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REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI NAPOLI Sesta Sezione Civile Il Tribunale di Napoli, in composizione monocratica, nella persona della dott.ssa Roberta De Luca, lette le note di trattazione scritta depositate dalle parti; rilevato che ai sensi dell'art. 127 ter c.p.c. il giudice provvede entro trenta giorni dalla scadenza del termine per il deposito delle note; ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile iscritta al n. 19005 del Ruolo Generale per gli Affari Contenziosi dell'anno 2023, avente ad oggetto: consegna elenco condomini morosi vertente TRA (...), rappresentato e difeso, giusta procura in atti, dall'avv. Fr.La., presso il cui studio in Napoli alla (...) ha eletto domicilio; - RICORRENTE - CONTRO (...) in persona dell'amministratore e legale rappresentante pro tempore avv. Cl.D., C.F. P.IVA (...), rappresentato e difeso dall'avv. Cl.D., che ne ha la facoltà ai sensi dell'art. 82 c.p.c., e dall'avv. Pa.Ca., con domicilio eletto presso lo studio del secondo in Napoli alla (...) - RESISTENTE - RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE Con ricorso depositato in data 14.12.2023 (...) premesso di essere condomino dello stabile ubicato in Napoli alla (...), ha chiesto che fosse accertato il proprio diritto a ricevere la consegna della copia dell'estratto conto corrente del (...) relativamente ai seguenti periodi: 01.01.2017/31.12.2017 - 01.01.2018/31.12.2018 - 01.01.2020/31.12.2020 - 01.01.2021/31.12.2021, condannando il (...), nella persona dell'amministratore in carica, alla consegna della copia conforme dei suddetti documenti, fissando una sanzione ai sensi dell'art. 614 bis c.p.c. per ogni giorno di ritardo nell'esecuzione dell'obbligo e con vittoria di spese di procedura. Fissata l'udienza di comparizione delle parti, si è costituito il CP1 resistente eccependo la continenza ovvero la litispendenza con altro procedimento avente n. 10033/2022 R.G.A.C., pendente dinanzi al Tribunale di Napoli ed avente ad oggetto la consegna di ulteriore documentazione condominiale, nonché l'improcedibilità della domanda per parcellizzazione delle richieste di consegna. Ha contestato, nel merito, la fondatezza della domanda. Instaurato il contraddittorio e rinviata la trattazione al fine di consentire la consegna della documentazione richiesta dal ricorrente, nel corso dell'udienza odierna, previa discussione orale, la causa è stata discussa e decisa. Deve, in primo luogo, essere disattesa l'eccezione di litispendenza in quanto nel giudizio iscritto al n. 10033/2022 R.G.A.C. è stata richiesta la consegna di documentazione diversa ed ulteriore rispetto a quella richiesta con il presente giudizio e, segnatamente, di copia dei registri di contabilità dal 2017 al 2021; dei verbali assembleari relativi al medesimo arco temporale; dell'ultimo bilancio consuntivo approvato; del regolamento e dell'anagrafe condominiale. Com'è noto, invece, ai fini dell'applicazione dell'art. 39 c.p.c. occorre che le domande abbiano identità di petitum e di causa petendi. Per quanto concerne l'eccezione di inammissibilità della domanda per violazione dell'obbligo di buona fede e per il frazionamento della domanda, va rimarcato che le sezioni unite della Cassazione hanno affermato che: "le domande aventi ad oggetto diversi e distinti diritti di credito, benché relativi ad un medesimo rapporto di durata tra le parti, possono essere proposte in separati processi, ma, ove le suddette pretese creditorie, oltre a far capo ad un medesimo rapporto tra le stesse parti, siano anche, in proiezione, inscrivibili nel medesimo ambito oggettivo di un possibile giudicato o, comunque, fondate sullo stesso fatto costitutivo, - sì da non poter essere accertate separatamente se non a costo di una duplicazione di attività istruttoria e di una conseguente dispersione della conoscenza dell'identica vicenda sostanziale - le relative domande possono essere formulate in autonomi giudizi solo se risulti in capo al creditore un interesse oggettivamente valutabile alla tutela processuale frazionata, e, laddove ne manchi la corrispondente deduzione, il giudice che intenda farne oggetto di rilievo dovrà indicare la relativa questione ex art. 183, c.p.c., riservando, se del caso, la decisione con termine alle parti per il deposito di memorie ex art. 101, comma 2, c.p.c." (Cass. civ., ord. n. 17893 del 06.07.2018; in senso conforme Cass. civ., sent. 6591 del 07.03.2019). Ne consegue che, essendovi interesse del ricorrente all'acquisizione della documentazione richiesta e potendo l'interesse a richiedere documentazione bancaria essere sorto dopo, se non in conseguenza, della richiesta di consegna della documentazione di cui al giudizio avente n. 1033/2022 R.G.A.C., indipendentemente dalla proposizione di due autonomi giudizi non si è incorsi in alcuna inammissibilità della domanda. Passando all'esame, nel merito, della domanda, deve, conformemente alle conclusioni rassegnate, essere dichiarata la cessazione della materia del contendere, in quanto la documentazione richiesta è stata consegnata in corso di causa. Secondo la giurisprudenza di legittimità la dichiarazione di cessazione della materia del contendere è, in sostanza, un rigetto per sopravvenuta infondatezza della domanda e/o per sopravvenuta carenza di interesse - che, essendo una condizione dell'azione, deve sussistere al momento di adozione della pronuncia -. Tale dichiarazione si adotta, quindi, quando viene a mancare ogni posizione di contrasto tra le parti per essere sopraggiunti nel corso del processo eventi estintivi della controversia (Cass. 3690/1988) oppure quando, pur sopravvivendo formalmente un contrasto o comunque una domanda di parte, sono intervenute situazioni sostanziali che abbiano privato la parte di un interesse giuridicamente rilevante alla pronuncia (Cass. 8219/1996; 2970/1993; 4792/1991; 46/1990), come nei casi in cui vi sia stata una transazione, il riconoscimento della pretesa, la rinuncia all'azione, la morte della parte in azioni intrasmissibili o - come nel caso in esame - la soddisfazione della pretesa. Passando all'esame della disciplina delle spese di lite secondo il principio della soccombenza virtuale, occorre premettere, in termini generali, che gli obblighi informativi e di rilascio di copie, gravanti sull'amministratore del condominio e normativamente sanciti, sono: quello, di cui all'art. 1129, II comma, c.c., di far prendere gratuitamente visione, previa richiesta all'amministratore, e di far ottenere, previo rimborso della spesa, copia firmata dall'amministratore del registro dell'anagrafe condominiale, del registro dei verbali delle assemblee, del registro di nomina e revoca dell'amministratore e del registro di contabilità; quello, di cui all'art. 1130 n. 9) c.c., di "fornire al condomino che ne faccia richiesta attestazione relativa allo stato dei pagamenti degli oneri condominiali e delle eventuali liti in corso"; quello, di cui all'art. 1130 bis c.c., di far prendere visione ai condomini "dei documenti giustificativi di spesa in ogni tempo e estrarne copia a proprie spese". Il diritto, normativamente sancito, ad ottenere copia integrale degli estratti di conto corrente condominiale non è perciò stabilito dalla legge ma, in ogni caso, rientra nel più ampio obbligo di rendicontazione proprio dell'amministratore di condominio, dovendo dare conto della propria gestione anche con riferimento alla movimentazione delle somme afferenti alla gestione condominiale sul conto corrente a ciò dedicato. Né, tantomeno, il (...) resistente in alcun modo ha contestato l'interesse del ricorrente ad ottenere la suddetta documentazione. Non può, peraltro, essere adottato alcun ordine di consegna a carico del (...) resistente, dovendo esserne rilevato, d'ufficio, il difetto di legittimazione passiva. Trattandosi di decisione fondata su di una questione processuale, in relazione alla quale le parti hanno la facoltà "ex ante" di esercitare ampiamente il contraddittorio, non occorreva sottoporre la questione al previo contraddittorio fra le parti in causa (cfr Cass. civ., sent. n. 24312 del 16.10.2017; in senso conforme Cass. civ., ord. n. 12978 del 30.06.2020), pur essendo le parti state espressamente invitate a tanto con ordinanza di fissazione dell'odierna udienza. Com'è noto la legitimatio ad causam, attiva e passiva, consiste nella titolarità del potere e del dovere di promuovere o subire un giudizio in ordine al rapporto sostanziale dedotto in causa, mediante la indicazione di fatti in astratto idonei fondare il diritto azionato, secondo la prospettazione dell'istante, prescindendo dall'effettiva titolarità del rapporto dedotto in causa, con conseguente dovere del giudice di verificarne l'esistenza in ogni stato e grado del procedimento. La titolarità della situazione giuridica sostanziale, attiva e passiva, invece, si configura come una questione che attiene al merito della lite e rientra nel potere dispositivo e nell'onere deduttivo e probatorio della parte interessata (cfr. Cass. civ., sent. n. 14468 del 30.05.2008; Cass. civ., sent. n. 355 del 10.01.2008; Cass. civ., sent. n. 11321 del 16.05.2007; Cass. civ., sent. n. 4796 del 06.03.2006). Di conseguenza, il difetto di titolarità deve formare oggetto di specifica e tempestiva deduzione in sede di merito, mentre il difetto di legittimazione ad causam deve essere oggetto di verifica, preliminare al merito, da parte del giudice, anche d'ufficio, in ogni stato e grado del giudizio (cfr. Cass. civ., sent. n. 20819 del 26.09.2006). La legittimazione ad agire costituisce, quindi, una condizione dell'azione, una condizione per ottenere cioè dal giudice una qualsiasi decisione di merito, la cui esistenza è da riscontrare esclusivamente alla stregua della fattispecie giuridica prospettata dall'attore, prescindendo dall'effettiva titolarità del rapporto dedotto in causa. Appartiene, invece, al merito della causa, concernendo la fondatezza della pretesa, l'accertamento in concreto se l'attore e il convenuto siano, dal lato attivo e passivo, effettivamente titolari del rapporto fatto valere in giudizio. Ciò premesso, la condanna alla consegna di documentazione è stata formulata non già nei confronti dell'amministratore in proprio, bensì nei confronti del (...) in persona del suo legale rappresentante pro tempore, con conseguente evocazione in giudizio dell'ente di gestione. Orbene, nell'ambito dei rapporti interni fra condomini mandanti ed amministratore, gli obblighi di consegna della documentazione condominiale sono assunti dall'amministratore in proprio, rispondendo costui contrattualmente nei confronti dei singoli condomini dell'inadempimento delle obbligazioni derivanti per legge dall'incarico professionale conferitogli (cfr Trib. Napoli, sez. VI, ord. 15.02.2019, in Condominioelocazione.it, 9 dicembre 2019). È solo nei rapporti esterni con i terzi creditori, invece, che l'obbligazione di consegna trova quale suo titolare passivo il condominio, in persona del suo amministratore, non già l'amministratore persona fisica (cfr Corte di Appello di Napoli, sent. n. 3015 del 28.06.2022, riferita all'obbligazione di consegna di cui all'art. 63 disp. att. c.c.). Nei confronti dei terzi, infatti, gli obblighi che gravano sull'amministratore sono l'espressione del suo potere di rappresentanza del (...) e, quindi, ove inadempiuti, non comportano una sua responsabilità diretta e personale verso i terzi creditori del (...), bensì una immediata responsabilità dell'ente di gestione che egli rappresenta. Nei rapporti interni all'ente di gestione, invece, l'amministratore risponde in proprio dell'inadempimento alle obbligazioni da lui contrattualmente assunte e, del resto, nel caso in cui l'inadempimento all'obbligazione di consegna sia posto a fondamento di una domanda di revoca giudiziale, legittimato passivo rispetto alla stessa è l'amministratore di condominio, in proprio, non già l'ente di gestione da costui rappresentato. Sarebbe, del resto, non equo riversare sull'intera compagine condominiale gli oneri ed i costi dell'inadempimento dell'amministratore alle obbligazioni di consegna di documentazione in favore di uno dei condomini. In conclusione, deve essere dichiarato il difetto di legittimazione passiva del (...) resistente rispetto alla domanda azionata dalla ricorrente, con assorbimento della domanda di cui all'art. 614 bis c.p.c., evidenziandosi che è solo il soggetto "obbligato", ovvero il destinatario della domanda, non già un differente soggetto, che può essere condannato al pagamento di una somma di denaro in caso di violazione, inosservanza o ritardo nell'adempimento del provvedimento di condanna. Stanti i contrastanti orientamenti della giurisprudenza di merito in ordine al soggetto passivo della domanda di consegna di documentazione CP3 sussistono gravi ed eccezionali ragioni per compensare integralmente fra le parti le spese di lite. Ai sensi dell'art. 12 bis del D.Lgs. 28/2010, infine, il (...) il quale non ha partecipato senza giustificato motivo all'incontro di mediazione del 18/09/2023, deve essere condannato al versamento all'entrata del bilancio dello Stato di una somma di importo corrispondente al contributo unificato dovuto per il giudizio. P.Q.M. Il giudice, definitivamente pronunciando, letti gli atti del procedimento iscritto al n. 19005/2023 R.G.A.C., ogni altra domanda, eccezione e difesa disattesa, così provvede: a) dichiara la cessazione della materia del contendere; b) compensa integralmente fra le parti le spese di lite; c) condanna il (...) sito in Napoli alla (...) al versamento all'entrata del bilancio dello Stato di una somma di importo corrispondente al contributo unificato dovuto per il giudizio. Napoli, 31 maggio 2024.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Tribunale di Napoli 4 SEZIONE CIVILE Il Giudice, dott. Roberta Di Clemente, ha pronunziato la seguente SENTENZA nella causa iscritta al n. 26525/2021 R. Gen.Aff.Cont. assegnata in decisione all'udienza del 22.01.2024 con la fissazione dei termini previsti dagli artt. 190 e 281quinquies, co. I, c.p.c. l'ultimo dei quali è scaduto il 15.04.2024 TRA Parte_i, c.f.:c.f._i, elett.te dom.to all'indirizzo telematico presso lo studio dell'Avv. MA.FR.LU., c.f.:c.f._2, dal quale è rappresentato e difeso in virtù di procura in atti - ATTORE- E Controparte_1, c.f.: P.IVA_1, sito in Napoli, all'indirizzo_i, in persona dell'amministratore p.t., elett.te dom.to alla(...) Indirizz_2 NAPOLI, presso lo studio dell'Avv. ME.MA., c.f.:c.f._3, dal quale è rappresentato e difeso in virtù di procura in atti - CONVENUTO- All'udienza del 22.01.2024, sostituita dal deposito di note scritte, le parti hanno rassegnato le seguenti conclusioni: "L'attore si riporta a tutte le proprie domande, deduzioni ed eccezioni ovunque e comunque formulate, intendendosi tale rinvio quale rinvio formale, materiale recettizio e, al contempo impugna e contesta tutto quanto prodotto, dedotto ed eccepito da controparte. Chiede che la causa sia decisa e si associa alla richiesta già formulata dal convenuto relativa alla concessione dei termini di cui all'art. 190 cpc per il deposito delle comparse conclusionale e delle memorie di replica". "In via assolutamente preliminare l'odierno convenuto chiede che l'on. Giudicante voglia dichiarare, con ogni statuizione ritenuta più opportuna e con ogni conseguenza di legge, l'improcedibilità e/o inammissibilità della citazione: a) in parte qua, per mancanza di connessione e/o simmetria tra la domanda di mediazione e la domanda giudiziale relativamente all'impugnativa del punto n. 4 all'o.d.g. in quanto, come estensivamente illustrato al punto n. 4) della comparsa di costituzione ed al punto n. 1) della prima memoria, la domanda giudiziale spiegata dal Sig. Pt_i contiene motivi non portati in mediazione; b) e/o per l'intervenuta decadenza del diritto di impugnare la deliberazione ex art. 1137 c.c. in quanto, secondo quanto illustrato al punto n. 4.2) della comparsa di costituzione, l'odierno attore non ha instaurato il presente giudizio entro i termini individuati al citato art. 1137 c.c.; c)e/o per carenza di legittimazione attiva dell'odierno attore, secondo quanto eccepito al punto n. 5) della comparsa di costituzione ed al punto n. 1) della seconda memoria istruttoria. In via ulteriormente preliminare, dichiarare con ogni statuizione più opportuna l'improcedibilità e/o l'inammissibilità della domanda nuova formulata dalla difesa di controparte con le note di trattazione scritta per l'udienza del 24.05.2022, per tutti i motivi esposti al punto n. 2) della seconda memoria istruttoria. Nel merito, per tutte le ragioni estensivamente illustrate con la comparsa di costituzione e con la seconda memoria istruttoria, dichiarare - con ogni statuizione ritenuta più opportuna -l'infondatezza della citazione cui si resiste confermando integralmente la deliberazione assembleare impugnata. In via del tutto subordinata, dichiarare l'intervenuta cessazione della materia del contendere alla luce di quanto illustrato al punto n. 7) della comparsa. Conseguenze di legge anche in ordine alle spese e condanna dell'attore ex art. 96 c.p.c." RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE Va premesso che la presente sentenza è redatta senza lo svolgimento del processo in ossequio alla nuova formulazione degli artt. 132 comma 4 c.p.c. e 118 disp. att. c.p.c. per effetto delle modifiche introdotte dagli artt. 45 e 52 dalla legge n. 69 del 18/6/09, in vigore dal 4.07.2009. Tanto premesso vanno esaminate, secondo l'ordine logico-giuridico le questioni preliminari e /o processuali e poi, solo se superate, andrà vagliato il merito della controversia. La legittimazione ad agire dell'attore. Ai fini che occupano va ricordato che l'istante, nella qualità non contestata oltre che documentalmente provata, di condomino del fabbricato sito in Napoli, alIndirizzo_3 (...) e, per i motivi esposti nell'atto introduttivo, oltre alla sospensiva della delibera assembleare del 25.04.2021, ha chiesto accertarsi e dichiararsi nulla e/o annullabile la predetta delibera, relativamente ai punti 4) e 5) dell'ordine del giorno ovvero, in linea subordinata, in relazione solo al punto 4 e/o al solo punto 5 all'o.d.g.; nel corpo dell'atto di citazione l'istante ha, altresì, dedotto, quali ulteriori vizi di invalidità della delibera: 1) la mancata indicazione delle quote millesimali di tutti i condomini presenti all'assemblea con la conseguente impossibilità di verifica della validità sia della costituzione della stessa che delle relative deliberazioni;2) la mancata indicazione nel verbale dei quorum deliberativi; 3) la mancata allegazione al verbale notificato all'istante in data delle note contenenti le dichiarazioni dell'attore da allegarsi al citato verbale di assemblea; 4) la mancata verbalizzazione dell'allontanamento dall'assemblea dell'attore subito dopo la consegna delle predetto note e, quindi, della sua mancata partecipazione alla discussione ed alla votazione in relazione ai punti all'o.d.g. Ebbene compete, in primo luogo, a chi scrive la qualificazione della domanda proposta (azione di nullità e/o azione di annullamento) sulla base dei vizi dedotti. E' noto che, secondo l'orientamento pacifico della Suprema Corte (cfr. Cass. S.U. 4806 del 7.03.2005; Cass. S.U n. 9839 del 4/04/2021): "In tema di condominio degli edifici, l'azione di annullamento delle delibere assembleari costituisce la regola generale, ai sensi dell'art. 1137 c.c., come modificato dall'art. 15 della l. n. 220 del 2012, mentre la categoria della nullità ha un'estensione residuale ed è rinvenibile nelle seguenti ipotesi: mancanza originaria degli elementi costitutivi essenziali, impossibilità dell'oggetto in senso materiale o giuridico -quest'ultima da valutarsi in relazione al "difetto assoluto di attribuzioni" -, contenuto illecito, ossia contrario a "norme imperative" o all'"ordine pubblico" o al "buon costume". Pertanto, sono nulle le deliberazioni con le quali, a maggioranza, siano stabiliti o modificati i generali criteri di ripartizione delle spese previsti dalla legge o dalla convenzione, da valere per il futuro, trattandosi di materia che esula dalle attribuzioni dell'assemblea previste dall'art. 1135, nn. 2) e 3), c.c., mentre sono meramente annullabili le deliberazioni aventi ad oggetto la ripartizione in concreto tra i condomini delle spese relative alla gestione delle parti e dei servizi comuni adottate in violazione dei criteri generali previsti dalla legge o dalla convenzione stessi, trattandosi di deliberazioni assunte nell'esercizio di dette attribuzioni assembleari, cosicché la relativa impugnazione va proposta nel termine di decadenza previsto dall'art. 1137, comma 2, c.c.". Orbene, essendo stati prospettati dall'attore solo vizi inerenti: 1) la regolare costituzione dell'assemblea ed il rispetto dei quorum deliberativi; 2) la conformità tra l'odg e i deliberati; tali motivi di censura vanno inquadrate nell'ambito dei vizi determinanti l'eventuale annullamento delle parti impugnate della delibera. Va, altresì, premesso che, rispetto all'azione di annullamento espletata, secondo l'orientamento consolidato della Suprema Corte (cfr. Cass. Sez. 2 n.5889 del 20.04.2001; Cass. Sez. 2 n.5611 del 26/02/2019):"In tema di impugnazione di delibere condominiali annullabili, la legittimazione ad agire spetta al condomino che sia stato assente all'assemblea nel corso della quale la delibera contestata è stata assunta o che, se presente, abbia espresso in merito il suo dissenso o si sia astenuto, ricadendo sullo stesso l'onere di provare tali circostanze. Il difetto di detta legittimazione può, invece, essere rilevato d'ufficio dal giudice ed il relativo accertamento non è soggetto a preclusioni, non potendosi accordare la facoltà di opporre la menzionata delibera a chi non ne abbia titolo". Secondo la prospettazione dell'attore, quest'ultimo, alle ore 11.18 dopo aver consegnato della documentazione all'assemblea per cui è causa, si sarebbe allontanato senza farvi più ritorno. Di conseguenza non avrebbe partecipato ad alcuna discussione e/o delibera dell'ordine del giorno. Di contro il convenuto ha eccepito l'inammissibilità dell'impugnativa dell'attore per carenza della sua legittimazione ad agire dal momento che il predetto sarebbe stato presente a tutte le votazioni e non avrebbe reso alcun voto contrario e/o di astensione. Ha, altresì, sottolineato la valenza probatoria del verbale dell'assemblea, svalutando il contenuto del documento all. n. 9 prodotto da controparte. Prima di passare alla disamina della questione relativa alla legittimazione ad agire di parte attrice, è opportuno, in questa sede, riportare alcuni passaggi del verbale dell'assemblea del 25.04.2021. Nella parte iniziale del predetto verbale, dopo il primo periodo del seguente tenore: " Il giorno 25 aprile 2021, alle ore 10.30, nel cortile del Controparte_i in rispetto della normativa vigente per il contenimento del Covid 19, sito in Napoli al (...) indirizzo_i, si sono riuniti i condomini dello stesso Controparte_i in seconda convocazione essendo andata deserta la prima per discute e deliberare sul seguente Ordine del Giorno:......" sono indicati analiticamente i signori e le signore presenti, di persona o rappresentati per delega, con affianco l'indicazione dei relativi millesimi di pertinenza. Tra i predetti è indicato anche l'attore con i relativi millesimi. Dopo tale elencazione e l'annotazione del raggiungimento del quorum costitutivo, dell'aggiunta della presenza di un altro condomino rappresentato per delega con l'annotazione dei relativi millesimi e della nomina del presidente e del segretario, nel verbale si legge: "il presidente, verificata la regolare convocazione, dichiara aperta l'assemblea e si dà luogo alla discussione all'O.d.G.. Alle 11.18 il condominio sig. Parte_i presenta in assemblea una mozione di annullabilità della presente convocazione in ordine a dei rilievi mossi ed annotati a seguito di documentazione copia 1 e copia 2 vengono allegati al presente verbale e formano documentazione allegata....." Nel seguito del verbale, se per un verso, in nessun passaggio viene indicato l'allontanamento dell'assemblea di (...) Pt_i, per un altro il suo nominativo non risulta più indicato tra i votanti. Resta, dunque, da stabilire se Parte_i sia stato effettivamente presente all'assemblea solo dalle ore 10.30 sino alle ore 11.18 in cui, dopo la consegna di documentazione, avrebbe lasciato definitivamente il consesso per non farvi più ritorno. Infatti, come già detto, solo in caso di sua assenza all'atto delle discussioni e delle relative deliberazioni può affermarsi la sua legittimazione ad impugnare la delibera in esame. Ai fini che occupano va ricordato che, secondo l'orientamento del tutto prevalente tra i Supremi Giudici: " Il verbale dell'assemblea condominiale offre una prova presuntiva dei fatti che afferma essersi in essa verificati, per modo che spetta al cp_i che impugna la deliberazione assembleare, contestando la rispondenza a verità di quanto riferito nel relativo verbale, provare il suo assunto (cfr. Cass. Sez. II set. 11526 del 13.10.1999; Cass. Sez. VI ord. 16774 del 12.08.2015)". In altre decisioni si ribadisce che: "il verbale di un'assemblea condominiale, munito di sottoscrizione del presidente e del segretario, ha natura di scrittura privata, sicché il valore di prova legale è limitato alla provenienza delle dichiarazioni dai sottoscrittori e non si estende al contenuto della scrittura medesima, per impugnare la cui veridicità non occorre la proposizione di querela di falso, potendosi far ricorso ad ogni mezzo di prova". (cfr..Cass. Sez. 6 ord. 11375 del 9.5.2017; Cass. Sez. 6 n. 2763 del 16.11.2017). Ebbene, sulla scorta di tali principi, ritiene la scrivente che l'attore abbia dimostrato il suo assunto e che, quindi, sussista la sua legittimazione ad impugnare la delibera in oggetto. Elementi di prova decisivi dell'assenza del Pt_i dall'assemblea dalle ore 11.30 in poi si traggono dalle concordanti ed esaustive deposizioni dei due testi escussi (Tes_i ed Testimone_2) dei quali solo la prima è legata da uno stretto rapporto di parentela con l'attore; motivo per il quale l'attendibilità delle sue affermazioni è stata vagliata con maggiore rigore. Ed invero la prima testimone ha, tra l'altro, dichiarato che il marito è stato presente all'assemblea di condominio dalle ore 10.30-10.45 fino alle ore 11.15-11.30 e, dopo quest'ultimo orario, di essere andata con lui a casa del comune amico Testimone_2 trattenendosi a casa sua per circa 30/40 minuti per poi andare a fare un giro a Torre Annunziata/Torre del Greco e di aver fatto rientro a casa verso le ore 13.40. Il secondo testimone ha confermato l'arrivo a casa sua dell'amico con la moglie intorno alle ore 11.30 del giorno dell'assemblea di condominio e la loro presenza a casa sua almeno fino alle ore 1212.30. Oltre alle concordanti dichiarazioni dei due testimoni a favore delle asserzioni dell'attore milita, oltre alle già menzionate carenze del verbale, la non contestata notifica del verbale di assemblea allo stesso in data 17.05.2021: adempimento previsto solo per i condomini assenti alla riunione. Per tutte le ragioni esposte va affermata la legittimazione attiva dell'attore. L'eccezione di improcedibilità e/o di inammissibilità della domanda attorea per decadenza del potere di impugnare ex art. 1137 c.c.. Nella comparsa di costituzione e nelle note per la prima udienza dell'8.03.2022 parte convenuta ha eccepito l'improcedibilità della domanda giudiziale perché nell'atto di citazione sarebbero indicati dei motivi non portati in mediazione. Nello specifico, come dedotto dal convenuto e come risulta dalla documentazione prodotta (cfr. all.1 prodotto l'8.03.2022 ed il 16.05.2022) l'attore ha presentato istanza di mediazione obbligatoria presso la D. srl al fine di procedere con l'impugnativa giudiziale della delibera assembleare per cui è causa per i seguenti motivi: 1) omessa verbalizzazione dell'allontanamento del Sig. Pt_i dalla relativa assemblea; 2) omessa discussione dei primi tre punti all'o.d.g.; 3) illegittimità delle deliberazioni assunte con la discussione del punto n. 5 all'o.d.g. (varie ed eventuali); 4) illegittimità della deliberazione assunta con la discussione del punto n. 4 all'o.d.g. per mancanza del quorum deliberativo previsto per Legge. In particolare, con riferimento a tale motivo, l'attore ha lamentato che "...Nel caso di specie, se si conteggiano i dissenzienti, si vedrà che il quorum non raggiunge i necessari 500 mm" 5) notifica del verbale incompleto in quanto mancante dell'allegato facente parte dello stesso ed indicato come mozione di annullamento; 6) convocazione non conforme al disposto di cui all'art. 66 disp att. c.c. Orbene, considerato che, per un verso, nell'atto di citazione non sono stati riprodotti alcuni motivi oggetto della mediazione (cfr. 6) e che, per un altro, con riferimento al punto 4) a fondamento della dedotta illegittimità della delibera risulta dedotto un motivo ulteriore e diverso rispetto a quello indicato in sede di mediazione, secondo la difesa di parte convenuta l'allargamento delle ragioni a base dell'impugnativa avrebbe determinato l'improcedibilità della domanda di annullamento della delibera in parte e, di conseguenza, l'inammissibilità della stessa per decadenza dal potere di impugnare ex art. 1137 c.c. Premesso che, come si ricava agevolmente dal raffronto tra i motivi dell'impugnativa della delibera indicati nell'istanza di mediazione e quelli indicati nell'atto di citazione, solo in relazione alla prospettata illegittimità della delibera con riferimento al punto 4 all'o.d.g. vi è difformità tra quanto esposto in sede di mediazione e quanto indicato nell'atto di citazione, la conseguenza di tale difformità può, al più, determinare la parziale - e non anche la totale - improcedibilità della domanda e, di conseguenza, l'inammissibilità della stessa per tardività solo in relazione all'impugnativa relativa al punto 4 all'o.d.g. Tanto premesso ritiene la scrivente l'eccezione fondata per le ragioni di seguito esposte. Nel caso in esame, trattandosi di una controversia in materia condominiale, si è in presenza di una delle materie per le quali, ai sensi dell'art. 5, comma 1-bis, D.Lgs. 28/2010 è prevista la mediazione obbligatoria ex lege, e per le quali, quindi, il previo esperimento del procedimento di mediazione costituisce condizione di procedibilità della domanda giudiziale. Nel caso in esame la mediazione si è svolta ed ha avuto esito negativo (cfr. allegato 8 della produzione di parte). Posto ciò, poiché l'impugnazione della delibera assembleare è soggetta ad un termine di decadenza, è opportuno ricordare che tale termine viene interrotto dalla comunicazione, da parte dell'organismo ove è stata depositata l'istanza di mediazione e ove si svolge la procedura stragiudiziale oppure da parte dell'istante, dell'istanza medesima alla parte chiamata, e poi esso inizia a decorrere di nuovo dal deposito del verbale che chiude la procedura. Ebbene la questione inerente alla relazione che deve intercorrere, a livello di contenuto, tra l'istanza di mediazione e l'eventuale e successivo atto introduttivo del procedimento giudiziario impone, dunque, di richiamare l'attenzione su una specifica disposizione normativa del D.Lgs. 28/2010, ossia sull'art. 4. Tale disposizione è la prima, tra quelle facenti parte del tessuto normativo del succitato decreto legislativo, a dettare la disciplina del procedimento di mediazione e, in particolare, concerne l'accesso a tale procedura stragiudiziale e, di conseguenza, precisa due aspetti fondamentali quali l'individuazione dell'ambito territoriale di cui deve far parte l'organismo ove viene depositata l'istanza (o domanda) di mediazione nonché l'indicazione dei contenuti essenziali dell'istanza stessa. Al comma 1 dell'art. 4, si prevede che la domanda di mediazione concernente una delle controversie di cui all'art. 2 deve essere presentata depositando un'apposita istanza presso uno degli organismi del luogo del giudice territorialmente competente per la controversia stessa. La medesima previsione prende, inoltre, in considerazione l'ipotesi, che peraltro si verifica con una certa frequenza nella prassi, in cui siano depositate più domande di mediazione relative alla stessa controversia. In tale ipotesi, si fa riferimento ad un criterio di priorità temporale, in quanto si prevede che la mediazione si svolga innanzi all'organismo territorialmente competente ove è stata depositata la prima domanda. Al comma 2 dell'art. 4, di maggiore rilevanza per quanto riguarda la questione in esame, si specificano i contenuti essenziali dei quali l'istanza di mediazione non può mancare, ossia l'indicazione dell'organismo, delle parti, dell'oggetto e delle ragioni della pretesa. Il contenuto di tale previsione normativa è "praticamente equivalente" a quello dell'art. 125 c.p.c., concernente, in generale, i contenuti minimi che un atto promanante dalle parti deve avere. È però bene precisare, a tale proposito, che questa disposizione del codice di rito civile non riguarda una specifica tipologia di atto ma ha valenza generale. Per quanto concerne, nello specifico, l'atto di citazione, ad esempio, la disposizione codicistica di riferimento consiste nell'art. 163 c.p.c., mentre, per quanto concerne la comparsa di costituzione e risposta, si fa riferimento all'art. 167 c.p.c. Ciò premesso, ai sensi dell'art. 125, comma 1 c.p.c., salvo che la legge stabilisca diversamente, la citazione, il ricorso, la comparsa, il controricorso ed il precetto devono contenere l'indicazione dell'ufficio giudiziario, delle parti, dell'oggetto, delle ragioni della domanda nonché delle conclusioni. Fermo restando, quindi, che per ciascun tipo di atto processuale vi sono specifiche previsioni normative, risulta evidente come il contenuto dell'art. 4 D.Lgs. 28/2010 sia pressoché equivalente a quello dell'art. 125, facente parte del Libro I del Codice di rito civile. In base a tali premesse, a giudizio di chi scrive, l'applicazione dell'art. 4 implica che vi debba essere simmetria tra i fatti rappresentati in sede di mediazione e quanto esposto in sede processuale e che tale simmetria riguardi quantomeno i fatti principali. In caso contrario, dovrebbe essere dichiarata l'improcedibilità della domanda giudiziale. In particolare, l'art. 4 richiede espressamente, tra i contenuti essenziali della domanda di mediazione, le "ragioni della pretesa". Tale elemento contenutistico individuerebbe, evidentemente, una situazione ritenuta ingiusta dal punto di vista di parte istante e per la quale potrebbe poi essere promossa un'azione di merito. Non sono invece richiesti l'equivalente di un atto giudiziario sotto il profilo strettamente formale e nemmeno l'indicazione degli "elementi di diritto", come nel caso della citazione ex art. 163 c.p.c. o del ricorso ex art. 414 c.p.c. (e, ai sensi dell'art. 125 c.p.c., per gli atti in generale). In definitiva, quindi, l'istanza di mediazione deve ricalcare la futura domanda di merito, introducendo in sede di mediazione gli elementi fattuali che saranno introdotti in sede giudiziale, e ciò per un duplice ordine di ragioni, ossia: - consentire all'istituto giuridico della mediazione civile e commerciale di espletare la relativa funzione deflattiva; - porre l'altra parte, ovverossia parte chiamata in mediazione, nelle condizioni di conoscere la materia del contendere nonché di prendere adeguatamente posizione su di essa. Nel caso in esame l'istanza di mediazione, in relazione al punto 4 all'o.d.g. si basa su di un dato fattuale attinente alle modalità di formazione della volontà assembleare (mancato raggiungimento del quorum deliberativo) del tutto diverso da quello indicato nell'atto di citazione attinente al contenuto del deliberato (delega ad una commissione del potere deliberativo riservato all'assemblea). Dalla comparazione, a livello contenutistico, tra l'istanza di mediazione e la successiva domanda giudiziale, poi, in concreto proposta, dunque, si rileva agevolmente l'asimmetria tra i due atti, e da ciò derivano due conseguenze tra loro connesse: 1) che la mediazione non può considerarsi validamente svolta; 2) che non è stata impedita la decadenza dell'impugnazione della delibera condominiale, poiché tale impugnazione è soggetta ad un termine di decadenza che viene interrotto dalla comunicazione (da parte dell'organismo oppure direttamente a cura dell'istante stesso) dell'istanza di mediazione all'altra parte una sola volta soltanto ed inizia nuovamente a decorrere dalla data del deposito del verbale conclusivo di mediazione. Nel caso in esame, essendo stata la delibera notificata all'attore il 17.05.2021, non risulta rispettato il termine decadenziale di gg. 30 per la proposizione dell'impugnativa ex art. 1137 c.c. perché l'atto di citazione è stato notificato l'8.11.2021. Pertanto s'impone il rilievo di inammissibilità della domanda in relazione al punto 4 all'o.d.g per tardività dell'impugnazione. Ogni altra questione risulta assorbita. Merito della controversia Quanto ai restanti vizi dedotti da parte attrice, va, in primis, sottolineato che del tutto privi di fondamento risultano i motivi di censura della delibera in ordine alla mancata e/o incompleta indicazione dei millesimi dei presenti e/o dei votanti ai fini della verifica del raggiungimento dei quorum costitutivi e/o deliberativi. Ed invero, come in precedenza anticipato, per ciascun condominio risultano esattamente riportati nel verbale di assemblea i millesimi anche con riferimento ai punti oggetto di delibera. Parimenti infondata si appalesa la censura relativa alla mancata indicazione nel verbale dell'assenza di Parte_1 dopo le ore 11.18 dal momento che nel verbale risultano correttamente sottratti i millesimi del predetto ai fini della verifica del raggiungimento dei quorum ex art. 1136 c.c. Passando, infine, alla disamina dei motivi di censura in relazione al punto 5 all'o.d.g. (varie ed eventuali) va evidenziato che, secondo le deduzioni dell'attore, sebbene nell'ambito di tale punto all'o.d.g. possano essere effettuate attività di carattere interlocutorio e meramente organizzative del cp_i, quali avvisi, proposte, richieste e quant'altro, nel caso di specie, invece, sarebbero state assunte due decisioni, entrambe comportanti impegni di spesa a carico dei condomini; delibere che avrebbero richiesto ampia disamina nell'ambito di uno specifico ordine del giorno. In particolare, nelle varie ed eventuali, in primo luogo, nel verbale si legge testualmente: " Si autorizza, inoltre, l'amministratore a provvedere ad un posper l'incasso delle quote". Con tale delibera, sempre ad avviso dell'attore, si utilizza un termine e cioè "si autorizza" attribuendo allo stesso un carattere dispositivo avente contenuto vincolante per l'amministratore che avrebbe dovuto eseguire quanto deliberato. Ebbene, considerato che il POS bancario determina una spesa per il condominio ulteriore (seppure non esosa) in termini di gestione del terminale, commissioni, noleggio ecc. e che, in base alla normativa vigente non vi è un obbligo previsto ex-lege per l'amministratore di dotare il condominio di POS, la delibera sul punto sarebbe illegittima in quanto non preceduta da specifico o.d.g. Parimenti illegittima, sempre ad avviso dell'istante, sarebbe l'ulteriore deliberato del seguente tenore "...Si incarica inoltre l'amministratore a chiamare per le sostituzioni il signor Pt_2 (...), il quale ha già fatto delle sostituzioni nell'anno 2020..." Secondo l'attore, considerato che le "sostituzioni" cui si allude, sono quelle relative al portiere (nel parco esiste un regolare servizio di portierato) in quanto Parte_2 è stato in passato chiamato talvolta a sostituire il portiere in caso di assenza, in mancanza di un precedente deliberato assembleare relativo alle modalità di sostituzioni del portiere, si sarebbe dovuto rimettere alla volontà assembleare, con indicazione di uno specifico punto all'o.d.g, la scelta se, far gestire il servizio di portineria ad un terzo ovvero, lasciare la portineria chiusa senza custode. Secondo parte convenuta, per quanto concerne i rilievi mossi in merito alle sostituzioni del portiere, con la deliberazione impugnata non sarebbe stata decisa l'assunzione di un sostituto portiere, bensì sarebbe stato incaricato l'amministratore a "chiamare" il sig. Parte_2 il quale già in precedenti occasioni aveva svolto, quale dipendente di una ditta multiservizi, l'incarico di sostituzione dell'attuale portiere, al solo fine di avviare una fase esplorativa per verificare la sua eventuale disponibilità alla regolarizzazione della sua posizione di cd. sostituto portiere. Tale regolarizzazione, poi, era avvenuta in seguito alla specifica delibera del 23/06/2021, in cui sul punto 6 all'odg." Incarico per la sostituzione del portiere..." l'assemblea ha deliberato: ".Si passa al sesto punto all'OdG. Come suggerito dall'assemblea del 25/04/2021 e riproposto in questa sede, viene chiesto all'amministratore di convocare il Sig. Persona_i il quale dovrà assentire all'incarico di sostituto portiere con relativo contratto di incarico." Di conseguenza il deliberato di cui al verbale impugnato del 25.04.2021 poteva certamente essere inserito nelle cd. "varie ed eventuali" in quanto non contiene alcuna scelta definitiva dell'Assemblea in merito alla possibilità (o meno) di prevedere sostituzioni dell'attuale portiere. Piuttosto, tale decisione è stata assunta definitivamente dall'Assemblea con il suindicato deliberato del 23.06.2021. Per quanto concerne, poi, i rilievi mossi in merito al POS, il cp_i ha dedotto l'infondatezza delle pretese attorce per tre ordini di motivi: 1) con l'impugnata delibera non era stato approvato alcun preventivo, né era stato deliberato alcuno specifico e dettagliato impegno di spesa; piuttosto, era stata la stessa Assemblea condominiale a richiedere all'Amministratore di avviare una ricerca di mercato per la predisposizione di un POS per la riscossione delle quote; 2) la relativa spesa, seppur esigua, non era ancora stata messa a bilancio né era stato fatto il relativo riparto tra tutti i Condomini. In virtù della impugnata delibera, quindi, l'Amministratore aveva proceduto solo ad una ricerca di mercato al fine di raccogliere il miglior preventivo da sottoporre all'Assemblea con successiva delibera. In ogni caso, circostanza dirimente ai fini della decisione è che, quand'anche l'Amministratore avesse già imputato a bilancio la relativa spesa la stessa avrebbe un costo complessivo di Euro 29 + IVA (ossia di soli 33 centesimi a carico del sig. Pt_i), cui si aggiungerebbe un canone mensile complessivo di Euro 5.00. Così sinteticamente ricostruite le contrapposte deduzioni delle parti va ricordato che, secondo l'orientamento uniforme e consolidato tra i giudici di legittimità "in tema di deliberazioni dell'assemblea condominiale, ai fini della validità dell'ordine del giorno occorre che esso elenchi specificamente, sia pure in modo non analitico e minuzioso, tutti gli argomenti da trattare, sì da consentire a ciascun condomino di comprenderne esattamente il tenore e l'importanza, e di poter ponderatamente valutare l'atteggiamento da tenere, in relazione sia all'opportunità o meno di partecipare, sia alle eventuali obiezioni o suggerimenti da sottoporre ai partecipanti" (cfr. tra le altre Cass. n. 21449/2010). Orbene, se è indubbio che, in applicazione di tali condivisibili principi, la decisione relativa al punto dell'o.d.g. "varie ed eventuali" non può preludere ad alcuna decisione vera e propria, ma solo riguardare comunicazioni a scopo di informazione, suggerimenti e/o proposte per future assemblee e non anche decisioni che incidano direttamente sui diritti dei condomini sulle cose comuni, senza che gli stessi siano preavvertiti con uno specifico argomento posto all'ordine del giorno che consenta loro di valutare se partecipare o meno all'assemblea per far valere le proprie eventuali ragioni, ritiene, tuttavia, la scrivente che sia l'autorizzazione che l'incarico dati dall'assemblea all'amministratore, rispettivamente, di "provvedere ad un pos" per l'incasso delle quote e di "chiamare per le sostituzioni il sig. (...) Parte_2 " non abbiano contenuto direttamente deliberativo, non contenendo alcun espresso impegno di spesa, rappresentando, piuttosto, la manifestazione di una preventiva condivisione di futuri ed eventuali assunzioni di impegni di spesa- utili per la gestione di servizi condominiali-da sottoporre poi all'assemblea. D'altronde, per l'eventuale successivo utilizzo del pos non sono stati dimostrati esborsi di spesa da parte dell'amministratore e per quanto riguarda la sostituzione del custode la stessa difesa di parte ricorrente ha ammesso che, in passato pur in assenza di preventiva delibera, il condominio si era già rivolto a Parte_2 per le sostituzioni. Di conseguenza anche sotto tale aspetto l'incarico di "chiamare" il predetto ben può interpretarsi nel senso proposto dal cp_i convenuto cosi come, tra l'altro, confermato dal chiaro tenore della successiva delibera del 23.05.2021. Per tutte le ragioni esposte s'impone il rigetto della domanda anche in riferimento a tale motivo di censura. La regolamentazione delle spese processuali. Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza ed, in assenza di nota spese si liquidano, d'ufficio, come da dispositivo sulla base dei criteri di cui al D.M. 55/2014, scaglione di riferimento per le cause di valore indeterminabile basso (compreso tra euro 26.000,01 ed euro 52.000,00 ed in relazione ai valori minimi relativi alle fasi di studio, introduttiva, trattazione e decisionale. La domanda del convenuto di condanna dell'attore al risarcimento dei danni per lite temeraria ex art 96 c.p.c. Ai fini della valutazione di tale domanda va ricordato che, secondo i Supremi Giudici "In tema di responsabilità processuale aggravata, il carattere temerario della lite, che costituisce presupposto della condanna al risarcimento dei danni, va ravvisato nella coscienza della infondatezza della domanda e delle tesi sostenute, ovvero nel difetto della normale diligenza per l'acquisizione di detta consapevolezza, non già nella mera opinabilità del diritto fatto valere" (cfr. Cass., Sez. II, 1° ottobre 2003, n. 14583; Cass., Sez. I, 21 luglio 2000, n. 9579; Cass. Sez. 1 n. 3664 del 9.02.2017). In altre decisioni si afferma che:" In materia di responsabilità processuale aggravata, condotte sintomatiche dell'elemento soggettivo della mala fede o della colpa grave non si ravvisano soltanto nella consapevolezza della infondatezza in iure della domanda, ma anche nella omessa deduzione di circostanze fattuali dirimenti ai fini della corretta ricostruzione della vicenda controversa cfr. Cass. Sez. 3 n. 4136 del 21.02.2018). Applicando i principi esposti al caso in esame, premesso che nessun elemento di prova è stato offerto a riscontro di un eventuale dolo nell'attività difensiva, espressa nel pieno rispetto delle forme e delle cadenze processuali, non può ritenersi dimostrata neppure colpa grave nell'esplicazione della predetta attività in quanto, per l'assenza di consolidati orientamenti giurisprudenziali, di merito e di legittimità, in merito a diverse questioni esaminate, la scelta di proporre l'odierno giudizio non può ritenersi del tutto avulsa dai principi generali in materia. P.Q.M. Il Tribunale - in persona del Giudice Unico dott.ssa Roberta Di Clemente - definitivamente pronunciando nella controversia come innanzi proposta, così provvede: dichiara inammissibile la domanda, in relazione al punto 4 all'o.d.g., per tardività dell'impugnazione; rigetta, nel resto, la domanda; condanna Parte_1 alla rifusione delle spese di costituzione e di rappresentanza in favore del Controparte_1 sito in Napoli all'indirizzo_i in persona dell'amministratore p.t.; spese liquidate in complessivi euro 3.972,00 (tremilanovecentosettantadue/00) oltre al 15% a titolo di rimborso forfettario per spese generali ed oltre IVA e CPA; rigetta la domanda del convenuto di condanna dell'attore al risarcimento dei danni per lite temeraria ex art 96 c.p.c. Così deciso in Napoli il 10 maggio 2024.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale di Napoli Nord, Seconda Sezione Civile, nella persona del Giudice dott.ssa Dora Alessia Limongelli, ha pronunziato la seguente: SENTENZA nella causa civile iscritta al n. 13611 del Ruolo generale degli affari contenziosi dell'anno 2021, avente ad oggetto "Somministrazione", e vertente TRA (...), in persona del legale rappresentante p.t., elettivamente domiciliata in Cercola (NA) al (...), presso lo studio dell'avv. Va.Da., dal quale è rappresentata e difesa giusta procura in calce all'atto di citazione in opposizione a decreto ingiuntivo OPPONENTE E (...) in persona del legale rappresentante p.t., con sede legale in Rho (MI), (...), elettivamente domiciliata in San Marco De Cavoti, in (...), presso lo studio dell'avv. Gi.Ro., dal quale è rappresentata e difesa giusta procura in calce alla comparsa di costituzione e risposta; OPPOSTA CONCLUSIONI: come da note in sostituzione dell'udienza del 26.1.2024. MOTIVI DELLA DECISIONE Con atto di citazione ritualmente notificato, la società (...) proponeva opposizione avverso il decreto ingiuntivo n. 4183/2021 emesso in data 21/10/2021, con il quale il Tribunale di Napoli Nord gli aveva ingiunto di pagare a (...) l'importo di Euro 5.023,67, oltre interessi legali nonché spese del procedimento ed accessori se dovuti nella misura di legge. A sostegno dell'opposizione, eccepiva preliminarmente il difetto di capacità processuale della (...) oltre che il difetto di committenza, mancando in atti documentazione che attesti che la committenza dei servizi asseritamente svolti in favore della opponente, essendo la sola fattura assolutamente insufficiente a identificare il soggetto che si ritiene debitore. Eccepiva, altresì, il Mancato esperimento tentativo di conciliazione così come previsto dalla l. 249/1997 art. 1 c. 11 e concludeva chiedendo: "A. accertare l'insussistenza del preteso credito per Euro 5.023,67 (cinquemilaventitre/67) della (...) nei confronti della (...) in relazione alla pretesa e non provata fornitura di servizi, attese le ragioni indicate in opposizione, e per l'effetto revocare il decreto ingiuntivo n. 4183/2021 del 21/10/2021, oggetto della presente opposizione; B. condannare parte soccombente alla refusione delle spese di lite in favore del procuratore antistatario.". Si è costituita in giudizio la (...) contestando l'avverso dedotto e chiedendo il rigetto dell'opposizione in quanto infondata in fatto e in diritto. Deduceva l'opposta che la legittimazione processuale dell'istante trae fondamento nella procura munita di certificazione notarile la cui contestazione avrebbe richiesto la proposizione di querela di falso; altresì che la domanda di pagamento oggetto del decreto ingiuntivo non rientra tra le ipotesi per le quali è previsto il previo esperimento del tentativo di conciliazione ex art. 1 c. 11 L. 249/1997; nonché infine di aver debitamente supportato, da un punto di vista documentale, le richieste avanzate nel procedimento monitorio. Concludeva, pertanto, chiedendo: " - in via preliminare, concedere la provvisoria esecutorietà al decreto ingiuntivo n. 4183/2021; - nel merito, accertare e dichiarare l'infondatezza della domanda attorea e, per l'effetto, rigettare la stessa e confermare il decreto ingiuntivo; - nel merito, in via subordinata, accertare e dichiarare l'esposizione debitoria nella diversa somma che dovesse risultare in sede istruttoria e per l'effetto, condannare l'opponente al pagamento della minor somma, maggiorata dagli interessi legali dalla data del primo inadempimento, sino all'effettivo soddisfo. Con vittoria di spese, e di compensi di cui al presente giudizio.". Concessa la provvisoria esecutorietà del decreto ingiuntivo, all'esito dei termini assegnati ai sensi dell'art. 183 comma 6 c.p.c., ritenuta la causa matura per la decisione, all'udienza del 26.01.2024, sulle conclusioni rassegnate dalle parti, il giudizio veniva riservato per la decisione, previa concessione dei termini di cui all'art. 190 c.p.c. per il deposito di comparse conclusionali e memorie di replica. In via del tutto preliminare, appare destituita di fondamento l'eccezione di difetto di capacità processuale della società opposta. In tema di rappresentanza processuale delle persone giuridiche (società), la persona fisica che ha conferito la procura per le liti non è tenuto a dimostrare la propria qualifica se l'organo che ha attribuito il potere di rappresentanza legale deriva tale autorità dall'atto costitutivo o dallo statuto, poiché i terzi possono verificare tale potere consultando i documenti soggetti a pubblicità legale. Pertanto, spetta ai terzi dimostrare l'assenza di tale potere. Solamente quando il potere di rappresentanza deriva da un atto della persona giuridica non soggetto a pubblicità legale, chi agisce ha l'onere di provare l'esistenza di tale potere, purché la contestazione della relativa qualifica da parte della controparte sia tempestiva (si veda in tal senso, Cass. Sez. 5 -, Ordinanza n. 576 del 15/01/2021 "In tema di rappresentanza processuale, il principio per cui la persona fisica che riveste la qualità di organo della persona giuridica non ha l'onere di dimostrare tale veste, spettando invece alla parte che ne contesta la sussistenza l'onere di formulare tempestiva eccezione e fornire la relativa prova negativa, si applica anche al caso in cui la persona giuridica si sia costituita in giudizio per mezzo di persona diversa dal legale rappresentante, se tale potestà deriva dall'atto costitutivo o dallo statuto, mentre laddove il conferimento dei poteri rappresentativi del soggetto che si costituisce nel giudizio di cassazione sia avvenuto con procura notarile, questa deve essere depositata con il ricorso o il controricorso, a pena di inammissibilità"). Nel caso che qui ci occupa, dalla documentazione versata in atti emerge la qualità di rappresentanti sostanziali, in ordine al rapporto dedotto in giudizio, dei soggetti che hanno rilasciato la procura alle liti. Parte opposta ha infatti prodotto la visura camerale storica della Società, dalla quale emerge la qualità di amministratore delegato di (...) e di seguito di procuratore dell'impresa nonché della qualità di amministratore delegato e procuratore di (...) e (...) (...) Risultano poi prodotte in atti le procure alle liti, munite di certificazione notarile, rilasciate dai rappresentanti sostanziali della società opposta sia al procuratore della fase monitoria sia della fase di opposizione. Devono, peraltro, ritenersi inidonee le contestazioni circa la non conformità all'originale della documentazione prodotta dalla opposta in quanto priva specificazione del profilo contestato. In tal senso, si è espressa la giurisprudenza di legittimità affermando che la contestazione della conformità all'originale d'un documento prodotto in copia, insomma, è validamente compiuta ai sensi dell'art. 2719 c.c. quando si indichi espressamente in cosa la copia differisca dall'originale, ovvero quando si neghi l'esistenza stessa d'un originale. Limitarsi a dichiarare di "contestare" un documento senza nemmeno indicare cosa ci sia da contestare è un artificio che può trovar spazio nei manuali di retorica, non negli atti d'un processo, e chi lo adotta non potrà che imputare a sè medesimo le conseguenze derivanti dalla imperfetta contestazione (cfr. in motivazione Cass. 7775/2014). Sempre preliminarmente, va affermata la procedibilità della domanda monitoria non versandosi ad avviso del Tribunale, in una delle ipotesi per la quale è richiesto il previo esperimento del tentativo obbligatorio di conciliazione previsto dalla normativa in materia di telecomunicazioni, trattandosi di azione recuperatoria di un credito vantato dalla società di telecomunicazioni per prestazioni che non sono state oggetto di contestazione in termini di inadempimento. Invero, l'art 2 del Regolamento in materia di procedure di risoluzione delle controversie tra operatori di comunicazioni elettroniche ed utenti, approvato con delibera n. 173/07/CONS prevede: "Ai sensi dell'articolo 1, commi 11 e 12, della Legge, sono rimesse alla competenza dell'Autorità le controversie in materia di comunicazioni elettroniche tra utenti finali ed operatori, inerenti al mancato rispetto delle disposizioni relative al servizio universale ed ai diritti degli utenti finali stabilite dalle norme legislative, dalle delibere dell'Autorità, dalle condizioni contrattuali e dalle carte dei servizi. 2. Sono escluse dall'applicazione del presente Regolamento le controversie attinenti esclusivamente al recupero di crediti relativi alle prestazioni effettuate, qualora l'inadempimento non sia dipeso da contestazioni relative alle prestazioni medesime. In ogni caso, l'utente finale non è tenuto ad esperire il tentativo obbligatorio di conciliazione previsto dall'articolo 3 per formulare eccezioni, proporre domande riconvenzionali ovvero opposizione a norma degli articoli 645 c.p.c. e ss." Nel merito, l'opposizione è infondata e va rigettata per le ragioni che seguono. Come è noto, con l'opposizione si instaura un ordinario giudizio di merito che impone all'opposto (originario ricorrente) di fornire la prova piena del credito, mentre all'opponente spetta provare, successivamente, eventuali fatti impeditivi, modificativi o estintivi del credito. Irrilevanti sono, invece, le contestazioni relative alla regolarità del procedimento di emissione del decreto od alla idoneità della prova del credito fornita in sede sommaria. In tema di prova dell'inadempimento di una obbligazione, il creditore deve soltanto provare la fonte (negoziale o legale) del suo diritto ed il relativo termine di scadenza, limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell'inadempimento della controparte, mentre il debitore convenuto è gravato dell'onere della prova del fatto estintivo della altrui pretesa, costituito dall'avvenuto esatto adempimento (Cass. civ., Sez. Unite, 06/04/2006, n. 7996). Tale principio va, nondimeno, coordinato con altro dalla portata eminentemente generale, che si esprime nel noto brocardo onus probandi incumbit ei qui dicit consacrato nell'art. 2697 c.c.. Orbene, l'opposta ha assolto l'onere probatorio sulla stessa incombente mediante la documentazione prodotta vale a dire, i contratti di fornitura per i servizi Wind Business sottoscritti dall'opponente, nonché le singole fatture insolute relative a detta fornitura. Deve, pertanto, ritenersi dimostrato il rapporto di fornitura di servizi di telecomunicazioni tra la (...) e la (...) alla luce dei contratti prodotti in atti e della natura del credito. In materia di quantum dei consumi nei contratti di somministrazione va, ancora, ricordato che la Corte di cassazione ha -con massime consolidate- affermato, in conformità all'art. 2697 cc ed al principio della vicinanza della prova, che la bolletta è in linea di massima idonea a dimostrare l'entità dei consumi della somministrazione, in assenza di contestazioni da parte dell'utente mentre, in caso di contestazione dei consumi esposti nella bolletta, spetta alla somministrante provare il quantum della merce somministrata e, segnatamente, la corrispondenza tra quanto riportato in bolletta e quanto emergente dal contatore centrale (ex multis: Cass. civ., sez. 3, 2.12.2002, n. 17041; Cass. civ., sez. 3, 28.05.2004, n. 10313; Cass. civ. sez. 3, 16.06.2011, n. 13193). Appaiono invero del tutto generiche le contestazioni svolte dall'opponente la quale ha omesso di prendere tempestivamente specifica posizione sui fatti fondanti la pretesa avversaria e sui documenti prodotti dall'opposta, omettendo qualsivoglia successiva difesa a seguito della concessione della provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo, limitandosi a contestare i dati indicati nelle fatture solo in sede di memoria di replica. Tale condotta processuale vale dunque ad offrire un ulteriore finale elemento di conforto alla pretesa dell'opposta. Pertanto, rispetto agli univoci dati documentali prodotti dall'opposta, è mancata una contestazione circostanziata e puntuale da parte dell'opponente, la quale si è limitata a disconoscere genericamente il rapporto contrattuale e a richiamare le pronunce in tema di valore probatorio della fattura commerciale e sull'onere probatorio dell'opposta. In materia di prova civile, la generica deduzione di assenza di prova senza negazione del fatto storico non è equiparabile alla specifica contestazione di cui all'art. 115 c.p.c. Va ricordato che, ai sensi dell'art. 115 c.p.c., il giudice deve porre a fondamento della decisione i fatti non specificatamente contestati dalla parte costituita; di fronte ad un onere esplicitamente imposto dal dettato legislativo, l'assenza di contestazione specifica costituisce di per sé condotta incompatibile con la negazione delle avverse deduzioni, su cui perciò si configura una dispensa dall'onere probatorio. L'onere di specifica contestazione che deriva dall'art. 115 c.p.c., peraltro, va necessariamente assolto in maniera tempestiva, con la prima difesa utile. Infatti, dal momento che una contestazione specifica deve consistere nell'affermazione di circostanze di fatto contrarie ed incompatibili con le allegazioni avverse, essa non può essere avanzata oltre la prima memoria di cui all'art. 183 c.p.c., che rappresenta l'ultimo momento utile per porre elementi a sostegno delle pretese di parte. Consentire ad una parte di integrare il proprio onere di contestazione specifica soltanto in sede di comparsa conclusionale, piuttosto che con la prima difesa utile, rappresenterebbe una menomazione delle garanzie difensive della controparte e comunque si riverbererebbe fatalmente sulla ragionevole durata del processo, che rischierebbe di tornare logicamente alla fase istruttoria. Per queste ragioni, l'onere di contestazione specifica non può essere assolto mediante un'affermazione formulata per la prima volta in sede di comparsa conclusionale (cfr. sentt. Cass. nn. 16904/2018 e 5754/1981). In conclusione, alla luce delle considerazioni sopra esposte, l'opposizione va rigettata. Il rigetto dell'opposizione comporta la conferma del provvedimento monitorio opposto e la declaratoria di esecutività dello stesso, ai sensi del combinato disposto degli artt. 647, 653 e 654 del Codice di Procedura Civile. Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo, in ragione dei parametri di cui al D.M. n. 55 del 10 marzo 2014, come modificato dal DM 37/2018 in vigore dal 27.4.2018 e successive modifiche, discostandosi dai valori medi tenuto conto dell'attività effettivamente espletata. P.Q.M. IL TRIBUNALE DI NAPOLI NORD - II SEZIONE CIVILE -, definitivamente pronunziando nella controversia civile come innanzi promossa, disattesa ogni altra istanza ed eccezione, così provvede: - Rigetta l'opposizione; - conferma, per l'effetto, il predetto provvedimento monitorio e lo dichiara definitivamente esecutivo; - condanna l'opponente (...) in persona del legale rappresentante p.t. al pagamento delle spese di giudizio in favore della (...) in persona del legale rappresentante p.t., che liquida in complessivi euro 1278,00 per onorari, oltre rimborso spese generali nella misura del 15%, IVA e cpa come per legge. Aversa, lì 21 maggio 2024.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE DI NAPOLI SESTA SEZIONE CIVILE in composizione monocratica, in persona del Giudice, Salvatore Di Lonardo, ha pronunziato la seguente SENTENZA nella causa civile iscritta al n. 36103/2018 del ruolo generale degli affari contenziosi dell'anno 2018; avente ad OGGETTO: "impugnazione delibera assembleare condominiale"; vertente TRA (...) entrambi rappresentati e difensi dall'Avv. (...); E (...), in persona del proprio amministratore, ing. (...), rappresentato e difeso dall'Avv. (...); CONCLUSIONI Come in atti. RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE (...) premesso di essere proprietari dell'unità (...), hanno impugnato la delibera assunta in seconda convocazione dall'assemblea condomini ile in data 15.10.2018, limitatamente all'approvazione del progetto per l'installazione dell'impianto ascensore ed al conseguente affidamento dell'appalto alla ditta (...). Tale deliberato è stato approvato da venti condomini (su ventiquattro), per un totale di 833,64 millesimi, con voto contrario degli attori. Nel processo si è costituito il convenuto (...), il quale - con istanza reiterata nella propria comparsa conclusionale depositata il 5 dicembre 2023 - ha chiesto, in via pregiudiziale, di dichiarare "l'improcedibilità della domanda giudiziale per genericità ed indeterminatezza della domanda formulata con l'esperimento del tentativo obbligatorio di mediazione, per l'asimmetria e la diversa causa petendi tra dette domande". La questione è stata già decisa con ordinanza del 3 maggio 2019, nella quale si legge testualmente: "ritenuta infondata l'eccezione del Condominio convenuto relativa alla improcedibilità della domanda per l'asserita genericità ed asimmetria della stessa rispetto alla domanda oggetto dell'esperito tentativo obbligatorio di mediazione, in quanto, il verbale di chiusura della seconda procedura di mediazione, recante la data del 7.12.2018, indica espressamente l'oggetto della procedura de qua, "Impugnativa delibera assembleare", nonché le ragioni della pretesa, richiamando proprio il punto 1 dell'ODG relativo alla convocazione della assemblea condominiale del 15/10/2018, in cui si decideva e si votava a favore della installazione dell'impianto elevatore della quale discutono gli odierni attori, agendo in giudizio con la impugnazione della relativa delibera ("Impugnativa delibera assembleare del 15.10.2018 in quanto il punto 1 dell'odg che prevede l'installazione dell'ascensore viola le norme del c.c. e del regolamento condominiale che regolano la proprietà privata dei condomini"). Pur a prescindere dal valore sostanziale, di ordinanza o di sentenza, che si voglia riconoscere al suindicato provvedimento, lo stesso merita di essere qui integralmente condiviso, non avendo la parte, peraltro, prospettato argomentazioni che possano indurre a defletterne. Per ciò che concerne, invece, il merito del processo, il primo motivo di impugnazione attiene alla violazione degli artt. 3 e 17 del regolamento condominiale, i quali, però, non assumono nessuna rilevanza rispetto all'oggetto del deliberato: l'art. 3 si limita ad indicare le cose di proprietà comune; l'art. 17, invece, indica divieti del tutto estranei alla fattispecie in esame. In realtà, le disposizioni del regolamento condominiale sono richiamate perché gli attori ritengono violata la procedura prevista dall'art. 1117 ter c.c. Si legge in citazione: "Il (...) ha violato gli artt. 3 e 17 del predetto regolamento dove rispettivamente vengono individuate le parti comuni e posti i divieto al loro ingombro. Questo poiché l'art. 1117 ter c.c. al comma terzo prevede, a pena di nullità, che nella convocazione devono indicarsi le parti comuni oggetto dell'installazione ovvero del progetto esecutivo dell'impianto e la convocazione di tutti coloro che hanno diritti su quelle parti indivise". Ritiene questo Giudice che l'art. 1117 ter del codice civile è norma non applicabile nella fattispecie in esame; considerato, peraltro, che l'installazione dell'ascensore all'interno del (...), è opera favorita dal legislatore (arg. sulla base della legge n. 13/89). Nella piena consapevolezza delle difficoltà interpretative poste dalla summenzionata norma - in rapporto con la diversa disciplina dettata dal successivo art. 1120 per le innovazioni - deve ritenersi che, così come sostenutosi da una parte della dottrina, l'art. 1117 ter "riguarda particolari e complesse fattispecie condominiali di modifiche di destinazione d'uso che impongono, per soddisfare esigenze di interesse condominiale, all'assemblea di adottare delibere con un numero di voti che rappresenti i quattro quinti dei partecipanti al condominio e i quinti del valore dell'edificio. Ad un primo esame del nuovo art. 1117 ter si possono, quindi, configurare limitate ipotesi di applicazione (ad esempio, installazione di una piscina, di un campo di tennis o di calcio nell'area comune, modifica della destinazione pertinenziale dei locali adibiti ad alloggio del portiere, accorpamento di più edifici in un unico condominio). Non possono certamente farsi rientrare nella ipotesi di modificazione delle destinazioni d'uso da approvare con la maggioranza (quasi bulgara) dei quattro quinti le delibere di installazione ... di un ascensore...". Per vero, altra diversa opinione dottrinale individua in maniera precisa le differenze tra le "modifiche alla destinazione d'uso", di cui si occupa l'art. 1117 ter cit., e le "innovazioni tradizionali" disciplinate dall' art. 1120, le quali si distinguono, non solo per un aspetto formale (le differenti maggioranze prescritte), ma per il loro contenuto, "vale a dire per la possibilità di incidere sul godimento delle cose comune da parte dei singoli": "mentre le innovazioni tradizionali incontrano la barriera insuperabile della intangibilità del godimento da parte dei singoli, la circostanza che le modifiche alla destinazione d'uso possano privare dell'uso alcuni condomini si spiega con il contenuto di questi mutamenti, che non alterano la morfologia delle cose: vale a dire, che non alterano la struttura (materiale) di esse, ma afferiscono al solo godimento. L'ammissibilità delle modifiche alla destinazione d'uso, che rendono inservibili le parti comuni a taluni condomini, non raffigura una svista, o una contraddizione. Inserito nel sistema, il nuovo assetto si presenta come una scelta non irrazionale". La dottrina in esame, per meglio esplicitare il proprio pensiero, propone il seguente esempio: "la trasformazione del cortile in parcheggio per assegnare i posti auto ai condomini; oppure, con la stessa finalità, lo scavo del sottosuolo nel cortile per ricavare i box per le auto. Nel primo caso, la maggioranza qualificata può validamente deliberare, anche se la delibera rende impossibile l'uso di taluni condomini, perché i posti auto non risultano sufficienti, trattandosi di decisione che non incide sulla sostanza della cosa comune e che, pertanto, può essere rivista con diversa assegnazione dei posti auto, per sorteggio o con uso turnario. Nel secondo caso, invece, poiché l'entità materiale della res viene ad essere alterata in modo conclusivo, quando alcuni partecipanti vengono esclusi le innovazioni non possono essere approvate dalla maggioranza". All'evidenza, a prescindere dall'adesione all'uno o all'altro degli indirizzi suesposti, l'art. 1117 ter c.c. è norma estranea al caso in esame, rispetto al quale trova applicazione il regime delle innovazioni tradizionali e, pertanto, salvo quanto previsto con riferimento alle maggioranze contemplate dalla legge speciale, l'installazione di un ascensore a servizio di un edificio che in precedenza ne era sprovvisto deve essere astrattamente deliberata dall'assemblea con le maggioranze di cui agli artt. 1120, co. 1, e 1136, co. 5, c.c.; dunque, con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti ed almeno i due terzi del valore dell'edificio. Peraltro, si è evidenziato come alla stregua di una lettura costituzionalmente orientata e in applicazione sia del principio di solidarietà condominiale che della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità 13 dicembre 2006, ratificata con l. 3 marzo 2009 n. 18, la deliberazione di installazione di ascensore con una maggioranza inferiore a quella prescritta dall'art. 1120, comma 1, c.c. è valida anche in mancanza di specificazione del fine di eliminazione delle barriere architettoniche ai sensi dell'art. 2 l. n. 13 del 1989 e, altresì, in assenza di disabili nell'edificio, in quanto nella stessa è immanente la finalità legittima di consentire l'accesso ai portatori di handicap senza difficoltà in tutti gli edifici e non solo presso la propria abitazione, essendo ostativo non il mero disagio bensì solo l'inservibilità della cosa comune al godimento e uso anche di un solo condomino, intesa come concreta inutilizzabilità secondo la sua naturale fruibilità, con la salvaguardia comunque del decoro architettonico e la sicurezza da valutare, però, nella loro essenzialità ed incidenza negativa non minimale (Cass. 18334/2012). Vieppiù, trattandosi di impianto suscettibile di utilizzazione separata, lo stesso può essere attuato anche a cura e spese di uno o di taluni condomini soltanto (con i limiti di cui all'articolo 1102), salvo il diritto degli altri di partecipare in qualunque tempo ai vantaggi della innovazione, contribuente (...) settembre 2017 n. 2071). Ulteriore motivo di impugnazione attiene alla mancanza del quorum richiesto dall'art. 1120 del codice civile. Trattasi, però, di motivo inammissibile, in quanto così genericamente dedotto: "è bene precisare che venivano conteggiati nella votazione anche condomini non interessati all'installazione ed esclusi dalla relativa ripartizione della spesa per la quota di pagamento. In effetti, il totale dei millesimi a favore dell'installazione dell'ascensore e paganti sono 606,58 per quindici condòmini su ventiquattro, salvo errori ed omissioni. Ordunque, ai fini del quorum necessario per votare tale innovazione mancano i millesimi richiesti dall'art. 1120 c.c. relativo alle innovazioni". Tale affermazione non consente - in difetto di ulteriori precisazioni - di smentire il diverso quorum di 861,29/1000 indicato nella delibera. Infine, gli attori si dolgono della lesione che il progetto del nuovo ascensore arreca alla loro proprietà. Nello specifico, l'impianto di cui trattasi, così come deliberato dall'assemblea, deve essere realizzato all'esterno, sul prospetto Nord - Ovest, nel retro dell'edificio (...) sull'area attualmente adibita a giardino, come meglio si evince dalla foto che segue. (...) e (...) denunciano la violazione delle distanze, in ragione della contiguità dell'ascensore alla finestra della loro cucina, e si lamentano della conseguente perdita di luce che ne seguirebbe, laddove venisse realizzato l'impianto, oltre che delle inevitabili immissisioni rumorose. Peraltro, considerato il punto di primo imbarco dell'ascensore, gli attori lamentano la violazione della loro privacy "il vano ascensore sarebbe prospeciente alla finestra dell'appartamento e, dunque, condomini e visitatori, nell'uso dell'ascensore, potrebbero guardare direttamente all'interno della abitazione, determinando un'invasione della privacy della famiglia (...) e condizionando così la libera vivibilità della loro quotidianità domestica". Infine, si legge in citazione che "i sigg. (...) ..., vedrebbero decrescere il valore economico del loro appartamento a causa dell'installazione dell'ascensore, oltre che per immissioni di rumori, vibrazioni, cattivi odori, problematiche termiche e onde elettromagnetiche, anche per il fatto che la loro proprietà è sita al pianterreno dello stabile". In alternativa, (...) e (...) hanno proposto una diversa collocazione dell'ascensore, sul lato Sud -Est del fabbricato, ove si trova l'ingresso della scala I. Rispetto a tali specifiche doglianze è stato nominato un CTU, al quale, tra gli altri accertamenti, è stato dato l'incarico di "verificare se il progetto alternativo prospettato dagli attori rappresenti valida alternativa sotto tutti i punti di vista anche in merito alle doglianze articolate rispetto al progetto del condominio". Sul punto, l'odierno giudicante ritiene di dover condividere quanto affermato dal (...): non è consentito in tal sede sindacare il merito della scelta tra l'uno o l'altro progetto, potendosi solo verificare la legittimità della volontà assembleare; per il che deve senz'altro escludersi che sia ravvisabile il vizio di eccesso di potere denunciato in citazione. Venendo all'impianto ascensore deliberato dall'assemblea, il CTU ha accertato che: - a) "la distanza tra la parete esterna della cabina ascensore e il filo esterno parete del vano finestra dell'ambiente cucina asservito all'appartamento posto al piano ammezzato di proprietà (...) è pari a ml = 2,92"; - b) "l'impianto ascensore previsto, del tipo panoramico con castelletto metallico e pannellature in cristallo di sicurezza trasparente, produce una minore luminosità sull'apertura del vano finestra "fi" dell'ambiente cucina asservito all'appartamento dei ricorrenti come segue: Sulla finestra "fi" la proiezione dell'impianto elevatore su tale vano incide per una larghezza pari a ml = 0,30 e, considerando la larghezza di apertura del vano, pari a ml 1,30, si ha una luminosità ridotta pari al 23%". Infine, il CTU ha verificato che l'impianto non rispetta le condizioni di accessibilità e di imbarco diretto per i disabili previste dalla legge 13/89. Orbene, poiché il nuovo ascensore deve essere realizzato all'esterno del fabbricato, con una struttura avente una propria consistenza, lo stesso non può essere considerato - come vorrebbe parte convenuta - un "volume tecnico" sottratto al rispetto delle distanze legali (si veda, Cass. 34461/2023, che ha ritenuto di dover correggere la motivazione della decisione impugnata ex art. 384 c.p.c., u.c., in quanto il dispositivo adottato era giustificato non in ragione della qualificazione dell'ascensore e della sua struttura prefabbricata di metallo e vetro come volume tecnico, ma in base alla normativa in tema di abbattimento delle barriere architettoniche). Conseguentemente, alla luce delle verifiche compiute dal CTU, può dirsi accertato che l'ascensore oggetto del deliberato assembleare, in quanto collocato a distanza inferiore a tre metri rispetto alla finestra del vano cucina degli attori, viola l'art. 907 c.c., quale norma applicabile anche nei rapporti tra condomini di un edificio (Cass. n. 10563 del 2001 e Cass. n. 23023 del 2000). Né, tale violazione può dirsi giustificata dalla normativa in materia di abbattimento delle barriere architettoniche, non risultando rispettate le relative condizioni di legge (non rilevano, rispetto alla decisione da assumere in questa sede, le eventuali conseguenze derivanti dagli incentivi del superbonus di cui fa menzione il convenuto nei propri atti difensivi). Orbene, non essendo l'impianto ascensore destinato all'abbattimento delle barriere architettoniche, la violazione della distanza prevista dall'art. 907 c.c. determina l'illegittimità della delibera assembleare, posto che se non possono essere lesi da delibere dell'assemblea condominiale, adottate a maggioranza, i diritti dei condomini attinenti alle cose comuni, a maggior ragione non possono essere lesi, da delibere non adottate all'unanimità, i diritti di ciascun condomino sulla porzione di proprietà esclusiva, indipendentemente da qualsiasi considerazione di eventuali utilità compensative. Né l'ascensore può essere considerato impianto indispensabile per un'effettiva abitabilità dell'appartamento, non avendo la medesima funzione degli impianti di luce, acqua, riscaldamento e similari, rispetto ai quali pure si ammette - in determinati limiti - la possibilità di derogare alla normativa sulle distanze. La delibera assembleare deve, per tale ragione, essere dichiarata nulla. In considerazione del fatto che non tutti i motivi di impugnazione si sono rivelati fondati, le spese di lite, ivi comprese quelle afferenti alla doppia fase cautelare, possono essere parzialmente compensate tra le parti. La compensazione va disposta nella misura del 30%, anche con riguardo all'espletata CTU, il cui costo risulta interamente anticipato in via provvisoria dagli attori nella misura di euro 3.924,63. Tra le spese di lite da liquidarsi in tal sede rientrano certamente quelle afferenti alla fase cautelare della sospensione della delibera (da determinare tenendo conto del risultato complessivo della causa, indipendentemente dalle ragioni specifiche del subprocedimento), ma non possono considerarsi quelle relative alla mediazione svoltasi con riguardo ad altra e diversa delibera assembleare. Devono essere riconosciute, invece, le spese inerenti alla seconda procedura di mediazione, recante la data del 7.12.2018, strumentalmente collegata al presente giudizio. P.Q.M. Il Tribunale di Napoli, in composizione monocratica, in persona del Giudice, Salvatore Di Lonardo, definitivamente pronunciando, ogni contraria istanza ed eccezione disattesa, così provvede: - a) dichiara la nullità della delibera impugnata; - b) compensa per il 30% le spese di lite e pone il rimanente 70% a carico del convenuto, (...), che in tal parte liquida nella misura di euro 3.215,96 per esborsi (ivi comprese le spese di CTU) ed euro 7.700,00 per compenso professionale (di cui: euro 4.900,00 per il giudizio di merito; euro 1.050,00 per la fase di mediazione; euro 1.750,00 per la fase cautelare), oltre rimborso spese generali (15%), IVA e CPA come per legge. Così deciso il 23 maggio 2024.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale di Napoli Nord, Prima Sezione Civile, in persona del giudice unico Fulvio Mastro, ha pronunziato la seguente SENTENZA nella causa civile n. 7466/2022 R.G. avente ad oggetto: "usucapione", vertente TRA (...) rappresentati e difesi dagli avv.ti Fa.Ro. e Lu.Co., presso il cui studio elett.mente domiciliano in Aversa, alla (...) ; ATTORI E (...), in persona del l.r.p.t., rappresentato e difeso dall'avv. Do.Pi., presso il cui studio elett.mente domicilia in Aversa, alla (...) CONVENUTO RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE letti gli atti del procedimento in epigrafe indicato; considerato che la presente domanda, avente ad oggetto "usucapione", è soggetta alla procedura della mediazione obbligatoria, prevista quale condizione di procedibilità (cfr. art. 5 D.Lgs. n. 28/2010); considerato che secondo il più recente orientamento della Corte di Cassazione, che lo scrivente ritiene di seguire, nel procedimento di mediazione obbligatoria disciplinato dal D.Lgs. n. 28 del 2010, quale condizione di procedibilità per le controversie nelle materie indicate dall'art. 5, comma 1bis, del medesimo decreto, è necessaria la comparizione personale delle parti, assistite dal difensore, pur potendo le stesse farsi sostituire da un loro rappresentante sostanziale, dotato di apposita procura speciale sostanziale, in ipotesi coincidente con lo stesso difensore che le assiste; ai fini della realizzazione della condizione di procedibilità, la parte non può evitare di presentarsi davanti al mediatore, inviando soltanto il proprio avvocato, ma, allo scopo di validamente delegare un terzo alla partecipazione alle attività di mediazione, la parte deve conferirgli tale potere mediante una procura avente lo specifico oggetto della partecipazione alla mediazione e il conferimento del potere di disporre dei diritti sostanziali che ne sono oggetto; ne consegue che, sebbene la parte possa farsi sostituire dal difensore nel partecipare al procedimento di mediazione, non può conferire tale potere con la procura conferita al difensore e da questi autenticata, benché possa conferirgli con essa ogni più ampio potere processuale; per questo motivo, se sceglie di farsi sostituire dal difensore, la procura speciale rilasciata allo scopo non può essere autenticata dal difensore, perché il conferimento del potere di partecipare in sua sostituzione alla mediazione non fa parte dei possibili contenuti della procura alle liti autenticabili direttamente dal difensore; perciò, la parte che non voglia o non possa partecipare personalmente alla mediazione può farsi liberamente sostituire, da chiunque e quindi anche dal proprio difensore, ma deve rilasciare a questo scopo una procura sostanziale che non rientra nei poteri di autentica dell'avvocato neppure se il potere è conferito allo stesso professionista (cfr. Cass. n. 8473/2019); in questi termini, la Corte d'Appello di Napoli ha chiarito che il procedimento di mediazione obbligatoria ex D.Lgs. n. 28/2010 ha natura personalissima, con la conseguenza che esso esige la presenza personale della parte, ovvero la presenza di un rappresentante munito di procura speciale; all'uopo, le parti possono conferire procura speciale ad altri soggetti per farsi rappresentare nel procedimento di mediazione, a condizione che sia espressamente conferito loro il potere di parteciparvi; il rappresentato, quindi -trattandosi di rappresentanza avente natura negoziale e non processuale - deve conferire adeguata procura ad negotia che autorizzi il rappresentante ad agire in nome e per conto, con chiara specificazione dei poteri e dei limiti e solo la procura notarile speciale, redatta per il singolo affare, è idonea a fornire le indispensabili garanzie sulla sua utilizzabilità nei riguardi di terzi; la mediazione, infatti, non può considerarsi ritualmente esperita neppure con la semplice partecipazione del legale, ancorché munito di procura speciale per la partecipazione alla mediazione (sentenza n. 3227 del 29.9.2020); considerato che, nel caso di specie, come emerge dai verbali prodotti in atti, è comparsa personalmente in sede di mediazione soltanto la parte Parte_l privo della procura nei termini di cui prima si è detto; ritenuto alla luce delle suesposte ragioni che la domanda va dichiarata improcedibile, per mancato effettivo e rituale esperimento del tentativo obbligatorio di mediazione; ritenuto che le spese di lite, attesa la novità della questione trattata e l'esito del giudizio in mero rito, possono integralmente compensarsi tra le parti; P.Q.M. - dichiara improcedibile la domanda; - compensa integralmente tra le parti le spese di lite. Così deciso in Aversa, 6 maggio 2024.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale di Napoli VI Sezione Civile, in persona del Giudice Unico Dott. Giovanni Giordano, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile iscritta al n.ro di R.G. 9938/2019 avente ad oggetto impugnativa delibera assemblea condominiale TRA Parte_1, res.te in Torre del Greco (NA) al lndirizzo_1 Cod. Fisc. C.F._1 elett.te dom.ta in Napoli alla (...) Indirizzo_2 presso lo studio dell'Avv. Cl.Fa. dal quale è rapp.ta e difesa per procura a margine dell'atto introduttivo del giudizio -ATTRICE - E Controparte_1 in persona dell'amministratore p.t., Cod. Fisc. P.IVA_1 elett.te dom.to in Caserta alla lndirizzo_3 presso lo studio dell'Avv. Fr.D. dal quale è rapp.to e difeso per procura in calce alla comparsa di costituzione e risposta - CONVENUTO - Conclusioni: come da verbale del 27.10.2023. RAGIONI IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA DECISIONE Si richiamano gli atti delle parti ed i verbali di causa per quanto riguarda lo svolgimento del processo, in ossequio al disposto di cui all'art. 132 cpc.. Con atto di citazione ritualmente notificato Parte_1, dichiarandosi condomina nell'edificio in CP_1 al lndirizzo_4 dell'appartamento sito al piano secondo, conveniva in giudizio esso CP_1 al fine di sentir dichiarare la nullità, inefficacia, inopponibilità e/o l'annullabilità delle deliberazioni assunte sui capi 1) e 2) dell'O. d. G. dall'assemblea dei condomini tenutasi nella seduta del 05.02.2019, con vittoria di spese. Lamentava, essa attrice, con il primo motivo d'impugnazione, la violazione e falsa applicazione degli artt. 1130 e 1130 bis c.c. essendo il rendiconto condominiale, tanto quello consuntivo per la gestione 2018 che quello preventivo per la gestione 2019, privi del registro di contabilità, non redatti in applicazione del criterio di cassa e non tenendo conto delle spese straordinarie sostenute; con il secondo motivo, lamentava la violazione dell'art. 1135, comma 1, n. 4 c.c. per non essere state riportate nella rendicontazione le voci relative a lavori di ristrutturazione straordinaria con la costituzione del relativo fondo speciale e riparto delle quote poste all'incasso o già incassate; con il terzo motivo, lamentava, infine, la partecipazione all'assemblea di soggetto non legittimato. Instauratosi il contraddittorio, si costituiva in giudizio il CP_1 il quale impugnava e contestava, punto per punto, tutto quanto ex adverso dedotto, prodotto ed eccepito, sia in fatto che in diritto, concludendo per il rigetto della domanda in quanto inammissibile ed infondata nel merito. Espletata la procedura di mediazione, su invito d'ufficio, con esito negativo, venivano concessi i termini ex art. 183 VI comma cpc, all'esito dei quali, ritenuta la causa matura per la decisione, veniva fissata udienza per le conclusioni, precisate le quali la causa veniva trattenuta in decisione con la concessione dei termini ex art. 190 cpc. Giova premettere che l'attrice ha chiesto dichiararsi nulla e/o annullare la delibera adottata nell'assemblea del 05.02 2019 sicchè s'impone la qualificazione della domanda, se di nullità e/o di annullabilità. Ebbene, secondo consolidato orientamento giurisprudenziale "in tema di condominio degli edifici, l'azione di annullamento delle delibere assembleari costituisce la regola generale, ai sensi dell'art. 1137 c.c. come modificato dall'art. 15 della l. n. 220 del 2012, mentre la categoria della nullità ha un'estensione residuale ed è rinvenibile nelle seguenti ipotesi: mancanza originaria degli elementi costitutivi essenziali, impossibilità dell'oggetto in senso materiale o giuridico - quest'ultima da valutarsi in relazione al "difetto assoluto di attribuzioni" -, contenuto illecito, ossia contrario a "norme imperative" o all"'ordine pubblico" o al "buon costume". Pertanto, sono nulle le deliberazioni con le quali, a maggioranza, siano stabiliti o modificati i generali criteri di ripartizione delle spese previste dalla legge o dalla convenzione, da valere per il futuro, trattandosi di materia che esula dalle attribuzioni dell'assemblea previste dall'art. 1135, nn.2) e 3), mentre sono meramente annullabili le deliberazioni aventi ad oggetto la ripartizione in concreto tra i condomini delle spese relative alla gestione delle parti e dei servizi comuni adottate in violazione dei criteri generali previsti dalla legge o dalla convenzione stessi, trattandosi di deliberazioni assunte nell'esercizio di dette attribuzioni assembleari, cosicché la relativa impugnazione va proposta nel termine di decadenza previsto dall'art. 1137, comma 2 c.c." (Cass. S. U. 9839/2021; Cass. S. U. 4806/2005). Inoltre, rispetto all'azione di annullamento, è costante l'orientamento secondo cui "In tema di impugnazione di delibere condominiali annullabili, la legittimazione ad agire spetta al condomino che sia stato assente all'assemblea nel corso della quale la delibera contestata è stata assunta o che, se presente, abbia espresso in merito il suo dissenso o si sia astenuto, ricadendo sullo stesso l'onere di provare tali circostanze. Il difetto di detta legittimazione può, invece, essere rilevato d'ufficio dal giudice ed il relativo accertamento non è soggetto a preclusioni, non potendosi accordare la facoltà di opporre la menzionata delibera a chi non ne abbia titolo." (Cass. Civ. 5611/2019; Cass. Civ. 5889/2001). Nel caso de quo, essendo stati prospettati dall'attrice solo vizi relativi alla redazione dei rendiconti consuntivo e preventivo nonché di regolare costituzione dell'assemblea, questi vanno inquadrati nell'ambito dei motivi di annullamento della delibera. Inoltre, incontestata è la qualità di condomina dell'attrice come risulta per tabulas la sua assenza dall'assemblea nel corso della quale veniva assunta la delibera de qua. Ne consegue, che deve riconoscersi in capo all'attrice la legittimazione a promuovere l'azione di annullamento della delibera in esame. La domanda, inoltre, è senz'altro ammissibile risultando l'atto introduttivo notificato al convenuto CP_1 in data 22.03.2019, ovvero entro il termine decadenziale di 30 giorni dalla comunicazione della delibera medesima - comunicazione avvenuta a mezzo racc.ta e ricevuta in data 23.02.2019 -, ex art. 1137 c.c., inoltre essa è, altresì, procedibile per l'esperita procedura di mediazione obbligatoria in corso di causa. Passando, quindi, all'esame del merito, va rilevato che solo i primi due motivi di impugnazione sono fondati e meritano accoglimento. Con i primi due motivi di impugnazione, che questo giudice ritiene possano essere esaminati congiuntamente, l'attrice lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 1130 e 1130 bis nonché dell'art. 1135 c.c. n.4, essendo il rendiconto condominiale, tanto quello consuntivo per la gestione 2018 che quello preventivo per la gestione 2019, privi del registro di contabilità, non redatti in applicazione del criterio di cassa e per non essere state riportate nella rendicontazione le voci relative ai lavori di ristrutturazione straordinaria con la costituzione del relativo fondo speciale e riparto delle quote poste all'incasso o già incassate. Giova premettere, in termini generali, che fra gli obblighi principali dall'amministratore di condominio, il quale ricopre un ufficio di diritto privato assimilabile al mandato con rappresentanza, vi è quello di rendiconto di cui all'art. 1713 c.c.. Il rendiconto rappresenta il fulcro della gestione condominiale e risponde all'esigenza di porre i condomini in grado di sapere come effettivamente è stato speso il denaro da loro versato. Nella redazione del rendiconto, quindi, devono essere rispettate delle regole minime e necessarie di chiarezza ed intellegibilità. Se è pur vero, infatti, che non è necessario, ai fini della validità dell'approvazione del rendiconto, che le singole voci di entrate e di spesa, con relativa ripartizione, siano trascritte nel verbale di assemblea, tuttavia, affinchè possa ritenersi valida la delibera di approvazione di un rendiconto, è necessario che la relativa contabilità sia idonea a rendere intellegibili e chiare ai condomini le voci di entrata e di spesa, con le quote di ripartizione (Cass. Civ. 3892/2017). Per rendere intellegibile il rendiconto, quindi, occorre che sia tenuta una contabilità regolare, nella quale siano registrate cronologicamente le operazioni riguardanti la vita del condominio, con possibilità di verifica dei documenti e della giustificazione delle entrate e delle uscite della gestione condominiale (Cass. Civ. 3892/2017). La mancanza di registrazione contabile cronologica delle operazioni poste in essere, le quali conferiscono certezza e chiarezza al bilancio, così come la presenza di elementi che ne inficiano la veridicità, quali l'omissione o l'alterazione dei dati, determina l'illegittimità del bilancio e, conseguentemente, della delibera che l'abbia approvato. L'art. 1130 bis c.c., introdotto con la riforma attuata con la legge 220/2012, in vigore dal 18.06.2013, impone che il rendiconto condominiale sia composto da tre distinti documenti: il registro di contabilità, avente le caratteristiche proprie di un libro giornale e recante la menzione delle singole movimentazioni periodiche, incassi e pagamenti, in ordine cronologico; il riepilogo finanziario, avente le caratteristiche di uno stato patrimoniale, comprensivo delle poste attive e passive del patrimonio condominiale, ovvero in cui siano indicati i crediti ed i debiti verso condomini o fornitori, eventuali fondi/riserve, disponibilità in banca o presso gli uffici postali, integrato di un conto finanziario in cui indicare i valori relativi alla cassa iniziale e alle entrate da un lato e le spese e la cassa finale dal lato opposto; infine, la nota sintetica esplicativa della gestione con indicazione anche dei rapporti in corso e delle questioni pendenti. Secondo quanto stabilito dalla Cassazione con ordinanza n. 33038 del 20.12.2018, nel caso in cui il rendiconto sia privo del registro di contabilità, del riepilogo finanziario e della nota sintetica esplicativa, la collegata delibera di approvazione può essere oggetto di annullamento. Il Tribunale di Roma, con provvedimento del 02.10.2017, pienamente condiviso anche da questo giudice, ha avuto modo di affermare che, il rendiconto predisposto dall'amministratore risponde all'esigenza di porre i condomini in grado di sapere come sono stati spesi i soldi versati. Pertanto, pur non necessitando l'adozione di forme rigorose posto che non trovano applicazione nella materia condominiale le norme prescritte per i bilanci delle società è necessario che il rendiconto rifletta in maniera intellegibile la situazione contabile per raggiungere lo scopo di informazione al quale è preposto, contenendo una serie di riferimenti che sono necessari e/o opportuni quali: l'esposizione del conto corrente condominiale, la redazione di una situazione patrimoniale del condominio con l'indicazione degli eventuali residui attivi e passivi, l'elencazione di fondi di riserva obbligatori (ad esempio accantonamento per il fondo trattamento fine rapporto portiere) o deliberati dell'assemblea per motivi particolari (ad esempio fondo di cassa straordinario). Inoltre, l'amministratore dovrà, sempre indicare un elenco delle spese sostenute diviso per categorie secondo il criterio di ripartizione (come spese generali, acqua, riscaldamento ecc.), l'elenco delle quote incassate ed il piano di riparto che indichi per ogni condomino ed ogni categoria di spesa, il criterio di riparto e la quota a suo carico. La giurisprudenza di legittimità, infine, nell'interpretare l'art. 1130 bis c.c., dopo iniziali pronunce dove, nella redazione dei bilanci condominiali, non ha affermato in termini inequivoci l'obbligatorietà del principio di cassa, è giunta, tuttavia, ad affermare, ad essa conformandosi la prevalente giurisprudenza di merito, che il conto consuntivo della gestione condominiale non deve essere strutturato in base al principio della competenza, bensì a quello di cassa; l'inserimento della spesa va, pertanto, annotato in base alla data dell'effettivo pagamento, così come l'inserimento dell'entrata va annotato in base alla data dell'effettiva corresponsione. La mancata applicazione del criterio di cassa non rende intelligibile il bilancio e riscontrabili le voci di entrata e di spesa e le quote spettanti a ciascun condomino (Cass. Civ. 27639/2018). Solo per completezza espositiva, va rilevato, tuttavia, che in mancanza di un espresso divieto di utilizzazione del criterio di competenza, non è, in linea di principio, illegittima la sua utilizzazione per la redazione del rendiconto condominiale, a condizione che sia resa chiara ai condomini la conoscenza dell'esatta situazione patrimoniale del CP_1 e che nella nota sintetica esplicativa siano chiarite le apparenti discrasie correlate all'utilizzo del detto principio. Ove tali chiarimenti non siano resi, viene leso il diritto di informazione di ciascun condomino ed il vizio di formazione della volontà assembleare, che può essere fatto valere da ciascun condomino, rende annullabile la delibera adottata. Nel caso di specie, i rendiconti - ovvero il consuntivo di gestione 2018 come il preventivo di gestione 2019 - approvati dal convenuto CP_1 non sono conformi al disposto di cui all'art. 1130 bis, comma 1 c.c. difettando l'allegazione del registro di contabilità e della nota esplicativa, quali documenti necessari per la validità della deliberazione, riducendosi ad una mera elencazione di somme che non consente alcuna verifica dell'operato dell'amministratore. Inoltre, essi riportano voci prive di informazioni e riscontro di date e pagamenti, non consentendo di ricostruire i movimenti finanziari ed effettuare il controllo della disponibilità di cassa al termine dell'esercizio. Infine, il bilancio consuntivo esclude, di fatto, tutta la gestione delle spese relative alla manutenzione straordinaria del fabbricato, allo stato dei lavori, a quello dei pagamenti, dell'emissione delle quote, di quelle riscosse e di quelle ancora da riscuotere, nonchè, infine, della costituzione del fondo speciale, sebbene proprio il capo 1) dell'O. d. G. impugnato avesse ad oggetto l'approvazione anche del rendiconto della gestione contabile 2018 straordinaria. Il registro di contabilità e la nota esplicativa costituiscono componenti essenziali del rendiconto, perseguendo lo scopo di soddisfare l'interesse del condomino ad una conoscenza concreta dei reali elementi contabili recati dal bilancio, in modo da dissipare le insufficienze, le incertezze e le carenze di chiarezza in ordine ai dati del conto e consentire, così, in assemblea l'espressione di un voto cosciente e meditato. In altri termini, il registro di contabilità e la nota esplicativa costituiscono parti inscindibile del rendiconto, in quanto finalizzati ad una comprensione immediata della situazione patrimoniale ai fini della discussione e della partecipazione consapevole e tale inscindibilità non rappresenta un mero formalismo, quanto piuttosto un diritto dei condomini ad avere una gestione ispirata a criteri di trasparenza e, quindi, immediatamente verificabile anche da coloro che non abbiano capacità e conoscenza proprie degli addetti ai lavori. La mancanza di tali documenti, dunque, comporta l'annullabilità della deliberazione assembleare di approvazione. Con il terzo ed ultimo motivo d'impugnazione, l'attrice lamenta la partecipazione in assemblea di soggetto non legittimato tal Controparte_2 che, a suo dire, già nel lontano anno 2003 aveva alienato a tali (...) CP_3 e CP_4, la propria unità immobiliare facente parte del CP_1 convenuto, con la conseguenza che la delibera sarebbe nulla o annullabile non solo perché assunta con il voto del medesimo (...) CP_2 ma anche per la mancata convocazione degli effettivi condomini. E' appena il caso di osservare, in merito, che dall'esame del verbale di assemblea impugnato, contrariamente a quanto dall'attrice asserito, non risulta la partecipazione di Controparte_2 né che la delibera sia stata assunta con il suo voto favorevole sicchè si pone, invero, il solo problema, ai fini della validità della delibera assunta, della paventata mancata convocazione di tutti i condomini. E' noto l'orientamento giurisprudenziale, cui questo giudice aderisce, secondo cui a seguito della riforma che ritiene il deliberato annullabile in caso di omessa, tradiva o incompleta convocazione su istanza dei dissenzienti o degli assenti perché non ritualmente convocati, tale vizio possa essere eccepito solo da coloro nei confronti dei quali il vizio si è effettivamente verificato con conseguente carenza d'interesse, nella vicenda de qua, di sollevare una tale eccezione da parte dell'attrice trattandosi di vizio che non lo riguarda direttamente. Tale motivo d'impugnazione, quindi, non può trovare accoglimento. Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate, come da dispositivo, in applicazione dei valori minimi dello scaglione di cui al D.M. di riferimento in considerazione della non complessità della vicenda. P.Q.M. il Tribunale di Napoli VI Sezione Civile, in composizione monocratica, reietta ogni contraria istanza ed eccezione, definitivamente pronunciando così provvede: 1) Accoglie la domanda e, per l'effetto, annulla la delibera assembleare del 05.02.2019 relativamente ai capi 1) e 2) dell'O. d. G.. 2) Condanna il Controparte_5 in CP_1 in persona dell'Amministratore p.t., al pagamento in favore dell'attrice delle spese di giudizio che si liquidano in Euro 550,00 per spese ed Euro 3.800,00 per competenze professionali oltre Spese Generali, IVA e CPA come per legge e se dovute. Così deciso in Napoli il 10 maggio 2024.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE DI NAPOLI SESTA SEZIONE CIVILE in composizione monocratica, in persona del Giudice, Salvatore Di Lonardo, ha pronunziato la seguente SENTENZA nella causa civile iscritta al n. 7828/2021 del ruolo generale degli affari contenziosi dell'anno 2021, avente ad OGGETTO: "impugnazione delibera assembleare condominiale", e vertente TRA (...), nato (...), COD. FISC. (...) rappresentato e difeso dall'Avv. (...); E (...) (...) in Napoli, COD. FISC. (...), in persona dell'amministratore, dott. (...) (C.F. (...)), rappresentato e difeso dall'Avv. (...); CONCLUSIONI Come da processo verbale del 16 maggio 2023. RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE (...), premessa la propria qualità di partecipante al Condominio (...). Fabbricato B-C via (...) in Napoli, ha impugnato la delibera assunta dall'assemblea condominiale in data 17 febbraio 2021 in riferimento al punto 5 dell'ordine del giorno, così formulato: "informativa in merito alla gestione dell'area antistante l'edificio adibita al parcheggio dei veicoli, con individuazione delle aree da inibire alla sosta per consentire il libero transito pedonale e veicolare verso le scale dell'edificio e le proprietà private aventi diritto, tenuto conto di quanto previsto a tale proposito dal Regolamento di Condominio e di quanto deliberato in sede assembleare. Direttive dell'assemblea e delibere conseguenziali". Parte attrice, in riferimento a tale specifico ordine del giorno, lamenta l'illegittimità della delibera assembleare nella parte in cui è stato conferito mandato all'Amministratore di far spostare il vaso in cemento collocato da (...), conduttore dell'appartamento dello stesso (...) , in corrispondenza della curva che porta al cortile antistante agli ingressi delle due scale dell'edificio: "L'Assemblea preso atto dell'intervento del sig. (...) e di quanto relazionato... delibera a maggioranza... di conferire mandato all'Amministratore di far spostare il vaso con pianta illegittimamente apposto dal sig. (...)" (così a pag. 20 del verbale assembleare). Tale deliberato è considerato illegittimo dall'impugnante in quanto è stato assunto senza il previo inserimento nell'ordine del giorno, oltre che "in eccesso di potere e in carenza di legittimazione", giacché il vaso di cui trattasi sarebbe stato apposto su di un'area non ricompresa nelle parti comune del Fabbricato, ma dell'intero parco. Infine, l'attore eccepisce l'annullabilità della delibera "per non avere deciso sull'argomento effettivamente riportato al punto 5 dell'ordine del giorno". Si è costituito il (...), il quale ha contestato in fatto ed in diritto l'avversa domanda, previamente eccependo il difetto di legittimazione attiva, essendo l'attore nudo proprietario del bene in condominio. Tale eccezione (peraltro, successivamente rinunciata) è infondata, alla luce della documentata rinuncia dell'usufruttuario al proprio diritto. Per ciò che concerne, invece, il primo motivo di impugnazione ("omessa indicazione dell'argomento trattato in assemblea nell'ordine del giorno"), deve darsi atto che (...) era presente in assemblea per il tramite del proprio delegato, (...), il quale nessuna contestazione ha svolto laddove l'assemblea, trattando il quinto punto all'ordine del giorno, ha introdotto la questione del vaso collocato da (...). Su tale questione, anzi, il delegato dell'odierno impugnante ha accettato la discussione facendo "presente che il Regolamento di Condominio vieta la sosta delle auto nel cortile (art. 21) e che trattandosi di un regolamento contrattuale non può essere modificato". Ne segue l'inammissibilità del motivo di impugnazione di cui trattasi, in quanto "l'omessa indicazione di un argomento, poi deliberato, nell'ordine del giorno di un'assemblea condominiale non può essere rilevata dal condomino dissenziente nel merito, se non ha preliminarmente eccepito in quella sede l'irregolarità della convocazione" (Cass. 19/11/2009, n. 24456. Nello stesso senso, Cass. 18503/2020: "il condomino, partecipando all'assemblea senza far valere invalidità poste a protezione del suo interesse ad una consapevole partecipazione alla delibera, dimostra con un comportamento univoco che l'inosservanza della disciplina legislativa non ha inciso su tale interesse e, in definitiva, presta acquiescenza"). In ogni caso, poiché l'ordine del giorno riguardava la gestione dell'area antistante all'edificio adibita al parcheggio dei veicoli, la disposta rimozione del vaso collocato proprio su quell'area era un argomento del tutto pertinente al tema in discussione e, come tale, non esigeva una specifica indicazione ai fini della validità della deliberazione. Parimenti inammissibile il secondo motivo di impugnazione. Si legge in citazione: "La delibera impugnata deve parimenti ritenersi annullabile, alla luce di quanto sopra esposto, per non avere deciso sull'argomento effettivamente riportato al punto 5 dell'ordine del giorno incontrovertibile che la violazione dell'ordine del giorno importa l'annullabilità del deliberato sia in un senso che nell'altro, sia che l'assemblea decida su argomenti non inclusi sia che ometta di statuire su temi inseriti all'ordine del giorno". Dunque, parte attrice si duole del fatto che l'assemblea abbia omesso di adottare un deliberato in ordine al punto 5 dell'ordine del giorno: "Ebbene su tale punto, pur inserito all'ordine del giorno, l'assemblea non ha deliberato, lasciando insoluta ogni questione relativa all'uso ed abuso dell'area adibita a parcheggio e limitandosi a rilevare che "nessuna ulteriore decisione formale è stata assunta in merito, per cui allo stato fa fede la delibera del 02/04/2012".Quest'ultima delibera, tuttavia, non ha alcun valore decisorio.." (pag. 7 della citazione). Ebbene, non essendovi una deliberazione assembleare, nessuna impugnazione è consentita, non potendo ritenersi illegittimo ciò che non è stato deciso. È sì vero che sono impugnabili le delibere aventi contenuto negativo, ma tali sono quelle che respingono specifiche proposte (non ravvisabili nel caso di specie) e non già quelle prive di contenuto. Né tantomeno sarebbe consentito, mediante l'azione di impugnazione, costringere l'assemblea ad adottare i provvedimenti necessari per regolamentare l'uso dell'area adibita a parcheggio; per il che - sussistendone i presupposti di legge - occorrerebbe procedere nelle forme di cui all'art. 1105 c.c. (norma dettata in materia di comunione, ma pacificamente applicabile anche al condominio degli edifici per il rinvio posto dall'art. 1139 c.c.). Infine, non è ravvisabile il dedotto vizio di eccesso di potere, notoriamente configurabile nell'ipotesi in cui l'assemblea usi il proprio potere per fini diversi da quelli per cui è conferito dalla legge, cioè per scopi estranei alla gestione delle cose comuni. Ebbene, nel caso di specie la rimozione del vaso di cui si duole l'attore è stata deliberata proprio a tutela delle cose comuni, né vi è prova del fatto (per ciò che concerne l'eccepita carenza di legittimazione) che la deliberazione abbia inciso su beni di proprietà aliena. Pertanto, la domanda deve essere rigettata, mentre le spese di lite seguono la soccombenza e - ritenuta la causa di valore indeterminabile con complessità bassa - si liquidano come da dispositivo. P.Q.M. Il Tribunale di Napoli, in composizione monocratica, in persona del Giudice, Salvatore Di Lonardo, definitivamente pronunciando, ogni contraria istanza ed eccezione disattesa, così provvede: - a) dichiara la domanda non accoglibile; - b) condanna (...) al pagamento delle spese legali che liquida nella misura di Euro 5.000,00 (cinquemila/00) per compenso professionale, oltre spese generali al 15%, IVA e CPA, come per legge. Così deciso il 23 aprile 2024. Depositata in Cancelleria il 23 aprile 2024.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Tribunale Ordinario di Napoli Nord II SEZIONE CIVILE Il Tribunale, in composizione monocratica, in persona del dott. (...) ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di I grado iscritta al n. r.g. (...)/2020, avente ad oggetto: Indebito soggettivo - (...) oggettivo, riservata in decisione all'udienza del 29.1.2024 (con concessione dei termini ex art. 190 c.p.c. ridotti alla metà), promossa da: (...) (CF: (...)) rapp. e difesa dall'avv.to (...) (CF: (...)), elettivamente domiciliata in (...) presso lo studio del predetto difensore. PARTE ATTRICE CONTRO COMUNE DI (...) (CF: (...)) rapp. e difeso dall'avv. (...) (CF: (...)), elettivamente domiciliat (...)(...) presso lo studio del predetto difensore. PARTE CONVENUTA NONCHE' (...) C.F. (...), MINISTERO (...) CF: (...), in persona dei legali rapp.ti p.t., rapp. e difesi dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Napoli, presso i cui uffici, in via A. Diaz n. 11, domiciliano per legge. ALTRI CONVENUTI CONCLUSIONI Come in atti. Ai sensi degli artt. 132 secondo comma n. 4 c.p.c. e 118 disp. att. c.p.c. la motivazione della sentenza consiste nella succinta esposizione dei fatti rilevanti della causa e delle ragioni giuridiche della decisione, anche con riferimento a precedenti conformi. A norma dell'art. 16 bis, comma 9 octies del D.L. 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla L. 17 dicembre 2012, n. 221 (comma aggiunto dall'art. 19, comma 1, lett. a), n. 2 ter) del D.L. 27 giugno 2015, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla L. 6 agosto 2015, n. 132), la presente sentenza viene redatta in maniera sintetica, tenendo conto delle indicazioni contenute nel decreto n. 136 in data (...) del (...) della Corte di Cassazione, e delle considerazioni contenute nella (...) del CSM (adottata il (...)) di cui alla nota 6.7.2017 Prot. MOTIVI DELLA DECISIONE Con atto di citazione regolarmente notificato alla controparte, (...) conveniva in giudizio il Comune di (...) il Ministero dell'(...) e delle (...) dinanzi a questo Tribunale, deducendo di aver presentato al Comune di (...) domanda di condono edilizio, ex lege 326 del 24.11.2003, acquisita al protocollo dell'ente, versando la somma di euro 8.580,00 a titolo di oblazione ed euro 4.719,00 per oneri concessori. Successivamente, il Dirigente del Comune di (...) con nota prot.n. 23945 del 15.7.2011 ha annullato, in via di autotutela, l'istanza di condono sopra detta, per cui l'attrice richiedeva la restituzione delle somme versate sia al Comune di (...) sia al Ministero delle (...) che ha trasmetteva per competenza la domanda al Ministero dell'(...) e (...) Deduceva ancora che il Comune di (...) con determinazione dirigenziale n. 336 del 19.11.2019, disponeva la liquidazione in favore dell'istante della somma di euro 4.719,00, con prelievo dal capitolo 165/2 (sgravi per quote indebite), senza però provvedere al conseguenziale pagamento. Si costituiva sia il Comune di (...) che il Ministero dell'(...) e delle (...) che contestavano in fatto ed in diritto l'avversa domanda. Tanto premesso, va rilevato che l'attrice proponeva, in unico atto, due distinte domande nei confronti di più soggetti pubblici, sulla scorta sostanziale di due distinti titoli. In pendenza della presente controversia, intanto, il Ministero dell'(...) e delle (...) in data (...), restituiva all'attrice la somma di euro 8.580,00 da questa versata a titolo di oblazione, per cui il giudizio proseguiva per l'esame della richiesta di restituzione della somma dovuta dal Comune di (...) a titolo di oneri concessori. Ciò posto, va detto che, mentre in ordine alla domanda di restituzione della versata oblazione, alla luce dell'intervenuta restituzione della somma di euro 8.580,00 da parte del Ministero dell'(...) e delle (...) va dichiarata cessata la materia del contendere, fatto che fa venir meno ogni indagine circa la legittimità dell'(...) provinciale di (...) dell'(...) di Napoli e del Ministero dell'(...) e delle (...) a stare nel presente giudizio, va affrontato l'esame della vicenda processuale residua, circa la domanda di restituzione della somma di euro 4.719,00, versata al Comune di (...) a titolo di oneri concessori. In ordine a quest'ultima, secondo quanto ampiamente acclarato e statuito nel tempo sia dalla giurisprudenza di legittimità che di quella di merito, va affermata la giurisdizione del G.O. a decidere della vicenda. Questo Giudicante, infatti, ritiene del tutto pertinente e fondato il richiamo fatto dall'attrice alle sentenze n. 29291 del 15.12.2008 e n.12899 del 24.5.2013 della S.C., con cui viene ribadito l'assunto circa la giurisdizione del G.O. sulla domanda di restituzione di quanto versato a titolo di oneri concessori al Comune di (...) da parte di colui al quale sia stata annullata una concessione edilizia; i motivi che spingono verso tale decisione, si basano sul fatto che, nel caso di specie, la PA risulta essere priva di ogni potere discrezionale, aspetto del tutto peculiare delle delibere della P.A., essendosi esaurito il procedimento amministrativo di concessione. All'esposto indirizzo si è uniformato anche il (...) con sentenza n. 4249 del 5.10.2020, aderendo al principio espresso dalla S.C. circa la giurisdizione sulla domanda di restituzione degli oneri concessori devoluta al G. O. che, venendosi a configurare come richiesta conseguente ad un indebito oggettivo, quindi dai risvolti peculiarmente civilistici, impone che la relativa azione di recupero va rivolta alla giurisdizione del Giudice ordinario. In adesione a tale principio, d'altronde, va espressamente letta la determina dirigenziale del Dirigente dell'(...) del Comune di (...) n. 336 del 19.11.2019, con cui veniva disposta la restituzione all'attrice della somma di euro 4.719,00, versata da quest'ultima a titolo di oneri concessori alla domanda di condono edilizio, poi respinto. Alla luce di quanto sopra motivato, la domanda risulta essere parzialmente fondata, fatto che impone il conseguente regolamento delle spese, liquidate come da dispositivo. P.Q.M. Il Tribunale, definitivamente pronunziando sulla domanda avanzata da (...) nei confronti del Comune di (...) dell'(...) provinciale di (...) dell'(...) di Napoli e del Ministero dell'(...) e delle (...) così provvede: - Dichiara cessata la materia del contendere tra l'attrice e dell'(...) provinciale di (...) dell'(...) di Napoli e del Ministero dell'(...) e delle (...) - Accoglie parzialmente della domanda di parte attrice, per cui condanna il Comune di (...) al pagamento, per le causali di cui in parte motiva, alla restituzione dell'importo di euro 4.719,00, oltre interessi dalla domanda al soddisfo; - Condanna altresì il Comune di (...) a rimborsare alla parte attrice la metà delle spese e compensi di lite, che nel totale si liquidano in euro 2.252,00 per compenso professionale ed euro 264,00 per esborsi, con rimborso forfettario al 15%, CPa ed IVA come per legge, con attribuzione al procuratore antistatario, compensandoli per la restante metà. - Dichiara compensate le spese tra tutte le restanti parti del giudizio.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE DI NAPOLI sesta sezione civile Il Giudice, dott. (...) ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa iscritta al N.R.G. (...)/2020 avente ad oggetto: giudizio di merito a seguito di giudizio possessorio, vertente TRA (...) nato a (...) l'(...), c.f. (...), e (...) nata a (...) il (...), c.f. (...), entrambi elettivamente domiciliat (...), presso lo studio dell'avv. (...) c.f. (...), che li rappresenta e difende, indirizzo di posta elettronica: (...), Attori E (...) (cod. fisc. (...)), nata a (...)# il (...) ed ivi residente (...), elettivamente domiciliat (...), presso lo studio degli avv.ti (...) (cod. fis. (...)) e (...) (cod. fisc. (...)) che la rappresentano e difendono, p.e.c.: (...) Convenuta Conclusioni: le parti concludevano come da note scritte con note ex art. 127 ter cpc in sostituzione dell'udienza del 1 dicembre 2023, da intendersi qui richiamate e trascritte. FATTO E MOTIVI DI DIRITTO DELLA DECISIONE Con ricorso ex art. 703 c.p.c. depositato il 18 settembre 2020 e ritualmente notificato unitamente al decreto di fissazione dell'udienza di comparizione delle parti, gli istanti, in epigrafe indicati, esponevano: a) che il sig. (...) era proprietario e possessore dal 2001 di un fabbricato per civile abitazione sito in (...) alla via (...) n. (...), cat. Fl.3 p.lla 105, sub 9; b) che la signora (...) era usufruttuaria dell'appartamento adiacente a quello del (...) cat. Fl.3, p.lla 105, sub 8, il cui nudo proprietario era (...) c) che entrambi gli immobili sub a e b, facenti parte del più ampio complesso "(...) Merlato", erano confinanti con la proprietà di (...) cat. Fl. 3, p.lla 61, sub 16, p.lla 476, sub 10; d) che nel corso di un intervento di trasformazione urbanistico edilizia sulla sua proprietà, la (...) adibiva il lastrico solare a terrazzo mediante la realizzazione di un parapetto e di una pavimentazione calpestabile nonché di una scala conducente a tale terrazzo con apertura di un vano di accesso; e) che sempre nello stesso contesto la (...) aveva realizzato una finestra ex novo a confine con la proprietà (...) con comodo affaccio in appiombo, obliquo e laterale sulla proprietà dei ricorrenti, nonché un soppalco interno all'appartamento. Ciò premesso, i ricorrenti denunziavano che la (...) aveva formato nuove vedute ed affacci con conseguenti creazione ex novo di una servitù e perdita di riservatezza, aveva violato le distanze legali, aveva compromesso la staticità delle loro abitazioni, aveva danneggiato i ricorrenti mediante immissioni di rumori molesti dal terrazzo, non essendovi alcuna opera di insonorizzazione. Pertanto, dedotta la ricorrenza di un'ipotesi di turbativa del possesso, chiedevano ex artt. 1168 e 1170 c.c. che venisse ordinato a (...) di ripristinare lo status quo ante e a cessare ogni turbativa del possesso degli attori. Si costituiva la convenuta, che affermava che i lavori eseguiti dalla (...) non avevano determinato l'apertura di nuove vedute, né la violazione di distanze legali e si erano in realtà limitati: 1) alla pavimentazione e recinzione con ringhiera in ferro del preesistente lastrico adiacente, terrazzo che, peraltro, oltre ad essere dotato di apposita rete supportata da paletti metallici installata sul parapetto e volta ad impedire l'affaccio verso la proprietà dei ricorrenti, nemmeno si poneva nella verticale della stessa; 2) alla realizzazione di un'apertura a confine con il complesso immobiliare adiacente, la quale non dà luogo ad alcuna veduta, siccome tagliata esattamente a metà dal soppalco realizzato all'interno, di modo da determinare due distinte luci, l'una posta immediatamente al di sotto del soppalco e l'altra al di sopra, in corrispondenza del piano di calpestio dello stesso. Negava, invero, la convenuta che la recinzione installata sul versante in cui il terrazzo confina con la proprietà dei ricorrenti consentisse una comoda prospectio utile all'esercizio di una veduta sul fondo altrui; negava, altresì, che la finestra antistante il lastrico condominiale consentisse alcuna possibilità di inspicere e prospicere sul fondo altrui. Ciò premesso, dedotta l'inapplicabilità della disciplina di cui al DM 1444/1968, dedotto che da sempre la convenuta godeva comunque di agevole possibilità di affaccio sulle confinanti proprietà dal ballatoio alla sommità della scala condominiale, dedotta l'assenza di pregiudizi alla staticità del fabbricato, comunque da far valere in via nunciatoria, chiedeva il rigetto della domanda. Con ordinanza del 28 settembre 2021 il Tribunale accoglieva parzialmente la domanda. Con ricorso per la prosecuzione del giudizio di merito depositato il 25 novembre 2021 gli originari ricorrenti reiteravano le conclusioni di cui alla fase interdittale, precisamente: "1) - previa revoca dell'ordinanza resa il 28 settembre 2021, depositata e comunicata il 29 settembre 2021, riconoscersi e dichiararsi la illiceità del comportamento posto in essere dalla resistente (...) e di qualunque altra persona che abbia concorso sul piano morale e materiale alla consumazione dell'illecito, con condanna della stessa all'integrale ripristino dello stato dei luoghi, oltre al risarcimento dei danni, patrimoniali, non patrimoniali, morali e biologici subiti dagli attori nella misura che sarà accertata in corso di causa, eventualmente a mezzo di (...) nonché interessi legali; 2) - condannare la convenuta al pagamento di spese e compensi sia della fase sommaria che di merito con attribuzione al sottoscritto difensore antistatario". Anche in sede di merito resisteva alla domanda la (...) Il Tribunale osserva (...) costante orientamento della giurisprudenza, affinché sussista una veduta, a norma dell'art. 900 c.c., è necessario, oltre al requisito della inspectio, anche quello della prospectio sul fondo del vicino, dovendo detta apertura non solo consentire di vedere e guardare frontalmente, ma anche di affacciarsi, vale a dire di guardare non solo di fronte, ma anche obliquamente e lateralmente, così assoggettando il fondo alieno ad una visione mobile e globale. Ciò premesso, nella fase sommaria il Tribunale disponeva, in ragione della natura della maggior parte delle questioni discusse tra le parti, bisognevoli di apprezzamento mediante specifiche cognizioni di tipo tecnico, una CTU di tipo percipiente sulla scorta della documentazione in atti nonché di quella necessaria all'espletamento dell'incarico, per le verifiche e gli accertamenti di cui al seguente quesito: "(...) gli atti, sentite le parti ed i loro eventuali consulenti tecnici, visitati i luoghi ed espletata ogni altra opportuna indagine (eventualmente anche verso terzi, pubblici uffici, registri immobiliari): 1) descriva il CTU lo stato dei luoghi, provvedendo, se necessario, a redigere sommario schizzo planimetrico ed, in ogni caso, a trarre documentazione fotografica degli stessi; 2) accerti e descriva, quindi, le opere realizzate dalla parte convenuta e oggetto del ricorso attoreo; 3) accerti se da dette opere derivino le violazioni alla normativa vigente così come riportate in ricorso, ed in particolare a quella riferita alle distanze tra le costruzioni e le vedute, indicandone altresì i riferimenti normativi previsti in materia di distanze sia dalle norme del codice civile che dagli strumenti urbanistici vigenti al momento della realizzazione delle dette opere, acquisendo eventualmente presso gli (...) la detta normativa che dovrà essere allegata alla relazione; 4) in particolare verifichi se mediante i lavori di ristrutturazione la (...) abbia creato ex novo un'agevole possibilità di inspectio e prospectio in alienum, se abbia quindi realizzato un affaccio in appiombo, obliquo o laterale sulla proprietà dei ricorrenti in condizioni di sufficiente comodità e sicurezza, confrontando altresì la situazione attuale con la situazione preesistente a detti lavori; 5) in caso di risposta affermativa al quesito accerti ancora le opere necessarie - ed il relativo onere economico - per l'eventuale eliminazione delle violazioni e per il ripristino dello stato dei luoghi conseguente alla accertata violazione, anche mediante computo metrico-estimativo; 6) tenti la conciliazione della lite e riferisca le posizioni delle parti e dei loro ctp in ordine alla proposta di soluzione conciliativa del ctu; 7) fornisca ogni altro utile elemento ai fini della decisione". Con ulteriore ordinanza del 19 gennaio 2021 veniva assegnato, su istanza di parte ricorrente, al ctu l'ulteriore incarico di verificare se "la realizzazione di opere incidenti sulle strutture portanti del compendio immobiliare della sig.ra (...) (in particolare, il soppalco) abbiano generato la compromissione della staticità dell'insieme e un pericolo concreto e attuale anche alle abitazioni dei ricorrenti". Il ctu designato, ing. (...) depositava tempestivamente il suo elaborato in data 5 agosto 2021, confermando in parte la ricostruzione di parte convenuta in ordine alla portata dei lavori di ristrutturazione eseguiti. In particolare, il ctu descriveva le opere realizzate dalla convenuta: 1) Realizzazione di un soppalco all'interno dell'ambiente voltato di dimensioni in pianta pari a ml 3.64 4.67.... realizzazione ...... di una scala che consente l'accesso al piano superiore. A detto piano si riscontra la presenza di un ambiente di altezza massima interna pari a ml 2.23 e di dimensioni pari a ml 2.70*2.27. Nella muratura perimetrale di detto ambiente, prospettante tra l'altro sulla aliena proprietà ricorrente, si riscontra la presenza di una finestra/vano luce con apertura a vasistas e ad anta e ribalta di dimensioni pari a ml 0.90*0.93 posta a quota calpestio e protetta esternamente da una grata in ferro e da zanzariera. Anche nell'ambiente posto al piano terra (sotto soppalco) si rinviene la presenza di una finestra/vano luce di dimensione pari a ml 0.96*0.54 e posta a ml 2.01 da terra; anche tale finestra/vano luce è protetto da grata metallica e zanzariera. Tali due aperture, allineate in verticale tra loro, costituiscono dal lato esterno un'unica apertura prospettante sull'alieno corpo di fabbrica in cui è inserita l'unità immobiliare di proprietà ricorrente; 2) Realizzazione di un abbaino che consente l'accesso - dall'interno dell'unità immobiliare - al terrazzo (ex lastrico), attualmente pavimentato, di dimensioni in pianta pari all'incirca a ml 13.40*4.15. Su tale terrazzo si è rinvenuta la presenza, lungo il lato ovest prospettante sull'adiacente e ribassato corpo di fabbrica in cui è inserita l'unità immobiliare di proprietà ricorrente, di un parapetto in muratura di altezza da terra pari a ml 0.97 sormontato da rete metallica di maglia pari a cm 4*6 alta complessivamente ml 0.97 e sostenuta da n. 4 piantoni verticali ad interasse di circa ml 1.27. Tale rete e relativo piantone risultano arretrati rispetto all'estensione del parapetto di circa 25 cm. Sul lato prospettante, invece, sulla (...) si registra la presenza di un piccolo "parapetto (...)" di altezza pari a circa cm 10 sormontato da ringhiera metallica di altezza pari a ml 0.75 (vedi foto n. 6-7-8-9-10 di seguito riportate). Ciò premesso, il ctu ravvisava che le aperture realizzate - per la loro conformazione ed ubicazione - non davano la possibilità di affacciarsi e guardare frontalmente, obliquamente o lateralmente nel fondo del vicino. Correttamente, quindi, l'apertura deve essere qualificata luce, rimanendo invero impedito l'esercizio di una visione mobile e globale sul fondo alieno ("luce irregolare" non rispettando i dettami previsti dall'art. 901 c.c.). (...) le indagini del ctu anche l'apertura dell'ambiente soppalco non consente un'agevole possibilità di prospectio essendo la stessa posta a quota calpestio. Non risultando oggetto di doglianza la luce irregolare, bensì solo la veduta, la domanda, così come articolata, va in parte qua rigettata. Si precisa, poi, che risulta estranea alla cognizione di questo giudice l'asserita illegittimità delle opere realizzato in ordine alla normativa antisismica o urbanistica : invero detta denunzia si esaurisce nell'ambito del rapporto pubblicistico tra P.A. e privato sotto l'aspetto formale dell'attività costruttiva, senza estendersi ai rapporti tra privati; l'aver eseguito la costruzione in conformità della ottenuta licenza o concessione non esclude di per sé la violazione di tutte le prescrizioni del codice civile e delle norme speciali e quindi il diritto del vicino, a seconda dei casi, alla riduzione in pristino o al risarcimento dei danni, così come è irrilevante la mancanza di licenza o concessione edilizia allorquando la costruzione risponda oggettivamente a dette prescrizioni senza ledere alcun diritto del vicino (cfr. Cass. 7563/2006; 17286/2011; n. 20848/2013). A diversa conclusione deve addivenirsi per quanto concerne il terrazzo realizzato dalla convenuta. Invero, in tale ambito, il ctu ha ravvisato che la realizzazione di un parapetto di altezza pari a cm 97 da terra e sovrastante recinzione, prima inesistenti, consenta la possibilità di esercitare dalla proprietà resistente un'agevole veduta diretta e/o obliqua verso la proprietà della controparte. Inoltre, il ctu ha riferito che - poiché nella porzione terminale del parapetto (estensione di circa 25 cm) la recinzione metallica e relativo piantone si arrestano prima del suo termine, con riferimento a tale porzione, sussiste possibilità di comodo affaccio nella proprietà ricorrente. Non vi è dubbio che in questo modo sussiste nel caso di specie una violazione in termine di vedute limitatamente alla nuova prospectio ed inspectio esercitabile dall'attuale terrazzo (ex lastrico) di proprietà resistente: entro suddetto ambito, la domanda va accolta e va ordinato alla parte convenuta di eseguire gli interventi necessari ad eliminare tale esercizio di veduta diretta così come descritti dal ctu in risposta al quesito 5 ("(...) si dovrà provvedere pertanto in corrispondenza del parapetto attualmente esistente sul terrazzo ad un suo prolungamento in altezza, per tutta l'estensione, fino ad un'altezza minima di ml 1.80 o di una struttura fissa equipollente in grado di non consentire alcuna veduta nella proprietà ricorrente. Si ritiene che il costo di tale attività possa essere forfettariamente stabilito in Euro 900,00"). La doglianza inerente un pregiudizio alla statica del fabbricato è estranea alla cornice del giudizio possessorio; in ogni caso, risulta generica e smentita per tabulas dalla documentazione prodotta da parte resistente anche in sede di merito. Infine, la doglianza sulle immissioni sonore e sulla privacy non è stata reiterata in sede di prosecuzione del giudizio. La domanda risarcitoria risulta apodittica e non suffragata da sufficiente allegazione e da adeguato sostrato probatorio. Alla luce delle precedenti considerazioni, a integrale conferma dell'ordinanza del 28 settembre 2021, la domanda attorea va accolta nei limiti di quanto sopra indicato. Per l'esito globale anche della presente fase, le spese di lite sono compensate. PQM Il Tribunale: 1) A conferma dell'ordinanza resa da questo Tribunale nella fase sommaria, ordina alla parte resistente di procedere alla eliminazione della nuova veduta aperta sul fondo del vicino mediante l'esecuzione delle opere individuate dal ctu, in particolare ad eseguire in corrispondenza del parapetto attualmente esistente sul terrazzo un suo prolungamento in altezza, per tutta l'estensione, fino ad un'altezza minima di ml 1.80 o di una struttura fissa equipollente in grado di non consentire alcuna veduta nella proprietà ricorrente; 2) Rigetta ogni altra domanda; 3) Compensa le spese di lite.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE DI NAPOLI SESTA SEZIONE CIVILE in composizione monocratica, in persona del Giudice, (...) re (...) ha pronunziato la seguente SENTENZA nella causa civile iscritta al n. (...)/2023 del ruolo generale degli affari contenziosi dell'anno 2023, avente ad (...) "impugnazione di delibera assembleare condominiale", e vertente TRA (...) nato a NAPOLI (...) il (...), (...) FISC. (...), rappresentato e difeso dall'Avv. (...) E (...) N. 1/3 IN NAPOLI, (...) FISC. (...), in persona del proprio amministratore, (...) nato a Napoli il (...) ((...) FISC. (...)), residente in Napoli alla via (...) di (...) n. 39 - contumace. CONCLUSIONI Come in atti. RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE (...) premessa la propria qualità di partecipante al condominio di via (...) 1/3 in Napoli, ha impugnato la delibera assembleare del (...), limitatamente ai deliberati di cui ai seguenti punti dell'ordine del giorno: punto n. 1: "rendiconto gestione condominiale anno 2021"; punto n. 3: "conferma ... amministratore". Specificamente, rispetto al primo punto, lamenta l'illegittima approvazione del rendiconto e deduce: - a) la violazione dell'art. 1130 bis, in quanto dall'analisi del bilancio non risulta l'indicazione della disponibilità economica del condominio, ma solo l'indicazione delle differenze tra le spese effettuate e le rate richieste dall'amministratore ai condomini durante il singolo esercizio finanziario; - b) la mancanza del riepilogo finanziario; - c) la violazione dei principi di chiarezza, intellegibilità e continuità e la mancanza di un regolare prospetto di morosità che evidenzi e riepiloghi le quote insolute dei condomini durante i diversi esercizi finanziari; - d) la mancanza della nota esplicativa del rendiconto; - e) l'incompletezza del rendiconto rispetto al deliberato del 19.11.2021 ed ai lavori di cui alla relazione dell'(...) (...). Con riguardo, invece, al secondo punto, eccepisce (tra gli altri motivi) la nullità della nomina dell'amministratore, nella persona di (...) per omessa determinazione e indicazione del relativo compenso. (...) condominiale, sebbene ritualmente convenuto nel processo, avendo ricevuto la notifica del ricorso e del pedissequo decreto di fissazione d'udienza in data 9 novembre 2023, ha omesso di costituirsi. Entrambe le impugnazioni meritano accoglimento. Il rendiconto approvato dal convenuto condominio non è conforme al disposto di cui all'art. 1130 bis, comma 1, c.c. Nel caso di specie, tra gli altri rilievi, difetta certamente l'allegazione del registro di contabilità e della nota esplicativa, quali documenti necessari per la validità della deliberazione. (...) l'art. 1130-bis c.c., il rendiconto si compone dei seguenti tre documenti: 1) "un registro di contabilità", documento che contiene le "voci di entrata e uscita"; 2) "un riepilogo finanziario"; 3) "una nota sintetica esplicativa della gestione con l'indicazione anche dei rapporti in corso e delle questioni pendenti". Pertanto, il registro di contabilità e la nota esplicativa costituiscono componenti essenziali del rendiconto; il che non rappresenta un mero formalismo, quanto piuttosto un diritto dei condomini ad avere una gestione ispirata a criteri di trasparenza e quindi immediatamente verificabile anche da coloro che non abbiano capacità e conoscenza proprie degli addetti ai lavori. Tali documenti, infatti, perseguono lo scopo di soddisfare l'interesse del condomino ad una conoscenza concreta dei reali elementi contabili recati dal bilancio, in modo da dissipare le insufficienze, le incertezze e le carenze di chiarezza in ordine ai dati del conto, e così consentire in assemblea l'espressione di un voto cosciente e meditato. Detto altrimenti: il registro di contabilità e la nota esplicativa costituiscono parti inscindibile del rendiconto, in quanto finalizzati ad una comprensione immediata della situazione patrimoniale ai fini della discussione e della partecipazione consapevole. La mancanza di tali documenti, dunque, comporta l'annullabilità della deliberazione assembleare di approvazione. Parimenti illegittima la delibera di nomina dell'amministratore, in quanto priva della determinazione e dell'indicazione del relativo compenso. La nomina dell'amministratore di condominio rientra fra le attribuzioni deliberative dell'assemblea (artt. 1129, comma 1, e 1136, comma 4, c.c.). La fattispecie della nomina assembleare dell'amministratore di condominio, a seguito della (...) introdotta con la legge n. 220 del 2012, si struttura, in particolare, come scambio di proposta ed accettazione, secondo quanto si desume altrettanto testualmente dai commi 2 e 14 del medesimo art. 1129 c.c., nonché dall'art. 1130, n. 7, c.c., il quale dispone che la nomina dell'amministratore deve essere annotata in apposito registro. Più in generale, dall'art. 1130 n. 7 e dall'art. 1136, ultimo comma, c.c. si evince che la delibera di nomina dell'amministratore ed il correlato contratto di amministrazione debbano avere anche forma scritta (arg. da Cass. Sez. Unite, 30/12/1999, n. 943). (...). 1129, comma 14, c.c., prescrive, in particolare, che "l'amministratore, all'atto dell'accettazione della nomina e del suo rinnovo, deve specificare analiticamente, a pena di nullità della nomina stessa, l'importo dovuto a titolo di compenso per l'attività svolta". La "nullità della nomina", ove non sia specificato l'importo del compenso, che è alla base del generale principio di predeterminazione onnicomprensiva dello stesso, è, dunque, una nullità "testuale", in quanto è stabilita dalla legge. Di tale fattispecie legale di nullità, peraltro non direttamente sancita per la deliberazione assembleare, si dà atto in motivazione anche nella sentenza delle (...) 14 aprile 2021, n. 9839. Al fine della costituzione di un valido rapporto di amministrazione condominiale, ai sensi dell'art. 1129 c.c., il requisito formale della nomina sussiste, dunque, in presenza di un documento, approvato dall'assemblea, che rechi, anche mediante richiamo ad un preventivo espressamente indicato come parte integrante del contenuto di esso, l'elemento essenziale della analitica specificazione dell'importo dovuto a titolo di compenso, specificazione che non può invece ritenersi implicita nella delibera assembleare di approvazione del rendiconto (si veda, in proposito, Cass. 12927/2022). Ebbene la delibera di cui si discute non soddisfa la condizione sopra richiesta e deve conseguentemente ritersi nulla per violazione dell'art. 1129, comma 14, c.c. Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano, come da dispositivo, con attribuzione in favore dell'Avv. (...) dichiaratosi procuratore antistatario. Non può essere riconosciuto l'aumento ex art. 4, comma 1 bis DM 55/2014, difettando nell'unico atto difensivo depositato dalla parte i link di collegamento ai documenti allegati o ai dati normativi richiamati, per modo che deve senz'altro escludersi che il documento sia stato redatto con specifiche e peculiari tecniche informatiche, risolvendosi più semplicemente in un mero file nativo digitale. Neppure sono state documentate le spese vive sostenute per il procedimento di mediazione. P.Q.M. Il Tribunale di Napoli, in composizione monocratica, in persona del Giudice, (...) definitivamente pronunciando, ogni contraria istanza ed eccezione disattesa, così provvede: accoglie la domanda e, per l'effetto, annulla la delibera assembleare del (...) in riferimento ai punti impugnati; condanna la parte convenuta al pagamento delle spese di lite che si liquidano in euro 275,00 per esborsi ed euro 1.800,00 per compenso professionale (ivi compreso quello relativo alla fase stragiudiziale della mediazione), oltre rimborso spese generale (15%), IVA e CPA come per legge, con attribuzione in favore dell'Avv. (...)
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI NAPOLI Sesta Sezione Civile Il Tribunale di Napoli, in composizione monocratica, nella persona della dott.ssa Roberta De Luca, ha pronunciato, all'esito della camera di consiglio ed ai sensi dell'art. 281 sexies c.p.c., la seguente SENTENZA nella causa civile iscritta al n. 28917 del Ruolo Generale per gli Affari Contenziosi dell'anno 2021, avente ad oggetto: impugnazione delibera di assemblea condominiale vertente TRA (...) in persona dell'amministratore unico e legale rappresentante pro tempore avv. (...), rappresentata e difesa, giusta procura in atti, dall'avv. (...), presso il cui studio in (...) ha eletto domicilio; - ATTRICE - CONTRO (...) in persona dell'amministratore pro tempore (...) rappresentato e difeso, giusta procura in atti, dall'avv. (...) presso il cui studio in (...) ha eletto domicilio; - CONVENUTO - RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE 1. Con atto di citazione notificato il 25.11.2021 la (...) ha impugnato le delibere adottate dall'assemblea dei condomini nel corso della riunione del 25.05.2021, alla quale non aveva partecipato la società istante, spiegando i seguenti motivi di opposizione: - invalidità del deliberato giacché erano stati approvati, contestualmente e cumulativamente, i rendiconti di gestione, sia ordinaria che straordinaria, relativi agli esercizi dal 05.11.2017 al 31.12.2020, in violazione dell'art. 1130 n. 10) c.c. il quale prescrive che ciascun rendiconto annuale debba essere presentato all'assemblea entro centottanta giorni dalla scadenza dell'esercizio, sicché la presentazione contestuale di più rendiconti aveva significativamente compresso la facoltà di loro esame da parte dei condomini e di verifica delle voci di entrata e di spesa; - annullabilità della delibera per violazione dell'art. 67, V comma, disp. att. c.c., giacché adottata con il voto di dipendenti della CP_1 i quali avevano ricevuto deleghe dai condomini, applicandosi il divieto di cui alla norma predetta anche nel caso in cui la delega non sia direttamente conferita all'amministratore, bensì in frode alla legge ad un suo dipendente, il quale verta in una situazione di subordinazione rispetto al primo, tale da poterne orientare il voto e le decisioni; - annullabilità del deliberato in quanto erano stati sottoposti all'approvazione dell'assemblea anche i consuntivi degli anni dal 2013 al 2018, in relazione ai quali pendeva contenzioso fra la società istante ed il (...) convenuto, stante la violazione delle obbligazioni assunte con transazione del 10 aprile 2014 e con la successiva procedura di mediazione conclusasi verbale di conciliazione del 8 marzo 2018, avendo il (...) omesso di rideterminare, in relazione a dette annualità, gli importi dovuti in base a tabelle millesimali redatte da tecnici nominati dalle parti utilizzando i criteri pattuiti nella seduta dell'8 novembre 2016, successivamente precisati dall'assemblea del (...) nella riunione dell'11 gennaio 2018; - annullabilità della delibera adottata in relazione al punto 3) all'ordine del giorno, inerente la nomina dell'amministratore, giacché non erano stati indicati in modo analitico i condomini partecipanti alla votazione ed i relativi millesimi, così come quelli che si erano astenuti e quelli che avevano espresso voto contrario, non risultando l'approvazione da parte della maggioranza degli intervenuti all'assemblea rappresentanti almeno la metà del valore millesimale del fabbricato; - annullabilità delle delibere di approvazione dei consuntivi relativi alle annualità dal 2017 al 2020, riportanti "numerosi errori nella determinazione delle somme addebitate" alla società attrice, giacché nella tabella A2 - scale risultavano addebitati importi che, per loro natura, non potevano cedere a carico dei locali commerciali, mentre nel preventivo 2021 erano state addebitate somme relative ad immobili non di proprietà della società attrice. Ha rassegnato le conclusioni che seguono: "accertare e dichiarare nulla e/o annullabile l'integrale delibera dell'assemblea del 25.05.2021 adottata dal (...) (...) per l'effetto, sempre nel merito, annullare integralmente la delibera dell'assemblea del 25.05.2021 adottata dal (...) condannare il convenuto al pagamento delle spese, competenze ed onorari del presente giudizio, oltre IVA e CAP come per legge". Si è costituito il (...) convenuto eccependo la tardività della proposizione dell'opposizione, in quanto la procedura di mediazione aveva comportato la sospensione del termine per impugnare sicché, cumulando il periodo intercorso fra la notifica del verbale assembleare e la data di presentazione dell'istanza di mediazione con quello intercorso fra il verbale negativo di mediazione e la notifica dell'atto di citazione, risultava spirato il termine di trenta giorni di cui all'art. 1137, II coma, c.c. Nel merito ha contestato la fondatezza dei motivi di impugnazione ed ha concluso chiedendo il rigetto dell'opposizione con vittoria di spese di lite. Concessi i termini di cui all'art. 183, VI comma, c.p.c. e ritenuta la causa matura per la decisione, in data odierna è stata discussa e decisa. 2. Deve, in primo luogo, essere rigettata l'eccezione di decadenza dall'impugnazione, tempestivamente spiegata dal condominio convenuto, costituitosi in data 23.03.2022, venti giorni prima dell'udienza di prima comparizione, fissata in citazione per la data del 12.04.2022. Ha assunto il (...) convenuto che il procedimento di mediazione avrebbe effetto non già interruttivo, bensì sospensivo del termine di decadenza di cui all'art. 1137 c.c. L'assunto è infondato. Stabilisce l'art. 5, VI comma, del D.Lgs. 28/2010, nella formulazione applicabile ratione temporis, antecedente le riforme apportate dal D.Lgs. 149/2022 in vigore dal 30/06/2023, che "dal momento della comunicazione alle altre parti, la domanda di mediazione produce sulla prescrizione gli effetti della domanda giudiziale. Dalla stessa data, la domanda di mediazione impedisce altresì la decadenza per una sola volta, ma se il tentativo fallisce la domanda giudiziale deve essere proposta entro il medesimo termine di decadenza, decorrente dal deposito del verbale di cui all'articolo 11 presso la segreteria dell'organismo". L'introduzione della procedura di mediazione determina, in forza di detta disposizione testuale, non già la sospensione, bensì l'interruzione del termine per impugnare la delibera, giacché la formulazione utilizzata dal legislatore nell'art. 5 D.Lgs. n. 28/2010 - "impedisce la decadenza" - e l'individuazione di un nuovo termine di decorrenza del termine in caso di fallimento della mediazione vanno interpretate nel senso che detto termine ritorni a decorrere per la sua intera estensione a far data dalla conclusione della procedura di mediazione, con deposito del verbale presso la segreteria dell'organismo, non rinvenendosi alcun dato testuale da cui evincere che la mediazione determini la sola sospensione del termine per impugnare (cfr Trib. Monza, sent. n. 65 del 12.01.2016). Dopo l'effettiva conclusione della procedura di mediazione, per la durata anche maggiore dell'art. 6 D.Lgs. 28/2010 che abbia in concreto avuto, e dopo la formazione del verbale negativo della mediazione, quindi, inizia a decorrere nuovamente, per intero, il termine di trenta giorni di cui all'art. 1137, II comma, c.c. (cfr Trib. Busto Arsizio, sent. n. 244 del 18.02.2022). Nel caso in esame, conclusasi la procedura di mediazione obbligatoria con verbale negativo del 28 ottobre 2021, l'instaurazione del presente giudizio si è tempestivamente avuta con la notifica dell'atto di citazione in data 25 novembre 2021. Né tantomeno è stato contestato lo spirare del termine di trenta giorni fra la data di notifica del verbale assembleare e quello di comunicazione dell'istanza di mediazione. In conclusione l'eccezione di decadenza è infondata e deve essere disattesa. 3. Passando all'esame dei motivi di opposizione, giova premettere che erano stati posti all'attenzione dell'assemblea dei condomini, convocati per la riunione del 25/05/2021, sette punti all'ordine del giorno. Il punto 1) era così indicato: "esame ed eventuale approvazione dei seguenti documenti contabili: A) rendiconti gestioni ordinarie 05/11/17-31/12/17 e 2018/19/20 con relativi riparti e stati patrimoniali (con situazioni patrimoniali aggiornati al 31/12/2020 delle gestioni ordinarie pregresse -prec.ti amm.ni-), nonché situazione patrimoniale globale gestioni ordinarie al 31/12/20; B) rendiconti gestioni straordinarie 05/11/17-31/12/17 e 2018/19/20 con relativi riparti e stati patrimoniali (con situazione patrimoniale aggiornata al 31/12/2020 delle gestioni straordinarie pregresse -prec.ti amm.ni-), nonché situazione patrimoniale globale gestioni straordinarie al 31/12/20; C) preventivo gestione ordinaria 2021 con relativo riparto; D) relazione sulle gestioni e quindi sui bilanci di cui ai punti precedenti. Discussione e delibera consequenziale". In altri termini erano stati posti all'attenzione ed all'esame dei condomini i bilanci consuntivi, sia ordinari che straordinari, relativi a quattro distinte annualità di gestione, oltre che il bilancio preventivo 2021, i quali furono esaminati ed approvati con delibera unitaria. Occorre premettere, in termini generali, che quello di amministratore del condominio è un contratto tipico disciplinato dalle specifiche norme di legge che lo contemplano (cfr Cass. civ., sent. n. 7874 del 19.03.2021) e, solo per quanto non espressamente previsto, dalle norme sul mandato, in forza del disposto dell'art. 1129, XV comma, c.c., il quale richiama la disciplina normativa di tale ulteriore contratto tipico solo per quanto "non disciplinato dal presente articolo". Fra gli obblighi principali del mandatario con rappresentanza vi è quello di rendiconto di cui all'art. 1713 c.c. che, in ambito condominiale, si sostanzia, quanto alla gestione contabile del condominio, nella fondamentale obbligazione di cui all'art. 1130 n. 10) c.c. di "redigere il rendiconto condominiale annuale della gestione e convocare l'assemblea per la relativa approvazione entro centottanta giorni". Il rendiconto rappresenta il fulcro della gestione condominiale e risponde all'esigenza di porre i condòmini in grado di sapere come effettivamente è stato speso il denaro da loro versato. Nella redazione del rendiconto, quindi, devono essere rispettate delle regole minime e necessarie di chiarezza ed intellegibilità. Se è pur vero, infatti, che non è necessario, ai fini della validità dell'approvazione del rendiconto, che le singole voci di entrata e di spesa, con relativa ripartizione, siano trascritte nel verbale di assemblea, ovvero che esse siano oggetto di analitico dibattito ed esame alla stregua della documentazione giustificativa - posto che rientra tra i poteri dell'organo deliberativo la facoltà di procedere sinteticamente all'approvazione prestando fede ai dati forniti dall'amministratore in base alla documentazione giustificativa -, ciò non toglie che, affinché possa ritenersi valida la delibera di approvazione di un rendiconto, è necessario che la relativa contabilità sia idonea a rendere intelligibili e chiare ai condòmini le voci di entrata e di spesa, con le quote di ripartizione (cfr Cass. civ., sent. n. 1405 del 13.01.2007; in termini Cass. civ., sent. n. 3892 del 14.02.2017). Solo nel caso in cui il rendiconto sia agevolmente intellegibile, "anche con riferimento alla specificità delle partite, atteso che quest'ultimo requisito - come si desume dagli artt. 263 e 264 c.p.c., (disciplinanti la procedura di rendiconto ed applicabili anche al rendiconto sostanziale) - costituisce il presupposto indispensabile affinché il destinatario del conto assolva l'onere di indicare specificamente le partite che intende contestare" (cfr Cass. civ., sent. n. 10153 del 09.05.2011), è esercitabile da parte dei condomini/mandanti, generalmente privi di specifiche cognizioni contabili, la facoltà di controllo effettivo delle voci di entrata e di spesa e del corretto esercizio della gestione dei propri interessi da parte dell'amministratore/mandatario. Per rendere intellegibile il rendiconto occorre che sia tenuta una contabilità regolare, nella quale siano registrate cronologicamente le operazioni riguardanti la vita del condominio, con possibilità di verifica dei documenti e, quindi, della giustificazione delle entrate ed uscite della gestione dell'ente condominiale (cfr Cass. civ., sent. n. 3892 del 14.02.2017). La presentazione del rendiconto, inoltre, ai sensi dell'art. 1130 n. 10) c.c. deve aversi entro centottanta giorni dalla scadenza del periodo di gestione, con cadenza annuale. La norma pone tale precisa cadenza ed un termine massimo per la presentazione del rendiconto il cui solo rispetto rende possibile, a fronte della compromissione dell'autonomia gestionale dei singoli condomini, un esame tempestivo, completo e sufficientemente approfondito, nel lasso temporale minimo di legge stabilito fra la ricezione della convocazione per l'assemblea condominiale e la sua effettiva riunione, della gestione effettuata, dell'esistenza di idonei riscontri documentali delle spese sostenute e della correttezza del riparto delle spese predisposto. Tale essendo l'inquadramento generale della fattispecie, nel caso in cui l'amministratore sia stato inadempiente all'obbligazione di presentazione annuale del rendiconto, anche nel caso in cui tale inadempimento sia a lui imputabile, non per questo si determina automaticamente una annullabilità delle delibere di approvazione, nel corso di una medesima assemblea condominiale, dei rendiconti di plurime gestioni annuali. Tale approvazione, peraltro, in tanto sarà valida, in quanto non sia stata compromessa la completa discussione e deliberazione su ciascuna annualità, con possibilità di esame di ciascuna di esse e delle relative poste contabili, nonché di assumere autonome determinazioni relativamente a ciascuna annualità di gestione, essendo invece invalida la delibera che vincoli i condomini ad una previsione pluriennale di spese (cfr. Cass. civ., sent. n. 7706 del 21.08.1996). Per tale motivo e per la necessaria cadenza annuale del rendiconto occorre che siano predisposti singoli rendiconti per ciascuna annualità di gestione, essendo invalida la predisposizione di un rendiconto cumulativo che assommi le entrate e le uscite di più annualità di gestione - giacché in tale caso la possibilità di verifica e di controllo delle poste contabili risulterebbe gravemente compromessa, con conseguente vizio nella formazione del consenso assembleare -. Occorre, inoltre, che siano formulati specifici punti all'ordine del giorno relativi a ciascuna annualità - altrimenti sarebbe compromessa la facoltà di assumere, in relazione a ciascuna annualità di gestione, differenti determinazioni e deliberazioni -. Ciò posto, va rilevato che il criterio discretivo fra ipotesi di nullità ed ipotesi di annullabilità delle delibere assembleari è stato posto nel 2005 dalle Sezioni Unite della Suprema Corte, le quali hanno affermato che siano "annullabili le delibere con vizi relativi alla regolare costituzione dell'assemblea, quelle adottate con maggioranza inferiore a quella prescritta dalla legge o dal regolamento condominiale, quelle affette da vizi formali, in violazione di prescrizioni legali, convenzionali, regolamentari, attinenti al procedimento di convocazione o di informazione dell'assemblea, quelle genericamente affette da irregolarità nel procedimento di convocazione, quelle che violano norme richiedenti qualificate maggioranze in relazione all'oggetto" (cfr Cass. civ., SS.UU. sent. n. 4806 del 07.03.2005) e che le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, tornate sul punto, dichiarando di voler dare continuità alla predetta decisione, hanno evidenziato che, in ambito condominiale, il legislatore ha optato per una disciplina giuridica improntata ad un "chiaro favore per la stabilità delle deliberazioni dell'assemblea dei condomini, che sono efficaci ed esecutive finché non vengono rimosse dal giudice", tant'è che l'art. 1137 c.c., nel testo successivo alla novella di cui alla legge 220/2012, prevede, in caso di deliberazioni illegittime, di regola la loro annullabilità, non già la loro nullità (cfr Cass. civ., SS. UU., sent. n. 9839 del 12.04.2021). Nel caso in cui una delibera sia contraria ad una disposizione di legge, quanto al suo profilo contenutistico, così come nel caso in cui siano state violate le regole legislative le quali disciplinano la convocazione assembleare e, quindi, la corretta formazione della volontà assembleare, la delibera è perciò di regola annullabile. Nella fattispecie la discussione ed approvazione contestuale di più rendiconti di gestione con un'unica delibera, senza che si fosse avuta possibilità di esame e deliberazione disgiunta in relazione a ciascuno di essi, ha comportato, per le ragioni enunciate, un vizio di formazione della volontà assembleare che ha determinato l'annullabilità della delibera adottata. Ne consegue che deve essere annullata la delibera di cui al punto 1) all'ordine del giorno dell'assemblea condominiale del 25/05/2021. L'accoglimento del primo motivo di impugnazione comporta l'assorbimento dell'esame dell'ultimo motivo di impugnazione, relativo alla delibera già annullata in accoglimento del primo motivo. 4. Restano da esaminare gli ulteriori motivi di impugnazione, spiegati con riferimento anche alle delibere adottate in relazione agli ulteriori sei punti all'ordine del giorno. Con il secondo motivo di impugnazione la società attrice ha dedotto che le delibere adottate sarebbero nulle giacché adottate con il voto di dipendenti della società che amministra il condominio, in violazione dell'art. 67, V comma, disp. att. c.p.c. Detta norma vieta espressamente il conferimento all'amministratore di condominio di "deleghe per la partecipazione a qualunque assemblea". Trattasi di norma la quale è ispirata sia all'esigenza di incentivare la partecipazione personale dei singoli condomini all'assemblea condominiale, sia all'esigenza di scongiurare situazione di conflitto di interessi, tipizzando una specifica fattispecie nella quale detta situazione di conflitto è assistita da presunzione di carattere assoluto. Già in precedenza la giurisprudenza di legittimità aveva avuto modo di evidenziare che nel caso in cui gli argomenti sottoposti al vaglio ed alla decisione dell'assemblea dei condomini comportassero una valutazione sulla persona e/o sull'operato dell'amministratore relativamente a materie concernenti la gestione economica della cosa comune, come avviene nel caso delle delibere di approvazione dei bilanci o di conferma o revoca dell'amministratore, sussistesse una situazione di conflitto di interessi tra amministratore e condominio, che poteva essere fatta valere da qualsiasi partecipante alla collettività condominiale (cfr. Cass. civ., sent. n. 10683 del 22.07.2002). La giurisprudenza di legittimità, invero, pur non riconoscendo al condominio una sia pur limitata personalità giuridica, attribuisce tuttavia ad esso potestà e poteri di carattere sostanziale e processuale, desumibili dalla disciplina della sua struttura e dai suoi organi. Per tale ragione già si riteneva applicabile, nel computo delle maggioranze assembleari, la norma di cui all'art. 2373 c.c. dettata, in materia di società, per il conflitto di interessi, con conseguente esclusione dal diritto di voto di tutti quei condomini che, rispetto ad una deliberazione assembleare, si pongano come portatori di interessi propri, in potenziale conflitto con quello del condominio. Al di fuori dell'ipotesi specificamente contemplata dall'art. 67, V comma, disp. att. c.c., norma applicabile anche nel caso in cui ad amministrare il condominio vi sia una società di capitali e le deleghe siano state conferite al legale rappresentante della stessa, peraltro, la situazione di conflitto di interessi deve essere allegata e dimostrata in concreto, non essendo configurabile nel caso in cui "non sia possibile identificare, in concreto, una sicura divergenza tra ragioni personali che potrebbero concorrere a determinare la volontà dei soci di maggioranza ed interesse istituzionale del condominio" (cfr Cass. civ., sent. n. 11254 del 14.11.1997). Non è, perciò, configurabile un conflitto d'interessi tra il singolo condomino ed il condominio qualora venga dedotta una mera ipotesi astratta e non sia possibile identificare, in concreto, una sicura divergenza tra le ragioni personali del condomino e l'interesse istituzionale comune (cfr Cass. civ., sent. n. 3944 del 18.03.2002). Trattasi, per l'appunto, del caso in esame, nel quale la situazione di conflitto non può farsi derivare automaticamente dal fatto che taluni dei delegati fossero dipendenti della società di capitali che amministra il condominio. Mai, infatti, è stato dedotto che i delegati fossero soci della società che amministra il condominio, sicché alcun interesse specifico avevano nell'adozione di delibere le quali concernessero le attività della società di cui erano dipendenti. Né, tantomeno, è stata allegata e provata, ovvero individuata dalla società attrice, una partecipazione attiva dei lavoratori delegati all'amministrazione condominiale, con ruoli apicali alla società che amministra il condominio, tale che sia loro analogicamente applicabile l'art. 67 disp. att. c.c. nella parte in cui pone il divieto di conferire deleghe all'amministratore del fabbricato. Ne consegue l'infondatezza del secondo motivo di impugnazione. Passando all'esame del terzo motivo di impugnazione, con lo stesso è stata contestata la validità del deliberato in quanto erano stati sottoposti all'approvazione dell'assemblea anche i bilanci degli anni dal 2013 al 2018, in relazione ai quali pendeva contenzioso fra la società istante ed il condominio convenuto. Va, peraltro, rimarcato, quanto all'oggetto delle deliberazioni assunte in relazione ai punti da 2) a 7) all'ordine del giorno, che la discussione e la successiva deliberazione verté sui seguenti argomenti: "2) Destinazione f.do cassa di Euro 33.672,00. Trattasi del f.do cassa costituitosi, come da delibera assembleare, per rinuncia da parte dell'amm.re del proprio compenso (relativo a 12 mensilità). Pertanto, delibera consequenziale in merito alla destinazione dello stesso; 3) Dimissioni e nomina amministratore; 4) Interventi da approvare. Si rende che gli impianti ascensori delle scale E, I e n.23 necessitano di alcuni interventi. Ulteriori delucidazioni in sede assembleare. Quindi discussione ed eventuale delibera consequenziale; 5) Disciplinare posti auto. Discussione e delibera consequenziale; 6) Ecobonus 110%. Deliberazione di uno studio tecnico di fattibilità per valutare la presenza dei presupposti per accedere alle agevolazioni del bonus 110 sia ecobonus e sismabonus ed eventuale nomina per l'espletamento del seguente incarico (che si prevede essere gratuito). Ulteriori delucidazioni in sede assembleare. Delibera consequenziale; 7) Varie ed eventuali". Alcuno dei predetti punti, quindi, riguardò i bilanci oggetto delle precedenti gestioni e, comunque, va rimarcato, in relazione al punto 2) all'ordine del giorno, che l'assemblea stabilì solo di discutere sulle possibili destinazioni che potesse avere detto fondo cassa, non assumendo alcuna determinazione concreta sul punto, bensì rimettendo la formulazione di proposte nel corso di una riunione informale coi "rappresentanti di scala"; che alcuna delibera fu assunta in relazione alle varie ed eventuali e che alcuna discussione e deliberazione si ebbe sui punti 4) e 5) all'ordine del giorno, nonché che si decise di aggiornare la discussione sul punto 6) all'ordine del giorno all'esito di una successiva riunione, convocata per la data del 20 giugno 2021. Il punto 3) all'ordine del giorno, infine, non ebbe alcuna correlazione con i bilanci dal 2013 al 2017. Da ultimo, in relazione al giudizio di opposizione avverso il decreto ingiuntivo n. 5733/2019, conclusosi in primo grado con sentenza di accoglimento dell'opposizione n. 5605/2023 del Tribunale di Napoli, prodotta da parte attrice, si osserva che la predetta decisione alcuna incidenza ha sulle delibere in questa sede impugnate. Gli oneri condominiali oggetto della richiesta monitoria, infatti, non furono richiesti in forza delle delibere in questa sede impugnate. Nella motivazione della sentenza, inoltre, il giudice dell'opposizione fondò l'accoglimento dell'opposizione sul fatto che non risultavano provate le delibere di approvazione degli oneri condominiali richiesti, rimarcando che il preventivo 2017 non risultava approvato e che il preventivo del 2018, allegato al verbale del 27.06.2018, era illeggibile. Gli oneri condominiali relativi agli anni 2017 e 2018, quindi, erano stati richiesti n forza di bilanci preventivi. La proposizione di detta impugnazione, quindi, era inerente ad oneri condominiali relativi a bilanci differenti rispetto a quelli approvati con i rendiconti consuntivi posti all'attenzione dell'assemblea condominiale del 25/05/2021 in relazione al punto 1) all'ordine del giorno, sicché in alcun modo la proposizione dell'opposizione al decreto ingiuntivo e la decisione in detta sede assunta avrebbe potuto avere incidenza sulle delibere impugnate col presente giudizio. In conclusione il motivo è infondato. Parimenti infondato è l'ulteriore motivo di impugnazione, con il quale è stata lamentata la non intellegibilità del quorum deliberativo assunto in relazione alla delibera di cui al punto 3) all'ordine del giorno. La giurisprudenza di legittimità afferma che si abbia salvezza degli effetti delle delibere assembleari assunte, seppur carenti di talune indicazioni, ove sia comunque possibile, anche per differenza, accertare se il quorum di valida costituzione dell'assemblea o quello di valida approvazione della delibera sia stato raggiunto. "Il verbale dell'assemblea di condominio, ai fini della verifica dei 'quorum' prescritti dall'art. 1136 cod. civ., deve contenere l'elenco dei condomini intervenuti di persona o per delega, indicando i nomi di quelli assenzienti o dissenzienti, con i rispettivi valori millesimali, rimanendo comunque valido ove, pur riportando l'indicazione nominativa dei soli partecipanti astenuti o che abbiano votato contro, consenta di stabilire per differenza coloro che hanno votato a favore" (cfr Cass. civ., sent. n. 6552 del 31.03.2015). Non è, pertanto, "annullabile la delibera il cui verbale, ancorché non riporti l'indicazione nominativa dei condomini che hanno votato a favore, tuttavia contenga, tra l'altro, l'elenco di tutti i condomini presenti, personalmente o per delega, con i relativi millesimi, e nel contempo rechi l'indicazione, 'nominatim', dei condomini che si sono astenuti e che hanno votato contro e del valore complessivo delle rispettive quote millesimali, perché tali dati consentono di stabilire con sicurezza, per differenza, quanti e quali condomini hanno espresso voto favorevole, nonché di verificare che la deliberazione assunta abbia superato il 'quorum' richiesto dall'art. 1136 cod. civ." (cfr Cass. civ., sent. n. 18192 del 10.08.2009; in termini Cass. civ., sent. n. 40827 del 20.12.2021). L'omessa indicazione dei condomini assenti e dei relativi millesimi, infine, non inficia la validità della delibera assunta "giacché tale incompletezza non diminuisce la possibilità di un controllo 'aliunde' della regolarità del procedimento e delle deliberazioni assunte" (cfr Cass. civ., sent. n. 24132 del 13.11.2009). Nel caso in esame, la delibera di cui al punto 3) all'ordine del giorno risulta essere stata approvata dall'assemblea condominiale con la seguente formula "l'assemblea a maggioranza dei presenti, con la sola esclusione del delegato del sig. (...) conferma il mandato di amministratore alla società (...). Non essendovi indicazione di condomini astenuti, quindi, la delibera risulta essere stata votata in senso favorevole da parte di tutti i condomini intervenuti in assemblea, con esclusione dei soli millesimi del condomino (...), pari a 1,946 millesimi, quindi con una maggioranza di 64 condomini su di un totale di 65 presenti per un valore di 771,566 millesimi, indicati ad inizio del verbale al netto dei millesimi del condomino (...), intervenuto successivamente tramite il suo delegato (...). La lettura del verbale consente, quindi, di evincere il quorum deliberativo adottato. Da ultimo si evidenzia che il nome di battesimo del condomino, indicato "Francesco" è frutto di un mero errore materiale, chiaramente evincibile dalla lettura del verbale, nel quale l'unico condomino avente come cognome (...) presente in assemblea tramite un suo delegato è (...) correttamente indicato con l'esatto nome di battesimo sia al momento dell'intervento del suo delegato, che nel corso della discussione sul terzo punto all'ordine del giorno, nel quale si dà atto del fatto che il condomino (...) (...) tramite il suo delegato, aveva presentato offerta economica di amministratore diverso rispetto alla società in seguito nominata nella carica. Né, del resto, la società opponente ha mosso rilievi sul punto, assumendo nella propria comparsa conclusionale che, nonostante l'indicazione del voto contrario del condomino (...) per millesimi 1,946, dalla lettura del verbale assembleare comunque non si riuscisse ad evincere il quorum deliberativo adottato, così mostrando di aver esattamente e correttamente individuato il condomino dissenziente ed i millesimi di sua pertinenza. Va, infine, rilevato che non è stata in nessun modo contestata la veridicità di quanto riportato nel verbale di assemblea condominiale, assumendo che vi sarebbero stati condomini dissenzienti rispetto alla delibera assunta. L'opposizione è, pertanto, sul punto infondata. In conclusione, in parziale e limitato accoglimento della domanda, deve essere annullata la delibera adottata dall'assemblea del condominio del 25/05/2021 in relazione al solo punto 1) all'ordine del giorno. 5. Stante il solo parziale accoglimento dell'opposizione in relazione ad una soltanto delle delibere impugnate, le spese di lite devono essere compensate per due terzi, ponendosene il restante terzo a carico del (...) convenuto, liquidandole in applicazione delle tariffe di cui al D.M. 55/14, aggiornate in forza del D.M. 147/22, riconoscendo i compensi in misura media sullo scaglione di valore indeterminabile per le fasi di attivazione della procedura di mediazione obbligatoria, di studio, introduttiva, istruttoria e decisionale, non essendo noto il valore monetario di tutte le delibere impugnate. Parte attrice ha, altresì, diritto al rimborso di quanto pagato a titolo di marca da bollo e contributo unificato, una volta provato il versamento di detti importi in quanto "in tema di spese processuali, qualora il provvedimento giudiziale rechi la condanna alle spese e, nell'ambito di essa, non contenga alcun riferimento alla somma pagata dalla parte vittoriosa a titolo di contributo unificato, la decisione di condanna deve intendersi estesa implicitamente anche alla restituzione di tale somma, in quanto il contributo unificato, previsto dall'art. 13 del d.P.R. n. 115 del 2002, costituisce un'obbligazione 'ex lege' di importo predeterminato, che grava sulla parte soccombente per effetto della stessa condanna alle spese, la cui statuizione può conseguentemente essere azionata, quale titolo esecutivo, per ottenere la ripetizione di quanto versato in adempimento di quell'obbligazione" (cfr Cass. civ., sent. n. 18529 del 10.07.2019; in termini Cass. civ., sent. n. 38943 del 07.12.2021). P.Q.M. Il Tribunale di Napoli, sesta sezione civile, definitivamente pronunziando in ordine alla causa civile iscritta al n. 28917/2021 R.G.A.C. pendente tra (...) (...) in persona del legale rappresentante pro tempore avv. (...), contro (...), in persona dell'amministratore pro tempore (...) ogni altra domanda, eccezione e deduzione disattesa, così provvede: a) accoglie, in parte, l'opposizione e, per l'effetto, annulla la delibera assembleare del 25.05.2021 relativamente al punto 1) all'ordine del giorno; b) compensa per due terzi le spese di lite condannando il (...) (...), al pagamento, in favore della (...) di un terzo delle spese del presente giudizio, che si liquidano, per l'intero, in misura pari ad Euro 8.152,00 per compensi, oltre rimborso spese generali nella misura del 15%, C.P.A. ed I.V.A., se dovuta, come per legge. Napoli, 5 aprile 2024.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale di Napoli, VI Sezione Civile, nella persona del dr. Francesco Cislaghi, ha pronunciato la seguente: SENTENZA nella causa iscritta al N.17751 del 2021 nel Ruolo Generale Affari Contenziosi Civili vertente TRA (...), nato a Napoli il 16/02/1938, residente in Ercolano (NA) alla Via (...), elettivamente domiciliato in Napoli, alla via (...) presso lo studio dell'Avv. Co.Sa. - APPELLANTE- E (...) in persona dell'amm.re p.t., rappresentata e difesa, giusta procura rilasciata su foglio separato allegato alla comparsa di costituzione del primo grado, dall'avv. Vi.CE., presso cui elettivamente domicilia in Ercolano (NA) alla via (...) pec (...) -APPELLATO- ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO Con atto di citazione notificato il 4 luglio 2016 (...) conveniva in giudizio innanzi al giudice di Pace di Napoli il (...) in persona del suo amministratore (...), per conseguire il rimborso della somma di 1651,10 euro, da lui anticipata precedentemente per l'esecuzione di lavori riguardanti il montaggio delle ringhiere poste a protezione dell'area parco condominiale. Costituitosi il (...), eccepiva l'infondatezza della domanda di parte attrice ritenendo insussistenti i presupposti di cui all'art. 1134 c.c. Non ammessa la prova testimoniale ed acquisita documentazione, il Giudice di Pace, nella persona del Dott. Alfonso Maria Chieffo, rigettava la domanda con sentenza n.380/2021, ritenuti non presenti i presupposti richiesti dall'art. 1134 c.c. Avverso tale sentenza l'odierno appellante ha proposto impugnazione innanzi al Tribunale di Napoli. affinché venga accolta la propria domanda, sussistendo i presupposti di urgenza previsti dall'art. 1134 cc, dato lo stato di pericolo in cui versava la zona interessata dai lavori fatti eseguire dall'istante, per mancanza delle ringhiere a protezione della stessa. Anche in secondo grado il (...) resisteva alla domanda. Il Tribunale osserva. L'art. 1134 c.c. ratione temporis applicabile al caso di specie (cioè nel testo sostituito dall'art. 13, comma 1, L. 11 dicembre 2012, n. 220) dispone: "Il (...) che ha assunto la gestione delle parti comuni senza autorizzazione dell'amministratore o dell'assemblea non ha diritto al rimborso, salvo che si tratti di spesa urgente". Secondo la giurisprudenza formatasi in riferimento al testo previgente ("Il condomino che ha fatto spese per le cose comuni senza autorizzazione dell'amministratore o dell'assemblea non ha diritto al rimborso, salvo che si tratti di spesa urgente"), in mancanza di autorizzazione dell'amministratore o dell'assemblea, il condominio che abbia anticipato le spese di conservazione della cosa comune, ha diritto al rimborso purché ne dimostri, ex art. 1134 c.c., l'urgenza, ossia che le opere, per evitare un possibile nocumento a sé, a terzi od alla cosa comune, dovevano essere eseguite senza ritardo e senza possibilità di avvertire tempestivamente l'amministratore o gli altri condomini (Sez. 2, Sentenza n. 18759 del 23/09/2016,sez. 2, Sentenza n. 27519 del 19/12/2011,Sez. 2, Sentenza n. 9743 del 23/04/2010 Sez. 2, Sentenza n. 9743 del 23/04/2010; Cass. sez. II, 9280/2018 del 12 febbraio 2018, ove si legge: "l'urgenza degli interventi è nozione distinta dalla mera necessità di eseguirli, poiché ricorre quando, secondo un comune metro di valutazione, detti interventi appaiano indifferibili allo scopo di evitare un possibile, anche se non certo, nocumento alla cosa comune (Cass., 6.12.1984, n. 6400; Cass., 26.3. 2001, n. 4364) o ove siano connessi alla necessità di evitare che la cosa comune arrechi a terzi o alla stabilità dell'edificio un danno ragionevolmente imminente, o in presenza per la necessità di restituire alla cosa comune la sua piena ed effettiva funzionalità (Cass. 19.12.2011, n. 27519; Cass. 19.3.2012, n. 4330). Nel valutare l'urgenza occorre che le opere debbano essere eseguite senza ritardo, senza che il singolo abbia la possibilità di preavvertire gli altri condomini o l'amministratore (cfr., Cass. 23.9.2016, n. 18759). In carenza di tali inderogabili condizioni non sono ammissibili indebite e non strettamente indispensabili interferenze dei singoli partecipanti alla gestione del fabbricato, la quale è riservata agli organi del condominio, essendo previsti strumenti alternativi (art. 1105 c.c., comma 4) al fine di ovviare alla inerzia nella adozione o nella esecuzione di provvedimenti non urgenti, ma tuttavia necessari per la conservazione ed il godimento dell'edificio (cfr., da ultimo, Cass. 30.8.2017, n. 20528)". l'art. 1134 c.c. faccia riferimento al "rimborso" di spese specificamente sostenute per la gestione della cosa comune e non a un mero risarcimento del danno patrimoniale per equivalente. Inoltre, al fine dell'accoglimento di simili domande non solo non basta la prova della necessità dei lavori eseguiti, occorrendo anche la prova dell'urgenza, ma occorre anche che alla prova dell'effettiva esecuzione delle opere si associ la prova dei denunziati esborsi, non potendo essere utilizzato a beneficio dell'attore il criterio dell'equità (sul punto, cfr. l'ordinanza della Corte di Cassazione n. 33158 del 16 dicembre 2019). Siffatte argomentazioni risultano evidentemente spendibili anche in riferimento a fattispecie verificatesi nella vigenza del nuovo testo. Orbene, nel caso di specie, non risulta contestato dalla parte convenuta (arg. ex art. 115 cpc) che l'istante (...) aveva anticipato per conto del condominio una somma di denaro, che solo parzialmente era stata rimborsata al medesimo dai comunisti; non risulta contestato che la spesa non ancora rimborsata fosse pari a 1651,00 euro. Il (...) convenuto neppure contesta che i pagamenti come dedotti in giudizio fossero stati effettuati a causa dell'esecuzione di lavori su parti comuni su iniziativa del (...). I condomini infatti già avevano riconosciuto all'appellante un parziale rimborso delle somme da lui versate per le causali di cui alla citazione. Ciò che, invece, la parte convenuta contesta è la mancanza dei presupposti dell'art. 1134 cc, ovvero l'urgenza degli interventi richiesta come viatico per ottenere il rimborso delle spese precedentemente sostenute da un solo condomino. Tuttavia, nel caso di specie si evince che la motivazione della sentenza di primo grado relativa al rigetto della domanda appare apodittica; invero, dai documenti allegati da parte attrice emerge come l'ingerenza del (...) sulle parti comuni si sia resa necessaria per scongiurare una specifica situazione di pericolo. Ciò è riscontrabile dal verbale redatto dai tecnici dello (...) che, in data 15.11.2004, nel fare un sopralluogo al fine di verificare l'avvenuta eliminazione di abusi, hanno riscontrato la presenza di 4 pericolosi salti di quota non illuminati che, se non adeguatamente protetti, costituivano un pericolo. Dal verbale, dunque, si riscontra lo stato di pericolo in cui versava l'area in esame; pericolo che è indice per potere ritenere inverate le condizioni richieste per l'applicazione dell'art. 1134 cc. Altro documento da cui si evince la situazione di pericolo, prodotto nel fascicolo di primo grado, ma presente anche come allegato nella comparsa conclusionale redatta da parte attrice, riguarda il certificato di regolare esecuzione redatto dall'(...) da cui emerge la mancanza o, meglio, il degrado in cui si trovavano le ringhiere di protezione dell'area del parco condominiale. Alla luce di ciò si può constatare la presenza, da entrambi i documenti, del requisito del pericolo derivante dall'incuria delle parti comuni e quindi ritenere fondata la domanda di parte attorea sussistendo i presupposti dell'art. 1134 cc. L'appello, pertanto, è fondato. Di conseguenza, in riforma della sentenza di primo grado, la domanda di (...) viene accolta con conseguente condanna del condominio appellato al rimborso in favore dell'appellante della somma pari a 1651,00 euro, oltre interessi legali dalla prima formale richiesta di rimborso (rappresentata nel caso di specie dalla stessa notifica della citazione di primo grado, perfezionatasi il 4 luglio 2016) al saldo; Le spese di lite sono a carico della parte soccombente per entrambi i gradi di giudizio e si liquidano come da dispositivo che segue, in applicazione dei parametri dettati dal D.M. 55/2014, aggiornati solo per il secondo grado in forza del D.M. 147/2022, secondo lo scaglione tariffario di riferimento fino ad Euro 5.200,00, liquidando le stesse secondo valori inferiori a quelli medi stante l'assenza di attività difensiva complessa. PQM Il Tribunale, ogni altra istanza ed eccezione disattesa o assorbita, così provvede: 1) accoglie l'appello e per l'effetto, in riforma della impugnata sentenza del GDP di Napoli, condanna il (...), a provvedere al pagamento nei confronti di (...) della somma pari a 1651,00 euro, oltre accessori come in motivazione; 2) condanna la parte convenuta al pagamento delle spese di lite in favore di (...), che liquida per il presente grado in euro 1278,00 per compensi, cpa ed iva come per legge, nonché spese forfettarie e, per il primo grado, in euro 671,00 per compensi, oltre cpa ed iva come per legge, nonché spese forfettarie, oltre rimborso di quanto versato in entrambi i gradi per notifica della citazione, c.u. e marca da bollo, il tutto con attribuzione. Napoli il, 4 aprile 2024.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE di NAPOLI Sezione specializzata in materia d'impresa riunito in camera di consiglio nelle persone dei seguenti magistrati: dott. (...) dott.ssa (...) di (...) relatore dott. (...) ha pronunciato la seguente SENTENZA Nel giudizio iscritto al n. (...)/2021 R.G. TRA (...) (C .F.: (...)) rappresentato e difeso come da procura in atti dall'Avv. (...) (C.F.: (...)) con studio in (...) alla (...) 13 attrice E (...) s.r.l. (C.F. (...)) in persona dell'amministratore unico e legale rapp.te p.t. con sede in (...) alla S.S. dei (...) n. 83, rappresentata e difesa dall' Avv. (...) (C.F. (...)) e dall'Avv. (...) (C.F.: (...)) con studio in (...) alla via (...) n. 10 NONCHE' (...) s.r.l. (C.F.:(...)) in persona dell'amministratore unico e legale rapp.te p.t. con sede in (...) alla S.S. dei (...) n. 83, rappresentata e difesa dall' Avv. (...) (C.F.(...)) e dall'Avv. (...) (C.F.:(...)) con studio in (...) alla via (...) n. 10 convenute (...) revocatoria scissione (...) per parte attrice: "(...) la presente domanda e, per l'effetto ritenere e dichiarare che la (...) pose in essere l'atto di scissione di cui in premessa (notar (...) in (...) in data (...), rep. n 7892 Racc. (...), registrato in (...) in data (...) al n (...) serie (...), redatto in esecuzione della assemblea straordinaria del 27 marzo 2019) con il quale la società ha ceduto alla (...) la piena proprietà della seguente unità immobiliare sita nel Comune di (...) alla S. S. dei (...), civico n 83, costituita da un corpo di fabbrica disposto su cinque livelli e riportato nel catasto fabbricati dello Stesso Comune al foglio 14, particella (...) ai sub 2, 3 e 4 in pregiudizio della creditrice anteriore all'atto stesso (...) e per l'effetto, dichiarare la inefficacia dell'atto nei confronti della parte attrice ex art. 2901 c.c., ordinando al (...) dei (...) di (...) la trascrizione della emittenda sentenza con esonero di responsabilità. In ogni caso con vittoria di spese, diritti ed onorari"; per la convenuta (...) s.r.l.: In via preliminare e pregiudiziale disporre ex art. 295 c.p.c. la sospensione del presente giudizio in attesa di definizione del giudizio pendente dinanzi il Tribunale di (...) e recante R.G. 3406/2019; Nel merito rigettare in toto la domanda di parte attrice perché inammissibile ed infondata in fatto e diritto, in quanto non sussistente nel caso in oggetto alcun pregiudizio alle ragioni creditorie dell'attore per tutte le motivazioni di cui in narrativa; in ogni caso, condannare l'attore, alla refusione delle spese del presente giudizio con attribuzione diretta in favore dei sottoscritti procuratori antistatari; per la convenuta (...) s.r.l.: In via preliminare e pregiudiziale disporre ex art. 295 c.p.c. la sospensione del presente giudizio in attesa di definizione del giudizio pendente dinanzi il Tribunale di (...) e recante R.G. 3406/2019; nel merito rigettare in toto la domanda di parte attrice perché inammissibile ed infondata in fatto e diritto, in quanto non sussistente nel caso in oggetto alcun pregiudizio alle ragioni creditorie dell'attore per tutte le motivazioni di cui in narrativa; in ogni caso, condannare l'attore, alla refusione delle spese del presente giudizio con attribuzione diretta in favore dei sottoscritti procuratori antistatari. RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE Con atto di citazione notificato mediante PEC il (...) deduceva: di aver svolto attività di consulenza in favore della (...) s.r.l. ( già (...) s.r.l.) dal 2004 al 2019 senza aver percepito compensi; di aver adito il Tribunale di (...) per il riconoscimento delle spettanze quantificate in euro 185.625, 76; che per atto notar (...) in (...) in data (...) (rep. n. (...) Racc. (...), registrato in (...) in data (...) al n (...) serie (...)) la (...) s.r.l. dava seguito a deliberazione dell'(...) della società, per far constare la scissione della società con trasferimento del patrimonio a società a responsabilità limitata di nuova costituzione ovvero la (...) S.r.l.; che attraverso tale atto le partecipazioni della nuova società costituenda venivano assegnate ai soci della società scissa proporzionalmente a quelle già possedute, ossia di (...) 24.500,00 (49%) al socio (...) e di (...) 25.500,00 (51%) al socio (...) quest'ultimo nominato contestualmente amministratore unico della costituenda società; che veniva trasferito alla costituenda società l'immobile sito nel Comune di (...) alla S. S. dei (...), civico n 83, costituito da un corpo di fabbrica disposto su cinque livelli e riportato nel catasto fabbricati dello Stesso Comune al foglio (...), particella (...) ai sub 2, 3 e 4; che con tale atto veniva, quindi, sottratto il predetto cespite alla garanzia del credito, frustrando le ragioni dei creditori, ed in particolare dell'attore; che essendo l' atto di disposizione a titolo gratuito, stipulato dopo il sorgere del credito e rientrante per ciò solo nella previsione dell'art. 2901 c.c., doveva ritenersi inefficace nei confronti dell'attore. Tanto premesso, deducendo la sussistenza dei presupposti dell'azione di cui all'art. 2901 c.c., concludeva come in epigrafe. Con distinte comparse si costituivano la (...) s.r.l. e la (...) s.r.l. che eccepivano: che stante la pendenza del giudizio dinanzi al Tribunale di (...) il credito dell'attore era contestato, pertanto era necessario disporre la sospensione del giudizio ex art. 295 c.p.c.; che non sussisteva l'eventus damni in quanto con la scissione la garanzia del soddisfacimento del credito non era diminuita, stante il disposto dell'art. 2506 quater c.p.c., considerato che la società beneficiaria della scissione era responsabile in solido con la società scissa per i debiti di quest'ultima nei limiti del valore effettivo del patrimonio netto ad essa assegnato; che in ogni caso non vi era la scientia fraudis in quanto l'operazione di scissione rispondeva ad esigenze di riorganizzazione della società scissa, che aveva trasferito alla costituenda società competenze in un settore totalmente distinto da quello originario e prioritario; che la notifica dell'atto di citazione relativo all'accertamento del credito dell'attore era successiva all'approvazione, da parte dell'assemblea, del progetto di scissione; che l'operazione non aveva intaccato la solidità economica della società scissa. Concludevano chiedendo in via preliminare la sospensione del giudizio e nel merito il rigetto della domanda. Concessi i termini ex art. 183, comma 6, c.p.c. la causa era rinviata per la precisazione delle conclusioni e riservata in decisione con i termini di cui all'art. 190 c.p.c. La domanda è infondata e va pertanto rigettata. In via preliminare va disattesa la richiesta di sospensione del giudizio ex art. 295 c.p.c. proposta dalle convenute all'atto della costituzione in giudizio. In punto di diritto la Suprema Corte ha più volte affermato il principio per cui la sospensione necessaria del giudizio ex art. 295 c.p.c. ha lo scopo di evitare il conflitto di giudicati, quindi la sospensione può trovare applicazione solo quando in un altro giudizio debba essere decisa con efficacia di giudicato una questione pregiudiziale in senso tecnico-giuridico, non anche qualora oggetto dell'altra controversia sia una questione pregiudiziale soltanto in senso logico, soccorrendo in tal caso la previsione di cui all'art. 336 c.p.c. comma 2 sul cosiddetto effetto espansivo esterno della riforma o della cassazione della sentenza sugli atti e i provvedimenti, comprese le sentenze, dipendenti dalla sentenza riformata o cassata ( cfr. ex plurimis in motivazione Cass. 27.10.2023 n.29897). Nel caso di specie va richiamato il consolidato orientamento giurisprudenziale che ritiene che il credito solo eventuale, anche in veste di credito litigioso, sia idoneo a far insorgere la qualità di creditore che legittima l'esercizio dell'azione revocatoria ex art. 2901 c.c. ( cfr. Cass.SS.UU 9440/2004,Cass.240/2017, Cass.11755/2018). In particolare le (...) della Corte di Cassazione con ordinanza n.9440/2004, affermato tale principio, hanno escluso l'applicabilità dell'art. 295 c.p.c. in caso di pendenza del giudizio concernente l'accertamento del credito, in quanto la definizione di tale giudizio non costituisce antecedente logico-giuridico della pronuncia sulla domanda revocatoria. Stante l'assenza di pregiudizialità tra le cause, devono ritenersi insussistenti i presupposti per disporre la sospensione del presente giudizio in attesa della definizione del giudizio concernente l'accertamento della sussistenza del credito dell'attore nei confronti della società scissa. Va, sempre in via preliminare, dato atto, pur in assenza di contestazioni sul punto tra le parti, che il tema dell'ammissibilità dell'azione revocatoria di atto di scissione societaria è oggetto di un contrasto annoso, tra i fautori del sistema chiuso positivamente previsto, costituito dall'opposizione dei creditori ex art. 2503 c.c. e dalla responsabilità solidale delle società interessate ex art. 2506 quater c.c., con la possibilità di esperire la tutela risarcitoria ex art. 2504 quater c.c. e l'esclusione della ammissibilità della declaratoria di inefficacia dell'actio pauliana ex art. 2901 c.c. , ed i fautori della opposta tesi della ammissibilità dell'azione revocatoria. Quest'ultima ha ricevuto l'avallo della Suprema Corte ( ordinanza n.(...) del 2019). (...) questo indirizzo, la revocatoria della scissione sarebbe ammissibile proprio in ragione dell'effetto traslativo che connota l'atto di scissione (parziale o totale) con assegnazione di parte o di tutto il compendio immobiliare dalla scissa alla beneficiaria, dovendosi quindi intendere nella nozione di atto di disposizione patrimoniale ogni atto idoneo a comportare il trasferimento ad un distinto soggetto di elementi attivi del patrimonio del debitore, così incidendo sulla sua garanzia patrimoniale. Il sistema rimediale approntato dal codice civile in attuazione delle direttive comunitarie, secondo questa tesi, si limita a prevedere l'opposizione dei creditori ex art. 2503 c.c. e la responsabilità solidale delle società partecipanti all'operazione scissoria ex art. 2506 quater ultimo comma c.c. ma non esclude in radice la diversa portata dell'azione revocatoria che avrebbe il pregio - secondo questo orientamento - di incidere non sulla invalidità dell'atto di scissione ma esclusivamente sulla sua efficacia ed opponibilità al creditore pregiudicato. Si sostiene a suffragio di siffatta tesi che l'art. 2504 quater c.c. ricollegherebbe all'iscrizione dell'atto di scissione la sola preclusione alla dichiarazione di invalidità, così non potendosi annoverare nel sistema normativo una previsione che limiti espressamente la portata e l'applicabilità dell'art. 2901 c.c. alle scissioni societarie. Tale orientamento è stato poi sposato definitivamente dalla Corte di Cassazione con una recente pronuncia, nella quale è stato affermato il seguente principio: "Conformemente a quanto statuito dalla Corte di Giustizia UE (con sentenza del 30 gennaio 2020 in causa C-394/18), la revocatoria ordinaria dell'atto di scissione societaria è ammissibile, poiché mira ad ottenere l'inefficacia relativa di tale atto, così da renderlo inopponibile al solo creditore pregiudicato (al contrario di ciò che si verifica nell'opposizione dei creditori sociali prevista dall'art. 2503 c.c., che è finalizzata a farne valere l'invalidità), dovendosi ritenere che la tutela dei creditori, a fronte di atti societari, si estende sino a ricomprendervi, sia pure in via mediata, qualsiasi attribuzione patrimoniale, a sua volta, "indiretta" ivi contenuta" (cfr. Cass. sentenza n. 12047 del 06.05.2021.). La Corte di (...) ( sentenza 30 gennaio 2020, C-394/2018) sul punto ha ritenuto che i creditori anteriori della società scissa che non abbiano fatto uso degli strumenti di tutela dei creditori previsti dalla normativa nazionale possono intentare "un'azione pauliana al fine di far dichiarare la scissione inefficace nei loro confronti e di proporre azioni esecutive o conservative sui beni trasferiti alla società di nuova costituzione". Il presupposto di questa conclusione è che il rimedio non si sovrappone all'opposizione dell'art. 2503 c.c.: in quanto si tratta invece di tutelare i creditori che risultino pregiudicati dall'operazione, visto che "la responsabilità solidale è limitata al valore effettivo del patrimonio netto attribuito a ciascuna società beneficiaria" (art. 2506-bis, comma 3, ult. periodo, c.c.). Ciascuna società risultante o coinvolta nella scissione risponde nei limiti della quota di netto ricevuto dalla società scissa: qualora la destinazione pregiudichi gli interessi di un creditore, questo è legittimato ad esercitare l'azione revocatoria (...) perché la destinazione non produca effetto nei di lui confronti ed egli possa comunque esercitare l'azione esecutiva individuale su quel bene. In altri termini, le azioni revocatorie, a lungo ritenute inapplicabili a fusioni e scissioni, si attestano come un rimedio diverso ed oggi complementare all'opposizione, in quanto l'azione revocatoria non reagisce mai contro un vizio invalidante singoli atti, bensì contro atti validi ed ha natura di rimedio successivo, perché contesta un atto dispositivo già perfezionato, il cui effetto sia pregiudizievole per l'azione esecutiva. Sussistono, inoltre, contrasti in dottrina anche con riferimento all'atto da sottoporre a revocatoria. Ad avviso di alcuni l'oggetto della revocatoria sarebbe la delibera di approvazione del progetto di scissione, secondo altri la modificazione statutaria riorganizzativa, secondo altro orientamento ancora il singolo atto di attribuzione traslativo. (...) revocatoria, secondo la previsione di cui all'art. 2901 c.c., comporta in favore del creditore la declaratoria di inefficacia degli " atti di disposizione del patrimonio con i quali il debitore rechi pregiudizio alle sue ragioni ", dunque l'oggetto della revocatoria è rappresentato dagli atti con cui il debitore dispone del proprio patrimonio. (...) di cui si discorre dovrebbe dunque individuarsi nell'assegnazione patrimoniale della società scissa alle società beneficiarie, quale momento indefettibile e necessario della scissione, che in quanto tale comporta una riduzione di parte o dell'intero patrimonio della società scindenda a favore dell'unica beneficiaria o della pluralità di beneficiarie. Tanto premesso, in punto di diritto l'art. 2901 c.c. individua quali presupposti: la sussistenza di un credito, inteso in senso lato, comprensivo dell'aspettativa, dunque anche un credito eventuale o litigioso; il compimento, da parte del debitore, di un atto dispositivo che arrechi pregiudizio alle ragioni del creditore ( eventus damni); che il debitore conoscesse il pregiudizio che l'atto arrecava alle ragioni del creditore o, trattandosi di atto anteriore al sorgere del credito, l'atto fosse dolosamente preordinato al fine di pregiudicarne il soddisfacimento ( scientia damni o fraudis); trattandosi di atto a titolo oneroso, il terzo fosse consapevole del pregiudizio e, nel caso di atto anteriore al sorgere del credito, fosse partecipe della dolosa preordinazione ( consilium fraudis). Quanto al credito, come già evidenziato con riferimento alla richiesta di sospensione del giudizio proposta da parte convenuta, è sufficiente che si tratti di una mera aspettativa, dunque anche di un credito solo eventuale. Per quanto riguarda l'eventus damni e la scientia damni, considerata la struttura bifasica della scissione, costituita dalla delibera di approvazione del progetto di scissione e dagli atti esecutivi della stessa, occorre dare atto che la dottrina tradizionale e la giurisprudenza ritengono che, quando sussiste una sequenza tra contratto foriero della frode mediante atto dispositivo e contratto esecutivo della frode determinativo del pregiudizio, la sussistenza del presupposto della scientia damni debba essere valutata con riferimento al primo rapporto , mentre la sussistenza dell'eventus damni debba essere valutata con riferimento al momento dell'esecuzione del contratto. In particolare quando sia soggetto a revoca, ai sensi dell'art. 2901 c.c., l'atto di scissione, stipulato in esecuzione di una delibera, occorre provare il carattere fraudolento di quest'ultima (da cui è sorto l'obbligo di stipula dell'atto di scissione poi adempiuto) e tale prova può essere data nel giudizio introdotto con la domanda revocatoria dell'atto di assegnazione, indipendentemente da un'apposita domanda volta a far dichiarare l'inefficacia della delibera, fermo restando che la sussistenza del presupposto dell' "eventus damni" per il creditore va accertata con riferimento alla stipula della scissione. Si richiama sul punto la giurisprudenza formatasi con riferimento alla revocatoria dei contratti definitivi stipulati in attuazione di contratti preliminari, che può trovare applicazione anche alla sequenza delibera di scissione e atto di assegnazione. In particolare "Non sono soggetti a revoca ai sensi dell'art. 2901 cod. civ. gli atti compiuti in adempimento di un'obbligazione (cosiddetti atti dovuti) e, quindi, anche i contratti conclusi in esecuzione di un contratto preliminare o di un negozio fiduciario, salvo che sia provato il carattere fraudolento del negozio con cui il debitore abbia assunto l'obbligo poi adempiuto, essendo la stipulazione del negozio definitivo l'esecuzione doverosa di un "pactum de contrahendo" validamente posto in essere ("sine fraude") cui il promissario non potrebbe unilateralmente sottrarsi" ( Cass.9970/2008) Nello stesso senso "(...) di assegnazione mediante il quale la cooperativa edilizia trasferisce al socio la proprietà dell'immobile realizzato non è soggetto a revocatoria ordinaria qualora rappresenti un atto dovuto, avendo la cooperativa accettato la specifica prenotazione del socio e avendo questi pagato il corrispettivo, a meno che l'attività preliminare all'assegnazione sia stata compiuta in frode ai creditori, a tal fine dovendosi valutare la sussistenza dell'elemento soggettivo ex art. 2901 cod. civ. con riguardo al momento dell'attività preliminare all'assegnazione e la sussistenza dell'"eventus damni" con riguardo al momento dell'assegnazione stessa" (Cass.Sez. 1, Sentenza n. 20677/2012). Ancora "In tema di azione revocatoria, sono soggetti a revoca, ai sensi dell'art. 2901 c.c., i contratti definitivi stipulati in esecuzione di un contratto preliminare, ove sia provato il carattere fraudolento del negozio con il quale il debitore abbia assunto l'obbligo poi adempiuto, e tale prova può essere data nel giudizio introdotto con la domanda revocatoria del contratto definitivo, indipendentemente da un'apposita domanda volta a far dichiarare l'inefficacia del contratto preliminare.. Il contratto preliminare di vendita di un immobile non produce effetti traslativi e, conseguentemente, non è configurabile quale atto di disposizione del patrimonio, assoggettabile all'azione revocatoria ordinaria, che può, invece, avere ad oggetto l'eventuale contratto definitivo di compravendita successivamente stipulato; pertanto, la sussistenza del presupposto dell' "eventus damni" per il creditore va accertata con riferimento alla stipula del contratto definitivo, mentre l'elemento soggettivo richiesto dall'art. 2901 c.c. in capo all'acquirente va valutato con riguardo al momento della conclusione del contratto preliminare, momento in cui si consuma la libera scelta delle parti "(Cass.Sez.3, Ordinanza 15215/2018). Tanto premesso, in punto di fatto, quanto al presupposto costituito dal credito, va rilevato che l'attore ha dedotto di non aver percepito i compensi per le prestazioni erogate a far data dal 2004 ed ha documentato di aver introdotto il giudizio di accertamento delle ragioni di credito ( cfr. atto di citazione allegato alla produzione di parte attrice). La delibera di approvazione del progetto di scissione è datata 27.3.2019 ( cfr. allegato alla produzione della (...) s.r.l.) , dunque le ragioni di credito, considerata la prospettazione della stessa parte attrice, sono antecedenti all'approvazione del progetto di scissione; al fine di individuare l'anteriorità o la posteriorità del credito rispetto alle operazioni di scissione occorre, infatti, far riferimento al momento genetico del credito e non al suo accertamento. Osserva il Collegio che, trattandosi di credito anteriore alla delibera di scissione, il creditore avrebbe potuto azionare i rimedi tipici previsti dagli artt. 2503 e ss.c.c., pertanto avrebbe dovuto allegare la sussistenza di uno specifico interesse ad ottenere la declaratoria di inefficacia dell'atto di assegnazione del patrimonio immobiliare alla società beneficiaria della scissione ( adottato nella successiva data del 31.7.2019:cfr. allegato all'atto di citazione). (...) 2902, primo comma, del codice civile prevede infatti che il creditore che ha ottenuto che l'atto di disposizione del debitore che ha arrecato pregiudizio alla garanzia sul patrimonio del debitore sia dichiarato inefficace può promuovere nei confronti dei terzi acquirenti le azioni esecutive o conservative sui beni che formano oggetto dell'atto impugnato. Nel caso di specie l'attore nel momento in cui avrà conseguito un titolo esecutivo potrà agire sul patrimonio della società beneficiaria ex art. 2506 -quater c.c. e nulla ha dedotto con riferimento alla utilità di una pronuncia di inefficacia dell'atto di conferimento di un cespite che per legge già ha diritto di aggredire, ma si è limitato ad affermare la maggiore onerosità dell'esecuzione da compiersi su due patrimoni distinti e l' insufficienza dei patrimoni a soddisfare le sue ragioni di credito. Sul punto va evidenziato che il progetto di scissione approvato con delibera del 27.3.2019 ( cfr. allegato alla produzione dei convenuti) ha previsto una scissione parziale proporzionale, con assegnazione dell'intero patrimonio immobiliare aziendale della (...) (...) s.r.l. ( ora (...) s.r.l.). alla costituenda società (...) s.r.l. risultante dalla scissione e assegnazione ai soci della (...) s.r.l. delle quote della nuova società in misura proporzionale; tale operazione è stata prevista Nel progetto di scissione ( cfr. allegato al verbale di approvazione depositato dalle convenute) si legge " La beneficiaria verrà ad esistenza e nel limite del valore effettivo del patrimonio netto ad essa assegnato diverrà titolare di tutti i rapporti giuridici attivi e passivi inerenti gli elementi patrimoniali attivi e passivi", dunque il patrimonio della scissa conferito nella società beneficiaria continuerà a costituire garanzia per il pagamento dei crediti anteriori nei confronti della società scissa. Di conseguenza, il bene conferito alla società scissa continuerà a costituire garanzia per il pagamento dei crediti anteriori ( tra cui il credito dell'attore) della società scissa, e sullo stesso parte attrice, una volta ottenuto un titolo esecutivo, potrà agire a tutela delle proprie ragioni. Difetta, pertanto, un interesse dell'attore ad agire ex art. 2901 c.c., considerato che potrà comunque agire, in virtù della previsione di cui all'art. 2506 quater c.c. e di quanto previsto nel progetto di scissione, sul bene conferito alla (...) s.r.l. Anche la deduzione relativa alla insufficienza dei due patrimoni è priva di pregio. Dall'esame dei bilanci approvati dalla società scissa e dalla società beneficiaria al 31.12.2019, dunque successivamente all'attuazione della scissione è emerso che la (...) s.r.l. ha un patrimonio netto pari ad euro 238.637,00 (cfr. bilancio allegato alla comparsa di costituzione) e la società beneficiaria, la (...) s.r.l. ha un patrimonio netto al 31.12.2019 pari ad euro 807.541,00 ( cfr. bilancio allegato alla comparsa di costituzione), importi decisamente superiori alla somma che, secondo la prospettazione di parte attrice, costituisce il credito sub judice nei confronti della società scissa ( euro 185.625,86). A prescindere dalla sussistenza dell'interesse ad agire, in ogni caso la domanda è infondata, difettando il requisito dell'eventus damni, della scientia damni e del consilium fraudis. Per mera completezza va osservato che l'atto di scissione è un atto a titolo oneroso, in quanto la società scissa perde parte del patrimonio ma i soci ottengono un vantaggio costituito dall'attribuzione delle quote della società beneficiaria; inoltre insieme al conferimento dei beni vengono trasferite, nei limiti del valore effettivo del patrimonio netto della beneficiaria, anche i rapporti passivi. Va evidenziato sul punto che ai fini della revocatoria il concetto di onerosità è più ampio di quello di corrispettività, comprendendo tutti quegli atti dai quali discenda direttamente anche per il debitore un vantaggio patrimoniale; gratuito è solo l'atto che comporti una volontaria attribuzione patrimoniale in favore di un altro soggetto che non sia bilanciata da alcun vantaggio, sia pure indiretto o mediato, per il soggetto disponente. Pertanto nel caso di specie dovrebbe essere accertata la sussistenza anche del requisito del consilium fraudis, dunque la consapevolezza, da parte del terzo, del pregiudizio arrecato. Tanto premesso, deve ritenersi insussistente l'elemento dell'eventus damnida valutarsi, secondo la giurisprudenza richiamata in materia di contratti preliminari e definitivi al momento dell'atto di attuazione della scissione, dunque al momento dell'assegnazione del bene immobile in quanto, come già osservato, i patrimoni netti delle società scissa e beneficiaria hanno valori nettamente superiori al valore del credito di parte attrice e dai bilanci depositati è emersa la stabilità economica delle convenute. Va inoltre esclusa anche la scientia damni ( che deve sussistere al momento in cui viene assunta la delibera di approvazione del progetto di scissione) in quanto dall'esame del progetto di scissione emergono delle ragioni oggettive che hanno giustificato l'operazione straordinaria, consistenti nella necessità di razionalizzare la gestione di due attività distinte, una delle quali, quella conferita nella società beneficiaria, non costituente il core business della società scissa. In particolare nel progetto allegato dalle parti convenute si legge "per l'esigenza di separare le attività caratteristiche della società scissa dall'attività di gestione degli immobili non costituenti il core business aziendale..e perseguirà la duplice esigenza di migliorare l'organizzazione aziendale della scissa da un lato e dall'altro rendere più efficiente la gestione del patrimonio immobiliare nella società beneficiaria". Inoltre " la costituzione di due entità, ognuna preposta ad uno specifico settore di attività, consentirà un'allocazione ottimale degli asset materiali ed immateriali che potranno essere valorizzati in modo tale da poter acquisire risorse economico finanziarie mirate allo sviluppo delle singole attività , garantire un aumento della produttività della scissa ed una più efficiente gestione dei beni immobili oggetto di trasferimento nella beneficiaria, ottenendo altresì una semplificazione nella gestione economica, amministrativa e contabile delle due società risultanti dalla gestione" ( cfr. pagg.11 e 12 del progetto di scissione). Deve pertanto escludersi che l'intera operazione sia stata fraudolentemente predisposta per danneggiare le ragioni del creditore. Non sussistendo il presupposto della scientia damni è evidente che difetta anche il requisito del consilium fraudis. Alla luce delle osservazioni che precedono, la domanda va rigettata. Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo, tenuto conto dei valori previsti dal D.M. 13.8.2022 n.147 con riferimento alle cause di valore indeterminabile e di alta complessità con distrazione in favore dei procuratori dichiaratisi anticipatari, pro quota e in parti uguali. P.Q.M. Definitivamente pronunciando, disattesa ogni diversa domanda, istanza, eccezione e/o deduzione, così provvede: rigetta la domanda; condanna parte attrice alla rifusione, nei confronti delle convenute, delle spese di lite che si liquidano in euro 9000,00 per ciascuna parte per compensi professionali, oltre rimborso spese, c.p.a ed I.V.A. con distrazione in favore degli Avv.ti (...) e (...) dichiaratisi anticipatari. Così deciso in Napoli il 2 aprile 2024. Depositata in Cancelleria il 2 aprile 2024.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE DI NAPOLI SEZIONE 6A CIVLE nella persona del Giudice Onorario dott.ssa Rita Nissim, ha pronunziato la seguente SENTENZA nella causa civile iscritta al numero 1951/2019 del Ruolo Generale Affari contenziosi, avente ad oggetto impugnativa delibera condominiale e vertente TRA (...) in persona del suo procuratore generale sig. (...), elettivamente domiciliata in (...) presso il difensore Avv. (...) procura in atti ATTRICE E (...), in persona dell'amm.re p.t., elettivamente domiciliato in (...) 80143 (...) presso il difensore avv. (...), procura in atti - CONVENUTO CONCLUSIONI RASSEGNATE DALLE PARTI Come da note di trattazione scritta che si intendono integralmente richiamate e trascritte. CONCISA ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO La presente sentenza non contiene la esposizione dello svolgimento del processo, per effetto della modifica che la L. n. 69/09 ha apportato all'art. 132 c.p.c. che, ai sensi dell'art. 58 L. n. 69/09 cit., si applica anche ai giudizi pendenti alla data di entrata in vigore della riforma (4.7.09). Con atto di citazione ritualmente notificato al convenuto, (...) in persona del suo procuratore generale sig. (...), premesso di essere proprietaria di un appartamento posto nell'isolato n. 7 del condominio (...) chiede dichiararsi nulla e/o annullarsi la delibera approvata dall'assemblea condominiale del 21.05.2018. A sostegno della domanda deduceva: A) l'illegittimità della delibera approvata dal (...) per difetto di rappresentanza del mandatario dell'isolato n.7 il cui mandato, conferito con verbale del 13.11.2013, risulta scaduto e non più rinnovato dall'assemblea dei condomini; B) in via gradata, l'invalidità del deliberato impugnato, risultando nel preventivo allegato alla convocazione un compenso per l'anno 2018 di importo diverso e maggiore rispetto al preventivo allegato al verbale. Si costituiva il (...), il quale, concludeva per il rigetto della domanda perché infondata in fatto e in diritto, con vittoria di spese di lite ed onorari di causa. Esperito il procedimento di mediazione, prodotta documentazione la causa, sulle conclusioni in epigrafe, all'udienza del 26.09.2023, veniva trattenuta in decisione, con assegnazione alle parti dei termini ordinari di cui all'art. 190 c.p.c. per lo scambio degli scritti conclusionali. La domanda attorea è fondata e merita di essere accolta. Il primo motivo di impugnazione sub A) risulta assorbente rispetto alle restanti doglianze espresse dall'istante, rendendone così superflua l'analisi. Infatti, in ragione del principio cosiddetto della "ragione più liquida", la domanda può essere decisa sulla base della soluzione di una questione assorbente e di più agevole e rapido scrutinio, pur se logicamente subordinata alle altre, senza che sia necessario esaminare previamente tutte le altre secondo l'ordine previsto dall'art. 276 c.p.c.; ciò è suggerito dal principio di economia processuale e da esigenze di celerità e speditezza anche costituzionalmente protette ed è altresì conseguenza di una rinnovata visione dell'attività giurisdizionale, intesa non più come espressione della sovranità statale, ma come servizio reso alla collettività con effettività e tempestività, per la realizzazione del diritto della parte ad avere una valida decisione nel merito in tempi ragionevoli. Nella fattispecie in esame, risulta dirimente il mancato rispetto della disciplina di cui all'art. 1129, comma 10, cc, che dispone: "l'incarico di amministratore ha durata di un anno e si intende rinnovato per eguale durata. L'assemblea convocata per la revoca o le dimissioni delibera in ordine alla nomina del nuovo amministratore". Pertanto, l'amministratore, a seguito della scadenza del mandato (un anno dalla nomina più altro anno di rinnovo), cessa inevitabilmente dalle sue funzioni e si trova nel cd regime di mera prorogatio. L'amministratore è tenuto, quindi, a convocare assemblea per la nomina del rappresentante del condominio. L'esigenza di sostituzione (o di conferma), comunque, può essere assolta attraverso il potere di autoconvocazione dell'assemblea ex art. 66 disp. att. c.c., e, in caso di esito negativo, mediante il ricorso per la nomina di un amministratore giudiziario (si richiama all'uopo il disposto contenuto nel primo comma dell'art. 1129 c.c. a tenore del quale, "quando i condomini sono più di (...), se l'assemblea non vi provvede, la nomina dell'amministratore e fatta dall'autorità giudiziaria, su ricorso di uno o più condomini o dell'amministratore dimissionario"). Sul punto si è recentemente espressa anche la Corte di Appello di Napoli con decreto n.1074 del 30 marzo 2020 reso in rg VG 135/2020, ove si legge: " L'istituto della prorogatio, caratterizzato dalla permanenza dell'amministratore nell'esercizio della funzione di governo del condominio in ogni caso in cui cessi la formale investitura dell'organo (non solo nei casi di scadenza del termine di cui all'art. 1129 comma 2 c.c. o di dimissioni, ma anche nei casi di revoca o di annullamento per illegittimità della relativa delibera di nomina) trae origine da una presunzione di conformità dell'operato dell'amministratore uscente alla volontà dei condomini e si giustifica alla luce della necessità di assicurare la continuità della gestione. Poiché, tuttavia, la protrazione nella gestione non trova, a proprio fondamento, alcun rapporto di mandato, estintosi per una delle cause sopra richiamate, non vi è alcun amministratore formalmente in carica, suscettibile di revoca giudiziale con il procedimento attivabile ai sensi degli artt. 1129 e 64 disp. att. cc. Nell'ipotesi in esame, lo stallo provocato dall'eventuale inerzia dell'amministratore cessato nel convocare l'assemblea per la sua sostituzione ben può essere superato dai singoli condomini attraverso il meccanismo di autoconvocazione contemplato dall'art. 66 primo comma seconda parte disp. att. c.c.; laddove, poi, l'organo assembleare non provveda, è fatta salva la possibilità di ricorrere allo strumento della nomina di un amministratore giudiziario ai sensi dell'art. 1129 primo comma c.c., di cui, in tal caso, sussisterebbero i presupposti. Questa impostazione, seguita dalla prevalente giurisprudenza di merito, e in linea con la delimitazione dell'ambito di azione dell'amministratore in prorogatio introdotta dalla legge di riforma n. 220/2012 (in vigore dal 18.6.2013), che ha riscritto l'art. 1129 comma 8 c.c. con la previsione che "alla cessazione dell'incarico l'amministratore e tenuto...ad eseguire le attività urgenti al fine di evitare pregiudizi agli interessi comuni senza diritto ad ulteriori compensi". La restrizione dell'ambito dei poteri-doveri dell'amministratore in prorogatio, sancita dalla nuova disposizione, ha reso inattuale l'insegnamento della Suprema Corte maturato anteriormente alla entrata in vigore della riforma, secondo cui, in coerenza con la ratio della necessità di assicurare la continuità di gestione, l'amministratore ad interim dovesse continuare a provvedere all'adempimento delle incombenze previste dall'art. 1130 c.c. e così a riscuotere i contributi condominiali e ad erogare le spese occorrenti per la manutenzione ordinaria delle parti comuni dell'edificio e per l'esercizio dei servizi comuni, trattandosi di attribuzioni appunto funzionali alla stessa sopravvivenza dell'ente (Cass. 3588/1993). Il testo novellato dell'art. 1129 comma 8 c.c. e stato interpretato come l'espressione della volontà del legislatore di "responsabilizzare" il condominio, evitando il cristallizzarsi di una situazione di precarietà, stimolando i condomini a dare impulso alla nomina di un nuovo amministratore, per sbloccare una gestione che rimarrebbe altrimenti limitata a pochi atti, offrendo loro la possibilità, in caso di inerzia dell'assemblea, di rivolgersi al giudice per la nomina di un amministratore giudiziario (art. 1129 comma 1 c.c.. Nel caso di specie, la delibera di nomina del sig. (...) quale rappresentante dell'isolato n.7 risale al novembre 2013. Pertanto, alla data di assunzione della causa in decisione risulta senza dubbio detto amministratore cessato dall'incarico per scadenza temporale del mandato. Le spese di lite seguono la soccombenza e vanno pertanto poste a carico del (...). Esse, in assenza di nota spese, si liquidano come in dispositivo, con applicazione dei parametri medi previsti dal D.M. n. 147/2022 per le cause di valore indeterminabile, con la precisazione che ci si discosta dai valori medi per la limitata attività processuale svolta e per l'assenza di questioni complesse. P.Q.M. Tribunale di Napoli -VI Sezione Civile- definitivamente pronunciando sulla domanda in epigrafe precisata e tra le parti ivi indicate, disattesa ogni diversa istanza, così provvede: - accoglie la domanda formulata da parte attorea e per l'effetto annulla la deliberazione assembleare del 21.05.2018, oggetto di impugnazione; - condanna parte convenuta alla rifusione delle spese di lite nei confronti della parte attrice, che liquida nell' importo di euro 264,00 per esborsi ed Euro 2906,00 a titolo di compenso professionale, oltre al rimborso delle spese di mediazione, delle spese generali nella misura del 15%, CPA ed IVA come per legge, con attribuzione all'avv. (...) Così deciso in Napoli, oggi 29.03.2024.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI NAPOLI NORD Il Tribunale di Napoli Nord - Prima Sezione - in persona del G.I. Dott. Paola Odorino, ha pronunciato, la seguente SENTENZA nella causa iscritta al n. 338/2023 del R.G.A.C., Procedimento Ordinario di Cognizione ex artt.163 e ss. c.p.c., avente ad oggetto: "Altri rapporti condominiali" Tra (...), C.F. (...) elettivamente domiciliato in (...) alla (...), presso lo studio dell'Avv. (...) giusta procura in calce all'atto di citazione in opposizione a decreto ingiuntivo Attore Contro (...), C.F. (...), elettivamente domiciliata in (...) alla (...), presso lo studio degli Avv.ti (...) e (...), giusta procura in calce alla comparsa di costituzione e risposta Convenuto Conclusioni All'udienza del 15.01.2025 le parti chiedevano che il giudizio venisse definito con dichiarazione di cessazione della materia del contendere con compensazione integrale delle spese del giudizio MOTIVI DELLA DECISIONE IN FATTO ED IN DIRITTO Con atto di citazione in opposizione a decreto ingiuntivo ritualmente notificato l'opponente (...) premessa la notifica, in data 30.11.2022, del Decreto Ingiuntivo n. 4895/2022 del 29.11.2022, reso su istanza di parte opposta a seguito del mancato pagamento del compenso per l'attività di amministratore di condominio espletata in favore del condominio opponente, deduceva: che il rapporto tra la (...) e il (...) trovava la sua regolamentazione iniziale nell'investitura dell'assemblea dell'anno 2011; che l'opposta era in realtà completamente assente dalla gestione condominiale; che in data 01.10.2022 l'Assemblea chiedeva alla (...) una convocazione per la revoca dell'Amministratore, fissata per il giorno 25.11.2020, alla quale essa stessa non si presentava ma l'assemblea, regolarmente costituita e convocata, decideva comunque di deliberare; che l'ultimo atto contabile posto al vaglio dell'assemblea era datato 2017; che nulla doveva pertanto essere erogato all'opposta (...) perché mai pattuito con l'assemblea condominiale, non avendo la stessa mai sottoposto al vaglio assembleare la sua ricandidatura, un preventivo delle sue competenze, né tantomeno aveva provato di aver tenuto regolare contabilità; che la tenuta regolare e corretta della contabilità costituiva presupposto ineludibile per ottenere il pagamento del compenso, con la conseguenza che, in assenza di tale onere probatorio, il credito dell'amministratore non poteva ritenersi provato e, pertanto, poteva essere disconosciuto dal giudice; che, dunque, l'assemblea non aveva deliberato sull'approvazione del compenso, né sulla conferma dell'amministratore, né tantomeno sui rendiconti anni 2017/2018/2019/2020; che solo a seguito di revoca, effettuato il passaggio delle consegne, veniva scoperto che il condominio versava in condizioni economiche disastrose con uno scoperto di circa 15.000,00; che alcune delle somme richieste in via monitoria risultavano ormai prescritte e per le stesse vi erano errori di calcolo come specificato in atti. Per questi motivi chiedeva: dichiarare l'integrale accoglimento dell'opposizione e consequenziale revoca del decreto ingiuntivo opposto; accogliere la domanda riconvenzionale nella misura di Euro 5.000,00 o maggiore che dovesse emergere dal giudizio; in via gradata, accertare e dichiarare la intervenuta prescrizione per gli anni 2014/2015/2016 e compensare la somma indebitamente dalla stessa percepita per gli anni 2014/2015/2016 con quelle degli anni successivi. Instaurato il contraddittorio, si costituiva l'opposta (...), la quale, nel contestare ed impugnare in toto la prospettazione in fatto ed in diritto operata da parte opponente, deduceva: che con verbale assembleare del 20.06.2016 il condominio opponente deliberava all'unanimità di rinominare la ricorrente come amministratore p.t.; che la stessa aveva svolto l'incarico in parola con diligenza e scrupolosità sino alla data del 30.11.2020, nella quale i condomini autoconvocatisi revocavano l'incarico conferito nominando in sua sostituzione il dott. (...), con passaggio di consegne per il giorno 28.12.2022; che a seguito di numerose richieste di pagamento rimaste inevase, in data 12.07.2021 la stessa richiedeva formalmente il pagamento del compenso professionale; che non era stato esperito il tentativo di mediazione obbligatoria per l'avversa domanda riconvenzionale e per quest'ultima non vi era stata preventiva autorizzazione assembleare; che l'avversa eccezione di prescrizione era infondata e da rigettare; che la stessa aveva sempre espletato il proprio incarico con regolarità e diligenza, confermato dalla mancanza di contestazioni in corso di incarico. Per questi motivi chiedeva: preliminarmente, dichiarare l'improcedibilità della domanda riconvenzionale per mancato esperimento del procedimento di mediazione obbligatoria; dichiarare l'inammissibilità della domanda riconvenzionale per mancanza di delibera assembleare; dichiarare il difetto di rappresentanza e di legittimazione dell'amministratore per mancanza di ratifica da parte dell'assemblea; concedere la provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo opposto n. 4895/2022 del 29.11.2022; nel merito, rigettarsi l'opposizione proposta in quanto inammissibile, improponibile, improcedibile, per la tardività e perché infondata in fatto ed in diritto e comunque non provata; per l'effetto, confermarsi integralmente la validità e l'efficacia del Decreto Ingiuntivo de quo; in subordine, accertarsi, in ogni caso, l'effettivo credito vantato dall'opposto nei confronti dell'opponente e, per l'effetto, condannare quest'ultimo al pagamento delle somme che dovessero risultare dovute; condannare parte opponente avversa ai sensi dell'art. 96 c.p.c., essendo la domanda riconvenzionale documentalmente infondata e capziosa; con vittoria di spese. A scioglimento della riserva assunta all'udienza di comparizione del 23.05.2023 il G.I. rigettava la richiesta di provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo opposto, assegnava alle parti termine per l'attivazione della procedura di mediazione e rinviava la causa all'udienza del 16.10.2023. All'udienza del 16.10.2023 le parti dichiaravano di aver raggiunto un accordo transattivo; il G.I., pertanto, rinviava la causa al 15.01.2024 per la precisazione delle conclusioni, onerando le parti di versare in atti l'accordo transattivo raggiunto. All'udienza del 15.01.2024 le parti, rilevando nuovamente di aver raggiunto un accordo, dichiaravano che nelle more l'intera obbligazione era stata adempiuta dal condominio e, pertanto, chiedevano che venisse dichiarata l'estinzione del processo per cessata materia del contendere con compensazione integrale delle spese del giudizio; il G.I. riservava pertanto la causa in decisione. Preliminarmente si rileva che l'ambito entro cui può essere ricondotta la fattispecie in esame è quello del rapporto di mandato, a titolo oneroso, che sorge tra il condominio e l'amministratore dello stesso a seguito di regolare nomina conferita dall'assemblea condominiale. Nel caso in esame l'amministratore ricorrente in fase monitoria avanza nei confronti del convenuto condominio una pretesa creditoria relativa al mancato pagamento del compenso stabilito per l'espletamento del proprio incarico condominiale. Si osserva che nell'ipotesi di mandato oneroso, il diritto del mandatario al compenso ed al rimborso delle anticipazioni e spese sostenute è condizionato alla presentazione al mandante del rendiconto del proprio operato, che deve necessariamente comprendere la specificazione dei dati contabili delle entrate, delle uscite e del saldo finale. Ne consegue che il credito per compenso amministratore di condominio e per le anticipazioni delle spese da lui sostenute non può ritenersi provato in mancanza di una regolare contabilità che, sebbene non debba redigersi con forme rigorose, analoghe a quelle prescritte per i bilanci delle società, deve, però, essere idonea a rendere intellegibili ai condomini le voci di entrata e di uscita, con le relative quote di ripartizione, così da rendere possibile l'approvazione da parte dell'assemblea condominiale del rendiconto consuntivo (Cass. civ., Sez. II, 14/02/2017, n. 3892). Sul punto, si osserva che la delibera assembleare di approvazione del rendiconto costituisce, di fatto, approvazione dell'intero operato dell'amministratore e, dunque, di ratifica negoziale, da parte dell'assemblea, dell'operato del mandatario, nel suo complesso considerato, con la conseguenza che l'inesistenza di siffatta delibera è apertamente disconoscimento e disapprovazione dell'operato del proprio mandatario. Si osserva, altresì, che, come statuito anche dalla Suprema Corte, la trasparenza della contabilità è condizione essenziale ai fini del pagamento delle competenze dell'amministratore condominiale, l'assenza di un registro della contabilità condominiale, con la consequenziale impossibilità di ricostruire entrate e uscite, impedisce di far valere le proprie ragioni in giudizio ai fini dell'accertamento dell'ammontare dei compensi (Cass. Civ. n. 3892/2017). Fermo detto inquadramento giuridico e giurisprudenziale, senza necessità di entrare nel merito dei rilievi mossi, si osserva che, come dichiarato e documentalmente provato, le parti in data 12.10.2023 hanno raggiunto accordo transattivo in relazione ai titoli per cui è causa; deve essere dichiarata, pertanto, l'avvenuta cessazione della materia del contendere. In tal senso, è consolidato il principio per cui il giudice può, in qualsiasi stato e grado del processo, dare atto d'ufficio della cessazione della materia del contendere, intervenuta nel corso del giudizio, se ne riscontri i presupposti, e cioè, se risulti ritualmente acquisita ovvero concordemente ammessa, come avvenuto nel caso di specie, una situazione dalla quale emerga che è venuta meno ogni ragione di contrasto tra le parti, e quindi la necessità di una decisione sulla domanda quale originariamente proposta in giudizio, con esclusione, sotto ogni profilo, dell'interesse delle parti a ottenere l'accertamento, positivo o negativo, del diritto dedotto in causa (ex multis, Cass. Civ. sez. 6, ordinanza 03.10.2022 n. 28629; Cass. Civ. sez. 6-2, 08.06.2020 n. 10847; Cass. Civ. sez. 6-2 11.08.2017 n. 20071; Cass. Civ. sez. 2, 10.02.2010 n. 2999; Cass. Civ. sez. 2, 28.06.2004 n. 11961). Si richiama, sul punto, l'orientamento ormai pacifico della Suprema Corte, la quale ha in più arresti sancito che "la cessazione della materia del contendere, quale evento preclusivo della pronuncia giudiziale, può configurarsi solo quando nel corso del processo sopravvenga una situazione che elimini completamente ed in tutti i suoi aspetti la posizione di contrasto tra le parti, facendo in tal modo venir meno del tutto la necessità di una decisione sulla domanda quale originariamente proposta in giudizio ed escludendo, così, sotto ogni profilo, l'interesse delle parti ad ottenere l'accertamento, positivo o negativo, del diritto o di uno dei diritti inizialmente dedotti in giudizio (ex multis, Cass. Civ. n. 12884 del 03.09.20023; Cass. civ., sez. U., 28 settembre 2000 n. 1048; Cass. civ., sez. I, 3 marzo 2006 n. 4714; Cass. civ., sez. III, 31 agosto 2015 n. 17312). La Suprema Corte Cassazione, altresì, afferma chiaramente che, secondo l'orientamento giurisprudenziale consolidatosi in materia, la condotta riparatoria del (...) - come nel caso di specie, a seguito di raggiungimento di accordo transattivo - produce l'effetto di far venir meno la specifica situazione di contrasto fra le parti, determinando al contempo e conseguentemente la cessazione della materia del contendere, analogamente a quanto disposto dall'art. 2377, comma 8, c.c. dettato in tema di società di capitali (Cass. Sez. 6 - 2, 11.08.2017, n. 20071; Cass. Sez. 2, 10.02.2010, n. 2999; Cass. Sez. 2, 28.06.2004, n. 11961), rimanendo affidata soltanto la pronuncia finale sulle spese (a differenza, peraltro, di quel che espressamente statuisce il medesimo comma 8 dell'art. 2377 c.c., nel testo successivo al d.lgs. n. 6 del 2003, il quale dispone che "... il giudice provvede sulle spese di lite, ponendole di norma a carico della società...") ad una valutazione di soccombenza virtuale, che impone di operare una valutazione prognostica circa il probabile esito del giudizio, ipotizzando il mancato verificarsi del fatto che ha determinato la cessazione della materia del contendere. Nel caso in parola, le parti stesse hanno dichiarato di aver regolato con il citato accordo altresì i compensi legali; sussistono dunque giusti motivi per compensare integralmente tra le parti le spese di lite. P.Q.M. Il Tribunale di Napoli Nord, in persona del Giudice Unico Dott.ssa Paola Odorino, definitivamente pronunciando sul ricorso, iscritto al n. R.G. 338/2023, ogni diversa istanza ed eccezione disattesa o assorbita, così provvede: a) Dichiara cessata la materia del contendere, per tutte le motivazioni innanzi riportate; b) Compensa integralmente tra le parti le spese di lite. Manda alla cancelleria per le comunicazioni di rito. Così deciso in Aversa l'11 marzo 2024. Depositata in Cancelleria il 26 marzo 2024.
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