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  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Giudice del Tribunale di Monza - 2A Sezione civile - dott. Nicola Greco ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa N. 3175/2021 R.G. promossa da (...) Società in Accomandita Semplice (C.F.: (...)- P. IVA: (...)), con i proc. dom. Avv.ti (...), Monza - parte attrice - contro Condominio (...) (C.F.: (...)), sito in (...), Brugherio, con il proc. dom. Avv.to (...), Biassono - parte convenuta - OGGETTO: condominio; impugnazione deliberazioni assembleari. All'udienza del 23.2.2023, i procuratori delle parti hanno precisato le conclusioni come da fogli già depositati a PCT del seguente tenore. Per parte attrice: Voglia l'On. Tribunale di Monza adito, in persona del Giudice Unico designato, respinta ogni eventuale contraria azione, domanda, istanza, deduzione, eccezione, e comunque contrariis rejectis, in totale accoglimento di quanto dedotto, in fatto ed in diritto, ed altresì documentato, nel presente atto di citazione, così statuire: Nel merito In via preliminare: - sospendere l'efficacia esecutiva della delibera condominiale del 15.03.2021 di cui al punto 1 con cui è stata votata a maggioranza la redazione del progetto definitivo da valutare e che contemplerà le voci di spesa dei singoli interventi e le ulteriori opere che non rientreranno nel Superbonus 110% ma saranno soggette a cessione del 50%, e/o della delibera condominiale del 15.03.2021 di cui al punto 1 con cui è stata nominata una commissione lavori e/o della delibera condominiale del 15.03.2021 di cui al punto 2 con cui è stato approvato il consuntivo e il relativo riparto; In via principale: - per tutti i motivi di cui in narrativa, accertare e dichiarare la nullità e/o annullare la delibera condominiale del 15.03.2021 di cui al punto 1 con cui è stata votata a maggioranza la redazione del progetto definitivo da valutare e che contemplerà le voci di spesa dei singoli interventi e le ulteriori opere che non rientreranno nel Superbonus 110% ma saranno soggette a cessione del 50%, e/o la delibera condominiale del 15.03.2021 di cui al punto 1 con cui è stata nominata una commissione lavori, e/o la delibera condominiale del 15.03.2021 di cui al punto 2 con cui è stato approvato il consuntivo e il relativo riparto e comunque tutto quanto deliberato di cui al punto 1, e per l'effetto dichiarare nulli e/o comunque privi di efficacia e/o annullare tutti gli atti/contratti a dette delibere conseguenti e/o derivati. In via istruttoria: .... omissis .... (cfr. foglio pc depositato a PCT) In ogni caso Con rifusione di spese, compensi, e accessori come per legge, ivi compreso il rimborso forfettario delle spese generali e salvo in ogni caso gravame. Per parte convenuta: IN VIA PRELIMINARE NEL RITO E/O PREGIUDIZIALE 1.a) accertare e dichiarare l'avvenuta cessazione della materia del contendere in merito alla delibera al punto 1 del 15.03.21 stante la revoca della stessa con la successiva delibera del 07.06.21 (doc. 11-12); 1.b) non sospendere la delibera al punto 2 del 15.03.2021 qui impugnato tenuto conto che (...) non ha provato quale sarebbe il pregiudizio da lei subito e patito dal momento che nel bilancio consuntivo 2019/2020 e riparto non è contenuta alcuna spesa relativa al Bonus 110% (doc. 15) (circostanza di cui la (...) è ben consapevole pag. 12 e 16 citazione) e non esiste alcun contratto di incarico di progettazione relativo a Ecobonus-Sismabonus 110%, e che pertanto non sussiste alcun motivo, né errore, né pregiudizio economico/patrimoniale, né fumus boni iuris, né periculum in mora, né altro che giustifichi un provvedimento di tal fatta soprattutto se si considera che l'assemblea ha correttamente deliberato secondo la propria volontà rispettando quanto stabilito dalla legge anche relativamente all'indicazione dei nominativi dei condomini delle votazioni 1.c) si eccepisce la carenza di interesse ad agire in capo all'attrice in relazione all'impugnativa in oggetto mancando qualsivoglia danno e/o pregiudizio nonché per tutti i motivi indicati in narrativa, si chiede dichiararsi l'inammissibilità e l'improcedibilità della domanda, con conseguente condanna dell'attrice al pagamento delle spese di lite a favore del Condominio odierno convenuto. NEL MERITO IN VIA PRINCIPALE Nella denegata e non creduta ipotesi in cui l'adito Tribunale dovesse ritenere di non accogliere anche solo una delle predette eccezioni sia in via processuale sia in via preliminare, si insiste affinché Voglia: 2.a) accertare e dichiarare al fine della soccombenza virtuale che, a prescindere dalla successiva intervenuta revoca del 07.06.21 (doc. 11-12), la delibera al punto 1 del 15.03.21 aveva natura programmatica e/o preparatoria e/o interlocutoria, in quanto non ha deciso nulla, non ha deliberato alcunché, non ha creato alcun immediato pregiudizio/obbligazione/lesione a carico dell'attrice non ha violato alcun disposto legislativo/normativo, non ha fatto sorgere alcuna obbligazione e/o pregiudizio e/o lesione e/o spesa e nulla è stato imputato a titolo di spesa e/o onere condominiale in capo all'attrice (...), la quale non indica/spiega/prova quale norma sarebbe stata violata e quale pregiudizio economico/patrimoniale avrebbe subito dal momento che nel bilancio consuntivo 2019/2020 e riparto non è contenuta alcuna spesa relativa al Bonus 110% (doc. 15); 2.b) accertare e dichiarare al fine della soccombenza virtuale che, a prescindere dalla successiva intervenuta revoca del 07.06.21 (doc. 11-12), la delibera al punto 1 del 15.03.21 non è impugnabile in quanto, avendo natura programmatica e/o preparatoria e/o interlocutoria, non ha avuto esecuzione, e come tale non ha stabilito l'addebito di alcun costo ai condomini e quindi non ha causato alcun pregiudizio economico/patrimoniale a carico dell'attrice; 2.c) accertare e dichiarare che la delibera punto 1 del 15.03.21 non ha stabilito l'addebito di alcuna spesa/costo privato in capo al(...) e nessuna voce di spesa relativa a Ecobonus-Sismabonus è stata deliberata ed inserita né nel bilancio consuntivo 2019/2020 e nemmeno nel bilancio preventivo 2020/2021 (doc. 15), circostanza questa riconosciuta dall'attrice a pag. 12 e 16 dell'atto di citazione, 2.d) accertare e dichiarare che l'attrice non ha impugnato alcuna voce di spesa (né nel bilancio consuntivo 2019/2020 né nel preventivo 2020/2021) e non ha dimostrato il concreto pregiudizio economico/patrimoniale che la delibera punto 1 del 15.03.21 le ha provocato, considerato che al momento dell'impugnativa la predetta delibera non era ancora stata revocata (revoca del 07.06.21 doc. 11-12); 2.e) accertare e dichiarare che, a riprova della natura programmatica della delibera punto 1 del 15.03.21, l'intervenuta revoca di detta delibera non ha comportato alcuna modifica né al bilancio consuntivo 2019/2020 né al bilancio preventivo 2020/2021 (doc. 15); 2.f) accertare e dichiarare che l'attrice si è limitata ad impugnare la delibera punto 2 del 15.3.21 ma nulla ha eccepito e non ha impugnato il bilancio consuntivo 2019/2020+riparto (doc. 15); 2.g) accertare e dichiarare che nel verbale del 15.03.21 è correttamente inserito elenco dei condomini presenti e dei loro millesimi (n. 47 per complessivi 709,13 mill.), pertanto la delibera punto 2 del 15.3.21 è stata assunta con la corretta verbalizzazione della votazione con espressa indicazione nominativa/individuazione dell'unico condomino contrario (...); 2.h) accertare e dichiarare che l'attrice non ha provato l'esistenza di alcun contratto di conferimento di incarico per la redazione del progetto definitivo Ecobonus-Sismabonus 110% e non ha provato di aver subito alcun pregiudizio economico/patrimoniale a causa della delibera punto 2 del 15.3.21; 2.i) accertare e dichiarare che la delibera punto 2 del 15.3.21 qui impugnata nel giudizio de quo è legittima, valida ed efficace, per i motivi esposti in narrativa e qui richiamati per relationem e per l'effetto dichiarare inammissibile e/o improcedibile e/o infondata l'impugnativa per tutte le ragioni sopra esposte, rigettando tutte le domande attoree, nessuna esclusa in quanto infondate sia in fatto sia in diritto, stante la natura programmatica della delibera punto 1 del 15.03.21, confermata dal fatto che la sua intervenuta revoca non ha comportato alcuna modifica al bilancio consuntivo 2019/2020 (doc. 15) in quanto non aveva stabilito l'addebito di alcun costo in capo alla (...) per il Bonus 110%, confermando la validità della delibera assembleare punto 2 del 15.03.21 legittimamente assunta con corretta indicazione ed individuazione dei condomini votanti. IN OGNI CASO: condannare: l'attrice al risarcimento dei danni ai sensi dell'art. 96 c.p.c. per aver intentato un procedimento nei confronti del Condominio (...), carente di ogni minima aspettativa di riuscita sia proceduralmente, sia in relazione alle argomentazioni di diritto che alle prove addotte, così come sopra ampiamente argomentato, stante la natura programmatica della delibera punto 1 del 15.03.21 (poi revocata), e relativamente alla delibera punto 2 del 15.3.21 stante la corretta indicazione nominativa/individuazione dei condomini votanti nella verbalizzazione della votazione e la carenza di qualsivoglia pregiudizio economico a carico dell'attrice. Con vittoria di spese e compensi professionali, oltre CPA ed IVA, oltre rimborso forfettario come per legge del presente procedimento, anche in considerazione della soccombenza virtuale. FATTO E DIRITTO Con atto di citazione del 13.4.2021, notificato a mezzo PEC in pari data, la società (...) di (...) Società in Accomandita Semplice (nel prosieguo, per brevità, (...) Sas) ha convenuto in giudizio il Condominio (...), sito in Viale (...), Brugherio (nel prosieguo, per brevità, Condominio) alla volta della dichiarazione di nullità e/o dell'annullamento delle delibere assembleari 15 marzo 2021, punti nn. 1 e 2 o.d.g.; vinte le spese di lite. Costituitosi in giudizio, il Condominio ha contestato la fondatezza, in fatto in diritto, delle pretese azionate da (...) Sas, concludendo nei termini di cui alle pagg.19-21 della comparsa di costituzione e risposta. Assegnati i termini per depositare le memorie ex art. 183, comma 6, c.p.c. (cfr. provvedimento 27.1.2022); provveduto in merito all'istanza di sospensiva delle deliberazioni impugnate e respinte le istanze istruttorie articolate dalle difese delle parti (cfr. ordinanza riservata del 17.10.2022, da intendersi qui trascritta e confermata); precisate le conclusioni dai procuratori delle parti come da fogli depositati a PCT (cfr. verbale udienza 23.2.2023); la causa è passata in decisione, assegnati i termini per depositare le comparse conclusionali (24.4.2023) e le memorie di replica (15.5.2023). Si premette che: i) difese, eccezioni ed argomentazioni delle parti saranno esaminate per quanto strettamente necessario nella prospettiva della motivazione di questa sentenza, applicato il principio "della ragione più liquida" (cfr. Cass., Sez. 5, Sent. n. 11458 dell'11.5.2018); ii) le circostanze di fatto rilevanti ai fini della decisione sono esclusivamente quelle allegate entro il termine fissato dalla legge processuale per la maturazione in capo alle parti delle preclusioni assertive aventi ad oggetto gli elementi costitutivi delle pretese azionate in causa (vale a dire, entro il termine previsto per il deposito della memoria ex art. 183, comma 6, n.1, c.p.c.), inammissibili - perché tardive - deduzioni successive al termine de quo (cfr. Cass., Sez. 3, Sent. n. 7270 del 18.3.2008); senza che neppure rilevi il fatto che le circostanze non specificatamente allegate siano, in tesi, evincibili dai documenti già prodotti (quanto al rapporto tra deduzione e produzione documentale, cfr. Cass., Sez. 3, Sentenza n. 7115 del 21.3.2013; cfr. altresì, Cass., Sez. 3, Ordinanza n. 30607 del 27.11.2018, nonché Cass., Sez. 3, Ordinanza n. 11103 del 10.6.2020). (...) Sas ha impugnato le delibere assembleari 15.3.2021 con riferimento ai punti nn. 1 e 2 dell'o.d.g.. In relazione al punto n. 1 cit. è pacifico tra le parti che l'assemblea del Condominio - in data 7.6.2021 - ha revocato la delibera de qua, cosicché è del pari pacifico che - quanto a detto punto all'o.d.g. - è cessata la materia del contendere (cfr. pagg. 1-2 della memoria ex art. 183, comma 6, n. 1, c.p.c. (...) Sas e pag. 19 conclusioni 1.a "in via preliminare nel rito e/o pregiudiziali" della comparsa di costituzione e risposta del Condominio). Tuttavia, anche su tale punto dell'o.d.g., le difese delle parti hanno continuato a dibattere e ciò nella prospettiva della disciplina delle spese di lite secondo il principio della soccombenza virtuale. In base alla tesi sostenuta dal Condominio la delibera di cui al n. 1 o.d.g. cit. non sarebbe impugnabile, avendo carattere meramente "programmatico", con conseguente difetto di interesse ad agire in capo alla società attrice (cfr. pagg. 4 e ss. della comparsa di costituzione e risposta). La natura "programmatica" non trova riscontro nel tenore della deliberazione obiettivamente attestata dal verbale riversato tra la documentazione di causa. Infatti, risultando dal verbale che "l'assemblea a maggioranza dei presenti con mill. 471,08 .... risulta favorevole alla redazione del progetto definitivo che verrà valutato e dovrà contemplare tutte le voci di spesa dei singoli interventi e le ulteriori opere che non rientreranno nel Superbonus 110% ma saranno soggette a cessione del 50%", non sembra potersi dubitare che l'organo assembleare abbia deliberato nel senso della redazione del "progetto definitivo" e tanto è sufficiente a fondare l'interesse ad agire di (...) Sas; tenendo pure presente che il soggetto intervenuto in assemblea per illustrare ai condomini i termini dell'intervento di ristrutturazione incentivato al 110% e/o al 50% ha tenuto a precisare che "qualora una volta redatto il progetto/computo metrico estimativo definitivo il condominio, per qualsivoglia motivo dovesse deliberare di non procedere alle opere, sarà tenuto al pagamento del progetto/computo metrico, quantificato in Euro285.000,00 + cassa architetti + IVA 22% (secondo gli importi previsti dal decreto Ministeriale scontati del 25%)", cosicché la deliberazione de qua aveva attitudine a provocare conseguenze patrimoniali pregiudizievoli in capo ai condomini pure laddove si fosse poi deciso di non eseguire i lavori di ristrutturazione/riqualificazione di cui al "progetto/computo metrico". Affermata la sussistenza dell'interesse ad agire in capo a (...) Sas, è necessario esaminare nel merito i profili di doglianza fatti valere da quest'ultima in relazione alla delibera de qua. Al riguardo, in via di sintesi e con approccio schematico, si rileva quanto segue: - è da escludere che la delibera sia nulla perché "incide sulla proprietà esclusiva di singoli condomini": l'assemblea ha deliberato la redazione di un "progetto" di intervento edilizio fiscalmente incentivato, quindi non vi è alcuna "incidenza" su porzioni in proprietà individuale, potendo semmai essa emergere all'esito della delibera di approvazione lavori che interessino pure dette "porzioni"; inoltre, il giudicante non può non evidenziare come (...) Sas abbia lamentato il fatto che le "opere" (in realtà, il progetto) interessino anche i "balconi" (oggetto di proprietà esclusiva), senza che la società attrice medesima sia titolare di unità immobiliari provviste di "balconi" ((...) Sas è proprietaria "di quattro unità immobiliari destinate a negozio site al piano terra e di quattro magazzini al piano interrato" cfr. pag. 1 citazione), trasparendo così un certo grado di strumentalità del profilo di nullità invocato, ferma infondatezza di esso; - il fatto che la delibera 15.3.2021 è stata preceduta da una consultazione informale (raccolta di firme), funzionale ad acquisire dati circa l'interesse della compagine condominiale ad un intervento della tipologia "bonus 110%", è circostanza del tutto irrilevante con riferimento alle ragioni di invalidità della deliberazione assembleare avente ad oggetto il profilo di cui alla "raccolta firme", non essendo dato rinvenire né una decisione assunta al di fuori del metodo assembleare, né un "esautoramento" dell'assemblea dei condomini (che, d'altro canto, come risultante dalle allegazioni della stessa parte attrice, ha discusso e deliberato sul punto); - l'assemblea 15.3.2021 è stata preceduta da convocazione che - proprio con riferimento al n. 1 all'o.d.g. - indica in modo dettagliato i profili che sarebbero stati discussi in assemblea, cosicché non è possibile sostenere che vi sia stato un deficit di informazione dei condomini; né, (...) Sas, ricevuto l'atto di convocazione, ha chiesto all'amministratore di poter visionare documentazione funzionale ad una migliore conoscenza dell'argomento posto all'o.d.g., essendosi limitata a criticare la "consultazione informale"/"raccolta di firme", aspetto - come sopra esposto - irrilevante nella prospettiva della (lamentata) invalidità della deliberazione; - la circostanza che l'assemblea abbia nominato una "commissione lavori" non inficia la validità delle deliberazione, trattandosi di gruppo di condomini privo di qualsiasi concreto potere a cui è stato affidato il compito di "affiancare" il soggetto designato per la predisposizione del progetto delle opere "al fine di raccogliere tutte le informazioni atte alla realizzazione dell'intervento nel migliore dei modi". Quindi e concludendo, ferma la cessazione della materia del contendere per i motivi e nei termini sopra indicati, con riferimento alla deliberazione n. 1 o.d.g. cit. sussiste sì l'interesse ad impugnare in capo a (...) Sas, ma la deliberazione resiste ai profili di illegittimità invocati dalla difesa attorea. Quanto alla deliberazione di cui al n. 2 o.d.g., parte attrice ha lamentato l'invalidità della deliberazione perché "dal verbale non vi è modo di risalire ai condomini assenzienti e a quelli dissenzienti, e ai valori delle rispettive quote millesimali" (cfr. pag. 17 dell'atto di citazione); inoltre, (...) Sas - nella memoria ex art. 183, comma 6, n. 1, c.p.c. - si duole pure del fatto "che a verbale non sono indicati gli astenuti e non è possibile, da tale omessa indicazione, ritenere semplicisticamente che non vi sia stato alcun astenuto, dovendo tale ipotesi essere indicata espressamente a verbale" (cfr. pag. 9 della memoria ex art. 183, c. 6, n. 1, c.p.c. cit.). Il profilo di illegittimità è destituito di fondamento e va respinto. Infatti, sempre con approccio sintetico e schematico, si rileva quanto segue: - in primis, a tutto concedere, la ragione di doglianza determinerebbe l'annullabilità della deliberazione (e non la nullità di essa), cosicché non avendo (...) Sas neppure dedotto di aver votato in senso contrario ovvero di essersi astenuta (al riguardo, si evidenzia come - pur volendo ammettere un deficit nella verbalizzazione (invero insussistente) - ciascun condomino saprà bene se ha dato voto favorevole o contrario, oppure si è astenuto), la società attrice non ha neppure dimostrato la propria legittimazione a far valere la (ipotetica) ragione di invalidità; - il verbale assembleare (prodotto sub doc. n. 9 del fascicolo di parte convenuta) indica tutti i condomini presenti (in modo nominativo e specificando per ciascuno i millesimi di titolarità) e la deliberazione di approvazione del consuntivo 2019/2020 e relativo riparto ha il seguente tenore: "... il consuntivo e relativo riparto vengono approvati a maggioranza, contrario Signor (...)". Ora, dalla piana lettura del verbale complessivamente considerato emerge senza incertezza alcuna che l'approvazione dello strumento contabile è avvenuta con il voto favorevole di tutti i condomini presenti in assemblea indicati nell'elenco a pag. 1 del verbale (quindi, compresa (...) Sas, la quale - d'altro canto, come sopra evidenziato - non ha allegato di aver espresso voto contrario o di essersi astenuta), fatta eccezione per il dissenso del sig. Guido (...) (titolare di 15,00 millesimi); senza che vi fosse neppure la necessità di indicare l'assenza di condomini astenuti (al riguardo, si osserva che, in generale, in qualsiasi verbale di organo collegiale, l'astensione è registrata solo se qualcuno dei partecipanti fa presente di astenersi). Qualsiasi lettura del verbale diversa da quella sopra proposta appare strumentale e non merita di essere accolta. Circa il regolamento delle spese di lite, stante la reiezione dell'argomentazione sostenuta dal Condominio relativamente al carattere "programmatico" della deliberazione di cui al punto n. 1 o.d.g. e tenuto altresì conto del fatto che detta deliberazione è stata revocata a giudizio in corso, ad avviso del giudicante, nel caso di specie ricorrono i presupposti ex art. 92, comma 2, c.p.c. (valutati pure alla luce della Sentenza della Corte costituzionale n.77/2018), con conseguente integrale compensazione delle spese de quibus. Quanto subito sopra rappresentato in punto di compensazione delle spese di lite conduce al rigetto della richiesta avanzata dal Condominio di condanna di (...) Sas ex art. 96 c.p.c.. P.Q.M. Respinta e/o assorbita ogni altra istanza, difesa ed eccezione delle parti, - dichiara cessata la materia del contendere tra le parti con riferimento alla delibera 15.3.2021, punto n. 1 o.d.g.; - respinge le domande azionate da parte attrice con riferimento alla delibera 15.3.2021, punto n. 2 o.d.g.; - dichiara le spese di lite integralmente compensate tre la parti; - respinge la richiesta di condanna ex art. 96 c.p.c. azionata dal Condominio nei confronti di (...) Sas. Sentenza esecutiva. Monza, 14 giugno 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Giudice del Tribunale di Monza - 2A Sezione civile - dott. Nicola Greco ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa N. 3240/2021 R.G. promossa da (...) (C.F.: (...)), con il proc. dom.Avv.to (...), Cassino - parte attrice - contro CONDOMINIO "(...)" (C.F.: (...)), con il proc. dom. Avv.to (...) - parte convenuta - e contro (...) S.P.A. (C.F.: (...)), con il proc. dom. Avv.to (...), Milano - parte convenuta - OGGETTO: risarcimento danni; responsabilità extracontrattuale (art. 2051 c.c.). All'udienza del 26.1.2023, le difese delle parti hanno richiamato i rispettivi fogli di PC già depositati a PCT del seguente tenore: Parte attrice: Voglia l'Ill.mo Tribunale adito, respinta ogni contraria domanda, istanza e/o eccezione: - accogliere tutte le domande formulate dall'attrice nei confronti dei convenuti, come formulate in citazione, in quante fondate in rito, in fatto ed in diritto. Si chiede che la presente causa sia trattenuta in decisione, con concessione dei termini ex art. 190 c.p.c. per deposito comparsa conclusionale ed eventuale memoria di replica. Con vittoria di spese e compensi professionali del presente giudizio e successive occorrende. Parte convenuta Condominio "(...)": Voglia MN.mo Tribunale di Monza, contrariis reiectis, In via preliminare: accertare e dichiarare ex art. 164 c.p.c. la nullità dell'atto di citazione notificato dalla sig.ra (...) ed inammissibili le domande ivi svolte, in quanto nell'atto manca l'esposizione dei fatti e degli elementi di diritto costituenti le ragioni delle domande di cui al n. 4) dell'art. 163 c.p.c. ed è omessa l'indicazione dei mezzi di prova di cui al n. 5) del medesimo articolo. Ancora in via preliminare: accertare e dichiarare l'improcedibilità delle domande formulate da parte attrice, in quanto la stessa non ha preliminarmente esperito il tentativo obbligatorio di mediazione ex D.Lgs. n. 28/2010. Sempre in via preliminare: accertare e dichiarare l'intervenuta prescrizione del diritto della sig.ra (...) ad ottenere il risarcimento dei presunti danni patiti, non avendo la stessa inviato al Condominio alcuna comunicazione utile ai fini dell'interruzione del relativo termine successivamente alla raccomandata del 15.05.2012 ed avendo inviato soltanto raccomandate e pec ad (...) S.p.a., pur non avendo azione diretta nei suoi confronti. Nel merito in via principale: rigettare tutte le domande svolte dall'attrice in quanto infondate in fatto ed in diritto per tutti i motivi esposti in atti. Nel merito in subordine: nella denegata e non creduta ipotesi in cui l'Ill.mo Tribunale adito ritenesse di non dover accogliere le eccezioni e le domande sopra svolte e qualora il Condominio dovesse essere condannato al pagamento di eventuali somme a favore della sig.ra (...), dichiarare che (...) S.p.a. sia tenuta a manlevare il convenuto Condominio"(...)" da ogni pretesa attorea in virtù del contratto di assicurazione in essere all'epoca dei fatti, condannando la stessa compagnia assicurativa a rifondere quanto sarà eventualmente tenuto a pagare all'attrice e tenendolo altresì indenne dalle spese legali del presente giudizio. In ogni caso, con vittoria di spese e compensi professionali. Parte convenuta (...) S.p.A.: Voglia l'Ill.mo Tribunale adito, disattesa ogni contraria istanza, eccezione e deduzione, così giudicare In via preliminare: - dichiarare l'azione introdotta dalla Sig.ra (...) nei confronti di (...) S.p.A. inammissibile per le ragioni esposte in atti e rigettare tali domande; in via principale e in ogni caso: previa declaratoria di mancata responsabilità del Condominio Residenza "(...)", respingere le domande - tutte - proposte nei suoi confronti, in quanto infondate in fatto e in diritto, anche in ragione dell'intervenuta prescrizione dei diritti fatti valere nei confronti del Condominio, nonché in quanto infondate sia nell'an che nel quantum e, conseguentemente, respingere tutte le domande proposte anche nei confronti di (...) S.p.A., per le ragioni in fatto e in diritto indicate; in via subordinata: nella denegata ipotesi di accertamento di una qualsivoglia responsabilità a carico del Condominio, detratti le franchigie e lo scoperto previsti e nel rispetto del massimale pattuito dalla polizza n. 048016907, dichiarare (...) S.p.A. tenuta al pagamento del dovuto in manleva, del solo minore importo risultante di giustizia, con esclusione di ogni e qualsiasi somma ulteriore. Dichiarare in ogni caso (...) S.p.A. non tenuta al pagamento delle spese di lite gravanti in capo al Condominio per le ragioni esposte in atti. In ogni caso, con vittoria di spese, competenze e onorari di giudizio, oltre al contributo forfettario e oneri di legge. FATTO E DIRITTO Con atto di citazione del 7.4.2021, iscritto a ruolo il 15.4.2021, la sig.ra (...) ha convenuto in giudizio il Condominio "(...)" (nel prosieguo, per brevità, Condominio) ed (...) S.p.A., esponendo - in via di sintesi e per quanto di interesse ai fini della decisione - di essersi trovata a percorrere il 15.1.2011 - ospite del fratello residente nel Condominio - "il porticato, verso il cancelletto pedonale di uscita di via (...), allorquando cadeva rovinosamente a terra a causa della pendenza, non segnalata e costituente insidia e/o trabocchetto, del secondo gradino, non evidenziato e non contraddistinto da materiale edilizio di colore diverso dalla pavimentazione"; di aver la caduta provocato all'attrice medesima "serie lesioni", con diagnosi di "lussazione traumatica spalla destra"; di aver inoltrato al Condominio con raccomandata del 2.12.2011 richiesta di risarcimento danni, reiterata con raccomandata del 15.5.2012, a seguito della quale l'amministratore del Condominio ha inoltrato la richiesta ad (...) -, compagnia assicuratrice dello stabile; di essere stata l'attrice medesima in data 19.12.2012 sottoposta a visita da parte di medico fiduciario di (...) S.p.A., con conseguente offerta della somma di Euro 9.000,00, accettata - con "nota del 29/01/2013" - a titolo di acconto sul maggior importo dovuto; di aver il medico fiduciario dell'attrice medesima valutato i postumi residuati all'esito della caduta del 15.1.2011 in invalidità temporanea al 100% per 35 giorni ed al 50% per 55 giorni, oltre ad un'invalidità permanente quantificata nella misura del 18%. Tanto esposto, la difesa attorea - argomentando con riferimento alla responsabilità per l'accaduto in capo al Condominio e ad (...) S.p.A. ex art. 2051 c.c. - ha chiesto la condanna delle controparti al risarcimento dei danni (quantificato nell'importo di Euro 60.017,50, al netto della somma già versata in acconto); con vittoria di spese di lite. Costituitesi in causa (con separate memorie), le parti convenute - eccepite in via preliminare l'improcedibilità della domanda attorea per omessa attivazione della mediazione obbligatoria ex D.Lgs. n. 28/2010 e la prescrizione estintiva del diritto vantato dalla sig.ra (...) - hanno contestato anche nel merito la fondatezza, in fatto ed in diritto, della domanda avversaria, concludendo - in via principale - per il rigetto di essa; con vittoria delle spese di lite. Concessi alle parti i termini per il deposito delle memorie ex art. 183, comma 6, c.p.c. (cfr. provvedimento 26.3.2022); respinte per inammissibilità le istanze istruttorie articolate dalla difesa attorea, senza che le parti convenute abbiano chiesto l'ammissione di mezzi istruttori a prova diretta (cfr. ordinanza 10.11.2022); all'udienza del 26.1.2023, precisate le conclusioni dai procuratori, la causa è passata in decisione, assegnati alle parti i termini per depositare le comparse conclusionali (27.3.2023) e le memorie di replica (17.4.2023). Si premette che: i) difese, eccezioni ed argomentazioni delle parti saranno esaminate per quanto strettamente necessario nella prospettiva della motivazione di questa sentenza, applicato il principio "della ragione più liquida" (cfr. Cass., Sez. 5, Sentenza n. 11458 dell'11.5.2018); ii) le circostanze di fatto rilevanti ai fini della decisione sono esclusivamente quelle allegate entro il termine fissato dalla legge processuale per la maturazione in capo alle parti delle preclusioni assertive aventi ad oggetto gli elementi costitutivi delle pretese azionate in causa (vale a dire, entro il termine previsto per il deposito della memoria ex art. 183, comma 6, n.1, c.p.c.), inammissibili - perché tardive - deduzioni successive al termine de quo (cfr. Cass., Sez. 3, Sentenza n. 7270 del 18.3.2008); senza neppure rilevi il fatto che le circostanze non specificatamente allegate, in tesi, possano essere ricavate dai documenti prodotti (quanto al rapporto tra deduzione e produzione documentale, cfr. Cass., Sez. 3, Sentenza n. 7115 del 21.3.2013; cfr. altresì, Cass., Sez. 3, Ordinanza n. 30607 del 27.11.2018, nonché Cass., Sez. 3, Ordinanza n. 11103 del 10.6.2020). Preliminarmente, va esaminata l'eccezione di nullità dell'atto di citazione sollevata dalla difesa del Condominio e riproposta in sede di precisazione delle conclusioni. Va evidenziato che detta eccezione è stata già rigettata dallo scrivente con il provvedimento del 26.3.2022, con riserva di indicazione delle ragioni laddove essa fosse stata coltivata. L'eccezione in commento è argomentata "in quanto nell'atto manca l'esposizione dei fatti e degli elementi di diritto costituenti le ragioni delle domande di cui al n. 4) dell'art. 163 c.p.c. ed è omessa l'indicazione dei mezzi di prova di cui al n. 5) del medesimo articolo". Il riferimento alla "omessa l'indicazione dei mezzi di prova di cui al n. 5)" dell'art. 163 c.p.c. non è conferente in relazione all'eccezione di nullità, non essendo il n. 5) cit. richiamato dall'art. 164 c.p.c. tra i requisiti richiesti a pena di nullità dello scritto introduttivo; d'altro canto, come noto, alla "indicazione dei mezzi di prova" si provvede con la memoria ex art. 183, c. 6, n. 2), c.p.c. e, quindi, per definizione, in momento successivo alla predisposizione dell'atto di citazione. Circa la "esposizione dei fatti ed egli elementi di diritto costituenti le ragioni delle domande", fermo che - sempre come risulta dall'art. 164 c.p.c. - alla volta della nullità rileva l'omessa esposizione dei fatti, il "fatto" della caduta risulta sufficientemente delineato al fine di evitare la nullità dello scritto introduttivo; altro e diverso piano - che attiene al merito - è se il "fatto", come descritto in citazione, sia idoneo ad integrare fattispecie risarcitoria invocata quale fonte di responsabilità in capo alle parti convenute. Con le conclusioni la difesa del Condominio ha ritenuto altresì meritevole di riproposizione l'eccezione di improcedibilità della domanda attorea per difetto di attivazione della mediazione obbligatoria ex D.Lgs. n. 28/2010. Al riguardo, lo scrivente ribadisce la ragione di rigetto dell'eccezione de qua già indicata nel provvedimento del 26.3.2022 cit.: l'attrice ha proposto azione di risarcimento danni ex art. 2051 c.c., cosicché la causa non ha natura condominiale, non essendo sufficiente per attribuire tale natura la circostanza che il "soggetto" convenuto sia uno stabile condominiale (da intendersi quale ente di gestione privo di personalità giuridica autonoma rispetto ai condomini che lo costituiscono), qui evocato in giudizio - tra l'altro, da soggetto estraneo alla compagine condominiale - nella qualità di "custode" della "cosa" (in tesi) causa del danno lamentato. Proseguendo nell'analisi, sempre in via preliminare, va dichiarata l'inammissibilità della domanda che l'attrice ha formulato direttamente nei confronti di (...) S.p.A.. Infatti, come precisato dalla Corte di legittimità, "nell'assicurazione per la responsabilità civile, l'azione diretta del danneggiato nei confronti dell'assicuratore è ammessa soltanto nei casi espressamente previsti dalla legge (ovvero nell'ipotesi di assicurazione obbligatoria per la circolazione di veicoli e natanti, disciplinata dalla legge n. 990 del 1969, e nell'ipotesi disciplinata dalla legge n. 968 del 1977 in tema di esercizio della caccia), mentre in tutti gli altri casi l'assicuratore è obbligato solo nei confronti dell'assicurato a tenerlo indenne da quanto questi debba pagare ad un terzo cui ha provocato un danno, sicchè, al di fuori delle eccezioni sopra indicate, soltanto l'assicurato è legittimato ad agire nei confronti dell'assicuratore, e non anche il terzo, nei confronti del quale l'assicuratore non è tenuto per vincolo contrattuale né a titolo di responsabilità aquiliana" (Cass., Sez. 3, Sent. n. 9516 del 20.4.2007; cfr., conforme, Cass., Sez. 3, Ord. n. 5259 del 25.2.2021; pronunce entrambe esattamente citate in termini dalla difesa di (...) S.p.A.). Quanto, poi, alla tesi - sostenuta dalla difesa attorea nella memoria di replica - secondo la quale la sig.ra (...) avrebbe azione diretta nei confronti della società assicuratrice del Condominio perché nel caso di specie si verserebbe in ipotesi di "assicurazione per conto altrui, facendo capo direttamente all'assicurato, ai sensi dell'art. 1890 c.c., i diritti derivanti dal rapporto assicurativo", trattasi di tesi destituita di fondamento e ciò muovendo dalle stesse deduzioni della difesa di parte attrice, che - richiamato l'art. 4.3 del contratto di assicurazione tra il Condominio ed (...) S.p.a. - ha evidenziato come quest'ultima si sia impegnata a "tenere indenne l'assicurato per quanto egli sia tenuto a corrispondere, in quanto civilmente di danni involontariamente cagionati a terzi", cosicché è evidente che il rapporto obbligatorio intercorre solo tra le parti del contratto e non è sostenibile che il Condominio abbia stipulato l'assicurazione in nome altrui. Concludendo sul punto, l'unico soggetto legittimato in relazione alla domanda attorea è il Condominio e la posizione di (...) S.p.A. è da considerare solo laddove - accolta (anche parzialmente) la pretesa risarcitoria azionata dalla sig.ra (...) - si debba valutare la richiesta di manleva avanzata dal Condominio nei confronti della compagnia assicuratrice. Passando ad esaminare il merito, come risulta dall'atto di citazione (cfr. pagg. 2-3), la domanda risarcitoria azionata da parte attrice è argomentata muovendo dall'art. 2051 c.c.. E' pacifico che - invocata la responsabilità ex art.2051 c.c. - grava su chi lamenta di aver sofferto un danno risarcibile l'onere di allegare e provare l'evento dannoso ed il nesso di causalità tra danni e cosa in custodia; d'altro canto, in tal senso si esprime in modo univoco la Suprema Corte (cfr., tra le tante e da ultimo, Cass., Sez. 6 - 3, Ord. n. 27724 del 30.10.2018; Cass., Sez. 6 - 3, Ord. n. 30775 del 22.12.2017; Cass., Sez. 6 - 3, Ord. n. 11526 dell'11.5.2017). Del pari, anche in relazione all'art. 2043 c.c. (figura alla quale la difesa attorea non ha fatto espresso riferimento, ma, in teoria, qui applicabile), "l'esistenza e la derivazione causale di postumi permanenti integrano il fatto costitutivo della pretesa al risarcimento e la loro sussistenza va provata da chi la allega" (cfr. Cass., Sez. 3, Sent. n. 23425 del 4.11.2014). Ora, anche volendo aderire alla tesi attorea circa la configurabilità nel caso di specie di responsabilità ex art. 2051 c.c. in capo al Condominio, l'onere della prova gravante sull'attrice sta a significare non tanto che quest'ultima debba dimostrare di essere caduta il 15.1.2011 in spazio condominiale mentre era intenta a lasciare lo stabile, quanto che la caduta è stata provocata proprio dalla "pendenza .., del secondo gradino", di cui si legge in citazione ed ivi qualificata in termini di "insidia e/o trabocchetto" (cfr. pag. 1 dello scritto introduttivo). Come già evidenziato dallo scrivente nell'ordinanza 10.11.2022, la richiesta di ammissione della prova testimoniale formulata da parte attrice "sulle circostanze di fatto esposte in narrativa nell'atto di citazione, esclusa ogni valutazione" non ha potuto essere accolta, non rivenendosi nello scritto introduttivo un'articolazione dei fatti esposta in capitoli separati e specifici, con conseguente inammissibilità dell'istanza istruttoria de qua (cfr. Cass., sez. 2, Sent. n. 12292 del 7.6.2011 e Cas., Sez. 1, Sent. n. 2201 del 31.1.2007). Tanto evidenziato, è poi da escludere che siano stati introdotti in giudizio elementi idonei a soddisfare l'onere probatorio gravante su parte attrice. Infatti, i) il verbale di pronto soccorso del 15.1.2011, al pari dell'intera documentazione riversata agli atti di causa, a tutto concedere, dà conto della caduta, ma nulla dice con riferimento alla dinamica ed alla ragione di essa; ii) la somma corrisposta da (...) S.p.A. è stata erogata a titolo transattivo, cosicché non è rinvenibile riconoscimento di responsabilità, non essendo neppure chiaro in base a quale principio, determinazioni assunte in piena autonomia dalla compagnia assicuratrice, possano valere nei confronti del soggetto assicurato quali atti implicanti ammissione di responsabilità in capo a quest'ultimo. In conclusione, facendo radicale difetto la prova della dinamica della caduta e del contesto in cui essa è avvenuta, la domanda di risarcimento del danno ex art. 2051 c.c. (nonché, se del caso, ex art. 2043 c.c.) non può essere accolta e va rigettata. Inoltre, fermo quanto sopra osservato, di per sé dirimente alla volta della reiezione della pretesa attorea, per mera completezza della motivazione, merita di essere precisato che la eccezione di prescrizione sollevata dal Condominio appare meritevole di accoglimento. Infatti, l'episodio di cui è giudizio si è verificato il 15.1.2011 e l'ultimo atto interruttivo indirizzato al Condominio è la raccomandata del 15.12.2012, senza che tra la documentazione di causa si rinvenga altra comunicazione indirizzata al Condominio prima dello spirare del termine quinquennale ex art. 2947, c. 1, c.c. e senza che ad eventuali richieste inoltrate ad (...) S.p.A. possa essere attribuita efficacia interruttiva, non risultando - sul piano della allegazione, prima ancora che su quello della, pur necessaria, prova - che le richieste de quibus siano mai pervenute nella sfera di conoscenza del debitore (da individuarsi - in ragione di ciò che si è sopra osservato - solo ed esclusivamente nel Condominio e non anche nella compagnia di assicurazione di quest'ultimo). La presente sentenza è provvisoriamente esecutiva per legge. Per quanto concerne il regolamento delle spese di lite, esse, non ricorrendo nel caso di specie alcuna delle ipotesi di cui all'art. 92, comma 2, c.p.c. per discostarsi dal principio della soccombenza, dette spese vengono regolate in base a detto principio, con conseguente condanna dell'attrice a rifonderle alle parti convenute, per l'importo liquidato in dispositivo, in ragione del valore e dell'oggetto della causa, della durata del giudizio, del fatto che si è tenuta un'unica udienza "in presenza" e dell'attività processuale svolta nel corso del procedimento, con la precisazione che si procede a diminuire, nella misura del 50%, i valori medi di cui alle tabelle allegate al D.M. che disciplina le spese di lite, sia per la "fase istruttoria e/o di trattazione" (essendosi essa limitata alla predisposizione delle memorie di cui all'art. 183, comma 6, c.p.c., senza svolgimento di attività istruttoria), sia per la "fase decisionale" (stante l'obiettiva semplificazione della fase de qua, da collegare al mancato svolgimento di attività istruttoria, con giudizio decidibile allo stato degli atti e scritti conclusivi in larga parte ripetitivi del contenuto di quelli già riversati tra il materiale di causa nelle precedenti fasi processuali). La presente sentenza è provvisoriamente esecutiva per legge. P.Q.M. Respinta e/o assorbita ogni altra istanza, difesa ed eccezione delle parti, - rigetta la domanda risarcitoria azionata della parte attrice nei confronti di quelle convenute; - condanna parte attrice a rifondere le spese di lite di questo giudizio al Condominio convenuto, liquidando l'importo complessivo di Euro 5.010,50 per compensi professionali, oltre oneri ed accessori dovuti per legge, nonché 15% per rimborso spese forfettarie; - condanna parte attrice a rifondere le spese di lite di questo giudizio ad (...) S.p.A., liquidando l'importo complessivo di Euro 5.010,50 per compensi professionali, oltre oneri ed accessori dovuti per legge, nonché 15% per rimborso spese forfettarie; Sentenza esecutiva. Monza, 3 maggio 2023. Depositata in Cancelleria il 4 maggio 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI MONZA SEZIONE TERZA CIVILE Il Tribunale in composizione monocratica, nella persona del giudice dott.ssa Caterina Rizzotto, ha pronunciato la seguente SENTENZA Nell'opposizione a precetto ex art. 615 co.1 c.p.c. iscritta al n. r.g. 9254/2021 promossa da: (...), nato in E., il (...) e (...), nata in E. il (...), rappresentati e difesi, giusta procura in calce all'atto di citazione, dall'avv. La.Me. (C.F. (...)) con studio in Milano, alla via (...), 33, presso il cui studio sono elettivamente domiciliati; -attori opponenti- nei confronti di: (...) s.r.l., costituita ai sensi della L. 30 aprile 1999, n. 130, con sede legale in C. (T.), Via V. A. 1, C.F. e partita IVA (...), quale mandataria giusta procura speciale del (...) a rogito del Notaio (...) di M., rep. (...), racc. (...) (doc. 1) di (...) S.p.A., con sede legale in M., Via V., 15/17, C.F. e P.IVA (...), a sua volta mandataria in forza di procura rilasciata da (...) S.p.A. (doc. 2), via V. n. 15/17, C.F. e Partita IVA (...), in persona del suo procuratore speciale, Dott.ssa (...), nata a I. (T.) i1 (...) (c.f. (...)), giusta procura del Dott. (...) nella sua qualità di Consigliere della (...) S.p.A., in forza di delibera del Consiglio di Amministrazione del 24/07/2019, con firma autenticata il 25/05/2020 dal Notaio P.M. in M., rep. (...), racc. (...) e registrata in data 27/05/2020 in Milano 2 alla serie 1T 35001 (doc. 3), rappresentata e difesa, giusta procura alle liti allegata alla comparsa di costituzione, dall'Avv. Lu.Lo. (C.F. (...)), presso il cui Studio, sito in Milano, Viale (...), è elettivamente domiciliata; -convenuta opposta- CONCISA ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE 1. Svolgimento del processo. Con atto di citazione notificato a mezzo pec in data 2 novembre 2021 i sig.ri (...) e (...) hanno opposto il precetto loro notificato in data 15 ottobre 2021 da (...) Srl e per essa dalla sua procuratrice speciale, (...) S.p.A. (di seguito "(...)") e recante l'intimazione di pagamento della somma di Euro 120.502,21, oltre spese ed interessi, in forza di mutuo fondiario del 14 luglio 2006, a rogito del notaio Dott. (...), rep. n. (...) - racc. n. (...), munito di formula esecutiva in data 2 ottobre 2006. In particolare, gli opponenti hanno chiesto accertarsi la nullità (o annullabilità) dell'atto di precetto notificato nonché la sospensione della "provvisoria esecuzione" del titolo. A sostegno della domanda hanno dedotto la carenza di certezza e liquidità del credito in ragione delle allegate: 1. violazione del limite di finanziabilità del mutuo ex art. 38 T.u.b.; 2. illecita pattuizione di interessi superiori al tasso soglia in violazione della L. n. 108 del 7 marzo 1999, 3. violazione ex artt. 1346 e 1418 II comma c.c. per indeterminatezza della clausola che ha previsto l'interesse corrispettivo in misura pari all'Euribor, scadenza 3 mesi su base 360, cui si aggiungono ulteriori 2 punti percentuali "in conseguenza dell'accertata esistenza da parte della Commissione Europea (Sentenza del 04/12/2013 e del 07/12/2016 - Caso 39914) di un cartello tra le diverse banche europee rivolto alla manipolazione del tasso Euribor"; 4. violazione dell'art. 1283 del c.c. in ragione della previsione negoziale di rimborso mediante n. 360 rate mensili posticipate, calcolate secondo il metodo dell'ammortamento cd. "alla francese". Parte opponente ha modellato tutti i motivi di opposizione e specialmente i motivi numero 2, 3 e 4 sulla "consulenza tecnica preliminare resa dal consulente tecnico (...)". Con rituale comparsa di costituzione e risposta depositata in data 3 marzo 2022 si è costituita in giudizio (...) contestando preliminarmente la totale carenza di allegazioni in fatto (cfr. mancata produzione della perizia di parte, richiamata in narrativa) e in diritto, specie con riferimento alle censure sub (...),(...),(...). Ha altresì contestato il superamento del limite di finanziabilità, allegando la perizia redatta il 28 giugno 2006 nell'istruttoria pre-contrattuale dal Geom. (...) (cfr. doc. 8 fasc. conv.). Ha quindi concluso chiedendo il rigetto dell'istanza di sospensione dell'efficacia esecutiva e, nel merito, di tutte le domande proposte. In via subordinata ha infine chiesto accertarsi la conversione del contratto in mutuo ipotecario. Con ordinanza riservata del 23 aprile 2022, è stata rigettata l'istanza di sospensione dell'efficacia esecutiva del titolo per manifesta carenza di gravi motivi e, in particolare, del fumus boni iuris. Nello specifico, si è evidenziata la grave carenza di allegazione in fatto e di deduzione in diritto per tutti i motivi di opposizione, specialmente per i motivi diversi dal primo, oltre alla generale carenza di prova a supporto delle deduzioni svolte. Con memoria ex art. 183 co. 6 n. 2 c.p.c., parte attrice ha allegato la consulenza tecnica di parte redatta dal dott. (...), già richiamata nella narrativa dell'atto di citazione, ed il D.M. del 21 giugno 2006. Ha altresì chiesto disporsi consulenza tecnica d'ufficio volta a dimostrare l'illegittimità della richiesta di pagamento da parte della convenuta. Nella memoria di replica ex art. 186 co.6 n. 3 c.p.c, la convenuta ha contestato sia la richiesta di nomina di c.t.u. che la produzione avversaria, deducendo la carenza di valore probatorio della c.t.p. avversaria, anche in quanto meramente congiunta alla memoria senza puntuale allegazione in atti delle criticità in tesi evidenziate. Quest'ultima contestazione è stata brevemente respinta da parte attrice nella memoria ex art. 183 co. 6 n. 3 c.p.c., nella quale è stata riproposta la richiesta di c.t.u. contabile, poi ribadita all'udienza del 29 settembre 2022. Con ordinanza riservata del 13 ottobre 2022 è stata rigettata l'istanza istruttoria di parte attrice e, ritenuta la causa matura per la decisione, l'udienza è stata rinviata per precisazione delle conclusioni al 23 febbraio 2023, all'esito della quale, dato atto delle conclusioni come precisate, la causa è stata trattenuta in decisione con concessione di termini abbreviati per il deposito degli scritti finali. Si dà atto che la presente sentenza viene depositata in data 1 maggio 2023. 2. L'infondatezza del primo motivo di opposizione: sul rispetto del limite di finanziabilità dell'80%. Preliminarmente deve qualificarsi l'odierna opposizione come opposizione preventiva all'esecuzione, atteso che si contesta la legittimità del diritto di promuovere l'esecuzione per assenza di valido titolo esecutivo e per difetto di certezza e liquidità del credito. Con il primo motivo di opposizione parte attrice ha dedotto la nullità del contratto di mutuo fondiario, azionato dalla mutante per mancato rispetto del limite di finanziabilità, individuato ex art. 38 TUB (D.Lgs. n. 385 del 1993) dalla (...) "in conformità della deliberazione del CICR" del 1995 nell'ammontare massimo dell'80% del valore dei beni ipotecati, ovvero del costo delle opere da eseguire sugli stessi. Secondo la prospettazione di parte opponente, la mutuante avrebbe violato la soglia erogando un finanziamento ipotecario di Euro 152.000,00 a fronte di un valore del bene desumibile, dal prezzo di acquisto dell'immobile concesso in garanzia, sito in Sesto S. G. (M.), Viale G. n.42, di Euro 150.000,00 (cfr. doc. 1 att.). Da tale violazione conseguirebbero la nullità del contratto di mutuo, il diritto della parte finanziata a richiedere la ripetizione delle somme indebitamente versate per oneri ed interessi, nonché la decadenza della garanzia ipotecaria prestata a favore della mutuante. L'assunto di parte attrice non è coerente con l'attuale assetto giurisprudenziale in materia di superamento del limite di finanziabilità, sancito dalla recentissima pronuncia n. 33719/2022 delle Sezioni Unite della Cassazione, condiviso da questo Tribunale. Le Sezioni Unite, dirimendo la questione interpretativa, hanno cristallizzato il principio di diritto applicabile alla fattispecie nel seguente arresto: "in tema di mutuo fondiario, il limite di finanziabilità ex art. 38, comma 2, del D.Lgs. n. 385 del 1993, non costituisce un elemento essenziale del contenuto del contratto, non essendo la predetta norma determinativa del contenuto medesimo, né posta a presidio della validità del negozio, bensì un elemento meramente specificativo o integrativo dell'oggetto contrattuale, fissato dall'Autorità di vigilanza sul sistema bancario nell'ambito della c.d. "vigilanza prudenziale", in forza di una norma di natura non imperativa, la cui violazione è, dunque, insuscettibile di determinare la nullità del contratto" (cfr. Cass. civ., Sez. Unite, Sentenza, 16/11/2022, n. 33719). Ne discende la validità del contratto di mutuo fondiario "sovrafinanziato", contratto che rimane regolato dalla disciplina speciale del credito fondiario, esponendo la mutuante al rischio di sanzioni amministrative, in ragione della violazione di una norma improntata alla tenuta del sistema bancario e, conseguentemente, non imperativa, e di revocabilità della garanzia. Detto approdo giurisprudenziale dimostra l'infondatezza del primo motivo di opposizione. Vale in ogni caso appena il caso di osservare che la deduzione attorea è rimasta del tutto astratta e svincolata dalle concrete risultanze processuali. 3. L'inammissibilità del secondo motivo di opposizione relativo alla violazione della L. n. 108 del 7 marzo 1996. Parte opponente ha altresì eccepito l'illecita pattuizione di un tasso d'interesse superiore a quello soglia in violazione della L. n. 108 del 1996, richiamando la relazione tecnica del dott. G.D. (cfr. consulenza tecnica di parte, prodotta dagli attori con la memoria ex art. 183 comma 6 n. 1 c.p.c.). Conseguenze di questa doglianza sarebbero, in tesi, l'illegittimità del saldo di Euro 119.911, 27, oggetto di intimazione, e il diritto della parte mutuataria a ripetere quanto versato sia a titolo di interessi che di spese e commissioni usurarie e, in ogni caso, l'illegittimità dell'atto di precetto, in quanto avente ad oggetto un credito privo del requisito di certezza, liquidità ed esigibilità. Tale secondo motivo di opposizione è inammissibile e in ogni caso infondato. La Suprema Corte ha da tempo statuito il seguente principio di diritto in punto di oneri di allegazione incombenti in capo al debitore che eccepisca o chieda l'accertamento dell'usurarietà degli interessi: "il debitore, il quale intenda provare l'entità usuraria degli stessi, ha l'onere di dedurre il tipo contrattuale, la clausola negoziale, il tasso moratorio in concreto applicato, l'eventuale qualità di consumatore, la misura del TEGM nel periodo considerato, con gli altri elementi contenuti nel decreto ministeriale di riferimento, mentre la controparte dovrà allegare e provare i fatti modificativi" (cfr. ex multis Cass. Civ., S.U., 18/9/2020, n.19597). Anche la giurisprudenza di merito, che si condivide, ha precisato che è onere della parte che deduce l'applicazione di un tasso usurario allegare ed indicare modi, tempi e misura del superamento dello specifico tasso soglia (sul tema cfr. Trib. di Ferrara, Sentenza, 5 dicembre 2013). In più, come sancito anche dalla giurisprudenza di merito citata da parte opposta, parimenti condivisa da questo Tribunale, che "le carenze dal punto di vista delle allegazioni dell'atto introduttivo di un giudizio non possono essere colmate attraverso l'esame diretto della documentazione allegata (ed in particolare della perizia di parte), in quanto il profilo assertivo e quello probatorio devono essere comunque tenuti distinti" (cfr. Tribunale di Roma, Ordinanza, 12 giugno 2016). Dunque grava pacificamente sul debitore, che eccepisca l'usurarietà del mutuo, l'onere di allegare, tempestivamente, il tasso soglia determinato con decreto ministeriale del MEF nel trimestre di rilevanza, il TEG convenuto e concretamente applicato con raffronto alle clausole negoziali richiamate ed il momento e l'entità del superamento della soglia antiusura, supportando tale allegazione con la produzione in giudizio della documentazione anche tecnica idonea a dare conto del procedimento di calcolo attraverso cui si è giunti a tale asserzione. Nel caso di specie, considerato il mancato deposito della prima memoria istruttoria, l'allegazione contenuta in citazione è rimasta generica, indeterminata e disarticolata rispetto agli esiti della perizia, prodotta in allegato alla seconda memoria, non avendo gli attori specificato il meccanismo attraverso il quale sono addivenuti alla determinazione dello scostamento rilevato tra tasso soglia anti-usura del 6,63% e TEG del 6,86% ovvero del 6,494%. Di seguito si riporta l'unica allegazione contenuta in citazione: "L'applicazione delle condizioni economiche convenute al rapporto di mutuo determina il superamento del tasso sogli usura vigente nel III trimestre 2006 per i mutui ipotecari a tasso variabile pari al 6,63%, sia considerando gli oneri dovuti a titolo di penale di estinzione anticipata e di interessi di mora, sia escludendo dal calcolo questi ultimi. L'usura originaria del rapporto, infatti, permane, in ipotesi di esclusione della penale di estinzione anticipata, fino al versamento della rata n. 7, in scadenza il 14/02/2007, dove viene riscontrato un Tasso Effettivo Globale del 6,86%, ed, in ipotesi di inclusione della penale di estinzione anticipata, nella misura dell'1% fino al versamentodella rata n. 14 in scadenza il 14/09/2007, dove viene riscontrato un Tasso Effettivo Globale del 6,494%". L'intera allegazione si basa, esclusivamente, sul richiamo, peraltro parziale, della perizia tecnica di parte redatta dal Dott. (...), specificamente contestata dalla parte opposta, e, come tale, "rimessa all'apprezzamento discrezionale del giudice di merito, che non è in nessun caso obbligato a tenerne conto o analizzarne ed eventualmente confutarne il contenuto", né a disporre sulla base della stessa una consulenza tecnica d'ufficio (cfr. ex multis Cassazione civile sez. I, 02/09/2022, n.25930 ovvero Cassazione civile sez. trib., 27/12/2018, n.33503). Per tale ragione, ossia per la grave lacuna assertiva degli atti, non è stata disposta la c.t.u. richiesta e l'opposizione si ritiene in parte qua inammissibile. Ove si ritenga, per mera ipotesi, assolto l'onere di allegazione, mediante il mero rinvio alla relazione tecnica di parte, depositata soltanto con la seconda memoria ex art. 183 co. 6 c.p.c., dovrebbe in ogni caso rilevarsi l'infondatezza dell'opposizione per genericità della prospettazione. La perizia ha impiegato a fondamento della valutazione il mutuo fondiario, il rogito e l'atto di precetto (cfr. p. 4). Dopo una premessa generale sulla ritenuta intrinseca natura anatocistica della capitalizzazione composta nel piano di ammortamento alla francese e sulle componenti del costo del credito da considerare al fine del giudizio di usurarietà degli interessi (interessi di mora, penale per estinzione anticipata), il consulente di parte afferma, in via apodittica, che il contratto di mutuo prevede non soltanto un piano di rimborso con ammortamento alla francese (come in effetti previsto nell'art. 6) bensì anche il sistema della capitalizzazione composta (oggetto peraltro di separato motivo di opposizione; cfr. infra punto 5), senza dare conto del percorso logico e tecnico e soprattutto dei calcoli impiegati per raggiungere il risultato esposto attraverso la formula matematica inserita nella perizia e l'esame del piano di ammortamento allegato. Non è in alcun modo esplicitato il conteggio effettuato per affermare che la rata iniziale, comprensiva di capitale e interessi, fosse pari ad Euro 746,46 (p. 16), anziché Euro 587, come risultante dall'esame del piano di ammortamento e dalla clausola di determinazione degli interessi al tasso variabile. Poi la perizia prosegue affermando che il piano di ammortamento implica invece il pagamento di una rata di Euro 746,86 (p. 22), senza alcuna motivazione in ordine a tale modifica nella rilevazione. Ancora sulla base della assunta natura di maggior costo del credito derivante dal pattuito regime di capitalizzazione composta, rispetto a quello semplice meno oneroso (Euro 587), il consulente diminuisce il capitale effettivamente erogato ad Euro 119.464,89 (sottraendo a Euro 152.000 le maggiori somme pagate in forza del regime composto, Euro 32.535,11), vi aggiunge le spese di istruttoria e assicurazione e ridetermina dunque il piano di ammortamento alla data di stipula utilizzando una rata costante di Euro 746,86 per 360 rate. Così si limita a concludere che "Il TEG (Tasso effettivo globale) applicato al rapporto è, infatti, pari al 6,764% ed è superiore al TSU (tasso soglia usura) stabilito nel III trimestre 2006 per la categoria dei mutui ipotecari a tasso variabile, pari al 6,630%" (cfr. pp. 21-22 consulenza tecnica di parte). Ebbene dalla ricostruzione effettuata risulta che la allegazione è disarticolata dalla deduzione tecnica e la deduzione tecnica contiene assunzioni erronee (si rinvia all'errore nell'individuazione della rata alle pag. 16 e 22 della relazione) ma soprattutto apodittiche e indimostrate, dunque non verificabili nella loro astratta correttezza dalla controparte, generiche e insuscettibili di condurre all'ammissione di consulenza tecnica d'ufficio. Non è stata infatti fornita indicazione comprensibile in ordine al procedimento di calcolo mediante il quale il consulente ha ritenuto che il piano di ammortamento è stato elaborato con il metodo di capitalizzazione composta degli interessi - il che costituisce il presupposto di tutto il ragionamento - ed ha determinato la rata convenuta in Euro 746,46 ovvero Euro 746,86. Dunque, la difesa degli opponenti si risolve in una prospettazione generica, astratta e perciò tale da non poter condurre ad alcun tipo di approfondimento istruttorio. 4. L'infondatezza del terzo motivo di opposizione relativo alla violazione degli artt. 1346 e 1418 comma 2 c.c. Quanto al terzo motivo di opposizione, parte attrice ha dedotto la nullità del contratto di mutuo ex artt. 1346 e 1418 co. 2 c.c. per indeterminatezza ed indeterminabilità della clausola relativa alla fissazione dell'interesse corrispettivo, per le rate successive alla sesta, in misura pari all'Euribor scadenza e mesi su base 360, cui si aggiungono ulteriori due punti percentuali (cfr. art.3 contratto di mutuo). In tesi, l'indicizzazione del tasso d'interesse all'Euribor per i contratti stipulati tra il 29/9/2005 e il 30/5/2008, tra cui anche il mutuo in esame (sottoscritto il 14 luglio 2006), renderebbe nulla la relativa clausola "in conseguenza dell'accertata esistenza da parte della Commissione Europea (Sentenza del 04/12/2013 e del 07/12/2016 - Caso 39914) di un cartello tra le diverse banche europee rivolto alla manipolazione del tasso Euribor", con applicabilità del tasso legale in luogo del corrispettivo. Detto motivo è infondato. Parte attrice fonda la propria prospettazione sull'accertata manipolazione del tasso Euribor, manipolazione che sarebbe stata operata da alcune banche europee collegate in "cartello", come in tesi accertato dalla Commissione Europea. Tuttavia la parte non ha prodotto l'accertamento in parola mediante deposito del provvedimento assunto dalla Commissione. In ogni caso, ai fini della declaratoria di nullità del tasso di interesse pattuito, non è sufficiente il mero riferimento all'Euribor. Infatti, da un punto di vista "genetico", tale tasso non rappresenta un valore fissato da un "accordo" restrittivo tra banche bensì un valore ottenuto tramite un sistema di rilevazione oggettivo che tiene conto della media aritmetica delle quotazioni effettuate e pubblicate dagli Istituti di credito operanti nell'Eurozona e, di per sé, non può certo ritenersi illecito. La ragione per cui la Commissione Europea è intervenuta nel periodo 2005-2008 ad infliggere sanzioni risiede solo nell'accertamento di un cartello, tramite il quale alcune banche avevano concordato un "settaggio" di certi valori Euribor, calibrato sulla base delle scadenze che si erano trovate ad affrontare con riferimento ai contratti conclusi. Dunque, come ritenuto da condivisibile giurisprudenza di merito, affinché nel concreto il riferimento all'Euribor rappresenti l'indice della nullità della clausola contrattuale determinativa di interessi, spetta alla parte che invochi la nullità "allegare e dimostrare la concreta incidenza sul singolo contratto dell'applicazione del tasso Euribor richiamato, nonché l'adesione della banca all'intesa anticoncorrenziale vietata dalla normativa europea, e in particolare dall'art. 101 TUE, recepita nel diritto nazionale dalla L. n. 287 del 1990 (c.d. cartello interbancario) ed "indicare le ragioni per cui l'eventuale superamento sarebbe disceso proprio dalla correlazione del tasso variabile in concreto applicato con il parametro Euribor contestato, piuttosto che, al contrario, dallo spread dedotto nel contratto" (Trib. Di Genova, 5 febbraio 2019, n. 346). Nel caso di specie gli attori hanno invece soltanto prospettato che la nullità del contratto di mutuo "a valle" deriverebbe in automatico dall'invalidità "a monte" dell'intesa anticoncorrenziale tra banche europee in violazione della normativa antitrust, nel cui ambito sarebbe stato stipulato il mutuo. Così come formulato il terzo motivo di opposizione è infondato poiché si limita a dare per scontata la nullità del contratto "a valle", senza provare, allegare o produrre l'esistenza dell'intesa restrittiva, l'illiceità della stessa mediante allegazione dell'accertamento, in sede amministrativa, dell'intesa anticoncorrenziale, la connessione tra questa ed il contratto di mutuo, nonché il coinvolgimento della banca mutuante nell'intesa stessa. Di conseguenza, il motivo di opposizione è infondato e in ogni caso la prospettazione è inconsistente, attesa la carenza di precisione nell'argomentazione giuridica e l'indeterminatezza della stessa. 5. L'infondatezza del quarto motivo di opposizione relativo alla violazione dell'art. 1283 c.c. e dell'art. 1346 c.c. Infine gli opponenti hanno dedotto l'anatocismo del metodo di ammortamento c.d. alla francese, previsto nel contratto di mutuo e sulla cui base sono state calcolate le n. 360 rate mensili posticipate e individuate, per la quota capitale, nell'allegato piano di ammortamento. Nella memoria ex art. 183 co. 6 n.2 c.p.c., riportando stralci della relazione stragiudiziale del Dott. (...), hanno precisato che il piano di ammortamento alla francese sarebbe stato predisposto con sistema di capitalizzazione composta degli interessi, in luogo di quella semplice (cfr. p. 2 della memoria). Secondo la tesi attorea, questo criterio finanziario implicherebbe un'intrinseca capitalizzazione degli interessi, con l'applicazione di un interesse effettivo (4,32%) più elevato rispetto a quello nominale indicato in contratto (4,24%), in violazione dell'art. 1283 c.c. Detta applicazione comporterebbe in tesi anche la violazione dell'art. 1346 c.c., atteso che l'implicita capitalizzazione degli interessi renderebbe non determinato o indeterminabile il tasso di interesse, con la conseguente necessità di applicare in concreto il tasso legale ex art. 1284 c.c. Il quarto motivo di opposizione è complessivamente infondato. Premesso che, come sopra rilevato, l'assunto dell'applicazione nel piano di ammortamento oggetto di causa del meccanismo di capitalizzazione composta non è stato minimamente argomentato ed esplicitato e rimane pertanto irrimediabilmente generico, deve in ogni caso osservarsi nel merito che, secondo la giurisprudenza prevalente, citata anche nella relazione di parte e che questo Tribunale condivide, il c.d. piano di ammortamento alla francese non è connotato da anatocismo intrinseco, nemmeno nel contesto della c.d. rata composta. In altre parole, nei mutui con ammortamento alla francese, sussiste solo il frazionamento dell'obbligo restitutorio, poiché ogni rata, di importo costante, è composta sia da una quota di capitale in misura mensilmente crescente che da una quota di interessi corrispettivi proporzionalmente decrescenti. Un meccanismo restitutorio di questo tipo non comporta alcuna illegittima capitalizzazione degli interessi né alcuna discordanza tra il tasso pattuito e quello applicato: in ciascuna rata gli interessi vengono infatti calcolati solo sul capitale residuo del periodo precedente e al netto dell'importo già pagato in linea capitale con la rata o le rate precedenti, senza capitalizzare in tutto o in parte gli interessi corrisposti con le rate precedenti (Tribunale Milano Sez. III, Sent., 04/01/2023; Tribunale di Roma Sez. XVII, Sent., 09/03/2022 e successive conformi). In tale prospettiva, l'applicazione di interessi composti non conduce perciò necessariamente alla violazione dell'art. 1283 c.c., che vieta soltanto la produzione di interessi su interessi scaduti e dunque una capitalizzazione di interessi non ravvisabile nel piano di ammortamento redatto con metodo francese; né conduce ad un'indeterminatezza del tasso di interesse, risolvendosi semplicemente in una "diversa costruzione delle rate costanti in cui la quota degli interessi e quella di capitale variano al solo fine di privilegiare nel tempo la restituzione degli interessi rispetto al capitale, in ossequio al principio previsto dall'art. 1194 c.c." (cfr. ex multis Tribunale di Roma, Sez. XVII, Sentenza, 27/09/2019, n. 18382 ovvero Tribunale di Roma, Sentenza, 03/10/2019, n.18861) L'adesione a tale prevalente orientamento si risolve nella infondatezza della prospettazione. Peraltro, tale prospettazione sconta, in ogni caso, una grave carenza di precisione, in quanto gli attori non hanno in alcun modo esplicitato in fatto il meccanismo attraverso il quale si avrebbe la produzione di interessi su interessi, mediante puntuale connessione della contestazione al documento allegato costituito dal piano di ammortamento, né hanno dedotto alcunché specifico in diritto. Quanto alla seconda contestazione, precisata da parte attrice nella seconda memoria ex art. 183 co.6 c.p.c., ossia la ritenuta idoneità della capitalizzazione composta a rendere indeterminata la clausola sugli interessi, in mancanza di espressa accettazione di tale formula di matematica finanziaria, si osserva quanto segue. Secondo la giurisprudenza di merito che si condivide, "la mancata indicazione del regime di capitalizzazione che governa il piano di ammortamento del mutuo, sebbene neghi al mutuatario la effettiva conoscenza del meccanismo applicativo degli interessi, non si pone in contrasto con la normativa sulla trasparenza bancaria. Difatti, la sostituzione della legge dell'interesse semplice con quella dell'interesse composto nel calcolo delle rate di un piano di ammortamento alla francese - circostanza che provoca nel tempo un innalzamento del tasso di interesse effettivamente applicato - non comporta, in assenza di accettazione del regime finanziario della capitalizzazione composta, alcuna violazione dell'art. 117 TUB, che impone, a pena di nullità, di indicare per iscritto nei contratti bancari il tasso di interesse e ogni altro prezzo e condizione praticati, inclusi, per i contratti di credito, gli eventuali maggiori oneri in caso di mora." (cfr. Tribunale di Roma Sez. XVII, Sent., 09/03/2022). Si ritiene in sostanza che alcuna indeterminatezza sia riscontrabile nella clausola determinativa degli interessi corrispettivi ove la stessa indichi, come nel caso di specie, i suoi elementi essenziali, ossia i parametri utilizzati per la determinazione del tasso di interesse variabile (cfr. p. 3 e 4 del contratto di mutuo), la base di calcolo, ossia 360 (p. 4), e la modalità di calcolo di ciascuna rata costante, secondo il piano di ammortamento alla francese (p. 4), allegato al contratto. Questo perché il regime di capitalizzazione composta degli interessi e dunque la misura orientativa, salva l'oscillazione derivante dall'opzione del tasso variabile, della complessiva somma da restituire sono evincibili dall'analisi del piano di ammortamento e dunque sono stati posti a conoscenza del mutuatario in sede di stipula del mutuo. 6. Le spese di lite Le spese di lite seguono la soccombenza e perciò debbono essere poste interamente a carico degli attori (...), come modificati dal D.M. 13 agosto 2022, n. 147 pubblicato l'8 ottobre 2022 con entrata in vigore dal 23 ottobre 2022, ai valori minimi, attesa la semplicità delle questioni sollevate e l'astrattezza della prospettazione attorea, che ha notevolmente semplificato la difesa della convenuta. DISPOSITIVO Per questi motivi il Tribunale di Monza in composizione monocratica Terza Sezione Civile Definitivamente pronunciando sulla causa introdotta con atto di citazione notificato in data 2.11.2021 da (...) e (...) nei confronti di (...) SRL e per essa la sua procuratrice speciale (...) SPA, disattesa ogni altra domanda ed eccezione, così provvede: 1. RIGETTA l'opposizione a precetto proposta da parte attrice (...) e (...); 2. CONDANNA (...) e (...) alla refusione delle spese di lite in favore di parte convenuta (...) SRL, che si liquidano in Euro 7.052, oltre al 15% per spese generali, CPA ed IVA (se non recuperabile in virtù del regime fiscale della parte) come per legge. CONCLUSIONE Così deciso in Monza il 1 maggio 2023. Depositata in Cancelleria il 2 maggio 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI MONZA QUARTA SEZIONE CIVILE Il Tribunale, nella persona dei seguenti magistrati: dott. Carmen Arcellaschi - Presidente dott. Claudia Bonomi - Giudice dott. Camilla Filauro - Giudice relatore ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di I Grado iscritta al N. 248/2021 R.G. promossa da: (...) (C.F.(...)) nato a S. (M.) il (...), rappresentato e difeso dall'avv. Il.Ro. ed elettivamente domiciliato presso e nello studio del difensore sito in Seregno, Viale (...), giusta procura in calce al ricorso; RICORRENTE contro: (...) (C.F.(...)) nata a G. (M.) l'(...), rappresentata e difesa dall'avv. Pa.Ma., ed elettivamente domiciliato presso e nello studio del difensore sito in Seregno (MB) via (...), giusta procura in calce alla costituzione; RESISTENTE e con l'intervento obbligatorio del PUBBLICO MINISTERO, in persona del Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Monza INTERVENUTO Oggetto: separazione giudiziale RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE I. Con ricorso depositato in data 13.02.2021, (...) chiedeva che il Tribunale pronunciasse la separazione giudiziale da (...), con il quale aveva contratto matrimonio in Giussano il 20.05.2004 e dalla cui unione è nato il figlio (...) il 04.11.2005. Il ricorrente, più nello specifico, chiedeva la separazione giudiziale dalla moglie, l'affidamento esclusivo del figlio minore con collocamento prevalente presso il padre, la regolamentazione del diritto di visita materno, l'assegnazione della casa coniugale e che fosse posto a carico della resistente l'obbligo di concorrere al pagamento del 50% delle spese straordinarie del figlio. All'udienza presidenziale del 18.05.2021 il Presidente f.f., impossibilitato a esperire un tentativo di conciliazione a fronte della mancata comparizione della resistente, ritenuto necessario acquisire il fascicolo del Tribunale dei Minorenni di Milano avente ad oggetto il nucleo familiare in questione (r.g.vol. 1468/2017), fissava nuova udienza dinnanzi a sé per il 22.06.2021. A tale udienza parte ricorrente depositava il fascicolo del Tribunale dei Minorenni e il giudice adottava i provvedimenti provvisori e urgenti ai sensi dell'art. 708 c.p.c. con ordinanza resa in data 24.06.2021, la cui parte dispositiva si riporta di seguito per maggiore chiarezza espositiva: I. Autorizza i coniugi a vivere separati con l'obbligo del mutuo rispetto; II. Affida il figlio minore (...) all'Ente territorialmente competente in relazione alla sua residenza anagrafica, al momento Seregno, al quale sarà rimessa l'adozione delle scelte più importanti per il minore, precisamente istruzione, educazione, salute e residenza; III. Dispone che (...) sia collocato presso il padre; le visite tra (...) e la madre saranno regolamentate da parte dei Servizi Sociali già incaricati di monitorare il nucleo familiare tenuto conto dell'andamento dei colloqui con le parti e della soluzione abitativa reperita dalla madre; IV. Incarica i Servizi Sociali di Seregno di proseguire l'attività di monitoraggio del nucleo familiare di (...), verificando la situazione personale e abitativa dei genitori, anche mediante accessi domiciliari, e di garantire la prosecuzione di tutti gli interventi anche di sostegno psicologico posti in essere a favore del minore del minore e dei genitori; i Servizi Sociali dovranno altresì verificare l'andamento del percorso scolastico di (...) mediante colloqui con gli insegnanti; i Servizi Sociali dovranno altresì, per il tramite dei Servizi specialistici della (...) competente per territorio, effettuare valutazioni psicodiagnostiche sui genitori al fine di indagarne la capacità genitoriale e, all'esito, indicare la migliore modalità di affidamento e collocamento del minore; V. Dispone che i Servizi Sociali di Seregno trasmettano a questa Autorità Giudiziaria nonché ai legali delle parti una relazione circa l'esito degli accertamenti delegati entro il giorno 1 dicembre 2021; VI. Assegna la casa coniugale a (...) con tutti i mobili in essa presenti affinché la occupi con il figlio minore (...), assegnando a (...) termine fino al giorno 1 settembre 2021 per il rilascio e l'asportazione dei propri effetti personali; VII. Pone a carico di (...) l'obbligo di contribuire direttamente al mantenimento ordinario e straordinario del figlio (...); VIII. Nomina giudice istruttore sé stessa; IX. Fissa per la comparizione dei soli legali delle parti innanzi al predetto magistrato l'udienza del giorno 16 dicembre 2021 alle ore 10,00, riservando al giudice istruttore la fissazione di eventuale udienza per la comparizione personale delle parti; X. Fissa termine perentorio a (...) per la notifica della presente ordinanza a (...) con l'osservanza dei termini di cui all'art. 163 bis cod. proc. civ. ridotti alla metà; XI. Assegna a (...) termine sino a trenta giorni liberi prima dell'udienza per il deposito in cancelleria di memoria integrativa, avente il contenuto di cui all'art. 163 terzo comma, n. 2), 3), 4),5) e 6); XII. Assegna termine a (...) sino a dieci giorni liberi prima dell'udienza per la costituzione in giudizio ai sensi degli artt. 166 e 167 primo e secondo comma cod. proc. civ., nonché per la proposizione delle eccezioni processuali e di merito non rilevabili d'ufficio; XIII. A.(...) che la costituzione oltre il suddetto termine implica le decadenze di cui all'art. 167 cod. proc. civ. e che oltre il termine stesso non potranno più essere proposte le eccezioni processuali e di merito non rilevabili d'ufficio. Si costituiva con memoria depositata in data 03.12.2021 (...), la quale aderiva alla domanda di separazione mentre chiedeva, a parziale modifica dell'ordinanza presidenziale, la conferma dell'affidamento del figlio minore all'ente con collocamento prevalente dello stesso presso il padre, l'assegnazione della casa coniugale, la regolamentazione delle visite materne e la determinazione in Euro 500,00 del contributo che il ricorrente doveva ritenersi obbligato a corrisponderle per il proprio mantenimento. Con ordinanza resa in data 20.12.2021 a scioglimento della riserva assunta all'udienza del 16.12.2021, tenutasi con modalità cartolare, il giudice, a parziale modifica dell'ordinanza presidenziale, così provvedeva: I) Revoca l'assegnazione della casa familiare a (...); II) Pone a carico di (...) l'obbligo di versare entro il giorno 10 di ogni mese a (...) la somma di Euro 300,00 con decorrenza dal mese di dicembre 2021 (somma rivalutabile annualmente secondo indici Istat); III) Rigetta la domanda di (...) di assegnazione della casa familiare; IV) Incarica i Servizi Sociali di Seregno di proseguire l'attività di monitoraggio del nucleo familiare di (...), verificando la situazione personale e abitativa dei genitori, anche mediante accessi domiciliari, e di garantire la prosecuzione di tutti gli interventi anche di sostegno psicologico posti inessere a favore del minore del minore e dei genitori; i Servizi Sociali dovranno altresì verificare l'andamento del percorso scolastico di (...) mediante colloqui con gli insegnanti; i Servizi Sociali dovranno altresì, per il tramite dei Servizi specialistici della (...) competente per territorio, effettuare valutazioni psicodiagnostiche sui genitori al fine di indagarne la capacità genitoriale e, all'esito, indicare la migliore modalità di affidamento e collocamento del minore; dovranno altresì favorire l'accesso di (...) al CPS competete per territorio; V) Dispone che i Servizi Sociali di Seregno trasmettano a questa Autorità Giudiziaria all'indirizzo di posta elettronica [email protected] una relazione circa l'esito degli accertamenti delegati entro il giorno 28 marzo 2022; Letto ed applicato l'art. 183 comma 6 c.p.c. Vista l'istanza delle parti, concede i seguenti termini perentori con decorrenza dal 10 gennaio 2022: 1) termine di trenta giorni per il deposito di memorie limitate alle sole precisazioni o modificazioni delle domande, delle eccezioni e delle conclusioni già proposte; 2) termine di ulteriori trenta giorni per replicare alle domande ed eccezioni nuove, o modificate dall'altra parte, per proporre le eccezioni che sono conseguenza delle domande e delle eccezioni medesime e per l'indicazione dei mezzi di prova e produzioni documentali; 3) termine di ulteriori venti giorni per le sole indicazioni di prova contraria. Alla successiva udienza del giorno 06.04.2021 le parti insistevano per l'ammissione delle istanze istruttorie articolate nelle proprie memorie e si opponevano all'ammissione delle prove articolate da controparte. Con ordinanza resa in pari data il Giudice rigettava le istanze istruttorie delle parti e disponeva il proseguimento degli interventi di sostegno a favore del minore da parte dei Servizi Sociali del Comune di Seregno fissando per l'esame della relazione dei Servizi Sociali l'udienza del 06.10.2022. A tale udienza, ritenuta la necessità di acquisire la relazione circa la valutazione psicodiagnostica effettuata sui genitori, il giudice rinviava per l'esame della relazione ETIM all'udienza del 17.11.2022. Alla successiva udienza del 17.11.2022 il Giudice, ritenuta la causa matura per la decisione, fissava per la precisazione delle conclusioni l'udienza del 26.01.2023 da tenersi con modalità cartolare. Le parti precisavano quindi le conclusioni trascritte in epigrafe con fogli depositati telematicamente in data 23.01.2023 e la causa veniva rimessa al Collegio per la decisione previa assegnazione dei termini di legge per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica. II. Tanto premesso in fatto, la domanda di separazione deve essere accolta, in quanto fondata. Le parti hanno contratto matrimonio concordatario in Giussano in data 20.05.2004 (trascritto presso gli atti dello Stato civile del Comune di Giussano (anno 2004, atto n. 14, parte II, Serie A); Dalla loro unione è nato il figlio (...) il 04.11.2005. Dagli atti è emerso il venir meno della comunione materiale e spirituale fra i coniugi in questione, essendosi verificate circostanze tali da rendere intollerabile la prosecuzione della convivenza fra gli stessi e da recare pregiudizio all'educazione della prole. Né occorre espletare una specifica istruttoria allo scopo di verificare se la convivenza sia divenuta realmente intollerabile. Infatti, in una doverosa visione evolutiva del rapporto coniugale, il giudice, per pronunciare la separazione, deve verificare in base ai fatti emersi, ivi compreso il comportamento processuale delle parti, a prescindere da qualsivoglia elemento di addebitabilità, l'esistenza, anche in un solo coniuge, di una condizione di disaffezione al matrimonio tale da rendere incompatibile, allo stato, la convivenza (in termini cfr. Cass. Civ., sez. I, sentenza 30 gennaio 2013 n. 2183). Orbene, nel caso di specie è emerso, sulla base delle circostanze come riferite ed evidenziate dai coniugi nei rispettivi atti introduttivi, che la convivenza matrimoniale è divenuta intollerabile e improseguibile. Va, dunque, pronunciata la separazione personale. III. Deve, a questo punto, essere decisa la domanda di affidamento di (...) ai genitori. Al riguardo è noto come è prioritaria la modalità di affido condiviso della prole minore di età a entrambi i genitori, dovendosi sempre tutelare, ove possibile, il diritto alla c.d. bigenitorialità. Se questa è la regola, l'art. 337 quater c.c. consente al giudice di disporre l'affido esclusivo dei minori a un genitore quando l'affido all'altro sia contrario al superiore interesse del minore, interesse che deve ispirare ogni decisione del giudice nell'ambito dei procedimenti riguardanti minori e che trova la propria copertura normativa a livello primario, nella Convenzione Europea dei diritti dell'uomo (art. 8) e nella Costituzione (artt. 2, 30 e 31). La regola generale dell'affido condiviso, pertanto, è derogabile solo ove seriamente pregiudizievole per il minore. In tale logica, ove il Tribunale non abbia elementi sufficienti per formulare una prognosi favorevole circa l'idoneità di entrambi i genitori all'esercizio della responsabilità genitoriale, ben potrà adottare provvedimenti limitativi della responsabilità genitoriale (art. 333 c.c.) o, in ultima analisi, la decadenza dalla stessa (art. 330 c.c.). In particolare, l'art. 333 c.c. dispone che ove la condotta di uno o di entrambi i genitori sia pregiudizievole per il figlio minore - ancorché non sia tale da poter dare luogo, quanto meno nell'immediato, a una pronuncia di decadenza dalla responsabilità genitoriale - il Tribunale può adottare gli opportuni provvedimenti che limitino l'esercizio della responsabilità genitoriale, quale l'attribuzione a un soggetto terzo - di regola Comune del luogo di residenza abituale dei minori - del potere di adottare le scelte ordinarie, o eventualmente anche quelle più importanti, nell'interesse dei minori stessi. Nel corso del presente procedimento sono stati svolti accertamenti istruttori per il tramite dei Servizi Sociali del Comune di Seregno competenti in virtù della residenza del minore. I Servizi Sociali nella relazione del 14.12.2021 depositata in data 20.12.2021 (prot. n. (...)) hanno evidenziato la situazione del nucleo familiare che vedeva la (...) viere nella propria autovettura a far data dall'uscita dalla casa coniugale a seguito del rifiuto da parte della stessa di trasferirsi presso l'abitazione dei genitori o in un bed and breakfast a causa di problemi legati agli odori presenti in quegli ambienti. I servizi sociali hanno riferito di avere provato a tenere contatti costanti con la (...) e di averla anche indirizzata al CPS competente, interventi tutti che la resistente ha rifiutato sostenendo di non sentirne la necessità. La madre si è dichiarata preoccupata per la situazione del figlio (...), nondimeno ha dimostrato scarsa capacità di sintonizzarsi sui bisogni del figlio e sulle conseguenze della vicenda separativa sul suo benessere. Quanto al ricorrente, i servizi sociali di Seregno hanno evidenziato come lo stesso dopo essersi provvisoriamente trasferito presso la casa dei suoi genitori per essere aiutato nella gestione di (...), abbia deciso di trasferirsi in via definitiva presso tale abitazione, situazione abitativa che gli operatori dei servizi sociali hanno ritenuto rispondente agli interessi del minore dopo essersi recati a effettuare una visita domiciliare. I Sevizi Sociali hanno quindi concluso sostenendo che la collocazione del minore con il padre presso la casa dei nonni sia una scelta adeguata, confermando la necessità che la resistente sia presa in carico dal CPS ("Alla luce di quanto sopra riportato il servizio scrivente, in qualità di Ente Affidatario, ritiene che il collocamento di (...) con il padre presso la casa dei nonni paterni sia una soluzione adeguata che possa garantire un ambito di vita idoneo per lo sviluppo psicofisico del minore. Il signor (...) si è dimostrato collaborativo e capace di mantenere un dialogo di confronto con il servizio scrivente per il benessere di (...) e capace di rapportarsi con lui, mettendosi spesso in discussione. La signora (...), come sopra ampiamente evidenziato, vive una complessa situazione sociale e psicologica che le rende difficile sia riorganizzare la sua vita personale sia relazionarsi adeguatamente con il figlio A.. Il servizio scrivente ritine importante che la signora avvii una presa incarico presso il CPS di zona ovvero che intraprenda una presa in carico con una valutazione psichiatrica e supporto psicoterapeutico. La regolamentazione del diritto di visita tra (...) a la signora (...) così come organizzata in questi mesi, ovvero libera nel weekend e per un tempo che il minore valuta idoneo per i suoi bisogni emotivi ma anche di vita, come lo studio e lo sport, è risultata idonea e adeguata per A.. Il ragazzo ha mostrato buone capacità di portare al servizio scrivente il proprio stato d'animo e di criticizzare le difficoltà circa il rapporto con la madre; ha instaurato con le scriventi un rapporto di fiducia in cui sentirsi libero di ricercare confronto e supporto."). In data 22.03.2022 i Servizi Sociali di Seregno hanno trasmesso una relazione nella quale hanno rappresentato che la situazione del nucleo familiare risultava invariata rispetto alla precedente relazione; in particolare la (...) continuava a vivere nella propria autovettura e persisteva nel rifiutare l'aiuto dei Servizi Sociali e l'attivazione del percorso di sostegno alla genitorialità ("Entrambi presentano una situazione sociale immutata rispetto a quanto riportato nella nostra precedente relazione del 14.12.2021 -nostro protocollo n. (...) del 20.12.2021-. Il signor (...) sta proseguendo il percorso di supporto alle genitorialità attivato presso il Consultorio di Seveso. La signora (...) ha condiviso nell'ultimo colloquio di continuare a vivere nella sua automobile e di non necessitare né dei servizi sociali né dell'attivazione di un percorso di sostegno psicologico. Il Servizio Scrivente ha presentato la situazione dei genitori al servizio competente per la valutazione psicodiagnostica."). Nella successiva relazione del 30.09.2022, depositata in data 03.10.2022, i Servizi Sociali hanno riferito di avere continuato a monitorare il nucleo familiare anche mediante accessi domiciliari; hanno rappresentato che la situazione abitativa del minore e del (...) risulterebbe immutata e che lo stesso (...) sarebbe felice della coabitazione con i nonni paterni; l'anno scolastico si sarebbe concluso per il minore in modo positivo sia per il rendimento che per l'inserimento sociale dello stesso ("Dai colloqui svolti con il sig. (...) la situazione abitativa permane immutata rispetto a quanto precedentemente relazionato; lo stesso (...) si dice soddisfatto della coabitazione con i nonni paterni: ha una camera che sente rispondente ai propri bisogni, racconta con piacere della possibilità di invitare al proprio domicilio anche amici e di essere vicino di casa del suo migliore amico. Il precedente anno scolastico si è concluso in modo positivo e con soddisfazione dello stesso (...) con tutte le materie di studio sufficienti e con un buon inserimento nel gruppo classe"). Quanto alla resistente, i Servizi hanno dato atto che la stessa ha interrotto ogni tipo di comunicazione con gli stessi e che le visite fra il minore e la madre sarebbero gestite in autonomia fra le parti. Nella relazione si legge infatti che "La sig.ra (...) ha dichiarato di non gradire recarsi presso gli Uffici competenti interrompendo di fatto il contatto con le scriventi. Per quanto riferito dal sig. (...) e confermato dal figlio, la donna continuerebbe a vivere in auto sopravvivendo grazie alla somma di denaro che riceve come mantenimento, cosi come stabilito dal provvedimento in essere. Stante il negarsi della donna, ad oggi, la possibilità che questa possa essere accompagnata ad una adeguata presa in carico presso il CPS territoriale risulta nulla. (?) I rapporti con la madre vengono descritti da (...) come buoni seppur abbia compreso le difficoltà della signora che possono rendere le uscite con questa non sempre piacevoli "..ripete sempre le stesse cose ma io le dico di si e va bene cosi" (...) e la madre decidono in autonomia quando incontrarsi e lo stesso (...) sostiene sia la miglior soluzione in quanto gli consente di declinare o accettare l'invito in funzione dei propri impegni ma anche del desiderio di incontrare la genitrice.". L'Ente affidatario ha poi concluso sostenendo l'utilità di mantenere l'affido all'Ente in considerazione dell'assenza di dialogo fra i coniugi ("a parere del Servizio scrivente, il collocamento presso il padre continua ad essere la migliore soluzione per una adeguata crescita di A.. Si ritiene utile proseguire in regime di affido all'Ente considerata l'assenza di dialogo tra i due genitori, seppur ad oggi il padre stia dimostrando di essere in grado di rispondere in modo adeguato alle esigenze di crescita del figlio."). In seguito a precisa richiesta del Tribunale, in data 24.10.2022 sono state depositate le valutazioni ETIM sulla capacità genitoriale delle parti. Quanto a (...), dai test somministrati è emerso che il (...) "si è posto nel corso della valutazione in modo collaborativo, apparendo molto teso a difendere la scelta di separarsi ritenendola l'unico strumento possibile per la tutela del (...), con il quale riferisce un rapporto positivo. Si delinea un funzionamento semplice, caratterizzato da una maggior attenzione ad aspetti concreti ma in cui l'uomo appare capace di registrare le emozioni che gli eventi suscitano. Si ipotizza sia poco a suo agio nelle situazioni nuove, ambigue e poco comprensibili, mentre sarebbe decisamente capace di comprendere e muoversi nei contesti strutturati, si descrive infatti come un uomo "concreto" Sembra essersi approcciato in modo semplificatorio ad alcuni aspetti della vicenda esistenziale degli ultimi anni, in modo da riuscire a finalizzare la propria decisione presumibilmente limitando laddove possibile vissuti dolorosi e di colpa nei confronti della ex moglie.". Quanto a (...) dai test somministrati è emerso che "La Sig.ra (...) si è approcciata alla valutazione in assetto formalmente collaborativo, mostrando una certa preoccupazione. Ha fornito una rappresentazione di sé caratterizzata dalla sensazione di essere oggetto di sopruso a vari livelli, e poco accolta da un esterno ostile. Riferisce una idiosincrasia per i profumi, gli odori e le puzze non meglio chiarita, tale da impedirle di accedere a servizi quali Il dormitorio preferendo passare la nottein macchina dopo la separazione dal marito. Potrebbe essere utile un'indagine psichiatrica al fine di approfondire gli aspetti emersi emersi." Ritiene il Tribunale che tenuto conto della perdurante assenza di comunicazione fra le parti, del rifiuto da parte della resistente di qualsivoglia intervento da porre nei suoi confronti volto al miglioramento delle capacità genitoriali, del percorso di sostegno alla genitorialità intrapreso dal ricorrente e tenuto conto del prossimo raggiungimento della maggiore età da parte di Andre, ed in adesione alle conclusioni dell'Ente affidatario e del quadro come emerso dalle valutazioni ETM sopra riportare, debba essere confermato l'affidamento di Andre ai Servizi Sociali del Comune di residenza, cui è rimessa la facoltà di assumere le decisioni più importanti per il minore incluse quelle in materia di salute, istruzione, educazione e residenza, in caso di contrasto tra i genitori. I Servizi Sociali dovranno mantenere il minore collocato in misura prevalente presso il padre nella casa dei nonni paterni, in quanto trattasi della soluzione maggiormente rispondente ai suoi interessi morali e materiali, tenuto conto altresì della concorde richiesta delle parti sul punto e del fatto che la madre vive ancora nella sua autovettura. I servizi sociali dovranno riferire di eventuali situazioni di pregiudizio per i minori al Giudice Tutelare competente. Quanto ai diritti di visita materni, tenuto conto del fatto che (...) è ormai prossima alla maggiore età e di quanto emerso dalle relazioni dell'ente affidatario sopra riportate - ed in particolare della volontà del minore di gestire liberamente le visite con la madre in autonomia così da poterle gestire in relazione alle sue esigenze ed impegni ("i rapporti con la madre vengono descritti da (...) come buoni seppur abbia compreso le difficoltà della signora che possono rendere le uscite con questa non sempre piacevoli "..ripete sempre le stesse cose ma io le dico di si e va bene cosi" (...) e la madre decidono in autonomia quando incontrarsi e lo stesso (...) sostiene sia la miglior soluzione in quanto gli consente di declinare o accettare l'invito in funzione dei propri impegni ma anche del desiderio di incontrare la genitrice - cfr. relazione dei Servizi Sociali del Comune di Seregno del 30.09.2022 depositata in data 3.10.2022) - la regolamentazione dei rapporti tra la madre ed (...) deve essere rimessa ai liberi accordi tra la madre e il figlio. IV. Quanto all'assegnazione della casa coniugale, con ordinanza resa in data 20.12.2021 ne è già stata disposta la revoca in virtù del trasferimento del (...) e del figlio minore presso l'abitazione dei nonni paterni. V. Quanto al mantenimento del minore, è noto come ai sensi dell'art. 337 ter c.c. ciascun genitore deve contribuire al mantenimento dei figli minori in misura proporzionale al proprio reddito e che il giudice può stabilire un assegno periodico a favore di un genitore al fine di realizzare il principio di proporzionalità (c.d. assegno perequativo). Nel determinare la misura di tale assegno il giudice dovrà prendere in considerazione, in particolare, le esigenze attuali del figlio, il tenore di vita goduto dal figlio durante la convivenza dei genitori, i tempi di permanenza presso ciascun genitore e le risorse economiche di entrambi i genitori. Ove il figlio sia collocato in misura prevalente presso uno dei due genitori, in particolare, il genitore non collocatario non potrà ritenersi sollevato in tutto o in parte dell'obbligo di corrispondere l'assegno per il tempo in cui il minore si trovi presso di lui ed egli provveda in modo esclusivo al suo mantenimento, dal momento che "il contributo al mantenimento dei figli minori, quantificato in una somma fissa mensile in favore del genitore affidatario, non costituisce, in mancanza di diverse disposizioni, il mero rimborso delle spese sostenute da quest'ultimo nel mese corrispondente, bensì la rata mensile di un assegno annuale. (...) nell'anno di imposta 2019 (CU 2020) ha esposto redditi lordi annui di Euro 36.532,91 pari, al netto delle ritenute fiscali e rapportati su dodici mensilità, a circa Euro 2.290,00 netti mensili; nell'anno di imposta 2020 (CU 2021) redditi lordi annui di Euro 37.106,30 pari, al netto delle ritenute fiscali e rapportati su dodici mensilità, a circa Euro 2.340,00 netti mensili. Lo stesso ha dichiarato di essere dipendente con contratta tempo indeterminato presso (...) S.p.A., e di percepire l'importo annuo pari ad Euro 31.495,94, pari ad Euro 1.561,00 rapportato su 14 mensilità. Il ricorrente vive presso l'abitazione dei suoi genitori ed ha dichiarato di contribuire alle spese abitative versando la somma di Euro 650 mensili (cfr. doc. 12 ricorrente); in virtù dei provvedimenti presidenziali provvede interamente al mantenimento del figlio minore (...), non ha chiesto un contributo al mantenimento del figlio e non ha documentato altri oneri mensili fissi. (...), per concorde affermazione delle parti, è priva di occupazione e di redditi e si sostenta solo grazie all'assegno di mantenimento posto a capo del marito da parte del Tribunale; dall'estratto conto corrente a sé intestato, prodotto in atti, risulta avere un saldo attivo alla data del 21.03.2023 pari ad Euro 106,42 (cfr. doc.9 resistente). La stessa vive nella sua autovettura sin dalla data di allontanamento dalla casa coniugale ed è in attesa di ricevere un alloggio popolare. Alla luce di quanto precede, precisamente della condizione di assoluta indigenza in cui versa la madre e della disponibilità manifestata dal ricorrente di farsi interamente carico delle esigenze del figlio, nulla deve essere posto a carico della madre a titolo di contributo al mantenimento del figlio minore. VI. Quanto alla domanda di (...) di percepire un assegno di mantenimento per sé a carico del coniuge, giova rammentare che la separazione personale, a differenza dello scioglimento o della cessazione degli effetti civili del matrimonio, presuppone la permanenza del vincolo coniugale, sicché i "redditi adeguati" cui va rapportato, ai sensi dell'art. 156 c.c., l'assegno di mantenimento a favore del coniuge, in assenza della condizione ostativa dell'addebito, sono quelli necessari a mantenere il tenore di vita goduto in costanza di matrimonio, essendo ancora attuale il dovere di assistenza materiale, che non presenta alcuna incompatibilità con tale situazione temporanea, dalla quale deriva solo la sospensione degli obblighi di natura personale di fedeltà, convivenza e collaborazione, e che ha una consistenza ben diversa dalla solidarietà post-coniugale, presupposto dell'assegno di divorzio (cfr. Cass. civ., sez. I, sent. n. 12196 del 16.05.2017). Dagli atti di causa e dai dati reddituali sopra esposti è emerso che tra i coniugi esiste un'evidente disparità reddituale e che tale disparità non è imputabile all'inerzia della resistente nella ricerca di una occupazione; la resistente infatti ha dichiarato, senza che il ricorrente abbia mai specificatamente contestato tale circostanza, di aver lavorato sino al 2006, anno in cui i coniugi avrebbero deciso in comune accordo che la stessa si sarebbe occupata esclusivamente del figlio minore e della cura della casa coniugale. La resistente risulta esse attualmente priva di un'abitazione e di un'attività lavorativa, sostenendosi solo grazie al contributo al mantenimento posto in capo al marito dall'ordinanza presidenziale del 20.12.2021. La condizione di salute della resistente - che, come emerso dalle relazioni dei Servizi Sociali e del servizio ETIM, necessiterebbe di cure presso il competente servizio psichiatrico ma che proprio in dipendenza della sua patologia la stessa rifiuta - non le consente d'altronde di reperire alcuna occupazione. In un simile quadro, considerata la disparità reddituale dei coniugi, la permanenza del dovere di solidarietà coniugale legato alla vicenda separativa e la necessità di assicurare al coniuge dotato di minori risorse della possibilità di godere di un tenore di vita tendenzialmente equivalente a quello goduto in costanza di matrimonio, deve essere riconosciuto a favore di (...) un assegno di mantenimento a carico del coniuge. (...), d'altronde, si è reso disponibile a versare a titolo di contributo al mantenimento del coniuge una somma mensile pari ad Euro 300,00. Nella quantificazione di tale importo si deve tenere conto del fatto che il ricorrente provvederà interamente al mantenimento del figlio (...) e sarà pertanto gravato dei relativi oneri e della deducibilità dell'importo dell'assegno dai redditi del coniuge obbligato. Alla luce di tali elementi, può determinarsi come in dispositivo l'importo dell'assegno di mantenimento a carico di (...) e a favore di (...), tenuto altresì conto della rivalutazione maturata dal mese di giugno 2021 (data dei provvedimenti presidenziali). VII. Deve essere dichiarata inammissibile in quanto estranea al petitum e alla causa petendi del presente giudizio la domanda di (...) affinchè ciascun coniuge mantenga l'utilizzo esclusivo dell'autoveicolo/motoveicolo a sé intestato facendosi carico di ogni relativa spesa manutentiva, tassa imposta, bollo, sanzione, onere. Ed invero l'articolo 40 c.p.c. consente il cumulo nello stesso processo di domande soggette a riti diversi esclusivamente in presenza di ipotesi qualificate di connessione cosiddette "per subordinazione" o "forte" stabilendo che le stesse, cumulativamente proposte o successivamente riunite, devono essere trattate secondo il rito ordinario salvo l'applicazione del rito speciale qualora una di esse riguardi una controversia di lavoro o previdenziale e quindi esclude la possibilità di proporre più domande connesse soggettivamente ai sensi dell'articolo 33 o dell'articolo 103 c.p.c. e soggette a riti diversi (Cass.civ.sez.1 sentenza n. 20638 del 22.10.2004 e sentenza n. 9915 del 24.04.2007) VIII. Le spese di lite, tenuto conto della reciproca soccombenza delle parti rispetto alle domande proposte, devono essere interamente compensate tra le parti stesse. P.Q.M. Il Tribunale, definitivamente pronunciando sulle conclusioni assunte dalle parti nella controversia civile n. 248/2021, ogni diversa domanda, eccezione, deduzione, istanza anche istruttoria, disattesa così statuisce: I) Dichiara la separazione personale di (...) e (...) che hanno celebrato matrimonio concordatario a Giussano in data 20.05.2004 (anno 2004, atto n. 14, parte II, Serie A); II) Manda il Cancelliere a trasmettere copia autentica del dispositivo della presente sentenza all'Ufficiale di stato civile del Comune di Giussano, dopo il suo passaggio in giudicato, per le annotazioni e le ulteriori incombenze di legge; III) Affida il figlio minore (...) all'Ente competente in relazione alla sua residenza, ovverosia Seregno, con collocazione prevalente presso il padre nella casa dei nonni paterni; IV) Incarica i Servizi Sociali del Comune di Seregno di: - Proseguire tutti gli interventi in corso a favore del minore, avviando/proseguendo tutti gli interventi necessari o anche solo opportuni di supporto socio-educativo per il minore e di supporto genitoriale per entrambi i genitori, ove vi acconsentano e siano disponibili, che consentano loro di riflettere sul loro passato e aprire un dialogo più costruttivo; - svolgere un'attenta e marcata attività di monitoraggio sul nucleo familiare e sulla situazione del minore segnalando in ogni caso immediatamente alla Procura della Repubblica presso il Tribunale dei Minori, Autorità Giudiziaria competente, eventuali situazioni di grave pregiudizio per il minore; V) Dispone che le visite tra il figlio minore e la madre siano lasciate all'autonomia delle parti; VI) Conferma la revoca dell'assegnazione della casa coniugale a (...); VII) Pone a carico di (...) l'obbligo di versare entro il giorno 10 di ogni mese a (...) la somma di Euro 350,00 con decorrenza dal mese di aprile 2023 (somma rivalutabile annualmente secondo indici Istat); VIII) Dichiara inammissibile la domanda di (...) affinchè ciascun coniuge mantenga l'utilizzo esclusivo dell'autoveicolo/motoveicolo a sé intestato facendosi carico di ogni relativa spesa manutentiva, tassa imposta, bollo, sanzione, onere. IX) Dichiara integralmente compensate tra le parti le spese di lite. Così deciso in Monza 19 aprile 2023. Depositata in Cancelleria il 28 aprile 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI MONZA QUARTA SEZIONE CIVILE Il Tribunale, in composizione collegiale nelle persone dei seguenti magistrati: Dott.ssa Carmen Arcellaschi - Presidente Relatore Dott.ssa Claudia Bonomi - Giudice Dott.ssa Camilla Filauro - Giudice ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 1861/2021 promossa da: (...) (C.F. (...)), nata a (...) S. (...) (M.) il (...) e residente a C. M. in Via E. n. 15, elettivamente domiciliata presso lo Studio dell'Avv. Ma.In. e dell'Avv. Ti.Da. che la rappresentano e difendono come da procura in atti RICORRENTE contro (...) (C.F. (...)), nato a M. il (...) e residente a C. M. in Via E. n. 15, elettivamente domiciliato presso lo Studio dell'Avv. Ma.Sc. che lo rappresenta e difende come da procura in atti RESISTENTE Con l'intervento del (...) sede OGGETTO: SEPARAZIONE MOTIVI DELLA DECISIONE La domanda può essere accolta nei limiti di seguito indicati. Premesso che: - (...) e (...) hanno contratto matrimonio in Carate Brianza (MB) il 22.9.1985; - dalla loro unione sono nati (...) ((...)), (...) ((...)) e (...) ((...)); - con ricorso depositato in data 4.3.2021, (...) chiedeva pronunciarsi la separazione, esponeva che la convivenza era divenuta intollerabile ed improseguibile a causa del deterioramento del rapporto padre - figli, del comportamento del coniuge per avere gestito autonomamente i risparmi familiari ed i proventi della propria attività lavorativa senza concorrere alle minime esigenze familiari; riferiva di avere lavorato presso alcune agenzie immobiliari sino alla nascita dei figli e di avere successivamente interrotto la propria attività lavorativa, condividendo tale scelta con il marito, per dedicarsi esclusivamente alla famiglia, di non essere economicamente autosufficiente, di avere difficoltà a sostenere le spese universitarie per il figlio (...), di avere necessità di un contributo al mantenimento anche per la figlia (...) a causa di una riduzione permanente della capacità lavorativa al 50% riconosciuta nell'anno 2014 dalla commissione medica (...); esponeva, infine, di non poter lasciare la casa coniugale e trasferirsi altrove a causa della insostenibilità delle spese, ben potendo invece il marito utilizzare come abitazione un immobile in (...) previa formalizzazione di un contratto di comodato d'uso limitatamente alla porzione di proprietà della ricorrente; - con atto depositato in data 8.5.2021 si costituiva (...) che contestava il contenuto del ricorso introduttivo, riferiva che la convivenza era diventata nel tempo intollerabile ed improseguibile a causa delle continue discussioni tra i coniugi per motivi economici; esponeva che la moglie è proprietaria nella misura del 50% della casa coniugale in Cesano Maderno composta da otto vani; è altresì proprietaria di altro immobile in (...) (composto da quattro vani con autorimessa di cui il resistente è proprietario di un vano) ed altro in (...) (composto da quattro vani), entrambi condotti in locazione da terzi percependo un canone mensile complessivo di Euro 1.200; esponeva inoltre che la ricorrente, pur avendo condiviso tale scelta con il coniuge, aveva deciso di ritirarsi dal mondo del lavoro per dedicarsi esclusivamente alla famiglia potendo disporre di adeguate fonti di reddito derivanti dalla locazione dei propri immobili, il figlio (...) è economicamente autosufficiente, la figlia (...) ha una invalidità civile al 50% che le consente tuttavia di avere un reddito da lavoro dipendente con contratti a tempo determinato ma ad oggi costantemente rinnovati con una retribuzione mensile di circa 800 Euro, il figlio (...) non è economicamente autosufficiente in quanto studente universitario; riferiva, infine, di essere stato assunto a tempo indeterminato come infermiere presso l'Ospedale Niguarda di Milano e di percepire una retribuzione mensile di circa 2.000 euro; - all'esito dell'udienza presidenziale tenutasi in data 19.5.2021, il Presidente f.f. Dott.ssa (...) autorizzava i coniugi a vivere separati con obbligo del mutuo rispetto, assegnava l'intera casa coniugale alla ricorrente, poneva a carico del marito l'obbligo di corrispondere Euro 200 a titolo di contributo al mantenimento per il figlio (...), Euro 200 per la figlia (...) in caso di cessazione dell'attività lavorativa, oltre al 50% delle spese straordinarie; aggiornava l'udienza avanti a sé quale Giudice Istruttore ed assegnava alle parti i termini di rito per gli ulteriori adempimenti processuali; - successivamente venivano concessi i termini ex art. 183 c.p.c. VI comma all'esito dei quali il G.I. disponeva un'integrazione documentale a carico di entrambe le parti e, ritenuta la causa matura per la decisione, rimetteva gli atti al Collegio per la decisione; Ritenuto che: - relativamente alla pronuncia della separazione, sussistano tutte le condizioni dovendosi ritenere provato che la vita matrimoniale sia divenuta intollerabile ed improseguibile come rilevato dalla ricorrente. Rammenta peraltro il Collegio che l'intollerabilità della convivenza deve essere intesa come fatto psicologico squisitamente individuale, riferibile alla formazione culturale, alla sensibilità ed al contesto interno della vita dei coniugi, purché oggettivamente apprezzabile e giuridicamente controllabile; a tal fine non è necessario che sussista una situazione di conflitto riconducibile alla volontà di entrambi, ben potendo la frattura dipendere da una condizione di disaffezione al matrimonio di una sola delle parti, che renda incompatibile la convivenza e che sia verificabile in base ai fatti obiettivi emersi, ivi compreso il comportamento processuale, con particolare riferimento alle risultanze del tentativo di conciliazione, a prescindere da qualsivoglia elemento di addebitabilità (cfr. Cass. N. 8713/2015). Nel caso di specie, la richiesta delle parti, l'esito negativo del tentativo di conciliazione, lo sviluppo del processo - ove non è emersa alcuna volontà di riconciliazione - ed il comportamento processuale delle parti inducono il Tribunale a ritenere sussistenti i presupposti della pronuncia ex art. 151 c.c.; - deve essere rigettata la domanda di addebito formulata dal resistente non essendo stata raggiunta la prova che (...) abbia tenuto comportamenti contrari ai doveri coniugali esplicanti incidenza causale sull'intollerabilità della convivenza. (...) - sul quale grava il relativo onere probatorio - ha attribuito la "fonte della crisi coniugale e la sua insanabilità (...) a condotte della stessa ricorrente" che avrebbe "taciuto informazioni relative alla propria stessa condizione economica allo scopo di avvantaggiarsi indebitamente nelle determinazioni economiche della separazione prospettando una non veritiera ricostruzione dei fatti e, per ciò solo, si ritiene sussistano i presupposti affinchè sia disposto l'addebito della separazione alla signora (...)" (memoria di costituzione - Richiesta di addebito della separazione). Tali elementi sono generici ed affetti dalla mancanza di un rigoroso riscontro probatorio che consenta al Tribunale di effettuare accurate indagini in merito alla esclusiva riconducibilità delle cause della separazione alla ricorrente. Si rammenta che grava sulla parte che richieda l'addebito della separazione all'altro coniuge l'onere di provare la relativa condotta e la sua efficacia causale nel rendere intollerabile la prosecuzione della convivenza (ex plurimis Cass. Civ. sent. n. 2059/2012); - relativamente all'assegnazione della casa coniugale, deve essere confermato il provvedimento emesso in sede presidenziale atteso che il figlio (...) è maggiorenne ma economicamente non autosufficiente, è studente universitario e convive con la madre; - relativamente al contributo per il mantenimento dei figli, questo deve essere determinato, ai sensi dell'art. 337 ter cod. civ., tenuto conto delle esigenze attuali dei figli, del tenore di vita goduto in costanza di convivenza con entrambi i genitori, dei tempi di permanenza presso ciascun genitore, delle risorse economiche di entrambi i genitori. Nel caso di specie, le parti concordano sulla necessità di un contributo al mantenimento per il figlio (...) pari ad Euro 200 mensili (ad eccezione della modalità di corresponsione), alcun sostegno per il figlio (...) in quanto maggiorenne ed economicamente autosufficiente. Limitatamente al figlio (...), ritiene il Collegio di confermare l'attuale modalità di corresponsione dell'assegno di mantenimento con versamento in favore della madre, a fronte della tipica funzione di sostegno anche alimentare. Per quanto concerne invece la figlia (...), la ricorrente chiede porsi a carico del marito lo stesso contributo previsto per il figlio (...) mentre il resistente si oppone a fronte della circostanza per cui la figlia ha un reddito da lavoro dipendente con contratti a tempo determinato ma ad oggi costantemente rinnovati con una retribuzione mensile di circa 800 Euro. Il Collegio è chiamato a decidere sull'an debeatur e sul quantum limitatamente alla figlia (...), alla quale è stata riconosciuta nell'anno 2014 una riduzione permanente della capacità lavorativa al 50% dalla commissione medica (...) per difficoltà neuropsicologiche specifiche in quadro di funzionamento borderline sfumata emisindrome destra quale esito di asportazione di un angioma fronto tempore parientale sinistro. Allo stato si può ritenere che la stessa sia economicamente autosufficiente essendo pacifico che ha un reddito da lavoro dipendente, convive con la madre e non ha oneri abitativi. La domanda deve essere, pertanto, rigettata e va revocato, con decorrenza dal mese di aprile 2023, il contributo a suo carico in favore della figlia (...). - relativamente al contributo al mantenimento formulato dalla ricorrente, (...) chiede un contributo al proprio mantenimento di Euro 800 mensili mentre (...) si dichiara indisponibile a qualsiasi forma di sostentamento avendo la stessa ricorrente redditi propri. La separazione personale, a differenza del divorzio presuppone la permanenza del vincolo coniugale, - il quale attraversa una fase patologica, ma non cessa - i redditi adeguati di cui all'articolo 156 c. 1 c.c. sono quelli necessari a mantenere il tenore di vita goduto in costanza di matrimonio: durante la separazione è infatti ancora attuale il dovere di assistenza materiale, venendo meno solo gli obblighi di natura personale (fedeltà, convivenza e collaborazione) (cfr. Cass. Sent. n. 12196/2017). Deve peraltro evidenziarsi che La conservazione di un tenore di vita analogo a quello goduto nel corso della convivenza rappresenta comunque un obiettivo tendenziale, non sempre suscettibile di piena realizzazione, in ragione del decremento economico conseguente alla disgregazione del consorzio familiare (cfr. Cass. sent. n.17199/2013). Ne consegue che la determinazione del contributo dovrà avere ad oggetto non solo i redditi dell'obbligato, ma anche altre circostanze, da individuarsi in tutti quegli elementi fattuali di ordine economico, o comunque apprezzabili in termini economici, idonei ad incidere sulle condizioni economiche delle parti (cfr. Cass. Sent. n. 17199/2013, Cass. Sent. n. 9878/2006; Cass. Sent. n. 23071/2005, Cass. Sent. n. 6712/2005). Il Collegio aderisce all'orientamento prevalente di legittimità secondo cui, fermo che l'assegnazione della casa coniugale viene disposta in considerazione delle esigenze della prole con un provvedimento che deve ritenersi distinto da quelli strettamente economici, è tuttavia innegabile che essa possieda precisi risvolti di carattere economico laddove incide sulla disponibilità di un cespite suscettibile di essere utilizzato direttamente, con risparmio di risorse, o di generare un reddito attraverso atti di disposizione negoziale. La ricorrente ha cessato l'attività lavorativa di agente immobiliare dopo la nascita dei figli, gode dell'assegnazione della casa coniugale in comproprietà tra i coniugi (villino in Cesano Maderno su tre livelli, di vani otto, integralmente pagata). Risulta titolare dei seguenti immobili: Omissis Ha depositato un contratto di locazione relativo all'immobile in (...) di cui è proprietaria per intero, percependo un canone mensile di Euro 450 (per il primo anno ha percepito Euro 250 in quanto i conduttori si sono obbligati a sostenere alcune spese, da gennaio 2023 percepisce il canone intero); contratto di locazione relativo all'immobile in (...) che deriva dalla fusione di un immobile di due locali di proprietà della moglie e di un locale di proprietà del marito, percependo un canone mensile di Euro 500 (entrambi canoni concordati con le associazioni di categoria); diversi estratti conto dai quali risultano accrediti per rimborso di fondi comuni di investimento o proventi da titoli per importi limitati. Il resistente, infermiere presso l'Ospedale Niguarda di Milano, ha dichiarato i seguenti redditi mensili da lavoro dipendente, ricavati suddividendo su 12 mensilità il reddito annuo al netto degli oneri tributari: euro 2.037 nel 2017 euro 2.077 nel 2018 euro 2.168 nel 2019 euro 2.221 nel 2021. Risulta titolare dei seguenti immobili: Omissis Ha depositato il contratto di locazione di immobile ad uso abitativo in (...), ove si è trasferito a vivere, per cui versa un canone mensile di Euro 450 oltre alle spese condominiali, diversi estratti conto e ricevute per spese di diverso genere. Versa Euro 200 mensili a titolo di contributo per il mantenimento del figlio R.. Ha estinto il prestito aperto per il veicolo Volvo XC40 Targato (...) vendendo il veicolo stesso (cfr. docc. 31 e 32) e il debito con Compass. Permane invece il finanziamento presso (...), che lo impegna a tutt'oggi e sino al 1.4.2025 per 347 Euro mensili. Alla luce della ricostruzione economica delle parti emerge che la ricorrente ha messo a reddito entrambi gli immobili percependo un reddito mensile complessivo di Euro 950 soggetto a tassazione. Una quota del canone che percepisce dall'immobile di Seveso sarebbe di pertinenza del marito, proprietario di un locale, che nella comparsa di costituzione si dichiarava disponibile a lasciarlo nella disponibilità della moglie, almeno fino al rinnovo del contratto. Percepisce Euro 200 mensili a titolo di contributo per il mantenimento del figlio (...) posto a carico del padre. Il resistente ha un reddito da lavoro dipendente da cui occorre detrarre la rata mensile del finanziamento residuo, l'importo dell'assegno di mantenimento per il figlio (...), il canone mensile di locazione. Considerato un esborso medio mensile di Euro 100 per spese condominiali, 100 per utenze, 250 per vitto e 50 per abbigliamento, ha un residuo di circa 723 Euro. Dagli estratti conto prodotti dal marito risultano versamenti di somme in contanti (sul conto Intesa San Paolo nell'anno 2020 complessivamente Euro 3.860, nell'anno 2021 Euro 10.915), il che avvalora la tesi della moglie, secondo la quale percepirebbe somme in contanti dall'attività di infermiere che svolgerebbe oltre l'orario di lavoro. Peraltro, trattasi di somme che ricava prestando un'attività ulteriore rispetto a quella di dipendente ospedaliero. Possono spiegare come la famiglia, la cui fonte di sostentamento era costituita dall'attività lavorativa del marito, in quanto la moglie ha cessato l'attività lavorativa di agente immobiliare dopo la nascita dei figli, abbia potuto risparmiare e acquistare in 36 anni di matrimonio altri immobili, oltre alla casa coniugale (acquistata nel 1998 dal padre della A.) e diverse autovetture (al momento della separazione Lancia Y TG (...) e Toyota Aygo TG (...) intestati al signor M., Fiat 500 intestata alla moglie, altro veicolo Toyota cointestato al figlio (...) e alla madre), due quadri di (...) e un'opera dell'artista (...), contraendo comunque dei finanziamenti, che ha estinto in gran parte. In considerazione del fatto che la moglie ha redditi limitati rivenienti dalla locazione di un immobile interamente di sua proprietà e di un altro immobile in comproprietà con il marito, che deve contribuire alle spese ordinarie e straordinarie del figlio (...), ha lasciato l'attività di agente immobiliare dopo la nascita dei figli e ha svolto, in tempi più recenti, qualche prestazione occasionale dando ripetizioni di francese con entrate modeste, viene stabilito un contributo al suo mantenimento a carico del marito come da dispositivo, con decorrenza dal mese di maggio 2023, avendo estinto gran parte dei finanziamenti esistenti alla data di instaurazione del presente giudizio. Ogni altra questione relativa al diritto di proprietà di uno dei coniugi su beni mobili ed immobili esula dalla competenza funzionale del giudice della separazione e va proposta con il giudizio di cognizione ordinaria (Cassazione civile, sez. I, 08/02/2017, n. 3316). In merito alle istanze istruttorie reiterate dalla ricorrente in sede di precisazione delle conclusioni, deve essere integralmente richiamato il provvedimento messo in data 12.9.2022 e confermato il rigetto di quelle non ammesse per le motivazioni ivi indicate. La natura e l'esito del giudizio consentono di dichiarare compensate le spese e le competenze del procedimento essendovi reciproca soccombenza. P.Q.M. Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni altra istanza ed eccezione disattesa o assorbita, così dispone: I. Pronuncia la separazione personale ex art. 151 c.c. tra (...) e (...) che hanno contratto matrimonio il 22.9.1985 a Carate Brianza (MB) senza addebito. II. Dispone che copia della presente sentenza, dopo il passaggio in giudicato, sia inviata all'Ufficiale dello Stato Civile del Comune di Carate Brianza (MB) per le annotazioni e trascrizioni di legge. III. Rigetta la domanda di addebito alla moglie della separazione; IV. Assegna l'intera casa coniugale sita a C. M. in Via E. n.15 ad (...). V. Pone a carico di (...) l'importo di Euro 200 da versarsi con decorrenza dal mese di aprile 2023, alla moglie ed in via anticipata, entro il giorno 10 di ogni mese per 12 mensilità all'anno, a titolo di contributo al mantenimento del figlio minore (...) sino alla sua indipendenza economica. Sono comprese in tale somma le spese per vitto, abbigliamento e mensa scolastica, abbonamenti e spese di trasporto relative alla frequenza scolastica; farmaci da banco; contributi alle spese di abitazione; cancelleria e materiale didattico per la scuola successivi al corredo di inizio anno. Detta somma verrà annualmente rivalutata, secondo indici Istat-costo della vita per famiglie di operai e impiegati a far tempo dal mese di aprile 2024 e con riferimento al mese di aprile 2023. VI. Pone, inoltre, a carico di (...) il cinquanta per cento delle spese mediche, scolastiche e sportive nell'interesse del figlio (...), da concordarsi previamente tra i genitori (salvo che per le spese mediche urgenti e per le spese obbligatorie per la scuola pubblica), da versarsi a presentazione dei documenti giustificativi. Potranno essere erogate senza necessità di preventivo accordo le seguenti spese mediche: ticket per farmaci richiedenti prescrizione medica (escluso farmaci da banco), esami diagnostici non invasivi, trattamenti sanitari o visite specialistiche, se prescritti dal medico curante e eseguiti presso strutture pubbliche o convenzionate; acquisto di dispositivi per assistenza protesica e integrativa (ad es. occhiali, scarpe ortopediche, protesi integrative ecc.) se prescritti dal medico, nei limiti di un costo medio di mercato; accertamenti e trattamenti sanitari non invasivi anche se non erogabili dal Servizio Sanitario Nazionale se prescritti dal medico curante (es.: fisioterapia); spese mediche urgenti; nonché le seguenti spese di istruzione: iscrizione o contributi obbligatori per la scuola pubblica; libri di testo, materiali di cancelleria e attrezzature didattiche e informatiche di inizio anno, anche in caso di scuola privata; per le sole materie tecniche o artistiche, materiali e attrezzature didattiche e informatiche richiesti dalla scuola anche in corso di anno; corsi di recupero e lezioni private in caso di valutazioni scolastiche o di voti inferiori alla sufficienza; partecipazione a gite scolastiche senza pernottamento; frequentazione di centri estivi gestiti da Ente Pubblico (es. Comune) o da suoi delegati ovvero da istituti religiosi senza fine di lucro (es. oratori). (...) il preventivo accordo tutte le restanti spese; in via esemplificativa e non esaustiva, le seguenti spese mediche: esami diagnostici, trattamenti sanitari o visite specialistiche presso strutture private, salvo urgenze; cure dentistiche o ortodontiche, pur se presso strutture pubbliche, anche ai fini del consenso informato; interventi chirurgici e accertamenti invasivi, anche se presso strutture pubbliche, salvo urgenze, anche ai fini del consenso informato; farmaci omeopatici, di medicina alternativa o sperimentali; nonché le seguenti altre spese: gite scolastiche e viaggi di istruzione con pernottamento; iscrizione e oneri di frequenza per istituti scolastici privati per corsi di studio successivi a quelli in atto (non è richiesto consenso per i percorsi scolastici già iniziati, in quanto il consenso prestato in origine ha efficacia sino alla conclusione di ciascun ciclo di studi); iscrizione, frequenza e materiali didattici per corsi extrascolastici (es. lingue, informatica, attività artistiche) ovvero successivi alla scuola secondaria superiore; iscrizione, frequenza e materiali didattici per corsi universitari o post-universitari, nonché di alloggio e permanenza presso la sede universitaria; iscrizione, corsi, oneri di frequenza e attrezzature per attività sportive; viaggi e vacanze trascorse senza i genitori; acquisto e utilizzo di mezzi di trasporto a motore (conseguimento della patente di guida, assicurazione, tassa di proprietà, carburanti, manutenzione). La richiesta di consenso dovrà pervenire alla controparte, in forma scritta, cartacea o telematica (posta elettronica, sms, messaggio whatsapp), almeno giorni quindici-salvo urgenze- prima del compimento della attività, con indicazione specifica della spesa; l'altro genitore, con lo stesso mezzo, dovrà far pervenire il proprio eventuale dissenso motivato entro giorni sette dalla comunicazione; in mancanza, la spesa si intenderà approvata ad ogni effetto. Nel medesimo termine, ove lo ritenga, potrà produrre eventuali diversi preventivi, a parità di condizioni. I conteggi di dare e avere dovranno essere effettuati tendenzialmente con cadenza mensile, prospettando mese per mese le spese di competenza. A tal fine, il genitore che ha anticipato le spese invierà la propria richiesta in forma scritta, cartacea o telematica, con i relativi documenti giustificativi -anche per le spese erogabili senza preventivo accordo- almeno quindici giorni prima della scadenza prevista per il mantenimento ordinario; in tal caso il pagamento avverrà unitamente a quest'ultimo. Le richieste inviate oltre tale termine saranno soddisfatte unitamente al mantenimento ordinario del mese successivo. In caso di spese superiori a Euro 500, ciascuno dei genitori dovrà anticipare -e quindi a versare prima dell'erogazione- i relativi costi per la quota di propria spettanza. VII. Revoca l'obbligo a carico di (...) di contribuire al mantenimento della figlia (...) con decorrenza dal mese di maggio 2023; VIII. Pone a carico di (...) un contributo di Euro 200 mensili in favore della moglie con decorrenza dal mese di aprile 2023, annualmente rivalutabile secondo gli indici Istat da aprile 2024. IX. Dichiara integralmente compensate le spese e le competenze del presente giudizio. Così deciso in Monza 19 aprile 2023. Depositata in Cancelleria il 28 aprile 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale di Monza, Sezione Prima Civile, in composizione monocratica, nella persona del Giudice dott. Davide De Giorgio, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa iscritta al numero 1572/2022 Registro Generale affari contenziosi civili vertente TRA (...) (C.F. (...) ) e (...) S.p.A. (C.F. (...)), con il patrocinio degli avv. Fr.Br., Ma.Be. e Lo.Mi., ed elezione di domicilio presso lo studio dell'avv. Lu.Pe. in Milano, via (...) OPPONENTI E Città Metropolitana di Milano (C.F. (...)), con il patrocinio degli avv. Ma.Po., Gi.Gr., Ma.Fe. e Na.Ga., presso cui è stato eletto domicilio in Milano, via (...) OPPOSTA OGGETTO: 180001 - opposizione all'ordinanza ingiunzione ex artt. 22 ss. L. n. 689 del 1981 MOTIVI DELLA DECISIONE I. L'ordinanza ingiunzione oggetto di opposizione, protocollo (...) del 25.01.2022, per l'importo di Euro 2.000,00, si riferisce all'inosservanza di prescrizioni impartite dall'Autorità Competente, violazione che si assume commessa in (...), è stata accertata con verbale in data 19 ottobre 2021 ed è sanzionata dall'art. 279, comma 2 bis, D.Lgs. n. 152 del 2006. In particolare, è stata contestata agli odierni opponenti, il primo quale trasgressore e la seconda quale obbligata in solido, la mancata effettuazione, entro il termine precedentemente assegnato, delle analisi delle emissioni in atmosfera derivanti dalle linee di estrusione dei granuli in plastica dello stabilimento della società. Con ricorso depositato in data 24 febbraio 2022, (...) e (...) S.p.A. hanno adito questo Tribunale sostenendo che l'ordinanza era viziata da carenza di motivazione e che, in ogni caso, non sussistevano i presupposti per l'irrogazione della sanzione in esame. La Città Metropolitana di Milano, costituendosi in giudizio, ha domandato il rigetto dell'opposizione. Istruita la causa con l'escussione di (...), tecnico di (...) - Dipartimento di Milano - Monza e Brianza, la stessa è stata poi decisa all'udienza del 13 aprile 2023 con lettura del dispositivo della presente sentenza. II. La prima eccezione sollevata dagli opponenti con riferimento all'ordinanza ingiunzione per cui è causa riguarda il difetto di motivazione. Detta eccezione va disattesa, siccome infondata. In punto di diritto, deve premettersi che, come affermato dalla Suprema Corte (cfr.: Cass., Sez. 6 - 2, ordinanza n. 16316 del 30.07.2020), "l'ordinanza ingiunzione irrogativa di una sanzione amministrativa non deve avere una motivazione analitica e dettagliata come quella di un provvedimento giudiziario, essendo sufficiente che sia dotata di una motivazione succinta, purché dia conto delle ragioni di fatto della decisione (che possono anche essere desunte "per relationem" dall'atto di contestazione) ed evidenzi l'avvenuto esame degli eventuali rilievi difensivi formulati dal ricorrente". In concreto, il provvedimento opposto fa riferimento al verbale di accertamento della violazione redatto da (...) in data 19 ottobre 2021 e, nel menzionare espressamente gli scritti difensivi della parte in data 24 novembre 2021 ed il verbale di audizione della stessa in data 10 gennaio 2022, ne evidenzia l'avvenuto esame. Va inoltre considerato che, come affermato sempre dalla Corte di Cassazione (cfr.: Cass., Sez. 1, sentenza n. 4302 del 27.02.2006), "nel giudizio di opposizione a sanzione amministrativa pecuniaria, il sindacato del giudice di merito si estende alla validità sostanziale del provvedimento impugnato attraverso un autonomo esame circa la ricorrenza dei presupposti di fatto e di diritto dell'infrazione contestata, essendo oggetto dell'opposizione non il provvedimento ma il rapporto sanzionatorio, con la conseguenza che nessun rilievo assumono gli eventuali vizi del provvedimento stesso relativi all'omessa valutazione, da parte dell'Autorità intimante, delle deduzioni difensive dell'incolpato, potendo queste essere fatte valere successivamente, qualora la motivazione del giudice sul punto sia ritenuta inadeguata". Più recentemente, sempre la Suprema Corte (cfr.: Cass., Sez. 2, sentenza n. 12503 del 21.05.2018) ha affermato che "in tema di opposizione ad ordinanza ingiunzione per l'irrogazione di sanzioni amministrative, i vizi di motivazione in ordine alle difese presentate dall'interessato in sede amministrativa non comportano la nullità del provvedimento, e quindi l'insussistenza del diritto di credito derivante dalla violazione commessa, in quanto il giudizio di opposizione non ha ad oggetto l'atto ma il rapporto, con conseguente cognizione piena del giudice, che potrà (e dovrà) valutare le deduzioni difensive proposte in sede amministrativa (eventualmente non esaminate o non motivatamente respinte), in quanto riproposte nei motivi di opposizione, decidendo su di esse con pienezza di poteri, sia che le stesse investano questioni di diritto che di fatto". Ne deriva che le questioni non esplicitate nel provvedimento oggetto di opposizione possono essere esaminate in questa sede. III. Nel merito, gli opponenti hanno sostenuto l'inesistenza dei presupposti di fatto per l'esercizio della potestà sanzionatoria da parte dell'Ente opposto. Sotto il profilo giuridico, l'art. 279, comma 2 bis, D.Lgs. n. 152 del 2006 stabilisce che "chi, nell'esercizio di uno stabilimento, viola le prescrizioni stabilite dall'autorizzazione, dagli allegati I, II, III o V alla Parte Quinta, dai piani e dai programmi o dalla normativa di cui all'articolo 271 o le prescrizioni altrimenti imposte dall'autorità competente è soggetto ad una sanzione amministrativa pecuniaria da 1.000 Euro a 10.000 Euro, alla cui irrogazione provvede l'autorità competente. Se le prescrizioni violate sono contenute nell'autorizzazione integrata ambientale si applicano le sanzioni previste dalla normativa che disciplina tale autorizzazione". In concreto, deve rilevarsi che dalla documentazione prodotta emergono le seguenti circostanze di fatto. A seguito di un sopralluogo effettuato in data 24 marzo 2021 presso lo stabilimento della società opponente sito in (...), l'(...) ha proposto agli Enti competenti, tra cui l'odierna resistente, l'adozione delle seguenti prescrizioni nei confronti della società opponente: 1) innalzare e spostare verso Via I. la bocca di espulsione del camino di espulsione delle emissioni derivanti dalla cabina di verniciatura dei particolari delle reggettatrici, fatti salvi ostacoli relativi alla sicurezza di persone o cose; 2) modificare il ciclo di verniciatura utilizzando prodotti con minor contenuto di solvente, comprendendo l'utilizzo di aerografi ad alta efficienza di trasferimento acciocché venga diminuito l'overspray. Le pistole andranno deterse in apparecchiatura a ciclo chiuso munita di impianto a carboni attivi dedicato all'abbattimento delle emissioni scaturenti durante l'apertura del cestello; 3) il letto di carboni attivi della cabina andrà sostituito quando è stata applicata una quantità di prodotti vernicianti pronti all'uso contenenti una massa di solventi pari al 15% in peso del letto di carbone. Il medesimo criterio si applicherà per il letto installato a presidio dell'impianto di verniciatura regge a immersione. L'impresa dovrà registrare separatamente per i due impianti di verniciatura succitati, ad esempio su foglio E., il quantitativo di solventi utilizzati ed il relativo intervallo di tempo, la massa e la data in cui vengono installati i nuovi carboni, la quantità e la data in cui il letto viene sostituito; sono fatti salvi gli obblighi derivanti dalla normativa inerente ai rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi; 4) trasmettere copia delle analisi delle emissioni derivanti dai tre estrusori. La violazione per cui è causa riguarda soltanto la prescrizione di cui al punto 4) che precede. Le predette prescrizioni sono state impartite alla società con diffida dirigenziale della Città Metropolitana di Milano in data 9 aprile 2021, con assegnazione di un termine di novanta giorni per adempiere. A seguito di una prima richiesta della società opponente in data 8 luglio 2021, il termine in questione è stato prorogato al 30 settembre 2021. In data 30 settembre 2021, la parte ha indirizzato all'Ente opposto la richiesta di un incontro e di un confronto tecnico per la risoluzione di problemi relativi all'adempimento. In particolare, per quanto concerne la trasmissione delle analisi relative alle emissioni derivanti dai tre estrusori, la società ha evidenziato che "essa presuppone ovviamente l'installazione preventiva di un impianto di aspirazione e filtrazione delle emissioni dei tre estrusori il cui progetto la Società aveva già raccolto prima della pausa estiva ricorrendo a modelli standardizzati presenti sul mercato e prodotti in serie. Sennonché, nella fase di fornitura, il responsabile dell'installazione (consulente esterno, tra i più rinomati ed esperti in materia: la (...) S.r.l.) ha manifestato la necessità di sospendere la messa in opera del nuovo impianto per ripensare il progetto, apportando sostanziali modifiche anche allo stesso macchinario da installare, stante la peculiarità e le caratteristiche del processo produttivo e degli impianti presenti in Stabilimento; ciò al fine di garantire la massima efficienza e una concreta rappresentatività dei dati da sviluppare e delle performance desiderate dalla modifica, senza compromettere l'operatività e lo stesso ciclo produttivo in corso". A seguito del confronto svoltosi in data 3 novembre 2021 e di un successivo incontro con i funzionari dell'(...) presso l'azienda in data 16 novembre 2021, su richiesta della società è stata concessa una nuova proroga del termine assegnato, in misura di novanta giorni. Il verbale di accertamento della violazione, da parte sua, risale ad una data anteriore a tali incontri, e, in particolare, al giorno 19 ottobre 2021. Ora, nel ricorso, a pagina 9, gli opponenti, sul presupposto che le analisi richieste dalla Città Metropolitana di Milano con la prescrizione sopra indicata fossero diverse da quelle periodiche da effettuarsi in virtù dell'AUA in vigore, hanno sostenuto l'illogicità dell'irrogazione della sanzione per l'omesso invio di dati che richiedevano la previa progettazione ed esecuzione di un nuovo impianto di aspirazione prima non necessario, né mai chiesto e per la cui realizzazione, oltretutto, la società aveva anche ottenuto proroga. Inoltre, a dire degli opponenti, l'Ente era già in possesso dei dati periodicamente inviati allo stesso in virtù dell'AUA. Da parte sua, l'Ente opposto ha sostenuto che i dati richiesti erano gli stessi che la società avrebbe dovuto misurare periodicamente sulla scorta dell'AUA in vigore e che non erano mai stati forniti in maniera completa. Sul punto, deve rilevarsi che l'(...), nel proporre alla Città Metropolitana di Milano la prescrizione in questione, non ha specificato le analisi richieste. La prescrizione in questione, sul punto, risulta dunque generica. Maggiori specificazioni non emergono neppure dalla testimonianza resa da (...), dipendente dell'(...) ed esecutore, insieme ad un collega, del sopralluogo del marzo 2021. Ciò premesso, ove si ritenesse, in conformità a quanto specificato dalla Città Metropolitana di Milano in corso di causa, che i dati relativi alle emissioni in atmosfera da comunicarsi non dovessero essere differenti da quelli misurati periodicamente, neppure risulterebbero specificate le ragioni per le quali fosse stata richiesta la trasmissione di dati di cui l'Amministrazione doveva già essere in possesso, in quanto annualmente forniti sulla scorta dall'AUA in vigore. Le circostanze di cui sopra erano idonee a giustificare la diversa interpretazione secondo cui i dati da trasmettere fossero differenti rispetto a quelli già forniti in precedenza e l'ottemperanza alla prescrizione richiedesse la previa esecuzione di opere di modifica strutturale, come sostenuto dalla società ricorrente tanto nella corrispondenza intercorsa con la controparte prima dell'irrogazione della sanzione per cui è causa, quanto nel corso del presente giudizio. Dette considerazioni sono state genericamente definite dall'(...), nel verbale di accertamento della violazione per cui è causa, come "elucubrazioni", e ciò senza che, tanto in sede di diffida quanto in sede di accertamento, sia mai stato specificato il contenuto dei dati da trasmettere, oltre al fatto che detta trasmissione non richiedesse alcuna modifica degli impianti. La questione è stata evidenziata anche nel verbale di contraddittorio che ha preceduto l'emissione dell'ordinanza ingiunzione, senza che la tesi degli odierni opponenti sia stata confutata dall'Ufficio in sede amministrativa. Alle considerazioni di cui innanzi, occorre aggiungere che le proroghe richieste e concesse nel tempo alla società ricorrente hanno riguardato indistintamente tutte le prescrizioni impartite in precedenza con la diffida, ivi compresa la n. 4, concernente le misurazioni in esame. Addirittura, l'ultima proroga risulta essere stata concessa in data 1 dicembre 2021, vale a dire in epoca successiva allo stesso accertamento della violazione (quest'ultimo risalente al 19 ottobre 2021), oltre che successivamente agli incontri svoltisi tanto con la Città Metropolitana di Milano quanto con l'(...), il che consentirebbe di ritenere superato lo stesso accertamento precedentemente effettuato. Infine, premesso che le prescrizioni concernenti le modifiche strutturali e quella relativa alla trasmissione dei dati sono state impartite tutte insieme, così come insieme sono state prorogate, deve rilevarsi che nessuna sanzione risulta essere stata irrogata con riferimento alle prescrizioni diverse dalla n. 4, oggetto di causa, il che induce a ritenere sostanzialmente regolare l'iter seguito dalla società ricorrente per l'ottemperanza a quanto richiesto dall'Amministrazione opposta. Infine, non potrebbe oggi sostenersi che la violazione sanzionata con l'ordinanza ingiunzione opposta sia consistita nell'aver fornito nel tempo misurazioni da considerarsi incomplete alla luce dell'allegato tecnico dell'AUA in vigore nei confronti della società opponente, visto che si tratterebbe con ogni evidenza di un fatto storico diverso da quello contestato. In estrema sintesi, l'attività sanzionatoria dell'Ente opposto deve essere ritenuta illegittima in quanto ha riguardato una condotta omissiva verificatasi in relazione ad una prescrizione il cui contenuto non era univoco, senza che nessun chiarimento fosse stato preventivamente fornito a fronte dell'interpretazione assertivamente erronea della parte, e per di più con accertamento intervenuto in un periodo coperto da proroga concessa dall'Amministrazione medesima per l'adempimento. Il ricorso va dunque accolto, e ciò indipendentemente dall'esame delle ulteriori questioni sollevate dalle parti, che vanno pertanto considerate assorbite. IV. Quanto alle spese processuali, le stesse seguono la soccombenza e vanno liquidate come da dispositivo. P.Q.M. Il Tribunale, definitivamente pronunciando sull'opposizione proposta da (...) e (...) S.p.A. nei confronti della Città Metropolitana di Milano, rigettata ogni ulteriore domanda, eccezione e deduzione, così provvede: 1. in accoglimento dell'opposizione, annulla l'ordinanza ingiunzione protocollo n. (...) del 25.01.2022; 2. condanna la Città Metropolitana di Milano al pagamento in favore degli opponenti delle spese processuali, che liquida in complessivi Euro 98,00 per spese ed Euro 1.276,00 per compensi, oltre 15% spese forfettarie ed accessori di legge, se ed in quanto dovuti. Così deciso in Monza il 13 aprile 2023. Depositata in Cancelleria il 27 aprile 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO DI MONZA QUARTA SEZIONE CIVILE Il Tribunale composto dai Magistrati: Dr.ssa Laura GAGGIOTTI - PRESIDENTE Dr.ssa Cinzia FALLO - GIUDICE rel. Dr.ssa Wandalba FARANO - GIUDICE riunito in camera di consiglio, ha pronunciato la seguente SENTENZA nel procedimento avente n.3628/2022 R.G. promosso da: (...) (C.F. (...)), in qualità di nipote di (...), rappresentata e difesa dall'Avv.to Ma.La. ed elettivamente domiciliata presso il suo studio in Sesto San Giovanni, Via (...), giusta procura alle liti in atti; -ricorrente- nei confronti di (...), nata a S. S. (...) (M.), il (...) (C.F. (...)); -resistente- PUBBLICO MINISTERO, in persona del Procuratore Dr. (...); avente ad oggetto: Interdizione. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con ricorso depositato in data 05.05.2022 (...), in qualità di nipote di (...), ha chiesto la pronuncia dell'interdizione nei confronti di quest'ultima in quanto incapace di provvedere ai propri interessi. In particolare, ha affermato che: la medesima, di anni 89, complice l'età avanzata, presenta un quadro clinico estremamente rilevante, avendo sei anni prima, a seguito di una caduta, riportato frattura vertebrale in sede lombare e che poco tempo prima cadeva nella propria abitazione a causa di una perdita d'equilibrio, procurandosi diverse contusioni; che la medesima, dal punto di vista terapeutico, rifiuta categoricamente le cure necessarie o assumendo farmaci prescritti in esubero e/o viceversa scordandosi di assumere gli stessi con regolarità. Sotto il profilo psichico ha evidenziato che presenta un rilevante decadimento che potrebbe ben porre la (...) in stato di oggettivo pericolo, oltre "ad attività alquanto bizzarre e senza senso agite nell'ultimo periodo sintomatiche del deficit predetto"; spesso si dimentica i nomi delle persone che conosce da anni e il proprio codice segreto e personale del bancomat chiedendo così ai passanti di leggerle il codice segreto; spesso inoltre dimentica dove ha riposto o nascosto il bancomat nella propria abitazione contattando la stessa ricorrente anche ad orari improbabili. Ne consegue che l'interdicenda, allo stato, non sia più in grado di vivere da sola autonomamente nella propria unità immobiliare sita al primo piano e priva di ascensore e/o montascale per disabili, per cui la stessa non esce più di casa avendo forti problemi di deambulazione e la fisiatra le ha consigliato anche un deambulatore che la stessa rifiuta. Pertanto, non essendo in grado di provvedere ai propri interessi, sia di natura personale che patrimoniale è necessario assicurare a (...) una adeguata e congrua protezione ad agevole supporto che le possano consentire di vivere dignitosamente ed in totale sicurezza. Sotto il profilo patrimoniale, si precisa che la medesima è beneficiaria di trattamento pensionistico mensile pari ad Euro 1277,00; è titolare di un conto corrente che ammontava a circa Euro 15.431,15 alla data del ricorso, nonché risulta proprietaria dell'immobile in cui risiede. Alla prima udienza, in data 09 novembre 2022, dopo l'audizione della ricorrente, si procedeva all'esame dell'interdicenda. All'esito dell'esame, il Giudice, su richiesta del legale di parte concedeva termine per produrre documentazione medica sopravvenuta dopo la presentazione del ricorso (certificato geriatria e documentazione relativa alla riconosciuta invalidità) e contestualmente, su istanza della parte, ritenendo la causa matura per la decisione, fissava udienza per la precisazione delle conclusioni, con le modalità della trattazione scritta, su richiesta del legale della ricorrente. Precisate le conclusioni nei termini indicati in epigrafe, la causa veniva, quindi, contestualmente rimessa al Collegio per la decisione, senza assegnazione dei termini, come da esplicita richiesta del difensore di parte ricorrente. MOTIVI DELLA DECISIONE La domanda di interdizione non può essere accolta sulla base delle considerazioni che seguono. Dagli atti e dai documenti di causa emerge che (...) "è affetta da marcata encefalopatia vascolare atrofica e marcato decadimento cognitivo. A mio avviso la paziente necessita di essere controllata ed assistita in modo costante in quanto non è assolutamente in grado di autogestirsi(cfr. documento a firma della Dott.ssa (...), Specialista in Neurologia, in data 10.03.2022, cfr. doc. 6 allegato al ricorso); tale diagnosi è stata confermata dalla visita eseguita in data 13.07.2022 dal medico geriatra che ha affermato "marcato decadimento cognitivo e marcata encefalopatia vascolare atrofica" ed ha concluso nel senso che la paziente è affetta da " decadimento cognitivo di grado severo in encefalopatia vascolare atrofica. La paziente necessita di cure e assistenza continua(cfr. referto medico Dott.ssa (...), in data 13.07.2021(cfr. docc. depositati in data 11.11.2022). Nel corso dell'esame condotto dal G.I. (...) è apparsa vigile, interessata al colloquio e attenta; parzialmente orientata nel tempo. È stata in grado di rispondere alle domande che le sono state rivolte, anche se a tratti in modo impreciso e confuso. Dall'esame e dalla documentazione prodotta emerge una situazione sanitaria che necessita, senz'altro, di una misura di protezione: è chiaro che (...) è affetta da decadimento cognitivo in considerazione dell'età avanzata e conseguente ad una condizione patologica accertata, che gli rende impossibile provvedere in maniera adeguata ai propri interessi, patrimoniali e non (in quanto incapace di provvedere ai propri interessi in modo abituale, stante anche i forti problemi di deambulazione), sia pure denotata da momenti di lucidità. Ciò premesso, ai sensi dell'art. 414 c.c., l'interdizione deve essere disposta nei confronti di soggetti i quali si trovino in condizioni di "abituale infermità di mente che li rende incapaci di provvedere ai propri interessi". Secondo il costante e condivisibile orientamento della Suprema Corte, il presupposto necessario per procedere all'interdizione è l'esistenza di un'alterazione patologica della realtà psichica del soggetto tale da dar luogo ad una totale incapacità di provvedere ai propri interessi e l'interdizione non può essere pronunciata in presenza di malattie psichiche, pur se persistenti nel tempo, che comportino episodi di squilibrio (e quindi di compromissione della capacità di intendere e di volere) solo momentanei ed alternati a periodi di equilibrio. Dopo la L. 9 gennaio 2004, n. 6, l'interdizione e l'inabilitazione si presentano quali misure aventi carattere residuale, avendo il legislatore espressamente dichiarato di voler perseguire la finalità di tutelare, con la minor limitazione possibile della capacità di agire, le persone prove in tutto o in parte di autonomia nell'espletamento delle funzioni di vita quotidiana mediante interventi di sostegno temporaneo o permanente(art. 1 L. 9 gennaio 2004).A tale scopo è stato introdotto il nuovo istituto dell'amministrazione di sostegno. La Suprema Corte (Cass. Civ., Sez. I, 1.3.2010 n. 4866; Cass. Civ., Sez. I, 26.10.2011, n. 22332; Cass. Civ., Sez. I, 14.10.2016, n.11536) ha affermato che l'Amministrazione di Sostegno ha la finalità di offrire a chi si trovi nell'impossibilità, anche parziale o temporanea, di provvedere ai propri interessi, uno strumento di assistenza che ne sacrifichi in minor misura possibile la capacità di agire, in ciò distinguendosi dagli altri istituti di protezione a tutela degli incapaci, quali interdizione e inabilitazione. Rispetto ai predetti istituti, l'ambito di applicazione dell'amministrazione di sostegno va individuato, ad avviso della Suprema Corte, con riguardo non già al diverso, e meno intenso, grado di infermità o di impossibilità di attendere ai propri interessi del soggetto carente di autonomia, ma con riferimento alla maggiore idoneità di tale strumento ad adeguarsi alle esigenze del soggetto in relazione alla flessibilità del provvedimento e alla maggiore informalità della relativa procedura applicativa. Pertanto, quando la situazione personale del soggetto bisognevole di protezione sia tale da non richiedere l'assunzione di decisioni connotate da complessità, anche in relazione alle gestione economica, non sarà necessaria la pronuncia di interdizione, ben potendo la nomina di un amministratore di sostegno soddisfare esigenze di tutela e perseguimento degli interessi del beneficiario. Nella fattispecie, (...) è affetta da marcato decadimento cognitivo, unitamente a seri problemi di deambulazione e per tale ragione non è in grado di autogestirsi in modo sicuro per sé e necessità di essere supportata in ogni attività quotidiana dalla ricorrente, come dalla stessa affermato, "senza non pochi contrasti e difficoltà in quanto la stessa interdicenda non risulta più collaborativa e mentalmente lucida ma ostativa contro il proprio interesse"; dal punto di vista economico - patrimoniale risulta percettrice di pensione INPS che ammonta ad Euro 1277,00 mensili(cfr. doc.9) oltre ad indennità di accompagnamento che ammonta ad Euro 500,00 mensili; abita in immobile di sua proprietà ed è titolare di un conto corrente, ove viene accreditata la pensione, con un saldo di circa Euro 15.000,00. A fronte di tali considerazioni e in applicazione dei principi sopra richiamati, ritiene il Collegio che l'istituto della Amministrazione di Sostegno sia idoneo e sufficiente(non sussistendo, per contro, elementi di complessità che inducano a ritenere preferibile una misura di protezione particolarmente gravosa, sotto il profilo economico e gestorio, come quella richiesta) a tutelare - con la minore limitazione possibile della capacità d'agire - (...) a fronte della incapacità di provvedere autonomamente ai propri interessi. Ritiene pertanto il Tribunale che debba essere rigettata la domanda di interdizione promossa dalla ricorrente ed il procedimento deve essere trasmesso al Giudice Tutelare, ai sensi dell'art. 418 c.c., per quanto di competenza in relazione alle accertate incapacità di (...). Non possono essere accolte, in quanto inammissibili in tale sede, le ulteriori domande formulate dalla ricorrente (autorizzazione al ricovero presso struttura per anziani e autorizzazione all'alienazione dell'unità immobiliare di proprietà della stessa) in quanto di competenza del Giudice Tutelare. Considerata la particolare natura della controversia e il comportamento processuale della resistente, che, non costituendosi in giudizio, non si è opposta all'accoglimento della domanda della ricorrente, le spese sono dichiarate irripetibili. P.Q.M. Il Tribunale di Monza, respinta ogni diversa istanza, nel contraddittorio delle parti, definitivamente pronunciando sulla domanda di interdizione: I) rigetta la domanda di interdizione promossa da (...) nei confronti di (...), nata a S. S. (...) (M.) il (...); II) dispone la trasmissione degli atti al Giudice tutelare presso il Tribunale di Monza, ai sensi dell'art. 418 c.c.; III) dichiara irripetibili le spese di lite. Così deciso in Monza il 2 marzo 2023. Depositata in Cancelleria il 26 aprile 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale di Monza, Sezione Prima Civile, in composizione monocratica, nella persona del Giudice dott. Davide De Giorgio, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa iscritta al numero 8755/2020 Registro Generale affari contenziosi civili vertente TRA (...) (C.F.: (...)) e (...) (C.F.: (...)), con il patrocinio degli avv. Da.Da. e An.Sa., presso cui è stato eletto domicilio in Milano, via (...), giusta procura in atti ATTORI E Impresa (...) s.r.l. in liquidazione (P.I.: (...)), con il patrocinio dagli avv. Fe.L'A. e In.Po., presso cui è stato eletto domicilio in Seveso, via (...), giusta procura in atti CONVENUTA E (...) (P.I.: (...)), con il patrocinio degli avv. Ma.Ma. e Gi.Cr., presso cui è stato eletto domicilio in Lentate sul Seveso, piazza (...), giusta procura in atti CONVENUTA OGGETTO del giudizio: 140011 - vendita di cose immobili MOTIVI DELLA DECISIONE Premessa Con l'atto introduttivo del giudizio, (...) e (...), premesso di aver concluso con l'Impresa (...) s.r.l. in liquidazione, avvalendosi dell'attività di mediazione della (...), un contratto preliminare di compravendita relativo ad una villetta a schiera con annesso box, il tutto sito in Comune di Seveso, assumendo l'inadempimento della promittente venditrice per aver taciuto loro l'esistenza di un'ipoteca legale sul bene, iscritta su istanza di Agenzia delle Entrate - Riscossione, nonché per aver omesso di eliminare alcuni vizi relativi all'immobile, ed assumendo altresì l'inadempimento dell'impresa di mediazione per non averli informati in ordina allo stato di liquidazione in cui versava la promittente venditrice, oltre che riguardo all'iscrizione ipotecaria di cui innanzi, hanno convenuto entrambe le summenzionate imprese rassegnando nei loro confronti conclusioni di merito di tenore analogo rispetto a quelle riportate in epigrafe. Nel costituirsi in giudizio, la società Impresa (...) s.r.l. in liquidazione ha contestato le prospettazioni degli attori ed ha richiesto il rigetto delle loro domande, nonché la pronuncia di risoluzione del contratto preliminare per inadempimento della controparte, con conseguente riconoscimento del proprio diritto a ritenere la caparra confirmatoria versata dagli attori; in via riconvenzionale, la società convenuta ha chiesto altresì la condanna degli attori al risarcimento dei danni provocati all'immobile, nel frattempo dagli stessi occupato a titolo di comodato, con la compensazione delle opposte partite di dare ed avere. Da parte sua, l'impresa (...) ha affermato la sua estraneità alle circostanze che avevano condotto le parti a risolvere il preliminare, chiedendo il rigetto di tutte le domande degli attori. Prima dell'ammissione delle prove è stata formulata alle parti ex art. 185 bis c.p.c. una proposta transattiva che teneva conto delle condizioni previste nella bozza di transazione redatta prima della causa e dei danni riscontrati sull'immobile, proposta accettata soltanto dagli attori. La causa è stata poi istruita mediante effettuazione di una consulenza tecnica d'ufficio ed assunzione di prova per interrogatorio formale. I fatti di causa Al fine di inquadrare correttamente la vicenda per cui è causa, appare opportuno effettuare una breve sintesi dell'accaduto. Come innanzi si accennava, tra gli odierni attori, (...) e (...), e l'Impresa (...) s.r.l. in liquidazione risulta essere stato stipulato, a seguito dell'attività di mediazione svolta dall'impresa (...), un contratto preliminare di compravendita (cfr.: doc. 4 degli attori) con cui i primi si sono obbligati ad acquistare dalla seconda una villetta a schiera con annesso box doppio, il tutto sito in Comune di Seveso, via V. n. 66, per il corrispettivo di Euro 318.000,00, oltre IVA, di cui Euro 25.000,00 versati a titolo di caparra confirmatoria, in parte in precedenza ed in parte all'atto della conclusione del preliminare, ed Euro 293.000,00 da versarsi al momento del rogito, che avrebbe dovuto essere stipulato entro la data del 30.09.2019. L'immobile era ancora in fase di realizzazione, con termine dei lavori previsto indicativamente per il 20.08.2019. Nel corso dell'istruttoria svolta dall'istituto di credito a cui gli attori si erano rivolti per la concessione di un mutuo finalizzato all'acquisto, è emersa l'esistenza di un'ipoteca legale sull'immobile oggetto del contratto preliminare per un credito di Agenzia delle Entrate - Riscossione (ipoteca ulteriore rispetto all'unica iscrizione dichiarata nella precedente proposta irrevocabile di acquisto accettata), la quale risaliva a data anteriore agli accordi tra le parti ed impediva l'erogazione del finanziamento (cfr.: doc. 5 e 20 degli attori). La convenuta Impresa (...) s.r.l. in liquidazione risulta aver presentato in data 19.07.2019 dichiarazione di adesione alla definizione agevolata finalizzata all'estinzione del debito ed alla cancellazione dell'ipoteca in questione (cfr.: doc. 3 della convenuta in questione). Inoltre, avuto riguardo al fatto che gli attori si erano a loro volta obbligati a vendere a terzi la loro precedente abitazione, in data 01.10.2019, è stato stipulato tra le parti in questione un contratto di comodato d'uso, della durata di un anno (dall'01.10.2019 al 30.09.2020), avente ad oggetto il medesimo immobile del contratto preliminare (cfr.: doc. 7 degli attori). Due settimane dopo, con scrittura privata a parte, è stata concordata dalle parti la corresponsione, della cui effettuazione si è dato atto contestualmente, di un acconto di Euro 20.000,00 sul corrispettivo dell'immobile, ulteriore rispetto a quello contemplato nel precedente contratto preliminare (cfr.: doc. 8 degli attori). Con raccomandata del 10.02.2020 (doc. 9 degli attori), l'attuale difensore degli attori, avuto riguardo alla mancata cancellazione dell'iscrizione ipotecaria di cui innanzi ed alla necessità di eseguire alcune opere di completamento dell'immobile nonché di eliminare alcune infiltrazioni ivi riscontrate, ha proposto alla promittente venditrice tre possibili soluzioni, tra cui quella contemplante la stipulazione del contratto definitivo entro la data del 30.04.2020, previe cancellazione dell'ipoteca ed esecuzione dei lavori. Con comunicazione in data 13.03.2020, gli attuali difensori della società convenuta hanno comunicato la disponibilità di quest'ultima all'esecuzione dei lavori in data da concordare con la controparte, nonché alla conclusione del contratto definitivo, segnalando tuttavia, quanto al termine indicato dal legale della controparte per il rogito, ossia il 30 aprile 2020, che detta data avrebbe potuto rivelarsi "inadeguata in quanto la tempistica dipende dall'adempimento di un soggetto terzo il cui inadempimento nei tempi - seppur celeri - sopra indicati non deve essere imputato alla "D. S.r.l."", sicché "tale termine non dovrà essere considerato essenziale" (cfr.: doc. n. 10 degli attori). In data 28.04.2020, nell'immediatezza dello scadere del termine precedentemente indicato dagli attori, la promittente venditrice, a mezzo dei suoi legali, ha comunicato a controparte che erano ancora in corso le pratiche per la cancellazione dell'ipoteca, oltre alla perdurante disponibilità all'esecuzione dei lavori (cfr.: doc. n. 14 della convenuta). Impresa (...) s.r.l. in liquidazione ha documentato che, ottenuto il beneficio della rateazione del debito in essere con Agenzia delle Entrate - Riscossione in n. 17 rate, l'ultima delle quali scadente il 30.11.2023 (cfr.: doc. 3 della convenuta), il debito stesso è stato tuttavia estinto in data ben anteriore (cfr.: doc. 4 della convenuta), tanto che, nonostante le difficoltà amministrative correlate alla fase più acuta della pandemia, la cancellazione dell'ipoteca è avvenuta in data 05.05.2020 (cfr.: doc. 6 della convenuta), il tutto comunicato a controparte in data 15.05.2020 (cfr.: doc. 16 della convenuta). Nel frattempo, in data 06.05.2020, il difensore degli attori ha indirizzato ad uno dei legali della controparte una comunicazione (cfr.: doc. 14 degli attori) del seguente tenore: "Gentile Collega, prima di suggerire ai mandanti di dare seguito al contratto, peraltro ormai risolto, ritengo necessario disporre della documentazione indicata nella mia del 31 marzo 2020 ed, in ogni caso, la conferma da parte dell'Agenzia delle Entrate dell'avvenuta cancellazione dell'ipoteca. Nell'attesa di quanto sopra, porgo cordiali saluti". A seguito della comunicazione dei legali della convenuta in data 15.05.2020 vi è stata ulteriore corrispondenza tra le parti in ordine alla sorte del contratto per cui è causa. Si segnalano in questa sede, tra l'altro, la proposta di conclusione del contratto definitivo a prezzo ribassato formulata dal legale degli attori in data 22.05.2020 (cfr.: doc. 18 della convenuta), la controproposta dei legali della convenuta in data 12.06.2020, con contestazione dell'assunto di controparte circa l'avvenuta risoluzione del contratto (cfr.: doc. 19 della convenuta) e la comunicazione del legale degli attori in data 31.08.2020 (cfr.: doc. 21 della convenuta), con cui lo stesso, stante l'inerzia della controparte, ha preannunciato l'intenzione dei suoi assistiti di rilasciare l'immobile al termine del periodo annuale del comodato, con riserva di domandare il risarcimento dei danni. Risulta dagli atti che i difensori delle parti, a questo punto, hanno concordato la bozza di un accordo transattivo secondo cui: - le parti medesime avrebbero dichiarato la volontà di risolvere consensualmente il contratto preliminare; - Impresa (...) s.r.l. in liquidazione avrebbe versato ai promissari acquirenti l'importo di Euro 38.000,00; - entrambe le parti avrebbero rinunciato ad ogni altra reciproca pretesa (cfr.: doc. 16 e 17 degli attori). Il progetto transattivo è successivamente naufragato a seguito del riscontro da parte della società promittente venditrice della presenza di danni all'immobile provocati dagli attori, danni al cui ristoro la stessa ha deciso di subordinare la conclusione dell'accordo. Ragioni giuridiche e di fatto della decisione I. In via principale, gli attori, assumendo che la transazione si fosse effettivamente perfezionata mediante la corrispondenza intercorsa tra i difensori delle parti, hanno richiesto, in esecuzione di essa, la condanna della società convenuta all'adempimento di quanto pattuito, chiedendo, in particolare, il versamento di Euro 38.000,00 oltre interessi. La domanda di adempimento della transazione va disattesa, in considerazione del fatto che il contratto in questione non può considerarsi formalmente concluso. Invero, la bozza dell'accordo di transazione prodotta in atti non presenta alcuna sottoscrizione delle parti. Sebbene l'art. 1967 c.c. stabilisca, in generale, che la transazione deve rivestire la forma scritta ad probationem, la stessa norma prevede che, nei casi previsti dal n. 12 dell'art. 1350 c.c., il contratto deve rivestire la forma scritta ad substantiam, pena la sua nullità, come, ad esempio, nel caso di contratti che trasferiscono la proprietà di beni immobili. La stessa previsione è contenuta nell'art. 1351 c.c., a norma del quale il contratto preliminare è nullo se non è fatto nella stessa forma che la legge prescrive per il contratto definitivo. Orbene, la lettura combinata degli artt. 1350, 1351 e 1967 c.c. impone che anche il contratto di transazione avente ad oggetto la risoluzione di un contratto preliminare di compravendita immobiliare rivesta la forma scritta generalmente prevista nel caso di atti che hanno ad oggetto il trasferimento di immobili, come nel caso di specie. Anche la Corte di Cassazione (cfr.: Cass., Sez. 2, sentenza n. 4436 del 13.08.1985) ha affermato che "l'accordo transattivo concernente la proroga del termine per la stipulazione del contratto definitivo di compravendita immobiliare (nella specie, indicato dal promesso venditore nella diffida ad adempiere notificata al promesso compratore ai sensi dell'art. 1454 cod. civ.) deve rivestire la forma scritta ad substantiam sotto pena di nullità, ai sensi del combinato disposto degli artt. 1351 e 1350 n. 1 cod. civ. e 1350 n. 12 dello stesso codice, e, pertanto, non può essere accertato con ricorso alla prova per presunzioni o per testimoni". Inoltre, non risulta che ai difensori che si erano scambiati la bozza dell'accordo fosse stata conferita procura speciale per la sottoscrizione del contratto. Pertanto, stante la mancata conclusione di quest'ultimo, ne discende ulteriormente che non può essere accolta la domanda degli attori di adempimento dello stesso. II. Proseguendo con l'analisi delle questioni sollevate dalle parti, deve rilevarsi che, a detta degli attori, il contratto preliminare avrebbe dovuto essere considerato del tutto autonomo rispetto al contratto di comodato successivamente stipulato e non sussisterebbe un collegamento negoziale tra i due accordi. Al contrario, Impresa (...) s.r.l. in liquidazione ha contestato tale assunto affermando l'unicità dell'operazione negoziale attuata dalle parti, finalizzata, nel suo complesso, alla stipula di un contratto definitivo di compravendita immobiliare. In punto di diritto, proprio con riferimento a quei contratti preliminari con cui al promissario acquirente di un immobile viene concessa la detenzione anticipata del bene, la Suprema Corte (cfr.: Cass., Sez. Un., sentenza n. 7930 del 27.03.2008) ha osservato, tra l'altro, quanto segue: "Il collegamento contrattuale, come è stato ripetutamente evidenziato dalla dottrina e dalla giurisprudenza prevalenti, nei suoi aspetti generali non dà luogo ad un autonomo e nuovo contratto, ma è un meccanismo attraverso il quale le parti perseguono un risultato economico unitario e complesso, che viene realizzato non per mezzo di un singolo contratto, bensì attraverso una pluralità coordinata di contratti, i quali conservano una loro causa autonoma, anche se ciascuno è finalizzato ad un unico regolamento dei reciproci interessi. Ond'è che il criterio distintivo fra contratto unico, se pur misto o complesso, e contratto collegato non va ravvisato in elementi formali - quali l'unità o la pluralità dei documenti contrattuali (un contratto può essere unico anche se ricavabile da più testi, mentre un unico testo può riunire più contratti) o la mera contestualità delle stipulazioni (i contratti posso essere stipulati anche in momenti diversi in relazione ad esigenze sopravvenute) - ma nell'elemento sostanziale dell'unicità o pluralità degli interessi perseguiti, dacché il "contratto collegato" non è un tipo particolare di contratto, ma uno strumento di regolamentazione degli interessi economici delle parti caratterizzato dal fatto che le vicende che investono un contratto (invalidità, inefficacia, risoluzione, ecc.) possono ripercuotersi sull'altro, seppure non in funzione di condizionamento reciproco (ben potendo accadere che uno soltanto dei contratti sia subordinato all'altro, e non anche viceversa) e non necessariamente in rapporto di principale ad accessorio. Pertanto, affinché possa configurarsi un collegamento negoziale in senso tecnico, che impone la considerazione unitaria della fattispecie, è necessario che ricorrano sia il requisito oggettivo, costituito dal nesso teleologico tra i negozi, volti alla regolamentazione degli interessi reciproci delle parti nell'ambito di una finalità pratica consistente in un assetto economico globale ed unitario, sia il requisito soggettivo, costituito dal comune intento pratico delle parti di volere non solo l'effetto tipico dei singoli negozi in concreto posti in essere, ma anche il coordinamento tra di essi per la realizzazione di un fine ulteriore, che ne trascende gli effetti tipici e che assume una propria autonomia anche dal punto di vista causale. Tanto considerato, risulta evidente come la fattispecie in discussione debba essere ricondotta alla categoria dei contratti collegati. In essa, infatti, le parti, onde agevolare, per le plurime ragioni quali in precedenza accennate, la realizzazione delle finalità perseguite con la stipulazione del preliminare di compravendita, stipulano altresì - e, come del pari si è già evidenziato, ciò può aver luogo contemporaneamente e contestualmente al preliminare ma anche in tempi e con atti diversi, a seconda che le circostanze lo richiedano - dei contratti accessori, al preliminare necessariamente perché funzionalmente connessi e, tuttavia, autonomi rispetto ad esso, rispondendo ciascuno ad una precisa tipica funzione economico- sociale eppertanto disciplinati ciascuno dalla pertinente normativa sostanziale. Contratti con i quali le parti pervengono ad una regolamentazione, se pur provvisoria tuttavia ben definita, dei rapporti accessori funzionalmente collegati al principale e nei quali, secondo un'autorevole opinione dottrinaria meritevole d'esser condivisa, vanno ravvisati, quanto alla concessione dell'utilizzazione della res da parte del promittente venditore al promissario acquirente, un comodato e, quanto alla corresponsione di somme da parte del promissario acquirente al promittente venditore, un mutuo gratuito". Sempre la Corte di Cassazione (cfr.: Cass., Sez. 3, sentenza n. 11974 del 17.05.2010), dopo aver premesso che, "affinché possa configurarsi un collegamento negoziale in senso tecnico, che impone la considerazione unitaria della fattispecie, è necessario che ricorra sia un requisito oggettivo, costituito dal nesso teleologico tra i negozi, volti alla regolamentazione degli interessi reciproci delle parti nell'ambito di una finalità pratica consistente in un assetto economico globale ed unitario, sia un requisito soggettivo, costituito dal comune intento pratico delle parti di volere non solo l'effetto tipico dei singoli negozi in concreto posti in essere, ma anche il coordinamento tra di essi per la realizzazione di un fine ulteriore, che ne trascende gli effetti tipici e che assume una propria autonomia anche dal punto di vista causale", ha affermato che "accertare la natura, l'entità, le modalità e le conseguenze del collegamento negoziale realizzato dalle parti rientra nei compiti esclusivi del giudice di merito, il cui apprezzamento non è sindacabile in sede di legittimità, se sorretto da motivazione congrua ed immune da vizi logici e giuridici". Nel caso di specie, sebbene nel contratto di comodato manchino riferimenti testuali espressi al contratto preliminare, dall'esame congiunto dell'originario contratto preliminare, del contratto di comodato e della scrittura integrativa del preliminare in data 15.10.2019, innanzi citati, emerge chiaramente la volontà concorde delle parti di pervenire al risultato utile della stipulazione del contratto definitivo di compravendita immobiliare superando i problemi insorti per effetto della scoperta dell'iscrizione dell'ipoteca legale di cui innanzi. Invero: - l'inizio del periodo di detenzione gratuita dell'immobile da parte dei promissari acquirenti (01.10.2019) segue senza soluzione di continuità la scadenza del termine originariamente pattuito nel preliminare per la conclusione del contratto definitivo (30.09.2019); - la pattuizione di detta detenzione a titolo gratuito si accompagna al versamento, quindici giorni dopo, di un acconto di Euro 20.000,00 non previsto originariamente nel contratto preliminare, con conseguente modifica dell'importo residuo da versarsi al momento del rogito; - la scrittura integrativa rende evidente il perdurare dell'interesse delle parti a dare esecuzione al contratto preliminare nonostante la scadenza del termine del 30.09.2019, nonché la volontà concorde delle parti medesime di modificare il regolamento negoziale; - in tale ottica, la concessione dell'immobile in comodato ai promissari acquirenti non può avere altra funzione, se non quella di assicurare agli stessi, nel periodo ragionevolmente necessario all'estinzione dell'ipoteca, una soluzione abitativa, stante la vendita della loro precedente abitazione, al fine ultimo di pervenire alla conclusione del rogito senza aggravare il pregiudizio subito dai promissari acquirenti per effetto del prolungarsi del rapporto contrattuale; - la stipulazione del comodato soddisfa il requisito della forma scritta ed implica necessariamente la proroga di un anno del termine per la conclusione del contratto definitivo di compravendita; d'altronde, ammettendo che quest'ultimo evento dovesse avvenire entro una scadenza anteriore, il comodato per il periodo successivo non avrebbe avuto alcun senso giuridico; parimenti, qualora il contratto preliminare avesse dovuto essere considerato risolto, non si vede per quale motivo i promissari acquirenti dovessero occupare l'immobile gratuitamente per un anno. L'esattezza delle considerazioni di cui sopra, desumibili dal regolamento negoziale complessivo descritto nei tre documenti sopra citati, è confermata anche dall'esame del comportamento delle parti successivo al 30.09.2019. In particolare, è stato, in primo luogo, lo stesso difensore degli odierni attori a dare atto, nella sua missiva del 10.02.2020 del fatto che "vista l'impossibilità di pervenire al rogito nel termine pattuito stante la presenza di detta ultima iscrizione ipotecaria, il 1 ottobre 2019 veniva sottoscritto tra le parti un contratto di comodato d'uso gratuito relativo all'immobile in parola della durata di dodici mesi". Anche i difensori della convenuta, da parte loro, nella comunicazione del 13.03.2020, hanno affermato che "le Parti stipulavano in data 1 ottobre 2019 un contratto di comodato ad uso gratuito della durata di mesi dodici proprio per dare ristoro alla coppia di coniugi per il disagio patito e per tutelare i loro figli minori". D'altronde, fino alla data del 30.04.2020, data proposta dal legale degli attori per la conclusione del contratto definitivo, nessuna delle parti ha lamentato alcunché in ordine al superamento del termine originariamente fissato per il rogito, in tal modo confermandosi il perdurare in capo ad entrambe le parti di un interesse a dare esecuzione al preliminare. Orbene, considerate le oggettive circostanze fattuali e gli interessi dei soggetti, è innegabile la sussistenza di un collegamento negoziale tra il contratto preliminare e quello di comodato, secondo i criteri indicati dalla Suprema Corte. III. Ciò premesso, è, dunque, possibile procedere con l'analisi delle condotte poste in essere dalle parti nel corso della complessiva vicenda contrattuale. Deve rilevarsi che, per la conclusione della descritta operazione, gli attori hanno pacificamente versato le seguenti somme: - Euro 25.000,00, a titolo di caparra confirmatoria, in parte alla sottoscrizione della proposta di acquisto ed in parte al momento della stipulazione del contratto preliminare; - Euro 20.000,00, a titolo di ulteriore acconto versato due settimane dopo la stipula del contratto di comodato. In tutto trattasi di Euro 45.000,00. Come si è già visto, nonostante l'impossibilità della stipula del definitivo nei termini originariamente previsti nel contratto preliminare, entrambe le parti hanno manifestato la volontà di proseguire con l'affare, senza richiedere la risoluzione del contratto, il che ha comportato per il promittente venditore la proroga del termine utile per l'eliminazione dell'iscrizione ipotecaria, in misura corrispondente alla durata convenzionale del comodato. Per quanto concerne il nuovo termine del 30.04.2020 proposto dagli attori, a mezzo del loro difensore, per la conclusione del contratto definitivo, esso non può essere qualificato come essenziale e pertanto il suo superamento non può dare luogo all'effetto risolutorio previsto dall'art. 1457 c.c. Invero, l'indicazione di tale data nella missiva del legale degli attori in data 10.02.2020 costituisce oggetto di una mera proposta, formulata tra tre soluzioni ivi esposte in via tra loro alternativa, e, quanto all'accettazione della proposta in questione da parte dei legali della convenuta con la comunicazione del 13.03.2020, deve rilevarsi che gli stessi hanno espressamente chiarito che la possibilità o meno della stipula del contratto definitivo dipendeva dall'attività di un soggetto terzo, l'Agenzia dell'Entrate - Riscossione, sicché non poteva parlarsi di termine essenziale. A ciò si aggiunga che nessuna delle parti ha sottoscritto alcunché personalmente in ordine alla modifica dei termini emergenti dal nuovo regolamento negoziale dato dalle tre scritture contrattuali sopra citate e che l'indicazione della data del 30.04.2020 come nuovo termine contrattuale risulta arbitraria. Con successiva comunicazione via e-mail in data 07.04.2020, sempre il difensore degli attori, richiamando il termine del 30.04.2020, di cui sopra si è detto, ha ulteriormente diffidato la controparte a fornire entro la data del 21 aprile 2020 conferma della cancellazione dell'ipoteca iscritta dall'Agenzia Entrate - Riscossione, con avvertimento che, in mancanza, "il contratto preliminare di compravendita dell'immobile stipulato il 1 luglio 2019 dovrà ritenersi irrimediabilmente risolto, con le inevitabili conseguenze in termini di obblighirestitutori e risarcitori anche in capo all'agenzia immobiliare che ha intermediato l'affare" (cfr.: doc. 12 degli attori). Deve escludersi che la comunicazione in questione possa valere come diffida ad adempiere. Infatti: - ove si consideri che il termine per il rogito doveva intendersi consensualmente prorogato al 30.09.2020, risultava del tutto illegittimo pretendere l'adempimento anticipato; - la prestazione oggetto della diffida non era quella principale prevista nel contratto preliminare (il rogito), bensì la mera trasmissione di un documento; - il termine assegnato con la predetta comunicazione risultava inferiore ai quindici giorni previsti, come termine minimo, dall'art. 1454, comma secondo, c.c. Come innanzi si diceva, la cancellazione dell'iscrizione ipotecaria di cui trattasi è avvenuta in data 05.02.2020, vale a dire solo cinque giorni dopo la data del 30.04.2020, sopra indicata, e, in data 15.05.2020, la convenuta ha dato notizia agli attori di tale circostanza, offrendosi altresì di eseguire, in data da concordare, i lavori per la sistemazione dei problemi lamentati dagli attori. La comunicazione via e-mail del 06.05.2020 del legale degli attori, alla luce di quanto precede, risulta illegittima nella parte in cui ha menzionato un effetto risolutorio non verificatosi, oltre che contraddittoria nella parte in cui, riservando ai propri assistiti la facoltà di considerare la prosecuzione dell'affare qualora la promittente venditrice avesse ottenuto la cancellazione dell'ipoteca gravante sull'immobile, ha implicitamente manifestato il perdurare del loro interesse all'esecuzione del contratto, tanto più ove si tenga conto del fatto che gli attori hanno continuato ad abitare l'immobile oggetto del contratto preliminare anche oltre il termine annuale del comodato, sino alla data del rilascio avvenuto il 05.11.2020. Ulteriormente illegittima e contraddittoria è la successiva proposta di concludere ugualmente il contratto definitivo ad un prezzo inferiore. Infine, la stessa transazione che gli attori hanno domandato in causa di considerare effettivamente perfezionata si pone in insanabile contrasto con la tesi di un effetto risolutorio già verificatosi, presupponendo, al contrario, il perdurare del rapporto contrattuale addirittura oltre il 30.09.2020 (termine del comodato). Una volta assodato ciò, deve ritenersi che, nonostante entrambe le parti abbiano posto in essere condotte inadempienti nello svolgimento dell'intera operazione negoziale (anche la convenuta, per aver colpevolmente ignorato e taciuto l'iscrizione ipotecaria sopra più volte menzionata), l'inadempimento del contratto per cui è causa sia imputabile in via del tutto prevalente agli attori. Invero, una volta verificato che, con la cancellazione dell'ipoteca, era venuto meno l'ostacolo alla conclusione del contratto definitivo, deve rilevarsi che con la comunicazione in data 22.05.2020, il difensore degli attori, nel proporre la stipula del contratto a condizioni diverse da quelle precedentemente pattuite, ha anche dato atto dell'avvenuta esecuzione di lavori da parte della promittente venditrice e, in data 31.08.2020, nel comunicare a controparte l'intenzione dei suoi assistiti di rilasciare l'immobile (implicitamente negando di voler dare esecuzione al preliminare), ha motivato tale manifestazione di volontà con una generica "inerzia" della promittente venditrice. Quanto ai vizi dell'immobile, quest'ultima ha negato in sede processuale la loro sussistenza e gli attori, che ne avevano l'onere (cfr.: Cass., Sez. 2, ordinanza n. 9960 del 28.03.2022), non hanno provato eventuali specifici vizi residuati all'effettuazione delle opere di cui innanzi. Alla luce di ciò, pare di comprendere che il rifiuto dei promissari acquirenti di stipulare il contratto definitivo sia dipeso, più che da inadempimenti della promittente venditrice, ormai superati, dal rifiuto da parte di quest'ultima di accettare condizioni economiche diverse e deteriori rispetto a quelle originariamente pattuite. La condotta degli attori, i quali hanno optato per una diversa soluzione abitativa allorché i problemi segnalati in precedenza erano stati ormai risolti e non era ancora scaduto il termine prorogato per la conclusione del contratto definitivo ed hanno altresì continuato ad occupare l'immobile nonostante avessero dichiarato la loro volontà di considerare risolto il contratto, integra gli estremi del grave inadempimento contrattuale. In proposito, la Corte di Cassazione (cfr.: Cass., Sez. 2, sentenza n. 17148 del 26.06.2019) ha affermato che "in ipotesi di collegamento negoziale, la gravità dell'inadempimento di un singolo contratto non deve essere apprezzata per ciascuna pattuizione, ma all'interno della complessiva struttura negoziale". Ebbene, avuto riguardo alle circostanze sopra esposte, va pronunciata la risoluzione del contratto preliminare per cui è causa unitamente a quella del contratto di comodato, in applicazione del principio "simul stabunt simul cadent", quale effetto del riscontrato collegamento negoziale nella dinamica del contratto preliminare ad effetti anticipati. Ne deriva che devono trovare applicazione nella specie gli effetti restitutori conseguenti all'efficacia retroattiva della pronuncia di risoluzione, e ciò con riferimento ad entrambi i rapporti collegati, innanzi menzionati. In particolare, con riferimento al rapporto di comodato, si osserva che, come affermato dalla Corte di Cassazione (cfr.: Cass., Sez. 2, ordinanza n. 35280 del 30.11.2022), "l'efficacia retroattiva della risoluzione, per inadempimento, di un contratto preliminare comporta l'insorgenza, a carico di ciascun contraente, dell'obbligo di restituire le prestazioni ricevute, rimaste prive di causa, secondo i principi della ripetizione dell'indebito ex art. 2033 c.c., e, pertanto, implica che il promissario acquirente che abbia ottenuto la consegna e la detenzione anticipate del bene promesso in vendita debba non solo restituirlo al promittente alienante, ma altresì corrispondere a quest'ultimo i frutti per l'anticipato godimento dello stesso. Ne consegue che nel caso di occupazione di un immobile fondata su di un titolo contrattuale venuto meno per effetto della risoluzione giudiziale del contratto va esclusa la funzione risarcitoria degli obblighi restitutori". Alla luce di quanto precede, la società convenuta è tenuta alla restituzione di quanto versatole dagli attori a titolo di caparra confirmatoria e di ulteriore acconto. Va, in proposito, disattesa la domanda della Impresa (...) s.r.l. in liquidazione di ritenzione della caparra confirmatoria ex art. 1385 c.c. Invero, i commi secondo e terzo dell'art. 1385 c.c. prevedono quanto segue: "2. Se la parte che ha dato la caparra è inadempiente, l'altra può recedere dal contratto, ritenendo la caparra; se inadempiente è invece la parte che l'ha ricevuta, l'altra può recedere dal contratto ed esigere il doppio della caparra. 3. Se però la parte che non è inadempiente preferisce domandare l'esecuzione o la risoluzione del contratto, il risarcimento del danno è regolato dalle norme generali". Anche la Corte di Cassazione (cfr.: Cass., Sez. 2, ordinanza n. 20532 del 29.09.2020), nell'interpretare il disposto normativo innanzi indicato, ha affermato che "la caparra confirmatoria ex art. 1385 c.c. ha la funzione di liquidare convenzionalmente il danno da inadempimento in favore della parte non inadempiente che intenda esercitare il potere di recesso conferitole "ex lege", sicché, ove ciò avvenga, essa è legittimata a ritenere la caparra ricevuta ovvero ad esigere il doppio di quella versata; qualora, invece, detta parte preferisca agire per la risoluzione ovvero l'esecuzione del contratto, il diritto al risarcimento del danno va provato nell'"an" e nel "quantum"". Ebbene, nella specie la società convenuta ha agito per la risoluzione del contratto senza esercitare il recesso, sicché risulta applicabile la norma di cui al terzo comma dell'art. 1385 c.c., sopra citato. Come si diceva, premesso che gli attori hanno rilasciato l'immobile, precedentemente condotto in comodato, ai primi di novembre 2020, va accolta la domanda della società convenuta di condanna dei medesimi a corrisponderle i frutti per l'anticipato godimento del bene, da considerarsi ormai senza titolo per effetto dell'efficacia retroattiva della pronuncia di risoluzione del contratto. La quantificazione di tale voce in Euro 1.500,00 mensili, richiesta dalla proprietaria, non può essere confermata, non trovando alcun riscontro oggettivo. Al contrario, avuto riguardo ai valori locativi unitari relativi a ville e villini in stato conservativo ottimo (l'immobile, infatti, era nuovo) ed ai box siti nella zona periferica del Comune di Seveso per il periodo di occupazione dell'immobile, quali pubblicati sul sito dell'A. delle E., liberamente consultabile dall'utenza e dunque da considerarsi come un fatto notorio, nonché tenuto conto dell'estensione dell'immobile, quale risulta dall'esame delle planimetrie in atti, si ritiene equo liquidare la voce in esame in Euro 1.000,00 mensili. Pertanto, considerato che l'occupazione dell'immobile da parte degli attori ha avuto una durata di tredici mesi, gli stessi vanno condannati al pagamento in favore della proprietaria dell'importo complessivo di Euro 13.000,00 a tale titolo. IV. Per quanto concerne l'ulteriore richiesta risarcitoria proposta dalla società convenuta, deve rilevarsi che la stessa ha riscontrato una serie di danni al bene immobile oggetto del contratto preliminare al termine del periodo di comodato. A sostegno della pretesa, l'Impresa (...) s.r.l. in liquidazione ha prodotto il materiale fotografico concernente i danni in questione (cfr.: doc. 26 della convenuta). Gli attori, costituendosi in giudizio, non hanno contestato la sussistenza di quanto ritratto dalle fotografie, ma hanno affermato che la situazione in questione fosse quella risultante dal normale utilizzo della cosa concessa in comodato. L'esame dei danni e la quantificazione dei costi di ripristino hanno costituito oggetto di CTU. Nell'elaborato peritale, i danni in questione sono stati classificati dal consulente in tre tipologie: 1) presenza di oggetti e rifiuti vari in più punti dell'unità immobiliare; 2) imbrattamenti, macchie e tracce di sporco; 3) rovina di parti murarie e rivestimenti ceramici per presenza di fori, incisioni, distacchi di elementi di finitura e manomissioni (cfr.: pagine 9 e 10 della relazione del CTU). Il consulente tecnico d'ufficio, tenendo conto delle osservazioni formulate dalle parti, ha quantificato in complessivi Euro 6.870,00 la spesa necessaria per l'eliminazione dei danni e, in particolare, per interventi di raccolta e rimozione dei rifiuti, opere di pulizia di pavimenti, pareti e serramenti, stuccatura e chiusura di fori ed incisione su soffitti e pareti di diversi locali e sostituzione di piastrelle (cfr.: pagina 14 della relazione del CTU). Per quanto concerne le deduzioni svolte dagli attori in ordine all'an debeatur, deve rilevarsi che il contratto di comodato in atti prevede agli artt. 2 e 5 l'obbligo dei comodatari di restituire l'immobile alla scadenza nello stesso stato in cui esso si trovava all'atto della consegna, salvo il deperimento d'uso. Quanto precede implica che non sia dovuto da parte degli attori il costo delle piastrelle da sostituire in quanto quelle preesistenti erano state forate per l'installazione dei pensili, installazione che è da considerarsi diretta conseguenza del normale uso della cosa. In conseguenza di ciò, si ritiene equo dimezzare l'importo di Euro 600,00 indicato dal CTU a titolo di costo dei materiali vari di cui al punto C) della liquidazione, sicché detto importo si riduce ad Euro 300,00. Analogamente, per le stesse ragioni, vanno equitativamente detratte dal costo della manodopera n. 12 ore di lavoro relative alla sostituzione delle piastrelle, il che comporta un'ulteriore decurtazione di Euro 420,00 (35,00 Euro/h x 12). Al contrario, gli ulteriori costi non possono essere ritenuti correlati al normale utilizzo dell'immobile, sicché il loro ristoro è dovuto. Invero, il normale deperimento d'uso non implica affatto che l'immobile debba essere rilasciato sporco, con la presenza di rifiuti da smaltire e non ritinteggiato. In tutto, la somma da detrarre dal dovuto ammonta ad Euro 720,00, sicché il risarcimento deve essere quantificato in Euro 6.150,00 (euro 6.870,00 - Euro 720,00). L'IVA non costituisce danno per la società convenuta, imprenditrice commerciale, che la può portare in detrazione in sede dichiarativa e, quanto alle ulteriori somme pretese per le verifiche all'impianto elettrico, all'impianto idrico ed a quello di riscaldamento, nessun esborso risulta essere stato sostenuto dalla stessa, né lo sarà in futuro, essendo stato l'immobile, nel frattempo, venduto a terzi. La pretesa svalutazione dell'immobile, infine, risulta allegata e documentata dalla convenuta soltanto in sede di scritti conclusivi dopo la precisazione delle conclusioni, il che non è consentito dall'ordinamento. V. Con riguardo alla posizione della seconda convenuta, vale a dire l'impresa (...), gli attori, affermando che questa non abbia adempiuto ai propri obblighi professionali, non avendo comunicato loro l'esistenza dell'iscrizione ipotecaria gravante sull'immobile oggetto del contratto preliminare di cui è causa nonché lo stato di liquidazione in cui versava la società promittente venditrice, hanno sostenuto che, ove avessero avuto tempestiva conoscenza di tali circostanze, essi non avrebbero concluso il contratto preliminare. Pertanto, essi hanno richiesto la condanna di (...) al risarcimento dei danni subiti ed alla restituzione della somma di Euro 5.000,00 versata a titolo di provvigione per la mediazione (cfr.: doc. 27 degli attori). Peraltro, quanto agli assegni prodotti con il documento da ultimo citato, essi risultano intestati non già al mediatore, bensì a due soggetti diversi, (...) e (...). Ora, (...), titolare della (...), nel corso dell'interrogatorio formale avvenuto all'udienza dell'01.06.2022, ha confermato che gli attori avevano versato la somma di Euro 5.000,00 a titolo di provvigione per l'attività di intermediazione svolta. Lo stesso, in particolare, ha dichiarato quanto segue: "Confermo che (...) era collaboratrice della mia impresa nel periodo giugno - luglio 2019. Confermo altresì che incaricai la mia collaboratrice sopra indicata di richiedere agli odierni attori la consegna di due assegni bancari senza indicazione del beneficiario dell'importo di Euro 2.500,00 cadauno a titolo di compenso provvigionale per la mediazione effettuata. Confermo che gli odierni attori consegnarono alla mia collaboratrice in questione i due assegni senza indicazione del beneficiario e per l'importo di Euro 2.500,00 cadauno. Uno dei due assegni, di cui non ricordo il numero, venne autonomamente intestato dalla mia collaboratrice a sé stessa e da lei incassato. L'altro assegno, di cui parimenti non ricordo il numero, venne da me consegnato a mia moglie (...), da lei intestato a sé stessa e da lei incassato". Non risulta che in relazione a tale pagamento, tenuto anche conto delle modalità anomale dello stesso sopra descritte, sia stata emessa fattura. Inoltre, risulta del tutto inverosimile che l'intestazione degli assegni a persone diverse dall'imprenditore con incasso da parte delle stesse siano avvenuti senza il beneplacito del convenuto; al contrario, l'anomalia di dette modalità ben si accorda con un pagamento c.d. "in nero". Orbene, per quanto concerne le contestazioni in ordine agli obblighi dell'intermediario immobiliare, in punto di diritto, la Corte di Cassazione (cfr.: Cass., Sez. 2, ordinanza n. 27482 del 28.10.2019), mutando un proprio precedente orientamento, ha recentemente affermato che "il mediatore - tanto nell'ipotesi tipica in cui abbia agito in modo autonomo, quanto nell'ipotesi in cui si sia attivato su incarico di una delle parti (c.d. mediazione atipica) - ha, ai sensi dell'art. 1759, comma 1, c.c., l'obbligo di comportarsi secondo correttezza e buona fede, nel cui ambito è incluso l'obbligo specifico di riferire alle parti le circostanze dell'affare a sua conoscenza, ovvero che avrebbe dovuto conoscere con l'uso della diligenza da lui ordinariamente esigibile, includendosi in queste ultime, nel caso di mediazione immobiliare, le informazioni sull'esistenza di iscrizioni o trascrizioni pregiudizievoli sull'immobile oggetto della trattativa, come quella relativa all'iscrizione precedente di ipoteca". Più recentemente, la Suprema Corte (cfr.: Cass., Sez. 2, ordinanza n. 15577 del 16.05.2022) ha ribadito che, "in tema di mediazione, il mediatore, sia quando agisca in modo autonomo (mediazione c.d. tipica), sia su incarico di una delle parti (mediazione c.d. atipica, costituente in realtà mandato), è tenuto a comportarsi secondo buona fede e correttezza e a riferire, perciò, alle parti le circostanze, da lui conosciute o conoscibili secondo la diligenza qualificata ex art. 1175 c.c. propria della sua categoria, idonee ad incidere sul buon esito dell'affare, senza che le eventuali più penetranti verifiche a ciò necessarie postulino il previo conferimento di specifico incarico, tali essendo, in caso di mediazione immobiliare, tutte quelle afferenti alla contitolarità del diritto di proprietà, all'insolvenza di una delle parti, all'esistenza di elementi atti a indurre le parti a modificare il contenuto del contratto, ad eventuali prelazioni ed opzioni, al rilascio di autorizzazioni amministrative, alla provenienza di beni da donazioni suscettibili di riduzione, alla solidità delle condizioni economiche dei contraenti, alle iscrizioni o trascrizioni sull'immobile e alla titolarità del bene in capo al venditore". Una volta assodato che la condotta omissiva del mediatore integra gli estremi del grave inadempimento del contratto di mediazione, ne deriva la pronuncia della risoluzione del contratto medesimo, domanda implicitamente risultante da quella di restituzione della provvigione, formulata dagli attori. In punto di diritto, la Corte di Cassazione (cfr.: Cass., Sez. 2, sentenza n. 21230 del 05.10.2009; in senso conforme, si vedano anche: Cass., Sez. 2, sentenza n. 21113 del 16.09.2013; Cass., Sez. 6 - 1, ordinanza n. 24947 del 23.10.2017; Cass., Sez. 2, sentenza n. 19513 del 18.09.2020) ha più volte affermato che "la volontà di risolvere un contratto per inadempimento non deve necessariamente risultare da una domanda espressamente proposta dalla parte in giudizio, ben potendo implicitamente essere contenuta in altra domanda, eccezione o richiesta, sia pure di diverso contenuto, che presupponga una domanda di risoluzione", proprio come nella specie. Va dunque accolta la domanda di restituzione della provvigione pacificamente percepita dal mediatore a seguito della conclusione dell'affare per cui è causa. In tali termini si è espressa la Corte di Cassazione dell'ordinanza n. 27482 del 28.10.2019, sopra citata, secondo cui l'inosservanza dell'obbligo giuridico incombente sul mediatore ai sensi del più volte citato art. 1759 c.c., comma 1, se accertata, ed a prescindere dalla possibile futura conclusione del contratto di vendita tra le parti per loro autonoma scelta indipendentemente da eventuali pregiudizi sull'immobile costituente oggetto, ancorché taciuti dalla mediatrice all'atto della sottoscrizione della proposta di acquisto, "comporta il venir meno del presupposto per il riconoscimento della provvigione in favore della stessa mediatrice". Ad opposte conclusioni deve, invece, pervenirsi con riferimento alla domanda di condanna del mediatore al risarcimento dei danni, osservandosi che non sussiste alcun nesso diretto di causalità tra l'inadempimento degli obblighi informativi ed il pregiudizio lamentato dai promissari acquirenti, i quali oggi si trovano a dover corrispondere alla promittente venditrice le somme indicate innanzi soltanto a causa del loro rifiuto di stipulare il contratto definitivo anche allorché gli impedimenti precedenti erano venuti meno, il tutto verosimilmente a causa della mancata concessione di uno sconto sul prezzo da parte della promittente venditrice. Conseguenze delle considerazioni che precedono Alla luce di quanto innanzi osservato, pronunciata la risoluzione del contratto preliminare di compravendita immobiliare per cui è causa per inadempimento dei promissari acquirenti, avuto riguardo al fatto che la promittente venditrice è tenuta a restituire loro la somma di Euro 45.000,00, mentre gli attori devono corrispondere alla controparte Euro 13.000,00 per l'occupazione dell'immobile ed Euro 6.150,00 per danni provocati all'immobile medesimo (in tutto trattasi di Euro 19.150,00), operata la compensazione tra le opposte partite di dare ed avere, l'Impresa (...) s.r.l. in liquidazione deve essere condannata al pagamento in favore di (...) e (...) dell'importo di Euro 25.850,00, oltre interessi legali nella misura di cui all'art. 1284, comma 4, c.c. dalla data della domanda giudiziale (16.11.2020) al saldo. Inoltre, pronunciata la risoluzione del contratto di mediazione per cui è causa per inadempimento della convenuta (...), quest'ultima deve essere condannata a restituire agli attori la somma di Euro 5.000,00, oltre interessi legali nella misura di cui all'art. 1284, comma 4, c.c. dalla data della domanda giudiziale (16.11.2020) al saldo. Va invece rigettata ogni ulteriore domanda delle parti. Infine, avuto riguardo all'avvenuto pagamento della provvigione al mediatore di cui innanzi senza che risulti emessa fattura, copia della presente sentenza dovrà essere trasmessa, a cura della Cancelleria, alla Guardia di Finanza - Compagnia di Seveso, per quanto di sua competenza in ordine a tale circostanza. Sulle spese processuali e di C.T.U. Le spese processuali vanno compensate tra le parti, avuto riguardo al solo parziale accoglimento delle domande proposte dalle stesse, con conseguente configurabilità di una soccombenza reciproca. Quanto alle spese di CTU, esse, liquidate come in atti, vanno poste in via definitiva a carico esclusivo della convenuta Impresa (...) s.r.l. in liquidazione, visto che il mezzo istruttorio in questione ha avuto ad oggetto la sola tematica relativa alla liquidazione dei danni all'immobile e che l'importo dovuto a tale titolo è notevolmente inferiore a quello originariamente preteso dalla promittente venditrice. P.Q.M. Il Tribunale, definitivamente pronunciando nella causa instaurata da (...) e (...) nei confronti di Impresa (...) s.r.l. in liquidazione, nonché nei confronti di (...), così provvede: 1. pronuncia la risoluzione del contratto preliminare di compravendita immobiliare per cui è causa per inadempimento degli attori; 2. per l'effetto, accerta quanto segue: - un credito di Euro 45.000,00 in capo a (...) e (...) nei confronti di Impresa (...) s.r.l. in liquidazione, a titolo di restituzione degli acconti pagati sul corrispettivo della vendita; - un credito di Euro 19.150,00 in capo ad Impresa (...) s.r.l. in liquidazione nei confronti di (...) e (...), per l'occupazione dell'immobile per cui è causa nonché a titolo di risarcimento dei danni provocati all'immobile; 3. operata la compensazione tra le opposte partite di dare ed avere di cui al capo che precede, condanna Impresa (...) s.r.l. in liquidazione al pagamento in favore di (...) e (...), della somma di Euro 25.850,00, oltre interessi legali nella misura di cui all'art. 1284, comma 4, c.c. dalla data del 16.11.2020 al saldo; 4. pronuncia la risoluzione del contratto di mediazione per cui è causa per inadempimento di (...); 5. per l'effetto, condanna (...) alla restituzione in favore di (...) e (...) della somma di Euro 5.000,00, oltre interessi legali nella misura di cui all'art. 1284, comma 4, c.c. dalla data del 16.11.2020 al saldo; 6. rigetta ogni ulteriore domanda, eccezione e deduzione delle parti; 7. compensa interamente tra le parti le spese processuali; 8. pone in via definitiva le spese di C.T.U., liquidate, come da decreto in data 10.10.2022, in Euro 160,00 per spese ed Euro 839,53 per onorario, oltre accessori di legge, se ed in quanto dovuti, a carico esclusivo della convenuta Impresa (...) s.r.l. in liquidazione; 9. dispone l'invio, a cura della Cancelleria, di copia della presente sentenza alla Guardia di Finanza - Compagnia di Seveso, per quanto di sua competenza in ordine all'avvenuto ricevimento da parte di (...) dell'importo di Euro 5.000,00 a titolo di provvigione, senza che risulti emessa la relativa fattura. Così deciso in Monza il 24 aprile 2023. Depositata in Cancelleria il 26 aprile 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI MONZA - SEZIONE IV CIVILE - Il Tribunale di Monza, in composizione monocratica, nella persona del Giudice dott. Wandalba Farano ha pronunciato la seguente SENTENZA nel procedimento civile iscritto al numero di ruolo di cui sopra in data 23 novembre 2020 e vertente: TRA M.A. nato a V. B. (M.) in data (...) (Cod. Fisc. (...)), (...) nato a Verano B. (M.) in data (...) (Cod. Fisc. (...)), entrambi rappresentati e difesi dall'Avv. Da.Ca. ed elettivamente domiciliati in Carate Brianza, via (...) presso e nello studio del predetto difensore, giusta procura in atti; ATTORI E (...), nato a V. B. (M.) in data (...) (Cod. Fisc. (...)), rappresentato e difeso dall'Avv. Is.Fe. ed elettivamente domiciliato in Monza, via (...) presso e nello studio del predetto difensore, giusta procura in atti; CONVENUTI MOTIVI DELLA DECISIONE 1.Con atto di citazione iscritto a ruolo in data 23 novembre 2020 e ritualmente notificato, (...) e (...) convenivano in giudizio (...) e, premettendo di essere i fratelli del convenuto, chiedevano al Tribunale di Monza in via principale di accertare e dichiarare l'illegittima appropriazione da parte del convenuto di somme di denaro provenienti dai conti correnti intestati ai genitori quando gli stessi erano in vita e conseguentemente condannarlo alla restituzione in favore degli attori della somma complessiva di Euro 90.250,24 di cui Euro 56.455,00 provenienti dal conto corrente n. (....) accesso presso (...) S.p.A. filiale di (...) e Euro 33.795,24 provenienti dal conto corrente n. (....) presso (...) S.p.a. filiale di V. in B. o comunque del diverso maggiore o minore importo ritenuto di giustizia oltre al risarcimento dei danni; in via subordinata chiedevano di accertare e dichiarare l'ingiustificata appropriazione delle predette somme con conseguente indebito arricchimento e la condanna del convenuto alla restituzione delle predette somme. 2. In data 23 febbraio 2021 si costituiva in giudizio (...), il quale contestando quanto dedotto dagli attori chiedeva l'integrale rigetto delle domande attoree. 3. All'udienza del 4 marzo 2021 tenutasi innanzi al Giudice dott.ssa (...), le parti chiedevano l'assegnazione dei termini di cui all'art. 183 comma 6 c.p.c. ed il Giudice assegnava i predetti termini rinviando la causa all'udienza del 21 ottobre 2021 che veniva con successivi decreti rinviata al 28 aprile 2022. A scioglimento della riserva assunta a tale udienza, tenutasi innanzi la dott.ssa (...) a seguito di riassegnazione della causa in data 12 aprile 2022, il Giudice con ordinanza del 27 maggio 2022 rigettava le istanze istruttorie formulate dalle parti e, ritenuta la causa matura per la decisione, fissava udienza per la precisazione delle conclusioni. A tale udienza il Giudice, viste le conclusioni delle parti come sopra riportate, assegnava alle stesse termine perentorio per il deposito delle comparse conclusionali e per il deposito delle memorie di replica trattenendo all'esito la causa in decisione. 4. Devono in primo luogo essere ribadite e confermate le motivazioni sottese all'ordinanza istruttoria sopra riportata che ha respinto le istanze istruttorie avanzate dalle parti e reiterate in sede di precisazione delle conclusioni per le ragioni già indicate e che qui si richiamo integralmente. 5. Gli odierni attori hanno promosso il presente procedimento ex art. 533 c.c. in qualità di coeredi dei genitori sig.ri (...) e (...) rispettivamente deceduti in data 12.01.2016 e 26.07.2019 chiedendo all'intestato Tribunale di accertare e dichiarare l'illegittimità dei prelievi periodicamente effettuati da (...) sui conti correnti intestati ai genitori ed in particolare sul conto corrente n. (....) accesso presso (...) S.p.A. nel periodo compreso tra il mese di novembre 2011 ed il mese di dicembre 2016 per un importo complessivo di Euro 56.455,00 e sul conto corrente n. (....) presso (...) S.p.a. nel periodo compreso tra il mese di novembre 2011 e settembre 2013 per un importo complessivo di Euro 33.795,00. Il convenuto ha preliminarmente contestato la riconducibilità dell'azione spiegata dagli attori all'istituto della petizione ereditaria; ha contestato l'ammontare delle somme prelevate indicate dagli attori nonché di aver trattenuto per sé le predette somme prelevate dai conti correnti intestati ai genitori quando erano in vita sostenendo che tali importi erano stati integralmente utilizzati per l'assistenza e la cura dei rispettivi genitori che erano soliti provvedere ai pagamenti delle spese ad essi riferibili mediante l'impiego di denaro contante. Ha, inoltre, precisato che egli godeva di delega ad operare sui conti correnti intestati ai propri genitori al pari dei fratelli odierni attori e che egli era stato autorizzato dai genitori, dotati all'epoca di piena e integra capacità d'intendere e di volere, ad effettuare i predetti prelievi per le finalità predette. 5. Deve preliminarmente osservarsi che l'azione spiegata dagli odierni attori può ritenersi riconducibile all'azione di petizione ereditaria disciplinata dall'art. 533 c.c. in quanto esperita da parte degli attori in qualità di coeredi di (...) e (...) al fine di ottenere l'adempimento di asseriti crediti compresi nella massa ereditaria ad essi riferibile. Non risulta, infatti, contestato che a (...), deceduto senza lasciare testamento il 12 gennaio 2016, siano succeduti la moglie (...) e i tre figli (...), (...) e (...). Ugualmente pacifico che a (...), morta anch'essa senza lasciare testamento il 26 luglio 2019, siano succeduti in parti uguali i tre figli (...), (...) e (...). Secondo la consolidata giurisprudenza di legittimità infatti "la petizione dell'eredità che, ai sensi dell'art. 533 c.c., consente di chiedere sia la quota dell'asse ereditario sia il suo valore, può assumere natura di azione di accertamento o funzione recuperatoria, ritenendosi che la domanda di divisione dell'asse ereditario - configurando l'azione di cui all'art. 533 c.c. - postula l'accertamento, fra l'attivo ereditario, anche del credito di cui il de cuius era titolare nei confronti di altro coerede per le somme da questi illegittimamente prelevate dal conto cointestato prima della sua morte" (cfr. Cass. civ. 24034/2004). Inoltre, secondo la più recente giurisprudenza della Corte di Cassazione "l'azione di cui all'art. 533 c.c. si configuri, non solo quando la stessa tenda al recupero della proprietà o di altri diritti reali, ma anche nel caso in cui l'erede intenda assicurarsi l'adempimento di crediti appartenenti al de cuius, ove, analogamente a quanto si riscontra nella fattispecie, si tratti di crediti derivanti dall'illegittima appropriazione di somme in realtà spettanti al de cuius. Al riguardo va ricordato come Cass. n. 10557/2001 ha ribadito il carattere reale della "petitio hereditatis", in quanto volta a conseguire il rilascio dei beni ereditari da colui che li possegga, vantando un titolo successorio che non gli compete, ovvero senza alcun titolo, ritenendo che la stessa presuppone l'accertamento della sola qualità ereditaria dell'attore o di diritti che a costui spettano "iure hereditatis", qualora siano contestati dalla controparte, in relazione ad una fattispecie nella quale si chiedeva la restituzione di somme asseritamente prelevate dai convenuti da un conto corrente intestato al de cuius, ritenendo che anche in un'azione siffatta, il riconoscimento della qualità di erede, cui essa tende, è strumentale al perseguimento dell'obiettivo di ottenere la restituzione di beni configurati come elementi costitutivi dell'universum ius" o di una quota parte di esso. E' pur vero che la vicenda decisa da tale precedente, dopo il giudizio di rinvio, è stata poi definita con la sentenza di questa Corte n. 23181/2011, la cui massima recita che: "Con l'azione di petizione ereditaria l'erede può reclamare soltanto i beni nei quali egli è succeduto "mortis causa" al defunto, ossia i beni che, al tempo dell'apertura della successione, erano compresi nell'asse ereditario; ne consegue che tale azione non può essere esperita per far ricadere in successione somme di denaro che il "de cuius" abbia, prima della sua morte, rimesso a mezzo di assegni bancari, senza un'apparente causa di giustificazione, al futuro erede e che questi abbia o abbia avuto in disponibilità in forza di un titolo giuridico preesistente e indipendente rispetto alla morte del "de cuius", ma tale esito non contraddice i principi prima richiamati ... Atteso che l'erede può reclamare con l'hereditatis petitio azione nella quale l'erede non subentra al de cuius, ma che a lui viene attribuita ex novo - solo i beni nei quali egli è succeduto mortis causa al defunto, ossia i beni che, al tempo dell'apertura della successione, erano compresi nell'asse ereditario (cfr. Cass., Sez. II, 2 agosto 2001, n. 10557; Cass., Sez. II, 16 gennaio 2009, n. -14 - 1074), se da un lato ne consegue che l'azione non può essere esperita per far ricadere in successione somme di denaro che l'ereditando abbia, prima della sua morte, rimesso a mezzo assegni bancari, senza una apparente causa giustificativa, al futuro erede e che questi abbia o abbia avuto nella disponibilità, non già a titolo di erede o senza titolo alcuno, bensì in forza di un titolo giuridico preesistente ed indipendente rispetto alla morte del de cuius, può però far valere diritti di credito appartenenti al de cuius, anche se derivanti, come nel caso in esame, dall'illegittimo prelievo da parte di un cointestatario, senza tenere conto del rapporto interno che individua la titolarità sostanziale delle somme depositate" (cfr. Cass. Civ. 24.09.2020 n. 20024). Ne consegue che l'azione promossa dagli attori possa essere ricondotta all'istituto della petizione ereditaria di cui all'art. 533 c.c. in quanto finalizzata ad ottenere la restituzione o meglio l'adempimento di diritti di credito appartenenti ai de cuius derivanti dal prelievo ingiustificato di somme di denaro dai conti correnti intestati agli stessi. 6. Ciò premesso deve tuttavia osservarsi come le domande avanzate dagli attori non risultano meritevoli di accoglimento e devono pertanto essere rigettate. Invero, dalla documentazione versata in atti, nel periodo compreso tra l'anno 2011 ed il 2016, se è pur vero che risultano effettuati da parte del convenuto, che pacificamente si occupava in via prevalente dell'assistenza e gestione delle esigenze dei rispettivi genitori, una pluralità di periodici prelievi di somme di denaro dai conti correnti nella titolarità dei rispettivi genitori (in particolare c/c n. (...) presso (...) S.p.A. e n. (...) presso (...) S.p.a.) deve tuttavia osservarsi che non può presumersi che i predetti prelievi siano stati effettuati e trattenuti indebitamente da parte di (...), avendo egli agito in virtù di delega ad operare sui predetti conti correnti pacificamente e validamente conferita allo stesso dai rispettivi genitori, elemento questo che fa presumere la volontà dei de cuius di consentire allo stesso di effettuare tutti i prelevamenti necessari per provvedere alle loro esigenze. Ciò tenuto anche conto che nessuna contestazione era stata ad egli mossa nel predetto periodo, peraltro di non breve durata, da parte dei rispettivi genitori dotati all'epoca di piena e integra capacità di intendere e di volere. Né tantomeno risulta che gli odierni attori muniti anch'essi nel medesimo arco temporale di delega ad operare sui predetti conti correnti e della conseguente facoltà di verificare l'andamento dei conti correnti intestati ai genitori abbiano mai effettuato alcuna contestazione in ordine ai predetti prelievi nel predetto periodo. Né è possibile desumere l'illecita o ingiustificata appropriazione di tali somme da parte di (...) dall'entità dei prelievi effettuati in tale periodo temporale (2011-2016), il cui valore complessivo non consente di presumere un utilizzo irregolare del conto corrente da parte del convenuto, tenuto anche conto che gli stessi attori non hanno specificamente contestato la consuetudine da parte dei rispettivi genitori di pagare con denaro contante i servizi e le prestazioni effettuate a favore dei genitori (ad eccezione delle spese per utenze domestiche addebitate direttamente sul conto corrente peraltro a far data dall'anno 2013), come ad esempio le spese per pasti e per assistenza domiciliare forniti da parte dei S.S. ai genitori nel predetto periodo e quantificate in complessivi Euro 7.586,00 circa. In particolare, secondo la prospettazione attorea, peraltro contestata dal convenuto, gli importi prelevati nel periodo compreso tra il 2011 ed il 2016 da (...) ammonterebbero a complessivi Euro 82.663,00 (dedotte le spese per i pasti e per assistenza domiciliare forniti da parte dei S.S. per circa 7.586,00 Euro) che in ogni caso, considerata l'età dei genitori e l'ammontare delle entrate mensili dagli stessi percepite, tenuto conto che gli stessi vivevano presso un immobile di loro proprietà, risultano verosimilmente congrui rispetto alle esigenze di vita quotidiana, cura e di assistenza dei genitori medesimi in un arco temporale di circa cinque anni (anni 2011-2016) di talchè non è possibile da ciò solo ravvisarsi un utilizzo anomalo del conto corrente nel predetto periodo da parte del convenuto, che in quanto munito di valida delega ad operare sui predetti conti deve pertanto presumersi aver effettuato le predette operazioni per conto e nell'interesse dei rispettivi genitori al fine del soddisfacimento dei relativi bisogni quotidiani e delle rispettive esigenze di vita. Ne deriva che non risulta raggiunta la prova gravante in capo agli attori in ordine ad un'illegittima o ingiustificata appropriazione da parte dell'odierno convenuto dei predetti importi di talchè le domande avanzate in via principale ed in subordine dagli odierni attori non risultano meritevoli di accoglimento e devono pertanto essere rigettate. 7. La regolamentazione delle spese di lite segue la soccombenza. Gli attori (...) e (...) devono, pertanto, essere condannati a rimborsare alla controparte le spese di lite, che si liquidano come indicato in dispositivo, sulla base dei parametri di cui al D.M. Giustizia 10 aprile 2014, n. 55 vigenti all'epoca in cui si è esaurita l'attività difensiva (art. 6 del decreto 13 agosto 2022, n. 147), tenuto conto del valore della controversia e dell'attività difensiva espletata, applicando i parametri minimi per le fasi di studio, introduttiva, istruttoria e decisionale. P.Q.M. Il Tribunale di Monza, definitivamente pronunciando, disattesa ogni contraria domanda, eccezione, istanza, anche istruttoria, così provvede: 1. Rigetta integralmente le domande avanzate dagli attori per quanto in motivazione. 2. Condanna (...) e (...), in solido, a rifondere a (...) le spese di lite liquidate in Euro 7.052,00 oltre il 15% per spese generali, IVA e CPA come per legge. Così deciso in Monza il 17 aprile 2023. Depositata in Cancelleria il 28 aprile 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale di Monza, Seconda Sezione Civile, nella persona del Giudice monocratico, dott. Carlo Albanese, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di I Grado iscritta al n. R.G. 277/2021 promossa DA (...), C.F. (...) e (...), C.F. (...), elettivamente domiciliate in Monza, via (...) presso lo studio dell'Avv. (...) che le rappresenta e difende come da procura posta in calce all'atto di citazione; ATTRICI NEI CONFRONTI DI CONDOMINIO "(...)" SITO IN LENTATE SUL SEVESO VIA (...) (C.F. (...)), in persona dell'amministratrice p.t., rag. (...), elettivamente domiciliato in Meda (MB), Via (...), presso lo studio degli Avv. (...), che lo rappresenta e difende come da procura posta in calce alla comparsa di costituzione e risposta; CONVENUTO Oggetto: Impugnazione di delibera assembleare. CONCLUSIONI DELLE PARTI All'udienza del 10.10.2022 le parti hanno precisato le seguenti conclusioni: PER (...) e (...): "Voglia l'Ill.mo Tribunale adito, contrariis reiectis, così giudicare: Per la signora condomina (...): In via principale: a) con riferimento al verbale di assemblea del 25 luglio 2020: 1) accertare e dichiarare l'annullamento della delibera per violazione degli artt. 66 disp. att. e 1136 c.c.; 2) accertare e dichiarare l'annullamento della delibera per non aver potuto le attrici visionare la documentazione condominiale prima dell'adunanza; 3) accertare e dichiarare la nullità della delibera relativamente al capo 2) dell'ordine del giorno per aver illegittimamente addebitato spese personali in violazione del combinato disposto degli artt. 1123 e 1135 c.c.; 4) accertare e dichiarare la nullità della delibera relativamente al capo 3) per violazione dell'art. 1129, comma 14, c.c. b) con riferimento al verbale di assemblea del 17 ottobre 2020: 5) accertare e dichiarare l'invalidità della deliberazione per palese violazione del procedimento di formazione della volontà assembleare; 6) accertare e dichiarare l'annullamento della delibera per non aver potuto le attrici visionare la documentazione condominiale in occasione dell'adunanza stante la totale assenza dei documenti; 7) accertare e dichiarare la nullità della delibera relativamente al capo 2) dell'ordine del giorno per aver illegittimamente addebitato spese personali in violazione del combinato disposto degli artt. 1123 e 1135 c.c.; 8) accertare e dichiarare la nullità della delibera relativamente al capo 3) per violazione dell'art. 1129, comma 14, c.c. c) con riferimento al verbale di assemblea del 16 luglio 2019: 9) accertare e dichiarare la nullità della delibera relativamente al capo 2) dell'ordine del giorno per aver illegittimamente addebitato spese personali in violazione del combinato disposto degli artt. 1123 e 1135 c.c.; 10) accertare e dichiarare la nullità della delibera relativamente al capo 3) per violazione dell'art. 1129, comma 14, c.c. 11) per l'effetto, condannare il Condominio (...), nella persona del suo amministratore signora (...), a rifondere alle odierne attrici le somme indebitamente pretese e incassate a titolo di spese personali; più precisamente alla signora (...) la somma di Euro 3.007,98 oltre interessi dal dovuto al saldo e alla signora (...) la somma di Euro 3.121,11 oltre interessi dal dovuto al saldo; 12) accertare e dichiarare il diritto della condomina signora Rocco a visionare ed estrarre copia completa della documentazione condominiale e, per l'effetto: - condannare il condominio (...), nella persona del suo amministratore signora (...), ad autorizzare l'Istituto di credito ove è acceso il conto corrente condominiale alla consegna alle odierne attrici degli estratti conto bancari relativi agli anni 2017, 2018, 2019 e 2020; - condannare il Condominio a non addebitare i costi relativi alle n. 511 fotocopie alle odierne attrici nel prossimo esercizio (consuntivo 2021), mai richieste al Condominio, e determinare l'equo rimborso del costo vivo relativo a n. 193 fotocopie che le odierne attrici si rendono disponibili a versare al Condominio; - condannare il Condominio a non addebitare personalmente alle odierne attrici i costi relativi ad "onorari fotocopie" (in aggiunta ai costi vivi di copie) e pari ad Euro 200,00 per ogni anno di esercizio, onorari che trarrebbero validità solo a partire dall'assemblea di approvazione (3 luglio 2021) e che comunque andrebbero suddivise sulla base delle tabelle millesimali; 13) condannare il Condominio convenuto, ex art. 96 c.p.c., al risarcimento del danno per aver resistito in giudizio con mala fede e per comportamento processuale scorretto; 14) con vittoria di spese e competenze di causa, oltre 15%, rimborso forfettario 15% e IVA e C.p.a. come per legge e condanna alla rifusione di onorari e spese di mediazione. Per la signora (...) In via principale: b) con riferimento al verbale di assemblea del 25 luglio 2020: 1) accertare e dichiarare la nullità della delibera relativamente al capo 2) dell'ordine del giorno per aver illegittimamente addebitato spese personali in violazione del combinato disposto degli artt. 1123 e 1135 c.c.; 2) accertare e dichiarare la nullità della delibera relativamente al capo 3) per violazione dell'art. 1129, comma 14, c.c. b) con riferimento al verbale di assemblea del 17 ottobre 2020: 3) accertare e dichiarare l'invalidità della deliberazione per palese violazione del procedimento di formazione della volontà assembleare; 4) accertare e dichiarare la nullità della delibera relativamente al capo 2) dell'ordine del giorno per aver illegittimamente addebitato spese personali in violazione del combinato disposto degli artt. 1123 e 1135 c.c.; 5) accertare e dichiarare la nullità della delibera relativamente al capo 3) per violazione dell'art. 1129, comma 14, c.c. c) con riferimento al verbale di assemblea del 16 luglio 2019: 6) accertare e dichiarare la nullità della delibera relativamente al capo 2) dell'ordine del giorno per aver illegittimamente addebitato spese personali in violazione del combinato disposto degli artt. 1123 e 1135 c.c.; 7) accertare e dichiarare la nullità della delibera relativamente al capo 3) per violazione dell'art. 1129, comma 14, c.c. 8) per l'effetto, condannare il Condominio (...), nella persona del suo amministratore signora (...), a rifondere alle odierne attrici le somme indebitamente pretese e incassate a titolo di spese personali; più precisamente alla signora (...) la somma di Euro 3.007,98 oltre interessi dal dovuto al saldo e alla signora (...) la somma di Euro 3.121,11 oltre interessi dal dovuto al saldo; 9) accertare e dichiarare il diritto della signora (...) a visionare ed estrarre copia completa degli estratti del conto corrente del Condominio anni 2017, 2018, 2019 e 2020 e, per l'effetto: - condannare il Condominio (...), nella persona del suo amministratore signora (...), ad autorizzare l'Istituto di credito ove è acceso il conto corrente condominiale alla consegna alle odierne attrici degli estratti conto bancari relativi agli anni 2017, 2018, 2019 e 2020; - condannare il Condominio a non addebitare i costi relativi alle n. 511 fotocopie alle odierne attrici nel prossimo esercizio (consuntivo 2021), mai richieste al Condominio, e determinare l'equo rimborso del costo vivo relativo a n. 193 fotocopie che le odierne attrici si rendono disponibili a versare al Condominio; - condannare il Condominio a non addebitare personalmente alle odierne attrici i costi relativi ad "onorari fotocopie" (in aggiunta ai costi vivi di copie) e pari ad Euro 200,00 per ogni anno di esercizio, onorari che trarrebbero validità solo a partire dall'assemblea di approvazione (3 luglio 2021) e che comunque andrebbero suddivise sulla base delle tabelle millesimali; 13) condannare il Condominio convenuto, ex art. 96 c.p.c., al risarcimento del danno per aver resistito in giudizio con mala fede e per comportamento processuale scorretto; 14) con vittoria di spese e competenze di causa, oltre 15%, rimborso forfettario 15% e IVA e C.p.a. come per legge e condanna alla rifusione di onorari e spese di mediazione". PER IL CONDOMINIO (...): " Voglia l'Ill.mo Tribunale adito, contrariis reiectis, così giudicare: In via preliminare: - dichiarare improcedibili le domande di parte attrice per le ragioni esposte negli scritti difensivi; - per l'effetto, dichiarare l'intervenuta decadenza ex art. 1137 c.c. delle domande di annullamento delle delibere impugnate; In via principale: - rigettare tutte le domande ex adverso formulate in quanto infondate in fatto e in diritto, per tutti i motivi esposti negli scritti difensivi; In via subordinata: - nella denegata e non creduta ipotesi di accoglimento, anche parziale, delle domande ex adverso formulate, determinare le somme dovute al Condominio (...) dalle signore (...) e (...) sulla base di quanto emerso in corso di causa e risulterà di giustizia. In via istruttoria: - si chiede di essere ammessi a prova contraria sui capitoli di prova avversari eventualmente ammessi con il seguente teste: signora (...), residente in Lentate Sul Seveso (MB), Viale (...). In ogni caso, con vittoria di spese e compensi di lite, anche con riferimento ai tre procedimenti di mediazione (n. 572/2020 - n. 796/2020 - n. 578/2021)." ESPOSIZIONE IN FATTO Con atto di citazione notificato in data 19 gennaio 2021 (...) e (...) hanno convenuto in giudizio il Condominio "(...)" sito in Lentate sul Seveso, via (...) chiedendo accogliersi le seguenti conclusioni: "In via principale: a) con riferimento al verbale di assemblea del 25/07/2020: 1) accertare e dichiarare l'annullamento della delibera per violazione degli artt. 66 disp. att. e 1136 c.c.; 2) accertare e dichiarare l'annullamento della delibera per non avere potuto le attrici visionare la documentazione condominiale prima dell'adunanza; 3) accertare e dichiarare la nullità della delibera relativamente al capo 2) dell'O.d.G. per avere illegittimamente addebitato spese personali in violazione del combinato disposto degli artt. 1123 e 1135 c.c.; 4) accertare e dichiarare la nullità della delibera relativamente al capo 3) per violazione dell'art. 1129 c. 14 c.c.; b) con riferimento al verbale di assemblea del 17/10/2020: 5) accertare e dichiarare l'invalidità della deliberazione per palese violazione del procedimento di formazione della volontà assembleare; 6) accertare e dichiarare l'annullamento della delibera per non avere potuto le attrici visionare la documentazione condominiale in occasione dell'adunanza stante la totale assenza dei documenti; 7) accertare e dichiarare la nullità della delibera relativamente al capo 2) dell'O.d.G. per avere illegittimamente addebitato spese personali in violazione del combinato disposto degli artt. 1123 e 1135 c.c.; 8) accertare e dichiarare la nullità della delibera relativamente al capo 3) per violazione dell'art. 1129 c. 14 c.c.; c) con riferimento al verbale di assemblea del 16/07/2019: 9) accertare e dichiarare la nullità della delibera relativamente al capo 2) dell'O.d.G. per avere illegittimamente addebitato spese personali in violazione del combinato disposto degli artt. 1123 e 1135 c.c.; 10) accertare e dichiarare la nullità della delibera relativamente al capo 3)per violazione dell'art. 1129 c. 14 c.c.; 11) per l'effetto, condannare il Condominio (...), nella persona del suo amministratore signora (...), a rifondere alle odierne attrici le somme indebitamente pretese e incassate a titolo di spese personali; più precisamente, alla signora (...), la somma di Euro 3.007,98 oltre interessi dal dovuto al saldo e alla signora (...) la somma di Euro 3.121,11, oltre interessi dal dovuto al saldo; 12) accertare e dichiarare il diritto delle condomine signore (...) e (...) a visionare ed estrarre copia della documentazione condominiale e, per l'effetto, condannare il Condominio (...), nella persona del suo amministratore signora (...), a mettere a disposizione, immediatamente, della seguente documentazione: estratti conto bancari anni 2017-20182019-2020; fatture relative ai compensi percepiti dall'amministratore sia con riferimento ai compensi ordinari sia quelli straordinari e relativi alle spese personali addebitate alle condomine (...) e (...)". In estrema sintesi, le attrici hanno contestato la validità delle delibere condominiali assunte nelle date del 16/07/2019, 25/07/2020 e 17/10/2020 chiedendo condannarsi il Condominio "(...)" a rifondere loro le somme incassate a titolo di spese personali ed a consegnare copia degli estratti conto bancari relativi agli anni 2017-2018-2019-2020 e tutte le fatture relative ai compensi percepiti dall'amministratore. Hanno dedotto, in primo luogo, l'annullabilità della delibera del 25/07/2020, ai sensi dell'art. 1137 c.c., per violazione degli artt. 66, comma III, disp. att. c.c. e 1136, comma VI c.c. per avere ricevuto l'avviso di convocazione soltanto in data 21/07/2020 e l'annullabilità, ai sensi dell'art. 66, comma III, disp. att. c.c., delle delibere assembleari del 25/07/2020 e del 17/10/2020 per impossibilità di prendere visione dei documenti relativi al piano di riparto da approvare. E' stata, inoltre, contestata la nullità delle medesime delibere per violazione degli artt. 1123 c.c. e 1135 c.c. nella parte in cui sarebbero state loro addebitate spese personali non rientranti tra quelle di gestione, da ripartirsi secondo le tabelle millesimali di proprietà, nonché per l'assenza, nel verbale di nomina, della specifica analitica del compenso dell'amministratrice (art.1129 c.c.), a nulla rilevando che l'assemblea del 17/10/2020 aveva successivamente ratificato tutte le delibere adottate il 25/07/2020, non essendovi stato un vero riesame né, tanto meno, una regolare convocazione. Nel costituirsi in giudizio il Condominio "(...)" ha contestato le avverse domande e deduzioni, chiedendone il rigetto, e sollevando, preliminarmente, eccezione di invalidità ed inefficacia dell'impugnazione della delibera assembleare per intervenuta decadenza del condomino dal relativo diritto/potere. Ha dedotto, nello specifico: A) la tardività dell'impugnazione proposta, decorso il termine di 30 giorni dalla comunicazione del verbale del 25/07/2020, mediante il deposito del procedimento di mediazione n. 572/2020; B) la tardività dell'impugnazione proposta, decorso il termine di 30 giorni dalla data delle assemblee del 16/07/2019 e del 17/10/2020, mediante il deposito del procedimento di mediazione n. 796/2020; C) che l'assemblea del 17/10/2020 aveva ratificato tutte le delibere adottate il precedente 25/07/2020; D) la regolare convocazione delle attrici all'assemblea condominiale del 17/10/2020; E) la legittimità dell'addebito in capo ad entrambe di spese personali in quanto scaturenti dalla morosità maturata a seguito delle azioni giudiziarie promosse nei confronti del Condominio; F) la legittimità della nomina dell'amministratrice stante il "richiamo al compenso percepito (...) l'anno precedente' in quanto equivalente "ad un'indicazione di un compenso espresso, numericamente determinato e inequivocabilmente indeterminabile." (Tribunale di Busto Arsizio, sent. 10/01/2020; cfr. anche Cass. civ. n. 21966/2017; Trib. Palermo sent. 9 febbraio 2018). Concessi i termini di cui all'art. 183 comma 6 c.p.c. e tentata senza esito la conciliazione delle parti, senza svolgimento di alcuna appendice istruttoria all'udienza del 10.10.2022, tenutasi con le forme di cui all'art. 83 comma 7, lett. h), D.L. n.18/2020 e succ. mod., previa precisazione delle conclusioni come in epigrafe e concessione ad entrambe le parti dei termini di giorni 60 + 20 per il deposito, rispettivamente, delle comparse conclusionali e delle memorie di replica, la causa è stata trattenuta in decisione. RAGIONI IN DIRITTO Prima di esaminare nel merito la fondatezza o meno delle molteplici censure mosse dalle attrici, occorre precisare che con la memoria ex art. 183, comma VI, n. 1 c.p.c. queste ultime hanno parzialmente rivisto le proprie precedenti domande, chiedendo espressamente quanto segue: "In via principale: a) con riferimento al verbale di assemblea del 25 luglio 2020: 1) accertare e dichiarare l'annullamento della delibera per violazione degli artt. 66 disp. att. e 1136 c.c.; 2) accertare e dichiarare l'annullamento della delibera per non aver potuto le attrici visionare la documentazione condominiale prima dell'adunanza; 3) accertare e dichiarare la nullità della delibera relativamente al capo 2) dell'ordine del giorno per aver illegittimamente addebitato spese personali in violazione del combinato disposto degli artt. 1123 e 1135 c.c.; 4) accertare e dichiarare la nullità della delibera relativamente al capo 3) per violazione dell'art. 1129, comma 14, c.c. b) con riferimento al verbale di assemblea del 17 ottobre 2020: 5) accertare e dichiarare l'invalidità della deliberazione per palese violazione del procedimento di formazione della volontà assembleare; 6) accertare e dichiarare l'annullamento della delibera per non aver potuto le attrici visionare la documentazione condominiale in occasione dell'adunanza stante la totale assenza dei documenti; 7) accertare e dichiarare la nullità della delibera relativamente al capo 2) dell'ordine del giorno per aver illegittimamente addebitato spese personali in violazione del combinato disposto degli artt. 1123 e 1135 c.c.; 8) accertare e dichiarare la nullità della delibera relativamente al capo 3) per violazione dell'art. 1129, comma 14, c.c. c) con riferimento al verbale di assemblea del 16 luglio 2019: 9) accertare e dichiarare la nullità della delibera relativamente al capo 2) dell'ordine del giorno per aver illegittimamente addebitato spese personali in violazione del combinato disposto degli artt. 1123 e 1135 c.c.; 10) accertare e dichiarare la nullità della delibera relativamente al capo 3) per violazione dell'art. 1129, comma 14, c.c. 11) per l'effetto, condannare il Condominio (...), nella persona del suo amministratore signora (...), a rifondere alle odierne attrici le somme indebitamente pretese e incassate a titolo di spese personali; più precisamente alla signora (...) la somma di Euro 3.007,98 oltre interessi dal dovuto al saldo e alla signora (...) la somma di Euro 3.121,11 oltre interessi dal dovuto al saldo; 12) accertare e dichiarare il diritto delle condomine signore (...) e (...) a visionare ed estrarre copia completa della documentazione condominiale e, per l'effetto: - condannare il Condominio (...), nella persona del suo amministratore signora (...), ad autorizzare l'Istituto di credito ove è acceso il conto corrente condominiale alla consegna alle odierne attrici degli estratti conto bancari relativi agli anni 2017, 2018, 2019 e 2020; - condannare il Condominio a non addebitare i costi relativi alle n. 511 fotocopie alle odierne attrici nel prossimo esercizio (consuntivo 2021), mai richieste al Condominio, e determinare l'equo rimborso del costo vivo relativo a n. 193 fotocopie che le odierne attrici si rendono disponibili a versare al Condominio; - condannare il Condominio a non addebitare personalmente alle odierne attrici i costi relativi ad "onorari fotocopie" (in aggiunta ai costi vivi di copie) e pari ad Euro 200,00 per ogni anno di esercizio, onorari che trarrebbero validità solo a partire dall'assemblea di approvazione (3 luglio 2021) e che comunque andrebbero suddivise sulla base delle tabelle millesimali; 13) condannare il Condominio convenuto, ex art. 96 c.p.c., al risarcimento del danno per aver resistito in giudizio con mala fede e per comportamento processuale scorretto; 14) con vittoria di spese e competenze di causa, oltre 15%, rimborso forfettario 15% e IVA e C.p.a. come per legge e condanna alla rifusione di onorari e spese di mediazione. Come si evince da quanto sopra riportato e dal raffronto con le domande, pure sopra riportate, articolate nell'atto introduttivo, esse hanno rinunciato a chiedere: "la condanna del Condominio (...), nella persona del suo amministratore signora (...), a mettere a disposizione, immediatamente, (...) la seguente documentazione: - fatture relative ai compensi percepiti dall'amministratore sia con riferimento ai compensi ordinari sia quelli straordinari e relativi alle spese personali addebitate alle condomine (...) e (...)" sicché la censura e la conseguente questione non saranno minimamente affrontate. La prima questione che occorre valutare è, pertanto, se sia legittima la proposizione della domanda di condanna del Condominio a non addebitare loro i costi relativi a n. 511 fotocopie nel prossimo esercizio (consuntivo 2021), mai richieste in precedenza, e a determinare l'equo rimborso del costo vivo relativo a n. 193 fotocopie che le odierne attrici si sono rese disponibili a versare, nonché la legittimità di quella di condanna del Condominio a non addebitare loro personalmente i costi relativi ad "onorari fotocopie" (in aggiunta cioè ai costi vivi delle copie), pari ad Euro 200,00 per ogni anno di esercizio, i quali trarrebbero la propria validità solo a partire dall'assemblea di approvazione (3 luglio 2021) e che, comunque, andrebbero suddivisi sulla base delle tabelle millesimali. In aggiunta se costituisca - oppure no - domanda nuova quella di condanna del Condominio per lite temeraria ex art. 96 c.p.c., per aver resistito in giudizio con mala fede e colpa grave. Come noto, la possibilità di precisare e modificare le domande prevista dall'art. 183, comma VI, c.p.c. è cosa ben diversa dalla proposizione di domande nuove. A tale riguardo, è tradizionale l'orientamento che ritiene aversi nuova domanda (mutatio libelli) quando vengono mutati il petitum o la causa petendi, mentre si ha una mera emendatio libelli allorquando, sotto il profilo della causa petendi, risulti modificata soltanto l'interpretazione o la qualificazione giuridica del fatto costitutivo del diritto, ovvero, sotto quello del petitum, lo si ampli o lo si limiti al fine di renderlo più idoneo al concreto ed effettivo soddisfacimento della pretesa fatta valere in giudizio (cfr. ex multis, Cass. Civ. n. 12621 del 20/07/2012 e Cass. Civ. n. 752 del 12/04/2005). Sul punto, con la sentenza n. 12310 del 15/06/2015, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, chiamate a risolvere il contrasto sulla questione relativa alla modificabilità, con la memoria prevista dall'art.183 comma 5 c.p.c. (nella formulazione ratione temporis applicabile), della domanda costitutiva ex art. 2932 c.c. in domanda di accertamento dell'avvenuto effetto traslativo, hanno altresì precisato che: "La modificazione della domanda ammessa a norma dell'art. 183 c.p.c. può riguardare anche uno o entrambi gli elementi identificativi della medesima sul piano oggettivo (petitum e causa petendi), sempre che la domanda cosi modificata risulti in ogni caso connessa alla vicenda sostanziale dedotta in giudizio, e senza che per ciò solo si determini la compromissione delle potenzialità difensive della controparte ovvero l'allungamento dei tempi processuali. Ne consegue che deve ritenersi ammissibile la modifica, nella memoria all'uopo prevista dall'art. 183 c.p.c., della iniziale domanda di esecuzione specifica dell'obbligo di concludere un contratto in domanda di accertamento dell'avvenuto effetto traslativo". Delineati i suesposti principi a cui il Tribunale non può che uniformarsi, nel caso di specie, a ben vedere, con la memoria n. 1 ex art.183 comma 6 le attrici hanno proposto domande nuove rispetto a quella iniziale, facendo valere diritti mai prospettati in precedenza. Ma anche qualora si volessero ritenere ammissibili, in quanto non nuove, le domande di condanna del Condominio a non addebitare loro nel consuntivo relativo all'anno 2021 i costi relativi alle n. 511 fotocopie, peraltro mai richieste, e di determinazione dell'equo rimborso del costo vivo relativo a n. 193 fotocopie che le stesse si sono rese disponibili a versare nonché di condanna del Condominio a non addebitare loro i costi relativi ad "onorari fotocopie" (in aggiunta, cioè, ai costi vivi sostenuti), pari ad Euro 200,00 per ogni anno di esercizio, onorari che trarrebbero la propria validità solo a decorrere dall'assemblea di approvazione (3 luglio 2021), è sufficiente rilevare la carenza di interesse ad agire di (...) e (...), non essendo mai stata emessa alcuna delibera sul punto. Effettuata tale doverosa precisazione prima di entrare nel merito delle sanzioni di nullità e/o annullabilità asseritamente inficianti le delibere condominiali impugnate, va esaminata l'eccezione di decadenza sollevata dal Condominio. Orbene, posto che il termine per impugnare decorre dalla data della delibera, ove il condomino sia stato dissenziente o si sia astenuto, e dalla data di comunicazione per l'assente, esaminando il verbale della delibera del 25/07/2020 (cfr. doc. 4 fascicolo attoreo) si evince come non fossero presenti, personalmente o per delega, le odierne attrici, sicché il termine di trenta giorni per procedere all'impugnazione ha iniziato a decorrere dalla data di comunicazione del deliberato assembleare. Dalla documentazione versata in atti, e per stessa ammissione del convenuto, risulta che le attrici hanno ricevuto in data 31.8.2020 il verbale assembleare del 25.7.2020 mediante deposito in cassetta, mentre l'avviso del deposito del procedimento di mediazione obbligatoria n. 572/2020 è stato comunicato con pec del 28/09/2020 al difensore del Condominio ed è stato spedito in data 30.9.2020 all'amministratore di Condominio (cfr. doc. 14 fascicolo attoreo). Parte convenuta ha, inoltre, dedotto e provato l'irrilevanza dell'invio della pec all'avvocato, essendo stato egli incaricato dal Condominio soltanto con la delibera del 7.11.2020 (cfr. doc. 5 fascicolo convenuto). Va da sé che, nel caso in esame, non può dichiararsi l'intervenuta decadenza dal diritto impugnare la relativa delibera condominiale. Si aggiunga che l'assemblea del 17.10.2020 (cfr. doc. 21 fascicolo attoreo) ha ratificato tutte le quelle adottate in data 25.7.2020, con conseguente sanatoria di ogni eventuale vizio pregresso in quanto "l'avvenuta ratifica della delibera condominiale impugnata con altra adottata in conformità alla legge dall'assemblea regolarmente costituita, e sugli stessi argomenti della precedente deliberazione, comporta l'applicazione analogica dell'art. 2377, ultimo comma, C.c., impedendo la pronuncia dell'annullamento della delibera originaria (Cfr. ex multis Cass. Sez. II, 05/06/1995, n. 6304; Cass. Sez. II, 09/12/1997, n. 12439; Cass., Sez. II, 08/04/1998, n. 10445, in motivazione; Cass., Sez. I, 13/06/2008, n. 16017, Tribunale Bari, Sez. III, 28/06/2012, n. 2358)". Per quanto concerne la decadenza delle attrici dal diritto ad impugnare la delibera del 17.10.2020 e quella del 16.7.2019, il termine di trenta giorni ha iniziato a decorrere dall'approvazione della delibera solo con riferimento a quella assunta in data 17.10.2020 mentre dalla documentazione versata in atti risulta che il procedimento di mediazione obbligatoria n. 796/2020 è stato depositato il 1.12.2020 (cfr. doc. 3 fascicolo convenuto) con riferimento ad entrambe le delibere. Ne consegue, pertanto, che, anche a prescindere dalla successiva proposizione del presente giudizio, va dichiarata l'intervenuta decadenza dal diritto di impugnarle per ciò che concerne i motivi di annullabilità dedotti per non aver potuto le attrici visionare la documentazione condominiale prima dell'adunanza se si considera che "la decadenza dal potere di impugnativa della delibera assembleare condominiale è utilmente impedita dal deposito, nel rispetto del termine ex art. 1137 c.c., presso il competente organismo, della domanda di mediazione ai sensi dell'art. 5 del D.Lgs. 4 marzo 2010, n. 28, e non già dalla sua successiva comunicazione alle altre parti" (Corte d'Appello di Brescia, sez. II, 30/07/2018, n. 1337). Le attrici non sarebbero incorse nella decadenza dall'impugnativa di cui all'art. 1137 c.c. solo nel caso in cui avessero dimostrato di essersi trovate senza loro colpa nell'impossibilità di acquisirne conoscenza sicché, una volta decorso il termine di impugnazione di cui all'art. 1137 c.c., le delibere regolarmente approvate non possono più essere sindacate, a meno che la loro contestazione non configuri una causa di nullità. la Suprema Corte di Cassazione ha, infatti, ripetutamente statuito che, "In tema di condominio degli edifici, l'azione di annullamento delle delibere assembleari costituisce la regola generale, ai sensi dell'art. 1137 c.c., come modificato dall'art. 15 della l. n. 220 del 2012, mentre la categoria della nullità ha un'estensione residuale ed è rinvenibile nelle seguenti ipotesi: mancanza originaria degli elementi costitutivi essenziali, impossibilità dell'oggetto in senso materiale o giuridico - quest'ultima da valutarsi in relazione al "difetto assoluto di attribuzioni" -, contenuto illecito, ossia contrario a "norme imperative" o all'"ordine pubblico" o al "buon costume". Pertanto, sono nulle le deliberazioni con le quali, a maggioranza, siano stabiliti o modificati i generali criteri di ripartizione delle spese previsti dalla legge o dalla convenzione, da valere per il futuro, trattandosi di materia che esula dalle attribuzioni dell'assemblea previste dall'art. 1135, nn. 2) e 3), c.c., mentre sono meramente annullabili le deliberazioni aventi ad oggetto la ripartizione in concreto tra i condomini delle spese relative alla gestione delle parti e dei servizi comuni adottate in violazione dei criteri generali previsti dalla legge o dalla convenzione stessi, trattandosi di deliberazioni assunte nell'esercizio di dette attribuzioni assembleari, cosicché la relativa impugnazione va proposta nel termine di decadenza previsto dall'art. 1137, comma 2, c.c." (Cass. civ., Sentenza n. 9839 del 14/04/2021). Ebbene, nel caso di specie le attrici hanno lamentato la nullità delle delibere assembleari del 17.10.2020 e del 16.7.2019 relativamente al capo n. 3) per l'assenza, nel verbale di nomina dell'amministratore, della specifica analitica del relativo compenso, con ciò assumendo la violazione dell'art. 1129, comma 14, c.c., a dire del quale "l'amministratore, all'atto dell'accettazione della nomina e del suo rinnovo, deve specificare analiticamente, a pena di nullità della nomina stessa, l'importo dovuto a titolo di compenso per l'attività svolta". Ebbene, con riferimento a tale motivo è opportuno rilevare che nel verbale d'assemblea del 17.10.2020, al punto 3 dell'ordine del giorno, avente ad oggetto la "Conferma o revoca dell'amministratore", il Condominio così deliberava: "riconfermano mandato all'amministratrice per procedere come da decisione del 25/07/2020" (cfr. doc. 21 fascicolo attoreo) mentre, al punto 3 dell'ordine del giorno del verbale del 25.7.2020, avente ad oggetto la "Conferma o revoca dell'amministratore", così statuiva: "l'assemblea, per mill. 847,10 dei presenti, approva l'amministratrice rag. (...), compresa la relativa proposta per il 2020, che viene aumentata di Euro 100,00 sul totale del compenso annuale rispetto agli altri anni precedenti" (cfr. doc. 4 fascicolo attoreo). Agli atti è stata prodotta l'"offerta di amministrazione relativa all'esercizio 2009per il condominio (...)" (cfr. il doc. 29 fascicolo attoreo) che stabilisce espressamente e analiticamente il compenso proposto dalla rag. (...), regolarmente approvato dall'assemblea dei condomini, per l'incarico assunto. A tale proposito, la Suprema Cassazione ha di recente stabilito che "l'ammontare del compenso richiesto non deve necessariamente essere indicato nella delibera che conferisce l'incarico all'amministratore, né emergere dal verbale", in quanto, "al fine della costituzione di un valido rapporto di amministrazione condominiale, ai sensi dell'art. 1129 c.c., il requisito formale della nomina sussiste (...) in presenza di un documento, approvato dall'assemblea, che rechi, anche mediante richiamo ad un preventivo, espressamente indicato, l'elemento essenziale della analitica specificazione dell'importo dovuto a titolo di compenso" (cfr. Cass. Civ. n. 12927/2022 e Cass. Civ. n. 943/1999) e, a ben vedere, è proprio ciò che è avvenuto nel caso di specie con conseguente infondatezza del motivo di impugnazione allegato. Da ultimo, le attrici hanno lamentato la nullità delle tre delibere per violazione degli artt. 1123 c.c. e 1135 c.c. nella parte in cui avrebbero loro addebitato spese personali rientranti, di contro, tra le quelle di gestione da ripartirsi secondo le quote millesimali di proprietà. Nel dettaglio, nel consuntivo 2019 (cfr. doc. 1 fascicolo attoreo) tra le spese personali sono stati fatti rientrare: "1) saldi delle spese legali liquidate in procedimenti giudiziali in cui le odierne attrici sono risultate soccombenti - generalmente, spese di notifica successive all'atto di precetto comunicate e richieste per il tramite del precedente difensore ma mai versate (cfr. doc. 8 fascicolo convenuta); 2) competenze per la gestione delle cause legali da parte dell'amministratrice, nella cui proposta economica per il 2020 si legge chiaramente come fossero escluse dal compenso per la gestione ordinaria dello stabile (cfr. doc. 25 fascicolo parte attrice e doc. 9 fascicolo convenuta); 3) uscite in tribunale dell'amministratrice per partecipazione alle udienze, nella predetta proposta economica espressamente quantificate in Euro 100,00 più accessori cad.; 4) avvisi di sollecito/diffide per rate scadute da oltre 20 gg. Trasmessi dall'amministratrice, comprensive di spese postali e compensi professionali i quali, nella proposta economica in commento, sono espressamente qualificate come spese personali e quantificati in Euro 33,00 + accessori; 5) avvisi di sollecito/diffide trasmessi dalle scriventi (sempre in relazione alla richiesta di rientro della morosità) che hanno, emesso regolare fattura espressamente richiamata dall'amministratrice' (cfr. pag. 10 comparsa di costituzione e risposta). Sul punto, deve osservarsi che la Suprema Corte di Cassazione ha stabilito che "gli oneri riguardanti le spese effettuate per fini individuali, come quelle postali e i compensi dovuti all'amministratore in dipendenza di comunicazioni e chiarimenti su comunicazioni ordinarie e straordinarie, sono inquadrabili nell'ambito dell'art. 1123, comma 2, c.c., purché sia concretamente valutata la natura dell'attività resa al singolo condomino e la conseguente addebitabilità individuale o meno ad esso dei relativi costi" (Cass. Civ. n. 12573/2019). In buona sostanza, la Suprema Corte ha fatto salva la delibera che, in sede di approvazione del rendiconto e del riparto, abbia addebitato alcune spese solo ai condòmini che ne sono stati causa purché tale imputazione sia stata effettuata alla stregua dei criteri di cui all'art.1123 c.c. e, nello specifico, a quello di cui al secondo comma che, in deroga al principio di ripartizione proporzionale sulla scorta dei millesimi, stabilisce il diverso principio dell'utilizzazione differenziata, secondo cui "se si tratta di cose destinate a servire i condomini in misura diversa, le spese sono ripartite in proporzione dell'uso che ciascuno può farne". Ciò non di meno, come giustamente rimarcato dalle attrici anche negli scritti difensivi conclusionali, è affetta da nullità la delibera che incida sui diritti individuali di un condomino, come quella che ponga a suo totale carico le spese del legale del Condominio per una procedura iniziata contro di lui, in mancanza di una sentenza, pur non definitiva, che ne sancisca la soccombenza (cfr. in tal senso Cass. Civ., ordinanza del 18 gennaio 2018 n. 751). Ebbene, nel caso di specie, soltanto gli avvisi di sollecito/diffide per rate scadute da oltre 20 gg. trasmessi dall'amministratrice, comprensive di spese postali e compensi professionali, quantificati in Euro 33,00 oltre accessori, sono da ritenersi spese personali e, pertanto, legittimamente addebitabili alle attrici al pari dei saldi delle spese legali liquidate in procedimenti giudiziali in cui le stesse siano risultate soccombenti ma non anche le spese di notifica successive all'atto di precetto comunicate e richieste per il tramite del precedente difensore e mai versate (cfr. in tal senso il documento n. 8 prodotto dalle attrici). In buona sostanza, le competenze per la gestione delle cause legali da parte dell'amministratrice al netto di un'affermazione di soccombenza e/o liquidazioni effettuate in sede esecutiva direttamente in favore del Condominio, ovvero le uscite in Tribunale dell'amministratrice per partecipare alle udienze e gli avvisi di sollecito/diffide trasmessi dalle legali del convenuto non sono propriamente qualificabili quali spese personali, essendo state sostenute dal Condominio convenuto nell'interesse comune dei condomini. Pertanto, il motivo di impugnazione relativo alla nullità delle delibere assembleari del 16.7.2019 e del 17.10.2020 (cfr. docc. 1-30 fascicolo attoreo), sono state addebitate alle attrici spese personali (ad eccezione delle somme richieste per spese postali e giudiziali di soccombenza) è fondato e merita di essere accolto. Venendo ad esaminare la domanda volta ad accertare il diritto delle attrici a visionare ed estrarre copia della documentazione condominiale, deve osservarsi che le esse hanno lamentato la mancata consegna degli estratti conti relativi ai: - movimenti dal 26/06/2017 al 30/06/2017 - movimenti dal 17/08/2018 al 30/09/2018 - movimenti dal 23/07/2019 al 23/09/2019 - movimenti dal 05/08/2020 al 16/09/2020. Sul punto, il Condominio convenuto ha affermato che: "la movimentazione del c/c è stata fornita dall'istituto di credito presso cui è radicato il conto corrente del Condominio Le Rose e, pertanto, eventuali periodi asseritamente omessi riguardano, invece, banalmente, periodi in cui non sono state effettuate operazioni bancarie" (cfr. pag. 2 memoria n. 2 ex art. 183 comma VI c.p.c.). L'affermazione non appare dirimente se si considera che era onere dell'amministratore del Condominio fornire tutta la documentazione richiesta, ottenendola egli stesso dall'istituto di credito, ivi compresi i periodi in cui il saldo non fosse mutato per l'assenza di movimentazione bancaria, sia in entrata che in uscita, sicché ne consegue la condanna del convenuto a mettere a loro disposizione tutti gli estratti conto richiesti. Con riferimento alla domanda di restituzione delle somme (in tesi) versate dalle attrici ed incassate dal Condominio convenuto, pari ad Euro 3.007,98, oltre interessi, per (...) e ad Euro 3.121,11, oltre interessi, per (...), deve darsi atto dell'insufficienza della produzione documentale effettuata in giudizio, non dimostrativa dell'effettivo pagamento né, tanto meno, dell'effettiva acquisizione, nella disponibilità del Condominio, delle somme riportate nel consuntivo della gestione 2018 e 2019 (cfr. docc. 1-30 fascicolo attoreo), approvato dall'assemblea dei condomini. Invero, secondo la Corte di Cassazione: "... il pagamento integra un fatto estintivo, la cui prova incombe al debitore che l'eccepisca; soltanto di fronte alla comprovata esistenza di un pagamento avente efficacia estintiva (cioè puntualmente eseguito con riferimento ad un determinato credito) l'onere della prova viene nuovamente a gravare sul creditore, il quale controdeduca che il pagamento deve imputarsi ad un credito diverso o più antico"; conf. Cass. n. 26275 del 06/11/2017; n.19527 del 09/11/2012; Cass. n. 20288 del 04/10/2011; Cass. n. 205 del 09/01/2007; Cass. n. 2369 del 11/03/1994). Sicché, avendo le attrici omesso di documentare le somme (in tesi) versate al Condominio, nulla potrà essere loro restituito. Il parziale ed assai limitato accoglimento della domanda proposta da (...) e (...) nei confronti di Condominio (...) non giustifica l'accoglimento della domanda per responsabilità aggravata ex art. 96 c.p.c. avanzata dalle attrici non rinvenendosi, e neppure essendo stati specificamente allegati, profili di mala fede e/o colpa grave meritevoli di censura. Da ultimo, il medesimo parziale accoglimento giustifica, a parere del Tribunale, la condanna del Condominio alla rifusione di 1/5 delle spese di lite sostenute dalle attrici nell'ambito del presente giudizio, il cui ammontare si liquida come da dispositivo sulla base dei compensi medi previsti dal D.M. n. 147/2022 con riguardo al valore dichiarato nella nota di iscrizione al ruolo e previa compensazione dell'ulteriore quota sostenuta. P.Q.M. Il Tribunale di Monza, Sezione Seconda Civile, definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza ed eccezione disattesa o assorbita, così dispone: a) accerta e dichiara la nullità della delibera del 16.7.2019 limitatamente al capo n. 2) posto all'ordine del giorno e nella misura in cui, come esposto nella superiore parte motiva, sono state addebitate spese personali a (...) e (...) in violazione del combinato disposto degli artt. 1123 e 1135 c.c.; b) accerta e dichiara la nullità della delibera del 17.10.2020 limitatamente al capo n. 2) posto all'ordine del giorno e nella misura in cui, come esposto nella superiore parte motiva, sono state addebitate spese personali a (...) e (...) in violazione del combinato disposto degli artt. 1123 e 1135 c.c.; c) condanna il Condominio "(...)", in persona dell'amministratore p.t., a mettere a disposizione di (...) e (...) gli estratti conto relativi ai seguenti periodi: dal 26/06/2017 al 30/06/2017, dal 17/08/2018 al 30/09/2018, dal 23/07/2019 al 23/09/2019, dal 05/08/2020 al 16/09/2020. d) condanna il Condominio "(...)" a rifondere a (...) e (...) 1/5 delle spese di lite sostenute nell'ambito del presente giudizio che si liquidano, già ridotte, in complessivi Euro 1.068,20, di cui 52,80 per spese esenti e 1.015,40 per compensi, oltre 15% per spese generali, C.P.A. e I.V.A., con compensazione dell'ulteriore quota sostenuta; e) dichiara inammissibile e/o rigetta, per quanto sopra esposto, ogni ulteriore domanda, ivi compresa quella ex art. 96 c.p.c., proposta nei confronti del Condominio. Così deciso in Monza, 31 marzo 2023. Depositata in Cancelleria il 3 aprile 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale di Monza, Sezione Prima Civile, in composizione monocratica, nella persona del Giudice dott. Davide De Giorgio, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa iscritta al numero 4314/2020 Registro Generale affari contenziosi civili vertente TRA (...) (C.F. (...) ), con il patrocinio dell'avv. An.Ar., presso cui è stato eletto domicilio in Milano, via (...), giusta procura in atti ATTORE E (...) s.a.s. di (...) e (...) (P.I. (...)), con il patrocinio dell'avv. Mi.Co., presso cui è stato eletto domicilio digitale all'indirizzo di posta elettronica certificata (...), giusta procura in atti CONVENUTA OGGETTO del giudizio: 142002 - responsabilità professionale MOTIVI DELLA DECISIONE Premessa Con l'atto introduttivo del giudizio, (...), premesso di aver effettuato un intervento, quale ingegnere, in data 15.11.2018 presso la centrale termica del Condominio Residenza delle (...) ubicato in A., via N.S. n. 34, unitamente ad un incaricato della (...) s.a.s. di (...) e (...), ed assumendo altresì di aver contratto la legionellosi a causa di una manovra imprudente eseguita dal predetto incaricato su un tubo contaminato dal batterio, ha evocato in giudizio la società sopra indicata, domandando condannarsi la stessa al risarcimento dei danni. (...) s.a.s. di (...) e (...) ha domandato il rigetto delle domande avversarie, contestando la ricostruzione dei fatti del danneggiato, la ricorrenza della prospettata responsabilità e la determinazione e quantificazione del danno, nonché sostenendo che sussisteva un concorso colposo da parte dell'attore nella causazione del danno ex art. 1227, comma primo, c.c. La causa è stata istruita mediante assunzione di prove per interrogatorio formale e per testi, nonché mediante effettuazione di una C.T.U. medico - legale. Responsabilità I. Come emerge dall'esame delle conclusioni riportate innanzi, la difesa dell'attore ha prospettato la sussistenza della responsabilità della società convenuta sia sotto il profilo contrattuale sia sotto il profilo extracontrattuale ("accertare e dichiarare la responsabilità della (...) s.a.s. di (...) e c. a qualsiasi titolo, contrattuale o extracontrattuale"). La prima causale si fonda sulla pretesa sussistenza di un rapporto professionale diretto tra le parti in questione. La società convenuta ha contestato tale circostanza, sostenendo che, in realtà, il rapporto professionale relativo all'intervento sull'impianto idraulico condominiale era intercorso tra l'attore ed il Condominio. In senso contrario alla tesi dell'attore, deve rilevarsi che, nella relazione tecnica redatta proprio dal professionista in data 16 ottobre 2018 (cfr.: doc. 7 della convenuta), è contenuta l'indicazione espressa del Condominio quale committente. Non a caso, l'offerta della società convenuta in data 16 gennaio 2018, indirizzata al Condominio (cfr.: doc. 1 dell'attore), esclude dal corrispettivo i "progetti e pratiche che saranno svolte dall'Ing. (...)". È ininfluente il fatto che la fattura dell'attore n. 31 del 22 novembre 2018, prodotta sempre dalla parte in questione sub doc. 1, sia stata emessa nei confronti della società convenuta e non direttamente nei confronti del Condominio. Invero, ciò risulta essere stato richiesto da quest'ultimo con comunicazione via email in data 7 giugno 2018 (cfr. ancora doc. 1) e tale richiesta non sarebbe stata affatto necessaria ove l'incarico professionale fosse stato conferito dalla società convenuta. Ne deriva che non può essere ipotizzata una responsabilità contrattuale della società con riferimento ai fatti oggetto di causa. II. Passando, dunque, ad esaminare la questione relativa all'eventuale sussistenza di una responsabilità extracontrattuale, conviene partire, per comodità di trattazione, dall'esame dei fatti per cui è causa. In particolare, (...) ha sostenuto di essersi recato il giorno 15 novembre 2018, accompagnato da un incaricato della (...) s.a.s. di (...) e (...) (identificato come (...) ed escusso quale teste nel corso dell'istruttoria) presso la centrale termica del condominio per installare la strumentazione di monitoraggio da applicare esternamente ai tubi dell'acqua calda sanitaria, al fine di verificare le cause di alcuni problemi di funzionamento lamentati dai condomini. È pacifico che nessuno dei due soggetti in questione avesse indossato, nel frangente, dei dispositivi di protezione individuale e, in particolare, la mascherina (...), nonostante già il 9 ottobre 2018 fosse stata comunicata alla società convenuta la presenza di (...) pneumophila in più punti dell'impianto idrico del Condominio in questione, presenza accertata a seguito di analisi (cfr.: doc. 3 dell'attore). È pacifico il fatto che, mentre l'attore stava applicando i sensori sulla parte esterna dei tubi nel locale adibito a centrale termica, il (...), poiché una parte del circuito, a seguito di un intervento effettuato dai suoi colleghi il giorno prima o la mattina stessa, non funzionava in quanto intasato dall'aria, aveva smontato la pompa per permettere la fuoriuscita dell'aria e ripristinare il flusso dell'acqua, in tal modo provocando l'emissione all'esterno dell'impianto di aria mista ad acqua, costituente proprio il veicolo tipico di propagazione del batterio. Tale dinamica dei fatti è stata confermata da (...), dipendente della società convenuta, nel corso della sua escussione quale teste: "Il giorno del fatto per cui è causa, io e l'attore ci siamo recati sul posto per applicare le sonde, ma, poiché una parte del circuito in questione, a seguito di un intervento effettuato dai miei colleghi il giorno prima o la mattina stessa, non funzionava in quanto intasato dall'aria, ho detto all'attore che avrei smontato la pompa per permettere la fuoriuscita dell'aria e ripristinare il flusso dell'acqua. ... L'ing. (...) era con me al momento dello smontaggio. A seguito di ciò è uscita aria insieme ad acqua e, quando la fuoriuscita di aria si è esaurita, ho rimontato il tutto". (...) ha sostenuto che la manovra di smontaggio effettuata da (...) fosse stata eseguita senza alcun preavviso nonché di aver ignorato, nel frangente, che l'impianto idrico in questione fosse interessato dalla presenza della L.. Sulla prima circostanza, l'attore ha domandato ammettersi prova per interrogatorio formale e per testi, articolando il capitolo 4.2 di cui alla memoria istruttoria (capitolo del seguente tenore: "Vero che nel corso dell'accesso, mentre l'ing. (...) era intento a posizionare la strumentazione di misura e monitoraggio all'esterno delle tubazioni, l'incaricato della (...) s.n.c., signor (...), constatava che esistevano malfunzionamenti nelle pompe di ricircolo dovuti presumibilmente alla presenza di aria nel circuito e, senza preavvertire l'ing. (...) della manovra che si accingeva a compiere, apriva il circuito dell'acqua calda sanitaria smontando le pompe e spurgando i circuiti") ed indicando quali testi il (...) e l'amministratore del Condominio dell'epoca, (...). Ebbene, le prove in questione non hanno consentito di confermare la versione dell'attore, la quale è rimasta in tal modo priva di riscontro, ed anzi conducono in senso contrario. Infatti, mentre il legale rappresentante della società convenuta e B.L. non hanno saputo riferire nulla in merito, in quanto non presenti all'accaduto, (...) ha invece dichiarato di aver avvertito l'attore dell'imminente manovra e di aver ricevuto l'assenso da parte dello stesso ("L'attore ha detto che andava bene e così ho fatto"). Le doglianze della difesa dell'attore circa l'incapacità del teste in questione, formulate negli scritti conclusivi, risultano inammissibili. In punto di diritto, deve rilevarsi che la Corte di Cassazione (cfr.: Cass., Sez. 3, sentenza n. 20652 del 25.09.2009; nello stesso senso, si veda anche: Cass., Sez. 3, sentenza n. 21395 del 10.10.2014) ha affermato quanto segue: "In tema di prova per testimoni, poiché le nullità o decadenze derivanti dalla violazione delle disposizioni contenute negli artt. 244 e seguenti cod. proc. civ. hanno natura relativa e sono sanate per acquiescenza delle parti, in quanto sono stabilite dalla legge a tutela dei loro interessi, e non per motivi di ordine pubblico, la nullità per incapacità a testimoniare (art. 246 cod. proc. civ.) deve essere opposta tempestivamente dalla parte interessata secondo le modalità previste dall'art. 157, secondo comma, cod. proc. civ.". A loro volta, i commi secondo e terzo del predetto art. 157 c.p.c. prevedono quanto segue: "Soltanto la parte nel cui interesse è stabilito un requisito può opporre la nullità dell'atto per la mancanza del requisito stesso, ma deve farlo nella prima istanza o difesa successiva all'atto o alla notizia di esso. La nullità non può essere opposta dalla parte che vi ha dato causa, né da quella che vi ha rinunciato anche tacitamente". L'inammissibilità dell'eccezione dell'attore è dunque rilevabile sotto un duplice profilo: - per il fatto che nulla è stato eccepito nella prima difesa successiva all'assunzione del teste in questione in ordine alla sua pretesa incapacità; - per il fatto che è stata la stessa difesa dell'attore ad indicare il soggetto in questione come teste, con ciò dando causa alla pretesa nullità. Quanto, poi, all'attendibilità del teste, deve rilevarsi che non sono stati acquisiti elementi che contraddicano la sua versione dei fatti e che, se da un lato non appare ragionevole la condotta di chi, pur essendo a conoscenza della possibile fonte di contagio e dell'imminente manovra, dia il suo assenso in proposito senza adottare alcuna precauzione, da un altro lato non può non considerarsi che anche il teste era privo di dispositivi di protezione individuale ed ha eseguito ugualmente lo smontaggio del tubo pur essendo pacificamente già a conoscenza della presenza del batterio e dunque del pericolo di contagio anche per sé. In ogni caso, come innanzi si diceva, non sussiste alcuna prova del fatto che lo smontaggio in questione sia avvenuto senza alcun preavviso, come invece sostenuto dall'attore. Deve inoltre ritenersi che, al momento del fatto, l'attore fosse a conoscenza della presenza della (...) nell'impianto. In proposito, oltre alla deposizione del teste (...) (il quale ha dichiarato quanto segue: "Quando ho parlato con l'ing. (...) prima dell'intervento l'ho informato che era stata riscontrata la presenza della (...) nell'impianto del condominio delle (...)"), supportano tale versione dei fatti sia la circostanza che, nel corso dell'interrogatorio formale, l'attore stesso, al fine di giustificare l'ingresso nel locale caldaia senza la mascherina (...), abbia addotto non già la pretesa ignoranza della contaminazione, bensì il fatto che i dispositivi di protezione individuale "non servivano per il tipo di intervento che era stato programmato e che consisteva nell'applicazione all'esterno dei tubi dell'acqua calda di sensori per il rilievo delle temperature", sia l'ulteriore circostanza che sempre l'attore, allorché è risultato affetto da legionellosi, in data 21.11.2018, ha dichiarato all'(...) che "il 15/11/2018, presso la centrale termica del Condominio in via N.S., 34, Arosio, ha eseguito intervento termico con il manutentore dell'impianto. Durante l'intervento dall'impianto è uscito vapore (riferisce che circa 1 mese fa nell'impianto è stata isolata (...))" (cfr.: doc. 29 dell'attore). D'altronde, anche il primo difensore dell'attore, nell'inviare la richiesta stragiudiziale di risarcimento dei danni al Condominio ed alla società convenuta in data 21 febbraio 2019 (cfr.: doc. 12 dell'attore), aveva riferito, diversamente da quanto è stato poi sostenuto in corso di causa, che "all'atto dell'accesso in centrale veniva verbalmente comunicato all'Ing. (...) che nell'impianto era stata accertata la presenza del batterio della (...), a seguito di analisi eseguite dalla ditta (...) s.p.a. su incarico del Manutentore, il cui esito veniva formalizzato al Manutentore con lettera datata 9 ottobre 2018; veniva inoltre riferito che nel corso della mattina stessa del 15 novembre era stato eseguito un intervento sull'impianto dell'acqua calda sanitaria da parte del Manutentore per attività legate proprio alla presenza della (...) nell'impianto". La conoscenza della contaminazione al momento del fatto deve dunque ritenersi provata. III. Per quanto concerne il nesso di causalità tra i fatti sopra descritti e l'insorgenza della malattia in capo all'attore, sotto il profilo giuridico, deve premettersi che, come affermato più volte dalla Corte di Cassazione (cfr., per tutte: Cass., Sez. 3, sentenza n. 21619 del 16.10.2007), "nel cosiddetto sottosistema civilistico, il nesso di causalità (materiale) - la cui valutazione in sede civile è diversa da quella penale (ove vale il criterio dell'elevato grado di credibilità razionale che è prossimo alla "certezza") - consiste anche nella relazione probabilistica concreta tra comportamento ed evento dannoso, secondo il criterio (ispirato alla regola della normalità causale) del "più probabile che non"; esso si distingue dall'indagine diretta all'individuazione delle singole conseguenze dannose (finalizzata a delimitare, a valle, i confini della già accertata responsabilità risarcitoria) e prescinde da ogni valutazione di prevedibilità o previsione da parte dell'autore, la quale va compiuta soltanto in una fase successiva ai fini dell'accertamento dell'elemento soggettivo (colpevolezza)". In concreto, la sussistenza del nesso eziologico tra l'evento innanzi descritto e l'insorgere della patologia lamentata dall'odierno attore deve considerarsi provata. In particolare, in primo luogo, risulta dimostrato dalla documentazione prodotta che, nel periodo in cui è avvenuto l'evento, l'impianto idrico del Condominio in questione fosse interessato dalla contaminazione da (...), avendo fornito esito positivo le analisi effettuate tanto prima del fatto (cfr.: doc. 3 dell'attore), quanto nei giorni successivi al fatto medesimo (cfr.: doc. 31 dell'attore) ed essendo pacifico che l'intervento dell'impresa finalizzato all'eliminazione del batterio era stato successivo all'evento per cui è causa. In secondo luogo, il periodo di incubazione della malattia dell'attore risulta compatibile con quello generalmente indicato dalla letteratura medica (cfr.: doc. 22 dell'attore), avendo egli iniziato ad avvertire sintomi di tipo inflluenzale un paio di giorni dopo l'evento (cfr.: deposizione testimoniale di (...), moglie dell'attore). Lo smontaggio del tubo da parte del (...) ha comportato l'emissione di aria mista ad acqua, sicché le modalità del fatto sono da considerarsi idonee a determinare l'infezione. Infine, non risulta che l'attore abbia frequentato in quel periodo altri luoghi che fossero potenziali fonti di contagio. Anche nella relazione del C.T.U., a pagina 7, sono contenute le seguenti considerazioni: "l'infezione da (...) contratta dal sig. (...), risulta, in via di elevata probabilità, successiva all'inalazione del germe infettante avvenuta in occasione del contatto (spray) nel locale caldaia della Residenza delle (...), in data 15/11/18. A seguito del contagio il periziando sviluppava una polmonite da (...) (rispettati i tempi di incubazione)". IV. Per quanto concerne l'elemento soggettivo, deve rilevarsi che lo smontaggio del tubo con le modalità sopra descritte in una situazione in cui era nota la contaminazione da (...), il tutto avvenuto in un ambiente chiuso di dimensioni piuttosto anguste, nonché senza l'utilizzo di alcun DPI costituisce comportamento colposo, tale da determinare il sorgere della responsabilità extracontrattuale. Inoltre, l'autore della manovra, (...), era dipendente della società convenuta e, nel frangente, stava svolgendo le mansioni a lui affidate dal datore di lavoro, sicché trova applicazione nella specie la norma di cui all'art. 2049 c.c.. V. La società convenuta ha eccepito che nella specie debba trovare applicazione la disposizione di cui al primo comma dell'art. 1227 c.c., secondo cui "se il fatto colposo del creditore ha concorso a cagionare il danno, il risarcimento è diminuito secondo la gravità della colpa e l'entità delle conseguenze che ne sono derivate". L'eccezione in questione deve essere ritenuta fondata. In proposito, si è già visto innanzi come l'attore fosse certamente a conoscenza della contaminazione nel momento in cui ha fatto ingresso nel locale adibito a centrale termica del Condominio. È ben vero, in proposito, che le operazioni che egli avrebbe dovuto compiere in tale occasione non prevedevano lo smontaggio dei tubi, ma va tuttavia considerato che la contaminazione dell'impianto esigeva comunque cautela sotto il profilo in questione, anche in assenza di intervento diretto sui tubi. In ogni caso, come innanzi si è visto, non sussiste alcuna prova del fatto che lo smontaggio del tubo in questione sia avvenuto senza alcun preavviso, come invece sostenuto dall'attore, ed anzi il teste (...), chiamato a testimoniare proprio dall'attore, nonché unico soggetto presente sul posto oltre al (...) al momento del fatto, ha dichiarato di aver avvertito preventivamente di ciò il danneggiato, il quale non ha dato indicazioni in senso contrario, né è uscito dal locale al fine di evitare conseguenze negative. Anche la condotta dell'attore, certamente di carattere colposo, deve essere considerata idonea, al pari di quella tenuta nel frangente dal (...), a determinare il contagio. Si osservi, in proposito, che, se da un lato il predetto (...) era dipendente della società a cui era stata affidata la responsabilità della centrale termica, l'odierno attore, da parte sua, non poteva considerarsi un soggetto non qualificato, visto che egli seguiva la progettazione dei lavori relativi alla medesima centrale. Entrambi i soggetti, dunque, erano ugualmente tenuti ad osservare le norme di sicurezza e di comune prudenza. Ritiene il sottoscritto Giudice che l'evento dannoso per cui è causa possa essere ricondotto sul piano causale ad entrambe le condotte (smontaggio del tubo contaminato da parte del (...) e permanenza dell'attore nel locale senza utilizzo di idoneo DPI) in pari misura. Infatti, l'evento avrebbe potuto ragionevolmente essere evitato sia nell'ipotesi in cui non fosse stata effettuata la manovra del (...) sia nell'eventualità in cui i presenti avessero indossato le mascherine FFP3. Ne deriva che il risarcimento dovuto all'attore va liquidato in misura di un mezzo dell'importo altrimenti spettante per l'ipotesi di responsabilità esclusiva della convenuta. Quantificazione del danno Una volta verificata la responsabilità del fatto nei termini che precedono, deve passarsi alla liquidazione dei danni riportati dall'attore. I. In primo luogo, per quanto concerne la malattia, il C.T.U. ha accertato quanto segue: "il sinistro ha determinato un periodo di invalidità temporanea totale di gg. 1 (uno), un successivo periodo di invalidità temporanea parziale al 75% di gg. 15 (quindici), un ulteriore periodo di invalidità temporanea parziale al 50% di gg. 15 (quindici), ed infine un periodo conclusivo di invalidità temporanea parziale al 25% di gg. 15 (quindici). Non residuano postumi invalidanti permanenti quantificabili sotto il profilo del cd Danno Biologico". Ai fini della quantificazione di tale voce devono essere utilizzate le Tabelle del Tribunale di Milano - Edizione 2021, secondo cui il valore monetario di liquidazione del danno non patrimoniale per un giorno di inabilità temporanea assoluta deve ritenersi pari ad Euro 99,00, di cui Euro 72,00 per danno biologico/dinamico-relazionale ed Euro 27,00 per danno da sofferenza soggettiva interiore media presumibile. Tale valore standard, poi, può essere aumentato fino al 50%, in presenza di allegate e provate peculiari circostanze personalizzanti del caso concreto. In proposito, l'attore ha allegato che proprio nel periodo di malattia, e in particolare il giorno 23 dicembre 2018, si era verificato il decesso della di lui madre (cfr.: doc. 25 dell'attore), nei confronti della quale in data 16 ottobre 2018 era stata posta la diagnosi di epatocarcinoma multifocale con sospetti secondarismi polmonari e trombosi portale in labile compenso epatico CPT B9 - C10 in paziente di 82 anni con plurime comorbilità. Deve in proposito rilevarsi che l'attore è stato interessato da un solo giorno di invalidità temporanea assoluta (verosimilmente il 20 novembre 2018), cui sono seguiti 15 giorni di invalidità temporanea parziale al 75%, altri 15 giorni di invalidità temporanea parziale al 50% ed ancora altri 15 giorni di invalidità temporanea parziale al 25%. Ora, quanto alla pretesa impossibilità per l'attore di visitare la madre ammalata nel periodo in questione, deve in primo luogo rilevarsi che, alla visita del 5 dicembre 2018, le condizioni del paziente erano state definite come soddisfacenti, anche se lo stesso era interessato da lieve dispnea (peraltro con una saturazione dell'ossigeno pari al 98% e dunque nella norma) e qualche fine crepitio a livello polmonare (cfr.: doc. 6 dell'attore). Inoltre, la relazione del C.T.U., a pagina 5, contiene le seguenti indicazioni in ordine alla malattia dell'attore: "- Periodo di contagiosità: non documentato il contagio interumano. - Provvedimenti nei confronti dei malati: precauzioni standard. - Provvedimenti nei confronti dei conviventi/contatti: nessuno". Ciò implica che almeno per il periodo successivo al 5 dicembre 2018 non è ipotizzabile alcun particolare impedimento alle visite. Inoltre, nessuna indicazione particolare è stata fornita circa la frequenza delle visite dell'attore alla madre prima dell'evento dannoso per cui è causa. Alla luce di quanto precede, si ritiene dunque congruo aumentare il valore giornaliero di liquidazione del danno del 30% per i soli primi due periodi di invalidità al 100% ed al 75%. Il danno in questione va pertanto liquidato come da seguente tabella. Omissis L'importo sopra indicato non è suscettibile di rivalutazione monetaria, in quanto già liquidato con riferimento alla data odierna. Esso va invece maggiorato degli interessi compensativi decorrenti dal giorno in cui l'invalidità temporanea è cessata (04.01.2019). Tenuto conto dell'insegnamento delle Sezioni Unite della Suprema Corte, di cui alla sentenza n. 1712/1995, gli interessi dovranno essere calcolati al tasso legale - previa devalutazione degli importi risarcitori sopra indicati in moneta attuale ed individuazione della loro consistenza alla data sopra indicata - sulla somma rivalutata anno per anno fino alla data odierna, secondo gli indici medi ISTAT del costo vita (F.O.I.). Dalla sentenza al saldo effettivo matureranno ulteriori interessi di mora al tasso legale. II. Per quanto concerne il danno patrimoniale da lesione della capacità lavorativa specifica, la cui durata è stata quantificata in sede di C.T.U. in un mese, deve rilevarsi che dal quadro RE delle dichiarazioni dei redditi presentate dall'attore con riferimento ai due anni di imposta precedenti al sinistro emergono i seguenti dati annui (cfr.: doc. 9 dell'attore): - anno 2016: compensi Euro 31.860,00 - spese Euro 12.350,00 - reddito Euro 19.510,00; - anno 2017: compensi Euro 40.567,00 - spese Euro 16.973,00 - reddito Euro 26.719,00. Risultando la media aritmetica dei redditi conseguiti nei due anni in questione pari ad Euro 23.114,50, dividendo tale ultimo valore per dodici si ottiene un reddito mensile medio pari ad Euro 1.926,21. Il pregiudizio in questione va dunque liquidato in tale misura. III. Per quanto concerne, poi, il danno da lucro cessante allegato dall'attore con riferimento alla rinuncia effettuata in data 23.11.2018 (cfr.: doc. 10 dell'attore) ad un incarico professionale ricevuto il 12.11.2018, e dunque pochi giorni prima del sinistro (cfr.: doc. 11), si rileva che detto incarico era stato quotato dal punto di vista economico in Euro 31.300,00, ricavo che dunque è andato perso. Le tempistiche di esecuzione delle attività professionali di cui trattasi inducono a ritenere sussistente il nesso di causalità tra la malattia dell'attore e la rinuncia in questione. Ai fini della liquidazione del pregiudizio economico subito dall'attore in conseguenza di quest'ultima, peraltro, deve tenersi conto non già dei ricavi persi, bensì della loro componente reddituale, al netto dei costi medi dell'attività professionale. A tale proposito, sempre dal quadro RE delle dichiarazioni dei redditi presentate dall'attore con riferimento ai due anni di imposta precedenti al sinistro emergono i seguenti dati annui: - rapporto reddito/compensi anno 2016: 0,61; - rapporto reddito/compensi anno 2017: 0,66. Ne deriva che il rapporto medio reddito / compensi deve essere considerato pari a 0,635. Applicando tale coefficiente ai ricavi persi, pari ad Euro 31.300,00, si ottiene un mancato reddito di Euro 19.875,50. IV. Vanno infine considerate le spese mediche, pari a complessivi Euro 440,30, che il C.T.U. ha giudicato congrue e pertinenti. Le somme sopra liquidate ai paragrafi II, III e IV devono essere attualizzate, in quanto crediti di valore; le stesse devono quindi essere maggiorate della rivalutazione monetaria, con cadenza annuale, secondo gli indici medi ISTAT del costo vita, oltre che degli interessi legali sulla somma rivalutata anno per anno, a decorrere dalla data di cessazione della perdita della capacità lavorativa specifica (20.12.2018) quanto all'importo di Euro 1.926,21, nonché dalla data di presumibile cessazione delle attività professionali di cui all'incarico oggetto di rinuncia (10.05.2019) quanto alla somma di Euro 19.875,50, ed infine dalla data dei singoli esborsi quanto alle spese mediche, il tutto sino alla data della presente sentenza. Dalla sentenza al saldo effettivo matureranno ulteriori interessi di mora al tasso legale. Conseguenze delle considerazioni che precedono Alla luce di quanto innanzi osservato, la domanda dell'attore deve essere accolta fino alla concorrenza di un mezzo delle somme sopra liquidate (totale Euro 24.932,34), attesa la pari responsabilità delle parti in ordine all'accaduto. Ogni ulteriore domanda va invece disattesa. Spese processuali e di C.T.U.. Le spese del giudizio vanno compensate tra le parti in misura di due terzi alla luce dell'esito della causa, mentre, per il restante terzo, esse vanno liquidate come da dispositivo e poste a carico della società convenuta, risultata maggiormente soccombente. Alla luce della pari responsabilità delle parti, le spese di C.T.U., liquidate come in atti, vanno poste in via definitiva a carico delle stesse in ragione di metà per ciascuna. P.Q.M. Il Tribunale, definitivamente pronunciando nella causa instaurata da (...) nei confronti di (...) s.a.s. di (...) e (...), così provvede: 1. in parziale accoglimento della domanda dell'attore, accertata la pari responsabilità delle parti in ordine ai fatti oggetto di causa, condanna (...) s.a.s. di (...) e (...) a pagare a (...), a titolo di risarcimento dei danni, la complessiva somma di Euro 12.466,17, oltre rivalutazione, sulle somme in ordine alle quali essa è dovuta, nonché oltre interessi da calcolarsi con le decorrenze e in conformità ai criteri indicati in motivazione; 2. rigetta ogni ulteriore domanda, eccezione e deduzione delle parti; 3. condanna (...) s.a.s. di (...) e (...) a rifondere a (...) un terzo delle spese processuali, che liquida, in tale parte, in complessivi Euro 395,83 per anticipazioni ed Euro 2.539,00 per compensi, oltre 15% spese forfettarie ed accessori di legge, se ed in quanto dovuti, e compensa tra le parti i restanti due terzi delle stesse; 4. pone in via definitiva le spese di C.T.U., liquidate come in atti, a carico di ciascuna delle parti in ragione di metà. Così deciso in Monza l'1 febbraio 2023. Depositata in Cancelleria il 2 febbraio 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE DI MONZA in persona del giudice unico Claudio Miele ha pronunciato la seguente SENTENZA nel procedimento civile iscritto al numero di ruolo di cui sopra, promosso con citazione notificata in data 2.5.2019, assunto in decisione all'udienza in data 03/03/2022 e vertente TRA (...), cod. fisc. (...), con la rappresentanza e difesa in causa dell'avv. Fr.De., Ce.Ma., via (...), presso cui è stato eletto domicilio, come da procura in atti ATTORE E (...), cod. fisc. (...), con la rappresentanza e difesa dell'avv. Da.Ga., con studio in Como, via (...), ove è stato eletto domicilio, come da procura in atti CONVENUTO E (...) SPA, cod. fisc. (...), con la rappresentanza e difesa in causa dell'avv. Fr.Al., con studio in Milano, via (...), ove è stato eletto domicilio, come da procura in atti TERZA CHIAMATA OGGETTO: Responsabilità professionale MOTIVI DELLA DECISIONE I. (...) ha chiesto condannarsi (...) al risarcimento dei danni conseguenti ad inesatta esecuzione dell'incarico professionale avente ad oggetto il cambio di destinazione d'uso e l'integrale ristrutturazione di un magazzino sito in (...) via P. 26; ha dedotto infatti che il Comune aveva negato gli atti di assenso; che, dopo una sospensione dei lavori disposta dall'ente, alla conclusione di essi si erano manifestate difformità tra le schede catastali ed il progetto ed era stata anche prospettata dal comune la necessità di provvedere alla parziale demolizione di quanto già realizzato; ha precisato che in relazione alla vicenda era stato richiesto accertamento tecnico preventivo, nel corso del quale le parti avevano raggiunto un accordo condizionato tuttavia al rilascio del permesso di costruire in sanatoria da parte del comune; permesso che tuttavia era stato negato. Ha indicato in Euro 41.565,80 gli sborsi necessari per sanare gli abusi, oneri di cui ha chiesto il rimborso. Con la comparsa di costituzione il convenuto ha contestato che la sospensione dei lavori fosse stata disposta dal Comune per motivi inerenti il progetto; era infatti avvenuto che in un primo tempo non erano state adempiute le prescrizioni in materia di messa in sicurezza del cantiere e successivamente non erano stati versati gli oneri di urbanizzazione. Ha ancora affermato che il (...) e l'appaltatore dei lavori, tale (...), avevano in realtà realizzato opere in difformità al titolo edilizio, senza alcuna autorizzazione da parte del direttore dei lavori. Ha ancora dichiarato che nel corso di lavori aveva constatato che il locale sottotetto era stato realizzato con un'altezza media ponderale superiore ai metri 1,80 e che aveva invitato sia il (...) che lo (...) a ripristinare la conformità al progetto. Ha ancora affermato che il (...) gli aveva contestato solo l'omesso deposito di variante; che il Comune aveva negato il permesso di costruire in sanatoria. Inoltre, a seguito di un sopralluogo eseguito in data 5 maggio 2017 da parte del Comune di Cesano Maderno, era stato accertato che la distanza tra il fabbricato oggetto di intervento e quello antistante era inferiore ai limiti prescritti. Ha sottolineato che il (...) aveva infine ottenuto permesso di costruire in parziale sanatoria, con interventi pressocché identici a quelli indicati in accertamento tecnico preventivo: inoltre ha affermato che sussisterebbe comunque responsabilità tanto dell'appaltatore che del committente; ha opposto decadenza e prescrizione di cui all'art. 1667 c.c. Ha eccepito ancora compensazione con gli importi residui dovuti a titolo di attività professionale pari a complessivi Euro 19.616,21, di cui Euro 12.242,56, al netto dell'acconto ricevuto di Euro 5.248,00, per le prestazioni professionali concernenti la progettazione architettonica e la direzione lavori presso l'immobile sito in (...) alla via P. n. 26, Euro 3.778,43 per le prestazioni professionali eseguite presso lo stesso cantiere e aventi ad oggetto la sostituzione orditura, manto di copertura e lattoneria, Euro 2.154,09 per le prestazioni professionali eseguite presso lo stesso cantiere e aventi ad oggetto la formazione di ingresso pedonale su recinzione esistente, ed Euro 1.441,13 per le prestazioni professionali eseguite presso lo stesso cantiere e aventi ad oggetto la conclusione di convenzioni tra i confinanti ai fini di delimitare i confini e di rilasciare le autorizzazioni agli impianti di cantiere. L'assicuratore, con la propria comparsa, ha dedotto che la polizza non copriva i danni conseguenti all'applicazione o interpretazione della normativa urbanistica, di regolamenti edilizi locali e di altri vincoli imposti dalle pubbliche Autorità ovvero in caso di difformità alla concessione edilizia rilasciata per l'opera stessa; neppure copriva i danni per contributi di concessione o autorizzazione in sanatoria nell'ambito delle "regolarizzazioni di violazioni edilizie"; inoltre era previsto un massimale di Euro 50.000 per sinistro. Ha eccepito ancora l'esistenza di una franchigia pari a 1/10 dell'importo del danno con un minimo di Euro 1.500. Nel merito ha richiamato le difese del convenuto ed ha eccepito l'insussistenza del danno relativo ad importi per I.v.a.; l'infondatezza delle pretese per sanzioni, Tari ed Imu; l'incongruità di alcune delle voci esposte dal consulente di ufficio in sede di accertamento tecnico preventivo. II. La domanda dell'attore è fondata con le precisazioni che seguono. Va premesso che non possono accogliersi le eccezioni di decadenza e prescrizione ex art. 1667 c.c. formulate dal convenuto. Ciò in quanto nel caso di specie non viene in applicazione la disciplina dell'appalto, vertendosi invece in tema di prestazione d'opera intellettuale. Gli artt. 1667 e 1668 c.c., infatti, non regolano la posizione del progettista e del direttore dei lavori; la responsabilità di tali soggetti deve essere quindi vagliata in base alle norme generali in tema di inadempimento e, per quanto applicabili, dalle norme sulla prestazione d'opera e sulle professioni intellettuali (artt. 2222 - 2238 c.c). E' però comunque inapplicabile "alla prestazione del professionista che abbia assunto l'obbligazione della progettazione e della direzione dei lavori di un fabbricato " l'art. 2226 cod. civ., in tema di decadenza e prescrizione dell'azione di garanzia per vizi dell'opera" (Cass. 20 dicembre 2013 n. 28575;. Cass. S.U. 28 luglio 2005 n. 15781 ed altre). Ne deriva che, dovendo farsi riferimento alla disciplina generale, non è applicabile l'istituto della decadenza ed il termine di prescrizione è decennale; termine che, nella specie, non è decorso. Nel merito vale quanto segue. Non è in contestazione l'esistenza di irregolarità urbanistiche del bene, che sono state anche rilevate dal consulente in sede di accertamento tecnico preventivo, tra cui le seguenti: a. eccesso di superficie lorda di pavimento, in quanto ai fini del calcolo era stata erroneamente computata, in detrazione, la scala di accesso al primo piano e alcuni locali tecnici; (cfr. missiva 26.6.2015 del Comune doc. 8 in prod. att.); b. eccessiva altezza media ponderale del locale sottotetto, superiore al metri 1,80; c. Affaccio diretto sul proprietà di terzi del balcone di nuova costruzione. Tali irregolarità hanno comportato un grave ritardo nella realizzazione delle opere, a causa di plurime sospensioni dei lavori (v. docc. 8, 9 e 12 in prod. att.) e della necessità di eseguire opere di ripristino. Orbene, l'esistenza di irregolarità urbanistiche potrebbe in astratto essere conseguente sia ad una non corretta progettazione che ad una esecuzione non conforme al progetto. Nel primo caso si avrebbe una responsabilità esclusiva del progettista; nel secondo caso risponderebbe il direttore dei lavori. Nel caso in esame il Comune, con due distinte missive, aveva rimarcato le criticità sopra indicate; è però significativo che detti rilievi erano stati inviati prima ed indipendentemente da qualsiasi sopralluogo sul cantiere (non va considerato l'accesso eseguito a seguito di esposto 9 luglio 2015 in quanto all'epoca, come emerge dal doc.9 in prod. att., era stato solo installato il ponteggio). Un sopralluogo finalizzato all'esame delle opere era stato eseguito solo in data 5 maggio 2017; nel corso di esso erano state rilevate ulteriori difformità. Da tali elementi emerge che le criticità poi tradottesi in opere difformi riguardavano proprio i progetti, elaborati su esclusiva responsabilità dell'(...), in quanto dette criticità erano rilevabili prima ed indipendentemente dalla realizzazione delle opere. Né può ritenersi provato che tali difformità -già a livello di progetto-fossero imputabili a volontà del committente; in ogni caso, in tale ipotesi, sarebbe stato obbligo del professionista non prestarsi a soddisfare tali richieste. E' poi irrilevante in questa sede l'esistenza di eventuali profili di responsabilità dell'impresa, posto che l'obbligo risarcitorio ha natura di debito solidale, con la conseguenza che il risarcimento può essere richiesto dal danneggiato per l'intero a ciascuno dei responsabili. Una corresponsabilità del terzo potrebbe dunque essere rilevante unicamente ai fini della azione di regresso; tale domanda non è stata tuttavia proposta nel presente giudizio. Non è infine condivisibile la tesi secondo cui l'unico motivo di responsabilità sollevato dall'attore sia costituito dal non aver l'A. presentato una variante al progetto; come si evince dalla narrativa dell'atto di citazione, infatti, i fatti dedotti riguardano l'intera gestione dell'incarico. Sussiste dunque piena responsabilità dell'(...). III. Circa il quantum deve farsi riferimento all'accertamento tecnico preventivo in data 5 febbraio 2018 che ha quantificato in Euro 41.565,80, comprensivi di Iva e contributi, il costo delle opere necessarie alla regolarizzazione del bene. Non vi è prova che il (...) sia titolare di partita Iva; vanno dunque considerati anche gli oneri inerenti al tributo. Devono conteggiarsi inoltre Euro 1.032 per sanzioni, di cui Euro 516 per indebito inizio lavori prima della Dia (v. doc. 6 in prod.att. missiva del Comune in data 24 novembre 2015) ed Euro 516 per sanzioni conseguenti alle esecuzione di opere in difformità (doc. 6 come da distinta di versamento 21.12.2018), per un totale di Euro 42.597,80 (41.565,80 + 1.032). Va precisato, quanto alla prima violazione, che l'A. rivestiva, incontestatamente, anche la veste di direttore dei lavori. Nulla può invece riconoscersi quale rimborso Tari, in quanto trattasi di danno collegato al possesso del bene; non è però possibile affermare con certezza che, ove l'immobile fosse stato consegnato in epoca anteriore, sarebbe stato possibile una vendita così sollecita da evitare tali oneri, a ciò non ritenendosi sufficiente la proposta di acquisto prodotta, in quanto formulata in epoca anteriore al completamento dei lavori (13.7.2016, doc. 8 in prod. att.), con indicazioni contraddittorie quanto al prezzo (indicato in Euro 180.000 ma con modalità di pagamento specificate solo per la minor somma di Euro 175.000) e come tale non attendibile. Non è fondata la tesi del convenuto secondo cui, non avendo il (...) prodotto le fatture attestanti gli effettivi esborsi, non potrebbe riconoscersi il danno; l'ammontare del pregiudizio deve infatti ritenersi provato sulla base della quantificazione del consulente e non è necessaria ulteriore prova. IV. Il geom. A. ha eccepito in compensazione il pagamento delle proprie spettanze professionali quantificate in Euro 19.616,21, di cui Euro 12.242,56, al netto di un acconto ricevuto di Euro 5.248,00 per le prestazioni professionali inerenti l'immobile in questione, Euro 3.778,43 per le prestazioni concernenti la sostituzione orditura, manto di copertura e lattoneria, Euro 2.154,09 per la formazione di ingresso pedonale su recinzione esistente ed Euro 1.441,13 per la conclusione di convenzioni tra i confinanti e autorizzazioni agli impianti di cantiere. Tali attività sono contestate dal (...) in quanto si sostiene che esse in parte erano inerenti all'incarico iniziale e in parte si erano rese necessarie per gli errori progettuali di cui sopra; viene riconosciuto un importo complessivo per compensi di Euro 7.500. La eccezione appare condivisibile, considerato che trattasi di opere inerenti al medesimo immobile per il quale era stato conferito l'incarico professionale; incarico teso ad ottenere un cambio di destinazione d'uso ed avente ad oggetto la conseguente progettazione e direzione lavori; la presentazione di separate istanze per il rifacimento del tetto e la formazione di cancelletto pedonale, opere inizialmente comprese nel progetto iniziale, era infatti avvenuta su consiglio dello stesso A. al fine di superare almeno in parte l'ordine di sospensione dei lavori, consentendo di procedere, nelle more delle interlocuzioni con il Comune, quanto meno alla realizzazione di quei manufatti (circostanze non contestate). Trattasi dunque di eventi conseguenti alla errata impostazione del progetto iniziale. Il totale dei compensi va pertanto limitato ad Euro 7.500, riconosciuti dall'attore in comparsa conclusionale; oltre Euro 375, per contributo integrativo ed Euro 1.732,50 per iva, oltre 124 per anticipazioni (queste ultime risultanti dalle fatture (...) e (...) docc. 27 in prod. conv.), per complessivi Euro 9.731,50, somma dalla quale devono dedursi gli acconti per Euro 5.760,40 (5.248 di cui alle due fatture (...) e (...) da Euro 2.624 ciascuna, oltre Euro 512,40 per la fattura (...), v. doc. 27 in prod. conv.), con un saldo a debito di Euro 3.971,10 (9.731,50-5.760,40) omnicomprensivi. V. Devono ora considerarsi i rapporti di dare ed avere tra le parti. Dalla somma di Euro 41.565,80 a credito dell'attore per lavori di rimessa in pristino devono detrarsi i compensi ancora da corrispondere al convenuto: residuano dunque, quanto a tale voce, Euro 37.594,70 (41.565,80 -3.971,10), oltre ad Euro 1.032 per sanzioni. Trattandosi di debito di valore, sono dovuti altresì la rivalutazione e gli interessi sulle somme via via rivalutate anno per anno, dalla data in cui il danno si è verificato al saldo. Tale momento, in relazione alle somme dovute per la eliminazione delle difformità, può essere identificato con il termine di consegna originariamente previsto. Pertanto, facendo riferimento ai 90 giorni in cui avrebbero dovuto concludersi i lavori come da contratto di appalto (doc. 3 in prod. conv.) e ponendo la decorrenza a far tempo da un momento in cui i lavori erano sicuramente in corso, sia pure quanto alla sola installazione del ponteggio e cioè dal 23 luglio 2015 (v. doc. 9 in prod. att. non risultando precedenti elementi), può identificarsi nel 23 ottobre 2015 il momento in cui può considerarsi concretizzato il pregiudizio. Poiché la somma sin questione è stata determinata dal consulente con riferimento al momento del deposito della relazione, per calcolare gli interessi è necessario devalutare l'importo all'ultima data indicata: si ha una cifra di Euro 37.075,6 per le opere di ripristino (coeff. 1,014). Per le restanti somme di Euro 516 + 516 non vi è necessità di devalutazione, in quanto la data del danno coincide con quella degli esborsi. Tali ultimi importi sono stati quindi compresi aggiungendoli al capitale, nella tabella che segue, rispettivamente ai righi 2 e 9. Il tasso di interesse è quello di cui all'art. 1284 co. 1 cod. civ. sino alla data di notifica della citazione; successivamente va applicato il tasso ex D.Lgs. n. 231 del 2002 (art. 1284 co. 4). Omissis Il totale alla data della decisione è dunque di Euro 50.127,05, di cui Euro 39.376,62 per capitale; in tali limiti va accolta la domanda del (...). VI. E' inammissibile la domanda proposta dall'attore nei confronti del terzo chiamato ((...) -s.p.a.) stante la mancanza di rapporti contrattuali con lo stesso e l'assenza di normativa specifica che consenta, in questa materia, una azione diretta. VII. (...) ha chiesto di essere manlevato dal proprio assicuratore. Quest'ultimo ha eccepito da un lato che nel caso di specie vi sarebbe stata non solo colpa, ma una precisa volontà dolosa, essendo il professionista sin dall'origine consapevole della non conformità del progetto alle prescrizioni urbanistiche; dall'altro che non vi era copertura, e ciò in base al testo dell'art. 9 delle condizioni aggiuntive di polizza, che escludeva il diritto quando "l'opera è stata realizzata in difformità alla concessione edilizia rilasciata per l'opera stessa; ovvero per contributi di concessione o autorizzazione in sanatoria nell'ambito delle regolazioni di violazioni edilizie. La clausola richiamata è la seguente: Art. 9 - MANCATO RISPETTO DI VINCOLI URBANISTICI, DI REGOLAMENTI EDILIZI LOCALI E DI ALTRI VINCOLI IMPOSTI DALLE PUBBLICHE AUTORITÀ Ferma ogni altra condizione di polizza e a parziale deroga di quanto previsto alla Sezione I e II - lettera b) delle Esclusioni, l'assicurazione vale anche per i danni e le perdite patrimoniali conseguenti ad errata involontaria interpretazione di vincoli urbanistici, di regolamenti edilizi locali e di altri vincoli imposti dalle pubbliche Autorità. L'assicurazione non vale: - se l'opera è stata realizzata in difformità alla concessione edilizia rilasciata per l'opera stessa; - per contributi di concessione o autorizzazione in sanatoria nell'ambito delle "regolarizzazioni di violazioni edilizie". Questa specifica estensione di garanzia è prestata nell'ambito del massimale di polizza fino alla concorrenza dì Euro 50,000 per sinistro e per periodo assicurativo. Orbene, va premesso che tale pattuizione, predisposta dall'assicuratore nell'ambito di una regolamentazione generale, va interpretata in senso restrittivo ed eventualmente contra stipulatorem (art. 1370 cod. civ.). Quanto al primo motivo di contestazione, ferma la estensione della copertura alle perdite conseguenti ad errata ed involontaria interpretazione delle disposizioni urbanistiche, l'esclusione concerne il solo caso di difformità tra progetto assentito di concessione e le opere eseguite. Ciò si spiega in quanto, ove vi sia un progetto approvato, la realizzazione di opere difformi è conseguente a colpa grave o a volontà dolosa, essendovi un riferimento certo. Nel caso in questione, invece, la responsabilità del professionista deriva da errori in una fase anteriore e cioè proprio nella predisposizione di un progetto non corretto e che non ha mai avuto, prima della sanatoria, alcuna approvazione da parte del Comune. E' dunque dovuta la copertura.. Va poi sottolineato che non appare possibile dedurre la prova di una volontà dolosa del convenuto al momento della progettazione sulla base delle sole dichiarazioni registrate doc. 24, posto che l'osservazione del geometra in quei colloqui non è sufficiente, considerato che non è credibile che egli, senza alcun interesse proprio -e dunque senza motivo- , si sarebbe coscientemente e volontariamente esposto alle gravi conseguenze a suo carico. Ne consegue che la fattispecie per cui è causa non può rientrare nella esclusione richiamata. Va invece condivisa l'eccezione limitatamente all'importo di Euro 516,00 di cui al doc. 6 fol. 8 in prod. att., in quanto rientrante nel concetto di "contributi di concessione o autorizzazione in sanatoria", importo che va dunque sottratto (l'altro importo di Euro 516 era invece dovuto per sanzioni conseguenti all'inizio dei lavori prima del termine di efficacia della Dia, cfr. doc. 6 in prod. att. fol. 6 e pertanto non è da espungere). L'importo del danno rientrante nelle condizioni di polizza ammonta dunque ad Euro 49.439,21 (50.127,05-516-147,34 per detrazione interessi su 516). A tale somma va aggiunto però l'importo del saldo spettante al geom. A. per i propri compensi. Infatti, il danno provocato era di Euro 41.565,80 oltre Euro 1.032 (516 a fini di polizza) per sanzioni; si è ridotto ad Euro 37.594,70 in quanto dai primi importi sono state sottratte le retribuzioni per Euro 3.971,10; in sostanza, con tale decurtazione, l'A. ha già anticipato una parte del risarcimento, restato dunque a suo carico. Il totale su cui calcolare l'indennità è dunque di Euro 53.410,31 (49.439,21 +3.971,10). Di tale cifra sono da considerare, ai fini dell'obbligo dell'assicuratore, Euro 48.069,28 ( 53.410,31 /100*90), dovendosi tenere conto dello scoperto previsto in polizza (1/10 per ciascun sinistro, art. 6 della polizza). La domanda di rivalsa dell'A. va dunque accolta per tale somma, oltre a quanto si dirà per le spese legali. VII. Si rivelano superflue, alla luce di quanto sopra, le attività istruttorie richieste, alle quali non va pertanto dato ingresso. VIII. Le spese del giudizio sostenute dall'attore verso il convenuto seguono la soccombenza ex art. 91 cod. proc. civ. e vengono liquidate come in dispositivo, tenuto conto che la fase istruttoria si è dispiegata unicamente nella redazione delle memorie ex art. 183 cod. proc. civ. e nella produzione di documenti. Nelle spese da rifondere all'attore sono da ricomprendere quelle per l'accertamento tecnico preventivo (euro 6.952,25, di cui Euro 3.679,52 per spese di consulente tecnico di parte ed Euro 3.272,73 per compensi avvocato, v. nota spese) e per il procedimento di mediazione. Sono da compensarsi integralmente le spese tra l'attore e il terzo chiamato, considerata la scarsa incidenza di tale controversia sulle attività difensive e istruttorie. Quanto ai rapporti tra assicurato e assicuratore deve distinguersi, come è noto, tra spese da rifondere alla controparte ex art. 91 c.p.c., spese sostenute in proprio dall'assicurato per resistere all'azione (cd. spese di resistenza) e spese di questo giudizio nei rapporti tra l'assicurato nella veste di chiamante e l'assicuratore evocato in giudizio. Le spese del primo insieme rientrano tra conseguenze della responsabilità e sono quindi soggette al limite del massimale ed alle decurtazioni da contratto; nel caso di specie esse sono costituite da quelle riguardanti l'attività svolta sia nel presente giudizio che in quello di accertamento tecnico preventivo e nel procedimento di mediazione. L'importo delle stesse, ai fini di polizza può essere determinato in Euro 1.930,72, costituito dalla differenza tra Euro 48.069,28 ed il massimale di Euro 50.000. Poiché l'importo complessivo di queste spese supera di molto tale cifra, non è necessario in questa sede operare la preventiva riduzione del 10 per cento, in quanto la somma ora indicata è comunque inferiore al 90 per cento degli oneri. Le spese di resistenza, regolate dall'art. 1914 cod. civ., devono essere corrisposte anche oltre i limiti del massimale, ma entro quelli previsti dall'art. 1917 co. 3 cod. civ.; eguale contenuto ha del resto la regolamentazione di polizza, che riprende il contenuto della norma codicistica: Sono a carico della Società le spese sostenute per resistere all'azione promossa contro l'Assicurato, entro il limite di un importo pari al quarto dei massimale stabilito in polizza per il danno cui si riferisce la domanda. Qualora la somma dovuta al danneggiato superi detto massimale, le spese vengono ripartite tra la Società e l'Assicurato in proporzione del rispettivo interesse. Le spese liquidate in dispositivo per questa causale sono inferiori al limite (50.000/3 =16.666,67); non vanno considerate le spese sostenute dall'A. nel giudizio di accertamento tecnico preventivo e in quello di mediazione, ai sensi dell'art. 112 cod. proc. civ., considerate le conclusioni formulate dalla parte. L'ultimo insieme di spese è invece regolato in base all'art. 91 c.p.c.., senza limiti di massimale; poiché l'assicuratore soccombe nei confronti dell'A., sono a suo carico le spese sostenute da quest'ultimo. Si provvede come da dispositivo. P.Q.M. Il Tribunale, definitivamente pronunciando sulla domanda proposta da (...) nei confronti di (...) con citazione notificata in data 2.5.2019, così provvede: I. Condanna (...) al pagamento di Euro 50.127,05 in favore di (...), oltre interessi ex art. 1284 cod. civ. su Euro 39.376,62 dalla data della decisione al saldo; II. Condanna (...), al pagamento delle spese del giudizio in favore di (...), spese che liquida in Euro 6.410,00 per compensi di questo giudizio, oltre spese forfaitarie ex art. 2 del D.M. 10 marzo 2014, n. 55 nella misura del 15 per cento sull'importo dei compensi, oltre contributi previdenziali ed iva come per legge, oltre Euro 518 per anticipazioni; III. Condanna (...) al pagamento delle spese del procedimento di accertamento tecnico preventivo iscritto al n. 14835/2016 Reg. Gen. in favore di (...), spese che liquida in Euro 6.952,25 omnicomprensivi; IV. Condanna (...) al pagamento delle spese del procedimento di mediazione in favore di (...), spese che liquida in Euro 438,00 omnicomprensivi. V. Condanna (...) - s.p.a. a tenere indenne (...) da quanto egli verserà a (...) in adempimento del capo I di questa sentenza, sino a concorrenza di Euro 48.069,28, oltre interessi ex art. 1284 cod. civ. dalla data dei futuri esborsi da parte dell'(...) al saldo; VI. Condanna (...) - s.p.a. a tenere indenne (...) da quanto egli verserà a (...) in adempimento dei capi II, III e IV di questa sentenza, nei limiti di Euro 1.930,72; VII. Condanna (...) - s.p.a. a tenere indenne (...) delle spese di resistenza nei confronti del (...), spese che liquida - d'ufficio, in mancanza di nota specifica- in Euro 6.410,00 per compensi di questo giudizio, oltre spese forfaitarie ex art. 2 del D.M. 10 marzo 2014, n. 55 nella misura del 15 per cento sull'importo dei compensi, oltre contributi previdenziali ed iva come per legge; VIII. Condanna (...) - s.p.a. al pagamento delle spese del giudizio ex art. 91 cod. proc. civ. in favore di (...), spese che liquida in Euro 3.506,00 per compensi, oltre spese forfaitarie ex art. 2 del D.M. 10 marzo 2014, n. 55 nella misura del 15 per cento sull'importo dei compensi, oltre contributi previdenziali ed iva come per legge. Così deciso in Monza, il 10 settembre 2022. Depositata in Cancelleria il 1 febbraio 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Giudice del Tribunale di Monza - Seconda Sezione civile - dott. Nicola GRECO ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa N. 4184/2020 R.G. promossa da (...) (C.F.: (...)), con l'Avv.to Fe.CH., Piazza (...), Cologno Monzese - parte attrice - contro (...)(C.F.:(...)),con il proc. dom. Avv.to Fe.SP., Via (...), Milano - parte convenuta - OGGETTO: risarcimento danni. FATTO E DIRITTO Con atto di citazione 5.4.2020, iscritto a ruolo l'11.6.2020, il sig. (...) ha convenuto in giudizio il sig. (...), esponendo - in via di sintesi e per quanto di stretto interesse ai fini della decisione - di ricoprire la carica di amministratore di diversi stabili condominiali, tra cui quello sito in C. (...), Via (...), n. 17; di aver il convenuto - condomino dello stabile da ultimo menzionato - assunto da tempo un comportamento ostile, persecutorio ed ingiurioso nei confronti dell'attore medesimo; di aver il convenuto offeso l'attore medesimo in occasione dell'assemblea condominiale tenutasi in data 18.12.2019, con conseguente necessità di interrompere l'adunanza senza che vi potesse essere votazione dei punti posti all'o.d.g.; di aver, inoltre, il convenuto posto in discussione l'operato dell'attore medesimo (quale amministratore del condominio) con missiva datata 6.3.2020 recapitata a tutti i condomini. Tanto esposto, la difesa attorea - prospettata la commissione da parte del convenuto dei reati di calunnia e diffamazione aggravata ai danni del sig. (...) - ha lamentato danno di immagine, lesione della reputazione, nonché compromissione dell'onere e del decoro dell'attore, con conseguente richiesta di condanna della controparte al risarcimento di tali pregiudizi per la somma di Euro 20.000,00 e, comunque, in quella da liquidarsi in via equitativa; con vittoria di spese di lite. Si è costituito in giudizio il convenuto, che ha contestato la fondatezza, in fatto ed in diritto, dell'azione promossa da controparte, concludendo per il rigetto di essa; vinte le spese di lite. Concessi alle parti i termini per depositare le memorie ex art.183, comma 6, c.p.c. (cfr. Provv. del 23 marzo 2021); superflua ogni attività istruttoria (cfr. ordinanza riservata del 22.2.2022); precisate le conclusioni dalle difese con fogli depositati a PCT (cfr. provvedimento fuori udienza del 6.10.2022); la causa è passata in decisione, assegnati alle parti i termini per depositare le comparse conclusionali (12.12.2022) e le memorie di replica (2.1.2023). Si premette che: i) difese, eccezioni ed argomentazioni delle parti saranno esaminate per quanto strettamente necessario nella prospettiva della motivazione di questa sentenza, applicato il principio "della ragione più liquida" (cfr. Cass., Sez. 5, Sentenza n. 11458 dell'11.5.2018); ii) le circostanze di fatto rilevanti ai fini della decisione sono esclusivamente quelle allegate entro il termine fissato dalla legge processuale per la maturazione in capo alle parti delle preclusioni assertive aventi ad oggetto gli elementi costitutivi delle pretese azionate in causa (vale a dire, entro il termine previsto per il deposito della memoria ex art. 183, comma 6, n.1, c.p.c.), inammissibili - perché tardive - deduzioni successive al termine de quo (cfr. Cass., Sez. 3, Sentenza n. 7270 del 18.3.2008); senza che neppure rilevi il fatto che le circostanze non specificatamente allegate siano, in tesi, evincibili dai documenti già prodotti (quanto al rapporto tra deduzione e produzione documentale, cfr. Cass., Sez. 3, Sentenza n. 7115 del 21.3.2013). Per le ragioni che di seguito esposte la domanda di risarcimento danni azionata da parte attrice non può essere accolta. La difesa attorea ha affermato che pregiudizi della tipologia di quelli lamentati in citazione, una volta provata la condotta illecita imputata alla controparte, determinano necessariamente l'attribuzione di una somma di denaro a titolo risarcitorio, versandosi in ipotesi di danno "in re ipsa" (cfr. pag. 4 dello scritto introduttivo e pag. 5 della comparsa conclusionale), vale a dire di quello che sorge per il solo verificarsi dei suoi presupposti senza che occorra alcuna allegazione o dimostrazione (al riguardo, cfr. Cass., Sez. 3, Sent. n. 25541 del 30.8.2022). In effetti, in sintonia con l'approccio metodologico del danno "in re ipsa", nell'atto di citazione non è stato indicato alcun elemento idoneo a fornire dimostrazione (neppure in via presuntiva) della concreta integrazione in capo all'attore di un pregiudizio all'immagine, al decoro ed alla reputazione; anzi, quanto dedotto circa l'atteggiamento tenuto dagli altri condomini nel corso dell'assemblea del 18.12.2019 depone nel senso che le offese che l'attore ha riferito essergli state rivolte dal convenuto non hanno fatto presa su coloro che sono intervenuti all'assemblea de qua (né sul resto della compagine condominiale) e neppure alcun seguito risulta aver avuto la missiva del 6.3.2020. Anche l'attività politica dell'attore non emerge aver patito i contraccolpi paventati nello scritto introduttivo: infatti, il sig. (...) è stato chiamato a ricoprire la carica di assessore alla sicurezza del Comune di Cologno Monzese e, proprio in ragione dell'aumentato peso degli impegni politici, ha volontariamente dismesso il ruolo di amministratore dello stabile condominiale (cfr. verbale assemblea del 7.10.2021, prodotto sub doc. n. 7 del fascicolo convenuto, produzione ammissibile trattandosi di documento venuto ad esistenza in data successiva allo spirare dei termini ex art. 183, comma 6, c.p.c.). Né parte attrice ha effettuato allegazioni con la memoria ex art. 183, comma 6, n. 1), c.p.c. (che non è stata depositata). Assente qualsiasi elemento che attesti l'integrazione in capo al sig. (...) di danni all'onore, alla reputazione, al decoro ed all'immagine, la domanda risarcitoria non può essere accolta. Infatti, come chiarito dall'indirizzo della giurisprudenza di legittimità (condiviso dallo scrivente e qui richiamato anche ai sensi e per gli effetti dell'art. 118, comma 1, disp. att. c.p.c.) "il danno all'immagine ed alla reputazione (nella specie, per un articolo asseritamente diffamatorio), inteso come "danno conseguenza",non sussiste "in re ipsa",dovendo essere allegato e provato da chi ne domanda il risarcimento. Pertanto, la sua liquidazione deve essere compiuta dal giudice, con accertamento in fatto non sindacabile in sede di legittimità, sulla base non di valutazioni astratte, bensì del concreto pregiudizio presumibilmente patito dalla vittima, per come da questa dedotto e dimostrato, anche attraverso presunzioni gravi, precise e concordanti, che siano fondate, però, su elementi indiziari diversi dal fatto in sé, ed assumendo quali parametri di riferimento la diffusione dello scritto, la rilevanza dell'offesa e la posizione sociale della vittima" (cfr. Cass., Sez. 3, Ord. n. 4005 del 18.2.2020; cfr., nello stesso senso, Cass., Sez. 6 - 3, Ord. n. 8861 del 31.3.2021; Cass., Sez. 3, Ord. n. 31537 del 6.12.2018 e Cass., Sez. 6 - 3, Ord. n. 7594 del 28.3.2018; cfr., altresì, Cass., Sez. 2, Ord. n. 28742 del 9.11.2018, che, pur se relativa alla categoria del "danno esistenziale", ribadisce l'inesistenza del danno "in re ipsa" nell'ambito dei pregiudizi non patrimoniali). Né la circostanza che - in tesi - sia stato leso un diritto inviolabile della persona permette di ottenere il risarcimento assente specifica allegazione del pregiudizio e ciò pure in relazione alla categoria del "danno morale" (cfr. Cass., Sez. 6 - L, Ord. n. 29206 del 12.11.2019 e Cass., Sez. 3, Sent. n. 11269 del 10.5.2018). Quanto alla disciplina delle spese di lite, visti i profili di peculiarità del caso di specie e gli indirizzi interpretativi non sempre univoci (anche nella giurisprudenza di legittimità) circa le condizioni per ottenere il risarcimento dei danni non patrimoniali in ipotesi di (riferita) lesione di diritti della personalità, ad avviso del giudicante, nel caso di specie ricorrono i presupposti ex art. 92, c. 2, c.p.c. - valutati anche alla luce della Sent. della Corte Cost. n. 77/2018 - per discostarsi dal principio della soccombenza e dichiarare tali spese integralmente compensate tra le parti. P.Q.M. Respinta e/o assorbita ogni altra istanza, difesa ed eccezione delle parti, - rigetta la domanda risarcitoria azionate dall'attore nei confronti del convenuto; - dichiara le spese di lite integralmente compensate tra le parti. Così deciso in Monza il 31 gennaio 2023. Depositata in Cancelleria l'1 febbraio 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale di Monza, Seconda Sezione Civile, nella persona del Giudice monocratico, dott. Carlo Albanese, ha pronunciato la seguente SENTENZA nelle cause civili riunite di I Grado iscritte ai n. R.G. 6333/2018 ed R.G. n. 6334/2018, promosse DA (...), C.F. C.F. (...), in persona del suo ammi.re di sostegno, (...), C.F. (...), costituitasi anche in proprio, residenti in S. D. (C.), via C. n. 42N, elettivamente domiciliati in Milano, via (...) presso lo studio dell'Avv. Ru.Ri. che li rappresenta e difende come da procura posta in calce alla comparsa di costituzione e risposta depositata nel giudizio instaurato innanzi al Giudice di Pace di Monza; CONVENUTI IN RIASSUNZIONE NEI CONFRONTI DI (...), C.F. (...), residente in C., piazza S. C. n. 1, elettivamente domiciliato in Uboldo, vicolo (...) presso lo studio dell'Avv. Lo.Cl. che lo rappresenta e difende come da procura posta a margine dell'atto di citazione introduttivo del giudizio instaurato innanzi al Giudice di Pace di Monza; ATTORE/RIASSUNTO E DI (...), C.F. (...), residente in L., via (...) n. 18/A ed elettivamente domiciliato in Milano, via (...) presso lo studio dell'Avv. Edoardo Mastice che lo rappresenta e difende come da procura posta a margine dell'atto di citazione del giudizio instaurato innanzi al Giudice di Pace di Monza; CONVENUTO/RIASSUNTO E DI (...) S.P.A., P.I. (...), con sede in M. V., via M. n. 14, in persona dei dott.ri (...) e (...), elettivamente domiciliata in Monza, via (...) presso lo studio dell'Avv. Mi.Co. che la rappresenta e difende come da procura generale alle liti autenticata in data 18.12.2014 dal notaio (...), rep. n. (...), racc. n. (...); CONVENUTA/RIASSUNTA E DI (...) S.P.A., già (...) S.P.A., C.F. (...), con sede in C. M., via (...) V. n. 16, in persona del legale rapp.te p.t., elettivamente domiciliata in Milano, piazza F.lli (...) presso lo studio dell'avv. Ma.Ha. che la rappresenta e difende come da procura posta a margine della comparsa di costituzione e risposta; TERZA CHIAMTA RIASSUNTA Oggetto: Sinistro stradale e risarcimento danni subiti. IN FATTO Con separati atti di citazione (...) e (...), rispettivamente conducente e proprietario dell'autovettura Opel Meriva targata (...) assicurata per la R.C.A. con (...) s.p.a., avevano convenuto innanzi al Giudice di Pace di Monza (...) e (...) s.p.a., assicuratrice per la R.C.A. del motociclo Suzuki Burgman targato (...), assumendo l'esclusiva responsabilità di quest'ultimo, nella qualità di proprietario e conducente del medesimo mezzo, per i danni personali, il primo, e materiali, il secondo, rispettivamente subiti a seguito del sinistro stradale occorso in data 14 Ottobre 2015, alle ore 17.40 circa, nella via R. del Comune di Solaro, in prossimità del palo della luce n. 0389 posto in corrispondenza dell'intersezione semaforica che consente la svolta in via I.. Costituitisi in entrambi i giudizi sia il (...), per mezzo dell'amministratore di sostegno, (...), sia quest'ultima, intervenuta anche personalmente, sia infine (...) s.p.a., avevano eccepito l'esclusiva e/o prevalente responsabilità del (...) in ordine alla verificazione del sinistro stradale, chiedendo agli attori ed alla relativa compagnia assicurativa per la R.C.A., V. (già (...)) (...) s.p.a., con richiesta di estensione del contraddittorio ex art. 269 c.p.c., il ristoro dei ben più gravi danni alla persona riportati sia dal motociclista che dalla madre. Dichiarata dai rispettivi Giudici di Pace l'incompetenza per valore a seguito della proposizione delle suddette domande riconvenzionali, entrambe le cause sono state riassunte innanzi a questo Tribunale dai convenuti (...) e T. per essere successivamente riunite a seguito della ricostituzione di tutte le parti: il contraddittorio è stato, poi, completato con la chiamata in giudizio di (...) s.p.a. nella predetta qualità di assicuratrice per la R.C.A. dell'autovettura Opel Meriva. L'attività istruttoria espletata in questa sede è consistita nell'ammissione di una CTU cinematica volta a consentire una ricostruzione, quanto più possibile dettagliata e completa, del sinistro stradale e di una successiva CTU medico-legale volta a quantificare il danno non patrimoniale subito sia dal (...) che dal (...) a seguito dello scontro, depositate le quali, non senza avere inutilmente tentato la conciliazione previa sottoposizione alle parti di una proposta transattiva/conciliativa avanzata nei termini di cui all'ordinanza emessa in data 22.10.2020, all'udienza del 23.5.2022, svoltasi con le forme della trattazione scritta, previa precisazione delle conclusioni come in epigrafe e concessione alle parti dei termini di legge per il deposito degli scritti difensivi conclusionali, la causa è stata trattenuta in decisione. IN DIRITTO Ritiene il Tribunale che l'incidente stradale per cui è causa, da cui, come emerge dalla CTU medicolegale espletata nel coso del giudizio a cura della dott.ssa Claudia Sfera, sono residuati danni non patrimoniali di gravissima entità a carico di (...), sia esaustivamente ricostruibile ex post sulla scorta della CTU cinematica espletata a cura dell'ing. Domenico (...), la cui attendibilità non può essere messa in dubbio né, tanto meno, inficiata dalle critiche mossele dalla difesa dei convenuti-riassumenti (di seguito indifferentemente anche "attori" o "parte attrice") stante l'attenta valutazione e ponderazione di tutti gli elementi documentali e oggettivi ben riportati negli elaborati grafici e planimetrici allegati nel corpo della relazione, che hanno consentito di accertare, è il caso di aggiungere con elevato grado di probabilità logica e razionale nonostante le conclusioni inevitabilmente probabilistiche rassegnate dal perito e ingiustificatamente criticate dalla difesa attorea, le posizioni di "arrivo all'urto" (e ancor prima le traiettorie tenute da tutti i soggetti coinvolti) tra l'Opel Meriva targata (...) condotta da (...) e il motociclo Suzuki Burgman targato (...) condotto da (...). E' anche il caso di precisare, poi, seppur la circostanza rilevi solo di riflesso ai fini del decidere, che nell'ambito del medesimo sinistro è stato coinvolto un terzo autoveicolo, una Chevrolet modello Captiva targata (...), di proprietà e condotta nell'occasione da (...), pacificamente urtata dal conducente l'Opel Meriva nel vano tentativo di evitare lo scontro con il motoveicolo condotto dal (...), i cui danni, tuttavia, non saranno analizzati in questa sede in quanto verosimilmente oggetto di un separato procedimento. Effettuata tale premessa, l'elevato grado di attendibilità nella ricostruzione della dinamica del sinistro - più che sufficiente peraltro a corroborare l'accertamento del nesso causale che, nell'ambito del processo civile, non impone il raggiungimento della soglia dell'oltre ogni ragionevole dubbio di esclusiva matrice penalistica - è diretta conseguenza dello scrupoloso esame di tutta la documentazione tecnica prodotta in atti, delle risultanze dei rilievi effettuati direttamente dal CTU in fase di operazioni peritali e, soprattutto, della copiosa documentazione fotografica espletata a cura della legione dei Carabinieri di Solaro, intervenuta nell'immediatezza dei fatti, che ha effettuato tutti i rilievi e le misurazioni utilizzate ex post anche dall'ing. (...) per rispondere al quesito formulatogli. Sulla base di tali abbondanti elementi documentali, che saranno di qui a breve sviscerati, è possibile sin da subito affermare che la fase scatenante il sinistro stradale per cui è causa (che, come detto, ha comportato un duplice scontro, l'uno consecutivo all'altro) è quella che ha visto coinvolta l'autovettura Opel Meriva, in fase di svolta a sinistra in direzione del ramo laterale di via I., con il motoveicolo Suzuki Burgman che, nel percorrere la semicarreggiata di senso opposto inizialmente nella propria corsia di marcia, è andato ad invadere quella percorsa nel medesimo frangente dal (...). Ma, procedendo con ordine e come desumibile sia dalle dichiarazioni rese dai terzi trasportati all'interno della Opel Meriva sia dai grafici n. 5 e 6 riportati a pagina 45 della CTU, ove sono state rappresentate le presumibili traiettorie tenute da tutti i veicoli coinvolti, può ragionevolmente affermarsi che in data 14.10.2015, alle ore 17:40 circa, (...), che si trovava alla guida della Opel Meriva targata (...), fermo al semaforo posto all'altezza dell'intersezione a raso con la trasversale via I., allo scattare della luce semaforica verde per la propria direttrice avesse ripreso la marcia procedendo all'interno della corsia che canalizza i veicoli alle manovre consentite dalla regolazione segnaletica e semaforica di svolta a sinistra, senza invadere la corsia opposta. E' quanto emerge, in particolar modo, sia dalle seguenti dichiarazioni rese da (...) in data 15.10.2015, terzo trasportato all'interno dell'autovettura condotta dal (...): "Ieri pomeriggio, alle ore 17:30 circa, procedevo a bordo dell'autovettura Opel Meriva, in qualità di passeggero seduto nella parte anteriore destra. Appena scattava il semaforo verde, il Sig. (...) riprendeva la marcia, per svoltare a sinistra sulla Via I.; all'improvviso vedevo un motociclista, a bordo di uno scooter che a seguito di un sorpasso di un grosso veicolo, che non sono in grado di specificare, invadeva completamente la nostra corsia. Il conducente del veicolo, che secondo me procedeva abbastanza velocemente, perdeva il controllo del veicolo e veniva ad impattare nella parte anteriore del veicolo ove ero trasportato", sia dalle seguenti conformi dichiarazioni rese da (...), terza trasportata all'interno della medesima autovettura: "Ieri pomeriggio, alle ore 17:30 circa, procedevo a bordo dell'autovettura Opel Meriva, in qualità di passeggero seduta nei sedili posteriori. Appena scattava il semaforo verde il Sig. (...) riprendeva, lentamente, la marcia per svoltare a sinistra sulla Via I.. All'improvviso vedevo un motociclista, a bordo di uno scooter, che a seguito di un sorpasso di un grosso veicolo di colore chiaro, che non sono in grado di specificare, invadeva completamente la nostra corsia. Il conducente del veicolo, perdeva il controllo dello scooter e veniva ad impattare nella parte anteriore del veicolo ove ero trasportata". Sulla scorta di tali dichiarazioni è possibile quindi affermare che il motociclo Suzuki Burgman condotto da (...) stesse contestualmente percorrendo la medesima arteria stradale in direzione opposta, da nord verso sud (direzione Solaro centro - Limbiate), rispetto a quella percorsa dal (...) procedendo, molto probabilmente, in posizione di sorpasso di un altro veicolo (definito "grosso" da entrambi i terzi trasportati) e, pertanto, in fase di spostamento verso il centro della carreggiata proprio sulla corsia di canalizzazione impegnata in quel momento dalla Opel Meriva. Lo spostamento a ridosso se non, molto più verosimilmente, oltre la linea continua che separa le due corsie, come di qui a breve sarà chiarito sulla scorta dei rilievi effettuati in loco dagli operanti intervenuti nell'immediatezza dei fatti, è stata riferita da entrambi i terzi trasportati a seguito della manovra di sorpasso di un "grosso veicolo" la cui presenza, evidentemente ingombrante e idonea ad inficiarne la visibilità, non ha consentito al (...) di rendersi conto dell'ingombro costituito dall'autovettura presente sulla corsia opposta o, comunque, di valutare con la dovuta attenzione la mancata presenza di spazi adeguati per effettuare il sorpasso. La ricostruzione di quanto accaduto è stata graficamente rappresentata dal CTU con i seguenti due grafici riportati a pagina 49 della relazione peritale nell'ambito dei quali il rettangolo disegnato con linea tratteggiata di colore celeste dovrebbe rappresentare l'ingombro costituito dal "grosso veicolo" riferito dai terzi trasportati sull'Opel Meriva che si trovava innanzi al motoveicolo condotto dal (...). Grafico 5: Omissis Grafico 6: Omissis Le dichiarazioni rese da entrambi tali soggetti, escussi nell'immediatezza dei fatti e pienamente attendibili in quanto, all'apparenza, non portatori di alcun interesse a distorcere la realtà dei fatti non avendo subito danni a seguito dell'urto (e, per inciso, non essendo stata neppure allegata da alcuna delle parti l'instaurazione, a cura di questi ultimi, di analoghi procedimenti risarcitori nei confronti del medesimo responsabile civile), sono perfettamente in linea con i grafici elaborati con il fattivo supporto dei rilievi foto planimetrici allegati alla relazione, dall'esame dei quali si evince che l'autovettura Opel Meriva è stata rinvenuta nella posizione statica finale (punti BX, BY, BZ e BK) raggiunta nella fase terminale del sinistro, in assetto trasversale e normale a quello di marcia, nella corsia di canalizzazione delle manovre di svolta a sinistra direttrice Limbiate-Solaro centro, con la parte anteriore angolare destra a ridosso della parte posteriore della fiancata sinistra dell'autovettura Chevrolet Captiva, in posizione di quiete, e con la parte posteriore in prossimità del tratto continuo che definisce l'asse di mezzeria all'altezza dell'intersezione a raso con i rami trasversali denominati, rispettivamente, via I., che si innesta sulla principale SS527, sulla sinistra rispetto alla direttrice di marcia nord, Limbiate - Solaro centro, direttrice di percorrenza dell'autovettura Opel Meriva condotta da (...), e via delle Arti, che si innesta sulla destra rispetto all'arteria principale della SS527. Sulla scorta dei medesimi grafici, l'autovettura Chevrolet modello Captiva targata (...) è stata rinvenuta nella posizione statica finale (punti AX, AY, AZ e AK) raggiunta nella fase terminale del sinistro, in posizione di normale assetto di marcia rispetto all'asse stradale della carreggiata della SS527, rivolta con la parte anteriore verso la direzione Solaro centro e con il veicolo all'interno della corsia direzionale della semicarreggiata suddetta, destinata alle direzioni diritto per Solaro centro e a destra per il ramo laterale via delle Arti, mente il motociclo Suzuki Burgman 250 c.c. targato (...) è stato rilevato nella posizione statica finale (punti CX, CY e CZ) raggiunta a seguito della fase terminale del sinistro, in assetto di caduta a terra sul fianco destro, sulla corsia di immissione per i veicoli provenienti dal ramo laterale di via Isonzo che si immettono sulla SS527 direzione Limbiate e, per di più, in assetto trasversale rispetto all'asse di mezzeria dell'arteria principale. Da ultimo, e per dovere di completezza, la posizione statica finale del corpo del motociclista andato ad impattare contro la Opel Meriva e inevitabilmente caduto a terra, che, a parere del Tribunale, concorre, avvalorandola, alla ricostruzione della più probabile dinamica del sinistro, è stata rinvenuta sulla semicarreggiata di marcia opposta a quella di percorrenza dei veicoli Chevrolet e Opel Meriva coinvolti, ovvero quella avente direttrice di marcia Solaro centro - Limbiate: il corpo (punti "DT e DG" nei rilievi planimetrici) è stato localizzato con il capo avente una distanza planimetrica pari a 10,8 metri dal caposaldo di misurazione "P1" ed una distanza di 34,0 metri dal caposaldo di misurazione "P2", il tutto come evincibile dal seguente grafico n. 3 riportato a pagina 48 della elazione peritale: Omissis Il motociclo, caduto a terra nella fase post impatto, come confermato dalla presenza delle tracce di liquidi motore rilevate sulla careggiata, ha terminato la propria corsa coprendo una distanza complessiva post-urto pari a 19 metri circa dalla parte anteriore angolare sinistra dell'autovettura Opel Meriva, in posizione statica finale pari a 24 metri circa dalla posizione all'urto tra i due mezzi. Sull'asfalto non sono state rilevate tracce di frenata prodotte dagli pneumatici dei veicoli coinvolti, sintomo - quest'ultimo - piuttosto evidente che nessuno dei conducenti ha avuto il tempo necessario per azionare gli opportuni dispositivi di sicurezza, bensì - come detto - delle tracce di liquido motore lasciate impresse sulla sede stradale dalle strutture metalliche del motociclo, le quali consentono di ricostruire la traiettoria di traslazione in caduta a terra nella fase post-urto: nello specifico, la traccia di tali liquidi, che inizia all'altezza dell'asse di mezzeria continua posta a delimitazione della corsia di canalizzazione atta alle manovre di svolta a sinistra in direzione di via Isonzo in quel mentre percorsa dalla Opel Meriva, che si sviluppa pressoché al centro della semicarreggiata opposta in direzione Limbiate, ha un andamento curvilineo volgente verso la sinistra della carreggiata in direzione della corsia di marcia opposta e, come detto, è stata presumibilmente determinata dallo sfregamento delle strutture metalliche del motoveicolo durante la fase rotazionale trasversale post-urto. Il che, a maggior ragione, non può che attribuire ulteriore e decisiva valenza al giudizio, già in precedenza espresso, di elevata attendibilità logica e razionale delle conclusioni a cui è pervenuto l'ing. (...) in quanto fondato su dati oggettivi ricavati dai rilievi planimetrici effettuati in loco nell'immediatezza dei fatti, così come immortalati nelle fotografie allegate nel corpo della CTU, e dal racconto di due "testimoni" oculari dell'impatto. Proprio sulla parte centrale sinistra della sede stradale della corsia di canalizzazione per le manovre di svolta a sinistra con direzione via I., alla distanza di circa 30 metri dalla linea di attestazione trasversale che definisce il punto di arresto dei veicoli all'intersezione semaforizzata via R.-via I., sono stati rinvenuti numerosi frammenti di carrozzeria e vitrei, evincibili dalla fotografia n. 37 riportata a pagina 44 della relazione peritale, utili a stabilire la più che probabile posizione dei veicoli Opel Meriva e Suzuki Burgman al momento dello scontro, certamente avvenuto pochi metri più indietro rispetto alla loro localizzazione, ovverosia, come detto, all'interno della corsia di canalizzazione di svolta a sinistra (occupata dal veicolo Opel Meriva), seppur di poco oltre la linea continua che definisce la delimitazione dei due sensi opposti di marcia, ma, in ogni caso, spostato dal margine destro che definisce la semicarreggiata opposta percorsa dal motociclo e, pertanto, al centro della carreggiata stradale della SS 527. A conforto la seguente fotografia n. 37: Omissis In particolare, l'andamento delle tracce dei liquidi motore e, quindi, la traiettoria di scarrocciamento (freccia di colore blu) del motociclo Suzuki nella fase di arretramento post urto con traslazione sulla pavimentazione stradale è suffragato dalla seguente fotografia n. 38: come detto, i frammenti di carrozzeria e vitrei (cerchio di colore rosso) prodottisi a seguito dello scontro tra i due mezzi sono stati rilevati in buona parte all'interno della corsia di canalizzazione per le svolte a sinistra occupata dalla Opel Meriva, per lo più prima della linea continua di delimitazione della corsia di sinistra di percorrenza del suddetto veicolo, ovverosia la corsia con direttrice Limbiate - Solaro centro. Ma, come meglio si spiegherà di qui a breve, una tale affermazione è stata fortemente criticata dalla difesa attorea, supportata dalla medesima fotografia, nella parte in cui il CTU ne ha tratto la conclusione secondo cui l'urto sarebbe avvenuto proprio all'interno della corsia di marcia percorsa dalla Opel Meriva, non avendo quest'ultimo adeguatamente considerato la presenza, ivi evincibile, di analoghi frammenti anche oltre la linea di mezzeria, ovverosia nella corsia di pertinenza a suo dire in quel mentre percorsa dal motociclo. Fotografia n. 38: Omissis Prima di analizzare tale questione, intuitivamente di fondamentale importanza ai fini del decidere, occorre, però, ulteriormente riferire che le distanze percorse dai veicoli coinvolti nella fase post-urto (come sopra accennato, tra il punto d'urto tra il motociclo Suzuki e l'autovettura Opel Meriva fino alla posizione di quiete assunta dal primo sono stati rilevati 24 metri circa), hanno anche consentito al CTU di individuare la velocità di marcia di entrambi i mezzi; il che - a ben vedere - non è meno rilevante sotto il profilo concausale della separata valutazione del distinto comportamento di guida tenuto dallo stesso conducente l'Opel Meriva nell'approssimarsi all'incrocio. Per quanto concerne tale ultima autovettura, ci si è basati sulla posizione statica finale raggiunta dal veicolo e su quella al momento dell'impatto. Ebbene, considerando che il conducente ha verosimilmente attuato una manovra di svolta a sinistra con velocità residua e che, quindi, l'urto è avvenuto durante la fase di svolta a sinistra in avanti, per portarsi al centro della carreggiata principale della via R., sulla corsia di canalizzazione destinata alle manovre di svolta a sinistra in direzione via I., è stato individuato un valore di velocità di marcia "attorno" ai 51 km/h (14,2 m/s). Per quanto riguarda il motociclo Suzuki Burgman, la velocità post-urto è stata determinata sulla base della traiettoria sopra descritta rinvenuta a terra, ed è pari a 39 km/h circa (10,9 m/s circa), mentre quella al momento dell'impatto è stata desunta considerando il contributo dell'incremento di velocità dovuto all'urto contro l'autovettura: in buona sostanza, sulla base del confronto delle deformazioni con i valori desunti da crash-test su motoveicoli della stessa tipologia, è verosimile sostenere che tale valore fosse pari a 47 km/h circa (13,0 m/s circa). Ma volendo momentaneamente trascurare di approfondire tale dirimente questione, che sarà opportunamente riesumata in sede di valutazione della condotta di guida tenuta dal (...) al fine di ponderarne un eventuale concorso di responsabilità nella causazione del sinistro o, quantomeno, nell'aggravamento del danno subito dal convenuto/riassumente, e tornando all'analisi della questione principale relativa alla più che presumibile invasione di corsia effettuata dal (...), il CT di quest'ultimo, pur convenendo con il CTU in ordine alla velocità del mezzo rilevata pre e post impatto, ne ha criticato le conclusioni con riferimento all'individuazione del (presumibile) punto d'urto, sostenendo che: "... non esiste alcun dato oggettivo che indichi con precisione il punto d'urto. Quanto indicato in trattazione è una ipotesi. Nelle fotografie inserite nella trattazione non viene considerata quella più esplicita, relativamente alla posizione dei detriti, cioè la seguente, inserita a pag. 44 della trattazione, dove in trattazione si evidenziano con un'ellisse rossa i soli presenti nella corsia dell'autovettura ma non si fa alcuna menzione di quelli nella corsia del motociclo. In realtà si evidenzia nella fotografia chiaramente che i frammenti di carrozzeria non sono concentrati nella corsia di pertinenza dell'autovettura ma sono sparsi su entrambe le corsie del motociclo e dell'autovettura e comunque intorno alla mezzeria. ... la trattazione si basa su ipotesi, che hanno la stessa valenza dell'ipotesi contraria, cioè che il punto d'urto sia avvenuto sulla mezzeria e che, vista la violenza dell'impatto, i liquidi non hanno bagnato il manto stradale per il successivo sfregamento del motociclo ma all'urto. Quella del punto d'urto resta quindi una pura supposizione, una ipotesi, per la quale vale l'ipotesi esattamente contraria. È vero che l'autovettura si trovava in una corsia di canalizzazione, ma questa comunque termina alla linea di stop dell'intersezione e resta comunque valido quanto prescritto dal CDS all'art. 143, posizione dei veicoli sulla carreggiata, che impone che i veicoli debbano circolare sulla parte destra. Osservando il grafico incluso in trattazione è evidente che se l'autovettura fosse stata in prossimità del margine destro della propria corsia, come prescritto, il motociclo, anche nell'ipotesi non corretta relativa alla sua posizione, comunque avrebbe avuto lo spazio per passare senza urtare l'autovettura". In buona sostanza, a dire del CTP, la presenza di detriti anche nella mezzeria di pertinenza del motoveicolo, come evincibile dalla fotografia n. 38, indurrebbe a sostenere che l'urto sarebbe avvenuto al più sulla linea di mezzeria, se non più propriamente all'interno della corsia di pertinenza dell'Opel Meriva, con evidente concorso prevalente o paritario di responsabilità del relativo conducente per i danni subiti dalla parte assistita. Per di più, stavolta sulla scorta di quanto direttamente allegato dal difensore della parte attrice (cfr. in tal senso a pagina 12 della comparsa conclusionale), se davvero (...) avesse invaso la semicarreggiata percorsa dalla Opel Meriva, non sarebbe in alcun modo spiegabile la ragione per la quale il CTU abbia dato atto che "... sull'asfalto veniva rilevata la posizione statica finale del corpo del motociclista, (...), sulla semicarreggiata di marcia opposta a quella di percorrenza dei veicoli Chevrolet e Opel Meriva coinvolti, ovvero la semicarreggiata con direttrice di marcia Solaro centro - Limbiate (...)". Insomma, volendo schematizzare - solo per semplicità di analisi - tali affermazioni, la posizione statica finale assunta dal corpo di parte attrice sarebbe la cartina di tornasole dell'impossibilità di uno scontro avvenuto all'interno della corsia di percorrenza della Opel Meriva. Il Tribunale non condivide tali conclusioni nella misura in cui omettono di considerare che la posizione statica assunta dal corpo del motociclista è diretta conseguenza della manovra, tardiva e parimenti senza speranza, di repentina svolta a desta effettuata da quest'ultimo - a maggior ragione senza lasciare a terra alcuna traccia di frenata ed a cui ha fatto da paio l'altrettanto repentina e istintiva manovra di svolta a destra effettuata dal (...) - una volta resosi conto della presenza innanzi a sé dell'Opel Meriva, sicché logica e buon senso, prim'ancora che basilari principi di dinamica e di moto dei corpi, inducono a ritenere corretta la traiettoria destrorsa "ipotizzata" dal CTU. E se la medesima difesa ha tenuto a valorizzare, decontestualizzandole pro domo sua, le seguenti conclusioni riportate alle pagine 58 e 59 della relazione peritale depositata dall'ing. (...): "(...) tale impatto si attestava pressoché all'altezza della linea continua di mezzeria che separa le due semicarreggiate della SS527 (...)" al fine di sostenere che non esisterebbe alcun dato oggettivo, certo e comprovato che consenta di indicare con esattezza e precisione il luogo in cui sarebbe avvenuto lo scontro, omettendo però di riportare le locuzioni utilizzate immediatamente prima dal medesimo consulente, secondo cui il più probabile punto d'urto sarebbe localizzabile "sul lato sinistro della corsia di pertinenza del veicolo Opel Meriva" e, per di più, richiamando a sproposito la proposta transattiva-conciliativa effettuata dal Tribunale nei termini di una ripartizione delle rispettive corresponsabilità nella misura del 90% a carico del (...) e del residuo 10% a carico del (...), l'apprezzabilità giuridica di un tale assioma è ulteriormente smentita dall'impiego, effettuato dal CTU, dell'avverbio "pressoché", il quale, contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa attorea, non significa che il punto d'urto sia collocabile esattamente sulla linea di mezzeria, scontando quel grado di approssimazione tipico di un'indicazione di vicinanza che, di contro, era già stata meglio localizzata nelle seguenti locuzioni utilizzate dallo stesso CTU immediatamente prima: "sul lato sinistro della corsia di pertinenza del veicolo Opel Meriva" (cfr. in tal senso a pagina 45 della perizia cinematica). L'invasione della semicarreggiata percorsa dalla Opel Meriva, apprezzabile sotto il profilo della violazione sia dell'art. 143 D.Lgs. n. 285 del 1992, secondo cui "I veicoli devono circolare sulla parte destra della carreggiata e in prossimità del margine destro della medesima, anche quando la strada è libera", sia dell'art. 148, comma 2, secondo cui "Il conducente che intende sorpassare deve preventivamente accertarsi: a) che la visibilità sia tale da consentire la manovra e che la stessa possa compiersi senza costituire pericolo o intralcio; (...) d) che la strada sia libera per uno spazio tale da consentire la completa esecuzione del sorpasso, tenuto anche conto della differenza tra la propria velocità e quella dell'utente da sorpassare, nonché della presenza di utenti che sopraggiungono dalla direzione contraria o che precedono l'utente da sorpassare", e che il Tribunale ritiene accertata con un elevato grado di probabilità logica e razionale sulla scorta del racconto fornito dalle persone (i due terzi trasportati sull'Opel Meriva) ascoltate dagli operanti nell'immediatezza dei fatti e dei conformi rilievi effettuati in loco, di per sé certamente più che idoneo a suffragare l'accertamento del nesso causale in sede civile, comporta, con tutta evidenza, che il (...) non avrebbe potuto in alcun modo evitare lo scontro, a maggior ragione se si considera che l'unica manovra effettuabile in quelle condizioni (al netto ovviamente del più che opportuno rallentamento per l'eccessiva velocità di guida tenuta), necessariamente preventiva e da valutarsi anche alla luce delle condizioni oggettive della strada e del traffico veicolare in essere, era quella, di fatto posta in essere, di istintiva svolta a destra. Ed è proprio in ciò che può ritenersi integrata una - seppur minima - responsabilità colposa del (...) in quanto, come accertato dallo stesso ing. (...), non può non tenersi conto dell'altrettanto presumibile, in quanto estremamente probabile, eccessiva velocità di guida tenuta da quest'ultimo nell'approssimarsi all'incrocio, che il CTU ha quantificato in 51 Km/h al momento dello scontro, e, quindi, superiore - seppur di poco - al limite ivi consentito. In tal caso è stato il CT di (...) s.p.a. a criticare fortemente tale affermazione, sostenendo che nella bozza precedentemente trasmessagli dal CTU era stata indicata una velocità di percorrenza pari a soli 47 km/h e, quindi, al di sotto del limite ivi previsto. Per di più, al fine di suffragare i propri assunti e l'assenza di certezza in ordine a tale sforamento, ha richiamato le seguenti affermazioni riportate a pagina 64 della relazione peritale: "in risposta a quanto sopra, arretrando il più probabile il punto d'urto tra i due mezzi di circa 1,5metri, volendo assumere per valida la posizione longitudinale ipotizzata dal CTP, la velocità di marcia dell'autovettura Opel risulterebbe attestata sui 51 km/h, sia pur specificando che la tolleranza dei risultati viene valutata nell'ordine indicativo del 7+8%". Il Tribunale, pur nella consapevolezza dell'aleatorietà del numero indicato dal CTU, la cui attendibilità è inversamente proporzionale alla vicinanza rispetto al limite di velocità di 50 Km/h astrattamente consentito nel tratto di strada percorso, ritiene che proprio le condizioni del traffico veicolare, rese palesi dalla presenza della Chevrolet sulla corsia di destra e di un ulteriore veicolo ingombrante su quella di sinistra (la stessa percorsa dal (...)), nonché un comportamento di guida improntato alla massima prudenza, soprattutto nell'approssimarsi ad un incrocio "complesso", anche a prescindere dal superamento - oppure no - del limite formale ivi previsto così tanto dibattuto tra gli esperti facenti parte del collegio peritale, avrebbero dovuto indurre il (...) a moderare ulteriormente ed in maniera piuttosto considerevole la velocità tenuta rispetto alla soglia-limite di 50 Km/h nonché, eventualmente, anche rispetto a quella di 43 Km/h rientrante nella tolleranza sopra richiamata, seppur - per inciso - non vi sia alcuna valida ragione per dubitare della maggiore correttezza e attendibilità del calcolo effettuato dall'ing. (...). In tal senso, quindi, è in ogni caso imputabile al conducente l'Opel Meriva la violazione dell'art. 141 D.Lgs. n. 285 del 1992, secondo cui "E' obbligo del conducente regolare la velocità del veicolo in modo che, avuto riguardo alle caratteristiche, allo stato ed al carico del veicolo stesso, alle caratteristiche e alle condizioni della strada e del traffico e ad ogni altra circostanza di qualsiasi natura, sia evitato ogni pericolo per la sicurezza delle persone e delle cose ed ogni altra causa di disordine per la circolazione", nonché dell'art. 145, secondo cui "I conducenti, approssimandosi ad una intersezione, devono usare la massima prudenza al fine di evitare incidenti". Ed è per tale ragione che il Tribunale aveva paventato alle parti, seppur in sede di proposta transattiva, la possibilità di un concorso di responsabilità, ovviamente tutt'altro che paritario e che, per ciò specificamente concerne la condotta di guida tenuta dal (...), può apprezzarsi, non tanto sotto il profilo dell'evitabilità/inevitabilità dello scontro (posto che neppure la diminuzione della velocità lo avrebbe impedito), quanto, piuttosto, sotto quello dell'aggravamento del danno subito dal (...) (e, per inciso, anche da sé stesso e dall'autovettura di proprietà del (...)), potendosi ragionevolmente presumere che una ridotta velocità di percorrenza tenuta dalla Opel Meriva avrebbe verosimilmente ridotto, seppur non di molto, le gravissime conseguenze dannose accertate dal CTU a carico di quest'ultimo. Né, a ben vedere, per quanto è stato possibile ricostruibile ex post sulla scorta di tutti gli elementi documentali sopra richiamati e contrariamente a quanto pur sollecitato da parte attrice, è possibile fare applicazione al caso di specie della presunzione di cui all'art. 2054 c.c. in quanto, in caso di scontro tra veicoli, la presunzione di cui al secondo comma risulta superata quando, e non è certamente questo il caso, all'esito della valutazione delle prove sia stato individuato il comportamento colposo esclusivo di uno solo dei conducenti e risulti altresì che l'altro si sia, per converso, esattamente uniformato alle norme della circolazione stradale e a quelle di comune prudenza (in tal senso Cass. n. 12524/00, Cass. n. 4639/02). In sostanza, qualora venga accertato il comportamento colposo di uno dei due conducenti, per attribuirgli in via esclusiva la responsabilità della verificazione del sinistro è comunque necessario indagare anche il comportamento dell'altro onde stabilire se, in rapporto alla situazione concreta verificatasi, gli si debba muovere un qualche rimprovero in ordine alla condotta tenuta e, quindi, alla causazione dell'evento (Cass. civ. n. 12692/98, Cass. n. 10304/2009). Sotto tale aspetto la presunzione di pari colpa prevista dalla norma svolge una funzione sussidiaria nel senso che opera se non sia possibile accertare in concreto in quale misura la condotta dei due conducenti abbia cagionato l'evento dannoso sicché l'accertamento della colpa dell'uno non esonera, comunque, l'altro dall'onere di fornire la prova liberatoria (Cass. civ. n. 9528/2012). Si è già riferito della responsabilità colposa di entrambi i conducenti, il primo per avere invaso la corsia dell'altro ed il secondo per avere tenuto una velocità non adeguata alle condizioni del tratto di strada percorso sicché, in un'ottica necessariamente equitativa e tenendo conto della maggiore - e di gran lunga - rimproverabilità (sotto il profilo dell'imprudenza della condotta di guida) della condotta tenuta in concreto dal (...), che se non avesse invaso la corsia dell'automobilista non avrebbe riportato alcun danno alla propria persona, ritiene il Tribunale equo e più che ragionevole richiamare in questa sede la medesima percentuale paventata alle parti con l'ordinanza emessa in data 22.10.2020 nella misura in cui era stato rispettivamente proposto il 90% in capo a (...) ed il residuo 10% in capo a (...). Nella medesima misura andrà, pertanto, ripartito in questa sede il gravissimo danno non patrimoniale subito dal convenuto/riassumente, così come accertato dalla dott.ssa Claudia Sferra nella relazione peritale medico-legale depositata in data 14.1.2022, non specificamente contestata da alcuno, a dire della quale "(...) Il giovane (...) in stretto nesso di causalità con le lesioni patite per causa del sinistro stradale del 14.10.15 è oggi un soggetto splenectomizzato, portatore di tetraparesi spastica maggiore a destra e di esiti di frattura di gamba sinistra, in stato di minima coscienza portatore di PEG, incontinente, non in grado di articolare parole comprensibili, portatore di esiti cicatriziali postchirurgici in sede intercricotiroidea, al collo, all'arto inferiore sinistro e all'addome" sicché "(...) il gravissimo quadro menomativo sopradescritto sostiene un danno biologico permanente valutabile nella misura del 98%" non suscettibile di "miglioramenti tali da determinare contrazione". Per di più, "(...) Le lesioni patite comportanti plurime manualità chirurgiche e un lunghissimo percorso riabilitativo trascorso in regime di ricovero, hanno determinato un periodo di incapacità temporanea assoluta della durata di un anno" e "(...) Le menomazioni residuate alle lesioni patite per causa del sinistro stradale che qui occupa comportano la perdita di ogni capacità lavorativa". Il medesimo consulente ha poi valutato la congruità delle spese (non solo strettamente mediche) sostenute dall'attore in stretto collegamento causale con il sinistro per cui è causa, sostenendo essere "(...) congrua e pertinente una complessiva spesa propriamente medica di Euro 1.625,56 (...), spese per trasporti in ambulanza per complessivi Euro 2.220,00 (...), esborsi per assistenza generica e frequenza per un totale di Euro 2.142,95 e (...) l'adeguamento del bagno e della camera del periziato con una spesa documentata di Euro 10.088,00". E se è vero che non competeva specificamente al CTU esprimere un parere di congruità rispetto a spese non strettamente rientranti nella valutazione medico-legale, è parimenti indiscutibile che la valutazione effettuata consente al Tribunale di ricollegarle causalmente al sinistro, avendo i convenuti riassumenti dovuto modificare l'appartamento per adeguarlo e renderlo fruibile ad una persona, qual è (...), gravemente compromessa in gran parte delle proprie funzioni vitali. Nella liquidazione del danno non patrimoniale il Tribunale ritiene applicabili, stante la loro riconosciuta vocazione nazionale, le tabelle elaborate dall'Osservatorio sulla Giustizia Civile istituito presso il Tribunale di Milano che già contemplano, nella valutazione del danno non patrimoniale declinato per punti di invalidità, dei valori monetari "medi" corrispondenti al caso di incidenza della lesione in termini "standardizzabili" in quanto frequentemente ricorrenti (sia quanto agli aspetti anatomofunzionali, sia quanto a quelli relazionali, sia quanto alla sofferenza soggettiva), ferma restando, ovviamente, la possibilità che il giudice rimoduli la liquidazione anche oltre i valori minimi e massimi solo, però, in relazione a fattispecie eccezionali rispetto alla casistica comune degli illeciti che, in quanto tali, vanno preliminarmente allegate e conseguentemente dimostrate dal soggetto su cui incombe l'onere di cui all'art. 2697 c.c.. Orbene, nel caso di specie parte attrice ha chiesto liquidarsi in proprio favore (da riproporzionarsi, poi, sulla scorta della percentuale di corresponsabilità imputabile al conducente ed al proprietario della Opel Meriva, quest'ultimo "reo", ai sensi dell'art. 2054, comma 3 c.c., di non avere dimostrato in giudizio che la circolazione del mezzo fosse avvenuta "contro la sua volontà") la somma di Euro 2.303.297,51 e, precisamente: "- Danno biologico in misura del 98% su un soggetto di anni 21 al momento dell'evento lesivo = Euro 1.089.655,00 - Personalizzazione max secondo le Tabelle del Tribunale di Milano = Euro 544.827,50= - 1 anno di Inabilità temporanea assoluta al 100% = Euro 36.135,00 - Personalizzazione max secondo le Tabelle del Tribunale di Milano = Euro 18.067,50 - Spese mediche = Euro 5.988,51 - Spese per adeguamento architettonico = Euro 10.088,00 - Perdita totale capacità lavorativa specifica = Euro 600.000,00" (cfr. in tal senso a pagina 16 della comparsa conclusionale). Al netto di tale ultime due voci, più specificamente individuabili quale danno patrimoniale, alla richiesta liquidatoria ne sono state aggiunte altre due: le "spese mediche future, come riconosciute in CTU, che si quantificano in misura non inferiore ad Euro 85.000,00 annui, a titolo di costituzione di rendita vitalizia o di Euro 1.500.000,00 in un'unica soluzione, come argomentato dalla Prof.ssa Sferra" e "il risarcimento del mezzo attoreo andato completamente distrutto, unitamente al bollo ed all'assicurazione non goduti, oltre che alle spese necessarie per la rottamazione per un importo che si reputa congruo quantificare in misura non inferiore ad Euro 1.800,00". Orbene, iniziando dalla liquidazione del danno alla persona e preso atto del seguente schema riassuntivo delle voci liquidatorie individuabili sulla base della tabella elaborata dall'Osservatorio, aggiornata all'anno 2021, Età del danneggiato alla data del sinistro 21 anni Percentuale di invalidità permanente 98% Punto danno biologico Euro 8.236,25 Incremento per sofferenza soggettiva (+ 50%) Euro 4.118,13 Punto danno non patrimoniale Euro 12.354,38 Punto base I.T.T. Euro 99,00 Giorni di invalidità temporanea totale 365 Giorni di invalidità temporanea parziale al 75% 0 Giorni di invalidità temporanea parziale al 50% 0 Giorni di invalidità temporanea parziale al 25% 0 Danno biologico risarcibile Euro 726.437,00 Danno non patrimoniale risarcibile Euro 1.089.656,00 Con personalizzazione massima (max 25% del danno biologico) Euro 1.271.265,00 Invalidità temporanea totale Euro 36.135,00 Totale danno biologico temporaneo Euro 36.135,00 TOTALE GENERALE: Euro 1.125.791,00 Totale con personalizzazione massima Euro 1.307.400,00 ritiene il Tribunale che il grado di invalidità permanente residuata, pari al 98%, soprattutto se messa in correlazione con la giovanissima età del danneggiato e la presumibile maggiore sofferenza soggettiva che ne è conseguita, giustifichi un aumento del punto medio nella misura quantomeno del 30% il quale, pertanto, deve ritenersi pari ad Euro 10.707,12. Allo stesso modo, non si ritiene equo liquidare i 365 giorni di invalidità temporanea assoluta indicati dal CTU utilizzando l'importo minimo previsto in tabella, pari ad Euro 99,00 pro-die, peraltro aumentabile sino ad Euro 149,00, in quanto le lesioni patite, che a dire della dott.ssa Sferra hanno comportato "plurime manualità chirurgiche e un lunghissimo percorso riabilitativo trascorso in regime di ricovero", hanno verosimilmente inciso, anche in tal caso aumentandola, sulla maggiore sofferenza soggettiva patita dal (...) sicché, in assenza di ulteriori specifiche allegazioni, le uniche che avrebbero potuto indurre il Tribunale a valutare diversamente e che era, comunque, onere della parte interessata avanzare, prima, e suffragare, successivamente, può ragionevolmente ritenersi più congrua la somma di Euro 130,00 pro-die. Ne consegue che il danno non patrimoniale astrattamente liquidabile in moneta attuale a favore di (...) è pari a complessivi Euro 1.096.797,76 (ovverosia 1.049.297,76 + 47.500,00), a cui possono essere aggiunti Euro 5.988,51 sostenuti a titolo di spese mediche ritenute congrue dal CTU ed Euro 10.088,00 per adeguare l'immobile alle nuove condizioni fisiche del danneggiato, il tutto pari ad Euro 1.112.874,27. Trattandosi di somma dovuta per il risarcimento di un danno diverso dal mero inadempimento di un debito pecuniario liquido ed esigibile, esse costituisce un debito di valore sul quale devono essere calcolati la rivalutazione monetaria e gli interessi maturati sino alla data della presente decisione. La prima va effettuata applicando su tale somma gli indici della rivalutazione monetaria ricavati dalle pubblicazioni ufficiali dell'Istituto Nazionale di Statistica, ossia quelli del paniere utilizzato dall'ISTAT per determinare la perdita di capacità di acquisto con riferimento alla tipologie dei consumi delle famiglie di operai ed impiegati (cosiddetto indice F.O.I.). Quanto agli interessi, nella liquidazione del danno la giurisprudenza è concorde nel riconoscere anche il danno da ritardo nella prestazione e tale importo viene liquidato in via sostanzialmente equitativa attraverso il riconoscimento al danneggiato di un'ulteriore voce, correntemente viene definita come "interessi compensativi" (altri li definiscono "moratori" ma, ai fini della presente valutazione, le differenze terminologiche sono indifferenti), da calcolarsi, però, non sulle somme integralmente rivalutate (il che condurrebbe ad una duplicazione delle voci risarcitorie, come affermato nella nota sentenza Sezioni Unite del 17.2.1995, n. 1712), bensì sulle somme previamente devalutate alla data del fatto e via via rivalutate, con periodicità annuale (cfr. in tal senso Cass. Civ., 20.6.1990 n. 6209, soluzione accolta, in genere, con riferimento alle esigenze di semplificazione dei calcoli), alla data convenzionale del 31 dicembre ove vengono computati gli interessi che, poi, sono improduttivi di ulteriori interessi e non vengono capitalizzati in alcun modo. Devalutata alla data del fatto la somma si riduce ad Euro 944.715,00 e, successivamente rivalutata sino alla data odierna comprensiva degli interessi compensativi maturati nelle more, è definitivamente pari ad Euro 1.140.782,59. Sulla somma in tal modo determinata andranno, infine, corrisposti gli eventuali interessi moratori nella misura legale dalla data di pubblicazione della presente decisione sino a quella dell'effettivo soddisfo. Come detto, la difesa attorea ha anche insistito per il riconoscimento del danno, stavolta patrimoniale, da perdita integrale della capacità di lavoro specifica, allegando - e documentando - come il (...) stesse lavorando all'epoca del sinistro quale "barista/autista" presso CU.CE di Buccinasco con contratto a tempo determinato già più volte prorogato (cfr. in tal senso i documenti n. 8, 9 e 10). Sul punto la costante giurisprudenza di legittimità, cui l'odierno giudicante aderisce condividendola, ha affermato i seguenti principi: - il danno alla capacità lavorativa specifica è risarcibile autonomamente dal danno biologico soltanto se vi sia la prova che il soggetto leso svolgeva - o presumibilmente in futuro avrebbe svolto - un'attività lavorativa produttiva di reddito, e che tale reddito (o parte di esso) non sia stato in concreto conseguito (cfr. in tal senso Cass. Civ., sez. III, 2 febbraio 2001, n. 1512; Cass. Civ.,sez. III, 27 luglio 2001, n. 10289; Cass. Civ., sez. III, 11 agosto 2000, n. 10725); - non può farsi discendere in modo automatico dall'invalidità permanente la presunzione del danno da lucro cessante, derivando esso solo da quella invalidità che abbia prodotto una riduzione della capacità lavorativa specifica (cfr. in tal senso Cass. Civ., sez. III, 11 agosto 2000, n. 10725; Cass. Civ., sez. III, 21 aprile 1999, n. 3961; Cass. Civ., sez. III, 3 maggio 1999, n. 4385; Cass. Civ., sez. III, 28 aprile 1999, n. 4231); - il giudice deve accertare in quale misura la menomazione fisica abbia inciso sulla capacità di svolgimento dell'attività lavorativa specifica ed in quale misura quest'ultima, a sua volta, abbia concretamente inciso sulla capacità di guadagno, fermo restando che il danno patrimoniale da invalidità deve essere accertato in concreto e la prova dello stesso grava sul danneggiato che ne chieda il risarcimento, anche se detta prova può essere presuntiva (cfr. in tal senso Cass. Civ.,, sez. III, 18 aprile 2003, n. 6291; Cass. Civ., sez. III, 9 gennaio 2001, n. 239; Cass. Civ., sez. III, 21 aprile 1999, n. 3961; Cass. Civ., sez. III, 28 aprile 1999, n. 4231); - il risarcimento non può avvenire in modo automatico in base ai criteri dettati dall'art. 4 L. 26 febbraio 1977, n. 39, che non comporta alcun automatismo di calcolo, ma si limita ad indicare alcuni criteri di quantificazione del danno sul presupposto che detto danno sia già stato provato nell'an, onere probatorio che incombe sul danneggiato (cfr. in tal senso Cass. Civ., sez. III, 29 ottobre 2001, n. 13409); - il giudice deve anche accertare se e in quale misura in tale soggetto residui, dopo e nonostante l'infortunio, una capacità generica di attendere ad altri lavori, confacenti alle sue attitudini e condizioni personali e ambientali e altrimenti idonei a produrre altre fonti di reddito in luogo di quelle perse o ridotte (cfr. in tal senso Cass. Civ., sez. III, 21 aprile 1999, n. 3961); - il riconoscimento del danno patrimoniale derivante dalla perdita di capacità lavorativa specifica non è precluso dalla mancanza di un reddito al momento dell'infortunio per non avere il soggetto leso ancora raggiunto l'età lavorativa, ovvero per essere "disoccupato", dal momento che l'invalidità permanente, proiettandosi per il futuro, verrà comunque ad incidere sulla capacità di guadagno della vittima, al momento in cui questa svolgerà un'attività remunerata (cfr. in tal senso Cass. Civ., sez. III, 7 agosto 2001, n. 10905; Cass. Civ., sez. III, 9 gennaio 2001, n. 239; Cass. Civ., sez. III, 1 luglio 1998, n. 6420; Cass. Civ., sez. III, 1 dicembre 1999, n. 13358). Orbene, la produzione dei contratti di lavoro e dell'ultima dichiarazione dei redditi, unitamente alle pagelle scolastiche del (...), la cui capacità lavorativa sia generica che specifica è purtroppo integralmente venuta meno, inducono a ritenere utilizzabili, ai fini del calcolo, i dati emergenti dalla dichiarazione prodotta per l'anno 2015 che, proiettata sull'anno, è pari ad Euro 20.000,00 circa, al lordo degli oneri contributivi e previdenziali. Ridotta equitativamente a tal fine nella misura del 25%, residuano Euro 15.000,00 che, moltiplicati per il coefficiente di perdita della capacità lavorativa, pari al 100%, per quello di capitalizzazione, pari al 32,0647, e ulteriormente ridotti del 20% per lo scarto tra la vita reale e quella lavorativa, sono complessivamente pari ad Euro 384.776,40, già attualizzati alla data odierna e senza alcun ulteriore onere di rivalutazione, a cui, tuttavia, non può aggiungersi il danno asseritamente subito dal mezzo in quanto la quantificabile attorea, effettuata in residui Euro 1.800,00 comprensivi di bollo, assicurazione e spese di rottamazione, pur avendo potuto essere adeguatamente suffragata documentalmente, è rimasta sfornita del ben che minimo supporto probatorio. Sommando le due voci di danno, patrimoniale e non patrimoniale, sopra analizzate, può ragionevolmente concludersi che il danno complessivamente subito da (...) a seguito del sinistro per cui è causa sia pari ad Euro 1.525.558,99, oltre interessi legali maturati a decorrere dalla data della presente decisione sino a quella del saldo effettivo. In considerazione della percentuale di corresponsabilità, pari al 10%, imputabile al conducente l'Opel Meriva, (...), ne consegue che quest'ultimo, nella predetta qualità, (...), nella qualità di proprietario del mezzo, e (...) s.p.a., nella qualità di compagnia assicurativa per la R.C.A., dovranno essere condannati, in solido tra loro, a corrispondere in favore dell'amministratore di sostegno costituitosi in giudizio, (...), la minor somma di Euro 152.555,89, oltre interessi moratori nella misura legale eventualmente maturati a decorrere dalla data della presente decisione sino a quella del saldo effettivo. Nessuna ulteriore voce di danno è stata concretamente dimostrata, tantomeno quella a titolo di spese mediche future. Sul punto il Tribunale non può che richiamare in questa sede le conclusioni rassegnate dalla CTU anche in risposta alle osservazioni mossele dal CT di parte attrice: "(...) Ribadendo che le spese necessarie per i prospettati tentativi di riacquisizione dell'alimentazione per os sarebbero comunque sostenute dal SSN, la scrivente conferma appieno quanto affermato così come conferma le indeterminatezze espresse a pagina 21 circa l'aspettativa di vita del sig. (...). A tale proposito la scrivente ha introdotto, senza purtuttavia entrarne nel merito, la problematica delle spese future e così ha fatto dal momento che il sig. (...), se non per l'ipotesi di miglioramento del danno, non ha posto alcun quesito concernente spese future, e non spetta certo al CTU chiedersene le ragioni. Si sottolinea qui solo che nell'atto di citazione si fa esplicita richiesta di rendita vitalizia. Sembra ora a chi scrive, sollecitata dal CT del sig. (...), entrare brevemente nel merito di dette spese. E' certamente vero che per evitare o ritardare le complicazioni che notoriamente sono collegate alla ridotta mobilità, il sig (...) deve seguire, così come ha fatto, adeguati trattamenti fisioterapici; ma ciò non forzatamente in ambiente ospedaliero; le prestazioni possono essere ben svolte presso il domicilio da erogarsi a cura di personale adeguatamente preparato attraverso il supporto ADI, fornito dal SSN, eventualmente integrate da servizi a pagamento. Qui si ricorda che le spese documentate al riguardo sono state ritenute congrue e pertinenti. E' altrettanto vero che la frequenza nei centri del sevizio SAD del Comune e le prestazioni della cooperativa "Il Gabbiano" per assistenza generica, igiene, spostamenti, risultano di grande supporto alla famiglia tant'è che anche queste spese sono state ritenute congrue e pertinenti. Ma le spese documentate sono tutte relative al solo anno 2017; l'assenza di documentativi di spesa non consente ovviamente di stabilire se per gli anni successivi tali spese siano state sostenute o meno. Certo che è ragionevole prospettare almeno il costo di assistenza generica prestata dalla persona che, come affermato dalla mamma del sig. (...), signora (...), assiste il giovane nelle ore in cui essa si dedica al proprio lavoro part time Resta fermo che il SSN provvede ad erogare prestazioni di assistenza specializzata nonché ad erogare i presidi ed i dispositivi tecnici necessari. Da considerare, infine, che il sig. (...), così come riferito dal dr (...), è titolare di indennità di accompagnamento (art. 1 della L. 11 febbraio 1980, n. 18) erogata da INPS per un importo mensile attualmente pari ad Euro 525,17, cifra che andrebbe sottratta alle spese da sostenere per l'assistenza" (cfr. in tal senso alle pagine 36 e 37). Quindi, se, da un lato, tutti i servizi fisioterapici di cui necessiterà il convenuto/riassumente sono comunque erogabili gratuitamente dal Sevizio Sanitario Nazionale, persino a domicilio, e la maggiore spesa sostenuta per quelli espletati privatamente non è stata documentata, potendosi ragionevolmente presumere che si sia ritenuta adeguata e sufficiente la prestazione non a pagamento, dall'altro, l'eventuale costo di assistenza generica di una persona che deve necessariamente coadiuvare la T. nella gestione del figlio in determinati momenti della giornata, non solo quelli in cui l'amministratrice di sostegno deve prestare la propria attività lavorativa part-tme, può ritenersi coperto dalla prestazione assistenziale di avvenuto riconoscimento dell'indennità di accompagnamento di cui gode il (...) a decorrere dalla data del sinistro. Venendo ad esaminare l'intervento volontario effettuato in proprio da (...), quale genitore convivente con il soggetto danneggiato, quest'ultima ha chiesto condannarsi (...), (...) e (...) s.p.a., in solido tra loro, al risarcimento dei danni subiti sia per il danno psichico subito (c.d. danno biologico proprio) a seguito della gravissima invalidità residuata a carico del figlio in conseguenza del sinistro, sia per lo stravolgimento delle proprie abitudini di vita. La Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza n.7748/2020, ha precisato che il pregiudizio sofferto dai familiari non è un danno riflesso, bensì diretto, in quanto conseguenza immediata e diretta delle lesioni inferte al parente, che producono vittime diverse, ma ugualmente dirette a fronte della natura plurioffensiva del fatto illecito: "In realtà, il danno subito dai congiunti è diretto, non riflesso, ossia è la diretta conseguenza della lesione inferta al parente prossimo, la quale rileva dunque come fatto plurioffensivo, che ha vittime diverse, ma egualmente dirette. Ed anche impropriamente allora, se non per mera esigenza descrittiva, si parla di vittime secondarie. Con la conseguenza che la lesione della persona di taluno può provocare nei congiunti sia una sofferenza d'animo sia una perdita vera e propria di salute, come una incidenza sulle abitudini di vita". Tale danno può essere sia di natura non patrimoniale (biologico, morale ed esistenziale), sia di natura patrimoniale (danno emergente e lucro cessante) ed è risarcibile anche quando i pregiudizi non consistano in un totale sconvolgimento delle abitudini di vita, essendo tale conseguenza estranea sia al danno morale che a quello biologico. Sotto il profilo dell'onere della prova, un ruolo prioritario è svolto dalle prove presuntive, tra le quali il rapporto di stretta parentela intercorrente tra la vittima principale e quelle "secondarie", ben potendosi presumere, secondo l'id quod plerumque accidit ed anche solo volendo considerare il ristretto ambito del c.d. danno morale, che i genitori soffrano per le gravissime lesioni invalidanti riportate dal proprio figlio. Come precisato dalla medesima decisione: "Non v'è motivo di ritenere questi pregiudizi soggetti ad una prova più rigorosa degli altri, e dunque insuscettibili di essere dimostrati per presunzioni" e, per di più, le sofferenze, per essere risarcite, non devono necessariamente tradursi in uno "sconvolgimento delle abitudini di vita", essendo queste ultime "estranee al danno morale, che è piuttosto la soggettiva perturbazione dello stato d'animo, il patema, la sofferenza interiore della vittima, a prescindere dalla circostanza che influisca o meno sulle abitudini di vita". Ora, applicando tali principi al caso di specie ed iniziando l'esame dal danno biologico allegato dall'amministratore di sostegno, il Tribunale non è stato posto nella condizione di dare ingresso sul punto ad una CTU medico-legale di natura psicologica in considerazione della mancata produzione di elementi documentali idonei e conducenti sicché, in tali condizioni, la richiesta di estensione della CTU medico-legale avanzata dalla difesa della terza intervenuta è apparsa inevitabilmente esplorativa e, per tale ragione, è stata rigettata. Né è possibile ritenere diversamente in questa sede, essendo la parte venuta meno ad un proprio onere di allegazione documentale che, solo qualora assolto, avrebbe consentito al Tribunale di valutare positivamente la sussistenza dei presupposti per un'estensione del quesito medico-legale. Diversamente è a dirsi, di contro, del danno (volendo meglio identificare le ulteriori voci di danno non patrimoniale allegate dall'intervenuta) morale e alla vita di relazione di (...), essendo indiscutibile, come anche certificato dalla dott.ssa Sferra nella propria relazione peritale, che a seguito delle gravissime lesioni subite dal figlio, peraltro all'epoca del sinistro pacificamente ancora convivente con la madre, quest'ultima abbia subito, non soltanto il naturale e fisiologico dolore, destinato ad affievolirsi ma non a sparire integralmente nel corso degli anni, per la macro-lesione irreversibile subita dal danneggiato, bensì anche quello alla propria vita di relazione, alle proprie abitudini ed all'organizzazione della propria esistenza, avendola dovuto giocoforza reimpostare in funzione delle necessità, dell'assistenza e delle cure di cui quotidianamente necessita il figlio rimasto gravemente compromesso. La difesa dell'intervenuta aveva anche articolato sul punto dei capitoli di prova orale, in parte un po' generici o documentali ma, per la maggior parte residua, piuttosto ridondanti, che il Tribunale non ha ritenuto indispensabile ammettere in quanto inutili al fine di suffragare ulteriormente una voce liquidatoria della cui esistenza non v'è mai stato alcun dubbio o perplessità. Trattasi, infatti, di una voce la cui identificazione è, nel caso di specie, piuttosto evidente e non contestabile, al contrario della sua liquidazione che sconta la difficoltà di quantificare economicamente ciò che non può più essere fatto come prima, che è venuto meno e/o che non sarà mai più possibile effettuare in futuro, concretandosi, per utilizzare estensivamente e con gli opportuni adattamenti quanto giurisprudenzialmente affermato con riguardo alla lesione definitiva del rapporto parentale, "nel vuoto costituito dal non potere più godere della presenza e del rapporto con chi è venuto meno e perciò nell'irrimediabile distruzione di un sistema di vita basato sull'affettività, sulla condivisione, sulla rassicurante quotidianità dei rapporti (...) tra madre e figlio (...), nel non poter più fare ciò che per anni si è fatto, nonché nell'alterazione che una scomparsa del genere inevitabilmente produce anche nelle relazioni tra i superstiti" (cfr. in tal senso Cass. Civ., Sez. III, ordinanza n. 9196/2018). Tra i criteri orientativi diffusi dall'Osservatorio sulla giustizia civile di Milano si specifica che la misura del danno non patrimoniale risarcibile alla vittima secondaria non è vincolata al danno biologico sofferto dalla vittima primaria e, anzi, è necessario tenere soprattutto conto della natura e dell'intensità del rapporto tra il danneggiato e il congiunto e della quantità e qualità dello stravolgimento della vita familiare. Trattandosi di danno non patrimoniale ex art. 2059 c.c., la liquidazione è necessariamente devoluta a criteri equitativi sulla scorta di quanto previsto dal combinato disposto degli artt. 1226 e 2056 c.c. e "in base a valutazione (...) che tenga conto dell'intensità del vincolo familiare, della situazione di convivenza e di ogni ulteriore circostanza utile, quali la consistenza più o meno ampia del nucleo familiare, le abitudini di vita, l'età della vittima e dei singoli superstiti ed ogni altra circostanza allegata" (cfr. in tal senso Cass. Civ., Sez. III, ordinanza n. 907/2018). L'art. 1226 c.c., nel prevedere che se il danno non può essere provato nel suo preciso ammontare, è liquidato dal giudice con valutazione equitativa, "per una parte risponde alla tecnica della fattispecie, quale collegamento di conseguenze giuridiche a determinati presupposti di fatto, per l'altra ha natura di clausola generale, cioè di formulazione elastica del comando giuridico che richiede di essere concretizzato in una norma individuale aderente alle circostanze del caso". Più precisamente, "quale fattispecie, l'art. 1226 richiede sia che risulti obiettivamente impossibile, o particolarmente difficile, la prova del danno nel suo ammontare, sia che risulti assolto l'onere della parte di dimostrare la sussistenza e l'entità materiale del danno medesimo. Quale clausola generale, l'art. 1226 viene a definire il contenuto del potere del giudice nei termini di valutazione equitativa" (cfr. in tal senso Cass. Civ. n. 10579/2021 e, nello stesso senso, Cass. Civ. n. 28990/2019). Per di più, nella concretizzazione della clausola generale dell'equità in sede di quantificazione del danno non patrimoniale, il giudice di merito deve perseguire il massimo livello di certezza, uniformità e prevedibilità del diritto, così da assicurare la parità di trattamento di cui l'equità integrativa è espressione (cfr. in tal senso Cass. Civ. n. 12408/2011) sicché "l'adozione della regola equitativa di cui all'art. 1226 c.c., deve garantire non solo una adeguata valutazione delle circostanze del caso concreto, ma anche l'uniformità di giudizio a fronte di casi analoghi, essendo intollerabile e non rispondente ad equità che danni identici possano essere liquidati in misura diversa sol perché esaminati da differenti uffici giudiziari" (cfr. in tal senso Cass. Civ. n. 10579/2021 e Css. Civ. n. 12408/2011). Orbene, proprio al fine di assicurare l'esigenza di uniformità di trattamento in situazioni analoghe e, quindi, di certezza del diritto sono state predisposte delle Tabelle - prima di origine pretoria e successivamente anche di produzione legislativa - che forniscono dei parametri uniformi per la liquidazione del danno non patrimoniale. E tanto più diffusa è l'applicazione sul territorio nazionale di un'unica tabella di liquidazione del danno, tanto maggiore è l'auspicata uniformità di trattamento, in ossequio al disposto dell'art. 3 Cost.. Ma siccome la parità di trattamento presuppone anche una parità di condizioni, quantomeno con riferimento alle tabelle di origine pretoria, resta ferma la possibilità di discostarsi dai parametri ivi indicati, con conseguente ri-espansione della clausola generale di equità allorché le peculiarità del caso concreto giustifichino una differenziazione rispetto ai parametri tabellari, i quali disciplinano le situazioni standardizzabili e ordinariamente configurabili secondo l'id quod plerumque accidit. In assenza di criteri pretori diversi e rinvenendosi elementi comuni utilizzabili anche al caso di specie, il Tribunale ritiene potersi fare applicazione al caso di specie, se non altro orientativa, estensiva e con gli opportuni adattamenti, della tabella elaborata dall'Osservatorio sulla Giustizia Civile costituito presso il Tribunale di Milano, che, prima del recente intervento della Suprema Corte, con riferimento al danno da lesione del rapporto parentale, prevedeva dei valori edittali massimi e minimi, differenziati a seconda del rapporto di parentela sussistente tra il danneggiato e il congiunto deceduto, e, quindi, una forbice edittale risarcitoria che, tuttavia, non consentiva di tenere adeguatamente conto di tutte le circostanze del caso concreto tipizzabili quali, in particolare, la sopravvivenza o meno di altri congiunti del nucleo familiare primario, la convivenza o meno di questi ultimi, la qualità ed intensità della relazione affettiva familiare residua, la qualità e l'intensità della relazione affettiva che caratterizzava il rapporto parentale con la persona perduta, l'età della vittima primaria e secondaria, così come censurato da una recente pronuncia della Corte di Cassazione (cfr. in tal senso Cass. Civ. n. 10579/2021). Nella specie, erano stati individuati due principali limiti al sistema tabellare milanese in materia di liquidazione del danno da perdita del rapporto parentale: da un lato, infatti, esso "si limita ad individuare un tetto minimo ed un tetto massimo, fra i quali ricorre peraltro una assai significativa differenza (ad esempio a favore del coniuge è prevista nell'edizione 2021 delle tabelle un'oscillazione fra Euro 168.250,00 e Euro 336.500,00)"; dall'altro lato, non si fa ricorso al criterio del punto variabile, il quale consentirebbe di tradurre la clausola generale dell'equità in una fattispecie, con ciò circoscrivendo l'esercizio della discrezionalità del giudice in sede di liquidazione del danno da perdita del rapporto parentale e assicurando, conseguentemente, l'uniformità di trattamento sul territorio nazionale. Tali elementi precludevano alla tabella di garantire "la funzione per la quale è stata concepita, che è quella dell'uniformità e prevedibilità delle decisioni a garanzia del principio di eguaglianza. L'individuazione di un così ampio differenziale costituisce esclusivamente una perimetrazione della clausola generale di valutazione equitativa del danno e non una forma di concretizzazione tipizzata quale è la tabella basata sul sistema del punto variabile. Resta ancora aperto il compito di concretizzazione giudiziale della clausola, della quale, nell'ambito di un range assai elevato, viene indicato soltanto un minimo ed un massimo. In definitiva si tratta ancora di una sorta di clausola generale, di cui si è soltanto ridotto, sia pure in modo relativamente significativo, il margine di generalità. La tabella, così concepita, non realizza in conclusione l'effetto di fattispecie che ad essa dovrebbe invece essere connaturato". A fronte di tali considerazioni, sempre nella sentenza de qua la Suprema Corte aveva auspicato la predisposizione di "una tabella per la liquidazione del danno parentale basata sul sistema a punti, con la possibilità di applicare sull'importo finale dei correttivi in ragione della particolarità della situazione. In particolare, i requisiti che una tabella siffatta dovrebbe contenere sono i seguenti: 1) adozione del criterio "a punto variabile"; 2) estrazione del valore medio del punto dai precedenti; 3) modularità; 4) elencazione delle circostanze di fatto rilevanti (tra le quali, da indicare come indefettibili, l'età della vittima, l'età del superstite, il grado di parentela e la convivenza) e dei relativi punteggi". In ottemperanza a tale sollecitazione, di recente l'Osservatorio ha predisposto, anche con riferimento al danno da lesione (definitiva) del rapporto parentale, una tabella a punti che, in assenza di diversi criteri orientativi parimenti utili ed efficaci e con gli opportuni adattamenti, il Tribunale ritiene equo applicare al caso di specie e che, qualora la lesione fosse stata definitiva, avrebbe consentitolo di liquidare i seguenti importi: Valore per punto Euro 3.365,00 Il deceduto rispetto all'avente diritto era Figlio Età della vittima del sinistro da 21 a 30 anni Età del soggetto avente diritto Da 51 a 60 anni Altri superstiti 0 Punti per età vittima 24 Punti per età congiunto 18 Punti aggiuntivi per convivenza 16 Punti aggiuntivi per altri superstiti 16 Punti totali 74 Importo minimo risarcimento Euro 249.010,00 Punti aggiuntivi per intensità relazione + 15 Importo medio del risarcimento Euro 299.485,00 Punti aggiuntivi per intensità relazione + 30 Importo massimo del risarcimento Euro 349.960,00 E' chiaro che, nel caso in esame e rispetto alla condizione astratta di applicabilità della tabella (il venir meno, cioè, del rapporto parentale a causa della sua definitiva interruzione), il vincolo familiare è tutt'ora persistente; ciò non di meno, sono venuti meno, in quanto non più esercitabili, gran parte dei legami relazionali con la vittima primaria la quale, come emergente dalla CTU espletata, è "costretta in stato di minima coscienza con saltuari momenti di interazione, quando sembra comprendere le semplici domande poste; prova a rispondere ma non articola più che suoni gutturali incomprensibili e, allora, piange. Il sig (...) è semiseduto, con capo reclinato, sul letto luogo ove passa la maggior parte della giornata fatta eccezione per spostamento in carrozzina al mattino per cambio postura e igiene. Lo spostamento avviene con ausilio di sollevatore; non è in grado di sostenere il dorso ed è minima la competenza posturale antigravitazionale del capo, per cui, in carrozzina deve essere mantenuto con imbragatura"(cfr. in tal senso alle pagine 17 e 18). Tale condizione, che amplifica a dismisura lo stress di chi lo deve seguire - in buona parte la mamma - nel corso della giornata, induce il Tribunale a riconoscere in favore di quest'ultima un importo di poco inferiore a quello minimo previsto dalla tabella, peraltro senza tenere conto del punteggio aggiuntivo riconosciuto per l'intensità della relazione che, seppur trasformata, non è venuta meno del tutto, dovendosi piuttosto ritenere modificata in pejus, essendo rimasta la presenza fisica della persona senza, però, un'adeguata capacità cognitiva e relazionale: si ritiene, pertanto, liquidabile in astratto la somma di Euro 200.000,00. In considerazione del concorso di colpa concretamente imputabile al conducente l'Opel Meriva, pari al 10%, ne consegue che (...), (...) e (...) s.p.a. dovranno essere condannati, in solido tra loro, a corrisponderle la minor somma di Euro 20.000,00, già attualizzata alla data odierna, oltre interessi moratori nella misura legale eventualmente maturati a decorrere dalla data della presente decisione sino a quella del saldo effettivo. Passando ad esaminare il danno non patrimoniale subito dal (...) e quello patrimoniale subito dal V. ed iniziando dal primo, la CTU espletata a cura della dott.ssa Sferra ne ha accertato l'indiscutibile riferibilità al medesimo sinistro stradale, sub specie di scontro con il motoveicolo Suzuki Burgman, prima, e con l'autovettura Chevrolet, successivamente (anche quest'ultimo causalmente ricollegabile alle medesime azioni poste in essere dal (...) e dal (...)), riconoscendogli un'invalidità permanente pari all'1% e un'invalidità temporanea parziale di giorni 12 al 75%, di giorni 20 al 50% e di ulteriori giorni 20 al 25%. Anche in tal caso, preso atto del seguente schema riassuntivo delle voci liquidatorie individuabili sulla base delle tabelle di cui agli artt. 138 e 139 del D.Lgs. 7 settembre 2005, n. 20: Età del danneggiato alla data del sinistro 51 anni Percentuale di invalidità permanente 1% Punto base danno permanente Euro 870,97 Giorni di invalidità temporanea totale 0 Giorni di invalidità temporanea parziale al 75% 12 Giorni di invalidità temporanea parziale al 50% 20 Giorni di invalidità temporanea parziale al 25% 20 Indennità giornaliera Euro 50,79 CALCOLO del RISARCIMENTO: Danno biologico permanente Euro 692,42 Invalidità temporanea parziale al 75% Euro 457,11 Invalidità temporanea parziale al 50% Euro 507,90 Invalidità temporanea parziale al 25% Euro 253,95 Totale danno biologico temporaneo Euro 1.218,96 Totale danno biologico da inv. permanente + danno da inv. parziale Euro 1.911,38 ritiene il Tribunale liquidabile la somma di Euro 1.911,38 a cui va aggiunta la spesa medica ritenuta congrua dal CTU, pari ad Euro 47,40, e quelle sostenute per i certificati medici rilasciati dal dott. (...), pari ad Euro 120,00, per la visita medicolegale espletata dal dott. (...), pari ad Euro 200,08, e per la copia dell'esame radiografico, pari ad Euro 10,00 (il tutto per il complessivo importo di Euro 330,08), in quanto comunque eziologicamente riconducibili al sinistro oggetto di causa ed all'accertamento del danno subito. La somma ottenuta, pari ad Euro 2.288,86, decurtata del 10% per la riconosciuta corresponsabilità del conducente l'Opel Meriva, è pari ad Euro 2.059,97 e detrattovi l'acconto pacificamente corrisposto e ricevuto, pari ad Euro 933,53, si riduce ad Euro 1.126,44. Peraltro, non potendosi effettuare alcuna preventiva devalutazione alla data del sinistro e successiva rivalutazione con gli interessi compensativi maturati sino al momento della corresponsione dell'acconto, non avendone nessuna delle parti specificato la data, la somma in tal modo determinata può essere posta a carico soldale di (...) e (...) s.p.a., compagnia assicurativa per la R.C.A., maggiorata degli eventuali interessi moratori nella misura legale maturati a decorrere dalla data della presente decisione sino a quella dell'effettivo soddisfo. Quanto al danno patrimoniale subito da (...), dalle fatture prodotte in atti si evince come l'Opel Meriva sia stata riparata, quanto alla parte meccanica, da (...) s.n.c. a fronte di un esborso pari ad Euro 3.174,27 e, quanto alla carrozzeria, da (...) s.n.c. a fronte di un ulteriore esborso pari ad Euro 1.552,65 (cfr. in tal senso i documenti n. 2 e 3 prodotti da (...)). In totale, quindi, il danno patrimoniale subito dal proprietario del mezzo a seguito del sinistro è certamente pari ad Euro 4.726,92 che, defalcato della quota di corresponsabilità imputabile al conducente/proprietario del mezzo, attribuisce al V. il diritto ad ottenere la minor somma di Euro 4.254,23.. Il richiedente ha, inoltre, allegato di avere subito un ulteriore danno da fermo tecnico per i 30 giorni in cui il mezzo è stato sottoposto a sequestro con conseguente impossibilità di essere utilizzato nella propria attività imprenditoriale, essendo stato effettivamente inserito nei beni ammortizzabili dell'impresa individuale (cfr. in tal senso il documento n. 11). Il Tribunale non ritiene liquidabile tale ulteriore voce di danno, per di più quantificata nella somma di Euro 100,00 pro-die sulla scorta delle "tariffe di noleggio attualmente in vigore" (cfr. in tal senso a pagina 3 della memoria di replica), per la semplice ragione per la quale non è stato minimamente suffragato documentalmente il costo sostenuto per noleggiare un ulteriore mezzo aziendale in sostituzione di quello incidentato e sequestrato. Per di più, avendo (...) s.p.a. corrisposto un acconto pari ad Euro 2.088,91, esattamente pari cioè al 50% della presumibile responsabilità imputabile al proprio assicurato al netto dell'Iva, (...) e (...) s.p.a. andranno condannati, in solido tra loro, a corrispondere la rimanente quota, pari ad Euro 2.165,32, oltre interessi nella misura legale maturati a decorrere dalla data di emissione delle fatture prodotte sino a quella del saldo effettivo. Sia il (...) che il V. hanno, infine, chiesto di essere tenuti indenni, ai sensi dell'art. 1917 c.c., da qualsivoglia pronuncia pregiudizievole emessa nei loro confronti in relazione al sinistro per cui è causa. La compagnia nulla ha eccepito sul punto, essendosi "limitata" a contestare la sussistenza di un seppur minimo concorso di colpa dell'assicurato nonché l'ammontare del danno asseritamente subito dai danneggiati, e, in effetti, secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, il diritto di garanzia non spetta solo al proprietario, ma anche al conducente del veicolo, rientrando anche quest'ultimo nella qualifica di soggetto assicurato ex art. 1904 c.c. per essere il suo interesse ugualmente esposto al rischio assicurato: in buona sostanza, il contratto di assicurazione per la responsabilità civile, per la sua natura ambulatoria (è un contratto 'per conto di chi spetta'), copre chiunque, con il consenso del proprietario, si sia messo alla guida del veicolo assicurato (cfr. in tal senso Cass. Civ., Sez. III, 20.4.2917 n. 9948). Ne consegue che sia il conducente che il proprietario del mezzo dovranno essere tenuti indenni dalla terza chiamata di tutto quanto costretti a corrispondere alle controparti danneggiate per effetto ed in conseguenza della presente decisione, ivi compreso a titolo di spese di lite. Non rimane altro che decidere sulla ripartizione delle spese di lite tra le parti in causa e delle spese di CTU separatamente liquidate nel corso del giudizio. Sotto tale aspetto non ci si può esimere dal rilevare come il mancato accoglimento della proposta transattiva avanzata dal Tribunale in data 22.10.2020, che ha comportato un inutile slittamento della chiusura del contenzioso a condizioni presumibilmente ancora migliori per la compagnia rispetto a quelle stabilite nella presente decisione, sia imputabile in via esclusiva all'ingiustificato rifiuto manifestato da (...) s.p.a. di farsi carico della quota del 10% del danno patrimoniale e non patrimoniale liquidabile in favore del solo (...), a maggior ragione considerando che la CTU medico-legale successivamente espletata a cura della dott.ssa Claudia Sferra ha sostanzialmente confermato il danno biologico di natura permanente riportato nella perizia di parte espletata a cura del dott. (...). Il rifiuto, a ben vedere, appare ancora più distonico rispetto all'acconto corrisposto in favore di (...) a titolo di indennizzo per i danni subiti dalla relativa autovettura in quanto liquidato sul presupposto dell'applicazione, quivi recisamente negata, della presunzione di corresponsabilità di cui all'art. 2054, comma 2 c.c.. Alla luce di ciò appare equo accollare a (...) s.p.a., nonché ai riconosciuti responsabili civili i quali, tuttavia, ne saranno integralmente manlevati, le spese di lite sostenute dai convenuti/riassumenti, da liquidarsi come da dispositivo sulla base del decisum (e non dell'astronomica cifra richiesta con la domanda introduttiva) e dei parametri medi di cui al D.M. n. 147 del 2022 per tutte le fasi espletate. A carico di (...) s.p.a., nonché del riconosciuto responsabile civile che ne sarà però manlevato, andranno, invece, poste quelle sostenute da (...) e (...), anch'esse da liquidarsi, come da dispositivo, sulla base del decisum e dei parametri medi di cui al D.M. n. 147 del 2022 per tutte le fasi espletate ad accezione di quella decisoria imputabile in via esclusiva al comportamento processuale tenuto da (...) s.p.a. la quale, per tale ragione, dovrà provvedere all'integrale rifusione. Da ultimo, le spese di CTU separatamente liquidate con i decreti emessi, rispettivamente, in data 30.12.2020 e in data 1.2.2022 possono essere poste, le prime, nella misura del 50% cadauna a carico di entrambe le compagnie assicurative mentre, le seconde, integralmente a carico di (...) s.p.a. posto che, se solo avesse accettato la proposta transattiva/conciliativa a cui hanno aderito tutte le altre parti prima della formale ammissione della CTU medico-legale, avrebbe consentito di evitare ogni ulteriore liquidazione. La corresponsabilità riconosciuta, seppur in diversa misura, nella causazione del sinistro esclude ogni pronuncia in ordine all'eventuale esenzione dal pagamento dell'imposta di registro ai sensi dell'art. 59 comma 1 D.P.R. n. 131 del 1986, secondo cui "si registrano a debito, cioè senza contemporaneo pagamento delle imposte dovute: a) le sentenze, i provvedimenti e gli atti che occorrono nei procedimenti contenziosi nei quali sono interessate le amministrazioni dello Stato e le persone o gli enti morali ammessi al beneficio del (patrocinio a spese dello Stato) quando essi vengono formati d'ufficio o ad istanza o nell'interesse dei detti soggetti; la registrazione a debito non è ammessa per le sentenze portanti trasferimento di beni e diritti di qualsiasi natura; b) gli atti formati nell'interesse dei soggetti di cui alla lettera a) dopo che sia iniziato il procedimento contenzioso e necessari per l'ulteriore corso del procedimento stesso o per la sua definizione; c) gli atti relativi alla procedura fallimentare; d) le sentenze che condannano al risarcimento del danno prodotto da fatti costituenti reato", e dell'art. 60, comma 2, secondo cui "nelle sentenze di cui alla lettera d) dell'art. 59 deve essere indicata la parte obbligata al risarcimento del danno, nei cui confronti deve essere recuperata l'imposta prenotata a debito". P.Q.M. Il Tribunale di Monza, Seconda Sezione Civile, definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza ed eccezione disattesa o assorbita, così dispone: 1) accerta e dichiara che il sinistro verificatosi in data 14 Ottobre 2015, alle ore 17.40 circa, nella via R. del Comune di Solaro, in prossimità del palo della luce n. 0389 posto in corrispondenza dell'intersezione semaforica che consente la svolta in via I., che ha coinvolto il motociclo Suzuki Burgman targato (...) e l'Opel Meriva targata (...), è imputabile nella misura del 90% a carico di (...) e nella residua misura del 10% a capo di (...); 2) per l'effetto, condanna (...), nella qualità di conducente l'Opel Meriva, (...), nella qualità di proprietario, e (...) s.p.a., (già (...) s.p.a.), in persona del legale rappresentante p.t., nella qualità di assicuratrice per la R.C.A., in solido tra loro, a corrispondere in favore di (...), nella qualità di amministratrice di sostegno di (...), a titolo di risarcimento integrale dei danni patrimoniali e non patrimoniali patiti da quest'ultimo a seguito del sinistro e limitatamente alla quota di corresponsabilità del 10% loro imputabile, la complessiva somma di Euro 152.555,89, già rivalutata e comprensivi di interessi compensativi maturati sino alla data odierna, oltre interessi moratori nella misura legale eventualmente maturati a decorrere dalla data della presente decisione sino a quella del saldo effettivo; 3) condanna (...), (...) e (...) s.p.a., in persona del legale rappresentante p.t., nelle suesposte qualità ed in solido tra loro, a corrispondere in favore di (...), a titolo di risarcimento integrale dei danni non patrimoniali patiti a seguito del sinistro e limitatamente alla quota di corresponsabilità del 10% loro imputabile, la somma di Euro 20.000,00, già attualizzata alla data odierna, oltre interessi moratori nella misura legale eventualmente maturati a decorrere dalla data della presente decisione sino a quella del saldo effettivo; 4) condanna (...), nella qualità di proprietario/conducente il motociclo Suzuki Burgman, e (...) s.p.a., in persona del legale rapp.te p.t., nella qualità di compagnia assicurativa per la R.C.A., in solido tra loro, a corrispondere in favore di (...), a titolo di risarcimento integrali dei danni non patrimoniali subiti a seguito del sinistro, già detrattovi l'acconto corrisposto e limitatamente alla quota di corresponsabilità del 90% loro imputabile, la residua somma di Euro 1.126,44, oltre interessi moratori nella misura legale eventualmente maturati a decorrere dalla data della presente decisione sino a quella dell'effettivo soddisfo; 5) condanna (...) e (...) s.p.a., in persona del legale rapp.te p.t., nelle suesposte qualità ed in solido tra loro, a corrispondere in favore di (...), a titolo di risarcimento integrale dei danni patrimoniali patiti a seguito del sinistro, già detrattovi l'acconto corrisposto e limitatamente alla quota di corresponsabilità del 90% loro imputabile, la somma di Euro 2.165,32, oltre interessi nella misura legale maturati a decorrere dalla data di emissione delle fatture prodotte sino a quella del saldo effettivo; 6) condanna (...), (...) e (...) s.p.a., in persona del legale rapp.te p.t., in solido tra loro, a rifondere a (...), sia in proprio che nella qualità di amministratore di sostegno di (...), le spese di lite sostenute nell'ambito del presente giudizio che, sino alla fase decisoria, si liquidano in complessivi Euro 11.884,45, di cui 2.039,45 per spese esenti e 9.845,00 per compensi, oltre 15% per spese generali, C.P.A. ed I.V.A., come per legge; 7) condanna (...) s.p.a., in persona del legale rapp.te p.t., a rifondere a (...), sia in proprio che nella qualità di amministratore di sostegno di (...), le spese di lite sostenute nell'ambito del presente giudizio limitatamente alla fase di decisoria, che si liquidano in complessivi Euro 4.253,00 per compensi, oltre 15% per spese generali, C.P.A. ed I.V.A., come per legge; 8) condanna (...), in proprio e nella qualità di amministratore di sostegno di (...), e (...) s.p.a., in persona del legale rapp.te p.t., in solido tra loro, a rifondere a (...) e (...) le spese di lite sostenute nell'ambito del presente giudizio per tutte le fasi espletate ad eccezione di quella decisoria, che si liquidano, quanto al primo, in complessivi Euro 9.975,00, di cui 125,00 per spese esenti e 9.850,00 per compensi, e, quanto al secondo, in complessivi Euro 10.351,00, di cui 501,00 per spese e 9.850,00 per compensi, in entrambi i casi oltre 15% per spese generali, C.P.A. ed I.V.A., come per legge; 9) condanna (...) s.p.a., in persona del legale rapp.te p.t., a rifondere a (...) e (...) le spese di lite sostenute nell'ambito del presente giudizio limitatamente alla fase decisoria che si liquidano, per ciascuno di essi, in complessivi Euro 4.253,00 per compensi, in entrambi i casi oltre 15% per spese generali, C.P.A. ed I.V.A., come per legge; 10) pone definitivamente a carico di (...) s.p.a. e (...) s.p.a., nella misura del 50% cadauna, le spese di CTU separatamente liquidate con il decreto emesso in data 30.12.2020; 11) pone definitivamente a carico di (...) s.p.a. le spese di CTU separatamente liquidate con decreto emesso in data 1.2.2022; 12) condanna (...) s.p.a., in persona del legale rapp.te p.t., a tenere indenni (...) e (...) di tutto quanto saranno costretti a corrispondere a (...) e (...), sia in proprio che nella qualità di amministratore di sostegno di (...), per effetto ed in conseguenza della presente decisione, ivi compreso a titolo di spese di lite; 13) condanna (...) s.p.a., in persona del legale rapp.te p.t., a tenere indenne (...), sia in proprio che nella qualità di amministratore di sostegno di (...), di tutto quanto sarà costretta a corrispondere a (...) e (...) per effetto ed in conseguenza della presente decisione, ivi compreso a titolo di spese di lite. Così deciso in Monza il 19 gennaio 2023. Depositata in Cancelleria il 20 gennaio 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI MONZA SEZIONE LAVORO Il Giudice del Tribunale di Monza, dott. Fabrizio Carletti, in funzione di Giudice del lavoro, ha pronunciato all'udienza del 16.1.2023 la seguente SENTENZA nella causa iscritta al N. 1076/2021 R.G e promossa da (...) (C.F. (...) ) (...) (C.F. (...) ), (...) (C.F. (...) (C.F. ) con il patrocinio dell'avv. PA.RO. e, con elezione di domicilio in Indirizzo Telematico presso avv. PA.RO.; ATTORE contro: INPS, (C.F. (...) ) con il patrocinio degli avv. TO.CL. e, con elezione di domicilio in C/O INPS VIA (...) 20052 MONZA, presso e nello studio dell'avv. TO.CL.; CONVENUTO SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE Con ricorso del 15.6.2021 i ricorrenti (...), (...) e (...) hanno adito il Tribunale di Monza in funzione di Giudice del Lavoro, chiedendo nel merito di accertare e dichiarare il loro diritto ad accedere al Fondo di (...) come da domanda amministrativa e quindi rispettivamente: - per (...) Euro 2.355,22 lordi a titolo di retribuzioni ed Euro 29.988,36 lordi a titolo di TFR; per Parma Euro 4.660,44 lordi a titolo di retribuzioni, Euro 14.516,42 lordi a titolo di TFR nonché Euro 3.079,71 lordi a titolo di quote non versate al fondo complementare; per (...) Euro 8.996,42 lordi a titolo di retribuzioni, Euro 8.697,00 lordi a titolo di TFR ed Euro8.635,63 lordi a titolo di quote non versate al fondo complementare, con conseguente condanna dell'Istituto al pagamento delle somme sopra specificate, oltre interessi e rivalutazione dal dovuto al saldo effettivo. Si costituiva con memoria del 23.11.2021 l'INPS, contestando la pretesa e chiedendo il rigetto del ricorso. La causa giungeva in decisione all'udienza del 16.1.2023 nella modalità della trattazione scritta ex art. 221 L. n. 77 del 2020. Il ricorso è infondato e merita di essere respinto. In data 31.01.2017 (...) srl, unitamente a (...) spa, sottoscriveva con (...) srl un accordo per il passaggio a (...) dell'attività e del personale di (...) srl; in data 6.2.2017 (...), in data 7.2.2017 (...) e in data 8.2.2017 Parma, sottoscrivevano verbale di conciliazione sindacale in forza del quale gli stessi rinunciavano alla solidarietà prevista dall'art. 2112 c.c., liberando (...) dai crediti maturati alla data di sottoscrizione del contratto di affitto ovvero al 14.02.2017, "salva l'ipotesi del TFR maturato alla data di trasferimento in caso di cessazione del rapporto di lavoro in costanza di periodo di affitto.", per il quale permaneva la solidarietà tra cedente e cessionario; a seguito di contratto di affitto d'azienda del 14.2.2017 tra le società cedenti (...) srl e (...), ancora in bonis, e la (...) srl i ricorrenti venivano trasferiti a quest'ultima società affittuaria dal 19.2.2017; (...) veniva ammessa alla procedura di amministrazione straordinaria con sentenza del 21.3.2017; con successivo Acc. del 18 aprile 2019 (...) in AS e (...) in AS sottoscrivevano la definitiva cessione dei lavoratori già transitati a (...) srl. I ricorrenti venivano ammessi allo stato passivo della procedura concorsuale di amministrazione straordinaria di (...) srl per TFR, ultime mensilità e mancato versamento al Fondo C.; le domande amministrative di intervento del Fondo di (...) per TFR, ultime mensilità di retribuzione e previdenza complementare venivano respinte in quanto "A seguito di contratto di affitto intervenuto fra aziende in bonis il rapporto di lavoro è proseguito con (...)I. srl senza soluzione di continuità. Trovano applicazione le disposizioni di cui all'art. 2112 c.c. Si veda circ. INPS 74/2008 e mess. INPS 2272/2019 punto 2". La controversia ripropone, in punto di diritto, la questione dei limiti entro i quali , nell'ambito delle vicende di una impresa in stato di crisi e di insolvenza , accordi ex art. 47 L. n. 428 del 1990 possano derogare all'applicazione dell'art. 2112 cod. civ. Si ritiene al riguardo di richiamare la sentenza di Corte d'Appello di Milano n.485 2022 del 18.5.2022 in una fattispecie sovrapponibile alla presente causa (cui si sono aggiunte altre pronunzie della medesima Corte territoriale, specificamente le n. (...); (...); (...)). "Come è noto , l'art. 47 L. n. 428 del 1990 ha avuto vicende travagliate per la necessità di ottemperare alle decisioni della Corte di Giustizia. La disposizione originaria conteneva una deroga amplissima a tutte le disposizioni dell'art. 2112 cod. civ. ma, soprattutto , in tale deroga erano inserite nello stesso ambito di previsione e godevano degli stessi benefici sia imprese in bonis , purchè in stato di crisi accertato dalla autorità amministrativa, sia in stato di insolvenza e assoggettate a procedure concorsuali con finalità liquidatorie e conservative . La Corte di Giustizia /( sentenza Abels del 7 febbraio 1985; sent, D'Urso del 25 luglio 1991; sentenza S. del 7 dicembre 1995 ) ha sempre ribadito la intangibilità della tutela riservata in caso di trasferimento ai lavoratori dell'azienda con la sola unica eccezione : che il trasferimento avvenga nell'ambito di una procedura di fallimento o di altra procedura concorsuale che , oltre a svolgersi sotto il costante controllo di una autorità pubblica competente , siano finalizzate alla liquidazione del complesso aziendale e non già alla conservazione del patrimonio ed alla continuazione dell'impresa . Con sentenza 11 Giugno 2009, causa C 561/2007, la Corte di Giustizia , ribadendo quanto già espresso nella sentenza (...), ha sostenuto la contrarietà dei commi 5 e 6 della L. n. 428 del 1990 all'art. 5 della Direttiva 23/2001 CE Il legislatore italiano , per dare attuazione alla pronuncia della Corte di Giustizia del 2009 , è quindi intervenuto a modificare l'art. 47 inserendo il comma 4 bis con l'art. 19 -quater D.L. n. 135 del 2009; successivamente ulteriori modifiche sono intervenute con il D.L. 22 Giugno 2012 n. 83( c.d. decreto sviluppo ) convertito in L. 7 Agosto 2012 n. 134 . L'art. 47 bis, comma 4 bis dispone: "Nel caso in cui sia stato raggiunto un accordo circa il mantenimento, anche parziale, dell'occupazione, l'art. 2112 del cod. civ. trova applicazione nei termini e con le limitazioni previste dall'accordo medesimo qualora il trasferimento riguardi aziende: a ) delle quali sia stato accertato lo stato di crisi aziendale ai sensi dell'art. 2, quinto comma , lettera c della L. 12 agosto 1977, n. 675; b) per le quali sia stata disposta l'amministrazione straordinaria ai sensi del D.Lgs. 8 luglio 1999, 27 in caso di continuazione o di mancata cessazione dell'attività ; b bi ) s per le quali vi sia astata la dichiarazione di apertura della procedura ; b ter) per le quali vi sia stata l'a l'omologazione dell'accordo di ristrutturazione dei debiti. Il comma 5 della stessa disposizione prevede: "Qualora il trasferimento riguardi imprese nei confronti delle quali vi sia stata dichiarazione di fallimento, omologazione di concordato preventivo consistente nella cessione dei beni, emanazione del provvedimento di liquidazione coatta amministrativa, ovvero di sottoposizione all'amministrazione straordinaria, nel caso in cui la continuazione dell'attività non sia stata disposta o sia cessata e nel corso delle consultazioni di cui ai precedenti commi sia stato raggiunto un accordo circa il mantenimento anche parziale dell'occupazione, al lavoratore il cui rapporto di lavoro continua con l'acquirente non trova applicazione l'art. 2112, salvo che dall'accordo risultino condizioni di miglio favore. Il predetto accordo può anche prevedere che il trasferimento non riguardi il personale eccedentario e che quest'ultimo continui a rimanere in tutto in parte alle dipendenze dell'alienante". "I successivi e permanenti dubbi interpretativi legati alla non chiara formulazione dell'art. 47 comma 4 bis appaiono superati dagli arresti più recenti della giurisprudenza di legittimità e per i quali , , in forza del principio di una interpretazione conforme alla dir. 2001/23/CE ed alle citate sentenze della Corte di Giustizia , si deve concludere che una deroga alle garanzie di cui all'art. 2112 sia possibile soltanto in relazione alla procedure liquidatorie previste dal comma 5 e non per quelle di natura conservativa e tese ad assicurare la continuità dell'attività aziendale rientranti nell'ambito di applicabilità del comma 4 bis (cfr. per l'affermazione di tali principi Cass. 10414/2020 ; Cass. Sez. Lav. ord. 31 Marzo 2022 n. 10520 ; nello stesso senso , inoltre , in materia di fondo tesoreria INPS per il pagamento del TFR Cass. 3963/2022; Cass. 3162/2022). Tenuto conto di tali principi , ritiene allora la Corte che nella fattispecie i richiamati accordi sindacali ex art. 47 L. n. 428 del 1990 invocati dagli appellati non potessero validamente derogare all'art. 2112 cod. civ. essendo intervenuti nell'ambito di una procedura di amministrazione straordinaria ex L. n. 270 del 1999 di natura conservativa ed in cui vi è stata, attesa la stipulazione di un precedente contratto di affitto, continuazione dell'attività aziendale : la fattispecie rientra allora nell'ambito di applicabilità del comma 4 bis dell'art. 47 L. n. 428 del 1990 e non in quello del comma 5 ; va evidenziato che lo stesso Acc. del 19 aprile 2019 fa espresso riferimento - correttamente - alla disciplina prevista dall'art. 47 comma 4 bis. Appare allora irrilevante, nella fattispecie, il riferimento a precedenti pronunce di questa Corte (cfr. in particolare sent. n. 259/2019 ; 515 /2019 : quest'ultima espressamente citata dal Tribunale nella sentenza ora appellata) poiché esse hanno riguardato procedure di natura liquidatoria e comunque rientranti nell'ambito di applicabilità del comma 5 dell'art. 47 L. n. 428 del 1990 . Ritiene la Corte che, in conseguenza , le questioni inerenti l'accesso al fondo di (...) oggetto di causa ex art. 2 c.1 L. n. 297 del 1982 ed ex art. 2 D.Lgs. n. 80 del 1992 debbano essere risolte, in senso favorevole agli assunti dell'INPS, alla luce dei più recenti principi affermati in materia dalla Corte di Cassazione. In particolare con le sentenze 19277/2018 e 19278 /2018 (il cui orientamento è stato confermato da successive pronunce: cfr. fra altre 28136/2018 ; Cass. 4897/2021 ) la Corte di Cassazione ha affermato il seguente principio di diritto: "L'art. 2 della L. n. 297 del 1982 ( NDR: TFR ) e l'art. 2 del D.Lgs. n. 82 del 1990 ( NDR : ultime tre retribuzioni ) , si riferiscono alla ipotesi in cui sia stato dichiarato insolvente ed ammesso alle procedure concorsuali il datore di lavoro che è tale al momento in cui la domanda di insinuazione al passivo viene proposta ed , inoltre, poiché il tfr diventa esigibile solo al momento della cessazione del rapporto , il fatto che (erroneamente) il credito maturato per TFR fino al momento della cessione d'azienda sia stato ammesso al passivo nella procedura fallimentare del datore di lavoro cedente non può vincolare l'INPS, che è estraneo alla procedura e che perciò deve poter contestare il credito per TFR sostenendo che esso non sia ancora esigibile, neppure in parte , e quindi non opera ancora la (...) dell'art. 2 L. n. 297 del 1982 "In estrema sintesi , in tali sentenze la Corte di Cassazione ha chiarito che: l'ammissione allo stato passivo non è mai decisivo e non preclude all'INPS la possibilità di contestare la sussistenza dei presupposti per l'accesso al fondo di (...); perché si determini l'intervento del Fondo di (...) è necessario che l'insolvenza e l'ammissione a procedura concorsuale riguardino il datore di lavoro che è tale al momento in cui la domanda di insinuazione al passivo viene proposta ; che nelle vicende circolatorie dell'azienda nell'ambito di procedure concorsuali è preclusa quindi la possibilità di azionare il fondo di (...) laddove l'insolvenza riguardi la precedente impresa cedente e non l'impresa cessionaria con il quale il rapporto di lavoro è continuato atteso che opinare in contrario significa azionare il fondo quando lo scopo solidaristico che lo ispira non sussiste . Nelle suddette sentenze la Corte di Cassazione aggiunge , ribadendo un consolidato orientamento , che il TFR è esigibile solo alla data di cessazione del rapporto. Applicando tali principi , deve allora escludersi nella fattispecie l'intervento del Fondo di (...) ex art. 2 c.1 L. n. 297 del 1982 ed ex art. 2 D.Lgs. n. 80 del 1992 , atteso che il rapporto di lavoro è proseguito con la società cessionaria e la procedura di amministrazione straordinaria ha riguardato la società cedente." (Corte d'Appello di Milano n. 485 2022 cit.) Per quanto attiene all'invocato accesso al Fondo di (...) ex art. 5 D.Lgs. n. 80 del 1992 il Collegio ritiene che "le argomentazioni suddette non siano del tutto sovrapponibili". "Fermo restando che l'ammissione allo stato passivo non è mai decisivo e non preclude all'INPS la possibilità di contestare la sussistenza dei presupposti per l'accesso al fondo di (...) , si deve infatti rilevare che in tal caso le somme non corrisposte dal datore di lavoro al fondo di previdenza complementare hanno natura previdenziale e non retributiva e che per esse non è quindi configurabile l'automatica estensione di responsabilità all'acquirente ex art. 2112 , comma 2 c.c. Affrontando le questioni inerenti proprio l'accesso al fondo di (...) ex art. 5 D.Lgs. n. 80 del 1992 questa Corte territoriale con la sentenza n. 328/2021 ( Pres. Rel. (...) ) che qui si richiama ai sensi e per gli effetti dell'art. 118 disp. att. c.p.c. ha affermato , con argomentazioni condivise da questo collegio e alle quali si intende dare continuità : "Nella fattispecie è in discussione l'applicazione dell'art. 5 del D.Lgs. n. 80 del 1992. La norma dispone testualmente che "contro il rischio derivante dall'omesso o insufficiente versamento da parte dei datori di lavoro sottoposti ad una delle procedure di cui all'art. 1 dei contributi dovuti per forme di previdenza complementare di cui all'art. 9 bis del D.L. 29 Marzo 1991 n. 103 , convertito con modificazioni nella L. 1 giugno 1991, n. 166 , per prestazioni di vecchiaia , comprese quelle per i superstiti , è istituito presso l'Istituto Nazionale della previdenza sociale un apposito Fondo di (...) . Nel caso in cui a seguito dell'omesso o parziale versamento dei contributi di cui al comma 1 ad opera del datore di lavoro , non possa essere corrisposta la prestazione alla quale avrebbe avuto diritto il lavoratore , ove il suo credito sia rimasto in tutto o in parte insoddisfatto in esito a una delle procedure indicate al comma 1 , può richiedere al fondo di (...) di integrare presso la gestione di previdenza complementare interessata i contributi risultanti omessi. Il Fondo è surrogato di diritto al lavoratore per l'equivalente dei contributi omessi , versati a norma del comma 2". La norma recepisce quanto imposto dalla Direttiva CEE 80/987 che impone agli Stati membri di adottare le misure necessarie a garantire " gli interessi dei lavoratori subordinati " per quanto attiene ai " diritti maturati ed in corso di maturazione " in materia di prestazioni di vecchia previste dai regimi complementari di previdenza . In pratica il Fondo di (...) non solo va ad aiutare i lavoratori , in caso di accertata insolvenza dell'imprenditore, garantendo loro - ove non riscosse - le ultime tre mensilità di retribuzione ed il trattamento di fine rapporto , ma altresì va a tutelare gli stessi in materia di contribuzione a favore dei fondi complementari (...) In proposito , la Corte di Cassazione ha chiarito che in caso di trasferimento di azienda per i debiti contratti dall'alienante nei confronti degli istituti previdenziali per l'omesso versamento dei contributi obbligatori ed esistenti al momento del trasferimento non può operare " l'automatica estensione di responsabilità all'acquirente ex art. 2112 c.c., comma 2, sia perchè la solidarietà è limitata ai soli crediti di lavoro del dipendente e non è estesa ai crediti di terzi, quali devono ritenersi gli enti previdenziali, sia perchè il lavoratore non ha diritti di credito verso il datore di lavoro per l'omesso versamento dei contributi obbligatori (salvo quello puramente eventuale relativo al risarcimento dei danni nell'ipotesi prevista dall'art. 2116 c.c., comma 2), essendo estraneo al cosiddetto rapporto contributivo, che intercorre fra l'ente previdenziale e il datore di lavoro (Cass. nn. 8179 del 2001 e 4726 del 2002) " ( così in motivazione Cass. 3646/2016 ) . Ritiene il Collegio, condividendo tali principi, che essi debbano valere anche nella fattispecie in esame in cui è in discussione non il TFR rimasto presso il datore di lavoro ma la quota di TFR conferito al fondo complementare che il datore di lavoro ha trattenuto e non versato. Tale quota di TFR conferito al fondo complementare, infatti, non può più intendersi come una retribuzione differita ma assume spiccate caratteristiche previdenziali, trattandosi di contribuzione e non di retribuzione. Sul punto va ricordato che la giurisprudenza di legittimità, laddove ha affrontato sia pure ad altri fini , la questione della natura giuridica dei versamenti effettuati dal datore di lavoro per la previdenza complementare ha confermato la natura giuridica previdenziale e non retributiva di tali versamenti (cfr. Cass. 19792/2015; Cass. Sezioni 4684/2015; Cass. Sez. Unite 4949/2015; Cass. Sezioni Unite 6928/2018). Si legge nella motivazione della sentenza n. 19792/2015 : "La questione concernente la qualificazione delle somme versate o comunque dovute dal datore di lavoro per la previdenza complementare è stata recentemente affrontata dalle Sezioni Unite di questa Corte, le quali, componendo un contrasto di giurisprudenza insorto in riferimento al periodo anteriore alla riforma introdotta dal D.Lgs. 21 aprile 1993, n. 124, hanno escluso la natura retributiva delle predette somme, riconoscendone invece la natura esclusivamente previdenziale, tanto nel caso in cui il fondo sia dotato di personalità giuridica autonoma quanto nel caso in cui consista in una gestione separata del datore stesso, con la conseguente affermazione che esse non rientrano nella base di calcolo delle indennità collegate alla cessazione del rapporto di lavoro (cfr. Cass., Sez. Un., 9 marzo 2015, n, 4684). Alla predetta esclusione la pronuncia citata è pervenuta in virtù dell'osservazione che i versamenti del datore di lavoro non trovano fondamento nel rapporto di lavoro subordinato, ma in un ulteriore rapporto contrattuale, finalizzato a garantire, in presenza delle condizioni prescritte, il conseguimento di una pensione integrativa rispetto a quella obbligatoria, la cui previsione costituisce certamente un beneficio per il lavoratore, ma non modifica i diritti e gli obblighi nascenti dal rapporto di lavoro e non incide sulle modalità di erogazione del trattamento di fine rapporto. La mancanza di un nesso di corrispettività tra la contribuzione e la prestazione lavorativa trova d'altronde conferma nel duplice rilievo che, in caso di cessazione del rapporto di lavoro senza diritto alla pensione integrativa, il lavoratore non ha diritto alla restituzione dei contributi versati dal datore di lavoro, e che questi ultimi, a differenza di altri benefits, costituiscono oggetto di un'obbligazione non monetizzabile direttamente a favore del prestatore di lavoro. In favore della natura non retributiva dei versamenti in questione milita infine il regime previdenziale cui sono assoggettati, e segnatamente il D.L. 29 marzo 1991, n. 103, art. 9 bis introdotto dalla (...) di conversione 1 giugno 1991, n. 166, il quale esclude dalla base imponibile dei contributi di previdenza e assistenza sociale le contribuzioni e le somme versate o accantonate per il finanziamento di trattamenti integrativi previdenziali o assistenziali (cfr. al riguardo anche Cass., Sez. 6, 4 aprile 2013, n. 8228; Cass., Sez. lav., 31 maggio 2012, n. 8695).Tali considerazioni, svolte in riferimento alle forme di previdenza complementare preesistenti all'entrata in vigore del D.Lgs. n. 124 del 1993, valgono a maggior ragione per quelle introdotte successivamente alla riforma, nell'ambito delle quali risultano ancor più evanescenti i legami tra la prestazione lavorativa e la contribuzione e tra la retribuzione e la prestazione previdenziale ...". Nelle sentenze citate la Corte di Cassazione ha quindi affermato che la mancanza del nesso di corrispettività tra contribuzione e prestazione lavorativa osta alla qualificazione giuridica del versamento alla previdenza complementare quale retribuzione direttamente esigibile dal prestatore di lavoro nei confronti del datore di lavoro; che, inoltre, l'obbligo del datore di lavoro al versamento sussiste nei confronti del fondo , e non del lavoratore , e nasce da un rapporto contrattuale distinto dal rapporto di lavoro che ne è un mero presupposto ma non la fonte. Si deve aggiungere che , in tale contesto , è pacificamente esclusa l'erogazione diretta al lavoratore delle prestazioni erogate dal Fondo di (...) a titolo di prestazioni complementari " Tenuto conto di tali principi la domanda proposta dagli appellati ex art. 5 del D.Lgs. n. 80 del 1992 va allora, in riforma della sentenza di primo grado anche sul punto , rigettata atteso che è esclusa ( come correttamente osservato dall'Istituto appellante a pagina 4 del ricorso in appello) l'erogazione diretta in favore del lavoratore delle prestazioni erogate dal Fondo di (...)". (Corte d'Appello di Milano n. 485 2022 cit.). Per la complessità delle questioni trattate e soprattutto per l'oscillazione giurisprudenziale in materia "de qua" le spese di lite meritano di essere compensate P.Q.M. Il Giudice del Tribunale di Monza, in funzione di Giudice del lavoro definitivamente pronunziando, ogni contraria domanda, eccezione e conclusione rigettata o assorbita, così decide: RESPINGE IL RICORSO; COMPENSA LE SPESE Così deciso in Monza il 16 gennaio 2023. Depositata in Cancelleria il 16 gennaio 2023.

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