Sentenze recenti Tribunale Latina

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  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE DI LATINA SEZIONE SECONDA In composizione monocratica in persona del giudice designato Dr. Alfonso Piccialli, ha emesso la seguente SENTENZA nella causa di secondo grado iscritta al n. 4022 del ruolo generale per gli affari contenziosi dell'anno 2020 riservata a sentenza con i termini di cui all'art. 190 c.p.c. all'udienza di precisazione delle conclusioni del giorno 14.02.2023 e vertente TRA - Attore (...), rappresentata e difesa dall'avv. Pi.Ce., giusta delega in atti; E - Convenuto Condominio Via (...) n. 3., rappresentato e difeso dall'avv. An.Fi., giusta delega in atti OGGETTO: appello sent. 372/2020 emessa dal GDP di Latina. MOTIVI DELLA DECISIONE L'appello è infondato e non merita accoglimento. Il thema decidendum del presente giudizio ha ad oggetto l'appello avverso la sentenza del Giudice di Pace in epigrafe, che aveva rigettato l'opposizione avverso il decreto ingiuntivo n. 190/2017 emanato dal GdP di Latina in favore del Condominio convenuto, odierno appellato, con il quale era stato ingiunto alla sig.ra (...) il pagamento della somma pari ad Euro 2902,66 oltre interessi legali, spese e competenze a fronte del mancato pagamento di oneri condominiali (manutenzione lastrico solare di proprietà esclusiva dell'odierna appellante), provvedimento monitorio emanato in base alla delibera assembleare del 7.01.2015 di approvazione delle Tabelle Millesimali relative al riparto spese condominiali. L'appellante deduce l'erroneità della sentenza appellata per aver, il giudice di prime cure, ritenuto assolto da parte del Condominio l'onere probatorio in merito al credito di cui alla pretesa monitoria, nonostante la relativa spesa non fosse stata oggetto di approvazione e riparto da parte dell'assemblea,in violazione dell'art 63 disp. att. c.c. Rappresentava la (...) in ogni caso, nel merito, l'illegittimità della delibera atteso che il lastrico solare non era suo in uso esclusivo, non avendo altri immobili all'interno dello Stabile condominiale, sicché sarebbe stata più opportuna l'applicazione per il riparto spese della Tabella Millesimi Generali piuttosto che quella prevista per il lastrico solare. Si costituiva il Condominio opposto resistendo all'appello e chiedendo la conferma della sentenza appellata.. La causa è stata istruita mediante allegazione delle produzioni documentali ed all'udienza del 14.02.2023 è stata trattenuta in decisione. Va premesso che la presente decisione viene assunta sulla base del principio della "ragione più liquida" che consente, nell'ambito delle domande ed eccezioni di merito proposte, per ragioni di economia processuale, di non rispettare l'ordine logico-giuridico delle questioni da trattare, qualora una di esse si presenti di pronta soluzione ed abbia carattere assorbente. Nella fattispecie, va rigettato il motivo di appello relativo all'omesso accoglimento del motivo di opposizione a decreto ingiuntivo, con il quale è stata dedotta l'improcedibilità della domanda monitoria per carenza di liquidità ed esigibilità del credito, per effetto dell'omessa approvazione del riparto della spese condominiale relativa al rifacimento del lastrico solare, in ragione dell'omessa allegazione della relativa delibera assembleare di approvazione spesa. Sul punto, per costante giurisprudenza, in tema di riscossione degli oneri condominiali, non costituisce motivo di revoca dell'ingiunzione, ottenuta sulla base della delibera di approvazione di una spesa, la mancata approvazione del relativo stato di riparto, atteso che le spese deliberate dall'assemblea si ripartiscono tra i condomini secondo le tabelle millesimali, ai sensi dell'art. 1123 c.c., cosicché ricorrono le condizioni di liquidità ed esigibilità del credito che consentono al condominio di richiederne il pagamento con procedura monitoria nei confronti del singolo condomino (Cass. n. 4672/2017). In particolare, L'ART 63 DISP ATT COD CIV CONDIZIONA LA POSSIBILITA DELL' AMMINISTRATORE DEL CONDOMINIO DI OTTENERE INGIUNZIONE IMMEDIATAMENTE ESECUTIVA,PER IL PAGAMENTO DEI CONTRIBUTI DOVUTI DAI PARTECIPANTI, ALL'ESISTENZA DI UNO STATO DI RIPARTIZIONE RITUALMENTE APPROVATO DALL'ASSEMBLEA, MA NON OSTA A CHE L'AMMINISTRATORE MEDESIMO, IN DIFETTO DI DETTA CONDIZIONE, POSSA RICHIEDERE ED OTTENERE DECRETO INGIUNTIVO NON IMMEDIATAMENTE ESECUTIVO, PER IL PAGAMENTO DI QUEI CONTRIBUTI. (V 993/67, MASS N 327285; (V 2035/64, MASS N 302941). Ciò in quanto il diritto di credito del condominio alla corresponsione delle quote di spesa per il godimento delle cose e dei servizi comuni non sorge con la delibera assembleare che ne approva il riparto, ma inerisce alla gestione dei beni e servizi comuni, sicché l'eventuale venir meno o insussistenza, non comporta anche l'insussistenza del diritto del condominio di pretendere la contribuzione alle spese per i beni e servizi comuni di fatto erogati. Nella fattispecie il Condominio appellato sin dal primo grado di giudizio ha dato prova dell'approvazione da parte dell'Assemblea con delibera del 7.01.2015 delle Tabelle Millesimali relative al riparto spese, con specifico riferimento di quelle relative al lastrico solare( cfr delibera allegata); ne consegue che, ai fini di far valere l'eventuale illegittimità del criterio di riparto adottato nella fattispecie, in concreta applicazione delle Tabelle Approvate, l'odierna appellante avrebbe dovuto impugnare a monte le Tabelle citate, altrimenti valide ed efficaci e vincolanti, non potendo essere oggetto nemmeno di disapplicazione incidentale in questa sede. Per quanto tale circostanza (omessa impugnazione Tabelle millesimali adottate) abbia carattere assorbente, in ogni caso, nel merito, si rileva come non corretta appaia la deduzione dell'appellante che censura l'appellata sentenza in ragione dell'omessa valutazione da parte del giudice di prime cure dell'erroneità del riparto spese dei lavori relativi al lastrico, in base all'assunto dell'assenza di qualsiasi concreto suo uso esclusivo. Sul punto va osservato che l'art. 1126 c.c., prevedendo che la contribuzione per un terzo alle spese di rifacimento del lastrico solare deve far carico ai condomini "che ne hanno l'uso esclusivo", anziché a quelli che ne "fanno" uso esclusivo, attribuisce all'espressione "uso esclusivo" il significato di mera potenzialità o facoltà dell'uso, quale che sia il concreto modo, anche di semplice inerzia, del suo estrinsecarsi, confermandosi dal tenore della stessa norma, come dalla sua ratio, la volontà del legislatore di prescindere da una effettiva utilizzazione del bene (Cass. civ. 93/2988). Nella fattispecie, è lo stesso appellante ad evidenziare che il lastrico solare è munito di parapetti che ne consentono l'affaccio e la sua funzione non è solo quella di copertura e di protezione dell'edificio, ne consegue che essendo di proprietà esclusiva e ben potendo essere utilizzato pienamente dall'appellante proprio perché svolge una funzione non solo "condominiale", l'eccezione deve essere respinta, attesa la corretta applicazione del criterio di riparto di cui all'art. 1126 c.c.. Ne consegue il rigetto dell'appello e la conferma della sentenza appellata. Le spese seguiranno la soccombenza e, liquidate come da dispositivo, sono poste a carico dell'appellante. Si da, atto, stante la soccombenza dell'appellante, della sussistenza dei presupposti per l'erogazione, da parte di quest'ultimo, di un importo pari a quello corrisposto per il contributo unificato. P.Q.M. 1 - Rigetta l'appello e per l'effetto conferma la sentenza appellata; 2 - Condanna parte appellante al pagamento delle spese di appello in favore del Condominio appellato, liquidate in Euro 970,00 oltre accesso di legge. 3 - Accerta la sussistenza dei presupposti per l'erogazione, da parte dell'appellante, di un importo pari a quello corrisposto per il contributo unificato. Così deciso in Latina il 16 maggio 2023. Depositata in Cancelleria il 16 maggio 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE ORDINARIO DI LATINA PRIMA SEZIONE CIVILE in composizione collegiale, nella persona dei magistrati: dott. Pierluigi De Cinti - Presidente dott. Luca Venditto - Giudice rel. dott.ssa Concetta Serino - Giudice ha pronunciato la seguente SENTENZA NON DEFINITIVA nella causa civile di primo grado iscritta al n. 6722 R.G. cont. 2015 TRA (...) - C.F. (...), elettivamente domiciliato in Via (...) - ROCCAGORGA, presso l'avv. (...), dal quale è rappresentato e difeso giusta procura apposta a margine dell'atto di citazione PARTE ATTRICE E (...) - C.F. (...), elettivamente domiciliato in VIA (...) - SEZZE, presso l'avv. (...), dal quale è rappresentato e difeso giusta procura apposta in calce alla comparsa di costituzione e risposta PARTE CONVENUTA NONCHÉ (...) - C.F. (...) (...), in persona del TUTORE provvisorio (...) - C.F. (...) CONVENUTE contumaci OGGETTO: impugnazione testamento e divisione giudiziale. CONCLUSIONI: per parte attrice, all'udienza di precisazione delle conclusioni (richiamato l'atto di citazione): "Voglia il Tribunale di Latina così provvedere: -accertare e dichiarare la falsità del testamento olografo a firma di (...), datato 03.09.1999, Rep. N. 28.409 - Racc. n. 1443, in Latina con atto di repertorio n. 28409 del Notaio (...), pubblicato il 23/09/2000; - dichiarare la nullità, inefficacia, invalidità e comunque l'inesistenza del testamento olografo redatto il 03.09.1999 a firma di (...), di cui sopra; - per l'effetto dichiarare aperta la successione ab intestato con ogni effetto di legge, condannando i Sigg.ri (...), quest'ultima in persona del suo tutore p.t., a restituire all'eredità, le attività commerciali e gli immobili attualmente detenuti senza titolo, espressamente indicati nell'atto di citazione; - disporre, in favore dell'attore, il rendiconto della gestione dei beni ereditari e la corresponsione degli interessi corrispettivi sulle somme eventualmente dovute in relazione ai frutti maturati e non percepiti e il risarcimento dei danni per la mancata disponibilità degli stessi beni immobili ereditari, da liquidarsi secondo equità dall'occupazione fino all'effettivo rilascio; - disporre la divisione dell'asse ereditario tra gli eredi legittimi della defunta (...); - ordinare al conservatore R.R.LL di Latina la trascrizione e l'annotazione dell'emananda sentenza con esonero di ogni responsabilità; - con vittoria di spese, diritti ed onorari di causa da distrarsi in favore dell'antistatario procuratore."; per parte convenuta costituita, all'udienza di precisazione delle conclusioni: "Chiede in via principale la prescrizione dell'azione; in subordine e nel merito il rigetto della domanda perché infondata in fatto e in diritto e comunque non provata. Con vittoria di spese, competenze ed onorari.. RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE 1. Con atto di citazione spedito per la notifica a mezzo posta il 17/11/2015 (...) ha evocato in giudizio i fratelli (...), quest'ultima anche nella qualità di tutore di (...), deducendo: che il 23/10/1999 era deceduta in Sezze la madre (...), la quale, con testamento olografo del 3/9/1999, successivamente pubblicato dal notaio (...) con atto rep. 28.409 - racc. 1443, risultava aver disposto in favore dei figli del suo intero patrimonio; che la scheda testamentaria non è risultata essere sottoscritta di pugno dalla de cuius, ma a macchina da persona non identificata; che, sulla scorta di perizia calligrafica fatta esperire in comparazione di scritture certamente riconducibili alla defunta genitrice, sarebbe emerso che le firme apparentemente di (...) a margine ed in calce al testamento dattiloscritto richiamato, sarebbero risultate apocrife; che esso attore avrebbe avuto conoscenza della falsità della scheda testamentaria solo a seguito della effettuazione della predetta perizia calligrafica; che il testamento, oltre ad essere falso, sarebbe nullo per difetto di forma ai sensi dell'art. 606 c.c. per non essere stato redatto in forma autografa dal testatore; che le disposizioni testamentarie risulterebbero in ogni caso lesive della quota di legittima a lui spettante. Sulla scorta di tali premesse, l'attore ha formulato le domande riportate nelle conclusioni in epigrafe. Si è costituito in giudizio il 22/3/2016, con deposito di comparsa in forma analogica, il convenuto (...), il quale, al fine di contrastare l'avversa domanda, ha rilevato: che la de cuius, sul finire dell'anno 1999, aveva comunicato ai suoi figli, odierne parti in causa, di aver redatto presso la propria commercialista, dott.ssa (...) e alla presenza di testimoni, il testamento contenente le sue volontà, invitando gli stessi figli a rispettarne le disposizioni; che, dopo la morte della sig.ra (...), la dott.ssa (...) aveva informato gli eredi che il testamento era depositato presso lo studio del Notaio (...) di Latina; che dunque tutti i figli, compreso l'attore, erano a conoscenza dell'atto di ultime volontà della madre, che veniva pubblicato dal notaio in data 23/3/2000; che gli eredi, benché fossero stati resi edotti dal notaio della nullità dell'atto per non essere stato redatto di pugno dalla testatrice, hanno accettato le disposizioni testamentarie ai sensi dell'art. 590 c.c., dando seguito alle medesime ed agli incombenti connessi di cui si è fatto carico esso convenuto; che la disposizione a favore dell'attore sarebbe risultata peraltro a lui più favorevole rispetto a quella dei coeredi per il valore dei cespiti a lui destinati, ma che lo stesso attore non sarebbe stato in grado di valorizzare e conservare, tanto da dover dismettere l'attività di supermercato a lui destinata e da essere gravato da una pesante situazione debitoria; che l'attore (...) avrebbe beneficiato dell'utilizzo della casa materna, vivendo anche degli introiti della pensione di quest'ultima; che, da ultimo, l'attore si sarebbe spinto a far sottoscrivere garanzie dei propri debiti alla sorella disabile (...), tanto da indurre gli altri fratelli a chiederne l'interdizione per salvaguardarne il patrimonio; che l'azione, intrapresa a distanza di sedici anni dalla pubblicazione del testamento, sottoscritto da (...) dinanzi al suo commercialista, la dott.ssa (...), avrebbe dunque una finalità meramente strumentale e ritenuta utile al solo scopo di tentare di risolvere i problemi finanziari dello stesso attore. Sulla scorta di tali considerazioni il convenuto ha dunque eccepito la prescrizione dell'azione e comunque nel merito il rigetto della domanda. Con ordinanza del 22/3/2016, il g.i. ha dichiarato la contumacia delle convenute (...) e (...) e ha disposto la produzione, a cura della parte attrice, di documentazione attestante le iscrizioni e trascrizioni gravanti sui beni oggetto di causa e ciò anche ai fini della integrazione del contraddittorio. Con successiva ordinanza resa all'udienza del 19/7/2016 il g.i. ha rilevato l'esistenza di iscrizioni ipotecarie gravanti sui beni oggetto di domanda giudiziale, invitando l'attore ad interloquire sulla circostanza al fine di evocare il giudizio i contraddittori necessari. Con successiva ordinanza istruttoria del 4/4/2017, l'istruttore ha rilevato l'impossibilità di verificare la sussistenza di iscrizioni e trascrizioni sugli immobili oggetto di causa, ha concesso i termini per l'appendice scritta della causa ai sensi dell'art. 183, sesto comma, c.p.c.. Disposta con ordinanza del 25/10/2018 CTU grafologica sulla scheda testamentaria impugnata ed espletata l'indagine peritale, sono stati assunte prove orali all'udienza del 19/11/2019 e la causa rinviata per la precisazione delle conclusioni all'udienza del 18/10/2022, tenuta nelle forme della trattazione scritta e all'esito della quale la causa è stata trattenuta in decisione. 2. Va preliminarmente rilevato in rito che l'attore (...) ha cumulato una serie di domande tra loro connesse da vincolo di consequenzialità. Ha infatti domandato in prima battuta che fosse dichiarata la falsità, o comunque la nullità o inefficacia, del testamento olografo a firma di (...) datato 3/9/1999 e, conseguentemente, che fosse dichiarata aperta la successione ab intestato, con le ulteriori domande di rendiconto nei confronti dei coeredi e di divisione dell'asse ereditario devoluto per legge. Come rilevato al punto 1. della presente motivazione, il giudice istruttore designato ha invitato parte attrice a depositare documentazione integrativa, rispetto a relazione tecnica già depositata, al fine di verificare le iscrizioni e trascrizioni gravanti sugli immobili oggetto di causa e, quindi, provvedere alla integrazione del contraddittorio. Ritenuto che la documentazione non fosse stata integrata, si è provveduto alla istruzione della causa in relazione alla domanda principale di falsità e nullità del testamento. Domanda che non impone la chiamata in causa come contraddittori necessari dei creditori iscritti. Quanto alla domanda di divisione, sulla quale il tribunale è chiamato a pronunciare solo a seguito dell'accertamento della invalidità/inesistenza del testamento, va tenuto conto, in relazione alla esigenza di provvedere all' integrazione del contraddittorio nei confronti dei creditori iscritti, del seguente principio affermato ancora di recente dalla Suprema Corte: Nel giudizio di scioglimento della comunione, il dovere del giudice di ordinare, in presenza di trascrizioni o iscrizioni contro i singoli compartecipi, la chiamata in giudizio dei creditori e degli aventi causa ai sensi degli artt. 784 c.p.c. e 1113 c.c., rispondendo alla sola esigenza di consentire loro di vigilare sul corretto svolgimento del procedimento divisionale in ragione degli effetti riflessi da esso derivanti su garanzie patrimoniali ed effettiva realizzazione del proprio acquisto, non giustifica l'implicita imposizione, a carico dei compartecipi, di documentare, sotto pena di inammissibilità della domanda, la presenza o l'assenza di trascrizioni e iscrizioni sulla quota indivisa dei singoli, configurandosi la chiamata dei creditori iscritti e degli aventi causa dei compartecipi come onere da assolvere affinché la decisione faccia stato nei loro confronti, senza costituire condizione di validità della divisione (Cass. civ., sez. VI, 02/03/2023, n. 6228). Viene chiaramente specificato nella motivazione della sentenza di legittimità richiamata: pur avendo diritto ad intervenire nella divisione, ai sensi dell'art. 1113, comma 1, c.c., creditori e aventi causa del compartecipe non sono parti in tale giudizio, al quale devono partecipare soltanto i titolari del rapporto di comunione, potendo i creditori iscritti e gli aventi causa intervenire in esso, al fine di vigilare sul corretto svolgimento del procedimento divisionale (19529/2012; n. 7485/1991); con la conseguenza che la chiamata dei creditori iscritti e degli aventi causa di uno dei compartecipi non è condizione di validità della divisione, ma configura un onere che i compartecipi debbono assolvere "se ed in quanto si voglia che la relativa decisione faccia stato nei lori confronti" (Cass. n. 4703/1981; n. 4330/1986). Sul piano delle conseguenze derivanti dalla mancata evocazione in giudizio dei creditori, si afferma conclusivamente: La mancata evocazione in giudizio dei creditori e aventi causa non invalida la sentenza anche nei confronti dei comproprietari (Cass. n. 4703/1981), ma comporta le conseguenze stabilite nell'art. 1113 cc: a) il potere di impugnativa della divisione, se la violazione è incorsa in danno dei creditori e aventi causa che abbiano fatto opposizione; b) il potere di coloro che abbiano trascritto il negozio di acquisto o iscritto l'ipoteca di disconoscere l'efficacia della divisione, la quale sarà nei loro confronti tam quam non esset. Deriva dai richiamati princìpi che correttamente il giudice istruttore, in assenza di idonea documentazione volta ad individuare i creditori cui estendere il contraddittorio, ha dato impulso al processo per la sua definizione. Né coerentemente, in questa sede, si pone, ai fini della validità della decisione (non definitiva o definitiva), l'esigenza di provvedere alla discusa integrazione del contraddittorio. 3. Premesso quanto sopra, va rilevato che oggetto della domanda principale dell'attore è la ritenuta falsità del citato testamento datato 3/9/1999 attribuito alla defunta (...). Il predetto atto è stato pubblicato il 23/3/2000 dal notaio (...) di Latina alla presenza delle odierne parti in causa e di due testimoni. Nell'atto di pubblicazione si dà atto che la scheda testamentaria è sottoscritta a mano dalla testatrice in calce e a margine ed è costituita da due fogli dattiloscritti su due facciate per ottantaquattro righi completi. Lo stesso atto notarile di pubblicazione del testamento reca l'espressa accettazione delle disposizioni contenute nell'allegato testamento ai sensi dell'art. 590 c.c.. Il rigore formale del testamento si evidenzia in una seri di ipotesi di nullità che possono riguardare il testamento olografo, il testamento pubblico o segreto e i testamenti speciali. Quanto al testamento olografo qui in questione, l'art. 606, primo comma, c.c. prevede espressamente una ipotesi di nullità per il caso in cui il testamento manchi della autografia o della sottoscrizione. Il principio generale di diritto contenuto nell'art. 1423 c.c., per cui il negozio nullo non può essere convalidato, trova una eccezione in materia testamentaria nell'art. 590 c.c., ove è previsto che la nullità della disposizione testamentaria, da qualunque causa dipenda, non può essere fatta valere da chi, conoscendo la causa della nullità, ha, dopo la morte del testatore, confermato la disposizione (conferma espressa) o dato ad essa una volontaria esecuzione (conferma tacita). Il fondamento di tale istituto risiede innanzitutto nel principio di conservazione, maggiormente giustificato negli atti mortis causa, perché in essi l'autore non è più in grado di rinnovare il negozio eliminando la causa di invalidità e, in secondo luogo, nell'intento di consentire ai congiunti del de cuius, che desiderassero rispettarne la memoria, di dare esecuzione ai suoi atti di ultima volontà, ancorché espressi in modo formalmente o sostanzialmente difforme dalla fattispecie normativa. Il problema che viene in rilievo nel caso di specie è se l'eccezionale rimedio dell'atto nullo possa operare nelle ipotesi di mancanza della sottoscrizione o di sottoscrizione falsificata. È stato sostenuto in dottrina, prima ancora che in giurisprudenza, che il testamento non formato o con firma falsa più che nullo sia inesistente, perché la funzione della sottoscrizione non è puramente formale, ma è quella di solenne conferma delle disposizioni scritte sulla scheda o della loro completezza, oltre che della provenienza dal testatore. Altra dottrina (pere assai autorevole) ha sostenuto che possa essere consentita la conferma del testamento olografo privo di sottoscrizione o con sottoscrizione non riconducibile al testatore innanzitutto in ragione del tenore del testo legislativo, che all'art. 606 c.c. stabilisce: "Il testamento è nullo quando manda l'autografia o la sottoscrizione nel caso di testamento olografo"; è stata altresì utilizzata, a sostegno della tesi, la considerazione che, anche in questo caso, un collegamento sia pure incompleto dell'atto con la persona del de cuius non può essere disconosciuto. Va preso atto che la giurisprudenza di legittimità, cui il tribunale dà seguito nel caso di specie, aderisce in modo unanime alla prima delle interpretazioni riportate ritenendo non predicabile la conferma dell'art. 590 c.c. in caso di mancanza o falsità della sottoscrizione del testamento olografo. È stato infatti affermato che In tema di nullità del testamento olografo, la finalità del requisito della sottoscrizione, previsto dall'art. 602 c.c. distintamente dall'autografia delle disposizioni in esso contenute, ha la finalità di soddisfare l'imprescindibile esigenza di avere l'assoluta certezza non solo della loro riferibilità al testatore, già assicurata dall'olografia, ma anche dell'inequivocabile paternità e responsabilità del medesimo che, dopo avere redatto il testamento - anche in tempi diversi - abbia disposto del suo patrimonio senza alcun ripensamento; d'altra parte, nel caso in cui sia accertata la non autenticità della sottoscrizione apposta al testamento, non può trovare applicazione l'art. 590 c.c. che, nel consentirne la conferma o l'esecuzione da parte degli eredi, presuppone l'oggettiva esistenza di una disposizione testamentaria che, pur essendo affetta da nullità, sia comunque frutto della volontà del de cuius (Cass. civ., sez. II, 23/06/2005, n. 13487; identica, più di recente, Cass. civ., sez. II, 15/12/2021, n. 40138) Con differente formulazione, ma analogo contenuto, il principio affermato da Cassazione civile, sez. VI, 28/05/2020, n. 10065: L'art. 590 c.c., nel prevedere la possibilità di conferma od esecuzione di una disposizione testamentaria nulla da parte degli eredi, presuppone, per la sua operatività, l'oggettiva esistenza di una disposizione testamentaria che sia comunque frutto della volontà del de cuius, sicché detta norma non trova applicazione in ipotesi di accertata sottoscrizione apocrifa del testamento, la quale esclude in radice la riconducibilità di esso al testatore. 4. Con ordinanza del 11/11/2018, il g.i. ha disposto CTU grafologica assegnando il seguente quesito: Esaminati gli atti di causa e, in originale, il testamento della defunta (...) e le scritture di comparazione indicate dall'attore (alla cui disamina, in originale, il CTU è autorizzato presso il notaio (...) di Latina), dica il CTU se le sottoscrizioni apposte sul testamento appartengano alla defunta (...) ovvero siano apocrife. Il consulente nominato, dott.ssa Filomena De Felice, ha depositato elaborato peritale in data 25/3/2020, rassegnando le seguenti conclusioni: "Dai riscontri oggettivi effettuati e supportati dai risultati ottenuti, lette le note di condivisione del CTP di parte dott.ssa (...), il sottoscritto C.T.U. conferma la seguente conclusione: - Le caratteristiche grafomotorie e strutturali che emergono nel tracciato grafico delle firme in verifica X1 e X2, apposte sul testamento della defunta (...), non trovano specifici riscontri con quelle esistenti nel tracciato grafico della firma autografa della Sig.ra (...). - Le analisi particolareggiate di confronto confermano che le firme X1 ed X2, apposte a margine ed in calce al testamento della defunta (...), sono apocrife ossia non appartengono alla mano della Sig.ra (...)". Nessuna osservazione alla consulenza è stata formulata dai CTP, se non in termini adesivi dal consulente di parte dell'attore, che ne ha condiviso integralmente le conclusioni supportate dalle considerazioni che qui di seguito si riportano: "Dal confronto tra i tracciati grafici delle firme in verifica ed il tracciato grafico della firma autografa disponibile è emersa: 1) una contraddittorietà ed incoerenza ritmica e grafica consistente nel contrasto tra la lentezza, stentatezza ed insicurezza del tratto delle firme in verifica che si alterna all'improvvisa sbrivatigività e velocità esecutiva del tracciato grafico nonché ulteriori discordanze qualitative e sostanziali inerenti alle componenti intrinseche del grafismo derivanti dalla diversa ed incompatibile natura grafomotoria delle grafie analizzate; 2) vaghe somiglianze esteriori di alcune lettere e similari corrispondenze delle dimensioni grafiche e della tenuta e disposizione del tracciato grafico rispetto al rigo di base, attribuibili ad un processo imitativo per trasparenza. Si sottolinea che la sovrapponibilità ed equivalenza delle forme delle firme in verifica X1 e X2 rispetto alla firma autografa analizzata, in merito alle categorie grafiche delle dimensioni delle lettere medio-lunghe e della tenuta e disposizione del tracciato grafico rispetto al rigo di base, insieme alla presenza di altri indici quali la contraddittorietà ritmica e l'incoerenza grafica concorrono a determinare l'apocrifia delle due firme in verifica apposte sulla scheda testamentaria. Nel caso in esame, inoltre, è alquanto improbabile che lo stesso soggetto scrivente, nel medesimo giorno, possa apporre due firme in verifica su un testamento che presentino stentatezze, incertezze, inchiostrazioni ed una firma autografa in cui, invece, tali elementi grafici siano assenti.". Quest'ultima considerazione del CTU si fonda sul dato, di particolare rilevanza, per cui le firme in verifica sono state comparate ad una firma autografa apposta in calce ad un atto notarile di rettifica redatto dal notaio (...) il medesimo giorno della redazione del testamento impugnato. Ne deriva il carattere della coevità della firma comparativa, che assegna a questa una peculiare valenza per l'accertamento grafologico compiuto. A margine delle risultanze univoche della disposta CTU, pienamente condivisibile nella sua esposizione logica e coerenza argomentativa, nonché per la chiarezza degli elementi grafometrici evidenziati e sopra richiamati in sintesi, vanno segnalati, sulla ricostruzione delle circostanze che hanno caratterizzato la redazione del testamento impugnato, due ulteriori elementi emersi dall'istruttoria. Il primo riguarda proprio l'anomala circostanza che ha visto la de cuius (...) recarsi dal notaio (...) per la redazione dell'atto di rettifica citato e nell'avere la stessa apparentemente fatto redigere dalla propria commercialista, la dott.ssa (...), una scheda testamentaria nulla per mancanza di autografia del testo; il tutto nello stesso giorno. Appare non facilmente comprensibile come la (...), il medesimo giorno, dopo essere stata dal notaio, dove avrebbe potuto far redigere testamento pubblico, abbia preferito dettare alla commercialista il contenuto di un atto di ultime volontà, come tale tipicamente recepito dal notaio quale pubblico ufficiale a ciò abilitato dalla legge. Al di là della testimonianza della redattrice del testamento (la dott.ssa (...)), che ha riferito (all'udienza del 19/11/2019) che la stessa ((...)) ha apposto la propria firma in mia presenza il 3.9.1999, va richiamata la deposizione della teste (di parte convenuta) (...) (non parente delle parti in causa), la quale, alla medesima udienza del 19/11/2019 ha riferito: "non so dire se la sig.ra (...) fosse stata presente presso lo studio (...) il giorno in cui ho firmato la busta ... Non ricordo di avere visto la sig.ra (...) presso lo studio (...) in data 3.9.1999, stante il tempo trascorso". Così, al di fuori della testimonianza risultata non veritiera della teste (...) sulla circostanza che la scheda testamentaria impugnata fosse stata sottoscritta dalla defunta sig.ra (...) il 3/9/1999 in sua presenza, non si ha neppure riscontro della presenza della medesima (...) presso lo studio della dott.ssa (...). 5. La concordanza degli elementi di fatto sopra richiamati e segnatamente le convincenti e non contestate conclusioni del CTU sulla apocrifia delle firme apposte sulla scheda testamentaria in questione rendono superflua la rimessione sul ruolo della presente causa e chiesta con nota del 27/1/2023 dalla difesa di parte attrice, al fine di acquisire la ritrattazione della dichiarazione fatta da (...) nella deposizione testimoniale richiamata del 19/11/2019 relativamente alla circostanza che la (...) avesse sottoscritto il testamento in sua presenza. Ritrattazione effettuata nell'ambito del procedimento penale n. 3229/2021 R.G.N.R. a carico della medesima testimone per il reato dell'art. 372 c.p.. La pendenza del predetto procedimento penale non esime il collegio dal disporre la trasmissione della presente sentenza all'ufficio del PM ai sensi dell'art. 331, comma 4, c.p.p. attesa la perseguibilità d'ufficio del reato di cui all'art. 491 c.p. e rispetto al quale non si ha contezza che l'autorità giudiziaria penale stia procedendo. 6. Ancorché declinata in termini di accertamento della falsità del testamento olografo apparentemente sottoscritto dalla de cuius (...), la domanda dell'attore si sostanzia in una contestazione della veridicità della scheda testamentaria e, dunque, in una domanda di accertamento negativo della provenienza della scrittura. D'altra parte l'attore non ha proposto formale querela di falso, ciò che non sarebbe stato tenuto a fare (cfr. Cass. civ., sez. VI, 12/07/2018, n. 18363). Va dunque accertato che il testamento datato 3/9/1999 e pubblicato con atto del notaio (...) di Latina del 23/3/2000 (rep. 28.409 - racc. 1443) non proviene dalla de cuius e, conseguentemente va dichiarata aperta la successione legittima della stessa (...) con devoluzione per legge dei beni facenti parte della massa agli eredi (...), (...), (...) e (...) secondo in parti uguali a norma dell'art. 566 c.c.. La domanda formulata dall'attore di restituzione all'eredità delle attività commerciali e degli immobili che egli ritiene detenuti senza titolo dai coeredi costituisce una conseguenza della declaratoria di apertura della successione legittima come pronunciata. Né d'altra parte l'erede legittimo può chiedere la restituzione a sé dei beni ereditari facenti parte della massa e indivisi prima dello svolgimento delle operazioni divisionali. 7. Il giudizio deve procedere in istruttoria per lo svolgimento delle attività divisionali, senza la necessità, come sopra rilevato al punto 2. della presente motivazione, di disporre l'integrazione del contraddittorio nei confronti dei creditori iscritti. La causa è rimessa sul ruolo con separata ordinanza ai sensi dell'art. 279, terzo comma, c.p.c. per completare l'istruttoria finalizzata allo svolgimento delle operazioni divisionali. Va quindi essenzialmente disposta CTU per lo svolgimento degli accertamenti utili alla valutazione della massa e alla sua puntuale individuazione, nonché alla formazione di un progetto divisionale. I quesiti sono formulati con separata ordinanza in coerenza con le domande proposte e nei limiti delle allegazioni e prove offerte. La regolamentazione delle spese di lite - comprensive dei compensi liquidati al ctu - deve essere riservata alla sentenza definitiva. P.Q.M. Il Tribunale, non definitivamente pronunciando, così decide: - accerta che il testamento olografo datato 3/9/1999 e pubblicato con atto del notaio (...) di Latina del 23/3/2000 (rep. 28.409 - racc. 1443) non proviene dalla de cuius (...) (nata a Sezze il 24/5/1939 e deceduta in Sezze il 23/10/1999); - conseguentemente dichiara aperta la successione legittima della stessa (...) con devoluzione per legge dei beni facenti parte dell'eredità, in parti uguali, agli eredi (...), (...), (...) e (...); - dà, con separata ordinanza, i provvedimenti per l'ulteriore istruzione della causa; - dispone che, a cura della cancelleria, la presente sentenza e la relazione del CTU dott.ssa (...) depositata telematicamente il 25/3/2020 sia trasmessa all'ufficio del PM in sede. Latina, 28 aprile 2023. Depositata in Cancelleria il 2 maggio 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE ORDINARIO DI LATINA Il Tribunale, in persona del Giudice Unico, dott.ssa Elena Saviano, ha pronunciato la seguente SENTENZA Nella causa civile iscritta al n. 7149 del ruolo generale per gli affari contenziosi dell'anno 2016 vertente TRA (...) (c.f. (...)), (...) (c.f. (...)) e (...) (c.f. (...)), rappresentati e difesi, giusta procura in atti, dall'avv. Lu.Fi. (c.f. (...)), ed elettivamente domiciliati presso il suo studio in Latina, Via (...) Opponenti E (...) S.P.A. (c.f. n.(...)), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa, giusta procura in atti, dall'avv. Vi.Ma. (c.f. (...)) ed elettivamente domiciliata presso il suo studio in Latina, Via (...) Opposta (...) S.p.A. (c.f. n.(...)), quale mandataria di (...) S.r.l. (c.f. n.(...)), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa, giusta procura in atti, dall'avv. Vi.Ma. (c.f. (...)) ed elettivamente domiciliata presso il suo studio in Latina, Via (...) Intervenuta OGGETTO: opposizione ex art. 615, comma I, c.p.c. CONCISA ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI DI FATTO E DIRITTO (...), (...) e (...) hanno proposto opposizione, con contestuale istanza cautelare, avverso l'atto di precetto con il quale la (...) S.P.A. ha intimato loro, quali fideiussori solidali della mutuataria società (...) S.r.l., il pagamento della somma di Euro 504.412,96 in forza del contratto di mutuo del 02/08/2010 a rogito Notaio (...) rep. n. (...) e racc. n. (...) e dei successivi atti di erogazione parziale (del 29/09/2010 rep. n. (...) e racc. n. (...)) e di erogazione e quietanza finale (del 05/04/2011 rep. n. (...) e racc. n. (...)) a rogito del medesimo notaio; a sostegno dell'opposizione hanno dedotto l'usurarietà degli interessi convenuti, corrispettivi e di mora separatamente considerati, l'errata applicazione degli interessi corrispettivi pattuiti con richiesta di ridefinizione del piano di ammortamento secondo il tasso mensile corretto, la mancata rispondenza tra TAN e TAEG pattuito ed effettivamente applicato, la corresponsione da parte della mutuataria di maggiori somme rispetto a quelle contrattualmente previste con conseguente possibilità di estinguere il mutuo. Si è costituita in giudizio la banca opposta eccependo, in via preliminare, la nullità dell'atto di citazione per mancanza dei requisiti di cui all'art. 163 n. 3 e 4 c.p.c. e l'inammissibilità dell'opposizione, attesa la natura autonoma del contratto di garanzia prestata dagli opponenti che non consentirebbe loro di opporre eccezioni riguardanti il rapporto principale, e contestando, nel merito, le avverse pretese; ha concluso pertanto chiedendo il rigetto dell'opposizione. Respinta l'istanza cautelare, esaminate le memorie ex art. 183, VI comma, c.p.c. la causa è stata istruita con CTU contabile e, all'esito, è pervenuta all'udienza di precisazione delle conclusioni. Nelle more, in data 05.03.2020, si è costituita ex art. 111 c.p.c. la (...) S.r.l. e, per essa quale mandataria, (...) S.p.A., dichiarando di essere divenuta cessionaria di un portafoglio di crediti, tra cui quello oggetto del presente giudizio, e chiedendo l'estromissione dal giudizio della cessionaria. Preliminarmente, le doglianze mosse dagli opponenti vanno qualificate come opposizione preventiva all'esecuzione, vertendo esse sul diritto della banca di agire in executivis in forza del mutuo fatto valere. Sempre in via preliminare, sull'eccezione di nullità dell'atto di citazione per difetto degli elementi essenziali dell'atto di evocazione in giudizio, va ribadito quanto ritenuto nell'ordinanza riservata del 15/04/2017 sulla sufficiente definizione del petitum (accertamento dell'insussistenza del diritto di controparte di procedere in via esecutiva sulla base del titolo azionato in giudizio) e della causa petendi (allegazioni sufficientemente specifiche da consentire di individuare le censure mosse al mutuo fondiario fatto valere) della citazione che ha certamente consentito le difese dell'opposta, ragione per la quale l'eccezione va disattesa. Ancora in via preliminare, quanto all'asserita inammissibilità dell'opposizione, appare dirimente osservare che secondo l'orientamento consolidato della giurisprudenza di legittima l'inserimento in un contratto di fideiussione di una clausola di pagamento "a prima richiesta e senza eccezioni" vale di per sé a qualificare il negozio come contratto autonomo di garanzia, in quanto incompatibile con il principio di accessorietà che caratterizza il contratto di fideiussione, salvo quando vi sia un'evidente discrasia rispetto all'intero contenuto della convenzione negoziale" (cfr. Cass. SS.UU. n. 3947/10); viceversa "una mera clausola di "pagamento a prima richiesta" non ha rilievo decisivo per la qualificazione di un negozio come "contratto autonomo di garanzia" o come "fideiussione", potendo tali espressioni riferirsi sia a forme di garanzia svincolate dal rapporto garantito (e quindi autonome), sia a garanzie, come quelle fideiussorie, caratterizzate da un vincolo di accessorietà, più o meno accentuato, nei riguardi dell'obbligazione garantita" (cfr. Cass. n. 16825 del 09/08/2016). Ebbene, nel caso in esame, l'art. 11 del contratto di mutuo fatto valere oltre a prevedere l'obbligo dei fideiussori di pagare, a semplice richiesta scritta, anche in caso di opposizione del debitore, quanto dovuto alla mutuante per rate di ammortamento, interessi ed accessori non contiene né la clausola "senza eccezioni" né il riferimento esplicito ad una espressa rinuncia ex art. 1945 c.c. sicché, non risultando preclusa ai garanti la possibilità di opporre al creditore le eccezioni spettanti al debitore principale, l'utilizzo di una formula come quella anzidetta non vale a qualificare il negozio in termini di contratto autonomo di garanzia. In ogni caso, anche laddove volesse aderirsi alla tesi dell'opposta circa l'autonomia della garanzia prestata dai fideiussori, va osservato che, secondo l'orientamento della giurisprudenza di legittimità, il garante, ancorché autonomo, può sollevare tutte le eccezioni relative alla nullità del contratto-base per contrarietà a norme imperative o illiceità della causa, quali appunto quelle in materia di usura (cfr. Cass. n.26262/2007); ne consegue che, anche in tale ipotesi, le eccezioni prospettate dagli opponenti rientrano comunque tra quelle opponibili e impongono di accertare il carattere usurario o meno del tasso applicato al rapporto dedotto in giudizio. Quanto alla richiesta di estromissione dal giudizio della banca M.P.S. s.p.a., va osservato che "a norma dell'art. 111 c.p.c., se nel corso del processo si trasferisce il diritto controverso per atto tra vivi il processo prosegue tra le parti originarie; il cedente conserva legittimazione in qualità di sostituto processuale del cessionario (art. 81 c.p.c.) fino alla eventuale formale estromissione del cedente dal giudizio, estromissione attuabile solo con provvedimentogiudiziale e previo consenso di tutte le parti. Il successore a titolo particolare nel diritto controverso, che assume la posizione di parte e non quella di terzo, è l'effettivo titolare del diritto oggetto della controversia; tuttavia, operando il meccanismo della sostituzione processuale ex art. 111 e 81 c.p.c., la decisione viene emessa nei confronti della parte originaria, ma fa stato anche nei confronti del successore a titolo particolare, avendo la legittimazione del cedente portata meramente sostitutiva e processuale, con la conseguenza che gli effetti sostanziali della pronuncia si spiegano solo nei confronti dell'effettivo nuovo titolare" (Tribunale Vercelli, 16/09/2020, n. 375; Cass. n. 22424/2009; Cass. SU n. 22727/2011; Cass. n. 22503/2014). Tuttavia, nella specie, non si ravvisa la sussistenza del presupposto del consenso di tutte le parti, non potendo ad esso essere equiparata la condotta tenuta dalle parti originarie del giudizio, che alcuna contestazione hanno mosso rispetto all'intervento in giudizio della (...) S.r.l. e alla sua istanza di estromissione della cedente; si ritiene, infatti, che né la mancata partecipazione al giudizio della banca cedente dopo l'intervento della cessionaria né l'assenza di eccezioni formulate dagli opponenti in merito alla cessione possano essere per ciò solo valorizzati quali elementi da cui desumere il consenso espresso delle parti. Nel merito, l'opposizione è infondata e non merita accoglimento. Quanto all'asserita usurarietà degli interessi corrispettivi e di mora, vanno valorizzati gli esiti, pienamente condivisibili, della consulenza tecnica d'ufficio, come integrata dalla relazione depositata in data 06/09/2021. Sul punto, va osservato che, sebbene le doglianze degli opponenti risultino correttamente formulate senza l'indebita sommatoria degli uni (moratori) agli altri (corrispettivi), l'indagine peritale ha escluso, con riferimento ad entrambi, il superamento dei tassi soglia antiusura vigenti al momento di stipula del contratto. In merito agli interessi corrispettivi, il perito, tenuto conto delle commissioni, remunerazioni a qualsiasi titolo e delle spese, escluse quelle per imposte e tasse, collegate all'erogazione del credito (sul punto cfr. cass. civ. n.39898/2021), ha formulato due ipotesi di calcolo con e senza la previsione della commissione di estinzione anticipata concludendo per il superamento della soglia solo nel primo caso. Tra le due ipotesi, tuttavia, deve certamente ritenersi corretta la seconda atteso che secondo gli insegnamenti della più recente giurisprudenza, condivisi anche da questo Tribunale, il costo per l'estinzione anticipata del mutuo va pacificamente escluso dal calcolo del TEG ai fini della comparazione con il tasso soglia. Tale commissione, infatti, corrisponde a un diritto potestativo esercitato a discrezione del mutuatario e prescinde da un inadempimento; essa, pertanto, non costituisce né un interesse né una penale e quindi, diversamente da quanto sostenuto dagli opponenti, non rientra fra i costi collegati alla concessione del credito. Per effetto della suddetta esclusione, nel caso di specie (pagine 9 e 10 dell'elaborato del 04/02/2021), il TEG è risultato pari al 4,093%, dunque, inferiore al tasso soglia del 4,185% (2,79% aumentato della metà) in vigore alla data del 05/04/2011, di stipula dell'atto di erogazione finale, data alla quale il perito ha correttamente riferito la propria verifica risultando questo "il momento in cui le promesse contrattuali si sono consolidate". Quanto agli interessi di mora, l'accertamento del consulente è stato integrato, come da richiesta del Tribunale in ragione degli indirizzi giurisprudenziali venutisi a consolidare successivamente al conferimento dell'incarico e alla formulazione dei quesiti, sulla scorta dei principi espressi dalla Suprema Corte (sentenza n. 19597/2020) secondo cui "la mancata indicazione dell'interesse di mora nell'ambito del T.e.g.m. non preclude l'applicazione dei decreti ministeriali, i quali contengano comunque la rilevazione del tasso medio praticato dagli operatori professionali, statisticamente rilevato in modo del pari oggettivo ed unitario, essendo questo idoneo a palesare che una clausola sugli interessi moratori sia usuraria, perché "fuori mercato", donde la formula: "T.e.g.m., più la maggiorazione media degli interessi moratori, il tutto moltiplicato per il coefficiente in aumento, più i punti percentuali aggiuntivi, previsti quale ulteriore tolleranza dal predetto decreto", viceversa, "ove i decreti ministeriali non rechino neppure l'indicazione della maggiorazione media dei moratori, resta il termine di confronto del T.E.G.M., così come rilevato, con la maggiorazione ivi prevista". Seguendo tali indicazioni e prendendo a riferimento, in ragione dei rilievi sopra svolti, sempre la data del 05/04/2011, di stipula dell'atto di erogazione finale, la formula da applicare nel caso di specie per la verifica del superamento del tasso soglia da parte del tasso di mora è quella prevista, per i contratti conclusi dal 01/04/2003 al 30/06/2011, dal D.M. 25 marzo 2003 ossia (TEGM + 2,1) x 1,5, sicché il tasso di mora convenuto del 6,919% (tasso nominale del 3,919% con la maggiorazione di 3 punti percentuali come previsto all'art. 4) è inferiore al tasso soglia pari al 7,335% (TEGM 2,79%, + 2,1% x 1,5) e ciò anche laddove "si volesse considerare, nella determinazione del tasso di mora applicabile, il costo effettivo del finanziamento (TEG PURO) in luogo del TASSO NOMINALE, così come determinato alle pagg. 8 e 9 del primo elaborato peritale depositato il 04.02.2021 (pag. 8 - 1 Ipotesi con inclusione nel calcolo della commissione per rimborso anticipata estinzione e pag. 9 - 2 Ipotesi escludendo nel calcolo la commissione per rimborso anticipata estinzione), atteso che "anche in tali casi i TASSI DI MORA 7,214% nella prima ipotesi e 7,093% nella seconda ipotesi , NON SUPERANO IL TASSO SOGLIA USURA DI PERIODO" (pagine 4 e 5 dell'elaborato del 06/09/2021). Sul punto, va, altresì, valorizzato il condivisibile principio espresso con la suddetta sentenza secondo il quale l'usurarietà del tasso di mora, laddove dimostrata, non comporterebbe la non debenza di qualsiasi interesse, ma imporrebbe il pagamento, oltre della parte di capitale, anche della parte di interesse che non abbia superato la soglia antiusura. La giurisprudenza richiamata precisa che, diversamente da quanto sostenuto dagli opponenti, la norma contenuta nell'art. 1815 c.c. circa la gratuità del contratto, può trovare una interpretazione che, pur sanzionando la pattuizione degli interessi usurari, faccia seguire la sanzione della non debenza limitatamente agli interessi che quella soglia abbiano superato, risultando comunque dovuti gli interessi nella misura dei corrispettivi lecitamente convenuti. In ordine alle argomentazioni circa la "non corretta applicazione di interessi corrispettivi stipulati e ridefinizione piano di ammortamento con applicazione del tasso mensile corretto" e alla differenza tra TAN e TAEG convenuti ed effettivamente applicati, esse non appaiono condivisibili. Va premesso che, come evidenziato in perizia, la mancata allegazione del piano di ammortamento ha, di fatto, impedito al consulente di effettuare le dovute verifiche circa la corretta applicazione delle condizioni contrattuali. A tali mancanze probatorie, parte opponente pretende di supplire attraverso l'ordine di esibizione ex art. 210 c.p.c. senza tuttavia considerare che il presupposto di tale mezzo istruttorio, di natura residuale, è l'impossibilità per la parte di procurarsi altrimenti il documento di cui necessita. Sul punto, non appare convincente l'argomento secondo cui l'istanza va accolta essendo rimasta senza esito quella rivolta alla banca ex art. 119 t.u.b. trattandosi di documento che, in quanto allegato al mutuo, era già nella disponibilità della parte e, ove smarrito, poteva essere semplicemente richiesto al notaio rogante ben prima dell'introduzione del giudizio. Ebbene, va osservato che, in linea generale, nei piani di ammortamento di prestiti e mutui l'interesse annuale nominale (TAN) generalmente non viene pagato, come nella specie, in un'unica soluzione a fine anno, ma ripartito su ogni rata infrannuale in scadenza con la conseguenza che la corresponsione anticipata delle rate rispetto alla scadenza annuale comporta che il costo effettivo da interessi (TAE) del finanziamento per il contraente non è pari al tasso annuale stabilito da contratto, ma (lievemente) maggiore sicché, preliminarmente, va disattesa l'eccezione di parte opponente in ordine alla mancata coincidenza tra i due valori risolvendosi essa nella normale e legittima conseguenza di tale prospettazione. Quanto poi alla determinazione del tasso annuo effettivo applicato, richiamate le due ipotesi di calcolo formulate dal perito, va osservato che, anche laddove volesse aderirsi alla tesi che vede sostituito al metodo bancario (prima ipotesi), sicuramente legittimo risultando esso quello universalmente praticato nella prassi, il metodo finanziario (seconda ipotesi), risulterebbe una differenza a vantaggio della Banca talmente irrisoria (euro 17,81 su ogni rata mensile di mutuo che rapportata alle rate effettivamente pagate è pari a Euro 374,01 - pagina 16 dell'elaborato) da far ritenere la doglianza priva di pregio. In ordine all'eccepita differenza con riferimento al TAEG, se ne deve evidenziare la manifesta irrilevanza atteso che l'eventuale divergenza tra il valore contrattuale di tale indice e quello effettivamente applicato al rapporto non ha alcun rilievo, risultando esso è un mero "indicatore" del costo complessivo del finanziamento che non incide sul contenuto della prestazione a carico del cliente ovvero sulla determinatezza o determinabilità dell'oggetto contrattuale, definita dalla pattuizione scritta di tutte le voci di costo negoziali. In definitiva, tutte le contestazioni risultano infondate oltre che non provate sicché l'opposizione non può trovare accoglimento. Le spese seguono la soccombenza e vanno poste a carico degli opponenti, in solido tra loro, ed in favore della parte opposta ed intervenuta, nella misura liquidata in dispositivo, ex D.M. n. 147 del 2022, facendo applicazione dei parametri minimi relativi ai giudizi del valore di cui alla domanda; a carico della parte opponente vanno altresì poste le spese di CTU. P.Q.M. Il Giudice Unico del Tribunale definitivamente pronunciando, ogni contraria e diversa istanza e deduzione disattesa, così provvede: 1. rigetta l'opposizione; 2. condanna gli opponenti, in solido tra loro, alla refusione delle spese processuali che liquida in favore dell'opposta in Euro 5.544,00, di cui Euro 1.772,00 per la fase di studio, Euro 1.169,00 per la fase introduttiva ed Euro 2.603,00 per la fase istruttoria (50% di Euro 5.206,00) oltre spese generali al 15%, IVA e c.p.a. come per legge, ed in favore dell'intervenuta in Euro 6.685,00, di cui Euro 1.000,00 per la memoria di costituzione, Euro 2.603,00 per la fase istruttoria (50% di Euro 5.206,00) ed Euro 3.082,00 per la fase decisionale oltre spese generali al 15%, IVA e c.p.a. come per legge; 3. pone le spese di CTU definitivamente a carico di parte opponente. Così deciso in Latina il 28 aprile 2023. Depositata in Cancelleria il 29 aprile 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE ORDINARIO DI LATINA PRIMA SEZIONE CIVILE in composizione monocratica, costituito dal Giudice, dott. Luca Venditto, all'esito dell'udienza del 27/04/2023, sostituita dal deposito di note scritte a norma dell'art. 127-ter c.p.c.; vista l'ordinanza del 10/2/2023, con cui è stato stabilito il modello decisorio dell'art. 281-sexies c.p.c. e sostituta l'udienza con il deposito di note scritte; lette le note autorizzate depositate in data 26/4/2023 da parte attrice; lette le note autorizzate depositate in data 26/4/2023 da parte convenuta; pronuncia ai sensi dell'art. 281-sexies c.p.c. la seguente SENTENZA nella causa iscritta al n. 4417 R.G. Cont. dell'anno 2018 TRA (...), in persona dell'amministratore delegato - C.F. (...) , elettivamente domiciliato in P.zza (...) - TERRACINA, presso l'avv. Se.Ma., dal quale è rappresentato e difeso giusta procura apposta in calce all'atto di citazione PARTE ATTRICE E I.N.A.I.L. ISTITUTO NAZIONALE PER L'ASSICURAZIONE CONTRO GLI INFORTUNI SUL LAVORO, in persona del direttore regionale pro tempore - C.F. (...), elettivamente domiciliato in P.zza (...) - LATINA, presso la sede dell'istituto, rappresentato e difeso all'avv. Ma.Mo., giusta procura in allegato alla comparsa di costituzione di nuovo procuratore depositata telematicamente il 19/1/2023 PARTE CONVENUTA OGGETTO: Incentivi alle imprese in materia di salute e sicurezza sul lavoro. RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE 1. Con atto di citazione spedito per la notifica a mezzo posta il 23/7/2018, il Consorzio (...), con sede in T., Via P. Km 101:300 ha chiesto che fosse accertata l'illegittimità della esclusione di esso attore dai benefici previsti dal D.Lgs. n. 81 del 2008 e concessi al consorzio a seguito di partecipazione all'avviso pubblico ISI 2014 con domanda n. (...). A sostegno della domanda l'attore ha dedotto: di aver partecipato con la domanda predetta al bando promosso dall'INAIL per l'assegnazione dei benefici-incentivi alle imprese per la realizzazione di interventi in materia di salute e sicurezza sul lavoro in attuazione dell'art. 11, comma 5, del D.Lgs. n. 81 del 2008; che, a corredo della domanda, aveva inviato la necessaria documentazione tecnica ed amministrativa ed in particolare la progettazione prevista in conformità a quanto previsto dal bando del 2014 citato; che, con lettera del 10/3/2016, l'INAIL di Latina aveva comunicato ad esso attore che, in relazione alla fase di verifica prevista dall'art. 17 dell'avviso pubblico di gara, il consorzio era stato parzialmente ammesso al contributo previsto dalla citata disciplina per un importo di Euro 122.718,00; che successivamente all'ammissione al contributo è stata erogata a favore di esso attore la somma in acconto di Euro 61.359,00 e sono stati realizzati i lavori previsti in progetto e contenuti nella relazione peritale allegata alla domanda di partecipazione al bando; che la realizzazione delle opere è stata validata dallo stesso perito inviato dall'INAIL, che ha integralmente approvato la nuova impiantistica realizzata dal consorzio; che, con PEC del 9/3/2018, l'INAIL di Latina ha comunicato, in merito alla concessione del contributo, l'esclusione dai benefici previsti, richiamando il disposto dell'art. 20 del citato decreto legislativo e contestando che la fattura relativa ai lavori eseguiti fosse stata pagata fuori termine e che pertanto non sarebbe stata inserita tra le spese rendicontabili, con la conseguenza che anche le spese tecniche non sarebbero state liquidabili; che la condotta dell'istituto si è palesata del tutto immotivata poiché non rispettosa né della disciplina che regolamenta la materia né del bando di gara, per i quali è la sola mancata realizzazione del progetto o il suo mancato completamento che avrebbero potuto comportare la revoca del contributo; che la rendicontazione sarebbe stata effettuata nel rispetto dei termini, mentre il solo pagamento a soggetto estraneo al rapporto Consorzio-INAIL era stato differito come peraltro d'intesa con la ditta beneficiaria RD (...); che il mero differimento di un pagamento ad una impresa privata non avrebbe potuto in nessun caso costituire motivo di risoluzione parziale del contratto, basata su una erronea interpretazione della legge e del bando; che il termine di presentazione della rendicontazione non avrebbe potuto essere considerato perentorio e, parimenti, il ritardato pagamento alla ditta realizzatrice delle opere non avrebbe integrato, nel bilanciamento delle prestazioni corrispettive, un inadempimento tale da giustificare una revoca dell'assegnazione delle somme stanziate secondo progetto; che, in base alla rendicontazione presentata, ha concretamente effettuato un esborso di denaro pari ad Euro 110.515,00 a fronte di un beneficio erogato di Euro 61.359,00; che, in ragione di quanto esposto, l'escussione della polizza per il predetto importo deve dunque ritenersi illegittimo. Sulla scorta di tali premesse, il consorzio attore ha dunque così concluso, di seguito alle eccezioni di controparte, nella prima memoria istruttoria ex art. 183, sesto comma, c.p.c.: "In via preliminare e pregiudiziale: rigettare in quanto infondata in fatto ed in diritto l'eccezione di incompetenza giurisdizionale sollevata dalla controparte e pertanto dichiarare la propria competenza a giudicare in merito alla domanda attorea. Nel merito: accertata e dichiarata la validità dell'opera realizzata dall'attore nonché il rispetto dello stesso nell'esecuzione di quanto previsto nel bando ISI INAIL 2014, conseguentemente annullare il provvedimento emesso dal convenuto il giorno 09.03.2018 in danno del Consorzio (...) di esclusione dai benefici concessi all'attore e previsti dal D.Lgs. n. 81 del 2008 s.m.i., poiché illegittimo in fatto ed in diritto." Si è costituito in giudizio l'INAIL con deposito di comparsa in formato analogico in data 21/12/2018, eccependo preliminarmente in rito il difetto di giurisdizione dell'autorità giudiziaria ordinaria poiché si sarebbe in presenza di una questione che investe una posizione di interesse legittimo in capo al consorzio attore, come sarebbe riconosciuto espressamente dalla giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione. Ha rilevato sul punto che, nel caso di specie, si sarebbe in presenza di una procedura di erogazione di un finanziamento pubblico non ancora definita in tutti i suoi aspetti, mancando la fase di verifica di realizzazione del progetto e di rendicontazione dello stesso, nei termini prescritti dal bando ISI 2014. Nel merito, l'istituto convenuto ha ribadito la legittimità del provvedimento con il quale la revoca del beneficio relativo alla domanda presentata dal Consorzio (...) per la ritenuta violazione della disciplina primaria e del bando, che all'art. 17, prevede che in caso di ammissione al finanziamento il progetto deve essere realizzato e rendicontato entro 12 mesi, termine eventualmente prorogabile di 6 mesi. Ha quindi rilevato l'inosservanza del predetto termine anche a seguito di proroga concessa e la conseguente legittima applicazione delle regole del bando. Ha osservato, a conferma della legittimità del provvedimento di revoca dei benefici, che esso sarebbe stato adottato sulla base di una valutazione complessiva della condotta del Consorzio attore, il quale si sarebbe reso responsabile di gravi inadempienze, che risulterebbero dalla stessa comunicazione del 15/9/2017 con cui il consorzio ha chiesto un ulteriore proroga del termine fissato per la presentazione del rendiconto. Sulla scorta di tali considerazioni in rito e nel merito, l'INAIL ha concluso come in epigrafe. Con ordinanza del 9/1/2020 il g.i., respinte le richieste di prove orali di parte attrice, ha ordinato all'INAIL l'esibizione in giudizio della perizia di validazione redatta dall'arch. dott. (...), delle opere realizzate dal Consorzio attore. In data 19/10/2020 l'INAIL ha depositato un documento denominato "Rendicontazione del validatore tecnico", sul quale è stato garantito il contraddittorio con differimento dell'udienza. Così conclusa l'istruttoria, la causa è stata rinviata al 27/4/2023 per la decisione a norma dell'art. 281-sexies c.p.c. L'udienza è stata sostituita dal deposito di note scritte a norma dell'art. 127-ter c.p.c. medio tempore entrato in vigore. 2. La giurisdizione del giudice ordinario, nella fattispecie in decisione, discende dalla piana applicazione del seguente principio di diritto affermato in sede di legittimità (il caso affrontato dalla Corte di cassazione offre supporto alla valutazione della presente causa proprio in ragione della contraria fattispecie vagliata): La controversia promossa per ottenere l'annullamento del provvedimento di revoca di un finanziamento pubblico concerne una posizione di diritto soggettivo (ed è pertanto devoluta alla giurisdizione del giudice ordinario) tutte le volte in cui l'amministrazione abbia inteso far valere la decadenza del beneficiario dal contributo in ragione della mancata osservanza, da parte sua, di obblighi al cui adempimento la legge o il provvedimento condizionano l'erogazione, mentre riguarda una posizione di interesse legittimo (con conseguente devoluzione al giudice amministrativo) allorché la mancata erogazione del finanziamento, pur oggetto di specifico provvedimento di attribuzione, sia dipesa dall'esercizio di poteri di autotutela dell'amministrazione, la quale abbia inteso annullare il provvedimento stesso per vizi di legittimità o revocarlo per contrasto originario con l'interesse pubblico. (Nella specie, la S.C. ha dichiarato la giurisdizione del g.a. trattandosi di revoca dell'agevolazione disposta per un vizio originario relativo all'ammissibilità del progetto e, peraltro, in quanto l'originaria erogazione non discendeva direttamente dalla legge ma presupponeva il potere della pubblica amministrazione, attribuito dalla legge, di riconoscere l'agevolazione all'esito di una valutazione comparativa tra gli interessati e sulla base della formulazione di un'apposita graduatoria tra possibili beneficiari, con la conseguenza che, rispetto all'erogazione dell'agevolazione, il soggetto finanziato vantava una posizione di interesse legittimo persistente anche in caso di revoca per vizio originario afferente al provvedimento di erogazione) (Cass. civ., sez. un., 30/07/2020, n. 16457). Sulla stessa incontroversa linea interpretativa il giudice amministrativo di vertice: Il riparto di giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo in materia di controversie riguardanti la concessione e la revoca di contributi e sovvenzioni pubbliche deve essere attuato, non configurandosi alcuna ipotesi di giurisdizione esclusiva, sulla base del generale criterio di riparto fondato sulla natura della situazione soggettiva azionata, con la conseguenza che sussiste la giurisdizione del giudice ordinario quando il finanziamento è riconosciuto direttamente dalla legge ed alla pubblica amministrazione è demandato soltanto il compito di verificare l'effettiva esistenza dei relativi presupposti senza procedere ad alcun apprezzamento discrezionale circa l'an, il quid, il quomodo dell'erogazione. È inoltre configurabile una situazione soggettiva di interesse legittimo, con conseguente giurisdizione del giudice amministrativo, ove la controversia riguardi una fase procedimentale precedente al provvedimento discrezionale attributivo del beneficio, oppure quando, a seguito della concessione del beneficio, il provvedimento sia stato annullato o revocato per vizi di legittimità o per contrasto iniziale con il pubblico interesse (Cons. Stato, sez. VII, 19/01/2023, n. 664). Non è controverso che, con nota del 10/3/2016 (all. 2 al fascicolo di parte attrice depositato in forma analogica e all. 2 al fascicolo di parte convenuta), l'INAIL di Latina ha comunicato al Consorzio attore la parziale ammissione al contributo per l'importo di Euro 122.718,00 sulla scorta della effettuazione della verifica tecnico-amministrativa prevista dall'art. 17 dell'Avviso pubblico Quadro 2014 - Incentivi alle imprese per la realizzazione di interventi in materia di salute e sicurezza sul lavoro in attuazione dell'art. 11, comma 5, del D.Lgs. n. 81 del 2008. La valutazione dell'amministrazione convenuta, compiuta con il predetto provvedimento, investe la discrezionalità tecnica della stessa amministrazione in termini di corretto scrutinio e valutazione dei progetti presentati in relazione alle finalità della legge e, nello specifico, del bando. Si abbia riguardo, con specifico riferimento alla disciplina in esame, al seguente assunto del giudice amministrativo di vertice: Il sindacato giurisdizionale sui provvedimenti che determinano la mancata ammissione ai finanziamenti per la realizzazione di interventi in materia di salute e sicurezza, in attuazione dell'art. 11, commi 1, lett. a), e 5 D.Lgs. n. 81 del 2008, si risolve nello scrutinio del corretto esercizio della discrezionalità tecnica riservata all'Inail in sede di valutazione dei progetti presentati, in base ai criteri attinenti alla finalità ed all'efficacia degli interventi proposti, sicché tali provvedimenti possono essere censurati solo se affetti da macroscopiche illogicità ed omissioni ovvero da evidenti errori di fatto, restando, in ogni caso, preclusa al Giudice la sostituzione della propria valutazione a quella dell'Amministrazione, se non inficiata dalle predette manifeste violazioni (Cons. Stato, sez. III, 14/06/2018, n. 3694). Il predetto scrutinio tecnico del progetto presentato dal Consorzio (...) può ritenersi concluso con lo svolgimento delle verifiche previste dal richiamato art. 17 dell'Avviso pubblico. Le attività successive rimesse all'INAIL dall'Avviso pubblico (quale regola in concreto del rapporto), quali le verifiche di realizzazione del progetto, i termini e le modalità di presentazione del rendiconto e l'erogazione in concreto del contributo non comportano, secondo i princìpi sopra enunciati, alcun apprezzamento discrezionale circa l'an, il quid, il quomodo dell'erogazione, che si è consumato con l'approvazione del progetto presentato. Né la revoca del beneficio - sempre avuto riguardo ai princìpi di diritto sopra richiamati - è contestata per vizi di legittimità o per contrasto iniziale con il pubblico interesse; essa infatti è ritenuta illegittima perché considerata erroneamente fondata su un inadempimento del consorzio beneficiario di cui si nega il fondamento. Su questo profilo nessun esercizio di discrezionalità tecnica è sottoposto al vaglio del giudice ordinario, che deve pertanto ritenersi "competente" giurisdizionalmente per il presente giudizio. 3. Come rilevato al punto 1. della presente motivazione, il Consorzio (...) ha dedotto che, successivamente al riconoscimento del beneficio previsto dalla normativa di riferimento, è stata erogata in suo favore la somma in acconto di Euro 61.359,00 e sono stati quindi realizzati i lavori previsti in progetto e contenuti nella relazione peritale allegata alla domanda di partecipazione al bando e che la realizzazione delle opere è stata validata dallo stesso perito inviato dall'INAIL, che ha integralmente approvato la nuova impiantistica realizzata dal consorzio. Detta circostanza, all'esito dell'istruttoria, risulta comprovata dalla produzione in giudizio, per effetto dell'ordine di esibizione pronunciato dal g.i., di documento INAIL denominato "Rendicontazione del validatore tecnico", dal quale risulta il parere positivo sulle opere realizzate dal consorzio. Il documento in questione ha tuttavia una duplice portata probatoria ai fini della presente decisione: se, da un lato, infatti nelle note del coordinatore si legge: "L'intervento risulta conforme ai disposti del bando ISI"; ed ancora: "i lavori di cui al progetto approvato sono stati eseguiti entro i termini di cui all'avviso pubblico (come risulta dal deposito della SCIA antincendio del 23 marzo 2017) e che pertanto la spesa sostenuta e rendicontata dal punto di vista tecnico risulta finanziabile per l'importo di Euro 116.003,50"; d'altro lato, nello stesso documento si legge: "Risulta peraltro che la fattura relativa ai lavori eseguiti (euro 80.750,00) sia stata pagata fuori termini e che pertanto non sia stata inserita in procedura tra le spese rendicontabili, con la conseguenza che anche le spese tecniche non sono state rese liquidabili in procedura ... si deve prendere atto che la procedura non consente la liquidazione di alcuna spesa sostenuta dall'azienda a fronte dell'investimento conforme al progetto prevenzionale approvato". Dunque è dal documento esibito in giudizio, sul quale parte attrice ancora la pretesa, che si desume - come peraltro rilevato e dedotto dall'INAIL convenuta - che la definitiva ed integrale erogazione del finanziamento non è stata effettuata a causa della mancata rendicontazione nei termini previsti della fattura relativa ai lavori eseguiti di Euro 80.750,00, che si assume pagata dal beneficiario all'impresa incaricata dei lavori fuori dai termini concessi per la rendicontazione. Al quadro fattuale derivante dai riscontri di validazione tecnica desumibili dal documento esaminato, si aggiunge, come documentazione proveniente dalla stessa parte attrice, la comunicazione del 15/7/2017 (all. 5 al fascicolo di parte convenuta), con la quale il Consorzio chiede "un'ulteriore proroga di 60 giorni rispetto al termine ultimo di rendicontazione del 10/9/2017 per gravi e giustificati motivi che hanno reso impossibile il pagamento di tutti i fornitori entro la data del 10/9/2017. Si precisa che i gravi motivi finanziari che si sono verificati hanno costretto l'amministrazione a fare delle scelte in merito ai pagamenti da eseguire; in questa ottica l'amministrazione ha ritenuto doveroso privilegiare i pagamenti dei lavoratori senza che quest'ultimi subissero alcun danno o ritardo, garantendo altresì la regolarità contributiva, requisito fondamentale anche per la presente pratica". Non vi sono contestazioni sul fatto che il Consorzio abbia ottenuto una prima proroga della durata di sei mesi per la rendicontazione ed il deposito della relativa documentazione, con conseguente spostamento dell'originario termine del 10/3/2017 al 10/9/2017. La proroga è stata concessa in attuazione dell'art. 19, quarto capoverso, dell'Avviso pubblico, per il quale: "Il termine per la realizzazione del progetto (e per la rendicontazione) è prorogabile su richiesta motivata dell'impresa e per un periodo non superiore a sei mesi". L'ultimo capoverso della predetta disposizione stabilisce in modo non equivoco: "L'inosservanza del predetto termine di 12 mesi, ovvero di quello di proroga concesso, determina la revoca del provvedimento di ammissione e, nel caso in cui sia stata concessa l'anticipazione, l'escussione dell'eventuale fideiussione". Non vi sono dubbi dunque sulla violazione delle disposizioni del bando (Avviso pubblico per l'assegnazione degli incentivi) sotto il profilo della mancata rendicontazione nei termini stabiliti e a ragione del fatto che il maggiore importo sostenuto dal Consorzio per il pagamento dell'impresa che ha realizzato le opere è avvenuto fuori del termine previsto per la medesima rendicontazione. L'argomento utilizzato da parte attrice per superare il predetto dato di fatto - vale a dire la non perentorietà del termine previsto dal bando per la rendicontazione - non persuade il tribunale. In primo luogo vi è una ragione di carattere sistematico e che riguarda la natura del termine in relazione ad un procedimento amministrativo finalizzato alla erogazione di incentivi pubblici. In questo caso è improprio parlare di perentorietà o meno del termine, poiché la funzione dello stesso ha a che fare non già con il rispetto di un equilibrio sinallagmatico del rapporto tra le parti (piuttosto si dovrebbe parlare di essenzialità del termine e non di perentorietà), ma in relazione alla legittimità della condotta di un partecipante alla gara rispetto agli altri partecipanti esclusi. Ciò che non viene percepito nel caso di specie (invero neppure da parte convenuta) è che il rispetto del termine, di cui è prevista una proroga non insignificante dal punto di vista quantitativo (sei mesi), rientra negli obblighi cui il beneficiario dell'erogazione pubblica deve attenersi in quanto soggetto selezionato in luogo di altri e che si impegna dunque a rispettare le regole stabilite dal bando. Diversamente l'amministrazione potrebbe disporre dei fondi pubblici al fuori delle regole previste anche in termini di adempimento degli obblighi del legittimo assegnatario, pregiudicando, indirettamente, la posizione del soggetto non aggiudicatario. Quindi non è adeguato effettuare una valutazione della essenzialità o meno del termine di rendicontazione nel caso di specie, ma va verificato il rispetto o meno della comune regola fissata dal bando, la cui violazione qui non è in discussione, tenuto conto peraltro della proroga concessa. Sotto altro profilo, ciò che emerge dalle prove acquisite è che i fondi anticipati da INAIL per la realizzazione del progetto siano stati destinati, piuttosto che al pagamento delle imprese che hanno realizzato il progetto incentivato, al ripianamento di debiti da lavoro dipendente dello stesso consorzio (non è dato comprendere se connessi o meno alla realizzazione delle opere incentivate). Questo aspetto rileva ai fini della connotazione non esente da colpa della condotta del soggetto beneficiario. Ne deriva dunque che la revoca del contributo approvato dall'INAIL in favore del Consorzio (...) per la realizzazione di interventi in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro in attuazione dell'art. 11, comma 5, del D.Lgs. n. 81 del 2008 deve considerarsi legittima e la domanda del medesimo consorzio dev'essere rigettata. 4. Sussistono ragioni per la parziale compensazione, nella misura della metà, delle spese di lite attesa la infondatezza dell'eccezione in rito sollevata dal convenuto. La restante metà è liquidata come in dispositivo sulla base dei parametri di cui al D.M. n. 55 del 2014, tenuto conto della natura e del valore della controversia e dell'attività difensiva svolta (scaglione ricompreso tra Euro 26.000,01 ed Euro 52.00,00, applicati i valori minimi relativi a tutte le fasi, tenuto conto della scarsa complessità della controversia). P.Q.M. Il Tribunale, definitivamente pronunciando, così decide: dichiara la giurisdizione del giudice ordinario; rigetta la domanda proposta dall'attore Consorzio (...); compensa nella misura della metà le spese di lite e condanna l'attore alla rifusione delle spese di lite in favore dell'INAIL convenuto, che liquida in Euro 1.904,00 per compenso al difensore, oltre spese generali, iva e cpa. Così deciso in Latina il 27 aprile 2023. Depositata in Cancelleria il 29 aprile 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO DI LATINA I SEZIONE CIVILE Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. Antonio Gabrielli ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 950/2014 promossa da: (...) C.F. (...)elettivamente domiciliato in V.LE (...) LATINA con il patrocinio dell'Avv. MA.FR. ATTORE contro COMUNE DI SABAUDIA C.F. (...) in persona del sindaco Ma.Lu. elettivamente domiciliato in C/O AVV. CA.FE. - VIALE (...) LATINA con il patrocinio dell'Avv. DE.RO. CONVENUTO SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione Con atto di citazione ritualmente notificato in data 7.2.2014 (...) conveniva innanzi codesto Tribunale il comune di Sabaudia in persona del legale rapp.te, per ivi sentire accogliere le seguenti conclusioni: Piaccia al Tribunale Ecc.mo, disattesa ogni contraria istanza, eccezione e deduzione, accertare e dichiarare ai sensi dell'art.1158 c.c. l'avvenuto acquisto per usucapione in favore dell'attore, dell'immobile sito in (...) (L.) località M. via L. snc, distinto al catasto terreni del comune di Sabaudia al foglio (...) - particella (...) - mappale (...), della superficie complessiva di mq. 1.526, per avere il medesimo mantenuto il possesso di detto immobile in modo continuativo, pacifico, non interrotto da oltre venti anni e, conseguentemente, ordinare al competente ufficio della Conservatoria dei Pubblici Registri Immobiliari di provvedere alla trascrizione del suddetto immobile in favore dell'attore (...). A sostegno della domanda l'attore deduceva di possedere uti dominus, da oltre vent'anni, l'immobile sito in (...) (L.) località M. via L. snc , come indicato catastalmente nelle conclusioni, richiamava scrittura privata del 07.06.1980 con la quale (...) cedeva all' attore, ogni diritto derivante dall'occupazione del citato terreno che a sua volta perveniva alla cedente a seguito di sentenza della Giunta d'Arbitri di Velletri del 1896, soggetta alla speciale giurisdizione del Commissariato per la liquidazione degli Usi Civici; successivamente con altra scrittura privata del 27.10.1980. (...) cedeva a (...) altro appezzamento di terreno di mq. 1000 sempre distinto al (...) al Foglio (...) Particella (...) Mappale (...) in parte, il quale con ulteriore scrittura privata del 27.02.1988 lo trasferiva, come possessore di fatto, all'attore. Deduceva di essere da oltre vent'anni nel pieno e pacifico godimento del terreno in Località M. distinto al Catasto (...) di (...) al Foglio (...) - part. (...) Mappale (...) della superficie complessiva di mq. 1526, avendo a suo dire, acquistato ogni diritto per atto tra vivi. Sottolineava inoltre che il citato bene immobile è assoggettabile ad usucapione poiché ricompreso nel patrimonio disponibile dell'Ente Pubblico; a seguito di procedura conciliativa conclusasi con verbale di mediazione negativo, adiva il tribunale e chiedeva pertanto, ai sensi dell'art. 1158 c.c. l'avvenuto acquisto per usucapione dell'immobile sito in (...) (L.) Località M. come indicato nelle conclusioni. Alla prima udienza del 24.04.2014, verificata la regolarità della notifica dell'atto di citazione, in assenza di costituzione in giudizio dell'Ente convenuto, il giudice dichiarava la contumacia dello stesso e concedeva i termini di cui al 183 c.p.c. 6 comma. Parte attorea depositava memoria difensiva di cui ai numeri 1.2.3 del 183 c.p.c. 6 comma; precisava, a parziale modifica e integrazione all'atto di citazione, il possesso di ulteriore particella in corso di accertamento. Depositava documentazione, articolava prova testimoniale. Il giudice ammetteva prova testimoniale e fissava per l'espletamento l'udienza del 27.10.2015. All'udienza del 31.03.2015 si costituiva il Comune di Sabaudia, a mezzo del proprio difensore, chiedeva il rigetto della domanda attorea. Osservava che il terreno de quo è stato oggetto di contestazione relativa alla estinzione degli usi civici e pronuncia definitiva della Corte di Cassazione nel 2003 , che ha posto fine all'annosa disputa ed ha definitivamente escluso la sussistenza della proprietà collettiva per assenza di usi civici ,sulle terre in questione; contestava, pertanto il possesso, in capo all'attore, ultraventennale; sosteneva parte convenuta che il possesso uti dominus, ai fini della prescrizione acquisitiva non può considerarsi decorrente da epoca anteriore al definitivo accertamento, che la proprietà privata si appartiene al patrimonio disponibile del Comune convenuto poiché fino a tale epoca il possesso dei cives era conseguenza di una contestata proprietà collettiva delle terre. Alla medesima udienza il giudice ammetteva prova testimoniale e si riserva all'esito la CTU. Alla udienza del 27.10.2015 veniva espletata prova testimoniale con l'escussione del teste indicato. In data 03.11.2015, il giudice con ordinanza di scioglimento di riserva ordinava a parte attrice a provvedere al deposito di proposta di acquisto allo stesso notificato dal Comune di Sabaudia relativamente ai terreni per cui è lite, ovvero a parte convenuta di provvedere al predetto deposito ove esistente e non ancora comunicato a controparte. Revocava l'ammessa CTU e rinviava al 09.02.2017 riservando ogni ulteriore determinazione. All'udienza del 14.02.2017 parte attorea produceva Bando del Comune di Sabaudia; e alla successiva udienza depositava certificazione ipocastale ventennale dell'immobile con visura aggiornata e ogni altra documentazione necessaria ai fini del giudizio. Dopo le conclusioni formulate dalle parti ed alcuni rinvii, in data 17.03.2022 il giudice tratteneva la causa in decisione con la concessione dei termini di cui all'art. 190 c.p.c. Preliminarmente è necessario esaminare la regolare costituzione del comune convenuto. Il difensore di parte attorea ha più volte richiamato, nei propri scritti difensivi e fino alla precisazione delle conclusioni, la mancata costituzione del comune convenuto, qualificando tale parte processuale come contumace. Orbene si osserva che, dalla visione degli atti depositati, il Comune di Sabaudia risulta costituito in data 31.03.2015 con il deposito in forma cartacea del fascicolo di parte, contenente la comparsa di costituzione con procura in calce rilasciata da sindaco p.t. del Comune di Sabaudia; determina dirigenziale di conferimento di incarico n. 37 del 10.02.2014 che autorizza il Comune a costituirsi nel presente giudizio e atto di citazione notificato. La costituzione dell'Ente convenuto, benchè sia avvenuta tardivamente e quindi come tale sottoposto alle preclusioni previste dalla legge, è stata effettuata nei termini consentiti, cioè prima della precisazione delle conclusioni. Il procuratore costituito per l'ente convenuto in data 13.07.2021, con memoria generica, provvedeva altresì al deposito telematico degli atti depositati in forma cartacea, confermando la costituzione in giudizio già formalizzata ed effettuata in data 31.03.2015. Pertanto si può ritenere acclarata la costituzione in giudizio del Comune di Sabaudia nella presente causa a mezzo del proprio difensore avv. Ro.De.. Sempre in via preliminare, si ritiene esaminare e chiarire quanto dedotto ed eccepito dall'ente convenuto con la comparsa di costituzione relativamente al mancato decorso del termine ultraventennale del possesso, idoneo alla prescrizione acquisitiva; parte convenuta sostiene che il termine di decorrenza, nel caso de quo decorre non prima del 22.01.2003 per effetto della pronuncia della Corte di Cassazione n.896 del 22.01.2003, recepita dal commissario per gli usi civici delle regioni Toscana Umbria e Lazio che ha definitivamente esclusa la sussistenza della proprietà collettiva per l'assenza di usi civici sulle terre in questione. Tale assunto non può essere condiviso poiché la predetta sentenza pone un importante questione in ordine alla interpretazione della normativa relativa agli usi civici. Chiarisce che: La norma dell'art. 7 della legge istitutiva di Sabaudia ( R.D.L. 4 agosto 1993, n. 1071, conv. nella L. 29 gennaio 1934, n. 20), che ha dichiarato " estinti tutti i diritti di uso civico, le servitù civiche ed i privilegi che gravino eventualmente sui terreni compresi nella circoscrizione del comune di Sabaudia" , deve essere interpretata in senso " estensivo" in base alla sua formulazione letterale e alla sua ratio (espressa nella relazione al disegno di legge di convenzione del decreto), che è quella di eliminare ogni ostacolo alla attuazione della bonifica pontina e del programma di colonizzazione agraria che in quegli anni si stava compiendo. Ne consegue che il legislatore ha inteso estinguere tutti i diritti di utilizzazione esercitati dalla popolazione sia sui beni privati che sulle terre di proprietà della collettività (cosidetto "demanio civico"). L'estinzione del potere di utilizzazione da parte della popolazione non comporta il venir meno della titolarità del comune, al quale comunque dette terre appartengono. Pertanto la possibile decorrenza del termine, ai fini della prescrizione acquisitiva per l'acquisto ad usucapionem si fa risalire fin dall'epoca del R.D.L. del 4 agosto 1933, n. 1071, conv. nella L. 29 gennaio 1934, n. 20. Non può essere accolta l'eccezione di parte convenuta. Nel merito la domanda è fondata e deve essere accolta. Oggetto del giudizio è l' accertamento e la dichiarazione dell'avvenuto acquisto per usucapione di immobile ai sensi dell'art. 1158 c.c. Per il compimento dell'usucapione devono sussistere imprescindibilmente il possesso continuo, ininterrotto, pacifico, pubblico ed inequivoco da parte di un soggetto terzo che non ne è titolare ed il trascorrere di un determinato lasso temporale, unitamente alle intenzioni di tenere la cosa come se fosse propria. Il bene oggetto di causa è rappresentato da un immobile su un terreno il cui possesso in capo all'attore è iniziato dal 1980; il citato terreno apparteneva a suo tempo al comune di Sabaudia, costituente patrimonio disponibile dell'ente e non più sottoposto al regime degli usi civici gravante sullo stesso; in virtù delle citate leggi tutti i terreni sono stati liberati dal vincolo degli usi civici e sono usciti definitivamente dal precedente regime speciale del R.D.L. n. 1766 del 1927; a sostengo della possibile usucapibilità del bene in questione è rilevante la sentenza del commissario degli usi civici con la quale il Ministero di Grazia e Giustizia ha confermato le sentenze sia della Corte di Appello di Roma che della Suprema Corte di Cassazione dichiarando la natura patrimoniale del predetti terreni facenti parte del comprensorio di Sabaudia - Molella, disponendo la cessazione de vincoli stabiliti a suo tempo a tutela del demanio. Pertanto il predetto bene risulta usucapibile per assenza di vincoli e ricompreso nel patrimonio disponibile dell'ente pubblico. Peraltro anche il provvedimento del giudice, nel presente giudizio che all'udienza del 20.09.2016 ha revocato la ammessa CTU al fine di verificare la demanialità del bene, rappresenta in modo pacifico che il bene in questione appartiene al patrimonio disponibile dell'Ente e che la predetta ctu è apparsa superflua. Ai fini della dichiarazione dell'acquisto per usucapione di un bene immobile è necessario che l'attore assolva all'onere della prova riguardo la continuità del possesso per un lasso di tempo, incontestato e con l'animus del proprietario; l'attore ha proposto la domanda relativa alla dichiarazione di usucapione di un terreno sul quale ha costruito un fabbricato, il cui possesso è stato oggetto di trasferimento con due distinte scritture private risalenti al 1980; benchè le predette scritture non abbiano riportato la data certa, dai documenti depositati si rileva che in data 30.04.1986 con protocollo (...), l'attore ha inoltrato al Comune di Sabaudia domanda di sanatoria per le opere edilizie ad uso residenziale relativo all'immobile sito in (...), frazione M. - Via (...) - Foglio (...) - Particella (...) , il tutto corrispondente ai dati identificativi dell'immobile de quo; ha inoltre depositato ricevute di pagamento a favore della Tesoreria Comunale di Sabaudia per la predetta sanatoria nonché documentazione ipocatastale che ha evidenziato l'assenza di iscrizioni e trascrizioni a favore o contro da oltre trent'anni. La data certa del 30.04.1986 ci consente di individuare una data da cui poter calcolare la decorrenza del termine utile ad usucapire , ed anche di avere la certezza che a tale data l'attore avesse realizzato sui terreni oggetto di causa una costruzione abusiva. Questo giudice ritiene quindi che l'attore abbia fornito prova riguardo al possesso del terreno con l'animus di proprietario, tanto è vero che ha costruito sopra il predetto fondo una costruzione residenziale rappresentato dall'immobile de quo; tale comportamento prova in modo inequivocabile una attività materiale corrispondente all'esercizio del diritto di proprietà, accompagnata da univoci indizi che consentono di presumere che essa è svolta uti dominus, essendo tale attività incompatibile con l'altrui proprietà. Tutta la documentazione depositata prova in modo imprescindibile che il possesso sia del terreno che dell'edificio su di esso costruito è continuato per oltre vent'anni e quindi prova l'elemento soggettivo, necessario ai fini dell'usucapione, rappresentato dal fatto che l'attore ha posseduto il bene come se ne fosse già proprietario. Non soltanto quindi la coltivazione del fondo bensì tutti gli altri elementi di prova sono ad indicare che l'attore ha posseduto con l'animus di proprietario. Ai fini della prova degli elementi costitutivi dell'usucapione, la coltivazione del fondo non è sufficiente, perché, di per sé, non esprime, in modo inequivocabile, l'intento del coltivatore di possedere, occorrendo, invece, che tale attività materiale, corrispondente all'esercizio del diritto di proprietà, sia accompagnata da univoci indizi, i quali consentano di presumere che essa è svolta uti dominus; l'interversione nel possesso non può avere luogo mediante un semplice atto di volizione interna ma deve estrinsecarsi in una manifestazione esteriore, dalla quale sia possibile desumere che il detentore abbia iniziato ad esercitare il potere di fatto sulla cosa esclusivamente in nome proprio e non più in nome altrui, e detta manifestazione deve essere rivolta specificamente contro il possessore, in maniera che questi sia posto in grado di rendersi conto dell'avvenuto mutamento e della concreta opposizione al suo possesso (Cass. Civ. Sez. II n. 6324 del 25/02/2022). Ulteriore prova espletata nel corso del giudizio è la prova testimoniale articolata dall'attore con l'escussione dell'unico teste indicato Sig. (...), tendenzialmente diretto a provare il possesso continuo ed ininterrotto al fine dell'acquisto ad usucapionem dell'immobile de quo. Parte convenuta, su domanda ammessa dal giudice, eccepisce la incapacità del teste per avere lo stesso un giudizio pendente nei confronti dell'Ente convenuto avente lo stesso oggetto. Orbene escludendo la circostanza che l'aver instaurato un giudizio simile sia causa di incapacità a testimoniare, ma tuttalpiù circostanza da valutare ai soli fini dell'attendibilità. Peraltro la nullità della testimonianza avrebbe dovuto essere eccepita anche dopo l'espletamento della stessa ex art. 157 c.p.c. ma di ciò non vi è traccia nel verbale d'udienza né nel successivo. ( Cass. Civ sez Un . 9456/2023 ) La legge non stabilisce a priori quando un testimone non sia attendibile, lasciando questo compito al giudice caso per caso. A tal proposito è opportuno ribadire che le prove si dividono in prove legali e prove libere; la prova legale è valutata dal legislatore e come tale non lascia margini di valutazione discrezionale da parte del giudice ( confessione e giuramento) ; la prova libera è valutata dal giudice secondo il suo prudente apprezzamento; nel presente giudizio l'unico teste escusso ha confermato i capi di prova articolati: sul capo A della memoria risponde "è vero sono molto più di vent'anni"; sui capi B e C conferma quanto letto poiché gli risulta. Si ritiene che la valutazione del contenuto delle dichiarazioni rese dal teste vada effettuata considerando non solo quanto confermato dal teste ma altresì da tutte le altre prove raccolte nel corso del giudizio. Ciò che il teste ha confermato trova riscontro da tutta la documentazione depositata: (...) private di cessione del possesso del terreno, domanda di sanatoria relativa all'immobile, tutta la documentazione ipocatastale e ipotecaria con l'indicazione dei dati catastali dei beni, per cui anche della sua testimonianza si può e si deve tenere conto ai fini del convincimento di questo giudice. Pertanto, essendo la domanda stata sufficientemente provata, la stessa deve essere accolta. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo, secondo i parametri attualmente vigenti. P.Q.M. Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza ed eccezione disattesa o assorbita, così dispone: - Accoglie la domanda proposta da (...) e per l'effetto accerta e dichiara ai sensi dell'art. 1158 c.c. l'avvenuto acquisto per usucapione in favore dell'attore, dell'immobile sito in (...) (L.) - Località M. - via L. snc, distinto al catasto terreno del Comune di Sabaudia al Foglio (...) - Particella (...) - Mappale (...) della superficie complessiva di mq 1526. - Ordina all'Agenzia delle Entrate, Ufficio Provinciale di Latina - Territorio, già Conservatoria dei Registri Immobiliari con esonero da ogni responsabilità, di provvedere, a seguito della presentazione del relativo titolo da parte dell'interessato, alla trascrizione / annotazione della presente sentenza, al passaggio in giudicato della stessa. - Condanna la parte convenuta al pagamento delle spese legali che si liquidano in Euro 150,00 per spese, Euro 300,00 per la fase di studio, Euro 250,00 per la fase introduttiva, Euro 500,00 per la fase di trattazione, Euro 550,00 per quella decisionale oltre i.v.a., c.p.a. e 15,00% per spese forfettarie con attribuzione all'avv. Fr.Ma. quale procuratore costituito di parte attorea, dichiaratosi anticipatario. Così deciso in Latina il 27 aprile 2023. Depositata in Cancelleria il 27 aprile 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE CIVILE DI LATINA PRIMA SEZIONE CIVILE in composizione monocratica, in persona della dott.ssa Concetta Serino, ha emesso la seguente SENTENZA nella causa civile iscritta al numero 607 del ruolo generale degli affari contenziosi dell'anno 2013, trattenuta in decisione all'udienza del 19.9.2017 e vertente TRA FALLIMENTO DI "(...) (...)L.", in persona del l.r.p.t., rappresentata e difesa, in virtù di procura in atti, dall'avv. Lu.Pi. ed elettivamente domiciliata presso il suo studio in Terracina in Via (...), PARTE ATTRICE E (...) S.P.A., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa, in virtù di procura in atti, rappresentato e difeso dagli Avvocati La.Ma. e Gi.Ca. ed elett.te dom.ta presso la filiale della Banca in Latina Via (...), PARTE CONVENUTA OGGETTO: risarcimento del danno per illegittimo pignoramento e iscrizione ipoteca RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE Con atto di citazione ritualmente notificato, la (...) S.p.A. ha evocato in giudizio il (...) S.p.A. e, premettendo di aver intrattenuto presso la Filiale di L. un rapporto di conto corrente n. (...), che chiedeva di estinguere con missiva del 21.03.2012, cui la Banca rispondeva chiedendo il saldo della somma di Euro 627,76, pena l'iscrizione presso la (...), che la stessa versava e, nonostante ciò, veniva a conoscenza della segnalazione a sofferenza in (...) effettuata il 7 novembre 2011, per cui, deducendo la responsabilità dell'Istituto Bancario, ne ha domandato la condanna al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali, quantificati in Euro 6.000.000,00. Asseriva che, per effetto di tale comportamento, aveva subito ingenti danni, tra cui un danno all'immagine e alla reputazione, la risoluzione di contratti stipulati tra l'anno 2009 e l'anno 2011, oltre alla comunicazione di revoca del fido da parte della (...) s.r.l. e della (...) s.r.l. e la revoca dell'attestazione (...). Si costituiva la (...) s.p.a., eccependo l'inammissibilità della domanda attorea, l'infondatezza della stessa per insussistenza di prova in ordine alla condotta illecita, ai danni e al nesso eziologico. Concludeva, quindi, per la reiezione delle domande attoree. Ciò detto va premesso che la semplice illegittimità del protesto, ipotesi similare a quella in oggetto, pur costituendo un indizio quanto all'esistenza di un danno, da valutare nelle sue diverse articolazioni, non è di per sé sufficiente per la liquidazione del danno medesimo, essendo necessarie la gravità della lesione e la non futilità del pregiudizio conseguente, elementi, questi, che possono essere provati anche mediante presunzioni semplici, fermo restando l'onere del danneggiato di allegare gli elementi di fatto dai quali possa desumersi l'esistenza e l'entità del pregiudizio (Cassazione civile 23 giugno 2010 n. 15224). Ebbene, già sotto il punto di vista dell'allegazione le asserzioni contenute nell'atto di citazione sono generiche e indimostrate. Deve al riguardo osservarsi che, mentre nelle domande "autodeterminate" (come le azioni a difesa della proprietà e degli altri diritti reali di godimento) la causa petendi si identifica con il diritto azionato stesso e non con il titolo che ne costituisce la fonte (contratto, successione, fatto illecito, etc.) la cui deduzione, pur necessaria ai fini della prova del diritto, non ha alcuna funzione di specificazione della domanda (Cassazione civile, sez. II, 10 ottobre 1997, n. 9851; Cassazionecivile, sez. II, 18 febbraio 1991, n. 1682; Cassazione civile, sez. II, 21 giugno 1995, n. 7033; Cassazione civile, sez. I, 6 agosto 1997, n. 7267), nelle domande "eterodeterminate" (diritti di obbligazione in genere), l'identificazione del titolo è in funzione dello specifico fatto storico dedotto, sicché la causa petendi si risolve nel riferimento concreto a quei fatti specifici che sono affermati ed allegati come costitutivi e perciò individuatori del diritto che si fa valere (Cassazione civile, sez. II, 21 febbraio 1994, n. 1654; Cassazione civile, sez. un., 22 maggio 1996, n. 4712). La differenza di tale regime è spiegabile in base alla circostanza che, mentre nei diritti c.d. autodeterminati il bene giuridico formante oggetto della domanda è individuabile nella sua essenza indipendentemente dalla causale che ne determina la richiesta, nei diritti c.d. eterodeterminati, invece, il bene richiesto acquista determinatezza solo mediante in collegamento con la causale addotta a sostegno della pretesa. In questa seconda ipotesi, infatti, vengono dedotti diritti che possono esistere contemporaneamente più volte fra i medesimi soggetti con lo stesso contenuto e che, pertanto, richiedono, quale indispensabile elemento di individuazione, l'allegazione dei fatti costitutivi sui quali essi si fondano (si vada, in tal senso, Cassazione civile, sez. II, 30 dicembre2002, n. 18370). Consegue dalle considerazioni ora svolte in ordine alla natura delle domande che la parte debba, nel caso di domande eterodeterminate, indicare e specificare in modo analitico il fondamento della propria richiesta, non potendosi limitare, al contrario, ad una esposizione generica dei danni sofferti. Ciò premesso, va, quindi, in primo luogo, evidenziato come, in ragione del limitatissimo tempo intercorso tra della segnalazione presso la (...) (dall'8 al 23 novembre 2011), appare alquanto inverosimile, se non impossibile, che possa essersi determinato, per effetto di essa, il danno allegato da parte attrice. Inoltre, il passaggio a sofferenza ha avuto ad oggetto il modesto importo di Euro 126,00, tale da non poter ragionevolmente ingenerare sospetti di inaffidabilità o insolvenza in ordine ad esso. Peraltro, come dedotto da parte convenuta e non contestato, la (...), a differenza del Registro Informatico dei protesti, è accessibile ad un numero estremamente limitato di soggetti, ovvero ai diretti interessati ed alle sole banche od intermediari finanziari che abbiano già in corso rapporti creditizi con il soggetto segnalato ovvero che abbiano avviato "un processo istruttorio propedeutico all'instaurazione di un rapporto di natura creditizia". Va, poi, detto che la parte ha richiesto un danno patrimoniale e non patrimoniale per complessivi Euro 6.000.000,000, senza, tuttavia, indicare le singole voci di esso e il criterio di calcolo utilizzato per addivenire a tale quantificazione. Si osserva che l'allegazione di tali danni è del tutto generica: nell'atto di citazione la parte si duole di un danno all'immagine, di danni non patrimoniali, oltre a non meglio indicati pregiudizi economici, senza nulla precisare. La parte adduce di essersi trovata impossibilitata a richiedere qualsivoglia tipologia di finanziamento" e che avrebbe sostenuto "un aggravio di spese per ottenere fidi presso altri istituti bancari, con ingenti danni". L'unico documento che ha prodotto, relativamente a rapporti con Istituti di credito, è la lettera della (...), riportante la data del 14.11.2011 (doc. 05), ma da tale documento si evince solo che la Banca preannunciava una possibile sospensione non immediata, ma dopo il decorso di 15 giorni dalla ricezione e solo in mancanza di chiarimenti relativi alla riscontrata segnalazione. Inoltre, la circostanza della revoca dei fidi, di per sé sola comunque irrilevante ai fini della dimostrazione di un danno, non è risultata dimostrata neppure all'esito dell'escussione dei testi. Peraltro, i capi di prova, come articolati, erano genericamente formulati, non essendo state precisate le circostanze di tempo e neppure di che tipo di segnalazione si trattasse ed erano relativi a fatti mai dedotti in precedenza entro la prima memoria ex art. 183 c.p.c., per cui, a parere del sottoscritto Magistrato, non andavano neppure ammessi. Il teste di parte attrice (...), direttore della Filiale di (...) della (...), sul capitolo 12 delle memorie istruttorie di parte attrice, ha dichiarato che i fidi non furono revocati in conseguenza della segnalazione in (...) della (...), essendo risultato che il credito per cui fu effettuata la segnalazione era di importo esiguo. Lo stesso così riferiva, infatti: "poiché verificammo che la segnalazione era per poche centinaia di Euro, non procedemmo a nessuna revoca dei fidi" (cfr. verbale ud. 16 giugno 2015). Il teste (...) si limitava a dedurre di non aver accettato più lo sconto delle cambiali non ritenendo più la società (...) affidabile, senza ulteriori specificazioni. Anche il teste (...), l.r. della (...), si limitava ad asserire che ad un certo punto le Banche iniziarono a rifiutare alla (...) lo sconto, dicendo che non era più solvibile, senza altro specificare. Il teste (...) ha dichiarato di essere un imprenditore e di esser stato dipendente della (...) Firenze fino all'agosto 2011 (dunque, in data antecedente alla segnalazione per cui è causa) ed ha riferito di non avere una conoscenza diretta dei fatti, ma di averli appresi dall'altro teste (...) (cfr. verbale d'udienza del 16.06.2015). Quest'ultimo, escusso all'udienza del 29.03.2016, ha dichiarato che a disporre la revoca degli affidamenti non fu lui, ma la direzione generale della (...) Firenze e successivamente quella di (...), di non ricordare in che periodo furono revocati gli affidamenti, di non essere l'autore della comunicazione prodotta da controparte quale doc. 5 avente ad oggetto la sospensione degli affidamenti alla società attrice, in quanto -una volta passata a sofferenza- la pratica viene gestita da altri uffici, di non conoscere la ragione per cui la pratica fu passata a sofferenza, con conseguente revoca dei fidi, trattandosi di valutazioni della direzione generale della Banca. Quanto, poi, alla revoca dei fidi commerciali concessi dalle società (...) S.r.l. e (...) S.r.l., oltre alla documentazione contestata da parte convenuta in modo puntuale, alcuna altra prova è stata offerta e i testi escussi non hanno confermato le circostanze di cui ai capitoli di prova ammessi. In ordine, invece, all'asserita risoluzione per inadempimento dei contratti commerciali stipulati con la (...) S.r.l., la (...) S.r.l. e la (...) S.r.l., trattasi di circostanze del tutto indimostrate sia con la prova orale che documentale. La documentazione prodotta è stata, infatti, contestata dal (...) S.p.A., in quanto non sottoscritta e priva di alcun valore giuridico (cfr. all.ti 12, 13, 14, 15, 16 e 17). Quanto, poi, alla lettera di revoca, essa non è riferibile all'attestazione (...) n. 6259/05/00 di qualificazione all'esecuzione di lavori pubblici, ma alla certificazione del sistema di gestione per la qualità ISO 9001:2008 per il controllo e la garanzia della qualità. Non risulta, quindi, che tale certificazione sia stata mai revocata a parte attrice né tanto meno alcun collegamento con la condotta allegata nel presente giudizio. A tutto voler concedere, poi, al nesso causale tra la segnalazione in (...) effettuata dal (...) e la risoluzione per inadempimento dei contratti commerciali che l'attrice asserisce stipulati con la (...) S.r.l., la (...) S.r.l. e la (...) S.r.l., alcuna prova è stata offerta da parte attrice. Non vi è, poi, prova di danni alla reputazione e non risulta dimostrato che istituti di credito ovvero terzi od altri soggetti nell'ambiente commerciale dell'attrice siano venuti a conoscenza della segnalazione, d'altronde, come detto, di durata piuttosto esigua e per una somma talmente esigua che appare del tutto inverosimile che i così gravi danni patrimoniali alla società attrice siano stati prodotti a causa della segnalazione oggetto di doglianza. Si tenga, poi, presente la situazione di insolvenza e di difficoltà economica di parte attrice sia prima che dopo la cancellazione della segnalazione. Nella sentenza di fallimento del 2018 si legge che la stessa aveva un'esposizione debitoria con l'ente di riscossione per oltre 600.000,00. Né può in alcun modo imputarsi, circostanza neppure allegata, il fallimento all'illegittima segnalazione, visto l'arco temporale trascorso tra i fatti e la sua dichiarazione. Ebbene, quindi, in assenza di qualsivoglia non solo prova documentale ma anche allegazione circa il danno patrimoniale e non patrimoniale subito la domanda attorea non può essere accolta. All'uopo si tenga presente che anche il danno non patrimoniale è danno - conseguenza che doveva essere allegato e provato (cfr. Cass. n. 8827/03, n. 8828/03, n. 16004/03, SSUU n. 26972/08; Sez. VI, n. 2370/14; Cass., Sez. VI - 3, 04/02/2014, n. 2370), mentre, nel caso di specie, manca qualsiasi prova. Inoltre, in caso di illegittima segnalazione a sofferenza alla (...), il danno non può essere ritenuto in re ipsa: può semmai ammettersi che, ai fini del risarcimento, non già il danno, ma la sua prova sia "in re ipsa", nel senso che gode di facilitazioni agganciate al congegno presuntivo (Cassazione 1931/17). Anche il danno non patrimoniale non è, poi, un danno risarcibile "in re ipsa"; infatti, ogni qual volta emerga che la notizia lesiva risulti presente nella banca dati della C. per un tempo sufficiente a consentirne la percepibilità da parte di coloro che vi hanno accesso, può ritenersi verificata la presunzione di un danno non patrimoniale in capo al segnalato, per la cui determinazione può procedersi in via equitativa. Ebbene, quindi, deve essere rilevato che, ai fini della risarcibilità del danno, la parte deve infatti allegare non solo l'altrui inadempimento, ma deve anche allegare e provare l'esistenza di una lesione, cioè della riduzione del bene della vita (patrimonio, salute, immagine, ecc.) di cui chiede il ristoro, e la riconducibilità della lesione al fatto del debitore: in ciò appunto consiste il danno risarcibile, che è un quid pluris rispetto alla condotta asseritamente inadempiente; in difetto di tale allegazione e prova la domanda risarcitoria mancherebbe di oggetto (cfr. Cass. 5960/05: "Sia nell'ipotesi di responsabilità extracontrattuale, sia in quella di responsabilità contrattuale, spetta al danneggiato fornire la prova dell'esistenza del danno lamentato e della sua riconducibilità al fatto del debitore"). Tanto premesso, in adesione al principio ermeneutico basato sul concetto di danno-conseguenza in contrapposizione a quello di danno-evento ed escludendo l'ipotizzabilità di un risarcimento automatico e di un danno in re ipsa, appare evidente che la domanda risarcitoria debba essere provata, sia pure ricorrendo a presunzioni, sulla base di conferente allegazione, visto che non si potrebbe provare ciò che non è stato oggetto di rituale ed adeguata allegazione (cfr. Cass. SU 26972/08). Giova, poi, evidenziare che non era possibile neppure supplire a tali carenze con la ctp di parte né disponendo una CTU, salvo demandare accertamenti del tutto esplorativi. La C.T.U., infatti, ha lo scopo di recare ausilio al giudice nell'esame delle materie che richiedono speciale competenza tecnica, ma non può supplire all'osservanza dell'onere probatorio gravante sulle parti (ex multis Cass. 6 aprile 2005 n. 7097) e non può risolversi in una relevatio ab onere probandi né in uno strumento per aggirare preclusioni ormai maturate né, tantomeno, può avere funzione esplorativa. Come è noto, secondo l'insegnamento tradizionale, la consulenza tecnica d'ufficio non costituisce un mezzo di prova, ma uno strumento per la valutazione delle prove già altrimenti acquisite al processo. Tale impostazione trova precisi riscontri nella sistematica e nella terminologia del codice di procedura civile, che, da un lato, tratta l'argomento (artt. 191 e ss.) prima dell'esposizione delle norme sulla "assunzione dei mezzi di prova in generale" (artt. 202 e ss.), dall'altro lato, mette in evidenza l'aspetto soggettivo dell'istituto ("della nomina e delle indagini del consulente tecnico"), proprio per evidenziarne la funzione di supporto all'attività di valutazione e decisione del giudice e non di integrazione delle prove offerte dalle parti. Ciò premesso, quindi, ritiene il Tribunale che la domanda proposta debba essere respinta, non avendo, la stessa, correttamente adempiuto agli oneri di allegazione e probatori sulla stessa gravanti in applicazione degli ordinari principi vigenti in materia e desumibili dall'art. 2697 c.c.. Né può neppure farsi luogo ad una liquidazione equitativa del danno, in quanto quest'ultima presuppone che, a monte, il giudice abbia accertato la sussistenza di un danno: si veda, in particolare, la giurisprudenza di legittimità sul punto, secondo la quale "la liquidazione equitativa del danno, ai sensi dell'art. 1226 c.c., presuppone che il pregiudizio economico del quale la parte reclama il risarcimento, sia certo nella sua esistenza ontologica, mentre se tale certezza non sussiste, il giudice non può procedere alla quantificazione del danno in via equitativa, non sottraendosi tale ipotesi all'applicazione del principio dell'onere della prova quale regola del giudizio, secondo il quale se l'attore non ha fornito la prova del suo diritto in giudizio la sua domanda deve essere rigettata" (Cassazione civile, sez. III, 5 aprile 2003, n. 5375, ma si vedano anche Cassazione civile, sez. I, 10 luglio 2003, n. 10850; Cassazione civile, sez. II, 18 novembre 2002, n. 16202; Cassazione civile, sez. III, 7 marzo 2002, n. 3327; Cassazione civile, sez. II, 8 settembre 1997, n. 8711). Tale valutazione, infatti, da un lato, è subordinata alla condizione che risulti obiettivamente impossibile, o particolarmente difficile per la parte interessata provare il danno nel suo preciso ammontare, e, dall'altro, presuppone già assolto l'onere della parte di dimostrare sia la sussistenza, sia l'entità materiale del danno (cfr.: Cass. civ., sez. II, sent. 18.12002, n.16202; Cass. civ., sez. II, sent. 28.62000, n.8795; Cass. civ. sez. III, sent. 25.91998, n. 9588; Cass. civ., sez. III, sent. 2.7.1991, n. 7262). La parte danneggiata non è esonerata, quindi, dal fornire gli elementi probatori e i dati di fatto dei quali possa ragionevolmente disporre, affinché l'apprezzamento equitativo sia per quanto possibile ricondotto alla sua funzione di colmare solo le lacune insuperabili nell'iter della determinazione dell'equivalente pecuniario del danno stesso e la necessità della prova di un concreto pregiudizio economico sussiste anche nell'ipotesi di danno in re ipsa, in cui la presunzione si riferisce solo all'an debeatur e non anche all'entità del danno ai fini della determinazione quantitativa e della liquidazione dello stesso per equivalente pecuniario (Cass., sez. II, 15 marzo 2005, n. 5551). Le spese -liquidate come da dispositivo sulla base delle disposizioni di cui al D.M. n. 55 del 2014, tenuto conto del valore e della natura e complessità della controversia, del numero e dell'importanza delle questioni trattate, dell'istruttoria svolta e della durata del giudizio- seguono la soccombenza del presente giudizio. Nonostante l'ammissione della parte al gratuito patrocinio esse vanno poste a carico di parte attrice, risultata soccombente. Infine, visto quanto indicato da parte convenuta in ordine alla artificiosa creazione di documenti per l'utilizzo nel presente giudizio e in ordine ad alcune prove testimoniali va disposta la trasmissione alla Procura della Repubblica di Latina per le eventuali determinazioni di competenza. P.Q.M. Il Tribunale di Latina, definitivamente pronunciando in persona della dott.ssa Concetta Serino, così provvede: - rigetta le domande proposte dal Fallimento di "(...) S.r.l." nei confronti di (...) s.p.a., - condanna il Fallimento di "(...) S.r.l.", in persona del Curatore p.t., al pagamento delle spese di lite a favore della convenuta che liquida in Euro 6.000,00 per la fase di studio, Euro 3.000,00 per la fase introduttiva, Euro 9.000,00 per la fase istruttoria e Euro 8.000,00 per la fase decisoria, oltre a Iva, spese generali e CPA, - dispone la trasmissione alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Latina delle comparse conclusionali di parte convenuta e dei documenti indicati con i numeri 12, 13, 14, 15, 16 e 17 prodotti in allegato all'atto di citazione di parte attrice, nonché dei verbali delle prove svolte dell'udienza del 16.06.2015 con riferimento ai testi (...) e (...). Così deciso in Latina il 26 aprile 2023. Depositata in Cancelleria il 26 aprile 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO DI LATINA I SEZIONE CIVILE Il Tribunale, nella persona del giudice unico, Dott.ssa Giulia Paolini, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa iscritta al N. 1845/2019 R.G. promossa da: (...) S.R.L. (p.iva. (...)), in persona dell'a.u. e l.r.p.t., rappresentata e difesa dall'avv. DE.EM. ed elettivamente domiciliata presso lo studio dell'avv. Bi.Me., sito in Latina (LT), Via (...), giusta procura alle liti allegata in atti; attrice e convenuta in via riconvenzionale contro (...) (c.f. (...)), (...) (c.f. (...)), rappresentati e difesi dall'avv. DE.DA. ed elettivamente domiciliati presso il suo studio sito in Fondi (LT), Via (...), giusta procura allegata al fascicolo telematico; convenuti e attori in via riconvenzionale Oggetto: inadempimento contrattuale; azione ex art. 2932 c.c.. RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE Con atto di citazione in rinnovazione notificato in data 8 luglio 2019, (...) S.R.L., quale parte promittente venditrice, ha convenuto in giudizio - innanzi all'intestato Tribunale - i coniugi promissari acquirenti, signori (...) e (...), al fine di vedere accertato il proprio diritto a recedere legittimamente dal contratto preliminare di compravendita del 25.10.2016, con consequenziale trattenimento della somma di Euro 10.000,00 percepita a titolo di caparra confirmatoria, nonché la condanna dei convenuti all'immediato rilascio del cespite promesso in vendita e alla riduzione in pristino dello stesso o, in alternativa, al risarcimento dei danni, anche derivanti dall'illegittima occupazione del terreno oggetto di contratto. L'attrice, a fondamento della propria pretesa, ha dedotto: - di avere, con contratto preliminare di compravendita autenticato del 25.10.2016, per atto del Notar Morelli di Fondi, registrato a Formia l'11.11.2016 e trascritto a Latina in pari data, promesso di alienare ai convenuti, per il corrispettivo pari ad Euro 20.000,00, "... il terreno (completamente privo di qualsiasi potenzialità edificatoria) esteso metri quadrati ... (mq.562) catastali, sito in agro di F. (L.), alla via P. T., distinto in catasto terreni al foglio (...) n.115 ... are 05.62 ...", destinato in parte a zona agricola e in parte a zona di completamento "B1" (v. all.1, art. 1); - che i promissari acquirenti le avevano versato, alla sottoscrizione del predetto preliminare, la somma di Euro 10.000,00 a titolo di caparra confirmatoria (v. all.1, art. 4); - che, a mente dell'art. 4 della pattuizione in parola, la stipula dell'atto pubblico definitivo sarebbe dovuta avvenire entro e non oltre il 24 aprile 2019 ("... trenta mesi dalla data odierna ..."); - di avere, contestualmente alla sottoscrizione del "preliminare", ceduto ai convenuti il possesso materiale del fondo "compromesso" (v. all. 1, art. 6); - che, in pendenza di tale contratto, i promissari acquirenti, avevano apportato al terreno promesso in vendita, senza alcuna autorizzazione e/o avviso, alcune illegittime modifiche, sicché si era vista costretta, con lettera raccomandata a/r del 16/5/2018, a comunicare il recesso dal contratto de quo con diritto a trattenere la caparra incassata e contestualmente intimando ai convenuti la riconsegna delle chiavi del bene e la sua rimessa in pristino. I coniugi (...) e (...), tempestivamente costituitisi con comparsa di costituzione e risposta depositata il 24/01/2020, hanno preliminarmente chiesto accertarsi l'incompatibilità delle contestuali domande di risoluzione e risarcimento del danno e di recesso e ritenzione della caparra avanzate dall'odierna deducente, dichiarandone l'inammissibilità, oltre alla declaratoria di nullità ex art. 164, co. 4, c.p.c. dell'atto di citazione, stante l'indeterminatezza dell'oggetto della domanda e chiedendone, nel merito, il rigetto; hanno altresì svolto domanda riconvenzionale tesa, in via principale, ad ottenere sentenza costitutiva ex art. 2932 c.c. in relazione all'intervenuto contratto preliminare di compravendita ovvero, in via subordinata, ad ottenere la condanna dell'attrice, quale parte inadempiente, alla restituzione del doppio della caparra confirmatoria versata in sede di stipula del preliminare. Instaurato regolarmente il contraddittorio, all'udienza del 13/02/2020, il precedente G.I. assegnatario ha proceduto alla riunione, al presente procedimento, di quello iscritto al r.g. n. 4022/2019 incardinato dall'odierna parte convenuta nei confronti dell'odierna parte attrice, stante la connessione oggettiva e soggettiva dei due giudizi pendenti tra le medesime parti. Espletata con esito negativo la procedura di mediazione, concessi i termini di cui all'art. 183, co. 6, c.p.c., la causa, istruita in via documentale e tramite c.t.u., veniva trattenuta in decisione dinanzi alla scrivente, subentrata al precedente assegnatario, all'udienza del 17/01/2023, previa concessione alle parti dei termini ex art. 190 c.p.c. per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica. In via preliminare, giova rammentare l'indirizzo della giurisprudenza prevalente secondo cui, disposta la riunione, rimane sostanzialmente inalterata l'autonomia e l'individualità dei giudizi (ex multis, Cass. n. 15860/2014; Cass. n. 24086/2010; Cass. n. 12742/1999). Nel caso di specie, è stata opportunatamente disposta la riunione del giudizio successivamente incardinato dall'odierna parte convenuta nei confronti dell'odierna parte attrice, stante l'identità delle parti e delle questioni sottoposte all'attenzione del Tribunale (vi è infatti totale coincidenza tra le domande nei giudizi riuniti). Ciò posto, risulta per tabulas l'intervenuta stipula, in data 25 ottobre 2016, di un contratto preliminare di compravendita inter partes, per atto del Notar Morelli di Fondi, registrato a Formia l'11.11.2016 e trascritto a Latina in pari data, tramite cui l'odierna parte attrice, nella veste di promittente venditore, aveva promesso di alienare ai coniugi P.G. e P.A., per il corrispettivo pari ad Euro 20.000,00, "...il terreno (completamente privo di qualsiasi potenzialità edificatoria) esteso metri quadrati ... (mq.562) catastali, sito in agro di F. (L.), alla via P. T., distinto in catasto terreni al foglio (...) n.115 ...are 05.62 ...", destinato, parte, in zona agricola e parte in zona di completamento "B1" (v. all.1, art. 1). Non è altresì contestato che i promissari acquirenti abbiano versato in favore della parte promittente alienante, alla sottoscrizione del predetto preliminare, la somma di Euro 10.000,00 a titolo di caparra confirmatoria, ricevendo contestualmente il "possesso materiale" del bene (v. art. 6) e fissando il termine per la stipula dell'atto pubblico definitivo entro e non oltre il 24 aprile 2019 ("... trenta mesi dalla data odierna ..."). Nel merito, la domanda attorea volta ad accertare la legittimità del recesso dal preliminare in parola in ragione dell'asserito grave inadempimento della parte promissaria acquirente non è fondata e va, pertanto, respinta. Secondo la giurisprudenza, il recesso previsto dall'art. 1385, comma 2, c.c. configura una forma di risoluzione stragiudiziale del contratto, che presuppone l'inadempimento della controparte ed è destinata a divenire operante con la semplice sua comunicazione a quest'ultima, sicché la parte non inadempiente, provocata tale risoluzione mediante diffida ad adempiere, ha diritto di ritenere quanto ricevuto a titolo di caparra confirmatoria come liquidazione convenzionale del danno da inadempimento (Cass. n. 5095/2015). Ed invero, "secondo il combinato disposto del comma secondo e del comma terzo dell'art. 1385 c.c., di fronte all'inadempimento di una delle parti l'altra può, a sua scelta, recedere dal contratto e trattenere la caparra, ovvero chiedere la risoluzione (o anche l'esecuzione) del contratto e il risarcimento del danno, che in tal caso dovrà allegare e provare secondo le norme generali" (Cassazione civile sez. I, 13/03/2015, n.5095). Anche di recente, i Giudici di Piazza Cavour, con la pronuncia Cass. civ. Sez. VI, 16/04/2021, n. 10178, hanno confermato che la parte adempiente, per il risarcimento dei danni derivati dall'inadempimento della controparte, può scegliere tra due rimedi, alternativi e non cumulabili tra loro: recedere dal contratto e trattenere la caparra ricevuta (o esigere il doppio di essa) oppure chiedere, con pronuncia costitutiva, la risoluzione giudiziale del contratto e il risarcimento dei conseguenti danni. Ciò posto, nel caso di specie, dalla semplice lettura dell'atto introduttivo, si evince chiaramente come l'odierna società attrice abbia optato per la sola domanda di recesso ex art. 1385, co. 2, c.c. con diritto a ritenere la caparra percepita, sicché risulta priva di pregio, oltre che genericamente articolata, la preliminare eccezione di inammissibilità formulata dal patrocinio della parte convenuta in ordine ad un'asserita incompatibilità tra domanda di risoluzione e domanda di recesso e consequenziale nullità dell'atto introduttivo per incertezza del petitum. Acclarato quanto sopra, nella fattispecie in esame, dalla disamina del contratto preliminare inter partes, è evidente che ci si trovi dinanzi ad un tipico caso di contratto preliminare ad effetti anticipati, atteso che è incontestato che la parte promissaria acquirente (coniugi P. - P.) abbia versato una parte del corrispettivo alla parte promittente venditrice (euro 10.000,00) dietro la consegna anticipata del bene (si vedano artt. 4 e 6 del documento n. 1, attoreo; doc. 2, convenuti), prendendone "possesso materiale" lo stesso giorno del preliminare, ovvero il 25 ottobre 2016. In forza di quanto sopra, la parte promissaria acquirente è pertanto diventata detentore e non possessore del bene, essendo demandato l'acquisto della proprietà solo alla conclusione del contratto definitivo. A tale proposito, merita ricordare l'indirizzo della Suprema Corte di Cassazione secondo cui "Nella promessa di vendita, quando viene convenuta la consegna del bene prima della stipula del contratto definitivo, non si verifica un'anticipazione degli effetti traslativi, in quanto la disponibilità conseguita dal promissario acquirente si fonda sull'esistenza di un contratto di comodato funzionalmente collegato al contratto preliminare, produttivo di effetti meramente obbligatori; pertanto, la relazione con la cosa, da parte del promissario acquirente, è qualificabile esclusivamente come detenzione qualificata?" (cfr. sent. Cass. SU 21.3.2017 n. 7155. Cfr. nello stesso senso tra le tante: Cass. Sez. U, n. 7930 del 2008; Sez. 2, n. 9896 del 2010; Sez. 2, n. 1296 del 2010). In buona sostanza, la disponibilità conseguita dal promissario acquirente si fonda esclusivamente sull'esistenza di un contratto di comodato collegato al preliminare e produttivo soltanto di effetti obbligatori, mentre l'anticipazione del prezzo si spiega con la stipulazione di un contratto di mutuo gratuito, anch'esso collegato al preliminare. Chiarito quanto sopra, dunque, in pendenza del contratto preliminare, i promissari acquirenti ricoprono la veste di comodatari e, dunque, obbligati, ai sensi e per gli effetti dell'art. 1804 c.c., a custodire e conservare la cosa comodata, vale a dire di vigilare ed agire perché la cosa mantenga la sua integrità e la sua consistenza, fatta salva una diversa volontà delle parti contraenti. Orbene, nel caso sottoposto all'attenzione del Tribunale, all'art. 6 della pattuizione in parola si legge che "Tra le parti si pattuisce espressamente che, dalla data odierna, le spese relative all'utilizzo del bene saranno a carico della parte promissaria acquirente?", sicché risulta apertis verbis che la parte promissaria acquirente avrebbe potuto utilizzare il bene promesso in vendita sin dalla sua materiale apprensione. Alla luce di quanto sopra, pertanto, sono prive di concreto fondamento le censure di inadempimento mosse dall'odierna parte attrice agli odierni convenuti. La consulenza tecnica d'ufficio espletata nel corso del giudizio, la quale, - a dispetto di quanto asserito dalla parte convenuta -, non risulta affetta da vizi di nullità ed è pienamente utilizzabile (posto che il C.T.U. può sempre assumere, ai sensi dell'art. 194, comma 1, c.p.c., anche in assenza di espressa autorizzazione del giudice, informazioni da terzi e verificare fatti accessori necessari per rispondere ai quesiti), non ha apportato conforto alla tesi attorea. Nel caso di specie, infatti, la mera acquisizione da parte del tecnico della copia del P.D.C. prot. n. (...) del 1.3.2018, e dei relativi allegati, presentati al Comune di Fondi dalla (...) Immobiliare, è consistita nell'acquisizione e disamina di documenti accessori, cioè utili a consentire una risposta più esauriente ed approfondita al quesito posto dal giudice, alla luce delle perizie giurate di parte allegate dall'odierna società deducente all'atto di citazione. Tanto dedotto, si è appreso come non sia in contestazione la realizzazione di alcuni manufatti ad opera della parte promissaria acquirente, consistiti, come anche verificato dall'ausiliario nominato dal Tribunale, in "spianamento terreno e riempimento con calcinacci e materiali vari di risulta provenienti da cantieri edili e getto superficiale di pietrisco di cava per una superficie di 239 mq; - realizzazione di un manufatto con travi e pilastri in legno fissati tra di loro tramite perni e bulloni; i pilastri sono a loro volta fissati a terra tramite piastra metallica contornante i pilastri stessi e saldati a dei tondini in ferro affogati nella fondazione di calcestruzzo;" (v. pag. 4. c.t.u.). La realizzazione di tali opere, invero, oltre ad apparire in linea con gli obblighi di custodia e mantenimento del bene (attività di pulitura e livellamento del terreno), non richiedevano una specifica autorizzazione e/o avviso della parte promittente venditrice, essendo stato autorizzato, nella pattuizione inter partes, l'utilizzo del bene sin dalla stipula del preliminare (v. art. 6, cit.), sicché le stesse non appaiono dare seguito ad alcun inadempimento contrattuale, benché meno di non scarsa importanza e in spregio ai principi di buona fede e correttezza di cui agli artt. 1375 e 1175 c.c.. Tali manufatti, inoltre, non hanno inciso in alcuna misura sulla potenzialità edificatoria del terreno promesso in vendita, così come acclarato dal C.T.U. nel proprio elaborato tecnico ("Ad oggi, poichè non sono sopravvenute modifiche al P.R.G., nulla è cambiato per cui, urbanisticamente, il lotto in questione ha le stesse capacità edificatorie di allora." (v. pag. 7, c.t.u.). Conclusivamente, alla luce di quanto sopra, alcun grave inadempimento contrattuale è imputabile all'odierna parte convenuta, sicché la domanda attorea di accertamento di legittimità del recesso va rigettata con consequenziale assorbimento delle ulteriori domande formulate strettamente avvinte all'accoglimento della principale. Merita, invece, integrale accoglimento la domanda riconvenzionale svolta in via principale dai coniugi convenuti tesa ad ottenere una pronuncia costitutiva ex art. 2932 c.c. che produca gli effetti del contratto definitivo non concluso tra le parti. Ai fini dell'ottenimento dell'esecuzione in forma specifica è necessario che il preliminare sia valido e a efficacia immediata: non deve, cioè, essere sottoposto a condizione sospensiva non ancora avverata o a termine iniziale. Devono poi ricorrere i seguenti presupposti (in difetto dei quali la richiesta di esecuzione in forma specifica è rigettata): il ritardo, la possibilità della prestazione oggetto del contratto definitivo di cui ci si chiede l'esecuzione in forma specifica ed, infine, l'esecuzione o l'offerta della controprestazione. Ciò posto, alla luce delle risultanze processuali, della documentazione in atti e delle conclusioni formulate dalle parti, può ritenersi accertata la sussistenza dei presupposti per l'accoglimento della domanda dei convenuti. Ed invero, quanto all'inadempimento del promittente alienante, come osservato dalla giurisprudenza di legittimità, ai fini della sussistenza del presupposto in oggetto deve ritenersi sufficiente il mero "ritardo", indipendentemente dalla colpa, connesso o alla costituzione in mora, nei casi in cui questa sia necessaria, oppure alla semplice scadenza del termine pattuito. Nel caso di specie, all'art. 4 del contratto preliminare in parola, le parti contraenti avevano espressamente fissato quale termine essenziale per la stipula del rogito definitivo il termine di trenta mesi dalla stipula del preliminare, sicché la stessa sarebbe dovuta avvenire entro e non oltre il 24 aprile 2019, con obbligo della parte promissaria acquirente di comunicarne per iscritto alla promissaria venditrice, con un preavviso minimo di 15 giorni, il luogo, la data e il notaio scelto. A tale proposito, l'odierna parte convenuta e promissaria acquirente ha dimostrato, per tabulas, di aver adempiuto tempestivamente agli obblighi derivanti dal contratto preliminare in parola, dimettendo la comunicazione datata 25.3.2019, inviata all'attrice con preavviso di circa un mese rispetto al termine pattuito, con indicazione della data del rogito dinanzi al Notaio fissata per il 16.4.2019, nel rispetto dei termini previsti nel contratto preliminare (v. all. 5, comparsa). Risulta inoltre documentalmente provato che il giorno della stipula la parte promittente venditrice non si sia presentata, a dispetto della parte promissaria acquirente, come attestato dal Notaio Morelli (v. all. 6, comparsa). Tali circostanze non sono state, peraltro, oggetto di contestazione da parte dell'odierna attrice e, dunque, sono da ritenersi pacifiche in causa. Orbene, se è vero che, generalmente, in tema di contratto preliminare di compravendita, il termine stabilito per la stipulazione del contratto definitivo non sia normalmente un termine essenziale, il cui mancato rispetto legittima la dichiarazione di scioglimento del contratto, è altrettanto condivisibile il principio enunciato dalla giurisprudenza di legittimità, secondo il quale "in tema di inadempimento del contratto preliminare di compravendita immobiliare contenente un termine, non rispettato alla scadenza, per la stipulazione del definitivo, l'esercizio dell'azione di esecuzione in forma specifica, ai sensi dell'art. 2932 c.c. dell'obbligo di concludere il medesimo, non presuppone necessariamente la natura essenziale di detto termine, né la previa intimazione di una diffida ad adempiere alla controparte, essendo sufficiente la sola condizione oggettiva dell'omessa stipulazione del negozio definitivo che determina di per sé l'interesse alla pronunzia costitutiva, a prescindere da uninadempimento imputabile alla controparte stessa" (v. Cass. n. 13.5.2011, n. 10687). Quanto alla possibilità del trasferimento, tale requisito, da identificarsi con la sussistenza di una situazione di diritto o di fatto tale da non impedire che gli effetti della sentenza stessa producano gli effetti del contratto definitivo, può dirsi presente alla luce della relazione peritale esperita e della documentazione versata in atti, essendo il bene oggetto del preliminare ancora esistente e non trasferito a soggetti terzi. Quanto al presupposto che il rimedio non sia escluso dal titolo, è certo poi e risultante per tabulas che il contratto preliminare in parola non preveda alcuna esclusione rispetto alla possibilità di ottenere una pronuncia costitutiva ex art. 2932 c.c.. Quanto, infine, all'offerta della controprestazione, è noto che il contraente che chieda, a norma dell'art. 2932 c.c., l'esecuzione specifica di un contratto preliminare di vendita è tenuto ad eseguire la prestazione a suo carico o a farne offerta nei modi di legge se tale prestazione sia già esigibile al momento della domanda giudiziale, pur non essendo tenuto a pagare il prezzo quando, in virtù delle obbligazioni nascenti dal preliminare, il pagamento del prezzo, o della parte residua, risulti dovuto all'atto della stipulazione del contratto definitivo (v. tra le altre, Cass. 11.7.2000, n. 9176). È jus receptum infatti che "In tema di esecuzione specifica dell'obbligo di concludere un contratto, il giudice chiamato a pronunciare, ai sensi dell'art. 2932 cod. civ., una sentenza costitutiva di un trasferimento non spontaneamente attuato, può subordinare gli effetti di tale pronuncia al pagamento del corrispettivo dovuto dall'acquirente, quando le parti abbiano convenzionalmente stabilito che tale pagamento debba aver luogo al momento della stipulazione del contratto definitivo." (Cass. 12516/1995). Quanto all'offerta della prestazione, la giurisprudenza di legittimità è consolidata nel ritenere che la stessa può consistere nella manifestazione, espressa in qualsiasi modo, della volontà di eseguire il pagamento, senza necessariamente ricorrere a forme solenni, come l'offerta reale o quella per intimazione (si veda ex multis, Cass. 10675/1995: "L'offerta della prestazione dovuta, necessaria ai sensi dell'art. 2932 comma secondo per l'accoglimento della domanda di esecuzione specifica dell'obbligo di concludere un contratto, può essere costituita da una manifestazione della volontà di eseguire il pagamento espressa in qualsiasi modo che escluda ogni perplessità sulla concreta intenzione di adempiere senza che sia indispensabile l'uso dell'offerta reale o di quella per intimazione. Tale volontà può essere quindi implicitamente desunta dall'invito fatto alla controparte di comparire davanti al notaio per la stipula del contratto, così come può essere manifestata attraverso l'offerta della prestazione compiuta in giudizio dalla parte personalmente o a mezzo del suo procuratore prima della sentenza"). Nel caso di specie, gli odierni convenuti hanno, sin dalla comparsa di costituzione, avanzato formale offerta di pagamento della somma residua per l'acquisto del terreno in parola. Conclusivamente, in presenza di un'offerta della controprestazione e in assenza di cause ostative al trasferimento può ritenersi perfezionato il diritto alla stipula del contratto di compravendita del cespite immobiliare in parola, condizionato al pagamento del corrispettivo pattuito e pertanto deve emettersi una sentenza costitutiva che, ai sensi dell'art. 2932 c.c., produca gli effetti del contratto di compravendita, previo pagamento, da parte dei convenuti, della somma di Euro 10.000,00. Tenuto conto della natura costitutiva della pronuncia, i cui effetti si producono solo al momento del passaggio in giudicato (v. Cass. Sez. Un. n. 4059/2010), e considerato che non era previsto un termine di pagamento anteriore alla stipula del contratto definitivo, non appare opportuno assegnare un termine perentorio per il pagamento del corrispettivo. Non occorre invece ordinare al Conservatore dei Registri Immobiliari di procedere alla trascrizione della presente sentenza, poiché si tratta di un obbligo alla cui esecuzione quel pubblico funzionario è tenuto in virtù di una disposizione di legge. Da ultimo, non merita accoglimento la domanda formulata dalle odierne parti convenute finalizzata alla condanna ex art. 96 c.p.c. dell'attrice, in ragione della condotta negativa tenuta da quest'ultima in sede di mediazione obbligatoria, avendo invero questa partecipato all'incontro di mediazione e ritenuto di non addivenire ad una conciliazione in forza della pendenza di altro giudizio tra le parti, sicché non si ravvisano gli estremi di una condotta temeraria o pretestuosa della stessa. Ogni altra questione è da ritenersi assorbita. Quanto alla regolamentazione delle spese di lite, in ossequio al consolidato orientamento della Suprema Corte di Cassazione (Cass. 916/1976; Cass. 4638/1997), secondo cui "nel caso di riunione di procedimenti, unico essendo divenuto il giudizio, unica deve essere la pronunzia sulle spese", le stesse seguono la soccombenza e vanno liquidate come in dispositivo, secondo i parametri medi del D.M. n. 55 del 2014 come aggiornato dal D.M. n. 147 del 2022 (valore compreso da Euro 5.200,01 ad Euro 26.000,00), tenuto conto della natura strettamente documentale della causa. Le spese di consulenza tecnica d'ufficio, già liquidate in corso di causa, vanno poste definitivamente a carico dell'attrice. P.Q.M. definitivamente pronunciando nel giudizio 1845/2019 R.G. (al quale è stato riunito r.g. n. 4022/2019), ogni altra diversa domanda ed eccezione respinta: a) rigetta integralmente le domande attoree; b) accoglie la domanda svolta in via riconvenzionale principale dall'odierna parte convenuta e, per l'effetto, dispone, ai sensi dell'art. 2932 c.c., il trasferimento in favore di (...) e (...) della proprietà del terreno (completamente privo di qualsiasi potenzialità edificatoria) esteso metri quadrati 562 (cinquecentosessantadue), sito in A. di F. (L.) alla Via P. T., distinto in Catasto Terreni al Foglio (...), part. (...) di are 5,62, già appartenente alla (...) S.R.L.; c) condiziona la produzione dell'effetto traslativo in favore di (...) e (...) al versamento, da parte di questi ultimi e in favore di (...) S.R.L., della somma di Euro 10.000,00; d) condanna altresì (...) S.R.L. a rimborsare ai convenuti (...) e (...) le spese di lite, che si liquidano in Euro 4.237,00 per compensi di avvocato, Euro 501,00 per esborsi, oltre spese generali nella misura del 15% e accessori come per legge; e) pone definitivamente le spese di c.t.u., già liquidate in corso di causa, a carico di (...) S.R.L.. Così deciso in Latina il 21 aprile 2023. Depositata in Cancelleria il 21 aprile 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE CIVILE DI LATINA I SEZ. CIVILE in composizione monocratica, in persona della dott.ssa Concetta Serino, ha emesso la seguente SENTENZA nella causa civile, iscritta al numero 458 del ruolo generale degli affari contenziosi dell'anno 2022, trattenuta in decisione con i termini di legge all'udienza del 24.01.2023 e vertente TRA (...) S.R.L. (p.i.: (...)), in persona del l.r.p.t., rappresentata e difesa, come da procura alle liti in atti, dall'avv. Gi.Qu. ed elett.te dom.ta presso il suo studio in Fondi Via (...), PARTE ATTRICE E AVV. (...), rappresentato e difeso dall'Avv. Al.Ul. ed elettivamente domiciliato presso il suo studio in Latina, Via (...), PARTE CONVENUTA RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE Parte opponente (...) S.R.L., ha proposto il presente giudizio dolendosi del precetto e del pignoramento e dell'ordinanza di assegnazione emessa dal Giudice dell'Esecuzione. Adduceva che l'esecuzione in oggetto N. 918/2020 R.G.E. presso il Tribunale di Latina derivava da atto di precetto del 06.07.2020 con cui era stato intimato alla Soc. (...) e (...) S.r.l. il pagamento della complessiva somma, all'evidenza non dovuta, di Euro 22.123,99, di cui Euro 16.901,89 per "interessi moratori maturati al 20.05.20", sulla base del quale è stata promossa la procedura esecutiva, all'esito della quale il GE assegnata la complessiva somma di Euro 5.934,00, oggetto di pignoramento presso la (...). La parte asserisce che la somma richiesta con l'atto di precetto notificato in data 06.07.2020, alla base dell'atto di pignoramento del 08.01.2021, non è dovuta e che andrebbe detratto l'importo di Euro 4.371,44 corrispondente al rimborso forfettario, IVA e CNAP e, quanto alle somme richieste a titolo di interessi moratori sulla base del D.Lgs. n. 231 del 2002 esse non sarebbero dovute in quanto non spettanti per inapplicabilità del D.Lgs. n. 231 del 2002 al rapporto intercorso tra la Soc. (...) e (...) S.r.l. e l'Avv. (...). Chiedeva, pertanto, "Piaccia all'Ill.mo Giudice adito, contariis reiectis, in accoglimento alla proposta domanda per i motivi tutti di cui in narrativa: 1) accertare e dichiarare l'erroneità e non debenza delle somme richieste con l'atto di precetto del 06.07.2020, per i motivi sopra esposti e, per l'effetto, dichiarare nulle e/o annullare le relative pretese creditorie; 2) accertare e dichiarare integralmente corrisposte dalla Soc. (...) e (...) S.r.l. tutte le somme dovute in forza dei titoli tutti di cui alla premessa ed esposizione del presente atto e per i motivi tutti ivi rassegnati; 3) accertare e dichiarare la nullità ed illegittimità del pignoramento mobiliare eseguito in data 08.01.2021 ad istanza dell'Avv. (...) ed ai danni della Soc. (...) e (...) S.r.l. e/ o, comunque, annullare lo stesso; 4) accertare la temerarietà dell'esecuzione e, per l'effetto, condannare il procedente al risarcimento del danno nella misura di Euro 10.000,00 o in quella diversa, maggiore o minore, che verrà accertata e determinata in corso di causa e ritenuta di giustizia, eventualmente in via equitativa. Con vittoria di spese e compenso professionale, oltre rimborso forfettario ed accessori". Si è costituito l'avv. (...) chiedendo: "disattesa ogni avversa deduzione ed eccezione, Voglia dichiarare inammissibili le proposte domande; in subordine rigettarle poiché infondate in fatto ed in diritto, con condanna della Opponente ai sensi dell'art. 96 c.p.c.. Con vittoria di spese e competenze di lite.". Ciò premesso, va in primo luogo rilevato che le deduzioni di parte attrice sono inammissibili in tale sede. La parte, infatti, contesta sia il diritto di controparte ad agire in executivis nei suoi confronti sia l'ordinanza di assegnazione che il precetto sulla base del quale è stato notificato il pignoramento, pur non avendo proposto né opposizione a precetto né a pignoramento né avverso l'ordinanza di assegnazione emessa all'esito del processo esecutivo instaurato sulla base di titolo esecutivo giudiziale definitivo. Val la pena di rilevare che è preclusa all'esecutato l'opposizione ex art. 615 c.p.c. per contestare i vizi dell'ordinanza di assegnazione che, nel precedente processo esecutivo, egli abbia già dedotto con l'opposizione agli atti esecutivi definitivamente respinta ovvero non ha dedotto (Cass., 20 novembre 2011, n. 20310), per cui deve ritenersi che l'opposizione all'esecuzione possa proporsi soltanto fino a che non risulti pronunciato detto provvedimento (pur sempre impugnabile con il rimedio dell'opposizione agli atti esecutivi, ma solo limitatamente ai profili che ne involgano vizi specifici suoi propri), all'esito del quale nessuna opposizione che riguardi il profilo della impignorabilità dei beni risulterà più legittimamente proponibile - non l'opposizione all'esecuzione, che presuppone, per sua stessa natura, la "pendenza" di un giudizio di opposizione (ciò che resta escluso, come detto, per effetto dell'emanazione dell'ordinanza di assegnazione), non l'opposizione agli atti esecutivi legata alla contestazione delle modalità di esercizio concreto dell'azione esecutiva (quomodo executionis) e alla contestazione relativa alla pignorabilità dei beni, che investe l'essenza stessa del "se" dell'esecuzione, mentre essa è ammessa con riferimento non solo alla regolarità formale dell'ordinanza "de qua", ma a qualunque suo altro vizio ivi compreso quello della inopportunità od incongruenza (Cassazione civile, sez. I, 11/02/1999, n. 1150). La giurisprudenza esclude che le contestazioni di merito all'ordinanza in commento siano deducibili mediante opposizione all'esecuzione (Cass., 24 febbraio 2011, n. 4505; Cass., 20 ottobre 1997, n. 10259), salvo che per dedurre fatti impeditivi, estintivi o modificativi della pretesa del creditore assegnatario sopravvenuti all'ordinanza di assegnazione (Cass., 3 giugno 2015, n. 11493, cit.) o il venir meno del titolo esecutivo su cui si fondava l'esecuzione conclusa con l'ordinanza di assegnazione (ad esempio per l'accoglimento dell'opposizione all'esecuzione proposta anteriormente all'assegnazione, v. Cass., 20 novembre 2012 n. 20310, cit.; v. anche Cass. 5 aprile 2016, n. 6535), ipotesi che non ricorrono nel caso di specie. Inoltre, la natura necessariamente bifasica del giudizio di opposizione determina l'obbligatorietà della fase preliminare dinanzi al GE, per cui, anche sotto tale profilo, le doglianze di parte attrice sono inammissibili in tale sede. Va rilevato, infatti, che la Corte di Cassazione, con sentenza n. 25170/18, ha ritenuto che la natura bifasica del giudizio di opposizione all'esecuzione non permetta lo svolgimento della fase di merito senza previa instaurazione della fase cautelare dinanzi al giudice dell'esecuzione. Nel caso di specie, la parte impugna e oppone il pignoramento e l'illegittimità dell'esecuzione, depositando atto di citazione, anziché iscrivendolo al ruolo esecuzioni al ruolo contenzioso ordinario di cognizione, senza che l'istanza cautelare fosse rivolta al GE. Devono condividersi le conclusioni rassegnate dalla citata pronuncia della Corte di Cassazione, secondo la quale il contraddittorio sulla relativa domanda di opposizione si svolge preventivamente nell'ambito del processo esecutivo, ciò sia per favorire la possibilità che le parti, anche in ragione della concessione o meno della sospensione del processo esecutivo, possano valutare se proseguire o abbandonare l'opposizione stessa, sia affinché il giudice dell'esecuzione, evidentemente così edotto della proposta opposizione, possa eventualmente esercitare i suoi poteri ufficiosi volti a garantire la regolarità della procedura o una sua corretta direzione, così magari giungendo a una sorta di "autocorrezione", che renda superflua la prosecuzione dell'opposizione proposta, sottolineando che "la stessa previsione dell'assegnazione da parte del giudice dell'esecuzione, all'esito della preliminare fase sommaria che si svolge davanti a lui, di un termine perentorio per l'instaurazione della fase di merito del giudizio di opposizione, non avrebbe alcun senso se dalla fase sommaria si potesse prescindere, a discrezione dell'opponente", mentre può mancare, dopo quella sommaria, la fase a cognizione piena, che rimane, essa sì, meramente eventuale. E, ancora, la Corte argomenta: "La preliminare fase sommaria delle opposizioni esecutive (successive all'inizio dell'esecuzione) davanti al giudice dell'esecuzione (ai sensi degli artt. 615, comma 2, 617, comma 2, e 618, nonché 619, c.p.c.) è necessaria ed inderogabile, in quanto prevista non solo per la tutela degli interessi delle parti del giudizio di opposizione ma anche di tutte le parti del processo esecutivo e, soprattutto, in funzione di esigenze pubblicistiche, di economia processuale, di efficienza e regolarità del processo esecutivo e di deflazione del contenzioso ordinario; la sua omissione, come il suo irregolare svolgimento, laddove abbia impedito la regolare instaurazione del contraddittorio nell'ambito del processo esecutivo ed il preventivo esame dell'opposizione da parte del giudice dell'esecuzione - non solo in vista di eventuali richieste cautelari di parte, ma anche dell'eventuale esercizio dei suoi poteri officiosi diretti a regolare il corso dell'esecuzione - determina l'improponibilità della domanda di merito e l'improcedibilità del giudizio di opposizione a cognizione piena", anche allo scopo di garantire ed incentivare la possibilità che abbiano luogo i meccanismi processuali deflattivi espressamente previsti dalla legge, anche (ma non solo) in relazione alla eventuale sospensione cautelare del processo esecutivo, in modo che in ogni caso tanto la parte opponente quanto la parte opposta abbiano la possibilità di valutare se dare effettivamente corso alla fase di merito dell'opposizione, che il legislatore (con le riforme del 2006, che impongono a tal fine una sostanziale riassunzione del giudizio e la sua iscrizione nel ruolo degli affari contenziosi solo dopo la fase sommaria endoesecutiva) ha inteso rendere soltanto eventuale e possibilmente evitare. In particolare, afferma la Corte che "le indicate esigenze si pongono con speciale rilievo, e quindi risultano ancor più radicalmente inderogabili, per quanto riguarda l'opposizione agli atti esecutivi ai sensi dell'art. 617, comma 2, c.p.c., dal momento che in tale ipotesi deve essere sempre consentita al giudice dell'esecuzione l'emissione (possibile anche di ufficio, a prescindere da un'espressa istanza delle parti) di eventuali provvedimenti urgenti e indilazionabili ai sensi dell'art. 618, commi 1 e 2, c.p.c.". Ne deriva che l'opposizione deve essere introdotta con ricorso rivolto al giudice dell'esecuzione da depositarsi agli atti del fascicolo dell'esecuzione e iscrivendo a ruolo il pignoramento laddove non già iscritto e che il contraddittorio sulla relativa domanda deve svolgersi preventivamente nell'ambito del processo esecutivo, prima della instaurazione del giudizio di merito in sede di cognizione. Ne deriva ulteriormente che l'atto di opposizione doveva essere depositato iscrivendo a ruolo esecuzioni il pignoramento e l'opposizione e con sottoposizione di esso al GE, senza la sua iscrizione nel ruolo contenzioso ordinario, che è espressamente prevista dagli artt. 616 e 618 c.p.c. solo in relazione alla successiva, ma meramente eventuale, fase di merito a cognizione piena. Detto questo, il rimedio dell'opposizione agli atti esecutivi è l'unico esperibile dinanzi al GE contro l'ordinanza del giudice dell'esecuzione. Ne deriva che le domande della parte sono inammissibili e infondate. Le spese sono poste a carico di parte attrice. P.Q.M. Il Tribunale Latina, definitivamente pronunciando in persona della dott.ssa Concetta Serino, così provvede: - rigetta le domande proposte da (...) S.R.L., - condanna (...) S.R.L., in, in persona del l.r.p.t., al pagamento delle spese di lite in favore dell'avv. (...) che liquida in Euro 700,00 per la fase introduttiva, Euro 500,00 per la fase di studio, Euro 1.600,00 per la fase istruttoria e Euro 1.500,00 per la fase decisoria, oltre a iva, spese generali e c.p.a.. Così deciso in Latina il 18 aprile 2023. Depositata in Cancelleria il 19 aprile 2023.

  • TRIBUNALE ORDINARIO di LATINA I Sezione CIVILE Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. Antonio Gabrielli ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. .../2015 promossa da: B.P.F. C.F. (...) elettivamente domiciliato in VIA ...con il patrocinio dell'Avv. ... ATTORE/I contro S. S.R.L. C,F. (...); S.O. c.f. (...), e F.M.C. cod.fisc. (...) elettivamente domiciliati in ... con il patrocinio dell'Avv.... CONVENUTI Svolgimento del processo - Motivi della decisione Con ricorso ex art. 702 bis c.p.c. notificato alla parte resistente in data 12/06/2015 la ricorrente richiedeva all'adito Tribunale l'accoglimento delle seguenti conclusioni: "Voglia l'Ill.mo Tribunale adito, respinta ogni istanza e/o eccezione contraria, in accoglimento dei motivi su esposti, salvo altri, previo accertamento dei fatti di cui in premessa, e verificatone i presupposti, dichiarare che i coniugi S. e F. nella loro qualità di fideiussori della Soc. S. S.r.l. unitamente alla stessa sono debitori della B.P.F., in persona del suo l.r. p.t., della somma di Euro 286.427,98, cosi' come documentato dall'allegato ricorso per ingiunzione di pagamento. Conseguentemente si chiede di dichiarare l'inefficacia ai sensi dell'art. 2901 e seg.ti c.c. nei confronti della B.P.F., in persona del l.r. p.t., poiché posti in essere in danno delle ragioni della ricorrente, con declaratoria altresì di inopponibilità e comunque di inefficacia nei confronti della medesima istante: - dell'atto del 31.01.2011 a rogito Notaio F.M.C. in F. - rep. n. (...) racc. n. (...) trascritto presso l'agenzia delle Entrate ufficio Provinciale di Latina- Territorio il 02.02.2011 reg. gen. n. 2606 e reg. part. n.1843 e con il quale i coniugi S.O. e F.M.C. hanno costituito in un fondo patrimoniale ai sensi dell'art. 167 c.c. gli immobili meglio descritti nel citato atto, da intendersi qui richiamati e trascritti, ed indicati in premessa sub. (...); - dell'atto del 19.10.2011 a Rogito Notaio Dott.ssa F.M.C. in F.. n. (...) racc. (...) trascritto presso l'Agenzia Entrate Ufficio Provinciale di Latina - Territorio il 20.10.2011 reg. gen. n. 24846 e reg. part. n. 16828 e con il quale i coniugi S.O. e F.M.C. hanno costituito in un fondo patrimoniale ai sensi dell'art. 167 c.c. gli immobili meglio descritti nel citato atto, da intendersi qui richiamati e trascritti. Con ordine al conservatore dell'Agenzia delle Entrate Ufficio Provinciale di Latina, Territorio sez. pubblicità immobiliare di procedere alla annotazione dell'emananda sentenza e con esonero da responsabilità. - Con il favore delle spese - Con richiesta di Ordinanza immediatamente esecutiva. All'indomani della notifica dell'interposto ricorso, si costituivano i convenuti, i quali evidenziavano quanto segue: - INIDONEITA' DEL RICORSO EX ART. 702 BIS C.P.C. PER EVIDENTE E MANIFESTA MANCANZA DEI PRESUPPOSTI DI LEGGE; - SULL'AZIONE REVOCATORIA DEL FONDO PATRIMONIALE Parte convenuta contestava i presupposti dell'azione e cioè l'eventus damni e la scientia fraudis. Il fondo patrimoniale, infatti è stato costituito dai sig.ri S. e F. in data 31.01.2011 con la finalità di soddisfare i bisogni della famiglia; peraltro all'interno del fondo non sono stati inseriti tutti i beni di proprietà degli stessi, rappresentavano e che la S. S.r.l. è proprietaria in Fondi di diversi beni immobili tra cui un capannone industriale valutato in sede di stima circa Euro 3.000.000,00 ragion per cui si ritiene che la S. S.r.l. possa decisamente far fronte ad una eventuale richiesta di pagamento da parte dell'istituto di credito, il quale vanta cifre decisamente inferiori. A ciò si aggiunga che al momento della costituzione del fondo, gli odierni resistenti non erano assolutamente destinatari di una richiesta di pagamento da parte della B.P.F. né tantomeno erano debitori di somme, vero è che tale richiesta giunge nel dell'anno 2015, allorquando si richiede il rientro delle somme affidate, dunque alcun elemento valido vi era che potesse eventualmente far presumere la sussistenza della consapevolezza di poter arrecare pregiudizio agli interessi del creditore, o l'intenzione stessa di poter ledere la garanzia patrimoniale. Precisavano le seguenti conclusioni IN VIA PRINCIPALE NEL MERITO: Respingere integralmente la domanda di parte ricorrente, ad oggi del tutto temeraria perché infondata sia in fatto che in diritto oltre che assolutamente non provata; Il tutto con vittoria delle spese, competenze ed onorari del presente giudizio oltre IVA C.P.A. e rimborso forfettario come previsto per legge da liquidarsi in favore del procuratore istante che se ne dichiara antistatario a norma dell'art. 93 c.p.c.. La causa proseguiva previo mutamento del rito e concessione dei termini di cui all'art. 183 c.p.c., all'esito dei quali non veniva ammessa la richiesta CTU, ed in mancanza di ulteriori richieste istruttorie la causa veniva rinviata per conclusioni e successivamente trattenuta in decisione. Concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione Premesso ciò, in punto di diritto si rammenta che l'azione revocatoria di cui all'art. 2901 c.c. ha la funzione di ricostituire la garanzia generica assicurata al creditore dal patrimonio del debitore ex art. 2740 c.c., la cui consistenza, per effetto dell'atto di disposizione posto in essere dal debitore, si sia ridotta al punto da pregiudicare la realizzazione del diritto del creditore con l'azione espropriativa. In coerenza con tale sua unica funzione, l'azione predetta, ove esperita vittoriosamente, non determina il travolgimento dell'atto di disposizione posto in essere dal debitore, ma semplicemente l'inefficacia di esso nei soli confronti del creditore che l'abbia vittoriosamente esperita, per consentire allo stesso di esercitare sul bene oggetto dell'atto l'azione esecutiva ai sensi degli artt. 602 e ss. c.c. per la realizzazione del credito (v. Cass. Civ. 18.2.1991, n. 1691). Attraverso detto tipo di tutela, integrante un'azione di accertamento, il creditore, infatti, realizza e rende concreta la garanzia generica di cui all'art. 2740 c.c., in due momenti consecutivi: egli, infatti, può dapprima rendere inefficaci, nei soli propri confronti, quegli atti dispositivi che il debitore ha compiuto, pur consapevole dell'esistenza del vincolo obbligatorio, e che rappresentino, per il verificarsi di una conseguenziale diminuzione del patrimonio di quest'ultimo, un concreto pregiudizio dell'interesse creditorio, mentre, successivamente all'eventuale dichiarazione di inefficacia dell'atto di cui sopra, diviene legittimato a promuovere nei confronti dei terzi acquirenti o beneficiari le azioni conservative ed esecutive sui beni oggetto di disposizione (art. 2902 c.c.) Quanto agli atti che possono formare oggetto di revocatoria, espressamente l'art. 2901 c.c. statuisce che essi sono gli atti dispositivi del patrimonio e, cioè, gli atti mediante i quali il debitore aliena, limita, rinunzia o modifica i diritti patrimoniali ovvero assume passività. Il contraddittorio appare integro non sussistendo la necessità che in giudizio siano chiamati tutti i beneficiari dell'atto, in particolare i figli della coppia in considerazione che il fondo patrimoniale non incide sulla titolarità dei beni ma soltanto sulla loro assoggettabilità ad esecuzione coattiva.. "La costituzione del fondo patrimoniale determina soltanto un vincolo di destinazione sui beni confluiti nel fondo, affinché, con i loro frutti, sia assicurato il soddisfacimento dei bisogni della famiglia, ma non incide sulla titolarità dei beni stessi, né implica l'insorgere di una posizione di diritto soggettivo in favore dei singoli componenti del nucleo familiare, neppure con riguardo ai vincoli di disponibilità. Ne consegue che deve escludersi che i figli minori del debitore siano litisconsorti necessari nel giudizio promosso dal creditore per sentire dichiarare l'inefficacia dell'atto con il quale il primo abbia costituito alcuni beni di sua proprietà in fondo patrimoniale. Cassazione civile, sez. III, 03/08/2017, n. 19376 Ciò premesso, deve esaminarsi la ricorrenza nel caso oggetto di esame dei presupposti richiesti dall'art. 2091 c.c. "Nel merito, la domanda attorea ha per oggetto l'inefficacia di un atto stipulato tra le parti a titolo gratuito - costituzione del fondo patrimoniale; deve sottolinearsi che l'atto costitutivo pur non essendo traslativo, presenta una chiara attitudine a pregiudicare i diritti del creditore, poiché riduce la possibilità per lo stesso di potersi soddisfare sul patrimonio del debitore. L'azione revocatoria è un mezzo di conservazione della garanzia patrimoniale previsto per consentire ai creditori di tutelare le proprie ragioni, ottenendo la declaratoria di inefficacia relativa degli atti con cui il debitore ha fraudolentemente disposto del suo patrimonio. I presupposti dell'azione, ai sensi dell'art. 2901 c.c. che la disciplina, sono: - la scientia damni, cioè la frode da parte del debitore, che compie l'atto, sapendo di pregiudicare le ragioni del creditore o in modo a ciò dolosamente preordinato; - il consilium fraudis, cioè la consapevolezza da parte del terzo del pregiudizio derivante al creditore o della dolosa preordinazione; - l'eventus damni, cioè il danno che può essere arrecato alle pretese del creditore. Il creditore ha provato documentalmente che nell'anno 2008 era stato concesso un fido di euro200.000,00 alla società S. Srl e che gli altri due convenuti S.O. e F.M.C. si erano costituiti fideiussori sino all'importo massimo di Euro 400.000,00 ; ha altresì provato che al 13.06.2014 l'estratto conto della società riportava un saldo negativo di Euro 286.427,98. Parte convenuta sostiene che alla data degli atti contestati non vi fosse un credito effettivo, orbene benché in atti non sia stata fornita prova dell'effettivo utilizzo del fido da parte della società, la circostanza è irrilevante in quanto la sola concessione del fido e la garanzia fideiussoria sono atti idonei all'immediata nascita del credito tutelabile con l'azione revocatoria a cui sono soggetti tutti gli atti ad essi successivi. Sul punto si è espressa da ultimo Cassazione Civ. sez. VI, con sentenza del 01.04.2022 n. 10594. Accertato che si tratta di atti dispositivi a titolo gratuito successivi alla nascita anche solo potenziale del credito, ai fini dell'accoglimento della domanda è necessaria soltanto la generica conoscenza del debitore del pregiudizio che l'atto portava alle ragioni del creditore. E' evidente che qualsiasi tipo di atto che ostacoli od impedisca l'azione esecutiva su beni immobili è lesivo delle ragioni del creditore e pertanto la conoscenza di tale pregiudizio si può legittimamente presumere anche perché il S.O. è l'amministratore unico della S. Srl.. Presunzione che può essere superata dal debitore stesso fornendo prova che le garanzie patrimoniali residue siano più che idonee a garantire il creditore. Nello specifico parte convenuta sostiene che la società è titolare di diversi beni immobili tra i quali un capannone del valore di Euro 3.000.000,0, chiedeva che in forza di tale deduzione si procedesse ad una stima a mezzo CTU. Sul punto è da rilevare come pur avendone la possibilità nessuno dei convenuti costituti ha prodotto alcuna documentazione, mentre si è fatta parte diligente l'attrice depositando completa ispezione ipotecaria sui beni societari della quale si osservano numerose vendite, ipoteche e sequestri. E' giurisprudenza costante e consolidata che anche la dimostrata solvibilità di uno dei coobbligati in solido non è motivo di rigetto della domanda revocatoria in quanto va valutata esclusivamente la solvibilità di ogni singolo debitore e nel caso di specie non è stato neppure dedotto che i due convenuti S.O. e F.M.C. conservassero un patrimonio immobiliare sufficiente a garantire il credito. Principio questo affermato da Cass. civ. sez. III con sentenza n. 8315/2017 e di recente confermato in un precedente specifico in quanto riferito alla costituzione di un fondo patrimoniale Cass. civ. sez. VI sentenza 33391/2022. Quanto, poi, alla sussistenza, nel caso di specie, dell'eventus damni, deve rilevarsi come la sottrazione dalla garanzia patrimoniale generica dei predetti beni immobili provoca un deterioramento della posizione dell'istante rendendo maggiormente difficoltoso il soddisfacimento del proprio credito. Giurisprudenza pacifica e condivisa, in ordine all'eventus damni precisa che ricorre non solo nel caso in cui l'atto dispositivo comprometta totalmente la consistenza patrimoniale del debitore, ma anche quando lo stesso atto determini una variazione quantitativa o anche soltanto qualitativa del patrimonio (come ad esempio la trasformazione di un immobile in denaro, più agevolmente sottraibile alla garanzia patrimoniale) che comporti, sulla base di una valutazione ex ante (e cioè astrattamente riportandosi alla data dell'atto dispositivo), una maggiore incertezza o difficoltà nel soddisfacimento del credito (cfr. Cass. 1896/2012); Andrà disposto lo stralcio della documentazione depositata con le memorie conclusionali (per la parte diversa dalla produzione pregressa tempestiva) non essendo le stesse deputate ad ulteriore attività istruttoria ciò indipendentemente dalla sopravvenienza di alcuni di detti documenti. La domanda andrà quindi accolta limitatamente alla richiesta revocatoria, non certo in relazione alla richiesta di dichiarare i convenuti debitori dell'importo di cui al decreto ingiuntivo, per il quale pende diverso pregresso giudizio (che si assume essere stato definito in primo grado da questo Tribunale), per cui la relativa domanda è inammissibile stante il principio del ne bis in idem, Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo, secondo i parametri attualmente vigenti e compensate per un terzo nei confronti dei convenuti S.O. e F.M.C. con l'attore, mentre stante la soccombenza totale dell'attore rispetto alla S. Srl non legittimata passiva dell'azione revocatoria, parte attrice dovrà essere condannata alla spese. P.Q.M. Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza ed eccezione disattesa o assorbita, così dispone: 1) dichiara inammissibile la domanda di accertamento del debito; 2) dichiara l'inefficacia ai sensi dell'art. 2901 e seg.ti c.c. nei confronti della B.P.F., dell'atto del 31.01.2011 a rogito Notaio F.M.C. in F. - rep. n. (...) racc. n. (...) trascritto presso l'agenzia delle Entrate ufficio Provinciale di Latina- Territorio il 02.02.2011 reg. gen. n. 2606 e reg. part. n.1843 e dell'atto del 19.10.2011 a Rogito Notaio Dott.ssa F.M.C. in F. rep. n. (...) racc. (...) trascritto presso l'Agenzia Entrate Ufficio Provinciale di Latina - Territorio il 20.10.2011 reg. gen. n. 24846 e reg. part. n. 16828 3) Ordina al conservatore dell'Agenzia delle Entrate Ufficio Provinciale di Latina, Territorio sez. pubblicità immobiliare di procedere alla annotazione al passaggio in giudicato della presente sentenza. Onerando della formalità parte attrice. Condanna S.O. e F.M.C. in solido tra loro a rimborsare alla parte attrice B.P.F. le spese di lite, che si liquidano già compensate in Euro 180,00 per spese, Euro 10.000,00 per competenze, oltre i.v.a., c.p.a. e 15,00 % per spese forfettarie Condanna B.P.F. al pagamento delle spese di lite, che si liquidano in Euro 8.000,00 (stante l'assistenza di più parti) per competenze, oltre i.v.a., c.p.a. e 15,00 % per spese forfettarie in favore dell'avv. M.P. dichiaratosi antistatario Conclusione Così deciso in Latina, il 14 aprile 2023. Depositata in Cancelleria il 14 aprile 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO DI LATINA I SEZIONE CIVILE N. 6392/2012 R.G. (cui è stato riunito n. 3668/2017 r.g.) Il Tribunale, nella persona del giudice unico, Dott.ssa Giulia Paolini, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa iscritta al N. 6392/2012 R.G. promossa da: (...) S.R.L. IN LIQUIDAZIONE (c.f. (...)), in persona del suo liquidatore p.t., rappresentata e difesa dall'avv. CE.EN. ed elettivamente domiciliata presso il suo studio sito in Terracina (LT), Viale (...), giusta mandato con procura a margine dell'atto di citazione datato 14.11.2012; attrice contro (...) IMMOBILIARE S.R.L. (p.i. (...)), in persona del l.r.p.t., rappresentata e difesa dagli avv.ti MA.GA., BI.EM., MA.GI., LA.TA. e RO.VI. ed elettivamente domiciliata presso il domicilio digitale dell'Avv. Ro.Vi. (...), nonché presso lo studio dell'avv. Em.Bi. sito in Latina (LT), Viale Petrarca 7, giusta procure alle liti in calce alla comparsa di costituzione e risposta con contestuale domanda riconvenzionale depositata in data 8.3.2013, nonché procure allegate al fascicolo telematico in data 25.1.2017 e 24.12.2021; convenuta nonché contro (...) (c.f.: (...)), rappresentata e difesa dall'avv. IT.SC. ed elettivamente domiciliata presso il suo studio sito in Terracina (LT), Via (...), giusta procura alle liti allegata alla comparsa di costituzione e risposta datata 7.4.2018 e depositata telematicamente il 9.4.2018 nel fascicolo r.g. n. 3668/2017 riunito a quello di cui in epigrafe; convenuta Oggetto: inadempimento contrattuale; RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE Con atto di citazione ritualmente notificato in data 27.11.2012, (...) S.R.L. ha convenuto in giudizio - innanzi all'intestato Tribunale - (...) IMMOBILIARE S.r.l. al fine di sentirla condannare al pagamento della somma di Euro 101.468,95, come quota parte relativa a lavori di consolidamento di parti comuni del compendio immobiliare sito nel Comune di T., Via B., distinto al N.C.E.U. Fg. (...), p.lla n. (...), sub (...)-(...), obbligo assunto dalla società convenuta in forza della scrittura privata inter partes stipulata in data 19/11/2007 (v. all. 4, citazione). L'attrice, a fondamento della propria pretesa, ha dedotto: - che i lavori in parola afferivano ad opere di consolidamento statico e di rifacimento del tetto dello stabile concernenti parti comuni dell'edificio de quo su cui insistevano anche immobili di proprietà demaniale, lavori per i quali l'Agenzia del Demanio - Filiale Lazio, Sede di Roma, aveva rilasciato, in data 17/4/2008, il nulla osta anche nell'interesse della società convenuta (v. all. 9, citazione), precisando che tutte le opere sarebbero state eseguite a totale cura e spese della (...) Immobiliare; - che, con comunicazione datata 18/4/2008, la società convenuta le aveva trasmesso predetto nulla osta, autorizzando contestualmente l'immediata esecuzione delle opere, per la residua quota di propria pertinenza, p.lla n. (...), sub. (...), alle condizioni già definite tra le parti (v. all. 10, citazione); - che i predetti lavori avevano comportato una spesa complessiva pari ad Euro 266.440,45, oltre Euro 4.900,00 per opere extra per il subalterno n. (...), somma che, suddivisa per millesimi, comportava una quota parte in capo alla società convenuta pari a complessivi Euro 101.468,95, giammai corrisposta. Tanto premesso, l'odierna deducente, sfumati i vani tentativi di addivenire ad un bonario componimento della lite, ha insistito per l'accoglimento della domanda. F. IMMOBILIARE, tempestivamente costituitasi in giudizio con comparsa di costituzione e risposta depositata in data 08/03/2013, ha chiesto la reiezione della domanda attorea, dispiegando altresì domanda in via riconvenzionale al fine di ottenere il pagamento della somma pari ad Euro 100.000,00 a titolo di penale contrattuale. Instaurato così regolarmente il contraddittorio, concessi i termini di cui all'art. 183, co. 6, c.p.c., all'udienza del 3/12/2013, il procuratore dell'odierna deducente ha proposto querela di falso in via incidentale, asserendo il difetto di ius postulandi in capo al difensore della società convenuta. Successivamente, il precedente (...) intestatario della procedura, con ordinanza del 21/02/2017, "...a scioglimento della riserva, rilevato che la mancata comparizione della parte a rendere l'interpello ai sensi dell'art. 222 c.p.c., esclude l'inequivoca manifestazione della volontà di avvalersi del mandato conferito, dovendo pertanto, considerarsi la procura come mai rilasciata; con ogni effetto consequenziale ( Cass. sent. n. 23700/14)", ha rigettato l'istanza di c.t.u. formulata dal patrocinio della convenuta, rinviando la causa per la precisazione delle conclusioni. Ciò posto, in forza di suddetto provvedimento, la società convenuta, decaduta dalla possibilità di coltivare la spiegata domanda riconvenzionale, con atto di citazione datato 5/6/2017, ha così convenuto nel giudizio rubricato Rg. n. 3668/2017, - innanzi all'intestato Tribunale - la (...) S.r.l., nonché la signora (...) al fine di sentire accogliere le conclusioni come in epigrafe riportate. (...) e la (...) S.r.l., costituitesi nel predetto giudizio, hanno chiesto la reiezione delle domande formulate da (...) Immobiliare S.r.l.. Disposta la riunione del procedimento R.G. n. 3668/2017 al giudizio di cui in epigrafe, concessi altresì i termini istruttori, presentato nelle more da (...) IMMOBILIARE S.R.L. ricorso per sequestro giudiziario in corso di causa relativamente al cespite immobiliare in parola, successivamente rinunciato (v. ordinanza dr. (...), dd. 07/01/2021, Rg. n. 6392-1/2012), il precedente (...) ha rigettato le richieste istruttorie articolate dalle parti, ritenendo la causa matura per la decisione. La causa, istruita così in via esclusivamente documentale, all'udienza del 15/12/2022, veniva trattenuta in decisione dalla scrivente, subentrata nelle more ai precedenti (...) assegnatari, previa concessione alle parti dei termini ex art. 190 c.p.c. per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica. La tesi sostenuta dal patrocinio di (...) Immobiliare S.r.l. secondo cui l'atto di compravendita stipulato con la (...) S.r.l., in data 19/11/2007, la scrittura privata autenticata in pari data e l'atto di rettifica del 05/06/2010 sarebbero radicalmente nulli, in quanto contrari alle previsioni urbanistiche ed edilizie, con particolare riferimento ai vincoli paesaggistici ed alle condizioni previste dal Ministero dei Beni Culturali, è priva di pregio e di fondamento. A tale proposito si osserva che la presenza di un vincolo storico - artistico non determina ex se l'inalienabilità del cespite immobiliare ivi sottoposto, bensì la soggezione alla speciale legislazione dettata dal D.Lgs. n. 42 del 2004 e s.m.i. che detta una serie di vincoli e di obblighi, a tutela degli stessi, previsti in particolare dagli artt. 59, 60, 61 e 62. Tali normative non comminano alcuna sanzione in caso di trasferimento dell'immobile sottoposto a vincolo, ma prevedono tutta una serie di obblighi conservativi (v. art. 39 D.Lgs. cit.) in capo ai soggetti proprietari, nonché la denuncia alla competente soprintendenza di tutti gli atti di trasferimento totale o parziale della proprietà o della detenzione del bene, affinché il Ministro dei beni culturali possa esercitare su quello stesso bene, ove si tratti di trasferimento a titolo oneroso, il diritto di prelazione attribuitigli dal summenzionato articolo 59. Gli atti censurati non risultano pertanto contrari ad alcuna norma imperativa, né presentano una causa illecita e, dunque, la domanda di nullità afferente gli stessi va rigettata. Con particolare riferimento poi all'asserita nullità derivata sul contratto di compravendita stipulato tra la (...) S.r.l. e la signora (...) si osserva quanto segue. Ed invero, con il decreto datato 19/06/2009, prodotto dal patrocinio della (...) Immobiliare S.r.l. (v. all. 7, citazione RG. 3668/2017), il Ministero dei Beni Culturali ha dichiarato l'interesse storico artistico ex art. 10, co. 1, D.Lgs. n. 42 del 2004 e s.m.i. dell'immobile denominato "ex Dogana di Badino" sito nel Comune di Terracina (LT), loc. Porto Badino, Via (...), limitatamente ai sub (...) e (...) di cui al Fg. (...), p.lla n. (...) e, dunque, difetta alcun riferimento all'unità abitativa acquistata dalla signora (...) il 18/12/2014, in quanto catastalmente contraddistinta al sub. (...) (ex sub (...)) (v. art. 1, doc. 1, all. comparsa di costituzione RG. 3668/2017). L'assenza di vincoli storici gravanti sul subalterno in parola è stata altresì esclusa dalla relazione notarile datata 24/11/2017 a firma del Notaio dott. Massimo Maria Panvini Rosati, prodotta in atti dal patrocinio della signora (...) (v. all. 2, comparsa di costituzione RG. 3668/2017) e giammai contestata da controparte. Ne consegue, in ragione di quanto sopra, il rigetto della domanda di nullità degli atti in parola e del consequenziale rilascio dei beni formulata dal patrocinio di (...) Immobiliare tanto nei confronti della signora M., quanto nei confronti della (...). Venendo ora alla disamina della domanda promossa dalla (...) S.r.l. giova riportare la statuizione adottata dal precedente (...), a scioglimento della riserva assunta all'udienza del 14.11.2019, a mezzo della quale questi, dopo aver dato atto della riunione dei due procedimenti iscritti al n.r.g. 6392/2012 e 3668/2017 e della corrispondenza tra la domanda riconvenzionale formulata dalla (...) Immobiliare nel giudizio portante e la domanda articolata dalla stessa, in citazione, nel giudizio riunito e, dunque, la corrispondenza del thema decidendum e probandum nei due procedimenti, "Rilevato che la (...) ha articolato domanda di pagamento del corrispettivo per le opere eseguite in considerazione dell'impossibilità di procedere a permuta di alcune unità immobiliari (la permuta essendo stata programmata come modalità di realizzazione degli interessi creditori); Vista l'eccezione di inadempimento formulata dalla (...) Immobiliare nella propria comparsa di costituzione e risposta tempestivamente depositata; Considerata l'inversione dell'onere della prova che l'eccezione determina, ricadendo sull'attrice l'onere di dimostrare la corretta esecuzione del contratto; Visto, altresì, l'oggetto della riconvenzionale, rappresentato dalla richiesta di pagamento della penale pattuita per l'ipotesi di omesso trasferimento dell'unità immobiliare e l'addebito del medesimo inadempimento, a fondamento di tale pretesa, con la suddetta eccezione di inadempimento; Considerato che, pertanto, sia ai fini dell'accoglimento della domanda formulata dalla (...) (alla luce dell'eccezione di inadempimento della (...) Immobiliare) che ai fini del rigetto della domanda riconvenzionale articolata dalla (...) Immobiliare (in ragione delle comuni regole in tema di responsabilità contrattuale) grava sulla (...) l'onere di provare la corretta esecuzione del contratto; Visti i capitoli di prova orale articolati dalla (...) nella propria memoria n. II e la relativa inammissibilità, avendo questi ultimi ad oggetto circostanze da provarsi documentalmente, come tempestivamente eccepito dalla (...) Immobiliare nella propria memoria n. III", ha ritenuto la causa matura per la decisione, denegando l'ingresso di prova costituenda formulata dal patrocinio di (...). Tanto premesso, alla luce di quanto sopra, si può ragionevolmente ritenere alla luce delle allegazioni documentali versate in atti che la domanda promossa da (...) non sia stata provata. Orbene, è principio condiviso quello secondo cui, "in tema di prova dell'inadempimento di una obbligazione, il creditore che agisce per la risoluzione contrattuale, per il risarcimento del danno, ovvero per l'adempimento deve soltanto provare la fonte (negoziale o legale) del suo diritto ed il relativo termine di scadenza, limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell'inadempimento della controparte, mentre il debitore convenuto è gravato dell'onere della prova del fatto estintivo dell'altrui pretesa, costituito dall'avvenuto adempimento, ed eguale criterio di riparto dell'onere della prova deve ritenersi applicabile al caso in cui il debitore convenuto per l'adempimento, la risoluzione o il risarcimento del danno si avvalga dell'eccezione di inadempimento ai sensi dell'articolo 1460 del c.c., risultando, in tal caso, invertiti i ruoli delle parti in lite, poiché il debitore eccipiente si limiterà ad allegare l'altrui inadempimento, e il creditore agente dovrà dimostrare il proprio adempimento." (Cass. Civ. 30 ottobre 2001, n. 13533). Ciò posto, è dato pacifico ed incontestato, oltre che provato per tabulas che, in data 19/11/2007, (...) S.r.l. aveva acquistato da (...) n. 4 unità immobiliari di proprietà di quest'ultima, poste all'interno del vecchio fabbricato denominato "ex Dogana di Badino" sito nel Comune di Terracina (LT) e che, con scrittura privata inter partes di pari data, l'odierna deducente si era impegnata ad eseguire opere di ristrutturazione, consolidamento e restauro delle unità immobiliari dedotte nell'atto di compravendita, nonché all'ultimazione dei lavori e a trasferire nuovamente a (...) l'unità immobiliare indicata al foglio (...), part. (...), sub. (...) (v. all. 2, 3, 4, citazione (...)), mentre (...) si era impegnata, sempre ad ultimazione lavori, a cedere in permuta l'unità immobiliare indicata al foglio (...), part. (...), sub. (...), per la quale (...) si era obbligata ad eseguire le relative opere di ristrutturazione a propria cura e spese. In ragione della corrispettività delle prestazioni delle parti derivante dalla suddetta scrittura privata è indubbiamente applicabile l'eccezione di inadempimento sollevata dalla (...) Immobiliare (Cass. 7701/94). Ciò posto, (...) S.r.l. ha riferito di aver provveduto ad eseguire opere di consolidamento, rifacimento del tetto dello stabile ed opere riguardanti parti comuni dell'edificio in cui insistono anche immobili contraddistinti ai sub (...) e sub (...) con una spesa complessiva pari ad Euro 271.340,45. Ed invero, come già adombrato nell'ordinanza adottata dal precedente (...), il patrocinio della (...) non ha assolto all'onus probandi sulla medesima incombente, a fronte dell'eccezione di inadempimento tempestivamente sollevata dal patrocinio di (...) e, dunque, dell'intervenuta inversione dell'onere probatorio. A tale proposito, (...) Immobiliare ha riferito che la (...) si sarebbe resa inadempiente rispetto agli accordi intercorsi con (...) in quanto avrebbe provveduto: a) ad accorpare spazi condominiali alle unità immobiliari; b) ad aumentare la volumetria delle unità immobiliari a discapito del solaio condominiale; c) ad aumentare il numero delle unità immobiliari che sono passate da n.5 a n.11; d) a trasferire a titolo oneroso a terzi, ossia alla Signora M., l'unità immobiliare indicata al foglio (...), part. (...), sub (...) che si era impegnata a trasferire nuovamente a (...) ad ultimazione dei lavori; d) ad impedire l'accesso all'immobile di proprietà di (...), indicato al foglio (...), part. (...), sub 8. Tale deduzione è stata altresì suffragata dalla perizia di parte a firma del geom. (...) (v. all. seconda memoria istruttoria) datata 4/10/2016. Orbene, alla luce della documentazione versata in atti e della mancata specifica contestazione della stessa, l'inadempimento della (...) può ritenersi provato. Il patrocinio di quest'ultima, infatti, non ha replicato in maniera specifica alle censure di inadempimento di cui in parola, limitandosi ad asserire che "Il contratto di appalto del 6.3.2009(versato in atti ) per l'esecuzione delle opere è stato stipulato dalla (...) con la (...) sas e con la S. srl per la prima fase dei lavori predetti. Per la seconda fase dei suddetti lavori ( basta leggere il relativo capitolato ) è stato stipulato con la (...) srl che ha rilasciato regolari fatture per i lavori eseguiti e regolarmente pagati: risulta, pertanto, priva di pregio e pretestuosa l'eccezione della (...) Immobiliare sul punto." (v. pag. 1, memoria dd. 3/3/2023). Ebbene, nel caso di specie, la scarna documentazione versata in atti, qual è la copia della descrizione dei lavori e del computo metrico, mero atto di parte, privo di data certa (v. all. 13, citazione), così come le n. (...) fatture della (...) srl e le n. 4 fatture della ditta (...) (v. all. 14 e 15, citazione), sprovviste di quietanza, oltre a non provare l'effettivo esborso dei denari di cui si chiede la refusione in quota parte, non è comunque in grado di attestare la corretta esecuzione delle opere di cui alla pattuizione. A tale lacuna probatoria non possono di certo sopperire i generici capitoli di prova testimoniale articolati nella seconda memoria istruttoria vertenti, peraltro, tutti su circostanze che parte attrice avrebbe ben potuto/dovuto provare per tabulas e, dunque, non demandabile alla c.t.u. richiesta, il cui ingresso è stato correttamente negato, atta a riferire "sull'entità e sulla tipologia dei lavori eseguiti, e sui presunti vincoli ed autorizzazioni rilasciate, titoli edilizi e quant'altro" (v. replica 3/3/23, avv. (...)). Da ultimo, alcuna parola è stata spesa da (...) con riferimento all'elaborato peritale prodotto da (...) Immobiliare. Giova rammentare, a tale riguardo, il conforme indirizzo ermeneutico secondo cui "La mancata presa di posizione specifica ex art. 115 c.p.c. sui fatti costitutivi del diritto preteso, oggetto del procedimento monitorio, comporta, di per sé, una linea di difesa incompatibile con la negazione o modifica della pretesa, rilevante ai fini della determinazione dell'oggetto del giudizio, con effetti vincolanti per il giudice, che dovrà astenersi da qualsiasi controllo probatorio. Pertanto, tenendo pur sempre presenteche il grado di specificità della contestazione deve essere valutato in concreto in relazione alle singole controversie - potendo variare a seconda del livello di conoscenza del fatto da parte del soggetto nei cui confronti è allegato e a seconda della precisione del fatto allegato dalla controparte - una contestazione generica non può che produrre l'effetto, proprio per la sua genericità, di determinare, come nel caso in esame, una "relevatio ab onere probandi" e di rendere i fatti allegati del tutto pacifici" (v. Tribunale Milano sez. VII, 22/10/2018, n.10657; Cassazione civile sez. III, 06/10/2015, n.19896). Dunque, accertata l'esistenza del contratto e provato l'allegato inadempimento, occorre verificare se quest'ultimo sia grave avuto riguardo all'interesse della controparte, ex art. 1455 c.c. secondo cui l'interesse non si identifica con l'interesse alla risoluzione, ma consiste nell'interesse della parte non inadempiente all'adempimento dell'obbligazione rimasta inadempiuta (Cfr., di recente, Cass., n. 4022/2018). In particolare, Cassazione civile sez. III, 14/06/2001, n.8063, ha precisato che l'interesse, nei termini così intesi, deve presumersi leso, con una presunzione semplice ex art. 2727 c.c., tutte le volte che l'inadempimento sia stato di rilevante entità, ovvero abbia riguardato obbligazioni principali e non secondarie. Tanto dedotto, ai sensi dell'art. 3 della suddetta pattuizione, era stato espressamente previsto: "Le società, come sopra rappresentate, si danno reciprocamente atto che, relativamente agli immobili identificati col foglio (...), particella (...), sub (...), ed ubicati ai piani secondo e terzo (...): - La società (...) S.R.L. si assume l'obbligo di eseguire le opere di ristrutturazione, a propria cura e spese, secondo il capitolato allegato alla presente scrittura privata sotto la lettera "C", garantendo la esecuzione dei lavori a perfetta regola d'arte ed il rilascio delle certificazioni di legge per gli impianti realizzati; - La società (...) S.R.L. si impegna a trasferire gli immobili alla (...) IMMOBILIARE - SOCIETA' A RESPONSABILITA' LIMITATA non appena si creeranno le condizioni giuridichenecessarie al frazionamento catastale della particella (...) sub (...) e comunque entro la data del 31 dicembre 2008. - La società (...) S.R.L. si impegna altresì a liberare i sopra descritti immobili dall'ipoteca sugli stessi gravante, ipoteca in corso di iscrizione, poiché nei termini, di cui la società (...) IMMOBILIARE -SOCIETA' A RESPONSABILITA' LIMITATA è a conoscenza". È documentale e non contestato che (...) non abbia ritrasferito a (...) l'unità immobiliare indicata al foglio (...), part. (...), sub (...), ad ultimazione dei lavori, avendola invero trasferita alla signora (...) nell'anno 2014. Parimenti incontestato che (...) non abbia restituito l'immobile di proprietà di (...), indicato al foglio (...), part. (...), sub (...), che la prima si era impegnata a restituire ristrutturato (v. art. 2, pattuizione 19/11/07). Incontestato poi che le opere eseguite da (...), sulla base del Permesso di Costruire n.5559 del 3 febbraio 2009 e del Permesso di Costruire in sanatoria n.6324 del 23 aprile 2012, non abbiano rispettato le condizioni prescritte dal provvedimento del Ministero per i beni e le Attività Culturali n.1281 del 29 luglio 2008. Il mancato adempimento da parte di (...) si può ritenere di non scarsa importanza e, dunque, tale da legittimare la richiesta di risoluzione della scrittura privata inter partes, trattandosi di inadempimento afferente obbligazioni di carattere principale e non accessorio/secondario, tant'è che le parti, al fine di sottolineare l'importanza della prestazione in oggetto, avevano espressamente pattuito il pagamento di una penale (v. art. 4) per il mancato ritrasferimento in favore di (...) delle unità immobiliari sub. (...) e sub. (...). In ragione di quanto sopra, la scrittura privata del 19/11/2007 va dichiarata risolta per grave inadempimento imputabile a G.. Merita poi accoglimento la domanda formulata da (...) a vedere condannata (...) al pagamento dell'importo previsto a titolo di penale di Euro 100.000,00 oltre interessi. In particolare, all'articolo 4 della scrittura privata inter partes le parti avevano espressamente pattuito che: "Qualora la (...) S.R.L. non provvedesse al trasferimento alla (...) IMMOBILIARE - SOCIETA' A RESPONSABILITA' LIMITATA dell'immobile di cui alla particella (...) sub (...) (?) completo ed ultimato, libero da cose e da persone, nonché libero da ipoteche e vizi pregiudizievoli, ed al rilascio dell'immobile identificato alla particella (...) sub (...) reso libero da cose e da persone, entrambi ristrutturati, la (...) S.R.L. si impegna a riconoscere alla (...) IMMOBILIARE - SOCIETA' A RESPONSABILITA' LIMITATA una penale pari ad Euro 100.000,00 (centomila virgola zero zero)". È noto che la penale, quando non sia stata prevista dalle parti anche per il semplice ritardo, può essere applicata solo per un inadempimento a cui sia seguita la risoluzione del contratto. La pattuizione summenzionata introduce la previsione di una "penale" (art. 1382 c.c.) quale patto accessorio del contratto con funzione sia di coercizione all'adempimento sia di predeterminazione della misura del risarcimento in caso di inadempimento, concordata al fine di esonerare il creditore dalla prova della sussistenza e dell'ammontare del danno stesso sicché, se è vero che non rientra tra quelle che necessitano della specifica approvazione per iscritto ex art.1341 c.c. (in tal senso, Cass. n. 6558/2010), è anche vero che il suo connotato essenziale è la sua connessione con l'inadempimento colpevole della parte a carico della quale sia stata prevista e postula per la sua operatività l'accertamento di tale inadempimento (tra le tante cfr. Cass. n. 7180/12) che, nel caso di specie, è stato appurato. La giurisprudenza di legittimità richiede che "Il creditore per conseguire la penale deve provare l'inadempimento del debitore, mentre non deve fornire la prova dell'esistenza del danno e del suo ammontare" (così, Cass. n. 11204/1998). Pertanto, accertato l'inadempimento di (...), ne deriva che la stessa va condannata al risarcimento del danno subito dall'attrice nella misura della penale pattuita tra le parti all'art. 4 della scrittura in parola, maggiorata di interessi legali dal dì del dovuto sino all'effettivo soddisfo. Tanto dedotto, non può invece trovare accoglimento la domanda formulata da (...) Immobiliare volta alla condanna di (...) srl, e per essa chiunque lo detenga, all'immediato rilascio dell'appartamento sito nel Comune di T. (L.) via B. distinto in Catasto al Fg.(...) part. (...) sub (...) nel libero ed esclusivo possesso della (...) Immobiliare, sua proprietaria. È noto invero il principio secondo cui l'adempimento della prestazione principale non può più essere richiesto una volta che il creditore abbia promosso il giudizio per richiedere il pagamento della penale pattuita, in applicazione del principio secondo cui electa una via non datur recursus ad alteram di cui all'art. 1453, comma 2, c.c. La penale in oggetto era stata, invero, espressamente pattuita per l'inadempimento della (...) al mancato riacquisto del subalterno n. (...) di cui (...) ha richiesto la restituzione. A mente dell'art. 1383 c.c., qualora la penale sia stata pattuita per l'inadempimento, il creditore non può richiedere contestualmente l'adempimento della prestazione principale e la penale. Alla luce di quanto sopra, la domanda di rilascio del bene in parola come formulata da (...) va respinta. Conclusivamente va pronunciata, come in dispositivo, la risoluzione della scrittura privata inter partes per inadempimento grave di (...) S.r.l. in liquidazione con condanna di quest'ultima al pagamento della penale pattuita, maggiorata di interessi legali dal dì del dovuto fino all'effettivo soddisfo. Ogni altra questione è da ritenersi assorbita. Quanto alla regolamentazione delle spese di lite le stesse seguono la soccombenza con riferimento ai rapporti tra (...) Immobiliare S.r.l. e (...) e vanno liquidate come in dispositivo, secondo i parametri del D.M. n. 55 del 2014 come aggiornato dal D.M. n. 147 del 2022 (valore compreso da Euro 52.000,01 ad Euro 260.000,00), mentre, tenuto conto dell'esito della causa, possono trovare integrale compensazione le spese di lite tra (...) S.r.l. in liquidazione e (...) Immobiliare S.r.l., reciprocamente soccombenti. P.Q.M. definitivamente pronunciando, ogni altra diversa domanda ed eccezione respinta: a) rigetta le domande proposte da (...) S.r.l. in liquidazione; b) accoglie per quanto di ragione la domanda promossa da (...) Immobiliare S.r.l. e, per l'effetto: c) dichiara risolto, per grave inadempimento di (...) S.r.l. in liquidazione, la scrittura privata inter partes datata 19.11.2007; d) condanna (...) S.r.l. in liquidazione al pagamento, in favore di (...) Immobiliare S.r.l., della complessiva somma di Euro 100.000,00, a titolo di penale, oltre interessi legali dal dì del dovuto sino all'effettivo soddisfo; e) rigetta le restanti domande promosse da (...) Immobiliare S.r.l. nei confronti di (...) S.r.l. e di (...); f) condanna altresì (...) IMMOBILIARE S.R.L. a rimborsare a (...) le spese di lite, che si liquidano in Euro 7.052,00 per compensi di avvocato, oltre spese generali nella misura del 15% e accessori come per legge; g) compensa per intero le spese di lite tra (...) S.r.l. in liquidazione e (...) Immobiliare S.r.l.. Così deciso in Latina il 27 marzo 2023. Depositata in Cancelleria il 27 marzo 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO di LATINA I Sezione CIVILE Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. Antonio Gabrielli ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 2332/2013 promossa da: (...) (C.F. (...)), rappresentato e difeso (...) ed elettivamente domiciliato in Latina, Via (...) presso lo studio dell'Avv. (...) con il quale (...) agisce d'intesa ai sensi delle norme vigenti, giusta mandato a margine dell'Atto di citazione in riassunzione, PARTE ATTRICE contro (...) (P. Iva (...)) IN PERSONA DEL LEGALE RAPP.TE P.T., rappresentata e difesa dall'Avv. (...), giusta procura speciale in calce all'Atto di citazione in riassunzione ed elettivamente domiciliata presso lo studio dell'Avv. (...) sito in Latina, Piazza (...), PARTE CONVENUTA CONCLUSIONI Le parti hanno concluso come in atti. Esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione Con atto di citazione il signor (...) conveniva in giudizio la (...) S.p.A. in persona del legale rappresentante pro tempore, rassegnando le seguenti conclusioni: "Voglia l'Ill.mo Tribunale adito, disattesa ogni istanza ed eccezione: 1) in via preliminare visto l'articolo 8, comma 5, del decreto legislativo n. 28/2010 condannare i convenuti al versamento in favore dell'erario di una somma corrispondente al contributo unificato dovuto per il presente giudizio in virtù della ingiustificata mancata partecipazione al procedimento obbligatorio di mediazione; 2) in via principale accertare che la Compagnia di Assicurazioni (...) copra l'infortunio occorso al signor (...), in virtù della regolarità del contratto di polizza sottoscritto dallo stesso e dichiarare ex art. 1892 c.c. che la stessa Compagnia di assicurazioni (...) è decaduta dal termine dei tre mesi previsto per legge, per chiedere l'annullamento del contratto di assicurazione stesso e, per l'effetto, condannare la (...) assicurazioni spa, in persona del legale rappresentante pro tempore, con sede in Genova (16122), via (...) al risarcimento dei danni fisici subiti dal sig. (...) in conseguenza del sinistro in esame, che si quantificano in complessivi euro 18.547,82 o nella diversa somma ritenuta di giustizia, oltre interessi legali e rivalutazione monetaria dall'evento lesivo al saldo effettivo; 3) in via subordinata, nella denegata ipotesi di mancato accoglimento della domanda principale dichiarare che nel caso di specie non sussiste la coscienza del valore determinante dell'ipotetica dichiarazione reticente o falsa sul consenso resa dal sig. Leonardi, rilevato che l'assicuratore ha omesso di riportare nell'apposito questionario, richiamando sul punto la specifica attenzione dell'assicurato, che la conoscenza della notizia di pregressi sinistri della stessa natura subiti dall'assicurato erano essenziali ai fini degli artt. 1892 e 1893 c.c. per l'effetto condannare la (...) spa, in persona del legale rappresentante pro tempore, con sede in Genova (16122), via (...) al risarcimento dei danni fisici subiti dal sig. (...) in conseguenza del sinistro in esame, che si quantificano in complessivi euro 18.547,82 o nella diversa somma ritenuta di giustizia, oltre interessi legali e rivalutazione monetaria dall'evento lesivo al saldo effettivo; 4) in via ulteriormente subordinata, nella denegata ipotesi di mancato accoglimento della domanda principale e della domanda subordinata dichiarare che la Compagnia di assicurazione (...) copre l'infortunio occorso al sig. (...), in virtù della regolarità del contratto di polizza sottoscritto dallo stesso e qualora l'autorità giudiziaria adita dovesse ritenere applicabile una riduzione della prestazione dell'assicuratore ex articolo 1893, comma 1, cod. civ., condannare la (...) spa, in persona del legale rappresentante tempore, con sede in Genova (16122), via (...) al risarcimento dei danni subiti dall'attore a causa del sinistro in esame, che sarà valutato in corso di causa, oltre interessi legali e rivalutazione monetaria dall'evento lesivo al saldo effettivo. In ogni caso con vittoria di spese, competenze e onorari di giudizio da distrarsi a norma dell'articolo 93 cpc a favore dell'Avv. (...) quale procuratore antistatario". Deduceva l'attore che essendo in corso trattative per il bonario componimento della controversia, non iscriveva la causa a ruolo e, quindi, notificava il 29.04.2013, l'atto di citazione in riassunzione nei termini previsti dalla legge. Assumeva parte attrice che in data 11.01.2011, rimaneva coinvolto in un sinistro stradale a causa del quale riportava gravi lesioni personali e, precisamente, una invalidità pari al 7% secondo le tabelle ANIA e 8% secondo le tabelle INAIL di IP nonché giorni 35 di ITT e giorni 15 di ITP (al 50%) come risultava dalla consulenza di parte redatta dal Dr. Cipriani che allegava. Asseriva, poi, di aver denunciato l'accaduto al fine di ottenere l'indennizzo previsto per la polizza infortuni stipulata con (...) s.p.a. n. 0401.1000099829. La compagnia (...) provvedeva a nominare il Dr. (...) per valutare l'entità dei danni patiti dall'attore e che con fax del 20/07/2011 comunicava all'attore che "in base agli elementi in nostro possesso le comunichiamo che ai sensi dell'articolo 1892 c.c. non ci è possibile corrispondere l'indennità richiesta a causa delle dichiarazioni inesatte o reticenti da Lei rilasciate nella fase di formazione del consenso. In particolare, ha riferito: "non ho subito precedenti infortuni". Ci riserviamo di impugnare il contratto di assicurazione n. 0401.1000099829 chiedendone l'annullamento". Assumeva l'attore che la Compagnia di assicurazione era decaduta dal diritto di chiedere l'annullamento del contratto a fronte di dichiarazioni inesatte o reticenti del contraente, poiché la richiesta era sottoposta al termine decadenziale di tre mesi che era inutilmente trascorso e, pertanto, il rapporto contrattuale doveva ritenersi ancora in essere. Deduceva, inoltre, che in tema di dichiarazioni inesatte o reticenti da parte dell'assicurato, spettava all'assicuratore, agli effetti dell'art. 1892 c.c., l'onere di provare l'inesattezza delle dichiarazioni nonché il dolo o la colpa grave del contraente che le aveva rese. Continuava l'attore rappresentando che non sussisteva la coscienza del valore determinante dell'ipotetica dichiarazione reticente o falsa sul consenso resa, posto che l'assicurazione avrebbe omesso di riportare nell'apposito questionario che la conoscenza di pregressi sinistri subiti dall'assicurato era essenziali ai fini degli artt. 1892 e 1893 c.c.. Infine, rilevava che la mancata presenza della Compagnia di assicurazioni (...) al procedimento di mediazione comportava la sanzione a carico di quest'ultima, consistente nel pagamento dell'importo pari al contributo unificato dovuto per il giudizio avente lo stesso oggetto della mediazione così come previsto dall'art. 8, comma 5 del D.Lgs. 28/2010. Tanto premesso, rassegnava le conclusioni come sopra specificate. Parte convenuta si costituiva eccependo, tra l'altro, l'inoperatività della polizza ex art. 1892 c.c. in quanto l'assicurato aveva con dolo o colpa grave taciuto la preesistenza di precedenti infortuni, specificatamente dedotta quale requisito rilevante per la valutazione del rischio assunto tramite la copertura assicurativa stipulata e per la conseguente correlativa commisurazione del premio. La causa veniva istruita con il deposito della documentazione e l'espletamento della CTU medico legale sulla persona dell'attore il quale, peraltro, non rispondeva al deferito ed ammesso interrogatorio formale senza addurre giustificato motivo. All'udienza del 31.01.2019 la causa veniva assunta in decisone con i termini di cui all'art. 190 c.p.c. Rimesso il fascicolo sul ruolo, con ordinanza del 14.7.2019 il Giudice sospendeva il giudizio in attesa della definizione del procedimento penale a carico dell'attore ed avente ad oggetto esattamente l'infortunio oggetto di causa. Prodotta dalla parte attrice sentenza di intervenuta prescrizione dei reati ascritti all'attore, all'udienza del 27.01.2022 le parti precisavano le conclusioni e la causa veniva assunta in decisione con i termini ex art. 190 c.p.c.. La domanda attorea non è fondata e non merita accoglimento per le ragioni che seguono. Preliminarmente, quanto al comma 2 dell'art. 1892 c.c., ritiene parte attrice che l'assicuratore sarebbe decaduto dal diritto di impugnare il contratto, non avendolo fatto entro il previsto termine di 3 mesi. Sul punto va detto che in tema di assicurazione contro gli infortuni, l'onere imposto dall'art. 1892 c.c. all'assicuratore, di manifestare, allo scopo di evitarne la decadenza, la propria volontà di esercitare l'azione di annullamento del contratto per le dichiarazioni inesatte o reticenti dell'assicurato, entro tre mesi dal giorno in cui ha conosciuto la causa dell'annullamento, non sussiste quando il sinistro si verifichi prima che sia decorso il termine suddetto e quando il sinistro si verifichi prima che l'assicuratore sia venuto a conoscenza dell'inesattezza o reticenza della dichiarazione, essendo sufficiente, in tali casi, per sottrarsi al pagamento dell'indennizzo, che l'assicuratore stesso invochi, anche mediante eccezione, la violazione dolosa o colposa dell'obbligo posto a carico dell'assicurato di rendere dichiarazioni complete e veritiere sulle circostanze relative alla rappresentazione del rischio. Secondo costante giurisprudenza, infatti, "se l'assicuratore è venuto a conoscenza dell'inesattezza delle dichiarazioni e delle reticenze dell'assicurato ai sensi dell'articolo 1892 c.c. soltanto dopo il verificarsi del sinistro, egli può sia rifiutare il pagamento della somma assicurata se convenuto per il pagamento dell'indennizzo, sia agire per l'accertamento di tali inadempimento dell'assicurato senza bisogno di impugnare il contratto di assicurazione" (Cass. civ. n. 16406 del 13/07/2010; in senso conforme cfr. Cass. n. 8373/90; Cass. n. 10086/98; Cass. n. 2209/99; Cass. n. 2815/99; Cassazione Civile - Sez. III; Sent. n. 17505 del 19.11.2014, da ultimo, Cass. civ. Ordinanza n. 1166 del 21.1.2020). Nel caso di specie, dai documenti in atti e come dedotto da parte convenuta, si evince non solo che la stessa compagnia, alla data del sinistro (11.01.11), non era ancora a conoscenza della inesattezza e reticenza delle dichiarazioni, ma, altresì, che quest'ultima non ha svolto nel presente giudizio l'azione di annullamento oggetto della eccezione di decadenza di cui all'art. 1892 c.c., limitandosi, infatti, a richiedere il rigetto della pretesa risarcitoria avanzata da parte attrice, rifiutandosi, dunque, di corrispondere l'indennizzo ai sensi del comma 3 del suddetto articolo. Concludendo: se l'assicuratore è venuto a conoscenza dell'inesattezza delle dichiarazioni e delle reticenze dell'assicurato soltanto dopo il verificarsi del sinistro, può sia rifiutare il pagamento della somma assicurata in via di eccezione inadimplenti non est ademplendum sia agire per l'accertamento di tale inadempimento dell'assicurato, senza bisogno di impugnare il contratto di assicurazione (Cass. n. 2576/1997). Ciò premesso, risulta agli atti di causa che l'attore, ai sensi ed agli effetti degli artt. 1892 e 1893 c.c., dichiarava di non aver subito precedenti infortuni, quando, invece, è risultato che all'epoca della sottoscrizione della polizza, era rimasto coinvolto in altro sinistro stradale che gli aveva causato la frattura facciale con postumi di inabilità del 7% e danno biologico. Lo stesso aveva, ancora, dichiarato di non godere di altre assicurazioni per gli stessi rischi previsti dal contratto, quando, invece, è risultato dagli atti di causa (cfr. sentenza penale n. 1466/2021 Tribunale di Latina allegata al Ricorso per riassunzione) che aveva contratto altra polizza infortuni, n. 00100232652 con la Navale Ass.ni alla quale, peraltro, aveva presentato richiesta di risarcimento danni per il medesimo sinistro per cui è causa. Ebbene, deve ritenersi che parte convenuta non avrebbe sottoscritto la polizza o l'avrebbe sottoscritta a condizioni più onerose se avesse conosciuto esattamente le suddette circostanze, considerato che, come dedotto dalla stessa compagnia, l'esistenza di un precedente infortunio così grave, avrebbe rilevato ai fini della valutazione del rischio e della conseguente correlativa commisurazione del premio. Occorre, poi, evidenziare che nel contratto di assicurazione in atti, il contraente dichiarava di aver ricevuto una copia delle Condizioni Generali di Assicurazione modello n. 1320/2 (all. 2 fascicolo parte convenuta), costituente parte integrante della polizza, nonché di conoscere e accettare in ogni loro parte le condizioni contrattuali in esso contenute. Ancora dallo stesso documento informativo, si evince che la Compagnia prevedeva che ogni modifica o integrazione alle dichiarazioni del contraente che precedevano doveva esplicitamente risultare dal testo della polizza o da relativa appendice. Appare, quindi, evidente la coscienza della reticenza e la volontarietà dell'attore di rendere dette dichiarazioni inesatte. Depone nel senso predetto la circostanza che l'attore, in occasione della visita medico legale dinnanzi al CTU, dott.ssa (...), ha riferito di altro sinistro avvenuto nel 2012, quindi, successivamente a quello per cui è causa ma nulla ha dichiarato in relazione al sinistro del 2006 a seguito del quale riportava frattura facciale con postumi permanenti del 7% (cfr. CTU, pag. 3). L'eccezione di parte convenuta va, quindi, accolta, per cui l'attore non ha diritto all'indennizzo assicurativo. Sussiste, infatti, la fattispecie prevista dal primo comma dell'art. 1892 c.c., posto che: "la reticenza dell'assicurato è causa di annullamento allorché si verifichino simultaneamente tre condizioni: a) che la dichiarazione sia inesatta o reticente; b) che la dichiarazione sia stata resa con dolo o colpa grave c) che la reticenza sia stata determinante nella formazione del consenso dell'assicuratore. L'onere probatorio in ordine alla sussistenza di tali condizioni che costituiscono il presupposto di fatto e di diritto dell'operatività della garanzia assicurativa è a carico dell'assicurazione". (Cassazione civile ordinanza n. 11115 del 10/06/2020). Quanto alla valutazione della ricorrenza delle condizioni descritte nell'art. 1892 c.c., si tenga conto del fatto che il giudizio sulla rilevanza delle dichiarazioni inesatte o sulla reticenza del contraente, implicando un apprezzamento di fatto, è riservato al giudice di merito ed è censurabile in sede di legittimità solo se non sia sorretto da una motivazione logica, coerente e completa (Cassazione civile, sez. III, 11/01/2017, n. 416, Cass., Sez. 3, Sentenza n. 25582 del 30/11/2011, Sez. 3, Sentenza n. 16769 del 21/07/2006, Sez. 3, Sentenza n. 16406 del 13/07/2010). Inoltre, in tema di annullamento del contratto di assicurazione per reticenza o dichiarazioni inesatte ex art. 1892 cod. civ., non è necessario, al fine di integrare l'elemento soggettivo del dolo, che l'assicurato ponga in essere artifici o altri mezzi fraudolenti, essendo sufficiente la sua coscienza e volontà di rendere una dichiarazione inesatta o reticente; quanto alla colpa grave, occorre, invece, che la dichiarazione inesatta o reticente sia frutto di una grave negligenza che presupponga la coscienza dell'inesattezza della dichiarazione o della reticenza in uno con la consapevolezza dell'importanza dell'informazione, inesatta o mancata, rispetto alla conclusione del contratto ed alle sue condizioni (Cassazione civile, sez. III, 10/06/2015, n. 12086). Nel caso in esame, le condizioni di cui all'art. 1892, comma 1, c.c. si evincono dalla documentazione allegata dalla convenuta. Peraltro, non va sottaciuto che l'attore non rispondeva al deferito ed ammesso interpello avente ad oggetto le dichiarazioni rese in occasione della sottoscrizione della polizza con la (...) senza addurre giustificato motivo e, dinanzi al CTU, a domanda specifica su eventuali ulteriori pregressi sinistri stradali, dichiarava di no (oltre al sinistro occorsogli nel 2012) nonostante dal Certificato Centrale Infortuni prodotta dalla convenuta (cfr. all. 3) risultasse l'ulteriore sinistro del 2006 (cfr. pag. 3 CTU). Concludendo, la Compagnia convenuta ha provato documentalmente la sussistenza dei requisiti richiesti dall'art. 1892 c.c. e, pertanto, va dichiarata la perdita del diritto all'indennizzo dell'attore nei confronti della (...) per le dichiarazioni fale rilasciate alla (...) e, per l'effetto, va rigettata la domanda attrice. A proposito della domanda di condanna della convenuta al pagamento della somma del contributo unificato a causa della mancata partecipazione della stessa alla procedura introdotta dal sig. Leonardi dinnanzi all'organismo di mediazione, la stessa va rigettata in quanto risulta agli atti che la (...) - Ltd, con congruo preavviso, ha comunicato all'Organismo A.D.R. (...) i motivi per cui non avrebbe partecipato alla procedura, dal momento che le ragioni che l'avevano indotta a respingere la richiesta del ricorrente non consentivano margini di trattativa (cfr. doc. 8 fascicolo parte convenuta). Le spese di lite seguono il principio della soccombenza e pertanto vanno poste a carico del sig. (...) e liquidate secondo i parametri di cui al D.M. 55/2014 tenuto conto del valore della controversia. Anche le spese di CTU vengono poste a carico di parte attrice. P.Q.M. Il Tribunale di Latina, definitivamente pronunciando in persona del dott. Antonio Gabrielli, ogni ulteriore domanda ed eccezione disattesa, così provvede: - rigetta le domande di parte attrice; - condanna (...) al pagamento delle spese di lite in favore della (...) - Ltd oggi (...), in Persona del Legale Rappresentante pro tempore, che liquida in Euro 875,00 per la fase di studio, Euro 740,00 per la fase introduttiva, Euro 1.600,00 per la fase istruttoria ed Euro 1.620,00 per la fase decisoria, oltre a iva, spese generali e c.p.a. Dispone che le spese di CTU siano poste definitivamente a carico di parte attrice così come liquidate, con rimborso alla controparte delle stesse se ed in quanto dalla stessa anticipate in tutto od in parte. Latina, 21 marzo 2023 Depositata in Cancelleria il 21 marzo 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE ORDINARIO DI LATINA I SEZIONE CIVILE in composizione monocratica, nella persona del dott. Luca Venditto ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di primo grado iscritta al n. 5337 R.G. cont. 2017 TRA (...) S.R.L. - C.F. (...), M.C. - C.F. (...) e A.M. - C.F. (...) , elettivamente domiciliati in Via (...) - LATINA, presso l'avv. MA.CU., dalla quale sono rappresentati e difesi giusta procura apposta in calce all'atto di citazione PARTE ATTRICE E (...) S.P.A. - C.F. (...), elettivamente domiciliata in elettivamente domiciliata in LATINA, Via (...) (studio Avv. Sa.Ba.), rappresentata e difesa dall'avv. FA.NA., giusta procura in allegato alla comparsa di costituzione e risposta PARTE CONVENUTA OGGETTO: contratti bancari. RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE 1. Con atto di citazione notificato a mezzo PEC il 14/9/2017 la società (...) S.r.l., (...) e (...) hanno evocato in giudizio la (...) S.p.A. per sentir accogliere le conclusioni riportate in epigrafe. Hanno dedotto a sostegno delle domande proposte: che con atto per notaio (...) rep. n. (...) del 07/12/2004 la società attrice aveva contratto con la (...) S.p.A. un mutuo fondiario a tasso variabile per la somma di Euro 500.000,00 al tasso contrattuale nominale annuo del 3,95%, da rimborsare con 20 rate semestrali; che il tasso di mora era stato stabilito nel 6,95%, ottenuto con la maggiorazione di tre punti del tasso corrispettivo; che, a garanzia del rimborso, la società attrice aveva concesso ipoteca sugli immobili in S. (L.), e precisamente: lotto di area edificabile di mq 1.724 con sovrastante fabbricato adibito a servizi sportivi al catasto terreni del Comune di Sermoneta al foglio (...) particelle (...), (...), (...), (...),(...), (...); che, ad ulteriore garanzia, i soci della società mutuataria, (...) e (...), si erano costituiti fideiussori a prima richiesta; che, con successivo atto per notaio (...) rep. n. (...) del 30/11/2006, la società (...) aveva contratto con la (...) S.p.A. un ulteriore mutuo fondiario a tasso variabile per la somma di Euro 200.000,00 al tasso contrattuale nominale annuo del 5,85%, da rimborsare con 20 rate semestrali; che in relazione a detto contratto, il tasso di mora era stato stabilito nel 9,069%., ottenuto con la maggiorazione di tre punti del tasso effettivo; che, a garanzia del rimborso del mutuo da ultimo richiamato, la società attrice aveva concesso ulteriore ipoteca sui medesimi immobili ed i soci, (...) e (...), si erano costituiti fideiussori a prima richiesta; che, nel maggio 2008 i due mutui erano stati rinegoziati con il differimento dei tempi di rimborso di sei anni, ferme restando le altre condizioni. Sulla scorta di tali premesse in fatto, gli attori hanno rilevato, in relazione ad entrambi i contratti di mutuo: - l'usurarietà del tasso di mora usurario (usura c.d. originaria), del tasso effettivo di mora e del tasso complessivo, con conseguente gratuità dei mutui ex art. 1815, secondo comma, c.c. ed obbligo alla restituzione di Euro. 148.778,97 riguardo al primo mutuo e di Euro. 65.314,28 per il secondo; - la nullità della clausola anatocistica relativa agli interessi di mora, per sua genericità, non prevedendo espressamente 'l'applicazione degli interessi di mora anche sugli interessi corrispettivi', con conseguenze ricalcolo degli interessi di mora senza anatocismo; l'applicazione degli interessi di mora sull'intera rata genererebbe un tasso complessivo, dato dalla "sommatoria dell'interesse corrispettivo aumentato dell'interesse di mora"; - la nullità della clausola di salvaguardia; - la violazione dell'art. 117, comma 6, del TUB per l'indicazione in contratto di un tasso effettivo inferiore al TAEG effettivamente applicato e conseguente diritto al ricalcolo del piano di ammortamento sostitutivo ai sensi di quanto disposto dal comma 7 della predetta disposizione ed obbligo di restituzione di Euro. 65.304,28 per il primo mutuo e di Euro. 22.351,44 per il secondo mutuo; con esclusivo riferimento al mutuo del 2006: - usurarietà del tasso effettivo di estinzione anticipata; - nullità della clausole di determinazione dei tassi basati sull'E., avendo la Commissione Europea, con decisione del 04/12/2013, pubblicata il 19/11/2016, dichiarato la manipolazione dell'E. fra il Settembre 2005 ed il Marzo 2009, sanzionando il cartello di banche che hanno violato le norme sulle concorrenza, con conseguente nullità del contratto per contrarietà all'ordine pubblico ed economico e non debenza degli interessi ex artt. 1418 comma 2 e 1346 c.c. e, comunque, con indeterminatezza dei tassi di interesse e necessario ricalcolo del piano di ammortamento al tasso legale. Si è costituita in giudizio la banca convenuta depositando telematicamente la propria comparsa il 28/2/2018. Ha sollevato in rito: eccezione di omessa instaurazione del preventivo procedimento di mediazione obbligatoria; eccezione di difetto di titolarità del diritto sostanziale a tutela del quale hanno agito ed il difetto della legittimazione attiva degli attori Sig.ri (...) e (...) a proporre tutte le domande avanzate con l'atto di citazione, in quanto la unica ed effettiva titolare di tutti i rapporti per cui è causa era la società (...) S.r.l.. La banca ha quindi contestato nel merito tutte le pretese attoree. 2. All'udienza del 15/11/2018, è stata verificata dal g.i. la procedibilità della domanda per essere stato constatato l'esperimento del tentativo obbligatorio di mediazione. È dunque superata la preliminare eccezione in rito sollevata dalla banca. 3. Sulla legittimazione dei fideiussori (...) e (...), va rammentato che l'art. 1945 c.c., se consente a costoro, come tali, di opporre contro il creditore tutte le eccezioni che spettano al debitore principale, non riconosce loro tuttavia, per ciò solo, una legittimazione sostituiva in ordine al proponimento delle azioni che competono al debitore principale nei confronti del creditore, neppure quando esse si riferiscano alla posizione debitoria per la quale è stata prestata garanzia fideiussoria. L'impossibilità per il garante personale di agire in giudizio a tutela degli interessi del debitore principale, pur se con riferimento alla posizione debitoria per la quale è data garanzia fideiussoria, trova fondamento, oltre che nel principio generale secondo cui legittimato ad agire in giudizio è (in mancanza di un valido titolo legittimante la sostituzione) il solo titolare dell'interesse leso, anche e soprattutto nel principio di accessorietà dell'obbligazione del fideiussore quale desumibile dal combinato disposto degli artt. 1939 e 1945 c.c., in base al quale il fideiussore può opporre al creditore tutte le eccezioni (salva quella derivante dall'incapacità) che spettano al debitore principale, nel senso di risposta ad eventuali domande del creditore nei suoi confronti, ma non può anche promuovere direttamente azioni che vedono quale convenuto il creditore. Sulla base di ciò va pertanto dichiarato il difetto di legittimazione attiva dei fideiussori sulla domanda restitutoria e risarcitoria proposta nei confronti del creditore. Mentre sulle domande di accertamento della nullità parziale dei contratti stipulati dal debitore principale, i fideiussori hanno un diretto interesse che consente loro di essere legittimati a promuovere la relativa azione in uno con il debitore principale. 4. Quanto al merito delle domande, gli attori rilevano in citazione "il superamento del tasso soglia da parte del tasso di mora contrattualmente previsto: alla data di sottoscrizione del primo mutuo (atto per notaio (...) n. rep. (...) del 7/12/2004) il tasso soglia era del 5,76% e il tasso di mora veniva indicato nella misura del 6,95%. Il tasso soglia rilevato per il periodo di sottoscrizione del secondo contratto (atto per notaio (...) n. rep. (...) del 30/11/2006) era del 7,155% e il tasso di mora veniva contrattualmente stabilito nel 9,069%". Sarebbe evidente dunque per gli attori il superamento del tasso soglia antiusura, ciò che avrebbe come conseguenza che "la società attrice, con riguardo al mutuo del 7/12/2004, avendo già rimborsato, alla data del 31/05/2015, a titolo di interessi una somma pari ad Euro 148.778,97 alla banca mutuante, ai sensi dell'art. 1815 c.c., ha diritto alla restituzione di tale somma oltre che degli interessi successivamente pagati. Con riguardo, invece, al mutuo del 30/11/2006, avendo già rimborsato, alla data del 30/11/2016, a titolo di interessi una somma pari ad Euro 65.314,28 alla B. mutuante, ai sensi dell'art. 1815 c.c., ha diritto alla restituzione di tale somma oltre che degli interessi successivamente pagati". 4.1 La questione relativa all'applicazione della disciplina sull'usura di cui alla L. n. 108 del 1996 (anche) agli interessi di mora, come è noto, ha dato origine a contrasti giurisprudenziali, composti dal principio di diritto, cristallizzato in un recente arresto delle Sezioni Unite, del seguente tenore: "La disciplina antiusura si applica agli interessi moratori, intendendo essa sanzionare la pattuizione di interessi eccessivi convenuti al momento della stipula del contratto quale corrispettivo per la concessione del denaro, ma anche la promessa di qualsiasi somma usuraria sia dovuta in relazione al contratto concluso" (Cass. civ., Sez. un., 18/09/2020, n. 19597). Ne discende l'applicazione della disciplina di cui alla L. n. 108 del 1996 non soltanto agli interessi corrispettivi e ai costi posti a carico della parte nel caso di regolare adempimento del contratto, ma anche agli interessi di mora e ai costi previsti in caso di inadempimento o di ritardo nell'adempimento degli obblighi posti a suo carico. La Corte nella pronuncia indicata ha altresì chiarito, da un lato, qual è la soglia, superata la quale, quel tasso deve intendersi usurario; dall'altro lato, quali sono le conseguenze sulla validità e sugli effetti del contratto della riscontrata usurarietà dei soli interessi di mora, laddove la clausola relativa agli interessi corrispettivi (sia pure tenendo conto di ulteriori costi e commissioni posti a carico della parte finanziata per il caso di regolare adempimento) risulti invece rispettosa della normativa antiusura: "La mancata indicazione dell'interesse di mora nell'ambito del T.e.g.m. non preclude l'applicazione dei decreti ministeriali, i quali contengano comunque la rilevazione del tasso medio praticato dagli operatori professionali, statisticamente rilevato in modo del pari oggettivo ed unitario, essendo questo idoneo a palesare che una clausola sugli interessi moratori sia usuraria, perché "fuori mercato", donde la formula: "T.e.g.m., più la maggiorazione media degli interessi moratori, il tutto moltiplicato per il coefficiente in aumento, più i punti percentuali aggiuntivi, previsti quale ulteriore tolleranza dal predetto decreto. Ove i decreti ministeriali non rechino neppure l'indicazione della maggiorazione media dei moratori, resta il termine di confronto del T.e.g.m. così come rilevato, con la maggiorazione ivi prevista. Si applica l'art. 1815 c.c., comma 2, onde non sono dovuti gli interessi moratori pattuiti, ma vige l'art. 1224 c.c., comma 1, con la conseguente debenza degli interessi nella misura dei corrispettivi lecitamente convenuti" (Cass. civ. Sez. un. 18/09/2020, n. 19597). Pare altresì utile osservare come la giurisprudenza di legittimità prevalente escluda la possibilità, al fine di vagliare la violazione della normativa antiusura, di operare una sommatoria tra interesse corrispettivo e interesse di mora. diversamente da quanto sostenuto dall'attore quando si riferisce a quello che viene indicato come "tasso complessivo". A tal proposito, va richiamato il recente principio di diritto, affermato di seguito ed in coerenza con le statuizioni delle citate Sezioni Unite, alla stregua del quale: "La disciplina antiusura si applica sia agli interessi corrispettivi (e ai costi posti a carico della parte finanziata per il caso di regolare adempimento del contratto), sia agli interessi moratori (e ai costi posti a carico della medesima parte per il caso, e come conseguenza, dell'inadempimento), esclusa, invece, l'applicazione del c.d. criterio della sommatoria tra tasso corrispettivo e tasso di mora" (Cass. civ., sez. I, 05/05/2022, (ord.) n. 14214). Ne deriva che i principi fissati dalla giurisprudenza di legittimità prevalente, nel riconoscere che il tasso di mora rientra nell'alveo applicativo della disciplina antiusura, presuppongono una valutazione separata e distinta dei due tassi - che vanno considerati, anche in caso di inadempimento, come autonomi e non cumulabili ai fini del calcolo del loro ammontare - e sono, dunque, del tutto incompatibili con la tesi secondo cuil'eventuale usura dovrebbe essere apprezzata come un fenomeno unitario, ovverosia ricostruendo un unico tasso di interesse - frutto di una sintesi tra tasso degli interessi corrispettivi e tasso di mora - da valutare, poi, confrontandolo con la soglia antiusura posta dalla normativa per quel determinato tipo di contratto di finanziamento. Siffatta incompatibilità è coerente con la constatazione che interessi corrispettivi e interessi di mora sono destinati ad essere applicati "ricorrendo presupposti diversi ed antitetici" (Cass. 17.10.2019, n. 26286): gli uni in caso di (e fino al) regolare adempimento del contratto; gli altri in caso di (e in conseguenza dell') inadempimento del contratto (cfr. parte motiva Cass. civ. sez. I, 05/05/2022, (ord.) n. 14214). Esclusa l'operatività del criterio della "sommatoria" del tasso corrispettivo e moratorio, occorre altresì rilevare che la medesima giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass. civ., Sez. un., 18/09/2020, n. 19597) prevede un tasso soglia moratorio che mutua i parametri concreti di determinazione di detto tasso dalla disposizione che - nei decreti sulla rilevazione trimestrale dei tassi effettivi globali medi, chiarito che i TEGM non sono comprensivi degli interessi di mora - afferma che l'indagine statistica condotta ai fini conoscitivi dalla B.I. e dall'Ufficio italiano dei cambi ha rilevato che, con riferimento al complesso delle operazioni facenti capo al campione di intermediari considerato, la maggiorazione stabilita contrattualmente per i casi di ritardato pagamento è mediamente pari a 2,1 percentuali. Così si legge all'art. 3, comma 4, dei decreti applicabili al caso di specie in relazione alla data di conclusione dei contratti oggetto di valutazione, vale a dire: - il decreto direttoriale MEF 17 settembre 2004 concernete Rilevazione dei tassi effettivi globali medi. Periodo di rilevazione 1 aprile-30 giugno 2004, pubblicato nella Gazz. Uff. 30 settembre 2004, n. 230, la cui tabella fissa il tasso rilevato nella misura del 3,84% per la categoria mutui con garanzia reale a tasso variabile; - il decreto direttoriale MEF 21/09/2006 concernente Rilevazione dei tassi effettivi globali medi - Periodo rilevazione: 1 aprile-30 giugno 2006 - Applicazione dal 1 ottobre fino al 31 dicembre 2006 (L. 7 marzo 1996, n. 108), pubblicato nella Gazz. Uff. 29 settembre 2006, n. 227, la cui tabella fissa il tasso rilevato nella misura del 4,77% per i mutui con garanzia ipotecaria a tasso variabile. 4.2 Applicata la regola stabilita dalle SS.UU. del 2020 al caso di specie va preso atto che per i contratti di mutuo in questione, stipulati, il primo, il 7/12/2004 ed il secondo il 30/11/2006, non dovrà essere utilizzato, nella verifica di usurarietà degli interessi moratori, il tasso soglia semplice indicato nei decreti di rilevazione trimestrale, ma, considerato che detto decreto contiene la specifica indicazione della maggiorazione media (2,1%) degli interessi moratori, ritenuta applicabile dalla pronuncia citata, occorrerà incrementare il TEGM del periodo per la categoria mutui con garanzia ipotecaria a tasso variabile della maggiorazione media indicata per gli interessi moratori (2,1%) e quindi moltiplicare per il coefficiente in aumento (che fino al 2011, come noto, è pari alla metà del TEGM). La formula per la determinazione del tasso soglia degli interessi moratori, in coerenza con la pronuncia delle sezioni unite, deve essere considerata la seguente (riportata peraltro al 7, punto ii.2 delle motivazioni della sentenza): - per il primo mutuo del 2004 - (TEGM + 2,1) x 1,5 ovvero (3,84+2,1) x 1,5 = 8,91%; il predetto tasso soglia risulta essere dunque superiore al tasso contrattuale di mora, secondo la stessa prospettazione di parte attrice, pari a 6,95%; - per il secondo mutuo del 2006 - (TEGM + 2,1) x 1,5 ovvero (4,77+2,1) x 1,5 = 10,305%; il predetto tasso soglia risulta essere dunque superiore al tasso contrattuale di mora, secondo la stessa prospettazione di parte attrice, pari a 9,069% (ma in realtà contrattualmente stabilito nella misura del 8,85%). 5. Quanto al rilievo per cui, secondo le perizie econometriche di parte, il tasso effettivo di mora per il caso di un ritardo di 29 giorni nel pagamento della prima rata sarebbe pari, per il primo contratto, al 9,883% e, per il secondo contratto, al 15,684%, va ricordato, con la giurisprudenza di legittimità che il riscontro dell'usurarietà degli interessi convenzionali moratori va compiuto confrontando puramente e semplicemente il saggio degli interessi pattuito nel contratto col tasso soglia calcolato con riferimento a quel tipo di contratto, senza alcuna maggiorazione od incremento: è infatti impossibile, in assenza di qualsiasi norma di legge in tal senso, pretendere che l'usurarietà degli interessi moratori vada accertata in base non al saggio rilevato ai sensi della L. n. 108 del 1996, art. 2, ma in base ad un fantomatico tasso talora definito nella prassi di "mora-soglia", ottenuto incrementando arbitrariamente di qualche punto percentuale il tasso soglia (Cass. civ., sez. III, 30/10/2018, n.27442, ma soprattutto le SS.UU. richiamate, che hanno dettato la formula per la determinazione del tasso-soglia, sopra richiamata). 6. Quanto al dedotto effetto anatocistico determinato dal computo degli interessi di mora sulla quota interessi della rata scaduta è sufficiente rilevare che le clausole anatocistiche inserite nei contratti di finanziamento fondiario stipulati dal 22 aprile 2000 (data di entrata in vigore della Del.CICR 9 febbraio 2000) al 31 dicembre 2013 sono legittime se pattuite (art. 3 Del.CICR 9 febbraio 2000). Gli interessi di mora vanno calcolati sull'intera rata e quindi anche sulla parte di rata relativa agli interessi corrispettivi; tuttavia, gli interessi così calcolati (ossia, gli interessi moratori calcolati anche sugli interessi corrispettivi) non possono produrre a loro volta interessi (divieto di capitalizzazione periodica). L'art. 6 dei contratti di mutuo oggetto di causa prevede espressamente che "il mancato pagamento nei termini prescritti delle somme dovute alla B. a titolo di rata (quindi comprensiva sia di quota capitale che di quota interessi), o per qualsiasi altra causa prevista dal contratto e dei relativi allegati, produrrà a carico della Parte mutuataria interessi di mora, che decorreranno di pieno diritto a carico della stessa dal giorno della scadenza fino al momento del pagamento ?". 7. Va dunque considerata l'ipotesi di calcolo del tasso effettivo in caso di estinzione volontaria anticipata che si ipotizza, nella prospettazione attorea, superare il tasso soglia. In merito, va osservato che, sebbene l'art. 1, comma 1, del D.L. 29 dicembre 2000, n. 394, convertito, con modificazioni, dalla L. 28 febbraio 2001, n. 24, concernente Interpretazione autentica della L. 7 marzo 1996, n. 108, recante disposizioni in materia di usura riconduca alla nozione di interessi usurari quelli convenuti "a qualsiasi titolo", la voce suddetta costituisce una clausola penale di recesso, che, da un lato, consente al mutuatario, senza vincoli motivazionali, di sciogliersi anticipatamente dagli impegni di durata e dall'altro ha funzione compensativa, atteso che in tal caso vengono meno quei vantaggi finanziari che al mutuante sarebbero derivati dall'esecuzione del rapporto in un lungo periodo. Si tratta, dunque, di una clausola volta ad indennizzare il mutuante dei costi collegati al rimborso anticipato del credito, che non rientra nell'alveo applicativo della disciplina antiusura e non può, pertanto, essere presa in considerazione al fine di verificare l'avvenuto superamento del tasso soglia. Tale assunto trova conferma nella giurisprudenza di legittimità più recente che, sebbene si sia occupata della non cumulabilità di voci del costo del credito avente funzioni diverse, ha statuito che "Non sono accomunabili, nella comparazione necessaria alla verifica delle soglie usuraie, voci del costo del credito corrispondenti a distinte funzioni. È impossibile, pertanto, cumulare, ai fini in esame, la commissione di estinzione anticipata con gli interessi moratori. La prima costituisce, infatti, una clausola penale di recesso, che viene richiesta dal creditore (mutuante) e pattuita in contratto per consentire al mutuatario di sciogliersi anticipatamente dagli impegni di durata, per i liberi motivi di ritenuta convenienza più diversi, e per compensare, viceversa, il venir meno dei vantaggi finanziari che il mutuante aveva previsto, accordando il prestito, di avere dal negozio. I secondi, invece, costituiscono una clausola penale risarcitoria volta a compensare il ritardo nella restituzione del denaro, così da sostituire, incrementati, gli interessi corrispettivi. A ben vedere, pertanto, proprio la natura di penale per recesso della commissione di estinzione anticipata comporta che si tratta di voce non computabile ai fini della verifica di non usurarietà. La commissione in parola non è collegata se non indirettamente all'erogazione del credito, non rientrando tra i flussi di rimborso, maggiorato del correlativo corrispettivo o del costo di mora per il ritardo nella corresponsione di quello. Non si è di fronte, cioè, a "una remunerazione, a favore della banca, dipendente dall'effettiva durata dell'utilizzazione dei fondi da parte del cliente" (Cass. civ., sez. III, 14/03/2022, n. 8109). Anche tale ipotesi di calcolo ipotizzata da parte attrice non tiene conto del principio suesteso, cosicché anche in relazione a tale voce non ricorre in alcun modo il superamento del tasso soglia antiusura come prospettato. 8. Sulla violazione dell'art. 117 TUB per l'indicazione di un tasso effettivo del finanziamento inferiore al TAEG effettivamente applicato, la giurisprudenza è ferma nel ritenere che in tema di contratti bancari, l'indice sintetico di costo (ISC), altrimenti detto tasso annuo effettivo globale (TAEG), è solo un indicatore sintetico del costo complessivo dell'operazione di finanziamento, che comprende anche gli oneri amministrativi di gestione e, come tale, non rientra nel novero dei tassi, prezzi ed altre condizioni, la cui mancata indicazione nella forma scritta è sanzionata con la nullità,seguita dalla sostituzione automatica ex art. 117 D.Lgs. n. 385 del 1993, tenuto conto che essa, di per sé, non determina una maggiore onerosità del finanziamento, ma solo l'erronea rappresentazione del suo costo globale, pur sempre ricavabile dalla sommatoria degli oneri e delle singole voci di costo elencati in contratto (Cass. civ., sez. I, 09/12/2021, n. 39169). 9. Va ritenuta infondata la deduzione per cui, nel contratto del 2006, ricorrerebbe l'anomalia, che risolverebbe in una nullità, della determinazione dei tassi di interesse basati sull'E., anche in relazione al fatto che la Commissione europea avrebbe rilevato la manipolazione del predetto indice nel periodo tra il settembre del 2005 ed il marzo del 2009. Sulla determinazione del tasso variabile mediante il richiamo all'indice E., va osservato con giurisprudenza unanime sul punto che a determinazione degli interessi in misura superiore al tasso legale deve essere fatta per iscritto, in ossequio a quanto disposto sia dall'art. 1284 comma 3 c.c. (che espressamente prevede che gli interessi superiori alla misura legale devono essere determinati per iscritto), sia dall'art. 117 del D.Lgs. n. 385 del 1993, il quale sancisce che i contratti devono indicano il tasso d'interesse e ogni altro prezzo e condizione praticati. Tale requisito formale può essere tuttavia soddisfatto anche per relationem, purché sia rispettato il requisito della determinatezza o della determinabilità del tasso pattuito: ciò significa che il tasso deve essere puntualmente specificato oppure determinato attraverso il richiamo a criteri prestabiliti o elementi estrinseci oggettivamente individuabili, in modo da evitare scelte discrezionali della (...) contraente. Tali requisiti si possono dire rispettati anche attraverso il richiamo al tasso interbancario (...), posto che tale parametro non presenta alcun profilo di indeterminatezza, né di squilibrio contrattuale in favore della banca 9.1 Sulla nullità o annullabilità delle condizioni concordate in contratto (il secondo del 2006) relative alla determinazione del tasso varabile per effetto della fraudolenta manipolazione del tasso (...) nel periodo 2005-2009, si osserva quanto segue. Va preliminarmente ricordato che, con decisioni del 4/12/2013 e 7/12/2016 la Commissione europea (quale autorità antitrust UE) ha censurato la condotta, assunta in violazione delle regole sulla concorrenza, di alcuni primari istituti di credito, imputando alle banche nei confronti delle quali è stato svolto l'accertamento di aver commesso un illecito in violazione dell'art. 101 del TFUE (Trattato sul Funzionamento dell'UE) e dell'art. 53 dell'accordo SEE (Spazio Economico Europeo) consistente in accordi o pratiche concordate che avevano come obiettivo la manipolazione del normale processo per la determinazione della componente del prezzo nel settore EIRD (strumenti finanziari commerciati globalmente da corporazioni e istituzioni finanziarie). La violazione è risultata essere finalizzata a limitare o distorcere la competizione nel settore dei tassi d'interesse dei derivati dell'euro (o dei derivati dei tassi d'interesse dell'euro, anche) connessi al Tasso Interbancario di Offerta in Euro (EURIBOR) o all'Indice Madio Overnight in Euro (EONIA) Va escluso che la manipolazione dell'EURIBOR censurata dalla Commissione europea possa riflettersi sui contratti di finanziamento a tasso variabile agganciati a tale indice almeno per le seguenti ragioni: - i destinatari diretti delle norme antimonopolistiche sono solo gli imprenditori commerciali del settore di riferimento e non anche i singoli utenti, che potrebbero trarre vantaggi solo in via indiretta e riflessa dai generali benefici della libera concorrenza del mercato, ma non possono ritenersi direttamente investiti della legittimazione a dolersi di asserite violazioni poste in essere da un'impresa o da un gruppo di imprese; - non vi è, sul piano oggettivo, alcun collegamento tra le asserite intese anticoncorrenziali tra gli imprenditori bancari ed i singoli contratti che, indirettamente, a quelle intese facciano riferimento; - infatti, la sanzione della nullità prevista dall'art. 33 della L. n. 287 del 1990 riguarda esclusivamente le intese tra imprese restrittive della libertà di concorrenza, così come individuate dall'art. 2 della medesima legge e non si applica ai contratti che, sulla base di dette intese, le imprese che ne sono parte abbiano concluso con terzi; - la Suprema Corte ha affermato che, dalla declaratoria di nullità di un'intesa anticoncorrenziale, non discende automaticamente la nullità di tutti i contratti posti in essere dalle imprese aderenti all'intesa, i quali mantengono al loro validità e possono solo dar luogo, eventualmente, ad una azione di risarcimento dei danni (Cass. civ. n. 9384/2003 e Cass civ. 2207/2005); - la nullità del contratto a valle dell'intesa anticoncorrenziale presuppone che si dia la prova: a) dell'esistenza dell'intesa restrittiva e della partecipazione del contraente alla stessa; b) dell'illeceità della stessa mediante allegazione dell'accertamento, in sede amministrativa, dell'intesa anticoncorrenziale; c) della connessione tra questa ed il contratto a valle; - l'attività illecita anticoncorrenziale qui in questione ha operato per manipolare l'(...) tanto al rialzo che al ribasso, per cui, in mancanza di dati specifici ed inequivoci, non è possibile affermare che, per effetto di tali pratiche anticoncorrenziali il mutuatario abbia necessariamente subito esborsi maggiori rispetto a quanto si sarebbe verificato in assenza dell'illecito sanzionato a livello eurounitario. Deriva da quanto sopra l'assoluta infondatezza del rilievo di nullità, sollevato dagli attori peraltro in via del tutto astratta e generale, senza alcuno specifico riferimento al concreto negozio di mutuo in questione. 10. In ragione di quanto sopra tutte le domande proposte dagli attori vanno respinte. Le spese del presente giudizio, liquidate come in dispositivo sulla base dei parametri di cui al D.M. n. 55 del 2014, tenuto conto della natura e del valore della controversia e dell'attività difensiva svolta (scaglione ricompreso tra Euro 52.000,01 ed Euro 260.000,00, applicati i valori medi relativi a tutte le fasi, non sussistendo ragioni per discostarsene; ad esclusione della fase istruttoria, non espletata; applicata per una volta la maggiorazione del 30% prevista dall'art. 4, comma 2, secondo periodo, ultima parte del DM citato), seguono la soccombenza. P.Q.M. Il Tribunale, definitivamente pronunciando, così decide: rigetta integralmente le domande proposte dalla società (...) S.r.l., (...) e (...); condanna gli attori, in solido tra loro, alla rifusione delle spese di lite in favore della convenuta , che liquida in Euro 10.962,90 per compenso al difensore, oltre spese generali, iva e cpa. Così deciso in Latina il 30 gennaio 2023. Depositata in Cancelleria il 2 febbraio 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO di LATINA I Sezione CIVILE Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. Antonio Gabrielli ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 5484/2012 promossa da: (...) (C.F. (...)), rappresentata e difesa, giusta procura a margine dell'atto di citazione, dall'Avv.to (...) ed elett.te dom.ta presso la cancelleria; ATTRICE E (...) (CF (...)), rappresentata e difesa, giusta procura a in calce alla comparsa di costituzione e risposta dall'Avv.to (...) ed elettivamente domiciliata presso il suo studio in Latina, via (...), CONVENUTA CONCLUSIONI Le parti hanno concluso come in atti. RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE Con atto di citazione ritualmente notificato (...) evocava in giudizio (...) per ivi sentir accertare e dichiarare il diritto di parte attrice alla restituzione della somma di Euro 21.000,00, corrisposta unitamente alla caparra confirmatoria all'atto della firma del preliminare di vendita, oltre alla somma di Euro 40.000,00 successivamente corrisposta, tutte a titolo di acconto sul prezzo di vendita, oltre rivalutazione ed interessi. Deduceva l'attrice di aver stipulato con la convenuta-promissaria venditrice nell'agosto del 2009 contratto preliminare di vendita relativo ad immobile sito in Latina, piano di zona 167, località Scalo, via (...) snc, abitazione di tipo civile, riportata al Catasto Fabbricati Fg. (...), mapp. (...), sub. 10, piano 2. Evidenziava che all'art. 11) di detto preliminare le parti pattuivano il prezzo di vendita in complessivi Euro 190.000,00, di cui la somma di Euro 40.000,00 veniva versata all'atto della sottoscrizione a titolo di caparra confirmatoria. Specificava, tuttavia, che tra le parti sarebbe intercorso accordo verbale diretto ad effettuare una diversa imputazione della somma versata a titolo di caparra, di cui solo Euro 19.000,00 doveva considerarsi tale, mentre Euro 21.000,00 sarebbe stata versata a titolo di acconto sul prezzo complessivo per permettere alla promissaria venditrice di ottenere dal Comune di Latina, la cessione della proprietà dell'area su cui insisteva l'immobile, di cui era titolare del solo diritto di superfice. Deduceva, ancora, che nel preliminare le parti stabilivano all'art. 10), quale termine per la sottoscrizione del definitivo, il 30.9.2009. Tuttavia, rilevava che, attesi imprevisti problemi istruttori connessi dell'erogazione del mutuo in favore dell'attrice, promissaria acquirente, tale termine, concordemente veniva posticipato all'esito del rilascio del mutuo. Evidenziava, quindi, che corrispondeva alla convenuta, come conferma della volontà di acquisto dell'immobile due ulteriori acconti sul prezzo residuo con assegno del 9.11.2009 di Euro 20.000,00 e del 16.12.2009 di Euro 20.000,00 di cui risultava ricevuta ed appendice al compromesso per la vendita. Esponeva, infine, che in data 29.4.2010 la convenuta-promissaria venditrice le notificava atto di diffida stragiudiziale con richiesta di comunicare entro 5 giorni il nominativo del notaio rogante, il giorno e l'orario per la stipula del definitivo entro e non oltre il 18.5.2010, a cui seguiva, secondo le prospettazioni attoree, un incontro tra le parti ove, la promissaria venditrice dopo averla resa edotta di altro soggetto interessato all'acquisto, ribadiva la volontà di attendere la risoluzione dei problemi attorei connessi all'erogazione del mutuo per il perfezionamento del preliminare già sottoscritto attraverso la stipula del definitivo. Deduceva di essere venuta a conoscenza che nel mese di aprile 2011 la convenuta vendeva l'immobile oggetto di preliminare e, pertanto, richiedeva con lettera raccomandata del 16.2.2012, la restituzione degli importi versati a titolo di acconto sul prezzo. Concludeva chiedendo "In via principale, alla luce di quanto dedotto sub I, accertare e dichiarare il diritto di parte attrice ad ottenere la restituzione della somma di Euro21.000,00, oltre interessi dalla rivalutazione al saldo, quale acconto sul prezzo finale dell'immobile, da scorporarsi alla somma di Euro40.000,00, corrisposta alla Sig.ra (...) all'atto della sottoscrizione del preliminare di vendita (agosto 2009)" a titolo di caparra confirmatoria in conto prezzo. In via principale, alla luce di quanto dedotto sub II, accertare e dichiarare il diritto di parte attrice ad ottenere la restituzione della somma di Euro 40.000,00, oltre interessi e rivalutazione al saldo, corrisposta quale acconto sul prezzo finale dell'immobile attraverso la consegna dei due assegni di cui alla ricostruzione di fatto sub 7) e 9). Con comparsa di costituzione e risposta si costituiva in giudizio la convenuta (...) chiedendo, previo accertamento del recesso del contratto, atteso l'inadempimento dell'attrice all'ordine di stipula del rogito, l'accertamento della legittimazione a ritenere le somme versate a titolo di caparra. Deduceva che il contratto preliminare di cui all'oggetto era da ritenersi risolto per inadempimento dell'attrice, la quale diffidata, non aveva fissato la data per la stipula del definitivo, pertanto riteneva legittima la ritenzione delle somme versate dall'attrice a titolo di caparra confirmatoria. Contestava la ricostruzione attorea ritenendo insussistente la volontà delle parti di destinare a due finalità diverse la somma complessiva di Euro 40.000,00 versata all'atto del preliminare, ritenuta interamente corrisposta a titolo di caparra, atteso che, secondo le eccezioni, la somma resasi necessaria per l'acquisto del terreno al Comune di Latina era di Euro 8.937,57 e non Euro 21.000,00. Evidenziava, infine che le somme corrisposte dalla promissaria acquirente successivamente alla scadenza del termine, ritenuto essenziale, pattuito nel preliminare per la stipula del definitivo, secondo le prospettazioni, sarebbero state trattenute legittimamente dalla venditrice-convenuta a titolo di caparra confirmatoria. Deduceva, infine, l'inadempimento dell'attrice rilevando che nonostante la diffida inviata, la (...) non aveva fornito alcuna giustificazione oggettiva alla mancata stipula del rogito notarile. Istruita la causa con prova documentale, interrogatorio formale delle parti e prova testi, all'udienza del 2.11.2021, la causa veniva assunta in decisione con concessione dei termini di cui all'art. 190 c.p.c.. Ciò detto, si osserva quanto segue. L'attrice agisce con il presente giudizio per ottenere la ripetizione delle somme corrisposte in acconto sul prezzo complessivo pattuito nel preliminare di vendita di cui all'agosto del 2009, avente ad oggetto immobile sito in Latina, piano di zona 167, località Scalo, via (...) snc, abitazione di tipo civile, riportata al Catasto Fabbricati Fg. (...), mapp. (...), sub. 10, piano 2, atteso che, secondo le prospettazioni, lo stesso immobile veniva ceduto dalla promissaria acquirente a soggetto terzo, nonostante diversi accordi verbali intercorsi tra le parti. Ciò detto, questo giudice rileva che la domanda attorea risulta limitata alla restituzione delle somme versare in acconto sul prezzo pattuito e non alla risoluzione del contratto. Risulta incontestato il preliminare di vendita sottoscritto nell'agosto del 2009, allegato nei propri atti da entrambe le parti del giudizio, ove parte convenuta-promissaria venditrice prometteva di vendere all'attrice l'immobile per cui è causa al prezzo complessivo di Euro 190.000,00. Risulta altresì, incontestato e provato il versamento da parte dell'attrice in favore della convenuta dell'importo di Euro 40.000,00 (c.f.r. 3 atto di citazione) con assegno circolare n. 2653234875-05 emesso in data 11.08.2009, all'atto della sottoscrizione del preliminare di vendita, di Euro 20.000,00 (c.f.r. 5-6 atto di citazione) con assegno n. 2604486221 quale appendice al compromesso per compravendita immobile del 09.11.2009 ed infine Euro 20.000,00 (c.f.r. 7-8 atto di citazione), con assegno n. 2604486268 quale appendice al compromesso per compravendita immobile del 16.12.2009. Parimenti deve dirsi per la diffida ad adempiere notificata da parte convenuta, promissaria acquirente in data 29.4.2010 con la quale, la stessa diffidava stragiudizialmente alla stipula dell'atto notarile entro e non oltre la data del 18.5.2010 (c.f.r. 11 atto di costituzione). Infine, risulta pacifica ed incontestata la vendita dell'immobile ad un soggetto terzo e, per l'effetto, il mancato perfezionamento del contratto di vendita pattuito con il preliminare per cui è causa. Dalle evidenze istruttorie si rileva che nel detto contratto preliminare, in relazione al termine le parti pattuivano all'art. 8 che "il rogito verrà stipulato entro e non oltre la data del 30.9.2009, che costituisce termine perentorio ed essenziale per la parte promissaria acquirente, dietro richiesta di quest'ultima, avanti a notaio della medesima indicato....(omissis)." Prevendendo nel successivo articolo 11) relativo alle pattuizioni sul prezzo di vendita "...in tal senso, l'eventuale differimento della data del rogito notarile relativo al trasferimento potrà eventualmente slittare oltre la data indicata nel precedente articolo 10 nell'ipotesi che la pratica di finanziamento non fosse completamente istruita, senza che ciò possa costituire fonte di responsabilità per la parte promissaria acquirente". Condivisa giurisprudenza sul punto precisa che il termine per l'adempimento può essere ritenuto essenziale ai sensi e per gli effetti dell'art. 1457 c.c., solo quando, all'esito di indagine istituzionalmente riservata al giudice di merito, da condursi alla stregua delle espressioni adoperate dai contraenti e della natura e dell'oggetto del contratto, risulti inequivocabilmente la volontà delle parti di ritenere perduta l'utilità economica del contratto con l'inutile decorso del termine medesimo, non potendo desumersi tale volontà solo dall'uso dell''espressione "entro e non oltre", quando non risulti dall'oggetto del negozio o da specifiche indicazioni delle parti che queste hanno inteso considerare perduta l'utilità prefissasi nel caso di conclusione del negozio stesso oltre la data considerata (Cassazione civile , sez. II, 22 ottobre 2014 n. 22454, Cass. 17.3.2005, n. 5797; Cass. 6.Ì2.2001 *. 25549; Cass. 26.4.1983, n. 2870). Il termine per la stipulazione del contratto definitivo, non è di per sé essenziale, ma può esserlo laddove tale caratteristica sia ravvisabile nell'oggetto del negozio e, quindi, risulti inequivocabilmente che a causa del ritardo nell'adempimento, ossia della stipula del definitivo l'utilità economica delle parti sia venuta meno. L'essenzialità del termine, infatti, è connessa alla causa del contratto ed è correlata alle ragioni che hanno indotto le parti alla fissazione di quel termine, che, perché si attivi il meccanismo risolutivo, devono essere esplicitate nel preliminare. Ne deriva che, pur avendo le parti previsto un termine per la stipula del rogito notarile evidenziando l'essenzialità e la perentorietà dello stesso, attesa la successiva previsione della possibile posticipazione del rogito, determinata da cause connesse all'istruttoria del mutuo erogato in favore della promissaria acquirente, risultando in atti la corresponsione in favore della promissaria venditrice di due assegni dell'importo di Euro 20.000,00 cadauno datati rispettivamente 9.11.2009 e 16.12.2009, ossia successivi alla data prevista per la stipula del rogito, tale termine certamente non può considerarsi essenziale per la stipula del definitivo. A conferma dell'assunto e della consapevolezza dell'assenza dell'elemento dell'essenzialità dello stesso, parte convenuta, notificava alla promissaria acquirente inadempiente, in data 29.4.2010, diffida ad adempiere contenente tutti gli elementi di cui all'art. 1454 c.c., con assegnazione di un termine superiore a 15 giorni per la stipula del definitivo, indicando la data del 18.5.2010. Si osserva, tuttavia, che qualora il termine indicato nel preliminare non sia essenziale e questo sia scaduto senza il relativo adempimento, come nei fatti per cui è causa, la parte adempiente può diffidare l'adempimento, realizzando gli effetti risolutivi collegati al mancato rispetto del termine individuato nella diffida. In tema di contratti a prestazioni corrispettive, infatti, la diffida ad adempiere ha lo scopo di realizzare, pur in mancanza di una clausola risolutiva espressa, gli effetti che a detta clausola si ricollegano e, cioè, la rapida risoluzione del rapporto mediante la fissazione di un termine essenziale nell'interesse della parte adempiente, cui è rimessa la valutazione di farne valere la decorrenza e che può rinunciare ad avvalersi della risoluzione già verificatasi. Tale diffida è stabilita nell'interesse della parte adempiente. (Cass. Sentenza n. 23315 del 08/11/2007) In difetto di clausola risolutiva espressa, la risoluzione del contratto per inadempimento può essere ottenuta solo mediante intimazione ad adempiere ex art. 1454 c.c., essendo privo di effetto l'atto unilaterale con cui la parte dichiari risolto il contratto (Cassazione civile, Sez. II, sentenza n. 15070 del 21 luglio 2016) l'unico onere che, ai sensi dell'art. 1454 c.c., grava sulla parte intimante è quello di fissare un termine entro cui l'altra dovrà adempiere alla propria prestazione, pena la risoluzione "ope legis" del contratto, poiché la "ratio" della norma è quella di fissare con chiarezza la posizione delle parti rispetto all'esecuzione del negozio, mediante un formale avvertimento alla parte diffidata che l'intimante non è disposto a tollerare un ulteriore ritardo nell'adempimento. (Cassazione civile, Sez. II, sentenza n. 27530 del 30 dicembre 2016, Cassazione civile, Sez. II, sentenza n. 3477 del 6 marzo 2012). Ciò detto, nei fatti per cui è causa, risulta incontestato l'invio della diffida ad adempiere ex art. 1454 c.c., cui non seguiva alcuna formale comunicazione da parte dell'attrice, promissaria acquirente, né risulta stipulato il rogito notarile, rilevato che l'immobile veniva venduto a soggetto terzo. Ne deriva che il contratto preliminare di vendita deve considerarsi risolto di diritto per effetto dell'invio della detta diffida ad adempiere dalla data di scadenza ivi indicata, a seguito della quale, allo spirare dell'indicato termine, il promissario acquirente ed il promissario venditore debbono considerarsi liberati dalle rispettive obbligazioni, salvo quelle restitutorie. A nulla rilevando eventuali accordi verbali intercorsi tra le parti diretti a posticipare la stipula del definitivo in attesa del termine dell'iter istruttorio per il rilascio del mutuo, come dedotto dall'attore, rilevata l'assenza di prova documentale o emergente in istruttoria. Infatti, dai deferiti interrogatori formali e dall'escussione testi, a causa dell'evidente contrasto delle dichiarazioni rese, questo giudice non può addurre argomenti di prova a sostegno dell'effettiva esistenza di diversi accordi. Ciò detto, preso atto dell'intervenuta risoluzione di diritto del contratto preliminare di vendita, l'attore-promissario acquirente ha diritto alla ripetizione delle somme corrisposte in ottemperanza del detto contratto e ciò indipendentemente dall'eventuale attribuzione della causa d' inadempimento che ne ha determinato la risoluzione. Sul punto, giurisprudenza condivisa precisa che, nei contratti a prestazioni corrispettive, l'efficacia retroattiva della pronuncia costitutiva di risoluzione per inadempimento (art. 1458 c.c., comma 1), collegata al venir meno della causa giustificatrice delle attribuzioni patrimoniali già eseguite, comporta per ciascun contraente, indipendentemente dalle inadempienze a lui eventualmente imputabili, l'obbligo di restituire la prestazione ricevuta (Corte di Cassazione n. 15461/2016). Parimenti deve dirsi per la risoluzione dichiarativa di diritto, atteso che il venir meno della contratto determina il diritto di ripetizione delle somme corrisposte in esecuzione del contratto stesso, diversamente si avrebbe un indebito oggettivo ex art. 2033 c.c., rilevato che disciplina della ripetizione dell'indebito ha portata generale e si applica a tutte le ipotesi di inesistenza, originaria o sopravvenuta, del titolo di pagamento, qualunque ne sia la causa. (Cassazione civile, ordinanza n. 18266 del 11 luglio 2018) La domanda attorea, pertanto, deve essere parzialmente accolta. In relazione al quantum si precisa che parte attrice richiede la ripetizione di Euro 21.000,00 quale quota parte della somma complessiva di Euro 40.000,00 versata all'atto della stipula del preliminare di vendita imputabile, secondo le prospettazioni, a titolo di acconto sul prezzo, di Euro 20.000,00 corrisposta con assegno n. 2604486221 quale appendice al compromesso per compravendita immobile del 09.11.2009 ed infine Euro 20.000,00 corrisposta con assegno n. 2604486268 quale appendice al compromesso per compravendita immobile del 16.12.2009. Ciò dettò, dalle evidenze documentali non può dirsi raggiunta la prova, incombente sulla (...), diretta ad una ripartizione specifica e distinta della somma corrisposta all'atto della sottoscrizione del preliminare di vendita, diversa dall'espressa pattuizione ivi contenuta. Invero, nell'art. 11 le parti stabiliscono che ".... Quanto ad Euro 40.000,00 vengono corrisposte dalla promissaria acquirente contestualmente alla sottoscrizione del presente atto e che parte promittente venditrice ritira a titolo di caparra confirmatoria ed in conto prezzo". Ne deriva che l'intera somma di Euro 40.000,00 versata all'atto della sottoscrizione del preliminare di vendita deve essere interamente imputata a titolo di caparra confirmatoria, in assenza di prova contraria, non raggiunta in sede di interrogatorio formale e prova testi, risultando in tal senso l'espressa pattuizione delle parti, rilevato che la previsione specifica in acconto prezzo sarebbe stata ipotizzabile solo in caso di adempimento ai sensi dell'art. 1385 c.c.. Non osta a tale decisione la circostanza che la somma versata fosse contemporaneamente imputata a caparra e acconto prezzo, nella loro interezza e non necessariamente parte a caparra e parte in conto pagamento. Si osserva, infatti, che la caparra confirmatoria, diretta a garantire l'esecuzione del contratto, assolve una funzione di autotutela ed ha funzione di preventiva liquidazione del danno derivante dal recesso cui la parte sia costretta a causa dell'inadempimento della controparte. Pertanto, in caso di esatto adempimento, la caparra confirmatoria verrà imputata in conto prezzo, mentre, nell'opposta ipotesi di inadempimento, verrà ritenuta dalla parte non inadempiente, previo esercizio del diritto di recesso, a titolo di liquidazione anticipata del danno. Orbene, se pur vero che nei fatti per cui è causa la pronuncia del giudice è diretta alla restituzione delle somme corrisposte per effetto della risoluzione del contratto e ciò indipendentemente dall'accertamento dell'inadempimento del creditore-promissario acquirente e dalla domanda di recesso del contratto, si rileva che il contratto è stato risolto per effetto della diffida ad adempiere ex art. 1454 c.c. inviata dal convenuto all'attore, rimasto inadempiente. Ne deriva che, l'accoglimento parziale della domanda attorea di restituzione delle somme non osta alla legittima ritenzione della caparra confirmatoria a favore della parte convenuta adempiente, attesa la funzione della caparra come preventiva liquidazione del danno e l'inadempimento dell'attrice. Pertanto, il convenuto deve essere condannato alla restituzione della sola somma di Euro 40.000,00 versata in acconto del prezzo di vendita, successivamente alla stipula del preliminare risolto di diritto, oltre interessi legali dalla data della messa in mora 16.02.2012, sino al soddisfo, non spetta la rivalutazione trattandosi di debito di valuta e non di valore. Non risulta provato l'assunto del convenuto che anche tali ulteriori 40.000,00 sarebbero stati versati ad incrementare l'originaria caparra confirmatoria. Quanto a parte convenuta, questo giudice rileva che pur non avendo formulato espressa domanda riconvenzionale, chiede, all'atto della costituzione l'accertamento del recesso di parte attrice per inadempimento con diritto di ritenere tutte le somme corrisposte a titolo di caparra. Si osserva che la comparsa di costituzione e risposta risulta depositata in cancelleria l'8.2.2013, ossia oltre il termine di cui all'art. 167 c.p.c., atteso che la data fissata per la prima udienza era il 19.2.2013, ne deriva che, parte convenuta deve dirsi decaduta dalla domanda riconvenzionale sostanziale formulata. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in favore di parte attrice. P.Q.M. Il Tribunale Latina, definitivamente pronunciando in persona della dott. Antonio Gabrielli, così provvede: - preso atto dell'intervenuta risoluzione di diritto ex art. 1454 c.c. del contratto preliminare di vendita dell'agosto 2009, accoglie parzialmente la domanda attorea e per l'effetto condanna la convenuta (...) alla restituzione della somma di Euro 40.000,00 oltre interessi legali dalla data della messa in mora sino al soddisfo, - condanna la convenuta al pagamento delle spese di lite in favore dell'attrice (...) che liquida in Euro 680,00 per spese, Euro 900,00 per la fase di studio, Euro 650,00 per la fase introduttiva, 1.000,00 per la fase istruttoria e 1.500,00 per la fase decisionale, oltre iva, spese generali e cpa. Latina, 24 gennaio 2023. Depositata in Cancelleria il 24 gennaio 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO DI LATINA PRIMA SEZIONE CIVILE Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. Pier Luigi De Cinti pronunzia la seguente SENTENZA nella causa civile iscritta al n. r.g. 6008/2018 promossa da (...) con il patrocinio dell'avv. LE.FE., elettivamente domiciliato in Indirizzo Telematico presso il difensore avv. LE.FE. (...), con il patrocinio dell'avv. LE.FE., elettivamente domiciliato in Indirizzo Telematico presso il difensore avv. LE.FE. ATTORE/I contro (...) CONVENUTO/I Oggetto: contratti di mutuo Conclusioni: come rassegnate all'udienza del 20-09-2022 IN FATTO Con atto di citazione gli attori, premesso di aver stipulato con Banco (...) S.p.A. due contratti di mutuo fondiario rispettivamente per atti del Notaio (...) - 2005 e del Notaio (...) del 03-03-2009 contestavano l'usurarietà del tasso d'interesse di mora contrattualmente pattuito, l'indeterminatezza della clausola di pattuizione degli interessi, l'applicazione di interessi anatocistici sicché concludevano per l'accertamento dell'effettivo dovuto, con condanna della banca alla restituzione di quanto indebitamente incassato, nonché alla liberazione dei soggetti datori d'ipoteca. Costituendosi la banca convenuta contestava articolatamente ogni addebito, concludendo per il rigetto di tutte le domande attoree. All'esito dell'esletamento dell'attività istruttoria, la causa, sulle conclusioni rassegnate all'udienza del 20-09-2022, era definitivamente decisa in data 19-01-2023. IN DIRITTO La consulenza tecnica d'ufficio redatta dalla dr.ssa (...), in risposta al quesito suppletivo relativo alla "Verifica dell'eventuale usurarietà originaria dei due contratti di mutuo alla luce della comprensione tra le remunerazioni in favore della banca anche dell'eventuale, ulteriore costo a carico del mutuatario conseguente alla pattuizione del piano d'ammortamento c.d. alla francese", ha esaurientemente risposto nei termini di cui alla pagina 89 per il mutuo rep. (...) dell'atto del Notaio (...) del 17-06-2005, e di cui alla pag. 105 per il mutuo rep. 21544 per atto del Notaio (...) del 03-03-2009. In particolare relativamente al primo contratto di mutuo la ctu conclude che confrontando la tabella 1), relativa allo Sviluppo piano d'ammortamento alla Francese con capitalizzazione semplice - rata ricalcolata, e la tabella 2), relativa allo Sviluppo piano d'ammortamento alla Francese con capitalizzazione semplice - rata contrattale, "per ottenere un piano di rimborso con lo stesso importo rata dichiarato in contratto utilizzando però il regime di capitalizzazione semplice bisogna applicare un tasso d'interesse corrispettivo pari al 7,8940%, superiore al tasso soglia del 5,8050% vigente al momento della stipula del contratto di mutuo, si da risultare usurario. Analogamente raffrontando le tabelle 1) e 2) elaborate in riferimento al secondo contratto di mutuo ed aventi il medesimo oggetto, "per ottenere un piano di rimborso con lo stesso importo rata dichiarato in contratto utilizzando però il regime di capitalizzazione semplice bisogna applicare un tasso d'interesse corrispettivo pari al 25,125%" a fronte di un tasso soglia vigente all'epoca della stipula pari al 8,0850% si da risultare anch'esso ampiamente usurario. Concludeva, pertanto, la ctu che "considerando i calcoli sviluppati secondo quanto richiesto da Giudice nel quesito integrativo...entrambi i mutui sono gratuiti ed i mutuatari sarebbero tenuti a corrispondere la sola quota capitale dei finanziamenti". Peraltro, prosegue la ctu, non risultando depositate agli atti di causa le quietanze dei pagamenti con il dettaglio delle singole quote che compongono le rate, non è possibile rideterminare il nuovo saldo dare/avere tra le parti. Conseguentemente debbono essere corrette nel senso sopra evidenziato le conclusioni della prima relazione peritale in risposta ai quesiti 1), I) e 5), nonché ribadita l'oggettiva impossibilità di dare risposta ai quesiti 3) e 4) a cagione della mancanza in atti della documentazione necessaria. Né ad essa sarebbe possibile ovviare mediante l'accoglimento dell'istanza di esibizione ex art. 210 c.p.c., non risultando detta istanza formulata nella II memoria istruttoria bensì solo con le note illustrative depositate il 13-042021, ben oltre, quindi, i termini ex art. 183, comma 6, c.p.c. concessi all'udienza del 24-01-2011. Neppure, in contrario, può essere stigmatizzato il comportamento omissivo della banca in esito alla richiesta ex art. 111 TUB, ben avendo potuto, parte attrice, ovviare ad esso avanzando tempestivamente istanza di esibizione. Conseguentemente, dato, comunque, atto del superamento del c.d. tasso soglia nella previsione contrattuale di entrambi i rapporti di mutuo del saggio d'interesse corrispettivo per effetto dell'applicazione del piano d'ammortamento c.d. alla francese, devono essere disattese la domanda di accertamento dell'usurarietà del tasso moratorio di cui al primo punto delle conclusioni, le domande di accertamento dell'indeterminatezza della clausola degli interessi e di condanna della banca alla restituzione degli importo indebitamente introitati di cui ai secondo, al terzo ed al sesto punto delle conclusioni alla pari di quella di cui al quarto punto delle conclusioni, anche per effetto della carenza probatoria sopra evidenziata. Quanto alla domanda formulata al quinto punto delle conclusioni, avente ad oggetto la liberazione dei datori d'ipoteca, essa risulta già in origine immotivata, non potendo conseguire alcun effetto liberatorio dall'ipotizzato accertamento di un minor credito dell'istituto mutuante. A fronte, comunque, del riconoscimento della natura usuraria degli interessi per effetto del piano d'ammortamento alla francese, meritano compensazione le spese di causa laddove quelle di ctu sono solidalmente poste a carico di ciascuna parte per la metà. P.Q.M. Il Tribunale, in veste monocratica, ogni diversa istanza ed eccezione disattesa o assorbita, così definitivamente decide; accerta la natura usuraria degli interessi corrispettivi relativi ad entrambi i contratti di mutuo; dichiara la natura gratuita di entrambi i contratti di mutuo; rigetta le ulteriori domanda attoree; compensa le spese di giudizio; pone le spese di ctu a carico solidale di entrambe le parti per la metà ciascuna. Così deciso in Latina il 19 gennaio 2023. Depositata in Cancelleria il 19 gennaio 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO DI LATINA I SEZIONE CIVILE Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. Antonio Gabrielli ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 200027/2012 promossa da: (...), in persona del legale rappresentante p.t., con sede in F. alla via (...) M. snc, C.F. e p. iva (...) elettivamente domiciliato in Indirizzo Telematico con il patrocinio dell'Avv. LA.DA. nonché dell'Avv. FE.FR. ((...)) Indirizzo Telematico; OPPONENTE contro (...) (p.iva: (...)), in persona del suo titolare dott. (...), rappresentata e difesa, giusta procura in margine alla comparsa nel giudizio riassunto, dall'avv. Pa.Sc. ed elettivamente domiciliata presso il suo studio in Gaeta Corso (...), RAGIONI INFATTO E IN DIRITTO Con decreto ingiuntivo n. 309/11 l'intestato Tribunale ingiungeva alla società (...), in persona del legale rappresentante pro tempore, di pagare alla (...) aziendale, in persona del titolare dott. (...), la somma di 9.120,23 Euro, oltre interessi di mora ex art. 5 D.Lgs. n. 231 del 2002 dalla scadenza indicata in fattura al saldo delle spese, diritti ed onorari liquidati in complessivi 601,50 Euro. Con atto di citazione in opposizione al decreto ingiuntivo indicato, emesso dal Tribunale di Latina sez. distacc. di (...), l'opponente in epigrafe indicata chiedeva revocarsi lo stesso, contestando che il convenuto opposto non avesse fornito l'idonea consulenza aziendale inizialmente prevista, con particolare riferimento al coordinamento della documentazione, alla compilazione ed all'invio on-line della domanda di ammissione alle agevolazioni, in quanto tali attività erano state compiute personalmente ed a mezzo raccomandata a/r dalle richiedenti il finanziamento. Eccepiva una serie di altri inadempimenti, sostenendo di aver -senza ausilio alcuno da parte dell'opposto- partecipato a tutti i colloqui intercorsi con la commissione da cui dipendeva l'approvazione del progetto di finanziamento. Chiedeva, inoltre, la declaratoria di risoluzione del contratto, con condanna dell'inottemperante (...) alla restituzione di tutte o parte delle somme indebitamente ricevute dall'opponente. Concludeva, quindi, in tal senso: "Voglia l'adito Tribunale, respinta ogni avversa richiesta, deduzione ed eccezione e in accoglimento delle deduzioni e ragioni tutte espresse in narrativa, sancire: a. l'infondatezza - in fatto e in diritto - della pretesa creditoria azionata dalla (...) per essersi la stessa resa gravemente inadempiente rispetto all'impegno contrattuale sottoscritto in data 6 ottobre 2008 con la società opponente. Per l'effetto voglia revocare nonché dichiarare improduttivo di effetti giuridici il decreto ingiuntivo n. 309/11 emesso in data 25 novembre 2011 e notificato in data 12 dicembre 2011; b. in accoglimento anche della domanda riconvenzionale spiegata dalla parte opponente, dichiarare risolto per inadempimento della (...) il predetto contratto del 6 ottobre 2008 con conseguente condanna dell'opposto alla restituzione degli importi che risulteranno essere indebitamente percepiti; c. condannare la parte opposta alla refusione delle spese, competenze ed onorari di lite". Si costituiva l'opposta società, la quale deduceva l'infondatezza dell'opposizione e, comunque, l'insussistenza degli inadempimenti lamentati. Accolta la richiesta di provvisoria esecuzione, il G.I. ammetteva la prova per interpello e la prova per testi richiesta da parte opponente e abilitava parte opposta alla sola prova contraria. Alla prova per interpello la parte convenuta, ovvero il suo l.r., non compariva e le parti venivano dichiarate decadute dalla prova a causa del mancato rinvenimento dei verbali di udienza e, nonostante invitate alla loro ricostruzione, non provvedevano. La causa, quindi, veniva assunta in decisione all'udienza del 30.10.2018 e, successivamente rimessa sul ruolo il 14.12.2021 e, infine, rinviata all'udienza del 13.12.2022, ove sola parte opposta precisava le conclusioni, come da relativo verbale e la stessa veniva trattenuta in decisione senza termini di legge, rilevato che l'ordinanza di remissione sul ruolo non era stata comunicata all'effettivo difensore dell'opponete si rendeva necessaria una nuova remissione sul ruolo per l'udienza del 10.01.2023 in cui la causa veniva nuovamente trattenuta in decisione senza termini. Ciò premesso, si osserva quanto segue. Nel presente giudizio l'attore-opponente ha dedotto l'inadempimento all'obbligo assunto con il contratto stipulato con parte opposta, non oggetto di contestazione. All'esito dell'istruttoria deve dirsi che a fronte dei contestati inadempimenti, non risulta provato l'esatto adempimento. Sulla base del principio stabilito in materia (Corte di Cassazione sezioni unite n. 13533/01), infatti, l'onere di aver correttamente adempiuto era rimesso alla parte opposta e non a parte opponente che ha allegato l'inadempimento al pagamento del compenso (non contestato) e fornito prova del titolo giuridico della propria pretesa. Tale pronuncia, che ha risolto un contrasto in materia di inadempimento di obbligazioni e relativo onere probatorio (si vedano, a favore dell'orientamento poi ripreso dalle Sezioni Unite, Cassazione civile, sez. III, 23 maggio 2001, n. 7027; Cassazione civile, sez. I, 15 ottobre 1999, n. 11629; Cassazione civile, sez. II, 5 dicembre 1994, n. 10446) ha stabilito che "in tema di prova dell'inadempimento di una obbligazione, il creditore che agisca per la risoluzione contrattuale, per il risarcimento del danno, ovvero per l'adempimento deve soltanto provare la fonte negoziale o legale del suo diritto ed il relativo termine di scadenza, limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell'inadempimento della controparte, mentre il debitore convenuto è gravato dell'onere della prova del fatto estintivo dell'altrui pretesa, costituito dall'avvenuto adempimento, ed eguale criterio di riparto dell'onere della prova deve ritenersi applicabile al caso in cui il debitore convenuto per l'adempimento, la risoluzione o il risarcimento del danno si avvalga dell'eccezione di inadempimento ex art. 1460 c.c. (risultando, in tal caso, invertiti i ruoli delle parti in lite, poiché il debitore eccipiente si limiterà ad allegare l'altrui inadempimento, ed il creditore agente dovrà dimostrare il proprio adempimento, ovvero la non ancora intervenuta scadenza dell'obbligazione)". Ciò posto, alla luce dei principi giurisprudenziali ora esposti, deve ritenersi che parte attrice abbia allegato e provato la fonte negoziale del proprio diritto, mentre parte convenuta-opposta, a cui era rimesso l'onere, non ha provato di aver adempiuto all'obbligo indicato a fronte dell'eccezione si inadempimento di controparte. La parte, infatti, ha omesso di dare prova di aver adempito correttamente agli oneri contrattualmente assunti in relazione alla somma che viene chiesta in pagamento. Il decreto ingiuntivo va, quindi, revocato, non spettando a parte opposta la somma di 9.120,23 Euro in relazione a quanto richiesto in sede di ingiunzione. La (...), rimasta soccombente deve essere condannata al pagamento delle spese di lite sostenute dall'opponente, liquidate come da dispositivo sulla base delle disposizioni di cui al D.M. n. 55 del 2014 e ss. modifiche, sulla base dello scaglione di riferimento, tenuto conto dell'oggetto della controversia, della complessità delle questioni trattate, dell'istruttoria svolta. P.Q.M. Il Tribunale di Latina, definitivamente pronunciando in persona del dott. G.A., ogni ulteriore domanda ed eccezione disattesa, così provvede: - in accoglimento dell'opposizione spiegata, revoca il decreto ingiuntivo n. 309/11 emesso dal Tribunale di Latina sez. distacc. di (...), - condanna la (...) (p.iva: (...)), in persona del l.r.p.t., al pagamento delle spese di lite in favore della (...) S.N.C. che liquida in Euro 307,70 per spese, Euro 740,00 per la fase introduttiva, Euro 875,00 per la fase di studio, Euro 1.600,00 per la fase istruttoria e Euro 1.500,00 per la fase decisoria, oltre a iva, spese generali e c.p.a. Così deciso in Latina il 12 gennaio 2023. Depositata in Cancelleria il 13 gennaio 2023.

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