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  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania sezione staccata di Salerno  Sezione Seconda ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 1180 del 2023, proposto da An.Cu., rappresentato e difeso dall'avvocato Ge.Ma., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; contro Comune di Omissis, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Co.Ma., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; Ministero della Cultura, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura distrettuale dello Stato di Salerno, domiciliataria ex lege in Salerno, corso Vittorio Emanuele, 58; e con l'intervento di ad opponendum: Vin.Cu., rappresentato e difeso dall'avvocato Luigi Vuolo, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; per l'annullamento del provvedimento del 1° giugno 2023, prot. n. 12303: diniego di fiscalizzazione degli abusi contestati con l’ordinanza di demolizione n. 2091 del 6 agosto 2019. Visti il ricorso e i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Omissis e del Ministero della Cultura; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 30 aprile 2024 il dott. Olindo Di Popolo e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO e DIRITTO Col ricorso in epigrafe, Cu.An. (in appresso, C. A.) impugnava, chiedendone l’annullamento, il provvedimento del 1° giugno 2023, prot. n. 12303, col quale il Responsabile dell’Area Sportello Unico per l’Edilizia, Demanio ed Urbanistica del Comune di Omissis aveva rigettato l’istanza di fiscalizzazione ex art. 38 del d.p.r. n. 380/2001 prot. n. 18518 del 6 ottobre 2020 ed aveva disposto l’esecuzione dell’ordinanza di demolizione n. 2091 del 6 agosto 2019. Le opere abusive sottoposte a fiscalizzazione, ex ante contestate con l’ordinanza di demolizione n. 2091 del 6 agosto 2019, resistite alla relativa impugnazione, respinta dal Consiglio di Stato, sez. VI, con sentenza n. 3204 del 29 marzo 2023 (pronunciata in parziale riforma della sentenza di questa Sezione n. 1934 del 14 dicembre 2020) afferivano alle unità immobiliari in proprietà del ricorrente, ricomprese nell’edificio ubicato in Omissis, via (...), censito in catasto al foglio 24, particella 616, e distribuito su tre livelli fuori terra (piano terraneo, primo e secondo mansardato) ed un livello seminterrato. Si trattava, in particolare, delle seguenti opere, rimaste sine titulo per effetto dell’annullamento del permesso di costruire (PdC) in sanatoria n. 4275 del 17 marzo 2015 e del PdC n. 4279 del 27 marzo 2015, che era stato pronunciato - in accoglimento del ricorso straordinario ex artt. 8 ss. del d.p.r. n. 1199/1971, proposto da Cuono Vincenzo (in appresso, C. V.) e in base al precipuo rilievo dell’illecita prosecuzione degli abusi sottoposti a condono ex artt. 31 ss. della l. n. 47/1985 con istanza del 29 marzo 1986, prot. n. 802 - con decreto del Presidente della Repubblica (d.p.r.) del 27 marzo 2017 (R.S. 2491/P), previo parere conforme del Consiglio di Stato, sez. I, n. 2459 del 29 ottobre 2018: - realizzazione (assentita con l’annullato PdC in sanatoria n. 4275 del 17 marzo 2015) ed ampliamento (assentito con l’annullato PdC n. 4279 del 27 marzo 2015) del piano secondo mansardato; - ampliamento (assentito con l’annullato PdC n. 4279 del 27 marzo 2015) del piano primo, mediante realizzazione sul terrazzo esistente di un corpo di fabbrica sormontato da lastrico solare. Il gravato diniego di fiscalizzazione era essenzialmente motivato in base al rilievo che la natura non già formale, bensì sostanziale dei vizi infirmanti i giurisdizionalmente annullati PdC in sanatoria n. 4275 del 17 marzo 2015 e PdC n. 4279 del 27 marzo 2015 impediva ogni ulteriore valutazione circa la rappresentata impossibilità di ripristino dello status quo ante. Nell’avversare siffatta determinazione, il ricorrente deduceva, in estrema sintesi, che il Comune di Omissis: a) in violazione del dictum giurisdizionale di cui alla sentenza del Consiglio di Stato, sez. VI, n. 3204 del 29 marzo 2023, nonché in difetto di istruttoria e di motivazione, avrebbe omesso di valutare - così come richiestogli con l’istanza del 6 ottobre 2020, prot. n. 18518 - la condizione di fiscalizzazione costituita dall’impossibilità di riduzione in pristino, ai fini dell’applicabilità della sanzione pecuniaria in luogo di quella demolitoria, senza tener conto delle analisi strutturali fornitegli dall’interessato dietro proprio apposito invito; b) in difetto del presupposto, di istruttoria e di motivazione, non avrebbe considerato che - come dimostrato dalla dettagliata documentazione tecnica elargita dall’interessato - la rimozione delle opere abusive avrebbe compromesso l’equilibrio statico delle porzioni legittime dell’intero edificio, anche in proprietà di terzi; c) avrebbe richiamato, in termini del tutto inconferenti, l’ordinanza di demolizione n. 2162 del 29 maggio 2023, inerente ad un manufatto (pergolato) a sé stante rispetto alle opere contestate con l’ordinanza di demolizione n. 2091 del 6 agosto 2019, nonché non sanzionabile in via repressivo-ripristinatoria; d) avrebbe obliterato la comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza del 6 ottobre 2020, prot. n. 18518. Costituitosi l’intimato Comune di Omissis eccepiva l’inammissibilità (per carenza di interesse ad agire) e l’infondatezza del gravame esperito ex adverso. Si costituiva, altresì, in giudizio il Ministero della Cultura. Interveniva, infine, ad opponendum C. V., in veste di proprietario confinante col compendio immobiliare in titolarità di C. A., eccependo l’inammissibilità (per omessa notifica nei suoi confronti) e l’infondatezza del ricorso. All’udienza pubblica del 30 aprile 2024, la causa era trattenuta in decisione. Venendo ora a scrutinare il ricorso, esso si rivela infondato per le ragioni illustrate in appresso. Tanto può esimere, quindi, il Collegio dallo scrutinio delle eccezioni in rito sollevate dalle parti resistenti. Innanzitutto, gli ordini di doglianze rubricati retro, sub n. 3.a-b, si infrangono contro il chiaro tenore sia della sentenza di primo grado n. 1934 del 14 dicembre 2020 sia della sentenza di appello n. 3204 del 29 marzo 2023, le quali hanno unanimemente escluso l’applicabilità della fiscalizzazione ex art. 38 del d.p.r. n. 380/2001 alla fattispecie in esame. 8.1. In particolare, questa Sezione ha statuito che: «A ripudio delle proposizioni attoree, milita, innanzitutto, l’approccio ermeneutico restrittivo suggellato in subiecta materia dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato nella sentenza n. 17 del 7 settembre 2020. “La disposizione in commento - recita la pronuncia richiamata - fa specifico riferimento ai vizi ‘delle proceduré, avendo così cura di segmentare le cause di invalidità che possano giustificare l’operatività del temperamento più volte segnalato, in guisa da discernerle dagli altri vizi del provvedimento che, non attenendo al procedimento, involvono profili di compatibilità della costruzione rispetto al quadro programmatorio e regolamentare che disciplina l’an e il quomodo dell’attività edificatoria. Non a caso il tenore della norma impone, sia pur per implicito, all’amministrazione l’obbligo di porre preliminarmente rimedio al vizio, rimuovendolo attraverso un’attività di secondo grado pacificamente sussumibile nell’esercizio del potere di convalida contemplato in via generale dall’art. 21 nonies comma 2 della legge generale sul procedimento. La convalida per il tramite della rimozione del vizio implica necessariamente un’illegittimità di natura ‘proceduralé, essendo evidente che ogni diverso vizio afferente alla sostanza regolatoria del rapporto amministrativo rispetto al quadro normativo vigente risulterebbe superabile solo attraverso una modifica di quest’ultimo; ius superveniens che, in quanto riguardante il contesto normativo generale, certamente esula da concetto di ‘rimozione del viziò afferente la singola e concreta fattispecie provvedimentale. Il riferimento ad un vizio procedurale astrattamente convalidabile delimita operativamente il campo semantico della successiva e connessa proposizione normativa riferita all’impossibilità di rimozione, dovendo per questa intendersi una impossibilità che attiene pur sempre ad un vizio che, sul piano astratto sarebbe suscettibile di convalida, e che per le motivate valutazioni espressamente fatte dall’amministrazione, non risulta esserlo in concreto. Diversamente da quanto sostenuto dall’orientamento giurisprudenziale “estensivo” del quale si è dato sopra atto, in casi siffatti il sindacato del giudice chiamato a vagliare la legittimità della operata fiscalizzazione dell’abuso deve avere ad oggetto proprio la natura del vizio. La “motivata valutazione” dell’amministrazione infatti afferisce al preliminare vaglio amministrativo circa la rimovibilità (anche) in concreto del vizio, ex art. 21 nonies comma 2, e rileva non già rispetto al binomio fiscalizzazione/demolizione, quanto in relazione al diverso binomio convalida/applicazione dell’art. 38, costituente soglia di accesso per applicazione dell’intero impianto dell’art. 38 (e non solo dell’opzione della fiscalizzazione). La descritta esegesi è confermata dalla giurisprudenza della Corte costituzionale. Quest’ultima, nella sentenza 209/2010 ha avuto modo di chiarire, giudicando della legittimità di una norma di interpretazione autentica di una disposizione provinciale di tenore identico a quella nazionale che qui si discute (interpretazione autentica tesa ad estendere la fiscalizzazione ai vizi sostanziali), che ‘l'espressione ‘vizi delle procedure amministrativé non si presta ad una molteplicità di significati, tale da abbracciare i ‘vizi sostanzialì, che esprimono invece un concetto ben distinto da quello di vizi procedurali e non in quest'ultimo potenzialmente contenutò. Del resto depongono in tal senso anche considerazioni di carattere sistematico. La tutela dell’affidamento attraverso l’eccezionale potere di sanatoria contemplato dall’art. 38 non può infatti giungere sino a consentire una sorta di condono amministrativo affidato alla valutazione dell’amministrazione, in deroga a qualsivoglia previsione urbanistica, ambientale o paesaggistica, pena l’inammissibile elusione del principio di programmazione e l’irreversibile compromissione del territorio, ma è piuttosto ragionevolmente limitata a vizi che attengono esclusivamente al procedimento autorizzativo, i quali non possono ridondare in danno del privato che legittimamente ha confidato sulla presunzione di legittimità di quanto assentito. A ciò si aggiunge, nei casi in cui l’annullamento del titolo sia intervenuto in sede giurisdizionale su istanza di proprietario limitrofo o associazioni rappresentative di interessi diffusi (giova sottolineare che l’art. 38 non si sofferma sulla natura giurisdizionale o amministrativa dell’annullamento), che la tutela dell’affidamento del costruttore, attraverso la fiscalizzazione dell’abuso anche in relazione a vizi sostanziali, di fatto vanificherebbe la tutela del terzo ricorrente, il quale, all’esito di un costoso e defatigante giudizio, si troverebbe privato di qualsivoglia utilità, essendo la sanzione pecuniaria incamerata dall’erario. Il punto di equilibrio sin qui individuato nel delicato bilanciamento fra tutela dell’affidamento, tutela del territorio e tutela del terzo non è, ad avviso di questa Adunanza plenaria, depotenziato dalla giurisprudenza della Corte EDU sul carattere fondamentale del diritto di abitazione e sul necessario rispetto del principio di proporzionalità nell’inflizione della sanzione demolitoria (si veda, da ultimo, Corte EDU, 21/4/2016 Ivanova vs. Bulgaria). Nell’ordinamento interno, caduto il dogma dell’irrisarcibilità degli interessi legittimi a seguito della nota sentenza delle Sezioni unite della Corte di cassazione n. 500/99, si è affermato, anche per via legislativa, che il’bene della vità cui il privato aspira è meritevole di protezione piena a prescindere dalla qualificazione come diritto soggettivo o interesse legittimo della posizione giuridica al quale esso di correla. E’ quindi ben possibile che, a prescindere dalla qualificazione giuridica della posizione giuridica del costruttore che dinanzi all’annullamento in sede amministrativa o giurisdizionale del permesso di costruire reclami il ristoro dei danni conseguenti al legittimo affidamento dal medesimo riposto circa la legittimità dell’edificazione realizzata (sul punto le Sezioni unite sono ferme nel ritenere che trattasi di diritto soggettivo: SSUU, 24 settembre 2018, n. 22435; 22 giugno 2017, n. 15640; 4 settembre 2015, n. 17586; 23 marzo 2011, n. 6596), l’illecito commesso dall’amministrazione comporti il sorgere di un’obbligazione all’integrale risarcimento, per equivalente, del danno provocato. Obbligazione che interviene a ridare coerenza, ragionevolezza ed effettività al sistema delle tutele, ove la conservazione dell’immobile nella sua integrità si ponga in irrimediabile conflitto con i valori urbanistici e ambientali sopra ricordati. Al quesito posto dall’ordinanza di rimessione deve quindi rispondersi nel senso che ‘i vizi cui fa riferimento l’art. 38 sono esclusivamente quelli che riguardano forma e procedura che, alla luce di una valutazione in concreto operata dall’amministrazione, risultino di impossibile rimozioné”. Sulla base di tali premesse, va ribadito l’indirizzo rigoroso invalso anche presso la Sezione. In particolare, come osservato nella sentenza n. 1417 del 10 ottobre 2018 (confermata in appello da Cons. Stato, sez. VI, 8 ottobre 2019, n. 6852), “la regola immanente all’art. 38, comma 1, del d.p.r. n. 380/2001 è rappresentata dall’operatività della sanzione reale, la quale, in quanto effetto primario e naturale derivante dall’annullamento del permesso di costruire (così come dalla sua mancanza ab origine: cfr. art. 31, comma 2, del d.p.r. n. 380/2001 cit.), non richiede all’amministrazione un particolare impegno motivazionale, ma rinviene nella legalità violata la sua giustificazione in re ipsa. Nel caso di annullamento del titolo abilitativo edilizio, in disparte l'ipotesi di vizi di ordine meramente procedurale e formale, non ricorrente nella fattispecie in esame, il modello legale tipico di atto consequenziale è, infatti, proprio quello dell'ordine di ripristino dello stato dei luoghi, in quanto unico atto idoneo ad arrecare una piena soddisfazione all'interesse pubblico alla rimozione delle opere in contrasto con la disciplina urbanistica; cosicché, ove lo sviluppo attuativo del pregresso annullamento del permesso di costruire si incanali nell’alveo naturale della riduzione in pristino, alcun onere di specifica motivazione ricade sull’amministrazione procedente, il cui operato è obbligatoriamente scandito dallo stesso legislatore; mentre, solo in presenza di circostanze peculiari ed eccezionali, idonee ad accreditare l’oggettiva impossibilità di attuare la misura ordinaria della riduzione in pristino, sarà possibile accedere alla misura residuale della sanzione pecuniaria, occorrendo, però, in siffatta evenienza giustificare la deroga alla soluzione di ‘tutela realé privilegiata dal legislatore mediante una congrua motivazione che dia adeguatamente conto delle valutazioni effettuate (cfr. TAR Campania, Napoli, sez. II, 21 marzo 2006, n. 3124; sez. VIII, 7 gennaio 2015, n. 34; 10 marzo 2016, n. 1397; 7 aprile 2016, n. 1746; 8 luglio 2016, n. 3490; sez. IV, 4 gennaio 2017, n. 68; TAR Veneto, Venezia, 21 aprile 2016, n. 417)”». 8.2. Nello stesso senso, il Consiglio di Stato, sez. VI, ha statuito che: «La sentenza di prime cure ha fatto piana e corretta applicazione dell’orientamento consolidatosi a seguito della nota pronuncia dell’Adunanza plenaria, n. 17 del 2020, secondo cui l’art. 38 cit. fa specifico riferimento ai vizi "delle procedure", avendo così cura di segmentare le cause di invalidità che possano giustificare l'operatività del temperamento più volte segnalato, in guisa da discernerle dagli altri vizi del provvedimento che, non attenendo al procedimento, involvono profili di compatibilità della costruzione rispetto al quadro programmatorio e regolamentare che disciplina l'an e il quomodo dell'attività edificatoria. Non a caso il tenore della norma impone, sia pur per implicito, all'amministrazione l'obbligo di porre preliminarmente rimedio al vizio, rimuovendolo attraverso un'attività di secondo grado pacificamente sussumibile nell'esercizio del potere di convalida contemplato in via generale dall'art. 21 nonies, comma 2, della legge generale sul procedimento. La convalida per il tramite della rimozione del vizio implica necessariamente un'illegittimità di natura "procedurale", essendo evidente che ogni diverso vizio afferente alla sostanza regolatoria del rapporto amministrativo rispetto al quadro normativo vigente risulterebbe superabile solo attraverso una modifica di quest'ultimo; ius superveniens che, in quanto riguardante il contesto normativo generale, certamente esula da concetto di "rimozione del vizio" afferente la singola e concreta fattispecie provvedimentale. Il riferimento ad un vizio procedurale astrattamente convalidabile delimita operativamente il campo semantico della successiva e connessa proposizione normativa riferita all'impossibilità di rimozione, dovendo per questa intendersi una impossibilità che attiene pur sempre ad un vizio che, sul piano astratto, sarebbe suscettibile di convalida e che, per le motivate valutazioni espressamente fatte dall'amministrazione, non risulta esserlo in concreto. Nel caso di specie, se per un verso (peraltro dirimente, a fini di inapplicabilità della norma evocata) i vizi che hanno portato all’annullamento delle sanatorie non hanno il predetto mero carattere procedurale, riguardando piuttosto la consistenza e la sostanza degli abusi, per un altro verso non appaiono oggetto di adeguata smentita le puntuali considerazioni svolte dalla sentenza appellata in merito alla insussistenza della presunta impossibilità tecnica della demolizione della porzione abusiva (piano secondo mansardato) dell’edificio. In proposito, rispetto alle relazioni tecniche di parte depositate in giudizio dall’odierno appellante, assumono rilievo preminente sia la nota del Responsabile dell’Area Governo del Territorio, Patrimonio e Demanio del Comune di Omissis prot. n. 24008 del 29 novembre 2019 (ove si rileva che “trattasi di opere di sopraelevazione, autonome ed indipendenti, la cui eliminazione anche in base alle progettazioni che versano agli atti non può ritenersi di pregiudizio né alla parte conforme dell’edificio né alle proprietà viciniori”), sia la relazione tecnica di parte prodotta dall’odierno appellato costituito, ove si illustra come il secondo piano mansardato del fabbricato in questione non sia collegato strutturalmente all’adiacente corpo di fabbrica in proprietà di V. C., cosicché la sua rimozione sarebbe insuscettibile di compromettere l’equilibrio statico di quest’ultimo». 8.3. Ciò posto, il Comune di Omissis, nel ripudiare la proposta fiscalizzazione, ha fatto buon governo delle regole applicative dell’art. 38 del d.p.r. n. 380/2001 declinate in via pretoria nelle pronunce citate sulla scorta dell’indirizzo nomofilattico sancito da Cons. Stato, ad. plen., 7 settembre 2020, n. 17, allorquando ha arrestato ogni valutazione circa la possibilità o meno del ripristino dello status quo ante al rilievo ostativo pregiudiziale della natura sostanziale - e, quindi, non emendabile in via pecuniaria - dei vizi infirmanti i giurisdizionalmente annullati PdC in sanatoria n. 4275 del 17 marzo 2015 e PdC n. 4279 del 27 marzo 2015. 8.4. Né vale a menomare il superiore approdo l’inciso, contenuto nella sentenza del Consiglio di Stato, sez. VI, n. 3204 del 29 marzo 2023, secondo cui «l’ordine di demolizione delle opere edilizie costituisce un atto dovuto, mentre la valutazione di non procedere alla rimozione delle parti abusive, nel caso in cui questa sia pregiudizievole per le parti legittime, è soltanto un'eventualità della fase esecutiva, successiva e autonoma rispetto all'ordine di demolizione». Tale inciso sta, infatti, a indicare soltanto che la monetizzazione dell’abuso esulava dalla fase di irrogazione della sanzione demolitoria - la quale aveva formato oggetto del giudizio definito con la suindicata pronuncia -, afferendo, invece, alla successiva fase della sua esecuzione. Sta, cioè, a rappresentare la carenza di interesse concreto e attuale a dolersi di una determinazione non ancora assunta né assumibile al momento dell’allora gravata ordinanza di demolizione n. 2091 del 6 agosto 2019. 8.5. Ad ulteriore ripudio delle proposizioni attoree, è appena il caso di rammentare che la Sezione, nella sentenza n. 1934 del 14 dicembre 2020, ha affermato anche che: «... l’invocata fiscalizzazione ex art. 38 del d.p.r. n. 380/2001 neppure sarebbe configurabile, allorquando a formare oggetto dell’annullamento giurisdizionale sia non già un titolo edilizio rilasciato preventivamente alla realizzazione dell’intervento in progetto, bensì - come, appunto, nella specie - un titolo edilizio rilasciato in sanatoria, posteriormente alla realizzazione di opere abusive, rispetto al cui mantenimento in loco non è ragionevolmente predicabile la generazione di alcun legittimo affidamento in favore del relativo autore o proprietario. In questo senso, TAR Campania, Napoli, sez. VIII, 21 novembre 2016, n. 5364 ha statuito che: “L'art. 38 del d.p.r. n. 380/01, prevedendo una ipotesi di sanatoria mediante pagamento di una sanzione pecuniaria per le ipotesi di annullamento del permesso di costruire, è volto a tutelare l'affidamento del soggetto che abbia edificato in virtù di titolo edilizio solo successivamente annullato. Detto disposto normativo non può trovare applicazione nel caso in cui le opere siano state realizzate ab initio ‘sine titulò, rilasciato solo successivamente a sanatoria e annullato in sede giurisdizionale, in quanto difettano i presupposti per la tutela dell'affidamento dell'istante (Cons. Stato, Sez. VI, 10 ottobre 2014, n. 5261)”». Stante la natura plurimotivata del provvedimento del 1° giugno 2023, prot. n. 12303, l’acclarata legittimità del rilievo di inapplicabilità dell’art. 38 del d.p.r. n. 380/2001 ai titoli edilizi infirmati da vizi sostanziali induce a predicare l’inammissibilità del profilo di censura rubricato retro, sub n. 3.c, e rivolto avverso l’ulteriore rilievo di emissione dell’ordinanza di demolizione n. 2162 del 29 maggio 2023: ciò, in quanto, in presenza di un atto sorretto da autonome ragioni giuridico-fattuali, è bastevole l’intangibilità anche di una sola delle argomentazioni poste a suo fondamento, perché l’atto medesimo possa resistere al richiesto sindacato giurisdizionale su di esso, con conseguente assorbimento - per carenza di interesse e per finalità di economia processuale - delle censure dirette a contestare ogni ulteriore nucleo motivazionale del provvedimento gravato. Non riveste, infine, portata invalidante la denunciata obliterazione del preavviso ex art. 10 bis della l. n. 241/1990 (cfr. retro, sub n. 3.d). Al riguardo, giova rammentare che l'ultimo periodo dell'art. 21 octies, comma 2, della l. n. 241/1990, come modificato dall'art. 12, comma 1, lett. i, del d.l. n. 76/2020, conv. in l. n. 120/2020, stabilisce che «la disposizione di cui al secondo periodo non si applica al provvedimento adottato in violazione dell'articolo 10 bis». Nei casi di violazione dell'art. 10 bis della l. n. 241/1990, è, cioè, esclusa l'applicazione del solo secondo periodo dell'art. 21 octies, comma 2, della l. n. 241/1990, a tenore del quale «il provvedimento amministrativo non è comunque annullabile per mancata comunicazione dell'avvio del procedimento qualora l'amministrazione dimostri in giudizio che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato». Rimane, invece, applicabile la disposizione contenuta nel primo periodo dell’art. 21 octies, comma 2, della l, n. 241/1990, in base alla quale «non è annullabile il provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti qualora, per la natura vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato». In questo senso, il Cons. Stato, sez. III, 29 luglio 2022, n. 6708 e 23 dicembre 2022, n. 11289 ha precisato che solo in caso di provvedimento discrezionale l'eventuale violazione dell'art. 10 bis della l. n. 241/1990 determina l'annullamento del provvedimento, così inquadrando la portata dell'art. 21 octies, nella versione successiva alla riforma di cui all'art. 12, comma 1, lett. i, del d.l. n. 76/2020. Ed invero, seppure la centralità del contraddittorio procedimentale consente l'emersione di fatti e circostanze che, sottoposte alla valutazione dell'amministrazione, possono indurre ad una favorevole conclusione del procedimento, questo aspetto diviene recessivo quando, in presenza di specifici presupposti individuati dal legislatore, una sola può essere la scelta legittima dell'amministrazione in conformità con la legge (cfr. TAR Campania, Napoli, sez. VI, 2 febbraio 2023, n. 752). Nello stesso senso, TAR Campania, Napoli, sez. VIII, 22 agosto 2023, n. 4838 ha affermato che: «Le previsioni di cui all'art. 10 bis l. n. 241/1990 devono essere coordinate con quelle di cui all'art. 21 octies, comma 2, l. n. 241/1990. Il primo periodo del comma due del predetto art. 21 octies opera tuttora in relazione alla violazione procedimentale del menzionato art. 10 bis. Ciò anche dopo le modifiche introdotte dall'art. 12, comma 1, lett. i, del d.l. n. 76/2020, convertito con modificazioni dalla l. n. 120/2020, le quali incidono propriamente sull'applicazione del secondo periodo del comma due dell'art. 21 octies L. n. 241/1990 in esame, secondo cui "non è annullabile il provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti qualora, per la natura vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato [...]". La lettura coordinata dei menzionati artt. 10 bis e 21 octies, comma 2, l. n. 241/1990, esclude che il provvedimento sia annullabile qualora, per la natura vincolata o comunque per la dimostrata non modificabilità del suo contenuto dispositivo, in sede di riedizione del potere non si potrebbe addivenire ad una decisione differente da quella in concreto adottata. In questi casi, l'attivazione del contraddittorio procedimentale - per il tramite della comunicazione dei motivi ostativi all'accoglimento dell'istanza - risulterebbe non utile, in quanto non contribuirebbe in alcun modo a modificare il contenuto sostanziale della decisione. Ne consegue che l'annullamento del provvedimento negativo in relazione esclusivamente al vizio formale della mancata comunicazione del preavviso di rigetto ed una volta accertata l'infondatezza della pretesa sostanziale azionata dal privato, si tradurrebbe in un'antieconomica duplicazione di attività amministrativa, tenuto conto che, dopo la caducazione dell'atto impugnato, nella fase di riedizione del potere, la nuova decisione da assumere non potrebbe avere un contenuto ed un dispositivo diverso da quello proprio della decisione annullata (cfr. Cons. Stato, sez. II, 18 marzo 2020, n. 1925; 12 febbraio 2020, n. 1081; 17 settembre 2019, n. 6209; sez. III, 19 febbraio 2019, n. 1156; sez. IV, 11 gennaio 2019, n. 256 e 27 settembre 2018, n. 5562...)». Ebbene, nel caso in esame, alla luce delle considerazioni svolte, il diniego di fiscalizzazione dell'abuso, siccome fondato sul rilievo oggettivo e preclusivo della natura sostanziale dei vizi infirmanti i titoli edilizi giurisdizionalmente annullati, costituiva l'esito vincolato del procedimento, con la conseguenza che il provvedimento in questa sede impugnato non può essere annullato, pur in difetto del preavviso di rigetto (cfr., in termini, TAR Umbria, Perugia, 2 aprile 2024, n. 225). In conclusione, alla luce delle considerazioni svolte, il ricorso in epigrafe va, nel complesso, respinto. Quanto alle spese di lite, appare equo compensarle interamente tra le parti. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania, Sezione staccata di Salerno (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando, respinge il ricorso in epigrafe. Spese compensate. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Salerno nella camera di consiglio del giorno 30 aprile 2024 con l'intervento dei magistrati: Nicola Durante - Presidente Olindo Di Popolo - Consigliere, Estensore Laura Zoppo, Referendario L'ESTENSORE IL PRESIDENTE Olindo Di Popolo Nicola Durante IL SEGRETARIO

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania Sezione Terza ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 1554 del 2021, integrato da motivi aggiunti, proposto da Impresa Individuale "Ma. An.", in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati An. Br., Al. La Gl., Va. Br., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio En. Bo. in Napoli, via (...); contro Regione Campania, in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Be. Dell'I. (avvocatura regionale), con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; nei confronti Vi. D'A. ed altri, Azienda Agricola De Ma. S.r.l. - Società Agricola ed altre, non costituiti in giudizio; La Fo. Società Agricola S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Ro. Ma., Gi. Sa., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; per l'annullamento A)per quanto riguarda il ricorso introduttivo: a) del decreto dirigenziale della Regione Campania n. 21 del 27.1.2021, pubblicato sul B.U.R.C. n. 11 dell'1.2.2021, con il quale è stata approvata la Graduatoria Unica Regionale Definitiva del "Programma di Sviluppo Rurale Campania 2014-2020. Misure non connesse alla superficie e/o animali. Misura 5 - Tipologia di intervento 5.1.1. Azione A "Riduzione dei danni da avversità atmosferiche sulle colture e del rischio di erosione in ambito aziendale", nella parte in cui la domanda di sostegno presentata dalla ricorrente è stata graduata al 14° posto complessivo e ricompresa nell'elenco delle "domande ammissibili ma non finanziabili per esaurimento della dotazione finanziaria del bando", con il punteggio complessivo di 54 punti; b) del verbale dell'U.O.D. Servizio Territoriale Provinciale di Avellino della Giunta Regionale della Campania del 21.11.2019, a firma del Tecnico Istruttore che ha esaminato la domanda di sostegno presentata dalla ricorrente, contenente la "proposta" di attribuzione del punteggio, rilasciato in sede di accesso agli atti, nonché, ove e per quanto occorra, anche della nota di trasmissione dello stesso Ufficio prot. n. 0185673 del 7.4.2020; c) dell'atto dell'Autorità di Gestione - Regione Campania (prot.AGEA.ASR.2019.1760177 del 25.11.2019), contenente la "check list istruttoria della domanda di sostegno" presentata dalla ricorrente, rilasciato in sede di accesso agli atti; d) di ogni altro provvedimento e/o verbale assunto dall'Autorità di Gestione - Regione Campania, con i quali si sarebbe provveduto all'attribuzione del punteggio alla domanda di sostegno presentata dalla ricorrente, nonché di tutta l'eventuale e ulteriore documentazione che fosse stata posta a fondamento della decisione di non assegnarle l'ulteriore punteggio di 15 punti per il sub-criterio di selezione di cui all'articolo 11 del bando di attuazione (ad oggetto la "superficie aziendale a rischio rispetto alla SAU aziendale (la SAU è rilevata dal fascicolo aziendale)", atti non conosciuti, con espressa riserva di motivi aggiunti; e) di ogni altro provvedimento regionale che sia, eventualmente, intervenuto dopo la pubblicazione del bando di attuazione del 2019 e che abbia fissato una nuova, diversa e più stringente modalità di attribuzione del punteggio per il sub-criterio di selezione in oggetto, atto non conosciuto, con espressa riserva di motivi aggiunti; f) di ogni altro atto istruttorio che sia stato, comunque, assunto nel corso dell'esame e della valutazione della domanda di sostegno presentata dalla ricorrente, atto non conosciuto, con espressa riserva di motivi aggiunti; g) ove e per quanto occorra, della nota dell'U.O.D. Servizio Territoriale Provinciale di Avellino della Giunta Regionale della Campania prot. n. 0157567 dell'11.3.2020, di parziale riscontro all'istanza di accesso agli atti presentata dalla ricorrente; h) ove e per quanto occorra, del decreto dirigenziale della Regione Campania n. 11 del 31.1.2020, con il quale è stata approvata la Graduatoria Provinciale Provvisoria delle domande di sostegno per la Provincia di Avellino; i) ove e per quanto occorra, del bando di attuazione della tipologia di intervento 5.1.1. - Azione A e dei relativi allegati, approvato con decreto dirigenziale della Regione Campania n. 29 del 4.3.2019, poi rettificato e integrato con successivo decreto dirigenziale n. 35 del 6.3.2019, nella parte in cui, all'articolo 11, dovesse eventualmente essere letto e/o interpretato nel senso che il punteggio di 15 punti, ivi previsto per il sub-criterio di selezione (ad oggetto la "superficie aziendale a rischio rispetto alla SAU aziendale (la SAU è rilevata dal fascicolo aziendale)" avrebbe potuto essere attribuito soltanto alle domande di sostegno che avessero proposto opere e/o interventi specificamente finalizzati alla "riduzione dei danni da grandine sulle produzioni agrarie"; j) di tutti gli atti presupposti, connessi, collegati e conseguenziali; nonché per l'accertamento del diritto della ricorrente a vedere la sua domanda di sostegno classificata al 6° posto complessivo della graduatoria regionale e ricompresa nell'elenco delle "domande ammissibili e finanziabili", con il punteggio complessivo corretto di 69 punti; B) Per quanto riguarda i motivi aggiunti presentati il 16/7/2021: 1) del decreto dirigenziale n. 170 del 17.5.2021, assunto dalla Direzione Generale per le Politiche Agricole, Alimentari e Forestali della Giunta Regionale della Campania - Settore Territoriale Provinciale di Avellino, pubblicato sul B.U.R.C. n. 51 del 24.5.2021, con il quale sono stati rettificati gli elenchi già allegati al precedente D.D. n. 21 del 27.1.2021 e, segnatamente, l'elenco regionale definitivo delle "domande ammissibili e finanziabili" (allegato 1), l'elenco regionale definitivo delle "domande ammissibili e non finanziabili per esaurimento della dotazione finanziaria del bando" (allegato 2), l'elenco regionale definitivo delle "domande non ammissibili a valutazione" (allegato 3) e l'elenco regionale definitivo delle "domande non ammissibili per mancato raggiungimento punteggio minimo" (allegato 4), nella parte in cui la domanda di sostegno presentata dalla ricorrente è stata, ora, graduata all'11° posto complessivo e ricompresa nell'elenco delle "domande ammissibili e non finanziabili per esaurimento della dotazione finanziaria del bando" (allegato 2), sempre con il punteggio di 54 punti; 2) dell'elenco delle "domande ammissibili e non finanziabili per esaurimento della dotazione finanziaria del bando" (allegato 2), nella parte in cui la domanda di sostegno dell'azienda "La Ru. - Società agricola semplice" è stata classificata al 3° posto con il punteggio complessivo di 74 punti; 3) dei provvedimenti e dei verbali assunti dall'Autorità di Gestione - Regione Campania, con i quali, anche in sede di riesame, la domanda di sostegno dell'azienda "La Ru. - Società agricola semplice" è stata valutata ammissibile e finanziabile, invece che essere esclusa ovvero giudicata non ammissibile a valutazione; 4) di ogni altro atto istruttorio che sia stato, comunque, assunto nel corso dell'esame e della valutazione della domanda di sostegno presentata dall'azienda "La Ru. - Società agricola semplice"; 5) dell'elenco delle "domande ammissibili e non finanziabili per esaurimento della dotazione finanziaria del bando" (allegato 2), nella parte in cui la domanda di sostegno dell'azienda "Fu. Ma." è stata classificata al 5° posto con il punteggio complessivo di 68 punti; 6) dei provvedimenti e dei verbali assunti dall'Autorità di Gestione - Regione Campania, con i quali, anche in sede di riesame, la domanda di sostegno dell'azienda "Fu. Ma." è stata valutata ammissibile e finanziabile, invece che essere esclusa ovvero non ammissibile a valutazione; 7) di ogni altro atto istruttorio che sia stato, comunque, assunto nel corso dell'esame e della valutazione della domanda di sostegno presentata dall'azienda "Fu. Ma."; 8) ove e per quanto occorra, delle note dirigenziali prot. n. 2021.0157706 del 23.3.2021 e prot. n. 2021.018806 del 2.4.2021, con le quali è stata disposta e comunicata l'attività di verifica della regolarità di attribuzione del punteggio delle domande di sostegno, richiamate nell'anzidetto decreto dirigenziale regionale n. 170/2021; 9) ove e per quanto occorra, della proposta di rettifica della Graduatoria Unica Regionale Definitiva (già approvata con D.D. n. 21 del 27.1.2021) di cui alla nota dirigenziale prot. n. 2021.0256803 del 12.5.2021. Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati; Vista l'ordinanza cautelare n. 830 del 29.4.2021; Visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione Campania e de La Fo. Società Agricola S.r.l.; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 7 maggio 2024 la dott.ssa Maria Barbara Cavallo e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO e DIRITTO 1.Con ricorso notificato il 30.3.2021 l'impresa "Ma. An." (in seguito: l'Impresa An.) ha impugnato i provvedimenti indicati in epigrafe, contestando l'attribuzione di un punteggio errato e non utile per l'ammissione nella graduatoria dei progetti finanziabili in relazione alla tipologia di bando regionale al quale ha partecipato. Espone di aver presentato la domanda di sostegno per la misura/tipologia di intervento 5.1.1. del P.S.R. Campania 2014-2020 (che ha acquisito il numero 94250097212 e il protocollo AGEA.ASR.2019.0395283 del 6.5.2019), con la quale ha chiesto un contributo complessivamente pari ad Euro 214.561,48. Il riferimento è al bando Azione A (e relativi allegati) avente ad oggetto "riduzione dei danni da avversità atmosferiche sulle colture e del rischio di erosione in ambito aziendale", poi rettificato e integrato con successivo decreto dirigenziale n. 35 del 6.3.2019. L'art. 5 del bando prevede che la tipologia di intervento sostiene la realizzazione di investimenti aziendali destinati alla: - riduzione dei danni da grandine sulle produzioni agrarie attraverso il finanziamento di interventi aziendali tesi a dotare le aziende di impianti di rete antigrandine; - prevenzione del rischio di dissesto idrogeologico del suolo attraverso il finanziamento di opere di ingegneria naturalistica (quali ad esempio: viminate, fascinate, palizzate, ecc.) e/o canali di scolo, tese alla prevenzione del rischio di erosione e dissesti localizzati, che potrebbero verificarsi a seguito di avversità atmosferiche". La domanda della ricorrente è stata valutata come ammissibile e inserita nella graduatoria provinciale provvisoria per la Provincia di Avellino approvata con decreto dirigenziale della Regione Campania n. 11 del 31.1.2020, con punteggio di 54 punti e non già dei 69 punti ipotizzati, in quanto non sono stati attribuiti i 15 punti relativo all'obiettivo B "prevenzione dei danni da grandine sulle produzioni agrarie" IC21955, in quanto la regione ha ritenuto che nel progetto di investimento non è previsto nessun intervento che giustifica l'attribuzione di tale punteggio. Pertanto, tale domanda non è rientrata nell'ambito delle domande finanziabili, ma è stata, invece, classificata al 14° posto complessivo della graduatoria regionale definitiva e ricompresa nell'elenco delle "domande ammissibili ma non finanziabili per esaurimento della dotazione finanziaria del bando"), laddove con il punteggio che ritiene di meritare si sarebbe classificata al sesto posto complessivo della graduatoria regionale definitiva (con 69 punti) e, quindi, la sua domanda sarebbe ampiamente rientrata tra quelle "ammissibili e finanziabili" (che, invero, sono in tutto pari a 10). 2. L'Impresa An. ha quindi impugnato i provvedimenti per i seguenti motivi. Con un primo ordine di censure, ritiene illegittima la mancata attribuzione dei 15 punti previsti per il criterio A2) di cui all'art. 11 del bando, in quanto, nell'ambito del più ampio criterio o principio di selezione del "maggior rischio", dovevano essere assegnati, in misura fissa e automatica, 15 punti per il sub-criterio in oggetto che era riferito al parametro generale della "superficie aziendale a rischio rispetto alla Sau aziendale (la Sau è rilevata dal fascicolo aziendale)" e corrispondeva all'ipotesi specifica della "SAU rischio/SAU aziendale totale > 30%". Il bando prevedeva che "per SAU aziendale a rischio si intende la somma delle SAU a vite, fruttiferi, floricole e ortive in campo pieno presenti in azienda", consentendo, in tal modo, di computare tutte le superfici colturali delle aziende agricole che avrebbero presentato la domanda di sostegno, e la ricorrente, avendo dimostrato che la superficie aziendale soggetta a rischio (e, cioè alle "avversità atmosferiche sulle colture", così come si legge all'art. 2, comma 1, del bando di attuazione) era superiore al 30% della superficie aziendale totale, avrebbe dovuto beneficiare in automatico del punteggio. Nel caso di specie, la superficie in questione era superiore al 65%, ma il punteggio non sarebbe stato attribuito dalla Regione in quanto l'azienda non avrebbe posto in essere alcun intervento per la riduzione dei danni da grandine, e ciò in quanto tale obbligo non era imposto dal bando (non vi era alcun obbligo per la ricorrente di presentare un progetto che, oltre alle opere di ingegneria naturalistica effettivamente proposte per la mitigazione del rischio idrogeologico e dell'erosione del suolo, comprendesse anche reti o impianti antigrandine). La ricorrente prospetta che il criterio del maggior rischio fosse ricollegabile soltanto alle caratteristiche intrinseche dei terreni e delle superfici aziendali dell'impresa agricola proponente a seconda di un minore o maggiore grado di rischio, sia ai fini del dissesto idrogeologico (sub-criterio A1), prendendosi in considerazione il parametro della "ubicazione della maggior parte della superficie aziendale oggetto di intervento" all'interno delle aree a rischio o pericolosità come classificate nei Piani per l'Assetto Idrogeologico (cd. PSAI), sia ai fini della prevenzione dei danni alle produzioni agricole (sub-criterio A2), prendendosi in considerazione, in tal caso, il parametro della "superficie aziendale a rischio rispetto alla SAU aziendale", come rilevata dal fascicolo aziendale dell'impresa. 3. Si è costituita la Regione Campania, insistendo per il rigetto del ricorso alla luce della corretta interpretazione da dare al bando. 4. Si è costituita La Fo. Società Agricola srl, in qualità di controinteressata, chiedendo il rigetto del ricorso. 5. Con ordinanza 830 del 2021 (non gravata in appello) questa Sezione ha respinto l'istanza di sospensione cautelare dei provvedimenti impugnati. 6. Con motivi aggiunti notificati il 16.7.2021, Impresa An. ha impugnato il decreto dirigenziale n. 170 del 17.5.2021, con il quale sono stati rettificati in autotutela gli elenchi già allegati al precedente D.D. n. 21 del 27.1.2021 nella parte in cui la domanda di sostegno presentata dalla ricorrente è stata, ora, graduata all'11° posto complessivo e ricompresa nell'elenco delle "domande ammissibili e non finanziabili per esaurimento della dotazione finanziaria del bando" (allegato 2), sempre con il punteggio di 54 punti. Oltre a proporre censure di illegittimità derivata, ha altresì impugnato tale elenco nella parte in cui la domanda di sostegno dell'azienda "La Ru. - Società agricola semplice" è stata classificata al 3° posto con il punteggio complessivo di 74 punti, invece che essere esclusa ovvero giudicata non ammissibile a valutazione e nella parte in cui la domanda di sostegno dell'azienda "Fu. Ma." è stata classificata al 5° posto con il punteggio complessivo di 68 punti, invece che essere esclusa ovvero non ammissibile a valutazione. Infatti, a seguito di una complessiva rivalutazione delle richieste di riesame, la graduatoria è stata riformulata, e sono state ammesse anche aziende in un primo tempo escluse, mentre altre lo sono state definitivamente. Impresa An. ha mantenuto il punteggio di 54 collocandosi all'11 posto della graduatoria, che ha sancito la finanziabilità delle prime otto imprese classificate. Per tale motivo, essa ha chiesto l'annullamento della graduatoria con riguardo a due domande di due imprese che la precedono, per essere prive dei requisiti di partecipazione, e precisamente: a)la domanda di sostegno dell'azienda "La Ru. - Società agricola semplice", per la quale la Regione Campania aveva inizialmente rilevato eccepito la mancanza del parere della competente Autorità di Bacino e, quindi, la non ammissibilità dell'istanza, che sarebbe stata riammessa illegittimamente in quanto il permesso di costruire - rilasciato dal Comune di (omissis) (BN) sul progetto esecutivo oggetto dell'istanza non è stato preceduto dall'acquisizione del preventivo parere dell'Autorità di Bacino dei Fiumi Liri Garigliano e Vo.; b)la domanda di sostegno dell'azienda "Fu. Ma.", per la quale la Regione Campania aveva eccepito una serie di gravi criticità e anomalie e, quindi, la non ammissibilità dell'istanza, che avrebbe dovuto rimanere esclusa dalla graduatoria e non poteva esservi riammessa, perché mancante del necessario parere dell'Ente Parco Regionale del (omissis), che non risulta acquisito; inoltre il progetto, alla data di presentazione della domanda di sostegno (3.5.2019) non era munito di tutte le necessarie autorizzazioni, pareri e nullaosta previsti dalla normativa vigente, in quanto la C.I.L.A. per gli interventi previsti è stata riconosciuta conforme dal Comune di (omissis) (BN) soltanto in data 7.8.2020 e, in ogni caso, in relazione a tale titolo edilizio, era stato tardivamente acquisito sia il parere della Soprintendenza che risulta, invero, datato 24.9.2019, sia l'autorizzazione paesaggistica comunale n. 01/2019 che risulta datata 3.10.2019 e, cioè, ben oltre la data di presentazione della domanda di sostegno e, quindi, ampiamente fuori termine, Poiché la dotazione finanziaria del bando di attuazione è pari all'importo complessivo di Euro 1.250.492,79 (art. 4 del bando: doc. n. 8 della produzione del 14.4.2021) e poiché, per effetto della esclusione delle due aziende "La Ru. - Società agricola semplice" e "Fu. Ma.", il nuovo importo complessivo ammesso a contributo, sempre per le prime otto domande di sostegno, sarebbe, invece, pari ad Euro 1.080.949,22, vi sarebbe ampiamente la capienza anche per finanziare l'intera domanda di sostegno della ricorrente, in quanto Euro 1.080.949,22 (che è la somma totale delle prime otto domande) + Euro 160.000,00 (che è l'importo della domanda dell'impresa "An. Ma.") arriverebbe a un totale di euro 1.240.949,22. 7. In vista del merito, la Regione, che aveva depositato una memoria in risposta ai motivi aggiunti di parte ricorrente, ha depositato un ulteriore atto difensivo. Anche il ricorrente ha depositato memoria di replica. 8. All'udienza del 7 maggio 2024, la causa è passata in decisione. 9. Il ricorso principale va respinto. Già con ordinanza cautelare n. 830/2021 questa Sezione aveva chiarito che la specifica ragione di non attribuzione del punteggio aggiuntivo richiesto (15 punti), con la conseguente collocazione tra le domande ammissibili ma non finanziabili, fosse la mancata presentazione di misure specifiche per la "riduzione dei danni da grandine". Tale motivazione del provvedimento regionale va considerata legittima, per effetto del raffronto tra Bando relativo alla Misura de quo (doc. 8 prod. ricorrente) e domanda presentata dalla impresa ricorrente (doc. 10 prod. ricorrente), posto che: a)il Bando della Misura 5, Tipologia di Intervento 5.1.1 azione A "Riduzione dei danni da avversità atmosferiche sulle colture e del rischio di erosione in ambito aziendale" (approvato con successivo DRD n. 29 del 04/03/2019) espressamente stabilisce (art. 2 - "Obiettivi e finalità ", pag. 3) che "gli investimenti previsti con l'azione A della presente tipologia d'intervento sono tesi alla: a) riduzione dei danni da grandine sulle produzioni agrarie attraverso il finanziamento di interventi aziendali tesi a dotare le aziende di impianti di reti antigrandine; b) prevenzione del rischio di dissesto idrogeologico del suolo rilevabili in ambito aziendale attraverso l'attivazione, nelle aree a rischio o pericolo idro-geologico elevato/molto elevato (...) di sistemazioni idraulico - agrarie, attuate con tecniche di ingegneria naturalistica (quali ad esempio: viminate, fascinate, palizzate etc.), tese alla prevenzione del rischio di erosione e dissesti localizzati"; b)il suddetto Bando, all'art. 8, stabilisce che le spese ammissibili al sostegno sono esclusivamente: i) reti antigrandine e relativi impianti; ii) opere di ingegneria naturalistica (quali, ad esempio, viminate, fascinate, palizzate) e/o le opere di canali di scolo; iii) spese generali, nei limiti dell'importo della spesa ammessa (es. onorari per tecnici e consulenti); c)in base all'art. 11 la valutazione dei progetti avviene secondo parametri di valutazione esposti in una griglia ancorata a quattro principi tra i quali il primo, quello del maggior rischio (che vale complessivamente 40 punti) è stato a sua volta suddiviso in due parti (A1 e A2) corrispondenti a due obiettivi (A1 -obiettivo a) prevenzione del dissesto idrogeologico; A2 obiettivo b) prevenzione dei danni sulle produzioni agrarie) che non sono in alcun modo alternativi tra loro, sicchè i richiedenti ben potevano presentare progetti di investimento che riguardassero ambedue le tipologie di "prevenzione"; d)nella domanda di partecipazione della impresa ricorrente, il "Quadro E - Piano degli interventi" (pag. 4) prevede una Sezione I dedicata ai " Dati dell'intervento", che corrisponde alla Azione per la quale è stata presentata la domanda ("Azione A: riduzione dei danni da avversità atmosferiche sulle colture e del rischio di erosione in ambito aziendale", corrispondente a una spesa complessiva con IVA di euro 261.765,00 e a un contributo totale richiesto di euro 171.649,19) e successivamente una Sezione II dedicata ai " Dati del sottointervento" che, per come è stata compilata dall'impresa ricorrente, ne comprende solamente due: un primo (pag. 4), con codice 0002, "prevenzione del rischio di dissesto idrogeologico del suolo", per una spesa con IVA pari a euro 237.968,22, e un contributo pari a 156.044,74; un secondo (pag. 5) con Codice 0003 - "spese generali", per una spesa con IVA pari a euro 23.796,78 e contributo richiesto pari a euro 15.604,45; e) nel Quadro F (Riepi Voci di Spesa Richieste) (pag. 7) il primo Sottointervento viene descritto come " costruzione, acquisizione, incluso il leasing, o miglioramento di beni immobili"; 9.1. Il Collegio ritiene che da quanto sopra illustrato emerga con assoluta chiarezza che gli obiettivi A1) e A2) relativi al primo criterio di selezione, sono stati sviluppati dalla Impresa attraverso misure di investimento relative al solo criterio A1 (prevenzione dissesto) ma non al criterio A2 (prevenzione danni), corrispondenti a loro volta rispettivamente il primo alle misure di tipo b) dell'art. 2 del bando stesso (sistemazioni idraulico - agrarie, attuate con tecniche di ingegneria naturalistica), il secondo alle misure di tipo a) dell'art. 2 (reti antigrandine), anche se, nella redazione della griglia, tali misure-obiettivo risultano invertite, presumibilmente per una svista dei redattori alla quale non può essere attribuita alcuna rilevanza, stante il tenore letterale inequivocabile dell'art. 2 del bando in relazione agli artt. 8 e 11. Pertanto, da un lato appare corretta la mancata attribuzione del punteggio massimo, pari a punti 15, di cui al criterio di selezione "Maggior rischio" A2), art. 11 del bando, rubricato "obiettivo b) prevenzione dei danni sulle produzioni agrarie", mancando la richiesta di un sottointervento avente ad oggetto specificamente le " reti antigrandine"; dall'altro, non è condivisibile la tesi di parte ricorrente, circa l'attribuzione di 15 punti in virtù del solo rapporto percentuale tra SAUrischio/SAU totale (che invece è un mero criterio di calcolo) - svincolando il sub criterio A2 dagli interventi finalizzati al perseguimento dell'obiettivo B) - "prevenzione dei danni sulle colture agrarie presenti in azienda", anche perché si finirebbe per valutare due volte un medesimo elemento (estensione della SAU a rischio) rispetto allo stesso obiettivo A). 9.2. Anche la circostanza, prospettata dalla ditta, di aver conseguito una valutazione positiva per tutti gli elementi riportati nella check list istruttoria del 25.11.2019, non è rilevante. Infatti, si condivide la tesi fatta propria dalla Regione nella memoria difensiva per cui l'"esito positivo" al requisito "l'intervento di realizzazione di impianti di rete antigrandine ricade nel territorio regionale" è frutto di un errore materiale del tecnico istruttore, al quale non è stato, infatti, attribuito punteggio. Tale requisito era indicato con il codice EC 14372 ("L'intervento di realizzazione di impianti di reti antigrandine ricade nel territorio regionale") e avrebbe dovuto essere valutato come " non pertinente" in quanto il progetto di investimento della ricorrente non contempla alcuna opera tesa alla realizzazione di impianti di rete antigrandine, ma solo opere di ingegneria naturalistica. E infatti, il diverso requisito indicato con il codice EC 14376 - "Gli interventi per la realizzazione delle opere di ingegneria naturalistica e/o canali di scolo ricadono nelle aree a rischio o pericolo idrogeologico individuate dai Piani Stralcio di Assetto Idrogeologico" - è stato correttamente valutato "POSITIVO" in quanto le aree oggetto d'intervento ricadono in aree a rischio o pericolosità elevato molto elevato R4/P4. La circostanza, allora, pure dedotta nel ricorso, circa la valutazione positiva che nella check list è stata data al requisito EC 14372 - è ininfluente rispetto ai punteggi attribuiti alla ricorrente in ragione del tipo di investimento proposto, sulla base della griglia valutativa di cui all'art. 11 del bando di misura. Ciò è confermato dai documenti prodotti in giudizio dalla Regione nel 2024: il Dirigente STP di Avellino, con nota n. 222603 del 26/04/2021 (prod. regione del 29.2.2024), disponeva in autotutela la riapertura dell'istruttoria tesa alla verifica e alla correttezza dei punteggi attribuiti in sede di valutazione della domanda di sostegno, bar code n. 94250097212, presentata dalla ricorrente. A seguito della succitata istruttoria, al requisito indicato con il codice EC 14372 il tecnico istruttore ha inserito l'esito "NON PERTINENTE", generando la check list di istruttoria n. AGEA.ASR.2021.0596201 del 04/05/2021 e confermando il punteggio 54 (cfr. deposito del 29.2.2024). 10. Vanno respinti anche i motivi aggiunti. La ricorrente lamenta l'illegittimità dell'ammissione alla procedura selettiva di due domande di sostegno - presentate dalle aziende "La Ru." e "Fu. Ma.. In particolare, quanto alla domanda presentata dalla ditta "La Ru.", si afferma che la stessa non avrebbe dovuto essere ammessa in ragione dell'assenza del parere preventivo dall'Autorità di Bacino dei Fiumi Li. - Ga. e Vo. rispetto al permesso di costruire rilasciato dal Comune di (omissis) (BN). 10.1. Tale prospettazione non può essere accolta. Va premesso che la Regione ha più volte evidenziato che la causa oggetto del presente giudizio presenta gli stessi motivi della causa che vede come ricorrente l'impresa individuale "Az. di Ce. Ca." (RG 1555/2021) fissata per la trattazione sempre davanti a questa Sezione e che parte dei documenti sono depositati in quel giudizio, che vede evocati in giudizio gli stessi controinteressati. Dai documenti dell'istruttoria congiunta An. / Ce., emerge che dopo una iniziale reiezione della domanda, la Commissione regionale ha svolto istruttoria per appurare se fosse necessario o meno il "Parere dell'Autorità di Bacino", chiedendo chiarimenti allo stesso Comune di (omissis). L'UTC dell'Ente Locale, con nota del 11.01.21, prot. n. 270 (depositata nel fascicolo RG 1555/2021), ha fornito i chiarimenti richiesti spiegando che le opere assentite (previste nel progetto presentato con la domanda di sostegno) rientrassero nella casistica descritta dall'art. 3, comma 2, lettere F) e G) delle Norme di Attuazione del PsAI-Rf (Piano stralcio per l'assetto idrogeologico) approvato dall'Autorità di Bacino competente (Li. - Ga. e Vo.): il permesso di costruire n. 3624 del 02.05.19 rilasciato alla ditta "La Ru. Società Agricola semplice" era stato rilasciato in deroga al parere preventivo dall'Autorità di Bacino (Li. - Ga. e Vo.), così come previsto dalla citata normativa. A mente di quest'ultima, infatti, "Al fine del raggiungimento degli obiettivi di cui al comma 1 è vietata qualunque trasformazione dello stato dei luoghi, sotto l'aspetto morfologico, infrastrutturale ed edilizio tranne che si tratti di: (...) F) interventi atti all'allontanamento delle acque di ruscellamento superficiale e che incrementano le condizioni di stabilità dell'area in frana; G) opere di bonifica e sistemazione dei movimenti franosi.." Pertanto, la Commissione ha accolto l'istanza di riesame presentata dalla ditta "La Ru." e ha ritenuto ammissibile la relativa domanda di contributo, posizionandosi al 3° posto della Graduatoria Unica Regionale Rettificata con DRD n. 170 del 17/05/2021, per una spesa ammessa di Euro.189.183,50 con contributo pari a un importo di Euro 149.850,05 e un punteggio totale di 74 (a fronte di un punteggio calcolato dalla ditta in autovalutazione pari a punti 89). 11. Stesso discorso per la posizione della ditta "Fu. Ma.", la cui domanda, a detta della ricorrente, avrebbe dovuto essere dichiarata inammissibile ai sensi dell'art. 12, numero 9, del bando di selezione per: a)mancanza del necessario parere dell'Ente Parco Regionale del (omissis); b)non essere il progetto munito di tutte le necessarie autorizzazioni, pareri e nullaosta previsti dalla normativa vigente, "in quanto la C.I.L.A. è stata riconosciuta conforme dal Comune di (omissis) (BN) soltanto in data 7.8.2020 e, in ogni caso, in relazione a tale titolo edilizio, sono stati tardivamente acquisito sia il parere della Soprintendenza datato 24.9.2019, sia l'autorizzazione paesaggistica comunale n. 01/2019 datata 3.10.2019 e, cioè, ben oltre la data di presentazione della domanda di sostegno e, quindi, ampiamente fuori termine". 11.1. Si condividono le prospettazioni della difesa regionale (sempre con riferimento ai documenti versati nel fascicolo RG 1555/2021), la quale ha prospettato che all'esito dell'istruttoria avviata per effetto delle controdeduzioni della ditta, veniva appurato che la mancanza del Parere del Parco Regionale Del (omissis) non poteva determinare l'esclusone della ditta stessa in quanto, come risultava dal Fascicolo Aziendale SIAN, sezione "Territorio"- "Particelle ricadenti in zone speciali", l'area oggetto di intervento (riportata in catasto terreni: Comune di (omissis) -Foglio n. (omissis) - P.lle n. (omissis)) non ricadeva nell'Area Parco Regionale del (omissis). Tale circostanza è confermata anche dalla nota prot.n. 1698/2021 dell'Ente Parco del Taburno. Quanto alla assunta violazione del paragrafo 12 del bando da parte della ditta Fu. per avere la stessa ottenuto l'Autorizzazione Cila, il parere della Soprintendenza e l'autorizzazione paesaggistica comunale successivamente alla presentazione della domanda di sostegno, anche in tal caso la riapertura dell'istruttoria - con acquisizione di informazioni dall'UTC del Comune di (omissis) in merito alla conformità della C.I.L.A. n. 1525/2019 e alla preventiva acquisizione del parere dell'Autorità di Bacino - consentiva di appurare che il progetto esecutivo della Ditta era corredato della tempestiva richiesta di Cila, depositata al Comune di (omissis) prima della presentazione della domanda di sostegno (C.I.L.A. Prot. n. 1525 del 03/04/2019, per esecuzione lavori di "Riduzione dei danni del rischio di erosione in ambito aziendale in agro del Comune di (omissis) - in catasto Foglio (omissis) mappale n ° (omissis)"). Pertanto, anche in questo caso, la Commissione Provinciale, nella seduta del 19/01/2021, ha accolto l'istanza di riesame della ditta Fu. e la relativa domanda di aiuto è risultata ammissibile al contributo, collocandosi al 5° posto della Graduatoria Unica Regionale Rettificata con DRD n. 170 del 17/05/2021, per una spesa ammessa di Euro 186.898,21 e un contributo di Euro 149.518,57 con un punteggio totale di 68. 12. In conclusione, non essendovi più capienza di fondi, persiste l'impossibilità di assegnare il contributo alla Impresa An.. 13. Il ricorso e i motivi aggiunti sono dunque respinti. Le spese seguono il criterio della soccombenza. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania Sezione Terza, definitivamente pronunciando sul ricorso e sui motivi aggiunti, come in epigrafe proposti, li rigetta. Condanna l'Impresa individuale " Ma. An." al pagamento delle spese processuali in favore delle parti costituite, che liquida in euro 2000,00 in favore della Regione Campania e euro 1000,00 in favore de La Fo. Società Agricola s.r.l. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 7 maggio 2024 con l'intervento dei magistrati: Anna Pappalardo - Presidente Maria Barbara Cavallo - Consigliere, Estensore Rosalba Giansante - Consigliere

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI NAPOLI Sesta Sezione Civile Il Tribunale di Napoli, in composizione monocratica, nella persona della dott.ssa Roberta De Luca, lette le note di trattazione scritta depositate dalle parti; rilevato che ai sensi dell'art. 127 ter c.p.c. il giudice provvede entro trenta giorni dalla scadenza del termine per il deposito delle note; ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile iscritta al n. 19005 del Ruolo Generale per gli Affari Contenziosi dell'anno 2023, avente ad oggetto: consegna elenco condomini morosi vertente TRA (...), rappresentato e difeso, giusta procura in atti, dall'avv. Fr.La., presso il cui studio in Napoli alla (...) ha eletto domicilio; - RICORRENTE - CONTRO (...) in persona dell'amministratore e legale rappresentante pro tempore avv. Cl.D., C.F. P.IVA (...), rappresentato e difeso dall'avv. Cl.D., che ne ha la facoltà ai sensi dell'art. 82 c.p.c., e dall'avv. Pa.Ca., con domicilio eletto presso lo studio del secondo in Napoli alla (...) - RESISTENTE - RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE Con ricorso depositato in data 14.12.2023 (...) premesso di essere condomino dello stabile ubicato in Napoli alla (...), ha chiesto che fosse accertato il proprio diritto a ricevere la consegna della copia dell'estratto conto corrente del (...) relativamente ai seguenti periodi: 01.01.2017/31.12.2017 - 01.01.2018/31.12.2018 - 01.01.2020/31.12.2020 - 01.01.2021/31.12.2021, condannando il (...), nella persona dell'amministratore in carica, alla consegna della copia conforme dei suddetti documenti, fissando una sanzione ai sensi dell'art. 614 bis c.p.c. per ogni giorno di ritardo nell'esecuzione dell'obbligo e con vittoria di spese di procedura. Fissata l'udienza di comparizione delle parti, si è costituito il CP1 resistente eccependo la continenza ovvero la litispendenza con altro procedimento avente n. 10033/2022 R.G.A.C., pendente dinanzi al Tribunale di Napoli ed avente ad oggetto la consegna di ulteriore documentazione condominiale, nonché l'improcedibilità della domanda per parcellizzazione delle richieste di consegna. Ha contestato, nel merito, la fondatezza della domanda. Instaurato il contraddittorio e rinviata la trattazione al fine di consentire la consegna della documentazione richiesta dal ricorrente, nel corso dell'udienza odierna, previa discussione orale, la causa è stata discussa e decisa. Deve, in primo luogo, essere disattesa l'eccezione di litispendenza in quanto nel giudizio iscritto al n. 10033/2022 R.G.A.C. è stata richiesta la consegna di documentazione diversa ed ulteriore rispetto a quella richiesta con il presente giudizio e, segnatamente, di copia dei registri di contabilità dal 2017 al 2021; dei verbali assembleari relativi al medesimo arco temporale; dell'ultimo bilancio consuntivo approvato; del regolamento e dell'anagrafe condominiale. Com'è noto, invece, ai fini dell'applicazione dell'art. 39 c.p.c. occorre che le domande abbiano identità di petitum e di causa petendi. Per quanto concerne l'eccezione di inammissibilità della domanda per violazione dell'obbligo di buona fede e per il frazionamento della domanda, va rimarcato che le sezioni unite della Cassazione hanno affermato che: "le domande aventi ad oggetto diversi e distinti diritti di credito, benché relativi ad un medesimo rapporto di durata tra le parti, possono essere proposte in separati processi, ma, ove le suddette pretese creditorie, oltre a far capo ad un medesimo rapporto tra le stesse parti, siano anche, in proiezione, inscrivibili nel medesimo ambito oggettivo di un possibile giudicato o, comunque, fondate sullo stesso fatto costitutivo, - sì da non poter essere accertate separatamente se non a costo di una duplicazione di attività istruttoria e di una conseguente dispersione della conoscenza dell'identica vicenda sostanziale - le relative domande possono essere formulate in autonomi giudizi solo se risulti in capo al creditore un interesse oggettivamente valutabile alla tutela processuale frazionata, e, laddove ne manchi la corrispondente deduzione, il giudice che intenda farne oggetto di rilievo dovrà indicare la relativa questione ex art. 183, c.p.c., riservando, se del caso, la decisione con termine alle parti per il deposito di memorie ex art. 101, comma 2, c.p.c." (Cass. civ., ord. n. 17893 del 06.07.2018; in senso conforme Cass. civ., sent. 6591 del 07.03.2019). Ne consegue che, essendovi interesse del ricorrente all'acquisizione della documentazione richiesta e potendo l'interesse a richiedere documentazione bancaria essere sorto dopo, se non in conseguenza, della richiesta di consegna della documentazione di cui al giudizio avente n. 1033/2022 R.G.A.C., indipendentemente dalla proposizione di due autonomi giudizi non si è incorsi in alcuna inammissibilità della domanda. Passando all'esame, nel merito, della domanda, deve, conformemente alle conclusioni rassegnate, essere dichiarata la cessazione della materia del contendere, in quanto la documentazione richiesta è stata consegnata in corso di causa. Secondo la giurisprudenza di legittimità la dichiarazione di cessazione della materia del contendere è, in sostanza, un rigetto per sopravvenuta infondatezza della domanda e/o per sopravvenuta carenza di interesse - che, essendo una condizione dell'azione, deve sussistere al momento di adozione della pronuncia -. Tale dichiarazione si adotta, quindi, quando viene a mancare ogni posizione di contrasto tra le parti per essere sopraggiunti nel corso del processo eventi estintivi della controversia (Cass. 3690/1988) oppure quando, pur sopravvivendo formalmente un contrasto o comunque una domanda di parte, sono intervenute situazioni sostanziali che abbiano privato la parte di un interesse giuridicamente rilevante alla pronuncia (Cass. 8219/1996; 2970/1993; 4792/1991; 46/1990), come nei casi in cui vi sia stata una transazione, il riconoscimento della pretesa, la rinuncia all'azione, la morte della parte in azioni intrasmissibili o - come nel caso in esame - la soddisfazione della pretesa. Passando all'esame della disciplina delle spese di lite secondo il principio della soccombenza virtuale, occorre premettere, in termini generali, che gli obblighi informativi e di rilascio di copie, gravanti sull'amministratore del condominio e normativamente sanciti, sono: quello, di cui all'art. 1129, II comma, c.c., di far prendere gratuitamente visione, previa richiesta all'amministratore, e di far ottenere, previo rimborso della spesa, copia firmata dall'amministratore del registro dell'anagrafe condominiale, del registro dei verbali delle assemblee, del registro di nomina e revoca dell'amministratore e del registro di contabilità; quello, di cui all'art. 1130 n. 9) c.c., di "fornire al condomino che ne faccia richiesta attestazione relativa allo stato dei pagamenti degli oneri condominiali e delle eventuali liti in corso"; quello, di cui all'art. 1130 bis c.c., di far prendere visione ai condomini "dei documenti giustificativi di spesa in ogni tempo e estrarne copia a proprie spese". Il diritto, normativamente sancito, ad ottenere copia integrale degli estratti di conto corrente condominiale non è perciò stabilito dalla legge ma, in ogni caso, rientra nel più ampio obbligo di rendicontazione proprio dell'amministratore di condominio, dovendo dare conto della propria gestione anche con riferimento alla movimentazione delle somme afferenti alla gestione condominiale sul conto corrente a ciò dedicato. Né, tantomeno, il (...) resistente in alcun modo ha contestato l'interesse del ricorrente ad ottenere la suddetta documentazione. Non può, peraltro, essere adottato alcun ordine di consegna a carico del (...) resistente, dovendo esserne rilevato, d'ufficio, il difetto di legittimazione passiva. Trattandosi di decisione fondata su di una questione processuale, in relazione alla quale le parti hanno la facoltà "ex ante" di esercitare ampiamente il contraddittorio, non occorreva sottoporre la questione al previo contraddittorio fra le parti in causa (cfr Cass. civ., sent. n. 24312 del 16.10.2017; in senso conforme Cass. civ., ord. n. 12978 del 30.06.2020), pur essendo le parti state espressamente invitate a tanto con ordinanza di fissazione dell'odierna udienza. Com'è noto la legitimatio ad causam, attiva e passiva, consiste nella titolarità del potere e del dovere di promuovere o subire un giudizio in ordine al rapporto sostanziale dedotto in causa, mediante la indicazione di fatti in astratto idonei fondare il diritto azionato, secondo la prospettazione dell'istante, prescindendo dall'effettiva titolarità del rapporto dedotto in causa, con conseguente dovere del giudice di verificarne l'esistenza in ogni stato e grado del procedimento. La titolarità della situazione giuridica sostanziale, attiva e passiva, invece, si configura come una questione che attiene al merito della lite e rientra nel potere dispositivo e nell'onere deduttivo e probatorio della parte interessata (cfr. Cass. civ., sent. n. 14468 del 30.05.2008; Cass. civ., sent. n. 355 del 10.01.2008; Cass. civ., sent. n. 11321 del 16.05.2007; Cass. civ., sent. n. 4796 del 06.03.2006). Di conseguenza, il difetto di titolarità deve formare oggetto di specifica e tempestiva deduzione in sede di merito, mentre il difetto di legittimazione ad causam deve essere oggetto di verifica, preliminare al merito, da parte del giudice, anche d'ufficio, in ogni stato e grado del giudizio (cfr. Cass. civ., sent. n. 20819 del 26.09.2006). La legittimazione ad agire costituisce, quindi, una condizione dell'azione, una condizione per ottenere cioè dal giudice una qualsiasi decisione di merito, la cui esistenza è da riscontrare esclusivamente alla stregua della fattispecie giuridica prospettata dall'attore, prescindendo dall'effettiva titolarità del rapporto dedotto in causa. Appartiene, invece, al merito della causa, concernendo la fondatezza della pretesa, l'accertamento in concreto se l'attore e il convenuto siano, dal lato attivo e passivo, effettivamente titolari del rapporto fatto valere in giudizio. Ciò premesso, la condanna alla consegna di documentazione è stata formulata non già nei confronti dell'amministratore in proprio, bensì nei confronti del (...) in persona del suo legale rappresentante pro tempore, con conseguente evocazione in giudizio dell'ente di gestione. Orbene, nell'ambito dei rapporti interni fra condomini mandanti ed amministratore, gli obblighi di consegna della documentazione condominiale sono assunti dall'amministratore in proprio, rispondendo costui contrattualmente nei confronti dei singoli condomini dell'inadempimento delle obbligazioni derivanti per legge dall'incarico professionale conferitogli (cfr Trib. Napoli, sez. VI, ord. 15.02.2019, in Condominioelocazione.it, 9 dicembre 2019). È solo nei rapporti esterni con i terzi creditori, invece, che l'obbligazione di consegna trova quale suo titolare passivo il condominio, in persona del suo amministratore, non già l'amministratore persona fisica (cfr Corte di Appello di Napoli, sent. n. 3015 del 28.06.2022, riferita all'obbligazione di consegna di cui all'art. 63 disp. att. c.c.). Nei confronti dei terzi, infatti, gli obblighi che gravano sull'amministratore sono l'espressione del suo potere di rappresentanza del (...) e, quindi, ove inadempiuti, non comportano una sua responsabilità diretta e personale verso i terzi creditori del (...), bensì una immediata responsabilità dell'ente di gestione che egli rappresenta. Nei rapporti interni all'ente di gestione, invece, l'amministratore risponde in proprio dell'inadempimento alle obbligazioni da lui contrattualmente assunte e, del resto, nel caso in cui l'inadempimento all'obbligazione di consegna sia posto a fondamento di una domanda di revoca giudiziale, legittimato passivo rispetto alla stessa è l'amministratore di condominio, in proprio, non già l'ente di gestione da costui rappresentato. Sarebbe, del resto, non equo riversare sull'intera compagine condominiale gli oneri ed i costi dell'inadempimento dell'amministratore alle obbligazioni di consegna di documentazione in favore di uno dei condomini. In conclusione, deve essere dichiarato il difetto di legittimazione passiva del (...) resistente rispetto alla domanda azionata dalla ricorrente, con assorbimento della domanda di cui all'art. 614 bis c.p.c., evidenziandosi che è solo il soggetto "obbligato", ovvero il destinatario della domanda, non già un differente soggetto, che può essere condannato al pagamento di una somma di denaro in caso di violazione, inosservanza o ritardo nell'adempimento del provvedimento di condanna. Stanti i contrastanti orientamenti della giurisprudenza di merito in ordine al soggetto passivo della domanda di consegna di documentazione CP3 sussistono gravi ed eccezionali ragioni per compensare integralmente fra le parti le spese di lite. Ai sensi dell'art. 12 bis del D.Lgs. 28/2010, infine, il (...) il quale non ha partecipato senza giustificato motivo all'incontro di mediazione del 18/09/2023, deve essere condannato al versamento all'entrata del bilancio dello Stato di una somma di importo corrispondente al contributo unificato dovuto per il giudizio. P.Q.M. Il giudice, definitivamente pronunciando, letti gli atti del procedimento iscritto al n. 19005/2023 R.G.A.C., ogni altra domanda, eccezione e difesa disattesa, così provvede: a) dichiara la cessazione della materia del contendere; b) compensa integralmente fra le parti le spese di lite; c) condanna il (...) sito in Napoli alla (...) al versamento all'entrata del bilancio dello Stato di una somma di importo corrispondente al contributo unificato dovuto per il giudizio. Napoli, 31 maggio 2024.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale di Napoli - XI sezione civile - in persona del Giudice dott. Ciro Caccaviello, ha emesso la seguente SENTENZA nella causa civile iscritta al n. 30103 del ruolo generale degli affari contenziosi dell'anno 2019 avente ad oggetto: opposizione a decreto ingiuntivo TRA CONDOMINIO (...) VIALE D'A. 14, P. (C.F.(...)) elettivamente domiciliato in Napoli, alla Via (...), presso lo studio degli Avv.ti An.Ce. (C.F. (...)) e Lu.Me. (C.F. (...)) dai quali è rappresentato e difeso come da procura in calce all'atto di citazione OPPONENTE E DITTA (...) (P.IVA (...)) elettivamente domiciliata in Portici, alla Via Diaz n.154 presso lo studio dell'Avv. Ma.Ci. (C.F. (...)) dalla quale è rappresentata e difesa giusta procura in calce alla comparsa di costituzione. OPPOSTO NONCHÉ (...) (C.F. (...)). CONVENUTO CONTUMACE SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con atto di citazione notificato il 21.10.2019 il Condominio (...) Viale d'A. 14, P. conveniva in giudizio (...). L'opponente, premesso che: con D.I. n. 6093 del 2019 emesso in data 19-21.8.2019 il Tribunale di Napoli gli ingiungeva il pagamento della somma di Euro 21.103,97 oltre interessi e spese per lavori edili non pagati; deduceva che: in data 18.04.15 conferiva appalto alla ditta convenuta per lavori di ripristino del manto impermeabile dei terrazzi dei fabbricati condominiali, scale A e B; in data 09.10.15 deliberava i lavori di sistemazione del manto impermeabile dei parapetti e del terrazzo condominiale della scala C; non ha mai autorizzato lavori aggiuntivi sul terrazzo scala C; in merito ai lavori effettuati, la società opposta ha fatturato non facendo alcuna distinzione tra le opere effettuate a favore del Condominio e quelle a favore dei singoli condomini; le ulteriori lavorazioni basate su di un asserito stato di pericolo non sono mai state fatte oggetto di assemblea, anche al solo fine di ratificare le pretese autorizzazioni date dall'amministratore; l'inesistenza dell'obbligazione di pagamento per carenza di legittimazione passiva del condominio in merito ai lavori aggiuntivi al torrino cassa scala C e ai lavori di cui alla fattura n.(...), in quanto il Condominio autorizzava la sola esecuzione dei lavori alla scala C di cui alla Delib. del 9 ottobre 2015 e null'altro; i lavori di spicconatura dei sottobalconi e frontalini dell'intero fabbricato non si configuravano come urgenti, non sono mai stati ratificati dall'assemblea condominiale e pertanto andrebbero addebitati all'amministratore (...); d'altronde nella stessa corrispondenza intercorsa tra l'amministratore e la ditta in data 31.3.2016 si evidenziava come "eventuali lavori alle parti private resteranno a carico dei Condomini che ne avranno fatto richiesta"; i suddetti lavori di spicconatura non sono stati eseguiti a regola d'arte; chiedeva quindi in via preliminare autorizzarsi la chiamata in causa dell'amministratore (...), revocarsi l'opposto decreto e, nella denegata ipotesi di accoglimento dell'istanza dell'opposta, condannarsi (...) al pagamento di tutto quanto eventualmente dovuto, manlevando il condominio stesso, il tutto con vittoria di spese ed attribuzione. Si costituiva ritualmente l'opposta e contestava la domanda dell'opponente, deducendo che: la domanda non è procedibile per il mancato espletamento del procedimento di mediazione obbligatoria, giusta art. 1 D.L. 9 agosto 2013, n. 98; il credito vantato dall'opposta è certo, liquido ed esigibile; la fattura n.(...) allegata al ricorso per decreto ingiuntivo afferisce ad altra procedura e pertanto se ne chiede lo stralcio; i lavori relativi al torrino della scala C - oggetto della fattura n.(...) - inerivano a beni da intendersi senz'altro come condominiali per costante giurisprudenza e che non necessitavano di ulteriore approvazione assembleare; la fattura n.(...) è relativa al saldo che l'opponente ancora deve versare per i lavori eseguiti e giammai potrà essere compensata dall'importo di cui alla fattura (...) che riguarda tutt'altra vicenda giudiziaria; nessun condomino ha bloccato i lavori in corso - da intendersi come urgenti - ben consapevole che si trattava di lavori diversi da quelli deliberati; pertanto, chiedeva il rigetto dell'opposizione ed in via subordinata condannarsi l'Ing. (...) al pagamento di quanto dovuto, il tutto con vittoria di spese ed attribuzione. Il decreto ingiuntivo non veniva munito della formula di provvisoria esecutività mentre il terzo chiamato in causa Ing. (...) non si costituiva e rimaneva contumace. Concessi i termini ex. art. 183 c.p.c. e prodotta varia documentazione, sulla base delle conclusioni in epigrafe riportate la causa veniva riservata per la decisione all'udienza del 19.01.2023. MOTIVI DELLA DECISIONE Va premesso che è pacifica fra le parti la conclusione di un contratto di appalto con cui il condominio conferiva incarico alla ditta opposta per l'esecuzione di lavori di sistemazione e ripristino dei terrazzi relativi alle scale A, B e C del condominio stesso. Orbene, venendo al merito della causa, è innanzitutto opportuno rilevare che è compito dell'amministratore garantire il buono stato e la sicurezza delle strutture dell'edificio condominiale. Pertanto l'amministratore, se ravvisa la necessità di intervenire al fine di evitare danni alle cose o alle persone, è legittimato, o meglio tenuto, ad intervenire tempestivamente. Su questi presupposti, l'amministratore non è responsabile in prima persona per le spese sostenute in quanto mirate alla tutela dello stabile amministrato. Ora l'opponente ha contestato, nello specifico, le fatture nn. (...), (...) e (...) che inerivano rispettivamente al saldo dei lavori, alla sistemazione del torrino sulla scala C ed alla spicconatura dei frontalini e dei sottobalconi. Orbene non v'è dubbio che le ultime due hanno ad oggetto lavori contrattualmente non previsti. Tuttavia, come sentenziato a più a riprese dalla Cassazione, nel caso in cui l'amministratore abbia assunto l'iniziativa di compiere opere di manutenzione straordinaria caratterizzate dall'urgenza ove questa effettivamente ricorra ed egli abbia speso, nei confronti dei terzi, il nome del condominio, quest'ultimo deve ritenersi validamente rappresentato e l'obbligazione è direttamente riferibile al condominio. Laddove, invece, i lavori eseguiti da terzi su disposizione dell'amministratore non posseggano il requisito dell'urgenza il relativo rapporto obbligatorio non è riferibile al condominio, trattandosi di atto posto in essere dall'amministratore al di fuori delle sue attribuzioni, attesa la rilevanza "esterna" delle disposizioni di cui agli artt. 1130 e 1135 comma 2 c.c. (cfr. Cassazione, sent. 2 febbraio 2017, n. 2807). Non v'è dubbio, nel caso di specie, - alla luce della corrispondenza versata in atti dall'opposta fra l'amministratore e la ditta stessa - che vi fosse urgenza al fine di scongiurare un pericolo imminente e di preservare l'incolumità della collettività condominiale e di terzi. Le parti dell'edificio interessate, infatti, minacciavano di rovinare con pericolo non solo per l'integrità dell'edificio ma per la pubblica incolumità. Il carattere di urgenza, d'altronde, è un concetto che è stato definito dalla giurisprudenza e, con specifico riferimento ai lavori straordinari, gli stessi non possano essere differiti senza il verificarsi di un pericolo o un danno concreto per il Condominio stesso. Ne deriva che l'Amministratore di condominio può autorizzare i lavori straordinari che si presentino come urgenti. Sicché, in simili circostanze, non vi è necessità di preventiva autorizzazione dell'assemblea, poiché l'autorizzazione al compimento dei lavori urgenti non esorbita dai limiti imposti dalla legge al mandato dell'amministratore di condominio. Alla luce di quanto su espresso le eccezioni sollevate dall'opponente e, nello specifico, quella relativa alla carenza di legittimazione passiva sono da rigettare in quanto l'amministratore ha agito in una situazione d'emergenza al fine di preservare l'incolumità dei condomini e dei terzi, come risulta per tabulas. Il condominio, peraltro, si è limitato a contestare l'urgenza dei lavori senza precisare i motivi per cui tali lavori, obiettivamente urgenti, in realtà non lo fossero. In ordine alle altre eccezioni proposte dal condominio si osserva che i sottobalconi ed i frontalini rientrano, per costante giurisprudenza, tra le parti comuni dell'edificio. Le contestazioni relative alla corretta esecuzione dei lavori, infine, sono del tutto generiche. L'opposizione, pertanto, è infondata e va rigettata. Per quanto esposto va, altresì, rigettata la domanda di manleva. Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come dal dispositivo con attribuzione. La presente sentenza è provvisoriamente esecutiva per legge, ai sensi dell'art. 282 c.p.c.. P.Q.M. Il Tribunale di Napoli, definitivamente pronunziando sull'opposizione contro il D.I. n. 6093 del 2019 proposta dal Condominio (...) Viale d'A. 14, P. nei confronti di (...) con atto di citazione notificato il 21.10.2019, così provvede: 1. rigetta l'opposizione e dichiara esecutivo il d.i. opposto; 2. rigetta le altre domande; 3. condanna l'opponente al pagamento delle spese di giudizio, che si liquidano in Euro 4.250,00 per onorario, oltre s.g., IVA e Cpa con attribuzione all'Avv. Ma.Ci.. Così deciso in Napoli il 20 aprile 2023. Depositata in Cancelleria il 20 aprile 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE DI NAPOLI QUINTA SEZIONE CIVILE in composizione monocratica, in persona del Giudice, dott. Giulio Cataldi, ha pronunziato la seguente SENTENZA nella causa civile iscritta al n. 1996/2021 del ruolo generale degli affari contenziosi, avente ad oggetto: Opposizione agli atti esecutivi (art. 617 c.p.c.) mobiliare, e vertente TRA (...) S.r.l., (c. f.: (...)), rappresentata e difesa per procura in calce all'atto di citazione in riassunzione dagli avv.ti AN.RA. (c.f. (...)) e SC.CA. (c.f. (...)), E (...) SOCIETA' CONSORTILE A r.l. in liquidazione (c. f. (...)), elettivamente domiciliata in Napoli, viale Gramsci, n. 19, nello studio dell'Avv. CA.FR. (c.f. (...)), che la rappresenta e difende per procura in calce alla comparsa MINISTERO DEI BENI E DELLE ATTIVITÁ CULTURALI E DEL TURISMO (C.F. (...)), in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Napoli, presso cui ope legis domicilia alla via (...); RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE Il Ministero per i beni e le attività culturali (di seguito anche (...)) stipulò in data 22.12.2006 con l'A.T.I. costituita da (...) S.r.l., (...) S.r.l. ed (...) S.r.l. un contratto d'appalto per l'esecuzione di lavori di restauro e recupero funzionale della biblioteca universitaria - complesso monumentale - in N., alla via M., n. 8. Successivamente, l'ATI aggiudicataria dei lavori comunicò al ministero che le socc. (...) e (...) per l'attuazione dei lavori appaltati avevano costituito, ai sensi e per gli effetti degli artt. 2615 ter e 2472 c.c., in applicazione dell'art. 26 D.Lgs. n. 406 del 1991, una Società Consortile a responsabilità limitata, denominata (...) S.c. a r.l. Quest'ultima, a sua volta, affidò in data 11.10.2010 in subappalto alla (...) S.r.l., previa autorizzazione della stazione appaltante, l'esecuzione degli impianti elettrici della biblioteca in questione, per un importo di Euro 1.200.000,00. Premesse tali vicende, e lamentando l'inadempimento della (...) S.c.a r.l., (...) chiese ed ottenne, in data 9.2.2018, da questo Tribunale, un'ingiunzione di pagamento nei confronti della società consortile per il pagamento della somma di Euro 100.195,94, oltre interessi moratori di cui al D.Lgs. n. 231 del 2002 e spese di procedura, ingiunzione poi dichiarata esecutiva ai sensi dell'art. 648 c.p.c. con ordinanza del 26.9.2018. In forza di tale titolo, (...) S.r.l. intentò una esecuzione in danno di (...) e contro terzi debitori, individuati nella (...) e nello stesso (...). Quest'ultimo dapprima rese una dichiarazione positiva, comunicando di aver disposto l'accantonamento di Euro 157.755,72, ma, poi, sulla scorta di note difensive depositate dalla (...), a rettifica della precedente dichiarazione negò l'esistenza di propri vincoli contrattuali nei confronti di (...), di cui sostenne di non essere debitore. Il (...), investito da tali contestazioni, con Provv. del 5 febbraio 2020 dichiarò improcedibile la procedura; e, a seguito di opposizione ex art. 617, comma 2, c.p.c., proposta da (...), non essendovi provvedimenti di sospensione da adottare, assegnò termine per l'introduzione del giudizio di merito. A tanto ha provveduto (...) S.r.l. che, dopo aver ripercorso tutta la vicenda in oggetto, ha contestato quanto sostenuto da (...) e dal (...), e condiviso dal (...), ed ha concluso chiedendo che il Tribunale accerti l'esistenza del credito di (...) S.c. a r.l. nei confronti del (...) e, per l'effetto, dichiari il proprio diritto di pignorare le somme dovute dal Ministero alla società consortile, con vittoria di spese. Il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, costituitosi, ha nuovamente contestato la sussistenza di un proprio diretto vincolo contrattuale nei confronti della (...) s.c. a r.l., contestando, al riguardo, le argomentazioni in diritto ed in fatto sostenute dall'opponente, ed ha concluso, confermando la dichiarazione di terzo negativa, per il rigetto delle domande della (...) di accertamento dell'esistenza di un credito della (...) S.c. a r.l. nei propri confronti e del conseguente diritto dell'attrice di pignorare le somme dovute dal Ministero all'ATI. Si è costituita anche la soc. consortile (...) che, preliminarmente, ha negato l'esistenza di un proprio rapporto contrattuale diretto col (...), dal momento che quest'ultimo aveva stipulato il contratto d'appalto relativo al restauro della biblioteca universitaria - complesso monumentale di via M., n. 8, con l'Ati C. - (...) - EPC. A suo dire, essa società consortile, costituita dalle società C. e T., non aveva alcun rapporto diretto col ministero, dipendendo soltanto dall'Ati, come provato dal fatto che erano sempre state le società riunite nell'associazione temporanea ad aver emesso le fatture nei confronti del Ministero, ricevendo direttamente i relativi pagamenti sulla base degli stati di avanzamento. Da ciò l'irrilevanza del successivo subappalto, debitamente approvato anche dal Ministero, tra (...) e la (...), estraneo ai rapporti contrattuali esistenti solo tra il Ministero per i BB.AA.CC. e l'Ati. Su tali premesse, ha concluso chiedendo che il tribunale accerti l'inesistenza di qualsivoglia rapporto creditorio della (...) S.c. a r.l. nei confronti del (...) e, per l'effetto, dichiari l'inammissibilità dell'avverso atto di pignoramento. Dopo uno scambio di memorie, la causa è stata posta in decisione all'udienza del 2.3.2023, con la concessione di 20 gg. per il deposito di comparse conclusionali e 20 gg. per il deposito di repliche. Preliminarmente, va riscontrata la tempestività dell'opposizione ex art. 617 c.p.c. proposta da (...) S.r.l. con ricorso depositato in data 9.3.2020 avverso il provvedimento del (...) comunicato in data 17.02.020 che aveva dichiarato l'improcedibilità dell'esecuzione. Il dubbio al riguardo sollevato dallo stesso (...) con l'ordinanza del 27.10.2020 con cui, negato un provvedimento di sospensione, vennero fissati i termini per instaurare il giudizio di merito, nasce dalla circostanza che, effettivamente, il ricorso risulta depositato il ventunesimo giorno successivo alla comunicazione del provvedimento impugnato; e, tuttavia, ciò avvenne in quanto il giorno 8.3.2020 era festivo (domenica), con conseguente proroga al giorno 9.3.2020. La dichiarazione di improcedibilità del pignoramento presso terzi adottata dal (...) con ordinanza del 5.2.2020 appare del tutto conforme, quanto ai principi di diritto enunciati ed applicati, all'insegnamento della giurisprudenza di legittimità. Questa, infatti (si veda in termini Cass. 28220/2008), sostiene che la circostanza che la società consortile subentri nella "esecuzione" del contratto, ai sensi dell'art. 23 bis della L. n. 584 del 1977 (ora, art. 26 del D.Lgs. n. 406 del 1991), non determina un subappalto o una cessione di contratto. Da ciò la conclusione che "la società consortile, eseguendo l'opera appaltata alle imprese consorziate, non acquista alcun diritto nei confronti della committente", e non ne diviene creditrice; con l'ulteriore conseguenza che i terzi che abbiano contrattato con la società consortile possono contare, ai fini del soddisfacimento dei propri crediti, unicamente sulla garanzia codicistica costituita da tutti i beni e crediti compresi nel patrimonio della società stessa, ma non sui crediti vantati dai soci della consortile nei confronti della stazione appaltante. Dunque, non sussiste alcun credito della società consortile nei confronti della stazione appaltante, spettando tali crediti direttamente (ed unicamente) all'Ati ed alle società alla stessa facenti capo; con l'ulteriore conseguenza che terzi subappaltatori del consorzio, come nel caso di specie la (...), non possono pignorare crediti della società consortile verso la stazione appaltante, per la semplice ragione che tali crediti non sussistono. Non può indurre ad una diversa conclusione il rilievo dell'opponente secondo cui tra la (...) S.c. a r.l. e l'Ati non vi è alcuna differenza da un punto di vista sostanziale: la differenza è data dalla costituzione, consentita dalla legge, di un soggetto giuridico autonomo, l'unico ad aver contrattato con la (...). Se, dunque, tali principi appaiono correttamente enunciati ed applicati dal (...), e se appare necessitata la conclusione nel senso dell'inesistenza del credito di (...) nei confronti del (...), non possono tuttavia omettersi alcune considerazioni. Innanzitutto, deve riconoscersi che la possibilità riconosciuta anche alle società consortili (si veda da ultimo il comma 10 dell'art. 118 del D.Lgs. n. 163 del 2006) di affidare in subappalto parte dei lavori per la cui esecuzione essa stessa viene costituita diviene un modo per "schermare" le società aggiudicatarie dell'appalto, ed esonerarle dai meccanismi che la legge appresta per tutelare il subappaltatore (e i suoi crediti) e le maestranze di quest'ultimo (dal punto di vista delle tutele contrattuali e di sicurezza sul lavoro). L'ambiguità del sistema si riscontra anche nel caso di specie: se, infatti, la società consortile non ha un rapporto diretto con la stazione appaltante, ma rappresenta soltanto un'articolazione operativa dell'Ati per la esecuzione unitaria, totale o parziale, dei lavori (art. 26 D.Lgs. n. 406 del 1991 cit.: ed infatti, la creazione del consorzio non necessita di alcuna autorizzazione o approvazione da parte della committente), non si comprende la ragione per la quale sia stata proprio la (...), per di più qualificandosi come appaltatrice dei lavori, a richiedere al (...) l'autorizzazione a subappaltare le opere impiantistiche da cui è poi scaturito il credito di (...), inviando alla committente anche copia del contratto di subappalto; e non si vede perché il Ministero, sia pure rivolgendosi alla (...) S.r.l., abbia autorizzato il subappalto intercorrente tra (...) e E.; e non si comprende, infine, perché a seguito dei mancati pagamenti lamentati dalla odierna opponente nei confronti della (...) e portati a conoscenza direttamente del RUP del Ministero, questi, con missiva del 19 giugno 2014, abbia invitato la direzione del (...) a ciò deputata a sospendere il pagamento del Sal n. 14 in attesa delle opportune determinazioni da assumere: è vero che, come evidenziato dalla difesa del Ministero, nella missiva citata non si ipotizzava la sospensione di pagamenti in favore di B.; e, tuttavia, appare significativo che tale comunicazione non venne inviata né all'Ati, né alle società facenti parte dell'associazione (i cui pagamenti avrebbero dovuto essere sospesi), ma direttamente proprio alla B.. Infine, a completare l'ambiguità del comportamento della stazione appaltante, sta la dichiarazione positiva resa (senza successive smentite o contraddizioni) dal (...) in altra procedura esecutiva intrapresa sempre dalla (...) per altro credito nascente nei confronti di (...) nell'ambito del medesimo subappalto (circostanza dedotta dall'opponente all'udienza di precisazione delle conclusioni e documentata con la documentazione prodotta in allegato alla comparsa conclusionale). Si tratta, in buona sostanza, di una serie di elementi, in diritto e in fatto, quanto meno ambigui che hanno certamente indotto la (...) a ritenere che fosse la (...) l'effettiva appaltatrice e, in tale veste, creditrice del (...) (e, del resto, lo stesso Ministero inizialmente rese una dichiarazione positiva a fronte del pignoramento presso terzi effettuato dall'odierna attrice, e dichiarazione positiva ha poi reso, come visto, in altra procedura). Ciò giustifica, pur a fronte del rigetto della domanda, l'integrale compensazione delle spese di lite tra le parti, tenuto conto anche della novità della questione trattata. P.Q.M. Il Tribunale, definitivamente pronunciando, così provvede: rigetta la domanda proposta da (...) S.r.l. nei confronti di (...) s.c. a r.l. e del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo; compensa integralmente le spese di lite tra le parti. Così deciso in Napoli il 18 aprile 2023. Depositata in Cancelleria il 20 aprile 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI NAPOLI SEZIONE V CIVILE Il Tribunale di Napoli, in persona del Giudice Unico Dr. Mario Ciccarelli, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di II grado iscritta al n. 8367/2022 del Ruolo Generale, TRA AGENZIA DELLE ENTRATE RISCOSSIONE (codice fiscale e p. iva n. (...)), in persona del Procuratore, rappresentata e difesa dall'Avv.to La.Pi. ed elettivamente domiciliata presso lo studio di quest'ultima sito in Napoli alla Via (...); -APPELLANTE - CONTRO (...) (codice fiscale (...)), rappresentato e difeso dall'Avv.to Ma.D'O., elettivamente domiciliato presso lo studio di quest'ultima sito in Pozzuoli (NA) alla Via (...); -APPELLATA- PREFETTURA DI NAPOLI - UFFICIO TERRITORIALE DEL GOVERNO DI NAPOLI, in persona del Prefetto legale rappresentante p.t.; -APPELLATA contumace- Oggetto: appello avverso la sentenza n. 29597/2021, emessa dal Giudice di Pace di Napoli, depositata il 20.10.2021 SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con atto di citazione in appello, l'Agente della riscossione ha proposto gravame avverso la sentenza in oggetto resa dal Giudice di Pace di Napoli, chiedendone la riforma. Si premette che con il titolo giudiziale impugnato è stata accolta l'opposizione ai sensi dell'art. 615 c.c. spiegata da (...) avverso la cartella distinta con n. (...), notificata in data 30 aprile 2019, quale accertamento negativo del credito, per lo spirare del termine di prescrizione alla riscossione della pretesa dalla presunta notifica del verbale di accertamento in data 23 marzo 2014. Secondo la prospettazione difensiva fornita della parte appellante il Giudice di prime cure aveva errato nel ritenere ammissibile e tempestiva la domanda, sussistente l'interesse ad agire in capo all'opponente e prescritta la pretesa; inoltre, l'Agenzia delle Entrate eccepisce il proprio difetto di legittimazione passiva con riferimento alla mancata notifica del verbale. Si è costituito (...), il quale eccepisce l'inammissibilità dell'appello ex artt. 342 e 348 bis c.p.c. e contesta quanto dedotto da parte appellante, ribadendo che l'opposizione di primo grado non consisteva in impugnazione di estratto di ruolo e che non è mai stata contestata la notifica della cartella. Infine, il (...) chiede la condanna dell'appellante ai sensi dell'art. 96 c.p.c. L'ente impositore Prefettura di Napoli, invece, non si è costituito in giudizio. Rilevata la natura documentale della controversia, il giudizio è stato riservato in decisione, su conforme richiesta delle parti, all'udienza trattata in modalità cartolare dell'1 marzo 2023. MOTIVAZIONE L'appello è infondato e va rigettato per le ragioni che seguono. In via del tutto preliminare, va dichiarata la contumacia dell'ente impositore Prefettura di Napoli, il quale, benché ritualmente citato, non si è costituito. Sempre in via preliminare, va rigettata l'eccezione formulata da (...) di inammissibilità dell'appello per violazione degli artt. 348 bis e 342 c.p.c., in quanto la domanda risulta priva del carattere della manifesta infondatezza e l'atto introduttivo del presente grado di giudizio risulta conforme al dettato di legge, recando sia l'indicazione delle parti del provvedimento che l'appellante ha inteso avversare, sia l'indicazione delle circostanze da cui deriva la violazione della legge e della loro rilevanza ai fini della decisione impugnata. Venendo al merito dell'impugnazione, in primo luogo, non può accogliersi il motivo di appello relativo alla carenza di interesse ad agire in materia di impugnazione di estratto di ruolo, in quanto parte opponente ha impugnato la cartella esattoriale che assume esserle stata notificata e ha contestato la pretesa, senza addurre di averne avuto contezza solamente a seguito di consultazione dell'estratto di ruolo. L'appellante, inoltre, ha censurato l'ammissibilità della domanda perché tardiva, stante la proposizione oltre i termini di cui agli artt. 22 e 23 della L. 24 novembre 1981, n. 689. Segnatamente, innanzi al primo giudice, il (...), sul presupposto dell'avvenuta notificazione in data 30 aprile 2019 della cartella esattoriale n. (...), ha chiesto accertarsi l'insussistenza della pretesa alla luce della omessa notifica dei verbali di accertamento e della prescrizione della stessa, contestando il diritto di procedere a esecuzione forzata nei suoi confronti, stante l'assenza di un valido titolo legittimante. Il giudice di prime cure, qualificando l'opposizione all'esecuzione ai sensi dell'art. 615 c.p.c., ha dichiarato l'ammissibilità della domanda, senza tener conto del termine decadenziale di 30 giorni di cui alla L. n. 689 del 1981 decorrente dalla notifica della cartella, previsto per le ipotesi di opposizione c.d. recuperatoria del rimedio che la parte non aveva potuto esperire alla luce del difetto di notificazione dei verbali di contestazione di violazioni del Cds. Lo strumento di reazione attivato dalla parte innanzi al primo giudice, qualificato ai sensi dell'art. 615 c.c., è stato indirizzato alla pretesa incorporata nel verbale di accertamento: il (...) ha addotto l'omessa notifica del verbale per una presunta violazione del Cds, nonché la prescrizione del credito. È consolidato l'orientamento giurisprudenziale secondo il quale "L'opposizione alla cartella di pagamento, emessa ai fini della riscossione di una sanzione amministrativa pecuniaria comminata per violazione del Codice della strada, va proposta ai sensi dell'art. 7 D.Lgs. n. 150 del 2011 e non nelle forme dell'opposizione all'esecuzione ex art. 615 c.p.c. qualora la parte deduca che essa costituisce il primo atto con il quale è venuta a conoscenza della sanzione irrogata in ragione della nullità o dell'omissione della notificazione del processo verbale di accertamento della violazione del Codice della strada. Il termine per la proponibilità del ricorso, a pena di inammissibilità, è quello di trenta giorni decorrente dalla data di notificazione della cartella di pagamento" (Cassazione civile, sez. III, 13/05/2020, n. 8875; Cassazione civile, sez. II, 04/09/2019, n. 22094; Cassazione civile, sez. VI, 03/10/2018, n. 24091). Ora, risulta che, in base al canone ermeneutico che precede, l'opposizione proposta innanzi al Giudice di pace per omessa notifica del verbale, sarebbe stata proposta in violazione del termine di decadenza indicato all'art. 7 D.Lgs. n. 150 del 2011 cit. e risulterebbe tardiva; a fronte della notifica della cartella di pagamento in data 30 aprile 2019, la parte ha opposto le pretese in essa contenute con citazione, in luogo del ricorso, notificata in data 8 luglio 2019. Tuttavia, occorre rilevare che l'opposizione del (...) era altresì diretta a far dichiarare prescritta la pretesa, risultando decorsi cinque anni tra la data di notifica del verbale e la data di notifica della cartella. Con riferimento all'eccezione di prescrizione, "In materia di opposizione a cartella di pagamento di sanzioni amministrative per violazioni del codice della strada, la contestazione attinente alla prospettazione dell'estinzione della pretesa creditoria dell'Amministrazione irrogante, va qualificata come opposizione all'esecuzione ai sensi dell'art. 615 c.p.c., e non come opposizione a sanzione amministrativa (ora regolamentata dall'art. 7 D.Lgs. n. 150 del 2011), trattandosi di una contestazione che riguarda fatti successivi alla formazione del titolo esecutivo e comunque sopravvenuti rispetto alla notificazione del verbale di accertamento dell'infrazione e degli atti susseguenti " (Cass. ordinanza n. 30094 del 2019), e, di conseguenza, la domanda rivolta alla declaratoria di prescrizione del credito risulta ammissibile e tempestiva, in quanto proposta ai sensi dell'art. 615 c.p.c. e qualificata come tale dal giudice di prime cure. Sulla scorta di tali considerazioni, la qualificazione della domanda effettuata dal giudice di prime cure è corretta e non merita le censure veicolate a mezzo del gravame, le quali vanno dunque rigettate. Infine, non sussistono i presupposti per dar luogo alla richiesta di condanna ex art. 96 c.p.c. formulata dalla parte appellata; la condotta della parte appellante, infatti, non risulta improntata a mala fede o colpa grave, né lo strumento di reazione attivato integra un abuso del processo. Quanto al governo delle spese del doppio grado di giudizio, nonostante il rigetto dell'appello, atteso che la questione relativa all'inammissibilità dell'opposizione recuperatoria tardiva, benché non dirimente, risulta fondata, ricorrono le condizioni per l'integrale compensazione delle stesse in considerazione della soccombenza reciproca ai sensi dell'art. 92 comma 2 c.p.c.. P.Q.M. il Tribunale, definitivamente pronunciando sulla domanda proposta da Agenzia delle entrate - Riscossione nei confronti di (...) e Prefettura di Napoli, iscritta al n. 8367/2022 R.G., così provvede: 1. dichiara la contumacia dell'appellata Prefettura di Napoli; 2. rigetta l'appello; 3. compensa integralmente le spese di lite del presente grado di giudizio; 4. nulla per le spese nei rapporti con la parte non costituita; 5. dà atto della sussistenza dei presupposti di cui all'art. 13 comma 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002. Così deciso in Napoli il 12 aprile 2023. Depositata in Cancelleria il 13 aprile 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale di Napoli, Sezione Lavoro 2 Sezione, in persona della dott.ssa Maria Rosaria Palumbo, in funzione di Giudice del Lavoro, a seguito del deposito di note di trattazione scritta disposto ai sensi dell'art. 127 ter c.p.c., così come modificato dal D.Lgs. n. 149 del 2022, nella causa iscritta nel ruolo generale degli affari contenziosi della sezione lavoro, a seguito della lettura del dispositivo del 31.1.2023, ha emesso la seguente Sentenza nella causa iscritta al n. 18189/2020 del ruolo generale vertente tra CONSORZIO (...), rapp.to e difeso dall'avv. CA.FR., con cui domiciliato telematicamente opponente e (...), rappr. e difeso dall'avv. MA.GI. e dall'avv.to TO.PA., con cui elett.te domiciliato come in atti opposto CONCLUSIONI DELLE PARTI E RAGIONI DELLA DECISIONE Con ricorso per decreto ingiuntivo, depositato in data 27 agosto 2020, l'odierno opposto premesso di essere stato assunto il 06.04.2009, in virtù di decreto commissariale del Consorzio n.64, con contratto a termine poi convertito a tempo indeterminato; di essere stato inquadrato come dirigente con mansioni di direttore generale; di essere stato licenziato con Delib. n. 56 del 3 settembre 2015; di avere impugnato il licenziamento con giudizio proposto dinanzi al Tribunale di Napoli, conclusosi col rigetto delle domande ricorrente; di non avere ricevuto il TFR e di averne sollecitato il pagamento con raccomandata a.r. del 28.01.2019; di avere nuovamente sollecitato il pagamento del TFR con raccomandata del 04.10.2019; di avere richiesto informativa alla (...) con la quale il Consorzio (...) ha stipulato una polizza collettiva a garanzia del TFR dei dipendenti; di avere ricevuto il 30.03.2020 dalla (...) comunicazione nella quale si specificava che il TFR ed il rendimento dell'investimento ammontavano ad Euro.74.048,14. Tutto ciò premesso, l'odierno opposto chiedeva al giudice del Lavoro del Tribunale di Napoli emettersi ingiunzione di pagamento nei confronti del Consorzio per l'(...) per l'importo di Euro.74.048,14. Il Giudice del Lavoro del Tribunale di Napoli, con decreto del 17 settembre 2020 n.1193/2020, ingiungeva al Consorzio (...) di pagare a F.A. la somma di Euro.74.048,14 oltre interessi legali e rivalutazione monetaria Avverso tale decreto ingiuntivo il Consorzio per l'(...) proponeva opposizione in data 7.11.2020, eccependo l'inammissibilità e/o nullità e/o inefficacia del ricorso per decreto ingiuntivo con ogni conseguenza di legge e per l'effetto revocare il decreto ingiuntivo opposto in ragione delle considerazioni in punto di fatto e di diritto specificamente argomentate in ricorso. Si costituiva l'opposto, chiedendo il rigetto integrale dell'opposizione proposta dal Consorzio per l'(...); in subordine, la revoca del decreto ingiuntivo e l'emissione della sentenza di condanna del Consorzio per l'(...) al pagamento della somma di Euro 74.048,14 per i titoli e causali di cui agli atti del giudizio ovvero per la diversa somma, anche maggiore. L'opposizione è infondata e come tale non può essere accolta. Ed invero le eccezioni sollevate dalla parte opponente possono così riassumersi: a)inammissibilità del ricorso per decreto ingiuntivo per mancanza di prova scritta del credito; b) inammissibilità del ricorso per decreto ingiuntivo per carenza del petitum in relazione alla causa petendi; c) inesigibilità del TFR; d) omesso adempimento dell'opposto in ordine a modulistica da compilare. Quanto all'ultima contestazione, il Consorzio deduce di aver inviato all'opposto il modulo via pec il 12 febbraio 2020. Tuttavia agli atti dell'opposto ( doc. n.12 della produzione del (...) )si evince che esso non è indirizzato al lavoratore beneficiario del TFR accantonato presso Generali, bensì è destinato alla azienda datrice di lavoro. Pertanto, al più il Consorzio avrebbe dovuto compilare il suddetto modulo il quale in ogni caso non può essere motivo ostativo alla riscossione del t.f.r. che discende dalla legge alla cessazione del rapporto. Quanto al merito dell'opposizione, la questione per cui è causa riguarda la diversa interpretazione della natura del contratto di assicurazione dell'11.5.2005, depositato da entrambe le parti. Pertanto, occorre prendere le mosse dal contratto n.9.016.280 dell'11 maggio 2005, con il quale il Consorzio e la società assicuratrice I. s.p.a. (poi (...) s.p.a. a seguito di cessione di azienda avvenuta nel 2013) hanno stipulato un contratto avente ad oggetto la costituzione di un fondo di accantonamento presso la Compagnia assicuratrice delle somme maturate dai dipendenti del Consorzio per l'(...) a titolo di TFR. È necessario quindi partire dall'analisi ex art. 1362 c.c. della disposizione contrattuale in parola, per comprendere se essa sia inquadrabile( come ritiene l'opposto) nel contratto a favore di terzi con esclusivi beneficiari i dipendenti i quali, qualora i rendimenti assicurativi ottenuti sulle somme accantonate in polizza risultino superiori alla rivalutazione del TFR che per legge l'azienda deve riconoscere ai suddetti, beneficeranno di tale plusvalenza al momento della liquidazione della propria posizione, o se piuttosto sia, (come ritiene la società opponente), un contratto in favore dell'azienda la quale sarebbe la beneficiaria dei capitali maturati. (Cd. "TFR AZIENDA", contratto che prevede che l'azienda sia beneficiaria dei capitali maturati. Pertanto, qualora i rendimenti assicurativi ottenuti sulle somme accantonate in polizza risultino superiori alla rivalutazione del TFR che per legge l'azienda deve riconoscere ai propri dipendenti, l'azienda beneficerà di tale plusvalenza. TFR Azienda consente di ottenere un anticipo sulle disponibilità maturate, anche nel primo anno assicurativo e senza alcuna penale, con il limite massimo del 50% del capitale assicurato, a fronte di esigenze aziendali non collegate al pagamento del TFR ai dipendenti). Per fare ciò, occorre partire dal dato letterale delle clausole, dal loro collegamento funzionale ed infine dal comportamento complessivo, anche successivo, delle parti, secondo quanto disposto dall'art. 1362 c.c. al fine di indagare quale sia stata la comune intenzione delle parti. Orbene, all'art.1 del suddetto contratto viene specificato che oggetto del contratto di assicurazione è l'accantonamento delle somme dovute ai dipendenti del Consorzio a titolo di TFR; - all'art.3, capo n.2, è previsto che beneficiari delle singole polizze siano i dipendenti; - all'art. 10 comma 1 lettera a) viene stabilito che le prestazioni garantite sono il capitale rivalutato nei termini di cui all'art. 11 liquidabile in caso di vita dell'assicurato - all'art.11 è prevista la rivalutazione del capitale accantonato in forza dei rendimenti ottenuti da prodotto di investimento finanziario pari al tasso di riferimento di cui al comma 2 lettera b; - all'art. 16 è previsto, quanto alle modalità di liquidazione delle prestazioni, che la s.p.a. (...) liquidi le somme assicurate e maturate, e cioè secondo quanto stabilito dagli articoli 10 e 11 predetti, il TFR maturato più il rendimento dell'investimento finanziario, a favore del dipendente che ne ha maturato il diritto ma è altresì previsto che l'Azienda (cioè nel caso di specie il Consorzio datore di lavoro) dovrà comunicare e documentare alla società (...) "l'effettiva esistenza dell'obbligo di pagamento della prestazione garantita e ad individuare gli aventi diritto". Ciò premesso dall'analisi letterale e complessiva delle clausole del contratto nelle quali è espressamente previsto agli articoli 10 e 11 che le prestazioni garantite sono costituite dal capitale rivalutato ai sensi di quanto disposto al comma 2 lett. B, non si ritiene condivisibile l'interpretazione operata dalla parte opponente, quanto piuttosto quella operata dalla parte opposta ossia che la natura giuridica del contratto per cui è causa rientra in quello a favore del terzo lavoratore. Tale interpretazione tuttavia non si ferma al dato letterale del contratto ma risulta ulteriormente corroborata dal comportamento successivo della parte opponente. Ed invero, il Consorzio, nelle comunicazioni successive effettuate alle Generali con le quali richiedeva l'accredito delle somme a titolo di t.f.r. in suo favore, riportava tra gli allegati " dichiarazioni sottoscritte con documento di riconoscimento dei lavoratori" omettendo tuttavia il deposito delle suddette dichiarazioni. Orbene, in primo luogo non conoscendo il contenuto delle suddette dichiarazioni, si può presumere secondo "l'id quod prelurumque accidit", che esse fossero di natura autorizzativa all'accredito delle somme in favore del Consorzio, con ciò contraddicendo la tesi del suddetto, posto che se fosse stato il Consorzio diretto beneficiario delle somme, non sarebbe stato necessario inviare le dichiarazioni dei lavoratori. In secondo luogo, se fosse percorribile la tesi dell'opponente, in alternativa, essa avrebbe potuto quantomeno specificare nelle mail dirette alla compagnia assicuratrice di operare il distinguo tra il surplus e le somme spettanti a titolo di t.f.r., cosa che non si evince in alcuna comunicazione. Pertanto l'ìnterpretazione letterale complessiva delle clausole contrattuali, le modalità di pagamento, il comportamento anche successivo del Consorzio, inducono a ritenere che l'opposto abbia maturato al momento del licenziamento e cioè il 3 settembre 2015 il diritto alla percezione del TFR maturato, maggiorato dei rendimenti di investimento. Invero, non esiste alcun divieto di legge che impedisca ad un qualsiasi datore di lavoro di riconoscere ai propri dipendenti, trattamenti migliorativi rispetto alle previsioni minime di quantificazione del trattamento di fine rapporto previste dall'art. 2120 c.c. e dalla L. n. 297 del 1982. Trattamenti migliorativi tra i quali rientra il conferimento a società assicurative o finanziarie, delle somme che per legge devono essere annualmente accantonate per il TFR affinchè tali somme maturino rendimenti superiori alla mera e minima rivalutazione di legge. La Corte in un'analoga controversia, in materia di indennità di fine rapporto, stabilisce che la normativa di cui alla L. n. 297 del 1982 non preclude che, in generale, possano essere corrisposte, alla cessazione del rapporto, erogazioni integrative aventi natura e funzioni diverse dal trattamento di fine rapporto, purché esse siano ricollegate al contratto di lavoro, nel quale devono trovare una giustificazione causale idonea ad escludere una disposizione derogatoria alla disciplina legale; cosicché deve escludersi che siano da corrispondere ai lavoratori le maggiori somme maturate per l'effetto di una polizza assicurativa stipulata dal datore di lavoro, allorché, in ragione della struttura della provvista e dalla modalità di erogazione degli importi, risulti che essa sia stata costituita a beneficio della gestione e delle finalità proprie del datore di lavoro, al fine di assicurare la corresponsione dell'indennità di fine rapporto ai dipendenti, e non preveda in favore di questi ultimi utilità economiche ulteriori rispetto alle somme a garanzia del trattamento di fine rapporto (cfr, Cass., SU, n. 21553/2009: conf., Cass., 6599/2011). Ragionando a contrario, si ritiene che è ciò che è accaduto nella vicenda qui in esame. Dalla struttura della provvista ( art. 10 e 11), dalle modalità di erogazione degli importi complessivamente considerati ( cfr. comunicazioni inviate dalla Compagnia di assicurazione e dal Consorzio), senza alcuna specificazione da parte della società in merito ad eventuali decurtazioni relativi al plusvalore da effettuarsi in favore dell'azienda per mezzo di dichiarazioni dei lavoratori, si evince che la disposizione contrattuale sia in favore dei lavoratori , rectius dell'opposto. In ordine al quantum, si osserva che, in corso di giudizio, il Consorzio ha accreditato al (...) una somma a titolo di TFR, tuttavia inferiore rispetto a quella dovuta quale maturata con la gestione delle Generali. Infatti, dalla email del 18 ottobre 2021 trasmessa dalla s.p.a. (...) al (...) con la quale la Compagnia assicuratrice comunicava al proprio "cliente", su sua richiesta, si evince che il TFR accantonato è detenuto dalle Generali e che al 1 gennaio 2021 la somma complessiva a credito del (...), dovuta in caso di risoluzione del contratto di lavoro con il Consorzio ( circostanza incontestata), era pari ad Euro 75.715,91. All'udienza del 4.7.2022, il procuratore di parte opposta dichiarava che l'opponente ha accreditato, in data 24 maggio 2021 ( come da bonifico depositato dalla società ), la somma di Euro 35.783,04 ; nessuna contestazione al riguardo è stata operata dal procuratore di parte opposta. Conseguentemente, in virtù del principio di non contestazione, può ritenersi che la somma residua ancora a credito dell'opposto è pari ad Euro 39.932,87 oltre accessori come per legge. Conseguentemente, tenuto conto del pagamento parziale della somma di cui al decreto ingiuntivo, quest'ultimo deve essere revocato. Il Consorzio va, tuttavia condannato al pagamento della somma residua di cui sopra e al dispositivo. Le spese di lite liquidate come in dispositivo seguono la soccombenza. P.Q.M. Il Tribunale di Napoli, nella persona della dott.ssa Maria Rosaria Palumbo, sulla causa di cui in epigrafe, così provvede: 1) Rigetta l'opposizione; 2) Condanna il Consorzio (...) della provincia di Napoli al pagamento in favore dell'opposto della complessiva somma di Euro 39.932,87 a titolo di Tfr, oltre accessori come per legge; 3) Condanna l'opponente al pagamento delle spese di lite che si liquidano in complessivi Euro 3.200,00, oltre iva, cpa e rimborso spese generali, con attribuzione. 4) Riserva il termine di giorni sessanta per il deposito della motivazione. Si comunichi. Così deciso in Napoli il 13 aprile 2023. Depositata in Cancelleria il 13 aprile 2023.

  • TRIBUNALE ORDINARIO di NAPOLI QUARTA SEZIONE CIVILE REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale di Napoli - Quarta Sezione Civile, in composizione monocratica ed in persona del dott.ssa Valentina Valletta, ha pronunciato la seguente SENTENZA Nella causa civile iscritta al numero 1383/2020, avente ad oggetto: Comunione e condominio, impugnazione di delibera condominiale e vertente TRA (...), C.F. (...) rappresentata e difesa dall'avv. (...), presso il cui studio elettivamente domicilia in Napoli alla Via (...) ATTRICE E CONDOMINIO in Napoli alla Via (...), in persona dell'amm.re p.t., codice fiscale (...), rappresentato e difeso dall'avv. (...) presso il cui studio elettivamente domicilia in Napoli, alla Via (...) CONVENUTO Conclusioni: come da note scritte depositate in data 18.01.2023 e 13.01.23 RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE Si richiamano gli atti delle parti ed i verbali di causa per ciò che concerne lo svolgimento del processo e ciò in ossequio al disposto contenuto al n. 4 dell'art. 132 c.p.c. così come inciso dall'art. 45, comma 17 legge 18.6.2009, n. 69. Con atto di citazione notificato il 13 gennaio 2020, la signora Nunzia (...), nella qualità di condomina del fabbricato in Napoli alla Via (...), proponeva opposizione avverso la delibera assembleare del 25 settembre 2019 relativamente al punto 3 all'ordine del giorno: "Approvazione tabelle millesimali e relativa relazione (...) redatti dall'Ing. (...)" in cui l'assemblea invitava il tecnico incaricato a rettificare le tabelle considerando i terrazzi annessi alle proprietà (...) ed (...) condominiali, come la scala di accesso, così chiedendo la modifica della prima bozza che le riteneva di proprietà esclusiva. Pertanto, in data 24.10.2019 formulava istanza di mediazione eccependo la nullità della delibera che, senza le maggioranze di cui all'art. 1136 comma 2 c.c., necessarie per approvare le tabelle, deliberava esorbitando le sue funzioni ed incidendo sul diritto della Sig.ra (...) che, a seguito della richiesta variazione, si vedeva ridotti i propri millesimi. Avendo avuto esito negativo la predetta mediazione, l'attrice conveniva in giudizio il Condominio in Napoli, alla Via (...) per sentire così provvedere: "a)in via preliminare sospendere l'efficacia della delibera assunta dalla assemblea (..) in data 25 settembre 2019 (...); b) dichiarare nulla e subordinatamente annullare la detta delibera impugnata; c) condannare il Condominio al pagamento di spese e compensi di lite, maggiorate di spese generali Iva e Cpa come per legge". A sostegno dell'opposizione, la signora (...) narrava che ancora pende innanzi alla IV Sez. Civ. del Tribunale di Napoli, procedimento RG 6949/2019 diretto all'accertamento della proprietà esclusiva del terrazzo attiguo all'immobile della stessa e della scala di accesso. Con la delibera impugnata, esorbitando i poteri assembleari ed in assenza di maggioranza qualificata (461 mm), il consesso avrebbe inteso stabilire la condominialità dei beni in questione, anche contrariamente a quanto accertato dal tecnico, ciò senza trarre vantaggio dalla riduzione dei millesimi dell'attrice (17,79 in luogo dei 20) con conseguente aumento degli altri. Tanto giustificherebbe l'istanza di sospensione. Si costituiva ritualmente il Condominio, il quale impugnava l'avversa opposizione, deducendo che: - la delibera impugnata era di natura preparatoria, programmatica o interlocutoria - e come tale non impugnabile - rispetto alla redazione delle tabelle millesimali non sottoposte alla approvazione della assemblea. Di conseguenza, mancherebbe l'interesse ad agire non avendo la delibera efficacia esecutiva, con assenza di pregiudizio per l'attrice (Cassazione Civile sentenza n. 10865/2016, sentenza n. 23903/2016, sentenza n 6128/2017). - La Sig.ra (...) avrebbe omesso di riferire che dapprima il Giudice Dott. Impresa della VI Sezione Civile del Tribunale di Napoli con ordinanza del 4 novembre 2015 e quindi in data 16 dicembre 2015 il Collegio della stessa Sezione (Giudice Relatore Dott. Vinciguerra), in mancanza di titolo, avevano dichiarato il predetto terrazzo e la scala di accesso, di proprietà condominiale, a seguito di azione possessoria, mentre è ancora in corso il giudizio di cui innanzi per rivendicarne la proprietà. Chiedeva quindi: "1) In via preliminare accertare e dichiarare l'assenza di efficacia esecutiva della delibera impugnata e per l'effetto rigettare l'avversa pretesa di sospensione; 2) In via principale, accertare e dichiarare la inammissibilità per carenza dell'interesse ad agire, della avversa opposizione atteso che la delibera impugnata non ha alcun valore decisorio ma solo natura preparatoria; 3) In via subordinata rigettare l'opposizione proposta dalla signora (...) ai danni del condominio in dipendenza dell'accertamento processuale intercorso tra le medesime parti che allo stato attesta la natura condominiale del terrazzo e della scala di accesso al medesimo; 4) In via ancora più gradata rigettare l'avversa opposizione accertando che la delibera impugnata non ha modificato alcun valore millesimale; 5) Condannare la signora (...) al pagamento di spese e compensi del presente giudizio, maggiorati di rimborso spese generali ed accessori fiscali" Costituitosi il contraddittorio, rilevato che non si rinveniva in atti la delibera impugnata e che dal verbale di mediazione obbligatoria depositato non risultava la presenza delle parti ma solo dei loro avvocati muniti di procura, di cui non era indicato se trattavasi di procura sostanziale autenticata da un pubblico ufficiale, come statuito dalla Cassazione ai fini della verificazione della condizione di procedibilità, le parti erano invitate a produrre la procura speciale autenticata. La causa era poi rinviata per la precisazione delle conclusioni ed all'udienza del 20.01.2023 introitata a sentenza. Va affrontata preliminarmente la questione relativa alla procedibilità. Ebbene, come si evince dal verbale negativo di mediazione, né parte attrice né convenuta partecipavano personalmente all'incontro, né rilasciavano procura speciale. L'attrice depositava in atti, a seguito dell'invito rivoltole, una procura sottoscritta che delegava il proprio procuratore a partecipare all'incontro, ritenuta dalla sig.ra (...) valida procura speciale in quanto contenente tutti i riferimenti del procedimento. È pacifico, anche dalle difese svolte dalle parti, che tutte le volte in cui la mediazione è obbligatoria, la presenza delle stesse dinanzi all'organismo sia altrettanto obbligatoria. La richiamata Cass. civ. 27.3.2019 n. 8473 ha riconosciuto tuttavia che "La parte che per sua scelta o per impossibilità non possa partecipare personalmente può farsi sostituire da una persona a sua scelta e, quindi, ma non solo, anche dal suo difensore munito di procura speciale sostanziale." Per la Corte d'Appello di Napoli (sentenza n. 3227/2020), avendo il procedimento di mediazione obbligatoria ex D.Lgs. n. 28/2010 natura personalissima, " esso esige la presenza personale della parte, ovvero la presenza di un rappresentante munito di procura speciale. All'uopo, le parti possono conferire procura speciale ad altri soggetti per farsi rappresentare nel procedimento di mediazione, a condizione che sia espressamente conferito loro il potere di parteciparvi. Il rappresentato, quindi - trattandosi di rappresentanza avente natura negoziale e non processuale - deve conferire adeguata procura ad negotia che autorizzi il rappresentante ad agire in nome e per conto, con chiara specificazione dei poteri e dei limiti e solo la procura notarile speciale, redatta per il singolo affare, è idonea a fornire le indispensabili garanzie sulla sua utilizzabilità nei riguardi di terzi ". La Cassazione, con la sentenza n. 18068/19, richiamando la precedente Cass. n. 8473 del 2019 ha affermato che ove la parte scelga: "di farsi sostituire dal difensore, la procura speciale rilasciata allo scopo non può essere autenticata dal difensore, perché il conferimento del potere di partecipare in sua sostituzione alla mediazione non fa parte dei possibili contenuti della procura alle liti autenticatili direttamente dal difensore. Perciò, la parte che non voglia o non possa partecipare personalmente alla mediazione può farsi liberamente sostituire, da chiunque e quindi anche dal proprio difensore, ma deve rilasciare a questo scopo una procura sostanziale, che non rientra nei poteri di autentica dell'avvocato neppure se il potere è conferito allo stesso professionista". In definitiva, dunque, occorre una procura speciale sostanziale, che contenga il riferimento esplicito alla procedura in esame ed ai poteri conferiti al procuratore e che tuttavia non può essere autenticata da quest'ultimo come una normale procura ad litem (in tal senso anche la Corte di Appello di Napoli sez. II 29/09/2020, n. 3227). La mancanza di tale requisito di procedibilità era stata rilevata sin dalla prima udienza, tanto da conseguirne esplicita richiesta del deposito della procura. Ebbene, il documento versato in atti il 15.02.2021 da parte attrice non soddisfa le predette caratteristiche, trattandosi di una scrittura di parte che contiene sì riferimenti alla procedura ed ai poteri conferiti, ma manca della necessaria autentica. Ne consegue l'improcedibilità della domanda formulata con conseguente assorbimento delle richieste formulate. È evidente che tale effetto, travolgendo la domanda, è prodotto in particolare dalla mancanza di valida presenza alla mediazione di parte opponente in quanto da quella di parte opposta di fatto scaturisce essenzialmente l'esito negativo dell'incontro, equivalendo a mancata partecipazione al procedimento di mediazione, valutabile eventualmente ai fini del regime del governo delle spese. Per l'effetto ne è impossibile la sanatoria ma anche la sua riproposizione, atteso che il procedimento di mediazione è stato effettivamente incardinato da parte attrice e la impugnativa della delibera assembleare è soggetta al rispetto del termine perentorio dell'art. 1137 c.c. di 30 giorni dalla sua deliberazione ovvero dalla sua comunicazione in caso di assenza del condomino opponente. Senza con ciò voler entrare nel merito della questione, si rileva che il più recente orientamento delle SSUU con la sentenza n. 9839/2021, ha circoscritto ulteriormente i casi di nullità delle delibere assembleari rispetto alla precedente pronuncia n. 4865/2005 diventando residuali "nel rispetto alla generale categoria della annullabilità, attenendo essa a quei vizi talmente radicali da privare la deliberazione di cittadinanza nel mondo giuridico". In particolare, ne sono individuati tre: 1)"mancanza originaria degli elementi costitutivi essenziali" (volontà della maggioranza; oggetto; causa; forma); 2)"Impossibilità dell'oggetto, in senso materiale o in senso giuridico", da intendersi riferito alla concreta possibilità di dare attuazione a quanto deliberato ovvero in relazione alle attribuzioni dell'assemblea (come nel caso di una deliberazione che incide sulla modifica di una proprietà privata); 3)"Illiceità" (articolo 1343 c.c.), per contrarietà a norme imperative, all'ordine pubblico o al buon costume (ad esempio una deliberazione che introduce discriminazioni tra i condòmini nell'uso delle cose comuni). Ebbene, è evidente che nel caso di specie la delibera non appare viziata da nullità in quanto non solo l'assemblea non si è pronunciata in merito all'approvazione delle tabelle, ma altresì neanche ha assunto alcun provvedimento incidente sulla proprietà privata, essendosi limitata a fornire indicazioni al tecnico sulla base anche delle risultanze del procedimento possessorio ed in attesa di definizione dell'azione petitoria, innanzi menzionati, ed in considerazione del disposto dell'art. 1117 c.c. che individua ed elenca le parti comuni di un edificio (in particolare rileva il n. 1). La delibera resta dunque priva di concreti effetti giuridici non determinando inoltre alcuna mutazione della posizione dell'attrice suscettibile di pregiudizio (non potendo ritenersi tale la prevista riduzione dei millesimi in mancanza di approvazione delle nuove tabelle) con conseguente carenza di interesse all'impugnazione (Cassazione Civile, sentenza n. 10865 del 25.05.2016). Appare comunque opportuno analizzare anche ulteriori eccezioni formulate da parte attrice in corso di causa e reiterate nella comparsa conclusionale, anche ai fini della pronuncia della condanna alle spese. La (...) ha infatti eccepito la contumacia del convenuto condominio per assenza dell'autorizzazione dell'amministratore a resistere in giudizio. È noto che quest'ultimo rappresenta il condominio in tutte le questioni relative alla sua gestione, ma per la difesa in tribunale deve avvalersi di un avvocato. Sul punto, la Cassazione ha di recente (Cass. 12.05.2020, N. 8774; Cass. n. 5567 del 01/03/2021) chiarito che in generale, l'amministratore di condominio è legittimato a intraprendere tutte le azioni giudiziali a tutela dei diritti del condominio senza bisogno di richiedere prima l'autorizzazione dell'assemblea, allorquando, ai sensi degli artt. 1130 e 1131 c.c., si tratti di questioni che rientrino nelle sue specifiche competenze istituzionali. In tutti gli altri casi, egli deve invece sempre farsi prima autorizzare dall'assemblea ovvero richiedere da questa una ratifica dell'operato. In particolare, l'art. 1130 c.c. indica i compiti dell'amministratore, nell'ambito dei quali ha pieno potere di agire in giudizio o di resistere sia contro i condomini che contro i terzi, come stabilisce il successivo art. 1131 c.c., quando si tratta di: - eseguire le deliberazioni dell'assemblea dei condomini; - disciplinare l'uso delle cose comuni così da assicurare il godimento a tutti i partecipanti al condominio; - riscuotere dai condomini i contributi in base allo stato di ripartizione approvato dall'assemblea; - compiere gli atti conservativi dei diritti inerenti alle parti comuni dell'edificio. Fuori da questi casi, occorre una delibera autorizzativa assunta con il consenso della maggioranza dei partecipanti all'assemblea che rappresenti almeno la metà dei millesimi dell'edificio. È ormai pacifico, comunque, che possa sempre resistere in giudizio per difendere una delibera, anche senza una autorizzazione dell'assemblea. Dunque, l'eccezione formulata dall'attrice andrà respinta. Per tali motivi, va dichiarata l'improcedibilità della domanda con condanna dell'attrice al pagamento di spese e compensi del presente procedimento. In considerazione del complessivo esito della controversia, della complessità delle questioni ad essa sottese e dell'attività svolta, tali spese sono liquidate applicando i parametri vigenti (ex D.M. 55/14 come modificato dal D.M. 147/22) scaglione indeterminabile, complessità bassa, parametri minimi. P.Q.M. Il Tribunale, definitivamente decidendo, ogni contraria istanza ed eccezione disattesa, così provvede: - dichiara l'improcedibilità della domanda formulata dalla Sig.ra (...). - condanna (...) al pagamento delle spese di lite nei confronti del Condominio in Napoli alla Via (...), che si liquidano in Euro 3.809,00 per compensi, oltre il 15% di spese generali, IVA e CPA come per legge da distrarsi in favore del procuratore dichiaratasi antistatario. Così deciso, in Napoli, in data 13 aprile 2023. Depositata in Cancelleria il 13 aprile 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI NAPOLI SEZIONE LAVORO 2 SEZIONE Il Tribunale, nella persona del GOP designato, Dott.ssa Adele Di Lorenzo, all'esito dell'udienza del 13/04/2023, ha pronunciato con lettura di dispositivo e motivazione la seguente SENTENZA nella causa di Lavoro iscritta al N. 11356 / 2022. R.G., promossa da: (...) C.F. (...)rapp.to/a e difeso/a dagli avv.ti MA.FR. e PI.MA. ed elett.te dom.to/a come in atti Ricorrente Contro (...) SOC. COOP.VA SOCIALE ONLUS (di seguito, per brevità, "(...)" o "Cooperativa") (C. F.(...)) con sede legale in G. N. (N.) alla Via F. T. n. 35, cap. 80028, in persona del suo legale rappresentante pro tempore, sig.ra (...), Resistente contumace E N., Consorzio di Cooperative sociali, Soc. Coop.va Sociale Onlus, (C.F. (...)) con sede legale in F. del M. (C.), alla V.F.G. s.n.c., in persona del suo legale rappresentante pro tempore, Avv. Si.Lu. Resistente contumace Oggetto: retribuzione RAGIONI DI FATTO E DI DRITTO DELLA DECISIONE Con ricorso depositato in data 23/06/2022 la ricorrente in epigrafe indicata agiva dinanzi il Tribunale di Napoli al fine di sentire accogliere nei confronti delle società resistenti le seguenti conclusioni: "1. Accertare e dichiarare, per tutte le ragioni infra dedotte, la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato tra la ricorrente e la "(...) Soc. Coop.va Sociale Onlus" (C. F. (...)), per il periodo indicato in ri-corso. 2. Dichiarare che al rapporto di lavoro de quo va applicato il CCNL Cooperative Sociali, anche in via parametrica ed ex art. 36 Cost. ovvero ex art. 2099 c.c., con il conseguente diritto della ricorrente all'inquadramento nella Categoria (...), Posizione Economica C1, per l'intera durata del periodo lavo-rativo o per quello ritenuto di giustizia. 3. Accertare e dichiarare la sussistenza della giusta causa delle dimissioni rassegnate dalla signora M. 4. Accertare e dichiarare che alla ricorrente sono dovute le somme di cui all'antescritto prospetto contabile (che forma parte integrante del presente atto) e per i titoli infra dedotti per complessivi Euro 6.408,56. 5. Per l'effetto, condannare la "(...) Soc. Coop.va Sociale Onlus" (C. F. (...)), in solido con la "(...)" Consorzio di cooperative sociali, Soc. Coop.va Sociale Onlus, (C.F. (...)), per tutti i motivi infra dedotti e/o ciascuna per quanto di rispettivo onere e/o responsabilità al pagamento in favore della ricorrente dell'importo complessivo di Euro 6.408,56, per le causali di cui al ricorso, ovvero alla diversa somma che ri-sulti dovuta in corso di causa, anche a mezzo di C.T.U. contabile che, in ipo-tesi di specifica contestazione, espressamente si richiede. 6. Emettere Ordinanza di pagamento - ex art. 423 c.p.c. - in favore della ricorrente per tutte le somme di denaro non contestate e/o per le quali si ritenga raggiunta la prova. 7. Con la rivalutazione di ogni somma per effetto del maggior danno patito e patendo in conseguenza della diminuzione di valore del credito per effetto dell'aumento del costo della vita, con decorrenza dalla data di maturazione dei singoli crediti accolti, ai sensi del combinato disposto ex artt. 429 c.p.c. e 150 disp. att. c.p.c., oltre interessi legali maturati e maturandi sulle somme via via rivalutate ..." Esponeva la ricorrente: - di essere stata assunta, con decorrenza dal 15/10/2018 alle dipendenze della "(...) Soc. Coop.va Sociale Onlus" giusta la stipula di un rituale contratto di lavoro subordinato, a tempo indeterminato, part- time 36 ore settimanali; - di essere stata inquadrata nella Categoria (...), Posizione Economica C1, del C.C.N.L. delle Cooperative Sociali, con qualifica di " OPERATORE SOCIO-SANITARIO"; - che doveva espletare le mansioni suddette presso la R.S.A. C.D.A. Villa Mercede, in Serrara Fontana (NA), alla Piazza Cavone Grande n. 20; -che nel corso del rapporto la ricorrente è stata adibita ad espletare mansioni di O.S.S. -che era stato pattuito un part-time orizzontale al 95%, - in considerazione del fatto che secondo il vigente C.C.N.L. di settore "L'orario settimanale ordinario di lavoro è stabilito in 38 ore settimanali" (cfr. art. 51 CCNL); - che la "(...) Soc. Coop.va Sociale Onlus" ha ad oggetto sociale, tra l'altro, la gestione di servizi socio sanitari quali i servizi di assistenza domiciliare e case protette, centri diurni e/o notturni per anziani, disabili, minori, extracomunitari ecc. ecc.; - che alle commesse della "(...) Soc. Coop.va Sociale Onlus" si è aggiunta, a far data dal 01.06.2012, anche la gestione - affidatale in subappalto dal Consorzio N., a sua volta aggiudicatario di pregressa procedura ad evidenza pubblica indetta dalla (...) del personale di "Villa Mercede"; - che Villa Mercede è sita in Serrara Fontana (NA) ed è costituita da una struttura residenziale a valenza essenzialmente sanitaria per persone anziane non autosufficienti, richiedenti un livello medio di assistenza sanitaria (medica, infermieristica e riabilitativa), integrato da un livello elevato di assistenza tutelare ed alberghiera; - che l'orario di lavoro settimanale sopra indicato da lei espletato, nel periodo nel quale la stessa ha osservato le mansioni di OSS era distribuito su 3 differenti turnazioni di servizio, predisposte unilateralmente dalla società datoriale in base alle proprie esigenze organizzative, con cadenza mensile e riportate su apposite tabelle di volta in volta comunicate ai lavoratori ivi coinvolti: o un turno antimerdiano di sei ore dalle ore 8.00 alle ore 14.00, identificato nella tabella turni con il simbolo "M" (abbreviativo del termine "MATTINA"); o un turno "pomeridiano" di sei ore, dalle ore 14.00 alle ore 20.00, identificato nella tabella turni con il simbolo "P" (abbreviativo del termine "POMERIGGIO"); o un turno "serale/notturno" di dodici ore continuative, con inizio alle ore 20.00 e conclusione alle ore 08.00 della mattina seguente, identificato nella tabella turni con il simbolo "N" (abbreviativo del termine "NOTTE"), seguito dal simbolo "S" (abbreviativo del ter-mine "SMONTO"), riportato nella giornata successiva; che inoltre l'orario era distribuito in modo da avere un giorno di riposo dopo lo smonto. - che il rapporto di lavoro inter partes, si è svolto in modo continuativo ed ininterrotto dal 15/10/2018 al 12/04/2019 per dimissioni assegnate dalla ricorrente per giusta causa, stante il grave inadempimento datoriale che, al mancato pagamento delle mensilità di gennaio, febbraio, marzo 2019, ratei della 13 mensilità 2019 nonché alla mancata consegna delle relative buste paga, oltre il TFR e l'indennità sostitutiva del preavviso; - che la Cooperativa ha omesso qualsivoglia compiuta e puntuale informazione in ordine all'eventuale ricorso agli ammortizzatori sociali ed alla collocazione in F.I.S., non solo nei confronti della ricorrente e di tutti gli operatori della struttura residenziale; - che non ha percepito alcun importo a titolo di T.F.R., così come nulla le è stato corrisposto a titolo di indennità sostitutiva del preavviso di cui all'art. 2119 c.c., parimenti spettante, attesa l'incontrovertibile sussistenza della "giusta causa" sottesa alle dimissioni dalla medesima rassegnate; - che venivano dettagliate le somme dovute con le causali. Ritualmente instaurato il contraddittorio non si costituivano in giudizio i convenuti. Ritenuta la causa di natura documentale all'udienza odierna all'esito della discussione orale è stata decisa con sentenza completa di dispositivo e motivazione. La domanda è fondata e merita accoglimento nei limiti indicati. La medesima questione giuridica è stata oggetto di altre pronunce della Sezione (allegate in atti, in particolare sent. n. 6087/2021 n. 6087/2021 pubbl. il 03/11/2021, Giudice R.Ma., nonché proprio n.4177/2022 ) alle cui condivisibili motivazioni questo giudicante intende aderire anche ai sensi dell'art. 118 c.p.c.. La materia del contendere, invero, concerne il mancato pagamento delle retribuzioni relative alle mensilità di gennaio, febbraio, e marzo 2019, nonché i ratei relativi alla 13 mensilità 2019, essendo le circostanze di fatto concernenti l'esistenza del rapporto di lavoro,la natura e le modalità di espletamento della prestazione, nonché l'inquadramento della ricorrente sono incontestati, oltre che provati dalla documentazione in atti. Vi è in atti il verbale di incontro tra le resistenti e l'(...) attestante la ricorrenza dell'affidamento dell'appalto al consorzio ed in particolare alla (...) ed è, altresì, documentato l'affidamento dell'appalto del Servizio di gestione della residenza sanitaria assistenziale (RSA) e del servizio semiresidenziale del centro diurno anziani (CDA) di S.F. al consorzio N., di cui (...) era consorziata. Incontestata è poi l'adibizione della ricorrente al sito di Villa Mercede. In punto di diritto va osservato che qualora il lavoratore agisca in giudizio per conseguire le retribuzioni allo stesso spettanti, ha l'onere di provare l'esistenza del rapporto di lavoro quale fatto costitutivo del diritto azionato, mentre incombe sul datore di lavoro, l'onere di fornire la prova di averla corrisposta. In relazione agli emolumenti richiesti l'articolata prova testimoniale appare eccessivamente generica, in quanto i capitoli di prova vertono su fatti peraltro provabili con documenti e la totale carenza di indicazioni circa il giorno e le modalità di adempimento, nonché circa il concreto esecutore dello stesso hanno determinato a ritenere non ammissibile la prova per testimoni difettando ogni riferimento a elementi essenziali che collocassero, per quanto atteneva il relativo svolgimento, i fatti che si intendevano provare, nel tempo e nello spazio. In mancanza di specifica allegazione circa le circostanze di fatto in cui il presunto pagamento sarebbe avvenuto, circa il giorno e le modalità di adempimento, nonché circa il concreto esecutore dello stesso, la richiesta prova testimoniale non può che essere inammissibile. Invero, i fatti devono essere esposti in modo tale che, se confermati, suffraghino la tesi di colui che li ha dedotti; nella specie, la genericità dell'articolato istruttorio non avrebbe comunque consentito di pervenire ad un positivo accertamento dell'adempimento medesimo. La documentazione agli atti prova, come detto, il rapporto di lavoro e le modalità di svolgimento, secondo anche l'esposto in ricorso. I turni recano sotto il timbro nonché una firma apposta per conto della C.. La produzione di una mera copia non inficia la validità del documento, in mancanza di disconoscimento della firma; peraltro va sottolineato come i turni riportati nei prospetti depositati da parte ricorrente coincidono con quelli risultanti in busta paga. In relazione alle mensilità per le quali non vi è busta paga gli orari osservati nel periodo sono stati enucleati dalla documentazione relativa ai turni depositati in atti e correttamente calcolata la retribuzione come da conteggi indicati nel ricorso introduttivo. Le somme indicate sono dovute dal datore di lavoro ma anche dal Consorzio in solido per quanto di seguito verrà specificato. Ricorrono, dunque, a giudizio di chi scrive i requisiti previsti dalla legge per l'applicazione dell'art. 29 D.Lgs. n. 276 del 2003, nella versione successiva alla modifica operata dall'art. 21, co. 1. D.L. n. 5 del 2012, entrato in vigore il 20/02/2012, convertito con modificazioni dalla L. n. 35 del 2012, successivamente confermato dalla L. n. 92 del 2012, applicabile ratione temporis al rapporto de quo ed estensibile, per condivisibile interpretazione giurisprudenziale, alle fattispecie di pluralità soggettiva contraddistinta da affidamenti in appalti e assegnazione dei lavori a consorziate. Nell'ambito di un appalto di servizi in cui la società appaltatrice cede il relativo ramo d'azienda a una società consortile, che poi affida alla medesima società cessionaria la gestione dell'appalto, costituiscono un fenomeno di subderivazione del contratto di appalto, qualificabile nella sostanza come subappalto, ne consegue che il consorzio, quale soggetto subcommittente dei lavori e in quanto persona giuridica distinta dai singoli soci consorziati, assume la responsabilità solidale per le retribuzioni dovute ai lavoratori dall'impresa artigiana assegnataria dell'opera Quanto ritenuto trova conforto in quanto espresso dalla Suprema Corte che ha affermato che il rapporto tra un consorzio di cooperative e le sue consorziate non può essere qualificato in termini di mandato, in quanto in relazione ai contratti di appalto stipulati dal consorzio e poi ceduti alle imprese consorziate, ed ai fini del rapporto con i lavoratori subordinati di queste ultime, il consorzio va considerato alla stregua di un subcommittente e la vicenda contrattuale va riguardata come un caso di subappalto (Cass. 16 ottobre 2017, n. 24368). Conclude la Suprema Corte affermando esplicitamente che il lavoratore dipendente della società consorziata possa far valere nei confronti del consorzio la responsabilità solidale di cui all'art. 1676 c.c. e all'art. 29, secondo comma, D.Lgs. n. 276 del 2003. Né appaiono pertinenti alla fattispecie in esame i precedenti giurisprudenziali citati che riguardano la diversa ipotesi in cui si discute circa l'inapplicabilità dell'art. 2112 c.c. e non già la citata disposizione. Sul punto va detto che l'analiticità dei calcoli operati in ricorso, articolato in alcune decine di pagine, non ha trovato specifica contestazione di parte resistente, che non si è costituita, sulle singole componenti del credito; invero, la contestazione dei conteggi assume rilievo solo quando non sia generica ma involga specifiche circostanze di fatto suscettibili di dimostrare la incongruità o, in radice, la non rispondenza al vero dei conteggi, circostanze che devono in ogni caso essere sostenute da adeguato supporto probatorio. E' onere del datore di lavoro eccepire fatti impeditivi od estintivi delle proprie obbligazioni come dedotte dal ricorrente specie per quanto riguarda il pagamento delle mensilità, del TFR, e della 13esima ed altre indennità che il lavoratore contesta aver mai ricevuto. Essendo noto che, se è certa l'esistenza di un rapporto di lavoro e la relativa durata (v. buste paga), il datore di lavoro ha l'onere di provare di avere correttamente retribuito il lavoratore in base alla legge e alla contrattazione collettiva applicata al rapporto. Ne consegue, che stante la compiutezza degli stessi e la mancanza di specifica contestazione gli stessi possono esser fatti propri dal giudicante. Conclusivamente i resistenti in solido vanno condannati al pagamento di Euro 11 in favore della ricorrente, da maggiorarsi degli interessi legali sulla rivalutazione monetaria annua dalla data di maturazione dei singoli importi come indicati in ricorso al saldo. Le spese del giudizio seguono la soccombenza e sono calcolati considerando l'effettiva attività svolta, il valore del giudizio e si liquidano come in dispositivo. P.Q.M. Il Tribunale di Napoli, in funzione di Giudice del Lavoro, GOP dr.ssa Adele Di Lorenzo così provvede: 1) accoglie la domanda e, per l'effetto, condanna le resistenti in solido al pagamento di Euro 6408,56 in favore della ricorrente, oltre interessi legali e rivalutazione monetaria come in parte motiva dalla data di maturazione dei singoli importi come indicati in ricorso al saldo; 2) condanna le resistenti in solido al rimborso delle spese del giudizio, che liquida in complessivi Euro 1.200,00, oltre IVA, CPA e spese forfettarie, con attribuzione agli avvocati Fr.Ma. e Pi.Ma. -. Così deciso in Napoli il 13 aprile 2023. Depositata in Cancelleria il 13 aprile 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Giudice del Tribunale di Napoli, in funzione di giudice del lavoro dr. Federico Bile acquisite le note sostitutive dell'udienza del 14.3.2023 depositata dalla parte opponente e della parte opposta disposte ex art. 127 ter c.p.c., ha pronunciato la seguente Sentenza nella causa iscritta al n. 4552/2022 r.g.n. dell'anno 2022 vertente Tra (...) S.R.L., c.f. (...), in persona del l.r.p.t. sig. (...), con sede in L. alla via P. N. n. 188, rappresentata e difesa dall'Avv. Vi.Ca., c.f. (...), giusta procura in calce al presente atto, ed elettivamente domiciliata presso lo studio del difensore, sito in Roma alla via (...) (comunicazioni al fax n. (...) o alla pec: (...)) Opponente E (...) (C.F.: (...)), rappresentato e difeso dall'Avv. Ro.Sa. (C.F.: (...), ed elettivamente domiciliato, presso quest'ultimo, in Roma, viale (...), giusta procura in atti (comunicazioni alla pec: (...); e/o al fax (...)) Opposto MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA DECISIONE Con ricorso depositato in data 11.03.2022, la (...) S.R.L., in persona del l.r.p.t. sig. (...) (società avente sede con sede in L. alla via P. N. n. 188) proponeva opposizione avverso il decreto ingiuntivo n. 124/2022 emesso dal sottoscritto giudice in data 3.02.2022 nell'ambito del procedimento avente n.r.g. 20897/2021 in favore del sig. (...) con il quale veniva ingiunto di pagare immediatamente in favore dell'istante per la causale di cui al ricorso la somma di "Euro 5.592,47 (di cui Euro 4.741,35 per provvigioni ed Euro 851,12 per spese sostenute nell'esecuzione del mandato) oltre interessi moratori dall'emissione di ogni fattura e fino all'effettivo soddisfo e le spese di questo procedimento, liquidate in complessivi Euro 580,00 per compensi professionali di avvocato oltre CPA e IVA secondo legge, con attribuzione". Parte opponente eccepiva, in primo luogo, sia l'incompetenza per materia del giudice del lavoro di Napoli sia la conseguente incompetenza per territorio del giudice adito per essere competente il giudice ordinario di Potenza; parte opponente, in ogni caso, quanto al merito, deduceva l'infondatezza della pretesa concludendo, conseguentemente, per la revoca del decreto ingiuntivo o per il rigetto della domanda, con ogni ulteriore conseguenza di legge. Instauratosi il contraddittorio nei confronti dell'opposto, questi si costituiva in giudizio e, ribadita con ampie argomentazioni la fondatezza della pretesa, insisteva per il rigetto delle eccezioni preliminari e del merito dell'opposizione, con vittoria di spese e competenze ulteriori del giudizio. Alla prima udienza svoltasi, in data 8.11.2022, con le modalità della trattazione scritta lo scrivente emetteva la seguente ordinanza: "rilevato che con provvedimento emesso da questo giudice in data 27.09.2022, regolarmente comunicato, lo scrivente giudice, aveva disposto che l'udienza già fissata per il giorno 8.11.2022, alle ore 9.30, abbia svolgimento mediante lo scambio e il deposito in telematico di sintetiche note scritte contenenti le sole istanze e conclusioni" ed aveva assegnato alle parti "termine sino a cinque giorni prima di tale data per il deposito telematico delle predette note scritte"; rilevato, altresì, che entrambe le parti hanno depositato le suddette note di trattazione scritta nel termine assegnato e, rispettivamente, in data 3 novembre e 2 novembre 2022; rilevato che le eccezioni di incompetenza per materia del giudice del lavoro e per territorio del giudice civile di Napoli sollevate dalla parte opponente possono essere decise unitamente al merito; ritenuto che la causa - oggi chiamata per la prima udienza - sia matura per la decisione e che possa essere, quindi, decisa sulla base della documentazione depositata dalle parti; ritenuto di dover decidere sulla richiesta avanzata dalla parte opposta di concessione della provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo opposto unitamente al merito PQM Dispone rinviarsi la causa per la decisione all'udienza del 14.03.2023 h.12.10 concedendo alle parti termine per il deposito di note finali di discussione fino a 10 giorni prima". In data 14.3.2023, concesso termine alle parti per la comparizione delle stesse mediante deposito di note scritte ex art. 127 ter c.p.c. sostitutive dell'udienza, la causa è stata assegnata in riserva, eseguite le verifiche demandate alla Cancelleria in ordine alla ritualità della comunicazione dell'avviso di trattazione scritta e alle ulteriori incombenze, e poi decisa, con il deposito in data odierna, della motivazione. Come detto parte opponente ha eccepito sia l'incompetenza per materia del Giudice del Lavoro adito, per essere competente il Giudice Civile Ordinario sia, conseguentemente, l'incompetenza per territorio del giudice del Tribunale di Napoli. Afferma, a tal fine, parte opponente che tra le parti è invero "intercorso un rapporto di procacciamento di affari e non di agenzia commerciale, come erroneamente sostenuto dal sig. (...) nel proprio ricorso per ingiunzione. Peraltro, lo stesso sig. (...), nella lettera di diffida e messa in mora inviata alla società opponente, in data 03.11.2021, sosteneva espressamente, per tramite del proprio Legale, di aver "svolto attività di "procacciatore di affari" per (...) Azienda sin dall'aprile 2021" (cfr doc.8 controparte). Pertanto, il caso che ci occupa esula dalla previsione di cui all'art. 409, comma 3, c.p.c., inerente ai rapporti di lavoro "parasubordinato". Ciò si evince chiaramente dalla documentazione prodotta nel procedimento monitorio: l'unico incarico affidato al sig. (...) è stato quello da procacciatore di affari, in forza del contratto di cui all'allegato n. 4 di controparte. Non vi è mai stato alcun diversoed ulteriore accordo che abbia impegnato l'odierno opposto come agente di commercio. Né è prova il semplice fatto che non sia stato prodotto alcun mandato di agenzia. Peraltro, il sig. (...) non risulta neppure essere iscritto quale agente nella apposita sezione della competente Camera di Commercio. Dall'incompetenza per materia del GL di Napoli, discende la sua incompetenza per territorio, in favore del Tribunale di Potenza. In proposito occorre rilevare che, dall'inapplicabilità dell'art. 409, comma 3, c.p.c., discende l'impossibilità di avere riguardo, ai fini della determinazione della competenza territoriale, alla disposizione di cui all'art. 413, comma 4, c.p.c. Non può essere dunque applicato, nel caso di specie, il principio per cui la competenza appartiene al giudice nella cui circoscrizione si trova il domicilio dell'agente (ossia Napoli). In ogni caso, in ossequio alla previsione espressa al punto 10) del contratto di procacciamento, accettata e sottoscritta anche ai sensi degli artt. 1341 e 1342 c.c., il foro competente per le controversie relative al rapporto è, inderogabilmente, quello di Potenza. Pertanto, ferma restando l'incompetenza per materia del Giudice adito, nel caso che ci occupa sussiste altresì un'incompetenza territoriale" Ritiene lo scrivente che la decisione in ordine alla competenza per materia e, conseguentemente, su quella per territorio del giudice del lavoro adito rispetto a quella del giudice ordinario del Tribunale di Potenza indicato nell'atto di opposizione, impedisca a questo giudice di entrare nel merito della controversia. Va, in primo luogo, sottolineato ed evidenziato che il (...) parte opposta nel presente giudizio è, tuttavia, attore in senso sostanziale della pretesa (è tale parte che ha optato di introdurre il giudizio con le forme del ricorso del decreto ingiuntivo poi opposto) e, pertanto, l'onere della prova anche in ordine ai criteri di collegamento con la competenza per materia e per territorio del giudice adito, ricade su tale parte processuale che è parte "convenuta" nella presente controversia, solo in senso formale. Infatti lo schema del giudizio di opposizione, che viene formalmente instaurato dall'opponente, comunque non fa venir meno la posizione di attore in senso sostanziale della parte opposta e, pertanto, è onere dello opposto provare l'esistenza non solo del credito ma anche dei criteri di collegamento territoriale con questa (...). Non può esservi dubbio, inoltre, che su questa parte processuale incombeva la prova anche di tale circostanza in base ai principi generali fissati dall'art. 2697 c.c. secondo i quali "chi vuol fare valere un diritto in giudizio deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento". A norma dell'art.2697 c.c., infatti, chiunque chieda l'attuazione della volontà della legge in relazione ad un diritto che faccia valere in via d'azione o di eccezione deve provare il fatto giuridico da cui fa discendere il preteso diritto, e quindi tutti gli elementi o requisiti per legge necessari alla nascita dello stesso, che costituiscono le condizioni positive della pretesa, mentre non ha l'onere di provare l'inesistenza delle condizioni negative, cioè dei fatti idonei ad impedire la nascita od il perdurare del vantato diritto, tale prova essendo a carico del soggetto passivo della pretesa, interessato a dimostrare che il rapporto dedotto in giudizio in realtà non è sorto ovvero, pur essendosi validamente costituito, si è poi estinto. Giova precisare che, nel caso in esame, non si verte - come sopra si è detto - in una di quelle situazioni che giustificano un'inversione della prova; l'inversione dell'onere della prova è, difatti, collegabile esclusivamente ad eccezionali previsioni di legge od ad altre norme che pongano praesumpiotiones iuris tantum oppure al caso in cui la parte, cui la prova non spettava, abbia voluto accollarsela e rinunciare in maniera non equivoca ai vantaggi derivanti dall'applicazione dell'art.2697 c.c. (cfr. Cass. 28.6.1984 n.3796). Agente e procacciatore di affari Prima di trarre le conclusioni occorre effettuare alcune osservazioni di tipo preliminare in ordine alle differenze sussistenti tra il rapporto di agenzia, quello di procacciamento di affari e quello di mediazione. In ordine al primo punto deve essere osservato che la differenza tra l'attività svolta dall'agente di commercio e quella posta in essere dal procacciatore di affari è netta e non può essere suscettibile di confusione. Il contratto di agenzia (pacificamente non sottoscritto nella fattispecie) nella sua tipicità è destinato ad attuare con carattere di stabilità (nel senso di un incarico riferito a tutti gli affari possibili con esso previsti) una collaborazione professionale autonoma (promozione, verso corrispettivo, della conclusione di affari tra preponente e terzi nell'ambito di una determinata zona), che si concreta in un risultato posto in essere dall'agente a proprio rischio e con l'obbligo naturale di osservare, oltre alle norme di correttezza e di lealtà, le istruzioni ricevute dal preponente. A differenza del rapporto di agenzia, quello del procacciatore di affari si concreta nella più limitata attività di chi raccoglie le ordinazioni dei clienti, trasmettendole alla ditta dalla quale ha ricevuto l'incarico di procurare tali commistioni, ma senza vincolo di stabilità ed in via del tutto occasionale. Il requisito della stabilità deve essere inteso come preordinazione del rapporto non già ad un singolo o più affari determinati, bensì a tutti gli affari di una certa specie svolti, per un certo tempo, sia pure limitato, nell'interesse del preponente ed in continuativa coordinazione con l'attività di quest'ultimo; ne consegue che la lunga durata di un'attività di collaborazione commerciale non integra l'indicato requisito, nel caso in cui i molteplici affari promossi nel corso del tempo, anziché ricollegarsi ad un unico originario accordo, trovino radice in accordi di volta in volta formatisi in occasione di singoli affari. In tale evenienza la continuità della collaborazione non è riconducibile ad un rapporto di agenzia ed è compatibile con la diversa ipotesi del cosiddetto procacciamento di affari. In conclusione può allora affermarsi che il rapporto di agenzia presenta due caratteristiche (entrambi non presenti nel contratto stipulato dal (...) con la società opponente): la stabilità dell'incarico e la determinazione della zona. Nel difetto di codesti entrambi due elementi (circostanza che ricorre nella fattispecie) e specialmente del primo, si è fuori dallo schema tipico del contratto di agenzia, per eventualmente passare al rapporto di procacciamento di affari. Quindi condizione essenziale della figura di agente è il carattere stabile, cioè sistematico e continuativo, dell'attività promozionale esercitata dall'agente nell'interesse del preponente mentre il contratto atipico di procacciamento di affari è caratterizzato da occasionalità, vendite episodiche, dal non avere né obbligo di esclusiva né il limite di zona prestabilita. La Cassazione ha affermato da tempo che "è noto che caratteri distintivi del contratto di agenzia sono la continuità e la stabilità dell'attività dell'agente di promuovere la conclusione di contratti per conto del preponente nell'ambito di una determinata sfera territoriale, realizzando in tal modo con quest'ultimo una non episodica collaborazione professionale autonoma con risultato a proprio rischio e con l'obbligo naturale di osservare, oltre alle norme di correttezza e di lealtà, le istruzioni ricevute dal preponente medesimo; invece il rapporto di procacciatore d'affari si concreta nella più limitata attività di chi, senza vincolo di stabilità ed in via del tutto episodica, raccoglie le ordinazioni dei clienti, trasmettendole all'imprenditore da cui ha ricevuto l'incarico di procurare tali commissioni; mentre la prestazione dell'agente è stabile, avendo egli l'obbligo di svolgere l'attività di promozione dei contratti, la prestazione del procacciatore è occasionale nel senso che dipende esclusivamente dalla sua iniziativa" (Cass. sez. lav. ordin. n. 16565/2020 del 31.7.2020, conforme Cass. sez. lav. sent. n.20322/2013 del 4.9.2013). Anche di recente la Suprema Corte ha ribadito che "caratteri distintivi dell'agenzia rispetto al procacciamento di affari, che, in estrema sintesi, sono da individuare nella continuità e stabilità dell'attività dell'agente e nella mancanza di vincolo di stabilità e nell'episodicità o occasionalità dell'attività di procacciatore di affari" (cfr. fra le più recenti Cass. n. 22524/2021; Cass. n. 801/2021; Cass. 16565/2020; Cass. n. 10055/2016)" (Cass. sez. lav. ordin. n. 35740 del 6.12.2022). Ne consegue che il rapporto di agenzia e il rapporto di procacciamento di affari non si distinguono solo per il carattere stabile del primo e facoltativo del secondo, ma anche perché il rapporto di procacciamento d'affari è episodico, ovvero limitato a singoli affari determinati ed è, dunque, occasionale, ovvero di durata limitata nel tempo ed ha ad oggetto la mera segnalazione di clienti o sporadica raccolta di ordini e non la stabile attività promozionale di conclusione di contratti. La Cassazione in materia ha, invero, anche precisato che il contratto di agenzia non può essere escluso valorizzando l'assenza del vincolo previsto dall'art. 1743 cod. civ., perché il diritto di esclusiva integra un elemento naturale, non essenziale, del contratto, che può essere derogato dalle parti espressamente o per facta concludentia (cfr. Cass. n. 21203/2007; Cass. n. 17063/2011), e che la mancata espressa assegnazione di una specifica zona non è elemento determinante per escludere il contratto di agenzia (cfr. Cass. n. 10055/2016 che richiama Cass. n. 18303/2007). Anche la giurisprudenza di merito ha affermato analoghi principi: "le controversie relative al così detto procacciamento d'affari, contratto atipico che si concreta in una attività di collaborazione consistente nel raccogliere proposte di contratto ovvero ordinazioni presso terzi e nel trasmetterle al preponente, sono soggette al rito ed alla competenza del giudice del lavoro qualora il relativo rapporto, a norma dell'art. 409 n. 3 c.p.c., presenti le caratteristiche del coordinamento, della continuità e della prevalente personalità della prestazione; il carattere della continuità va però tenuto distinto da quello della stabilità (che verifica quando la prestazione si ripete periodicamente nel tempo, non soltanto di fatto ma anche in osservanza di un impegno contrattuale, come nel caso del rapporto di agenzia prevedente l'obbligo di svolgere un'attività di promozione dei contratti), con la conseguenza che l'attività del procacciatore d'affari, pur non corrispondendo ad una necessità giuridica, essa dipendendo esclusivamente dall'iniziativa del procacciatore non potendo, perciò, in tale senso, i qualificarsi come stabile, può, tuttavia, di fatto svolgersi periodicamente nel tempo, e presentare perciò il carattere della continuità richiesta dal citato art. 409 n. 3 c.p.c. ai fini dell'individuazione del giudice competente e del rito applicabile alle relative controversie" (Cfr. Tribunale sez. lav. - Modena, 05/11/2019, n. 293); "se nel contratto di procacciamento di affari senza vincolo di stabilità stipulato tra le parti sono previste la discrezionalità e autonomia del procacciatore, il compenso sugli affari andati a buon fine, l'assenza di esclusiva in favore e non vi è alcun obbligo di promuovere un certo numero di contratti. Perciò mancando il carattere della continuità richiesto dall'art. 409 n. 3 c.p.c. ai fini della individuazione del giudice competente e del rito applicabile alle relative controversie, deve essere dichiarata la competenza del giudice ordinario" (cfr. Tribunale sez. lav. - Parma, 15/07/2014, n. 281; sul punto vedi anche Cassazione civile sez. lav. - 08/08/1998, n. 7799). Lo stesso ricorrente in via ingiuntiva (opposto nella presente fase del giudizio) nel ricorso per decreto ingiuntivo ha depositato i documenti nn.4 e 8 che appaiono più che escpliciti. Nel documento n.8 contenente la lettera di diffida e messa in mora inviata alla società opponente, in data 03.11.2021 l'opposto, sosteneva espressamente, per tramite del proprio difensore di aver "svolto attività di "procacciatore di affari" per (...) Azienda sin dall'aprile 2021". Spett.le Azienda, In nome e per conto del Sig. (...), che sottoscrive la presente per adesione, si rappresenta quanto segue. Il mio Cliente ha svolto l'attività di "procacciatori di affari" per Codesta Spettabile Azienda sin dall'aprile 2021. Solo in data 8 ottobre 2021 è stato formalizzato il suo rapporto di lavoro e, comunque, anche per il tramite della comunicazione aziendale del 28 agosto 2021 gli è stato addirittura attribuito il ruolo di "Direttore Vendite". Il documento n.4 è, peraltro, specificamente denominato "contratto di procacciamento di affari" sottoscritto dalle parti in data 8.10.2021. In tale contratto si legge espressamente al punto 2) che "l'attività di procacciamento si svolgerà senza nessun vincolo di stabilità e subordinazione nei confronti della (...) S.r.l., con piena scelta di organizzazione; 2b il sig. (...) non deterrà alcun potere per conto della mandante; eventuali poteri di rappresentanza potranno essere proposti di volta in volta con appropriata autorizzazione scritta"". Al punto 3) del contratto viene pattuita la non esclusività ed ovvero che "il procacciatore d'affari non ha alcuna esclusività territoriale e la mandante è libera di agire direttamente o indirettamente attraverso agenti, rivenditori o intermediari di qualsiasi tipo". Inoltre, al successivo punto 10) del contratto le parti si davano "reciproco atto che le prestazioni svolte dal procacciatore d'affari hanno natura di collaborazione autonoma e professionale e che, conseguentemente, il rapporto costituito in forza del presente contratto non è, né può essere considerato di subordinazione o di parasubordinazione". La documentazione prodotta poi dal ricorrente in via ingiuntiva (opposto nella presenta fase del giudizio) conferma che tra le parti è intercorso unicamente ed effettivamente un contratto di procacciamento di affari. Lo stesso ricorrente fonda le sue pretese unicamente in base a 3 fatture: si legge nel ricorso per decreto ingiuntivo "l'istante, in particolare, rivendica la corresponsione di n. 3 fatture, per un totale di Euro 4.741,35 (doc. 1)".; 4. la prima fattura si riferisce alle provvigioni maturate in relazione alle "performance" degli agenti da lui gestiti, come contrattualizzato con l'azienda "5% su provvigioni agenti" (doc. 2); 5. gli agenti in parola erano i Sig.ri (...) e (...) ed il compenso dell'istante è legato ai contratti sottoscritti dai predetti di cui il relativo 5% è di Euro 1.900,00 in ragione delle comunicazioni aziendali (doc. 3); 6. la seconda fattura si riferisce alle provvigioni maturate in relazione al contratto di "procacciamento" firmato tra le parti (doc. 4); 7. la provvigione in parola, in particolare, si riferisce al contratto (...) SRL del valore di Euro 550,00, per cui la provvigione del 30% è pari ad Euro 165,00 (doc. 5); 8. la terza ed ultima fattura si riferisce ai 15 contratti conclusi dal Sig. (...), per un importo complessivo di Euro 12.789,00 detratto quanto già ricevuto, su cui l'istante rivendica una provvigione pari al 50%, giusta la mail del titolare della convenuta". A parere dello scrivente e viste le contestazioni di parte opponente non può parlarsi, nella specie "di continuità e stabilità dell'attività" mentre ben può essere ravvisata "la mancanza di vincolo di stabilità e l'episodicità o occasionalità dell'attività di procacciatore di affari". Sulla base dei documenti depositati ben può ritenersi che l'apporto del (...) all'attività della società opponente è stato, infatti, episodico ed occasionale nonché limitato a singoli affari determinati, con durata limitata nel tempo. Quindi non può essere ravvisata la competenza per materia del giudice del lavoro (e conseguentemente anche quella del territorio del giudice civile ordinario del Tribunale di Napoli) in quanto le controversie introdotte da un procacciatore sono soggette al rito ed alla competenza del giudice del lavoro solamente nella ipotesi in cui il relativo rapporto, a norma dell'art. 409 n. 3 c.p.c., presenti le caratteristiche del coordinamento, della continuità e della prevalente personalità della prestazione ... perciò mancando il carattere della continuità richiesto dall'art. 409 n. 3 c.p.c. ai fini della individuazione del giudice competente e del rito applicabile alle relative controversie, deve essere dichiarata la competenza del giudice ordinario". Non appare, in alcun modo, dirimente l'iscrizione del (...) al ruolo agenti e rappresentanti del Commercio di cui alla L. 3 maggio 1984, n. 204 in quanto tale iscrizione risale al 16.10.2000 ed i fatti oggetto del presente procedimento riguardano il periodo aprile-ottobre 2021; in ogni caso il fatto di essere iscritto al ruolo agenti e rappresentanti di commercio non impedisce allo scrivente di accertare e verificare, nel concreto, se nel rapporto sono presenti o meno le caratteristiche del coordinamento, della continuità e della prevalente personalità della prestazione. Invero dai documenti prodotti sia in fase ingiuntiva che in quella di opposizione non sono emersi elementi tali da affermare la sussistenza del coordinamento, della continuità e della prevalente personalità della prestazione. Tanto non si evince nemmeno dai messaggi WhatsApp (cfr. documento n.14 allegato alla memoria difensiva in sede di opposizione prodotti dal C.) che anch'essi non appaiono dirimenti sulla sussistenza di eterodirezione (l'opposto ha sostenuto che la società opponente organizzasse per lui turni e ferie),; in tale scambio di messaggi si legge unicamente: "Elio buongiorno, tu quando ricominceresti a lavorare? Perché noi avevamo pensato tra oggi e domani di iniziare a fissare qualche APT per il 17 (ovviamente da confermare il 16) fammi sapere" (messaggio proveniente da Davide Tmk Nexi). La risposta del (...) a tale sollecitazione è stata la seguente "B giorno io rientro il 26". Tale risposta, a giudizio dello scrivente, prova esattamente l'opposto di quanto ritiene il (...) ed ovvero che fosse del tutto assente non solo la subordinazione ed ogni attività di eterodirezione ma anche il coordinamento e la continuità delle prestazioni lavorative dell'opposto. Ed infatti Davide Tmk Nex, alla risposta del (...) "B giorno io rientro il 26", replica seccamente, unicamente e laconicamente "Ah ecco va benissimo" (completato da un emoticon di faccina sorridente); tale risposta, in assenza di qualsiasi ulteriore ordine, direttiva, imposizione, contestazione (disciplinare o meno), disposizione e/o anche invito a tornare prima dimostra l'assenza di ogni attività di eterodirezione ed anche di coordinamento, Quindi ha ragione, a giudizio dello scrivente, parte opponente la quale ha, sul punto, evidenziato che il (...) "fosse pienamente libero di organizzarsi". Non vi è prova agli atti di causa delle "quotidiane" richieste aziendali di avere dal (...) dei "feedback sugli appuntamenti". Sul punto, dal doc. n.13 (ove si fa riferimento ad una conversazione avvenuta a mezzo email in data 21.10.2021, data di cessazione del rapporto), si evince che proprio in ragione della cessazione del rapporto parte aziendale "volesse avere un quadro dell'attività svolta dalprocacciatore" (quadro richiesto, appunto, alla fine del rapporto e non durante la vigenza del contratto di procacciamento di affari). Dalle conversazioni WhatsApp di cui al doc. 12 esibito da parte opposta nemmeno emerge la prova sull'ulteriore deduzione attorea relativa agli ordini serali impartiti dall'azienda al (...) relativamente agli appuntamenti del giorno seguente; trattasi di solo 4 episodi di cui 3 del mese di maggio 2021 ed uno del mese di luglio. Ancora una volta non emerge la stabilità del rapporto, il coordinamento e la continuità delle prestazioni lavorativa del (...); semmai viene confermata l'episodicità e/o l'occasionalità delle medesime. Anche la comunicazione pervenuta dall'(...) il 17.05.2022 (di cui al doc. 16) non appare dirimente; in essa viene effettivamente soltanto indicato che, su istanza dell'opposto, è stata aperta un'istruttoria. Si legge nello specifico "in relazione alla Sua segnalazione per recupero contributi, pervenuta a questo Ufficio in data 17/3/2022, si comunica che l'Ispettore incaricato dell'Istruttoria è la dr.ssa (...) ...Si informa inoltre che al termine dell'iter ispettivo sarà nostra cura comunicarLe l'esito dello stesso" (cfr doc.16 produzione dell'opposto). In nessuna delle note di trattazione scritte e/o di discussione è stata allegata dall'opposto l'esito dell'iter ispettivo (che, pertanto, allo stato si sconosce del tutto). Il quadro probatorio ricostruito depone, per come ritenuto dal Tribunale, per l'effettiva insussistenza di contratti di agenzia, ricorrendo elementi che da un lato confermano rapporti di collaborazione episodici e occasionali, limitati a singoli affari determinati e aventi ad oggetto la mera segnalazione di clienti o sporadica raccolta di ordini e dall'altro escludono, di contro, rapporti di collaborazione continuativa, con lo stabile affidamento dell'attività promozionale di conclusione di affari, con l'obbligo di osservare le indicazioni della mandante, oltre alle norme di correttezza e di lealtà. Fatta questa premessa va anche sottolineato che al punto 10 del contratto firmato dalle parti in data 8.10.2021 si prevede che "in relazione alle controversie che dovessero insorgere in relazione al presente contratto, comprese quelle inerenti la sua validità, interpretazione, esecuzione e risoluzione, sarà competente il Tribunale di Potenza". Scrive condivisibilmente parte convenuta: "in proposito occorre rilevare che, dall'inapplicabilità dell'art. 409, comma 3, c.p.c., discende l'impossibilità di avere riguardo, ai fini della determinazione della competenza territoriale, alla disposizione di cui all'art. 413, comma 4, c.p.c.. Non può essere dunque applicato, nel caso di specie, il principio per cui la competenza appartiene al giudice nella cui circoscrizione si trova il domicilio dell'agente (ossia Napoli). In ogni caso, in ossequio alla previsione espressa al punto 10) del contratto di procacciamento, accettata e sottoscritta anche ai sensi degli artt. 1341 e 1342 c.c., il foro competente per le controversie relative al rapporto è, inderogabilmente, quello di Potenza". A ciò deve aggiungersi che l'attore (in questo caso il (...) che, si ripete, sebbene convenuto nel giudizio di opposizione, è attore in senso sostanziale) aveva l'onere di dimostrare - specie di fronte ad una contestazione specifica come quella sollevata dalla società opponente - che del foro prescelto ricorrevano gli elementi di fatto della fattispecie legale. Va, infatti, osservato che il (...) sul quale - si ripete - gravava l'onere di provare i fatti costitutivi anche della competenza del giudice adito in caso di contestazione (per tutte Cass. n. 4570/80) ha, invero, dedotto specifiche circostanze a sostegno delle proprie prospettazioni, le quali si ritengono, tuttavia, non condivisibili. Orbene dagli atti di causa è emersa la conferma delle deduzione contenute sul punto nell'atto introduttivo del giudizio di opposizione in linea con costanti pronunciamenti della giurisprudenza di merito e di legittimità. Conseguentemente non è possibile radicare la competenza della sezione lavoro del Tribunale di Napoli in virtù di quanto stabilisce il terzo comma dell'art. 413 c.p.c.. Dunque il giudice competente per materia e per territorio appartiene è il giudice civile ordinario del Tribunale di Potenza Alla luce di tutto quanto sopra illustrato, deve ritenersi l'incompetenza per materia e per territorio del giudice del lavoro del Tribunale di Napoli a favore del Giudice civile ordinario del Tribunale di Potenza. Va, infine, ricordato che il giudice nell'esercizio della propria competenza funzionale ed inderogabile sulla causa di opposizione a decreto ingiuntivo, nel definire il giudizio di opposizione con sentenza dichiarativa di incompetenza per territorio "deve pronunciare contestuale declaratoria di nullità e revoca del decreto" ( cfr. Tribunale Torino sez. III, sent. del 22 febbraio 2007, n. 1182). Anche la giurisprudenza di legittimità si è pronunciata nel medesimo senso: "il giudice dell' opposizione a decreto ingiuntivo ove riconosca che la domanda di condanna al pagamento di somme di danaro o alla consegna di cose mobili era stata rivolta ad un giudice incompetente per ragioni di valore o di territorio , ai sensi dell'art. 637 c.p.c., deve dichiarare tale incompetenza (che è poi anche la propria), revocare il decreto e rimettere le parti davanti al giudice competente. In tal caso, essendo la pronuncia di revoca del decreto conseguenza necessaria ed inscindibile della pronuncia di incompetenza del giudice che lo ha emesso, quella che trasmigra davanti al giudice dichiarato competente non è più propriamente, una causa di opposizione ad un decreto (che più non esiste), ma una causa che dovrà svolgersi secondo le norme del procedimento ordinario (art. 645 comma 2 c.p.c.), onde il giudice davanti al quale la causa sia stata riassunta ex art. 50 c.p.c. non può sollevare conflitto negativo di competenza ex art. 45 stesso codice, non vertendosi in una ipotesi di conflitto virtuale negativo di competenza per materia e per territorio inderogabile sicché va dichiarata inammissibile la relativa istanza". (cfr. Cassazione civile, sez. II, 11 ottobre 1995, n. 10586); "il tribunale, il quale accolga l'eccezione di incompetenza territoriale formulata in sede di opposizione a decreto ingiuntivo, non declina la propria competenza funzionale a decidere sulla opposizione , in quanto la pronuncia di incompetenza comporta la revoca implicita del decreto ingiuntivo emesso dal giudice incompetente per territorio" ( cfr. Cassazione civile, sez. II, 07 febbraio 1979, n. 836). Anche in considerazione della pronuncia di natura esclusivamente processuale si ritengono sussistenti gravi ed eccezionali ragioni per compensare interamente le spese di lite tra le parti. P.Q.M. a) dichiara la propria incompetenza per materia e per territorio in favore del giudice civile ordinario del Tribunale di Potenza davanti al quale rimette le parti; b) revoca il decreto ingiuntivo n. 124/2022 emesso dal sottoscritto giudice in data 3.02.2022 nell'ambito del procedimento avente n.r.g. 20897/2021 in favore del sig. (...); c) fissa il termine perentorio di trenta giorni decorrenti dalla data di deposito della motivazione per la riassunzione della causa davanti al giudice competente. d) compensa tra le parti le spese del giudizio. Così deciso in Napoli il 12 aprile 2023. Depositata in Cancelleria il 12 aprile 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Giudice del Tribunale di Napoli, dr. Elisa Tomassi, in esito al decreto di trattazione scritta ai sensi dell'art. 221, 4 comma D.L. n. 34 del 2020 come modificato dalla L. di conversione n. 77 del 2020, dato atto delle note scritte pervenute dai procuratori delle parti, alla udienza cartolare del 9.2.23 ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa iscritta al n.23283/2019 R.G. Lavoro TRA (...), nata in P. (E.) il (...), c.f. (...), rappresentata e difesa dall'Avv. Ro.Lo. elettivamente domiciliata in Napoli alla Piazzetta (...) RICORRENTE E (...), C.F. (...), nato a N. il (...), rappresentato e difeso dall'avv. Lu.Fr., elettivamente domiciliato in Napoli alla via (...) RESISTENTE (...), CF.(...), nata a P. il (...), rappresentata e difesa dagli avv.ti Ma.De. e Ti.De., elettivamente domiciliata in Napoli alla via (...) RESISTENTE FATTO E DIRITTO Con ricorso depositato in data 22.11.2019 la ricorrente indicato in epigrafe ha esposto quanto segue: ha prestato attività lavorativa alle dipendenze dei convenuti in data 12.02.2019 in qualità di collaboratrice domestica presso il loro domicilio in Napoli alla via (...) O. 42 494, svolgendo mansioni corrispondenti al livello BS di cui al CCNL applicabile ai collaboratori domestici; ha provveduto sia ad effettuare le pulizie all'interno dell'appartamento sia a lavare e stirare gli indumenti dei resistenti; ha svolto l'attività di lavoro alle dirette dipendenze e sotto il controllo e le direttive dei resistenti essendo stabilmente inserita nell'organizzazione domestica dei resistenti ed era tenuta a giustificare eventuali assenze; per l'attività svolta è stata pagata mensilmente dai convenuti; in data 02.09.2019, al termine della settimana di ferie concessale, il rapporto di lavoro si è interrotto per licenziamento senza preavviso intimatole da (...); ha lavorato tutti i giorni dal lunedì al sabato compreso, dalle 09.00 alle ore 13.00 e ha percepito una retribuzione mensile di Euro 500,00; non ha ricevuto i ratei di 13°, i ratei di ferie maturate e non godute, il TFR; il rapporto di lavoro per tutta la sua durata non è mai stato regolarizzato con un contratto di lavoro. La ricorrente ha concluso chiedendo: "Voglia l'Ill. Giudice del Lavoro presso il Tribunale di Napoli, accertato e dichiarato il rapporto di lavoro subordinato tra le parti di cui in ricorso, condannare i resistenti o chi di ragione tra loro al pagamento della complessiva somma di Euro 1.797,83 a titolo di spettanze fine rapporto e trattamento di fine rapporto, oltre rivalutazione monetaria ed interessi.", il tutto con vittoria di spese e attribuzione. Il resistente (...), costituitosi, ha eccepito l'inesistenza del rapporto di lavoro subordinato nel periodo dedotto in giudizio; ha precisato che la sola (...), necessitando di un supporto nelle faccende domestiche e su segnalazione di una propria conoscente, ha intrapreso un rapporto di mera collaborazione saltuaria ed occasionale con la ricorrente; ha precisato che la ricorrente non è mai stata sottoposta al proprio controllo e vigilanza in quanto egli l'ha incontrata solo in rare occasioni, lavorando presso l'albergo Scalinata di Spagna sito in R. Piazza T. dei (...) n. 17, ed osservando orari di lavoro incompatibili con possibili incontri con la stessa; ha precisato che la (...) si è lamentata spesso dell'attività svolta dalla ricorrente e che quest'ultima si è sempre occupata di svolgere semplici e basilari attività quali attività di pulizia dell'appartamento, nonché, di lavaggio e di stiratura di indumenti; che egli durante il matrimonio ha erogato alla moglie un fondo per la gestione delle spese di pulizia di casa, consegnato in contanti alla ricorrente; che dopo la separazione tra i coniugi l'immobile è stato diviso tra i coniugi separati; che per la gestione della pulizia della propria quota di immobile ciascuno dei due separati ha gestito individualmente il rapporto di collaborazione occasionale con la ricorrente; in particolare, egli ha proposto alla ricorrente una collaborazione saltuaria e, nel mese di luglio 2019, la ricorrente ha lavorato per 3 giorni; che la ricorrente è stata regolarmente compensata di volta in volta in contanti; che al rientro della settimana di vacanza nell'agosto 2019, la ricorrente senza preavviso ha comunicato che non era interessata a continuare a proseguire il rapporto di collaborazione occasionale, lasciandolo privo di una persona che provvedesse alla pulizia in pieno mese di agosto. Ha concluso chiedendo: "In via preliminare estromettere il sig. (...) dal presente giudizio per carenza di legittimazione passiva;In via principale I - rigettare il ricorso perché improcedibile, inammissibile, nullo, infondato e comunque non provato per tutte le ragioni di fatto e di diritto su esposte; II - nella ipotesi di accoglimento dell'avverso ricorso, riconoscere il minor importo dovuto al ricorrente, tenuto conto delle circostanze indicate nel presente atto ed in particolare tenendo conto dell'effettivo orario di lavoro osservato in costanza di rapporto e della intervenuta prescrizione dei crediti richiesti ed a seguito di riformulazione dei conteggi ovvero anche a seguito di CTU; III - in via riconvenzionale, accertare e dichiarare il diritto del sig. (...) ad ottenere l'importo di Euro 300,56 e per l'effetto condannare la ricorrente al relativo risarcimento, nella misura complessiva di Euro 300,56 o in quella maggiore o minore che sarà determinata in corso di causa o che sarà ritenuta di giustizia, anche in via equitativa; IV - condannare in ogni caso la ricorrente al pagamento delle spese di lite con attribuzione al procuratore antistatario." La resistente (...), costituitasi , ha eccepito quanto segue: il 12 marzo 2020 la stessa e lo (...) 42 si sono separati; nel corso dell'anno 2019 i coniugi hanno vissuto come separati in casa, programmando la divisione fisica dell'appartamento sito in via (...) 42 formalizzata e contemplata nell'accordo di separazione; nel mese di febbraio 2019, la stessa ha assistito al colloquio di lavoro con la ricorrente per la gestione delle faccende domestiche della porzione di casa di pertinenza dello (...) 42, abitata dallo stesso congiuntamente ai figli di primo letto, I.F. e I.A.; ha precisato che detto rapporto di lavoro, nel caso di assunzione, sarebbe stato concluso a seguito della divisione dell'appartamento ed, in tale circostanza, la stessa (...) si è opposta dando parere contrario alla eventuale assunzione della ricorrente ritenendola troppo giovane ed inesperta per la gestione della casa; ha dedotto la propria totale estraneità al rapporto di lavoro istauratosi con la ricorrente anche in quanto l'abitazione di via (...), proprio durante il periodo indicato dalla ricorrente per la assunzione, è stata trasformata in un grande cantiere per effettuare la divisione dell'appartamento in due unità immobiliari separate. Parte resistente ha concluso chiedendo: "dichiarare il difetto di legittimazione passiva di (...) o comunque l' estromissione/ estraneità della stessa alla vicenda processuale dedotta in ricorso; in subordine rigettare la domanda avversa e tutte le richieste con essa formulata perché improponibili, inammissibili oltre che infondate. In via ulteriormente gradata rigettare il ricorso, dichiarando che alla (...), previo pure accoglimento dell'eccezione di compensazione spiegata, nulla è dovuto. 4. con vittoria di spese ed onorari oltre iva e cpa e rimborso spese studio come per legge, con attribuzione all'avvocato anticipatario" Dato atto dell'avvenuta rituale comunicazione al procuratore del ricorrente del decreto di trattazione scritta ai sensi dell'art.221, 4 comma D.L. n. 34 del 2020 come modificato dalla L. di conversione n. 77 del 2020 e dell'avvenuto deposito delle note in parola, considerata documentalmente istruita, la causa viene decisa con la presente sentenza, di cui è stata disposta la comunicazione. All'udienza del 13.10.2020 la ricorrente in sede di interrogatorio libero ha dichiarato di aver transatto la causa con lo I. e per l'effetto ha rinunciato all'azione nei suoi confronti e quest'ultimo ha rinunciato alla domanda riconvenzionale. In particolare, con verbale di conciliazione sindacale, depositato agli atti di causa, la ricorrente in data 28.05.2020 ha rinunciato ogni pretesa nei confronti dello (...), il quale a sua volta pur disconoscendo la presunta sussistenza del rapporto di lavoro subordinato contestato nel presente giudizio, ha corrisposto l'importo di Euro 600,00 a titolo di bonus transattivo. La ricorrente ha pertanto rinunciato negli esclusivi confronti dello I. al diritto e all'azione instaurata con il presente giudizio; le parti hanno reciprocamente accettato le rispettive rinunce. Ne consegue la parziale estinzione del giudizio nei confronti del convenuto (...). La domanda avanzata dalla ricorrente nei confronti della (...) è fondata e come tale essere accolta. In particolare, la teste di parte ricorrente (...) ha dichiarato quanto segue: "Sono la madre della ricorrente. Mia figlia mi ha raggiunto in Italia dopo che io ero stata a Napoli per cinque anni. Io ho sempre svolto attività di cameriera presso famiglie. Mia figlia venne ad abitare con me a via R. 25 dove tuttora abito. Mia figlia era venuta da minore per studiare, è andata a scuola, ha preso un diploma e poi ha iniziato a lavorare, anch'ella presso famiglie effettuando pulizie. Nel 2019 mia figlia ha iniziato a lavorare presso una famiglia in via (...) (...), non ricordo il nome, vi era marito , moglie e figli; il lavoro era stato procurato tramite una mia amica connazionale che aveva in precedenza lavorato presso detta famiglia. Mia figlia iniziò a lavorare il 12 febbraio, tanto ricordo perché è una data che cade due giorni prima del mio compleanno; il colloquio era stato effettuato circa due giorni prima di iniziare; non avevo accompagnato mia figlia al colloquio, ci era andata da sola, era di pomeriggio. Mia figlia quando ci vedemmo a casa mi disse che aveva parlato con una signora, che le aveva detto che aveva bisogno per suo figlio più piccolo; quindi ella doveva pulire casa e guardare anche il bambino. L'orario di lavoro per il quale mia figlia si accordò con la signora andava dalle ore8,00 alle 13,00 dal lunedì al venerdì; di pomeriggio a volte rimaneva ancora per un paio di ore dopo le 13,00 quando la signora glielo chiedeva. No so quanti anni avesse il bambino, non l'ho mai visto, forse 4 o 5 anni. Io lavoravo in quel periodo a via (...) L. 173, il palazzo dove lavorava mia figlia;andavamo insieme al lavoro, prendevamo un caffè al bar e ognuna di noi andava presso l'abitazione di riferimento. La signora con cui mia figlia aveva colloquiato per il lavoro viveva con il marito e mi pare due figli del marito che erano nati dal precedente matrimonio di costui, più grandi. Il rapporto di lavoro di mia figlia è terminato intorno al 12,13 agosto 2019, quando in pratica per come mi ha riferito mia figlia il marito le aveva detto "prenditi la vacanza" con l'accordo che sarebbe ritornata a settembre, dopo 15 giorni. Mia figlia, visto che i signori non la chiamavano , chiamò lei il marito che le disse che non occorreva più il suo servizio. Mia figlia veniva pagata o 500,00 o 550,00 Euro mensili, non ricordo bene. Mia figlia chiede di avere una liquidazione, mandando un conteggio che era stato effettuato da un patronato ma non ha avuto risposta; ella andò a casa dei signori per portare tale conteggio che poi lasciò sul posto o diede a loro, non ricordo e non so se e con chi dei due abbia parlato" Il secondo teste di parte ricorrente, (...), ha dichiarato quanto segue: "Sono amica della ricorrente, in quanto in particolare sono amica di sua madre. Ho conosciuto sia la madre che la figlia circa quindici anni fa, quando tutte eravamo già a Napoli. Io sono collaboratrice domestica, mai stata convivente ma sempre con una mia abitazione. Io ho lavorato alle dipendenze di (...) nel periodo 2018/2019 quale babysitter del figlio che aveva quattro anni, di nome A. con orario dalle 17,00 fino alle 20,00 nei giorni lunedì, mercoledì e venerdì; mi recavo presso la casa della (...), in via (...) L. a N., non ricordo il civico. Vedevo a casa il marito della (...), di cui non ricordo in questo momento il nome e il cognome; essi vivevano insieme ; la (...) non era in casa il pomeriggio e in genere neppure alle 20,00 quando andavo via ma veniva a stare con il bambino il marito; so che la (...) è una cantante per cui era fuori casa per lo più la sera. A un certo punto mi sono dimessa perché ho trovato un nuovo lavoro dalle 8,00 alle 19,00 , che svolgo tuttora, sempre in zona Chiaia. Sapevo che la figlia della mia amica., (...), cercava lavoro come baby sitter, per cui fui io a presentare all'atto della mie dimissioni la ricorrente alla (...). Non fui presente al primo colloquio tra di loro, in quanto ella ci si recò con la madre e io avevo dato solo l'indirizzo. Avevo prima parlato con la signora (...), dicendole che sarebbe venuta la mia amica con la figlia. Per quanto sapevo occorreva sostituirmi quale baby sitter. IO vedevo quando arrivavo alle 17,00 a casa della (...) che andava via un uomo srilankese che sapevo si occupava delle pulizie. Seppi dalla mia amica, madre della C.., (...), che la figlia si era messa d'accordo con la (...), iniziando a lavorare a casa sua intorno al febbraio 2019, sempre per occuparsi del bambino e fare un poco di pulizie, cosa che del resto facevo anche io; si trattava di pulire e tenere ordinata la stanza del bambino; si trovava preparato il cibo per il bambino ma occorreva pulire le sue stoviglie. Per quanto so la ricorrente si è occupata dei miei stessi compiti, in realtà non ricordo quanto la (...) abbia lavorato in casa della (...), mi pare pressocchè un anno. Non conosco l'orario che fu oggetto dell'accordo tra la ricorrente e la (...). La (...) cambiava ogni tanto il mio orario di lavoro ma nulla posso dire quanto alla ricorrente e all'orario che la (...) aveva pattuito con costei. Non so il motivo per cui il rapporto tra la ricorrente e la (...) è terminato. Non mi sono più recata a casa della (...) dopo avere dismesso il mio lavoro. Quando io stavo per dimettermi la (...) stava per separarsi dal marito; ho poi incontrato costui dopo le mie dimissioni , circa due anni dopo, poco prima della pandemia, quando mi disse che si era separato dalla moglie; era in attesa del figlio davanti alla scuola dove io pure aspettavo i bambini di cui mi occupo. Io venivo pagata a ore dalla (...), sei Euro all'ora oppure se mi trattenevo oltre le 20,00 sette Euro all'ora. Non so quanto venisse pagata la (...), la mia amica mi ha detto che le pagava una cifra mensile a quanto ammontasse; nemmeno so che se la ricorrente si recasse a lavorare più di tre volte alla settimana. Non so se la ricorrente abbia ricevuto un tfr a fine rapporto ma avevo sentito la mia amica dire, quando ci siamo incontrate , che la (...) non voleva pagare il tfr. Nemmeno a me venne pagato ma io poi non ho insistito avendo trovato il nuovo lavoro; inoltre a me neppure veniva pagata una somma in più a Natale Il teste di parte resistente (...) ha dichiarato quanto segue: "Sono un'amica della (...), ci conosciamo fin da quando eravamo bambine; ci siamo sempre frequentate; lei abita in zona (...) L. da quando è andata a convivere con quello che poi è diventato suo marito, (...) , all'incirca sette anni orsono; hanno un bimbo, appunto, di sette anni. Io abito al Vomero; lavoro con orari da turnista ; la (...) non lavora, fa la cantante la sera ma da circa due anni non lavora. La frequentazione con la mia amica si è concretizzata nel corso degli anni con telefonate quotidiane e ci vedevamo anche nelle rispettive abitazione all'incirca inmedia una volta alla settimana o anche un po' meno in base ai rispettivi impegni. La (...) abitava con il marito in via (...) 42 anche con i due figli del (...). Nel gennaio/febbraio 2019 la (...) mi ha raccontato e ho seguito la vicenda giorno per giorno che si era separata di fatto dal marito ; essi hanno continuato a vivere nella stessa casa fino al dicembre del 2018 e a gennaio/febbraio c'era stata la decisione di entrambi di separarsi; iniziarono quindi a marzo dei lavori per dividere la casa, che era abbastanza grande anche se la (...) ha avuto una parte di soli 40 metri quadri; la casa era di proprietà dello I. ed ella ha pensato al figlio, in modo da fargli avere il padre vicino. Il (...) per quanto appresi dalla (...), quando lei era andata via di casa a gennaio 2019 ( di tanto sono a conoscenza avendola ospitata, per quanto mi disse, la sorella) aveva " assunto" una collaboratrice per le faccende domestiche, visto che lui lavorava a Roma e lasciava i figli comunque maggiorenni a casa. Non conosco il nome della detta collaboratrice né la sua nazionalità. La mia amica non mi disse nulla circa eventuale assistenza da parte sua al colloquio che il (...) aveva avuto con la collaboratrice per iniziare il rapporto. Nel periodo marzo- aprile ho ospitato io la (...), che ha vissuto con il bimbo a casa mia. Poi i due si sono separati consensualmente intorno alla fine del 2019. Alla fine di aprile la (...) rientrò nella propria parte di casa. Ella si è occupata sempre personalmente del figlio, non lasciandolo mai a nessuno. Non ho mai sentito la convenuta parlarmi di un rapporto di collaborazione anche solo domestico con la collaboratrice del marito. Mi sono recata più di una volta fin da aprile 2019 a trovare la mia amica e non ho mai visto nessuno sul posto intento a darle una mano; andavo a trovarla più di in orario pomeridiano, a volte ci vedevamo sotto il mio ufficio in via (...) e pranzavamo insieme per poi andare a casa sua oppure pranzavo da lei; quando pranzavamo insieme fuori casa c'era sempre anche il bambino, la mia amica lo portava in bicicletta, lo andavamo anche a prendere a scuola, era un asilo ma non ricordo dove si trovasse, non essendo della zona." Orbene, dal complesso delle deposizioni testimoniali di cui si è detto e in particolare dalle deposizioni delle testi di parte ricorrente, in primis la madre della ricorrente, emerge la conferma dell'assunto attoreo , risultando dimostrato il rapporto di lavoro per subordinato dedotto in giudizio, con inizio il 12.02.2019 e termine il 02.09.2019 così come che l'attività svolta dalla ricorrente di collaboratrice domestica presso l'abitazione della resistente, sita alla Via (...) O. n. 42, prestata con le modalità giornaliere ed orarie indicate in ricorso, attività consistita nell'occuparsi del figlio minore della (...) e nelle operazioni di lavaggio e stiratura indumenti e pulizia camera dello stesso, dal lunedì al venerdì dalle ore 9.00 alle ore 13.00, sotto le direttive della (...), il tutto, però, non anche il sabato , per come dedotto in ricorso. Non vi è motivo di dubitare della genuinità delle deposizioni, coerenti e dettagliate; le stesse non appaiono smentite dalle dichiarazioni della teste di parte resistente, la quale ha indicato l'orario pomeridiano e/o di pranzo come quello in cui generalmente incontrava la convenuta, manifestandosi pertanto compatibile la sua versione dei fatti con l'assenza della ricorrente, che lavorava fino alle ore 13,00. Parte ricorrente ha invocato l'applicazione del ccnl dei lavoratori domestici pro tempore vigente, in relazione al livello BS , contratto versato in giudizio. In argomento si rammenta che, dopo la soppressione dell'ordinamento corporativo, i contratti collettivi sono sottoposti alle regole civilistiche dell'autonomia privata, per cui la loro efficacia, non estesa alla generalità, è limitata a quanti, con l'iscrizione alle associazioni sindacali, hanno a queste conferito la rappresentanza dei propri interessi nella stipulazione dei contratti collettivi; questi stabiliscono così il trattamento a cui debbono adeguarsi i singoli contratti individuali di lavoro (v. Cass. SS.UU., 26.3.97, n. 2665). In difetto di iscrizione, il contratto collettivo si applica di certo a coloro che abbiano manifestato esplicita adesione al contratto stesso. Secondo la giurisprudenza, inoltre, tale adesione può essere desunta per implicito dalla valutazione complessiva di dati univocamente indicativi della ricezione della contrattazione medesima da parte del datore di lavoro non iscritto . Tradizionalmente il recepimento è desunto dalla uniforme, costante e prolungata osservanza delle clausole della disciplina collettiva, o almeno di quelle più rilevanti e significative. Tenuto conto che grava sulla parte che invoca l'efficacia di un certo contratto collettivo provarne i presupposti di fatto come sopra descritti, deve ritenersi nel caso di specie che il contratto collettivo di cui l'istante chiede l'applicazione, non può essere assunto quale fonte di disciplina giuridico economica del rapporto dedotto in giudizio, quanto al periodo non regolarizzato. Infatti, la ricorrente non ha provato l'estremo della iscrizione del datore di lavoro alla relativa associazione sindacale contraente; né del resto è emerso che da parte dello stesso vi sia stata un'adesione esplicita o quanto meno implicita alla disciplina ivi stabilita, quanto a quel periodo. Ritiene tuttavia questo giudice, in linea con un diffuso orientamento giurisprudenziale, di poter far ugualmente riferimento ai fini della determinazione della retribuzione proporzionata e sufficiente ai minimi retributivi fissati dal contratto collettivo richiamato per i lavoratori inquadrati nella categoria, cui appaiono riconducibili le mansioni svolte dalla ricorrente nel richiamato periodo lavorativo di cui in ricorso. Deve ritenersi, pertanto, tenuto conto del contenuto descrittivo del detto CCNL, contenuto in atti in forma di estratto, con riferimento ai vari livelli di classificazione del personale e delle mansioni sopra descritte svolte dalla ricorrente e rimaste uguali per il tempo in cui il rapporto di lavoro si è protratto, che ella debba essere inquadrata per il periodo in questione nella categoria (...) ( assistente a persone autosufficienti). In ordine alla quantificazione del credito, vanno condivisi in quanto metodologicamente corretti e privi di omissioni logiche, i secondi conteggi effettuati a cura della parte ricorrente. Sono dovute le voci in essi indicate, e in particolare la tredicesima mensilità così come sono dovuti il tfr , i ratei ferie, le differenze sulla retribuzione e il pagamento a titolo di indennità di mancato preavviso. Alla stregua dei menzionati conteggi , si determina pertanto un credito in favore della ricorrente ammontante ad Euro 1.098,92 di cui Euro 245,00 per differenze t.f.r.. Pertanto, parte resistente va condannata al pagamento, in favore dell'istante, della complessiva somma di Euro 1.098,92, di cui Euro 245,00 a titolo di t.f.r., dovendosi condividere i conteggi da ultimo depositati a cura di parte ricorrente di cui sopra si è detto in quanto corretti, fondati sulle disposizioni del ccnl e privi di errori contabili. Né del resto i detti conteggi sono stati specificatamente contestati dalla resistente. Circa gli accessori sui crediti riconosciuti, la resistente deve essere condannata al pagamento degli interessi legali e di quanto dovuto a titolo di svalutazione monetaria calcolata secondo indici ISTAT e dalla maturazione delle poste creditorie, così come indicate nel conteggio allegato al ricorso, al saldo. Le Sezioni Unite Civili (sent. n. 38 del 29 gennaio 2001) hanno risolto, nell'ambito della Sezione Lavoro della Suprema Corte, un contrasto di giurisprudenza sulle modalità di calcolo degli interessi e della rivalutazione monetaria sui crediti di lavoro, in base all'art. 429 cod. proc. civ.. Nella motivazione della decisione le Sezioni Unite hanno ricordato che gli interessi legali non devono essere calcolati sull'intero capitale rivalutato, ma la rivalutazione va compiuta con scadenza periodica dal momento dell'adempimento fino a quello del soddisfacimento del creditore; la base di calcolo degli interessi non è così quella massima bensì quella gradualmente incrementata per effetto della rivalutazione; ciò in quanto gli effetti della svalutazione si verificano progressivamente, onde il credito accessorio per interessi sorge con riferimento al capitale, che nel tempo si incrementa nominalmente per effetto degli indici di svalutazione; questo criterio di calcolo realizza un rapporto effettivo di accessorietà fra capitale ed interessi, attenuando l'eccesso, non necessitato da alcuna norma, consistente nel calcolare gli interessi su un credito superiore a quello che via via matura per effetto della svalutazione monetaria. Le Sezioni Unite hanno rilevato che il meccanismo stabilito dal legislatore con l'art. 429 cod. proc. civ., che pone a carico del debitore gli interessi sulle somme via via rivalutate, ha anche lo scopo di dissuadere il datore di lavoro dal rendersi moroso nella speranza di investire la somma dovuta e non ancora pagata al lavoratore in impieghi più lucrosi. Va infine rilevato che la presente pronuncia giudiziale relativa a crediti di lavoro ha ad oggetto importi al lordo delle trattenute fiscali e previdenziali. Infatti, una pacifica giurisprudenza afferma, per le prime, che tali ritenute vengono operate solo al momento del finale pagamento da parte del datore di lavoro, nel suo ruolo di sostituto di imposta per conto dello Stato, attenendo ad un momento successivo a quello dell'accertamento e della liquidazione giudiziali che si colloca nell'ambito del distinto rapporto di imposta, sul quale il giudice non ha il potere di interferire; per le seconde che la trattenuta, da parte del datore di lavoro, della parte di contributi a carico del lavoratore è prevista, dall'art. 19 L. n. 218 del 1952, in relazione alla sola retribuzione corrisposta alla scadenza e che, ai sensi dell'art. 23 della medesima legge, il datore di lavoro che non abbia provveduto al pagamento dei contributi entro il termine stabilito è da considerare debitore esclusivo dei contributi stessi (anche per la quota a carico del lavoratore). Il principio della soccombenza governa le spese liquidate come da dispositivo, con gli oneri accessori che conseguono in via generale al pagamento degli onorari, tenuto conto della natura e del valore della controversia, del grado dell'autorità adìta, dell'attività svolta innanzi al giudice; l'accoglimento solo parziale del ricorso, risolvendosi in una reciproca soccombenza, ne giustifica la compensazione per un terzo. Alla dichiarazione di resa anticipazione segue, ai sensi dell'art. 93 c.p.c., la distrazione delle spese in favore del procuratore di parte ricorrente. P.Q.M. Il Tribunale in funzione di Giudice del lavoro, letto l'art. 429 c.p.c., così provvede: dichiara estinto il giudizio nei confronti di (...). In parziale accoglimento della domanda avanzata nei confronti di (...) , previo accertamento di rapporto di lavoro subordinato tra la parte ricorrente di cui in epigrafe e la indicata convenuta, dal 12.2.19 al 2.9.19 , condanna la detta convenuta al pagamento in favore della ricorrente della somma di Euro 1.098,92, di cui Euro 245,00 a titolo di t.f.r., oltre rivalutazione monetaria secondo indici Istat ed interessi legali sulle somme annualmente rivalutate dalla maturazione delle singole poste creditorie al saldo; rigetta per il resto il ricorso; condanna altresì la convenuta (...) al pagamento di due terzi delle spese di giudizio, liquidando detti due terzi in Euro 1.670,00, oltre IVA, CPA e spese generali come per legge, con attribuzione al procuratore anticipatario, dichiarando compensato tra le parti il restante terzo delle dette spese. Si comunichi. Così deciso in Napoli il 9 febbraio 2023. Depositata in Cancelleria il 9 febbraio 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Tribunale di Napoli Nord Seconda Sezione Civile Il Tribunale in composizione monocratica e nella persona del dott. Alfredo Maffei ha pronunziato la seguente SENTENZA nella controversia civile iscritta R.G. 11769/2021 avente ad oggetto "rapporto di locazione" e pendente TRA (...), rappresentata e difesa, giusta procura in calce all'atto di intimazione, dall'avv. (...), presso il cui studio, sito in Aversa, alla via (...), è elettivamente domiciliata -RICORRENTE - E (...), in persona del l.r.p.t., rappresentata e difesa, giusta procura in calce alla comparsa di costituzione, dall'avv. (...) e dall'avv. (...), presso il cui studio, sito in San Marcellino, al (...), è elettivamente domiciliata -RESISTENTE - RAGIONI IN FATTO E DIRITTO Si richiamano gli atti ed i verbali di causa per ciò che concerne lo svolgimento del processo e le deduzioni difensive e ciò in ossequio al dettato di cui all'art. 118 disp. att. c.p.c. così come modificato con l. 69/2009. Con atto di intimazione di licenza per finita locazione e contestuale citazione per la convalida, la ricorrente esponeva di aver concesso in locazione, ad uso commerciale, alla società "(...)" l'immobile sito in San Marcellino, alla via (...) snc, piano terra (in catasto fg. 4, p.lla 5364); che il contratto era stato stipulato in data 20.4.2012, era stato registrato il 15.5.2012 e prevedeva una durata di sei anni, rinnovabile per altri sei anni in caso di mancata disdetta; di aver intenzione di non rinnovare il contratto alla naturale scadenza del 20.4.2024; che l'intimazione notificata aveva anche valore di disdetta. Tutto ciò premesso, citava in giudizio la cooperativa conduttrice per ottenere la convalida della licenza per finita locazione alla scadenza del 20.4.2024. Si costituiva la parte intimata la quale evidenziava che l'immobile locato aveva come destinazione quello della scuola paritaria per l'infanzia e che, pertanto, comportando tale attività un contatto diretto col pubblico, la cessazione della locazione per volontà della locatrice (e non per morosità della parte conduttrice) avrebbe comportato un suo diritto al pagamento dell'indennità da perdita di avviamento commerciale. Concludeva per l'improcedibilità della domanda e, in caso di convalida della licenza, per il riconoscimento in proprio favore del diritto alla indennità da perdita dell'avviamento commerciale. Con ordinanza del 4.11.2021, lo scrivente, preso atto dell'opposizione dell'intimata, non convalidava la licenza ma ordinava il rilascio dell'immobile per la data del 20.4.2024; disponeva il mutamento del rito ed invitava le parti all'esperimento del procedimento di mediazione obbligatoria. Con memorie integrative tempestivamente depositate le parti si riportavano alle rispettive precedenti richieste e la causa era rinviata per la discussione all'udienza del 30.1.2023. Le parti, mediante note scritte depositate ai sensi dell'art. 127 ter c.p.c., si riportavano ai rispettivi scritti difensivi. La domanda della ricorrente è fondata e merita di essere accolta. In via preliminare va evidenziato che la domanda principale proposta da (...) è procedibile in considerazione del previo esperimento del tentativo di mediazione, previsto quale condizione di procedibilità dall'art. 5 comma 1 Dlgs 28 del 2010. A riguardo, giova osservare che nel verbale redatto dal mediatore all'incontro di mediazione tenutosi il 16.12.2021 - prodotto unitamente alla memoria integrativa - si dà atto della mancata partecipazione della resistente all'incontro fissato dal mediatore e dunque del fallimento del relativo tentativo per assenza della parte intimata. Tanto premesso, la domanda è fondata e merita accoglimento nei limiti di seguito indicati. A seguito della tempestiva notifica (avvenuta nel mese di settembre dell'anno 2021) dell'atto di citazione introduttivo dell'odierno giudizio, la parte locatrice ha dato regolare e tempestiva disdetta del contratto di locazione. In tema di locazione, la disdetta, vigendo al riguardo il principio della libertà della forma, può essere contenuta anche in un atto processuale che presupponga la volontà del locatore di non rinnovare il contratto alla scadenza o che, comunque, esprima anche tale volontà, quale l'intimazione di licenza o sfratto per finita locazione o la citazione in giudizio (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 26526 del 17/12/2009; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 14486 del 30/05/2008; Cass. 12 gennaio 2006 n. 409; Cass. 2 agosto 1995, n. 8443). Quanto alla scadenza del contratto di locazione oggetto di causa, parte intimante ha chiesto accertarsi la scadenza alla data del 20.4.2024. La suddetta scadenza del rapporto contrattuale è documentata nel contratto di locazione, sottoscritto dalle parti il 20.4.2012, con decorrenza di sei anni dalla data predetta fino al 20.4.2018, per cui il rapporto di locazione, tacitamente rinnovatosi per altri sei anni, giungerà definitivamente a scadenza alla data del 20.4.2024, in forza della disdetta comunicata nella licenza sopra richiamata. Pertanto, va dichiarata la cessazione del rapporto locativo in oggetto alla data del 20.4.2024 con la conseguente condanna della parte convenuta al rilascio dell'immobile condotto in locazione. Ciò posto, va quindi confermata la data del 20.7.2024, fissata nell'ordinanza ex art 665 c.p.c. per l'esecuzione del rilascio. Quanto alla domanda, avanzata dalla parte resistente, di accertamento del proprio diritto al riconoscimento dell'indennità di avviamento, questa va dichiarata improcedibile. Invero, questo giudicante aderisce all'orientamento giurisprudenziale secondo il quale il tentativo di mediazione va esperito nei confronti di tutte le domande introdotte nel giudizio, in special modo quando tali domande rientrano tutte tra le materie obbligatorie previste dall'art. 5, comma 1 bis D.Lgs. 28/2010. All'udienza del 4.11.2021, preso atto del mancato espletamento del tentativo di mediazione in relazione alle domande proposte, lo scrivente ha concesso "alle parti" il termine per l'esperimento del tentativo di mediazione. Tuttavia, mentre la ricorrente ha tempestivamente instaurato il procedimento di mediazione in relazione alla propria domanda, la stessa cosa non ha fatto la società resistente, la quale nemmeno ha partecipato all'incontro fissato dal mediatore su iniziativa dell'intimante. Poiché il procedimento di mediazione costituisce una condizione di procedibilità dell'azione anche riconvenzionale, ne discende che, in mancanza di esperimento di detto tentativo, la stessa debba essere dichiarata improcedibile. Le spese sono regolate secondo il principio della soccombenza di parte intimata e sono liquidate come in dispositivo avendo come riferimento i valori dello scaglione di riferimento corrispondente al valore della controversia indicato dall'intimante, tenuto conto della non complessità della questione e, dell'assenza di attività istruttoria e della modesta rilevanza dell'attività processuale svolta in giudizio. P.Q.M. IL TRIBUNALE DI NAPOLI NORD, in composizione monocratica, definitivamente pronunziando nella controversia civile promossa come in epigrafe, disattesa ogni altra istanza ed eccezione, così provvede: - accoglie la domanda e, per l'effetto, dichiara cessata la locazione tra le parti alla data del 20.4.2024, condannando la società "(...)" al rilascio dell'immobile locato, sito in sito San Marcellino, alla via (...) snc, piano terra (in catasto fg. 4, p.lla (...)), in favore di (...); - conferma per l'esecuzione la data del 20.7.2024; - dichiara l'improcedibilità della domanda, proposta dalla resistente, avente ad oggetto l'accertamento al diritto al pagamento di una indennità da perdita di avviamento; - condanna la società "(...)", in persona del legale rappresentante p.t., al pagamento, in favore della ricorrente, delle spese di lite relative al presente giudizio, che si liquidano in Euro 76,00 per esborsi ed Euro 1.200,00 per compensi professionali, oltre rimborso spese generali, nella misura del 15% sui compensi, I.V.A. e C.P.A., se dovute, come per legge. Così deciso in Aversa in data 4 febbraio 2023. Depositata in Cancelleria il 8 febbraio 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE DI NAPOLI QUINTA SEZIONE CIVILE in composizione monocratica, in persona del Giudice, dott. Giulio Cataldi, ha pronunziato la seguente SENTENZA nella causa civile iscritta al n. 6790/2022 del ruolo generale degli affari contenziosi, avente ad oggetto: opposizione ad intimazione di pagamento ai sensi dell'art. 615, co. 1 c.p.c. TRA (...) (c.f.: (...)), elettivamente domiciliato in Pozzuoli alla Via (...), presso lo studio degli avv.ti (...) che lo rappresentano e difendono giusta procura in calce all'atto di citazione, - attore - E AGENZIA DELLE ENTRATE RISCOSSIONE (c.f.: 13756881002), in persona del legale rappresentante p.t., elettivamente domiciliata in Napoli, alla via Toledo n. 373, presso lo studio dell'avv. (...), che la rappresenta e difende, giusta procura in calce alla comparsa di costituzione - convenuta - con la chiamata in causa di MINISTERO DELLA GIUSTIZIA (c.f. : ADS80030620639), in persona del legale rapp.te p.t., rappresentato e difeso ex lege dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Napoli (c.f.: ADS80030620639), presso i cui uffici in Napoli, via A. Diaz 11, è elettivamente domicialiato - terzo chiamato - Conclusioni per l'opponente: "In via preliminare, sospendere l'efficacia esecutiva dei ruoli sottesi alla cartella esattoriale impugnata, concorrendo i gravi motivi di cui all'articolo 615, I comma, c.p.c.. Nel merito, e in accoglimento della medesima: A) accertare e dichiarare l'inesistenza del diritto a procedere ad esecuzione forzata, per inesistenza del titolo, per intervenuta decorrenza del termine di prescrizione; B) per l'effetto: a) dichiarare estinto il diritto di credito vantato dagli enti creditori; b) annullare la intimazione di pagamento per sopravvenuta inefficacia delle stesse, ordinando all'Agente della Riscossione la cancellazione della stessa dal ruolo; c) dichiarare illegittimo, infondato e nullo il diritto a procedere ad esecuzione forzata per ottenere il pagamento delle somme di cui alla cartella esattoriale. Con vittoria di spese, diritti ed onorari da attribuirsi ai sottoscritti procuratori che dichiarano di averne fatto anticipo. Conclusioni per Agenzia delle Entrate Riscossione: "l'On.le Giudice, reiectis contrariis, voglia così provvedere: - rigettare le richieste di controparte in quanto del tutto infondate in fatto e diritto; in via meramente gradata, rigettare il ricorso, previa dichiarazione di legittimità del provvedimento impugnato. Con vittoria di spese, competenze ed onorari di giudizio." Conclusioni per Ministero della Giustizia: In via preliminare dichiararsi il difetto di legittimazione passiva, nel merito rigettare l'eccezione di prescrizione e tenere comunque indenne la P.A. patrocinata dalla condanna alle spese da disporsi solo nei confronti dell'Agenzia delle entrate riscossione nella denegata ipotesi di accoglimento dell'opposizione. RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE (...) ha citato l'Agenzia delle Entrate Riscossione innanzi al Tribunale di Napoli impugnando, ex art. 615, co. 1 c.p.c., l'intimazione di pagamento n. (...), notificatagli in data 12.02.2022 per l'importo complessivo di Euro 15.522,62, limitatamente alle cartelle distinte con i seguenti numeri: (...), presuntivamente notificata in data 19.09.2009, per omesso pagamento di spese processuali (anno di riferimento debito 2004); (...), presuntivamente notificata in data 20.12.2008, per recupero multe e ammende (anno di riferimento debito 2007); (...), presuntivamente notificata in data 11.04.2009, per omesso pagamento di spese processuali (anno di riferimento debito 2004); (...), presuntivamente notificata in data 15.10.2010 per recupero pagamento multe e ammende (anno di riferimento debito 2004), tutte inerenti ruoli formati dalla Corte d'Appello di Napoli, Ufficio Campione penale; nonché, infine, (...), presuntivamente notificata in data 25.07.2009 per omesso pagamento di importi a titolo di sanzioni amministrative di cui al registro multe e ammende (anno di riferimento debito 1999) relativa ad un ruolo formato dall'Agenzia delle Entrate, Ufficio di Napoli 1. L'opponente, premessa l'ammissibilità dell'azione spiegata, ha chiesto l'accertamento dell'intervenuta prescrizione dei crediti sia in ragione dell'omessa notifica delle suindicate cartelle di pagamento sottese all'intimazione ricevuta, sia per l'ipotesi che fosse provata la notifica delle medesime nelle date indicate, in quanto, tra la data di presunta notifica delle cartelle e la notifica dell'intimazione opposta, sarebbe comunque intercorso il termine decennale di prescrizione delle pretese impositive. Ha, pertanto, chiesto di sospendere in via preliminare l'efficacia esecutiva dei ruoli incorporati nelle cartelle e, nel merito, di accertare l'inesistenza del diritto di procedere ad esecuzione forzata per intervenuta prescrizione della pretesa creditoria, con conseguente annullamento dell'intimazione impugnata e vittoria di spese di lite. Si è costituita l'Agenzia delle Entrate Riscossione eccependo, in primo luogo, l'intervenuta regolare notifica delle cartelle presupposte e dei successivi atti interruttivi, e dunque l'inammissibilità dell'opposizione in difetto di prodromica tempestiva impugnazione delle cartelle; e sostenendo, nel merito, l'infondatezza dell'eccezione di prescrizione e la legittimità del procedimento di riscossione e, dunque, il proprio difetto di legittimazione passiva in ordine alle contestazioni attinenti al merito della pretesa con la conseguente necessità di integrazione del contradditorio nei confronti degli enti creditori sostanziali a fronte dell'eccezione di prescrizione spiegata dall'attore. Ha concluso quindi, per il rigetto dell'opposizione e la conferma della legittimità del provvedimento impugnato. Alla prima udienza del 30.06.2022 è stata disposta l'integrazione del contraddittorio, a cura della parte più diligente, nei confronti degli enti impositori in relazione alla domanda di accertamento di estinzione della pretesa impositiva per intervenuta prescrizione, con rinvio in prosieguo all'udienza del 15.12.2022. Si è costituito il Ministero della Giustizia, indicando la fonte dei propri crediti nell'omesso pagamento delle spese di giustizia e della pena pecuniaria comminata con sentenza di condanna emessa dal G.I.P. presso il Tribunale di Napoli del 20/06/2003 riformata dalla terza sezione della Corte di Appello di Napoli su accordo delle parti, irrevocabile dal 06/10/2004. Ha sostenuto l'avvenuta notifica degli atti di specificazione della richiesta di pagamento di tale debito e la tempestività della successiva formazione dei ruoli, lamentando la carenza di legittimazione passiva in ordine ai fatti estintivi dedotti dall'attore perché intervenuti nella fase esecutiva di esclusiva competenza dell'agente della riscossione nonché, in ogni caso, l'infondatezza dell'eccezione di prescrizione, concludendo perché fosse accertato il proprio difetto di legittimazione passiva; in subordine, fosse rigettata nel merito l'opposizione; e, in via ulteriormente gradata, per l'ipotesi di accoglimento della domanda, fosse tenuta indenne dalla condanna alle spese in relazione alla dedotta carenza di legittimazione ad agire. All'udienza del 15.12.2022, rilevata la mancata integrazione del contraddittorio nei confronti dell'Agenzia delle Entrate Ufficio di Napoli 1, è stata dichiarata l'estinzione del giudizio relativamente alla domanda avente ad oggetto la cartella (...) (anno di riferimento debito 1999), trattenendo la causa in decisione per le residue cartelle con la concessione di gironi 20 per il deposito delle conclusionali e ulteriori giorni 20 per il deposito delle repliche. La domanda è fondata e merita accoglimento. Preliminarmente, va confermata la parziale estinzione del giudizio (quale esito di un'implicita separazione di cause ai sensi dell'art. 103, secondo comma, c.p.c.), relativamente alla domanda avente ad oggetto la cartella n. (...) (anno di riferimento debito 1999), ente impositore Agenzia delle Entrate - Ufficio di Napoli 1. Come riconosciuto dallo stesso attore all'udienza del 15.12.2022, infatti, l'ordine di integrazione del contraddittorio nei confronti degli enti impositori è rimasto inadempiuto relativamente all'Agenzia delle Entrate - Ufficio di Napoli 1, avendo il (...) notificato l'atto di integrazione unicamente nei confronti del Ministero della Giustizia, ente creditore relativamente alle rimanenti quattro cartelle. Con riferimento, invece, alle cartelle nn. (...), tutte basate su ruoli formati dalla Corte d'Appello di Napoli, Ufficio Campione penale, l'attore ha contestato di aver mai ricevuto la notifica delle stesse o di atti successivi sino alla notifica ricevuta in data 12.02.2022 dell'atto di intimazione (relativo a queste ed altre cartelle) n. (...), con conseguente prescrizione del credito vantato nei suoi confronti dal Ministero della Giustizia. L'assunto è fondato. Il Ministero ha sostenuto di aver notificato al debitore richieste di pagamento in data 02.02.2008, e, poi, in data 05.12.2008 tramite ufficiale giudiziario. Rimaste senza esito tali richieste, aveva quindi provveduto in data 15.09.2008 a richiedere l'iscrizione a ruolo esattoriale della somma dovuta, rimettendo gli atti all'agente della riscossione che, da quel momento, aveva l'onere di provvedere ai necessari atti. Ebbene, malgrado la comparsa di costituzione del Ministero termini con l'indicazione dei documenti depositati ("Si deposita: 1) copia citazione notificata; 2) copia della nota spese; 3) copia della sentenza emessa dalla terza sezione della Corte di Appello di Napoli; 4) copia delle comunicazioni al debitore regolarmente notificate; 5) copia elenchi richieste iscrizione a ruolo per il recupero delle somme"), nessun documento risulta in concreto allegato alla costituzione telematica del Ministero, il che rende impossibile una verifica sulle date delle originarie richieste di pagamento indirizzate al (...), e sulle date di trasmissione all'Agenzia delle Entrate -Riscossione delle richieste di iscrizione a ruolo. Ma, soprattutto, è impossibile una verifica circa le date di notifica delle cartelle esattoriali richiamate nell'atto di intimazione del 12.02.2022 e dei presunti atti di intimazione successivi che, secondo la difesa dell'Agenzia delle Entrate - Riscossione, varrebbero ad escludere la fondatezza dell'eccepita prescrizione. Ed infatti, nella sua comparsa di costituzione, l'agente della riscossione, menziona numerosi atti (cartelle ed atti di intimazione) con le relative date in cui sarebbero stati notificati al (...), ma non accompagna tali menzioni con un riferimento puntuale ai singoli documenti prodotti che possa consentirne un'agevole riscontro; ed, anzi, la comparsa termina senza alcuna indicazione dei numerosi documenti prodotti telematicamente. L'esame delle produzioni telematiche, poi, evidenzia l'allegazione alla comparsa di ben 36 documenti; tra questi il file denominato indice menziona soltanto: a) Procura alle liti, b) copia relate di notifica cartelle ritenute prescritte, c) copia estratti ruolo; mentre i rimanenti sono quasi tutti indicati mediante stringhe numeriche (dai caratteri estremamente piccoli), di difficile individuazione ed impossibile riconduzione a quanto ha formato oggetto di indicazione nel corpo della comparsa. A ciò si aggiunga che la consultazione di molti di tali documenti porta ad individuare, all'interno di ciascun file in formato .pdf, la presenza di più documenti (tutti privi di denominazione identificativa), il più delle volte caricati anche con differenti angolazioni, per la cui lettura diverrebbe necessario un continuo cambio di visualizzazione attraverso la rotazione di ciascuno dei fogli di cui si compongono. Ebbene, ad avviso di questo giudice, tale scorretto modo di produrre i documenti su cui dovrebbero basarsi le difese ne rende impossibile la consultazione ed esonera dalla (invero, ai limiti dell'impossibile) possibilità di condurre una "ricerca" coerente di quelli che possano, eventualmente, sorreggere le affermazioni difensive. Va ricordato che, secondo quanto disposto dagli artt. 74 e 87 disp. att. c.p.c., i documenti di causa vanno inseriti in sezioni separate del fascicolo di parte, e riportati nell'indice. Certo, quelle appena menzionate sono disposizioni relative ai fascicoli di parte cartacei, anteriori all'avvento del cd. processo telematico. Ma quell'esigenza di chiarezza ed ordine sottesa alle citate disposizioni e che già disciplinava la produzione dei documenti in formato analogico, è oggi ulteriormente rafforzata dalla smaterializzazione degli stessi e dalla maggior difficoltà della loro consultazione. E', dunque, del tutto evidente che, riportando le norme sopra citate al processo telematico, i documenti debbano essere indicati in un indice (che sia contenuto in calce ad un atto o in documento separato poco importa), con numerazione corrispondente a quella che designa ciascun documento informatico prodotto; ed oltre ad essere numerati debbano altresì contenere la loro "denominazione" (per restare al caso di specie: cartella n. ...; relata di notifica n. ...; atto di intimazione del ...). In mancanza di tutto ciò, la mera produzione di numerosi files, in ipotesi rappresentativi di documenti utili ai fini della decisione, non può ritenersi adeguata e corretta, e non può costringere giudice e controparti ad una "ricerca" finalizzata all'eventuale individuazione di ciò che possa confermare o smentire le affermazioni della parte. E' opportuno evidenziare che tali considerazioni non valgono a fornire una copertura formalistica ad una pigra presa di posizione, finalizzata a risolvere in modo veloce ed in rito una controversia che, altrimenti, richiederebbe (com'è doveroso) un faticoso riscontro di circostanze comunque allegate; esse, al contrario, derivano proprio dal frustrante tentativo a lungo, ma invano, condotto di ricondurre coerentemente quei documenti (si ripete, in numero elevato) alle difese svolte. Del resto, la fondatezza dei rilievi che precedono trova un autorevole avallo in una recente pronuncia della prima sezione della Corte di Cassazione, 13/06/2022, n.19006, resa in fattispecie per certi aspetti analoga a quella in oggetto. La Corte, dopo aver richiamato proprio gli artt. 74 e 87 delle disp. att. c.p.c., ha icasticamente aggiunto che "compito del giudice è infatti quello di decidere sulla base della documentazione prodotta, menzionata dalla parte negli atti difensivi a sostegno dei propri assunti ed ordinatamente contenuta nel fascicolo di parte dalla stessa formato, e non anche quello di "trovare" la documentazione che non si rinvenga sotto i numeri dell'indice che la indicano, per essere il fascicolo di parte disordinatamente tenuto e confusamente composto". In conclusione, non potendosi tener conto dei documenti (non prodotti dal Ministero e) affastellati disordinatamente dalla difesa dell'Agenzia delle Entrate - Riscossione, resta confermato l'assunto dell'attore relativo alla intervenuta prescrizione dei crediti nei suoi confronti vantati dal Ministero della Giustizia, in assenza di prova di atti interruttivi. Le spese di lite vanno poste in solido a carico dell'agente della riscossione e del Ministero creditore nella misura esplicitata in dispositivo tenuto conto, secondo i parametri di cui al d.m. 147/2022, del valore della controversia (al netto dell'importo rilevante della cartella n. 07120090040612772000 di cui all'estinzione parziale) e delle attività difensive svolte, e con attribuzione ai difensori che se ne sono dichiarati anticipatari. P.Q.M. Il Tribunale di Napoli, definitivamente pronunciando, così provvede: a) dichiara estinto il giudizio relativamente alla domanda concernente la cartella n. (...) (anno di riferimento debito 1999), ente impositore Agenzia delle Entrate - Ufficio di Napoli 1; b) accoglie la domanda relativamente all'impugnazione delle cartelle nn. (...), tutte ricomprese nell'atto di intimazione n. (...), e dichiara prescritti i relativi crediti vantati dal Ministero della Giustizia; c) condanna il Ministero della Giustizia e l'Agenzia delle Entrate -Riscossione, in solido tra loro, al pagamento delle spese del giudizio in favore di (...), liquidate in complessivi Euro 2.934,80, di cui Euro 2.552,00 per compensi ed Euro 382,80 per rimborso spese generali, oltre IVA e CPA come per legge, con attribuzione agli avv.ti (...) che hanno dichiarato di averne fatto anticipo. Così deciso in Napoli, il 3 febbraio 2023. Depositata in Cancelleria il 3 febbraio 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale di Napoli, Seconda Sezione Civile, in composizione monocratica ed in persona del Dott. Giovanni Tedesco, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile iscritta al n. 6168 R.G. 2020, avente ad oggetto: opposizione a decreto ingiuntivo contratti bancari e vertente TRA (...) ((...)) rappresentato e difeso dall'avv. Ma.Cu. OPPONENTE E (...) srl ((...)), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avv. Gianluca de Lima Souza OPPOSTA MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA DECISIONE Con citazione ritualmente notificata la parte istante ha proposto opposizione avverso il D.L. n. 58 del 2020 del 3 gennaio 2020 emesso dal Tribunale di Napoli con il quale le era stato ingiunto di pagare in favore della parte qui opposta l'importo di Euro 55.530,34 oltre interessi convenzionali come richiesti e spese della procedura. L'originaria parte ricorrente, nella premessa del ricorso monitorio, aveva dichiarato di essersi resa cessionaria, con contratto di cessione del 3-08-2018, di un portafoglio di crediti pecuniari identificabili in blocco ai sensi dell'art. 58 del TUB costituito da crediti pecuniari nella titolarità di (...) srl dalla stessa precedentemente acquistati in data 31-03-2017 da (...) srl che a sua volta aveva acquistato i crediti da (...) spa la quale, a sua volta, li aveva acquistati da (...) spa in data 31-12-2015. Oggetto della richiesta monitoria era, per l'appunto, un credito vantato nei confronti dell'attuale parte opponente e relativo a rapporto contrattuale di finanziamento originariamente intercorrente tra l'opponente e (...) spa. Orbene l'opponente ha, in via preliminare, contestato che la (...) srl fosse effettivamente titolare, in quanto cessionaria, del credito azionato nei suoi confronti. A fronte di tale contestazione l'opposta ha esibito (lo ha fatto già in sede monitoria ed ha integrato tale documentazione in corso di causa con la costituzione nel giudizio di opposizone) gli estratti delle (...) relativi alle cessioni effettuate "in blocco" nonché il contratto di cessione crediti del 5-11-2013 tra (...) spa e (...) spa (contratto tuttavia mancante degli allegati da cui desumere quali crediti fossero stati effettivamente ceduti). Sul punto deve ritenersi che, a fronte di una specifica contestazione del debitore che si assume "ceduto", occorre una prova certa documentale della legittimazione di chi si assume cessionario del credito e tale prova non può che consistere nella esibizione del contratto di cessione da cui poter ricavare in modo inequivocabile che il credito specifico per cui si agisce è stato effettivamente oggetto di cartolarizzazione. A tali fini l'estratto pubblicato in Gazzetta Ufficiale non è da solo sufficiente ad integrare la prova richiesta in capo al cessionario del credito essendo essenzialmente finalizzato soltanto a rendere opponibile al debitore ceduto la intervenuta cessione del credito (cfr. Cass. n. 4116/2016). Per completezza deve rilevarsi come è del tutto irrituale e tardivo il deposito da parte della opposta (in allegato alla memoria conclusionale e senza che sia stata formalizzata alcuna richiesta di rimessioni in termini) di un elenco dei nominativi delle posizioni creditorie cedute. Trattasi - si ripete - di documentazione tardivamente depositata e che non può trovare più ingresso nel presente giudizio. In definitiva il D.I. qui opposto va revocato non avendo la parte opposta fornito prova della sua qualità di cessionaria del credito azionato in monitorio. Le ragioni della decisione costituiscono gravi motivi per compensare interamente tra le parti le spese del presente giudizio di opposizione P.Q.M. Il Tribunale, definitivamente decidendo sull'opposizione avverso il D.I. n. 58 del 2020 emesso dal Tribunale di Napoli così provvede: accoglie l'opposizione e, per l'effetto, revoca il D. I. qui opposto; compensa tra le parti le spese processuali Così deciso in Napoli il 3 febbraio 2023. Depositata in Cancelleria il 3 febbraio 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI NAPOLI SETTIMA SEZIONE CIVILE Riunito in Camera di Consiglio e composto dai seguenti Magistrati: Dottor Gian Piero Scoppa Presidente Dottor Francesco Paolo Feo Giudice Relatore Dottor Marco Pugliese Giudice ha pronunciato la seguente SENTENZA Nella procedura per la dichiarazione di apertura della liquidazione controllata promossa con istanza N. 1551/2022, R.G. PU da: (...), nata a (...); (...), nato a (...); Rappresentati e difesi dall'Avvocato (...) con studio in Aversa (CE) alla via (...); Motivi della decisione Premesso che, con ricorso depositato in data 29 Novembre 2022, i ricorrenti hanno presentato domanda di ammissione alla procedura di liquidazione controllata ex artt. 66 e 268 e ss. di cui al D.Lgs. n. 14 del 2019 e ss. modifiche (CCII), chiedendo di poter accedere alla liquidazione controllata a carattere familiare in virtù del disposto dell'art. 65 del nuovo CCII che estende all'istituto della risoluzione del sovraindebitamento presentato dai membri di una stessa famiglia e alla liquidazione controllata la disciplina di cui all'art. 66 CCII; che ricorrono inoltre i presupposti di cui all'art. 2, I comma, lett. c) in quanto i debitori, persone fisiche, non risultano assoggettabili a liquidazione giudiziale ovvero ad altra procedura di regolazione della crisi o dell'insolvenza; ritenuto che sussiste ex art. 27 CCII la competenza del Tribunale di Napoli; dato atto che al ricorso è stata allegata la relazione particolareggiata redatta dal Gestore della crisi contenente la valutazione sulla completezza e attendibilità della documentazione depositata dai ricorrenti a corredo della domanda, oltreché l'analisi della situazione economica, patrimoniale e finanziaria del debitore come previsto dall'art. 269, II comma, CCII. ritenuto che sussistono le condizioni per l'apertura della liquidazione controllata, visto che, da quanto emerge dal ricorso e dalla documentazione allegata, i ricorrenti si trovano in stato di sovraindebitamento (inteso nella fattispecie in esame come lo stato di crisi o di insolvenza del consumatore ex art. 2, I comma, lett. d) e che la debitoria denunciata supera l'importo di cui all'art. 268, comma 2, secondo inciso, CCII; ritenuto che la nomina del Liquidatore, compiuta in dispositivo, deve essere effettuata ai sensi dell'art. 270, II comma, lett. b), secondo il quale - salvo che ricorrano giustificati motivi - in caso di domanda del debitore va confermato l'OCC di cui l'art. 269 CCII. P.Q.M. Il Tribunale di Napoli, visti ed applicati gli artt. 40 e ss., 65 e 66, e 268 e ss. CCII DICHIARA l'apertura della Liquidazione controllata del patrimonio di (...), come sopra generalizzati; NOMINA Giudice Delegato la dr.ssa (...); NOMINA Liquidatori il dott. (...) e (...), già Gestori della Crisi, dando atto che entro due giorni dovrà accettare la nomina mediante dichiarazione da depositare in Cancelleria con le previsioni di cui all'art. 270, III, comma, CCII; ORDINA ai debitori di depositare, entro sette giorni, l'elenco dei creditori, se non già allegati al ricorso; ASSEGNA ai creditori ed ai terzi che vantino diritti sui beni del debitore e ai creditori risultanti dall'elenco depositato il termine non superiore a 60 gg entro il quale - a pena di inammissibilità - devono trasmettere ai Liquidatori a mezzo posta elettronica certificata, la domanda di restituzione, rivendicazione o insinuazione al passivo, da predisporsi ai sensi dell'art. 201 CCII; dispone che l'organo nominato per la liquidazione: - notifichi la sentenza ai debitori, ai creditori ed ai titolari di diritti sui beni oggetto di liquidazione a cura del liquidatore ex art. 270, IV comma, CCII, indicando un indirizzo PEC al quale inoltrare le domande; - esegua l'inserimento della sentenza sul sito web del Tribunale di Napoli: (...), nel rispetto della normativa della GDRP Privacy ex art. 270, II comma, lett. f), CCII; - aggiorni entro trenta giorni dalla comunicazione della sentenza l'elenco dei creditori ai quali notificare la sentenza, tenendo distinte le masse imputabili ai due debitori; - entro novanta giorni dall'apertura della liquidazione controllata completi l'inventario dei beni dei debitori e rediga il programma di liquidazione ex art. 272, II comma, CCII, che dovrà essere depositato in Cancelleria per l'approvazione del giudice delegato; - scaduti i termini per la presentazione delle domande da parte dei creditori, predisponga due progetti di stato passivo, l'uno per ciascuna massa, ai sensi dell'art. 273, I comma, CCII e lo comunichi agli interessati; - ogni sei mesi dall'apertura della liquidazione, presenti una relazione al giudice delegato riguardo l'attività compiuta e da compiere per eseguire la liquidazione, unitamente al conto della gestione e copia degli estratti conto bancari aggiornati alla data della relazione; - due mesi prima della scadenza del triennio dall'apertura della liquidazione, trasmetta al debitore ed ai creditori una relazione in cui prenda posizione sulla sussistenza delle condizioni di cui all'art. 280 CCII; esamini e prenda posizione sulle eventuali osservazioni e, in ogni caso, depositi al tribunale una relazione finale (allegando eventuali osservazioni e, in ogni caso, la prova della notifica della relazione ai creditori) entro il mese successivo alla scadenza del triennio; - provveda, una volta terminata l'attività di liquidazione, a presentare il rendiconto e x art. 275, III comma CCII ed a domandare la liquidazione del compenso; - chieda, una volta compiuto il riparto finale tra i creditori delle due masse, la chiusura della procedura ex art. 276 CCII; ORDINA la consegna o il rilascio dei beni facenti parte del patrimonio di liquidazione e che gli stessi siano messi immediatamente nella disponibilità dei Liquidatori, salvo, allo stato, il diritto del debitore di risiedere nell'appartamento in proprietà degli stessi che sarà oggetto di liquidazione; DISPONE a cura dei Liquidatori, l'inserimento della sentenza nel sito internet del Tribunale; ORDINA la trascrizione della sentenza a cura dei liquidatori presso i competenti uffici; SOSPENDE ex art. 150 CCII l'esecuzione immobiliare pendente, così come ogni altra iniziativa esecutiva e cautelare ove avviata, e di esse inibisce l'avvio a partire dalla pubblicazione della presente sentenza. Si comunichi all'OCC/liquidatore. Così deciso in Napoli l'1 febbraio 2023. Depositata in Cancelleria l'1 febbraio 2023.

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