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  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO di MILANO TREDICESIMA CIVILE Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. Sabrina Bocconcello ha pronunciato ex art. 281 sexies c.p.c. la seguente SENTENZA nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 40905/2017 promossa da: (...) tutti con il patrocinio dell'avv. (...) elettivamente domiciliato in (...) MILANO presso il difensore avv. (...) ATTORE/I contro (...), con il patrocinio dell'avv. (...) elettivamente domiciliato in(...) MILANO presso il difensore avv. (...) CONVENUTO/I CONCLUSIONI Le parti hanno concluso come da fogli allegati al verbale d'udienza. SVOLGIMENTO IN FATTO DEL PROCESSO omissis ex art. 132 c.p.c. e 118 disp. att. cpc Si premette che la presente sentenza verrà redatta con motivazione stesa in forma concisa e sintetica in conformità anche con i criteri espressi e di cui alla pronunzia della Suprema Corte di Cassazione alle SS.UU. n. 642 del 16/01/2015. La presente si limiterà pertanto ad una succinta esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione, specificando che tale esposizione potrà fondarsi su precedenti conformi. Per quanto riguarda domande, eccezioni e richieste conclusive delle parti, si rinvia agli atti processuali delle medesime ed ai verbali delle udienze, atteso il contenuto dell'art. 132 n. 4 c.p.c. e 118 disp. Att. cpc, che esclude una lunga e particolareggiata esposizione di tutte le vicende processuali anteriori alla decisione. MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA DECISIONE Il presente procedimento trae origine dalla impugnativa della delibera del 14.3.2017 punti 1,2,3,4, e 5 dell'odg (per numerosi motivi sia procedurali che sostanziali) svolta dagli attori con atto di citazione ritualmente notificato con il quale convenivano in giudizio il (...), per sentire accogliere le seguenti conclusioni: "Voglia il Tribunale adito, disattesa ogni contraria istanza, conclusione e deduzione, previa sospensione dell'efficacia esecutiva ex art. 1137 c.c., così giudicare: Nel merito: dichiarare nulla o, comunque, annullare l'impugnata delibera assembleare, relativamente ai punti n. 1, 2, 3, 4 e 5 dell'ordine del giorno dell'assemblea del 14/03/2017 del (...), per i motivi di cui al presente atto. Con vittoria di spese e competenze di legge." Alla prima udienza del 21.12.2017 si costituiva in giudizio il (...) convenuto contestando ogni deduzione avversaria e chiedendo: "Respingere le domande tutte avanzate dagli attori nell'atto di citazione nei confronti del (...), in persona dell'Amministratore pro tempore in quanto infondate in fatto e in diritto per i motivi esposti. Con vittoria di spese e competenze del presente giudizio e delle spese del procedimento di mediazione". Concessi i richiesti termini di cui all'art. 183 VI comma c.p.c., la causa veniva rinviata per la discussione sull'ammissione dei mezzi istruttori all'udienza del 7.5.2018 Alla fissata udienza il Giudice -su specifica richiesta congiunta delle parti anche al fine di valutare ipotesi conciliative- disponeva CTU contabile, nominando il dott. (...) e rinviando per il giuramento del CTU e la formulazione del quesito. All'udienza del 18.6.2018 il CTU Dott. (...) accettava l'incarico e prestava il giuramento di rito sul quesito posto ed il Giudice rinviava per verificare l'esito del deposito dell'elaborato. Nelle more, a seguito di istanza del CTU, con ordinanza del 15.11.20218 veniva fissata udienza al 21.1.2019 ove le parti concordavano di integrate il quesito posto al CTu nel seguente modo "verranno esaminati su accordo delle parti i punti emersi in corso di operazioni peritali sono ad ora effettuate estrapolando tra questi quelli che saranno oggetto di specifico esame sulla base dei criteri statistici individuati dal CTU" In data 20.5.2019 il CTU depositava elaborato finale ed all'udienza del 20.6.2019 il Giudice, ritenuta la causa matura per la decisione rinviava la stessa per la discussione all'udienza del 25.11.2019 concedendo termine per il deposito di note conclusive sino al 15/11/19. Nelle more con istanza congiunta del 13.11.2019 le parti chiedevano differimento dell'udienza in pendenza di trattative. La causa veniva rinviata all'udienza del 20/02/20, con termine per il deposito di note conclusive sino al 10/02/20. Con istanza congiunta del 03/02/20, le parti domandavano un ulteriore sempre in pendenza di trattative. Il Giudice, vista la suddetta istanza congiunta, a modifica dell'ordinanza del 25/11/19 rinviava l'udienza del 20/02/20 al 25/02/20, sospendendo i termini per il deposito di note conclusive. La causa veniva poi differita, per impedimento d'ufficio, all'udienza del 27/02/20. Le parti, sempre al fine di coltivare le trattative volte a trovare una soluzione conciliativa, domandavano una serie di rinvii. Il giudizio veniva dapprima rinviato all'udienza del 05/06/20 e poi a quella del 21/10/20, ove su richiesta delle parti il Giudice rinvia per la precisazione delle conclusioni all'udienza del 15.12.2020. Alla fissata udienza le parti, ritenendo ancora possibile il raggiungimento di un accordo transattivo, domandavano un rinvio in pendenza di trattative ed il Giudice rinviava così la causa all'udienza del 13/04/21. All'udienza del 13/04/21, le parti davano atto del fallimento delle trattative e il Giudice, su richiesta delle parti rinviava la causa per la precisazione delle conclusioni all'udienza del 14/12/21. Le parti, in considerazione della nomina di un nuovo amministratore, sempre al fine di raggiungere una conciliazione, domandavano un ulteriore rinvio in pendenza di trattative: la causa veniva dapprima rinviata all'udienza del 03/03/22, poi all'11/07/22 e, infine, per impedimento d'ufficio del Giudice al 15/09/22. In data 12/09/22, le parti depositavano una nuova istanza di differimento udienza sempre in pendenza di trattative. La causa veniva rinviata al 28/11/22, poi al 20/03/23, 02/10/23 e, infine, al 26/02/24. All'udienza del 26/02/24 le parti chiedevano fissarsi udienza di precisazione delle conclusioni ed il Giudice rinviava la causa per la precisazione delle conclusioni all'udienza del 13/03/24, all'esito della quale la stessa veniva rinviata per la discussione con temine alle parti per il deposito di note conclusive. All'udienza del 31.5.2024 in esito alla discussione viene data lettura della sentenza. Quale primo motivo di impugnazione della delibera del 14.3.2017 il condomino (...) in proprio e non quale legale rappresentante della (...) lamenta la mancata convocazione all'assemblea de quo. Il condominio convenuto eccepisce che il (...) proprietario di immobile nello stabile unitamente con la di lui madre Sig.ra (...) non poteva non sapere della convocazione in quanto destinatario di tre avvisi di convocazione uno inviato a (...) di cui è legale rappresentante (convocazione non ritirata); uno inviato alla madre (...) ed uno al fratello (...). Come noto, è ormai consolidato in giurisprudenza che: 1) l'assemblea deve esser convocata a mezzo di comunicazione scritta che deve pervenire ai condomini almeno cinque giorni prima della data fissata per la riunione (art.66 disp.att.c.c.,ultimo comma) 2) la convocazione deve essere fatta a tutti gli aventi diritto 3) l'inosservanza di una di tali prescrizioni comporta la annullabilità della delibera, che può esser fatta valere entro 30 giorni, dalla delibera per i dissenzienti e dal ricevimento del verbale assembleare per gli assenti. (Cass. 26 settembre 2013 n. 22047 e cass. 8275/2019) A ciò si aggiunga che l'art. 66 disp. att. c.c. comma II così come novellato dalla riforma del 2012, e nel caso de quo pienamente applicabile posto che la delibera oggetto di impugnativa è del 14.3.2017 prevede che in caso di omessa, tardiva o incompleta convocazione degli aventi diritto, la deliberazione assembleare è annullabile ai sensi dell'articolo 1137 del codice su istanza dei dissenzienti o assenti perché non ritualmente convocati. Ne consegue che in caso di vizi della convocazione, la delibera può essere contestata (cioè il vizio relativo al difetto di convocazione) solo da coloro che hanno subito direttamente il pregiudizio e non da altri soggetti (Cass. civ. sez. II del 18 aprile 2014, n. 9082). Deve ritenersi che la novella del 2012 abbia inteso codificare il diritto soggettivo del condomino di partecipare all'assemblea in maniera informata (a tutela del quale è anche previsto un termine entro il quale l'avviso di convocazione deve pervenire a tutti i condomini), in mancanza del quale la delibera deve ritenersi invalida. Orbene, nel caso in esame il condominio conferma di non aver inviato al condomino (...) l'avviso di convocazione ma ne eccepisce la presunzione di conoscenza attesa la regolare convocazione della madre (...) comproprietaria e della (...) del quale il (...) è legale rappresentante Sul punto osserva questo Tribunale che la Suprema Corte (Cass. 26 settembre 2013 n. 22047 e cass. 8275/2019) qualifica l'avviso di convocazione atto eminentemente privato, e del tutto svincolato, in assenza di espresse previsioni di legge, dall'applicazione del regime giuridico delle notificazioni degli atti giudiziari - quale atto unilaterale recettizio- per cui esso rinviene la propria disciplina nell'art. 1335 c.c., al medesimo applicandosi la presunzione di conoscenza in tale norma prevista (superabile da una prova contraria da fornirsi dal convocato), in base alla quale la conoscenza dell'atto è parificata alla conoscibilità, in quanto riconducibile anche solamente al pervenimento della comunicazione all'indirizzo del destinatario e non alla sua materiale apprensione o effettiva conoscenza. Invero, la presunzione di conoscenza ex art. 1335 c.c., degli atti recettizi in forma scritta giunti all'indirizzo del destinatario opera per il solo fatto oggettivo dell'arrivo dell'atto nel luogo indicato dalla norma. Ed infatti giurisprudenza condivisa ha chiarito sul punto, che l'esigenza che tutti i comproprietari siano preventivamente informati della convocazione dell'assemblea condominiale può ritenersi soddisfatta quando risulti, secondo l'incensurabile accertamento del giudice di merito, che in qualunque modo i detti comproprietari ne abbiano avuto notizia" (Cass. Civ. Sez. II, 18 febbraio 2000, n. 1830) Pertanto, seppur vero che ai fini della validità delle delibere assembleari è necessario che tutti gli aventi diritto siano stati regolarmente convocati, in caso di comproprietari tale requisito può ritenersi soddisfatto qualora l'avviso sia inviato ad uno solo degli aventi diritto, purché si abbia ragionevole certezza di ritenere che anche il comproprietario sia stato reso edotto." La validità della convocazione per la riunione dell'assemblea condominiale di uno dei comproprietari pro indiviso di piano o di porzioni di piano di un condominio può evincersi anche dall'avviso dato all'altro comproprietario, qualora ricorrano circostanze presuntive tali da far ritenere che il secondo comproprietario abbia reso edotto il primo della convocazione stessa." (Cassazione civile, sez. II, 16/02/1996 , n. 1206) Ciò detto in punto di diritto, nei fatti per cui è causa risulta indiscusso il ricevimento della relativa convocazione e del successivo verbale di assemblea da parte di un solo dei comproprietari, ed esattamente di (...) (...). Dalle evidenze istruttorie non sono emersi elementi di conflittualità tra i comproprietari (...) tali da poter escludere una presunzione di conoscenza ed informazione circa la convocazione per l'assemblea del 14.3.2017, con la conseguenza che si deve ritenere che il sig. (...) sia stato reso edotto della convocazioni ricevute dalla madre e per l'effetto deve essere rigettata la domanda di annullabilità azionata per difetto di convocazione. Con il secondo motivo di impugnazione gli attori lamentano la nullità della delibera del 14.3.2017 per eccesso di potere dovuto alla mera reiterazione di 5 delibere impugnate ed in particolare le delibere del 11/03/14, punto n. 2; del 11/11/14, punti da 1 a 3; del 02/05/2016, punto n. 3; del 15/06/16 punti 1, 2 e 4; e del 13/12/16, punti da 1 a 6. Non è contestato che con la delibera del 14.3.2017 l'assemblea abbia reiterato quanto già deliberato in occasione delle assemblee sopra elencate senza nulla aggiungere né togliere. E' stato chiarito dalla giurisprudenza di merito e di legittimità che affinché una delibera possa legittimamente sostituirsi a quella già impugnata, è necessario un riesame della precedente decisione, da effettuarsi attraverso un nuovo apprezzamento degli interessi da perseguire e comporre, eliminando eventuali vizi, finalizzato ad un concreto risultato gestorio a tutela della collettività condominiale; che se, invece, l'assemblea si limita semplicemente a confermare quanto già deciso in precedenza, la seconda deliberazione non può considerarsi "legittimo esercizio del potere discrezionale dell'organo deliberante assembleare", configurandosi, al contrario, un eccesso di potere che determina l'invalidità della seconda deliberazione (cfr. Cass.civ. 20.4.2001, n 5889); Infatti secondo la Suprema Corte, in tema di impugnazione delle delibere condominiali, la sostituzione della delibera impugnata con altra adottata dall'assemblea in conformità della legge, facendo venir meno la specifica situazione di contrasto fra le parti, determina la cessazione della materia del contendere, analogamente a quanto disposto dall'art. 2377, comma 8, c.c. dettato in tema di società di capitali, a condizione che la nuova deliberazione abbia un identico contenuto, e che cioè provveda sui medesimi argomenti, della deliberazione impugnata, ferma soltanto l'avvenuta rimozione dell'iniziale causa di invalidità. Orbene atteso che la delibera del 14.3.2017 nei punti 1,2,3,4, e 5 dell'odg ha provveduto sui medesimi argomenti ratificando espressamente il contenuto della delibera le delibere del 11/03/14, punto n. 2; del 11/11/14, punti da 1 a 3; del 02/05/2016, punto n. 3; del 15/06/16 punti 1, 2 e 4; e del 13/12/16, punti da 1 a 6, va ritenuto sussistente l'eccesso di potere sotto il profilo della ravvisabilità in detta ultima assemblea del fine unico di eludere la definizione dei giudizi già pendenti. Ne consegue l'accoglimento della domanda attorea e la declaratoria di nullità della delibera de quo. Le spese di lite seguono il criterio della soccombenza e si liquidano come da dispositivo, ponendo definitivamente a carico solidale delle parti le spese di CTU attesa la richiesta congiunta delle parti al solo scopo di verificare la possibilità di percorrere l'ipotesi transattiva. Sentenza esecutiva ex lege. P.Q.M. Il Tribunale, in composizione monocratica, ogni altra istanza disattesa, rigettata o assorbita, così provvede: - dichiara nulla la delibera del 14.3.2017 punti 1,2,3,4, e 5 dell'odg resa dal (...) convenuto, come in motivazione. - Condanna il (...) convenuto a pagare in favore degli attori, in solido tra di loro, le spese e competenze di lite e di mediazione, che liquida in Euro. 585,00 per spese e Euro.3.500,00 per compensi, oltre al 15% per spese generali, cpa e Iva di legge. - pone definitivamente a carico solidale delle parti le spese di CTU come in motivazione. Milano, 31 maggio 2024.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia Sezione Quarta ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 664 del 2019, proposto da -OMISSIS- e -OMISSIS-, rappresentate e difese dagli avvocati An. Si. Ed. Ba. e Gi. Co., con domicilio digitale come da PEC da Registro di Giustizia; contro Ente di Diritto Pubblico Parco Regionale della Valle del Lambro, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Pi. Fe. ed En. Ro., con domicilio digitale come da PEC da Registro di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell'avv. En. Ro. in Milano, Piazza (...); nei confronti del Comune di -OMISSIS-, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Al. Fo., con domicilio digitale come da PEC da Registro di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Milano, Corso di (...); sul ricorso numero di registro generale 1984 del 2019, proposto da -OMISSIS- e -OMISSIS-, rappresentate e difese dagli avvocati An. Si. Ed. Ba. e Gi. Co., con domicilio digitale come da PEC da Registro di Giustizia; contro Comune di -OMISSIS-, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Al. Fo., con domicilio digitale come da PEC da Registro di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Milano, Corso di (...); nei confronti del Parco Regionale della Valle del Lambro, non costituito in giudizio; per l'annullamento - quanto al ricorso n. 664 del 2019: del provvedimento (prot. -OMISSIS-) recante parere ai sensi dell'art. 32 del decreto legge n. 269/2003, reso dal Parco Regionale della Valle del Lambro in data 26.02.2010 sulla istanza presentata dal dante causa delle ricorrenti per la sanatoria di opere eseguite sul fabbricato di proprietà, sito in -OMISSIS- (MB), meglio descritto in atti, nonché di ogni altro atto connesso, presupposto e consequenziale; - quanto al ricorso n. 1984 del 2019: del provvedimento ("Protocollo: -OMISSIS-") - avente ad oggetto "Domanda, ai sensi dell'art. 32 del D.L. 269/2003, di definizione degli illeciti edilizi N.-OMISSIS- per l'intervento in sanatoria di eliminazione locale caldaia, chiusura parziale porticato esistente per formazione taverna, realizzazione bagno di servizio in strada della -OMISSIS- n. -OMISSIS- fg. -OMISSIS- mapp. -OMISSIS-.. Diniego definitivo", emesso dal Comune di -OMISSIS- in data 25.07.2019 e notificato in pari data, sulla istanza presentata dal dante causa delle ricorrenti per la sanatoria di opere eseguite sul fabbricato di proprietà, sito in -OMISSIS- (MB), meglio descritto in atti, nonché di ogni altro atto connesso, presupposto e consequenziale, ivi incluso il preavviso di diniego; nonché per la condanna del Comune di -OMISSIS-, in persona del Sindaco pro tempore e dei suoi Responsabili, anche in solido tra loro, al risarcimento del danno ingiusto cagionato alle ricorrenti. Visti i ricorsi e i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di -OMISSIS- e dell'Ente di Diritto Pubblico Parco Regionale della Valle del Lambro; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 29 maggio 2024 la dott.ssa Silvia Torraca e uditi i difensori della parte ricorrente e del Comune, come specificato nel verbale; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO 1. Con il ricorso iscritto al N. R.G. 664/2019 -OMISSIS- e -OMISSIS-, quali proprietarie - in forza di successione mortis causa di -OMISSIS- - del fabbricato sito in -OMISSIS-, Strada delle -OMISSIS-, meglio descritto in atti, hanno impugnato il parere negativo reso in data 26.02.2010 dall'Ente Parco Regionale della Valle del Lambro ai sensi dell'art. 32 D.L. 30 settembre 2003, n. 269 (conv. in L. 24 novembre 2003, n. 326) sulla istanza presentata in data 09.01.2004 dal loro dante causa ai fini del condono di opere abusive realizzate nel predetto immobile. Hanno esposto che il Comune era rimasto inerte in relazione alla suddetta istanza e che, solo a seguito di accesso agli atti dalle stesse richiesto dopo il decesso del de cuius, avevano appreso del parere negativo espresso dall'Ente Parco sin dal 2010 e mai comunicato al richiedente. Con il primo motivo di gravame le ricorrenti hanno censurato il suddetto parere in ragione: dell'asserita contraddittorietà rispetto all'autorizzazione edilizia e paesaggistica rilasciata in favore del dante causa per le opere realizzate nel medesimo immobile nel 1997 (di cui quelle successive costituivano mero ampliamento/completamento); della violazione e falsa applicazione dell'art. 32 D.L. 269/2003, non potendo le opere oggetto dell'istanza di sanatoria essere qualificate come "nuova costruzione"; del difetto di istruttoria e del travisamento dei fatti. Con il secondo motivo di ricorso sono state dedotte violazioni di natura procedimentale in relazione all'art. 32, co. 43 D.L. 269/2003 e agli artt. 2, 2-bis e 10-bis l. 241/1990. Si sono costituiti in giudizio il Parco Regionale della Valle del Lambro e il Comune di -OMISSIS-, entrambi deducendo l'inammissibilità del ricorso per carenza di interesse, appuntandosi lo stesso avverso un atto endoprocedimentale, e l'infondatezza nel merito delle censure ex adverso articolate. 2. Con autonomo gravame (iscritto al N. R.G. 1984/2019) le ricorrenti hanno impugnato il successivo diniego emesso dal Comune di -OMISSIS- sull'istanza di condono edilizio sopra richiamata, chiedendone l'annullamento per i medesimi motivi già articolati avverso il parere negativo del Parco Regionale, oltre alla condanna del Comune, in persona del Sindaco e dei suoi Responsabili, anche in solido tra loro, al risarcimento dei danni cagionati. Si è costituito il solo Comune di -OMISSIS-, richiamando le difese già svolte nel giudizio contraddistinto al N. R.G. 664/2019 e deducendo l'infondatezza della domanda risarcitoria. 3. In vista dell'udienza di discussione le parti hanno depositato memorie ai sensi dell'art. 73 c.p.a. All'udienza pubblica del 29 maggio 2024 entrambi i ricorsi sono stati trattenuti in decisione. DIRITTO 1. In via preliminare il Collegio dispone d'ufficio la riunione dei ricorsi ex art. 70 c.p.a., in quanto soggettivamente ed oggettivamente connessi, poiché pendenti tra le stesse parti e vertenti, rispettivamente, su un atto endoprocedimentale e sul provvedimento conclusivo del medesimo procedimento, dei quali è stato chiesto l'annullamento per identici motivi. 2. Ciò premesso, deve in primo luogo essere dichiarata l'inammissibilità per carenza di interesse del ricorso iscritto al N. R.G. 664/2019, avendo lo stesso ad oggetto un atto di natura endoprocedimentale, come tale privo di efficacia lesiva. Come ben evidenziato da Cons. Stato, Sez. V, Sent., 10/02/2004, n. 480, infatti, "la determinazione dell'autorità preposta alla tutela del vincolo paesaggistico trova comunque origine nell'avvio di un procedimento edilizio partitamene disciplinato, anche nelle sue diverse scansioni temporali. L'atto assume una valenza esterna nella parte in cui esprime la valutazione compiuta dell'amministrazione in ordine agli interessi affidati alla sua cura. Ma la concreta lesività del provvedimento si manifesta solo nel momento in cui esso è trasposto o richiamato nell'atto finale che definisce la domanda di sanatoria edilizia (Cons. Stato, V Sez. 20 marzo 2000, n. 1511; Cons. Stato, VI Sez., 28 gennaio 1998, n. 114). In tal senso si pone anche una generale esigenza di tutela dell'affidamento del privato, considerando che l'atto dell'autorità titolare del potere di tutela del vincolo è denominato parere e che l'assetto di interessi complessivo riguardante la richiesta di sanatoria è sintetizzato e delineato compiutamente solo dal provvedimento dell'autorità comunale". Nel caso di specie, parte ricorrente ha impugnato il parere negativo reso dall'Ente Parco in un momento in cui il Comune non aveva ancora concluso il procedimento relativo all'istanza di sanatoria; una volta che tale procedimento è stato definito mediante l'emanazione del provvedimento di diniego dell'istanza - adottato dal Comune in data 25.07.2019 - le odierne ricorrenti hanno tempestivamente proposto autonomo ricorso avverso quest'ultimo, il quale costituisce l'unico provvedimento lesivo della loro situazione giuridica. 3. Passando all'esame del ricorso contraddistinto al N. R.G. 1984/2019, va osservato quanto segue. 3.1. Con il primo motivo si contesta la qualificazione di "nuova costruzione" assegnata alle opere oggetto della richiesta di sanatoria, con conseguente violazione dell'art. 3 D.P.R. 380/2001, e si deduce il difetto motivazionale del provvedimento impugnato, atteso che "non solo il porticato esterno dell'immobile di Via della -OMISSIS- era già stato parzialmente chiuso per ricavare dei vani tecnici (e detto intervento assentito, pur in costanza del vincolo paesaggistico), ma detta circostanza era altresì già nota alla P.A., la quale disponeva della documentazione comprovante lo stato di fatto autorizzato ed assentito". 3.2. La censura è infondata. 3.3. È pacifico che le opere abusivamente realizzate consistessero nella eliminazione del locale caldaia, nella (ulteriore) chiusura parziale del porticato (da un lato con muratura, dall'altro con basculante) ai fini della formazione di una taverna e nella realizzazione di un bagno di servizio interno. Ciò posto, non può condividersi la tesi di parte ricorrente secondo cui le suddette opere non integrerebbero una nuova costruzione, esaurendosi in un mero "ampliamento/completamento" di quelle assentite nel 1997: e ciò, in primo luogo, perché l'autorizzazione alla realizzazione di determinate opere non ne legittima automaticamente il relativo ampliamento (tanto più ove si consideri la consistenza dell'intervento de quo, che ha comportato la creazione di nuova volumetria - 38 mq - e superficie utile, ossia una trasformazione urbanisticamente rilevante dell'assetto edilizio preesistente, necessitante del previo rilascio del permesso di costruire) e, in secondo luogo -e per quanto qui maggiormente interessa- perché tale conclusione risulta inficiata nei presupposti, posto che all'epoca del rilascio della autorizzazione relativa alle prime opere (1997) non sussisteva il vincolo del Piano Territoriale di Coordinamento del Parco, approvato con deliberazione di Giunta Regionale n. 7/601 del 28 luglio 2000, rettificata con D.G.R. n. 7/6757 del 9 novembre 2001. Dirimente risulta, dunque, la circostanza che le opere di cui è controversia - essendo state ultimate in data 29 marzo 2003 - fossero assoggettate all'imposizione del predetto vincolo. Come è noto, infatti, l'art. 32, co. 27 D.L. 269/2003 cit. stabilisce che "...le opere abusive non sono comunque suscettibili di sanatoria, qualora:... d) siano state realizzate su immobili soggetti a vincoli imposti sulla base di leggi statali e regionali a tutela degli interessi idrogeologici e delle falde acquifere, dei beni ambientali e paesistici, nonché dei parchi e delle aree protette nazionali, regionali e provinciali qualora istituiti prima della esecuzione di dette opere, in assenza o in difformità del titolo abilitativo edilizio e non conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici". 3.4. Ad avviso di parte ricorrente, "la sanabilità delle opere realizzate in zona vincolata è da escludere solo se si tratti di vincolo di inedificabilità assoluta (divieti di edificazione o prescrizioni di inedificabilità ex art. 33 legge n. 47 del 1985) e non anche nella diversa ipotesi di vincolo di inedificabilità relativa, ovvero di vincolo di tutela suscettibile di essere rimosso mediante un giudizio ex post di compatibilità delle opere da sanare da parte della competente autorità (ad es. cfr. Cons. Stato, Sez. V, sent. n. 696 del 4.5.1995). Sul punto, si ribadisce che l'area in questione è edificata, ad esempio con l'immobile delle ricorrenti, dunque non può discutersi di inedificabilità assoluta". 3.5. Tale tesi non merita condivisione. Secondo la consolidata giurisprudenza del Consiglio di Stato (v., da ultimo, Sez. VI, 12/12/2023, n. 10697), "ai sensi dell'art. 32, comma 27, lett. d), del D.L. 30 settembre 2003 n. 269, convertito nella L. 24 novembre 2003, n. 326, le opere abusivamente realizzate in aree sottoposte a specifici vincoli sono sanabili solo se, oltre al ricorrere delle ulteriori condizioni - e cioè che le opere siano realizzate prima dell'imposizione del vincolo, che siano conformi alle prescrizioni urbanistiche e che vi sia il previo parere dell'Autorità preposta alla tutela del vincolo - siano opere minori senza aumento di superficie e volume (restauro, risanamento conservativo, manutenzione straordinaria). Pertanto, un abuso comportante la realizzazione di nuove superfici e nuova volumetria in area assoggettata a vincolo, indipendentemente dal fatto che il vincolo non sia di carattere assoluto, non può essere sanato (Cons. Stato, sez. VI, 15/11/2022, n. 9986)". Ne deriva che, a prescindere dalla natura relativa o assoluta del vincolo paesaggistico insistente sull'area, l'opera in concreto realizzata (come visto, tamponatura del porticato esistente e creazione di un bagno di servizio interno, con aumento di superficie di circa 38 mq) non era sanabile, non essendo riconducibile alle c.d. opere minori di cui ai numeri 4, 5 e 6 dell'allegato 1 al D.L. 269/2003 (restauro, risanamento conservativo, manutenzione straordinaria). 3.6. Del pari privo di pregio è l'assunto di parte ricorrente secondo cui l'intervento di cui è causa non potrebbe qualificarsi in termini di "nuova costruzione" neppure ai sensi dell'art. 3, co. 1, lett. e.6) D.P.R. 380/2001 "atteso il modesto aumento volumetrico ricavato dalla parziale chiusura del porticato (38 mq) e quindi ben inferiore al limite del 20% condonabile". Nel caso di specie, l'intervento effettuato è consistito nella tamponatura di un originario portico, di fatto trasformandolo in un vano chiuso. Secondo la costante giurisprudenza del Consiglio di Stato (v. da ultimo, sez. II, 1 settembre 2021, n. 6186) "l'installazione di pannelli in vetro atti a chiudere integralmente un porticato che si presenti aperto su tre lati, determina, senz'altro, la realizzazione di un nuovo locale autonomamente utilizzabile, con conseguente incremento della preesistente volumetria" (v. ex multis Cons. Stato, sez. II, 27 giugno 2019, n. 4437; sez. V, 5 maggio 2016, n. 1822). L'intervento, cioè, va riguardato dall'ottica del risultato finale, ovvero il rilevato aumento di superficie e di volumetria, sia che ciò consegua alla chiusura su tutti i lati, sia che ne implichi anche la copertura, pure con superfici vetrate o con elementi trasparenti e impermeabili, parzialmente o totalmente apribili. La avvenuta realizzazione di un vano aggiuntivo mediante tamponatura di un portico non può neppure qualificarsi come pertinenza in senso urbanistico, in quanto integra un nuovo locale autonomamente utilizzabile il quale viene ad aggregarsi ad un preesistente organismo edilizio, per ciò solo trasformandolo in termini di sagoma, volume e superficie". 4. Con il secondo motivo di ricorso, parte ricorrente ha censurato la violazione delle garanzie procedimentali previste dalla l. 241/1990, attesa la tardiva conclusione del procedimento (avvenuta a distanza di quindici anni dalla presentazione dell'istanza di condono) nonché l'omessa tempestiva comunicazione, da parte del Comune, del parere negativo reso ai sensi dell'art. 32 D.L. 269/2003 dal Parco Regionale della Valle del Lambro (conosciuto dalle ricorrenti solo nove anni più tardi e a seguito di istanza di accesso agli atti dalle stesse avanzata), con conseguente lesione del legittimo affidamento ingenerato nel privato. 4.1. Il motivo non è suscettibile di favorevole apprezzamento. Soccorrono sul punto le conclusioni formulate da Cons. Stato, Ad. Plen., 17 ottobre 2017, n. 9, secondo cui "la mera inerzia da parte dell'amministrazione nell'esercizio di un potere/dovere finalizzato alla tutela di rilevanti finalità di interesse pubblico non è idonea a far divenire legittimo ciò che (l'edificazione sine titulo) è sin dall'origine illegittimo. Allo stesso modo, tale inerzia non può certamente radicare un affidamento di carattere "legittimo" in capo al proprietario dell'abuso, giammai destinatario di un atto amministrativo favorevole idoneo a ingenerare un'aspettativa giuridicamente qualificata". Secondo la giurisprudenza consolidata, in particolare, i provvedimenti che sanzionano l'attività edilizia abusiva - ivi compresi i dinieghi di sanatoria - sono atti vincolati che non richiedono una specifica valutazione delle ragioni di interesse pubblico, né una comparazione di quest'ultimo con gli interessi privati coinvolti e sacrificati, né ancora alcuna motivazione sulla sussistenza di un interesse pubblico concreto ed attuale alla demolizione, non potendo neppure ammettersi l'esistenza di alcun affidamento tutelabile alla conservazione di una situazione di fatto abusiva, che il tempo non può giammai legittimare, e non potendo l'interessato dolersi del fatto che l'amministrazione non abbia emanato in data antecedente i dovuti atti repressivi; "sicché è legittima e doverosa l'adozione del provvedimento di diniego del condono anche quando sia trascorso un lungo periodo di tempo dalla presentazione dell'istanza, senza necessità di una specifica motivazione in ordine alle ragioni di pubblico interesse, ulteriori rispetto a quelle inerenti al ripristino della legittimità violata" (cfr. T.A.R. Sicilia, Palermo, sez. II, 3 aprile 2023, n. 1103, richiamata da T.A.R. Sicilia, Catania, 30 ottobre 2023, n. 3222). Pertanto, la circostanza che il diniego del Comune sia stato emesso a distanza di ben quindici anni dalla presentazione dell'istanza di condono, non permette di radicare alcun affidamento tutelabile, né per quanto riguarda l'estensione delle categorie della sanatoria, né relativamente alla persistenza del potere di intimare la rimessione in pristino (in tal senso, T.A.R. Brescia, sez. II, 10 luglio 2023, n. 577). 5. Per tutte le ragioni sin qui esposte, il diniego di condono risulta quindi legittimamente adottato. 6. Dalla reiezione della domanda caducatoria discende, quale logico corollario, l'infondatezza della domanda risarcitoria proposta dalle ricorrenti. 7. In conclusione, il ricorso contraddistinto al N. R.G. 1984/2019 deve essere respinto. 8. Tenuto conto della risalenza della controversia nonché della peculiarità della vicenda sotto il profilo procedimentale, sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese di entrambi i giudizi. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia Sezione Quarta, definitivamente pronunciando, previa riunione dei ricorsi indicati in epigrafe, dichiara l'inammissibilità del ricorso N. R.G. 664/2019 e respinge il ricorso N. R.G. 1984/2019. Spese compensate. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dell'articolo 9, paragrafo 1, del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare le ricorrenti. Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 29 maggio 2024 con l'intervento dei magistrati: Gabriele Nunziata - Presidente Silvia Cattaneo - Consigliere Silvia Torraca - Referendario, Estensore

  • Trib. Milano 26 giugno 2023 n. 5115 (est. Boroni) REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO di MILANO PRIMA CIVILE Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. Valentina Boroni ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di Grado di appello iscritta al n. r.g. (omissis) promossa da: AZIENDA (omissis), con il patrocinio dell'avv. (omissis), elettivamente domiciliato in (omissis) presso il difensore (omissis) APPELLANTE contro COMUNE DI (omissis), con il patrocinio dell'avv. (omissis) e dell'avv. (omissis) e dell'avv. (omissis), elettivamente domiciliato in (omissis) presso il difensore avv. (omissis) APPELLATO Oggetto: appello avverso sentenza del Giudice di pace in materia di opposizione a ordinanza ingiunzione CONCLUSIONI Le parti hanno concluso come da rispettivi atti introduttivi Motivi della decisione Con ricorso ex artt. 22 L. 689/81 e 6 D. L.vo 150/11 depositato il 10.9.2021 davanti al Giudice di Pace di Milano (omissis) in persona del (omissis) pro tempore ha proposto tempestiva opposizione alle ordinanze n. 13149, 13148, 13156, 13155 tutte notificate in data 13.7.2021 ed emesse dal Comune di (omissis) per la violazione dell'art. 4 del Regolamento del decoro urbano per inosservanza all'ordinanza sindacale in ordine alle modalità ed orari di conferimento della raccolta differenziata con le quali è stata irrogata all'opponente la sanzione di euro 122,00 per ciascuna ordinanza ingiunzione di cui euro 100,00 per sanzione oltre spese di notifica. L'opponente ha lamentato la nullità delle ordinanze per vizio della contestazione avendo il Comune nei verbali originari "addebitato la condotta censurata al Condominio di volta in volta considerato presso (omissis), in qualità di amministratore", identificando il Condominio come autore materiale della violazione mentre poi nelle ordinanze ingiunzioni notificate, pur confermando la violazione in capo al Condominio in quanto autore dell'illecito, era stata contestata ad (omissis) la responsabilità solidale in qualità di proprietario del bene. Ha inoltre lamentato la violazione del principio della responsabilità personale dell'autore dell'illecito non avendo (omissis) il ruolo di amministratrice dei singoli condominii né di legale rappresentante dell'insieme degli inquilini. Ha quindi contestato che (omissis) potesse rivestire la qualifica di proprietario della cosa che servì a commettere l'infrazione ex art. 6 legge 689/81 di modo che della violazione in esame sarebbe potuto essere chiamato a rispondere in via solidale oltre l'autore della violazione solo il proprietario del rifiuto erroneamente immesso nel cassonetto. Ha infine contestato la mancanza di prova in ordine alla violazione atteso che il cassonetto era stato posto al di fuori del cortile condominiale in luogo accessibile a tutti. Ha chiesto dunque l'annullamento delle ingiunzioni opposte. Il Comune si è costituito chiedendo il rigetto della opposizione, contestando che l'attività degli agenti accertatori potesse essere posta in dubbio data la particolare fidefacenza dell'accertamento ed osservando come la violazione contestata (e cioè lo smaltimento non corretto del rifiuto), quando il trasgressore è ignoto, consente ex art. 6 legge 689/81 di sanzionare, in solido, anche il proprietario della cosa che servì o fu destinata a commettere la violazione così potendosi ritenere responsabile il condominio nella persona dell'amministratore/proprietario dell'immobile. Il Giudice di pace, con sentenza n. 2847 depositata in data 27.7.2022, ha respinto l'opposizione sottolineando come la violazione sia stata delineata in modo sufficiente nelle ordinanze, come la prova della violazione derivasse dall'accertamento svolto dagli operanti e che il titolo di responsabilità di (omissis) andava rinvenuto nella sua qualifica di proprietario dello stabile che ne gestisce i servizi, tra cui quello della raccolta dei rifiuti. Con l'odierno atto di appello (omissis) ha impugnato la sentenza del Giudice di pace chiedendone la riforma deducendo i seguenti motivi: a) Violazione dell'art. 6 legge 689/81 essendo stata affermata la responsabilità diretta per violazione di obblighi in materia di conferimento rifiuti non prevista da tale norma come fonte di responsabilità; b) Violazione dell'art. 6 legge 689/81 per errata individuazione della cosa che servì a commettere la violazione ed errata qualificazione di (omissis) come proprietaria dei cassonetti; c) Mancata valutazione e difetto di motivazione su una circostanza decisiva della controversia e cioè la prova liberatoria offerta da (omissis) in ordine alle informazioni date agli inquilini sulle modalità di conferimento dei rifiuti nei cassonetti. Il Comune si è costituito contestando le deduzioni dell'appellante e chiedendo la conferma della sentenza impugnata. Ha contestato che il Giudice di pace abbia ritenuto (omissis) responsabile in via diretta quanto piuttosto come proprietario dell'edificio o dei cassonetti, dovendosi individuare il responsabile solidale, nel caso di edificio di proprietà di (omissis) e locato a vari inquilini, il proprietario dell'edificio; ha rilevato come sia del tutto irrilevante il titolo di proprietà o mero utilizzo del cassonetto in capo ad (omissis); ha contestato che (omissis) abbia dato prova dell'utilizzo dei cassonetti contro la propria volontà in assenza della prova di un comportamento maggiormente fattivo. Ha chiesto il rigetto dell'appello. La causa, in assenza di richieste istruttorie, è stata discussa all'udienza del 20.6.2023. Le difese hanno concluso come da rispettivi atti introduttivi ed il giudice ha pronunziato il dispositivo che segue, del quale è stata data lettura alle parti presenti. Le ingiunzioni opposte prendono tutte le mosse, come si evince dalla lettura delle stesse, dal precedente verbale di polizia locale che dà conto del rapporto di (omissis) inoltrato alla Polizia municipale, dai quali emerge che nelle date poi indicate nelle singole ingiunzioni con riguardo a ciascun edificio del quale è riportato l'indirizzo sono stati riscontrati rifiuti in cassonetti per la raccolta differenziata errati. In particolare: Verbale n. (omissis) elevato in data 27.09.2017 in (omissis) per inosservanza dell'art. 4 Regolamento Comunale Decoro Urbano - inosservanza dell'ordinanza sindacale del Comune di (omissis) in ordine alle modalità e orari di conferimento rifiuti in quanto "LA PLASTICA ED I METALLI SONO STATI CONFERITI CON I RIIUTI INDIFFERENZIATI NEL SACCO GIALLO"; Verbale n. (omissis) elevato in data 27.09.2017 in (omissis) per inosservanza dell'art. 4 Regolamento Comunale Decoro Urbano - inosservanza dell'ordinanza sindacale del Comune di (omissis) in ordine alle modalità e orari di conferimento rifiuti in quanto "LA PLASTICA ED I METALLI SONO STATI CONFERITI CON I RIIUTI INDIFFERENZIATI NEL SACCO GIALLO"; Verbale n. (omissis) elevato in data 22.09.2017 in (omissis) per inosservanza dell'art. 4 Regolamento Comunale Decoro Urbano - inosservanza dell'ordinanza sindacale del Comune di (omissis) in ordine alle modalità e orari di conferimento rifiuti in quanto "I RIFIUTI ORGANICI ALL'INTERNO DEL CASSONETTO PER ORGANICO, SONO CONFERITI ANCHE NEI SACCHETTI DI PLASTICA NON CONFORME ALLA NORMATIVA STABILITA. DEVONO ESSERE DI MATERIALE COMPOSTABILE A NORMA - UNI EN 13432"; Verbale n. (omissis) elevato in data 22.09.2017 in (omissis) per inosservanza dell'art. 4 Regolamento Comunale Decoro Urbano - inosservanza dell'ordinanza sindacale del Comune di (omissis) in ordine alle modalità e orari di conferimento rifiuti in quanto "I RIFIUTI ORGANICI ALL'INTERNO DEL CASSONETTO PER ORGANICO, SONO CONFERITI ANCHE NEI SACCHETTI DI PLASTICA NON CONFORME ALLA NORMATIVA STABILITA. DEVONO ESSERE DI MATERIALE COMPOSTABILE A NORMA - UNI EN 13432". Le ordinanze ingiunzioni opposte sono state emesse a seguito del mancato pagamento degli importi di cui ai precedenti verbali e sono state tutte notificate ad (omissis) in data 13.7.2021. Tanto premesso il Tribunale rileva che il Giudice di pace ha fatto buon governo della disciplina applicabile al caso di specie e non è incorso in alcuna delle lamentate violazioni di legge. Dalla lettura dei verbali e delle ordinanze opposte, infatti, appare di immediata evidenza come siano state rispettate tutte le formali regole di enunciazione del fatto e di motivazione delle ragioni in base alle quali si è provveduto ad irrogare la sanzione nella ingiunzione opposta a salvaguardia del diritto del trasgressore a conoscere la violazione contestata e a svolgere la necessaria difesa. Infatti risulta ben evidenziato, pur con la propria sinteticità degli atti amministrativi di irrogazione di sanzioni che possono definirsi di semplice rilievo quale quella oggi all'esame del Tribunale, sia il presupposto di fatto sia quello di diritto della violazione nonché emerge come siano state esaminate le doglianze svolte dalla parte oggi opponente. Inoltre vale osservare come la sanzione sia stata all'evidenza irrogata al Condominio/(omissis) non tanto in qualità di trasgressore persona fisica quanto piuttosto, essendo rimasto ignoto il trasgressore persona fisica, quale responsabile solidale ex art. 6 legge 689/81. La lamentata modifica della condotta contestata non trova riscontro in atti atteso che la sanzione viene irrogata anche nei verbali nei confronti di (omissis) con richiamo all'art. 6 legge 689/81 circostanza che viene rappresentata in verbale in risposta alle osservazioni di (omissis) precisando che (omissis) è obbligato in solido ex art. 6 in qualità di proprietario del bene. Quanto alla responsabilità di (omissis) si osserva che essa è stata correttamente individuata dal Comune di (omissis) come una responsabilità solidale ex art. 6 legge 689/81. L'art. 6 infatti prevede che "Il proprietario della cosa che servì o fu destinata a commettere la violazione o, in sua vece, l'usufruttuario o, se trattasi di bene immobile, il titolare di un diritto personale di godimento, è obbligato in solido con l'autore della violazione al pagamento della somma da questo dovuta se non prova che la cosa è stata utilizzata contro la sua volontà". La circostanza che non sia stata identificata la persona fisica del trasgressore non è di impedimento alla contestazione della violazione (cfr Cass. sez. 2, Sentenza n. 11643 del 13/05/2010 (Rv. 613204 - 01)) in tema di sanzioni amministrative, l'identificazione e l'indicazione dell'autore materiale della violazione non costituiscono requisito di legittimità dell'ordinanza-ingiunzione emessa nei confronti dell'obbligato solidale, in quanto la "ratio" della responsabilità di questi non è quella di far fronte a situazioni d'insolvenza dell'autore della trasgressione, bensì quella di evitare che l'illecito resti impunito quando sia impossibile identificare tale ultimo soggetto e sia, invece, facilmente identificabile il soggetto obbligato solidalmente a norma dell'art. 6, primo comma, della legge n. 689 del 1981). Gli stabili cui si riferiscono i singoli verbali di contestazione sono pacificamente di proprietà di (omissis) (ragione per la quale nel caso di specie non può parlarsi di vero e proprio Condominio) che ne concede il godimento agli inquilini rimanendo proprietario sia dei singoli appartamenti sia delle parti comuni delle quali cura la gestione dei servizi di manutenzione tra cui quello di raccolta dei rifiuti. Dunque pur non sostituendo i singoli conduttori, in qualità di proprietario dell'edificio (omissis) ne cura gli interessi, sia con riguardo alla gestione delle parti comuni sia alla gestione delle esigenze dei singoli conduttori sulla base di regole interne fissate nel regolamento. Il servizio di raccolta dei rifiuti urbani all'interno dello stabile costituisce un servizio reso in favore degli inquilini; la raccolta dei rifiuti urbani del resto è svolta dall'(omissis) incaricata a ciò dal Comune di (omissis) interagendo con (omissis) sia sotto il profilo del pagamento della relativa tassa ma anche, quanto alla concreta sua esplicazione, consegnando i cassonetti proprio ad (omissis). Infatti i cassonetti nei quali confluiscono i rifiuti dei singoli condomini sono concessi in uso direttamente ad (omissis) e non ai singoli inquilini (risultando indifferente se i cassonetti siano di proprietà o in comodato d'uso in capo ad (omissis), trattandosi in entrambi i casi di diritto rilevante ai sensi dell'art. 6 legge 689/81 -(omissis) peraltro concede i cassonetti ai condomini e ai proprietari dello stabile in comodato d'uso gratuito ma nel caso di specie non può escludersi che i cassonetti siano di proprietà di (omissis) non risultando provato il titolo). Ne consegue che la lettura dell'art. 6 citato consente di ricondurre ad (omissis), in qualità di proprietario dell'edificio e proprietario/comodatario del cassonetto la qualifica di responsabile solidale con il trasgressore della violazione in esame. Le considerazioni sopra espresse non sono scalfite dai principi enunciati dalla recente pronuncia della Corte di Cassazione richiamata dalla difesa di (omissis) (sent. N. 2352/2022 depositata in data 14.2.2023). Essa infatti si occupa della diversa situazione del Condominio che è soggetto giuridico differente da (omissis), che riveste la qualifica di proprietario dell'edificio. Va a questo punto esaminato il profilo in ordine all'allegata carenza di prova della riferibilità del rifiuto non attinente alla raccolta differenziata rinvenuto nel cassonetto all'edificio di proprietà di (omissis). L'opponente eccepisce infatti che, essendo stato lasciato il cassonetto sulla pubblica via in attesa del passaggio del camion deputato alla raccolta, chiunque passando per la strada avrebbe potuto gettare il rifiuto non specifico nel cassonetto della carta. Ritiene il Tribunale che il riparto dell'onere probatorio nel caso di specie non possa prescindere dalla individuazione delle specifiche caratteristiche dei due soggetti coinvolti, (omissis) e Comune da un lato e (omissis) e singoli inquilini dall'altro. Come ben precisato nel Regolamento comunale per il decoro urbano e nelle numerose ordinanze sindacali emanate dal Comune di (omissis) relative al serio problema della gestione dei rifiuti urbani e alle modalità di raccolta dei rifiuti, liberamente accessibili dal sito web del Comune di (omissis) che ha attivato un servizio dedicato ai Condomini, l'attività di raccolta dei rifiuti nel contesto urbano risulta strutturata sulla base di una capillare e precisa individuazione delle modalità di raccolta, con suddivisione per zone, tipologia di rifiuto ed orari di raccolta. Tale strutturata e capillare organizzazione che presiede una senza dubbio onerosa attività peraltro essenziale per la vita comune all'interno del centro abitato si fonda su precisi oneri in capo agli stessi cittadini e, per loro, dei rispettivi condominii. In mancanza di puntuale rispetto di tali indicazioni la raccolta dei rifiuti non potrebbe essere efficace. Sulla base di tale premessa va inquadrato l'onere probatorio del caso di specie. Il Comune, attraverso il verbale redatto dagli incaricati dell'(omissis), ha documentato e provato di avere rinvenuto in vari cassonetti posti in luoghi limitrofi all'edificio di volta in volta individuato rifiuti collocati nel cassonetto errato. La riconducibilità all'edificio di proprietà di (omissis) è stata giustificata attraverso il richiamo a "riscontri cartacei" che hanno consentito di risalire al numero civico (ed evidentemente non al nominativo del singolo trasgressore). La circostanza che il cassonetto fosse dell'edificio di proprietà di (omissis) non è neppure stata seriamente contestata dall'opponente che ha solo evidenziato come l'esposizione del cassonetto sulla strada avrebbe ben potuto consentire a chiunque di inserire in esso un rifiuto non conforme alla raccolta differenziata senza responsabilità del Condominio. Tale aspetto tuttavia esorbita dall'onere probatorio del Comune. Infatti a questi spetta soltanto di provare che all'interno di un cassonetto riferibile all'edificio sia stato trovato un rifiuto non conforme e quindi possa essere riscontrata una violazione in ordine alle modalità di raccolta del rifiuto. In virtù degli oneri sopra indicati in capo al proprietario dell'edificio e comodatario del cassonetto, spetta a quest'ultimo dimostrare di avere adottato tutte le precauzioni del caso al fine di evitare che nel proprio cassonetto fossero inserite ad opera di terzi non appartenenti allo stabile rifiuti diversi da quelli cui la raccolta era destinata (rimanendo incontestata la responsabilità solidale per l'ipotesi di rifiuti non conformi posizionati dai condomini). Tale prova non è stata offerta nel caso di specie. (omissis) ha solo documentato di avere affisso dei cartelli contenenti le indicazioni per la raccolta differenziata senza tuttavia dare prova di avere esercitato un fattivo controllo sull'adesione degli inquilini a tali indicazioni. Del resto imporre al Comune tale onere probatorio appare del tutto inesigibile tenuto conto della quantità di rifiuti da raccogliere e delle strade da percorrere. Viceversa al singolo proprietario, in virtù degli oneri di collaborazione sopra menzionati, può essere richiesto di adottare comportamenti prudenti e cautelativi (come quello di esporre il cassonetto in orari strettamente coincidenti con quelli di raccolta o di adottare cautele di protezione dall'apertura indiscriminata) allo scopo di evitare che terze persone possano utilizzare detti cassonetti. L'appello va, dunque, respinto. La regolamentazione delle spese segue la soccombenza; esse si liquidano come da dispositivo tenuto conto della attività difensiva in concreto svolta, della modesta complessità delle questioni trattate e del valore della causa come da domanda sulla base delle tariffe medie di cui al DM 55/2014 come modificato dal DM 147/22. P.Q.M. il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni ulteriore domanda, eccezione o istanza disattesa: Respinge l'appello proposto da (omissis) avverso la sentenza del giudice di pace di Milano n. 2847 depositata in data 27.7.2022; Condanna la parte appellante a rimborsare alla parte appellata le spese di lite, che si liquidano in Euro 462,00 per compensi, oltre rimborso forfettario e oneri riflessi. Dispositivo pubblicato mediante lettura alle parti presenti ed allegazione al verbale. Milano, 20 giugno 2023. Depositata in Cancelleria il 26 giugno 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO di MILANO QUINTA CIVILE Il Tribunale, nella persona del Giudice Unico dr.ssa Margherita Monte ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 16795/2020 promossa da: (...) S.P.A. (C.F. (...)), con il patrocinio dell'avv. (...), elettivamente domiciliato in (...) 20122 MILANO presso il difensore avv. (...) ATTRICE contro (...) S.R.L. IN LIQUIDAZIONE (C.F. (...)), con il patrocinio dell'avv. (...), elettivamente domiciliato in VIA (...) ROMA presso il difensore avv. (...) CONVENUTA OGGETTO: Contratto atipico. CONCLUSIONI Le parti hanno concluso come da fogli depositati per via telematica. Concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione Con atto di citazione notificato in data 13 maggio 2020, (...) Spa (di seguito per brevità (...)) ha proposto nei confronti della convenuta (...) Srl in liquidazione ((...)) le seguenti conclusioni: "Piaccia al Tribunale lll.mo, contrariis reiectis: A. accertare l'inadempimento di (...) srl agli obblighi - assunti nel contratto inter partes in data 15.1.2016 e nella mail in data 10.2.20 - di garantire a (...) spa un costo di fornitura sugli acquisti della Specialità "Rosuvastatina + Ezetimbe" presso il produttore (...) SA nel quadriennio 2020-2023 non superiore al 35% del prezzo "exfactory", e comunque di farsi carico dei maggiori costi sostenuti dall'attrice rispetto alla percentuale garantita; B. per l'effetto, condannare (...) srl al risarcimento del danno conseguente ai citati inadempimenti, pari alla differenza tra il costo pari al 35% del ricavo "ex-factory" garantito, ed il maggior costo pari al 41% e 45% - a seconda delle formulazioni - del ricavo "ex-factory" applicato dal produttore (...) SA agli acquisti del prodotto di cui al contratto effettuati dall'attrice nel quadriennio 2020-2023, determinata nella somma di Euro 503.000, o nella diversa somma accertata; c. oltre ad interessi e rivalutazione monetaria dalla domanda al saldo. d. Col favore delle spese". A fondamento delle domande l'attrice ha dedotto in sintesi quanto segue. (...) spa- nella sua qualità di acquirente del ramo d'azienda di (...) spa - è subentrata nel contratto avente data 15 gennaio 2016 (denominato "scrittura privata") relativo alla cessione da parte di (...) srl- al prezzo di Euro 280.000 oltre IVA- del "diritto ad utilizzare a scopo registrativo nel Territorio (Repubblica italiana, Vaticano e San Marino) il dossier e i diritti correlati per il deposito a proprio nome della domanda di AIC (Autorizzazione all'immissione in commercio) presso AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco) per la "Specialità" a base di Rosuvastatina e Ezetimibe; nella premessa del contratto era precisato che (...) srl aveva previamente acquisito il diritto oggetto di cessione dall'azienda farmaceutica di diritto polacco, (...) SA. (di seguito (...)); agli articoli 4 e 5 del contratto era pattuito l'obbligo di (...) srl di "far stipulare a (...) (cui è subentrata (...) spa) un apposito contratto di fornitura per la produzione della Specialità "presso l'officina citata nel dossier", ossia quella di (...); l'obbligo di (...) di stipulare apposito contratto di fornitura con termine iniziale di 4 anni per la produzione della specialità con la società (...); il prezzo della fornitura del prodotto da parte della società produttrice (...) a favore dell'acquirente non sarebbe stato " superiore al 35 % del prezzo di vendita "exfactory" del prodotto (articolo 5), ossia non sarebbe stato superiore al 35% del ricavo di vendita. L'attrice ha evidenziato "come la previsione relativa al prezzo di fornitura, benché impropriamente collocata nell'articolo dal titolo "obblighi di (...)", costituisse- come logica vuole- un preciso obbligo del venditore (era infatti il venditore, ossia (...) che obbligava l'acquirente a stipulare un accordo di fornitura con il produttore (...), garantendo un determinato prezzo di fornitura. Non avrebbe infatti avuto senso il contrario". Nell'imminenza del lancio del prodotto, programmato ad inizio 2020, (...) spa, con mail del 14.1.2020, aveva comunicato a (...) srl i prezzi ai quali - a seguito delle indicazioni di AIFA - avrebbe potuto immettere il prodotto sul mercato italiano e chiedeva a (...) di poter prendere contatto con (...) per la definizione del prezzo di fornitura del prodotto, nella misura - indicata in contratto- del 35% "ex fabrica aveva replicato (...), con mail in pari data, invitando (...) "ad attendere ns comunicazioni in quanto stiamo discutendo la questione con il referente (...)"; con email in data 28.1.2020 (...) aveva comunicato a (...) di aver trattato la questione con il referente (...), ma che - nonostante la richiesta di ridurre ulteriormente i costi "affinché non risultassero superiori al 30-35%" del prezzo ex factory concordato con Afa"- (...) "sfortunatamente" aveva risposto che le era possibile fornire il prodotto al prezzo garantito da (...) a (...) spa. Con mail in data 5.2.2020 (...) aveva comunicato a (...) spa che- a seguito di comunicazione da loro ricevuta da parte di (...) - il prezzo di fornitura del prodotto sarebbe stato pari a circa il 41 % del prezzo di vendita "ex factory" per la formulazione 5+10, e addirittura superiore al 45% per le formulazioni 10+10 e 20 +10 e, quindi, il costo unitario di fornitura sarebbe stato sensibilmente più elevato di quello garantito in sede contrattuale. Con lettera del legale in data 5 febbraio 2020 (...) aveva diffidato (...) "a voler porre in essere immediatamente tutte le azioni necessarie al fine di indurre (...) a voler applicare il costo di fornitura del prodotto ad una percentuale non superiore al 35% del prezzo di vendita "ex factory", così come garantito nell'accordo intercorso tra la stessa (...) e (...)"; aveva quindi replicato (...) srl con mail in data 10.2.2020, precisando di "essere fiduciosi che a partire dai prossimi ordini avrebbe ottenuto da (...) "cogs" ("Cost of Goods sold", costi di produzione) nei limiti del 35% "ex factory", come convenuto, garantendo poi esplicitamente (...): "Resta inteso che fino a quando la situazione dei cogs resterà immutata, la differenza tra i cogs di (...) e quelli concordati (corrispondenti al 35% exfactory) continuerà ad essere a ns carico e ci sarà addebitata da (...) 5 (cinque) giorni prima della data di pagamento effettiva della fattura ad (...)". L'attrice ha allegato che, per effetto di tale comunicazione, aveva proseguito nelle attività preparatorie per il lancio del prodotto, sostenendo ulteriori costi anche di natura promozionale, riaddebitando a (...) i maggiori costi sostenuti sull'acquisto del primo ordine di fornitura (ossia la differenza tra il 35% garantito dalla convenuta ed il 41% addebitato da (...)). Con mail in data 24.2.2020 (...) srl aveva trasmesso, tuttavia, a (...) spa copia dell'ulteriore carteggio intercorso con (...) in cui la stessa (...) aveva riportato il contenuto delle intese intercorse con (...), ribadendo di essersi fatta carico di garantire alla stessa un prezzo di fornitura non superiore al 35% del costo di produzione e pregando tale società di contenere il costo di fornitura entro tali limiti, in quanto in difetto, la stessa (...) avrebbe sofferto "molti danni finanziari" ed avrebbe dovuto sacrificare la propria commissione del 4% sull'affare. (...) aveva replicato, ribadendo di non poter praticare i prezzi che (...) aveva garantito a (...); (...) aveva comunicato a (...) spa che- poiché (...) non era disposta a ridurre i propri prezzi- fermo l'impegno assunto per "l'ordine lancio", "per i successivi ordini emessi non saremo in grado di farci carico della differenza di cui sopra in quanto insostenibile per la ns società che aveva già dovuto rinunciare alle commissioni di (...)" ed aveva concluso precisando: "siamo spiacenti della situazione venutasi a creare e vi assicuriamo che ci adopereremo al meglio per convincere (...) ad adeguare i floorprices al 35% ex factory". In data 25 febbraio 2020 (...) spa aveva quindi provveduto - tramite il legale - a diffidare nuovamente (...) "a voler adempiere agli obblighi assunti continuando a farsi carico della differenza tra i cogs di (...) e quelli concordati (corrispondenti al 35% ex factory)"', con l'avvertimento che, in difetto, si sarebbe attivata per ottenere il risarcimento dei danni conseguenti all'inadempimento della stessa. Sulla base di queste premesse l'attrice ha dedotto l'inadempimento di (...) rispetto all'obbligo assunto in sede contrattuale di garantire che il prezzo praticato a (...) da parte del produttore (...) non fosse superiore al 35% del ricavo di vendita del prodotto; con comunicazione in data 10.2.2020 aveva garantito all'attrice l'impegno di farsi carico che della differenza tra i cogs di (...) e quelli concordati (corrispondenti al 35% exfactory), ma in seguito si era rifiutata di adempiere gli impegni assunti. L'attrice ha concluso di essere contrattualmente obbligata nei confronti di (...) (articolo 5 c) ad acquistare il prodotto per almeno i 4 anni iniziali dalla società (...) e che "per tutti gli acquisti effettuati entro il quarto anno dal lancio del prodotto (quindi dal 2020 al 2023), (...) dovrà sostenere un prezzo di acquisto del prodotto da (...) corrispondente al 41% e 45% - a seconda delle formulazioni - del ricavo di vendita, rispetto al 35% che aveva garantito (...) in sede contrattuale". Ha dedotto che "in sostanza, quindi l'attrice - per effetto dell'inadempimento della convenuta alle obbligazioni assunte- si vede costretta a sostenere maggiori oneri correlati al contratto di fornitura con (...) presso cui è obbligata contrattualmente a rifornirsi per un "termine iniziale di 4 anni' e che "in base a calcoli prudenziali e minimali sulle prospettive di vendita del prodotto, (...) ha stimato che nel quadriennio dovrà sostenere un maggior costo di Euro 82.000, per l'anno 2020, di Euro 118.000 per l'anno 2021, di Euro 143.000 per l'anno 2022 e di Euro 160.000 per l'anno 2023, e quindi complessivamente di 503.000 Euro". Si è costituita la convenuta, replicando che il contratto stipulato in data 15 gennaio 2016 con (...) spa- alla quale è subentrata (...) spa quale cessionaria del ramo d'azienda-agli artt. 4) e 5) disciplina dettagliatamente gli obblighi di entrambe le parti: (...) si assumeva l'obbligo di consegnare il dossier registrativo della specialità medicinale, di seguire presso l'AIFA l'iter della domanda di AIC presentata dalla cessionaria al solo fine di fornire eventuali chiarimenti richiesti, di far stipulare alla cessionaria un "Contratto di Fornitura e Capitolato Tecnico" per la produzione della specialità medicinale presso l'officina citata nel dossier, cioè presso l'officina della (...) SA; a fronte di questi obblighi- tutti esattamente adempiuti di (...)- la cessionaria, oltre al pagamento del corrispettivo di Euro 280.000 più IVA, all'art. 5- titolato "obblighi di (...)"- si impegnava a depositare presso l'AIFA la domanda di AIC, ad informare (...) di eventuali richieste da parte dell'AIFA, a stipulare un Contratto di Fornitura con (...) con un termine iniziale di 4 anni con espressa previsione che "il termine iniziale e le altre clausole contrattuali saranno comunque oggetto di negoziazione tra (...) e (...)", a stipulare il Capitolato Tecnico per la produzione della Specialità presso l'officina di (...)"; alla lettera C dell'art. 5 era specificato che "il costo di fornitura non sarà superiore al 35% ex-factory". La convenuta ha affermato che, quindi, (...) si era assunta l'obbligo di cedere la licenza di utilizzo del dossier della specialità medicinale, di cooperare per eventuali chiarimenti che avrebbe potuto chiedere l'AIFA e di mettere in contatto (...) e (...) per la stipulazione del contratto di fornitura, mentre tutte le altre obbligazioni previste dal contratto facevano capo alla cessionaria, la quale doveva negoziare liberamente e autonomamente - come in concreto (...) aveva fatto - il prezzo del farmaco con l'AIFA ed il contratto di fornitura con il produttore, compreso il prezzo di acquisto. La convenuta ha evidenziato come, ai sensi dell'art. 48, comma 33 L. 326/03 tutti i prezzi dei farmaci rimborsati dal Servizio Sanitario Nazionale siano determinati mediante contrattazione diretta tra AIFA e le aziende farmaceutiche (nel caso concreto, AIFA e (...)) secondo le modalità e i criteri indicati nella Deliberazione CIPE del 1° febbraio 2001, n. 3 ovvero, a partire dall'agosto 2020, ai sensi del D.M. del Ministero della Salute del 2.08.2019; in base a questa normativa i farmaci classificati in Classe A/H vengono rimborsati totalmente dal Servizio Sanitario Nazionale, qualora si giunga ad un accordo con la casa farmaceutica circa il prezzo cd. "ex factory" (prezzo ricavo industria); per i farmaci in Classe C, invece è consentita la libera determinazione del prezzo. Nel caso di specie (...), dopo avere acquisito il diritto di utilizzazione del dossier per la specialità medicinale, successivamente denominata "(...)", aveva intrapreso la negoziazione con l'AIFA per l'autorizzazione all'immissione in commercio, senza avere la necessità di richiedere la collaborazione di (...). Con determina n. 33/19 dell'11 febbraio 2019 AIFA aveva autorizzava l'immissione in commercio del (...), classificandolo in classe C. In data 25.2.2019- trascorsi tre anni dalla sottoscrizione del Contratto- l'odierna attrice aveva contattato la signora (...), collaboratrice di (...), chiedendo "aiuto" nella gestione del lancio del farmaco; la signora (...), "in virtù dei solidi rapporti commerciali intrattenuti nel tempo con (...) S.p.A. e con (...), si adoperava immediatamente al fine di mettere le parti in contatto tra loro"; in data 28 febbraio 2019 (...) aveva inviato una bozza di contratto con (...) nella quale, rispetto al prezzo della fornitura, all'Appendice 2 veniva previsto un prezzo del prodotto finito pari al 30% del prezzo ex factory, con la previsione di una soglia minima (Floor Price) pari a Euro 3,80 per le confezioni da 5mg, a Euro 4,50 per le confezioni da 10mg, a Euro 5.35 per le confezioni da 20mg. Ricevuta la bozza, in data 7 marzo 2019 (...) aveva riferito alla signora (...) che avrebbe approfondito direttamente la questione dei prezzi con (...). La convenuta ha eccepito che "nei successivi mesi non è dato sapere ciò che è accaduto nella trattativa sui prezzi tra (...) e (...) in quanto (...) (e tanto meno la signora (...)) non ne è stata messa a conoscenza", soltanto in data 14 gennaio 2020- trascorsi nove mesi- (...) aveva comunicato alla signora (...) di aver definito con AIFA i prezzi e, avendo già emesso ordini ad (...) per il lancio del farmaco, "le chiedeva se si sarebbe interfacciata lei con (...) per formalizzare i costi delle forniture"; in effetti con determina AIFA del 15.01.2020 il farmaco (...) era stato inserito in classe A con la determinazione dei prezzi ex factory. La convenuta ha affermato che la signora (...), "sempre in virtù degli annosi rapporti commerciali con (...), si adoperava limitandosi a riportare all'uno o all'altro contraente le rispettive posizioni, come già fatto in precedenza" e, "grazie anche a questa intercessione", rispetto ai Floor Prices indicati nella bozza di contratto, (...), operava un sensibile sconto. La convenuta ha concluso che tale sconto, evidentemente, non aveva soddisfatto (...), la quale "ha promosso del tutto ingiustificatamente il presente giudizio pretendendo di ottenere da (...) la differenza tra quanto avrebbe desiderato pagare la fornitura e quanto, invece, contrattato con il produttore. Il tutto, giustificando la sua richiesta su di un inesistente inadempimento di (...) rispetto agi obblighi contrattualmente assunti e, oltretutto, richiedendo importi determinati in maniera del tutto arbitraria". La convenuta ha ribadito che la specificazione "il costo di fornitura non sarà superiore al 35% ex factory" veniva inserita volontariamente - "e non per errore, come strumentalmente sostenuto dall'attrice - all'art. 5 tra gli obblighi della cessionaria al fine di stabilire il limite del suo obbligo a contrarre con (...)"; (...) (cessionaria di (...) S.p.A.) aveva assunto il vincolo di stipulare con (...) un contratto di fornitura della durata di quattro anni "e avendo per converso (...) tutto l'interesse a che tale contratto venisse stipulato (sussisteva, infatti, a latere il diritto dell'esponente al pagamento da parte di (...) di una royalty del 4% sulla fornitura), non sarebbe stato corretto non apporre alcun limite a tale vincolo. E' stato, quindi, reputato opportuno delimitare la portata dell'obbligo della cessionaria di contrarre con (...) fino al limite individuato nel 35% del prezzo ex factory". La convenuta ne ha dedotto che se (...), nella contrattazione con (...) -lasciata alla sua libera determinazione - ha ritenuto successivamente di accettare un prezzo diverso, "l'ha fatto all'esito di una valutazione autonoma e non certo perché obbligata dal Contratto (senza considerare, peraltro, che, come si avrà modo di specificare meglio infra, allo stato non e stato neppure dimostrata la sussistenza di un contratto di fornitura)". La convenuta ha contestato, altresì di aver assunto un obbligo di garanzia illimitata quanto al costo di fornitura "non superiore al 35% ex factory" e ha eccepito che, in ogni caso, si tratterebbe di una garanzia atipica avente ad oggetto eventuali prestazioni future e, quindi, in mancanza d'indicazione del limite massimo garantito, la garanzia sarebbe nulla per violazione dell'art. 1938 c.c., per l'indeterminabilità dell'oggetto della prestazione e per mancanza di causa; ha evidenziato che la clausola, come interpretata dall'attrice, porterebbe alla conclusione paradossale di porre a carico di (...) danni futuri, arbitrariamente quantificati dalla stessa (...) in Euro 503.000, a fronte di un corrispettivo contrattuale di Euro 280.000,00 oltre IVA per la cessione del diritto ad utilizzare a scopo registrativo il dossier e i diritti correlati al preparato farmaceutico. La convenuta ha chiesto, quindi, il "rigetto integrale dell'avversa pretesa, infondata in fatto, in diritto e non provata, con vittoria di spese in favore del procuratore antistatario". Dopo il deposito delle memorie ex art. 183, VI comma cpc, la causa è stata assunta in decisione sulla base degli atti e dei documenti, in quanto i capitoli di prova testimoniale formulati dall'attrice in parte si riferiscono a documenti prodotti ed in parte implicano valutazioni soggettive sulle risultanze documentali non demandabili ai testimoni; l'istanza di CTU per la quantificazione dei danni, peraltro meramente esplorativa, va respinta in conseguenza del rigetto della domanda risarcitoria. Le domande dell'attrice sono infondate, per quanto di seguito rilevato. 1)- L'attrice allega l'inadempimento di (...) srl rispetto agli obblighi assunti col Contratto stipulato con (...) spa in data 15 gennaio 2016, intitolato "scrittura privata", prodotto sub 1 (erroneamente citato nella comparsa conclusionale come "avente data 16.3.2016"), nonché nell'email in data 10 febbraio 2020 prodotta sub 8. Dalla premessa del Contratto risulta che (...) srl aveva concluso un accordo con l'azienda farmaceutica di diritto polacco (...) SA, finalizzato all'ottenimento del "diritto ad utilizzare a scopo registrativo" nel Territorio (Repubblica italiana, Vaticano e San Marino), il dossier e i diritti correlati per il deposito a proprio nome della domanda di AIC (presso AIFA) per la specialità medicinale "Rosuvastatina e Ezetimibe"; in forza del Contratto (...) spa ha ceduto a (...) spa tale diritto, al prezzo di Euro 280.000 oltre IVA. Nel rapporto contrattuale, a (...) spa è subentrata (...) spa, in quanto cessionaria del ramo d'azienda in data 18 ottobre 2018 (doc. 19 attrice). L'attrice allega che (...) ha assunto nel Contratto l'obbligo "a far stipulare a (...) apposito contratto di fornitura e capitolato tecnico per la produzione della Specialità presso l'officina citata nel dossier', ossia presso (...) (art. 4 lett. C); parimenti, (...) ha assunto l'obbligo di rifornirsi del prodotto per il termine iniziale di 4 anni presso (...) (art. 5 lett. C); con riferimento al prezzo che sarebbe stato praticato da (...) a (...) (poi (...)), nell'articolo 5 lett. c) del Contratto è previsto: "Il costo di fornitura non sarà superiore al 35 % del prezzo di vendita "ex factory", ossia del prezzo di vendita del prodotto al pubblico. In base a queste pattuizioni l'attrice sostiene che (...) abbia garantito a (...) (ora (...)) che il produttore (...)- presso cui (...) avrebbe dovuto rifornirsi per quattro anni- avrebbe applicato un prezzo di fornitura del prodotto farmaceutico non superiore al 35% del prezzo di vendita "ex-factory". La convenuta contesta questa interpretazione del contratto, in quanto contrastante col testo letterale delle clausole e priva di fondamento logico. 1.1- Ai fini dell'interpretazione della clausola dell'art. 5 lett. c) del contratto, il Giudice osserva che nell'ambito dei canoni interpretativi viene in considerazione in primo luogo quello fondato sul significato letterale delle parole di cui all'art. 1362, primo comma, cod. civ. sicché "quando esso risulti sufficiente, l'operazione ermeneutica deve ritenersi utilmente, quanto definitivamente, conclusa" (Cass. civ. 5595/2014); "nell'interpretazione del contratto, il primo strumento da utilizzare è il senso letterale delle parole e delle espressioni adoperate, mentre soltanto se esso risulti ambiguo può farsi ricorso ai canoni strettamente interpretativi contemplati dall'art. 1362 all'art. 1365 c.c. e, in caso di loro insufficienza, a quelli interpretativi integrativi previsti dall'art. 1366 c.c. all'art. 1371 c.c." (Cass. Ord. n. 33451/2021); va precisato che "il carattere prioritario dell'elemento letterale non deve essere inteso in senso assoluto, atteso che il richiamo nell'art. 1362 c.c. alla comune intenzione delle parti impone di estendere l'indagine ai criteri logici, teleologici e sistematici, anche laddove il testo dell'accordo sia chiaro ma incoerente con indici esterni rivelatori di una diversa volontà dei contraenti" (Cass. n. 16181/2017) e, pertanto, "assume valore rilevante anche il criterio logico-sistematico di cui all'art. 1363 c.c., che impone di desumere la volontà manifestata dai contraenti da un esame complessivo delle diverse clausole aventi attinenza alla materia in contesa, tenendosi, altresì, conto del comportamento, anche successivo, delle parti" (Cass. Ord. n. 13595/2020; Cass. Ord. n. 20294 /2019). In sintesi, secondo i principi ribaditi nelle pronunce più recenti della Suprema Corte, "la comune intenzione dei contraenti deve essere ricercata sia indagando il senso letterale delle parole, alla luce dell'integrale contesto negoziale, ai sensi dell'art. 1363 c.c., sia utilizzando i criteri di interpretazione soggettiva di cui agli artt. 1369 e 1366 c.c., rispettivamente volti a consentire l'accertamento del significato dell'accordo in coerenza con la relativa ragione pratica o causa concreta e ad escludere, mediante un comportamento improntato a lealtà e salvaguardia dell'altrui interesse, interpretazioni in contrasto con gli interessi che le parti abbiano inteso tutelare con la stipulazione negoziale, in una circolarità del percorso ermeneutico, da un punto di vista logico, che impone all'interprete, dopo aver compiuto l'esegesi del testo, di ricostruire in base ad essa l'intenzione dei contraenti e di verificare se quest'ultima sia coerente con le restanti disposizioni dell'accordo e con la condotta tenuta dai contraenti medesimi" (Cass. Sez. L. n. 24699/2021); "l'elemento letterale, pur assumendo funzione fondamentale nella ricerca della effettiva volontà delle parti, deve essere riguardato alla stregua degli ulteriori criteri ermeneutici e, segnatamente, di quelli dell'interpretazione funzionale ex art. 1369 c.c. e dell'interpretazione secondo buona fede ex art. 1366 c.c., avuto riguardo allo "scopo pratico" perseguito dalle parti con la stipulazione del contatto e, quindi, della relativa "causa concreta" (Cass. Ord. n. 34795/2021). Ciò posto, il Giudice rileva che- come ha eccepito la convenuta- gli obblighi a carico di (...) erano elencati nell'art. 4 del contratto nelle lettere a), b), c): l'obbligo di consegnare il dossier del farmaco per la registrazione, l'obbligo di cooperare con (...) in merito ad eventuali chiarimenti richiesti dall'AIFA per l'ottenimento dell'AIC, l'obbligo "a far stipulare a (...) apposito contratto di fornitura e capitolato tecnico per la produzione della specialità presso l'officina" dell'azienda farmaceutica (...). Il riferimento al costo di fornitura "non superiore al 35% ex factory" non è previsto nell'ambito delle clausole dell'art. 4 intitolato "obblighi di (...)", bensì nell'art. 5 lett. c), intitolato "obblighi di (...)", ora (...). L'art. 5 prevede, infatti, a carico di (...) (in aggiunta all'obbligo di pagare il corrispettivo di Euro 280.000,00 più Iva per la cessione del diritto ad utilizzare il dossier e i diritti oggetto del contratto), i seguenti obblighi: l'obbligo di depositare presso l'AIFA la domanda di AIC (lett. a), l'obbligo d'informare (...) di eventuali richieste da parte dell'AIFA (lett. b); alla lettera c) è previsto a carico di (...) (poi (...)) il seguente obbligo: "a stipulare apposito contratto di fornitura, con un termine iniziale di 4 anni (il termine iniziale e le altre clausole contrattuali saranno comunque oggetto di negoziazione tra (...) e (...)) e capitolato tecnico per la produzione della Specialità presso l'officina citata nel dossier. Il costo di fornitura non sarà superiore al 35% ex factory". Secondo l'interpretazione letterale complessiva delle clausole degli artt. 4 e 5 del Contratto è previsto, quindi, a carico di (...) (ora (...)) l'obbligo di stipulare un apposito contratto di fornitura per la durata di quattro anni e relativo capitolato tecnico per la produzione della Specialità presso (...), al costo di fornitura "non superiore al 35% ex factory"; sia il termine iniziale, sia le altre clausole contrattuali dovevano essere comunque oggetto di negoziazione tra (...) e (...). Negli articoli 4 e 5 del Contratto non è previsto, dunque, l'intervento di (...) nella futura contrattazione fra (...) e (...) sul contenuto del contratto di fornitura della Specialità. (...) è rimasta estranea anche alla procedura di negoziazione del prezzo di vendita del prodotto (...), intercorsa esclusivamente fra (...) ed AIFA. L'attrice sostiene, tuttavia, riguardo all'interpretazione del Contratto: "Si è evidenziato come la previsione relativa al prezzo di fornitura, benché impropriamente collocata nell'articolo dal titolo "obblighi di (...)", costituisse- come logica vuole- un preciso obbligo del venditore (era infatti il venditore, ossia (...) che obbligava l'"acquirente", ossia (...) a stipulare un accordo di fornitura con il produttore (...), garantendo un determinato prezzo di fornitura. Non avrebbe infatti avuto senso il contrario: come avrebbe potuto (...) stipulare un contratto di fornitura con (...) imponendo il prezzo di acquisto?)". Si tratta di un'interpretazione "logica" priva di riscontri oggettivi, in quanto dal Contratto stipulato nel 2016 da (...) con (...) non si evince che (...) dovesse assumere il ruolo di "venditore" nell'ambito del rapporto di fornitura del prodotto da parte di (...) a (...). Anche nella bozza del contratto quadro di fornitura trasmesso da (...) a (...) in data 28 febbraio 2019 (doc. 9 e 10 convenuta), era previsto il rapporto diretto di fornitura tra (...) a (...) quale distributore del prodotto; ricevuta la bozza, (...) in data 7 marzo 2019 ha riferito alla collaboratrice di (...), sig.ra (...), che avrebbe approfondito direttamente la questione dei prezzi con (...) (doc. 11 e 12), in conformità a quanto previsto dalla clausola art. 5 lett. c) riguardo all'obbligo di (...) di negoziare le clausole contrattuali con (...). L'attrice allega, inoltre, che "se l'attrice non fosse stata vincolata a rifornirsi per 4 anni dal produttore imposto da (...) ad un prezzo garantito sempre in sede contrattuale, il prezzo della cessione del diritto sarebbe stato ovviamente differente". L'argomento non è convincente, considerato che il prezzo di cessione del diritto ad utilizzare a scopo registrativo il dossier e i diritti correlati per la Specialità, oggetto del Contratto del 2016, non è stato concordato con (...) da (...), ma da (...) che ha ceduto il ramo d'azienda a (...) nel 2018; alla determinazione del prezzo di Euro 280.000,00 oltre IVA la cessionaria (...) è, quindi, rimasta estranea. Si deve concludere, pertanto, che l'interpretazione della clausola sul "costo di fornitura non superiore al 35% ex factory" sostenuta dall'attrice- secondo cui (...) avrebbe assunto l'obbligo di garantire a (...) un "costo di fornitura" non superiore al 35% del prezzo di vendita al pubblico- contrasta con l'interpretazione letterale complessiva delle clausole degli articoli 4 e 5 e dal punto di vista "logico" non è fondata su oggettivi elementi di riscontro. E', invece, coerente con l'interpretazione letterale e coordinata delle predette clausole quella della convenuta, secondo cui non rientra fra gli obblighi di (...) verso (...) garantire un costo di fornitura non superiore al 35% "ex factory", ovvero l'obbligo di "coprire" personalmente la differenza tra i costi di produzione concordati da (...) con (...) ed il costo di fornitura "non superiore al 35% ex factory" indicato nella clausola dell'art. 5 lett. c) del Contratto. Riguardo al fatto che (...) fosse obbligata a far stipulare a (...) l'apposito contratto di fornitura e capitolato tecnico con (...), la convenuta ha allegato che "sussisteva a latere il diritto della (...) ad ottenere dal produttore (...) royalties pari al 4% dell'importo della fornitura (diritto successivamente rinunciato dalla convenuta per venire incontro alle esigente di sconto di (...)')", circostanza quest'ultima che in effetti si desume dall'email 11 febbraio 2020 inviata da (...) a (...) (doc. 27 attrice). La predetta interpretazione letterale e complessiva delle clausole degli articoli 4 e 5 del Contratto è anche coerente dal punto di vista "logico" con la comune volontà negoziale delle parti allegata dalla convenuta, la quale ha affermato che- a fronte del predetto interesse di (...) a favorire il perfezionamento del contratto di fornitura tra (...) e (...)- "le parti hanno mitigato la clausola che prevedeva l'obbligo per (...) di rifornirsi dalla (...), prevedendo la persistenza di tale obbligo solo nel caso in cui il costo della fornitura non fosse superiore al 35% ex factory. In tale caso la (...) sarebbe stata evidentemente legittimata a non stipulare con (...), senza per questo incorrere in violazioni contrattuali". Questa comune volontà negoziale trova conferma nella condotta della stessa attrice, la quale neppure al termine del giudizio ha dimostrato di avere stipulato con (...) un contratto di fornitura con relativo capitolato tecnico che valesse ad impegnarla per quattro anni per la produzione del prodotto (...) presso l'officina di (...), come previsto dall'art. 5 lett. c) del Contratto. Nella memoria ex art. 183, VI comma n. 2 cpc, depositata in data 24 marzo 2021, l'attrice ha ammesso che "non esiste un contratto di fornitura, ma vengono fatturati i singoli acquisti"; si è limitata a produrre solo 15 fatture di vendita emesse da (...) nei confronti di (...) nel periodo febbraio 2020-ottobre 2020 (doc. 21) e singoli ordini d'acquisto da (...) ad (...) emessi dal 6/11/2020 al 8/2/2021 (doc. 23), pur potendo l'attrice formulare istanza sino all'udienza di precisazione delle conclusioni in data 19 marzo 2023, di essere rimessa in termini per produrre eventuali documenti di data successiva alla scadenza delle preclusioni istruttorie. Tale condotta dell'attrice dimostra che la stessa (...) si è ritenuta liberata dall'obbligo di concludere con (...) il contratto quadriennale di fornitura previsto nell'art. 5 lett. c) del Contratto stipulato nel gennaio del 2016, non avendo concordato con (...) nel marzo 2019/febbraio 2020 un costo di produzione del farmaco che non fosse superiore al 35% del prezzo di vendita al pubblico dei farmaco (...), collocato da AIFA in classe A su richiesta di (...). 1.2- Si rileva, inoltre, che l'attrice neppure ha dimostrato che la convenuta abbia assunto con la comunicazione email in data 10.2.2020 prodotta sub 8, l'obbligo di pagare a (...)- relativamente a tutte le forniture nel quadriennio 2020/2023- la differenza fra i costi di produzione concordati tra (...) e (...) ed il costo corrispondente al 35% del prezzo "ex factory". Dai documenti e dalle rispettive allegazioni delle parti risulta che (...), dopo avere acquisito il diritto di utilizzazione del dossier per la specialità medicinale in quanto cessionaria di (...), ha negoziato con l'Afa l'autorizzazione all'immissione in commercio del farmaco denominato "(...)", senza necessità di richiedere la collaborazione di (...) in base all'art. 4 lett. b) del Contratto. Con determina n. 33/19 dell'11 febbraio 2019 AIFA ha autorizzato l'immissione in commercio del (...), classificandolo in classe C; in classe C il farmaco, a differenza del farmaco in classe A, non è rimborsato dal SSN, ma il prezzo di vendita è libero. In data 25 febbraio 2019 (...) ha contattato la signora (...), collaboratrice di (...), già conosciuta per pregressi rapporti fra le due società, così esprimendosi: "Avrei gentilmente bisogno del suo aiuto per capire come più correttamente muovermi, e soprattutto nei tempi giusti, per la gestione della nuova associazione di molecole Rosuvastatina+E%etimibe: il prodotto/dosaggi che (...) ha deciso di chiamare (...). Appena possibile, potrebbe cortesemente contattarmi in modo tale da allinearci su questo nuovo lancio?" (doc. 7 convenuta). In data 28 febbraio 2019 (...) ha inviato a (...) la bozza di un contratto-quadro di fornitura che (...) avrebbe dovuto sottoscrivere, nella quale all'Appendice 2 era previsto un prezzo del prodotto finito pari al 30% del prezzo ex factory, con la previsione di una soglia minima per il produttore (...) (Floor Price) pari a Euro 3,80 per le confezioni da 5mg, a Euro 4,50 per le confezioni da 10mg, a Euro 5.35 per le confezioni da 20mg; la bozza è stata trasmessa in data 1 marzo 2019 da (...) a (...) (doc. 9 e 10). Con email in data 7 marzo 2019 (...) ha risposto a (...): "in allegato trova il draft del SA con alcuni nostri commenti/revisioni e le previsioni di vendita fino a Dicembre 2019. In particolare riteniamo opportuno approfondire in una conference call i seguenti elementi: 2.6 - 2.9: Aspetti legati alla situazione brevettuale. Appendix 2: Floor Price" (doc. 11); con email in data 11 marzo 2019 la signora (...) ha trasmesso ad (...) il contratto di fornitura "rivisto" da (...) e la previsione fino a dicembre 2019, riferendo all'interlocutore che era stato suggerito a (...) di discutere gli argomenti durante la prossima riunione programmata con (...) (doc. 12). La convenuta ha affermato che nei mesi successivi non è stata messa a conoscenza dell'esito delle trattative fra (...) e (...) e solo in data in data 14 gennaio 2020 (...) ha comunicato alla signora (...) di aver definito con AIFA i prezzi. Nella email inviata alla sig.ra (...) in data 14 gennaio 2020, il sig. (...) di (...) così si esprime: "Come probabilmente saprà sono stati definiti i prezzi del (...) e prodotti equivalenti. A seguito di accordi e per portarci avanti con le attività di lancio, avevamo emesso ordini ad (...) con un prezzo "standard" di 1 euro/confezione. In base alle informazioni in nostro possesso i cogs (costi produzione) dovrebbero essere il 30% dell'ex factory e quindi siamo per le confezioni vendita nella situazione di seguito indicata: 5+ 10: 1,590, 10+10: 1,911, 20+10: 1,911. Prendiamo noi contatti con (...) per formalizzazione di questi prezzi (e definitone delle confezioni saggi) oppure ci pensa Lei?" (doc. 13 convenuta). In effetti con determina AIFA del 15 gennaio 2020 il farmaco (...) è stato inserito in classe A, con la l'indicazione dei prezzi "ex factory". L'attrice afferma di avere richiesto ad Aifa che il farmaco "(...)" venisse collocato in "classe A" in quanto, laddove collocato in "classe C", "non avrebbe avuto alcun valore commerciale, posto che tutti i prodotti in commercio contenenti il medesimo principio attivo erano in "classe A", e quindi rimborsati dal Servizio Nazionale". Da ciò si desume che l'attrice ha assunto i rischi della sua scelta imprenditoriale, conoscendo già dal 7 marzo 2019 i "Floor Prices" al di sotto dei quali (...) non sarebbe scesa per i costi di produzione del farmaco (doc. 11 e 12 convenuta). A seguito dell'email di (...) in data 14 gennaio 2020 e della conseguente interlocuzione con (...), con email in data 5 febbraio 2020 la sig.ra (...) ha così risposto al sig. (...): "Gent.mo Dr. (...), Siamo riusciti ad ottenere da (...) i seguenti costi di fornitura: Rosuvastatin + Ezetimibe 5mg/10mg x 28 compresse - 2,15 EURO Rosuvastatin + Ezetimibe 10mg/10mg x 28 compresse - 2,87 EURO Rosuvastatin + Ezetimibe 20mg/10mg x 28 compresse - 3,03 EURO" (doc. 16). La convenuta ha evidenziato che, grazie a questo suo intervento, rispetto ai Floor Prices indicati nella bozza del contratto di fornitura trasmessa nel marzo del 2019, (...) aveva offerto un sensibile sconto. L'attrice lamenta, tuttavia, il fatto che comunque il prezzo di fornitura del prodotto "sarebbe stato pari a circa il 41 % del prezzo di vendita "ex factory" per la formulazione 5+10, e addirittura superiore al 45 % per le formulazioni 10+10 e 20 +10, e quindi che il costo unitario di fornitura sarebbe stato sensibilmente più elevato di quello garantito in sede contrattuale". A seguito della diffida del legale di (...) in data 5 febbraio 2020 (doc. 7 attrice), con email in data 10 febbraio 2020 inviata dalla sig.ra (...), l'Amministratore Unico di (...) srl, (...), ha comunicato al sig. (...) di (...) quanto segue: "come discusso telefonicamente, vi sottoponiamo la tabella ripilogativa con l'indicazione della quota cogs rispettivamente a carico di (...) e (...) e del relativo importo per dosaggio/quantitativo che ci addebiteremo per l'ordine lancio... Siamo fiduciosi che a partire dal prossimo ordine riusciremo ad ottenere da (...) cogs corrispondenti al 35% ex factory. Resta inteso che fino a quando la situazione dei cosg resterà immutata, la differenza tra i cogs (...) e quelli concordati (corrispondenti al 35% ex factory) continuerà ad essere a ns carico e ci sarà addebitata da (...) 5 (cinque) giorni prima della data di pagamento effettiva della fattura ad (...). Inoltre vi chiediamo cortesemente di tenerci in CC al momento dell'emissione del prossimo ordine di acquisto ad (...)' (doc. 8 attrice). Con successiva email in data 11 febbraio 2020 inviata da (...) ad (...), il dr. (...) l'Amministratore Unico di (...) srl ha riferito ad (...) di avere finalmente raggiunto un accordo con (...) sui prezzi di fornitura nei seguenti termini (tradotti dal testo inglese): "(...) ha accettato di lanciare il prodotto (...) e ha incluso in tutti gli ordini di acquisto i Costi di produzione da voi condivisi il 05.02, a condizione che (...) rimborsi la differenza tra i Costi di produzione di (...) e i Costi di produzione corrispondenti al 35% del prezzo franco fabbrica. Per tua corretta conoscenza ed esempio, trovi di seguito la tabella che descrive la situazione del rimborso per l'ordine di lancio n. 4500016304 del 27.03.2019. Come potete ben capire, (...) è stata costretta ad accettare le condizioni di (...) per non pregiudicare il lancio di prodotti nel nostro comune interesse. Purtroppo, come conseguenza, (...) subirà molti danni finanziari per rimborsare la differenza di Costi di produzione a (...) e il sacrificio di commissioni del 4%. Alla luce della nostra difficile situazione di cui sopra, speriamo davvero che (...) faccia tutto il possibile per offrire Costi di produzione per (...) corrispondenti a prezzi franco fabbrica del 35% validi a partire dal secondo ordine d'acquisto n. 4500017196 del 13.11.2019 in poi." (doc. 27 attrice). Come ha eccepito la convenuta, dall'email in data 10 febbraio 2020 e dalla successiva email del 11 febbraio 2020 si desume che (...) era disposta a pagare la differenza fra i costi di produzione concordati tra (...) e (...) ed il costo corrispondente al 35% del prezzo "ex factory" solo limitatamente agli ordini d'acquisto emessi nel periodo "di lancio" del prodotto, rinunciando nei confronti di (...) alle royalties del 4% cui avrebbe avuto diritto in caso di conclusione di un contratto di fornitura quadriennale al costo di produzione non superiore al 35% del prezzo "ex factory". Da queste email non si desume, invece, la volontà negoziale di (...) di assumere tale obbligo per tutti gli ordini d'acquisto emessi da (...) nel quadriennio 2020/2023. 1.3- Da quanto finora esposto consegue il rigetto delle domande formulate sub A, in quanto l'attrice non ha dimostrato che (...) srl abbia assunto nel contratto in data 15.1.2016 e nella mail in data 10.2.20 l'obbligo di garantire a (...) spa un costo di fornitura sugli acquisti della Specialità "Rosuvastatina + Ezetimbe" presso il produttore (...) SA nel quadriennio 2020-2023 non superiore al 35% del prezzo "ex factory", né comunque ha dimostrato l'obbligo di (...) di farsi carico dei maggiori costi sostenuti dall'attrice, rispetto a tale percentuale, nel quadriennio. Si deve escludere, pertanto, l'inadempimento da parte della convenuta degli asseriti, non dimostrati obblighi e, di conseguenza, si deve respingere la connessa domanda sub B di risarcimento del danno. Tali statuizioni assorbono la rilevanza della contestazione della convenuta in merito alla prova del danno. 2)- Si osserva, infine, che nella comparsa conclusionale l'attrice ha affermato che "i maggiori costi sostenuti dall'attrice in applicazione del maggior prezzo praticato da (...), rispetto al 35% garantito da (...)", nella peggiore delle ipotesi "integrano l'indennizzo cui comunque (...) è tenuta per aver promesso il fatto del terzo". L'affermazione è infondata, in quanto dalle clausole degli articoli 4 e 5 del Contratto e dall'email in data 10 febbraio 2020, sopra esaminate sub 1, non risulta che (...) abbia assunto nei confronti di (...) l'obbligo di far inserire da (...), in un contratto di fornitura quadriennale, il limite di costi di produzione non superiori al 35% del prezzo "ex factory". Questo assorbente rilievo impone il rigetto della domanda d'indennizzo ex art. 1381 c.c. 3)- Dato l'esito della lite l'attrice, dev'essere condannata ex art. 91 cpc a pagare alla convenuta- per essa al procuratore Avv. (...) dichiaratosi antistatario ex art. 93 cpc- le spese processuali, liquidate nel dispositivo in base al valore della causa. P.Q.M. Il Tribunale di Milano, V Sezione civile, definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza ed eccezione disattesa o assorbita, così provvede: I- respinge le domande proposte da (...) Spa nei confronti della convenuta (...) Srl in liquidazione; II- condanna l'attrice a pagare alla convenuta- per essa al procuratore Avv. (...) dichiaratosi antistatario ex art. 93 cpc- le spese processuali che liquida in Euro 22.457,00 per compenso oltre il rimborso forfetario del 15% ex art. 2 D.M. n. 55/2014, CPA ed IVA se dovuta. Milano, 5 giugno 2023 Depositata in Cancelleria il 5 giugno 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO di MILANO PRIMA CIVILE Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. Serena Nicotra ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 41655/2019 promossa da: (...) (C.F. (...)), con il patrocinio dell'avv. (...) con studio in (...) 25032 CHIARI ATTORE contro (...) (C.F. (...)), in proprio, con studio in VIA (...) 20122 MILANO CONVENUTO CONCLUSIONI Le parti hanno concluso come da note a trattazione scritta depositate telematicamente SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con atto di citazione ritualmente notificato, (...) ha convenuto in giudizio davanti a questo Tribunale l'avvocato (...) chiedendo: a) l'accertamento del fatto che l'attore non è debitore di alcuna somma ad alcun titolo in favore dell'avv. (...); b) l'accertamento della natura indebita del pagamento di Euro 1.496,16 effettuato in data 16 luglio 2014 in favore del convenuto e la condanna del convenuto alla restituzione di tale somma; c) l'accertamento della responsabilità professionale dell'avv. (...) e la condanna del convenuto al risarcimento del danno subito dall'attore, da determinarsi in via equitativa e in una somma non inferiore a Euro 6.128,30. In via subordinata, l'attore ha chiesto, procedere alla liquidazione del compenso spettante al convenuto in base ai parametri di cui al D.M. 55/2014 tenendo conto delle circostanze esposte in atti. L'attore ha dedotto: - di essersi rivolto alla società (...) s.r.l. al fine di valutare la correttezza legale e contrattuale dei propri rapporti bancari; - di avere stipulato in data 1 ottobre 2013 con tale società un contratto con la quale (...) si era obbligata a stipulare una polizza per conto altrui ex art. 1891 cod.civ. a copertura delle spese legali relative alla controversia giudiziaria per anatocismo e/o usura bancaria promossa sulla base della perizia asseverata redatta da (...); - che con e-mail del 12 dicembre 2013, (...) aveva comunicato all'attore che la sua pratica era stata affidata all'avv. (...); - che l'avv. (...) aveva assistito l'attore nel giudizio RG 16276/2014 davanti al Tribunale di Brescia avente ad oggetto l'accertamento delle violazioni contrattuali risultanti dalla citata perizia; - che le parti non avevano sottoscritto alcun contratto di incarico professionale né all'attore era stato sottoposto alcun preventivo indicante i costi; - che il giudizio si era concluso con sentenza n. 2180/2017 con la quale il Tribunale di Brescia aveva rigettato le doglianze dell'attore con condanna dello stesso alla rifusione delle spese di lite sostenute dalla controparte; - che all'esito del giudizio, dopo che l'attore non aveva ottenuto il rimborso delle spese di lite e di difesa dall'assicuratore di cui alla polizza stipulata da (...), l'avv. (...) aveva richiesto il pagamento della fattura n. 29/2013 relativa ai compensi professionali maturati; - che la pretesa creditoria dell'avv. (...) era infondata in quanto tra le parti non era stato stipulato alcun contratto professionale e, in base al contratto stipulato con (...), il mandante dell'incarico non era l'attore ma tale società che aveva unilateralmente affidato la pratica dell'attore all'avv. (...); - che per tale motivo l'attore non era tenuto a versare alcun compenso all'avv. (...) ed aveva diritto alla restituzione dell'acconto versato, trattandosi di pagamento indebito; - che era inoltre sussistente la responsabilità professionale dell'avv. (...) per avere proposto una domanda manifestamente infondata, senza avere proceduto ad una preventiva valutazione sulla sussistenza di probabilità di accoglimento delle pretese fatte valere dall'attore; - che tale inadempimento aveva cagionato all'attore un danno patrimoniale, quantificato in una somma non inferiore a Euro 6128,30, pari alle spese corrisposte a (...) s.p.a. per effetto della sentenza di rigetto della domanda; - che in subordine, l'attore ha dedotto che il compenso richiesto dall'avv. (...) era eccessivo e ingiustificato, non essendovi prova dello svolgimento di tutte le attività previste dal DM 44/2011; - che ai fini della quantificazione del compenso doveva essere considerato che la fascia di valore era quella tra Euro 26.000 ed Euro 52.000, il mancato svolgimento di istruttoria, il fatto che l'attività di studio era minima considerata l'attività preliminare svolta da (...); - che inoltre si doveva considerare la liquidazione delle spese operata dal Tribunale di Brescia in favore di (...), pari a Euro 4200,00. Si è costituito il convenuto che ha preliminarmente eccepito l'improcedibilità della domanda per la proposizione con il rito semplificato e per il mancato esperimento della negoziazione assistita. Nel merito il convenuto ha chiesto il rigetto delle domande attoree deducendo: - che il contratto stipulato dall'attore con (...) prevedeva, all'art. 7, l'obbligo per il cliente, in caso di proposizione di procedura giudiziaria, di corrispondere gli onorari al professionista incaricato; - che tra le parti era stato instaurato un rapporto inquadrabile nel mandato di patrocinio legale, fonte dell'obbligo in capo all'attore di corrispondere al convenuto il compenso dell'attività svolta; - che, con riferimento alla dedotta responsabilità professionale del convenuto, nel ricorso non vi era una specifica contestazione degli obblighi informativi previsti dal codice deontologico forense; - che, come si evinceva dalla sentenza del Tribunale di Brescia, la mancata ammissione di una consulenza tecnica è derivata dall'adesione ad un orientamento giurisprudenziale non conforme a numerose pronunce di legittimità; In via riconvenzionale il convenuto ha chiesto la condanna dell'attore al pagamento della somma di Euro 11.348,47, a titolo di compenso per le prestazioni professionali svolte, calcolate secondo i parametri di cui al DM 55/2014, nonché l'autorizzazione alla chiamata in causa di (...) SA per essere tenuto indenne dalle conseguenze dell'eventuale accoglimento della domanda risarcitoria dell'attore. La terza chiamata, pur regolarmente citata, non si è costituita in giudizio. La causa, dopo la riassegnazione del fascicolo a questo giudice, all'esito del deposito delle memorie ex art. 183 comma 6 c.p.c. è stata rinviata per la precisazione delle conclusioni ed è stata trattenuta in decisione ai sensi dell'art. 190 c.p.c. MOTIVI DELLA DECISIONE Per comodità espositiva si provvederà ad articolare la trattazione delle varie questioni dedotte in giudizio in paragrafi separati. 1. La materia del contendere. L'attore ha in primo luogo formulato domanda di accertamento negativo del credito fatto valere in sede stragiudiziale dall'avv. (...), sul rilievo dell'insussistenza di un diretto rapporto contrattuale con tale parte ed ha chiesto, per tale motivo, la condanna del convenuto alla restituzione dell'indebito pagamento eseguito a titolo di acconto per le prestazioni rese nel giudizio RG 16276/2014 instaurato davanti al Tribunale di Brescia. In subordine, l'attore ha chiesto la rideterminazione del compenso rispetto a quanto esposto nella fattura emessa dall'avv. (...). In secondo luogo, l'attore ha chiesto accertarsi la responsabilità professionale del convenuto per violazione degli obblighi informativi e di perizia e diligenza, data la proposizione della domanda giudiziale senza una preventiva ed adeguata verifica sulla sua fondatezza. 2. La domanda di accertamento negativo Va premesso che non sussiste alcuna ragione di inammissibilità della domanda attorea per effetto della proposizione del giudizio con il rito sommario ex art. 702 bis c.p.c. e che ogni questione in ordine alla scelta del rito risulta superata dalla decisione assunta dal giudice in prima udienza di disporre il mutamento del rito da sommario ad ordinario. Nel merito, le risultanze istruttorie consentono di ritenere provato l'instaurarsi del rapporto professionale tra l'attore e l'avv. (...). In primo luogo, risulta provato documentalmente il rilascio da parte di (...) della procura alle liti in favore dell'avv. (...) per la rappresentanza e difesa tecnica nel giudizio promosso davanti al Tribunale di Brescia (doc. 1 fascicolo convenuto). In secondo luogo, il contratto stipulato tra (...) e la società (...) s.r.l (doc. 3 fascicolo attoreo), prevede testualmente, nella clausola 7, "nell'ipotesi in cui, al fine di procedere con l'annullamento dei/l contratti/o leasing sia, indispensabile procedura giudiziale il Cliente sin da ora affida mandato a professionisti indicati dal (...) sia per la difesa legale che le l'attività di CTP (nel caso l'Autorità Giudiziaria richiedesse una CTU). Gli onorari per tali prestazioni non sono da includersi nel presente accordo e saranno corrisposti direttamente ai professionisti contro emissione di regolare fattura". Da tale disposizione si evince che il cliente, in caso di instaurazione del giudizio, si obbliga a dare mandato al professionista indicato da (...) per la difesa legale e a corrispondere i relativi compensi. Tale interpretazione risulta confermata dal tenore della clausola 13 del citato contratto, laddove si prevede che la polizza assicurativa cui il cliente aderisce prevede il rimborso delle spese legali per la controversia giudiziaria in materia di anatocismo e/o usura, comprensive sia di quelle versate alla controparte in caso di soccombenza sia dei costi del proprio legale. Diversamente da quanto allegato dall'attore, il contratto stipulato tra l'attore e (...) non consente di individuare quest'ultima quale committente del contratto di patrocinio instauratosi con l'avv. (...), ma prevede l'instaurarsi di un rapporto diretto tra il cliente ed il professionista incaricato della rappresentanza e difesa tecnica nel giudizio promosso sulla base della perizia redatta da (...) e la fornitura al cliente della tutela assicurativa per ottenere il rimborso dei costi sostenuti in tale giudizio. In questo quadro, la mancata stipula del contratto di patrocinio in forma scritta e il mancato invio da parte dell'avv. (...) di un preventivo dei costi delle proprie prestazioni professionali non assume rilievo decisivo ai fini di escludere la sussistenza del rapporto professionale tra le parti, data la idoneità e univocità degli elementi citati a dare prova dell'effettiva conclusione del contratto d'opera professionale avente ad oggetto la difesa dell'attore nel citato giudizio. 3. La domanda di ripetizione dell'indebito In base a quanto rilevato nel precedente paragrafo, non è fondata la pretesa dell'attore ad ottenere la restituzione della somma di Euro 1496,16, corrisposta in data 16 luglio 2014 all'avv. (...), dato l'accertamento della sussistenza di un contratto di patrocinio che vede come mandante l'attore e considerato lo svolgimento da parte dell'avv. (...) dell'attività di difesa tecnica e rappresentanza nel giudizio promosso davanti al Tribunale di Brescia. 4. La domanda di accertamento della responsabilità professionale dell'avv. (...) In via generale, come rilevato dal consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, la responsabilità dell'avvocato non può affermarsi per il solo fatto del suo non corretto adempimento dell'attività professionale, dovendosi accertare se l'evento produttivo del pregiudizio lamentato dal cliente sia riconducibile alla condotta del primo, se un danno vi sia stato effettivamente e se, ove questi avesse tenuto il comportamento dovuto, il suo assistito, alla stregua di criteri probabilistici, avrebbe conseguito il riconoscimento delle proprie ragioni (Cass.civ., III, 5 febbraio 2013 n.2638, Cass. civ.. III, 20 agosto 2015, n. 17016). Ne deriva quindi che, oltre alla verifica in ordine alla sussistenza degli inadempimenti ascritti al convenuto si dovrà valutare se vi sia prova del danno e del nesso di causalità tra la condotta del professionista ed il risultato derivato al cliente. 4.1. L'attività svolta nel giudizio RG 16276/2014 e la sentenza emessa dal Tribunale di Brescia Dall'esame della documentazione prodotta emerge che: 1) nell'atto di citazione redatto dal convenuto nell'interesse di (...), è stato chiesto l'accertamento della nullità della clausola relativa agli interessi contenuta nel contratto di mutuo ipotecario stipulato con Unicredit s.p.a., allegando in particolare l'intervenuto pagamento di interessi superiori al tasso soglia per effetto del cumulo del tasso di mora con quello contrattuale e l'applicazione di interessi anatocistici collegati all'utilizzazione del metodo di ammortamento cosiddetto alla francese (cfr. doc. 15 fascicolo attoreo); 2) con sentenza 1860/2017 il Tribunale di Brescia ha rigettato la domanda attorea ed ha condannato (...) alla rifusione in favore di Unicredit delle spese di lite liquidate in Euro 4200,00 per compensi oltre ad accessori di legge; 3) nella citata pronuncia, il Tribunale ha ritenuto infondata la tesi dell'usurarietà degli interessi richiamando l'orientamento della prevalente giurisprudenza di merito secondo cui nel calcolo del tasso soglia non devono essere sommati gli interessi moratori e quelli convenzionali, data la diversità ontologica e funzionale degli interessi considerati; 4) parimenti si è ritenuta infondata la tesi dell'anatocismo derivante dal metodo di ammortamento prescelto, rilevando che anche nel metodo alla francese gli interessi vengono calcolati sul capitale via via decrescente e non anche sugli interessi pregressi. 4.2 L'inadempimento dedotto in giudizio e la valutazione del nesso causale tra inadempimento e danno Secondo la prospettazione attorea, è configurabile l'inadempimento delle obbligazioni professionali da parte dell'avv. (...) in considerazione della proposizione di una azione manifestamente infondata e dell'omesso assolvimento dei doveri informativi gravanti sul legale. Al riguardo le allegazioni dell'attore ed il contenuto della pronuncia emessa dal Tribunale di Brescia non sono sufficienti a ritenere sussistente la condotta inadempiente ascritta al convenuto ed il nesso causale con l'evento dannoso lamentato. Innanzitutto, dalla stessa sentenza del Tribunale di Brescia si evince l'esistenza di di orientamenti contrapposti nella giurisprudenza di merito sul tema delle modalità di calcolo del tasso soglia e della possibilità di cumulo tra interessi moratori e convenzionali e la scelta del Giudice designato di aderire all'orientamento, indicato come prevalente nella giurisprudenza di merito, contrario alla tesi difensiva dell'attore. In secondo luogo, occorre considerare che al momento della proposizione del giudizio la questione era controversa anche nella giurisprudenza di legittimità. Al riguardo, si richiama la ordinanza della Corte di Cassazione civile n.5588 del 2017, la cui massima recita "In tema di contratto di mutuo, l'art. 1 della l. n. 108 del 1996, che prevede la fissazione di un tasso soglia al di là del quale gli interessi pattuiti debbono essere considerati usurari, riguarda sia gli interessi corrispettivi che quelli moratori. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata che, in sede di opposizione allo stato al passivo e con riferimento al credito insinuato da una banca, aveva escluso la possibilità di ritenere usurari gli interessi relativi a due contratti di mutuo in ragione della non cumulabilità degli interessi corrispettivi e di quelli moratori)". Si tratta di pronuncia che ha sostenuto la diversa tesi della cumulabilità degli interessi corrispettivi e moratori. Solo a partire dal 2019 si è consolidato l'orientamento contrario al cumulo (cfr. Cass. Civ. n. 7447 del 2019 e Cass.civ. 31615 del 2021). Ne deriva che, al momento della instaurazione del giudizio davanti al Tribunale di Brescia, vi erano pronunce giurisprudenziali favorevoli alla tesi difensiva propugnata nell'atto di citazione e la tematica in esame era ancora dibattuta nella giurisprudenza di merito e di legittimità. Ciò esclude che l'iniziativa giudiziaria promossa potesse ritenersi ab origine infondata. Per quanto riguarda la dedotta violazione dei doveri informativi si rileva quanto segue. Come già evidenziato, all'atto del conferimento dell'incarico professionale e dell'instaurazione del giudizio non vi erano elementi per fare una sicura prognosi in ordine all'esito negativo della causa. Se è vero che prima del giudizio l'attore aveva ricevuto un parere da (...) affermante la natura usuraria dell'interesse (cfr. doc. 2 e e-mail di cui al doc. 15), suscettibile di incentivare la proposizione del giudizio, al contempo vi sono altri dati indicativi del fatto che l'attore fosse consapevole del possibile rischio di soccombenza. In particolare, proprio la regolamentazione del contratto stipulato con (...) s.r.l., prevedente l'adesione dell'attore alla polizza tutela legale contratta da (...) s.r.l. volta a manlevare la parte delle spese di controparte in caso di soccombenza, si reputa sintomatico del fatto che fosse stata espressamente presa in considerazione dalle parti la possibilità di un esito negativo della vertenza giudiziale. In ogni caso, si rileva che le allegazioni dell'attore non appaiono sufficienti a ritenere provato il nesso causale tra la dedotta violazione del dovere informativo ed il danno lamentato, costituito dall'esito negativo del giudizio e dalle somme pagate ad (...) per effetto della statuizione della condanna alle spese di lite. Al riguardo non risulta provato che l'attore si sarebbe astenuto dal promuovere il giudizio qualora fosse stato reso edotto dell'esistenza di un contrasto di giurisprudenza sul tema delle modalità di accertamento dell'usurarietà degli interessi. Invero, l'attore nella memoria ex art. 183 comma 6 n.1 ha allegato che data la scarsa propensione al rischio, in caso di informativa sull'incertezza in giurisprudenza, avrebbe certamente optato per non avviare il giudizio. Tuttavia, non risultano dedotte istanze istruttorie volte a dimostrare tale circostanza, né le altre risultanze istruttorie sono sufficienti per inferirla in via presuntiva. Al contrario proprio il fatto che l'attore avesse aderito alla polizza assicurativa coprente le spese legali fino ad un massimo di Euro 25.000,00 in caso di soccombenza totale nel giudizio promosso per l'accertamento dell'usurarietà degli interessi e dell'anatocismo, rende dubbio il fatto che la informativa sull'esistenza di un contrasto giurisprudenziale sulle questioni dedotte in giudizio lo avrebbe indotto a rinunciare a promuovere il giudizio, essendosi la parte tutelata da tale rischio. In questo quadro, non si ritiene quindi accoglibile la domanda risarcitoria svolta dall'attore. 5. La domanda riconvenzionale del convenuto L'avv. (...) ha chiesto la condanna dell'attore al pagamento della somma di Euro 11.348,47 per i compensi derivanti dall'attività giudiziale svolta. L'attore ha contestato il quantum del credito, chiedendone la rideterminazione. Poiché non risulta provato l'accordo sul compenso, occorre decidere sulle contrapposte domande facendo applicazione delle tariffe professionali. Al riguardo occorre considerare che il valore della causa dichiarato nell'atto di citazione è di Euro 35.064,13, sicché non è corretto lo scaglione esposto nella fattura emessa dal convenuto. I compensi vanno determinati sulla base delle tariffe di cui al DM 55/2014, essendosi svolta ed esaurita l'attività difensiva svolta nella vigenza di tali tabelle. Occorre considerare che, come risulta dallo storico del fascicolo professionale prodotto dall'attore, non risulta svolta attività istruttoria. Il convenuto non ha poi prodotto gli atti difensivi redatti, costituiti dalla memoria istruttoria e dalla comparsa conclusionale il che non consente di apprezzare il contenuto dell'attività svolta e di vagliare il grado di approfondimento delle questioni in diritto ed in fatto dedotte. Infine, si deve tenere conto del fatto che il giudizio ha avuto un esito sfavorevole per il cliente, trattandosi di aspetto che porta a determinare i compensi al di sotto dei valori medi. Alla luce di ciò, si ritiene che i compensi professionali vadano liquidati nella complessiva somma di Euro 3627,00, oltre accessori, da cui deve essere dedotta la somma di Euro 700,00, a titolo di acconto sui compensi (essendo la restante somma imputata alle spese vive), come da fattura del 9 luglio 2014 emessa dal convenuto. In definitiva, l'attore va condannato al pagamento in favore del convenuto della somma di Euro 2927,00 oltre spese generali, Iva e Cpa come per legge. 6. Le spese In considerazione dell'esito del giudizio, che vede una soccombenza reciproca delle parti, dato il parziale rigetto delle domande attoree ed il parziale accoglimento della domanda riconvenzionale del convenuto, va disposta la compensazione integrale delle spese di lite. La parziale fondatezza della domanda subordinata svolta dall'attore esclude la sussistenza dei presupposti per l'accoglimento della domanda di accertamento della responsabilità processuale dell'attore ex art. 96 c.p.c. P.Q.M. Il Giudice, definitivamente pronunciando sulle domande svolte dalle parti, ogni altra istanza, eccezione e difesa rigettata, così provvede: -rigetta le domande svolte da (...) di ripetizione di indebito e di condanna del convenuto al risarcimento dei danni; -in parziale accoglimento della domanda subordinata dell'attore, accerta che (...) è debitore nei confronti del convenuto (...) Maurizio della somma di Euro 2927,00 oltre spese generali, Iva e Cpa come per legge; -in parziale accoglimento della domanda riconvenzionale del convenuto, condanna (...) al pagamento in favore del convenuto della somma di Euro 2927,00 oltre spese generali, Iva e Cpa come per legge; - compensa integralmente tra le parti le spese del giudizio Milano, 29 maggio 2023. Depositata in Cancelleria il 30 maggio 2023.

  • TRIBUNALE DI MILANO SEZIONE DECIMA PENALE REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale di Milano, in composizione collegiale, composto da Dott.ssa Antonella Maria Pia Bertoja Presidente Dott.ssa Raffaella Mascarino Giudice est. Dott. Franco Cantù Rajnoldi Giudice all'udienza del 6 marzo 2023, ha pronunciato la seguente sentenza nel procedimento di primo grado a carico di: nel procedimento di primo grado a carico di: (...) S.p.A., con sede legale in (...) e (...) esercente l'attività di "Commercio all'ingrosso di articoli medicali ed ortopedici", costituitasi in giudizio ex art. 39 D.Lgs. 231/2001, nella persona del legale rappresentante (...), nata a (...) il (...), con domicilio eletto presso lo studio dell'Avv. Prof. Fr.MU.; difesa di fiducia dall'Avv. Prof. Fr.MU., con studio in Milano, Via (...) e dall'Avv. Sa.BI., con studio in Milano, via (...). FATTO E DIRITTO Volendo a questo punto sintetizzare l'insieme degli argomenti che hanno indotto il Tribunale a ritenere (...) responsabile dell'illecito amministrativo addebitatogli si può evidenziare quanto segue. A proposito del modello organizzativo e dell'interpretazione fornita dalla difesa nella memoria conclusiva del 29.11.2022 secondo la stessa: "sebbene la nozione di immedesimazione organica non possa essere sic et simpliciter trasferita nell'ambito della disciplina edificata dal D.Lgs. 231/01, a tale nozione viene talvolta fatto riferimento per esprimere il concetto che il soggetto apicale e le sue condotte sono espressive di scelte riportabili alla politica d'impresa". Non a caso, nelle disposizioni dell'art. 6, sono descritte anche condotte marcatamente "umanizzate", in particolare l'elusione fraudolenta del modello organizzativo (MOG), benché l'ente sia chiamato a rispondere - è dato ampiamente acquisito - a titolo di colpa di organizzazione. Ritiene il Tribunale, tuttavia, che sia opportuno ricordare - al fine della corretta interpretazione degli artt. 6 e 7 del decreto - che il MOG non è obbligatorio: il sistema 231 costituisce, per le imprese, un onere (un'opportunità, in un certo senso), ma non un obbligo. Le disposizioni degli articoli 6 e 1, non possono non risentire di questa opzione, sicché la stessa colpa di organizzazione - ontologicamente impersonale - può anche consistere in un'intenzionale disorganizzazione: l'ente, deliberatamente, sceglie di non adottare il modello organizzativo. Fatta questa breve premessa, veniamo alla responsabilità in conseguenza della condotta del non apicale, che è il tema di questo processo. L'art. 7, comma 1 connette la responsabilità dell'ente all'inosservanza degli obblighi di direzione e vigilanza che abbiano reso possibile la realizzazione dell'illecito penale da parte del sottoposto. L'osservanza degli obblighi di direzione e vigilanza può pacificamente prescindere dall'adozione del MOG (non obbligatorio). Ma se il modello è stato adottato le procedure di direzione e vigilanza sono "inglobate" nel MOG. L'art. 7, co. 2 specifica che il fatto di connessione, l'inosservanza degli obblighi di direzione e di vigilanza è escluso in caso di adozione ed efficace attuazione di un modello organizzativo idoneo a prevenire reati della specie di quello verificatosi, nel senso - appunto - che quegli obblighi (di direzione e di vigilanza) sono nel modello. E, quindi, l'accertamento della responsabilità dell'ente, in relazione al reato commesso dal sottoposto, verterà sulla valutazione dell'idoneità ed efficace attuazione del MOG. In dottrina, c'è anche chi (del tutto minoritariamente) ha sostenuto che esiste un modello per gli apicali ed uno per i sottoposti. L'art. 6, rubricato (Soggetti in posizione apicale e modelli di organizzazione dell'ente), rivolgendosi ai vertici aziendali, fa riferimento ai modelli di organizzazione e di gestione; l'art. 7, rubricato (Soggetti sottoposti all'altrui direzione e modelli di organizzazione dell'ente), rivolgendosi ai soggetti non apicali, fa riferimento ai modelli di organizzazione, gestione e controllo. Si coglie, già da una prima lettura, che, nell'art. 7 l'enfasi è sul controllo; e non avrebbe potuto essere diversamente, posto che, (anche) al fine di prevenire la commissione del reato, il sottoposto deve - per ripetere i termini adoperati dal l'art. 7, co. I - essere diretto e vigilato. Ma il MOG, nella sua struttura e nella sua concreta attuazione, è unitario. La prassi aziendalistica sconosce il "doppio modello": si immaginino soltanto le complicazioni delle trame dei vari protocolli organizzativi e delle relative regole cautelari, per non parlare della moltiplicazione dei costi. Se l'ente ha deciso di dotarsene, il MOG è unico ed è strutturato per prevenire tanto i reati degli apicali quanto quelli dei sottoposti: il catalogo dei reati-presupposto è lo stesso, le aree di rischio sono le medesime, le procedure e i protocolli ugualmente diretti a programmare la formazione e l'attuazione delle decisioni dell'ente in relazione ai reati da prevenire e al sistema sanzionatorio sono indistintamente soggetti tutti i dipendenti. In ogni caso, il MOG di (...) S.p.a. è unico ed è rivolto tanto agli apicali quanto ai sottoposti. Ad avviso della difesa, la formulazione del secondo comma dell'art. 7 consentirebbe di sostenere che neanche l'accertata inidoneità del modello organizzativo (come, del resto, la sua assenza) comporti ipso iure il riconoscimento della colpa di organizzazione in capo all'ente, che, nei fatti, avrebbe potuto correttamente adempiere agli obblighi di vigilanza e controllo attraverso protocolli operativi in concreto attuati, quand'anche non adeguatamente formalizzati. È una tesi sicuramente sostenibile ancorché non unanimemente condivisa, tuttavia, l'istruttoria dibattimentale, che ha scandagliato, a fondo, struttura e attuazione del MOG di (...), non ha minimamente evidenziato protocolli operativi ulteriori rispetto a quelli indicati nel modello. Ancora qualche considerazione in generale. Innanzitutto, la culpa in vigilando, che integra l'elemento di connessione tra reato ed ente rispetto ai reati commessi dai non apicali, non passa, necessariamente, attraverso la condotta "colposa" di una persona fisica-controllore, ma è (e resta comunque) incardinata nella strutturale colpa di organizzazione, che è una forma di "colpevolezza impersonale", propria della societas e direttamente riferita all'organizzazione collettiva, anche se innervata - come si è riscontrato anche in questo caso e come si ribadirà in appresso - di condotte inadeguate di individui sovraordinati ai sottoposti cui è ascritto il reato. A pagina 16 della memoria difensiva: (...) il combinato disposto dei commi tre e quattro dell'articolo 7 potrebbe essere inteso come la configurazione di un modello di organizzazione gestione e controllo autonomo e diverso rispetto a quello di cui all'articolo 6, conformato ad hoc in relazione al differente legame che intercorre tra il fatto del sottoposto e l'ente e quello che collega all'ente stesso il fatto dell'apicale espressivo, quest'ultimo, della polìtica d'impresa. Per altro verso.....e tale interpretazione sembra preferìbile - il significato delle previsioni dei citati commi 3 e 4 dell'articolo 7 dovrebbe consistere nella indicazione dei parametri che debbono essere apprezzati quando - in presenza di modello organizzativo ex art. 6 - se ne debba valutare l'adeguatezza e l'efficace attuazione nell'ipotesi di commissione del reato-presupposto da parte di un non apicale. In altri termini, le previsioni in discorso avrebbero la funzione di calibrare il giudizio sul modello nella situazione nella quale il reato-presupposto non è espressivo della "politica d'impresa", derivando invece da una mera inosservanza dell'assetto organizzativo che l'ente si è dato. A ben vedere, il combinato disposto dei commi 3 e 4 dell'art. 7 non solo non implica la configurazione di un modello organizzativo autonomo, ma neppure individua parametri di valutazione diversi dall'idoneità e efficace attuazione: quelli esplicitati tanto all'art. 6 quanto all'art. 7. I commi 3 e 4 dell'art. 7 riprendono - nel senso che ribadiscono e integrano - tra i molteplici profili del MOG quelli che interessano direttamente i soggetti non apicali. Così, il terzo comma prevede che le misure idonee a garantire lo svolgimento dell'attività nel rispetto della legge devono essere calibrate in ragione della natura e dimensione dell'organizzazione nonché dei tipo di attività svolta ed essere altresì idonee a garantire e a scoprire e ad eliminare tempestivamente le situazioni di rischio. La norma si riferisce, in particolare, alla disposizione dell'art. 6, co. 2, lett. b), in cui - in luogo delle misure - si indicano i protocolli, termine sostanzialmente equivalente, che risponde alla medesima finalità preventiva. Il processo ha ampiamente dimostrato l'inidoneità delle misure preventive adottate nel MOG di (...). Il quarto comma dell'art. 7, si sofferma invece sull'efficace attuazione del modello, che richiede, da un lato, la periodica verifica e l'eventuale modifica, nel caso siano scoperte significative violazioni delle prescrizioni ovvero quando intervengono mutamenti nell'organizzazione o nell'attività, dall'altro, un sistema disciplinare idoneo a sanzionare il mancato rispetto delle misure indicate nel MOG. L'implementazione del modello, per ragioni analoghe a quelle testé richiamate (art. 7, co. 2 lett. a)), è prevista, programmaticamente, all'art. 6, co. 1, lett. b), che affida all'OdV il compito di vigilare sul funzionamento e l'osservanza dei modelli, di curare il loro aggiornamento. L'art. 6, co. 2, lett. d) prevede altresì obblighi di informazione nei confronti dell'organismo deputato a vigilare sul funzionamento e l'osservanza dei modelli. 11 processo ha ampiamente dimostrato che a fronte di significative violazioni delle prescrizioni, cui erano soggette le imputate condannate in primo grado, non sono state assunte iniziative adeguate tese a modificare il modello. Passando, infine, al sistema disciplinare, cui è dedicata la lett. b) dei quarto comma dell'art. 7, la norma costituisce un repetita iuvant della disposizione prevista all'art. 6, co. 2, lett. e), che richiede l'introduzione di un sistema disciplinare idoneo a sanzionare il mancato rispetto delle misure indicate nel modello. Il processo ha ampiamente dimostrato la totale inadeguatezza del sistema sanzionatorio attuato all'interno di (...). Da un'accurata ricerca svolta, si è giunti alla conclusione che non esistono precedenti giurisprudenziali in termini rispetto ai temi trattati nel presente procedimento, nel senso che la giurisprudenza di merito e di legittimità si è formata totalmente sull'art. 6: nei casi, sporadici, in cui il reato presupposto è stato contestato in concorso al non apicale con l'apicale, il criterio di ascrizione soggettiva è stato ovviamente quello dell'art. 6. Sull'unico precedente, richiamato dalla difesa,49 la Cassazione sezione VI, sent. 25 settembre 2018, n. 54640 (Rv 274686-02), ha affermato che in tema di responsabilità degli enti non determina la violazione del principio di correlazione tra imputazione e sentenza la condanna dell'ente emessa attribuendo all'autore del reato presupposto il ruolo di soggetto sottoposto all'altrui direzione anziché la veste di soggetto apicale così come indicato nella originaria imputazione. La responsabilità, pur a seguito della diversa qualificazione della posizione soggettiva dell'autore del reato, è stata attribuita all'ente sulla base della (totale) carenza di un adeguato sistema di controllo e prevenzione avente connotazioni assimilabili a quelle dell'originaria contestazione. Nella stessa sentenza della Cassazione è anche detto che, nel procedimento a carico dell'ente ai sensi del decreto legislativo n. 231 del 2001, laddove sia contestata la mancata adozione e attuazione di modelli organizzativi, i presupposti normativi della responsabilità dell'ente per fatto del soggetto sottoposto all'altrui direzione e vigilanza differiscono da quelli della responsabilità per fatto del soggetto apicale solo allorché sia dimostrata l'adozione di misure cautelari idonee a prevenire i reati dei sottoposti, ancorché non formalizzati in un modello, dovendosi in tal caso provare, al fine di affermare la responsabilità dell'ente, che il fatto sia stato propiziato dall'inosservanza del dovere di direzione e vigilanza da parte dei soggetti apicali. La difesa ha censurato la struttura dell'imputazione, invocando la necessità di un giudizio più correttamente orientato nella prospettiva dell'ente. In realtà, secondo il Collegio, tale pretesa è stata ampiamente soddisfatta, in particolare, la Pubblica Accusa ha assolto all'onere probatorio sulla stessa incombente volto ad evidenziare non tanto la ricostruzione di ciò che avevano fatto gli autori del reato, bensì: 1. di quanto hanno fatto gli altri soggetti contemplati dai protocolli e dalle procedure rilevanti nelle singole vicende e di quanto le loro azioni abbiano agevolato la consumazione del reato 2. di quanto non hanno fatto i medesimi soggetti, ancorché prescritto dai protocolli e dalle procedure, e di quanto le loro omissioni abbiano agevolato la consumazione del reato 3. di quanto non hanno fatto i soggetti preposti ad assicurare non solo U rispetto del modello organizzativo, ma anche la sanzione della sua violazione ed il suo costante aggiornamento. Esattamente quello che prevede l'art. 7 ai commi 1, 2, 3 e 4. L'istruttoria dibattimentale, invero, attraverso contributi dichiarativi e documentali, ma soprattutto grazie al prezioso contributo di validi consulenti tecnici, si è calata proprio nella prospettiva dell'ente al fine di valutare se, con un giudizio di prognosi postuma, l'organizzazione richiesta in chiave penal-preventiva fosse apprezzabile, idonea, efficace, o se fossero ravvisabili anomalie tali da integrare la "colpa di organizzazione". L'istruttoria dibattimentale ha altresì provato oltre il ragionevole dubbio la stretta connessione causale tra i profili di "colpa di organizzazione" contestati e i fatti-reato attribuiti a (...) e (...). Concentrando l'attenzione ai soli aspetti oggetto delle conclusioni difensive, è doveroso soffermarsi su alcune questioni particolarmente rilevanti. - I rapporti commerciali tra (...) S.p.A. il (...), e la presunta legittimità delle forniture nella prospettiva dell'ente L'imputazione elevata nei confronti dell'ente è stata censurata dalla difesa, in primo luogo, in quanto non avrebbe individuato la regola violata e la cui violazione avrebbe consentito forniture di protesi (illecite, nella prospettazione accusatoria). Conseguentemente, la pubblica accusa non avrebbe fornito prova delle condotte alternative ipotetiche che avrebbero, in questo come in altri casi, consentito di "rilevare ed impedire" la condotta illecita posta in essere nell'interesse dell'ente. La contestazione mossa all'ente sul punto, in conformità con il dettato dell'art. 7 D. Lgs. 231/01, evidenzia l'inidoneità del modello organizzativo rispetto al suo peculiare scopo penal-preventivo: intercettare e neutralizzare un fattore di rischio ed ostacolare la consumazione di uno specifico reato. La contestazione circostanzia, in modo puntuale, il contesto operativo (la fornitura di protesi a favore del nosocomio pubblico), il fattore di rischio (l'esclusione dalla gara) e le conseguenze dell'omessa vigilanza nel caso di specie (l'atto illecito del pubblico ufficiale). Secondo lo schema voluto dal Legislatore delegato, la regola che si assume violata (ove esista, perché la responsabilità dell'ente potrebbe anche derivare dalla sua totale assenza) è frutto del processo di auto-normazione dell'impresa e trova la sua collocazione nel modello, che è stato protagonista dell'istruttoria dibattimentale. Non si tratta, tuttavia, di adottare un approccio "totalizzante" rispetto all'analisi del modello. Al contrario, l'approccio riservato al modello è stato così "specifico" da aver messo in luce, con riferimento a questa parte della contestazione, una ulteriore distonia. Il riferimento è all'obiezione in ordine alla rilevanza del protocollo "conto deposito", secondo la difesa erroneamente coinvolto nei giudizio relativo alla condotta dell'ente (dovendosi inquadrare le forniture di protesi al (...) nel contesto del protocollo "conto visione"). Si è tuttavia ricordato come nel corso del processo a carico delle persone fisiche, ben undici testimonianze avessero fatto riferimento al "conto deposito" contratto oggetto anche di specifico riferimento nel verbale dell'O.d.V. del 21 marzo 2014; nessuno ha mai menzionato, al contrario, il "conto visione". Tale osservazione evidenzia come l'istruttoria dibattimentale abbia avuto cura di porsi effettivamente nella prospettiva dell'ente all'epoca dei fatti, valutando fa condotta dei soggetti sottoposti ad altrui direzione sulla base degli elementi conosciuti (e conoscibili) allora. In altre parole, oggetto dell'istruttoria non è stato (né doveva essere) accertare se i dipendenti di (...) S.p.a. avessero correttamente inquadrato giuridicamente la fornitura di protesi al (...), bensì accertare: 1. se, alla luce dell'inquadramento datone, ne avessero poi osservato i relativi protocolli e le relative procedure; 2. se, in caso contrario, il modello avesse rilevato e corretto la disfunzione. Il concetto di "anomalie" e la loro costante presenza; l'assenza di flussi informativi La difesa ha altresì sostenuto che nella vicenda esaminata mancassero "indici di anomalia che, nella prospettiva della mitigazione del rischio da reato, dovessero essere diagnosticati dal modello organizzativo o dall'apparato di controllo". Già con specifico riferimento al tema delle forniture di protesi mono-compartimentali al C.T.O., al contrario, indici di anomalia ne sono stati evidenziati numerosi. Ciò che non si è registrato, invece, è stata la doverosa escalation che avrebbe dovuto rendere effettiva la vigilanza rispetto allo specifico rischio corruzione, che rappresenta - è il caso di ricordarlo - uno dei principali, se non il più tipico, dei rischi di reato connessi alle forniture a favore di pubbliche amministrazioni sanitarie. Sono stati ampiamente dimostrati, e verranno per questo motivo qui solamente richiamati, momenti in cui soggetti interni all'ente e diversi dagli autori del reato, con specifiche funzioni di direzione e vigilanza, hanno avuto esplicita manifestazione di tali anomalie: 1) (...) ha intrattenuto una conversazione con il prof. (...) in cui quest'ultimo pretendeva maggiore visibilità in occasione dei convegni, rivendicando il proprio impegno nell'utilizzare protesi escluse dall'accordo quadro, in un accostamento di tematiche che assume evidente significato sinallagmatico; 2) (...), pur avendo "diverse volte spinto per cercare di non rinnovare il contratto (di comodato del navigatore) perché sostanzialmente gestire un navigatore è solo un problema centralmente" ha partecipato ad una riunione con (...) (suo successore al marketing), il rappresentante di (...) e un rappresentante dell'azienda concorrente (...), riunione finalizzata a rideterminare il canone del comodato quando l'esclusione di (...) S.P.A., dall'accordo quadro aveva reso antieconomica questa spesa per la società: 3) (...) ha rilevato e segnalato al superiore di (...), che la fornitura di protesi al (...) con le modalità in corso stava ledendo la posizione concorsuale delle ditte aggiudicatarie. Si tratta di anomalie che non sono state rilevate da chi aveva obblighi di direzione e vigilanza e, quando lo sono state, non sono confluite in flussi informativi idonei affinché il modello operasse nel senso di "scoprire ed eliminare tempestivamente situazioni di rischio" secondo quanto richiesto dall'art. 7, co. 3. E la stessa difesa, d'altra parte, ad affermare che "non è fondatamente congetturabile che l'impresa si debba dotare di un armamentario (quale che sia) di presidi o forme di controllo volti rilevare e a impedire un comportamento di per sé legittimo e non connotato da tratti di anomalia, cautela senz'altro non esigibile almeno fintanto che non si manifestino segnali idonei a porre la condotta in relazione con le speculari (asserite) condotte di erogazione del corrispettivo oggetto del pactum sceleris". Per altro verso, il tentativo di affermare la legittimità delle forniture al (...) e, per quel che più conta, di attribuire a tale ipotesi la conseguenza di escludere la possibilità (recte: il dovere) per l'ente di individuare e ostacolare il reato, tradisce finanche lo scopo del modello organizzativo, a meno di non voler ridurre la finalità penal-preventiva dell'intero sistema al mero onere di apprestare un presidio di natura passiva, che operi solo quando la condotta illecita si sia già manifestata. - Le carenze organizzative di (...) S.p.a. in relazione alla dazione di utilità al pubblico ufficiale; il sistema dei controlli Anche la parte dell'imputazione che contesta all'ente di non aver adeguatamente vigilato sulla corresponsione di utilità al pubblico ufficiale attraverso modalità eterogenee è tacciata di genericità, nonostante le puntuali circostanze che hanno fatto da coordinate all'istruttoria dibattimentale. Quanto ai contratti di consulenza conferiti al prof. (...), ad esempio, si è contestato che: - non veniva tempestivamente rilevata ed impedita la conclusione tra la società (...) S.p.a. ed il pubblico ufficiale (...) di pluri consulenza retribuita, senza la prescritta autorizzazione alla percezione di retribo dell'Ente di appartenenza di quest'ultimo, ex art. 53 D.Lgs. n. 165 del 30 ma particolare - contratto del 9/11/2011 stipulato tra (...) e (...) qualità di procuratore speciale della (...); - contratto del 13/5/2013 stipulato tra (...) e (...) qualità di Business Unit Director della (...). L'istruttoria dibattimentale ha ricostruito puntualmente le cinque fasi previste dal protocollo contratti di consulenza e dalla procedura (...) per il conferimento di un contratto di consulenza retribuita ad un professionista sanitario; basterà qui ricordarle brevemente: f. la Divisione interessata compila ed invia alla Direzione Compliance il (...) g. la Direzione Compliance effettua un controllo formale del (...) h. la Divisione interessata - invia alla P.A. una richiesta di autorizzazione, indicando natura/durata/compenso - ottiene esplicita autorizzazione entro 30 giorni dalla richiesta, operando altrimenti un regime di silenzio-diniego i. la Direzione Compliance redige il contratto, al quale deve essere allegata l'autorizzazione j. la Divisione interessata comunica alla P.A. i compensi erogati. L'istruttoria dibattimentale ha anche evidenziato come in ciascuna di queste cinque fasi - con riferimento ai contratti stipulati con il prof. (...) - si siano verificate violazioni della procedura da parte della Divisione (...) e da parte della Direzione Compliance. In estrema sintesi: erronea compilazione del modello P03 (Divisione DePiry) omessa rilevazione dell'errore (Direzione Compilante), omessa richiesta di autorizzazione alla P.A. (Divisione DePuy), omessa rilevazione della mancanza (Direzione Compliance), omessa comunicazione alla P.A. dei compensi erogati (Divisione DePuy). Orbene, la difesa ha richiamato un passaggio definito "illuminante quanto conclusivo" della consulenza tecnica del dott. (...), secondo cui "nessuno dei rapporti contrattuali d'interesse presentava visibili elementi di anomalia rilevabili ex ante". La considerazione è volta a giustificare il fatto che nessuna delle utilità corrisposte al prof. (...), a cominciare proprio dai contratti di consulenza, sia stata interessata da controlli "a campione", trattandosi di vicende qualitativamente e quantitativamente ordinarie nella vita dell'ente. Tale assunto trascura, tuttavia, un aspetto fondamentale per poter affermare che un sistema di controlli preveda "in relazione alla natura e alla dimensione dell'organizzazione nonché al tipo di attività svolta, misure idonee a garantire lo svolgimento dell'attività nel rispetto della legge e a scoprire ed eliminare tempestivamente situazioni di rischio" (art. 7 comma 3), ovvero che quei controlli: 1. devono operare anche con un meccanismo "bloccante", in grado di impedire di portare a compimento la fase di una procedura connotata da una violazione a. nel caso in esame, in tutte e cinque le fasi sono state evidenziate violazioni consistite talvolta semplici omissioni, talvolta in atti volontari di mancato controllo e vigilanza 2. devono poter essere indirizzati da accadimenti interni o esterni all'ente in grado di incidere sulla mera casualità dei controlli "a campione" a. nel caso in esame, qualora anche fosse vero che i rapporti contrattuali "singolarmente considerati" non presentassero indici di anomalia quantitativa/qualitativa, un modello idoneo avrebbe dovuto intercettare l'anomalia apprezzabile nella loro valutazione d'insieme b. anche in assenza di tale capacità di automatico rilevamento, è clamoroso come i controlli non siano stati orientati verso i rapporti con il prof. (...) dopo che questi aveva espressamente richiesto alla Direzione Compliance di non comunicare alla propria amministrazione i contratti retribuiti ricevuti e successivamente anche rimarcato di "lottare" con la propria amministrazione per impiantare protesi fuori gara. Diversamente opinando, d'altra parte, il modello organizzativo presenterebbe un'evidente inidoneità a scoprire ed eliminare tempestivamente situazioni di rischio consentendo l'agevole superamento dei presidi di tutela attraverso: 1. il frazionamento delle utilità, tramite erogazioni mantenute sotto una predeterminata soglia; 2. la moltiplicazione degli apparenti beneficiari, coinvolgendo parti collegate all'effettivo beneficiario. A ben vedere" proprio quanto accaduto in (...) S.p.a.. L'omesso controllo, peraltro, non costituisce l'esclusivo fattore causale rispetto alla consumazione del reato, reso possibile dalla concomitanza di un ulteriore fattore: 3. la possibilità, per due soggetti sottoposti ad altrui vigilanza ed inquadrate nell'area marketing, di influenzare direttamente il potere di spesa formalmente attribuito a Direzioni e Funzioni guidate da altri soggetti. - Il sistema sanzionatorio e la sua sistematica disapplicazione Da ultimo, si ribadisce che nel paradigma qui esaminato dell'art. 7, riveste precipua funzione di presidio "un sistema disciplinare idoneo a sanzionare il mancato rispetto delle misure indicate nel modello", come previsto al quarto comma. La difesa, nel sostenere che le sanzioni previste siano state applicate con rigore alle autrici della condotta delittuosa, "giustifica" la cospicua somma riconosciuta a in quanto "in piena coerenza con il parere richiesto a un primario Studio giuslavoristico su rischio di soccombenza e valore della causa" In realtà, il giuslavorista ha evidenziato che: "The facts indicated in the two warning letters come from a same circumstance and the Company already knew about the facts indicated in the second warning letter". D'altronde, nessuna delle violazioni di chi avrebbe dovuto dirigere e vigilare e non ha vigilato neanche quelle che erano già state evidenziate dal Consulente Tecnico della difesa fin dalla notifica dell'avviso di conclusioni delle indagini preliminari, ha dato luogo ad una sanzione e/o ad un procedimento disciplinare. Quanto alla dibattuta interpretazione del secondo comma dell'art. 7 secondo la Difesa il dettato dei successivi commi 3 e 4 deve avere anch' esso .un'autonoma valenza precettiva. Secondo l'interpretazione dell'Accusa il contenuto delle disposizioni da ultimo richiamate non andrebbe oltre la mera reiterazione del contenuto dell'art. 6, il che smentirebbe la premessa dell'autonomia della fattispecie delineata dall'art. 7 co. 2, che, diversamente, resterebbe fattispecie priva di disciplina (o, quel che peggio sarebbe, una fattispecie meno grave alla quale si dovrebbe applicare la disciplina prevista per una fattispecie più grave, indiscutibile essendo che il reato-commesso dal soggetto apicale si colloca su un piano di maggior offensività nell'economia del d. lgs 231/01). Secondo la Difesa, la considerazione unitaria del contenuto precettivo dei commi 2, 3 e 4 dell'art. 7 consegna all'interprete un assetto normativo coerente e funzionale: nel caso di reato-presupposto commesso da un non-apicale, l'apprezzamento della idoneità del modello organizzativo va condotto alla stregua dei parametri fissati dai commi 3 e 4 (che delineano regole diverse da quelle fissate dall'art. 6). Se così non fosse, ancora una volta si contraddirebbe la premessa (autonomia dell'art. 7), riducendo le disposizioni in discorso a una inutile reiterazione dei contenuti dell'art. 6 (con l'ulteriore inconveniente della distonica applicazione di una disciplina più severa). A ben vedere, la fattispecie creata dal secondo comma dell'art. 7 descrive una situazione nella quale è presente un modello organizzativo, mentre quella di cui al primo comma del medesimo art. 7 è del tutto indifferente a tale circostanza: in proposito non paiono ammissibili dubbi di sorta, posto che il dettato del primo comma non contiene riferimento alcuno al modello organizzativo, implicando la non responsabilità dell'ente la semplice violazione da parte del soggetto non-apicale di regole e procedure interne. Coerentemente e consequenzialmente, il secondo comma dell'art. 7 - che al modello organizzativo fa invece esplicito riferimento - traccia la diversa fattispecie nella quale il reato-presupposto è commesso dal soggetto non-apicale in un ente dotato di un modello organizzativo. Come si è ripetutamente notato, ai commi 3 e 4 dell'art. 7 deve essere attribuita la specifica e autonoma funzione di disciplina destinata a stabilire i criteri di apprezzamento dell'idoneità del modello organizzativo nell'ipotesi di reato-presupposto commesso dal non-apicale. Se così non fosse, si assisterebbe a una serie di paradossali conseguenze logico-giuridiche: i. si dovrebbe ammettere che la fattispecie autonoma dell'art. 7 co. 2 è priva di disciplina, il che è inammissibile; ovvero e in alternativa ii. se si ammettesse che la disciplina è quella dell'art. 6, essendo meramente ripetitive delle previsioni dei commi 3 e 4 dell'art. 7, si dovrebbe concludere: a) che il legislatore scrive disposizioni del tutto superflue, oppure b) che, valendo indistintamente tutte le previsioni dell'art. 6, sarebbe applicabile - ad esempio - anche quella concernente l'elusione fraudolenta che, lo si ricordi, è retta dal richiamo generico al termine persona, non ulteriormente connotato, ovvero ancora c) che il legislatore ha - del tutto irragionevolmente - previsto la medesima disciplina per due fattispecie di differente gravità: conclusioni tutte la incoerenza delle quali confuta in radice l'ipotesi interpretativa qui avversata. Ne segue che i commi 3 e 4 dell'art. 7 non possono avere altra funzione che quella di dettare le autonome regole per l'apprezzamento della idoneità del modello organizzativo (ex art. 6 d. lgs 231/01) limitatamente all'ipotesi nella quale il reato-presupposto è commesso da un soggetto non-apicale. Secondo l'impostazione dei Pubblici Ministeri, i parametri degli artt. 6 e 7 coesistono, con la conseguenza che i criteri per la valutazione dell'"idoneità e efficace attuazione sono quelli esplicitati tanto dall'art. 6 quanto dall'art. 7". Tale impostazione interpretativa ha convinto il Tribunale. La comparazione dei testi dell'art. 7 co. 3 e dell'art. 6 co. 2 lett. b), hanno a ben vedere il medesimo contenuto precettivo: dispone infatti l'art. 7 co. 3 che "Il modello prevede, in relazione alla natura e alla dimensione dell'organizzazione nonché al tipo di attività svolta, misure idonee a garantire lo svolgimento dell'attività nel rispetto della legge e a scoprire ed eliminare tempestivamente situazioni di rischio", mentre l'art. 6 co. 2 lett. b stabilisce che occorre "prevedere specifici protocolli diretti a programmare la formazione e l'attuazione delle decisioni dell'ente in relazione ai reati da prevenire". Da un lato (art. 6 co. 2 lett. b)) la richiesta della puntuale e precisa indicazione degli strumenti (i protocolli) e della definizione delle attività disciplinate dai protocolli medesimi, dall'altro (art. 7 co. 3) un riferimento indeterminato a misure a-specifiche, caratterizzate dal generico scopo di rispettare la legge: si tratta in realtà delle stesse regole enunciate con diverse terminologie e avendo riguardo a diversi parametri proprio per i diversi soggetti a cui si rivolgono. A esito non diverso conduce l'esame della comparazione fra l'art. 7 co. 4 nella parte relativa all'attuazione del modello (precisamente: art. 7 co. 4 lett. a)) e l'art. 6 co. 1 lett. b). Anche in questo caso il semplice raffronto tra le disposizioni mostra che le previsioni normative hanno contenuto precettivo solo in apparenza diverso: prescrive l'art. 1 co. A lett. a) che l'efficace attuazione del modello richiede "una verifica periodica e l'eventuale modifica dello stesso quando sono scoperte significative violazioni delle prescrizioni ovvero quando intervengono mutamenti nell'organizzazione o nell'attività", mentre per l'art. 6 co. 1 lett. b) è necessario che "il compito di vigilare sul funzionamento e l'osservanza dei modelli di curare il loro aggiornamento (sia) stato affidato a un organismo dell'ente dotato di autonomi poteri di iniziativa e di controllo": anche in questo caso la disciplina dell'art. 7 puntualizza e dimensione con riferimento alla platea dei soggetti a cui si rivolge la stessa materia, passando da un'enunciazione generica alla specificazione dei precetti necessari per conseguire lo scopo comune. Quanto al riferimento al sistema sanzionatorio, esso risulta del tutto identico nell'art. 6 co. 2 lett. c) e nell'art. 7 co. 4 lett. b). Non può quindi condividersi la conclusione finale a cui perviene la difesa, vale a dire che i criteri per accertare l'idoneità e l'efficace attuazione del Modello differiscano qualora il reato-presupposto sia commesso da un apicale (valendo nel caso i parametri dell'art. 6) ovvero da un non-apicale (operando in proposito quelli dei commi 3 e 4 dell'art. 7): si tratta in realtà degli stessi criteri declinati con sequenze diverse per la necessità di adattarli alla diversa posizione ricoperta dai responsabili del reato presupposto. Il TRATTAMENTO SANZIONATORIO Ritenuta raggiunta la prova della responsabilità amministrativa dell'ente, occorre ora esaminare il trattamento sanzionatorio da applicarsi alla società. Come si è visto, l'inizio del presente procedimento penale ha evidenziato uno slittamento della formale dichiarazione di apertura del dibattimento per consentire all'Ente, con il benestare del P.M., di porre in essere le misure rimediali richiamate dall'art. 17 D.Lgs. 231/01 al fine di evitare l'applicazione di misure interdittive, misure la cui adozione spesso richiede in organizzazioni complesse come quella oggetto d'esame tempi tecnici non brevi. Come noto, l'art. 17 del D.Lgs. 231/2001 prevede che non si applichino nei confronti dell'ente le sanzioni interdittive qualora a) l'ente abbia risarcito integralmente il danno ed abbia eliminato le conseguenze dannose o pericolose del reato (ovvero si sia efficacemente adoperato in tal senso); b) l'ente abbia eliminato le carenze organizzative che hanno determinato il reato mediante l'adozione e l'attuazione di modelli organizzativi idonei a prevenire reati della specie di quello verificatosi; c) l'ente abbia messo a disposizione il profitto asseritamente conseguito ai fini della confisca. 1. Il risarcimento delle parti civili costituite nel procedimento penale a carico del Prof. (...) e delle (...). In primo luogo, la Società ha ritenuto di risarcire le parti civili costituite nel procedimento penale a carico del (...) In particolare, la Società ha stipulato un accordo transattivo con: i. (...), erogando alla stessa un importo pari ad Euro (...) (importo che include anche le spese legali liquidate nella sentenza emessa nell'ambito del procedimento n. (...) R.G.N.R. (...) - R.G. Trib. A carico del (...) della (...) e della (...)) oltre alle spese legali per le trattative stragiudiziali, pari ad (...) (cfr. punto 1 della nota di deposito del (...)). A seguito dell'intervenuto risarcimento, (...) ha revocato la costituzione di parte civile nell'ambito del procedimento a carico del (...) e delle (...); ii) (...) (subentrata all'(...), che, fino al 31.12.2015, comprendeva al proprio interno il (...), a partire dal 1.1.2016 il (...) è stato assegnato alla di cui al punto che precede), erogando alla stessa un importo pari ad Euro, j comprensivo delle spese legali (cfr. punto 2 della nota di deposito del (...)); iii) (...), erogando allo stesso un importo pari ad Euro (...) comprensivo delle spese legali (cfr. documentazione di cui al punto 3 della nota di deposito del (...)). A seguito dell'intervenuto risarcimento, (...) ha revocato la costituzione di parte civile nell'ambito del procedimento a carico del (...) e delle In totale, dunque, la Società ha erogato a titolo di risarcimento alle parti civili che si erano costituite nel procedimento a carico delle persone fisiche un importo complessivo pari ad Euro (oltre spese legali ed accessori). 2. La messa a disposizione dell'asserito profitto. La Società, in data 20 settembre 2021, ha inoltre messo a disposizione ai fini della confisca ai sensi dell'art. 19 del D.Lgs. 231/2001 una somma pari ad Euro (...) su un conto corrente intestato al Fondo Unico Giustizia (cfr. punto 4 della nota di deposito del (...)), determinata secondo le modalità più ampiamente descritte nella nota predisposta dal revisore legale (...) (cfr. nota di deposito del (...)). Sul punto, è opportuno ricordare che, come più volte ribadito dalla Suprema Corte, "il profitto del reato oggetto della confisca di cui all'art. 19 del D.Lgs. n. 231 del 2001 si identifica con il vantaggio economico di diretta e immediata derivazione causale dal reato presupposto, ma, nel caso in cui questo venga consumato nell'ambito di un rapporto sinallagmatico, non può essere considerato tale anche l'utilità eventualmente conseguita dal danneggiato in ragione dell'esecuzione da parte dell'ente delle prestazioni che il contratto gli impone" (Cass. pen. SSUU, n. 26654/2008, c.d. Fisìa Italimpianti S.p.A.; in senso conforme: Cass. pen. Sez. VI, n. 23013/2016; Cass. pen. Sez. VI, n. 13936/2022; Cass. pen. Sez. VI, n. 33757/2022; Cass. pen., Sez. VI, n. 28412/2022; Cass. pen., Sez. II, n. 26238/2022; Cass. Pen., Sez. VI, n. 13936/2022). In altri termini è consolidato in giurisprudenza il principio secondo il quale per individuare il profitto confiscabile occorre scomputare dal ricavo lordo quantomeno i "costi vivi", concreti ed effettivi, che la Società ha sostenuto per dare esecuzione all'obbligazione contrattuale (Cass. pen. Sez. II, n. 23896/2018). Come ricostruito dal Dott. (...), i ricavi lordi contestati in ipotesi d'accusa alla Società - così come individuati dalla Guardia di Finanza - sono pari ad Euro (...), che corrisponde al controvalore economico ricevuto dalla Società a fronte dell'acquisito da parte dell'(...) e dell'(...) di materiale protesico tra il 2012 e il 2015 per l'attività clinica del (...). L'effettiva utilità ricavata dalla Pubblica Amministrazione dall'esecuzione dei contratti, invece, è stata individuata dal consulente nel costo che la stessa (...) ha dovuto sostenere per acquistare da altra società del Gruppo il medesimo materiale protesico, calcolato sulla base dei dati di bilancio. Applicando dunque il criterio del margine lordo commerciale, il presunto profitto confiscabile è stato individuato dai consulente in una somma pari ad Euro (...). Tale importo individuato dal consulente coinè profitto confiscabile risulta, tuttavia, ampiamente prudenziale. Come indicato dal Dott. (...), infatti, tale importo non tiene conto di tutti i costi indiretti sostenuti dalla Società, quali, ad esempio, i costi di trasporto e di assistenza post-vendita: costi indiretti che, come ricostruito dal Dott. (...), incidono in maniera estremamente significativa, e per ovvie ragioni, sull'effettivo margine operativo lordo. Nei caso di specie il profitto effettivo, calcolato con criteri aziendalistici, risulterebbe infatti pari ad Euro (...) (cfr. tabella a pagina 2 della relazione del Dott. (...)), e dunque ben al di sotto dell'importo messo a disposizione ai fini della confisca, che, come si è detto, è invece il risultato di una mera operazione di sottrazione fra i ricavi ottenuti dalla vendita delle protesi oggetto del processo e i soli costi di acquisito delle medesime protesi sostenuti dalla stessa Società. Da ultimo, il consulente ha correttamente evidenziato che, ai sensi dell'art. 19 del D.Lgs. 231/2001, "nei confronti dell'ente è sempre disposta, con la sentenza di condanna, la confisca del prezzo o del profitto del reato, salvo che per la parte che può essere restituita al danneggiato". Di conseguenza, per individuare la somma da mettere prudenzialmente a disposizione ai fini della confisca ai sensi dell'art. 17 del D.Lgs. 231/2001, il consulente ha scomputato dall'importo dei "profitto" sopra indicato (calcolato sulla base del margine lordo commerciale e pari ad Euro (...)) l'ammontare erogato dalla Società a titolo di risarcimento danni all'(...), all'(...) e all'(...) pari ad Euro (importo al loro delle spese legali ed accessori). All'esito di queste considerazioni, la Società, come anticipato, ha dunque messo a disposizione complessivamente a FUG la somma indicata pari ad Euro (...) 3. Il continuo aggiornamento del Modello Organizzativo, dei Protocolli e delle Procedure Aziendali. Il modello organizzativo è stato adottato dalla Società il 16 maggio 2005 e, successivamente, è stato più volte aggiornato ed integrato nel corso del tempo Per una completa ricostruzione dei continui aggiornamenti e delle plurime integrazioni al modello organizzativo della Società, ai Protocolli e alle procedure aziendali si rinvia alla relazione tecnica sottoscritta dal Dott. (...), Partner della società (...). Si richiameranno, qui di seguito, alcuni degli aspetti più significativi evidenziati da con riferimento (a) agli aggiornamenti / integrazioni al modello organizzativo adottato dalla Società, ai Protocolli e alle procedure aziendali; (b) alla costante attività di impulso all'aggiornamento del modello organizzativo e delle procedure aziendali; (c) alla continua attività di formazione aziendale. Prima di analizzare puntualmente ciascuno degli aspetti sopra indicati, è opportuno sin d'ora evidenziare che gli aggiornamenti e le integrazioni al modello organizzativo e alle procedure aziendali (così come l'attività di formazione) sono stati plurimi e continui nel corso degli anni e, come meglio si dirà, in buona parte sono intervenuti anche prima che venissero avviate le indagini relative ai fatti per cui è processo. D'altra parte, questo continuo processo di miglioramento ed integrazione del modello organizzativo è proseguito anche negli anni più recenti: la relazione tecnica di (...) ha infatti correttamente evidenziato e documentato che" anche nel triennio 2019-2021 successivo ai fatti contestati la Società è sempre stata impegnata nell'adozione, aggiornamento, implementazione e vigilanza di un modello di organizzazione, gestione e controllo anche su soggetti subordinati indirizzato alla prevenzione dei reati in ambito al procedimento in corso" (cfr. par. 9.2. relazione integrativa (...)). 3.1. Le attività di continuo aggiornamento ed integrazione del Modello Organizzativo, dei Protocolli e delle Procedure Aziendali adottati dalla Società. I. Gli aggiornamenti continui e le integrazioni al modello organizzativo e ai Codici Etici aziendali. Come evidenziato dal consulente tecnico, dal 2012 al 2021 la Società ha provveduto a mantenere continuamente aggiornato il modello organizzativo e, di concerto con l'Organismo di Vigilanza, ha apportato ben 13 modifiche e integrazioni al modello organizzativo ed ai suoi elementi costitutivi (cfr. par. 6.1. relazione integrativa (...)). In particolare, il modello organizzativo è stato aggiornato: nel gennaio 2013; nel marzo 2013; nel maggio 2013; nel maggio 2014; nel marzo 2015; nel febbraio 2016; nel febbraio 2017; nell'ottobre 2017; nel marzo 2018. Successivamente, il modello organizzativo è stato aggiornato nel gennaio 2019, nel maggio 2019, nel settembre 2020 e nel marzo 2021 (cfr. par. 6.1.1. relazione integrativa (...)). Prima di ciascun aggiornamento è stata effettuata la mappatura delle attività a rischio di reato, che ha naturalmente tenuto conto delle modifiche organizzative e dei profili di rischio (cfr. par. 6.4 e 6.8 relazione integrativa (...)). Nel marzo 2018, la Società ha adottato un "Protocollo di Whistleblowing" con l'indicazione dei canali per le segnalazioni delle violazioni del modello organizzativo e delle procedure aziendali (che si è andato ad aggiungere al canale "whistleblowing" di Gruppo, già presente da tempo). Sulla base di quanto ricostruito dal consulente tecnico, le modifiche apportate più di recente (dal 2019 al 2021) al modello organizzativo hanno riguardato le seguenti tematiche: i. aggiornamenti conseguenti alle più recenti modifiche legislative in merito ai reati presupposto (ad esempio, sono stati inseriti tra i reati c.d. presupposto i reati tributari e il reato di traffico di influenze illecite): ii. recepimento del sistema di verifica di conformità preventiva degli eventi a carattere nazionale e regionale organizzati da terze parti gestito centralmente da Confindustria Dispositivi Medici (c.d. SVC - Sistema di Valutazione delle Conferenze); iii. allineamento del Protocollo 7 "Rapporti con il Personale e gli Agenti" alle procedure aziendali vigenti; iv. introduzione (nel 2019) di un nuovo Protocollo anticorruzione, con l'obiettivo di definire più precisamente il significato di "altre utilità" che integrano il reato di corruzione e coordinare tra loro i più specifici protocolli "Gestione dei rapporti con la PA" e "Regole di comportamento nei rapporti con i terzi"; v. introduzione di un nuovo Protocollo fiscale per la gestione degli adempimenti fiscali; vi. integrazione del Protocollo "Fornitura di Prodotti"; vii. introduzione (nel 2021) di un nuovo Protocollo "Acquisto dei beni e servizi" che contempla, tra i principi di controllo relativi al processo di approvvigionamento, i controlli relativi alla valutazione delle offerte ricevute, alla verifica della controparte e alla verifica della conformità della prestazione ricevuta rispetto al contenuto del contratto, nonché la completezza ed accuratezza dei dati riportati nella fattura rispetto a quanto definito nel contratto/ordine; viii. introduzione, nell'ambito della gestione dei rapporti con la Pubblica Amministrazione, di un nuovo Protocollo "Gestione dei rapporti con l'autorità giudiziaria in sede di contenzioso giudiziario o stragiudiziario". Dal 2019 ad oggi, a seguito dell'introduzione dei reati tributari nel catalogo dei reati presupposto, sono state inoltre apportate modifiche ed integrazioni anche ai Codici Etici Aziendali (cfr. par. 6.2.2. relazione integrativa (...)). Dal 2019, infine, è previsto nel modello organizzativo che tutti i destinatari dello stesso, compresi gli agenti, si debbano conformare "alle prescrizioni del Decreto n. 231 e, al minimo, ai principi generali e alle finalità del Modello 231 e del Codice Etico" (cfr. par. 6.2.1.2 relazione integrativa (...)). Sempre nel maggio 2019 è stato aggiornato anche l'Allegato 5 del modello organizzativo, contenente i Protocolli Generali, con l'inserimento di ulteriori specificazioni relative alla partecipazione e al sostegno di eventi, quali i congressi e gli eventi formativi. Nell'Allegato 6 al modello organizzativo denominato "Protocolli per il farmaco" è stata infine introdotta un'integrazione al protocollo inerente alla partecipazione e alla sponsorizzazione degli eventi. II. I continui aggiornamenti/integrazioni ai Protocolli e alle procedure aziendali I Protocolli aziendali della Società sono stati implementati attraverso procedure operative standard, c.d. "SOP", che la Società ed il Gruppo emanano ed aggiornano costantemente per assicurare il rispetto degli indirizzi di gestione, dei principi di condotta e del modello organizzativo. Ebbene, (...) nella relazione tecnica ha effettuato una puntuale e scrupolosa mappatura degli aggiornamenti procedurali intervenuti nel periodo dal 2012 al 2019. Dall'analisi è emerso, ancora una volta, una costante attenzione all'aggiornamento dei Protocolli e delle procedure al fine non soltanto di adattarli alla realtà aziendale e ai mutamenti della stessa, ma anche al fine di tenere conto dell'esperienza maturata dalla Società nel corso del tempo in merito a specifici profili di rischio. Come anticipato, alcuni aggiornamenti ed integrazioni delle procedure/istruzioni operative rilevanti con riferimento ai fatti di cui all'imputazione (che si estendono temporalmente dal 2012 al marzo del 2017), sono stati effettuati in epoca precedente all'avvio delle indagini (che risalgono al luglio 2015), e comunque ben prima che la Società avesse evidenza dell'apertura delle indagini relative al caso Scrive infatti il consulente (cfr. par. 73.5. relaziono integrativa (...)): "gli aggiornamenti intervenuti nel periodo 2012 - 2019, limitatamente alle procedure ed alle istruzioni operative per la gestione delle operazioni analoghe a quelle contestate dalle autorità inquirenti sono risultati essere 32, come riportato nella tabella riportata a pag. 8 della memoria illustrativa depositata dalla Difesa. Alla luce dei dati sopra indicati, così conclude il consulente: "prescindendo da considerazioni di merito per gli aggiornamenti mappati, risulta che la Società ed il Gruppo di appartenenza si siano dedicati al costante aggiornamento dell'assetto organizzativo e procedurale che disciplina le operazioni della Società, ed, in particolare, di quelle relative alle aree interessate dal procedimento iniziato dalle autorità inquirenti" (cfr. par. 7.3.5. relazione integrativa (...)). Dal 2019 al 2021 sono poi intervenute ulteriori modifiche nell'assetto organizzativo e procedurale della Società anche nelle aree operative interessate dalle operazioni contestate nell'imputazione, al fine di migliorare ulteriormente il sistema di prevenzione (cfr. par. 7.3.6 relazione integrativa (...)). In particolare, le modifiche/integrazioni sono intervenute nei seguenti Protocolli: - Protocollo di "Aggiornamento professionale", in base al quale sono stati innalzati i livelli di controllo preventivo per gli eventi e le sponsorizzazioni; - Protocolli di "Fornitura di prodotti", in base al quale la tracciabilità dei beni concessi in comodato anche nel caso in cui detti beni non siano prodotti di (...) (prodotti di terzi fornitori) viene presidiata da una nuova procedura informatica; la procedura informatica garantisce inoltre che le procedure di acquisto locali siano in linea con i requisiti di accreditamento fornitori, richiesta della fornitura, valutazione delle offerte, verifica della prestazione secondo principi di separazione di funzione; - Protocollo "Contratti", che include i presidi di controllo relativi ai contratti di consulenza con professionisti sanitari e i contratti di sponsorizzazione; con gli aggiornamenti sono state assegnate responsabilità specifiche alla funzione Business Compliance Team (in precedenza denominata "Professional Education and Events Management Services" c.d. PEEMS) in merito all'idoneità dell'istruttoria precontrattuale ed alla gestione amministrativa dei contratti, con particolare attenzione quando è previsto il coinvolgimento di personale e di enti pubblici sanitari; - Protocollo "Acquisto di beni e servizi", che disciplina i processi di approvvigionamento e di valutazione dei fornitori. Gli aggiornamenti ai Protocolli sopra indicati risultano particolarmente rilevanti con riferimento alle seguenti aree: i. partecipazione e organizzazione di eventi e ospitalità; ii. contratti di comodato; iii. gare ed offerte; iv. contratti di consulenza con professionisti sanitari e contratti di sponsorizzazione; v. processi di approvvigionamento e criteri di valutazione e classificazione dei fornitori. Più nel dettaglio: i. con riferimento agii eventi e alle ospitalità. Nell'ambito del Protocollo "Aggiornamento professionale" sono state aggiornate le procedure relative alla partecipazione e organizzazione di eventi e alle ospitalità. In particolare: - la "Procedura per partecipazione e organizzazione eventi" è stata aggiornata nel maggio 2021; - le "Istruzioni operative per l'organizzazione e la gestione eventi (eventi scientifici, training in sala operatoria, corsi di formazione) del Business Compliance Team (BCT)" sono state aggiornate nel maggio 2020; - la "Procedura sui trasferimenti di valore che richiedono la preventiva approvazione da parte de!l"HCC&P OUS" è stata adottata nel marzo 2019; a supporto della procedura è stato predisposto il "Documento Esplicativo: Razionale per la gestione e l'identificazione di HCPs e GOs e Limiti Ospitalità", che fornisce le linee guida ed interpretative per la corretta identificazione dei soggetti che rientrano nelle categorie di HCPs e GOs. ii. con riferimento ai contratti di comodato. Nell'ambito del Protocollo "Fornitura di prodotti" sono stati implementati i presidi di controllo relativi ai contratti di comodato. Nel luglio 2019 è stata predisposta l'Istruzione Operativa "Processo di Gestione dei Beni in Comodato" adottata nell'agosto 2019. La procedura è stata successivamente integrata nel novembre 2019, con i diagrammi di flusso del processo e con la descrizione del tool utilizzato per la tracciabilità dei beni dati in comodato, e, da ultimo, nel settembre 2021, con la descrizione della gestione dei noleggi e dei c.d. contratti di service. iii. con riferimento alla gestione delle gare ed offerte. Oltre alle procedure relative ai contratti di comodato, nel 2020-2021 sono state aggiornate, sempre nell'ambito dei Protocollo "Fornitura prodotti", anche le istruzioni operative "Gestione contratti" (che oggi prevede il coinvolgimento dell'ufficio legale nella predisposizione dei contratti), "Gestione gare ed offerte" (con l'implementazione anche di specifici monitoraggi sulla ricezione del contratto assegnato) e "Gestione ordini". iv. con riferimento ai contratti di consulenza con professionisti sanitari e ai contratti di sponsorizzazione. Il Protocollo "Contratti" comprende, come si è detto, i presidi di controllo relativi ai contratti di consulenza con professionisti sanitari e i contratti di sponsorizzazione. Dal punto di vista delle procedure applicabili, con riferimento alla gestione dei contratti di consulenza e sponsorizzazione, il consulente ha evidenziato che: - la procedura "Procedure della Direzione Compliance relative ai protocolli dell'Allegato 5 del Modello Organizzativo ex D.lgs. 231/06" è stata aggiornata nel luglio 2020, per tenere conto delle attività assegnate alla funzione Business Compliance Team; - la procedura "Istruzioni operative per l'organizzazione e la gestione eventi (eventi scientifici, training in sala operatoria, corsi di formazione) del Business Compliance Team (BCT)" è stata sottoposta ad aggiornamento in alcuni aspetti di dettaglio relativi ai contratti di consulenza ed ai contratti di incarico. v. con riferimento ai processi di approvvigionamento e ai criteri di valutazione e classificazione dei fornitori. Il nuovo Protocollo "Acquisto di beni e servizi" richiama alcuni processi di controllo previsti dalla procedura "Processo di approvvigionamento e criteri di valutazione e classificazione dei fornitori", che è stata aggiornata nel novembre 2020. Nell'ambito del processo di acquisto è stata introdotta, attraverso il nuovo form della scheda anagrafica, la richiesta al fornitore di attestare e dettagliare l'eventuale presenza di rapporti di correlazione e/o di parentela tra il fornitore stesso e soggetti che ricoprono cariche pubbliche. Alla luce di quanto sopra evidenziato, il consulente tecnico così conclude: "i risultati dell'aggiornamento delle nostre analisi sopra riassunti confermano che anche nel triennio 2019-2021 successivo ai fatti contestati la Società è sempre stata impegnata nell'adozione, aggiornamento, implementazione e vigilanza di un modello di organizzazione, gestione e controllo anche su soggetti subordinati indirizzato alla prevenzione dei reati in ambito al procedimento in corso" (cfr. par. 9.2. relazione integrativa (...)). III. Le comunicazioni continue circa le modifiche/aggiornamenti/integrazioni del modello organizzativo, dei protocolli e delle procedure aziendali. II consulente tecnico ha evidenziato che la Società, per il tramite della Direzione Health Care Compliance (funzione autonoma ed indipendente rispetto al management locale, cfr. par. 6.5. relazione integrativa (...)), ha sempre comunicato a tutta la popolazione aziendale le modifiche/aggiornamenti/integrazioni intervenuti sul modello organizzativo, sui Protocolli e sulle procedure. In particolare, le comunicazioni trasmesse dalla Società hanno ad oggetto: - la documentazione aziendale in formato elettronico, tra cui una sintesi del modello organizzativo, il Code of Business Conduct di Gruppo, il Codice etico e il "Credo Hotline" per i neoassunti; - il regolamento aziendale sul corretto utilizzo dei sistemi informativi; - il bollettino di sintesi relativo ad ogni aggiornamento del modello organizzativo e dei suoi elementi costitutivi; - la messa a disposizione della versione vigente del modello organizzativo in una apposita sezione della intranet aziendale (sempre accessibile); - la pubblicazione del Codice di Comportamento 231, della "Policy on Business Conduct" e di una presentazione di sintesi del modello organizzativo sul sito della Società. Dal 2019 ai 2021 le comunicazioni hanno poi riguardato anche la gestione delle note spese dei dipendenti e le comunicazioni ai dipendenti relative all'implementazione degli ulteriori canali informativi whistleblowing dedicati alla segnalazione di possibili violazioni del modello organizzativo. Come ricostruito dal consulente, inoltre, la Società ha implementato un programma di formazione a livello di Gruppo con riferimento alle terze parti (es. intermediari e agenti), obbligatorio ai fini dell'accreditamento all'interno dei programma di c.d. "due diligence". IL mancato svolgimento di tale programma è causa di risoluzione automatica dei contratti commerciali con gli intermediari e agenti di vendita. Nel mese di giugno 2019 la Società ha, infine, inviato una comunicazione a tutti gli agenti, contenente: (i) le procedure operative e materiali di formazione, tra cui quello relativo al "D. Lgs 8 giugno 2001, n. 231"; (ii) una descrizione del D.Lgs. 231/01 e dei principali reati da esso richiamati, il Codice Etico aziendale, una descrizione del ruolo dell'Organismo di Vigilanza e del sistema sanzionatorio. Con detta comunicazione, è stato inoltre richiesto agli intermediari ed agenti di compilare e di sottoscrivere la "Dichiarazione di presa visione ed integrale accettazione delle procedure e materiale di formazione (...) S.p.a.". 3.2. La costante attività di impulso all'aggiornamento e alla integrazione del Modello Organizzativo, dei Protocolli e delle Procedure Aziendali da parte dell'Organismo di Vigilanza e delle Funzioni aziendali. Come evidenziato dal consulente tecnico, nei periodo dal 2011 dal 2018, l'Organismo di Vigilanza della Società ha condotto 11 autonome attività di audit ed ha partecipato a 58 verifiche condotte dalla Direzione Health Care Compliance. (...) ha inoltre evidenziato che, come risulta dalle relazioni annuali, dai verbali di verifica e dai verbali delle riunioni, l'Organismo di Vigilanza si è sempre occupato anche delle attività di aggiornamento e di verifica sull'idoneità del modello organizzativo e del monitoraggio sulle principali aree sensibili con il supporto delle altre funzioni aziendali. Sempre nella relazione si evidenzia che l'Organismo di Vigilanza, oltre a svolgere autonomamente verifiche sulle attività e sui processi aziendali sensibili a rischio di reato, partecipava anche alle verifiche condotte dalla Direzione Health Care Compliance ed era informato sulle verifiche svolte autonomamente da altre strutture di controllo interno della Società e del Gruppo. In particolare, come evidenziato da (...), l'Organismo di Vigilanza è destinatario degli esiti delle verifiche svolte dall'Internai Audit di Gruppo (Corporate Internai Audit), che "sono svolte con una periodicità definita a livello di Gruppo" (cfr. par. 6.3.1.3.1. relazione integrativa (...)). Come risulta dalla relazione del consulente, è proprio su impulso dell'Organismo di Vigilanza, che - ben prima che venissero avviate le indagini relative ai fatti per cui è processo - sono stati aggiornati, modificati e integrati alcuni Protocolli e procedure aziendali. In particolare, il consulente evidenza che nella relazione annuale del 27 gennaio 2014, relativa al 2013, l'Organismo di Vigilanza evidenziava un profilo di miglioramento in merito all'archiviazione della documentazione relativa agli eventi, aggiungendo che "non c'è evidenza di alcuni dei pagamenti effettuati (...) né è presente (...) uno schema riepilogativo relativo a ciò che, alla fine, è stato sponsorizzato né un consuntivo relativo agli effettivi partecipanti (...)". A tal proposito, la Società già nel corso del 2013 aveva intrapreso, come azione di rimedio, la definizione di un nuovo processo di gestione degli eventi tramite il software gestionale "HCC Life", la riorganizzazione dell'ufficio PEEMS e l'implementazione di un sistema di reportistica e riconciliazione dei costi degli eventi. Tale nuovo assetto veniva formalizzato in una specifica procedura di gestione degli eventi adottata il 5 settembre 2013. Nel 2015, la Società aveva inoltre recepito anche i suggerimenti forniti dal Corporate Internal Audit, integrando ulteriormente la procedura di gestione degli eventi. Il processo di documentazione della fase post-evento è stato ulteriormente migliorato nel 2017 tramite una dichiarazione da compilare a cura del fornitore. Da ultimo, KPMG evidenzia che, nel corso del triennio 2019-2021, sono state svolte - da parte dell'Organismo di Vigilanza e delle funzioni di Gruppo - ulteriori verifiche ricollegabili alle seguenti aree sensibili: (i) gare; (ii) contratti di consulenza; (iii) eventi; (iv) pagamenti a favore di enti pubblici sanitari; (v) contratti di comodato; (vi) contratti di noleggio e di deposito. Dal 2019 è infine prevista nella composizione dell'Organismo di Vigilanza la presenza di un membro interno del Gruppo. 3.3. La continua attività di formazione aziendale. La Società ha, infine, realizzato continue attività di formazione aziendale con riferimento al modello organizzativo, ai Protocolli e alle procedure aziendali. Come ricostruito dal consulente tecnico, infatti, i corsi di formazione sono stati erogati a tutti Ì dipendenti, compresi i neoassunti, e ai soggetti apicali, sia in modalità e-learning che in presenza. In particolare, dalla relazione tecnica risulta che vi sono plurime sessioni di training, inclusa una sessione specifica sul modello organizzativo, che include le principali aree di approfondimento in materia, quali, ad esempio, il D.Lgs. 231/2001 ed i reati da esso richiamati, i Codici etici, l'Organismo di Vigilanza ed il sistema disciplinare, ed è svolto in modalità e-learning, tramite registrazione caricata sul sistema informatico e gestionale denominato "Summit". Il 2 maggio 2019 è stata poi emessa la nuova versione della procedura "Gestione del training sui processi Health Care Compliance (HCC) /Health Care Business integrity (HCB1)" (cfr. par. 6.6.2. relazione integrativa (...)). Come evidenziato dal consulente, "le modalità di formazione della Società risultano in linea con le previsioni indicate dalle Linee Guida di Confindustria ed Assobiomedica" (cfr. par. 6.6. relazione integrativa (...)). Da ultimo, come già evidenziato, la Società ha implementato un programma di formazione obbligatoria per l'accreditamento delle terze parti. Alla luce di quanto sopra, ritiene il Tribunale che l'ente abbia adempiuto a tutte le prescrizioni indicate dall'art. 17 lett. a)-b) e c) D.lgs. 231/01 e che pertanto non debba farsi applicazione delle sanzioni interdittive di cui al precedente art. 16 D.Lsg. cit., peraltro neppure richieste dal P.M. nelle proprie conclusioni. Quanto alle sanzioni pecuniarie, ritiene il Collegio che occorra prendere in considerazione innanzitutto le disposizioni di cui agli arti 10 e 11 D.Lgs. cit. al fine di determinare il numero delle quote e l'importo delle stesse. Tenuto conto della gravità del fatto (molteplici profili deficitari sia dal punto di vista della struttura che dal punto di vista de 11'efficienza del Modello organizzativo, molteplicità degli episodi in cui essi si sono manifestati in concreto, molteplicità dei soggetti coinvolti a vario titolo nella vicenda corruttiva che, seppur non personalmente corresponsabili, hanno avuto un ruolo nel mancato impedimento della verificazione del rischio di reato e che non sono in alcun modo stati sanzionati né disciplinarmente indagati dalla società), del grado non certo trascurabile della responsabilità per colpa di organizzazione dell'ente, e, d'altro canto, dell'attività svolta per eliminare o attenuare le conseguenze del fatto e per prevenire la commissione di ulteriori illeciti si stima congruo fissare il numero delle quote in 300 e commisurare il valore delle stesse in 1000 Euro cadauna, tenuto conto delle considerevoli dimensioni della società e quindi al fine di attribuire alla sanzione una concreta portata deterrente. Quanto alle circostanze attenuanti di cui all'art. 12 D.Lgs. 231/01 il primo comma prevede una circostanza attenuante ad effetto speciale comportante una riduzione fino alla metà, nel caso il cui l'autore del reato abbia compiuto il fatto nel prevalente interesse proprio e l'ente non ne ha ricavato vantaggio o ne ha ricavato un vantaggio minimo, ovvero quando il danno patrimoniale cagionato è di particolare tenuità. Ritiene il collegio che nella specie non ricorra alcuna delle fattispecie descritte: in particolare, non si può certo affermare, specialmente per quel che concerne (...), che la stessa abbia agito nel prevalente interesse proprio, né che il vantaggio ricavatone complessivamente dall'azienda possa considerarsi di particolare tenuità, soprattutto se parametro alla realtà locale ove i fatti-reato furono consumati. Quanto al secondo comma, la disposizione prevede una riduzione di pena da un terzo alla metà ove l'ente abbia risarcito integralmente il danno e abbia eliminato le conseguenze dannose o pericolose del reato o comunque si sia adoperato efficacemente in tal senso ovvero quando sia stato adottato un modello e reso operativo un modello organizzativo idoneo a prevenire reati della stessa specie di quello verificatosi. Quest'ultima locuzione ricalca soltanto parzialmente quella di cui all'art. 17 lett. b) che prevede tra le condizioni per l'esonero dall'applicazione delle sanzioni interdittive l'adozione e l'attuazione di modelli organizzativi idonei a prevenire reati della specie di quello verificatosi. In effetti, il concetto di attuazione ex art. 17 cit. differisce da quello di operatività del modello che ha un significato maggiormente dinamico: mentre la prima condizione può dirsi nella specie realizzata, non così per la seconda; si ricordi quanto ammesso dal teste (...) che, nel caso di consulenze affidate a medici operanti in regime extramoenia, ha ammesso che il regime in vigore è ancora quello adottato all'epoca di (...). Pertanto, tornando all'analisi dell'art. 12 cit., se ricorre pacificamente la circostanza attenuante di cui al comma 2 lett. a) altrettanto non può dirsi a proposito di quella prevista dalla lett. b) con la conseguenza che la sanzione pecuniaria potrà essere ridotta da un terzo alla metà e non dalla metà ai due terzi come il terzo comma della medesima disposizione prevede alla ricorrenza di entrambe le attenuanti. In conclusione, ritiene il Tribunale congruo riconoscere all'Ente la sola attenuante di cui all'art. 12 comma 2 lett. a) cit. operando la riduzione dell'entità della sanzione pecuniaria come sopra determinata (300.000 euro) di un terzo e giungersi quindi alla sanzione finale di 200.000,00 Euro. Alla condanna consegue la confisca della somma di denaro depositata a FUG pari a Euro 148.520 quale profitto del reato. P.Q.M. Visti gli artt. 533-535 c.p.p., 69 e 17 D.Lgs. 231/01 DICHIARA (...) S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, responsabile dell'illecito amministrativo ascritto, e riconosciuta l'attenuante di cui all'art. 12 co. 2 lett. a) D.Lvo 231/01 CONDANNA l'Ente al pagamento della sanzione pecuniaria di Euro 200.000; spese processuali come per legge; Visto l'art. 19 D.Ls 231/01; DISPONE La confisca della somma di Euro 148.520 già messa a disposizione dall'Ente quale profitto; INDICA in giorni 90 il termine per il deposito della sentenza. Così deciso in Milano il 6 marzo 2023. Depositata in Cancelleria il 23 maggio 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO DI MILANO SEZIONE XV CIVILE SPECIALIZZATA IN MATERIA DI IMPRESA Il Tribunale di Milano in composizione collegiale nelle persone dei magistrati: Dott. Angelo Mambriani Presidente Dott.ssa Daniela Marconi Giudice relatore Dott.ssa Alima Zana Giudice ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile iscritta al n. 5314 del ruolo generale degli affari contenziosi civili per l'anno 2020 promossa da: (...) S.A.S. e (...), elettivamente domiciliati a Napoli presso lo studio degli avv.ti (...), che li rappresentano e difendono per procure speciali in calce alla comparsa di costituzione in data 08.10.2020; ATTORI contro (...) residente a Milano in via (...), con domicilio a Ottaviano alla via (...), ed elettivamente domiciliata a Salerno presso lo studio dell'avv. (...) che la rappresenta e difende per procura speciale in calce alla comparsa di costituzione e risposta; AVV. (...), con domicilio a Ottaviano alla via (...), elettivamente domiciliato a Salerno presso lo studio dell'avv. (...) che lo rappresenta e difende per procura speciale in calce alla comparsa di costituzione e risposta denominata "IMG.pdf"; CONVENUTI contro (...), elettivamente domiciliato a Napoli presso lo studio degli avv.ti (...), che lo rappresentano e difendono per procura speciale in calce alla comparsa di intervento ex art. 111 c.p.c. in data 11.1.2023, INTERVENUTO CONCLUSIONI Nell'interesse degli attori (...) S.a.s. e (...) e del terzo intervenuto (...): Voglia il Tribunale, 1) accerti e dichiari che l'avv. (...) disgiuntamente e congiuntamente alla moglie, dr.ssa (...), ha svolto le funzioni di amministratore di fatto della ex sas (...) della Dr.ssa (...) e Co, poi divenuta sas (...) del Dr. (...) e Co; 2) accerti e dichiari la violazione per mala gestio da parte dei convenuti, nello svolgimento delle rispettive specifiche qualità, dell'obbligo del proprio dovere di diligenza, correttezza e buonafede; 3) accerti e dichiari ai sensi dell'art. 2302 cod. civ. la violazione da parte dei convenuti nelle rispettive specifiche qualità dell'obbligo della regolare tenuta delle scritture e dei libri contabili; 4) per l'effetto di quanto sopra, stante l'inadempimento agli obblighi di cui sub 3, li condanni a rendere il conto, con la fissazione di una somma non inferiore ad Euro 1.000,00 per ogni giorno di ritardo ex art. 614 bis c.p.c.; 5) accerti e dichiari che i convenuti nelle loro specifiche funzioni rispettivamente di socia accomandataria e di amministratore di fatto abbiano disposte operazioni economiche e finanziarie considerate in conflitto con l'interesse sociale o comunque extrasociali; 6) accerti e dichiari secondo le regole sulla responsabilità contrattuale e/o extracontrattuale per violazione di obblighi connessi al mandato ad amministrare, l'inadempimento dei convenuti avendo la condotta dell'amministratore e di quello di fatto arrecato ingenti danni alla società, nonché al suo socio, ed al terzo direttamente danneggiato Dott. (...), conseguenti alla mancanza di diligenza nell'esecuzione delle operazioni sociali; 7) accerti e dichiari il danno derivato alla società per danno emergente conseguente dalle operazioni contestate pari ad almeno Euro 172.321,75, oltre alla maggiore somma che sarà accertata e quantificata in corso di causa, ed oltre alla maggiore somma, da liquidarsi anche in via equitativa, stante la mancata tenuta della contabilità, e condanni i convenuti al pagamento di tali somme; 8) e per l'effetto annulli l'obbligazione sottoscritta dal dr. (...) a beneficio della dr.ssa (...) nella scrittura privata del 24.7.2019 a latere della contestuale rinunzia agli atti del giudizio, dichiarandone l'inefficacia e di conseguenza annulli e dichiari privo di efficacia il regolamento cambiario indicato in premessa nell'ammontare di Euro 200.000,00, sottoscritto dal dr. (...) nella sua spiegata qualità, come specificato nell'atto di citazione; 9) condanni al risarcimento di tutti i danni patiti con l'aggravio degli interessi di mora di cui al D.LGS. 231/2002; 10) con vittoria di spese e compensi ai sottoscritti difensori, che ne hanno fatto anticipo. Insiste nelle istanze istruttorie formulate nell'atto di citazione e nelle tre memorie ex art. 183 comma 6 c.p.c. e ribadisce la richiesta di estromissione della (...) del dott. (...) e Co. s.a.s. ex art. 111 c.p.c. Nell'interesse dei convenuti (...) e avv. (...) : Voglia il Tribunale, 1) in via principale e preliminare, sulla scorta dell'esame dei motivi di cui sub A) della comparsa di risposta, dichiarare l'incompetenza per materia e per territorio di Codesto On.le Tribunale con ogni conseguenza ed effetto; 2) in via subordinata a quanto or ora dedotto sub 1), sulla scorta dell'esame dei motivi di cui sub B) della comparsa di risposta, dichiarare inammissibile ed, indi, rigettare la domanda proposta dal Dott. (...); 3) dichiarare inammissibile ed infondata e, quindi, rigettare l'intera domanda come proposta dagli Attori e fatta propria dall'Interventore con Loro condanna in solido a spese di giudizio e danni ex art. 96 c. p. c.. MOTIVAZIONE Con atto di citazione ritualmente notificato il 20.1.2020 la (...) di (...) e C. s.a.s., titolare a Milano di una farmacia sita in via (...), e (...), nella sua qualità di fideiussore della società in relazione all'obbligazione di restituzione del finanziamento contratto con la (...) s.p.a. per l'acquisto della farmacia il 31 ottobre 2007, hanno proposto azione di responsabilità ai sensi dell'art. 2260 c.c. nei confronti di (...), socia accomandataria amministratrice della società nel periodo tra il 19 luglio 2017 ed il 24 luglio 2019, e del marito amministratore di fatto Avv. (...) sostenendo che, in estrema sintesi, non avevano tenuto la contabilità né presentato le dichiarazioni fiscali durante la loro gestione, non avevano pagato i debiti sociali ma avevano prelevato denaro dai conti correnti della società per finalità estranee all'attività della farmacia ed avevano utilizzato beni e risorse sociali per fini personali, così arrecando danno al patrimonio sociale. Riferivano, in particolare, che la (...), all'epoca in cui era socia accomandataria amministratrice, coadiuvata dal marito, non solo aveva disatteso gli impegni assunti con (...) al momento dell'acquisto da lui delle quote sociali di pagare con i flussi di cassa i debiti pregressi della farmacia, già ammontanti all'epoca ad oltre 3 milioni di euro ed assistiti da garanzie personali dei componenti della famiglia Tarallo, ma aveva aggravato il dissesto della società, tenendo un comportamento che aveva danneggiato direttamente anche il fideiussore (...). Sostenevano, infatti, di aver rilevato che nel periodo in cui la (...) aveva assunto il ruolo di socia accomandataria amministratrice: (i) era stato omesso il pagamento del canone di locazione dell'immobile ove la farmacia svolgeva la sua attività in modo tale da cumulare un debito di oltre 45.000 euro nel periodo tra ottobre 2018 e settembre 2019 verso la società proprietaria che aveva presentato istanza di fallimento; (ii) non erano state tenute le scritture contabili così da costringere il nuovo accomandatario amministratore ad incaricare un professionista, il dott. (...), per la ricostruzione della situazione patrimoniale e finanziaria della società attraverso attività di circolarizzazione sui creditori noti; (iii) era stato impiegato denaro sociale per acquisti e spese estranei all'attività della farmacia e, in particolare, per la locazione di 5 telefonini con canone a carico della società, per l'acquisto in leasing di due auto di grossa cilindrata ad uso personale del marito, per l'acquisto di articoli non identificabili attraverso Amazon, per l'esecuzione di spese varie quali il pagamento di assicurazioni, di affitto di casa, di ristoranti ect., per l'esecuzione di disposizioni di bonifico ingiustificate anche permanenti dai conti correnti sociali a favore dell'avv. (...), con un drenaggio di risorse complessivo nell'intero periodo di durata della carica di Euro 172.321,75. Chiedevano, pertanto, l'accertamento della responsabilità dei convenuti e la loro condanna al risarcimento del danno mediante pagamento della somma di Euro 172.321,75 oltre al rimborso delle spese sostenute per la ricostruzione della contabilità e per la transazione della controversia con la società proprietaria dei locali. Per effetto dell'accertamento della responsabilità la società attrice ed il (...) chiedevano anche l'"annullamento" dell'obbligazione assunta da (...) a beneficio della convenuta (...) con la scrittura privata di transazione del 24 luglio 2019 intervenuta contestualmente alla rinuncia agli atti del giudizio pendente innanzi al Tribunale di Napoli per l'accertamento della simulazione dell'intestazione e l'accertamento della effettiva titolarità della partecipazione sociale nella (...) s.a.s., oggetto di sequestro giudiziario. Quale specifico effetto dell'accertamento della responsabilità da mala gestio gli attori hanno richiesto, in particolare, l'"annullamento" dell'obbligazione di pagamento della somma di Euro 200.000 assunta da (...) a favore della (...) nella scrittura transattiva per il riacquisto della quota sociale contesa e la declaratoria di inefficacia degli otto titoli cambiari emessi per la stessa somma dall'espromittente (...), sempre in esecuzione dell'accordo transattivo. Nel costituirsi in giudizio i convenuti (...) e avv. (...) eccepivano in via pregiudiziale l'incompetenza per materia e per territorio del Tribunale delle Imprese di Milano sostenendo che, avendo la controversia ad oggetto l'azione di responsabilità degli amministratori e le vicende di una società di persone, estranee all'ambito applicativo dell'art. 3 del D.Lgs. 168/2003, avrebbe dovuto essere incardinata innanzi al giudice territorialmente competente, ai sensi dell'art. 18 c.p.c., sulla base del domicilio dei convenuti sito ad Ottaviano nel circondario del Tribunale di Nola o, ai sensi dell'art. 20 c.p.c., sulla base del luogo, sito nel circondario del Tribunale di Napoli, ove era stata sottoscritta e ove avrebbe dovuto essere adempiuta la scrittura privata di transazione, oggetto della domanda di annullamento. Eccepivano, poi, il difetto di legitimatio ad causam dell'attore (...), garante verso la (...) s.p.a. non per la (...) s.a.s., contraddistinta dalla PI (...), ma per la (...) s.n.c. contraddistinta dalla P.I. (...), e completamente estraneo alla compagine societaria della s.a.s. nonché il difetto di legittimazione degli attori a richiede l'annullamento della scrittura privata di transazione nei confronti dell'avv. (...) che vi è rimasto del tutto estraneo e dell'attore (...) a richiedere l'annullamento del regolamento cambiario sottoscritto da (...). Nel merito contestavano che le vicende narrate dagli attori potessero costituire ragione di annullamento della scrittura privata di transazione negando, comunque, sia l'assunzione della veste di amministratore di fatto da parte dell'avv. (...), coinvolto nel giudizio con consapevole abuso del processo, sia gli addebiti di mala gestio formulati dagli attori verso la (...) solo per evitare il pagamento delle somme dovutele in forza della scrittura del 24 luglio 2019, senza considerare l'attività compiuta dalla convenuta per risollevare le sorti della farmacia. Chiedevano, pertanto, il rigetto di tutte le domande proposte dagli attori con loro condanna per abuso del processo ai sensi dell'art. 96 c.p.c. All'esito della trattazione il giudice istruttore respingeva le istanze istruttorie delle parti ed in particolare la domanda di rendiconto ai sensi dell'art. 263 c.p.c. tardivamente proposta dagli attori solo con la prima memoria di trattazione dopo la formulazione nell'atto di citazione dell'addebito di responsabilità nei confronti della socia amministratrice per il definitivo inadempimento dell'obbligo di tenuta delle scritture contabili. A ridosso dell'udienza di precisazione delle conclusioni interveniva nel giudizio, ai sensi dell'art. 111 c.p.c., (...) riferendo di essere succeduto a titolo particolare nel diritto risarcitorio controverso della società attrice nei confronti dei convenuti per averlo acquistato, in data 11.1.2023, dalla (...) s.r.l., società assuntrice del concordato preventivo omologato con decreto del Tribunale di Milano del 22 aprile 2022 a cui era, nel frattempo, stata assoggettata la società attrice. Si costituiva, quindi, facendo proprie tutte le domande formulate dalla società attrice (...) del dott. (...) e Co. s.a.s. la quale chiedeva, all'udienza successiva, l'estromissione dal giudizio a cui si opponevano i convenuti, evidenziando la tardività e la natura emulativa dell'intervento. All'esito la causa veniva rimessa al Collegio per la decisione. Il Tribunale preliminarmente respinge la richiesta di estromissione dal giudizio formulata della società attrice ai sensi dell'art. 111 comma 3 c.p.c. per effetto dell'intervento in causa del successore a titolo particolare nel credito risarcitorio litigioso, (...). L'estromissione dal processo dell'alienate non deriva, infatti, automaticamente dall'intervento in causa del successore a titolo particolare nel diritto controverso ma, come chiaramente previsto dall'art. 111 comma 3 c.p.c., può essere disposta dal giudice solo se tutte le altre parti vi consentano (v. fra le molte Cass. 15.6.2018 n. 15905; Cass. 26.1.2010 n. 1535; Cass. 5.6.1995 n. 6302). Nel caso in esame la difesa dei convenuti, all'udienza di precisazione delle conclusioni, non ha prestato il consenso all'estromissione dal giudizio della società attrice e, pertanto, il processo prosegue tra le parti originarie mentre il successore intervenuto, che non è terzo in senso proprio e sostanziale ma effettivo titolare del diritto in contestazione, assume la stessa posizione del suo dante causa in regime di liticonsorzio necessario, godendo di tutte le facoltà proprie della parte (v. fra le molte Cass. 28.7.2017 n. 18767; Cass. 19.5.2006 n. 11757; Cass. 27.2.2002 n. 2889; Cass. 14.12.1990 n. 2889). Procedendo all'esame delle questioni pregiudiziali di rito il Tribunale rileva che l'eccezione di incompetenza per territorio sollevata dai convenuti in modo incompleto senza contestare, nel termine di maturazione della relativa decadenza, tutti i fori che alternativamente possono venire in rilievo nell'individuazione del giudice competente alla trattazione della presente causa, deve ritenersi come non proposta. La giurisprudenza di legittimità è consolidata nell'affermare il principio per cui l'eccezione di incompetenza per territorio derogabile nelle cause relative a obbligazioni deve essere svolta dal convenuto contestando entro il termine di decadenza stabilito dall'art. 38 c.p.c. la competenza del giudice adito in relazione a tutti i fori concorrenti sia generali stabiliti nell'art. 18 e 19 c.p.c. sia speciali previsti nell'art. 20 c.p.c., dovendo, altrimenti la competenza del giudice adito ritenersi radicata con riferimento ad uno dei fori non contestanti e l'eccezione essere ritenuta come non proposta (Cass. 26.7.2019 n. 20387; Cass. 14.3.2018 n. 6380; Cass. 4.11.2016 n. 22510; Cass. 11.12.2014 n. 26094; Cass. 7.3.2013 n. 5725; Cass. 16.6.2011 n. 13202; Cass. 22.11.2007 n. 24277; Cass. 10.9.2007 n. 19012). In sintesi la mancata contestazione di tutti i fori alternativi e concorrenti comporta l'incompletezza dell'eccezione, da ritenersi come non proposta, con il conseguente radicamento della competenza del giudice adito. Nel caso in esame, se è vero che la presente controversia avente ad oggetto, fra l'altro, l'azione di responsabilità proposta dalla società di persone nei confronti del ex socia accomandataria amministratrice non rientra nell'ambito della competenza della Sezione specializzata in materia di impresa sebbene riservata alla decisione del Tribunale in composizione collegiale, ai sensi dell'art. 50 bis comma 1 n. 5 c.p.c. nella formulazione ante riforma Cartabia applicabile ratione temporis, ai fini dell'individuazione del giudice territorialmente competente vengono in rilievo non solo il foro generale della residenza o domicilio dei convenuti previsto dall'art. 18 c.p.c. ma anche i fori alternativi previsti dall'art. 20 c.p.c. in relazione all'azione risarcitoria da inadempimento degli obblighi contrattuali gravanti sull'amministratore della società a cui i convenuti nella comparsa di risposta non hanno fatto il minimo cenno. Per effetto della mancata contestazione del foro ove è sorta l'obbligazione originaria oggetto del mandato gestorio rimasta inadempiuta e del foro ove avrebbe dovuto essere eseguita, entrambi, secondo l'orientamento consolidato della giurisprudenza in materia, preposti a conoscere la domanda di risarcimento del danno da inadempimento contrattuale, ai sensi dell'art. 20 c.p.c. (Cass. 12.1.2023 n. 656; Cass. 21.3.2014 n. 6762; Cass. 29.8.2008 n. 21910), la competenza a decidere la presente controversia deve, pertanto, ritenersi radicata a Milano che, peraltro, come luogo in cui ha sede la (...) del dott. (...) e Co. s.a.s. è anche il luogo di esecuzione delle obbligazioni derivanti dalla carica rimaste inadempiute. L'eccezione di incompetenza per territorio deve, pertanto, essere disattesa. Fondata è, invece, l'eccezione di difetto di legitimatio ad causam degli attori (...) di (...) e C. s.a.s. e (...) a proporre l'azione di annullamento dell'"obbligazione sottoscritta dal dr. (...) a beneficio della dr.ssa (...) nella scrittura privata del 24.7.2019 a latere della contestuale rinunzia agli atti del giudizio" con conseguente annullamento e declaratoria di inefficacia del "regolamento cambiario indicato in premessa nell'ammontare di Euro 200.000,00, sottoscritto dal dr. (...)" nella sua qualità di espromittente. (v. atto di citazione a pag. 19). Quale che sia il senso giuridico della domanda di "annullamento" di una singola obbligazione rientrante nel più ampio regolamento contrattuale contenuto nella scrittura privata di transazione del 24 luglio 2019 e della conseguente domanda di "annullamento" dei titoli cambiari consegnati in pagamento dal terzo espromittente, in ogni caso è indubbio che non possono essere gli attori, (...) di (...) e C. s.a.s. e (...) completamente estranei, sia all'impegno di pagare la somma di Euro 200.000 a titolo di corrispettivo per il ritrasferimento della quota sociale, assunto personalmente dal solo (...) nei confronti della convenuta (...), sia all'emissione dei titoli cambiari, tratti dall'espromittente (...), a far valere posizioni giuridiche che, nello stesso atto di citazione, affermano essere nella titolarità di terzi. Come noto la legitimatio ad causam è condizione dell'azione che si ricollega alla previsione dell'art. 81 c.p.c. secondo cui nessuno può far valere nel processo un diritto altrui in nome proprio fuori dei casi espressamente previsti dalla legge, il cui difetto rilevabile anche d'ufficio in ogni stato e grado del processo determina l'inammissibilità della domanda. Nel caso in esame gli attori hanno evidentemente prospettato in giudizio, a fondamento delle azioni di annullamento descritte, diritti contrattuali appartenenti a soggetti diversi e la relativa domanda giudiziale deve, pertanto, essere dichiarata inammissibile. Con riguardo all'eccezione di difetto di legitimatio adcausam dell'attore (...) se è vero che nell'intestazione dell'atto di citazione si limita a dichiarare di agire in responsabilità nei confronti dei convenuti amministratori della SAS (...) del dr (...) "nella sua qualità di fideiussore a garanzia del pagamento del finanziamento della s.p.a. (...) (in liq.ne) alla SNC (...)" nel contesto dell'atto introduttivo evidenzia anche che, ad un certo punto della tormentata storia della farmacia, era intervenuta la " cessione di azienda dalla SNC (...) del dr. (...) alla SAS (...) della dr.ssa (...) precedente denominazione dell'odierna attrice (v. atto di citazione a pag. 3). Non si ravvisa, pertanto, nell'atto introduttivo la prospettazione di una situazione giuridica riferibile ad una società diversa, come sostenuto dai convenuti, essendo sottinteso che con la cessione dell'azienda dalla SNC (...) alla SAS (...) era intervenuta anche la cessione del debito di restituzione del mutuo assunto dalla snc per l'acquisto della farmacia, garantito personalmente dal fideiussore (...). Non sussiste, dunque, il difetto di legittimazione attiva lamentato dai convenuti rispetto alla proposizione da parte del fideiussore (...) dell'azione di responsabilità come terzo danneggiato dai comportamenti di mala gestio dell'ex socia accomandataria amministratrice e dell'amministratore di fatto convenuti, per aver dovuto subire l'esecuzione forzata sul proprio patrimonio a seguito dell'inadempimento della società all'obbligazione di restituzione del mutuo alla creditrice garantita. Ciò non toglie, però, che l'azione di responsabilità proposta da (...), sia palesemente infondata nel merito sulla base della semplice prospettazione. Come noto la disciplina della società di persone, richiamata per le società in accomandita attraverso il rinvio dell'art. 2315 c.c., prevede all'art. 2260 comma 2 c.c. solo l'azione di responsabilità sociale, esperibile dalla società nei confronti degli amministratori per ottenere il risarcimento del danno arrecato al patrimonio sociale dall'inadempimento degli obblighi ad essi imposti dalla legge e dal contratto sociale. In coerenza con la mancanza di autonomia patrimoniale perfetta delle società di persone e con il regime generale di responsabilità personale dei soci per i debiti sociali non è, invece, prevista l'azione dei creditori sociali nei confronti degli amministratori, che sono di norma anche soci illimitatamente responsabili, già esposti direttamente con il loro patrimonio nei confronti dei creditori sociali. Né è possibile l'applicazione analogica dell'art. 2394 c.c., norma di carattere speciale che, in deroga ai principi generali della responsabilità aquiliana, consente ai creditori, nel contesto di limitazione al patrimonio sociale della responsabilità per i debiti sociali delle società di capitali, di ottenere il risarcimento del danno subito per effetto dell'insufficienza del patrimonio sociale a soddisfare le loro pretese che solo indirettamente lambisce la loro sfera giuridica. L'unica azione che, secondo l'orientamento consolidato della suprema corte, può coesistere con l'azione di responsabilità sociale nelle società di persone è l'azione individuale del socio o del terzo direttamente danneggiati dal comportamento illegittimo del socio amministratore che, in applicazione analogica dell'art. 2395 c.c. fondato sul principio generale del neminem laedere dell'art. 2043 c.c., esige, però, la deduzione e prova di un pregiudizio che non sia il mero riflesso del danno subito dal patrimonio sociale (v. Cass. 28.4.2021 n. 11223 in motivazione; Cass. 25.7.2007 n. 16416; Cass. 13.12.1995 n. 12772; Cass. 10.3.1992 n. 2872). L'esercizio dell'azione individuale del terzo danneggiato non è, quindi, "esperibile quando il danno lamentato costituisca solo il riflesso del pregiudizio al patrimonio sociale, giacché l'art. 2395 cod. civ. esige che il singolo socio sia stato danneggiato direttamente dagli atti colposi o dolosi dell'amministratore, mentre il diritto alla conservazione del patrimonio sociale appartiene unicamente alla società." (v. Cass. 28.4.2021 n. 11223 in motivazione). Ciò chiarito, nel caso in esame, l'attore (...) si è limitato confusamente a lamentare di aver dovuto subire l'esecuzione forzata sul suo patrimonio come fideiussore della società in ragione delle condotte distrattive della socia accomandataria amministratrice che anziché pagare i debiti sociali aveva destinato le risorse della farmacia a scopi personali ed ha richiesto unitamente alla società la condanna dei due convenuti al risarcimento del danno mediante restituzione del maltolto. E' evidente che egli ha lamentato in giudizio un pregiudizio al suo patrimonio che è solo riflesso della lesione dell'interesse della società sua debitrice alla conservazione del patrimonio sociale così che deve, ritenersi, palese l'infondatezza della domanda da lui proposta. Nel merito non resta, quindi, che da esaminare l'azione di responsabilità sociale proposta dalla (...) s.a.s. nei confronti dell'ex socia accomandataria amministratrice (...) e del preteso amministratore di fatto avv. (...). Iniziando dall'esame della posizione della convenuta ex socia accomandataria amministratrice la domanda risarcitoria deve essere accolta nei limiti in cui è risultata fondata sulla base della documentazione acquisita. Nessuna contestazione ha sollevato la convenuta (...) dei tre ordini di addebiti specificamente formulati nei suoi confronti dalla società attrice allorché ha lamentato la violazione sistematica dell'obbligo di regolare tenuta delle scritture contabili e di presentazione delle dichiarazioni fiscali, il mancato pagamento dei debiti sociali verso il proprietario dei locali della farmacia e l'esecuzione di prelievi ingiustificati dai conto correnti sociali per spese personali sue o del marito estranee all'attività della farmacia e all'interesse sociale, essendosi limitata nel corso del giudizio a sostenere di aver risollevato le sorti dell'azienda in crisi già prima della cessione a lei della quota sociale, attraverso una serie di interventi strategici innovativi. Con riguardo in particolare all'addebito di distrazione di risorse sociali mediante utilizzazione personale di beni sociali e prelievi indebiti dai conti correnti sociali sub (iii), la natura contrattuale dell'azione di responsabilità proposta dalla società nei suoi confronti le aveva, tuttavia, posto a carico, in particolare, l'onere di giustificare rigorosamente ciascuno dei prelievi puntualmente e analiticamente indicati nei diversi estratti dei conti correnti bancaria della società come privi di una causale riferibile all'attività sociale e sinteticamente esposti nella relazione del consulente della società (v. doc. 31 e 32 di parte attrice). Una volta che la società abbia analiticamente individuato i prelievi e pagamenti privi di giustificazione in relazione all'attività sociale grava, infatti, sull'amministratore, equiparato nella società di persone al mandatario e quindi legato all'ente da rapporto contrattuale, l'onere di fornire la prova liberatoria dalla responsabilità per l'inadempimento degli obblighi derivanti dalla carica, ai sensi dell'art. 1218 c.c., dimostrando attraverso le scritture contabili giustificative o con altra adeguata evidenza probatoria che il denaro sociale oggetto dei prelievi e pagamenti contestati era stato impiegato per saldare debiti della società o sostenere i costi dell'attività di impresa (v. fra le molte Trib. Milano, 21.06.2021 n. 5291, Tribunale di Milano 12 Marzo 2018 n. 2894). Nel profondo silenzio assertivo e probatorio serbato dalla convenuta in ordine alla giustificazione dei prelievi e delle spese sostenute con denaro sociale non può, dunque, che ritenersi fondata la pretesa della società attrice di risarcimento del danno subito per l'ammanco nella misura risultante dalla somma dei prelievi dai conti correnti sociali con causale non riferibile all'attività della farmacia, pari ad Euro 172.321,75 (v. doc. 31 e 32 di parte attrice). Con riguardo agli addebiti sub (i) e (ii) per la mancata tenuta della contabilità ed il mancato pagamento del debito sociale verso il proprietario dei locali della farmacia la società attrice ha lamentato di aver subito il danno corrispondente al compenso del professionista incaricato di ricostruire a posteriori la situazione patrimoniale ed economica della società e alle spese legali rimborsate al proprietario dei locali in esecuzione della transazione conclusa a definizione della causa. La società attrice non ha, tuttavia, provato in giudizio di aver effettivamente versato al professionista incaricato dott. Pierri la somma di Euro 30.000 a titolo di compenso, essendosi limitata ad invocare, al riguardo, le risultanze del bilancio di verifica al 31.12.2019 da cui risulta solo l'annotazione del debito "fatt. da ricev. (...)" (v. doc. 38 di parte attrice) che nulla prova in ordine al fatto che la fattura sia poi stata emessa ed effettivamente pagata dalla società. L'assunto, poi, di aver provveduto al rimborso al proprietario dei locali delle spese legali in forza dell'accordo transattivo (v. doc. 39 di parte attrice) è smentito dalla documentazione allegata da cui risulta che il costo è stato sostenuto non dalla società ma da (...) che ha versato la somma dal suo conto corrente (v. doc. 40 a pag. 5 e doc. 18 pag. 1 di parte attrice). La convenuta (...) deve, pertanto, essere condannata al risarcimento del danno a favore della società attrice mediante pagamento della somma di Euro 172.321,75 oltre interessi nella misura legale sulla somma anno per anno rivalutata dal momento in cui il danno si è cristallizzato con la cessazione dalla carica avvenuta il 24 luglio 2019 sino al saldo. La domanda proposta nei confronti del convenuto avv. (...) è priva di fondamento in mancanza di prova che abbia assunto il ruolo di amministratore di fatto della società attrice. La configurabilità del ruolo dell'amministratore di fatto nella s.a.s. prescinde dalla soluzione della dibattuta questione della possibilità che un terzo estraneo alla compagine sociale assuma formalmente il ruolo di amministratore che l'art. 2318 comma 2 c.c. riserva esclusivamente ai soci accomandatari illimitatamente responsabili per le obbligazioni assunte nella gestione sociale ma che l'art. 2323 comma 2 c.c. permette sia svolto da un amministratore provvisorio ove siano rimasti solo soci accomandanti, così slegando l'esercizio dei poteri gestori dalla responsabilità personale del socio. Il soggetto estraneo alla compagine sociale che in via di fatto si arroghi i poteri gestori spettanti al socio accomandatario amministratore è, infatti, senza alcun dubbio tenuto a rispondere nei confronti della società, dei soci e degli eventuali terzi danneggiati della gestione del patrimonio altrui compiuta in assenza di investitura formale, indipendentemente dal fatto che gli si riconosca o meno la possibilità di rivestire formalmente la carica in relazione alla struttura specifica della società amministrata. Nella situazione descritta nessuno dubita, infatti, della responsabilità del gestore di fatto anche sotto il profilo penalistico della configurabilità dei reati propri dell'amministratore che l'art. 2639 comma 1 c.c. estende a "chi esercita in modo continuativo e significativo i poteri tipici inerenti alla qualifica o alla funzione" senza fare alcuna distinzione nel descrivere la fattispecie incriminatrice dell'amministratore di fatto fra società di capitali e società di persone. La peculiare situazione del soggetto estraneo alla compagine sociale che si occupi in via di fatto della gestione della s.a.s. riverbera, comunque, sicuramente nella necessità di una prova rigorosa dell'effettivo esercizio del ruolo soprattutto nei rapporti con i terzi che difficilmente possono lasciarsi ingannare sulla qualifica, posto che il solo trattare con un soggetto che non è socio accomandatario dovrebbe farli dubitare della legittimità dell'esercizio dei poteri gestori. Come noto la figura dell'amministratore di fatto presuppone l'esercizio di attività di gestione dell'impresa continuativa e sistematica con autonomia decisionale e funzioni operative esterne di rappresentanza di cui sono indici sintomatici l'inserimento organico del soggetto con funzioni direttive nei rapporti con i dipendenti, i fornitori o i clienti attraverso il conferimento di deleghe o di ampie procure generali adnegotia in settori nevralgici dell'attività di impresa e la diretta partecipazione alla gestione della vita societaria nell'inerzia costante e nell'assenza abituale dell'amministratore di diritto. Nel caso di specie gli attori non hanno mai neanche dedotto che il convenuto avv. (...) fosse investito di poteri direttivi all'interno della farmacia o di deleghe e procure che gli consentissero di operare abitualmente nell'amministrazione della società ed il semplice esame della scarna documentazione evidenziata dagli attori a sostegno della loro domanda smentisce la pretesa assunzione da parte sua del ruolo di amministratore di fatto della (...). In particolare dalla documentazione relativa agli assegni che l'avv. (...) avrebbe tentato di trarre sul conto corrente intestato alla società emerge che i titoli sono stati tutti protestati proprio per mancanza del potere di rappresentanza del soggetto che ha apposto la firma di traenza (v. doc. 44 ove, sebbene incompleta, si desume la formula standard del protesto " assegno recante firma di traenza per rappresentanza di soggetto non" autorizzato dal correntista), mentre la documentazione relativa al contratto di attivazione dell'impianto di allarme, ammesso che possa essere da sola significativa dell'esercizio di poteri gestori, risulta regolarmente sottoscritta dalla socia accomandataria (...) (v. doc. 45 e 46 a pag. 1), essendosi l'avv. (...) limitato a firmare la recezione dei beni come avrebbe potuto fare un qualsiasi commesso della farmacia. Né l'assunzione del ruolo di garante di una società di cui era accomandataria la moglie altamente equivoco anche con riferimento alla eventuale c.d. affectio societatis, è in alcun modo significativo in relazione all'esercizio del ruolo gestorio. La domanda proposta dalla società attrice (...) di (...) e C. s.a.s. nei confronti del convenuto avv. (...) del tutto priva di fondamento deve essere respinta. Inammissibile deve, infine, essere ritenuta la domanda nuova di condanna dei convenuti alla resa del conto ai sensi dell'art. 263 c.p.c., tardivamente proposta dagli attori solo nella prima memoria di trattazione dopo, peraltro, aver già introdotto l'azione di risarcimento del danno subito per effetto del definitivo inadempimento della socia amministratrice all'obbligo di redigere le scritture contabili. La prevalente soccombenza implica la condanna della convenuta (...) al pagamento delle spese processuali che si liquidano a favore della società attrice (...) di (...) e C. s.a.s. in Euro 14.103 per compenso oltre al 15% per spese generali ed oneri di legge e a favore del terzo (...), intervenuto solo a ridosso dell'udienza di precisazione delle conclusioni a far proprie le difese della società attrice, in Euro 3403 per compenso oltre al 15% per spese generali ed oneri di legge. La soccombenza implica la condanna degli attori (...) di (...) e C. s.a.s. e (...) nonché del terzo intervenuto (...) al pagamento delle spese processuali a favore del convenuto avv. (...) che si liquidano in Euro 14.103 per compenso oltre al 15% per spese generali ed oneri di legge. P.Q.M. Il Tribunale, definitivamente pronunciando, nella causa n. 5314/2020 promossa da (...) S.A.S. e (...) contro (...) e (...) e con l'intervento di (...), con atto di citazione notificato il 20.1.2020 disattesa ogni altra istanza, eccezione e deduzione, così provvede: 1) accerta la responsabilità della socia accomandataria amministratrice (...) per il danno subito dalla società nei limiti di cui in motivazione e per l'effetto la condanna al risarcimento mediante pagamento a favore della (...) del dr (...) e Co. s.a.s. della somma di Euro 172.321,75 oltre interessi nella misura legale sulla somma anno per anno rivalutata dal 24 luglio 2019 sino al saldo; 2) rigetta tutte le altre domande proposte dalla società attrice (...) del dr (...) e Co. s.a.s. nei confronti della convenuta (...) e tutte le domande proposte dall'attore (...) nei confronti della convenuta (...); 4) rigetta tutte le domande proposte dagli attori (...) del dr (...) e Co. s.a.s. e (...) nei confronti del convenuto avv. (...); 3) condanna (...) al pagamento delle spese processuali a favore della società attrice (...) del dr (...) e Co. s.a.s. che liquida in Euro 14.103 per compenso oltre al 15% per spese generali ed oneri di legge e a favore del terzo intervenuto (...) che liquida in Euro 3403 per compenso oltre al 15% per spese generali ed oneri di legge. 4) condanna gli attori (...) del dr (...) e Co. s.a.s. e (...) ed il terzo intervenuto (...) al pagamento delle spese processuali a favore del convenuto avv. (...) che liquida in Euro 14.103 per compenso oltre al 15% per spese generali ed oneri di legge. Milano, 20 aprile 2023. Depositata in Cancelleria il 17 maggio 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI MILANO Decima sezione civile Il Tribunale, nella persona del Giudice dott.ssa Lucia Francesca Iori ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di primo grado iscritta al n. 57424/2019 r.g. promossa da: (...) (C.F./P.I. (...)), rappresentato e difeso dall'avv. DA.CA. e dall'avv. DA.OT. ((...)) e dall'avv. VI.FE. ((...)) ed elettivamente domiciliato giusta procura in atti, PARTE ATTRICE contro (...) SPA (C.F./P.I. (...)), rappresentato e difeso dall'avv. SC.MA. ed elettivamente domiciliato giusta procura in atti, SOCIETA' (...) S.P.A. (C.F./P.I. (...)), rappresentato e difeso dall'avv. SCHIAVI MARCELLA ed elettivamente domiciliato giusta procura in atti, PARTI CONVENUTE OGGETTO: lesione personale CONCISA ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE Con atto di citazione ritualmente notificato (...) ha convenuto in giudizio, innanzi all'intestato Tribunale, (...) S.p.a., in qualità di compagnia assicuratrice dell'autovettura (...), tg. (...), di proprietà di (...) s.p.a. e condotta da (...), al fine di ottenere la condanna al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali subiti dall'attrice a causa del sinistro stradale occorso in data 30.04.2016 verso le ore 23.15 in Via B. S. a V. R. (T.), in cui è rimasta coinvolta in qualità di terza trasportata sull'indicata vettura, nonchè la rifusione delle spese e dei compensi anche del giudizio di istruzione preventiva, da distrarsi ex art. 93 c.p.c. L'attrice a fondamento della pretesa ha dedotto: - che il giorno 30.04.2016 intorno alle 23.15 si trovava passeggera del veicolo (...), tg. (...), di proprietà di (...) s.p.a e condotta da (...), che stava percorrendo via B. S. a V. R. (T.); - che (...), giunto in prossimità della rotatoria, a causa dell'oscurità, della pioggia e della velocità non adeguata, non si è accorto della presenza della stessa e ha proseguito dritto, invadendo "la montagnola artificiale fatta in pietra autobloccante", capottandosi; - che, in conseguenza del violento urto, (...) ha subito gravi lesioni, per le quali, estratta dal veicolo distrutto, è stata trasportata d'urgenza al Pronto Soccorso dell'ospedale Città della Salute e della Scienza di Torino; - che a causa del sinistro (...) ha riportato "fratture alla clavicola destra, all'omero destro all'epitroclea destra ed al polso sinistro, oltre ad un trauma maxillo-facciale" ed è rimasta ricoverata fino al 16.05.2016; - che al termine del periodo di prognosi l'attrice si è sottoposta a visita medio legale presso il dott. (...) e a consulenza psicodiagnostica da parte della dott.ssa (...); - che all'esito delle visite menzionate "il danno biologico subito dalla ricorrente nella misura è risultato pari al 40% considerando, appunto, oltre all'obiettiva gravità delle lesioni fisiche, anche la psicopatologia reattiva (disturbo post traumtico da stress e da dismorfismo corporeo) insorta a carico della sig.ra (...)"; - che tali lesioni hanno determinato la perdita dell'impiego di collaboratrice domestica, le hanno precluso la possibilità di impiego come modella e hanno altresì comportato la rinuncia forzata ad attività ludiche e di svago (come palestra, corsi di ballo, sci alpino); - che l'odierna attrice ha inoltrato la richiesta di risarcimento danni alla compagnia assicuratrice (...) s.p.a., la quale ha versato la somma di 70.000,00 Euro in due tranches; - che in data 12.03.2018 ha promosso ricorso ex artt. 696-696 bis c.p.c., iscritto sub R.g. 12814/2018, nei confronti di (...) s.p.a per accertare a tale data i postumi riportati dall'attrice in conseguenza dell'evento lesivo, prima di sottoporsi agli interventi chirurgici necessari per porre rimedio alle gravi patologie lamentate; -che all'esito dell'accertamento tecnico preventivo, il ctu nominato dott.ssa (...) ha quantificato il danno biologico patito dall'attrice nella percentuale del 32% e in analoga percentuale il danno alla capacità lavorativa specifica e ha affermato che "le lesioni riportate dall'attrice sono incompatibili con il corretto utilizzo delle cinture di sicurezza, soprattutto per quanto riguarda le lesioni al volto"; - che parte attrice dopo il deposito della perizia ha domandato l'integrazione della ctu medico legale a causa del sopravvenuto aggravamento del quadro clinico dell'attrice, chiedendo altresì chiarimenti in ordine alle tabelle utilizzate dalla dott.ssa (...) per la quantificazione del danno; - che l'istanza è stata respinta dal Giudice assegnatario e ciò ha costretto l'attrice a promuovere il presente giudizio per reiterare le medesime doglianze, chiedendo la condanna di (...) s.p.a. al risarcimento del danno non patrimoniale, del danno da perdita della capacità lavorativa specifica, nonché quello da perdita di chance per l'importo di Euro 355.318,15, al netto della somma di Euro 190.000,00, già corrisposta dalla compagnia assicuratrice (cfr. per tutte atto di citazione). Con deposito di comparsa di costituzione e risposta si è costituita in giudizio (...) s.p.a. chiedendo, in via preliminare, l'integrazione del contradditorio nei confronti di (...) s.p.a., litisconsorte necessaria, in quanto proprietaria del veicolo sul quale era trasportata l'attrice. Nel merito, ha chiesto il rigetto delle pretese di parte attrice in quanto infondate e, contestualmente, ha domandato di dichiarare la satisfattività della somma di Euro 190.000,00, già versata da (...) s.p.a.; in subordine, verificata l'esistenza del nesso di causalità tra l'aggravamento del danno di (...) e il sinistro di cui in causa, ha chiesto di liquidare la somma residua nei limiti di quanto strettamente provato in causa, rigettando ogni ulteriore ed infondata pretesa. All'esito dell'udienza ex art. 183 c.p.c., il Giudice ha disposto l'integrazione del contradditorio ex art. 102 c.p.c. nei confronti di (...) s.p.a., la quale si è costituita con deposito di comparsa di costituzione e risposta, richiamando e facendo proprie tutte le contestazioni, nonché le conclusioni di (...) s.p.a. Il procedimento è stato istruito documentalmente, nonché tramite ctu medico-legale sulla persona di parte attrice con quesito integrativo rispetto all'accertamento già compiuto in sede di istruzione preventiva, nominando la stessa consulente d'ufficio, dott.ssa (...). All'udienza del 23.11.2022, fissata per la precisazione delle conclusioni, svolta nelle modalità della trattazione scritta, il giudice ha dato atto della precisazione delle conclusioni ad opera delle parti, come sopra riportate, e ha trattenuto la causa in decisione, concedendo alle parti i termini ex art. 190 c.p.c., per il deposito delle comparse conclusioni e delle memorie di replica. La domanda attorea è solo parzialmente fondata e va accolta esclusivamente nei limiti e per le ragioni di seguito indicate. Nel merito si osserva che la parte attrice, nel presente giudizio, ha chiesto la condanna al risarcimento dei danni da lei patiti, promuovendo nei confronti dell'assicurazione convenuta azione ex art. 141 cod. ass. priv., sul presupposto di aver riportato lesioni in occasione dell'incidente, che ha visto coinvolta la sola (...) sopra identificata, su cui lei era a bordo, in qualità di terza trasportata. Giova premettere che l'azione ex art. 141 cod. ass. priv. offre al danneggiato-terzo trasportato una tutela rafforzata e aggiuntiva rispetto all'azione ordinaria ex art. 144 cod. ass. priv., consentendogli di esperire un'azione diretta nei confronti dell'impresa di assicurazione del veicolo sul quale egli era trasportato, in presenza di una serie di presupposti. A tal proposito, è opportuno rilevare che è stata a lungo dibattuta l'applicabilità, o meno, dell'articolo 141 cod. ass. priv. ai sinistri nei quali sia coinvolto un solo veicolo, riscontrandosi due orientamenti di segno opposto. Infatti, secondo un primo orientamento, la disposizione in questione presuppone soltanto il verificarsi di un sinistro e di un danno subito dal terzo trasportato, che non sia dovuto a caso fortuito, ma non esige allo stesso tempo che lo stesso si sia verificato a causa dello scontro tra due o più veicoli. Un orientamento di segno opposto riteneva, invece, necessario ai fini dell'applicabilità della norma lo scontro di almeno due veicoli, a prescindere dall'accertamento della responsabilità dei conducenti coinvolti nel sinistro, salva l'ipotesi di caso fortuito da identificarsi come un fattore eccezionale, anomalo ed imprevedibile, che non può essere integrato dalla responsabilità dell'altro conducente (il caso fortuito consiste in "un avvenimento imprevedibile ed eccezionale, rappresentato dal fatto naturale o del terzo, che si inserisce nell'azione del soggetto" cfr. cfr. Cass. 17963/2021, secondo cui non è possibile far coincidere il caso fortuito con la condotta colposa del conducente del veicolo antagonista: "nel caso dell'art. 141 Cda, ... il trasportato agisce nei confronti dell'assicuratore del proprio vettore, sulla base della mera allegazione e prova del danno e del nesso di causa, a prescindere dall'accertamento della responsabilità dei conducenti dei veicoli coinvolti nel sinistro, con la possibilità che gli venga opposto il solo caso fortuito, che in un giudizio in cui si prescinde dall'accertamento della responsabilità nel sinistro, deve logicamente essere nozione distinta dalla condotta colposa del conducente dell'altro veicolo coinvolto e deve pertanto coincidere con i fattori naturali ed i fattori umani estranei alla circolazione di altro veicolo"). Il menzionato contrasto giurisprudenziale è stato composto dalla recente pronuncia delle Sezioni Unite della Suprema Corte, i cui principi si condividono integralmente, secondo cui "la tutela rafforzata riconosciuta dall'art. 141 cod. ass. al trasportato danneggiato presuppone che nel sinistro siano rimasti coinvolti almeno due veicoli, pur non essendo necessario che si sia verificato uno scontro materiale fra gli stessi" e che, di conseguenza "nel caso in cui nel sinistro sia stato coinvolto un unico veicolo l'azione diretta che compete al trasportato danneggiato è esclusivamente quella prevista dall'art. 144 cod. ass., da esercitarsi nei confronti dell'impresa di assicurazione del responsabile civile". Le Sezioni Unite hanno altresì affermato che l'articolo 141 cod. ass. priv. si applica a prescindere dall'accertamento della colpa dei conducenti e che il solo caso fortuito, da intendersi come evento eccezionale e imprevedibile estraneo alla circolazione di un altro veicolo, esonera l'assicuratore del vettore dal risarcimento a favore del trasportato (cfr. sentenza n. 35318/2022). Alla luce dei principi appena esposti consegue che in virtù dell'art. 141 cod. ass. priv. l'azione diretta nei confronti dell'impresa di assicurazione del veicolo sul quale il terzo trasportato era a bordo, non può essere preclusa dalla condotta colposa del conducente del veicolo antagonista, essendo l'azione prevista a tutela del danneggiato trasportato per consentirgli di ottenere più agevolmente la liquidazione dei danni riportati, senza che, come detto, occorra accertare la dinamica del sinistro, ma a condizione che siano coinvolti due veicoli (anche senza che si verifichi lo scontro tra essi) e che non ricorra un'ipotesi di caso fortuito, che non può essere ricondotta al comportamento colposo del conducente del veicolo antagonista. Pertanto, nel caso di specie non può trovare applicazione l'articolo 141 cod. ass. priv. Infatti, dalla ricostruzione del sinistro stradale operata dagli agenti della Polizia Locale intervenuti sul luogo del sinistro risulta che non vi sia stata alcuna collisione, né alcun coinvolgimento di altri veicoli rispetto alla vettura (...) già menzionata, ma che il conducente di quest'ultimo, a causa dell'assenza di illuminazione artificiale e della pioggia, non si sia accorto della presenza della rotatoria, vi sia planato sopra e abbia perso il controllo dell'autovettura, che si è capottata. Sulla base dei rilievi effettuati, infatti, è emerso che il veicolo sopra identificato "giunto in prossimità della rotonda, a causa della forte pioggia e della mancanza di illuminazione artificiale, non si avvedeva della rotonda andandoci a finire sopra ed una volta sull'erba perdeva il controllo del veicolo che saliva sulla montagnola artificiale fatta in pietra autobloccante e in parte in erba che ha funto come rampa di lancio. L'autovettura dopo il volo e vari capottamenti finiva la sua corsa prima sul prato della stessa rotonda per poi finire la sua corsa vicino al guardrail posto sulla corsia di marcia direzione Borgaro" (cfr. relazione di sinistro stradale doc. 5 parte convenuta). Alla luce dei rilievi effettuati emerge quindi che il sinistro è stato cagionato unicamente dalla guida imprudente del conducente della (...), senza il coinvolgimento di ulteriori veicoli. Ne consegue che, in assenza del coinvolgimento di due, o più, veicoli e in virtù dei presupposti per l'applicabilità dell'articolo 141 cod. ass. priv., così come ricostruiti dalla recente giurisprudenza sopra richiamata, al caso di specie non è applicabile l'articolo 141 cod. ass. priv, bensì l'articolo 144 cod. ass. priv., che consente al danneggiato di agire nei confronti dell'impresa di assicurazione del responsabile civile. Pertanto, nel caso di specie, stante l'insussistenza dei presupposti richiesti per l'operatività dell'articolo 141 cod. ass. priv., la domanda proposta nei confronti di (...) assicurazioni s.p.a. non può che essere riqualificata ai sensi dell'art. 144 cod. ass. priv. Del resto, il contraddittorio di cui all'articolo 144, terzo comma, cod. ass. priv. è stato correttamente integrato, avendone il Giudice disposto, con ordinanza del 3.6.2020, l'integrazione nei confronti di (...) s.p.a., proprietaria della (...) (cfr. comma 3 "nel giudizio promosso contro l'impresa di assicurazione è chiamato anche il responsabile del danno"). Così riqualificata la domanda, si osserva che l'articolo 144 cod. ass. priv. presuppone la prova della dinamica del sinistro, che nel caso di specie risulta non contestata e, in ogni caso, provata, nella sua materialità, alla stregua del rapporto di incidente stradale redatto dalla Polizia Locale sopra richiamato, dal quale si evince la responsabilità del conducente della (...)(...), che, stante l'orario serale e le condizioni meteo avverse, ha violato il disposto dell'art. 141, commi 2 e 3, del codice della strada, nella parte in cui si prescrive di tenere una condotta di guida prudente, che consenta di conservare il controllo del mezzo e porre in essere conseguenti manovre di emergenza e anche di regolare la velocità, ove le condizioni di visibilità non siano ottimali, in orario notturno e a chi si approssimi ad una intersezione. Nessun dubbio sussiste quindi in merito alla responsabilità di (...), conducente della (...) e, per l'effetto, del proprietario dell'autovettura (...) s.p.a. Tuttavia, occorre verificare se sussista, ed eventualmente in che misura, un concorso colposo di (...) per l'aggravamento delle conseguenze lesive del sinistro nel quale è rimasta coinvolta. A tal proposito, occorre prendere in esame l'eccezione formulata dalle parti convenute di mancato uso delle cinture di sicurezza. Come è noto, l'art. 172, comma 1, D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 205 prevede, che il conducente ed i passeggeri dei veicoli della categoria (...), dotati di carrozzeria chiusa, di cui all'art. 1, paragrafo 3, lettera a), della direttiva 2002/24/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 marzo 2002, e delle categorie (...), (...) ed (...), di cui all'articolo 47, comma 2, del presente codice, muniti di cintura di sicurezza, hanno l'obbligo di utilizzarle in qualsiasi situazione di marcia. È pacifico che l'omesso utilizzo delle cinture di sicurezza rappresenta una condotta colposa nella causazione del danno, che rileva ai sensi del combinato disposto degli artt. 2056 c.c. e 1227 c.c.: se il fatto colposo del trasportato ha concorso a cagionare il danno, il risarcimento è diminuito secondo la gravità della colpa e l'entità delle conseguenze che ne sono derivate. Il comportamento del danneggiato concorrente nella produzione dell'evento dannoso, infatti, integra il fatto colposo del danneggiato-creditore, previsto dall'art. 1227 comma 1 c.c., applicabile in tema di responsabilità extracontrattuale per il richiamo contenuto nell'art. 2056 c.c. Il comportamento del danneggiato, tuttavia, non interrompe per ciò solo il nesso causale, come eccepito dalla compagnia convenuta. Sul punto la Corte di Cassazione ha affermato che "il comportamento colpevole del danneggiato non può in ogni caso valere ad interrompere il nesso causale tra la condotta del conducente del veicolo e la produzione del danno né vale ad integrare un valido consenso alla lesione ricevuta, vertendosi in materia di diritti indisponibili. Può esservi, concorso di colpa fra le parti, con riduzione percentuale del risarcimento del danno, ma non certo esclusione totale di responsabilità in capo al conducente del veicolo e del relativo obbligo risarcitorio. La circostanza che vi sia una concausa nella produzione dell'evento di danno non esclude la concorrenza delle cause nella produzione del medesimo, né consente di ritenere interrotto legittimamente il nesso causale tra la condotta del conducente e il danno" (Cass. n. 21991 del 3 settembre 2019 e n. 2531 del 30 gennaio 2019). La circostanza che l'attrice, al momento del sinistro, non indossasse la cintura di sicurezza è desumibile, innanzitutto, dal verbale di pronto soccorso allegato in atti (v. doc. B n.2 fascicolo parte attrice), nel quale si legge "paziente trasportata sul sedile posteriore, non portava la cintura di sicurezza". Deve ritenersi che i sanitari abbiano esperito con tale riferimento una valutazione professionale, preso atto delle condizioni in cui è stata trasportata presso il nosocomio l'odierna attrice. Del resto lo stesso ctu nominato in sede di atp, dott.ssa (...), ha rilevato che "proprio perché l'auto si è capovolta il mancato allacciamento delle cinture ha potuto incidere sull'entità delle lesioni, anche se non è possibile indicare la precisa entità dell'aggravamento determinato dal mancato utilizzo delle stesse", confermando quindi la compatibilità delle lesioni riportate con il mancato utilizzo delle cinture di sicurezza e che un corretto uso delle cinture di sicurezza avrebbe limitato i danni patiti dall'attrice (cfr. relazione medico legale in sede di atp, doc. 1 fascicolo parte convenuta (...)). Inoltre, diversamente da quanto affermato dall'attrice, la dichiarazione del conducente dell'automobile circa l'utilizzo anche da parte della passeggera delle cinture di sicurezza in sede di dichiarazioni rilasciate agli agenti intervenuti e riportate nel rapporto di sinistro stradale, non può avere, né efficacia confessoria perché non proveniente dalla parte e non avente in ogni caso il contenuto di dichiarazione a sé sfavorevole, né potendo (...) essere ritenuto rispetto a circostanze afferenti la dinamica del sinistro, da lui stesso provocato, capace a testimoniare ex art. 264 c.p.c. Ne consegue che tali dichiarazioni non possono in specie assumere nemmeno il rango di elemento di prova. Al contrario quanto riferito dall'altra passeggera T.K. e riportato nella menzionata relazione di sinistro stradale versata in atti (cfr. "io ero seduta davanti e avevo la cintura allacciata") è compatibile la conclusione secondo cui l'attrice fosse, in tale frangente, priva del mezzo di contenimento, avendo la persona informata dei fatti enfatizzato proprio l'adozione da parte sua della cintura di sicurezza. L'omesso uso delle cinture di sicurezza da parte dell'attrice, pertanto, pur non consentendo di ritenere interrotto il nesso causale tra la condotta del conducente e il danno, genera quindi un'ipotesi di cooperazione nel fatto colposo, che legittima la riduzione proporzionale del risarcimento del danno in favore della vittima. Considerandosi, pertanto, l'incidenza che il mancato uso delle cinture ha avuto nel caso di specie sul verificarsi delle lesioni riportate dall'attrice, la misura del concorso colposo del danneggiato può stimarsi nella misura del 30%, sì che dovrà essere operata la relativa diminuzione rispetto alle somme riconosciute alla danneggiata a titolo risarcitorio. Affermata la responsabilità concorrente dell'attrice nella causazione del danno, occorre provvedere a liquidare i danni dalla stessa patiti. Per ciò che attiene alla liquidazione del danno alla persona connesso alle lesioni, va, preliminarmente, tenuto presente l'indirizzo assunto negli ultimi anni dalla Corte di Cassazione enunciabile, in sintesi, mediante il richiamo alla pronuncia della stessa Suprema Corte (v. sent n. 7513/2018, Cass. Civ. sent. n. 25164/2020), che ha riassunto con estrema chiarezza l'approdo giurisprudenziale al quale è pervenuta la giurisprudenza di legittimità mediante il travagliato iter susseguito alle sentenze emesse a Sezioni Unite nell'anno 2008 (Cass. SS.UU. novembre 2008 nn. 26972-26973-26974-26975). Secondo i principi enunciati, integralmente condivisi dalla scrivente Giudice "1) l'ordinamento prevede e disciplina soltanto due categorie di danni: quello patrimoniale e quello non patrimoniale. 2) Il danno non patrimoniale (come quello patrimoniale) costituisce una categoria giuridicamente (anche se non unitaria. 3) "Categoria unitaria" vuol dire che qualsiasi pregiudizio non patrimoniale sarà soggetto alle medesime regole e ad i medesimi criteri risarcitori (artt. 1223, 1226, 2056, 2059 c.c.). 4) Nella liquidazione del danno non patrimoniale il giudice deve, da un lato, prendere in esame tutte leconseguenze dannose dell'illecito; e dall'altro evitare di attribuire nomi diversi a pregiudizi identici. 5) In sede istruttoria, il giudice deve procedere ad un articolato e approfondito accertamento, in concreto e non in astratto, dell'effettiva sussistenza dei pregiudizi affermati (o negati) dalle parti, all'uopo dando ingresso a tutti i necessari mezzi di prova, opportunamente accertando in special modo se, come e quanto sia mutata la condizione della vittima rispetto alla vita condotta prima del fatto illecito; utilizzando anche, ma senza rifugiarvisi aprioristicamente, il fatto notorio, le massime di esperienza e le presunzioni, e senza procedere ad alcun automatismo risarcitorio. 6) In presenza d'un danno permanente alla salute, costituisce duplicazione risarcitoria la congiunta attribuzione d'una somma di denaro a titolo di risarcimento del danno biologico, e l'attribuzione d'una ulteriore somma a titolo di risarcimento dei pregiudizi di cui è già espressione il grado percentuale di invalidità permanente (quali i pregiudizi alle attività quotidiane, personali e relazionali, indefettibilmente dipendenti dalla perdita anatomica o funzionale: ovvero il danno dinamico-relazionale). 7) In presenza d'un danno permanente alla salute, la misura standard del risarcimento prevista dalla legge o dal criterio equitativo uniforme adottato dagli organi giudiziari di merito (oggi secondo il sistema c.d. del punto variabile) può essere aumentata solo in presenza di conseguenze dannose de/tutto anomale ed affatto peculiari. Le conseguenze dannose da ritenersi normali e indefettibili secondo l'id quod plerumque accidit (ovvero quelle che qualunque persona con la medesima invalidità non potrebbe non subire) non giustificano alcuna personalizzazione in aumento del risarcimento. 8) In presenza d'un danno alla salute, non costituisce duplicazione risarcitoria la congiunta attribuzione d'una somma di denaro a titolo di risarcimento del danno biologico, e d'una ulteriore somma a titolo di risarcimento dei pregiudizi che non hanno fondamento medico-legale, perché non aventi base organica ed estranei alla determinazione medico-legale del grado percentuale di invalidità permanente, rappresentati dalla sofferenza interiore (quali, ad esempio, il dolore dell'animo, la vergogna, la disistima di sé, la paura, la disperazione). 9) Ove sia correttamente dedotta ed adeguatamente provata l'esistenza d'uno di tali pregiudizi non aventi base medico-legale, essi dovranno formare oggetto di separata valutazione e liquidazione (come è confermato, oggi, dal testo degli artt. 138 e 139 cod. ass., così come modificati nella parte in cui, sotto l'unitaria definizione di "danno non patrimoniale", distinguono il danno dinamico relazionale causato dalle lesioni da quello "morale")". Sulla scorta di tali enunciazioni di principio, per quanto riguarda la liquidazione del danno non patrimoniale, questo giudice ritiene di dover orientare la liquidazione equitativa in base ai criteri adottati dal Tribunale di Milano con le tabelle per la liquidazione del danno non patrimoniale derivante da lesione alla integrità psico - fisica aggiornate al tempo della decisione (edizione 2021), riconosciute dalla Suprema Corte di Cassazione, in alcune recenti decisioni, quale parametro per la liquidazione equitativa del danno non patrimoniale su tutto il territorio nazionale (es. Cass. 7/6/2011 n. 12408). Nel caso di specie, va rilevato che la ctu dott.ssa (...) in sede di atp aveva accertato che a seguito dell'incidente (...) riportava "esiti frattura a 4 frammenti della testa omerale destra, frattura (...) medio della clavicola destra, frattura epitroclea gomito destro, frattura epifisi distale radio sinistro, trauma maxillo facciale ed esiti cicatriziali cutanei", che avevano determinato postumi permanenti del 32% e una limitazione della capacità lavorativa di pari grado (cfr. relazione medico legale atp, doc 1 fascicolo parte convenuta (...)). Nel presente giudizio all'esito della disposta integrazione di consulenza, la dott.ssa (...) ha confermato "un aggravamento dei postumi permanenti e dell'inabilità temporanea della danneggiata successivamente alla valutazione medico legale esperita in sede di accertamento tecnico preventivo. Detto aggravamento riguarda le conseguenze lesive eziologicamente derivanti dal sinistro per cui è causa" e ha rilevato "esiti frattura a 4 frammenti della testa omerale evoluta in necrosi con necessità di impianto protesico di spalla" (cfr. relazione medico legale del presente giudizio). La ctu ha quindi stimato che il periodo di inabilità temporanea può essere diviso in due periodi. Quanto al primo periodo di immobilizzazione con tutore ha stimato: - il danno biologico di natura temporanea in un'inabilità temporanea assoluta di giorni 3; - il danno biologico di natura temporanea in un'inabilità temporanea al 75% di giorni 40; - il danno biologico di natura temporanea in un'inabilità temporanea al 50% di giorni 80; - il grado di sofferenza morale nel periodo di inabilità temporanea in una scala da 1 a 5 in elevata. Quanto al secondo periodo di inabilità temporanea, successivo all'immobilizzazione con tutore, in cui l'attrice ha intrapreso un ciclo di terapia riabilitativa e si è sottoposta ad un intervento chirurgico, la ctu ha riscontrato che "la durata del complessivo iter clinico diagnostico - terapeutico è stato (dal 31.01.2019 al 26.03.2019) periodo che va dal primo consulto ortopedico al momento del ricovero di 53giorni a cui si aggiungono 4 mesi dal momento dell'intervento a quello della stabilizzazione dei postumi", stimando: - il danno biologico di natura temporanea in un'inabilità temporanea assoluta di giorni 3; - il danno biologico di natura temporanea in un'inabilità temporanea al 75% di giorni 50; - il danno biologico di natura temporanea in un'inabilità temporanea al 50% di giorni 120. Ha altresì stimato: - postumi permanenti nella misura di complessivi 40%; - il grado di sofferenza morale nel periodo di inabilità permanente in una scala da 1 a 5 in medio. Alla luce delle conclusioni della relazione tecnica depositata, avuto riguardo al caso concreto, tenuto conto delle lesioni, della durata dell'invalidità temporanea, dell'età della persona al momento della stabilizzazione dei postumi permanenti (26 anni) e dell'entità di questi ultimi, in via equitativa è possibile liquidare per il danno non patrimoniale la somma complessiva di Euro 303.195,00 di cui Euro 280.258,00 per postumi permanenti e di cui Euro 22.937,00 per inabilità temporanea (euro 149,00 pro die per il primo periodo di inabilità temporanea ed Euro 120,00 pro die per il secondo periodo, tenuto conto delle allegazioni della danneggiata e delle indicazioni in punto di sofferenza fornite dal ctu). L'attrice ha chiesto, altresì, il riconoscimento di una personalizzazione del danno non patrimoniale, tenuto conto che le lesioni subite hanno compromesso, sia lo svolgimento di attività ludiche e di svago (palestra, corsi di ballo, sci alpino), sia dell'attività lavorativa di collaboratrice domestica, nonché per i gravi inestetismi al volto riportati. In particolare, con particolare riferimento alla "personalizzazione" del danno non patrimoniale deve richiamarsi l'orientamento della Suprema Corte secondo cui "il grado di invalidità permanente espresso da un barème medico legale esprime la misura in cui il pregiudizio alla salute incide su tutti gli aspetti della vita quotidiana della vittima. Pertanto, una volta liquidato il danno biologico convertendo in denaro il grado di invalidità permanente, una liquidazione separato del danno estetico, alla vita di relazione, alla vita sessuale, è possibile soltanto in presenza di circostanza specifiche ed eccezionali, le quali rendano il danno concreto più grave, sotto gli aspetti indicati, rispetto alle conseguenze ordinariamente derivanti dai pregiudizi dello stesso grado sofferti da persone della stessa età. Tali circostanze debbono essere tempestivamente allegate dal danneggiato, ed analiticamente indicate nella motivazione, senza rifugiarsi in formule di stile o stereotipe del tipo 'tenuto conto della gravità delle lesioni" (Cass. 23778/2014, Cass. 28988/2019; Cass. 7513/2018). Si reputa che non possa essere riconosciuta alcuna personalizzazione del danno non patrimoniale per l'impossibilità per l'attrice di continuare a svolgere l'attività ludico-sportiva praticata in precedenza, poiché non è stata provata, né la tipologia di attività svolta in precedenza, né la frequenza con cui la stessa è stata svolta. Per quanto riguarda gli inestetismi lamentati da parte attrice, dagli accertamenti peritali compiuti dal c.t.u. sia in sede di atp che nel presente giudizio, la stessa dott.ssa (...) ha dato atto della presenza di "trauma maxillo facciale ed esiti cicatriziali cutanei" e di "un'asimmetria del volto quando sorride", nonché della presenza di menomazioni della spalla "per quanto riguarda la spalla la menomazione è evidente occasionalmente alla osservazione di persone terze quando la perizianda indossa abiti senza maniche" (cfr. relazioni medico legali). La presenza di tali lesioni soprattutto al volto, può ritenersi, accedendo ad un ragionamento presuntivo ex art. 2727 c.c., idonea a condizionare la vita dell'odierna attrice e a determinare un conseguente suo patimento e un senso di vergogna. Infatti, dalle foto di (...) ante sinistro allegate in atti da parte attrice (v. doc. Z 10-15 fascicolo di parte attrice) si desume che ella è persona attenta alla cura del corpo e all'estetica, si che gli inestetismi al volto e alla spalla devono presumersi aver arrecato un pregiudizio all'attrice, che giustifica una personalizzazione del danno non patrimoniale. Alla luce delle predette considerazioni e, tenuto conto della mancata produzione di rappresentazioni fotografiche post sinistro, si reputano sussistere motivi per provvedere ad una personalizzazione del danno, applicando un aumento del 10%, da calcolarsi sulla sola componente del danno cd. dinamico relazionale, sì che il danno non patrimoniale va liquidato in complessivi Euro 321.878,80. Nessuna altra somma deve essere riconosciuta a titolo di personalizzazione del danno non patrimoniale, non essendo stata fornita la prova di peculiari patimenti derivanti dall'impossibilità o difficoltà di eseguire specifiche attività. Quanto, invece, al danno patrimoniale lamentato, deve rilevarsi quanto segue. L'attrice sin dall'atto di citazione ha chiesto il risarcimento del danno da perdita della capacità lavorativa specifica, allegando di aver perso il proprio impiego di collaboratrice domestica e di non riuscire a reinserirsi nel mercato del lavoro a causa della tipologia delle lesioni riportate a seguito del sinistro, segnalando, in particolar modo, la difficoltà di movimento della spalla destra, che le impedisce di sollevare pesi. Sul punto occorre premettere che in conseguenza di un fatto illecito, la riduzione o la perdita della capacità lavorativa specifica può dare luogo ad un risarcimento di danno patrimoniale (da lucro cessante) qualora si accerti che il danneggiato ricaverà minori guadagni dal proprio lavoro a causa del sinistro. Difatti, in tale ipotesi di danno patrimoniale il giudice, oltre a dover accertare in quale misura la menomazione fisica abbia inciso sulla capacità lavorativa specifica (e questa, a sua volta, sulla capacità di guadagno), è tenuto altresì a verificare se e in quale misura in tale soggetto persista o residui, dopo e nonostante l'infortunio patito, una capacità ad attendere al proprio o ad altri lavori confacenti alle sue attitudini e condizioni personali e ambientali, idonei alla produzione di altre fonti di reddito, in luogo di quelle perse o ridotte, e solo nell'ipotesi in cui, in forza di detti complessivi elementi di giudizio, risulti una riduzione della capacità di guadagno e, in forza di questa, del reddito effettivamente percepito, tale ultima diminuzione è risarcibile sotto il profilo del lucro cessante (Cass. Sez. 6 - 3, Ordinanza n. 16213 del 27/06/2013). Inoltre, l'accertamento dell'esistenza di postumi permanenti incidenti sulla capacità lavorativa specifica non comporta l'automatico obbligo di risarcimento del danno patrimoniale da parte del danneggiante, dovendo comunque il soggetto leso dimostrare, in concreto, lo svolgimento di un'attività produttiva di reddito e la diminuzione, o il mancato conseguimento di questo in conseguenza del fatto dannoso (Cass. Sez. 3, Sent. n. 15238 del 03/07/2014 - Rv. 631711). Secondo quanto ribadito, anche con recenti pronunce (v. Corte Cass., sez. III, ord. n. 24209 del 2019),"il danno patrimoniale futuro, derivante da lesioni personali, va valutato su base prognostica ed il danneggiato può avvalersi anche di presunzioni semplici, sicché, provata la riduzione della capacità di lavoro specifica, se essa non rientra tra i postumi permanenti di piccola entità, è possibile presumere, salvo prova contraria, che anche la capacità di guadagno risulti ridotta nella sua proiezione futura - non necessariamente in modo proporzionale - qualora la vittima già svolga un'attività lavorativa. Ed è stato anche affermato che tale presunzione, peraltro, copre solo l'"an" dell'esistenza del danno, mentre, ai fini della sua quantificazione, è onere del danneggiato dimostrare la contrazione dei suoi redditi dopo il sinistro, non potendo il giudice, in mancanza, esercitare il potere di cui all'art. 1226 c.c., perché esso riguarda solo la liquidazione del danno che non possa essere provato nel suo preciso ammontare, situazione che, di norma, non ricorre quando la vittima continui a lavorare e produrre reddito e, dunque, può dimostrare di quanto quest'ultimo sia diminuito". Nella specie, la dott.ssa (...) ha accertato che "vi è una limitazione della capacità lavorativa la cui l'incidenza percentuale equivale al 40% (quaranta per cento). I settori nei quali può impiegare le energie residue sono tutti quei settori in cui non sono previsti sollevamenti di gravi con l'arto superiore destro (es. centralinista o altro)." Si evince quindi che, in ragione del tipo di lesioni e dell'entità delle stesse, l'evento dannoso ha inciso in maniera negativa sulla capacità lavorativa del danneggiato. A tal proposito, parte attrice ha provato che, al momento del sinistro fosse assunta con regolare contratto stipulato in data 22/04/2016 e che svolgesse la mansione di collaboratore domestico (v. doc. B/71 fascicolo parte attrice). Tuttavia, non ha dimostrato di aver subito un decremento patrimoniale a seguito dell'evento lesivo occorsole. L'odierna attrice si è infatti limitata ad allegare le buste paga relative agli anni 2011 e 2012 e la certificazione CUD del 2012 relativa all'anno 2011, non allegando alcun documento successivo al sinistro idoneo a comprovare l'effettiva perdita patrimoniale subita, né certificati di disoccupazione, né attestazioni dell'Agenzia delle Entrate di mancata presentazione delle dichiarazioni reddituali. Del resto la stessa dott.ssa (...) ha indicato come la danneggiata possa ancora eseguire mansioni analoghe a quelle di centralinista, che si reputano in astratto compatibili con lesioni ed i postumi riportati e non si reputano precluse per il solo fatto che si tratti di persona di origine ucraina, atteso che la propensione di carriera verso il mondo della moda e spettacolo (cfr. doc. Z16) deve far presumere una almeno discreta conoscenza della lingua italiana e proprietà di linguaggio e capacità di relazionarsi con le persone. Pertanto, nessuna somma può essere riconosciuta a titolo di danno da perdita di capacità lavorativa specifica. Parte attrice ha, altresì, formulato domanda di risarcimento del danno patrimoniale da perdita di chance atteso che le cicatrici e gli inestetismi al volto le hanno precluso la possibilità di impiego come modella. Sul punto si osserva che la Suprema Corte ha qualificato la perdita di chance come la concreta ed effettiva occasione favorevole di conseguire un determinato bene, che non integra una mera aspettativa di fatto, ma un'entità patrimoniale a sè stante, giuridicamente ed economicamente suscettibile di autonoma valutazione, sì che il creditore che voglia ottenere il risarcimento dei danni derivanti da detta perdita ha l'onere di provare, pur se solo in modo presuntivo o secondo un calcolo di probabilità, la realizzazione in concreto di alcuni dei presupposti per il raggiungimento del risultato sperato e impedito dalla condotta illecita della quale il danno risarcibile dev'essere conseguenza immediata e diretta (cfr. Cass. Sez. 3, Sentenza n. 1752 del 28/01/2005). Secondo la giurisprudenza il creditore ha l'onere di provare, benchè solo in modo presuntivo o secondo un calcolo di probabilità, la realizzazione in concreto di alcuni dei presupposti per il raggiungimento del risultato sperato ed impedito dalla condotta illecita della quale il danno risarcibile deve essere conseguenza immediata e diretta (cfr. Cass. Sez. 3, Sentenza n. 6488 del 14/03/2017). L'accoglimento della domanda di risarcimento del danno da lucro cessante o da perdita di "chance" esige, infatti, la prova, anche presuntiva, dell'esistenza di elementi oggettivi e certi dai quali desumere, in termini di certezza o di elevata probabilità e non di mera potenzialità, l'esistenza di un pregiudizio economicamente valutabile. Nel caso di specie, (...) non ha allegato nulla da cui possa evincersi che prima del sinistro svolgesse l'attività di modella; infatti, le fotografie versate in atti, nonché il messaggio di cui al doc. Z16 del fascicolo di parte attrice, in cui si evince l'offerta a (...) di partecipare ad un casting per la selezione di comparse retribuite, non provano che l'odierna attrice fosse una modella e che gli inestetismi al volto provocati dal sinistro le abbiano impedito di continuare a svolgere tale attività. A ben vedere i documenti allegati dall'attrice non rappresentano una prova dell'attività di modella, quanto al più sono idonei a documentare la semplice speranza di poter svolgere tale professione, speranza che, all'evidenza, non può essere qualificata come perdita di chance. Pertanto, alla luce di quanto esposto, nessuna somma può essere riconosciuta per tale voce di danno richiesta dall'attrice. Quanto alle spese mediche, il ctu ha riconosciuto in sede di accertamento tecnico preventivo la somma di Euro 6.531,75 (rivalutate alla data odierna nella misura di Euro 7.759,72), comprensive di spese fisioterapiche, a cui vanno aggiunte le spese per consulenze di parte nella misura di Euro 2.508,00 (rivalutate dal 2017 alla data odierna in Euro 2.929,39). A tali importi vanno aggiunte spese mediche e spese equiparabili (per acquisizione copia di documentazione sanitaria) per Euro 371,35 (rivalutate dalla metà del 2019 alla data odierna in Euro 427,80), non potendosi riconoscere spese per prestazioni di medicina "alternativa", o idrochinesiterapia, o ulteriori spese di cui non possa evincersi il titolo nel giustificativo. Nessuna somma può essere riconosciuta per gli interventi di chirurgia estetica perché, tenuto conto della riconosciuta personalizzazione del danno sotto quel profilo, il riconoscimento di detta voce costituirebbe fondamentalmente una duplicazione, non potendosi riconoscere simultaneamente il danno da sofferenza per le condizioni fisiche non emendate e le spese per provvedere all'eliminazione del relativo difetto. Ne deriva che, alla luce di quanto esposto, il danno complessivo sofferto dalla parte attrice in conseguenza del sinistro (euro 332.995,71) a fronte dell'accertato concorso di colpa del 30% va determinato nell'importo di Euro 233.097,00. Dall'importo indicato devono essere decurtate le somme ricevute dalla parte attrice ante causam dalle assicurazioni e dall'Inail. Sul punto occorre richiamare il principio di compensatio lucri cum damno, rispetto al quale si sono recentemente espresse le Sezioni Unite della Corte di Cassazione nelle sentenze gemelle del 2018 (n. 12564; n. 12565; n. 12566; n. 12567), chiarendo che nel procedere all'accertamento dei danni causati da un determinato fatto illecito si deve tener conto anche dei vantaggi eventualmente scaturiti dallo stesso; invero, la tutela risarcitoria deve essere finalizzata a ripristinare la situazione del danneggiato antecedente al verificarsi del fatto illecito e non deve trasformarsi in un'occasione di ingiustificato arricchimento del danneggiato. Nelle ipotesi in cui, come nel caso di specie, il danneggiato abbia già ricevuto delle somme di denaro a titolo indennitario, infatti, le Sezioni Unite della Suprema Corte con sentenza n. 12565/2018 hanno statuito che: "il danno da fatto illecito deve essere liquidato sottraendo dall'ammontare del danno risarcibile l'importo dell'indennità che il danneggiato-assicurato abbia riscosso in conseguenza di quel fatto". Tanto premesso in termini generali, nel caso di specie alle somme già percepite ante causam si applica il principio della compensatio lucri cum damno e, pertanto, le stesse devono essere sottratte in sede di liquidazione del danno nell'ipotesi in cui venga riconosciuto il diritto al risarcimento del danneggiato. Come chiarito dalla giurisprudenza di legittimità con orientamento chiaro e del tutto condivisibile ai fini dell'applicazione del principio della compensatio lucri cum damno vanno decurtate somme che facciano riferimento solo a poste omogenee di danno (Cass. Sez. L, Sentenza n. 20807 del 14/10/2016, secondo cui "In tema di liquidazione del danno biologico cd. differenziale, di cui il datore di lavoro è chiamato a rispondere nei casi in cui opera la copertura assicurativa INAIL in termini coerenti con la struttura bipolare del danno-conseguenza, va operato un computo per poste omogenee"). Alla luce delle considerazioni che precedono, ne consegue che alla somma di Euro 231.902,93 deve essere decurtata la somma di Euro 35.490,00 (pari alla somma di Euro 30.000,00, rivalutata dall'5.7.2016 - data del pagamento - alla data della presente pronuncia per consentire la sottrazione di importi omogenei), versata ante causam da (...) s.p.a. a titolo di danno non patrimoniale, così come la somma di Euro 46.840,00 (pari ad Euro 40.000,00, rivalutata dall'08.06.2017 -data del pagamento- alla data della presente pronuncia per consentire la sottrazione di importi omogenei) versata ante causam da (...) s.p.a. a titolo di danno non patrimoniale, nonché la somma di Euro 137.520,00 (pari alla somma di Euro 120.000,00, rivalutata dall'1.8.2019 - data del pagamento - alla data della presente pronuncia per consentire la sottrazione di importi omogenei in Euro). Il danno non patrimoniale va pertanto liquidato nella misura di Euro 13.247,00. Sulle somme riconosciute sono inoltre dovuti gli interessi compensativi per la ritardata corresponsione dell'equivalente pecuniario del danno, posto che, nelle obbligazioni di valore, il debitore è in mora dal momento della produzione dell'evento di danno; peraltro, avuto riguardo ai principi enunciati dalla sentenza n. 1712/1995 delle SS.UU. della Corte di Cassazione, al fine di evitare un lucro ingiustificato per il creditore, e per meglio rispettare la funzione compensativa dell'interesse legale riconosciuto sulla somma rivalutata, gli interessi devono essere calcolati non sulla somma rivalutata (o espressa in moneta attuale) al momento della liquidazione, nè sulla somma originaria, ma debbono essere computati sulla somma originaria che via via si incrementa, a partire dal livello iniziale fino a quello finale, nei singoli periodi trascorsi. Ai soli fini del calcolo degli interessi compensativi, la somma corrispondente al danno liquidato all'attualità deve essere, anzitutto, operata la devalutazione alla data del fatto (30.4.2016); l'importo così devalutato deve essere, quindi, rivalutato, secondo la variazione degli indici Istat del costo della vita per le famiglie di operai e impiegati, dalla data del fatto a quella del primo pagamento sino al 05.07.2016 (data del primo pagamento); sulla somma via via rivalutata devono essere calcolati gli interessi al tasso legale dalla data del fatto a quella del riconoscimento della somma successiva somma per poi operare la relativa decurtazione (cfr. 30.000,00 alla data del 5.7.2016) e così via per tutte le somme corrisposte (v. Euro 40.000,00 alla data dell'8.6.2017, Euro 120.000,00 alla data dell'1.8.2019). Dalla data della sentenza sono dovuti gli interessi al tasso legale sul solo importo residuo liquidato espresso in moneta attuale. Quanto al regolamento delle spese di lite del presente giudizio, l'accertato concorso di colpa di parte attrice nella misura del 30%, l'infondatezza delle pretese circa il danno da perdita di capacità lavorativa specifica e il danno da perdita di chance, nonché la mancata accettazione della proposta conciliativa formulata dal Giudice in corso di causa ex art. 185 bis c.p.c., che comporterebbe l'impossibilità di riconoscere compensi per la seconda parte dell'attività istruttoria e di quella decisoria, giustifica l'integrale compensazione delle spese di lite tra tutte le parti processuali del presente giudizio. Le spese di ctp, sostenute dalla parte attrice nel presente giudizio, devono pertanto rimanere a suo esclusivo carico. Quanto alle spese del giudizio ante causam di istruzione preventiva ricorrono le condizioni per giustificare la compensazione parziale delle spese processuali tra la parte attrice e la parte convenuta (...) assicurazioni s.p.a. nella misura del 50%. La liquidazione delle spese avviene direttamente in dispositivo, in applicazione dei parametri indicati dall'art. 4 D.M. n. 55 del 2014, tenuto conto del valore della controversia (calcolato sull'importo riconoscibile all'esito del giudizio di atp ex art. 5 del DM e tenuto conto delle somme già versate in data antecedente dalla compagnia convenuta), delle questioni trattate, nonché dell'attività difensiva concretamente svolta (fasi di studio, introduttiva e istruttoria, secondo i valori medi per il procedimento di istruzione preventiva). Le spese di c.t.u., del procedimento di atp e del presente procedimento (liquidate in corso di causa con decreto di pagamento del 21.12.2021), devono essere definitivamente poste a carico dell'attrice e della convenuta (...) assicurazioni s.p.a. nella misura del 50% ciascuna. P.Q.M. Il Tribunale di Milano, definitivamente pronunciando, ogni contraria domanda ed eccezione assorbita o rigettata, così provvede: 1. accertata la responsabilità di (...) nella determinazione del sinistro per cui è causa, occorso in V. R. (T.) in data 30.4.2016, e di (...) nella misura del 30% per il mancato utilizzo delle cinture di sicurezza, condanna (...) s.p.a. al risarcimento del 70% dei danni patrimoniali e non patrimoniali patiti dall'attrice (...), che, tenuto conto delle somme corrisposte ante causam, si liquidano in Euro 13.247,00, oltre rivalutazione monetaria e interessi, come indicati in parte motiva; 2. compensa integralmente le spese di lite del presente giudizio tra le parti; 3. compensa tra la parte attrice (...) ed (...) s.p.a. le spese di lite del procedimento di istruzione preventiva, iscritto sub r.g. n. 12814/2018, nella misura del 50% e condanna l'assicurazione convenuta a rifondere alla parte attrice il restante 50% delle spese di lite, che si liquidano in Euro 1.822,50 per compensi, Euro 148,75 per le spese, in Euro 732,00 per spese di CTP, oltre al rimborso forfettario spese generali nella misura del 15% sull'indicato compenso, oltre ad I.V.A. (se non recuperabile in virtù del regime fiscale della parte) e C.P.A., da distrarsi in favore dei procuratori dichiaratisi antistatari; 4. pone definitivamente a carico di parte attrice e della convenuta (...) s.p.a. le spese di c.t.u del presente giudizio e del procedimento di istruzione preventiva r.g. n. 12814/2018, come rispettivamente liquidate, nella misura del 50% ciascuna. Così deciso in Milano il 15 marzo 2023. Depositata in Cancelleria il 17 marzo 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO di MILANO SEZIONE QUINDICESIMA SPECIALIZZATA IMPRESA "B" Il Tribunale, in composizione collegiale nelle persone dei seguenti magistrati: dott. Angelo Mambriani Presidente dott. Daniela Marconi Giudice dott. Maria Antonietta Ricci Relatore ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di I Grado iscritta al n. 40910/2020 R.G. promossa da: COMUNE DI BRENTA (C.F. 00528310121), con il patrocinio dell'avv. (...), elettivamente domiciliato in VIA (...) VARESE presso il difensore avv. (...) PARTE ATTRICE contro (...) (C.F. (...)), con il patrocinio dell'avv. (...) elettivamente domiciliato in VIA (...) 23900 LECCO presso il difensore avv. (...) già con il patrocinio dell'avv. (...), elettivamente domiciliati presso il suo studio in Milano, via (...). PARTE CONVENUTA CONCLUSIONI Per parte attrice COMUNE DI BRENTA NEL MERITO: rigettata ogni avversaria eccezione e conclusione, ed accertata l'estinzione della società (...) S.r.l. in liquidazione, con sede in Milano via (...), c.f./p.i.: (...)=, e l'assenza di un bilancio di liquidazione, accertare e dichiarare che il complesso immobiliare sito nel Comune di Brenta censito nelle mappe e nei registri catastali del predetto Comune C.F. al foglio (...) particelle (...) ed annesso terreno identificato al C.T. al foglio 9 particelle n. (...) particelle nn. (...) è divenuto di proprietà dei soci (...), nato a Valganna (VA) il (...) e residente a Milano via (...), (...), nato il (...) a Cunardo (VA) e residente a Milano via (...), e (...) nato il (...) a Cunardo e residente a Cugliate Fabiasco (VA) via (...), ovvero subordinatamente in via esclusiva del predetto (...), ordinando la trascrizione dell'emananda sentenza presso la Conservatoria dei Registri immobiliari competente. Con vittoria di spese e compensi professionali. Per i convenuti (...), (...) e (...) Il sig. (...) rassegna le seguenti conclusioni In via preliminare Accertare e dichiarare l'incompetenza a giudicare sulla domanda attorea del Tribunale di Milano e rimettere le parti dinanzi al Tribunale competente, ovvero innanzi al Tribunale di Varese; Accertare e dichiarare la improcedibilità della domanda ai sensi dell'art. 5, primo comma, del D.Lgs. n. 28/2010; Nel merito Rigettare le domande tutte spiegate dal Comune di Brenta nei confronti degli odierni comparenti, in quanto infondate in fatto e in diritto per le ragioni meglio esposte in narrativa. In ogni caso Con vittoria di spese e competenze del presente giudizio, oltre rimborso forfettario ed accessori di legge. RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE Il Comune di BRENTA ha chiamato in giudizio gli ex soci della s.r.l. (...), società dichiarata fallita dal Tribunale di Milano nel 2008, titolare di un compendio immobiliare individuato dalla Regione Lombardia fra i siti contaminati per i quali è urgente procedere a opere di bonifica, esponendo che: - il curatore del fallimento (...) era stato autorizzato a rinunciare alla liquidazione del compendio immobiliare; - il fallimento veniva chiuso con decreto del 20 settembre 2018 e in data 9 ottobre 2018 veniva iscritta nel Registro delle Imprese la cancellazione della società (...) s.r.l.. Assume parte attrice che, a seguito della cancellazione della s.r.l., i soci sono divenuti titolari del compendio immobiliare e fra essi: - (...) s.n.c. di (...), a sua volta cancellata dal Registro delle Imprese in data 10 febbraio 2010; - (...); - (...). È interesse del Comune di BRENTA ottenere una sentenza di accertamento della titolarità in capo ai convenuti (...), (...) e (...) del compendio immobiliare di cui sopra, al fine dell'individuazione del soggetto destinatario degli ordini di bonifica, secondo quanto previsto dal Regolamento della Regione Lombardia n. 2/2012 nonché dagli articoli 242 e seguenti del D.Lgs. n. 152/2006. (...) Con unico atto si sono costituiti in giudizio (...), (...) e (...), i quali dopo aver ripercorso le vicende societarie della (...), hanno eccepito: - l'incompetenza del Tribunale di Milano, essendo competente per materia ai sensi dell'articolo 21 c.p.c. il giudice del luogo in cui si trova l'immobile, ovvero il Tribunale di Varese; - l'improcedibilità della domanda per omesso esperimento del procedimento di mediazione obbligatoria ex art. 5 D.Lgs. 4 marzo 2010 n. 28; - nel merito, l'infondatezza della domanda, assumendo la contrarietà ai principi dell'ordinamento di un fenomeno successorio, inter vivos, operante senza l'assenso delle parti interessate; dunque negando che si sia mai prodotta alcuna successione della titolarità dell'immobile dalla società nei loro confronti. All'esito della prima udienza, che si è svolta nelle forme della trattazione scritta, sono stati concessi i termini di cui all'art. 183 sesto comma c.p.c.. Il Comune di BRENTA non ha depositato la memoria n. 1; nella seconda memoria, ha preso posizione sulle eccezioni preliminari formulate da controparte. I convenuti nelle memorie intermedie hanno ribadito le proprie difese, eccependo l'inammissibilità e l'inutilizzabilità delle difese svolte dal Comune solo con memoria n. 2, a fronte di eccezioni preliminari già poste con la comparsa di costituzione dei medesimi e ribadite in prima udienza. Nessuna delle parti ha avanzato richieste istruttorie. La causa è stata rinviata per la precisazione delle conclusioni e rimessa quindi al Collegio per la decisione, all'udienza del 25 ottobre 2022, sulle conclusioni come riportate in epigrafe, previo scambio di comparse conclusionali e repliche. All'esito del contraddittorio, il Tribunale reputa che la domanda sia fondata e meriti accoglimento. In primo luogo, va disattesa l'eccezione d'incompetenza per territorio, poiché la domanda svolta dal Comune di BRENTA involge profili esclusivamente "societari", attinenti alla corretta applicazione della disciplina che regola l'estinzione delle società e la vicenda "successoria" che si verifica fra l'ente e i soci, nel caso in cui residuino poste attive nel patrimonio sociale. La materia ricade a pieno titolo nella previsione di cui all'art. 3 D.Lgs. 168/2003, in base al quale le Sezioni specializzate in materia di impresa sono funzionalmente competenti - tra l'altro - per le cause ed i procedimenti "relativi a rapporti societari, ivi compresi quelli concernenti l'accertamento, la costituzione, la modificazione o l'estinzione di un rapporto societario". Va considerato inoltre che ai sensi del comma 3 di tale articolo "le sezioni specializzate sono altresì competenti per le cause e i procedimenti che presentano ragioni di connessione" con quelli relativi a rapporti societari. I medesimi argomenti valgono altresì a escludere che la causa possa rientrare fra le materie per le quali l'art. 5 D.Lgs. 4 marzo 2010 n. 28 prevede la mediazione come causa di improcedibilità della domanda, non avendo la domanda proposta dal Comune di BRENTA natura propriamente petitoria. Quanto al merito, il Tribunale ritiene corretto il richiamo fatto dal Comune di BRENTA ai principi affermati dalla Corte di Cassazione a Sezioni Unite con le note sentenze n. 6070, 6071 e 6072 del 12 marzo 2013, laddove è stato sottolineato come il legislatore della riforma, introducendo nel secondo comma dell'art. 2495 c.c. l'inciso iniziale "Ferma restando l'estinzione della società", ha introdotto una rilevante innovazione in quanto, una volta terminata la liquidazione con il deposito del bilancio finale, alla cancellazione dal registro delle imprese dell'ente consegue, con effetto costitutivo, l'estinzione dell'ente stesso, sicché i rapporti ancora pendenti devono essere regolati secondo un meccanismo che ben può definirsi, sia pure in senso lato, successorio, in forza del quale alla società - orami estinta irreversibilmente - subentrano i (cessati) soci. Si legge infatti nella motivazione della Sentenza n. 6070: - "qualora all'estinzione della società, di persone o di capitali, conseguente alla sua cancellazione dal registro delle imprese, non corrisponda il venir meno di ogni rapporto giuridico facente capo alla società estinta, si determina un fenomeno di tipo successorio, in virtù del quale: - a) le obbligazioni si trasferiscono ai soci, i quali ne rispondono, nei limiti di quanto riscosso a seguito della liquidazione o illimitatamente, a seconda che, pendente societate, essi fossero o meno illimitatamente responsabili per i debiti sociali; - b) si trasferiscono del pari ai soci, in regime di contitolarità o di comunione indivisa, i diritti ed i beni non compresi nel bilancio di liquidazione della società estinta; - ma non anche le mere pretese, ancorché azionate o azionabili in giudizio, - né i diritti di credito ancora incerti o illiquidi la cui inclusione in detto bilancio avrebbe richiesto un'attività ulteriore (giudiziale o extragiudiziale) il cui mancato espletamento da parte del liquidatore consente di ritenere che la società vi abbia rinunciato". Più nello specifico, nella sentenza si legge che "sono state prospettate tanto l'ipotesi di una successione dei soci, per certi versi analoga a quella che si è visto operare per i residui e le sopravvenienze passive, quanto l'ipotesi che i beni ed i diritti non liquidati vengano a costituire un patrimonio adespota, assimilabile alla figura dell'eredità giacente, per la gestione e la rappresentanza del quale qualunque interessato potrebbe chiedere al giudice la nomina di un curatore speciale in applicazione analogica dell'art. 528 c.c. e segg.. Quest'ultima soluzione non è però persuasiva. Troppo dissimili appaiono, infatti, i presupposti sui quali riposa l'istituto dell'eredità giacente, e non vi sono ragioni che impongano di ricorrere ad esso in presenza di altre più plausibili ipotesi ricostruttive. Il subingresso dei soci nei debiti sociali, sia pure entro i limiti e con le modalità cui sopra s'è fatto cenno, suggerisce immediatamente che anche nei rapporti attivi non definiti in sede di liquidazione del patrimonio sociale venga a determinarsi un analogo meccanismo successorio. Se l'esistenza dell'ente collettivo e l'autonomia patrimoniale che lo contraddistingue impediscono, pendente societate, di riferire ai soci la titolarità dei beni e dei diritti unificati dalla destinazione impressa loro dal vincolo societario, è ragionevole ipotizzare che, venuto meno tale vincolo, la titolarità dei beni e dei diritti residui o sopravvenuti torni ad essere direttamente imputabili a coloro che della società costituivano il sostrato personale. Il fatto che sia mancata la liquidazione di quei beni o di quei diritti, il cui valore economico sarebbe stato altrimenti ripartito tra i soci, comporta soltanto che, sparita la società, s'instauri tra i soci medesimi, ai quali quei diritti o quei beni pertengono, un regime di contitolarità o di comunione indivisa, onde anche la relativa gestione seguirà il regime proprio della contitolarità o della comunione" (1). I medesimi principi sono stati ribaditi da Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 13921 del 22/05/2019; Cass. Sez. L, Sentenza n. 19580 del 04/08/2017; Cass. Sez. 5, Sentenza n. 2 del 04/01/2022. Va inoltre rammentato che la disciplina societaria ammette, sia pur implicitamente, la possibilità della cancellazione di una società anche in presenza di attivo, dal momento che l'art. 2490, sesto comma, c.c. prevede la cancellazione d'ufficio delle società che non hanno depositato per tre anni consecutivi il bilancio, sicché il fenomeno lato sensu successorio, ben ricostruito dal Supremo collegio, si pone come unico strumento, fra quelli rinvenibili nel nostro ordinamento, idoneo a regolare i rapporti ancora pendenti al momento dell'estinzione dell'ente e a fornire adeguata tutela all'interesse dei terzi a disporre di un criterio certo per l'individuazione del soggetto (persona fisica o giuridica) cui fare riferimento per la gestione di tali rapporti. Venendo al caso di specie, è pacifico, e documentato (doc. 5, 6 e 7), che il compendio immobiliare oggetto di causa è stato acquisito all'attivo del fallimento (...) s.r.l.. Risulta altresì documentato che il curatore di quel fallimento è stato autorizzato dal comitato dei creditori a rinunciare alla liquidazione di tale bene (cfr. seconda relazione semestrale 2017 e rendiconto di gestione - doc. 9 e 10). A mente dell'art. 104 ter, comma ottavo legge fallimentare, il curatore può essere autorizzato a "non acquisire all'attivo, ovvero a rinunciare a liquidare uno o più beni, se l'attività di liquidazione appaia manifestamente non conveniente". In questo caso la norma prevede espressamente che i beni vengono "rimessi nella disponibilità del debitore" (ovvero della società) e i creditori possono iniziare azioni esecutive individuali su quei beni. Dunque, non vi è dubbio che al momento della chiusura del fallimento e della cancellazione della società (...) s.r.l. la liquidazione concorsuale non si era compiuta, né (invero) avrebbe potuto diversamente compiersi, e il compendio immobiliare che qui interessa faceva ancora parte del patrimonio sociale. In applicazione dei principi sopra menzionati, al momento della cancellazione della società coloro che risultano essere soci subentrano - una volta venuto meno l'ente titolare di beni immobili - nella titolarità o meglio nella comproprietà indivisa dei medesimi, senza ovviamente che tale fenomeno "successorio" necessiti, per perfezionarsi, di alcuna manifestazione di adesione o consenso da parte dei soggetti interessati (e ciò indipendentemente dagli effetti che derivino da tale acquisizione). Al momento della chiusura del fallimento della (...) s.r.l. a Registro imprese risultavano iscritti i seguenti soci: - (...), nato il (...) a Cunardo (VA) e residente a Milano via (...); - (...) nato il (...) a Cunardo e residente a Cugliate Fabiasco (VA) via (...); - (...) s.n.c. di (...), - società a sua volta cancellata dal Registro delle imprese fin dal 10 febbraio 2010, quando già aveva come unico socio (...) (cfr. visura doc. 4), nato a Valganna (VA) il (...) e residente a Milano via (...). Pertanto, in base ai principi di diritto sopra esposti, il compendio immobiliare oggetto di causa al momento della cancellazione della società (...) s.r.l. dal Registro imprese è passato nella contitolarità indivisa di (...), (...) e (...). La domanda principale proposta dal Comune di BRENTA deve trovare dunque pieno accoglimento. La presente sentenza costituisce titolo per la trascrizione dell'avvenuto trasferimento presso i Registri Immobiliari. Le spese di lite, in base al principio della soccombenza, sono poste a carico dei convenuti, previa liquidazione come in dispositivo sulla base della domanda. P.Q.M. Il Tribunale di Milano, Sezione specializzata in materia di imprese, in composizione collegiale, definitivamente pronunciando nella causa iscritta al n. 40910/2020 R.G., ogni diversa istanza ed eccezione disattesa o assorbita, così dispone: - in accoglimento della domanda del COMUNE DI BRENTA accerta e dichiara che i convenuti: - (...), nato il (...) a Cunardo (VA) e residente a Milano via (...), - (...) nato il (...) a Cunardo e residente a Cugliate Fabiasco (VA) via (...), - (...), nato a Valganna (VA) il (...) e residente a Milano via (...) sono subentrati alla società (...) s.r.l. in liquidazione nella proprietà indivisa delle seguenti unità immobiliari: - Fabbricati censiti nel Catasto del Comune di Brenta, al foglio (...), particelle numeri: (...); - Terreni censiti al Catasto Terreni del Comune di Brenta al foglio (...) particelle n. (...); - condanna i convenuti in solido a rifondere a parte attrice le spese legali che si liquidano in euro 545,00 per esborsi, euro 7.616,00 per compensi, oltre spese generali al 15% sul secondo importo, IVA e CPA come per legge. Così deciso in Milano, nella camera di consiglio del 16 marzo 2023. (1) Neretto e sottolineature aggiunte.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO di MILANO DECIMA CIVILE Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. Damiano Spera ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 3628/2020 promossa da: (...) (C.F. (...)), rappresentato e difeso dall'avvocato (...), nonché dall'avvocato (...) 20121 MILANO; ATTORE contro COMUNE DI MILANO (C.F. 01199250158), rappresentato e difeso dall'avvocato (...) nonché dall'avvocato (...) 20122 MILANO; (...) 20122 MILANO; (...) S.R.L. (C.F. (...)), rappresentata e difesa dall'avvocato (...) CONVENUTI (...) (C.F. (...)), con il patrocinio dell'avv. (...) e dell'avv. (...) 20123 MILANO, elettivamente domiciliato in PIAZZALE (...) 20123 MILANO presso il difensore avv. (...) (...) CHE HANNO ASSUNTO IL RISCHIO DEL CERTIFICATO N. (...) (C.F. (...)), con il patrocinio dell'avv. (...), elettivamente domiciliato in VIA (...) 20123 MILANO presso il difensore avv. (...) TERZE CHIAMATE CONCLUSIONI All'udienza di precisazione delle conclusioni in data 31.01.2023 le parti concludevano come da verbale di causa. Concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione 1. Con atto di citazione ritualmente notificato (...) conveniva in giudizio la ditta (...) s.r.l. e il Comune di Milano per sentirli condannare ai sensi degli artt. 2043 e 2051 c.c., anche in via solidale tra loro, al risarcimento di tutti i danni patiti a seguito del sinistro occorsogli tra la sera del 31.12.2018 e la mattina del 01.01.2019, presso la propria abitazione, sita al primo piano del Condominio di via (...), Milano. Esponeva l'attore che in quelle circostanze di tempo e di luogo, durante l'assenza dello stesso dalla propria abitazione, si verificava una intrusione di sconosciuti nell'appartamento attraverso la manomissione della porta finestra del balcone della camera da letto; gli sconosciuti avrebbero, quindi, divelto la cassaforte collocata nella camera da letto dell'attore asportandone i preziosi ivi contenuti. L'intrusione degli sconosciuti nell'appartamento dell'attore veniva resa possibile per mezzo di un ponteggio installato dalla ditta appaltatrice di lavori di rifacimento della facciata del plesso scolastico di via (...) che si estendevano per tutto il muro perimetrale dell'edificio, sino ad insistere sul muro condominiale e, in particolare, il predetto ponteggio era aderente al balcone dell'appartamento dell'attore (cfr. doc. 2 atto di citazione). Tali lavori erano stati commissionati dal Comune di Milano all'esito di apposita gara d'appalto, aggiudicata all'impresa (...) s.r.l. A seguito dell'evento di cui è causa, intervenivano in loco gli Agenti di Polizia, i quali redigevano apposito verbale (cfr. doc. 4 atto di citazione). Instauratosi il contraddittorio, si costituivano tempestivamente in giudizio la ditta (...) s.r.l. e il Comune di Milano, chiedendo in via principale il rigetto delle domande proposte da parte attrice. Il convenuto Comune di Milano, inoltre, chiedeva autorizzazione alla chiamata in causa delle proprie Compagnie Assicuratrici e formulava, altresì, domanda in garanzia nei confronti delle predette chiedendo che, queste ultime, in ipotesi di condanna, fossero tenute a pagare direttamente all'attore gli eventuali indennizzi dovuti. Autorizzata da questo Giudice la chiamata delle compagnie assicuratrici, si costituivano con separate comparse la (...), e "(...) che hanno assunto il rischio del certificato N. (...)", le quali si associavano nel merito alle difese svolte dal convenuto Comune di Milano, concludendo per il rigetto delle domande attoree. All'udienza del 16.02.2021 le parti concordemente chiedevano concedersi i termini ex art. 183, co. 6, c.p.c. Il Giudice, con provvedimento del 09.06.2021, ammetteva parzialmente le istanze istruttorie. All'esito dell'istruttoria, all'udienza del 31.01.2023, le parti precisavano le conclusioni e la causa veniva trattenuta in decisione con la concessione dei termini di legge per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica. 2. In via preliminare, sull'eccezione di difetto di legittimazione attiva in capo all'attore. La convenuta (...) s.r.l. nei propri scritti difensivi eccepisce il difetto di legittimazione attiva in capo all'attore, adducendo che lo stesso non sia proprietario dell'immobile in cui è avvenuto l'evento di cui è causa. Infatti, dalla documentazione versata in atti risulta che la proprietà dell'immobile appartenga alla società (...) s.r.l. (doc. 1 fascicolo attore), con la conseguenza che deve escludersi qualsiasi presunzione in merito all'appartenenza dei beni, in capo all'attore, presenti nell'appartamento al momento del furto. Orbene, ritiene questo Giudice che l'eccezione sia priva di pregio. In particolare, dalla documentazione prodotta risulta acclarato che l'attore detiene in via esclusiva l'appartamento sito in Via (...), in forza di contratto di comodato stipulato con la Società (...) s.r.l. di cui il (...) è socio unico ed amministratore (doc. 15 fascicolo attore). Inoltre, la pretesa azionata in giudizio dall'attore nei confronti degli odierni convenuti costituisce un'azione risarcitoria da illecito extracontrattuale, di talché non rileva il fatto che l'attore non sia diretto proprietario dell'appartamento in cui è avvenuto il furto. 2.1. Sull'eccezione di difetto di legittimazione passiva in capo al Comune di Milano si osserva quanto segue. Il convenuto Comune di Milano, sia in comparsa di costituzione che nelle memorie conclusionali, eccepisce il proprio difetto di legittimazione passiva, sulla base della considerazione che laddove l'evento sinistroso (i.e. furto) sia stato reso possibile grazie alla presenza di impalcature installate dall'appaltatore (i.e. (...) s.r.l.) per l'effettuazione di lavori edili, debba escludersi la possibilità di attribuire automaticamente al committente la responsabilità ex art. 2051 c.c. Ritiene, quindi, il convenuto Comune di Milano che solo per il fatto di aver correttamente individuato l'appaltatore, a mezzo di procedura ad evidenza pubblica, ed aver vigilato nel corso dell'esecuzione dell'opera, siano circostanze idonee a fondare il proprio difetto di legittimazione passiva. Ebbene, ritiene questo Giudice che l'eccezione non meriti accoglimento. Parte attrice, nel caso di specie, ha esplicitamente indicato nell'atto introduttivo il Comune di Milano, insieme alla società (...) s.r.l. per altro titolo di responsabilità, quale soggetto tenuto al risarcimento del danno, in quanto custode della res che ha causato, o comunque agevolato, l'intrusione di sconosciuti nell'appartamento dell'attore. In particolare, l'attore fonda il titolo di responsabilità in capo al Comune di Milano sulla base della considerazione, tra le altre, che le pubbliche amministrazioni sono investite dell'obbligo di custodia in relazione all'esecuzione di lavori di pubblico interesse. Inoltre, come chiarito dalle Sezioni Unite della Suprema Corte "la legittimazione ad agire attiene al diritto di azione, che spetta a chiunque faccia valere in giudizio un diritto assumendo di esserne titolare. La sua carenza può essere eccepita in ogni stato e grado del giudizio e può essere rilevata d'ufficio dal giudice. Cosa diversa dalla titolarità del diritto ad agire è la titolarità della posizione soggettiva vantata in giudizio. La relativa questione attiene al merito della causa. La titolarità della posizione soggettiva è un elemento costitutivo del diritto fatto valere con la domanda, che l'attore ha l'onere di allegare e di provare. Può essere provata in positivo dall'attore, ma può dirsi provata anche in forza del comportamento processuale del convenuto, qualora quest'ultimo riconosca espressamente detta titolarità oppure svolga difese che siano incompatibili con la negazione della titolarità (Cass. Civ., Sez. Un., sentenza 16 febbraio 2016 n. 2951). Ne consegue che, avendo la parte attrice sin da subito identificato il Comune di Milano come titolare della posizione giuridica sostanziale dedotta in giudizio (insieme alla posizione giuridica sostanziale in capo alla società (...) s.r.l.) deve ritenersi sussistente la legittimazione passiva di quest'ultimo, mentre la valutazione circa la sua responsabilità per gli eventuali danni cagionati alla parte attrice integra questione di merito. 3. Con riferimento all'an debeatur, ritiene questo Giudice che la domanda dell'attore meriti accoglimento nei limiti e per le ragioni che seguono. Anzitutto, appare opportuno ricostruire la dinamica del sinistro di cui è causa nella misura in cui questo Giudice ritiene sia stata raggiunta la prova. In particolare, dai documenti prodotti e dall'espletata istruttoria, risulta provato che: - l'attore è comodatario dell'appartamento sito in Via (...), Milano, al primo piano del complesso condominiale ivi insistente; - l'edificio de quo confina con il plesso scolastico di Via (...) ove erano stati avviati dei lavori di rifacimento della facciata, a partire dal mese di dicembre 2018, che interessavano tutta la facciata, e dunque tutto il muro perimetrale, di Via (...); - i ponteggi ivi installati aderivano, dunque, al Condominio e, in particolare, all'appartamento dell'attore - in corrispondenza del balcone della camera da letto, come da fotografie sub doc. 2 e 25 fascicolo attoreo; - tra la sera del 31.12.2018 (ore 21.47 circa) e le prime ore del 01.01.2019 (ore 00.06 circa), si è verificato un furto nell'appartamento dell'attore (cfr. doc. 13 Questura di Milano - fascicolo convenuta (...) s.r.l.); in particolare, degli sconosciuti vi facevano irruzione in quel lasso di tempo in cui non era presente nessuno nell'abitazione; - la sig.ra (...) - domestica del sig. (...) come si evince dal doc. 16 fascicolo attoreo - ha confermato nel corso dell'istruttoria orale di aver lasciato l'appartamento alle ore 19 circa del 31.12.2018 e di avervi fatto rientro alle ore 09/10 del 01.01.2019. Nel verbale di udienza del 24.11.2021, risulta la seguente dichiarazione testimoniale della sig.ra (...): "il 31 dicembre lasciai l'appartamento verso le 19:00 e rientrai tra le 9:00/10:00 di giorno 1° gennaio"; la sig.ra (...) ha, inoltre, dichiarato di aver correttamente chiuso, con l'inserimento delle mandate, la porta nel momento in cui ha lasciato l'appartamento e di averla trovata, il giorno seguente, chiusa ma senza le mandate inserite. Nella medesima udienza, la teste ha così precisato: "Quando lasciai l'appartamento chiusi la porta, tutto l'appartamento e anche tutte le finestre. Quando rientrai al mattino nell'appartamento costatai che la porta d'ingresso era chiusa, ma non a chiave. Io cercai di aprire la porta con le chiavi e capii che la serratura non funzionava e allora ho aperto la porta senza chiave"; tale circostanza risulta confermata dal verbale redatto dagli Agenti di Polizia intervenuti in loco (doc. 4 fascicolo attoreo) chiamati dal fratello del sig. (...) giunto sul posto a seguito della chiamata ricevuta dalla sig.ra (...); - gli agenti intervenuti in loco hanno potuto acclarare che la porta finestra sita nel balcone della camera da letto presentava numerosi segni di effrazione, mentre la porta di ingresso risultava priva di mandate ma senza alcun segno di effrazione; la cassaforte incassata a muro presente nella camera da letto era stata divelta e i preziosi ivi contenuti erano stati asportati (verbale polizia doc. 4 fascicolo attoreo); - l'attore sporgeva formale denuncia sub doc. 18 di quanto accaduto; - dalle riprese video - estratte dalla questura di Milano al fine di procedere con le indagini del caso - e dalla relazione redatta si evince che gli sconosciuti si siano introdotti nell'appartamento del (...) alle ore 21.30 circa del 31.12.2018; in particolare, avrebbero usufruito del ponteggio adiacente il balcone della camera da letto dell'attore per forzare la porta finestra ed accedere all'appartamento; uno dei malviventi, avrebbe quindi aperto la porta - inchiavata dall'esterno, ma apribile dall'interno senza la necessità di introdurvi alcuna chiave cfr. foto sub doc. 28 n. 205 fascicolo attoreo - al fine di permettervi l'ingresso agli altri correi; a quel punto avrebbero proceduto con lo scasso della cassaforte e con l'asporto della refurtiva; alle ore 00.06 del 01.01.2019, i tre malviventi si sarebbero dunque allontanati dall'appartamento dell'attore con dei borsoni in spalla, indossando dei cappellini per evitare di essere riconosciuti, contenenti i preziosi contenuti nella cassaforte; fino alle 00:11, un correo (probabilmente il "palo") transitava a piedi, avanti e indietro, lungo la via (...) (cfr. doc. 13 fascicolo (...) s.r.l.); - il procedimento penale aperto a carico di ignoti per furto in abitazione non aveva seguito a causa dell'impossibilità di identificare i malviventi (doc. 13 fascicolo (...) s.r.l.). Alla luce delle risultanze probatorie, può dunque considerarsi acclarata la prova del fatto storico e la dinamica del sinistro. 3.1. In punto di responsabilità, occorre distinguere le posizioni giuridiche dei convenuti. Per quanto concerne il convenuto Comune di Milano, si osserva quanto segue. Dalla documentazione versata in atti si evince che, mediante deliberazione di Giunta Comunale n. 2283/2016 del 29.12.2016, veniva approvato il progetto definitivo dell'Accordo Quadro relativo ai lavori di manutenzione ordinaria a chiamata negli edifici scolastici e socioassistenziale, rientrante nel Piano Triennale Opere Pubbliche 2016-2018 (doc. 1 comparsa di costituzione Comune di Milano). A seguito di apposita procedura di gara ad evidenza pubblica, i lavori venivano aggiudicati alla ditta (...) s.r.l. e, di conseguenza, veniva stipulato e sottoscritto il relativo contratto ed i contratti applicativi sub docc. 3-8. Il ponteggio installato dalla ditta (...) s.r.l. veniva rimosso definitivamente nel mese di marzo 2019. L'attore afferma che il Comune di Milano sia responsabile dell'evento di cui è causa a norma dell'art. 2051 c.c., responsabilità da cose in custodia. Giova premettere che, per consolidato orientamento della Corte di Cassazione, l'art. 2051 c.c. configura un'ipotesi di responsabilità oggettiva che prescinde da qualunque connotato di colpa. Il tema della responsabilità ex art. 2051 c.c. è stato oggetto di dibattito in dottrina ed è stato nel tempo affrontato più volte in giurisprudenza. Da ultimo, ci sono stati importanti arresti della Corte di Cassazione, dapprima con la sentenza della terza sezione civile 11 luglio-31 ottobre 2017, n. 25837, poi con le sentenze gemelle della stessa sezione 16 novembre 2017-1° febbraio 2018, n. 2480, n. 2481 e n. 2482. In particolare, con le citate sentenze gemelle del 1° febbraio 2018 la Suprema Corte ha poi precisato che: a) "l'art. 2051 c.c., nel qualificare responsabile chi ha in custodia la cosa per i danni da questa cagionati, individua un criterio di imputazione della responsabilità che prescinde da qualunque connotato di colpa, sicché incombe al danneggiato allegare, dandone la prova, il rapporto causale tra la cosa e l'evento dannoso, indipendentemente dalla pericolosità o meno o dalle caratteristiche intrinseche della prima"; b) "la deduzione di omissioni, violazioni di obblighi di legge di regole tecniche o di criteri di comune prudenza da parte del custode rileva ai fini della sola fattispecie dell'art. 2043 c.c., salvo che la deduzione non sia diretta soltanto a dimostrare lo stato della cosa e la sua capacità di recare danno, a sostenere allegazione e prova del rapporto causale tra quella e l'evento dannoso"; c) "il caso fortuito, rappresentato da fatto naturale o del terzo, è connotato da imprevedibilità ed inevitabilità, da intendersi però da un punto di vista oggettivo e della regolarità causale (o della causalità adeguata), senza alcuna rilevanza della diligenza o meno del custode; peraltro le modifiche improvvise della struttura della cosa incidono in rapporto alle condizioni di tempo e divengono, col trascorrere del tempo dall'accadimento che le ha causate, nuove intrinseche condizioni della cosa stessa, di cui il custode deve rispondere. Spetta dunque all'attore provare il nesso di causa tra la cosa in custodia e l'evento dannoso allegato secondo il disposto dell'art. 2697 cod. civ., oltreché la qualità di custode vigente in capo al convenuto. Orbene, questo Giudice ritiene che l'attore abbia correttamente assolto al proprio onere probatorio avendo dimostrando nel presente giudizio gli elementi costitutivi della responsabilità ex art. 2051 c.c., per preservare il Comune un potere di custodia nei confronti della res, non essendo sufficiente a recidere tale legame la stipula di un contratto di appalto con la ditta aggiudicataria, e per aver costituito l'installazione dell'impalcatura la causa del furto avvenuto nell'appartamento dell'odierno attore. In particolare, questo Giudice ritiene di condividere l'orientamento giurisprudenziale, sancito da Sez. 3, Sentenza n. 4591 del 22/02/2008, che sancisce una responsabilità concorrente tra committente (PA) ed appaltatore, ritenendo che: "In tema di risarcimento del danno, con riferimento all'appalto di opere pubbliche, gli specifici poteri di autorizzazione, controllo ed ingerenza della P.A. nella esecuzione dei lavori, con la facoltà, a mezzo del direttore, di disporre varianti e di sospendere i lavori stessi, ove potenzialmente dannosi per i terzi, escludono ogni esenzione da responsabilità per l'ente committente". (Nella specie la S.C., sulla scorta dell'enunciato principio, ha cassato la sentenza impugnata con cui era stata esclusa la corresponsabilità dell'ente comunale committente con la ditta appaltatrice in ordine ai danni subiti dalla ricorrente in seguito ad un furto consumato nella sua abitazione agevolato dall'installazione di alcuni ponteggi posti a servizio delle opere da svolgersi su un attiguo edificio comunale con restrizione della via pubblica ed appoggiati a ridosso del palazzo di cui faceva parte l'appartamento in cui si erano introdotti i ladri). Di recente, tale orientamento è stato confermato da Cass. civ. ord. n. 26691/2018, la quale seppur con riferimento al committente condominio, si è posta in linea di continuità rispetto a quanto sancito dalla Suprema Corte nel 2008, affermando che: "In ipotesi di furto in appartamento condominiale, commesso con accesso dalle impalcature installate in occasione della ristrutturazione dell'edificio, è configurabile una responsabilità dell'imprenditore ex art. 2043 c.c., per omessa ordinaria diligenza nella adozione delle cautele idonee ad impedire l'uso anomalo dei ponteggi, nonché la responsabilità del condominio ex art. 2051 c.c. per omessa vigilanza e custodia cui è obbligato in qualità di soggetto che ha disposto il mantenimento della struttura". In definitiva, il contratto di appalto costituisce lo strumento tecnico-giuridico per la realizzazione in concreto dell'opera oggetto dei lavori e non permette, invece, ex se il trasferimento della qualità di custode e della responsabilità ai sensi dell'art. 2051 c.c. in capo alla società appaltatrice. Pertanto, deve ritenersi acclarata la responsabilità ai sensi dell'art. 2051 c.c. del convenuto Comune di Milano nella verificazione del sinistro di cui è causa. Per quanto concerne la convenuta (...) s.r.l., si osserva quanto segue. Dalla documentazione versata in atti, acclarata la qualità di appaltatrice dei lavori per la manutenzione ordinaria dell'edificio scolastico sito in via (...), si evince che la stessa era stata - in più di un'occasione - destinataria di alcuni richiami da parte del CSE (Coordinatore per la Sicurezza in fase d'Esecuzione, cfr. docc. 13,14,15 e 16 comparsa Comune di Milano), mediante i quali veniva invitata ad adeguare le proprie installazioni alle vigenti prescrizioni di legge. In particolare, da tale documentazione emerge una carenza di diligenza nell'installazione e mantenimento del ponteggio, come chiaramente raffigurato nella documentazione richiamata, in quanto privo di qualsiasi presidio idoneo a scongiurarne un uso improprio da parte di terzi estranei. Trattasi, oltretutto, di una carenza più volte evidenziata dal CSE, il quale ha invitato espressamente la ditta (...) s.r.l. ad adeguarsi ai parametri normativi vigenti, ritenendo altresì che l'eventuale subappalto per l'installazione dei ponteggi medesimi (richiesta comunque rigettata in due occasioni dal CSE per la mancanza dei requisiti normativi previsti dalla disciplina vigente sub docc. 15 e 16 comparsa Comune di Milano) ad un'ulteriore impresa non avrebbe comunque fatto venire meno un dovere di diligenza e sorveglianza da parte dell'appaltatrice (...) s.r.l. Ciò premesso, l'attore formula domanda di risarcimento del danno nei confronti della convenuta (...) s.r.l. a norma dell'art. 2043 c.c., responsabilità extracontrattuale. In merito alla configurabilità della responsabilità extracontrattuale ai sensi dell'art. 2043 c.c. dell'appaltatore occorre richiamare l'indirizzo giurisprudenziale consolidato sul punto, e condiviso da questo Giudice, il quale afferma che: "In tema di illecito aquiliano, in caso di furto in appartamento consumato avvalendosi dei ponteggi installati per lavori di ristrutturazione dello stabile, dev'essere affermata, a titolo extracontrattuale, la responsabilità dell'appaltatore che per tali lavori si sia avvalso di ponteggi custoditi, negligentemente, in modo inidoneo a impedirne l'uso anomalo anche ad opera di terzi, essendo irrilevante che dette impalcature siano state montate dalla stessa impresa o da altra da essa incaricata, bastandone, invece, la loro avvenuta installazione nell'ambito dell'appalto" (cfr. Cass. civ. n. 19399/2016, ex multis cfr. Cass. civ. n. 26900/2014, Cass. Civ. n. 15176/2017, Cass. civ. ord. n. 26691/2018, Cass. civ. 7553/2021, Cass. civ. 7027/2021). In particolare, dalla documentazione versata in atti risulta provato che la convenuta (...) s.r.l. abbia provveduto negligentemente ad installare e mantenere il ponteggio adiacente al muro condominiale e, soprattutto, alla camera da letto del sig. (...) così da permetterne un uso improprio da parte di sconosciuti, i quali usufruendo dell'installazione si sono introdotti nell'appartamento dell'attore. Oltretutto, il ponteggio era privo di qualsiasi presidio di sicurezza, ad esempio l'allarme che, per normativa vigente, viene ad essere installato sui ponteggi al fine di evitare che possano essere utilizzati illegalmente da terzi. Non vi erano, altresì, barriere delimitative a chiusura dello stesso. Pertanto, congiuntamente al convenuto Comune di Milano, deve imputarsi altresì alla ditta (...) s.r.l. la responsabilità dei danni derivanti dall'esecuzione delle opere previste nel contratto. Infatti, il furto nell'appartamento dell'attore è stato realizzato attraverso i ponteggi installati per i lavori di manutenzione, di cui si è avvalsa la convenuta (...) s.r.l. per l'esecuzione dei predetti lavori; l'appaltatrice ha quindi violato il principio del neminem laedere, per aver omesso di dotare le impalcature di cautele atte a impedirne l'uso anomalo da parte di terzi, così agevolando colposamente l'accesso ai ladri e ponendo in essere le condizioni per il verificarsi del danno subito dall'attore (ex multis, cfr. Cassazione civile, sez. III, sentenza 10/01/2011 n. 292). Sussistono, quindi, tutti i presupposti oggettivi e soggettivi ex art. 2043 c.c. per dichiarare la responsabilità della convenuta (...) s.r.l. Ai sensi dell'art. 2055 c.c., risulta quindi comprovato che il danno cagionato all'attore è imputabile ad entrambe le parti convenute e, per l'effetto, tutte devono essere condannate in solido al risarcimento del danno. Non sussiste invece la prova che l'attore abbia colposamente concorso a cagionare il danno e non vi sono, quindi, i presupposti di responsabilità in relazione all'art. 1227, c. 1 e 2 c.c. L'attore aveva conservato i propri beni preziosi in una idonea cassaforte con l'osservanza delle opportune cautele. 4. In merito alla determinazione delle rispettive quote di responsabilità per l'evento di cui è causa in capo agli odierni convenuti, si osserva quanto segue. Il convenuto Comune di Milano e le terze chiamate compagnie assicuratrici dello stesso hanno formulato, nei propri atti costitutivi e sino all'udienza di precisazione delle conclusioni, domanda di determinazione delle quote responsabilità in capo ai convenuti odierni. Ebbene, questo Giudice, alla luce della documentazione versata in atti, dell'espletata istruttoria sui fatti costitutivi della domanda e delle argomentazioni in punto di diritto che precedono, ritiene congruo alla fattispecie concreta attribuire ai convenuti Comune di Milano e (...) s.r.l. la quota di responsabilità nella misura del 50% ciascuno. 4.1. In merito alla domanda di manleva formulata dal convenuto (...) s.r.l. nei confronti del Comune di Milano, ritiene questo Giudice che la stessa debba essere accolta nei limiti eccedenti il 50%, stante l'accertamento di paritaria responsabilità al 50% in capo ad entrambi i convenuti. 4.2. Per quanto concerne la chiamata in causa da parte del convenuto Comune di Milano delle compagnie assicuratrici (...) e "(...) che hanno assunto il rischio del certificato N. (...)" e della domanda di condanna diretta ai sensi dell'art. 1917, c. 2, c.c. si osserva quanto segue. Il convenuto Comune di Milano ha chiamato in causa due diverse compagnie assicuratrici in quanto diversamente competenti da un punto di vista temporale. In particolare, la compagnia (...) assicura la responsabilità civile del Comune di Milano con apposita polizza prodotta sub doc. 2 (fascicolo (...)). Il periodo di copertura va dalle ore 24:00 del 31.12.2015 alle ore 24:00 del 31.12.2018. Diversamente, la compagnia "(...) che hanno assunto il rischio del certificato N. (...)" assicura la responsabilità civile del Comune di Milano con apposita polizza prodotta sub doc. 1, il cui periodo di copertura va dalle ore 24:00 del 31.12.2018 alle ore 24:00 del 31.12.2021. Ferma la sussistenza dei presupposti ai fini dell'operatività di entrambe le polizze, è necessario individuare il momento consumativo della fattispecie di reato dedotta in giudizio (i.e. furto artt. 624 e 624bis c.p.) al fine di individuare quale sia la Compagnia assicuratrice legittimata passivamente. A tal proposito, occorre rammentare l'indirizzo consolidato della giurisprudenza sul punto, secondo cui: "In conformità al principio di offensività, l'impossessamento del bene postula il conseguimento della signoria del bene sottratto - intesa come autonoma, piena ed effettiva disponibilità della refurtiva da parte dell'agente - che è escluso laddove vi sia una vigilanza attuale ed immanente della persona offesa o un intervento in continenti degli addetti alla vigilanza, esercitati a difesa della detenzione del bene appreso e non ancora fuoriuscito dalla sfera di controllo del soggetto passivo" (cfr. Cass. Sezioni Unite sentenza 16 dicembre 2014, n. 52117). In altri termini, la vigilanza continuativa ovvero l'intervento immediato impediscono che l'impossessamento da parte dell'agente venga portato a compimento, non essendovi una completa rescissione della signoria che sul bene esercitava il detentore, cosicché il delitto si configura nella forma tentata e non già consumata. Dunque, sulla base della documentazione versata in atti - in particolare dalle riprese video delle telecamere del condominio e dalla relazione redatta dalla Questura di Milano nella ricostruzione della vicenda di cui è causa - nonché applicando il richiamato principio all'evento di cui è causa, è possibile affermare che il furto sia stato consumato alle ore 00.06 del 01.01.2019. Tale assunto poggia sulla considerazione che solo alle ore 00.06 i tre malviventi si siano allontanati dal condominio asportando la refurtiva e così determinando l'impossessamento delle res sottratte e la definitiva autonoma signoria di fatto sul bene da parte dei ladri. Alla luce di tali argomentazioni, quindi, deve ritenersi che trovi applicazione la polizza stipulata dal Comune di Milano con "(...) che hanno assunto il rischio del certificato N. (...)"; pertanto, la predetta compagnia assicuratrice deve essere condannata - detratta la franchigia di euro 25.000,00 sub doc. 1, pag. 28 - ai sensi dell'art. 1917 c. 2 c.c., a corrispondere direttamente all'attore le somme che sono in seguito accertate. 5. Circa il quantum debeatur si osserva quanto segue. In atto di citazione, l'attore chiede la condanna dei convenuti al risarcimento del danno pari ad euro 881.700,00 circa, oltre al danno non patrimoniale ai sensi del combinato disposto degli art. 2059 c.c. e 185 c.p. da determinarsi in via equitativa. Orbene, ritiene questo Giudice che la domanda relativa al danno patrimoniale debba essere accolta nei limiti di quanto sia stato effettivamente provato in sede di istruttoria, facendo riferimento, ai fini della liquidazione, ai valori espressi nella perizia eseguita dal dott. (...) il 25.11.2019 (doc. 9 fascicolo attoreo). Infatti, alla luce dell'espletata istruttoria e di tutti i documenti prodotti, ritiene il Tribunale che in tale perizia di parte siano stati indicati valori monetari congrui per ciascuno dei beni sottratti all'attore. In particolare, dall'espletata istruttoria è emerso che l'attore sia legittimo proprietario dei seguenti preziosi che sono stati con certezza asportati dalla cassaforte: - orologio n. 69; - collier n. 29; - collana di perle n. 3; - anello n. 10; - orologio n. 30; - anello n. 27; - spilla n. 6; - bracciale n. 15; - orecchini Tiffany n. 16; - anello n. 4. I testi escussi in sede di istruttoria orale hanno affermato che l'attore fosse proprietario dei predetti gioielli. A tal proposito, la teste (...) ha affermato che: "Prendo visione delle foto prodotte da parte attrice e ricordo che l'attore era proprietario dell'orologio indicato con il numero 69, il collier n. 29, la collana di perle n. 3, l'anello n. 10. Non ricordo altri gioielli come riprodotti dalle foto"; il teste (...) ha affermato che:" prendo visione delle foto prodotte da parte attrice e riconosco sicuramente come gioielli di proprietà di mio fratello: l'orologio n. 30, credo anche l'anello n. 27. Non sono in grado in questo momento di riconosce altri gioielli"; la teste (...) ha affermato che: " Dopo il furto l'attore mi riferii che aveva una cassaforte nel suo appartamento. Prendo visione delle foto prodotte da parte attrice e riconosco: la collana di perle n. 3, la spilla n. 6, il bracciale n. 15, orecchini di Tiffany n. 16, l'anello n. 4. Non riconosco altri gioielli" (cfr. verbale di udienza del 24.11.2021). Pertanto, ritenendosi raggiunta la prova in relazione ai gioielli così come individuati, si ritiene di procedere alla liquidazione del loro ammontare attraverso la stima eseguita dal dott. (...), sulla base della documentazione allegata dall'attore: - orologio n. 69 pari ad euro 18.000,00; - collier n. 29 pari ad euro 40.000,00; - collana di perle n. 3 pari ad euro 30.000,00; - anello n. 10 pari ad euro 4.000,00; - orologio n. 30 pari ad euro 20.000,00; - anello n. 27 pari ad euro 3.500,00; - spilla n. 6 pari ad euro 20.000,00; - bracciale n. 15 pari ad euro 15.000,00; - orecchini Tiffany n. 16 pari ad euro 3.000,00; - anello n. 4 pari ad euro 13.000,00. Dunque, a titolo di danno patrimoniale deve essere liquidata in favore dell'attore la complessiva somma di euro 166.500,00, che rivalutata ad oggi - dal giorno in cui è stata effettuata la perizia - è pari ad euro 192.000,00. Gli interessi compensativi, secondo l'ormai consolidato indirizzo delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione (cfr. sentenza n. 1712 del 1995), decorrono dalla produzione dell'evento di danno sino al tempo della liquidazione; per questo periodo, gli interessi compensativi si possono calcolare applicando un tasso annuo medio ponderato, equitativamente determinato, sul danno rivalutato. Da oggi, giorno della liquidazione, all'effettivo saldo decorrono gli interessi legali sulla somma rivalutata. Come innanzi esposto, il convenuto Comune di Milano, avvalendosi di quanto disposto dall'art. 1917, c. 2, c.c., ha chiesto che il Tribunale condanni in via diretta la terza chiamata "(...) che hanno assunto il rischio del certificato N. (...)" al risarcimento del danno liquidato all'attore. Inoltre, va rilevato che la compagnia "(...) hanno assunto il rischio del certificato N. (...)" ha correttamente eccepito la franchigia prevista in polizza per euro 25.000,00. Pertanto, alla luce di quanto esposto, (...) s.r.l., "(...) che hanno assunto il rischio del certificato N. (...)" e il Comune di Milano devono essere condannati in solido al pagamento, in favore dell'attore, delle seguenti somme: - il Comune di Milano fino alla concorrenza di euro 25.000,00; - la compagnia "(...) che hanno assunto il rischio del certificato N. (...)" fino alla concorrenza di euro 167.000,00; - (...) s.r.l. fino a concorrenza di euro 192.000,00; - oltre interessi compensativi, al tasso annuo medio ponderato del 1,5%, sulle predette somme dall'01.01.2019 ad oggi; - oltre interessi, al tasso legale, sulle predette somme dalla data della presente sentenza al saldo effettivo. Subordinatamente all'effettivo pagamento, il Tribunale condanna il Comune di Milano a tenere indenne (...) s.r.l. per le somme eccedenti la propria quota di responsabilità nella misura del 50%, per sorte capitale, interessi e rivalutazione monetaria. Con riferimento alla domanda di risarcimento del danno non patrimoniale, questo Giudice ritiene che la stessa non meriti accoglimento, in quanto come hanno statuito correttamente le sentenze a S.U. c.d. "san Martino del 2008" non vi sono i presupposti per l'applicabilità nel presente giudizio dell'art. 2059 c.c. Infatti, "Il danno non patrimoniale è risarcibile nei soli casi "previsti dalla legge", e cioè, secondo un'interpretazione costituzionalmente orientata dell'art. 2059 cod. civ.: (a) quando il fatto illecito sia astrattamente configurabile come reato; in tal caso la vittima avrà diritto al risarcimento del danno non patrimoniale scaturente dalla lesione di qualsiasi interesse della persona tutelato dall'ordinamento, ancorché privo di rilevanza costituzionale; (b) quando ricorra una delle fattispecie in cui la legge espressamente consente il ristoro del danno non patrimoniale anche al di fuori di una ipotesi di reato (ad es., nel caso di illecito trattamento dei dati personali o di violazione delle norme che vietano la discriminazione razziale); in tal caso la vittima avrà diritto al risarcimento del danno non patrimoniale scaturente dalla lesione dei soli interessi della persona che il legislatore ha inteso tutelare attraverso la norma attributiva del diritto al risarcimento (quali, rispettivamente, quello alla riservatezza od a non subire discriminazioni); (c) quando il fatto illecito abbia violato in modo grave diritti inviolabili della persona, come tali oggetto di tutela costituzionale; in tal caso la vittima avrà diritto al risarcimento del danno non patrimoniale scaturente dalla lesione di tali interessi, che, al contrario delle prime due ipotesi, non sono individuati "ex ante" dalla legge, ma dovranno essere selezionati caso per caso dal giudice " (Sez. U, Sentenza n. 26972 del 11/11/2008). È di tutta evidenza che nella fattispecie concreta trattasi della lesione del diritto di proprietà e non di un diritto inviolabile della persona e la responsabilità dei convenuti è stata dichiarata senza alcun accertamento, neppure incidenter tantum, di una fattispecie criminosa. 6. Alla luce di quanto esposto, non sono rilevanti ai fini del decidere le istanze istruttorie reiterate dalle parti nell'udienza di precisazione delle conclusioni. Conseguono alla soccombenza, la condanna di (...) s.r.l. e di "(...) che hanno assunto il rischio del certificato N. (...)", in via solidale tra loro, a rifondere all'attore le spese processuali; la condanna di "(...) che hanno assunto il rischio del certificato N. (...)" a rifondere al Comune di Milano le spese processuali. Sussistendone i presupposti, dichiara integralmente compensate le spese processuali tra l'attore e il Comune di Milano, atteso che questi risponde solamente nei limiti della franchigia, e tra il convenuto Comune di Milano e la terza chiamata (...), atteso che è stata necessaria l'istruttoria per accertare la dinamica e l'orario dell'evento di cui è causa. P.Q.M. Il Tribunale di Milano, definitivamente pronunciando, così provvede: - dichiara la responsabilità solidale dei convenuti Comune di Milano e (...) s.r.l. nella produzione dei danni subiti dall'attore in data 01.01.2019 e, nei rapporti interni tra gli stessi convenuti, nella misura del 50% ciascuno; - condanna (...) s.r.l., "(...) che hanno assunto il rischio del certificato N. (...)" e il Comune di Milano, in solido, al pagamento, in favore dell'attore, delle seguenti somme: - il Comune di Milano fino alla concorrenza di euro 25.000,00; - la compagnia "(...) che hanno assunto il rischio del certificato N. (...)" fino alla concorrenza di euro 167.000,00; - (...) s.r.l. fino a concorrenza di euro 192.000,00; - oltre interessi come specificati in motivazione; - subordinatamente all'effettivo pagamento, condanna il Comune di Milano a tenere indenne (...) s.r.l. per le somme eccedenti la propria quota di responsabilità nella misura del 50%, per sorte capitale, interessi e rivalutazione monetaria; - rigetta le altre domande ed istanze proposte dalle parti; - condanna (...) s.r.l. e "(...) che hanno assunto il rischio del certificato N. (...)", in solido tra loro, a rifondere all'attore le spese processuali del presente giudizio, che liquida in euro 1.730,00 per esborsi, in euro 17.000,00 per onorari di avvocato, oltre spese forfettarie nella misura del 15%, oltre I.V.A. e C.P.A.; - condanna "(...) che hanno assunto il rischio del certificato N. (...)" a rifondere al Comune di Milano le spese processuali del presente giudizio, che liquida in euro 1.730,00 per esborsi, in euro 17.000,00 per onorari di avvocato, oltre spese forfettarie nella misura del 15%, oltre I.V.A. e C.P.A.; - dichiara integralmente compensate le spese processuali tra l'attore e il Comune di Milano e tra il convenuto Comune di Milano e la terza chiamata (...); - dichiara la presente sentenza provvisoriamente esecutiva. Milano, 11 maggio 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO DI MILANO SEZIONE II CIVILE - FALLIMENTI Il Tribunale, nel procedimento iscritto al n. 22582 /2022 R.G., riunito in camera di consiglio e composto dai sigg. magistrati: dott.ssa Guendalina Pascale - Presidente dott. Francesco Pipicelli - Giudice dott.ssa Rosa Grippo - Giudice rel. ha pronunciato il seguente DECRETO (...) S.R.L. (c.f. (...)), elettivamente domiciliato in via (...) 87100 87100 COSENZA ITALIA, presso lo studio dell'avv. GR.RA., che la rappresenta e difende come da procura in atti Opponente contro FALL.TO (...) SRL IN LIQUIDAZIONE FALL. N. 685/2018 (c.f.. (...)), elettivamente domiciliato in via VIA (...), 18 20129 MILANO, presso lo studio dell'avv. FU.VI., che lo rappresenta e difende come da procura in atti Opposto OGGETTO: opposizione allo stato passivo FATTO E DIRITTO Il presente giudizio trae origine dalla domanda di ammissione stato passivo della procedura fallimentare suindicata per la somma di Euro 431.411,77 in via ipotecaria a titolo di credito derivante da mutuo fondiario n.(...) del 29.06.2007 e per la somma di Euro 476,57 a titolo di credito derivante da conto corrente ordinario n.71930 aggiornato al 19.07.2018 in via chirografaria presentata in data 30.11.2021 da (...) S.R.L.. A fondamento della domanda la ricorrente ha esposto quanto segue: - con atto a rogito del (...), n.(...) rep. (...) racc., si è perfezionata l'operazione di conferimento alla (...) s.p.a. del ramo d'azienda ed in data 30.01.2020 ne è stata data pubblicazione; - successivamente la (...) s.p.a. è stata fusa per incorporazione nell'(...) s.p.a. (...) e, in data 20.07.2018, quest'ultima e la società (...) s.r.l. hanno concluso un contratto di cessione di crediti in virtù del quale la (...) s.r.l. ha acquistato pro soluto dalla seconda i crediti derivanti da contratti di mutuo di apertura di credito o di finanziamento erogati, tra i quali quello oggetto della presente causa; della predetta cessione è stato dato avviso sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana - Foglio delle Inserzioni n. 86 de 26.7.2018; - con sentenza n.706/2018 del 03.09.2018 il Tribunale di Milano ha dichiarato il fallimento della società (...) s.r.l. in liquidazione (già (...) s.r.l.) con sede legale in T. sull'A. (M.), via (...) B. Conte di (...) 107, Cod. Fisc. (...); - la (...), poi (...) s.p.a. era creditrice nei confronti della (...) s.r.l. per la somma di Euro 431.411,77 in via ipotecaria (credito aggiornato 19.07.2018), in virtù di mutuo fondiario n. (...) del 29.06.2007, in forza del quale la (...) ha concesso alla (...) s.r.l. la somma di Euro 500.000 (doc. 1 fasc. ricorrente) e per la somma di Euro 476,57 in via chirografaria (credito aggiornato 19.07.2018), in virtù di conto corrente ordinario n.(...) (doc. 2 fasc. ricorrente); - il credito vantato da (...) s.r.l. in forza del predetto mutuo fondiario è assistito da ipoteca volontaria n.(...) iscritta il 03.07.2007 per Euro 750.000,00 sull'immobile sito nel Comune di Trezzo sull'Adda in via (...) di Cavour (doc. 5 fasc. ricorrente) e che, in forza di tale ipoteca, la banca cedente (e successivamente (...) s.r.l.) è intervenuta nella procedura esecutiva n.(...) promossa da (...) e (...) S.r.l. nei confronti della (...) S.r.l. in liquidazione dinanzi al Tribunale di Milano, ove il suddetto immobile è stato venduto al prezzo di Euro 355.000,00; - il credito vantato dalla ricorrente non è stato soddisfatto neppure parzialmente nella procedura esecutiva immobiliare n. (...) cit., "in quanto il G.E., con Provv. del 24 giugno 2021, ha disposto che "l'incasso del saldo prezzo fosse versato sul conto del fallimento dopo l'approvazione del progetto di riparto, non potendo allo stato essere versato al fondiario" (cfr. domanda di ammissione); - la (...) s.r.l. non ha mai ricevuto da parte della cedente (...) l'avviso ai creditori ex art. 92 L.F. "che alla stessa era stato inviato via pec da parte della Curatela in data 24.09.2018" (cfr. domanda di ammissione); - sussistono i presupposti per l'accoglimento della domanda ultra tardiva, in quanto "per causa alla stessa non imputabile, non poteva essere a conoscenza della procedura concorsuale neiconfronti della (...) Srl." (cfr. domanda di ammissione); - la (...) s.r.l., infatti, è venuta a conoscenza del Fallimento n.6855/2018 soltanto al momento dell'intervento di quest'ultimo nella procedura esecutiva immobiliare n.(...) cit., avvenuto in data 16.01.2019; - tuttavia tale intervento effettuato dalla curatela "non conteneva affatto elementi univoci che permettessero di generare la piena conoscenza e consapevolezza della presenza di un fallimento riconducibile all'originaria debitrice ceduta, ovvero (...) S.r.l.: l'intervento della Curatela, difatti, veniva effettuato citando esclusivamente il "FALLIMENTO (...) S.R.L. IN LIQUIDAZIONE RG 685/2018", senza alcun riferimento alla (...) S.r.l., società pignorata da parte della (...) e (...) S.r.l. nella PEI 1784/2018 Milano ed effettiva debitrice ceduta nell'operazione di cartolarizzazione di cui in premessa" (cfr. domanda di ammissione); - non è dunque ragionevole presumere una conoscenza del fallimento della (...) S.r.l. e che l'effettiva conoscenza del predetto fallimento si è realizzata soltanto a seguito dell'emissione del provvedimento emesso dal GE il 24.06.2021 cit. e che l'ulteriore ritardo è stato dovuto "all'esigenza di accertare l'effettiva portata del predetto provvedimento e della procedura concorsuale nei confronti della diversa società (...) S.r.l., nonché assumere informazioni dalla Curatela in ordine alle domande di insinuazione non presentate dalla cedente ((...)/(...)) e alla data di esecutività del primo stato passivo (resa con Provv. del giorno 6 febbraio 2019), quindi disporre del tempo necessario per valutare e presentare la presente istanza di ammissione al passivo" (cfr. domanda di ammissione). Il curatore ha proposto l'inammissibilità della domanda per le seguenti ragioni: "Trattasi di credito per mutuo fondiario per Euro 431.411,77 e di credito per scoperto di conto corrente per Euro 476,57; si propone l'inammissibilità della domanda in quanto ultra-tardiva, tenuto conto che l'udienza per lo stato passivo delle domande tempestive si è tenuta in data 06.02.2019 ed il provvedimento di esecutività è stato depositato in data 08.02.2019; la ragione indicata dal creditore per l'asserita mancata conoscenza del fallimento, non è in alcun modo accoglibile; infatti, è assolutamente irrilevante che la cedente (...) spa non avesse inviato alla cessionaria la pec del 12.10.18 (fatto peraltro non provato né provabile), con cui il curatore comunicava l'avvenuto fallimento alla cedente ex art. 92 L.F.; tanto più che, in pari data 12.10.18, il curatore ha provveduto ad inviare pec anche alla (...) srl (attuale istante) ex art. 92 L.F. - e già solo per tale motivo la domanda dovrebbe dichiararsi inammissibile; in secondo luogo, il fallimento è intervenuto nella procedura esecutiva n.r.ge 1784/14 la creditrice istante è anch'essa intervenuta ante fallimento nella medesima procedura; nell'atto di intervento del fallimento (ngre 1784/2014), venivano espressamente indicati tutti i dati della società fallita (cfr. FALLIMENTO (...) S.R.L. IN LIQUIDAZIONE R.G. 685/2018 del Tribunale di Milano (cod. fisc. (...) / p.iva (...)), corrente in T. sull'A., via C.107; addirittura si dava espressamente atto che la procedura esecutiva immobiliare "avente ad oggetto gli immobili siti in T. sull'A., via (...) n.107" riguardava beni di proprietà della (...) s.r.l. in bonis" e che "medio tempore, con sentenza depositata in data 03.09.2018 è stato dichiarato il Fallimento della debitrice esecutata". Pertanto, nell'intervento era espressamente indicato che la debitrice esecutata fosse fallita: non è chiaro quale incertezza per il creditore fondiario vi potesse essere; ad ogni modo, dopo l'intervento del 16.01.19, la creditrice aspettava quasi 3 anni per il deposito di domanda di ammissione. Solo per completezza, si deve rilevare come in precedenza la società si chiamava (...) s.r.l. e si sia verificato un mero cambio di denominazione (da (...) srl a (...) srl), essendo rimasta invariata partita iva e codice fiscale; appare palese che il ritardo del creditore nella proposizione della domanda è assolutamente colpevole e per tale ragione la domanda deve essere dichiarata inammissibile". Il GD, con decreto del 30.03.2022, ha escluso il credito "atteso che il creditore non ha comprovato che il ritardo sia dipeso da causa non imputabile" (cfr. doc. 7 fasc. ricorrente). Avverso il predetto decreto, in data 08/06/2022 (...) S.R.L. ha proposto opposizione ex art. 98 l.f., lamentando il rigetto della propria domanda di ammissione al passivo. In particolare ha dedotto l'erroneità della decisione, evidenziando quanto segue: 1. con un primo motivo d'impugnazione ha censurato il provvedimento del GD, in quanto la (...) è intervenuta nella proc. esec. in data 26.09.2019, dopo l'intervento del fallimento (...) avvenuto in data 8.01.2019 e tale intervento non conteneva elementi univoci che permettessero di generare la piena conoscenza e consapevolezza della presenza di un fallimento riconducibile all'originaria debitrice ceduta, essendo in esso menzionato esclusivamente il fallimento (...) s.r.l. in liquidazione r.g. 685/2018, senza alcun riferimento alla (...) s.r.l.. Né, sotto tale profilo, può bastare la sola indicazione della partita Iva "per comunicare con la dovuta riconoscibilità il cambio di denominazione avvenuto e la corrispondenza tra la (...) s.r.l. e la società (...). In assenza di una ricerca specifica e approfondita sulla partita Iva, ?il predetto atto di intervento, insieme agli allegati, era palesemente suscettibile di diversa interpretazione in ordine all'effettiva società fallita" (cfr. ricorso). 2. con un secondo motivo d'impugnazione ha osservato che anche nell'avviso ex art. 92 l.f. "asseritamente inviato dalla curatela sia a (...) sia a (...) srl ... non emerge alcun elemento riconducibile alla società (...) S.r.l.; In tale circostanza non veniva indicata neppure la partita iva" (cfr. opposizione pag. 9) e quindi "difettava assolutamente di un UNIVOCO riferimento utile per ricondurre con IMMEDIATEZZA la comunicazione alla singola sofferenza acquista, ha evidentemente IMPEDITO DI ASSOCIARE LA CORRETTA POSIZIONE" (cfr. opposizione pag. 10); 3. ribadisce che l'effettiva conoscenza del fallimento della società (...) è avvenuta solo a seguito dell'emissione del provvedimento del 24.06.202, con il quale il GE "appurata lamancata presentazione della domanda di insinuazione al passivo fallimento" del creditore fondiario, disponeva che "l'incasso del saldo prezzo sarà versato sul conto del fallimento dopo l'approvazione del progetto di riparto, non potendo allo stato essere versato al fondiario" (v. doc. 12)" (cfr. opposizione pag. 9). Ha chiesto perciò di "ammettere al passivo del fallimento n. 685/2018 Tribunale di Milano la (...) S.r.l., con sede legale in (...) (T.), Via V. (...) n. 1, p.iva (...), con l'ordine e il grado (ipotecario fondiario) che le competono nella presente procedura, in forza del mutuo fondiario n.(...) del 29.06.2007". In data 28.09.2022 si è costituita in giudizio la curatela, chiedendo il rigetto dell'opposizione e precisando che: - in data 24.09.2018 la curatrice ha inviato alla (...) s.p.a. la comunicazione ex art. 92 L.F. (doc. 6 fasc. opposta) con la quale ha comunicato espressamente l'avvenuto fallimento della (...) s.r.l. con tutti i dati necessari per il deposito della domanda e, in data 12.10.2018 ha inviato nuovamente pec ex art. 92 L.F. al medesimo istituto (doc. 7 fasc. opposta), mentre, in data 30.10.2018, ha provveduto a mandare pec alla (...) s.p.a. (doc. 8 fasc. opposta) con richiesta di documentazione bancaria essendo la società fallita; - in data 12.10.2018 ha inviato pec ex art. 92 L.F. anche alla cessionaria (...) s.r.l. (doc. 9 fasc. opposta) e, alla stessa data, provvedeva altresì a mandare pec alla (...) s.r.l. con richiesta di documentazione bancaria essendo la società fallita (doc. 10 fasc. opposto); - (...) s.r.l. non solo non ha dimostrato che il ritardo nel deposito della domanda sia dipeso da causa a lei non imputabile, ma la condotta omissiva del creditore è colpevole e carente di diligenza; - non corrisponde al vero quanto affermato da controparte sul fatto che "nessun riferimento o elemento di diretta ed immediata percezione poteva permettere di ricondurre l'intervento del fallimento B. alla società Co.ma.l." in quanto "basti leggere l'atto di intervento nella procedura esecutiva immobiliare che correttamente riporta: "FALLIMENTO (...) S.R.L. IN LIQUIDAZIONE RG 685/2018 del Tribunale di Milano (cod. fisc. (...) / p.iva (...)), corrente in T. sull'A., via (...) n. 107" (doc. 11 atto intervento)" (cfr. memoria difensiva pag. 6); - inoltre "il confronto dei numeri di partita iva e codice fiscale avrebbero consentito ... di rilevarne l'identicità" (cfr. memoria difensiva pag. 7); - parimenti controparte "dimentica colpevolmente che la società ha semplicemente cambiato nome (da (...) srl a (...) srl), lasciando COMPLETAMENTE invariati tutti gli elementi identificativi, quale sede sociale, codice fiscale a partita iva" (cfr. memoria difensiva pag 7) e che la cedente (...) spa era già intervenuta nella procedura esecutiva immobiliare nr. 1784 cit. in data 29.10.2014; - controparte ha depositato la domanda di ammissione 30.11.2021, più di 3 anni dopo la ricezione dell'articolo 92 lf e dopo 2 anni dall'intervento del fallimento nella procedura esecutiva; - nel merito il credito non è provato, "essendo allegate autocertificazioni ex art. 50 tub e non gli estratti conto né per il mutuo né per il conto corrente; per il mutuo, non risulta prodotto nemmeno piano di ammortamento" (cfr. memoria difensiva pag. 9); La curatela ha chiesto anche la condanna per responsabilità aggravata ex art. 96 L.F. per lite temeraria con liquidazione equitativa "stante la chiara infondatezza delle richieste di controparte, con abuso del processo e conseguente" spreco di energie giurisdizionali "(Cass. Civ., 22 febbraio 2016 n. 3376)" (cfr. memoria difensiva pag. 9) La causa è stata istruita attraverso la documentazione depositata e rimessa al collegio per la decisione all'udienza di discussione, nella quale le parti si sono riportate ai propri atti introduttivi, nonché alle rispettive memorie di replica. 1. I principi generali applicabili alla fattispecie Il giudizio di opposizione, regolato dall'art. 99 legge fall., nel testo novellato dal D.Lgs. 9 gennaio 2006, n. 5 e, poi, dal D.Lgs. 12 settembre 2007, n. 169, ha natura impugnatoria ed è retto, quindi, dal principio dell'immutabilità della domanda, il quale esclude che possano prendersi in considerazione fatti diversi da quelli dedotti in sede di verifica del passivo (cfr. Cass. sez. 1, sentenza n. 7278 del 22/03/2013, Cass. sez. 1, sentenza n. 22108 del 22/10/2007). Tuttavia, altro aspetto qui rilevante, tale giudizio non può essere qualificato come giudizio di appello, con la conseguenza che la disciplina circa le eccezioni proponibili deve ricercarsi esclusivamente nel menzionato art. 99, il quale, al settimo comma, descrivendo il contenuto della memoria difensiva di costituzione della parte resistente, fa menzione, tra l'altro, delle eccezioni processuali e di merito non rilevabili di ufficio, senza porre altre limitazioni. Ne deriva che, in tale giudizio, il curatore può sia riproporre le eccezioni che siano state disattese precedentemente dal giudice delegato in sede di verifica (cfr. Cass. sez. 1, sentenza n. 22765 del 12/12/2012), sia proporre nuove eccezioni. Infatti, sotto tale ultimo profilo, non opera la preclusione di cui all'art. 345 cod. proc. civ. in quanto il riesame demandato al giudice dell'opposizione, a cognizione piena, se esclude l'immutazione del thema disputandum e non ammette l'introduzione di domande riconvenzionali della curatela, non ne comprime tuttavia il diritto di difesa, consentendole, quindi, la formulazione di eccezioni non sottoposte all'esame del giudice delegato (cfr. Cass. sez. 1, sentenza n. 8929 del04/06/2012). 2. La fattispecie concreta Con entrambi i motivi di impugnazione parte opponente contesta il provvedimento emesso dal giudice delegato per la mancata ammissione della somma di Euro 431.411,77 in via ipotecaria e della somma di Euro 476,57 in via chirografaria, in quanto la ricorrente ha presentato la domanda non appena ha avuto conoscenza dell'esistenza del fallimento. La censura è infondata. Come noto ai sensi dell'art. 101 l.f., "I. Le domande di ammissione al passivo di un credito, di restituzione o rivendicazione di beni mobili e immobili, trasmesse al curatore (1) oltre il termine di trenta giorni prima dell'udienza fissata per la verifica del passivo e non oltre quello di dodici mesi dal deposito del decreto di esecutività dello stato passivo sono considerate tardive; in caso di particolare complessità della procedura, il tribunale, con la sentenza che dichiara il fallimento, può prorogare quest'ultimo termine fino a diciotto mesi (co. 1). "Il procedimento di accertamento delle domande tardive si svolge nelle stesse forme di cui all'articolo 95. Il giudice delegato fissa per l'esame delle domande tardive un'udienza ogni quattro mesi, salvo che sussistano motivi d'urgenza (2). Il curatore dà avviso a coloro che hanno presentato la domanda, della data dell'udienza. Si applicano le disposizioni di cui agli articoli da 93 a 99 (co. 2). Il creditore ha diritto di concorrere sulle somme già distribuite nei limiti di quanto stabilito nell'articolo 112. Il titolare di diritti su beni mobili o immobili, se prova che il ritardo è dipeso da causa non imputabile, può chiedere che siano sospese le attività di liquidazione del bene sino all'accertamento del diritto (co. 3). Decorso il termine di cui al primo comma, e comunque fino a quando non siano esaurite tutte le ripartizioni dell'attivo fallimentare, le domande tardive sono ammissibili se l'istante prova che il ritardo è dipeso da causa a lui non imputabile" (co. 4). Le domande di accertamento di crediti e dei diritti reali o personali su beni mobili o immobili, per essere vagliate all'udienza di verifica fissata con la sentenza di fallimento, devono essere presentate almeno 30 giorni prima (domande tempestive). Se presentate successivamente sono egualmente ammissibili, ma sono considerate tardive. Non sono viceversa ammissibili se presentate dopo il dodicesimo mese dal deposito in cancelleria del decreto di esecutività dello stato passivo, salvo che il ricorrente provi che il ritardo è dipeso da causa a lui non imputabile (domande ultra tardive). In particolare, l'elemento differenziale tra le domande tardive e quelle ultra tardive (o anche dette supertardive) risiede proprio nell'effetto della prova della non imputabilità del ritardo. Per le prime, infatti, essa ha effetti unicamente sul piano del trattamento in sede di riparto, in quanto consente al creditore tardivo incolpevole e non privilegiato di prelevare, nei limiti del residuo disponibile, le quote che gli sarebbero spettate nelle precedenti ripartizioni. Per le seconde, invece, la stessa è una vera e propria condizione di ammissibilità della domanda, essendo precluso al creditore supertardivo colpevole ogni diritto al concorso e potendo egli, unicamente, promuovere giudizio nei confronti del fallito tornato in bonis (a condizione che quest'ultimo non sia una persona fisica che abbia chiesto ed ottenuto l'esdebitazione a norma degli artt. 142 e 143 L.F.). Ebbene, con specifico riferimento all'ammissibilità della domanda ultratardiva, la costante giurisprudenza ha affermato che "in caso di domanda tardiva di ammissione al passivo ai sensi dell'ultimo comma dell'art. 101 legge fall., la valutazione della sussistenza di una causa non imputabile, la quale giustifichi il ritardo del creditore, implica un accertamento di fatto, rimesso alla valutazione del giudice di merito, che, se congruamente e logicamente motivato, sfugge al sindacato di legittimità" (cfr. tra le tante Cass. n. 20686/2013, Cass. n. 19017/2017, Cass. n. 21661/ 2018) Nel caso di specie il fallimento della società (...) s.r.l. in liquidazione (già (...) s.r.l.) con sede legale in T. sull'A. (M.), via (...) (...) di (...) 107, Cod.Fisc. (...) è stato dichiarato da questo Tribunale con sentenza n.706/2018 del 03.09.2018. La (...), quale cessionaria del credito vantato da (...) s.p.a nei confronti di (...) srl, ha presentato la domanda di ammissione allo stato passivo in data 30.11.2021, oltre il termine annuale per l'insinuazione tardiva, vale a dire a più di tre anni dal deposito del decreto di esecutività dello stato passivo. Dall'esame della documentazione in atti è chiaro ed evidente che la (...) srl non ha fornito la prova della non imputabilità del ritardo. In particolare la curatela ha inviato alla ricorrente l'avviso ex art. 92 L.F già in data 12.10.2018 (doc. 9 fasc. opposta) e, nella stessa data, anche una richiesta di documentazione bancaria (doc. 10 fasc. opposto), ed è altresì intervenuta con atto dell'8.11.2019 nella procedura esecutiva immobiliare n. RGE 1784/2014, promossa in data 18.06.2014 da (...) e (...) S.r.l. (doc. 11 fasc. opposta), nella quale in data 29.10.2014 era intervenuta la banca cedente e in data 26.09.2019 è intervenuta in sostituzione la presente cessionaria. Del tutto irrilevanti sono le circostanze indicate dalla ricorrente con riferimento al fatto che nella proc. esec. n. (...) cit. l'intervento della (...) srl sia stato successivo a quello del fallimento sia con riferimento al fatto che l'atto d'intervento di quest'ultimo menzionasse esclusivamente il fallimento (...) s.r.l. in liquidazione, senza alcun riferimento alla (...) s.r.l.. e che pertanto non contenesse elementi univoci che permettessero la piena conoscenza e consapevolezza della presenza di un fallimento riconducibile all'originaria debitrice ceduta. Parimente irrilevante l'ulteriore circostanza indicata dalla ricorrente, ossia che nell'avviso ex art. 92 l.f. manca un qualsiasi elemento riconducibile alla società (...) S.r.l.. A tal riguardo giova osservare che nel caso di specie si è in presenza di una mera variazione della denominazione sociale, da (...) srl a (...) srl, laddove la sede sociale, il codice fiscale e la partita iva sono rimasti invariati. Ebbene tali elementi sono ben indicati sia nell'avviso ex art. 92 LF sia nell'atto d'intervento del fallimento nella proc. esecutiva cit.. Si legge, infatti, rispettivamente nell'avviso "fallimento della società (...) Srl in liquidazione, con sede legale in T. sull'A. M., Via (...) B. (...) di (...) 107 Cod. Fisc. (...) P.Iva (...)" (doc. 9 fasc. opponente) e nell'atto d'intervento "FALLIMENTO (...) S.R.L. IN LIQUIDAZIONE RG 685/2018 del Tribunale di Milano (cod. fisc. (...) / p.iva (...)), corrente in T. sull'A., via (...) n. 107" (cfr. doc. 8 fasc. opponente e doc. 11 fasc. opposta). Non solo, ma tali elementi sono altresì indicati nell'estratto della sentenza di dichiarazione del fallimento, prodotto dalla stessa ricorrente (cfr. doc. 9) Ne consegue che, valorizzando tali elementi, la ricorrente ben avrebbe potuto verificare la variazione della denominazione (anche con la mera consultazione della visura camerale) ed avere quindi conoscenza che il proprio debitore ceduto fosse fallito già a seguito della ricevimento l'avviso ex art. 92 l.f. (in data 12.10.2018) e dell'intervento nella procedura esecutiva (in data 26.09.2019). Non può essere quindi condivisa la tesi sostenuta dalla ricorrente di aver avuto effettiva conoscenza del fallimento (...) solo con il provvedimento emesso dal GE in data 24.06.2021. Peraltro a tal riguardo giova osservare che, esaminando il doc. 12 prodotto dall'opponente, neppure in tale decreto vi è un esplicito riferimento a (...) s.r.l.., avendo il GE autorizzato "l'incasso del saldo prezzo che sarà versato sul conto del fallimento", senza indicare specificatamente tale ultima procedura. In conclusione, per i motivi suesposti, il Collegio ritiene che l'opposizione deve essere rigettata, con conferma del provvedimento di esclusione del credito emesso dal GD. 3. Le spese di lite Le spese del presente giudizio sono regolate dal principio di soccombenza (art. 91 c.p.c.) e pertanto parte opponente deve essere condannata a rimborsare a parte opposta le spese legali sostenute, liquidate come in dispositivo, secondo il D.M. n. 55 del 2014, valori medi (valore della controversia - scaglione da Euro 260.001 a Euro 520.000 - esclusa la fase istruttoria perché non è stata svolta). 4. La responsabilità aggravata Va, infine, esaminata la domanda di responsabilità aggravata della ricorrente ex art. 96 c.p.c. con liquidazione equitativa formulata dalla curatela, "stante la chiara infondatezza delle richieste di controparte, con abuso del processo e conseguente" spreco di energie giurisdizionali "(Cass. Civ., 22 febbraio 2016 n. 3376)" (cfr. memoria difensiva pag. 9) Come noto, la norma di cui all'art. 96 co. 1 c.p.c. è considerata dalla dottrina e dalla consolidata giurisprudenza (cfr. tra le tante Cass. civ. sez lav. del 2015 n. 24526, Cass. civ. sez. III del 2015 n. 21748) una fattispecie risarcitoria con funzione compensativa del danno cagionato dal cd. illecito processuale, derivante dalla proposizione di una lite temeraria. Presuppone la soccombenza nel grado di giudizio in cui è disposta e si configura come una species riconducibile al genus della responsabilità extracontrattuale ex art. 2043 c.c. (così Cass. n. 9080 del 15/04/2013). Come altresì noto, l'art. 96 comma III c.p.c. introdotto dalla L. n. 69 del 2009, a differenza delle pronunce di tipo risarcitorio di cui ai commi 1 e 2 , ha invece una funzione sanzionatoria delle condotte di quanti, abusando del proprio diritto di azione e di difesa, si servano dello strumento processuale a fini dilatori, contribuendo così ad aggravare il volume (già di per sé notoriamente eccessivo) del contenzioso e, conseguentemente, ad ostacolare la ragionevole durata dei processi pendenti (cfr. Corte Cost., sentenza 23 giugno 2016 n. 152). Ebbene nel caso di specie va subito osservato che non ricorre l'ipotesi di cui all'art. 96 co. 1 c.p.c., bensì quella dell'art. 96 co. 3 c.p.c.. Al fine di meglio chiarire i requisiti di tale ultima fattispecie, giova qui richiamare i passaggi fondamentali della sentenza della Corte Costituzionale sopra citata. La Corte cost. ha, infatti, premesso che: "L'intervento legislativo muove dalla constatazione che l'istituto della responsabilità aggravata, pur rappresentando in astratto un serio deterrente nei confronti delle liti temerarie e, quindi, uno strumento efficace di deflazione del contenzioso, nella prassi applicativa risultava scarsamente utilizzato a causa della oggettiva difficoltà della parte vittoriosa di provare il danno - segnatamente in ordine al quantum - derivante dall'illecito processuale. Preso atto di siffatta situazione, il legislatore, nell'intento di frenare l'eccesso di litigiosità che affligge il nostro ordinamento ed evitare l'instaurazione di giudizi meramente dilatori, ha quindi introdotto questo peculiare strumento sanzionatorio, che consente al giudice di liquidare a carico della parte soccombente, anche d'ufficio, una somma ulteriore rispetto alle spese del giudizio", e ha concluso che "questa Corte concorda con la prospettazione del Tribunale rimettente - che rimanda, a sua volta, all'esegesi della Corte regolatrice - sulla natura non risarcitoria (o, comunque, non esclusivamente tale) e, più propriamente, sanzionatoria, con finalità deflattive, della disposizione scrutinata. Depongono in questo senso, oltre ai richiamati lavori preparatori della novella, significativi elementi lessicali. La norma fa, infatti, riferimento alla condanna al "pagamento di una somma", segnando così una netta differenza terminologica rispetto al "risarcimento dei danni", oggetto della condanna di cui ai primi due commi dell'art. 96 cod. proc. civ. Ancorché inserita all'interno del predetto art. 96, la condanna di cui all'aggiunto suo terzo comma è testualmente (e sistematicamente), inoltre, collegata al contenuto della "pronuncia sulle spese di cui all'articolo 91"; e la sua adottabilità "anche d'ufficio" la sottrae all'impulso di parte e ne conferma, ulteriormente, la finalizzazione alla tutela di un interesse che trascende (o non è, comunque, esclusivamente) quello della parte stessa, e si colora di connotati innegabilmente pubblicistici". A ciò si aggiunga che, per giurisprudenza consolidata (cfr. tra le tante Cass. 2017 n. 27623, Cass. 2021 n. 3830), l'applicazione dell'art. 96, comma 3, c.p.c., configurando tale condanna una sanzione di carattere pubblicistico, autonoma ed indipendente rispetto alle ipotesi di responsabilità aggravata ex art. 96, commi 1 e 2, c.p.c. (e con queste cumulabile), non richiede, quale elemento costitutivo della fattispecie, il riscontro dell'elemento soggettivo del dolo o della colpa grave, bensì di una condotta oggettivamente valutabile alla stregua di "abuso del processo", quale l'aver agito o resistito pretestuosamente. In particolare, la Suprema Corte con ord. n. 26545 del 30/09/2021 ha affermato che: "La condanna ex art. 96, comma 3, c.p.c. richiede un accertamento - da effettuarsi caso per caso e in base al parametro indefettibile della correttezza, distinto da quella della lealtà - dell'esercizio ad opera della parte soccombente delle sue prerogative processuali in modo abusivo, cioè senza tener conto degli interessi confliggenti in gioco, sacrificandoli ingiustificatamente o sproporzionatamente in relazione all'utilità effettivamente conseguibile,da desumersi in termini oggettivi dagli atti del processo o dalle condotte processuali e senza che il giudizio sulla antigiuridicità della condotta processuale possa farsi derivare automaticamente dal rigetto della domanda o dalla inammissibilità o dall'infondatezza della impugnazione". Ebbene, nel caso di specie, dall'esame degli atti del processo (v. sopra) è evidente il carattere pretestuoso dell'opposizione allo stato passivo, tenuto conto che la (...) srl, quale cessionaria di credito, nonostante avesse ricevuto l'avviso ex art. 92 l.f. e nonostante fosse intervenuta nella procedura esecutiva più volte citata, nella quale era già intervenuto il fallimento (...) s.r.l., ha sostenuto che non avrebbe avuto immediata ed effettiva conoscenza che il proprio debitore (C.) fosse fallito, in quanto sia nell'avviso sia nell'atto d'intervento del fallimento, quest'ultimo era indicato soltanto come "fallimento (...) s.r.l." senza alcun riferimento alla precedente denominazione della società, (...) srl. In altri termini non si è solo in presenza di un rigetto del ricorso per inammissibilità della domanda, ma di un quid pluris, ossia di una condotta antigiuridica tenuta dall'istante che ha instaurato tale giudizio senza previamente verificare, in presenza di tutti gli elementi in suo possesso (sede legale, partita IVA e CF) quanto era nella sua disponibilità, vale a dire la variazione della denominazione sociale del debitore ceduto. Ne consegue che parte ricorrente, a fronte della condotta antigiuridica qui tenuta e sopra descritta, va condannata al pagamento del doppio delle spese processuali, qui liquidate per compensi professionali. P.Q.M. 1. rigetta l'opposizione proposta da (...) S.R.L. nei confronti del fallimento (...) SRL IN LIQUIDAZIONE FALL. N. 685/2018; 2. condanna (...) S.R.L. a rimborsare al fallimento le spese del presente giudizio che liquida in Euro 12.046,00 oltre spese generali, I.V.A. e c.p.a. di legge; 3. condanna (...) S.R.L. ai sensi dell'art. 96 co. 3 c.p.c. al pagamento in favore del fallimento della somma pari ad Euro 24.092,00. Così deciso in Milano il 6 aprile 2023. Depositata in Cancelleria il 10 maggio 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO DI MILANO PRIMA CIVILE Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. Serena Nicotra ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 16534/2020 promossa da: (...) (C.F. (...)), con il patrocinio dell'avv. BO.GI., con studio in VIA (...) 20136 MILANO ATTORE contro (...) S.P.A. ED IN FORMA ABBREVIATA (...) S.P.A. (C.F. (...)), con il patrocinio dell'avv. MA.GI. e dell'avv. MI.SA. con studio in VIA (...) 20123 MILANO STRISCIA LA NOTIZIA (C.F. (...)) V.R.S. (C.F. (...)), con il patrocinio dell'avv. PI.SA., con studio in VIALE (...) 20135 MILANO CONVENUTI SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con atto di citazione ritualmente notificato, (...) ha convenuto in giudizio davanti a questo Tribunale la società (...) s.p.a., (...) e (...) per ottenere la condanna degli stessi al risarcimento dei danni derivanti dalla trasmissione dei servizi televisivi in data 3.11.2017, 12.11.2017 e 12.4.2019 e per ottenere la rimozione dei primi due servizi da internet e facebook, con condanna dei convenuti alla pubblicazione della sentenza sui quotidiani (...). La società attrice ha esposto: -di essere una Onlus costituita il 13 gennaio 2015; -che il 3 novembre 2017 (...) aveva trasmesso un primo servizio realizzato da (...) nel quale si rappresentava che i volontari della Onlus non rilasciavano le ricevute alle persone che facevano offerte libere e che si fregiavano della Protezione Civile, sostenendo che l'ente non operasse correttamente; -che il servizio si concludeva con le dichiarazioni di (...), responsabile di (...) nelle quali si dava atto dell'assunzione della responsabilità a rilasciare sempre le ricevute; -che prima della messa in onda del servizio (...) e (...) avevano registrato l'intera intervista a (...) e (...), nella quale veniva spiegato come venivano utilizzati i fondi raccolti e l'esistenza del gemellaggio con la Protezione Civile L'Aquila; -che i convenuti non avevano trasmesso per intero tale intervista, ma soltanto le dichiarazioni finali di (...), nonostante il contenuto dell'intervista confutasse tutte le affermazioni risultanti dal servizio; -che in data 17 novembre 2017 veniva trasmesso un nuovo servizio, presentato con titolo ammiccante "beneficenza senza ricevuta-beneficenza furbetta", nel quale veniva riproposta la dichiarazione di (...) già trasmessa nel precedente servizio e si stigmatizzava con commenti sprezzanti il fatto che i volontari di (...) non avessero rilasciato le ricevute ai donanti; -che inoltre il servizio si concludeva con le parole di (...), pronunciate indicando un'ambulanza (...) "vedete amici, c'è scritto terapia intensiva ma dentro non c'è niente, non c'è nessuna terapia intensiva speriamo che da questa volta in poi se lo ricorderanno. Per concludere diciamo che la beneficenza è una cosa seria e importante ma fate attenzione che se non controllate bene i vostri soldi potrebbero finire nelle mani sbagliate"; -che in data 12 aprile 2019 veniva trasmesso un nuovo servizio in cui si riproponevano degli stralci del servizio del 3 novembre 2017, si dava atto della scoperta del fatto che la associazione le ambulanze le aveva e venivano trasmesse due interviste a due persone presentate come ex collaboratrici di (...), la prima con volto coperto e voce camuffata e la seconda al telefono con voce falsata, nelle quali venivano proferite affermazioni mendaci, denigratorie e lesive dell'immagine di (...); -che anche le domande retoriche, gli ammiccamenti e le insinuazioni svolte da (...) erano offensive nei confronti di (...); -che secondo la prospettazione attorea, la notizia della raccolta dei fondi senza rilasciare le ricevute per le offerte libere non era frutto di un serio e diligente lavoro di ricerca e di controllo, non essendo obbligatorio il rilascio delle ricevute; -che inoltre tale notizia era travisata nel contenuto e nel tenore complessivo dei servizi di (...), attraverso il ricorso a false affermazioni, espressioni colorite e d'impatto, sottintesi ed ammiccamenti idonei a creare nella mente dei telespettatori false rappresentazioni della realtà oggettiva, relativi al fatto che i fondi raccolti da (...) venissero spesi in maniera incontrollata o truffaldina e non per acquistare ambulanze, materiale sanitario ed apparecchiature elettromedicali, che (...) stipendiasse i volontari ed organizzasse la raccolta dei fondi in modo illegale e senza i permessi della Polizia Locale, -che i commenti svolti da (...) nei citati servizi violavano inoltre il limite della continenza, trascendendo in attacchi offensivi e denigratori di (...) e dei volontari; -che inoltre (...) nel corso delle interviste non manifestava distacco e non assumeva la posizione imparziale di terzo osservatore rispetto alle affermazioni calunniose ed agli attacchi offensivi delle due persone intervistante in differita; -che le affermazioni gravemente diffamatorie contenute nei citati servizi avevano causato rilevanti danni all'immagine e reputazione di (...), in quanto ogni qualvolta la ONLUS promuoveva iniziative per la racclta dei fondi, i volontari subivano parolacce, insulti e sberleffi e l'(...), con cui (...) era convenzionata, aveva richiesto chiarimenti in data 30 aprile 2019 a seguito delle notizie di cronaca apparte sulle TV nazionali. Si è costituita (...) s.p.a. che ha dedotto la infondatezza della domanda attorea, replicando: -che in via preliminare doveva essere dichiarata la nullità della citazione ai sensi dell'art. 164, quarto comma, c.p.c. per omessa indicazione degli elementi di fatto e di diritto posti a fondamento della propria domanda, in quanto nell'atto vi era la mera trascrizione di stralci di dialoghi tratti dai servizi televisivi di cui è causa, presentata in maniera disorganica e decontestualizzata, con argomentazioni difensive prive di specifici e chiari riferimenti normativi; -che doveva essere dichiarato il difetto di legittimazione passiva di "(...)", trattandosi di soggetto privo di personalità giuridica che, come tale, non poteva essere centro di interessi e titolare di situazioni giuridiche attive e passive; -che non sussisteva la allegata diffamatorietà dei servizi realizzati da (...) e mandati in onda da (...) in quanto in essi risultavano presentati fatti veri e socialmente rilevanti, esposti nel rispetto della continenza espositiva, con conseguente configurabilità dell'esimente del diritto di cronaca e di critica; -che la circostanza del mancato rilascio delle ricevute era stata ammessa sia dai volontari di (...), sia dal suo responsabile, (...), il quale aveva assunto l'impegno a rilasciare per il futuro le ricevute; -che le interviste rilasciate da due ex collaboratrici di (...) davano atto di irregolarità commesse dalla associazione in relazione al denaro proveniente dalle raccolte fondi; -che l'intervista resa dal Direttore Generale della Protezione Civile Lombarda, Dott. (...) confermava la necessità del rilascio della ricevuta da parte delle associazioni di volontariato; - che dalle dichiarazioni del commissario della polizia locale di Trezzano sul Naviglio, (...), emergeva che nel territorio del Comune non risultava alcuna attività in nome della associazione (...) e che la Polizia Locale era già intervenuta l'anno precedente, in occasione di un'altra raccolta fondi organizzata da (...) presso il cimitero municipale, in quanto la raccolta era risultata non autorizzata; - che il diligente lavoro di ricerca dei fatti esposti svolto dall'inviato di "(...)" nella realizzazione dell'inchiesta oggetto della presente controversia consentiva di ritenere integrato il requisito della veridicità, quanto meno nella forma putativa, delle informazioni veicolate; - che i fatti esposti nei servizi, evidenzianti la presenza di plurime e gravi irregolarità commesse dalla associazione (...) in relazione al denaro proveniente dalle raccolte fondi, rendevano sussistente l'interesse pubblico alla conoscenza e alla divulgazione della notizia; - che risultava rispettato il requisito della continenza espressiva, non essendo rinvenibili nella narrazione dei fatti espressioni che possano fornire una falsa rappresentazione del fatto accaduto, nonché espressioni palesemente lesive della reputazione della attrice; - che con riferimento ai "fuori onda" di cui ai video prodotti, si trattava di documenti non ammissibili, essendo dubbie la provenienza e l'autenticità e considerato che essi non costituivano parte integrante dei servizi oggetto di causa; -che in ogni caso, i contenuti dei predetti stralci/fuori onda confermavano le circostanze tutte denunciate dall'inviato di "(...)"; -che non vi era neppure prova della sussistenza dei danni allegati dall'attrice, la cui quantificazione era peraltro eccessiva. Si è costituito (...) che ha chiesto il rigetto delle domande attoree esponendo: -che sussisteva la nullità dell'atto di citazione in quanto la confusa e frammentaria ricostruzione contenuta nell'atto rendeva impossibile comprendere quale fosse l'oggetto della doglianza attorea; -che nel merito sussistevano i presupposti dell'esimente dell'esercizio del diritto di cronaca e di critica, data la veridicità delle informazioni veicolate, la sussistenza dell'interesse generale alla divulgazione delle stesse e la continenza espositiva; -che nell'atto di citazione la attrice non aveva contestato l'interesse sociale dei servizi e delle tematiche ivi trattate, non aveva fornito evidenza della asserita affiliazione con la Protezione Civile, non aveva chiarito come venissero rendicontate le donazioni ricevute, non aveva fornito nessuna evidenza circa la destinazione delle somme raccolte, i progetti intrapresi o le iniziative benefiche sostenute; - che, come documentato dal convenuto, il rilascio di ricevute o attestazioni era necessario ai fini del rispetto le vigenti disposizioni normative sulle raccolte fondi, come indicato nella Circolare 59/E del 31 ottobre 2007 dell'Agenzia delle Entrate e nelle Linee Guida per la raccolta dei fondi dell'Agenzia per le Organizzazioni Non Lucrative di Utilità Sociale; -che inoltre proprio gli esponenti (...) intervistati da (...) e, segnatamente il responsabile dell'organizzazione eventi dell'associazione, signor (...), aveva ammesso la scorrettezza della prassi omissiva adottata dall'associazione, promettendo di rimediare; - che con riferimento alla doglianza secondo cui (...) si sarebbe dolosamente rifiutato di comprendere e far comprendere ai telespettatori il gemellaggio con la Protezione Civile Le Aquile, la attrice non aveva fornito nessuna evidenza del predetto gemellaggio ed in ogni caso il convenuto si era rivolto alla Protezione Civile di Trezzano sul Naviglio per avere chiarimenti sui rapporti con (...) e la verifica aveva avuto esito negativo, come confermato dall'intervista resa dal sig. (...); - che inoltre le ricerche svolte avevano messo in luce che (...) non figurava negli elenchi ufficiali delle associazioni riconosciute o affiliate alla Protezione Civile, né a livello regionale, né a livello nazionale; - che in ogni caso, come emergeva dalla registrazione integrale dell'intervista con (...), prodotta dall'attrice sub doc. 3, lo stesso portavoce di (...) aveva ammesso l'impropria spendita della qualifica di "protezione civile"; - che la correttezza del lavoro d'inchiesta svolto era confermato dagli elementi di riscontro acquisiti tramite i pareri e le testimonianze raccolte da soggetti qualificati, quali il Direttore Generale della Protezione Civile Lombardia, Dott. (...), e il rappresentante della Protezione Civile di Trezzano sul Naviglio, signor (...), nonché le due ex collaboratrici della associazione, che avevano riferito il proprio vissuto all'interno dell'associazione, rilasciando dichiarazioni rilevanti sull'organizzazione e le dinamiche interne dell'associazione, tuttora non confutate da controparte; -che con riferimento al colloquio integrale documentato dai video prodotti dall'attrice, si trattava di un confronto che era durato a lungo e che era stato necessariamente tagliato per esigenze di sintesi giornalistica, senza tuttavia alterare il senso di quanto emerso in quanto al termine del colloquio era stato riconosciuto che i volontari di (...) non avrebbero potuto spendere il nome della Protezione Civile e avrebbero dovuto rilasciare le ricevute delle donazioni raccolte; - che le espressioni utilizzate nei servizi non configuravano un ingiustificato travalicamento dei limiti della correttezza espositiva, ma erano state impiegate esclusivamente in funzione della manifestazione di un dissenso ragionato rispetto ai fatti obiettivamente documentati e, in gran parte, riconosciuti come veritieri dagli stessi esponenti di (...); -che non sussisteva la prova del danno lamentato e la sua quantificazione doveva ritenersi esorbitante. La causa, dopo il deposito delle memorie ex art. 183 comma 6 c.p.c., è stata ritenuta matura per la decisione ed è stata trattenuta in decisione sulle conclusioni rassegnate dalle parti. MOTIVI DELLA DECISIONE Preliminarmente si rileva che non può ritenersi costituito un valido rapporto processuale nei confronti della convenuta "(...)", trattandosi di soggetto privo di personalità giuridica e, come tale, della conseguente titolarità dal lato attivo e passivo di rapporti giuridici. Venendo al merito, Sos Lombardia Soccorso Emergency ha allegato il carattere diffamatorio dei fatti e dei commenti contenuti nei tre servizi di inchiesta trasmessi nel programma (...), rispettivamente in data 3 novembre 2017, 17 novembre 2017 e 12 aprile 2019, realizzati da (...). In particolare, le doglianze di parte attrice, così come estrapolate dalla lunga narrativa dell'atto di citazione, si concentrano sui seguenti aspetti: 1) il mancato rilascio delle ricevute alle persone che avevano effettuato un'offerta in denaro, che ha portato in tutti i servizi ad affermare la scorrettezza delle modalità della raccolta ed a fare insinuazioni sull'utilizzazione dei soldi per finalità diverse da quelle proprie dell'associazione, il tutto senza considerare che l'insussistenza di un obbligo normativo di rilasciare tali ricevute; 2) la asserita non correttezza dell'utilizzo del logo della protezione civile, nonostante l'inviato fosse stato informato dell'esistenza di un gemellaggio con la associazione Protezione Civile Le Aquile; 3) il contenuto delle interviste rilasciate da due asserite ex collaboratrici di (...) Protezione, contenenti affermazioni mendaci e denigratorie dell'operato di (...), del suo presidente e vicepresidente, che sarebbero state rafforzate dalle domande retoriche, dagli ammiccamenti e dalle insinuazioni dell'inviato (...); 4) i commenti di (...), a chiusura del servizio del 17 novembre, secondo cui l'ambulanza recante la scritta terapia intensiva sarebbe in realtà vuota, che sarebbero stati espressi senza alcuna verifica in ordine all'allestimento dell'ambulanza recante all'interno delle apparecchiature elettromedicali. Inoltre, l'attrice ha lamentato la scorrettezza del comportamento tenuto dai convenuti per avere alterato il servizio trasmesso il 3 novembre mediante l'inserimento parziale delle dichiarazioni di (...) e per non avere trasmesso neppure l'intervista resa dal vicepresidente (...), al fine di fare comprendere ai telespettatori la destinazione dei fondi raccolti, la presenza dei permessi della polizia locale ed il gemellaggio con la Protezione Civile Le Aquile. Si procederà quindi a valutare singolarmente le censure svolte dall'attrice tenendo conto del contenuto dei servizi mandati in onda. a) Il mancato rilascio delle ricevute Nel primo servizio del 3 novembre 2017, viene inizialmente mandato in onda un filmato realizzato l'anno precedente che mostra un volontario di (...) impegnato nella raccolta fondi che, nel rispondere ad una domanda posta da un possibile benefattore, risponde che (...) non rilascia ricevute a fronte di versamenti fatti a titolo di beneficienza. Il servizio passa poi ad esaminare il modo di procedere della associazione ad un anno di distanza e mostra le immagini di un'altra raccolta fondi che (...), da cui si evince l'effettuazione dei versamenti senza il rilascio delle ricevute da parte dei volontari. L'inviato (...) si presenta, quindi, ad uno dei volontari, chiedendogli il motivo del mancato rilascio delle ricevute ai soggetti che effettuano versamenti per la causa ed il volontario risponde che le ricevute non vengono rilasciate in quanto non vengono richieste dai donatori. Nel servizio viene quindi mostrata un'intervista al Direttore Generale della Protezione Civile Lombarda, Dott. (...), il quale dichiara che le associazioni di volontariato possono chiedere contributi volontari, con ricevute regolamentari. Dopo la parte del servizio in cui l'inviato incalza il volontario che si occupava della raccolta fondi sul tema delle ricevute e il volontario reagisce in modo aggressivo, viene trasmessa l'intervista al commissario della polizia locale di Trezzano sul Naviglio, (...), il quale, con riferimento alla raccolta fondi di (...) in corso - dichiara che nel territorio del Comune non risulta alcuna attività a nome di tale associazione e racconta che la Polizia Locale era già intervenuta l'anno precedente, in occasione di un'altra raccolta fondi organizzata da (...) presso il cimitero municipale, accertando che la raccolta era risultata non autorizzata e che, a fronte dei versamenti, l'associazione non rilasciava le ricevute. Il servizio si conclude con la messa in onda dell'intervista di (...) al responsabile Eventi di (...), (...), il quale conferma il mancato rilascio delle ricevute a fronte delle donazioni, dicendo che è una cosa da non farsi ed assumendo l'impegno per il futuro di rilasciare le ricevute. Nel servizio del 17 novembre (che, differentemente da quanto prospettato nell'atto di citazione, corrisponde al servizio in cui sono state raccolte le testimonianze delle ex collaboratrici di (...), come risulta dal cd prodotto da R.), viene inizialmente trasmesso un riassunto del servizio precedente, con la messa in onda delle immagini del primo volontario che dichiara che non venivano rilasciate le ricevute e dell'intervista con (...) che si impegna al rilascio delle ricevute. Le immagini proseguono con un'altra raccolta fondi davanti ad un centro commerciale e mostrano il mancato rilascio delle ricevute. Nel servizio viene poi mandata in onda l'intervista di una ex collaboratrice di (...), raffigurata di spalle e con voce camuffata, che conferma il mancato rilascio delle ricevute durante la raccolta dei fondi ed afferma che i soldi raccolti servivano per pagare in nero i volontari e per retribuire il presidente e il vicepresidente, nonché l'intervista per telefono di un'altra collaboratrice che conferma quanto dichiarato dalla prima intervistata sia in relazione alla mancanza di ricevute, sia in relazione alla destinazione dei fondi raccolti. Infine, nel servizio del 11 aprile 2019, viene sempre trasmesso un breve filmato del primo servizio del 3 novembre 2017, per poi rappresentare che si era ricordato al responsabile eventi di (...) come le linee guida dell'Agenzia dell'Entrate - che vengono inquadrate nel servizio - prevedessero il rilascio di ricevute per la raccolta di denaro utilizzando bollettari madre- figlia, e riproporre le dichiarazioni di (...) sull'impegno a rilasciare per il futuro le ricevute. Successivamente, vengono mostrate le immagini di altre raccolte fondi, una a Cesano Maderno, un'altra ad A., da cui si desume il mancato rilascio delle ricevute. A chiusura del servizio l'inviato (...), nel sottolineare l'importanza della beneficienza, ma invita i telespettatori a verificare bene a che affidano i loro soldi per evitare che finiscano nelle mani sbagliate. Ciò posto ritiene questo Giudice che in relazione ai fatti ed ai giudizi espressi nei citati servizi sia configurabile l'esimente dell'esercizio del diritto di cronaca e del diritto di critica. Sul punto si evidenziano i seguenti dati: 1) la circostanza del mancato rilascio delle ricevute è comprovata sia dalle dichiarazioni raccolte da alcuni volontari intervistati, sia dalle immagini trasmesse relative alle modalità di svolgimento di vari episodi di raccolta fondi; 2) la condotta del mancato rilascio delle ricevute viene stigmatizzata dall'inviato sia sulla base delle dichiarazioni rese dal Direttore Generale della Protezione Civile Lombarda in ordine alla necessità di rilascio delle ricevute, sia sulla base della citazione delle linee guida dell'Agenzia delle Entrate prevedenti l'utilizzo ai fini del rilascio delle ricevute di bollettari madre-figlia, linee guida di cui è stata inquadrata una parte servizio del 11 aprile; 3) lo stesso responsabile di (...), intervistato da (...), ha riconosciuto la doverosità del rilascio delle ricevute, assumendo l'impegno per il futuro di conformarsi a tale condotta. La visione della parte dell'intervista non mandata in onda, di cui ai filmati prodotti dall'attrice nel doc. 3, non consente di evincere alcun stravolgimento delle dichiarazioni rese sul punto da (...) e dal vicepresidente dell'associazione (...). Al contrario, dalla visione del documento chiamato "candid camera 5", che corrisponde alla parte finale del colloquio, emerge che uno dei volontari presenti di (...) ha dichiarato di avere dei blocchetti di ricevute compilate e che i soggetti che hanno fatto il versamento non avevano voluto la ricevuta. Inoltre, nel filmato si sente il responsabile (...) fare presente di avere detto proprio quella mattina di rilasciare la ricevuta anche se i donatari dichiarano di non volerla, a conferma della doverosità di tale condotta; 4) nel primo servizio del 3 novembre, i commenti del convenuto (...) sulla non correttezza dell'operato dei volontari di (...) si fondano sulla constatazione che, senza il rilascio delle ricevute, non è possibile controllare quanti soldi vengono raccolti, né la destinazione delle somme. Anche nel servizio del 11 aprile, nella parte in cui (...) contesta ad uno dei volontari il mancato rilascio delle ricevute, l'inviato fa presente che senza ricevute nessuno può controllare quanto si è incassato. Orbene, come rilevato dalla giurisprudenza di legittimità, (su tutte, cfr. Cass., sez. III, n. 14822 del 4/9/2012) "La divulgazione a mezzo stampa di notizie lesive dell'onore è scriminata per legittimo esercizio del diritto di cronaca se ricorrono: a) la verità oggettiva (o anche solo putativa, purché frutto di un serio e diligente lavoro di ricerca), la quale non sussiste quando, pur essendo veri i singoli fatti riferiti, siano dolosamente o colposamente taciuti altri fatti, tanto strettamente ricollegabili ai primi da mutarne completamente il significato, ovvero quando i fatti riferiti siano accompagnati da sollecitazioni emotive, sottintesi, accostamenti, insinuazioni, allusioni o sofismi obiettivamente idonei a creare nella mente del lettore false rappresentazioni della realtà; b) l'interesse pubblico all'informazione, cioè la cosiddetta pertinenza; c) la forma "civile" dell'esposizione e della valutazione dei fatti, cioè la cosiddetta continenza. (?)". Nel caso in esame, gli elementi sopra evidenziati confermano la sussistenza del requisito della verità, quanto meno putativa, del fatto riferito, considerato l'obiettivo accertamento del mancato rilascio delle ricevute, lo svolgimento di un lavoro di ricerca sulla doverosità di tale condotta, attraverso l'intervista al direttore generale della Protezione civile Lombarda e l'acquisizione della circolare emessa da Agenzia delle Entrate in tema di raccolta fondi da parte delle associazioni di volontariato. Le stesse dichiarazioni rese dal responsabile di (...), nella parte in cui riconoscono la doverosità della condotta del rilascio delle ricevute e la circostanza del fatto che in alcune occasioni gli stessi volontari dell'ente abbiano asserito di essere in possesso dei bollettari per il rilascio delle ricevute, confermano la sussistenza di precise linee guida in tema di raccolta di fondi per beneficienza, prevedenti per l'appunto l'utilizzo delle ricevute al fine di potere assolvere alla corretta registrazione e rendicontazione delle somme versate. In questo quadro, la allegazione della difesa attorea sull'insussistenza di un obbligo nella normativa primaria in ordine al rilascio delle ricevute non assume rilievo ai fini del giudizio sul carattere diffamatorio della notizia riferita, dal momento che la valutazione in ordine alla correttezza della raccolta non può prescindere dall'esame delle fonti secondarie, quali per l'appunto la citata circolare, e dalle linee guida del settore, individuanti le regole e le prassi da adottare ai fini del rispetto del principio della trasparenza delle attività e della destinazione delle somme raccolte dalle associazioni di volontariato. E' poi indubbia la sussistenza di un interesse pubblico alla conoscenza di notizie inerenti alla corretta modalità di raccolta dei fondi da parte delle ONLUS, e quindi della odierna attrice, considerata la diffusione del fenomeno della beneficienza e la sua utilità sociale. Quanto alla continenza, secondo l'orientamento della giurisprudenza di legittimità, non è rispettosa di tale principio la critica non civile, eccedente lo scopo informativo da conseguire, che sfocia in offese gratuite e denigranti (cfr. su tutte, Cass., sez. III, n. 25793 del 5 dicembre 2014 così massimata: "In tema di azione di risarcimento dei danni da diffamazione a mezzo stampa, il diritto di cronaca soggiace al limite della continenza, che comporta moderazione, misura, proporzione nelle modalità espressive, le quali non devono trascendere in attacchi personali diretti a colpire l'altrui dignità morale e professionale con riferimento non solo al contenuto dell'articolo, ma all'intero contesto espressivo in cui l'articolo è inserito, compresi titoli, sottotitoli, presentazione grafica, fotografie, trattandosi di elementi tutti che rendono esplicito, nell'immediatezza della rappresentazione e della percezione visiva, il significato di un articolo, e quindi idonei, di per sé, a fuorviare e suggestionare i lettori più frettolosi") Come già evidenziato, i giudizi ed i commenti espressi sono ragionati, e non arbitrari, proprio perché sono ancorati al fatto del mancato rilascio delle ricevute ed alla conseguente impossibilità di verificare l'entità delle somme raccolte e di accertarne l'effettiva destinazione al fine sociale per cui viene organizzata la raccolta. Il titolo di uno dei servizi "beneficenza senza ricevuta-beneficenza furbetta" è coerente con il giudizio espresso sulla impossibilità di controllare, senza ricevute, l'impiego delle somme e non assurge ad offesa gratuita o denigratoria, eccedente l'obiettivo narrativo. Neppure può considerarsi denigratorio il fatto che l'inviato, di fronte alla affermazione della signora anziana che si trova a passare al momento della discussione tra (...) ed il volontario sul fatto che non avrebbe più dato nulla, le dica "brava", rientrando sempre nell'ambito della espressione della critica al modus operandi accertato non prevedente il rilascio di ricevute delle donazioni effettuate. b) il gemellaggio con la Protezione civile Nel primo servizio le immagini inquadrano uno dei volontari con il giubbotto della protezione civile che nell'atto della raccolta fondi dichiara di essere gemellato con la Protezione Civile. Quando poi l'inviato (...) si avvicina a tale volontario, alla sua domanda, "Protezione Civile?", il volontario risponde "certo". Quanto si procede all'intervista al responsabile di S.D., l'inviato dà atto del fatto che, dalle verifiche effettuate presso la Protezione Civile di Trezzano sul Naviglio, è emersa l'inesistenza di una collaborazione con (...). Viene poi trasmessa l'intervista effettuata ad un volontario della Protezione Civile di Trezzano sul Naviglio, il signor (...), al quale viene mostrato il volantino diffuso dall'associazione e dà atto del fatto che non gli risulta una collaborazione con tale associazione. Nel successivo video del 17 novembre, si mostra una volontaria che si qualifica come "protezione civile in collaborazione con S.E.", ed un'altra volontaria che si qualifica come "Protezione civile e collaboriamo con le ambulanze" e si sente (...) dire che i volontari continuano a dire di essere la protezione civile. Sul punto la attrice ha lamentato il fatto che i servizi non abbiano dato spazio alle dichiarazioni dei responsabili di (...) circa il gemellaggio con la Protezione civile Le Aquile ed ha prodotto con la memoria istruttoria lo statuto della associazione Protezione civile Le Aquile e la sua iscrizione nella sezione provinciale di Milano dell'albo delle associazioni di volontariato della Protezione civile (doc. 13 e 14). Anche in tal caso le allegazioni e produzioni della attrice non sono sufficienti ai fini del giudizio sulla sussistenza del dedotto illecito diffamatorio. Al riguardo si evidenziano i seguenti elementi: 1) come emerge dalle stesse allegazioni della attrice e dalla produzione del convenuto (...), (...) non rientra tra le associazioni di volontariato di protezione civile, mentre nei citati servizi i volontari indossano un giubbotto con il logo della protezione civile, il che appare un fatto obiettivamente idoneo ad ingenerare nei potenziali benefattori la convinzione sul fatto che i volontari facciano parte della locale protezione civile; 2) le indicazioni rese dai volontari nei brani del servizio trasmessi appaiono altrettanto ambigue, in quanto nella maggior parte dei casi non danno atto di alcun gemellaggio, ma lasciano intendere una diretta appartenenza alla protezione civile. Inoltre, in nessun caso viene specificato il nome della associazione cui sono gemellati ed il territorio sui cui opera; 3) nel primo servizio risulta effettuata una verifica sull'esistenza di una collaborazione di (...) con la protezione civile del Comune di Trezzano sul Naviglio, luogo in cui si procedeva alla raccolta dei fondi, ricevendo risposta negativa. In questo quadro, le interviste evidenziano la non corrispondenza al vero del logo utilizzato sulle giacche indossate dai volontari e delle dichiarazioni rese dai volontari sulla diretta appartenenza alla Protezione civile. Il fatto che vi sia un gemellaggio tra (...) e l'associazione Protezione Civile Le Aquile - peraltro solo allegato e non dimostrato dalla parte - non appare quindi rilevante in quanto non fa venire meno l'esistenza di tali oggettive discrepanze. Peraltro, la visione dei servizi evidenzia come, nell'ambito delle censure mosse all'operato di (...), tale questione assuma una valenza del tutto residuale, atteso che il disvalore dei giudizi si incentra sulla condotta di mancata consegna delle ricevute e sull'aspetto della destinazione dei fondi. Sotto tale profilo, non assume quindi concreta rilevanza la prova testimoniale richiesta dall'attrice volta a dimostrare che il soggetto intervistato (...) avesse successivamente dichiarato di essersi sbagliato. Infine, come rilevato dalla difesa del convenuto (...), nel fuori onda di cui al doc. 3 e segnatamente nel file denominato candid camera 4, intorno al minuto 2.20, lo stesso responsabile (...), di fronte alle dichiarazioni di (...) sul fatto che i volontari dicevano di raccogliere i fondi per conto della protezione civile, afferma che è improprio e che se ne assume la responsabilità. Ne deriva che anche in tal caso non è configurabile l'illecito dedotto dall'attrice. c) Le dichiarazioni rese dai soggetti intervistati dal convenuto (...), i relativi commenti contenuti nel servizio del 17 novembre ed in quello successivo Nel servizio del 17 novembre sono state trasmesse le interviste a due ex collaboratrici di (...), la prima intervistata in presenza, di spalle, e la seconda per telefono. La prima intervistata ha riferito che i soldi raccolti non venivano utilizzati per beneficienza ma per pagare i volontari in nero e per retribuire il presidente e il vicepresidente e che, in occasione dei controlli delle A., prosegue l'intervistata, il materiale medico-sanitario veniva trasferito su una singola vettura in modo che risultasse completamente allestita, mentre le altre ambulanze utilizzate erano vuote. La seconda persona intervistata ha confermato le dichiarazioni della prima sul mancato rilascio delle ricevute e sulla destinazione dei fondi raccolti per retribuire i volontari ed i gestori della associazione. Al termine del servizio vi è poi il seguente avvertimento dell'inviato (...) ai telespettatori: "Ponete attenzione a chi affidate i vostri soldi perché potrebbero finire nelle mani sbagliate". Orbene, in relazione alla messa in onda delle citate interviste, occorre tenere conto dei principi esposti dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione secondo cui: "In tema di diffamazione a mezzo stampa, qualora la cronaca abbia ad oggetto il contenuto di un'intervista, il requisito della verità dei fatti va apprezzato in relazione alla corrispondenza fra le dichiarazioni riportate dal giornalista e quelle effettivamente rese dall'intervistato, con la conseguenza che il giornalista, laddove non abbia manipolato od elaborato tali dichiarazioni, in modo da falsarne anche parzialmente il contenuto, non può essere chiamato a rispondere di quanto affermato dall'intervistato, sempreché ricorrano gli ulteriori requisiti dell'interesse pubblico alla diffusione dell'intervista e della continenza, da intendersi rispettato per il solo fatto che il giornalista abbia riportato correttamente le dichiarazioni, a prescindere da qualsiasi valutazione sul loro contenuto." (cfr. Cass., sez. 3, n. 23168 del 31/10/2014). La condotta dei convenuti rientra nel paradigma delineato da tale pronuncia, atteso che non si evidenziano alterazioni né manipolazioni del contenuto delle dichiarazioni rese dai soggetti intervistati. Diversamente da quanto prospettato dalla difesa attorea, dall'esame del video non si evincono atteggiamenti del convenuto (...) di condivisione ed avallo delle dichiarazioni delle persone intervistate, né tanto meno l'assunzione di toni insinuanti, di ammiccamenti o l'espressione di osservazioni e accostamenti ingiuriosi (che peraltro non sono neppure specificamente indicati dall'attrice). In tal senso non possono, invero, essere interpretate le domande poste da (...) alle intervistate, né il fatto che il convenuto, di fronte alla domanda sul rilascio delle ricevute, chieda se il mancato rilascio delle ricevute poteva comportare che i soldi venissero spesi per fini personali, né ancora il fatto che, dopo il racconto della prima intervistata sul comportamento di (...) nei controlli dell'(...), il convenuti riepiloghi e spieghi quelle che potevano essere le finalità del trasbordo delle apparecchiature da un mezzo all'altro e ne chieda conferma alla parte intervistata. In tutti i citati casi non si rinviene nelle interviste alcun elemento che consenta di affermare che sia stato alterato il senso di quanto riferito dai dichiaranti o che siano state formulate ipotesi non confermate da tali dichiarazioni. Pertanto, sotto tale profilo, risultano rispettati i presupposti dell'esercizio del diritto di cronaca, in quanto vengono riportati in modo fedele i fatti riferiti dalle persone intervistate, le domande dell'intervistatore e le risposte attengono ad aspetti relativi all'uso dei fondi raccolti da considerarsi di indubbia rilevanza sociale e si utilizzano toni composti ed espressioni prive di contenuto offensivo. Quanto alla chiosa finale del servizio, costituito dall'invito ai telespettatori a prestare attenzione perché altrimenti i soldi potrebbero finire nelle mani sbagliate, si è in presenza del legittimo esercizio del diritto di critica. Il commento è, invero, conseguente a quanto rappresentato nel servizio, sia in merito al mancato rilascio delle ricevute, sia in merito a riferito dalle persone intervistate sulla destinazione dei fondi, ed è quindi espressione di un giudizio legato ai fatti ed alle dichiarazioni trasmesse, esposto con un linguaggio privo di termini denigratori ed offensivi. Occorre poi considerare che la attrice non ha fornito elementi da cui desumere la falsità delle dichiarazioni rese nel servizio. In particolare, nulla è stato dedotto né prodotto sui rendiconti redatti dall'associazione sull'entità delle somme raccolte e sull'impiego delle stesse, né sono state svolte istanze istruttorie in merito alla natura del rapporto con i volontari, alla percezione di compensi da parte di quest'ultimi e degli organi rappresentativi della ONLUS. Gli stessi rilievi valgono con riferimento al commento dell'inviato (...), alla fine del servizio del 11 aprile 2019, sul fatto che l'ambulanza visibile nel filmato sarebbe in realtà vuota. Al riguardo occorre considerare che il servizio è la prosecuzione dell'inchiesta condotta nelle puntate precedenti, sicché l'affermazione dell'inviato va contestualizzata con quanto emerso nei servizi precedenti e con quanto ribadito nel servizio sulla prassi di non lasciare le ricevute e sulla conseguente impossibilità di controllare l'impiego delle somme per le finalità propugnate. Va poi osservato che il doc. 17 prodotto dalla attrice non consente di inferire che il veicolo visibile nel servizio fosse allestito per la terapia intensiva atteso che si riferisce ad un mezzo targato EC 540 FN, mentre quello visibile al minuto 3.01 circa del servizio reca una diversa targa (di cui si riescono a leggere i primi cinque numeri CD 255). Anche la circostanza di cui al capitolo di prova n. 18 formulato dalla attrice nella memoria istruttoria, relativo all'allestimento del mezzo, laddove confermato, non consentirebbe comunque di escludere il requisito della verità putativa di quanto affermato dall'inviato, a fronte di quanto appreso nelle interviste realizzate nel servizio precedente sul trasferimento delle apparecchiature da una vettura ad un'altra, dal momento che non dimostra l'effettivo allestimento come unità di terapia intensiva di tutti i mezzi a disposizione della associazione. Va poi rilevato che non portano a diverse conclusioni le censure dell'attrice sulla scelta dei convenuti di non inserire nel servizio le dichiarazioni rese da (...) e da (...) nel corso del primo servizio del 3 novembre, di non dare conto documenti esibiti sull'acquisto di ambulanze, relativi all'acquisto del materiale sanitario e delle apparecchiature elettromedicali, e di non ispezionare i mezzi presso la sede dell'associazione. Da un lato, la attrice non ha prodotto in questa sede la documentazione che avrebbe esibito al convenuto nel corso dell'intervista, se non quanto all'autorizzazione all'uso per mesi 6 dell'ambulanza indicata nel doc. 17 e ad una fattura del 2018 (ovvero successiva al servizio) relativo all'acquisto di un set barella elettrica per accessori, il che preclude ogni valutazione sulla rilevanza e pertinenza di quanto mostrato al convenuto. Dall'altro lato, si osserva che, se si considera il contenuto del primo servizio del 3 novembre 2017, incentrato sul dato obiettivo del mancato rilascio delle ricevute e delle dichiarazioni sulla raccolta dei fondi per conto della protezione civile, lo svolgimento degli approfondimenti richiesti sull'acquisto delle ambulanze e del materiale sanitario, non appariva neppure pertinente al contenuto delle informazioni veicolate nel servizio, posto che in tale puntata non è stato messo in dubbio l'allestimento dei mezzi, né sono state acquisite in tale sede le dichiarazioni sull'impiego di fondi per altre finalità, ma si è messo in risalto come la mancanza delle ricevute precluda la possibilità di un controllo ex post sulla destinazione delle somme. Peraltro, la allegazione in ordine all'effettivo acquisto di apparecchiature elettromedicali non è comunque sufficiente a fare venire meno una delle criticità rilevate nel primo servizio ed in quelli successivi, ovvero il fatto che l'assenza delle ricevute non consente di ricostruire l'esatta entità delle somme versate e di verificare che quindi tutto quanto proveniente dalla beneficenza sia esclusivamente impiegato a tal fine. Alla luce di tutti gli argomenti sopra svolti, deve dunque ritenersi scriminato dall'esimente del diritto di cronaca e di critica il contenuto dei citati servizi televisivi. Ne deriva il rigetto della domanda di risarcimento danno, sia delle domande di rimozione dei servizi dal sito internet e facebook del programma. Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza, in applicazione del principio di cui all'art. 92 c.p.c., e vengono liquidate come in dispositivo, in applicazione del D.M. n. 55 del 2014, essendosi esaurita la causa nella vigenza di tali tariffe, secondo lo scaglione del valore della domanda attorea, con riduzione dei compensi per la fase istruttoria e decisoria, non essendosi proceduto ad istruzione. P.Q.M. Il Giudice Istruttore in funzione di Giudice Unico, definitivamente pronunciando, così provvede: - rigetta le domande svolte da (...) nei confronti di (...) s.p.a e di (...)R.; -condanna la attrice alla rifusione in favore dei convenuti delle spese di lite che liquida per ciascun convenuto in Euro 7085,00 per compensi, oltre a spese generali, Iva (se non detraibile) e Cpa come per legge. Così deciso in Milano il 4 maggio 2023. Depositata in Cancelleria il 5 maggio 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO DI MILANO DECIMA CIVILE Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. Damiano Spera ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 13447/2020 promossa da: (...) (C.F. (...)), rappresentata e difesa dall'avvocato VE.FA. ATTRICE Contro (...) (C.F. (...)) CONVENUTA CONTUMACE CONCISA ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE 1. Svolgimento del processo Con atto di citazione ritualmente notificato (...) conveniva in giudizio l'(...) S.a.s. di (...), in persona del legale rappresentante pro tempore, per chiederne la condanna al risarcimento di tutti i danni patrimoniali e non patrimoniali subiti in seguito ad un incidente occorso all'attrice in data 19.3.16. All'udienza del 20.10.20, il Giudice, rilevato che la notifica dell'atto di citazione alla convenuta non era andata a buon fine, assegnava all'attrice termine fino al 10.12.20 per la rinotifica dello stesso e rinviava così l'udienza al 16.3.21. All'udienza del 16.3.21, verificata la ritualità della predetta rinotifica nei confronti della convenuta, constatata la mancata costituzione di quest'ultima, ne dichiarava la contumacia e concedeva i termini di cui all'art. 183, co. 6, c.p.c.. Con ordinanza emessa fuori udienza in data 7.7.21 il Giudice ammetteva parzialmente le istanze istruttorie dedotte dalle parti. Alla successiva udienza del 2.2.22, il Giudice dava atto che la convenuta contumace non si era presentata, senza giustificato motivo, per rendere l'interrogatorio formale deferitole, nonostante la rituale notifica del mezzo istruttorio. Nella stessa udienza, il Giudice assumeva la testimonianza dell'unico teste ammesso e disponeva CTU medico-legale sulla persona dell'attrice. All'udienza del 15.9.22, il Giudice, ritenuta la causa matura per la decisione, rinviava per la precisazione delle conclusioni all'udienza del 21.2.23. All'udienza del 21.2.23, il Giudice, fatte precisare dall'attrice le proprie conclusioni, concedeva allo stesso termine fino al 24.4.23 per il deposito della comparsa conclusionale e, alla scadenza di tale termine, tratteneva la causa per la decisione. 2. Sull'an debeatur Ritiene questo Giudice che le domande proposte in giudizio dall'attrice debbano essere accolte. La Sig. (...) agiva in giudizio al fine di far accertare la responsabilità dell'(...) S.a.s. di (...) per i danni subiti dall'attrice a causa di una caduta dalla sedia su cui la stessa era seduta in occasione di un pranzo consumato presso il ristorante convenuto in data 19.3.2016. Esponeva, in particolare, la sig. (...) che, nella data suindicata, mentre si trovava a pranzo con la propria figlia presso l'(...), la sedia su cui la stessa attrice era seduta restava bloccata in un dislivello della pavimentazione (originato dallo spostamento dello zerbino dalla sua sede originaria) causandone la rovinosa caduta al suolo (v. fotografia di cui al doc. n. 3 allegato all'atto di citazione). In conseguenza di tale caduta, l'attrice veniva trasportata - a mezzo ambulanza - presso il Pronto Soccorso dell'Ospedale Niguarda Cà Granda di Milano ove le veniva diagnosticata una "frattura di colles a sinistra" e una "frattura pertrocanterica femore sinistro" (v. doc. n. 4 allegato all'atto di citazione). Ritiene questo Giudice che la domanda proposta in giudizio dall'attrice debba essere accolta nei confronti della convenuta in quanto, dai documenti prodotti, risultano provati i fatti costitutivi del diritto fatto valere. In particolare, la fattispecie prospettata dall'attrice rientra nell'ambito applicativo dell'art. 2051 c.c., relativo alla responsabilità per cose in custodia, disposizione che, secondo il consolidato orientamento della Corte di Cassazione, integra un'ipotesi di responsabilità oggettiva, che - come tale - prescinde da qualunque indagine in ordine al profilo soggettivo del custode. Al riguardo, la Suprema Corte, con le note sentenze c.d. "gemelle" n. 2480, n. 2481 e n. 2482 del 2018 (poi confermate da Cass. n. 27724/2018, Cass. n. 4588/2022, nonché da Cass. Sez. Unite, Ord. n. 20943/2022), ha chiarito che: a) "l'art. 2051 c.c., nel qualificare responsabile chi ha in custodia la cosa per i danni da questa cagionati, individua un criterio di imputazione della responsabilità che prescinde da qualunque connotato di colpa, sicché incombe al danneggiato allegare, dandone la prova, il rapporto causale tra la cosa e l'evento dannoso, indipendentemente dalla pericolosità o meno o dalle caratteristiche intrinseche della prima"; b) "la deduzione di omissioni, violazioni di obblighi di legge di regole tecniche o di criteri di comune prudenza da parte del custode rileva ai fini della sola fattispecie dell'art. 2043 c.c., salvo che la deduzione non sia diretta soltanto a dimostrare lo stato della cosa e la sua capacità di recare danno, a sostenere allegazione e prova del rapporto causale tra quella e l'evento dannoso"; c) "il caso fortuito, rappresentato da fatto naturale o del terzo, è connotato da imprevedibilità ed inevitabilità, da intendersi però da un punto di vista oggettivo e della regolarità causale (o della causalità adeguata), senza alcuna rilevanza della diligenza o meno del custode; peraltro le modifiche improvvise della struttura della cosa incidono in rapporto alle condizioni di tempo e divengono, col trascorrere del tempo dall'accadimento che le ha causate, nuove intrinseche condizioni della cosa stessa, di cui il custode deve rispondere d) "il caso fortuito, rappresentato dalla condotta del danneggiato, è connotato dall'esclusiva efficienza causale nella produzione dell'evento; a tal fine, la condotta del danneggiato che entri in interazione con la cosa si atteggia diversamente a seconda del grado di incidenza causale sull'evento dannoso, in applicazione anche ufficiosa - dell'art. 1227 c.c., comma 1; e deve essere valutata tenendo anche conto del dovere generale di ragionevole cautela riconducibile al principio di solidarietà espresso dall'art. 2 Cost.. Pertanto, quanto più la situazione di possibile danno è suscettibile di essere prevista e superata attraverso l'adozione da parte dello stesso danneggiato delle cautele normalmente attese e prevedibili in rapporto alle circostanze, tanto più incidente deve considerarsi l'efficienza causale del comportamento imprudente del medesimo nel dinamismo causale del danno, fino a rendere possibile che detto comportamento interrompa il nesso eziologico tra fatto ed evento dannoso, quando lo stesso comportamento, benché astrattamente prevedibile, sia da escludere come evenienza ragionevole o accettabile secondo un criterio probabilistico di regolarità causale". In base ai precedenti richiamati, dunque, l'attore che agisce in giudizio invocando la responsabilità ex art. 2051 c.c. ha l'onere di provare la qualità di custode in capo al convenuto, nonché il nesso di causa tra la cosa in custodia e l'evento dannoso, spettando invece al responsabile fornire la prova liberatoria del "caso fortuito". Ebbene, nel caso in esame, l'attrice ha certamente dimostrato che il danno lamentato è conseguenza diretta della sua caduta dalla sedia in uso presso l'(...), così provando sia il fatto storico, sia il nesso eziologico tra questo e il danno di cui in questa sede si richiede il risarcimento. I documenti prodotti e l'istruttoria orale hanno infatti confermato la dinamica dei fatti così come prospettati dall'attrice nell'atto di citazione. Ed invero, la ricostruzione attorea è comprovata dalla testimonianza resa dalla sig. (...) (figlia e commensale dell'attrice presso il ristorante convenuto e quindi presente al momento del fatto), la quale - con deposizione coerente e credibile - ha affermato quanto segue. "Sul cap 1: vera la circostanza capitolata. Mia madre era seduta subito dietro la porta di ingresso del locale, che in quel momento era molto affollato. Io ero presente nel locale con mia madre. Sul capitolo 2: prendo visione della foto prodotta sub doc 3 e confermo che verso la fine del pranzo, mia madre voleva alzarsi per andare nella toilette. Non riuscì neppure ad alzarsi, perché un piede della sedia probabilmente rimase imbrigliato nel tappeto sul quale era collocata la sedia. Mi riferisco al tappetto che nella foto predetta è di colore marroncino. Io vidi che mia madre stava per alzarsi e subito dopo la vidi cadere a terra sulla sua sinistra. Io non vidi buchi nel tappeto; sul capitolo 3: non posso dire che mia madre sia caduta per effetto di un dislivello. Certamente il dislivello si trovava alla fine del tappeto, come si vede nella foto. Vi era un altro dislivello oltre la porta di ingresso e vicino alla sedia sulla quale era seduta mia madre. Io ero seduta di fronte a mia madre. Vidi mia madre a terra ancora seduta sulla sedia" (cfr. verbale d'udienza del 2.2.22). Tale deposizione trova inoltre conferma nella documentazione fotografica prodotta dall'attrice (v. doc. 3 allegato all'atto di citazione), dalla quale si può acclarare l'esistenza del dislivello tra la pavimentazione e la sede di collocazione dello zerbino di ingresso. Dalla documentazione medica prodotta risulta poi che in data 19.3.2016 - cioè nel giorno dell'incidente - l'attrice era stata trasportata - a mezzo ambulanza - presso il Pronto Soccorso dell'Ospedale Niguarda Cà Granda ove le veniva refertata una "frattura di colles a sinistra" e una "frattura pertrocanterica femore sinistro" (v. doc. n. 4 allegato all'atto di citazione). La stessa CTU ha infine confermato che, in conseguenza della riferita caduta, "la perizianda ha riportato frattura plurilineare e pluriframmentaria meta-epifisaria distale di radio sinistro con coinvolgimento della superficie articolare, distacco della stiloide ulnare sinistro (frattura di Colles) e frattura pertrocanterica con distacco del gran trocantere del femore sinistro trattate chirurgicamente con riduzione e osteosintesi metallica" (v. CTU pag. 8). Quanto poi alla prova della custodia, non v'è dubbio che sulla società convenuta, quale proprietaria del ristorante in cui è avvenuto l'incidente, gravasse l'obbligo di custodire gli oggetti in uso alla stessa, quale la pavimentazione e la sedia su cui l'attrice era seduta per consumare il pranzo. Nel caso di specie non è stata infine dimostrata la ricorrenza del "caso fortuito", non essendo stata allegata - e a fortiori nemmeno provata - alcuna circostanza idonea a recidere il nesso di causalità tra la cosa custodita e l'evento dannoso occorso alla sig. (...). Dev'essere infatti considerato - come del resto già sopra anticipato - che, una volta che l'attrice ha provato l'obbligo di custodia e il nesso di causa tra la cosa custodita e il danno allegato, spetta al custode dimostrare l'esistenza di circostanze idonee a integrare il caso fortuito di cui all'art. 2051 c.c.. Nel caso in esame, invece, la convenuta - essendo rimasta contumace e non essendosi neppure presentata in udienza per rendere l'interrogatorio formale deferitole, nonostante la rituale notifica del mezzo istruttorio (cfr. verbale d'udienza del 2.2.22) - non ha fornito una prospettazione alternativa alla dinamica del fatto riportata dall'attrice, né tanto meno ha dimostrato un elemento integrante il caso fortuito. Dev'essere solo precisato che, nel caso in esame, la responsabilità del custode non deriva da una cosa c.d. seagente (ove l'apporto concausale della condotta dell'uomo è limitato o addirittura assente), ma è cagionato da cosa inerte in cui il danno si verifica con la necessaria interazione della condotta umana, la quale è quindi indispensabile per la produzione dell'evento. Pertanto, il concorso della condotta del danneggiato nella causazione dell'evento è elemento che necessariamente interviene nella serie causale che porta alla verificazione dell'evento di danno. In tali casi, il comportamento del danneggiato vale ad escludere la responsabilità del custode solo se detta condotta si palesi come eccezionale, abnorme, del tutto imprevedibile ed inevitabile da parte del custode stesso. Nel caso di specie, non emerge alcuna condotta negligente della vittima secondo i parametri sopra descritti e, pertanto, non può che sostenersi l'esclusiva responsabilità della convenuta ex art. 2051 c.c. (cfr. Tribunale di Milano, sent. n. 5886/21). Alla luce di quanto sopra, dunque, essendo stati provati dall'attrice tutti gli elementi costitutivi della fattispecie di cui all'art. 2051 c.c., deve affermarsi la responsabilità della convenuta (...) S.a.s. di (...) per il danno patito dalla Sig. (...). 3. Sul quantum debeatur 3.1. Sul danno non patrimoniale Ai fini della quantificazione del danno risarcibile è stata effettuata, in corso di causa, una CTU medico-legale. L'ausiliario dell'Ufficio, il cui elaborato appare ben argomentato, completo e meritevole di adesione da parte del Tribunale, ha concluso nel senso che l'attrice ha subito: - un'invalidità temporanea assoluta al 100% per 60 giorni: - un'invalidità temporanea parziale al 75% per 30 giorni; - un'invalidità temporanea parziale al 50% per 60 giorni; - un'invalidità temporanea parziale al 25% per 60 giorni; - un grado di sofferenza fisica "commisurato all'evento, risultando costituito da dolore nocicettivo di grado compatibile alla patologia e controllato con conseguente adeguata terapia antidolorifica"; - un'invalidità permanente del 18% Ai fini del risarcimento, il danno biologico deve essere considerato in relazione all'integralità dei suoi riflessi pregiudizievoli rispetto a tutte le attività, le situazioni e i rapporti in cui la persona esplica se stessa nella propria vita; non soltanto, quindi, con riferimento alla sfera produttiva, ma anche con riferimento alla sfera spirituale, culturale, affettiva, sociale, sportiva, e a ogni altro ambito e modo in cui il soggetto svolge la sua personalità e cioè a tutte le attività realizzatrici della persona umana (così la Corte Costituzionale, sent. n. 356/1991; v. altresì Corte Costituzionale, sent. n. 184/1986). Va ulteriormente precisato che, come recentemente statuito dalla Suprema Corte (cfr. Cass., ord. n. 7513/2018), il danno biologico consiste in una ordinaria compromissione delle attività quotidiane (gli aspetti dinamico relazionali). Il danno alla salute, quindi, non comprende i pregiudizi dinamico relazionali ma è esattamente il danno dinamico relazionale. Consegue che il danno alla vita di relazione è risarcibile oltre la misura liquidata in base ai punti percentuali accertati in sede medico legale, qualora si sia concretato non già in conseguenze comuni a tutti i soggetti che patiscano quel tipo di invalidità, ma in conseguenze peculiari del caso concreto che abbiano reso il pregiudizio patito dalla vittima diverso e maggiore rispetto a casi consimili; qualora, quindi, consista in una conseguenza straordinaria, non avente base organica e quindi estranea alla determinazione medico legale. Inoltre, nei punti 8 e 9 dell'ordinanza "decalogo" n. 7513/2018 si stigmatizza: 8) "in presenza di un danno alla salute, non costituisce duplicazione risarcitoria la congiunta attribuzione di una somma di denaro a titolo di risarcimento del danno biologico, e di una ulteriore somma a titolo di risarcimento dei pregiudizi che non hanno fondamento medico-legale, perché non aventi base organica ed estranei alla determinazione medico-legale del grado percentuale di invalidità permanente, rappresentati dalla sofferenza interiore (quali, ad esempio, il dolore dell'animo, la vergogna, la disistima di sé, la paura, la disperazione)"; 9) "ove sia correttamente dedotta ed adeguatamente provata l'esistenza d'uno di tali pregiudizi non aventi base medico-legale, essi dovranno formare oggetto di separata valutazione e liquidazione". Ebbene dopo ampia analisi, l'Osservatorio di Milano ha ritenuto di rendere le tabelle compatibili con i nuovi orientamenti della Cassazione e della Medicina legale e con gli artt. 138 e 139 D.Lgs. n. 209 del 2005 (c.d. Codice delle assicurazioni private). A tal fine, nell'edizione 2021, si è proceduto ad una rivisitazione grafica della Tabella del danno non patrimoniale da lesione del bene salute e della (correlata) Tabella del danno definito da premorienza, fermi i valori monetari come aggiornati secondo gli indici ISTAT. Per quanto riguarda la Tabella del danno da lesione del bene salute, l'Osservatorio, lasciando invariati i valori espressi nella seconda e quarta colonna della Tabella, ha apportato le seguenti modifiche: a) nella terza colonna della Tabella (che nella edizione 2018 conteneva solo l'indicazione dell'aliquota percentuale di aumento del punto di danno biologico per la componente di sofferenza soggettiva) è stata aggiunta la specifica indicazione dell'aumento in termini monetari; b) nella quinta colonna della Tabella (che nella edizione del 2018 recava solo l'ammontare complessivo del danno non patrimoniale, inclusivo del danno biologico e del danno morale/ sofferenza soggettiva) è stata aggiunta l'indicazione dell'importo monetario di ciascuna delle citate componenti; c) infine, si è aggiornata la terminologia usata nell'intestazione delle colonne, prendendo atto che le voci di danno non patrimoniale, prima denominate "danno biologico" e "danno morale/sofferenza soggettiva", sono attualmente dalla giurisprudenza di legittimità e dalla dottrina definite, rispettivamente, come "danno biologico/dinamico-relazionale" e "danno da sofferenza soggettiva interiore" (media presumibile), ordinariamente conseguente alla lesione dell'integrità psicofisica accertata. Circa l'entità del risarcimento, il giudice liquiderà senz'altro l'importo indicato nella quinta colonna come compensativo del "danno biologico/dinamico-relazionale". Il giudice dovrà invece valutare se l'importo indicato sempre nella quinta colonna, come presumibilmente compensativo del "danno da sofferenza soggettiva interiore media", sia congruo in relazione alla fattispecie concreta. In altre parole, l'applicazione della Tabella non esonera affatto il giudice dall'obbligo di motivazione in ordine al preventivo necessario accertamento dell'an debeatur (sussistenza e consistenza delle componenti del danno, con prova che può darsi anche in via presuntiva); l'applicazione degli importi di cui alla Tabella esprime, invece, esercizio del potere di liquidazione equitativa del giudice e pertanto attiene alla fase del quantum debeatur e cioè alla valutazione della congruità degli importi liquidati, in relazione alle circostanze di fatto allegate e provate dalle parti nella fattispecie concreta, anche sulla base delle emergenze della C.T.U.. Per il danno biologico temporaneo, la Tabella Milanese prevede quale importo standard la somma di Euro 72,00 a titolo di danno biologico dinamico relazionale e di Euro 27,00 a titolo di danno da sofferenza soggettiva interiore media presumibile, con possibilità di personalizzare il danno nella misura massima del 50%. Nella fattispecie concreta non sono state allegate e provate circostanze che possano giustificare l'aumento del danno biologico dinamico relazionale standard, atteso che i pregiudizi subiti dall'attrice sono quelli correlati alla menomazione biologica subita. Del pari, dalla CTU non è emerso un particolare grado di intensità della sofferenza patita dalla vittima, tale da giustificare una personalizzazione del danno liquidato a tale titolo. Tenuto conto dei parametri indicati nelle Tabelle Milanesi del 2021, nonché delle risultanze della CTU medico-legale sopra richiamate, ritiene il Tribunale che il danno biologico subito dall'attrice debba essere liquidato in complessivi euro 12.622,50 per inabilità temporanea, di cui Euro 3.442,50 a titolo di sofferenza ed Euro 9.180,00 quale danno dinamico-relazionale. Per il danno biologico permanente, la Tabella milanese indica, a titolo di danno biologico dinamico-relazionale e di sofferenza interiore per un soggetto di 75 anni alla data della fine della malattia (15.10.2016) e con la percentuale di invalidità del 18%, i seguenti importi standard: Euro 34.835,00 a titolo di danno biologico dinamico-relazionale ed Euro 11.843,00 a titolo di danno da sofferenza interiore media presumibile. Non essendo state allegate specifiche circostanze che possano giustificare una percentuale di personalizzazione del danno permanente, si reputano congrui gli importi standard sopra indicati che, dunque, non devono essere personalizzati. Pertanto, stimasi equo liquidare, per il complessivo risarcimento del danno non patrimoniale da lesione permanente del diritto alla salute, la complessiva somma di euro 46.678,00 (Euro 34.835,00 + Euro 11.843,00). Ritiene questo Giudice che l'attrice non abbia affatto provato il lamentato danno da peggioramento della già sofferta osteoporosi. 3.2. Sul danno patrimoniale e statuizioni di condanna Quanto agli esborsi subiti dall'attrice, sebbene il CTU abbia rilevato che "le spese mediche occorse e documentate dalle fatture depositate nel fascicolo, si ritengono congrue e motivate", dette spese non risultano documentate agli atti. Si ritiene dunque di non liquidare alcun danno a tale titolo. Non può inoltre liquidarsi alcun danno per perdita della capacità lavorativa generica e specifica, posto che l'attrice, dopo aver allegato di essere una casalinga seppure in età pensionabile, non ha provato di aver dovuto sostenere esborsi per reperire un soggetto che si occupasse delle faccende domestiche e, comunque, non ha dimostrato di non poter più provvedere autonomamente al lavoro domestico quale specifica conseguenza dell'incidente subito. Basti richiamare sul punto, Cass., sent. n. 23573/2011 per cui "il danno da riduzione della capacità di lavoro, sofferto da persona che - come la casalinga - provveda da sé al lavoro domestico, costituisce una ipotesi di danno patrimoniale, e non biologico. Ne consegue che chi lo invoca ha l'onere di dimostrare che gli esiti permanenti residuati alla lesione della salute impediscono o rendono più oneroso (ovvero impediranno o renderanno più oneroso in futuro) lo svolgimento del lavoro domestico; in mancanza di tale dimostrazione nulla può essere liquidato a titolo di risarcimento di tale tipologia di danno patrimoniale. Ma l'applicazione di tali principi non può avvenire automaticamente e senza analizzare le peculiarità del caso concreto". 4. Con riferimento alla richiesta di riconoscimento delle spese stragiudiziali si osserva quanto segue. Come affermato dalla Suprema Corte a sezioni unite (cfr. Cass. civ., sez. un., 16990 del 10.07.2017) il rimborso delle spese di assistenza stragiudiziale ha natura di danno emergente, consistente nel costo sostenuto per l'attività svolta da un legale in detta fase precontenziosa, e non è assimilabile al rimborso delle spese giudiziali; l'utilità di tale esborso, ai fini della possibilità di porlo a carico del danneggiante, deve essere dunque valutata ex ante, cioè in vista di quello che poteva ragionevolmente presumersi essere l'esito futuro del giudizio. Pertanto, la liquidazione resta soggetta ai normali oneri di domanda, allegazione e prova secondo l'ordinaria scansione processuale, al pari delle altre voci di danno emergente; ciò comporta che la corrispondente spesa sostenuta non sia configurabile come danno emergente e non può, pertanto, essere riversata sul danneggiante quando sia, ad esempio, evitabile con l'ordinaria diligenza o sostenuta in maniera esagerata (art. 1227 comma 1 e 2 c.c.), oppure quando sia superflua ai fini di una più pronta definizione del contenzioso, non avendo avuto in concreto utilità per evitare il giudizio o per assicurare una tutela più rapida risolvendo problemi tecnici di qualche complessità (cfr. Cass. n. 2644/2018). Orbene, ritiene questo Giudice che alla luce della documentazione prodotta a titolo di spese stragiudiziali, appare equo liquidare la somma già rivalutata ad oggi di euro 3.000,00. Pertanto, il danno complessivamente dovuto all'attrice è pari ad euro 62.300,50. Sulle somme liquidate in favore dell'attrice devono essere riconosciuti gli interessi compensativi del danno derivante dal mancato tempestivo godimento dell'equivalente pecuniario del bene perduto. Gli interessi compensativi - secondo l'ormai consolidato indirizzo delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione (v. Cass., sent. n. 1712/1995) - decorrono dalla produzione dell'evento di danno sino al tempo della liquidazione; per questo periodo, gli interessi compensativi si possono calcolare applicando un tasso annuo medio ponderato, equitativamente determinato, sul danno rivalutato. Da oggi, giorno della liquidazione, all'effettivo saldo decorrono gli interessi legali sulla somma rivalutata. Pertanto, alla luce degli esposti criteri, la convenuta (...) S.a.s. di (...) dev'essere condannata al pagamento, in favore dell'attrice, della complessiva somma di euro 62.300,50, liquidata in moneta attuale, oltre: - interessi compensativi, al tasso annuo medio ponderato dell'1%, sulla somma di euro 15.622,50 (12.622,50 + 3.000,00) dalla data del 19.3.2016 alla data della presente sentenza; - interessi compensativi, al tasso annuo medio ponderato dell'1%, sulla somma di euro 46.678,00 dal 15.10.2016 (data della fine della malattia) alla data della presente sentenza; - interessi, al tasso legale, sulla somma di euro 62.300,50 dalla data della presente sentenza al saldo effettivo. 5. Sulle spese Alla luce di quanto esposto, non sono rilevanti ai fini del decidere le istanze istruttorie reiterate da parte attrice nell'udienza di precisazione delle conclusioni. Le spese della consulenza tecnica d'ufficio vanno poste a carico della convenuta (...) S.A.S. di (...); non risultano documentati ulteriori esborsi per CTP. Consegue alla soccombenza della convenuta (...) S.A.S. di (...) la condanna della stessa a rifondere all'attrice le spese processuali relative al presente giudizio, da distrarsi in favore dell'avv. Fa.Ve. antistatario ex art. 93 c.p.c.. P.Q.M. Il Tribunale di Milano, disattese le altre domande, eccezioni ed istanze proposte dalle parti, definitivamente pronunciando, così provvede: - dichiara la convenuta (...) S.a.s. di (...) responsabile del fatto illecito meglio specificato in motivazione verificatosi in data 19.3.2016; - condanna la convenuta (...) S.a.s. di (...) al pagamento in favore dell'attrice della somma di euro 62.300,50 oltre interessi come in motivazione; - rigetta le altre domande ed eccezioni proposte dall'attrice; - pone le spese di CTU a carico della convenuta (...) S.a.s. di (...); - condanna la convenuta (...) S.a.s. di (...) a rifondere all'attrice le spese processuali, che liquida in euro 625,00 per esborsi, in euro 14.100,00 per onorari di avvocato, oltre 15% per spese forfettarie, oltre C.P.A. e I.V.A., da distrarsi in favore dell'avv. Fa.Ve. antistatario ex art. 93 c.p.c.. - dichiara la presente sentenza provvisoriamente esecutiva. Così deciso in Milano il 5 maggio 2023. Depositata in Cancelleria il 5 maggio 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI MILANO DECIMA SEZIONE CIVILE Il Tribunale, nella persona del Giudice dott.ssa Lucia Francesca Iori ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di primo grado iscritta al n. 19440/2018 r.g. promossa da: (...) (C.F./P.I. (...)), rappresentato e difeso dall'avv. TE.MI. e dall'avv. FR.SE. ((...)) ed elettivamente domiciliato giusta procura in atti, PARTE ATTRICE contro (...) (C.F./P.I. (...)) e (...) (C.F./P.I. (...)), rappresentati e difesi dall'avv. VEZZONI VALERIO ed elettivamente domiciliati giusta procura in atti, PARTI CONVENUTE e contro (...) SPA (C.F./P.I. (...)), rappresentato e difeso dall'avv. VA.PI. e dall'avv. LO.EN. ((...)) ed elettivamente domiciliato giusta procura in atti, TERZO CHIAMATO Concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione Con atto di citazione ritualmente notificato (...) ha convenuto in giudizio, innanzi al Giudice di Pace di Milano, (...) al fine di ottenerne la condanna di quest'ultimo al risarcimento dei danni non patrimoniali e patrimoniali ex articolo 2052 c.c., in conseguenza del sinistro avvenuto in data 12 novembre 2016 a Milano. L'attore, a fondamento della pretesa, ha dedotto: - che, in data 12.11.2016 alle ore 9.45 circa in via C. a (...), sua madre (...) stava portando a passeggio, tenendola regolarmente al guinzaglio, la cagnolina meticcia di sua proprietà, di nome (...); - che, ad un tratto, il cane di razza bull terrier, di nome (...), privo di guinzaglio e museruola, di proprietà di (...) e condotto dalla moglie (...), ha aggredito (...); - che, a seguito dell'aggressione, (...) è rimasta gravemente ferita ed è stata trasportata con urgenza alla (...) Associata di (...) dove è stata sottoposta a "tricotomia, pulizia e disinfezione" delle ferite, con somministrazione di terapia, antibiotica, antinfiammatoria e antidolorifica; - che per le cure mediche (...) ha sostenuto costi pari ad Euro 1.309,64 e ha patito un danno non patrimoniale, da liquidarsi in misura non inferiore a 500,00 Euro per "il disagio conseguente all'aggressione" del proprio animale di affezione; - che a tutt'oggi (...) nulla ha corrisposto all'attore costringendolo ad agire in giudizio. Nel giudizio davanti al Giudice di Pace, iscritto sub r.g. n. 37735/2017, con deposito di comparsa di risposta si è costituito in data 14.6.2017 (...), chiedendo il rigetto della pretesa avversaria; contestualmente, ha depositato atto di intervento volontario ex art. 105 c.p.c. (...) al fine di ottenere il risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali da lei patiti nella misura di Euro 15.000,00 in occasione del sinistro del 12.11.2016. Sia la parte intervenuta che il convenuto hanno eccepito, in via preliminare, l'incompetenza del Giudice di Pace in favore del Tribunale Ordinario. A fronte dell'intervento di (...), il Giudice di Pace, con ordinanza dell'8.2.2018, ha dichiarato la propria incompetenza per valore in favore del Tribunale di Milano, assegnando termine di tre mesi per la riassunzione del giudizio. La causa è stata quindi riassunta innanzi all'intestato Tribunale da (...) con comparsa in riassunzione ex art. 50 c.p.c. ritualmente notificata nei confronti di (...) e di (...), i quali hanno provveduto a costituirsi tramite deposito di separate comparse di risposta in data 5.7.2018. In particolare, (...), riportandosi all'atto introduttivo del giudizio davanti al Giudice di Pace, ha chiesto il rigetto della richiesta di chiamata di terzo e, in via principale, il rigetto della domanda attorea. Con deposito di separata comparsa di costituzione si è costituita altresì (...), la quale, associandosi alle difese e alle domande di (...), ha formulato anche domanda riconvenzionale, con cui ha chiesto di accertare la responsabilità dell'attore ex art. 2052 c.c. per i danni a lei arrecati dal cane (...) e di condannare parte attrice al risarcimento dei danni, da liquidarsi nella misura di Euro 15.000,00. In particolare, entrambe le parti convenute hanno allegato una dinamica del sinistro difforme da quella riportata da parte attrice, vale a dire che è stata (...) ad aggredire per prima (...) e, solo in un momento successivo, (...) ha azzannato la cagnolina dell'attore, per difendere la sua padrona. All'udienza ex art. 183 c.p.c. del 14.5.2019 è stata autorizzata la chiamata in causa della compagnia assicurativa (...) s.p.a., richiesta da parte attrice al fine di essere tenuta indenne e manlevata da tutte le somme eventualmente da corrispondere alle controparti in ragione del presente giudizio. Con deposito di comparsa di risposta si è costituita in giudizio (...) S.p.a., chiedendo, in via principale, il rigetto delle domande proposte da (...) nei confronti dell'attore e, in subordine, nella denegata ipotesi di accoglimento delle domande di (...), di contenere il risarcimento del danno sulla base di quanto accertato nel corso del presente procedimento, tenendo altresì conto del suo concorso di colpa ex art. 1227 c.c.. Assegnati i termini ex art. 183 comma 6 c.p.c., il procedimento è stato istruito documentalmente, tramite l'escussione di sei testimoni, nonché mediante consulenza medico legale sulla persona dell'intervenuta (...). All'udienza del 11.1.2023, fissata per la precisazione delle conclusioni, sostituita dal deposito di note scritte ex art. 127 ter c.p.c., il giudice ha dato atto della precisazione delle conclusioni ad opera delle parti, come sopra riportate, e ha trattenuto la causa in decisione, concedendo alle parti i termini ex art. 190 c.p.c., per il deposito delle comparse conclusioni e delle memorie di replica. Le domanda di parte attrice è fondata e merita accoglimento nei limiti e per le ragioni di seguito esposte, mentre la domanda riconvenzionale formulata da (...) è infondata e, per l'effetto, deve essere respinta. Quanto alla domanda proposta dall'attore, si osserva che nell'atto di citazione in riassunzione quest'ultimo ha descritto il sinistro, allegando che il suo cane (...), tenuto regolarmente al guinzaglio da sua madre, (...), è stato aggredito dal bull terrier (...), di proprietà di (...) e condotto in quell'occasione da (...), mentre si trovava in via C. a (...) verso le ore 9.45 del giorno 12.11.2016. La fattispecie prospettata dall'attore rientra nell'ambito di applicazione dell'art. 2052 c.c. in base al quale "il proprietario di un animale o chi se ne serve per il tempo in cui lo ha in uso, è responsabile dei danni cagionati dall'animale, sia che fosse sotto la sua custodia, sia che fosse smarrito o fuggito, salvo che provi il caso fortuito". Giova premettere che, per consolidato orientamento della Corte di Cassazione, l'art. 2052 c.c. configura un'ipotesi di responsabilità oggettiva, che prescinde da qualunque connotato di colpa. In particolare, la Corte ha precisato che "del danno cagionato da animale risponde ex art. 2052 cod. civ. il proprietario o chi ne ha l'uso, per responsabilità oggettiva e non per condotta colposa (anche solo omissiva), sulla base del mero rapporto intercorrente con l'animale nonché del nesso causale tra il comportamento di quest'ultimo e l'evento dannoso, che il caso fortuito, quale fattore esterno generatore del danno concretamente verificatosi, può interrompere, sicché, mentre grava sull'attore l'onere di provare l'esistenza del rapporto eziologico tra l'animale e l'evento lesivo, la prova del fortuito è a carico del convenuto" (Cass. Civ., Sentenza n. 17091/2014, in tal senso anche, Cass. Civ. Sentenza n. 25223/2015 e Cass. Civ. Sentenza n. 10402/2016). Spetta dunque all'attore provare il fatto storico, nonché il nesso di causa tra il comportamento dell'animale e l'evento dannoso. Ciò premesso, nel caso di specie, deve ritenersi che l'attore abbia fornito la prova del fatto storico, come allegato in citazione, e del nesso eziologico tra l'evento lesivo da lui lamentato e l'aggressione del bull terrier (...) ai danni della cagnolina (...). A tal proposito, i testimoni che hanno assistito al fatto e che sono stati escussi nel corso del presente procedimento, hanno confermato che la madre dell'attore, (...), stava uscendo dal cancelletto del civico 5/A di via (...) con il proprio cane meticcio "(...)", tenuto da lei regolarmente al guinzaglio, quando, all'improvviso, è sopraggiunto il bull terrier (...) che ha aggredito (...), mordendola al collo. Tale circostanza è stata confermata all'udienza del 1 marzo 2021 dalla teste (...) (che ha affermato "all'improvviso il cane (...) priva di guinzaglio si è messa a correre verso (...), a quel punto questa si è girata e la (...) l'ha afferrata al collo"), nonché da (...) (cfr. "(...) azzannava (...), senza alcun inseguimento, il tutto è avvenuto proprio davanti alla mia visuale") e anche da (...) (v."ho visto il cane (...) con in bocca la (...)" e ancora " ricordo che (...) teneva bloccata (...) per terra mordendola dietro il collo" cfr. verbale di udienza del 1 marzo 2021 e del 19 aprile 2021). Anche la stessa (...), escussa all'udienza del 21 gennaio 2021, ha confermato le stesse modalità di aggressione riferite dalle testimoni appena menzionate: "il cane di cui ho detto di razza bull terrier è venuto vicino a noi ed io sono riuscita a mandarlo via. Dopo poco lo stesso è tornata ed ha azzannato ilo mio cane sulla schiena, il mio si è ribellato e girandosi veniva azzannato sul collo". Tutte le testimoni appena menzionate hanno inoltre confermato che il cane (...) fosse tenuta regolarmente al guinzaglio, mentre il bull terrier era libero, senza museruola e distante da (...), che, una volta accortasi dell'aggressione, le correva incontro (cfr. verbali di udienza del 21.01.21,1.03.21 e 19.04.21; la teste (...) ha dichiarato: "confermo che (...) era priva di guinzaglio e museruola"; la teste (...) ha dichiarato: "(...) non è mai stata al guinzaglio "e " preciso che in quel momento (...) era da sola e la signora (...) correva arrivando dal fondo del vialetto"; la teste (...) ha dichiarato: "Ricordo di aver visto il cane (...) arrivare dalla destra , cioè dalla direzione del civico 5/A, da sola, la stessa era libera, senza guinzaglio né collare; ricordo di aver visto la signora (...) arrivare correndo quando (...) aveva già aggredito (...)", la teste (...) ha infine dichiarato: "il cane (...) era al guinzaglio mentre il cane che lo ha aggredito era libero" e "la signora (...) era a 100 mt da me e dal suo cane"). A seguito dell'aggressione (...) ha riportato una profonda ed estesa lacerazione nella zona del dorso, compatibile con il morso di un cane bull terrier, razza canina notoriamente connotata da un morso potente e da una forte stretta mandibolare (v. a raffronto foto di cui al doc. 6 di parte attrice). A fronte delle circostanze allegate dalla parte attrice e confermate in sede di istruttoria orale i convenuti hanno ricostruito il fatto storico in maniera difforme; (...) ha infatti sostenuto di essere stata aggredita e morsa alla mano destra e alle ginocchia dal cane dell'attore, proprio a causa del dolore per i morsi inferti, di aver lasciato il guinzaglio del suo cane e che, solo a quel punto, il bull terrier (...), intervenendo a difesa della sua padrona, ha azzannato (...) al collo. Tale prospettazione risulta smentita dai testimoni escussi nel presente giudizio, che non solo, come già sopra riportato, hanno confermato l'aggressione da parte di (...) a (...), ma altresì hanno negato che tale aggressione sia avvenuta per difendere la padrona dai morsi inferti dal cane meticcio (cfr. deposizione di (...) al verbale di udienza dell'1 marzo 2021: "ricordo di avere visto la signora (...) con il cane al guinzaglio di fronte alla mia finestra e annusava l'albero ivi presente,all'improvviso il cane (...) priva di guinzaglio si è messa a correre verso (...)"; v. deposizione di (...) al verbale del 19 aprile 2021: "Ricordo di avere visto il cane (...) arrivare dalla destra, cioè dalla direzione del civico n.5/A, da sola, la stessa era libera senza guinzaglio, né collare. A quel punto (...) azzannava (...), senza alcun inseguimento"). Non vi è quindi alcuna prova che sia stata (...) ad aggredire per prima (...), né che abbia proprio morso (...) (cfr. deposizione del teste (...) all'udienza del 21.01.21, che ha riferito: "non ho visto mordere ho solamente visto come ho già detto la reazione di alzare le braccia e urlare"). Anzi, proprio con riferimento alle lesioni da morso riportate dalla convenuta, i testi hanno riferito che la stessa (...), proprio per porre fine all'aggressione di (...) verso (...), si sia piegata in ginocchio sul vialetto e abbia messo le mani nella bocca del suo cane ((...) all'udienza dell'1 marzo 2021 ha riferito "ricordo che la (...) si è buttata inginocchio sul suo cane ed ha cercato con le mani di liberare (...)", circostanza confermata anche da (...), che a sua volta riferito, " in quel momento "(...)" era da sola e la signora (...) correva arrivando dal fondo del vialetto, si è abbassata per cercare di liberare il cane aprendogli la bocca, ma il suo cane l'ha fatta cadere per terra con le ginocchia, e così facendo camminava in ginocchio sempre per cercare di aprire la bocca al cane", che ha precisato di aver visto (...) che "metteva le mani nella bocca di (...)" e che (...) non avrebbe potuto morderla, in quanto aveva il muso rivolto per terra ed era impossibilitata a muoversi per la morsa di (...)). Anche la teste (...) ha ribadito tale ricostruzione: "Ricordo che la (...) aveva le mani nella bocca del suo cane per cercare di liberare (...), e si trovava in ginocchio sul suo cane" (cfr. verbale di udienza del 19.04.2021). La ricostruzione della dinamica del sinistro è stata fornita in modo sostanzialmente coincidente dai testi escussi in udienza, da ritenersi attendibili in quanto presenti al momento dell'aggressione, trovandosi nelle immediate vicinanze; rispetto a detti testi, ad eccezione di (...), non risulta ricorrere alcun legame parentale con le parti, né può ipotizzarsi un loro interesse rispetto all'esito della presente vertenza, sì che le loro deposizioni, chiare e non contraddittorie, ben possono essere poste a fondamento della presente decisione. L'unico teste che ha offerto una ricostruzione dei fatti opposta, confermando la prospettazione del convenuto e di (...), è (...), il quale, escusso all'udienza del 01.03.2021, ha affermato di aver visto il cane del convenuto al guinzaglio e il cane dell'attore aggredire (...) e mordere quest'ultima dapprima al ginocchio sinistro e poi alla mano destra (cfr. verbale di udienza). Tale deposizione è difforme da quanto dichiarato dallo stesso teste prima della promozione della presente vertenza. Infatti, in sede di istruttoria orale il teste ha indicato con estrema precisione il morso da parte del cane prima al ginocchio sinistro di (...) e poi alla sua mano destra, mentre nella dichiarazione prodotta sub doc. n. 2 ha fatto un generico riferimento a morsi di "gambe e mani" (cfr. doc. n. 2 di parte convenuta). Il riferimento preciso a circostanze specifiche a diversi anni di distanza dal sinistro contrasta con il richiamo estremamente generico di cui al doc. n. 2 avvenuto, pur in assenza di una data precisa, a distanza temporale senz'altro più ravvicinata rispetto al fatto storico. Inoltre, ulteriore elemento di contraddizione va ravvisato nel fatto che all'udienza del 19.4.2021 il teste ha affermato che la convenuta "non poteva mettere le mani nella bocca perché il cane mordeva (...)", mentre subito dopo l'aggressione ha dichiarato "la signora (...) tentava di aprire la bocca a (...)" (cfr. doc. 2 parte convenuta). La testimonianza sull'intervento di (...) e sull'atto di separare i due cani costituisce un aspetto rilevante della dinamica del sinistro e la contraddittorietà tra le dichiarazioni rese da (...) in udienza e quelle rilasciate nell'immediatezza del fatto, nonché la ricostruzione difforme e contrastante con quelle riferita da tutti gli altri testi, lo rendono inattendibile (la valutazione di attendibilità infatti "afferisce alla veridicità della deposizione che il giudice deve discrezionalmente valutare alla stregua di elementi di natura oggettiva (la precisione e completezza della dichiarazione, le possibili contraddizioni, ecc.) e di carattere soggettivo (la credibilità della dichiarazione in relazione alle qualità personali, ai rapporti con le parti ed anche all'eventuale interesse ad un determinato esito della lite), con la precisazione che anche uno solo degli elementi di carattere soggettivo, se ritenuto di particolare rilevanza, può essere sufficiente a motivare una valutazione di inattendibilità" (cfr. Cass. civ. ord. n. 21239/2019). Pertanto alla luce delle circostanze che precedono si reputa provato quanto allegato da parte attrice, vale a dire che in data 12.11.2016, in via C. all'altezza del civico 5/A, (...) stava passeggiando con il suo cane meticcio (...), quando le è corso incontro il cane bull terrier (...), senza guinzaglio e senza museruola, che correva libero e a distanza da (...); (...), non appena ha visto (...), l'ha aggredita, provocandole uno squarcio nella zona del dorso e del collo. Si reputa pertanto provato tanto il fatto storico, come allegato in citazione, quanto il nesso eziologico tra il morso-presa da parte di (...) al cane (...) e l'evento dannoso; quanto al soggetto responsabile, non è contestata la proprietà del bull terrier in capo a (...), il quale, tuttavia, al momento dell'aggressione non era presente e aveva lasciato il cane alla moglie (...). A tal proposito, secondo la giurisprudenza di legittimità, la responsabilità per il danno causato dall'animale incombe in via alternativa, o sul proprietario, o su chi si serve dell'animale, per tale dovendosi intendere non già il soggetto diverso dal proprietario che vanti sull'animale un diritto reale o parziale di godimento, che escluda ogni ingerenza del proprietario sull'utilizzazione dell'animale, ma colui che, con il consenso del proprietario, ed anche in virtù di un rapporto di mero fatto, usa l'animale per soddisfare un interesse autonomo, anche non coincidente con quello del proprietario (cfr. Cass., Sez. 3, Sentenza n. 16023 del 07/07/2010). Nel caso di specie, (...), nelle circostanze di tempo e luogo sopra indicate, non stava utilizzando l'animale per realizzare un suo interesse autonomo, ma stava semplicemente portando a passeggio il cane che gli era stato temporaneamente affidato dal marito. (...) deve quindi essere ritenuto responsabile ex art. 2052 c.c. per i danni arrecati all'attore dal suo cane (...). Non ricorre, come eccepito dai convenuti, alcuna ipotesi di caso fortuito, interruttivo del nesso di causa tra proprietà del cane ed evento dannoso, da intendersi come un fattore esterno imprevedibile, inevitabile ed eccezionale idoneo ad interrompere il nesso causale. Non solo non è stata dedotta (né, tanto meno, provata) alcuna circostanza specifica, tale da integrare il caso fortuito, ma al contrario emerge una grave colpa della convenuta (...), a cui l'animale era stato affidato, per non aver munito il cane, di una razza notoriamente pericolosa, di museruola e non di non averlo adeguatamente vigilato, adottando tutte le cautele necessarie a prevenirne l'aggressione. Nel caso di specie le accortezze avrebbero dovuto essere ancora maggiori, in virtù del fatto che il bull terrier rientra tra le razze canine considerate pericolose dall'ordinanza del 12 dicembre 2006, "Tutela dell'incolumità pubblica dall'aggressione di cani". In ogni caso, come meglio specificato infra in sede di esame della domanda riconvenzionale proposta da (...), l'indimostrata "provocazione" da parte di (...) tramite il ringhio e il morso della parte intervenuta non potrebbe nel contesto di interazioni tra i due animali reputarsi, come asserito dai convenuti, integrare un'ipotesi di caso fortuito, dovendosi ritenere circostanza né del tutto eccezionale, né anomala, né imprevedibile. Alla luce di quanto sopra esposto, (...) dev'essere condannato a risarcire all'attore (...) i danni da lui patiti. Va senz'altro riconosciuto il danno patrimoniale, peraltro non contestato dalle parti convenute, per le spese sostenuto per le cure mediche a cui il cane (...) ha dovuto sottoporsi (v. doc.10-16 fascicolo parte attrice) per un importo complessivo di Euro 1.536,21 (pari ed Euro 1.309,64, rivalutati dalla data dell'ultima fattura relativa alle cure veterinarie alla data odierna). Nessuna ulteriore somma può essere riconosciuta a parte attrice a titolo di danno non patrimoniale, stante le generiche allegazioni attoree sul punto. (...) ha, infatti, allegato sin dalla citazione un disagio derivante dall'aggressione del proprio cane, provvedendo a circostanziarlo solo in comparsa conclusionale (cfr. "quanto a quelli non patrimoniali, stimati nel libello introduttivo nella somma di Euro 500,00, si evidenzia che la giurisprudenza, ormai pacificamente, attribuisce rilevanza costituzionale al legame affettivo con l'animale, ritenuto espressione delle attività realizzatrici della persona ed esplicazione della propria personalità ai sensi dell'art. 2 della Costituzione. Vi sono infatti diverse sentenze che riconoscono il diritto al risarcimento del danno non patrimoniale, riconducibile alla lesione del legame tra il cane ed i propri padroni (Cfr., ex multis, Trib. di Vicenza n. 24/2017, Trib. di Novara n. 191/2020). Nel caso di specie, tale richiesta risarcitoria è giustificata dalla lesione del rapporto tra il Sig. (...) ed il proprio cane, per il tempo necessario per arrivare alla guarigione dell'animale in seguito ai fatti di cui si discute, stravolto a causa delle gravi ferite riportate dal secondo in data 12.11.16, ma pure dagli adempimenti imposti all'attore per curare il proprio cane, che, peraltro, decedeva nelle more del giudizio"). Le allegazioni attoree in termini di disagio, di lesione nel frangente della guarigione del rapporto animale-padrone e dagli adempimenti al fine di conseguire la guarigione dell'animale non sono sufficienti per integrare la nessuna delle tre fattispecie che legittimano il riconoscimento del relativo danno (cfr. fatto costituente reato, ipotesi espressamente previste dal legislatore, lesione grave di diritti inviolabili della persona riconosciuti dalla Costituzione v. Cass., S.U. n. 26972/2008). Il mero disagio relativo al lungo iter di guarigione dell'animale e la compromissione del rapporto in tale frangente non possono integrare alcuna ipotesi risarcitoria, non essendo stato allegato alcun patimento-dolore-sofferenza per l'aggressione, per le conseguenze lesive cagionate all'animale d'affezione e per il contesto in cui l'aggressione è avvenuta. (...) va condannato a corrispondere all'attore la somma di Euro di Euro 1.536,21. Poiché nelle obbligazioni di valore il debitore è in mora dal momento della produzione dell'evento di danno, sulle somme riconosciute in favore dell'attore sono inoltre dovuti gli interessi compensativi al tasso legale dal momento del fatto, per la ritardata corresponsione dell'equivalente pecuniario del danno. Avuto riguardo ai principi enunciati dalla sentenza n. 1712/1995 delle SS.UU. della Corte di Cassazione, al fine di evitare un lucro ingiustificato per il creditore, e per meglio rispettare la funzione compensativa dell'interesse legale riconosciuto sulla somma rivalutata, gli interessi devono essere calcolati non sulla somma rivalutata (o espressa in moneta attuale) al momento della liquidazione, né sulla somma originaria, ma debbono essere computati sulla somma originaria devalutata alla data dell'evento dannoso (22.11.2016), a mano a mano incrementate nominalmente secondo la variazione dell'indice Istat. Dalla data della sentenza sono dovuti gli interessi al tasso legale sul solo importo liquidato, corrispondente al capitale già rivalutato. La domanda riconvenzionale formulata da (...) si reputa al contrario infondata. Parte convenuta non ha fornito alcuna prova dell'aggressione da parte del cane dell'attore nei suoi confronti, atteso che nessuno dei testi, ritenuti attendibili, ha confermato che (...) abbia mai morso la parte convenuta. Inoltre con specifico riferimento alle lesioni riportate da parte attrice, si osserva che il ctu nominato, dottor (...), ha riscontrato solo che le ferite lacero-contuse alle mani e alle ginocchia, nonché "le algie a carico del I dito della mano destra con deficit di forza, ipoestesia del polpastrello (lato ulnare) del pollice destro, alterazione della matrice ungueale del III dito della mano destra con fragilità" sono da considerarsi in nesso di causa con morsi da parte di cane di piccola-media taglia (cfr. relazione del consulente medico legale). Alla luce di quanto esposto, si reputa che (...) non abbia provato che (...) le abbia morso le mani e le ginocchia. Nonostante la ravvisata astratta compatibilità tra le lesioni riportate con il morso di un cane, incombeva sulla danneggiata dimostrare che fosse stata proprio (...) a morderla. Infatti, i testi hanno riportato che (...) proprio per cercare di separare il suo cane da quello dell'attore, è intervenuta mettendo le mani in "bocca" a (...) ed è stato necessario, per il buon esito, l'intervento di una terza persona (cfr. comparsa di costituzione di (...) " l'unica persona che è riuscita a liberare i cani è stato il Sig. (...), che è riuscito ad aprire la bocca di (...) con un guinzaglio "a catena" preso da un terzo e a liberare (...)"). Alla luce di tali circostanze non può escludersi che le lesioni di (...) siano state provocate dal suo stesso cane. Quanto alle escoriazioni alle ginocchia, è emerso dall'istruttoria che (...), vedendo l'aggressione di (...) a (...), sia corsa verso il suo cane, scivolando a terra proprio sulle ginocchia. Del resto, considerato che i morsi successivi da (...) a (...) sarebbero avvenuti nell'atto di liberare il cane (...) dalla morsa del proprio, non è dato comprendere come il piccolo cane avrebbe potuto mordere la parte convenuta. Infatti, sia che la danneggiata si trovasse davanti a (...), sia dietro di essa, nel tentativo di aprire la sua bocca per liberare il piccolo cane, bloccato dalla sua presa, quest'ultimo non avrebbe potuto trovarsi in posizione tale da raggiungere (...), che doveva in ogni caso trovarsi sopra la sua testa. Vi è da aggiungere che durante le operazioni peritali, (...) ha riferito di essere stata colpita alla mano sinistra "il 12.11.2016 mentre portavo fuori il cane nella parte pedonale, dal civico n. 5A, usciva un cagnolino di nome (...) che mi aggrediva sulla coscia sinistra e, per proteggermi, usavo la mano sinistra" (cfr. verbale delle operazioni peritali), al contrario di quanto allegato nella comparsa di risposta "la Sig.ra (...) è stata a quel punto morsa alla mano destra". Tutti questi elementi corroborano l'infondatezza della domanda della parte convenuta, che di conseguenza dev'essere rigettata. Il rigetto della domanda riconvenzionale assorbe ogni profilo inerente la chiamata in causa dell'assicurazione. La condotta processuale della parte intervenuta (...) merita inoltre una sanzione ai sensi dell'art. 96, comma terzo, c.p.c., così come richiesto da parte attrice. L'azione promossa da (...), oltre che palesemente infondata, ha ostacolato (...) nell'esercizio dei suoi diritti. Infatti, pur di scoraggiare l'odierno attore dal proseguire il giudizio davanti al Giudice di Pace, (...) ha formulato nei suoi confronti una richiesta di risarcimento danni di 15.000,00 Euro, che, oltre che spropositata, se raffrontata con l'accertamento del proprio consulente di parte, ha costretto (...) a riassumere il giudizio davanti all'intestato Tribunale, con un notevole aggravio di costi e di tempi processuali, tenuto altresì conto dalla lunga fase istruttoria, che ha caratterizzato tale procedimento (escussione di sei testi, nonché ctu medico legale). La reiterata richiesta di dichiarazione di inammissibilità della chiamata in causa dell'assicurazione e il rifiuto della proposta attorea, formulata innanzi al giudice di pace di abbandono della lite previo riconoscimento delle sole spese mediche corroborano la sussistenza di una condotta colposa di (...). Si evince quindi una condotta processuale connotata da mala fede, con la conseguenza che (...) dev'essere condannata al pagamento in favore dell'attore di una somma che, in considerazione del valore della domanda, della gravità della condotta, della durata del processo e della capacità economica delle parti, si stima equo liquidare in attuali Euro 1.000,00, oltre interessi legali dalla presente sentenza e fino all'effettivo pagamento. Le spese di lite seguono il criterio della soccombenza ex art. 91 c.p.c., per cui (...) e (...) devono essere condannati, in solido, a rifondere le spese sostenute da (...), mentre solo la seconda va condannata a rifondere quelle sostenute da (...) s.p.a., la cui chiamata in causa ha trovato origine nella domanda riconvenzionale formulata da (...). La liquidazione avviene direttamente in dispositivo, sulla base dei parametri indicati dall'art. 4 D.M. n. 55 del 2014, anche come successivamente modificati, tenuto conto del valore della controversia (calcolato sull'importo riconosciuto all'esito del giudizio a titolo risarcitorio ex art. 5 del DM e del valore della domanda proposta da (...), che è stata integralmente respinta), della difficoltà delle questioni trattate, nonché dell'attività difensiva concretamente svolta (studio, introduttiva, istruttoria e decisoria), e dunque con applicazione dei valori medi di riferimento. Alla parte attrice va riconosciuta anche l'attività introduttiva nel giudizio promosso innanzi al Giudice di Pace di Milano. Sempre in ragione del criterio della soccombenza, le spese della CTU medico legale sulla persona di (...) devono essere poste a carico di quest'ultima. P.Q.M. Il Tribunale di Milano, definitivamente pronunciando, ogni contraria domanda ed eccezione rigettata, o assorbita, così provvede: 1. accertata l'esclusiva responsabilità di (...) nella determinazione del sinistro per cui è causa, occorso in data 12.11.2016, condanna (...) a corrispondere a (...), a titolo di risarcimento del danno patrimoniale, la somma di Euro 1.536,21, oltre interessi e rivalutazione come indicati in parte motiva; 2. rigetta tutte le domande proposte da (...) nel presente giudizio; 3. condanna (...) e (...), in solido fra loro, a rifondere in favore di (...) le spese di lite da quest'ultimo sostenute, che si liquidano in Euro 5.251,00 per compensi ed in Euro 338,40 per spese, oltre al 15% del compenso per rimborso forfettario spese generali, I.V.A. e C.P.A., da distrarsi in favore del procuratore, dichiaratosi antistatario; 4. condanna (...) a rifondere in favore di (...) s.p.a. le spese di lite da quest'ultima sostenute, che si liquidano in Euro 4.916,00 per compensi, oltre al 15% del compenso per rimborso forfettario spese generali, I.V.A. e C.P.A.; 5. condanna (...) a corrispondere a (...) la somma di Euro 1.000,00, oltre interessi legali dalla data della presente sentenza al saldo; 6. pone definitivamente a carico di (...) le spese della C.T.U. medico legale, come già liquidate in corso di causa. Così deciso in Milano il 3 maggio 2023. Depositata in Cancelleria il 5 maggio 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO DI MILANO -Sezione Nona Civile- Il Tribunale, in camera di consiglio, in composizione collegiale, nelle persone dei magistrati: Dott.ssa Anna Cattaneo Presidente rel. Dott.ssa Cristina Giannelli Giudice Dott.ssa Valentina Di Peppe Giudice SENTENZA nella causa sopra indicata promossa con ricorso depositato in data 16 marzo 2023 DA 1) (omissis) Nata a (omissis) Cittadina: italiana Codice fiscale: (omissis) Residente a (omissis), via (omissis) Con l'avv. ... (c.f. (omissis)) PEC: (omissis), presso la quale ha eletto domicilio telematico; E 2) (omissis) Nato a (omissis) Cittadino: italiano Codice fiscale: (omissis) Residente a (omissis), via (omissis) Con l'avv. Prof. ...(c.f. (omissis)) PEC: (omissis), presso il quale ha eletto domicilio telematico; i quali hanno contratto matrimonio con rito concordatario in (omissis) il (omissis) (anno (omissis), atto n. (omissis), parte II, serie A) in regime di comunione dei beni con tre figli: - (omissis), nata a (omissis), il (omissis) cittadinanza italiana; - (omissis), nata a (omissis), il (omissis) cittadinanza italiana; - (omissis), nata o (omissis), il (omissis) cittadinanza italiana; I coniugi sopra indicati, con ricorso ex art 473-bis.51 c.p.c. personalmente sottoscritto e depositato in data 16 marzo 2023 contenente l'indicazione delle condizioni reddituali, patrimoniali e degli oneri a carico delle parti, hanno congiuntamente chiesto di ottenere la pronuncia di separazione alle seguenti condizioni: 1) I figli minori (omissis) e (omissis), sono affidati ad entrambi i genitori e continueranno a vivere con la madre. Il padre prenderà accordi direttamente con la figlia (omissis) e, in considerazione dell'età della ragazza, per quanto riguarda i rapporti e le frequentazioni con lei. Il padre terrà con sé (omissis) a fine settimana alternati dal venerdì sera al lunedì mattina nonché un pomeriggio durante la settimana; durante una settimana durante le vacanze di Natale (alternando di anno in anno la prima e la seconda settimana); durante le vacanze pasquali e di Carnevale ad anni alterni; per due settimane durante il mese di agosto di ogni anno (alternando, salvi diversi accordi, la prima e la seconda parte del mese). 2) La casa familiare sita a (omissis), di cui i coniugi sono comproprietari per effetto del regime di comunione dei beni, rimane assegnata alla signora (omissis) 3) il padre verserà, a titolo di contributo al mantenimento dei tre figli la somma di (omissis) (Euro (omissis) per ciascun di essi) somma che sarà versata alla madre anticipatamente entro il giorno 5 di ogni mese, a decorrere dal mese di 1° marzo 2023, e sarà annualmente rivalutata in base agli indici Istat, costo vita, tenendo come base il numero indice relativo al gennaio 2022 (prima rivalutazione gennaio 2023). 4) il padre terrà a proprio carico esclusivo le spese extra assegno relative ai figli secondo le "Linee Guida spese extra assegno" approvate dal Tribunale di Milano in data 14 novembre 2017 e quindi: (Omissis) 6) A titolo di contributo al mantenimento della moglie, il marito verserà alla stessa la somma lorda di (omissis) 7) Il marito si impegna, fino alla data del passaggio in giudicato della sentenza di divorzio, a tenere in essere l'attuale assicurazione medica a favore della moglie. 8) A titolo di divisione del patrimonio comune i coniugi; (omissis) 9) La gestione e i costi ordinari di mantenimento del cane pastore tedesco saranno a carico della moglie, mentre le spese straordinarie saranno a carico del marito. 10) Le parti prestano il reciproco consenso al rilascio e dal rinnovo dei documenti validi per l'espatrio, per sé stesse e per i figli minori. Le parti hanno, inoltre, chiesto di sostituire l'udienza con il deposito di note scritte, hanno dichiarato di non volersi riconciliare ed hanno reciprocamente rinunciato al deposito giudiziale della documentazione di cui all'art 473-bis.51, comma 3, c.p.c. Con successive note scritte depositate in sostituzione dell'udienza hanno confermato le condizioni concordate ed hanno rinunciato all'impugnazione della sentenza. Data comunicazione al PM degli atti del procedimento ex artt. 70 e 71 c.p.c. La domanda diretta ad ottenere la separazione personale merita di essere accolta in quanto, come dichiarato dai coniugi, la prosecuzione della convivenza è divenuta ormai da tempo intollerabile ex art. 151, 1° comma, c.c. Il Tribunale, valutata la rispondenza delle condizioni all'interesse della prole o ravvisato che le clausole relative ai figli non sono in contrasto con gli interessi degli stessi, stima sussistenti i presupposti di legge per l'accoglimento delle concordi istanze. L'ascolto della prole deve ritenersi non necessario (art 473-bis.4 c.p.c.) tenuto conto dei contenuti dell'accordo. La domanda congiunta dei coniugi può periamo esser recepita in quanto regolamenta compiutamente le condizioni inerenti alla prole e ai rapporti economici. Ai sensi dell'art. 191 c.c. da atto che è cessato il regime patrimoniale della comunione legale dei beni a far tempo dalla data della comparizione dei coniugi e quindi, ai sensi dell'art. 127 ter, 5° comma, c.p.c., dalla data di scadenza del termine assegnalo alle parti per il deposito delle note scritte. Con riferimento alle ulteriori statuizioni economiche, non appare contraria a nonne imperative o di ordine pubblico. Giacché, con il ricorso introduttivo, secondo quanto prevede l'art. 473-bis. 49 c.p.c., le parti hanno chiesto anche la cessazione degli effetti civili del matrimonio e hanno formulato le condizioni connesse a tale pronuncia, non essendo tale domanda ancora procedibile prima che sia decorso il termine indicato all'art. 3, n. 2, lett. b), della legge n. 898/70 e successive modificazioni, la causa deve essere rimessa sul ruolo del Giudice Relatore affinché questi trascorsi sei mesi dalla data della comparizione dei coniugi e, quindi, ai sensi dell'art. 127 ter, 5° comma, c.p.c., dalla data di scadenza del termine assegnato per il deposito dì note scritte - provveda ad acquisire, sempre con la modalità dello scambio di note scritte, la dichiarazione delle parti di non volersi riconciliare secondo quanto prevede l'art. 2 della legge n. 898/70. Con le medesime note scritte, le parti dovranno anche confermare le condizioni già formulate con riferimento alla cessazione degli effetti civili del matrimonio. A tale proposito il Collegio sin da ora ritiene opportuno precisare che la modifica unilaterale di tali condizioni sarà ritenuta ammissibile solo in presenza della allegazione di fatti nuovi ai sensi dell'art. 473-bis.19, 2° comma, c.p.c. In tale ipotesi, se le parti non raggiungessero un nuovo accordo che consenta loro di depositare nuove condizioni congiunte, il Tribunale rigetterà la domanda congiunta di cessazione degli effetti civili del matrimonio difettando il requisito della indicazione congiunta delle condizioni inerenti alla prole e ai rapporti economici di cui all'art. 473-bis.51, 2° comma, c.p.c. La pronuncia in ordine alle spese di lite è differita alla definizione del giudizio di merito. PQM 1) Dichiara la separazione personale dei coniugi (omissis) che hanno contratto matrimonio a (omissis) il (omissis); 2) Ordina al Comune di (omissis) di annotare l'emananda sentenza a margine dell'atto di matrimonio, precisando che la comunione dei beni fra coniugi si è sciolta a far tempo dal 28 aprile 2023. 3) Omologa le condizioni di separazione inerenti alla prole ed ai rapporti economici e provvede in conformità alle condizioni da intendersi qui trascritte. 4) Prende atto delle ulteriori statuizioni patrimoniali concordate tra le parti. 5) Dà atto che le parti hanno rinunciato alla impugnazione della odierna sentenza. 6) Spese di lite al definitivo. 7) Manda alla Cancelleria perché trasmetta copia autentica del dispositivo della sentenza, passata in giudicato, all'Ufficiale di Stato Civile del Comune (omissis) perché provveda alle annotazioni e agli ulteriori incombenti di legge anche ai fini dell'annotazione dello scioglimento della comunione legale. 8) Provvede come da separata ordinanza per la remissione della causa sul ruolo del giudice Così deciso in Milano il 28 aprile 2023.

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