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REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO di MODENA TERZA SEZIONE CIVILE Il Tribunale, nella persona del Giudice, dott. (...) ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile iscritta al n. r.g. (...)/2022 promossa da: (...), con l'Avv. (...) ATTORE - CREDITORE PROCEDENTE - (...) contro (...) S.P.A. - COMPAGNIA DI ASSICURAZIONI (...), con gli Avv.ti (...) del (...) di (...) e (...) del (...) di (...) - DEBITORE OPPONENTE e contro (...) - CONTUMACE (...) Parte attrice ha concluso come da atto introduttivo (cfr. note di trattazione scritta del 5.02.2024): 1) rigettare, in quanto infondata in fatto e in diritto, l'opposizione all'esecuzione proposta dalla società (...) S.P.A. - COMPAGNIA DI ASSICURAZIONI, con sede legale e direzione generale in (...) (...) sul (...), (...) 53, con codice fiscale, numero d'iscrizione del Registro delle imprese di (...) e partita I.V.A. (...), in persona del legale rappresentante pro tempore, con ricorso del 18 gennaio 2022; 2) per l'effetto: 2.1) accertare e dichiarare il diritto del sig. REA Dott. (...) nato a (...) il (...) ed ivi residente (...)codice fiscale (...), a procedere a esecuzione forzata, per il titolo esecutivo di cui in premessa, da ritenersi valido ed efficace sotto ogni profilo, nei confronti della società (...) S.P.A. - COMPAGNIA DI ASSICURAZIONI, con sede legale e direzione generale in (...) (...) sul (...), (...) 53, con codice fiscale, numero d'iscrizione del Registro delle imprese di (...) e partita I.V.A. (...), in persona del legale rappresentante pro tempore; 2.2) accertare e dichiarare la validità ed efficacia dell'atto di precetto e del pignoramento presso terzi iscritto al (...)/2022 R.G.E. dell'intestato Tribunale - (...) mobiliari; 2.3) revocare l'ordinanza dell'intestato Tribunale - (...) mobiliari, ex artt. 624, 615 comma II e 616 cod. proc. civ. del 6 giugno 2022, con la quale è stata disposta la sospensione della procedura esecutiva iscritta al n. (...)/2022 R.G.E., anche relativamente alla condanna dell'odierno attore/creditore opposto nelle spese della fase cautelare; 2.4) rimettere gli atti del presente procedimento al Giudice dell'(...) per il prosieguo della procedura esecutiva iscritta al n. (...)/2022 R.G.E. dell'intestato Tribunale - (...) mobiliari; 3) condannare la società (...) S.P.A. - COMPAGNIA DI ASSICURAZIONI, con sede legale e direzione generale in (...) (...) sul (...), (...) 53, con codice fiscale, numero d'iscrizione del Registro delle imprese di (...) e partita I.V.A. (...), in persona del legale rappresentante pro tempore, alla refusione delle spese del presente procedimento e della precedente fase cautelare, da liquidarsi ai sensi del vigente tariffario professionale degli avvocati, in Euro 2.732,00 per la fase cautelare e in Euro 4.835,00 per la fase di merito, oltre al rimborso forfettario delle spese generali pari al 15 per cento dei compensi professionali, agli esborsi e agli accessori di legge. Parte convenuta ha formulato (note di trattazione scritta del 6.02.2024) le seguenti: Concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione 1. (...) debitrice convenuta, nell'ambito della procedura esecutiva (...)/2022 RGMOB Trib. (...) ha proposto opposizione ex art. 615, 2° comma, c.p.c. esponendo in fatto quanto segue: A. Il Tribunale di (...) (cfr. sentenza n. (...)/2021 resa nella causa civile n. (...)/15 RG promossa dalla (...)ra (...) nei confronti della CASA DI CURA PRIVATA S. (...) di (...) & C. (...) nonché nei confronti del dott. (...) con la chiamata in causa di (...) spa: doc. 1 opponente, fascicolo opposizione), così ha disposto: (...) 1) Condanna la (...) di (...) S. (...) di (...) & C., in persona del legale rappresentante pro tempore, e il dott. (...) in solido, al pagamento in favore di (...) della somma di Euro 12.088,14, oltre interessi legali, da calcolarsi sulla stessa somma, svalutata alla data del fatto (7.4.2014) e via via rivalutata anno per anno, il tutto secondo gli indici (...) e fino alla data del deposito della presente sentenza, oltre interessi legali dalla data della presente sentenza fino al saldo effettivo; 2) Dichiara tenuto e per l'effetto condanna (...) a tenere indenne la (...) di (...)ta S. (...) di (...) & C. S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, da ogni esborso cui sia tenuta in favore dell'attrice, nei limiti della quota allo stesso ascrivibile, pari al 50%; 3) Dichiara tenuta e per l'effetto condanna (...) S.p.a. a manlevare e tenere indenne (...) da ogni esborso cui sia tenuto in favore dell'attrice in esito ed ottemperanza alla presente decisione, come da condizioni di polizza come indicato in motivazione; 4) Condanna la (...) di (...) S. (...) di (...) & C. S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, e il dott. (...) in solido, alla rifusione delle spese di lite in favore di (...) cenza, che liquida in Euro 4.835,00 per compensi ed Euro 545,00 per esborsi, oltre il rimborso delle spese generali, i.v.a. e c.p.a. come per legge; 5) Compensa le spese di lite tra la (...) di (...) S. (...) di (...) & C. S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, e il dott. (...) 6) (...) S.p.a. alla rifusione delle spese di lite in favore di (...) che liquida in Euro 4835,00 per compensi, oltre il rimborso delle spese generali, i.v.a. e c.p.a. come per legge; 7) Pone le spese di CTU definitivamente a carico dei convenuti e della terza chiamata in solido". (...) B. Il dott. REA ha notificato ad (...) spa in data (...), unitamente alla sentenza munita di formula esecutiva, atto di precetto (doc. 3 opponente) col quale ha invitato la debitrice condannata a pagare l'importo di euro 9.747,26, precisando: a. che il (...) la danneggiata (...) ha "intimato al dott. (...) ed alla (...) di (...) S. (...) di (...) & C. srl, in solido tra loro, il pagamento della complessiva somma di euro 19.496,31 oltre interessi maturandi fino all'effettivo soddisfo, spese di notificazione dell'atto di precetto e spese successive occorrende"; b. che la quota parte del 50% della predetta somma (pari ad euro 9.478,16, importo riferibile alla responsabilità dell'assicurato), era stata "già pagata mediante bonifico bancario" alla danneggiata; 2. Il Giudice dell'esecuzione n.(...)/2022 RGMOB Trib. (...) accogliendo l'istanza di sospensione dell'esecuzione ha osservato che: (...) - il Titolo esecutivo azionato dall'opposto REA è costituito, dalla sentenza (di "condanna condizionata") "resa inter partes dal Tribunale di (...) n. (...)/2021 del 24/6/2021, nella parte in cui al punto 3) del dispositivo, per quanto qui interessa, "dichiara tenuta e per l'effetto condanna (...) S.p.a. a manlevare e tenere indenne (...) da ogni esborso sia tenuto in favore dell'attrice all'esito ed ottemperanza alla presente opposizione, come da condizioni di polizza come indicato in motivazione" (pag.13 titolo esecutivo)"; - a fondamento della radicata opposizione l'opponente ha allegato "il mancato avveramento della condizione (l'insolvenza della casa di cura), necessaria i fini della piena efficacia ed esecutività del titolo"; - la condizione, cui risulterebbe "subordinata l'efficacia esecutiva della sentenza azionata nei confronti dell'opponente da parte dell'opposto, (sarebbe) costituita dall'avvenuto accertamento, o comunque dall'avvenuta acquisizione di prova in sede esecutiva (da porsi a carico dell'opposto) che la struttura sanitaria coobbligata in solido con il REA non abbia versato le somme di solidale condanna dovute dall'opposto all'attrice della causa definita con la pronuncia del Tribunale di (...) n. (...)/2021, a causa di propria insolvenza" da intendersi quale "incapacità ad adempiere ad obbligazioni di maggiore rilevanza, ad esempio in unica soluzione ovvero all'esito immediato di costituzione in mora"; - "agli atti di procedura non (risulterebbe) acquisita la prova dell'avveramento della condizione al fine di poter ritenere la sentenza azionata dotata di efficacia esecutiva, ma (parrebbe) essersi acquisita la prova del contrario, laddove è la stessa parte opposta ad affermare, a verbale di udienza del 31/5/2022, che "... la struttura sanitaria non ha in effetti corrisposto alla danneggiata la quota di risarcimento ascrivibile al Dott. (...) (e risulta aver addirittura rateizzato la propria). - "nella dichiarata circostanza che la struttura sanitaria" (...) "ha comunque rateizzato la propria, (sarebbe) da individuarsi e cogliersi l'esclusione dell'avveramento della condizione indicata dal Giudice del Tribunale di (...)". (...) 3. Il dott. (...) creditore procedente, ha introdotto il giudizio sul merito della opposizione, allegando in fatto: (...) 4) (che) a seguito di atto di costituzione in mora in data 1° settembre 2021 da parte del procuratore della danneggiata (all. 4) - l'odierno attore/creditore opposto aveva provveduto a richiedere sia alla (...) di (...) tenuta in responsabilità solidale che alla società (...) S.P.A. "il necessario concorso e la manleva, secondo le statuizioni della nota sentenza pure in oggetto meglio descritta" (...) (cfr. atto di costituzione in mora in data 3 settembre 2021 (...): all. 5) 5) che a seguito del mancato pagamento da parte della struttura sanitaria tenuta in responsabilità solidale con l'odierno attore/creditore opposto, in data 12 novembre 2021 il sig. REA Dott. (...) provvedeva al pagamento mediante bonifico bancario della somma di Euro 9.478,16, corrispondente alla quota del 50 per cento di responsabilità a lui ascrivibile a termini di sentenza (cfr. contabile bonifico 12 novembre 2021: all. 3); 6) che, persistendo il mancato pagamento da parte della struttura sanitaria, con atto di precetto in data 11 novembre 2021, notificato in pari data a mezzo PEC (all. 6), l'odierno attore creditore opposto ha intimato alla società (...) S.P.A., con sede legale e direzione generale in (...) (...) sul (...), (...) 53, con codice fiscale, numero d'iscrizione del Registro delle imprese di (...) e partita I.V.A. (...), in persona del legale rappresentante pro tempore, di pagare, entro e non oltre giorni dieci dalla notificazione dell'atto, la complessiva somma di Euro 9.747,26, salvo errori ed omissioni da correggersi a vista, oltre agli interessi a scadere, alle spese per la notificazione dell'atto di precetto e alle spese successive occorrende, con avvertimento che, in caso di mancato pagamento, si sarebbe proceduto a esecuzione forzata; 7) che essendo decorso il termine di cui all'atto di precetto senza che la società intimata adempiesse al pagamento della somma richiesta, con atto di pignoramento presso terzi del 9 dicembre 2021, notificato alla società debitrice in data 21 dicembre 2021, l'odierno attore-creditore opposto assoggettava a pignoramento presso terzi, fino a concorrenza della somma di Euro 14.620,89, determinata ai sensi dell'art. 546, comma 1, cod. proc. civ., tutti i crediti che la società (...) S.P.A. vanta nei confronti delle società (...) S.P.A., (...) S.P.A., (...) - (...) e (...) (cfr. atto di pignoramento presso terzi: all. 7); (...) Parte attrice ha contestato la fondatezza dell'opposizione, affermando essersi avverato l'evento condizionante la condanna pronunziata nei confronti di (...) il "mancato pagamento rilevante ai fini della operatività dell'obbligo di manleva di cui alla sentenza cassinate" coinciderebbe infatti "con l'inadempimento, da parte della struttura sanitaria de qua, dell'intimazione di cui all'atto di precetto del 21 ottobre 2021 (all. 2) e che ha indotto l'odierno attore/creditore opposto, al fine di evitare azioni esecutive, a pagare la somma corrispondente alla propria quota di responsabilità, come da sentenza (cfr. all. 3)". 4. Parte convenuta ha insistito per l'accoglimento dell'opposizione, richiamando due recenti decisioni della Corte di cassazione, relative all'interpretazione delle clausole contrattuali esaminate anche dal titolo di formazione giudiziale richiamato in precetto. (...) ha peraltro affermato di aver spontaneamente adempiuto al pagamento "dell'unico capo della sentenza recante una condanna di pagamento a suo carico", ovvero alle spese legali liquidate in favore del creditore opposto (doc. 2 opponente). 4.1. Il terzo pignorato (...) non si è costituito ed è quindi contumace. 4.2. La causa è stata trattenuta in decisione, senza ammissione di mezzi di prova, all'udienza del 27.02.2024. 5. (...) è infondata e le domande dell'attore, creditore procedente, vanno accolte nei termini meglio precisati nel prosieguo. 5.1. Deve premettersi che sono incontestate tra le parti le seguenti circostanze di fatto: a) la struttura sanitaria (...) di (...) S. (...) di (...) & C. srl non ha corrisposto alla danneggiata (...) la quota parte del 50% della somma indicata quale risarcimento per equivalente del danno, riferibile alla responsabilità dell'assicurato, Dott. REA (...) b) detto importo, pari ad euro 9.478,16, è stato invece corrisposto con bonifico bancario dall'attore (cfr. doc. 3 opposto); c) (...) ha invitato (...) a versare direttamente alla danneggiata quando da lui dovuto alla (...) in forza della patita condanna (doc. 5 opposto). 5.2. Contrariamente a quanto affermato dall'opponente (e ritenuto dal GE nel provvedimento richiamato, prodotto sub doc. 9 opposta), risulta certamente avverato l'evento dedotto quale condizione della condanna in manleva pronunciata dal Tribunale di (...) nei confronti della (...) "il mancato pagamento da parte della struttura sanitaria". Deve preliminarmente osservarsi che la locuzione in esame chiarisca come il precedente riferimento alla "insolvenza" della struttura sanitaria (pur contenuto nel titolo esecutivo) sia da intendere quale sinonimo di "inadempimento": perché i due termini appaiono, nell'ordito motivazionale del titolo esecutivo, tra loro fungibili ("non essendo documentata l'esistenza di una polizza assicurativa stipulata dalla casa di cura, la garanzia deve ritenersi operante (...) a condizione dell'insolvenza della struttura sanitaria. La compagnia assicuratrice deve quindi essere condannata a manlevare e tenere indenne il medico (...) condizionando tale condanna al mancato pagamento da parte della struttura sanitaria"); perché il mancato pagamento (così come il non integrale pagamento) dell'importo del risarcimento riconosciuto alla danneggiata (...) avrebbe determinato (come ha determinato) l'inadempimento della struttura sanitaria all'obbligazione di ristorare il danno. Posto che il titolo esecutivo afferma gravare sulla convenuta l'obbligazione di "tenere indenne il medico da ogni esborso cui sia tenuto in favore" della (...) "in esito ed ottemperanza alla presente decisione (...)", se ne ricava come il "mancato pagamento" condizionante l'insorgere dell'obbligo di corrispondere l'indennizzo assicurativo in capo ad (...) sia da riferire alla quota dell'obbligazione risarcitoria di pertinenza del dott. (...) Tale è infatti lo "esborso" a cui il sanitario è stato costretto verso la danneggiata, a causa del mancato pagamento della struttura sanitaria condannata in solido. E' utile infine osservare come le pronunce di legittimità richiamate della debitrice esecutata non rechino argomento alcuno che consenta di definire il lemma "insolvenza" in termini alternativi a quelli appena indicati. 5.3. E' ulteriormente verificata la seconda (...) condizione sottesa all'operatività della condanna in manleva della (...) La condanna in manleva, invero, "attribuisce un diritto di rivalsa, non di regresso", laddove il secondo è il diritto attribuito ad un condebitore che abbia pagato l'intero debito di rifarsi sugli altri condebitori; mentre il primo, è, invece, "il diritto tramite il quale il soggetto passivo che abbia adempiuto ad un obbligo può rifarsi su un altro soggetto non legato da vincolo di solidarietà" sicché "solo al verificarsi dell'evento portatore di conseguenze patrimoniali negative, oggetto di manleva, sorge il diritto di rivalsa del manlevato" (Sez. 6 - 3, Ordinanza n. (...) del 2021); Il diritto di manleva riconosciuto nel titolo esecutivo è pertanto azionabile nel momento in cui il debitore (...) comprovi di aver effettuato il pagamento in favore del terzo suo creditore, posto che, in assenza dell'adempimento, "il manlevato non ha interesse ad agire nei confronti del mallevadore; anzi, è proprio al momento del pagamento che sorge quell'obbligazione di natura eventuale e condizionata sospensivamente, caratteristica propria del patto di manleva" ((...)/2021 cit.). Il creditore opposto ha documentato (cfr. doc. 3) di aver (già) corrisposto alla danneggiata la quota parte di sua spettanza dell'importo complessivamente determinato dalla sentenza portata ad esecuzione: ne consegue indefettibilmente l'attualità del diritto del procedente ad essere "tenuto indenne" dall'istituto assicurativo esecutato. 6. Contrariamente, dunque, a quanto assunto dall'opponente, deve affermarsi che il titolo giudiziale sotteso al precetto opposto presenti tutti i requisiti di cui agli artt. 553 comma 1 e 474 comma 2 n.1) c.p.c. e che dunque sussista il diritto del creditore procedente di agire in executivis nei confronti della debitrice-opponente in forza del citato titolo, recante un credito certo, liquido ed 'esigibile' (dunque non condizionato né soggetto a termine). 7. Alla soccombenza segue la condanna della convenuta alle spese di lite del presente giudizio di merito, commisurate alla somma precettata (euro 9.747,26), secondo le tabelle di cui al DM 55/2014 per le fasi studio, introduttiva e decisionale, in misura prossima ai massimi tabellari (nella misura di euro 5.000,00). 8. Sussistono i presupposti per condannare ex art. 96, 3° comma, c.p.c. la convenuta a corrispondere la somma, equitativamente determinata nella misura del duplo delle spese di lite liquidate dal GE nel decidere l'istanza di sospensione dell'esecuzione, di complessivi 5.464,00 Euro. È opportuno infatti rammentare che: - "La condanna ex art. 96, comma 3, c.p.c., applicabile d'ufficio in tutti i casi di soccombenza, configura una sanzione di carattere pubblicistico, autonoma ed indipendente rispetto alle ipotesi di responsabilità aggravata ex art. 96, commi 1 e 2, c.p.c. e con queste cumulabile, volta - con finalità deflattive del contenzioso - alla repressione dell'abuso dello strumento processuale" (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 27623 del 21/11/2017); - "La condanna ex art. 96, comma 3, c.p.c. è volta a salvaguardare finalità pubblicistiche, correlate all'esigenza di una sollecita ed efficace definizione dei giudizi, nonché interessi della parte vittoriosa ed a sanzionare la violazione dei doveri di lealtà e probità sanciti dall'art. 88 c.p.c., realizzata attraverso un vero e proprio abuso della "potestas agendi" con un'utilizzazione del potere di promuovere la lite, di per sé legittimo, per fini diversi da quelli ai quali esso è preordinato, con conseguente produzione di effetti pregiudizievoli per la controparte. Ne consegue che la condanna, al pagamento della somma equitativamente determinata, non richiede né la domanda di parte né la prova del danno, essendo tuttavia necessario l'accertamento, in capo alla parte soccombente, della mala fede (consapevolezza dell'infondatezza della domanda) o della colpa grave (per carenza dell'ordinaria diligenza volta all'acquisizione di detta consapevolezza), venendo in considerazione, a titolo esemplificativo, la pretestuosità dell'iniziativa giudiziaria per contrarietà al diritto vivente ed alla giurisprudenza consolidata, la manifesta inconsistenza giuridica delle censure in sede di gravame ovvero la palese e strumentale infondatezza dei motivi di impugnazione (Cass. Sezioni Unite n. 22405 del 13/09/2018); A fini dimostrativi della colpa grave della convenuta è opportuno ricordare che "ai sensi dell'art. 1917 c.c., l'(...) è tenuto a pagare l'indennizzo direttamente all'assicurato anche prima che questi abbia risarcito il terzo danneggiato, sempre che l'obbligazione di tener indenne l'assicurato sia divenuta attuale e concreta a seguito della intenzione, comunque manifestata dal terzo, di essere risarcito del danno subito in conseguenza del fatto previsto dal contratto di (...) (Cass. 2332/1971). Poiché nell'assicurazione della responsabilità civile la prestazione dell'assicuratore è preordinata al fine di tenere indenne l'assicurato (somministrandogli i mezzi o pagando direttamente al terzo) di quanto questi deve pagare in conseguenza del fatto, l'obbligo dell'(...) di pagare l'indennizzo all'assicurato può sorgere anche prima che questi effettui il pagamento al terzo danneggiato, sol che si verifichi una minaccia concreta ed attuale al patrimonio dell'assicurato per effetto della manifestata intenzione del terzo di essere effettivamente risarcito del danno subito in conseguenza di un fatto previsto nel contratto (Cass. 2196/1974 e Cass. 2051/1969)". Al punto che, ancor prima ed a prescindere da una condanna giudiziale in manleva, la Suprema Corte ha precisato che "nell'assicurazione della responsabilità civile l'obbligo dell'assicuratore di indennizzare l'assicurato sorge nel momento in cui quest'ultimo causi un danno a terzi; tuttavia, l'assicuratore è in mora rispetto a tale obbligo solo dopo che sia decorso il tempo presumibilmente occorrente ad un diligente assicuratore per accertare la sussistenza della responsabilità dell'assicurato e per liquidare il danno e sempre che vi sia stata una efficace costituzione in mora da parte dell'assicurato stesso" (Cass. del 08/11/2019 in parziale difformità a Cass. n. (...)/2011). E del resto, "in tema di assicurazione per la responsabilità civile, in forza del secondo comma dell'art. 1917 cod. civ. - che prevede la facoltà dell'assicuratore, previa comunicazione all'assicurato, di pagare direttamente al terzo danneggiato l'indennità dovuta e l'obbligo del medesimo assicuratore di provvedere al pagamento diretto se l'assicurato lo richiede - non vengono a mutare i soggetti del rapporto assicurativo, che restano sempre e soltanto l'assicuratore e l'assicurato, giacché l'anzidetta facoltà dell'assicuratore si concreta in una possibilità di scelta in ordine ad una modalità di adempimento della sua obbligazione, che permane soltanto verso l'assicurato" (cfr. Sez. 3, Sentenza n. 26019 del 05/12/2011). Con l'atto introduttivo del presente giudizio la convenuta è stata resa edotta che l'assicurato aveva fronteggiato con il proprio patrimonio la richiesta risarcitoria (doc. 3 opposta): ciò che ha evidentemente reso attuale l'obbligo di indennizzo in favore del (...) Le decisioni appena richiamate confermano, inoltre, come l'(...) fosse comunque tenuta a spontaneamente adeguare la propria condotta a quanto previsto dall'art. 1917 c.c., sin dal settembre del 2021 (cfr. doc. 5 opposta), dopo la condanna in manleva, allorquando il dott. REA chiedeva di corrispondere l'indennizzo direttamente alla danneggiata. Deve conseguentemente affermarsi che l'(...) fosse, secondo diligenza, pienamente consapevole, a fronte della patita condanna "a manlevare e tenere indenne (...) da ogni esborso cui sia tenuto" verso (...) della natura meramente dilatoria dell'opposizione proposta. P.Q.M. Il Tribunale di Modena definitivamente pronunciando, ogni contraria istanza, domanda ed eccezione, disattesa e respinta, così provvede: 1) RIGETTA l'opposizione ex art. 615 comma 1 c.p.c. proposta da (...) avverso l'atto di precetto notificatole in data (...), unitamente alla sentenza n. (...)/2021 resa nella causa civile n. (...)/15 RG Trib. (...), promossa dalla (...)ra (...) nei confronti della (...) di (...) S. (...) di (...) & C. (...) nonché nei confronti del dott. (...) con la chiamata in causa di (...) spa munita di formula esecutiva e in accoglimento della domanda del procedente, odierno attore, 2) (...) il diritto di (...) a procedere a esecuzione forzata, per il titolo esecutivo di cui al punto precedente, come menzionato nel precetto opposto, nei confronti della società (...) S.P.A.; 3) (...) ex art. 91 c.p.c. l'opponente (...) in persona del legale rappresentante p.t., al pagamento, in favore dell'opposto (...) delle spese di lite, liquidate in Euro 5.000,00 per competenze professionali, oltre al rimborso forfettario spese generali del 15% ed accessori di legge (IVA e (...); 4) (...) ex art. 96, 3° comma, c.p.c. la convenuta (...) a corrispondere in favore dell'opposto REA (...) la somma equitativamente determinata di 5.464,00 Euro.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Tribunale Ordinario di Modena SECONDA SEZIONE CIVILE Il Giudice istruttore dott. Giuseppe Pagliani, in funzione di giudice unico, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile n. 5632/2023 R. G. promossa da (...) - Attore - rappresentata e difesa dall'Avv. M. G. Ro. CONTRO (...) - Convenuto contumace - in punto a: vendita, risoluzione, pagamento somma. All'udienza cartolare del 25/6/2024 con rito semplificato e trattazione scritta, la causa è stata decisa ai sensi dell'art. 281 sexies C.p.c., sulle conclusioni precisate dalle parti come da verbale e come segue. per parte attrice: "Contrariis reiectis, Voglia l'Il.mo Giudice del Tribunale di Modena In via preliminare Rigettare l'eccezione di improcedibilità della domanda formulata da controparte atteso che la vertenza non verte su richieste di pagamento/risarcimento ma sulla risoluzione del contratto inadempimento con conseguente richiesta di restituzione delle somme pagate dalla signora (...) in virtù dell'obbligazione contrattuale assunta ai sensi degli artt. 1458 e 2033 c.c. In via principale - accertare e dichiarare il grave inadempimento della convenuta conseguentemente pronunciando la risoluzione del contratto stipulato tra le parti in data 03/06/2022 e, per l'effetto, condannare la società (...) in persona del suo legale rappresentante pro tempore alla restituzione ex art. 1458 c.c. dei corrispettivi versati in costanza di contratto pari ad Euro 4.900,00 o quella diversa maggiore o minore somma che sarà ritenuta di giustizia, oltre interessi e rivalutazione monetaria dalla domanda al saldo. - rigettare le domande avversarie in quanto infondate in fatto ed in diritto per le ragioni esposte in atti. In ogni caso, Con vittoria di spese e compensi di lite, oltre rimborso delle spese forfettarie 15%, IVA e CPA come per legge, come da note spese depositata in atti"; per parte convenuta: "Voglia l'Ill.mo Tribunale adito, ogni contraria istanza ed eccezione disattesa e respinta, - in via preliminare: dichiarare l'improcedibilità della domanda attorea per mancato esperimento della procedura obbligatoria di negoziazione assistita. - nel merito: respingere le domande avversarie avanzate dalla sig.ra (...) nei confronti di (...) poiché infondate ed inesistenti in fatto e in diritto per le ragioni esposte in narrativa; Con vittoria di spese, competenze ed onorari di causa".. Svolgimento del processo. 1. Come da atti di causa e relativo verbale d'udienza. Motivi della decisione. 2. Preliminarmente va esaminata l'eccezione di improcedibilità sollevata da parte convenuta per mancato esperimento della procedura di negoziazione assistita, allegando che l'oggetto del presente procedimento risulta essere ricompreso nei casi in cui è previsto l'esperimento obbligatorio della negoziazione assistita di cui all'art. 3 del D.L. n.r 132/2014. Secondo parte convenuta, la domanda di parte attrice, avente ad oggetto il pagamento della somma di Euro 10.929,00, rientra nell'ambito applicativo della l. 132/2014 che impone l'espletamento della negoziazione assistita nei giudizi in cui è proposta una domanda di pagamento a qualsiasi titolo di somme non eccedenti Euro 50.000,00. L'eccezione è infondata in quanto, come controdedotto da parte attrice, la presente controversia non ha ad oggetto una richiesta di pagamento o risarcimento del danno, bensì la risoluzione del contratto per inadempimento con conseguente richiesta di restituzione della somma già corrisposte dall'attrice ai sensi e per gli effetti degli artt. 1458 e 2033 C.c.. Al riguardo va osservato che, premesso che le disposizioni che prevedono condizioni di procedibilità, costituendo deroga all'esercizio del diritto di agire in giudizio, garantito dall'art. 24 Cost., non possono essere interpretate in senso estensivo, per la parte che qui interessa la norma in questione dispone che "chi intende proporre in giudizio una domanda di pagamento a qualsiasi titolo di somme non eccedenti cinquantamila euro", laddove il termine "pagamento" ha un indiscusso significato tecnico, attinente alle domande di adempimento di obbligazioni direttamente comportanti un pagamento in denaro, mentre nel caso della risoluzione contrattuale il versamento delle somme richieste costituisce una conseguenza degli effetti restitutori della risoluzione stessa, ma non l'oggetto immediato della domanda. 3. Nel merito, parte convenuta dichiara espressamente in comparsa di risposta di non contestare la rappresentazione dello svolgimento fatti di causa effettuata da parte attrice, limitandosi ad eccepire che nella specie non si trattato di inadempimento colpevole. Per effetto di tale espressa non contestazione, risulta pacifico ed accertato che: in data 3/06/2022 parte attrice sottoscriveva presso il suo domicilio, alla presenza di (...), consulente della società convenuta, il contratto n. 200558 "capitolato con contratto di appalto" inerente le opere di ristrutturazione del proprio bagno aderendo al c.d. "sconto in fattura" del 75% per abbattimento barriere architettoniche, così come previsto dall'art. 119-ter del DL 34/2020 (doc. n. 1 att.), corrispondendo a titolo di caparra confirmatoria la somma di Euro 100,00; quindi parte attrice provvedeva ad eseguire a mezzo bonifico bancario in data 22/06/2022 la somma di Euro 4.800,00 (doc. n. 2 att.) sulla base della pro-forma n. 679P ricevuta dalla società convenuta (doc. n. 3 att.); tuttavia la società convenuta non dava inizio alle opere di ristrutturazione, rendendosi quindi totalmente inadempiente anche all'art. 1.3. del predetto, che prevedeva un termine di 180 giorni lavorativi dall'avvenuto pagamento del corrispettivo a carico del committente, per l'esecuzione dell'opera commissionata; a nulla valevano le richieste ed i solleciti effettuati direttamente da parte attrice, anche contattando direttamente (...); parte attrice inviava in data 20/06/2023, per il tramite del proprio legale, comunicazione di risoluzione contrattuale per inadempimento ai sensi dell'art. 1453 c.c. (doc. n. 4 att.) con richiesta di restituzione della somma corrisposta di Euro 4.800,00 oltre interessi legali e rivalutazione monetaria; la società convenuta riscontrava la missiva allegando ragioni da porre a base dell'inadempimento, senza però acconsentire alla restituzione degli acconti ricevuti (doc. n. 5 att.). 4. Parte attrice chiede in via principale di dichiarare l'intervenuta risoluzione del contratto di appalto stipulato, con richiesta di restituzione di quanto corrisposto. Come risulta dalla non contestazione dei fatti, va anzitutto rilevato che il dedotto inadempimento risulta dall'istruttoria esperita. Anzitutto, risulta dai documenti prodotti sia il pagamento degli acconti, che l'inutile decorso del termine stabilito per l'esecuzione dei lavori; risulta, inoltre, per effetto della mancata contestazione, che la convenuta è stata formalmente, ma inutilmente, invitata a dar corso alle opere, per le quali era scaduto il termine contrattualmente previsto; infine, risulta, sempre in via documentale, il sostanziale rifiuto di restituire le somme ricevute e detenute senza titolo. 5. Circa le ragioni dell'inadempimento, peraltro riconosciuto da parte convenuta, quelle addotte da quest'ultima sono inidonee a giustificare non solo un inadempimento totale, ma nemmeno un ritardo nelle opere, anzitutto per difetto di prova. Parte convenuta fa riferimento, in primo luogo, a "problematiche sull'arrivo dei materiali" e "ritardi delle squadre che devono effettuare i lavori", e allega che "sono state rinviate un paio di volte a seguito del rifiuto della ricorrente a far eseguire i lavori"; di tali circostanze non soltanto non fornisce prova, ma nemmeno formula una richiesta di prova. Dopo di che, parte convenuta allega -con un significativo cambio di scenario difensivo- che le difficoltà riscontrate "hanno avuto ad oggetto principalmente la nota impasse che ha caratterizzato nell'ultimo periodo il beneficio fiscale del cd. sconto in fattura previsto dal "Decreto Rilancio". Il Decreto Antifrode (n. 157/2021) ha poi bloccato tutte le pratiche connesse alla cessione del credito di imposta e all'utilizzo dei bonus fiscali per diversi mesi, con conseguenti notevoli ripercussioni - nei mesi successivi - anche con riferimento alle pratiche pregresse"; trattasi di un insieme di affermazioni generiche e non riscontrate e che, così come rappresentate non fanno riferimento ad alcun impedimento oggettivo e che, in ogni caso, riguardano circostanze rientranti nell'ambito dell'organizzazione imprenditoriale, alle quali tocca all'appaltatore provvedere; anche di tali circostanze non soltanto non fornisce prova, ma nemmeno formula una richiesta di prova.. Inoltre, parte convenuta allega che "come noto, si è altresì aggiunta la concreta difficoltà nel reperimento delle materie prime e della manodopera, insufficiente a soddisfare l'effettiva richiesta di mercato", facendo in questo caso riferimento a circostanze nient'affatto notorie, ma che, comunque, quand'anche le si volesse ritenere tali, da un lato rientrano anch'esse nel già ricordato ambito di doveri di organizzazione dell'imprenditore, e che, comunque, nel caso di specie appaiono ancor più pretestuose, dal momento che ristrutturazione di un bagno in un'abitazione non richiede l'impiego di quantitativi e qualità di materiali tali da poter ritenere che un imprenditore mediamente avveduto ne possa rimanere scoperto; anche di tali circostanze non soltanto non fornisce prova, ma nemmeno formula una richiesta di prova. Infine, parte convenuta allega che "la società (...) - che costituisce una realtà imprenditoriale esistente, solida ed anche fortemente competitiva sul mercato nazionale nel settore delle ristrutturazioni edilizie - è stata oggetto di una condotta fortemente diffamatoria posta in essere dal programma televisivo "Striscia la Notizia". Infatti, dal 13/12/2022 al 25 maggio 2023 il programma ha mandato in onda 18 servizi aventi ad oggetto l'operato di (...) che hanno gravemente danneggiato l'attività imprenditoriale della società convenuta, causando ingenti danni economici alla stessa. Visto il contenuto gravemente diffamatorio dei suddetti servizi, il legale rappresentante di (...) ha presentato diverse querele per il reato di diffamazione, verso la trasmissione stessa, i conduttori e gli autori dei servizi televisivi". Al riguardo basta osservare che la stessa rappresentazione di tali circostanze è effettuata in modo da evidenziarne l'irrilevanza, posto che non è verosimile -prima ancora che provato-che il tempo impiegato nel predisporre e depositare querele -anche "diverse querele"-sia tale da impedire il regolare svolgimento di un'attività imprenditoriale, trattandosi tra l'altro di attività normalmente demandata a un professionista legale; anche di tali circostanze non soltanto non fornisce prova, ma nemmeno formula una richiesta di prova. 6. Quanto precede non lascia dubbi non solo sulla sussistenza dell'inadempimento, ma anche sulla sua gravità. Alla stregua degli accordi negoziali, infatti, può dirsi che il ritardo in concreto accumulato nell'adempimento era divenuto intollerabile e giustificava la risoluzione per inadempimento colposo. La prova contraria, relativa ad un consenso allo spostamento dei termini di consegna, od alla riconducibilità dei ritardi a cause imputabili allo stesso committente, spettava all'imprenditore, che non l'ha fornita, e per altri aspetti nemmeno prospettata nelle proprie difese, limitandosi semplicemente a negare di essere inadempiente allegando circostanze inidonee a giustificare l'inadempimento stesso. La gravità dell'inadempimento è cristallizzata dalla sua totalità, non essendo nemmeno mai stati iniziati i lavori oggetto dell'obbligazione dell'appaltatore. 7. Una volta accertato l'inadempimento, rilevante a fini risolutori, da parte del convenuto opposto, consegue, ai sensi dell'art. 1458 C.c., il cosiddetto effetto retroattivo tra le parti, sicché, non trattandosi di contratto ad esecuzione continuata o periodica, le prestazioni già eseguite vanno restituite. Mentre, tuttavia, l'effetto dichiarativo dell'inadempimento consegue all'accertamento dello stesso, gli effetti restitutorio devono essere oggetto di specifica domanda giudiziale. In proposito, va rilevato che parte attrice ha espressamente chiesto la restituzione della somma di Euro 4.900,00, oltre agli interessi e rivalutazione. Domande, tutte, da accogliere in conseguenza di quanto sopra, a parte quella di rivalutazione, interamente assorbita, nella specie, dal riconoscimento di interessi legali. Pertanto, parte convenuta va condannato alla restituzione di quanto ricevuto (Euro 100,00+ 4800,00=4.900,00), con interessi in misura legale dalla data di messa in mora -da indentificarsi nel quindicesimo giorno dal ricevimento della pec di intimazione recapitata il 20/6/2023, dunque nel 5/7/2023- fino alla data di effettivo saldo. 8. Le spese processuali -per valore dichiarato e bassa complessità- seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo. P.Q.M. Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni altra e diversa domanda rigettata, dichiara risolto contratto stipulato in data 03/06/2022 tra (...) e la società (...) per inadempimento di quest'ultima; dichiare condanna la società (...) in persona del rappresentante pro-tempore, a corrispondere (...) la somma di Euro 4.900,00 oltre agli interessi legali su detta somma (...) fino al saldo effettivo; dichiara altresì tenuta e condanna (...) in persona del rappresentante pro-tempore, a rifondere a (...) processuali, che liquida nella misura di complessivi Euro 2.934, 825,80 per spese oltre ad accessori dovuti per legge. Così deciso in Modena, il 28 giugno 2024.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO di MODENA SEZIONE SECONDA CIVILE Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. (...) ha pronunciato ex art. 281 sexies c.p.c. la seguente: SENTENZA nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 5154/2021 promossa da: (...) (C.F. (...)), con il patrocinio dell'avv. (...) e dell'avv. , elettivamente domiciliato in (...) presso il difensore avv. (...) ATTORE Contro (...) (C.F. (...) ), con il patrocinio dell'avv. (...) e dell'avv. (...), elettivamente domiciliato in (...) C/O AVV. (...) presso il difensore avv. (...) CONVENUTO MOTIVI DELLA DECISIONE (...) del geometra (...) ha convenuto in giudizio avanti al Tribunale di Lagonegro (...) esponendo di avere in corso contratto di conto corrente n. (....) acceso preso la filiale di (...), poi trasferita a (...); che, in costanza di rapporto, erano state addebitate somme non dovute, avendo la banca addebitato interessi usurari, applicato interessi anatocistici con capitalizzazione trimestrale dei medesimi, come pure commissioni di massimo scoperto e spese non dovute. Di talché la stessa ha richiesto il ricalcolo delle somme corrisposte, con accertamento del proprio credito. La convenuta, nel costituirsi in giudizio, ha concluso per il rigetto della domanda. Il Tribunale di Lagonegro si è dichiarato incompetente assegnando termine per la riassunzione. La causa è stata riassunta avanti l'Ufficio. In corso di causa è stata esperita c.t.u. contabile. II. Preliminarmente, il convenuto ha eccepito la improcedibilità della domanda essendo stato esperita la procedura di mediazione avanti organismo avente sede presso l'autorità giudiziaria originariamente adita, non anche avanti a quello competente a seguito di declinatoria. L'eccezione è fondata e va accolta, con declaratoria di improcedibilità della domanda. Dispone l'art. 4, comma 1, D.Lgs. n. 28 del 2010: "la domanda di mediazione relativa alle controversie di cui all'art. 2 è presentata mediante deposito di un'istanza presso un organismo nel luogo del giudice territorialmente competente per la controversia". Il criterio introdotto dal D.L. (...), n. 69, innovando il testo dell'art. 4 D.Lgs. n. 28 del 2010 cit., esige una sorta di "giurisdizionalizzazione" della mediazione, fissando un criterio di competenza territoriale dell'organismo che deve avere sede "nel luogo del giudice territorialmente competente per la controversia". La novella intendeva favorire l'agevole partecipazione delle parti alla procedura compositiva in funzione deflattiva, anche per evitare ogni abuso o strumentalizzazione derivante dalla distanza intercorrente tra sede dell'organismo adito e luogo di residenza delle parti o sede dei loro interessi. La disposizione è stata conservata anche dalla riforma processuale del 2022. L'art. 4 omette di individuare le sanzioni applicabili in caso di violazione del criterio di competenza per territorio. Tuttavia, non abbondante giurisprudenza ritiene che, in caso di domanda avanzata avanti ad organismo di mediazione territorialmente incompetente, la conseguenza sia l'inefficacia della domanda: "anche per le mediazioni attivate su disposizione del giudice, è vincolante la previsione di cui al novellato art. 4 comma 3 D.Lgs. n. 28 del 2010: la domanda di mediazione, pertanto, va presentata mediante deposito di un'istanza presso un organismo nel luogo del giudice territorialmente competente per la controversia. Ovviamente, trattandosi di norme legate alla mera competenza territoriale, è chiaro che le parti - se tutte d'accordo - possono porvi deroga rivolgendosi, con domanda congiunta, ad altro organismo scelto di comune accordo. La domanda di mediazione presentata unilateralmente dinanzi all'organismo che non ha competenza territoriale non produce effetti" (Trib. Milano (...) in Dir. Giust.; Trib. Mantova (...) in dejure). Analogamente, disponeva l'art. 71 quater att. c.c.: "la domanda di mediazione deve essere presentata, a pena di inammissibilità, presso un organismo di mediazione ubicato nelle circoscrizione del tribunale nella quale il condominio è situato". La disposizione dettata in tema di condominio era utile ai fini interpretativi, evidenziando che la sanzione, in caso di domanda avanzata avanti organismo incompetente territorialmente, consisteva nella declaratoria di "inammissibilità". Per vero, nella specie, la domanda avanzata ad organismo incompetente deve ritenersi non priva di conseguenze giuridiche in quanto, non tanto inammissibile o inefficace, quanto piuttosto, improcedibile, tamquam non esset, a tenore della regola fissata dall'art. 5 D.Lgs. n. 28 del 2010. Nelle specie, è stata avanzata domanda di mediazione avanti all'Ufficio di Mediazione Concilia Lex di (...), in data (...) , con esito negativo dell'incontro. Pur a fronte di tempestiva eccezione di improcedibilità sollevata da controparte, (...) neppure ha richiesto termine per reiterare la mediazione avanti organismo di mediazione territorialmente competente, avente sede nel circondario del Tribunale di Modena. Tenuto conto di quanto precede, la domanda va pertanto dichiarata improcedibile. Le spese processuali seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo. P.Q.M. Il Tribunale di Modena, definitivamente decidendo, ogni contraria istanza, domanda e/o eccezione disattesa, nella causa promossa da (...) del geometra (...) con atto di citazione in riassunzione in data (...), 1. dichiara improcedibile la domanda; 2. dichiara tenuto e condanna l'attore al rimborso delle spese processuali che si liquidano in complessivi Euro 12.100 (di cui Euro 100 per anticipazioni), oltre accessori. Così deciso in Modena il 15 febbraio 2024. Depositata in Cancelleria il 15 febbraio 2024.
TRIBUNALE DI MODENA composto dai Magistrati DOTT. Riccardo Di Pasquale PRESIDENTE DOTT.ssa Eleonora Ramacciotti GIUDICE REL. DOTT.ssa Francesca Cerrone GIUDICE pronuncia SENTENZA nella causa civile di primo grado iscritta al n. ...del ruolo generale degli affari contenziosi dell'anno 2020 promossa da: CAIO - Cod. Fisc. (...), elettivamente domiciliato in VIA..., presso lo studio dell'avv...., rappresentato e difeso dall'avv. ... ATTORE nei confronti di CALPURNIA- Cod. Fisc. (...), elettivamente domiciliata in VIA..., presso lo studio dell'avv...., rappresentata e difesa dall'avv. ... CONVENUTO E con l'intervento del Pubblico Ministero in punto a: Riconoscimento di figlio naturale (art. 250 c.c.) Conclusioni delle parti Come da rispettivi fogli depositati all'udienza di precisazione delle conclusioni. MOTIVAZIONE IN FATTO E IN DIRITTO Parte ricorrente, con ricorso depositato in data 10.08.2020, ha chiesto la pronuncia di sentenza che tenga luogo del consenso mancante di Calpurnia al riconoscimento del figlio Tizietto - nato il (...).(...).2016 a (...) - da parte del medesimo Caio, deducendo la sussistenza del presupposto stabilito dall'art. 250, co. 4, c.c., consistente nella conformità all'interesse del figlio. Ha contestualmente domandato al Tribunale di provvedere sul regime di affidamento, collocamento, visita del genitore non collocatario e mantenimento del figlio. Ha dedotto l'attore di avere, con ricorso notificato in data 16.10.2017, impugnato per difetto di veridicità ex art. 263 c.c. il riconoscimento reso in data 21.04.2016 nei confronti di Tizietto da Mevio, allora compagno della convenuta, avanti all'Ufficiale di Stato Civile del Comune di Modena, essendo detto riconoscimento stato effettuato nel falso convincimento che il Mevio fosse effettivamente il padre biologico del bambino (o essendo il frutto di una falsa attestazione di paternità); che solo nel corso del giudizio ex art. 263 c.c. di cui sopra (n. .../2017 R.G. innanzi al Tribunale di Modena), nel quale il Mevio è rimasto contumace e precisamente solo nella seconda metà di gennaio 2019, ha appreso che Mevio aveva promosso a fine marzo 2017 medesimo giudizio definito con sentenza n. 1143/2018 (pubblicata il 21.6.2018 - RG .../2017), con la quale il Tribunale di Modena aveva dichiarato il difetto di veridicità della dichiarazione con cui il Mevio aveva riconosciuto come suo il minore Tizietto; che il giudizio promosso dal ricorrente si è dunque concluso con sentenza n. .../2020, pubblicata il 19.2.2020, dichiarativa della cessazione della materia del contendere. Con decreto dell'1.09.2020 è stata fissata l'udienza del 3.11.2023, assegnando termine sino al 12.10.2020 per la notifica del ricorso e del decreto; l'udienza è stata poi rinviata al 16.12.2020. Con comparsa di costituzione e risposta del 29.10.2020 la convenuta ha dichiarato di opporsi al riconoscimento del figlio da parte del ricorrente ed all'accoglimento delle ulteriori domande avanzate, stante il pregiudizio per il minore derivante dall'eventuale suo riconoscimento da parte del ricorrente, la cui personalità ed i cui comportamenti passati (tra cui violenze e reati che hanno portato anche a plurime condanne penali) sarebbero tali da compromettere lo sviluppo psico-fisico del minore o, comunque, da creargli pregiudizi rilevanti, essendo peraltro egli inserito nel nucleo famigliare con la madre ed il suo attuale compagno, e la sorellina..., figlia di questi ultimi. All'udienza del 16.12.2020 il giudice istruttore, prendendo atto della opposizione di Sempronia al riconoscimento, si è riservato; con successiva ordinanza del 16.02.2021 è stata disposta ctu genetica al fine di accertare se vi sia o meno compatibilità genetica fra i caratteri di Caio e quelli di Tizietto. Con ordinanza in data 11.11.2021 il Giudice istruttore ha nominato quale curatore speciale del minore l'avv. ...e incaricato i Servizi Sociali di svolgere "un'indagine sulle condizioni familiari e di vita di Caio, con particolare riguardo alla valutazione dell'interesse del minore al riconoscimento, depositando una relazione entro il 29.04.2022". Si è costituito il curatore speciale in data 29.11.2022, chiedendo che fosse disposta CTU volta a verificare le attuali condizioni psico-fisiche del minore, le sue condizioni di vita, le condizioni socio-scolastiche, con indagine volta ad approfondire eventuali pregiudizi per il minore che potessero derivare dall'acquisto dello "status" genitoriale in capo a Caio; CTU volta a verificare le capacità genitoriali dei sig.ri Calpurnia e Caio; conferirsi incarico ai Servizi Sociali territorialmente competenti per ogni accertamento del caso e per un'indagine sulle condizioni familiari, di vita e sociali dei signori Calpurnia e Caio. Il curatore si è associato poi alla parte convenuta nella richiesta d'informazioni all'Autorità giudiziaria e di polizia ex art. 213 c.p.c. relativamente alla posizione, ad eventuali condanne penali e carichi pendenti in capo al ricorrente. Ha domandato infine assumersi, all'esito dell'indagine, ogni opportuno provvedimento a tutela e nell'interesse esclusivo del minore. In data 29.5.2022 è stata depositata la relazione da parte dei Servizi Sociali; successivamente il Giudice ha richiesto alla Questura di Modena "ogni informazione reperibile nel sistema "AFIS", relativa a Caio" e disposto ctu "volta a verificare le attuali condizioni psico-fisiche del minore Tizietto, le sue condizioni di vita, le condizioni socio-scolastiche, con indagine volta ad approfondire eventuali pregiudizi per il minore che potessero derivare dall'acquisto dello "status" genitoriale in capo al sig. Caio". All'udienza del 19.09.2023 le parti hanno insistito nelle rispettive conclusioni; all'esito, la causa è stata riservata al Collegio. 1) Sul rito applicabile nei procedimenti ex art. 250, comma 4 c.c. In via preliminare osserva il Collegio come il presente contenzioso sia stato instaurato con ricorso ex art. 250, comma 4 c.c. il quale, a seguito della novella di cui alla L. n. 219 del 2012, così recita: "Il consenso non può essere rifiutato se risponde all'interesse del figlio. Il genitore che vuole riconoscere il figlio, qualora il consenso dell'altro genitore sia rifiutato, ricorre al giudice competente, che fissa un termine per la notifica del ricorso all'altro genitore. Se non viene proposta opposizione entro trenta giorni dalla notifica, il giudice decide con sentenza che tiene luogo del consenso mancante; se viene proposta opposizione, il giudice, assunta ogni opportuna informazione, dispone l'audizione del figlio minore che abbia compiuto i dodici anni, o anche di età inferiore, ove capace di discernimento, e assume eventuali provvedimenti provvisori e urgenti al fine di instaurare la relazione, salvo che l'opposizione non sia palesemente fondata. Con la sentenza che tiene luogo del consenso mancante, il giudice assume i provvedimenti opportuni in relazione all'affidamento e al mantenimento del minore ai sensi dell'articolo 315 bis e al suo cognome ai sensi dell'articolo 262". Anteriormente alla richiamata novella i provvedimenti contemplati dall'art. 250 c.c. erano devoluti alla competenza del Tribunale per i Minorenni che pronunciava in camera di consiglio sentito il PM (cfr. art. 38 disp. att. c.c.) come pure affermato dalla Suprema Corte di Cassazione a Sezioni Unite nel diverso giudizio di dichiarazione giudiziale di paternità (cfr. Cass. 5629/1996) e recentemente ribadito dalle Sezioni semplici con riferimento al giudizio de quo (cfr. Cass. 30688/2008 secondo cui "Nei procedimenti regolati dall'art. 38 delle disposizioni di attuazione del codice civile, che si svolgono con il rito camerale e si concludono con sentenza, la forma dell'appello è quella del ricorso e non quella della citazione, stante la previsione generale di cui all'art. 737 cod. proc. civ., rispondendo alla "ratio" del sistema che, tutte le volte in cui il legislatore abbia previsto il rito camerale per il primo grado di un determinato procedimento, tale rito debba ritenersi implicitamente adottato anche per il gravame proponibile avverso di esso, ancorchè non consista nel reclamo previsto dall'art. 739 cod. proc. civ.; ne consegue che anche nel procedimento previsto dall'art. 250, comma quarto, cod. civ., il termine breve per appellare è rispettato con il tempestivo deposito in cancelleria del ricorso entro trenta giorni dalla notifica della sentenza, mentre nel caso in cui l'impugnazione sia stata proposta con citazione a udienza fissa il gravame deve considerarsi tempestivamente e validamente proposto solo ove il deposito della citazione avvenga entro il termine di trenta giorni dalla notifica della sentenza, essendo detto deposito l'atto con il quale, nei procedimenti camerali, l'impugnazione è proposta"). A seguito dell'attribuzione del procedimento in parola alla competenza del TO l'attuale formulazione dell'art. 38 disp. att. c.c. conferma il rito camerale, ferma restando la natura di sentenza del provvedimento conclusivo del procedimento, come pure previsto dal richiamato art. 25, comma 4 c.c.. Osserva inoltre il Collegio che la resistente costituendosi si è opposta al riconoscimento circostanza che ha correttamente legittimato la nomina di un curatore speciale per il minore, stante la posizione di conflitto di interesse in capo alla madre. 2. Sull'accertamento del rapporto di filiazione. La domanda di accertamento giudiziale di paternità è fondata. Il CTU ha compiuto un'indagine sui campioni salivari prelevati dalle parti in causa, studiando il rapporto di genitura al fine di "accertare in base alle leggi di Mendel (sulla ereditarietà dei caratteri), se le caratteristiche ereditarie escludano o meno un tale rapporto". All'esito delle operazioni il consulente ha concluso che "l'analisi di 23 polimorfismi del DNA ha permesso di stabilire che la paternità biologica di CAIO nei confronti di TIZIETTO non può essere esclusa; - nel caso in esame il valore di probabilità di paternità è dell'ordine del 99,99999999998 % ed il corrispondente Indice di Paternità (PI) è pari a 4944826866869,544 contro 1 corrispondenti ad un predicato verbale di paternità praticamente accertata, con elevato valore di certezza scientifica secondo la scala di Evett. - si può concludere che la paternità di CAIO nei confronti di TIZIETTO è praticamente provata". I risultati delle indagini genetiche, unitamente agli altri elementi probatori forniti consentono quindi di affermare che CAIO è il padre biologico di TIZIETTO. 3. Sulla legittimità del rifiuto del consenso al riconoscimento del minore da parte del ricorrente. In ordine alla rispondenza all'interesse del minore del riconoscimento del padre osserva il Collegio quanto segue. Nel caso di specie tanto la difesa della resistente quanto quella del curatore speciale hanno ricondotto il possibile pregiudizio derivante dal secondo riconoscimento alla personalità propensa al crimine ed alla violenza del padre, in grado, a loro avviso, di compromettere lo sviluppo psicofisico del minore. Deduce in particolare la ...che il ricorrente, oltre a non avere una stabile occupazione nè residenza e documenti validi, ha sempre tenuto condotte di vita caratterizzate da immaturità, violenza e disinteresse per la legalità, che ne hanno causato negli anni condanne ed incarcerazioni per diversi reati e in particolare per spaccio di sostanze stupefacenti; circostanze che rendono Caio persona assolutamente non in grado di esercitare in modo corretto e idoneo i poteri e doveri genitoriali, conducendo il ricorrente -anche oggi- una esistenza precaria e di dubbia natura, essendo peraltro clandestino colpito da innumerevoli ordini di rimpatrio, senza residenza o domicilio, senza una casa e senza un lavoro certo. Deduce altresì che un eventuale riconoscimento sarebbe dannoso per il piccolo Tizietto, ormai stabilmente inserito nel nucleo famigliare formato dalla madre, dal compagno ...e dalla sorellina ...(figlia di questi ultimi, di appena tre anni di età). Il curatore speciale ha chiesto che sia adottato ogni opportuno provvedimento a tutela del minore, sulla scorta delle indicazioni del ctu. Ritiene il Collegio che nella valutazione in ordine all'accertamento della rispondenza del rifiuto del consenso da parte della resistente all'interesse del minore, che sta per compiere 8 anni (essendo nato il 10.03.2016) occorra verificare se il rifiuto sia giustificato da gravi ed irreversibili motivi tali da lasciar supporre, sulla base di un giudizio prognostico, pregiudizievole per lo sviluppo psico-fisico del minore il riconoscimento del legame di filiazione con il padre. Giova richiamare infatti i principi espressi dalla Suprema Corte di Cassazione secondo cui deve escludersi che l'autorizzazione al riconoscimento sia concedibile solo se da questo possa derivare per il figlio un concreto beneficio, sia sotto il profilo morale che quello materiale tenuto conto della natura di diritto soggettivo primario della possibilità di riconoscere il figlio naturale minore di anni 16 (oggi 14) già riconosciuto dall'altro genitore (Cass. 2878/2005) posto che il sacrificio totale della genitorialità può essere giustificato solo in presenza di gravi e irreversibili motivi che inducano a ravvisare la forte probabilità di una compromissione dello sviluppo del minore, ed in particolare della sua salute psicofisica (Cass. 4/2008). Occorre poi considerare come la mera pendenza di un procedimento penale a carico del genitore richiedente non integra condizione "ex sé" ostativa all'autorizzazione al riconoscimento (Cfr. Cass. 2645/2011). Fermo pertanto il principio che oggetto del giudizio deve considerarsi esclusivamente la rispondenza del secondo riconoscimento all'interesse del minore, occorre dare atto che secondo la giurisprudenza di legittimità indici sintomatici di un pregiudizio legato al riconoscimento del figlio da parte del genitore deriverebbe dallo scarso interesse serbato dal padre prima e dopo la nascita (Cass. 2878/2005) o da un comportamento violento ed immaturo del genitore (cfr. Cass. 27729/2013). Nel caso de quo, dalle emergenze probatorie in atti emerge come il padre, almeno per i primi 2 anni di vita del minore abbia instaurato con lui un rapporto, anche in considerazione del fatto che la relazione con Sempronia è continuata dopo la sua nascita per circa due anni, nonostante l'assenza di convivenza (cfr. foto e messaggi di cui ai docc. 3 e 4 di parte ricorrente). Dalla relazione del Servizio Sociale è emerso che al termine di un periodo di carcerazione per spaccio di stupefacenti, nel 2013, Caio ha conosciuto Sempronia, con la quale avrebbe voluto instaurare una convivenza; che ella si era resa disponibile anche ad intestarsi un contratto di locazione, poiché il Pereira non era in possesso di regolare permesso di soggiorno; che successivamente hanno deciso di allargare la famiglia con un bambino e fino alla fine della gravidanza tutto è andato bene; successivamente, a partire dal termine della gravidanza, le cose sarebbero cambiate, forse a causa dell'influenza della famiglia della sig.ra Sempronia; che per circa due anni dalla nascita del piccolo Tizietto la relazione sarebbe proseguita in maniera "altalenante", in assenza di convivenza; che, sempre in base alla prospettazione di Caio, era Sempronia a decidere se e quando egli poteva incontrare il bambino, finché i rapporti si sono completamente interrotti; che da circa quattro anni egli non vede Tizietto e non ha sue notizie. E' emerso altresì dalla relazione che, seppure Caio viva in modo continuativo in Italia dal 2009, risulta privo di regolare titolo di soggiorno e questa condizione lo limita fortemente nella costruzione di un contesto di vita stabile; dal 2014 si trova nel suo attuale alloggio, per il quale corrisponde un canone senza tuttavia essere titolare del contratto di locazione, per anni intestato ad un amico ed attualmente scaduto e non rinnovato (anche le utenze dell'alloggio risultano intestate ad un'altra persona, che il sig. Pereira identifica come uno zio); che l'alloggio, situato al quarto piano di una palazzina nella prima periferia di Modena, appare adeguato, seppure spoglio e, all'apparenza, scarsamente vissuto (condizione compatibile con lo stile di vita di un uomo che trascorre la maggior parte della giornata fuori casa per lavoro); che nell'abitazione sono presenti alcune foto di Tizietto, risalenti a diversi anni fa in quanto appare molto piccolo, insieme ad altre foto della famiglia in Tunisia; che il Pereira in occasione dell'accesso degli operatori del Servizio, ha mostrato i pezzi di un tappeto di gomma componibile che utilizzava Tizietto per giocare quando era piccolo e frequentava la casa, da lui conservato come ricordo; che egli ha ribadito ancora una volta la propria volontà di riconoscere il bambino e di potersi, con il tempo, occupare di lui come fa un padre, seppur cosciente che ciò dovrà avvenire con gradualità. Dal colloquio con Sempronia è emerso che Tizietto e la mamma vivono insieme all'attuale compagno di quest'ultima, sig. ...e alla loro figlia, ..., ancora in tenera età; che la relazione tra Sempronia e il ...è iniziata circa 5 anni fa, quando Tizietto aveva poco più di un anno; che il sig. ...ha un altro figlio, di 14 anni, avuto da una precedente relazione, che vive con la madre ma frequenta regolarmente la loro casa e la loro famiglia; che il nucleo è sostenuto anche dai nonni, sia i genitori della sig.ra Sempronia sia quelli del sig. ...i quali, compatibilmente con gli impegni di lavoro, sono disponibili per la gestione dei nipotini; che Tizietto attualmente frequenta l'ultimo anno della Scuola dell'infanzia e non è a conoscenza della propria storia e di avere un padre biologico, essendo il suo riferimento genitoriale paterno rappresentato dal sig...., compagno della mamma, che lo ha cresciuto e considerato come figlio proprio; che fino a questo momento, anche in ragione dell'età, Tizietto non ha ancora posto domande, ad esempio sui cognomi differenti; che, in ogni caso, la mamma ed il compagno stanno progettando di sposarsi, in modo che il ...possa riconoscere Tizietto con una adozione "casi particolari" (cfr. relazione del Servizio Sociale in atti). Ebbene alla luce degli elementi di valutazione acquisiti, deve ritenersi che non sussistano indici sufficienti per formulare un giudizio di probabile pregiudizio per la sana crescita psico-fisica del minore derivante dal riconoscimento paterno. Ed infatti, ferma restando la pacifica commissione di reati in passato da parte del Pereira, che hanno portato in una occasione anche alla sua carcerazione (cfr. documentazione proveniente dalla Questura di Modena, Divisione polizia anticrimine, depositata il 24.05.2023) occorre dare atto come non siano emersi elementi tali da lasciar supporre il rischio di comportamenti aggressivi e violenti di Caio nei confronti del minore. Peraltro dalle informazioni fornite dalla Questura di Modena, si evince che l'ultima condanna, per i reati di cui agli artt. 337 c.p. (resistenza a pubblico ufficiale) e 582 c.p. (lesioni personali), è piuttosto risalente (agosto 2019); le altre condanne attengono allo spaccio di stupefacenti ed all'immigrazione clandestina e sono tutte antecedenti a tale data. Sebbene dunque dalla relazione del Servizio Sociale e dalla documentazione fornita dalla Questura emerga senz'altro una personalità incline alla piccola criminalità e priva di una stabile collocazione nella società, questo Collegio non ritiene che allo stato dette connotazioni possano considerarsi incompatibili col ruolo genitoriale invocato dal Pereira, il quale peraltro ha sempre manifestato, sin dai primi anni di vita di Tizietto, la sua volontà di esercitarlo pienamente. Conclusivamente non sono emersi elementi tali da ritenere pregiudizievole per il minore l'esercizio del diritto al suo riconoscimento da parte del padre. Può pertanto essere adottata sentenza che tenga luogo del mancato consenso della madre al riconoscimento del minore da parte del ricorrente. Giova poi rilevare come anche le risultanze della ctu non abbiano escluso che il minore possa trarre beneficio dal riconoscere un ruolo genitoriale a Sempronio, pur essendo stata evidenziata l'immaturità di Tizietto per apprendere la notizia e la necessità che il suo percorso di presa di consapevolezza dell'esistenza di un padre biologico sia accompagnato da adeguate cautele (di cui infra). 3. L'affidamento e la collocazione della prole. Sul punto ritiene il Collegio che, nel superiore interesse del minore, possano essere sin d'ora adottati i provvedimenti opportuni in tema di affidamento e mantenimento del minore, conformemente al tenore letterale dell'art. 250, comma 4 c.c. secondo cui "Con la sentenza che tiene luogo del consenso mancante, il giudice assume i provvedimenti opportuni in relazione all'affidamento e al mantenimento del minore ai sensi dell'articolo 315 bis e al suo cognome ai sensi dell'articolo 262". Ebbene, alla luce delle risultanze della CTU, che ha, come detto, evidenziato l'immaturità del minore rispetto alla notizia dell'esistenza di un padre naturale diverso dal compagno della madre, nonché tenuto conto della obiettiva totale assenza di rapporti padre figlio, ritiene il Collegio che sussistano elementi ostativi che inducono a considerare sconsigliabile, almeno allo stato, l'affido condiviso, in quanto non confacente all'interesse del minore (art. 337 quater comma 1 c.c.); solamente all'esito del percorso con il Servizio sociale, di cui si dirà in seguito, e della verifica della possibilità di un progressivo ripristino della relazione padre- figlio, potrà essere presa in considerazione la possibilità di disporre l'affido condiviso del minore. Pertanto Tizietto deve, allo stato, essere affidato in via esclusiva alla madre, con collocazione prevalente presso la stessa. 4. I rapporti con l'altro genitore. Quanto alla disciplina del diritto di visita da parte del padre, il Collegio osserva che attesa l'età del minore e la particolare immaturità rilevata dalla consulente nominata, il palinsesto regolante il regime di vista del genitore non collocatario debba essere debitamente calibrato tenendo in considerazione le esigenze legate all'età del minore (7 anni), tenendo conto dei suggerimenti forniti dal CTU e modulando i tempi di permanenza del minore presso il padre in modo graduale e non traumatico, garantendo in tal modo la corretta instaurazione di un sano e stabile rapporto tra il minore e la figura genitoriale non collocataria. Giova sul punto ricordare che dalle conclusioni della ctu (nel corso della quale le parti hanno sostanzialmente riferito le medesime circostanze sul proprio vissuto e sulle attuali condizioni di vita di cui alla relazione del Servizio Sociale) è emerso che: "Tizietto si presenta come un bambino ben inserito nel proprio contesto scolastico e sociale. E' seguito dalla madre a cui mostra un legame di attaccamento sicuro e molto stretto, come tipico per l'età. Nonostante la madre abbia riferito di aver comunicato a Tizietto la distinzione tra il proprio padre biologico ed il compagno, Tizietto sembra non averlo ancora compreso ed elaborato il significato dell'informazione anche se alla scrivente dimostra di averla immagazzinata. Non stupisce la difficoltà di elaborare l'informazione dal momento che si tratta di un concetto che chiama in causa un costrutto astratto che richiede una capacità di pensiero astratta non ancora acquisita da Tizietto (in conformità con l'età)". Seppur non emergano debolezze cognitive, la ctu, in ordine all'elaborazione delle origini, ha evidenziato che "Tizietto pur in linea con l'età appare cognitivamente, emotivamente e affettivamente non sufficientemente maturo oggi per poter elaborare da solo questa informazione". Ha poi precisato che, seppur non vi siano carenze cognitive o evolutive "Tizietto si presenta oggi come un bambino ancora non sufficientemente maturo per l'acquisizione di concetti astratti che richiedano una ristrutturazione e ridefinizione dei ruoli dei membri del proprio nucleo familiare". Ha evidenziato che "è importante per Tizietto acquisire queste informazioni ed elaborarle in modo corretto potendo così costruire in futuro una identità coesa e matura"; che questo deve essere fatto accompagnando il bambino, la madre ed il compagno convivente a ridefinire ruoli e parentele. Ha consigliato a tal fine l'invio alla NPIA, con attivazione di un percorso di sostegno psicologico individuale sia per Tizietto sia per i familiari. La ctu ha infine rilevato come un diverso discorso assuma l'inserimento del Pereira nella vita di Tizietto come presenza fisica, poiché esso "richiede un approfondimento circa la capacità genitoriale oltre che della sua stabilità". È importante, ha proseguito la ctu, distinguere la necessità del bambino in ogni caso di conoscere le proprie origini dalla costruzione di un rapporto padre-figlio, le cui forme e modalità devono essere opportunamente vagliate ed in ogni caso "subordinate all'avvio di un supporto psicologico per Tizietto e per la famiglia" (cfr. in particolare pp. 16-18 elaborato peritale in atti). In considerazione dell'età del minore (6 anni al momento delle operazioni peritali) indice di probabile assenza della capacità di discernimento e della circostanza che egli non era ancora stato reso edotto della presenza di un padre "biologico" non si è provveduto all'audizione, in quanto contraria al suo interesse e comunque superflua (cfr. Cass. 21101/2014 e Cass. 24863/2014). Ebbene, in prima battuta gli incontri dovranno avvenire con modalità protette secondo le modalità indicate in dispositivo. La brevità dei tempi con cui i genitori si sono conosciuti, hanno concepito un figlio ed hanno interrotto ogni reciproca relazione, induce a ritenere opportuno disporre la presa in carico del nucleo familiare da parte dei Servizi Sociali e della NPIA (a cura del Servizio stesso) pure sollecitata dal CTU, al fine di monitorare la sana evoluzione del rapporto del minore con i propri genitori e valutare la sussistenza di adeguate capacità genitoriali in capo ad entrambi. Ne segue che le visite paterne potranno avvenire in forma libera e non protetta solo subordinatamente alla valutazione di opportunità dei Servizi sociali all'esito della valutazione dell'evoluzione dei rapporti con il padre e la madre; sarà in facoltà del Servizio Sociale interrompere gli incontri ove ritenuti pregiudizievoli per il minore. I genitori devono inoltre essere invitati a seguire un percorso di sostegno alla genitorialità come suggerito dal CTU. Il Servizio Sociale depositerà una relazione di aggiornamento presso l'ufficio del Giudice tutelare entro il 30.12.2024. 5.Il mantenimento della prole e il concorso nelle spese straordinarie. Quanto al contributo di mantenimento, il ricorrente ha riferito alla consulente ed al Servizio Sociale di lavorare ogni giorno ma con contratto non regolare perché ancora privo di permesso di soggiorno Pur non potendolo documentare, percepirebbe entrate di circa 1500 euro mensili, svolgendo lavori di giardinaggio, traslochi e mercato, a chiamata; la madre gli manda tutti i mesi 700,00 euro, frutto di sue proprietà in affitto in Tunisia. Vive da solo nella stessa casa da quando ha conosciuto la sig.ra Sempronia, per la quale corrisponde un affitto di Euro. 450,00 senza regolare contratto. La resistente lavora presso il ristorante gestito dal compagno e dalla suocera, con entrate documentate di circa 15000 euro l'anno (cfr. modelli 730 depositati con la comparsa conclusionale); al momento del colloquio con il Servizio Sociale era in procinto di laurearsi in scienze erboristiche. Il Collegio, tenuto conto della collocazione prevalente del minore presso la madre, degli oneri legati all'età del minore e degli elementi reddituali sopra richiamati, pone a carico del sig. Pereira, con effetto dalla data di deposito del ricorso, l'assegno mensile per il mantenimento del figlio di euro 300,00 mensili oltre al concorso nella misura mensile del 50% nelle spese di carattere straordinario come regolamentate dal Protocollo in vigore presso il Tribunale di Modena, da ritenersi integralmente richiamato. 6. Il cognome paterno ex art. 262 c.c.. A norma dell'art. 262, co. 2, c.c., se la filiazione nei confronti del padre è stata accertata o riconosciuta successivamente al riconoscimento da parte della madre, il figlio può assumere il cognome del padre, aggiungendolo o sostituendolo a quello della madre. A tale proposito, con riguardo ai criteri che devono orientare il Giudice nella decisione, la giurisprudenza di legittimità ha chiarito, tra l'altro, che i criteri di individuazione del cognome del minore si pongono in funzione del suo interesse, che è quello di evitare un danno alla sua identità personale, intesa anche come proiezione della sua personalità sociale, avente copertura costituzionale (cfr. Cass. 12640/2015). Nel caso di specie ritiene il Collegio che aggiungere il patronimico ...al cognome materno per primo attribuito sia conforme agli interessi del minore, in considerazione dell'inesistente attitudine identificatrice del cognome materno, data la tenera età del minore (che in futuro avrà così modo di maturare il percorso che ha portato al suo riconoscimento paterno) e tenuto anche conto che la convenuta non ha assunto alcuna specifica posizione al riguardo. 7. Le spese di lite. Le spese di lite seguono la prevalente soccombenza e sono liquidate come da dispositivo tenuto conto della non particolare complessità delle questioni trattate, ponendo le spese della consulenza tecnica di ufficio, già liquidate e poste provvisoriamente a carico di entrambe in solido tra loro, definitivamente a carico solidale delle medesime secondo le modalità indicate in dispositivo. Possono, infine, essere integralmente compensate le spese nei rapporti con il curatore speciale che del minore, alla luce delle conclusioni rassegnate da quest'ultimo, che si è limitato a domandare l'assunzione di "ogni opportuno provvedimento a tutela e nell'interesse esclusivo del minore, tenendo conto delle risultanze della CTU Dott.ssa Roberta Vacondio" (cfr. conclusioni rassegnate in data 7.09.2023). P.Q.M. Il Tribunale di Modena, respinta ogni diversa istanza, in contraddittorio delle parti, visti gli artt. 250, comma I, c.c., 737 c.p.c.: 1) Dà atto del perfezionamento dell'efficacia del riconoscimento da parte del sig. Caio quale proprio figlio di Tizietto, nato a (...) il (...).(...).2016; 2) Ordina all'Ufficiale di Stato Civile competente di provvedere alla relativa annotazione sull'atto di nascita del minore ...Tizietto e alle ulteriori incombenze di legge; 3) dispone che il minore Tizietto, nato a (...) il (...).(...).2016, a seguito del riconoscimento del padre, assuma il cognome ...posponendolo a quello della madre, chiamandosi conseguentemente Tizietto....; 4) affida il figlio minore Tizietto in via esclusiva a Calpurnia, disponendo che il minore mantenga la residenza anagrafica e la dimora abituale presso la madre; 5) invita entrambe le parti ad avviare un percorso psicologico-psicoterapeutico al fine di prendere consapevolezza del proprio funzionamento psichico e degli aspetti critici più profondi della personalità che hanno una ricaduta negativa sulla funzione genitoriale; 6) dispone la presa in carico dell'intero nucleo familiare (madre, padre e minore), da parte dei Servizi sociali territorialmente competenti (luogo di residenza del minore: Modena) al fine di avviare gli incontri in luogo neutro tra padre e figlio, con facoltà per gli operatori di modulare l'intensità di frequenza ed orario degli incontri nonché di interromperli, ove ritenuti pregiudizievoli per il minore; 7) dispone che a cura del Servizio Sociale sia avviato un percorso psicologico per il minore presso la NPIA; 9) invita i genitori a prestarsi la massima collaborazione nell'interesse del minore, tenendosi reciprocamente al corrente in ordine agli impegni scolastici, extra scolastici e comunicandosi ogni altra informazione in ordine alla salute e alle condizioni generali del figlio; 10) dispone che il Servizio Sociale di Modena depositi una relazione di aggiornamento sulla situazione del nucleo famigliare presso l'Ufficio del Giudice tutelare entro il 30.12.2024; 10) dispone che Caio corrisponda, con effetto dalla mensilità di agosto 2020, a titolo di contributo perequativo per il mantenimento del figlio Tizietto alla signora Calpurnia una somma mensile pari ad Euro 300,00 suscettibili di rivalutazione annuale secondo gli indici Istat, da versarsi entro il giorno 15 di ogni mese, oltre a partecipare al 50% delle spese straordinarie come disciplinate dal Protocollo in vigore presso il Tribunale di Modena, da intendersi integralmente richiamato; 12) Pone a carico di Calpurnia le spese del giudizio sostenute da Caio, liquidate in Euro.3800,00 per compenso professionale, oltre accessori di legge. 13) Compensa le spese del giudizio nei rapporti con il curatore speciale del minore, avv....; 14) Pone a carico del ricorrente e della convenuta in via solidale le spese di entrambe le CTU, come liquidate in corso di causa. Si comunichi ai Servizi Sociali. Si Comunichi all'Ufficiale dello Stato civile di Modena, Manda la Cancelleria per le comunicazioni e gli adempimenti di legge. Così deciso in Modena, nella camera di consiglio della Prima Sezione civile in data 7.02.2024. Depositata in Cancelleria il 15 febbraio 2024.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO di MODENA SEZIONE PRIMA CIVILE Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. Susanna Zavaglia ha pronunciato ex art. 281 sexies c.p.c. la seguente SENTENZA nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 4091/2022 promossa da: GEST. IM. SRL (C.F. P.IVA (...)), con il patrocinio dell'avv. (...) e dell'avv. (...) (...), elettivamente domiciliato in (...) 41100 (...) presso il difensore avv. (...) ATTRICE contro (...), con il patrocinio dell'avv. (...), elettivamente domiciliato in (...) presso il difensore avv. (...) CONVENUTO Concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione Con atto di citazione notificato il (...), Per (...) premesso: - di essere proprietaria di un'unità immobiliare posta in (...), piano terra, catastalmente distinta al NCEU del (...) al foglio mappale 185, sub (già mappale 185, sub), facente parte del (...)"; - di avere acquistato tale unità immobiliare dal Fallimento (...) in liquidazione, giusto decreto di trasferimento emesso dal Tribunale di Modena in data (...) (doc. n. 3), trascritto presso Agenzia delle Entrate, Ufficio Provinciale di Modena - Territorio - Servizio di pubblicità immobiliare in data (...) al n. 21546/2020 part. (doc. n. 4); - che detta unità immobiliare, originariamente destinata ad uso negozio/ufficio, era stata adibita da (...) - ad esito di regolare procedimento di variazione/cambio di destinazione d'uso - a garages (doc. n. 5); - di avere, in considerazione di tale nuova destinazione, nel (...), provveduto a sostituire le preesistenti due porte di accesso con due portoni in legno, di colore, tipo e consistenza del tutto analoghi al portone - pure in legno - di accesso al (...) portone posto al loro fianco (doc. n. 6), nonché del tutto analoghi ai portoni di accesso delle autorimesse poste nel cortile del (...) quo (doc. n. 7); - che in data (...), l'assemblea del (...) con riferimento al punto 4) dell'ordine del giorno del relativo avviso di convocazione pervenuto all'attrice il (...) (doc. n. 8), così formulato: "determinazione ed approvazione esecuzione di attività tecniche, amministrative e manutentive al fabbricato, ordinarie e straordinarie, relativi preventivi di spesa ed eventuali fondi di accantonamento", deliberava quanto segue: "...4) L'assemblea delibera di procedere nelle attività necessarie al ripristino del decoro architettonico del fabbricato lato (...) essendo state appaltate modifiche non preventivamente autorizzate come previsto dall'art. 5 del regolamento condominiale ed essendo fortemente impattanti, autorizzano sin da ora l'amministratore nel procedere in ogni azione del caso... " (sempre doc. n. 2); - che il verbale della predetta assemblea condominiale del (...) veniva comunicato via mail all'attrice in data (...) (doc. n. 9), visto che la stessa non era intervenuta in assemblea; tutto ciò premesso, chiedeva accertarsi e dichiararsi l'invalidità - per nullità e/o annullabilità e/o inefficacia - della deliberazione adottata dall'assemblea del predetto ("(...)" nella riunione del (...) relativamente a quanto dalla stessa deciso e riportato al punto 4) del verbale. Si costituiva il (...) convenuto, chiedendo rigettarsi la domanda formulata da parte attrice e, in via riconvenzionale, accertare e dichiarare la sostituzione degli originari portoni in ferro e vetro con portoni in legno sulla facciata principale lato Canalgrande del (...)", operata da parte attrice, lesiva del decoro architettonico; conseguentemente, condannarsi parte attrice al ripristino dello status quo ante e quindi alla rimessione in pristino stato degli originari portoni in ferro e vetro caratterizzanti la fisionomia ed il pregio estetico del palazzo. All'udienza del (...) la causa veniva discussa e decisa senza svolgimento di attività istruttoria. E' fondata la domanda proposta da parte attrice di accertamento della nullità della delibera condominiale impugnata nella parte di cui al suo punto 4), per assoluta indeterminatezza dell'oggetto. In essa, invero, non vengono in alcun modo specificate, né risultano aliunde individuabili "...le appaltate modifiche non preventivamente autorizzate...fortemente impattanti." sulla facciata lato (...) a fronte delle quali procedersi "... nelle attività necessarie al ripristino del decoro architettonico...", anch'esse rimaste del tutto indeterminate. Per (...) in particolare, qualsivoglia riferimento ai portoni in legno installati da (...) e persino alla relativa unità immobiliare. L'assoluta incertezza/indeterminatezza dell'oggetto della delibera ne determina la nullità, secondo la costante giurisprudenza della Suprema Corte (cfr. Cass. S.U. n. 9839/2021). E' appena il caso di rimarcare, al riguardo, che - valendo in materia il principio della necessaria forma scritta che deve rivestire la volontà assembleare - la valutazione relativa alla determinatezza/indeterminatezza dell'oggetto di una delibera condominiale non può che basarsi esclusivamente su quanto risultante dal verbale che tale delibera contiene, per cui quest'ultimo deve rivelarsi di per sé "autosufficiente", nel senso che la volontà dell'assemblea non può essere integrata né tanto meno chiarita facendosi ricorso a altre fonti che non siano il verbale medesimo. La ratio del principio di forma scritta delle delibere dell'assemblea dei condomini va individuata, come si è osservato in giurisprudenza, nella circostanza che il verbale rappresenta l'unica fonte di informazione e di prova in merito alle decisioni assunte dall'assemblea dei condomini ed è finalizzato a consentire un adeguato controllo, formale e sostanziale, in ordine alla validità e alla legittimità di quanto deciso dall'assemblea stessa, oltre a rappresentare l'unica fonte di conoscenza delle decisioni dell'assemblea da parte del condomino assente, per cui è solo dalla sua comunicazione che decorre il termine di impugnazione ove vogliano farsi valere vizi inficianti tali decisioni (v. C. App. Genova (...) n. 106). La ritenuta nullità della delibera nella parte impugnata (punto 4) esime dal valutare le ulteriori doglianze svolte avverso la stessa dalla parte attrice. Venendo alla domanda riconvenzionale proposta dal (...) sussiste la legittimazione attiva dell'amministratore a proporre azione per la tutela del decoro architettonico dell'edificio a prescindere dalla relativa specifica autorizzazione assembleare, avendo la Suprema Corte da tempo chiarito che: "Ai sensi degli artt. 1130, primo comma, n. 4), e 1131 cod. civ., l'amministratore del condominio è legittimato, senza necessità di una specifica deliberazione assembleare, ad instaurare un giudizio per la rimozione di finestre aperte abusivamente, in contrasto con il regolamento, sulla facciata dello stabile condominiale, da taluni condomini, in quanto tale atto, essendo diretto a conservare il decoro architettonico dell'edificio contro ogni alterazione dell'estetica dello stesso, è finalizzato alla conservazione dei diritti inerenti alle parti comuni dell'edificio". (Sez. 2, Sentenza n. 14626 del (...)). Nel merito, la domanda è fondata; invero, è pacifico che Gest. Im. divenuta proprietaria dell'unità immobiliare (negozio/ufficio), sita a piano terra, facente parte del (...)", a seguito di cambio di destinazione d'uso (garage) richiesta al (...) ha provveduto a sostituire i due portoni di accesso della facciata principale su (...) originariamente in ferro e vetro (All. 4 foto conv.) e uniformi per tutte le aperture a piano terra del palazzo (cfr. foto 1e 1a), con nuovi portoni in legno, visibilmente diversi per materiale, colore e fattura (All. 5 foto conv.). Non vi è dubbio che detti portoni in legno alterino la complessiva armonia e fisionomia del (...), che deve essere considerato unitariamente nel suo insieme, senza che possa rilevare la valutazione estetica dell'infisso preso singolarmente. La nozione di decoro architettonico, infatti, proprio perché inerente la fisionomia dell'edificio condominiale, è identificabile con un bene comune ai sensi dell'art. 1117 c.c., il cui mantenimento è tutelato a prescindere dalla validità estetica assoluta delle modifiche che si intendono apportare al fabbricato (così Cass. Sez. 2, (...), n. 8830) e alla cui salvaguardia è legittimato anche il singolo condomino (cfr. Cass. 28465/2019). D'altro canto, costituisce innovazione lesiva del decoro architettonico del fabbricato condominiale, come tale vietata, non solo quella che ne alteri le linee architettoniche, ma anche quella che comunque si rifletta negativamente sull'aspetto armonico di esso, a prescindere dal pregio estetico che possa avere l'edificio (Cass. Sez. II; (...) n. 17102); l'alterazione del decoro è integrata, quindi, da qualunque intervento che alteri in modo visibile e significativo la particolare struttura e la complessiva armonia che conferiscono all'edificio una sua propria e specifica identità (Cass. 1076/05 e Cass. 14455/09). Di recente, in un caso analogo alla fattispecie in esame, la Corte di Cassazione ha ritenuto che la sostituzione degli infissi esterni della facciata principale, originariamente in legno di (...) e uniformi per tutte le aperture del fabbricato, con nuovi infissi in alluminio preverniciati in bianco, costituisse lesione del decoro architettonico poiché la caratterizzazione uniforme degli infissi sulla facciata incideva sulla fisionomia del fabbricato e sul pregio estetico del medesimo, né valeva a superare la lesione estetica l'adattamento con l'applicazione di una striscia adesiva marrone sull'infisso bianco (Cfr. Corte di Cass. Sez. II n. 37732/2021). I portoni in legno oggetto di causa devono pertanto ritenersi installati in violazione dell'art. 1122 c.c., con la conseguenza che, in accoglimento della domanda riconvenzionale del convenuto, ne va ordinata la rimozione, con ripristino dell'infisso originario o di altro a quest'ultimo esteticamente uniforme. Il complessivo esito del giudizio giustifica la integrale compensazione delle spese di lite. P.Q.M. Accerta e dichiara la nullità della deliberazione adottata dall'assemblea del (...) "nella riunione del (...) relativamente a quanto dalla stessa deciso e riportato al punto 4) del verbale; in accoglimento della domanda riconvenzionale, accerta e dichiara la sostituzione degli originari portoni in ferro e vetro con portoni in legno sulla facciata principale lato (...) del (...)", operata da parte attrice, lesiva del decoro architettonico dell'edificio; conseguentemente, condanna parte attrice al ripristino dell'infisso originario o di altro a quest'ultimo esteticamente uniforme. Compensa integralmente le spese di lite tra le parti. Sentenza resa ex articolo 281 sexies c.p.c., pubblicata mediante allegazione al verbale. Modena, (...)
TRIBUNALE DI MODENA REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale di Modena - Seconda Sezione Civile-, in persona del Giudice Unico dott. Michele Cifarelli, ha emesso la seguente SENTENZA 7241/2020 nella causa civile iscritta col n. /241/2020 al Ruolo Generale e vertente tra (...) e (...) (avv. Da.Ma.) - ATTORIe (...) (avv. An.Ba.) - CONVENUTA - Oggetto: risoluzione, recesso, caparra OSSERVA 1) L'oggetto della domanda originariamente proposta dagli attori non è ricompreso fra quelli elencati nell'art.5 co 1-bis del Dlgs n. 28 del 2010, per cui il procedimento di mediazione costituisce condizione di procedibilità della domanda. E' poi superfluo chiedersi se le domande proposte in via riconvenzionale dalla convenuta rientrino in dette materie, visto che l'eventuale loro autonoma improcedibilità non è stata eccepita dalla controparte, né rilevata d'ufficio dal giudice, entro la prima udienza, come imposto dalla medesima norma. Le contrapposte domande delle parti vanno, dunque, affrontate nel merito. 2) Rispetto al contratto preliminare di compravendita immobiliare stipulato dalle parti il 29 agosto 2019, si contrappongono due domande, aventi identica finalità solutoria: A) quella degli attori, promissari acquirenti, che chiedono venga pronunciata la risoluzione di tale contratto per inadempimento della promittente venditrice (...), con altrui condanna al pagamento del doppio della caparra; B) quella proposta in via riconvenzionale da quest'ultima, che chiede venga accertata la legittimità del proprio recesso, ed il conseguente diritto di ritenere la caparra versata. 2.1) Secondo il convincente insegnamento di Cass. SU n°553 del 2009, il diritto di recesso previsto dall'art.1385 c.c. non è altro "che uno speciale strumento di risoluzione negoziale per giusta causa, alla quale lo accomunano tanto i presupposti (l'inadempimento della controparte) quanto le conseguenze (la caducazione ex tunc degli effetti del contratto)") tanto che, ad esempio, "una domanda di risoluzione contrattuale correlata ad una richiesta risarcitoria contenuta nei limiti della caparra.....non è altro ... che una domanda di accertamento dell'avvenuto recesso". Ciò comporta la necessità di procedere a corretta qualificazione in iure delle contrapposte domande solutorie al di là del loro dato formale, considerando l'interesse in concreto perseguito dalle parti. Interesse che nella specie è per entrambe volto ad ottenere, con la caducazione del contratto, il beneficio previsto dall'art. 1385 co. 2 c.c. (di ritenere la caparra, o, specularmente, di conseguirne il doppio), per effetto dell'altrui inadempimento. Beneficio che non è possibile conseguire senza l'esercizio del diritto di recesso ed il conseguente accertamento dell'avvenuta risoluzione negoziale del contratto; nella specie, neppure per la via alternativa del risarcimento ordinario dei danni - conseguibile in caso di pronuncia dichiarativa o costitutiva di risoluzione, che per entrambe le parti è in causa del tutto sfornito di allegazione e prova. Le speculari domande vanno pertanto entrambe ricondotte nell'alveo del recesso; che per entrambe le parti va considerato esercitato con i rispettivi atti introduttivi del giudizio - posto che l'anteriore recesso della promittente venditrice non è mai pervenuto a conoscenza dei promissari acquirenti. Peraltro, la questione della corretta riqualificazione delle domande non ha altre ricadute processuali, visto che "nell'indagine sull'inadempienza contrattuale da compiersi al fine di stabilire se ed a chi spetti il diritto di recesso, i criteri da adottarsi sono quegli stessi che si debbono seguire nel caso di controversia su reciproche istanze di risoluzione, nel senso che occorre in ogni caso una valutazione comparativa del comportamento di entrambi i contraenti in relazione al contratto, in modo da stabilire quale di essi abbia fatto venir meno, con il proprio comportamento, l'interesse dell'altro al mantenimento del negozio" (sempre Cass. n. 553/09); ovvero "si sia resa responsabile delle trasgressioni che, per numero o per gravità ovvero per entrambe le cause, si rivelino idonee a turbare il sinallagma contrattuale' (Cass. n. 28391 del 2020). 3) Operando nel modo suddetto, si osserva in primo luogo che nel contratto per cui è causa, stipulato il 29 agosto 2019, era prevista a carico dei promissari acquirenti la contestuale consegna di una caparra di Euro 45.000 a mezzo assegno. E pacifico o documentato che l'assegno a tal fine consegnato, tratto dalla sig.ra (...), è risultato insoluto, sicché (...), ottenuto decreto ingiuntivo nei suoi confronti ed iscritta ipoteca su un suo immobile (sito in Modena, via (...)), ha poi incassato la somma corrispondente alla caparra dalla terza acquirente di tale immobile, maggiorata di spese, in forza di apposita previsione nel rogito d'acquisto del 27 gennaio 2020, cui per questo ha personalmente partecipato. 3.1) Sostengono a tal proposito gli attori che, una volta incassata la caparra, non v'era più alcun loro rilevante inadempimento che potesse giustificare l'altrui iniziativa di recesso - che risulta intrapresa nel febbraio 2020, con raccomandate però non ricevute per irreperibilità o restituzione al mittente senza invio. 3.2) Il rilievo è corretto. In effetti, la ricezione della caparra (che va fatta risalire all'incasso, posto che "la caparra confirmatoria può essere costituita anche mediante la consegna di un assegno bancario, pur se l'effetto proprio di essa si perfeziona al momento della riscossione della somma da esso recata e, dunque, salvo buon fine": Cass. n. 10366 del 2022) è avvenuta in un momento in cui era ancora possibile dar corso all'attività prevista nel preliminare, secondo cui "lo studio (...) di Formigine, nella persona dell'arch. (...), o suo incaricato, in concerto con un tecnico abilitato nominato dalla parte promittente l'acquisto presenterà presso il comune di Campogalliano una pratica edilizia di 'valutazione preventiva' unica cumulativa atta ad ottenere un parere preventivo di fattibilità del comune stesso...". Attività prevista come prodromica alla vendita ("ottenuta la valutazione preventiva dal comune di Campogalliano, le parti addiverranno alla compravendita.."), sicché la previsione di termine per il rogito definitivo "entro e non oltre il 30 novembre 2019" (per il lotto A; per il lotto B il termine è al 31 marzo 2023) risulta chiaramente considerata non essenziale dalle parti. 3.3) Ciò, per altro verso, consente anche di escludere in radice rilievo alle condotte delle parti relative all'invito a rogito entro detto termine, che in assenza della preventiva valutazione positiva del comune, costituente "idoneo titolo per la stipula del rogito notarile (lotto A)" sarebbe stato comunque privo di effetti. 4) Entrambe le parti sostengono che non si sia pervenuti neppure alla valutazione preventiva del comune, addebitandosene reciprocamente la colpa. L'adempimento non è più possibile, perché inibito dalle reciproche domande solutorie delle parti, ex art. 1453 co. 3 c.c. Può quindi darsi per avvenuta la caducazione contrattuale, e certa la sua dipendenza causale da tale iniziale inerzia. Occorre, pertanto, indagare sulla condotta delle parti contraenti, per verificare se il mancato compimento dell'attività prodromica, secondo previsione contrattuale da compiersi "in concerto", sia imputabile in via esclusiva ad una sola di esse. Detta analisi va condotta, in punto di fatto, tenendo conto del noto principio giurisprudenziale fissato da Cass. sez. U., sent. n. 13533 del 30 ottobre 2001, secondo cui "in tema di prova dell'inadempimento di una obbligazione, il creditore che agisca per la risoluzione contrattuale, per il risarcimento del danno, ovvero per l'adempimento, deve soltanto provare la fonte negoziale o legale del suo diritto ed il relativo termine di scadenza, limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell'inadempimento della controparte, mentre il debitore convenuto è gravato dell'onere della prova del fatto estintivo dell'altrui pretesa, costituito dall'avvenuto adempimento'; che va integrato con il rilievo secondo cui "nel caso di proposizione di una domanda di risoluzione del contratto per inadempimento contrattuale, l'attore ha l'onere di indicare le specifiche circostanze materiali lesive del proprio diritto e di allegare le specifiche circostanze integranti l'inadempimento, in quanto l'allegazione costituisce l'imprescindibile presupposto che circoscrive i fatti cui si correla il diritto di difesa, a presidio del contraddittorio" (Cass. n. 10141 del 2021). Principio che, nel caso di contrapposte domande solutorie, qui ricorrente, impone di ritenere ciascuna parte onerata della prova del proprio esatto adempimento, nel perimetro fissato dalle altrui allegazioni d'inadempimento 5) L'attività prodromica alla vendita non portata a termine consisteva nella presentazione al comune di "una pratica edilizia di "valutazione preventiva" unica cumulativa atta ad ottenere un parere preventivo di fattibilità del comune", munita degli "elementi necessari a valutare: cambio di destinazione d'uso da ufficio ad abitazione; progetto di ristrutturazione con modifiche interne ed accorpamento delle due unità (ora A/10 e A/7) in una sola ... con redazione di nuove planimetrie di progetto da depositare in Comune e catastali, elaborato planimetrico con evidenziata area esclusiva di proprietà ed assegnazione di nuove Rendite Catastali". Come detto, era previsto che tale attività fosse svolta "in concerto" fra l'arch. (...) dello studio (...), incaricato della venditrice, ed un tecnico incaricato dai promissari acquirenti, ovvero l'ing. (...). Mentre può darsi per certo (per ragioni giuridico-amministrative) che il deposito finale fosse a carico del rappresentante della proprietà, il contratto non disciplina specificamente le modalità di realizzazione del concerto. Ciò significa che entrambe le parti, tramite i loro rappresentanti, erano gravate dal reciproco obbligo contrattuale di collaborazione, che implica, da un lato, il dovere di interlocuzione sull'altrui iniziativa; dall'altro, la necessità di assumere l'iniziativa in caso di altrui inerzia. 6) La prova raccolta in causa - documentale ed orale-, in parte qua, riguarda esclusivamente gli accadimenti iniziali, fino al luglio 2019. Non risulta, invece, alcuna iniziativa delle parti riconducibile all'adempimento dell'obbligo (come sopra declinato) successiva al gennaio 2020, in cui la caparra è stata ricevuta dalla promittente venditrice. Per quello che dicono gli atti, costei ha (inutilmente) inviato raccomandata di recesso nel febbraio 2020, e null'altro. I promissari acquirenti, dal canto loro, si sono limitati ad inviare nel settembre 2020 una diffida ad adempiere, in cui si allega l'altrui inerzia colpevole. 7) Procedendo all'analisi del materiale istruttorio secondo la regola di riparto esposta in precedenza, si perviene alla constatazione che nessuna delle parti ha offerto sufficiente prova del proprio esatto adempimento. Queste le ragioni. 7.1) I promissari acquirenti hanno dato prova (testimoniale) di aver inizialmente consegnato allo studio (...) della documentazione, ma non anche che la stessa fosse sufficiente allo scopo di consentire allo studio (...) di procedere in autonomia al completamento e deposito della pratica. Ciò non può presumersi, visto che la documentazione asseritamente consegnata (a doc.4 prodotto dagli attori con la memoria n. 183 co. 6 n. 2 c.p.c.) è un progetto di ristrutturazione interna dell'edificio, ma non risulta che il concerto si limitasse alla sua consegna, e che pertanto spettasse allo studio (...) di procedere in autonomia alla "redazione di nuove planimetrie di progetto da depositare in Comune e catastali, elaborato planimetrico con evidenziata area esclusiva di proprietà ed assegnazione di nuove Rendite Catastali", costituente l'ulteriore attività specificata in contratto come da compiersi in collaborazione. Ciò non può ritenersi neppure in esito alla deposizione del teste Angelo Catania sul cap.7) - teso a dimostrare "che nell'incontro successivo alla consegna dell'elaborato progettuale redatto dall'Ing. (...) lo studio (...) comunicava alla (...) la fattibilità dello stesso oltre allo svolgimento da parte propria di ogni attività necessaria per la presentazione all'Ufficio Tecnico del Comune di Campogalliano della documentazione per ottenere una valutazione preventiva", poiché costui non ha presenziato a tale incontro, ed avrebbe appreso la circostanza che i professionisti della proprietà "avrebbero garantito la fattibilità" soltanto "giorni dopo" dalla sig.ra (...). In parte qua trattasi, quindi, di teste "de relato actoris"; che sono "quelli che depongono su fatti e circostanze di cui sono stati informati dal soggetto che ha proposto il giudizio, così che la rilevanza del loro assunto è sostanzialmente nulla, in quanto vertente sul fatto della dichiarazione di una parte e non sul fatto oggetto dell'accertamento, fondamento storico della pretesa" (ex multis Cass. n. 569 del 2015). L'insufficienza di prova della circostanza di aver esattamente adempiuto rende per altro verso del tutto irrilevante la successiva diffida ad adempiere, che per conseguire i suoi effetti (peraltro non invocati in causa) necessiterebbe della certezza istruttoria che, a tale momento, l'incaricato della proprietà fosse in grado di (prima ancora che tenuto a) procedere in autonomia al completamento e deposito della pratica, senza ulteriori interlocuzioni con l'altrui tecnico. 7.2) La condotta inerte della promittente venditrice fino al gennaio 2020 trova giustificazione nell'altrui inadempimento alla consegna della caparra. Dopo la ricezione della caparra, però, come detto, vi è stata piena riespansione dell'obbligo in concerto. La promittente venditrice avrebbe quindi dovuto dar prova: a) di essere impedita a dar corso al proprio adempimento, a causa della omessa collaborazione altrui; b) di aver diligentemente sollecitato la controparte a detta collaborazione, assumendo quell'iniziativa costituente parte integrante dell'obbligo. In realtà, la dimostrazione della circostanza a) non è fornita, mentre quella sub b) non risulta neppure allegata dalla parte onerata. 8) Più in generale, risulta evidente che il concerto delle parti si è realizzato nel non dar corso all'attività preliminare alla vendita, reciprocamente giustificando il proprio inadempimento con quello altrui. Tale fine accomuna la condotta della promittente venditrice che, ottenuta per vie traverse e complicate la consegna della caparra a distanza di mesi, subito dopo prova ad inviare raccomandata di recesso, senza assumere altre iniziative; con quella dei promissari acquirenti che, finalmente pagata la caparra, restano inerti per sette mesi, salvo poi inviare una diffida ad adempiere fondata sull'indimostrato presupposto di aver già eseguito quanto era in proprio obbligo. Deve pertanto conclusivamente ritenersi che la mancata esecuzione del contratto sia dipesa da colpa equivalente di entrambe le parti contrattuali. 9) In detta situazione, non è pertanto possibile assegnare all'una o all'altra parte la colpa esclusiva, o quantomeno prevalente, della caducazione del contratto. In tal caso il giudice, "non potendo pronunziare la risoluzione per colpa di taluna di esse, deve dare atto dell'impossibilità di esecuzione del contratto per effetto della scelta (ex art. 1453 c.c., comma 2) di entrambi i contraenti e decidere di conseguenza quanto agli effetti risolutori di cui all'art. 1458 c.c. ...Il giudice deve in tale ipotesi far comunque luogo a declaratoria di risoluzione del contratto, in quanto le contrapposte manifestazioni di volontà, pur estranee ad un mutuo consenso negoziale risolutorio, attese le contrastanti premesse, sono tuttavia dirette all'identico scopo dello scioglimento del rapporto negoziale" (ex multis Cass. n. 6675 del 2018). 10) In definitiva, le contrapposte domande solutorie conducono a pronuncia di risoluzione del contratto. Poiché la caducazione non è però addebitabile in via esclusiva ad una delle parti contrattuali, vanno rigettate le contrapposte domande ex art. 1385 co. 2 cc, non avendo né i promissari acquirenti diritto alla restituzione del doppio della caparra, né la promittente venditrice diritto a trattenere la caparra. 11) La caparra va, però, restituita; perché la sua restituzione è effetto della risoluzione, che priva ex tunc il pagamento della sua causa (art. 1458 cc), e perché la relativa richiesta è da intendersi ricompresa nel perimetro della domanda proposta dagli attori, di condanna al pagamento del suo doppio, o in quella somma maggiore e/o minore che sarà accertata in corso di causa e/o comunque ritenuta, ex art. 1226 Cod. Civ., congrua, equa e di giustizia. In tal senso si pronuncia. Trattandosi di obbligo restitutorio conseguente a caducazione contrattuale, come tale governato dai "principi della ripetizione dell'indebito ex art. 2033 c.c." (ex multis Cass 35280 del 2022), la somma capitale di Euro 45.000 non va rivalutata, ma maggiorata degli interessi legali dal giorno della domanda (11 novembre 2020), dovendo escludersi la mala fede dell'accipiens. 12) Passando alla domanda proposta da (...) allo scopo di ottenere il risarcimento del danno da occupazione dell'immobile per il periodo in cui, scaduto il contratto di comodato, essa è divenuta sine titulo e, quindi, illegittima, si rileva che: a) gli attori hanno ricevuto la materiale disponibilità dell'immobile in forza di contratto di comodato gratuito "convenuto a titolo precario, quindi senza determinazione di durata. I comodatari, ai sensi dell'art. 1810 c.c. saranno obbligati a liberare e restituire gli ambienti in questione entro due mesi dalla richiesta avanzata dalla comodante o suoi aventi causa senza possibilità alcuna di ottenere proroghe o di opporre eccezioni' (art. 8: vedi doc.2 convenuta); b) nella sentenza che ha disposto il rilascio si dà per non controversa l'avvenuta richiesta di restituzione nel settembre 2019. L'occupazione risulta quindi non più legittima a partire dal dicembre 2019, in cui è scaduto il termine contrattuale di rilascio; c) l'immobile è stato rilasciato, in esito ad esecuzione in data 7 giugno 2021. Il periodo in considerazione è pari, dunque, a circa 18 mesi. 12.1) La parte istante allega unicamente la mancata disponibilità dell'immobile per detto periodo, senza prospettare occasioni di guadagno mancate. Orbene, nel caso di occupazione senza titolo di bene immobile la recente Cass. SU n. 33645 del 2022, a soluzione di pregresso contrasto giurisprudenziale, ha evidenziato che in tal caso il danno può consistere sia in un mancato guadagno, che in una perdita, ed ha chiarito che in tale seconda ipotesi "fatto costitutivo del diritto del proprietario al risarcimento del danno da perdita subita è la concreta possibilità di esercizio del diritto di godimento, diretto o indiretto mediante concessione del godimento ad altri dietro corrispettivo, che è andata perduta". Ove il risarcimento sia richiesto per tale danno, come nella specie, l'onere assertivo si risolve nell'allegazione del "fatto secondario da cui inferire il fatto costitutivo rappresentato dalla possibilità di godimento persa"; mentre l'onere probatorio, salvo specifiche contestazioni del convenuto costituito, "può naturalmente essere assolto anche mediante le nozioni di fatto che rientrano nella comune esperienza (art. 115, comma 2, c.p.c.) o mediante presunzioni semplici'. Inoltre, "sia nel caso di godimento diretto, che in quello di godimento indiretto, il danno può essere valutato equitativamente ai sensi dell'art. 1226 c.c., attingendo al parametro del canone locativo di mercato quale valore economico del godimento nell'ambito di un contratto tipizzato dalla legge, come la locazione, che fa proprio del canone il valore del godimento della cosa.". Poiché nella specie gli attori nulla hanno dedotto, ne consegue il riconoscimento del diritto di (...) al risarcimento del danno per il periodo di altrui illegittima occupazione di 18 mesi circa. Danno da liquidarsi in via equitativa, ex art. 1226 c.c. 12.2) Nella specie, non disponendosi di alcun dato relativo al parametro di mercato, il danno si determina, prudenzialmente, nel 50% di quello richiesto dalla parte, e quindi in attuali complessivi Euro 10.500, oltre interessi legali dalla pronuncia al saldo. 13) La reciproca soccombenza giustifica l'integrale compensazione delle spese di lite. P.Q.M. definitivamente pronunziando; riqualificate le contrapposte domande come in motivazione; ogni altra istanza rigettata; 1) DICHIARA risolto il contratto preliminare di compravendita immobiliare stipulato in data 29 agosto 2019 da (...) e (...), quali promissari acquirenti, e (...), quale promittente venditrice; 2) CONDANNA (...) al pagamento, in favore di controparte, della somma di Euro 45.000 oltre interessi legali maturati dal 11 novembre 2020 e maturandi al saldo, a titolo di restituzione della caparra a suo tempo ricevuta; 3) CONDANNA (...) e (...) al solidale pagamento, in favore di (...), della somma di Euro 10.500 oltre interessi legali dalla pronuncia al saldo, a titolo di risarcimento del danno da occupazione illegittima. 4) DICHIARA le spese di giudizio integralmente compensate fra le parti. Così deciso in Modena l'8 maggio 2023. Depositata in Cancelleria il 9 maggio 2023.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI MODENA SEZIONE LAVORO Il Giudice Onorario del Tribunale di Modena Dott.ssa Liviana Legittimo, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa iscritta al n. 27/2020 R.G., promossa da: (...) - ricorrente, con l'Avv. G.Gi. - contro I.N.P.S. ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE DI MODENA - resistente, con l'Avv. G.Ba. e l'Avv. O.Ma. - (...) S.P.A. - resistente, contumace - Causa decisa sulle conclusioni precisate dalle parti, come da atti, che qui si intendono integralmente riportate e trascritte. IN PUNTO A: opposizione avverso l'avviso di addebito n. (...) formato presso la sede I.N.P.S. di Modena il giorno 09.11.2019 e notificato in data 02.12.2019 per l'importo complessivo di Euro 18.903,75, ed avverso l'avviso di addebito n. (...), formato presso la sede I.N.P.S. di Modena in data 09.11.2019 e notificato il giorno 02.12.2019, per l'importo complessivo di Euro 11.913,78, entrambi concernenti contributi previdenziali derivanti dal maggior reddito accertato dall'Agenzia delle Entrate rispettivamente riguardo al periodo gennaio 2013 - dicembre 2013 e gennaio 2014 - dicembre 2014. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Mediante ricorso depositato in data 09.01.2020, la ricorrente Sig.ra (...) proponeva opposizione avverso l'avviso di addebito n. (...), formato presso la sede I.N.P.S. di Modena il giorno 09.11.2019 e notificato in data 02.12.2019, per l'importo complessivo di Euro 18.903,75, ed avverso l'avviso di addebito n. (...), formato presso la sede I.N.P.S. di Modena in data 09.11.2019, notificato il giorno 02.12.2019, per l'importo complessivo di Euro 11.913,78, entrambi concernenti contributi previdenziali derivanti dal maggior reddito accertato dall'Agenzia delle Entrate rispettivamente riguardo al periodo gennaio 2013 - dicembre 2013 e gennaio 2014 - dicembre 2014. La ricorrente contestava gli avvisi di addebito impugnati per violazione e falsa applicazione dell'art. 24, comma 3, D.Lgs. n. 46 del 26 febbraio 1999, per nullità degli stessi per erroneità degli importi richiesti, per intervenuta prescrizione del credito relativamente ai contributi fissi della Gestione Artigiani per l'anno 2013 e perchè rispettivamente derivanti da avviso di accertamento n. (...) e n. (...), parzialmente annullati sia dalla Commissione Tributaria Provinciale di Modena, sia dalla Commissione Tributaria Regionale; chiedeva, inoltre, sospendersi l'efficacia degli avvisi di addebito in oggetto. Letto il ricorso ed iscritto al n. 27/2020 R.G., ritenuta la tempestività del medesimo, il Giudice Dott. (...) fissava udienza di comparizione delle parti per il 26.01.2021, sospendendo la provvisoria esecuzione degli avvisi di addebito opposti. In data 16.01.2021 si costituiva parte resistente Istituto Nazionale della Previdenza Sociale contestando tutto quanto ex adverso dedotto ed eccepito e chiedendo il rigetto del ricorso. All'udienza suddetta, i procuratori delle parti si riportavano ai rispettivi scritti difensivi, insistendo nelle istanze, deduzioni ed eccezioni ivi articolate. Il Giudice, a scioglimento della riserva assunta, attesa la regolarità della notifica dichiarava la contumacia di (...) S.p.A. e rinviava per decisione all'udienza del giorno 03.03.2022. La causa veniva assegnata al Giudice Onorario Dott.ssa Li.Le., rimessa in istruttoria ed all'uopo rinviata al giorno 04.03.2022. All'udienza di cui sopra, tenutasi con la modalità ex art. 83, comma 7, lett. h), D.L. n. 18 del 2020, come modificato dall'art. 221 della L. n. 77 del 2020 e s.m.i. e, quindi, con contraddittorio meramente scritto, viste le note di trattazione scritta tempestivamente depositate unicamente dal procuratore di parte ricorrente, la causa veniva rinviata per decisione all'udienza del giorno 05.04.2023. Terminata l'udienza suddetta, sulle conclusioni precisate dalle parti, il Giudice Onorario di Tribunale si è riservato la pronuncia della presente sentenza contestuale ai sensi dell'art. 429 c.p.c.. MOTIVI DELLA DECISIONE 1. Va preliminarmente rilevato, per quanto attiene alla eccepita violazione dell'art. 24, III comma, D.Lgs. n. 46 del 1999, che detto articolo, rubricato "Iscrizioni a ruolo dei crediti degli Enti previdenziali", stabilisce al terzo comma che "Se l'accertamento effettuato dall'ufficio è impugnato davanti all'autorità giudiziaria, l'iscrizione a ruolo è eseguita in presenza di provvedimento esecutivo del Giudice". Il potere di iscrizione a ruolo dei crediti previdenziali è, pertanto, inibito allorché l'atto presupposto, verbale di accertamento/ispettivo, sia impugnato dinnanzi all'autorità giudiziaria. In caso di proposizione dell'azione di accertamento negativo delle pretese contributive iscrivibili a ruolo, si determina pertanto una stasi nel procedimento amministrativo di formazione del ruolo, ovvero una temporanea carenza del potere-dovere della Pubblica Amministrazione di agire in via esecutiva. Il sopra menzionato art. 24, non distingue, comunque, tra accertamento eseguito dall'Istituto previdenziale ed accertamento operato da altra Pubblica Amministrazione. Consolidato insegnamento del Giudice di legittimità, peraltro, asserisce che "L'iscrizione a ruolo dei crediti degli Enti previdenziali è subordinata, ai sensi dell'art. 24, comma 3, del D.Lgs. n. 46 del 1999, all'emissione di un provvedimento esecutivo del Giudice ove l'accertamento su cui la pretesa creditoria si fonda sia impugnato davanti all'autorità giudiziaria, senza distinguere se esso sia eseguito dall'Ente previdenziale ovvero da altro Ufficio pubblico e senza richiedere la conoscenza, da parte dell'Ente creditore, dell'impugnazione proposta" (ex multis, Cassazione n. 4032/2016 e Cassazione n. 12333/2015). Con specifico riferimento all'impugnazione del verbale dell'Agenzia delle Entrate, inoltre, la giurisprudenza ha statuito che "In tema di iscrizione a ruolo dei crediti degli Enti previdenziali, l'art. 24, comma 3, del D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46, che prevede la non iscrivibilità a ruolo del credito previdenziale sino a quando non vi sia il provvedimento esecutivo del Giudice, qualora l'accertamento su cui la pretesa creditoria si fonda sia impugnato davanti all'autorità giudiziaria, va interpretato nel senso che l'accertamento, cui la norma si riferisce, non è solo quello eseguito dall'Ente previdenziale, ma anche quello operato da altro Ufficio pubblico come l'Agenzia delle Entrate, né è necessario, ai fini della non iscrivibilità a ruolo, che, in quest'ultima ipotesi, l'I.N.P.S. sia messo a conoscenza dell'impugnazione dell'accertamento innanzi al Giudice tributario" (ex plurimis, Cassazione-Sezione Lavoro, sentenza n. 8379 del giorno 09.04.2014). Per tutto quanto sopra dedotto ed argomentato, pertanto, può certamente affermarsi che tale orientamento consente di saldare insieme la duplice esigenza di scongiurare, da un lato, contrasti di giudicati e di evitare, dall'altro, inutili duplicazioni di attività processuali, e che deve senza dubbio ritenersi, quindi, inibito all'I.N.P.S., nella situazione in esame, di emettere avvisi di addebito per pretesi recuperi contributivi, sino all'intervenuta definitività del giudizio relativo all'accertamento della legittimità dei verbali di accertamento dell'Agenzia delle Entrate. Nondimeno, si deve comunque rilevare che il Giudice dell'opposizione che ritenga illegittima l'iscrizione a ruolo, non può limitarsi a dichiarare tale illegittimità, ma deve esaminare nel merito la fondatezza delle domande di pagamento dell'Istituto previdenziale, valendo gli stessi principi che governano l'opposizione a decreto ingiuntivo, con la conseguenza che gli eventuali vizi formali dell'avviso di addebito o della cartella esattoriale comportano soltanto l'impossibilità, per l'Istituto, di avvalersi del titolo esecutivo, ma non lo fanno decadere dal diritto di chiedere l'accertamento in sede giudiziaria dell'esistenza e dell'ammontare del proprio credito (ex multis, Cassazione n. 14149/2012; Cassazione n. 774/2015 e Cassazione n. 26395/2011). Ebbene, i principi esposti si ritiene siano senz'altro applicabili al caso de quo, avendo l'I.N.P.S. chiesto il pagamento dei contributi accertati dall'Agenzia delle Entrate, nella misura indicata negli avvisi di addebito e, pertanto, devono essere valutate nel merito le pretese contributive del convenuto, che traggono origine dal verbale di accertamento dell'Agenzia delle Entrate n. (...), relativamente all'anno d'imposta 2013 e n. (...), relativamente all'anno di imposta 2014, ritenendo la stessa sussistere un maggior reddito in capo alla ricorrente e su tale maggior reddito l'Agenzia medesima ha calcolato anche i maggiori contributi dovuti all'I.N.P.S. - Gestione Artigiani. 2. Per quanto attiene, inoltre, alla eccepita prescrizione del credito contributivo dall'I.N.P.S. vantato con riferimento all'anno 2013, ritiene codesto Giudicante che la detta eccezione di prescrizione vada accolta. Pregiudizialmente, infatti, occorre dare atto della ondivaga giurisprudenza sul punto che, in più occasioni, si è espressa in maniera discordante fino ad assumere, negli ultimi arresti, una posizione ferma e nettamente predominante in ordine, appunto, alla individuazione del termine di prescrizione. Diversi orientamenti si sono, infatti, avuti sul punto della prescrizione, a partire dalle pronunce secondo le quali il termine decorre dalla presentazione della dichiarazione (ex multis, Cassazione, ordinanza 20.04.2016, n. 7836), a quelle secondo cui lo stesso decorre dalla data di scadenza del pagamento del contributo (ex multis, Cassazione - Sezione Lavoro, sentenza 31.10.2018, n. 27950), fino a quelle che lo ritengono sospeso in costanza della mancata compilazione del quadro RR ritenendolo ipotesi di doloso occultamento del credito (ex multis, Cassazione - Sezione Lavoro, 07.03.2019, n. 6677). Tra tutti i predetti orientamenti, si ritiene di potere pacificamente individuare tale termine decorrente dalla data di scadenza del pagamento del contributo, dando in tal modo continuità ad uguale orientamento, ormai da considerarsi diritto vivente. A suffragio di quanto argomentato, si veda la sentenza della Corte di Cassazione - Sezione Lavoro, 23.02.2021, n. 4899, allorquando statuisce "L'inadempimento dell'obbligo di versare i contributi, si verifica nel momento in cui, alla scadenza fissata, il contribuente omette il versamento. Solo da quel momento I.N.P.S. può esercitare il suo diritto di credito, non essendo rilevanti né la modalità prescelta per la presentazione della dichiarazione dei redditi (cartacea o telematica), né l'epoca temporale per detto adempimento". Ed ancora "In materia previdenziale, la prescrizione dei contributi decorre dal momento in cui scadono i termini per il pagamento dei predetti contributi e non dalla data di presentazione della dichiarazione dei redditi ad opera del titolare della posizione assicurativa, in quanto la dichiarazione in questione, quale esternazione di scienza, non costituisce presupposto del credito contributivo" (ex plurimis, Cassazione - Sezione Lavoro, 11.02.2021, n. 3367). Ancora, "In tema di contributi, il termine di prescrizione decorre dal momento in cui scadono i termini per il pagamento dei predetti contributi e non dalla successiva data di presentazione della dichiarazione dei redditi ad opera del titolare della posizione assicurativa, in quanto la dichiarazione in questione, quale esternazione di scienza, non costituisce presupposto del credito contributivo" (ex multis, Cassazione - Sezione Lavoro, 09.07.2020, n. 14638). Ad abundantiam, "In tema di contributi a percentuale, posto che il fatto costitutivo dell'obbligazione contributiva è rappresentato dall'avvenuta produzione da parte del lavoratore autonomo di un determinato reddito professionale, la prescrizione decorre dal momento in cui scadono i termini di pagamento per il versamento delle relative somme dovute in base alla dichiarazione dei redditi" (ex multis, Cassazione - Sezione Lavoro, 31.10.2018, n. 27950). Dunque, nel caso di specie, essendo i contributi riferiti all'anno 2013, il termine di pagamento, giusto lo slittamento disposto con D.P.C.M. 13 giugno 2014, aveva scadenza in data 07.07.2014 e da tale data decorreva, quindi, la prescrizione. Da quanto sopra argomentato, consegue inevitabilmente che l'atto interruttivo della prescrizione ricevuto mediante avviso di addebito consegnato con lettera raccomandata il giorno 02.12.2019 e riferito all'anno 2013 è da reputarsi del tutto intempestivo, escludendo anche, tutti i predetti elementi, che possa delinearsi, sul piano oggettivo, nel comportamento in concreto adottato dalla ricorrente, l'intenzionale, doloso occultamento del debito contributivo in questione. Né parte resistente ha dato prova di ulteriori e precedenti atti interruttivi della prescrizione. 3. Passando ora al merito della vertenza, ritiene codesto Giudicante che l'opposizione meriti accoglimento. Occorre preliminarmente dare atto che l'opposizione ad avviso di addebito dà luogo ad un giudizio ordinario di cognizione su diritti ed obblighi inerenti al rapporto contributivo, cosicché l'accertamento deve essere compiuto secondo le ordinarie regole in materia di onere della prova. Ex art. 2697 cod. civ., quindi, grava sull'Ente previdenziale l'onere di provare i fatti costitutivi dell'obbligo contributivo (ex plurimis, Cassazione, n. 5763/2002 e Cassazione, n. 23600/2009). Secondo, infatti, il consolidato insegnamento del Giudice di legittimità, "Nel giudizio promosso dal contribuente per l'accertamento negativo del credito previdenziale, incombe all'I.N.P.S. l'onere di provare i fatti costitutivi della pretesa contributiva" (ex multis, Cassazione - Sezione Lavoro, sentenza n. 14965 del giorno 06.09.2012 e Cassazione - Sezione Lavoro, sentenza n. 22862 del 10.11.2010). Come inoltre ha chiarito anche la Corte di Appello di Bologna in numerose sentenze, l'I.N.P.S. è "tenuto a provare l'effettività del maggior reddito che si assume percepito" (ex plurimis, sentenza n. 733/2015 del 25.08.2015 e sentenza n. 1002/2015 del 20.10.2015) e nel caso di specie difetta proprio la prova del maggior reddito prodotto dalla ricorrente. L'I.N.P.S., infatti, ha posto a fondamento dell'avviso di addebito relativo all'anno 2014, esclusivamente il verbale di accertamento dell'Agenzia delle Entrate, peraltro impugnato dinnanzi sia alla Commissione Tributaria Provinciale, sia innanzi a quella Regionale, quale atto-presupposto della pretesa contributiva, senza fornire allegazioni in fatti circa la natura e la sussistenza dei fatti costitutivi generatori del maggior reddito, né fornendo ulteriore documentazione contabile, circostanze che paralizzano l'ulteriore scrutinio nel merito della fondatezza della pretesa contributiva. L'I.N.P.S. non ha, pertanto, assolto all'onere della prova su di lui incombente in ordine alla dimostrazione dei fatti costitutivi posti a fondamento delle proprie pretese creditorie, con la conseguenza per cui l'avviso di addebito opposto e relativo all'anno 2014 deve essere dichiarato illegittimo ed inidoneo a fondare qualsiasi pretesa contributiva. Ad abundantiam, inoltre, occorre precisare pure che tutti i verbali di accertamento dell'Agenzia delle Entrate sono stati parzialmente annullati dal Giudice Tributario che ha accertato, in tal modo, pertanto, la parziale inesistenza delle pretese creditorie avanzate. Ebbene, da tutto quanto sopra esposto, si ritiene non si possa inconfutabilmente ritenere provata la tesi sostenuta dall'Istituto resistente. Per tutte le suddette ragioni, pertanto, non potendosi dire compiutamente e pienamente assolto l'onere probatorio a carico dell'Istituto previdenziale, non risulta neppure il maggior reddito così come imputato, per mancanza di allegazione e prova dei fatti costitutivi e, quindi, conclusivamente, per i motivi anzidetti, la controversia deve essere decisa come in calce. 4. Per quanto attiene alle spese di lite, infine, si deve avere riguardo alla sentenza n. 77/2018 con la quale la Corte Costituzionale ha dichiarato costituzionalmente illegittimo l'art. 92, comma 2, c.p.c. nella parte in cui non consente di compensare parzialmente o per intero le spese di lite ove ricorrano gravi ed eccezionali ragioni diverse da quelle tipizzate dal legislatore, asserendo che devono ritenersi riconducibili alla clausola generale delle "gravi ed eccezionali ragioni" tutte quelle ipotesi analoghe a quelle tipizzate espressamente nell'art. 92 comma 2, c.p.c., ovvero che siano di pari o maggiore gravità ed eccezionalità, con la conseguenza che "l'assoluta novità della questione trattata" ed il "mutamento della giurisprudenza rispetto alle questioni dirimenti" assumono la sola funzione di parametro di riferimento per la determinazione dell'area di operatività della norma e non un ruolo tipizzante esclusivo. Ebbene, l'identità delle questioni affrontate nel procedimento attinente all'altro socio della (...) S.n.c., il contegno processuale di parte resistente e le incertezze interpretative in ordine ai rapporti tra lite fiscale e giudizio ordinario, giustificano la compensazione parziale delle spese di lite, nella misura del 50%, ai sensi dell'art. 92, comma 2, c.p.c.. La restante quota del 50% deve essere posta a carico dell'I.N.P.S. in forza del principio della soccombenza ex art. 91 c.p.c., da liquidarsi secondo i parametri del D.M. n. 147 del 2022. Si precisa che, in applicazione del principio stabilito dall'art. 91 c.p.c., le stesse sono liquidate come in dispositivo, tenuto conto: 1) delle caratteristiche, dell'urgenza e del pregio dell'attività prestata; 2) dell'importanza, della natura, delle difficoltà e del valore dell'affare; 3) delle condizioni soggettive del cliente; 4) dei risultati conseguiti; 5) del numero e della complessità delle questioni giuridiche e di fatto trattate, nonché delle previsioni delle tabelle allegate al D.M. della Giustizia n. 147 del 13 agosto 2022 (pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale - Serie Generale - n. 236 del giorno 08.10.2022, in vigore dal 23.10.2022). In particolare, si fa riferimento, stante il carattere comunque non vincolante delle suddette tariffe, al loro valore minimo per lo studio della controversia, per la fase introduttiva e per la fase decisoria (per controversie di valore compreso tra Euro 26.001,00 e Euro 52.000,00), e si determina in Euro 1.645,50 il compenso complessivo, già ridotto del 50%. A questo si aggiunge il contributo unificato, il rimborso forfettario delle spese generali pari al 15%, oltre I.V.A. e C.P.A. come per Legge. P.Q.M. Il Giudice Onorario, definitivamente pronunciando nella causa in epigrafe, ogni altra istanza, eccezione e deduzione disattesa e respinta; esaminati gli atti ed i documenti di causa; consultata la normativa vigente; così provvede: - ACCOGLIE il ricorso in opposizione proposto dalla ricorrente Sig.ra (...) avverso l'avviso di addebito n. (...) formato presso la sede I.N.P.S. di Modena il giorno 09.11.2019 e notificato in data 02.12.2019 ed avverso l'avviso di addebito n. (...), formato presso la sede I.N.P.S. di Modena in data 09.11.2019 e notificato il giorno 02.12.2019 che, per l'effetto, vengono dichiarati nulli ed annullati integralmente e dichiara non dovuti dalla ricorrente all'I.N.P.S. i contributi. - CONDANNA parte resistente I.N.P.S. al pagamento in favore della ricorrente delle spese di lite, che liquida nella complessiva somma di Euro 1.645,50, già ridotta del 50%, oltre contributo unificato, rimborso spese generali nella misura del 15%, I.V.A. e C.P.A., da distrarsi ex art. 93 c.p.c. - DICHIARA compensate le spese di lite nella misura del 50%. Così deciso in Modena il 5 aprile 2023. Depositata in Cancelleria il 5 aprile 2023.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI MODENA SEZIONE LAVORO Il Tribunale di Modena, in persona del Giudice del Lavoro dott. Vincenzo Conte, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa di I grado iscritta al N. 729/2020 R.G. promossa da (...), nato a R. (M.) il (...), ivi residente in via G. n. 1927 (C.F.: (...)), rappresentato e difeso dall'Avv. Al.Gr.; RICORRENTE contro ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE (C.F. (...)), in persona del legale rappresentante pro tempore, con sede legale in Roma, via (...), rappresentato e difeso dall'Avv. Gi.Ba.; RESISTENTE Avente ad oggetto: pensione - neutralizzazione - riliquidazione RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE 1. Con ricorso ex art. 442 c.p.c. del 06.08.2020, (...) conveniva in giudizio l'INPS per sentir accogliere le seguenti conclusioni: a) in via principale: accertarsi il diritto alla riliquidazione della pensione di anzianità n. (...) (categoria (...)), escludendo dalla base di calcolo del quantum dovuto gli anni 1988, 1989, 1990 e 1991 lavorati in qualità di operaio giornaliero di campagna, conseguentemente condannarsi l'istituto previdenziale alla riliquidazione della pensione, con decorrenza dall'1.04.2014, nella misura di Euro. 1.057,95 e al versamento dei ratei differenziali arretrati maggiorati di interessi e rivalutazione monetaria; b) in via subordinata: accertarsi il diritto alla riliquidazione della pensione di anzianità n. (...) (categoria (...)), assumendo come base per il calcolo della quota A (ante 31.12.1992) di pensione relativa alla gestione lavoratori dipendenti la retribuzione pensionabile annua equivalente a ritroso, alle 260 settimane effettive di lavoro antecedenti la decorrenza della pensione e come base per il calcolo della quota B (post 31.12.1992) l'intero periodo come stabilito dal 3 comma dell'art. 15, L. n. 153 del 1969, conseguentemente condannarsi l'istituto previdenziale alla riliquidazione della pensione, con decorrenza 01.04.2018, nella misura di Euro 1.049,39 e al pagamento degli importi differenziali arretrati, maggiorati di interessi e rivalutazione monetaria; c) in via ulteriormente subordinata: accertarsi il diritto alla riliquidazione della pensione di anzianità n. (...) (categoria (...)), con adeguamento della retribuzione effettiva percepita alle 52 settimane fittiziamente accreditate o comunque in conformità a quanto stabilito dal 3 comma dell'art. 15, L. n. 153 del 1969, con condanna dell'istituto previdenziale a riliquidare la pensione, con decorrenza 01.04.2018, nella misura di Euro. 964,21 ed a corrispondere il pagamento degli importi differenziali arretrati, maggiorati di interessi e rivalutazione monetaria; d) in via ancora più gradata: accertarsi il diritto alla riliquidazione della pensione n. (...) (categoria (...)), con sommatoria delle retribuzioni percepite in entrambe le gestioni (bracciante agricolo e coltivatore diretto) in conformità a quanto stabilito dal 2 comma dell'art. 15, L. n. 153 del 1969, con condanna dell'ente previdenziale a riliquidare la pensione nella misura che risulterà dall'istruttoria e al versamento dei ratei differenziali arretrati maggiorati di interessi e rivalutazione monetaria. Il ricorrente deduceva: a) di aver svolto attività lavorativa utile ai fini pensionistici, dall'1.07.1973 al 27.02.1988 quale lavoratore dipendente, dall'1.01.1988 al 31.03.2018 quale lavoratore autonomo nella Gestione Coltivatori Diretti, con alcune giornate come lavoratore agricolo dipendente (gg. 8 nel 1988, gg. 15 nel 1989, gg. 11 nel 1990 e gg. 11 nel 1991); b) di avere presentato domanda di pensione in data 24.01.2018 e di avere ottenuto la liquidazione della pensione con decorrenza 01.04.2018, per un importo mensile di Euro. 733,13; c) che l'importo liquidato dall'istituto era frutto del cumulo delle contribuzioni versate in gestioni diverse, e precisamente delle contribuzioni versate nella Gestione Lavoratori Dipendenti e delle contribuzioni versate nella Gestione Coltivatori Diretti, che davano origine a due diverse quote, cumulate ex art. 16, L. n. 223 del 1990; d) che il calcolo del quantum della pensione era errato per difetto, poiché l'ente aveva calcolato la pensione assumendo quale retribuzione dell'ultimo quinquennio la retribuzione media del bracciante agricolo avventizio, che era stata percepita solo per 45 giornate lavorative, ripartendola per fictio iuris sulle ultime 260 settimane contributive; e) che escludendo dal conteggio gli ultimi 5 anni di contribuzione, non necessari al fine del raggiungimento dell'anzianità contributiva necessaria al pensionamento, l'importo della pensione liquidata sarebbe stato maggiore. 2. L'INPS, costituitosi oltre i termini di cui all'art. 416 c.p.c., contestava le domande attoree e ne chiedeva il rigetto. Il convenuto affermava di avere applicato correttamente gli artt. 14 e 15 della L. n. 153 del 1969, che disciplinavano compiutamente la situazione fattuale e giuridica del ricorrente, e che la domanda di neutralizzazione non poteva essere accolta perché i periodi contributivi da bracciante agricolo degli anni 1988,1989,1990,1991 erano necessari per il raggiungimento del diritto alla pensione. 3. Sul merito 3.1. Il thema decidendum della presente controversia ha ad oggetto la sussistenza del diritto del ricorrente alla neutralizzazione dei periodi contributivi degli anni 1988,1989,1990,1991, accreditati per il lavoro di bracciante agricolo dipendente. 3.2. La domanda principale è fondata. Nel caso di specie trovano attuazione i principi elaborati dalla giurisprudenza costituzionale. La Consulta ha chiarito che il principio cd. di "neutralizzazione" configura la regula iuris secondo cui la contribuzione acquisita nella fase successiva al perfezionamento del requisito minimo contributivo non può tradursi nel detrimento della misura della prestazione pensionistica già virtualmente maturata, e comporta, conseguentemente, che i periodi contributivi che abbiano comportato una minore contribuzione vanno esclusi ai fini del calcolo della pensione, con conseguente immodificabilità in peius dell'importo della prestazione determinabile alla data del conseguimento del requisito per l'accesso al trattamento pensionistico (ex multis sentenze n. 388/1995, n. 264/1994, n. 428/1992, n. 307/1989 e n. 822/1988). In fattispecie assimilabile a quella scrutinata, la Corte Costituzionale ha statuito che "risulta palesemente contrario al principio di razionalità - implicante l'esigenza di conformità dell'ordinamento a valori di giustizia e di equità - che dall'applicazione del meccanismo previsto dal sistema previdenziale per la determinazione di tale retribuzione, il quale stabilisce che questa sia costituita dalla quinta parte della somma delle retribuzioni percepite durante il rapporto di lavoro (oppure corrispondenti o a periodi riconosciuti figurativamente o a eventuale contribuzione volontaria), risultante - per una presunzione di maggior favore verso il lavoratore - dal solo ultimo periodo lavorativo di 260 settimane, consegua, nel caso in cui in tale lasso di tempo debbano venire ricompresi periodi di contribuzione obbligatoria di importo notevolmente inferiore alla contribuzione precedente (e non utili per l'anzianità contributiva minima) una diminuzione del trattamento pensionistico del soggetto rispetto a quello che gli sarebbe spettato se non avesse dovuto effettuare dette diverse contribuzioni. Oltre che irragionevole e ingiusto, il verificarsi di una tale eventualità incide sul principio di proporzionalità tra pensione e quantità e qualità di lavoro prestato e sulla garanzia previdenziale, di cui, rispettivamente, agli artt. 36 e 38, Cost. E' pertanto costituzionalmente illegittimo l' art. 3, ottavo comma, L. 29 maggio 1982, n. 297, nella parte in cui non prevede che, nel caso di esercizio durante l'ultimo quinquennio di contribuzione di attività lavorativa, meno retribuita da parte del lavoratore che abbia già conseguito la prescritta anzianità contributiva, la pensione liquidata non possa essere comunque inferiore a quella che sarebbe spettata, al raggiungimento dell' età pensionabile, escludendo dal computo, ad ogni effetto, i periodi di minore retribuzione, in quanto non necessari ai fini del requisito dell'anzianità contributiva minima" (sent. n. 264/1994). Dunque, alla luce della citata giurisprudenza, il giudice può procedere all'eliminazione del periodo contributivo ai fini del calcolo del quantum della pensione, sul presupposto della non necessità di tale periodo alla maturazione del diritto, nei casi in cui il computo del suddetto periodo determini un quantum inferiore di pensione. 3.3. La vicenda si inserisce all'interno di una cornice fattuale, analiticamente descritta in ricorso, da ritenersi pacifica poiché non contestata ex adverso. Dalle allegazioni delle parti e dalla documentazione in atti si ricava che (...) ha svolto attività lavorativa utile ai fini pensionistici, dall'1.07.1973 al 27.02.1988 quale lavoratore dipendente, dall'1.01.1988 al 31.03.2018 quale lavoratore autonomo nella Gestione Coltivatori Diretti, con alcune giornate lavorative come lavoratore agricolo dipendente (gg. 8 nel 1988, gg. 15 nel 1989, gg. 11 nel 1990 e gg. 11 nel 1991). L INPS ha calcolato la pensione utilizzando la retribuzione percepita nell'ultimo quinquennio per l'attività di bracciante agricolo avventizio, per complessivi 45 giorni. Ebbene, tale modalità di calcolo si traduce in un evidente pregiudizio per le ragioni del pensionato, posto che la "neutralizzazione" del periodo in esame (anni 1988,1989,1990,1991) consente la liquidazione di un trattamento pensionistico superiore a quello riconosciuto. Si rileva, inoltre, che le giornate lavorate come bracciante agricolo non sono necessarie al fine del raggiungimento dell'anzianità contributiva minima per l'accesso alla pensione, come riconosciuto dal convenuto (cfr. verbale d'udienza dell'1.12.2022 ). L'"estratto conto analitico" comprova la persistenza del diritto alla pensione del ricorrente anche nel caso di scorporo degli anni 1988,1989,1990,1991; l'ente, infatti, non ha computato le 45 giornate tra "le settimane utili alla pensione". E', quindi, provato che l'eliminazione del periodo contributivo 1988 - 1991 comporta il raggiungimento dell'anzianità contributiva necessaria al pensionamento, con aumento del quantum erogabile. 3.4. L'INPS afferma che la pretesa del ricorrente è impedita dal fatto che la neutralizzazione può operare solamente per gli ultimi cinque anni della carriera lavorativa (periodo 2013 - 2018) e non per il quinquennio antecedente il 1 gennaio 1993, come stabilito da Cass. n. 790/2021. La deduzione è infondata. E' pur vero che la giurisprudenza di legittimità ha affermato che "I trattamenti pensionistici liquidati dopo il 1 gennaio 1993 sono determinati, avuto riguardo alla disciplina di cui alla L. n. 421 del 1992 e al D.Lgs. n. 503 del 1992, sulla base di una progressiva estensione del periodo di calcolo della retribuzione pensionabile, che obbedisce alla "ratio" di rendere l'importo della pensione il più possibile aderente all'effettiva consistenza di quanto percepito dal lavoratore nel corso della sua vita lavorativa; ne consegue che, rispetto ad essi, non opera, anche con riferimento ai lavoratori che, alla predetta data, abbiano maturato un'anzianità superiore a 15 anni, il rimedio, elaborato dalla giurisprudenza della Corte costituzionale, della cd. "neutralizzazione" dei periodi a retribuzione ridotta, il quale ha la finalità di evitare un decremento della prestazione previdenziale nell'assetto legislativo delineato dall'art. 3 della L. n. 287 del 1982, incentrato sulla valorizzazione del maggior livello retributivo tendenzialmente raggiunto negli ultimi anni di lavoro" (Cass. n. 28025/2018, Cass. n. 790/2021). Tuttavia, la disposizione transitoria contenuta nell'art. 13 del D.Lgs. n. 503 del 1992, relativa alle pensioni liquidate dopo il 10 gennaio 1993, dispone che l'importo della pensione deve essere determinato dalla somma: a) della quota di pensione corrispondente all'importo relativo alle anzianità contributive acquisite anteriormente al 1 gennaio 1993, calcolato con riferimento alla data di decorrenza della pensione secondo la normativa vigente precedentemente alla data anzidetta (determinata sulla retribuzione pensionabile corrispondente alle ultime 260 settimane) che a tal fine resta confermata in via transitoria; b) della quota di pensione corrispondente all'importo del trattamento pensionistico relativo alle anzianità contributive acquisite a decorrere dal 10 gennaio 1993, calcolato secondo le nuove regole introdotte dal D.Lgs. n. 503 del 1992. Quindi per la quota di pensione A) opera la precedente normativa, "che a tal fine resta confermata in via transitoria". L'ultrattività implica che le pregresse disposizioni debbano essere interpretate alla luce della giurisprudenza costituzionale in tema di neutralizzazione (C. Cost. n. 264/1994), con conseguente applicazione del principio di irriducibilità del trattamento pensionistico raggiunto in itinere, alla stregua del quale una volta perfezionato il requisito minimo, l'ulteriore contribuzione non può compromettere la misura della prestazione potenzialmente maturata fino a quel momento. Orbene, alla data dell'1.01.1993 (...) aveva una anzianità contributiva superiore a 15 anni e la liquidazione è avvenuta pacificamente a seguito di domanda del 24.01.2018. Non è stato contestato dal resistente che "la liquidazione della retribuzione pensionabile del sig. S. è avvenuta UNICAMENTE nella quota A e per il periodo anteriore al 1993, NON essendovi liquidazione della cosiddetta quota B, ossia di quella determinata sulla base dell'anzianità contributiva maturata dal 1.01.1993 alla data di pensione sulla media delle retribuzioni-redditi degli ultimi 10 anni" (cfr. pag. 8 note finali ricorrente). E' pacifico che la pensione è stata calcolata sulla base delle retribuzioni percepite per l'attività di lavoro subordinato, considerando i cinque anni anteriori alla cessazione della carriera da dipendente (1986 - 1991), senza computo della contribuzione da lavoro autonomo degli anni 1988 - 2018 (confluita nella Gestione dei coltivatori diretti). Siccome la liquidazione della pensione è stata eseguita in accordo con la precedente disciplina di cui alla L. n. 297 del 1982, va riconosciuta la neutralizzazione sulla quota A) riferita al periodo ante 01.01.1993, unica quota liquidata dall'ente previdenziale. Tenuto conto della citata disposizione transitoria e stanti i principi di ragionevolezza, equità e proporzionalità ex artt. 3, 36 e 38 Cost., deve essere riconosciuta al ricorrente la neutralizzazione richiesta. 3.5. Sulla base del prospetto prodotto dal ricorrente, non oggetto di specifica e dettagliata contestazione, l'INPS deve essere condannato alla riliquidazione della pensione di anzianità n. (...) (categoria (...)), con decorrenza 01.04.2018, nella misura di Euro. 1.057,95 mensili, e al versamento dei relativi importi differenziali, oltre alla maggior somma tra interessi legali e rivalutazione monetaria dalla domanda al saldo. 4. Sulle spese di lite 4.1. Con la sentenza n. 77/2018 la Corte Costituzionale ha dichiarato costituzionalmente illegittimo l'art. 92, comma 2 c.p.c. nella parte in cui non consente di compensare parzialmente o per intero le spese di lite ove ricorrano gravi ed eccezionali ragioni, diverse da quelle tipizzate dal legislatore. Secondo la Corte, devono ritenersi riconducibili alla clausola generale delle "gravi ed eccezionali ragioni" tutte quelle ipotesi analoghe a quelle tipizzate espressamente nell'art. 92 co. 2 c.p.c., ovvero che siano di pari o maggiore gravità ed eccezionalità, con la conseguenza che "l'assoluta novità della questione trattata" e il "mutamento della giurisprudenza rispetto alle questioni dirimenti" assumono la sola funzione di parametro di riferimento per la determinazione dell'area di operatività della norma e non un ruolo tipizzante esclusivo. 4.2. La controvertibilità della questione esaminata e l'evoluzione giurisprudenziale giustificano la compensazione parziale delle spese di lite, nella misura del 50%. La restante quota del 50% deve essere posta a carico dell'INPS in ragione della soccombenza ex art. 91 c.p.c., da liquidarsi secondo i parametri del D.M. n. 147 del 2022. P.Q.M. Il Tribunale di Modena, in persona del Giudice del Lavoro dott. Vincenzo Conte, definitivamente decidendo, ogni contraria istanza, domanda ed eccezione respinta: 1) ACCERTA E DICHIARA il diritto di (...) alla riliquidazione della pensione, escludendo dal calcolo del quantum dovuto il periodo contributivo degli anni 1988,1989,1990,1991 e, per l'effetto, condanna l'INPS alla riliquidazione della pensione di anzianità n. (...) (categoria (...)), con decorrenza 01.04.2018, nella misura di Euro. 1.057,95 mensili, e alla corresponsione dei relativi importi differenziali, oltre alla maggior somma tra interessi legali e rivalutazione monetaria dalla domanda al saldo; 2) CONDANNA l'INPS al pagamento del 50% delle spese di lite in favore del ricorrente, che liquida nella complessiva somma di Euro. 2.543,00 - già ridotta del 50% -, di cui Euro. 43,00 per anticipazioni e Euro. 2.500,00 per competenze legali, oltre rimborso spese generali nella misura di legge, I.V.A. (se dovuta), e C.P.A.; 3) DICHIARA compensate le spese di lite nella misura del 50%. Così deciso in Modena il 31 marzo 2023. Depositata in Cancelleria il 31 marzo 2023.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO DI MODENA SEZIONE PRIMA CIVILE Il Tribunale, in composizione collegiale nelle persone dei seguenti magistrati: dott. Riccardo Di Pasquale - Presidente dott. Susanna Zavaglia - Relatore dott. Eugenio Bolondi - Giudice ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 9486/2016 promossa da: (...) (C.F. (...)), con il patrocinio dell'avv. GO.GI. e dell'avv. SE.FR. ((...)) , elettivamente domiciliato in presso il difensore avv. GO.GI. ATTRICE contro (...) (C.F. (...)), con il patrocinio dell'avv. MA.FA. e dell'avv. (...), elettivamente domiciliato in VIA (...) 41100 MODENA presso il difensore avv. MA.FA. CONVENUTA (...) (C.F. (...)), con il patrocinio dell'avv. MA.FA. e dell'avv. elettivamente domiciliato in VIA (...) MODENA presso il difensore avv. MA.FA. INTERVENUTO CONCISA ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE Con atto di citazione ritualmente notificato, (...), premesso che: - con atto a ministero Notaio (...) del 4.9.14 erano stati pubblicati i due testamenti olografi in data 16.4.2002 e 10.10.2007 mediante i quali (...) aveva disposto dei propri beni dopo la sua morte a favore delle figlie (...) e (...); - in particolare, il de cuius aveva attribuito alla figlia (...) la proprietà esclusiva dei fabbricati posti in San Cesario sul Panaro, catastalmente individuati al NCEU al Foglio (...) Mappale (...), sub (...) e (...), con l'area cortiliva di cui al mappale (...) sub (...) B.C.N.C.; - che, inoltre, egli aveva assegnato in proprietà esclusiva alla figlia (...) una porzione di terreno contiguo alla consistenza immobiliare sopra descritta, al fine di ampliare l'estensione dell'area cortiliva, da stralciarsi, mediante frazionamento, dall'appezzamento di terreno agricolo individuato al NCT del predetto comune al Foglio (...) con il Mappale (...); - che, ciò premesso, le sorelle (...) e (...) erano comproprietarie indivise, in ragione di una metà ciascuna, fatta eccezione per la porzione di terreno sopra descritta da stralciarsi dal mappale 17 del Foglio (...), da attribuirsi in proprietà esclusiva a (...), sia per successione apertasi per la morte della madre C.G., sia per successione apertasi per la morte del padre P.S., di alcuni terreni agricoli, accatastati come in atti; tutto ciò premesso, chiedeva disporsi la relativa divisione in natura. Si costituiva (...), contestando la divisibilità del terreno oggetto della domanda di parte attrice, e chiedendo, in via riconvenzionale, accertarsi che la reale volontà del testatore era quella di attribuire a ciascuna delle sue figlie (...) e (...) una quota della metà cadauna del valore del proprio patrimonio, indipendentemente dall'attribuzione all'una o all'altra dei singoli cespiti che lo componevano, condannando conseguentemente (...), cui erano stati devoluti, per effetto della divisione operata dal testatore, beni aventi un valore complessivo superiore alla metà del patrimonio, a corrispondere alla sorella il relativo conguaglio, pari ad ½ della differenza. Chiedeva altresì dichiararsi (...) tenuta alla collazione dell'importo di 60.000, percepito a seguito dell'incasso della polizza "vita" A. n. (...) stipulata e pagata dal de cuius P.S. con beneficiaria la sola (...), come tale da considerarsi quale donazione soggetta a collazione. Inoltre, domandava accertarsi il diritto della convenuta a percepire iure proprio, quale partecipante dell'impresa familiare, la quota del 50% degli incrementi patrimoniali conseguiti dall'azienda paterna nel periodo compreso fra il 1 gennaio 1997 e la data di apertura della successione per un importo pari ad Euro 313.458,46 (ovvero alla diversa somma provata in corso di causa o determinata in via equitativa dal giudice) e condannarsi (...), quale materiale apprenditrice di tutte le somme liquide relitte da P.S., ad eseguire il relativo pagamento a (...). In via subordinata, chiedeva dichiararsi la rescissione della divisione operata dal testatore ai sensi dall'art. 763 c.c., essendo stata (...) lesa oltre il quarto, ovvero, in ulteriore subordine, disporsi la riduzione delle disposizioni testamentarie per lesione della quota di legittima alla stessa spettante, e condannarsi (...) al pagamento alla sorella della somma necessaria e sufficiente alla reintegrazione della quota lesa. In ogni caso, instava per la condanna di (...) a corrisponderle la somma di Euro 1.204,16 per imposta di successione a suo carico, la somma di Euro 886,82 quale quota del 50% a suo carico delle spese professionali occorse per la redazione ed il deposito della denuncia stessa, nonché la somma di Euro 30,66 corrispondente al 50% di imposte dovute da P.S. e pagate da (...), e così complessivamente Euro 2.121,64. Interveniva volontariamente in causa (...), marito di (...), deducendo di avere prestato a sua volta la propria collaborazione nell'azienda agricola del de cuius sino al suo decesso, senza averne mai percepito gli utili, e chiedendo pertanto accertarsi l'intervenuta costituzione di un'impresa familiare coltivatrice a far tempo dal 1.1.1997 con conseguente diritto del medesimo di percepire la quota del 10% degli incrementi patrimoniali dell'impresa, materialmente appresi dalla convenuta. La causa è stata istruita mediante l'escussione di testimoni e l'espletamento di CTU e, all'udienza del 20.9.2022, è stata trattenuta in decisione previo deposito delle note per la trattazione scritta. La presente controversia verte sulla divisione dell'eredità del padre (...), deceduto a S. C. sul P. (M.) il 24.7.2014, tra le sorelle (...) e (...), uniche eredi. L'eredità è devoluta per testamento; in particolare il de cuius, tramite due testamenti olografi in data 16.4.2002 e 10.10.2007 (doc. 1 fasc. att.) ha disposto di tutte le sue sostanze, assegnando alla figlia (...) l'immobile, con relative pertinenze, ubicato a S. C. sul P. (M.), in V.O. n. 2 e quivi censito al NCEU, Fg.(...), mapp.(...), sub. (...) e (...) ove egli stesso viveva insieme a (...) e alla sua famiglia, e all'altra figlia, (...), i risparmi depositati presso la B.C. (oggi U.B.) a C.E.. Ha inoltre disposto alcuni legati in denaro in favore delle nipoti e delle pronipoti e, quanto a tutti i beni residui (quote sociali, terreni, trattori e mezzi agricoli e tutto quanto non espressamente indicato), che fossero divisi a metà tra le due figlie. Si verte pertanto, come riconosciuto da entrambe le parti, in tema di cosiddetta "divisio inter liberos" (art. 734 c.c.), ossia di divisione fatta dal testatore attraverso la specificazione dei beni destinati a far parte di ciascuna quota, che, avendo effetto attributivo diretto dei beni al momento dell'apertura della successione, impedisce il sorgere della comunione ereditaria ed il conseguente compimento di operazioni divisionali (così già l'ordinanza di questo Tribunale nella fase cautelare, giudice Italiano, 26.4.2016 - doc. 19 conv.). Non vi è dubbio dunque sull'intervenuto acquisto in capo a (...) della proprietà della casa sin dal momento dell'apertura della successione. A (...) sono invece stati assegnati i "risparmi" custoditi presso la B.C. (oggi U.), la cui generica dizione vale indubbiamente ad includere la titolarità dei titoli bancari intestati al de cuius al momento del decesso, anche sopravvenuti in epoca successiva alla redazione del secondo testamento. Quanto al saldo attivo del conto corrente in essere presso la stessa Banca, ammontante alla data del decesso di (...) ad Euro. 24.398,21 (doc. 2 depositato dall'attrice il 12.5.2017), non avendolo il de cuius attribuito specificamente ad una sola delle figlie, esso deve ritenersi appartenere ad entrambe per il 50%. Come già evidenziato, anche altri beni non sono stati divisi dal testatore, ma solamente attribuiti alle due figlie in parti uguali: i terreni oggetto della domanda principale di divisione, i mezzi agricoli e il mobilio come da elenco contenuto nella CTU del geom. Ghirardini del 29.11.2019; deve pertanto ritenersi che siamo di fronte ad una divisione testamentaria parziale. Sul punto la dottrina ha chiarito che la divisione testamentaria, oltre che totale, può essere anche parziale, cioè prevedere la "distribuzione" tra gli eredi istituiti solo di una parte dei beni ereditari, purchè il testatore abbia inteso assegnare questa parte come quota, riservando invece la restante parte di beni alla successione ab intestatu o ad un successivo apporzionamento. Ciò posto, in corso di causa le parti sono addivenute ad un accordo in ordine alla divisione dei terreni e dei beni mobili, depositato in via telematica il 24.6.2022. Sul punto è dunque cessata la materia del contendere. E' appena il caso di rilevare che, come già specificato nell'ordinanza 28.7.22, detto accordo, che contiene una serie di patti collaterali rispetto all'assegnazione dei beni (inerenti la realizzazione del passo carrabile, l'utilizzo del pozzo, ecc..) configura una divisione convenzionale del terreno (e dei beni mobili ivi menzionati) posta in essere al di fuori delle forme di cui agli articoli 785 e ss. c.p.c., di talchè all'evidenza non può essere emessa ordinanza di approvazione del progetto ai sensi dell'art. 789 c.c., né può essere sul punto pronunciata una sentenza, essendo venuta meno la controversia tra le parti. La questione sulla ammissibilità delle domande riconvenzionali svolte dalla convenuta e dal terzo chiamato è già stata risolta del giudice istruttore con ordinanza del 20.6.2017, cui integralmente ci si riporta. Nel merito, va anzitutto esaminata la domanda della convenuta e dell'intervenuto (...) di vedersi riconoscere una quota degli incrementi dell'impresa familiare coltivatrice, quantificati complessivamente in Euro. 616.916,93, in proporzione alla quantità e qualità del lavoro prestato e detratto soltanto quanto il de cuius spendeva per la gestione della famiglia. Detta impresa sarebbe sorta, secondo la tesi degli istanti, a decorrere dal 1.1.1997, quando, cessato il rapporto di dipendenza di (...) dal padre, la prima, unitamente al marito, continuò a collaborare nella gestione e conduzione dell'azienda agricola, contribuendo ad incrementarne il patrimonio del 500%. La domanda non può essere accolta; invero, pur essendo emerso dall'istruttoria orale espletata che (...) e G.D., anche successivamente il 1996, hanno continuato a collaborare nell'azienda agricola del de cuius (così come, seppur più saltuariamente, l'attrice (...) - cfr. deposizione teste D.), non vi è prova che ciò sia avvenuto in maniera continuativa tanto da configurare tra le parti un'impresa familiare. In senso contrario depone la cessazione del rapporto lavorativo tra il padre e (...), da cui deve presumersi l'affievolimento dell'impegno di quest'ultima nell'azienda di famiglia, come si evince d'altro canto dal testamento del 16.4.2002 di (...), nel quale il de cuius dà atto che da quel momento la figlia si è limitata ad aiutarlo in campagna nei momenti del bisogno. Quanto al G., è pacifico che avesse un altro lavoro a tempo pieno in fabbrica e che pertanto fosse disponibile in maniera limitata per effettuare i lavori nei campi; inoltre, egli ebbe nell'agosto del 1998 un grave incidente (cadde da una scala) che giocoforza gli impedì di lavorare per un certo periodo e comunque anche in seguito di eseguire i lavori fisicamente più impegnativi. Nel testamento del 16/4/02 il de cuius, al riguardo, così, testualmente, si esprime: "il genero quando à potuto mi dava una mano coi lavori di campagna", ciò che conferma la saltuarietà dell'impegno prestato dal G.. In sostanza, pacifico che vi fosse una qualche collaborazione della figlia e del genero conviventi nella gestione della casa e dell'azienda agricola, non può ritenersi che essa fosse di natura tale da integrare i requisiti richiesti dall'art. 230 bis c.c.. Di più, non risulta che da tale collaborazione sia derivato un incremento del patrimonio personale di (...), tanto meno nella misura indicata negli atti di costituzione di giudizio. La convenuta e il terzo intervenuto, infatti, al fine di dare la prova dell'incremento, fanno riferimento a dati non omogenei, richiamando alla data del 31.12.1996 il - solo - saldo del conto corrente intestato a (...) pari ad Euro. 13.128,07, mentre al 10.11.2014 (tre mesi dopo il decesso), il saldo unitamente ai titoli e agli strumenti finanziari al medesimo intestati, ammontante ad Euro. 630.045,00. Ebbene, a parte la considerazione che quest'ultimo dato, oggetto di contestazione, non è ricavabile dalla documentazione depositata dalla convenuta (doc. 6, illeggibile), risultando al contrario dalle produzioni dell'attrice che, alla data del decesso, l'ammontare dell'importo liquido, derivante dal conto corrente (Euro 24.398,21) e del deposito titoli n (...) (406.304,92) intestati al de cuius era pari alla minor somma di Euro 430.703,13 (doc n 2 depositato con la II memoria ex art. 183, VI comma, c.p.c.), la disomogeneità dei dati non consente di ritenere provato l'incremento, nulla essendo stato allegato (né provato) in ordine alla consistenza degli strumenti finanziari in capo al de cuius alla data del supposto inizio dell'impresa familiare. E' provato che alla data del 30/6/2005 i depositi ammontavano già ad Euro. 318.631,35 (doc n 1 depositato con la citata memoria di parte attrice), ma nulla è dato sapere in ordine alla situazione precedente, né a come si sia determinato il successivo incremento del patrimonio finanziario. La scarna documentazione bancaria a disposizione non consente dunque di ritenere dimostrato che gli incrementi patrimoniali registrati a distanza di diversi anni nel portafoglio del defunto provenissero dagli introiti dell'attività agricola (e non piuttosto, ad esempio, alla redditività degli investimenti, incasso cedole e dividendi, ecc.), non essendo stato prodotto nemmeno un estratto del conto corrente intestato al de cuius in relazione al rapporto bancario durato almeno 20 anni. D'altro canto, non sussiste neppure la prova che la gestione dell'azienda agricola abbia portato un effettivo aumento al patrimonio di (...): dalla contabilità personalmente redatta dal predetto (che la convenuta contesta solo parzialmente e comunque in maniera del tutto generica), emerge che le spese annualmente fatte per la coltivazione del podere e per l'integrale mantenimento della famiglia della convenuta (...) (vitto, luce, gas, acqua, telefono, riscaldamento, tasse, manutenzione e rinnovo fabbricati, assicurazioni ecc.), quantomeno a far tempo dall'anno 2006, superavano, e di non poco, gli importi ricavati dalla vendita dei prodotti agricoli, costituenti le sole entrate del podere, ovverossia le somme pagate dall'Agra per il conferimento della frutta, dalle Cantine Riunite Civ per il conferimento dell'uva e dalla Progeo per il conferimento dei cereali (grano, mais e sorgo) (docc. da 3 a 18 depositati dall'attrice il 12.5.2017). Che le figlie di (...) contribuissero alle spese di casa, d'altra parte, è circostanza mai allegata dalla convenuta, emersa solo in sede di escussione testimoniale delle figlie stesse che, al di là della valutazione in ordine alla relativa attendibilità, non può tenersi in considerazione in quanto del tutto generica e non circostanziata, in assenza di dati in ordine alla relativa situazione economica e alle effettive disponibilità. D'altro canto, è la stessa (...) ad affermare di non aver più percepito alcuna retribuzione a decorrere dal 1.1.1997, di talchè non si comprende con quali redditi avrebbe potuto provvedere al proprio sostentamento e a quello delle figlie, quantomeno sino al raggiungimento della relativa indipendenza economica. In conclusione, non vi è prova che l'asserita impresa familiare coltivatrice abbia portato un effettivo incremento del patrimonio di (...). Venendo alla interpretazione del testamento, deduce la convenuta che intenzione del padre, espressa nella scheda testamentaria, fosse quella di ripartire in parti uguali il proprio patrimonio relitto, di talchè (...) avrebbe diritto ad un conguaglio da parte della sorella, cui il de cuius aveva assegnato (involontariamente) beni di valore superiore. Deduce inoltre che la divisione fatta dal testatore è suscettibile di rescissione ai sensi dell'art. 763 c.c. in quanto, alla figlia (...), vengono devoluti beni per un valore quasi triplo rispetto a quello dei beni attribuiti a (...). Le domande non sono fondate; invero, come già evidenziato, il testatore ha diviso tutti i suoi beni tra le figlie, attribuendone alcuni specificamente all'una o all'altra e i residui ad entrambe in parti uguali. In tal modo egli ha sicuramente inteso distribuire il proprio patrimonio in maniera il più possibile equa, tenuto conto della storia familiare (richiamata nella premessa del primo testamento), cercando di non privilegiare una figlia rispetto all'altra ("vorrei non fare differenza a nessuna delle figlie"); nondimeno, non si evince dal testo dell'atto (né dalla sua interpretazione), che egli abbia inteso stabilire due quote esattamente uguali, ben potendo ritenersi che la modifica effettuata con il secondo testamento (con cui ha posto il legato in favore delle nipoti a carico della figlia (...)) fossa volta a rimediare quella che il testatore riteneva essere una eccessiva sperequazione tra le porzioni effettuate, ma non a pareggiarle del tutto. A tal fine egli avrebbe potuto utilizzare (o quantomeno richiamare) l'istituto del conguaglio (così Cass. 13380/2005), indicato proprio per correggere le diseguaglianze in natura delle quote. In altre parole, non vi è prova che il testatore abbia stabilito le quote di eredità, ricavabili, per contro, a posteriori dalla valutazione comparativa delle singole porzioni dal medesimo formate. Non può dunque ritenersi che sia dovuto a (...) alcun conguaglio. Inoltre, a ciò consegue la non applicabilità al caso di specie dell'istituto della rescissione disciplinato dall'art. 763 c.c., considerato che la dedotta diseguaglianza delle quote non può ritenersi significativa di una lesione, rispondendo piuttosto alla volontà del testatore di distribuire il patrimonio secondo quote diseguali (così da ultimo Cass. 6449/2008). La relativa domanda è dunque inammissibile. Non può essere accolta la domanda della convenuta di collazione dell'importo di Euro. 60.000 percepito dalla sorella a seguito dell'incasso della polizza "vita" A. n. (...), avendo la Suprema Corte da tempo chiarito che "L'istituto della collazione, limitato al conferimento nella massa ereditaria delle donazioni non contenenti espressa dispensa, è incompatibile con la divisione con la quale il testatore abbia ritenuto effettuato, ai sensi dell'art. 734 cod. civ., la spartizione dei suoi beni (o di parte di essi), distribuendoli mediante l'assegnazione di singole e concrete quote ("divisio inter liberos"), evitando così la formazione della comunione ereditaria e, con essa, la necessità di dar luogo al relativo scioglimento, in funzione del quale soltanto si giustificherebbe il conferimento nella massa previsto dagli artt. 724 e 737 cod. civ." (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 12830 del 23/05/2013). E' altresì infondata la domanda di riduzione delle disposizioni testamentarie per lesione della quota di legittima spettante a (...) formulata in via subordinata. Per verificare la lesione occorre accertare il valore dei beni relitti al momento dell'apertura della successione. Ebbene, dalla CTU espletata dal geom. (...), emergono i seguenti valori dei beni relitti, concordati con i consulenti di parte: Fabbricati Euro. 265.000; terreni Euro. 205.000; beni mobili Euro. 5.000. La documentazione bancaria prodotta attesta inoltre che, alla data del decesso, il de cuius era titolare di liquidità in conto corrente per un importo di Euro 24.398,22, e di titoli obbligazionari e quote fondi di investimento per un valore complessivo di Euro 406.304,92, (doc. 2 allegato alla memoria 22.5.2017 parte attrice). A entrambe le figlie sono inoltre pervenuti il 50% della quota del capitale sociale A. per un importo di Euro 3.667,13, della quota sociale COOP per un importo di Euro 185,03 e del credito giacente presso Cantine Riunite CIV per un importo di Euro 4.844,10 (importi indicati dall'attrice e non contestati). Il valore complessivo della massa ereditaria ammonta dunque ad Euro. 923.095,66. Da tale importo vanno detratte le spese funerarie, pari ad Euro. 5.180 (doc. 23 e 24 fasc. conv.). Al netto dei debiti ereditari, dunque, il valore della massa diviene pari ad Euro. 917.915,66. Ad esso va aggiunto l'importo dei beni donati: nel caso di specie, non è contestato che (...) sia beneficiaria esclusiva della polizza assicurativa A., stipulata dal de cuius nell'anno 2011, con un premio unico iniziale di Euro 60.000,00 (doc. n. 7 conv.). Il valore complessivo di relictum+donatum ammonta dunque ad Euro. 977.915,66. Deve ora accertarsi il valore dei beni attribuiti a (...), onde appurare se siano inferiori alla quota riservatale ex lege, pari ad un quarto del patrimonio. Il valore dei beni attribuiti a (...) ammonta ad Euro. 387.055,41 (quote sociali+credito CIV+100%valore fabbricati+50%terreni+50%beni mobili+50%saldo attivo conto corrente detratti legati e spese). Dalla quota di (...) va tuttavia detratto l'importo dei legati ai nipoti, il cui onere è stato posto a suo carico dal testatore, pari ad Euro. 75.000; ne consegue che il valore della quota diviene pari ad Euro. 312.055,41. Ne risulta l'infondatezza dell'azione di riduzione esercitata, essendo il valore dei beni attribuiti a (...) superiore al quarto del patrimonio. Essendo pacifico che (...) ha incassato l'intero saldo attivo del conto corrente intestato al de cuius, spettante per metà alla sorella, la prima va condannata a corrispondere alla seconda l'importo di Euro. 12.199,15, avendo (...) già corrisposto la propria quota parte delle spese funerarie. Inoltre, (...) deve corrispondere a (...) il 50% delle spese sostenute dalla seconda per la denuncia di successione, la quota imputabile alla prima delle imposte ipotecarie e catastali, nonché le altre spese inerenti l'eredità e indicate in atti (pag. 11 comparsa di costituzione), per un importo complessivo di Euro. 2.121,64 (docc. 13-15 fasc. conv.). Su tali somme sono dovuti gli interessi legali dalla domanda (14.2.2017) al saldo. Tutti i restanti beni, come già evidenziato, sono già stati divisi tra le parti tramite la scrittura del 23.6.2022. Il complessivo esito del giudizio giustifica la compensazione integrale tra la parte attrice e la convenuta delle spese di lite, ivi comprese quelle del CTU (avendo, tra l'altro, entrambe le parti usufruito dell'ausilio del consulente per giungere all'accordo conciliativo). L'intervenuto, integralmente soccombente, va condannato a corrispondere all'attrice le spese di lite inerenti la difesa sulla domanda dal medesimo proposto (di valore pari ad Euro. 61.691,69), che si liquidano in dispositivo in ossequio ai paramenti di cui al D.M. n. 55 del 2014 e succ. mod.. P.Q.M. Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza ed eccezione disattesa o assorbita: - dichiara cessata la materia del contendere con riguardo alla domanda di scioglimento della comunione proposta dalla parte attrice; - condanna (...) a corrispondere a (...) la somma di Euro. 14.320,79, oltre interessi legali dalla domanda (14.2.2017) al saldo; - rigetta tutte le altre domande riconvenzionali formulate dalla convenuta; - rigetta le domande proposte dal terzo intervenuto (...); - compensa integralmente tra la parte attrice e la convenuta le spese di lite, ivi comprese quelle del CTU; - condanna (...) a corrispondere alla parte attrice le spese di lite, che liquida in Euro. 8.000 per compensi ex D.M. n. 55 del 2014, oltre al 15% di spese generali, i.v.a. e c.p.a.. Così deciso in Modena il 29 marzo 2023. Depositata in Cancelleria il 31 marzo 2023.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO DI MODENA SEZIONE LAVORO Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. Andrea Marangoni ha pronunciato ex art. 429 c.p.c. la seguente SENTENZA nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 780/2020 promossa da: (...) (C.F. (...)), elettivamente domiciliato in Via C. (...) 63 41121 (...) I., rappresentato e difeso dall'avv. RU.MO. RICORRENTE/I contro (...) S.P.A. (C.F. (...) ), elettivamente domiciliata in VIA R. (...) 60 (...), rappresentata e difesa dall'Avv. BA.FR.; RESISTENTE/I IN FATTO ED IN DIRITTO Con ricorso depositato in data 8/9/2020, (...), già dipendente della società (...), società che produce e commercializza materiali ceramici , con decorrenza dall'1.12.1999 , inizialmente con mansioni di Funzionario commerciale Italia ed inquadramento come Quadro, poi successivamente, dall'1.01.2008, con mansioni di dirigente, premettendo di aver ricevuto una contestazione disciplinare in data 3 marzo 2020, seguita dall'irrogazione del licenziamento, ne ha dedotto l'illegittimità per insussistenza del fatto, sproporzione della sanzione rispetto all'addebito e per il carattere ingiurioso del medesimo, nonché ha dedotto di non aver percepito la relativa indennità in relazione alle trasferte effettuate, ha chiesto di: "condannarsi (...) S.p.A. (...), come sopra al pagamento in favore del ricorrente d elle seguenti somme: - preavviso lordo Euro 94.519,07 - incidenza del preavviso sul TFR - indennità supplementare massima Euro 189.038,13 ovvero nella misura minima di Euro 141.778,60 - indennità di trasferta Euro 129235,00 - danno da licenziamento ingiurioso, nella misura di Euro 47.259,54 O di quei diversi importi maggiori o minori che dovessero risultare all'esito del giudizio, oltre interessi e rivalutazione monetaria". Si è costituita la (...) SPA, deducendo la piena legittimità del licenziamento irrogato e la non debenza dell'indennità di trasferta. Istruita con i documenti prodotti dalle parti e con l'assunzione di prove testimoniali, la causa è stata trattenuta in decisione all'odierna udienza, celebrata col rito della trattazione scritta. Sulla giustificatezza e sulla giusta causa di recesso. L'onere di provare la sussistenza dei motivi posti a fondamento del licenziamento grava sulla datrice di lavoro (Cass. Sent. n. 7830 del 29.03.2018). Come noto, poi, ai fini del riconoscimento dell'indennità supplementare prevista per la categoria dei dirigenti, occorre fare riferimento alla nozione contrattuale di giustificatezza che si discosta, sia nel piano soggettivo che su quello oggettivo, da quello di giustificato motivo ex art. 3, L. n. 604 del 1966, e di giusta causa ex art. 2119 cod. civ. (cfr. Cass. n. 25145/2010; Cass. n. 23894/2018). Secondo condivisa e consolidata giurisprudenza della Suprema Corte, "la nozione di "giustificatezza" del licenziamento del dirigente, prevista da alcuni contratti collettivi ai fini del riconoscimento di un'indennità supplementare, non coincide con quella di "giusta causa" o "giustificato motivo" del licenziamento del lavoratore subordinato, ma è molto più ampia, e si estende sino a comprendere qualsiasi motivo di recesso che ne escluda l'arbitrarietà, con i limiti del rispetto dei principi di correttezza e buona fede nell'esecuzione del contratto, e del divieto di licenziamento discriminatorio. Di conseguenza fatti o condotte, che con riguardo al rapporto di lavoro in generale non integrano giusta causa o giustificato motivo, possono giustificare il licenziamento del dirigente con conseguente disconoscimento dell'indennità supplementare prevista dalla contrattazione collettiva (Cass. n. 775 del 17.1.2005; nello stesso senso: cfr. Cass. n. 14604 del 20.11.2001, Cass. n. 15749 dell'8.11.2002, Cass. n. 322 del 13.1.2003, Cass. n. 16263 del 19.8.2004, Cass. n. 7838 del 15.4.2005, Cass. n. 11691 dell'1.6.2005 e Cass. n. 21748 del 22.10.2010). Più recentemente, la Corte ha ulteriormente argomentato che ai fini della giustificatezza del licenziamento dirigenziale "può rilevare qualsiasi motivo, purché apprezzabile sul piano del diritto, idoneo a turbare il legame di fiducia con il datore, nel cui ambito rientra l'ampiezza dei poteri attribuiti al dirigente, sicché maggiori poteri presuppongono una maggiore intensità della fiducia e uno spazio ampio ai fatti idonei a scuoterla" (Cass. n. 12204/2016; conformi n. 24941/2015; n. 2205/206 e altre). Pacifico che, ferma la specificità della posizione del dirigente anche all'atto del recesso dal rapporto ad iniziativa del datore di lavoro, l'onere della prova della sussistenza di un'idonea giustificazione a base del licenziamento (con o senza preavviso), gravi pur sempre sulla parte datoriale (cfr. Cass., Sez. L., Sentenza n. 16263/2004 cit.). Nel caso di rapporto dirigenziale, la valutazione dei fatti idonea a compromettere la fiducia "va compiuta in modo più rigido e fermo che non nei confronti di qualsiasi altro dipendente per via dell'essenziale rapporto di fiducia di positiva valutazione del dirigente "imprenditore" con la conseguenza che " la giusta causa indicata dall'articolo 2119 c.c. risente, sia pure in misura più contenuta in quanto legata ad una definizione precisa dettata dall'esigenza di tener conto della maggiore gravità delle conseguenze, dell'investimento di fiducia fatto dal datore di lavoro con l'attribuire al dirigente compiti, di volta in volta strategici o comunque di impulso, direzione di orientamento della struttura organizzativa aziendale" (Trib. Milano n. 832/2013). La Corte di Cassazione ha altresì statuito, in tema di licenziamento del dirigente, che "l'unica verifica demandata al giudice è l'esistenza di una ragionevole causa che dimostri l'impossibilità del perdurare del vincolo fiduciario di particolare intensità che deve caratterizzare il rapporto tra datore di lavoro e dirigente" (Cass. n. 2137/2011; conforme n. 15496/2008). La giurisprudenza è quindi consolidata nel senso di attribuire rilevanza fondamentale alla violazione dell'elemento fiduciario nell'ambito del rapporto di lavoro. Ove il comportamento del dipendente abbia fatto venire meno tale elemento, il rapporto di lavoro potrà essere legittimamente risolto anche in ipotesi di insussistenza di qualunque danno patrimoniale. Si comprende pertanto che tali principi assurgano a massima intensità laddove il dipendente rivesta, all'interno della struttura societaria, il ruolo di sostanziale alter ego dell'imprenditore, con rapporto di lavoro caratterizzato da un legame fiduciario particolarmente forte, proprio in funzione del ruolo ricoperto all'interno dell'azienda. A ciò si aggiunga che, per pacifico assetto giurisprudenziale, la legittimità di una sanzione disciplinare irrogata al lavoratore subordinato per una pluralità di infrazioni contestate non può essere esclusa con riguardo al principio di proporzionalità di cui all'articolo 2106 cod. civ. solo per il fatto che alcuni di tali addebiti risultino infondati (fuori dall'ipotesi di una specifica previsione contrattuale che configuri i diversi addebiti come componenti essenziali di un'unica figura complessa di illecito disciplinare), atteso che la proporzionalità risulta dalla comparazione tra sanzione inflitta e infrazione commessa nel caso concreto, e che anche una sola delle infrazioni può risultare proporzionata alla sanzione inflitta (cfr. Cass. 4.5.2005 n. 9262 ed, in tema di sanzione espulsiva, Cass. 2 febbraio 2009, n. 2579). Tanto premesso in diritto, ritiene questo Giudice come il recesso sia giustificato ma non sorretto da giusta causa. E' pacifico che, pochi mesi prima dei fatti di causa, (...) s.p.a. abbia realizzato una nuova linea di rivestimento in formato 25x75 denominata "N.", per lanciare la quale ha dovuto realizzare una piccola quantità di pannelli-campione destinati all'utilizzo da parte dei propri responsabili di vendita; è altresì pacifico che, poiché in quel momento (...) non disponeva ancora di pannelli adeguati alla misura di questo nuovo formato, l'(...), su specifica richiesta del ricorrente, abbia fatto mettere a disposizione di (...) pannelli realizzati da (...) s.p.a. per la propria linea "(...)", recanti stampato il logo "(...)". La teste (...) ha confermato che il dott. (...) abbia dato specifica disposizione al dott. (...) di far coprire il logo (...) con un diverso adesivo, in modo da rendere quanto meno anonimo il pannello, in quanto avrebbero dovuto essere utilizzati esclusivamente dai funzionari interni, senza lasciarli nella disponibilità degli agenti; e ciò proprio al fine di evitare possibili equivoci. E' infine pacifico che i pannelli siano pervenuti in Sicilia privi del chiesto adesivo. Non è stata fornita in giudizio la prova che il ricorrente avesse dato specifiche disposizioni circa l'apposizione del medesimo, non essendo di per sé dirimente il fatto che, per il viaggio in Sardegna, gli adesivi fossero stati regolarmente creati e apposti, giacché una circostanza non esclude l'altra. A ogni modo, rientrava senza dubbio nel perimetro della responsabilità del ricorrente prevenire ciò in merito a cui l'(...) si era raccomandato, ad esempio sincerandosi col personale preposto che il lavoro fosse stato effettivamente eseguito, dopo aver impartito le opportune istruzione. E' nozione di comune esperienza che il Dirigente debba rispondere, per quanto attiene al rapporto fiduciario nei confronti del Datore di lavoro, anche della negligenza del personale la cui attività rientri nella propria sfera di controllo. Il fatto che si trovasse fuori sede non ricade certo nell'alveo del brocardo ad impossibilia nemo tenetur. L'omissione del ricorrente ha inciso su interesse meritevole di tutela e non certo emulativo del datore di lavoro, ovvero quello di prevenire il rischio di ingenerare confusione tra prodotti appartenenti a imprese concorrenti e nella clientela. Sotto questo profilo il licenziamento si palesa giustificato. Al contrario, tale episodio, così come si è sviluppato - secondo le circostanze emerse in istruttoria - non è di per sé sufficiente a giustificare l'immediatezza del recesso. Al ricorrente è stato contestato di aver "tranquillamente sic visitato la clientela Siciliana" (mostrando i pannelli recanti l'etichetta errata), evocando tale espressione una certa noncuranza del ricorrente, il quale avrebbe deciso di agire in spregio alle indicazioni impartite dall'A.D. In realtà, dall'istruttoria è emerso che il ricorrente si sia attivato per contenere il danno, Il teste (...), sul punto, ha dichiarato: "(...) Sul cap. 8): "Non so cosa il ricorrente abbia detto alla Direzione di (...). Posso dire che, in esito a quanto accaduto, (...) mi disse di distruggere i pannelli con i relativi campioni e così ho fatto". Sul cap. 9): "Sì, è vero. Ne sono a conoscenza perché quando sono stati aperti i pannelli, c'eravamo (...) ed io ed appena io ho aperto i pannelli, (...) ha esclamato che quelli non erano i suoi campioni e che non si sarebbero potuti fare vedere ai clienti. Io gli risposi che, visto che oramai lui era venuto in Sicilia e che erano già stati fissati vari appuntamenti con dei clienti, l'unica soluzione era che andare a visitare i clienti senza fare vedere loro i campioni anche perché tanto avevamo uncatalogo e, spesso, neanche si fanno vedere i campioni". Sul cap. 10): "Sì, è vero. Ne sono a conoscenza perché ero presente anche io con (...) presso il cliente (...)". Sul cap. 11): "In merito al capitolo, posso dire che, qualche giorno dopo la visita di cui sopra presso il cliente (...), che, come riferito, si è svolta unicamente facendo vedere al cliente il catalogo, venni contattato dalla Sig.ra (...) che mi disse che un cliente era interessato ai prodotti ma che lei voleva vedere materialmente i campioni. Io le spiegai il problema dei pannelli e le dissi che io le avrei portato il pannello con il campione in questione ma che lei non avrebbe potuto esporlo. Così feci: portai il pannello al cliente (...) e lo misi nell'ufficio privato della (...) (...)". Il teste (...), dal canto suo, ha riferito: "(...) Sul cap. 21): "I clienti (...) e (...) sono miei clienti e confermo di averli portati, insieme a (...) alla mia macchina per fare toccare loro i campioni. Preciso che i clienti detti non si sono nemmeno accorti del marchio presente sul pannello, perché io, sempre, per mia abitudine, carico i pannelli in macchina in modo verticale e non li scarico dalla macchina perché, essendo caricati in quel modo, il cliente può visionare il prodotto ugualmente e, essendo i pannelli posti in maniera verticale, non si può vedere nessun logo sugli stessi". Sul cap. 22): "Ricordo che (...), in macchina, mi disse di non fare vedere il marchio (...); non ricordo se ha usato il termine "distruggere"; sicuramente disse di non fare vedere i campioni e di farli scomparire; l'unico obiettivo che avevamo era quello di vendere prodotti del marchio (...) e, quindi, non c'era in nessuno di noi l'idea di tenere i pannelli con il marchio (...)". A (...): "Non ricordo adesso quando (...) me lo disse. Non mi ricordo se (...) è uscito in visita prima con me o prima con (...)". Il sig. (...), invece, ha dichiarato: "(...) Sul cap. 8): "Sì, è vero. Ne sono a conoscenza perché, anche se non ero presente il giorno in cui (...) visitò la (...), successivamente, andando a visitare la (...), vidi la cartella che era stata lasciata lì". Sul cap. 9): "Sì, è vero; non solo la (...), ma anche altri clienti che io fornisco mi confermarono verbalmente che il Dirigente della (...) aveva proposto prodotti (...) su pannelli (...)". A (...): "Al momento ricordo come nominativi di clienti che mi segnalarono l'accaduto la (...) e la (...) di (...); non ricordo, al momento gli altri nominativi (...)". Il teste (...) ha riferito circostanze apprese de relato, ad eccezione del fatto di aver visto la cartella contenente i pannelli presso la (...). Sulla base di una lettura complessiva delle deposizioni, si può ragionevolmente desumere come è probabile che un'esposizione dei pannelli (quanto meno presso la (...)) recanti il logo errato vi sia stata, seppur fuori dal controllo (ma sempre sotto la responsabilità) del ricorrente, senza che però questi abbia agito direttamente. L'esposizione dei pannelli è imputabile a negligenza del ricorrente (giacché questi avrebbe dovuto sincerarsi dell'impossibilità della loro circolazione), ma non di gravità tale da integrare la fattispecie di giusta causa. Sulla base delle superiori considerazioni, spetta al ricorrente l'indennità di mancato preavviso (ma non l'indennità supplementare - cfr. Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 17-03-2014, n. 6110), nella misura da questi indicata e non contestata di Euro 94.519,00 al lordo delle ritenute di legge, su cui decorrono gli interessi legali dalla maturazione dei singoli ratei sino al saldo, sulle somme via via rivalutate. Sul carattere ingiurioso del licenziamento Come è noto, il carattere ingiurioso del licenziamento, che, in quanto lesivo della dignità e dell'onore del lavoratore, dà luogo al risarcimento del danno, non si identifica con la mancanza di giustificatezza dello stesso, bensì con le particolari forme o modalità offensive del recesso del datore di lavoro, le quali vanno rigorosamente provate da chi le adduce, unitamente al lamentato pregiudizio. (Cass. civ. Sez. lavoro, 22/03/2010, n. 6845). Oggetto dell'accertamento dell'ingiuriosità o vessatorietà del recesso non è quindi l'illegittimità del licenziamento, ma le sue modalità, con la conseguenza che l'eventuale danno (lesione dell'integrità psico- fisica) diventa conseguenza (non della perdita del posto di lavoro e della retribuzione, bensì) dello stesso comportamento (ingiurioso, persecutorio, vessatorio) con cui è stato attuato. La Corte di Cassazione ha poi in più occasioni affermato che il licenziamento ingiurioso o vessatorio, lesivo della dignità e dell'onore del lavoratore, che dà luogo al risarcimento del danno, ricorre soltanto in presenza di particolari forme o modalità offensive o di eventuali forme ingiustificate e lesive di pubblicità date al provvedimento, le quali vanno rigorosamente provate da chi le adduce, unitamente al lamentato pregiudizio (Cass. n. 5885 del 2014, n. 17329 del 2012, n. 21279 del 2010, n. 6845 del 2010; n. 15469 del 2008; Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 19-11-2015, n. 23686). La gravità dell'addebito, rivelatosi poi infondato, non è di per sé sufficiente, in assenza di elementi ulteriori e correlati alle modalità con le quali lo stesso è stato contestato o a diverse concorrenti circostanze (Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 14-06-2016, n. 12204). Tanto premesso a livello di ricostruzione giuridica, il licenziamento intimato non può certamente ritenersi ingiurioso. La motivazione addotta non è qualificabile come pretestuosa, bensì basata su fatti acclarati e rispondente a un interesse sostanziale e non aeriforme dell'azienda. La sospensione cautelare rientra tra le prerogative del datore di lavoro e non è stata esercitata con modalità offensive. Quanto alla richiesta di dimissioni da parte dell'(...), seppur formulata con termini esorbitanti la continenza verbale, essa è stata avanzata privatamente, sicché non pare ne sia scaturito alcun nocumento per il ricorrente. Sull'indennità di trasferta Dalla enumerazione delle trasferte effettuata in ricorso, si evince come il ricorrente fosse destinato a svolgere abitualmente le proprie mansioni fuori dalla sede aziendale, sicché l'eventuale compenso corrisposto per compensare tale disagio è da considerarsi inerente strutturalmente alla prestazione professionale, sicché l'eventuale compenso dovrebbe entrare a far parte della retribuzione ordinaria, (Cass. n. 28162 del 2005,e sull'inclusione nel trattamento di fine rapporto 4873/2013; Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 23-04-2015, n. 8293; Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., (ud. 22/01/2015) 23-04-2015, n. 8293), diversamente da quanto accade per l'indennità di trasferta strictu sensu. Infatti, l'art. 10 invocato prevede proprio che 2. Gli importi erogati a titolo di spese non documentabili non fanno parte della retribuzione ad alcun effetto del presente contratto, ivi compreso il trattamento di fine rapporto. Ciò posto, sulla base delle allegazioni contenute nella memoria difensiva a pag. 10, non oggetto di specifica contestazione, non risulta che il ricorrente, pur non avendo percepito un compenso specificamente destinato a compensare il descritto disagio, abbia ricevuto (fino all'anno 2014) un trattamento peggiorativo rispetto a quello che avrebbe ricevuto sulla base dell'applicazione sic et simpliciter dell'art. 10. Quanto al periodo successivo, è pacifico che la contrattazione collettiva per i dirigenti industriali, applicabile nel caso di specie - a far data dal rinnovo del 30 dicembre 2014, con efficacia decorrente dal 1 gennaio 2015 - recasse una nuova formulazione dell'art. 10 invocato da parte ricorrente; secondo la nuova clausola, il regime indennitario per le trasferte dei dirigenti opererebbe "salvo il caso di eventuali intese aziendali o individuali". E' altresì pacifico che il contratto individuale stipulato a suo tempo prevedesse l'erogazione di un trattamento onnicomprensivo, assorbente altre eventuali indennità. Alla luce delle superiori considerazioni, il ricorso non merita accoglimento in parte qua. Sulle spese di lite In ragione dell'esito complessivo del giudizio, le spese di lite sono compensate per due terzi, mentre per il restante terzo seguono la soccombenza. RG n. 780/2020 Si precisa che, in applicazione del principio stabilito dall'art. 91 c.p.c., le stesse sono liquidate come in dispositivo, tenuto conto 1) delle caratteristiche, dell'urgenza e del pregio dell'attività prestata, 2) dell'importanza, della natura, delle difficoltà e del valore dell'affare, 3) delle condizioni soggettive del cliente, 4) dei risultati conseguiti, 5) del numero e della complessità delle questioni giuridiche e di fatto trattate, nonché delle previsioni delle tabelle allegate al decreto del Ministro della Giustizia n. 147 del 13/08/2022 pubblicato sulla G.U. n. 236 del 08/10/2022, in vigore dal 23/10/20228. In particolare si fa riferimento, stante il carattere comunque non vincolante delle dette tariffe, al loro valore minimo/medio per lo studio della controversia, per la fase introduttiva e per la fase decisoria (per controversie di valore compreso tra Euro 52000,00 e Euro 260.000,00), e si determina in Euro 12000,00 il compenso complessivo. Ai compensi si aggiunge il rimborso forfetario delle spese generali pari al 15% degli stessi (espressamente reintrodotto dall'art. 2 del D.M. n. 55 del 2014, non modificato in parte qua), oltre I.V.A. e C.P.A. come per legge. P.Q.M. Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni altra domanda ed eccezione disattesa: 1) Condanna (...) SPA, in persona del legale rappresentante p.t., al pagamento in favore di (...), dell'importo di Euro 94.519,00 per la causale indicata in parte motiva, oltre interessi e rivalutazione come per legge; 2) Rigetta le altre domande avanzate in ricorso; 3) Dichiara compensate le spese per due terzi; 4) Condanna (...) SPA, in persona del legale rappresentante p.t., al pagamento di due terzi delle spese di lite, liquidate in Euro 607,00 per esborsi ed Euro 4000,00 per compensi, oltre rimb. forf., IVA e CPA. Così deciso in Modena il 14 marzo 2023. Depositata in Cancelleria il 14 marzo 2023.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI MODENA Seconda Sezione Civile Il g.o., Luca Primiceri, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile iscritta al n. 8946/2018 promossa da (...) (C.F. (...)) in proprio e aule titolare di (...) rappresentata e difesa dagli Avv.ti (...) ed elettivamente domiciliata presso lo studio dell'Avv. (...) in Sassuolo (MO), Via (...) ATTRICE contro (...) SPA (P. IVA (...)) rappresentata e difesa dall'Avv. (...) ed elettivamente domiciliata presso il suo studio in Modena, (...) CONVENUTA Avente ad oggetto: inadempimento contrattuale Conclusioni delle parti: le parti all'udienza del 03.06.2022, tenutasi in modalità cartolare, chiedono e concludono come note scritte; lette le conclusioni delle parti; esaminati gli atti e i documenti di causa; Ragioni di fatto e di diritto della decisione (...), in proprio e quale titolare di (...), citava in giudizio (...) Spa per ivi sentire accertare e dichiarare la risoluzione del contratto sottoscritto in data 19.03.208, ai sensi degli artt. 1183 e 1454 c.c., ed in via subordinata ai sensi dell'art 1455 c.c. per grave inadempimento ed in via ulteriormente subordinata determinare il minore prezzo eventualmente dovuto in considerazione delle prestazioni che risultino eseguite. Si costituiva in giudizio (...) Spa, la quale in via preliminare chiedeva dichiararsi la improcedibilità dell'azione per mancato esperimento della negoziazione assistita, in via principale anche riconvenzionale accertare la nullità dell'atto di citazione per indeterminatezza della causa petendi, nonché accertare il grave inadempimento della attrice per il mancato versamento del prezzo, rigettare la domanda attorea in quanto infondata in fato e diritto e condannare la convenuta al pagamento del residuo del prezzo non corrisposto o della diversa somma risultante in corso di causa. Valutato il complesso delle risultanze acquisite, nello specifico della documentazione prodotta e della CTU espletata, ritiene il decidente che la domanda attorea di risoluzione del contratto non meriti accoglimento. Anzitutto, la eccezione di improcedibilità della domanda attorea per mancato esperimento della procedura di negoziazione assistita sollevata dalla convenuta, non trova accoglimento, atteso che la domanda è finalizzata alla risoluzione contrattuale senza alcuna richiesta di somme di denaro. No trova, altresì, accoglimento la domanda di nullità dell'atto di citazione per indeterminatezza della causa petendi, atteso che l'insieme delle indicazioni contenute in esso e dei documenti allegati evidenziano i fatti costituenti la ragione della domanda di (...) (vedasi Cass. Civ. n. 8077/2012), finalizzata appunto alla risoluzione del contratto per inadempimento di (...). Nel merito, è pacifico che la parti in data 19.03.2018 sottoscrivevano un contratto in base al quale (...) si impegnava a realizzare un sito web e-commerce con posizionamento (...) al prezzo di Euro 17.522,00= da versarsi in 36 rate da Euro 477,00=, oltre all'acconto di Euro 350,00= e che parte attrice versava 3 rate per un totale di Euro 1.781,00=, oltre all'acconto. Orbene, da una attenta analisi della documentazione prodotta e dall'elaborato peritale del CTU, che risulta adeguatamente motivato e sufficiente ai fini decisionali, non si ravvisa un grave inadempimento di (...), tale da giustificare la risoluzione contrattuale ai sensi dell'art. 1454 c.c. o dell'art. 1455 c.c. Emerge, però, un inadempimento di scarsa importanza, sia di parte attrice che non ha corrisposto completamente il prezzo, sia di (...) che ha realizzato la "demo" del sito, che presentava determinati vizi. Risulta documentalmente come (...) comunque abbia dato avvio alle lavorazioni per la realizzazione del sito, per il quale, giova sottolineare, non era previsto un termine entro il quale definirlo. E' documentale, infatti, che (...) in data 08.06.208 inviava la "demo" del sito su cui apportava le variazioni richieste (docc. nn. 11 e 13 comparsa di costituzione e risposta) ed in data 24.10.2018, successivamente all'importazione dei contenuti dal vecchio sito, inviava il link per vedere il nuovo sito. Sennonché, il CTU riscontrava la presenza di determinati vizi la cui tipologia, però, ad avviso dello scrivente, tenuto conto delle considerazioni dell'elaborato peritale, non era talmente grave da giustificare la risoluzione del contratto. Al riguardo, il CTU nelle conclusioni del suo elaborato è molto chiaro nel ritenere che "in generale, queste anomalie sono da ritenersi fisiologiche ed inevitabili durante il corso dello sviluppo del progetto..."; ed aggiunge: "alcune anomalie potevano essere perfezionabili con una maggiore collaborazione fra fornitore e cliente". Ad avviso dello scrivente, pertanto, l'alterazione del sinallagma contrattuale è dipeso da entrambe le parti, ovvero dall'attrice che non ha collaborato col fornitore al fine di realizzare al meglio il sito e dalla convenuta che, seppure inviava la demo del sito ed il link, cagionava i vizi, indicati dal CTU nella sua relazione e che qui si intendono integralmente trascritti. Ne discende che la domanda attorea di risoluzione contrattuale non può trovare accoglimento, in mancanza dei requisiti necessari, proprio alla luce di quanto precisato dal CTU per il quale tali anomalie potevano essere risolvibili in una settimana. Per i motivi suindicati non viene accolta nemmeno la richiesta di parte convenuta di ottenere il pagamento integrale del prezzo stabilito, posto che la "demo" del sito inviata non costituisce la versione definitiva e soprattutto funzionante del sito, in quanto il link viene inviato soprattutto per permettere al cliente di formulare osservazioni e/o richiedere modifiche. Ne discende, per quanto sopra espresso, di potere accogliere la domanda subordinata, sostanzialmente spiegata da entrambe le parti, di riduzione del prezzo, che pare equo determinare in una somma corrispondente complessivamente ad Euro 2.258,00= pari cioè al numero di 4 rate compreso l'acconto di Euro 350,00=, dal quale vanno detratte le somme già corrisposte dall'attrice. Con riferimento alle spese di giudizio tenuto conto della posizione delle parti, nonché della motivazione della sentenza e dell'accoglimento delle domande subordinate di riduzione del prezzo, esse sono compensate integralmente tra le parti, ponendo le spese di CTU a carico delle stesse nella misura del 50% ciascuna. PQM Il Tribunale di Modena, in composizione monocratica, definitivamente pronunciando nella causa civile iscritta al n. 8946/2018 R.G., disattesa ogni altra e diversa domanda: - rigetta la domanda attorea di risoluzione contrattuale; - dichiara che i vizi riscontrati diminuiscono il valore del contratto e per l'effetto condanna l'attrice a corrispondere a (...) Spa la somma complessiva di Euro 2.258,00=, oltre interessi dalla domanda al saldo, da cui detrarre le somme già corrisposte, ai sensi di cui in motivazione; - compensa integralmente tra le parti le spese di giudizio; - pone le spese di CTU a carico delle parti nella misura del 50% ciascuna. Modena, 9 gennaio 2023 Depositata in Cancelleria il 1 febbraio 2023.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO DI MODENA SEZIONE LAVORO Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. Andrea Marangoni ha pronunciato ex art. 429 c.p.c. la seguente SENTENZA nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 938/2021 promossa da: (...) (C.F. (...)), elettivamente domiciliato in Piazza (...) 41121 Modena, rappresentato e difeso dall'avv. CA.MO.; RICORRENTE/I contro (...) SRL (C.F. (...)), (...) S.P.A. IN LIQUIDAZIONE (C.F. (...)), (...) S.R.L. (C.F. (...)) elettivamente domiciliate in VIA (...) MILANO, rappresentate e difese dagli Avv.ti JU.BA. e PR.MA.; RESISTENTE/I INPS (C.F. (...)), domiciliato in MODENA, VIALE (...), rappresentato e difeso dagli Avv.ti BA.IS. e MA.OR.; CHIAMATO IN FATTO ED IN DIRITTO Con ricorso depositato in data 25/10/2021, (...), dipendente della (...) Spa dal 1 ottobre 1982, società quest'ultima in concordato preventivo, omologato il 1 luglio 2021, a seguito di domanda presentata in data 13 febbraio 2020, iscritta il 06.10.2020, procedura in seno alla quale, sulla base di un Accordo Quadro tra (...) Spa e (...)-it Srl, insieme alle OO.SS. ((...), (...) e la (...)), presso la sede della Regione Emilia-Romagna, alla presenza dell'Assessore Dott. (...), è stato previsto che la costituenda (...)-(...) avrebbe acquisito "il ramo d'azienda individuato nelle divisioni e funzioni descritte nell'Allegato 1 della predetta lettera di avvio della procedura e, ai fini dell'autonomia funzionale del predetto ramo, dei n. 110 dipendenti addetti alle aree produttive, commerciali e amministrative strettamente funzionali al ramo ceduto", premettendo di aver sottoscritto in data 3 marzo 2021 un "Verbale di conciliazione", con cui egli avrebbe, tra l'altro, rinunziato al diritto a transitare ex art. 2112 c.c. presso la costituenda (...) Srl e accettato il futuro licenziamento da parte di (...) Spa e la temporanea messa in (...) per 12 mesi a 0 ore al termine della fruizione di (...) con Causale "Covid-19 nazionale", a fronte della corresponsione della somma complessiva lorda pari ad Euro.9.500,00 a titolo di incentivo all'esodo (cfr. art. 3.6 Verbale di conciliazione), nonché di Euro.500,00 a titolo transattivo (cfr. art. 5.3 Verbale di conciliazione), eccependo l'invalidità del suddetto verbale in ragione dell'assenza di assistenza sindacale effettiva nonché ritenendo la sussistenza del suo diritto alla prosecuzione del rapporto di lavoro presso la cessionaria (...) Srl ex art. 2112 c.c., ha chiesto di: "1. accertare e dichiarare l'invalidità del Verbale di conciliazione del 3 marzo 2021 e l'oppugnabilità di tutte le rinunzie e transazioni ivi contenute; per l'effetto 2. accertare e dichiarare la prosecuzione ex art. 2112 c.c. del rapporto di lavoro del sig. (...) presso (...) Srl, quale cessionaria del ramo d'azienda trasferito da (...) Spa, a far tempo dal 26 marzo 2021, o dalla diversa data che sarà accerta in corso di causa; conseguentemente 3. condannare (...) Srl, in persona del legale rappresentante pro tempore, alla reintegrazione/riammissione in servizio del ricorrente, con le stesse mansioni precedentemente svolte ed alle medesime condizioni contrattuali vigenti presso la cedente al momento del trasferimento; 4. condannare, altresì, (...) Srl, in solido con (...) Spa in Liquidazione ed in solido col (...) Spa n. 4/2020 Trib. Modena, nonché con la (...) Srl quale aggiudicataria del ramo d'azienda, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, a risarcire il danno in favore del ricorrente nella misura delle retribuzioni maturate e non corrisposte a far tempo dal giorno 26 marzo 2021, o dalla diversa data accertata in corso di causa, sino all'effettivo ripristino del rapporto, sulla base della retribuzione mensile globale di fatto pari ad Euro.3.759,22, ovvero nella misura minore o maggiore che sarà ritenuta di giustizia, il tutto oltre interessi e rivalutazione; 5. condannare, infine, (...) Srl, in solido con (...) Spa in liquidazione ed in solido col (...) Spa n. 4/2020 Trib. Modena, nonché con la (...) Srl quale aggiudicataria del ramo d'azienda, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, alla regolarizzazione previdenziale ed assicurativa del ricorrente ". Si sono costituite (...) S.P.A. IN LIQUIDAZIONE, (...) S.R.L., (...) S.R.L., deducendo l'infondatezza del ricorso e chiedendone il rigetto. In particolare, ha asserito la validità dell'accordo, indipendentemente dalla sottoscrizione in sede protetta, in ragione della natura potestativa del diritto oggetto di rinuncia da parte del ricorrente, nonché - in ogni caso - sostenendo l'effettività dell'assistenza sindacale prestata al medesimo; infine, ha eccepito l'insussistenza del diritto al risarcimento e alla regolarizzazione della propria posizione previdenziale. Istruita con i documenti prodotti dalle parti e con l'assunzione di prove testimoniali, la causa è stata trattenuta in decisione all'odierna udienza, celebrata con il rito della trattazione scritta. Come è noto, ai sensi dell'art. 2113 c.c. "Le rinunzie 1236 e le transazioni, che hanno per oggetto diritti del prestatore di lavoro derivanti da disposizioni inderogabili della legge e dei contratti o accordi collettivi concernenti i rapporti di cui all'articolo 409 del codice di procedura civile, non sono valide. L'impugnazione deve essere proposta, a pena di decadenza 2964, entro sei mesi dalla data di cessazione del rapporto o dalla data della rinunzia o della transazione, se queste sono intervenute dopo la cessazione medesima 197 disp. att.. Le rinunzie e le transazioni di cui ai commi precedenti possono essere impugnate con qualsiasi atto scritto, anche stragiudiziale, del lavoratore idoneo a renderne nota la volontà. Le disposizioni del presente articolo non si applicano alla conciliazione intervenuta ai sensi degli articoli 185, 410, 411, 412 ter e 412 quater del codice di procedura civile". Secondo le resistenti, il verbale impugnato sarebbe da ritenersi valido ed efficace indipendentemente dall'osservanza delle guarentigie sindacali, giacché le rinunce e le transazioni aventi ad oggetto la cessazione del rapporto di lavoro non rientrerebbero nel perimetro dell'art. 2113 cod. civ.. Senonché, l'oggetto dell'accordo e dell'odierna domanda concerne non tanto la cessazione del rapporto quanto la rinuncia del ricorrente al diritto a transitare presso la cessionaria, consacrato dall'art. 2112 c.c., certamente di matrice inderogabile; è infatti pacifico che il ricorrente rientrasse nell'alveo del ramo d'azienda ceduto, con conseguente piena operatività del dettato di cui all'art. 2113 c.c., cit.. Secondo un orientamento ormai consolidato "In materia di atti abdicativi di diritti del lavoratore subordinato, le rinunce e le transazioni aventi ad oggetto diritti del prestatore di lavoro previsti da disposizioni inderogabili di legge o di contratti collettivi, contenute in verbali di conciliazione conclusi in sede sindacale, non sono impugnabili, a condizione che l'assistenza prestata dai rappresentanti sindacali sia stata effettiva, così da porre il lavoratore in condizione di sapere a quale diritto rinunci e in quale misura" (Cass., n. 24024/2013; Cass. civ. Sez. lavoro Ord., 09/06/2021, n. 16154). Al di là della tralatizia affermazione di principio della giurisprudenza di legittimità, non ha ancora assunto un significato univoco la nozione di "assistenza sindacale" e all'ampiezza del ruolo dispiegato dal sindacato (cfr., per la diversità di opinioni in proposito, (...) 827/92 che sottolinea la funzione di garante esterno del sindacato; (...) 5274/87 che evidenzia la necessità di un apposito mandato del lavoratore; (...) 5592/86 che pone l'accento sulla generale opera di "promozione" della dignità del lavoratore da parte del sindacato cui deve affiancarsi però un apposito mandato a transigere). In linea generale, può affermarsi che, "Con riferimento alla conciliazione in sede sindacale ex art. 411, terzo comma, cod. proc. civ., al fine di verificare che l'accordo sia raggiunto con un'effettiva assistenza del lavoratore da parte di esponenti della propria organizzazione sindacale occorre valutare se, in base alle concrete modalità di espletamento della conciliazione, sia stata correttamente attuata quella funzione di supporto che la legge assegna al sindacato nella fattispecie conciliativa" (nella specie, la sentenza impugnata, confermata dalla S.C., aveva ritenuto valida la conciliazione che, in base ad una specifica e dettagliata proposta formulata dal lavoratore, era stata perfezionata dinanzi ad un sindacalista indicato dallo stesso lavoratore - Cass. n. 4730/02)". Tanto premesso in diritto, osserva questo Giudice come, nel caso di specie, sulla base degli elementi complessivamente raccolti in istruttoria, non possa ritenersi provato che al lavoratore sia stata prestata effettiva assistenza nel percorso di approdo alla sottoscrizione del verbale, secondo le coordinate ermeneutiche sopra declinate. Nello specifico: - il verbale è stato sottoscritto fuori dai locali del sindacato e in assenza del rappresentante sindacale; - il ricorrente aveva revocato la delega all'organizzazione sindacale il cui rappresentante ha partecipato alla stipula del verbale; - la firma del rappresentante sindacale non è stata contestuale a quella del lavoratore; - parte resistente ha sostenuto che il ricorrente, "piuttosto che rientrare al lavoro ad una retribuzione decurtata come quella di tutti i suoi colleghi, ha preferito, vista anche la vicinanza alla pensione, utilizzare l'ammortizzatore sociale disponibile, integrato dall'incentivo messo a disposizione dalla Società"; - in realtà, è pacifico che il giorno 2 Marzo 2021 il Sig. (...) abbia inviato al Dott. (...) (al tempo Direttore delle Risorse Umane del gruppo (...)) una e-mail in cui ha chiesto: 1) l'"ammontare netto del mio stipendio al netto dell'accordo sottoscritto di cui sopra 2) l'ammontare netto mensile della (...) con il mio lordo 3) l'appartenenza secondo (...) all'elenco dei 110 o dei 69 4) a seconda della risposta al punto 3) l'ammontare dell'incentivo all'esodo" precisando che, in assenza di tali informazioni, non sarebbe stato in grado di sottoscrivere il verbale; - contrariamente a quanto sostenuto dalla resistente, queste informazioni non sono state fornite al ricorrente né dal (...), né dalla sua collaboratrice (...) (Cfr. dichiarazioni da questi rese in sede testimoniale); se ciò è vero, viene meno l'impalcatura argomentativa della resistente, giacché difficilmente il ricorrente avrebbe potuto determinare consapevolmente il "trade off" tra passaggio a (...) con retribuzione ridotta e incentivo all'esodo, non essendo a conoscenza di questi elementi; - l'esatto importo dell'incentivo all'esodo è stato conosciuto dai lavoratori all'atto della firma (Cfr. deposizione (...), (...)) - le condizioni dell'accordo quadro e degli accordi individuali sono state discusse in fieri collettivamente la spiegazione è avvenuta da parte di rappresentanti sindacali non di fiducia del ricorrente (cfr. teste (...), (...), (...), (...)); Non può ritenersi sufficiente al fine di integrare l'effettività dell'assistenza il fatto che i contenuti dell'accordo quadro fossero stati discussi collettivamente (anche dal ricorrente) e che i vari modelli di verbali fossero stati allegati al testo del suddetto accordo quadro, né - tanto meno - che gli importi dell'incentivo all'esodo fossero anch'essi indicati medesimo accordo, giacché altrimenti verrebbe meno la stessa ratio del supporto sindacale. La carenza di assistenza determina l'inefficacia del congegno giuridico di cui all'art. 2113 c.c., con conseguente neutralizzazione dell'irretrattabilità delle condizioni enucleate dal verbale impugnato. Ora, essendo pacifico che il ricorrente appartenesse al ramo d'azienda oggetto di cessione a (...), questi avrebbe avuto titolo - in mancanza della rinuncia cristallizzata nel verbale - alla prosecuzione del rapporto con la suddetta società, diritto che proprio in questa sede viene rivendicato. Va perciò accertato e dichiarato il diritto di (...) alla prosecuzione del rapporto di lavoro, già in essere con (...) Spa, alle dipendenze di (...) Srll. ex artt. 2112 c.c. e 47 L. n. 428 del 1990 a decorrere dalla data del trasferimento 26 marzo 2021, alle condizioni di cui all'Acc. quadro del 1 marzo 2021 e dell'Acc. sindacale del 29 novembre 2021 (art. 47 L. n. 428 del 1990) in atti, della cui legittimità non è fatta questione nell'odierno giudizio. Dall'accertamento di cui sopra discende la condanna di (...) Srl. a riammettere il lavoratore in servizio e a corrispondergli le retribuzioni maturate dalla prima offerta della prestazione lavorativa (6 maggio 2021), quantificate non nella misura retribuzione globale di fatto - nozione legale propria della disciplina di cui all'art. 18 stat. lav.- bensì sulla base della retribuzione che egli avrebbe percepito nel medesimo periodo alle dipendenze della cessionaria (...) Srl (ovvero la retribuzione goduta in precedenza in relazione alla qualifica posseduta, al netto delle riduzioni fissate dai suddetti accordi conclusi in seno alla procedura di concordato preventivo); sulle suddette somme decorrono gli interessi legali dalla maturazione dei singoli ratei sino al saldo, sulle somme via via rivalutate. Al riconoscimento delle suddette differenze retributive segue la relativa regolarizzazione contributiva. Visto l'esito complessivo del giudizio, le spese di lite seguono la soccombenza nei rapporti con (...), mentre sono compensate nei rapporti con le altre parti. Si precisa che, in applicazione del principio stabilito dall'art. 91 c.p.c., le stesse sono liquidate come in dispositivo, tenuto conto 1) delle caratteristiche, dell'urgenza e del pregio dell'attività prestata, 2) dell'importanza, della natura, delle difficoltà e del valore dell'affare, 3) delle condizioni soggettive del cliente, 4) dei risultati conseguiti, 5) del numero e della complessità delle questioni giuridiche e di fatto trattate, nonché delle previsioni delle tabelle allegate al decreto del Ministro della Giustizia n. 147 del 13/08/2022 pubblicato sulla G.U. n. 236 del 08/10/2022, in vigore dal 23/10/20228. In particolare si fa riferimento, stante il carattere comunque non vincolante delle dette tariffe, al loro valore minimo per lo studio della controversia, per la fase introduttiva, per la fase istruttoria e per la fase decisoria (per controversie di valore indeterminabile - complessità bassa), e si determina in Euro 7000,00 il compenso complessivo, giusta l'aumento per la pluralità di parti aventi la stessa posizione processuale. Ai compensi si aggiunge il rimborso forfetario delle spese generali pari al 15% degli stessi (espressamente reintrodotto dall'art. 2 del D.M. n. 55 del 2014, non modificato in parte qua), oltre I.V.A. e C.P.A. come per legge. P.Q.M. 1) Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni altra domanda ed eccezione disattesa: 2) dichiara la nullità del Verbale di conciliazione del 3 marzo 2021; 3) dichiara la prosecuzione ex art. 2112 c.c. del rapporto di lavoro del sig. (...) presso (...) Srl, quale cessionaria del ramo d'azienda trasferito da (...) Spa, a far tempo dal 26 marzo 2021; 4) condanna (...) Srl, in persona del legale rappresentante pro tempore, alla riammissione in servizio (...), con le stesse mansioni precedentemente svolte ed alle condizioni di cui all'Acc. quadro del 1 marzo 2021 e dell'Acc. sindacale del 29 novembre 2021 (art. 47 L. n. 428 del 1990); 5) condanna (...) Srl, in persona del legale rappresentante pro tempore, a corrispondere a (...) le retribuzioni maturate dalla prima offerta della prestazione lavorativa (6 maggio 2021), quantificate nella la retribuzione che egli avrebbe percepito nel medesimo periodo alle dipendenze della cessionaria (...) Srl, come indicato in parte motiva, oltre interessi e rivalutazione come per legge; 6) condanna (...) Srl, in persona del legale rappresentante pro tempore, alla regolarizzazione previdenziale ed assicurativa del ricorrente, mediante versamento della contribuzione previdenziale di legge sulle somme di cui al capo 5); 7) condanna (...) Srl, in persona del legale rappresentante pro tempore, al pagamento in favore del ricorrente delle spese di lite, liquidate in Euro 296 per esborsi ed Euro 7000 per compensi, oltre rimb. forf., IVA e CPA. Così deciso in Modena il 31 gennaio 2023. Depositata in Cancelleria il 31 gennaio 2023.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO di MODENA SEZIONE LAVORO Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. Andrea Marangoni ha pronunciato ex art. 429 c.p.c. la seguente SENTENZA nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 548/2020 promossa da: (...) (C.F. (...)), elettivamente domiciliato in via E. E. 18 41124 M. I., rappresentato e difeso dall'avv. FI.FA. RICORRENTE/I contro (...) S.R.L. (C.F. (...)), elettivamente domiciliata in VIA (...) 41100 MODENA, rappresentata e difesa dall'Avv. BA.FR.; RESISTENTE/I IN FATTO ED IN DIRITTO Con ricorso depositato in data 21/06/2020, il ricorrente indicato in epigrafe, già dipendente dal 3.06.2019 al 4.03.2020 della (...) S.R.L con contratto di lavoro subordinato, a tempo indeterminato, qualifica di operaio 5 livello CCNL (...) e le mansioni di addetto alla macellazione, premettendo di essere stato licenziato in data 24.2.2020, a seguito della contestazione d'addebito del 28.1.2020 riportata in nota, ha impugnato il suddetto licenziamento irrogatogli, chiedendo di: "Accertare e dichiarare che il licenziamento, intimato al ricorrente con lettera di licenziamento 24.2.2020 (Doc. 5 in atti), è illegittimo/annullabile e, comunque, ingiustificato/annullabile in quanto non sorretto da una giusta causa o da un giustificato motivo, stante in ogni caso la manifesta insussistenza della giusta causa e del fatto materiale e, ogni caso, stante l'irrilevanza disciplinare del fatto materiale, su cui è radicato il licenziamento. Conseguentemente, condannarsi (...) S.R.L., in persona del legale rappresentante pro-tempore, alla reintegrazione del ricorrente nel posto e nel luogo di lavoro ed al pagamento di un indennità risarcitoria commisurata all'ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto dal giorno del licenziamento fino a quello dell'effettiva reintegrazione sino ad un massimo di dodici mensilità, oltre rivalutazione monetaria ed interessi legali dalla maturazione del diritto al saldo, nonché al versamento dei contributi previdenziali ed assistenziali dal giorno del licenziamento fino a quello dell'effettiva reintegrazione. In via subordinata, accertata e dichiarata per le ragioni di cui in premessa, a norma dell'art. 3, comma 1, D.Lgs. n. 23 del 2015, in conseguenza della pronuncia della Corte Costituzionale n. 194 del 2018, l'illegittimità del licenziamento per cui è causa, per l'effetto, condannare (...) S.R.L., in persona del legale rappresentante pro-tempore, al pagamento, a favore del ricorrente, di un'indennità commisurata all'ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto, comunque non inferiore a sei e non superiore a trentasei mensilità, in relazione all'anzianità di servizio del ricorrente e tenuto conto del numero dei dipendenti occupati, delle dimensioni dell'attività economica, del comportamento e delle condizioni delle parti, oltre rivalutazione monetaria ed interessi legali dalla data di maturazione del diritto al saldo". In particolare, ha dedotto che: - nella data in cui sarebbe avvenuto il fatto, si sarebbe intrattenuto a parlare con il superiore gerarchico (...) per chiedere alcuni giorni di ferie per raggiungere la coniuge a Palermo, in quanto ella sarebbe stata ivi ricoverata in quei giorni in ospedale, dove peraltro risiederebbe un figlio della coppia; - avrebbe ricevuto il biasimo del sig. (...), al quale si sarebbe aggiunto nella conversazione il responsabile di stabilimento sig. (...); - dovendo spostarsi momentaneamente dalla catena di macellazione, non avrebbe avuto la forza di mantenere sollevato il peso del cestello dei coltelli di macellazione in sua dotazione e lo avrebbe appoggiato a terra; - si sarebbe allontanato per l'umiliazione di non aver ottenuto le ferie per raggiungere la moglie ricoverata in ospedale. Si è costituita la (...) S.R.L, deducendo l'infondatezza del ricorso e chiedendone il rigetto. Istruita con i documenti prodotti dalle parti e con l'assunzione di prove testimoniali, la causa è stata trattenuta in decisione all'odierna udienza, celebrata col rito della trattazione scritta. Si osserva altresì, in punto di diritto, che, come è noto, l'onere di provare la legittimità del licenziamento cade a carico del datore di lavoro, potendo il lavoratore limitarsi ad impugnare il recesso contestando l'addebito disciplinare posto a fondamento dello stesso (Cass. civ. Sez. lavoro, 14/07/2016, n. 14375). Tale principio è senza dubbio estensibile alla materia delle sanzioni disciplinari c.d. conservative, nel senso che, in caso di una loro impugnazione da parte del lavoratore, spetta al datore di lavoro dimostrare la sussistenza dei relativi presupposti di fatto, oggettivi e soggettivi. L'onere della prova riguarda altresì il profilo della proporzionalità della sanzione, anche nel caso in cui il lavoratore si difenda escludendo in radice la sussistenza degli addebiti e la sua sanzionabilità (cfr. Cass. civ. n. 11153/2001; in termini Cass. civ. n. 7671/1983) La Suprema Corte ha, altresì, precisato che "Il datore di lavoro ha l'onere di provare i presupposti giustificativi delle sanzioni disciplinari, con riferimento, in linea di principio, anche al profilo della proporzionalità della sanzione, pur quando questa non sia di particolare entità, poiché non esiste una correlazione necessaria ed immediata tra l'esistenza di inadempimenti del lavoratore e l'irrogabilità delle sanzioni disciplinari, data la natura e la funzione particolare di quest'ultime, che non trovano il loro fondamento nelle regole generali dei rapporti contrattuali, non sono assimilabili alle penali di cui all'art. 1382 cod. civ., e non hanno una funzione risarcitoria, ma, grazie ad una portata afflittiva innanzitutto sul piano morale, hanno essenzialmente la funzione di diffidare dal compimento di ulteriori violazioni (salva la funzione di assicurare una diretta tutela degli interessi del datore di lavoro, nel solo caso delle sanzioni estintive del rapporto)" (Cass. civ. n. 11153 cit.). Quanto alla sanzione espulsiva, l'art. 3, co. 1, D.Lgs. n. 23 del 2015, nella sua versione applicabile ratione temporis, prevede: " 1. Salvo quanto disposto dal comma 2, nei casi in cui risulta accertato che non ricorrono gli estremi del licenziamento per giustificato motivo oggettivo o per giustificato motivo soggettivo o giusta causa, il giudice dichiara estinto il rapporto di lavoro alla data del licenziamento e condanna il datore di lavoro al pagamento di un'indennità non assoggettata a contribuzione previdenziale di importo pari a due mensilità dell'ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto per ogni anno di servizio, in misura comunque non inferiore a sei e non superiore a trentasei mensilità. 2. Esclusivamente nelle ipotesi di licenziamento per giustificato motivo soggettivo o per giusta causa in cui sia direttamente dimostrata in giudizio l'insussistenza del fatto materiale contestato al lavoratore, rispetto alla quale resta estranea ogni valutazione circa la sproporzione del licenziamento, il giudice annulla il licenziamento e condanna il datore di lavoro alla reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro e al pagamento di un'indennità risarcitoria commisurata all'ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto, corrispondente al periodo dal giorno del licenziamento fino a quello dell'effettiva reintegrazione, dedotto quanto il lavoratore abbia percepito per lo svolgimento di altre attività lavorative, nonché quanto avrebbe potuto percepire accettando una congrua offerta di lavoro ai sensi dell'articolo 4, comma 1, lettera c), del D.Lgs. 21 aprile 2000, n. 181, e successive modificazioni. In ogni caso la misura dell'indennità risarcitoria relativa al periodo antecedente alla pronuncia di reintegrazione non può essere superiore a dodici mensilità dell'ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto. Il datore di lavoro è condannato, altresì, al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali dal giorno del licenziamento fino a quello dell'effettiva reintegrazione, senza applicazione di sanzioni per omissione contributiva. Al lavoratore è attribuita la facoltà di cui all'articolo 2, comma 3. 3. Al licenziamento dei lavoratori di cui all'articolo 1 non trova applicazione l'articolo 7 della L. 15 luglio 1966, n. 604, e successive modificazioni ". La norma, dunque, conserva, per il licenziamento disciplinare, la reintegrazione ma la rende tutela eccezionale, in quanto limitata all'ipotesi in cui sia " direttamente" accertata "l'insussistenza del fatto materiale contestato". Espressamente il legislatore chiarisce, invece, che resta estranea, a tale ipotesi, "ogni valutazione circa la sproporzione del licenziamento". Occorre dunque interrogarsi se, nella fattispecie, sia stata " direttamente" acquisita al processo la prova dell'"insussistenza del fatto materiale contestato". In parte qua, la norma non appare di agevole ed immediata interpretazione perché sembra porre questione circa la distribuzione dell'onere della prova della insussistenza del fatto ed il contenuto della prova stessa. Osserva il Tribunale che la disposizione, sia pure nella sua non felice formulazione, non modifica affatto l'impianto normativo preesistente in punto di principi che, da un lato, disciplinano l'oggetto e l'efficacia della " prova" e, dall'altro, ne stabiliscono il riparto. Resta, cioè, fermo, in primo luogo, il principio stabilito dall'art. 5 L. n. 604 del 1966 che pone a carico del datore di lavoro la prova della sussistenza della giusta causa e del giustificato motivo di recesso, con la conseguenza che il difetto di prova della sussistenza del fatto contestato cade in suo danno e conduce all'accertamento giudiziale di illegittimità del recesso. Ciò che la norma introduce è un differente grado di tutela, questo, sicuramente, conseguenza anche di una precisa scelta processuale del lavoratore. Se quest'ultimo, infatti, intende beneficiare della maggiore tutela, dovrà premurarsi di offrire elementi di prova che dimostrino l'insussistenza del fatto addebitato. Chiaro è lo sbocco processuale nel caso in cui è acquisita in giudizio la prova piena della sussistenza del fatto contestato, comportando tale evenienza il rigetto della domanda del lavoratore. Più problematici risultano, invece, i casi in cui o non risulta la prova né della sussistenza né della insussistenza del fatto contestato - in quanto gli elementi acquisiti siano equivoci e/o contraddittori - ovvero la prova dell'una o dell'altra situazione consegua ad un procedimento logico, deduttivo. Nella prima ipotesi - che può sinteticamente ricondursi a quella della prova insufficiente - in applicazione della regola di riparto dell' art. 5 L. n. 604 del 1966, il lavoratore riceverà la tutela indennitaria. In siffatta ipotesi, il datore di lavoro sopporta il rischio della mancata dimostrazione di una valida causa di licenziamento: non si tratta di "presunzione" di insussistenza di una giusta causa ovvero di indiretta dimostrazione dell'insussistenza del fatto ma di applicazione della regola, in subiecta materia, della distribuzione dell'onere probatorio. Può darsi, infatti, che la valida causa di licenziamento sussista ma il datore non sia riuscito a dimostrarla: in tal caso il licenziamento va comunque dichiarato illegittimo, con la minore tutela per il lavoratore, ovvero quella risarcitoria. In ciò si sostanzia ed esaurisce la "novità" della previsione normativa. L'insussistenza del fatto non può, cioè, derivare quale effetto dell'assenza di prova positiva del fatto contestato (e dunque indirettamente ) ma deve conseguire - direttamente - dalla prova ( diretta e/o indiretta che sia) che la condotta non sussiste. La norma non modifica, invece, il piano differente che attiene all'oggetto ed efficacia della prova. Diversamente ragionando, interpretando cioè l'avverbio "direttamente" come necessità di una prova " diretta" che abbia cioè ad oggetto "direttamente" il fatto da dimostrare, con esclusione della tutela reintegratoria se la dimostrazione dell'insussistenza del fatto sia "indiretta", cioè dedotta da altri fatti noti, la norma si presterebbe a dubbi di ragionevolezza e di costituzionalità. Non può infatti affermarsi che una prova indiretta offra minore certezze di quella diretta. Ciò che rileva, infatti, non è il procedimento attraverso il quale il "fatto storico" sia acquisito al processo (in modo diretto od indirettamente attraverso una deduzione logica) ma il grado di certezza dell'esistenza di quel "fatto". Il comma 2 dell'art. 3 impone la prova "piena" dell'insussistenza, comunque acquisita, mentre la prova contraddittoria e/o equivoca, che pure cade a carico di parte datoriale e rende il licenziamento ingiustificato, conduce, ai sensi del comma 1, al riconoscimento di una tutela meramente economica (cfr. Tribunale Napoli Sez. lavoro, Sent., 27/06/2017, est. M.). Deve altresì sottolinearsi come, secondo la giurisprudenza di legittimità, i tema di licenziamento disciplinare, l'insussistenza del fatto materiale contestato al lavoratore, ai fini della pronuncia reintegratoria di cui all'art. 3, comma 2, del D.Lgs. n. 23 del 2015, rispetto alla quale resta estranea ogni valutazione circa la sproporzione del licenziamento, comprende non soltanto i casi in cui il fatto non si sia verificato nella sua materialità, ma anche tutte le ipotesi in cui il fatto, materialmente accaduto, non abbia rilievo disciplinare (Cass. civ. Sez. lavoro Sent., 08/05/2019, n. 12174). Tanto premesso in diritto, osserva questo Giudice come, all'esito dell'istruttoria, possa dirsi acclarata la sussistenza del fatto sostanzialmente come raffigurata nella lettera di contestazione (Cfr. dichiarazioni testi (...), (...), (...)). Nello specifico, i testi hanno confermato che il ricorrente, all'esito di una discussione col sig. (...), abbia aggredito il sig. (...) colpendolo con dei pugni sul petto e abbia gettato il cestello contenente i coltelli, dovendo essere accompagnato all'uscita dagli addetti alla sicurezza, non riuscendo a tornare in sé. Tale assunto esclude in radice la possibilità di addivenire a una pronuncia sulla reintegra. Il fatto è di rilievo disciplinare e di gravità tale da giustificare il licenziamento senza preavviso (indipendentemente dal tono di voce usato dal ricorrente nella discussione con B.), considerata la ridotta anzianità del ricorrente, tale da escludere l'esistenza di un rapporto fiduciario consolidato nel tempo, l'esercizio di violenza fisica e l'insussistenza della tesi alternativa prospettata dal ricorrente (secondo cui la lite sarebbe scaturita da una sua richiesta di ferie e non da una lamentela per la mancata possibilità di effettuare straordinario - circostanza non confermata dai testi escussi), che sarebbe stato suo onere provare, per attenuare l'intensità dell'elemento soggettivo sulla base della eccepita provocazione. Si consideri altresì, ad abundantiam, come il CCNL applicabile preveda la sanzione espulsiva in caso di passaggio alle vie di fatto in stabilimento o grave insubordinazione verso i superiori, fattispecie entrambe sussistenti nel caso di specie. Il ricorso non merita dunque accoglimento. Si precisa che, in applicazione del principio stabilito dall'art. 91 c.p.c., le stesse sono liquidate come in dispositivo, tenuto conto 1) delle caratteristiche, dell'urgenza e del pregio dell'attività prestata, 2) dell'importanza, della natura, delle difficoltà e del valore dell'affare, 3) delle condizioni soggettive del cliente, 4) dei risultati conseguiti, 5) del numero e della complessità delle questioni giuridiche e di fatto trattate, nonché delle previsioni delle tabelle allegate al decreto del Ministro della Giustizia n. 147 del 13/08/2022 pubblicato sulla G.U. n. 236 del 08/10/2022, in vigore dal 23/10/20228. In particolare si fa riferimento, stante il carattere comunque non vincolante delle dette tariffe, al loro valore minimo per lo studio della controversia, per la fase introduttiva, per la fase istruttoria e per la fase decisoria (per controversie di valore compreso tra Euro 5200 e Euro 26000), e si determina in Euro 2689,00 il compenso complessivo. Ai compensi si aggiunge il rimborso forfetario delle spese generali pari al 15% degli stessi (espressamente reintrodotto dall'art. 2 del D.M. n. 55 del 2014, non modificato in parte qua), oltre I.V.A. e C.P.A. come per legge. P.Q.M. Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni altra domanda ed eccezione disattesa: 1) rigetta il ricorso; 2) condanna il ricorrente al pagamento delle spese di lite, liquidate in Euro 2689,00, oltre rimb. forf., IVA e CPA. Così deciso in Modena il 31 gennaio 2023. Depositata in Cancelleria il 31 gennaio 2023.
Tribunale Ordinario di Modena SEZIONE PRIMA CIVILE in persona del dott. Eugenio Bolondi, in funzione di Giudice Unico, pronuncia la seguente SENTENZA nella causa di primo grado iscritta al n. 3502 del Ruolo Generale degli affari contenziosi per l'anno 2020 promossa da Tizia (C.F. (...)) e Caia (C.F. (...)), rappresentate e difese dall'Avvocato ... OPPONENTI contro Mevia (C.F. (...)), rappresentata e difesa dall'Avvocato ... OPPOSTA OGGETTO: opposizione a decreto ingiuntivo n. 591/2020 del 25.2.2020 CONCLUSIONI DELLE PARTI: la parte opponente come in memoria ex art. 183, sesto comma, n. 1 c.p.c., la parte opposta come in comparsa di costituzione e risposta. RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE 1. L'opposta, madre delle opponenti, ha ottenuto da questo Tribunale il decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo n. 591/2020 del 25.2.2020, dell'importo di euro 4.789,66, oltre interessi legali e spese della procedura monitoria, per il rimborso di spese (tributarie e funerarie) affrontate in relazione alla successione di Cornelio, rispettivamente padre e marito delle odierne contendenti, deceduto il 5.6.2015 senza lasciare testamento. 2. Tizia e Caia hanno proposto tempestiva opposizione evidenziando di aver accettato l'eredità del padre con beneficio di inventario e di essere, di conseguenza, responsabili nei limiti di un eventuale attivo loro derivante dalla successione, al momento inesistente, non essendo stata effettuata alcuna divisione dell'asse. 3. Mevia si è costituita chiedendo rigettarsi l'opposizione avversaria, ritenuta infondata. L'opposta ha eccepito di aver azionato non un credito vantato da terzo nei confronti del de cuius, quanto da una coerede nei confronti di altre due in rivalsa di quanto anticipato dalla prima; più in generale, a dire della stessa, il beneficio di inventario "non consente all'erede di "congelare" i debiti dell'eredità sino al momento in cui egli avrà ottenuto, in divisione, una "fetta" dell'eredità corrispondente alla quota a lui spettante" (pagina 3 della comparsa di costituzione). 4. Con ordinanza del 18.12.2020 è stata sospesa la provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo opposto. 5. La causa, di natura documentale, è stata quindi trattenuta in decisione all'udienza del 21.4.2022. Le parti hanno depositato gli scritti conclusivi. E' pacifico che la moglie Mevia e i tre figli X, Y e Z. abbiano accettato in modo puro e semplice l'eredità di Cornelio, mentre le altre due figlie Tizia e Caia con beneficio di inventario. Quest'ultima modalità di accettazione ha, come noto, tra le varie funzioni anche quella di mettere al riparo il patrimonio dell'accettante da possibili conseguenze pregiudizievoli derivanti dall'eredità, sì che egli o ne ricaverà un qualche attivo o, in caso di passività superiori, nulla. Questo, in definitiva, il senso ultimo della previsione di cui all'art. 490, secondo comma, n. 2 c.c. per cui l'erede beneficiato non è tenuto al pagamento dei debiti ereditari e dei legati "oltre il valore dei beni a lui pervenuti". Alla medesima regola soggiacciono necessariamente anche i cosiddetti pesi ereditari, ossia quelle obbligazioni che sorgono in capo all'erede a seguito della morte del de cuius, poiché, a ritenere diversamente, verrebbe frustrata la predetta chiara ratio dell'accettazione beneficiata. L'impiego, da parte del citato art. 490 c.c., della inequivocabile locuzione "pervenuti" sta poi a significare che l'erede beneficiato risponde non solo nei limiti dei beni ereditari e con gli stessi ma anche, e soprattutto, una volta che li abbia acquisiti. E' questo il punto nevralgico della controversia in esame, essendo pacifico che le odierne opponenti non abbiano ancora ricevuto alcuna parte dell'asse, pendendo procedimento di divisione (nel cui ambito avrebbe dovuto essere veicolata la pretesa di cui invece qui si discute). In conclusione, l'opposizione è fondata poiché il credito dell'opposta non è esigibile (e, invero, nemmeno certo). Il decreto ingiuntivo, di conseguenza, deve essere revocato. Le spese di lite seguono la soccombenza e sono poste a carico dell'opposta ex art. 91, primo comma, c.p.c. Le stesse sono quantificate ai sensi del d.m. 55/2014 in complessivi euro 4.000,00, oltre accessori di legge e costi vivi documentati di causa, considerando la presente controversia di valore ricompreso nello scaglione da euro 5.200,00 a euro 26.000,00, ritenendo svolte tutte le quattro fasi e liquidando valori prossimi a quelli medi tariffari per quelle di studio, introduttiva e decisionale e minimi per quella istruttoria. P.Q.M. Il Tribunale Ordinario di Modena, in composizione monocratica, definitivamente decidendo la causa N.R.G. 3502/2020, ogni diversa domanda, istanza ed eccezione disattesa e respinta: accoglie l'opposizione spiegata da Tizia e Caia per l'effetto; revoca il decreto ingiuntivo di questo Tribunale n. 591/2020 del 25.2.2020; condanna Mevia a rifondere le spese di lite a Tizia e Caia, liquidate in euro 4.000,00, oltre 15% per spese generali, 4% per CPA, 22% per IVA, oltre costi vivi di causa documentati. Così deciso in Modena in data 20 gennaio 2023.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE ORDINARIO DI MODENA SEZIONE III CIVILE in composizione monocratica, nella persona della dr.ssa Roberta Vaccaro, ha pronunciato la seguente SENTENZA nelle cause civili di primo grado riunite, RG n. 1227 e 7935 dell'anno 2019, trattenute in decisione (allo spirare dei termini ex art. 190 c.p.c., non soggetti, nella specie, a sospensione feriale) in data 4.10.2022; TRA - (...) S.R.L. , Cod.Fisc./P.I. (...), in persona del legale rappresentante p.t., nonché (...), C.F. (...) , in proprio, rappresentati e difesi dagli avv.ti Ro.Lo. e Gi.Du., per procura in calce all'atto di citazione, collazionata telematicamente, presso il cui studio in Mirandola, Piazza (...), sono elettivamente domiciliati; ATTORI-OPPONENTI in RG 1227/2019 - (...), C.F. (...) , e (...), C.F. (...) , rappresentati e difesi dall'avv. Ro.Lo., per procura in calce all'atto di citazione, collazionata telematicamente, presso il cui studio in Mirandola, Piazza (...), sono elettivamente domiciliati; ATTORI-OPPONENTI in RG 7935/2019 E - Agenzia delle Entrate-Riscossione, Agente della Riscossione - Provincia di Modena (C.F. e P.IVA (...)), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa, per procura in calce (rectius collazionata telematicamente) alla comparsa costitutiva, dall'Avv. Va.Fe., presso il cui studio, in Bologna alla via (...), è elettivamente domiciliata; CONVENUTA-OPPOSTA NONCHE' - (...) - (...) SPA (in forma abbreviata (...) - (...)), Società con socio unico, codice fiscale (...), partita IVA (...), in persona del suo legale rappresentante p.t., quale mandataria e gestore, in Raggruppamento Temporaneo di Imprese, del Fondo (...) in favore delle PMI di cui alla L. n. 662 del 1996, rappresentata e difesa dall'avv. Ma.Pe., presso il cui studio in Roma via (...) è elettivamente domiciliata (cfr. indirizzo pec), giusta procura in calce (collazionata telematicamente) alla comparsa costitutiva; TERZA CHIAMATA IN CAUSA Oggetto: opposizione ex artt. 615 co. 1 e 617 co. 1 c.p.c. a cartelle di pagamento; FATTO La causa iscritta al n. 1227/2019 R.G. è stata introdotta dalla società (...) S.r.l., unitamente a (...), con atto di citazione spedito per la notifica a mezzo posta in data 8.02.2019 (non allegata ricevuta di ritorno) e regolarmente ricevuto dalla convenuta-opposta Agenzia delle Entrate - Riscossione, Provincia di Modena (costituitasi in giudizio) ed ha ad oggetto l'opposizione (preventiva) ex artt. 615 co. 1 e 617 co. 1 c.p.c: a) alla cartella esattoriale n. (...), 'pervenuta' alla suddetta società il 21.1.2019, intimante (solo a quest'ultima) il pagamento della somma di Euro 19.770,64 (di cui Euro 19.189,08 a titolo di revoca di contributo pubblico e relativi accessori ed Euro 575,68 per spese di procedura) in forza del ruolo n. (...) (avente ad oggetto "comunicazione di surroga (...) a seguito di escussione di garanzia sulla operazione n. (...)" e ".. n. (...)" - doc. n. A); b) ed all'intimazione di pagamento n. (...), "pervenuta" alla suddetta società il 22.1.2019, della somma di Euro 10.257,90 (di cui Euro 9173,34 a titolo di revoca del contributo pubblico e relativi accessori ed Euro 1084,56 per spese di procedura), richiamante la cartella esattoriale n. (...) (dell'importo di Euro 8.286,76 di cui Euro 8.007,88 a titolo di revoca di contributo pubblico concesso e relativi accessori) già oggetto di precedenti opposizioni esecutive avanti all'intestato Tribunale (rubricate al n. 851/2018 R.G., merito n. 6812/2018 R.G. e n. 2422/2018 R.G.), emessa sulla base del Ruolo n. (...) (avente ad oggetto "comunicazione di surroga (...) a seguito di escussione di garanzia sulla op. n. (...)"). Con la suddetta opposizione, gli opponenti hanno contestato, quanto alla cartella esattoriale n. (...), l'inesistenza del diritto del creditore opposto di agire in executivis, in quanto: a) "tale pretesa revoca" del contributo, "oltre ad essere descritta con il richiamo a due operazioni di cui non si comprende il riferimento, è carente di titolo" (non assumendo rilievo, a tal fine, la condanna restitutoria di cui al D.I. n. 8419 del 2016 reso dal Tribunale di Napoli in favore della società finanziatrice e confermata, in sede di rigetto dell'opposizione a D.I., con sentenza n. 10296/2018 del suddetto Tribunale, avente ad oggetto la riconsegna dei macchinari concessi in leasing, ma non l'obbligazione di pagamento per canoni insoluti); b) duplicherebbe la condanna nei confronti della società opponente, sull'assunto secondo il quale "per il credito apoditticamente vantato, non è neppure affatto chiara la portata dell'effetto della surroga di (...) S.p.A. (così come laconicamente esposto nell'atto impugnato) quale gestore del Fondo di (...). In altre parole, se l'istituto si sia surrogato nel solo creditoper canoni ed accessori o per il prezzo di riscatto dei macchinari che, peraltro, dovrebbero essere restituiti sulla base della sentenza citata"; in ogni caso, la società opponente "ove tenut(a), in ipotesi, ad ottemperare sia la condanna contenuta nella predetta statuizione (anticipando sin da ora che tale provvedimento sarà oggetto di appello) sia ad ottemperare quanto intimato nella cartella impugnata dovrebbe: - restituire i macchinari (decreto ingiuntivo e sentenza); - restituire l'importo di cui alla cartella". In relazione, poi, tanto alla suddetta cartella esattoriale n. (...), 'pervenuta' il 21.1.2019 (in forza del ruolo n. (...)), quanto alla intimazione di pagamento n. (...), 'pervenuta' il 22.1.2019 (richiamante la cartella esattoriale n. (...)), gli opponenti hanno eccepito la nullità dei suddetti atti e relative notifiche a mezzo pec siccome sprovviste "di dichiarazione di conformità" all'originale e sprovvisti di firma digitale. Sulla base di tali premesse, gli opponenti hanno concluso chiedendo: "in via preliminare: sospendere la cartella di pagamento n. (...), nonché l'intimazione di pagamento n. (...) emesse da Agenzia delle Entrate - Riscossione, con sede in (41123) (...), via E. O., 698, in persona del legale rappresentante pro tempore, su incarico di (...) - (...) S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, pervenute rispettivamente in data 21.1.2019 e 22.1.2019, ed ogni atto ad essa connesso e/oprodromico, per i motivi esposti in narrativa, nonché sospendere il procedimento; nel merito: dichiarare nulla e, comunque, privare di qualsiasi efficacia la cartella di pagamento n. (...) nonché l'intimazione di pagamento n. (...) emesse da Agenzia delle Entrate - Riscossione, .. su incarico di (...) - (...) S.p.A., ... pervenute rispettivamente in data 21.1.2019 e 22.1.2019, ed ogni atto ad essa connesso e/o prodromico per i motivi esposti in narrativa; Con vittoria di spese e competenze di causa". Con successivo atto di citazione in opposizione ex art. 615 co. 1 c.p.c. spedito per la notifica a mezzo posta in data 13.11.2019 (non allegata ricevuta di ritorno) e regolarmente ricevuto dalla convenuta-opposta Agenzia delle Entrate - Riscossione, Provincia di Modena (costituitasi in giudizio), iscritto al RG 7935/2019, (...) e (...) (quest'ultimo già attore-opponente nella causa anteriormente introdotta al RG 1227/2019) hanno proposto opposizione ex art. 615 co. 1 c.p.c.: - avverso la cartella n. (...), per il pagamento di complessivi Euro 19.770,64 (di cui Euro 19.189,08 per revoca contributo pubblico e relativi accessori - entrate coattive anno 2016- ruolo n.(...) ed Euro 575,68 per spese di procedura + 5,88 diritti di notifica) pervenuta in data 11.10.2019 a (...) , quale coobbligato in solido (doc. A); - ed avverso la cartella n. (...), pervenuta il 29.10.2019 a (...) , quale coobbligato in solido (doc. B), per i medesimi titoli ed importi (Euro 19.770,64, di cui Euro 19.189,08 per revoca contributo pubblico e relativi accessori - entrate coattive anno 2016- ruolo n.(...) ed Euro 575,68 per spese di procedura + 5,88 diritti di notifica) Le cartelle opposte hanno ad oggetto il medesimo credito intimato in pagamento alla società debitrice (...) s.r.l. con la cartella n.(...) soprarichiamata (opposta nel giudizio RG 1227/2019), e dunque il medesimo ruolo esattoriale sotteso n. (...) reso esecutivo in data 29.10.2018 (avente ad oggetto "comunicazione di surroga (...) a seguito di escussione di garanzia sulla operazione n. (...)", per Euro 11770,24 per sorte capitale + interessi e "n. (...)" per Euro 7.365,63 per sorte capitale + intessi). Identici sono, altresì, i motivi di opposizione all'esecuzione ex art. 615 co. 1 c.p.c. (in punto di insussistenza del diritto a procedere esecutivamente e duplicazione delle condanne) già avanzati nel giudizio RG 1227/2019 dalla società debitrice principale (...) s.r.l. e da (...), reiterati da quest'ultimo e (...), destinatari rispettivamente delle cartelle (...) (quanto a (...), doc. A) e n. (...) (quanto a (...), doc. B), in qualità di garanti/fideiussori della società debitrice (...) s.r.l. (cfr. fideiussioni di cui ai doc. 14, 15 e 16 allegate alla memoria depositata il 10.11.2020 dalla terza chiamata in causa, quale memoria integrativa per la causa RG 7935/2019 frattanto riunita). Si è costituita (tempestivamente) in entrambi i giudizi la convenuta-opposta, Agenzia delle Entrate - Riscossione, chiedendo, preliminarmente il rigetto dell'istanza di sospensione e la riunione dei numerosi giudizi di opposizione ex artt. 615 e 617 c.p.c. pendenti avanti all'intestato Tribunale tra le medesime parti, per identità di petitum , in parte, e continenza e/o connessione per altra parte; nel merito, eccepita la propria carenza di legittimazione passiva rispetto ai motivi di opposizione ex art. 615 c.p.c. ed ottenuta l'autorizzazione alla chiamata in causa di (...) - (...) S.p.A. quale "ente impositore", ha concluso per il rigetto delle due opposizioni con vittoria delle spese di lite, da distrarsi a favore del difensore, dichiaratosi antistatarioai sensi dell'art. 93 c.p.c. (cfr. dichiarazione ex art. 93 c.p.c. in comparsa conclusionale). Indi, rigettata l'istanza di sospensione dell'efficacia esecutiva dei titoli opposti dai competenti GI (dott. (...) in RG 1227/2019 e dott.ssa (...) in RG 7935/2019), autorizzata la chiamata in causa del terzo e disposta con Provv. presidenziale del 22 gennaio 2020 la riunione dei due giudizi (non anche degli altri giudizi iscritti nel 2017 e 2018, in fase decisionale), si è costituita in giudizio la (...) - (...) S.p.a. (di seguito per brevità (...)), la quale ha contestato in fatto ed in diritto le avverse opposizioni, chiedendo "in via preliminare, rigettare l'istanza di sospensione dell'efficacia esecutiva degli atti impugnati; - nel merito, rigettare integralmente le domande contenute nell'atto di opposizione in quanto infondate in fatto e diritto e comunque non provate" con vittoria di spese di lite. A fronte del deposito, da parte di (...), della documentazione relativa ai titoli sottesi al ruolo azionato con le cartelle opposte, gli opponenti (cfr. memoria ex art. 183 comma 6 n. 1 c.p.c. depositata l'11.01.2021) hanno 'preso atto' che: a) il contestato credito deriverebbe dalla avvenuta erogazione, a seguito di escussione della garanzia rilasciata dal Fondo ex L. n. 662 del 1996, a favore di (...) S.p.a della somma di Euro 7.365,63 per l'operazione n. (...) e della somma di Euro 11.770,24 per l'operazione n. (...) ; b) le operazioni indicate sono ricostruite e documentate in "finanziamento n. (...) di Euro 36.857,90 (relativo ai contratti di leasing n. (...) del 19.4.2011 e (...) del 29.4.2011); - finanziamento n. (...) di Euro 27.930,65 (relativo ai contratti di leasing n. (...) e (...) del 23.6.2011) per entrambi i quali i signori (...) e (...) rilasciavano fideiussione a garanzia". Muovendo, dunque, dalla documentazione ex adverso prodotta e non contestata, gli opponenti con (unica) memoria ex art. 183 comma 6 n. 1 c.p.c. hanno precisato il motivo di opposizione ex art. 615 co. 1 c.p.c. in precedenza formulato, assumendo che: - "l'importo escusso sarebbe conseguenza della risoluzione dei rapporti di locazione finanziaria da parte della garantita società di leasing CFLeF nei confronti dell'utilizzatrice (...) S.r.l. per asserito - e recisamente contestato con giudizio sub iudice innanzi alla Corte d'Appello di Napoli- inadempimento da parte di quest'ultima, odierna opponente, a cui ha fatto seguito il decreto ingiuntivo richiesto da (...) S.p.A. in AS concesso dal Tribunale di Napoli n. 8419/2016 R.G., n. 3438/2016 (doc. n. 1 fascicolo procedimento n. 7935/2019 R.G.), ingiunzione con cui si intimava a (...) S.r.l. "di consegnare alla parte ricorrente per le causali di cui al ricorso, immediatamente, i beni di cui al ricorso"; - "tale decreto è stato opposto, con la chiamata in causa pure di (...) S.p.A. e la sentenza di I grado (che conferma il provvedimento monitorio) è oggetto di appello innanzi alla Corte di Napoli"; - in ogni caso, "nessuna obbligazione di pagamento - fatte salve le spese di lite, che, in questa sede, non rilevano, è stata posta a carico dell'odierna opponente" ed "il contratto di leasing (allegato A) è chiaro, in quanto prevede espressamente, "in ogni caso di risoluzione anticipata del contratto", l'utilizzatore dovrà corrispondere quanto dovuto per canoni scaduti "dedotto l'eventuale ricavato dalla vendita" (art. 19), in conformità con quanto normativamente previsto dall'art. 1526 c.c."(cfr. pag. 3 della memoria ex art. 183 comma 6 n.1 cit.). Con la conseguenza che -nella prospettazione degli opponenti come precisata nella memoria ex art. 183 comma 6 c. 1 c.p.c. (e richiamata in comparsa conclusionale)- non sussisterebbe alcun credito certo, liquido ed esigibile nei confronti della concedente e, in surroga, di (...), dal momento che "al più ciò che dovrebbe essere corrisposto da (...) S.r.l. è soltanto ed eventualmente la differenza fra quanto pagato (di cui controparte non ha minimamente tenuto conto) - che, peraltro, si ritiene per l'intero - e quanto asseritamente dovuto per ratei non corrisposti, dedotto il prezzo della vendita dei macchinari, non certo l'intero prezzo pattuito e nel caso (in parte) garantito a (...) S.p.a. da (...) S.p.A., quale gestore del Fondo di (...)". Indi, all'udienza del 14.07.2022 (frattanto mutato il GI) le cause riunite in epigrafe, istruite documentalmente (con rigetto dell'istanza di ctu contabile avanzata da parte opponente, ritenuta irrilevante dal GI "in ragione del petitum e causa petendi" come cristallizzati in citazione), sono state trattenute in decisione sulle conclusioni delle parti innanzi trascritte e con assegnazione dei termini ex art. 190 c.p.c.. DIRITTO 1- In limine, sulla carenza di legittimazione attiva di (...) nel giudizio RG 1227/2019 Preliminarmente deve dichiararsi (come accennato dal precedente GI in sede di rigetto dell'istanza ex art. 615 co. 1 c.p.c.) la carenza di legitimatio ad causam ed interesse ex art. 100 c.p.c. a ricorrere in capo all'opponente (...) nel giudizio RG 1227/2019, avente ad oggetto l'opposizione all'esecuzione ed agli atti esecutivi in relazione a cartelle di pagamento ed intimazioni di pagamento indirizzate alla sola società (...) s.r.l. e da quest'ultima opposte unitamente al sig. (...) (in proprio), invero non destinatario degli atti pre-esecutivi in questione (a differenza della cartella indirizzata allo stesso, quale coobbligato in solido, ed opposta nel giudizio riunito RG 7935/2019). Si rammenta, al riguardo, che il difetto di legitimatio ad causam (allo stesso modo del difetto di titolarità passiva del rapporto), per vero già ventilato dal precedente GI nell'ordinanza di rigetto dell'istanza ex art. 615 co. 1 c.p.c., può essere rilevato anche d'ufficio in ogni grado e stato del giudizio, anche in sede di legittimità (cfr. Cass., Sez. un., 16 febbraio 2016, n. 2951 e Cass. 4 aprile 2012, n. 5375). Sempre in via preliminare, non può non affermarsi, nella specie, la legittimazione passiva della Agenzia delle Entrate-Riscossione per le censure ex art. 617 co. 1 c.p.c. sopra articolate e la legittimazione passiva della terza (tempestivamente) chiamata in causa (...), titolare dei crediti in contestazione, per i motivi di opposizione ex art. 615 co. 1 c.p.c. Giova, sul punto, rammentare, infatti, che nelle opposizioni a cartella di pagamento, ad eccezione di quelle vertenti su crediti previdenziali, esulanti dalla fattispecie in esame (cfr. Cass. S.U. 8 marzo 2022, n. 7514), è il concessionario della gestione del servizio di riscossione "unico legittimato passivo necessario", quale soggetto titolare dell'azione esecutiva (onerato, semmai, ai sensi dell'art. 39 del D.Lgs. n. 112 del 1999 di chiamare in causa l'ente creditore, laddove siano in discussione anche questioni attinenti al merito del credito o comunque che non riguardino esclusivamente la regolarità degli atti esecutivi, rispondendo, in mancanza di tempestiva chiamata in causa, delle conseguenze della lite). 2- Sui motivi di opposizione avverso l'intimazione di pagamento n. (...) Risulta sanata, all'evidenza, dal principio del raggiungimento dello scopo ex art. 156 co. 3 c.p.c. (assorbito ogni ulteriore rilievo nel merito), la censura ex art. 617 co. 1 c.p.c. avverso l'intimazione di pagamento n. (...), venendo in rilievo un mero atto di sollecito di pagamento della cartella esattoriale n. (...) (relativa al ruolo n. (...) , avente ad oggetto "comunicazione di surroga (...) a seguito di escussione di garanzia sulla operazione n. (...)"), già opposta dalla medesima società debitrice, sia con opposizione preventiva ex artt. 615 e 617 co. 1 c.p.c. (giudizio RG 2422/2018 avanti all'intestato Tribunale, definito con sentenza di rigetto n. 695/2022 del Tribunale di Modena resa il 30.05.2022) sia con opposizione ex artt. 615 co. 2 e 617 co. 2 c.p.c. (rigettata l'istanza di sospensione ex art. 624 c.p.c. dell'esecuzione avanti al G.) coltivata nel giudizio di merito RG 5861/2018 e parimenti rigettata (con la medesima citata sentenza, a seguito di riunione dei relativi giudizi). Di tal ché, nella pendenza dell'opposizione preventiva all'esecuzione (giudizio RG 2422/2018) avverso il titolo e correlata cartella di pagamento (equivalente a precetto) ed in assenza di provvedimenti cautelari favorevoli alla parte (tutte rigettate le relative istanze ex art. 615 co. 1 e 624/618 c.p.c.), la locupletazione dei giudizi oppositivi "a valle", come segnalata, e, finanche, nella specie, avverso un atto (quale l'intimazione di pagamento o mero sollecito) privo di valenza autonomamente lesiva, lungi dall'integrare una legittima reazione alla condotta "abusiva" dell'agente della riscossione, come sostenuto dagli opponenti, appare, al contrario, frutto di scelte defensionali, queste ultime, invero, a limite della abusività processuale. Per pacifica giurisprudenza, invero, non esiste "un interesse all'astratta regolarità dell'attività giudiziaria" e per ciò "la parte che intende far valere la nullità processuale deve (...) indicare quale attività processuale le sia stata preclusa per effetto della denunciata nullità"; ed allora "la disciplina dell'art. 617 c.p.c. (cioè di quella opposizione preordinata a far valere errores in procedendo ovvero nel quomodo dell'azione esecutiva) è da coordinare con le regole generali in tema di sanatoria degli atti nulli (Cass., Sez. VI-3, ordinanza n. 25900 del 15/12/2016) per cui "l'opponente non può limitarsi a lamentare l'esistenza dell'irregolarità formale in sé considerata, senza dedurre che essa abbia davvero determinato un pregiudizio ai diritti tutelati dal regolare svolgimento del processo esecutivo" (Cass. 12/02/2019 n. 3967). L'opposizione ex art. 617 c.p.c. avverso la citata 'intimazione di pagamento' (preclusa ogni valutazione nel merito della cartella e ruolo sottesi, già sub iudice) è, dunque, destituita di ogni fondamento (assorbito ogni ulteriore rilievo circa l'interesse a ricorrere sul punto, a fronte della pendenza - alla data dell'introduzione del presente giudizio- avanti all'intestato Tribunale di numerosi giudizi oppositivi - anche di merito ex art. 616 c.p.c.- aventi ad oggetto la cartella esattoriale sottesa alla suddetta intimazione; giudizi, poi riuniti, RG 1560/2017, 2422/2018,5861/2018, 6812/2018 e 702/2020, definiti con sentenza del Tribunale di Modena n.695/2022 del 30.05.2022). 3. Sui motivi di opposizione ex art. 617 c.p.c. avverso le tre cartelle opposte. Parimenti va disattesa la censura ex art. 617 co.1 c.p.c. (peraltro, tardiva quanto alla cartella n. (...)) che fa leva sulla asserita nullità delle cartelle opposte (n. (...) quanto alla società debitrice e nn. (...) e (...) quanto ai coobligati in solido, rispettivamente, (...) e (...)) e/o delle relative notifiche a mezzo pec per mancanza "di dichiarazione di conformità" all'originale delle cartelle , allegate in copia pdf e sprovviste di firma digitale. In primo luogo, infatti, come ribadito da ultimo dalla Suprema Corte con l'ordinanza n. 39513 del 13 dicembre 2021 (nel solco della sentenza delle S.U. n. 10266 del 27.04.2018) , si osserva, in senso contrario a quanto dedotto dagli opponenti, che "la notifica della cartella di pagamento può avvenire, indifferentemente, sia allegando al messaggio PEC un documento informatico, che sia duplicato informatico dell'atto originario (il c.d. "atto nativo digitale"), sia mediante una copia per immagini su supporto informatico di documento in originale cartaceo (la c.d. "copia informatica"), come è avvenuto pacificamente nel caso di specie, dove il concessionario della riscossione ha provveduto a inserire nel messaggio di posta elettronica certificata un documento informatico in formato PDF (portable document format) - ... Va esclusa, allora, la denunciata illegittimità della notifica della cartella di pagamento eseguita a mezzo posta elettronica certificata, per la decisiva ragione che era nella sicura facoltà del notificante allegare, al messaggio trasmesso alla contribuente via PEC, un documento informatico realizzato in forma di copia per immagini di un documento in origine analogico"; "nessuna norma di legge impone che la copia su supporto informatico della cartella di pagamento in origine cartacea, notificata dall'agente della riscossione tramite PEC, venga poi sottoscritta con firma digitale" (di tal chè "la mancanza della sottoscrizione della cartella di pagamento da parte del funzionario competente non comporta l'invalidità dell'atto, quando non è in dubbio la riferibilità dello stesso all'Autorità da cui promana, dal momento che l'autografia della sottoscrizione costituisce elemento essenziale dell'atto amministrativo nei soli casi in cui sia prevista dalla legge, mentre, ai sensi dell'art. 25 del D.P.R. n. 602 del 1973, la cartella deve essere predisposta secondo il modello approvato con decreto del Ministero competente, che non prevede la sottoscrizione dell'esattore, ma soltanto la sua intestazione"). Dal ché consegue la validità della notifica delle cartelle in contestazione, pacificamente ricevute dai destinatari (odierni opponenti) e nel loro contenuto integrale (immodificabile in pdf) rispondente al modello ministeriale (cfr. art. 20 comma l bis del codice dell'amministrazione digitale secondo cui l'idoneità del documento informativo a soddisfare il requisito della forma scritta e il suo valore probatorio sono liberamente valutabili in giudizio, in relazione alle sue caratteristiche oggettive di qualità, sicurezza, integrità e immodificabilità). Inoltre, ad abundantiam, anche qualora in ipotesi viziata la notifica delle cartelle suddette, non è seriamente dubitabile che, nella fattispecie in esame, detto vizio risulterebbe comunque sanato ex art. 156 co. 3 c.p.c. dall'avvenuto raggiungimento dello scopo cui l'atto era preordinato, come comprovato dalla contestuale proposizione dell'opposizione ex art. 615 c.p.c. (cfr. infra) nel merito del credito azionato con le suddette cartelle. 4- Sui motivi di opposizione ex art. 615 c.p.c.. Passando, quindi, alla disamina dei motivi di opposizione all'esecuzione ex art. 615 co. 1 c.p.c. in relazione alle cartelle esattoriali nn. (...) (in RG 1227/2019, nei confronti società (...) s.r.l.) e nn. (...) e (...) (rispettivamente nei confronti di (...) e (...) in RG 7935/2019), risulta pacifico e documentato che dette cartelle si fondano sul ruolo esattoriale n. (...) avente ad oggetto "comunicazione di surroga (...) a seguito di escussione di garanzia sulle operazioni n. (...)" e "n. (...)". Sul punto, appare doverosa la preliminare ricostruzione del quadro normativo di riferimento e dei più recenti arresti della giurisprudenza di legittimità sul punto. La L. n. 662 del 1996, art. 2, comma 100 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica) ha previsto il finanziamento pubblico di un Fondo di (...) presso il (...) Spa "allo scopo di assicurare una parziale assicurazione ai crediti concessi dagli istituti di credito a favore delle piccole e medie imprese". Come si evince dal Decreto del Ministero delle Attività Produttive del D.M. 20 giugno 2005, art. 2 (in G.U. n. 152 del 2/7/2005), che ha rideterminato le caratteristiche degli interventi del Fondo di (...) per le piccole e medie imprese: a) la "garanzia diretta è concessa" alle banche ed agli intermediari finanziari iscritti negli albi ivi indicati (comma 1); b) "la garanzia è esplicita, incondizionata ed irrevocabile ed è concessa nella misura massima variabile, ai sensi della normativa vigente, tra il 60% e l'80% di ciascuna operazione finanziaria ...); c) "la garanzia è inoltre diretta, nel senso che si rivolge ad una singola esposizione" (comma 3); d) "In caso di inadempimento delle piccole e medie imprese, i soggetti richiedenti possono rivalersi sul Fondo per gli importi da esso garantiti, anzichè continuare a perseguire il debitore principale; "ai sensi dell'art. 1203 c.c., nell'effettuare il pagamento, il Fondo acquisisce il diritto a rivalersi sulle piccole e medie imprese inadempienti per le somme da esso pagate". Nello svolgimento delle procedure di recupero del credito per conto del Fondo di gestione si applica, così come previsto dal D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 123, art. 9, comma 5, la procedura esattoriale di cui al D.P.R. 28 gennaio 1988, n. 43, art. 67, come sostituita dal D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46, art. 17 (comma 5: "Per le restituzioni di cui al comma 4 i crediti nascenti dai finanziamenti erogati ai sensi del presente decreto legislativo sono preferiti a ogni altro titolo di prelazione da qualsiasi causa derivante, ad eccezione del privilegio per spese di giustizia e di quelli previsti dall'art. 2751-bis c.c. e fatti salvi i diritti preesistenti dei terzi. Al recupero dei crediti si provvede con l'iscrizione al ruolo, ai sensi del D.P.R. 28 gennaio 1988, n. 43, art. 67, comma 2, delle somme oggetto di restituzione, nonchè delle somme a titolo di rivalutazione e interessi e delle relative sanzioni"). Dall'anzidetto complesso assetto normativo, come da ultimo ribadito dalla S.C., ord. 05/01/2022, n. 261, si evince che: - la garanzia diretta è concessa dal Fondo di (...) alla banca o al soggetto finanziatore in misura percentuale rispetto all'importo da questi complessivamente finanziato, e non alle (...) che ricevono l'erogazione del finanziamento, rispetto alle quali il Fondo non assume la posizione di coobbligato solidale ex art. 1292 e s.s. c.c.; - in caso di inadempimento delle (...) , il soggetto finanziatore può rivalersi sul Fondo per gli importi da esso garantiti, anzichè continuare a perseguire il debitore principale, ed il Fondo,nell'effettuare il pagamento, acquisisce il diritto a rivalersi sulle (...) inadempienti per le somme daesso pagate in surroga legale, ex art. 1203 c.c.; - i crediti del Fondo di (...) nascenti dai finanziamenti erogati ai sensi del D.Lgs. n. 123 del 1998 e delle disposizioni ivi richiamate sono assistiti da privilegio sin dalla nascita. La S.C. ha, altresì, chiarito che: "Il credito del Fondo di (...) per le piccole e medie imprese (PMI), fondato sul rapporto di garanzia, non originando da una erogazione diretta da parte dell'amministrazione di somme di denaro in favore del beneficiario, ma dal pagamento (a seguito della escussione della garanzia) all'istituto di credito che aveva erogato il finanziamento bancario, in caso di inadempimento all'obbligo di restituzione delle somme alla banca, non necessita di un formale provvedimento di revoca che faccia venire meno il titolo in virtù del quale il beneficiario aveva fruito del finanziamento." (Cass. n. 6508 del 9/3/2020). Quanto al riconoscimento del privilegio è stato puntualizzato che "il privilegio previsto dal D.Lgs. n. 123 del 1998, art. 9, comma 5, assiste anche il credito del gestore del Fondo di (...) per le piccole e medie imprese che abbia subito l'escussione della garanzia da parte dell'istituto di credito finanziatore a seguito dell'inadempimento della società beneficiaria del finanziamento, in quanto la norma si riferisce non solo a patologie attinenti alla fase genetica dell'erogazione pubblica, ma si estende anche a quella successiva di gestione del rapporto di credito insorto per effetto della concessione." (Cass. n. 3025 del 9/2/2021) e che detto credito "ha natura privilegiata ai sensi del D.Lgs. n. 123 del 1998, art. 9, comma 5, ... per la nozione "ampia" del termine "finanziamenti", comprendente anche i "crediti di firma"" (Cass. n. 8882 del 13/05/2020), oltre che "perchè le diverse forme di intervento pubblico in favore delle attività produttive risultano espressione di un disegno unitario e occorre comunque recuperare la provvista per ulteriori e futuri interventi di sostegno della produzione." (Cass. n. 2664 del 30/1/2019; Cass. n. 8600 del 26/03/2021). Quanto poi alla corretta lettura della norma di cui all'art. 2, comma 4, D.M. 20 giugno 2005, la S.C., sempre nella citata sentenza n. 14915/2019, ha chiarito che la stessa debba essere interpretata e ricostruita alla luce, e in sintonia, con la normativa primaria che viene a completare, atteso che "questa disposizione, se richiama la norma elencativa delle ipotesi di surroga legale, qualifica la posizione del garante, che ha pagato, in termini di semplice "rivalsa" (ovvero di "regresso", si può anche dire), così facendo generico riferimento alla posizione del garante che ha pagato e che, in quanto tale, ha comunque diritto di recuperare dal debitore finale quanto per lui pagato (posto appunto che è su quest'ultimo - non già sul garante solvens - che non può non ricadere il depauperamento patrimoniale conseguente alla rilevata sussistenza di un "debito"" ). In tal senso, il più recente art. 8 bis comma 3 del D.L. n. 3 del 2015, conv. in L. n. 33 del 2015 ("Potenziamento del Fondo Centrale di (...) per le piccole e medie imprese"), ha espressamente previsto che "Il diritto alla restituzione, nei confronti del beneficiario finale e dei terzi prestatori di garanzie, delle somme liquidate a titolo di perdite dal Fondo di (...) di cui all'articolo 2, comma 100, lettera a), della L. 23 dicembre 1996, n. 662, costituisce credito privilegiato e prevale su ogni altro diritto di prelazione, da qualsiasi causa derivante, ad eccezione del privilegio per spese di giustizia e di quelli previsti dall'articolo 2751-bis del codice civile, fatti salvi i precedenti diritti di prelazione spettanti a terzi. La costituzione e l'efficacia del privilegio non sono subordinate al consenso delle parti. Al recupero del predetto credito si procede mediante iscrizione a ruolo, ai sensi dell'articolo 17 del D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46, e successive modificazioni". Tale norma, come ormai chiarito dalla giurisprudenza di legittimità sopra richiamata, ha quindi risolto e superato il contrasto interpretativo inerente sia l'applicabilità alla fattispecie in esame della procedura di riscossione forzata mediante iscrizione a ruolo, sia la natura del credito di regresso acquisito ex lege dall'Ente Gestore del Fondo che ha liquidato la perdita subita dal creditore principale: risulta infatti espressamente riconosciuta la natura privilegiata di tale credito, tale da prevalere "su ogni altro diritto di prelazione, da qualsiasi causa derivante, ad eccezione del privilegio per spese di giustizia e di quelli previsti dall'articolo 2751-bis del codice civile". Corollari applicativi del quadro normativo e giurisprudenziale sopra delineato, ai fini che ci occupano, sono: 1) la natura pubblicistica del credito restitutorio in esame, garantito dal privilegio speciale di cui al D.Lgs. n. 123 del 1998, art. 9, comma 5 (meramente ricognitiva di disciplina già vigente, non innovativa, la previsione di cui all'art. 8-bis citato); 2) l'insorgenza del credito del Fondo di (...) per le piccole e medie imprese (PMI), fondato sul rapporto di garanzia, non da una erogazione diretta di somme di denaro in favore del debitore (finanziato), ma dal pagamento (a seguito della escussione della garanzia o contro-garanzia) all'istituto di credito o società convenzionata che aveva erogato il finanziamento, in caso di inadempimento all'obbligo di restituzione delle somme (è, dunque, l'istituto finanziatore unico soggetto legittimato a chiedere l'attivazione del Fondo, mentre l'impresa debitrice rimane del tutto estranea al rapporto tra il Fondo e l'istituto finanziatore). Così chiarito il quadro normativo di riferimento, i motivi di opposizione all'esecuzione si incentrano sull'asserita insussistenza dell'an debeatur (non circostanziate censure sul quantum): a) da un lato, per illegittima risoluzione dei contratti di leasing da cui origina l'escussione della garanzia pubblica in oggetto (ed illegittimo rifiuto, da parte della società concedente, al riscatto dei beni concessi in leasing); b) dall'altro lato, per asserita incertezza ed inesigibilità del credito, come azionato, al più dovuto nella sola misura, non determinabile allo stato, pari a "la differenza fra quanto pagato ...e quanto asseritamente dovuto per ratei non corrisposti, dedotto il prezzo della vendita dei macchinari" (con conseguente rischio di duplicazione delle pretese creditorie a carico della società debitrice e coobligati in solido). Orbene, alla stregua delle allegazioni degli opponenti, della documentazione allegata e di quanto partitamente riportato nella sentenza del Tribunale di Napoli n.10296/18, in atti, risulta processualmente provato che: -(...) - (...) spa, quale gestore del Fondo di (...) istituito ai sensi dell'art. 2, comma 100, lettera a) della L. 23 dicembre 1996, n. 662, ha ammesso all'intervento agevolativo-garanzia pubblica quindici operazioni di finanziamento concesse da (...) spa (poi incorporata in (...) spa) alla (...) S.r.l. per l'acquisto, in leasing, di macchinari per ufficio e auto; - segnatamente il Comitato di Gestione del Fondo di (...) ha ammesso all'intervento agevolativo ed alla relativa garanzia, tra gli altri: 1) con Delib. del 10 giugno 2011 (doc. 2) l'operazione n. (...) di Euro 36.857,90 relativa ai contratti di leasing n. (...) del 19.04.2011 (doc. 3) e n. (...) del 29.04.2011 (doc. 4); 2) con Delib. del 21 luglio 2011 (doc. 5) l'operazione n. (...) di Euro 27.930,65 relativo ai contratti di locazione finanziaria n. (...) e (...) del 23.06.2011 (doc. 6); - a seguito del mancato pagamento da parte dell'utilizzatrice, (...) S.r.l , dei canoni di locazione alle scadenze pattuite (cfr. analitica ricognizione delle esposizioni debitorie per i i singoli contratti indicati nel ricorso per D.I. poi seguito dal D.I. n. 3438 del 2016 reso dal Tribunale di Napoli il 17.05.2016), la concedente ha comunicato alla prima la risoluzione di tali contratti, avvalendosi di clausola risolutiva espressa ed ha, successivamente, da un lato, escusso la garanzia pubblica relativamente ai suindicati contratti (docc. 7-8 allegati alla comparsa costitutiva di (...)); dall'altro lato, agito in via monitoria per ottenere la riconsegna dei beni concessi in leasing (cfr. D.I. n. 3438 del 2016 reso dal Tribunale di Napoli il 17.05.2016); - escussa la garanzia in relazione a ciascuna operazione, il Consiglio di gestione del Fondo di (...) ha deliberato: in data 28.09.2015 la liquidazione della perdita di Euro 7.365,63 in relazione all'operazione n. (...) (doc. 9); in data 23.07.2015 la liquidazione della perdita di Euro 11.770,24 in relazione all'operazione n. (...) (doc. 10); - a seguito dell'erogazione del relativo contributo in favore della banca finanziatrice, (...) ha effettuato la comunicazione di surroga ai sensi dell'art. 1203 c.c. e dell'art. 2, comma 4, del D.M. 20 giugno 2005, con contestuale intimazione di pagamento (docc. 12-13) e successivamente, stante il mancato pagamento, ha avviato la procedura di iscrizione a ruolo esattoriale, in forza dell'art. 9, comma 5, del D.Lgs. n. 123 del 1998 per la riscossione coattiva degli importi dovuti. Nel frattempo, opposto dalla (...) s.r.l. il suddetto D.I., intimante la (sola) riconsegna dei beni concessi in leasing, con sentenza n.10296/18 del 27.11.2028 (allegata all'atto di citazione), il Giudice partenopeo ha rigettato l'opposizione, ivi comprese, dunque, le eccezioni sollevatedall'opponente (circa l'illegittimità della risoluzione per inadempimento dei contratti di locazione finanziaria dedotti con ricorso per D.I., nonché circa l'asserita illegittimità e contrarietà a buona fede e correttezza del rifiuto opposto dalla concedente all'esercizio del diritto di riscatto da parte di quest'ultima, reiterato in sede di opposizione). Nella parte motiva della citata sentenza, si legge che depositati "tutti i contratti sui quali la società opposta fonda la propria domanda nonché gli estratti conto e lettere di risoluzione ... la società opponente non ha dimostrato di aver pagato nemmeno uno dei canoni per il cui mancato versamento la concedente ha dichiarato di ritenere risolti i contratti", "ed in particolare non ha provato di aver pagato alcuna delle rate dichiarate insolute nel ricorso monitorio", con conseguente legittimità della risoluzione di diritto e definitivo venir meno della facoltà di esercitare l'opzione di acquisto o 'riscatto' dei beni concessi in leasing (postulante, ai sensi dell'art. 17 di ciascun contratto, la "non inadempienza" della società utilizzatrice, acclarata, invece, nel suddetto giudizio). Il Giudice partenopeo ha, altresì, rigettato, in detto giudizio, la domanda proposta dall'odierna opponente contro la terza chiamata in causa (...) (chiamata in causa, da parte opponente, sul pacifico assunto che si fosse surrogata al creditore concedente per aver pagato, quale gestore del fondo di (...) per le p.m.i., alla concedente "l'importo di diverse rate insolute dei contratti di leasing per cui è causa"), chiarendo che quest'ultima si era surrogata nel solo credito 'rimborsato' alla società concedente in leasing e non anche nell'intera posizione contrattuale nascente dai contratti di leasingdedotti con il ricorso monitorio (e prodotti in detto giudizio), che è invece era rimasta in capo alla concedente. Da quanto sopra consegue, all'evidenza, l'inammissibilità, nella presente sede, delle eccezioni e contestazioni avanzate dagli opponenti in punto di illegittimità della risoluzione dei suddetti contratti di leasing, per il duplice rilievo che dette eccezioni: - da un lato, non sono suscettibili di essere opposte all'odierna creditrice (...) (carente di legittimazione passiva sul punto, come sopra chiarito dal giudice partenopeo); - dall'altro lato, sollevate nei confronti della società concedente (unica legittimata passiva in parte qua), sono state rigettate dal Giudice competente funzionalmente (nulla è riportato sull'esito o lo stato del giudizio di appello, sede naturale ed esclusiva dell'eventuale revisione della decisione di primo grado). Inoltre, contrariamente a quanto assunto dagli opponenti, risulta sufficientemente individuato e documentato nel presente giudizio il credito restitutorio intimato con le cartelle opposte, scaturente dall'avvenuta escussione da parte della società finanziatrice delle garanzie per le operazioni indicate nell'estratto di ruolo n. (...) e segnatamente: 1) operazione n. (...) , di cui risultano analiticamente allegati e documentati i rapporti sottostanti e condizioni economiche: importo del finanziamento Euro 36.857,90 per "acquisto macchine uso ufficio e auto" di cui ai contratti di leasing nn. (...) e (...) (doc. 3 e 4); banca richiedente- concessionaria in leasing; importo massimo garantito Euro18.428,95 (pari al 50% del finanziamento) e copertura dell'insolvenza nella misura del 50% (cfr. doc. 2 delibera di ammissione alla garanzia e relative condizioni); liquidazione della perdita ed erogazione dell'importo di Euro 7.365,63 (pari al 50% dell'insolvenza riconosciuta, entro i limiti della garanzia, in Euro 14.731,26), a fronte del credito complessivo-"ammontare esposizione" allegato dalla società concedente di Euro 30.608,04, per canoni insoluti + interessi e spese + residuo importo per sorte capitale in relazione ai contratti di leasing nn. (...) e (...) garantiti dall'operazione (cfr. doc. 7 e doc. 9); 2) operazione n.(...), di cui risultano analiticamente allegati e documentati i rapporti sottostanti e condizioni economiche: importo del finanziamento Euro 27.930,65 per acquisto "macchinari" di cui ai contratti di leasing (...) e (...) (doc. 6 e 7); credito di Euro 24.647,08 allegato dalla società concedente per canoni insoluti, interessi e spese + residuo importo per sorte capitale in relazione ai suddetti contratti di leasing (doc 8); importo massimo garantito (pari al 50% del finanziamento) e copertura dell'insolvenza nella misura del 50% (cfr. doc. 5 delibera di ammissione alla garanzia e relative condizioni per l'importo garantito); liquidazione della perdita ed erogazione dell'importo di Euro 11.770,24 (pari al 50% dell'insolvenza allegata, nei limiti dell'importo garantito, in relazione ai contratti di leasing garantiti dalla suddetta operazione; cfr. doc. 8, 10 e 11). In relazione, poi, alla esigibilità del credito in questione, il tenore delle condizioni contrattuali allegate dagli stessi opponenti con la memoria ex art. 183 comma 6 n. 1 c.p.c. (cfr. art. 19) è chiaro nel prevedere, in caso di risoluzione anticipata del contratto, oltre al diritto della banca concedente di trattenere i canoni riscossi, "l'obbligo dell'utilizzatore" di procedere alla restituzione dei beni e di corrispondere immediatamente tutto quanto dovuto per canoni scaduti e non pagati, interessi convenzionali di mora, spese, commissioni ..." alla data di risoluzione nonché "a titolo di indennità di risoluzione" i restanti canoni a scadere, attualizzati al tasso individuato...alla data di risoluzione del contratto, "dedotto l'eventuale ricavato della vendita del bene" (deduzione a valere, dunque, solo il relazione alla 'indennità di risoluzione' e sempreché risultino riconsegnati i beni). Così sufficientemente provati il/i titolo/i ed il quantum del credito intimato con le cartelle di pagamento opposte, nonché la sua esigibilità, nessuna prova di fatti impeditivi/estintivi di detto credito,nei soli limiti dell'importo azionato (Euro 19.135,87, oltre interessi e spese), come rimborsato alla società concedente in leasing e richiesto in surroga ex artt. 1203 c.c. e 9 D.Lgs. n. 123 del 1998 agli odierni opponenti, risulta fornita da questi ultimi, sui quali gravava il relativo onere (cfr. sul punto, principi generali espressi dalla nota sentenza della Cassazione a Sez. Un.n. 13533 del 2001). Con la precisazione che, non essendo (...) subentrata nella posizione contrattuale della società concedente in leasing, ma solo, per surrogazione legale ex art. 1203 c.c., nella titolarità del limitato credito di cui sopra, esula dall'oggetto del presente giudizio l'accertamento della sussistenza di qualsivoglia ulteriore pretesa creditoria, indennitaria, risarcitoria e/o restitutoria, nascente dalla risoluzione dei suddetti contratti di leasing. Nessuna pregiudizialità necessaria ex art. 295 c.p.c. si ravvisa, dunque, tra l'odierno giudizio oppositivo ed il giudizio di appello avverso la sentenza del Tribunale di Napoli n.10296/18 sopra richiamata (giudizio, peraltro, solo "accennato" dagli opponenti, senza indicazione del numero di RG né dello stato). Corollario di quanto sopra è il rigetto delle opposizioni come proposte nei giudizi riuniti in epigrafe 5.Sulle spese di lite Le spese di lite, liquidate in dispositivo ex D.M. n. 55 del 2014 ratione temporis applicabile (ante novella ex D.M. n. 147 del 13 agosto 2022 pubblicato sulla G.U. n. 236 del 08/10/2022, in vigore dal 23 ottobre 2022 ; già scaduti i termini ex art. 190 c.p.c. a detta data) seguono la soccombenza, valutata la complessiva attività difensiva espletata nei due giudizi riuniti e con esclusione della fase istruttoria (solo documentale). L'esito del giudizio comporta ipso facto il rigetto della domanda avanzata dagli opponenti (nella memoria ex art. 183 comma 6 n. 1 c.p.c. ed in comparsa conclusionale) di condanna della parte opposta ex art. 96 c.p.c.. P.Q.M. Il Tribunale, nella composizione in epigrafe, assorbite e/o rigettate le ulteriori domande ed eccezioni, definitivamente pronunciando, così provvede: 1) DICHIARA la carenza di legittimazione attiva di (...) nel giudizio oppositivo RG 1227/2019; 2) RIGETTA le opposizioni all'esecuzione ed agli atti esecutivi dei giudizi riuniti in epigrafe, come proposte, avverso le cartelle esattoriali n. (...) nei confronti della società (...) s.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., nn. (...) nei confronti di (...) e n. (...) nei confronti di (...), accertando la sussistenza del credito, come intimato, in forza del ruolo esattoriale n. (...); 3) RIGETTA ed in parte dichiara inammissibile l'opposizione ex art. 617 c.p.c. all'intimazione di pagamento n. (...), come proposta; 4) CONDANNA gli opponenti (...) s.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., (...) e (...), in solido tra loro, al pagamento delle spese di lite in favore della parte opposta e della terza chiamata in causa, liquidate rispettivamente: in Euro 3.500,00 oltre spese forfettarie al 15% ed accessori di legge, in favore della parte opposta Agenzia delle Entrate-Riscossione, in persona del legale rappresentante p.t., da distrarsi in favore del difensore dichiaratosi antistatario, avv. Va.Fe.; ed Euro 3300,00 oltre spese forfettarie al 15% ed accessori di legge in favore di (...) - (...) SPA, in persona del legale rappresentante p.t. Così deciso in Modena il 16 gennaio 2023. Depositata in Cancelleria il 17 gennaio 2023.
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