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REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO di MONZA SEZIONE I CIVILE Il Tribunale di Monza, Sezione I Civile, nella persona del Giudice monocratico dott.ssa Chiara Binetti, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di primo grado iscritta al n. 5821/2021 r.g. promossa da: (...) e (...), rappresentati e difesi dall'avv. CE.LO., elettivamente domiciliati come in atti. PARTE RICORRENTE contro (...), in persona dei legali rapp. pro tempore (...), rappresentati e difesi dall'avv. BA.GU.LU., elettivamente domiciliati come in atti PARTE CONVENUTA OGGETTO: Responsabilità professionale CONCLUSIONI Le parti hanno precisato le conclusioni come segue: Per (...) ed (...) in Liquidazione In via preliminare Richiamando il processo verbale dell'udienza del 13.12.2023, la scrivente insiste affinché il Giudice voglia disporre una integrazione della CTU, ritenuta imprescindibile ai fini del decidere. Sempre in via preliminare Respingere la domanda di nullità/improcedibilità/infondatezza del ricorso, perché infondata. Nel merito In via principale A) Condannare la (...) e i sigg.ri (...) e (...), in via tra loro solidale, a pagare in favore della (...) a titolo di risarcimento del danno subito, la somma i Euro. 13.687,15 o quella maggiore e diversa che risulterà dovuta all'esito della causa, oltre interessi dal dovuto sino al saldo effettivo, per i motivi di cui in atti; B) Condannare (...) e i sigg.ri (...) e (...), in vai tra loro solidale, a pagare in favore del sig. (...) a titolo di risarcimento del danno subito, la somma di Euro. 57.350,09 o quella maggiore o diversa che risulterà all'esito della causa, oltre interessi dal dovuto sino al saldo effettivo, per i motivi di cui in atti. In ogni caso Respingere le domande tutte dei resistenti, perché infondate in fatto e in diritto. Sulla domanda riconvenzionale svolta da (...) In via preliminare: dichiarare improcedibile la domanda per mancato esperimento della negoziazione assistita Nel merito: rigettare la domanda di ingiunzione di (...) in quanto infondata in fatto ed in diritto, o comunque ritenere compensato, anche parzialmente, qualsivoglia credito dovesse essere ritenuto dovuto con i maggiori danni causati ai ricorrenti. In via istruttoria si chiede ammettersi prova per testi ed interpello degli amministratori di (...) sigg.ri (...) (...) e (...) sui seguenti capitoli di prova, da intendersi tutti preceduti dalla locuzione, "Vero è che": 1. A far data dal 2008 (...) conferiva a (...) e ai sigg.ri (...) e (...) l'incarico di gestire la contabilità aziendale; 2. L'oggetto dell'incarico conferito di cui al punto che precede comprendeva anche l'elaborazione e la redazione, nonché invio dei bilanci di esercizio di (...) delle dichiarazioni IVA e IRAP, dei modelli Uniemens; 3. A seguito dell'incarico conferito e di cui al capitolo che precede, (...) si occupava dal 2008 sino al 2017 dell'elaborazione e invio dei bilanci di esercizio di (...) delle dichiarazioni IVA e IRAP, dei modelli Uniemens; 4. A far data dal 2008 il sig. (...) conferiva a (...) e ai sigg.ri (...) e (...) l'incarico di gestire la propria contabilità personale; 5. (...) e i sigg.ri (...) e (...) garantivano a (...) e al sig. (...) di avere le necessarie competenze, conoscenze e preparazione e una struttura adeguata per poter adempiere gli incarichi conferiti dai ricorrenti e di cui ai capitoli di prova che precedono; 6. (...) e i sigg.ri (...) e (...) omettevano di notiziare (...) della ricezione dell'avviso bonario relativo alla dichiarazione IRAP anno 2014; 7. (...) e i sigg.ri (...) e (...) omettevano di notiziare (...) della ricezione dell'avviso bonario relativo alla dichiarazione IRAP anno 2015; 8. (...) e i sigg.ri (...) e (...) omettevano di inviare le dichiarazioni Uniemens relative alla società (...) 9. A far data dal febbraio 2017 (...) e i sigg.ri (...) e (...) interrompevano la trasmissione degli F24 per il pagamento della rateizzazione delle imposte dovute dal sig. (...) per l'anno 2012; 10. (...) e i sigg.ri (...) e (...) presentavano n. 2 Modelli Unico, di cui il secondo in sostituzione del primo, in relazione ai redditi del sig. (...) per l'anno 2014; 11. (...) e i sigg.ri (...) e (...) omettevano di presentare istanza per il riconoscimento del credito in favore del sig. (...) in relazione al Modello Unico anno 2014; 12. Nel luglio 2018 (...) e i sigg.ri (...) e (...) interrompevano il pagamento dei modelli F24 in favore del sig. (...) in relazione all'Unico 2014; 13. (...) e i sigg.ri (...) e (...) redigevano, elaboravano e presentavano il Modello Unico anno 2015 del sig. (...) con indicazione di perdita di impresa nel quadro relativo ai redditi conseguiti dalle imprese in contabilità semplificata invece inesistente; 14. In relazione al Modello Unico anno 2015 del sig. (...) e i sigg.ri (...) effettuavano compensazioni senza che ve ne fosse la capienza; 15. (...) e i sigg.ri (...) omettevano di informare il sig. (...) della ricezione dell'avviso bonario relativo agli errori del Modello Unico anno 2015; 16. (...) e i sigg.ri (...) omettevano di contestare l'avviso bonario relativo agli errori del Modello Unico anno 2015 del sig. (...), che era illegittimo; 17. (...) e i sigg.ri (...) omettevano di fornire al sig. (...) e a (...) i chiarimenti richiesti negli anni 2018 e 2019, in relazione alle notifiche delle cartelle di pagamento ricevute; 18. Nel marzo 2019 si svolgeva presso l'abitazione del sig. (...) un incontro fra quest'ultimo e il sig. (...) alla presenza della moglie del sig. (...), sig.ra (...); 19. Nel corso dell'incontro di cui al capitolo di prova che precede, il sig. (...) riferiva al sig. (...) che avrebbe provveduto a chiarire e sistemare le problematiche relative alle cartelle di pagamento ricevute dal sig. (...) medesimo e da (...) 20. Nel corso dell'incontro di cui al capitolo di prova che precede, il sig. (...) riferiva al sig. (...) che riteneva la sig.ra (...) responsabile della mala gestio della contabilità di (...) e del medesimo sig. (...); 21. (...) e i sigg.ri (...) consegnavano in maniera tardiva e parziale la documentazione contabile/fiscale della società (...) e del sig. (...) allo Studio (...) 22. (...) e i sigg.ri (...) omettevano di fornire i chiarimenti richiesti dallo (...) in seguito al passaggio di consegne. Si indicano a testi: 1) Dott.ssa (...) presso (...) in Vimercate, via (...), su tutti i capitoli; 2) Sig.ra (...), residente in Lesmo, via (...), sui capitoli da 17 a 19. Con vittoria di spese, diritti e onorari Deduzioni dell'avv. Gu.Lu.Ba. nell'interesse dei convenuti Il difensore, preliminarmente si oppone alla richiesta di integrazione della CTU, per i motivi già esposti all'udienza del 13.12.2023, e precisa le conclusioni come segue. Per Convenuti Sigg.ri (...) CONCLUSIONI Voglia l'Ill.mo Tribunale di Monza, contrariis reiectis, così giudicare: In via preliminare, in rito 1. Dichiarare la nullità, improcedibilità e/o infondatezza del ricorso e conseguentemente rigettarlo; Nel merito 2. Rigettare le domande formulate dal Sig. (...) e dalla società (...) nei confronti di essi resistenti, per essere infondate in fatto ed in diritto, mandando questi convenuti assolti da ogni domanda nei loro confronti, per tutti i motivi di cui in narrativa; In ogni caso 3. Condannare i ricorrenti al risarcimento del danno, anche in via equitativa, per la temerarietà dell'azione e delle domande, e le modalità di svolgimento delle stesse, ai sensi dell'art. 96 c.p.c. Con vittoria di spese, competenze professionali, oltre accessori di legge. Per la convenuta (...) CONCLUSIONI In via preliminare, in rito 1. Dichiarare la nullità, improcedibilità e/o infondatezza del ricorso e conseguentemente rigettarlo; Nel merito 2. Rigettare le domande formulate dal Sig. (...) e dalla società (...) nei confronti di essa resistente, per essere infondate in fatto ed in diritto, mandando questa convenuta assolta da ogni domanda nei suoi confronti, per tutti i motivi di cui in narrativa; In via Riconvenzionale 3. Dato atto dell'inadempimento della società (...) al pagamento delle fatture n. 15 del 30.03.2018, n. 72 del 31.12.2018 e fattura proforma n.17 del 24.10.2019, condannare l'attrice (...) in persona del suo leg. rappres. pro tempore, al pagamento dell'importo di Euro 10.391,68=, per i titoli e le causali dedotte in narrativa, oltre agli interessi di mora ex D.Lgs. 231/02 s.m.i. dal dovuto al saldo definitivo, anche con eventuale compensazione con quanto dovesse essere riconosciuto a favore dell'attrice, e salvo gravame; In ogni caso 4. Condannare i ricorrenti al risarcimento del danno, anche in via equitativa, per la temerarietà dell'azione e delle domande, e le modalità di svolgimento delle stesse, ai sensi dell'art. 96 c.p.c. Con vittoria di spese, competenze professionali, oltre accessori di legge. In via istruttoria: Ci si oppone alle istanze istruttorie avversarie, qui rinnovate, per i motivi già dedotti in atti e si rinnova la richiesta di ammissione del seguente capitolo di prova per testi: 1) Vero che la elaborazione dei seguenti documenti di cui alle produzioni sub. 7,8,9,10,11 e 12 fasc. parte (...) che si rammostrano al teste - cedolini paga (...), cedolini paga TM; modelli Unico, Ires, Irap, Iva, 770, comunicazioni Uniemens; comunicazioni trimestrali Iva; bilanci d'esercizio -, sono state eseguite dalla Sig.ra (...). Si indica a teste la Sig.ra (...), c/o la società (...) Vimercate (MB), Via (...), dipendente della stessa. MOTIVI DELLA DECISIONE Con ricorso ex art. 702 bis c.p.c., (...) in proprio e quale legale rapp.te della (...) ha convenuto in giudizio, avanti all'intestato Tribunale, (...) in persona degli amministratori (...) e (...), nonché questi ultimi personalmente, al fine di sentirli condannare in via solidale tra loro, previo accertamento della loro responsabilità per gravi errori e/o omissioni commesse in relazione all'incarico di gestione della contabilità aziendale e personale dell'attore, al risarcimento dei conseguenti danni patrimoniali subiti, per Euro 13.687,15 a favore della (...) (...) e di Euro 57.350,09 a favore di (...), ovvero nella maggiore o minore somma accertata in corso di causa, il tutto oltre interessi legali, e con vittoria di spese. Nel costituirsi in giudizio, (...) ha contestato ogni addebito di responsabilità, sostenendo di non svolgere, né di aver mai svolto in favore dei ricorrenti, l'attività professionale dedotta, occupandosi esclusivamente della elaborazione dei dati contabili e fiscali e delle paghe secondo la documentazione ricevuta dall'attore, cosi come tra l'altro previsto nel proprio oggetto sociale (v. doc. n.4 fase. ricorrenti), e nelle fatture emesse nel corso del decennale rapporto (v. doc. n.5 fase. ricorrenti). La convenuta ha concluso chiedendo, oltre al rigetto della domanda attorea, anche, in via riconvenzionale, la condanna dell'attrice (...) al pagamento delle fatture n. 15 del 30.03.2018, n. 72 del 31.12.2018 e fattura proforma n.17 del 24.10.2019, e quindi al pagamento dell'importo di Euro10.391,68=, oltre agli interessi di mora ex D.Lgs. 231/02 s.m.i. dal dovuto al saldo definitivo, anche con eventuale compensazione con quanto dovesse essere riconosciuto a favore della parte attrice, e salvo gravame. Si sono costituti in giudizio con comparsa separata da (...) anche (...) e (...) sostenendo di non aver mai svolto in proprio alcuna attività di consulenza e gestione, meno che mai a favore degli attori, e che, in quanto soci ed amministratori della convenuta società (...) ogni attività veniva loro svolta attraverso detta società; hanno quindi concluso per il rigetto di ogni domanda svolta nei propri confronti. Mutato il rito ex art. 702 ter c.p.c. e assegnati i termini per le memorie ex art. 183, VI comma, c.p.c., è stata formulata una proposta conciliativa ex art. 185 bis c.p.c. che è stata rifiutata dai convenuti e successivamente è stata disposta una CTU contabile volta a verificare gli inadempimenti ascritti in relazione alla presentazione delle dichiarazioni dei redditi e dei modelli Irap ed Iva e al deposito dei bilanci e a descrivere i danni eventualmente patiti. Successivamente al deposito della relazione di ctu da parte del consulente nominato, dott.ssa (...), la causa, ritenuta matura per la decisione è stata rinviata per la precisazione delle conclusioni ed infine trattenuta a sentenza. La causa verte sull'inadempimento contestato ai convenuti in relazione all'incarico professionale conferito dagli attori nel corso del 2008 e perdurato per circa un decennio con iniziale reciproca soddisfazione tra le parti. Il rapporto professionale è venuto meno tra la fine del 2018 e il 2019 a seguito della revoca del mandato da parte dell'odierno attore (...) che contestualmente ha deciso di rivolgersi ad altro professionista (lo Parte_3 per una ricostruzione contabile della situazione economico/fiscale e tributaria sia della (...) sia della propria posizione personale. Va premesso che, in assenza di contratto scritto, l'attività di ricognizione dell'oggetto dell'incarico e delle prestazioni rese è stata svolta attraverso l'analisi delle fatture e dell'altra documentazione prodotta a riprova dell'esecuzione dei servizi resi. Sotto questo primo aspetto, va subito chiarito che è infondata la tesi sostenuta da (...) secondo cui la stessa si sarebbe occupata esclusivamente di "servizi consistenti nella elaborazione dei dati contabili e fiscali e delle paghe secondo la documentazione (ricevute, fatture, reversali, contabili bancarie, contratti, ecc.) fornita dal cliente" (cfr. comp. cost.). Al contrario, emerge dai documenti di causa, così come ben chiarito anche dalla CTU nella relazione, che la (...) ha svolto, quanto meno per gli anni 2012-2019 il ruolo di intermediario tanto per la (...) liquidazione, quanto per il (...) curandone tutta la gestione degli adempimenti fiscali. L'oggetto dell'incarico conferito riguardava, infatti, tutti gli adempimenti fiscali della società e della posizione tributaria di (...), compresa la presentazione delle dichiarazioni dei redditi, dei modelli IRAP e IVA, come può facilmente evincersi dalle stesse fatture emesse da (...) e prodotte dalla stessa sub docc. 4-6 (dove a titolo esemplificativo si legge "Dichiarazione IVA" Modello F24, Modello Irap, Elaborazione modello unico e bilancio d'esercizio" ecc.), oltre che dalla copiosa corrispondenza via e-mail prodotta dai ricorrenti, dai quali si evince chiaramente l'ampiezza e la totalità dei servizi richiesti nell'incarico conferito (cfr. docc. 27, 28 e 29). È inoltre comprovato documentalmente che tutte le dichiarazioni dei redditi sono state depositate da come emerge dalla presenza del codice fiscale sul frontespizio della dichiarazione, che identifica chi ha curato il deposito, così come è provato che tra le incombenze di parte convenuta vi fosse anche il deposito dei bilanci di esercizio della società che veniva curato personalmente da (...) con la firma digitale personale. Così individuato l'oggetto dell'incarico professionale, va a questo punto esaminato il profilo di responsabilità contestato dagli attori, che si incentra su una serie di inadempimenti ed errori in tesi commessi dall'intermediario nella gestione delle pratiche fiscali riguardi la (...) in liquidazione e la posizione personale di (...). Prima di entrare nel merito delle contestazioni ed esaminare quindi la relazione di ctu, svolta dalla dott.ssa (...), occorre chiarire che dalla documentazione di causa vi è evidenza del fatto che la convenuta (...), di cui i convenuti (...) e (...) sono soci ed amministratori, abbia assunto l'incarico e svolto le prestazioni professionali a favore degli attori, ma non vi è prova che alcuna prestazione sia mai stata accettata e resa dai convenuti persone fisiche in proprio. Tutte le fatture sono emesse dalla (...) e anche il carteggio e-mail curato dalla (...) reca l'indirizzo mail della società (...). Trattandosi di attività svolta da società di capitali l'imputazione degli effetti e della responsabilità di tale attività è ascrivile alla società stessa e non può essere attribuita personalmente ai soci o agli amministratori della stessa. Le domande di accertamento della responsabilità e di condanna al risarcimento del danno svolte dagli attori nei confronti di (...) e (...) personalmente sono pertanto da respingere, non sussistendo prova della titolarità passiva in capo agli stessi. Tornando al merito della domanda di responsabilità azionata nei confronti di (...) occorre esaminare la relazione condotta dalla CTU con metodo rigoroso e nel rispetto tanto del contradditorio quanto della documentazione prodotta, con la conseguenza che le risultanze vengono fatte proprie e condivise dal giudicante. Partendo dalla posizione di (...), si osserva che, con riferimento alla contestazioni relativa al Modello Unico anno 2012 con imposta a debito non pagata, il ricorrente ha lamentato che dopo la ricezione della notifica dell'avviso bonario a (...) (26/9/2013) quest'ultima abbia ingiustificatamente interrotto la rateazione conseguente alla notifica della cartella di pagamento (6-7-18) determinando la perdita della riduzione della sanzione dal 10 al 30% - (con successiva instaurazione del pignoramento prezzo terzi doc. 7 - 55-57). La convenuta si è difesa eccependo che non risulta il conferimento dell'incarico a (...) per la gestione dei debiti tributari del (...) e che quest'ultimo non poteva non essere al corrente dell'avanzamento del piano di rateazione dato che aveva il controllo del proprio conto corrente e del proprio cassetto fiscale. Entrambe le difese sono infondate, atteso che, come anche accertato dal CTU, "I documenti in atti attestano che: 1) l'intermediario incaricato di redigere e trasmettere le dichiarazioni fiscali di (...) (...) era la convenuta (...), 2) che questa trasmetteva gli F24 alla banca sebbene in modo discontinuo e quindi era a ciò delegata 3) che il (...) chiedeva chiarimenti non rinvenendo gli addebiti sul proprio conto (che comunque non sarebbero emersi se i pagamenti fossero avvenuti mediante compensazione- 4) Che dagli atti non risulta che gli F24 trasmessi fossero stati respinti dalla banca per mancanza di fondi, nel qual caso (...) sarebbe stata informata." È quindi provato documentalmente che il contribuente (...) abbia affidato a (...) l'incarico di elaborare la propria dichiarazione dei redditi - e i conseguenti impegni di prassi, ovvero di trasmettere le dichiarazioni agli Enti e di provvedere ai pagamenti delle imposte dovute mediante invio dei mod. F24. Tali incombenze non sono state assolte con sistematicità e secondo prassi e risulta pertanto imputabile all'intermediario la mancata esecuzione della rateazione da avviso bonario che ha generato l'applicazione delle sanzioni e degli interessi esposti nella cartella esattoriale. La seconda contestazione è relativa alla errata presentazione del modello unico per l'anno 2014, la quale secondo CTU non ha comunque causato alcun danno al contribuente posto che "L'aggravio richiesto dall'(...) per effetto dell'interruzione della rateazione è stato poi azzerato per l'intervenuta rottamazione della cartella che ha azzerato le ulteriori sanzioni ed interessi". Anche per la terza contestazione, relativa al modello unico persone fisiche anno 2015 compilato con un reddito d'impresa negativo non coincidente con le scritture contabili annotate, non vi è alcuna prova di verificazione del danno però l'inadempimento emerge se solo si considera che, seppur non sia possibile accertare, sulla base della documentazione in atti, se i componenti di reddito inseriti nel quadro G del modello UNICO relativo all'annualità 2015 fossero, oppure no, coincidenti con le scritture contabili annotate, in ogni caso il Modello Unico 2016 (anno 2015), la dichiarazione risulta comunque essere stata redatta dalla convenuta (...),(come le dichiarazioni degli anni precedenti) e contiene altri errori significativi, principalmente riguardanti l'utilizzo di crediti di imposta derivati dalle dichiarazioni precedenti non spettanti perché già utilizzati in compensazione per altre annualità. Venendo, quindi, ad esaminare la posizione fiscale di (...) la contestazione relativa al tardivo deposito dei bilanci d'esercizio e all'errata stesura degli stessi è comprovata documentalmente, perché ammessa dalla stessa (...) con la comunicazione e-mail del 10.09.2018 (doc. 27). Inoltre, come accertato dal CTU, la prestazione di (...), regolarmente fatturata riguardante la predisposizione dei bilanci è stata gravemente carente (i bilanci, ad esempio, sono privi della nota integrativa), e il ritardo nel deposito va imputato all'intermediario, posto che non risulta che il contribuente cliente sia stato sistematicamente sollecitato a consegnare documentazione mancante. In relazione alle cartelle IRAP anni 2014 e 2015 ed al presunto addebito di debiti di imposta non pagati entro le ordinarie scadenze, si osserva che dall'esame delle dichiarazioni fiscali relative a queste annualità risulta che non è barrata l'apposita casella collocata nel riquadro (firma della dichiarazione) denominata "invio all'intermediario dell'avviso telematico" sicché l'ha certamente notificato l'atto, in prima battuta, alla pec della società contribuente. Pertanto, l'amministratore odierno attore aveva indubbiamente il dovere di consultare la posta certificata sistematicamente. In ogni caso l'avviso e la successiva cartella attestano che non è stata pagata nei termini anche l'imposta principale. Una volta appurato che era l'intermediario a preparare gli F24 da trasmettere alla Banca del contribuente per l'esecuzione del pagamento, si ritiene di dover imputare allo stesso il danno derivante dall'interruzione della rateazione o del totale mancato pagamento del dovuto. Con riferimento, infine, alla doglianza relativa alla dichiarazione IVA 2017 in tesi compilata operando le detrazioni di imposta in maniera errata, si ritiene che, attesa la assenza dei documenti di base, non sia possibile stabilire quale delle registrazioni effettuate da (...) fossero errate e se la mancata registrazione di fatture fornitori fosse dovuta a negligenza della società consulente oppure a mancata consegna dei documenti non inseriti nel sistema. Non è stato quindi possibile stabilire né se l'errore vi sia stato, né a chi sia attribuibile. Orbene, alla luce di tali emergenze processuali, deve ritenersi provato l'inadempimento al mandato professionale conferito da parte della convenuta, per lo meno per i profili sopra evidenziati. Sul punto, è utile ricordare brevemente i principi fondamentali in tema di responsabilità professionale. In via generale, si osserva che nelle prestazioni rese nell'esercizio di attività professionali al professionista è richiesta la diligenza corrispondente alla natura dell'attività esercitata (art. 1176 c.c., comma 2) vale a dire è richiesta una diligenza qualificata dalla perizia e dall'impiego di strumenti tecnici adeguati al tipo di prestazione dovuta. La valutazione dell'esattezza delle prestazioni da parte del professionista, naturalmente, varia secondo il tipo di professione e del livello di complessità della prestazione richiesta. In considerazione della natura contrattuale della prestazione professionale, al cliente attore spetta unicamente un onere di compiuta e precisa allegazione dell'inadempimento contestato, nel caso di specie assolto nei limiti di cui si è detto sopra. Spetta, invece, al professionista la prova di aver adempiuto diligentemente alla prestazione o dell'impossibilità della perfetta esecuzione della prestazione stessa per causa a lui non imputabile (ex art. 1218 c.c.), onere che nel caso di specie non è stato compiutamente assolto in relazione agli errori e ai ritardi sopra evidenziati. Pertanto, facendo concreta applicazione dei principi appena enunciati, va affermato l'inadempimento professionale della convenuta CP_2 rispetto al mandato professionale conferito da parte attrice. Venendo a questo punto a esaminare la domanda risarcitoria e quindi la sussistenza di danni imputabili come conseguenze economiche pregiudizievoli dell'inadempimento della convenuta per come sopra riscontrato, si osserva quanto segue. È pacifico in giurisprudenza che, in caso di inadempimento del professionista nelle fattispecie analoghe al presente caso, il danno risarcibile è rappresentato dai maggiori oneri che il contribuente è costretto a sostenere nei confronti dell'erario per effetto dell'errore commesso dal commercialista, ovvero dalla perdita patrimoniale subita quale conseguenza dell'errore commesso, rappresentato da sanzioni e spese. È utile quindi distinguere a tal fine tra la quantificazione degli errori accertati in materia di imposte, sanzioni, interessi, e la valutazione economica del servizio da riconoscere ai nuovi professionisti per l'attività finalizzata alla sistemazione degli inadempimenti o degli errori, già resa o ancora da svolgere per porre rimedio ad altre situazioni rimaste in sospeso, ove richiamate agli atti. Sotto il primo profilo, si condivide la valutazione del CTU che ha stimato quale danno cagionato a (...) l'importo di Euro 9.005,84 (al netto di rivalutazione e interessi), corrispondente alla differenza tra le sanzioni e gli interessi che si sarebbero dovuti pagare se si fosse data esecuzione alla rateizzazione da avviso bonario e le sanzioni e gli interessi esposti nella cartella esattoriale notificata al contribuente (docc. 7, 55, 57 e 59). Rispetto alla posizione della (...) il danno patito corrisponde, invece, ad Euro 1.234,64 pari alla misura delle sanzioni irrogate dall'ufficio del registro delle imprese (CCIAA) per l'omesso deposito dei bilanci e ad Euro 2.597,79 pari alla differenza tra le sanzioni ed interessi indicati nell'avviso bonario e quelli poi cartellizzati a seguito della interrotta rateizzazione del debito relativo alle cartelle Irap 2014 e 2015, per un totale di Euro 3.832,43. Sempre con riferimento alla posizione di (...) parte attrice ha anche chiesto riconoscersi il ristoro della posta di danno individuata nelle somme elargite a favore del nuovo consulente ((...) per la ricostruzione contabile dell'anno 2018, per l'importo corrisposto di Euro 3.558,98 (di cui alle fatture 2/195 del 30.08.2019 e 2/113 del 31.05.2019 già comprensive di iva e cassa, cfr. doc. 54), nonché di quanto versato a (...) per prestazioni non correttamente eseguite (per Euro 4.401,76) (anche tale importo comprensivo di Iva). Con riguardo a queste richieste, il Tribunale, condividendo le osservazioni del CTU, ritiene, da un lato, che non vi sia prova in atti dell'ampiezza dell'incarico conferito allo Studio (...) "per integrare e/o modificare le risultanze contabili di (...). Di conseguenza non può dirsi raggiunta la prova, gravante su parte attrice, che quell'esborso costituisca posta di danno eziologicamente collegata in via immediata e diretta all'inadempimento contestato e acclarato in capo alla convenuta. Parimenti, non può trovare accoglimento la richiesta di restituzione dei compensi esposti nelle fatture n. 15/2018, n. 67/2016 e n. 31/14 di (...). Intanto, perché non vi è prova documentale dell'integrale pagamento delle stesse, ed in ogni caso il compenso versato a (...) voce non costituisce una posta di danno di cui chiedere il risarcimento, ma eventualmente una somma indebita ai sensi dell'art. 2033 c.c. la cui restituzione doveva essere eventualmente richiesta dall'attrice a titolo diverso da quello risarcitorio. Concludendo, pertanto, il risarcimento dovuto da (...) per gli errori professionali commessi nell'espletamento dell'incarico conferito da parte attrice è pari ad Euro 9.005,86 a valere sulla posizione personale di (...) ed Euro 3.832,43 a valere sulla posizione della (...). Aggiungendo rivalutazione e interessi come da calcolo effettuato dallo stesso CTU (cfr. tabelle relazione di ctu le somme dovute a titolo di risarcimento del danno complessivamente patito è pari ad Euro 10.854,19 per (...) ed Euro 4.711,91 per (...). Sono da rigettare le accanite censure svolte alla ctu dai convenuti nelle memorie conclusive (cfr. comparsa conclusionale e memoria di replica), posto che in sede di osservazioni alla CTU il ctp di parte convenuta aveva espressamente segnalato l'assenza di osservazioni (cfr. relazione peritale, nella sezione dedicata alle "Repliche alle osservazioni dei c.t.p." ove si attesta: "nei termini concessi dal Giudice sono pervenute e osservazioni dei C.T.P. alla bozza loro inviata. Il dott. Sa.Ra., 1 Rivalutazione secondo gli indici ISTAT (FOI) con decorrenza dalla data di notifica delle cartelle esattoriali contenenti l'addebito delle sanzioni e degli interessi, con data finale corrispondente alla data di conferimento dell'incarico alla Ctu, interessi calcolati al tasso legale, sulla somma rivalutata anno per anno così come da Cass.Civ. Sez.Un. 17/02/95 n.1712. C.T.P. di parte convenuta si è limitato a segnalare con mail del 2-11.2023 - "Gentile dottoressa la presente per comunicare che il sottoscritto non ha osservazioni in merito alla relazione trasmessa, che conferma i contenuti già discussi nel corso dell'ultimo incontro in persona"). Anche in sede di udienza di esame ctu (cfr. verbale d'udienza del 13.12.2023), il procuratore di parte convenuta non ha mosso alcuna specifica osservazioni critica alla ctu, se non dichiarare che "la ctu pur dando atto dell'invio delle osservazione del ctp di parte convenuta con mail del 4.8.2023 non ha depositato le stesse tra gli allegati alla relazione di ctu". Inoltre, nella memoria di replica si legge che, sulla base del rilievo secondo cui "il CTU non ha ottemperato all'invito del Sig. Giudice (a verbale del 13.12.2023) a depositare copia della memoria contenete le osservazioni del ctp di parte convenuta". Sulla base di tale, errato presupposto, la difesa dei convenuti ha dichiarato di provvedervi in autonomia, depositando, peraltro senza preventiva richiesta di autorizzazione, un atto denominato "Relazione CTP (...) 2023-8-5". Ora, rileva il Tribunale, come sia più che evidente che tale documento non costituisca l'invocato atto contenente le osservazioni del CTP alla relazione del CTU, posto che il termine per l'invio della relazione alle parti scadeva il 26.10.2023 e quello per inviare le ridette osservazioni il 9.11.2023, mentre la memoria depositata è datata 5.8.2023 e intitolata "MEMORIA TECNICA A SEGUITO DELL'APERTURA DELLE OPERAZIONI PERITALI", che effettivamente sono iniziate il 4.7.2023. Le osservazioni critiche alla consulenza tecnica d'ufficio formulate dalla difesa di parte convenuta sono pertanto inammissibili perché tardive e sottratte al contraddittorio processuale e la memoria tecnica sopra richiamata, in quanto produzione non autorizzata, va espunta dal fascicolo. Ad ogni buon conto, le risultanze a cui è pervenuta la ctu per quanto già sopra ampiamente esposto sono condivise dal Tribunale. Va quindi ribadita la non necessità di integrazione della ctu o di chiamata a chiarimenti del consulente con la conseguenza che anche l'istanza reiterata da parte attrice va definitivamente respinta. Venendo ora all'esame della domanda riconvenzionale svolta da (...) per il pagamento delle fatture n. 15 del 30.03.2018, n. 72 del 31.12.2018 e fattura-proforma n.17 del 24.10.2019, il Tribunale ritiene che la domanda sia ammissibile e fondata e vada pertanto accolta. Intanto, in relazione all'eccepita improcedibilità per difetto di negoziazione assistita, si condivide l'orientamento da ultimo fatto proprio dalla Cass. Sez. Un. N. 3452/2024 in relazione all'omessa mediazione, ma estendibile per identità di ratio anche alla negoziazione assistita, secondo cui "La condizione di procedibilità prevista dall'art. 5 D.Lgs. n. 28 del 2010 sussiste per il solo atto introduttivo del giudizio e non per le domande riconvenzionali (Cass SS. UU. n. 3452/2024 del 07/02/2024). La pronuncia richiama i numerosi precedenti resi dalla giurisprudenza della stessa Corte di Cassazione in tema di contratti agrari, che avevano già da tempo superato l'originaria impostazione tesa a estendere l'istituto della conciliazione alla riconvenzionale, chiarendo che non sussiste la necessità del previo espletamento del procedimento di negoziazione assistita qualora il convenuto abbia già dedotto le relative richieste nella procedura compositiva sperimentata dall'attore. In altre parole, quindi, è da tempo maggioritario l'orientamento della giurisprudenza di legittimità che ritiene, nell'ipotesi di riconvenzionali "non eccentriche", cioè che non ampliano l'oggetto della controversia, la non obbligatorietà dell'assolvimento della negoziazione assistita, in quanto la questione specifica, oggetto di quella pretesa poi formulata in via riconvenzionale, è stata trattata nel contraddittorio di tutte le parti interessate alla controversia in occasione del procedimento di negoziazione assistita, ancorché questo si sia svolto su istanza della parte attrice (v. Cass. 14 novembre 2008, n. 27255; Cass. 19436/08; Cass. 16 novembre 2007, n. 23816; Cass. 14 luglio 2003, n. 10993; Cass. 19 febbraio 2002, n. 2388; Cass. 17 gennaio 2001, n. 593; Cass. 8 giugno 1999, n. 5613; Cass. 8 agosto 1995, n. 8685; Cass. 5 ottobre 1995, n. 10447; Cass. 27 aprile 1995, n. 4651). Nel caso di specie, non è stato allegato o sostenuto che in sede di procedimento di negoziazione assistita la questione posta dalla convenuta in relazione alla debenza dei compensi sia stata esclusa dal contraddittorio, dovendo anzi al contrario ritenersi che la stessa sia stata anche solo implicitamente dibattuta tra le parti, essendo questione intimamente riconnessa alla dedotta responsabilità professionale, oggetto della domanda principale. La domanda riconvenzionale è pertanto in questa sede procedibile. Nel merito, la domanda è fondata non avendo parte attrice specificamente contestato nella prima difesa utile, la debenza delle somme, né sotto forma dell'esecuzione delle prestazioni rese che della quantificazione del compenso. Pertanto, in accoglimento della domanda riconvenzionale proposta da parte attrice, (...). (...) va condannata a corrispondere a (...) l'importo di Euro 10.391,68 oltre interessi di mora ex D.Lgs. 213/02 dalla domanda giudiziale al saldo effettivo. Le spese, in considerazione dell'esito del giudizio e dell'omogeneità delle poste di dare-avere, vanno interamente compensate tra gli attori e (...) mentre parte attrice va condannata a rifondere interamente le spese di lite sostenute da (...) e (...) personalmente verso i quali c'è soccombenza totale. P.Q.M. Il Tribunale di Monza, sezione Prima Civile, definitivamente pronunciando ogni diversa e ulteriore istanza assorbita o respinta così provvede: 1. in parziale accoglimento della domanda attorea, condanna (...) in persona del legale rapp.te pro tempore a corrispondere a titolo di risarcimento del danno per le ragioni di cui in motivazione la somma di Euro 10.854,19 (già comprensiva di interessi e rivalutazione) in favore di (...) e la somma di Euro 4.711,91 (già comprensiva di interessi e rivalutazione) in favore di (...) oltre interessi legali dalla sentenza al saldo; 2. in accoglimento della domanda riconvenzionale proposta da (...) condanna (...). (...) a corrispondere a (...) a titolo di compenso ancora dovuto la somma di Euro 10.391,68 oltre interessi di mora ex D.Lgs. 231/2002 dalla domanda giudiziale al saldo effettivo; 3. condanna gli attori in solido a rimborsare ai convenuti (...) e (...) le spese di lite liquidate in Euro 3.000,00 oltre rimborso spese generali 15%, C.P.A. ed I.V.A, quest'ultima se ed in quanto dovuta, come per legge; 4. compensa interamente tra le altre parti le spese di lite. Così deciso in Monza, in data 30 agosto 2024.
REPUBBLICA ITALIANA In nome del Popolo Italiano Tribunale di Monza il Giudice, Dr.ssa Maria Teresa Latella ha pronunciato la seguente SENTENZA Nella causa tra (...) Con l'avv. (...) Attrice Contro (...) Con l'avv. (...) Convenuto Avente ad oggetto: impugnazione di delibera assembleare Conclusioni delle parti Per l'attrice: Preliminarmente: accogliere l'eccezione, rilevata in udienza e precisata nella prima memoria ex art. 183 comma 6 n. 1 c.p.c., di carenza di legittimazione processuale del convenuto costituitosi con procura non valida e contro la volontà assembleare; Nel merito: Accertato e dichiarato che le asserite delibere nelle quali sarebbero stati discussi i punti espressi nella relazione del 21.12.21 ed aventi come oggetto: il Decreto Ingiuntivo della (...) il pagamento di bollette di altro condominio con i soldi del condominio (...) ed il versamento di euro 500,00 al sig. (...) per pagare la pulizia del sottotetto, non esistono, dichiarare la nullità della delibera di ratifica del 21.12.21; - Accertato che la delibera del 21.12.21, con cui si dichiara all'unanimità la regolarità dell'operato dell'amministratrice, mira a sanare nel merito ed a posteriori le irregolarità contestate con l'azione di revoca giudiziale e riportate a verbale nei punti della relazione, ovvero: il Decreto Ingiuntivo della (...) il pagamento di bollette di altro condominio con i soldi del condominio (...) e la somma di euro 500,00 versata al sig. (...) ha come oggetto argomenti nuovi, dichiarare che la loro approvazione/ratifica è affetta dai seguenti vizi di nullità: a) Indeterminatezza dell'oggetto (non determinato e/o indeterminabile), in merito alla votazione avente ad oggetto la ratifica dell'argomento del Decreto Ingiuntivo, in quanto non sono indicati né chiariti i motivi che hanno generato l'azione monitoria; non viene detto come e quando questa azione giudiziaria si sia conclusa e quali somme sono state pagate; b) Indeterminatezza dell'oggetto (non determinato e/o indeterminabile), in merito alla votazione avente ad oggetto la ratifica dell'argomento delle bollette pagate ad altro condominio con i soldi del (...), in quanto non vengono indicate le somme pagate; non è precisato quando sono state pagate e non viene comunicato il nominativo del condominio beneficiario; c) Difetto di attribuzione, poiché l'assemblea ha deciso di ratificare/approvare spese non inerenti la gestione condominiale, ossia le bollette di altro condominio. d) Carenza di una ragione meritevole di tutela giuridica, perché la decisione avente ad oggetto la votazione sul sig. (...) quando lo si ringrazia e lo si considera parte integrante del condominio, è priva di un reale decisum; e) Mancanza di una causa che giustifichi il versamento di euro 500,00 al sig. (...) f) Difetto di attribuzione, in quanto l'assemblea prende posizione sull'azione di revoca giudiziale ed esprime un voto al fine di ratificare a posteriori le irregolarità e le omissioni contestate all'amministratrice con il ricorso di revoca. Accertati e dichiarati i vizi di nullità che inficiano l'oggetto della ratifica dei singoli argomenti, dichiarare la nullità della delibera di approvazione/ratifica del 21.12.21; - Accertato che l'assemblea condominiale del 21.12.21 ha deliberato su argomenti nuovi non presenti nell'ordine del giorno e non comunicati con la convocazione, quali: l'azione di revoca giudiziale; il Decreto Ingiuntivo; l'uso improprio dei fondi condominiali per pagare bollette di altro condominio ed il versamento sine causa di euro 500,00 al sig. (...) ritenuto violato il diritto dell'attrice, non presente alla riunione, di conoscere con congruo anticipo gli argomenti che sarebbero stati trattati in assemblea, dichiarare la delibera invalida poiché affetta da vizi di annullabilità per violazione delle prescrizioni legali attinente al procedimento di informazione dell'assemblea e per l'effetto annullarla. Tanto accertato, dichiarato e ritenuto, per tutti i motivi di nullità ed annullabilità rilevati: Annullare la delibera del condominio di via (...) del 21.12.2021, ex art. 1137 c.c., nelle seguenti parti: "l'amministratore mette a conoscenza l'assemblea che in data 20 dicembre ha avuto la notifica da parte della sig.ra (...) circa la revoca giudiziale dell'amministratore in carica. In tale atto la sig.ra (...) afferma che l'amministratore nulla abbia riferito all'assemblea circa il decreto ingiuntivo fatto dalla ditta (...) e degli errori di pagamento di due bollette di un condominio fatti con il conto corrente del condominio (...). L'amministratore ribadisce che tale affermazione non corrisponde al vero in quanto durante le ultime assemblee tali situazioni erano state portati a conoscenza all'assemblea e perciò discussi", ed ancora, "Inoltre l'assemblea ribadisce che il sig. (...) è parte integrante ed indispensabile nella vita condominiale in quanto residente e presente; l'assemblea ringrazia l'operato del sig. (...) che mai ha percepito nessun compenso per l'interessamento alla vita condominiale e che gli euro 500,00 (cinquecento) erano stati dati per la pulizia del sottotetto come già discusso nella relativa assemblea di competenza". "L'assemblea ad unanimità dichiara che tutti i punti espressi nella relazione della dott.sa (...) erano stati trattati ed autorizzati dall'assemblea, pertanto si dichiara all'unanimità la regolarità dell'operato dell'amministratrice. Per parte convenuta: Accertare e dichiarare la inammissibilità per mutato libelli e/o per intervenuta conciliazione/mediazione intervenuta con la dott.ssa (...) nella causa rg. (...) Trib. Monza V.G., della domanda/contestazione inerente le presunte spese non iscritte nei bilanci del (...) come meglio indicate in narrativa, così come rappresentate per la prima volta solo nella memoria ex art. 183 comma 6 n. 1 cpc dalla sig.ra (...) per tutti i motivi dedotti; 2) Accertare e dichiarare la carenza dell'interesse ad agire di parte attrice; 3) Accertare e dichiarare la mancanza di valore decisorio della dichiarazione indicata nella delibera assembleare; e per l'effetto dei punti sopra indicati 4) Rigettare tutte le domande di parte attrice per tutti i motivi dedotti in narrativa. 5) Con vittoria di spese, competenze e onorari di giudizio al procuratore antistatario. Salvis iuribus MOTIVI IN FATTO E DIRITTO Con atto di citazione del 25.03.2022, l'attrice conveniva in giudizio il (...) a (...) impugnando, ex art.1137 c.c., la delibera assembleare di cui all'assemblea condominiale del 21.12.2021 limitatamente al punto n. 1 all'ordine del giorno. Si premette che l'attrice, proprietaria di un appartamento nel condominio, amministrato dalla dott.ssa (...) (dal 10.05.2021) e poi dal dott. geom. (...) (dal 14.7.2022) aveva previamente avviato la mediazione civile obbligatoria alla quale il condominio non aderiva, mancando di presentarsi all'incontro di mediazione tenutosi il 10.03.2022. Instaurato dunque il presente giudizio, parte attrice evidenziava che l'assemblea con la delibera del 21.12.2021 - "con la quale l'amministratrice (...), per procurarsi un giustificativo da presentare nella procedura di revoca giudiziale (oggetto di precedente giudizio instaurato sempre ad istanza della (...) e peraltro conclusosi con un accordo tra l'attrice e l'amministratrice), aveva chiesto un voto sulle questioni contestatele con il ricorso giudiziale" -, era incorsa in vizi che ne determinavano la nullità ed annullabilità. In particolare il punto 1 del verbale, (all'ordine del giorno, discussione e deliberazione sulla "Relazione dell'amministratore relativa al procedimento di mediazione attivato dalla sig.ra (...) nei confronti del condominio davanti alla Camera Arbitrale di Milano"), risultava viziato nella parte in cui l'assemblea condominiale aveva deliberato su argomenti nuovi, mai discussi in precedenza e non all'ordine del giorno. Quest'ultimo, infatti, non prevedeva la votazione sull'operato dell'amministratrice né la sanatoria di operazioni che avevano comportato spese non iscritte in bilancio; unico argomento previsto dalla convocazione era la mera conferma della chiusura della mediazione n. (...). L'attrice allegava dunque di non aver partecipato all'assemblea del 21.12.2021 e di aver ricevuto il verbale di assemblea il 14-19 gennaio 2022 riscontrandovi che l'assemblea avesse discusso e deliberato su argomenti nuovi. Nella specie, al punto 1 della delibera, era verbalizzato: "l'amministratore mette a conoscenza l'assemblea che in data 20 dicembre ha avuto la notifica da parte della sig.ra (...) circa la revoca giudiziale dell'amministratore in carica. In tale atto la sig.ra (...) afferma che l'amministratore nulla abbia riferito all'assemblea circa il decreto ingiuntivo fatto dalla ditta (...) e degli errori di pagamento di due bollette di un condominio fatti con il conto corrente del condominio (...). L'amministratore ribadisce che tale affermazione non corrisponde al vero in quanto durante le ultime assemblee tali situazioni erano state portati a conoscenza all'assemblea e perciò discussi", ed ancora, "Inoltre l'assemblea ribadisce che il sig. (...) è parte integrante ed indispensabile nella vita condominiale in quanto residente e presente, l'assemblea ringrazia l'operato del sig. (...) che mai ha percepito nessun compenso per l'interessamento alla vita condominiale e che gli euro 500,00 (cinquecento) erano stati dati per la pulizia del sottotetto come già discusso nella relativa assemblea di competenza". Quindi l'assemblea così deliberava: "L'assemblea ad unanimità dichiara che tutti i punti espressi nella relazione della dott.sa (...) erano stati trattati ed autorizzati dall'assemblea, pertanto si dichiara all'unanimità la regolarità dell'operato dell'amministratrice". L'attrice evidenziava dunque come all'assemblea del 21.12.2021, avendo l'amministratrice esposto e chiesto il voto circa il decreto ingiuntivo della (...) il pagamento di bollette di altro condominio con i soldi del condominio (...) n. (...) la somma di euro 500,00 versata al sig. (...), deliberava su materie non rientranti tra le competenze assembleari (azione di revoca giudiziale dell'amministratrice di condominio) oltre che su questioni nuove ed inoltre esprimeva valutazioni non concernenti la gestione dei beni comuni (con riferimento al denaro corrisposto al sig. (...). Di qui la contrarietà a legem della delibera e la sua nullità ed annullabilità. Si costituiva il (...) chiedendo il rigetto delle avversarie pretese, allegando che non solo quanto discusso in assemblea e riportato nel relativo verbale fosse indicato nell'ordine del giorno ed anche in un precedente procedimento di mediazione (essendo stata così la (...) in grado di conoscerne il contenuto), ma che in ogni caso quanto riportato non avesse un contenuto decisorio (pertanto inidoneo a provocare alcun pregiudizio all'attrice) bensì fosse una semplice dichiarazione del condominio circa l'avvenuta informazione dello stesso. Evidenziava altresì un nesso tra la presente azione e quella intentata dall'attrice per la revoca giudiziale della (...) (peraltro, come si vedrà oltre, conclusosi con un accordo tra le parti). Di qui l'infondatezza della domanda nel merito e comunque la carenza di interesse e la richiesta di rigetto integrale. Nel corso del giudizio, depositate le memorie istruttorie, e ritenuta la causa documentale, all'udienza del 2.5.2024 le parti precisavano le conclusioni e la causa era trattenuta in decisione. Si premette in diritto quanto alle questioni affrontate in giudizio che è principio consolidato in giurisprudenza quello per cui "in materia di delibere condominiali, l'assemblea non può deliberare su argomenti che non siano stati specificamente posti all'ordine del giorno nell'avviso di convocazione e pertanto l'eventuale delibera prodotta deve essere annullata, a nulla rileva neppure l'urgenza di provvedere in ordine a detti argomenti in quanto urgenza in ogni caso non giustifica la compromissione dei diritti di informazione del (...)" (così di recente ex multis Tribunale Napoli, sezione IV, 2 dicembre 2021, n. 9755). Ciò premesso e venendo al caso di specie va in primo luogo rigettata l'eccezione di difetto di legittimazione del (...) per inidoneità della procura rilasciata da amministratore non più in carica. Il Condominio infatti, secondo quanto stabilito dall'art. 82 c.p.c. e disposto dal giudice nel corso del giudizio, ha regolarizzato la procura acquisita in conformità al disposto dell'art. 1131 c.c. dalla nuova amministrazione in essere al momento del giudizio. Venendo al merito la controversia, alla luce dei principi più sopra richiamati, può essere decisa secondo la ragione più liquida, così che la delibera va annullata ex art. 1137 c.c. per difetto di regolare convocazione come prevista all'art. 66 comma III disp.att c.c. Ve infatti in primo luogo disatteso l'assunto di parte convenuta circa la carenza di interesse della (...) per effetto dell'intervenuto accordo con il Condominio nel diverso giudizio per revoca di amministratore condominiale. Di tale giudizio, del suo contenuto e delle sue motivazioni - pur non contestata l'avvenuta estinzione - nulla è stato prodotto agli atti del giudizio così che non è possibile valutare una coincidenza di domande e conseguente loro rinuncia implicita. Né può accogliersi, sempre sotto il profilo dell'interesse, l'eccezione del Condominio di mutatio libelli asseritamente perpetrata dalla (...) con la memoria n. 1 a p. 4 laddove si afferma "... Dai movimenti di conto corrente sono infatti emerse spese non iscritte nei bilanci (doc. 6). Nello specifico: movimenti di fondi verso altri condominii e condomini, pagamenti ed emissione di assegni a soggetti non identificati; il tutto per la somma complessiva di circa Euro 5.668,67 (doc. 12). La delibera del 21.12.21 è evidente che è stata assunta per sanare il comportamento irregolare dell'amministratrice e per rendere tali spese definitive. Qualora la delibera non venisse annullata il Condominio subirebbe un pregiudizio finanziario per la somma sopra indicata e la sig.ra (...) vedrebbe la sua quota di versamenti, pari a circa Euro 470,00 irrimediabilmente persa..." Tale affermazione non integra infatti una domanda nuova ma costituisce solo una specificazione, sotto il profilo del danno economico che all'attrice ed al condominio potrebbe derivare dal mancato annullamento della delibera, proprio dell'interesse ad agire. Ciò premesso e venendo al merito, la domanda come già detto è fondata. L'ordine del giorno - che come già precisato deve essere specifico -, non conteneva alcun accenno alle lamentate questioni (decreto ingiuntivo (...) erroneo pagamento di bollette con denaro condominiale e compenso al (...) delle quali peraltro neppure vi è accenno nei precedenti verbali assembleari pure prodotti dall'attrice. Ma neppure - a differenza di quanto sostiene il convenuto - in riferimento alla mediazione in corso, vi è prova che in tale sede si fosse mai discusso dell'uso improprio dei fondi condominiali, del decreto ingiuntivo della (...) né dei versamenti di denaro al sig. (...). Dalle produzioni in atti nulla infatti emerge in tal senso e dunque non vi è prova che la (...) avesse mai, neppure aliunde, avuto conoscenza di tale ordine del giorno. Né può aderirsi alla ricostruzione del (...) circa l'asserito valore meramente dichiarativo della delibera giacché la discussione in ordine ad un decreto ingiuntivo contro il condominio, l'erroneo pagamento con denaro condominiale ovvero il pagamento di compensi non deliberati ha chiare ripercussioni economiche nei confronti sia dei condomini che del (...) stesso, richiamato qui quanto già precisato in ordine all'interesse. La domanda di annullamento della delibera assembleare 21.12.2021 limitatamente al punto n. 1 merita pertanto accoglimento. Ogni altra domanda e questione (anche in ordine alle nullità lamentate) deve ritenersi assorbita dalla decisione in tal senso adottata. Le spese di lite, attesa la parziale reciproca soccombenza (quanto al difetto di legittimazione e di interesse) possono essere per un terzo compensate e per la restante parte poste a carico del (...) e si liquidano in dispositivo, su valori minimi e per tre fasi di giudizio P.Q.M. Definitivamente pronunciando e ritenuta la propria competenza ANNULLA la delibera impugnata di cui all'assemblea 21.12.2021 del (...) convenuto limitatamente al punto 1 come richiamato in parte motiva RIGETTA o dichiara assorbita ogni altra domanda od eccezione CONDANNA il (...), previa parziale compensazione al pagamento delle spese di lite in favore di (...) pari ad euro 2270,00 per compensi oltre accessori per legge Monza 19 agosto 2024.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE CIVILE DI MONZA Il Tribunale, in composizione monocratica, in persona del Giudice dott.ssa (...) ha emesso la seguente SENTENZA nella causa civile di primo grado iscritta al n. (...) del ruolo generale per gli affari contenziosi dell'anno 2019, presa in decisione all'udienza del 14 novembre 2023, e vertente TRA (...) (C.F. (...)), rappresentata e difesa dall'Avv. (...) ed elettivamente domiciliat (...) via (...) n. 24, giusta procura in atti; ATTRICE E Dott. (...) (C.F. (...)) rappresentato e difeso dall'Avv. (...) ed elettivamente domiciliato presso lo studio di quest'ultimo in (...) via (...) n. 18, in forza di procura in atti; CONVENUTO E (...) E (...) S.P.A. con sede (...) via (...) n. 10, in persona del presidente del Consiglio di Amministrazione Dott. (...) rappresentata e difesa dall'Avv. (...) ed elettivamente domiciliat (...), in forza di procura in atti; E SOCIETA' (...) S.p.A. (P.I. (...)), con sede (...), in persona del legale rappresentante e procuratore dott. (...) rappresentata e difesa dall'Avv. (...) ed elettivamente domiciliat (...) via (...) n. 44, in forza di procura in atti; CONVENUTA OGGETTO: risarcimento del danno da responsabilità professionale (...) "(...). (...) procuratore e difensore dell'attrice con le presenti note scritte, insiste nel contenuto dei propri scritti difensivi e precisa le conclusioni chiedendo l'accoglimento di tutte le domande, eccezioni, conclusioni formulate con l'atto di citazione e la condanna dei convenuti al ristoro dei danni come determinato in sede di (...) conclusioni che qui di seguito vendono riportate: "ritenere e dichiarare che il danno lamentato dall'attrice è conseguenza dell'imperita e non diligente prestazione medica erogata dal dott. (...) in occasione dell'intervento del 2/04/2014 presso il (...) di (...) e conseguentemente condannare il dott. (...) in solido con la (...) di (...) - (...) in persona del suo legale rappresentante pro tempore e con il (...) di (...) casa di cura privata s.p.a., in persona del suo legale rappresentante pro tempore in favore dell'attrice (...)ra (...) al ristoro di tutti i danni patiti in conseguenza dei fatti oggetto del giudizio, come quantificati in CTU con vittoria di spese e compensi da distrarre in favore del procuratore" (...) E TERZA CHIAMATA DOTT. (...) "Voglia l'(...)mo Tribunale di (...) contrariis reiectis ed emessa ogni opportuna declaratoria, così giudicare: (...) respingere le domande svolte da parte attrice nei confronti del dott. (...) in quanto infondate in fatto e diritto. IN VIA SUBORDINATA: nella denegata e non creduta ipotesi di accoglimento, anche parziale delle domande di parte attrice, liquidare il danno nei limiti del rigorosamente provato e dovuto e dichiarare che di esse deve rispondere solo ed esclusivamente il (...) di (...) di (...) privata S.p.A., respingendo per l'effetto le domande da quest'ultima svolte nei confronti del dott. (...) In ogni caso con vittoria delle spese e dei compensi professionali, anche nei confronti della "(...) di (...) - (...) Cooperativa", oltre rimborso forfettario spese generali ex art. 2 D.M. n. 55/2014 e accessori di legge (Cpa e (...)" (...) S.P.A. "Voglia l'(...)mo Tribunale adito, disattesa ogni avversa istanza In via principale: rigettare tutte le domande promosse nei confronti di (...) di (...) di (...) S.p.a. in quanto infondate in fatto e in diritto. Condannare l'attrice, ai sensi dell'art. 96 c.p.c., al risarcimento dei danni liquidati d'ufficio. Con vittoria di spese di lite e competenze professionali oltre (...) CPA e rimborso forfettario nella misura di legge. In via subordinata: nella denegata ipotesi che sia riconosciuta la responsabilità di (...) di (...) di (...) S.p.a. e la stessa venga condannata al risarcimento dei danni eventualmente accertati dalla espletanda istruttoria, ridurre la quantificazione del danno operata dall'attrice ed escludere il danno patrimoniale; accertare la quota di responsabilità del (...) di (...) rispetto alla quota di responsabilità del Dott. (...) Condannare il Dott. (...) a rifondere, per la sua quota di responsabilità, a (...) di (...) di (...) S.p.a. quanto eventualmente versato direttamente all'attrice. Con vittoria di spese di lite e competenze professionali oltre (...) CPA e rimborso forfettario nella misura di legge". (...) S.p.A. "Voglia l'(...)mo Tribunale di (...) contrariis rejectis, così giudicare:- in via principale nel merito: respingere la domanda attorea in quanto infondata in fatto ed in diritto con ogni più ampia declaratoria e motivazione ritenuta di legge e/o comunque di giustizia; - in via subordinata: nella denegata e non creduta ipotesi di accertamento di responsabilità in capo al dott. (...) e di accoglimento, anche parziale, delle domande attoree, previo accertamento e declaratoria di operatività della garanzia di cui alla (...) n.(...)013 (...) & PROFESSIONISTI, circoscrivere e limitare il risarcimento e la manleva nell'ambito delle risultanze istruttorie ed al netto della franchigia assoluta prevista alla condizioni di (...) 040 pari ad (...) 15.000; con vittoria delle spese e competenze del giudizio, oltre accessori di legge" Occorre premettere che la presente causa veniva assegnata a questo Giudice in data 13 settembre 2023, ad istruttoria già conclusa. MOTIVI DELLA DECISIONE Si deve, preliminarmente, osservare che le difese, eccezioni ed argomentazioni delle parti devono essere esaminate per quanto strettamente necessario per la motivazione di questa sentenza, facendo applicazione del principio "della ragione più liquida" (cfr. Cass., Sez. 5, Sentenza n. 11458 dell'11.5.2018); inoltre, va precisato che le circostanze di fatto rilevanti ai fini della decisione sono esclusivamente quelle allegate entro il termine fissato dalla legge processuale per la maturazione in capo alle parti delle preclusioni assertive aventi ad oggetto i fatti costitutivi delle pretese azionate in causa (vale a dire, entro il termine previsto per il deposito della memoria ex art. 183, comma 6, n.1, c.p.c.), considerando inammissibili - perché tardive - deduzioni successive al termine de quo (cfr. Cass., Sez. 3, Sent. n. 7270 del 18.3.2008); senza che neppure rilevi il fatto che le circostanze non oggetto di specifica allegazione siano, in tesi, evincibili dai documenti prodotti (quanto al rapporto tra deduzione e produzione documentale, cfr. Cass., Sez. 3, Sent. n. 7115 del 21.3.2013). Con atto di citazione ritualmente notificato, (...) conveniva in giudizio il dott. (...) il (...) S.P.A. e (...) S.p.A. e chiedeva accertarsi e dichiararsi la responsabilità professionale del Dott. (...) per l'intervento effettuato in data 2 aprile 2014 presso il (...) e condannare i convenuti al risarcimento dei danni subiti dalla parte attrice che si quantificano in euro 44.000,00 ((...) 14.000,00 danno biologico, (...) 30,000,00 lucro cessante) o nella maggior somma che dovesse accertarsi in corso di causa. A sostegno della propria domanda, la parte attrice esponeva che: - in data 12 febbraio 2011, (...) "a causa dell'insorgenza di gonalgia dx non responsiva alla terapia medica (...) veniva sottoposta ad intervento chirurgico in artroscopia, shaving cartilagineo e meniscectomia mediale selettiva presso la casa di cura regina pacis di San Cataldo"; - nel 2014, "per la persistenza del dolore ed impossibilità a camminare, dopo vari controlli ortopedici (...) si affidava alle cure del dott. (...) il quale poneva l'indicazione all'impianto di una protesi femoro - rotulea dx"; - in data 2 aprile 2014, veniva effettuato l'intervento presso l'(...) del (...) di (...) dal dott. (...) e dalla sua equipe medica; - a seguito dell'intervento, seguiva un peggioramento delle condizioni di salute della parte attrice "quando cominciava a caricare progressivamente sul ginocchio dx, accusava forte dolore alla gamba dx con gonfiore ed impotenza funzionale, perciò era costretta a deambulare con due stampelle per circa tre mesi e con una stampella per i successivi due mesi"; - nonostante i diversi controlli effettuati dal Dott. (...) la situazione clinica della parte attrice non migliorava ed era costretta a rivolgersi ad altri specialisti. La parte attrice osservava che "il dott. (...) aveva consigliato un intervento controindicato alla patologia della signora (...) che l'hanno costretta a sottoporsi dopo un anno ad un secondo intervento di artroprotesi totale per esiti di protesi femoro-patellare ginocchio destro". (...) produceva relazione con parere medico - legale, in data 26 luglio 2028, a firma della Dott.ssa (...) nella quale si legge che il Dott. (...) presso il (...) "nonostante il coinvolgimento prevalente del compartimento mediale del ginocchio da parte della patologia osteoartrosica, effettuava un intervento chirurgico di protesizzazione dell'articolazione femoro-rotulea. In particolare, veniva diagnosticata una condizione di grave degenerazione osteoartrosica femoro-patellare destra, senza alcun riscontro strumentale che potesse giustificare una tale diagnosi. (...) Si ritiene che l'intervento di protesizzazione femoro-rotulea effettuato nel mese di aprile del 2014 - controindicato nel caso di specie in base a quanto previsto dalle indicazioni della comunità scientifica -, abbia comportato un inutile protrarsi del periodo di malattia, l'inopportuno impianto di materiale protesico a livello rotuleo e, verosimilmente, anticipazione di un intervento di protesizzazione totale del ginocchio che sarebbe stato auspicabile differire". Successivamente, a causa dell'insuccesso dell'intervento effettuato dal sanitario, la parte attrice veniva sottoposta, nel mese di luglio 2015, ad intervento di "rimozione della protesi itercondilica e giustapposizione di artroprotesi totale del ginocchio". Si costituiva il dott. (...) il quale deduceva che "nessuna colpa, negligenza ed imperizia è ravvisabile nella condotta del dott. (...) che ha agito secondo la miglior pratica medica e nel rispetto delle modalità tecniche e delle linee guida suggerite dalla scienza medica, con prudenza e con la dovuta diligenza e competenza professionale, informando esaurientemente la signora (...) dell'intervento e dei possibili esiti che ne sarebbero potuti derivare" e chiedeva, in via principale, il rigetto delle domande formulate nei propri confronti, in via subordinata nella denegata e non creduta ipotesi di accoglimento delle stesse, liquidare il danno nei limiti di quanto provato e dovuto. Si costituiva (...) S.P.A. e chiedeva, in via preliminare, autorizzarsi la chiamata in causa del terzo dott. (...) e consentire, pertanto il differimento di udienza, in via principale, il rigetto delle domande formulate nei confronti della struttura sanitaria e la condanna dell'attrice ai sensi dell'art. 96 c.p.c., in via subordinata, nella denegata ipotesi di riconoscimento di responsabilità dell'odierna convenuta "ridurre la quantificazione del danno operata dall'attrice ed escludere il danno patrimoniale; accertare la quota di responsabilità del (...) di (...) rispetto alla quota di responsabilità del Dott. (...) Condannare il Dott. (...) a rifondere, per la quota di responsabilità, a (...) di (...) di (...) S.p.a. quanto eventualmente versato direttamente all'attrice". Si costituiva (...) S.p.A. e chiedeva, in via principale il rigetto delle domande formulate nei confronti della stessa, in via subordinata, circoscrivere il risarcimento del danno a quanto provato, con applicazione della franchigia assoluta di (...) 15.000,00 prevista dalla polizza azionata. Tanto esposto, occorre, preliminarmente, rammentare che i principi che governano l'accertamento della responsabilità nell'ambito professionale medico sono quelli derivanti dal rapporto contrattuale (o "da contatto") che si instaura anche di mero fatto con l'affidamento del paziente alle cure del medico ovvero della struttura sanitaria, trattandosi di responsabilità dell'ente ospedaliero nei confronti del paziente per i danni ad esso arrecati a seguito di una non diligente ed imprudente esecuzione della prestazione. In particolare, era consolidato, all'epoca dell'introduzione del giudizio, l'orientamento giurisprudenziale che qualificava la responsabilità della struttura sanitaria come responsabilità contrattuale ex art. 1218 c.c., sul presupposto che l'accettazione del paziente in struttura sanitaria, ai fini del ricovero o di una visita ambulatoriale, comportasse la conclusione di un contratto spedalità e di assistenza sanitaria comprendente prestazioni primarie di carattere medico sanitario ma anche prestazioni accessorie. Quanto alla responsabilità dei medici, nonostante i dubbi interpretativi registratisi sia in dottrina che in giurisprudenza, è stato prevalente anche in questo caso l'orientamento per cui la responsabilità del singolo medico avesse natura contrattuale e trovasse la propria fonte nel c.d. contatto sociale qualificato. Nemmeno la successiva legge 189 del 2012 ha inquadrato la responsabilità medica come forma di responsabilità extracontrattuale, atteso che, secondo l'unanime lettura data dalla Corte di Cassazione all'art. 3, comma 1, della citata legge nelle sue prime applicazioni, la disposizione in esame si limitava ad escludere la rilevanza della colpa lieve nell'ambito civile stabilendo che per il medico valeva comunque l'obbligo di cui all'art. 2043 c.c., vale a dire l'obbligo del risarcimento del danno, senza però ricondurre la responsabilità del sanitario nell'alveo di applicazione della responsabilità aquiliana (Cass. civ. n. (...) del 17 aprile 2014). A ciò si aggiunga che la legge 8 marzo 2017 n. 24 recante "(...) in materia di sicurezza delle cure e della persona assistita, nonché in materia di responsabilità professionale degli esercenti le professioni sanitarie", nella parte in cui ha abrogato la predetta norma e ha disposto all'art. 7, comma 3, che "l'esercente la professione sanitaria di cui ai commi 1 e 2 risponde del proprio operato ai sensi dell'articolo 2043 del codice civile, salvo che abbia agito nell'adempimento di obbligazione contrattuale assunta con il paziente. Il giudice, nella determinazione del risarcimento del danno, tiene conto della condotta dell'esercente la professione sanitaria ai sensi dell'articolo 5 della presente legge e dell'articolo 590- sexies del codice penale, introdotto dall'articolo 6 della presente legge", non è retroattiva, attesa l'assenza di una norma transitoria che disponga in tal senso, e quindi, ai sensi dell'art. 11 delle preleggi, non risulta applicabile alle fattispecie perfezionatesi prima della sua entrata in vigore, avvenuta l'1 aprile 2017, verificandosi diversamente una lesione ingiustificata del legittimo affidamento dei consociati in ordine al regime contrattuale della responsabilità del medico e al conseguente regime probatorio cui fare riferimento nei procedimenti già pendenti. Il principio esposto trova peraltro conferma nell'orientamento espresso dalla giurisprudenza di legittimità secondo la quale "In tema di responsabilità sanitaria, le norme poste dagli artt. 3, comma 1, del d.l. n. 158 del 2012, convertito dalla legge n. 189 del 2012, e dall'art. 7, comma 3, della legge n. 24 del 2017, non hanno efficacia retroattiva e non sono applicabili ai fatti verificatisi anteriormente alla loro entrata in vigore." (Cass. 28994 del 2019). In ogni caso, con riferimento alla struttura sanitaria, anche la legge 24 del 2017 ha qualificato la responsabilità della struttura sanitaria come responsabilità contrattuale, prevedendo all'art. 7, comma 1, che " La struttura sanitaria o sociosanitaria pubblica o privata che, nell'adempimento della propria obbligazione, si avvalga dell'opera di esercenti la professione sanitaria, anche se scelti dal paziente e ancorché non dipendenti della struttura stessa, risponde, ai sensi degli articoli 1218 e 1228 del codice civile, delle loro condotte dolose o colpose", e così confermando l'orientamento giurisprudenziale consolidatosi negli anni in materia. La presente fattispecie, perfezionatasi prima dell'entrata in vigore della legge c.d. Gelli, deve essere regolata dai principi del quadro normativo e giurisprudenziale richiamato e ricondotta all'alveo della responsabilità contrattuale sia con riferimento alla posizione della struttura sanitaria che con riferimento a quella del medico. In virtù della natura contrattuale della responsabilità del medico e della struttura sanitaria, costituisce quindi onere di questi ultimi provare la correttezza del proprio operato secondo gli imposti criteri di diligenza e perizia, con la conseguenza che, ove sussista incertezza sull'operato, l'inadempimento deve essere accertato in base alla regola dell'onere probatorio; ricade, invece, a carico del paziente l'onere della prova del nesso causale, con i criteri della probabilità logica, generalmente fornita per presunzioni e mediante prova di fatti secondari. Ne discende che, nei giudizi di risarcimento del danno causato da attività medica, grava sull'attore l'onere di allegare e provare l'esistenza del rapporto di cura, il danno e il nesso causale, mentre lo stesso ha unicamente l'onere di allegare - ma non provare - la colpa del personale sanitario, invece onerato della prova che l'eventuale danno riscontrato è dipeso da causa a sé non ascrivibile (cfr. Cass. n. 10297/04; Cass. 8826/2007; n. 13953/2007). Nella prospettiva dell'accertamento, in particolare, la causalità civile è retta dalle medesime regole che presiedono alla verifica del nesso di causalità nel giudizio penale, atteso che ciò che muta è lo standard probatorio necessario per l'affermazione della responsabilità; ed invero, mentre nel campo penale vige la regola della prova "oltre il ragionevole dubbio", nel processo civile vige la regola della preponderanza dell'evidenza o del "più probabile che non", stante la diversità dei valori in discussione e l'equivalenza delle posizioni delle parti contendenti nel processo civile (cfr. Cass. S.U. 580/2008; Cass. n. 21619 del 2007). Sul piano della colpa, infine, la responsabilità del medico postula la violazione dei doveri inerenti allo svolgimento dell'attività sanitaria, tra i quali quello della diligenza, che va a sua volta valutato con riguardo alla natura dell'attività, essendo tenuto il medico alla diligenza del debitore qualificato prevista dall'art. 1176, secondo comma, c.c. e, dunque, al rispetto di tutte le regole e gli accorgimenti che, nel loro insieme, costituiscono la conoscenza della professione medica. Va da sé che, nel caso in cui la prestazione resa implichi la soluzione di problemi tecnici di speciale difficoltà, così da consentire il risarcimento dei danni unicamente nel caso in cui il paziente provi il dolo o la colpa grave del medico ex art. 2236 c.c., l'onere di allegazione e probatorio continua a gravare sulla struttura sanitaria e/o sul sanitario (cfr. Cass. n. 15404/02; Cass. n. 2042/05). Da ultimo, occorre precisare che struttura sanitaria risponde "in via diretta" nel caso di danno provocato da inefficienza organizzativa (ad es. malfunzionamento delle apparecchiature), dunque per gli obblighi accessori connessi alla prestazione principale, configurandosi il c.d. danno da disorganizzazione ed invero, risponde in via indiretta, nelle ipotesi di obbligazioni "mediche" in senso stretto (con riferimento dunque ad interventi diagnostici e/o terapeutici), ai sensi dell'art. 1228 c.c. per il fatto commesso dagli "ausiliari" (...). Tali essendo le coordinate normative ed interpretative sulla base delle quali va ricercata la soluzione del caso in esame, la domanda risulta fondata per i motivi di seguito esposti. Tanto premesso, occorre rilevare che sulla base delle allegazioni e deduzioni delle parti, oltre che della documentazione dagli stessi depositata in atti è senz'altro provato il rapporto contrattuale intercorso tra attrice, struttura sanitaria e sanitario, e le cure erogate in favore della (...) dal dott. (...) presso la struttura (...) S.P.A. La CTU collegiale espletata nel corso del giudizio ha consentito di riscontrare quanto segue: - "La diagnosi di ingresso risulta gonalgia bilaterale più sintomatica a destra in degenerazione osteoartrosica grave femoro-patellare in soggetto con obesità di 1° e dolore al ginocchio destro a livello femoro-rotuleo con difficoltà nella deambulazione, con programma d'intervento di chirurgia ortopedica di protesi femoro-rotulea destra. Obiettivamente al ginocchio destro fu rilevata un'ipomobilità rotulea con scroscio e dolore pararotuleo mediale laterale. Radiograficamente risultava un'artrosi femoro-tibiale mediale con riduzione di ampiezza della rima articolare e osteofitosi marginale"; - "L'1.4.2014 (ore 19:00) fu acquisito il consenso informato per intervento protesico chirurgico su modulo dattiloscritto prestampato con le seguenti indicazioni manoscritte affetta da "artrosi femoro-rotulea destra grave" e intervento di "protesi femoro-rotulea destra". Il modulo è firmato dalla ricorrente signora (...) e dal Dott. (...) Bestetti"; - "Il (...) la ricorrente fu sottoposta ad intervento chirurgico di protesizzazione dell'articolazione femoro-rotulea destra, con bilanciamento legamentoso con protesi Ceraver"; - "alla luce delle considerazioni fatte sugli esami preoperatori analizzati e delle caratteristiche antropometriche della ricorrente signora (...) al tempo dell'operazione, è possibile ritenere che l'intervento chirurgico di sostituzione protesica della sola articolazione femororotulea fosse controindicato. Sono infatti presenti nel caso in discussione 2 elementi di controindicazione assoluta e 2 di controindicazione relativa ed è assente una delle indicazioni principali"; - "Nel dettaglio si segnala:1) era presente una deviazione in varo di 13.5°, quindi ben superiore ai 5° riportati dalla letteratura quali limite massimo di deviazione in varo per il posizionamento di una protesi femoro-rotulea (controindicazione assoluta) 2) al tempo dell'intervento la ricorrente signora (...) presentava già un'artrosi femoro-tibiale mediale di grado avanzato (grado III di K-L), che, oltre ad essere una chiara controindicazione per la protesi femoro-rotulea, rappresentava già un'indicazione alla sostituzione protesica del ginocchio (controindicazione assoluta)";3) la meniscectomia mediale precedentemente subita dalla paziente rappresenta una controindicazione all'impianto di protesi femoro-rotulea perché favorisce l'usura del compartimento mediale del ginocchio e quindi lo sviluppo di artrosi femoro-tibiale mediale (controindicazione relativa) 4) il BMI di 30.11 della paziente era superiore al limite di 30 posto dalla letteratura, (controindicazione relativa) 5) la degenerazione artrosica dell'articolazione femoro-rotula era di grado lieve. Nella risonanza magnetica del 1/2014 la condizione della rotula non viene nemmeno menzionata (mentre si riporta una "modicamente ridotta cartilagine retrorotulea" dell'altro ginocchio). Siamo quindi bene lontani da uno dei requisiti necessari a giustificare l'impianto di una protesi femororotulea, vale a dire la presenza di una condropatia estesa di grado (...) in sintesi: mancava l'indicazione. In conclusione, considerando il difetto di allineamento, la presenza di un'artrosi già significativa di un comparto diverso da quello poi protesizzato, di un peso corporeo eccessivo, di un pregresso intervento chirurgico di asportazione del menisco mediale, nonché l'assenza di una significativa artrosi femoro-rotulea, si può affermare che l'impianto di una protesi femoro-rotulea non fosse né indicato, né opportuno"; - "(...) del caso come descritto al punto 4 del quesito ha evidenziato un carente studio preoperatorio in dettaglio della situazione del ginocchio destro della ricorrente da considerare una violazione della normale diligenza esigibile in questi casi, da considerare nel complesso routinario. Le conseguenze dell'errata indicazione posta nel caso della ricorrente non sono da correlare quindi né ad una particolare difficoltà del caso della paziente, né sono da ricondurre ad eventuali difficoltà tecniche anatomo-chirurgiche del caso. Sia la situazione clinica e anatomica della ricorrente, che la tipologia di procedura chirurgica da proporre rientravano in situazioni routinarie esenti da speciali difficoltà. La situazione a carico del ginocchio destro della ricorrente risultava di chiara interpretazione applicando le conoscenze ben note in ambito ortopedico in caso di artrosi del ginocchio e valutando tutti gli elementi locali, pregressi e di costituzione fisica si poteva ben verificare l'indicazione o meno all'impianto di una protesi femoro-rotulea, che andava certamente proscritta non risultando indicata, al contrario di una eventuale proposta di protesi monocompartimentale che con un limitato rimaneggiamento osseo poteva migliorare la funzionalità del ginocchio garantendo anche un più veloce e migliore recupero postoperatorio rispetto a una protesi totale, come quella poi obbligatoriamente impiantata dopo l'espianto della protesi femoro-rotulea"; - "Dall'errata indicazione di impiantare una protesi femoro-rotulea al ginocchio destro della ricorrente si è determinata senza dubbio la necessità di impiantare un'artroprotesi totale del ginocchio destro per l'instaurarsi di un quadro di gonalgia persistente in particolare a carico del comparto mediale, senza la possibilità di altra scelta protesica monocompartimentale, non più posizionabile per la precedente resezione chirurgica ossea femorale per l'impianto della protesi femoro-rotulea, determinando così una maggiore limitazione della funzionalità flessoria del ginocchio destro per la presenza di una protesi totale. Inoltre, sempre a causa dell'errato trattamento di chirurgia ortopedica eseguito si è determinato un rimaneggiamento aggiuntivo dei tessuti molli e una maggiore perdita di osso per la necessità di estendere il trattamento correttivo a una protesi totale di ginocchio. Nel caso in esame la situazione di necessità di espianto della protesi femoro-rotulea destra e impianto di una protesi totale del ginocchio destro è da attribuire in toto alla scelta errata di indicazione all'impianto di protesi femoro-rotulea al ginocchio destro della ricorrente e all'omissione di una valutazione completa della situazione articolare e generale della ricorrente, che nel caso specifico non sono state adeguatamente considerate e ponderate preliminarmente alla scelta di quale intervento chirurgico ortopedico fosse più adeguato alle necessità di cura della ricorrente, considerando anche un approccio maggiormente conservativo data la ancora giovane età della paziente (55 anni) al momento delle visite eseguite dal Dott. (...) Non vi sono da attribuire ruoli causali/concausali all'attrice, né sussistono cause esterne preesistenti-pregresse, né precedenti interventi chirurgici a cui attribuire un ruolo causale/concausale nel determinismo dei danni iatrogeni". In conclusione, dunque, i consulenti tecnici d'ufficio ribadiscono come "Nel caso in esame la situazione di necessità di espianto della protesi femoro-rotulea destra e impianto di una protesi totale del ginocchio destro è da attribuire in toto alla scelta errata di indicazione all'impianto di protesi femoro-rotulea al ginocchio destro della ricorrente e all'omissione di una valutazione completa della situazione articolare e generale della ricorrente, che nel caso specifico non sono state adeguatamente considerate e ponderate preliminarmente alla scelta di quale intervento chirurgico ortopedico fosse più adeguato alle necessità di cura della ricorrente, considerando anche un approccio maggiormente conservativo data la ancora giovane età della paziente (55 anni) al momento delle visite eseguite dal Dott. (...)". Ne discende che l'intervento effettuato dal dott. (...) non è stato idonea a rispondere alle esigenze della (...) a fronte di una scelta errata "di indicazione all'impianto di protesi femoro-rotulea al ginocchio destro della ricorrente e all'omissione di una valutazione completa della situazione articolare e generale della ricorrente, che nel caso specifico non sono state adeguatamente considerate e ponderate preliminarmente alla scelta di quale intervento chirurgico ortopedico fosse più adeguato alle necessità di cura della ricorrente" (...) secondo i consulenti che hanno composto il collegio peritale, l'operato del dott. (...) non è stato conforme alle metodiche stabilite dalla prassi e dalla scienza medica, anche tenuto conto delle condizioni cliniche nelle quali versava la parte attrice ed ha determinato le conseguente descritte in atti e la necessitò del ricorso ad un necessario ed inevitabile intervento l'anno successivo (2015). A fronte di ciò, la struttura sanitaria ed il dott. (...) non sono riusciti a fornire la prova, su di loro gravante, dell'avvenuto rispetto dei protocolli e dell'esatto e diligente adempimento della prestazione sanitaria. Sulla base degli elementi individuati dal (...) deve ritenersi provata la responsabilità professionale del dott. (...) e della struttura sanitaria, (...) S.P.A. per esecuzione non a regola d'arte secondo le pratiche mediche degli interventi eseguiti sull'attore, nonché il nesso di causalità tra tale inadempimento ed i danni patiti dalla (...) Prive di rilievo, con riferimento a quanto poco sopra, le osservazioni dei consulenti tecnici d'ufficio a cui il (...) ha fornito completa e specifica risposta. In conclusione, nel caso in esame essendo stata provata la complessiva negligenza medica relativamente all'operato del sanitario, idonea a determinare un aggravamento delle condizioni di salute della parte attrice, i convenuti avrebbero dovuto provare il contrario, ovvero che le cure dal sanitario sul paziente, per quanto inutili, e comunque denotanti una complessiva negligenza sotto il profilo dell'ars medica, non abbiano avuto alcun impatto peggiorativo sulla condizione di salute della paziente rispetto alle condizioni pregresse di salute che la (...) aveva potuto verificare sin dall'inizio (Cass. Civ. 18392/2017). Nel caso che ci occupa la prova in questione non è stata fornita, ed anzi, costituisce circostanza accertata in sede di consulenza tecnica d'ufficio, che l'operato del sanitario è censurabile sotto il profilo dell'adesione alle regole dell'ars medica, sotto il profilo della diligenza medica, e che ha causato gli esiti come poco sopra illustrati a danno della parte attrice. Inoltre, la responsabilità ex art.2236 c.c. del sanitario e della struttura sanitaria non potrà neppure ritenersi attenuata o attenuabile, non implicando la soluzione di problemi tecnici di speciale difficoltà, così come ricavabile dalla stessa CTU espletata nel corso del giudizio, laddove, comunque, incombeva sui convenuti la prova dell'esistenza del suddetto presupposto (Cass. Civ. 8219/1990). A contrario come emerso in sede di consulenza tecnica d'ufficio trattavasi di interventi del tutto routinari. Deve, pertanto, riconoscersi a parte attrice il diritto al risarcimento del danno patrimoniale e non patrimoniale, subito in conseguenza dell'inadempimento dei convenuti. Nel caso che ci occupa la (...) ha dato prova del titolo, oltre che allegato l'inadempimento del medico e della struttura sanitaria; a contrario non è stata fornita una prova specifica ed adeguata in ordine al corretto adempimento da parte del sanitario e, dunque, dell'assenza di colpa nell'esercizio della prestazione. In merito all'individuazione dei danni subiti, il Tribunale reputa di condividere le conclusioni rassegnate dal (...) nella relazione depositata, in quanto appaiono tratte a seguito dei più opportuni e accurati accertamenti e pertanto possono essere fatte proprie ai fini delle valutazioni da assumere in questo procedimento. Quindi, quanto al pregiudizio effettivamente sofferto, all'esito dell'attento esame degli atti di causa e della documentazione medica prodotta, il (...) ha evidenziato che 1) gli interventi effettuati dal dott. (...) hanno residuato uno stato di invalidità permanente del 8%: ed invero, "Un approccio corretto al caso avrebbe permesso un intervento di protesi monocompartimentale femorotibiale, con minore cruentazione e demolizione dei tessuti ossei e molli della regione del ginocchio destro, permettendo per un maggior tempo una più ampia possibilità di flessione e di mobilizzazione maggiormente naturale del ginocchio destro, rispetto a quella attuale risultato dell'impianto di una protesi totale che forse non si sarebbe mai resa necessaria nel caso della ricorrente, oppure si sarebbe dovuta impiantare successivamente ad una protesi femoro-tibiale monocompartimentale ad esempio in fase di sostituzione, in termini generali entro circa 15-20 anni. Tenuto conto, infatti, della durata massima delle protesi totali certamente la ricorrente dovrà affrontare in futuro, trascorsi 15-20 anni dall'impianto (2030-2035), una sostituzione della protesi totale con una identica non essendo possibile impiantare protesi di diverso tipo. Una valutazione corretta e cauta iniziale al caso con impianto di una protesi monocompartimentale femoro-tibiale avrebbe permesso una funzionalità del ginocchio destro migliore per un maggior numero di anni, posticipando intorno ai 75 anni l'eventuale necessità di sostituzione di una protesi monocompartimentale con una uguale o eventualmente ampliare l'intervento con l'impianto di una protesi totale. Così facendo si sarebbe minimizzata la cruentazione e la demolizione delle strutture ossee del ginocchio destro, che sono state eseguite in forma ampia, in paziente in ancora giovane età (55 anni nel 4/2014 e 56 nel 7/2015), a causa dell'errata indicazione all'impianto della protesi femoro-rotulea destra". 2) inoltre, gli interventi effettuati dal dott. (...) hanno determinato, una inabilità temporanea parziale al 100% per gg 15 (...), un'inabilità temporanea parziale al 75% per gg 30 (...), una inabilità temporanea parziale al 50% per gg 30 (...), un'inabilità temporanea parziale pari al 25% per gg 30 (...) 3) "risulta che nel periodo precedente e successivo al ricovero della ricorrente presso il (...) di (...) 1- 16.4.2014 la signora (...) non svolgeva alcuna attività lavorativa, né da dipendente, né da titolare/socia d'impresa"; 4) In atti non sono documentate spese mediche da considerare necessarie e congrue e neppure sono previste spese mediche future. Tanto detto, essendo emerse lesioni micro-permanenti, secondo il consolidato orientamento della Corte di Cassazione occorre applicare i criteri risarcitori di cui all'articolo 139 del (...) delle (...) cui rinvia l'articolo 7, comma 4, della L. n. 24 del 2017, cd. Gelli-Bianco, che conferma quanto già previsto dall'articolo 3, comma 3, della L. n. 183 del 2012, cd. legge Balduzzi. La disposizione in questione, infatti, si applica a tutti i processi in corso indipendentemente dal momento della verificazione del danno, in quanto la norma, non incidendo retroattivamente sugli elementi costitutivi della fattispecie legale della responsabilità civile, non intacca situazioni giuridiche precostituite ed acquisite al patrimonio del soggetto leso, ma si rivolge direttamente al giudice, delimitandone l'ambito di discrezionalità e indicando il criterio tabellare quale parametro equitativo nella liquidazione del danno (Cass. Civ. n. 28990/2019; Cass. civ. Sez. III, 21/01/2020, n. 1157). Nella determinazione del risarcimento spettante a (...) in conseguenza degli interventi per cui è causa, si deve, dunque, avere riguardo, non alle (...) predisposte dal Tribunale di (...) ma a quanto stabilito per le c.d. micro-permanenti dall'art. 139 del D.Lgs. 7 settembre 2005, 209 ((...) delle assicurazioni private), come aggiornato, da ultimo, con il D.M. ottobre 2023. (...) un'invalidità permanente fino al 9% è oggetto della previsione normativa suddetta (co 1), con conseguente liquidazione sulla scorta di quanto previsto dalla lett. a) di tale disposizione dell'invalidità permanente e di quanto previsto dalla lett. b) dell'invalidità temporanea assoluta e di quella temporanea. Tanto detto, deve essere riconosciuta alla parte attrice la percentuale di danno biologico accertata in sede di elaborato peritale, ovvero: invalidità permanente 8% inabilità temporanea gg 15 al 100% gg 30 al 75% gg 30 al 50% gg 30 al 25% Ciò posto, in applicazione dell'art. 139 del (...) delle (...) (D.Lgs. 209/2005), ove il legislatore positivizza la disciplina delle lesioni cosiddette 'micro-permanenti', derivanti da sinistri conseguenti alla circolazione di veicoli a motore e natanti, che trova applicazione nel caso di specie, la liquidazione del danno verrà effettuata sulla base dei seguenti criteri: - per il danno biologico permanente: viene liquidato per i postumi di lesioni inferiori o uguali al 9% un importo crescente in misura più che proporzionale in relazione ad ogni punto percentuale di invalidità; tale importo sarà calcolato in base all'applicazione a ciascun punto percentuale di invalidità, del relativo coefficiente secondo la seguente correlazione; l'importo così determinato si riduce con il crescere dell'età del soggetto nella misura dello 0,5% per ogni anno di età a partire dall'undicesimo; il valore del primo punto è pari ad (...) 939,78; - A titolo di danno biologico temporaneo sarà liquidato un importo di (...) 54,80 per ogni giorno d'inabilità assoluta; in caso d'inabilità temporanea inferiore al 100%, la liquidazione avverrà in misura corrispondente alla percentuale d'invalidità riconosciuta per ciascun giorno. Tanto detto, in applicazione dei suddetti criteri, spetterebbe all'attrice (55 anni all'epoca dei fatti), la somma di (...) 12.235,94 a titolo di danno per invalidità permanente, e la somma di (...) 3288,00, a titolo di danno per invalidità temporanea. In applicazione dell'art. 139, comma 3 del D.Lgs. 209/2005 ("(...) la menomazione accertata incida in maniera rilevante su specifici aspetti dinamico-relazionali personali documentati ed obiettivamente accertati, ovvero causi o abbia causato una sofferenza psico-fisica di particolare intensità, l'ammontare del risarcimento del danno, calcolato secondo quanto previsto dalla tabella di cui al comma 4, può essere aumentato dal giudice con equi e motivato apprezzamento delle condizioni soggettive del danneggiato, fino al 20 per cento. (...) complessivo del risarcimento riconosciuto ai sensi del presente articolo è esaustivo del risarcimento del danno non patrimoniale conseguente a lesioni fisiche"), che consente un aumento dell'importo non superiore al quinto, con equo e motivato apprezzamento delle condizioni soggettive del danneggiato, la somma complessiva, nel caso di specie non può essere aumentata, in considerazione dell'assenza di allegazione o documentazione dell'incidenza su "specifici aspetti dinamico relazionali" ed "obiettivamente accertati" sulla base delle conclusioni della consulenza tecnica d'ufficio e della sofferenza psico - fisica rilevata. Ed invero, il danneggiato è onerato dell'allegazione di tutte le circostanze utili ad apprezzare la concreta incidenza della lesione patita in termini di sofferenza/turbamento e della prova delle stesse, non sussistendo alcuna automaticità parametrata al danno biologico patito. E ciò è tanto più vero nel caso di lesioni minori (...), laddove non sempre si rileva la sussistenza di un danno in termini di sofferenza da ristorare. Tanto premesso, il danno morale è stato allegato dalla parte in via generica e non risulta provato e neppure evidenziato secondo criteri oggettivi nella consulenza tecnica d'ufficio, sebbene richiesto al collegio peritale. (...) delle lesioni patite dall'attrice, sia in termini di inabilità temporanea, che in termini di postumi permanenti, non consente, peraltro, di presumere la sussistenza di un danno ulteriore rispetto a quello già considerato a titolo di danno biologico. Venendo poi all'esame delle voci di danno patrimoniale occorre osservare quanto segue. Occorre rilevare che la parte attrice in sede di precisazione delle conclusioni ha chiesto unicamente la liquidazione del danno sulla base di quanto indicato in CTU con riferimento, dunque, all'invalidità permanente ed all'invalidità temporanea. Si ritiene, dunque, che abbia rinunciato alla domanda formulata in sede di atto di citazione relativa al "lucro cessante" nella misura di (...) 30.000,00 così quantificato con riferimento all'asserita incidenza degli esiti dell'intervento effettuato dal (...) sulla vita professionale e lavorativa della (...) Anche ad opinare diversamente, la domanda in questione avrebbe, comunque, dovuto essere rigettata in assenza di prova della stessa con riferimento a tutti gli elementi costitutivi del danno, e della circostanza emersa documentalmente in base alla quale la parte attrice non prestava attività lavorativa, né dipendente, né autonoma, già precedentemente all'effettuazione dell'intervento (2013). Da ultimo non vi sono spese mediche sostenute o future. Tanto detto, occorre precisare, che la struttura sanitaria risponde "in via diretta" nel caso di danno provocato da inefficienza organizzativa (ad es. malfunzionamento delle apparecchiature), dunque per gli obblighi accessori connessi alla prestazione principale, configurandosi il c.d. danno da disorganizzazione ed invero, risponde in via indiretta, nelle ipotesi di obbligazioni "mediche" in senso stretto (con riferimento dunque ad interventi diagnostici e/o terapeutici), ai sensi dell'art. 1228 c.c. per il fatto commesso dagli "ausiliari" (...). Conseguentemente, la responsabilità della struttura sanitaria per l'errore dei medici è una responsabilità per fatto proprio, là dove la condotta colposa o dolosa degli esercenti le professioni sanitarie, da accertarsi in via incidentale, costituisce il presupposto per il sorgere della responsabilità della struttura nei confronti del paziente che ha diritto al ristoro dell'intero danno subito. In conclusione, accertata la responsabilità del dott. (...) e di (...) S.P.A. con riferimento ai danni causati nei confronti di (...) devono essere condannati in solido a pagare in favore di (...) la somma di (...) 15.523,94. Alla complessiva somma liquidata in conto capitale, già al valore attuale, deve essere, inoltre, aggiunto, a titolo di risarcimento del danno da lucro cessante un ulteriore importo, per il mancato godimento della somma liquidata a titolo di risarcimento. Quanto al calcolo degli interessi compensativi, occorre applicare il criterio elaborato nella sentenza della Corte di Cassazione a (...) 17.2.1995 n. 1712. In applicazione di tale criterio, al fine del calcolo degli interessi la somma capitale come sopra determinata deve essere devalutata dalla data della pubblicazione della sentenza alla data dell'illecito (2 aprile 2014), e sulla somma così ottenuta, progressivamente rivalutata anno per anno in base agli indici (...) fino alla data della pubblicazione della sentenza, devono calcolarsi gli interessi al tasso legale. Sull'intera somma liquidata per sorte capitale e lucro cessante decorrono gli interessi legali dal giorno della pubblicazione della sentenza al saldo ex art. 1282 c.c.. Deve essere rigettata la domanda formulata in via diretta dalla parte attrice nei confronti della (...) di (...) Ed invero, i fatti oggetto di causa si sono verificati anteriormente all'entrata in vigore della legge (...) e dei decreti attuativi, per cui in adesione al costante orientamento della Corte di Cassazione "in tema di assicurazione della responsabilità civile, il danneggiato non può agire direttamente nei confronti dell'assicuratore del responsabile del danno, salvi i casi eccezionalmente previsti dalla legge, atteso che egli è estraneo al rapporto tra il danneggiante e l'assicuratore dello stesso, né può trarre alcun utile vantaggio da una pronuncia che estenda all'assicuratore gli effetti della sentenza di accertamento della responsabilità, anche quando l'assicurato chieda all'assicuratore di pagare direttamente l'indennizzo al danneggiato, attenendo detta richiesta alla modalità di esecuzione della prestazione indennitaria; perciò, soltanto l'assicurato è legittimato ad agire nei confronti dell'assicuratore, e non anche il terzo danneggiato, nei confronti del quale l'assicuratore non è tenuto per vincolo contrattuale, né a titolo di responsabilità aquiliana" (Cass. Civ. 5259/2021). Per completezza occorre osservare, che l'applicazione dell'art. 12 della (...) è possibile unicamente con riferimento ai fatti verificatisi successivamente all'entrata in vigore della stessa, e dei decreti attuativi di recente adottati (decreto interministeriale 15 dicembre 2023 n. 232). Con riferimento alla domanda di rivalsa svolta dalla struttura sanitaria nei confronti del Dott. (...) la stessa merita accoglimento nei limiti del 50%. In proposito giova infatti osservare che la responsabilità contrattuale della struttura sanitaria, ai sensi degli artt. 1218 e 1228 c.c., è una responsabilità per fatto proprio, là dove la condotta colposa o dolosa degli esercenti le professioni sanitarie costituisce il presupposto per il sorgere della responsabilità della struttura nei confronti del paziente che ha diritto al ristoro dell'intero danno subito, di talché nei confronti del paziente la struttura sanitaria, responsabile in solido, è tenuta al pagamento dell'intero senza che possa opporsi la limitazione della liquidazione del danno alla sola quota di responsabilità a sé imputabile. Invece, nel diverso rapporto processuale tra la struttura sanitaria e il medico, terzo chiamato, nei confronti del quale è stata svolta l'azione di rivalsa per il rimborso delle somme liquidate e che risultino in eccesso rispetto alla propria quota di responsabilità, deve applicarsi la presunzione di pari responsabilità della struttura e del medico ai sensi degli artt. 1298, comma 2, c.c., e 2055, comma 3 c.c., non essendo emersa alcuna prova circa eventuali errori gravi, eccezionali e inescusabili dei medici idonei a integrare una improbabile devianza dell'operato degli stessi dai protocolli e a far così ritenere superata tale presunzione, non essendo a ciò sufficiente nemmeno, in astratto, il semplice accertamento della colpa esclusiva del medico, di cui risponde anche la struttura sanitaria per fatto proprio, stante l'accettazione del rischio connesso all'utilizzazione di terzi nell'adempimento della propria obbligazione. Ed invero, per poter ritenere superata la presunzione di pari contribuzione causale e, dunque, di parità delle quote dell'obbligazione solidale (di cui agli art. 1298 e 2055 c.c.) non è sufficiente escludere la corresponsabilità della struttura sulla base della circostanza che si è davanti ad una condotta inadempiente e colposa del medico, ma la struttura sanitaria deve dimostrare non solo la colpa esclusiva del medico ma secondo la Corte di Cassazione "in tema di danni da "malpractice" medica (...) nell'ipotesi di colpa esclusiva del medico la responsabilità dev'essere paritariamente ripartita tra struttura e sanitario, nei conseguenti rapporti tra gli stessi, eccetto che negli eccezionali casi d'inescusabilmente grave, del tutto imprevedibile e oggettivamente improbabile devianza dal programma condiviso di tutela della salute cui la struttura risulti essersi obbligata". Per le argomentazioni esposte il Dott. (...) deve essere condannato al pagamento in favore del (...) S.P.A., della somma di (...) 7.761,97 oltre interessi compensativi calcolati come poco sopra. Sulla somma riconosciuta competono, inoltre, interessi legali dalla data della presente sentenza sino al soddisfo. Per completezza occorre osservare che non può essere attribuito rilievo all'art. 7 del contratto di incarico libero professionale stipulato tra la struttura sanitaria ed il dott. (...) ("il professionista si obbliga a tenere l'istituto sollevato da ogni e qualsiasi responsabilità civile e/o penale per eventuali danni prodotti da lui, provocati a se stesso o a terzi nell'esecuzione del presente contratto, addebitabili a colpa, colpa grave o dolo"), peraltro neppure invocato a fronte della domanda poi formulata nelle conclusioni, stante il disposto dell'art. 1129 c.c.. ed il rilievo costituzionale del bene salute che determinerebbero la nullità della clausola in questione. Da ultimo, con riferimento alla domanda di manleva del dott. (...) nei confronti della (...) di (...) domanda questa non indicata in sede di conclusioni degli atti depositati dal convenuto, ma genericamente nel testo degli stessi, anche laddove si ritenesse formulata, ipotesi a cui questo Tribunale non ritiene di aderire, avrebbe dovuto essere dichiarata inammissibile. Ed invero, il convenuto sarebbe incorso nelle decadenze di cui all'art. 166 c.p.c., essendo stata depositata la comparsa di costituzione di (...) in data 29 ottobre 2019 e celebrata la prima udienza, differita l'udienza ai sensi dell'art. 168, comma 5 c.p.c., il 31 ottobre 2019. Deve essere rigettata la domanda ai sensi dell'art. 96 c.p.c. formulata da (...) S.P.A. nei confronti della parte attrice, in quanto infondata, assenti i presupposti di legge per l'accoglimento della stessa. Le spese di lite relative al rapporto processuale tra (...) il dott. (...) ed il (...) S.P.A. vengono liquidate in virtù del principio della soccombenza, in applicazione dei parametri di cui al DM 55/2014, sulla base del valore della causa in relazione al decisum, tenuto conto dell'attività svolta. Le spese di lite relative al rapporto processuale tra dott. (...) e (...) S.P.A. vengono liquidate in virtù del principio della soccombenza, in applicazione dei parametri di cui al DM 55/2014, sulla base del valore della causa in relazione al decisum, tenuto conto della non particolare complessità delle questioni esaminate. Le spese di lite tra (...) e (...) S.p.A. vengono liquidate in virtù del principio della soccombenza, in applicazione dei parametri di cui al DM 55/2014, sulla base del valore della causa in relazione al decisum, tenuto conto della non particolare complessità delle questioni esaminate. Le spese della consulenza tecnica d'ufficio devono essere poste definitivamente a carico della (...) S.P.A. e del dott. (...) nella misura del 50% ciascuno. PQM definitivamente pronunciando, disattesa ogni altra istanza, deduzione ed eccezione, così provvede: 1) Accertata la responsabilità del dott. (...) e di (...) S.P.A. con riferimento ai danni causati nei confronti di (...) condanna (...) e (...) S.P.A. in solido a pagare in favore di (...) la somma di (...) 15.523,94, oltre ad interessi compensativi nei limiti di cui in motivazione, ed interessi legali dalla data di pubblicazione della sentenza al saldo; 2) rigetta la domanda formulata da (...) nei confronti di (...) S.p.A.; 3) Accertata la responsabilità concorrente del dott. (...) con riferimento ai danni causati nei confronti di (...) ed in accoglimento dell'azione di rivalsa formulata da (...) S.P.A., condanna il dott. (...) al pagamento in favore di (...) S.P.A. della somma di (...) 7761,97, oltre ad interessi compensativi nei limiti di cui in motivazione, oltre interessi dalla pubblicazione della sentenza al saldo; 4) rigetta la domanda formulata ai sensi dell'art. 96 c.p.c. da (...) S.P.A. nei confronti di (...) 5) pone definitivamente a carico di (...) e di (...) S.P.A. le spese di C.T.U.; 6) condanna (...) e (...) S.P.A. alla refusione delle spese legali del presente procedimento nei confronti di (...) che liquida in (...) 5077,00, per compensi, (...) 518,00 per spese, oltre (...) rimborso forfettario nella misura del 15% delle spese generali ed oneri come per legge, da distrarsi in favore del procuratore antistatario; 7) condanna (...) alla refusione delle spese legali del presente procedimento nei confronti di (...) S.P.A. che liquida in (...) 2.540,00 per compensi, oltre (...) rimborso forfettario nella misura del 15% delle spese generali ed oneri come per legge; 8) condanna (...) alla refusione delle spese legali del presente procedimento nei confronti di (...) S.p.A. che liquida in complessivi (...) 2540,00 per compensi, oltre (...) rimborso forfettario nella misura del 15% delle spese generali ed oneri come per legge.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI MONZA TERZA SEZIONE CIVILE Il Tribunale, nella persona del Giudice Dott.ssa (...) ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile iscritta in primo grado al N. (...)/2023 R.G. PROMOSSA DA Sig.ra (...) (C.F.: (...)), residente (...), elettivamente domiciliat (...), presso lo studio degli Avv. (...) (C.F.: (...)), il quale la rappresenta e difende giusta procura allegata all'atto di citazione e dichiara di voler ricevere ogni comunicazione relativa al presente procedimento all'indirizzo di posta elettronica certificata: (...) - ATTORE OPPONENTE - - CONTRO - (...) S.R.L. (C.F.: (...)) con sede (...), alla (...) n. 1, rappresentata da (...) S.p.A. (C.F.: (...)), con sede (...) alla (...) di (...) n. 19, in persona del procuratore (...) (C.F.: (...)), elettivamente domiciliato (...), presso lo studio dell' Avv. (...) (C.F.: (...)) che la rappresenta e difende giusta procura allegata all'atto di costituzione e dichiara di voler ricevere ogni comunicazione relativa al presente procedimento al (...) n. (...) e/o all'indirizzi di posta elettronica certificata: (...) - CONVENUTO OPPOSTO - Oggetto: l'opposizione ex art. 615, comma 1, c.p.c. avverso atto di precetto (...) Voglia l'Ill.mo Tribunale adito, contrariis reiectis, così giudicare: (...) accertare e dichiarare la carenza di legittimazione attiva in capo alla (...) S.r.l. e, conseguentemente, alla (...) S.p.a. per tutti i motivi esposti in parte narrativa e per altri eventualmente rilevabili d'ufficio; accertare e dichiarare il difetto di idoneo titolo esecutivo valido e legittimo per intraprendere un'azione esecutiva nei confronti della signora (...) per tutti i motivi esposti in parte narrativa e per altri eventualmente rilevabili d'ufficio; (...) accertare e dichiarare che il mutuo concesso da (...) S.p.a. alla signora (...) ammonta ad Euro 200.00,00 in linea capitale; accertare a dichiarare che la signora (...) dal mese di luglio 2008 al mese di febbraio 2018 ha corrisposto a (...) S.p.a., a titolo di restituzione mutuo, l'importo complessivo di Euro 87.089,15; accertare e dichiarare, per tutti i motivi esposti in parte narrativa e per altri eventualmente rilevabili d'ufficio, che l'atto di precetto notificato in data (...) e prodotto quale doc. n. 1 riporta: a) un importo per rate scadute e non pagate inesatto; b) un importo per interessi di mora al giorno 11/11/2022 senza che sia indicata la data o le date dalle quali decorrono e senza indicazione del motivo per cui vengono conteggiati fino al giorno 11/11/2022; c) i compensi professionali indicati in Euro 220,00 senza che sia precisato se siano comprensivi o meno di I.v.a. e C.p.a.; accertare e dichiarare per tutti i motivi esposti in parte narrativa e per altri eventualmente rilevabili d'ufficio, che (...) S.p.a. ha concesso il mutuo alla signora (...) omettendo ogni verifica relativa al merito creditizio dell'attrice; conseguentemente, dichiarare nullo/annullabile/illegittimo l'atto di precetto notificato in data (...) e prodotto quale doc. n. dichiarare non dovuti gli importi di cui all'atto di precetto notificato in data (...) e prodotto dichiarare ridotto al solo importo capitale residuo, con esclusione di interessi compensativi e moratori, il credito discendente dal contratto di mutuo concesso senza verifica del merito creditizio alla signora (...) IN VIA ISTRUTTORIA: ordinare a (...) S.r.l., ex art. 210 c.p.c., la produzione/esibizione in giudizio dell'originale del mutuo a rogito del Notaio Dott. G.B. (...) del 21/06/2006 prodotto in copia da parte convenuta sub doc. n. 5; ordinare a (...) S.r.l. ex art. 210 c.p.c. la produzione/esibizione in giudizio dell'originale dell'atto pubblico di compravendita del 20/07/2009 a rogito del Notaio Dott. G.B. (...), prodotto in copia da questa difesa sub doc. n. 2; ordinare a (...) S.r.l. ex art. 210 c.p.c. la produzione/esibizione in giudizio degli originali dei documenti relativi alla ristrutturazione del mutuo avvenuta nel 2011 e prodotti in copia da questa difesa sub doc. n. 4. IN OGNI CASO: con vittoria di spese e onorari del presente giudizio. (...) S.R.L.: Voglia l'(...)mo Tribunale adito, respinta ogni contraria domanda istanza e/o eccezione, così giudicare: In via preliminare: - Dichiarare il difetto di legittimazione passiva di (...) rispetto alla domanda risarcitoria formulata da parte opponente Nel merito: - Respingere tutte le domande formulata ex adverso in quanto infondate in fatto e in diritto e comunque non provate per i motivi esposti in narrativa In via istruttoria: Respingere tutte le istanze istruttorie formulate ex adverso in quanto inammissibili, come argomentato in atti. Con vittoria di spese e competenze di giudizio CONCISA ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI DI FATTO E MOTIVI DELLA DECISIONE Con atto di citazione ritualmente notificato in data (...), la sig.ra (...) proponeva opposizione al precetto notificatole in data (...) e contenente l'intimazione al pagamento della somma di Euro 247.924,75 (Cfr. doc. 1 fasc. opponente), in forza del mutuo contratto in data (...) a rogito del dott. (...) rep. (...) racc. (...)4 e dell'atto di quietanza, riduzione di somma e frazionamento del 24/07/2008 a rogito del medesimo (...) rep. (...) racc. (...) (Cfr. allegati doc. 5 e 6 fasc. opposta). (...) opponente, eccepiva, (...) il difetto di legittimazione attiva di (...) S.r.l.; (...) l'irregolarità del precetto notificatole per mancata indicazione del titolo esecutivo; (...) l'erroneità degli importi precettati; (...) la responsabilità dell'opposta per mancata verifica del merito creditizio della sig.ra (...) da parte di (...) al momento dell'accollo del mutuo. Sulla base di tali assunti chiedeva, preliminarmente, la sospensione della procedura esecutiva. Con memoria del 28.06.2023 si costituiva in giudizio (...) S.r.l., contestando in toto gli assunti avversari e concludendo per il rigetto dell'istanza preliminare di sospensione e dell'opposizione. Il Giudice all'udienza del 12.07.2023, fissata per la trattazione in contradittorio dell'istanza di sospensione, rigettava la richiesta ritenendo insussistenti i presupposti necessari per la concessione delle misure cautelari. Difettando, in particolare, il requisito del fumus boni iuris, considerato che l'immobile oggetto dell'eventuale esecuzione non costituisce l'abitazione principale dell'opponente in quanto locato ad altri per espressa indicazione della parte stessa. All'udienza del 14.09.20223, il Giudice ritenuta la causa matura per la decisione, rigettava le istanze istruttorie e fissava l'udienza di precisazione delle conclusioni il (...). All'udienza così fissata, i procuratori delle parti precisavano le conclusioni e il Giudice fissava per la spedizione della causa a sentenza l'udienza del 21 marzo 2024. Indi la causa veniva trattenuta in decisione con assegnazione dei termini di cui all'art. 190 c.p.c. per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica. È in primo luogo priva di pregio l'eccezione con cui parte opponente lamenta la carenza di legittimazione attiva di (...) S.r.l., quest'ultima, infatti, ha versato in atti la comunicazione di (...) paolo di cessione del credito della sig.ra (...) del 11/03/2023 e la pubblicazione della cessione dei crediti avvenuta con (...) in data (...) sulla G.U. 05.05.2018 parte II, n. 5 (doc. 3 e 4 fasc. opposta), che in caso di cessioni in blocco ha la funzione di esonerare dalla notifica al debitore prevista in via generale dall'art. 1264, nella quale sono chiaramente individuati i crediti oggetto di cessione, tra cui vi rientra anche quello della sig.ra (...) in quanto concesso tra 1° gennaio 1955 e il 31 dicembre 2017. In merito alle censure relative all'atto di precetto, si rileva che quest'ultimo è da ritenersi valido ed efficace dal momento che correttamente indica quali titoli esecutivi, in forza del quale verrà avviata la procedura di esecuzione forzata nei confronti della sig.ra (...) mutuo contratto in data (...) a rogito del dott. (...) rep. (...) racc. (...)4 con cui (...) S.p.A. ha concesso a (...) S.r.l., un mutuo fondiario ex art. 38 TUB per la somma di Euro 3.400.000,00 assistito da ipoteca di primo grado iscritta in data (...) presso la (...) di (...) 2 ai nn. (...) reg. gen./ (...) reg. part. e il successivo atto di quietanza, riduzione di somma e frazionamento del 24/07/2008 a rogito del medesimo (...) rep. (...) racc. (...), in forza del quale la somma mutuata e l'ipoteca sono state consensualmente ridotte e si è convenuto il frazionamento del mutuo in n. 14 quote (doc.ti 5 e 6 fasc. opposta). Il contratto di compravendita, a rogito (...) in data (...) rep. (...) racc. (...), in forza del quale la sig.ra (...) ha acquistato gli immobili corrispondenti al lotto n. 9, accollandosi la corrispondente quota parte di mutuo, non costituisce il titolo esecutivo nell'esecuzione di cui è causa, considerata l'estraneità della banca accollataria al negozio di accollo intercorso tra la (...) S.r.l. (debitore accollato) e la sig.ra (...) (terzo accollante). Ai sensi dell'art. 1273 c.c. nell'accollo esterno il debitore principale ed un terzo convengono che questi assuma il debito dell'altro, tale assunzione verrà comunicata al creditore il quale ha la possibilità di aderirvi, con l'effetto di rendere irrevocabile la stipulazione in suo favore. Pertanto, l'accollo esterno è configurabile come contratto a favore di terzo, efficace nei confronti del creditore indipendentemente dalla sua adesione, il cui effetto consiste solo nel rendere irrevocabile la stipulazione. In questo caso vi sarebbe, quindi, l'immediata efficacia dell'assunzione dell'obbligazione del debitore nei confronti del creditore la cui successiva adesione non attinge al momento perfezionativo del negozio. (...) del mutuo bancario ha infatti determinato il subentro di un nuovo e ulteriore debitore rispetto a quello originario, senza per questo determinare alcuna modificazione oggettiva dell'obbligazione originaria. Sicché permangono quali titoli esecutivi l'originario mutuo ipotecarie e il suo successivo frazionamento, come supra meglio individuati. Ritenuta l'esistenza del diritto vantato dal creditore costituente fatto pacifico non contestato dalle parti, si rileva che il quantum debeatur, in forza dell'atto di rinegoziazione del mutuo (cfr. al doc. 5 fasc. opponente), è individuabile nelle rate scadute successivamente al 28.02.2018, (in seguito alla rinegoziazione del mutuo operata dalla sig.ra (...) nel 2011), risultano infatti saldate le rate del mutuo fino alla n. 115 del 28.02.2018, oltre agli interessi moratori e alle spese e oneri sostenuti per la riscossione del credito. I profili di incertezza dell'entità del credito risultano parimenti infondati essendo nello stesso atto di precetto specificamente indicate e quantificate entrambe le voci. Quanto alla richiesta di risarcimento per mancata valutazione del merito creditizio della sig.ra (...) manca la legittimazione passiva di (...) S.r.l., in quanto rispetto alle domande risarcitorie permane la legittimazione della cedente ossia di (...) (ex multis Cass. n. 13735/2022). In ogni caso, non essendo stato erogato un finanziamento alla sig.ra (...) ma derivando il suo debito da un accollo esterno contratto con il debitore originario, non vi è alcun onere di verifica del merito creditizio da parte della banca accollataria. Per le considerazioni sopra svolte l'opposizione sub iudice risulta infondata e va respinta. Le spese ex art 91 c.p.c. seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo in applicazione dei parametri di cui al DM 55/2014 ed in considerazione delle attività processuali effettivamente svolte. Sentenza ex lege esecutiva per il solo capo di condanna. P.Q.M. Il Tribunale di Monza definitivamente pronunciando nel giudizio relativo all'opposizione ex artt. 615, comma 1, c.p.c. promosso dalla sig.ra (...) con atto di citazione notificato a (...) S.r.l., ogni altra istanza eccezione e deduzione disattesa, assorbita o respinta, così provvede: 1. rigetta l'opposizione e per l'effetto: 2. Condanna parte opponente al pagamento in favore di parte opposta della somma di Euro 7.500,00, oltre (...) oneri ed accessori come per legge, a titolo di rifusione delle spese di lite. Così deciso in Monza il 22 aprile 2024. Depositata in ancelleria il 22 aprile 2024.
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE DI MONZA SEZ. II CIVILE Nella persona del giudice unico, Dott.ssa Caterina Panzarino Ha pronunciato la seguente SENTENZA Nel procedimento iscritto al n. 6810/2021 Promosso da (...); rappresentati e difesi dall'Avv. (...), ed elettivamente domiciliati presso lo studio di quest'ultima in Lissone, (...), in forza di procura in atti - attore - contro Con (...) in persona del titolare (...) con sede in Paderno Dugnano, (...) in persona del legale rappresentante pro tempore, con sede in Paderno Dugnano, rappresentati e difesi dall'Avv. (...) e dall'Avv. (...) ed elettivamente domiciliati presso il loro studio in Cusano Milanino, (...), in forza di procura in atti - convenuto - CONCLUSIONI DELLE PARTI: parte attrice: "Parti attrici reiterano le istanze già formulate al Tribunale affinché disponga provvedimento inibitorio di cessazione delle immissioni moleste descritte negli atti depositati, con le modalità individuate nel paragrafo 2 (Le misure richieste) della citazione, ovvero: - Quanto alle esalazioni: 1. disporre come obbligatoria la dotazione di cappe aspiranti adeguate ed il loro funzionamento continuo. 2. disporre la rimozione del rudimentale impianto di ventilazione attuale (vetrate forate con ventilatori che disperdono gli odori all'esterno) e l'adozione di diverso impianto che garantisca l'assorbimento degli odori. 3. disporre, in conformità alle indicazioni del CTU Geom (...) nella relazione peritale alla pagina 8, la realizzazione di un sistema che impedisca di accendere i fuochi e tutte le apparecchiature di cottura qualora tutti i ventilatori presenti al servizio della cucina non siano in funzione mediante installazione di un'elettrovalvola che impedisca il passaggio del gas metano e di uno o più relè che impediscano l'accensione delle apparecchiature elettriche presenti. - Quanto alle immissioni sonore: 4. imporre al Ristorante il ritiro di tavoli e sedie alla chiusura del locale, come previsto dall'integrazione al Regolamento di Condominio introdotta con Verbale dell'Assemblea 5. disporre, stante il carente isolamento acustico del locale, l'adozione delle misure tecniche più efficaci per ridurre l'impatto acustico dell'attività del Ristorante, con la realizzazione di idonea opera di insonorizzazione. 6. Si reitera, al tal fine, l'istanza già formalizzata nell'atto introduttivo e riformulata in data 2/11/2022 per integrazione della consulenza tecnica con la rilevazione fonometrica del rumore finalizzata alla individuazione dei più opportuni trattamenti fonoassorbenti ambientali per ridurre il riverbero interno dei locali. 7. obbligare i convenuti, ognuno per la propria competenza, ad adottare le modifiche tecniche e strutturali all'immobile, che risulteranno necessarie a seguito di CTU; 8. condannare i convenuti al risarcimento del danno non patrimoniale, da quantificarsi secondo equità tenuto conto della pluriennale durata delle molestie; 9. condannare i convenuti al pagamento delle spese, competenze ed onorari della presente procedura nonché al rimborso delle spese di CTU sostenute dagli attori. parte convenuta: "Voglia l'Ill.mo Tribunale adito: rigettare la domanda attorea in quanto infondata in fatto e in diritto; Con vittoria di spese e competenze di lite" Occorre premettere che il presente procedimento è stato assegnato a questo giudice in data 13 settembre 2023, ad istruttoria già conclusa. FATTO E DIRITTO Con atto di citazione in riassunzione ritualmente notificato(...) e (...), convenivano in giudizio (...) (...) e Con (...) e, in qualità rispettivamente di proprietario dell'Immobile di sito in Paderno Dugnano, (...), e di conduttore del suddetto immobile ed ivi esercente attività di ristorazione, chiedendo che il giudice, accertata e dichiarata la responsabilità dei convenuti nella causazione delle immissioni intollerabili nei confronti della parte attrice, ordinasse la cessazione "delle immissioni moleste individuate nel paragrafo 2 (le misure richieste) e con contestuale previsione dell'applicazione delle misure coercitive di cui all'art. 614 bis c.p.c., obbligare i convenuti ognuno per la propria competenza, ad adottare le modifiche tecniche e strutturali all'immobile che risulteranno necessarie a seguito di CTU, condannare i resistenti al risarcimento del danno non patrimoniale, da quantificarsi secondo equità tenuto conto della pluriennale durata delle molestie; con vittoria di spese ed onorari". A sostegno della propria domanda gli attori deducevano: - di essere residenti in un appartamento sito al primo piano del Condominio (...), in Paderno Dugnano, (...); - che la (...) è proprietaria del suddetto immobile e che ivi è residente unitamente al (...) dal 14.9.1996; - che il suddetto immobile è situato "sopra il locale a piano terra di proprietà del (...), condotto dal ristorante. Con l'esercizio commerciale che si sviluppa sotto 4 appartamenti (...) il Ristorante DI.CI è subentrato nei locali del (...) nel 2008 a seguito di cessione del ramo d'azienda dell'attività di somministrazione di alimenti e bevande"; - che la predetta attività "di ristorazione viene svolta senza il rispetto delle norme giuridiche, delle regole condominiali e dei basilari principi di convivenza civile, ma nel corso degli ultimi 4 anni la situazione è andata degenerando soprattutto a causa dei rumori (...) ed odori derivanti dalla cottura dei cibi"; - che le immissioni, divenute intollerabili, portavano gli odierni attori ad instaurare un giudizio ai sensi dell'art. 703 c.p.c. e 1170 c.c. che veniva dichiarato inammissibile; - che a seguito del provvedimento emesso nel predetto giudizio "il (...) intraprendeva opere di modifica del locale dando esecuzione ad un progetto di installazione di nuova canna fumaria, installazione nuovo impianto di aerazione e ricircolo. Veniva indetta assemblea straordinaria per autorizzare tali opere"; - che tali immissioni hanno cagionato anche danni non patrimoniali in quanto "lo stato di salute di chi ha il diritto di godere il bene è compromesso dall'immissione (l'esposizione prolungata ai rumori, soprattutto nelle ore notturne, crea dei danni permanenti alla salute psico-fisica) I danni essendo in re ipsa e nel rispetto dei presupposti di legge possono essere liquidati con il criterio equitativo ai sensi dell'art. 1126 c.c.". Si costituivano in giudizio le parti convenute, deducendo nel merito, l'infondatezza della domanda attorea e chiedendone l'integrale rigetto, con vittoria di spese. In particolare, osservavano: - che l'esistenza al piano terra di un'attività di ristorazione risale alla nascita del condominio; ed invero, all'art. 9 del regolamento condominiale redatto contestualmente alla formazione del condominio si legge: "... La (...) assegnataria al piano terreno e al seminterrato potrà esercitare la propria attività di Circolo e Ristorante in ottemperanza alle norme di legge e ha la facoltà di occupare lo spazio all'esterno dei propri locali con tavoli e sedie purché non ingombri totalmente il passaggio" (vedasi doc. 2); inoltre, non ha rilievo alcuno la circostanza che, sino al 2015, i locali venivano destinati in parte ad attività di ristorazione ed in parte al bar, mentre a decorrere da tale data l'intero immobile sarebbe stato destinato a ristorazione; - che "a confutazione dell'inesistenza delle sostenute immissioni rumorose, si produce la dichiarazione rilasciata dalla Stazione Carabinieri di Paderno Dugnano in relazione agli interventi effettuati dal citato comando presso il ristorante (...) in seguito alle ricevute segnalazioni per schiamazzi"; - che "Non corrisponde al vero l'assunto secondo cui il sig. (...) non provvederebbe al ritiro dei tavoli e sedie che, a dire di controparte, verrebbero utilizzati dai ragazzi dopo la chiusura del locale come ritrovo per bivacchi notturni con conseguenti rumori e schiamazzi. Sul punto, in primis, ricordiamo che nel regolamento condominiale è espressamente prevista la "facoltà di occupare lo spazio all'esterno dei propri locali con tavoli e sedie purché non ingombri totalmente il passaggio"; - che "il sig. (...) tutte le sere provvede a ritirare le sedie poste all'esterno proprio per evitare che vengano utilizzate per sostare oltre l'orario di apertura. Solo alcuni tavoli, quelli raffigurati nelle foto prodotte sub doc. 4 che sono di grosse dimensioni e pesanti, vengono lasciati all'esterno. Il tutto, appunto, per evitare di creare rumori e/o fastidi. Come si può rilevare in tutti gli interventi eseguiti (24.12.2019 ore 00.00, 17.01.2020 ore 00.10, 21.06.2020 ore 00.05) i carabinieri hanno accertato che il locale era chiuso e che non vi erano in atto schiamazzi"; - che con riferimento alle immissioni di odori, il titolare del ristorante provvedeva a seguito di apposita autorizzazione del Condominio e prima dell'instaurazione del presente giudizio come da verbale di assemblea in data 8.2.2021 (assemblea a cui era presente il (...) che esprimeva voto favorevole, autorizzando l'effettuazione delle opere) a " sostituire l'intera canna fumaria e le cappe di aspirazione; inoltre, veniva "installato un motore elettrico del tipo UNEL/MEC B3, asincrono 400/3/50 IP 55 con gruppo ventilante composto da ventilatore e motore fissato su ammortizzatori in gomma, con inserimento tra la struttura e la bocca del ventilatore di una guarnizione antivibrante di 10 mm, al fine di evitare la trasmissione di vibrazioni. Attualmente la filtrazione avviene tramite carboni attivi (una tecnologia di depurazione dell'aria per mezzo della quale una corrente gassosa viene privata degli elementi inquinanti facendola passare attraverso una serie di filtri che contengono cardone attivo di tipo F7, G2, G3 EN 779-2012). Con tale intervento, è stata totalmente eliminata l'emissione in atmosfera di odori e i fumi di cottura vengono scaricati all'esterno attraverso la nuova canna fumaria di 0 450mm in sostituzione a quella preesistente da 0 300mm. Di conseguenza i ventilatori apposti sulle vetrate (di cui controparte tanto si lamenta) NON sono più stati utilizzati e sono in disuso". Disposta ed espletata CTU ed espletate le prove per testi e per interpello, la causa veniva rinviata per conclusioni e trattenuta in decisione. Occorre preliminarmente osservare che la ratio dell'art. 844 c.c. è certamente quella di proteggere l'interesse del proprietario al pieno godimento delle utilità ritraibili dal fondo. Tuttavia, alla tutela squisitamente inibitoria prevista dalla disposizione richiamata, può sovrapporsi anche una tutela risarcitoria, sia ove il conflitto sia tra proprietari, sia ove il conflitto sia tra soggetti che effettivamente hanno, a diverso titolo, la disponibilità del fondo. Passando ora al merito della questione, la domanda attorea è parzialmente fondata e deve essere accolta nei limiti in cui si dirà. Orbene, dalle risultanze dell'espletata CTU, le cui considerazioni e conclusioni si condividono pienamente, è emerso che: - "È stata verificata sperimentalmente mediante l'utilizzo di appositi fumogeni, l'efficienza sia della cappa di aspirazione che del sistema di immissione dell'aria esterna, (foto 6) ed è stato appurato che, quando entrambi gli impianti sono in funzione, non vi è fuoriuscita di fumo, e conseguentemente emissione di odori dalla cucina"; - "Per evitare che la cucina possa funzionare senza che le apparecchiature di ventilazioni presenti siano in funzione, si propone di realizzare un sistema che impedisca di accendere i fuochi e tutte le apparecchiature di cottura qualora tutti i ventilatori presenti al servizio della cucina non siano in funzione Indicativamente si tratta di installare un'elettrovalvola che impedisca il passaggio del gas metano e di uno o più relè che impediscano l'accensione delle apparecchiature elettriche presenti. Solo dopo l'accensione dei ventilatori (sia in aspirazione che immissione) il sistema consentirà l'accensione degli apparecchi di cottura (elettrici e a gas) presenti. Ovviamente qualora venisse disattivato anche un solo ventilatore tutte le apparecchiature di cottura si spegneranno automaticamente. Inoltre, nella sala ristorante sono presenti alcune ventole di aspirazione, attualmente parzialmente chiuse e/o inutilizzate, probabile residuo di un vecchio impianto di aspirazione fumi, pertanto necessiterà una sigillatura accurata di tutte le aperture interno-esterno presenti sul fronte di (...) eventualmente rimuovendo anche i ventilatori ancora presenti (foto 7, 8, 9 e 10)"; - "La valutazione economica precisa dell'intervento da eseguirsi non è possibile, in quanto non si è a conoscenza dell'attuale conformazione dell'impianto elettrico esistente, si può tuttavia ipotizzare che il costo complessivo possa essere quantificato in Euro 2.500/Euro 3.000". Sulla base di quanto emerso dalla CTU, le immissioni di odori riescono ad essere contenute entro livelli di normale tollerabilità, ove la cappa di aspirazione ed il sistema di immissione dell'aria esterna, siano entrambi in funzione. In tal caso non vi è fuoriuscita di fumo, e conseguentemente emissione di odori dalla cucina. Al fine di assicurare il funzionamento contestuale delle apparecchiature di ventilazione della cucina occorre creare un sistema che impedisca di accendere i fuochi e le apparecchiature di cottura senza che parimenti siano in funzione le apparecchiature di ventilazione. Pertanto, sulla base delle indicazioni del CTU, deve essere installata un'elettrovalvola che impedisce il passaggio del gas metano e di uno o più relè che consentano solo dopo l'accensione dei ventilatori (sia in aspirazione che in immissione) l'accensione degli apparecchi di cottura (elettrici ed a gas) presenti; inoltre, sarà necessario anche sigillare accuratamente tutte le aperture interno-esterno presenti sul fronte di (...) (...) eventualmente rimuovendo i ventilatori ancora presenti. La domanda relativa alle immissioni di odori deve essere, pertanto, accolta nei termini che seguono, con conseguente condanna delle parti convenute a: - installare un'elettrovalvola che impedisca il passaggio del gas metano e di uno o più relè che consentano solo dopo l'accensione dei ventilatori (sia in aspirazione che in immissione) l'accensione degli apparecchi di cottura (elettrici ed a gas) presenti; - sigillare accuratamente tutte le aperture interno-esterno presenti sul fronte di (...) eventualmente rimuovendo i ventilatori ancora presenti; Per quanto attiene, invece, alle immissioni di rumore occorre osservare che i rumori sono stati allegati in via del tutto generica dalla parte attrice, che si è limitata a fare riferimento allo "strisciare di sedie in orario notturno", alla circostanza che "vengono prodotti rumori sia durante l'attività di ristorazione nelle ore di apertura, sia dopo la chiusura quando il locale viene riassettato con spostamento di tavoli e sedie" o allo stazionamento di avventori all'esterno del locale in grado di produrre moleste immissioni. Sulla base di tali generiche asserzioni, ulteriore attività istruttoria (CTU) sarebbe stata del tutto esplorativa, se poi si considera, da un lato quanto emerso dall'escussione dei testi (ove non vi è conferma di quanto dedotto dalla parte attrice ovvero di continui rumori, molestie, schiamazzi) dall'altro quanto successivamente dedotto dalla stessa parte attrice. Ed invero, il teste (...) sulla cui attendibilità non si ha motivo di dubitare, dichiarava che "io non sento rumore né di giorno né di notte provenire dal ristorante; io ho un balcone e tre finestre che affacciano sul lato ristorante' ed aggiungeva "posso invece dire che quando il locale chiude non si ferma mai nessuno a "bivaccare ", non ho mai visto bottiglie vuote di birra o di acqua a me sembra che non ci siano sedie di fuori quanto il locale è chiuso; questo lo posso dire con certezza con riferimento al periodo estivo perché io e mia moglie a volte stiamo sul balcone; c'è silenzio e tranquillità, non c'è casino" e, da ultimo, che "posso riferire che quando il locale è aperto, fuori ci sono le persone che aspettano la pizza; quando è chiuso come ho detto io non ho mai visto nessuno, è una zona tranquilla" e che non è vero che "Il titolare del ristorante non ritira i tavoli, e spesso anche le sedie, che vengono impilate di fianco ai tavoli, sui quali al mattino si rinvengono bottigliette d'acqua e di birra, oltre a portaceneri pieni di mozziconi, che attestano la presenza di numerose persone oltre l'orario di chiusura ed i relativi bivacchi fino a tarda ora". La teste (...), sulla cui attendibilità non si ha motivo di dubitare, ha dichiarato "Non so dire se nella pizzeria vengono organizzate feste di compleanno o ricevimenti, io posso dire che non ho mai sentito rumore provenire dalla pizzeria, io durante il giorno lavoro e la sera vado a letto presto". La teste (...) sulla cui attendibilità non si ha motivo di dubitare, ha dichiarato "dopo la chiusura io non ho mai sentito rumori di spostamento di tavoli e sedie, preciso che io non sono esattamente sopra il ristorante perché sopra il ristorante c'è l'appartamento dei signori (...) e (...), io sono di fianco all'appartamento degli attori, sotto di me c'è il bagno della pizzeria; cap. 6) Posso riferire che c'è stato un momento in cui i ragazzi si fermavano dopo la chiusura del ristorante, non so dire se c'erano fuori sedie e tavoli, io non ci ho mai fatto caso, so poi che gli attori si erano lamentati e la cosa si era risolta; io personalmente non sento "chiasso" provenire dall'esterno del ristorante, sento solo il vociare normale della gente che si saluta e poi va anche perché alle 11.30 il ristorante chiude". Il teste (...), operante presso le forze dell'ordine che interveniva all'esito delle chiamate della parte attrice, confermando quanto già risultante dai verbali, ha dichiarato "in nessuno degli interventi da me fatti ho trovato persone che stavano facendo schiamazzi, ho invece trovato gruppi che stavano in una occasione indossando il cappotto perché il locale era in chiusura, nell'altra mia uscita c'erano sei persone intente a parlare e a fumare e il locale era chiuso, in un'altra mia uscita il ristorante era chiuso e non ho trovato nessuno fuori il ristorante". Inoltre, gli stessi attori in atti riferiscono, con ciò rendendo contraddittoria la ricostruzione dei fatti dagli stessi resa che "ad inizio del contenzioso era molto importante il problema del propagarsi del vociare all'interno del ristorante, problema che nelle more del giudizio si è ridotto poiché, dopo anni di insistenza da parte attrice, il circolo ha insonorizzato il locale, sebbene parzialmente. Gli attori hanno passato anni in cui la molestia uditiva era intollerabile, poiché in casa venivano nettamente percepite le voci di centinaia di persone. A far data da aprile 2022 si è accertato, quindi, un miglioramento della problematica in quanto l'insonorizzazione attutisce il vociare. Tuttavia, essa non copre i rumori derivanti dallo spostamento e dal trascinamento di tavoli e sedie, che producono fastidiose vibrazioni dovute allo sfregamento sul pavimento ruvido". La domanda relativa alle immissioni di rumori deve essere, pertanto, rigettata. Analizzando ora il profilo risarcitorio, occorre osservare che la giurisprudenza è ormai consolidata nel ritenere che il danno non patrimoniale conseguente a immissioni illecite è risarcibile indipendentemente dalla sussistenza di un danno biologico documentato, quando sia riferibile alla lesione del diritto al normale svolgimento della vita personale e familiare all'interno di un'abitazione e comunque del diritto alla libera e piena esplicazione delle proprie abitudini di vita, trattandosi di diritti costituzionalmente garantiti, la cui tutela è ulteriormente rafforzata dall'art. 8 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo, norma alla quale il giudice interno è tenuto ad uniformarsi (Cass. Sez. Un. 01/02/2017, n. 2611; Cass. 19/12/2014, n. 26899; Cass. 16/10/2015, n. 20927). In ogni caso, Alla luce del sopra esposto principio, i convenuti sono tenuti in solido a risarcire i danni subiti dall'attore, che vengono equitativamente liquidati, per il tempo in cui questi ha subito immissioni di odori intollerabili, nella somma di Euro 2.000,00. Da ultimo deve essere rigettata la domanda formulata, ai sensi dell'art. 96 c.p.c., dalle parti convenute in assenza dei presupposti di legge. Deve essere anche rigettata la domanda formulata ai sensi dell'art. 614 bis c.p.c. in assenza dei presupposti per l'applicazione della stessa ed osservato che all'esito della CTU la parte convenuta si è resa disponibile a scopo transattivo a realizzare le modifiche degli impianti e tutti gli interventi suggeriti dall'ausiliario del giudice. Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo, tenuto conto della non particolare complessità delle questioni trattate. Le spese di CTU, così come liquidate in corso di causa, vanno poste definitivamente a carico delle parti convenute. P.Q.M. Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni contraria istanza disattesa: 1. Rigetta la domanda relativa alle immissioni di rumore; 2. Accoglie la domanda relativa alle immissioni di odori ed ordina ai convenuti di provvedere immediatamente: - ad installare un'elettrovalvola che impedisca il passaggio del gas metano e di uno o più relè che consentano solo dopo l'accensione dei ventilatori (sia in aspirazione che in immissione) l'accensione degli apparecchi di cottura (elettrici ed a gas) presenti; - a sigillare accuratamente tutte le aperture interno-esterno presenti sul fronte di (...) eventualmente rimuovendo i ventilatori ancora presenti; 3. Condanna CI. (...) e di (...) (...) in solido tra loro, a pagare in favore di (...) e (...), a titolo di risarcimento del danno la somma di Euro 2.000,00, oltre interessi dalla domanda al saldo; 4. Condanna CI. (...) e (...) (...) alla refusione delle spese legali del presente procedimento nei confronti di (...) e (...) che liquida in Euro 3.809,00 per compensi, Euro 518,00 per spese, oltre IVA, rimborso forfettario nella misura del 15% delle spese generali, ed oneri come per legge; 5. Pone definitivamente le spese di CTU, a carico di CI. (...) e di (...) Monza, 20 marzo 2028.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Giudice del Tribunale di Monza - 2A Sezione civile - dott. Nicola Greco ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa N. 3240/2021 R.G. promossa da (...) (C.F.: (...)), con il proc. dom.Avv.to (...), Cassino - parte attrice - contro CONDOMINIO "(...)" (C.F.: (...)), con il proc. dom. Avv.to (...) - parte convenuta - e contro (...) S.P.A. (C.F.: (...)), con il proc. dom. Avv.to (...), Milano - parte convenuta - OGGETTO: risarcimento danni; responsabilità extracontrattuale (art. 2051 c.c.). All'udienza del 26.1.2023, le difese delle parti hanno richiamato i rispettivi fogli di PC già depositati a PCT del seguente tenore: Parte attrice: Voglia l'Ill.mo Tribunale adito, respinta ogni contraria domanda, istanza e/o eccezione: - accogliere tutte le domande formulate dall'attrice nei confronti dei convenuti, come formulate in citazione, in quante fondate in rito, in fatto ed in diritto. Si chiede che la presente causa sia trattenuta in decisione, con concessione dei termini ex art. 190 c.p.c. per deposito comparsa conclusionale ed eventuale memoria di replica. Con vittoria di spese e compensi professionali del presente giudizio e successive occorrende. Parte convenuta Condominio "(...)": Voglia MN.mo Tribunale di Monza, contrariis reiectis, In via preliminare: accertare e dichiarare ex art. 164 c.p.c. la nullità dell'atto di citazione notificato dalla sig.ra (...) ed inammissibili le domande ivi svolte, in quanto nell'atto manca l'esposizione dei fatti e degli elementi di diritto costituenti le ragioni delle domande di cui al n. 4) dell'art. 163 c.p.c. ed è omessa l'indicazione dei mezzi di prova di cui al n. 5) del medesimo articolo. Ancora in via preliminare: accertare e dichiarare l'improcedibilità delle domande formulate da parte attrice, in quanto la stessa non ha preliminarmente esperito il tentativo obbligatorio di mediazione ex D.Lgs. n. 28/2010. Sempre in via preliminare: accertare e dichiarare l'intervenuta prescrizione del diritto della sig.ra (...) ad ottenere il risarcimento dei presunti danni patiti, non avendo la stessa inviato al Condominio alcuna comunicazione utile ai fini dell'interruzione del relativo termine successivamente alla raccomandata del 15.05.2012 ed avendo inviato soltanto raccomandate e pec ad (...) S.p.a., pur non avendo azione diretta nei suoi confronti. Nel merito in via principale: rigettare tutte le domande svolte dall'attrice in quanto infondate in fatto ed in diritto per tutti i motivi esposti in atti. Nel merito in subordine: nella denegata e non creduta ipotesi in cui l'Ill.mo Tribunale adito ritenesse di non dover accogliere le eccezioni e le domande sopra svolte e qualora il Condominio dovesse essere condannato al pagamento di eventuali somme a favore della sig.ra (...), dichiarare che (...) S.p.a. sia tenuta a manlevare il convenuto Condominio"(...)" da ogni pretesa attorea in virtù del contratto di assicurazione in essere all'epoca dei fatti, condannando la stessa compagnia assicurativa a rifondere quanto sarà eventualmente tenuto a pagare all'attrice e tenendolo altresì indenne dalle spese legali del presente giudizio. In ogni caso, con vittoria di spese e compensi professionali. Parte convenuta (...) S.p.A.: Voglia l'Ill.mo Tribunale adito, disattesa ogni contraria istanza, eccezione e deduzione, così giudicare In via preliminare: - dichiarare l'azione introdotta dalla Sig.ra (...) nei confronti di (...) S.p.A. inammissibile per le ragioni esposte in atti e rigettare tali domande; in via principale e in ogni caso: previa declaratoria di mancata responsabilità del Condominio Residenza "(...)", respingere le domande - tutte - proposte nei suoi confronti, in quanto infondate in fatto e in diritto, anche in ragione dell'intervenuta prescrizione dei diritti fatti valere nei confronti del Condominio, nonché in quanto infondate sia nell'an che nel quantum e, conseguentemente, respingere tutte le domande proposte anche nei confronti di (...) S.p.A., per le ragioni in fatto e in diritto indicate; in via subordinata: nella denegata ipotesi di accertamento di una qualsivoglia responsabilità a carico del Condominio, detratti le franchigie e lo scoperto previsti e nel rispetto del massimale pattuito dalla polizza n. 048016907, dichiarare (...) S.p.A. tenuta al pagamento del dovuto in manleva, del solo minore importo risultante di giustizia, con esclusione di ogni e qualsiasi somma ulteriore. Dichiarare in ogni caso (...) S.p.A. non tenuta al pagamento delle spese di lite gravanti in capo al Condominio per le ragioni esposte in atti. In ogni caso, con vittoria di spese, competenze e onorari di giudizio, oltre al contributo forfettario e oneri di legge. FATTO E DIRITTO Con atto di citazione del 7.4.2021, iscritto a ruolo il 15.4.2021, la sig.ra (...) ha convenuto in giudizio il Condominio "(...)" (nel prosieguo, per brevità, Condominio) ed (...) S.p.A., esponendo - in via di sintesi e per quanto di interesse ai fini della decisione - di essersi trovata a percorrere il 15.1.2011 - ospite del fratello residente nel Condominio - "il porticato, verso il cancelletto pedonale di uscita di via (...), allorquando cadeva rovinosamente a terra a causa della pendenza, non segnalata e costituente insidia e/o trabocchetto, del secondo gradino, non evidenziato e non contraddistinto da materiale edilizio di colore diverso dalla pavimentazione"; di aver la caduta provocato all'attrice medesima "serie lesioni", con diagnosi di "lussazione traumatica spalla destra"; di aver inoltrato al Condominio con raccomandata del 2.12.2011 richiesta di risarcimento danni, reiterata con raccomandata del 15.5.2012, a seguito della quale l'amministratore del Condominio ha inoltrato la richiesta ad (...) -, compagnia assicuratrice dello stabile; di essere stata l'attrice medesima in data 19.12.2012 sottoposta a visita da parte di medico fiduciario di (...) S.p.A., con conseguente offerta della somma di Euro 9.000,00, accettata - con "nota del 29/01/2013" - a titolo di acconto sul maggior importo dovuto; di aver il medico fiduciario dell'attrice medesima valutato i postumi residuati all'esito della caduta del 15.1.2011 in invalidità temporanea al 100% per 35 giorni ed al 50% per 55 giorni, oltre ad un'invalidità permanente quantificata nella misura del 18%. Tanto esposto, la difesa attorea - argomentando con riferimento alla responsabilità per l'accaduto in capo al Condominio e ad (...) S.p.A. ex art. 2051 c.c. - ha chiesto la condanna delle controparti al risarcimento dei danni (quantificato nell'importo di Euro 60.017,50, al netto della somma già versata in acconto); con vittoria di spese di lite. Costituitesi in causa (con separate memorie), le parti convenute - eccepite in via preliminare l'improcedibilità della domanda attorea per omessa attivazione della mediazione obbligatoria ex D.Lgs. n. 28/2010 e la prescrizione estintiva del diritto vantato dalla sig.ra (...) - hanno contestato anche nel merito la fondatezza, in fatto ed in diritto, della domanda avversaria, concludendo - in via principale - per il rigetto di essa; con vittoria delle spese di lite. Concessi alle parti i termini per il deposito delle memorie ex art. 183, comma 6, c.p.c. (cfr. provvedimento 26.3.2022); respinte per inammissibilità le istanze istruttorie articolate dalla difesa attorea, senza che le parti convenute abbiano chiesto l'ammissione di mezzi istruttori a prova diretta (cfr. ordinanza 10.11.2022); all'udienza del 26.1.2023, precisate le conclusioni dai procuratori, la causa è passata in decisione, assegnati alle parti i termini per depositare le comparse conclusionali (27.3.2023) e le memorie di replica (17.4.2023). Si premette che: i) difese, eccezioni ed argomentazioni delle parti saranno esaminate per quanto strettamente necessario nella prospettiva della motivazione di questa sentenza, applicato il principio "della ragione più liquida" (cfr. Cass., Sez. 5, Sentenza n. 11458 dell'11.5.2018); ii) le circostanze di fatto rilevanti ai fini della decisione sono esclusivamente quelle allegate entro il termine fissato dalla legge processuale per la maturazione in capo alle parti delle preclusioni assertive aventi ad oggetto gli elementi costitutivi delle pretese azionate in causa (vale a dire, entro il termine previsto per il deposito della memoria ex art. 183, comma 6, n.1, c.p.c.), inammissibili - perché tardive - deduzioni successive al termine de quo (cfr. Cass., Sez. 3, Sentenza n. 7270 del 18.3.2008); senza neppure rilevi il fatto che le circostanze non specificatamente allegate, in tesi, possano essere ricavate dai documenti prodotti (quanto al rapporto tra deduzione e produzione documentale, cfr. Cass., Sez. 3, Sentenza n. 7115 del 21.3.2013; cfr. altresì, Cass., Sez. 3, Ordinanza n. 30607 del 27.11.2018, nonché Cass., Sez. 3, Ordinanza n. 11103 del 10.6.2020). Preliminarmente, va esaminata l'eccezione di nullità dell'atto di citazione sollevata dalla difesa del Condominio e riproposta in sede di precisazione delle conclusioni. Va evidenziato che detta eccezione è stata già rigettata dallo scrivente con il provvedimento del 26.3.2022, con riserva di indicazione delle ragioni laddove essa fosse stata coltivata. L'eccezione in commento è argomentata "in quanto nell'atto manca l'esposizione dei fatti e degli elementi di diritto costituenti le ragioni delle domande di cui al n. 4) dell'art. 163 c.p.c. ed è omessa l'indicazione dei mezzi di prova di cui al n. 5) del medesimo articolo". Il riferimento alla "omessa l'indicazione dei mezzi di prova di cui al n. 5)" dell'art. 163 c.p.c. non è conferente in relazione all'eccezione di nullità, non essendo il n. 5) cit. richiamato dall'art. 164 c.p.c. tra i requisiti richiesti a pena di nullità dello scritto introduttivo; d'altro canto, come noto, alla "indicazione dei mezzi di prova" si provvede con la memoria ex art. 183, c. 6, n. 2), c.p.c. e, quindi, per definizione, in momento successivo alla predisposizione dell'atto di citazione. Circa la "esposizione dei fatti ed egli elementi di diritto costituenti le ragioni delle domande", fermo che - sempre come risulta dall'art. 164 c.p.c. - alla volta della nullità rileva l'omessa esposizione dei fatti, il "fatto" della caduta risulta sufficientemente delineato al fine di evitare la nullità dello scritto introduttivo; altro e diverso piano - che attiene al merito - è se il "fatto", come descritto in citazione, sia idoneo ad integrare fattispecie risarcitoria invocata quale fonte di responsabilità in capo alle parti convenute. Con le conclusioni la difesa del Condominio ha ritenuto altresì meritevole di riproposizione l'eccezione di improcedibilità della domanda attorea per difetto di attivazione della mediazione obbligatoria ex D.Lgs. n. 28/2010. Al riguardo, lo scrivente ribadisce la ragione di rigetto dell'eccezione de qua già indicata nel provvedimento del 26.3.2022 cit.: l'attrice ha proposto azione di risarcimento danni ex art. 2051 c.c., cosicché la causa non ha natura condominiale, non essendo sufficiente per attribuire tale natura la circostanza che il "soggetto" convenuto sia uno stabile condominiale (da intendersi quale ente di gestione privo di personalità giuridica autonoma rispetto ai condomini che lo costituiscono), qui evocato in giudizio - tra l'altro, da soggetto estraneo alla compagine condominiale - nella qualità di "custode" della "cosa" (in tesi) causa del danno lamentato. Proseguendo nell'analisi, sempre in via preliminare, va dichiarata l'inammissibilità della domanda che l'attrice ha formulato direttamente nei confronti di (...) S.p.A.. Infatti, come precisato dalla Corte di legittimità, "nell'assicurazione per la responsabilità civile, l'azione diretta del danneggiato nei confronti dell'assicuratore è ammessa soltanto nei casi espressamente previsti dalla legge (ovvero nell'ipotesi di assicurazione obbligatoria per la circolazione di veicoli e natanti, disciplinata dalla legge n. 990 del 1969, e nell'ipotesi disciplinata dalla legge n. 968 del 1977 in tema di esercizio della caccia), mentre in tutti gli altri casi l'assicuratore è obbligato solo nei confronti dell'assicurato a tenerlo indenne da quanto questi debba pagare ad un terzo cui ha provocato un danno, sicchè, al di fuori delle eccezioni sopra indicate, soltanto l'assicurato è legittimato ad agire nei confronti dell'assicuratore, e non anche il terzo, nei confronti del quale l'assicuratore non è tenuto per vincolo contrattuale né a titolo di responsabilità aquiliana" (Cass., Sez. 3, Sent. n. 9516 del 20.4.2007; cfr., conforme, Cass., Sez. 3, Ord. n. 5259 del 25.2.2021; pronunce entrambe esattamente citate in termini dalla difesa di (...) S.p.A.). Quanto, poi, alla tesi - sostenuta dalla difesa attorea nella memoria di replica - secondo la quale la sig.ra (...) avrebbe azione diretta nei confronti della società assicuratrice del Condominio perché nel caso di specie si verserebbe in ipotesi di "assicurazione per conto altrui, facendo capo direttamente all'assicurato, ai sensi dell'art. 1890 c.c., i diritti derivanti dal rapporto assicurativo", trattasi di tesi destituita di fondamento e ciò muovendo dalle stesse deduzioni della difesa di parte attrice, che - richiamato l'art. 4.3 del contratto di assicurazione tra il Condominio ed (...) S.p.a. - ha evidenziato come quest'ultima si sia impegnata a "tenere indenne l'assicurato per quanto egli sia tenuto a corrispondere, in quanto civilmente di danni involontariamente cagionati a terzi", cosicché è evidente che il rapporto obbligatorio intercorre solo tra le parti del contratto e non è sostenibile che il Condominio abbia stipulato l'assicurazione in nome altrui. Concludendo sul punto, l'unico soggetto legittimato in relazione alla domanda attorea è il Condominio e la posizione di (...) S.p.A. è da considerare solo laddove - accolta (anche parzialmente) la pretesa risarcitoria azionata dalla sig.ra (...) - si debba valutare la richiesta di manleva avanzata dal Condominio nei confronti della compagnia assicuratrice. Passando ad esaminare il merito, come risulta dall'atto di citazione (cfr. pagg. 2-3), la domanda risarcitoria azionata da parte attrice è argomentata muovendo dall'art. 2051 c.c.. E' pacifico che - invocata la responsabilità ex art.2051 c.c. - grava su chi lamenta di aver sofferto un danno risarcibile l'onere di allegare e provare l'evento dannoso ed il nesso di causalità tra danni e cosa in custodia; d'altro canto, in tal senso si esprime in modo univoco la Suprema Corte (cfr., tra le tante e da ultimo, Cass., Sez. 6 - 3, Ord. n. 27724 del 30.10.2018; Cass., Sez. 6 - 3, Ord. n. 30775 del 22.12.2017; Cass., Sez. 6 - 3, Ord. n. 11526 dell'11.5.2017). Del pari, anche in relazione all'art. 2043 c.c. (figura alla quale la difesa attorea non ha fatto espresso riferimento, ma, in teoria, qui applicabile), "l'esistenza e la derivazione causale di postumi permanenti integrano il fatto costitutivo della pretesa al risarcimento e la loro sussistenza va provata da chi la allega" (cfr. Cass., Sez. 3, Sent. n. 23425 del 4.11.2014). Ora, anche volendo aderire alla tesi attorea circa la configurabilità nel caso di specie di responsabilità ex art. 2051 c.c. in capo al Condominio, l'onere della prova gravante sull'attrice sta a significare non tanto che quest'ultima debba dimostrare di essere caduta il 15.1.2011 in spazio condominiale mentre era intenta a lasciare lo stabile, quanto che la caduta è stata provocata proprio dalla "pendenza .., del secondo gradino", di cui si legge in citazione ed ivi qualificata in termini di "insidia e/o trabocchetto" (cfr. pag. 1 dello scritto introduttivo). Come già evidenziato dallo scrivente nell'ordinanza 10.11.2022, la richiesta di ammissione della prova testimoniale formulata da parte attrice "sulle circostanze di fatto esposte in narrativa nell'atto di citazione, esclusa ogni valutazione" non ha potuto essere accolta, non rivenendosi nello scritto introduttivo un'articolazione dei fatti esposta in capitoli separati e specifici, con conseguente inammissibilità dell'istanza istruttoria de qua (cfr. Cass., sez. 2, Sent. n. 12292 del 7.6.2011 e Cas., Sez. 1, Sent. n. 2201 del 31.1.2007). Tanto evidenziato, è poi da escludere che siano stati introdotti in giudizio elementi idonei a soddisfare l'onere probatorio gravante su parte attrice. Infatti, i) il verbale di pronto soccorso del 15.1.2011, al pari dell'intera documentazione riversata agli atti di causa, a tutto concedere, dà conto della caduta, ma nulla dice con riferimento alla dinamica ed alla ragione di essa; ii) la somma corrisposta da (...) S.p.A. è stata erogata a titolo transattivo, cosicché non è rinvenibile riconoscimento di responsabilità, non essendo neppure chiaro in base a quale principio, determinazioni assunte in piena autonomia dalla compagnia assicuratrice, possano valere nei confronti del soggetto assicurato quali atti implicanti ammissione di responsabilità in capo a quest'ultimo. In conclusione, facendo radicale difetto la prova della dinamica della caduta e del contesto in cui essa è avvenuta, la domanda di risarcimento del danno ex art. 2051 c.c. (nonché, se del caso, ex art. 2043 c.c.) non può essere accolta e va rigettata. Inoltre, fermo quanto sopra osservato, di per sé dirimente alla volta della reiezione della pretesa attorea, per mera completezza della motivazione, merita di essere precisato che la eccezione di prescrizione sollevata dal Condominio appare meritevole di accoglimento. Infatti, l'episodio di cui è giudizio si è verificato il 15.1.2011 e l'ultimo atto interruttivo indirizzato al Condominio è la raccomandata del 15.12.2012, senza che tra la documentazione di causa si rinvenga altra comunicazione indirizzata al Condominio prima dello spirare del termine quinquennale ex art. 2947, c. 1, c.c. e senza che ad eventuali richieste inoltrate ad (...) S.p.A. possa essere attribuita efficacia interruttiva, non risultando - sul piano della allegazione, prima ancora che su quello della, pur necessaria, prova - che le richieste de quibus siano mai pervenute nella sfera di conoscenza del debitore (da individuarsi - in ragione di ciò che si è sopra osservato - solo ed esclusivamente nel Condominio e non anche nella compagnia di assicurazione di quest'ultimo). La presente sentenza è provvisoriamente esecutiva per legge. Per quanto concerne il regolamento delle spese di lite, esse, non ricorrendo nel caso di specie alcuna delle ipotesi di cui all'art. 92, comma 2, c.p.c. per discostarsi dal principio della soccombenza, dette spese vengono regolate in base a detto principio, con conseguente condanna dell'attrice a rifonderle alle parti convenute, per l'importo liquidato in dispositivo, in ragione del valore e dell'oggetto della causa, della durata del giudizio, del fatto che si è tenuta un'unica udienza "in presenza" e dell'attività processuale svolta nel corso del procedimento, con la precisazione che si procede a diminuire, nella misura del 50%, i valori medi di cui alle tabelle allegate al D.M. che disciplina le spese di lite, sia per la "fase istruttoria e/o di trattazione" (essendosi essa limitata alla predisposizione delle memorie di cui all'art. 183, comma 6, c.p.c., senza svolgimento di attività istruttoria), sia per la "fase decisionale" (stante l'obiettiva semplificazione della fase de qua, da collegare al mancato svolgimento di attività istruttoria, con giudizio decidibile allo stato degli atti e scritti conclusivi in larga parte ripetitivi del contenuto di quelli già riversati tra il materiale di causa nelle precedenti fasi processuali). La presente sentenza è provvisoriamente esecutiva per legge. P.Q.M. Respinta e/o assorbita ogni altra istanza, difesa ed eccezione delle parti, - rigetta la domanda risarcitoria azionata della parte attrice nei confronti di quelle convenute; - condanna parte attrice a rifondere le spese di lite di questo giudizio al Condominio convenuto, liquidando l'importo complessivo di Euro 5.010,50 per compensi professionali, oltre oneri ed accessori dovuti per legge, nonché 15% per rimborso spese forfettarie; - condanna parte attrice a rifondere le spese di lite di questo giudizio ad (...) S.p.A., liquidando l'importo complessivo di Euro 5.010,50 per compensi professionali, oltre oneri ed accessori dovuti per legge, nonché 15% per rimborso spese forfettarie; Sentenza esecutiva. Monza, 3 maggio 2023. Depositata in Cancelleria il 4 maggio 2023.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI MONZA SEZIONE TERZA CIVILE Il Tribunale in composizione monocratica, nella persona del giudice dott.ssa Caterina Rizzotto, ha pronunciato la seguente SENTENZA Nell'opposizione a precetto ex art. 615 co.1 c.p.c. iscritta al n. r.g. 9254/2021 promossa da: (...), nato in E., il (...) e (...), nata in E. il (...), rappresentati e difesi, giusta procura in calce all'atto di citazione, dall'avv. La.Me. (C.F. (...)) con studio in Milano, alla via (...), 33, presso il cui studio sono elettivamente domiciliati; -attori opponenti- nei confronti di: (...) s.r.l., costituita ai sensi della L. 30 aprile 1999, n. 130, con sede legale in C. (T.), Via V. A. 1, C.F. e partita IVA (...), quale mandataria giusta procura speciale del (...) a rogito del Notaio (...) di M., rep. (...), racc. (...) (doc. 1) di (...) S.p.A., con sede legale in M., Via V., 15/17, C.F. e P.IVA (...), a sua volta mandataria in forza di procura rilasciata da (...) S.p.A. (doc. 2), via V. n. 15/17, C.F. e Partita IVA (...), in persona del suo procuratore speciale, Dott.ssa (...), nata a I. (T.) i1 (...) (c.f. (...)), giusta procura del Dott. (...) nella sua qualità di Consigliere della (...) S.p.A., in forza di delibera del Consiglio di Amministrazione del 24/07/2019, con firma autenticata il 25/05/2020 dal Notaio P.M. in M., rep. (...), racc. (...) e registrata in data 27/05/2020 in Milano 2 alla serie 1T 35001 (doc. 3), rappresentata e difesa, giusta procura alle liti allegata alla comparsa di costituzione, dall'Avv. Lu.Lo. (C.F. (...)), presso il cui Studio, sito in Milano, Viale (...), è elettivamente domiciliata; -convenuta opposta- CONCISA ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE 1. Svolgimento del processo. Con atto di citazione notificato a mezzo pec in data 2 novembre 2021 i sig.ri (...) e (...) hanno opposto il precetto loro notificato in data 15 ottobre 2021 da (...) Srl e per essa dalla sua procuratrice speciale, (...) S.p.A. (di seguito "(...)") e recante l'intimazione di pagamento della somma di Euro 120.502,21, oltre spese ed interessi, in forza di mutuo fondiario del 14 luglio 2006, a rogito del notaio Dott. (...), rep. n. (...) - racc. n. (...), munito di formula esecutiva in data 2 ottobre 2006. In particolare, gli opponenti hanno chiesto accertarsi la nullità (o annullabilità) dell'atto di precetto notificato nonché la sospensione della "provvisoria esecuzione" del titolo. A sostegno della domanda hanno dedotto la carenza di certezza e liquidità del credito in ragione delle allegate: 1. violazione del limite di finanziabilità del mutuo ex art. 38 T.u.b.; 2. illecita pattuizione di interessi superiori al tasso soglia in violazione della L. n. 108 del 7 marzo 1999, 3. violazione ex artt. 1346 e 1418 II comma c.c. per indeterminatezza della clausola che ha previsto l'interesse corrispettivo in misura pari all'Euribor, scadenza 3 mesi su base 360, cui si aggiungono ulteriori 2 punti percentuali "in conseguenza dell'accertata esistenza da parte della Commissione Europea (Sentenza del 04/12/2013 e del 07/12/2016 - Caso 39914) di un cartello tra le diverse banche europee rivolto alla manipolazione del tasso Euribor"; 4. violazione dell'art. 1283 del c.c. in ragione della previsione negoziale di rimborso mediante n. 360 rate mensili posticipate, calcolate secondo il metodo dell'ammortamento cd. "alla francese". Parte opponente ha modellato tutti i motivi di opposizione e specialmente i motivi numero 2, 3 e 4 sulla "consulenza tecnica preliminare resa dal consulente tecnico (...)". Con rituale comparsa di costituzione e risposta depositata in data 3 marzo 2022 si è costituita in giudizio (...) contestando preliminarmente la totale carenza di allegazioni in fatto (cfr. mancata produzione della perizia di parte, richiamata in narrativa) e in diritto, specie con riferimento alle censure sub (...),(...),(...). Ha altresì contestato il superamento del limite di finanziabilità, allegando la perizia redatta il 28 giugno 2006 nell'istruttoria pre-contrattuale dal Geom. (...) (cfr. doc. 8 fasc. conv.). Ha quindi concluso chiedendo il rigetto dell'istanza di sospensione dell'efficacia esecutiva e, nel merito, di tutte le domande proposte. In via subordinata ha infine chiesto accertarsi la conversione del contratto in mutuo ipotecario. Con ordinanza riservata del 23 aprile 2022, è stata rigettata l'istanza di sospensione dell'efficacia esecutiva del titolo per manifesta carenza di gravi motivi e, in particolare, del fumus boni iuris. Nello specifico, si è evidenziata la grave carenza di allegazione in fatto e di deduzione in diritto per tutti i motivi di opposizione, specialmente per i motivi diversi dal primo, oltre alla generale carenza di prova a supporto delle deduzioni svolte. Con memoria ex art. 183 co. 6 n. 2 c.p.c., parte attrice ha allegato la consulenza tecnica di parte redatta dal dott. (...), già richiamata nella narrativa dell'atto di citazione, ed il D.M. del 21 giugno 2006. Ha altresì chiesto disporsi consulenza tecnica d'ufficio volta a dimostrare l'illegittimità della richiesta di pagamento da parte della convenuta. Nella memoria di replica ex art. 186 co.6 n. 3 c.p.c, la convenuta ha contestato sia la richiesta di nomina di c.t.u. che la produzione avversaria, deducendo la carenza di valore probatorio della c.t.p. avversaria, anche in quanto meramente congiunta alla memoria senza puntuale allegazione in atti delle criticità in tesi evidenziate. Quest'ultima contestazione è stata brevemente respinta da parte attrice nella memoria ex art. 183 co. 6 n. 3 c.p.c., nella quale è stata riproposta la richiesta di c.t.u. contabile, poi ribadita all'udienza del 29 settembre 2022. Con ordinanza riservata del 13 ottobre 2022 è stata rigettata l'istanza istruttoria di parte attrice e, ritenuta la causa matura per la decisione, l'udienza è stata rinviata per precisazione delle conclusioni al 23 febbraio 2023, all'esito della quale, dato atto delle conclusioni come precisate, la causa è stata trattenuta in decisione con concessione di termini abbreviati per il deposito degli scritti finali. Si dà atto che la presente sentenza viene depositata in data 1 maggio 2023. 2. L'infondatezza del primo motivo di opposizione: sul rispetto del limite di finanziabilità dell'80%. Preliminarmente deve qualificarsi l'odierna opposizione come opposizione preventiva all'esecuzione, atteso che si contesta la legittimità del diritto di promuovere l'esecuzione per assenza di valido titolo esecutivo e per difetto di certezza e liquidità del credito. Con il primo motivo di opposizione parte attrice ha dedotto la nullità del contratto di mutuo fondiario, azionato dalla mutante per mancato rispetto del limite di finanziabilità, individuato ex art. 38 TUB (D.Lgs. n. 385 del 1993) dalla (...) "in conformità della deliberazione del CICR" del 1995 nell'ammontare massimo dell'80% del valore dei beni ipotecati, ovvero del costo delle opere da eseguire sugli stessi. Secondo la prospettazione di parte opponente, la mutuante avrebbe violato la soglia erogando un finanziamento ipotecario di Euro 152.000,00 a fronte di un valore del bene desumibile, dal prezzo di acquisto dell'immobile concesso in garanzia, sito in Sesto S. G. (M.), Viale G. n.42, di Euro 150.000,00 (cfr. doc. 1 att.). Da tale violazione conseguirebbero la nullità del contratto di mutuo, il diritto della parte finanziata a richiedere la ripetizione delle somme indebitamente versate per oneri ed interessi, nonché la decadenza della garanzia ipotecaria prestata a favore della mutuante. L'assunto di parte attrice non è coerente con l'attuale assetto giurisprudenziale in materia di superamento del limite di finanziabilità, sancito dalla recentissima pronuncia n. 33719/2022 delle Sezioni Unite della Cassazione, condiviso da questo Tribunale. Le Sezioni Unite, dirimendo la questione interpretativa, hanno cristallizzato il principio di diritto applicabile alla fattispecie nel seguente arresto: "in tema di mutuo fondiario, il limite di finanziabilità ex art. 38, comma 2, del D.Lgs. n. 385 del 1993, non costituisce un elemento essenziale del contenuto del contratto, non essendo la predetta norma determinativa del contenuto medesimo, né posta a presidio della validità del negozio, bensì un elemento meramente specificativo o integrativo dell'oggetto contrattuale, fissato dall'Autorità di vigilanza sul sistema bancario nell'ambito della c.d. "vigilanza prudenziale", in forza di una norma di natura non imperativa, la cui violazione è, dunque, insuscettibile di determinare la nullità del contratto" (cfr. Cass. civ., Sez. Unite, Sentenza, 16/11/2022, n. 33719). Ne discende la validità del contratto di mutuo fondiario "sovrafinanziato", contratto che rimane regolato dalla disciplina speciale del credito fondiario, esponendo la mutuante al rischio di sanzioni amministrative, in ragione della violazione di una norma improntata alla tenuta del sistema bancario e, conseguentemente, non imperativa, e di revocabilità della garanzia. Detto approdo giurisprudenziale dimostra l'infondatezza del primo motivo di opposizione. Vale in ogni caso appena il caso di osservare che la deduzione attorea è rimasta del tutto astratta e svincolata dalle concrete risultanze processuali. 3. L'inammissibilità del secondo motivo di opposizione relativo alla violazione della L. n. 108 del 7 marzo 1996. Parte opponente ha altresì eccepito l'illecita pattuizione di un tasso d'interesse superiore a quello soglia in violazione della L. n. 108 del 1996, richiamando la relazione tecnica del dott. G.D. (cfr. consulenza tecnica di parte, prodotta dagli attori con la memoria ex art. 183 comma 6 n. 1 c.p.c.). Conseguenze di questa doglianza sarebbero, in tesi, l'illegittimità del saldo di Euro 119.911, 27, oggetto di intimazione, e il diritto della parte mutuataria a ripetere quanto versato sia a titolo di interessi che di spese e commissioni usurarie e, in ogni caso, l'illegittimità dell'atto di precetto, in quanto avente ad oggetto un credito privo del requisito di certezza, liquidità ed esigibilità. Tale secondo motivo di opposizione è inammissibile e in ogni caso infondato. La Suprema Corte ha da tempo statuito il seguente principio di diritto in punto di oneri di allegazione incombenti in capo al debitore che eccepisca o chieda l'accertamento dell'usurarietà degli interessi: "il debitore, il quale intenda provare l'entità usuraria degli stessi, ha l'onere di dedurre il tipo contrattuale, la clausola negoziale, il tasso moratorio in concreto applicato, l'eventuale qualità di consumatore, la misura del TEGM nel periodo considerato, con gli altri elementi contenuti nel decreto ministeriale di riferimento, mentre la controparte dovrà allegare e provare i fatti modificativi" (cfr. ex multis Cass. Civ., S.U., 18/9/2020, n.19597). Anche la giurisprudenza di merito, che si condivide, ha precisato che è onere della parte che deduce l'applicazione di un tasso usurario allegare ed indicare modi, tempi e misura del superamento dello specifico tasso soglia (sul tema cfr. Trib. di Ferrara, Sentenza, 5 dicembre 2013). In più, come sancito anche dalla giurisprudenza di merito citata da parte opposta, parimenti condivisa da questo Tribunale, che "le carenze dal punto di vista delle allegazioni dell'atto introduttivo di un giudizio non possono essere colmate attraverso l'esame diretto della documentazione allegata (ed in particolare della perizia di parte), in quanto il profilo assertivo e quello probatorio devono essere comunque tenuti distinti" (cfr. Tribunale di Roma, Ordinanza, 12 giugno 2016). Dunque grava pacificamente sul debitore, che eccepisca l'usurarietà del mutuo, l'onere di allegare, tempestivamente, il tasso soglia determinato con decreto ministeriale del MEF nel trimestre di rilevanza, il TEG convenuto e concretamente applicato con raffronto alle clausole negoziali richiamate ed il momento e l'entità del superamento della soglia antiusura, supportando tale allegazione con la produzione in giudizio della documentazione anche tecnica idonea a dare conto del procedimento di calcolo attraverso cui si è giunti a tale asserzione. Nel caso di specie, considerato il mancato deposito della prima memoria istruttoria, l'allegazione contenuta in citazione è rimasta generica, indeterminata e disarticolata rispetto agli esiti della perizia, prodotta in allegato alla seconda memoria, non avendo gli attori specificato il meccanismo attraverso il quale sono addivenuti alla determinazione dello scostamento rilevato tra tasso soglia anti-usura del 6,63% e TEG del 6,86% ovvero del 6,494%. Di seguito si riporta l'unica allegazione contenuta in citazione: "L'applicazione delle condizioni economiche convenute al rapporto di mutuo determina il superamento del tasso sogli usura vigente nel III trimestre 2006 per i mutui ipotecari a tasso variabile pari al 6,63%, sia considerando gli oneri dovuti a titolo di penale di estinzione anticipata e di interessi di mora, sia escludendo dal calcolo questi ultimi. L'usura originaria del rapporto, infatti, permane, in ipotesi di esclusione della penale di estinzione anticipata, fino al versamento della rata n. 7, in scadenza il 14/02/2007, dove viene riscontrato un Tasso Effettivo Globale del 6,86%, ed, in ipotesi di inclusione della penale di estinzione anticipata, nella misura dell'1% fino al versamentodella rata n. 14 in scadenza il 14/09/2007, dove viene riscontrato un Tasso Effettivo Globale del 6,494%". L'intera allegazione si basa, esclusivamente, sul richiamo, peraltro parziale, della perizia tecnica di parte redatta dal Dott. (...), specificamente contestata dalla parte opposta, e, come tale, "rimessa all'apprezzamento discrezionale del giudice di merito, che non è in nessun caso obbligato a tenerne conto o analizzarne ed eventualmente confutarne il contenuto", né a disporre sulla base della stessa una consulenza tecnica d'ufficio (cfr. ex multis Cassazione civile sez. I, 02/09/2022, n.25930 ovvero Cassazione civile sez. trib., 27/12/2018, n.33503). Per tale ragione, ossia per la grave lacuna assertiva degli atti, non è stata disposta la c.t.u. richiesta e l'opposizione si ritiene in parte qua inammissibile. Ove si ritenga, per mera ipotesi, assolto l'onere di allegazione, mediante il mero rinvio alla relazione tecnica di parte, depositata soltanto con la seconda memoria ex art. 183 co. 6 c.p.c., dovrebbe in ogni caso rilevarsi l'infondatezza dell'opposizione per genericità della prospettazione. La perizia ha impiegato a fondamento della valutazione il mutuo fondiario, il rogito e l'atto di precetto (cfr. p. 4). Dopo una premessa generale sulla ritenuta intrinseca natura anatocistica della capitalizzazione composta nel piano di ammortamento alla francese e sulle componenti del costo del credito da considerare al fine del giudizio di usurarietà degli interessi (interessi di mora, penale per estinzione anticipata), il consulente di parte afferma, in via apodittica, che il contratto di mutuo prevede non soltanto un piano di rimborso con ammortamento alla francese (come in effetti previsto nell'art. 6) bensì anche il sistema della capitalizzazione composta (oggetto peraltro di separato motivo di opposizione; cfr. infra punto 5), senza dare conto del percorso logico e tecnico e soprattutto dei calcoli impiegati per raggiungere il risultato esposto attraverso la formula matematica inserita nella perizia e l'esame del piano di ammortamento allegato. Non è in alcun modo esplicitato il conteggio effettuato per affermare che la rata iniziale, comprensiva di capitale e interessi, fosse pari ad Euro 746,46 (p. 16), anziché Euro 587, come risultante dall'esame del piano di ammortamento e dalla clausola di determinazione degli interessi al tasso variabile. Poi la perizia prosegue affermando che il piano di ammortamento implica invece il pagamento di una rata di Euro 746,86 (p. 22), senza alcuna motivazione in ordine a tale modifica nella rilevazione. Ancora sulla base della assunta natura di maggior costo del credito derivante dal pattuito regime di capitalizzazione composta, rispetto a quello semplice meno oneroso (Euro 587), il consulente diminuisce il capitale effettivamente erogato ad Euro 119.464,89 (sottraendo a Euro 152.000 le maggiori somme pagate in forza del regime composto, Euro 32.535,11), vi aggiunge le spese di istruttoria e assicurazione e ridetermina dunque il piano di ammortamento alla data di stipula utilizzando una rata costante di Euro 746,86 per 360 rate. Così si limita a concludere che "Il TEG (Tasso effettivo globale) applicato al rapporto è, infatti, pari al 6,764% ed è superiore al TSU (tasso soglia usura) stabilito nel III trimestre 2006 per la categoria dei mutui ipotecari a tasso variabile, pari al 6,630%" (cfr. pp. 21-22 consulenza tecnica di parte). Ebbene dalla ricostruzione effettuata risulta che la allegazione è disarticolata dalla deduzione tecnica e la deduzione tecnica contiene assunzioni erronee (si rinvia all'errore nell'individuazione della rata alle pag. 16 e 22 della relazione) ma soprattutto apodittiche e indimostrate, dunque non verificabili nella loro astratta correttezza dalla controparte, generiche e insuscettibili di condurre all'ammissione di consulenza tecnica d'ufficio. Non è stata infatti fornita indicazione comprensibile in ordine al procedimento di calcolo mediante il quale il consulente ha ritenuto che il piano di ammortamento è stato elaborato con il metodo di capitalizzazione composta degli interessi - il che costituisce il presupposto di tutto il ragionamento - ed ha determinato la rata convenuta in Euro 746,46 ovvero Euro 746,86. Dunque, la difesa degli opponenti si risolve in una prospettazione generica, astratta e perciò tale da non poter condurre ad alcun tipo di approfondimento istruttorio. 4. L'infondatezza del terzo motivo di opposizione relativo alla violazione degli artt. 1346 e 1418 comma 2 c.c. Quanto al terzo motivo di opposizione, parte attrice ha dedotto la nullità del contratto di mutuo ex artt. 1346 e 1418 co. 2 c.c. per indeterminatezza ed indeterminabilità della clausola relativa alla fissazione dell'interesse corrispettivo, per le rate successive alla sesta, in misura pari all'Euribor scadenza e mesi su base 360, cui si aggiungono ulteriori due punti percentuali (cfr. art.3 contratto di mutuo). In tesi, l'indicizzazione del tasso d'interesse all'Euribor per i contratti stipulati tra il 29/9/2005 e il 30/5/2008, tra cui anche il mutuo in esame (sottoscritto il 14 luglio 2006), renderebbe nulla la relativa clausola "in conseguenza dell'accertata esistenza da parte della Commissione Europea (Sentenza del 04/12/2013 e del 07/12/2016 - Caso 39914) di un cartello tra le diverse banche europee rivolto alla manipolazione del tasso Euribor", con applicabilità del tasso legale in luogo del corrispettivo. Detto motivo è infondato. Parte attrice fonda la propria prospettazione sull'accertata manipolazione del tasso Euribor, manipolazione che sarebbe stata operata da alcune banche europee collegate in "cartello", come in tesi accertato dalla Commissione Europea. Tuttavia la parte non ha prodotto l'accertamento in parola mediante deposito del provvedimento assunto dalla Commissione. In ogni caso, ai fini della declaratoria di nullità del tasso di interesse pattuito, non è sufficiente il mero riferimento all'Euribor. Infatti, da un punto di vista "genetico", tale tasso non rappresenta un valore fissato da un "accordo" restrittivo tra banche bensì un valore ottenuto tramite un sistema di rilevazione oggettivo che tiene conto della media aritmetica delle quotazioni effettuate e pubblicate dagli Istituti di credito operanti nell'Eurozona e, di per sé, non può certo ritenersi illecito. La ragione per cui la Commissione Europea è intervenuta nel periodo 2005-2008 ad infliggere sanzioni risiede solo nell'accertamento di un cartello, tramite il quale alcune banche avevano concordato un "settaggio" di certi valori Euribor, calibrato sulla base delle scadenze che si erano trovate ad affrontare con riferimento ai contratti conclusi. Dunque, come ritenuto da condivisibile giurisprudenza di merito, affinché nel concreto il riferimento all'Euribor rappresenti l'indice della nullità della clausola contrattuale determinativa di interessi, spetta alla parte che invochi la nullità "allegare e dimostrare la concreta incidenza sul singolo contratto dell'applicazione del tasso Euribor richiamato, nonché l'adesione della banca all'intesa anticoncorrenziale vietata dalla normativa europea, e in particolare dall'art. 101 TUE, recepita nel diritto nazionale dalla L. n. 287 del 1990 (c.d. cartello interbancario) ed "indicare le ragioni per cui l'eventuale superamento sarebbe disceso proprio dalla correlazione del tasso variabile in concreto applicato con il parametro Euribor contestato, piuttosto che, al contrario, dallo spread dedotto nel contratto" (Trib. Di Genova, 5 febbraio 2019, n. 346). Nel caso di specie gli attori hanno invece soltanto prospettato che la nullità del contratto di mutuo "a valle" deriverebbe in automatico dall'invalidità "a monte" dell'intesa anticoncorrenziale tra banche europee in violazione della normativa antitrust, nel cui ambito sarebbe stato stipulato il mutuo. Così come formulato il terzo motivo di opposizione è infondato poiché si limita a dare per scontata la nullità del contratto "a valle", senza provare, allegare o produrre l'esistenza dell'intesa restrittiva, l'illiceità della stessa mediante allegazione dell'accertamento, in sede amministrativa, dell'intesa anticoncorrenziale, la connessione tra questa ed il contratto di mutuo, nonché il coinvolgimento della banca mutuante nell'intesa stessa. Di conseguenza, il motivo di opposizione è infondato e in ogni caso la prospettazione è inconsistente, attesa la carenza di precisione nell'argomentazione giuridica e l'indeterminatezza della stessa. 5. L'infondatezza del quarto motivo di opposizione relativo alla violazione dell'art. 1283 c.c. e dell'art. 1346 c.c. Infine gli opponenti hanno dedotto l'anatocismo del metodo di ammortamento c.d. alla francese, previsto nel contratto di mutuo e sulla cui base sono state calcolate le n. 360 rate mensili posticipate e individuate, per la quota capitale, nell'allegato piano di ammortamento. Nella memoria ex art. 183 co. 6 n.2 c.p.c., riportando stralci della relazione stragiudiziale del Dott. (...), hanno precisato che il piano di ammortamento alla francese sarebbe stato predisposto con sistema di capitalizzazione composta degli interessi, in luogo di quella semplice (cfr. p. 2 della memoria). Secondo la tesi attorea, questo criterio finanziario implicherebbe un'intrinseca capitalizzazione degli interessi, con l'applicazione di un interesse effettivo (4,32%) più elevato rispetto a quello nominale indicato in contratto (4,24%), in violazione dell'art. 1283 c.c. Detta applicazione comporterebbe in tesi anche la violazione dell'art. 1346 c.c., atteso che l'implicita capitalizzazione degli interessi renderebbe non determinato o indeterminabile il tasso di interesse, con la conseguente necessità di applicare in concreto il tasso legale ex art. 1284 c.c. Il quarto motivo di opposizione è complessivamente infondato. Premesso che, come sopra rilevato, l'assunto dell'applicazione nel piano di ammortamento oggetto di causa del meccanismo di capitalizzazione composta non è stato minimamente argomentato ed esplicitato e rimane pertanto irrimediabilmente generico, deve in ogni caso osservarsi nel merito che, secondo la giurisprudenza prevalente, citata anche nella relazione di parte e che questo Tribunale condivide, il c.d. piano di ammortamento alla francese non è connotato da anatocismo intrinseco, nemmeno nel contesto della c.d. rata composta. In altre parole, nei mutui con ammortamento alla francese, sussiste solo il frazionamento dell'obbligo restitutorio, poiché ogni rata, di importo costante, è composta sia da una quota di capitale in misura mensilmente crescente che da una quota di interessi corrispettivi proporzionalmente decrescenti. Un meccanismo restitutorio di questo tipo non comporta alcuna illegittima capitalizzazione degli interessi né alcuna discordanza tra il tasso pattuito e quello applicato: in ciascuna rata gli interessi vengono infatti calcolati solo sul capitale residuo del periodo precedente e al netto dell'importo già pagato in linea capitale con la rata o le rate precedenti, senza capitalizzare in tutto o in parte gli interessi corrisposti con le rate precedenti (Tribunale Milano Sez. III, Sent., 04/01/2023; Tribunale di Roma Sez. XVII, Sent., 09/03/2022 e successive conformi). In tale prospettiva, l'applicazione di interessi composti non conduce perciò necessariamente alla violazione dell'art. 1283 c.c., che vieta soltanto la produzione di interessi su interessi scaduti e dunque una capitalizzazione di interessi non ravvisabile nel piano di ammortamento redatto con metodo francese; né conduce ad un'indeterminatezza del tasso di interesse, risolvendosi semplicemente in una "diversa costruzione delle rate costanti in cui la quota degli interessi e quella di capitale variano al solo fine di privilegiare nel tempo la restituzione degli interessi rispetto al capitale, in ossequio al principio previsto dall'art. 1194 c.c." (cfr. ex multis Tribunale di Roma, Sez. XVII, Sentenza, 27/09/2019, n. 18382 ovvero Tribunale di Roma, Sentenza, 03/10/2019, n.18861) L'adesione a tale prevalente orientamento si risolve nella infondatezza della prospettazione. Peraltro, tale prospettazione sconta, in ogni caso, una grave carenza di precisione, in quanto gli attori non hanno in alcun modo esplicitato in fatto il meccanismo attraverso il quale si avrebbe la produzione di interessi su interessi, mediante puntuale connessione della contestazione al documento allegato costituito dal piano di ammortamento, né hanno dedotto alcunché specifico in diritto. Quanto alla seconda contestazione, precisata da parte attrice nella seconda memoria ex art. 183 co.6 c.p.c., ossia la ritenuta idoneità della capitalizzazione composta a rendere indeterminata la clausola sugli interessi, in mancanza di espressa accettazione di tale formula di matematica finanziaria, si osserva quanto segue. Secondo la giurisprudenza di merito che si condivide, "la mancata indicazione del regime di capitalizzazione che governa il piano di ammortamento del mutuo, sebbene neghi al mutuatario la effettiva conoscenza del meccanismo applicativo degli interessi, non si pone in contrasto con la normativa sulla trasparenza bancaria. Difatti, la sostituzione della legge dell'interesse semplice con quella dell'interesse composto nel calcolo delle rate di un piano di ammortamento alla francese - circostanza che provoca nel tempo un innalzamento del tasso di interesse effettivamente applicato - non comporta, in assenza di accettazione del regime finanziario della capitalizzazione composta, alcuna violazione dell'art. 117 TUB, che impone, a pena di nullità, di indicare per iscritto nei contratti bancari il tasso di interesse e ogni altro prezzo e condizione praticati, inclusi, per i contratti di credito, gli eventuali maggiori oneri in caso di mora." (cfr. Tribunale di Roma Sez. XVII, Sent., 09/03/2022). Si ritiene in sostanza che alcuna indeterminatezza sia riscontrabile nella clausola determinativa degli interessi corrispettivi ove la stessa indichi, come nel caso di specie, i suoi elementi essenziali, ossia i parametri utilizzati per la determinazione del tasso di interesse variabile (cfr. p. 3 e 4 del contratto di mutuo), la base di calcolo, ossia 360 (p. 4), e la modalità di calcolo di ciascuna rata costante, secondo il piano di ammortamento alla francese (p. 4), allegato al contratto. Questo perché il regime di capitalizzazione composta degli interessi e dunque la misura orientativa, salva l'oscillazione derivante dall'opzione del tasso variabile, della complessiva somma da restituire sono evincibili dall'analisi del piano di ammortamento e dunque sono stati posti a conoscenza del mutuatario in sede di stipula del mutuo. 6. Le spese di lite Le spese di lite seguono la soccombenza e perciò debbono essere poste interamente a carico degli attori (...), come modificati dal D.M. 13 agosto 2022, n. 147 pubblicato l'8 ottobre 2022 con entrata in vigore dal 23 ottobre 2022, ai valori minimi, attesa la semplicità delle questioni sollevate e l'astrattezza della prospettazione attorea, che ha notevolmente semplificato la difesa della convenuta. DISPOSITIVO Per questi motivi il Tribunale di Monza in composizione monocratica Terza Sezione Civile Definitivamente pronunciando sulla causa introdotta con atto di citazione notificato in data 2.11.2021 da (...) e (...) nei confronti di (...) SRL e per essa la sua procuratrice speciale (...) SPA, disattesa ogni altra domanda ed eccezione, così provvede: 1. RIGETTA l'opposizione a precetto proposta da parte attrice (...) e (...); 2. CONDANNA (...) e (...) alla refusione delle spese di lite in favore di parte convenuta (...) SRL, che si liquidano in Euro 7.052, oltre al 15% per spese generali, CPA ed IVA (se non recuperabile in virtù del regime fiscale della parte) come per legge. CONCLUSIONE Così deciso in Monza il 1 maggio 2023. Depositata in Cancelleria il 2 maggio 2023.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI MONZA QUARTA SEZIONE CIVILE Il Tribunale, nella persona dei seguenti magistrati: dott. Carmen Arcellaschi - Presidente dott. Claudia Bonomi - Giudice dott. Camilla Filauro - Giudice relatore ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di I Grado iscritta al N. 248/2021 R.G. promossa da: (...) (C.F.(...)) nato a S. (M.) il (...), rappresentato e difeso dall'avv. Il.Ro. ed elettivamente domiciliato presso e nello studio del difensore sito in Seregno, Viale (...), giusta procura in calce al ricorso; RICORRENTE contro: (...) (C.F.(...)) nata a G. (M.) l'(...), rappresentata e difesa dall'avv. Pa.Ma., ed elettivamente domiciliato presso e nello studio del difensore sito in Seregno (MB) via (...), giusta procura in calce alla costituzione; RESISTENTE e con l'intervento obbligatorio del PUBBLICO MINISTERO, in persona del Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Monza INTERVENUTO Oggetto: separazione giudiziale RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE I. Con ricorso depositato in data 13.02.2021, (...) chiedeva che il Tribunale pronunciasse la separazione giudiziale da (...), con il quale aveva contratto matrimonio in Giussano il 20.05.2004 e dalla cui unione è nato il figlio (...) il 04.11.2005. Il ricorrente, più nello specifico, chiedeva la separazione giudiziale dalla moglie, l'affidamento esclusivo del figlio minore con collocamento prevalente presso il padre, la regolamentazione del diritto di visita materno, l'assegnazione della casa coniugale e che fosse posto a carico della resistente l'obbligo di concorrere al pagamento del 50% delle spese straordinarie del figlio. All'udienza presidenziale del 18.05.2021 il Presidente f.f., impossibilitato a esperire un tentativo di conciliazione a fronte della mancata comparizione della resistente, ritenuto necessario acquisire il fascicolo del Tribunale dei Minorenni di Milano avente ad oggetto il nucleo familiare in questione (r.g.vol. 1468/2017), fissava nuova udienza dinnanzi a sé per il 22.06.2021. A tale udienza parte ricorrente depositava il fascicolo del Tribunale dei Minorenni e il giudice adottava i provvedimenti provvisori e urgenti ai sensi dell'art. 708 c.p.c. con ordinanza resa in data 24.06.2021, la cui parte dispositiva si riporta di seguito per maggiore chiarezza espositiva: I. Autorizza i coniugi a vivere separati con l'obbligo del mutuo rispetto; II. Affida il figlio minore (...) all'Ente territorialmente competente in relazione alla sua residenza anagrafica, al momento Seregno, al quale sarà rimessa l'adozione delle scelte più importanti per il minore, precisamente istruzione, educazione, salute e residenza; III. Dispone che (...) sia collocato presso il padre; le visite tra (...) e la madre saranno regolamentate da parte dei Servizi Sociali già incaricati di monitorare il nucleo familiare tenuto conto dell'andamento dei colloqui con le parti e della soluzione abitativa reperita dalla madre; IV. Incarica i Servizi Sociali di Seregno di proseguire l'attività di monitoraggio del nucleo familiare di (...), verificando la situazione personale e abitativa dei genitori, anche mediante accessi domiciliari, e di garantire la prosecuzione di tutti gli interventi anche di sostegno psicologico posti in essere a favore del minore del minore e dei genitori; i Servizi Sociali dovranno altresì verificare l'andamento del percorso scolastico di (...) mediante colloqui con gli insegnanti; i Servizi Sociali dovranno altresì, per il tramite dei Servizi specialistici della (...) competente per territorio, effettuare valutazioni psicodiagnostiche sui genitori al fine di indagarne la capacità genitoriale e, all'esito, indicare la migliore modalità di affidamento e collocamento del minore; V. Dispone che i Servizi Sociali di Seregno trasmettano a questa Autorità Giudiziaria nonché ai legali delle parti una relazione circa l'esito degli accertamenti delegati entro il giorno 1 dicembre 2021; VI. Assegna la casa coniugale a (...) con tutti i mobili in essa presenti affinché la occupi con il figlio minore (...), assegnando a (...) termine fino al giorno 1 settembre 2021 per il rilascio e l'asportazione dei propri effetti personali; VII. Pone a carico di (...) l'obbligo di contribuire direttamente al mantenimento ordinario e straordinario del figlio (...); VIII. Nomina giudice istruttore sé stessa; IX. Fissa per la comparizione dei soli legali delle parti innanzi al predetto magistrato l'udienza del giorno 16 dicembre 2021 alle ore 10,00, riservando al giudice istruttore la fissazione di eventuale udienza per la comparizione personale delle parti; X. Fissa termine perentorio a (...) per la notifica della presente ordinanza a (...) con l'osservanza dei termini di cui all'art. 163 bis cod. proc. civ. ridotti alla metà; XI. Assegna a (...) termine sino a trenta giorni liberi prima dell'udienza per il deposito in cancelleria di memoria integrativa, avente il contenuto di cui all'art. 163 terzo comma, n. 2), 3), 4),5) e 6); XII. Assegna termine a (...) sino a dieci giorni liberi prima dell'udienza per la costituzione in giudizio ai sensi degli artt. 166 e 167 primo e secondo comma cod. proc. civ., nonché per la proposizione delle eccezioni processuali e di merito non rilevabili d'ufficio; XIII. A.(...) che la costituzione oltre il suddetto termine implica le decadenze di cui all'art. 167 cod. proc. civ. e che oltre il termine stesso non potranno più essere proposte le eccezioni processuali e di merito non rilevabili d'ufficio. Si costituiva con memoria depositata in data 03.12.2021 (...), la quale aderiva alla domanda di separazione mentre chiedeva, a parziale modifica dell'ordinanza presidenziale, la conferma dell'affidamento del figlio minore all'ente con collocamento prevalente dello stesso presso il padre, l'assegnazione della casa coniugale, la regolamentazione delle visite materne e la determinazione in Euro 500,00 del contributo che il ricorrente doveva ritenersi obbligato a corrisponderle per il proprio mantenimento. Con ordinanza resa in data 20.12.2021 a scioglimento della riserva assunta all'udienza del 16.12.2021, tenutasi con modalità cartolare, il giudice, a parziale modifica dell'ordinanza presidenziale, così provvedeva: I) Revoca l'assegnazione della casa familiare a (...); II) Pone a carico di (...) l'obbligo di versare entro il giorno 10 di ogni mese a (...) la somma di Euro 300,00 con decorrenza dal mese di dicembre 2021 (somma rivalutabile annualmente secondo indici Istat); III) Rigetta la domanda di (...) di assegnazione della casa familiare; IV) Incarica i Servizi Sociali di Seregno di proseguire l'attività di monitoraggio del nucleo familiare di (...), verificando la situazione personale e abitativa dei genitori, anche mediante accessi domiciliari, e di garantire la prosecuzione di tutti gli interventi anche di sostegno psicologico posti inessere a favore del minore del minore e dei genitori; i Servizi Sociali dovranno altresì verificare l'andamento del percorso scolastico di (...) mediante colloqui con gli insegnanti; i Servizi Sociali dovranno altresì, per il tramite dei Servizi specialistici della (...) competente per territorio, effettuare valutazioni psicodiagnostiche sui genitori al fine di indagarne la capacità genitoriale e, all'esito, indicare la migliore modalità di affidamento e collocamento del minore; dovranno altresì favorire l'accesso di (...) al CPS competete per territorio; V) Dispone che i Servizi Sociali di Seregno trasmettano a questa Autorità Giudiziaria all'indirizzo di posta elettronica [email protected] una relazione circa l'esito degli accertamenti delegati entro il giorno 28 marzo 2022; Letto ed applicato l'art. 183 comma 6 c.p.c. Vista l'istanza delle parti, concede i seguenti termini perentori con decorrenza dal 10 gennaio 2022: 1) termine di trenta giorni per il deposito di memorie limitate alle sole precisazioni o modificazioni delle domande, delle eccezioni e delle conclusioni già proposte; 2) termine di ulteriori trenta giorni per replicare alle domande ed eccezioni nuove, o modificate dall'altra parte, per proporre le eccezioni che sono conseguenza delle domande e delle eccezioni medesime e per l'indicazione dei mezzi di prova e produzioni documentali; 3) termine di ulteriori venti giorni per le sole indicazioni di prova contraria. Alla successiva udienza del giorno 06.04.2021 le parti insistevano per l'ammissione delle istanze istruttorie articolate nelle proprie memorie e si opponevano all'ammissione delle prove articolate da controparte. Con ordinanza resa in pari data il Giudice rigettava le istanze istruttorie delle parti e disponeva il proseguimento degli interventi di sostegno a favore del minore da parte dei Servizi Sociali del Comune di Seregno fissando per l'esame della relazione dei Servizi Sociali l'udienza del 06.10.2022. A tale udienza, ritenuta la necessità di acquisire la relazione circa la valutazione psicodiagnostica effettuata sui genitori, il giudice rinviava per l'esame della relazione ETIM all'udienza del 17.11.2022. Alla successiva udienza del 17.11.2022 il Giudice, ritenuta la causa matura per la decisione, fissava per la precisazione delle conclusioni l'udienza del 26.01.2023 da tenersi con modalità cartolare. Le parti precisavano quindi le conclusioni trascritte in epigrafe con fogli depositati telematicamente in data 23.01.2023 e la causa veniva rimessa al Collegio per la decisione previa assegnazione dei termini di legge per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica. II. Tanto premesso in fatto, la domanda di separazione deve essere accolta, in quanto fondata. Le parti hanno contratto matrimonio concordatario in Giussano in data 20.05.2004 (trascritto presso gli atti dello Stato civile del Comune di Giussano (anno 2004, atto n. 14, parte II, Serie A); Dalla loro unione è nato il figlio (...) il 04.11.2005. Dagli atti è emerso il venir meno della comunione materiale e spirituale fra i coniugi in questione, essendosi verificate circostanze tali da rendere intollerabile la prosecuzione della convivenza fra gli stessi e da recare pregiudizio all'educazione della prole. Né occorre espletare una specifica istruttoria allo scopo di verificare se la convivenza sia divenuta realmente intollerabile. Infatti, in una doverosa visione evolutiva del rapporto coniugale, il giudice, per pronunciare la separazione, deve verificare in base ai fatti emersi, ivi compreso il comportamento processuale delle parti, a prescindere da qualsivoglia elemento di addebitabilità, l'esistenza, anche in un solo coniuge, di una condizione di disaffezione al matrimonio tale da rendere incompatibile, allo stato, la convivenza (in termini cfr. Cass. Civ., sez. I, sentenza 30 gennaio 2013 n. 2183). Orbene, nel caso di specie è emerso, sulla base delle circostanze come riferite ed evidenziate dai coniugi nei rispettivi atti introduttivi, che la convivenza matrimoniale è divenuta intollerabile e improseguibile. Va, dunque, pronunciata la separazione personale. III. Deve, a questo punto, essere decisa la domanda di affidamento di (...) ai genitori. Al riguardo è noto come è prioritaria la modalità di affido condiviso della prole minore di età a entrambi i genitori, dovendosi sempre tutelare, ove possibile, il diritto alla c.d. bigenitorialità. Se questa è la regola, l'art. 337 quater c.c. consente al giudice di disporre l'affido esclusivo dei minori a un genitore quando l'affido all'altro sia contrario al superiore interesse del minore, interesse che deve ispirare ogni decisione del giudice nell'ambito dei procedimenti riguardanti minori e che trova la propria copertura normativa a livello primario, nella Convenzione Europea dei diritti dell'uomo (art. 8) e nella Costituzione (artt. 2, 30 e 31). La regola generale dell'affido condiviso, pertanto, è derogabile solo ove seriamente pregiudizievole per il minore. In tale logica, ove il Tribunale non abbia elementi sufficienti per formulare una prognosi favorevole circa l'idoneità di entrambi i genitori all'esercizio della responsabilità genitoriale, ben potrà adottare provvedimenti limitativi della responsabilità genitoriale (art. 333 c.c.) o, in ultima analisi, la decadenza dalla stessa (art. 330 c.c.). In particolare, l'art. 333 c.c. dispone che ove la condotta di uno o di entrambi i genitori sia pregiudizievole per il figlio minore - ancorché non sia tale da poter dare luogo, quanto meno nell'immediato, a una pronuncia di decadenza dalla responsabilità genitoriale - il Tribunale può adottare gli opportuni provvedimenti che limitino l'esercizio della responsabilità genitoriale, quale l'attribuzione a un soggetto terzo - di regola Comune del luogo di residenza abituale dei minori - del potere di adottare le scelte ordinarie, o eventualmente anche quelle più importanti, nell'interesse dei minori stessi. Nel corso del presente procedimento sono stati svolti accertamenti istruttori per il tramite dei Servizi Sociali del Comune di Seregno competenti in virtù della residenza del minore. I Servizi Sociali nella relazione del 14.12.2021 depositata in data 20.12.2021 (prot. n. (...)) hanno evidenziato la situazione del nucleo familiare che vedeva la (...) viere nella propria autovettura a far data dall'uscita dalla casa coniugale a seguito del rifiuto da parte della stessa di trasferirsi presso l'abitazione dei genitori o in un bed and breakfast a causa di problemi legati agli odori presenti in quegli ambienti. I servizi sociali hanno riferito di avere provato a tenere contatti costanti con la (...) e di averla anche indirizzata al CPS competente, interventi tutti che la resistente ha rifiutato sostenendo di non sentirne la necessità. La madre si è dichiarata preoccupata per la situazione del figlio (...), nondimeno ha dimostrato scarsa capacità di sintonizzarsi sui bisogni del figlio e sulle conseguenze della vicenda separativa sul suo benessere. Quanto al ricorrente, i servizi sociali di Seregno hanno evidenziato come lo stesso dopo essersi provvisoriamente trasferito presso la casa dei suoi genitori per essere aiutato nella gestione di (...), abbia deciso di trasferirsi in via definitiva presso tale abitazione, situazione abitativa che gli operatori dei servizi sociali hanno ritenuto rispondente agli interessi del minore dopo essersi recati a effettuare una visita domiciliare. I Sevizi Sociali hanno quindi concluso sostenendo che la collocazione del minore con il padre presso la casa dei nonni sia una scelta adeguata, confermando la necessità che la resistente sia presa in carico dal CPS ("Alla luce di quanto sopra riportato il servizio scrivente, in qualità di Ente Affidatario, ritiene che il collocamento di (...) con il padre presso la casa dei nonni paterni sia una soluzione adeguata che possa garantire un ambito di vita idoneo per lo sviluppo psicofisico del minore. Il signor (...) si è dimostrato collaborativo e capace di mantenere un dialogo di confronto con il servizio scrivente per il benessere di (...) e capace di rapportarsi con lui, mettendosi spesso in discussione. La signora (...), come sopra ampiamente evidenziato, vive una complessa situazione sociale e psicologica che le rende difficile sia riorganizzare la sua vita personale sia relazionarsi adeguatamente con il figlio A.. Il servizio scrivente ritine importante che la signora avvii una presa incarico presso il CPS di zona ovvero che intraprenda una presa in carico con una valutazione psichiatrica e supporto psicoterapeutico. La regolamentazione del diritto di visita tra (...) a la signora (...) così come organizzata in questi mesi, ovvero libera nel weekend e per un tempo che il minore valuta idoneo per i suoi bisogni emotivi ma anche di vita, come lo studio e lo sport, è risultata idonea e adeguata per A.. Il ragazzo ha mostrato buone capacità di portare al servizio scrivente il proprio stato d'animo e di criticizzare le difficoltà circa il rapporto con la madre; ha instaurato con le scriventi un rapporto di fiducia in cui sentirsi libero di ricercare confronto e supporto."). In data 22.03.2022 i Servizi Sociali di Seregno hanno trasmesso una relazione nella quale hanno rappresentato che la situazione del nucleo familiare risultava invariata rispetto alla precedente relazione; in particolare la (...) continuava a vivere nella propria autovettura e persisteva nel rifiutare l'aiuto dei Servizi Sociali e l'attivazione del percorso di sostegno alla genitorialità ("Entrambi presentano una situazione sociale immutata rispetto a quanto riportato nella nostra precedente relazione del 14.12.2021 -nostro protocollo n. (...) del 20.12.2021-. Il signor (...) sta proseguendo il percorso di supporto alle genitorialità attivato presso il Consultorio di Seveso. La signora (...) ha condiviso nell'ultimo colloquio di continuare a vivere nella sua automobile e di non necessitare né dei servizi sociali né dell'attivazione di un percorso di sostegno psicologico. Il Servizio Scrivente ha presentato la situazione dei genitori al servizio competente per la valutazione psicodiagnostica."). Nella successiva relazione del 30.09.2022, depositata in data 03.10.2022, i Servizi Sociali hanno riferito di avere continuato a monitorare il nucleo familiare anche mediante accessi domiciliari; hanno rappresentato che la situazione abitativa del minore e del (...) risulterebbe immutata e che lo stesso (...) sarebbe felice della coabitazione con i nonni paterni; l'anno scolastico si sarebbe concluso per il minore in modo positivo sia per il rendimento che per l'inserimento sociale dello stesso ("Dai colloqui svolti con il sig. (...) la situazione abitativa permane immutata rispetto a quanto precedentemente relazionato; lo stesso (...) si dice soddisfatto della coabitazione con i nonni paterni: ha una camera che sente rispondente ai propri bisogni, racconta con piacere della possibilità di invitare al proprio domicilio anche amici e di essere vicino di casa del suo migliore amico. Il precedente anno scolastico si è concluso in modo positivo e con soddisfazione dello stesso (...) con tutte le materie di studio sufficienti e con un buon inserimento nel gruppo classe"). Quanto alla resistente, i Servizi hanno dato atto che la stessa ha interrotto ogni tipo di comunicazione con gli stessi e che le visite fra il minore e la madre sarebbero gestite in autonomia fra le parti. Nella relazione si legge infatti che "La sig.ra (...) ha dichiarato di non gradire recarsi presso gli Uffici competenti interrompendo di fatto il contatto con le scriventi. Per quanto riferito dal sig. (...) e confermato dal figlio, la donna continuerebbe a vivere in auto sopravvivendo grazie alla somma di denaro che riceve come mantenimento, cosi come stabilito dal provvedimento in essere. Stante il negarsi della donna, ad oggi, la possibilità che questa possa essere accompagnata ad una adeguata presa in carico presso il CPS territoriale risulta nulla. (?) I rapporti con la madre vengono descritti da (...) come buoni seppur abbia compreso le difficoltà della signora che possono rendere le uscite con questa non sempre piacevoli "..ripete sempre le stesse cose ma io le dico di si e va bene cosi" (...) e la madre decidono in autonomia quando incontrarsi e lo stesso (...) sostiene sia la miglior soluzione in quanto gli consente di declinare o accettare l'invito in funzione dei propri impegni ma anche del desiderio di incontrare la genitrice.". L'Ente affidatario ha poi concluso sostenendo l'utilità di mantenere l'affido all'Ente in considerazione dell'assenza di dialogo fra i coniugi ("a parere del Servizio scrivente, il collocamento presso il padre continua ad essere la migliore soluzione per una adeguata crescita di A.. Si ritiene utile proseguire in regime di affido all'Ente considerata l'assenza di dialogo tra i due genitori, seppur ad oggi il padre stia dimostrando di essere in grado di rispondere in modo adeguato alle esigenze di crescita del figlio."). In seguito a precisa richiesta del Tribunale, in data 24.10.2022 sono state depositate le valutazioni ETIM sulla capacità genitoriale delle parti. Quanto a (...), dai test somministrati è emerso che il (...) "si è posto nel corso della valutazione in modo collaborativo, apparendo molto teso a difendere la scelta di separarsi ritenendola l'unico strumento possibile per la tutela del (...), con il quale riferisce un rapporto positivo. Si delinea un funzionamento semplice, caratterizzato da una maggior attenzione ad aspetti concreti ma in cui l'uomo appare capace di registrare le emozioni che gli eventi suscitano. Si ipotizza sia poco a suo agio nelle situazioni nuove, ambigue e poco comprensibili, mentre sarebbe decisamente capace di comprendere e muoversi nei contesti strutturati, si descrive infatti come un uomo "concreto" Sembra essersi approcciato in modo semplificatorio ad alcuni aspetti della vicenda esistenziale degli ultimi anni, in modo da riuscire a finalizzare la propria decisione presumibilmente limitando laddove possibile vissuti dolorosi e di colpa nei confronti della ex moglie.". Quanto a (...) dai test somministrati è emerso che "La Sig.ra (...) si è approcciata alla valutazione in assetto formalmente collaborativo, mostrando una certa preoccupazione. Ha fornito una rappresentazione di sé caratterizzata dalla sensazione di essere oggetto di sopruso a vari livelli, e poco accolta da un esterno ostile. Riferisce una idiosincrasia per i profumi, gli odori e le puzze non meglio chiarita, tale da impedirle di accedere a servizi quali Il dormitorio preferendo passare la nottein macchina dopo la separazione dal marito. Potrebbe essere utile un'indagine psichiatrica al fine di approfondire gli aspetti emersi emersi." Ritiene il Tribunale che tenuto conto della perdurante assenza di comunicazione fra le parti, del rifiuto da parte della resistente di qualsivoglia intervento da porre nei suoi confronti volto al miglioramento delle capacità genitoriali, del percorso di sostegno alla genitorialità intrapreso dal ricorrente e tenuto conto del prossimo raggiungimento della maggiore età da parte di Andre, ed in adesione alle conclusioni dell'Ente affidatario e del quadro come emerso dalle valutazioni ETM sopra riportare, debba essere confermato l'affidamento di Andre ai Servizi Sociali del Comune di residenza, cui è rimessa la facoltà di assumere le decisioni più importanti per il minore incluse quelle in materia di salute, istruzione, educazione e residenza, in caso di contrasto tra i genitori. I Servizi Sociali dovranno mantenere il minore collocato in misura prevalente presso il padre nella casa dei nonni paterni, in quanto trattasi della soluzione maggiormente rispondente ai suoi interessi morali e materiali, tenuto conto altresì della concorde richiesta delle parti sul punto e del fatto che la madre vive ancora nella sua autovettura. I servizi sociali dovranno riferire di eventuali situazioni di pregiudizio per i minori al Giudice Tutelare competente. Quanto ai diritti di visita materni, tenuto conto del fatto che (...) è ormai prossima alla maggiore età e di quanto emerso dalle relazioni dell'ente affidatario sopra riportate - ed in particolare della volontà del minore di gestire liberamente le visite con la madre in autonomia così da poterle gestire in relazione alle sue esigenze ed impegni ("i rapporti con la madre vengono descritti da (...) come buoni seppur abbia compreso le difficoltà della signora che possono rendere le uscite con questa non sempre piacevoli "..ripete sempre le stesse cose ma io le dico di si e va bene cosi" (...) e la madre decidono in autonomia quando incontrarsi e lo stesso (...) sostiene sia la miglior soluzione in quanto gli consente di declinare o accettare l'invito in funzione dei propri impegni ma anche del desiderio di incontrare la genitrice - cfr. relazione dei Servizi Sociali del Comune di Seregno del 30.09.2022 depositata in data 3.10.2022) - la regolamentazione dei rapporti tra la madre ed (...) deve essere rimessa ai liberi accordi tra la madre e il figlio. IV. Quanto all'assegnazione della casa coniugale, con ordinanza resa in data 20.12.2021 ne è già stata disposta la revoca in virtù del trasferimento del (...) e del figlio minore presso l'abitazione dei nonni paterni. V. Quanto al mantenimento del minore, è noto come ai sensi dell'art. 337 ter c.c. ciascun genitore deve contribuire al mantenimento dei figli minori in misura proporzionale al proprio reddito e che il giudice può stabilire un assegno periodico a favore di un genitore al fine di realizzare il principio di proporzionalità (c.d. assegno perequativo). Nel determinare la misura di tale assegno il giudice dovrà prendere in considerazione, in particolare, le esigenze attuali del figlio, il tenore di vita goduto dal figlio durante la convivenza dei genitori, i tempi di permanenza presso ciascun genitore e le risorse economiche di entrambi i genitori. Ove il figlio sia collocato in misura prevalente presso uno dei due genitori, in particolare, il genitore non collocatario non potrà ritenersi sollevato in tutto o in parte dell'obbligo di corrispondere l'assegno per il tempo in cui il minore si trovi presso di lui ed egli provveda in modo esclusivo al suo mantenimento, dal momento che "il contributo al mantenimento dei figli minori, quantificato in una somma fissa mensile in favore del genitore affidatario, non costituisce, in mancanza di diverse disposizioni, il mero rimborso delle spese sostenute da quest'ultimo nel mese corrispondente, bensì la rata mensile di un assegno annuale. (...) nell'anno di imposta 2019 (CU 2020) ha esposto redditi lordi annui di Euro 36.532,91 pari, al netto delle ritenute fiscali e rapportati su dodici mensilità, a circa Euro 2.290,00 netti mensili; nell'anno di imposta 2020 (CU 2021) redditi lordi annui di Euro 37.106,30 pari, al netto delle ritenute fiscali e rapportati su dodici mensilità, a circa Euro 2.340,00 netti mensili. Lo stesso ha dichiarato di essere dipendente con contratta tempo indeterminato presso (...) S.p.A., e di percepire l'importo annuo pari ad Euro 31.495,94, pari ad Euro 1.561,00 rapportato su 14 mensilità. Il ricorrente vive presso l'abitazione dei suoi genitori ed ha dichiarato di contribuire alle spese abitative versando la somma di Euro 650 mensili (cfr. doc. 12 ricorrente); in virtù dei provvedimenti presidenziali provvede interamente al mantenimento del figlio minore (...), non ha chiesto un contributo al mantenimento del figlio e non ha documentato altri oneri mensili fissi. (...), per concorde affermazione delle parti, è priva di occupazione e di redditi e si sostenta solo grazie all'assegno di mantenimento posto a capo del marito da parte del Tribunale; dall'estratto conto corrente a sé intestato, prodotto in atti, risulta avere un saldo attivo alla data del 21.03.2023 pari ad Euro 106,42 (cfr. doc.9 resistente). La stessa vive nella sua autovettura sin dalla data di allontanamento dalla casa coniugale ed è in attesa di ricevere un alloggio popolare. Alla luce di quanto precede, precisamente della condizione di assoluta indigenza in cui versa la madre e della disponibilità manifestata dal ricorrente di farsi interamente carico delle esigenze del figlio, nulla deve essere posto a carico della madre a titolo di contributo al mantenimento del figlio minore. VI. Quanto alla domanda di (...) di percepire un assegno di mantenimento per sé a carico del coniuge, giova rammentare che la separazione personale, a differenza dello scioglimento o della cessazione degli effetti civili del matrimonio, presuppone la permanenza del vincolo coniugale, sicché i "redditi adeguati" cui va rapportato, ai sensi dell'art. 156 c.c., l'assegno di mantenimento a favore del coniuge, in assenza della condizione ostativa dell'addebito, sono quelli necessari a mantenere il tenore di vita goduto in costanza di matrimonio, essendo ancora attuale il dovere di assistenza materiale, che non presenta alcuna incompatibilità con tale situazione temporanea, dalla quale deriva solo la sospensione degli obblighi di natura personale di fedeltà, convivenza e collaborazione, e che ha una consistenza ben diversa dalla solidarietà post-coniugale, presupposto dell'assegno di divorzio (cfr. Cass. civ., sez. I, sent. n. 12196 del 16.05.2017). Dagli atti di causa e dai dati reddituali sopra esposti è emerso che tra i coniugi esiste un'evidente disparità reddituale e che tale disparità non è imputabile all'inerzia della resistente nella ricerca di una occupazione; la resistente infatti ha dichiarato, senza che il ricorrente abbia mai specificatamente contestato tale circostanza, di aver lavorato sino al 2006, anno in cui i coniugi avrebbero deciso in comune accordo che la stessa si sarebbe occupata esclusivamente del figlio minore e della cura della casa coniugale. La resistente risulta esse attualmente priva di un'abitazione e di un'attività lavorativa, sostenendosi solo grazie al contributo al mantenimento posto in capo al marito dall'ordinanza presidenziale del 20.12.2021. La condizione di salute della resistente - che, come emerso dalle relazioni dei Servizi Sociali e del servizio ETIM, necessiterebbe di cure presso il competente servizio psichiatrico ma che proprio in dipendenza della sua patologia la stessa rifiuta - non le consente d'altronde di reperire alcuna occupazione. In un simile quadro, considerata la disparità reddituale dei coniugi, la permanenza del dovere di solidarietà coniugale legato alla vicenda separativa e la necessità di assicurare al coniuge dotato di minori risorse della possibilità di godere di un tenore di vita tendenzialmente equivalente a quello goduto in costanza di matrimonio, deve essere riconosciuto a favore di (...) un assegno di mantenimento a carico del coniuge. (...), d'altronde, si è reso disponibile a versare a titolo di contributo al mantenimento del coniuge una somma mensile pari ad Euro 300,00. Nella quantificazione di tale importo si deve tenere conto del fatto che il ricorrente provvederà interamente al mantenimento del figlio (...) e sarà pertanto gravato dei relativi oneri e della deducibilità dell'importo dell'assegno dai redditi del coniuge obbligato. Alla luce di tali elementi, può determinarsi come in dispositivo l'importo dell'assegno di mantenimento a carico di (...) e a favore di (...), tenuto altresì conto della rivalutazione maturata dal mese di giugno 2021 (data dei provvedimenti presidenziali). VII. Deve essere dichiarata inammissibile in quanto estranea al petitum e alla causa petendi del presente giudizio la domanda di (...) affinchè ciascun coniuge mantenga l'utilizzo esclusivo dell'autoveicolo/motoveicolo a sé intestato facendosi carico di ogni relativa spesa manutentiva, tassa imposta, bollo, sanzione, onere. Ed invero l'articolo 40 c.p.c. consente il cumulo nello stesso processo di domande soggette a riti diversi esclusivamente in presenza di ipotesi qualificate di connessione cosiddette "per subordinazione" o "forte" stabilendo che le stesse, cumulativamente proposte o successivamente riunite, devono essere trattate secondo il rito ordinario salvo l'applicazione del rito speciale qualora una di esse riguardi una controversia di lavoro o previdenziale e quindi esclude la possibilità di proporre più domande connesse soggettivamente ai sensi dell'articolo 33 o dell'articolo 103 c.p.c. e soggette a riti diversi (Cass.civ.sez.1 sentenza n. 20638 del 22.10.2004 e sentenza n. 9915 del 24.04.2007) VIII. Le spese di lite, tenuto conto della reciproca soccombenza delle parti rispetto alle domande proposte, devono essere interamente compensate tra le parti stesse. P.Q.M. Il Tribunale, definitivamente pronunciando sulle conclusioni assunte dalle parti nella controversia civile n. 248/2021, ogni diversa domanda, eccezione, deduzione, istanza anche istruttoria, disattesa così statuisce: I) Dichiara la separazione personale di (...) e (...) che hanno celebrato matrimonio concordatario a Giussano in data 20.05.2004 (anno 2004, atto n. 14, parte II, Serie A); II) Manda il Cancelliere a trasmettere copia autentica del dispositivo della presente sentenza all'Ufficiale di stato civile del Comune di Giussano, dopo il suo passaggio in giudicato, per le annotazioni e le ulteriori incombenze di legge; III) Affida il figlio minore (...) all'Ente competente in relazione alla sua residenza, ovverosia Seregno, con collocazione prevalente presso il padre nella casa dei nonni paterni; IV) Incarica i Servizi Sociali del Comune di Seregno di: - Proseguire tutti gli interventi in corso a favore del minore, avviando/proseguendo tutti gli interventi necessari o anche solo opportuni di supporto socio-educativo per il minore e di supporto genitoriale per entrambi i genitori, ove vi acconsentano e siano disponibili, che consentano loro di riflettere sul loro passato e aprire un dialogo più costruttivo; - svolgere un'attenta e marcata attività di monitoraggio sul nucleo familiare e sulla situazione del minore segnalando in ogni caso immediatamente alla Procura della Repubblica presso il Tribunale dei Minori, Autorità Giudiziaria competente, eventuali situazioni di grave pregiudizio per il minore; V) Dispone che le visite tra il figlio minore e la madre siano lasciate all'autonomia delle parti; VI) Conferma la revoca dell'assegnazione della casa coniugale a (...); VII) Pone a carico di (...) l'obbligo di versare entro il giorno 10 di ogni mese a (...) la somma di Euro 350,00 con decorrenza dal mese di aprile 2023 (somma rivalutabile annualmente secondo indici Istat); VIII) Dichiara inammissibile la domanda di (...) affinchè ciascun coniuge mantenga l'utilizzo esclusivo dell'autoveicolo/motoveicolo a sé intestato facendosi carico di ogni relativa spesa manutentiva, tassa imposta, bollo, sanzione, onere. IX) Dichiara integralmente compensate tra le parti le spese di lite. Così deciso in Monza 19 aprile 2023. Depositata in Cancelleria il 28 aprile 2023.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI MONZA QUARTA SEZIONE CIVILE Il Tribunale, in composizione collegiale nelle persone dei seguenti magistrati: Dott.ssa Carmen Arcellaschi - Presidente Relatore Dott.ssa Claudia Bonomi - Giudice Dott.ssa Camilla Filauro - Giudice ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 1861/2021 promossa da: (...) (C.F. (...)), nata a (...) S. (...) (M.) il (...) e residente a C. M. in Via E. n. 15, elettivamente domiciliata presso lo Studio dell'Avv. Ma.In. e dell'Avv. Ti.Da. che la rappresentano e difendono come da procura in atti RICORRENTE contro (...) (C.F. (...)), nato a M. il (...) e residente a C. M. in Via E. n. 15, elettivamente domiciliato presso lo Studio dell'Avv. Ma.Sc. che lo rappresenta e difende come da procura in atti RESISTENTE Con l'intervento del (...) sede OGGETTO: SEPARAZIONE MOTIVI DELLA DECISIONE La domanda può essere accolta nei limiti di seguito indicati. Premesso che: - (...) e (...) hanno contratto matrimonio in Carate Brianza (MB) il 22.9.1985; - dalla loro unione sono nati (...) ((...)), (...) ((...)) e (...) ((...)); - con ricorso depositato in data 4.3.2021, (...) chiedeva pronunciarsi la separazione, esponeva che la convivenza era divenuta intollerabile ed improseguibile a causa del deterioramento del rapporto padre - figli, del comportamento del coniuge per avere gestito autonomamente i risparmi familiari ed i proventi della propria attività lavorativa senza concorrere alle minime esigenze familiari; riferiva di avere lavorato presso alcune agenzie immobiliari sino alla nascita dei figli e di avere successivamente interrotto la propria attività lavorativa, condividendo tale scelta con il marito, per dedicarsi esclusivamente alla famiglia, di non essere economicamente autosufficiente, di avere difficoltà a sostenere le spese universitarie per il figlio (...), di avere necessità di un contributo al mantenimento anche per la figlia (...) a causa di una riduzione permanente della capacità lavorativa al 50% riconosciuta nell'anno 2014 dalla commissione medica (...); esponeva, infine, di non poter lasciare la casa coniugale e trasferirsi altrove a causa della insostenibilità delle spese, ben potendo invece il marito utilizzare come abitazione un immobile in (...) previa formalizzazione di un contratto di comodato d'uso limitatamente alla porzione di proprietà della ricorrente; - con atto depositato in data 8.5.2021 si costituiva (...) che contestava il contenuto del ricorso introduttivo, riferiva che la convivenza era diventata nel tempo intollerabile ed improseguibile a causa delle continue discussioni tra i coniugi per motivi economici; esponeva che la moglie è proprietaria nella misura del 50% della casa coniugale in Cesano Maderno composta da otto vani; è altresì proprietaria di altro immobile in (...) (composto da quattro vani con autorimessa di cui il resistente è proprietario di un vano) ed altro in (...) (composto da quattro vani), entrambi condotti in locazione da terzi percependo un canone mensile complessivo di Euro 1.200; esponeva inoltre che la ricorrente, pur avendo condiviso tale scelta con il coniuge, aveva deciso di ritirarsi dal mondo del lavoro per dedicarsi esclusivamente alla famiglia potendo disporre di adeguate fonti di reddito derivanti dalla locazione dei propri immobili, il figlio (...) è economicamente autosufficiente, la figlia (...) ha una invalidità civile al 50% che le consente tuttavia di avere un reddito da lavoro dipendente con contratti a tempo determinato ma ad oggi costantemente rinnovati con una retribuzione mensile di circa 800 Euro, il figlio (...) non è economicamente autosufficiente in quanto studente universitario; riferiva, infine, di essere stato assunto a tempo indeterminato come infermiere presso l'Ospedale Niguarda di Milano e di percepire una retribuzione mensile di circa 2.000 euro; - all'esito dell'udienza presidenziale tenutasi in data 19.5.2021, il Presidente f.f. Dott.ssa (...) autorizzava i coniugi a vivere separati con obbligo del mutuo rispetto, assegnava l'intera casa coniugale alla ricorrente, poneva a carico del marito l'obbligo di corrispondere Euro 200 a titolo di contributo al mantenimento per il figlio (...), Euro 200 per la figlia (...) in caso di cessazione dell'attività lavorativa, oltre al 50% delle spese straordinarie; aggiornava l'udienza avanti a sé quale Giudice Istruttore ed assegnava alle parti i termini di rito per gli ulteriori adempimenti processuali; - successivamente venivano concessi i termini ex art. 183 c.p.c. VI comma all'esito dei quali il G.I. disponeva un'integrazione documentale a carico di entrambe le parti e, ritenuta la causa matura per la decisione, rimetteva gli atti al Collegio per la decisione; Ritenuto che: - relativamente alla pronuncia della separazione, sussistano tutte le condizioni dovendosi ritenere provato che la vita matrimoniale sia divenuta intollerabile ed improseguibile come rilevato dalla ricorrente. Rammenta peraltro il Collegio che l'intollerabilità della convivenza deve essere intesa come fatto psicologico squisitamente individuale, riferibile alla formazione culturale, alla sensibilità ed al contesto interno della vita dei coniugi, purché oggettivamente apprezzabile e giuridicamente controllabile; a tal fine non è necessario che sussista una situazione di conflitto riconducibile alla volontà di entrambi, ben potendo la frattura dipendere da una condizione di disaffezione al matrimonio di una sola delle parti, che renda incompatibile la convivenza e che sia verificabile in base ai fatti obiettivi emersi, ivi compreso il comportamento processuale, con particolare riferimento alle risultanze del tentativo di conciliazione, a prescindere da qualsivoglia elemento di addebitabilità (cfr. Cass. N. 8713/2015). Nel caso di specie, la richiesta delle parti, l'esito negativo del tentativo di conciliazione, lo sviluppo del processo - ove non è emersa alcuna volontà di riconciliazione - ed il comportamento processuale delle parti inducono il Tribunale a ritenere sussistenti i presupposti della pronuncia ex art. 151 c.c.; - deve essere rigettata la domanda di addebito formulata dal resistente non essendo stata raggiunta la prova che (...) abbia tenuto comportamenti contrari ai doveri coniugali esplicanti incidenza causale sull'intollerabilità della convivenza. (...) - sul quale grava il relativo onere probatorio - ha attribuito la "fonte della crisi coniugale e la sua insanabilità (...) a condotte della stessa ricorrente" che avrebbe "taciuto informazioni relative alla propria stessa condizione economica allo scopo di avvantaggiarsi indebitamente nelle determinazioni economiche della separazione prospettando una non veritiera ricostruzione dei fatti e, per ciò solo, si ritiene sussistano i presupposti affinchè sia disposto l'addebito della separazione alla signora (...)" (memoria di costituzione - Richiesta di addebito della separazione). Tali elementi sono generici ed affetti dalla mancanza di un rigoroso riscontro probatorio che consenta al Tribunale di effettuare accurate indagini in merito alla esclusiva riconducibilità delle cause della separazione alla ricorrente. Si rammenta che grava sulla parte che richieda l'addebito della separazione all'altro coniuge l'onere di provare la relativa condotta e la sua efficacia causale nel rendere intollerabile la prosecuzione della convivenza (ex plurimis Cass. Civ. sent. n. 2059/2012); - relativamente all'assegnazione della casa coniugale, deve essere confermato il provvedimento emesso in sede presidenziale atteso che il figlio (...) è maggiorenne ma economicamente non autosufficiente, è studente universitario e convive con la madre; - relativamente al contributo per il mantenimento dei figli, questo deve essere determinato, ai sensi dell'art. 337 ter cod. civ., tenuto conto delle esigenze attuali dei figli, del tenore di vita goduto in costanza di convivenza con entrambi i genitori, dei tempi di permanenza presso ciascun genitore, delle risorse economiche di entrambi i genitori. Nel caso di specie, le parti concordano sulla necessità di un contributo al mantenimento per il figlio (...) pari ad Euro 200 mensili (ad eccezione della modalità di corresponsione), alcun sostegno per il figlio (...) in quanto maggiorenne ed economicamente autosufficiente. Limitatamente al figlio (...), ritiene il Collegio di confermare l'attuale modalità di corresponsione dell'assegno di mantenimento con versamento in favore della madre, a fronte della tipica funzione di sostegno anche alimentare. Per quanto concerne invece la figlia (...), la ricorrente chiede porsi a carico del marito lo stesso contributo previsto per il figlio (...) mentre il resistente si oppone a fronte della circostanza per cui la figlia ha un reddito da lavoro dipendente con contratti a tempo determinato ma ad oggi costantemente rinnovati con una retribuzione mensile di circa 800 Euro. Il Collegio è chiamato a decidere sull'an debeatur e sul quantum limitatamente alla figlia (...), alla quale è stata riconosciuta nell'anno 2014 una riduzione permanente della capacità lavorativa al 50% dalla commissione medica (...) per difficoltà neuropsicologiche specifiche in quadro di funzionamento borderline sfumata emisindrome destra quale esito di asportazione di un angioma fronto tempore parientale sinistro. Allo stato si può ritenere che la stessa sia economicamente autosufficiente essendo pacifico che ha un reddito da lavoro dipendente, convive con la madre e non ha oneri abitativi. La domanda deve essere, pertanto, rigettata e va revocato, con decorrenza dal mese di aprile 2023, il contributo a suo carico in favore della figlia (...). - relativamente al contributo al mantenimento formulato dalla ricorrente, (...) chiede un contributo al proprio mantenimento di Euro 800 mensili mentre (...) si dichiara indisponibile a qualsiasi forma di sostentamento avendo la stessa ricorrente redditi propri. La separazione personale, a differenza del divorzio presuppone la permanenza del vincolo coniugale, - il quale attraversa una fase patologica, ma non cessa - i redditi adeguati di cui all'articolo 156 c. 1 c.c. sono quelli necessari a mantenere il tenore di vita goduto in costanza di matrimonio: durante la separazione è infatti ancora attuale il dovere di assistenza materiale, venendo meno solo gli obblighi di natura personale (fedeltà, convivenza e collaborazione) (cfr. Cass. Sent. n. 12196/2017). Deve peraltro evidenziarsi che La conservazione di un tenore di vita analogo a quello goduto nel corso della convivenza rappresenta comunque un obiettivo tendenziale, non sempre suscettibile di piena realizzazione, in ragione del decremento economico conseguente alla disgregazione del consorzio familiare (cfr. Cass. sent. n.17199/2013). Ne consegue che la determinazione del contributo dovrà avere ad oggetto non solo i redditi dell'obbligato, ma anche altre circostanze, da individuarsi in tutti quegli elementi fattuali di ordine economico, o comunque apprezzabili in termini economici, idonei ad incidere sulle condizioni economiche delle parti (cfr. Cass. Sent. n. 17199/2013, Cass. Sent. n. 9878/2006; Cass. Sent. n. 23071/2005, Cass. Sent. n. 6712/2005). Il Collegio aderisce all'orientamento prevalente di legittimità secondo cui, fermo che l'assegnazione della casa coniugale viene disposta in considerazione delle esigenze della prole con un provvedimento che deve ritenersi distinto da quelli strettamente economici, è tuttavia innegabile che essa possieda precisi risvolti di carattere economico laddove incide sulla disponibilità di un cespite suscettibile di essere utilizzato direttamente, con risparmio di risorse, o di generare un reddito attraverso atti di disposizione negoziale. La ricorrente ha cessato l'attività lavorativa di agente immobiliare dopo la nascita dei figli, gode dell'assegnazione della casa coniugale in comproprietà tra i coniugi (villino in Cesano Maderno su tre livelli, di vani otto, integralmente pagata). Risulta titolare dei seguenti immobili: Omissis Ha depositato un contratto di locazione relativo all'immobile in (...) di cui è proprietaria per intero, percependo un canone mensile di Euro 450 (per il primo anno ha percepito Euro 250 in quanto i conduttori si sono obbligati a sostenere alcune spese, da gennaio 2023 percepisce il canone intero); contratto di locazione relativo all'immobile in (...) che deriva dalla fusione di un immobile di due locali di proprietà della moglie e di un locale di proprietà del marito, percependo un canone mensile di Euro 500 (entrambi canoni concordati con le associazioni di categoria); diversi estratti conto dai quali risultano accrediti per rimborso di fondi comuni di investimento o proventi da titoli per importi limitati. Il resistente, infermiere presso l'Ospedale Niguarda di Milano, ha dichiarato i seguenti redditi mensili da lavoro dipendente, ricavati suddividendo su 12 mensilità il reddito annuo al netto degli oneri tributari: euro 2.037 nel 2017 euro 2.077 nel 2018 euro 2.168 nel 2019 euro 2.221 nel 2021. Risulta titolare dei seguenti immobili: Omissis Ha depositato il contratto di locazione di immobile ad uso abitativo in (...), ove si è trasferito a vivere, per cui versa un canone mensile di Euro 450 oltre alle spese condominiali, diversi estratti conto e ricevute per spese di diverso genere. Versa Euro 200 mensili a titolo di contributo per il mantenimento del figlio R.. Ha estinto il prestito aperto per il veicolo Volvo XC40 Targato (...) vendendo il veicolo stesso (cfr. docc. 31 e 32) e il debito con Compass. Permane invece il finanziamento presso (...), che lo impegna a tutt'oggi e sino al 1.4.2025 per 347 Euro mensili. Alla luce della ricostruzione economica delle parti emerge che la ricorrente ha messo a reddito entrambi gli immobili percependo un reddito mensile complessivo di Euro 950 soggetto a tassazione. Una quota del canone che percepisce dall'immobile di Seveso sarebbe di pertinenza del marito, proprietario di un locale, che nella comparsa di costituzione si dichiarava disponibile a lasciarlo nella disponibilità della moglie, almeno fino al rinnovo del contratto. Percepisce Euro 200 mensili a titolo di contributo per il mantenimento del figlio (...) posto a carico del padre. Il resistente ha un reddito da lavoro dipendente da cui occorre detrarre la rata mensile del finanziamento residuo, l'importo dell'assegno di mantenimento per il figlio (...), il canone mensile di locazione. Considerato un esborso medio mensile di Euro 100 per spese condominiali, 100 per utenze, 250 per vitto e 50 per abbigliamento, ha un residuo di circa 723 Euro. Dagli estratti conto prodotti dal marito risultano versamenti di somme in contanti (sul conto Intesa San Paolo nell'anno 2020 complessivamente Euro 3.860, nell'anno 2021 Euro 10.915), il che avvalora la tesi della moglie, secondo la quale percepirebbe somme in contanti dall'attività di infermiere che svolgerebbe oltre l'orario di lavoro. Peraltro, trattasi di somme che ricava prestando un'attività ulteriore rispetto a quella di dipendente ospedaliero. Possono spiegare come la famiglia, la cui fonte di sostentamento era costituita dall'attività lavorativa del marito, in quanto la moglie ha cessato l'attività lavorativa di agente immobiliare dopo la nascita dei figli, abbia potuto risparmiare e acquistare in 36 anni di matrimonio altri immobili, oltre alla casa coniugale (acquistata nel 1998 dal padre della A.) e diverse autovetture (al momento della separazione Lancia Y TG (...) e Toyota Aygo TG (...) intestati al signor M., Fiat 500 intestata alla moglie, altro veicolo Toyota cointestato al figlio (...) e alla madre), due quadri di (...) e un'opera dell'artista (...), contraendo comunque dei finanziamenti, che ha estinto in gran parte. In considerazione del fatto che la moglie ha redditi limitati rivenienti dalla locazione di un immobile interamente di sua proprietà e di un altro immobile in comproprietà con il marito, che deve contribuire alle spese ordinarie e straordinarie del figlio (...), ha lasciato l'attività di agente immobiliare dopo la nascita dei figli e ha svolto, in tempi più recenti, qualche prestazione occasionale dando ripetizioni di francese con entrate modeste, viene stabilito un contributo al suo mantenimento a carico del marito come da dispositivo, con decorrenza dal mese di maggio 2023, avendo estinto gran parte dei finanziamenti esistenti alla data di instaurazione del presente giudizio. Ogni altra questione relativa al diritto di proprietà di uno dei coniugi su beni mobili ed immobili esula dalla competenza funzionale del giudice della separazione e va proposta con il giudizio di cognizione ordinaria (Cassazione civile, sez. I, 08/02/2017, n. 3316). In merito alle istanze istruttorie reiterate dalla ricorrente in sede di precisazione delle conclusioni, deve essere integralmente richiamato il provvedimento messo in data 12.9.2022 e confermato il rigetto di quelle non ammesse per le motivazioni ivi indicate. La natura e l'esito del giudizio consentono di dichiarare compensate le spese e le competenze del procedimento essendovi reciproca soccombenza. P.Q.M. Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni altra istanza ed eccezione disattesa o assorbita, così dispone: I. Pronuncia la separazione personale ex art. 151 c.c. tra (...) e (...) che hanno contratto matrimonio il 22.9.1985 a Carate Brianza (MB) senza addebito. II. Dispone che copia della presente sentenza, dopo il passaggio in giudicato, sia inviata all'Ufficiale dello Stato Civile del Comune di Carate Brianza (MB) per le annotazioni e trascrizioni di legge. III. Rigetta la domanda di addebito alla moglie della separazione; IV. Assegna l'intera casa coniugale sita a C. M. in Via E. n.15 ad (...). V. Pone a carico di (...) l'importo di Euro 200 da versarsi con decorrenza dal mese di aprile 2023, alla moglie ed in via anticipata, entro il giorno 10 di ogni mese per 12 mensilità all'anno, a titolo di contributo al mantenimento del figlio minore (...) sino alla sua indipendenza economica. Sono comprese in tale somma le spese per vitto, abbigliamento e mensa scolastica, abbonamenti e spese di trasporto relative alla frequenza scolastica; farmaci da banco; contributi alle spese di abitazione; cancelleria e materiale didattico per la scuola successivi al corredo di inizio anno. Detta somma verrà annualmente rivalutata, secondo indici Istat-costo della vita per famiglie di operai e impiegati a far tempo dal mese di aprile 2024 e con riferimento al mese di aprile 2023. VI. Pone, inoltre, a carico di (...) il cinquanta per cento delle spese mediche, scolastiche e sportive nell'interesse del figlio (...), da concordarsi previamente tra i genitori (salvo che per le spese mediche urgenti e per le spese obbligatorie per la scuola pubblica), da versarsi a presentazione dei documenti giustificativi. Potranno essere erogate senza necessità di preventivo accordo le seguenti spese mediche: ticket per farmaci richiedenti prescrizione medica (escluso farmaci da banco), esami diagnostici non invasivi, trattamenti sanitari o visite specialistiche, se prescritti dal medico curante e eseguiti presso strutture pubbliche o convenzionate; acquisto di dispositivi per assistenza protesica e integrativa (ad es. occhiali, scarpe ortopediche, protesi integrative ecc.) se prescritti dal medico, nei limiti di un costo medio di mercato; accertamenti e trattamenti sanitari non invasivi anche se non erogabili dal Servizio Sanitario Nazionale se prescritti dal medico curante (es.: fisioterapia); spese mediche urgenti; nonché le seguenti spese di istruzione: iscrizione o contributi obbligatori per la scuola pubblica; libri di testo, materiali di cancelleria e attrezzature didattiche e informatiche di inizio anno, anche in caso di scuola privata; per le sole materie tecniche o artistiche, materiali e attrezzature didattiche e informatiche richiesti dalla scuola anche in corso di anno; corsi di recupero e lezioni private in caso di valutazioni scolastiche o di voti inferiori alla sufficienza; partecipazione a gite scolastiche senza pernottamento; frequentazione di centri estivi gestiti da Ente Pubblico (es. Comune) o da suoi delegati ovvero da istituti religiosi senza fine di lucro (es. oratori). (...) il preventivo accordo tutte le restanti spese; in via esemplificativa e non esaustiva, le seguenti spese mediche: esami diagnostici, trattamenti sanitari o visite specialistiche presso strutture private, salvo urgenze; cure dentistiche o ortodontiche, pur se presso strutture pubbliche, anche ai fini del consenso informato; interventi chirurgici e accertamenti invasivi, anche se presso strutture pubbliche, salvo urgenze, anche ai fini del consenso informato; farmaci omeopatici, di medicina alternativa o sperimentali; nonché le seguenti altre spese: gite scolastiche e viaggi di istruzione con pernottamento; iscrizione e oneri di frequenza per istituti scolastici privati per corsi di studio successivi a quelli in atto (non è richiesto consenso per i percorsi scolastici già iniziati, in quanto il consenso prestato in origine ha efficacia sino alla conclusione di ciascun ciclo di studi); iscrizione, frequenza e materiali didattici per corsi extrascolastici (es. lingue, informatica, attività artistiche) ovvero successivi alla scuola secondaria superiore; iscrizione, frequenza e materiali didattici per corsi universitari o post-universitari, nonché di alloggio e permanenza presso la sede universitaria; iscrizione, corsi, oneri di frequenza e attrezzature per attività sportive; viaggi e vacanze trascorse senza i genitori; acquisto e utilizzo di mezzi di trasporto a motore (conseguimento della patente di guida, assicurazione, tassa di proprietà, carburanti, manutenzione). La richiesta di consenso dovrà pervenire alla controparte, in forma scritta, cartacea o telematica (posta elettronica, sms, messaggio whatsapp), almeno giorni quindici-salvo urgenze- prima del compimento della attività, con indicazione specifica della spesa; l'altro genitore, con lo stesso mezzo, dovrà far pervenire il proprio eventuale dissenso motivato entro giorni sette dalla comunicazione; in mancanza, la spesa si intenderà approvata ad ogni effetto. Nel medesimo termine, ove lo ritenga, potrà produrre eventuali diversi preventivi, a parità di condizioni. I conteggi di dare e avere dovranno essere effettuati tendenzialmente con cadenza mensile, prospettando mese per mese le spese di competenza. A tal fine, il genitore che ha anticipato le spese invierà la propria richiesta in forma scritta, cartacea o telematica, con i relativi documenti giustificativi -anche per le spese erogabili senza preventivo accordo- almeno quindici giorni prima della scadenza prevista per il mantenimento ordinario; in tal caso il pagamento avverrà unitamente a quest'ultimo. Le richieste inviate oltre tale termine saranno soddisfatte unitamente al mantenimento ordinario del mese successivo. In caso di spese superiori a Euro 500, ciascuno dei genitori dovrà anticipare -e quindi a versare prima dell'erogazione- i relativi costi per la quota di propria spettanza. VII. Revoca l'obbligo a carico di (...) di contribuire al mantenimento della figlia (...) con decorrenza dal mese di maggio 2023; VIII. Pone a carico di (...) un contributo di Euro 200 mensili in favore della moglie con decorrenza dal mese di aprile 2023, annualmente rivalutabile secondo gli indici Istat da aprile 2024. IX. Dichiara integralmente compensate le spese e le competenze del presente giudizio. Così deciso in Monza 19 aprile 2023. Depositata in Cancelleria il 28 aprile 2023.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale di Monza, Sezione Prima Civile, in composizione monocratica, nella persona del Giudice dott. Davide De Giorgio, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa iscritta al numero 1572/2022 Registro Generale affari contenziosi civili vertente TRA (...) (C.F. (...) ) e (...) S.p.A. (C.F. (...)), con il patrocinio degli avv. Fr.Br., Ma.Be. e Lo.Mi., ed elezione di domicilio presso lo studio dell'avv. Lu.Pe. in Milano, via (...) OPPONENTI E Città Metropolitana di Milano (C.F. (...)), con il patrocinio degli avv. Ma.Po., Gi.Gr., Ma.Fe. e Na.Ga., presso cui è stato eletto domicilio in Milano, via (...) OPPOSTA OGGETTO: 180001 - opposizione all'ordinanza ingiunzione ex artt. 22 ss. L. n. 689 del 1981 MOTIVI DELLA DECISIONE I. L'ordinanza ingiunzione oggetto di opposizione, protocollo (...) del 25.01.2022, per l'importo di Euro 2.000,00, si riferisce all'inosservanza di prescrizioni impartite dall'Autorità Competente, violazione che si assume commessa in (...), è stata accertata con verbale in data 19 ottobre 2021 ed è sanzionata dall'art. 279, comma 2 bis, D.Lgs. n. 152 del 2006. In particolare, è stata contestata agli odierni opponenti, il primo quale trasgressore e la seconda quale obbligata in solido, la mancata effettuazione, entro il termine precedentemente assegnato, delle analisi delle emissioni in atmosfera derivanti dalle linee di estrusione dei granuli in plastica dello stabilimento della società. Con ricorso depositato in data 24 febbraio 2022, (...) e (...) S.p.A. hanno adito questo Tribunale sostenendo che l'ordinanza era viziata da carenza di motivazione e che, in ogni caso, non sussistevano i presupposti per l'irrogazione della sanzione in esame. La Città Metropolitana di Milano, costituendosi in giudizio, ha domandato il rigetto dell'opposizione. Istruita la causa con l'escussione di (...), tecnico di (...) - Dipartimento di Milano - Monza e Brianza, la stessa è stata poi decisa all'udienza del 13 aprile 2023 con lettura del dispositivo della presente sentenza. II. La prima eccezione sollevata dagli opponenti con riferimento all'ordinanza ingiunzione per cui è causa riguarda il difetto di motivazione. Detta eccezione va disattesa, siccome infondata. In punto di diritto, deve premettersi che, come affermato dalla Suprema Corte (cfr.: Cass., Sez. 6 - 2, ordinanza n. 16316 del 30.07.2020), "l'ordinanza ingiunzione irrogativa di una sanzione amministrativa non deve avere una motivazione analitica e dettagliata come quella di un provvedimento giudiziario, essendo sufficiente che sia dotata di una motivazione succinta, purché dia conto delle ragioni di fatto della decisione (che possono anche essere desunte "per relationem" dall'atto di contestazione) ed evidenzi l'avvenuto esame degli eventuali rilievi difensivi formulati dal ricorrente". In concreto, il provvedimento opposto fa riferimento al verbale di accertamento della violazione redatto da (...) in data 19 ottobre 2021 e, nel menzionare espressamente gli scritti difensivi della parte in data 24 novembre 2021 ed il verbale di audizione della stessa in data 10 gennaio 2022, ne evidenzia l'avvenuto esame. Va inoltre considerato che, come affermato sempre dalla Corte di Cassazione (cfr.: Cass., Sez. 1, sentenza n. 4302 del 27.02.2006), "nel giudizio di opposizione a sanzione amministrativa pecuniaria, il sindacato del giudice di merito si estende alla validità sostanziale del provvedimento impugnato attraverso un autonomo esame circa la ricorrenza dei presupposti di fatto e di diritto dell'infrazione contestata, essendo oggetto dell'opposizione non il provvedimento ma il rapporto sanzionatorio, con la conseguenza che nessun rilievo assumono gli eventuali vizi del provvedimento stesso relativi all'omessa valutazione, da parte dell'Autorità intimante, delle deduzioni difensive dell'incolpato, potendo queste essere fatte valere successivamente, qualora la motivazione del giudice sul punto sia ritenuta inadeguata". Più recentemente, sempre la Suprema Corte (cfr.: Cass., Sez. 2, sentenza n. 12503 del 21.05.2018) ha affermato che "in tema di opposizione ad ordinanza ingiunzione per l'irrogazione di sanzioni amministrative, i vizi di motivazione in ordine alle difese presentate dall'interessato in sede amministrativa non comportano la nullità del provvedimento, e quindi l'insussistenza del diritto di credito derivante dalla violazione commessa, in quanto il giudizio di opposizione non ha ad oggetto l'atto ma il rapporto, con conseguente cognizione piena del giudice, che potrà (e dovrà) valutare le deduzioni difensive proposte in sede amministrativa (eventualmente non esaminate o non motivatamente respinte), in quanto riproposte nei motivi di opposizione, decidendo su di esse con pienezza di poteri, sia che le stesse investano questioni di diritto che di fatto". Ne deriva che le questioni non esplicitate nel provvedimento oggetto di opposizione possono essere esaminate in questa sede. III. Nel merito, gli opponenti hanno sostenuto l'inesistenza dei presupposti di fatto per l'esercizio della potestà sanzionatoria da parte dell'Ente opposto. Sotto il profilo giuridico, l'art. 279, comma 2 bis, D.Lgs. n. 152 del 2006 stabilisce che "chi, nell'esercizio di uno stabilimento, viola le prescrizioni stabilite dall'autorizzazione, dagli allegati I, II, III o V alla Parte Quinta, dai piani e dai programmi o dalla normativa di cui all'articolo 271 o le prescrizioni altrimenti imposte dall'autorità competente è soggetto ad una sanzione amministrativa pecuniaria da 1.000 Euro a 10.000 Euro, alla cui irrogazione provvede l'autorità competente. Se le prescrizioni violate sono contenute nell'autorizzazione integrata ambientale si applicano le sanzioni previste dalla normativa che disciplina tale autorizzazione". In concreto, deve rilevarsi che dalla documentazione prodotta emergono le seguenti circostanze di fatto. A seguito di un sopralluogo effettuato in data 24 marzo 2021 presso lo stabilimento della società opponente sito in (...), l'(...) ha proposto agli Enti competenti, tra cui l'odierna resistente, l'adozione delle seguenti prescrizioni nei confronti della società opponente: 1) innalzare e spostare verso Via I. la bocca di espulsione del camino di espulsione delle emissioni derivanti dalla cabina di verniciatura dei particolari delle reggettatrici, fatti salvi ostacoli relativi alla sicurezza di persone o cose; 2) modificare il ciclo di verniciatura utilizzando prodotti con minor contenuto di solvente, comprendendo l'utilizzo di aerografi ad alta efficienza di trasferimento acciocché venga diminuito l'overspray. Le pistole andranno deterse in apparecchiatura a ciclo chiuso munita di impianto a carboni attivi dedicato all'abbattimento delle emissioni scaturenti durante l'apertura del cestello; 3) il letto di carboni attivi della cabina andrà sostituito quando è stata applicata una quantità di prodotti vernicianti pronti all'uso contenenti una massa di solventi pari al 15% in peso del letto di carbone. Il medesimo criterio si applicherà per il letto installato a presidio dell'impianto di verniciatura regge a immersione. L'impresa dovrà registrare separatamente per i due impianti di verniciatura succitati, ad esempio su foglio E., il quantitativo di solventi utilizzati ed il relativo intervallo di tempo, la massa e la data in cui vengono installati i nuovi carboni, la quantità e la data in cui il letto viene sostituito; sono fatti salvi gli obblighi derivanti dalla normativa inerente ai rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi; 4) trasmettere copia delle analisi delle emissioni derivanti dai tre estrusori. La violazione per cui è causa riguarda soltanto la prescrizione di cui al punto 4) che precede. Le predette prescrizioni sono state impartite alla società con diffida dirigenziale della Città Metropolitana di Milano in data 9 aprile 2021, con assegnazione di un termine di novanta giorni per adempiere. A seguito di una prima richiesta della società opponente in data 8 luglio 2021, il termine in questione è stato prorogato al 30 settembre 2021. In data 30 settembre 2021, la parte ha indirizzato all'Ente opposto la richiesta di un incontro e di un confronto tecnico per la risoluzione di problemi relativi all'adempimento. In particolare, per quanto concerne la trasmissione delle analisi relative alle emissioni derivanti dai tre estrusori, la società ha evidenziato che "essa presuppone ovviamente l'installazione preventiva di un impianto di aspirazione e filtrazione delle emissioni dei tre estrusori il cui progetto la Società aveva già raccolto prima della pausa estiva ricorrendo a modelli standardizzati presenti sul mercato e prodotti in serie. Sennonché, nella fase di fornitura, il responsabile dell'installazione (consulente esterno, tra i più rinomati ed esperti in materia: la (...) S.r.l.) ha manifestato la necessità di sospendere la messa in opera del nuovo impianto per ripensare il progetto, apportando sostanziali modifiche anche allo stesso macchinario da installare, stante la peculiarità e le caratteristiche del processo produttivo e degli impianti presenti in Stabilimento; ciò al fine di garantire la massima efficienza e una concreta rappresentatività dei dati da sviluppare e delle performance desiderate dalla modifica, senza compromettere l'operatività e lo stesso ciclo produttivo in corso". A seguito del confronto svoltosi in data 3 novembre 2021 e di un successivo incontro con i funzionari dell'(...) presso l'azienda in data 16 novembre 2021, su richiesta della società è stata concessa una nuova proroga del termine assegnato, in misura di novanta giorni. Il verbale di accertamento della violazione, da parte sua, risale ad una data anteriore a tali incontri, e, in particolare, al giorno 19 ottobre 2021. Ora, nel ricorso, a pagina 9, gli opponenti, sul presupposto che le analisi richieste dalla Città Metropolitana di Milano con la prescrizione sopra indicata fossero diverse da quelle periodiche da effettuarsi in virtù dell'AUA in vigore, hanno sostenuto l'illogicità dell'irrogazione della sanzione per l'omesso invio di dati che richiedevano la previa progettazione ed esecuzione di un nuovo impianto di aspirazione prima non necessario, né mai chiesto e per la cui realizzazione, oltretutto, la società aveva anche ottenuto proroga. Inoltre, a dire degli opponenti, l'Ente era già in possesso dei dati periodicamente inviati allo stesso in virtù dell'AUA. Da parte sua, l'Ente opposto ha sostenuto che i dati richiesti erano gli stessi che la società avrebbe dovuto misurare periodicamente sulla scorta dell'AUA in vigore e che non erano mai stati forniti in maniera completa. Sul punto, deve rilevarsi che l'(...), nel proporre alla Città Metropolitana di Milano la prescrizione in questione, non ha specificato le analisi richieste. La prescrizione in questione, sul punto, risulta dunque generica. Maggiori specificazioni non emergono neppure dalla testimonianza resa da (...), dipendente dell'(...) ed esecutore, insieme ad un collega, del sopralluogo del marzo 2021. Ciò premesso, ove si ritenesse, in conformità a quanto specificato dalla Città Metropolitana di Milano in corso di causa, che i dati relativi alle emissioni in atmosfera da comunicarsi non dovessero essere differenti da quelli misurati periodicamente, neppure risulterebbero specificate le ragioni per le quali fosse stata richiesta la trasmissione di dati di cui l'Amministrazione doveva già essere in possesso, in quanto annualmente forniti sulla scorta dall'AUA in vigore. Le circostanze di cui sopra erano idonee a giustificare la diversa interpretazione secondo cui i dati da trasmettere fossero differenti rispetto a quelli già forniti in precedenza e l'ottemperanza alla prescrizione richiedesse la previa esecuzione di opere di modifica strutturale, come sostenuto dalla società ricorrente tanto nella corrispondenza intercorsa con la controparte prima dell'irrogazione della sanzione per cui è causa, quanto nel corso del presente giudizio. Dette considerazioni sono state genericamente definite dall'(...), nel verbale di accertamento della violazione per cui è causa, come "elucubrazioni", e ciò senza che, tanto in sede di diffida quanto in sede di accertamento, sia mai stato specificato il contenuto dei dati da trasmettere, oltre al fatto che detta trasmissione non richiedesse alcuna modifica degli impianti. La questione è stata evidenziata anche nel verbale di contraddittorio che ha preceduto l'emissione dell'ordinanza ingiunzione, senza che la tesi degli odierni opponenti sia stata confutata dall'Ufficio in sede amministrativa. Alle considerazioni di cui innanzi, occorre aggiungere che le proroghe richieste e concesse nel tempo alla società ricorrente hanno riguardato indistintamente tutte le prescrizioni impartite in precedenza con la diffida, ivi compresa la n. 4, concernente le misurazioni in esame. Addirittura, l'ultima proroga risulta essere stata concessa in data 1 dicembre 2021, vale a dire in epoca successiva allo stesso accertamento della violazione (quest'ultimo risalente al 19 ottobre 2021), oltre che successivamente agli incontri svoltisi tanto con la Città Metropolitana di Milano quanto con l'(...), il che consentirebbe di ritenere superato lo stesso accertamento precedentemente effettuato. Infine, premesso che le prescrizioni concernenti le modifiche strutturali e quella relativa alla trasmissione dei dati sono state impartite tutte insieme, così come insieme sono state prorogate, deve rilevarsi che nessuna sanzione risulta essere stata irrogata con riferimento alle prescrizioni diverse dalla n. 4, oggetto di causa, il che induce a ritenere sostanzialmente regolare l'iter seguito dalla società ricorrente per l'ottemperanza a quanto richiesto dall'Amministrazione opposta. Infine, non potrebbe oggi sostenersi che la violazione sanzionata con l'ordinanza ingiunzione opposta sia consistita nell'aver fornito nel tempo misurazioni da considerarsi incomplete alla luce dell'allegato tecnico dell'AUA in vigore nei confronti della società opponente, visto che si tratterebbe con ogni evidenza di un fatto storico diverso da quello contestato. In estrema sintesi, l'attività sanzionatoria dell'Ente opposto deve essere ritenuta illegittima in quanto ha riguardato una condotta omissiva verificatasi in relazione ad una prescrizione il cui contenuto non era univoco, senza che nessun chiarimento fosse stato preventivamente fornito a fronte dell'interpretazione assertivamente erronea della parte, e per di più con accertamento intervenuto in un periodo coperto da proroga concessa dall'Amministrazione medesima per l'adempimento. Il ricorso va dunque accolto, e ciò indipendentemente dall'esame delle ulteriori questioni sollevate dalle parti, che vanno pertanto considerate assorbite. IV. Quanto alle spese processuali, le stesse seguono la soccombenza e vanno liquidate come da dispositivo. P.Q.M. Il Tribunale, definitivamente pronunciando sull'opposizione proposta da (...) e (...) S.p.A. nei confronti della Città Metropolitana di Milano, rigettata ogni ulteriore domanda, eccezione e deduzione, così provvede: 1. in accoglimento dell'opposizione, annulla l'ordinanza ingiunzione protocollo n. (...) del 25.01.2022; 2. condanna la Città Metropolitana di Milano al pagamento in favore degli opponenti delle spese processuali, che liquida in complessivi Euro 98,00 per spese ed Euro 1.276,00 per compensi, oltre 15% spese forfettarie ed accessori di legge, se ed in quanto dovuti. Così deciso in Monza il 13 aprile 2023. Depositata in Cancelleria il 27 aprile 2023.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO DI MONZA QUARTA SEZIONE CIVILE Il Tribunale composto dai Magistrati: Dr.ssa Laura GAGGIOTTI - PRESIDENTE Dr.ssa Cinzia FALLO - GIUDICE rel. Dr.ssa Wandalba FARANO - GIUDICE riunito in camera di consiglio, ha pronunciato la seguente SENTENZA nel procedimento avente n.3628/2022 R.G. promosso da: (...) (C.F. (...)), in qualità di nipote di (...), rappresentata e difesa dall'Avv.to Ma.La. ed elettivamente domiciliata presso il suo studio in Sesto San Giovanni, Via (...), giusta procura alle liti in atti; -ricorrente- nei confronti di (...), nata a S. S. (...) (M.), il (...) (C.F. (...)); -resistente- PUBBLICO MINISTERO, in persona del Procuratore Dr. (...); avente ad oggetto: Interdizione. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con ricorso depositato in data 05.05.2022 (...), in qualità di nipote di (...), ha chiesto la pronuncia dell'interdizione nei confronti di quest'ultima in quanto incapace di provvedere ai propri interessi. In particolare, ha affermato che: la medesima, di anni 89, complice l'età avanzata, presenta un quadro clinico estremamente rilevante, avendo sei anni prima, a seguito di una caduta, riportato frattura vertebrale in sede lombare e che poco tempo prima cadeva nella propria abitazione a causa di una perdita d'equilibrio, procurandosi diverse contusioni; che la medesima, dal punto di vista terapeutico, rifiuta categoricamente le cure necessarie o assumendo farmaci prescritti in esubero e/o viceversa scordandosi di assumere gli stessi con regolarità. Sotto il profilo psichico ha evidenziato che presenta un rilevante decadimento che potrebbe ben porre la (...) in stato di oggettivo pericolo, oltre "ad attività alquanto bizzarre e senza senso agite nell'ultimo periodo sintomatiche del deficit predetto"; spesso si dimentica i nomi delle persone che conosce da anni e il proprio codice segreto e personale del bancomat chiedendo così ai passanti di leggerle il codice segreto; spesso inoltre dimentica dove ha riposto o nascosto il bancomat nella propria abitazione contattando la stessa ricorrente anche ad orari improbabili. Ne consegue che l'interdicenda, allo stato, non sia più in grado di vivere da sola autonomamente nella propria unità immobiliare sita al primo piano e priva di ascensore e/o montascale per disabili, per cui la stessa non esce più di casa avendo forti problemi di deambulazione e la fisiatra le ha consigliato anche un deambulatore che la stessa rifiuta. Pertanto, non essendo in grado di provvedere ai propri interessi, sia di natura personale che patrimoniale è necessario assicurare a (...) una adeguata e congrua protezione ad agevole supporto che le possano consentire di vivere dignitosamente ed in totale sicurezza. Sotto il profilo patrimoniale, si precisa che la medesima è beneficiaria di trattamento pensionistico mensile pari ad Euro 1277,00; è titolare di un conto corrente che ammontava a circa Euro 15.431,15 alla data del ricorso, nonché risulta proprietaria dell'immobile in cui risiede. Alla prima udienza, in data 09 novembre 2022, dopo l'audizione della ricorrente, si procedeva all'esame dell'interdicenda. All'esito dell'esame, il Giudice, su richiesta del legale di parte concedeva termine per produrre documentazione medica sopravvenuta dopo la presentazione del ricorso (certificato geriatria e documentazione relativa alla riconosciuta invalidità) e contestualmente, su istanza della parte, ritenendo la causa matura per la decisione, fissava udienza per la precisazione delle conclusioni, con le modalità della trattazione scritta, su richiesta del legale della ricorrente. Precisate le conclusioni nei termini indicati in epigrafe, la causa veniva, quindi, contestualmente rimessa al Collegio per la decisione, senza assegnazione dei termini, come da esplicita richiesta del difensore di parte ricorrente. MOTIVI DELLA DECISIONE La domanda di interdizione non può essere accolta sulla base delle considerazioni che seguono. Dagli atti e dai documenti di causa emerge che (...) "è affetta da marcata encefalopatia vascolare atrofica e marcato decadimento cognitivo. A mio avviso la paziente necessita di essere controllata ed assistita in modo costante in quanto non è assolutamente in grado di autogestirsi(cfr. documento a firma della Dott.ssa (...), Specialista in Neurologia, in data 10.03.2022, cfr. doc. 6 allegato al ricorso); tale diagnosi è stata confermata dalla visita eseguita in data 13.07.2022 dal medico geriatra che ha affermato "marcato decadimento cognitivo e marcata encefalopatia vascolare atrofica" ed ha concluso nel senso che la paziente è affetta da " decadimento cognitivo di grado severo in encefalopatia vascolare atrofica. La paziente necessita di cure e assistenza continua(cfr. referto medico Dott.ssa (...), in data 13.07.2021(cfr. docc. depositati in data 11.11.2022). Nel corso dell'esame condotto dal G.I. (...) è apparsa vigile, interessata al colloquio e attenta; parzialmente orientata nel tempo. È stata in grado di rispondere alle domande che le sono state rivolte, anche se a tratti in modo impreciso e confuso. Dall'esame e dalla documentazione prodotta emerge una situazione sanitaria che necessita, senz'altro, di una misura di protezione: è chiaro che (...) è affetta da decadimento cognitivo in considerazione dell'età avanzata e conseguente ad una condizione patologica accertata, che gli rende impossibile provvedere in maniera adeguata ai propri interessi, patrimoniali e non (in quanto incapace di provvedere ai propri interessi in modo abituale, stante anche i forti problemi di deambulazione), sia pure denotata da momenti di lucidità. Ciò premesso, ai sensi dell'art. 414 c.c., l'interdizione deve essere disposta nei confronti di soggetti i quali si trovino in condizioni di "abituale infermità di mente che li rende incapaci di provvedere ai propri interessi". Secondo il costante e condivisibile orientamento della Suprema Corte, il presupposto necessario per procedere all'interdizione è l'esistenza di un'alterazione patologica della realtà psichica del soggetto tale da dar luogo ad una totale incapacità di provvedere ai propri interessi e l'interdizione non può essere pronunciata in presenza di malattie psichiche, pur se persistenti nel tempo, che comportino episodi di squilibrio (e quindi di compromissione della capacità di intendere e di volere) solo momentanei ed alternati a periodi di equilibrio. Dopo la L. 9 gennaio 2004, n. 6, l'interdizione e l'inabilitazione si presentano quali misure aventi carattere residuale, avendo il legislatore espressamente dichiarato di voler perseguire la finalità di tutelare, con la minor limitazione possibile della capacità di agire, le persone prove in tutto o in parte di autonomia nell'espletamento delle funzioni di vita quotidiana mediante interventi di sostegno temporaneo o permanente(art. 1 L. 9 gennaio 2004).A tale scopo è stato introdotto il nuovo istituto dell'amministrazione di sostegno. La Suprema Corte (Cass. Civ., Sez. I, 1.3.2010 n. 4866; Cass. Civ., Sez. I, 26.10.2011, n. 22332; Cass. Civ., Sez. I, 14.10.2016, n.11536) ha affermato che l'Amministrazione di Sostegno ha la finalità di offrire a chi si trovi nell'impossibilità, anche parziale o temporanea, di provvedere ai propri interessi, uno strumento di assistenza che ne sacrifichi in minor misura possibile la capacità di agire, in ciò distinguendosi dagli altri istituti di protezione a tutela degli incapaci, quali interdizione e inabilitazione. Rispetto ai predetti istituti, l'ambito di applicazione dell'amministrazione di sostegno va individuato, ad avviso della Suprema Corte, con riguardo non già al diverso, e meno intenso, grado di infermità o di impossibilità di attendere ai propri interessi del soggetto carente di autonomia, ma con riferimento alla maggiore idoneità di tale strumento ad adeguarsi alle esigenze del soggetto in relazione alla flessibilità del provvedimento e alla maggiore informalità della relativa procedura applicativa. Pertanto, quando la situazione personale del soggetto bisognevole di protezione sia tale da non richiedere l'assunzione di decisioni connotate da complessità, anche in relazione alle gestione economica, non sarà necessaria la pronuncia di interdizione, ben potendo la nomina di un amministratore di sostegno soddisfare esigenze di tutela e perseguimento degli interessi del beneficiario. Nella fattispecie, (...) è affetta da marcato decadimento cognitivo, unitamente a seri problemi di deambulazione e per tale ragione non è in grado di autogestirsi in modo sicuro per sé e necessità di essere supportata in ogni attività quotidiana dalla ricorrente, come dalla stessa affermato, "senza non pochi contrasti e difficoltà in quanto la stessa interdicenda non risulta più collaborativa e mentalmente lucida ma ostativa contro il proprio interesse"; dal punto di vista economico - patrimoniale risulta percettrice di pensione INPS che ammonta ad Euro 1277,00 mensili(cfr. doc.9) oltre ad indennità di accompagnamento che ammonta ad Euro 500,00 mensili; abita in immobile di sua proprietà ed è titolare di un conto corrente, ove viene accreditata la pensione, con un saldo di circa Euro 15.000,00. A fronte di tali considerazioni e in applicazione dei principi sopra richiamati, ritiene il Collegio che l'istituto della Amministrazione di Sostegno sia idoneo e sufficiente(non sussistendo, per contro, elementi di complessità che inducano a ritenere preferibile una misura di protezione particolarmente gravosa, sotto il profilo economico e gestorio, come quella richiesta) a tutelare - con la minore limitazione possibile della capacità d'agire - (...) a fronte della incapacità di provvedere autonomamente ai propri interessi. Ritiene pertanto il Tribunale che debba essere rigettata la domanda di interdizione promossa dalla ricorrente ed il procedimento deve essere trasmesso al Giudice Tutelare, ai sensi dell'art. 418 c.c., per quanto di competenza in relazione alle accertate incapacità di (...). Non possono essere accolte, in quanto inammissibili in tale sede, le ulteriori domande formulate dalla ricorrente (autorizzazione al ricovero presso struttura per anziani e autorizzazione all'alienazione dell'unità immobiliare di proprietà della stessa) in quanto di competenza del Giudice Tutelare. Considerata la particolare natura della controversia e il comportamento processuale della resistente, che, non costituendosi in giudizio, non si è opposta all'accoglimento della domanda della ricorrente, le spese sono dichiarate irripetibili. P.Q.M. Il Tribunale di Monza, respinta ogni diversa istanza, nel contraddittorio delle parti, definitivamente pronunciando sulla domanda di interdizione: I) rigetta la domanda di interdizione promossa da (...) nei confronti di (...), nata a S. S. (...) (M.) il (...); II) dispone la trasmissione degli atti al Giudice tutelare presso il Tribunale di Monza, ai sensi dell'art. 418 c.c.; III) dichiara irripetibili le spese di lite. Così deciso in Monza il 2 marzo 2023. Depositata in Cancelleria il 26 aprile 2023.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale di Monza, Sezione Prima Civile, in composizione monocratica, nella persona del Giudice dott. Davide De Giorgio, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa iscritta al numero 8755/2020 Registro Generale affari contenziosi civili vertente TRA (...) (C.F.: (...)) e (...) (C.F.: (...)), con il patrocinio degli avv. Da.Da. e An.Sa., presso cui è stato eletto domicilio in Milano, via (...), giusta procura in atti ATTORI E Impresa (...) s.r.l. in liquidazione (P.I.: (...)), con il patrocinio dagli avv. Fe.L'A. e In.Po., presso cui è stato eletto domicilio in Seveso, via (...), giusta procura in atti CONVENUTA E (...) (P.I.: (...)), con il patrocinio degli avv. Ma.Ma. e Gi.Cr., presso cui è stato eletto domicilio in Lentate sul Seveso, piazza (...), giusta procura in atti CONVENUTA OGGETTO del giudizio: 140011 - vendita di cose immobili MOTIVI DELLA DECISIONE Premessa Con l'atto introduttivo del giudizio, (...) e (...), premesso di aver concluso con l'Impresa (...) s.r.l. in liquidazione, avvalendosi dell'attività di mediazione della (...), un contratto preliminare di compravendita relativo ad una villetta a schiera con annesso box, il tutto sito in Comune di Seveso, assumendo l'inadempimento della promittente venditrice per aver taciuto loro l'esistenza di un'ipoteca legale sul bene, iscritta su istanza di Agenzia delle Entrate - Riscossione, nonché per aver omesso di eliminare alcuni vizi relativi all'immobile, ed assumendo altresì l'inadempimento dell'impresa di mediazione per non averli informati in ordina allo stato di liquidazione in cui versava la promittente venditrice, oltre che riguardo all'iscrizione ipotecaria di cui innanzi, hanno convenuto entrambe le summenzionate imprese rassegnando nei loro confronti conclusioni di merito di tenore analogo rispetto a quelle riportate in epigrafe. Nel costituirsi in giudizio, la società Impresa (...) s.r.l. in liquidazione ha contestato le prospettazioni degli attori ed ha richiesto il rigetto delle loro domande, nonché la pronuncia di risoluzione del contratto preliminare per inadempimento della controparte, con conseguente riconoscimento del proprio diritto a ritenere la caparra confirmatoria versata dagli attori; in via riconvenzionale, la società convenuta ha chiesto altresì la condanna degli attori al risarcimento dei danni provocati all'immobile, nel frattempo dagli stessi occupato a titolo di comodato, con la compensazione delle opposte partite di dare ed avere. Da parte sua, l'impresa (...) ha affermato la sua estraneità alle circostanze che avevano condotto le parti a risolvere il preliminare, chiedendo il rigetto di tutte le domande degli attori. Prima dell'ammissione delle prove è stata formulata alle parti ex art. 185 bis c.p.c. una proposta transattiva che teneva conto delle condizioni previste nella bozza di transazione redatta prima della causa e dei danni riscontrati sull'immobile, proposta accettata soltanto dagli attori. La causa è stata poi istruita mediante effettuazione di una consulenza tecnica d'ufficio ed assunzione di prova per interrogatorio formale. I fatti di causa Al fine di inquadrare correttamente la vicenda per cui è causa, appare opportuno effettuare una breve sintesi dell'accaduto. Come innanzi si accennava, tra gli odierni attori, (...) e (...), e l'Impresa (...) s.r.l. in liquidazione risulta essere stato stipulato, a seguito dell'attività di mediazione svolta dall'impresa (...), un contratto preliminare di compravendita (cfr.: doc. 4 degli attori) con cui i primi si sono obbligati ad acquistare dalla seconda una villetta a schiera con annesso box doppio, il tutto sito in Comune di Seveso, via V. n. 66, per il corrispettivo di Euro 318.000,00, oltre IVA, di cui Euro 25.000,00 versati a titolo di caparra confirmatoria, in parte in precedenza ed in parte all'atto della conclusione del preliminare, ed Euro 293.000,00 da versarsi al momento del rogito, che avrebbe dovuto essere stipulato entro la data del 30.09.2019. L'immobile era ancora in fase di realizzazione, con termine dei lavori previsto indicativamente per il 20.08.2019. Nel corso dell'istruttoria svolta dall'istituto di credito a cui gli attori si erano rivolti per la concessione di un mutuo finalizzato all'acquisto, è emersa l'esistenza di un'ipoteca legale sull'immobile oggetto del contratto preliminare per un credito di Agenzia delle Entrate - Riscossione (ipoteca ulteriore rispetto all'unica iscrizione dichiarata nella precedente proposta irrevocabile di acquisto accettata), la quale risaliva a data anteriore agli accordi tra le parti ed impediva l'erogazione del finanziamento (cfr.: doc. 5 e 20 degli attori). La convenuta Impresa (...) s.r.l. in liquidazione risulta aver presentato in data 19.07.2019 dichiarazione di adesione alla definizione agevolata finalizzata all'estinzione del debito ed alla cancellazione dell'ipoteca in questione (cfr.: doc. 3 della convenuta in questione). Inoltre, avuto riguardo al fatto che gli attori si erano a loro volta obbligati a vendere a terzi la loro precedente abitazione, in data 01.10.2019, è stato stipulato tra le parti in questione un contratto di comodato d'uso, della durata di un anno (dall'01.10.2019 al 30.09.2020), avente ad oggetto il medesimo immobile del contratto preliminare (cfr.: doc. 7 degli attori). Due settimane dopo, con scrittura privata a parte, è stata concordata dalle parti la corresponsione, della cui effettuazione si è dato atto contestualmente, di un acconto di Euro 20.000,00 sul corrispettivo dell'immobile, ulteriore rispetto a quello contemplato nel precedente contratto preliminare (cfr.: doc. 8 degli attori). Con raccomandata del 10.02.2020 (doc. 9 degli attori), l'attuale difensore degli attori, avuto riguardo alla mancata cancellazione dell'iscrizione ipotecaria di cui innanzi ed alla necessità di eseguire alcune opere di completamento dell'immobile nonché di eliminare alcune infiltrazioni ivi riscontrate, ha proposto alla promittente venditrice tre possibili soluzioni, tra cui quella contemplante la stipulazione del contratto definitivo entro la data del 30.04.2020, previe cancellazione dell'ipoteca ed esecuzione dei lavori. Con comunicazione in data 13.03.2020, gli attuali difensori della società convenuta hanno comunicato la disponibilità di quest'ultima all'esecuzione dei lavori in data da concordare con la controparte, nonché alla conclusione del contratto definitivo, segnalando tuttavia, quanto al termine indicato dal legale della controparte per il rogito, ossia il 30 aprile 2020, che detta data avrebbe potuto rivelarsi "inadeguata in quanto la tempistica dipende dall'adempimento di un soggetto terzo il cui inadempimento nei tempi - seppur celeri - sopra indicati non deve essere imputato alla "D. S.r.l."", sicché "tale termine non dovrà essere considerato essenziale" (cfr.: doc. n. 10 degli attori). In data 28.04.2020, nell'immediatezza dello scadere del termine precedentemente indicato dagli attori, la promittente venditrice, a mezzo dei suoi legali, ha comunicato a controparte che erano ancora in corso le pratiche per la cancellazione dell'ipoteca, oltre alla perdurante disponibilità all'esecuzione dei lavori (cfr.: doc. n. 14 della convenuta). Impresa (...) s.r.l. in liquidazione ha documentato che, ottenuto il beneficio della rateazione del debito in essere con Agenzia delle Entrate - Riscossione in n. 17 rate, l'ultima delle quali scadente il 30.11.2023 (cfr.: doc. 3 della convenuta), il debito stesso è stato tuttavia estinto in data ben anteriore (cfr.: doc. 4 della convenuta), tanto che, nonostante le difficoltà amministrative correlate alla fase più acuta della pandemia, la cancellazione dell'ipoteca è avvenuta in data 05.05.2020 (cfr.: doc. 6 della convenuta), il tutto comunicato a controparte in data 15.05.2020 (cfr.: doc. 16 della convenuta). Nel frattempo, in data 06.05.2020, il difensore degli attori ha indirizzato ad uno dei legali della controparte una comunicazione (cfr.: doc. 14 degli attori) del seguente tenore: "Gentile Collega, prima di suggerire ai mandanti di dare seguito al contratto, peraltro ormai risolto, ritengo necessario disporre della documentazione indicata nella mia del 31 marzo 2020 ed, in ogni caso, la conferma da parte dell'Agenzia delle Entrate dell'avvenuta cancellazione dell'ipoteca. Nell'attesa di quanto sopra, porgo cordiali saluti". A seguito della comunicazione dei legali della convenuta in data 15.05.2020 vi è stata ulteriore corrispondenza tra le parti in ordine alla sorte del contratto per cui è causa. Si segnalano in questa sede, tra l'altro, la proposta di conclusione del contratto definitivo a prezzo ribassato formulata dal legale degli attori in data 22.05.2020 (cfr.: doc. 18 della convenuta), la controproposta dei legali della convenuta in data 12.06.2020, con contestazione dell'assunto di controparte circa l'avvenuta risoluzione del contratto (cfr.: doc. 19 della convenuta) e la comunicazione del legale degli attori in data 31.08.2020 (cfr.: doc. 21 della convenuta), con cui lo stesso, stante l'inerzia della controparte, ha preannunciato l'intenzione dei suoi assistiti di rilasciare l'immobile al termine del periodo annuale del comodato, con riserva di domandare il risarcimento dei danni. Risulta dagli atti che i difensori delle parti, a questo punto, hanno concordato la bozza di un accordo transattivo secondo cui: - le parti medesime avrebbero dichiarato la volontà di risolvere consensualmente il contratto preliminare; - Impresa (...) s.r.l. in liquidazione avrebbe versato ai promissari acquirenti l'importo di Euro 38.000,00; - entrambe le parti avrebbero rinunciato ad ogni altra reciproca pretesa (cfr.: doc. 16 e 17 degli attori). Il progetto transattivo è successivamente naufragato a seguito del riscontro da parte della società promittente venditrice della presenza di danni all'immobile provocati dagli attori, danni al cui ristoro la stessa ha deciso di subordinare la conclusione dell'accordo. Ragioni giuridiche e di fatto della decisione I. In via principale, gli attori, assumendo che la transazione si fosse effettivamente perfezionata mediante la corrispondenza intercorsa tra i difensori delle parti, hanno richiesto, in esecuzione di essa, la condanna della società convenuta all'adempimento di quanto pattuito, chiedendo, in particolare, il versamento di Euro 38.000,00 oltre interessi. La domanda di adempimento della transazione va disattesa, in considerazione del fatto che il contratto in questione non può considerarsi formalmente concluso. Invero, la bozza dell'accordo di transazione prodotta in atti non presenta alcuna sottoscrizione delle parti. Sebbene l'art. 1967 c.c. stabilisca, in generale, che la transazione deve rivestire la forma scritta ad probationem, la stessa norma prevede che, nei casi previsti dal n. 12 dell'art. 1350 c.c., il contratto deve rivestire la forma scritta ad substantiam, pena la sua nullità, come, ad esempio, nel caso di contratti che trasferiscono la proprietà di beni immobili. La stessa previsione è contenuta nell'art. 1351 c.c., a norma del quale il contratto preliminare è nullo se non è fatto nella stessa forma che la legge prescrive per il contratto definitivo. Orbene, la lettura combinata degli artt. 1350, 1351 e 1967 c.c. impone che anche il contratto di transazione avente ad oggetto la risoluzione di un contratto preliminare di compravendita immobiliare rivesta la forma scritta generalmente prevista nel caso di atti che hanno ad oggetto il trasferimento di immobili, come nel caso di specie. Anche la Corte di Cassazione (cfr.: Cass., Sez. 2, sentenza n. 4436 del 13.08.1985) ha affermato che "l'accordo transattivo concernente la proroga del termine per la stipulazione del contratto definitivo di compravendita immobiliare (nella specie, indicato dal promesso venditore nella diffida ad adempiere notificata al promesso compratore ai sensi dell'art. 1454 cod. civ.) deve rivestire la forma scritta ad substantiam sotto pena di nullità, ai sensi del combinato disposto degli artt. 1351 e 1350 n. 1 cod. civ. e 1350 n. 12 dello stesso codice, e, pertanto, non può essere accertato con ricorso alla prova per presunzioni o per testimoni". Inoltre, non risulta che ai difensori che si erano scambiati la bozza dell'accordo fosse stata conferita procura speciale per la sottoscrizione del contratto. Pertanto, stante la mancata conclusione di quest'ultimo, ne discende ulteriormente che non può essere accolta la domanda degli attori di adempimento dello stesso. II. Proseguendo con l'analisi delle questioni sollevate dalle parti, deve rilevarsi che, a detta degli attori, il contratto preliminare avrebbe dovuto essere considerato del tutto autonomo rispetto al contratto di comodato successivamente stipulato e non sussisterebbe un collegamento negoziale tra i due accordi. Al contrario, Impresa (...) s.r.l. in liquidazione ha contestato tale assunto affermando l'unicità dell'operazione negoziale attuata dalle parti, finalizzata, nel suo complesso, alla stipula di un contratto definitivo di compravendita immobiliare. In punto di diritto, proprio con riferimento a quei contratti preliminari con cui al promissario acquirente di un immobile viene concessa la detenzione anticipata del bene, la Suprema Corte (cfr.: Cass., Sez. Un., sentenza n. 7930 del 27.03.2008) ha osservato, tra l'altro, quanto segue: "Il collegamento contrattuale, come è stato ripetutamente evidenziato dalla dottrina e dalla giurisprudenza prevalenti, nei suoi aspetti generali non dà luogo ad un autonomo e nuovo contratto, ma è un meccanismo attraverso il quale le parti perseguono un risultato economico unitario e complesso, che viene realizzato non per mezzo di un singolo contratto, bensì attraverso una pluralità coordinata di contratti, i quali conservano una loro causa autonoma, anche se ciascuno è finalizzato ad un unico regolamento dei reciproci interessi. Ond'è che il criterio distintivo fra contratto unico, se pur misto o complesso, e contratto collegato non va ravvisato in elementi formali - quali l'unità o la pluralità dei documenti contrattuali (un contratto può essere unico anche se ricavabile da più testi, mentre un unico testo può riunire più contratti) o la mera contestualità delle stipulazioni (i contratti posso essere stipulati anche in momenti diversi in relazione ad esigenze sopravvenute) - ma nell'elemento sostanziale dell'unicità o pluralità degli interessi perseguiti, dacché il "contratto collegato" non è un tipo particolare di contratto, ma uno strumento di regolamentazione degli interessi economici delle parti caratterizzato dal fatto che le vicende che investono un contratto (invalidità, inefficacia, risoluzione, ecc.) possono ripercuotersi sull'altro, seppure non in funzione di condizionamento reciproco (ben potendo accadere che uno soltanto dei contratti sia subordinato all'altro, e non anche viceversa) e non necessariamente in rapporto di principale ad accessorio. Pertanto, affinché possa configurarsi un collegamento negoziale in senso tecnico, che impone la considerazione unitaria della fattispecie, è necessario che ricorrano sia il requisito oggettivo, costituito dal nesso teleologico tra i negozi, volti alla regolamentazione degli interessi reciproci delle parti nell'ambito di una finalità pratica consistente in un assetto economico globale ed unitario, sia il requisito soggettivo, costituito dal comune intento pratico delle parti di volere non solo l'effetto tipico dei singoli negozi in concreto posti in essere, ma anche il coordinamento tra di essi per la realizzazione di un fine ulteriore, che ne trascende gli effetti tipici e che assume una propria autonomia anche dal punto di vista causale. Tanto considerato, risulta evidente come la fattispecie in discussione debba essere ricondotta alla categoria dei contratti collegati. In essa, infatti, le parti, onde agevolare, per le plurime ragioni quali in precedenza accennate, la realizzazione delle finalità perseguite con la stipulazione del preliminare di compravendita, stipulano altresì - e, come del pari si è già evidenziato, ciò può aver luogo contemporaneamente e contestualmente al preliminare ma anche in tempi e con atti diversi, a seconda che le circostanze lo richiedano - dei contratti accessori, al preliminare necessariamente perché funzionalmente connessi e, tuttavia, autonomi rispetto ad esso, rispondendo ciascuno ad una precisa tipica funzione economico- sociale eppertanto disciplinati ciascuno dalla pertinente normativa sostanziale. Contratti con i quali le parti pervengono ad una regolamentazione, se pur provvisoria tuttavia ben definita, dei rapporti accessori funzionalmente collegati al principale e nei quali, secondo un'autorevole opinione dottrinaria meritevole d'esser condivisa, vanno ravvisati, quanto alla concessione dell'utilizzazione della res da parte del promittente venditore al promissario acquirente, un comodato e, quanto alla corresponsione di somme da parte del promissario acquirente al promittente venditore, un mutuo gratuito". Sempre la Corte di Cassazione (cfr.: Cass., Sez. 3, sentenza n. 11974 del 17.05.2010), dopo aver premesso che, "affinché possa configurarsi un collegamento negoziale in senso tecnico, che impone la considerazione unitaria della fattispecie, è necessario che ricorra sia un requisito oggettivo, costituito dal nesso teleologico tra i negozi, volti alla regolamentazione degli interessi reciproci delle parti nell'ambito di una finalità pratica consistente in un assetto economico globale ed unitario, sia un requisito soggettivo, costituito dal comune intento pratico delle parti di volere non solo l'effetto tipico dei singoli negozi in concreto posti in essere, ma anche il coordinamento tra di essi per la realizzazione di un fine ulteriore, che ne trascende gli effetti tipici e che assume una propria autonomia anche dal punto di vista causale", ha affermato che "accertare la natura, l'entità, le modalità e le conseguenze del collegamento negoziale realizzato dalle parti rientra nei compiti esclusivi del giudice di merito, il cui apprezzamento non è sindacabile in sede di legittimità, se sorretto da motivazione congrua ed immune da vizi logici e giuridici". Nel caso di specie, sebbene nel contratto di comodato manchino riferimenti testuali espressi al contratto preliminare, dall'esame congiunto dell'originario contratto preliminare, del contratto di comodato e della scrittura integrativa del preliminare in data 15.10.2019, innanzi citati, emerge chiaramente la volontà concorde delle parti di pervenire al risultato utile della stipulazione del contratto definitivo di compravendita immobiliare superando i problemi insorti per effetto della scoperta dell'iscrizione dell'ipoteca legale di cui innanzi. Invero: - l'inizio del periodo di detenzione gratuita dell'immobile da parte dei promissari acquirenti (01.10.2019) segue senza soluzione di continuità la scadenza del termine originariamente pattuito nel preliminare per la conclusione del contratto definitivo (30.09.2019); - la pattuizione di detta detenzione a titolo gratuito si accompagna al versamento, quindici giorni dopo, di un acconto di Euro 20.000,00 non previsto originariamente nel contratto preliminare, con conseguente modifica dell'importo residuo da versarsi al momento del rogito; - la scrittura integrativa rende evidente il perdurare dell'interesse delle parti a dare esecuzione al contratto preliminare nonostante la scadenza del termine del 30.09.2019, nonché la volontà concorde delle parti medesime di modificare il regolamento negoziale; - in tale ottica, la concessione dell'immobile in comodato ai promissari acquirenti non può avere altra funzione, se non quella di assicurare agli stessi, nel periodo ragionevolmente necessario all'estinzione dell'ipoteca, una soluzione abitativa, stante la vendita della loro precedente abitazione, al fine ultimo di pervenire alla conclusione del rogito senza aggravare il pregiudizio subito dai promissari acquirenti per effetto del prolungarsi del rapporto contrattuale; - la stipulazione del comodato soddisfa il requisito della forma scritta ed implica necessariamente la proroga di un anno del termine per la conclusione del contratto definitivo di compravendita; d'altronde, ammettendo che quest'ultimo evento dovesse avvenire entro una scadenza anteriore, il comodato per il periodo successivo non avrebbe avuto alcun senso giuridico; parimenti, qualora il contratto preliminare avesse dovuto essere considerato risolto, non si vede per quale motivo i promissari acquirenti dovessero occupare l'immobile gratuitamente per un anno. L'esattezza delle considerazioni di cui sopra, desumibili dal regolamento negoziale complessivo descritto nei tre documenti sopra citati, è confermata anche dall'esame del comportamento delle parti successivo al 30.09.2019. In particolare, è stato, in primo luogo, lo stesso difensore degli odierni attori a dare atto, nella sua missiva del 10.02.2020 del fatto che "vista l'impossibilità di pervenire al rogito nel termine pattuito stante la presenza di detta ultima iscrizione ipotecaria, il 1 ottobre 2019 veniva sottoscritto tra le parti un contratto di comodato d'uso gratuito relativo all'immobile in parola della durata di dodici mesi". Anche i difensori della convenuta, da parte loro, nella comunicazione del 13.03.2020, hanno affermato che "le Parti stipulavano in data 1 ottobre 2019 un contratto di comodato ad uso gratuito della durata di mesi dodici proprio per dare ristoro alla coppia di coniugi per il disagio patito e per tutelare i loro figli minori". D'altronde, fino alla data del 30.04.2020, data proposta dal legale degli attori per la conclusione del contratto definitivo, nessuna delle parti ha lamentato alcunché in ordine al superamento del termine originariamente fissato per il rogito, in tal modo confermandosi il perdurare in capo ad entrambe le parti di un interesse a dare esecuzione al preliminare. Orbene, considerate le oggettive circostanze fattuali e gli interessi dei soggetti, è innegabile la sussistenza di un collegamento negoziale tra il contratto preliminare e quello di comodato, secondo i criteri indicati dalla Suprema Corte. III. Ciò premesso, è, dunque, possibile procedere con l'analisi delle condotte poste in essere dalle parti nel corso della complessiva vicenda contrattuale. Deve rilevarsi che, per la conclusione della descritta operazione, gli attori hanno pacificamente versato le seguenti somme: - Euro 25.000,00, a titolo di caparra confirmatoria, in parte alla sottoscrizione della proposta di acquisto ed in parte al momento della stipulazione del contratto preliminare; - Euro 20.000,00, a titolo di ulteriore acconto versato due settimane dopo la stipula del contratto di comodato. In tutto trattasi di Euro 45.000,00. Come si è già visto, nonostante l'impossibilità della stipula del definitivo nei termini originariamente previsti nel contratto preliminare, entrambe le parti hanno manifestato la volontà di proseguire con l'affare, senza richiedere la risoluzione del contratto, il che ha comportato per il promittente venditore la proroga del termine utile per l'eliminazione dell'iscrizione ipotecaria, in misura corrispondente alla durata convenzionale del comodato. Per quanto concerne il nuovo termine del 30.04.2020 proposto dagli attori, a mezzo del loro difensore, per la conclusione del contratto definitivo, esso non può essere qualificato come essenziale e pertanto il suo superamento non può dare luogo all'effetto risolutorio previsto dall'art. 1457 c.c. Invero, l'indicazione di tale data nella missiva del legale degli attori in data 10.02.2020 costituisce oggetto di una mera proposta, formulata tra tre soluzioni ivi esposte in via tra loro alternativa, e, quanto all'accettazione della proposta in questione da parte dei legali della convenuta con la comunicazione del 13.03.2020, deve rilevarsi che gli stessi hanno espressamente chiarito che la possibilità o meno della stipula del contratto definitivo dipendeva dall'attività di un soggetto terzo, l'Agenzia dell'Entrate - Riscossione, sicché non poteva parlarsi di termine essenziale. A ciò si aggiunga che nessuna delle parti ha sottoscritto alcunché personalmente in ordine alla modifica dei termini emergenti dal nuovo regolamento negoziale dato dalle tre scritture contrattuali sopra citate e che l'indicazione della data del 30.04.2020 come nuovo termine contrattuale risulta arbitraria. Con successiva comunicazione via e-mail in data 07.04.2020, sempre il difensore degli attori, richiamando il termine del 30.04.2020, di cui sopra si è detto, ha ulteriormente diffidato la controparte a fornire entro la data del 21 aprile 2020 conferma della cancellazione dell'ipoteca iscritta dall'Agenzia Entrate - Riscossione, con avvertimento che, in mancanza, "il contratto preliminare di compravendita dell'immobile stipulato il 1 luglio 2019 dovrà ritenersi irrimediabilmente risolto, con le inevitabili conseguenze in termini di obblighirestitutori e risarcitori anche in capo all'agenzia immobiliare che ha intermediato l'affare" (cfr.: doc. 12 degli attori). Deve escludersi che la comunicazione in questione possa valere come diffida ad adempiere. Infatti: - ove si consideri che il termine per il rogito doveva intendersi consensualmente prorogato al 30.09.2020, risultava del tutto illegittimo pretendere l'adempimento anticipato; - la prestazione oggetto della diffida non era quella principale prevista nel contratto preliminare (il rogito), bensì la mera trasmissione di un documento; - il termine assegnato con la predetta comunicazione risultava inferiore ai quindici giorni previsti, come termine minimo, dall'art. 1454, comma secondo, c.c. Come innanzi si diceva, la cancellazione dell'iscrizione ipotecaria di cui trattasi è avvenuta in data 05.02.2020, vale a dire solo cinque giorni dopo la data del 30.04.2020, sopra indicata, e, in data 15.05.2020, la convenuta ha dato notizia agli attori di tale circostanza, offrendosi altresì di eseguire, in data da concordare, i lavori per la sistemazione dei problemi lamentati dagli attori. La comunicazione via e-mail del 06.05.2020 del legale degli attori, alla luce di quanto precede, risulta illegittima nella parte in cui ha menzionato un effetto risolutorio non verificatosi, oltre che contraddittoria nella parte in cui, riservando ai propri assistiti la facoltà di considerare la prosecuzione dell'affare qualora la promittente venditrice avesse ottenuto la cancellazione dell'ipoteca gravante sull'immobile, ha implicitamente manifestato il perdurare del loro interesse all'esecuzione del contratto, tanto più ove si tenga conto del fatto che gli attori hanno continuato ad abitare l'immobile oggetto del contratto preliminare anche oltre il termine annuale del comodato, sino alla data del rilascio avvenuto il 05.11.2020. Ulteriormente illegittima e contraddittoria è la successiva proposta di concludere ugualmente il contratto definitivo ad un prezzo inferiore. Infine, la stessa transazione che gli attori hanno domandato in causa di considerare effettivamente perfezionata si pone in insanabile contrasto con la tesi di un effetto risolutorio già verificatosi, presupponendo, al contrario, il perdurare del rapporto contrattuale addirittura oltre il 30.09.2020 (termine del comodato). Una volta assodato ciò, deve ritenersi che, nonostante entrambe le parti abbiano posto in essere condotte inadempienti nello svolgimento dell'intera operazione negoziale (anche la convenuta, per aver colpevolmente ignorato e taciuto l'iscrizione ipotecaria sopra più volte menzionata), l'inadempimento del contratto per cui è causa sia imputabile in via del tutto prevalente agli attori. Invero, una volta verificato che, con la cancellazione dell'ipoteca, era venuto meno l'ostacolo alla conclusione del contratto definitivo, deve rilevarsi che con la comunicazione in data 22.05.2020, il difensore degli attori, nel proporre la stipula del contratto a condizioni diverse da quelle precedentemente pattuite, ha anche dato atto dell'avvenuta esecuzione di lavori da parte della promittente venditrice e, in data 31.08.2020, nel comunicare a controparte l'intenzione dei suoi assistiti di rilasciare l'immobile (implicitamente negando di voler dare esecuzione al preliminare), ha motivato tale manifestazione di volontà con una generica "inerzia" della promittente venditrice. Quanto ai vizi dell'immobile, quest'ultima ha negato in sede processuale la loro sussistenza e gli attori, che ne avevano l'onere (cfr.: Cass., Sez. 2, ordinanza n. 9960 del 28.03.2022), non hanno provato eventuali specifici vizi residuati all'effettuazione delle opere di cui innanzi. Alla luce di ciò, pare di comprendere che il rifiuto dei promissari acquirenti di stipulare il contratto definitivo sia dipeso, più che da inadempimenti della promittente venditrice, ormai superati, dal rifiuto da parte di quest'ultima di accettare condizioni economiche diverse e deteriori rispetto a quelle originariamente pattuite. La condotta degli attori, i quali hanno optato per una diversa soluzione abitativa allorché i problemi segnalati in precedenza erano stati ormai risolti e non era ancora scaduto il termine prorogato per la conclusione del contratto definitivo ed hanno altresì continuato ad occupare l'immobile nonostante avessero dichiarato la loro volontà di considerare risolto il contratto, integra gli estremi del grave inadempimento contrattuale. In proposito, la Corte di Cassazione (cfr.: Cass., Sez. 2, sentenza n. 17148 del 26.06.2019) ha affermato che "in ipotesi di collegamento negoziale, la gravità dell'inadempimento di un singolo contratto non deve essere apprezzata per ciascuna pattuizione, ma all'interno della complessiva struttura negoziale". Ebbene, avuto riguardo alle circostanze sopra esposte, va pronunciata la risoluzione del contratto preliminare per cui è causa unitamente a quella del contratto di comodato, in applicazione del principio "simul stabunt simul cadent", quale effetto del riscontrato collegamento negoziale nella dinamica del contratto preliminare ad effetti anticipati. Ne deriva che devono trovare applicazione nella specie gli effetti restitutori conseguenti all'efficacia retroattiva della pronuncia di risoluzione, e ciò con riferimento ad entrambi i rapporti collegati, innanzi menzionati. In particolare, con riferimento al rapporto di comodato, si osserva che, come affermato dalla Corte di Cassazione (cfr.: Cass., Sez. 2, ordinanza n. 35280 del 30.11.2022), "l'efficacia retroattiva della risoluzione, per inadempimento, di un contratto preliminare comporta l'insorgenza, a carico di ciascun contraente, dell'obbligo di restituire le prestazioni ricevute, rimaste prive di causa, secondo i principi della ripetizione dell'indebito ex art. 2033 c.c., e, pertanto, implica che il promissario acquirente che abbia ottenuto la consegna e la detenzione anticipate del bene promesso in vendita debba non solo restituirlo al promittente alienante, ma altresì corrispondere a quest'ultimo i frutti per l'anticipato godimento dello stesso. Ne consegue che nel caso di occupazione di un immobile fondata su di un titolo contrattuale venuto meno per effetto della risoluzione giudiziale del contratto va esclusa la funzione risarcitoria degli obblighi restitutori". Alla luce di quanto precede, la società convenuta è tenuta alla restituzione di quanto versatole dagli attori a titolo di caparra confirmatoria e di ulteriore acconto. Va, in proposito, disattesa la domanda della Impresa (...) s.r.l. in liquidazione di ritenzione della caparra confirmatoria ex art. 1385 c.c. Invero, i commi secondo e terzo dell'art. 1385 c.c. prevedono quanto segue: "2. Se la parte che ha dato la caparra è inadempiente, l'altra può recedere dal contratto, ritenendo la caparra; se inadempiente è invece la parte che l'ha ricevuta, l'altra può recedere dal contratto ed esigere il doppio della caparra. 3. Se però la parte che non è inadempiente preferisce domandare l'esecuzione o la risoluzione del contratto, il risarcimento del danno è regolato dalle norme generali". Anche la Corte di Cassazione (cfr.: Cass., Sez. 2, ordinanza n. 20532 del 29.09.2020), nell'interpretare il disposto normativo innanzi indicato, ha affermato che "la caparra confirmatoria ex art. 1385 c.c. ha la funzione di liquidare convenzionalmente il danno da inadempimento in favore della parte non inadempiente che intenda esercitare il potere di recesso conferitole "ex lege", sicché, ove ciò avvenga, essa è legittimata a ritenere la caparra ricevuta ovvero ad esigere il doppio di quella versata; qualora, invece, detta parte preferisca agire per la risoluzione ovvero l'esecuzione del contratto, il diritto al risarcimento del danno va provato nell'"an" e nel "quantum"". Ebbene, nella specie la società convenuta ha agito per la risoluzione del contratto senza esercitare il recesso, sicché risulta applicabile la norma di cui al terzo comma dell'art. 1385 c.c., sopra citato. Come si diceva, premesso che gli attori hanno rilasciato l'immobile, precedentemente condotto in comodato, ai primi di novembre 2020, va accolta la domanda della società convenuta di condanna dei medesimi a corrisponderle i frutti per l'anticipato godimento del bene, da considerarsi ormai senza titolo per effetto dell'efficacia retroattiva della pronuncia di risoluzione del contratto. La quantificazione di tale voce in Euro 1.500,00 mensili, richiesta dalla proprietaria, non può essere confermata, non trovando alcun riscontro oggettivo. Al contrario, avuto riguardo ai valori locativi unitari relativi a ville e villini in stato conservativo ottimo (l'immobile, infatti, era nuovo) ed ai box siti nella zona periferica del Comune di Seveso per il periodo di occupazione dell'immobile, quali pubblicati sul sito dell'A. delle E., liberamente consultabile dall'utenza e dunque da considerarsi come un fatto notorio, nonché tenuto conto dell'estensione dell'immobile, quale risulta dall'esame delle planimetrie in atti, si ritiene equo liquidare la voce in esame in Euro 1.000,00 mensili. Pertanto, considerato che l'occupazione dell'immobile da parte degli attori ha avuto una durata di tredici mesi, gli stessi vanno condannati al pagamento in favore della proprietaria dell'importo complessivo di Euro 13.000,00 a tale titolo. IV. Per quanto concerne l'ulteriore richiesta risarcitoria proposta dalla società convenuta, deve rilevarsi che la stessa ha riscontrato una serie di danni al bene immobile oggetto del contratto preliminare al termine del periodo di comodato. A sostegno della pretesa, l'Impresa (...) s.r.l. in liquidazione ha prodotto il materiale fotografico concernente i danni in questione (cfr.: doc. 26 della convenuta). Gli attori, costituendosi in giudizio, non hanno contestato la sussistenza di quanto ritratto dalle fotografie, ma hanno affermato che la situazione in questione fosse quella risultante dal normale utilizzo della cosa concessa in comodato. L'esame dei danni e la quantificazione dei costi di ripristino hanno costituito oggetto di CTU. Nell'elaborato peritale, i danni in questione sono stati classificati dal consulente in tre tipologie: 1) presenza di oggetti e rifiuti vari in più punti dell'unità immobiliare; 2) imbrattamenti, macchie e tracce di sporco; 3) rovina di parti murarie e rivestimenti ceramici per presenza di fori, incisioni, distacchi di elementi di finitura e manomissioni (cfr.: pagine 9 e 10 della relazione del CTU). Il consulente tecnico d'ufficio, tenendo conto delle osservazioni formulate dalle parti, ha quantificato in complessivi Euro 6.870,00 la spesa necessaria per l'eliminazione dei danni e, in particolare, per interventi di raccolta e rimozione dei rifiuti, opere di pulizia di pavimenti, pareti e serramenti, stuccatura e chiusura di fori ed incisione su soffitti e pareti di diversi locali e sostituzione di piastrelle (cfr.: pagina 14 della relazione del CTU). Per quanto concerne le deduzioni svolte dagli attori in ordine all'an debeatur, deve rilevarsi che il contratto di comodato in atti prevede agli artt. 2 e 5 l'obbligo dei comodatari di restituire l'immobile alla scadenza nello stesso stato in cui esso si trovava all'atto della consegna, salvo il deperimento d'uso. Quanto precede implica che non sia dovuto da parte degli attori il costo delle piastrelle da sostituire in quanto quelle preesistenti erano state forate per l'installazione dei pensili, installazione che è da considerarsi diretta conseguenza del normale uso della cosa. In conseguenza di ciò, si ritiene equo dimezzare l'importo di Euro 600,00 indicato dal CTU a titolo di costo dei materiali vari di cui al punto C) della liquidazione, sicché detto importo si riduce ad Euro 300,00. Analogamente, per le stesse ragioni, vanno equitativamente detratte dal costo della manodopera n. 12 ore di lavoro relative alla sostituzione delle piastrelle, il che comporta un'ulteriore decurtazione di Euro 420,00 (35,00 Euro/h x 12). Al contrario, gli ulteriori costi non possono essere ritenuti correlati al normale utilizzo dell'immobile, sicché il loro ristoro è dovuto. Invero, il normale deperimento d'uso non implica affatto che l'immobile debba essere rilasciato sporco, con la presenza di rifiuti da smaltire e non ritinteggiato. In tutto, la somma da detrarre dal dovuto ammonta ad Euro 720,00, sicché il risarcimento deve essere quantificato in Euro 6.150,00 (euro 6.870,00 - Euro 720,00). L'IVA non costituisce danno per la società convenuta, imprenditrice commerciale, che la può portare in detrazione in sede dichiarativa e, quanto alle ulteriori somme pretese per le verifiche all'impianto elettrico, all'impianto idrico ed a quello di riscaldamento, nessun esborso risulta essere stato sostenuto dalla stessa, né lo sarà in futuro, essendo stato l'immobile, nel frattempo, venduto a terzi. La pretesa svalutazione dell'immobile, infine, risulta allegata e documentata dalla convenuta soltanto in sede di scritti conclusivi dopo la precisazione delle conclusioni, il che non è consentito dall'ordinamento. V. Con riguardo alla posizione della seconda convenuta, vale a dire l'impresa (...), gli attori, affermando che questa non abbia adempiuto ai propri obblighi professionali, non avendo comunicato loro l'esistenza dell'iscrizione ipotecaria gravante sull'immobile oggetto del contratto preliminare di cui è causa nonché lo stato di liquidazione in cui versava la società promittente venditrice, hanno sostenuto che, ove avessero avuto tempestiva conoscenza di tali circostanze, essi non avrebbero concluso il contratto preliminare. Pertanto, essi hanno richiesto la condanna di (...) al risarcimento dei danni subiti ed alla restituzione della somma di Euro 5.000,00 versata a titolo di provvigione per la mediazione (cfr.: doc. 27 degli attori). Peraltro, quanto agli assegni prodotti con il documento da ultimo citato, essi risultano intestati non già al mediatore, bensì a due soggetti diversi, (...) e (...). Ora, (...), titolare della (...), nel corso dell'interrogatorio formale avvenuto all'udienza dell'01.06.2022, ha confermato che gli attori avevano versato la somma di Euro 5.000,00 a titolo di provvigione per l'attività di intermediazione svolta. Lo stesso, in particolare, ha dichiarato quanto segue: "Confermo che (...) era collaboratrice della mia impresa nel periodo giugno - luglio 2019. Confermo altresì che incaricai la mia collaboratrice sopra indicata di richiedere agli odierni attori la consegna di due assegni bancari senza indicazione del beneficiario dell'importo di Euro 2.500,00 cadauno a titolo di compenso provvigionale per la mediazione effettuata. Confermo che gli odierni attori consegnarono alla mia collaboratrice in questione i due assegni senza indicazione del beneficiario e per l'importo di Euro 2.500,00 cadauno. Uno dei due assegni, di cui non ricordo il numero, venne autonomamente intestato dalla mia collaboratrice a sé stessa e da lei incassato. L'altro assegno, di cui parimenti non ricordo il numero, venne da me consegnato a mia moglie (...), da lei intestato a sé stessa e da lei incassato". Non risulta che in relazione a tale pagamento, tenuto anche conto delle modalità anomale dello stesso sopra descritte, sia stata emessa fattura. Inoltre, risulta del tutto inverosimile che l'intestazione degli assegni a persone diverse dall'imprenditore con incasso da parte delle stesse siano avvenuti senza il beneplacito del convenuto; al contrario, l'anomalia di dette modalità ben si accorda con un pagamento c.d. "in nero". Orbene, per quanto concerne le contestazioni in ordine agli obblighi dell'intermediario immobiliare, in punto di diritto, la Corte di Cassazione (cfr.: Cass., Sez. 2, ordinanza n. 27482 del 28.10.2019), mutando un proprio precedente orientamento, ha recentemente affermato che "il mediatore - tanto nell'ipotesi tipica in cui abbia agito in modo autonomo, quanto nell'ipotesi in cui si sia attivato su incarico di una delle parti (c.d. mediazione atipica) - ha, ai sensi dell'art. 1759, comma 1, c.c., l'obbligo di comportarsi secondo correttezza e buona fede, nel cui ambito è incluso l'obbligo specifico di riferire alle parti le circostanze dell'affare a sua conoscenza, ovvero che avrebbe dovuto conoscere con l'uso della diligenza da lui ordinariamente esigibile, includendosi in queste ultime, nel caso di mediazione immobiliare, le informazioni sull'esistenza di iscrizioni o trascrizioni pregiudizievoli sull'immobile oggetto della trattativa, come quella relativa all'iscrizione precedente di ipoteca". Più recentemente, la Suprema Corte (cfr.: Cass., Sez. 2, ordinanza n. 15577 del 16.05.2022) ha ribadito che, "in tema di mediazione, il mediatore, sia quando agisca in modo autonomo (mediazione c.d. tipica), sia su incarico di una delle parti (mediazione c.d. atipica, costituente in realtà mandato), è tenuto a comportarsi secondo buona fede e correttezza e a riferire, perciò, alle parti le circostanze, da lui conosciute o conoscibili secondo la diligenza qualificata ex art. 1175 c.c. propria della sua categoria, idonee ad incidere sul buon esito dell'affare, senza che le eventuali più penetranti verifiche a ciò necessarie postulino il previo conferimento di specifico incarico, tali essendo, in caso di mediazione immobiliare, tutte quelle afferenti alla contitolarità del diritto di proprietà, all'insolvenza di una delle parti, all'esistenza di elementi atti a indurre le parti a modificare il contenuto del contratto, ad eventuali prelazioni ed opzioni, al rilascio di autorizzazioni amministrative, alla provenienza di beni da donazioni suscettibili di riduzione, alla solidità delle condizioni economiche dei contraenti, alle iscrizioni o trascrizioni sull'immobile e alla titolarità del bene in capo al venditore". Una volta assodato che la condotta omissiva del mediatore integra gli estremi del grave inadempimento del contratto di mediazione, ne deriva la pronuncia della risoluzione del contratto medesimo, domanda implicitamente risultante da quella di restituzione della provvigione, formulata dagli attori. In punto di diritto, la Corte di Cassazione (cfr.: Cass., Sez. 2, sentenza n. 21230 del 05.10.2009; in senso conforme, si vedano anche: Cass., Sez. 2, sentenza n. 21113 del 16.09.2013; Cass., Sez. 6 - 1, ordinanza n. 24947 del 23.10.2017; Cass., Sez. 2, sentenza n. 19513 del 18.09.2020) ha più volte affermato che "la volontà di risolvere un contratto per inadempimento non deve necessariamente risultare da una domanda espressamente proposta dalla parte in giudizio, ben potendo implicitamente essere contenuta in altra domanda, eccezione o richiesta, sia pure di diverso contenuto, che presupponga una domanda di risoluzione", proprio come nella specie. Va dunque accolta la domanda di restituzione della provvigione pacificamente percepita dal mediatore a seguito della conclusione dell'affare per cui è causa. In tali termini si è espressa la Corte di Cassazione dell'ordinanza n. 27482 del 28.10.2019, sopra citata, secondo cui l'inosservanza dell'obbligo giuridico incombente sul mediatore ai sensi del più volte citato art. 1759 c.c., comma 1, se accertata, ed a prescindere dalla possibile futura conclusione del contratto di vendita tra le parti per loro autonoma scelta indipendentemente da eventuali pregiudizi sull'immobile costituente oggetto, ancorché taciuti dalla mediatrice all'atto della sottoscrizione della proposta di acquisto, "comporta il venir meno del presupposto per il riconoscimento della provvigione in favore della stessa mediatrice". Ad opposte conclusioni deve, invece, pervenirsi con riferimento alla domanda di condanna del mediatore al risarcimento dei danni, osservandosi che non sussiste alcun nesso diretto di causalità tra l'inadempimento degli obblighi informativi ed il pregiudizio lamentato dai promissari acquirenti, i quali oggi si trovano a dover corrispondere alla promittente venditrice le somme indicate innanzi soltanto a causa del loro rifiuto di stipulare il contratto definitivo anche allorché gli impedimenti precedenti erano venuti meno, il tutto verosimilmente a causa della mancata concessione di uno sconto sul prezzo da parte della promittente venditrice. Conseguenze delle considerazioni che precedono Alla luce di quanto innanzi osservato, pronunciata la risoluzione del contratto preliminare di compravendita immobiliare per cui è causa per inadempimento dei promissari acquirenti, avuto riguardo al fatto che la promittente venditrice è tenuta a restituire loro la somma di Euro 45.000,00, mentre gli attori devono corrispondere alla controparte Euro 13.000,00 per l'occupazione dell'immobile ed Euro 6.150,00 per danni provocati all'immobile medesimo (in tutto trattasi di Euro 19.150,00), operata la compensazione tra le opposte partite di dare ed avere, l'Impresa (...) s.r.l. in liquidazione deve essere condannata al pagamento in favore di (...) e (...) dell'importo di Euro 25.850,00, oltre interessi legali nella misura di cui all'art. 1284, comma 4, c.c. dalla data della domanda giudiziale (16.11.2020) al saldo. Inoltre, pronunciata la risoluzione del contratto di mediazione per cui è causa per inadempimento della convenuta (...), quest'ultima deve essere condannata a restituire agli attori la somma di Euro 5.000,00, oltre interessi legali nella misura di cui all'art. 1284, comma 4, c.c. dalla data della domanda giudiziale (16.11.2020) al saldo. Va invece rigettata ogni ulteriore domanda delle parti. Infine, avuto riguardo all'avvenuto pagamento della provvigione al mediatore di cui innanzi senza che risulti emessa fattura, copia della presente sentenza dovrà essere trasmessa, a cura della Cancelleria, alla Guardia di Finanza - Compagnia di Seveso, per quanto di sua competenza in ordine a tale circostanza. Sulle spese processuali e di C.T.U. Le spese processuali vanno compensate tra le parti, avuto riguardo al solo parziale accoglimento delle domande proposte dalle stesse, con conseguente configurabilità di una soccombenza reciproca. Quanto alle spese di CTU, esse, liquidate come in atti, vanno poste in via definitiva a carico esclusivo della convenuta Impresa (...) s.r.l. in liquidazione, visto che il mezzo istruttorio in questione ha avuto ad oggetto la sola tematica relativa alla liquidazione dei danni all'immobile e che l'importo dovuto a tale titolo è notevolmente inferiore a quello originariamente preteso dalla promittente venditrice. P.Q.M. Il Tribunale, definitivamente pronunciando nella causa instaurata da (...) e (...) nei confronti di Impresa (...) s.r.l. in liquidazione, nonché nei confronti di (...), così provvede: 1. pronuncia la risoluzione del contratto preliminare di compravendita immobiliare per cui è causa per inadempimento degli attori; 2. per l'effetto, accerta quanto segue: - un credito di Euro 45.000,00 in capo a (...) e (...) nei confronti di Impresa (...) s.r.l. in liquidazione, a titolo di restituzione degli acconti pagati sul corrispettivo della vendita; - un credito di Euro 19.150,00 in capo ad Impresa (...) s.r.l. in liquidazione nei confronti di (...) e (...), per l'occupazione dell'immobile per cui è causa nonché a titolo di risarcimento dei danni provocati all'immobile; 3. operata la compensazione tra le opposte partite di dare ed avere di cui al capo che precede, condanna Impresa (...) s.r.l. in liquidazione al pagamento in favore di (...) e (...), della somma di Euro 25.850,00, oltre interessi legali nella misura di cui all'art. 1284, comma 4, c.c. dalla data del 16.11.2020 al saldo; 4. pronuncia la risoluzione del contratto di mediazione per cui è causa per inadempimento di (...); 5. per l'effetto, condanna (...) alla restituzione in favore di (...) e (...) della somma di Euro 5.000,00, oltre interessi legali nella misura di cui all'art. 1284, comma 4, c.c. dalla data del 16.11.2020 al saldo; 6. rigetta ogni ulteriore domanda, eccezione e deduzione delle parti; 7. compensa interamente tra le parti le spese processuali; 8. pone in via definitiva le spese di C.T.U., liquidate, come da decreto in data 10.10.2022, in Euro 160,00 per spese ed Euro 839,53 per onorario, oltre accessori di legge, se ed in quanto dovuti, a carico esclusivo della convenuta Impresa (...) s.r.l. in liquidazione; 9. dispone l'invio, a cura della Cancelleria, di copia della presente sentenza alla Guardia di Finanza - Compagnia di Seveso, per quanto di sua competenza in ordine all'avvenuto ricevimento da parte di (...) dell'importo di Euro 5.000,00 a titolo di provvigione, senza che risulti emessa la relativa fattura. Così deciso in Monza il 24 aprile 2023. Depositata in Cancelleria il 26 aprile 2023.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI MONZA - SEZIONE IV CIVILE - Il Tribunale di Monza, in composizione monocratica, nella persona del Giudice dott. Wandalba Farano ha pronunciato la seguente SENTENZA nel procedimento civile iscritto al numero di ruolo di cui sopra in data 23 novembre 2020 e vertente: TRA M.A. nato a V. B. (M.) in data (...) (Cod. Fisc. (...)), (...) nato a Verano B. (M.) in data (...) (Cod. Fisc. (...)), entrambi rappresentati e difesi dall'Avv. Da.Ca. ed elettivamente domiciliati in Carate Brianza, via (...) presso e nello studio del predetto difensore, giusta procura in atti; ATTORI E (...), nato a V. B. (M.) in data (...) (Cod. Fisc. (...)), rappresentato e difeso dall'Avv. Is.Fe. ed elettivamente domiciliato in Monza, via (...) presso e nello studio del predetto difensore, giusta procura in atti; CONVENUTI MOTIVI DELLA DECISIONE 1.Con atto di citazione iscritto a ruolo in data 23 novembre 2020 e ritualmente notificato, (...) e (...) convenivano in giudizio (...) e, premettendo di essere i fratelli del convenuto, chiedevano al Tribunale di Monza in via principale di accertare e dichiarare l'illegittima appropriazione da parte del convenuto di somme di denaro provenienti dai conti correnti intestati ai genitori quando gli stessi erano in vita e conseguentemente condannarlo alla restituzione in favore degli attori della somma complessiva di Euro 90.250,24 di cui Euro 56.455,00 provenienti dal conto corrente n. (....) accesso presso (...) S.p.A. filiale di (...) e Euro 33.795,24 provenienti dal conto corrente n. (....) presso (...) S.p.a. filiale di V. in B. o comunque del diverso maggiore o minore importo ritenuto di giustizia oltre al risarcimento dei danni; in via subordinata chiedevano di accertare e dichiarare l'ingiustificata appropriazione delle predette somme con conseguente indebito arricchimento e la condanna del convenuto alla restituzione delle predette somme. 2. In data 23 febbraio 2021 si costituiva in giudizio (...), il quale contestando quanto dedotto dagli attori chiedeva l'integrale rigetto delle domande attoree. 3. All'udienza del 4 marzo 2021 tenutasi innanzi al Giudice dott.ssa (...), le parti chiedevano l'assegnazione dei termini di cui all'art. 183 comma 6 c.p.c. ed il Giudice assegnava i predetti termini rinviando la causa all'udienza del 21 ottobre 2021 che veniva con successivi decreti rinviata al 28 aprile 2022. A scioglimento della riserva assunta a tale udienza, tenutasi innanzi la dott.ssa (...) a seguito di riassegnazione della causa in data 12 aprile 2022, il Giudice con ordinanza del 27 maggio 2022 rigettava le istanze istruttorie formulate dalle parti e, ritenuta la causa matura per la decisione, fissava udienza per la precisazione delle conclusioni. A tale udienza il Giudice, viste le conclusioni delle parti come sopra riportate, assegnava alle stesse termine perentorio per il deposito delle comparse conclusionali e per il deposito delle memorie di replica trattenendo all'esito la causa in decisione. 4. Devono in primo luogo essere ribadite e confermate le motivazioni sottese all'ordinanza istruttoria sopra riportata che ha respinto le istanze istruttorie avanzate dalle parti e reiterate in sede di precisazione delle conclusioni per le ragioni già indicate e che qui si richiamo integralmente. 5. Gli odierni attori hanno promosso il presente procedimento ex art. 533 c.c. in qualità di coeredi dei genitori sig.ri (...) e (...) rispettivamente deceduti in data 12.01.2016 e 26.07.2019 chiedendo all'intestato Tribunale di accertare e dichiarare l'illegittimità dei prelievi periodicamente effettuati da (...) sui conti correnti intestati ai genitori ed in particolare sul conto corrente n. (....) accesso presso (...) S.p.A. nel periodo compreso tra il mese di novembre 2011 ed il mese di dicembre 2016 per un importo complessivo di Euro 56.455,00 e sul conto corrente n. (....) presso (...) S.p.a. nel periodo compreso tra il mese di novembre 2011 e settembre 2013 per un importo complessivo di Euro 33.795,00. Il convenuto ha preliminarmente contestato la riconducibilità dell'azione spiegata dagli attori all'istituto della petizione ereditaria; ha contestato l'ammontare delle somme prelevate indicate dagli attori nonché di aver trattenuto per sé le predette somme prelevate dai conti correnti intestati ai genitori quando erano in vita sostenendo che tali importi erano stati integralmente utilizzati per l'assistenza e la cura dei rispettivi genitori che erano soliti provvedere ai pagamenti delle spese ad essi riferibili mediante l'impiego di denaro contante. Ha, inoltre, precisato che egli godeva di delega ad operare sui conti correnti intestati ai propri genitori al pari dei fratelli odierni attori e che egli era stato autorizzato dai genitori, dotati all'epoca di piena e integra capacità d'intendere e di volere, ad effettuare i predetti prelievi per le finalità predette. 5. Deve preliminarmente osservarsi che l'azione spiegata dagli odierni attori può ritenersi riconducibile all'azione di petizione ereditaria disciplinata dall'art. 533 c.c. in quanto esperita da parte degli attori in qualità di coeredi di (...) e (...) al fine di ottenere l'adempimento di asseriti crediti compresi nella massa ereditaria ad essi riferibile. Non risulta, infatti, contestato che a (...), deceduto senza lasciare testamento il 12 gennaio 2016, siano succeduti la moglie (...) e i tre figli (...), (...) e (...). Ugualmente pacifico che a (...), morta anch'essa senza lasciare testamento il 26 luglio 2019, siano succeduti in parti uguali i tre figli (...), (...) e (...). Secondo la consolidata giurisprudenza di legittimità infatti "la petizione dell'eredità che, ai sensi dell'art. 533 c.c., consente di chiedere sia la quota dell'asse ereditario sia il suo valore, può assumere natura di azione di accertamento o funzione recuperatoria, ritenendosi che la domanda di divisione dell'asse ereditario - configurando l'azione di cui all'art. 533 c.c. - postula l'accertamento, fra l'attivo ereditario, anche del credito di cui il de cuius era titolare nei confronti di altro coerede per le somme da questi illegittimamente prelevate dal conto cointestato prima della sua morte" (cfr. Cass. civ. 24034/2004). Inoltre, secondo la più recente giurisprudenza della Corte di Cassazione "l'azione di cui all'art. 533 c.c. si configuri, non solo quando la stessa tenda al recupero della proprietà o di altri diritti reali, ma anche nel caso in cui l'erede intenda assicurarsi l'adempimento di crediti appartenenti al de cuius, ove, analogamente a quanto si riscontra nella fattispecie, si tratti di crediti derivanti dall'illegittima appropriazione di somme in realtà spettanti al de cuius. Al riguardo va ricordato come Cass. n. 10557/2001 ha ribadito il carattere reale della "petitio hereditatis", in quanto volta a conseguire il rilascio dei beni ereditari da colui che li possegga, vantando un titolo successorio che non gli compete, ovvero senza alcun titolo, ritenendo che la stessa presuppone l'accertamento della sola qualità ereditaria dell'attore o di diritti che a costui spettano "iure hereditatis", qualora siano contestati dalla controparte, in relazione ad una fattispecie nella quale si chiedeva la restituzione di somme asseritamente prelevate dai convenuti da un conto corrente intestato al de cuius, ritenendo che anche in un'azione siffatta, il riconoscimento della qualità di erede, cui essa tende, è strumentale al perseguimento dell'obiettivo di ottenere la restituzione di beni configurati come elementi costitutivi dell'universum ius" o di una quota parte di esso. E' pur vero che la vicenda decisa da tale precedente, dopo il giudizio di rinvio, è stata poi definita con la sentenza di questa Corte n. 23181/2011, la cui massima recita che: "Con l'azione di petizione ereditaria l'erede può reclamare soltanto i beni nei quali egli è succeduto "mortis causa" al defunto, ossia i beni che, al tempo dell'apertura della successione, erano compresi nell'asse ereditario; ne consegue che tale azione non può essere esperita per far ricadere in successione somme di denaro che il "de cuius" abbia, prima della sua morte, rimesso a mezzo di assegni bancari, senza un'apparente causa di giustificazione, al futuro erede e che questi abbia o abbia avuto in disponibilità in forza di un titolo giuridico preesistente e indipendente rispetto alla morte del "de cuius", ma tale esito non contraddice i principi prima richiamati ... Atteso che l'erede può reclamare con l'hereditatis petitio azione nella quale l'erede non subentra al de cuius, ma che a lui viene attribuita ex novo - solo i beni nei quali egli è succeduto mortis causa al defunto, ossia i beni che, al tempo dell'apertura della successione, erano compresi nell'asse ereditario (cfr. Cass., Sez. II, 2 agosto 2001, n. 10557; Cass., Sez. II, 16 gennaio 2009, n. -14 - 1074), se da un lato ne consegue che l'azione non può essere esperita per far ricadere in successione somme di denaro che l'ereditando abbia, prima della sua morte, rimesso a mezzo assegni bancari, senza una apparente causa giustificativa, al futuro erede e che questi abbia o abbia avuto nella disponibilità, non già a titolo di erede o senza titolo alcuno, bensì in forza di un titolo giuridico preesistente ed indipendente rispetto alla morte del de cuius, può però far valere diritti di credito appartenenti al de cuius, anche se derivanti, come nel caso in esame, dall'illegittimo prelievo da parte di un cointestatario, senza tenere conto del rapporto interno che individua la titolarità sostanziale delle somme depositate" (cfr. Cass. Civ. 24.09.2020 n. 20024). Ne consegue che l'azione promossa dagli attori possa essere ricondotta all'istituto della petizione ereditaria di cui all'art. 533 c.c. in quanto finalizzata ad ottenere la restituzione o meglio l'adempimento di diritti di credito appartenenti ai de cuius derivanti dal prelievo ingiustificato di somme di denaro dai conti correnti intestati agli stessi. 6. Ciò premesso deve tuttavia osservarsi come le domande avanzate dagli attori non risultano meritevoli di accoglimento e devono pertanto essere rigettate. Invero, dalla documentazione versata in atti, nel periodo compreso tra l'anno 2011 ed il 2016, se è pur vero che risultano effettuati da parte del convenuto, che pacificamente si occupava in via prevalente dell'assistenza e gestione delle esigenze dei rispettivi genitori, una pluralità di periodici prelievi di somme di denaro dai conti correnti nella titolarità dei rispettivi genitori (in particolare c/c n. (...) presso (...) S.p.A. e n. (...) presso (...) S.p.a.) deve tuttavia osservarsi che non può presumersi che i predetti prelievi siano stati effettuati e trattenuti indebitamente da parte di (...), avendo egli agito in virtù di delega ad operare sui predetti conti correnti pacificamente e validamente conferita allo stesso dai rispettivi genitori, elemento questo che fa presumere la volontà dei de cuius di consentire allo stesso di effettuare tutti i prelevamenti necessari per provvedere alle loro esigenze. Ciò tenuto anche conto che nessuna contestazione era stata ad egli mossa nel predetto periodo, peraltro di non breve durata, da parte dei rispettivi genitori dotati all'epoca di piena e integra capacità di intendere e di volere. Né tantomeno risulta che gli odierni attori muniti anch'essi nel medesimo arco temporale di delega ad operare sui predetti conti correnti e della conseguente facoltà di verificare l'andamento dei conti correnti intestati ai genitori abbiano mai effettuato alcuna contestazione in ordine ai predetti prelievi nel predetto periodo. Né è possibile desumere l'illecita o ingiustificata appropriazione di tali somme da parte di (...) dall'entità dei prelievi effettuati in tale periodo temporale (2011-2016), il cui valore complessivo non consente di presumere un utilizzo irregolare del conto corrente da parte del convenuto, tenuto anche conto che gli stessi attori non hanno specificamente contestato la consuetudine da parte dei rispettivi genitori di pagare con denaro contante i servizi e le prestazioni effettuate a favore dei genitori (ad eccezione delle spese per utenze domestiche addebitate direttamente sul conto corrente peraltro a far data dall'anno 2013), come ad esempio le spese per pasti e per assistenza domiciliare forniti da parte dei S.S. ai genitori nel predetto periodo e quantificate in complessivi Euro 7.586,00 circa. In particolare, secondo la prospettazione attorea, peraltro contestata dal convenuto, gli importi prelevati nel periodo compreso tra il 2011 ed il 2016 da (...) ammonterebbero a complessivi Euro 82.663,00 (dedotte le spese per i pasti e per assistenza domiciliare forniti da parte dei S.S. per circa 7.586,00 Euro) che in ogni caso, considerata l'età dei genitori e l'ammontare delle entrate mensili dagli stessi percepite, tenuto conto che gli stessi vivevano presso un immobile di loro proprietà, risultano verosimilmente congrui rispetto alle esigenze di vita quotidiana, cura e di assistenza dei genitori medesimi in un arco temporale di circa cinque anni (anni 2011-2016) di talchè non è possibile da ciò solo ravvisarsi un utilizzo anomalo del conto corrente nel predetto periodo da parte del convenuto, che in quanto munito di valida delega ad operare sui predetti conti deve pertanto presumersi aver effettuato le predette operazioni per conto e nell'interesse dei rispettivi genitori al fine del soddisfacimento dei relativi bisogni quotidiani e delle rispettive esigenze di vita. Ne deriva che non risulta raggiunta la prova gravante in capo agli attori in ordine ad un'illegittima o ingiustificata appropriazione da parte dell'odierno convenuto dei predetti importi di talchè le domande avanzate in via principale ed in subordine dagli odierni attori non risultano meritevoli di accoglimento e devono pertanto essere rigettate. 7. La regolamentazione delle spese di lite segue la soccombenza. Gli attori (...) e (...) devono, pertanto, essere condannati a rimborsare alla controparte le spese di lite, che si liquidano come indicato in dispositivo, sulla base dei parametri di cui al D.M. Giustizia 10 aprile 2014, n. 55 vigenti all'epoca in cui si è esaurita l'attività difensiva (art. 6 del decreto 13 agosto 2022, n. 147), tenuto conto del valore della controversia e dell'attività difensiva espletata, applicando i parametri minimi per le fasi di studio, introduttiva, istruttoria e decisionale. P.Q.M. Il Tribunale di Monza, definitivamente pronunciando, disattesa ogni contraria domanda, eccezione, istanza, anche istruttoria, così provvede: 1. Rigetta integralmente le domande avanzate dagli attori per quanto in motivazione. 2. Condanna (...) e (...), in solido, a rifondere a (...) le spese di lite liquidate in Euro 7.052,00 oltre il 15% per spese generali, IVA e CPA come per legge. Così deciso in Monza il 17 aprile 2023. Depositata in Cancelleria il 28 aprile 2023.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale di Monza, Sezione Prima Civile, in composizione monocratica, nella persona del Giudice dott. Davide De Giorgio, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa iscritta al numero 4314/2020 Registro Generale affari contenziosi civili vertente TRA (...) (C.F. (...) ), con il patrocinio dell'avv. An.Ar., presso cui è stato eletto domicilio in Milano, via (...), giusta procura in atti ATTORE E (...) s.a.s. di (...) e (...) (P.I. (...)), con il patrocinio dell'avv. Mi.Co., presso cui è stato eletto domicilio digitale all'indirizzo di posta elettronica certificata (...), giusta procura in atti CONVENUTA OGGETTO del giudizio: 142002 - responsabilità professionale MOTIVI DELLA DECISIONE Premessa Con l'atto introduttivo del giudizio, (...), premesso di aver effettuato un intervento, quale ingegnere, in data 15.11.2018 presso la centrale termica del Condominio Residenza delle (...) ubicato in A., via N.S. n. 34, unitamente ad un incaricato della (...) s.a.s. di (...) e (...), ed assumendo altresì di aver contratto la legionellosi a causa di una manovra imprudente eseguita dal predetto incaricato su un tubo contaminato dal batterio, ha evocato in giudizio la società sopra indicata, domandando condannarsi la stessa al risarcimento dei danni. (...) s.a.s. di (...) e (...) ha domandato il rigetto delle domande avversarie, contestando la ricostruzione dei fatti del danneggiato, la ricorrenza della prospettata responsabilità e la determinazione e quantificazione del danno, nonché sostenendo che sussisteva un concorso colposo da parte dell'attore nella causazione del danno ex art. 1227, comma primo, c.c. La causa è stata istruita mediante assunzione di prove per interrogatorio formale e per testi, nonché mediante effettuazione di una C.T.U. medico - legale. Responsabilità I. Come emerge dall'esame delle conclusioni riportate innanzi, la difesa dell'attore ha prospettato la sussistenza della responsabilità della società convenuta sia sotto il profilo contrattuale sia sotto il profilo extracontrattuale ("accertare e dichiarare la responsabilità della (...) s.a.s. di (...) e c. a qualsiasi titolo, contrattuale o extracontrattuale"). La prima causale si fonda sulla pretesa sussistenza di un rapporto professionale diretto tra le parti in questione. La società convenuta ha contestato tale circostanza, sostenendo che, in realtà, il rapporto professionale relativo all'intervento sull'impianto idraulico condominiale era intercorso tra l'attore ed il Condominio. In senso contrario alla tesi dell'attore, deve rilevarsi che, nella relazione tecnica redatta proprio dal professionista in data 16 ottobre 2018 (cfr.: doc. 7 della convenuta), è contenuta l'indicazione espressa del Condominio quale committente. Non a caso, l'offerta della società convenuta in data 16 gennaio 2018, indirizzata al Condominio (cfr.: doc. 1 dell'attore), esclude dal corrispettivo i "progetti e pratiche che saranno svolte dall'Ing. (...)". È ininfluente il fatto che la fattura dell'attore n. 31 del 22 novembre 2018, prodotta sempre dalla parte in questione sub doc. 1, sia stata emessa nei confronti della società convenuta e non direttamente nei confronti del Condominio. Invero, ciò risulta essere stato richiesto da quest'ultimo con comunicazione via email in data 7 giugno 2018 (cfr. ancora doc. 1) e tale richiesta non sarebbe stata affatto necessaria ove l'incarico professionale fosse stato conferito dalla società convenuta. Ne deriva che non può essere ipotizzata una responsabilità contrattuale della società con riferimento ai fatti oggetto di causa. II. Passando, dunque, ad esaminare la questione relativa all'eventuale sussistenza di una responsabilità extracontrattuale, conviene partire, per comodità di trattazione, dall'esame dei fatti per cui è causa. In particolare, (...) ha sostenuto di essersi recato il giorno 15 novembre 2018, accompagnato da un incaricato della (...) s.a.s. di (...) e (...) (identificato come (...) ed escusso quale teste nel corso dell'istruttoria) presso la centrale termica del condominio per installare la strumentazione di monitoraggio da applicare esternamente ai tubi dell'acqua calda sanitaria, al fine di verificare le cause di alcuni problemi di funzionamento lamentati dai condomini. È pacifico che nessuno dei due soggetti in questione avesse indossato, nel frangente, dei dispositivi di protezione individuale e, in particolare, la mascherina (...), nonostante già il 9 ottobre 2018 fosse stata comunicata alla società convenuta la presenza di (...) pneumophila in più punti dell'impianto idrico del Condominio in questione, presenza accertata a seguito di analisi (cfr.: doc. 3 dell'attore). È pacifico il fatto che, mentre l'attore stava applicando i sensori sulla parte esterna dei tubi nel locale adibito a centrale termica, il (...), poiché una parte del circuito, a seguito di un intervento effettuato dai suoi colleghi il giorno prima o la mattina stessa, non funzionava in quanto intasato dall'aria, aveva smontato la pompa per permettere la fuoriuscita dell'aria e ripristinare il flusso dell'acqua, in tal modo provocando l'emissione all'esterno dell'impianto di aria mista ad acqua, costituente proprio il veicolo tipico di propagazione del batterio. Tale dinamica dei fatti è stata confermata da (...), dipendente della società convenuta, nel corso della sua escussione quale teste: "Il giorno del fatto per cui è causa, io e l'attore ci siamo recati sul posto per applicare le sonde, ma, poiché una parte del circuito in questione, a seguito di un intervento effettuato dai miei colleghi il giorno prima o la mattina stessa, non funzionava in quanto intasato dall'aria, ho detto all'attore che avrei smontato la pompa per permettere la fuoriuscita dell'aria e ripristinare il flusso dell'acqua. ... L'ing. (...) era con me al momento dello smontaggio. A seguito di ciò è uscita aria insieme ad acqua e, quando la fuoriuscita di aria si è esaurita, ho rimontato il tutto". (...) ha sostenuto che la manovra di smontaggio effettuata da (...) fosse stata eseguita senza alcun preavviso nonché di aver ignorato, nel frangente, che l'impianto idrico in questione fosse interessato dalla presenza della L.. Sulla prima circostanza, l'attore ha domandato ammettersi prova per interrogatorio formale e per testi, articolando il capitolo 4.2 di cui alla memoria istruttoria (capitolo del seguente tenore: "Vero che nel corso dell'accesso, mentre l'ing. (...) era intento a posizionare la strumentazione di misura e monitoraggio all'esterno delle tubazioni, l'incaricato della (...) s.n.c., signor (...), constatava che esistevano malfunzionamenti nelle pompe di ricircolo dovuti presumibilmente alla presenza di aria nel circuito e, senza preavvertire l'ing. (...) della manovra che si accingeva a compiere, apriva il circuito dell'acqua calda sanitaria smontando le pompe e spurgando i circuiti") ed indicando quali testi il (...) e l'amministratore del Condominio dell'epoca, (...). Ebbene, le prove in questione non hanno consentito di confermare la versione dell'attore, la quale è rimasta in tal modo priva di riscontro, ed anzi conducono in senso contrario. Infatti, mentre il legale rappresentante della società convenuta e B.L. non hanno saputo riferire nulla in merito, in quanto non presenti all'accaduto, (...) ha invece dichiarato di aver avvertito l'attore dell'imminente manovra e di aver ricevuto l'assenso da parte dello stesso ("L'attore ha detto che andava bene e così ho fatto"). Le doglianze della difesa dell'attore circa l'incapacità del teste in questione, formulate negli scritti conclusivi, risultano inammissibili. In punto di diritto, deve rilevarsi che la Corte di Cassazione (cfr.: Cass., Sez. 3, sentenza n. 20652 del 25.09.2009; nello stesso senso, si veda anche: Cass., Sez. 3, sentenza n. 21395 del 10.10.2014) ha affermato quanto segue: "In tema di prova per testimoni, poiché le nullità o decadenze derivanti dalla violazione delle disposizioni contenute negli artt. 244 e seguenti cod. proc. civ. hanno natura relativa e sono sanate per acquiescenza delle parti, in quanto sono stabilite dalla legge a tutela dei loro interessi, e non per motivi di ordine pubblico, la nullità per incapacità a testimoniare (art. 246 cod. proc. civ.) deve essere opposta tempestivamente dalla parte interessata secondo le modalità previste dall'art. 157, secondo comma, cod. proc. civ.". A loro volta, i commi secondo e terzo del predetto art. 157 c.p.c. prevedono quanto segue: "Soltanto la parte nel cui interesse è stabilito un requisito può opporre la nullità dell'atto per la mancanza del requisito stesso, ma deve farlo nella prima istanza o difesa successiva all'atto o alla notizia di esso. La nullità non può essere opposta dalla parte che vi ha dato causa, né da quella che vi ha rinunciato anche tacitamente". L'inammissibilità dell'eccezione dell'attore è dunque rilevabile sotto un duplice profilo: - per il fatto che nulla è stato eccepito nella prima difesa successiva all'assunzione del teste in questione in ordine alla sua pretesa incapacità; - per il fatto che è stata la stessa difesa dell'attore ad indicare il soggetto in questione come teste, con ciò dando causa alla pretesa nullità. Quanto, poi, all'attendibilità del teste, deve rilevarsi che non sono stati acquisiti elementi che contraddicano la sua versione dei fatti e che, se da un lato non appare ragionevole la condotta di chi, pur essendo a conoscenza della possibile fonte di contagio e dell'imminente manovra, dia il suo assenso in proposito senza adottare alcuna precauzione, da un altro lato non può non considerarsi che anche il teste era privo di dispositivi di protezione individuale ed ha eseguito ugualmente lo smontaggio del tubo pur essendo pacificamente già a conoscenza della presenza del batterio e dunque del pericolo di contagio anche per sé. In ogni caso, come innanzi si diceva, non sussiste alcuna prova del fatto che lo smontaggio in questione sia avvenuto senza alcun preavviso, come invece sostenuto dall'attore. Deve inoltre ritenersi che, al momento del fatto, l'attore fosse a conoscenza della presenza della (...) nell'impianto. In proposito, oltre alla deposizione del teste (...) (il quale ha dichiarato quanto segue: "Quando ho parlato con l'ing. (...) prima dell'intervento l'ho informato che era stata riscontrata la presenza della (...) nell'impianto del condominio delle (...)"), supportano tale versione dei fatti sia la circostanza che, nel corso dell'interrogatorio formale, l'attore stesso, al fine di giustificare l'ingresso nel locale caldaia senza la mascherina (...), abbia addotto non già la pretesa ignoranza della contaminazione, bensì il fatto che i dispositivi di protezione individuale "non servivano per il tipo di intervento che era stato programmato e che consisteva nell'applicazione all'esterno dei tubi dell'acqua calda di sensori per il rilievo delle temperature", sia l'ulteriore circostanza che sempre l'attore, allorché è risultato affetto da legionellosi, in data 21.11.2018, ha dichiarato all'(...) che "il 15/11/2018, presso la centrale termica del Condominio in via N.S., 34, Arosio, ha eseguito intervento termico con il manutentore dell'impianto. Durante l'intervento dall'impianto è uscito vapore (riferisce che circa 1 mese fa nell'impianto è stata isolata (...))" (cfr.: doc. 29 dell'attore). D'altronde, anche il primo difensore dell'attore, nell'inviare la richiesta stragiudiziale di risarcimento dei danni al Condominio ed alla società convenuta in data 21 febbraio 2019 (cfr.: doc. 12 dell'attore), aveva riferito, diversamente da quanto è stato poi sostenuto in corso di causa, che "all'atto dell'accesso in centrale veniva verbalmente comunicato all'Ing. (...) che nell'impianto era stata accertata la presenza del batterio della (...), a seguito di analisi eseguite dalla ditta (...) s.p.a. su incarico del Manutentore, il cui esito veniva formalizzato al Manutentore con lettera datata 9 ottobre 2018; veniva inoltre riferito che nel corso della mattina stessa del 15 novembre era stato eseguito un intervento sull'impianto dell'acqua calda sanitaria da parte del Manutentore per attività legate proprio alla presenza della (...) nell'impianto". La conoscenza della contaminazione al momento del fatto deve dunque ritenersi provata. III. Per quanto concerne il nesso di causalità tra i fatti sopra descritti e l'insorgenza della malattia in capo all'attore, sotto il profilo giuridico, deve premettersi che, come affermato più volte dalla Corte di Cassazione (cfr., per tutte: Cass., Sez. 3, sentenza n. 21619 del 16.10.2007), "nel cosiddetto sottosistema civilistico, il nesso di causalità (materiale) - la cui valutazione in sede civile è diversa da quella penale (ove vale il criterio dell'elevato grado di credibilità razionale che è prossimo alla "certezza") - consiste anche nella relazione probabilistica concreta tra comportamento ed evento dannoso, secondo il criterio (ispirato alla regola della normalità causale) del "più probabile che non"; esso si distingue dall'indagine diretta all'individuazione delle singole conseguenze dannose (finalizzata a delimitare, a valle, i confini della già accertata responsabilità risarcitoria) e prescinde da ogni valutazione di prevedibilità o previsione da parte dell'autore, la quale va compiuta soltanto in una fase successiva ai fini dell'accertamento dell'elemento soggettivo (colpevolezza)". In concreto, la sussistenza del nesso eziologico tra l'evento innanzi descritto e l'insorgere della patologia lamentata dall'odierno attore deve considerarsi provata. In particolare, in primo luogo, risulta dimostrato dalla documentazione prodotta che, nel periodo in cui è avvenuto l'evento, l'impianto idrico del Condominio in questione fosse interessato dalla contaminazione da (...), avendo fornito esito positivo le analisi effettuate tanto prima del fatto (cfr.: doc. 3 dell'attore), quanto nei giorni successivi al fatto medesimo (cfr.: doc. 31 dell'attore) ed essendo pacifico che l'intervento dell'impresa finalizzato all'eliminazione del batterio era stato successivo all'evento per cui è causa. In secondo luogo, il periodo di incubazione della malattia dell'attore risulta compatibile con quello generalmente indicato dalla letteratura medica (cfr.: doc. 22 dell'attore), avendo egli iniziato ad avvertire sintomi di tipo inflluenzale un paio di giorni dopo l'evento (cfr.: deposizione testimoniale di (...), moglie dell'attore). Lo smontaggio del tubo da parte del (...) ha comportato l'emissione di aria mista ad acqua, sicché le modalità del fatto sono da considerarsi idonee a determinare l'infezione. Infine, non risulta che l'attore abbia frequentato in quel periodo altri luoghi che fossero potenziali fonti di contagio. Anche nella relazione del C.T.U., a pagina 7, sono contenute le seguenti considerazioni: "l'infezione da (...) contratta dal sig. (...), risulta, in via di elevata probabilità, successiva all'inalazione del germe infettante avvenuta in occasione del contatto (spray) nel locale caldaia della Residenza delle (...), in data 15/11/18. A seguito del contagio il periziando sviluppava una polmonite da (...) (rispettati i tempi di incubazione)". IV. Per quanto concerne l'elemento soggettivo, deve rilevarsi che lo smontaggio del tubo con le modalità sopra descritte in una situazione in cui era nota la contaminazione da (...), il tutto avvenuto in un ambiente chiuso di dimensioni piuttosto anguste, nonché senza l'utilizzo di alcun DPI costituisce comportamento colposo, tale da determinare il sorgere della responsabilità extracontrattuale. Inoltre, l'autore della manovra, (...), era dipendente della società convenuta e, nel frangente, stava svolgendo le mansioni a lui affidate dal datore di lavoro, sicché trova applicazione nella specie la norma di cui all'art. 2049 c.c.. V. La società convenuta ha eccepito che nella specie debba trovare applicazione la disposizione di cui al primo comma dell'art. 1227 c.c., secondo cui "se il fatto colposo del creditore ha concorso a cagionare il danno, il risarcimento è diminuito secondo la gravità della colpa e l'entità delle conseguenze che ne sono derivate". L'eccezione in questione deve essere ritenuta fondata. In proposito, si è già visto innanzi come l'attore fosse certamente a conoscenza della contaminazione nel momento in cui ha fatto ingresso nel locale adibito a centrale termica del Condominio. È ben vero, in proposito, che le operazioni che egli avrebbe dovuto compiere in tale occasione non prevedevano lo smontaggio dei tubi, ma va tuttavia considerato che la contaminazione dell'impianto esigeva comunque cautela sotto il profilo in questione, anche in assenza di intervento diretto sui tubi. In ogni caso, come innanzi si è visto, non sussiste alcuna prova del fatto che lo smontaggio del tubo in questione sia avvenuto senza alcun preavviso, come invece sostenuto dall'attore, ed anzi il teste (...), chiamato a testimoniare proprio dall'attore, nonché unico soggetto presente sul posto oltre al (...) al momento del fatto, ha dichiarato di aver avvertito preventivamente di ciò il danneggiato, il quale non ha dato indicazioni in senso contrario, né è uscito dal locale al fine di evitare conseguenze negative. Anche la condotta dell'attore, certamente di carattere colposo, deve essere considerata idonea, al pari di quella tenuta nel frangente dal (...), a determinare il contagio. Si osservi, in proposito, che, se da un lato il predetto (...) era dipendente della società a cui era stata affidata la responsabilità della centrale termica, l'odierno attore, da parte sua, non poteva considerarsi un soggetto non qualificato, visto che egli seguiva la progettazione dei lavori relativi alla medesima centrale. Entrambi i soggetti, dunque, erano ugualmente tenuti ad osservare le norme di sicurezza e di comune prudenza. Ritiene il sottoscritto Giudice che l'evento dannoso per cui è causa possa essere ricondotto sul piano causale ad entrambe le condotte (smontaggio del tubo contaminato da parte del (...) e permanenza dell'attore nel locale senza utilizzo di idoneo DPI) in pari misura. Infatti, l'evento avrebbe potuto ragionevolmente essere evitato sia nell'ipotesi in cui non fosse stata effettuata la manovra del (...) sia nell'eventualità in cui i presenti avessero indossato le mascherine FFP3. Ne deriva che il risarcimento dovuto all'attore va liquidato in misura di un mezzo dell'importo altrimenti spettante per l'ipotesi di responsabilità esclusiva della convenuta. Quantificazione del danno Una volta verificata la responsabilità del fatto nei termini che precedono, deve passarsi alla liquidazione dei danni riportati dall'attore. I. In primo luogo, per quanto concerne la malattia, il C.T.U. ha accertato quanto segue: "il sinistro ha determinato un periodo di invalidità temporanea totale di gg. 1 (uno), un successivo periodo di invalidità temporanea parziale al 75% di gg. 15 (quindici), un ulteriore periodo di invalidità temporanea parziale al 50% di gg. 15 (quindici), ed infine un periodo conclusivo di invalidità temporanea parziale al 25% di gg. 15 (quindici). Non residuano postumi invalidanti permanenti quantificabili sotto il profilo del cd Danno Biologico". Ai fini della quantificazione di tale voce devono essere utilizzate le Tabelle del Tribunale di Milano - Edizione 2021, secondo cui il valore monetario di liquidazione del danno non patrimoniale per un giorno di inabilità temporanea assoluta deve ritenersi pari ad Euro 99,00, di cui Euro 72,00 per danno biologico/dinamico-relazionale ed Euro 27,00 per danno da sofferenza soggettiva interiore media presumibile. Tale valore standard, poi, può essere aumentato fino al 50%, in presenza di allegate e provate peculiari circostanze personalizzanti del caso concreto. In proposito, l'attore ha allegato che proprio nel periodo di malattia, e in particolare il giorno 23 dicembre 2018, si era verificato il decesso della di lui madre (cfr.: doc. 25 dell'attore), nei confronti della quale in data 16 ottobre 2018 era stata posta la diagnosi di epatocarcinoma multifocale con sospetti secondarismi polmonari e trombosi portale in labile compenso epatico CPT B9 - C10 in paziente di 82 anni con plurime comorbilità. Deve in proposito rilevarsi che l'attore è stato interessato da un solo giorno di invalidità temporanea assoluta (verosimilmente il 20 novembre 2018), cui sono seguiti 15 giorni di invalidità temporanea parziale al 75%, altri 15 giorni di invalidità temporanea parziale al 50% ed ancora altri 15 giorni di invalidità temporanea parziale al 25%. Ora, quanto alla pretesa impossibilità per l'attore di visitare la madre ammalata nel periodo in questione, deve in primo luogo rilevarsi che, alla visita del 5 dicembre 2018, le condizioni del paziente erano state definite come soddisfacenti, anche se lo stesso era interessato da lieve dispnea (peraltro con una saturazione dell'ossigeno pari al 98% e dunque nella norma) e qualche fine crepitio a livello polmonare (cfr.: doc. 6 dell'attore). Inoltre, la relazione del C.T.U., a pagina 5, contiene le seguenti indicazioni in ordine alla malattia dell'attore: "- Periodo di contagiosità: non documentato il contagio interumano. - Provvedimenti nei confronti dei malati: precauzioni standard. - Provvedimenti nei confronti dei conviventi/contatti: nessuno". Ciò implica che almeno per il periodo successivo al 5 dicembre 2018 non è ipotizzabile alcun particolare impedimento alle visite. Inoltre, nessuna indicazione particolare è stata fornita circa la frequenza delle visite dell'attore alla madre prima dell'evento dannoso per cui è causa. Alla luce di quanto precede, si ritiene dunque congruo aumentare il valore giornaliero di liquidazione del danno del 30% per i soli primi due periodi di invalidità al 100% ed al 75%. Il danno in questione va pertanto liquidato come da seguente tabella. Omissis L'importo sopra indicato non è suscettibile di rivalutazione monetaria, in quanto già liquidato con riferimento alla data odierna. Esso va invece maggiorato degli interessi compensativi decorrenti dal giorno in cui l'invalidità temporanea è cessata (04.01.2019). Tenuto conto dell'insegnamento delle Sezioni Unite della Suprema Corte, di cui alla sentenza n. 1712/1995, gli interessi dovranno essere calcolati al tasso legale - previa devalutazione degli importi risarcitori sopra indicati in moneta attuale ed individuazione della loro consistenza alla data sopra indicata - sulla somma rivalutata anno per anno fino alla data odierna, secondo gli indici medi ISTAT del costo vita (F.O.I.). Dalla sentenza al saldo effettivo matureranno ulteriori interessi di mora al tasso legale. II. Per quanto concerne il danno patrimoniale da lesione della capacità lavorativa specifica, la cui durata è stata quantificata in sede di C.T.U. in un mese, deve rilevarsi che dal quadro RE delle dichiarazioni dei redditi presentate dall'attore con riferimento ai due anni di imposta precedenti al sinistro emergono i seguenti dati annui (cfr.: doc. 9 dell'attore): - anno 2016: compensi Euro 31.860,00 - spese Euro 12.350,00 - reddito Euro 19.510,00; - anno 2017: compensi Euro 40.567,00 - spese Euro 16.973,00 - reddito Euro 26.719,00. Risultando la media aritmetica dei redditi conseguiti nei due anni in questione pari ad Euro 23.114,50, dividendo tale ultimo valore per dodici si ottiene un reddito mensile medio pari ad Euro 1.926,21. Il pregiudizio in questione va dunque liquidato in tale misura. III. Per quanto concerne, poi, il danno da lucro cessante allegato dall'attore con riferimento alla rinuncia effettuata in data 23.11.2018 (cfr.: doc. 10 dell'attore) ad un incarico professionale ricevuto il 12.11.2018, e dunque pochi giorni prima del sinistro (cfr.: doc. 11), si rileva che detto incarico era stato quotato dal punto di vista economico in Euro 31.300,00, ricavo che dunque è andato perso. Le tempistiche di esecuzione delle attività professionali di cui trattasi inducono a ritenere sussistente il nesso di causalità tra la malattia dell'attore e la rinuncia in questione. Ai fini della liquidazione del pregiudizio economico subito dall'attore in conseguenza di quest'ultima, peraltro, deve tenersi conto non già dei ricavi persi, bensì della loro componente reddituale, al netto dei costi medi dell'attività professionale. A tale proposito, sempre dal quadro RE delle dichiarazioni dei redditi presentate dall'attore con riferimento ai due anni di imposta precedenti al sinistro emergono i seguenti dati annui: - rapporto reddito/compensi anno 2016: 0,61; - rapporto reddito/compensi anno 2017: 0,66. Ne deriva che il rapporto medio reddito / compensi deve essere considerato pari a 0,635. Applicando tale coefficiente ai ricavi persi, pari ad Euro 31.300,00, si ottiene un mancato reddito di Euro 19.875,50. IV. Vanno infine considerate le spese mediche, pari a complessivi Euro 440,30, che il C.T.U. ha giudicato congrue e pertinenti. Le somme sopra liquidate ai paragrafi II, III e IV devono essere attualizzate, in quanto crediti di valore; le stesse devono quindi essere maggiorate della rivalutazione monetaria, con cadenza annuale, secondo gli indici medi ISTAT del costo vita, oltre che degli interessi legali sulla somma rivalutata anno per anno, a decorrere dalla data di cessazione della perdita della capacità lavorativa specifica (20.12.2018) quanto all'importo di Euro 1.926,21, nonché dalla data di presumibile cessazione delle attività professionali di cui all'incarico oggetto di rinuncia (10.05.2019) quanto alla somma di Euro 19.875,50, ed infine dalla data dei singoli esborsi quanto alle spese mediche, il tutto sino alla data della presente sentenza. Dalla sentenza al saldo effettivo matureranno ulteriori interessi di mora al tasso legale. Conseguenze delle considerazioni che precedono Alla luce di quanto innanzi osservato, la domanda dell'attore deve essere accolta fino alla concorrenza di un mezzo delle somme sopra liquidate (totale Euro 24.932,34), attesa la pari responsabilità delle parti in ordine all'accaduto. Ogni ulteriore domanda va invece disattesa. Spese processuali e di C.T.U.. Le spese del giudizio vanno compensate tra le parti in misura di due terzi alla luce dell'esito della causa, mentre, per il restante terzo, esse vanno liquidate come da dispositivo e poste a carico della società convenuta, risultata maggiormente soccombente. Alla luce della pari responsabilità delle parti, le spese di C.T.U., liquidate come in atti, vanno poste in via definitiva a carico delle stesse in ragione di metà per ciascuna. P.Q.M. Il Tribunale, definitivamente pronunciando nella causa instaurata da (...) nei confronti di (...) s.a.s. di (...) e (...), così provvede: 1. in parziale accoglimento della domanda dell'attore, accertata la pari responsabilità delle parti in ordine ai fatti oggetto di causa, condanna (...) s.a.s. di (...) e (...) a pagare a (...), a titolo di risarcimento dei danni, la complessiva somma di Euro 12.466,17, oltre rivalutazione, sulle somme in ordine alle quali essa è dovuta, nonché oltre interessi da calcolarsi con le decorrenze e in conformità ai criteri indicati in motivazione; 2. rigetta ogni ulteriore domanda, eccezione e deduzione delle parti; 3. condanna (...) s.a.s. di (...) e (...) a rifondere a (...) un terzo delle spese processuali, che liquida, in tale parte, in complessivi Euro 395,83 per anticipazioni ed Euro 2.539,00 per compensi, oltre 15% spese forfettarie ed accessori di legge, se ed in quanto dovuti, e compensa tra le parti i restanti due terzi delle stesse; 4. pone in via definitiva le spese di C.T.U., liquidate come in atti, a carico di ciascuna delle parti in ragione di metà. Così deciso in Monza l'1 febbraio 2023. Depositata in Cancelleria il 2 febbraio 2023.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE DI MONZA in persona del giudice unico Claudio Miele ha pronunciato la seguente SENTENZA nel procedimento civile iscritto al numero di ruolo di cui sopra, promosso con citazione notificata in data 2.5.2019, assunto in decisione all'udienza in data 03/03/2022 e vertente TRA (...), cod. fisc. (...), con la rappresentanza e difesa in causa dell'avv. Fr.De., Ce.Ma., via (...), presso cui è stato eletto domicilio, come da procura in atti ATTORE E (...), cod. fisc. (...), con la rappresentanza e difesa dell'avv. Da.Ga., con studio in Como, via (...), ove è stato eletto domicilio, come da procura in atti CONVENUTO E (...) SPA, cod. fisc. (...), con la rappresentanza e difesa in causa dell'avv. Fr.Al., con studio in Milano, via (...), ove è stato eletto domicilio, come da procura in atti TERZA CHIAMATA OGGETTO: Responsabilità professionale MOTIVI DELLA DECISIONE I. (...) ha chiesto condannarsi (...) al risarcimento dei danni conseguenti ad inesatta esecuzione dell'incarico professionale avente ad oggetto il cambio di destinazione d'uso e l'integrale ristrutturazione di un magazzino sito in (...) via P. 26; ha dedotto infatti che il Comune aveva negato gli atti di assenso; che, dopo una sospensione dei lavori disposta dall'ente, alla conclusione di essi si erano manifestate difformità tra le schede catastali ed il progetto ed era stata anche prospettata dal comune la necessità di provvedere alla parziale demolizione di quanto già realizzato; ha precisato che in relazione alla vicenda era stato richiesto accertamento tecnico preventivo, nel corso del quale le parti avevano raggiunto un accordo condizionato tuttavia al rilascio del permesso di costruire in sanatoria da parte del comune; permesso che tuttavia era stato negato. Ha indicato in Euro 41.565,80 gli sborsi necessari per sanare gli abusi, oneri di cui ha chiesto il rimborso. Con la comparsa di costituzione il convenuto ha contestato che la sospensione dei lavori fosse stata disposta dal Comune per motivi inerenti il progetto; era infatti avvenuto che in un primo tempo non erano state adempiute le prescrizioni in materia di messa in sicurezza del cantiere e successivamente non erano stati versati gli oneri di urbanizzazione. Ha ancora affermato che il (...) e l'appaltatore dei lavori, tale (...), avevano in realtà realizzato opere in difformità al titolo edilizio, senza alcuna autorizzazione da parte del direttore dei lavori. Ha ancora dichiarato che nel corso di lavori aveva constatato che il locale sottotetto era stato realizzato con un'altezza media ponderale superiore ai metri 1,80 e che aveva invitato sia il (...) che lo (...) a ripristinare la conformità al progetto. Ha ancora affermato che il (...) gli aveva contestato solo l'omesso deposito di variante; che il Comune aveva negato il permesso di costruire in sanatoria. Inoltre, a seguito di un sopralluogo eseguito in data 5 maggio 2017 da parte del Comune di Cesano Maderno, era stato accertato che la distanza tra il fabbricato oggetto di intervento e quello antistante era inferiore ai limiti prescritti. Ha sottolineato che il (...) aveva infine ottenuto permesso di costruire in parziale sanatoria, con interventi pressocché identici a quelli indicati in accertamento tecnico preventivo: inoltre ha affermato che sussisterebbe comunque responsabilità tanto dell'appaltatore che del committente; ha opposto decadenza e prescrizione di cui all'art. 1667 c.c. Ha eccepito ancora compensazione con gli importi residui dovuti a titolo di attività professionale pari a complessivi Euro 19.616,21, di cui Euro 12.242,56, al netto dell'acconto ricevuto di Euro 5.248,00, per le prestazioni professionali concernenti la progettazione architettonica e la direzione lavori presso l'immobile sito in (...) alla via P. n. 26, Euro 3.778,43 per le prestazioni professionali eseguite presso lo stesso cantiere e aventi ad oggetto la sostituzione orditura, manto di copertura e lattoneria, Euro 2.154,09 per le prestazioni professionali eseguite presso lo stesso cantiere e aventi ad oggetto la formazione di ingresso pedonale su recinzione esistente, ed Euro 1.441,13 per le prestazioni professionali eseguite presso lo stesso cantiere e aventi ad oggetto la conclusione di convenzioni tra i confinanti ai fini di delimitare i confini e di rilasciare le autorizzazioni agli impianti di cantiere. L'assicuratore, con la propria comparsa, ha dedotto che la polizza non copriva i danni conseguenti all'applicazione o interpretazione della normativa urbanistica, di regolamenti edilizi locali e di altri vincoli imposti dalle pubbliche Autorità ovvero in caso di difformità alla concessione edilizia rilasciata per l'opera stessa; neppure copriva i danni per contributi di concessione o autorizzazione in sanatoria nell'ambito delle "regolarizzazioni di violazioni edilizie"; inoltre era previsto un massimale di Euro 50.000 per sinistro. Ha eccepito ancora l'esistenza di una franchigia pari a 1/10 dell'importo del danno con un minimo di Euro 1.500. Nel merito ha richiamato le difese del convenuto ed ha eccepito l'insussistenza del danno relativo ad importi per I.v.a.; l'infondatezza delle pretese per sanzioni, Tari ed Imu; l'incongruità di alcune delle voci esposte dal consulente di ufficio in sede di accertamento tecnico preventivo. II. La domanda dell'attore è fondata con le precisazioni che seguono. Va premesso che non possono accogliersi le eccezioni di decadenza e prescrizione ex art. 1667 c.c. formulate dal convenuto. Ciò in quanto nel caso di specie non viene in applicazione la disciplina dell'appalto, vertendosi invece in tema di prestazione d'opera intellettuale. Gli artt. 1667 e 1668 c.c., infatti, non regolano la posizione del progettista e del direttore dei lavori; la responsabilità di tali soggetti deve essere quindi vagliata in base alle norme generali in tema di inadempimento e, per quanto applicabili, dalle norme sulla prestazione d'opera e sulle professioni intellettuali (artt. 2222 - 2238 c.c). E' però comunque inapplicabile "alla prestazione del professionista che abbia assunto l'obbligazione della progettazione e della direzione dei lavori di un fabbricato " l'art. 2226 cod. civ., in tema di decadenza e prescrizione dell'azione di garanzia per vizi dell'opera" (Cass. 20 dicembre 2013 n. 28575;. Cass. S.U. 28 luglio 2005 n. 15781 ed altre). Ne deriva che, dovendo farsi riferimento alla disciplina generale, non è applicabile l'istituto della decadenza ed il termine di prescrizione è decennale; termine che, nella specie, non è decorso. Nel merito vale quanto segue. Non è in contestazione l'esistenza di irregolarità urbanistiche del bene, che sono state anche rilevate dal consulente in sede di accertamento tecnico preventivo, tra cui le seguenti: a. eccesso di superficie lorda di pavimento, in quanto ai fini del calcolo era stata erroneamente computata, in detrazione, la scala di accesso al primo piano e alcuni locali tecnici; (cfr. missiva 26.6.2015 del Comune doc. 8 in prod. att.); b. eccessiva altezza media ponderale del locale sottotetto, superiore al metri 1,80; c. Affaccio diretto sul proprietà di terzi del balcone di nuova costruzione. Tali irregolarità hanno comportato un grave ritardo nella realizzazione delle opere, a causa di plurime sospensioni dei lavori (v. docc. 8, 9 e 12 in prod. att.) e della necessità di eseguire opere di ripristino. Orbene, l'esistenza di irregolarità urbanistiche potrebbe in astratto essere conseguente sia ad una non corretta progettazione che ad una esecuzione non conforme al progetto. Nel primo caso si avrebbe una responsabilità esclusiva del progettista; nel secondo caso risponderebbe il direttore dei lavori. Nel caso in esame il Comune, con due distinte missive, aveva rimarcato le criticità sopra indicate; è però significativo che detti rilievi erano stati inviati prima ed indipendentemente da qualsiasi sopralluogo sul cantiere (non va considerato l'accesso eseguito a seguito di esposto 9 luglio 2015 in quanto all'epoca, come emerge dal doc.9 in prod. att., era stato solo installato il ponteggio). Un sopralluogo finalizzato all'esame delle opere era stato eseguito solo in data 5 maggio 2017; nel corso di esso erano state rilevate ulteriori difformità. Da tali elementi emerge che le criticità poi tradottesi in opere difformi riguardavano proprio i progetti, elaborati su esclusiva responsabilità dell'(...), in quanto dette criticità erano rilevabili prima ed indipendentemente dalla realizzazione delle opere. Né può ritenersi provato che tali difformità -già a livello di progetto-fossero imputabili a volontà del committente; in ogni caso, in tale ipotesi, sarebbe stato obbligo del professionista non prestarsi a soddisfare tali richieste. E' poi irrilevante in questa sede l'esistenza di eventuali profili di responsabilità dell'impresa, posto che l'obbligo risarcitorio ha natura di debito solidale, con la conseguenza che il risarcimento può essere richiesto dal danneggiato per l'intero a ciascuno dei responsabili. Una corresponsabilità del terzo potrebbe dunque essere rilevante unicamente ai fini della azione di regresso; tale domanda non è stata tuttavia proposta nel presente giudizio. Non è infine condivisibile la tesi secondo cui l'unico motivo di responsabilità sollevato dall'attore sia costituito dal non aver l'A. presentato una variante al progetto; come si evince dalla narrativa dell'atto di citazione, infatti, i fatti dedotti riguardano l'intera gestione dell'incarico. Sussiste dunque piena responsabilità dell'(...). III. Circa il quantum deve farsi riferimento all'accertamento tecnico preventivo in data 5 febbraio 2018 che ha quantificato in Euro 41.565,80, comprensivi di Iva e contributi, il costo delle opere necessarie alla regolarizzazione del bene. Non vi è prova che il (...) sia titolare di partita Iva; vanno dunque considerati anche gli oneri inerenti al tributo. Devono conteggiarsi inoltre Euro 1.032 per sanzioni, di cui Euro 516 per indebito inizio lavori prima della Dia (v. doc. 6 in prod.att. missiva del Comune in data 24 novembre 2015) ed Euro 516 per sanzioni conseguenti alle esecuzione di opere in difformità (doc. 6 come da distinta di versamento 21.12.2018), per un totale di Euro 42.597,80 (41.565,80 + 1.032). Va precisato, quanto alla prima violazione, che l'A. rivestiva, incontestatamente, anche la veste di direttore dei lavori. Nulla può invece riconoscersi quale rimborso Tari, in quanto trattasi di danno collegato al possesso del bene; non è però possibile affermare con certezza che, ove l'immobile fosse stato consegnato in epoca anteriore, sarebbe stato possibile una vendita così sollecita da evitare tali oneri, a ciò non ritenendosi sufficiente la proposta di acquisto prodotta, in quanto formulata in epoca anteriore al completamento dei lavori (13.7.2016, doc. 8 in prod. att.), con indicazioni contraddittorie quanto al prezzo (indicato in Euro 180.000 ma con modalità di pagamento specificate solo per la minor somma di Euro 175.000) e come tale non attendibile. Non è fondata la tesi del convenuto secondo cui, non avendo il (...) prodotto le fatture attestanti gli effettivi esborsi, non potrebbe riconoscersi il danno; l'ammontare del pregiudizio deve infatti ritenersi provato sulla base della quantificazione del consulente e non è necessaria ulteriore prova. IV. Il geom. A. ha eccepito in compensazione il pagamento delle proprie spettanze professionali quantificate in Euro 19.616,21, di cui Euro 12.242,56, al netto di un acconto ricevuto di Euro 5.248,00 per le prestazioni professionali inerenti l'immobile in questione, Euro 3.778,43 per le prestazioni concernenti la sostituzione orditura, manto di copertura e lattoneria, Euro 2.154,09 per la formazione di ingresso pedonale su recinzione esistente ed Euro 1.441,13 per la conclusione di convenzioni tra i confinanti e autorizzazioni agli impianti di cantiere. Tali attività sono contestate dal (...) in quanto si sostiene che esse in parte erano inerenti all'incarico iniziale e in parte si erano rese necessarie per gli errori progettuali di cui sopra; viene riconosciuto un importo complessivo per compensi di Euro 7.500. La eccezione appare condivisibile, considerato che trattasi di opere inerenti al medesimo immobile per il quale era stato conferito l'incarico professionale; incarico teso ad ottenere un cambio di destinazione d'uso ed avente ad oggetto la conseguente progettazione e direzione lavori; la presentazione di separate istanze per il rifacimento del tetto e la formazione di cancelletto pedonale, opere inizialmente comprese nel progetto iniziale, era infatti avvenuta su consiglio dello stesso A. al fine di superare almeno in parte l'ordine di sospensione dei lavori, consentendo di procedere, nelle more delle interlocuzioni con il Comune, quanto meno alla realizzazione di quei manufatti (circostanze non contestate). Trattasi dunque di eventi conseguenti alla errata impostazione del progetto iniziale. Il totale dei compensi va pertanto limitato ad Euro 7.500, riconosciuti dall'attore in comparsa conclusionale; oltre Euro 375, per contributo integrativo ed Euro 1.732,50 per iva, oltre 124 per anticipazioni (queste ultime risultanti dalle fatture (...) e (...) docc. 27 in prod. conv.), per complessivi Euro 9.731,50, somma dalla quale devono dedursi gli acconti per Euro 5.760,40 (5.248 di cui alle due fatture (...) e (...) da Euro 2.624 ciascuna, oltre Euro 512,40 per la fattura (...), v. doc. 27 in prod. conv.), con un saldo a debito di Euro 3.971,10 (9.731,50-5.760,40) omnicomprensivi. V. Devono ora considerarsi i rapporti di dare ed avere tra le parti. Dalla somma di Euro 41.565,80 a credito dell'attore per lavori di rimessa in pristino devono detrarsi i compensi ancora da corrispondere al convenuto: residuano dunque, quanto a tale voce, Euro 37.594,70 (41.565,80 -3.971,10), oltre ad Euro 1.032 per sanzioni. Trattandosi di debito di valore, sono dovuti altresì la rivalutazione e gli interessi sulle somme via via rivalutate anno per anno, dalla data in cui il danno si è verificato al saldo. Tale momento, in relazione alle somme dovute per la eliminazione delle difformità, può essere identificato con il termine di consegna originariamente previsto. Pertanto, facendo riferimento ai 90 giorni in cui avrebbero dovuto concludersi i lavori come da contratto di appalto (doc. 3 in prod. conv.) e ponendo la decorrenza a far tempo da un momento in cui i lavori erano sicuramente in corso, sia pure quanto alla sola installazione del ponteggio e cioè dal 23 luglio 2015 (v. doc. 9 in prod. att. non risultando precedenti elementi), può identificarsi nel 23 ottobre 2015 il momento in cui può considerarsi concretizzato il pregiudizio. Poiché la somma sin questione è stata determinata dal consulente con riferimento al momento del deposito della relazione, per calcolare gli interessi è necessario devalutare l'importo all'ultima data indicata: si ha una cifra di Euro 37.075,6 per le opere di ripristino (coeff. 1,014). Per le restanti somme di Euro 516 + 516 non vi è necessità di devalutazione, in quanto la data del danno coincide con quella degli esborsi. Tali ultimi importi sono stati quindi compresi aggiungendoli al capitale, nella tabella che segue, rispettivamente ai righi 2 e 9. Il tasso di interesse è quello di cui all'art. 1284 co. 1 cod. civ. sino alla data di notifica della citazione; successivamente va applicato il tasso ex D.Lgs. n. 231 del 2002 (art. 1284 co. 4). Omissis Il totale alla data della decisione è dunque di Euro 50.127,05, di cui Euro 39.376,62 per capitale; in tali limiti va accolta la domanda del (...). VI. E' inammissibile la domanda proposta dall'attore nei confronti del terzo chiamato ((...) -s.p.a.) stante la mancanza di rapporti contrattuali con lo stesso e l'assenza di normativa specifica che consenta, in questa materia, una azione diretta. VII. (...) ha chiesto di essere manlevato dal proprio assicuratore. Quest'ultimo ha eccepito da un lato che nel caso di specie vi sarebbe stata non solo colpa, ma una precisa volontà dolosa, essendo il professionista sin dall'origine consapevole della non conformità del progetto alle prescrizioni urbanistiche; dall'altro che non vi era copertura, e ciò in base al testo dell'art. 9 delle condizioni aggiuntive di polizza, che escludeva il diritto quando "l'opera è stata realizzata in difformità alla concessione edilizia rilasciata per l'opera stessa; ovvero per contributi di concessione o autorizzazione in sanatoria nell'ambito delle regolazioni di violazioni edilizie. La clausola richiamata è la seguente: Art. 9 - MANCATO RISPETTO DI VINCOLI URBANISTICI, DI REGOLAMENTI EDILIZI LOCALI E DI ALTRI VINCOLI IMPOSTI DALLE PUBBLICHE AUTORITÀ Ferma ogni altra condizione di polizza e a parziale deroga di quanto previsto alla Sezione I e II - lettera b) delle Esclusioni, l'assicurazione vale anche per i danni e le perdite patrimoniali conseguenti ad errata involontaria interpretazione di vincoli urbanistici, di regolamenti edilizi locali e di altri vincoli imposti dalle pubbliche Autorità. L'assicurazione non vale: - se l'opera è stata realizzata in difformità alla concessione edilizia rilasciata per l'opera stessa; - per contributi di concessione o autorizzazione in sanatoria nell'ambito delle "regolarizzazioni di violazioni edilizie". Questa specifica estensione di garanzia è prestata nell'ambito del massimale di polizza fino alla concorrenza dì Euro 50,000 per sinistro e per periodo assicurativo. Orbene, va premesso che tale pattuizione, predisposta dall'assicuratore nell'ambito di una regolamentazione generale, va interpretata in senso restrittivo ed eventualmente contra stipulatorem (art. 1370 cod. civ.). Quanto al primo motivo di contestazione, ferma la estensione della copertura alle perdite conseguenti ad errata ed involontaria interpretazione delle disposizioni urbanistiche, l'esclusione concerne il solo caso di difformità tra progetto assentito di concessione e le opere eseguite. Ciò si spiega in quanto, ove vi sia un progetto approvato, la realizzazione di opere difformi è conseguente a colpa grave o a volontà dolosa, essendovi un riferimento certo. Nel caso in questione, invece, la responsabilità del professionista deriva da errori in una fase anteriore e cioè proprio nella predisposizione di un progetto non corretto e che non ha mai avuto, prima della sanatoria, alcuna approvazione da parte del Comune. E' dunque dovuta la copertura.. Va poi sottolineato che non appare possibile dedurre la prova di una volontà dolosa del convenuto al momento della progettazione sulla base delle sole dichiarazioni registrate doc. 24, posto che l'osservazione del geometra in quei colloqui non è sufficiente, considerato che non è credibile che egli, senza alcun interesse proprio -e dunque senza motivo- , si sarebbe coscientemente e volontariamente esposto alle gravi conseguenze a suo carico. Ne consegue che la fattispecie per cui è causa non può rientrare nella esclusione richiamata. Va invece condivisa l'eccezione limitatamente all'importo di Euro 516,00 di cui al doc. 6 fol. 8 in prod. att., in quanto rientrante nel concetto di "contributi di concessione o autorizzazione in sanatoria", importo che va dunque sottratto (l'altro importo di Euro 516 era invece dovuto per sanzioni conseguenti all'inizio dei lavori prima del termine di efficacia della Dia, cfr. doc. 6 in prod. att. fol. 6 e pertanto non è da espungere). L'importo del danno rientrante nelle condizioni di polizza ammonta dunque ad Euro 49.439,21 (50.127,05-516-147,34 per detrazione interessi su 516). A tale somma va aggiunto però l'importo del saldo spettante al geom. A. per i propri compensi. Infatti, il danno provocato era di Euro 41.565,80 oltre Euro 1.032 (516 a fini di polizza) per sanzioni; si è ridotto ad Euro 37.594,70 in quanto dai primi importi sono state sottratte le retribuzioni per Euro 3.971,10; in sostanza, con tale decurtazione, l'A. ha già anticipato una parte del risarcimento, restato dunque a suo carico. Il totale su cui calcolare l'indennità è dunque di Euro 53.410,31 (49.439,21 +3.971,10). Di tale cifra sono da considerare, ai fini dell'obbligo dell'assicuratore, Euro 48.069,28 ( 53.410,31 /100*90), dovendosi tenere conto dello scoperto previsto in polizza (1/10 per ciascun sinistro, art. 6 della polizza). La domanda di rivalsa dell'A. va dunque accolta per tale somma, oltre a quanto si dirà per le spese legali. VII. Si rivelano superflue, alla luce di quanto sopra, le attività istruttorie richieste, alle quali non va pertanto dato ingresso. VIII. Le spese del giudizio sostenute dall'attore verso il convenuto seguono la soccombenza ex art. 91 cod. proc. civ. e vengono liquidate come in dispositivo, tenuto conto che la fase istruttoria si è dispiegata unicamente nella redazione delle memorie ex art. 183 cod. proc. civ. e nella produzione di documenti. Nelle spese da rifondere all'attore sono da ricomprendere quelle per l'accertamento tecnico preventivo (euro 6.952,25, di cui Euro 3.679,52 per spese di consulente tecnico di parte ed Euro 3.272,73 per compensi avvocato, v. nota spese) e per il procedimento di mediazione. Sono da compensarsi integralmente le spese tra l'attore e il terzo chiamato, considerata la scarsa incidenza di tale controversia sulle attività difensive e istruttorie. Quanto ai rapporti tra assicurato e assicuratore deve distinguersi, come è noto, tra spese da rifondere alla controparte ex art. 91 c.p.c., spese sostenute in proprio dall'assicurato per resistere all'azione (cd. spese di resistenza) e spese di questo giudizio nei rapporti tra l'assicurato nella veste di chiamante e l'assicuratore evocato in giudizio. Le spese del primo insieme rientrano tra conseguenze della responsabilità e sono quindi soggette al limite del massimale ed alle decurtazioni da contratto; nel caso di specie esse sono costituite da quelle riguardanti l'attività svolta sia nel presente giudizio che in quello di accertamento tecnico preventivo e nel procedimento di mediazione. L'importo delle stesse, ai fini di polizza può essere determinato in Euro 1.930,72, costituito dalla differenza tra Euro 48.069,28 ed il massimale di Euro 50.000. Poiché l'importo complessivo di queste spese supera di molto tale cifra, non è necessario in questa sede operare la preventiva riduzione del 10 per cento, in quanto la somma ora indicata è comunque inferiore al 90 per cento degli oneri. Le spese di resistenza, regolate dall'art. 1914 cod. civ., devono essere corrisposte anche oltre i limiti del massimale, ma entro quelli previsti dall'art. 1917 co. 3 cod. civ.; eguale contenuto ha del resto la regolamentazione di polizza, che riprende il contenuto della norma codicistica: Sono a carico della Società le spese sostenute per resistere all'azione promossa contro l'Assicurato, entro il limite di un importo pari al quarto dei massimale stabilito in polizza per il danno cui si riferisce la domanda. Qualora la somma dovuta al danneggiato superi detto massimale, le spese vengono ripartite tra la Società e l'Assicurato in proporzione del rispettivo interesse. Le spese liquidate in dispositivo per questa causale sono inferiori al limite (50.000/3 =16.666,67); non vanno considerate le spese sostenute dall'A. nel giudizio di accertamento tecnico preventivo e in quello di mediazione, ai sensi dell'art. 112 cod. proc. civ., considerate le conclusioni formulate dalla parte. L'ultimo insieme di spese è invece regolato in base all'art. 91 c.p.c.., senza limiti di massimale; poiché l'assicuratore soccombe nei confronti dell'A., sono a suo carico le spese sostenute da quest'ultimo. Si provvede come da dispositivo. P.Q.M. Il Tribunale, definitivamente pronunciando sulla domanda proposta da (...) nei confronti di (...) con citazione notificata in data 2.5.2019, così provvede: I. Condanna (...) al pagamento di Euro 50.127,05 in favore di (...), oltre interessi ex art. 1284 cod. civ. su Euro 39.376,62 dalla data della decisione al saldo; II. Condanna (...), al pagamento delle spese del giudizio in favore di (...), spese che liquida in Euro 6.410,00 per compensi di questo giudizio, oltre spese forfaitarie ex art. 2 del D.M. 10 marzo 2014, n. 55 nella misura del 15 per cento sull'importo dei compensi, oltre contributi previdenziali ed iva come per legge, oltre Euro 518 per anticipazioni; III. Condanna (...) al pagamento delle spese del procedimento di accertamento tecnico preventivo iscritto al n. 14835/2016 Reg. Gen. in favore di (...), spese che liquida in Euro 6.952,25 omnicomprensivi; IV. Condanna (...) al pagamento delle spese del procedimento di mediazione in favore di (...), spese che liquida in Euro 438,00 omnicomprensivi. V. Condanna (...) - s.p.a. a tenere indenne (...) da quanto egli verserà a (...) in adempimento del capo I di questa sentenza, sino a concorrenza di Euro 48.069,28, oltre interessi ex art. 1284 cod. civ. dalla data dei futuri esborsi da parte dell'(...) al saldo; VI. Condanna (...) - s.p.a. a tenere indenne (...) da quanto egli verserà a (...) in adempimento dei capi II, III e IV di questa sentenza, nei limiti di Euro 1.930,72; VII. Condanna (...) - s.p.a. a tenere indenne (...) delle spese di resistenza nei confronti del (...), spese che liquida - d'ufficio, in mancanza di nota specifica- in Euro 6.410,00 per compensi di questo giudizio, oltre spese forfaitarie ex art. 2 del D.M. 10 marzo 2014, n. 55 nella misura del 15 per cento sull'importo dei compensi, oltre contributi previdenziali ed iva come per legge; VIII. Condanna (...) - s.p.a. al pagamento delle spese del giudizio ex art. 91 cod. proc. civ. in favore di (...), spese che liquida in Euro 3.506,00 per compensi, oltre spese forfaitarie ex art. 2 del D.M. 10 marzo 2014, n. 55 nella misura del 15 per cento sull'importo dei compensi, oltre contributi previdenziali ed iva come per legge. Così deciso in Monza, il 10 settembre 2022. Depositata in Cancelleria il 1 febbraio 2023.
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