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REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO di MILANO TREDICESIMA CIVILE Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. Sabrina Bocconcello ha pronunciato ex art. 281 sexies c.p.c. la seguente SENTENZA nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 40905/2017 promossa da: (...) tutti con il patrocinio dell'avv. (...) elettivamente domiciliato in (...) MILANO presso il difensore avv. (...) ATTORE/I contro (...), con il patrocinio dell'avv. (...) elettivamente domiciliato in(...) MILANO presso il difensore avv. (...) CONVENUTO/I CONCLUSIONI Le parti hanno concluso come da fogli allegati al verbale d'udienza. SVOLGIMENTO IN FATTO DEL PROCESSO omissis ex art. 132 c.p.c. e 118 disp. att. cpc Si premette che la presente sentenza verrà redatta con motivazione stesa in forma concisa e sintetica in conformità anche con i criteri espressi e di cui alla pronunzia della Suprema Corte di Cassazione alle SS.UU. n. 642 del 16/01/2015. La presente si limiterà pertanto ad una succinta esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione, specificando che tale esposizione potrà fondarsi su precedenti conformi. Per quanto riguarda domande, eccezioni e richieste conclusive delle parti, si rinvia agli atti processuali delle medesime ed ai verbali delle udienze, atteso il contenuto dell'art. 132 n. 4 c.p.c. e 118 disp. Att. cpc, che esclude una lunga e particolareggiata esposizione di tutte le vicende processuali anteriori alla decisione. MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA DECISIONE Il presente procedimento trae origine dalla impugnativa della delibera del 14.3.2017 punti 1,2,3,4, e 5 dell'odg (per numerosi motivi sia procedurali che sostanziali) svolta dagli attori con atto di citazione ritualmente notificato con il quale convenivano in giudizio il (...), per sentire accogliere le seguenti conclusioni: "Voglia il Tribunale adito, disattesa ogni contraria istanza, conclusione e deduzione, previa sospensione dell'efficacia esecutiva ex art. 1137 c.c., così giudicare: Nel merito: dichiarare nulla o, comunque, annullare l'impugnata delibera assembleare, relativamente ai punti n. 1, 2, 3, 4 e 5 dell'ordine del giorno dell'assemblea del 14/03/2017 del (...), per i motivi di cui al presente atto. Con vittoria di spese e competenze di legge." Alla prima udienza del 21.12.2017 si costituiva in giudizio il (...) convenuto contestando ogni deduzione avversaria e chiedendo: "Respingere le domande tutte avanzate dagli attori nell'atto di citazione nei confronti del (...), in persona dell'Amministratore pro tempore in quanto infondate in fatto e in diritto per i motivi esposti. Con vittoria di spese e competenze del presente giudizio e delle spese del procedimento di mediazione". Concessi i richiesti termini di cui all'art. 183 VI comma c.p.c., la causa veniva rinviata per la discussione sull'ammissione dei mezzi istruttori all'udienza del 7.5.2018 Alla fissata udienza il Giudice -su specifica richiesta congiunta delle parti anche al fine di valutare ipotesi conciliative- disponeva CTU contabile, nominando il dott. (...) e rinviando per il giuramento del CTU e la formulazione del quesito. All'udienza del 18.6.2018 il CTU Dott. (...) accettava l'incarico e prestava il giuramento di rito sul quesito posto ed il Giudice rinviava per verificare l'esito del deposito dell'elaborato. Nelle more, a seguito di istanza del CTU, con ordinanza del 15.11.20218 veniva fissata udienza al 21.1.2019 ove le parti concordavano di integrate il quesito posto al CTu nel seguente modo "verranno esaminati su accordo delle parti i punti emersi in corso di operazioni peritali sono ad ora effettuate estrapolando tra questi quelli che saranno oggetto di specifico esame sulla base dei criteri statistici individuati dal CTU" In data 20.5.2019 il CTU depositava elaborato finale ed all'udienza del 20.6.2019 il Giudice, ritenuta la causa matura per la decisione rinviava la stessa per la discussione all'udienza del 25.11.2019 concedendo termine per il deposito di note conclusive sino al 15/11/19. Nelle more con istanza congiunta del 13.11.2019 le parti chiedevano differimento dell'udienza in pendenza di trattative. La causa veniva rinviata all'udienza del 20/02/20, con termine per il deposito di note conclusive sino al 10/02/20. Con istanza congiunta del 03/02/20, le parti domandavano un ulteriore sempre in pendenza di trattative. Il Giudice, vista la suddetta istanza congiunta, a modifica dell'ordinanza del 25/11/19 rinviava l'udienza del 20/02/20 al 25/02/20, sospendendo i termini per il deposito di note conclusive. La causa veniva poi differita, per impedimento d'ufficio, all'udienza del 27/02/20. Le parti, sempre al fine di coltivare le trattative volte a trovare una soluzione conciliativa, domandavano una serie di rinvii. Il giudizio veniva dapprima rinviato all'udienza del 05/06/20 e poi a quella del 21/10/20, ove su richiesta delle parti il Giudice rinvia per la precisazione delle conclusioni all'udienza del 15.12.2020. Alla fissata udienza le parti, ritenendo ancora possibile il raggiungimento di un accordo transattivo, domandavano un rinvio in pendenza di trattative ed il Giudice rinviava così la causa all'udienza del 13/04/21. All'udienza del 13/04/21, le parti davano atto del fallimento delle trattative e il Giudice, su richiesta delle parti rinviava la causa per la precisazione delle conclusioni all'udienza del 14/12/21. Le parti, in considerazione della nomina di un nuovo amministratore, sempre al fine di raggiungere una conciliazione, domandavano un ulteriore rinvio in pendenza di trattative: la causa veniva dapprima rinviata all'udienza del 03/03/22, poi all'11/07/22 e, infine, per impedimento d'ufficio del Giudice al 15/09/22. In data 12/09/22, le parti depositavano una nuova istanza di differimento udienza sempre in pendenza di trattative. La causa veniva rinviata al 28/11/22, poi al 20/03/23, 02/10/23 e, infine, al 26/02/24. All'udienza del 26/02/24 le parti chiedevano fissarsi udienza di precisazione delle conclusioni ed il Giudice rinviava la causa per la precisazione delle conclusioni all'udienza del 13/03/24, all'esito della quale la stessa veniva rinviata per la discussione con temine alle parti per il deposito di note conclusive. All'udienza del 31.5.2024 in esito alla discussione viene data lettura della sentenza. Quale primo motivo di impugnazione della delibera del 14.3.2017 il condomino (...) in proprio e non quale legale rappresentante della (...) lamenta la mancata convocazione all'assemblea de quo. Il condominio convenuto eccepisce che il (...) proprietario di immobile nello stabile unitamente con la di lui madre Sig.ra (...) non poteva non sapere della convocazione in quanto destinatario di tre avvisi di convocazione uno inviato a (...) di cui è legale rappresentante (convocazione non ritirata); uno inviato alla madre (...) ed uno al fratello (...). Come noto, è ormai consolidato in giurisprudenza che: 1) l'assemblea deve esser convocata a mezzo di comunicazione scritta che deve pervenire ai condomini almeno cinque giorni prima della data fissata per la riunione (art.66 disp.att.c.c.,ultimo comma) 2) la convocazione deve essere fatta a tutti gli aventi diritto 3) l'inosservanza di una di tali prescrizioni comporta la annullabilità della delibera, che può esser fatta valere entro 30 giorni, dalla delibera per i dissenzienti e dal ricevimento del verbale assembleare per gli assenti. (Cass. 26 settembre 2013 n. 22047 e cass. 8275/2019) A ciò si aggiunga che l'art. 66 disp. att. c.c. comma II così come novellato dalla riforma del 2012, e nel caso de quo pienamente applicabile posto che la delibera oggetto di impugnativa è del 14.3.2017 prevede che in caso di omessa, tardiva o incompleta convocazione degli aventi diritto, la deliberazione assembleare è annullabile ai sensi dell'articolo 1137 del codice su istanza dei dissenzienti o assenti perché non ritualmente convocati. Ne consegue che in caso di vizi della convocazione, la delibera può essere contestata (cioè il vizio relativo al difetto di convocazione) solo da coloro che hanno subito direttamente il pregiudizio e non da altri soggetti (Cass. civ. sez. II del 18 aprile 2014, n. 9082). Deve ritenersi che la novella del 2012 abbia inteso codificare il diritto soggettivo del condomino di partecipare all'assemblea in maniera informata (a tutela del quale è anche previsto un termine entro il quale l'avviso di convocazione deve pervenire a tutti i condomini), in mancanza del quale la delibera deve ritenersi invalida. Orbene, nel caso in esame il condominio conferma di non aver inviato al condomino (...) l'avviso di convocazione ma ne eccepisce la presunzione di conoscenza attesa la regolare convocazione della madre (...) comproprietaria e della (...) del quale il (...) è legale rappresentante Sul punto osserva questo Tribunale che la Suprema Corte (Cass. 26 settembre 2013 n. 22047 e cass. 8275/2019) qualifica l'avviso di convocazione atto eminentemente privato, e del tutto svincolato, in assenza di espresse previsioni di legge, dall'applicazione del regime giuridico delle notificazioni degli atti giudiziari - quale atto unilaterale recettizio- per cui esso rinviene la propria disciplina nell'art. 1335 c.c., al medesimo applicandosi la presunzione di conoscenza in tale norma prevista (superabile da una prova contraria da fornirsi dal convocato), in base alla quale la conoscenza dell'atto è parificata alla conoscibilità, in quanto riconducibile anche solamente al pervenimento della comunicazione all'indirizzo del destinatario e non alla sua materiale apprensione o effettiva conoscenza. Invero, la presunzione di conoscenza ex art. 1335 c.c., degli atti recettizi in forma scritta giunti all'indirizzo del destinatario opera per il solo fatto oggettivo dell'arrivo dell'atto nel luogo indicato dalla norma. Ed infatti giurisprudenza condivisa ha chiarito sul punto, che l'esigenza che tutti i comproprietari siano preventivamente informati della convocazione dell'assemblea condominiale può ritenersi soddisfatta quando risulti, secondo l'incensurabile accertamento del giudice di merito, che in qualunque modo i detti comproprietari ne abbiano avuto notizia" (Cass. Civ. Sez. II, 18 febbraio 2000, n. 1830) Pertanto, seppur vero che ai fini della validità delle delibere assembleari è necessario che tutti gli aventi diritto siano stati regolarmente convocati, in caso di comproprietari tale requisito può ritenersi soddisfatto qualora l'avviso sia inviato ad uno solo degli aventi diritto, purché si abbia ragionevole certezza di ritenere che anche il comproprietario sia stato reso edotto." La validità della convocazione per la riunione dell'assemblea condominiale di uno dei comproprietari pro indiviso di piano o di porzioni di piano di un condominio può evincersi anche dall'avviso dato all'altro comproprietario, qualora ricorrano circostanze presuntive tali da far ritenere che il secondo comproprietario abbia reso edotto il primo della convocazione stessa." (Cassazione civile, sez. II, 16/02/1996 , n. 1206) Ciò detto in punto di diritto, nei fatti per cui è causa risulta indiscusso il ricevimento della relativa convocazione e del successivo verbale di assemblea da parte di un solo dei comproprietari, ed esattamente di (...) (...). Dalle evidenze istruttorie non sono emersi elementi di conflittualità tra i comproprietari (...) tali da poter escludere una presunzione di conoscenza ed informazione circa la convocazione per l'assemblea del 14.3.2017, con la conseguenza che si deve ritenere che il sig. (...) sia stato reso edotto della convocazioni ricevute dalla madre e per l'effetto deve essere rigettata la domanda di annullabilità azionata per difetto di convocazione. Con il secondo motivo di impugnazione gli attori lamentano la nullità della delibera del 14.3.2017 per eccesso di potere dovuto alla mera reiterazione di 5 delibere impugnate ed in particolare le delibere del 11/03/14, punto n. 2; del 11/11/14, punti da 1 a 3; del 02/05/2016, punto n. 3; del 15/06/16 punti 1, 2 e 4; e del 13/12/16, punti da 1 a 6. Non è contestato che con la delibera del 14.3.2017 l'assemblea abbia reiterato quanto già deliberato in occasione delle assemblee sopra elencate senza nulla aggiungere né togliere. E' stato chiarito dalla giurisprudenza di merito e di legittimità che affinché una delibera possa legittimamente sostituirsi a quella già impugnata, è necessario un riesame della precedente decisione, da effettuarsi attraverso un nuovo apprezzamento degli interessi da perseguire e comporre, eliminando eventuali vizi, finalizzato ad un concreto risultato gestorio a tutela della collettività condominiale; che se, invece, l'assemblea si limita semplicemente a confermare quanto già deciso in precedenza, la seconda deliberazione non può considerarsi "legittimo esercizio del potere discrezionale dell'organo deliberante assembleare", configurandosi, al contrario, un eccesso di potere che determina l'invalidità della seconda deliberazione (cfr. Cass.civ. 20.4.2001, n 5889); Infatti secondo la Suprema Corte, in tema di impugnazione delle delibere condominiali, la sostituzione della delibera impugnata con altra adottata dall'assemblea in conformità della legge, facendo venir meno la specifica situazione di contrasto fra le parti, determina la cessazione della materia del contendere, analogamente a quanto disposto dall'art. 2377, comma 8, c.c. dettato in tema di società di capitali, a condizione che la nuova deliberazione abbia un identico contenuto, e che cioè provveda sui medesimi argomenti, della deliberazione impugnata, ferma soltanto l'avvenuta rimozione dell'iniziale causa di invalidità. Orbene atteso che la delibera del 14.3.2017 nei punti 1,2,3,4, e 5 dell'odg ha provveduto sui medesimi argomenti ratificando espressamente il contenuto della delibera le delibere del 11/03/14, punto n. 2; del 11/11/14, punti da 1 a 3; del 02/05/2016, punto n. 3; del 15/06/16 punti 1, 2 e 4; e del 13/12/16, punti da 1 a 6, va ritenuto sussistente l'eccesso di potere sotto il profilo della ravvisabilità in detta ultima assemblea del fine unico di eludere la definizione dei giudizi già pendenti. Ne consegue l'accoglimento della domanda attorea e la declaratoria di nullità della delibera de quo. Le spese di lite seguono il criterio della soccombenza e si liquidano come da dispositivo, ponendo definitivamente a carico solidale delle parti le spese di CTU attesa la richiesta congiunta delle parti al solo scopo di verificare la possibilità di percorrere l'ipotesi transattiva. Sentenza esecutiva ex lege. P.Q.M. Il Tribunale, in composizione monocratica, ogni altra istanza disattesa, rigettata o assorbita, così provvede: - dichiara nulla la delibera del 14.3.2017 punti 1,2,3,4, e 5 dell'odg resa dal (...) convenuto, come in motivazione. - Condanna il (...) convenuto a pagare in favore degli attori, in solido tra di loro, le spese e competenze di lite e di mediazione, che liquida in Euro. 585,00 per spese e Euro.3.500,00 per compensi, oltre al 15% per spese generali, cpa e Iva di legge. - pone definitivamente a carico solidale delle parti le spese di CTU come in motivazione. Milano, 31 maggio 2024.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO di MILANO TREDICESIMA CIVILE Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. Lorenza Adriana Zuffada ha pronunciato ex art. 281 sexies c.p.c. la seguente SENTENZA nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 5461/2022 promossa da: (...) con il patrocinio dell'avv. (...), elettivamente domiciliato in VIA (...) presso il difensore avv. PA.EU. (...) con il patrocinio dell'avv. (...), elettivamente domiciliato in VIA (...) presso il difensore avv. PA.EU. (...) con il patrocinio dell'avv. (...), elettivamente domiciliato in VIA (...) presso il difensore avv. PA.EU. (...) con il patrocinio dell'avv. (...), elettivamente domiciliato in VIA (...) presso il difensore avv. PA.EU. (...) con il patrocinio dell'avv. (...), elettivamente domiciliato in VIA (...) presso il difensore avv. PA.EU. (...) con il patrocinio dell'avv. (...), elettivamente domiciliato in VIA (...) presso il difensore avv. PA.EU. ATTORI contro CONDOMINIO (...) con il patrocinio dell'avv. (...) in via (...) e difeso dall'avv. (...) CONVENUTO RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE omissis ex art. 58 comma due legge 69/2009 e art. 132 C.p.c. novellato Con atto di citazione ritualmente notificato in data 10.2.2022, i signori (...) in qualità di proprietari di unità immobiliari facenti parte del Condominio (...) hanno convenuto lo stesso avanti il Tribunale di Milano chiedendo di dichiarare la nullità e/o annullabilità e/o invalidità e/o inefficacia della videoassemblea tenutasi in data 27 settembre 2021. Gli attori eccepiscono preliminarmente un vizio assorbente riguardante la valida costituzione dell'assemblea tenutasi in videoconferenza senza alcuna previa richiesta ai condomini di adesione a tale modalità di svolgimento della riunione assembleare, lamentano poi che nessun luogo fisico è stato indicato in convocazione per poter partecipare in presenza in c.d. "modalità mista", né l'esistenza di alcuna comunicazione relativa alle norme sulla privacy; assumono quindi l'esistenza di vizi inerenti il rispetto delle norme di regolamento in punto deposito verbale; irregolarità del rendiconto gestione ordinaria anno 2020/2021, incompletezza della nota sintetica esplicativa allegata al rendiconto; erroneità in punto duplicazione spese e riparto spese personali; mancata costituzione di un fondo e altre erroneità di imputazione di singole fatture. Si costituiva il Condominio convenuto prendendo posizione sui fatti di giudizio eccependo l'intervenuta decadenza dall'impugnazione rispetto ad alcuni dei vizi eccepiti e l'improcedibilità rispetto a quanto non oggetto di domanda di mediazione, chiedendo infine nel merito il rigetto dell'impugnazione. Assegnati i termini di cui all'art. 183 sesto comma c.p.c., la causa di natura documentale, veniva rinviata per la precisazione delle conclusioni e discussione orale all'esito della quale viene ora in decisione. Vanno preliminarmente valutati, in quanto assorbenti i profili relativi alla corretta convocazione dell'assemblea con modalità da remoto. L'attuale testo dell'art. 66 disp. att. C.c. all'ultimo comma prevede che anche ove non espressamente previsto dal regolamento condominiale, previo consenso della maggioranza dei condomini, la partecipazione all'assemblea può avvenire in modalità di videoconferenza. Gli attori assumono il mancato adempimento al suddetto incombente, il cui onere della prova, al pari della corretto invio delle convocazioni, ricade sul Condominio convenuto, che allo stato degli atti non ha fornito alcun documento attestante la preventiva richiesta e conseguente adesione dei condomini allo svolgimento dell'assemblea da remoto. Per quanto sopra viene accertata la mancata valida costituzione dell'assemblea del condominio di (...) tenutasi in data 27.9.2021 con annullamento delle delibere ivi assunte e assorbimento di ogni ulteriore rilievo. Le spese di lite seguono quindi il criterio della soccombenza e si liquidano come in dispositivo. P.Q.M. Il Tribunale di Milano, definitivamente pronunciando nella causa fra le parti di cui in epigrafe, ogni altra istanza ed eccezione disattesa o assorbita, così decide: 1) annulla tutte le delibere assunte in data 27.9.2021 dall'assemblea del Condominio (...); 2) condanna il Condominio di (...) alla rifusione in favore degli attori, delle spese di giudizio che vengono liquidate in Euro 5.431,00 per competenze, euro 545,00 per spese, oltre spese generali al 15%, IVA e CPA; Sentenza esecutiva. Così deciso in Milano il 29 maggio 2024. Depositata in Cancelleria il 29 maggio 2024.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI MILANO SEZIONE VI CIVILE Il Tribunale di Milano sezione VI civile nella persona del giudice Carmela Gallina in funzione monocratica ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di I Grado iscritta al N. 30469/2022 R.G. promossa da: (...) elettivamente domiciliato in (...) MILANO presso l'Avvocato (...), rappresentato e difeso dall'Avvocato (...) Opponente (...) elettivamente domiciliato in (...) MILANO presso l'Avvocato (...) Opposta CONCLUSIONI Le parti hanno concluso come da fogli depositati nel fascicolo telematico. Motivi in fatto e in diritto della decisione (...) ha proposto opposizione al decreto ingiuntivo nr. 9883/22 reso da questo Tribunale in data 14.6.22 ad istanza di (...) con cui il medesimo, quale fideiussore, è stato condannato in solido con la debitrice principale ed altri garanti al pagamento della somma pari ad Euro 476.960,59 oltre interessi e spese. A fondamento della pretesa è stata posta la polizza fideiussoria nr. (...) sottoscritta dall'(...) a beneficio di (...) riguardo all'obbligo di restituzione dell'anticipazione concessa alla stessa sul contributo erogatole in relazione ai lavori di recupero e ristrutturazione di opere di viabilità nel territorio di Capizzi e Cerami. A tale polizza è associata quale condizione particolare la co dichiarazione di fideiussione denominata Allegato CO. La ricorrente ha così esercitato il previsto regresso a seguito dell'avvenuto pagamento dell'importo in luogo della debitrice principale e dei fideiussori. In via preliminare l'opponente ha dedotto l'incompetenza territoriale del Tribunale adito - qualificato come foro esclusivo nella codichiarazione di fideiussione - competente essendo il Tribunale di Enna. Ciò sulla base della ritenuta nullità della clausola perché priva della doppia sottoscrizione ai sensi dell'art. 1341 e 1342 c.c. nonché per contrasto con l'art. 33 comma 2 lett. U del Codice del consumo perché in violazione del foro esclusivo del consumatore. Ha altresì contestato l'omesso esperimento del procedimento di mediazione obbligatoria. Nel merito, ha dedotto il mancato perfezionamento del contratto di coobbligazione per omessa indicazione della data e del luogo nonché della sottoscrizione di un membro della compagnia di assicurazione o del broker. Ha dedotto altresì la nullità delle clausole ex artt. 1341 e 1342 c.c. nonché della polizza per contrasto con l'art. 2 L. 287/90 perché contenente clausole riproduttive del modello ABI. Ha allegato l'intervenuta scadenza della garanzia alla data del sinistro con conseguente invalidità della stessa nonché l'illegittima escussione - così esercitando l'exceptio doli- attesa l'intervenuta ultimazione dei lavori. Ha concluso per la revoca del decreto ingiuntivo e la declaratoria dell'insussistenza del credito vantato. Si è costituita l'opposta (...) già (...) (...) per effetto di fusione per incorporazione della società (...) contestando le motivazioni esposte e concludendo per il rigetto dell'opposizione. Autorizzata la provvisoria esecuzione del decreto, concessi i termini per le memorie istruttorie, la causa è stata rinviata all'odierna udienza ai fini della precisazione delle conclusioni e della decisione ex art. 281 sexies c.p.c. All'esito della discussione orale viene data lettura della motivazione in forma integrale nei termini di seguito riportati. L'opposizione è priva di fondamento. In primo luogo, attesa la priorità del profilo, deve essere rilevata l'infondatezza dell'eccepita incompetenza territoriale. La clausola contenuta nell'ultimo capoverso dell'atto di coobbligazione prevede la competenza esclusiva del foro di Milano. Difformemente da quanto ritenuto, la stessa non necessita della doppia sottoscrizione essendo inserita in un allegato che non presenta i caratteri del contratto per adesione né può qualificarsi come condizione generale. Al contrario, la stessa è inclusa in un testo qualificato condizione particolare che si inserisce in una polizza specifica sottoscritta da un contraente determinato. I garanti, a loro volta, sono partitamente identificati con nominativi e codice fiscale. In ogni caso, il Tribunale adito è competente sulla base dei criteri generali di individuazione ossia l'art. 20 c.p.c. e l'art. 1182 comma 3 c.c. essendo, rispettivamente, il luogo in cui aveva sede la direzione generale della ricorrente ed il forum destinatae solutionis. Neppure può trovare applicazione l'invocata disciplina del consumatore considerato il ruolo rivestito dall'opponente quale riscontrato dalla documentazione prodotta dall'opposta: lo stesso era membro dell'Associazione Agricola contraente la polizza ed imprenditore agricolo. Pertanto, non vi è dubbio che, lungi dall'aver agito per scopi estranei all'attività professionale, fosse direttamente interessato all'erogazione del contributo ed alla prestazione della garanzia che ne costituiva presupposto normativo indefettibile. Parimenti infondata è l'eccezione di improcedibilità della domanda monitoria per non essere stata preceduta dall'esperimento del tentativo obbligatorio di mediazione: la controversia ha quale fonte negoziale un contratto di garanzia e, quindi, non è riconducibile all'alveo della disciplina dettata dal D.Lgs. n. 28 del 2010. E' inammissibile perché tardiva la contestazione relativa al difetto di procura e di legittimazione dell'opposta in quanto formulata solo in sede di memoria ex art. 183 comma 6 nr. 1 c.p.c. e non già in sede di udienza all'esito della costituzione della stessa. In ogni caso, la documentazione allegata dall'opposta riscontra l'avvenuta fusione per incorporazione della società (...) da parte di(...) e del successivo mutamento di denominazione da parte di quest' ultima sì da risultare provata sia la legittimazione sia la validità dell'originaria procura ad litem. Riguardo alla dedotta nullità della polizza per omessa indicazione della data e del luogo nonché della sottoscrizione di un membro della compagnia di assicurazione o del broker, si evidenzia che, premessa l'assenza di disconoscimento della sottoscrizione ad opera dell'opponente, è assorbente la circostanza che l'allegato CO sia stato testualmente qualificato come parte integrante della polizza ossia quale condizione particolare. E' verosimile che la polizza sia stata redatta in epoca anteriore sì da risultare pienamente valida ed efficacia la garanzia successiva avente valenza integrativa. Non ha rilievo la censura afferente l'omessa sottoscrizione da parte di un dipendente dell'opposta o dell'agente. Atteso che quella allegata è la copia per il contraente, è pacifico che il contratto, pur monofirma, debba ritenersi valido ed efficace ex art. 1937 c.c. sulla base della consegna all'opposta. Deve altresì rigettarsi la più generale censura di vessatorietà delle clausole essendo documentato che il testo della garanzia è stato redatto in conformità allo schema tipo 1 previsto dalla circolare (...). Ciò vale ad escludere l'allegato squilibrio a discapito di parte opponente. Infine va rigettata la censura di nullità della fideiussione e della relativa appendice per contrasto con l'art. 2 L. 287/90 perché contenente clausole riproduttive del modello ABI. Va premesso che la delibazione viene effettuata in via monocratica poiché la questione non è stata veicolata in via di azione ma quale semplice eccezione di merito; pertanto, dovendo la stessa essere decisa solo incidentalmente, non si radica la competenza in capo alla Sezione specializzata in materia di imprese. Ciò posto si evidenzia che l'accertamento della Banca d'Italia si riferisce allo schema contrattuale elaborato dall'associazione di categoria per le fideiussioni omnibus senza investire il settore delle fideiussioni rilasciate a garanzia delle obbligazioni derivanti da specifiche operazioni bancarie (cfr. in particolare il punto 2 e il punto 9 del provvedimento n. 55 del 2005, ove si precisa che " (l)'istruttoria riguarda lo schema contrattuale relativo alla "fideiussione a garanzia delle operazioni bancarie", che disciplina la prestazione della garanzia fornita da un soggetto (fideiussore) a beneficio di qualunque obbligazione, presente e futura, del debitore di una banca"; cfr. anche i punti 13, 27 e ss., 35, 42, 43 e ss., 53, 59, 72 e ss., 78 e ss., 86). Che l'intesa anticoncorrenziale accertata dalla Banca d'Italia riguardi in via esclusiva le fideiussioni omnibus, è del resto chiaramente evincibile anche dalla parte dispositiva del provvedimento, che recita, alla lettera a): "gli articoli 2, 6 e 8 dello schema contrattuale predisposto dall'ABI per la fideiussione a garanzia delle operazioni bancarie (fideiussione omnibus) contengono disposizioni che, nella misura in cui vengano applicate in modo uniforme, sono in contrasto con l'articolo 2, comma 2, lettera a), della legge n. 287/90". Poiché il debito garantito dall'opponente origina da un ben preciso rapporto negoziale, cui le parti hanno fatto puntuale riferimento nel contratto, e non da ipotetiche e indeterminate operazioni del soggetto garantito che possono cagionare una oscillazione della misura della garanzia, la censura deve ritenersi infondata. In merito alla dedotta scadenza della garanzia si rileva quanto segue. La scadenza originaria del 31.12.16 è stata differita al 15.3.17 per effetto dell'appendice sottoscritta il 9.9.15 e a tale data occorre fare riferimento ai fini della valutazione dell'operatività. Tanto premesso, la richiesta di pagamento ex art. 29 del Reg. CEE 2220/85 e successive modifiche, inviata per conoscenza all'assicuratrice, è stata formulata da (...) in data 19.1.17. La stessa reca quale causale l'omessa prova della realizzazione delle opere entro il termine convenuto e, nell'ultimo capoverso, la mittente ha dichiarato di voler interrompere i termini di scadenza della polizza. La valenza di tale dichiarazione non può che essere delibata in riferimento alla clausola 3 delle condizioni generali di cui all'allegato GE intitolata richiesta di proroga la quale attribuisce alla beneficiaria il diritto insindacabile di chiedere all'assicurazione una proroga di sei mesi nei 15 giorni antecedenti alla scadenza della durata massima. Oltre a ciò tale clausola prevede che, alla scadenza dei termini, la garanzia cessi purchè all'interno di tale periodo non siano stati avviati procedimenti di recupero nei confronti del contraente comunicati per conoscenza anche all'ente garante ovvero denuncia di sinistro o richiesta di escussione verso il fideiussore. Pertanto la scadenza non opera laddove il procedimento di escussione della garanzia sia stato attivato entro la vigenza della polizza. Tanto è avvenuto nel caso in esame atteso che la richiesta di pagamento è antecedente di circa due mesi rispetto alla scadenza. Tale conclusione non equivale ad attribuire alla dichiarazione della beneficiaria efficacia interruttiva del termine di scadenza, con ciò convenendosi quanto evidenziato dall' opponente circa l'assenza di un'opzione siffatta nelle pattuizioni. Risulta, infatti, prevista esclusivamente la richiesta di proroga motivata per un ulteriore semestre. Pertanto, al di là della possibilità - pur fondata - di interpretare la comunicazione in termini di richiesta di proroga, ciò che presenta valenza assorbente è quanto esposto in precedenza circa l'avvenuto avvio della procedura di recupero nei confronti del contraente. La circostanza allegata dall'opponente che la nota in data 19.1.17 facesse riferimento ad un presupposto fattuale erroneo, ossia, la mancata conclusione dei lavori, non oblitera la valenza della richiesta che rappresenta pur sempre espressione della volontà recuperatoria del soggetto beneficiario a seguito del segnalato inadempimento. Tanto premesso, va evidenziato che a seguito dell'avvio della procedura ex art. 29 del Reg. CEE 2220/85 e dell'operata revoca dell'aiuto da parte dell'ente preposto in data 13.6.18, la debitrice principale ha avviato un contenzioso amministrativo articolatosi in due gradi di giudizio conclusosi con sentenza resa in grado d'appello che ha rigettato le censure. Pertanto, la Regione Sicilia con successiva nota dell'8.8.19 - inviata per conoscenza alla garante " - ha richiesto in via bonaria la restituzione dell'importo erogato procedendo, in assenza di pagamento, all'escussione della polizza giusta richiesta del 10.11.21. E' evidente che la tempistica è stata imposta dai tempi fisiologici di definizione del contenzioso né, come preteso, può esigersi che la definizione di tale contenzioso - del tutto eventuale - avvenga entro il termine di scadenza della polizza. Questa è la ragione per la quale l'operatività della garanzia è connessa non già alla definizione, bensì, all'avvio del procedimento di recupero. Quanto esposto ha costituito oggetto della puntuale replica dell'opposta nella comunicazione in data 2.12.21 in evasione all'operata contestazione di illegittima escussione della garanzia. Tanto vale a smentire l'exceptio doli. Deve, pertanto, concludersi nel senso della legittimità dell'iniziativa assunta dalla compagnia di assicurazione a fronte dell'escussione della polizza e del conseguente diritto della stessa ad agire a titolo di regresso nei confronti dei garanti. Consegue il rigetto dell'opposizione e la conferma del decreto ingiuntivo opposto. Le spese di lite, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza. P.Q.M. Il Tribunale di Milano sezione VI civile in funzione monocratica in persona del giudice dott.ssa Carmela Gallina definitivamente pronunciando e disattesa ogni contraria istanza, così decide: 1. rigetta l'opposizione e conferma il decreto ingiuntivo nr. 9883/22 reso da questo Tribunale in data 14.6.22 ad istanza di(...) ora (...) 2. condanna l'opponente a rifondere all'opposta le spese di lite liquidate in Euro 14.170 per compensi oltre al rimborso spese generali pari al 15% nonché Iva e Cpa. Sentenza resa ex art. 281 sexies c.p.c. pubblicata mediante lettura alle parti presenti ed allegazione al verbale per l'immediato deposito in cancelleria in forma telematica. Milano, 15 maggio 2024.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI MILANO Sezione Lavoro in composizione monocratica e in funzione di Giudice del Lavoro, in persona della dr. Camilla Stefanizzi, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella controversia di primo grado promossa da (...) con l'Avv. Pa.M. ricorrente contro INPS - ISTITUTO NAZIONALE PER LA PREVIDENZA SOCIALE (P.1.80078750587) resistente RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE 1. Con ricorso depositato il 08/06/2023, (...) conveniva in giudizio avanti al Tribunale di Milano - Sezione Lavoro - INPS- ISTITUTO NAZIONALE PER LA PREVIDENZA SOCIALE, chiedendo di accogliere le seguenti conclusioni: "accertare e dichiarare la giusta causa di dimissioni rassegnate dal dott. (...) accertare e dichiarare il diritto del dott. (...) beneficiare dell'indennità NASpI; per l'effetto condannare l'I.N.P.S. a corrispondere, in favore del ricorrente, l'indennità NASpI, ai sensi dell'art. 1 D.Lgs. 22/2015 a decorrere dal giorno 8/12/2022". Il tutto con vittoria di spese, diritti e onorari. INPS- ISTITUTO NAZIONALE PER LA PREVIDENZA SOCIALE si costituiva in giudizio, chiedendo il rigetto del ricorso in quanto inammissibile anche per indeterminatezza e carenza probatoria, nonché infondato, in fatto ed in diritto. Istruita la causa con l'acquisizione della documentazione prodotta ed escussione di due testimoni, all'udienza odierna, dopo la discussione, il Giudice la decideva pronunciando dispositivo di sentenza ex art. 429 primo comma c.p.c. 2. Parte ricorrente ha allegato di aver intrapreso in data 2/9/2019 attività lavorativa alle dipendenze della Società (...) con ruolo di "Business e Market Insight Specialisti e inquadramento nella categoria B1 del CCNL Chimico farmaceutico (doc. 1 ricorso). Nel mese di aprile 2022 la Società datrice ufficializzava una riorganizzazione aziendale, assegnando al dott. (...)"' nuovo incarico di (...), a seguito di cui quest'ultimo diveniva responsabile delle attività di propria originaria pertinenza nonché assumeva nuove mansioni relative alla funzione di "Commercial Insight". Alla luce dell'insieme delle attività assunte dal ricorrente a seguito della suddetta riorganizzazione aziendale - peraltro corrispondenti alle mansioni perseguite da altri lavoratori ugualmente addetti alla funzione di "Commercial Insight" in Spagna, Francia, Germania e UK i quali, a differenza del ricorrente, erano però indicati quali "Associate Director" o "Senior Manager" - il dott. (...) ha dedotto di essersi ripetutamente rivolto ai referenti della Società datrice onde ottenere delucidazioni in merito al proprio diritto ad essere correttamente inquadrato nel superiore livello A3 del CCNL applicato ("Product manager senior") (doc. 5 ricorso). Per tale ragione, non avendo ricevuto alcun riscontro, dopo aver ulteriormente diffidato la Società a provvedere al corretto inquadramento con conseguente riconoscimento delle differenze retributive e contributive dovute (doc. 7 ricorso), con lettera del 29/11/2022 trasmessa a mezzo pec il dott. (...) rassegnava le proprie dimissioni "per giusta causa" a decorrere dal giorno 1/12/2022 (doc. 8 ricorso). 3. Tanto premesso in fatto, in questa sede il ricorrente lamenta il rigetto, da parte di INPS, della richiesta di indennità NASPI trasmessa a seguito delle suddette dimissioni, in data 2/12/2022. In particolare, INPS ha declinato la richiesta del dott. (...) adducendo che la causa della cessazione dell'attività lavorativa non fosse valida per il trattamento oggetto di istanza e, ad ulteriore conferma del provvedimento di diniego, il Comitato Provinciale ha evidenziato che non tutte le ipotesi di dimissioni rette da giusta causa diano diritto a beneficiare della indennità NASPI, bensì solo quelle motivate dal mancato pagamento della retribuzione, dall'aver subito molestie sessuali, nonché dalle modificazioni peggiorative delle mansioni - ossia le sole ipotesi espressamente richiamate nella circolare INPS n. 163/2013. 4. In primo luogo, l'istruttoria svolta ha dimostrato che lo svolgimento da parte del (...) di mansioni riconducibili al livello di quadro rispetto a quello di impiegato di primo livello in concreto attribuito. Entrambi i testimoni escussi, (...) e (...) infatti, hanno confermato le funzioni assolte dal dott. (...) e hanno concordemente evidenziato che gli altri colleghi del ricorrente, addetti al medesimo ruolo e alle medesime mansioni di quest'ultimo presso altri paesi europei, godessero di un inquadramento minimo di Senior Manager. Le dichiarazioni rese in sede istruttoria, pertanto, hanno dimostrato che il dott. (...) svolgeva di fatto attività previste per la figura di Senior Manager - i.e. pianificazione della organizzazione del settore affidatogli dal brand di cui era responsabile, ricerca di mercato, individuazione degli obiettivi da raggiungere e delle attività finalizzate al raggiungimento degli stessi, il tutto con esclusiva responsabilità del settore di intervento e in piena autonomia decisionale, anche in un settore estero - e che, ciononostante, fosse inquadrato come "Manager" del nuovo dipartimento di "Commercial Insight" instituito dopo la riorganizzazione aziendale avvenuta nei primi mesi del 2022. In via del tutto legittima, come già osservato, proprio a causa del mancato riconoscimento della qualifica spettante, il dott. (...) interpellava i propri referenti prospettando la necessità di ottenere un adeguamento professionale ed economico, in virtù delle mansioni effettivamente e concretamente espletate. La Società, limitandosi a corrispondere un incremento economico personale del 14% e, dunque, omettendo di riconoscere il corretto inquadramento, ha arrecato un pregiudizio al lavoratore a fronte del quale quest'ultimo non ha potuto far altro che rassegnare le dimissioni per giusta causa. Dimissioni dipese, com'è evidente, dalla condotta tenuta dalla allora datrice di lavoro. 5. Alla luce di tale premessa è risolta ogni contestazione avanzata da INPS in ordine alla sussistenza del requisito di cui alla lett. c) dell'art. 3, co. 1 del D.Lgs. 22/2015, relativamente allo stato di disoccupazione involontaria del lavoratore istante. Contrariamente a quanto addotto dalla convenuta, risulta ampiamente provata in giudizio la circostanza che ha determinato il carattere involontario dello stato di disoccupazione del dott. (...) succeduto alla rassegna delle dimissioni dal proprio posto di lavoro per giusta causa. Precisamente, come supra evidenziato, la permanenza di una condotta datoriale di sottoinquadramento e sotto-retribuzione del lavoratore nei termini già descritti integra giusta causa delle dimissioni dal posto di lavoro, integrando così il disposto ex art. 3, co. 2 del D.Lgs. 22/2015, ai sensi del quale "La NASpI è riconosciuta anche ai lavoratori che hanno rassegnato le dimissioni per giusta causa (...)". D'altra parte, lo stesso INPS con propria circolare n. 92/1995 prevede che "Lo stato di disoccupazione deve essere involontario. Sono esclusi, pertanto, i lavoratori il cui rapporto di lavoro sia cessato a seguito di dimissioni o di risoluzione consensuale. In merito si chiarisce che la NASpI è riconosciuta in caso di dimissioni che avvengano: 1. per giusta causa secondo quanto indicato, a titolo esemplificativo, dalla circolare n. 163 del 20 ottobre 2003 (...) Ebbene, le ipotesi di dimissioni "per giusta causa", le quali danno luogo a uno stato di disoccupazione involontaria, non costituiscono una categoria tassativa bensì flessibile ed aperta a fattispecie atipiche. Tra queste ultime non può non ritenersi compresa l'ipotesi di specie, ove la condotta di sotto-inquadramento e sotto-retribuzione mantenuta integra un grave inadempimento datoriale che ha condotto il lavoratore a dimettersi dal proprio posto di lavoro, riversando involontariamente in stato di disoccupazione. 6. D'altro canto, il fatto che il dott. (...) abbia sottoscritto insieme alla precedente datrice un verbale di conciliazione non vale ad escludere la giusta causa delle dimissioni dal medesimo rassegnate, come INPS ha viceversa sostenuto nella propria difesa. Al contrario, infatti, la sottoscrizione del suddetto verbale prova comunque l'avvenuta instaurazione di una controversia, benché in sede stragiudiziale, successiva alle dimissioni del lavoratore e principalmente volta, per l'appunto, a dare atto della cessazione del rapporto, a fronte della quale, tra l'altro, la Società si è impegnata a corrispondere al lavoratore l'importo lordo di (...) a titolo di corrispettivo per la cessazione medesima. E evidente, pertanto, che la trattativa in sede conciliativa e la successiva sottoscrizione del verbale non escludono affatto la giusta causa delle dimissioni né rappresentano una rinuncia ad essa da parte del lavoratore. Bensì, al contrario, provano l'intenzione del medesimo lavoratore di agire, già in sede stragiudiziale, proprio per far valere la giusta causa delle sue dimissioni. D'altra parte, il fatto che la Società abbia sottoscritto un impegno a corrispondere all'odierno ricorrente una cifra pari a (...) implica un tacito riconoscimento della giusta causa delle dimissioni da parte della datrice, la quale, in caso contrario, verosimilmente, non avrebbe assunto un simile onere economico. 7. Per tutte le considerazioni sinora esposte, si accerta che il dott. (...) è titolare del diritto a percepire l'indennità di disoccupazione NASPI a partite dall'ottavo giorno successivo alla cessazione del rapporto di lavoro con (...) 8. Tenuto conto degli approfondimenti istruttori che si sono resi necessari per accertare la sussistenza della giusta causa di dimissioni, le spese di lite sono integralmente compensate. P.Q.M. il Tribunale di Milano, in funzione di giudice del lavoro, definitivamente pronunziando, ogni contraria istanza disattesa, così provvede: 1) Accoglie il ricorso e, per l'effetto, accerta la giusta causa di dimissioni rese da (...) e dichiara tenuta e condanna l'I.N.P.S. a corrispondere, in favore di quest'ultimo, l'indennità NASpI, ai sensi dell'art. 1 D.Lgs. 22/2015 a decorrere dal giorno 8/12/2022. 2) dichiara la integrale compensazione delle spese di lite. Riserva a 60 giorni il deposito della motivazione. Sentenza esecutiva. Milano, 24 aprile 2024.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO di MILANO QUINTA CIVILE Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. Marina Bruni ha pronunciato ex art. 281 sexies c.p.c. la seguente SENTENZA nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 7652/2022 promossa da: (...) (c.f...) elettivamente domiciliato presso lo studio dell'Avv (...) giusta delega in atti ATTORE contro (...) (c.f...) elettivamente domiciliato presso lo studio dell'Avv (...) giusta delega in atti CONVENUTO CONCLUSIONI Le parti hanno precisato le conclusioni all'udienza da intendersi qui richiamate e trascritte, come da note conclusive depositate telematicamente. Concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione A sensi degli artt.132 secondo comma n.4 cpc e 118 disp.att. Cpc la motivazione della sentenza consiste nella succinta esposizione dei fatti rilevanti della causa e delle ragioni giuridiche della decisione, anche con riferimento a precedenti conformi. A norma dell'art. 16 bis, comma 9 octies del D.L.18 ottobre 2012 n.179, convertito, con modificazioni, dalla L.17 dicembre 2012 n.221 (comma aggiunto dall'art.19, comma 1, lett.a), n.2 ter), D.L.27 giugno 2015 n.83, convertito, con modificazioni, dalla L. 6 agosto 2015 n.132) la presente sentenza viene redatta in maniera sintetica, tenendo conto delle indicazioni contenute nel decreto n. 136 in data 14.09.2016 del Primo Presidente della Corte di Cassazione e delle considerazioni contenute nella circolare del CSM (adottata il 5.07.2017) di cui alla nota 6.07.2017 Prot. P 12300/17 (secondo cui "la giurisdizione è, notoriamente, risorsa statuale limitata" e "il principio della durata ragionevole dei giudizi deve informare pure l'azione della cd. amministrazione della giurisdizione .... anche con riferimento alle tecniche di redazione dei provvedimenti"). L'esame delle questioni seguirà il criterio della ragione più liquida (Cass. SU 8.05.2014 n.9936; Cass. 28.05.2014 n.12002; Cass.19.08.2016 n. 17214). Con ricorso ex art.633 cpc al Tribunale di Milano (...) chiedeva ed otteneva il D.I. 264/2022 pubblicato in data 05.10.2022 per l'importo complessivo di Euro 22.124, 16 (oltre interessi ex Dlgs.231/2002 e spese del procedimento) nei confronti del Condominio (...) per l'attività professionale prestata e consistita nell'attività tecnica di sopralluogo, nei rilievi, nell'elaborazione delle planimetrie dei vari piani, nel progetto della fognatura, nel computo metrico estimativo e nei rapporti ed interazione con l'Ufficio tecnico comunale per le fognature. Si opponeva l'attrice sostenendo che il convenuto non ha mai ricevuto nessun incarico dal condominio opponente non esistendo né un'assemblea né un preventivo che afferisca alla questione di cui il (...) asserisce di essersi occupato nell'interesse del Condominio di (...) Milano. Concludeva chiedendo in via preliminare di rigettare la richiesta provvisoria esecuzione dell'opposto decreto, ritenendosi la presente opposizione fondata su prova scritta e di pronta soluzione; nella denegata ipotesi in cui non fosse accolta la richiesta di sospensione della provvisoria esecuzione, ai sensi dell'art. 642 2° comma c.p.c. imporre al convenuto opposto una cauzione della misura quantomeno pari al credito azionato; in via principale di merito: accettare e dichiarare non dovuto il credito azionato monitoriamente, accogliere la presente opposizione e revocare comunque l'opposto decreto ingiuntivo decreto ingiuntivo n.264/2022 emesso il 19 dicembre 2021 e depositato il 5 gennaio 2022 dal Tribunale di Milano, Dott. Pi. e notificato a mani in data 14 gennaio 2022, con tutte le pronunce consequenziali, spese di causa rifuse. Si costituiva il convenuto precisando che (...) Amministratore pro-tempore del (...) ha conferito incarico professionale all'Ing. (...), di procedere all'esecuzione dei lavori di adeguamento alle normative del Comune di Milano della rete fognaria del Condominio stesso ed a tal fine, gli ha consegnato l'Ordinanza del predetto Comune, datata 12.10.2016, notificata al (...), nonché l'elaborato planimetrico del Condominio e l'elenco immobili. Rappresentava che l'lng. (...), ha effettuato diversi sopralluoghi presso il (...), ha redatto i progetti della fognatura (Piano primo interrato - Piano interrato e Piano terzo interrato), ha effettuato il computo metrico estimativo, ha effettuato un repertorio fotografico, ha avuto svariati contatti con l'Ufficio Tecnico del Comune di Milano, inviando all'amministratore la relativa documentazione, scambiando con lo stesso e con il di lui fratello svariate mail attestanti l'attività svolta e non contestata. Affermava che non sussiste, nel caso di specie, la necessità di un preventivo scritto e, non essendo stato convenuto il compenso professionale invocava l'applicazione dell'art 2233 cc. concludeva chiedendo in Via principale e nel merito: - Rigettare l'opposizione promossa dal Condominio (...), in persona dell'Amministratore pro-tempore, Sig. (...) in quanto infondata in punto di fatto e di diritto per i motivi gradatamente esposti e per l'effetto Confermare il Decreto Ingiuntivo opposto n (...) R.G. (...) e conseguentemente condannare il condominio (...), in persona dell'Amministratore pro-tempore, Sig. (...) al pagamento a favore dell'Ing. (...) della somma di Euro 22.124,16 (ventiduemilacentoventiquattro/16), oltre interessi di mora ex D.Lgs. 231/2002 dal dovuto al saldo effettivo. In via subordinata - Nella denegata ipotesi in cui il Decreto ingiuntivo opposto venisse revocato, accertare e dichiarare il diritto di credito vantato dall'Ing. (...) per l'attività professionale svolta in favore del Condominio (...) e per l'effetto condannare il Condominio (...), in persona dell'amministratore pro-tempore Sig. (...) al pagamento della somma di Euro. 22.124,16 (ventiduemilacentoventiquattro/16) o di quella somma maggiore e/o minore che verrà determinata dal Giudice adito in corso di causa, sulla scorta dei parametri ministeriali, oltre interessi di mora ex D.Igs. 231/2002, dal dovuto al saldo effettivo. In via ulteriormente subordinata - Nella denegata ipotesi in cui il Decreto lngiuntivo opposto venisse revocato, accertare e dichiarare il diritto di credito vantato dall'Ing. (...) per l'attività professionale svolta in favore del (...); accertare e dichiarare il diritto di credito vantato dall'Ing. (...) per l'attività professionale svolta in favore del (...) - Milano e per l'effetto, -Condannare il Condominio (...) di (...) - Milano, in persona dell'Amministratore pro- tempore, Sig. (...) al pagamento della somma cui Euro. 22.124, (ventiduemilacentoventiquattro/16) o di quella somma maggiore e/o minore che verrà determinata dal Giudice adito in via equitativa, oltre interessi di mora ex D.Lgs. 231/2002, dal dovuto al saldo effettivo, tenendo in debita considerazione il risultato ottenuto ed il lavoro normalmente necessario per ottenerlo, con vittoria di spese di causa. Il Giudice incaricato Dott.ssa Spinnler con decreto 16.03.2022 delegava sino alla decisione della causa lo scrivente Giudice che, non concessa la provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo, assegnati i termini ex. art. 183 VI comma cpc, non ammesse le prove con ordinanza 14.11.2023 fissava udienza di precisazione delle conclusioni ex art.281 sexies cpc. La domanda di parte attrice merita accoglimento per le motivazioni di seguito svolte da ritenersi assorbenti. Va preliminarmente risolta la questione relativa al conferimento d'incarico del (...) al legale che lo assiste nella presente causa, ovvero la legittimazione dell'amministratore del (...) a proporre l'odierna opposizione. Parte convenuta sostiene che l'amministratore del (...) avrebbe proposto l'odierna opposizione senza prima convocare l'assemblea; pertanto, sarebbe privo di legittimazione. L'eccezione sollevata peraltro solo all'udienza del 10 maggio 2023 (nemmeno poi coltivata nelle memorie istruttorie) è infondata. E' appena il caso di osservare che l'amministratore di condominio, senza necessità di autorizzazione o ratifica dell'assemblea, può proporre opposizione a decreto ingiuntivo, nonché impugnare la decisione del giudice di primo grado, per tutte le controversie che rientrino nell'ambito delle sue attribuzioni ex art. 113 c.c., quali quelle aventi ad oggetto il pagamento preteso nei confronti del (...) dal terzo creditore in adempimento di un'obbligazione assunta dal medesimo amministratore per conto dei partecipanti, ovvero per dare esecuzione a delibere assembleari, erogare le spese occorrenti ai fini della manutenzione delle parti comuni o l'esercizio dei servizi condominiali" (cfr. Cass. sentenza n. 16260/2016, TRIBUNALE DI MILANO, Sentenza n. 4710/2023 del 06-06-2023). Risulta fondata l'eccezione dell'opponente, relativa all'originaria mancanza di autorizzazione assembleare. Secondo i principi enunciati dal giudice di legittimità, si deve infatti osservare in contrario che: - il riparto di competenze tra amministratore e assemblea condominiale, previsto dagli artt. 1130 e 1135 cc, attribuisce al primo l'autonoma gestione dei soli affari di ordinaria amministrazione mentre la preventiva autorizzazione assembleare è necessaria per gli atti di straordinaria amministrazione, tali essendo quelli che esulano dalla "normalità" della gestione, tenuto conto anche del loro costo (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 10865 del 25/5/2016); - per gli atti di straordinaria amministrazione l'amministratore di condominio neppure può autonomamente conferire incarichi professionali (Cass. Sez. 6, ordinanza n. 20136 del 17/8/2017; Cass. Sez. 2, ordinanza n. 33057 de1 20/12/2018); - in mancanza dell'approvazione assembleare, l'atto rimane inefficace nei confronti del Condominio (...) salvo che rivesta il carattere dell'urgenza (Cass. Sez. 2, sentenza n. 2807 del 2/2/2017). Circostanza pacifica ed incontestata è l'assenza di delibera assembleare che abbia conferito incarico al convenuto di svolgere l'attività per cui ha emesso le fatture azionate. Si aggiunga che parte convenuta ha versato in atti tutte le delibere assunte dal 2015 (doc.6 convenuta) che non contengono traccia di tale incarico. Alla luce di tali principi, è dunque evidente che, per essere efficace nei confronti del condominio, il conferimento dell'incarico all'Ing. (...) richiedeva la previa autorizzazione dell'assemblea, giacché esso prevedeva un compenso non irrisorio e riguardava un'attività (quella di adeguamento fognario) che non rientra nell'ordinario svolgimento degli affari condominiali. Neppure può dirsi che l'autonomia dell'amministratore fosse giustificata dall'urgenza tanto è vero che all'ordinanza del Comune non sono seguiti i lavori né sanzioni che diversamente parte attrice avrebbe allegato. L'autonomia dell'amministratore sussiste solo quando lo stesso debba confrontarsi con lavori che rivestono carattere di urgenza, ossia interventi la cui erogazione non possa essere differita, senza danno o pericolo, fino a quando l'amministratore o l'assemblea dei condomini possano utilmente provvedere (Cass civ. Ord 16.11.201 7 n. 27235). Pertanto, nel caso di specie, l'amministratore avrebbe dovuto munirsi di apposita delibera che a ciò lo autorizzasse. Non si rinviene altresì nessuna alcuna ratifica successiva. Il decreto ingiuntivo opposto deve pertanto essere revocato. Le spese seguono la soccombenza ex art.91 cpc e vengono liquidate ex DM 147/22 come in dispositivo, tenuto conto del valore della controversia e dell'attività effettivamente svolta. P.Q.M. Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni altra istanza disattesa o assorbita, così dispone: A) REVOCA il D.I. n.264/2022 emesso dal Tribunale di Milano e pubblicato in data 05.10.2022; B) Condanna, altresì, l'Ing. (...) a rimborsare al CONDOMINIO (...) MILANO le spese di lite, che si liquidano in Euro 145,50 per spese, Euro.3.000,00 per competenze professionali, oltre i.v.a., c.p.a. e 15,00% per spese generali. Sentenza resa ex articolo 281 sexies c.p.c., pubblicata mediante lettura alle parti presenti ed allegazione al verbale. Milano, 17 aprile 2024
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO di MILANO SEZIONE XIII CIVILE Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. Caterina Canu ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 36830/2023 promossa da: (...), con il patrocinio dell'avv. BA.CO., elettivamente domiciliata in (...) presso il difensore avv. BA.CO. INTIMANTE contro (...), con il patrocinio dell'avv. (...), elettivamente domiciliata in (...) presso il difensore avv. (...) INTIMATA contro OGGETTO: locazione - sfratto per morosità CONCLUSIONI della PARTE INTIMANTE: Voglia l'Ill.mo Tribunale adito, contrariis reictis e previe le declaratorie del caso, in rito ed in merito, così GIUDICARE 1) previa conferma dell'ordinanza di rilascio dell'immobile ex art. 665 c.p.c. emessa in data 17 Ottobre 2023 e convalida dello sfratto, adottato ogni altro provvedimento ritenuto utile e necessario, accertare e dichiarare risolto il rapporto di locazione di atti per grave inadempimento del conduttore, con condanna della signora (...) al rilascio immediato dell'immobile concesso in locazione; 2) accertare e dichiarare che la morosità relativa all'alloggio sito in (...) al 29 febbraio 2024presenta un debito pari ad Euro. 32.356,23 e per effetto condannare la signora (...) (...) al pagamento in favore di (...) della suddetta somma o a quella somma maggiore e/o minore che dovesse risultare di giustizia, oltre agli ulteriori canoni e spese maturandi fino alla data di esecuzione dello sfratto ed agli interessi legali dalla scadenza fino all'effettivo soddisfo; 3) rigettare tutte le domande formulate ex adverso in quanto infondate in fatto ed in diritto. In ogni caso con condanna della sig.ra (...) alla refusione delle spese e dei compensi professionali di entrambi i giudizi. Riservata ogni ulteriore ragione di danno derivante dalle inadempienze contrattuali del conduttore. In via istruttoria. CONCLUSIONI della PARTE INTIMATA: Voglia l'Ill.mo Tribunale adito, disattesa ogni contraria istanza, eccezione o deduzione (anche istruttoria), previo ogni più opportuno accertamento e/o declaratoria sia di rito sia di merito, così giudicare: in via preliminare - revocare l'ordinanza di rilascio ex art. 665 c.p.c. in data 17 ottobre 2023, poiché non sussiste morosità, poiché la presente opposizione è fondata su prova scritta e poiché sussistono gravi motivi ex art. 665, comma 1°, c.p.c., nonché l'istanza di emissione di ingiunzione di pagamento, alla luce di tutto quanto esposto in atti o in subordine sospendere il presente procedimento fino al termine della fase giudiziale della procedura introdotta con istanza 65/2023 davanti all'OCC; nel merito, in via principale - rigettare tutte le domande formulate da (...), poiché infondate in fatto e in diritto, per tutte le ragioni esposte in atti, incluso il credito dell'esponente per i miglioramenti; - accertare e dichiarare l'inadempimento di (...) al contratto di locazione con la sig.ra (...), anche ex art. 1575 ss. c.c., per le ragioni esposte in atti; per l'effetto - condannare (...) al pagamento dell'importo di Euro 12.000, o in subordine Euro 3.564 (o diverso importo, anche maggiore) alla sig.ra (...), eventualmente operando una compensazione, anche parziale, con il debito che dovesse essere accertato in capo alla sig.ra (...); nel merito, in via subordinata (per il caso in cui fosse dichiarato risolto il rapporto) - accertare e dichiarare i miglioramenti effettuati dalla sig.ra (...) all'immobile in (...) e per l'effetto - condannare (...) al pagamento dell'importo di Euro 25.000 (o diversa somma, anche maggiore) alla sig.ra (...) a titolo di indennità di miglioramenti, eventualmente operando una compensazione, anche parziale, con il debito che dovesse essere accertato in capo alla sig.ra (...); in via istruttoria... in ogni caso, con vittoria di spese e competenze di causa, oltre accessori come per legge. Concisa esposizione delle ragioni in fatto e dei motivi di diritto Si premette che il contenuto della presente sentenza si adeguerà al canone normativo dettato dagli artt. 132, comma 2, n. 4 e 118 disp. att. c.p.c., i quali dispongono che la motivazione debba limitarsi ad una concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione, specificando che tale esposizione deve altresì essere succinta e possa fondarsi su precedenti conformi. La presente causa trae origine da uno sfratto per morosità intimato da (...) nei con confronti della conduttrice (...), in relazione all'unità immobiliare sita in (...) concessa in locazione con contratto ad uso abitativo del 13.01.2001 a (...) essendosi la conduttrice (subentrata nel contratto in data 10.02.2004) resa morosa nel pagamento dei canoni di locazione e delle spese condominiali per un totale complessivo, maturato al 30.04.2023, di Euro.28.025,79. Si costituiva in giudizio l'intimata (...), opponendosi alla convalida, deducendo di aver effettuato, nel corso degli anni e con il consenso della locatrice, rilevanti interventi di manutenzione (per l'equivalente di circa Euro.25.000); di aver avuto difficoltà economiche e di soffrire di depressione invalidante; di aver negoziato nel 2015 un piano di rientro con la locatrice, regolarmente adempiuto fino a febbraio 2019 e poi volontariamente disatteso a causa dell'insorgere di infiltrazioni nell'immobile; di voler richiedere un piano di ristrutturazione dei debiti e che, in ogni caso, i conteggi del debito forniti dall'intimante non erano corretti. A seguito di un rinvio per valutare la possibilità di un accordo, all'udienza del 26.09.2023 l'intimante dichiarava la persistenza della morosità chiedendo l'ordinanza di rilascio, mentre l'intimata si opponeva effettuando alcune nuove produzioni documentali. A scioglimento della riserva assunta, il Giudice, ritenuto che l'opposizione risultasse fondata soltanto parzialmente su prova scritta, avendo la parte resistente documentato i problemi alla canna fumaria, ma non quelli derivanti dalle lamentate infiltrazioni, nulla provando le fotografe prodotte (prive di data e poco intellegibili) e necessitando l'eccezione relativa agli errori di calcolo, pur apparentemente documentata, di un approfondimento non compatibile con la natura sommaria del procedimento di sfratto, in assenza di gravi motivi in contrario, ordinava il rilascio dell'immobile fissando per l'esecuzione la data del 17.11.2023 e disponendo il mutamento del rito, ai sensi degli artt. 426 e 667 c.p.c., rinviando la causa all'udienza del 6.2.2024 e assegnando termine per l'integrazione degli atti, il deposito di memorie e documenti sino al 30.11.2023 alla parte intimante e sino al 29.12.2023 alla parte intimata. Nella propria memoria integrativa, l'intimante, premettendo di aver avviato il procedimento di mediazione e di non aver ancora dato corso all'azione esecutiva, evidenziava come la correttezza dei propri conteggi fosse provata dall'attestazione ex art.635 c.p.c. rilasciata dal Dirigente Bilancio e Contabilità dott.ssa (...) su delega del Direttore Generale di (...), allegando comunque documentazione attestante l'analisi specifica del debito anno per anno a partire dal 2011, e precisando che, al 15.11.2023, la morosità si era aggravata, ammontando ad Euro.31.973,74. Sui dedotti lavori effettuati dalla conduttrice precisava trattarsi di lavori eseguiti per scelta e volontà degli inquilini, in assenza di qualsiasi accordo con la proprietà. Sulle lamentate infiltrazioni, dava atto di un intervento effettivamente eseguito nel 2013, mentre sul problema alla canna fumaria, evidenziava trattarsi in ogni caso di evento risalente al 2023, dunque non incidente sulla morosità maturata in precedenza. La parte intimata depositava a propria volta memoria integrativa, riportandosi sostanzialmente alla comparsa nella fase sommaria, evidenziando, quanto ai conteggi avversari, l'inapplicabilità dell'art.635 cpc ed evidenziando alcuni indici che rendevano inattendibile il doc.8 avversario prodotto con la memoria integrativa, anche confrontandolo con il doc. 14 prodotto invece dall'intimata. In via riconvenzionale, chiedeva la condanna di (...) al risarcimento del danno per violazione dell'art.1575 c.c. ed in via subordinata, in caso di risoluzione del contratto, al pagamento dell'indennità per i miglioramenti apportati all'immobile da parte della conduttrice. All'udienza del 06.02.2024 la parte intimante chiedeva fissarsi udienza di discussione stante la natura documentale della causa, opponendosi alle istanze istruttorie avversarie e chiedendo, in subordine, l'ammissione delle prove dedotte, mentre la parte intimata, riportandosi alla propria memoria integrativa, insisteva per l'ammissione dei mezzi istruttori dedotti, in particolare la CTU contabile. Il Giudice, a scioglimento della riserva ivi assunta, con ordinanza del 15.3.2024, ritenuto che istanze istruttorie non fossero ammissibili e che la causa fosse matura per la decisione, rigettava le richieste di prove orali e di CTU e rinviava per la precisazione delle conclusioni e discussione all'udienza del 18.4.2024. In detta udienza, tenutasi in forma scritta, discussa la causa mediante il deposito di note scritte, avendo entrambe le parti dichiarato di rinunciare alla lettura del dispositivo e della sentenza nelle forme orali di cui all'art. 429 c.p.c., la causa è stata, quindi, decisa mediante lettura della sentenza. Il Tribunale svolge le seguenti e concise riflessioni. Le domande di risoluzione del contratto e di (conferma della condanna) della conduttrice al rilascio dell'immobile meritano accoglimento, così come quella di condanna al pagamento dei canoni e degli oneri accessori. La parte intimante ha offerto prova documentale del titolo posto a fondamento delle domande, ossia il contratto di locazione sottoscritto dalle parti in data 13.12.2001 e regolarmente registrato il 07.01.2008, della durata, ai soli fini fiscali, di anni uno, il quale prevedeva la corresponsione di un canone annuale teorico di Euro.1.304,20 e soggettivo di Euro.1.565,05, oltre al pagamento delle spese di riscaldamento, ascensore e altri servizi comuni con quantificazione preventiva per il primo anno di locazione e con indicazione dettagliata dei criteri di determinazione all'art.1 delle pattuizioni particolari allegate (docc. 1-3 fasc. intimante). Il rapporto locativo è stato dunque documentato dalla parte intimante, la quale ha dedotto, nell'atto di intimazione, che (...) risultava morosa per l'importo complessivo di Euro.28.025,79, come da attestazione dell'Ufficiale Rogante (doc. 4 fasc. intimante). La parte ha così assolto l'onere probatorio sulla stessa incombente in base alla regola processuale stabilita dall'art. 2697 c.c., giacché ha fornito la dimostrazione del fatto costitutivo delle pretese vantate (si veda Cass., sez. un., n. 13533/2001: "Il creditore, sia che agisca per l'adempimento, per la risoluzione o per il risarcimento del danno, deve dare la prova della fonte negoziale o legale del suo diritto e, se previsto, del termine di scadenza, mentre può limitarsi ad allegare l'inadempimento della controparte: sarà il debitore convenuto a dover fornire la prova del fatto estintivo del diritto, costituito dall'avvenuto adempimento"). Per contro, la parte intimata non ha dimostrato l'esistenza di fatti estintivi, modificativi o impeditivi dell'obbligazione di pagamento in questione, che ne giustificassero la totale sospensione, anche in ragione dell'estrema genericità delle deduzioni svolte. La stessa, infatti, già nella propria comparsa di costituzione in fase sommaria, pur ammettendo di non aver più onorato a partire da marzo 2019 il piano di rientro concordato (che prevedeva il pagamento di una somma mensile a titolo di arretrati, oltre a canoni e spese correnti, così ammettendo altresì di non aver più corrisposto alcunché a titolo di canoni e spese), a prescindere o meno dalla fondatezza dell'eccezione di inadempimento sollevata della quale si dirà meglio infra, ha lamentato il fatto che i conteggi forniti dall'intimante non sarebbero stati corretti, e ciò sulle base delle seguenti considerazioni: - avendo la stessa onorato fino a febbraio 2019 il piano di rientro sottoscritto nel 2015 a fronte di una morosità di Euro.6.050,85, pagando anche il canone corrente, la stessa non avrebbe mai potuto maturare un debito di circa Euro.430 mensili alla data del 31.12.2021 (cfr. doc. 6 fasc. intimante) o di circa Euro.345 mensili dal gennaio 2022 all'aprile 2023 (data dell'intimazione di sfratto), a fronte di un canone annuale contrattualmente stabilito di Euro.1.565,00; - la stessa nei primi mesi del 2023 non aveva corrisposto Euro.785,00 alla proprietà (vedi estratto conto bancario prodotto sub doc.11), a differenza di quanto risultante dal doc. 4 avversario; - l'atto di intimazione conteneva una correzione a penna dell'importo richiesto e la lettera di sollecito del 23.01.2018 l'indicazione di due importi diversi. All'udienza del 26.09.2023, nella fase sommaria, ha prodotto documentazione riguardante le spese condominiali, che confermerebbe i problemi contabili evidenziati (doc. 14 fasc. intimata). Quanto alla prima eccezione, la stessa è infondata, in quanto i conteggi comprendono evidentemente non solo il canone di locazione, ma anche gli oneri accessori. Quanto alla seconda, la colonna riportante la somma di Euro.785,00 (rectius 785,85), non si riferisce a pagamenti effettuati. Quanto alle due ultimi eccezioni, trattasi di evidenti refusi, che non possono essere utilizzati come indice di calcoli "confusi", mentre nemmeno la contestazione riguardante il doc. 14 è decisiva, trattandosi invero dei rendiconti e dei riparti consuntivi approvati dall'assemblea, così che non è dato comprendere come questi documenti possano confermare la sussistenza di problemi contabili. In ogni caso, (...) ha prodotto con la propria memoria integrativa gli estratti conto relativi ai singoli anni (doc. 8), dai quali si evince che alcun pagamento era stato effettivamente eseguito dall'intimata nei primi mesi del 2023, essendo state riportate delle somme a credito (Euro.1.042,13) a seguito del "bonus riscaldamento" percepito dalla proprietà. Ora, a seguito di tale produzione documentale, e a prescindere dall'applicabilità o meno, nel caso di specie, dell'art.635 cpc, (...), nella prima difesa utile, abbandonate tutte le eccezioni svolte nella prima comparsa di costituzione, si è limitata ad effettuare una contestazione generica del doc. 8 avversario, evidenziando variazioni nel corso degli anni dell'importo del canone e delle spese, anche raffrontate al doc. 14 di cui si è detto sopra, ma non fornendo alcuna specifica contestazione o parametro di calcolo utile a sostenere la propria tesi. In tema di oneri accessori, la giurisprudenza della S.C. ha affermato che "Il locatore il quale convenga in giudizio il conduttore per il pagamento delle spese condominiali ex art. 9 legge 27 luglio 1978 n. 392 adempie il proprio onere probatorio producendo i rendiconti dell'amministratore approvati dai condomini, mentre spetta al conduttore l'onere di specifiche contestazioni in ordine alle varie partite conteggiate, prendendo all'uopo visione dei documenti giustificativi ovvero ottenendone l'esibizione a norma degli artt. 210 e ss. cod. proc. civ." (Cass. civ. Sez. III, sent. n. 6202/2004; Cass. civ. Sez. III, sent. n. 29329/2019; Cass. civ. sez. VI, ord. 29798 del 18.11.2019). Nel caso di specie, è l'intimata stessa ad aver prodotto i rendiconti, omettendo, come detto, di fare specifiche contestazioni. Come è ampiamente noto, la mancata specifica contestazione di un fatto costitutivo della domanda dedotto da una delle parti lo rende incontroverso e non più bisognoso di prova (cfr. art. 115 c.p.c.). Pertanto, l'intimata va condannata al pagamento della somma di euro, 28.810,03 dovuta al 31.10.2023 secondo la quantificazione effettuata da (...) nella propria memoria integrativa, per come risultante dai docc. 8 e 10 prodotti, dai quali risultano altresì i due pagamenti effettuati a settembre 2023 (doc. 12 fase. intimata). Quanto all'eccezione di inadempimento svolta dalla parte intimata, va premesso che è pacifico che il conduttore non sia legittimato a sospendere il pagamento dei canoni, ovvero a ridurlo unilateralmente, come afferma un orientamento oramai consolidato della giurisprudenza, riaffermato, ex multis, dalla Corte di Cassazione nella sentenza n. 18987 del 27 settembre 2016 secondo cui "al conduttore non è consentito di astenersi dal versare il canone, ovvero di ridurlo unilateralmente, nel caso in cui si verifichi una riduzione o una diminuzione nel godimento del bene, e ciò anche quando si assume che tale evento sia ricollegabile al fatto del locatore. La sospensione totale o parziale dell'adempimento dell'obbligazione del conduttore è, difatti, legittima soltanto qualora venga completamente a mancare la controprestazione da parte del locatore, costituendo altrimenti un'alterazione del sinallagma contrattuale che determina uno squilibrio tra le prestazioni delle parti". "In tema di inadempimento contrattuale vale la regola che l'exceptio non rite adimpleti contractus di cui all'art. 1460 c.c. si fonda su due presupposti: l'esistenza dell'inadempimento anche dell'altra parte e la proporzionalità tra i rispettivi inadempimenti, da valutare non in rapporto alla rappresentazione soggettiva che le parti se ne facciano, bensì in relazione alla situazione oggettiva. In applicazione di tale principio, qualora un conduttore abbia continuato a godere dell'immobile locato, pur in presenza di vizi, non è legittima la sospensione da parte sua del pagamento del canone, perché tale comportamento non sarebbe proporzionale all'inadempimento del locatore" (Cass. Civ., Sez. VI 26/05/2022 n. 17020). Nel caso di specie, la presenza di infiltrazioni nell'immobile non è chiaramente evincibile dalle fotografie prodotte (come già detto prive di data certa e poco intelligibili), mentre in relazione ai presunti rischi connessi all'uso della caldaia per problemi alla canna fumaria condominiale, (...) ha correttamente osservato trattarsi di evento risalente al 2023, pertanto non incidente sulla morosità già maturata. In ogni caso, per entrambe le lamentele, non è stata dimostrata l'incidenza delle stesse sul diminuito godimento del bene, tale da giustificare l'omesso pagamento del canone, in misura integrale, per oltre 5 anni. La domanda di risoluzione del contratto suddetto deve, quindi, essere accolta, persistendo la morosità da oltre 5 anni, nella misura di Euro.28.810,03 al 31.10.2023 a fronte di un canone annuale di Euro.1.500 circa e spese di Euro.3.000,00 circa, dovendosi considerare l'importanza dell'inadempimento, che, ai fini della risoluzione del contratto, deve essere valutata conformemente a quanto disposto dall'art. 5 della legge n. 392/1978, il quale prevede che "Salvo quanto previsto dall'articolo 55, il mancato pagamento del canone decorsi venti giorni dalla scadenza prevista, ovvero il mancato pagamento, nel termine previsto, degli oneri accessori quando l'importo non pagato superi quello di due mensilità del canone, costituisce motivo di risoluzione, ai sensi dell'articolo 1455 del codice civile". Inoltre, anche nelle ultime note il locatore ha dichiarato che la morosità è aumentata. Riguardo alle modalità di determinazione del canone, l'art. 1 del contratto così prevede: 1. DETERMINAZIONE DEL CANONE ED ONERI ACCESSORI Il canone di locazione teorico relativo all'alloggio del presente contratto è determinato dalla L.R 5.12.83 n.91 come modificato dalla L.R. 5.12.83 n. 92 art. 27, e dalla L.R. 8.5.90 n. 28 art. 28 ed è soggetto con decorrenza dal 1° gennaio di ciascun anno, all'aggiornamento previsto dalle dette Leggi Regionali. Ai sensi e per effetto di quanto previsto dalle richiamate Leggi Regionali il canone soggettivo di locazione effettivamente dovuto dal Conduttore e le successive variazioni annuali, sono calcolate in funzione del variare del reddito complessivo per il proprio nucleo familiare, secondo i tempi e le modalità previste dalle citate Leggi Regionali. Oltre all'importo del canone, il Conduttore è tenuto a corrispondere gli oneri accessori determinati nella misura preventiva, ai sensi dell'art. 19 lett. D del D.P.R. n. 1035 del 30.10.1972 e delle citate Leggi Regionali. Tal oneri comprendono il rimborso delle spese relativi ai servizi, ove sussistano, di sorveglianza e di pulizia, all'asporto dei rifiuti solidi, alla fornitura dell'acqua, dell'energia elettrica, allo spurgo dei pozzi neri, al funzionamento ed all'ordinaria manutenzione dell'ascensore, all'erogazione del servizio di riscaldamento o del condizionamento dell'aria nonché alla fornitura di altri servizi comuni in quanto prestati dall'Ente Gestore. Qualora intervenissero variazioni nei costi di erogazione previsti per i servizi sopraindicati, il Conduttore si obbliga a versare, a semplice richiesta, la cifra a conguaglio determinata dall'Ente Gestore ai sensi del richiamato art. 19 del D.P.R. n. 1035 successivamente modificato dalle sopracitate Leggi Ragionali. Il Conduttore ha diritto di prendere visione dei documenti giustificativi di spesa. L'Ente Gestore ha altresì facoltà, con delibera del Consiglio di Amministrazione, di adeguare annualmente, in funzione dell'andamento dei costi di erogazione dei relativi servizi, l'importo della quota preventiva. Tutto ciò spiega il motivo per cui il canone sia stato calcolato e richiesto in modo diverso per i diversi anni. Pertanto, merita accoglimento anche la domanda di (conferma della) condanna al rilascio dell'immobile, così come quella di condanna al pagamento di Euro.28.810,03, dovuti fino al 31.10.2023, oltre a canoni e spese maturati dal 1.11.2023 fino all'effettivo rilascio. Va rigettata, infine, la domanda riconvenzionale di pagamento dell'indennità ex art.1592 c.c. promossa da (...), in quanto, anche alla luce della documentazione dalla stessa prodotta con la memoria integrativa (in particolare il doc. 2), non è stata fornita alcuna prova in merito al consenso che (...) avrebbe prestato per l'esecuzione di opere e miglioramenti all'interno dell'appartamento locato. In ogni caso, è principio giurisprudenziale consolidato quello secondo cui: "il diritto del conduttore alla indennità per i miglioramenti della cosa locata presuppone, ai sensi dell'art. 1592 c.c., che le relative opere siano state eseguite con il consenso del locatore. Questo consenso, importando cognizione dell'entità anche economica e della convenienza delle opere, non può essere, però, implicito o desumersi da atti di tolleranza, ma deve risultare da una manifestazione esplicita od inequivoca di volontà, senza la quale deve ritenersi applicabile il principio generale stabilito dal predetto articolo, secondo cui il conduttore non ha diritto alla indennità per i miglioramenti apportati alla cosa senza il consenso del locatore (In termini, ad esempio, Cass. 23 marzo 2001, n. 3166). In particolare, il "consenso" in questione deve concretarsi in una chiara ed inequivoca manifestazione di volontà volta ad approvare le eseguite innovazioni (...) così che la mera consapevolezza, o la mancata opposizione, del locatore riguardo alle stesse non legittima il conduttore alla richiesta di indennizzo (Cass. 24 giugno 1997, n. 5637; Cass. 20 marzo 2006, n. 6094). (...) Perché sorga il diritto del conduttore ad un indennizzo per i miglioramenti apportati alla cosa locata non è sufficiente la sola scienza o la mancata opposizione del locatore medesimo (...) è palese che è irrilevante che la Cooperativa locatrice fosse a conoscenza delle opere (...) non potendo, palesemente, il mero silenzio sulla questione assurgere il rango di una "autorizzazione espressa" alla esecuzione dei lavori" (Cass. Civ. 30.1.2009 n. 2494). Le spese di giudizio seguono, pertanto, la soccombenza e si liquidano come in dispositivo, tenuto conto del valore della controversia e dell'attività svolta in concreto. P.Q.M. Il Tribunale, definitivamente pronunciando, nel contraddittorio tra le parti, contrariis rejectis, così provvede: dichiara risolto per inadempimento della conduttrice (...) il contratto di locazione ad uso abitativo del 13.01.2001, avente ad oggetto l'unità immobiliare sita in (...) condanna la parte intimata (...) al rilascio dell'immobile sito in (...), confermando l'ordinanza del 17.10.2023; condanna la parte intimata (...) al pagamento, in favore di (...), dell'importo di Euro.28.810,03, dovuto al 31 ottobre 2023, oltre agli ulteriori canoni e spese successivi a tale data maturati e maturandi fino all'effettivo rilascio ed agli interessi legali dalla domanda sino all'effettivo soddisfo; rigetta le domande svolte da (...); condanna la parte intimata (...) a rifondere all'intimante le spese di giudizio, che si liquidano in Euro 4900 per compensi, Euro 286 per spese esenti, oltre rimborso spese generali al 15%, oltre IVA e CPA, se dovute. Milano, 18 aprile 2024.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO di MILANO TREDICESIMA CIVILE Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. Lorenza Adriana Zuffada ha pronunciato ex art. 281 sexies c.p.c. la seguente SENTENZA nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 13243/2023 promossa da: (...), con il patrocinio dell'avv. (...), elettivamente domiciliato in (...) presso il difensore avv. (...), con il patrocinio dell'avv. (...), elettivamente domiciliato in (...) presso il difensore avv. (...) ATTORI contro (...) CONVENUTO CONTUMACE RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE omissis ex art. 58 comma due legge 69/2009 e art. 132 C.p.c. novellato Con atto di citazione ritualmente notificato, i sig.ri (...) e (...) in qualità di proprietari di una unità immobiliare facente parte del Condominio di via (...) Milano, hanno impugnato la delibera assunta dall'assemblea tenutasi in data 27.10.2022, avente a oggetto "Informazioni dell'amministratore in esito alla produzione della Scia antincendio relativa alla autorimessa. Presentazione del progetto redatto dallo studio (...) e costi relativi alle opere di adeguamento", chiedendo al Tribunale di accogliere le seguenti conclusioni: "1. annullare, dichiarare nulla o con qualsiasi statuizione rendere inefficace e priva di effetti giuridici la Delibera assembleare del 27.10.2022 del (...) convenuto nella parte in cui addebita le spese per la SCIA antincendio e per i relativi interventi nel locale autorimessa anche agli attori imputando ad essi la spesa preventivata per Euro 1.562,40; 2. ritenere e dichiarare che gli attori sig.ri (...) sono esclusi dal partecipare anche pro quota alla spesa per la SCIA antincendio del locale autorimessa e per i relativi interventi così come deliberato nella Delibera assembleare del 27.10.2022 e pertanto sono esclusi dal dover provvedere al pagamento della spesa stessa nella misura preventivata di cui al piano di riparto per Euro 1.562,40 e di quella che sarà dovuta a consuntivo, o nella maggiore o minore misura ritenuta di giustizia; 3. per l'effetto, condannare il Condominio di Via (...) in (...) ad escludere gli attori dalla tabella di riparto della spesa della SCIA antincendio del locale autorimessa e dei relativi interventi e ad annullare i bollettini di pagamento emessi verso gli attori e, in caso di pagamento, condannare il Condominio convenuto a restituire la somma nelle more richiesta e pagata, come verrà determinare all'esito del giudizio; 4. in subordine, determinare ai sensi dell'art. 1123, comma 2, c.c. la misura di partecipazione degli attori alla spesa della SCIA antincendio dell'autorimessa e dei relativi interventi limitatamente alla residua utilità derivante all'appartamento dei medesimi ubicati al terzo piano dell'edificio; 5. condannare il medesimo (...) alla refusione agli attori delle spese e competenze della procedura di mediazione e delle spese di lite e competenze del presente giudizio, espressamente compresa la refusione del contributo unificato versato. Non si costituiva in giudizio il (...) che stante la regolarità della notifica veniva dichiarato contumace. Alla prima udienza comparivano le sole parti attrici che davano atto dell'avvenuta cessazione della materia del contendere posto che in data 11.5.2023 l'assemblea aveva novato la delibera oggetto di impugnazione, chiedevano quindi di andare a precisazione delle conclusioni. La procedura veniva quindi rinviata per la precisazione delle conclusioni e discussione orale all'esito della quale la causa viene ora in decisione. Va dichiarata la cessazione della materia del contendere con riguardo all'odierna impugnativa, essendo stata convocata, una successiva assemblea in data 11.5.2023, che ha modificato la precedente delibera qui impugnata novandola in punto riparto spese oggetto di delibera. Residua il problema della liquidazione delle spese, che va valutato secondo il principio della soccombenza virtuale. Gli attori assumono errore di riparto in punto addebito delle somme relative alle spese per produzione della Scia antincendio relativa all' autorimessa, che assumono come dovute dai soli proprietari dei box. Le spese necessarie per la conservazione e per il godimento delle parti comuni dell'edificio, indicate nell'art.1117 c.c., per la loro funzione necessaria all'uso collettivo, sono assoggettate alla ripartizione in misura proporzionale al valore delle singole proprietà esclusive, salvo diversa convenzione e salvo quanto previsto al secondo comma dell'art. 1123 c.c. per cui se le parti comuni sono destinate a servire i condomini di un edificio in misura diversa, le spese vanno ripartite in misura proporzionale all'uso che ogni condomino può farne. Posto l'orientamento per cui "L'obbligo di contribuire alle spese deve essere quindi fondato sull'utilità che ad ogni singola proprietà esclusiva può derivare dalla cosa comune sicché se la cosa oggetto dell'intervento non può servire ad uno o più condomini non vi è obbligo di contribuire alle spese. Il criterio della ripartizione delle spese in relazione all'uso trova ulteriore regolamentazione nell'ipotesi di condominio parziale, configurabile ex lege tutte le volte in cui un bene risulti, per le sue obbiettive caratteristiche strutturali e funzionali, destinato oggettivamente al servizio e/o al godimento, in modo esclusivo, di una parte soltanto dell'edificio in condominio. In tal caso, i partecipanti al gruppo non hanno il diritto di partecipare all'assemblea relativamente alle cose di cui non hanno la titolarità e, conseguentemente non concorrono alle spese se dalle cose indicate dall'art. 1117 c.c. (scale, cortili, lastrici solari, opere o impianti destinati a servire una parte del fabbricato) essi non ne traggano utilità, salva diversa attribuzione per titolo (Cass. Civ., Sez. II, 16.1.2020 n.791; Cass. Civ., Sez. II, 19.6.2000, n.8292). Vanno quindi ripartite tra tutti i condomini, in proporzione al valore della quota di ciascuno, le spese attinente a parti dell'edificio comuni o ritenute tali in base a norma regolamentare ed adempiano, attraverso le opere poste in essere, ad una funzione di prevenzione di eventi - nel caso di specie l'incendio- che potrebbero interessare l'intero edificio condominiale; la spesa in questione, peraltro deliberata dalla maggioranza dell'assemblea condominiale, non può che essere posta a carico di tutti i condomini. Qualora, invece, l'utilità riguardi la singola proprietà esclusiva e l'intervento non possa in alcun modo servire ad uno o più condomini, non sussiste il loro obbligo a contribuire alle spese relative." (Cass. Civ. n. 24166/2021) Nel caso di specie la documentazione depositata dagli attori, conferma che le opere interessano la parte di edificio che comprende i soli box, non essendo lo stabile adiacente soggetto a normativa di controllo dei Vigili del Fuoco, le spese di adeguamento deliberate non potevano quindi essere poste a carico degli attori. Le spese di giudizio seguono il criterio della soccombenza e si liquidano come in dispositivo. P.Q.M. Il Giudice di Milano, definitivamente pronunciando nella causa fra le parti di cui in epigrafe, ogni altra istanza ed eccezione disattesa o assorbita, così decide: 1) Dichiara la cessazione della materia del contendere; 2) Condanna il Condominio di via (...) alla rifusione in favore degli attori delle spese di giudizio liquidate in Euro 3.830,00 per compensi, euro 400,00 per spese mediazione, euro 125,00 oltre spese generali al 15% Iva e Cpa. Sentenza esecutiva. Così deciso in Milano, 17 aprile 2024.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO di MILANO TREDICESIMA CIVILE Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. Sabrina Bocconcello ha pronunciato ex art. 281 sexies c.p.c. la seguente SENTENZA nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 25130/2022 promossa da: (...) (C.F. (...), con il patrocinio dell'avv. (...) elettivamente domiciliato in (...) il (...) difensore avv. (...) ATTORE/I Contro (...), con il patrocinio dell'avv. (...) e dell'avv. (...) (C.F. (...) 20131 (...); elettivamente domiciliato in (...) 20131 (...) presso il difensore avv. (...) CONCLUSIONI Le parti hanno concluso come da fogli allegati al verbale d'udienza. SVOLGIMENTO IN FATTO DEL PROCESSO omissis ex art. 58 co. 2 L. 69/2009 e art. 132 c.p.c. novellato Per quanto riguarda domande, eccezioni e richieste conclusive delle parti, si rinvia agli atti processuali delle medesime ed ai verbali delle udienze, attesa la modificazione dell'art.132 n. 4 c.p.c. con la legge 69/2009, che esclude una lunga e particolareggiata esposizione di tutte le vicende processuali anteriori alla decisione. MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA DECISIONE La presente controversia prende origine dalla impugnativa della delibera del 15.7.2021 e 19.10.21 da parte di (...) che con atto di citazione regolarmente notificato hanno convenuto in giudizio il (...), di cui è condomina, chiede: "Voglia, l'Ill.mo Tribunale adito, disattesa ogni contraria istanza, deduzione ed eccezione: NEL MERITO: - dichiarare l'annullamento e/o la radicale improduttività di effetti e/o la nullità dei punti 1, 4, 6 della deliberazione assembleare del 15 luglio 2021 e dei punti 1, 4, 5, 6, 7 della deliberazione assembleare del 19 ottobre 2021 del (...) (...), per gli specifici motivi indicati nel presente atto - in ogni caso, con vittoria di spese e compensi di giudizio, oltre iva, cpa e rimborso forfettario di legge al 15% (anche relativamente ai costi del procedimento di mediazione)." Il (...) convenuto si costituiva chiedendo: "Piaccia al Tribunale Ill.mo, previa ogni opportuna declaratoria e statuizione, rigettata ogni diversa e contraria istanza, NEL MERITO respingere tutte le domande attoree perché infondate in fatto e in diritto con qualsivoglia motivazione". All'esito della prima udienza il Giudice concedeva i richiesti termini ex art. 183 VI comma cpc per il deposito di memorie. In esito al deposito delle memorie la causa veniva rinviata per la precisazione delle conclusioni All'udienza del 19.9.2023 le parti precisavano le conclusioni ed il giudice rinviava per la discussione concedendo termine per il deposito di note conclusive. All'udienza del 5.4.2024 in esito alla discussione, la causa viene decisa mediante deposito della sentenza. In via pregiudiziale deve rilevarsi che parte attrice in sede di memoria ex art. 183 VI comma cpc e poi ribadendolo in sede di precisazione delle conclusioni ha così concluso: NEL MERITO: - dichiarare l'annullamento e/o la radicale improduttività di effetti e/o la nullità dei punti 1, 4, 6 della deliberazione assembleare del 15 luglio 2021 e dei punti 1, 4, 5, 6, 7 della deliberazione assembleare del 19 ottobre 2021 del (...) e ogni atto presupposto e/o conseguente, per gli specifici motivi indicati in atti. La domanda inerente la declaratoria di invalidità di "ogni atto presupposto e/o conseguente, per gli specifici motivi indicati in atti" risulta nuova rispetto alla domanda introduttiva pertanto, poiché amplia il thema decidendum è tardivamente proposta quindi inammissibile. Nel merito. Parte attrice impugna la delibera 15.7.2021 punti 1 e 4 e la delibera 19.10.2021 punti 1 e 4 aventi ad oggetto rispettivamente: - l'approvazione del rendiconto della gestione 2019/2020 e del preventivo 2020/2021 (delibera 15.07.2021); e - l'approvazione del rendiconto della gestione 2020/2021 e del preventivo 2021/2022 (delibera 19.10.2021) assumendo che illegittimamente sono state imputate, nei riparti a saldo, le spese legali e di soccombenza per una vertenza per la quale l'attrice aveva espresso il suo dissenso. Fermo che il motivo di impugnazione, se ritenuto fondato, comporterebbe secondo l'assunto attoreo la nullità della delibera per eccesso di potere, nel caso in esame, ed in via assorbente rispetto a questo motivo di impugnazione, questo Tribunale rileva che non vi è in atti prova che le spese di cui l'attrice lamenta l'illegittima attribuzione siano state contabilizzate anche per la sua posizione ; nè risulta in atti dimostrato che il rendiconto di gestione riporti, a saldo, spese per le quali era stata dichiarata l'annullabilità (sentenza Tribunale Milano 5021/2019) della delibera relativa all'approvazione del rendiconto della gestione 2016/2017, atteso che non vi è in atti nemmeno la produzione dei successivi riparti ove l'attrice assume siano confluiti i saldi di cui ai rendiconti oggi impugnati. Come correttamente rilevato dalla difesa di parte convenuta, in mancanza della prova: - della contabilizzazione delle poste contestate, - a che importo ammontino esattamente le poste contestate, - quale sia la delibera di approvazione del rendiconto e - come le poste contestate siano poi confluite nel "saldo" di cui ai rendiconti impugnato, il motivo di impugnazione deve essere disatteso e quindi va rigettato. Quale ulteriore motivo di impugnazione dei punti 1 e 4 delle delibere 15.7.2021 e 19.10.2021 parte attrice lamenta la illegittima attribuzione di addebiti di spese per la manutenzione ordinaria relativa all'impianto di riscaldamento nonché la illegittima attribuzione di addebiti di spese per la manutenzione straordinaria relativa all'impianto di riscaldamento come deliberata al punto 7 dell'odg della delibera 19.10.2021. E' pacifico tra le parti che parte attrice si sia distaccata dal servizio condominiale di riscaldamento quindi le controversie invece tra reparti l'attribuzione delle spese di manutenzione ordinaria dove parte attrice assume di dover sostenere le sole spese per la manutenzione straordinaria dell'impianto per la sua conservazione messa a norma ex articolo 1118 comma quarto cc e parte convenuta assume invece che mancando la prova che il distacco dell'attrice non abbia comportato squilibri di funzionamento a gravi di spese per gli altri condomini si è tenuto comunque alla manutenzione ordinaria escluse le spese per il mero consumo del combustibile. La costante giurisprudenza della Corte Suprema sul punto ha affermato che "il condomino è sempre obbligato a pagare le spese di conservazione dell'impianto di riscaldamento centrale anche quando sia stato autorizzato a rinunziare all'uso del riscaldamento centralizzato e a distaccare le diramazioni della sua unità immobiliare dall'impianto comune, ovvero abbia offerto la prova che dal distacco non derivano nè un aggravio di gestione o uno squilibrio termico, essendo in tal caso esonerato soltanto dall'obbligo del pagamento delle spese occorrenti per il suo uso, se il contrario non risulti dal regolamento condominiale." (Cass 23756/2016) Orbene atteso che è pacifico in giurisprudenza che per spese di conservazione dell'impianto di riscaldamento devono intendersi quelle che attengono all'integrità del bene, in quanto dirette a conservarlo ovvero la manutenzione ordinaria e straordinaria, nonché le spese per riparazioni e ricostruzioni, nel caso in esame poiché parte attrice lamenta illegittimi addebiti di spese per la manutenzione ordinaria deve ritenersi che, rientrando tra le spese di conservazione anche quelle di manutenzione ordinaria il motivo di impugnazione deve essere rigettato. Le suddette argomentazioni relative all'obbligo alla contribuzione da parte del condomino distaccato di cui all'art. 1118 c.c. anche per le spese di manutenzione straordinaria, di cui il condomino distaccatosi rimane proprietario del bene, comportano il rigetto del motivo di impugnazione del punto 7 dell'odg della delibera 19.10.2021. Quale motivo di impugnazione della delibera 15 luglio 2021 parte attrice lamenta che l'assemblea al punto 6 dell'ordine del giorno ha approvato in luogo della proposta di ammodernamento dell'impianto di riscaldamento aspetti diversi riguardanti la messa a norma la qualificazione dell'impianto con lesione del diritto di proprietà della (...) sul cortile di proprietà dell'attrice. Da un'attenta analisi del verbale di assemblea in atti emerge che nessuna effettiva delibera sia stata presa dall'assemblea in merito alla proposta di ammodernamento dell'impianto se non quella di limitare il "tetto di spesa" per le eventuali opere da deliberare nonché l'installazione un contatore per la conversione dell'impianto da gasolio a metano. Tale circostanza è confermata anche da quanto verbalizzata al successivo punto 7 dell'ordine del giorno ove l'assemblea si è riservata di deliberare nel corso di un nuovo consesso le offerte dei tecnici e quelle relative all'impianto di riscaldamento, riservando quindi a una successiva delibera ogni decisione sul punto. La giurisprudenza è concorde nell'affermare che "l'interesse all'impugnazione di una deliberazione dell'assemblea condominiale, ai sensi dell'art. 1137 cod. civ., postula ... che la stessa deliberazione appaia idonea a determinare un mutamento della posizione (patrimoniale) dei condomini nei confronti dell'ente di gestione", suscettibile di cagionare un sia pur eventuale, ma, comunque, apprezzabile pregiudizio personale (cfr. Cass., 9 marzo 2017, n. 6128; Cass., 23 novembre 2016, n. 23903; Cass., 25 maggio 2016, n. 10865; Cass., 2 maggio 2013, n. 10235)" (così Trib. Roma 2 agosto 2019 n. 15959). Nel caso in esame manca la prova del pregiudizio per l'attrice (come anche per gli altri condomini) conseguente alla deliberazione impugnata atteso che la delibera può ritenersi interlocutoria e non determina un mutamento della posizione patrimoniale dei condomini. Il motivo di impugnazione quindi non è fondato e non merita accoglimento. Quale ulteriore motivo di impugnazione parte attrice lamenta che in relazione alla delibera del 19.10.2021 punto 1 dell'odg l'assemblea ha approvato il bilancio consuntivo contenente diverse spese non autorizzate in precedenza né di alcun interesse del (...) ed in particolare lamenta che senza autorizzazione l'amministratore: -ha commissionato e pagato al Geom. (...) una relazione tecnica non rientrante negli interessi del (...); - è stata effettuata una non autorizzata sostituzione della passatoia con relativa spesa; - sono stati effettuati lavori all'antenna TV e si parla di non meglio specificati lavori del 15.06.2021. Fermo che come noto:- - il sindacato dell'autorità giudiziaria sulle delibere dell'assemblea di condominio non può estendersi alla valutazione del merito e al controllo della discrezionalità di cui dispone l'assemblea, ma tale sindacato del Giudice deve riguardare il riscontro della legittimità (tale riscontro, oltre ad avere riguardo alle norme di legge o del regolamento condominiale, si estende anche all'eccesso di potere, ravvisabile quando la causa della deliberazione sia falsamente deviata dal suo modo di essere, trattandosi, in tal caso, di stabilire se la delibera sia o meno il risultato del legittimo esercizio del potere discrezionale dell'assemblea deliberante, ass. n. 5889 del 2001; Cass. n. 19457 del 2005), - "L'assemblea di condominio può ratificare le spese ordinarie e straordinarie effettuate dall'amministratore senza preventiva autorizzazione, anche se prive dei connotati di indifferibilità ed urgenza, purché non voluttuarie o gravose, e, di conseguenza, approvarle, surrogando in tal modo la mancanza di una preventiva di delibera di esecuzione" (C. Cass. Civ., n. 18192/2009) - ed ancora "L'assemblea, che nell'ambito dei poteri di gestione del condominio, approva il rendiconto dell'amministratore ai sensi dell'art. 1135 cod. civ., può ratificare con efficacia ex tunc le spese per lavori anche se non siano stati in precedenza deliberati". (Cass 19605/2012) ciò posto e considerato nella specie in esame non può essere contestata la scelta operata dall'assemblea condominiale di ratificare le spese effettuate dall'amministratore anche se non previamente autorizzate atteso il legittimo esercizio del potere discrezionale dell'assemblea con la conseguenza che risulta infondato il motivo di impugnazione sul punto. Sul medesimo punto di impugnazione parte attrice assume che il criterio di riparto della spesa risulta del tutto arbitrario: l'allegazione è del tutto generica mancando il riferimento del criterio da applicarsi ed il motivo per cui il criterio applicato sia stato considerato del tutto arbitrario con la conseguenza che il motivo di impugnazione è inammissibile. Quanto al punto 5 dell'odg della delibera del 19.10.2021, parte attrice lamenta la illegittimità della delibera che ha approvato di incaricare un legale di intraprendere le azioni legali necessarie per l'ottenimento dell'autorizzazione per l'accesso al cortile di Dosme per eseguire lavori di manutenzione delle parti comuni (spurgo). Fermo che non è contestato che sussista sul cortile di parte attrice e sulle cantine una servitù a favore del (...) convenuto per la manutenzione di parti comuni, e tenuto conto del limite del sindacato dell'autorità giudiziaria sulle delibere assembleari (di cui si è detto sopra) non può essere contestata la scelta operata dall'assemblea di intraprendere azioni legali in danno ad altro condomino che peraltro si trova in conflitto di interessi con la decisione operata dall'assemblea con la conseguenza che risulta infondato il motivo di impugnazione sul punto. Quanto al punto 6 dell'odg della delibera del 19.10.2021, l'attrice lamenta la illegittimità della richiesta della documentazione relativa al distacco dall'impianto di riscaldamento. Sul punto questo Tribunale rilava la assoluta carenza di pregiudizio per l'attrice della richiesta del (...) atteso: - che dal tenore letterale del verbale impugnato emerge che l'assemblea rivolge la richiesta all'attrice per poter valutare la legittimità del distacco in tema di squilibri o aggravi di spese e quindi valutare l'eventuale esonero per spese inerenti l'impianto - che la stessa attrice conferma di averli già consegnati, sebbene il condominio non li rinvenga nella documentazione. Il motivo di impugnazione quindi non è fondato e non merita accoglimento. Consegue il rigetto delle domande di parte attrice. Le spese di lite vanno regolate secondo il criterio della soccombenza e si liquidano come in dispositivo tenuto conto delle tariffe in vigore. La sentenza è esecutiva per legge. P.Q.M. Il Tribunale di Milano definitivamente pronunciando sul ricorso di cui in epigrafe, ogni altra istanza ed eccezione disattesa: rigetta le domande di parte attrice. Condanna parte attrice alla rifusione delle spese di lite in favore del (...), liquidate in Euro.6.000,00 per compensi, oltre cpa e Iva oltre le spese generali nella misura del 15% dei compensi. Sentenza esecutiva Così deciso in Milano, 5 aprile 2024.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI MILANO TREDICESIMA SEZIONE CIVILE Il Tribunale, in composizione monocratica, nella persona del giudice Dott. Pietro Paolo Pisani ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di I Grado iscritta al N. 44479/2022 R.G. promossa da: (...) (C.F. (...)) e (...) (C.F. (...)), con il patrocinio dell'avv. (...) e dell'avv. (...), elettivamente domiciliate in (...) 20122 (...) presso il difensore avv. (...) ATTORI E (...) (C.F. (...)), con il patrocinio dell'avv. (...), elettivamente domiciliato in (...) 20121 (...) presso il difensore avv. (...) (C.F. (...)), con il patrocinio dell'avv. (...), elettivamente domiciliato in (...) presso il difensore avv. (...) CONVENUTI - OGGETTO: impugnativa di delibera assembleare ex art. 1137, II comma c.c.. - CONCLUSIONI DELLE PARTI: come da verbale di causa del 19/03/2024 e in formato digitale depositate nel fascicolo telematico. SVOLGIMENTO IN FATTO DEL PROCESSO omissis ex art. 58 co. 2 L. 69/2009 e art. 132 c.p.c. novellato Per quanto riguarda domande, eccezioni e richieste conclusive delle parti, si rinvia agli atti processuali delle medesime ed ai verbali delle udienze, attesa la modificazione dell'art. 132 n. 4 c.p.c. con la legge 69/2009, che esclude una lunga e particolareggiata esposizione di tutte le vicende processuali anteriori alla decisione. MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA DECISIONE Con atto notificato in data 4/11/2022, le attrici (...) e (...) impugnavano la delibera Assembleare del 13/07/2022 del (...) in (...), con riferimento al suo punto 3 dell'Odg; proponevano azione di responsabilità nei confronti dell'Amministratore pro tempore del (...) , (...) nonché chiedevano la riunione del presente giudizio a quello RG 22831/2022 pendente davanti a questa sezione del Tribunale di Milano e Giudice. Entrambe le parti convenute si costituivano in giudizio e contestavano le domande attoree, chiedendone il rigetto ed, in particolare, poi, il (...) eccepiva l'incompetenza per valore del giudice adito e formulava domanda riconvenzionale di condanna delle attrici al pagamento delle spese conseguenti alle iniziative giudiziali delle attrici, per complessivi Euro 865,72; mentre l' (...) formulava domanda riconvenzionale di condanna al risarcimento dei danni per lite temeraria ex art. 96 cpc. All'esito della prima udienza, disattesa la richiesta di riunione dei giudizi, venivano assegnati alle parti i termini ex art. 183, comma VI, C.p.c.. Effettuati i depositi delle memorie istruttorie, all'esito della successiva udienza ed a scioglimento della riserva presa in tale occasione, venivano rigettate la eccezione di tardività del deposito delle memorie dei convenuti e le istanze istruttorie orali formulate da parte convenuta (...) e quella di acquisizione documentale formulata da parte attrice. La causa veniva quindi rinviata per la precisazione delle conclusioni e una volta precisate le stesse, la causa veniva poi rinviata per la discussione ex art. 281 sexies C.p.c.. Oggi, dopo la discussione orale, la causa viene decisa con la presente sentenza, con lettura, in udienza, del dispositivo e di sintetica motivazione, ai sensi dell'art. 281 sexies c.p.c.. Preliminarmente va ritenuto che la decisione deve essere circoscritta alle sole domande, eccezioni e conclusioni formulate dalle parti entro il primo termine ex art. 183 VI comma cpc, rimanendo inammissibili ed irrilevanti a tale fine ogni ulteriore domanda, eccezione, allegazione e conclusione formulata irritualmente e tardivamente, successivamente. Preliminarmente va disattesa nuovamente la eccezione di tardività del deposito delle memorie dei convenuti reiterata da parte attrice nelle sue conclusioni senza addurre motivazioni ulteriori idonee a modificare il contenuto della ordinanza del 04/10/2023, che va pertanto confermata. Preliminarmente ancora va esaminata la eccezione pregiudiziale di incompetenza per valore di questo giudice formulata dal (...). Eccepisce difatti il (...) che i lavori oggetto della delibera impugnata hanno un costo di circa Euro 8.000,00 (iva inclusa) a cui si aggiunge il compenso dell'amministratore che è pari al 2% e, quindi, a Euro 160,00; mentre, avendo le attrici circa 250 millesimi di proprietà totale, il valore della loro contribuzione alla spesa è di circa Euro 2.500,00, con conseguente competenza del Giudice di Pace, in luogo del Tribunale adito. Le attrici hanno contestato detta eccezione e va osservato che, nel caso in esame, le stesse, con riferimento alla delibera impugnata ne hanno eccepito la invalidità per: difetto di informazione; mancanza di una effettiva deliberazione; nonché mancanza del quorum deliberativo. Deve richiamarsi sul punto l'orientamento giurisprudenziale che, recentemente (Cass. Sez. 2, 7 luglio 2021, n. 19250), ha sostenuto convincentemente che la domanda di impugnazione di delibera assembleare introdotta dal singolo condomino, anche ai fini della stima del valore della causa, non può intendersi ristretta all'accertamento della validità del rapporto parziale che lega l'attore al condominio e dunque al solo importo contestato, ma si estende necessariamente alla validità dell'intera deliberazione e dunque all'intero ammontare della spesa, giacché l'effetto caducatorio dell'impugnata deliberazione dell'assemblea condominiale, derivante dalla sentenza con la quale ne viene dichiarata la nullità o l'annullamento, opera nei confronti di tutti i condomini, anche se non abbiano partecipato direttamente al giudizio promosso da uno o da alcuni di loro. Così anche Cass. Sez. 6 - 2, 20 luglio 2020, n. 15434, ha deciso che, quando sia chiesto l'annullamento di una deliberazione dell'assemblea condominiale, ove il vizio abbia carattere meramente formale e la delibera impugnata non abbia "ex se" alcuna incidenza diretta sul patrimonio dell'attore, la domanda giudiziale appartiene alla competenza residuale del tribunale, non avendo ad oggetto la lesione di un interesse suscettibile di essere quantificato in una somma di denaro per il danno ingiustamente subito ovvero per la maggior spesa indebitamente imposta (cfr. sul punto anche: Cass., Sez. 2, 21/3/2022 n. 9068/2022). Anche nel caso in esame, quindi, attesi i motivi di impugnazione, deve aderirsi all'ormai consolidato orientamento giurisprudenziale, di recente ribadito da Cass. Sez. 6 - 2, n. 1711/2023 del 20/01/2023, secondo cui, in tema di competenza per valore, l'art. 12, comma 1, c.p.c. - per il quale "il valore delle cause relative all'esistenza, alla validità o alla risoluzione di un rapporto giuridico obbligatorio si determina in base a quella parte del rapporto che è in contestazione" - subisce deroga nell'ipotesi in cui il giudice sia chiamato ad esaminare, con efficacia di giudicato, le questioni relative all'esistenza o alla validità del rapporto che va, pertanto, interamente preso in considerazione ai fini della determinazione del valore della causa (cfr. Cass., n. 9068/2022, Cass., n. 19250/2021). Con la conseguenza che la eccezione di incompetenza formulata da parte convenuta va rigettata rientrando il presente giudizio nella competenza del Tribunale per i rilievi in fatto e diritto sopra operati. Nel merito della controversia sui motivi di impugnazione, va poi preliminarmente osservato che, in linea di principio, sulle decisioni dell'assemblea del condominio non può esercitarsi il sindacato giudiziale in sede di impugnativa di delibera perché, come è noto, "in tema di condomini negli edifici, il sindacato dell'autorità giudiziaria sulle delibere assembleari non può estendersi alla valutazione del merito e al controllo della discrezionalità di cui dispone l'assemblea, quale organo sovrano della volontà dei condòmini, ma deve limitarsi ad un riscontro di legittimità" (da ultimo Cass. 17.8.2017 n. 20135). Se dunque non è possibile in questa sede valutare nel merito quanto delibato e deliberato dalla assemblea condominiale ai fini della eccepita illegittimità delle delibere impugnate, l'esame dei motivi di impugnativa prescinderà da tutte le doglianze non attinenti profili di illegittimità per contrarietà alla legge o al regolamento condominiale. In particolare non si esamineranno, poi, ai fini della valutazione della legittimità delle delibere impugnate né le doglianze rivolte dall'attrice verso l'operato della amministrazione condominiale, che sono inammissibili in questa sede perché esiste una specifica azione per ottenere la revoca dell'amministratore di condominio in conseguenza dei suoi eventuali inadempimenti contrattuali, che deve essere proposta con altro rito e davanti al Tribunale in composizione collegiale e non monocratica, come invece è la presente. In disparte rimangono quindi, ai fini della decisione sulla impugnativa delle delibere, anche gli eccepiti, eventuali, illeciti contrattuali o extracontrattuali dello stesso amministratore, atteso che l'assemblea è soggetto ed organo del tutto distinto e diverso dall'organo amministrativo e le sue determinazioni sono diretta espressione della volontà del condominio quale insieme dei condomini. Ancora, va osservato poi che non verranno esaminati i numerosi e plurimi richiami effettuati negli atti difensivi di questa procedura ad altri e diversi giudizi, alle domande in essi svolte ed ai documenti in essi allegati relativi ad altre e diverse delibere assembleari e del tutto estranei al presente procedimento. Preliminarmente, infine, vanno rigettate le istanze istruttorie reiterate dalle attrici e già oggetto di decisione di rigetto in sede di esame istruttorio, atteso che le stesse non hanno addotto elementi ulteriori rispetto a quelli già disattesi e, comunque, sono superflue ai fini della decisione della causa, per quanto di seguito rilevato e ritenuto. Ciò posto, nell'ordine dei motivi impugnazione dato da parte attrice, va rilevato e ritenuto quanto segue. - Primo motivo di censura relativo alla delibera assembleare del 13/07/2022 relativo al punto 3) del suo ordine del giorno, inerente "Discussione e delibere relative rifacimento copertura area scala comune/contatori/casellario postale". Le attrici hanno allegato nel presente giudizio di non essere state adeguatamente informate sull'argomento all'ordine del giorno, dopo averlo eccepito anche nel verbale assembleare. In particolare le stesse sostengono di non essere state adeguatamente informate, prima della decisione, dell'importo totale dell'appalto, del capitolato, del computo metrico, dei prezzi unitari, delle offerte di più imprese, della quota a carico del condominio. Dalla lettura dell'avviso di convocazione dell'assemblea risulta riportato nell'ordine del giorno che oggetto della discussione e deliberazione sarebbe stato il "rifacimento copertura area scala comune/contatori/ casellario postale"; mentre dalla lettura del verbale risulta che è stato illustrato il preventivo della ditta poi scelta dai condomini, le modalità dell'intervento, i costi ed la ripartizione degli stessi, - per millesimi di proprietà tra tutti i condomini -, con discussione su questi punti tra i condomini e con autorizzazione all'amministratore ad emettere le relative rate con riferimento all'importo approvato. Inoltre risulta che le attrici, già prima della assemblea, con loro comunicazione poi allegata al verbale assembleare (doc. 2 all. 2 attrici) hanno svolto una serie di osservazioni in ordine alle modalità di esecuzione dei lavori che dimostrano che le stesse erano informate in merito agli interventi dai seguirsi. Va detto che, a termini dell'art. 66 III comma disp. att. C.c., l'amministratore di condominio in occasione della convocazione di assemblea condominiale ha solo l'obbligo di inviare ai condomini la convocazione contenente la indicazione del luogo e dell'ora della riunione e la specifica indicazione dell'ordine del giorno; mentre, ai sensi dell'art. 1129, II comma c.c. e 1130 bis, I comma c.c. deve mettere a disposizione dei condomini la documentazione condominiale e nello specifico quella inerente gli argomenti oggetto di convocazione assembleare, consentendo sempre l'esame e la estrazione di copia dei documenti ai condomini, a loro richiesta ed a loro spese. Con la conseguenza che, come osservato dalla giurisprudenza più recente della Corte di Cassazione (cfr. Cassazione sentenza n. 25693/2018), (v. Cass. n.21966/2017 e Cass. n. 15587/2018, ord.) se l'obbligo di preventiva informazione dei condomini in ordine al contenuto degli argomenti posti all'ordine del giorno dell'assemblea risponde alla finalità di far conoscere ai convocati, sia pure in termini non analitici e minuziosi, l'oggetto essenziale dei temi da esaminare, in modo da consentire loro di partecipare consapevolmente alla relativa deliberazione (già, in questi termini, cfr. Cass. n. 63/2006), è poi onere del condomino interessato, ove intenda avere a disposizione i dati specifici e la documentazione relativa alla materia su cui decidere, attivarsi per visionarla presso l'amministratore stesso ed eventualmente farsene rilasciare copia a proprie spese (Cfr. Cass. Sez. 2, Sentenza n. 1544 del 28/01/2004; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 12650 del 19/05/2008). Ciò posto in punto di diritto in ordine agli obblighi di informativa ai fini della convocazione e tenuta della assemblea condominiale, va osservato che nel caso in esame, per quanto sopra rilevato, non emerge l'eccepito difetto ed il conseguente vizio di legittimità e la domanda attrice sul punto va rigettata. - Secondo motivo di censura relativo alla delibera assembleare del 13/07/2022 relativo al punto 3) del suo ordine del giorno sopra richiamato. Si dolgono poi le attrici che all'amministratore sarebbe stato attribuito un compenso extra per questi lavori pari al 2% degli stessi che non avrebbe mai formato oggetto né di discussione, nè di decisione. Eccepisce di contro il (...) che in tale occasione l'amministratore avrebbe soltanto precisato a verbale che, trattandosi di attività esorbitante quella ordinaria si sarebbe applicato il compenso già previsto dalle condizioni economiche del rapporto di amministrazione approvate dal condominio al momento della sua nomina. La eccezione è fondata. Va premesso in punto di diritto che, come è noto, l'amministratore di condominio configura un ufficio di diritto privato, che è assimilabile, pur con tratti distintivi in ordine alle modalità di costituzione ed al contenuto "sociale" della gestione, al mandato con rappresentanza, con la conseguente applicabilità, nei rapporti tra l'amministratore e ciascuno dei condomini, delle disposizioni sul mandato (tra le altre: Cass., Sez. 2, 16 agosto 2000, n. 10815; Cass., Sez. 2, 9 giugno 2000, n. 7891; Cass., Sez. 2, 12 febbraio 1997, n. 1286). Per quanto rileva ai fini del presente giudizio, va poi osservato che, anche in esecuzione del detto rapporto di mandato, nessuna obbligazione, ovviamente di natura contrattuale, può essere posta in essere a carico del condominio se non da questo, attraverso la deliberazione dell'organo collegiale, preventivamente approvata o successivamente ratificata; e nulla può esser considerato approvato se i soggetti titolari del diritto di decidere non ne hanno avuto alcuna informazione e notizia. Ciò posto in punto di diritto va evidenziato che, in fatto, è provato in atti che, al momento del conferimento dell'incarico di amministrazione la assemblea ha riconosciuto all'amministratore il compenso pari al 2% sulla spesa sostenuta per eventuali opere straordinarie, come da proposta in atti ed alla discussione ed approvazione di detta nomina e dei compensi hanno partecipato anche le attrici che hanno votato a favore (doc.3 convenuto condominio; doc 6 convenuto amministratore). Ne consegue che il compenso in esame risulta esser conforme a quello approvato dal (...) per i lavori straordinari quali quelli oggetto di delibera e che la doglianza formulata dalle attrici, tenuto conto dei principi sopra richiamati non è fondata e la relativa domanda va rigettata non essendo emerso il vizio di legittimità lamentato. - Terzo motivo di censura relativo alla delibera assembleare del 13/07/2022 relativo al punto 3) del suo ordine del giorno sopra richiamato. Parte attrice ha poi sostenuto la illegittimità della delibera asserendo che nel verbale non sarebbe stato specificato il quorum deliberativo. Dalla semplice lettura del verbale assembleare risulta che contro la delibera si sono espresse solo le attrici, indicate nominativamente, mentre a favore della delibera si sono espressi tutti gli altri presenti alla assemblea che, seppure non sono stati indicati nominativamente in questo punto del verbale, risultavano essere stati individuati nell'elenco dei condomini partecipanti all'assemblea che è inserito nel verbale con specifica indicazione dei loro nominativi e dei millesimi agli stessi attribuiti. Con la conseguenza che essendo ricavabili i nomi dei favorevoli ed i millesimi agli stessi attribuiti dal contesto della delibera presa con riferimento al punto in esame raffrontato al suddetto elenco dei condomini partecipanti alla assemblea, è possibile la verifica dell'esistenza delle maggioranze previste dall'articolo 1136 c.c. per la validità della loro approvazione (cfr.: Cass. civ. Sez. II, 31/03/2015, n. 6552; Cass. Civ. n. 18192 del 10/08/2009; Cass. Civ. n. 24132 del 13/11/2009). Per l'effetto, in particolare, emerge quindi che a favore si sono espressi 11 condomini dei 13 presenti, rappresentanti millesimi 810,40. Ne consegue il rigetto della domanda attorea non essendo emerso il motivo di invalidità della delibera impugnata, invocato dalle attrici. - Quarto motivo di censura relativo alla delibera assembleare del 13/07/2022 relativo al punto 3) del suo ordine del giorno sopra richiamato. Si dolgono poi le attrici che con la delibera impugnata sono state poste a loro carico spese che invece sono dovute perché relative ad un bene, il tetto di copertura della scala A che non è comune a tutti i condomini, con conseguente esistenza di un condominio parziale con riferimento allo stesso. Eccepiscono in particolare, in punto di fatto, che esisterebbero delle tabelle parziali, le cosiddette "tabelle coperture", allegate al regolamento condominiale predisposto dai proprietari originari del 1990, dalle quali risulterebbe che i mappali (...), di proprietà esclusiva (...) e (...), di proprietà (...) sarebbero esclusi dalla imputazione di spesa della copertura del mappale (...) corrispondente a quella del tetto che funge da copertura della scala A. Eccepisce di contro il (...) che la porzione di tetto in esame ed oggetto della delibera coprirebbe servizi e beni comuni e nello specifico: il deposito-parcheggio delle biciclette, i contatori elettrici di tutti gli appartamenti del condominio, le cassette postali di tutti gli appartamenti del condominio e l'accesso alle cantine condominiali, dove si trovano anche i contatori dell'acqua di tutti i condomini. Come è noto, con riguardo ai beni comuni in condominio, l'art. 1117 c.c. pone una presunzione di condominialità per i beni in esso indicati, la cui elencazione non è tassativa ma meramente esemplificativa dei beni da considerare oggetto di comunione, in quanto la natura condominiale o meno del bene deriva sia dall'attitudine oggettiva del bene al godimento comune, sia dalla concreta destinazione del medesimo al servizio comune, laddove tali parti siano necessarie quindi, per l'esistenza dell'edificio stesso, ovvero, siano permanentemente destinate all'uso o al godimento comune. Tale presunzione può essere superata solo dalla prova di un titolo contrario, che non può essere data dalla mancata menzione di uno di tali beni tra le parti comuni dell'edificio o se la cosa, per obbiettive caratteristiche strutturali, serve in modo esclusivo all'uso o al godimento di una parte dell'immobile, giacché la destinazione particolare del bene prevale sull'attribuzione legale, alla stessa stregua del titolo contrario. (Cfr.: Cass. civ., Sez. II, 26/07/2012, n. 13262; Cass. civ., Sez. II, 27/05/2011, n. 11812; Cass. civ., Sez. II, 02/08/2010,n.17993; Cass. civ.,Sez. II, 28/02/2007, n.4787). Al fine di verificare se un bene risulti servente ed accessorio nei confronti soltanto di alcune unità di un più ampio complesso immobiliare e conseguentemente nei riguardi di alcuni soltanto dei gruppi di condomini, risulta fondamentale la ricerca di quali siano tutte le effettive utilità che quel bene è in grado di generare in favore dei singoli componenti la compagine condominiale. Ciò posto, in punto di fatto va osservato che le circostanze di fatto evidenziate dal condominio sono pacifiche e tenuto conto della documentazione, anche fotografica, allegata in atti, la porzione di tetto interessata dai lavori approvati con la delibera impugnata risulta essere destinata a servizio di tutti i condomini. Con la conseguenza che la stessa seppure non espressamente menzionata nel regolamento di condominio deve considerarsi rientrante tra i beni comuni condominiali ai fini della sua manutenzione e della ripartizione delle relative spese, attesa l'obiettiva destinazione della stessa all'uso comune. Mentre a nulla rileva ai fini in esame quanto evidenziato dalle attrici in merito alle tabelle allegate al regolamento condominiale poiché che le stesse, in mancanza di specifiche disposizioni regolamentari sul punto o di accordi pattizi tra tutti i condomini, non possono da sole validamente derogare ai principi posti dall'art.1123, in tema di ripartizione delle spese condominiali. Come è noto, difatti, "i criteri di ripartizione delle spese condominiali, stabiliti dall'articolo 1123 c.c., possono essere derogati, come prevede la stessa norma, e la relativa convenzione modificatrice della disciplina legale di ripartizione può essere contenuta sia nel regolamento condominiale "di natura contrattuale", ovvero in una deliberazione dell'assemblea che venga approvata all'unanimità, o col consenso di tutti i condomini" (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 641 del 17/01/2003). Una simile convenzione non emerge nel caso in esame per quanto allegato in atti, con la conseguenza che per quella porzione di tetto deve applicarsi il dettato dell'articolo 1123, comma 1 c.c. in tema di ripartizione delle spese comuni tra tutti i condomini. Ne consegue che la doglianza in esame va disattesa e la relativa domanda rigettata, non essendo emerso il vizio di legittimità lamentato. - La asserita responsabilità dell'amministratore (...) Le attrici hanno asserito la suddetta responsabilità per inadempimento contrattuale in conseguenza delle violazioni di legge che avrebbe commesso con riferimento alla delibera in esame. Posto che tali doglianze, al più, rileverebbero ai fini dell'eventuale esame di una istanza di revoca dell'amministratore da formulare nella sede giudiziaria competente, va ritenuto che ai sensi dell'art. 2697 cc, anche per quanto rilevato all'esito dei motivi impugnativa, parte attrice non ha dato prova di tutti gli elementi costitutivi della fattispecie di danno dalla stessa invocata. In particolare, da un lato non ha dato prova dell'esistenza dell'inadempimento per quanto allegato, provato e accertato in atti in merito ai motivi di impugnativa; d'altra parte, comunque, non ha dato prova del danno subito e tantomeno del nesso causale tra gli asseriti inadempimenti e quest'ultimo. Ne consegue il rigetto della domanda in esame. Vanno poi esaminate le domande riconvenzionali dei convenuti svolte nei confronti delle attrici. - Domanda riconvenzionale del (...) di rimborso delle spese per la partecipazione alla procedura di mediazione, causate dalle attrici. Asserisce il (...) di aver ricevuto un danno a causa delle spese sostenute per i compensi dovuti all'amministratore per la partecipazione alle mediazioni; nonché di quelle relative alla stessa procedura di mediazione e per i compensi per l'attività legale. Allega e prova il (...) sul punto che l'amministratore ha diritto a percepire dal (...) un compenso orario di Euro 50,00, oltre accessori, per la sua partecipazione agli incontri di mediazione e che, con riferimento al procedimento di mediazione svolto con riferimento al presente giudizio, l'amministratore ha preso parte ai relativi incontri per un'ora ed il compenso maturato è quindi stato pari ad Euro 63,44 compresi accessori. Atteso l'esito del presente giudizio, la domanda di rimborso di queste spese è fondata e va accolta trattandosi di attività e spese resesi necessarie a seguito delle domande di parte attrice, rivelatesi infondate. Gli importi richiesti sono congrui attesi i compensi approvati dal (...) al momento del conferimento dell'incarico di amministrazione, come da proposta in atti sopra richiamata. Conseguentemente le attrici, in solido tra di loro, vanno condannate alla rifusione al (...) convenuto della somma suddetta, a titolo di risarcimento del danno subito. Somma che va maggiorata di interessi legali determinati ai sensi dell'art.1284, I comma, c.c. a decorrere dall'esborso di dette somme e fino al momento della proposizione della presente domanda giudiziale; nonché gli interessi legali determinati ai sensi dell'art.1284 IV comma, c.c. dal momento della proposizione della presente domanda giudiziale e fino al saldo effettivo. Invece, per quanto riguarda la domanda di condanna delle attrici al pagamento delle spese legali, stragiudiziali, giudiziali e di mediazione, la stessa verrà esaminata e decisa solo all'esito dell'esame di tutte le altre domande ai fini di una valutazione complessiva sulle spese di lite. - Domanda di cancellazione delle espressioni ritenute offensive formulata dalle attrici e domanda risarcitoria ex art. 89 cpc e/o art. 598 c.p.a. Le attrici hanno chiesto disporsi la cancellazione, ai sensi dell'art. 89 c.p.c., della seguente frase contenuta nella comparsa del convenuto (...), ritenendola offensiva: (pag. 4) "litigiosità endocondominiale, animata dalla moltitudine patologica di iniziative processuali promosse dalla signora (...) talora coinvolgendo nella propria deriva giudiziale anche la condomina (...). Dall'esame della stessa, non estrapolata dal contesto delle difese in punto di fatto svolte dal (...), va ritenuto che non sussistono i presupposti di cui all'articolo 89 c.p.c. con riferimento alle doglianze rese da parte attrice, atteso che nelle espressioni oggetto di esame non si rileva un esclusivo intento offensivo nei confronti della controparte. Le stesse di conseguenza appaiono semmai rivolte a dimostrare, attraverso una valutazione negativa del comportamento della controparte, la scarsa attendibilità delle sue affermazioni e costituiscono uno strumento per indirizzare la decisione del giudice, in accordo all'insegnamento giurisprudenziale espresso in materia dalla Corte di cassazione (Cass. civ., Sez. I, 26/11/2013, n. 26417; Cass. civ., Sez. III, 25/06/2013, n. 15885; Cass. civ., Sez. III, 06/12/2011, n. 26195; Cass. civ., Sez. III, 22/06/2009, n. 14552). Ne consegue che va esclusa la cancellazione delle espressioni in questione e disattesa l'istanza di parte attrice sul punto, nonché rigettata la conseguente domanda risarcitoria. - Domanda formulata dal convenuto (...) ex art. 96 cpc. Il convenuto (...) ha chiesto condannarsi le attrici al risarcimento del danno ai sensi dell'art. 96 cpc. Tale richiesta va disattesa sia per mancanza di prova rigorosa del danno subito, richiesta nell'ipotesi di cui comma I di tale norma, c.p.c., sia per mancanza dei presupposti sanzionatori di cui al III comma della stessa. Come è noto, con riferimento a tale ultima ipotesi, la norma richiamata ha introdotto un meccanismo che, deve ritenersi non solo e non tanto risarcitorio, quanto anche e soprattutto sanzionatorio (in virtù della finalità di scoraggiare l'abuso del processo e preservare la funzionalità del sistema giustizia), e come tale sottratto (a differenza dell'ipotesi di cui all'art. 96, comma I, c.p.c.) dalla rigorosa prova del danno, essendo lo stesso condizionato unicamente all'accertamento di una condotta di grave negligenza o addirittura malafede processuale della parte (cfr. Tribunale di Varese 21 - 22 gennaio 2011; Trib. di Piacenza 22 novembre 2010; Tribunale di Piacenza, 7 dicembre 2010; Trib. Verona 20 settembre 2010; Trib. Milano 29 agosto 2009). Scopo della norma è dunque la repressione del danno che viene arrecato direttamente alla controparte (si pensi all'allungamento della tempistica nell'esercizio dei propri diritti ma si pensi - nel caso delle imprese - alla necessità di affrontare oneri aggiuntivi, quale l'appostamento di un "fondo rischi" per i crediti incagliati o in sofferenza, oppure l'incremento delle difficoltà e dei costi dell'accesso al finanziamento bancario, ad esempio, con lo strumento delle anticipazioni su fatture), ma indirettamente anche all'erario con la congestione degli uffici giudiziari e l'incremento del rischio del superamento della canone costituzionale della ragionevole durata del processo con ricadute anche di tipo risarcitorio, stante il pericolo di condanna dello Stato alla corresponsione dell'indennizzo ex lege 89/2001. Nella specie, per quanto in atti, non si ritiene che l'atteggiamento processuale di parte attrice mediante la proposizione delle proprie domande ed eccezioni abbia comportato danni irreparabili in capo all'altra parte e ciò tenuto conto anche della durata del processo; nè che si ravvisino sintomi di una grave negligenza nell'utilizzo dello strumento processuale medesimo. Di qui il rigetto della domanda in esame. Infine, ogni altra domanda ed eccezione, sollevata nel merito del giudizio rimane assorbita o disattesa, in applicazione del principio processuale della "ragione più liquida" (Cass. Sez. U, n. 9936 del 08/05/2014; Cass. n. 12002 del 28/05/2014; Cass. civ. Sez. V Ord., 08/06/2018, n. 15008) . Tenuto conto dell'esito del presente giudizio, tutte le spese e competenze di giudizio e di mediazione, ai sensi dell'art. 91 cpc, vanno poste a carico delle attrici, in solido tra di loro ed a favore dei convenuti e le stesse, determinate sulla scorta dei parametri dettati del D.M. Giustizia 55 del 10/03/2014, in considerazione del valore della domanda, si liquidano come in dispositivo. P.Q.M. Il Tribunale, in composizione monocratica, ogni altra domanda ed istanza disattesa, rigettata o assorbita, così provvede, come in motivazione. - Rigetta tutte le domande delle attrici (...) e (...) - Accoglie la domanda riconvenzionale del convenuto (...) (...) e, per l'effetto, condanna le attrici (...) e (...) in solido tra di loro, a corrispondere allo stesso convenuto (...) l'importo Euro 63,44 compresi accessori, a titolo di risarcimento del danno subito. Somma che va maggiorata di interessi legali determinati ai sensi dell'art. 1284, I comma, c.c. a decorrere dall'esborso di dette somme e fino al momento della proposizione della presente domanda giudiziale; nonché gli interessi legali determinati ai sensi dell'art.1284 IV comma, c.c. dal momento della proposizione della presente domanda giudiziale e fino al saldo effettivo. - Rigetta la domanda formulata dal convenuto (...) ex art. 96 cpc. - Condanna le attrici (...) e (...) in solido tra di loro, a corrispondere al convenuto (...) in (...), tutte le spese e competenze di giudizio e di mediazione, liquidate in Euro 48,80 per spese vive ed Euro 7.500,00 per compensi di giudizio e di mediazione, oltre alle spese generali nella misura del 15% dei compensi, cpa e Iva come per legge. - Condanna le attrici (...) e (...) in solido tra di loro, a corrispondere al convenuto (...) tutte le spese e competenze di giudizio e di mediazione, liquidate in Euro 7.500,00 per compensi di giudizio e di mediazione, oltre alle spese generali nella misura del 15% dei compensi, cpa e Iva come per legge. Sentenza immediatamente esecutiva, resa ex art. 281 sexies c.p.c. e pubblicata mediante lettura in udienza ed allegazione al verbale. Così deciso in Milano il 4 aprile 2024. Depositata in Cancelleria il 4 aprile 2024.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO di MILANO TREDICESIMA CIVILE Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. Sabrina Bocconcello ha pronunciato ex art. 281 sexies c.p.c. la seguente SENTENZA nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 20470/2023 promossa da: (...) (C.F. (...)), con il patrocinio dell'avv. PO.PA. elettivamente domiciliato in (...) BE.LO. presso il difensore avv. PO.PA. ATTORE/I contro (...) (C.F. (...)), CONVENUTO/I SVOLGIMENTO IN FATTO DEL PROCESSO omissis ex art. 132 c.p.c. e 118 disp att cpc Si premette che la presente sentenza verrà redatta con motivazione stesa in forma concisa e sintetica in conformità anche con i criteri espressi e di cui alla pronunzia della Suprema Corte di Cassazione alle SS.UU. n. 642 del 16/01/2015. La presente si limiterà pertanto ad una succinta esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione, specificando che tale esposizione potrà fondarsi su precedenti conformi. Per quanto riguarda domande, eccezioni e richieste conclusive delle parti, si rinvia agli atti processuali delle medesime ed ai verbali delle udienze, atteso il contenuto dell'art. 132 n. 4 c.p.c. e 118 disp. att. cpc, che esclude una lunga e particolareggiata esposizione di tutte le vicende processuali anteriori alla decisione. MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA DECISIONE Il presente procedimento trae origine dalle domande svolte, con ricorso ex art 281 decies cpc regolarmente notificato dall'attore, condomino, nei confronti del (...) per sentir accogliere le seguenti conclusioni: "Accertare e dichiarare, per tutto quanto in atti, l'illegittimità delle delibere del 07.03.2023 assunte dall'assemblea del (...) convenuto riunitasi in forma straordinaria in tale data; - Dichiarare, per l'effetto, la nullità e/o l'annullamento delle delibere del 07.03.2023 assunte dall'assemblea del (...) convenuto; - Condannare il (...) alla rifusione, in favore del (...) (...) delle spese condominiali eventualmente corrisposte all'amministrazione in virtù dell'impugnata delibera, oltre rivalutazione ed interessi; - Condannare altresì il (...) convenuto al pagamento dell'importo di Euro 576,24 a titolo di risarcimento del danno e/o rimborso delle spese di mediazione e/o quella minore o maggiore somma che risultasse, nonché dell'ulteriore importo, da quantificarsi in via equitativa, ai sensi dell'art. 96 c. 3 c.p.c.. Il CP1 convenuto rimaneva contumace. All'udienza del 22.11.2023 parte ricorrente si riportava agli atti ed il Giudice rinviava per la discussione ex art. 281 - sexies c.p.c. In esito alla discussione dell'udienza 27 marzo 2024 viene data lettura della sentenza mediante deposito. Parte ricorrente lamenta la invalidità della delibera del 7.3.2023 in quanto - Resa in violazione del disposto di cui all'art. 66 disp att c.c. per mancato consenso preventivo alla videoconferenza - Quanto al punto 3 dell'odg Difetto dei requisiti di cui all'art. 1129 c.c. e 1136 c.c - Quanto al punto 5 dell'odg Difetto di quorum deliberativo - Quanto al punto 2 dell'odg addebito illegittimo di spese personali. Quale primo motivo di impugnazione parte ricorrente lamenta il vizio formale adducendo il mancato consenso preventivo allo svolgimento della assemblea convocata in videoconferenza Come noto in assenza di una previsione regolamentare, la prima parte dell'art. 66, comma 6, disp. att. c.c., così come modificato dall'art. 5 - bis del d.l. n. 125/2020 conv. in l. n. 159/2020, aggiunge che, previo consenso della maggioranza dei condomini, la partecipazione all'assemblea può avvenire in modalità di videoconferenza. Il termine consenso, in senso proprio, è espressione dell'autonomia privata, e presuppone quindi un atto di disposizione, diretta (ad esempio, art. 5 c.c., o art. 50 c.p.) o indiretta (ad esempio, art. 1144 c.c.), volto a dirimere un possibile conflitto tra due sfere di interesse, in maniera da escludere in concreto l'illiceità di un comportamento astrattamente lesivo di interessi disponibili. Quindi, nell'ambito della videoconferenza, il consenso non costituisce una mera acquiescenza ad un'attività imposta dall'amministratore ma crea le condizioni di un'autorizzazione preventiva negoziale all'utilizzo della piattaforma telematica per lo svolgimento dell'assemblea (Tribunale Padova 548/22), autorizzazione che deve essere rilasciata per ogni singola delibera e preventivamente, trattandosi di un atto prodromico alla costituzione dell'assemblea. Con la conseguenza che solo acquisito il preventivo consenso della maggioranza per lo svolgimento dell'assemblea in videoconferenza, l'amministratore potrà procedere con la convocazione dell'assemblea secondo le normali regole previste per l'avviso di convocazione e, dunque, con l'indicazione, nel caso di assemblea in videoconferenza, della piattaforma elettronica sulla quale si terrà la riunione e dell'ora, nonché in caso di assemblea mista, anche del luogo dello svolgimento in presenza, persistendo a mente dell'art. 66 disp. att. c.c. ancora il pieno diritto del singolo condomino di prendere parte di persona all'assemblea e di partecipare alla formazione della volontà collettiva con cui l'assemblea si esprime nei confronti dei condòmini stessi e dei terzi. Nel caso in esame, stante anche la contumacia del (...) , non è contestato il mancato preventivo consenso della maggioranza con la conseguenza che la delibera deve essere annullata per violazione dell'art. 66 disp att c.c. comma 6. Con assorbimento di ogni decisione in relazione agli altri motivi di impugnazione. Va invece rigettata la domanda di condanna ex art. 96 cpc non essendo prova tanè la consistenza né la sussistenza dei danni lamentati dal ricorrente. Le spese di lite anche di mediazione seguono il criterio della soccombenza e si liquidano come da dispositivo. Da ultimo rilevato che parte convenuta non risulta avere partecipato al procedimento di mediazione obbligatorio senza addurre giustificati motivi (si veda verbale negativo di mediazione), ai sensi dell'art. 8 del D.L.vo 28/2010 va pronunciata nei suoi confronti condanna al versamento all'entrata del bilancio dello Stato della somma di euro 237,00, pari all'importo corrispondente al contributo unificato dovuto per il giudizio. Sentenza esecutiva. P.Q.M. Il Tribunale, definitivamente pronunciando in composizione monocratica, ogni diversa istanza ed eccezione disattesa o assorbita, così decide. - Annulla la delibera del 7.3.2023 resa dall'assemblea del Condominio Convenuto come in motivazione - rigetta la domanda di condanna ex art 96 cpc di parte ricorrente - condanna il (...) convenuto alla rifusione in favore di (...) delle spese del giudizio e di mediazione, spese che liquida in complessivi euro 8.000,00, oltre iva e cpa oltre rimborso spese generali 15%; - Visto l'art. 8 del D.L.vo 28/2010 condanna parte convenuta al versamento all'entrata del bilancio dello Stato della somma di euro 237,00 pari all'importo corrispondente al contributo unificato dovuto per il giudizio. - sentenza esecutiva Così deciso in Milano il 27 marzo 2024. Depositata in Cancelleria il 27 marzo 2024.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI MILANO Sezione Lavoro in composizione monocratica e in funzione di Giudice del Lavoro, in persona della dott.ssa Chiara Colosimo, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella controversia di primo grado promossa da (...) con l'Avv. (...) del Foro di Milano, elettivamente domiciliata presso lo Studio dei difensori in Milano, via (...) - ricorrente - Contro (...) (C.F (...)) - convenuta contumace - Oggetto: rapporto dirigenziale, licenziamento, mancato superamento della prova, nullità del patto All'udienza di discussione il procuratore di parte ricorrente concludeva come in atti. FATTO con ricorso depositato in data 4 dicembre 2023, (...) conveniva in giudizio avanti al Tribunale di Milano - Sezione Lavoro - per sentir accogliere le seguenti conclusioni: "a. Accertare e dichiarare la nullità e/o l'illegittimità del licenziamento della ricorrente per la nullità e/o l'illegittimità del patto di prova e/o per assenza di motivazione (stante la nullità e/ o illegittimità del patto di prova apposto al contratto di lavoro della ricorrente) e/o per violazione dell'art. 2 della legge n. 604 del 1966; b. per l'effetto, in via preliminare, ai sensi dell'art. 18, commi 1 e 2, della legge n. 300 del 1970, condannare la società convenuta - in persona del legale rappresentante pro tempore - a reintegrare la ricorrente nel posto di lavoro occupato alla data del licenziamento (od in altro equivalente) ed a corrisponderle un'indennità risarcitoria commisurata all'ultima retribuzione globale di fatto dal giorno del licenziamento sino a quello dell'effettiva reintegrazione, con tutte le ulteriori conseguenze previste dai predetti commi 1 e 2; ciò, sulla base di una retribuzione mensile globale di fatto pari ad Euro 16.666,66 lordi (o pari al diverso importo ritenuto di giustizia. c. per l'effetto, in subordine, accertare e dichiarare il diritto della ricorrente di percepire dalla società convenuta l'indennità sostitutiva del preavviso di licenziamento di cui all'art. 39 del C.C.N.L. per i Dirigenti di Aziende del Settore Terziario della Distribuzione e dei Servizi (e la relativa quota di T.F.R.) e l'indennità supplementare di cui all'art. 34 del medesimo C.C.N.L.; per l'effetto, condannare la società convenuta - in persona del legale rappresentante pro tempore - a corrispondere alla ricorrente: - Euro 100.000 lordi (od il diverso importo ritenuto di giustizia) a titolo di indennità sostitutiva del preavviso di licenziamento di cui all'art. 39 del C.C.N.L. per i Dirigenti di Aziende del Settore Terziario della Distribuzione e dei Servizi, oltre interessi e rivalutazione; - Euro 7.407,40 lordi (od il diverso importo ritenuto di giustizia) a titolo di T.F.R. sull'indennità sostitutiva del preavviso di licenziamento di cui all'art. 39 del C.C.N.L. per i Dirigenti di Aziende del Settore Terziario della Distribuzione e dei Servizi, oltre interessi e rivalutazione; - Euro 133.333,33 lordi (od il diverso importo ritenuto di giustizia) a titolo di indennità supplementare di cui all'art. 34 del C.C.N.L. per i Dirigenti di Aziende del Settore Terziario della Distribuzione e dei Servizi, oltre interessi e rivalutazione; d. per l'effetto, in ulteriore subordine, accertare e dichiarare il diritto della ricorrente di fruire a carico della società convenuta delle diverse tutele ritenute di giustizia di cui alle disposizioni normative e di C.C.N.L. e/o agli usi e/o alla valutazione equitativa ai sensi dell'art. 1226 cod. civ.; e. per l'effetto, in ogni caso, anche ai sensi dell'art. 2077 cod. civ., accertare e dichiarare l'inapplicabilità nel presente caso della clausola 8.4 della lettera di invio in missione presso (...) sottoscritta tra le parti il 10 maggio 2023". Con vittoria delle spese di lite. Pur regolarmente citata, non si costituiva in giudizio e ne veniva, pertanto, dichiarata la contumacia. Ritenuta la causa matura per la decisione senza necessità di istruzione probatoria, all'udienza del 26 marzo 2024, il Giudice decideva come da dispositivo pubblicamente letto, riservando il deposito della motivazione a 60 giorni, ai sensi dell'art. 429 c.p.c. così come modificato dalla Legge 133/2008. MOTIVI DELLA DECISIONE 1. Come risulta dalla documentazione di causa, (...) è stata assunta da (...) - società attiva nel settore della somministrazione di personale e dei servizi inerenti alla gestione delle risorse umane per le imprese (doc. 1, fascicolo ricorrente) - con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato avente decorrenza 4 maggio 2023, qualifica di dirigente e inquadramento nel Gruppo A del C.C.N.L. Agenzie di Somministrazione; con formale decorrenza dal medesimo 4 maggio 2023, la dirigente è stata inviata in missione presso (...) (sede di (...), via (...) n.) con funzione e mansioni di Wholesale Director (doc. 15, fascicolo ricorrente). Il rapporto si è concluso il 25 luglio 2023 a seguito di licenziamento per mancato superamento del periodo di prova: "Con la presente ed in riferimento all'art. 4.1. del contratto di lavoro firmato in data 10 Maggio 2023, Le comunichiamo il mancato superamento del periodo di prova. Siamo dunque costretti a comunicarle il recesso dal rapporto di lavoro con Lei in essere, con effetto immediato..." (doc. 19, fascicolo ricorrente). Si osservi che la clausola 4.1. del contratto di assunzione prevedeva: "Il rapporto di lavoro con il Dirigente e soggetto a un periodo di prova di 6 mesi, da svolgersi nella posizione e nelle mansioni di cui alla lettera di assegnazione. Durante questo periodo, entrambe le parti saranno libere di recedere dal rapporto di lavoro senza preavviso o indennità sostitutiva del preavviso" (pag. 3 - doc. 15, fascicolo ricorrente). 1.1. Con l'odierno giudizio, la ricorrente impugna il licenziamento deducendo la nullità e/o illegittimità del patto di prova, in quanto apposto a un contratto di lavoro sottoscritto in epoca successiva all'inizio della prestazione lavorativa; conseguentemente, si duole della nullità e/o illegittimità del recesso datoriale e conclude come sopra precisato. 1.2. Il ricorso deve essere accolto nei limiti e per le ragioni di seguito evidenziate. 2. Avuto riguardo all'eccepita nullità del patto di prova, si osserva quanto segue. 2.1.1. Sotto un profilo di ordine generale, la previsione di un patto di prova è funzionale, da un lato, alla verifica da parte del datore di lavoro delle capacità professionali e della complessiva idoneità del lavoratore avuto riguardo alle obbligazioni tipiche del rapporto di lavoro subordinato; dall'altro, a consentire a entrambe le parti di vagliare la convenienza della possibile futura collaborazione, senza vincolarsi da subito a un rapporto di lavoro di lunga durata. Ai sensi dell'art. 2096 c.c., "salvo diversa disposizione, l'assunzione del prestatore di lavoro per un periodo di prova deve risultare da atto scritto. L'imprenditore e il prestatore di lavoro sono rispettivamente tenuti a consentire e a fare l'esperimento che forma oggetto del patto di prova. Durante il periodo di prova ciascuna delle parti può recedere dal contratto, senza obbligo di preavviso o d'indennità. Se però la prova e stabilita per un tempo minimo necessario, la facoltà di recesso non può esercitarsi prima della scadenza del termine. Compiuto il periodo di prova, l'assunzione diviene definitiva e il servizio prestato si computa nell'anzianità del prestatore di lavoro". 2.1.2. Il patto di prova, dunque, deve essere formalizzato per iscritto e deve sussistere fin dall'inizio del rapporto, nel senso che deve essere sottoscritto anteriormente ovvero, quale termine massimo, contestualmente all'instaurazione del rapporto lavorativo: l'eventuale formalizzazione del patto di prova in un momento successivo all'inizio del rapporto ne determina la nullità. Il Supremo Collegio ha chiarito che "la forma scritta necessaria, a norma dell'art. 2096 cod. civ., per il patto di assunzione in prova e richiesta "ad substantiam" e tale essenziale requisito di forma, la cui mancanza comporta la nullità assoluta del patto di prova, deve sussistere sin dall'inizio del rapporto, senza alcuna possibilità di equipollenti o sanatorie, potendosi ammettere solo la non contestualità della sottoscrizione di entrambe le parti prima della esecuzione del contratto, ma non anche la successiva documentazione della clausola verbalmente pattuita mediante la sottoscrizione, originariamente mancante, di una delle parti, atteso che ciò si risolverebbe nella inammissibile convalida di un atto nullo, con sostanziale diminuzione della tutela del lavoratore" (Cass. Civ., Sez. Lav., 26 luglio 2002, n. 11122; conformi, Cass. Civ., Sez. Lav., 22 ottobre 2010, n. 21758; Cass. Civ., Sez. Lav., 14 aprile 2001, n. 5591; Trib. Monza, Sez. Lav., 14 febbraio 2020, n. 103). 2.2. Se questi sono i principi cui deve farsi riferimento, non può che concludersi per la nullità del patto di prova apposto al contratto di assunzione di (...) 2.2.1. Tanto si afferma, in primo luogo, in quanto è documentale che il contratto di lavoro contenente il patto di prova sia stato sottoscritto il 10 maggio 2023, a fronte di un rapporto di lavoro iniziato il 4 maggio 2023. La circostanza emerge, sia dal contratto di assunzione sottoscritto da (...) (che risulta firmato in "Data: 10 maggio 2023/05:03 PDT" (cfr. pag. 9, doc. 15, fascicolo ricorrente), sia dalla lettera di invio in missione presso (...) - parimenti sottoscritta in "Data: 10 maggio 2023/05:03 PDT' (cfr. pag. 16, doc. 15, fascicolo ricorrente): nel primo, si precisa che il contratto di lavoro "(era) a tempo indeterminato e (avrebbe avuto) decorrenza a far data dal 4 maggio 2023" (pt. 1, pag. 2 - doc. 15, fascicolo ricorrente); nella seconda si stabilisce che "la missione di cui alla presente lettera (avrebbe avuto inizio) in data 4 maggio 2023 e (sarebbe stata) a tempo indeterminato" (pt. 2, pag. 10 - doc. 15, fascicolo ricorrente). E, d'altronde, nella stessa lettera di licenziamento, la datrice di lavoro ammette che il contatto di lavoro è stato "firmato in data 10 Maggio 2023" (doc. 19, fascicolo ricorrente). 2.2.2. Come correttamente dedotto in ricorso, peraltro, l'inizio della relazione lavorativa in epoca anteriore alla sottoscrizione del contratto di assunzione - così come della lettera di missione e, soprattutto, del patto di prova di cui qui si discute - risulta provata da ulteriori, plurimi, elementi documentali. In primo luogo, è in atti la conversazione whatsapp del 4 maggio 2023 nella quale trova pieno riscontro l'avvio, in quella medesima data, del rapporto di lavoro con (docc. 14, fascicolo ricorrente; cfr. anche doc. 17, fascicolo ricorrente); nella stessa conversazione whatsapp, peraltro, vi è prova dell'attività lavorativa svolta dalla ricorrente nei giorni immediatamente successivi, ma sempre anteriori alla formalizzazione del contratto di assunzione (docc. 14, fascicolo ricorrente; cfr. anche docc. 7-9, fascicolo ricorrente). E provato, inoltre, che il 5 maggio 2023 (...) era già titolare di un account "(...) (nello (...) specifico, (...); sul punto, cfr. anche doc. 18, fascicolo ricorrente) e già operava in favore di (...) (docc. 8-9 e 11, fascicolo ricorrente); il 10 maggio 2023, d'altronde, a seguito di interlocuzioni avvenute - per il tramite di (...) - tra il 9 e il 10 maggio 2023, di (...) ha emesso una "Gift Card Clothing 2023" (cfr. docc. 12, fascicolo ricorrente). 2.3. Alla luce di tutto quanto sin qui considerato, risulta provato che il patto di prova è stato sottoscritto in epoca successiva all'inizio del rapporto di lavoro e, dunque, la nullità dello stesso. 3. Sulle conseguenze dell'accertata nullità del patto di prova, si osserva quanto segue. 3.1. Parte ricorrente ha chiesto, in via principale, di accertare la nullità del licenziamento e, conseguentemente, di condannare ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 18, co. 1 e 2, Statuto Lavoratori. La domanda non può essere accolta. 3.1.1. Contrariamente a quanto sostenuto in ricorso, la nullità del patto di prova non determina la nullità del licenziamento, bensì l'automatica conversione ex tunc dell'assunzione in prova in assunzione definitiva, con conseguente venir meno del regime di libera recedibilità delle parti. Il Supremo Collegio ha chiarito, difatti, che "la nullità della clausola che contiene il patto di prova determina la automatica conversione dell'assunzione in definitiva sin dall'inizio ed il venir meno del regime di libera recedibilità sancito dall'art. 1 della l. n. 604 del 1966, con la conseguenza che il recesso "ad nutum" intimato in assenza di valido patto di prova, equivale ad un ordinario licenziamento - soggetto alla verifica giudiziale della sussistenza o meno della giusta causa o del giustificato motivo -, il quale, nel regime introdotto dal D.Lgs. n. 23 del 2015, è assoggettato alla regola generale della tutela indennitaria di cui all'art. 3, comma 1, del predetto D.Lgs., non essendo riconducibile ad alcuna delle specifiche ipotesi, di cui al successivo comma 2 del menzionato art. 3, nelle quali e prevista la reintegrazioni (Cass. Civ., Sez. Lav., 14 luglio 2023, n. 20239). 3.2. In via subordinata, (...) ha domandato di accertare e dichiarare il diritto di percepire l'indennità sostitutiva del preavviso ex art. 39 e l'indennità supplementare ex art. 34 C.C.N.L. Dirigenti di Aziende del Settore Terziario della Distribuzione e dei Servizi, nella misura meglio indicata in ricorso. La domanda deve essere accolta nei limiti e per le ragioni di seguito precisate. 3.2.1. Come risulta dal contratto di lavoro stipulato tra (...) e (...), il rapporto interpartes era regolato dal C.C.N.L. Agenzie di Somministrazione (cfr. doc. 25, fascicolo ricorrente). Il suddetto contratto collettivo regola espressamente anche il rapporto dirigenziale (la cui disciplina - ex art. 27 - è quella prevista per il "Gruppo A" che "comprende i lavoratori con elevato contenuto professionale quali dirigenti, quadri e impiegati direttivi" - pag. 48 - doc. 25, fascicolo ricorrente) e prevede, all'art. 36, quanto al "preavviso per i lavoratori a tempo indeterminato", che i termini di preavviso 'c1) Fino a cinque anni di servizio compiuto: (sono per il) Gruppo A: 60 giorni di calendario" (pag. 61 - doc. 25, fascicolo ricorrente), e, all'art. 37, quanto alla "indennità sostitutiva del preavviso i per lavoratori a tempo indeterminato", che "ai sensi del secondo comma dell'art. 2118, c.c., in caso di mancato preavviso al lavoratore e corrisposta una indennità equivalente a un importo giornaliero, ottenuto dividendo la somma delle retribuzioni e dell'indennità di disponibilità degli ultimi 12 mesi per 365 giorni, e moltiplicando il risultato per i giorni di preavviso spettanti secondo quanto stabilito nell'art. 36". Nessun dubbio circa il fatto che quello di sessanta giorni sia il preavviso da riconoscere a (...), posto che lo stesso risulta espressamente richiamato nel contratto di assunzione: "Ai sensi del CCNL i termini di preavviso, a decorrere dal primo o dal sedicesimo giorno di ciascun mese, sono i seguenti: 1) Fino a cinque anni di servizio compiuto: 60giorni di calendario..." (pt. 9, pag. 4 - doc. 15, fascicolo ricorrente). Contrariamente a quanto sostenuto da parte ricorrente anche in sede di discussione, ai fini della quantificazione dell'indennità sostitutiva del preavviso, non può aversi riguardo al C.C.N.L. Dirigenti Commercio. Il rapporto di lavoro illegittimamente risolto è quello intercorrente con (...), regolato dal C.C.N.L. Agenzie di Somministrazione e, come si avrà modo di approfondire nel prosieguo, dal C.C.N.L. Dirigenti Commercio solo in via integrativa: considerato che la quantificazione dell'indennità in parola risulta espressamente regolata dal primo, non vi sono margini per far riferimento al secondo. 3.2.2. Il C.C.N.L. Agenzie di Somministrazione, tuttavia, non disciplina in alcun modo le ulteriori indennità spettanti per il caso di licenziamento illegittimo del dirigente e, dunque, non fornisce nessuna indicazione in merito all'indennità supplementare. Sul punto, allora, deve aversi riguardo alla dichiarazione congiunta apposta all'art. 56 C.C.N.L. Agenzie di Somministrazione (rubricato "Clausola di inscindibilità delle norme contrattuali"), a mezzo della quale le parti stipulanti hanno previsto: "'per quanto non definito dal presente C.C.N.L. si applicano le regole stabilite dai contratti collettivi delle imprese utilizzatrici per i lavoratori in missione mentre, per i lavoratori in disponibilità, valgono le regole del C.C.N.L. del Terziario" (pag. 75 - doc. 25, fascicolo ricorrente). Orbene, come risulta dalla lettera in atti, nel corso della missione presso (...) ha trovato applicazione il C.C.N.L. per i Dirigenti del Settore Commercio sottoscritto da Confcommercio e Manageritalia (pt. 5, pag. 11 - doc. 15, fascicolo ricorrente): è al suddetto contratto, pertanto, che deve guardarsi in via integrativa. Avuto particolare riguardo all'indennità supplementare spettante per il caso di licenziamento illegittimo, il C.C.N.L. Dirigenti Commercio prevede una "misura graduabile per classi di anzianità aziendali' e, segnatamente, "fino a 4 anni, da 4 a 8 mensilità' (doc. 21, fascicolo ricorrente). 3.3. Alla luce di tutto quanto sin qui considerato, deve essere accertato il diritto di (...) di ottenere il pagamento dell'indennità sostitutiva del preavviso quantificata in misura di 60 giorni di calendario, tenuto conto di "un importo giornaliero, ottenuto dividendo la somma delle retribuzioni e dell'indennità di disponibilità degli ultimi 12 mesi per 365 giorni, e moltiplicando il risultato per i giorni di preavviso spettanti secondo quanto stabilito nell'art. 36" (art. 37 - doc. 25, fascicolo ricorrente). Considerato che la retribuzione annua della ricorrente era pari a Euro 200.000,00 lordi (cfr. art. 7, pag. 4, e art. 8, pag. 11 - doc. 15, fascicolo ricorrente), l'ammontare complessivo dell'indennità sostitutiva del preavviso è pari a Euro 32.876,71 lordi. Nulla spetta a titolo di incidenza di detta indennità sul trattamento di fine rapporto, posto che l'art. 2118 c.c. attribuisce al preavviso di licenziamento efficacia meramente obbligatoria (cfr., ex multis, Cass. Civ., Sez. Lav., 19 gennaio 2023, n. 1581; Cass. Civ., Sez. Lav., 27 agosto 2015, n. 17248; Cass. Civ., Sez. Lav., 5 ottobre 2009, n. 21216). Per quel che attiene all'indennità supplementare, assunta a parametro una retribuzione lorda mensile pari a Euro 16.666,66, si ritiene equo riconoscere alla ricorrente - anche tenuto conto della ridotta anzianità di servizio - quattro mensilità e, quindi, complessivi Euro 66.666,66 lordi. 4. La dirigente ha chiesto di accertare e dichiarare "l'inapplicabilità nel presente caso della clausola 8.4 della lettera di invio in missione presso (...) sottoscritta tra le parti il 10 maggio 2023". La questione risulta assorbita dalle statuizioni che precedono. 4.1. Accertato che il rapporto di lavoro si è concluso a seguito di un licenziamento illegittimo, intimato per mancato superamento della prova a fronte di un patto di prova nullo, è evidente che non possa farsi riferimento a una previsione contrattuale destinata a regolare una fattispecie affatto diversa. La clausola in questione, difatti, prevedeva: "qualora la company user decida di terminare la missione e/o di passare ad altro (...) nei 12 mesi decorrenti dalla data di assunzione o se decida di terminare la missione perché la legal entity della company user non verrà costituita in Italia, (...) corrisponderà alla Dirigente un importo complessivo lordo a tre mensilità, comprensivo e sostitutivo di ogni e qualsiasi emolumento, indennità (anche supplementare) o risarcimento dovuto per legge o CCNL in caso di cessazione della missione. Tale riconoscimento verrà corrisposto ad eccezione di eventi riconducibili alla giusta causa e subordinato alla sottoscrizione da parte della Dirigente di un accordo transattivo ratificato nelle apposite sedi che contenga adeguate rinunce ad ulteriori diritti opretese connessi al rapporto di lavoro e alla missioni (cfr. pag. 12 - doc. 15, fascicolo ricorrente). 5. Per questi motivi, deve essere condannata a pagare, in favore di (...), complessivi Euro 32.876,71 lordi a titolo di indennità sostitutiva del preavviso e ulteriori Euro 66.666,66 lordi a titolo di indennità supplementare, oltre interessi e rivalutazione dal dovuto al saldo effettivo. 5.1. In ragione del parziale accoglimento del ricorso, deve procedersi alla compensazione - in misura di un terzo - delle spese di lite tra le parti; per il resto, la regolazione delle spese segue la soccombenza e, pertanto, deve essere condannata alla rifusione delle stesse nella misura di cui al dispositivo. 5.2. La sentenza è provvisoriamente esecutiva ex art. 431 c.p.c. Stante la complessità della controversia, visto l'art. 429 c.p.c., si riserva la motivazione a 60 giorni. P.Q.M. il Giudice del Lavoro, definitivamente pronunciando, accertata la nullità del patto di prova apposto al contratto di assunzione inter partes e la conseguente illegittimità del licenziamento intimato a (...) condanna (...) a pagare in favore della ricorrente complessivi Euro 32.876,71 lordi a titolo di indennità sostitutiva del preavviso e ulteriori Euro 66.666,66 lordi a titolo di indennità supplementare, oltre interessi e rivalutazione dal dovuto al saldo effettivo. Rigetta, per il resto, il ricorso. Compensa per un terzo le spese di lite tra le parti. Condanna parte convenuta alla rifusione delle restanti spese di lite che liquida in complessivi Euro 8.000,00 oltre spese generali e accessori come per legge, e oltre Euro 259,00 per contributo unificato. Sentenza provvisoriamente esecutiva. Riserva a 60 giorni il deposito della motivazione. Milano, 26 marzo 2024.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI MILANO SEZIONE SPECIALIZZATA IN MATERIA D'IMPRESA -SEZIONE XV- Il Tribunale, in composizione collegiale, nella persona dei seguenti magistrati: dott. Angelo Mambriani - Presidente dott.ssa Maria Antonietta Ricci - Giudice a latere dott.ssa Alima Zana - Giudice estensore ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 34722/2019 promossa da: (...) S.R.L. IN FORMA ABBREVIATA "(...)" OPPURE "(...) S.R.L." OPPURE "(...) S.R.L." OPPURE "E. S.R.L." IN LIQUIDAZIONE con il patrocinio dell'avv. RESCIGNO MATTEO e dell'avv. GIANOLINI PAOLO SERGIO ATTORE contro (...) LIMITED, con il patrocinio dell'avv. LOMBRASSA STEFANO e dell'avv. PAPALEO ALESSANDRO CONVENUTA (...) con il patrocinio dell'avv. MANCINI DANIELE, (...), contumace in sede di riassunzione FALLIMENTO (...) S.R.L. in liquidazione (già (...) s.r.l.), contumace in sede di riassunzione INTERVENUTI FATTO-DIRITTO FATTO E DIRITTO 1. Le vicende processuali M. S.r.l. in liquidazione (di seguito "(...)") -operatore attivo nel settore di consulenza energetica, messa in liquidazione il 23 marzo 2018- in data 5 luglio 2019 ha citato in giudizio (...) Limited (di seguito "(...)") -soggetto di diritto cipriota operante nel settore degli investimenti energetici in Italia-. E ciò ai fini dell'accertamento, in via principale, della nullità e, in via subordinata, dell'annullamento del contratto perfezionato tra le parti in data 6 dicembre 2017, ove la convenuta, in veste di cessionaria, ha acquistato per l'importo di Euro 1.970.000,00 da parte attrice i crediti da quest'ultima vantati in virtù di due contratti di consulenza nei confronti di due soggetti terzi - (...) Ltd ed (...) S.A.- e già oggetto di autonomo contenzioso innanzi a questo Ufficio. Parte attrice ha rammentato che la cessione di tali crediti, ritenuta in questa sede viziata, era stata perfezionata nell'ambito di un forte dissidio sorto tra i tre soci di (...): da un lato (...) - all'epoca amministratore delegato e socio al 20%- e (...) -indirettamente socio, tramite (...) s.r.l., ora la fallita (...) s.r.l. in Liquidazione, per la frazione del 30%- che avevano dato corso all'operazione; dall'altro lato, (...) - titolare del restante 50% del capitale sociale, che l' aveva contestata, ma senza successo. In particolare, parte attrice -medio tempore entrata in liquidazione- ha lamentato il perfezionamento dell'accordo di cessione nonostante: - l'assenza della necessaria delibera assembleare, attesa la sostanziale modifica dell'oggetto sociale di (...) che l'operazione avrebbe cagionato; - il conflitto di interessi tra (...) ed il suo amministratore delegato, (...), circostanza nota alla convenuta, controparte negoziale; - la carenza di poteri gestori e rappresentativi in capo all'amministratore delegato. Si è costituita (...), eccependo preliminarmente l'inesistenza e la nullità della notifica dell'atto di citazione, giacché tradotto in una lingua non ufficiale prescritta dalla Repubblica di Cipro, ove l'atto introduttivo è stato notificato. Nel merito, la convenuta ha contestato la fondatezza delle domande di controparte, sottolineando come i vizi censurati afferiscano a questioni interne alla società, non conosciute e non conoscibili dalla convenuta, soggetto terzo rispetto alle dinamiche sociali. In ogni caso ha sostenuto la convalidazione del contratto, avendolo (...) integralmente dato esecuzione all'accordo prima di contestarlo nel presente giudizio. Infine, la convenuta ha svolto domanda riconvenzionale in via subordinata, di restituzione delle somme corrisposte a titolo di corrispettivo in caso di annullamento del contratto litigioso. All'udienza del 7.7.2020 sono intervenuti volontariamente in via adesiva ex art. 105 c.p.c. (...), (...) e (...), all'epoca ancora (...), chiedendo il rigetto delle domande attoree e la condanna di (...) per lite temeraria. Assegnati i termini di cui all'art. 183 comma 6 c.p.c., senza necessità di dare avvio alla fase istruttoria, il Giudice istruttore ha fissato udienza di precisazione delle conclusioni. A seguito dell'interruzione del processo a seguito del fallimento di (...) -dichiarato dal Tribunale di Monza in data 4.11.2021-e della rituale riassunzione, non si sono costituiti i soli (...) e lo stesso Fallimento, rimanendo contumaci. Infine, il Giudice istruttore all'udienza del 9.11.2022 ha rimesso la causa in decisione, previa assegnazione dei termini di legge per il deposito degli scritti difensivi finali. 2. Questioni preliminari 2.1. L'eccezione d'inesistenza della notifica dell'atto di citazione Come già accennato, (...) ha preliminarmente eccepito l'inesistenza della notifica dell'atto di citazione. Sul punto, il Collegio condivide le considerazioni espresse dal giudice istruttore in corso di causa, che ha ravvisato una mera causa di nullità del procedimento notificatorio, sanato ex tunc in virtù del principio generale di cui all'art. 156, comma 3, c.p.c. Tale regola, come noto, impedisce la declaratoria d'invalidità della notificazione, ove il destinatario ne sia venuto a conoscenza e si sia tempestivamente difeso nel merito, non risultando compresso in tale guisa il principio del contraddittorio ed il diritto di difesa, a copertura costituzionale, a tutela dei quali sono preposte le stringenti disposizioni in materia di procedimento notificatorio. Per comodità espositiva viene qui riportato il nucleo motivazionale di tale ordinanza: "- da un lato, come risulta dal deposito in prima udienza della documentazione cartacea relativa alla notificazione della citazione alla convenuta, il procedimento notificatorio è stato del tutto correttamente iniziato dall'attrice in riferimento alla sede estera della convenuta che l'attrice ha indicato alla prima udienza -senza alcuna smentita avversaria- risultare dagli atti negoziali, sede ove l'attrice non pare essere stata reperita; - mentre poi, d'altro lato, la tempestiva costituzione in giudizio della convenuta -che ha preso visione della citazione in quanto depositata dalla società qui attrice in altro procedimento- rende superflua la assegnazione di ulteriore termine all'attrice per la rinnovazione della notificazione, dovendosi in tal senso dare seguito al principio di cui all'art.156 terzo comma c.p.c., la cui applicazione al caso di specie risulta conforme al principio della ragionevole durata dei giudizi ex art.111 Cost., - del resto, neppure la convenuta avendo lamentato alcuna limitazione dei termini a sua difesa ed avendo comunque depositato comparsa di costituzione contenente ampie considerazioni difensive nonché la formulazione di domanda riconvenzionale;". Con conseguente rigetto della relativa eccezione. 2.2.Assetto societario di (...) La lite, come accennato, s'inserisce nell'ambito di un più ampio contenzioso, che ha visto contrapposti gli ex amministratori e soci di (...) in due distinti blocchi, ognuno rappresentante del 50% del capitale sociale: da un lato, per il 50%, (...) e, dall'altro, (...) e (...), tramite (...), titolari del restante 50%. (...) (già (...)) era partecipata all'88% da un soggetto terzo ((...)) ed al 12% da (...), presidente del C.d.A., mentre il ruolo di vice -presidente era ricoperto da (...). La società è stata dichiarata fallita in data 4.11.2021. L'organo gestorio di (...) -costituita in data 28.2.2012 - è stato espresso da un C.d.A., composto sin dal 28.02.2012 da (...), (...) e (...), quest'ultimo presidente del C.d.A. fino al 27.01.2017. In tale data ha assunto tale carica, con nomina del 20.12.2016, (...), che l'ha ricoperta fino alla messa in liquidazione della società, intervenuta in data 23 marzo 2018 con iscrizione presso il Registro delle imprese del 2.07.2018 (cfr. doc. 2 parte convenuta). Per quel che qui rileva, lo Statuto di (...) assegna i poteri spettanti al C.d.A., di ordinaria e straordinaria amministrazione, "senza limite alcuno, salvo quanto inderogabilmente disposto dalla legge. Il consiglio di amministrazione può delegare, nei limiti previsti dalla legge, i poteri di ordinaria e straordinaria amministrazione, o parte di essi, ad uno o più amministratori delegati" (cfr. art. 18). Quanto ai poteri di rappresentanza, questi spettano, "a seconda dei casi: a) all'amministratore unico; b) al presidente del consiglio di amministrazione, ai singoli consiglieri delegati, se nominati, ed al presidente del comitato esecutivo, se nominato; c) agli amministratori disgiuntamente o congiuntamente, secondo le medesime modalità con cui sono stati attribuiti i poteri di amministrazione" (cfr. art. 20) 2.3.Le parti del giudizio Come già accennato, nel giudizio hanno dispiegato intervento adesivo volontario (...), (...) e (...), a supporto della posizione sostenuta da (...). Tale scelta processuale è ammissibile, alla luce dell'art. 105 c.p.c., non essendo necessario per dispiegare l'intervento adesivo dipendente la prospettazione di possibili immediati effetti negativi del giudicato a proprio danno, ma essendo invece sufficiente l'interesse dell'interveniente ad un esito favorevole della parte adiuvata contro ripercussioni negative, che possano incidere (attraverso differenti graduazioni e pregiudizio) nella sfera giuridica dell'interveniente stesso. Ed in effetti, gli intervenuti sono titolari di una posizione comunque collegata all'esito del giudizio; esso non riguarda la diversa ipotesi dell'impugnazione di una delibera assembleare (ove operano i più stringenti principi giurisprudenziali elaborati in materia in relazione all'intervento ad adiuvandum dei soci) ma la validità di un contratto con un terzo operatore, la cui conservazione corrisponde all'interesse dei soci ed ex amministratori intervenuti. E ciò in quanto correlato: - alla tutela del patrimonio sociale, giacché dalla caducazione del negozio conseguirebbero effetti restitutori a carico della società; - alla positiva- indiretta- valutazione della legittimità delle pregresse scelte gestorie degli ex amministratori. Ciò premesso, il Fallimento di (...) e (...), a seguito dell'interruzione del processo e della rituale riassunzione anche nei loro confronti a cura di parte attrice hanno ritenuto di non costituirsi in questa fase processuale: gli stessi vanno dunque dichiarati contumaci, ex art. 303 comma 4 c.p.c. In tal caso, comunque, non si intendono rinunciate le domande in precedenza proposte (cfr. Cass. n. 13706/2007), che rientrano nel perimetro della lite. Del resto, la dichiarazione del curatore del Fallimento di non avere alcun interesse a coltivare la lite (cfr. istanza di interruzione proprio per intervenuto fallimento di (...) del 10.03.2022) non può essere qualificata come rinuncia agli atti del processo, alla quale peraltro le altre parti non hanno aderito, con conseguente non avveramento degli effetti estintivi ex art. 306 c.p.c.. 2.4. L'oggetto del giudizio La presente causa non ha ad oggetto la responsabilità degli ex amministratori (...) e (...), il primo anche formalmente socio, rispetto a condotte ritenute pregiudizievoli e dannose per la società. Avuto riguardo a tale profilo, (...) ha richiamato in sede di scritti difensivi finali un altro giudizio arbitrale dalla stessa promosso, conclusosi con lodo in data 21 luglio 2021 che ha accolto l'azione di responsabilità nei confronti dei due intervenuti ed ha condannato gli stessi ex art. 2476 c.c., oltre che (...), alla restituzione dell'importo di Euro 657.504,94 a favore dell'attrice. Al contrario, come già più volte precisato la presente causa ha ad oggetto la sola validità del contratto stipulato da (...) prima della sua liquidazione dall'allora organo gestorio in carica con un soggetto estraneo agli assetti societari (...). Si tratta ovviamente di profili strettamente connessi ma che mantengono una netta distinzione oggettiva- quanto a presupposti ed effetti- oltre che soggettiva. 3. Nel merito 3.1.La pretesa violazione dell'art. 2479 comma 2, n. 5. c.c. (...) ha dedotto in primo luogo un vizio di nullità dell'accordo sottoscritto con (...), in quanto concluso senza la necessaria preventiva deliberazione dell'assemblea dei soci, prescritta a suo dire dall'art. 2479 n.5 c.c. (trattandosi in tesi di "decisione di compiere operazioni che comportano una sostanziale modificazione dell'oggetto sociale determinato nell'atto costitutivo o una rilevante modificazione dei diritti dei soci"). La cessione dei crediti litigiosa avrebbe invero cagionato il mutamento dell'oggetto sociale di (...) stessa, determinando di fatto il passaggio alla fase liquidatoria della società. I negozi generatori delle poste attive cedute -conclusi a suo tempo con i terzi (...) e (...), debitori ceduti- erano gli unici contratti in essere e rappresentavano l'unica attività in concreto svolta all'epoca dall'attrice. Il Collegio ritiene tale doglianza infondata. Pur tenendo conto dell'indirizzo interpretativo estensivo, anche di questo Ufficio, che ravvisa l'ipotesi di mutamento dell'oggetto sociale anche in operazioni che nominalmente non hanno tale qualifica ma che comunque generano una "sostanziale modificazione dell'oggetto sociale", intesa come mutamento di fatto conseguente ad operazioni di carattere gestorio, il Collegio ritiene tale censura infondata. Occorre nel caso in esame tenere conto dei seguenti profili: 1. non si è trattato della cessione di contratti in corso di esecuzione, attraverso i quali si esplicava l'oggetto dell'attività d'impresa, il cui venir meno avrebbe potuto comportare l'ingresso in una fase sostanzialmente liquidatoria. La cessione qui censurata ha avuto ad oggetto i crediti maturati dall'attrice rispetto a negozi di consulenza ormai cessati e definiti (anche nella loro fase esecutiva) rispetto ai quali era sorta una controversia solo rispetto all'importo di credito a titolo di corrispettivo spettante a (...); 2. l'oggetto dell'attività di impresa poteva quindi essere perseguito mediante la stipulazione di altri contratti di consulenza, perfezionamento in alcun modo ostacolato- né sul piano fattuale né sul piano giuridico- dalla vicenda litigiosa; 3. Ecube, al momento della stipulazione del negozio qui censurato, si trovava già in una sostanziale fase liquidatoria per un'altra ed assorbente causa, ossia per l'impossibilità di funzionamento dell'organo assembleare, atteso che il conflitto tra i soci, le cui due diverse posizioni esprimevano in misura paritetica il 50% del capitale sociale. Tale situazione era già stata rilevata dal Tribunale nel precedente mese di maggio 2017 (dunque ben prima del perfezionamento del contratto con la convenuta) che aveva constatato la fase di "stallo decisionale" in cui versava l'attrice. Quindi la causa liquidatoria: a. preesisteva al contratto oggetto di lite; b. era motivata da questioni altre e diverse, del tutto distinte dalla conclusione del negozio di cui si discute. Le considerazioni all'epoca espresse dal Tribunale sono dirimenti e conducono al rigetto della relativa censura. 3.2. Il conflitto di interessi ex art. 2475 ter c.p.c. L'attrice ha invocato altresì l'annullamento del contratto oggetto di lite perché stipulato dagli amministratori in conflitto di interessi. (...) ravvisa in particolare tale situazione nell'interesse proprio degli ex amministratori (...) e (...) -che avevano dato corso all'operazione- al fine di conseguire personalmente, tramite una sostanziale condotta distrattiva successiva all'esecuzione dell'accordo, una rilevante frazione del prezzo di cessione. In proposito: - il conflitto di interesse si sarebbe concretizzato nella scelta di cedere i crediti (cfr. doc. 7 e 8 parte attrice) ad un prezzo disallineato rispetto all'interesse sociale, in quanto sensibilmente inferiore rispetto al loro valore sia nominale, pari ad 10 milioni, sia a quello valutato dallo stesso C.T.U. nel corso della causa pendente tra parte attrice ed i debitori ceduti, pari Euro 3.058.479,96, oltre accessori (cfr. doc. 11 di parte attrice); - le valutazioni degli amministratori circa la convenienza alla stipula dell'accordo sarebbero state viziate dal solo personale interesse di poi procedere alla distrazione di parte del corrispettivo senza valutare correttamente la -non- convenienza all'affare di (...); - tale circostanza sarebbe stata conosciuta o conoscibile dalla convenuta, più volte dedotta, da parte del socio amministratore dissenziente (...), circa i contrasti interni tra i soci (...) e sull'irregolarità del procedimento interno seguito dal socio-amministratore. A valle, la condotta distrattiva sarebbe consistita nel trasferimento di una parte rilevante del corrispettivo corrisposto dalla convenuta (pari complessivamente all'importo di Euro 1.970.000,00) non a favore della stessa (...), ma ai due ex amministratori infedeli, tramite (...). In particolare, la frazione di Euro 657.504,94 sarebbe stata trasferita a favore di quest'ultima società, di cui -si rammenta- (...) era socio di minoranza e Presidente del C.d.A. mentre (...) vice- Presidente del C.D.A. E ciò in virtù di un accordo sottoscritto in data 2.1.2017 artatamente a scopo distrattivo, avente ad oggetto la reversibilità del compenso di (...) e di (...) -da ciascuno maturato in qualità di amministratore di (...) - a favore di (...) (cfr. doc. 21 attore). Tale trasferimento è in concreto intervenuto tramite bonifici di cui: i) Euro 472.504,94 con causale "pagamento compenso amministratore (...)"; ii) Euro 185.000 con causale "pagamento compenso amministratore (...)" (doc. n. 19). L'ulteriore frazione di Euro 525.495,06 era già stata appostata a bilancio di (...), sempre a titolo di ulteriori compensi a favore dei due amministratori (...) e (...), con la stessa finalità distrattiva. Ciò premesso, ai fini dell'applicabilità del rimedio di cui all'art. 2475 ter c.p.c. è necessario che : - il conflitto di interessi sorga nel momento genetico-negoziale di un determinato atto, quando cioè l'amministratore -in relazione ad una determinata operazione- sia portatore di un interesse personale, contrapposto e inconciliabile con quello della società o comunque idoneo a cagionarle un pregiudizio. L'incompatibilità degli interessi del rappresentante e del rappresentato dev'essere accertata in concreto, avuto riguardo a ciascun singolo atto o negozio che "per le sue intrinseche caratteristiche consenta la creazione dell'utile di un soggetto mediante il sacrificio dell'altro;" - sia riscontrato un pregiudizio all'interesse sociale; - il conflitto sia conosciuto o conoscibile da parte del terzo, contraente con la società. Nel caso di specie tali presupposti non sono ravvisabili. Invero: a. non è riscontrato il conflitto di interesse. Come precisato, tale requisito deve essere ponderato in relazione alla specifica operazione censurata, ove l'amministratore introduca, rispetto alla valutazione dell'affare, interessi confliggenti con quelli sociali. Il conflitto non può essere invece identificato in profili estranei rispetto all'atto censurato. Nel caso in esame gli accordi spartitori interni ai soci (...) e (...) non sono entrati nella dinamica negoziale, ma hanno inciso in una successiva fase anche temporale, a valle del contratto di cessione, distinta dal sinallagma e finalizzata a ledere (...). La sottoscrizione del contratto litigioso non è in sostanza riconducibile alla fattispecie ex art. 2475 ter c.c. giacché la volontà contrattuale è stata espressa dagli ex amministratori non in conflitto di interessi con la società, sussistendo un allineamento con l'interesse di quest'ultima, ravvisabile in quello di definire fruttuosamente un contenzioso dagli esiti incerti, e quello degli amministratori. In altri termini ha coinciso anche con l'interesse sociale ottenere il pagamento pressoché immediato di Euro 1.970.000,00 a titolo di corrispettivo del crediti ceduti, a fronte del petitum cristallizzato nel giudizio di primo grado per Euro 5.537.081.02 contro i debitori ceduti, quantificato dal CTU in corso di causa in Euro 3.058.479,96, oltre IVA e interessi (cfr. doc. 10 parte attrice, cfr. altresì ordinanza doc. 11 della stessa difesa). E ciò tenuto conto dell'alea del processo nei diversi eventuali gradi: si consideri, tra l'altro, il rigetto del sequestro conservativo chiesto da (...) nei confronti di (...) reso ordinanza del 16.12.2019 e confermato in sede di reclamo in data 18.03.2020; b. manca in ogni caso la prova che tale- asserito- conflitto fosse conosciuto o conoscibile al terzo (cfr. ultima locuzione art. 2475 ter c.c.). In proposito va rilevato che: - quanto al profilo oggettivo, il corrispettivo della cessione dei crediti è stato versato- non a favore di (...) ma- nelle casse sociali di (...). (...) ha pagato direttamente alla cedente, che ha incassato, nei termini e nelle tranches di pagamento previste, l'intera somma di Euro 1.970.000,00, anche con la liberazione integrale del deposito fiduciario che le stesse parti dell'Accordo avevano costituito presso il notaio (dott. (...), cfr. docc. 24-25 e 26 di parte convenuta) e non direttamente ai soci-amministratori. Quindi dal soggetto beneficiato dal pagamento il cessionario non poteva ricavare alcun indizio circa il conflitto d'interessi tra la società ed i suoi amministratori né tantomeno circa la volontà distrattiva. Inoltre, come già accennato al punto sub a), il prezzo non era vile ma era significato sensibile rispetto alle somme originariamente vantate da (...), e sottoposte al vaglio del Tribunale. Dunque, non si può ritenere che fosse conoscibile a (...), attraverso le intrinseche caratteristiche dell'accordo, il potenziale conflitto tra la cedente ed il suo organo gestorio; - sotto il profilo soggettivo, è vero che (...), contrario alla cessione, aveva inviato alla convenuta una prima diffida in data 25.10.2017 e una seconda in data 20.12.2017 (cfr. doc. 22 di parte attrice), chiarendo la sua opposizione, in qualità di socio, alla sottoscrizione dell'agreement. Ma ciò in quanto non sufficientemente informato rispetto alla delibera sociale autorizzativa di (...) e in quanto ritenuti "unfair" i termini del settlement. In nessuna parte di tale comunicazione vi è un cenno ad un potenziale conflitto di interessi tra gli amministratori e la società (...). Del resto, lo stesso (...), al momento dell'invio della missiva, non era a conoscenza del potenziale conflitto, alla luce della concatenazione temporale degli eventi esposta dalla stessa (...). Il socio dissenziente è venuto infatti a conoscenza della volontà distrattiva e del negozio che apparentemente sorregge, dal punto di vista causale, tale distrazione (accordo di reversibilità del compenso di (...) a favore di (...), recante data 2 gennaio 2017, cfr. doc. 21 attore) solo successivamente all'invio della diffida alla convenuta, ovvero solo in data 24 dicembre 2017 (cfr. pag.14 atto citazione). Ancora sotto il profilo soggettivo: (...) non era a conoscenza della finalità pregiudizievole degli amministratori e peraltro non ha conseguito alcun interesse ulteriore o correlato a quanto ottenuto dagli amministratori in conflitto di interessi con la società, essendo estranea alle dinamiche interne della società (...) e dei suoi soci, ma avendo invece relazioni societarie con le debitrici cedute (...) e (...). Mancano quindi tutti gli elementi costitutivi del rimedio di cui all'altro 2475 ter c.c.. La doglianza attorea va pertanto rigettata. 3.4. La carenza poteri rappresentanza 2475 bis c.p.c. (...) ha inoltre censurato l'accordo litigioso per carenza dei poteri rappresentativi in capo all'amministratore delegato (...) che ha rappresentato la società nell'operazione. Il contratto sarebbe stato sottoscritto in assenza di corrispondenza tra potere gestorio e rappresentativo, non essendo stata sottoposta la decisione all'approvazione dell'assemblea, con conseguente limitazione del potere in capo agli amministratori ed invalidità del contratto dallo stesso stipulato. L'attrice ha sostenuto in particolare l'invalidità della delibera del C.d.A. di (...) del 7 agosto del 2017, con la quale è stato attribuito a (...) il potere di stipulare la cessione litigiosa. In assenza del carattere di urgenza, tale delibera avrebbe dovuto essere approvata dall'assemblea dei soci e, quindi, con il necessario coinvolgimento anche di (...). Anche la decisione dell'organo gestorio era stata assunta in composizione non corretta ma ridotta, senza la presenza dello stesso amministratore (...). Ciò premesso, ritiene il Collegio di dover decidere la presente lite in virtù della "ragione più liquida", che consente di sostituire il profilo di evidenza a quello dell'ordine delle questioni da trattare, di cui all'art. 276 c.p.c., in ossequio all' esigenza di economia processuale e di celerità del giudizio (cfr., ex multis, Cass. sez. lav., 20 maggio 2020, n. 9309). In virtù di tale principio a copertura costituzionale, secondo il dettato degli artt. 24 e 111 Cost., ribadito tra l'altro da consolidati indirizzi giurisprudenziali, la causa può essere decisa sulla base della questione ritenuta di più agevole soluzione, anche se logicamente subordinata, senza che sia necessario esaminare previamente le altre "imponendosi, a tutela di esigenze di economia processuale e di celerità del giudizio, un approccio interpretativo che comporti la verifica delle soluzioni sul piano dell'impatto operativo piuttosto che su quello della coerenza logico sistematica e sostituisca il profilo dell'evidenza a quello dell'ordine delle questioni da trattare ai sensi dell'art. 276 c.p.c.". Ciò premesso, l'art. 2475, comma 2, bis c.c. prevede che i limiti ai poteri degli amministratori sono opponibili ai terzi solo ove si provi che questi abbiano intenzionalmente agito a danno della società. ai fini dell'accesso al rimedio. Dunque, il rimedio richiede: a. il requisito oggettivo della carenza del potere dell'amministratore, b. l'elemento soggettivo della volontà dannosa del terzo. Come peraltro confermato da consolidati indirizzi di legittimità, in assenza di una partecipazione dolosa del terzo, determinato dall'esigenza di danneggiare la società avvalendosi della limitazione stabilita dall'art. 2475 bis c.c., "l'inopponibilità ai terzi delle limitazioni convenzionali ai poteri degli amministratori, ancorché pubblicate, determina come conseguenza il fatto che l'eventuale inosservanza di dette limitazioni non potrà incidere sulla validità e l'efficacia degli atti compiuti, essendo questi inattaccabili ed incontestabili nei rapporti con i terzi, ma potrà rilevare unicamente nei rapporti interni per esporre l'amministratore a responsabilità verso la società". In particolare, secondo l'orientamento di questo Ufficio, la conclusione da parte dell'amministratore di società a responsabilità limitata di un contratto in violazione dei limiti del suo potere gestorio "rileva unicamente sul piano dei rapporti interni e non si traduce in una invalidità del negozio, salvo che si provi che i terzi abbiano intenzionalmente agito in danno della società, come dispone l'art. 2475 bis c.c.". Nel caso in esame, a prescindere dalla validità della Delib. del 7 agosto 2017, e della sussistenza del requisito sub. a. estranea alla cognizione diretta della presente lite, manca la prova liquida sub. b. che (...) abbia intenzionalmente agito a danno della società. Tale requisito non è neppure specificatamente né allegato né documentato da parte attrice, che è onerata della relativa prova. Del resto, gli elementi indiziari di natura oggettiva già esaminati ai punti precedenti escludono il riscontro di tale requisito: basti pensare che il corrispettivo della cessione dei crediti litigiosi non era prima facie dannoso per la società, ma anzi congruo, anche avuto riguardo alla perizia compiuta in corso di causa, la cessione di tali posizioni dietro corrispettivo immediato Euro 1.970.000,00, oltre all'abbandono di tutte le liti in corso. Le restanti questioni restano assorbite. La domanda attorea va rigettata. 3.5.La pretesa illiceità della causa e del motivo (...), mediante la modifica del petites operata nel corso della prima memoria ex art. 183 c. 6 c.p.c., da ritenersi quale espressione della facoltà processuale c.d. della emendatio libelli e non della mutatio libelli- ha introdotto una domanda di nullità dell'accordo litigioso per illiceità della causa. L'attrice ha esposto la sussistenza in capo alle parti di un intento distrattivo illecito idoneo a determinare l'invalidità del contratto per causa o motivo illecito, ravvisabile nell' illecita distrazione del patrimonio sociale, identificata come causa concreta dell'accordo medesimo. Ritiene il Collegio di rigettare tale doglianza per le ragioni che seguono. Quanto al primo profilo, la causa del contratto si identifica con la funzione pratica concretamente perseguita dal negozio: la cessione del credito- che realizza come noto uno schema negoziale causalmente neutro- nel caso di specie evidenzia la lecita funzione di scambio tra l'effetto traslativo della posizione creditoria ed il corrispettivo pagato da D. Rispetto a questa funzione pratica risultava autonoma l'ulteriore finalità perseguita in concreto dall'allora organo gestorio di (...). Quest'ultimo profilo attiene al più ai motivi- in tesi illeciti- ossia agli interessi concreti per i quali l'organo gestorio dell'attrice ha contrattato, ma rispetto ai quali la convenuta è rimasta estranea. Non essendo tuttavia né dedotta né provata la comunanza e la condivisione anche di (...) a tale interesse concreto -nel senso del solo e decisivo motivo ad averla determinata alla conclusione dell'accordo-- non è riscontrata neppure l'ipotesi di cui all'art. 1345 c.c.: il contratto risulta essere stato validamente stipulato. 4. Quanto alla domanda riconvenzionale della convenuta D. ha peraltro agito in via riconvenzionale, in subordine all'eventuale accoglimento delle doglianze attoree, ai fini della restituzione o della ripetizione integrale dell'importo litigioso pagato. Tale domanda, essendo subordinata all'accoglimento delle domande principali, ritenute infondate dal Collegio, va pertanto rigettata. 5. Il comando giudiziale La domanda attorea va pertanto disattesa per le ragioni esposte in narrativa. In conseguenza, vanno rigettate anche le domande riconvenzionali, di natura restitutoria, subordinate della convenuta. Non merita neppure accoglimento la domanda ex art. 96 c.p.c. svolta dalla convenuta, tenuto conto che l'iniziativa attorea non risulta connotata da caratteri di dolo o colpa grave, anche tenuto conto del quadro probatorio -complesso e non di immediata intellegibilità- sotteso alle doglianze di parte attrice, che hanno giustificato il radicamento della lite. Analogamente va respinta la domanda di condanna ex art. 94 c.p.c. a carico del liquidatore di parte attrice- il cui accoglimento necessita, come noto, del riscontro della trasgressione del dovere di lealtà e probità di cui all'art. 88 cod. proc. civ. ovvero nella mancanza della normale prudenza che caratterizza la responsabilità processuale aggravata di cui all'art. 96, secondo comma, c.p.c.-. Il liquidatore ha invero intrapreso l'iniziativa a tutela del patrimonio sociale -a fronte di sottese condotte spoliative- qui rigettate per ragioni di merito: a) che non consentono in alcun modo di ritenere imprudente la presente iniziativa giudiziaria; b) altre e diverse dalla pretesa convalidazione del contratto di cessione, da parte dello stesso attuale rappresentante della società, e comunque eterogenee rispetto a pretese scelte contraddittorie- di pretesa valenza negoziale opposta- asseritamente poste in essere dal liquidatore. La domanda ex artt. 96 e 94 c.p.c. articolata anche dall'intervenuto (...) va rigettata - oltre che per le stesse ragioni sopra esposte- anche per l'assorbente considerazione che parte attrice non ha svolto né esteso alcuna domanda personalmente nei confronti dell'ex amministratore, rispetto alla quale possa essere indagata la pretesa temerarietà dell'azione. Le spese di lite sono poste carico dell'attore in virtù del principio della soccombenza solo rispetto alla convenuta e vengono liquidate, tenuto conto del valore della causa, secondo i medi del relativo scaglione di riferimento, attesa a rapida scansione del giudizio e della natura delle questioni trattate. Quanto invece al rapporto processuale tra gli intervenuti e parte attrice, sussistono giuste ragioni per l'integrale compensazione, tenuto conto che, da un lato, (...) è rimasta soccombente rispetto alla domanda principale svolta dalla convenuta, parte processuale adiuvata dagli intervenuti, e d'altro lato del preoccupante quadro complessivamente a carico di quest'ultimi rispetto all'operazione a valle della cessione qui esaminata. Infine: la compensazione è ancor più giustificata tra parte attrice e (...) ed il Fallimento (...), i quali non si sono costituiti a seguito dell'interruzione del processo, non insistendo quindi nelle loro pretese, anche in punto spese, nell'ultima frazione processuale. P.Q.M. Il Tribunale di Milano, Sezione Specializzata in Materia di Impresa, Sezione XV civile, definitivamente pronunciando sulla domanda formulata da (...) S.r.l. in liquidazione nei confronti di (...) Limited con atto di citazione notificato in data 5.7.2019, nonché con l'intervento di (...) Limited, (...) e (...), ogni ulteriore domanda ed eccezione diversamente rigettata e disattesa, così dispone: 1. rigetta le domande formulate dall'attore (...) s.r.l. in liquidazione, per le ragioni esposte in narrativa, restando assorbita la domanda riconvenzionale subordinata da (...) Limited; 2. condanna (...) S.r.l. in liquidazione alla rifusione delle spese di lite a favore di (...) Limited, che si liquidano in Euro 20.500,00, oltre spese generali al 15%, I.V.A. se dovuta, C.P.A. e spese di registrazione; 3. rigetta le domande ex artt. 94 e 96 c.p.c. formulate da (...) Limited per le ragioni indicate in narrativa; 4. rigetta le domande ex artt. 94 e 96 c.p.c. formulate da (...) per le ragioni indicate in narrativa; 5. compensa le spese di lite tra (...) s.r.l. in liquidazione e gli intervenuti (...), (...) e Fallimento (...) s.r.l. per le ragioni indicate in narrativa. Così deciso in Milano il 9 febbraio 2023. Depositata in Cancelleria il 24 marzo 2023.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO di MILANO TREDICESIMA CIVILE Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. Sabrina Bocconcello ha pronunciato ex art. 281 sexies c.p.c. la seguente SENTENZA nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 55728/2019 promossa da: Parte_1 (C.F. C.F._1), con il patrocinio dell'avv. BR.GL. elettivamente domiciliato in Indirizzo_2 CA_1 MILANO presso il difensore avv. BR.GL. ATTORE/I contro COND. Indirizzo_1 MILANO (C.F. P.IVA_1 , con il patrocinio dell'avv. L.TO.AN. elettivamente domiciliato in Indirizzo_3 CA_1 MILANO presso il difensore avv. L.TO.AN. CONVENUTO/I RE. SPA (C.F.) rappresentato e difeso dall'avv. DE.BO.GA. DI. AN. elettivamente domiciliato in Indirizzo_4 CA_2 MILANO presso il difensore avv. DE.BO.GA.DI.AN. TERZO CHIAMATO CONCLUSIONI Le parti hanno concluso come da fogli allegati al verbale d'udienza. SVOLGIMENTO IN FATTO DEL PROCESSO omissis ex art. 132 c.p.c. e 118 disp att cpc Si premette che la presente sentenza verrà redatta con motivazione stesa in forma concisa e sintetica in conformità anche con i criteri espressi e di cui alla pronunzia della Suprema Corte di Cassazione alle SS.UU. n. 642 del 16/01/2015. La presente si limiterà pertanto ad una succinta esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione, specificando che tale esposizione potrà fondarsi su precedenti conformi. Per quanto riguarda domande, eccezioni e richieste conclusive delle parti, si rinvia agli atti processuali delle medesime ed ai verbali delle udienze, atteso il contenuto dell'art. 132 n. 4 c.p.c. e 118 disp att. cpc, che esclude una lunga e particolareggiata esposizione di tutte le vicende processuali anteriori alla decisione. MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA DECISIONE Il presente procedimento trae origine dalle domande svolte, con atto di citazione regolarmente notificato dall'attrice, condomina, nei confronti del Controparte_2 per sentir accogliere le seguenti conclusioni: "accertare e dichiarare l'esclusiva responsabilità del CP_2 per gli allagamenti verificatisi presso l'immobile di proprietà di Parte_1 e per i danni tutti da ciò derivati in capo all'attrice; accertare e dichiarare il CP_2 tenuto al pagamento a favore dell'attrice di euro 21.498,00 (di cui euro 16.498,00 per danni materiali ed euro 5.000,00 per danni non patrimoniali) ovvero della maggiore o minore somma che dovesse emergere in corso di causa anche in via di giustizia e/o equità, previa all'occorrenza statuizione di annullamento della delibera assembleare del 13.06.2019 con riferimento all'accredito individuale per i sinistri del 2017 di euro 959,00; condannare il CP_2 all'esecuzione di tutte quelle opere necessarie a garantire il funzionamento dell'impianto di smaltimento delle acque ed ovviare ai problemi di allagamento reiteratamente manifestatisi presso l'unità immobiliare di parte attrice". Si costituiva regolarmente in giudicio il CP_2 convenuto che eccepiva preliminarmente l'inammissibilità della domanda e, nel merito, contestava ogni avversa pretesa, sia in fatto che in diritto, chiedendo la chiamata in causa della Parte_2 per essere da questa tenuto indenne e manlevato, in forza di polizza assicurativa n. Nume_1 Autorizzata la chiamata di Parte_2 la terza chiamata si costituiva in giudizio eccependo l'inoperatività della garanzia sia ai sensi e per gli effetti degli artt. 1914 e 1915 sia in ragione delle clausole pattizie e nel merito la quantificazione del danno come indicato da parte attrice. Concessi i richiesti termini per memorie ex art. 183 VI comma c.p.c., in esito al deposito il Giudice ammetteva CTU e nominava per l'incombente l'arch. Persona_1 che all'udienza del 16.3.2022 prestava il giuramento di rito accettando l'incarico sul seguente quesito "Dica il C.T.U., esaminati gli atti ed i documenti prodotti, visitati i luoghi, esperita ogni opportuna indagine, sentite le parti ed i loro consulenti tecnici, quale sia la causa delle lamentate infiltrazioni inerenti l'appartamento della sig.ra Parte_1 situato nello stabile di Milano, (...) Indirizzo_1 indichi i rimedi necessari per il ripristino dei luoghi e i relativi costi; quantifichi eventuali danni all'immobile ed al mobilio. Depositata l'elaborato del CTU in data 6.2.2023, la causa veniva rinviata per la precisazione delle conclusioni. All'udienza del 08.02.2023 le parti precisavano le conclusioni e il Giudice rinviava la causa per la discussione ex art. 281 sexies cpc concedendo termine alle parti per il deposito di note conclusive. In esito alla discussione dell'udienza 21.3.2024, viene data lettura della sentenza mediante deposito. Deve preliminarmente qualificarsi priva di fondamento l'eccezione pregiudiziale sollevata dal convenuto CP_2 circa l'inammissibilità della domanda per non aver impugnato la delibera del 13.6.2019 che ha approvato la liquidazione alla attrice di Euro.959,00 a titolo di risarcimento del danno. Fermo che - le attribuzioni dell'assemblea sono circoscritte alla verificazione ed applicazione in concreto dei criteri legali o convenzionali di ripartizione delle spese necessarie per la conservazione ed il godimento delle parti comuni, nonché per la prestazione dei servizi nell'interesse comune, oltre che per le legittime innovazioni deliberate dalla maggioranza; - e quindi esula dalle attribuzioni dell'assemblea il potere di imputare, con l'efficacia vincolante propria della deliberazione assembleare, al singolo condomino una determinata spesa pretesamene individuale ovvero una somma a saldo di importi elargiti a titolo di risarcimento, non potendosi ravvisare una sorta di autotutela dell'ente collettivo privilegiata rispetto alla posizione del normale creditore/debitore, a pena di nullità della delibera (In senso conforme per tutte: Cass. civ., Sez. II, 30/04/2013, n. 10196; Cass. civ., Sez. II, 22/07/1999, n. 7890; Trib. Milano, Sez. XIII, 6/5/2004 n. 5717). ciò posto, nel caso in esame, dalla documentazione in atti emerge che l'assemblea ha ritenuto liquidare la somma di Euro.959,00 ma non vi è prova che tale somma sia stata accettata a saldo di ogni pretesa attorea ovvero che sia intervenuta una transazione novativa tra le parti, atteso che il condomino che subisca, nella propria unità immobiliare, un danno derivante dall'omessa manutenzione delle parti comuni di un edificio, ai sensi degli artt. 1123, 1124, 1125 e 1126 c.c., assume, quale danneggiato, la posizione di terzo nei confronti del condomini (Cass 18187/21). Conferma peraltro l'assenza di ogni accettazione da parte dell'attrice alla proposta del condominio di cui al verbale del 13.6.2019 la circostanza che nello stesso verbale emerge che " la signora (...) Per_2 ritiene che nell'ambito di un recente sinistro per allagamento nella sua unità immobiliare il risarcimento proposto dalla compagnia assicurativa del condominio sia insufficiente. L'amministratore informa che il condominio è assicurato e quindi il perito della compagnia è il nostro riferimento ma se non si ritenesse accettabile da parte sua tale importo potrà senz'altro tutelare i propri interessi contro il condominio che a sua volta chiamerebbe a tutela ovviamente la compagnia assicurativa". Venendo al merito si rileva quanto segue. La vicenda esaminata rientra nell'ambito dell'art. 2051 c.c. che introduce una disciplina speciale per i danni arrecati dalle cose di cui si ha la custodia. Parte attrice infatti lamenta di aver subito dei danni a seguito di allagamenti del suo appartamento avvenuti sin dal 2017, allegamenti di provenienza dall'impianto fognario del CP_2 e chiede l'esecuzione delle opere necessarie per la loro eliminazione nonché il risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali. Come noto ogni fenomeno che, proveniente dalle parti comuni, arrechi alla proprietà relativa ad un bene immobile ricompreso in uno stabile condominiale, rappresenta un fenomeno di cui è comunque tenuto a rispondere il CP_2, in quanto quest'ultimo, quale custode dei beni e dei servizi comuni, è obbligato ad adottare tutte le misure necessarie affinché le cose comuni non arrechino pregiudizio ad alcuno, dovendo pertanto rispondere in base all'art. 2051 c.c., dei danni da queste cagionati alla porzione di proprietà esclusiva di uno dei condomini salvo il caso fortuito. Su tale ultimo aspetto è come noto la responsabilità ex art. 2051 c.c. può essere esclusa solo qualora il custode dia la prova positiva del caso fortuito, idoneo a rompere il legame di custodia e di controllo tra lui e la res, riuscendo così a dimostrare l'inidoneità della cosa in custodia a provocare il danno (Cass. civ. n. 26751/2009). Caso fortuito che può consistere in un fatto - eccezionale, imprevedibile ed inevitabile- naturale o anche nel fatto del terzo o dello stesso danneggiato. Ciò posto, nel caso in esame, nessun dubbio sussiste circa l'effettivo verificarsi degli allagamenti nell'immobile di parte attrice. Depone in tal senso, infatti, il comportamento processuale del convenuto CP_2 che non ha contestato il profilo indicato, limitandosi ad evidenziare la propria carenza di legittimazione, con riferimento alla riferibilità dei lamentati allagamenti e, dunque, al conseguente risarcimento del danno sul presupposto della esenzione da responsabilità per caso fortuito ovvero il fatto del terzo. Sotto il profilo causale, infine, la CTU espletata ha potuto confermare che:" Fatta analisi di quanto dice l'avv. La.To., il sottoscritto, che aveva ottenuto autorizzazione dal G.I. finalizzata alla effettuazione di una video ispezione della fognatura condominiale ed in special maniera della tratta orizzontale interrata nella quale confluiscono le acque di scarico di tutte le unità per poi essere convogliate, prima alla vasca di raccolta per poi, dopo la uscita dalla stessa, inserirsi nell'USB e successivamente sfociare nella condotta Comunale presente sulla Indiriz_5, meglio visionata la documentazione reperita presso la ricorrente (schema comunale della fognatura, una planimetria generale dei cantinati dello stabile di lndirizzo_1 redatta in data 9/09/1985 per la (...), costruttrice degli immobili in trattazione dallo Arch. cp_3 ha ritenuto superflua la esecuzione della videoispezione per le motivazioni sotto specificate: a) in quanto già eseguita in data 2017. b) in quanto l'immobile, che è stato costruito plausibilmente nell'anno 1977/1978, (la tavola dello schema fognatura timbrata dal Comune di Milano ha data 1977) presenta una condotta interrata nella quale confluiscono le acque dei singoli immobili di un diametro di cm. 20,00, che il sottoscritto ritiene sufficiente a servire gli immobili del complesso immobiliare. c) su tale condotta, come risulta dai verbali dell'Assemblea Condominiale, già veniva fatta eseguire videoispezione, sulla stessa condotta già venivano fatti eseguiti spurghi, come risultante dai verbali Assembleari; d) la considerazione di come la Condotta Comunale interrata sulla Indiriz_5, pur ritenuta di dimensioni sufficienti a ricevere le acque reflue provenienti dai fabbricati presenti, si trovi, ora, a raccogliere le acque reflue di immobili edificati successivamente all'edificio di lndirizzo_1. Causa questa ultima, a parere del sottoscritto CTU, che in caso di eventi temporaleschi anomali e di forte intensità, le acque di scarico provenienti dalla fognatura del civico Indl possano con difficoltà immettersi nella condotta Comunale e perciò creare fenomeni di rigurgito." (Pag. 6 elaborato) Orbene, come correttamente evidenziato dalla difesa della terza chiamata, l'esito della CTU ha confermato che non è l'impianto del CP_2 convenuto che causa gli allagamenti, ma la condotta comunale che un tempo era sufficiente mentre oggi raccoglie acque reflue di numerosi immobili successivamente costruiti, che a causa degli eventi atmosferici non permettono il facile reflusso delle acque del CP_2. Il fatto del terzo (ndr la condotta comunale che non ha idonea portata) assume quindi il carattere di circostanza liberatoria per il custode, atteso che sussiste l'intrinseca autonomia rispetto alla condotta e, più in generale, alla sfera del CP_2 ed ha il carattere di imprevedibilità ed inevitabilità. Consegue quindi che la condotta del terzo (la condotta comunale) esclude la responsabilità del CP_2 nella causazione dei danni lamentati dall'attrice, senza che sia necessaria l'individuazione precisa del terzo perché tale ultimo elemento non è essenziale per la prova dell'interruzione del nesso eziologico, nel caso in cui sia, comunque, certo l'effettivo ruolo del terzo stesso nella produzione dell'evento. Per quanto sopra la domanda di parte attrice va rigettata con assorbimento di tutte le altre domande anche quella di esecuzione di opere atteso che, a tutela del suo diritto di ottenere che l'impianto sia strutturato e condotto in modo da assicurare un sufficiente reflusso delle acque, compatibilmente con le esigenze di generale disciplina del bene condominiale e senza pregiudizi per gli altri, il CP_2 deve prima può provocare una delibera condominiale che attiene agli interventi da effettuarsi sull'impianto o ad una diversa conduzione e in mancanza rivolgersi direttamente all'autorità giudiziaria a tutela del diritto leso, siano a richiedere il risarcimento del danno nella ipotesi di una colpevole omissione del condominio nell'adottare provvedimenti riparatori di guasti o di deficienze sopravvenute all'impianto. (cass. 10492/1996) Le spese di lite seguono il criterio della soccombenza e si liquidano come da dispositivo anche quelle di CTu che vengono poste definitivamente a carico di parte attrice; Sentenza esecutiva P.Q.M. Il Tribunale, definitivamente pronunciando in composizione monocratica, ogni diversa istanza ed eccezione disattesa o assorbita, così decide. - Rigetta le domande di parte attrice. - Condanna parte attrice alla rifusione in favore del CP_2 convenuto delle spese del giudizio, spese che liquida in complessivi euro 4.500,00, oltre iva e cpa oltre rimborso spese generali 15%; - Condanna parte attrice alla rifusione in favore della terza chiamata delle spese del giudizio, spese che liquida in complessivi euro 4.500,00, oltre iva e cpa oltre rimborso spese generali 15%; - pone definitivamente a carico di parte attrice le spese di CTU come liquidate - sentenza esecutiva Così deciso in Milano, oggi 21 marzo 2024
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO di MILANO TREDICESIMA CIVILE Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. Lorenza Adriana Zuffada ha pronunciato ex art. 281 sexies c.p.c. la seguente SENTENZA nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 10071/2019 promossa da: Parte_1 (C.F. C.F._1), con il patrocinio dell'avv. CI.AU. (C.F._2) Indirizzo_1 CA_1 CP_1; elettivamente domiciliato presso il difensore ATTORE contro Controparte_1 (C.F. P.IVA_1), con il patrocinio dell'avv. CO.EU.AN. e dell'avv. TO.AL. (C.F._3) (...) Indirizzo_2 CA_2 CP_1; elettivamente domiciliato in lndirizzo_2 CA_2 CP_1 presso il difensore avv. CO.EU.AN. CONVENUTO RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE omissis ex art. 58 comma due legge 69/2009 e art. 132 C.p.c. novellato Con atto di citazione ritualmente notificato in data 22.2.2019, la sig.ra Parte_l in qualità proprietaria di unità immobiliare facente parte del Condominio di via ..., sito in cp_1, ha citato in giudizio lo stesso al fine di sentir accertare e dichiarare la nullità/annullabilità della delibera assunta al punto 5) dell'ordine del giorno dall'assemblea tenutasi in data 27.11.2018. A fondamento delle proprie domande l'attrice conferma la propria partecipazione all'assemblea eccependo l'invalidità della costituzione dell'assemblea per invalida convocazione di altra condomina; mancata informazione rispetto a quanto oggetto di delibera; difetto del quorum deliberativo avendo l'assemblea deciso a maggioranza la soppressione del servizio di portierato e non all'unanimità. Si costituiva ritualmente il Controparte_2, prendendo posizione nel merito sulle eccezioni e domande formulate da parte attrice e concludendo con richiesta di rigetto delle stesse. Con successivo atto di citazione notificato al convenuto in data 7.6.2019 l'attrice impugnava successiva delibera con cui l'assemblea in data 13.2.2019 deliberava nuovamente sull'oggetto della delibera impugnata. All'esito della prima udienza rigettata l'istanza di sospensione come formulata, il successivo procedimento pendente tra le stesse parti veniva riunito al presente. Assegnati i termini di cui all'art. 183 sesto comma C.p.c., tentata la conciliazione delle parti, che no addivenivano ad alcun accordo, esperita istruttoria orale, la causa veniva rinviata per la precisazione delle conclusioni e discussione orale all'esito della quale la stessa viene ora in decisione. Va preliminarmente dichiarata la cessazione della materia del contendere rispetto alla prima impugnazione posto che l'assemblea tenutasi in data 13.2.2019 ha novato la precedente del 27.11.2018. Nel merito della prima impugnazione, da valutare ai fini della soccombenza virtuale, va rilevato che il condomino regolarmente convocato non può impugnare la delibera per difetto di convocazione di altro condomino, in quanto l'interesse a far valere un vizio che renda annullabile una deliberazione dell'assemblea, non può ridursi al mero interesse alla rimozione dell'atto, ovvero ad un'astratta pretesa di sua assoluta conformità al modello legale, ma deve essere espressione di una sua posizione qualificata, diretta ad eliminare la situazione di obiettiva incertezza che quella delibera genera quanto all'esistenza dei diritti e degli obblighi da essa derivanti (Cass. Civ. n. 10071/2020). Per entrambe le impugnazioni non meritano accoglimento i rilievi di parte attrice in punto mancata informazione dell'oggetto delle delibere, posto che le verbalizzazioni attestano invece una puntuale conoscenza di quanto oggetto di dibattito da parte del delegato dell'attrice, come da verbali in atti. Nel merito quindi dei vizi in punto quorum deliberativi eccepiti per entrambe le delibere. Posto che per la revisione dello statuto del condominio di natura contrattuale bisogna fare sempre riferimento alla singola clausola e non all'atto globalmente considerato (Cass. Civ. n. 943/99), va comunque osservato in quanto assorbente che dalla lettura del regolamento emerge che l'art. 2 indica quali sono i beni comuni pro indiviso fra i condomini inserendo tra gli stessi i locali ad uso portineria e all'art. 20 viene demandata all'assemblea la delibera inerente l'assunzione e il licenziamento del portiere che saranno poi effettuati dall'amministratore, senza l'indicazione delle maggioranze richieste per la validità delle delibera. Posto quindi che il regolamento condominiale, ancorché di natura contrattuale, ove si limiti a disciplinare l'uso e le modalità di godimento delle cose comuni, contempla una materia che rimane nell'ambito dell'organizzazione della vita interna del condominio, che ben può essere modificata dall'assemblea dei condomini con la maggioranza qualificata prevista dall'art. 1136 c.c. (Cass. Civ. 12481/2002), per quanto sopra posto che entrambe le delibere sono state assunte dalla maggioranza qualificata prevista al secondo comma dell'art. 1136 c.c. le impugnazioni non meritano accoglimento. Le spese di lite seguono il criterio della soccombenza e si liquidano come in dispositivo. P.Q.M. Il Tribunale di Milano, definitivamente pronunciando nella causa fra le parti di cui in epigrafe, ogni altra istanza ed eccezione disattesa o assorbita, così decide: 1) Dichiara la cessazione della materia del contendere rispetto all'impugnazione della delibera assunta dal Condominio Controparte_2 in data 27.11.2018; 2) Rigetta l'impugnazione della delibera assunta dall'assemblea del Condominio di via Fiamma n. 13 CP_1 in data 13.2.2019; 3) condanna l'attrice alla rifusione in favore del convenuto Condominio, delle spese di giudizio liquidate in complessivi Euro 5.077,00 per competenze, oltre spese generali al 15%, IVA e CPA; Sentenza esecutiva. Così deciso in Milano, 20 marzo 2024.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO di MILANO SESTA CIVILE Il Tribunale, nella persona della Giudice dott.ssa Rossella Filippi ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 27940/2021 promossa da: (...) (C.F. (...)), con il patrocinio dell'avv. (...) elettivamente domiciliato in (...) 18038 (...) presso il difensore avv. (...) ATTRICE OPPONENTE contro (...) C.F. (...)), con il patrocinio dell'avv. (...) e elettivamente domiciliato in (...) 20129 (...) presso il difensore avv.(...) CONVENUTA OPPOSTA FATTO E DIRITTO Con atto di citazione ritualmente notificato (...) proponeva opposizione avverso il decreto ingiuntivo n. (...) emesso il 6.5.21 dal Tribunale di Milano con cui le veniva ingiunto di corrispondere a (...) la somma di Euro 12.600 oltre interessi e spese; l'opponente eccepiva il mancato esperimento della mediazione civile obbligatoria; nel merito rilevava che in data 29/12/2008 stipulava con (...) polizza fideiussoria a favore dell'amministrazione finanziaria ufficio imposta sul valore aggiunto e delle entrate per un valore di Euro 279.318; che secondo le condizioni contrattuali (...) si impegnava a corrispondere a (...) la somma di Euro 21.000 per i primi 5 anni del contratto ed Euro 4.200,00 per ogni anno successivo fino all'esaurimento della procedura di contenzioso; che a seguito della richiesta avanzata da (...) di definizione agevolata dei carichi affidati agli agenti della riscossione, c.d. rottamazione cartelle, del 20 Aprile 2017 (...) ora (...) riscossione con missiva del 5 giugno 2017 accoglieva la predetta richiesta e, rispetto al debito residuo di Euro 63.086,13 alla data del 1 giugno 2017, quantificava l'importo complessivo da pagare in Euro 34.008, 57 da saldarsi in 5 rate scadenti la prima il 31 luglio 2017 e l'ultima il 30 settembre 2018; che le rate venivano saldate con ultimo pagamento effettuato in data 1 ottobre 2018 come risulta dalla documentazione pervenuta via email in data 2 luglio 2020 dall'agenzia dall'agente della riscossione contenente sia le attestazioni di pagamento di tutte le rate, sia l'estratto di ruolo che indica l'assenza di debito in capo alla società opponente; che pertanto la procedura si concludeva in data 01/10/2018 esaurendo il contenzioso e liberando (...) che la compagnia assicuratrice, tuttavia, continuava anche successivamente a tale data ad emettere i premi annuali. Rilevato che l'obbligazione garantita e quella fideiussoria stanno in rapporto di accessorietà; che tale rapporto veniva in meno in data 1 ottobre 2018 allorquando col pagamento dell'ultima rata (...) estingueva la procedura di contenzioso con l'amministrazione finanziaria chiedeva che, disposta la mediazione obbligatoria, venisse accolta l'opposizione e revocato il decreto. Si costituiva (...) rilevando preliminarmente che la polizza fideiussoria per cui è causa ha natura di contratto autonomo di garanzia e non può essere qualificato quale contratto assicurativo bancario e finanziario ai sensi del D.Lgs. n. 28 del 2010; nel merito rilevava che la polizza stipulata dalle parti ai sensi dell'arti. 1 prevede che la garanzia prestata sia efficace fino al completo esaurimento della procedura di contenzioso; che pertanto la polizza sarà operante fino al giorno in cui l'accertamento tributario sarà divenuto definitivo in considerazione delle condizioni generali di assicurazione che attribuiscono efficacia estintiva dell'obbligazione dedotta in giudizio al solo ricevimento da parte di (...) pour le (...) nelle forme previste dei documenti comprovanti il completo esaurimento del processo tributario; in subordine evidenziava la perduranza del contratto e quindi dell'obbligazione di corresponsione dei premi "fino a quando il contraente non comprovi la sua liberazione dall'obbligo di versare le somme indicate negli avvisi di rettifica e/o di accertamento indicati in premessa... in caso di minor durata sia del premio iniziale sia di quello di proroga i premi e gli accessori pagati restano acquisiti dalla società" rilevava quindi che l'opponente non ha provato la definitiva corresponsione delle somme dovute nei confronti dell'amministrazione tributaria in epoca antecedente al deposito del ricorso per decreto con conseguente integrale debenza dei premi richiesti. Rilevava che l'unico documento atto a comprovare la definizione dell'insoluto è il documento 5 prodotto dall'opponente ovvero la comunicazione dell'agenzia delle entrate del 2 luglio 2020 attestante la totale corresponsione delle somme dovute da parte del contraente; tuttavia non essendo stata detta nota comunicata alla compagnia che ne ha preso visione solo nell'ambito del giudizio ne conseguiva che ai sensi dell'arti. 2 i premi sono dovuti fino a che il contraente non dia prova della sua liberazione alla compagnia; Chiedeva, pertanto, il rigetto dell'opposizione e che (...) venisse condannata al pagamento delle somme riportate nel decreto o la diversa somma ritenuta di giustizia. L'opposizione è fondata e deve essere accolta. Preliminarmente si rileva che la polizza fideiussoria per cui è causa ha natura di contratto autonomo di garanzia e non può essere qualificato quale contratto assicurativo bancario e finanziario ai sensi del D.Lgs. n. 28 del 2010. L'opposizione è fondata e deve essere accolta. Il decreto ingiuntivo ha per oggetto il pagamento dei premi relativi alla polizza fideiussoria rilasciata da (...) nell'interesse di (...) con riferimento all'annualità 29/12/2018- 29/12/2019, 29/12/2019 -29/12/20, 29/12/2020 -29/12/2021 per premio annuale di Euro 4.200,00 per un totale di Euro 12.600. Eccepisce l'opponente che l'obbligazione garantita è stata estinta con il pagamento dell'ultima rata del debito in data 1 ottobre 2018 a seguito dell'accoglimento da parte di (...) con missiva del 5.6.2017 della richiesta avanzata da (...) di definizione agevolata dei carichi affidati agli agenti della riscossione, c.d. rottamazione delle cartelle, del 20 Aprile 2017. Sul punto si rileva che i premi oggetto del ricorso sono relativi ad annualità successiva all'estinzione del debito; che, come rilevato dalla stessa opposta, il doc. 5 prodotto dall'opponente, comunicazione dell'agenzia delle entrate del 2 luglio 2020 attestante la totale corresponsione delle somme dovute da parte del contraente, comprova la definizione dell'insoluto. Ai sensi dell'art. 1 delle condizioni generali di assicurazione " la garanzia prestata con la presente polizza ha efficacia fino al completo esaurimento della procedura di contenzioso"; alla luce del dettato di tale clausola, da adeguare alla modalità scelta dal contribuente per la definizione del contenzioso, l'obbligazione garantita non può che ritenersi estinta con il pagamento dell'ultima rata del debito conseguente alla procedura di definizione agevolata c.d. rottamazione cartelle; l'estinzione dell'obbligazione a tale data risulta confermata dalla documentazione dell'agenzia delle entrate prodotte dall'opponente sub doc (...) in data 02/07/2020 da cui risulta che il contribuente ha provveduto a pagamento di quanto dovuto; in particolare emerge la quietanza dell'ultima rata di pagamento avvenuto l'1.10.2018; tale circostanza nonché quanto disposto dall'art. 1 con riferimento all'efficacia della polizza, enunciato che oltre ad essere chiaro rappresenta la cornice interpretativa delle ulteriori condizioni, supera e assorbe ogni altra contestazione fatta dall'opposta con riferimento alla mancata comunicazione all'assicuratore di tale circostanza. Rilevato che l'opponente documenta la comunicazione della missiva dell'agenzia delle entrate a (...) in data 2.7.20, doc. 6 opponente, nonché la comunicazione dell'estinzione del debito all'agenzia che ha proposto la polizza in data 13.12.2018, doc. 9, 10, si rileva che l'art. 2 invocato dall'opposta non impone alcun obbligo di comunicazione da parte dell'assicurato e che, in ogni caso, l'ambito delle obbligazioni delle parti, ivi incluso l'obbligo di pagamento del premio, non può che essere quello delineato dall'art. 1 che chiaramente prevede che la polizza perde efficacia esaurita la procedura di contenzioso o, come nel caso di specie, a seguito dell'estinzione del debito; essendo la polizza inefficace a decorrere da tale data non può ravvisarsi in capo all'opponente alcun obbligo di pagamento di ulteriori premi aventi ad oggetto successive annualità. Ne consegue che il decreto ingiuntivo deve essere revocato. Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo. P.Q.M. Il Tribunale di Milano, definitivamente pronunziando, ogni altra istanza eccezione disattesa: accoglie l'opposizione e revoca il decreto ingiuntivo n. (...)21 emesso il 6.5.21 dal Tribunale di Milano; condanna l'opposta a rifondere all'opponente le spese di lite liquidate in Euro 4.200,00 per compenso oltre spese generali, oneri e accessori. Così deciso in Milano l'11 marzo 2024. Depositata in Cancelleria il 12 marzo 2024.
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