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REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia Lecce - Sezione Prima ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 289 del 2023, proposto da Ca. Re. e Co. S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Gi. Ma., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; contro Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio, per le Province di Brindisi e Lecce, Ministero della Cultura, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale Lecce, domiciliataria ex lege in Lecce, piazza S. Oronzo; nei confronti Comune di (Omissis) (Br), non costituito in giudizio; per l’accertamento e la declaratoria dell’intervenuta formazione del silenzio assenso tra pubbliche amministrazioni (ex art. 17 bis della L. n. 241/1990) sulla richiesta di emissione dell’attestato di buon esito dei lavori svolti (visto) sul certificato di esecuzione lavoro n. (…) trasmesso dal Comune di (Omissis) (BR) alla Soprintendenza Archeologia Belle arti e Paesaggio per le Province di Brindisi e Lecce a mezzo pec dell’1.6.2016, prot. n. (…); del 31.1.2017, prot. n. (…) e del 15.10.2020, prot. n. (…), relativo alle opere di “Completamento del recupero, valorizzazione e messa in sicurezza del giardino storico “Parco Montalbano" realizzate nell’ambito della procedura di gara indetta dallo stesso Comune di (Omissis) (BR); in subordine, per l’accertamento e la declaratoria dell’illegittimità del silenzio inadempimento serbato dall’amministrazione resistente in relazione all’istanza avanzata dalla Ca. Re. e Co. S.r.l. (poi, CRC), da ultimo, con pec del 12.1.2023, per il rilascio del “visto” sul Certificato di Esecuzioni Lavori n. (…) emesso dal Comune di (Omissis) (BR), relativo alle opere di “Completamento del recupero, valorizzazione e messa in sicurezza del giardino storico “Parco Montalbano” realizzate nell’ambito della procedura di gara indetta dal medesimo Comune di (Omissis) (BR). per il conseguente accertamento dell’obbligo dell’amministrazione resistente a provvedere alla conclusione del procedimento di emissione del visto al certificato esecuzione lavoro n. (…) ai sensi degli artt. 31 e 117 c.p.a. nonché per la nomina di un commissario ad acta che, in caso di perdurante inerzia della Soprintendenza, provveda alla conclusione del procedimento avviato su istanza di parte, ai sensi dell’art. 117, comma 3, del c.p.a., e, quindi, al rilascio del “visto” sul Certificato di Esecuzione Lavori n. (…). Visti il ricorso e i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione in giudizio della Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio, per le Province di Brindisi e Lecce e del Ministero della Cultura; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nella camera di consiglio del giorno 14 maggio 2024 la dott.ssa Daniela Rossi e uditi per le parti i difensori come da verbale; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO e DIRITTO La società Ca. Re. e Co. S.r.l., è risultata aggiudicataria della pubblica gara indetta dal Comune di (Omissis) per “l’appalto di lavori di completamento del recupero, valorizzazione e messa in sicurezza del giardino storico Parco Montalbano” (all. 2 al ricorso). Dopo l’ultimazione dei lavori, la società ricorrente - trattandosi di immobile sottoposto a vincolo ai sensi del D.Lgs. n. 42/2004 - con pec del 13.10.2020, ha chiesto all’Amministrazione Comunale di (Omissis) di inserire il certificato di esecuzione lavori n. (…), rilasciato in data 04.05.2017, nell’apposita sezione del sistema telematico ANAC ai fini dell’apposizione del visto di regolare esecuzione dei lavori ad opera della Soprintendenza Archeologica Belle Arti e Paesaggio, per le Province di Brindisi e Lecce (all.ti n. 3 e 4 al ricorso). La Soprintendenza Archeologica Belle Arti e Paesaggio per le Province di Brindisi e Lecce non ha avviato alcuna attività. A nulla sono valsi i solleciti del Comune di (Omissis) e le note di diffida trasmesse dalla società ricorrente in data 16.10.2020, 19.02.2021, 01.10.2021 e, da ultimo, in data 12.01.2023 (all.ti da 5 ad 8 e n. 10 al ricorso). A nulla è valsa, altresì, la richiesta di chiarimenti procedurali inoltrata dall’ANAC in data 05.03.2021(all. 9 al ricorso). L’istanza è rimasta, sostanzialmente, inadempiuta. Avverso il comportamento inerte della Soprintendenza la ricorrente ha presentato il ricorso, notificato e depositato in data 28.03.2023, chiedendo, in via principale, l’accertamento, ai sensi dell’art. 17-bis della Legge, 7 agosto 1990, n. 241, dell’intervenuta formazione del silenzio assenso tra Pubbliche Amministrazioni sulla richiesta di emissione del visto di buon esito dei lavori svolti sul certificato di esecuzione dei lavori n. 17187/2017 già trasmesso a mezzo pec dal Comune di (Omissis) e, in subordine, l’accertamento dell’illegittimità del silenzio inadempimento, ai sensi degli art. 31 e 117 c.p.a. Il Comune di (Omissis), regolarmente intimato, non si è costituito in giudizio. Il Ministero della Cultura - Soprintendenza Archeologica Belle Arti e Paesaggio per le Province di Brindisi e Lecce si è costituito in giudizio mediante deposito, in data 31.03.2023, di memoria di stile. Alla camera di consiglio del 14.05.2024 la causa è stata trattenuta in decisione. Il ricorso è fondato nei termini che seguono. Il certificato di esecuzione lavori è disciplinato dall’art. 86, comma 5 – bis, 18 aprile 2016, n. 50 “Mezzi di prova” - applicabile alla presente fattispecie - il quale prevede che: “L’esecuzione dei lavori è documentata dal certificato di esecuzione dei lavori redatto secondo lo schema predisposto dall’ANAC con le linee guida di cui all’articolo 83, comma 2”. L’art. 79, comma 6, D.P.R. 5 ottobre 2010, n. 210, poi, stabilisce, che: “L’esecuzione dei lavori è documentata dai certificati di esecuzione dei lavori previsti dagli articoli 83, comma 4 e 84, indicati dall’impresa e acquisiti dalla SOA ai sensi dell’articolo 40, comma 3, lett. b), del codice, nonché secondo quanto previsto dall’articolo 86”. L’art. 4, c. 3 del Decreto MIBACT del 22.08.2017, n. 154 per i lavori su immobili sottoposti a vincolo ai sensi del D.lgs. 22.01.2004, n. 42 - come quelli in esame - dispone che, ai fini della qualificazione per lavori su beni culturali, eseguiti per conto di soggetti pubblici o di committenti privati, a conclusione dei lavori deve essere predisposto il certificato di esecuzione lavori (CEL). L’art. 11, c. 6, del medesimo Decreto MIBACT n.154/2017, poi, prevede che, ai fini di garantire il corretto esercizio dell’attività di vigilanza da parte delle soprintendenze preposte alla tutela del bene che, entro 60 giorni dal rilascio del certificato di esecuzione dei lavori di cui all’art. 84, comma 7, lett. b) del Codice dei contratti pubblici, accertata la regolarità delle prestazioni eseguite, attestano il buon esito dei lavori svolti. Il Consiglio di Stato, sul punto, ha chiarito che: “il certificato di esecuzione lavori costituisce, dunque, una certificazione richiesta dall’impresa al committente (anche privato, cfr. art. 84 comma 2, d.P.R. n. 201 cit.) per la dimostrazione del possesso del requisito di idoneità tecnica – organizzativa, costituito dall’aver svolto lavori per un certo importo in una certa categoria in quanto la committenza certifica l’avvenuta esecuzione in maniera regolare e con buon esito dei lavori, nonché se risultano, e con quale esito, le contestazioni reciprocamente mosse dalle parti contrattuali in seguito all’esecuzione dei lavori. Precisando, altresì, che: “resta fermo che il visto della Soprintendenza non può essere derubricato a “mera formalità”, poiché rispondente all’esigenza che la certificazione dell’esecuzione di particolari tipologie di lavori (nel caso di specie, lavori su immobili di interesse storico, artistico e archeologico) sia attestata da parte delle amministrazioni che, in quanto preposte alla tutela dei beni interessati, sono effettivamente in grado di valutarne la corretta esecuzione. (Cons. Stato Sez. V, 21.02.2020, n.1320). In applicazione delle norme richiamate e dei riportati principi giurisprudenziali, è evidente come l’intervento della Soprintendenza assuma una valenza decisoria di rilievo ai fini dell’adozione del provvedimento - certificato di esecuzione dei lavori - di competenza dell’Amministrazione - appaltatrice die lavori. Infatti, una volta rilasciato il certificato di esecuzione lavori, la Soprintendenza è in grado di compiere le verifiche di sua competenza e, quindi di attestare, all’esito dell’accertamento positivo della regolarità di quanto eseguito, il buon esito dei lavori entro il termine di sessanta giorni dal rilascio del certificato medesimo (art. 11, c. 6, del medesimo D.M. n.154/2017). Sugli effetti del decorso del termine da ultimo citato ha avuto modo di pronunciarsi la giurisprudenza che - in maniera condivisa dal Collegio - ha chiarito che: “Quel che qui viene in considerazione, piuttosto, è l’omessa comunicazione, nel tempo stabilito dalla legge, di un atto di un’amministrazione, in funzione di co-decisione, ad un’altra amministrazione, principalmente coinvolta nel processo decisionale omissione che legittima quest’ultima a presumere come ugualmente avvenuta la relativa acquisizione. Non sussistono ragioni, quindi, per escludere l’operatività, al caso che ci occupa, del silenzio di cui all’art 17 bis, considerando, in primo luogo, per la portata generale del suddetto istituto, espressamente previsto con riferimento ad “atti di assenso, concerti e nulla osta comunque denominati”; depone, inoltre, a favore di questa conclusione, anche la natura del Visto che la Soprintendenza è chiamata ad apporre al CEL, visto che va infatti qualificato, ad avviso del Collegio- peraltro nel silenzio della norma e stante la sua formulazione letterale-non come parere o atto espressione di funzione consultiva ma come vero e proprio atto di co-decisione in senso stretto, volto ad esprimere il giudizio favorevole, da parte della Autorità preposta alla tutela del c. bene sensibile, ad un atto preesistente già formato nei suoi elementi costitutivi e necessario affinché tale atto possa produrre i suoi propri effetti. (T.A.R. Campania, Napoli, Sez. IV, 20.06.2022, n. 4192). Venendo al caso in esame, il certificato di esecuzione dei lavori n. 17187/2017, per quanto in atti, è stato emesso in data 04.05.2017 e, successivamente inviato dal Comune di (Omissis) alla Soprintendenza per le verifiche di sua competenza. La Soprintendenza, nonostante il sollecito comunale del 13.10.2020, è rimasta inerte. È evidente pertanto che il visto deve ritenersi acquisito tacitamente, ai sensi dell’art. 17 - bis, comma 3, della legge 7 agosto 1990, n. 241, per effetto del decorso del termine previsto per la sua apposizione dall’art. 11, c. 6, DM 154/2017 - a far data dalla prima richiesta inoltrata alla Soprintendenza e, in ogni caso, per quanto in atti, dalla comunicazione comunale del 13.10.2020. In conclusione il ricorso è fondato e va, pertanto, accolto nei termini esposti. Dall’accoglimento della domanda proposta in via principale, consegue l’improcedibilità della domanda proposta in via subordinata ai sensi dell’art. 31 e 117 c.p.a. Sussistono, infine, giustificate ragioni (tra cui la particolarità della questione esaminata) per compensare, tra le parti, le spese di lite. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia - Sezione Prima di Lecce, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei termini di cui in motivazione. Spese compensate. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Lecce nella camera di consiglio del giorno 14 maggio 2024 con l'intervento dei magistrati: Antonio Pasca, Presidente Nino Dello Preite, Primo Referendario Daniela Rossi, Referendario, Estensore
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia Lecce - Sezione Seconda ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 180 del 2024, proposto da Om.Se. Società Cooperativa, in persona del legale rappresentante pro tempore, in relazione alla procedura CIG A025EDCCA3, rappresentata e difesa dall’avvocato Pa.Ga., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; contro Comune di Omissis, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Gi.Mo., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; Centrale Unica di Committenza Union 3 - Stazione Unica Appaltante, non costituita in giudizio; nei confronti Au.Qu. S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Da.D’A., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; per l’annullamento - della Determina datata 3.1.2024 registro generale 1, registro settore 1, con la quale il Responsabile del settore 2° del Comune di Omissis ha aggiudicato in via definitiva all’impresa Qu.Au. s.r.l. la gara ad evidenza pubblica con procedura aperta, ai sensi degli artt. 71 e 108, comma 2, del D.lgs. 36/2023, per l’affidamento del servizio di trasporto scolastico pre e post scuola periodo 07/01/2024-31/05/2026, comunicata con nota trasmessa a mezzo pec il 15.1.2024; - della nota del 15.1.2024 con la quale il Responsabile del procedimento ha comunicato alla ricorrente l’avvenuta aggiudicazione in favore dell’Impresa Quarta; - della proposta di aggiudicazione del RUP; - dei verbali di gara; - di tutti gli atti presupposti, connessi e conseguenti; nonché per il risarcimento dei danni subiti e subendi; per la declaratoria di inefficacia del contratto eventualmente sottoscritto e di diritto al subentro ai sensi dell’art. 121 e ss. c.p.a. Visti il ricorso e i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Omissis e della Au.Qu. S.r.l.; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell’udienza pubblica del giorno 22 aprile 2024 il dott. Paolo Fusaro e uditi per le parti i difensori avv. P. Ga. per la parte ricorrente, avv. A. Sa., in sostituzione dell’avv. G. Mo., per il Comune e avv. D. D’A. per la controinteressata; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO E DIRITTO Con il ricorso in esame, notificato in data 14.2.2024 e depositato il 19.2.2024, Om.Se. Soc. Coop. (d’ora in avanti, per brevità, anche solo “Om.Se.”), premettendo di aver partecipato alla gara pubblica indetta dal Comune di Omissis con determina dirigenziale n. 657 del 6.11.2023 volto all’affidamento dei servizi di trasporto scolastico per il periodo compreso tra il 7.1.2024 e il 31.5.2026, impugna in questa sede, chiedendone l’annullamento, unitamente agli ulteriori atti meglio indicati in epigrafe, la determina comunale del 3.1.2024, comunicata in data 15.1.2024, con cui è stata disposta, all’esito della gara, l’aggiudicazione del servizio in favore della Au.Qu. S.r.l. Sulla base di un unico motivo di doglianza, la ricorrente ha prospettato l’illegittimità dell’aggiudicazione disposta dall’Amministrazione comunale, sostenendo, in particolare, che l’aggiudicataria doveva essere esclusa dalla procedura selettiva in ragione del mancato possesso del requisito di capacità tecnica e professionale di cui all’art. 6.3 del Disciplinare di gara, nonché per indimostrata sussistenza dell’ulteriore requisito economico e finanziario di cui all’art. 6.2 della medesima lex specialis. Si sono costituiti nel presente giudizio in data 23.2.2024 il Comune di Omissis e la Au.Qu. S.r.l. per resistere al ricorso azionato dalla controparte. Con ordinanza n. 121 del 5.3.2024, il Tribunale ha accolto la domanda cautelare sospensiva avanzata dalla ricorrente. Depositati dai contendenti ulteriori documenti e memorie ai sensi dell’art. 73 c.p.a., all’udienza pubblica del 22.4.2024 la causa è stata trattenuta in decisione. Il ricorso è fondato nei limiti e alla luce delle argomentazioni che seguono. Con unico ordine di censure (“Violazione e falsa applicazione di legge. Violazione e falsa applicazione dell’art. 100, lett. b) e c), D.lgs. n. 36/2023. Violazione dell’art. 6.2 e dell’art. 6.3 del disciplinare di gara. Difetto di istruttoria. Irrazionalità e illogicità manifesta”), Om.Se. ha prospettato che Au.Qu. S.r.l. doveva essere estromessa dalla gara per l’affidamento dei servizi di trasporto scolastico, indetta dal Comune di Omissis con determina n. 657 del 6.11.2023, in primo luogo perché mancante del requisito di capacità tecnica e professionale previsto dall’art. 6.3.a del Disciplinare di gara e, in secondo luogo, non avendo dimostrato di possedere neppure il requisito di capacità economica e finanziaria di cui all’art. 6.2.b. del medesimo Disciplinare. Va, anzitutto, rigettata la doglianza attorea relativa all’omessa dimostrazione del requisito di capacità di cui all’art. 6.2.b del Disciplinare di gara, riguardante, più puntualmente, il possesso in capo alla Società di un “Fatturato specifico pari almeno al 50% del fatturato globale ed inerente i l settore di attività (il trasporto persone su strada)”. A sostegno della censura avanzata, infatti, la ricorrente si è limitata ad allegare che “La ditta Qu.Au. esegue (...) anche il servizio di autonoleggio vetture senza conducente e noleggio servizio di ambulanza” e che, pertanto, “la dichiarazione resa in sede di gara non dimostra che il fatturato riguarda quello analogo all’oggetto di gara” (così ricorso, p. 10). Tali essendo le uniche deduzioni svolte dalla parte con riguardo al motivo sollevato, la censura in esame risulta affetta da genericità, risolvendosi di fatto in una mera prospettazione di carattere astratto, non sufficientemente articolata e priva di adeguato riscontro a supporto, con cui la ricorrente non risulta neppure contestare, peraltro, in via obiettiva la sussistenza in capo alla partecipante del requisito in questione. Ne deriva, per ciò solo, il rigetto in parte qua del motivo proposto. A diverse conclusioni deve giungersi, invece, con riguardo alla censura relativa al requisito di capacità tecnica e professionale di cui all’art. 6.3.a del Disciplinare di gara. 5.1. Sul punto Om.Se. ha, in particolare, esposto in ricorso: i) che l’art. 6.3.a del Disciplinare di gara imponeva a ciascun operatore partecipante di aver eseguito, nell’ultimo triennio utile, “servizi analoghi a quello oggetto di appalto” - ossia “servizi di trasporto scolastico/trasporto svolti per conto esclusivamente di Pubbliche Amministrazioni, anche in forma separata” - per un “importo cumulativo non inferiore a € 350.000,00 (oltre Iva di legge)”, pena l’esclusione dalla procedura; ii) che la Società aggiudicataria, nel proprio modello dichiarativo afferente alle cause di esclusione (“Modello B”), ha indicato di aver svolto “servizi analoghi” nel triennio di riferimento per un importo totale complessivo pari a € 90.140,44, precisando che “la società Au.Qu. srl ha iniziato la propria attività in data 13/07/2022 e presenta perciò un requisito di capacità tecnica e professionale relativo ai servizi analoghi rapportato al periodo di attività”, secondo quanto previsto dall’art. 6.2.b del medesimo Disciplinare; iii) che, tuttavia, la deroga posta dalla disposizione richiamata dall’aggiudicataria si riferisce esclusivamente ai “Requisiti di capacità economica e finanziaria”, non anche a quelli di “capacità tecnica e professionale”, con conseguente dichiarata carenza di tale secondo requisito in capo alla partecipante. 5.2. Il Comune di Omissis e la Au.Qu. S.r.l. hanno avversato la ricostruzione offerta da controparte, eccependo, in sintesi: i) che, a prescindere dall’importo erroneamente dichiarato dall’aggiudicataria negli atti della procedura, è comunque indubbia la sussistenza in capo alla stessa del requisito di capacità richiesto dall’art. 6.3.a del Disciplinare, considerato che la Au.Qu. S.r.l. ha gestito lo stesso servizio comunale oggetto di affidamento nei cinque anni scolastici antecedenti all’indizione della gara, di tal che l’importo per “servizi analoghi” vantabile dalla Società era pari almeno a € 473.787,27 (tenendo, peraltro, conto delle sole somme corrisposte dal Comune di Omissis); ii) che l’errata indicazione del minor importo da correlare al requisito in contestazione, poiché dipesa da una “erronea presupposizione” ingenerata dai modelli di gara messi a disposizione della partecipante, assume comunque una valenza meramente formale, facoltizzando il Tribunale ad accertare la sussistenza del requisito ex art. 6.3.a in capo all’aggiudicataria mediante il ricorso all’istituto del “soccorso istruttorio processuale”; iii) che, in ogni caso, l’eventuale accoglimento delle censure attoree non implicherebbe l’esclusione della Au.Qu. S.r.l. dalla gara, quanto piuttosto la correzione del procedimento selettivo attraverso l’attivazione del soccorso istruttorio. 5.3. Le obiezioni sollevate da Om.Se. appaiono meritevoli di accoglimento nei termini di seguito precisati. 5.4. Occorre, anzitutto, muovere dalla considerazione che il Disciplinare della gara di cui si discute, nell’elencare i diversi “Requisiti speciali” da possedere a pena di esclusione dalla procedura (cfr. art. 6), distingue tra “Requisiti di idoneità” (art. 6.1), “Requisiti di capacità economica e finanziaria” (art. 6.2) e, ancora, “Requisiti di capacità tecnica e professionale” (art. 6.3). Con specifico riferimento a tale ultima categoria, la lex specialis richiedeva, in particolare, all’operatore economico partecipante alla gara l’intervenuta “Esecuzione negli ultimi tre anni dei seguenti servizi analoghi”, stabilendo, più precisamente, che “Il concorrente deve aver eseguito nell’ultimo triennio utile) servizi analoghi a quello oggetto di appalto (ovvero servizi di trasporto scolastico/trasporto svolti per conto esclusivamente di Pubbliche Amministrazioni, anche in forma separata, di importo cumulativo non inferiore a € 350.000,00 (oltre Iva di legge)” (art. 6.3.a). Ora, dalla documentazione in atti, e in piena coerenza con quanto rappresentato nel corpo del ricorso, risulta che la Au.Qu. S.r.l. ha indicato nella propria “Dichiarazione sostitutiva di atto notorio e di certificazioni” (cfr. il Modello B, sub doc. 4, fascicolo di parte ricorrente, p. 5) di aver svolto i pretesi “servizi analoghi” per un importo complessivo inferiore rispetto a quello previsto dall’art. 6.3.a citato, indicando invero l’inferiore importo totale di “€ 90.140,44” (importo derivante, più precisamente, dalla sommatoria di “€ 57.958,32” per il “servizio di trasporto scolastico” effettuato dalla Società tra ottobre e dicembre dell’anno 2022 per conto del Comune di Omissis e di “€ 32.182,12” per il “servizio di trasporto” reso da luglio e dicembre 2022 per “ASL Lecce”; cfr. sempre il Modello B cit.). Dalla medesima documentazione è possibile, altresì, ricavare che l’aggiudicataria ha ritenuto di poter giustificare, ai fini della sussistenza del requisito, la sufficienza di tale minore importo “ai sensi di quanto previsto nell’ultimo paragrafo dell’art. 6.2.b del Disciplinare di gara”, specificando che “la società Au.Qu. srl ha iniziato la propria attività in data 13/07/2022 e presenta perciò un requisito di capacità tecnica e professionale relativo ai servizi analoghi rapportato al periodo di attività” (cfr. ibidem). Tuttavia, come correttamente eccepito dall’odierna ricorrente, l’invocata “deroga” dell’art. 6.2.b del Disciplinare - secondo cui, “Ove le informazioni sui fatturati non siano disponibili, per le imprese che abbiano iniziato l’attività da meno di tre anni, i requisiti di fatturato devono essere rapportati al periodo di attività” - non è destinata a trovare applicazione, attesa la sua collocazione sistematica, anche con riguardo ai “Requisiti di capacità tecnica e professionale” di cui all’art. 6.3, essendo da riferire unicamente ai “Requisiti di capacità economica e finanziaria” di cui al precedente art. 6.2 del Disciplinare. Risultando pertanto erroneo il richiamo normativo operato da Au.Qu. S.r.l., quest’ultima ha di fatto rappresentato, all’interno della propria documentazione di gara, il mancato possesso del requisito richiesto all’art. 6.3.a della lex specialis. 5.5. Cionondimeno, a dispetto di quanto sostenuto da Om.Se., la dichiarazione de qua non comporta automaticamente l’esclusione della Au.Qu. S.r.l. dalla procedura in esame. Se infatti, da un lato, non è possibile aderire alla tesi prospettata nelle rispettive difese dal Comune resistente e dalla controinteressata, arrivando ad escludere qualsivoglia rilevanza all’indicazione operata dalla Società nella propria documentazione di gara e considerando, dunque, come pienamente valutabili dall’Amministrazione, ai fini del riscontro della sussistenza del requisito di capacità in capo alla partecipante, servizi ed attività mai dalla stessa prospettate, né comprovate, in corso di procedura (in senso similare, si veda T.a.r. Emilia Romagna, Bologna, Sez. I, n. 834/2021), dall’altro lato osta all’accoglimento dell’opposta ricostruzione attorea, volta a sostenere l’automatica esclusione dell’operatore in ragione della dichiarazione in questione, l’operatività della disciplina dell’istituto del soccorso istruttorio delineata dagli artt. 6 della L. n. 241/1990 e 101 del D. Lgs. n. 36/2023, attesa la sua portata tendenzialmente generalizzata e la sua matrice antiformalistica (cfr., ex multis, Cons. Stato, Sez. V, nn. 7870/2023 e 6248/2012). Va, invero, rammentato che scopo di ogni gara è quello di selezionare il concorrente che, in possesso dei requisiti richiesti dalla procedura, risulti il più idoneo all’esecuzione delle prestazioni oggetto di affidamento, con la conseguenza che eventuali errori od omissioni dichiarative e documentali della partecipante, se non idonei ad alterare in alcun modo il leale confronto competitivo tra gli operatori e a non avvantaggiare nessun concorrente a discapito di altri, come nel caso di specie, non possono avere portata espulsiva (in senso similare, si veda Cons. Stato, Sez. VI, n. 1038/2022). Ritiene dunque il Collegio che, a fronte della dichiarazione resa da Au.Qu. S.r.l. in sede di gara, il Comune di Omissis, ben potendo rilevare l’erroneo richiamo della partecipante alla disposizione derogatoria dell’art. 6.2.b del Disciplinare di gara con riferimento al diverso requisito di capacità posto dall’art. 6.3.a, in ossequio ai principi di collaborazione, buona fede e fiducia (cfr. artt. 1, comma 2-bis, L. n. 241/1990 e 2 del D. Lgs. n. 36/2023) che permeano l’agere dell’Amministrazione, avrebbe dovuto evidenziare alla Società tale incongruenza mediante attivazione del soccorso istruttorio ex art. 6, comma 2, lett. b), della L. n. 241/1990, consentendo così all’operatore economico di eventualmente correggere ed emendare l’indicazione contenuta nel proprio modulo dichiarativo, ancorché di per sé rappresentante, in maniera contraddittoria, l’assenza del requisito asseritamente vantato. 5.6. A differenza, peraltro, di quanto sostenuto da Au.Qu. S.r.l. nei propri scritti, deve ritenersi preclusa la facoltà del Tribunale di verificare direttamente la sussistenza del requisito in contestazione in capo alla Società controinteressata mediante soccorso istruttorio processuale, a ciò ostandovi, da una parte, il limite delineato dall’art. 34, comma 2, c.p.a. (“In nessun caso il giudice può pronunciare con riferimento a poteri amministrativi non ancora esercitati”), e, dall’altra, il carattere non vincolato dell’attività rimessa sul punto all’Amministrazione (cfr. già Cons. Stato, Sez. III, n. 975/2017). Alla luce di quanto precede, deve ritenersi parzialmente fondato il ricorso proposto da Om.Se., avendo l’Amministrazione errato nel ritenere ammissibile, per come concretamente formulata, la dichiarazione del possesso del requisito di cui all’art. 6.3.a del Disciplinare di gara da parte di Au.Qu. S.r.l. In ragione di ciò, vanno consequenzialmente ritenuti illegittimi in via derivata tutti gli atti di gara compresi dall’ammissione della Au.Qu. S.r.l. sino alla disposta aggiudicazione in favore di quest’ultima, con conseguente annullamento dei medesimi atti oggetto di gravame. Tuttavia, dall’accoglimento in parte qua del ricorso non discende, quale ulteriore necessario precipitato, anche l’esclusione dell’odierna controinteressata dalla procedura di gara, tenuto conto dell’omessa attivazione del soccorso istruttorio ad opera dell’Amministrazione, omissione che impone, dunque, la regressione della procedura alla fase dell’invito alla regolarizzazione della documentazione di gara inoltrata da Au.Qu. S.r.l. Resta pertanto demandata all’Amministrazione, non potendo il Tribunale sostituirsi alla stessa, all’esito di tale invito alla regolarizzazione e in sede di riedizione del potere, operare tutte le valutazioni di competenza e le pertinenti verifiche con riguardo all’eventuale ammissibilità della partecipante alla procedura. Non può, invece, trovare accoglimento la pretesa risarcitoria azionata dalla ricorrente, non avendo la stessa puntualmente allegato nell’atto introduttivo di giudizio elementi sufficienti da cui poter desumere l’effettiva sussistenza del nocumento per cui è chiesto ristoro, peraltro non specificato neppure con riferimento al quantum. In ragione delle peculiarità che connotano la vicenda in esame, si ravvisano eccezionali motivi per compensare le spese di giudizio tra le parti. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia - Lecce, Sezione Seconda, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie parzialmente nei termini di cui in motivazione e, per l’effetto, annulla i provvedimenti impugnati. Compensa integralmente le spese di lite tra le parti. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa. Così deciso in Lecce nella camera di consiglio del giorno 22 aprile 2024 con l’intervento dei magistrati: Ettore Manca - Presidente Nino Dello Preite - Primo Referendario Paolo Fusaro, Referendario, Estensore L'ESTENSORE IL PRESIDENTE Paolo Fusaro Ettore Manca IL SEGRETARIO
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia Lecce - Sezione Seconda ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 891 del 2023, proposto da -OMISSIS-, in qualità di genitori esercenti la responsabilità genitoriale sulla minore -OMISSIS-, rappresentati e difesi dall'avvocato Si. Ma., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; contro Ministero dell'Istruzione e del Merito, Istituto Comprensivo "Ri. Du." di Me. Bo., Consiglio di classe della Classe III A, in persona dei legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Lecce, domiciliataria ex lege in Lecce, via (...); per l'annullamento 1. -OMISSIS-, con cui la sottocommissione n. 1 dell'esame di Stato conclusivo del I° ciclo dell'Istituto Comprensivo "Ri. Du." di Me. Bo. ha proposto alla Commissione di giudicare l'allieva -OMISSIS- "non licenziata" con voto finale 5, per non aver superato l'esame; 2. -OMISSIS-, con cui la commissione dell'esame di Stato conclusivo del I° ciclo dell'Istituto Comprensivo "Ri. Du." di Me. Bo. ha giudicato l'allieva -OMISSIS- "non licenziata" con voto finale 5 per non aver superato l'esame; 3. della scheda personale del candidato del 19.06.23, con verbale delle valutazioni sulle prove scritte e sul colloquio pluridisciplinare e risultato finale; 4. -OMISSIS- dell'esame di Stato conclusivo del I° ciclo dell'Istituto Comprensivo "Ri. Du." di Me. Bo. ha stabilito le modalità della prova scritta di Lingue Straniere, e del provvedimento di valutazione della prova stessa svolta dall'alunna -OMISSIS- da parte della Commissione; 5. -OMISSIS-, con cui la sottocommissione n. 1 dell'esame di Stato conclusivo del I° ciclo dell'Istituto Comprensivo "Ri. Du." di Me. Bo. ha stabilito le modalità della prova scritta di Italiano, e del provvedimento di valutazione della prova stessa svolta dall'alunna -OMISSIS- da parte della Commissione; 6. -OMISSIS- dell'esame di Stato conclusivo del I° ciclo dell'Istituto Comprensivo "Ri. Du." di Me. Bo. ha stabilito le modalità della prova scritta di Logico-Matematica, e del provvedimento di valutazione della prova stessa svolta dall'alunna -OMISSIS- da parte della Commissione; 7. -OMISSIS-, con cui la sottocommissione n. 1 dell'esame di Stato conclusivo del I° ciclo dell'Istituto Comprensivo "Ri. Du." di Me. Bo. ha stabilito le modalità per lo svolgimento dei Colloqui, e del provvedimento sempre di valutazione del colloquio svolto dall'alunna -OMISSIS- da parte della Commissione; 8. del verbale/provvedimento della seduta plenaria della Commissione, nella quale la stessa ha stabilito i criteri di valutazione delle prove scritte e del colloquio, anche degli allievi DSA, nonché le modalità di svolgimento delle tre prove scritte e del colloquio, anche degli allievi DSA; 9. del verbale/provvedimento del Consiglio di Classe, di data di giugno ignota, degli scrutini di ammissione dei ragazzi della 3 A dell'Istituto Comprensivo di Me. Bo. "Ri. Du." all'esame di Stato finale del I° ciclo di studi; 10. della nota/comunicazione del mancato superamento dell'esame di Stato conclusivo del I° ciclo; 11. di ogni altro atto presupposto, connesso e/o consequenziale. Visti il ricorso e i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione in giudizio dell'Amministrazione scolastica resistente; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 27 marzo 2024 il dott. Paolo Fusaro e uditi per le parti i difensori avv. S. Ma. per la parte ricorrente e avv. dello Stato G. Ma.; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO e DIRITTO 1. Con il ricorso in esame, notificato il 4.9.2023 e depositato in pari data, -OMISSIS- in qualità di genitori esercenti la potestà sulla figlia minore -OMISSIS-, hanno impugnato in questa sede, unitamente agli altri atti meglio indicati in epigrafe, il verbale -OMISSIS-, con cui la Commissione dell'esame di Stato conclusivo del I ciclo scolastico istituita presso l'Istituto Comprensivo "Ri. Du." di Me. - Bo. (d'ora in avanti, per brevità, anche solo "Istituto Durante") ha deliberato il mancato superamento dell'esame di terza media da parte dell'alunna -OMISSIS-. Contestando l'operato dall'Amministrazione scolastica sulla base di plurimi argomenti di doglianza, parte ricorrente ha chiesto al Tribunale, previa adozione di misure cautelari, di annullare gli atti impugnati. Si sono costituiti nel presente giudizio il Ministero dell'Istruzione e del Merito, nonché l'Istituto Durante, per resistere al ricorso azionato dalla controparte. Con decreto monocratico n. 453 del 6.9.2023, il Tribunale ha accolto la domanda cautelare formulata da parte ricorrente, sospendendo gli atti in gravame. Con successiva ordinanza n. 514 del 2.10.2023, il Collegio ha confermato l'accoglimento della pretesa cautelare della parte, ordinando all'Amministrazione di riesaminare la posizione della minore. In ottemperanza a tale statuizione, la Commissione d'esame si è nuovamente riunita in data 12.10.2023, ribadendo però il precedente giudizio negativo espresso e confermando, dunque, il mancato superamento dell'esame conclusivo del I ciclo da parte dell'alunna -OMISSIS-. All'esito dell'udienza pubblica del 27.3.2024, la causa è stata trattenuta in decisione. 2. Il ricorso è fondato e, pertanto, deve essere accolto alla luce delle argomentazioni che seguono. 3. Occorre anzitutto premettere, per quanto di maggiore interesse in questa sede: che -OMISSIS- è stata alunna dell'Istituto Durante per tutto il triennio della scuola secondaria di I grado; che la stessa risulta affetta da disturbi specifici dell'apprendimento, essendo da tempo accertato un suo disturbo misto delle capacità scolastiche (dislessia, disortografia e discalculia); che, proprio in ragione di tale condizione, l'Istituto Durante, già dal primo anno di frequentazione, aveva predisposto in favore della studentessa un piano didattico personalizzato, comprendente sia misure compensative che dispensative, sempre rispettato dai docenti nel corso dell'intero triennio; che, alla fine dell'anno scolastico 2022/2023, -OMISSIS- ha sostenuto l'esame di Stato conclusivo del I ciclo; che, tuttavia, all'esito dello stesso, la studentessa non è stata ammessa al ciclo scolastico successivo, essendole stato assegnato un voto insufficiente pari a 5. 4. Con unico ordine di censure ("Violazione e falsa applicazione del D.lgs. vo n. 62/2017 del D.M. 741/2017, del D.M. 742/2017, della nota prot. 1865/2017 e delle successive note prot. 312/2018, prot. 7885/2018 e prot. 5772/2019, nonchè della circolare del 07/02/23 n. 4155. Difetto di motivazione. Eccesso di potere per illogicità, irrazionalità manifeste, falsità del presupposto, travisamento ed erronea valutazione dei fatti, disparità di trattamento, manifesta ingiustizia"), parte ricorrente contesta in questa sede la correttezza della valutazione operata dall'Amministrazione scolastica, lamentando, in particolare: i) che l'alunna, in quanto pacificamente affetta da disturbi specifici dell'apprendimento, avrebbe dovuto sostenere tutte le prove d'esame in coerenza con le misure indicate nel proprio piano didattico personalizzato, mentre ha potuto unicamente fruire, nell'espletamento delle suddette prove, di una sola misura compensativa - maggior tempo di redazione degli elaborati - mai in precedenza adottata e, comunque, riconosciutale unicamente in sede di prove scritte; ii) che il mancato superamento dell'esame sarebbe inoltre stato deliberato dalla Commissione già in data 19.6.2023, ossia il giorno stesso del colloquio orale dell'alunna, in assenza di rituale proposta da parte della Sottocommissione e senza, comunque, un congruo tempo di discussione per procedere a tale deliberazione; iii) ancora, che il provvedimento di non ammissione dell'alunna difetterebbe di coerente motivazione, atteso che esso risulta giustificato sulla base delle numerose assenze della studentessa in riferimento all'intero triennio scolastico, nonché della mancanza di preparazione culturale della stessa, circostanze, queste, che avrebbero dovuto comportare la mancata ammissione dell'alunna già ai precedenti anni scolastici e alle prove finali del terzo anno. 4.1. La prima doglianza sollevata dalla parte è fondata. Sul piano normativo occorre, infatti, rammentare che l'art. 11 del D. Lgs. n. 62/2017 prevede espressamente che, "Per le alunne e gli alunni con disturbi specifici di apprendimento (DSA) certificati ai sensi della legge 8 ottobre 2010, n. 170, la valutazione degli apprendimenti, incluse l'ammissione e la partecipazione all'esame finale del primo ciclo di istruzione, sono coerenti con il piano didattico personalizzato predisposto nella scuola primaria dai docenti contitolari della classe e nella scuola secondaria di primo grado dal consiglio di classe" (comma 9) e che "Per la valutazione delle alunne e degli alunni con DSA certificato le istituzioni scolastiche adottano modalità che consentono all'alunno di dimostrare effettivamente il livello di apprendimento conseguito, mediante l'applicazione delle misure dispensative e degli strumenti compensativi di cui alla legge 8 ottobre 2010, n. 170, indicati nel piano didattico personalizzato" (comma 10). Il D.M. n. 5669/2011, recante "Linee guida disturbi specifici di apprendimento", stabilisce inoltre, all'art. 6, che "La valutazione scolastica, periodica e finale, degli alunni e degli studenti con DSA deve essere coerente con gli interventi pedagogico-didattici di cui ai precedenti articoli" (comma 1); che "Le Istituzioni scolastiche adottano modalità valutative che consentono all'alunno o allo studente con DSA di dimostrare effettivamente il livello di apprendimento raggiunto, mediante l'applicazione di misure che determinino le condizioni ottimali per l'espletamento della prestazione da valutare - relativamente ai tempi di effettuazione e alle modalità di strutturazione delle prove - riservando particolare attenzione alla padronanza dei contenuti disciplinari, a prescindere dagli aspetti legati all'abilità deficitaria" (comma 2); che "Le Commissioni degli esami di Stato, al termine del primo e del secondo ciclo di istruzione, tengono in debita considerazione le specifiche situazioni soggettive, le modalità didattiche e le forme di valutazione individuate nell'ambito dei percorsi didattici individualizzati e personalizzati. Sulla base del disturbo specifico, anche in sede di esami di Stato, possono riservare ai candidati tempi più lunghi di quelli ordinari. Le medesime Commissioni assicurano, altresì, l'utilizzazione di idonei strumenti compensativi e adottano criteri valutativi attenti soprattutto ai contenuti piuttosto che alla forma, sia nelle prove scritte, anche con riferimento alle prove nazionali INVALSI previste per gli esami di Stato, sia in fase di colloquio" (comma 3). In linea con quanto precede, l'art. 14 del D.M. n. 741/2017 dispone ulteriormente che, "Per le alunne e gli alunni con disturbi specifici di apprendimento (DSA) certificati ai sensi della legge 8 ottobre 2010, n. 170, lo svolgimento dell'esame di Stato è coerente con il piano didattico personalizzato predisposto dal consiglio di classe" (comma 6) e che "Per l'effettuazione delle prove scritte la commissione può riservare alle alunne e agli alunni con DSA tempi più lunghi di quelli ordinari. Può, altresì, consentire l'utilizzazione di strumenti compensativi, quali apparecchiature e strumenti informatici solo nel caso in cui siano stati previsti dal piano didattico personalizzato, siano già stati utilizzati abitualmente nel corso dell'anno scolastico o comunque siano ritenuti funzionali allo svolgimento dell'esame di Stato, senza che venga pregiudicata la validità delle prove scritte" (comma 7). Orbene, nel caso di specie, è incontestato - oltre che documentalmente riscontrabile - che -OMISSIS- è un soggetto affetto da disturbi specifici dell'apprendimento (cfr. la certificazione del 18.9.2019, di cui al doc. 1, fascicolo di parte ricorrente) e che per l'alunna, in particolare nell'anno scolastico 2022/2023, l'Istituto scolastico aveva redatto un piano didattico personalizzato coinvolgente le diverse discipline di profitto (cfr. doc. 2), il quale prevede l'impiego di varie misure dispensative e strumenti compensativi (quali sintesi, schemi, formulari e mappe concettuali), destinati ad operare sia per lo svolgimento dell'attività didattica, sia in relazione al momento valutativo della preparazione della studentessa. Il medesimo piano didattico specifica, peraltro, espressamente che le misure dispensative e gli strumenti compensativi indicati, quanto al momento valutativo, operano "anche per esami conclusivi dei cicli" (ibidem, p. 9). Secondo prospettazione attorea, non contestata dall'Amministrazione scolastica, i suddetti strumenti sono stati costantemente impiegati dal corpo docente nel corso dell'intero triennio, venendo applicati anche nel corso dell'ultimo anno scolastico, antecedente alla prova di esame per cui è causa. Ciò avrebbe dovuto comportare, in accordo con il complesso della disciplina normativa sopra richiamata, la messa a disposizione, in favore dell'alunna, dei medesimi strumenti previsti dal piano didattico anche nel corso di tutte le prove dell'esame di Stato conclusivo del ciclo. Tuttavia, tale circostanza non risulta essersi verificata nel caso in esame, atteso che, alla luce della documentazione in atti - e in piena coerenza con quanto prospettato dalla parte in ricorso - non risulta che alcuno strumento compensativo sia stato posto a disposizione di -OMISSIS- nel corso dello svolgimento delle diverse prove d'esame, fatta eccezione per l'assegnazione di un tempo suppletivo di 15 minuti nell'espletamento delle prove scritte (cfr. i verbali del 13, 14 e 15 giugno 2023, sub doc. 9, fascicolo di parte resistente). In ogni caso, nessuna misura risulta essere stata adottata dalla Commissione in sede di colloquio pluridisciplinare (cfr. il relativo verbale del 19 giugno 2023; ibidem). Tale accertata omissione, integrando una violazione delle disposizioni normative di cui sopra, consente dunque di concludere, assorbite le ulteriori censure articolate dalla parte, per l'illegittimità dell'operato dell'Amministrazione scolastica (analogamente, cfr. Cons. Stato, Sez. VI, n. 3578/2019), con conseguente accoglimento del ricorso. Ne discende l'annullamento degli atti impugnati, nei limiti dell'interesse in questa sede fatto valere. 5. Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate nella misura indicata in dispositivo, disponendone la distrazione in favore del procuratore dichiaratosi antistatario. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia - Lecce, Sezione Seconda, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei termini di cui in motivazione. Condanna il Ministero resistente al pagamento in favore della controparte delle spese di lite, che sono liquidate in euro 1.500,00 (millecinquecento/00), oltre accessori e rimborso del contributo unificato, con distrazione delle stesse in favore del procuratore antistatario. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1, 2 e 5, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 e dell'articolo 6, paragrafo 1, lettera f), del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, manda alla Segreteria di procedere, in qualsiasi ipotesi di riproduzione e diffusione del presente provvedimento, all'oscuramento delle generalità del minore, dei soggetti esercenti la responsabilità genitoriale o la tutela e di ogni altro dato idoneo ad identificare i medesimi interessati ivi citati. Così deciso in Lecce nella camera di consiglio del giorno 27 marzo 2024 con l'intervento dei magistrati: Nino Dello Preite - Presidente FF Paolo Fusaro - Referendario, Estensore Francesco Baiocco - Referendario
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia - Lecce Sezione Seconda ha pronunciato la presente SENTENZA ex art. 74 cod. proc. amm.; sul ricorso numero di registro generale 1146 del 2023, proposto da Pe.So. S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Ga.Al., Gi.To. e Gi.Ve., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; contro Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, Ministero della Cultura, in persona dei legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Lecce, domiciliataria ex lege in Lecce, via (...); Comune di Omissis, non costituito in giudizio; per l’accertamento e la declaratoria dell’illegittimità del silenzio serbato dal Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica ("MASE") rispetto al proprio obbligo di provvedere in relazione all’adozione del provvedimento di Valutazione di Impatto Ambientale ("VIA") ai sensi dell’art. 25, comma 2-quater, del D.lgs. n. 152/2006, per la costruzione ed esercizio dell’impianto agrivoltaico denominato "Impianto Agrivoltaico Masseria Ar.", della potenza di 28,619 MW, da realizzarsi nel Comune di Omissis (BR), e delle relative opere di connessione alla RTN da realizzarsi nel Comune di Omissis (BR), previa occorrendo declaratoria dell’illegittimità del silenzio serbato dalla Commissione Tecnica PNIEC - PNRR, nonché dell’inerzia nell’attivazione dei relativi poteri sostitutivi; per la conseguente condanna del MASE a concludere il procedimento con l’emanazione del provvedimento di VIA, nominando sin d’ora un Commissario ad Acta nel caso di ulteriore inadempimento ai sensi dell’art. 117, comma 3 c.p.a., previa occorrendo la condanna della Commissione Tecnica PNIEC - PNRR ad adottare lo schema di provvedimento, nonché del relativo titolare all’attivazione dei poteri sostitutivi, formulando sin d’ora espressa riserva di agire per la condanna al risarcimento di tutti i danni subiti e subendi ai sensi degli artt. 30 e 34 c.p.a. Visti il ricorso e i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, nonché del Ministero della Cultura; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nella camera di consiglio del giorno 13 marzo 2024 il dott. Paolo Fusaro e uditi per le parti i difensori avv. A. Vantaggiato, in sostituzione degli avv.ti G. Alfarano, G. Toscano e G. Venzon, per la parte ricorrente e avv. dello Stato S. Colangelo; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO e DIRITTO Premesso che: - con il ricorso in esame, notificato in data 10.11.2023 e depositato il successivo 15.11.2023, Pe.So. S.r.l. si duole del silenzio-inadempimento serbato dal Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica (originariamente Ministero della Transizione Ecologica e d’ora in avanti, per brevità, anche solo "Ministero dell’Ambiente") a fronte dell’istanza ex art. 23 del D. Lgs. n. 152/2006 avanzata dalla Società in data 3.2.2023 per l’adozione del provvedimento di valutazione di impatto ambientale ("VIA") in relazione a un progetto di impianto agrivoltaico da costruire nel territorio del Comune di Omissis; - in data 17.11.2023 si sono costituiti nel presente giudizio il Ministero dell’Ambiente e il Ministero della Cultura per resistere al ricorso azionato dalla controparte; - all’esito dell’udienza camerale del 13.3.2023, la causa è stata trattenuta in decisione; Rilevato che: - è pacifica la sussistenza di un obbligo giuridico in capo al Ministero dell’Ambiente di provvedere sull’istanza per il rilascio del provvedimento di VIA richiesto dall’odierna ricorrente in data 3.2.2023 alla luce delle disposizioni normative di cui agli artt. 23 e seguenti del D. Lgs. n. 152/2006; - è altrettanto incontestata la mancata adozione, in favore della richiedente, del provvedimento oggetto di istanza, essendo ciò espressamente confermato anche dal Ministero dell’Ambiente all’interno delle proprie difese (cfr. memoria difensiva, p. 3); - risulta, infine, scaduto il termine per la conclusione del procedimento di cui si discute, atteso che: i) il progetto avanzato dalla Pe.So. S.r.l. rientra pacificamente tra quelli di cui all’art. 8, comma 2 bis, del D. Lgs. n. 152/2006; ii) in data 6.3.2023 è stato dato avviso pubblico ex art. 24 del D. Lgs. n. 152/2006 dell’istanza per il rilascio del provvedimento di VIA formulata dalla Società; iii) da tale momento hanno iniziato a decorrere, ai sensi dell’art. 24, comma 1, D. Lgs. n. 152/2006, tutti i termini per la conclusione del procedimento e, in particolare, il primo termine di trenta giorni per la consultazione del pubblico e l’eventuale acquisizione di pareri di altre Amministrazioni (cfr. art. 24, comma 3), il successivo termine di trenta giorni per la predisposizione di uno schema di provvedimento di VIA ad opera della Commissione di cui all’art. 8, comma 2 bis, D. Lgs. n. 152/2006 (cfr. art. 25, comma 2-bis), nonché l’ulteriore termine di trenta giorni per l’adozione del provvedimento di VIA da parte del direttore generale del Ministero (ibidem); iv) risultano, peraltro, spirati anche i termini suppletivi individuati dall’art. 25, comma 2-quater, D. Lgs. n. 152/2006, per l’esercizio del potere sostitutivo; Rilevato, altresì, che: - non appaiono circostanze idonee ad escludere il mancato decorso dei termini appena richiamati quelle rappresentate dal Ministero dell’Ambiente (presentazione di un enorme numero di progetti da vagliare, con conseguente necessità per l’Amministrazione di esaminare in via prioritaria le istanze riguardanti progetti con maggiore valore di potenza installata o traportata, alla luce di quanto previsto dall’art. 8, comma 1, D. Lgs. n. 152/2006), tenuto conto che un’ipotetica adesione alla ricostruzione ermeneutica offerta da parte resistente implicherebbe la sostanziale interpretatio abrogans delle previsioni normative afferenti ai termini procedimentali per l’adozione del provvedimento di VIA di cui si discute, con conseguente elusione dei medesimi termini, espressamente qualificati come perentori dallo stesso Legislatore ai sensi dell’art. 25, comma 7, D. Lgs. n. 152/2006; Considerato che: - alla luce di quanto precede, il ricorso in esame va accolto e, per l’effetto, essendo acclarata l’illegittimità del silenzio serbato dall’Amministrazione in relazione all’istanza formulata dalla ricorrente in data 3.2.2023, il Ministero dell’Ambiente deve essere condannato, ai sensi dell’art. 117, comma 2, c.p.a., a provvedere sulla predetta istanza entro il termine di 60 giorni dalla comunicazione o notificazione della presente sentenza, nominandosi sin d’ora, in caso di eventuale inottemperanza dell’Amministrazione all’obbligo di provvedere nel termine indicato, quale Commissario ad acta, il Prefetto di Lecce o suo delegato, il quale provvederà entro l’ulteriore termine di 60 giorni; - in punto di spese di lite, le stesse seguono la soccombenza e sono liquidate nella misura meglio indicata in dispositivo, ponendosi a carico del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica e dovendo, invece, essere integralmente compensate tra le restanti parti. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia - Lecce, Sezione Seconda, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto: a) ordina al Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica di adottare un provvedimento espresso sull’istanza presentata dalla ricorrente entro il termine di 60 giorni dalla comunicazione o notificazione della presente sentenza; b) in caso di persistente inadempimento oltre il termine assegnato al Ministero resistente, nomina fin d’ora Commissario ad acta, affinché provveda a concludere il procedimento e ad adottare il sopra indicato provvedimento, il Prefetto di Lecce o suo delegato, entro l’ulteriore termine di 60 giorni successivi al termine assegnato all’Amministrazione; c) condanna il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica al pagamento in favore della ricorrente delle spese di lite, che sono liquidate in euro 2.000,00 (duemila/00), oltre accessori e rimborso del contributo unificato; d) compensa integralmente le spese di lite tra le restanti parti. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa. Così deciso in Lecce nella camera di consiglio del giorno 13 marzo 2024 con l’intervento dei magistrati: Nino Dello Preite, Presidente FF Paolo Fusaro, Referendario, Estensore Francesco Baiocco, Referendario
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia Lecce - Sezione Terza ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 46 del 2023, proposto da Fr.Ri. e Pr.Fl., quest’ultima in qualità - giusta decreto di nomina del Tribunale di Taranto 16.10.2017 n. 2264 - di Curatrice della eredità giacente di Fr.Ma.Ro., rappresentati e difesi dall'avvocato Pi.Gi.Re., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; contro Comune di OMISSIS, in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dall'avvocato An.Tr., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Lu.Pe. in Lecce, via (...); per la condanna del Comune di OMISSIS alla retrocessione/restituzione dei terreni di proprietà dei ricorrenti censiti al Catasto al foglio 101, p.lla 22, di mq 2.004, p.lla 444 di mq 4.006 e p.lla 450 di mq 3.751, previo ripristino dello status quo ante; nonché per l’accertamento del diritto dei ricorrenti ad ottenere il risarcimento del danno per mancato godimento patito per l’occupazione illegittima delle suddette aree nella misura del 5% del valore venale delle aree stesse per ogni anno di occupazione dal 17.1.2000 e sino all’effettiva retrocessione/restituzione dei beni immobili, oltre i profili monetari accessori; e per la condanna del Comune di OMISSIS, in persona del legale rappresentante p.t. al risarcimento del danno per mancato godimento patito dai ricorrenti per l’occupazione illegittima dei suddetti terreni nella misura che sarà quantificata a mezzo di perizia tecnica disposta dal Tribunale, valore da calcolare nella misura del 5% per ogni anno di occupazione dal 17.1.2000 e sino all’effettiva reimmissione in possesso, oltre rivalutazione monetaria ed interessi legali sino al momento della effettiva retrocessione/restituzione dei beni immobili ovvero della cifra minore o maggiore di giustizia (sempre maggiorata di rivalutazione ed interessi). Visti il ricorso e i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di OMISSIS; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 5 marzo 2024 la Cons. dott.ssa Patrizia Moro e uditi per le parti i difensori Avv. P. G. Relleva per le parti ricorrenti, Avv. A. Vantaggiato, in sostituzione dell'Avv. A. Trono, per il Comune di OMISSIS. Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO e DIRITTO 1. - I due ricorrenti, nelle rispettive qualità di comproprietario (Fr.Ri.) e di Curatrice dell’eredità giacente della defunta comproprietaria Fr.Ma.Ro. (Pr.Fl.), di un suolo sito in OMISSIS, distinto in Catasto al Foglio 101, particella 22, di mq 2.004, particella 444, di mq 4.006, e particella 450, di mq 3.751, occupato il 17 gennaio 2000 dal Comune di OMISSIS, a seguito del decreto di occupazione d’urgenza n. 2 del 13 dicembre 1999 (adottato dopo l’approvazione del progetto esecutivo dei lavori di realizzazione del "Parco delle Rimembranze", avvenuta con delibera G.M. n. 225 del 17 settembre 1999, contenente la dichiarazione di p.u.), con il ricorso introduttivo del giudizio, hanno chiesto: - la condanna del Comune di OMISSIS alla retrocessione/restituzione dei predetti terreni occupati censiti al Catasto al foglio 101, p.lla 22, di mq 2.004, p.lla 444 di mq 4.006 e p.lla 450 di mq 3.751, previo ripristino dello status quo ante; -l’accertamento del loro diritto ad ottenere il risarcimento del danno per mancato godimento patito per l’occupazione illegittima delle suddette aree nella misura del 5% del valore venale del bene per ogni anno di occupazione dal 17 gennaio 2000 e sino all’effettiva retrocessione/restituzione dei beni; - la condanna del Comune di OMISSIS, in persona del legale rappresentante p.t. al risarcimento del danno patito per mancato godimento per l’occupazione illegittima dei suddetti terreni nella misura che sarà quantificata a mezzo di perizia tecnica disposta dal Tribunale, valore da calcolare nella misura del 5% per ogni anno di occupazione dal 17.1.2000 e sino all’effettiva reimmissione in possesso, oltre rivalutazione monetaria ed interessi legali sino al momento della effettiva retrocessione/restituzione dei beni immobili ovvero della cifra minore o maggiore di giustizia (sempre maggiorata di rivalutazione ed interessi). I ricorrenti hanno, anche, formulato una richiesta istruttoria tesa allo svolgimento di "Verificazione tecnica ex art. 66 c.p.a per l’accertamento e l’esatta determinazione delle somme dovute ai ricorrenti per i titoli esposte nel ricorso", di cui è stata sollecitata la disposizione, attraverso le istanze depositate il 19 gennaio 2023 ed il 14 marzo 2023. 1.1. - Il 24 gennaio 2024 si è costituito in giudizio il Comune di OMISSIS eccependo, con successiva memoria ex art. 73 c.p.a., depositata il 2 febbraio 2024, l’inapplicabilità della disciplina di cui al T.U.E. (D.P.R. n. 327/2001) alla fattispecie, l’inammissibilità del ricorso ai sensi dell’art. 35, comma 1, lett. b), c.p.a., il difetto di legittimazione processuale - inefficacia dell’azione quanto alla posizione della Curatela dell’eredità giacente, insistendo comunque per il rigetto del ricorso. 1.2. - Con memorie depositate, rispettivamente il 14 e il 28 febbraio 2028, i ricorrenti e l’A.C. resistente hanno ulteriormente illustrato ed insistito nelle proprie posizioni. Alla pubblica udienza del 5 marzo 2024 la causa è stata trattenuta per la decisione. 2. - In limine, osserva il Tribunale che sussiste, nella presente controversia, la giurisdizione dell’adito Giudice Amministrativo, ai sensi dell’art. 133, primo comma, lettera g) del Codice del Processo Amministrativo (in forza del quale "Sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo (...) le controversie aventi ad oggetto gli atti, i provvedimenti, gli accordi e i comportamenti riconducibili, anche mediatamente, all’esercizio di un pubblico potere, delle pubbliche amministrazioni in materia di espropriazione per pubblica utilità, ferma restando la giurisdizione del giudice ordinario per quelle riguardanti la determinazione e la corresponsione delle indennità in conseguenza dell’adozione di atti di natura espropriativa o ablativa"). Ed invero, a tale riguardo, la Sezione non ha motivo per discostarsi dall’ormai consolidato indirizzo giurisprudenziale secondo il quale, "nella materia dei procedimenti di espropriazione per pubblica utilità, ad eccezione delle ipotesi in cui manchi del tutto una dichiarazione di pubblica utilità dell’opera e l'Amministrazione espropriante abbia agito nell’assoluto difetto di una potestà ablativa (devolute come tali alla giurisdizione ordinaria), spettano alla giurisdizione amministrativa esclusiva, ex art. 133 primo comma lettera g) c.p.a., le controversie (come quella de qua) nelle quali si faccia questione - anche ai fini della tutela risarcitoria - di attività di occupazione e trasformazione di un bene immobile conseguenti ad una dichiarazione di pubblica utilità e con essa congruenti, anche se il procedimento ablatorio all'interno del quale sono state espletate non sia sfociato in un tempestivo e formale atto traslativo della proprietà, purchè vi sia un collegamento - anche mediato - all’esercizio della pubblica funzione" (ex multis Consiglio di Stato, IV Sezione, 4 Aprile 2011 n. 2113; T.A.R. Lombardia, Brescia, I Sezione 18 Dicembre 2008 n. 1796; Consiglio di Stato, Adunanza plenaria 30 Luglio 2007 n. 9 e 22 Ottobre 2007 n. 12; T.A.R. Basilicata, 22 Febbraio 2007 n. 75; T.A.R. Puglia, Bari, III Sezione, 9 Febbraio 2007 n. 404; T.A.R. Lombardia, Milano, II Sezione, 18 Dicembre 2007 n. 6676; T.A.R. Lazio, Roma, II Sezione, 3 Luglio 2007 n. 5985; T.A.R. Toscana, I Sezione, 14 Settembre 2006 n. 3976; Corte di Cassazione, Sezioni Unite Civili, 20 Dicembre 2006 nn. 27190, 27191 e 27193)" (T.A.R. Puglia, Lecce, Sezione III, 12 maggio 2015, n. 1549)» (ex multis, T.A.R. Puglia, Lecce, Sezione III, 23 aprile 2018, n. 704). 2.1. - Sempre in limine, osserva il Collegio, che va disattesa l’eccezione di inammissibilità del ricorso per allegato difetto di legittimazione attiva del Curatore dell’eredità giacente di Fr.Ma.Ro., avv. Pr.Fl., sollevata dalla difesa civica. Invero, rileva il Tribunale che l’art. 529 c.c. indica espressamente quali siano i compiti del Curatore dell’eredità giacente. Egli è tenuto a: procedere all'inventario dell'eredità, esercitarne e promuoverne le ragioni, rispondere alle istanze proposte contro la medesima, amministrarla, depositare presso le casse postali o presso un istituto di credito designato dal tribunale il danaro che si trova nell'eredità o si ritrae dalla vendita dei mobili o degli immobili, rendere conto della propria amministrazione. In buona sostanza, il Curatore dell’eredità giacente può compiere tutti gli atti utili alla conservazione e amministrazione dell’asse ereditario, come, ad esempio, promuovere le azioni a difesa dell’eredità, proporre domande per riscuotere debiti scaduti, agire per interrompere la prescrizione, formulare azioni possessorie o petitorie, per rivendicare la proprietà di beni appartenenti all'asse ereditario. (cfr. Corte di Cassazione Civile n. 5334/2004). Inoltre, ai sensi dell'art. 529 c.c., il Curatore dell'eredità giacente, seppure non sia un rappresentante in senso proprio del chiamato all'eredità, è legittimato sia attivamente che passivamente in tutte le cause che riguardano l'eredità e il cui svolgimento rientra negli scopi che la sua attività è destinata a realizzare in rapporto agli interessi che ne rappresentano il presupposto, sicchè (ad esempio) lo stesso può proporre un valido atto interruttivo del decorso della prescrizione mediante la proposizione di un atto di citazione notificato - in una controversia relativa a diritti ereditari (in tal senso: Cassazione civile, Sez. II, sentenza n. 5334 del 16 marzo 2004). In conclusione, trattandosi nella specie di un atto di ricostituzione/conservazione del patrimonio ereditario, avente carattere di ordinaria amministrazione, non occorreva - per la proposizione del ricorso introduttivo del presente giudizio - l’autorizzazione del Tribunale Civile al Curatore dell’eredità giacente. 2.2. - Del tutto priva di pregio giuridico è l’ulteriore eccezione, sollevata dalla difesa civica, di inapplicabilità del T.U.E. (D.P.R. n. 327/2001) al caso in esame, in quanto riconducibile alla dichiarazione di pubblica utilità/occupazione d’urgenza avvenuta con decreto n. 2/99 del 13.12.1999 e dunque in un periodo di tempo antecedente rispetto all’entrata in vigore della normativa citata. Infatti, l’applicabilità o meno nella specie del D.P.R. 8 giugno 2001 n. 327 è del tutto irrilevante ai fini di causa, in quanto in presenza di un’occupazione illecita delle aree de quibus da parte dell’A.C., non essendo mai stato emanato il decreto di esproprio delle aree stesse, si verte in tema di illecito permanente della P.A., che genera - in ogni caso - l’obbligo della restituzione, previa riduzione in pristino, salvo la possibilità di disporne l’acquisizione "sanante" ai sensi dell’art. 42 bis D.P.R. n. 327/2001. All’uopo basti rilevare che l’art. 42 bis del citato D.P.R. n. 327/2001 espressamente stabilisce che " Le disposizioni del presente articolo trovano altresì applicazione ai fatti anteriori alla sua entrata in vigore ed anche se vi è già stato un provvedimento di acquisizione successivamente ritirato o annullato, ma deve essere comunque rinnovata la valutazione di attualità e prevalenza dell'interesse pubblico a disporre l'acquisizione; in tal caso, le somme già erogate al proprietario, maggiorate dell'interesse legale, sono detratte da quelle dovute ai sensi del presente articolo". Peraltro, nella giurisprudenza del Consiglio di Stato è ormai consolidato il principio secondo cui «la procedura di acquisizione "sanante" di un’area occupata sine titulo dalla P.A., descritta dal citato articolo 42 bis, trova una generale applicazione anche con riguardo alle occupazioni attuate prima dell’entrata in vigore della norma» (Consiglio di Stato, Sez. IV, 26 marzo 2010, n. 1762, Sez. IV, 8 giugno 2009, n. 3509, inoltre: Adunanza Plenaria 29 aprile 2005, n. 2; Sez. IV, 16 novembre 2007, n. 5830). 2.3. - Del pari infondata è l’eccezione di inammissibilità del ricorso sollevata dal Comune resistente ai sensi dell’art. 35 c.p.a.. In particolare, eccepisce la difesa civica che: "con la deliberazione del C. c. n. 70 del 30.10.1998 è stata dichiarata la p.u. dell’opera; l’efficacia della dichiarazione di p.u. ha avuto principio di decorrenza il 3.11.1998, data d’immediata esecutività e di pubblicazione della suddetta deliberazione comunale di approvazione; la dichiarazione di p.u. è divenuta inefficace il 3.11.2003 (cinque anni dal 3.11.1998); "a partire" dal 3.11.2003 ha iniziato a decorrere "il termine decennale di decadenza per proporre l’azione di retrocessione totale del fondo; il termine decennale di decadenza è spirato in data 3.11.2013 (dieci anni dall’intervenuta inefficacia della dichiarazione di p.u.)". Osserva, in proposito, il Collegio, che l'istituto della "retrocessione", disciplinato in passato dagli artt. 60 - 63 della legge n. 2359 del 1865 e ora dagli artt. 46 - 48 del D.P.R. n. 327 del 2001, dà titolo alla restituzione dei beni espropriati quando non è stata posta in essere o non è più realizzabile l'opera alla cui esecuzione gli stessi erano stati destinati dalla dichiarazione di pubblica utilità (retrocessione totale), ovvero quando, pur essendo stata eseguita l'opera pubblica o di pubblica utilità, emerga che uno o più fondi espropriati non hanno ricevuto, in tutto o in parte, la prevista destinazione (retrocessione parziale). Nella fattispecie concreta oggetto del presente giudizio, appare - invece - evidente, dal contenuto complessivo del ricorso (inclusi: causa petenti e petitum) e dai successivi scritti difensivi che, non essendo mai stato emanato dal Comune di OMISSIS il decreto finale di esproprio delle aree di che trattasi, i ricorrenti hanno dunque chiesto la restituzione, previa riduzione in pristino, delle predette aree di loro proprietà specificamente utilizzate dal Comune di OMISSIS per la realizzazione del c.d. "Parco delle Rimembranze" (e non già la retrocessione di aree espropriate per opere pubbliche, poi, non realizzate) e il risarcimento dei danni subìti per il mancato godimento delle aree occupate illegittimamente dalla A.C., sicchè il termine "retrocessione" (che pure figura nel ricorso) è stato utilizzato in un’accezione atecnica, intendendosi invece, con ogni evidenza, ottenere la restituzione delle aree occupate (utilizzate dalla P.A. comunale per la realizzazione della suddetta opera pubblica) previo ripristino dello stato quo ante. 3. - Nel merito il ricorso è fondato e deve essere accolto nei sensi e limiti di seguito indicati. 3.1. - Il Collegio osserva che la mancata persistente emanazione del decreto finale di esproprio, con conseguente illegittima privazione della disponibilità dei beni immobili di proprietà ricorrente e loro trasformazione, configura un illecito permanente della P.A., sottoposto alla cognizione di questo Tribunale. A tanto deve ricordarsi che la fattispecie della "occupazione acquisitiva" è stata definitivamente espunta dall’ordinamento giuridico, a far data dalle decisioni con cui la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha ritenuto la illegittimità dell’istituto, segnalando che il rimedio della restituzione del bene risulta essere la forma privilegiata di riparazione a favore del proprietario illegittimamente spogliato dello stesso (sentenze, tutte contro Italia, 30 maggio 2000, Carbonara e Ventura e Società Belvedere Alberghiera; 15 e 29 luglio 2004, Scordino; 19 maggio 2005, Acciardi; 15 luglio 2005, Carletta; 21 dicembre 2006, De Angelis; 6 marzo 2007, Scordino; 4 dicembre 2007, Pasculli). La mera circostanza relativa alla acquisizione di fatto del bene in mano pubblica a seguito della realizzazione dell’opera, non determina l’acquisto della titolarità del bene in capo alla Amministrazione e non fa venire meno l’obbligo di restituire al privato il bene illegittimamente appreso. La Corte Costituzionale ha segnalato che il ristoro ordinario non può che essere costituito dalla restituzione del bene illegittimamente appreso, salve preminenti ragioni di interesse pubblico (integrante extrema ratio) comportanti la riparazione per equivalente (sentenze n. 293 del 2010 e n. 349 del 2007). La Corte di Cassazione nell’anno 2015 (sentenza. n. 735), nel contesto di una causa relativa all’individuazione del dies a quo del diritto al risarcimento dei danni da occupazione illegittima, richiamando la propria giurisprudenza in tema di occupazione usurpativa, aveva ritenuto l’ammissibilità della domanda risarcitoria, individuando nella rinuncia abdicativa una delle ipotesi (accanto a quelle della restituzione, dell’accordo transattivo e della compiuta usucapione) di cessazione dell’illecito permanente perpetrato dall’Amministrazione con l’occupazione/manipolazione illegittima del bene del privato, ritenuta inidonea a determinare il trasferimento della proprietà in capo all’Amministrazione nonché qualificata come illecito di diritto comune determinante la responsabilità per i danni (cfr. ex plurimis, in tema di occupazione c.d. usurpativa, Cassazione Civile 28 marzo 2001, n. 4451 e 12 dicembre 2001, n. 15710), rilevando che tale rinuncia, infatti, assumerebbe in ogni caso carattere abdicativo e non traslativo: da essa, perciò, non conseguirebbe, quale effetto automatico, l’acquisto della proprietà del fondo da parte dell’amministrazione - Cassazione Civile 3 maggio 2005, n. 9173; 18 febbraio 2000, n. 1814). Anche l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato con sentenza n. 2/2016, richiamando la sentenza della Corte di Cassazione n. 735/2015, ha indicato la rinuncia abdicativa (da ritenersi implicita nella domanda risarcitoria per equivalente del danno da perdita della proprietà) quale una delle possibili ipotesi di cessazione dell’illecito permanente. Di recente, con le pronunce nn. 2, 3 e 4 del 20 gennaio 2020, l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato ha chiarito che "nessuna norma attribuisce... al soggetto espropriato, pur a fronte dell’illegittimità del titolo espropriativo, un diritto, sostanzialmente potestativo, di determinare l’attribuzione della proprietà all’amministrazione espropriante previa corresponsione del risarcimento del danno" e ha negato, pertanto, l’applicabilità nel procedimento di espropriazione per pubblica utilità dell’istituto della rinuncia abdicativa (o traslativa) implicita nella domanda di risarcimento del danno per equivalente monetario derivante dall’illecito permanente, costituito dall'occupazione di un suolo da parte della P.A., a fronte della irreversibile trasformazione del fondo, nonché rilevando l’assoluta neutralità della richiesta risarcitoria, in quanto "la proposizione di una domanda risarcitoria del pregiudizio sofferto rispetto a un bene, attraverso la richiesta di una somma corrispondente al controvalore del bene, nulla esprime realmente in ordine alla volontà di preservarne, o meno, la titolarità. Infatti, siffatta domanda non è né logicamente né giuridicamente incompatibile con la volontà di permanere titolare del diritto di proprietà, potendo anche il danno da perdita del godimento del bene, in vista della sua proiezione tendenziale all’infinito in ragione di una prospettata radicale e irreversibile trasformazione del bene, finire per equivalere al valore di scambio, sicché la mera richiesta di un risarcimento del danno commisurato al valore del bene appare del tutto neutra sotto il profilo della volontà di rinunciare, o meno, alla proprietà. Considerata la rilevanza degli effetti dell’atto abdicativo, comportante la perdita del diritto di proprietà su un bene immobile, non appare ammissibile, per ragioni di certezza del traffico giuridico immobiliare, ancorare l’effetto a manifestazioni di volontà enucleabili da atti processuali a contenuto non univoco, in violazione dei principi di accessibilità, precisione e prevedibilità cui deve essere improntata la disciplina delle procedure ablative nonché lo stesso regime giuridico di circolazione dei beni, per di più immobili". 3.2. - Nella fattispecie concreta dedotta in giudizio, emerge per tabulas che: con delibera di Giunta Municipale n. 126 del 07.05.1999, il Comune di OMISSIS ha approvato il progetto esecutivo dei lavori di "Realizzazione del Parco delle Rimembranze - 1° stralcio funzionale - nel Comune di OMISSIS (TA)"; con successiva delibera della Giunta Municipale n. 225 del 17/09/1999 il Comune di OMISSIS ha autorizzato l'occupazione di urgenza ed avvio al procedimento espropriativo e dichiarato i lavori da eseguirsi di pubblica utilità, urgenti ed indifferibili, ai sensi dell'art. 37 della Legge Regionale n. 27/1985, stabilendo che gli stessi avrebbero dovuto avere inizio entro il triennio successivo dalla data del provvedimento sopra citato ed ultimati entro il quinquennio successivo alla stessa data; con decreto n. 2 del 13.12.1999 è stato adottato il decreto di occupazione d’urgenza e il 7 gennaio 2000 è stata disposta l’immissione in possesso degli immobili di proprietà dei ricorrenti. Peraltro risulta incontestata, da parte della difesa civica, la mancata (e tempestiva) emanazione dell’atto finale ablatorio (decreto di esproprio). Da tanto consegue la illegittima privazione della disponibilità dei beni immobili e loro trasformazione, con la configurazione di un illecito permanente della P.A. comunale resistente. Ed invero, secondo la nota pronuncia del Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, 9 febbraio 2016, n. 2, "In linea generale, quale che sia la sua forma di manifestazione (vie di fatto, occupazione usurpativa, occupazione acquisitiva), la condotta illecita dell’amministrazione incidente sul diritto di proprietà non può comportare l’acquisizione del fondo e configura un illecito permanente ex art. 2043 c.c. - con la conseguente decorrenza del termine di prescrizione quinquennale dalla proposizione della domanda basata sull’occupazione contra ius, ovvero, dalle singole annualità per quella basata sul mancato godimento del bene - che viene a cessare solo in conseguenza: a) della restituzione del fondo; b) di un accordo transattivo; c) della rinunzia abdicativa (e non traslativa, secondo una certa prospettazione delle SS.UU.) da parte del proprietario implicita nella richiesta di risarcimento del danno per equivalente monetario a fronte della irreversibile trasformazione del fondo [dovendosi precisare in proposito che la rinuncia abdicativa, però, non costituisce più causa di cessazione dell’illecito permanente dell’occupazione senza titolo a seguito delle successive Adunanze Plenarie nn. 2 e 4/2020]; d) di una compiuta usucapione, ma solo nei ristretti limiti perspicuamente individuati dal Consiglio di Stato allo scopo di evitare che sotto mentite spoglie (i.e. alleviare gli oneri finanziari altrimenti gravanti sull’Amministrazione responsabile), si reintroduca una forma surrettizia di espropriazione indiretta in violazione dell’art. 1 del Protocollo addizionale della C.E.D.U. (Sez. IV, n. 3988 del 2015 e n. 3346 del 2014); dunque a condizione che: I) sia effettivamente configurabile il carattere non violento della condotta; II) si possa individuare il momento esatto della interversio possessionis; III) si faccia decorrere la prescrizione acquisitiva dalla data di entrata in vigore del t.u. espr. (30 giugno 2003) perché solo l’art. 43 del medesimo t.u. aveva sancito il superamento dell’istituto dell’occupazione acquisitiva e dunque solo da questo momento potrebbe ritenersi individuato, ex art. 2935 c.c., il " ...giorno in cui il diritto può essere fatto valere"; e) di un provvedimento emanato ex art. 42-bis t.u. espr.". Applicando le suindicate coordinate normative ed ermeneutiche nel caso di specie, essendo incontestata la carenza di un formale provvedimento finale di espropriazione da parte del Comune di OMISSIS (e non emergendo il verificarsi delle ulteriori ipotesi di cessazione dell’illiceità individuate nella sentenza sopra citata dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato), i terreni in questione sono rimasti di proprietà delle parti ricorrenti (anche per le superfici occupate dalla P.A. comunale), con la conseguenza che sussistono i presupposti per ordinare al Comune di OMISSIS la invocata restituzione delle aree occupate agli stessi, previa la necessaria riduzione in pristino. 3.3. - Deve, quindi, accogliersi la domanda di restituzione formulata dai ricorrenti, ordinando al Comune di OMISSIS l’immediata restituzione ai predetti dei terreni occupati in questione (distinti in catasto al Foglio101, particella 22, di mq 2.004, particella 444 di mq 4.006 e particella 450 di mq 3.751), previa la necessaria riduzione in pristino. 3.4. - Va, altresì, accolta la domanda di condanna del Comune di OMISSIS al risarcimento danni per mancato godimento dei beni immobili di che trattasi in relazione al periodo di occupazione (divenuta) illegittima, cioè a partire dal 17.9.2004, ossia dalla scadenza del termine quinquennale dalla data di approvazione del progetto esecutivo che ha dichiarato la pubblica utilità dell'opera, come risulta dalla citata delibera di Giunta Municipale n. 225 del 17/09/1999, sino all’effettiva restituzione delle aree occupate, non essendo stata sollevata dalla difesa del Comune resistente l’eccezione di prescrizione quinquennale del predetto credito. 3.4.1. - Quanto alla determinazione di tale voce di danno, il Collegio ritiene di poter fare applicazione dei principi enunciati nella sentenza del Consiglio di Stato, IV Sezione, 7 novembre 2016, n. 4636, secondo la quale il risarcimento "può essere calcolato - ai sensi dell’art. 34, co. 4, c.p.a., in assenza di opposizione delle parti e in difetto della prova rigorosa di diversi ulteriori profili di danno - facendo applicazione, in via equitativa, dei criteri risarcitori dettati dall’art. 42-bis T.U.E. (D.P.R. n. 327/2001) (cfr. da ultimo sul punto Consiglio di Stato, sez. IV, 23 settembre 2016 n. 3929; 28 gennaio 2016 n. 329; 2 novembre 2011 n. 5844), e dunque in una somma pari al 5% annuo del valore del terreno". In altri termini, secondo la giurisprudenza consolidata anche di questo Tribunale, "il risarcimento del danno per mancato godimento del bene a cagione dell’occupazione divenuta illegittima (illegittimità, nel caso di specie, tuttora permanente) deve essere calcolato facendo applicazione analogica, in via equitativa (ai sensi dell’art. 1226 del Codice Civile), dei criteri risarcitori dettati dall’art. 42-bis del D.P.R. n. 327/2001, e, dunque, in una somma pari al 5% annuo (per ciascun anno di illegittima occupazione) del valore del terreno" (T.A.R. Puglia, Lecce, Sezione III, 23 aprile 2018, n. 704, cit.; T.A.R. Puglia, Lecce, Sezione III, 26/11/2018, n. 1783). 3.5. - Pertanto, ai sensi e per gli effetti dell’art. 34, comma 4, c.p.a., il Comune resistente dovrà proporre ai ricorrenti il pagamento di una somma a titolo di risarcimento del danno per mancato godimento delle superfici occupate dei beni immobili di che trattasi in relazione al periodo di occupazione (tuttora) illegittima, secondo i seguenti criteri: 1) dovrà tenersi conto delle aree effettivamente occupate per la realizzazione dell’opera pubblica di cui trattasi; 2) il risarcimento dovrà essere calcolato in una somma pari al 5% annuo (per ciascun anno di illegittima occupazione) del valore venale dei terreni in questione (determinato al momento dell’inizio dell’illegittima occupazione, secondo i criteri di cui all’art. 19 della Legge Regionale Puglia n. 3/2005), per il periodo dal 17.09.2004 (data di inizio dell’illegittima occupazione) sino alla cessazione dell’occupazione illegittima medesima, con la restituzione effttiva delle aree in questione. 3) trattandosi di debito di valore, la somma (annua) di cui al precedente punto n. 2 dovrà essere rivalutata alla data della presente sentenza (con applicazione degli Indici nazionali dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati, calcolati dall’I.S.T.A.T.); sulla stessa dovranno essere riconosciuti gli interessi al tasso legale, da calcolarsi sulla somma annualmente rivalutata in base ai suddetti indici I.S.T.A.T., secondo i principi di cui alla sentenza della Cassazione Civile, Sezioni Unite, 17 febbraio 1995, n. 1712, e ciò sino all’effettivo soddisfo. La proposta di pagamento, elaborata sulla base dei criteri innanzi descritti, dovrà essere presentata ai ricorrenti, da parte del Comune di OMISSIS, entro il termine di sessanta giorni dalla data di comunicazione della presente sentenza, o da quella di notificazione, se anteriore. 4. - Per tutto quanto innanzi esposto, il ricorso deve essere accolto, quanto - da un lato - alla domanda di restituzione delle superfici occupate dei terreni in questione, previa la necessaria riduzione in pristino, salva l’eventuale adozione da parte della P.A. di un provvedimento di acquisizione "sanante" ex art. 42 bis D.P.R. n. 327/2001, e - dall’altro - alla definizione dei criteri ex art. 34, comma 4, del c.p.a. per il risarcimento dei danni patrimoniali da mancato godimento rivenienti dall’illegittima occupazione, nei sensi e nei termini innanzi precisati. 5. - Le spese processuali, ex art. 91 c.p.c., seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia Lecce - Sezione Terza, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei sensi e nei termini precisati in motivazione. Condanna il Comune di OMISSIS, in persona del legale rappresentante pro tempore, al pagamento in favore dei ricorrenti delle spese del presente giudizio, liquidate in euro 1.500,00 (millecinquecento/00), oltre gli accessori di legge. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa. Così deciso in Lecce nella Camera di Consiglio del giorno 5 marzo 2024 con l'intervento dei magistrati: Enrico d'Arpe - Presidente Patrizia Moro - Consigliere, Estensore Marco Martone, Referendario IL SEGRETARIO
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia Lecce - Sezione Terza ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 1330 del 2022, proposto da -OMISSIS-, rappresentata e difesa dall'avvocato Da. D'A., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; contro Comune di (omissis), in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Fr. Ca., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; per l'annullamento, previa sospensione dell'efficacia, - della determinazione -OMISSIS-del 27 settembre 2022, notificata in pari data a mezzo p.e.c., con cui il Comune di (omissis) (a seguito dell'ordinanza sospensiva di questa Sezione n. 269 dell'8 giugno 2022) ha nuovamente revocato - previa nuova comunicazione di avvio del procedimento del 28 giugno 2022 - l'autorizzazione n. 8 del 30 giugno 2015 per autonoleggio con conducente con rimessa e sede in (omissis) in -OMISSIS-, ai sensi dell'art. 37, comma 2, del Regolamento Comunale per la disciplina del servizio di n. c.c. approvato con delibera del Consiglio Comunale n. 16/2014, per aver sospeso ingiustificatamente il servizio di n. c.c. sul territorio comunale per più di 30 gg. consecutivi nell'arco dell'anno 2021 (segnatamente dal 9 novembre 2021 al 13 dicembre 2021), nonché irrogato la sanzione di Euro 150,00, ai sensi dell'art. 34 del Regolamento Comunale medesimo, per violazione dell'art. 10, comma 2 (requisiti e ubicazione della rimessa); - della nota prot. n. -OMISSIS- del 27 settembre 2022, di comunicazione della determinazione comunale impugnata; - della nota prot n. -OMISSIS- del 28 giugno 2022, di comunicazione dell'avvio del procedimento di revoca; - della nota S.U.A.P. del Comune di (omissis), prot. n. -OMISSIS- del 23 giugno 2021, dal contenuto sconosciuto; - di ogni altro atto presupposto, connesso, coevo e/o consequenziale rispetto agli atti gravati, ivi compreso il predetto Regolamento Comunale di disciplina del servizio di n. c.c. Visti il ricorso e i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di (omissis); Vista l'ordinanza cautelare di questa Sezione n. 3/2023; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 5 marzo 2024 la dott.ssa Vincenza Caldarola e uditi per le parti i difensori: Avv. D. D'A. per la parte ricorrente e Avv. F. Ca. per il Comune; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO 1. La ricorrente, titolare dell'autorizzazione n. 8 del 30 giugno 2015 per autonoleggio con conducente con rimessa e sede operativa a (omissis) in -OMISSIS- - conferita l'8 marzo 2021 nella "-OMISSIS-", da cui è successivamente receduta il 4 agosto 2022 -, con ricorso notificato a controparte il 25 novembre 2022 e depositato in giudizio il 30 novembre 2022, impugna la determinazione -OMISSIS-del 27 settembre 2022, notificata in pari data a mezzo p.e.c., con cui il Comune di (omissis) (a seguito dell'ordinanza di sospensione di questa Sezione n. 269 dell'8 giugno 2022) ha nuovamente revocato - previa nuova comunicazione di avvio del procedimento del 28 giugno 2022 - la predetta autorizzazione, ai sensi dell'art. 37, comma 2, del Regolamento Comunale per la disciplina del servizio di n. c.c. approvato con delibera del Consiglio Comunale n. 16 del 9 maggio 2014, per aver sospeso ingiustificatamente il servizio di n. c.c. sul territorio comunale per più di 30 gg. consecutivi nell'arco dell'anno 2021 (segnatamente dal 9 novembre 2021 al 13 dicembre 2021), nonché irrogato la sanzione di Euro 150,00, ai sensi dell'art. 34 del Regolamento medesimo, per violazione dell'art. 10, comma 2 (requisiti e ubicazione della rimessa). 2. A sostegno del ricorso la ricorrente ha dedotto le seguenti censure. 2.1 Violazione dei principi di cui alla Legge n. 21/1992. Violazione dell'art. 37 del Regolamento Comunale per la disciplina del n. c.c.. Errata interpretazione ed applicazione della regola sanzionatoria. Carenza e genericità istruttoria e motivazionale. Contraddittorietà ed eccesso di potere. Con questo primo fascio di censure, la ricorrente afferma che la Legge 15 gennaio 1992, n. 21, "Legge quadro per il trasporto di persone mediante autoservizi pubblici non di linea", art. 11, commi 4 e 4-ter, nella versione risultante a seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 56 del 26 marzo 2020, non imponendo più il ritorno in autorimessa al termine di ogni servizio, avrebbe consentito di svolgere il trasporto di n. c.c. anche al di fuori del territorio comunale di riferimento, purchè tale servizio sia svolto "per un dato, limitato, arco temporale, (..) e a favore di un committente non indifferenziato ma specifico", che è quanto avvenuto nel caso di specie. Si legge, infatti, nel ricorso: "La Sig.ra -OMISSIS-non ha spostato o trasferito la licenza; ha solo accettato una commessa (ragguardevole) stipulata a termine, anche se di apprezzabile periodo, per avere avuto la possibilità di effettuare il servizio di NCC a favore di un importante committente; nel solco della legittima possibilità di espletare anche un servizio continuativo, ha esercito per il 2021, ma solo per tale anno, la licenza in parola a favore della Società -OMISSIS-; dato del quale la ricorrente non ha mai fatto mistero ed in ordine al quale ha fornito documentale prova.". Secondo la prospettazione di parte ricorrente, l'A.C. resistente avrebbe errato a considerare il servizio di traporto di n. c.c. prestato dall'odierna ricorrente, nel periodo preso in considerazione (9 novembre 2021 e 13 dicembre 2021), a favore della -OMISSIS-, cioè della Società nei confronti della quale la conferitaria "-OMISSIS-" si era impegnata a svolgere prestazioni di trasporto, come un periodo di mancato servizio, sol perché prestato al di fuori del territorio comunale di (omissis), appunto perché, come accennato, la pertinente normativa, a seguito del predetto intervento della Corte Costituzionale, consentirebbe di svolgere il servizio de quo, sia pure per un periodo di tempo definito e pur sempre a favore di un'utenza specifica, anche al di fuori del territorio del Comune che ha rilasciato la relativa abilitazione. La ricorrente ritiene, conseguentemente, che l'A.C. intimata abbia erroneamente posto a fondamento del gravato provvedimento di revoca, oltre all'art. 11 della Legge n. 21/1992, anche l'art. 37, comma 2, del "Regolamento comunale per la disciplina del servizio di noleggio con conducente" del Comune di (omissis), il quale testualmente prevede che: "1. Il Responsabile dello Sportello Unico Attività Produttive dispone la revoca dell'autorizzazione nei seguenti casi: (...) 2. per sospensione ingiustificata del servizio per più di 30 giorni, anche non consecutivi, nell'arco di un anno.", per due ordini di motivi. In primo luogo perché, come accennato, non vi sarebbe stata alcuna sospensione del servizio di n. c.c. per più di 30 giorni consecutivi, essendo stato siffatto servizio legittimamente (seconde la prospettazione di parte ricorrente) svolto a favore della -OMISSIS- (cioè a favore di un cliente specifico e fruendo della possibilità, ammessa a seguito dell'intervento dalla Corte Costituzionale, di non ritornare in rimessa alla fine di ogni servizio); e in secondo luogo, perché la predetta clausola del Regolamento Comunale sanzionerebbe con la revoca esclusivamente la (ingiustificata) sospensione tout court del servizio di n. c.c. "per più di 30 giorni, anche non consecutivi, nell'arco di un anno", e non anche la più specifica ipotesi di sospensione del medesimo servizio nel pertinente territorio comunale per il periodo considerato, "in costanza", però, "di svolgimento dello stesso al di fuori" di esso, come nel caso di specie. 2.2 Violazione dell'art. 11 bis della Legge n. 21/1992. Violazione dei principi della medesima Legge quadro in tema di sanzioni ed illegittimità del Regolamento Comunale de quo per contrarietà ed aggravamento delle disposizioni di Legge. Sviamento, eccesso di potere, contraddizione logica e procedimentale. Con questo secondo gruppo di censure, la ricorrente lamenta che il gravato provvedimento di revoca si porrebbe in contrasto con l'art. 11-bis della legge n. 21/1992, il quale riconnette all'"inosservanza da parte dei conducenti di taxi e degli esercenti il servizio di noleggio con conducente di quanto disposto dagli articoli 3 e 11 della presente legge" la (più mite) sanzione della sospensione dell'iscrizione dal "ruolo dei conducenti di veicoli o natanti adibiti ad autoservizi pubblici non di linea" di cui all'art. 6 della L. n. 21/1992, per un mese in caso di prima inosservanza, con misura crescente per le inosservanze successive fino alla cancellazione dal ruolo, ma soltanto dopo la quarta inosservanza. Mentre, nel caso di specie, il Comune di (omissis), avrebbe posto "alla base del proprio provvedimento revocatorio, un solo controllo contestato; non sfugga che il Comune non ha effettuato plurime contestazioni, magari notificate nel tempo alla ricorrente; ed ha utilizzato, come contestazione, un unico periodo di presunto non regolare espletamento del servizio; per addivenire, peraltro in modo perplesso e scoordinato, direttamente alla revoca della licenza", laddove, invece, avrebbe dovuto, conformemente alla predetta norma di rango primario, valutare semmai la possibilità di irrogare la sospensione dal predetto ruolo, in luogo della più afflittiva revoca dell'autorizzazione allo svolgimento del servizio di n. c.c.. 2.3 Violazione di legge (artt. 10, comma 2, e 34 del "Regolamento Comunale per la disciplina del servizio di noleggio veicoli con conducente"). Errata interpretazione ed applicazione della regola sanzionatoria. Genericità e contraddittorietà del provvedimento. Eccesso di potere. Con quest'ultimo gruppo di censure, la ricorrente lamenta la illegittimità della sanzione amministrativa pecuniaria di Euro 150,00 irrogata ai sensi dell'art. 34, comma 2, lett. d), del predetto Regolamento Comunale, cioè "in caso di violazione delle disposizioni di cui all'art. 10, comma 2; " a tenore del quale "2. Lo stazionamento dei mezzi deve avvenire all'interno delle rimesse", benchè, tuttavia, "l'A.C., nelle premesse della determinazione, ha ritenuto utile chiarire, espressamente, che non si contesta il rientro a rimessa alla fine di ogni singolo servizio", né abbia mai, in passato, "contestato specifici vizi della rimessa, peraltro giudicata valida all'atto del rilascio dell'autorizzazione e del suo rinnovo, o specifiche violazioni da mancato utilizzo della rimessa". 2.4 Violazione degli artt. 7, 8, 9 e 10 della Legge n. 241/1990. Provvedimento illegittimo per contrarietà alla Legge n. 21/1992 per altro profilo. Incongruenza delle contestazioni e discordanza tra quelle riportate nella comunicazione di avvio del procedimento e quelle indicate nel provvedimento di revoca. Insussistenza della violazione dell'elemento della territorialità . Illegittimità del Regolamento Comunale per la disciplina del servizio di noleggio veicoli con conducente per altri profili. Con quest'ultimo fascio di motivi di gravame, la ricorrente, in primis, deduce l'illegittimità del mentovato Regolamento Comunale per contrarietà all'art. 11-bis della Legge n. 21/1992 nella parte in cui, in ipotesi di violazione sussumibili negli artt. 3, comma 2, ed 11 della medesima Legge, commina la più grave sanzione della revoca (art. 37 del predetto Regolamento Comunale) in luogo di quella meno afflittiva della sospensione dal "ruolo dei conducenti di veicoli o natanti adibiti ad autoservizi pubblici non di linea" (almeno nel caso, come quello di specie, in cui siano rilevate meno di quattro violazioni delle predette norme). Infine, la parte ricorrente lamenta una difformità tra gli "addebiti" formulati con la comunicazione di avvio del procedimento di revoca indicata in epigrafe e quelli effettivamente accertati e sanzionati con la determinazione finale oggetto di gravame, con conseguente violazione delle garanzie partecipative fissate dalla Legge n. 241/1990. 3. Il 3 gennaio 2023 si è costituito in giudizio il Comune di (omissis) mediante deposito di un mero atto di costituzione formale. 4. Il 6 gennaio 2023 il predetto Comune ha depositato memoria difensiva, con la quale, dopo avere eccepito l'infondatezza di quanto ex adverso dedotto, ha concluso con la richiesta di reiezione del ricorso, e della domanda cautelare incidentalmente proposta, in quanto infondati in fatto e in diritto, con ogni conseguenziale statuizione in ordine alle spese. 5. Il 7 gennaio 2023 il difensore della ricorrente ha depositato memoria di replica con cui, dopo aver meglio precisato le doglianze formulate con il ricorso introduttivo del presente giudizio anche in relazione alle eccezioni sollevate dalla parte resistente, ha insistito affinché l'adito T.A.R. "voglia, in via cautelare, sospendere il provvedimento che impedisce alla ricorrente di trarre il vitale sostentamento che le viene dall'esercizio della -OMISSIS-.". 6. Ad esito della Camera di Consiglio del 10/1/2023, questa Sezione, con ordinanza cautelare n. 3 dell'11/1/2023, ha respinto la domanda cautelare proposta in via incidentale dalla ricorrente con la seguente motivazione: "Considerato che, ad una sommaria delibazione propria della fase cautelare del giudizio, il ricorso appare infondato, in quanto l'art. 37, comma 2, del Regolamento Comunale per la disciplina del servizio di n. c.c. del Comune di (omissis) - correttamente inteso - è conforme ai principi alle norme della L. n. 21 del 1992 e risulta accertato che nella specie il servizio di n. c.c. non è stato prestato in modo prevalente per soddisfare le esigenze di trasporto dell'utenza locale perché ingiustificatamente sospeso - sul territorio comunale - per più di trenta giorni concentrati nell'arco dell'anno 2021, non costituendo in proposito una valida giustificazione la commessa ricevuta dalla -OMISSIS- per tutto l'anno 2021." 7. Il 31 gennaio 2024 il difensore della ricorrente ha depositato memoria difensiva, con cui ha ribadito la richiesta di accoglimento del gravame proposto con conseguente annullamento dell'impugnato provvedimento di revoca. 8. Il 12 febbraio 2024 il difensore del Comune di (omissis) ha depositato memoria di replica, con cui ha insistito per il rigetto del ricorso "con ogni conseguenziale statuizione in ordine alle spese e competenze del presente giudizio." 9. All'udienza pubblica del 5 marzo 2024 la causa, all'esito della discussione orale, è stata introitata per la decisione. DIRITTO 1. Il ricorso è infondato nel merito e, pertanto, va respinto per le ragioni di seguito indicate. 2. In via preliminare, osserva il Collegio, a fronte di qualche incertezza presente nell'esposizione dei motivi di gravame, che l'impugnato provvedimento comunale fa correttamente discendere (alla luce degli artt. 37 e 34 del "Regolamento Comunale per la disciplina del servizio di noleggio veicoli con conducente" del Comune di (omissis)), dalle riscontrate violazioni nell'esercizio della licenza di n. c.c. indicata in epigrafe, due conseguenze sanzionatorie che vanno tenute debitamente distinte: in particolare, la riscontrata sospensione del servizio di trasporto nel territorio comunale di (omissis) nel periodo dal 9 novembre 2021 al 13 dicembre 2021 (quindi per più 30 giorni nella specie continuativi nell'arco del 2021) importa quale conseguenza l'adozione della revoca della medesima licenza ex art. 37, comma 2, del predetto Regolamento Comunale; laddove, invece, il mancato stazionamento dell'autovettura impiegata per l'esecuzione del servizio de quo nella rimessa ubicata nel Comune di (omissis) viene da questo sanzionata con l'irrogazione della sanzione pecuniaria amministrativa di Euro 150,00 ex art. 34, comma 2, lett. d) del Regolamento Comunale. Si tratta, quindi, di verificare se l'A. C. resistente abbia correttamente accertato la ricorrenza, nella concreta fattispecie di cui è causa, dei presupposti di fatto (ingiustificata sospensione del servizio di n. c.c. per più di 30 giorni nell'arco di un anno e mancato stazionamento del predetto veicolo nell'area indicata come rimessa dalla ricorrente) che le prefate disposizioni regolamentari (artt. 37, comma 2, e 34, comma 2, lett. d)) prevedono quali condizioni per l'applicazione delle sanzioni rispettivamente previste (revoca dell'autorizzazione a svolgere il servizio di n. c.c. e sanzione amministrativa pecuniaria). 3. Tanto chiarito, e prendendo le mosse dalla revoca della licenza de qua comminata dal Comune di (omissis) con il gravato provvedimento sul presupposto che la odierna ricorrente avesse sospeso il servizio di n. c.c. nel medesimo Comune per svolgerlo stabilmente e continuativamente addirittura fuori Regione, il Collegio ritiene opportuno richiamare il quadro normativo di riferimento e le acquisizioni giurisprudenziali entro cui deve essere correttamente ricondotta l'odierna controversia. 3.1 La disciplina amministrativa del noleggio con conducente ha fondamento nella Legge 15 gennaio 1992, n. 21 (denominata "Legge quadro per il trasporto di persone mediante autoservizi pubblici non di linea"). Per quanto qui interessa, l'art. 3 (rubricato "Servizio di noleggio con conducente") stabilisce che: "1. Il servizio di noleggio con conducente si rivolge all'utenza specifica che avanza, presso la sede o la rimessa, apposita richiesta per una determinata prestazione a tempo e/o viaggio anche mediante l'utilizzo di strumenti tecnologici. 2 Lo stazionamento dei mezzi deve avvenire all'interno delle rimesse o presso i pontili di attracco. 3. La sede operativa del vettore e almeno una rimessa devono essere situate nel territorio del comune che ha rilasciato l'autorizzazione. È possibile per il vettore disporre di ulteriori rimesse nel territorio di altri comuni della medesima provincia o area metropolitana in cui ricade il territorio del comune che ha rilasciato l'autorizzazione, previa comunicazione ai comuni predetti, salvo diversa intesa raggiunta in sede di Conferenza unificata entro il 28 febbraio 2019 (..)". Mentre l'art. 11 (rubricato, "Obblighi dei titolari di licenza per l'esercizio del servizio di taxi e di autorizzazione per l'esercizio del servizio di noleggio con conducente"), comma 4, come sostituito dall'art. 10-bis, comma 1, lettera e), del Decreto-Legge 14 dicembre 2018, n. 135 ("Disposizioni urgenti in materia di sostegno e semplificazione per le imprese e per la pubblica amministrazione"), convertito, con modificazioni, nella legge 11 febbraio 2019, n. 12, prevede che: "Le prenotazioni di trasporto per il servizio di noleggio con conducente sono effettuate presso la rimessa o la sede, anche mediante l'utilizzo di strumenti tecnologici. L'inizio ed il termine di ogni singolo servizio di noleggio con conducente devono avvenire presso le rimesse di cui all'articolo 3, comma 3, con ritorno alle stesse. Il prelevamento e l'arrivo a destinazione dell'utente possono avvenire anche al di fuori della provincia o dell'area metropolitana in cui ricade il territorio del comune che ha rilasciato l'autorizzazione. Nel servizio di noleggio con conducente è previsto l'obbligo di compilazione e tenuta da parte del conducente di un foglio di servizio in formato elettronico, le cui specifiche sono stabilite dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti con proprio decreto, adottato di concerto con il Ministero dell'interno. Il foglio di servizio in formato elettronico deve riportare: a) targa del veicolo; b) nome del conducente; c) data, luogo e chilometri di partenza e arrivo; d) orario di inizio servizio, destinazione e orario di fine servizio; e) dati del fruitore del servizio. Fino all'adozione del decreto di cui al presente comma, il foglio di servizio elettronico è sostituito da una versione cartacea dello stesso, caratterizzata da numerazione progressiva delle singole pagine da compilare, avente i medesimi contenuti previsti per quello in formato elettronico, e da tenere in originale a bordo del veicolo per un periodo non inferiore a quindici giorni, per essere esibito agli organi di controllo, con copia conforme depositata in rimessa". Le rimesse di cui all'articolo 3, comma 3, sono quelle "situate nel territorio di altri comuni della medesima provincia o area metropolitana in cui ricade il territorio del comune che ha rilasciato l'autorizzazione", in aggiunta alla rimessa posta nel territorio del Comune che ha rilasciato la licenza. È stato poi introdotto il comma 4-bis dell'art. 11 a mente del quale: "In deroga a quanto previsto dal comma 4, l'inizio di un nuovo servizio può avvenire senza il rientro in rimessa, quando sul foglio di servizio sono registrate, sin dalla partenza dalla rimessa o dal pontile d'attracco, più prenotazioni di servizio oltre la prima, con partenza o destinazione all'interno della provincia o dell'area metropolitana in cui ricade il territorio del comune che ha rilasciato l'autorizzazione. Per quanto riguarda le regioni Sicilia e Sardegna, partenze e destinazioni possono ricadere entro l'intero territorio regionale". Su siffatto corpus normativo è intervenuta la Corte Costituzionale che, con la sentenza n. 56 del 26 marzo 2020, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del predetto art. 10-bis, comma 1, lettera e), del Decreto-Legge 14 dicembre 2018, n. 135, convertito, con modificazioni, nella legge 11 febbraio 2019, n. 12, nella parte in cui ha sostituito il secondo periodo del comma 4 dell'art. 11 della Legge n. 21/1992, introducendo l'obbligo di iniziare e terminare ogni singolo servizio di n. c.c. presso le rimesse di cui all'art. 3, comma 3, con ritorno alle stesse. Infatti detto obbligo, espunto in quanto dichiarato incostituzionale, oltre a comportare "un aggravio organizzativo e gestionale irragionevole" per il vettore n. c.c., costretto, "nonostante egli possa prelevare e portare a destinazione uno specifico utente in ogni luogo, a compiere necessariamente un viaggio di ritorno alla rimessa "a vuoto" prima di iniziare un nuovo servizio," appare anche sproporzionato "rispetto all'obiettivo prefissato di assicurare che il servizio di trasporto sia rivolto a un'utenza specifica e non indifferenziata," in quanto la "necessità di ritornare ogni volta alla sede o alla rimessa per raccogliere le richieste o le prenotazioni" che lì confluiscono "può essere evitata, senza che per questo si creino interferenze con il servizio di piazza, proprio grazie alla possibilità, introdotta dalla stessa normativa statale in esame, di utilizzare gli strumenti tecnologici". "Per la loro stretta connessione all'obbligo di iniziare e terminare ogni viaggio alla rimessa", la Corte Costituzionale ha altresì dichiarato "illegittime anche le norme che derogano in casi particolari allo stesso obbligo, e segnatamente il comma 1, lettera f), nella parte in cui ha aggiunto il comma 4-bis all'art. 11 della legge n. 21 del 1992, e il comma 9 dell'art. 10-bis del d.l. n. 135 del 2018." Per il resto, la Corte Costituzionale ha ritenuto infondata la questione di legittimità costituzionale, sottolineando, per quanto qui rileva, che "il legislatore statale, nell'esercizio della sua discrezionalità, ha così individuato nel territorio provinciale la dimensione organizzativa ottimale del servizio di NCC, tenendo conto della sua vocazione locale che giustifica la correlata introduzione di limiti al libero esercizio dell'attività di trasporto. Tale servizio - pur potendo essere svolto senza vincoli territoriali di prelevamento e di arrivo a destinazione dell'utente (art. 11, comma 4, terzo periodo, della legge n. 21 del 1992, come sostituito dall'art. 10-bis, comma 1, lettera e) - mira infatti a soddisfare, in via complementare e integrativa (art. 1, comma 1, della legge n. 21 del 1992), le esigenze di trasporto delle singole comunità, alla cui tutela è preposto il comune che rilascia l'autorizzazione. In questa prospettiva, che trova eco nella giurisprudenza amministrativa (Consiglio di Stato, sezione quinta, sentenza 23 giugno 2016, n. 2807), ciò che viene percepito dalla ricorrente come una discriminatoria restrizione della concorrenza su base territoriale costituisce invece un limite intrinseco alla stessa natura del servizio, che peraltro il legislatore del 2018 ha temperato consentendo la localizzazione sul territorio provinciale di più rimesse e superando con ciò il vincolo di ubicazione di un'unica rimessa in ambito esclusivamente comunale, in precedenza dettato dall'art. 29, comma 1-quater, del d-l. n. 207 del 2008". "In questa logica, l'obbligo di ricevere le richieste di prestazioni e le prenotazioni presso la rimessa o la sede, anche con l'utilizzo di strumenti tecnologici, e l'obbligo di compilare e tenere un "foglio di servizio" (art. 11, comma 4, quarto, quinto e sesto periodo, della legge n. 21 del 1992, come sostituito dall'art. 10-bis, comma 1, lettera e), appaiono infatti per un verso adeguate ad assicurare l'effettività del fondamentale divieto per i vettori NCC di rivolgersi a un'utenza indifferenziata senza sottostare al regime del servizio pubblico di piazza, e per altro verso impositive di un onere a carico dei vettori NCC rapportato alle caratteristiche del servizio offerto - che presuppone pur sempre un'apposita e nominativa richiesta di prestazione - e non eccessivamente gravoso, essendo possibile farvi fronte senza un aggravio dell'organizzazione dell'azienda, che presuppone comunque la necessità di una sede o di una rimessa come base dell'attività aziendale." E come condivisibilmente affermato dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato Sezione V, 1/3/2021, n. 1703: "L'utenza specifica cui si vuole sia destinato il servizio è quella della provincia (o della città metropolitana) dove è situato il Comune autorizzante, come si evince dalle disposizioni riportate. La legge ha, dunque, imposto che l'attività di N.C.C. abbia un collegamento stabile con la rimessa situata nel Comune di appartenenza nel cui territorio va posta anche la sede operativa: ivi deve avvenire l'inizio del servizio (o il prelevamento del cliente), ivi sono raccolte le prenotazioni sia pure con mezzi tecnologici; a seguito dell'ultima modifica normativa (apportata dall'art. 10-bis, comma 1, lett. b), D.-L. n. 135 del 2008) e della dichiarazione di illegittimità costituzionale dell'art. 11, comma 4, seconda parte, è solo escluso che tra un servizio e l'altro l'esercente l'attività di N.C.C. sia più tenuto a far ritorno alla rimessa situata nel Comune di appartenenza, potendo invece sostare nelle rimesse situate in altri Comuni, purché presenti nel territorio provinciale. Nulla cambia, però, sulle modalità di legge di esercizio dell'attività di N.C.C. che, in quanto dirette a soddisfare in via complementare e integrativa (ex art. 1, comma 1, l. n. 21 del 1992, per ogni servizio di trasporto pubblico non di linea) le esigenze di trasporto delle singole comunità, alla cui tutela è proposto il Comune che rilascia l'autorizzazione, non possono soddisfare la richiesta di prestazioni di trasporto indistintamente su tutto il territorio nazionale, poiché finirebbero per concentrarsi laddove (come presso gli aeroporti) la domanda dell'utenza è maggiore e non soddisfatta dal solo servizio di taxi, del quale sarebbe mero surrogato senza, però, subire tutte le limitazione delle quali quest'ultimo è gravato." 4. Applicando le suddette coordinate normative ed ermeneutiche al presente giudizio, il Collegio osserva quanto segue. In via preliminare, il Collegio ritiene opportuno premettere una ricostruzione del comportamento, non sempre lineare, tenuto dalla parte ricorrente nel presente giudizio. Quest'ultima, infatti, sia nell'ambito del ricorso introduttivo del presente giudizio (testualmente, ex multis, "nel caso specifico, non si è concretata alcuna grave violazione per mancato esercizio del servizio nel territorio, essendo, lo stesso, stato effettuato nei modi e nei tempi di cui all'attività di NCC. -OMISSIS-ha solo temporaneamente anche se per apprezzabile periodo gestito una commessa consistente"), sia nella memoria depositata il 7 gennaio 2023, e, ancor prima, con le osservazioni presentate a fronte della comunicazione di avvio del procedimento di revoca della licenza specificata in epigrafe, ha sempre esplicitamente ammesso (e documentalmente provato) di essere divenuta, l'8 marzo 2021, socia e, in tal qualità, conferito la predetta licenza alla "-OMISSIS-" avente sede legale a Roma, e a sua volta impegnata come fornitrice del servizio di n. c.c. per la produzione -OMISSIS- fino al 31 dicembre 2021 per il progetto cinematografico denominato "RIPLEY" (Serie TV), "con la precisazione che i servizi per il progetto si svolgeranno a Roma e in altri Comuni della Regione Lazio" (giusta documento depositato dalla ricorrente il 19/12/2022 e contrassegnato come Allegato n. 11). Al punto che l'odierna ricorrente (residente nel Comune di (omissis)) ha impugnato il provvedimento di revoca adottato dal Comune di (omissis) utilizzando l'argomento secondo cui la circostanza per la quale il servizio di n. c.c. sia stato svolto, nel periodo considerato, continuativamente a favore della predetta -OMISSIS- e, quindi, senza mai rientrare nella rimessa ubicata nel Comune di (omissis), non potesse essere legittimamente trattata alla stregua di una sospensione tout court del medesimo servizio, sol perché prestato al di fuori del predetto Comune e/o delle sue zone limitrofe. E a questi fini, la ricorrente ha patrocinato una lettura della normativa nazionale (in particolare dell'art. 11 della Legge n. 21/1992), specie a seguito del succitata pronuncia della Corte Costituzionale, e dell'art. 37 del Regolamento del Comune di (omissis) contenente "la disciplina del servizio di noleggio veicoli con conducente", nel senso che quell'"obbligo di territorialità " dovrebbe essere inteso come non ostativo a consentire che il servizio de quo possa essere svolto continuativamente, sia pure per periodi contenuti e a favore di un'utenza specifica, al fuori dei confini del Comune che ha rilasciato la relativa autorizzazione (o al massimo della relativa Provincia), come dimostrato dalla circostanza che non è più obbligatorio il ritorno in rimessa al termine del singolo servizio di trasporto e che il cliente possa essere prelevato e condotto a destinazione su tutto il territorio nazionale. E la circostanza che nel periodo considerato l'odierna ricorrente avesse svolto servizio di n. c.c. esclusivamente fuori dalla Regione, senza mai rientrare nel Comune di (omissis) per ricoverare nella rimessa quivi ubicata il proprio veicolo, è altresì confermato dalle seguenti evidenze documentali: - dai controlli effettuati sul territorio dagli Agenti di Polizia Locale che, con relazione di servizio prot. n. -OMISSIS- del 16 dicembre 2021, hanno accertato che "dal 09 novembre 2021 al 13 dicembre 2021, sono stati effettuati controlli mirati, con passaggi giornalieri, in orari diversi, dinnanzi alla proprietà del Sig. -OMISSIS- in -OMISSIS-, accertando che nel piazzale, strada carrabile, non è mai stato trovato parcheggiato il veicolo Tg. -OMISSIS- e che esternamente non vi è apposta alcuna targa o insegna che indichi la presenza del veicolo e del servizio svolto, con riferimento dei contatti a disposizione di eventuali clienti; che dal 09 novembre 2021 al 13 dicembre 2021 sono stati effettuati controlli mirati, con passaggi giornalieri, in orari diversi, in tutto il territorio comunale con particolare riferimento, alle strade principali più frequentate, alle piazze, al centro storico, ai luoghi di attrazione turistica e nei pressi delle strutture ricettive, senza mai aver accertato la presenza del veicolo Tg. -OMISSIS- o qualsiasi altro veicolo riportante la targa di auto per il servizio di N.C.C.-OMISSIS-del Comune di (omissis)". - dalle dichiarazioni rilasciate dalla stessa Sig.ra -OMISSIS- la quale, contatta telefonicamente dagli Agenti della Polizia Municipale di (omissis) il 17 luglio 2021 (giusta relazione di servizio prot. n. -OMISSIS- del 25 luglio 2021), "riferiva di avere in atto un contratto lavorativo con una compagnia cinematografica non meglio specificata con scadenza nel 2022 e che sino a tale data il veicolo non sarà utilizzato in zona nel Comune di (omissis)". E, invero, le relazioni di servizio de quibus costituiscono piena prova legale fidefacente fino a querela di falso (che non risulta proposta) ex art. 2700 c.c.. Il 23 gennaio 2024, tuttavia, la ricorrente ha versato agli atti del giudizio, per la prima volta (né della esistenza di tali documenti fa alcuna menzione il ricorso introduttivo del presente giudizio e la successiva memoria difensiva), una serie di "rapportini" stando ai quali nel periodo dal 10 novembre 2021 al 20 dicembre 2021 la ricorrente avrebbe svolto (anche) servizio di trasporto n. c.c. dal Comune di (omissis) al Comune di Bari (e viceversa), e non solo, quindi, a favore della predetta -OMISSIS-, nella Regione Lazio. Di tali "rapportini", tuttavia, il Collegio non può tenere in alcun modo conto ai fini del presente giudizio, posto che essi, oltre che inammissibili in quanto palesemente tardivi rispetto all'epoca di svolgimento del procedimento amministrativo di che trattasi, sono altresì (comunque) inidonei a provare che la odierna ricorrente, nel periodo considerato, abbia effettivamente utilizzato la propria autovettura per svolgere servizio di n. c.c. anche nel territorio del Comune di (omissis), in quanto si tratta di documenti redatti in evidente e insanabile difformità rispetto alle prescrizioni dettate sia dall'art. 11, comma 4, periodi terzo e quarto, della Legge n. 21/1992, sia dall'art. 2, rubricato "Disciplina di servizio", comma 3, del predetto Regolamento Comunale, a tenore del quale: "Nel servizio di noleggio con conducente è previsto l'obbligo di compilazione e tenuta da parte del conducente di un "foglio di servizio" completo dei seguenti dati: a. fogli vidimati e con progressione numerica; b. timbro dell'azienda e/o società titolare della licenza. La compilazione dovrà essere singola per ogni prestazione e prevedere l'indicazione di: 1. targa veicolo; 2. nome del conducente; 3. data, luogo e km. di partenza e arrivo; 4. orario di inizio servizio, destinazione e orario di fine servizio; 5. dati del committente. Tale documentazione dovrà essere tenuta a bordo del veicolo per un periodo di due settimane.". Tanto specificato, una rapida visione dei predetti "rapportini" evidenzia come gli stessi siano mancanti di molti dei predetti requisiti formali (vidimazione; numerazione progressiva, timbro della società, tanto per citarne alcuni), pure inderogabilmente richiesti dalla pertinente normativa (di rango sia primario sia regolamentare) ai fini della loro validità ed efficacia probatoria, ed - peraltro - prodotti in mera copia informale (priva di autentica e vidimazione), con conseguente inutilizzabilità ai fini della decisione della presente controversia. Dal che deriva, altresì, che deve reputarsi definitivamente provato, come risulta dal tenore del ricorso introduttivo del presente giudizio ("La Sig.ra -OMISSIS-, non ha spostato o trasferito la licenza; ha solo accettato una commessa (ragguardevole) stipulata a termine, anche se di apprezzabile periodo, per avere avuto la possibilità di effettuare il servizio di NCC a favore di un importante committente; nel solco della legittima possibilità di espletare anche un servizio continuativo, ha esercito per il 2021, ma solo per tale anno, la licenza in parola a favore della Società -OMISSIS-; dato del quale la ricorrente non ha mai fatto mistero ed in ordine al quale ha fornito documentale prova", pag. 7, punto 2., del ricorso), nonché dall'istruttoria eseguita dall'Amministrazione Comunale resistente a seguito dei ripetuti controlli effettuati in loco dalla Polizia Municipale di (omissis), che la Signora -OMISSIS-, nel periodo considerato, non ha giammai prestato servizio di n. c.c. (nel periodo temporale in questione) nel territorio del Comune di (omissis), in tal modo contravvenendo al predetto "obbligo di territorialità ", il quale, come visto, "impone non solo il "rimessaggio" delle autovetture nel territorio comunale ma, a monte, lo svolgimento del servizio per l'utenza territoriale del Comune che ha rilasciato la licenza, o, al più, per zone limitrofe localizzate nell'ambito provinciale (v. anche Consiglio di Stato, Sez. V, 12.5.2023, n. 4795). 5. Destituita di fondamento è anche la deduzione di parte ricorrente secondo cui l'art. 37, comma 2, del "Regolamento per la disciplina del servizio di noleggio veicoli con conducente" del Comune di (omissis) sarebbe stato erroneamente invocato dall'A.C. a fondamento del gravato provvedimento di revoca, in quanto la richiamata disposizione, non menzionando l'elemento della territorialità, avrebbe consentito la revoca dell'autorizzazione intestata all'odierna ricorrente solo in caso di sospensione tout court del relativo servizio. Osserva, invece, il Collegio che l'art. 37, comma 2, del predetto Regolamento Comunale, letto sistematicamente, cioè in coerenza con la normativa primaria, alla stregua della quale il servizio di n. c.c. deve sottostare a un vero e proprio "obbligo di territorialità " (oltre che agli altri numerosissimi obblighi enucleati dal più volte citato Regolamento Comunale), non può che essere correttamente inteso nel senso che il servizio di che trattasi deve reputarsi (ingiustificatamente) "sospeso", cioè non prestato, ove, anziché essere stato reso alle condizioni in presenza delle quali esso è stato autorizzato dal Comune di (omissis), e quindi, in primo luogo, per soddisfare in via prevalente le esigenze della comunità locale e di coloro che si vengano a trovare sul territorio comunale, sia stato, invece, reso, come nel caso sottoposto all'attenzione del Collegio, in patente violazione di tale finalità, risultando volto a soddisfare le esigenze di un'utenza che si trova anche assai distante dal predetto territorio comunale. 6. Così come - osserva il Collegio - sicuramente sussistente è, altresì, il presupposto di fatto posto a fondamento della sanzione amministrativa pecuniaria (di Euro 150,00), irrogata con il gravato provvedimento insieme con la revoca della -OMISSIS- del 30 giugno 2015, rappresentato dal mancato stazionamento della Me. summenzionata nella rimessa sita nel Comune di (omissis), -OMISSIS-, s.n. c., che trovasi nella disponibilità dell'odierna ricorrente per averla ricevuta in comodato gratuito dal proprio padre (Signor -OMISSIS-) con contratto del 28 maggio 2015. L'art. 3, comma 2, della Legge n. 21/1992, infatti, dispone che: "Lo stazionamento dei mezzi deve avvenire all'interno delle rimesse o presso i pontili di attracco", laddove l'art. 10 del "Regolamento Comunale per la disciplina del servizio di noleggio veicoli con conducente" del Comune di (omissis), sostanzialmente riproduttivo della disposizione legislativa, ribadisce che: "1. L'esercizio della professione è altresì subordinato alla disponibilità nel territorio del Comune di (omissis), in base a valido titolo giuridico, di una sede e di una rimessa. 2. Lo stazionamento dei mezzi deve avvenire all'interno delle rimesse". E, invero, nel caso di specie, risulta che: - gli Agenti di Polizia Locale del Comune resistente, "dal 30 giugno 2021 al 20 luglio 2021", hanno "effettuato numerosi passaggi dinnanzi alla rimessa dichiarata in -OMISSIS- presso il piazzale antistante all'abitazione del Sig. -OMISSIS-, dettagliando i controlli con rilievi fotografici, accertando che il veicolo dichiarato al servizio N.C.C. dalla Sig.ra -OMISSIS-non era mai presente" (giusta relazione di servizio prot. n. -OMISSIS- del 25/7/2021); - che in data 17 luglio 2021, il padre dell'odierna ricorrente (nonché comodante del terreno adibito a rimessa) e l'altra di lui figlia convivente, contattati telefonicamente dai predetti Agenti, dichiaravano "che la Signora -OMISSIS- non si recava a (omissis) presso la propria abitazione da circa 20/30 giorni, perché impegnata a lavoro e con la propria famiglia a Roma" (giusta relazione di servizio prot. n. -OMISSIS- del 25 luglio 2021); - che nel predetto periodo nessuno dei colleghi interpellati dagli Agenti incaricati degli accertamenti aveva mai visto o fermato per controlli il predetto veicolo, che neppure era mai stato visto sul piazzale antistante l'abitazione del Sig. -OMISSIS- in -OMISSIS-, indicato come rimessa dall'odierna ricorrente (relazione di servizio prot. n. -OMISSIS- del 25 luglio 2021). Al punto che i predetti Agenti della P.L. hanno concluso affermando che: "il veicolo cui è attribuita la -OMISSIS- del Comune di (omissis) (...) non presta stabilmente servizio nel territorio del Comune di (omissis) (TA) e non utilizza la rimessa dichiarata in -OMISSIS-, pertanto non rispetta le prescrizioni previste dalla licenza."; - che anche gli Agenti della Polizia Locale di (omissis), incaricati di effettuare analoghi controlli e accertamenti nel periodo dal 9 novembre 2021 al 13 dicembre 2021, hanno concluso nella loro relazione di servizio (prot. n. -OMISSIS- del 16 dicembre 2021) nel senso che: "il veicolo cui è attribuita la -OMISSIS- del Comune di (omissis) (...) non presta stabilmente servizio nel territorio del Comune di (omissis) (TA) e non utilizza la rimessa dichiarata in -OMISSIS-, pertanto non rispetta le prescrizioni previste dalla licenza.". Il Collegio ritiene, pertanto, che dai predetti elementi quantomeno di carattere indiziario (indizi gravi, precisi e concordanti) possa desumersi la prova che il veicolo di che trattasi non abbia mai stazionato, nei periodi considerati, nella piazzola antistante l'abitazione del Sig. -OMISSIS- (proprietario e comodante della medesima area), indicata dalla odierna ricorrente come rimessa, con conseguente legittima irrogazione, nella misura del massimo edittale, della sanzione pecuniaria prevista per tale ipotesi dall'art. 34, comma 2, lett. d), del più volte menzionato Regolamento Comunale. 7. Neppure fondato è il motivo di gravame con cui la ricorrente contesta la legittimità dell'art. 37 cit., e del gravato provvedimento adottato sulla sua scorta, anche in relazione all'art. 11-bis della Legge n. 21/1992, che prevede la sospensione (secondo la graduazione ivi riportata) e la cancellazione (quest'ultima solo dopo la quarta inosservanza) dal predetto ruolo, con la conseguenza che la ricorrente, non avendo mai ricevuto alcuna precedente contestazione/sanzione, sarebbe stata eventualmente passibile di un provvedimento di sospensione e non già della ben più grave misura della revoca della -OMISSIS-del 30 giugno 2015. Il Collegio, infatti, ritiene che le sanzioni enucleate dal predetto art. 11-bis non escludano la misura della revoca, nella specie di chiara natura sanzionatoria, ma si collochino su un piano diverso rispetto ad essa. In particolare, l'art. 11-bis della Legge n. 21/1992, dispone che: "1. Fatto salvo quanto previsto dagli articoli 85 e 86 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e dalle rispettive leggi regionali, l'inosservanza da parte dei conducenti di taxi e degli esercenti il servizio di noleggio con conducente di quanto disposto dagli articoli 3 e 11 della presente legge è punita: a) con un mese di sospensione dal ruolo di cui all'articolo 6 alla prima inosservanza; b) con due mesi di sospensione dal ruolo di cui all'articolo 6 alla seconda inosservanza; c) con tre mesi di sospensione dal ruolo di cui all'articolo 6 alla terza inosservanza"; d) con la cancellazione dal ruolo di cui all'articolo 6 alla quarta inosservanza". L'art. 6 della stessa Legge n. 21/1992 ha ad oggetto il "Ruolo dei conducenti di veicoli o natanti adibiti ad autoservizi pubblici non di linea" che, nel testo vigente ratione temporis, disponeva: "1. Presso le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura è istituito il ruolo dei conducenti di veicoli o natanti adibiti ad autoservizi pubblici non di linea. 2. È requisito indispensabile per l'iscrizione nel ruolo il possesso del certificato di abilitazione professionale previsto dall'ottavo e dal nono comma dell'articolo 80 del testo unico delle norme sulla disciplina della circolazione stradale, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 15 giugno 1959, n. 393, come sostituito dall'art. 2 della legge 14 febbraio 1974, n. 62, e successivamente modificato dall'art. 2 della legge 18 marzo 1988,n. 111, e dall'articolo 1 della legge 24 marzo 1988, n. 112. 3. L'iscrizione nel ruolo avviene previo esame da parte di apposita commissione regionale che accerta i requisiti di idoneità all'esercizio del servizio, con particolare riferimento alla conoscenza geografica e toponomastica. 4. Il ruolo è istituito dalle regioni entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge. Entro lo stesso termine le regioni costituiscono le commissioni di cui al comma 3 e definiscono i criteri per l'ammissione nel ruolo. 5. L'iscrizione nel ruolo costituisce requisito indispensabile per il rilascio della licenza per l'esercizio del servizio di taxi e dell'autorizzazione per l'esercizio del servizio di noleggio con conducente.6. L'iscrizione nel ruolo è altresì necessaria per prestare attività di conducente di veicoli o natanti adibiti ad autoservizi pubblici non di linea in qualità di sostituto del titolare della licenza o dell'autorizzazione per un tempo definito e/o un viaggio determinato, o in qualità di dipendente di impresa autorizzata al servizio di noleggio con conducente o di sostituto a tempo determinato del dipendente medesimo.7. I soggetti che, al momento dell'istituzione del ruolo, risultino già titolari di licenza per l'esercizio del servizio di taxi o di autorizzazione per l'esercizio del servizio di noleggio con conducente sono iscritti di diritto nel ruolo". Come condivisibilmente affermato in giurisprudenza: "l'iscrizione al ruolo istituito presso la competente C.C.I.A.A. presuppone l'accertamento dei requisiti di idoneità all'esercizio del servizio (anche come sostituto) a cura di apposite commissioni mentre, a sua volta, esso costituisce presupposto per il (distinto) rilascio della licenza da parte del Comune, da adottarsi sulla base di appositi bandi. In tale ottica, la previsione di specifiche sanzioni, posta dal comma 2 dell'art. 11-bis, peraltro non attribuite da tale disposizione alla competenza del Comune, costituisce previsione di uno specifico potere chiaramente sanzionatorio che non fa però venir meno il distinto potere - peraltro immanente nell'ambito dell'autotutela - posto in capo al Comune (ossia all'Ente che ha rilasciato l'autorizzazione a seguito di bando pubblico) di disporre la revoca-decadenza della stessa una volta che ne sussistano i relativi presupposti e segnatamente una volta che sia adeguatamente accertato che il titolare della licenza non abbia i requisiti per mantenere tale titolo e comunque, nell'esercizio dell'attività, abbia disatteso i vincoli posti dalla legge. In altri termini, quantunque -sia pure indirettamente - incidenti sull'attività svolta dal ricorrente (nel senso che il potere sanzionatorio incide sull'iscrizione all'Albo che è presupposto della licenza e il secondo direttamente sul mantenimento della stessa) sia dal dettato normativo sia in un'ottica di sistema non si ravvisano elementi sufficienti per ritenere che la previsione di un distinto potere sanzionatorio incidente sull'iscrizione all'Albo camerale assorba e, comunque, faccia venir meno il potere, in capo al Comune, di disporre la revoca-decadenza una volta sussistenti i presupposti per il suo esercizio." (cfr. T.A.R. Calabria, Catanzaro, Sezione I, 27/11/2023, n. 1524). 8. Radicalmente infondata è, anche, l'ultima censura che investe la comunicazione di avvio del procedimento volto alla revoca della licenza n. c.c. di che trattasi, la quale, secondo la prospettazione di parte ricorrente, conterrebbe addebiti differenti rispetto a quelli ad essa al fine ascritti, con il provvedimento adottato all'esito del medesimo procedimento. Il Collegio, infatti, osserva come l'esame della predetta comunicazione (prot. n. -OMISSIS- del 28 giugno 2022) renda evidente che la stessa contiene una invero assai dettagliata e circostanziata enumerazione delle cospicue (ben quattro) infrazioni addebitate alla odierna ricorrente, rispetto alle quali, pertanto, quest'ultima ha avuto modo di "difendersi" ampiamente nel procedimento in tal modo avviato, presentando proprie osservazioni, le quali sono state puntualmente scrutinate e legittimamente disattese dall'A.C. resistente nel provvedimento finale oggetto del presente gravame. 9. Per completezza, il Collegio osserva, da ultimo, che il Comune di (omissis) correttamente non contesta alla odierna ricorrente la violazione dell'obbligo di rimessaggio all'interno del proprio territorio al termine di ogni corsa ma, legittimamente, il fatto di aver svolto il servizio de quo a favore di un'utenza ben distante da quello ubicata nel predetto territorio e/o nel relativo ambito provinciale, così disattendendo il "vincolo di territorialità " e, conseguentemente, l'obbligo (ancora vigente) di rientro in rimessa al termine dell'ultimo servizio. 10. Il ricorso, dunque, per tutte le considerazioni innanzi esposte, deve essere respinto. 11. Le spese del presente giudizio, seguendo la soccombenza ai sensi dell'art. 91 c.p.c., vanno poste a carico della parte ricorrente e sono liquidate come da dispositivo. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia Lecce - Sezione Terza, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge. Condanna la parte ricorrente al pagamento, a titolo di spese processuali, in favore del Comune di (omissis) della somma di Euro 1.500,00 (Millecinquecento/00), oltre gli accessori di legge. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa. Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del Decreto Legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dell'articolo 9, paragrafo 1, del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare le generalità della parte ricorrente e delle altre persone menzionate nella presente sentenza. Così deciso in Lecce nella Camera di Consiglio del giorno 5 marzo 2024 con l'intervento dei magistrati: Enrico d'Arpe - Presidente Patrizia Moro - Consigliere Vincenza Caldarola - Referendario, Estensore
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia Lecce - Sezione Terza ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 672 del 2023, proposto da -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato Fa. Ze., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; contro Azienda Sanitaria Locale di Lecce, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Te. Cu., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; Regione Puglia, in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituita in giudizio; per l'annullamento, previa sospensione dell'efficacia, - del provvedimento prot. -OMISSIS- del 28/6/2023, notificato al ricorrente il 30/6/2023, con il quale l'A.S.L. di Lecce ha denegato l'autorizzazione per ulteriori cure all'estero presso un Centro di altissima specializzazione in forma indiretta, richiesta dal ricorrente il 9/6/2023, nonché di ogni parte di interesse per l'odierna impugnativa; - del presupposto parere sanitario negativo emesso dal Centro Regionale di Riferimento del P.O. di Brindisi, branca specialistica di Ortopedia, prot. n. -OMISSIS- del 27/6/2023, nonché di ogni parte di interesse per l'odierna impugnativa; - di ogni altro atto presupposto, connesso, e/o consequenziale; e per la condanna ex artt. 30, comma 1, e 34, comma 1, let. c), cod. proc. amm. delle Amministrazioni intimate, ognuna per quanto di ragione, ad adottare il provvedimento di accoglimento dell'istanza ex artt. 3 e ss. D.M. 3/11/1989, per l'autorizzazione e/o rimborso delle cure mediche da sostenersi e/o proseguire presso il Centro di altissima specializzazione di UT So. nella città di (omissis), Texas (U.S.A.), e/o all'adozione delle misure idonee a tutelare la situazione giuridica soggettiva del signor -OMISSIS-, consentendogli direttamente l'accesso e l'immediata esecuzione delle cure mediche all'estero richieste. Visti il ricorso e i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio dell'Azienda Sanitaria Locale di Lecce; Vista l'ordinanza cautelare di questa Sezione n. 465 del 7/9/2023; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 5 marzo 2024 la dott.ssa Vincenza Caldarola e uditi per le parti i difensori: Avv. F. Ze. per la parte ricorrente e Avv. P. Pi. in sostituzione dell'Avv. T. Cu. per la A.S.L. di Lecce; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO e DIRITTO Il ricorrente espone di essere affetto da una gravissima artofibrosi del ginocchio sinistro, per curare la quale è stato autorizzato dalla A.S.L. di Lecce, con provvedimento prot. n. -OMISSIS- del 20/4/2020, "al trasferimento all'estero per le cure richieste in assistenza indiretta ("a rimborso") presso il seguente Centro di altissima specializzazione: "Texas Health - Orthopedic Specialists", "Texas Health _ Joint Replacement Surgery Center", "Texas Health - Sports Medicine" - (U.S.A.) da fruire nel periodo autorizzato dal 04/06/2022 al 04/09/2022 conformemente alle esigenze connesse al caso clinico in esame ed al conseguente parere" favorevole "del suddetto Centro Regionale di Riferimento", cioè del Centro Regionale di Riferimento - P.O. Pe. di Brindisi branca specialistica di "Ortopedia". Successivamente, egli con istanza del 5/6/2023 (acquisita al protocollo in entrata della A.S.L. di Lecce con il numero -OMISSIS- del 9/6/2023) ha chiesto di essere nuovamente "autorizzato al trasferimento per cure all'estero presso" il predetto "Centro di altissima specializzazione" per sottoporsi a un secondo intervento, allegando alla propria richiesta la necessaria documentazione sanitaria. Conseguentemente, la A.S.L. di Lecce ha trasmesso l'istanza dell'odierno ricorrente al predetto Centro Regionale di Riferimento, il quale, con nota del 23/06/2023 prot. n. -OMISSIS-.27.06.2023, ha comunicato la propria valutazione sanitaria negativa. Pertanto, l'A.S.L. di Lecce, con provvedimento prot. n. -OMISSIS- del 28/6/2023, ha significato all'odierno ricorrente che, sulla scorta del predetto "parere contrario e vincolante per questa A.S.L. espresso dal Centro Regionale di Riferimento del P.O. di Brindisi, branca specialistica di "Ortopedia" [...], non esistono i presupposti per concedere l'autorizzazione richiesta per i seguenti motivi: il C.R.R. consiglia valutazione clinica ed eventuale trattamento chirurgico in Italia presso i Centri Dott. Cl. Zo. - Ospedale Do. Ca. (Verona) e Dott. Ma. Be. - Presidente SIAGASCOT (Milano)". 2. Avverso il predetto diniego è insorto l'odierno ricorrente con ricorso notificato alle controparti il 3/7/2023 (e successivamente rinotificato alla A.S.L. di Lecce il 20/7/2023, a seguito dell'ordinanza collegiale della Sezione n. 931 del 20 luglio 2023 emanata ex art. 44 comma 4 c.p.a.) e depositato il 3/7/2023, a fondamento del quale ha dedotto un unico, articolato, motivo di censura di seguito indicato. 2.1 Violazione e/o falsa applicazione del Decreto del Ministero della Sanità del 3 novembre 1989. Violazione e/o falsa applicazione della Circolare del Ministero della Sanità n. 33/1989. Violazione e/o falsa applicazione dell'art. 32 della Costituzione. Eccesso di potere per carenza istruttoria e motivazionale. Eccesso di potere per travisamento dei fatti e carenza dei presupposti. Eccesso di potere e manifesta contraddittorietà ed illogicità . Sviamento. Con siffatto motivo di gravame, il ricorrente lamenta che l'Amministrazione sanitaria non avrebbe assolto l'onere istruttorio e motivazionale sulla stessa gravante, alla luce della pertinente normativa di settore (in particolare, del Decreto del Ministero della Sanità del 3 novembre 1989, recante "Criteri per la fruizione di prestazioni assistenziali in forma indiretta presso centri di altissima specializzazione all'estero"), avendo omesso di dimostrare che la prestazione sanitaria assicurata dal predetto Centro di altissima specializzazione estero (texano) non potesse considerarsi "prestazione non ottenibile in forma adeguata alla particolarità del caso clinico" alla stregua della definizione datane dall'art. 2, comma 4, del predetto D.M., cioè "prestazione che richiede specifiche professionalità ovvero procedure tecniche o curative non praticate ovvero attrezzature non presenti nelle strutture italiane pubbliche o convenzionate con il Servizio sanitario nazionale". Né tale funzione può dirsi assolta dalla generica indicazione, contenuta nel gravato provvedimento, dei "Centri Dott. Cl. Zo. - Ospedale Do. Ca. (Verona) e Dott. Ma. Be. - Presidente SIAGASCOT (Milano)", in quanto non accompagnata dalla rassicurazione che essi sarebbero stati in grado di assicurare all'odierno ricorrente lo stesso trattamento sanitario, in termini di tempestività e adeguatezza, di quello fruibile presso lo specifico Centro estero. Inoltre, il deficit di istruttoria e, quindi, di motivazione dell'impugnato provvedimento sarebbe reso evidente dalla circostanza che esso non è stato preceduto da una visita medica da parte del C.R.R. (a differenza di quanto accaduto in occasione dell'accoglimento della precedente istanza di autorizzazione), il che avrebbe impedito al competente Centro di verificare, in concreto, l'esito (arbitrariamente definito un "fallimento") del primo intervento eseguito all'estero dall'odierno ricorrente e il suo (conseguente) attuale quadro clinico. Peraltro, il gravato provvedimento neppure prende in esame la cospicua e autorevole documentazione sanitaria allegata alla (denegata) richiesta di autorizzazione (lettera di necessità medica del 28/3/.2023 del Dottor Si. dell'UT So. Me. Ce. né della relazione dell'I.R.C.C.S. Ospedale Ga.- Sa.'A. di Milano del 27/4/2023 né, infine, della relazione dell'Azienda Ospedaliera Policlinico di Bari, U.O. Ortopedia e Traumatologia del 30/5/2023), mentre sarebbe destituita di fondamento oltre che contraddittoria l'affermazione secondo cui il dott. Em. Si. non sarebbe deputato all'indicazione terapeutica di ulteriore trattamento all'estero del -OMISSIS- in quanto "non è specialista nella metodica artroscopica per il trattamento delle patologie complesse del ginocchio", posto che si tratta dello stesso medico specialista sulla base della cui opinione (anche) era stato accordato dal C.R.R. e, per l'effetto, dalla A.S.L. di Lecce la precedente autorizzazione di cure all'estero. 3. Ad esito della Camera di Consiglio del 19/7/2023, questa Sezione, rilevata la nullità della notificazione del ricorso introduttivo del presente giudizio all'A.S.L. di Lecce in quanto effettuata a un indirizzo di posta elettronica errato, con ordinanza n. 931 del 20 luglio 2023 emanata ex art. 44 comma 4 c.p.a. ha assegnato all'odierno ricorrente il termine perentorio di giorni 20 per procedere al rinnovo della medesima notifica e ha contestualmente rinviato "la causa per il prosieguo della trattazione dell'istanza cautelare alla Camera di Consiglio del 6 settembre 2023." 4. Il difensore del ricorrente, dopo avere proceduto ritualmente alla rinnovazione della notificazione del ricorso alla A.S.L. di Lecce in data 20 luglio 2023, in pari data ha depositato istanza di misura cautelare monocratica, stante l'imminenza dell'intervento chirurgico de quo (inizialmente programmato per il 1° agosto 2023, e successivamente slittato al 10 agosto 2023, comunque in epoca anteriore alla data fissata per la trattazione collegiale dell'istanza cautelare incidentalmente proposta). 5. Con decreto n. 403 del 21/7/2023, pertanto, il Presidente della Sezione ha accolto "la suindicata istanza di misure cautelari presidenziali urgenti proposta dal ricorrente in data 20 luglio 2023 e, per l'effetto," sospeso "provvisoriamente l'efficacia dei provvedimenti impugnati, nel senso di consentire in via cautelare l'effettuazione dell'ulteriore intervento chirurgico all'estero di che trattasi, in regime assistenziale in forma indiretta a carico del S.S.N..". E confermato "per la trattazione collegiale dell'istanza cautelare la Camera di Consiglio del 6 Settembre 2023." 6. Il 1° settembre 2023 si è costituita in giudizio l'A.S.L. di Lecce depositando memoria difensiva, con la quale, dopo aver eccepito quanto ex adverso dedotto, ha concluso chiedendo il rigetto dell'istanza cautelare e del ricorso perché infondati, con vittoria di spese. 7. Il 4 settembre 2023 il difensore dell'odierno ricorrente ha depositato brevi note d'udienza, con cui ha insistito per l'accoglimento del ricorso "con vittoria di spese e compensi di difesa in favore del sottoscritto avvocato distrattario." 8. Ad esito della Camera di Consiglio del 6/9/2023, questa Sezione, con ordinanza cautelare n. 465 del 7/10/2023, ha accolto la domanda cautelare proposta in via incidentale dalla parte ricorrente con la seguente motivazione: "Premesso che il ricorrente ha proceduto ritualmente alla rinnovazione della notificazione del ricorso alla A.S.L. di Lecce in data 20 Luglio 2023, a seguito dell'ordinanza collegiale della Sezione n. 931 del 20 Luglio 2023 emanata ex art. 44 comma 4 c.p.a. e che la motivazione dei provvedimenti impugnati non si basa sulla carenza di riferimento a dati di evidenza scientifica internazionale idonei a provare l'effettiva utilità dell'intervento chirurgico di che trattasi. Considerato che, ad una sommaria delibazione propria della fase cautelare del presente giudizio, appaiono sussistenti i presupposti di legge (fumus boni iuris e periculum in mora) per la concessione della tutela cautelare collegiale richiesta con il ricorso, condividendo pienamente il Collegio i rilievi sul punto contenuti nel decreto presidenziale n. 403/2023, atteso - essenzialmente - che: - la secca affermazione contenuta nel parere del Centro Regionale di Riferimento del P.O. di Brindisi, branca specialistica di "Ortopedia", nr. prot. -OMISSIS- del 23/06/2023, sulla cui scorta è stato adottato il provvedimento di diniego quivi gravato, secondo la quale "il primo intervento eseguito e regolarmente autorizzato non è stato risolutivo e, quindi, è da considerarsi un fallimento" si pone in contrasto con le affermazioni contenute sia nella documentazione sanitaria sulla cui base, peraltro, il medesimo Centro aveva in passato dato parere favorevole al primo trasferimento all'estero, con provvedimento prot. n. -OMISSIS- del 7.07.2021, sia con la documentazione prodotta dall'odierno ricorrente a corredo della seconda richiesta di intervento all'estero e negativamente riscontrata. Infatti, quanto alla prima documentazione, già nel parere sanitario reso dalla Texas Health Orthopedic Specialist del 4/01/2021, e in particolare dal dott. Si. St. B., si legge che: "in alcuni pazienti si è riscontrata la necessità di ulteriori interventi chirurgici, qualora l'artrofibrosi e il tessuto fibrotico dovessero risultare recidivi". Quindi, già in sede di istruttoria della prima richiesta di autorizzazione, era noto che, al primo intervento, avrebbe potuto seguirne un secondo, il quale, peraltro, stante la gravità e rarità della patologia in questione, non poteva ragionevolmente essere reputata un'eventualità marginale o meramente teorica. Del pari, nel parere sanitario reso dall'I.R.C.C.S. Istituto Ortopedico Ga. di Milano dell'11.05.2021, nella persona del dott. Ga. Th., si fa testualmente riferimento alla maggiore efficacia ("efficacia superiore") delle procedure chirurgo-fisioterapiche assicurate dal Centro ortopedico texano rispetto "alle procedure tecniche o curative praticate in Italia", ex art. 2, comma 2, Decreto Ministeriale 3 novembre 1989, recante "Criteri per la fruizione di prestazioni assistenziali in forma indiretta presso centri di altissima specializzazione all'estero", e non già alla loro sicura efficacia risolutiva della patologia da cui è affetto l'odierno ricorrente; - quanto, invece, alla documentazione sanitaria prodotta a sostegno della seconda richiesta di autorizzazione a ricevere cure in forma indiretta (cioè con diritto al rimborso) presso Centri di altissima specializzazione all'estero del 9.06.2023, prot. n. -OMISSIS-, si osserva che sia nella Lettera di necessità medica del Centro Medico UT So. del 28.03.2023 sia nella Relazione del I.R.C.C.S. Ospedale Sa.'A. di Milano, redatta dal dott. Th. Ga. in data 27.04.2023 sia, infine, nella Relazione dell'Azienda Ospedaliera Policlinico di Bari del 30.05.2023, si dà sempre invariabilmente atto di un miglioramento della funzionalità del ginocchio sinistro interessato dalla patologia de qua. Al punto che tutte le summenzionate relazioni (non solo, dunque, quella del Centro statunitense preposto all'intervento) reputano "fondamentale e indispensabile, per il continuo ed evidente miglioramento funzionale dell'articolazione, il prosieguo del progetto terapeutico" proposto dal Dottor Si.; - dal complesso della documentazione sopra riportata, dunque, si evince che il primo intervento cui si è sottoposto il ricorrente, pur non essendo stato risolutivo (esito che, però, nessuno dei clinici interpellati aveva dato come certo e indefettibile), non può appellarsi senz'altro (e, inoltre, senza un'adeguata motivazione a fondamento) come un fallimento, ma, al contrario, come uno step migliorativo di un quadro clinico comunque definito come "estremamente grave e complesso". Tanto più che, come rilevato da parte ricorrente e non smentito dai provvedimenti impugnati, in occasione della seconda richiesta di autorizzazione presentata dal sig. -OMISSIS-, questi, a differenza di quanto accaduto in occasione della prima richiesta (cfr. comunicazione della Asl Brindisi del 10.06.2021), non è stato sottoposto a visita medica da parte del Centro Regionale di Riferimento, disposta (ancorchè mai avvenuta) solo successivamente e in esecuzione del decreto presidenziale cautelare n. 403/2023, come s'evince dalla nota prot. n. -OMISSIS- del 1° agosto 2023 del medesimo Centro Regionale; - infine, generico e insufficiente e quindi erroneo (se rapportato alla gravità e peculiarità del quadro clinico presentato dall'odierno ricorrente) si palesa il suggerimento finale ("si consiglia..") - contenuto nel parere prot. -OMISSIS- del 23.06.2023 - di rivolgersi, in vista di una "valutazione clinica per eventuale trattamento chirurgico in Italia", presso i Centri clinici specificamente richiamati. Laddove, invece, dal medesimo parere avrebbe dovuto evincersi la chiara possibilità per l'odierno ricorrente di sottoporsi anche nei Centri suggeriti alla medesima procedura chirurgica ortoscopica ottenibile all'estero o, comunque, a una procedura analoga ugualmente efficace (né a questi fini possono reputarsi idonei i meri curricula dei professionisti italiani - allegati, peraltro, alla memoria difensiva della A.S.L. di Lecce - che l'interessato avrebbe dovuto consultare in alternativa alla richiesta di cura all'estero). Ritenuto, altresì, sussistente il pregiudizio grave e irreparabile allegato dalla parte ricorrente, risultando fissato per il 1° agosto 2023 (successivamente slittato al 10 agosto 2023) e, infine, effettivamente eseguito il secondo intervento chirurgico all'estero, anche in forza del provvedimento prot. n. -OMISSIS- del 26.07.2023 di autorizzazione al medesimo intervento adottato dall'A.S.L. di Lecce in esecuzione del decreto presidenziale cautelare n. 403/2023. Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia Lecce - Sezione Terza accoglie la domanda cautelare proposta dalla parte ricorrente e per l'effetto: a) sospende l'efficacia dei provvedimenti impugnati e consente, in via cautelare, l'effettuazione dell'ulteriore intervento chirurgico all'estero di che trattasi in regime assistenziale in forma indiretta a carico del S.S.N.; b) fissa per la trattazione di merito del ricorso l'udienza pubblica del 5 marzo 2024." 9. Il 2 febbraio 2024, in vista dell'udienza pubblica fissata per il 5 marzo 2024, il difensore dell'A.S.L. di Lecce ha depositato memoria di precisazione con cui, dopo aver ribadito "che il parere espresso dai Centri di riferimento regionale" in merito alla sussistenza dei presupposti sanitari per l'autorizzazione a eseguire cure all'estero "è vincolante e non lascia alcun margine decisionale alle ASL che hanno solo il compito di recepire il parere in un proprio provvedimento al fine di comunicarlo all'interessato", ha auspicato che "un eventuale accoglimento del ricorso in sede di merito comporti la condanna alle spese, ove disposta, esclusivamente nei confronti della Regione Puglia, parte del giudizio e non costituita". Infine, ha comunque concluso chiedendo il rigetto del ricorso con vittoria di spese. 10. Il 9 febbraio 2024 il difensore del ricorrente ha depositato memoria di replica con cui, dopo aver insistito per l'accoglimento del ricorso, ha concluso chiedendo altresì il rimborso delle spese sostenute dall'accompagnatore all'estero del medesimo ricorrente. 11. Il 13 febbraio 2024 il difensore dell'A.S.L. di Lecce ha depositato memoria di replica con cui ha chiesto il rigetto del ricorso ed eccepito il difetto di giurisdizione del Giudice Amministrativo adito sulla "richiesta di rimborso delle spese sanitarie sostenute dai cittadini residenti in Italia presso centri di altissima specializzazione all'estero per prestazioni che non siano ottenibili in Italia tempestivamente o in forma adeguata alla particolarità del caso clinico", tra cui rientrano anche le spese di viaggio e di trasporto dell'eventuale accompagnatore, da ultimo richieste dall'odierno ricorrente, delle quali l'A.S.L. di Lecce ha, comunque, chiesto la reiezione, trattandosi di domande nuove. 12. Non si è costituita in giudizio, pur ritualmente convocata, la Regione Puglia. 13. All'udienza pubblica del 5 marzo 2024, all'esito della discussione orale, la causa è stata introitata per la decisione. 14. In limine litis, il Tribunale ritiene sussistente la giurisdizione dell'adito G.A. in relazione alle domande azionate con il ricorso introduttivo del giudizio, aderendo all'orientamento secondo il quale rientrano nella giurisdizione del Giudice Amministrativo le controversie aventi ad oggetto la legittimità o meno del diniego di autorizzazione a fruire di cure sanitarie presso Centri di alta specializzazione all'estero per specifiche prestazioni (T.A.R. Puglia, Lecce, Sezione III, 20/2/2023, n. 256; T.A.R. Puglia, Lecce, Sezione II, 30/5/2013, n. 1252; T.A.R. Lombardia, Milano, Sezione III, 17/12/2012, n. 3054). Si versa, infatti, in sede di esercizio di poteri autoritativi dell'Autorità competente di accogliere o meno l'istanza di cure all'estero mediante valutazioni di natura tecnico-discrezionale (T.A.R. Sardegna, Cagliari, Sezione I, 11/5/2011, n. 471), a fronte dei quali la situazione soggettiva che viene in rilievo non è di diritto soggettivo, ma di interesse legittimo pretensivo (T.A.R. Campania, Napoli, Sezione VI, 21/07/2021, n. 50832). Questi principi sono stati da ultimo espressi recentemente dalla III^ Sezione del Consiglio di Stato (sentenza 21 ottobre 2020 n. 6371), che ha affermato la sussistenza della giurisdizione amministrativa quando sia impugnato un diniego di autorizzazione di proseguire le cure mediche all'estero, "in quanto il potere amministrativo (autorizzatorio) esercitato in subiecta materia - anche ove voglia definirsi vincolato, sussumendo, com'è corretto che sia, le valutazioni tecniche ivi contemplate nell'area della complessità del "fatto" piuttosto che in quella della discrezionalità propriamente detta - intermedia la situazione giuridica soggettiva del cittadino che aspira ad ottenere cure gratuite all'estero, al fine di verificare il ricorrere di alcune specifiche condizioni prese in considerazione dalla legge a tutela dell'interesse pubblico al corretto utilizzo delle risorse e al buon andamento dell'Amministrazione sanitaria, sicché la fattispecie non presenta alcun tratto peculiare che possa determinarne la sottrazione alla giurisdizione del Giudice Amministrativo in favore della giurisdizione ordinaria." In definitiva, la situazione del privato che "dialoga" col potere autorizzatorio della P.A. e vi si contrappone assume la configurazione dell'interesse legittimo, tutelabile avanti al Giudice Amministrativo, atteso che, in relazione alle determinazioni della P.A. sanitaria sulle domande di autorizzazione di cittadini per cure all'estero, convivano due diverse modalità di esercizio del potere discrezionale, una di natura tecnico-scientifica (ricognizione delle terapie in Italia e all'estero per la patologia sofferta), l'altra di natura più propriamente amministrativa (gestione programmatoria delle risorse), con la conseguenza sussistenza di poteri autoritativi che postulano la piena cognizione del Giudice Amministrativo sul rifiuto della prestazione sanitaria chiesta dal privato (art. 133 comma 1 lett. c del c.p.a. su giurisdizione esclusiva in materia di servizi pubblici). (cfr. T.A.R. Puglia, Lecce, Sezione III, 20/2/2023, n. 256). 15. Sempre in via preliminare il Collegio è dell'avviso che, benchè il ricorrente sia stato già effettivamente sottoposto all'intervento chirurgico di che trattasi presso il Centro di altissima specializzato riportato in epigrafe, cionondimeno persiste il suo interesse alla decisione del ricorso, in quanto la A.S.L. resistente, pur ritenendo "di potere concedere all'assistito, alla luce di quanto dedotto in fatto, l'acconto richiesto in ragione della particolare entità della presumibile spesa in virtù dei preventivi presentati", ha fatto in ogni caso salvo "il diritto dell'Azienda di procedere al recupero delle somme anticipate/rimborsate all'eventuale esito favorevole (per l'Azienda) del giudizio pendente dinanzi al TAR Puglia Lecce - Sezione III (fissata udienza pubblica per il 5 marzo 2024 per la trattazione di merito del ricorso)", giusta proposta n. 633 del 3/8/2023 e conseguente deliberazione del Direttore Generale della A.S.L. di Lecce del 19/12/2023. 16. Nel merito il ricorso è fondato e, pertanto, deve essere accolto nei sensi e nei limiti di cui in motivazione, alla stregua delle ragioni di seguito indicate. 16.1 Avuto riguardo al quadro normativo di riferimento, osserva il Tribunale che la Legge n. 595/1985, all'art. 3, rubricato "Prestazioni erogabili in forma indiretta e prestazioni aggiuntive di assistenza sanitaria", comma 5, dispone che: "Con decreto del Ministro della sanità, sentito il Consiglio sanitario nazionale, previo parere del Consiglio superiore di sanità, sono previsti i criteri di fruizione, in forma indiretta, di prestazioni assistenziali presso centri di altissima specializzazione all'estero in favore di cittadini italiani residenti in Italia, per prestazioni che non siano ottenibili nel nostro Paese tempestivamente o in forma adeguata alla particolarità del caso clinico". Inoltre, il predetto D.M. 3/11/1989 fissa i criteri per la fruizione delle prestazioni assistenziali in forma indiretta presso Centri di altissima specializzazione all'estero, stabilendo che tali prestazioni assistenziali sono erogate in forma indiretta mediante il parziale rimborso della spesa sostenuta, nei limiti fissati dai successivi articoli. In particolare, in base all'articolo 2, rubricato "Prestazioni erogabili", possono essere erogate le prestazioni di diagnosi, cura e riabilitazione, che richiedono specifiche professionalità del personale, non comuni procedure tecniche o curative o attrezzature ad avanzata tecnologia e che non sono ottenibili tempestivamente o adeguatamente presso i presidi e i servizi di alta specialità italiani di cui all'art. 5 della Legge 23 ottobre 1985, n. 595, nonché, limitatamente alle prestazioni che non rientrano fra quelle di competenza dei predetti presidi e servizi di alta specialità, presso gli altri presidi e servizi pubblici o convenzionati con il Servizio sanitario nazionale. È considerata "prestazione non ottenibile tempestivamente in Italia" la prestazione per la cui erogazione le strutture pubbliche o convenzionate con il Servizio sanitario nazionale richiedono un periodo di attesa incompatibile con l'esigenza di assicurare con immediatezza la prestazione stessa, ossia quando il periodo di attesa comprometterebbe gravemente lo stato di salute dell'assistito ovvero precluderebbe la possibilità dell'intervento o delle cure. È considerata, invece, "prestazione non ottenibile in forma adeguata alla particolarità del caso clinico la prestazione che richiede specifiche professionalità ovvero procedure tecniche o curative non praticate ovvero attrezzature non presenti nelle strutture italiane pubbliche o convenzionate con il Servizio sanitario nazionale". L'accertamento della sussistenza dei presupposti sanitari - che legittimano l'autorizzazione al trasferimento per cure all'estero e l'erogazione del concorso nelle relative spese - e ogni altra valutazione di natura tecnico-sanitaria, comunque connessa al trasferimento per cure all'estero, è attribuita, a livello regionale, ad uno o più presidi e servizi di alta specialità di cui all'art. 5 della Legge 23 ottobre 1985, n. 595, nonché, limitatamente alle prestazioni che non rientrano fra quelle di competenza dei predetti presidi e servizi, ad apposite commissioni sanitarie costituite dalla Regione stessa a livello regionale e composte da personale medico di qualifica apicale delle strutture pubbliche o convenzionate con il Servizio sanitario nazionale. I predetti presidi, servizi e commissioni regionali assumono, ai fini dei trasferimenti per cure all'estero disciplinati dal Decreto, la denominazione di Centro Regionale di riferimento per la branca specialistica di competenza. Il Centro Regionale di riferimento deve valutare la sussistenza dei presupposti sanitari per usufruire delle prestazioni richieste, rappresentati, quindi, ai sensi dell'art. 2, dalla impossibilità di fruirle in Italia tempestivamente ovvero in forma adeguata alla particolarità del caso clinico. Il Centro Regionale di riferimento, inoltre, qualora non fosse possibile autorizzare le prestazioni presso il Centro estero prescelto, può autorizzare, se richiesto, le prestazioni stesse presso un diverso Centro estero, fornendone adeguata motivazione. Da quanto sopra detto, emerge chiaramente che, ai fini del trasferimento per cure all'estero, la valutazione rimessa all'esame della P.A. è espressione di discrezionalità tecnica ed involge una complessiva disamina della situazione del paziente e delle ragioni e presupposti dell'istanza. Ne deriva che, così come previsto dall'art. 3 della Legge n. 241/1990 per tutti i provvedimenti amministrativi, il diniego all'autorizzazione alle cure sanitarie all'estero deve essere adeguatamente e congruamente motivato mediante l'indicazione dei presupposti di fatto e delle ragioni giuridiche della decisione assunta (cfr. in argomento Consiglio di Stato, 22/10/2015, n. 1013; T.A.R. Campania, Salerno, Sezione II, 9/10/2014; n. 1681; T.A.R. Lombardia, Milano, Sezione III, 28/7/2009, n. 4470; T.A.R. Lombardia, Milano, Sezione III, 22/12/2009, n. 5969; T.A.R. Puglia, Bari, Sezione I, 4 luglio 2007, n. 1736). 16.2 Nel caso concreto in esame, quindi, l'Amministrazione sanitaria avrebbe dovuto indicare, in maniera puntuale ed esaustiva, le ragioni del diniego opposto alla istanza di autorizzazione di cure all'estero in forma indiretta presentata dall'odierno ricorrente, in relazione sia al complesso quadro clinico da questi presentato sia alle peculiari caratteristiche del trattamento sanitario richiesto. Nulla di tutto ciò, invece, emerge dal parere (vincolante) reso dal C.R.R. del P.O. "Pe." di Brindisi - Reparto di Ortopedia e dall'impugnato provvedimento di diniego conseguentemente adottato dall'A.S.L. di Lecce, che, anzi, risulta del tutto carente di motivazione e privo di qualsivoglia specificazione degli elementi oggettivi valutati dall'Amministrazione in senso ostativo alla richiesta del ricorrente. Il prefato C.R.R., infatti, ha qualificato, senza mezzi termini, il primo intervento un "fallimento", in quanto, pur regolarmente autorizzato ed eseguito presso il predetto Centro di alta specializzazione texano, non si è rivelato "risolutivo" della grave patologia da cui è affetto l'odierno ricorrente. A questo proposito, tuttavia, il Collegio ritiene di dover richiamare il principio fondamentale in materia ribadito da questo T.A.R., nella sentenza del 29 maggio 2018, n. 2041, secondo cui: "è noto che i limiti imposti dalla normativa vigente in tema di rimborsi per le spese sanitarie, anche dettati da ragioni di contenimento della spesa pubblica, risentono del contemperamento con uno dei diritti fondamentali della persona umana, costituzionalmente garantito, ovvero del diritto alla salute. Tanto che: "L'assistenza sanitaria indiretta per ricoveri ospedalieri all'estero deve essere erogata dal Servizio sanitario nazionale, sotto forma di rimborso delle spese e anche in difetto di preventiva autorizzazione regionale, non solo quando le cure - gravi, urgenti e impraticabili nelle strutture nazionali - siano finalizzate a debellare la malattia o ad arrestarne il corso, ma anche quando esse, come le cure palliative, siano dirette ad alleviare il pregiudizio fisico ed esistenziale del paziente, senza incidere sull'evoluzione della malattia, atteso che, nella coordinata lettura degli artt. 2 e 32 Cost., il diritto alla salute, in funzione della dignità umana, assume una dimensione più ampia della tradizionale attesa dei mezzi di guarigione" (Cassazione civile, sez. lav., 18/06/2012, n. 9969). Nella parte motiva la Corte di Cassazione, anche richiamando le decisioni della Consulta invocate da parte appellante, ha poi precisato, quanto al diritto alla salute, che "la sua riconosciuta polivalenza si risolve nella prevalenza della sua tutela rispetto ai concorrenti diritti di natura patrimoniale ed in genere alle valutazioni di economicità (arg. ex Corte Cost. n. 67 del 1988, Corte Cost. n. 72 del 144, Corte Cost. n. 74 del 247, Corte Cost. n. 79 del 1988, Corte Cost. n. 86 del 184, Corte Cost. n. 87 del 559, Corte Cost. n. 91 del 2002), ciò valendo sia nei rapporti intersoggettivi sia in quelli nei quali l'utente si trovi a richiedere la tutela del suo diritto nei confronti dell'amministrazione pubblica, cui la legge demanda la concreta attuazione del principio di cui all'art. 32 Cost.. In tal senso la giurisprudenza del Giudice delle Leggi, pur nell'affermare la necessità del giusto bilanciamento degli interessi (non esclusi quelli di una graduale organizzazione e della compatibilità finanziaria) ha sempre e comunque fatto salvo "quel nucleo irriducibile del diritto alla salute protetto dalla Costituzione come ambito inviolabile della dignità umana" (Corte Cost. n. 509 del 2000, Corte Cost. n. 309 del 1999, Corte Cost. n. 267 del 1998, Corte Cost. n. 247 del 1992). Il costante riferimento alla necessaria tutela della dignità della persona impone, allora, una lettura delle regole che sovrintendono alla erogazione dei servizi destinati a realizzare il pieno diritto alla salute che tenga conto - quando si tratti, come nella specie, di fruire di un progetto terapeutico non somministrato dal Servizio Sanitario Nazionale - del complesso oggetto della tutela che, destinato al regresso della malattia, ma anche e soprattutto nell'offrire quant'altro sia utile a ripristinare nel soggetto colpito le condizioni per una decorosa convivenza con la condizione patologica o la disabilità . A questa conclusione si perviene, infatti, qualora, come doveroso, il diritto alla salute si legga unitamente a quello alla dignità umana". 16.3 Inoltre, il Collegio rileva come, non solo la documentazione sanitaria posta a fondamento della precedente richiesta di autorizzazione di cure all'estero, positivamente valutata dall'Amministrazione sanitaria, non avesse mai configurato l'intervento chirurgico cui si sarebbe dovuto sottoporre l'odierno ricorrente come risolutiva della grave artrofibrosi da questi patita al ginocchio sinistro, ma che la stessa equazione stabilita dal predetto C.R.R. tra la mancata integrale guarigione del paziente e la radicale inefficacia del trattamento chirurgico precedentemente autorizzato sia errata, evidente essendo che tra l'uno e l'altro estremo si colloca una serie di infinite situazioni, tra cui quella di un miglioramento, più o meno accentuato, dello stato di sofferenza fisica e morale in cui si trova il medesimo paziente (come affermato e documentato dal ricorrente e non contestato dalla A.S.L. costituita). Peraltro, il C.R.R. nel parere (vincolante) negativo omette proprio di prendere (debitamente) in esame e valutare gli esiti del primo intervento, frettolosamente definitivo "fallimentare" sol perché non risolutivo della grave patologia articolare che affligge il richiedente, limitandone fortemente i movimenti e procurandogli uno stato di continua sofferenza. 16.4 In secondo luogo, come ha correttamente evidenziato il ricorrente, il contestato diniego non ha tenuto conto della specifica circostanza che in precedenza gli era stata rilasciata l'autorizzazione per cura all'estero per la medesima patologia sulla base, tra le altre, di una Relazione del 23/4/2021 redatta proprio dal dottor Em. Si. (Dirigente di I livello della U.O. Ortopedia e Traumatologia dell'Azienda Ospedaliera Policlinico di Bari), che, tuttavia, nel parere negativo del C.R.R. de quo viene considerato non un ortopedico "specialista nella metodica artoscopica per il trattamento delle patologie complesse del ginocchio", sicché è configurabile anche il profilo di contraddittorietà del gravato provvedimento di diniego adottato sulla scorta del medesimo parere. 16.5 Inoltre, l'odierno ricorrente ha allegato alla seconda richiesta di autorizzazione per cure all'estero in forma indiretta anche altra documentazione sanitaria, oltre alla Relazione del Dottor Em. Si. (e segnatamente, sia la Lettera di necessità medica del Centro Medico UT So. del 28/3/2023, redatta dal Dottor Si., sia la Relazione dell'I.R.C.C.S. Ospedale Sa.'A. di Milano, redatta dal dott. Th. Ga. in data 27/4/2023) che, tuttavia, il competente C.R.R. ha completamente omesso di valutare. 16.6 Del tutto inconferente (oltre che generico e insufficiente) è, infine, il generico "consiglio" finale, contenuto nel parere negativo più volte citato, di una "valutazione clinica per eventuale trattamento chirurgico in Italia presso i seguenti Centri: Dott. Cl. Zo. Ospedale Do. Ca. Verona; Dott. Ma. Be. Milano Presidente". Orbene, compito del C.R.R. non è consigliare al paziente istante un centro clinico italiano, per quanto prestigioso, presso il quale recarsi per ottenere un consulto ma, in maniera ben più pregnante, valutare, sulla base della patologia che affligge la persona richiedente, se le prestazioni cliniche richieste possono essere effettuate in Italia in modo corrispondente a quanto viene effettuato all'estero (cfr. ex multis, Consiglio di Stato, Sezione V, 17/7/2004, n. 5132; Consiglio di Stato, Sezione V, 7/4/2006 n. 1902). Come condivisibilmente affermato in giurisprudenza: "l'individuazione di centri clinici italiani in grado di erogare la prestazione richiesta in modo adeguato al caso clinico, impone all'Amministrazione, in primo luogo di ancorare le valutazioni alla particolare patologia di cui è affetta la persona interessata e al tipo di cura richiesto dall'interessata. Per gli aspetti in esame la motivazione del provvedimento appare del tutto lacunosa, in quanto non contiene alcun riferimento concreto alla patologia di cui soffre Ma. Ma., né alcun concreto apprezzamento del trattamento terapeutico richiesto e della sua effettiva ottenibilità, in termini equivalenti a quelli prospettati, presso un centro clinico nazionale." (T.A.R. Lombardia, Milano, Sezione III, 17/12/2012, n. 3054). 17. In conclusione, il provvedimento impugnato, adottato sulla scorta del vincolante parere negativo reso dal C.R.R. del P.O. "Pe." di Brindisi - Reparto di Ortopedia, è del tutto lacunoso nella motivazione ed apodittico e non dà atto dello svolgimento di alcuna concreta indagine istruttoria, in palese violazione dell'art. 3 della Legge n. 241 del 1990 e dei parametri posti dal D.M. 3 novembre 1989. 18. Deve, invece, essere rigettata la richiesta (da ultimo prospettata dalla parte ricorrente) di rimborso delle spese sostenute dall'accompagnatore del Signor -OMISSIS-, in quanto, al di là di ogni questione di giurisdizione in proposito, - in ogni caso - si tratta di domanda palesemente inammissibile in quanto non contenuta nel ricorso introduttivo del presente giudizio, ma irritualmente introdotta solo con la memoria da ultimo depositata (in data 9/2/2024), e non notificata alle controparti, dal difensore del ricorrente. 19. Le spese del presente giudizio, seguendo la soccombenza ai sensi dell'art. 91 c.p.c., vanno poste a carico della Regione Puglia, poiché il parere del C.R.R. in subiecta materia ha efficacia vincolante per la A.S.L. formalmente competente ad adottare il provvedimento finale sull'istanza di autorizzazione per cure all'estero in forma indiretta, e sono liquidate come da dispositivo, nel mentre vanno compensate nei confronti della A.S.L. di Lecce. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia Lecce - Sezione Terza, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei sensi e nei limiti precisati in motivazione e, per l'effetto, annulla i provvedimenti impugnati. Condanna la Regione Puglia, in persona del legale rappresentante pro tempore, al pagamento, a titolo di spese processuali, in favore del ricorrente della somma di Euro 1.000,00 (Mille/00), oltre gli accessori di legge. Spese compensante nei confronti della Azienda Sanitaria Locale di Lecce. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa. Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del Decreto Legislativo 30 giugno 2003, n. 196 e dell'articolo 9, paragrafi 1 e 4, del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016), nonché all'articolo 2-septies del Decreto Legislativo 10 agosto 2018, n. 101, manda alla Segreteria di procedere in qualsiasi ipotesi di diffusione del presente provvedimento, all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi dato idoneo a rivelare lo stato di salute della parte ricorrente o di persone comunque citate. Così deciso in Lecce nella Camera di Consiglio del giorno 5 marzo 2024 con l'intervento dei magistrati: Enrico d'Arpe - Presidente Patrizia Moro - Consigliere Vincenza Caldarola - Referendario, Estensore
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO L'anno 2024 il giorno 17 del mese di Gennaio il TRIBUNALE ORDINARIO di LECCE - Prima Sezione Penale Collegiale - composto dai Signori: Dott. Fabrizio MALAGNINO - Presidente (estens.) Dott.ssa Maddalena TORELLI - Giudice Dott. Marco MARANGIO MAURO - Giudice Con l'intervento del P.M. rappresentato dal Sostituto Procuratore della Repubblica dott.ssa Rosaria PETROLO, con l'assistenza dell'Assistente Giudiziario Addolorata GIURI ha pronunciato la seguente SENTENZA Nella causa penale a carico di: Ra.Cr. nato il (...) a C., residente in L. in via U. nr. 14, - libero presente - assistito e difeso di fiducia dall'avv. Daniele SCALA, del Foro di Lecce, - presente - IMPUTATO p. e p. dagli artt. 81 cpv., 572 co. 1 e 2, 56-610 c.p., per aver maltrattato abitualmente la convivente Pa.An., anche alla presenza della figlia minore Ra.Fr., ponendo in essere nei suoi confronti una serie di atti lesivi dell'integrità psicofisica, dell'onore e del decoro; in particolare, la ingiuriava e umiliava con espressioni del seguente tenore "sei una puttana, zoccola", usando spesso (nel luglio e nel settembre 2017, nel marzo 2018, ecc.) nei suoi confronti violenza consistita in schiaffi al volto; a fine luglio 2019 e in data 31.08.2019, aggrediva fisicamente la donna con schiaffi e spintoni, nonché con colpi in varie parti del corpo; anche dopo la fine della convivenza (in data 31.08.2019), assumeva atteggiamenti aggressivi e minacciosi nei confronti della donna, anche a mezzo telefono, e in data 20.11.2019, compiva atti idonei diretti in modo non equivoco a costringere la Pa. a consegnargli la figlia minore, con violenza consistita nell'inseguire l'autovettura a bordo della quale la donna si trovava unitamente alla figlia, nel colpire la carrozzeria della predetta auto e nell'aprire lo sportello, non riuscendo nel proprio intento per cause indipendenti dalla propria volontà (pronta reazione della vittima che accelerava e riusciva ad allontanarsi, non essendo intenzionata a consegnargli la figlia, atteso che si era accorta che il prevenuto aveva assunto sostanze stupefacenti), Acc. In Lev erano sino all'agosto 2020, con permanenza Svolgimento del processo e motivi della decisione Con decreto emesso in data 15-10-2021, il G.U.P. presso questo Tribunale disponeva il giudizio ordinario a carico di Ra.Cr. in ordine ai reati a lui ascritti e in epigrafe indicati. SOSPENSIONE del PROCESSO e dei TERMINI di PRESCRIZIONE: ud. 12-4-2023 (segnatamente dal 12-4-2023 al 21-6-2023) All'udienza del 26-5-2.022, questo Tribunale, in composizione monocratica, rilevando che uno dei due reati ascritti all'imputato appartenesse alla cognizione del Tribunale in composizione collegiale, trasmetteva gli atti dinanzi a questo Collegio. All'udienza del 14-12-2022, dopo l'esposizione introduttiva delle parti, questo Collegio ammetteva i mezzi di prova indicati dal P.M. e dalla difesa dell'imputato; quindi, sul consenso delle parti, ex art. 493, co.3 c.p.p., venivano acquisite le dichiarazioni predibattimentali di Pa.An., di P.F. e di Ra.An. nonché le informative, comunicazioni, relazioni, annotazioni e atti relativi all'attività svolta dagli operanti di P.G.. Successivamente, all'udienza del 12-4-2023, attesa la diversa composizione del Collegio, il Tribunale ordinava la regressione del processo alla dichiarazione di apertura del dibattimento: il P.M. ed il difensore si riportavano alle precedenti richieste, il nuovo Collegio confermava la precedente ordinanza ammissiva di prova, ivi compresi gli accordi acquisitivi; si procedeva, quindi, al richiesto controesame difensivo di Pa.An.. Infine, all'udienza del 17-1-2024, questo Tribunale dichiarava chiusa l'istruzione dibattimentale e invitava le parti a formulare le conclusioni. All'esito del dibattimento - celebratosi in presenza dell'imputato - il P.M. e la difesa dell'imputato concludevano come da verbale in atti. Le risultanze dibattimentali consentono l'affermazione della penale responsabilità di Ra.Cr. in ordine al solo reato di cui all'art. 572 c.p., con le specificazioni di cui in dispositivo. Con riferimento ai contestati maltrattamenti in famiglia, Ra.Cr. è stato accusato di aver posto in essere, sino all'agosto 2020, nei confronti della compagna convivente Pa.An. e, alla presenza della figlia minorenne Ra.Fr. (nata nel (...)), una serie di alti lesivi dell'integrità psicofisica, dell'onore e del decoro. Muovendo dalle incisive e circostanziate dichiarazioni della persona offesa, sono emersi i fatti del presente procedimento. Segnatamente, dalle dichiarazioni di Pa.An., della cui credibilità questo Collegio non ha ragione di dubitare (né sotto il profilo oggettivo, attesa la precisione, coerenza e linearità delle sue dichiarazioni, né sotto il profilo soggettivo, non essendo emersi elementi - quali inimicizia pregressa o interessi in conflitto con l'imputato estranei all'oggetto del processo - idonei ad inquinare la genuinità delle dichiarazioni stesse), in occasione della presentazione dell'acquisita, sul consenso delle parti ex art. 493, co.3, c.p.p., querela e nel corso della deposizione resa durante l'istruttoria dibattimentale, è emerso che la Pa. medesima ebbe, a partire dall'anno 2004, una relazione sentimentale con Ra.Cr., odierno imputato, protrattasi sino al 31-8-2019, data del definitivo allontanamento del Ra. dall'abitazione ove egli conviveva con la persona offesa (cfr. acquisite dichiarazioni predibattimentali di Pa.An. nonché cfr , altresì, le precisazioni fomite dalla stessa all'udienza del 12-4-2023). Durante il periodo temporale appena indicato, la Pa. c il Ra. convissero stabilmente presso quella che fu l'abitazione della nonna della Pa. medesima, sita in L. (cfr. acquisite dichiarazioni predibattimentali di Pa.An. cit.). La relazione sentimentale tra la Pa. e il Ra., caratterizzata fin dal principio da animose discussioni, degenerò in virtù della condotta prevaricatrice realizzata dall'odierno imputato, il quale, senza alcun apparente motivo, cominciò a divenire quotidianamente sempre più aggressivo e violento nei confronti della Pa. (cfr. acquisite dichiarazioni predibattimentali di Pa.An. cit.). Invero, a partire dal luglio del 2017, il Ra. iniziò a porre in essere in danno della compagna una serie ripetuta e reiterata di violenze fisiche e verbali, alcune delle quali commesse in presenza della figlia minore, che non fecero altro che peggiorare la situazione presente all'interno delle mura domestiche (cfr. acquisite dichiarazioni predibattimentali di Pa.An. cit.). In particolare, nel luglio 2017, a seguito di un litigio, scaturito dalla decisione della Pa. di rimuovere dal proprio profilo "Facebook" il nome del Ra., quest'ultimo, dopo aver raggiunta la compagna nei pressi della stanza da letto ove la stessa si trovava con la figlia, proferì al suo indirizzo la seguente frase: "che cazzo hai fatto, rimetti subito il mio nome". Tale richiesta del Ra. non venne assecondata dalla Pa., al che l'odierno imputato colpì la propria compagna con un forte schiaffo sulla gamba. Il rumore dello schiaffo inferto fu talmente forte che la figlia della coppia si svegliò di soprassalto e la Pa., per compiacere il compagno, decise di rimettere il nome di quest'ultimo sul suo profilo social (cfr. acquisite dichiarazioni predibattimentali di Pa.An. cit.). Due mesi dopo, precisamente nel settembre 2017, la Pa., esausta delle scenate di gelosia, degli sbalzi di umore e del fatto che il compagno spesso tornava in casa ubriaco, maturò la decisione di interrompere la relazione sentimentale con il Ra.. Di fronte alla decisione maturata dalla Pa., il Ra. reagì con violenza, colpendo al volto la stessa con diversi schiaffi, salvo poi convincersi ad abbandonare l'abitazione. Tuttavia, prima di andar via, il Ra., alla presenza della figlia minore, prese una fotografia di grosse dimensioni appesa al muro e la gettò per terra frantumandone il vetro (cfr. acquisite dichiarazioni predibattimentali di Pa.An. cit. nonché cfr. le precisazioni rese dalla stessa all'udienza del 12.4.2023 cit.). Qualche giorno dopo l'interruzione della relazione sentimentale, vi fu un riavvicinamento tra la coppia e, il Ra. tornò a vivere con la Pa. (cfr. acquisite dichiarazioni predibattimentali di Pa.An. cit. ). Il clima di apparente serenità non durò molto in quanto l'odierno imputato, immediatamente ricominciò a porre in essere un atteggiamento aggressivo, finendo, in un'occasione, per colpire la propria compagna con ripetuti schiaffi al volto (cfr. acquisite dichiarazioni predibattimentali di Pa.An. cit.). Nei primi mesi del 2018, la convivenza tra la Pa. e il Ra. si interruppe nuovamente poiché il Ra. si trasferì, per motivi lavorativi, nel Nord Italia (cfr. acquisite dichiarazioni predibattimentali di Pa.An. cit.). Anche in tale occasione, l'allontanamento del Ra. fu breve poiché l'odierno imputato tornò in L. nel marzo 2018 (cfr. acquisite dichiarazioni predibattimentali di Pa.An. cit.). Dopo aver fatto ritorno in L., il 6-3-2018, a causa di un ennesimo litigio, il Ra. schiaffeggiò ripetutamente la Pa. (cfr. acquisite dichiarazioni predibattimentali di Pa.An. cit.). Nell'estate del 2018, dopo un'altra discussione, l'odierno imputato, in un primo momento, scagliò contro la Pa. il suo cellulare, non riuscendo a colpirla solo perché quest'ultima riuscì a schivare l'oggetto e, dopo, spintonò la Pa. medesima facendola cadere sul letto (cfr. acquisite dichiarazioni predibattimentali di Pa.An. cit.). Verso la fine del mese di dicembre del 2018, a seguito di una nuova discussione, scatenata dall'alterazione dello stato psico-fisico del Ra. eccepita dalla Pa., l'odierno imputato si rivolse nei confronti della compagna ingiuriandola con epiteti quali "puttana" e "troia" (cfr. acquisite dichiarazioni predibattimentali di Pa.An. cit.). Dopo tale episodio, la Pa. impose al Ra. di allontanarsi dall'abitazione (cfr. acquisite dichiarazioni predibattimentali di Pa.An. cit.). Tuttavia, il Ra., dopo aver accettato inizialmente la decisione della Pa., ritornò sui suoi passi chiedendo alla propria compagna di consentirgli l'accesso nell'abitazione (cfr. acquisite dichiarazioni predibattimentali di Pa.An. cit.). Tale richiesta non venne assecondata dalla Pa. e, di fronte al rifiuto opposto dalla medesima, il Ra. entrò nell'abitazione rompendo il vetro laterale del portoncino d'ingresso (cfr. acquisite dichiarazioni predibattimentali di Pa.An. cit.). Il 25-4-2019, dopo essere andati in un bar in compagnia di amici ed aver fatto rientro nell'abitazione, il Ra. insultò la Pa. con improperi del calibro di "sei una puttana, zoccola". Ciò per il semplice fatto che quest'ultima avesse indossato una maglietta che, a giudizio dell'imputato, era "troppo scollata" (cfr. acquisite dichiarazioni predibattimentali di Pa.An. cit.). Nel mentre il Ra. proferiva tali insulti, lo stesso con forza toglieva la maglietta indossata dalla Pa. e la buttò nel secchio della spazzatura (cfr. acquisite dichiarazioni predibattimentali di Pa.An. cit.). Il comportamento realizzato dal Ra. spinse la Pa. ad abbandonare l'abitazione e a rifugiarsi presso la casa della madre. Non appena la Pa. arrivò presso l'abitazione della madre, il Ra. la raggiunse. Sul posto giunse il fratello della Pa., F., il quale, allertato dalla madre, rimproverò il Ra. per l'atteggiamento dallo stesso posto in essere e convinse quest'ultimo ad allontanarsi (cfr. acquisite dichiarazioni predibattimentali di Pa.An. cit.; cfr., altresì, dichiarazioni predibattimentali di P.F., in atti). Successivamente, il ricovero della figlia in Ospedale fu il motivo per cui ci fu una nuova riappacificazione tra il Pa. e il Ra. (cfr. acquisite dichiarazioni predibattimentali di Pa.An. cit.). Tuttavia, il Ra. non si placò e, anzi, divenne sempre più violento e aggressivo. Nel luglio 2019, il Ra., dopo aver visto che la Pa., prima di recarsi in spiaggia, aveva indossato un costume del tipo "bikini", si rivolse alla propria compagna proferendo nei suoi riguardi la frase- "sei una puttana, mi vergogno ad uscire con te, non ti prendo a schiaffi perché c 'è la bambina" (cfr. acquisite dichiarazioni predibattimentali di Pa.An. cit.). Verso la fine dello stesso mese, il r., in stato di alterazione psico-fisica, aggredì con schiaffi e spintoni la Pa., la quale, stanca delle continue vessazioni patite, reagì all'aggressione in atto colpendo il volto del compagno con dei pugni (cfr. acquisite dichiarazioni predibattimentali di Pa.An. cit.). La reazione della Pa. non fece altro che innervosire di più il Ra., il quale continuò a malmenare la compagna con ancora più violenza cagionando alla Pa. medesima un'ecchimosi all'altezza dell'occhio sinistro, tant'è che lei stessa fu costretta nei giorni successivi, per evitare di far sapere ai propri parenti di essere stata percossa, a truccarsi con particolare cura in maniera tale da occultare il livido presento sul suo volto (cfr. acquisite dichiarazioni predibattimentali di Pa.An. cit.). Dopo questo violento episodio, la Pa. e il Ra. vennero raggiunti dalla madre di quest'ultimo (cfr. acquisite dichiarazioni predibattimentali di Pa.An. cit.). Tuttavia, nonostante la presenza della propria madre e della figlia, il Ra. continuò a percuotere la Pa. (cfr. acquisite dichiarazioni predibattimentali di Pa.An. cit.). A quel punto, la madre del Ra. chiamò la figlia, S., la quale una volta giunta nell'abitazione soccorse la Pa. che giaceva in terra "distrutta" dai dolori provocati dalle percosse a lei inflitte dal Ra. (cfr. acquisite dichiarazioni predibattimentali di Pa.An. cit.). Solo dopo che la situazione ritornò nell'alveo di un'apparente "normalità", la Pa., insieme alla cognata e alla figlia, si recò in un parco al fine di tranquillizzare la bambina che, suo malgrado, aveva assistito alla furia perpetrata dal padre (cfr acquisite dichiarazioni predibattimentali di Pa.An. cit.). Le violenze verbali proseguirono con regolarità anche nell'agosto del 2019, fino a raggiungere il loro apice il 31-8-2019 (cfr. acquisite dichiarazioni predibattimentali di Pa.An. cit.; nonché cfr. le precisazioni rese dalla stessa all'udienza del 12 - 4 - 2023 cit.). In particolare, il 31-8-2019, la Pa., dopo aver visto il Ra. in un evidente stato di alterazione psico-fisica, offrì al compagno la propria disponibilità ad aiutarlo proponendogli di sottoporsi ad un programma riabilitativo presso una struttura a ciò deputata (cfr. acquisite dichiarazioni predibattimentali di Pa.An. cit.). Tale offerta di aiuto non venne accolta dal Ra. e, anzi, costituì il pretesto utilizzato dall'odierno imputato per compiere l'ennesima azione violenta in danno della Pa. (cfr. acquisite dichiarazioni predibattimentali di Pa.An. cit.). In particolare, il Ra. si avvicinò minacciosamente al volto della Pa. e rivolse nei suoi confronti una serie di insulti coinvolgenti anche i genitori di quest'ultima con parole del tipo: "puttana, zoccola, tua madre è una zoccola, tuo padre è un bastardo e un coglione" (cfr. acquisite dichiarazioni predibattimentali di Pa.An. cit.). Gli insulti, proferiti anche nei riguardi del padre della Pa., deceduto qualche anno addietro, provocarono la reazione della persona offesa, la quale schiaffeggiò il compagno. Anche in questa circostanza, la reazione posta in essere dalla Pa. non fece altro che scatenare la furia violenta del Ra., il quale attinse la compagna con diversi colpi in vari punti del corpo (testa e volto). A quel punto, il Ra. si spostò verso la propria stanza da letto per fare le valigie e andarsene dall'abitazione. La Pa., dopo aver preso in braccio la figlia, raggiunse il Ra. e lo colpì con un quadretto contenente la fotografia del padre deceduto. Il Ra., colpito dal quadretto, percosse, a sua volta, il volto della Pa., finendo anche per colpire la bambina. La Pa., per tutelare la propria incolumità e quella della bambina, reagì nuovamente, colpendo con la cornice del quadro il volto del Ra. ferendolo, Nei pressi dell'abitazione sopraggiunsero la madre e la sorella del Ra., precedentemente allertata dalla Pa.. Nonostante la presenza dei propri congiunti, la furia ce l'ira del Ra. non si placarono. Tant'è che lo stesso Ra. continuò ad ingiuriare pesantemente la Pa. e i suoi familiari e riuscì, altresì, a colpire nuovamente la compagna. Nel mentre, la Pa. chiese alla madre e alla sorella del Ra. di chiamare i Carabinieri ma le due donne cercarono esclusivamente di tranquillizzare il Ra., senza, almeno in primo momento, riuscirci. Ciò in quanto il Ra. scaraventò sulla Pa. un piatto al cui interno vi era il cibo che lei stessa aveva preparato per la figlia. Subito dopo, solo l'intervento provvidenziale della madre e della sorella del Ra. impedì che la situazione degenerasse poiché l'odierno imputato cercò di afferrare una pentola contenente del sugo caldo per scagliarla addosso alla Pa. (" ...tentava di afferrare la pentola dove c'era il sugo ancora caldo ma venne bloccato dalla madre e dalla sorella") (cfr. acquisite dichiarazioni predibattimentali di Pa.An. cit.). A seguito di questo ennesimo litigio, la convivenza e la relazione sentimentale tra la Pa. e il Ra. cessò e, quest'ultimo, sempre il 31-8-2019, abbandonò definitivamente l'abitazione ove egli conviveva con la compagna e la figlia (cfr. acquisite dichiarazioni predibattimentali di Pa.An. cit.). Orbene, alla luce delle sopra esposte risultanze dibattimentali è pienamente provato che Ra.Cr. ha posto in essere, dal luglio 2017 e fino al 31-8-2019 (data del definitivo allontanamento del Ra. dall'abitazione dell'odierna persona offesa), in maniera pressoché quotidiana, varie condotte di sopraffazione e aggressione morale e fisica ai danni di Pa.An., creando, all'interno della abitazione, un sistema vessatorio, accompagnato dalla volontà di svilire totalmente la di lui ex compagna. Tale conclusione si basa principalmente sulle incontrovertibili dichiarazioni predibattimentali - acquisite sul consenso delle parti ex art. 493, co.3, c.p.p. - di Pa.An., con le precisazioni dalla stessa fomite in dibattimento dinanzi a questo Collegio, la quale ha reso un racconto dei fatti certamente ex se attendibile. In particolare, la Pa., m maniera del tutto coerente e logica, ha descritto con dovizia di particolari le aggressioni verbali e fisiche poste in essere nei suoi confronti dal Ra., in tutto l'arco temporale sopra indicato e, tali da aver creato all'interno dell'abitazione familiare un clima di costante soggezione e prostrazione che ha reso la convivenza tra lei c il Ra. insostenibile. Segnatamente, la persona offesa ha ricostruito in maniera lucida e analitica, ripercorrendo cronologicamente le varie tappe del trattamento vessatorio da lei abitualmente subito a partire dal luglio 2017, e consistente, come sopra indicato e illustrato, in plurime e reiterate mortificazioni sia verbali ("troia", "puttana", "zoccola"), alcune delle quali indirizzate nei confronti dei genitori della stessa vittima (insulti, peraltro, pronunciati anche nei riguardi del padre deceduto della P.), sia fisiche, sfocianti per lo più in vere e proprie percosse (gli schiaffi e i pugni inferti dall'imputato sul volto e sulla gamba della vittima, che hanno costretto quest'ultima, in una specifica occasione, a truccarsi vistosamente per evitare che i propri familiari si accorgessero delle percosse subite). Di fronte a tali abituali e sistematiche condotte di sopraffazione, la stessa Pa. ha cercato, dapprima, esclusivamente per amore della propria bambina e per mantenere unita la propria famiglia, di tollerare silenziosamente le angherie subite (come dimostrano le sopra riportate riappacificazioni con il compagno), salvo, poi, stanca delle vessazioni patite per circa due anni, decidere di reagire fisicamente alle aggressioni realizzate dal Ra.. Reazioni che, però, anziché far desistere il Ra. nella perpetrazione della sua condotta prevaricatrice, spinsero l'odierno imputato a replicare con maggiore furia e impeto, tanto da aver colpito la compagna anche quando ella aveva in braccio la figlia. Fu proprio a seguito dell'ultima aggressione, avvenuta, come specificato dalla vittima, il 31 - 8-2019, che la Pa., dopo un tentativo di sopportazione durato circa due anni, divenuto il rapporto con il Ra. ormai insostenibile, decise di porre fine alla propria relazione sentimentale ed allontanò da sé il compagno. Alla luce di tali circostanze, estremamente sofferta e coraggiosa appare la decisione della vittima di sporgere formale querela contro il Ra. raccontando tutte le angherie da lei subite c ciò non fa altro che rafforzare decisamente il pieno e sicuro giudizio di attendibilità già espresso nei suoi confronti. Quanto narrato dalla Pa. trova un'importante conferma nel comportamento posto in essere dal Ra., una volta cessata la relazione sentimentale. Invero, sebbene la stessa Pa. abbia escluso che il Ra., una volta cessata la relazione sentimentale, si sia comportato in maniera violenta nei suoi confronti, non può che evidenziarsi come l'odierno imputato, subito dopo la fine della convivenza. 1) da un lato, abbia indirizzato nei riguardi della ex compagna una serie di insulti, come dimostrato dal tenore testuale di alcuni sms inviati dal Ra. alla Pa., con cui l'odierno ha apostrofato la persona offesa quale "merda" o "che facce da puttane che hai" e ancora "zoccola" (cfr. documentazione prodotta dalla pubblica accusa, in atti); 2) dall'altro lato, abbia continuato ad avere nei suoi confronti un atteggiamento estremamente possessivo e di controllo, tant'è che lo stesso Ra., il 1-12-2019, personalmente contattò Ra.An., per chiedere di rimuovere dal proprio profilo social network "Facebook" un video ritraente la Pa. medesima (cfr. acquisite dichiarazioni predibattimentali di Pa.An.; nonché cfr , altresì, dichiarazioni predibattimentali di Ra.An., in atti). Orbene, tali comportamenti non sono altro che lo specchio della totale mancanza di rispetto ed assenza di considerazione serbata dall'odierno imputato nei confronti della vittima, anche dopo la cessazione della loro relazione sentimentale. Tanto chiarito in ordine alla responsabilità dell'odierno imputato in ordine al delitto di maltrattamenti contro familiari e conviventi, occorre, invece, giungere ad opposte conclusioni circa il reato di cui agli artt.56-610 c.p. contestato a Ra.Cr.. Con riferimento al contestato tentativo di violenza privata, secondo l'editto accusatorio Ra.Cr. avrebbe, in data 20-11-2019, compiuto atti idonei diretti in modo non equivoco a costringere la Pa. a consegnargli la figlia minore., con violenza consistita nel l'inseguire l'autovettura a bordo della quale si trovava la Pa. medesima con la figlia, non riuscendo nel suo intento esclusivamente per la reazione della vittima stessa che riusciva ad allontanarsi, non essendo intenzionata a consegnargli la figlia. Ed invero, con riferimento al tentativo di violenza privata contestato dalla pubblica accusa, la già menzionata Pa.An. ha dichiarato che: -il 20-11-2019 chiese al Ra. se egli potesse tenere con sé la bambina poiché ella doveva lavorare (cfr. acquisite dichiarazioni predibattimentali di Pa.An. cit.); -nella data sopra citata, dopo aver ricevuto la disponibilità del Ra. a tenere con sé la figlia, ella si recò nei pressi dell'abitazione dei genitori del Ra. per affidargli la bambina (cfr. acquisite dichiarazioni predibattimentali di Pa.An. cit.); -appena giunta nei pressi dell'abitazione del Ra., notò in quest'ultimo "qualcosa di strano" (cfr. acquisite dichiarazioni predibattimentali di Pa.An. cit.); -nonostante ciò, scese dalla propria autovettura con in mano "Za macchinetta dell'aerosol", per consegnarla al Ra. comunicandogli che lui l'avrebbe dovuta utilizzare per somministrare alla figlia un farmaco (cfr. acquisite dichiarazioni predibattimentali di Pa.An. cit.); -al che, ella ricevette in risposta le rimostranze infastidite del Ra., avvicinandosi al quale la Pa. ebbe la conferma della poca lucidità dell'ex compagno, decidendo, quindi, di rientrare nella propria autovettura per raggiungere con la figlia la dimora della propria madre (cfr. acquisite dichiarazioni predibattimentali di Pa.An. cit.); -una volta entrata nell'autovettura, il Ra. la inseguì per qualche metro, riuscendo anche ad assestare un colpo alla carrozzeria dell'autovettura e ad aprire lo sportello della macchina (cfr. acquisite dichiarazioni predibattimentali di Pa.An. cit.); -a quel punto, terrorizzata, riuscì ad accelerare e si allontanò definitivamente dal Ra. (cfr. acquisite dichiarazioni predibattimentali di Pa.An. cit.); Orbene, da quanto sopra ricostruito e raccontato dalla Pa. medesima, non può di certo ritenersi provato al di là di ogni ragionevole dubbio l'obbiettivo del Ra. di costringere la ex compagna a consegnargli la figlia minore. Ciò in quanto - al contrario - fu proprio la Pa. che, dopo aver contattato il Ra. e chiesto se egli potesse tenere con sé la figlia poiché lei stessa doveva lavorare, portò la bambina dal Ra. medesimo per affidargliela temporaneamente. Sicché, tutto ciò che accadde in un secondo momento, dalla reazione infastidita del Ra. al ripensamento ed allontanamento della Pa., poi brevemente inseguita, ben può inscriversi come vicenda autonoma, slegata dalla consegna della minore: in altre parole, in difetto di intimazioni in tal senso del Ra. (che - nell'occasione - non risulta aver mai rivendicato o insistito per la consegna della bimba), non v'è prova che egli abbia inseguito la Pa. al fine di prendere la figlia, piuttosto che (per esempio) al solo fine di perpetrare in danno della ex compagna un nuovo ed ennesimo atto di violenza. Pertanto, con riferimento al contestato delitto di cui agli artt.56-610 c.p. ne deriva l'assoluzione del prevenuto con la formula di cui in dispositivo Alla luce di tale ricostruzione, in fatto, della vicenda, si appalesano perfettamente integrati in diritto, da parte di Ra.Cr., tutti gli elementi costitutivi del solo reato di cui all'art.572, co.1 c.p., in relazione al previgente art.61 n.11 quinquies c.p., limitatamente al periodo sino al 31-8-2019. Preliminarmente, si osserva che il delitto di maltrattamenti contro familiari e conviventi viene contestato "sino all'agosto 2020". Tuttavia, dalle sopra indicate dichiarazioni predibattimentali (acquisite ex art. 493, co.3, c.p.p.) e dalle precisazioni fomite in dibattimento dalla persona offesa, è emerso che la convivenza tra quest'ultima e l'odierno imputato sia cessata il 31-8-2019, data in cui Ra.Cr. ha posto in essere l'ultimo atto delle serie di aggressioni fisiche e morali lesive dell'integrità morale e fisica, della libertà e del decoro della compagna convivente, iniziate nel luglio del 2017 e protrattesi fino alla data sopra indicata. Quindi, i fatti per cui oggi si procede sono quelli intercorrenti tra il luglio del 2017 e il 31-82019. Tale premessa sul c.d. tempus commissi delicti del caso in esame, già di per sé necessaria ai fini del corretto inquadramento cronologico dei fatti, appare tanto più doverosa in quanto il Legislatore con la L. n. 69 del 2019, entrata in vigore il 9 agosto del 2019, in relazione all'art. 572 c.p., ha aumentato il minimo e il massimo edittale (rispettivamente passati da due a tre anni e da sei a sette anni) e ha inserito nella stessa disposizione un nuovo comma (il co.2), prevedendo una circostanza aggravante configurabile nell'ipotesi in cui i maltrattamenti vengano commessi "in presenza o in danno" di alcuni soggetti, tra cui una "persona minore". Contestualmente, la riforma de quo ha espunto dall'art.61 n.11 quinquies c.p. (disposizione che fa conseguire, per alcuni delitti, un aumento sanzionatorio nel caso in cui il fatto sia commesso, tra l'altro, in danno di un minore di anni diciotto) il riferimento al delitto "di maltrattamenti contro familiari e conviventi", originariamente presente nel testo dello stesso n. 11 quinquies dell'art. 61 c.p.. Orbene, ciò premesso, questo Collegio osserva come l'odierno imputato abbia compiuto segmenti di condotte abituali autosufficienti ad integrare il delitto di cui all'art. 572 c.p. sia prima sia dopo l'entrata in vigore della legge modificativa sfavorevole sopravvenuta. Invero, il Ra. ha compiuto condotte vessatorie, iniziate nel luglio 2017 e protrattesi anche nel segmento temporale intercorrente tra il 9-8-2019 (data dell'entrata in vigore della L. n. 69 del 2009) e il 31-8-2019 (data del definitivo allontanamento del Ra. dall'abitazione ove egli conviveva con la persona offesa e con la figlia minorenne). La realizzazione di condotte vessatorie nel segmento temporale appena indicato (ovvero quello intercorrente tra il 9-8-2019 e il 31-8-2019) è di per sé sufficiente per integrare il requisito dell'abitualità, elemento necessario ai fini della configurabilità del delitto di "maltrattamenti contro familiari e conviventi". Sicché, attesa l'unitarietà del reato realizzato dall'odierno imputato, la cornice edittale entro cui individuare la pena da irrogare nei suoi confronti sarà quella determinata dalla norma sotto la cui vigenza il reato si è consumato, cioè quella più sfavorevole in vigore post-riforma del 2019. Al contrario, non può trovare applicazione la circostanza aggravante di cui all'art. 572 co.2 c.p. in quanto, dalle sopra illustrate evidenze è emerso che, dopo l'entrata in vigore della L. n. 69 del 2009, la figlia minorenne ha assistito ad un solo e unico episodio vessatorio, ovvero la più volte citata aggressione avvenuta il 31-8-2019. In conseguenza di ciò, si ritiene non configurabile l'aggravante ex art. 572, co.2, c.p. (inserita dal legislatore con la L. n. 69 del 2019) bensì quella di cui all'art. 61, n. 11 quinquies c.p., nella sua previgente formulazione. Tanto chiarito, nel caso oggetto del presente procedimento si è senz'altro in presenza di una serie di atti lesivi dell'integrità morale e fisica, della libertà e del decoro di Pa.An., posti in essere con coscienza e volontà dall'imputato, dal luglio 2017 al 31-8-2019, in modo tale da rendere abitualmente dolorose e mortificanti la relazione tra questi e la vittima, nella consapevolezza dell'idoneità di tali atti lesivi a produrre costante sofferenza. L'elemento oggettivo della fattispecie risulta integrato in modo chiaro e inequivoco, in quanto dall'istruttoria dibattimentale sono emerse le costanti aggressioni fisiche (schiaffi e pugni) nonché le persistenti vessazioni di ogni genere (insulti), poste in essere dal Ra. e tali da dipingere un quadro di sopraffazione sistematica e continua a cui fu sottoposta per tutto l'arco temporale sopra indicato la persona offesa. Anche l'elemento soggettivo del reato di cui all'art. 572 c.p. risulta pienamente integrato, in quanto le condotte vessatorie sono state realizzate dall'odierno imputato con la volontà e con la consapevolezza che tali suoi atteggiamenti avrebbero causato una costante sofferenza nella persona offesa, non essendo, al contrario, le azioni da lui realizzate frutto di volizioni episodiche. Parimenti, risulta pienamente integrata la circostanza aggravante di cui all'art. 61 n 11 quinquies poiché alcune delle aggressioni fisiche e verbali realizzate dall'odierno imputato nel periodo temporale indicato (2017-31.8.2019) sono state realizzate in presenza della figlia minorenne (soggetto nato nell'anno (...)). L'aggravante de quo deve ritenersi equivalente alle circostanze attenuanti generiche, riconosciute all'imputato in ragione del suo buon comportamento processuale integrato dall'aver favorito una rapida istruttoria mediante consenso - espresso tramite difensore - all'acquisizione di atti d'Indagine. Pertanto, questo Giudice, tenuto conto dei criteri dettati dall'art. 133 c.p., stima equo infliggere a Ra.Cr. la pena di anni 3 di reclusione. Conseguono da tale decisione la condanna al pagamento delle spese processuali nonché l'interdizione del Ra. dai pubblici uffici per anni cinque. P.Q.M. Visti gli artt. 533 e 535 c.p.p., dichiara Ra.Cr. colpevole del reato di cui all'art. 572 co. 1 e 2 c.p., in relazione al previgente art.61 n.11 quinquies c.p., limitatamente al periodo sino al 31-8-2019 e, riconosciute le circostanze attenuanti generiche equivalenti alla contestata aggravante, lo condanna alla pena di anni tre di reclusione, oltre che al pagamento delle spese processuali. Visto l'art. 29 c.p., dichiara il Ra. interdetto dai pubblici uffici per anni cinque. Visto l'art. 530 c.p.p.. assolve il Ra. dal reato di cui all'art. 56-610 c.p. perché il fatto non sussiste. Fissa il termine di giorni sessanta per il deposito della motivazione. Così deciso in Lecce il 17 gennaio 2024. Depositata in Cancelleria il 20 febbraio 2024.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia Lecce - Sezione Prima ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 1517 del 2021, integrato da motivi aggiunti, proposto da Mi. Zi., rappresentata e difesa dall'avvocato Ma. D'Ar., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; contro Provincia di Taranto, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Mi. Tr., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; per l'annullamento Per quanto riguarda il ricorso introduttivo: del provvedimento prot. n. (…) del 22.07.21 (parere sfavorevole di valutazione di incidenza ambientale) e del provvedimento prot. n. (…) del 02.07.21 (preavviso ex art. 10bis l. 241/1990) relativamente all’intervento edilizio in agro di Ma. Fr., località Lu., Foglio di Mappa (…), particella (…), zona agricolo-residenziale, ZSC MURGIA SUD EST. Per quanto riguarda i motivi aggiunti presentati da Zi. Mi. il 9/2/2023: del provvedimento di riesame emesso il 12.12.2022 Prot. N. (…) dal 5° Settore Pianificazione e Ambiente – Servizio di Valutazione di Incidenza Ambientale - comunicato a mezzo pec in pari data. Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio di Provincia di Taranto; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 7 febbraio 2024 la dott.ssa Daniela Rossi e uditi per le parti i difensori come da verbale; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO e DIRITTO La sig.ra Zi. Mi. ha agito, dinanzi a questo T.A.R., per l’annullamento, previa sospensione dell’efficacia, del provvedimento, prot. n. (…), del 22.07.2021 con cui la Provincia di Taranto ha espresso parere di Valutazione di Incidenza Ambientale sfavorevole per l’intervento di “realizzazione di un fabbricato ad uso agricolo residenziale” in agro del Comune di Ma. Fr. loc. Lu.- fg. Di mappa (…), p.lla (…) - pratica edilizia n. (…); e di ogni altro atto presupposto, connesso e consequenziale, ivi incluso il preavviso di diniego, ex art. 10 bis della L. 6 agosto 1990, n. 241, prot. n. (…) del 02.07.2021. A sostegno del gravame, ha proposto i seguenti motivi. 1) violazione di legge-violazione dell’art. 7, Legge n. 241/1990 e del principio di buon andamento della Pubblica Amministrazione sancito dall’art. 97, comma 2, Costituzione. 2)violazione di legge ed eccesso di potere per perplessità del provvedimento, sviamento, carenza dei presupposti id fatto e di diritto e motivazione insufficiente e/o apparente. 3)eccesso di potere per vizio di istruttoria, violazione di legge con riferimento alla Direttiva 92/43/CEE “Habitat” ed alla normativa italiana e regionale di recepimento- Eccesso di potere per difetto ovvero contraddittorietà di motivazione, disparità di trattamento. La Provincia di Taranto, in data 09.11.2021, si è costituita in giudizio, per resistere al ricorso. All’esito della camera di consiglio del 24.11.2021, questo T.A.R., con ordinanza n. 684 del 27.11.2021 ha accolto l’istanza cautelare proposta, sospendendo l’efficacia dell’impugnato parere, con l’ordine all’Amministrazione di riesaminare il progetto presentato. L’Amministrazione provinciale, nel rivalutare il progetto presentato, con la determinazione del 12.12.2022, prot. n. (…), ha confermato l’esito sfavorevole di valutazione di incidenza ambientale già espresso con il provvedimento gravato con il ricorso introduttivo. Avverso quest’ultima determinazione la ricorrente ha proposto motivi aggiunti, notificati e depositati in data 09.02.2023, reiterando, i vizi motivazionali ed istruttori già rilevati con il ricorso introduttivo. All’esito della camera di consiglio del 08.03.2023, questo T.A.R., con ordinanza n. 136 del 10.03.2023, ha provveduto, a norma dell’art. 55, comma 10, c.p.a., alla sollecita fissazione dell’udienza di trattazione del merito. All’udienza pubblica del 07.02.2024 la causa è stata introitata in decisione. La vicenda in esame inerisce al parere di valutazione di incidenza ambientale sfavorevole espresso dalla Provincia di Taranto con riferimento all’intervento di “realizzazione di un fabbricato ad uso agricolo residenziale” in agro loc. Lu. del Co. edi Ma. Fr. fg- (…), p.lla (…), presentato dalla ricorrente -pratica edilizia (…). L’impugnato parere - prot. n. (…) del 22.07.2021- è così motivato: “…Dalla documentazione agli atti si evince che l’area di intervento ricade in agro di Ma. Fr., al foglio di mappa (…), p.lla (…), in zona tipizzata dal vigente strumento urbanistico come zona Agricola Residenziale F2/2; è inclusa nella ZSC “Murgia di Sud-Est” codice (…). Nell’approvato PPTR ricade nei seguenti ocntesti:6.2.2. Componenti delle aree protette e dei siti naturalistici UPC Aree a rilevanza naturalistica (rete natura 2000); 6.3.1 Componenti culturali e insediative: BP Immobili ed aree di notevole interesse pubblico; UPC Paesaggi rurali; Ambito paesaggistico: Murgia dei trulli….. Considerato che l’intervento per quanto rappresentato al punto precedente risulta in contrasto con il regolamento del Piano di Gestione della ZSC “Murgia di sud-est” e con le finalità di tutela di habitat e habitat di specie di interesse comunitario prevista dalla Direttiva Habitat 92/43&CEE e dalla Rete Natura 2000….. Tutto ciò premesso, relativamente alle osservazioni presentate si riscontra quanto segue: 1)Le motivazioni addotte da codesto Ente Provinciale sono contraddittorie e inverosimili, nella misura in cui lamentano il mancato utilizzo agricolo dell’area, ma nel contempo richiamano il divieto di effettuare la conversione delle aree coperte da vegetazione naturale in aree coltivaste (ex DGR 432/2016). Di fatto l’ufficio scrivente non “lamenta” il mancato utilizzo agricolo ma lo rileva come dato di fatto considerata la presenza sul lotto di vegetazione spontanea (vegetazione erbacea su matrice rocciosa affiorante riconducibile ad habitat pseudosteppici, in alcune zone con presenza di vegetazione arbustiva a macchia /gariga), rilevabile sia dalla documentazione fotografica prodotta nell’ambito della procedura di Valutazione d’incidenza - fase di screening prot. prov.le (…) del 16/6/2015, sai dalle ortofoto Sit-Puglia2006-2010-2011-2013-2015, sia dalle cartografie allegate al Piano di Gestione della ZSC “Murgia di Sud-Est”, approvato con DGR 432 del 06/04/2016 e sia confermato dalla DGR n. 2442 /2018; 2) 2)Vista la documentazione fotografica in atti e l’elaborato di”studio vegetazionale e fitosociologico” dell’area, non si comprende in cosa effettivamente l’intervento in questione contrasti con la richiamata DGR 432/2016 e suo Regolamento, ovvero la Direttiva 92/43/CEE. Mentre fuorviante ed illegittimo appare il richiamo della DGR n. 2442 del 21 dicembre 2018, addirittura successiva all’acquisizione dell’ultima documentazione (2018). Come già indicato nella precedente nota prot. (…) del 02/07/21, la documentazione fotografica allegata alla suddetta Relazione vegetazionale e relativa al sopralluogo del 01/10/2015, mostra effettivamente un terreno sottoposto ad una lavorazione superficiale (es. fresatura) che ha comportato la rimozione della copertura spontanea erbacea presente da tempo sul lotto in esame come esposto nel punto precedente, comportando pertanto l’alterazione dello stato dei luoghi . Relativamente al DGR n. 2442 del 21 dicembre 2018, questa non fa altro che confermare quanto già rilevato sullo stato dei luoghi sia dalla documentazione fotografica prodotta nell’ambito della procedura di Valutazione d’incidenza- fase di screening, prot. prov.le (…) del 16/06/2015, sia nel parere di Valutazione d’incidenza- fase di screening, prot. prov.le n. (…) del 26&02/2016, sia dalle ortofoto Sit-Puglia 2006-2010-2011-2013-2015, sia dalle cartografie allegate al Piano di Gestione della ZSC “Murgia Sud-Est”, approvato ocn DGR 432 del 06/04/2016. 3)è stato del tutto omesso il riferimento all’autorizzazione paesaggistica rilasciata dal Comune di Ma. Fr. don Determina 636 del 13/09/2017 sulla base del parere favorevole e vincolante della Soprintendenza (che imponeva la salvaguardia della vegetazione presente lungo i confini particellari) In merito a quanto sopra appare superfluo specificare che gli altri pareri acquisiti e dovuti per legge fanno riferimento a normative diverse da quella della Valutazione d’Incidenza prevista per la Rete Natura 2000. Ogni normativa si propone di tutelare aspetti ambientali diversi, nello specifico la Rete Natura 2000 nasce a tutela degli habitat e specie di interesse comunitario e degli habitat di specie faunistiche, Non si spiegherebbe la necessità di acquisire pareri diversi se fossero dei meri duplicati…. Ritenendo che l’intervento sia in contrasto con quanto previsto dal Regolamento del Piano di Gestione della ZSC “Murgia di Sud-Est”, così come argomentato nella nota di questo ufficio, prot. prov.le (…) del 02/07/2021; Si esprime parere di Valutazione di Incidenza Ambientale sfavorevole per l’intervento in oggetto” All’esito del riesame ordinato da questo T.A.R, la Provincia di Taranto ha riesaminato l’istanza presentata da parte ricorrente, giungendo alle seguenti conclusioni: …Ricapitolando, la presenza sul lotto di vegetazione spontanea (vegetazione erbacea su matrice rocciosa affiorante, riconducibile ad habitat pseudosteppici, in alcune zone con presenza di vegetazione arbustiva a macchia /gariga) risulta rilevabile: dalla documentazione fotografica prodotta nell’ambito della procedura di Valutazione d’incidenza - fase di screening, prot. prov.le (…) del 16/06/2015 dalle ortofoto Sit-Puglia 2006-2010-2011-2013-2015 e dalle cartografie allegate al Piano di Gestione della ZSC “Murgia di Sud-Est” approvato con DGR 432 del 06/04/2016; dalle cartografie allegate alla DGR n. 2442/2018 “Rete Natura 2000. Individuazione di Habitat e Specie vegetali e animali di interesse comunitario nella regione Puglia”: la particella d’intervento risulta investita dall’habitat 62Ao “Formazione erbose secche della regione submediterranea orientale (Scorzoneratalia villosae); dalla carta d’uso de Suolo Corine Land Cover 2006 e nel relativo aggiornamento 2011, l’area in esame risulta cartografata come “area a pascolo naturale, praterie, incolti” Codice 321 (Fonte Portale Sit Puglia). Una modifica dello stato dei luoghi è avvenuta nell’anno 2015, ovvero tra la presentazione della istanza di Valutazione d’Incidenza- fase di Screening (prot. prov.le (…) del 16/06/2015) e la presentazione della documentazione di Valutazione d’Incidenza - fase Appropriata (prot. (…) del 22/07/2016); in effetti dalla documentazione fotografica prodotta nell’ambito della Valutazione- fase Appropriata, a seguito di sopralluogo effettuato in data 01/10/2015 da parte del tecnico incaricato per la relazione vegetazionale (foto 2), si rileva un terreno sottoposto ad una lavorazione superficiale (es. fresatura) che ha comportato la rimozione della copertura spontanea erbacea instauratasi nel tempo a causa della mancata coltivazione del fondo, così come rilevabile dalla documentazione fotografica prodotta nell’ambito della procedura di Valutazione d’incidenza - fase di screening, prot. prov.le (…) del 16&06/2015 (foto 1; del resto le stesse ortofoto Sit-Puglia 2006-2010-2011-2013-2015 mostrano, come già sopra relazionato, un lotto che si inserisce in una più vasta area a mosaico, caratterizzata dalla presenza di vegetazione erbacea su matrice rocciosa affiorante, riconducibile ad habitat pseudosteppici, in alcune zone con presenza di vegetazione arbustiva a macchia / gariga. La rimozione della vegetazione oggetto di tutela (area a pascolo/habitat di interesse comunitario), avvenuta tra l’altro senza preventiva acquisizione del parere di Valutazione d’Incidenza e comunque in contrasto con le normative vigenti, non può oggi legittimare interventi che sarebbero risultati in contrasto con le finalità di tutela di habitat e habitat di specie di interesse comunitario prevista dalla Direttiva Habitat 92/43/CEE e dalla Rete Natura 2000. In merito alla circostanza che l’intervento di che trattasi abbia conseguito parere favorevole da parte della Soprintendenza e l’autorizzazione paesaggistica, si ribadisce che gli altri pareri acquisiti e dovuti per legge fanno riferimento a normative diverse da quella della Valutazione d’Incidenza prevista per la Rete Natura 2000. Ogni normativa si propone di tutelare aspetti ambientali diversi, nello specifico la Rete Natura 2000 nasce a tutela e specie di interesse comunitario e degli habitat di specie faunistiche. Non si spiegherebbe la necessità di acquisire pareri diversi se fossero dei meri duplicati. Sulla base delle considerazioni tutte richiamate, la Provincia di Taranto ha confermato l’esito sfavorevole di Valutazione d’Incidenza già espresso. Tale provvedimento è stato gravato con atto di motivi aggiunti. Ciò posto, nel merito è possibile procedere con l’esame congiunto - per identità delle doglianze proposte - del ricorso introduttivo e dei motivi aggiunti. Infondato è il primo motivo di gravame con cui parte ricorrente si duole della violazione dei tempi procedimentali, la violazione dell’art. 7 l. 241/1990 e del principio del buon andamento della PA sancito dall’art. 97, comma 2, cost. In assenza - come nella specie - di una norma che qualifichi come perentorio il termine di conclusione del procedimento il suo superamento, per ciò solo, non è motivo di illegittimità della determinazione adottata, sia pur tardivamente. Ciò anche in considerazione della possibilità per il privato di attivare i rimedi previsti dal legislatore avverso l’inerzia dell’amministrazione. È evidente nella specie, come già rilevato dal Collegio in sede cautelare, il ritardo con cui la Provincia di Taranto ha reso il contestato parere e la sua successiva conferma. Ciò in ogni caso, per le ragioni sopra dette - non può giustificare l’illegittimità delle gravate determinazioni. Sul vizio motivazionale sollevati con i restanti due motivi - che per evidenti affinità contenutistiche possono esaminarsi congiuntamente - si deduce quanto segue. La giurisprudenza, in maniera costante, ha avuto modo di ricordare che: “la valutazione di incidenza ambientale (cd. “Vinca”), similmente alla valutazione di impatto ambientale (Via), si caratterizza quale giudizio di ampia discrezionalità oltre che di tipo tecnico, anche amministrativa, sul piano dell’apprezzamento degli interessi pubblici in rilievo e della loro ponderazione rispetto all’interesse all’esecuzione dell’opera (T.a.r. Calabria - Catanzaro n. 2057/2016; T.a.r. Umbria, 7 novembre 2013, n. 515; per la VIA cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, 22 giugno 2009, n. 4206; Cons. Stato., Sez. V, 21 novembre 2007, n. 5910; Cons. Stato, Sez. VI, 17 maggio 2006, n. 2851; Cons. Stato, Sez. IV, 22 luglio 2005, n. 3917). Il sindacato del giudice amministrativo, di conseguenza, è limitato alla manifesta illogicità, incongruità, travisamento o macroscopici difetti di motivazione o di istruttoria (Cons. Stato, Sez. V, 21 novembre 2007, n. 5910; Cons. Stato, Sez. IV, 17 settembre 2013, n. 4611; T.a.r. Puglia - Lecce, Sez. I, 26 gennaio 2011, n. 135; T.a.r. Toscana, Sez. II, 20 aprile 2010, n. 986), diversamente ricadendosi in un inammissibile riesame nel merito con sostituzione della valutazione giudiziale a quella affidata dal legislatore all'amministrazione» (T.a.r. Calabria Catanzaro, I, 19 luglio 2019, n. 1455; cfr. anche, tra le più recenti, T.a.r. Puglia Bari, II, 18 gennaio 2022, n. 95; Consiglio di Stato, IV, 2 luglio 2021, n. 5078). È evidente, pertanto, alla luce degli orientamenti giurisprudenziali richiamati, come l’apprezzamento dell’amministrazione preposta alla tutela dell’habitat ambientale è sindacabile in sede giudiziale, solo sotto il profilo della manifesta illogicità, incongruità, della motivazione anche alla luce di una istruttoria incompleta. Nel caso in esame, il Collegio non ravvisa alcun difetto di motivazione. Le contestazioni sollevate da parte ricorrente, infatti, non sono idonee a dimostrare che il parere e la sua conferma fossero affetti da vizi di manifesta illogicità, incongruità, travisamento o macroscopici difetti di istruttoria. I rilievi, poi, formulati dalla ricorrente in ordine all’asserita coltivazione ed alla mancata alterazione dello stato dei luoghi, a fronte dell’incontestato inserimento del lotto di cui trattasi in un’area/ habitat di interesse comunitario, sono mere asserzioni difensive prive di riscontro probatorio. Neppure può ritenersi - come sostenuto in tesi attorea - che la preventiva acquisizione del parere favorevole della Soprintendenza e dell’autorizzazione paesaggistica avrebbero dovuto condurre il procedimento ad altro e diverso esito. Ciò in quanto, come rilevato in parte motiva dei gravati pareri, diverse sono le valutazioni, alla luce delle normative di riferimento, che i singoli enti sono deputati ad eseguire. Prive di pregio sono anche le contestazioni in punto di omessa istruttoria. La comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza della ricorrente del preavviso di diniego ha consentito alla sig.ra Zi. Mi. di contraddire con l’amministrazione provinciale. La stessa, infatti, ha presentato osservazioni di cui l’Ente ha tenuto conto - confutandole ad una ad una - nella motivazione del provvedimento finale. Né parte ricorrente ha individuato quali sarebbero state le eventuali ulteriori osservazioni diverse da quelle oggetto di confutazione, che avrebbero dovuto essere approfondite in sede istruttoria. In conclusione, per le considerazioni che precedono il ricorso deve essere respinto. Sussistono, in ogni caso, giustificate ragioni (tra cui la peculiarità delle questioni trattate) per compensare tra le parti le spese del giudizio. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia - Sezione Prima di Lecce, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge. Spese compensate. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Lecce nella camera di consiglio del giorno 7 febbraio 2024 con l'intervento dei magistrati: Antonio Pasca, Presidente Roberto Michele Palmieri, Consigliere Daniela Rossi, Referendario, Estensore
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale di Lecce, Seconda Sezione Penale, in composizione monocratica, in persona del dott. Luca Scuzzarella, alla pubblica udienza del 31 gennaio 2024, ha pronunciato la seguente SENTENZA nei confronti di Sa.Ab., nato il (...) a B. (B. F.) e residente a L. (P.), in via G., n. 76, elettivamente domiciliato presso lo studio del difensore di fiducia, detenuto per altra causa, rinunciante a comparire. Difeso di fiducia dall'avvocato Sa.CE. del foro di Lecce, presente. IMPUTATO VEDI ALLEGATO IMPUTATO del reato di cui all'art. 81 e 385 c.p., poiché, con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, essendo sottoposto al regime degli arresti domiciliari in N., Via S., 32, disposto nei suoi confronti dal Tribunale di Lecce con Ordinanza n. 12707/16 r.g.n.r. e n. 8821/1 6 Reg. Gip. Del 23.11.2016, se ne allontanava senza autorizzazione; Acc. in Nardò, il 21 gennaio e 8 febbraio 2017 Con l'intervento del P.M. dott.ssa Da.PA. - V.P.O. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE Con decreto di citazione emesso in data 30.4.2021 dalla locale Procura della Repubblica Sa.Ab., in atti generalizzato veniva tratto a giudizio innanzi al Tribunale di Lecce in composizione monocratica, per rispondere dei reati di evasione descritti in epigrafe. L'imputato, detenuto per altra causa, non compariva in giudizio alle udienze del 18 gennaio e 20 settembre 2023 ove veniva rilevato il suo legittimo impedimento. Alla successiva udienza del 31 gennaio 2024 il difensore munito di procura speciale chiedeva procedersi nelle forme del giudizio abbreviato che veniva ammesso da Giudice. Quindi disposta la trasformazione del rito ed acquisiti gli atti contenuti nel fascicolo delle indagini si procedeva alla discussione delle parti, ed alla successiva deliberazione con lettura del dispositivo di sentenza. All'esito del rito abbreviato il giudicante ritiene raggiunta la prova della penale responsabilità di Sa.Ab. per i reati di evasione ascrittigli al di là di ogni ragionevole dubbio. Univoche e concordanti devono ritenersi le emergenze processuali dimostrative della sussistenza della condotta materiale ascritta al medesimo e del corrispondente elemento soggettivo. Va premesso in ordine al rito prescelto che con la richiesta di giudizio abbreviato la difesa dell'imputato ha di fatto rinunciato a presentare in giudizio elementi o dati di fatto contrastanti con l' evidenza fornita dagli atti relativi alle indagini preliminari, implicitamente in tal modo accettati quali piena ed utilizzabile fonte di conoscenza per il libero convincimento del giudice Dagli atti acquisiti al fascicolo processuale (cfr. CNR della Questura di Lecce Commissariato di Nardo) risulta che in data 21 gennaio 2017 e successivamente in data 8 febbraio 2017 personale del Commissariato di Nardò ( Le) effettuava attività di controllo presso l'abitazione posta in via S. 32 ove l'imputato risultava ristretto agli arresti domiciliari. Nella CNR si puntualizza che all'atto dei controlli Sa.Ab. risultava sottoposto alla misura degli arresti domiciliari, nell'ambito del procedimento n. 12707/16 RGNR e n. 8821/16 REG GIP, EMESSA DAL GIP DI Lecce in data 23.11.2016. A seguito di tali controlli è emerso che nel giorno 21.1.2017 nonostante gli operanti avessero insistito a suonare il campanello di casa più volte in due riprese, nessuno si presentava ad aprire la porta risultando l'assenza dell'imputato in entrambi i casi. In data l'8.2.2017 gli operanti dopo aver suonato alla porta dell'abitazione interloquivano con un cittadino straniero tale R.G. nato in B. che riferiva che l'imputato non era in casa; in tale circostanza l'assenza veniva riscontrata in tre distinti orari nei quali il controllo veniva ripetuto ovvero alle ore 18.00, alle ore 18.25 ed alle ore 19.00 ( in proposito cfr. annotazione di Servizio del 21 gennaio 2017 a firma degli Ufficiali di P.G. C.A. e Z.R.; nonché annotazione di servizio del 8.2.2017 a firma degli ufficiali di P.G. T.B. e S.V.). Dalla ricostruzione dei fatti così descritta risulta che il S. pure essendo ristretto agli arresti domiciliari sulla base dell'ordinanza sopra richiamata si è allontanato dalla propria abitazione, senza chiedere nessuna autorizzazione all'Autorità Giudiziaria, nelle date del 21 gennaio 2017 e del 8 febbraio 2017. Risulta pertanto integrata la condotta di evasione dagli arresti domiciliari contestata, sussistendo sia l'allontanamento non autorizzato di luogo degli arresti sia il dolo generico richiesto dall'art. 385 c.p. consistente nella semplice coscienza e volontà di sottrarsi alla misura custodiale in corso. Non può invero accogliersi la tesi difensiva secondo cui non risultando in atti l'ordinanza applicativa della misura cautelare che si assume violata difetterebbe la prova del reato contestato. Invero tale eccezione appare infondata atteso che gli Ufficiali di P.G. nella CNR in atti hanno attestato l'esistenza e l'efficacia del titolo cautelare in relazione al quale sono stati effettuati i controlli nei confronti dell'imputato ristretto agli arresti domiciliari. Ed invero ove la difesa avesse voluto contestare tale circostanza, emergente dagli atti, ben avrebbe potuto chiedere di acquisire documentazione di segno contrario (ad esempio attestante la avvenuta revoca o perdita di efficacia della ordinanza in questione). La scelta del rito abbreviato deve pertanto ritenersi preclusiva in tal senso. Quanto alla richiesta di applicazione di sanzioni sostitutive avanzata dalla difesa in sede di conclusioni, e segnatamente di sostituire la pena detentiva con quella pecuniaria, la stessa non può essere accolta sussistendo fondati motivi, ai sensi dell'art. 58 comma 2 L. n. 689 del 1981, per ritenere che le prescrizioni non saranno adempiute. Ed invero l'imputato, cittadino straniero già resosi irreperibile in sede di esecuzione di altre condanne (cfr. verbale di vane ricerche emesso in data 23.2.2023) ha nelle more proposto opposizione al decreto penale di condanna con il quale gli veniva applicata la pena pecuniaria per i reati in contestazione e successivamente ha chiesto di essere ammesso al gratuito patrocinio, dimostrando di non avere una stabile occupazione. Pertanto la relativa richiesta proveniente dal difensore deve ritenersi preclusa stante la condizione di impossidenza oltre che di inaffidabilità dallo stesso dimostrata rispetto alle prescrizioni impartitegli. Passando al trattamento sanzionatorio, l'imputato non appare meritevole della concessione delle attenuanti generiche in relazione ai precedenti penali certificati tra cui figurano delitti di violenza privata, lesioni minaccia per i quali in data 12.9.2023 è stato emesso ordine di esecuzione della pena complessiva di anni 2 mesi 2 di reclusione, (vds. sulla sufficienza del presupposto di precedenti penali, ai fini del diniego delle circostanze attenuanti generiche, cfr. Cass. 1.12.2000 n. 12525, ric. B.; sull'analogo rilievo negativo della gravità del fatto, cfr.: Cass. 17.02.1988, ric. C., tra le molte; o di un solo elemento sfavorevole, attinente la personalità del colpevole o l'entità o le modalità di esecuzione del reato, cfr.: Cass. 8.05.2002 n. 17199, ric. P.). Equa appare ai sensi dell'art. 133 c.p. la pena di anni 1 di reclusione aumentata ad anni uno e mesi tre per la continuazione tra più episodi di evasione ed ridotta nella misura finale per la scelta del rito. Non risultano concedibili i benefici di legge dei quali l'imputato risulta aver già fruito, neppure essendo formulabile una prognosi favorevole stante la reiterazione nel reato. P.Q.M. Visti gli artt. 442 533 e 535 c.p.p. Dichiara Sa.Ab. colpevole dei reati ascrittigli unificati sotto il vincolo della continuazione e, con la diminuente per il rito, lo condanna alla pena di mesi 10 di reclusione oltre al pagamento delle spese processuali. Visto l'art. 58 comma 1 L. n. 689 del 1981 rigetta la richiesta di sostituzione della pena detentiva con quella pecuniaria Giorni trenta per il deposito dei motivi. Così deciso in Lecce il 31 gennaio 2024. Depositata in Cancelleria il 6 febbraio 2024.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI LECCE Prima Sezione Penale Il Giudice Dott.ssa Annalisa de Benedictis, nella pubblica udienza del 23.1.2024, ha pronunciato e pubblicato mediante lettura del dispositivo la seguente SENTENZA nei confronti di: Ca.Gi., nato il (...) a N. ed ivi residente, alla via N. 48; sottoposto per questa causa al divieto di avvicinamento alla persona offesa Ma.Ar., presente. Presofferto: custodia cautelare in carcere dal 18.11.2022 al 23.2.2023; arresti domiciliari dal 23.2.2023 al 17.8.2023. Difeso di fiducia dall'Avv. Lo.Ri. del foro di Lecce, presente. IMPUTATO Cfr. allegato Parte Civile: Ma.Ar., nata il (...) a N. ed ivi residente, alla P.za A. G. 3, elettivamente domiciliata ex lege presso lo studio del difensore di fiducia Avv. To.Va. del foro di Lecce; legalmente rappresentata e difesa dall'Avv. To.Va. del foro di Lecce, presente. Con l'intervento di: Pubblico Ministero nella persona del VPO Dr.ssa An.Mu.. MOTIVAZIONE Svolgimento del processo. Con decreto di giudizio immediato del GIP in sede, in data 16.12.2022, Ca.Gi., sottoposto alla misura della custodia cautelare in carcere (poi sostituita il 23.2.2023 con la misura degli arresti domiciliari e, infine, il 17.8.2023 con la misura del divieto di avvicinamento alla persona offesa), è stato tratto a giudizio per rispondere del reato indicato in epigrafe. Nella prima udienza dibattimentale dell'8.2.2023, presente l'imputato, nella regolarità del contradditorio, veniva ammessa la costituzione di Parte Civile di Ma.Ar. e veniva dichiarato aperto il dibattimento. Nell'udienza del 12.7.2023, venivano formulate le richieste di prova su cui il Giudice provvedeva con ordinanza ex art. 495 c.p.p.. Si procedeva all'ascolto del Brig. Ma.Gi., di cui veniva acquisita l'annotazione di servizio del 15.11.2022. Nell'udienza del 24.10.2023, si procedeva all'ascolto della persona offesa Ma.Ar.. L'imputato rendeva esame. Nell'udienza del 28.11.2023, si procedeva all'ascolto dei testi a discarico Ca.So., Ca.Ma., Fr.Lu., Ne.Ma. e Ca.Gi.. Nell'udienza del 10.1.2024, la difesa dell'imputato, col consenso delle parti, rinunciava all'esame del residuo teste di lista De.Ma.. Nell'udienza del 23.1.2024, veniva dichiarata chiusa l'istruttoria. Quindi, le parti rassegnavano le rispettive conclusioni come da verbale di udienza. Il Giudice, all'esito della camera di consiglio, emetteva dispositivo di sentenza, di cui veniva data lettura, riservandone la motivazione. Motivi della decisione. Ca.Gi. risponde del reato di atti persecutori in danno della ex convivente Ma.Ar.. All'esito dell'acquisizione probatoria in dibattimento non è risultata provata l'ipotesi d'accusa al di là di ogni ragionevole dubbio. Si analizzano di seguito i contributi dichiarativi. La persona offesa Ma.Ar. riferiva di aver intrattenuto, per otto anni e mezzo, una relazione sentimentale con l'imputato, cessata una prima volta nel mese di novembre 2022 (allorquando ella lo aveva denunciato determinando l'applicazione della misura custodiale) e poi definitivamente nel mese di luglio 2023 (la Ma. ammetteva che la convivenza col Ca. era ripresa, nonostante egli si trovasse agli arresti domiciliari e, di fatto, fossero vietate le comunicazioni tra di loro). Orbene, la Ma. riferiva di aver denunciato il Ca. il 15 novembre 2022, poiché egli l'aveva minacciata sulle piattaforme virtuali (cfr. annotazione di servizio redatta dei Carabinieri della Stazione di Nardò del 15.11.2022). In particolare, riferiva che, nonostante lo avesse "bloccato" sui vari "social", questi riusciva comunque a contattarla, la tempestava di telefonate, bussava alla sua porta di casa, prendendola a calci e pugni, citofonava ai vicini per farsi aprire il portone. La Ma. esternava il proprio timore nei confronti dell'imputato, sostenendo che egli fosse particolarmente "presente" sul proprio social network e parlasse male di lei coi comuni conoscenti. Aggiungeva, poi, che la relazione, interrottasi a novembre 2022, in conseguenza della misura cautelare custodiale di cui era stato gravato Ca., era ripresa, una volta che gli era stata sostituita la misura, con quella degli arresti domiciliari, nel febbraio 2023. Segnatamente, riferiva che l'uomo le aveva commentato uno "stato" su Instagram, convincendola a ritornare insieme. Dunque, riprendeva la relazione e si interrompeva definitivamente a luglio 2023. La relazione cessava, a detta della Ma., a causa dell'ennesima aggressione violenta del Ca.. Ella precisava che, da luglio 2023, la situazione si fosse acquietata, salvo un episodio accaduto la sera del 17 agosto 2023 (ricordava tale data trattandosi del giorno in cui al Ca. era stata sostituita la misura con quella del divieto di avvicinamento alla persona offesa), allorché i due si erano incontrati casualmente presso il bar della stazione di servizio Q8 di Nardò. Ella riferiva che Ca. avesse insultato un suo amico, tale D.A.. Alla richiesta di spiegazioni, Ca. le avrebbe pronunciato testuali parole "aspettatevi tre piogge addosso". Qualche giorno dopo, il 21 agosto, si era ripresentata la medesima situazione nel medesimo bar. La Ma. riferiva di aver sentito l'attuale compagna del Ca. insultarla e minacciarla. In sede di controesame della difesa, la Ma. riferiva di aver rinunciato, all'inizio, a coltivare le pretese civilistiche nel processo (nell'udienza del 12 luglio 2023 - salvo cambiare idea, nell'udienza successiva del 24 ottobre 2023), perché sperava che Ca. fosse cambiato. Su precisa domanda del difensore dell'imputato, la Ma. ribadiva di aver litigato, l'estate scorsa, con una ragazza (De.Ma.) per ragioni di gelosia. Inoltre, ella ammetteva di aver convissuto col Ca. presso la sua abitazione, mentre era ristretto agli arresti domiciliari, pur consapevole che non potesse farlo. Aggiungeva che Ca. l'avesse ripetutamente contattata e, infine, l'avesse convinta a tornare. Raccontava, poi, delle numerose discussioni avvenute in quel periodo, e non solo, per la gelosia del Ca.. Anch'ella dichiarava di essere gelosa, precisando, tuttavia, di non avere una "gelosia morbosa", caratteristica questa dell'ex compagno, che l'avrebbe costretta, persino quando ella doveva recarsi ad acquistare le sigarette, ad effettuare videochiamate, affinchè egli fosse sicuro che nessuno la stesse importunando. Il Brig. Ma.Gi., in servizio presso la Stazione Carabinieri di Nardo, riferiva solamente di essere stato contattato, il 15 novembre 2022, sulla propria utenza personale, dalla Ma., che era intimorita per alcuni messaggi dal contenuto minaccioso che il Ca. le aveva scritto su alcune piattaforme virtuali. Tali messaggi sono riportati nell'acquisita annotazione. La ricostruzione dei fatti fornita dall'imputato e dai testi a discarico è decisamente opposta. Ca.Gi. negava qualsiasi addebito, dichiarando, invece, che la Ma., anche dopo la cessazione della relazione, fosse solita appostarsi sotto la propria abitazione. Precisava che il loro altalenante rapporto sentimentale fosse stato sempre caratterizzato da discussioni e litigi, anche alla presenza di altre persone. Dichiarava, infine, di essere stato contattato dalla Ma., una volta uscito dal carcere (a febbraio 2023) e di essere stato convinto dalla medesima a riprendere la relazione e la convivenza. Ca.So., figlia dell'imputato, raccontava della costante presenza della Ma. nell'abitazione del padre, sia nel periodo precedente all'arresto (novembre 2022), sia nel periodo successivo alla scarcerazione (febbraio 2023). Riferiva che il padre, all'inizio riluttante dinanzi alla possibilità di prosecuzione della relazione, si era lasciato convincere; tuttavia, la convivenza era intervallata da periodi di allontanamento della Ma., a causa di discussioni reciproche ed era cessata definitivamente nel primo periodo di luglio 2023. Successivamente, la Ca. notava singolari passaggi della Ma. nei paraggi del bar ove faceva colazione col padre; era a conoscenza che ella avesse tentato di contattarlo. Quanto all'episodio del 15 novembre 2022, su precisa domanda del patrono di parte civile, la Ca. riferiva di essere stata contattata dalla Ma., non ricordando, tuttavia, l'esatto contenuto dei messaggi. Ca.Ma., fratello dell'imputato, riferiva di abitare nello stesso stabile in cui vive il fratello. Egli riferiva che il fratello e la Ma. avessero convissuto fino al novembre 2022 e, di nuovo, dal febbraio 2023 fino al giugno/luglio 2023. Riferiva di aver visto spesso la Ma. entrare nell'abitazione del fratello e di aver udito, in più occasioni, urla reciproche provenire dalla predetta abitazione. Raccontava di aver visto, dopo la fine della convivenza, l'autovettura (di colore rosso) della Ma. transitare nei pressi dell'abitazione e rallentare: in un'occasione, la medesima aveva gridato in direzione del Ca., chiedendogli di salire in casa; Ca. si era opposto. In sede di controesame del patrono di parte civile, egli, comunque, chiariva che la via ove risiede il fratello è una strada principale di N.. Fr.Lu., proprietaria del bar "Ma.", sito in N., riferiva che il Ca. fosse un assiduo frequentatore del suo bar - collocato a breve distanza dalla sua abitazione - soprattutto nel primo pomeriggio, al termine del turno di lavoro. Raccontava di aver notato che sovente la Ma. transitava nei pressi del bar, tirando dritto quando non vedeva parcheggiata la macchina del Ca. e fermandosi, invece, quando la vedeva. Notava che la Ma. cercava il più delle volte di provocarlo. Ciò avveniva a cadenza regolare sino al settembre/ottobre 2023. In sede di controesame del patrono di parte civile, precisava che, tutte le volte che il Ca. era nel bar, si palesava anche la Ma.. Ne.Ma., amico di infanzia dell'imputato, era a conoscenza che la convivenza tra Ca. e la Ma. si fosse interrotta a novembre 2022 e fosse poi ripresa fino a luglio 2023. Anch'egli riferiva degli appostamenti della Ma. e di aver notato che la donna entrava nei bar proprio quando vi era anche Ca., provocandolo. Del medesimo tenore anche la deposizione di Ca.Gi., collega dell'imputato. Egli aggiungeva che la Ma. era onnipresente, infastidendo con la sua presenza il Ca., che era costretto ad andarsene. Il bagaglio probatorio così riassunto non consente di affermare con assoluta certezza la sussistenza dei fatti ascritti all'imputato. Ciò perché si evidenziano due diverse ricostruzioni, tra loro contrapposte, che non consentono di ricostruire la verità processuale idonea a supportare la valutazione di responsabilità dell'imputato. Le prove a carico descrivono Ca. come un soggetto geloso, particolarmente aduso alla violenza, al comportamento aggressivo e persecutorio nei confronti della denunciante; le prove a discarico demoliscono l'impianto accusatorio e dipingono, invece, la Ma. come una molestatrice, che non si rassegnava alla fine della relazione, infastidendo l'imputato e palesandosi in ogni luogo dal medesimo frequentato col chiaro intento di tentare un approccio e provocarlo. Per quanto concerne la configurabilità del reato di atti persecutori, di cui all'art. 612 bis c.p., sulla base della lettura della norma, deve esserci la reiterazione delle condotte persecutorie idonee a cagionare nella vittima un perdurante e grave stato di ansia o di paura oppure ad ingenerare un fondato timore per l'incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legato da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita. Il delitto di atti persecutori, in quanto reato necessariamente abituale, non è configurabile in presenza di un'unica, per quanto grave, condotta di molestie e minacce, ma occorre la reiterazione che produca l'evento di danno (l'alterazione delle abitudini di vita) o l'evento di pericolo (il fondato motivo di temere per la propria o altrui incolumità). Ma la reiterazione delle condotte moleste e minatorie da sola non è sufficiente, occorre anche che le stesse siano idonee a cagionare uno degli eventi previsti alternativamente dalla norma, sulla base della dimostrazione del nesso causale tra la condotta posta in essere dall'agente e i turbamenti derivanti alla vita privata della vittima. Insomma, "la prova dell'evento del delitto, in riferimento alla causazione nella persona offesa di un grave e perdurante stato di ansia e di paura, deve essere ancorata ad elementi sintomatici di tale turbamento psicologico ricavabili dalle dichiarazioni della stessa vittima del reato, dai suoi comportamenti conseguenti alla condotta posta in essere dall'agente ed anche da quest'ultima, considerando tanto la sua astratta idoneità a causare l'evento, quanto il suo profilo concreto in riferimento alle effettive condizioni di luogo e di tempo in cui è stata consumata" (Cass. Pen. Sez. V, sent. n. 17795/2017). Ciò che rileva è il dolo generico del soggetto agente, consistente nella volontà di porre in essere le condotte persecutorie descritte nella norma con la consapevolezza della loro idoneità a produrre uno degli eventi descritti nella stessa. Il turbamento psicologico della vittima del reato di atti persecutori può consistere, alternativamente, o in un effetto destabilizzante della propria serenità e del proprio equilibrio psicologico o nel mutamento di quel "complesso di comportamenti che una persona solitamente mantiene nell'ambito familiare, sociale e lavorativo, a seguito dell'intrusione rappresentata dall'attività persecutoria, mutamento di cui l'agente deve avere consapevolezza ed essersi rappresentato, trattandosi di reato per l'appunto punibile solo a titolo di dolo" (Corte Cost. n. 172/2014). Orbene, nel caso di specie, la versione dei fatti resa da Ma.Ar. non appare ex se attendibile. Le sue dichiarazioni, infatti, non sono adeguatamente riscontrate dalle ulteriori risultanze istruttorie, né ella ha fornito contributi, al di là dei messaggi trasfusi nell'annotazione riferibili al 15 novembre 2022 (sicuramente censurabili ma ben inquadrabili all'interno della dinamica relazionale, per com'è emersa dall'istruttoria), in grado di supportare il suo propalato, fin troppo parziale. Né sono stati indicati nella lista testimoniale testimoni a carico, quali quelli menzionati nel corso della deposizione, che potessero dare piena prova di un atteggiamento persecutorio del Ca.. Anzi, dalla valutazione della stessa deposizione della Ma. non emergono, nel periodo in contestazione (da novembre 2022 in poi), né la ripetitività delle condotte moleste ad opera del Ca., atteso che egli, ristretto presso la Casa Circondariale di Lecce dal 18.11.2022 al 23.2.2023, con ogni evidenza, non poteva porle in essere, né la ricorrenza degli eventi, alternativamente richiesti dalla fattispecie, dal momento che la Ma., una volta concessi al Ca. gli arresti domiciliari, riprendeva immediatamente la relazione sentimentale e la convivenza col Ca.. Tale ultima risultanza rende ulteriormente contradditorio il quadro probatorio a disposizione del Giudicante, soprattutto se si evidenzia che la Ma. ha assunto processualmente un comportamento ondivago, dapprima costituendosi parte civile nell'udienza dell'8.2.2023 (quando il Ca. era ancora ristretto presso la Casa Circondariale di Lecce), salvo poi, per il tramite del difensore, rinunciare alla costituzione alla successiva udienza del 12.7.2023 (quando era ancora sentimentalmente legata al C.) e, infine, sempre per il tramite del difensore, revocare la precedente rinuncia all'udienza del 24.10.2023 (quando ormai la relazione tra i due era, da mesi, terminata). Insomma quel che è certo dall'analisi dell'intero compendio probatorio è che la relazione interpersonale tra l'imputato e la persona offesa fosse particolarmente turbata e caratterizzata da un altalenante ed estremamente conflittuale rapporto di coppia, connotato da periodi più o meno lunghi di convivenza ma anche dalla reciproca morbosa gelosia, dalla normalizzazione di litigi e di situazioni esasperanti, già oggetto di un precedente giudizio (cfr. sentenza definitiva di applicazione di pena del 7.7.2022, con la quale l'imputato ha concordato la pena per i reati di maltrattamenti dal 2017 e di atti persecutori fino al 27 gennaio 2022, commessi in danno proprio di Ma.Ar.). Non può neanche omettersi di considerare che, nel racconto svolto dalla denunciante, sono particolarmente enfatizzati gli aspetti negativi della personalità dell'imputato ed eccessivamente sminuiti quelli relativi alla propria personalità e al proprio comportamento verso il Ca., come la scenata di gelosia nei confronti della rivale in amore che la insidiava o il tentativo di intrusione nei luoghi frequentati dal Ca.. In sostanza, la prova dei fatti in contestazione è apparsa, all'esito dell'istruttoria dibattimentale, scarsamente consistente per le ragioni indicate e per una serie di incongruenze irrimediabilmente manifestatesi nel corso della stessa (insufficiente riscontro dichiarativo e documentale sulla condotta persecutoria del Ca.; ripresa della relazione e della convivenza nell'immediatezza del "ritorno a casa" del Ca.; presenza della Ma. nelle dinamiche relazionali del Ca.). In conclusione, non si ravvisa, al di là di ogni ragionevole dubbio, la sussistenza degli elementi costitutivi del delitto di atti persecutori con la conseguente decisione assolutoria perché il fatto non sussiste. Tale risultanza impone, ai sensi dell'art. 300 c.p.p., la perdita di efficacia della misura cautelare applicata all'imputato. P.Q.M. Letto l'art. 530 cpv c.p.p., assolve Ca.Gi. dall'imputazione ascrittagli perché il fatto non sussiste. Letto l'art. 300 c.p.p., dichiara la perdita di efficacia della misura cautelare applicata a Ca.Gi.. Così deciso in Lecce il 23 gennaio 2024. Depositata in Cancelleria il 6 febbraio 2024.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia Lecce - Sezione Seconda ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 894 del 2023, proposto da -OMISSIS-., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Gi.Ca., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; contro Azienda Sanitaria Locale di Lecce, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Pi.Pi., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; nei confronti Da.Pa., non costituito in giudizio; per l’accertamento del diritto della ricorrente a visionare, estrarre copia ed accedere alla registrazione della richiesta telefonica di intervento pervenuta alla centrale operativa del 118 il giorno 26.9.2022, alle ore 02.30 circa, relativa all’incidente occorso al Sig. Da.Pa.; con conseguente annullamento della nota PEC del 3.8.2023 e, ove occorra, del parere della Struttura Burocratica Legale dell’ASL Lecce del 28.2.2022; e per la conseguente condanna dell’Azienda Sanitaria Locale della Provincia di Lecce, ad offrire alla ricorrente in visione e consentire la estrazione di copia integrale del documento di cui innanzi. Visti il ricorso e i relativi allegati; Visto l’atto di costituzione in giudizio della Azienda Sanitaria Locale di Lecce; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nella camera di consiglio del giorno 30 gennaio 2024 il dott. Nino Dello Preite e uditi per le parti i difensori avv. G. Ca. per la parte ricorrente e avv. P. Pi. per la P.A.; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO e DIRITTO La Un. Ass. S.p.a. ha proposto ricorso contro l’Azienda Sanitaria Locale di Lecce avverso il diniego di accesso agli atti relativi a un incidente stradale avvenuto il 26.09.2022. 1.1. In particolare, la ricorrente sostiene di avere un interesse diretto, concreto e attuale a visionare ed estrarre copia della registrazione della richiesta telefonica di intervento pervenuta alla centrale operativa del 118, avendo rilevato che la dinamica dell’incidente riportata nella richiesta di risarcimento da parte del controinteressato è in contrasto con quella accertata dai Carabinieri intervenuti sul luogo. 1.2. Contesta il diniego dell’accesso da parte dell’Azienda resistente, basato su un parere della struttura burocratica legale, che ritiene non sussistenti i presupposti soggettivi per l’ostensione dei documenti richiesti, in quanto contenenti dati sensibili relativi alla salute dell’interessato. 1.3. La difesa attorea invoca il principio di trasparenza e il diritto di difesa, riconosciuto dalla normativa vigente in materia di accesso agli atti amministrativi e di assicurazioni, citando a sostegno delle proprie domande la giurisprudenza amministrativa che ha riconosciuto in casi analoghi il diritto delle compagnie assicuratrici ad ottenere la documentazione necessaria per verificare la sussistenza dei presupposti per il risarcimento e contrastare eventuali fenomeni fraudolenti; chiede, quindi, l’annullamento del provvedimento impugnato, con condanna dell’Azienda resistente ad ostendere il documento richiesto. L’ASL Lecce si è costituita in giudizio, sostenendo la legittimità del proprio operato ed instando per il rigetto del ricorso Alla camera di consiglio del 30 gennaio 2024, la causa è stata trattenuta in decisione. Il ricorso è fondato. 4.1. La posizione di natura “conoscitiva” azionata dalla ricorrente è chiaramente funzionale alla tutela di altra, diversa, situazione giuridica, oggetto della richiesta stragiudiziale di risarcimento e di, eventuale e futuro, scrutinio avanti il Giudice civile. 4.2. Nella fattispecie, infatti, l’interesse ostensivo, che è stato azionato dalla compagnia assicurativa è funzionale a verificare - a fini “istruttori”, oltreché (eventualmente) difensivi, in un’ottica anche meta-individuale, giusta la peculiare natura dell’attività espletata (non a caso sottoposta a normativa di riserva e conformata in continuum dalla potestà di vigilanza demandata alle competenti Autorità di settore) - l’effettività delle condotte poste in essere nella imminenza e in occasione del sinistro in cui è rimasto coinvolto il controinteressato e la congruenza delle dichiarazioni rese dallo stesso. La richiesta di accesso è, quindi, riferita ad un documento, nella specie la registrazione della prima telefonata al 118, in relazione alla quale è indubbia l’esigenza conoscitiva della società ricorrente, in funzione della “massima acquisizione” al procedimento degli elementi istruttori prodromici alla certazione dei fatti, come disvelatisi nell’imminenza ed in occasione del sinistro. 5.1. La ricorrente compagnia assicurativa è, pertanto, titolare di un interesse diretto, concreto ed attuale all’accesso dei documenti in questione, la cui conoscenza è necessaria per consentirle la verifica dell’esatta dinamica dell’evento dannoso, in relazione alla quale il controinteressato ha formulato nei suoi confronti richiesta di risarcimento del danno. 5.2. Tale interesse si lega, inoltre, anche a quello mutualistico a che eventuali frodi assicurative non comportino una lievitazione dei premi in danno di tutti gli altri assicurati (cfr. TAR Lecce, sent. n. 108 del 2020 e TAR Lazio, Roma, sent. n. 11620 del 2021). Tuttavia, reputa il Collegio che la tutela della pretesa ostensiva azionata dalla società assicuratrice non può - vertendosi in ogni caso in tema di dati “sensibili” - indiscriminatamente estendersi ad ogni elemento contenuto nella richiesta telefonica di intervento pervenuta alla centrale operativa del 118, ovvero andare a detrimento di quello, in pari misura degno e meritevole di essere protetto, di cui possono essere titolari soggetti “terzi” (estranei alla vicenda de qua). In un’ottica di equo contemperamento dei contrapposti interessi ed in ossequio al principio di proporzionalità e di minimizzazione (TAR Napoli, sent. n. 3219 del 2021 e n. 721 del 2022 cit.), deve, infatti, rimarcarsi che: - la situazione giuridica, cui l’accesso è funzionale, è pienamente soddisfatta allorquando sono esibiti i documenti richiesti, nella parte in cui essi contengono la ricostruzione di “fatti”; - la valutazione dell’agere dei privati e degli operatori del 118 è, invero, consapevolmente effettuabile dal ricorrente sulla base del nucleo fattuale rappresentato nella prima chiamata al 118; - tale strumentalità è da escludere, di contro, per quanto attiene a quelle parti del documento in forma di registrazione, afferenti ad elementi estranei ai “fatti” in questione, ovvero relative ad eventuali dati identificativi di soggetti terzi non rilevanti a fini difensivi per la ricorrente e, dunque, non ostensibili per ragioni di riservatezza; - grava in capo alla resistente Azienda sanitaria, in seno alla quale si è formato il documento in questione, la puntuale e motivata individuazione delle parti da oscurare, in ragione di quanto sopra. 7.1. E ciò in quanto l’esigenza di tutelare il diritto di una parte - e la pretesa ostensiva che ne è strumento - si arresta ove ha inizio quella di preservare le ragioni dei terzi “estranei”; di talché la meritevolezza dell’interesse conoscitivo a fini difensivi viene meno allorquando fronteggia una posizione equiordinata, parimenti da garantire. 7.2. Ne discende, come sopra esposto, la legittimazione all’accesso da parte della società ricorrente, nei limiti in cui ciò non vada a ledere la riservatezza di terzi estranei alla vicenda in questione, ovvero contenga dati sensibili o elementi affatto estranei al sinistro. 7.3. L’Amministrazione, pertanto, dovrà procedere all’ostensione del file audio in questione, previo oscuramento di quelle specifiche parti della documentazione richiesta: - estranee alla vicenda oggetto della richiesta risarcitoria; - contenenti dati identificativi ovvero sensibili non pertinenti, ovvero afferenti a soggetti estranei alla vicenda. In definitiva, da quanto sopra esposto consegue l’accertamento del diritto di accesso di parte ricorrente alla registrazione della richiesta telefonica di intervento pervenuta alla centrale operativa del 118, per cui vi è causa, e, dunque, l’accoglimento del ricorso, fatta salva la possibilità per l’Amministrazione resistente di eventualmente procedere ad oscurare talune parti della documentazione, nei sensi di cui sopra. Le spese di lite, in virtù del criterio della soccombenza, sono poste a carico della ASL di Lecce e sono liquidate come in dispositivo. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia - Lecce, Sezione Seconda, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, ordina all’Azienda Sanitaria Locale di Lecce di esibire la documentazione richiesta, nei sensi e nei termini di cui in motivazione, entro trenta giorni dalla comunicazione o notificazione, se anteriore, della presente sentenza. Condanna l’Amministrazione resistente a rifondere alla società ricorrente le spese di lite, che liquida nella complessiva somma di euro 1.000,00 (mille/00), oltre accessori di legge. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa. Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del D. Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, e dell'articolo 9, paragrafo 1, del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare soggetti comunque nominati. Così deciso in Lecce nella camera di consiglio del giorno 30 gennaio 2024 con l’intervento dei magistrati: Antonella Mangia - Presidente Nino Dello Preite, Referendario, Estensore Francesco Baiocco, Referendario L'ESTENSORE IL PRESIDENTE Nino Dello Preite Antonella Mangia IL SEGRETARIO In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI LECCE I SEZIONE PENALE Il Giudice Dott. Marco MARANGIO MAURO - alla camera di consiglio del 05/02/2024 - ha pronunziato e pubblicato mediante lettura del dispositivo la seguente: SENTENZA Ni.Al., nato a D. il (...), residente a Ni. M. in via G. n.11; libero assente. Difeso di fiducia dall'avv. Da.Do. del Foro di Monza; presente. IMPUTATO VEDI ALLEGATO IMPUTATO del reato di cui all'art. 589 bis c.p. per avere per negligenza, imprudenza, imperizia, inosservanza delle norme sulla circolazione stradale, alla guida di autovetura AUDI A3 targata (...), cagionato il decesso di Al.Ra., che guidava motociclo Malaguti targato (...), avvenuto per trauma chiuso fratturativo del torace con sfondamento dello scheletro toracico e lesioni polmonari ; in particolare accadeva che l'indagato alla guida della sopradetta vettura AUDI dopo avere percorso strada poderale in Contrada Z., dovendosi immettere sulla S.P. n. 113 (Porto Cesareo- Veglie) in direzione Porto Cesareo, con manovra imprudente ed in violazione delle norme stradali (art. 145 e 154 C. d.S.) effettuava manovra senza rispettare la segnaletica verticale di STOP, intraprendendo attraversamento trasversale sulla sua sinistra, in tal modo invadendo la corsia di percorrenza di moto Malaguti che percorreva la S.P. 113 con direzione Veglie, il cui conducente, nonostante pronta frenata, non poteva evitare l'impatto con l'auto, a seguito del quale cadeva in terra e poi sbatteva contro la vettura poi decedendo sulla strada. In agro di Leverano, il 18 agosto 2019. Con l'intervento del P.M. Dott.ssa G.FA. - V.P.O. Svolgimento del processo 1. Con decreto del 28.12.2020, Ni.Al. è stato chiamato a rispondere dinanzi a questo Tribunale del reato in epigrafe specificato. Dopo un mero rinvio, all'udienza dell'11.07.2022, la prima tenuta dallo scrivente magistrato, verificata la regolare costituzione delle parti, il difensore dell'imputato, munito di procura speciale, chiedeva la definizione del giudizio nelle forme del rito abbreviato, che veniva ammesso con ordinanza e, all'esito, il giudice rinviava il processo ad altra data per la discussione. Dopo due ulteriori rinvii, all'udienza odierna, le parti formulavano le rispettive conclusioni trascritte a verbale e, all'esito della decisione in Camera di Consiglio, il Tribunale pronunciava dispositivo di sentenza, dandone integrale lettura. Motivi della decisione 2. Le risultanze dell'istruttoria espletata possono riassumersi come segue. Come risulta dalla c.n.r. in atti, redatta da personale in servizio presso la Stazione dei CC di Campi Salentina, nonché dalla relazione del consulente tecnico del Pubblico Ministero (Ing. Dott. P.N.) basata, principalmente, sugli elementi raccolti in sede di indagini preliminari, in data 18.08.2019, verso le ore 12:40, si verificava un sinistro lungo la strada provinciale S.P. 113 - Km 3 + 200 Veglie - Porto Cesareo (località Z.). Lo stato dei luoghi presso i quali è avvenuto il predetto incidente è stato riprodotto su di una planimetria non in scala allegata alla predetta consulenza: la carreggiata in esame era larga 6,20 metri e risultava suddivisa in due corsie larghe ciascuna 3,10 metri, con banchine sterrate di 60 cm. Il tratto di strada ove si verificava il sinistro risultava inoltre pianeggiante, con livelle piano-topografiche molto prossime al piano orizzontale. Il limite di velocità su tutto il tratto stradale era pari a 90 Km orari. Risulta che l'incidente coinvolgeva l'autovettura Audi, di colore bianco, targata (...), condotta Ni.Al., e il motociclo Malaguti, di colore grigio, targato (...), condotto da Al.Ra.. Dai rilievi effettuati, emerge che il motociclo condotto da Al.Ra. percorreva la S.P. 113 in direzione di Veglie, allorquando, giunto al km 3 + 200, da una strada non denominata posta alla sua destra, fuoriusciva l'autovettura Audi A3 condotta da Ni.Al. che non rispettava il segnale di Stop ivi esistente. Al.Ra., al fine di evitare la collisione, frenava bruscamente, ma dopo 6,10 metri cadeva per terra, strisciava per circa 2,5 metri sull'asfalto e collideva contro la fiancata sinistra della vettura, morendo sul colpo. Dalla relazione medico legale risulta, invero, che il decesso di Al.Ra. è collocabile in epoca pressoché contestuale all'accadimento dell'incidente stradale, avvenuto alle ore 12:40 del 18.08.2019; il decesso è attribuibile, sulla base dei dati circostanziali e dei rilievi desunti dall'esame necroscopico, al trauma chiuso fratturativo del torace con sfondamento dello scheletro toracico e lesioni polmonari, come suggerisce anche la presenza del sangue abbondante dalle vie respiratorie (cfr., consulenza dott. A.T., pag. 3; in atti). All'atto del sopralluogo, sull'asfalto venivano rilevati 6,10 metri di frenata e 2,50 metri di scarrocciamento. Quanto ai danni riportati dai veicoli coinvolti nell'incidente emerge che, a seguito del sinistro, la vettura Audi A3 riportava danni alla porta posteriore sinistra, alla porta anteriore sinistra, al parafango anteriore sinistro, al sotto-porta laterale sinistro e al parafango posteriore sinistro. Mentre il motociclo Malaguti riportava il danneggiamento dell'intera telaiatura portante e strutturale, nonché di tutti gli accessori esterni, carenature laterali anteriori, posteriori ed inferiori. Il consulente del Pubblico Ministero non ha indicato difetti meccanici dei veicoli già esistenti all'epoca dell'incidente; egli, inoltre, ha stimato che l'automobile coinvolta nel sinistro per cui è procedimento, all'atto della manovra di immissione sulla S.P 113, procedeva a circa 23 km/h, ossia ad una velocità inferiore a quella massima consentita lungo le strade extraurbane secondarie. Del pari, la velocità a cui procedeva lo scooter era pari a circa 55-60 Km/h, come ritraibile dalle deformazioni rilevate sui veicoli, indicanti la dissipazione di energia conseguente all'urto, nonché dal valore riportato sul tachimetro del motociclo, attestante la velocità di 60 km/h (cfr., compendio fotografico accluso alla consulenza). Al momento dell'impatto, l'A. indossava regolarmente un casco omologato. Sulla base dei dati sin qui esposti, il consulente dell'accusa ha così ricostruito la dinamica dell'incidente: "alle ore 12:40 circa del 18.08.2019 (la data del 10.08.2019, indicata in perizia, deve intendersi quale un mero refuso) il motociclo Malaguti targato (...), condotto da Al.Ra. percorreva la S.P. 113 in direzione di Veglie, alla velocità non inferiore a 55-59 km/h su carreggiata con limite di 90 km/h. Giunto all'altezza di un intersezione posta alla propria destra con strada Vicinale non denominata che conduce a Leverano, il signor Al.Ra. si avvedeva che da tale strada si metteva un autoveicolo Audi A3 targato (...) di proprietà e condotta da Ni.Al.. La stessa Audi, proveniente dalla strada Vicinale gravata da segnale di STOP non si avvedeva dell'imminente presenza del ciclomotore procedente in direzione Veglie e impegnava l'intersezione stradale con l'intenzione di svoltare a sinistra in direzione Porto Cesareo. Il ciclomotore effettuava un'estrema manovra di emergenza di circa 6,10 m e si inclinava sul fianco sinistro generando circa 2,5 m di scarrocciamento sul manto stradale prima di impattare con l'Audi. L'urto si verificava tra l'anteriore del ciclomotore in fase di scivolata (con particolare riferimento alla parte alta: manubrio e cruscotto) e la porta posteriore sinistra dell'Audi con interessamento della scocca inferiore. Il motociclista per contro impattava anche con l'anteriore sinistro del l'autoveicolo (parafango ant.sx e porta ant sx) prima di giungere alla posizione di quiete" (così a pagina 68-69 della consulenza versata in atti). La causa dell'incidente è stata rintracciata nella condotta di guida tenuta dal Ni., il quale, provenendo da una strada laterale secondaria gravata da segnaletica di Stop, intraprese una improvvisa manovra di svolta a sinistra non rispettando la segnaletica orizzontale, rendendo con ciò inevitabile l'impatto con lo scooter che proveniva da sinistra. Il consulente tecnico, inoltre, ha dato atto che la visibilità sulla S.P. 113, nella direzione di provenienza dello scooter era parzialmente ostacolata dalla presenza di vegetazione a ridosso della intersezione stradale e della carreggiata, rinvenuta "potata" al momento del sopralluogo tecnico. Ebbene, in ragione del compendio probatorio formatosi all'esito dell'istruttoria dibattimentale, deve ritenersi provata, oltre ogni ragionevole dubbio, la responsabilità di Ni.Al. in ordine al reato di omicidio colposo ascrittogli. È del pari assolutamente certo che detto incidente sia stato provocato dalla immissione del veicolo condotto dall'imputato sulla S.P. 113, effettuata senza rispettare il segnale di Stop ivi esistente, che ha impegnato l'intersezione stradale con l'intenzione di svoltare a sinistra in direzione Porto Cesareo allorquando da sinistra sopraggiungeva il ciclomotore condotto dall'A.. Deve escludersi che l'impatto, come condivisibilmente rilevato dal consulente del Pubblico Ministero, sia conseguito ad un eccesso di velocità dello scooter condotto dall'A., poiché di per sé sola la velocità dello scooter, per come è stato possibile stimarla, non avrebbe potuto provocare le deformazioni rinvenute sulla scocca dell'auto; inoltre, sul tachimetro del ciclomotore era riportata la velocità di 60 Km/h. Può parimenti escludersi che la caduta dal ciclomotore da parte dell'A. sia stata causata dallo stato del manto stradale percorso al momento del suo sbandamento: esso, come appurato nel corso dei rilievi sulla base dei quali l'ingegner Ni. ha redatto la propria relazione, non presentava criticità di sorta; inoltre, le condizioni meteorologiche, al momento del sinistro, erano buone. Deve anche escludersi che la caduta dell'A. sia ricollegabile a difetti preesistenti o guasti meccanici dello scooter, non rilevati da parte del consulente. Tutto ciò considerato, pertanto, l'unica spiegazione ragionevole circa l'eziologia dell'impatto, è quella che la manovra di svolta sinistra dell'Audi all'interno della corsia di marcia di pertinenza della motocicletta, in spregio al segnale di Stop ivi esistente, ha rappresentato un ostacolo inevitabile ed insormontabile per l'A. che, istintivamente, ha tentato di effettuare una estrema quanto vana manovra di emergenza. Il Ni. ha violato il disposto di cui all'art. 145, del codice della strada, secondo il quale "I conducenti, approssimandosi ad una intersezione, devono usare la massima prudenza al fine di evitare incidenti. 2. Quando due veicoli stanno per impegnare una intersezione, ovvero laddove le loro traiettorie stiano comunque per intersecarsi, si ha l'obbligo di dare la precedenza a chi proviene da destra, salvo diversa segnalazione. 3. Negli attraversamenti di linee ferroviarie e tramviarie i conducenti hanno l'obbligo di dare la precedenza ai veicoli circolanti su rotaie, salvo diversa segnalazione. 4. I conducenti devono dare la precedenza agli altri veicoli nelle intersezioni nelle quali sia così stabilito dall'autorità competente ai sensi dell'art. 37 e la prescrizione sia resa nota con apposito segnale. 4-bis. I conducenti degli altri veicoli hanno l'obbligo di dare la precedenza ai velocipedi che transitano sulle strade urbane ciclabili o vi si immettono, anche da luogo non soggetto a pubblico passaggio. 4-ter. Lungo le strade urbane i conducenti degli altri veicoli hanno l'obbligo di dare la precedenza ai velocipedi che circolano sulle corsie ciclabili. 5. I conducenti sono tenuti a fermarsi in corrispondenza della striscia di arresto, prima di immettersi nella intersezione, quando sia così stabilito dall'autorità competente ai sensi dell'art. 37 e la prescrizione sia resa nota con apposito segnale. 6. Negli sbocchi su strada da luoghi non soggetti a pubblico passaggio i conducenti hanno l'obbligo di arrestarsi e dare la precedenza a chi circola sulla strada. 7. È vietato impegnare una intersezione o un attraversamento di linee ferroviarie o tramviarie quando il conducente non ha la possibilità di proseguire e sgombrare in breve tempo l'area di manovra in modo da consentire il transito dei veicoli provenienti da altre direzioni. 8. Negli sbocchi su strada di sentieri, tratturi, mulattiere e piste ciclabili è fatto obbligo al conducente di arrestarsi e dare la precedenza a chi circola sulla strada. L'obbligo sussiste anche se le caratteristiche di dette vie variano nell'immediata prossimità dello sbocco sulla strada. 9. I conducenti di veicoli su rotaia devono rispettare i segnali negativi della precedenza (...)"; e la violazione di tale norma è tanto più rilevante in quanto, nel caso in esame, la strada vicinale percorsa dall'imputato era interessata da segnaletica verticale riportante il segnale di Stop.. L'imputato ha, altresì, violato la disposizione di cui all'art. 154 del CdS, secondo cui: "I conducenti che intendono eseguire una manovra per immettersi nel flusso della circolazione, per cambiare direzione o corsia, per invertire il senso di marcia, per fare retromarcia, per voltare a destra o a sinistra, per impegnare un'altra strada, o per immettersi in un luogo non soggetto a pubblico passaggio, ovvero per fermarsi, devono: a) assicurarsi di poter effettuare la manovra senza creare pericolo o intralcio agli altri utenti della strada, tenendo conto della posizione, distanza, direzione di essi; b) segnalare con sufficiente anticipo la loro intenzione. 2. Le segnalazioni delle manovre devono essere effettuate servendosi degli appositi indicatori luminosi di direzione. Tali segnalazioni devono continuare per tutta la durata della manovra e devono cessare allorché essa è stata completata. Con gli stessi dispositivi deve essere segnalata anche l'intenzione di rallentare per fermarsi. Quando i detti dispositivi manchino, il conducente deve effettuare le segnalazioni a mano, alzando verticalmente il braccio qualora intenda fermarsi e sporgendo, lateralmente, il braccio destro o quello sinistro, qualora intenda voltare. 3. I conducenti devono, altresì: a) per voltare a destra, tenersi il più vicino possibile sul margine destro della carreggiata; b) per voltare a sinistra, anche per immettersi in luogo non soggetto a pubblico passaggio, accostarsi il più possibile all'asse della carreggiata e, qualora si tratti di intersezione, eseguire la svolta in prossimità del centro della intersezione e a sinistra di questo, salvo diversa segnalazione, ovvero quando si trovino su una carreggiata a senso unico di circolazione, tenersi il più possibile sul margine sinistro della carreggiata. In entrambi i casi i conducenti non devono imboccare l'altra strada contromano e devono usare la massima prudenza; c) nelle manovre di retromarcia e di immissione nel flusso della circolazione, dare la precedenza ai veicoli in marcia normale. 4. È vietato usare impropriamente le segnalazioni di cambiamento di direzione. 5. Nell'esecuzione delle manovre i conducenti non devono eseguire brusche frenate o rallentare improvvisamente. 6. L'inversione del senso di marcia è vietata in prossimità o in corrispondenza delle intersezioni, delle curve e dei dossi". Tale norma rileva a maggior ragione nel caso di specie per il fatto che, stando alla posizione di quiete assunta dall'Audi dopo l'impatto, è emerso che l'imputato, lungi dal tenersi il più vicino possibile sul margine destro della carreggiata, si immetteva trasversalmente sulla S.P. 113, rendendo praticamente inevitabile l'impatto con il ciclomotore. In sostanza, dal momento che la caduta dal motociclo dell'A. non è stata originata da scoppio di pneumatici o da avarie meccaniche, né da anomalie o ostacoli presenti sulla sede stradale, non può che ritenersi che l'incidente sia stato determinato dalla condotta del Ni. che, per negligenza, imprudenza, imperizia, effettuava, in spregio al segnale di Stop, una manovra di svolta a sinistra all'interno della corsia di marcia di pertinenza della motocicletta che, nonostante la frenata, non poteva evitare l'impatto. La descritta dinamica è l'unica perfettamente compatibile con le risultanze probatorie ed essa non è stata contestata o contraddetta dalla difesa, che non ha proposto alcuna ricostruzione alternativa, dalla quale potere desumere che le predette violazioni siano state determinate da caso fortuito, ai sensi dell'art. 45 c.p. D'altra parte "in materia di responsabilità da circolazione veicolare, l'utente della strada nel caso di infortunio subito da terzo, va esente da penale responsabilità solo quando si provi che la sua condotta fu immune da qualsiasi addebito, sia sotto il profilo della colpa specifica (osservanza di leggi, regolamenti, ordini o discipline), che della colpa generica (negligenza, imprudenza, imperizia) e per questo tale condotta non svolse ruolo eziologico (per rapporto di causalità psicologica) alcuno, presentandosi quale semplice occasione dell'evento" (cfr. Cass. Pen, Sez. 4 n. 34761 del 19/09/2006). E, nel caso in esame, il comportamento dell'imputato non è stato assolutamente immune da qualsiasi addebito a titolo di colpa, avendo lo stesso tenuto una condotta di guida che lo ha reso l'unico soggetto responsabile dell'incidente che ha determinato la morte della parte offesa, in assenza di qualunque comportamento colposo di terzi o di qualunque situazione di caso fortuito o forza maggiore. L'istruttoria ha infatti consentito di escludere che la perdita di controllo dello scooter sia stata dovuta a anomalie o guasti meccanici, avendo lo stesso funzionato regolarmente, o alla condotta di altri utenti della strada o ad altre cause non imputabili al N.. Inoltre, nessun dubbio può sussistere, sulla base delle risultanze istruttorie di cui si è detto, ed in particolare della relazione medico legale, in ordine al fatto che le lesioni personali subite da Al.Ra., e che ne hanno provocato il decesso, siano diretta conseguenza del traumatismo cagionato dall'impatto contro il veicolo dell'imputato, ovvero della condotta colposa dell'imputato che ha improvvisamente occupato la corsia sulla quale lo stesso procedeva, per imperizia, imprudenza, negligenza e violazione delle regole sulla circolazione stradale. Né sussistono cause indipendenti dalla condotta dell'imputato e che siano stati di per sé sole sufficienti a cagionare il decesso della p.o., come prospettato dalla difesa nel corso della discussione, nonché nell'ambito delle conclusioni scritte acquisite ex art. 121 c.p.p. Infatti, accertato che l'incidente è stato innescato dal comportamento gravemente irregolare e colposo, nei termini sopra descritti, dell'imputato, non può certo sostenersi, come invece ha fatto il c.t.p. Ing. Gi.La. (cfr., relazione in atti), che la presenza di alberi a distanza non regolamentare rispetto al margine della carreggiata, tali da ostacolare la piena visuale della strada, si sia posta come causa da sola sufficiente a determinare l'evento, tale da avere provocato l'interruzione del nesso causale tra l'azione dell'imputato e l'evento stesso. Come è noto, le cause sopravvenute escludono il nesso di causalità quando sono state da sole sufficienti a determinare l'evento; sicchè, se un conducente con una condotta colposa pone in essere un fattore causale originario di rischio, l'eventuale condotta colposa di un altro soggetto, seppure sinergica, non può ritenersi da sola sufficiente a determinare l'evento, salvo che non sia qualificabile come atipica ed eccezionale. Infatti, la causa sopravvenuta avente efficacia interruttiva del nesso di causalità, è quella sufficiente da sola alla produzione dell'evento e, quindi, del tutto indipendente dal fatto posto in essere dall'agente, avulsa totalmente dalla sua condotta ed operante in assoluta autonomia, in modo da sfuggire al controllo ed alla prevedibilità dell'agente medesimo. Va poi osservato che "L'utente della strada non è responsabile dell'infortunio patito da un terzo anche per colpa di quest'ultimo, soltanto quando la sua condotta risulti immune da qualsiasi addebito, sia sotto il profilo della colpa specifica, che della colpa generica, ponendosi in tal caso come mera occasione dell'evento, e non sua concausa" (Cass. Sez. 4, Sentenza n. 32202 del 15/07/2010 Ud.); ed è principio consolidato quello secondo cui poiché le norme sulla circolazione stradale impongono severi doveri di prudenza e diligenza proprio per fare fronte a situazioni di pericolo, anche quando siano detenninate da altrui comportamenti irresponsabili, la fiducia di un conducente nel fatto che altri si attengano alle prescrizioni del legislatore, se mal riposta, costituisce di per sé condotta negligente. Ciò vale in particolare, proprio con riferimento alle disposizioni del codice della strada di cui all'art. 140 (gli utenti della strada devono comportarsi in modo da non costituire pericolo o intralcio per la circolazione stradale ed in modo che sia in ogni caso salvaguardata la sicurezza stradale) e art. 141 (obbligo di adeguare la velocità alle concrete condizioni della circolazione e obbligo di conservare sempre il controllo del veicolo), che dimostrano che la misura della diligenza che si pretende nel campo della circolazione dei veicoli è massima, richiedendosi a ciascun utente, al fine di controbilanciare l'intrinseca pericolosità della specifica attività considerata, una condotta di guida di assoluta prudenza della quale fa parte anche l'obbligo di preoccuparsi delle possibili irregolarità di comportamento di terze persone. Da ciò conseguendo che il principio dell'affidamento, nello specifico campo della circolazione stradale, trova un opportuno temperamento nell'opposto principio secondo cui l'utente della strada è responsabile anche del comportamento imprudente di altri utenti, purché rientri nel limite della prevedibilità (Sezione 4°, 14 febbraio 2008, Ni. ed altro). Nel caso in esame deve escludersi che la presenza di arbusti a ridosso della banchina possano qualificarsi come causa di per sé sola idonea a cagionare l'evento lesivo del quale è stata vittima Al.Ra.. Infatti, il fattore causale rappresentato dalla presenza dell'albero non sarebbe stato giammai sufficiente, da solo, alla produzione dell'evento e, quindi, capace di cagionare il decesso dell'A. in maniera del tutto indipendente dal fatto posto in essere dall'imputato con la propria condotta di guida colposa; è evidente che non si tratta di fattori che, avulsi dalla sua condotta colposa, avrebbero potuto provocare l'evento morte. Né si tratta di fattori causali operanti in assoluta autonomia, in modo da sfuggire al controllo ed alla prevedibilità dell'agente medesimo. Infatti, la strada provinciale Veglie - Porto Cesareo percorre una serie di campagne coltivate ove vi sono molteplici arbusti anche a brevissima distanza dal margine della carreggiata, come del resto ancora oggi si verifica moltissime strade extraurbane della provincia di Lecce; sicchè, la presenza di alberatura a breve distanza dal margine stradale, lungo la relativa banchina, sono circostanze tutt'altro che abnormi, tanto più in un contesto rurale come quello in cui si sono svolti i fatti per cui è procedimento; inoltre, tali circostanze non costituivano un dato saliente del tratto di strada percorso dal Ni. al momento dell'incidente, ina connotavano, come rilevabile dalle fotografie in atti, l'intero tratto viario. Non si tratta, quindi, di fattori eccezionali e abnormi che l'agente non potesse prevedere, ma fattori allo stesso ben noti fin dall'imbocco di quella strada; ne deriva pertanto che la presenza di arbusti posti a ridosso dell'incrocio stradale avrebbe dovuto suggerire all'imputato, in ossequio agli ordinari criteri di diligenza e prudenza, di prestare ancora più attenzione nel l'assicurarsi che la strada fosse libera all'atto di effettuare la manovra di svolta a sinistra. Anche in considerazione della recente esegesi effettuata dalla Corte di cassazione in ordine al disposto di cui all'art. 41, co. II del codice penale (Cass. pen., sez. VI, sent. 10 marzo 2016, n. 15493/2016, Pres. B., Rel. M.), le suddette irregolarità non paiono raggiungere quel livello di "eccentricità" dalla norma in virtù del quale potrebbe dirsi configurabile l'interruzione del decorso causale attivato dalla condotta del N.. Inoltre, deve osservarsi che certamente l'evento lesivo per cui è procedimento apparteneva al novero dei rischi prevenuti dalle regole cautelari violate dall'imputato: il dovere di rispettare la segnaletica di Stop e di controllare in modo adeguato, specie allorquando si sta per effettuare una manovra di immissione su una S.P., che non stia sopraggiungendo altro veicolo all'atto della manovra, rappresentano il portato del più generale obbligo di modulare la propria condotta alle ordinarie regole di diligenza prudenza e perizia. In disparte quindi la presenza del segnale di Stop, che imponeva al Ni. l'obbligo di arrestare il veicolo in prossimità dell'incrocio e di controllare accuratamente la presenza di altri utenti della strada prima di effettuare la manovra di svolta a sinistra sulla S.P. 113, l'ordinaria diligenza avrebbe consentito al Ni. di rappresentarsi ed evitare insidie di tal specie. Come riportato nella relazione elaborato dal consulente del Pubblico Ministero, d'altronde, il giorno del sinistro la visibilità della strada non era pregiudicata da alcuna particolare condizione meteorologica. Tutte le predette valutazioni trovano fondamento nei principi espressi in materia dalla Corte di cassazione, secondo la quale "in tema di omicidio colposo a seguito di incidente stradale, affinché le condizioni della strada assumano un'esclusiva efficienza causale dell'evento, è necessario che le sue anomalie assumano i caratteri dell'insidia e del trabocchetto di guisa che per la loro oggettiva invisibilità e la conseguente imprevedibilità, integrino una situazione di pericolo occulto inevitabile con l'uso della normale diligenza; qualora, invece, adottando la normale diligenza che si richiede a colui che usi una strada pubblica, la situazione di pericolo sia conoscibile e superabile, la causazione dell'infortunio non può che fare capo esclusivamente e direttamente a chi non abbia adottato la diligenza imposta" (Cass. pen., Sez. IV, sent. 13 giugno 2012, n. 34154). Per tutte le anzidette ragioni, pertanto, va affermata la penale responsabilità dell'imputato per il reato di omicidio colposo ascrittogli. 3. Per quanto riguarda il trattamento sanzionatorio da disporre nei confronti dell'odierno imputato, va ritenuta sussistente la circostanza attenuante di cui all'art. 62, co. I, n. 6, in quanto egli, prima del giudizio, ha riparato interamente il danno da lui cagionato mediante adeguato risarcimento: detta riparazione è attestata dal documento prodotto dalla difesa, il quale dimostra che la compagnia assicurativa del soggetto agente ha proceduto al predetto risarcimento. Giova ricordare che il riconoscimento della predetta diminuente riposa sul rilievo che, rispetto ai reati colposi, la riparazione del danno può anche consistere nell'aver stipulato un'assicurazione a copertura del danno cagionato (Cass. pen., SS.UU., sent. 22 gennaio 2009, n. 5941). Non ricorre, invece, alcun ulteriore specifico elemento obbiettivo valutabile favorevolmente tale da giustificare il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, non essendo da questo punto di vista sufficiente il mero dato della formale incensuratezza. Sicché, ritenuta le circostanze attenuanti ex art. 62, co, I, n. 6, nonché la diminuente per il rito, appare equa, ai sensi dell'art. 133 c.p., tenuto conto della gravità del fatto che consente di partire da una pena superiore al minimo edittale, una pena pari ad anni 1 e mesi 6 di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali (p.b. anni tre di reclusione; ridotta di un terzo per la circostanza attenuante ex art. 62, co. I, n. 6 c.p., ulteriormente ridotta a quella di cui al dispositivo in considerazione della diminuente del rito). Può essere disposta la sospensione condizionale della pena e la non menzione, in quanto non risultano precedenti condanne e si ritiene favorevole la prognosi in ordine all'astensione dell'imputato dalla commissione di reati della stessa indole di quello per cui è causa. P.Q.M. Visti gli artt. 533-535 c.p.p., dichiara Ni.Al. colpevole del reato ascrittogli e, riconosciuta l'attenuante di cui all'art. 62, co. I, n. 6 e lo condanna, in concorso con la diminuente per il rito, alla pena di anni uno e mesi sei di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali. Pena sospesa e non menzione. Motivazione contestuale. Così deciso in Lecce il 5 febbraio 2024. Depositata in Cancelleria il 5 febbraio 2024.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI LECCE II SEZIONE PENALE Il Giudice Dott.ssa Chiara PANICO - alla pubblica udienza dell'1.2.2024 ha pronunziato e pubblicato la seguente SENTENZA con motivazione contestuale nei confronti di Do.Ma., nato a M. il (...), ivi residente alla via Ca. B. n. 9; libero assente: Difeso di fiducia dall'Avv. Al.Ca. del foro di Lecce, presente IMPUTATO Del reato p. e p. dagli artt. 76 D.P.R. n. 445 del 2000 - 483 c.p. perché, in qualità di dipendenti dell'azienda "Cl. srl" con sede in Pa. alla via R. del 99 (aggiudicataria dei servizi di pulizia e portierato presso la Corte di Appello di Lecce), Pa.Vi. con mansioni di portierato presso la sede del giudice di pace di via B. e Do.Ma. con mansioni di addetto receptionist presso la sede del Tribunale in via B., nelle dichiarazioni depositate a Lecce rispettivamente in data 18.02.2022 e 28.02.2022, attestavano, secondo le disposizioni previste dal D.P.R. n. 445 del 2000-"di non avere procedimenti penali pendenti e/o passati in giudicato presso le competenti Autorità giudiziarie", contrariamente al vero, in quanto dagli accertamenti esperiti dalla Corte di Appello di Lecce, emergeva che i predetti lavoratori avevano riportato condanne passate in giudicato. In Lecce il 18 e 29 febbraio 2022 Con l'intervento del P.M. Dott. Gioacchino Argentino- VPO SVOLGIMENTO DEL GIUDIZIO Con decreto di citazione a giudizio emesso dalla Procura della Repubblica di Lecce in data 7 marzo 2023, all'esito dell'espletate indagini preliminari, Pa.Vi. veniva tratto a giudizio per rispondere del reato riportato in epigrafe. All'udienza predibattimentale del 7 dicembre 2023, non comparsi gli imputati Do.Ma. e Pa.Vi., il Tribunale ne dichiarava l'assenza, ricorrendone i presupposti di legge. La difesa di Do.Ma. chiedeva l'ammissione dell'imputato al rito abbreviato. Il Tribunale ammetteva l'istante al rito. La difesa chiedeva un rinvio per la discussione. La difesa non si opponeva. Il Tribunale rinviava il processo con sospensione dei termini di prescruzione. All'udienza dell' 1 febbraio 2024 il Tribunale provvedeva allo stralcio della posizione processuale di Do.Ma. con formazione di autonomo fascicolo processuale ed invitava le parti a concludere. Il P.M. e il difensore dell'imputato formulavano le conclusioni come riportate in epigrafe. All'esito della discussione, visti gli artt. 544 e ss. del c.p.p. è stata data lettura del dispositivo e della contestuale motivazione. Non vi erano richieste di sanzioni sostitutive in caso di condanna. MOTIVAZIONE Ricostruzione in fatto Do.Ma. è imputato del reato p. e p. dagli artt. 76 D.P.R. n. 445 del 2000 - 483 c.p. perché, in qualità di dipendenti dell'azienda "Cl. srl" con sede in Pa. alla via R. del '99 (aggiudicataria dei servizi di pulizia e portierato presso la Corte di Appello di Lecce), Pa.Vi. con mansioni di portierato presso la sede del giudice di pace di via B. e Do.Ma. con mansioni di addetto receptionist presso la sede del Tribunale in via B., nelle dichiarazioni depositate a Lecce rispettivamente in data 18.02.2022 e 28.02.2022, attestavano, secondo le disposizioni previste dal D.P.R. n. 445 del 2000 - "di non avere procedimenti penali pendenti e/o passati in giudicato presso le competenti Autorità giudiziarie", contrariamente al vero, in quanto dagli accertamenti esperiti dalla Corte di Appello di Lecce, emergeva che i predetti lavoratori avevano riportato condanne passate in giudicato. In Lecce il 18 e 29 febbraio 2022. Nella segnalazione proveniente dal Presidente della Corte di Appello di Lecce emerge che, a seguito dell'attivazione della Convenzione FM4, alcuni uffici del distretto della Corte d'Appello avevano segnalato che alcuni addetti al servizio di reception e pulizia erano stati oggetto di condanne penali. Al fine di verificare la fondatezza di tale situazione, il Presidente della Corte di Appello con nota prot. (...) dell' 11.1.2022 richiedeva alla società Cl. srl di produrre adeguata documentazione con riferimento agli addetti alla pulizia degli uffici giudiziari e a quelli addetti al servizio di reception. Il Presidente rappresentava che all'esito di tale verifica, era risultato che alcuni pulitori e alcuni dei custodi avevano prodotto dichiarazioni mendaci e, pertanto, richiedeva l'allontanamento dagli uffici giudiziaria di una serie di nominativi, fra cui Do.Ma., addetto receptionist presso il Tribunale in via B.. Nell'esito di indagini delegate della sezione pg - Polizia di Stato (n. 105/22 redatta in data 2.12.2022) si dava atto che in data 15 novembre 2022 la Corte di Appello di Lecce, a seguito di specifica richiesta dell'ufficio, aveva comunicato di non essere in possesso di alcuna documentazione relativa all'assunzione di Do.Ma., in quanto lo stesso era stato assunto direttamente dalla società Cl. srl di P.. La Corte di Appello trasmetteva, quindi, la convenzione FM4 - Servizio di reception e servizio di pulizia all'interno degli uffici giudiziari. In data 17 novembre 2022 veniva interessato personale della DIGOS della Questura di Chieti al fine di escutere Di.Qu., amministratore della Cl. srl, con riferimento alle modalità di assunzione dell'imputato, con particolare riguardo alla presentazione, da parte degli stessi, delle dichiarazioni sostitutive di certificazione per carichi pendenti. All'esito, con nota prot. (...) del 19 novembre u.sc., la DIGOS trasmetteva i verbali di sommarie informazioni rese da Di.Qu. e Ca.Mo., rappresentante legale e responsabile della gestione operativa della Cl. srl. Il primo indicava che era stata la Ca. ad assumere il dipendente. Quest'ultima aveva dichiarato che i dipendenti Do.Ma. e Pa. erano stati assunti con la clausola sociale del contatto multiservizi e che, dopo aver ricevuto comunicazione da parte della Corte di Appello di Lecce circa la produzione di dichiarazioni mendaci, li avevano sospesi in via cautelare dal servizio. La Ca. dichiarava che tali autocertificazioni erano state consegnate direttamente al loro Capo servizio di zona, P.G.. Quest'ultimo, escusso a sommarie informazioni, dichiarava che la dichiarazione di Do.Ma. gli era stata inviata da quest'ultimo a mezzo foto del modulo compilato e firmato con messaggio whatsapp dal proprio telefono cellulare. Tali dichiarazioni venivano quindi consegnate dal Pa. presso la sede della Cl.. La pg si portava presso gli uffici della società e acquisiva le predette autocertificazioni. Nella dichiarazione sostitutiva di certificazione Do.Ma. in data 18.2.2022 aveva dichiarato di non avere procedimenti penali pendenti e/o passati in giudicato presso le competenti Autorità giudiziarie. Non dichiarava nulla nella casella relativa alla presenza di procedimenti penali passati in giudicato. Dal certificato del casellario giudiziale emergeva che il Da. era stato condannato alla pena di cinque mesi di reclusione con sentenza di applicazione delle pena su richiesta delle parti emessa in data 4.11.2004 dal Tribunale in composizione monocratica di Lecce, irrevocabile il 15.12.2004 per i delitti unificati per continuazione di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche tentato in concorso e per falsità materiale commessa dal privato in atti pubblici, commessi entrambi in data 18.11.2000 in Lecce. Il Da. aveva beneficiato della sospensione condizionale della pena. Motivi della decisione Il Tribunale ritiene che il Da. con la sua condotta non abbia integrato il delitto di cui agli artt. 76 D.P.R. n. 445 del 2000 - 483 c.p., pur avendo nella sua dichiarazione datata 18.2.2022 reso una dichiarazione tecnicamente difforme al vero, per mancanza dell'elemento psicologico richiesto ai fini dell'integrazione della fattispecie contestata. Egli ha infatti dichiarato "di non avere procedimenti penali pendenti e/o passati in giudicato presso le competenti Autorità giudiziarie"; invece, dal suo certificato del casellario giudiziale emergeva che egli era stato destinatario di una sentenza di applicazione delle pena su richiesta delle parti emessa in data 4.11.2004 dal Tribunale in composizione monocratica di Lecce, irrevocabile il 15.12.2004 per i delitti unificati per continuazione di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche tentato in concorso e per falsità materiale commessa dal privato in atti pubblici, commessi entrambi in data 18.11.2000 in Lecce. II Da. aveva beneficiato della sospensione condizionale della pena. Egli ha quindi ha reso una dichiarazione non corrispondente al vero, avendo dichiarato di non aver avuto procedimenti penali passati in giudicato, in tale locuzione ampia rientrando, a parere del Tribunale, anche la sentenza di applicazione della pena con rito del patteggiamento, trattandosi letteralmente di un procedimento penale, sfociato in una sentenza irrevocabile ex art. 444 c.p.p. A parere di questo giudice, però, emergono ragionevoli dubbi in merito alla sussistenza dell'elemento psicologico, richiesto dalla norma. Si osserva, sul punto, quanto affermato dalla Cassazione in una sentenza riguardante un fatto simile a quello oggetto dell'odierno giudizio. "Non sussiste il dolo di falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico quando, con l'attestazione di non avere riportato condanne penali, resa in sede di dichiarazione sostitutiva, l'agente ometta di menzionare un'applicazione di pena su richiesta, poiché il dichiarante non è tenuto a riferire nulla di più di quanto risulti dal certificato penale. (Fattispecie in cui la Corte ha escluso la sussistenza del dolo per il lungo tempo trascorso dalla sentenza di patteggiamento, applicativa della sola pena pecuniaria e per l'intervenuta abrogazione delle disposizioni di settore che richiedevano la dichiarazione certificativa)" (Cass. Sez. 5 -, Sentenza n. 838 del 20/10/2020 Ud. (dep. 12/01/2021)Rv. 280128-01). Nella parte motiva, la Cassazione osservava: "questa Corte ha già avuto modo di precisare come non integri gli estremi dell'elemento soggettivo della fattispecie incriminatrice di falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico (art. 483 cod. pen.,) la condotta di colui che, avendo riportato sentenze di applicazione della pena, in sede dichiarazione sostitutiva, affermi di non avere riportato condanne penali, in quanto la peculiare natura e gli effetti della sentenza di patteggiamento - che, ancorché equiparata alla sentenza di condanna, ai sensi dell'art. 445, comma primo bis, cod. proc. pen., non implica un accertamento della penale responsabilità dell'imputato (Sez 5, Sentenza n. 2088 del 17/09/2009 Rv. 245817) - OMISSIS - E' stato evidenziato, altresì, che non integra il reato di falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico, la condotta di colui che in sede di dichiarazione sostitutiva di atto notorio dichiari di non aver riportato condanne penali, ancorché destinatario di sentenza di applicazione della pena su richiesta, poiché il dichiarante non è tenuto a riferire nulla di più di quanto risulti dal certificato penale (Sez. 2, n. 37556 del 30/04/2019 - Rv. 277079) - OMISSIS - E' stato ancora evidenziato da questa Corte che non sussiste il dolo di falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico quando con l'attestazione di non avere riportato condanne penali, resa in sede di dichiarazione sostitutiva preordinata all'iscrizione ad un albo professionale, l'agente ometta di menzionare un reato estinto ai sensi dell'art. 445, comma 2, cod. proc. pen., non essendo sufficiente ad integrare la piena consapevolezza e volontà della falsità delle dichiarazioni la mera inosservanza del dovere di migliore informazione giuridica sui precedenti penali (Sez. 5 , n.1284 del 12/11/2018, Rv. 275300)". Ed ancora, "Non integra il reato di falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico, la condotta di colui che in sede di dichiarazione sostitutiva di atto notorio - come disciplinata dall'art. 46, comma 1, lett. aa), D.P.R. 20 dicembre 2000, n. 445, nel testo previgente all'ultima modifica ~ dichiari di non aver riportato condanne penali, ancorché destinatario di sentenza di applicazione della pena su richiesta, poiché il dichiarante non è tenuto a riferire nulla di più di quanto risulti dal certificato penale." (Cass. Sez. 2 -, Sentenza n. 37556 del 30/04/2019 Ud. (dep. 11/09/2019 ) Rv. 277079-01). Nel caso che ci occupa, la falsa dichiarazione resa dal Da. oggetto di imputazione è del 2022 ed è certamente plausibile che l'imputato abbia confidato nel fatto che le conseguenze della sua condanna risalente al 2004, per fatti commessi nel 2001, non dovessero essere esposte nella dichiarazione rilasciata. Come condivisibilmente affermato dalla Corte, la natura necessariamente dolosa del reato di cui all'art. 483 cod. pen. porta a far ritenere l'esclusione del delitto quando non sia certo il dato dell'elemento soggettivo ed anzi questo si fondi su una eventuale colposa omissione di ulteriore indagine del privato, negligente per non essersi magari meglio informato sui caratteri della dichiarazione da rendere Per tale ragione il Da. deve essere assolto, con formula dubitativa, perché il fatto non costituisce reato. P.Q.M. Visti gli artt. 438 e ss e 530 comma 2 c.p.p. Assolve Do.Ma. dall'imputazione a lui ascritta perché il fatto non costituisce reato. Motivazione contestuale. Così deciso in Lecce l'1 febbraio 2024. Depositata in Cancelleria l'1 febbraio 2024.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI LECCE II SEZIONE PENALE Il Giudice Dott.ssa Chiara PANICO - alla pubblica udienza del 1.2.2024 ha pronunziato e pubblicato la seguente SENTENZA con motivazione contestuale nei confronti di Co.Gi., nato a L. il (...), residente a B. di M. alla via F. n. 69. domicilio eletto; libero assente; Difeso d'ufficio dall'Avv. Ba.Si. del foro di Lecce, assente, sostituito ex art. 97 quarto comma c.p.p. dall'avv. Vi.Pe. del foro di Lecce IMPUTATO Del reato di cui agli artt. 81, 2 c. 256, c. 2 D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, quale titolare della ditta Gf. s.n.c. per aver abbandonato e/o depositato in modo incontrollato rifiuti non pericolosi, derivanti da demolizioni edili, in agro di M., in località "M.M.", in catasto al fl. (...), particella (...), consistiti in cemento, mattoni, mattonelle e ceramiche, per un'area di circa mq. 20, con diversi cumuli aventi altezza variabile con media di circa m. 1,00, accertato in Melendugno, il 12/11/2018 con permanenza Con l'intervento del P.M. Dott. Gi.Ar. - VPO SVOLGIMENTO DEL GIUDIZIO Con decreto di citazione a giudizio emesso dalla Procura della Repubblica di Lecce in data 30.4.2020, all'esito dell'espletate indagini preliminari, Co.Gi. veniva tratto a giudizio per rispondere del reato riportato in epigrafe. All'udienza del 5 marzo 2021 il Tribunale, non comparso l'imputato, stante la regolarità della notifica dell'atto introduttivo nei suoi confronti trasmetteva il fascicolo dinanzi al giudice assegnatario dello stesso, secondo le vigenti tabelle. All'udienza dll'8 luglio 2021, il Tribunale dichiarava aperto il dibattimento e le parti formulavano le proprie richieste di prova che venivano ammesse in quanto non manifestamente ininfluenti e irrilevanti ai fini del giudizio, né vietate dalla legge. Il PM produceva fascicolo fotografico; verbale di "prescrizioni asseverate", in cui i Carabinieri forestale Puglia impartivano le prescrizioni al contravventore per la riduzione in pristino; verifica dell'adempimento da parte della Stazione carabinieri forestale di Otranto, con allegato fascicolo fotografico, formulari rifiuti e analisi chimiche - documenti che venivano ammessi in assenza di eccezioni delle parti. All'udienza del 23 giugno 2022 con il consenso delle parti veniva acquisita la CNR redatta dai testi N., L. e T. con domande a chiarimento al teste App. s. L.M.. II PM rinunciava all'ascolto del residui testi di lista e, nulla opponendo la difesa, il Tribunale revocava l'ordinanza ammissiva della prova. Il PM produceva missiva con richiesta di rateizzazione per il pagamento della sanzione amministrativa pecuniaria e Comunicazione del mancato pagamento in data 21 febbraio 2020. La difesa chiedeva un rinvio per la discussione. Nulla opponendo il PM, il Tribunale rinviava il processo con sospensione dei termini di prescrizione del reato. All'udienza dell'11 maggio 2023 il processo veniva rinviato non essendo trattabile dal giudice onorario, in assenza del magistrato assegnatario. All'udienza dell'I febbraio 2024 il Tribunale dichiarava chiusa l'istruttoria dibattimentale ed utilizzabili gli atti legittimamente acquisiti. Il P.M. e il difensore dell'imputato formulavano le conclusioni come riportate in epigrafe. All'esito della discussione, visti gli artt. 544 e ss. del c.p.p. è stata data lettura del dispositivo e della contestuale motivazione. MOTIVAZIONE Ricostruzione in fatto Co.Gi. è imputato del reato di cui agli artt. 81, 2 c, 256, c. 2 D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, quale titolare della ditta Gf. s.n.c. per aver abbandonato e/o depositato in modo incontrollato rifiuti non pericolosi, derivanti da demolizioni edili, in agro di M., in località "M.M.", in catasto al fl. (...), particella (...), consistiti in cemento, mattoni, mattonelle e ceramiche, per un'area di circa mq. 20, con diversi cumuli aventi altezza variabile con media di circa m. 1,00, accertato in Melendugno, il 12/11/2018 con permanenza. Nella CNR redatta da personale della Stazione Carabinieri forestale di Otranto emerge che in data 12.11.2018, intorno alle ore 10.30 circa, durante un servizio finalizzato al controllo del territorio con vigilanza ambientale, riscontrava la presenza, all'interno di un terreno adiacente ad un immobile sito in agro di M. (L.) un deposito incontrollato di rifiuti (assimilati al codice CER 170100) cemento, mattoni, mattonelle e ceramiche), riguardanti inerti derivanti da demolizioni edili. Effettuavano fascicolo fotografico. Contattati i proprietari, verificavano che la zona era interessata dal rilascio di un permesso di costruire (n. (...)) del 5.2.2018 per ristrutturazione e ampliamento. Co.Gi., titolare della ditta "Gf. s.n.c." confermava che in quell'area aveva depositato materiale proveniente da altro cantiere. La pg redigeva verbale con prescrizioni asseverate al C.. L'App. L.M. su domanda della difesa chiariva che l'imputato era stato ammesso al pagamento della sanzione amministrativa, a seguito dell'avvenuto smaltimento del materiale. Motivi della decisione Preliminarmente il Tribunale ritiene che il reato non sia prescritto. Tenuto conto, infatti, del periodo di sospensione della prescrizione e del momento di commissione del reato, pur considerato integrato il reato in data 12 novembre 2018, trattandosi di illecito di natura istantanea (Cass. n. 43590 del 17 novembre 2022), il relativo termine massimo, pari a cinque anni, non risulta essere spirato. Ciò posto, il Tribunale ritiene che il Co. con la sua condotta abbia integrato il delitto di cui all'art. 256 D.Lgs. n. 152 del 2006, avendo abbandonato nell'esercizio della sua attività di impresa un copioso quantitativo di rifiuti non pericolosi, costituiti da materiale edile di scarto (inerenti, materiale di risulta, mattoni), come accertato nella precisa e puntuale CNR redatta dai Carabinieri forestali di Otranto, come tale certamente attendibile. Il fatto, così come accertato dagli operanti, integra la contravvenzione contestata, tenuto conto che il Co. agiva nell'esercizio della sua attività di impresa, come da lui stesso dichiarato all'atto del controllo della pg nell'imminenza dei fatti, avendo depositato materiale proveniente da vari cantieri. Sul punto, si riportano i principi espressi dalla giurisprudenza di legittimità in materia di discrimen fra l'illecito amministrativo di cui all'art. 255 D.Lgs. n. 152 del 2006 e la contravvenzione di cui all'art. 256 D.Lgs. n. 152 del 2006. "In tema di gestione dei rifiuti, il reato cui all'art. 256, comma 2, D.Lgs. n. 152 del 2006, pur avendo in comune con l'illecito amministrativo previsto dall'art. 255, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 152 del 2006 le condotte di abbandono, deposito incontrollato e immissione, si trova con tale ultima norma in rapporto di specialità in ragione delle peculiari qualifiche soggettive rivestite dai suoi destinatari che possono essere solo i titolari di imprese o i responsabili di enti. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto immune da censure la condanna del legale rappresentante di una società di demolizione che aveva collocato materiale qualificabile come rifiuti in un'area adiacente al capannone adibito a luogo di rottamazione)" (Cass. Sez. 3 -, Sentenza n. 15234 del 23/01/2020 Ud. (dep. 15/05/2020 ) Rv. 278853 - 01). Ed ancora, "Il reato di gestione di rifiuti in assenza di autorizzazione, previsto dall'art. 256, comma 1, D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, non ha natura di reato proprio, realizzabile dai soli soggetti esercenti professionalmente un'attività di gestione di rifiuti, ma costituisce un'ipotesi di reato comune, che può essere commesso da chiunque svolga tale attività di fatto o in modo secondario, purché non del tutto occasionalmente, e che, per la sua natura istantanea, si perfeziona anche con una sola delle condotte alternativamente previste dalla norma incriminatrice. (Fattispecie relativa a rifiuti speciali, in cui la Corte ha escluso l'occasionalità dell'attività per la natura e la quantità dei rifiuti, destinati ad essere interrati con un mezzo meccanico in un fondo preso in affitto, nonché per il coinvolgimento nell'attività di due persone)" (Cass. Sez. 3 -, Sentenza n. 4770 del 26/01/2021 Ud. (dep. 08/02/2021 ) Rv. 280375 -01). "Integra la contravvenzione di cui all'art. 256, comma 2, D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, la condotta del titolare di un'impresa o del responsabile di un ente che abbandoni o depositi in modo incontrollato rifiuti derivanti dallo svolgimento di attività comunque riconducibili all'impresa o all'ente, in quanto dagli stessi esercitabili anche in maniera occasionale ed illegale, essendo esclusa la configurabilità dell'illecito penale nel solo caso in cui i rifiuti abbandonati o depositati in modo incontrollato siano estranei a qualunque attività che, anche episodicamente, potrebbe svolgere l'impresa o l'ente. (Fattispecie relativa allo sversamento ripetuto e incontrollato, da parte del titolare di un'impresa esercente attività edile, di quantitativi non irrilevanti di materiali provenienti da demolizioni, di legnami è di metalli, in cui la Corte ha valutato corretta la decisione che aveva ritenuto la configurabilità della contravvenzione)" (Cass. Sez. 3 -, Sentenza n. 33423 del 01/06/2023 Ud. (dep. 31/07/2023 ) Rv. 284999 -01). Nel caso di specie, aderendo a ognuna di tali differenti opzione interpretativa, il Co. ha comunque integrato la contravvenzione di abbandono di rifiuti, avendo agito nell'esercizio della sua attività di impresa, depositando un quantitativo non esiguo di rifiuti. Ciò premesso, il Tribunale rileva che, pur sussistendo il fatto di reato, lo stesso possa essere considerato di lieve offensività, con conseguente applicabilità dell'istituto di cui all'art. 131 bis c.p. Gli operanti hanno dato conto che il Co. abbia smaltito i rifiuti, ripristinando lo stato dei luoghi. In effetti, agli atti sono presenti i formulari di smaltimento dei rifiuti e le analisi chimiche che danno conto della mancata compromissione del terreno. Ricorrono tutti gli elementi per considerare il fatto tenue, tenuto conto della sopravvenuta mancanza di offensività, considerata la riduzione in pristino dello stato dei luoghi e la non compromissione del terreno, avendo egli depositato rifiuti non pericolosi. Il Co. è inoltre soggetto incensurato, non dedito a condotte di analogo tenore. Né può considerarsi ostativa a tale valutazione la circostanza che egli non abbia ottemperato alla sanzione amministrativa, attenendo tale rilievo ad altro piano, e non alla offensività o meno del fatto rispetto al bene giuridico presidiato dalla norma incriminatrice, unico elemento da prendere in considerazione in questa sede. Per tutte le ragioni sopra esposte, il Co. deve essere assolto perché il fatto è di scarsa offensività. P.Q.M. Visto l'artt. 530 c.p.p. e 131 bis c.p. Assolve Co.Gi. dall'imputazione ascrittagli per tenuità del fatto. Motivazione contestuale. Così deciso in Lecce l'1 febbraio 2024. Depositata in Cancelleria l'1 febbraio 2024.
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