all'asserita mancata indicazione nel contratto delle informazioni essenziali in violazione dell'art. 125 bis, c. 8 e 9, Tub, si osserva -con carattere assorbente rispetto ad ogni ulteriore rilievo- che nel contratto di finanziamento l'indicatore sintetico di costo di riferimento l'ISC è corrispondente al TAEG, che nel caso di specie è stato espressamente indicato nel contratto di finanziamento, in ossequio all'art. 125 bis, c. 8, Tub, il tipo di contratto di credito ("Prestito finalizzato all'acquisto di un bene o servizio presso rivenditori convenzionati con il Finanziatore. Descrizione dell'oggetto del finanziamento: AUTO USATA), i dati identificativi delle parti contraenti, nonché l'importo totale del finanziamento e le condizioni di prelievo e di rimborso ("importo totale del credito Euro 21.624,00, di cui Euro 20.000,00 per l'acquisto del bene o servizio Euro 1.624,00 Protez. Del Credito - Rate ed, eventualmente loro ordina di imputazione: scadenze: 9 di ogni mese, a partire dal 01.06.2014; rate da pagare: numero rate: 84; importo rata Euro 333,50"). Ne consegue che il contratto di finanziamento oggetto di causa soddisfa i requisiti della forma scritta e contiene in modo chiaro e sufficientemente determinato le informazioni e le condizioni stabilite dall'art. 125 bis, c. 8, Tub. Anche sotto tale profilo pertanto l'opposizione a decreto ingiuntivo non può essere accolta. Anche il motivo di opposizione relativo alla violazione dell'art. 117, c. 4, Tub, per indeterminatezza del TAEG, il quale risulterebbe applicato dalla opposta in modo difforme da quanto dichiarato in contratto, è destituito di fondamento. Tale contestazione è priva di pregio, posto che - come è noto - il TAEG non costituisce un tasso di interesse o una specifica condizione economica da applicare al contratto di finanziamento, ma svolge unicamente una funzione informativa finalizzata a consentire al cliente di conoscere il costo totale effettivo del finanziamento. Come è stato chiarito dalla Suprema Corte, l'indice sintetico di costo (o indicatore sintetico di costo (ISC), detto anche tasso annuo effettivo globale (TAEG) è l'indicatore di tasso di interesse di un'operazione di finanziamento (es. erogazione di credito come ad esempio prestito, o acquisto rateale di beni o servizi). Esso rappresenta il costo effettivo dell'operazione, espresso in percentuale, che il cliente deve alla società che ha erogato il prestito o il finanziamento; in altri termini, il TAEG racchiude contemporaneamente il tasso d'interesse in regime di capitalizzazione composta, e tutte le spese accessorie della pratica (spese d'istruttoria, imposte di bollo, ecc.), con la conseguenza che avendo l' (...) lo scopo di mettere il cliente in grado di conoscere il costo totale effettivo del credito che gli viene erogato mediante il mutuo, la sua inesatta indicazione non comporta, di per sé, una maggiore onerosità del finanziamento, quanto piuttosto l'erronea rappresentazione del suo costo complessivo, pur sempre ricavabile dalla sommatoria degli oneri e delle singole voci di costo elencati nel contratto. Pertanto, stante il suo valore sintetico, l'ISC non rientra nel novero dei tassi, prezzi ed altre condizioni la cui erronea indicazione è sanzionata dall'art. 117 Tub mediante la sostituzione dei tassi d'interesse normativamente stabiliti a quelli pattuiti (ex multis Cass. Sez. 1 -, Sentenza n. 39169 del 09/12/2021). Di conseguenza, in ragione della funzione meramente informativa del TAEG finalizzata a porre il cliente nella condizione di conoscere il costo totale ed effettivo del finanziamento prima di accedervi e quindi non requisito di validità del contratto, tale eccezione non merita accoglimento. La censura non può, pertanto, essere accolta. Gli ulteriori motivi di opposizione, relativi alla dedotta nullità del contratto di assicurazione accessorio al contratto di finanziamento e la dedotta violazione della informativa precontrattuale da parte della banca, non possono trovare accoglimento. Le eccezioni sono state formulate in modo teorico ed astratto. Appaiono radicalmente prive di ogni necessaria puntuale allegazione e riscontro probatorio e di un conferente richiamo in modo dettagliato e preciso al contratto di finanziamento n. (...) posto alla base del ricorso per decreto ingiuntivo. Infine, come ribadito anche dalla più recente giurisprudenza di legittimità, infatti, l'innegabile valore della ctu nell'ambito delle cause che vertono in materia di diritto bancario non solleva la parte dal suo onere di provare i fatti principali dedotti a fondamento della domanda e delle eccezioni (Cass. Sez. 3 -, Ordinanza n. 3717 del 08/02/2019; Cass. Sez. U - Sentenza n. 3086 del 01/02/2022). Aderisce, infatti, il Tribunale al consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità e di merito secondo cui la consulenza tecnica di ufficio costituisce un mezzo di ausilio per il giudice, volto alla più approfondita conoscenza dei fatti di causa, che siano però già provati dalle parti e la cui interpretazione richieda competenze tecnico-scientifiche. Non può pertanto essere disposta al fine di esonerare la parte dal fornire la prova di quanto assume e deve essere legittimamente negata dal giudice qualora la parte tenda con esso a supplire alla deficienza delle proprie allegazioni o di prove ovvero a compiere un'indagine esplorativa alla ricerca di elementi, fatti o circostanze non provati (cfr. Cass. sent. n. 1266/2013; Cass. sent. n. 11359/2002; Cass. sent. n. 11317/2003), atteso che la conseguente CTU sarebbe esplorativa. In conclusione, ritiene il Tribunale che parte opposta abbia adeguatamente provato in via documentale la sussistenza e l'entità del credito oggetto del provvedimento monitorio e che l'opponente, viceversa, non abbia introdotto in giudizio alcun fatto modificativo, impeditivo o estintivo del credito ingiunto. L'opposizione deve essere rigettata e che il decreto ingiuntivo n. 1957/2020 deve essere dichiarato definitivamente esecutivo ex art. 653 c.p.c. Non può essere parimenti accolta la domanda di condanna ex art. 96 c.p.c. formulata da parte opponente, poiché non vi è soccombenza della parte opposta e, in ogni caso, perché dall'esame degli atti di causa si deve escludere la sussistenza di mala fede o di colpa grave della stessa creditrice. Le spese di lite seguono la soccombenza ex art. 91 c.p.c. e vengono liquidate come in dispositivo secondo i parametri di cui al DM 147/2022, tenendo conto del valore della controversia, della istruttoria di natura documentale e dell'attività difensiva in concreto svolta. P.Q.M. disattesa ogni diversa istanza, eccezione o deduzione, - rigetta l'opposizione al decreto ingiuntivo n. 1957/2020, che dichiara definitivamente esecutivo ex art. 653 c.p.c.; - rigetta le ulteriori domande; - condanna l'opponente alla refusione in favore di parte opposta delle spese di lite del presente giudizio, che liquida in Euro 4.500,00 a titolo di compensi, oltre spese generali ed accessori di legge. Latina, 16 maggio 2024

  • Repubblica Italiana In Nome del Popolo Italiano Il Tribunale Ordinario di Latina Sezione II Civile in composizione monocratica nella persona del giudice dott. (...) ha emesso la seguente SENTENZA nella causa civile di primo grado iscritta al n. (...)/2018 del R.G.A.C, trattenuta in decisione nell'udienza cartolare del 15 febbraio 2024 con i termini di cui all'art. 190 c.p.c. e vertente TRA - (...) (C.F. (...)) rappresentata e difesa dall'avv. (...) per delega in calce all'atto di citazione (...) E - (...) (C.F. (...)) rappresentato e difesa dall'avv. (...) per delega in calce alla comparsa di costituzione (...) OGGETTO: responsabilità ex artt. 2049 - 2051 - 2052 c.c. CONCLUSIONI Per l'udienza di precisazione delle conclusioni a trattazione scritta del 15 febbraio 2024 i procuratori delle parti depositavano note di trattazione scritta atti da intendersi in questa sede (...)prosieguo riassunti (...) Con atto di citazione notificato in data 30 novembre 2018 la sig.ra (...) conveniva in giudizio il sig. (...) deducendo: a) in data (...) alle ore 11.00 circa, in (...) mentre passeggiava veniva improvvisamente aggredita da un cane di tipo pitbull nero di taglia media - femmina - dal quale veniva morsa alla gamba destra e, per effetto dell'aggressione, cadeva rovinosamente a terra; b) il cane, pur se tenuto al guinzaglio dal proprietario sig. (...) era tuttavia privo di museruola; c) il sig. (...) recava al guinzaglio ma senza museruola anche un altro cane di grossa taglia, tipo un pastore tedesco; d) sul posto intervenivano gli agenti della (...) municipale che redigevano verbale; e) a causa delle ferite riportate la sig.ra (...) veniva soccorsa dal personale del 118, presso l'(...) di (...) f) successivamente alla guarigione clinica con postumi, come da certificato medico allegato, la sig.ra (...) si sottoponeva a perizia medico-legale del Dr. (...); g) con lettera raccomandata A/R del 06.02.2017 la Sig.ra (...) contestava il danno subito al (...) invitandolo al risarcimento dei danni patiti e con raccomandata A/R del 11.01.2018 invitava il sig. (...) alla stipula di una convenzione di negoziazione assistita ai sensi della (...) 162/2014; h) il sig. (...) comunicava la propria adesione all'invito di negoziazione; i) esperita visita medica collegiale, i rispettivi periti nominati da entrambe le parti, concordemente riconoscevano in capo alla sig.ra (...) una invalidità pari al 4-5%; j) dall'esame della documentazione medica (inoltre, si evince che la stessa subiva una ITT di gg. 20 ed una ITP di gg. 30 con spese sostenute per Euro.517,69 (oltre al costo delle perizie per complessivi Euro.976,00); k) la responsabilità dell'accaduto va ascritta ex art.2052 c.c., o in subordine ex art. 2043 c.c., al proprietario sig. (...) l) il cane, seppur vaccinato, risultava privo di copertura assicurativa; m) alcuna imprudente condotta ex se idonea a provocarne l'accertato impeto aggressivo dell'animale, risulta imputabile all'attrice ex art. 1227 c.c.; n) le richieste risarcitorie rimanevano prive di riscontro; (...) attrice concludeva chiedendo di accertare la responsabilità del convenuto (...) nella causazione dell'evento dannoso, ai sensi e per gli effetti dell'art. 2052 c.c. ovvero, in subordine dell'art. 2043 c.c., e dichiarare che le lesioni riportate da (...) sono conseguenza immediate e diretta dell'omesso o inadeguato controllo del sig. (...) sul cane di sua proprietà, per gli effetti, condannare il convenuto al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali subiti dall'attrice pari ad (...) 9.323,52 (e/o nella diversa somma che sarà quantificata e provata in corso di causa) oltre interessi legali dal giorno dell'evento a quello dell'effettivo soddisfo; condannare il convenuto alle spese, funzioni ed onorari di lite da distrarsi in favore del procuratore dichiaratosi antistatario ai sensi e per gli effetti dell'art. 93 c.p.c.. Si costituiva con comparsa in data 25 marzo 2019 il sig. (...) deducendo: a) improcedibilità del giudizio non potendosi ritenere correttamente esperito il procedimento di negoziazione assistita, non avendo comunque la parte invitante proposto la domanda giudiziale entro 30 gg. dal rifiuto; b) l'attrice avrebbe dovuto provare ex art.2697 c.c. di non aver fatto un movimento inconsulto che ha provocato la naturale reazione dell'animale, che le cure ricevute furono appropriate, di aver seguito scrupolosamente le indicazioni dei sanitari; c) il Sig. (...) risponde solo di quei danni direttamente riconducibili alla propria responsabilità ed il danno riconducibile al leggero morso di cane non ammonta a più di 2 punti percentuali di invalidità permanente; d) restano a carico dell'attrice o di terzi la restante percentuale accertata nella collegiale medica espletata in data (...); (...) convenuta concludeva chiedendo, dichiarare il giudizio improcedibile, nel merito rigettare la domanda di risarcimento del danno; in subordine ed in caso di condanna tener conto dell'incidenza nella verificazione degli esiti del danno, della concorrente corresponsabilità di terzi o della stessa danneggiata, la quale, con l'uso della normale diligenza, avrebbe potuto evitare il danno o il suo aggravarsi; vittoria di spese, competenze ed onorari. All'udienza del 26 marzo 2019, il giudice concedeva i termini per consentire l'esperimento del procedimento di negoziazione obbligatoria. All'udienza del 16 luglio 2019, il giudice, preso atto dell'esito negativo della procedura di negoziazione assistita (verbale 06.06.2019), assegnava alle parti i termini di cui all'art.183 comma sei c.p.c.. In considerazione dell'emergenza epidemiologica da (...)19, visto il d.l. n. 125 del 7.10.2020, l'art. 221, co. 4, d.l. n. 34/2020, convertito con modificazioni dalla L. n. 77/2020, il giudice disponeva la trattazione c.d. scritta della causa previo deposito di note scritte. Con ordinanza in data 3 dicembre 2020 il giudice, quanto alle istanze istruttorie formulate dalle parti, ammetteva per parte attrice la prova per interrogatorio formale e per testi, nel limite di due, sui cap. 1 - 7 formulati nella memoria ex art. 183 co. VI n. 2 c.p.c., accoglieva l'ordine di esibizione sub C) (libretto sanitario del cane), ammetteva la CTU medica (chiesta anche da parte convenuta) nominando a tale fine il dott. (...) ammetteva per parte convenuta la prova con il teste indicato sui cap.a) - d), ad esclusione dei capitoli seguenti tutti irrilevanti ai fini del decidere; non ammetteva l'interrogatorio formale dell'attrice, vertendo tutti i capitoli su circostanze di natura tecnica non demandabile alla parte; non accoglieva l'ordine di esibizione, irrilevante ai fini del decidere. Alla udienza del 2 ottobre 2021 rendeva l'interrogatorio formale il convenuto (...) il quale, sui capitoli della memoria istruttoria di parte attrice, rispondeva: Capitolo 1): non è vero; (...) 2): non è vero; (...) 3): non è vero; (...) 4): è vero erano senza museruola perché gliela avevo appena tolta altrimenti non mozzicava. (...) 5): l'ambulanza è arrivata. (...) 6): è vero. (...) 7): non è vero. Alla stessa udienza veniva sentito il primo testimone di parte attrice, il dott. (...) di professione medico di chirurgia generale, il quale sul capitolo B della memoria istruttoria di parte attrice dichiarava: confermo il rapporto di pronto soccorso a mia firma in data 20 dicembre 2016. Interrogato sui capitoli della memoria istruttoria di parte convenuta, rispondeva: (...) A): è vero. (...) B): è vero come ho scritto nel verbale. (...) C): non ricordo penso si trattasse di un unico foro. (...) D): è vero come ho sopra detto. Con ordinanza in pari data il giudice, a scioglimento della riserva assunta all'udienza, a modifica della precedente ordinanza istruttoria ammetteva per parte convenuta la teste (...) All'udienza del 5 aprile 2022 veniva escusso il primo testimone di parte attrice (...) il quale, sul capitolo 1 della memoria istruttoria di parte attrice, dichiarava: confermo la relazione a mia firma del 20 dicembre 2016. A conclusione dell'udienza, su richiesta congiunta delle parti, il giudice rinviava per tentativo di bonario componimento della lite. Con note in data 16 settembre 2022 le parti comunicavano l'esito negativo delle trattative di bonario componimento, parte attrice chiedeva rinviarsi l'udienza per la convocazione del CTU già nominato, parte convenuta, chiedeva disporsi rinvio per la precisazione delle conclusioni. Con ordinanza in data 22 settembre 2022 il giudice, lette le note di udienza depositate dalle parti, confermava la nomina del (...) già nominato con ordinanza in data 3 dicembre 2020, ponendo il seguente quesito: 1) descriva il CTU le lesioni riportate da (...) nell'incidente per cui è causa, la loro evoluzione, i trattamenti praticati e lo stato attuale delle lesioni stesse, precisando se detto stato sia suscettibile di miglioramento o di aggravamento e se il soggetto dovrà in futuro sottoporsi a cure mediche e/o ad interventi riabilitativi e/o medicochirurgici, specificandone in caso positivo natura e caratteristiche; descriva lo stato psico-fisico preesistente del soggetto onde tenerne conto nelle valutazioni elencate di seguito; 2) stabilisca se, in conseguenza delle lesioni, si sia verificata compromissione temporanea (totale e/o parziale) della validità psicofisica del soggetto, intesa come incapacità di attendere alle ordinarie occupazioni e ne determini la durata, rilevando altresì se il periziando, per il periodo di invalidità temporanea, abbia avuto la necessità di assistenza personale infermieristica o comunque generica a causa del tipo di lesioni riportate; 3) stabilisca se, in conseguenza delle lesioni, sussistano esiti di compromissione permanente della validità psicofisica del soggetto (con conseguente menomazione del modo di essere della persona, del suo stato di benessere, delle consuete attività anche soltanto potenziali, non escluse quelle del tempo libero e di svago), ne quantifichi la percentuale sotto il profilo del danno biologico e dica inoltre se il soggetto medesimo abbia riportato danno estetico; 4) precisi la eventuale incidenza che tale compromissione della validità psicofisica del soggetto abbia avuto e/o abbia sulla capacità lavorativa propria del medesimo, sia temporanea che permanente, ed in riferimento sia alla capacità generica che a quella specifica eventuale; 5) precisi se e quale attività lavorativa, diversa da quella precedentemente esercitata, sia in tutto o in parte compatibile con il predetto danno permanente alla validità, tenuto conto della personalità del soggetto, della sua età e di ogni altra circostanza soggettiva e obiettiva all'uopo ritenuta utile; riferisca quant'altro ritenuto utile ai fini dell'indagine. Alla successiva udienza del 25 ottobre 2022 il giudice conferiva l'incarico al nominato CTU ed in data 22 marzo 2023 il CTU depositava l'elaborato peritale definitivo. Con ordinanza in data 27 aprile 2023 il giudice, lette le note di udienza depositate da parte attrice in data 20 aprile 2023 e da parte convenuta in data 27 aprile 2023, lette le risultanze della (...) ritenuta la causa matura per la decisione, rinviava all'udienza di precisazione delle conclusioni del 15 febbraio 2024, disponendone la trattazione ai sensi dell'art. 127 ter c.p.c. con termine per note fino al giorno dell'udienza. Precisate le conclusioni delle parti con note depositate da parte attrice in data 30 gennaio 2024 e da parte convenuta in data 14 febbraio 2024, con ordinanza in data 15 febbraio 2024 il giudice, lette le note di udienza depositate dalle parti, assegnava i termini di cui all'art. 190 c.p.c. ed assumeva la causa in decisione. (...) attrice depositava comparsa conclusionale in data 11 aprile 2024 e comparsa conclusionale di replica in data 29 aprile 2024 ribadendo le proprie difese e insistendo per l'accoglimento della domanda. (...) convenuta depositava comparsa conclusionale in data 14 aprile 2024 e comparsa conclusionale di replica in data 6 maggio 2024 chiedendo il rigetto parziale della domanda e l'accoglimento delle proprie conclusioni. MOTIVI DELLA DECISIONE La domanda di parte attrice è fondata e deve essere accolta. La fattispecie di causa va ricondotta nell'alveo normativo dell'art. 2052 c.c. perché il proprietario di un animale, o chi se ne serve per il tempo in cui lo ha in uso, è responsabile dei danni cagionati dall'animale, sia che fosse sotto la sua custodia, sia che fosse smarrito o fuggito, salvo che provi il caso fortuito. Come per l'ipotesi di responsabilità da cose in custodia, la giurisprudenza è conforme nel ritenere che la responsabilità del proprietario di un animale sia di natura oggettiva, prescindente dalla colpa del proprietario, fondandosi sul mero rapporto intercorrente con l'animale, nonché sul nesso causale tra il comportamento di quest'ultimo e l'evento dannoso. Ne consegue, per la sua configurazione, la dimostrazione da parte del danneggiato-attore del rapporto eziologico tra il comportamento dell'animale e l'evento lesivo, rimanendo a carico del convenuto fornire la prova liberatoria del caso fortuito rappresentato dall'intervento di un elemento estraneo alla sfera soggettiva del proprietario, che può consistere anche nel fatto del terzo o del danneggiato, avente carattere di imprevedibilità, inevitabilità e assoluta eccezionalità, idoneo ad interrompere il nesso di causalità tra il comportamento dell'animale e l'evento lesivo, non essendo sufficiente la prova di aver usato la comune diligenza nella custodia dell'animale (Cass. n. 5895/2011; 7260/2013; Cass. n. 17091/2014; Cass. n. 10402/2016). Nel caso di specie, il fatto storico dedotto da parte attrice, rappresentato dall'aver subito, mentre passeggiava su strada pubblica, un morso alla gamba destra da parte del cane di razza pitbull di taglia media di proprietà del convenuto e della successiva caduta a terra della vittima dell'aggressione, non è mai stato oggetto di contestazione del convenuto, risultando, comunque, provato dal rapporto della (...) del 20.12.2016, il cui contenuto è stato confermato in sede testimoniale dall'agente (...) nonché dalle dichiarazioni rese agli agenti nell'immediatezza del fatto dallo stesso proprietario del cane, odierno convenuto. Si aggiunga che dal verbale di (...) risulta che l'attrice (...) presentava una ferita da morso di cane lacerocontusa escoriata con perdita di sostanza, di circa 3 centimetri, al terzo medio della gamba destra ed una escoriazione al ginocchio sinistro seguente a caduta; circostanze, queste, tutte confermate in sede testimoniale dal medico che ha redatto il Verbale di (...) Dr. (...) convenuta invoca l'intervento del caso fortuito rappresentato, a suo dire, da un gesto inconsulto della danneggiata che avrebbe provocato l'improvvisa aggressiva reazione del cane. Tuttavia, dall'istruttoria non è emersa alcuna condotta colposa rimproverabile alla danneggiata. Risulta invece accertato che il cane, sebbene legato al guinzaglio, era privo di museruola in luogo pubblico. Ciò detto, la reazione improvvisa dell'animale non può di per sé integrare gli estremi del fortuito idoneo ad interrompere il nesso causale, non potendosi ritenere che il mordere o aggredire un passante sia un evento imprevedibile ed inevitabile estraneo al rischio tipico relativo alla specie animale; infatti, l'imprevedibilità e l'inevitabilità non ricorrono nel fatto che il custode può prevenire esercitando i poteri di vigilanza che gli competono (Cass. n. 1655/2005). Pertanto, rimasto non provato il caso fortuito dedotto dal convenuto, dei danni cagionati all'attrice dall'aggressione da parte del cane, deve risponderne ai sensi dell'art.2052 c.c. il suo proprietario. In ordine all'accertamento dei danni, il nominato CTU ha accertato postumi a carattere permanente consistenti ferita della gamba destra da morso di cane, escoriazione di ginocchio sinistro da successiva caduta, trattate secondo la prassi e guarite nei tempi usuali, non più suscettibili di miglioramento o di aggravamento; tali ferite hanno determinato 10 giorni di inabilità temporanea totale e 40 giorni di inabilità temporanea parziale, senza necessità di assistenza personale infermieristica o generica, ed una compromissione permanente della validità psicofisica del soggetto, rappresentata da "sindrome da allarme ed esito cicatriziale con minimo pregiudizio estetico", valutabile nella misura del 5% , inteso come danno biologico comprensivo del danno estetico; precisa il CTU che tale compromissione non ha inciso sull'attività? lavorativa specifica e generica; riconosce il CTU la congruità delle spese sostenute per acquisto di farmaci per un importo complessivo di Euro 255,03, e spese mediche per un importo complessivo di Euro 1.118,00. Quanto alle osservazioni alla bozza peritale formulate dal CTP di parte convenuta relativamente alla presenza di eventuali comorbilità proprie dell'attrice incidenti sul tempo di guarigione della perizianda e sulla determinazione degli esiti permanenti della ferita, il CTU confermava le conclusioni raggiunte precisando che "sulla scorta dell'ecocolordoppler degli arti inferiori, eseguito dopo tre mesi dall'evento, e dell'esame obiettivo della visita eseguita in sede di operazioni peritali, il sottoscritto non ha evidenziato alterazioni pregresse del circolo artero-venoso degli arti inferiori, che possano aver avuto incidenza sui tempi di guarigione e sulla determinazione degli esiti permanenti della ferita". Le conclusioni del CTU vanno condivise, perché adeguatamente motivate ed immuni da vizi logici. Pertanto, l'esito dell'istruttoria conduce a ritenere raggiunta la prova, gravante su parte attrice ex art.2697 c.c., del verificarsi dell'evento dannoso e del nesso causale tra il comportamento del cane e le lesioni subite. Di contro, sono rimasti sforniti di prova, di cui era onerato il convenuto, l'intervento del caso fortuito e le dedotte concause nella determinazione del danno. In ordine alla liquidazione del danno, tenuto conto dei postumi permanenti accertati dal CTU (5%), trattandosi di lesioni c.d. micro-permanenti (postumi di lieve entità fino a 9%), deve farsi applicazione dei criteri fissati dall'art.139 del D.lgs. 209/2005 ((...) delle (...) private), aggiornati dal D.M. 16.10.2023. Si osserva che il danno non patrimoniale da lesione della salute ha natura unitaria ed il relativo risarcimento deve essere liquidato in una somma omnicomprensiva di tutti i pregiudizi concretamente patiti dalla danneggiata (all'integrità psico-fisica, dinamicorelazionale, morale, ecc.) che non costituiscono voci di danno autonomamente risarcibili ((...) Un. n. 26972/08), e della cui allegazione e prova è onerato il richiedente, non sussistendo alcuna automaticità parametrata al danno biologico (Cass. n. 339/2016). In applicazione dei richiamati criteri, considerata l'età dell'attrice al momento del sinistro (65 anni), devono essere liquidati Euro 5.110,05 per danno biologico permanente (5%), Euro 548,00 per invalidità temporanea totale (10 giorni), Euro 1.096,00. per invalidità temporanea parziale al 50% (40 giorni). Tenuto conto che il CTU ha precisato che la misura del 5% di danno biologico è comprensiva anche della alterazione comportamentale (sindrome d'allarme alla vista dei cani) e dei postumi di carattere estetico, non si ritiene di dover riconoscere la c.d. "personalizzazione" del danno in difetto di allegazione e prova di ulteriori pregiudizi eccedenti quelli normalmente correlati alle lesioni personali subite dall'attrice (Cass. n. 23469/2018). Devono riconoscersi le spese mediche documentate, come accertate dal (...) per complessivi Euro 1.373,03. (...) totale ottenuto par a Euro 8.127,05 deve essere devalutato alla data dell'evento lesivo (20.12.2016) e rivalutato con (...) ((...) indice (...), per un importo finale complessivo di Euro 8.771,19. Per tutto quanto considerato, parte convenuta deve essere condannata ex art.2052 c.c. a risarcire i danni patiti dall'attrice per l'importo complessivo di Euro 8.771,19 già rivalutato all'attualità, oltre interessi legali dalla sentenza al saldo. La soccombenza di parte convenuta nel merito della domanda regola le spese di lite che vengono liquidate, nella misura media, come in dispositivo sulla base del D.M. 55/14 e successive modifiche. Le spese di (...) già liquidate con decreto in data 22 marzo 2023, vengono poste definitivamente a carico di parte convenuta che deve rifondere quanto anticipato da parte attrice. P.Q.M. Il Tribunale di (...) monocraticamente e definitivamente pronunciando nella causa n. (...)/2018, ogni diversa domanda rigettata, così provvede: - dichiara la responsabilità in capo al convenuto per i danni subiti da parte attrice; - condanna il sig. (...) al pagamento in favore della sig.ra (...) dell'importo di Euro 8.771,19 già rivalutato all'attualità, oltre interessi legali dalla sentenza al saldo; - condanna il sig. (...) al pagamento delle spese di lite, che liquida in Euro 5.077,00 per compensi, Euro 264,00 per esborsi, oltre spese generali, IVA e CPA come per legge, da distrarsi in favore dell'Avv. (...) dichiaratasi antistataria; - pone le spese di (...) già liquidate con decreto in data 22 marzo 2023 definitivamente a carico di parte convenuta che deve rifondere quelle anticipate da parte attrice. Così deciso in Latina il 9 maggio 2024. Depositata in Cancelleria il 9 maggio 2024.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio sezione staccata di Latina Sezione Prima ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 325 del 2023, proposto da Fallimento -OMISSIS- S.p.A. in Liquidazione, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'avvocato Ma. Pi., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; contro Provincia di Frosinone, in persona del Presidente p.t., rappresentata e difesa dall'avvocato Ma. Ia. dell'Ufficio Legale dell'Ente, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; nei confronti Ministero dell'Ambiente e della Sicurezza Energetica, in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via (...); An.-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato An. Ba., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; Regione Lazio, Comune di -OMISSIS-, Agenzia Regionale Protezione per l'Ambiente - ARPA Lazio, non costituiti in giudizio; per l'annullamento 1) dell'ordinanza della Provincia di Frosinone (a firma del Dirigente del Settore Ambiente Rifiuti ed Energia - Servizio Bonifica e Rifiuti) n. 1 del 31 marzo 2023, notificata in pari data, con la quale, ai sensi dell'art. 244, d.lgs. 3 aprile 2006 n. 152, la curatela del fallimento ricorrente è stata individuata come soggetto responsabile del superamento dei valori di concentrazione soglia di contaminazione per le matrici suolo e sottosuolo nel sito industriale di proprietà di -OMISSIS- S.p.A. in liquidazione, ubicato nel Comune di -OMISSIS-, tra via (omissis) e via (omissis), in un'area separata dal centro urbano da un'ansa del fiume Li., identificata nel locale catasto al foglio n. (omissis), particella n. (omissis), e diffidata ad eseguire gli interventi di bonifica e di ripristino ambientale, di messa in sicurezza, operativa o permanente, nonché ogni altra idonea misura prevista dalla legge; 2) della nota della Provincia di Frosinone (a firma del medesimo Dirigente del Settore Ambiente Rifiuti ed Energia - Servizio Bonifica e Rifiuti), prot. n. 19110 del 26 maggio 2023, con la quale è stata rigettata l'istanza di riesame dell'ordinanza indicata sub 1) proposta dalla curatela fallimentare ricorrente il 20 aprile 2023, al fine di ottenere lo stralcio della propria posizione rispetto agli altri soggetti indicati come responsabili della contaminazione del sito anzidetto; 3) di ogni atto precedente, presupposto, connesso e consequenziale. Visti il ricorso e i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione in giudizio della Provincia di Frosinone, del Ministero dell'Ambiente e della Sicurezza Energetica e di-OMISSIS-; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 27 marzo 2024 la dott.ssa Emanuela Traina e uditi per le parti i difensori come da separato verbale; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO e DIRITTO 1. Con ricorso notificato in data 29 e 30 maggio 2023, depositato il 14 giugno successivo, il fallimento della società -OMISSIS- S.p.A. in liquidazione ha impugnato, chiedendone l'annullamento previa sospensione in via cautelare, l'ordinanza della Provincia di Frosinone n. 1 del 31 marzo 2023 con cui è stato individuato (unitamente ad -OMISSIS-e -OMISSIS-, rispettivamente legale rappresentante, dal 1991 al 1997, nonché liquidatore, dal 1 agosto 1997 e fino alla dichiarazione di fallimento, disposta con sentenza del Tribunale di Frosinone -OMISSIS-, della stessa società ) quale responsabile, ai sensi dell'articolo 244 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, del superamento dei valori di concentrazione soglia di contaminazione (CSC), per le matrici suolo e sottosuolo, previsti dalla Tabella 1, colonna B (Siti ad uso Commerciale e Industriale), Allegato 5, Titolo V, Parte IV, del citato decreto, rilevato nel sito industriale di proprietà della società fallita, ubicato nel comune di -OMISSIS-, tra Via (omissis) e Via (omissis), in un'area separata dal centro urbano da un'ansa del Fiume Li. (dati catastali: foglio (omissis), particella (omissis)), ed è stata disposta, nei confronti degli stessi soggetti, la diffida ad eseguire gli interventi di bonifica e di ripristino ambientale, di messa in sicurezza, operativa o permanente, nonché ogni altra idonea misura di cui al Titolo V, Parte IV, dello stesso decreto, dichiarando conclusi i procedimenti avviati dalla Provincia di Frosinone il 24 gennaio 2014, con atto prot. n. 9979, ed il 23 febbraio 2023, con atto prot. n. 6764. 1.1. Il fallimento ricorrente ha, altresì, impugnato la nota, prot. n. 19110 del 26 maggio 2023, con la quale la stessa Provincia di Frosinone ha rigettato l'istanza di riesame dell'ordinanza dallo stesso presentata il 20 aprile 2023 al fine di ottenere lo stralcio della propria posizione rispetto agli altri soggetti indicati come responsabili della contaminazione del sito in questione. 2. In fatto, parte ricorrente espone quanto segue: - in data 29 agosto 2001, successivamente alla dichiarazione di fallimento della società -OMISSIS- S.p.A. in liquidazione, il Comando della Polizia Municipale del Comune di -OMISSIS- effettuava un sopralluogo presso lo stabilimento della società fallita, riscontrando la presenza di rifiuti industriali depositati in una porzione dell'area esterna di pertinenza dello stesso; - con note del 22 aprile 2002, 9 novembre 2002 e 4 marzo 2004 (la prima a firma congiunta con il Curatore fallimentare della società In. In., a suo tempo affittuaria dell'azienda di titolarità della -OMISSIS- in bonis), la curatela segnalava al Comune di -OMISSIS- l'esistenza dei predetti rifiuti, invitandolo e diffidandolo a provvedere al necessario asporto e smaltimento, nonché alla bonifica del sito; - con nota del 13 ottobre 2004 la ASL di Frosinone, avendo rilevato - a seguito di sopralluogo sollecitato dallo stesso Comune di -OMISSIS- - la presenza, presso il sito, di rifiuti abbandonati (quali carte da imballo, solventi, inchiostri, acidi, ecc.), disposti all'aperto nella zona retrostante lo stabilimento, a breve distanza dal fiume Li., su piazzale non pavimentato, nonché in un capannone adiacente, invitava lo stesso Comune ad adottare gli idonei provvedimenti; - con ordinanza n. 160 del 30 novembre 2004 il Comune di -OMISSIS- ordinava al fallimento -OMISSIS- di provvedere alla rimozione e smaltimento dei rifiuti in questione, ai sensi dell'art. 50, comma 2, D.lgs. 22/1997 (all'epoca in vigore); - tale provvedimento veniva impugnato dal fallimento davanti a questo TAR Lazio - Latina, che ne disponeva l'annullamento con sentenza n. 304 del 12 marzo 2005, passata in giudicato, la quale ne affermava l'illegittimità in ragione del mancato accertamento della responsabilità del fallimento per l'abbandono dei rifiuti, ritenendo che in tale ipotesi fosse onere dell'amministrazione comunale procedere all'esecuzione in danno dei soggetti obbligati ed al recupero delle somme anticipate, mediante insinuazione nel passivo della procedura; - l'intervento di bonifica del sito veniva, successivamente, inserito nell'ambito del "3° Accordo di programma Quadro APQ8 ("Intervento 39 Comune di -OMISSIS-")" tra il Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare e la Regione Lazio, finalizzato alla realizzazione degli interventi di Messa in sicurezza e bonifica del Sito di Interesse Nazionale Bacino del Fiume Sa., con uno stanziamento di euro 281.250,00, poi innalzato a euro 606.250,00; - in data 21 luglio 2010, in seguito ad ordine d'ispezione disposto dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Frosinone, la P.G. - Guardia di Finanza sottoponeva a sequestro penale l'area dell'ex sito produttivo dell'-OMISSIS- S.p.A. in fallimento, dopo aver eseguito alcune perforazioni del terreno a campione ed aver rinvenuto materiale edile di risulta, oltre che alcuni cumuli di vecchi rifiuti sulla superficie; i lavori riguardanti il sito venivano, pertanto, sospesi; - veniva altresì avviato, in relazione ai fatti descritti, un procedimento penale, successivamente definito dal Tribunale di Frosinone con sentenza del 5 luglio 2019, la quale dichiarava non doversi procedere in relazione ai reati contestati perché estinti per intervenuta prescrizione; - con determinazione dell'11 gennaio 2023 la Regione Lazio, quale soggetto attuatore dell'Accordo di Programma (stipulato il 12 marzo 2019), procedeva all'aggiudicazione del servizio di rimozione dei rifiuti presenti nel sito della fallita -OMISSIS-, la gestione dei materiali contenenti amianto, l'elaborazione del piano di caratterizzazione e dell'analisi di rischio, precisando che avrebbe proceduto con le azioni in danno e sostituzione ex artt. 250, 252 e 253 del D.lgs. 152/2006; - veniva, quindi, emanata l'ordinanza della Provincia n. 1/2023, con la quale, ai sensi dell'art. 244 D.lgs. 152/2006, veniva ingiunto ad-OMISSIS-, -OMISSIS- (rispettivamente amministratore della società dal 1991 al 1997 e liquidatore della stessa dal 1997 alla data del fallimento), nonché alla curatela del fallimento -OMISSIS-, individuati quali soggetti responsabili della potenziale contaminazione del sito o comunque di un aggravamento delle condizioni di contaminazione del sito stesso, di eseguire gli interventi di bonifica e di ripristino ambientale, di messa in sicurezza, operativa o permanente, dell'area in questione, nonché ogni altra idonea misura di cui al Titolo V, Parte IV, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152; - con nota del 20 aprile 2023 la Curatela Fallimentare proponeva istanza di autotutela di tale provvedimento, con riferimento alla propria posizione; tuttavia la Provincia, con nota del 26 maggio 2023, notificata in pari data, rigettava l'istanza, disponendone la conferma. 3. In diritto il ricorso è affidato ad un'unica, articolata censura con la quale si deduce "Violazione degli artt. 240 ss. D.lgs. 152/2006 nonché violazione dell'art. 3 L. 7/8/1990 n. 241 ed eccesso di potere per falsità del presupposto e carenza di istruttoria e di motivazione, anche in relazione al dictum della sentenza di codesto Ecc.mo T.A.R. n. 304 del 12/3/2005, in giudicato, che accertava che era ed è il Comune di -OMISSIS- il soggetto obbligato allo smaltimento dei rifiuti ed alla bonifica del sito e non già il Curatore Fallimentare, che pertanto andava e va esente da responsabilità per potenziale contaminazione del sito ex art. 244 Cod. Amb.". 4. Nel giudizio così proposto si è costituita in resistenza la Provincia di Frosinone, depositando documentazione e memoria difensiva in cui ha eccepito l'infondatezza del ricorso ed illustrato le ragioni poste a fondamento dei provvedimenti impugnati. 5. Si è altresì costituito, con memoria di stile, il Ministero dell'Ambiente e della Sicurezza Energetica. 6. Anche il Sig.-OMISSIS-, evocato in giudizio, ha depositato atto di costituzione nel quale, riservandosi la proposizione di un ricorso autonomo, ha concluso per l'accoglimento dell'impugnativa proposta dal fallimento ricorrente. 7. Con ordinanza n. 121 del 7 luglio 2023 è stata accolta l'istanza cautelare e disposta la sospensione dell'efficacia degli atti impugnati. 8. In vista della trattazione del merito parte ricorrente ha depositato memoria ex art. 73 c.p.a. in cui ha insistito per l'accoglimento del ricorso evidenziando che, nelle more, la Regione Lazio - quale soggetto attuatore dell'Accordo di Programma - ha preso in consegna il sito "ex -OMISSIS-" (precisamente in data 20 ottobre 2023) ed ha affidato all'aggiudicatario i lavori di rimozione dei rifiuti ancora depositati sul sito, nonché di bonifica del sito stesso. 9. Alla pubblica udienza del 27 marzo 2024 il ricorso è stato, infine, trattenuto in decisione. 10. Le censure veicolate da parte ricorrente avverso i provvedimenti impugnati non possono essere condivise. 11. Occorre premettere che l'Ordinanza impugnata, considerata "la grave e conclamata condizione di criticità ambientale" in cui versa da lungo tempo l'area, sita nel comune di -OMISSIS-, tra Via (omissis) e Via (omissis) (dati catastali: foglio (omissis), particella (omissis)), presso la quale è ubicato l'ex sito industriale di proprietà di -OMISSIS- S.p.A. in liquidazione, emersa da una relazione tecnica dell'ARPA Lazio (nota dell'8 marzo 2012 - prot. n. 171144, di trasmissione della relazione tecnica dei sopralluoghi svolti il 18 maggio 2011 ed il 25 maggio 2011), e valutata la conseguente sussistenza di "un serio pericolo per la salute pubblica e l'ambiente, soprattutto a causa dell'ingente quantità di rifiuti industriali (in particolare, carta industriale, solventi, inchiostri, vernici, ed altri materiali, pericolosi e non, impiegati nei processi produttivi) depositati ed abbandonati indiscriminatamente, ed in modo incontrollato, al suo interno, in luoghi per lo più aperti e privi di adeguate misure protettive e di sicurezza", richiamate altresì alcune comunicazioni del Comune di -OMISSIS- con le quali venivano individuati quali responsabili dell'evento i Sig.ri -OMISSIS-e -OMISSIS-, ha ritenuto "che la curatela fallimentare di -OMISSIS- S.p.A. in liquidazione, dal 18 luglio 2001 (data di dichiarazione del fallimento), non ha adottato idonee ed efficaci misure di ripristino ambientale del sito, né misure di prevenzione e di messa in sicurezza in grado di limitare il processo di diffusione delle sostanze inquinanti e di contaminazione delle matrici ambientali; in considerazione dei principi di diritto elaborati dall'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato con la sentenza 26 gennaio 2021, n. 3, ancorché riferiti all'ambito applicativo dell'articolo 192 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 15211, la responsabilità della potenziale contaminazione del sito, oltre che ad -OMISSIS-e -OMISSIS-, nelle qualità sopra specificate, può essere estesa alla curatela fallimentare di -OMISSIS- S.p.A. in liquidazione" e, pertanto, ha diffidato tali soggetti ad eseguire gli interventi di bonifica e di ripristino ambientale, di messa in sicurezza, operativa o permanente, nonché ogni altra idonea misura di cui al Titolo V, Parte IV, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152. 11.1. Con la nota prot. n. 19110 del 26 maggio 2023, parimenti impugnata, la Provincia ha, inoltre, denegato l'annullamento in autotutela dell'ordinanza invocato dal fallimento in relazione alla propria posizione, e disposto la conferma della stessa evidenziando, in particolare, che la sentenza 12 marzo 2005, n. 304, del TAR Lazio, Sezione Staccata di Latina, riguarda una "condotta diversa" (concernente l'ordine di rimozione di rifiuti) da quella contestata con l'ordinanza n. 1/2023, inerente invece il superamento dei livelli di contaminazione dei valori di CSC, rilevato per la prima volta nel 2011 dall'ARPA Lazio. 12. Ciò posto, parte ricorrente lamenta, in particolare, che l'attribuzione, nei propri confronti, della responsabilità della contaminazione del sito, ovvero del suo aggravamento, sarebbe del tutto priva di motivazione, considerato che la procedura fallimentare non aveva alcun obbligo di intervenire nella vicenda, in ragione dei principi affermati dalla più volte citata sentenza di questo TAR n. 304/2005; tale vizio si estenderebbe, peraltro, anche alla nota di rigetto dell'istanza di autotutela, la quale recherebbe una illegittima, perché postuma, integrazione della motivazione dell'ordinanza; in ogni caso a far data dal 2004, e per quasi un ventennio, nessun ente avrebbe posto la curatela fallimentare a conoscenza degli sviluppi delle problematiche ambientali del sito ex -OMISSIS- e mai la stessa sarebbe stata resa edotta del superamento delle CSC nel sito in parola per le matrici suolo e sottosuolo, posto a fondamento del provvedimento; l'applicazione del revirement giurisprudenziale in ordine alla responsabilità del curatore fallimentare per l'omessa rimozione dei rifiuti e bonifica dei siti inquinati dovrebbe dunque essere esclusa, nel caso di specie, dal giudicato derivante dalla citata sentenza; peraltro la potenziale contaminazione del sito ex -OMISSIS-, evidenziata dal superamento dei valori di CSC per le matrici suolo e sottosuolo, dovrebbe ritenersi conseguente alla presenza sul sito degli stessi rifiuti, che nel corso degli anni avrebbero ceduto alle matrici ambientali sostanze contaminanti, così che, essendo escluso l'obbligo della curatela di procedure alla rimozione di essi, la stessa non potrebbe essere chiamata a rispondere dell'inquinamento conseguente a tale mancata rimozione. 12.1. Tali doglianze non sono, nel loro complesso, suscettibili di favorevole apprezzamento. 12.2. Rileva, in primo luogo, il Collegio che l'impugnata ordinanza reca una puntuale motivazione in ordine alla ravvisata responsabilità della curatela fallimentare nella causazione dell'accertata potenziale contaminazione, affermando sul punto che "la curatela fallimentare di -OMISSIS- S.p.A. in liquidazione, dal 18 luglio 2001 (data di dichiarazione del fallimento), non ha adottato idonee ed efficaci misure di ripristino ambientale del sito, né misure di prevenzione e di messa in sicurezza in grado di limitare il processo di diffusione delle sostanze inquinanti e di contaminazione delle matrici ambientali", ancorché avrebbe "dovuto adottare misure di prevenzione e di messa in sicurezza d'emergenza" e che, pertanto, devono trovare applicazione al caso di specie i principi elaborati dall'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato con la sentenza 26 gennaio 2021, n. 3, sebbene riferiti all'ambito applicativo dell'articolo 192 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, così che la responsabilità dell'evento, oltre che ad -OMISSIS-e -OMISSIS-, nelle qualità sopra specificate, deve ritenersi estesa anche alla curatela fallimentare di -OMISSIS- S.p.A. in liquidazione. 12.3. La Provincia resistente ha dunque, per quanto detto, fornito chiara e puntuale motivazione delle ragioni poste a fondamento del provvedimento, ciò che destituisce, di per sé, di fondamento la prima delle censure veicolate con il motivo all'esame; inoltre e per altro verso rileva il Collegio che le ragioni in proposito esposte dall'amministrazione sono del tutto logiche e coerenti con l'attuale orientamento della giurisprudenza amministrativa, dalla stessa espressamente richiamato. 12.3.1. La decisione dell'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 3 del 26 gennaio 2021 - pur avendo ad oggetto una questione diversa da quella oggi dibattuta (inerente, cioè, la perdita di rilevanza, a seguito della dichiarazione di fallimento, degli obblighi cui era tenuta la società fallita ai sensi dell'art. 192 d.lgs. n. 152/2006, con ricaduta sulla finanza pubblica e corrispondente vantaggio patrimoniale dei creditori della società fallita e, sostanzialmente, di questa, ancorché il curatore fallimentare gestisca il patrimonio del bene della società fallita e ne abbia la disponibilità materiale) ha espresso dei principi generali inerenti la materia trattata, certamente applicabili alla presente fattispecie, quali: - "l'unica lettura del decreto legislativo n. 152 del 2006 compatibile con il diritto europeo, ispirati entrambi ai principi di prevenzione e di responsabilità, è quella che consente all'Amministrazione di disporre misure appropriate nei confronti dei curatori che gestiscono i beni immobili su cui i rifiuti prodotti dall'impresa cessata sono collocati e necessitano di smaltimento"; - "per le finalità perseguite dal diritto comunitario, quindi, è sufficiente distinguere il soggetto che ha prodotto i rifiuti dal soggetto che ne abbia materialmente acquisito la detenzione o la disponibilità giuridica, senza necessità di indagare sulla natura del titolo giuridico sottostante"; - "la curatela fallimentare, che ha la custodia dei beni del fallito, tuttavia, anche quando non prosegue l'attività imprenditoriale, non può evidentemente avvantaggiarsi dell'esimente di cui all'art. 192, lasciando abbandonati i rifiuti risultanti dall'attività imprenditoriale dell'impresa cessata"; - "l'unica lettura del decreto legislativo n. 152 del 2006 compatibile con il diritto europeo, ispirati entrambi ai principi di prevenzione e di responsabilità, è quella che consente all'Amministrazione di disporre misure appropriate nei confronti dei curatori che gestiscono i beni immobili su cui i rifiuti prodotti dall'impresa cessata sono collocati e necessitano di smaltimento"; - "poiché l'abbandono di rifiuti e, più in generale, l'inquinamento, costituiscono diseconomie esterne generate dall'attività di impresa (cd. "esternalità negative di produzione"), appare giustificato e coerente con tale impostazione ritenere che i costi derivanti da tali esternalità di impresa ricadano sulla massa dei creditori dell'imprenditore stesso che, per contro, beneficiano degli effetti dell'ufficio fallimentare della curatela in termini di ripartizione degli eventuali utili del fallimento"; - "seguendo invece la tesi contraria, i costi della bonifica finirebbero per ricadere sulla collettività incolpevole, in antitesi non solo con il principio comunitario "chi inquina paga", ma anche in contrasto con la realtà economica sottesa alla relazione che intercorre tra il patrimonio dell'imprenditore e la massa fallimentare di cui il curatore ha la responsabilità che, sotto il profilo economico, si pone in continuità con detto patrimonio"; - "la direttiva n. 2004/35/CE, come chiarito dalla precedente decisione della Plenaria n. 10-2019, configura la responsabilità ambientale come responsabilità (non di posizione), ma, comunque, oggettiva; il che rappresenta un criterio interpretativo per tutte le disposizioni legislative nazionali", pertanto "le misure introdotte con il decreto legislativo n. 22-1997 (c.d. "decreto Ronchi"), ed ora disciplinate dagli artt. 239 ss. del codice di cui al d.lgs. n. 152 del 2006, hanno nel loro complesso una finalità di salvaguardia del bene-ambiente rispetto ad ogni evento di pericolo o danno, ed è assente ogni matrice di sanzione dell'autore. Entro questi termini, la bonifica costituisce uno strumento pubblicistico teso non a monetizzare la diminuzione del relativo valore, ma a consentirne il recupero materiale"; - "ne discende che nella bonifica emerge la funzione di reintegrazione del bene giuridico leso propria della responsabilità civile, che evoca il rimedio della reintegrazione in forma specifica ex art. 2058 c.c., previsto per il danno all'ambiente dall'art. 18, comma 8, L. n. 349-1986"; - "la responsabilità della curatela fallimentare - nell'eseguire la bonifica dei terreni di cui acquisisce la detenzione per effetto dell'inventario fallimentare dei beni (come è già stato messo in luce), ex artt. 87 e ss. L.F. - può analogamente prescindere dall'accertamento dell'esistenza di un nesso di causalità tra la condotta e il danno constatato". 12.3.2. Con specifico riferimento al provvedimento di cui all'art. 244 d.lgs. 152/2006, il Consiglio di Stato, ponendosi nel solco dei riferiti principi affermati dalla Plenaria, ha, inoltre, più di recente (sez. IV, 27 dicembre 2023 n. 11208) ancora più puntualmente precisato che "in sostanza se dalla mancata cura dell'ambiente l'impresa ha avuto un utile e quindi ne ha beneficiato, è conseguente che gli oneri conseguenti al ripristino ambientale siano sopportati dal patrimonio dell'impresa stessa, di cui la curatela ha la gestione, e non ricadano sulla collettività ". 12.4. Reputa il Collegio, alla luce dei principi esposti, che se anche il fallimento ricorrente, in ragione dell'annullamento giurisdizionale dell'ordinanza del comune di -OMISSIS- n. 160/2004 (peraltro disposto sulla scorta di un orientamento giurisprudenziale all'epoca maggioritario, ma ormai del tutto superato), non è tenuto a rispondere dell'abbandono dei rifiuti rilevati sul sito in questione, ciò non comporta che lo stesso debba andare esente da qualsiasi responsabilità per ogni evento di rilevanza ambientale che riguardi la stessa area, ponendosi tale conclusione in evidente contrasto con i principi europei come interpretati dalla giurisprudenza richiamata. 12.4.1. In altre parole, l'esonero da responsabilità per l'abbandono di rifiuti non implica che il fallimento debba ritenersi completamente estraneo all'evento di potenziale contaminazione del sito, come detto rilevato a distanza di un significativo lasso di tempo dall'abbandono dei rifiuti, non essendone stato, peraltro, accertato il rapporto di derivazione causale con quest'ultimo. 12.5. Non può, inoltre, essere condiviso neppure il rilievo con cui parte ricorrente lamenta l'avvenuta l'integrazione, tramite la prot. n. 19110 del 26 maggio 2023, con cui la Provincia ha respinto l'istanza di autotutela e confermato le statuizioni dell'ordinanza, della motivazione di quest'ultima, non potendosi ravvisare alcuna illegittimità allorché l'integrazione venga posta in essere, come nel caso di specie, attraverso un provvedimento emanato dal competente organo dell'amministrazione; l'integrazione della motivazione è infatti ritenuta, dalla giurisprudenza, inammissibile solo se effettuata nell'ambito del giudizio tramite atti difensivi (in termini, tra le tante, da ultimo, TAR Piemonte, sez. II, 5 gennaio 2024, n. 7). 12.6. La Provincia ha altresì puntualizzato, nella motivazione di tale atto, che nessun vincolo può derivare, nell'ambito del procedimento sfociato nell'emanazione dell'impugnata ordinanza, dalla sentenza di questo TAR n. 304 del 2005, sia perché la stessa non fa stato nei propri confronti, non essendo stata parte del giudizio, sia in ragione della non sovrapponibilità delle due fattispecie. 12.7. Tale rilievo deve ritenersi corretto ed esente dalle censure mosse da parte ricorrente, atteso che, in effetti, l'ordinanza del Comune di -OMISSIS- di cui tale sentenza ha disposto l'annullamento - nella quale sono, peraltro, solo genericamente descritti i rifiuti presenti nel sito in questione, tramite il mero richiamo per relationem alla comunicazione degli enti di competenza, ASL e ARPA; del 13 ottobre 2004 - non reca, a ben vedere, alcuna motivazione a supporto dell'individuazione del fallimento e del relativo curatore quali responsabili dell'abbandono di tali rifiuti e delle attività di rimozione degli stessi e bonifica del sito, facendo sul punto esclusivo riferimento al fatto che "la società permetteva nel corso dell'attività produttiva che l'area divenisse luogo di deposito incontrollato di rifiuti". 12.8. La citata sentenza di questo TAR ha, pertanto, disposto l'annullamento del provvedimento, impugnato dal fallimento, in ragione della mancata individuazione della responsabilità degli organi di quest'ultimo in ordine alla "presupposta ricognizione di comportamenti (commissivi o meramente omissivi) che abbiano dato luogo al fatto antigiuridico". 12.9. L'ordinanza oggetto dell'odierna impugnazione non solo si fonda, invece, su presupposti fattuali diversi - non essendo in atti presente alcuno specifico accertamento tecnico in merito alla derivazione del superamento delle CSC dalla mancata rimozione degli stessi rifiuti oggetto dell'ordinanza comunale (la cui avvenuta rimozione dal sito è, peraltro, oggetto di contestazione negli scritti delle parti) - ma reca, inoltre, una chiara e specifica motivazione in ordine all'individuazione della responsabilità, per tale evento, in capo al fallimento ricorrente, responsabilità derivante, come detto, dalla condotta omissiva dallo stesso tenuta successivamente all'accertamento dello stato di potenziale contaminazione del sito (avvenuto nel maggio 2011 ad opera dell'ARPA Lazio), per non avere adottato idonee ed efficaci misure di ripristino ambientale del sito, né misure di prevenzione e di messa in sicurezza in grado di limitare il processo di diffusione delle sostanze inquinanti e di contaminazione delle matrici ambientali. 12.10. Non è, infine, fondato il rilievo inerente il mancato coinvolgimento della curatela nel procedimento; come emerge dalla nota 9979 del 2014 (doc. 5 prodotto dalla Provincia di Frosinone il 3 luglio 2023), che risulta trasmessa anche al curatore, la procedura è stata, infatti, debitamente messa a conoscenza della Relazione redatta da ARPA Lazio in merito al rilievo del superamento dei valori soglia. 13. Conclusivamente, in ragione dei superiori rilievi, le censure proposte avverso il provvedimento impugnato non possono essere condivise; il ricorso deve, di conseguenza, essere respinto. 14. Le spese devono essere regolate facendo applicazione del principio della soccombenza in favore della Provincia di Frosinone; essendo quest'ultima rappresentata e difesa in giudizio da un avvocato dipendente dell'ente vanno riconosciuti in favore dello stesso non solo i compensi professionali ma anche, in luogo di IVA e CPA, gli oneri riflessi, nella misura e sulle voci come per legge (in termini, TAR Latina sez. I, 9 ottobre 2023 n. 693; Cons. Stato, sez. VII, 12 giugno 2023 n. 5754, che sul punto rinvia a Cass. Sez. Unite civili - ordinanza 6 febbraio 2023 n. 3592) nonché l'IRAP; le stesse vengono invece compensate nei confronti del Ministero dell'Ambiente e della Sicurezza Energetica, costituitosi con atto di mera forma, nonché nei confronti di-OMISSIS-, sussistendone giustificati motivi. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio sezione staccata di Latina Sezione Prima, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge. Condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio, in favore della Provincia di Frosinone, liquidando le stesse nella somma di euro 3.500,00 oltre accessori di legge, da calcolarsi nei termini indicati in motivazione. Spese compensate nei confronti del Ministero dell'Ambiente e della Sicurezza Energetica e di-OMISSIS-. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Latina nella camera di consiglio del giorno 27 marzo 2024 con l'intervento dei magistrati: Riccardo Savoia - Presidente Valerio Torano - Primo Referendario Emanuela Traina - Primo Referendario, Estensore

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio sezione staccata di Latina Sezione Prima ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 540 del 2023, integrato da motivi aggiunti, proposto da Te. Pa. s.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avv. Fr. De. e Al. Ba., con domicilio digitale eletto presso gli indirizzi p.e.c. (omissis) e (omissis); contro Comune di (omissis) (LT), in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall'avv. Fr. Ia., presso il cui studio è domiciliato in (...) (LT), via (...) s.n. c.; nei confronti SO. s.p.a., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall'avv. Ch. Lo., presso il cui studio è domiciliata in (...) (LT), via (...); K Ci. s.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., in proprio e nella qualità di capogruppo del costituendo r.t.i. con Op. So. s.r.l. ed EN. Sy. s.r.l., rappresentata e difesa dall'avv. Da. Ma., con domicilio eletto presso il suo studio in Napoli, piazza (...); per - quanto al ricorso introduttivo proposto da Te. Pa. s.r.l.: A) l'annullamento: 1) della determinazione dirigenziale n. 184 del 12 luglio 2023, pubblicata sul profilo committente della stazione appaltante il successivo giorno 14, con la quale è stato aggiudicato a SO. s.p.a. l'appalto (CIG 95619567B5) relativo ai servizi: di gestione della sosta a pagamento senza custodia, in ambito comunale; di noleggio di dispositivi approvati dal competente Ministero per il controllo delle violazioni alle norme del codice della strada; di gestione delle operazioni materiali afferenti i procedimenti amministrativi sanzionatori di competenza della Polizia locale e dei procedimenti amministrativi bonari tesi al recupero dei crediti derivanti e non esatti, prima della fase coattiva; accessori e complementari; 2) di tutti i verbali della commissione giudicatrice, numerati da 1 a 9, inclusa la proposta di aggiudicazione contenuta nel verbale n. 9 del 29 giugno 2023; 3) di tutti gli atti, presupposti, connessi e consequenziali, compresa la comunicazione di aggiudicazione definitiva della gara del 22 settembre 2023; B) l'accertamento del diritto della ricorrente all'aggiudicazione del contratto e la contestuale declaratoria di inefficacia del contratto, ove nelle more stipulato; C) la condanna del Comune di (omissis) alla reintegrazione in forma specifica mediante subentro nel contratto o, in subordine, al risarcimento per equivalente; - quanto ai motivi aggiunti, l'annullamento: 4) della determinazione dirigenziale n. 288 del 27 settembre 2023, pubblicata sull'albo pretorio civico in pari data per quindici giorni ma conosciuta il 15 ottobre 2023, recante presa d'atto del verbale di chiusura del procedimento di verifica del possesso dei requisiti con conferma dell'aggiudicazione definitiva del contratto di cui è causa, ai sensi dell'art. 32, comma 7, d.lgs. 18 aprile 2016 n. 50; 5) della determinazione dirigenziale n. 291 del 29 settembre 2023, pubblicata sull'albo pretorio civico in pari data per quindici giorni ma conosciuta il 15 ottobre 2023, recante rettifica di errori materiali contenuti nella citata determinazione dirigenziale del 27 settembre 2023; 6) del verbale di chiusura del procedimento di verifica sul possesso dei requisiti prot. n. 31692 del 21 settembre 2023, mai comunicato e dal contenuto ignoto; 7) di ogni altro atto presupposto, connesso e conseguente; - quanto al ricorso incidentale proposto da SO. s.p.a., l'annullamento: 1) della citata determinazione dirigenziale n. 184 del 2023, nella parte in cui non ha escluso la ricorrente principale; 2) di tutti i verbali della commissione giudicatrice, numerati da 1 a 9, inclusi gli allegati nn. 1, 2, 3, 4A e 4B, nella parte in cui non hanno escluso la ricorrente principale; 3) di ogni altro atto presupposto, connesso e conseguente. Visti il ricorso principale e i motivi aggiunti, il ricorso incidentale e i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di (omissis), di SO. s.p.a. e di K Ci. s.r.l.; Viste le memorie difensive; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 28 febbraio 2024 il dott. Valerio Torano e uditi per le parti i difensori, come specificato nel verbale; Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue. FATTO e DIRITTO 1. - Con bando e disciplinare pubblicati sulla GURI, V serie speciale, n. 152 del 30 dicembre 2022, il Comune di (omissis) ha indetto una gara europea a procedura telematica aperta relativa ai servizi: di gestione della sosta a pagamento senza custodia; di noleggio di dispositivi, approvati dal competente Ministero, per il controllo delle violazioni alle norme del codice della strada; di gestione delle operazioni materiali afferenti i procedimenti amministrativi sanzionatori di competenza del Comando di polizia locale e dei procedimenti amministrativi bonari tesi al recupero dei crediti derivanti e inesatti, prima della fase coattiva; accessori e complementari (CIG. 9561956785). La durata dell'appalto è stata fissata in sette anni (ottantaquattro mesi), per un importo a base d'asta di euro 5.778.500,00, IVA esclusa, e il termine ultimo per la presentazione delle domande è stato fissato al 20 gennaio 2023, ore 12:00. Alla procedura di gara hanno partecipato SO. s.p.a., gestore uscente del servizio, che si è collocata nella prima posizione utile con 94,396 punti, l'a.t.i. K Ci. s.r.l., graduatasi al secondo posto con 79,768 punti e Te. Pa. s.r.l., che è giunta in terza posizione con 72,003 punti. Pertanto, con determinazione dirigenziale prot. n. 184 del 12 luglio 2023, pubblicata sul profilo committente il successivo giorno 14, il Comune di (omissis) ha provvisoriamente aggiudicato l'appalto a SO. s.p.a., dopo averne verificato la congruità dell'offerta, giusto verbale n. 9 del 28 giugno 2023, valutando favorevolmente le giustificazioni da essa presentate con nota prot. n. 22468 del 28 giugno 2023. Con note assunte al prot. n. 25067 del 19 luglio 2023 ed al prot. n. 25725 del 25 luglio 2023, Te. Pa. s.r.l. ha chiesto di accedere agli atti della procedura di gara, ricevendo riscontro a mezzo della nota prot. n. 27884 del 16 agosto 2023, della nota priva di numero di protocollo del 25 agosto 2023 e, infine della nota prot. n. 29909 del 7 settembre 2023. Avuto riguardo a quanto sopra, con il ricorso all'esame, notificato il 26 settembre 2023 e depositato il successivo giorno 28, Te. Pa. s.r.l. ha impugnato gli atti indicati in epigrafe, lamentando: I) quanto alla posizione dell'aggiudicataria, violazione degli artt. 95, comma 10 e 97, d.lgs. n. 50 del 2016, oltre a eccesso di potere sotto vari profili, poiché SO. s.p.a. ha dichiarato nell'offerta economica costi complessivi della manodopera per euro 3.920.000,00 (pari a euro 560.000,00 annui), mentre il contratto è stato aggiudicato a euro 3.355.800,00, pari a un corrispettivo di euro 479.000,00, con la conseguenza che la sua offerta economica è in perdita di euro 80.600,00 annui (i.e. euro 560.000,00 - 479.000,00), per un passivo totale di euro 564.200,00 per tutto il periodo di validità dell'appalto, oltre agli altri oneri di esecuzione del contratto; II) in merito alla posizione della seconda classificata, violazione dell'art. 48, d.lgs. n. 50 cit. e degli artt. 3, 6.3 e 6.4 del disciplinare di gara, nonché eccesso di potere, in quanto l'appalto è costituito da un unico lotto in ragione della stretta interdipendenza funzionale delle attività da compiere, ma K Ci. s.r.l., capogruppo mandataria del r.t.i. verticale con Op. So. s.r.l. e EN. Sy. s.r.l., non eseguirebbe la maggior parte delle prestazioni che la stazione appaltante ha espressamente qualificato come prevalenti/principali; III) circa la posizione di Op. So. s.r.l., mandante del r.t.i. verticale capeggiato da K Ci. s.r.l. graduatosi in seconda posizione, violazione dell'art. 89, d.lgs. n. 50 cit. e degli artt. 3, 6.3 e 6.4 del disciplinare di gara, oltre a eccesso di potere e nullità del contratto di avvalimento, perché tale società sarebbe priva del requisito tecnico del possesso della valutazione di conformità delle proprie misure di gestione della sicurezza delle informazioni alla norma ISO/IEC 27001:2017 nel settore IAF33 rispetto ai servizi di elaborazione dati per violazioni del codice della strada e ai servizi alla polizia locale, dato che avendolo posto in avvalimento alla mandante si sarebbe spogliata della relativa organizzazione aziendale, risultando così priva dei requisiti necessari per eseguire la parte di prestazioni cui si era impegnata. Al fine di meglio illustrare le proprie ragioni, la ricorrente ha chiesto la completa ostensione della documentazione di gara richiesta. Si è costituita in giudizio SO. s.p.a., che ha eccepito: a) l'inammissibilità del ricorso perché proposto oltre il termine perentorio di impugnazione, posto che il provvedimento di aggiudicazione del 12 luglio 2023 è stato tempestivamente comunicato e pubblicato in pari data, tanto che già il successivo giorno 19 la ricorrente principale ha formulato la prima istanza di accesso; tuttavia, il ricorso è stato notificato soltanto il 26 settembre 2023 e cioè dopo 45 giorni dalla pubblicazione dell'aggiudicazione e dopo 37 giorni dalla richiesta di ostensione; b) la litispendenza ex art. 39 cod. proc. civ., posto che le domande di tutela formulate in questa sede sono state già proposte innanzi al TAR per la Campania, sede di Napoli, nel ricorso n. r.g. 3806 del 2023. Nel merito, poi, ha confutato le doglianze articolate dalla ricorrente, concludendo per il rigetto del gravame. Nelle more della celebrazione del giudizio, il Comune di (omissis), con determinazione dirigenziale n. 288 del 27 settembre 2023, preso atto del verbale prot. n. 31692 del 21 settembre 2023, attestante il possesso dei requisiti in capo alla controinteressata, ha definitivamente aggiudicato a SO. s.p.a. il contratto di cui è causa. Inoltre, con successiva determinazione dirigenziale n. 291 del 29 settembre 2023 ha rettificato l'importo complessivo del servizio indicato nella predetta determinazione del 27 settembre 2023, modificando quello complessivo da euro 3.355.800,00, oltre IVA, a euro 4.438.466,67 e quello annuo da euro 479.400,00 e euro 634.066,67, sempre oltre IVA; ciò al fine di rimediare a un errore materiale occorso nella redazione dell'atto, in riferimento all'importo di aggiudicazione del servizio di gestione dei parcheggi (voce A), quantificato in euro 1.624.000,00 anziché in euro 2.706.666,76. Peraltro, tali errori erano presenti anche nella citata determinazione dirigenziale del 12 luglio 2023, recante aggiudicazione provvisoria del contratto. Con ricorso incidentale notificato il 26 ottobre 2023 e depositato il 4 novembre 2023, SO. s.p.a. ha impugnato gli atti indicati in epigrafe, lamentando: I) violazione dell'art. 89, d.lgs. n. 50 cit. e degli artt. 6.2, 6.3 e 7 del disciplinare di gara, perché Te. Pa. s.r.l., priva dei requisiti di capacità economica e finanziaria e di capacità tecnico professionale, si è servita dell'avvalimento tecnico-operativo di: a) Tr. s.r.l. per il fatturato e per il servizio di noleggio, fornitura e manutenzione di sistemi di rilevamento automatici con almeno 2 unità e 40.000 verbali (riferito alla gara CIG 7308169BD5 indetta dalla Provincia di Caserta), attraverso un contratto di avvalimento generico e indeterminato, dunque nullo per indeterminatezza e anche per non onerosità e di sinallagmaticità, per tale non potendosi intendere la clausola con cui la Te. Pa. s.r.l. si impegna ad acquistare o noleggiare presso l'impresa ausiliaria le apparecchiature per il controllo delle violazioni; b) La rosa dei venti ONLUS per il servizio di sosta regolamentata con almeno 2.000 stalli, 20 parcometri e 5 ausiliari del traffico, attraverso un contratto di avvalimento che non soddisfa i requisiti previsti dalla stazione appaltante, atteso che il servizio da essa erogato presso il Comune di (omissis) prevede solo mediamente 20 parcometri e 5 ausiliari del traffico; II) violazione dell'art. 80, comma 5, lett. c), c-bis), f-bis), d.lgs. n. 50 cit., dei principi di lealtà, trasparenza e affidabilità, perché a carico di Tr. s.r.l., ausiliaria di Te. Pa. s.r.l., sussistono molteplici illeciti professionali attestati in svariate sentenze amministrative, versate in atti, sì che essa ha falsamente dichiarato di non essersene resa colpevole e avrebbe dovuto essere esclusa dalla procedura; III) violazione dell'art. 75, d.P.R. 28 dicembre 2000 n. 445, perché la falsa dichiarazione resa da Tr. s.r.l. è sanzionabile anche alla luce delle disposizioni generali in materia di documentazione amministrativa; IV) violazione degli artt. 6.2 e 6.3 del disciplinare oltre a eccesso di potere sotto vari profili, in quanto l'aggiudicazione della prefata gara CIG 7308169BD5 indetta dalla Provincia di Caserta è stata annullata in giudizio prima dell'inoltro della domanda di partecipazione alla gara di cui è causa da parte di Te. Pa. s.r.l. e la stessa Tr. s.r.l. è stata poi ulteriormente esclusa dalla medesima procedura per inaffidabilità e mancanza di integrità, giusta nota prot. n. 24023 del 6 aprile 2023, sì che non può fornire in avvalimento a Te. Pa. s.r.l. i requisiti relativi al fatturato e allo svolgimento del relativo servizio avente le caratteristiche ivi previste; V) violazione dell'art. 80, comma 5, d.lgs. n. 50 cit., oltre a eccesso di potere, perché Te. Pa. s.r.l. ha prodotto in giudizio certificazioni di qualità non idonee, dato che in Italia le attestazioni emesse da LL-C, ente ceco, valgono per il solo settore EA:28 e per la norma UNI CEI EN ISO/IEC 17021-1:2015 e non per quelle, diverse, in possesso della ricorrente. Si è costituito in giudizio il Comune di (omissis) che, in relazione al ricorso principale, ha preliminarmente eccepito l'inammissibilità del gravame per intempestività e la litispendenza, rilevando che il primo motivo di gravame si fonda sull'esistenza di un mero errore materiale nel provvedimento di aggiudicazione, errore che è stato prontamente corretto con la citata determinazione dirigenziale del 29 settembre 2023; il che renderebbe superfluo l'esame degli ulteriori due motivi che sono assorbiti per effetto dell'infondatezza del primo. In merito al ricorso incidentale, invece, ha rappresentato che l'ente locale solo in seguito a tale atto è venuto a conoscenza delle criticità afferenti al possesso dei requisiti di gara in capo a Te. Pa. s.r.l. che ne legittimerebbero l'esclusione. Con atto di motivi aggiunti notificato il 15 novembre 2023 e depositato il successivo giorno 16, Te. Pa. s.r.l. ha impugnato gli atti indicati in epigrafe, lamentando: I) violazione degli artt. 3 del disciplinare e 13 del progetto di servizi, oltre a eccesso di potere sotto vari profili, perché la determinazione dirigenziale n. 291 del 2023, lungi dall'aver proceduto alla correzione di un errore materiale, avrebbe illegittimamente modificato la lex specialis e gli importi posti a base della gara allo scopo di giustificare a posteriori i prezzi offerti da SO. s.p.a.; II) quanto alla posizione dell'aggiudicataria, violazione dell'art. 80, comma 5, lett. c), c-bis) e c-ter), d.lgs. n. 50 cit., oltre a eccesso di potere, perché SO. s.p.a. non ha dichiarato alcun illecito professionale nel documento di gara unico europeo (d.g.u.e.) e, quindi, sarebbe illegittima la decisione del Comune resistente di considerare di lieve entità le sue pregresse e non meglio individuate inadempienze contrattuali; III) sempre in merito alla posizione di SO. s.p.a., violazione dell'art. 97, d.lgs. n. 50 cit., oltre a eccesso di potere, perché le giustificazioni da essa presentate in sede di verifica dell'anomalia dell'offerta sarebbero inadeguate, considerato che la previsione di euro 245.000,00 quali maggiori incassi del parcheggio (omissis), oltre che non supportata da alcuna analisi, si riferisce a un sito inesistente e comunque sconosciuto agli atti di gara; IV) ancora relativamente all'aggiudicataria, violazione dell'art. 97, comma 5, d.lgs. n. 50 cit., oltre a eccesso di potere, perché il margine operativo di SO. s.p.a. nei sette anni di durata del contratto, alla luce delle rettifiche compiute nella citata determinazione dirigenziale n. 291, sarebbe di euro 29.203,38 e non di euro 311.536,71, pari allo 0,67% dell'importo contrattuale e inadeguato a coprire i reali costi della commessa, specialmente per il personale; V) sempre circa SO. s.p.a., violazione dell'art. 97, d.lgs. n. 50 cit., oltre a eccesso di potere, perché l'esiguo margine di euro 29.203,38 non sarebbe in grado di supportare neppure i costi per il rifacimento degli stalli di sosta o per le altre spese previste nell'offerta, essendo stati non quantificati o sottostimati numerosi oneri. Te. Pa. s.r.l. ha, quindi, reiterato e integrato l'istanza istruttoria formulata con l'atto introduttivo del giudizio, sottolineando la necessità di una completa ostensione dei documenti di gara. Si è costituita sui motivi aggiunti SO. s.p.a., che ne ha eccepita preliminarmente la tardività, posto che: a) la determinazione dirigenziale n. 288 del 27 settembre 2023 è stata pubblicata sull'albo pretorio civico dal 27 settembre 2023 al 12 ottobre 2023 e la determinazione dirigenziale n. 291 cit. lo è stato dal 29 settembre 2023 al 14 ottobre 2023; b) i documenti utilizzati per il terzo, quarto e quinto motivo di ricorso erano stati già messi a disposizione della ricorrente alla data di proposizione dell'atto introduttivo del giudizio, sì che essa avrebbe dovuto inserire le relative censure in quella sede e non proporle per la prima volta nei motivi aggiunti. Nel merito, poi, ha confutato le argomentazioni proposte da Te. Pa. s.r.l., concludendo per il rigetto del gravame. Anche il Comune di (omissis) ha proposto difese dal tenore ana a quelle della controinteressata aggiudicataria. In data 5 febbraio 2024, Te. Pa. s.r.l. ha notificato istanza di rilascio di misure cautelari, giustificandola con la perdurante inerzia dell'Amministrazione nell'ostensione della documentazione richiesta e con la possibilità di sottoscrizione in ogni tempo del contratto, essendo spirato il termine di standstill previsto dalla legge. Il 7 febbraio 2024 SO. s.p.a. ha depositato, tra l'altro, il contratto rep. n. 4606 del 18 dicembre 2023, con il quale le è stato affidato il servizio di cui è causa; il 21 febbraio 2024 Te. Pa. s.r.l. ha depositato la nota municipale prot. n. 5790 del 16 febbraio 2024, con la quale è stata trasmessa ulteriore documentazione relativa alla gara, oggetto della richiesta di ostensione da essa precedentemente formulata. Alla camera di consiglio del 28 febbraio 2024, convocata per l'esame della domanda di tutela cautelare, Te. Pa. s.r.l. ha rinunciato alla richiesta di rilascio di misure interinali; pertanto, all'udienza pubblica convocata in pari data per la discussione del merito del ricorso, la causa è stata trattenuta per la decisione, previa rinuncia della ricorrente all'istanza istruttoria già presentata e ribadita nei motivi aggiunti. 2. - Il ricorso introduttivo, come integrato da motivi aggiunti, è fondato nella sola parte relativa alla seconda classificata, mentre è per il resto infondato o inammissibile nei sensi di seguito chiariti; il ricorso incidentale, invece, ferma restandone l'improcedibilità, è comunque fondato sotto l'assorbente quarto motivo. 2.1 Vengono, in primo luogo, in questione le eccezioni preliminari di rito sollevate dal Comune di (omissis) e dalla controinteressata SO. s.p.a. 2.1.1. Non appare fondata l'eccezione di tardività dell'atto introduttivo del giudizio e dei motivi aggiunti, perché l'argomentazione non è stata supportata dalla prova dell'avvenuta pubblicazione secondo le prescrizioni del § 2.3 del disciplinare, che individua le uniche forme di comunicazione ammesse nella gara di cui è causa o, comunque, nelle modalità che la giurisprudenza ha individuato come idonee a far decorrere il termine di impugnazione dell'atto di aggiudicazione (cfr. Cons. Stato, ad. plen., 2 luglio 2020 n. 12; TAR Lazio, Latina, sez. I, 26 febbraio 2024 n. 166). Per quanto riguarda i motivi aggiunti notificati il 14 novembre 2023, invece, l'eccezione è in parte fondata, posto che, come meglio si dirà appresso sub § 2.4.3 e 2.4.4, la conoscenza legale degli atti in tale sede gravati risale solo in parte al loro deposito in giudizio da parte di SO. s.p.a. il 15 ottobre 2023, essendo invece provato che alcuni documenti utilizzati per formulare i mezzi di impugnazione fossero nella disponibilità di Te. Pa. s.r.l. in data anteriore, posto che sono stati da essa depositati in data 28 settembre 2023. 2.1.2 Quanto alla eccepita litispendenza, essa risulta essere venuta meno mercé la sentenza del TAR per la Campania, sede di Napoli, sez. VI, 15 novembre 2023 n. 6280, che ha dato atto della rinuncia al ricorso e dichiarato l'estinzione del giudizio. 2.2 Nel merito delle censure proposte, si premette che il ricorso principale, integrato da motivi aggiunti, e quello incidentale hanno entrambi natura escludente, sì che possono essere esaminati nell'ordine di presentazione, in applicazione dei principi affermati nella sentenza della Corte di giustizia UE 5 settembre 2019, pronunciata nella causa C-333/18, potendo solo l'eventuale infondatezza del ricorso principale determinare l'improcedibilità di quello incidentale (TAR Campania, Napoli, sez. I, 7 marzo 2024 n. 1538; sez. I, 7 febbraio 2024 n. 941; sez. I, 29 gennaio 2024 n. 750; sez. I, 8 gennaio 2024 n. 198; TAR Lazio, Roma, sez. III, 30 novembre 2023 n. 17996; sez. III, 17 aprile 2023 n. 6569). Infatti, l'accoglimento del gravame incidentale non potrebbe comunque determinare l'improcedibilità di quello proposto per primo, "continuando ad esistere in capo al ricorrente principale la titolarità dell'interesse legittimo strumentale alla eventuale rinnovazione della gara, anche nel caso in cui alla stessa abbiano partecipato altre imprese, sia pure estranee al rapporto processuale", sì che "il rapporto di priorità logica tra ricorso principale e ricorso incidentale deve essere rivisto (...) nel senso che il ricorso principale deve essere esaminato per primo" (Cons. Stato, sez. IV, 13 ottobre 2020 n. 6151; TAR Campania, Napoli, sez. I, 7 febbraio 2024 n. 941). Si osserva, inoltre, che Te. Pa. s.r.l. si è graduata nella terza posizione utile, con la conseguenza che occorre logicamente scrutinare con precedenza le doglianze proposte nei confronti della seconda classificata; infatti, in ipotesi di infondatezza di esse, il ricorso non sarebbe ulteriormente procedibile per difetto di interesse perché, quand'anche i motivi articolati contro l'aggiudicataria si rivelassero condivisibili, la ricorrente non potrebbe comunque conseguire il bene della vita finale dell'aggiudicazione né la riedizione della gara, essendovi un concorrente in posizione poziore. 2.3 Con riferimento al ricorso introduttivo, come integrato da motivi aggiunti, si osserva quanto segue. 2.3.1 Il primo ordine di censure è infondato e può essere esaminato congiuntamente al primo motivo aggiunto, che ne rappresenta un approfondimento alla luce delle determinazioni successivamente assunte dall'Amministrazione in pendenza di giudizio. Con tali censure, in particolare, parte ricorrente, argomentando dagli importi iscritti nelle determinazioni dirigenziali del 12 luglio 2023 e del 29 settembre 2023 ha dapprima denunciato l'insostenibilità dell'offerta economica di SO. s.p.a. e, quindi, ha lamentato che il Comune di (omissis) avrebbe illegittimamente modificato la lex specialis e gli importi posti a base della gara allo scopo di giustificare a posteriori i prezzi offerti sul punto da SO. s.p.a. Tale ricostruzione è complessivamente infondata e da rigettare perché dall'esame degli atti di causa e, in particolare, dalla lettura dei § 8 e 13 del progetto di servizi redatto dal Comune di (omissis) ai sensi dell'art. 23, commi 14 e 15, d.lgs. n. 50 cit., si ricava che la stazione appaltante, anziché indicare con chiarezza ed immediatezza il corrispettivo del servizio di gestione parcheggi (cioè la voce A dei servizi appaltati), ne ha calcolato il valore presunto per l'intera durata settennale del contratto nella misura di euro 2.800.000,00 (i.e. dell'importo ritenuto realizzabile annualmente, stimato in euro 400.000,00, moltiplicato per sette). La cifra in parola è stata ottenuta, tuttavia, scorporando il 40% dell'aggio minimo che, sulla base degli atti di gara, l'aggiudicatario è obbligato a corrispondere all'Amministrazione, sì che il valore definitivo del servizio, invece, sarà dato, a consuntivo, dall'incasso effettivamente maturato nel corso del servizio, diminuito dell'aggio da corrispondere all'Amministrazione comunale, "in misura pari almeno al 40%, come risultante dall'offerta presentata" (cfr. § 13). Quest'impostazione, sebbene di non pronta né facile comprensione, consente comunque di ricostruire il valore del servizio de quo dato che, sommando all'importo di euro 2.800.000,00 l'aggio minimo al 40%, si ottiene un controvalore di gara pari a euro 4.666.666,67. Tuttavia, avendo SO. s.p.a. offerto al Comune di (omissis) un aggio del 42% (e non del 40%), la somma esatta da iscrivere al bilancio civico per la quota di corrispettivo spettante all'aggiudicataria è pari a euro 2.706.666.67, vale a dire esattamente l'importo di aggiudicazione del servizio di gestione parcheggi (voce A) indicato nella citata determinazione dirigenziale del 29 settembre 2023, importo che, pertanto, non è stato improvvisato dall'Amministrazione perché desumibile dagli atti di gara precedentemente predisposti. In definitiva, quindi, l'indicazione per la voce A dei servizi di un controvalore presunto di euro 1.624.000,00, anziché di euro 2.706.666,76, che figura tanto nella determinazione di aggiudicazione provvisoria del 12 luglio 2023 quanto in quella di aggiudicazione definitiva del 27 settembre 2023, è un mero errore materiale, corretto dall'Amministrazione con la citata determinazione del 29 settembre 2023, che come tale non è idoneo a disvelare alcun profilo di insostenibilità dell'offerta di SO. s.p.a. né alcuna illegittima condotta del Comune di (omissis). Ciò implica l'infondatezza del primo mezzo di impugnazione dell'atto introduttivo del giudizio e dei motivi aggiunti. 2.3.2 Con il secondo motivo di gravame, Te. Pa. s.r.l., in relazione alla posizione della seconda classificata, ha dedotto violazione dell'art. 48, d.lgs. n. 50 cit. e degli artt. 3, 6.3 e 6.4 del disciplinare di gara, nonché eccesso di potere, in quanto l'appalto è costituito da un unico lotto in ragione della stretta interdipendenza funzionale delle prestazioni da eseguire, ma K Ci. s.r.l., capogruppo mandataria del r.t.i. verticale con Op. So. s.r.l. e EN. Sy. s.r.l., non eseguirebbe la maggior parte delle prestazioni che la stazione appaltante ha qualificato come prevalenti/principali. Il motivo è fondato. Le prestazioni oggetto dell'appalto, infatti, sono state distinte dal Comune di (omissis) in principali, elencate dal disciplinare di gara al § 3, lett. A (gestione dei parcheggi), B (noleggio e manutenzione di sistemi di rilevamento automatici), C (gestione dei procedimenti sanzionatori) e D (gestione delle sanzioni elevate a carico di residenti all'estero o veicoli stranieri) e secondarie, di cui alle successive lett. E (recupero bonario delle sanzioni impagate) e F (gestione del contenzioso). K Ci. s.r.l. in data 16 gennaio 2023 ha dichiarato di voler partecipare alla procedura impegnandosi a costituire, in caso di aggiudicazione, un raggruppamento temporaneo di imprese "di tipo verticale" (pag. 2) in qualità di mandataria, con una quota del 48,72%, avente come mandanti Op. So. s.r.l., (con una quota del 39,59%) ed EN. Sy. s.r.l. (con una quota dell'11,69%). Dal raffronto dell'elenco delle attività che ciascuna di tali imprese si è vincolata a svolgere nella suddetta dichiarazione del 16 gennaio 2023 emerge, tuttavia, che K Ci. s.r.l. non eseguirebbe direttamente la gran parte delle prestazioni che la stazione appaltante ha qualificato come principali, dato che le attività sub B, C e D sarebbero garantite esclusivamente da Op. So. s.r.l. e EN. Sy. s.r.l. Ciò comporta che il costituendo r.t.i. avente K Ci. s.r.l. come capogruppo non abbia le caratteristiche che dovrebbe avere un raggruppamento di tipo verticale, che è quello in cui "il mandatario realizza la prestazione di servizi principali ed i mandanti quelle secondarie", mentre quello orizzontale consiste in una "riunione di operatori finalizzata a realizzare il medesimo tipo di prestazioni" (Cons. Stato, ad. plen., 13 giugno 2012 n. 22; sez. III, 24 aprile 2019 n. 2641). Il r.t.i. verticale, infatti, è connotato "dalla circostanza che l'impresa mandataria apporta competenze incentrate sulla prestazione prevalente, diverse da quelle delle mandanti, le quali possono avere competenze differenziate anche tra di loro, sicché nel raggruppamento di tipo verticale un'impresa, ordinariamente capace per la prestazione prevalente, si associa ad altre imprese provviste della capacità per le prestazioni secondarie scorporabili" (Cons. Stato, sez. V, 21 dicembre 2021 n. 8485). Nella specie, come detto, ciò non si è pacificamente verificato, atteso che K Ci. s.r.l., capogruppo mandataria, non si è impegnata ad eseguire la maggior parte delle prestazioni qualificate dalla stazione appaltante come principali, con susseguente fondatezza delle censure articolate dalla ricorrente principale. Del resto, la totale assenza di difese nel merito da parte di K Ci. s.r.l., che si è limitata a depositare una comparsa di costituzione di puro stile il 10 ottobre 2023, costituisce comportamento processuale significativo a ulteriore riprova del fatto che le doglianze esposte sul punto da Te. Pa. s.r.l. sono condivisibili. 2.3.3 L'assorbente fondatezza del secondo motivo di gravame esime il collegio dalla disamina del terzo, che attiene egualmente alla posizione della seconda graduata; infatti, per effetto dell'accoglimento di detto mezzo di impugnazione Te. Pa. s.r.l. ha già ottenuto la massima utilità ritraibile nei confronti dell'impresa seconda classificata, assurgendo essa stessa al suo posto nella graduatoria finale. 2.4 Il collegio passa ora a scrutinare i motivi aggiunti, ad esclusione del primo ordine di censure, che è già stato esaminato sub § 2.3.1, che vertono tutti su criticità afferenti alla sola posizione della controinteressata aggiudicataria SO. s.p.a. Essi sono in parte infondati e in altra parte inammissibili, nei sensi di seguito illustrati. 2.4.1 Con il secondo motivo aggiunto, dunque, Te. Pa. s.r.l. ha lamentato violazione dell'art. 80, comma 5, lett. c), c-bis) e c-ter), d.lgs. n. 50 cit., oltre a eccesso di potere, perché SO. s.p.a. non avrebbe dichiarato nel d.g.u.e. del 19 gennaio 2023 alcun illecito professionale e, quindi, sarebbe per questo illegittima la decisione del Comune resistente di considerare di lieve entità le sue inadempienze contrattuali. Il motivo non ha fondamento. Posto che nel corpo della più volte citata determinazione dirigenziale del 29 settembre 2023 si afferma che le inadempienze contrattuali di SO. s.p.a., gestore del servizio uscente, sono di "lieve entità ed in fase di risoluzione bonaria tra le parti", Te. Pa. s.r.l. ha dedotto che SO. s.p.a. avrebbe illecitamente omesso di dichiarare tali inadempienze nel d.g.u.e. inoltrato alla stazione appaltante. Sul punto, che la sopra riportata espressione in virgolettato è contenuta non solo nel provvedimento di aggiudicazione definitiva del contratto, ma anche nella nota prot. n. 32358 del 27 settembre 2023, con la quale il responsabile unico del procedimento ha rilasciato l'attestazione ex art. 80, d.lgs. n. 50 cit., recante parere favorevole alla sottoscrizione del nuovo contratto avente come controparte SO. s.p.a., gestore uscente del servizio. La censura in esame non è stata meglio argomentata da parte ricorrente, probabilmente anche in conseguenza della rinuncia all'istanza istruttoria, e la sua sussistenza non è apprezzabile dagli atti disponibili al fascicolo processuale, atteso che la presenza di illeciti professionali astrattamente valutabili a carico di SO. s.p.a. sembrerebbe esclusa dalla lettura non solo della citata nota municipale del 27 settembre 2023, ma anche della nota prot. n. 20713 del 14 giugno 2023, indirizzata al Comune di (omissis) (BN). In quest'ultimo documento, in particolare, la stazione appaltante si spinge ad attestare di fronte a terzi che dal 1° gennaio 2015 SO. s.p.a. ha eseguito "con correttezza e regolarità " il servizio di gestione delle operazioni materiali afferenti i procedimenti amministrativi sanzionatori delle violazioni alle norme del codice della strada di competenza della Polizia locale. Tenore ana e ampliamente liberatorio per SO. s.p.a. hanno altre similari attestazioni rilasciate dal Comune di (omissis) con le note prot. nn. 7793 del 10 marzo 2022 e 10737 del 4 aprile 2022, il che, in mancanza di differenti elementi, induce a ritenere che correttamente SO. s.p.a. non abbia valorizzato nel d.g.u.e. la presenza di inadempimenti contrattuali. 2.4.2 Con il terzo motivo aggiunto, poi, è stata denunciata violazione dell'art. 97, d.lgs. n. 50 cit., oltre a eccesso di potere, perché le giustificazioni presentate da SO. s.p.a. in sede di verifica dell'anomalia dell'offerta sarebbero inadeguate, stante la previsione di maggiori incassi per euro 245.000,00, rivenienti dal parcheggio (omissis), previsione che oltre a non essere supportata da alcuna analisi, si riferirebbe a un sito sconosciuto agli atti di gara. Sul punto, accogliendosi l'eccezione preliminare articolata da SO. s.p.a., si rileva l'inammissibilità per tardività della censura in esame. Infatti, gli elementi informativi relativi al parcheggio di (omissis) erano a conoscenza di Te. Pa. s.r.l. quantomeno già alla data del 28 settembre 2023, quando essa stessa ha versato nel fascicolo processuale l'offerta tecnica di SO. s.p.a. ed il verbale di gara n. 6 del 18 maggio 2023. Sul punto, si osserva che al § 5.1 dell'offerta de qua (p. 48), che non è stato oscurato ed è visibile in chiaro, tra i servizi migliorativi aggiuntivi è indicata proprio la realizzazione di una nuova area parcheggi estiva da 320 stalli, da costruirsi in via (omissis), nei pressi della località (omissis), con l'avvertenza che i relativi proventi sarebbero stati computati alla stregua di tutti gli altri incassi. Tale proposta è stata valutata dalla commissione di gara come molto significativa. Pertanto, essendo stati i motivi aggiunti notificati, come detto, il 15 novembre 2023, la relativa censura è palesemente tardiva e, quindi, inammissibile. 2.4.3 Ancora con il quarto motivo aggiunto, Te. Pa. s.r.l. ha argomentato l'avvenuta violazione dell'art. 97, comma 5, d.lgs. n. 50 cit., oltre a eccesso di potere, perché il margine operativo di SO. s.p.a. nei sette anni di durata del contratto, alla luce delle rettifiche compiute nella citata determinazione dirigenziale del 29 settembre 2023, sarebbe di soli euro 29.203,38 e non di euro 311.536,71, pari allo 0,67% dell'importo contrattuale e inadeguato a coprire i reali costi della commessa, specialmente quelli per il personale. In accoglimento dell'eccezione preliminare sollevata dalla controinteressata, rileva il collegio che al § 6 (pag. 50) dell'offerta tecnica di SO. s.p.a., visibile in chiaro e versata in atti il 28 settembre 2023 dalla stessa ricorrente principale, sono indicati tutti gli elementi riguardanti il costo del personale (i.e. monte ore complessivo, numero di operatori e inquadramento contrattuale, CCNL applicato, ecc.) che, unitamente al citato verbale n. 6 del 18 maggio 2023 ed alla lettura dell'offerta economica in chiaro dell'aggiudicataria, anche essa depositata dalla stessa Te. Pa. s.r.l. il 28 settembre 2023, le avrebbero permesso di formulare tempestivamente le censure de quibus. Pertanto, analogamente a quanto osservato sub § 2.4.3, il quarto motivo aggiunto è inammissibile per tardività . 2.4.4 Da ultimo, la ricorrente principale ha ipotizzato violazione dell'art. 97, d.lgs. n. 50 cit., oltre a eccesso di potere, perché l'esiguo margine di euro 29.203,38 non sarebbe in grado di supportare neppure i costi per il rifacimento degli stalli di sosta o per le altre spese previste nell'offerta, essendo stati molti oneri palesemente sottostimati o non quantificati. La censura, in disparte ogni considerazione circa la sua tempestività o meno, è palesemente infondata. Al riguardo, si premette che nelle gare pubbliche "il giudizio circa l'anomalia o l'incongruità dell'offerta costituisce espressione di discrezionalità tecnica, sindacabile dal giudice amministrativo solo in caso di macroscopica illogicità o erroneità fattuale, non potendo essere esteso ad un'autonoma verifica della congruità dell'offerta e delle singole voci" (TAR Lazio, Latina, sez. I, 15 giugno 2023 n. 427; sez. I, 5 luglio 2022 n. 645; sez. I, 16 maggio 2022 n. 464; in termini v.: Cons. Stato, sez. III, 6 febbraio 2017 n. 514; sez. V, 7 novembre 2016 n. 4755; TAR Lazio, Roma, sez. II, 26 novembre 2018 n. 11434). Stante la natura tecnico-discrezionale della funzione esercitata dalla stazione appaltante in sede di verifica dell'anomalia dell'offerta, sotto il profilo probatorio, al fine dimostrare la sussistenza del vizio della discrezionalità tecnica è onere del ricorrente "introdurre in giudizio elementi che sul piano sintomatico, in modo pregnante, evidente, e decisivo rendano significativo il vizio di eccesso di potere in cui possa essere incorso l'organo deputato all'esame dell'anomalia" (TAR Lazio, Latina, sez. I, 15 giugno 2023 n. 427; sez. I, 12 ottobre 2021 n. 562; in termini v. Cons. Stato, ad. plen., 3 febbraio 2014 n. 8; TAR Lazio, Latina, sez. I, 17 maggio 2021 n. 333; sez. I, 28 novembre 2020 n. 438; Roma, sez. II, 20 luglio 2020 n. 8410 e 8411). In particolare, se si contesta la valutazione di congruità dell'offerta degli altri concorrenti occorre dimostrarne la "palese incongruità " (TAR Lazio, Latina, sez. I, 15 giugno 2023 n. 427; sez. I, 12 ottobre 2021 n. 562; in termini v.: Cons. Stato, ad. plen., 3 febbraio 2014 n. 8; TAR Lazio, Latina, sez. I, 17 maggio 2021 n. 333; sez. I, 28 novembre 2020 n. 438; Roma, sez. II, 20 luglio 2020 n. 8410 e 8411). Nella specie, ritiene il collegio che le contestazioni della ricorrente non giungano a un tale livello di confutazione del giudizio di non anomalia formulato dalla stazione appaltante, perché appaiono generiche, non sono sostenute da un adeguato riscontro probatorio e, in definitiva, sono state proposte in via ipotetica ed esplorativa; inoltre, si incentrano sulla ricerca di inesattezze granulari nelle giustificazioni fornite dall'aggiudicataria che, tuttavia, non appaiono tali da refluire in un giudizio complessivo di palese insostenibilità della proposta negoziale dell'aggiudicataria. Al riguardo, sono significative di tale approccio le diffuse considerazioni che Te. Pa. s.r.l. svolge sulla vernice che SO. s.p.a. dovrebbe utilizzare per il rifacimento della segnaletica orizzontale, oppure in merito ad altre voci specifiche (es. gli equipaggiamenti individuali degli operatori) che, a suo dire, non sarebbero state evidenziate o sarebbero state sottostimate. 2.5 Ai sensi dell'art. 35, comma 1, lett. c), cod. proc. amm., dal mancato accoglimento del ricorso introduttivo, come integrato da motivi aggiunti, deriva l'improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse del ricorso incidentale (ius receptum: TAR Campania, Napoli, sez. I, 7 marzo 2024 n. 1538; sez. I, 7 febbraio 2024 n. 941; sez. I, 29 gennaio 2024 n. 750; sez. I, 8 gennaio 2024 n. 198; TAR Lazio, Roma, sez. III, 30 novembre 2023 n. 17996; sez. III, 17 aprile 2023 n. 6569). Peraltro, ferma restandone l'improcedibilità, anche ai fini del regime delle spese di lite, rileva il collegio che il ricorso incidentale sarebbe fondato sotto l'assorbente quarto motivo. Ebbene, con il quarto ordine di censure SO. s.p.a. ha impugnato gli atti della procedura nella parte in cui non hanno escluso Te. Pa. s.r.l. per carenza dei requisiti di capacità economica previsti dall'art. 6.2 del disciplinare (i.e. un fatturato globale, riferito agli ultimi tre esercizi finanziari disponibili di euro 5.778.500,00, IVA esclusa) e di capacità tecnica e professionale di cui al successivo art. 6.3 (cioè l'aver eseguito presso un unico ente pubblico un servizio di noleggio, fornitura, assistenza tecnica e manutentiva dei sistemi di rilevamento automatico delle infrazioni di cui agli artt. 142 e 146, d.lgs. 30 aprile 1992 n. 285, con almeno due unità di rilevamento, nonché un servizio di gestione dell'intero procedimento sanzionatorio delle infrazioni al d.lgs. n. 285 del 1992 di competenza di un comando di Polizia locale o di un altro organo accertatore, per almeno e 40.000 verbali); requisiti che la ricorrente principale ha ottenuto mediante avvalimento dell'ausiliaria Tr. s.r.l. A tal fine, ha rilevato che, per sovvenire a quanto previsto dai citati artt. 6.2 e 6.3 del disciplinare di gara, Te. Pa. s.r.l. si è avvalsa del fatto che Tr. s.r.l. avrebbe svolto presso la Provincia di Caserta il servizio di installazione e manutenzione di tre dispositivi elettronici per il rilevamento delle violazioni di cui all'art. 142, d.lgs. n. 285 cit. (controllo della velocità puntuale) ed il servizio di supporto per la gestione sussidiaria del procedimento sanzionatorio e di assistenza legale per i ricorsi, con 62.000 verbali emessi al 13 dicembre 2022, di cui al contratto rep. n. 22478 del 20 aprile 2022 (CIG 7308169BD5). Si tratta, in particolare, della gara indetta dall'Amministrazione provinciale di Caserta il 25 luglio 2019 e aggiudicata in favore dell'a.t.i. Tr. s.r.l./Safety 21 s.p.a. giusta determinazione dirigenziale n. 73 del 30 gennaio 2020. Tale aggiudicazione, tuttavia, risulta essere stata annullata in sede giurisdizionale con sentenza del TAR Campania, Napoli, sez. VIII, 9 febbraio 2021 n. 832, passata in giudicato. In particolare, l'annullamento in parola è stato disposto per l'accertata presenza di una falsa dichiarazione resa dalla stessa Tr. s.r.l., con contestuale retrocessione del procedimento di gara ed affermazione dell'obbligo della stazione appaltante di valutare, ai sensi dell'art. 80, comma 5, lett. c) e c-bis), d.lgs. n. 50 cit., le eventuali ricadute di tale falsità sull'affidabilità della concorrente. In seguito a tale pronuncia, la Provincia di Caserta con determinazione dirigenziale n. 748 del 21 ottobre 2021, all'esito di una rinnovata istruttoria e con una specifica motivazione, ha nuovamente aggiudicato all'a.t.i. Tr. s.r.l./Safety 21 s.p.a. la gara in discorso. Questo nuovo provvedimento è stato impugnato ex art. 114 cod. proc. amm. dalla controinteressata e in prime cure il ricorso è stato rigettato con sentenza del TAR Campania, Napoli, sez. VI, 7 marzo 2022 n. 1528. Al contrario, in grado di appello è stato accolto con la sentenza del Consiglio di Stato, sez. V, 17 gennaio 2023 n. 590, che ha ritenuto la decisione assunta dalla stazione appaltante come irrispettosa degli obblighi conformativi posti dal giudicato, dichiarando così nullo il secondo provvedimento di aggiudicazione e gli altri atti conseguenti ed ordinando all'Amministrazione di rideterminarsi entro sessanta giorni. Con nota della Provincia di Caserta prot. n. 24023 del 6 aprile 2023, quindi, Tr. s.r.l. è stata esclusa dalla gara de qua per inaffidabilità e mancanza di integrità e la legittimità di detta decisione è stata confermata dapprima con sentenza del TAR Campania, Napoli, sez. VIII, 26 luglio 2023 n. 4487 e, definitivamente, con sentenza del Consiglio di Stato, sez. V, 11 gennaio 2024 n. 378. In conclusione, la posizione di Tr. s.r.l. rispetto all'appalto della Provincia di Caserta, la cui esperienza ed il cui fatturato sono stati posti in avvalimento di Te. Pa. s.r.l., può essere ricostruita nel senso che, in ragione dell'annullamento dell'aggiudicazione intervenuto il 9 febbraio 2021, della declaratoria di nullità della nuova aggiudicazione disposta il 17 gennaio 2023 e della successiva esclusione del 6 aprile 2023, detto operatore economico non possedeva già alla data del 20 gennaio 2023, prevista dal bando per l'inoltro delle domande, né il requisito di fatturato né quello di esperienza prescritti dagli artt. 6.2 e 6.3 del disciplinare di gara; pertanto, neppure poteva metterli a disposizione, mediante l'istituto dell'avvalimento, a beneficio dell'odierna ricorrente principale. In tal senso, è decisivo osservare che l'aggiudicazione della suddetta gara bandita dalla Provincia di Caserta era stata già annullata dal giudice amministrativo il 9 febbraio 2021 e che la successiva decisione del Consiglio di Stato del 17 gennaio 2023 ha dichiarato la nullità per elusione del giudicato della conferma di aggiudicazione, ai sensi degli artt. 21-septies, l. 7 agosto 1990 n. 241 e 114, comma 4, lett. b), cod. proc. amm. In altri termini, al 20 gennaio 2023, Tr. s.r.l. non poteva vantare né il fatturato globale richiesto dall'art. 6.2 del disciplinare di gara, né l'avvenuta esecuzione dei servizi richiesti dal successivo art. 6.3, non essendo aggiudicataria e, quindi, neppure esecutrice di tali commesse. In materia di avvalimento, ai sensi dell'art. 89, comma 3, d.lgs. 50 cit., "3. La stazione appaltante verifica, conformemente agli articoli 85, 86 e 88, se i soggetti della cui capacità l'operatore economico intende avvalersi, soddisfano i pertinenti criteri di selezione o se sussistono motivi di esclusione ai sensi dell'articolo 80. Essa impone all'operatore economico di sostituire i soggetti che non soddisfano un pertinente criterio di selezione o per i quali sussistono motivi obbligatori di esclusione. Nel bando di gara possono essere altresì indicati i casi in cui l'operatore economico deve sostituire un soggetto per il quale sussistono motivi non obbligatori di esclusione, purché si tratti di requisiti tecnici". È noto che l'istituto dell'avvalimento è finalizzato ad assicurare la massima partecipazione alle gare a tutela della concorrenza tra le imprese (TAR Puglia, Bari, sez. I, 7 giugno 2022 n. 831). Inoltre, è altrettanto noto che la sostituzione dell'ausiliaria durante la procedura, che è una facoltà derogatoria rispetto al principio generale dell'immodificabilità soggettiva del concorrente (nonché di coloro di cui intende avvalersi, e, per questa via, della stessa offerta), risponde all'esigenza di evitare l'esclusione dell'operatore per ragioni a lui non direttamente riconducibili e così, seppur di riflesso, di stimolare il ricorso all'avvalimento; l'operatore economico, infatti, può far conto sul fatto che, nel caso in cui l'ausiliaria non presenti i requisiti richiesti, potrà procedere alla sua sostituzione e non sarà, per ciò solo, escluso, "non potendo, alla luce della richiamata finalità dell'istituto dell'avvalimento, l'impresa ausiliata rispondere, per responsabilità oggettiva, per circostanze riconducibili solo alla sfera dell'impresa ausiliaria, delle quali la prima non sia responsabile neppure a titolo di colpa" (Cons. Stato, sez. V, 20 gennaio 2022 n. 368; sez. V, 26 aprile 2018 n. 2527; 21 febbraio 2018 n. 1101). Posto che, quindi, la ratio dell'istituto della sostituzione è evitare che l'impresa ausiliata risponda oggettivamente per fatti imputabili all'ausiliaria, la sua applicazione è da escludere nel caso di specie, atteso che la carenza dei requisiti dedotti in avvalimento era evincibile da sentenze amministrative regolarmente pubblicate sul sito internet istituzionale della giustizia amministrativa senza alcun omissis. Pertanto, con un minimo di diligenza professionale Te. Pa. s.r.l. avrebbe potuto evitare di scegliere un'impresa ausiliaria per la quale erano conclamate e di pubblico dominio le criticità dell'affidamento del contratto pubblico prescelto per ottenere in avvalimento i requisiti di fatturato e di esperienza chiesti dal Comune di (omissis). Tale negligenza si traduce, quindi, in una vera e propria culpa in eligendo che ha condotto la ricorrente principale a scegliere una società ausiliaria priva ab origine dei requisiti, con conseguente impossibilità di dar luogo alla sostituzione, dato che, "diversamente opinando (consentendo, cioè, la sostituzione), si finirebbe per violare il principio di parità di trattamento dei concorrenti, falsando, così, il gioco concorrenziale" (TAR Puglia, Bari, sez. I, 7 giugno 2022 n. 831). Infatti, ammettere la sostituzione dell'ausiliaria originariamente priva dei requisiti messi a disposizione dell'ausiliata si tradurrebbe in una gravissima disparità di trattamento tra l'operatore che, carente sin dall'inizio dei requisiti in proprio, sarebbe per ciò solo escluso dalla procedura negoziale senza alcuna possibilità di acquisizione postuma e quello che, invece, ricorrendo colpevolmente ad un avvalimento inidoneo, sarebbe però nelle condizioni di poter sanare successivamente la propria posizione e di competere per l'affidamento della commessa (TAR Puglia, Bari, sez. I, 7 giugno 2022 n. 831). Peraltro, una simile sostituzione si porrebbe anche in contrato con il principio di buona fede e con l'obbligo di leale collaborazione tra privato e Amministrazione, espressamente sancito dall'art. 1, comma 2-bis, l. n. 241 del 1990, posto che l'operatore economico ha, in ogni caso, ritenuto di avvalersi di un'impresa sprovvista delle capacità richieste dalla stazione appaltante (TAR Puglia, Bari, sez. I, 7 giugno 2022 n. 831). Per le ragioni sopra illustrate, quindi, Te. Pa. s.r.l. avrebbe dovuto essere esclusa dalla stazione appaltante per carenza dei requisiti prescritti dal disciplinare di gara e, sotto questo profilo, gli atti della procedura sono illegittimi nella parte in cui non hanno rilevato tale carenza ed espulso la ricorrente, con susseguente fondatezza nel merito del ricorso incidentale. 2.6 In definitiva, il ricorso introduttivo, come integrato da motivi aggiunti, va accolto limitatamente alla posizione della sola K Ci. s.r.l., seconda graduata, che va esclusa dalla gara, mentre il ricorso incidentale è improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse, ferma restandone la fondatezza sotto il quarto assorbente ordine di censure, che porta all'esclusione della ricorrente principale dalla procedura. In conseguenza di quanto sopra, è anche rigettata la domanda di risarcimento proposta dalla ricorrente. 3. - Stante la complessità delle questioni giuridiche trattate, oltre alla soccombenza reciproca, sussistono giusti motivi per disporre la compensazione delle spese di lite, fatto salvo l'obbligo della ricorrente principale di rifondere il contributo unificato versato dalla ricorrente incidentale. P.Q.M. Il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sezione staccata di Latina (sezione prima), definitivamente pronunciando sul ricorso integrato da motivi aggiunti e sul ricorso incidentale, come in epigrafe proposti: accoglie il primo, nei sensi e nei limiti di cui in parte motiva, annullando per l'effetto in parte qua gli atti impugnati; dichiara l'improcedibilità del secondo, comunque fondato nel merito; rigetta la domanda risarcitoria. Compensa le spese di lite, ad esclusione della rifusione, a cura di Te. Pa. s.r.l., del contributo unificato versato da SO. s.p.a. per il ricorso incidentale. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa. Così deciso in Latina nella camera di consiglio del giorno 28 febbraio 2024 con l'intervento dei magistrati: Riccardo Savoia - Presidente Francesca Romano - Consigliere Valerio Torano - Primo Referendario, Estensore

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE CIVILE DI LATINA I SEZ. CIVILE in composizione monocratica, in persona della dott.ssa Concetta Serino, ha emesso la seguente SENTENZA nella causa civile iscritta al numero 2734 del ruolo generale degli affari contenziosi dell'anno (...), trattenuta in decisione, con termine per il deposito di comparse conclusionali e di memorie di replica, all'udienza del (...) TRA (...) , rappresentata e difesa, giusta procura in allegato all'atto di citazione, dall' avv. (...) ed elett.te dom.ta presso il suo studio in (...), (...), ATTRICE (...) E (...), rappresentati e difesi, giusta procura in atti, dall'avv. (...) ed elett.te dom.ti presso il suo studio in (...) in (...), CONVENUTI RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO (...) ha agito in giudizio deducendo di essere proprietaria di un appartamento in una piccola palazzina composta da 6 abitazioni sito in indiri_3 Lg_2 in cui sono proprietari di un appartamento al piano primo e relativa cantina anche i signori (...) e (...) dotato di un grande terrazzo che a cavallo degli anni 2019/2020 era stato chiuso con una vetrata, assentita dal (...) ma non autorizzata dai comproprietari della palazzina. Hanno dedotto, in particolare, che la completa chiusura del terrazzo modificava il prospetto dell'immobile determinando, anche, una modifica dei millesimi. Aggiungeva che i signori (...) e (...) sempre nello stesso immobile, sono altresì proprietari di una cantina il cui accesso era costituito da una porta piccola e bassa all'interno della quale vi erano dei gradini di accesso e che, sempre tra il 2019 e il 2020, avevano modificato l'accesso alla cantina aumentando la misura della porta e, occupando parte del camminamento condominiale che circondava il fabbricato, avevano edificato esternamente alla loro cantina, sul terreno di proprietà comune, una serie di gradini che consentivano un più comodo accesso alla cantina a fronte di un pregiudizio in termini di comodità e libero accesso al camminamento condominiale da parte di tutti gli altri e una grave limitazione di accesso alla sua proprietà esclusiva (box/deposito). Allegava che quanto indicato risultava in violazione del precetto di cui all'art. 1122 cc e dell'art. 1117 quater cc. Concludeva chiedendo: "Voglia il Tribunale adito, accertata la violazione del combinato disposto di cui agli artt. 1122 e 117 quater cc condannare i convenuti alla rimozione delle vetrate di copertura del terrazzo nonché alla restituzione della parte di corte occupata con condanna alla riduzione in pristino stato dei luoghi e risarcimento del danno. In subordine ove non, disposta la rimozione della vetrata, disporsi congruo risarcimento del danno nella misura che sarà provata in corso di causa o ritenuta di giustizia. Vinte le spese di causa". Si costituivano i convenuti (...) e (...), eccependo il difetto di legittimazione attiva dell'attrice, nonché la legittimità della vetrata, installata successivamente a regolare (...) ai sensi dell'art.22 del D.P.R. (...), n. 380 e elemento che accresceva il senso estetico ed architettonico dello stesso. Per quanto attiene le richieste inerenti la scalinata, asserivano di non aver occupato alcuna parte della corte condominiale, diversamente parte attrice che aveva realizzato una tettoia (totalmente abusiva) installando un pilastro in legno con base in cemento in prossimità dell'ingresso del suo locale commerciale di parte convenuta, con grave pregiudizio alla sua futura attività commerciale. Concludeva in tal modo: "1) dichiarare inammissibile la domanda di parte attorea stante la carenza della legittimazione ad agire; 2) in subordine rigettare le domande tutte formulate dell'attore in quanto infondate sia in fatto che in diritto per i motivi di cui in premessa e condannare, in ogni caso, parte attrice, alle spese, competenze ed onorari di causa.". Concessi i termini di cui all'art. 183 comma VI c.p.c., veniva disposta ed espletata consulenza tecnica d'ufficio. La causa, infine, veniva trattenuta in decisione, con termine per il deposito di comparse conclusionali e di memorie di replica, all'udienza del (...). Ciò premesso, va detto che l'azione proposta da parte attrice sia da qualificarsi come finalizzata alla tutela delle cose comuni ex art. 1122 c.c. Tale ultima disposizione prevede che "nell'unità immobiliare di sua proprietà ovvero nelle parti normalmente destinate all'uso comune, che siano state attribuite in proprietà esclusiva o destinate all'uso individuale, il condomino non può eseguire opere che rechino danno alle parti comuni ovvero determinino pregiudizio alla stabilità, alla sicurezza o al decoro architettonico dell'edificio". Ebbene, deve rilevarsi come l'attrice deducano che (...) e (...) abbiano eseguito opere sulle parti comuni e sulla proprietà esclusiva che hanno determinato pregiudizio al decoro architettonico dell'edificio. Quanto alla lesione del decoro architettonico dell'edificio, in punto di diritto, deve evidenziarsi che, per decoro architettonico, ai fini della tutela prevista dall'art. 1120 c.c., deve intendersi l'estetica data dall'insieme delle linee e delle strutture ornamentali che costituiscono la nota dominante ed imprimono alle varie parti dell'edificio, nonché all'edificio stesso nel suo insieme, una sua determinata, armonica, fisionomia, senza che occorra che si tratti di edifici di particolare pregio artistico (cfr., in tal senso, da ultimo, Cassazione civile, sez. II, (...), n. 27551; nonché già Cassazione civile, sez. II, (...), n. 10513; Cassazione civile, sez. II, (...), n. 6496; Cassazione civile, sez. II, (...), n. 8381). Nel caso di specie l'attrice ha, tra l'altro, dedotto e allegato un pregiudizio specifico alle cose comuni per effetto della realizzazione delle opere da parte dei convenuti. Quanto, poi, alla facciata si osserva che la stessa, avente o meno valore architettonico o decorativo, costituisce parte presuntivamente comune dell'edificio condominiale, in quanto, al pari dei muri maestri, rappresenta "una delle strutture essenziali ai fini dell'esistenza stessa dello stabile unitariamente considerato, sicché nell'ipotesi della condominialità del fabbricato, ai sensi dell'art. 1117, n. 1, c.c., ricade necessariamente fra le parti oggetto di comunione fra i proprietari delle diverse porzioni dello stesso e resta destinata indifferenziatamente al servizio di tutte tali porzioni" (Cass. n. 298/1977; n. 945/1998). Ne deriva che tutti i condomini hanno il diritto di usare la facciata, ex art. 1102 c.c., nel limite di consentire pari diritto agli altri condomini e senza alterarne destinazione d'uso e decoro. Ciò premesso, quanto alla legittimazione attiva dell'attrice, essa risulta provata dall'atto notarile di acquisto (cfr. all. 1 produzione attorea). Risulta anche provata la legittimazione passiva dei convenuti, non oggetto di contestazione. Ciò detto, quanto, invece, alla legittimazione dell'attrice ad agire per la tutela dei beni comuni si osserva che il carattere collettivo, non unitario, della personalità del gruppo dei condomini importa che ciascun membro, in quanto titolare di un diritto che, sia pure nei limiti segnati dalla concorrenza dei diritti degli altri partecipanti, investe l'intera cosa, deve considerarsi legittimato ad agire o resistere in giudizio anche senza il consenso degli altri per la tutela della cosa comune nei confronti dei terzi o di un singolo condomino e senza la necessità di integrare il contraddittorio nei confronti degli altri partecipanti alla comunione (cfr. Tribunale Roma, Sez. V, sentenza del (...), Corte Appello Roma, Sez. III, sentenza del (...), Cassazione Civile, Sez. II, (...) n. 1011). Ebbene, alla luce di quanto sopra indicato, sussisteva la legittimazione della parte alle doglianze avanzate. Ciò premesso, quanto al merito va detto che l'assunto attoreo ha ricevuto conferma nel corso del giudizio. In particolare, quanto all'istruttoria svolta, parte attrice ha depositato rilievi fotografici dello stato dei luoghi attestanti le condizioni esterne della facciata al momento dell'introduzione del giudizio. I convenuti, inoltre, non solo non hanno negato, ma hanno ammesso l'esecuzione dell'opera in oggetto. Il ctu, nominato in corso di giudizio, ha, poi, accertato che i lavori eseguiti realizzano delle modifiche di una parte dell'edificio che alterano il rapporto originario dei singoli piani o appartamenti come stabilito all'art. 5 comma 2 del Regolamento di Condominio, che i lavori eseguiti con la SCIA che ha ottenuto l'Autorizzazione identificata come Pratica Edilizia N. 55/426 Prot. N. 3297 del (...) disattendono quanto previsto dal Regolamento di Condominio anche relativamente a quanto previsto dall'art. 6 ovvero che "Qualunque sia la natura delle opere da eseguirsi il condomino che vuole intraprenderle sia nell'interesse proprio che nell'interesse dell'intero condominio, deve ottenere la preventiva autorizzazione dell'assemblea, come prescritto dal primo comma dell'art. 1120 del Codice Civile", nonché all'Art. 7 comma d) che prevede che "E' tassativamente vietato ai condomini di fare qualunque modifica od innovazione alle cose comuni ed in genere ogni lavoro e variante che possa in qualunque modo avere attinenza con la struttura organica dell'edificio tanto da poterne menomare la statica, l'igiene o il suo aspetto architettonico sia interno che esterno senza il consenso dell'assemblea che potrà autorizzare l'innovazione o la modifica (anche con limitazioni o norme speciali)". Ha, poi, concluso affermando che di fatto le modifiche apportate dai convenuti all'immobile di loro proprietà consistenti nella chiusura parziale del terrazzo mediante la posa in opera di vetrate scorrevoli sia da considerare un intervento che ha alterato le linee architettoniche del fabbricato modificandone il disegno, nonché l'interazione tra gli elementi architettonici del fabbricato precedentemente assentita e le relazioni tra gli elementi tipologici pregressi. In ordine alle controdeduzioni di parte convenuta il medesimo consulente ha, poi, osservato che tali conclusioni sono confermate anche se, di fatto, si è in presenza di un fabbricato contraddistinto da caratteristiche tipologiche di tipo comune e di non particolare pregio architettonico rispetto al quale dovrebbero essere messe in atto opere di manutenzione volte a migliorare il decoro sia delle sue singole componenti che della globalità del suo aspetto esteriore, ponendosi come una "dissonanza" rispetto al linguaggio architettonico adottato per la realizzazione del fabbricato. Ebbene, quindi, i convenuti devono essere condannati alla immediata rimozione delle vetrate riconducendo la terrazza alla destinazione d'uso originaria. Sono, infatti, prive di pregio le eccezioni sulla CTU, in quanto basata su un completo ed esaustivo esame dei luoghi di causa e sufficientemente motivata. Va, poi, detto che le risultanze della CTU sono corroborate dai rilievi fotografici in atti, in cui è evidente la illegittimità delle opere realizzate. Peraltro, quanto affermato in ordine alla sussistenza dei titoli abilitativi, non appare rilevare ai fini del giudizio. L'eventuale titolo abilitativo inerisce ai rapporti tra Pubblica amministrazione e privato, in quanto quelli tra privato e privato sono regolati da norme diverse, le prime di carattere pubblicistico, le seconde jure privatorum, atteso che illegittimità dell'attività edilizia (verso la P.A.) e illiceità della condotta materiale (verso il proprietario) rispondono a funzioni e struttura ontologica diverse. I titoli abilitativi, infatti, inerendo al rapporto fra P.A. e privato esplicano i loro effetti soltanto sul piano dei rapporti pubblicistici-amministrativi, penali e/o fiscali e non hanno alcuna incidenza nei rapporti fra privati, lasciando impregiudicati i diritti di questi ultimi ove vogliano lamentare violazioni al proprio diritto di proprietà per effetto di opere, ancorché legittime dal punto di vista urbanistico, realizzate da altri condomini o proprietari di fondi finitimi. Per quanto innanzi detto, deve, quindi, accogliersi la domanda attorea e condannarsi i convenuti (...) e (...), alla immediata rimozione delle vetrate e al ripristino dello status quo ante. Quanto, invece, alla presenza nella corte condominiale di una scala con annesso piccolo pianerottolo che insiste su una porzione della corte (Sub) e permette l'accesso all'unità immobiliare individuata catastalmente al Fg (...) Part (...) Sub di proprietà dei Convenuti, il CTU ha ritenuto che la scala oggetto del quesito esiste probabilmente "da sempre" e altrettanto da sempre essa abbia occupato illegittimamente una porzione della corte condominiale, ma che parte convenuta, a seguito di quanto assentito con la SCIA precedentemente richiamata come dichiarato anche verbalmente durante lo svolgimento delle operazioni peritali, ha ulteriormente modificato lo stato dei luoghi, occupando una ulteriore porzione della corte condominiale ((...)) al fine di garantire un accesso più agevole all'unità immobiliare Sub , rendendo però ancora più disagevole la fruizione del percorso lungo la suddetta corte e la porzione di terreno del (...) (corte condominiale) occupata dalla scala che permette l'accesso al locale di proprietà dei Convenuti (attuale Sub) è stata sottratta alla corte condominiale a seguito del mancato rispetto di quanto previsto e graficizzato nell'elaborato rispetto al quale è stata rilasciata la Concessione Edilizia in (...)-1993. Ha, poi, indicato che essa limita di per sé quello che dovrebbe essere il normale utilizzo della corte di proprietà dell'attrice è da considerare non legittimato. Anche tale domanda va, dunque, accolta. Non può poi costituire motivo di rigetto della domanda attorea la dedotta illegittimità dell'opera realizzata dalla stessa attrice sulla base di quanto eccepito da parte convenuta sia in quanto alcuna domanda riconvenzionale sul punto è stata proposta sia in quanto seppur illegittima ciò non determinerebbe il venir meno della legittimità di quanto realizzato da parte convenuta. Quanto, invece, al risarcimento del danno, alcun pregiudizio viene allegato nell'atto di citazione in cui non si fa riferimento neanche ad alcuna richiesta risarcitoria salvo nelle conclusioni dell'atto stesso in cui la parte chiede il risarcimento del danno. Con le memorie ex art. 183 comma VI n. 1 e n 2 c.p.c. nulla viene aggiunto circa l'eventuale pregiudizio economico e l'allegazione del damo subito per effetto delle opere realizzate da parte convenuta. Tale domanda, quindi, è rimasta priva di concreto riscontro probatorio e alcuna non solo prova ma anche allegazione del pregiudizio subito per effetto dell'asserita deminutio al proprio diritto di proprietà è stata offerta dall'attrice. Né può neppure farsi luogo ad una liquidazione equitativa del danno, in quanto quest'ultima presuppone che, a monte, il giudice abbia accertato la sussistenza di un danno: si veda, in particolare, la giurisprudenza di legittimità sul punto, secondo la quale "la liquidazione equitativa del danno, ai sensi dell'art. 1226 c.c., presuppone che il pregiudizio economico del quale la parte reclama il risarcimento, sia certo nella sua esistenza ontologica, mentre se tale certezza non sussiste, il giudice non può procedere alla quantificazione del danno in via equitativa, non sottraendosi tale ipotesi all'applicazione del principio dell'onere della prova quale regola del giudizio, secondo il quale se l'attori non ha fornito la prova del suo diritto in giudizio la sua domanda deve essere rigettata" (Cassazione civile, sez. III, (...), n. 5375, ma si vedano anche Cassazione civile, sez. I, (...), n. 10850; Cassazione civile, sez. II, (...), n. 16202; Cassazione civile, sez. III, (...), n. 3327; Cassazione civile, sez. II, (...), n. 8711). Tale valutazione, infatti, da un lato, è subordinata alla condizione che risulti obiettivamente impossibile, o particolarmente difficile per la parte interessata provare il danno nel suo preciso ammontare, e, dall'altro, presuppone già assolto l'onere della parte di dimostrare sia la sussistenza, sia l'entità materiale del danno (cfr. Cass. civ., sez. II, sent. 18.12002, n.16202; Cass civ., sez. II, sent. 28.62000, n.8795; Cass. civ. sez. III, sent. 25.91998, n. 9588; Cass. civ., sez. III, sent. (...), n. 7262). La parte danneggiata non è esonerata, quindi, dal fornire gli elementi probatori e i dati di fatto dei quali possa ragionevolmente disporre, affinché l'apprezzamento equitativo sia per quanto possibile ricondotto alla sua funzione di colmare solo le lacune insuperabili nell'iter della determinazione dell'equivalente pecuniario del danno stesso e la necessità della prova di un concreto pregiudizio economico sussiste anche nell'ipotesi di danno in re ipsa, in cui la presunzione si riferisce solo all'an debeatur e non anche all'entità del danno ai fini della determinazione quantitativa e della liquidazione dello stesso per equivalente pecuniario (Cass., sez. II, (...), n. 5551). È, quindi, necessario che chi agisce per la liquidazione del danno deduca e dimostri l'esistenza e la misura del pregiudizio effettivamente realizzatosi. L'ipotesi del danno "in re ipsa" appare, infatti, non coerente col sistema di responsabilità aquiliana tracciato dal legislatore del 1942, in cui il danno risarcibile è il c.d. danno conseguenza, ossia il pregiudizio causalmente connesso alla violazione di una situazione giuridica soggettiva ritenuta meritevole di tutela (in tal senso, si veda anche Corte Cost. (...), n. 372, nonché, in materia di danno non patrimoniale, Cass., Sez. Un., (...) nn. 26972-26975 e in materia di danno alla reputazione Cass. (...), n. 21740 e Cass. (...), n. 7211). Inoltre, il rimedio del risarcimento del danno mira, in generale, a garantire il ristoro integrale del pregiudizio sofferto in favore del danneggiato che, quindi, deve dare modo al giudice di valutare la consistenza e l'entità del danno subito. Ebbene, quindi, pur ammettendosi un danno "in re ipsa", difetterebbe nel caso di specie ogni allegazione e prova, anche solo a livello presuntivo, da parte del soggetto danneggiato, del danno sofferto. La domanda deve, quindi, essere rigettata. Le spese della presente procedura -liquidate come da dispositivo sulla base delle disposizioni di cui al decreto n. 54/14 e successive modifiche tenuto conto del valore e della natura e complessità della controversia, del numero e dell'importanza delle questioni trattate, dell'istruttoria svolta- seguono la soccombenza. Infine, le spese di CTU vanno poste definitivamente a carico delle parti convenute. P.Q.M. Il Tribunale di Latina, definitivamente pronunciando in persona della dott.ssa Concetta Serino, ogni ulteriore domanda ed eccezione disattesa, così provvede: - in accoglimento della domanda proposta da (...) condanna (...) e (...) (...) alla rimozione immediata della vetrata dal terrazzo e al ripristino dello status quo ante, nonché, accertata l'illegittima appropriazione di parte della corte condominiale di cui al fg. (...) p.lla (...) 169 sub. da parte dei convenuti, condanna gli stessi alla restituzione della parte di corte occupata e alla riduzione in pristino stato dei luoghi, - rigetta la domanda di risarcimento del danno proposta da parte attrice, - condanna (...) e (...) al pagamento delle spese del presente giudizio in favore di parte attrice che liquida in Euro 291,00 per spese, Euro 900,00 per la fase di studio, Euro 750,00 per la fase introduttiva, Euro 1.600,00 per la fase istruttoria e Euro 1.700,00 per la fase decisoria, oltre a iva, spese generali e c.p.a., - pone le spese di entrambe le CTU definitivamente a carico dei convenuti. Latina, (...)

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE CIVILE DI LATINA I SEZ. CIVILE in composizione monocratica, in persona della dott.ssa (...) ha emesso la seguente SENTENZA nella causa civile iscritta al numero 6417 del ruolo generale degli affari contenziosi dell'anno 2021, posta in deliberazione all'udienza del 21.11.2023, TRA (...) S.R.L., in persona del l.r.p.t., rappresentata e difesa, giusta procura in margine all'atto di citazione, dall'avv. (...) ed elettivamente domiciliat (...)(...) alla via G. B. Vico n. 45, PARTE ATTRICE E (...) PARTE CONVENUTA CONTUMACE E (...) S.P.A. rappresentata e difesa, giusta procura in allegato alla comparsa di costituzione e risposta, dall'avv. (...) ed elettivamente domiciliat (...)(...) Via di (...) del (...) n. 286, PARTE CONVENUTA (...) E (...) Con atto di citazione ritualmente notificato, (...) s.r.l. conveniva in giudizio, dinanzi all'intestato Tribunale, le società in epigrafe indicate al fine di sentire e, in via principale e, nel merito, dichiarare la responsabilità delle stesse in ordine ai vizi di fornitura. Asseriva, infatti, di operare nel settore della riparazione, della vendita e del noleggio di autovetture e di aver, per ragioni commerciali, investito una ingente somma nella creazione di un nuovo punto vendita e riparazione veicoli in agro di (...) e di aver commissionato alla società (...) srl la fornitura e posa in opera di sistemi di chiusura (3 serrande avvolgibili e 1 porta avvolgibile), confidando che fossero a marchio (...) come emergeva dal contratto sottoscritto. Asseriva che, effettuate le installazioni, i beni, poi risultati non prodotti da (...) ad eccezione dell'avvolgibile (...) nonostante questo elemento fosse stato essenziale a contrarre, avevano da subito mostrato gravi difetti e la mancanza di velette di finitura esterne, oltre la rottura di una guarnizione e la mancanza totale di certificazione. Ancora, esponeva che nel mese di settembre 2019 la società (...) incaricava i suoi dipendenti di effettuare il montaggio delle velette mancanti e l'installazione della guarnizione mancante e le regolazioni sui fine corsa dei motori, andando a peggiorare ulteriormente la risalita delle stesse. Asseriva che la serranda posta all'entrata della area (...) si era totalmente inclinata e non si apriva più, che la serranda posta all'ingresso (area accettazione) manifestava degli evidenti tagli alle doghe causate dalla staffa di sostegno motore e che con le piogge la serranda posta (area show room) si inondava di acqua (nelle doghe esterne) e quando veniva alzata scaricava l'acqua all'interno dell'autosalone. Infine, allegava di aver esperito atp che aveva riconosciuto l'esistenza dei vizi indicati. Evidenziava che le condotte in oggetto giustificavano in primis la risoluzione della fornitura effettuata per carenza delle qualità promesse inerenti alla produzione da parte di (...) nonché per la totale inadeguatezza all'uso contrattualmente previsto, con le ovvie condanne alla restituzione delle somme versate. Concludeva chiedendo, infatti, l'accoglimento delle seguenti conclusioni: "in via principale in accoglimento della domanda attorea accertare e dichiarare risolto la fornitura per cui è causa per la carenza dei requisiti contrattuali e per la inidoneità dei beni alla loro funzione in via subordinata condannare i convenuti con il vincolo della solidarietà alla restituzione della somma stabilita nella (...) In ogni caso condannare i convenuti, in solido tra loro al risarcimento dei danni patiti dalla società attorea per il ritardo nell'apertura della sede di (...) per la perdita di clientela, per le spese di gestione dei costi finanziari non coperti a causa dei mancati introiti e per il danno all'immagine commerciale, salvo miglior precisazione nei termini processuali e(...) art 183 VI cpc. Con vittoria di spese, competenze ed onorari di causa.". Si costituiva (...) s.r.l., la quale concludeva in tale senso: "(...) l'(...)mo giudice adito, contrariis reiectis, preliminarmente dichiarare improcedibile il presente giudizio per non esser stata esperita la negoziazione obbligatoria prevista dalla legge; nel merito rigettare le domande dall'attrice rivolte sia in via principale che subordinata nei confronti della convenuta (...) poiché infondate in fatto e diritto. Con vittoria di spese di lite nella misura stabilita dai vigenti parametri di legge". Istruita la causa mediante acquisizione della documentazione prodotta dalle parti e prova testimoniale, acquisito il fascicolo di (...) all'udienza del 21.11.2023, le parti precisavano con note scritte le rispettive conclusioni e venivano concessi i termini per il deposito di comparse conclusionali e di memorie di replica. Premesso ciò, occorre, ora, qualificare il contratto intercorso tra le parti, inquadrato nella disciplina della vendita di beni mobili. In punto di diritto, il Tribunale rileva, come affermato dalla Corte di Cassazione a (...) (Cassazione civile, sez. un., 30 ottobre 2001, n. 13533) che "in tema di prova dell'inadempimento di un'obbligazione, il creditore che agisca per la risoluzione contrattuale, per il risarcimento del danno ovvero per l'adempimento -salvo che si tratti di obbligazioni negative deve soltanto provare la fonte (negoziale o legale) del suo diritto ed il relativo termine di scadenza, limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell'inadempimento della controparte, mentre il debitore parte convenuta è gravato dall'onere della prova del fatto estintivo dell'altrui pretesa, costituito dall'avvenuto adempimento". A ciò aggiungasi come, nel caso di specie, la disciplina generale in tema di vizi ponga a carico del compratore l'onere di provare la loro esistenza, le eventuali conseguenze dannose, nonché il nesso causale fra i primi e le seconde, mentre la prova liberatoria della mancanza di colpa, incombente sul venditore, opera solo quando la controparte dimostri preventivamente l'effettiva sussistenza della sua denunciata inadempienza (cfr. Cassazione civile, sez. II, 12 giugno 2007, n. 13695, ma si veda, altresì, nella giurisprudenza di merito, Tribunale Monza, 10 gennaio 2005; cfr. Cassazione civile, sez. II, 10 settembre 1998, n. 8963; Cassazione civile, 11 agosto 1990, n. 8194; Cass. 5 agosto 1985, n. 4388; Cassazione civile, sez. II, 15 marzo 2004, n. 5250; Cassazione civile, sez. II, 05 agosto 1985, n. 4388). La disciplina dell'onere della prova, infatti, assume un rilievo particolare nell'ambito dell'inadempimento delle obbligazioni contrattuali, ove il (...) civile (art. 1218 c.c.) introduce una presunzione "semplificante", in deroga alla regola generale dell'art. 2697 c.c., accollando al debitore, che non abbia eseguito esattamente la prestazione dovuta, l'onere di provare che l'inadempimento o il ritardo siano stati provocati da impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile salvo, ovviamente, provare fatti estintivi, modificativi o impeditivi dell'altrui pretesa. Applicando i principi in materia di distribuzione dell'onere probatorio di cui sopra al caso sottoposto all'attenzione del Tribunale, il rapporto negoziale intercorso con parte convenuta è provato e, comunque, non contestato. Se si esamina, infatti, il contento dell'atto di costituzione di parte convenuta, alcuna eccezione è stata posta circa rapporto intercorso. Quanto alla allegazione dei vizi, nel caso di specie, parte attrice ha specificamente indicato gli stessi, nonché il nesso causale e gli inconvenienti provocati per loro effetto. Di contro, parte convenuta, gravata dell'onere della prova circa l'esatto adempimento, nulla ha provato né allegato. Inoltre, i testi escussi su richiesta di parte attrice hanno confermato tutte le circostanze di cui ai capi di prova formulati, ovvero la sussistenza dei vizi indicati. Anche il consulente tecnico nominato in sede di ATP che ha redatto la perizia ha, poi, accertato la loro sussistenza. Lo stesso, infatti, riscontrava un mal funzionamento della serranda di accesso all'area carrozzeria e del meccanismo di apertura e chiusura della stessa e che sia in completa apertura che chiusura della serranda, il motore continuava a lavorare in modo irregolare ovvero non si arrestava, andando sotto sforzo sino a che lo stesso non entrava in blocco e, inoltre, un decentramento della serranda rispetto all'asse verticale. Esponeva, inoltre, che gli elementi snodati (...) che componevano la serranda erano realizzati in lamiera metallica con profili non a tenuta e che, al sopralluogo, con serranda posizionata in completa chiusura, era stata eseguita una prova di "allagamento" mediante una pompa da giardino che, con il suo getto d'acqua indirizzato verso la parete soprastante la serranda, simulava il classico fenomeno meteorologico della precipitazione e dopo aver smesso di erogare acqua, azionato il motore per la fase di apertura della serranda, questa, avvolgendosi attorno al rullo, riversava in terra l'acqua, evidentemente accumulata durante il breve tempo d'esposizione ai getti, per cui riteneva le doghe non adeguate per una serranda installata sulla parete esterna di un edificio la quale, soggetta alle intemperie, accumulava acqua riversandola in terra ogni qual volta veniva azionato il comando di apertura. Lo stesso vizio veniva riscontrato per l'altra serranda di accesso all'autosalone. Quanto, invece, alla serranda di accesso all'area accettazione, il ctu riscontrava l'esistenza di evidenti solchi/lesioni sulle prime doghe della serranda, a partire dalla sommità, generate dall'urto che le stesse avevano con alcune parti meccaniche del motore e/o con alcuni suoi elementi di fissaggio, durante la fase di avvolgimento attorno al rullo. Quanto, infine, alla serranda di accesso alla carrozzeria, in relazione alle fasi di apertura e chiusura della porta riscontrava malfunzionamenti: il telo nella fase di chiusura e quindi di discesa era ostacolato dalle lamiere che componevano le guide laterali: queste, non avendo un invito, non permettevano un normale scivolamento del telo su di esse generando un brusco impatto e, inoltre, le fasi di apertura e chiusura avvenivano in modo troppo repentino a causa di un'errata registrazione della velocità di avvolgimento del motore. Stimava, infine, i costi necessari per il ripristino a regola d'arte dei beni oggetto di causa, in percentuale sui costi posti a base dell'ordine d'acquisto in Euro 5.230,00. A fronte delle risultanze della (...) parte convenuta non si costituiva. Ciò posto, ritenendosi il titolo negoziale provato, avendo, parte attrice, allegato l'inadempimento di parte convenuta all'obbligazione contrattuale, è stata disposta ed espletata ctu in sede di ATP che ha accertato l'esistenza dei vizi lamentati. Il consulente ha, infatti, riscontrato i vizi indicati. All'uopo si rileva che i risultati della consulenza sono condivisi da questo Giudice, in quanto basati su una accurata analisi tecnica e completa disamina dei vizi denunciati da parte attrice. La domanda di parte attrice, tuttavia, di risoluzione non può essere accolta. I vizi, infatti, non solo tali da inficiare del tutto la funzionalità dei beni oggetto di fornitura e da rendere essi del tutto inidonei all'uso cui sono destinati o a diminuirne in modo apprezzabile il valore. Peraltro, non è neppure stato provato che fosse circostanza determinante ai fini della conclusione del contratto che il marchio delle porte doveva essere (...) visto che nell'ordine viene riportato il marchio della società in alto prima dell'indicazione della contraente (...) ma alcun altro riferimento vi è nell'ordine stesso a tale marchio. Il CTU ha, infatti, indicato i costi necessari per l'eliminazione dei vizi. Va, dunque, rigettata l'azione di risoluzione e accolta quella di risarcimento per l'eliminazione dei vizi, richiesta in via subordinata da parte attrice. La convenuta società (...) srl va, quindi, condannata al pagamento del risarcimento del danno in favore di parte attrice nella misura suindicata di Euro 5.230,00. Alle somme spettanti a titolo di risarcimento del danno all'attrice va ad aggiungersi l'ulteriore importo quale ristoro del danno da lucro cessante conseguente alla mancata disponibilità dell'equivalente monetario del danno per il periodo intercorso dalla data dell'illecito fino alla presente decisione. Tale voce di danno viene liquidata equitativamente (Cass. sez. un. n. 1712/1995) in Euro 600,00 utilizzando come base di calcolo il valore del danno-capitale al tempo del fatto illecito (ricavato in base all'indice medio (...) del costo della vita dell'anno 2019) e, quindi, rivalutato anno per anno; su tale importo si è applicato, in assenza di elementi che consentano di presumere un impiego maggiormente remunerativo della somma, il tasso di interesse del 2%, corrispondente al rendimento medio degli interessi sui titoli di Stato (Bot e (...) nel periodo di riferimento suindicato. Spetta, quindi, all'attrice la somma di Euro 5.830,00, oltre a interessi nella misura legale dalla pubblicazione della sentenza al saldo. In ordine alla domanda nei confronti della società convenuta costituita, in ordine alla domanda di risoluzione del contratto, sottoscritto con la società convenuta contumace, alcuna legittimazione passiva sussiste, non essendo parte contrattuale. Risulta, infatti, che il rapporto di compravendita è intercorso direttamente tra l'attore e la (...) con la conseguenza che alcun rapporto è intercorso tra l'attrice e (...) industriali S.P.A. Inoltre, va osservato che come dalla stessa parte attrice allegato, le tre serrande a saracinesca non sono di marca (...) ma soltanto la porta ad avvolgimento rapido modello "saetta", per cui il CTU ha rilevato solo l'esistenza di difetti inerenti il montaggio e l'installazione, dei quali non può rispondere la stessa. Non sussiste, quindi, alcun difetto di costruzione o un vizio di malfunzionamento, ma il vizio è inerente esclusivamente operazione di montaggio della porta o a successiva regolazione. Quanto, invece, al risarcimento del danno all'attività professionale esercitata da parte attrice, va detto che alcuno specifico danno è stato provato dalla parte e alcun parametro è stato offerto all'autorità giudiziaria al fine di liquidare equitativamente lo stesso. La parte, infatti, avrebbe dovuto allegare e provare i mancati guadagni per effetto dell'impossibilità di utilizzare il negozio a causa dei vizi denunciati. Né è possibile liquidare equitativamente il danno. La liquidazione equitativa del danno, infatti, presuppone che, a monte, il giudice abbia accertato la sussistenza di un danno: si veda, in particolare, la giurisprudenza di legittimità sul punto, secondo la quale "la liquidazione equitativa del danno, ai sensi dell'art. 1226 c.c., presuppone che il pregiudizio economico del quale la parte reclama il risarcimento, sia certo nella sua esistenza ontologica, mentre se tale certezza non sussiste, il giudice non può procedere alla quantificazione del danno in via equitativa, non sottraendosi tale ipotesi all'applicazione del principio dell'onere della prova quale regola del giudizio, secondo il quale se l'attore non ha fornito la prova del suo diritto in giudizio la sua domanda deve essere rigettata" (Cassazione civile, sez. III, 5 aprile 2003, n. 5375, ma si vedano anche Cassazione civile, sez. I, 10 luglio 2003, n. 10850; Cassazione civile, sez. II, 18 novembre 2002, n. 16202; Cassazione civile, sez. III, 7 marzo 2002, n. 3327; Cassazione civile, sez. II, 8 settembre 1997, n. 8711). Tale valutazione, infatti, da un lato, è subordinata alla condizione che risulti obiettivamente impossibile, o particolarmente difficile per la parte interessata provare il danno nel suo preciso ammontare, e, dall'altro, presuppone già assolto l'onere della parte di dimostrare sia la sussistenza, sia l'entità materiale del danno (cfr. Cass. civ., sez. II, sent. 18.12002, n.16202; Cass civ., sez. II, sent. 28.62000, n.8795; Cass. civ. sez. III, sent. 25.91998, n. 9588; Cass. civ., sez. III, sent. 2.7.1991, n. 7262). Deve, peraltro, sottolinearsi come, nel periodo indicato da parte attrice, era un corso l'epidemia da (...) 19, per cui il negozio, stante la sospensione delle attività imprenditoriali e industriali, a prescindere dall'errato montaggio o dalla qualità delle serrante, difficilmente avrebbe potuto iniziare, in quel periodo, a produrre ricavato. Né è provato il nesso causale, ovvero il fatto che esso non ha potuto essere attivo per effetto del difetto degli avvolgibili. La domanda risarcitoria, quindi, non può essere accolta. La condanna alle spese -liquidate come da dispositivo sulla base delle disposizioni di cui al d.m. 55/14 e successive modificheè effettuata tenendo conto del valore e della natura e complessità della controversia, del numero e dell'importanza delle questioni trattate, dell'istruttoria svolta e della fase di (...) segue la soccombenza. Devono essere poste a carico di parte convenuta le spese di ctu come liquidate con separato provvedimento in sede di (...) P.Q.M. Il Tribunale di Latina definitivamente pronunciando in persona della dott.ssa (...) ogni ulteriore domanda ed eccezione disattesa, così provvede: - rigetta la domanda attorea di risoluzione del contratto, - rigetta le domande attoree nei confronti di (...) S.p.A. - in accoglimento della domanda proposta da (...) s.r.l., condanna (...) srl al pagamento, in suo favore, della somma di euro 5.630,00 a titolo di risarcimento danni, oltre iva se dovuta per legge e interessi dalla pubblicazione della sentenza al saldo, - rigetta le ulteriori richieste risarcitorie, - condanna (...) srl al pagamento, in favore di (...) s.r.l., delle spese del presente giudizio che liquida in Euro 900,00 per la fase di studio, Euro 800,00 per la fase introduttiva, Euro 1.500,00 per la fase istruttoria e Euro 1.500,00 per la fase decisoria, oltre a iva, spese generali e c.p.a., - condanna parte attrice (...) s.r.l. al pagamento, in favore di (...) spa, delle spese del presente giudizio che liquida in Euro 800,00 per la fase di studio, Euro 600,00 per la fase introduttiva, Euro 1.000,00 per la fase istruttoria e Euro 1.500,00 per la fase decisoria, oltre a iva, spese generali e c.p.a., - rigetta per il resto, - pone le spese di CTU come liquidate in corso di atp definitivamente a carico di parte convenuta (...) srl.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE CIVILE DI LATINA in composizione monocratica, in persona della dott.ssa (...) ha emesso la seguente SENTENZA nella causa civile iscritta al numero 275 del ruolo generale degli affari contenziosi dell'anno 2022, trattenuta in decisione all'udienza del 21.11.2023 e vertente TRA (...) S.R.L., in persona del legale rapp.te pro-tempore, rappresentata e difesa, giusta procura in atti, dall'Avv. (...) ed elettivamente domiciliata presso l'indirizzo di posta elettronica (...), PARTE ATTRICE E (...) S.p.A., in persona del legale rapp.te pro-tempore, rappresentata e difesa, giusta procura in calce alla comparsa di costituzione e risposta, dall'avv. (...) ed elettivamente domiciliat (...)(...) n. 36, PARTE CONVENUTA MOTIVI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE Con atto di citazione ritualmente notificato, parte attrice (...) S.R.L. instaurava il presente giudizio evocando la (...) S.p.a., al fine di vedersi riconosciuto il pagamento dell'indennizzo dovuto in virtù della polizza (...) ed (...) n. (...) , specifica per i danni riscontrati e causati a terzi dalle apparecchiature elettroniche, tra cui quelle oggetto di giudizio, che avevano subito un guasto. Rappresentava di svolgere attività di cinema e teatro nell'immobile condotto in locazione, sito in (...) in (...) n. 14, che in data (...) acquistava dalla (...) di (...) con sede (...)(...) 7 una fornitura di materiale per lo svolgimento dell'attività cinematografica ed, in particolare, per la proiezione dei film al pubblico, come da fattura del 16.01.2015 per la somma totale di Euro 121.227,74. Assumeva che durante la stagione autunnale 2020 e, precisamente, nel corso della serata di sabato 24.10.2020 si presentava un malfunzionamento del sistema e che si tentava senza esito di riavviare il proiettore (...) mentre il server (...) non rispondeva compiutamente ai comandi e che il (...) di (...) autorizzata (...) di (...) effettuava le dovute verifiche ed emergeva che "dall'esame del proiettore sono stati riscontrati diversi guasti sui seguenti componenti tutti da sostituire: (...) della macchina, (...) (...) (Integrated Cinema Processor) e (...) ((...)" e che "il guasto dei vari componenti è derivato dal malfunzionamento del circuito di alimentazione interno alla macchina". Esponeva che il (...) di (...) S.r.l. in data (...) emetteva fattura n. (...) di Euro 53.741,00 e, visto l'ingente importo, chiedeva l'integrale pagamento anticipato a fronte del costo dei ricambi e delle riparazioni necessarie da effettuare e che, nelle more, procedeva a far riparare soltanto il server (...) sostenendo le relative spese per l'importo di Euro 1.720,20 IVA compresa, mentre era rimasta in sospeso la riparazione del (...) digitale (...) s/n (...). Concludeva, quindi, in tali termini: "(...) l'(...)mo Tribunale adito, in accoglimento integrale della domanda attrice ed ogni altra contraria domanda, istanza o eccezione disattesa, a) accertare e dichiarare che in data (...) le apparecchiature elettroniche sono state oggetto di danni derivati da malfunzionamento del circuito interno di alimentazione interno alla macchina; b) conseguentemente accertare e dichiarare l'operatività della polizza assicurativa (...) ed (...) n. (...) (in sostituzione della (...)) e la piena copertura del rischio ed evento descritto in narrativa; c) per l'effetto, condannare la (...) S.p.A. all'indennizzo in favore dell'attrice di tutti i danni materiali, subiti e subendi dalla stessa e/o delle spese di riparazione, versate e/o versande e necessarie per il ripristino dei danni occorsi, derivanti dal sinistro in oggetto, e quindi al pagamento in favore della attrice della complessiva somma di Euro 44.050,00 (somma come da fattura esclusa iva) o della maggiore o minore somma che si riterrà di giustizia e/o determinata in corso di causa. In ogni caso oltre interessi e rivalutazione monetaria come per legge. Con vittoria di spese, competenze ed onorari di causa, oltre al rimborso forfettario per spese generali, ed accessori come per legge". Si costituiva tempestivamente la (...) s.p.a., chiedendo il rigetto delle avverse pretese, in quanto infondate in fatto e in diritto. Contestava l'inoperatività della polizza fatta valere, in quanto per polizza era indicato "(...) (...) INT. (NAT. abbreviazione di "natura", mentre (...) abbreviazione di "interna"), per cui era da escludersi l'evento lamentato da parte attrice, dovuto a guasto interno. Chiedeva, quindi, "(...) l'(...)mo Tribunale contrariis reiectis, così giudicare, secondo la seguente gradazione: Nel merito: In via principale 1) (...) e dichiarare ai sensi del (...) (...) n. (...) e dell'(...) E (...) (n. (...) nonché da quanto fissato e dettato dall'(...) 18 - Determinazione del danno del fascicolo informativo del contratto di assicurazione (...) E (...) modello 5015-ed 01.06.2014 che la domanda per l'ottenimento dell'indennizzo di cui è causa è infondata sia in fatto che in diritto e per quanto dedotto in narrativa del presente atto e comunque priva del benché minimo riscontro probatorio non essendo le parti danneggiate assicurate dal contratto di assicurazione, per quanto pattuito in polizza, nonché temeraria e per l'effetto; 2) condannare la società attrice alle di spese, diritti ed onorari del presente giudizio; In via subordinata (...) denegata ipotesi in cui respinte tutte le eccezioni e le ragioni che precedono la domanda attrice dovesse trovare anche parziale accoglimento alle condizioni della predetta polizza e successiva integrazione, determinare e liquidare l'indennizzo che verrà riconosciuto, in conformità a rigorose e concludenti prove, sia in ordine alla effettiva natura del danno rimborsabile in relazione alla sua diretta riferibilità alle previsioni pattizie di cui alla polizza n. (...) e sua integrazione, nel rispetto delle condizioni generali e particolari, esclusioni, limiti, massimali e franchigie espressamente previste dalla (...) n. (...) e dell' (...) E (...) (n. (...) nonché da quanto fissato e dettato dagli articoli ed in particolare dell'(...) 18 - Determinazione del danno del fascicolo informativo del contratto di assicurazione (...) E (...) modello 5015-ed 01.06.2014 tutte in atti". Su richiesta delle parti venivano concessi i termini di cui all'art. 183, co. VI c.p.c. e la causa veniva istruita con prova documentale e, infine, ritenuta la controversia matura per la decisione senza necessità di ulteriori adempimenti istruttori, rinviata per la precisazione delle conclusioni e, all'udienza del 21/11/2023, assunta in decisione con concessione dei termini di cui all'art. 190 c.p.c. per il deposito di comparse conclusionali e memorie di replica. In preliminare, va chiarito che, vertendo la presente controversia in tema di inadempimento contrattuale, trova applicazione l'orientamento giurisprudenziale cristallizzato nel noto intervento delle sezioni unite della Corte di Cassazione (Cassazione civile, sez. un., 30 ottobre 2001, n. 13533), che ha risolto un contrasto in materia di inadempimento di obbligazioni e relativo onere probatorio (si vedano, a favore dell'orientamento poi ripreso dalle (...) Cassazione civile, sez. III, 23 maggio 2001, n. 7027; Cassazione civile, sez. I, 15 ottobre 1999, n. 11629; Cassazione civile, sez. II, 5 dicembre 1994, n. 10446), per cui, in tema di prova dell'inadempimento di un'obbligazione, colui che agisca per la risoluzione contrattuale, per il risarcimento del danno ovvero per l'adempimento - salvo che si tratti di obbligazioni negative - deve soltanto provare la fonte (negoziale o legale) del suo diritto ed il relativo termine di scadenza, limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell'inadempimento della controparte, mentre il debitore convenuto è gravato dall'onere della prova del fatto estintivo dell'altrui pretesa, costituito dall'avvenuto adempimento. In particolare, in tema di assicurazione contro i danni, il fatto costitutivo del diritto dell'assicurato all'indennizzo consiste in un danno verificatosi in dipendenza di un rischio assicurato e nell'ambito spaziale e temporale in cui la garanzia opera, con la conseguenza che, ai sensi dell'art. 2697 c.c., spetta all'assicurato-danneggiato dimostrare che si è verificato un evento coperto dalla garanzia assicurativa e che esso ha causato il danno di cui reclama il ristoro (cfr. Cass., III, 02/04/2021, n.9205; I, 14/06/2018, n.15630; III, 21/12/2017 n.(...); 8/1/1987, n. 17; 4/3/1978, n. 1081). È, dunque, onere dell'attore provare che il rischio avveratosi rientri nei "rischi inclusi" ovvero nella categoria generale di rischi oggetto di copertura assicurativa (cfr. Cass., III, 23/01/2018 n.1558; Id., n. 7749/2020; Id., 17/5/1997, n. 4426). Ciò premesso, parte attrice ha fornito prova della polizza assicurativa sottoscritta con la società convenuta. Del resto, la sussistenza del contratto assicurativo non è oggetto di contestazione di parte convenuta. Invero, la (...) non contesta neppure l'evento verificatosi durante la vigenza della richiamata polizza, ma l'inoperatività della garanzia. (...) è infondata. Il termine "nat int" è, infatti, una dicitura non chiara e non si comprende a cosa si riferisca, per cui non può attribuirsi ad essa il significato indicato da parte convenuta. Di contro, l'esclusione da essa eccepita non è richiamata in alcuna condizione di polizza, né tantomeno nella nota informativa. (...), ai sensi dell'art. 1370 c.c., in caso di dubbio interpretativo, deve prevalere il significato più favorevole a chi non ha predisposto una clausola. Peraltro, il (...) delle assicurazioni private (D.Lgs. 209/05), prevede, come principio generale, che i contratti e i moduli predisposti dall'assicuratore vadano redatti in modo chiaro ed esauriente (art. 166, co. 1, D.Lgs. 209/05) e l'art. 166, co. 2) stabilisce l'obbligo di utilizzare caratteri di particolare evidenza per le clausole che prevedono decadenze, nullità o esclusioni. Ne deriva che l'indicazione "nat int" non può assumere significato univoco, con la conseguenza che l'incertezza non può penalizzare l'assicurato. Tanto detto, nella sezione delle integrazioni e/o modifiche ai contenuti di (...) le parti hanno specificatamente indicato tra gli impianti ed apparecchiature elettroniche assicurate: un proiettore cinematografico (...), anno di fabbricazione 2014, somma assicurata Euro 52.540; un raddrizzatore (...), anno di fabbricazione 2014, somma assicurata Euro 9.500,00; un server per proiezioni cinema (...) (...), anno di fabbricazione 2014 somma assicurata Euro 12.000,00, con una franchigia di Euro 250,00. Il perito incaricato dalla (...) assicurativa, (...) precisa la valutazione del danno, ex art. 18 delle condizioni di assicurazione, in Euro 42.360,00, assolutamente in linea con la richiesta della società attrice, pari ad Euro 44.050,00. (...), lo stesso (...) di (...) in data (...) emetteva fattura n. (...) di Euro 53.741,00 (Euro 44.050,00 per imponibile ed Euro 9.691,00 per iva al 22%). La domanda attorea va, dunque, accolta. Configurando il debito da indennizzo dell'assicuratore (peraltro, ancorché convenzionalmente convenuto nella sua espressione monetaria) un debito di valore e non di valuta, assolvendo la funzione reintegrativa della perdita subita dal patrimonio dell'assicurato (cfr., sul punto, Cassazione civile , sez. III, 12 novembre 1994, n. 9549), alla somma così determinata va poi aggiunto il lucro cessante, consistente nel pregiudizio subito dal danneggiato per la ritardata corresponsione dell'importo dovuto a titolo risarcitorio, derivante al danneggiato per la perdita dei frutti che avrebbe potuto trarre dalla somma dovuta se questa fosse stata tempestivamente corrisposta. La quantificazione del danno anzidetto può, ad avviso di questo Giudice, essere operata, alla stregua dell'autorevole insegnamento delle sezioni unite della Suprema Corte (cfr. diffusamente, sent. 17 febbraio 1995 n. 1712), mediante l'attribuzione degli interessi, ma escludendosi di poter assumere a base del calcolo la somma liquidata come capitale nella misura rivalutata definitivamente al momento della pronuncia. (...) valutazione equitativa del danno, questo giudicante ritiene, pertanto, di dover assumere a base del calcolo degli interessi il capitale nel suo valore medio (...) tra la data del fatto e quella della presente pronuncia, tenendo conto degli indici medi di svalutazione del periodo, pubblicati dall'(...) Sulla somma così ottenuta devono applicarsi gli interessi medi dal giugno 2020, anno di verificazione dell'evento danno, sino all'attualità, quantificabili nella misura del 2,0% per ciascun anno. Tale somma va, quindi, sulla base dei parametri suddetti, quantificata in Euro 2.500,00. Spetta, in definitiva, a parte attrice l'importo complessivo di Euro 44.860,00. Dalla pronuncia della sentenza, con la trasformazione dell'obbligazione di valore in debito di valuta, sono dovuti, ex art. 1282 c.c., sulla somma complessivamente liquidata, gli ulteriori interessi al saggio legale (cfr. in tal senso, Cassazione civile, sez. III, 3 dicembre 1999, n. 13463 e Cassazione civile, sez. III, 21 aprile 1998, n. 4030). Le spese seguono la soccombenza e sono poste a carico della parte convenuta. P.Q.M. Il Tribunale di Latina in composizione monocratica, definitivamente pronunciando in persona della dott.ssa (...) così provvede: - In accoglimento delle domande formulate da (...) S.R.L., accerta e dichiara l'operatività della polizza assicurativa (...) ed (...) n. (...) (in sostituzione della (...)) e la piena copertura del rischio ed evento descritto in narrativa e, per l'effetto, condanna la (...) S.p.A. all'indennizzo in favore dell'attrice di tutti i danni materiali, subiti derivanti dal sinistro per cui è causa e, quindi al pagamento in favore della attrice della complessiva somma di Euro 44.860,00, oltre interessi legali dalla presente pronuncia al saldo, - condanna la convenuta (...) S.p.a., al pagamento delle spese del presente giudizio, che liquida in Euro 545,00 per spese, Euro 1.700,00 per la fase di studio, Euro 1.100,00 per la fase introduttiva, Euro 1.500,00 per la fase istruttoria e Euro 2.000,00 per la fase decisoria, oltre a iva, spese generali e c.p.a. (...) 15/02/2024

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