Sentenze recenti Tribunale Nocera Inferiore

Ricerca semantica

Risultati di ricerca:

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI NOCERA INFERIORE II SEZIONE CIVILE in composizione monocratica e nella persona del dott.ssa Martina Fusco, in funzione di giudice unico, pronuncia ai sensi dell'art. 281-sexies c.p.c. la seguente SENTENZA nella controversia civile iscritta al n. 2926 del Ruolo Generale Affari Contenziosi dell'anno 2015, vertente TRA (...), elett.te dom. presso lo studio dell'avv. (...), dal quale è rapp.to e difeso, giusta procura in atti ATTORE E (...), in persona del legale rapp.tep.t., elett.te dom.to presso lo studio dell'avv. (...), dalla quale è rapp.to e difeso, giusta procura in atti CONVENUTO Oggetto: impugnativa delibera assembleare RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE La presente decisione è adottata ai sensi dell'art. 281-sexies c.p.c. e, quindi, è possibile prescindere dalle indicazioni contenute nell'art. 132 c.p.c. Infatti, l'art. 281-sexies c.p.c., consente al giudice di pronunciare la sentenza in udienza al termine della discussione dando lettura del dispositivo e delle ragioni di fatto e di diritto della decisione, senza dover premettere le indicazioni richieste dal secondo comma dell'art. 132 c.p.c., perché esse si ricavano dal verbale dell'udienza di discussione sottoscritto dal giudice stesso. Pertanto, non è affetta da nullità la sentenza, resa nella forma predetta, che non contenga le indicazioni riguardanti il giudice e le parti, le eventuali conclusioni del P.M. e la concisa esposizione dei fatti e dei motivi della decisione (Cass. civ., Sez. III, 19 ottobre 2006, n. 22409). Ancora, in tale sentenza è superflua l'esposizione dello svolgimento del processo e delle conclusioni delle parti, quando questi siano ricostruibili dal verbale dell'udienza di discussione e da quelli che lo precedono (Cass. civ., Sez. III, 11 maggio 2012, n. 7268; Cass. civ., Sez. III, 15 dicembre 2011, n. 27002). Con atto di citazione regolarmente notificato, (...) impugnava la delibera assembleare del 13/02/2015 approvata dall'assemblea del (...), cui l'attore non aveva partecipato. A sostegno della propria domanda, in particolare, deduceva quale primo motivo di impugnazione, l'inadempimento dell'amministratore di condominio alla richiesta di consegna della documentazione richiesta; quale secondo motivo di impugnazione, allegava numerosi vizi della delibera impugnata - di approvazione del bilancio consuntivo. In particolare: - erronea applicazione dell'aliquota per la determinazione della rivalsa da addebitare, a titolo di contributo iscrizione Gestione Separata - Inps, per il compenso dell'amministratore; - erronea determinazione del compenso amministratore; - erronea rendicontazione della quota per la manutenzione ascensore Scala A; - erronea rendicontazione della quota per la pulizia Scala A e per la pulizia Piazzale; - erronea rendicontazione della quota dovuta per la verifica biennale dell'ascensore Scala A. Concludeva, quindi, chiedendo la declaratoria di nullità della delibera impugnata, con vittoria di spese. Si costituiva in giudizio il (...) convenuto, il quale, in persona del proprio amministratore e l.r.p.t, contestava tutto quanto ex adverso dedotto ed eccepito, ed in particolare rimarcava la legittimità di tutto gli addebiti rendicontati in bilancio; specificava, inoltre, che tutta la documentazione richiesta era stata in effetti consegnata all'attore. Concludeva, pertanto, per il rigetto della domanda, con vittoria di spese. Veniva espletata l'istruttoria ritenuta rilevante, ed in particolare veniva disposta CTU volta alla verifica della regolarità delle rendicontazioni effettuate in sede di bilancio approvato. Depositata la perizia, la causa veniva ritenuta matura per la decisione. L'udienza del 23/05/2024, disposta per la discussione ex art 281 sexies c.p.c., veniva sostituita dal deposito di note di trattazione scritta; nessuna delle parti costituite proponeva opposizione alla suddetta modalità di trattazione nel termine stabilito dalla legge e, anzi, entrambe depositavano note, in cui concludevano riportandosi a tutte le difese in atti. Il giudizio viene pertanto deciso con la presente pronuncia, allegata al provvedimento ex art 127 ter c.p.c.. Preliminarmente, non può dubitarsi della legittimazione attiva dell'attore; ed infatti, l'art. 63 co 4 delle disp. att. del codice civile stabilisce, nel caso di vendita di un immobile facente parte di condominio, la solidarietà dell'alienante e dell'acquirente rispetto ai debiti di natura condominiale relativi all'annualità in corso e a quella precedente alla data della vendita. Permane, pertanto, l'interesse dell'attore alla pronuncia in esame. Nel merito, la domanda va rigettata per le ragioni che qui si diranno. Quanto alla mancata consegna di documenti, va rilevato in primo luogo che per la costante giurisprudenza di legittimità "se ciascun comproprietario ha la facoltà di richiedere e di ottenere dall'amministratore del condominio l'esibizione dei documenti contabili in qualsiasi tempo e senza avere neppure l'onere di specificare le ragioni della richiesta finalizzata a prendere visione o estrarre copia dai documenti, è altresì certo che l'esercizio di tale facoltà non deve risultare di ostacolo all'attività di amministrazione, nè rivelarsi contraria ai principi di correttezza" (tra le altre, in questi termini, Cass. Civ. Sez. VI-2, 28/07/2020, n. 15996; Cass. Civ. Sez. 2, 21/09/2011 n. 19210; Cass. civ. Sez. 2, 29/11/2001, n. 15159). In sostanza, se è vero che in capo all'amministratore grava l'onere di esibizione dei documenti contabili, è anche vero che le richieste del singolo condomino non posso costituire violazione del principio di leale collaborazione tra le parti, rappresentando un ostacolo per lo svolgimento dell'attività dell'amministratore. Ebbene nel caso in esame, deve rilevarsi che l'amministratore, tenuto conto della puntuale richiesta da parte del (...) ha prontamente provveduto a rilasciare allo stesso copia della documentazione richiesta, necessaria alla verifica di quanto oggetto del bilancio consuntivo ad approvarsi. Irrilevanti, e contrarie al principio di buona fede, appaiono le ulteriori doglianze mosse dalla parte attrice, a fronte della consegna della documentazione. Quanto, infatti, al registro dell'anagrafe condominiale, l'amministratore ha prontamente provveduto alla consegna dell'elenco dei nominativi dei condomini e a fronte di ciò, l'attore non ha esplicitato le ragioni per cui la documentazione in effetti consegnata, non sarebbe stata idonea. Parimenti è a dirsi quanto al contratto di manutenzione ascensore: la documentazione consegnata, appare idonea, prima facie, alla verifica della rispondenza dei costi con la contabilizzazione operata in consuntivo, ragion per cui non si ravvisa l'incidenza della mancata consegna del contratto sulla validità della delibera assembleare. Ancora, infine, medesimo ragionamento è possibile operare in ordine alla mancata consegna della movimentazione del conto corrente condominiale in quanto dalla documentazione consegnata dall'amministratore è possibile rinvenire il complesso di rapporti dare-avere di cui il condominio era titolare all'epoca. Per altro, tutte le suddette conclusioni sono consolidate proprio dal comportamento dell'attore che, nell'avviare il presente procedimento, ha pedissequamente sottoposto a critica l'operato dell'amministratore proprio sulla base della documentazione dallo stesso pervenuta. Alla luce di ciò, deve senza dubbio ritenersi che la perduranza della richiesta da parte del (...), anche a seguito della consegna da parte dell'amministratore della documentazione, da cui emergono i dati necessari per una consapevole partecipazione all'assemblea di approvazione del consuntivo, rappresenti un ostacolo all'attività dell'amministratore, e una violazione del principio di correttezza, anche alla luce del rapporto di collaborazione verosimilmente richiesto nell'ambito dei rapporti condominiali. Venendo al merito, la questione è stata correttamente rimessa all'accertamento del consulente tecnico d'ufficio, cui è stato, in particolare, demandato, di verificare la rispondenza tra la documentazione contabile in atti e le risultanze del bilancio consuntivo approvato e oggetto di impugnativa. Quanto al primo punto contestato, è stato chiesto al consulente di accertare la regolarità della rivalsa esposta nel compenso amministratore rispetto alla deliberazione assembleare di conferimento dell'incarico. Il CTU sul punto ha in primo luogo premesso che "i professionisti che esercitano un'attività per la quale non è prevista un'apposita cassa di previdenza sono tenuti all'iscrizione alla gestione separata dell'Inps. La gestione separata è un regime contributivo che prevede il pagamento di un contributo annuo, calcolato in percentuale sul reddito imponibile del professionista (...) i soggetti tenuti all'iscrizione alla gestione separata, hanno la facoltà di addebitare in fattura al proprio committente una maggiorazione del 4% del compenso concordato, fermo restando che resta a suo carico l'obbligo del pagamento dei contributi Inps. Addebitando la rivalsa il professionista, in pratica, fa concorrere alla propria contribuzione previdenziale il soggetto committente, chiamato a versare il 4% del compenso, a titolo di rivalsa del contributo previdenziale Inps." Venendo al caso in esame, la consulente ha chiarito che dal consuntivo comparato dal 01/01/2014 al 31/12/2014, risulta un compenso all'amministratore del (...) per complessivi Euro 2.017,39 calcolando la rivalsa al 6% (Euro114,19) e quindi in violazione dell'indicazione normativa del 4%, articolo 1, comma 212, della Legge n. 622/1996: ne discende che il compenso base, senza rivalsa, è pari ad Euro 1.903,20. Calcolando, al contrario, la rivalsa al 4%, la stessa sarebbe pari Euro 76,13: la differenza totale ammonta, quindi, ad Euro38,06, di cui, a credito del condominio (...), Euro 1,48 (Millesimi 34,70 su 997,739). In ordine a tale conclusione, deve in primo luogo anticiparsi, come più in avanti si avrà modo di argomentare approfonditamente, che trattasi dell'unico punto rispetto al quale la CTU ha, in effetti, rilevato una incongruenza. Può, però, ritenersi, che tale incongruenza, per la sua entità minima, non può in alcun modo incidere sulla validità della delibera assembleare impugnata. Sul punto vale specificare che secondo la maggioritaria giurisprudenza di legittimità, "il condomino che intenda impugnare una delibera dell'assemblea, per l'assunta erroneità della disposta ripartizione delle spese, deve allegare e dimostrare di avervi interesse, il quale presuppone la derivazione dalla detta deliberazione di un apprezzabile pregiudizio personale, in termini di mutamento della sua posizione patrimoniale." Cass. civ. ordinanza n. 6128 del 09/03/2017. Per la scarsa entità della differenza sostanziale riscontrata (pari ad Euro 1.48), deve escludersi che il credito derivante possa comportare un apprezzabile mutamento della posizione patrimoniale dell'attore, con conseguente rigetto del relativo punto. Come anticipato, tutti gli altri punti della delibera impugnati, sono stati considerati validi dall'analisi del CTU. Quanto al secondo punto oggetto di contestazione, l'incongruenza degli importi fatturati nel registro di contabilità e nel consuntivo in ordine al compenso dell'amministratore, il CTU ha chiarito che "che il principio di competenza economica è una prassi amministrativa che consiste nel considerare, nel conto economico di un bilancio d'esercizio, solo i costi e i ricavi che si riferiscono e hanno effetto in quel periodo di tempo, a prescindere dalle manifestazioni finanziarie già avvenute o che devono ancora avvenire". Ciò posto, dal bilancio comparato dal 01/01/2014 al 31/12/2014 emerge un costo per compenso amministratore per Euro 2.017,39, che fa correttamente riferimento alle spese di competenza dell'esercizio: la somma non indicata nel registro di contabilità (in cui si fa riferimento solo alla somma di Euro 1.849,27) non è ivi annotata poiché nella compilazione del registro, si fa riferimento al principio di cassa, per cui mancano gli esborsi in effetti non ancora perfezionatisi. "Nel riepilogo finanziario/Stato Patrimoniale, invece, sono stati correttamente inseriti i costi di competenza dell'esercizio ma che alla data del riepilogo non risultano ancora pagati nella voce debiti v/fornitori. È corretto, pertanto, riportare tra i debiti verso fornitori l'importo di Euro 168,12 (ovvero Euro 2.017,39 - Euro 1.849,77). Gli importi sono stati correttamente ripartiti." Con riferimento al terzo punto oggetto di contestazione, la consulente ha chiarito che dalla documentazione in atti risultano tutti i giustificativi relativi alla voce "Manutenzione ordinaria Scala A" - per la cui indicazione specifica si rimanda al corpo della relazione peritale. Pertanto, l'importo di Euro 446,20 risulta correttamente giustificato e correttamente imputato. Parimenti, con riferimento al quarto punto oggetto di contestazione, inerente la spesa di pulizia della scala "A" e del piazzale, la consulente ha chiarito che dalla documentazione in atti risultano le seguenti fatture: - fattura n. 391 del 05/12/2014 relativa al servizio di pulizia per Euro 317,20; - fattura n. 25 del 02/01/2015 relativa al servizio di pulizia del mese di dicembre 2014 per Euro 317,20. Anche nel caso di specie l'amministratore di condominio non ha riportato nel registro di contabilità le voci di costo contestate in ragione dell'applicazione del principio di cassa, in quanto tali uscite non erano state ancora effettuate; le voci sono però presenti nel riepilogo finanziario/Stato Patrimoniale. Pertanto, anche tale importo risulta correttamente ripartito tra i condomini. Infine, con riferimento al quinto punto oggetto di contestazione, con riferimento alle spese di verifica biennale ascensore scala "A", il consulente ha chiarito che nella documentazione in atti risulta la fattura n. 5221 del 07/10/2014 della (...) s.p.a. di complessivi Euro 294,91 e relativa alla verifica periodica dell'impianto ascensore Scala A e (...). Dal bilancio comparato risulta che l'amministratore ha imputato tale costo di competenza dell'anno 2014 per il 50% alla: tabella B "Scala e Ascensore Scala A per Euro 152,25 e alla tabella B "Scala e Ascensore Scala B per Euro 152,25. Anche in questo caso, l'amministratore di condominio non ha riportato nel registro di contabilità la voce di costo contestata in ragione dell'applicazione del principio di cassa. Pertanto, anche il suddetto importo, è stato correttamente ripartito. Delle conclusioni cui è giunto il CTU nella propria relazione peritale non si ha alcun motivo di dubitare. Ed infatti, ferma la coerenza tra le premesse metodologiche e le conclusioni stesse, non può non sottolinearsi il chiaro riferimento a tutta la documentazione depositata in atti e, soprattutto, ai principi generali in materia di tenuta della contabilità applicabili al caso in esame. In particolare, in risposta alle contestazioni sollevate da parte attrice in sede di osservazioni, la dott. (...) ha rilevato che "l'art. 1130 bis c.c. dispone anche che nel registro di contabilità devono essere annotate le voci di entrate e di uscita (principio di cassa), per cui se ne deduce che al rendiconto condominiale si applica il criterio misto di cassa (per la tenuta del registro di contabilità) e di competenza (per la redazione del riepilogo finanziario). In tal senso Trib. Roma sentenze nn. 246/2019 e 1918/2019. Nel caso di specie l'amministratore di condominio non ha riportato nel registro di contabilità le voci di costo contestate poiché per il principio di cassa tali uscite non sono state ancora effettuate. Nel riepilogo finanziario/Stato Patrimoniale sono stati correttamente inseriti i costi di competenza dell'esercizio ma che alla data del riepilogo non risultano ancora pagati nella voce debiti v/fornitori." Proprio in applicazione dell'art. 1130 bis del Codice civile - a norma del quale "Il rendiconto condominiale contiene le voci di entrata e di uscita ed ogni altro dato inerente alla situazione patrimoniale del condominio, ai fondi disponibili ed alle eventuali riserve che devono essere espressi in modo da consentire l'immediata verifica. Si compone di un registro di contabilità, di un riepilogo finanziario, nonché di una nota sintetica esplicativa della gestione con l'indicazione anche dei rapporti in corso e delle questioni pendenti" -, pertanto, si impone, nell'ambito dei rapporti condominiali, l'utilizzo del criterio di cassa per la compilazione del registro di contabilità, senza, però, che l'applicazione del suddetto principio, possa incidere sulla ripartizione di tutte le spese di competenza dell'annualità in corso, laddove di tali spese vi sia idoneo giustificativo, pur non essendo stato già operato l'esborso pecuniario relativo. La domanda va, per tutte le ragioni anzidette, integralmente rigettata. Le spese di giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo ai sensi del DM 147/2022, secondo il valore della controversia, prendendo come riferimento i parametri minimi, stante l'assenza di questioni in fatto e in diritto di particolare complessità. Parimenti in capo all'attore soccombente vengono definitivamente poste le spese di CTU, come liquidate in separato decreto del 14/01/2021. P.Q.M. Il Tribunale di Nocera Inferiore, seconda sezione civile, in composizione monocratica, definitivamente pronunziando sulla domanda promossa come in epigrafe, disattesa ogni altra istanza ed eccezione, così provvede: a) rigetta la domanda; b) condanna parte attrice al pagamento, in favore di parte convenuta delle spese di lite, che liquida in complessivi Euro 1.278,00 oltre Iva e Cpa, come per legge, e rimb. spese forf. (nella misura del 15% del compenso); c) pone definitivamente in capo a parte attrice le spese di CTU, come liquidate in separato decreto. Depositato telematicamente in data 31 maggio 2024.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale di Nocera Inferiore, Seconda Sezione Civile, in composizione monocratica, nella persona del Presidente di Sezione dott. Vito Colucci, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile iscritta al n. 3481/2015 R.G., avente ad oggetto Opposizione a decreto ingiuntivo, e vertente TRA (...), rappresentato e difeso, giusta mandato in calce all'atto di opposizione a decreto ingiuntivo, dall'avv. (...), elettivamente domiciliato presso il predetto difensore, in Angri alla (...); ATTORE OPPONENTE E Condominio (...), sito in via (...), in persona dell'amministratore pro tempore, sig. (...), rappresentato e difeso, per procura in calce alla comparsa di costituzione e di risposta, dall'avv. (...), elettivamente domiciliato nello studio del predetto difensore sito in Pagani alla Via (...); CONVENUTO OPPOSTO Conclusioni. Le parti hanno rassegnato le rispettive conclusioni come da note di trattazione scritta per l'udienza del 2/3/2023, nei termini specificati nelle note stesse; a tale udienza la causa è stata assegnata a sentenza. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con atto di citazione in opposizione a decreto ingiuntivo, spedito per la notifica in data 20/6/2015, (...) ha proposto opposizione avverso il decreto ingiuntivo n. 717/2015 del 12/5/2015, emesso dal Tribunale di Nocera Inferiore. Con tale decreto è stato ingiunto all' attuale opponente di pagare la somma di Euro 23.988,94, oltre interessi legali con decorrenza dal 12/9/2014, oltre spese e competenze della procedura. Il decreto era stato dichiarato provvisoriamente esecutivo. Il ricorso per decreto ingiuntivo era stato emesso per il dedotto mancato pagamento di rate di spese condominiali. L'opponente nell'atto di opposizione ha formulato le seguenti conclusioni: aa) accertare e dichiarare il difetto di legittimazione passiva parziale di (...), in relazione al decreto ingiuntivo opposto, in quanto riferito, fra l'altro, a una unità immobiliare di cui l'opponente non è proprietario; bb) in via principale, accogliere l'opposizione e revocare il decreto ingiuntivo opposto, dando atto che il preteso credito del condominio non sussiste; cc) in via riconvenzionale, accertare e dichiarare il diritto di (...) all'indennizzo ex art. 843 c.c. per l'occupazione illegittima e non autorizzata da parte del Condominio, per il tramite dell'impresa appaltatrice, degli spazi di proprietà esclusiva dell'opponente, con condanna del Condominio al pagamento della somma di Euro 45.000, ovvero della diversa somma maggiore o minore da accertarsi in corso di causa; dd) condannare parte opposta la pagamento di spese e competenze di giudizio. Il condominio opposto si è costituito e ha chiesto, in particolare, quanto segue: aaa) nel merito, accertare e dichiarare la fondatezza della pretesa creditoria del condominio limitatamente all'importo di Euro 23.662,77 e, per l'effetto, condannare (...) al pagamento della somma di Euro 23.662,77, oltre interessi; bbb) rigettare la domanda riconvenzionale proposta dall'attore, in quanto inammissibile e infondata in fatto e in diritto, oltre che non provata; ccc) condannare l'attore al pagamento di spese e competenze di giudizio. Il Giudice, con ordinanza depositata in data 17/11/2015, ha sospeso La provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo per la sola parte di credito pari alla somma di Euro 326,17. E' stata, quindi, espletata consulenza tecnica di ufficio; il c.t.u. ing. (...) ha depositato la sua relazione in data 2/10/2017. In seguito le parti hanno rappresentato la pendenza di trattative di bonario componimento, non giunte, però, a buon fine. Le parti hanno rassegnato le rispettive conclusioni come da note di trattazione scritta per l'udienza del 2/3/2023, nei termini specificati nelle note stesse; a tale udienza la causa è stata assegnata a sentenza. MOTIVI DELLA DECISIONE La parte attrice opponente ha, in particolare, addotto, a sostegno dell'opposizione, preliminarmente, il parziale difetto di legittimazione passiva, in relazione ai crediti condominiali inerenti all'unità immobiliare identificata in Catasto al Fol. (...), p.lla (...), sub. 36, cat. C/2, deducendo di avere alienato tale unità sin dal 17/4/1980 a (...), giusta atto per notar (...) di Pagani in tale data (rep. n. 149029). Con il medesimo atto di opposizione a decreto ingiuntivo l'opponente ha, altresì, spiegato domanda riconvenzionale nei confronti del Condominio di Via (...), chiedendo la condanna di tale Condominio al pagamento della complessiva somma di Euro 45.000,00, ovvero di quella diversa somma da accertarsi in corso di causa a mezzo di CTU, a titolo di indennizzo per l'illegittima e non autorizzata occupazione da parte del Condominio di un'area di sua esclusiva proprietà, utilizzata indebitamente dal Condominio per installarvi i ponteggi per le opere di ristrutturazione del fabbricato condominiale, il tutto in violazione del disposto dell'art. 843 c.c.. Il condominio opposto si è costituito è ha dedotto, in particolare, quanto segue: le somme ingiunte con il decreto opposto sono state regolarmente approvate dall'Assemblea di condomini che ha anche espressamente approvato i relativi piani di riparto; l'opponente ha in sostanza, contestato soltanto la debenza delle somme relativa all'immobile alienato a terzi; le relative quote condominiali ammontano alla somma di ? 326,17; l'opponente non ha, in sostanza, contestato i restanti importi pari a Euro 23.662,77, riferiti alle quote condominiali gravanti sugli altri immobili di sua proprietà; in relazione alla domanda riconvenzionale, si precisa che la ditta affidataria dell'appalto ha installato i ponteggi anche nella proprietà esclusiva di (...), il quale, presente al momento dell'accesso, ha di fatto autorizzato l'accesso e l'installazione del ponteggio; l'art. 843 c.c. non prevede l'ipotesi di un danno in re ipsa; il secondo comma dell'art. 843 c.c. prevede, in capo all'occupante, l'obbligo all'indennizzo in caso di danni alla proprietà; se l'accesso non arreca danni al fondo non è dovuta al proprietario alcuna somma a titolo di indennizzo; il proprietario ha l'onere di allegare e provare il danno subito dal fondo a causa dell'accesso e/o della occupazione; nel caso di specie non è stato arrecato alcun danno al fondo di (...) e, in ogni caso, l'opponente non ha allegato, né provato, i danni; la domanda riconvenzionale, pertanto, non merita accoglimento; non vi è stata lacuna convenzione tra le parti disciplinante le modalità di accesso e occupazione e la previsione di un indennizzo per le predette attività, né sono stati arrecati danni al fondo dell'(...); in estremo subordine, in ogni caso la quantificazione dell'indennizzo, pari a Euro 45.000,00, effettuata dall'attore, appare arbitraria, illogica, eccessiva, nonché svincolata da qualsivoglia criterio per il calcolo del suo ammontare. La consulenza tecnica di ufficio. Va, a questo punto, osservato quanto segue. Nel corso del giudizio è stata espletata consulenza tecnica di ufficio. La relazione del c.t.u. è senz'altro condivisibile. Le operazioni condotte dal c.t.u. risultano frutto di una corretta attività. La relazione del c.t.u., inoltre, è caratterizzata da ragionamenti logici e rispondenti con le risultanze processuali, e le conclusioni alle quali perviene il c.t.u. sono sicuramente congrue rispetto alle motivazioni che il c.t.u. ha esposto a sostegno di tali conclusioni. L'esito al quale è pervenuto il c.t.u. è, quindi, senz'altro condivisibile. Il c.t.u. ha, innanzi tutto proceduto alla descrizione dei luoghi di causa nei termini qui di seguito specificati (cfr. pag. 5 della relazione del c.t.u. ing. (...)): "I luoghi di causa sono presso un condominio situato nel comune di Angri (SA) composto da un unico fabbricato di 5 piani circondato in parte da corte privata (proprietà attorea); Confinante a Nord con Traversa del (...), a Ovest con Via del (...) e a Sud e ad Est con un viale che conduce ad altre proprietà. Il suolo occupato di proprietà dell'attore è situato al piano terra dell'edificio sul lato Nord e parte del lato Ovest, ...". Il c.t.u. ha, poi, risposto al seguente punto: Accerti se l'esecuzione dei lavori deliberati dall'assemblea condominiale, di cui al verbale in atti, poteva essere realizzata, con analoghi costi e senza difficoltà significativamente maggiori, utilizzando sistemi alternativi all'installazione di ponteggi sul suolo di proprietà esclusiva dell'opponente (...). In ordine a questo quesito il c.t.u. ha esposto quanto segue (cfr. pag. 7 della relazione del c.t.u.): "I lavori deliberati dall'assemblea condominiale il 12/10/2012, premesso che riguardavano in particolare: ... il rifacimento delle facciate e dei balconi, dell' intero condominio e quindi anche delle facciate confinanti con la corte di proprietà privata attorea; ... tali lavori consistevano in: o Spicconatura o Rifacimento intonaco o Tinteggiatura. In risposta al quesito proposto, il sottoscritto CTU può affermare che gli stessi lavori potevano essere realizzati con metodi alternativi (utilizzo del cestello mobile, ed ecc..) ma sicuramente si sarebbe sostenuto un costo maggiore rispetto all'installazione del ponteggio sul suolo privato di proprietà attorea. La soluzione scelta, di un ponteggio fisso, risulta più conveniente, sicura e indicata per il rifacimento della facciata Nord dell'edificio senza balconi e adatta anche per la facciata sul lato Ovest in parte occupata da balconi". Il c.t.u. ha, quindi, affrontato il seguente punto: Accerti l'estensione della superficie di proprietà (...) occupata dai ponteggi in questione, la durata della permanenza e l'esistenza di eventuali danni ricollegabili alla presenza degli stessi, anche sotto il profilo della riduzione della fruibilità di spazi scoperti al servizio di abitazioni di proprietà dell'opponente. Su questo punto il c.t.u. ha esposto quanto segue (cfr. pagg. 8-9 della relazione del c.t.u.: "Estensione superficie La superficie oggetto di causa, ovvero quella di proprietà esclusiva dell'attore ((...)), che è stata occupata dal ponteggio per le lavorazioni condominiale, dai rilievi metrici effettuati dal sottoscritto CTU, risulta essere pari a circa metri quadrati 41; Durata Della Permanenza L'inizio dei lavori è avvenuto il giorno 02/09/2013, e per contratto dovevano concludersi il 30/03/2015, ovvero 575 giorni. Ma gli stessi si sono prolungati fino alla data del 29/06/2015, quindi con ulteriore 91 giorni di occupazione e per un totale di 666 giorni. Esistenza di danni/riduzione della fruibilità di spazi scoperti Al momento del sopralluogo, non sono emersi danni a cose derivanti dall'installazione del ponteggio, né la parte attorea ha fatto rilevare eventuali danni, pertanto la risposta è negativa. Mentre per la fruibilità degli spazi, si precisa che i ponteggi non occupavano l'intera superfice di proprietà attorea, ma ne hanno reso comunque impossibile il pieno utilizzo, infatti hanno di fatto comportano una riduzione del passaggio e della fruibilità di spazi scoperti al servizio di abitazioni di proprietà attorea, pertanto la risposta è affermativa". Il c.t.u. ha, poi, esaminato il seguente punto: In caso di positivo accertamento di danni ne determini l'entità, con specifica quantificazione del costo dei lavori per il ripristino dello stato preesistente. Su questo punto il c.t.u. ha esposto quanto segue (cfr. pag. 10 della relazione del c.t.u.): "Dagli accertamenti effettuati, è emerso che: ... Non ci sono stati danni a cose; ... Mentre sicuramente si è attuata una limitazione di proprietà temporanea (666 giorni) della corte di proprietà attorea. Pertanto in virtù di quanto precedentemente indicato, va riconosciuto alla parte attorea un adeguato indennizzo, che di seguito verrà determinato. Premesso che: La delibera del Comune di Angri N.67 del 24/07/2014 prevede una tariffa giornaliera per occupazione del suolo pubblico in centro, di euro 2,50 a mq e una tariffa giornaliera per occupazione del suolo pubblico in periferia, di euro 0,83 a mq. Si precisa che tale delibera è riferita solo per occupazione di suolo pubblico e non privato, mentre considerando i valori di mercato di suoli privati (considerato che il sig. (...) è anche un condomino del condominio), considerato che una scelta diversa avrebbe portato a costi maggiori, infine considerando che i luoghi oggetto di causa sono situati in una zona semiperiferica del Comune di Angri, la tariffa più adeguata risulta euro 0,70 per metro quadro al giorno. Ne risulta che l'indennizzo viene calcolato nel seguente modo: 666 giorni x 0.70 euro x 41 metri quadrati = 19.114,20 euro". Il c.t.u. ha, quindi, esaminato il seguente punto: Accertare, quantificare e valutare congruità dell'indennizzo proposto; (domanda integrativa del 06/04/2017). Su questo punto il c.t.u. ha esposto quanto segue (cfr. pag. 11 della relazione del c.t.u.): "L'indennizzo richiesto dalla parte attrice di Euro 45.000,00 risulta essere non congruo in quanto, non tiene conto del corretto inquadramento territoriale del fabbricato che di fatto non è ubicato al centro della città ma bensì in un'area semiperiferica. Pertanto si conferma come indennizzo quella calcolato e determinato dal sottoscritto al paragrafo precedente ovvero Euro 19.114,20". La giurisprudenza. La cassazione ha affermato, in argomento, i seguenti principi: In tema di accesso nel fondo altrui per la costruzione o riparazione "di un muro od altra opera", non possono escludersi dall'ambito di applicazione dell'art. 843 c.c. le opere concernenti la parte del muro che è al di sotto del piano di campagna, ivi compresi gli scavi nel fondo del vicino, dovendosi consentire, sulla base del principio del minimo mezzo e della natura dell'opera, tutte quelle indispensabili alla costruzione o riparazione propriamente detta a partire dalle fondamenta, nonché la permanenza e l'occupazione del fondo altrui per il tempo necessario per l'esecuzione di lavori non istantanei, purché, a necessità terminata, venga eliminata, a cura e spese del depositante - cui, sin dall'inizio, fa carico l'obbligo del ripristino - ogni conseguenza implicante una perdurante diminuzione del diritto del proprietario del fondo vicino, che deve riprendere la sua originaria ampiezza. In tali casi compito del giudice di merito è quello di un'attenta valutazione comparativa tra l'entità del danno (inevitabile) che viene cagionato al vicino e la natura dell'opera che si deve eseguire (cfr. Cass. civ., sez. 2 -, sentenza n. 32100 del 5/11/2021); Il proprietario di un appartamento, in base all'art. 843, comma 1, c.c., applicabile anche al condominio di un edificio, può esercitare il diritto di accedere o di passare negli appartamenti dei vicini (o nelle cose comuni) - a loro volta gravati da una corrispondente obbligazione "propter rem" - solo se ciò sia necessario al fine di realizzare o di riparare un bene o un'opera che sia di sua esclusiva proprietà ovvero comune. (La S.C., in applicazione dell'enunciato principio, ha ritenuto insussistente il diritto di accesso finalizzato alla riparazione di un bene - una canna fumaria - la cui proprietà, o comproprietà, in capo alla società che aveva agito in giudizio era stata esclusa) (cfr. Cass. civ., sez. 2 -, ordinanza n. 20555 del 19/7/2021); In tema di accesso al fondo altrui (nella specie, per l'esecuzione di lavori di manutenzione straordinaria ad un climatizzatore), ai fini della verifica delle condizioni di cui all'art. 843 c.c., la valutazione comparativa dei contrapposti interessi delle parti deve essere compiuta con riferimento alla necessità non della costruzione o della manutenzione, ma dell'ingresso e del transito, nel senso che l'utilizzazione del fondo del vicino non è consentita ove sia comunque possibile eseguire i lavori sul fondo stesso di chi intende intraprenderli, oppure su quello di un terzo, con minore suo sacrificio [cfr. Cass. civ., sez. 2 -, ordinanza n. 18555 del 30/6/2021); Gli accessi ed il passaggio che il proprietario deve permettere ex art. 843 c.c. costituiscono obbligazioni "propter rem" il cui soggetto passivo è solo il proprietario o il titolare di altro diritto reale del bene gravato (cfr. Cass. civ., sez. 6 - 2, ordinanza n. 16776 del 21/6/2019); L'art. 843 c.c., che riconosce al proprietario del fondo, sul quale venga eseguito l'accesso ed il passaggio per costruire o riparare opere del vicino o comuni, il diritto ad una congrua indennità nel caso in cui l'accesso gli produca un danno, delinea un'ipotesi di responsabilità da atto lecito che, sebbene prescinda dall'accertamento della colpa, esige tuttavia che il transito e l'accesso abbiano determinato un concreto pregiudizio al fondo interessato, fermo in ogni caso l'obbligo di ripristinare la situazione dei luoghi (cfr. Cass. civ., sez. 2 -, sentenza n. 20540 del 29/9/2020); La responsabilità per fatto lecito dannoso non ha carattere eccezionale poiché l'espressione "ordinamento giuridico" che accompagna, nell'art. 1173 c.c., il riferimento alla terza specie di fonti delle obbligazioni, ossia quelle che derivano "da ogni altro atto o fatto idoneo a produrle in conformità dell'ordinamento giuridico", non si risolve in una mera indicazione riassuntiva di un elenco chiuso costituito da tutte le altre fonti nominate (diverse dal contratto o dal fatto illecito), ma consente un'apertura all'analogia, ovvero alla possibilità che taluni accadimenti, ulteriori rispetto a quelli previsti dalla legge, siano ritenuti idonei alla produzione di obbligazioni alla luce dei principi e dei criteri desumibili dall'ordinamento considerato nella sua interezza, complessità ed evoluzione. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto che la sentenza impugnata avesse fatto corretta applicazione di tale principio riconoscendo, pur in difetto di un'espressa previsione normativa, un indennizzo in favore del condomino la cui proprietà esclusiva era stata menomata per effetto dell'opera di consolidamento delle strutture portanti dell'edificio condominiale pericolante, eseguita dal condominio in ottemperanza ad un'ordinanza sindacale) (cfr. Cass. civ., sez. II, sentenza n. 25292 del 16/12/2015); In materia di rapporti di vicinato, la previsione dell'art. 843 cod. civ. - secondo cui il proprietario è tenuto a permettere l'accesso o il passaggio nel suo fondo al fine di consentire al vicino lo svolgimento di opere necessarie alla manutenzione del muro dell'immobile di sua proprietà - configura un'obbligazione "propter rem", cui corrisponde l'obbligo per il vicino di versare un'adeguata indennità, da liquidare in via equitativa ed anche in assenza di prova del danno, fermo restando l'obbligo per il medesimo di ripristinare lo stato dei luoghi ad opera finita (cfr. Cass. civ., sez. II, sentenza n. 1908 del 27/1/2009); La decisione. Va, a questo punto, evidenziato quanto segue. In ordine alla somma richiesta dal condominio, dalle complessive deduzioni delle parti emerge che la contestazione della debenza id tali somme riguarda essenzialmente la somma di Euro 326,17, relativa bene immobile di cui l'opponente risulta non essere più proprietario sin dal 17/4/1980. Per questa somma l'opponente, non più proprietario, non è neppure condomino, avendo ceduto l'unità immobiliare in questione. Ne consegue che questa somma non è dovuta da (...). Ciò comporta che il decreto ingiuntivo opposto va senz'altro revocato. L'opposizione va, infatti, innanzi tutto accolta nel senso che la somma di Euro 326,17 (parte della somma il cui pagamento è stato ingiunto con il decreto opposto) non è dovuta dall' opponente. Quanto alla residua somma di Euro 23.662,77, l'opponente ne contesta la debenza, in ragione della spiegata domanda riconvenzionale, tesa ad ottenere l'indennità di cui all'art. 843, secondo comma, c.c.. Va, pertanto, senz'altro vagliata questa domanda riconvenzionale, la quale merita accoglimento, per quanto di ragione. Il proprietario, ai sensi dell'art. 843, primo comma, c.p.c., deve permettere l'accesso e il passaggio nel suo fondo, sempre che ne venga riconosciuta la necessità, al fine di costruire o riparare un muro o altra opera del vicino oppure comune. Nel caso in esame il condominio poteva pretendere di accedere al fondo del condomino (...). Il c.t.u. ha, infatti, chiarito che, ai fini della esecuzione dei lavori di ristrutturazione del fabbricato condominiale, tali lavori potevano essere realizzati con metodi alternativi, ma sicuramente si sarebbe sostenuto un costo maggiore rispetto alla installazione del ponteggio sul suolo privato di proprietà attorea. Tenuto conto di una valutazione comparativa dei contrapposti interessi, sussiste la necessità di cui all'art. 843 c.c. (cfr., sul punto, Cass. civ., sez. II, sentenza n. 1801 del 29/1/2007, la quale ha affermato che, ai fini del riconoscimento della necessità cui l'art 843 c.c. subordina la concessione dell'accesso sul fondo altrui, occorre che il giudice del merito proceda ad una complessa valutazione della situazione dei luoghi, al fine di accertare se la soluzione prescelta (accesso e passaggio per un determinato fondo altrui) sia l'unica possibile o, tra più soluzioni, sia quella che consente il raggiungimento dello scopo (riparazione o costruzione) con minor sacrificio sia di chi chiede il passaggio, sia del proprietario del fondo che deve subirlo, con la conseguenza che, ove egli pervenga alla conclusione che il richiedente possa procurarsi "aliunde" l'invocato passaggio, con disagi e costi quanto meno pari a quelli che subirebbe il proprietario del fondo che dovrebbe subire il passaggio stesso, deve escludersi la sussistenza del requisito della necessità). Nel caso qui esaminato dalla c.t.u. emerge che solo una porzione di circa mq. 41 della superficie di proprietà dell'opponente è stata occupata con i ponteggi e che, quindi, la limitazione del diritto di proprietà dell'(...) è stata soltanto parziale. Per altro verso, poi, la soluzione adottata (installazione di ponteggi sul suolo del condomino (...)) ha carattere si maggiore economicità rispetto ad altre soluzioni, come evidenziato dal c.t.u.. Ne consegue che l'opponente aveva l'obbligo di consentire l'accesso e la occupazione del suolo, come attuati dal condominio, ai sensi dell'art. 843 c.c.. L'art. 843, secondo comma, c.c. peraltro, prevede che se l'accesso cagiona danno, è dovuta una adeguata indennità. Nel caso in esame il c.t.u. ha escluso che si siano verificati danni al bene di proprietà dell'opponente cagionati dalla installazione del ponteggio. Lo stesso c.t.u., peraltro, ha evidenziato che anche se i ponteggi non occupavano l'intera superfice di proprietà attorea, tali ponteggi hanno reso comunque impossibile il pieno utilizzo della superficie; i ponteggi, in particolare, hanno di fatto comportano una riduzione del passaggio e della fruibilità di spazi scoperti al servizio di abitazioni di proprietà attorea; la superficie occupata è risultata essere di circa mq. 41; l'occupazione è, inoltre, durata per 666 giorni (91 giorni più di quelli previsi nel numero di 575 giorni). Dal complesso degli accertamenti compiuti dal c.t.u. e delle complessive allegazioni e deduzioni delle parti emerge quindi, che l'opponente ha senz'altro subito un danno derivante dal fatto che la fruibilità della superficie di sua proprietà è risultata limitata per una spazio di entità non particolarmente ridotta e per un tempo molto lungo. Ciò configura sicuramente un danno alla fruibilità dei beni di proprietà dell'opponente. Tale danno va, pertanto, indennizzato, ai sensi dell'art. 843, secondo comma, c.c.. Il condominio opposto va, quindi, condannato al risarcimento di questo danno. Quanto alla misura del risarcimento, il c.t.u. ha quantificato il danno, tenendo conto della delibera del Comune di Angri relativa alla occupazione del suolo pubblico in centro, considerando i valori di mercato di suoli privati (anche in ragione del fatto che l'(...) è condomino del condominio opposto), valutando la circostanza che una diversa scelta (nella soluzione da adottare per l'esecuzione dei lavori) avrebbe portato a costi maggiori, considerando, poi, che i luoghi oggetto di causa sono situati in una zona semiperiferica del Comune di Angri. Il c.t.u. è, quindi, pervenuto alla determinazione della somma di Euro 0,70 per metro quadro al giorno, ai fini del risarcimento. L'indennità spettante all'opponente risulta quindi, essere di Euro 28,70 al giorno (Euro 0,70 x mq. 41). L'indennità complessiva risulta, quindi essere di Euro 19.411,20 (Euro 28,70 x giorni 666). I parametri utilizzati dal c.t.u. risultano sicuramente congrui e idonei per indennizzare l'opponente in relazione ai danni subiti per l'occupazione del suolo derivante dalla installazione dei ponteggi. Questa somma va, d'altra parte, ritenuta calcolata all'attualità, risultando la somma stessa idonea a ristorare l'opponente per i danni subiti, alla luce degli accertamenti compiuti dal c.t.u., del tempo di durata della occupazione, della estensione della superficie occupata. Alla luce di tutto quanto sinora osservato, va, innanzi tutto, revocato il decreto ingiuntivo opposto. La domanda formulata dal condominio opposto con la proposizione del ricorso per decreto ingiuntivo va accolta limitatamente alla somma di Euro 23.662,77. L'opponente va, pertanto, condannato al pagamento della somma di Euro 23.662,77, oltre interessi al tasso legale a decorrere dalle singole scadenze e sino al soddisfo (secondo quanto richiesto nel ricorso per decreto ingiuntivo). La domanda riconvenzionale proposta dall'opponente va accolta nella misura di Euro 19.411,20, oltre interessi al tasso legale dalla domanda e sino al soddisfo. Va precisato che non va disposta alcuna compensazione fra i crediti vantati dalle parti. La cassazione ha, infatti, affermato, in maniera condivisibile, che la disposizione che esclude la rilevabilità di ufficio della compensazione, contenuta sul primo comma dell'art. 1242 c.c., si riferisce sia alla compensazione giudiziale che a quella legale (cfr. Cass. civ., sez. III, sentenza n. 3823 dell'1/4/1995). La cassazione ha, inoltre, precisato che la dichiarazione con la quale il convenuto oppone, alla domanda di pagamento, la compensazione con un suo credito, deducendo questo ultimo al limitato fine di paralizzare, in tutto od in parte, la richiesta avversaria, configura un'eccezione in senso stretto, la cui proponibilità per la prima volta in grado di appello è soggetta alla disciplina di cui all'art 345, secondo comma, c.p.c. (cfr. Cass. civ., sez. I, sentenza n. 143 del 16/1/1976). La cassazione ha, poi, affermato che, in tema di estinzione delle obbligazioni, la compensazione in senso tecnico (o propria) postula l'autonomia dei contrapposti rapporti di debito/credito e non è configurabile allorché essi traggano origine da un unico rapporto. In questi casi (compensazione c.d. impropria) il calcolo delle somme a credito e a debito può essere compiuto dal giudice anche d'ufficio, in sede di accertamento della fondatezza della domanda, mentre restano inapplicabili le norme processuali che pongono preclusioni o decadenze alla proponibilità delle relative eccezioni (cfr. Cass. civ., sez. III, sentenza n. 17390 dell'8/8/2007; nella specie, la S.C., richiamato l'orientamento più rigoroso che limita l'applicabilità del principio ai casi in cui le contrapposte ragioni di debito e credito non solo derivino dal medesimo rapporto negoziale, ma siano anche legate da un vincolo di corrispettività, ha affermato che nel caso esaminato ricorreva anche un tal vincolo, in quanto il diritto al compenso spettante all'appaltatore trovava riscontro nel diritto della committente al rimborso delle spese sostenute per effetto dell'asserito inadempimento di lui, con la conseguente cassazione della sentenza di appello che aveva ritenuto tardiva, perché proposta solo in appello, l'eccezione di compensazione). Nel caso qui esaminato la compensazione impropria non risulta applicabile in quanto le rispettive ragioni di credito/debito derivano da rapporti diversi, la une da rapporti condominiali, le altre dalla disciplina di cui all'art. 843 c.c.. La compensazione propria, invece, non è applicabile in quanto le parti hanno, durante il corso del giudizio, manifestato la chiara volontà di voler vedere accolte, almeno in parte, le loro domande, senza manifestare in maniera tempestiva e prima del maturare delle preclusioni, neppure in maniera implicita, la volontà di addivenire a una compensazione, almeno parziale, delle rispettive ragioni di credito/debito. Non costituisce, in particolare, domanda di compensazione la domanda (in ogni caso tardiva), proposta in via subordinata dal condominio opposto nelle note di trattazione scritte per l'udienza del 2/3/2023, nei seguenti termini: "In via subordinata, per la denegata ipotesi di accoglimento della domanda riconvenzionale spiegata dall'opponente, seppur contenendo l'eventuale" indennizzo a disporti nei limiti di quanto quantificato con la espletata CTU, condannare altresì il Sig. (...) al pagamento dell'importo residuo vantato come credito in eccedenza del Condominio sulla base del decreto ingiuntivo opposto, pari ad Euro 4.548,57". Tale domanda non manifesta, neppure in maniera implicita, l'intenzione di chiedere una compensazione, apparendo soltanto diretta ad ottenere un parziale accoglimento della domanda dell'opposto; in ogni caso una eventuale domanda di compensazione, proposta nelle note di trattazione scritte per l'udienza del 2/3/2023 risulterebbe formulata oltre il termine prescritto per la proposizione delle domande nel presente processo e, quindi, sarebbe preclusa, in quanto tardiva. In ordine, poi, alle eventuali domande ed eccezioni nuove, contenute nelle comparse conclusionali e nelle memorie di replica, tali domande ed eccezioni risultano tardive e inammissibili. In particolare, risulta tardiva e inammissibile la domanda proposta dall'opponente nella comparsa conclusionale nei seguenti termini: "e) Operare sugli importi così determinati, sussistendone i presupposti di legge, ai sensi dell'art. 1243 c.c., la compensazione giudiziale dei reciproci crediti e debiti delle parti". La compensazione giudiziale richiesta, peraltro, non potrebbe comunque essere operata, in quanto tale forma di compensazione presuppone la unicità del rapporto da cui traggono origine le rispettive ragioni di credito/debito, mentre nel caso qui esaminato tali reciproche ragioni traggono origine da rapporti diversi, come già più sopra evidenziato. Ogni ulteriore questione resta assorbita in quanto sinora esposto. Gli elementi presenti agli atti consentono di pervenire alla decisione senza che occorra procedere a ulteriori approfondimenti di carattere istruttorio. Per quel che concerne le spese di giudizio, va disposta la integrale compensazione delle spese di giudizio fra le parti, ivi comprese le spese di c.t.u., in ragione della reciproca soccombenza. Per quel che concerne le spese relative all'espletamento di c.t.u., peraltro, la misura di tali spese va confermata nell'importo già liquidato in corso di causa. P.Q.M. Il Tribunale di Nocera Inferiore, Seconda Sezione Civile, in composizione monocratica, così provvede definitivamente pronunciando in ordine alle domande proposte in particolare con atto di citazione in opposizione a decreto ingiuntivo, spedito per la notifica in data 20/6/2015, nell'interesse di (...), nei confronti del Condominio (...), sito in via (...), in persona dell'amministratore pro tempore, sig. (...), nonché in ordine alle domande proposte dal Condominio Palazzo (...) con la proposizione del ricorso per decreto ingiuntivo e a tutte le domande proposte dalle parti nel presente giudizio, disattesa o assorbita ogni diversa istanza, domanda, richiesta o eccezione: 1. in parziale accoglimento della proposta opposizione, revoca il decreto ingiuntivo n. 717/2015 del 12/5/2015, emesso dal Tribunale di Nocera Inferiore; 2. in parziale accoglimento domande proposte nel presente processo nell'interesse del Condominio (...), sito in via (...), in persona del legale rappresentante pro tempore, condanna (...) al pagamento, in favore del Condominio (...), sito in via (...), in persona del legale rappresentante pro tempore, della somma di Euro 23.662,77, oltre interessi al tasso legale a decorrere dalle singole scadenze e sino al soddisfo; 3. in parziale accoglimento delle domande proposte nel presente processo nell'interesse dell'opponente (...), condanna il Condominio (...), sito in via (...), in persona del legale rappresentante pro tempore, al pagamento, in favore di (...), della somma di Euro 19.411,20, oltre interessi al tasso legale dalla domanda e sino al soddisfo; 4. rigetta tutte le ulteriori domande proposte dalle parti nel presente giudizio; 5. dispone la integrale compensazione delle spese di giudizio fra le parti, ivi comprese le spese relative all'espletamento di c.t.u., con conferma, per le spese di c.t.u., dell'importo già liquidato in corso di causa, sia in relazione al procedimento monitorio, sia in relazione al procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo. Nocera Inferiore, 8 giugno 2023. Depositata in Cancelleria il 11 giugno 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale di Nocera Inferiore, Seconda Sezione Civile, in composizione monocratica, nella persona del Presidente di Sezione dott. Vito Colucci, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile iscritta al n. 3077/2021 R.G., avente ad oggetto Sfratto per morosità, e vertente TRA (...), rappresentata e difesa dall'Avv. Stefania Antonacchio in virtù di procura depositata in via telematica nel procedimento sommario n. 2865/2021 R.G., elettivamente domiciliata presso lo studio professionale del predetto difensore in S. Egidio del Monte Albino alla via SS. Martiri n. 13; ATTORE INTIMANTE E (...), rappresentato e difeso dall'avv. Pi.Co., in virtù di mandato depositato in via telematica nel procedimento sommario n. 2865/2021 R.G., elettivamente domiciliato presso il predetto difensore in Nocera Inferiore, Piazza (...) n. 3; CONVENUTO INTIMATO Conclusioni. La parte attrice intimante, unica parte che ha partecipato al procedimento successivo al mutamento del rito, ha rassegnato le sue conclusioni come da note di trattazione scritta per l'udienza del 4/5/2023, nei termini specificati nelle note stesse. La causa è stata decisa a tale udienza con il deposito del dispositivo. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con atto di intimazione di sfratto per morosità e contestuale citazione per la convalida notificato in data 28/4/2021 la parte attrice ha intimato sfratto per morosità alla parte convenuta, in relazione all'immobile per cui è lite, consistente nel seguente immobile (cfr. contratto di locazione per uso abitativo stipulato in data 20/4/2017): locale negozio sito in Nocera Inferiore alla via (...) n. 08, riportato nel catasto fabbricati di Nocera Inferiore, foglio (...), sub 2 P.T., cat. C/1, cons. 22 mq., rendita Euro 179,52. Il contratto in questione è un contratto di locazione per uso non abitativo / commerciale, datato 20/4/2017, intercorso fra (...), locatore, e (...), conduttore. La parte convenuta intimata si è costituita e si è opposta alle domande e istanze di controparte; l'intimato ha chiesto quanto segue nella comparsa di costituzione e risposta nel procedimento sommario: aa) rigettare la domanda principale di parte avversa; bb) (concedere) un termine di grazia per sanare la morosità; cc) in subordine, rinvio per poter permettere un piano di rientro dei canoni insoluti "in aggiunta, proporzionalmente, ai canoni" che sarebbero maturati; dd) con vittoria di spese e competenze del giudizio. All'udienza del 10/6/2021 il Giudice si è riservato di decidere e, a scioglimento della riserva, con provvedimento depositato in data 14/6/2021 (nel proc. n. 2865/2021 R.G.) ha accolto l'istanza di emissione di ordinanza provvisoria di rilascio ex art. 665 c.p.c. e ha mutato il rito, ai sensi dell'art. 426 c.p.c., fissando l'udienza di discussione, e fissando il termine perentorio per la presentazione della domanda di mediazione. La parte attrice intimante, unica parte che ha partecipato al procedimento successivo al mutamento del rito, ha rassegnato le sue conclusioni come da note di trattazione scritta per l'udienza del 4/5/2023, nei termini specificati nelle note stesse. La causa è stata decisa a tale udienza con il deposito del dispositivo. MOTIVI DELLA DECISIONE Il provvedimento conclusivo del procedimento sommario. Nell'ordinanza depositata in data 14/6/2022 (nel proc. n. 2865/2021 R.G.), a conclusione del procedimento sommario, il Giudice, ha esposto, in particolare, la seguente motivazione: "L'intimante ha chiesto la convalida dello sfratto e l'intimato si è opposto. La opposizione dell'intimato alla convalida dello sfratto impedisce l'emissione del provvedimento di convalida di sfratto richiesto dall'intimante, ai sensi dell'art. 663 c.p.c.. Nella comparsa di costituzione e risposta l'intimato ha dedotto, in particolare, quanto segue: l'intimato ha dovuto sostenere spese per ristrutturazione dell'immobile; l'attività di parrucchiere dell'intimato ha subito gli effetti della pandemia da Covid-19; l'intimato chiede termine di grazia per regolare il pagamento dei canoni scaduti, o rinvio per pagare. Va, innanzi tutto, evidenziato che non può essere concesso il termine di grazia per sanare la mora, ai sensi dell'art. 55 della legge n. 392 del 1978. Nel caso in esame, infatti, trattasi di contratto di locazione per uso diverso da quello abitativo. Per tale tipologia di contratti il legislatore non ha previsto la possibilità di richiedere il predetto termine di grazia (cfr. Cass. civ., Sez. U. sentenza n. 272 del 28/4/1999. Cfr., in senso analogo, Cass. civ., sez. 3 -, sentenza n. 1428 del 20/1/2017). Va, poi, osservato che la normativa emanata a seguito della emergenza connessa con la pandemia da COVID-19 prevede la sospensione della esecuzione dei provvedimenti di rilascio degli immobili e non incide sui procedimenti tesi ad ottenere la formazione del titolo esecutivo da utilizzare ai fini della instaurazione della procedura esecutiva del rilascio. Il presente procedimento è stato, quindi, correttamente instaurato. L'intimante ha, peraltro, attestato la persistenza della morosità e ha chiesto la emissione di ordinanza di rilascio dell'immobile locato.ai sensi dell'art.. 665 c.p.c.. L'intimato si è opposto alla emissione di tale ordinanza. Va, questo punto, osservato che l'intimato non ha, sostanza, disconosciuto in maniera adeguata l'esistenza della dedotta morosità. Ha, tuttavia, dichiarato di essere stato impossibilitato a pagare e ha chiesto termine di grazia. In ordine alla entità della morosità, va osservato che l'intimante ha dedotto che, alla data della intimazione (datata 19/4/2021) il conduttore non aveva provveduto al pagamento dei canoni relativi ai mesi di dicembre 2020, gennaio 2021, febbraio, 2021, marzo 2021, aprile 2021, per un importo complessivo di Euro 1.500,00, ammontando il canone mensile a Euro 300,00. Dal complesso delle deduzioni delle parti e delle risultanze degli atti emerge che la morosità persiste. La lunga durata della morosità (durata per cinque mesi consecutivi) è tale da far ritenere, allo stato, di non scarsa importanza l'inadempimento del conduttore, ai sensi dell'art. 1455 c.c.. La morosità quindi, sussiste senz'altro e appare idonea, allo stato, a determinare la risoluzione del contratto per inadempimento del conduttore. In ordine alla dedotta (dal conduttore) incidenza della pandemia da COVID - 19 sull'inadempimento va osservato quanto segue. L'intimato non ha dedotto alcuna specifica circostanza idonea a far ritenere che l'inadempimento sia, nel suo complesso, dipeso dalla pandemia. L'intimato, fra l'altro, non ha specificato in quale misura la pandemia abbia inciso sulla dedotta attività di parrucchiere. Le limitazioni all'esercizio dell'attività in questione, poi, non risultano essere state tali, durante il periodo della morosità, da escludere del tutto l'esercizio almeno parziale dell'attività, almeno per alcuni periodi. Non risultano, in definitiva, dedotte dall'intimato significative circostanze da cui si possa desumere una adeguata incidenza causale (totale o parziale) della pandemia da COVID-19 sull'inadempimento agli obblighi scaturenti dal contratto di locazione in questione. L'obbligo di pagamento del canone, peraltro, risulta essere rimasto quasi del tutto inadempiuto per il periodo di morosità indicato dal locatore. Sussistono, pertanto, i presupposti per la emissione dell'ordinanza provvisoria di rilascio ai sensi dell'art. 665 c.p.c.. Risulta, poi, opportuno fissare il termine per il rilascio nella misura specificata in dispositivo, tenuto conto delle complessive circostanze del caso in esame. Va, quindi, provveduto, ex art. 667 c.p.c., per il prosieguo del giudizio nelle forme del rito speciale di cui all'art. 447 bis c.p.c., previo mutamento del rito ai sensi dell'art. 426 c.p.c.. Va anche fissato il termine per la instaurazione del procedimento di mediazione, ai sensi degli visti gli artt. 5 e 6 del D.Lgs. n. 28 del 4/3/2010". Con la suddetta ordinanza depositata in data 14/6/2021, quindi, il Giudice ha disposto quanto segue: "P.Q.M. il Presidente così provvede, ogni diversa istanza, domanda, richiesta o eccezione disattesa o assorbita, in relazione ai fini del presente provvedimento: 1. Rigetta la domanda formulata dall'intimante (...) di convalida di sfratto per morosità, in relazione all'immobile di cui in atti; 2. ordina all'intimato (...) di rilasciare, in favore dell'intimante, l'immobile per cui è lite, consistente nell'immobile descritto in contratto nei seguenti termini: locale negozio sito in Nocera Inferiore alla via (...) n. 08, riportato nel catasto fabbricati di Nocera Inferiore, foglio (...), sub 2 P.T., cat. C/1, cons. 22 mq., rendita Euro 179,52; 3. visto l'art. 56 L. 392/1978, dispone che il rilascio possa essere coattivamente eseguito a far tempo dal 10/11/2021; 4. assegna alle parti il termine di quindici giorni dalla comunicazione del presente provvedimento per la presentazione della domanda di mediazione; 5. fissa quale udienza di discussione della causa quella del 23/6/2022 e il termine perentorio del 10/3/2022 per l'eventuale integrazione degli atti mediante deposito di memorie e documenti in cancelleria; 6. manda la Cancelleria per le comunicazioni e per gli adempimenti di competenza". In data 9/5/2022 la parte attrice intimante ha depositato verbale di mediazione con esito negativo. L'udienza di discussione del 23/6/2022 è stata rinviata di ufficio con provvedimento reso fuori udienza, depositato in data 16/6/2022. La parte attrice intimante, unica parte che ha partecipato al procedimento successivo al mutamento del rito, ha rassegnato le sue conclusioni come da note di trattazione scritta per l'udienza del 4/5/2023, nei termini specificati nelle note stesse. La causa è stata decisa a tale udienza con il deposito del dispositivo. La parte attrice intimante ha rappresentato e chiesto quanto segue nelle note di trattazione scritta per l'udienza del 4/5/2023: "Con le presenti note nel riportarsi ai propri scritti difensivi si chiede che l'Ill.mo Giudice Voglia - Convalidare lo sfratto per morosità, relativamente all'immobile sito in Nocera Inferiore alla via (...) n. 8, riportato nel Catasto fabbricati di Nocera Inferiore, foglio (...), sub 2 Piano Terra, cat C/1, cl.2 di mq 22,00, e pertanto dichiarare risolto il contratto di locazione ad uso commerciale del 20.04.2017, intercorso tra i sig.ri (...) e (...) - Condannare l'intimato alle spese di giudizio da distrarre in favore del sottoscritto procuratore antistatario". Va, a questo punto, osservato quanto segue. La domanda di parte attrice intimante va dichiarata improcedibile. Occorre preliminarmente evidenziare che l'art. 5, del D. Lgs. n. 28 del 4/3/2010 dispone quanto segue: "Art. 5 Condizione di procedibilità e rapporti con il processo 1-bis. Chi intende esercitare in giudizio un'azione relativa a una controversia in materia di condominio, diritti reali, divisione, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione, comodato, affitto di aziende, risarcimento del danno derivante da responsabilità medica e sanitaria e da diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di pubblicità, contratti assicurativi, bancari e finanziari, è tenuto, assistito dall'avvocato, preliminarmente a esperire il procedimento di mediazione ai sensi del presente decreto ovvero i procedimenti previsti dal decreto legislativo 8 ottobre 2007, n. 179, e dai rispettivi regolamenti di attuazione ovvero il procedimento istituito in attuazione dell'articolo 128-bis del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia di cui al decreto legislativo 1 settembre 1993, n. 385, e successive modificazioni, per le materie ivi regolate. L'esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale. La presente disposizione ha efficacia per i quattro anni successivi alla data della sua entrata in vigore. Al termine di due anni dalla medesima data di entrata in vigore è attivato su iniziativa del Ministero della giustizia il monitoraggio degli esiti di tale sperimentazione. L'improcedibilità deve essere eccepita dal convenuto, a pena di decadenza, o rilevata d'ufficio dal giudice, non oltre la prima udienza. Il giudice ove rilevi che la mediazione è già iniziata, ma non si è conclusa, fissa la successiva udienza dopo la scadenza del termine di cui all'articolo 6. Allo stesso modo provvede quando la mediazione non è stata esperita, assegnando contestualmente alle parti il termine di quindici giorni per la presentazione della domanda di mediazione. Il presente comma non si applica alle azioni previste dagli articoli 37, 140 e 140-bis del codice del consumo di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, e successive modificazioni. 2. Fermo quanto previsto dal comma 1-bis e salvo quanto disposto dai commi 3 e 4, il giudice, anche in sede di giudizio di appello, valutata la natura della causa, lo stato dell'istruzione e il comportamento delle parti, può disporre l'esperimento del procedimento di mediazione; in tal caso, l'esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale anche in sede di appello. Il provvedimento di cui al periodo precedente è adottato prima dell'udienza di precisazione delle conclusioni ovvero, quando tale udienza non è prevista prima della discussione della causa. Il giudice fissa la successiva udienza dopo la scadenza del termine di cui all'articolo 6 e, quando la mediazione non è già stata avviata, assegna contestualmente alle parti il termine di quindici giorni per la presentazione della domanda di mediazione. 2-bis. Quando l'esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale la condizione si considera avverata se il primo incontro dinanzi al mediatore si conclude senza l'accordo. 3. Lo svolgimento della mediazione non preclude in ogni caso la concessione dei provvedimenti urgenti e cautelari, ne' la trascrizione della domanda giudiziale. 4. I commi 1-bis e 2 non si applicano: a) nei procedimenti per ingiunzione, inclusa l'opposizione, fino alla pronuncia sulle istanze di concessione e sospensione della provvisoria esecuzione; b) nei procedimenti per convalida di licenza o sfratto, fino al mutamento del rito di cui all'articolo 667 del codice di procedura civile; c) nei procedimenti di consulenza tecnica preventiva ai fini della composizione della lite, di cui all'articolo 696-bis del codice di procedura civile; d) nei procedimenti possessori, fino alla pronuncia dei provvedimenti di cui all'articolo 703, terzo comma, del codice di procedura civile; e) nei procedimenti di opposizione o incidentali di cognizione relativi all'esecuzione forzata; f) nei procedimenti in camera di consiglio; g) nell'azione civile esercitata nel processo penale. 5. Fermo quanto previsto dal comma 1-bis e salvo quanto disposto dai commi 3 e 4, se il contratto, lo statuto ovvero l'atto costitutivo dell'ente prevedono una clausola di mediazione o conciliazione e il tentativo non risulta esperito, il giudice o l'arbitro, su eccezione di parte, proposta nella prima difesa, assegna alle parti il termine di quindici giorni per la presentazione della domanda di mediazione e fissa la successiva udienza dopo la scadenza del termine di cui all'articolo 6. Allo stesso modo il giudice o l'arbitro fissa la successiva udienza quando la mediazione o il tentativo di conciliazione sono iniziati, ma non conclusi. La domanda è presentata davanti all'organismo indicato dalla clausola, se iscritto nel registro, ovvero, in mancanza, davanti ad un altro organismo iscritto fermo il rispetto del criterio di cui all'articolo 4, comma 1. In ogni caso, le parti possono concordare, successivamente al contratto o allo statuto o all'atto costitutivo, l'individuazione di un diverso organismo iscritto. 6. Dal momento della comunicazione alle altre parti, la domanda di mediazione produce sulla prescrizione gli effetti della domanda giudiziale. Dalla stessa data, la domanda di mediazione impedisce altresì la decadenza per una sola volta, ma se il tentativo fallisce la domanda giudiziale deve essere proposta entro il medesimo termine di decadenza, decorrente dal deposito del verbale di cui all'articolo 11 presso la segreteria dell'organismo". Nel caso trattato nel presente processo si verte in tema di contratto di locazione. Nel caso di specie la parte intimante si è limitata a depositare verbale di mediazione con esisto negativo dal quale si evince la mancata partecipazione personalmente dell'intimante (...) alla procedura di mediazione e la partecipazione del suo difensore Avv. (...) la quale si riservava di depositare in atti la procura, ad oggi non depositata. Dal suindicato verbale di mediazione con esito negativo si evince quanto segue: il Mediatore "informa le parti in ordine ai connotati, alle modalità, alle regole, agli effetti ed ai costi del procedimento di mediazione ed in particolare avvisa i difensori delle parti che la giurisprudenza di merito affermatasi in diverse pronunce sul territorio nazionale non ritiene valida la condizione di procedibilità allorquando la sottoscrizione del verbale di mediazione provenga da soggetto diverso dalla parte interessata non munita di procura speciale notarile. Il difensore ritiene comunque di assumersi ogni responsabilità in merito alla validità della sottoscrizione del presente verbale di mediazione". La cassazione ha affermato, sul punto, che nel procedimento di mediazione obbligatoria disciplinato dal D.Lgs. n. 28 del 2010, quale condizione di procedibilità per le controversie nelle materie indicate dall'art. 5, comma 1 bis, del medesimo decreto (come introdotto dal d.l. n. 69 del 2013, conv., con modif., in L. n. 98 del 2013), è necessaria la comparizione personale delle parti, assistite dal difensore, pur potendo le stesse farsi sostituire da un loro rappresentante sostanziale, dotato di apposita procura, in ipotesi coincidente con lo stesso difensore che le assiste; la condizione di procedibilità può ritenersi, inoltre, realizzata qualora una o entrambe le parti comunichino al termine del primo incontro davanti al mediatore la propria indisponibilità a procedere oltre (cfr. Cass. civ., sez. 3 -, sentenza n. 8473 del 27/3/2019; in applicazione del principio, la S.C. ha confermato la decisione di merito che aveva ritenuto improcedibile, ai soli fini della soccombenza virtuale, l'azione di risoluzione del contratto di locazione rinunciata dalla parte, in quanto le parti non erano mai comparse, personalmente o idoneamente rappresentate, davanti al mediatore, tenuto conto che, per un verso, la procura speciale notarile rilasciata dalla parte al proprio difensore e autenticata da quest'ultimo, era in realtà una semplice procura alle liti e che, per l'altro, non era stato neppure redatto un verbale negativo). Nel caso qui trattato l'udienza del 4/5/2023 costituisce la prima udienza del procedimento locatizio n. 3077/2021 R.G., sorto a seguito del mutamento del rito. Entro tale udienza, quindi, le parti potevano eccepire la improcedibilità per mancato esperimento del procedimento di mediazione e il Giudice poteva rilevare tale improcedibilità. La parte convenuta intimata non ha partecipato al procedimento successivo al mutamento del rito; la improcedibilità della domanda di parte attrice intimante risulta tuttavia rilevabile di ufficio dal Giudice. Il procedimento di mediazione, peraltro, è stato esperito, ma in maniera non corretta; non risulta, quindi, neppure concedibile alcun termine sul punto, non potendosi estendere la relativa disciplina in via di interpretazione analogica ai casi previsti in proposito dalla norma. Da quanto esposto consegue che le domande proposte dalla parte attrice intimante nel presente giudizio risulta improcedibile in quanto non risulta avverata la condizione di procedibilità delle domande a causa della mancata partecipazione al procedimento di mediazione della parte intimante personalmente e della presenza del suo difensore, quale rappresentante sostanziale, non munito di procura speciale notarile. Va, pertanto, dichiarata la improcedibilità delle domande di parte attrice intimante. Le attuali risultanze processuali consentono di pervenire alla decisione senza che occorra procedere a ulteriori approfondimenti di carattere istruttorio, sussistendo agli atti elementi adeguati per pervenire alla decisione della causa. Ogni ulteriore questione resta assorbita in quanto più sopra esposto. Occorre puntualizzare che l'ordinanza provvisoria di rilascio ex art. 665 c.p.c., resa a chiusura del procedimento sommario, conserva efficacia (cfr., in argomento, Cass. civ., sez. III, sentenza n. 8616 del 23/8/1990). Per quel che concerne le spese di giudizio risulta opportuno compensare interamente tali spese fra le parti, in considerazione delle complessive risultanze processuali e, in particolare, della condotta processuale delle parti stesse. P.Q.M. Il Tribunale di Nocera Inferiore, Seconda Sezione Civile, in composizione monocratica, in persona del sottoscritto Giudice, definitivamente pronunciando sulla causa suddetta, ogni diversa istanza, domanda, richiesta o eccezione disattesa o assorbita, così provvede: 1. dichiara l'improcedibilità delle domande proposte nel presente giudizio nell'interesse della parte attrice intimante (...); 2. dichiara interamente compensate fra le parti le spese di giudizio. Così deciso in Nocera Inferiore il 4 maggio 2023. Depositata in Cancelleria il 31 maggio 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI NOCERA INFERIORE Sezione Penale Il Tribunale di Nocera Inferiore, in composizione monocratica e nella persona della dott.ssa Claudia Masucci, alla pubblica udienza del 20 febbraio 2023 ha pronunciato e pubblicato, mediante lettura del dispositivo, la seguente SENTENZA nei confronti di: (...) nato a R. (R.) il (...) e residente a F. (R.) alla via S. L. n. 18 libero - assente Difeso di fiducia dall'avv. St.Ro. del foro di Roma, presente IMPUTATO Come da foglio allegato IMPUTATO a) del delitto p. e p. dagli artt. 81 c.p., 4 D.Lgs. n. 74 del 2000 perché con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, in qualità di rappresentante legale della società (...) S.R.L., al fine di evadere l'imposta sul valore aggiunto indicava nella dichiarazione annuale I.V.A. relativa al periodo di imposta per l'anno 2017 elementi passivi fittizi ed elementi attivi inferiori a quelli effettivi con superamento delle soglie di legge di cui al comma 1 lett. a) e b) art. 4 D.Lgs. n. 74 del 2000 cit.; in particolare dichiarava: elementi attivi in regime di non imponibilità, che portavano ad accertare la maggior imposta pari ad Euro 9.373.722,82. elementi passivi fittizi, in regime di detraibilità IVA, che portavano ad accertare la maggior imposta pari ad Euro 10.782.657,00. In Scafati, fatto commesso nel 2018 alla data della dichiarazione. b) del delitto p. e p. ex art. 10 D.Lgs. n. 74 del 2000, perché, al fine di impedire la esatta ricostruzione del reddito e del volume di affari, occultava le scritture contabili di cui è obbligatoria la conservazione, a partire dal 2017, non esibendole all'Autorità che procedeva alla verifica fiscale. In Scafati, il 12.03.2020 Con la recidiva semplice SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con decreto che dispone il giudizio emesso dal G.U.P. in sede in data 16 marzo 2022 (...) è stato tratto a giudizio innanzi al Tribunale in composizione monocratica per essere giudicato in ordine ai reati a lui ascritti. Alla prima udienza, fissata per il 16 maggio 2022, è stata dichiarata l'assenza dell'imputato, ben citato (tramite notifica ricevuta a mani proprie all'indirizzo di residenza) e non comparso senza addurre alcun legittimo impedimento. Alla seduta del 14 novembre 2022 il Giudice, in assenza di questioni preliminari, ha dichiarato aperto il dibattimento e ha dato la parola alle parti per le richieste istruttorie, ammesse come da ordinanza in atti. A seguire, si è proceduto all'audizione del teste (...) e sono stati acquisiti i documenti depositati dalle parti; avendo il P.M. rinunciato all'escussione dell'ulteriore teste di lista, A.G., e nulla osservando la difesa il Tribunale ha revocato la relativa ordinanza ammissiva. All'udienza del 20 febbraio 2023 il Tribunale ha dichiarato la chiusura dell'istruttoria dibattimentale e l'utilizzabilità di tutti gli atti legittimamente acquisiti, per poi dare la parola alle parti per le rispettive conclusioni, formulate come in epigrafe riportate, e decidere come da dispositivo letto e pubblicato in udienza. MOTIVI DELLA DECISIONE 1. Esposizione del compendio probatorio All'esito dell'istruttoria espletata ritiene il Tribunale che non sia stata raggiunta la prova della penale responsabilità dell'imputato in ordine ai reati a lui ascritti, per le ragioni che verranno esplicitate nel prosieguo. Appare opportuno, preliminarmente, riassumere il contenuto degli atti utilizzabili ai fini della decisione, prendendo le mosse dalle prove dichiarative assunte. (...), funzionario dell'Agenzia delle Dogane di Salerno, escusso all'udienza del 14 novembre 2022, ha riferito di aver effettuato un accertamento nei confronti della ditta (...) s.r.l. In particolare, il teste ha dichiarato che, a seguito di una richiesta di informazioni proveniente dalle autorità maltesi, avente ad oggetto delle transazioni intracomunitarie concluse dalla predetta compagine a Malta, lui ed i colleghi avevano accertato, grazie alla consultazione della banca dati Index, che la (...) risultava aver ceduto ad una società maltese prodotti energetici per circa 42 milioni di Euro nell'anno 2017; la controparte, presunta acquirente della merce, aveva invece disconosciuto le operazioni. Il 30 gennaio 2020 si erano, dunque, recati presso la sede legale della (...), a Scafati, trovandola chiusa. Nello stesso periodo la Guardia di Finanza di Asti aveva effettuato - nell'ambito di un diverso procedimento - una perquisizione presso l'abitazione del (...) (amministratore della società nel periodo in cui erano state effettuate le operazioni oggetto di contestazione), sita a Forano, senza rinvenire documentazione fiscale né contabile. Alla luce di ciò, l'Agenzia delle Dogane aveva ipotizzato che le cessioni di prodotti petroliferi alla società maltese non fossero, in realtà, mai state concluse nei termini descritti. In particolare, gli accertatori erano giunti alla conclusione che nella dichiarazione dei redditi del 2017 fossero stati inseriti elementi passivi fittizi pari a 10.782.657 Euro. Inoltre, avevano dedotto che le cessioni dichiarate come intracomunitarie fossero avvenute, in realtà, sul suolo nazionale, con la conseguenza che la società avrebbe dovuto versare la relativa I.V.A.; tali transazioni ammontavano a 10.040.427 nel secondo trimestre, 9.968.804 Euro nel terzo trimestre e 12.582.041 Euro nel quarto trimestre del 2017, e avrebbero comportato il pagamento di una maggiore imposta per 9.373.722 Euro. Il teste ha specificato che l'ipotesi secondo cui le operazioni sarebbero state effettivamente realizzate ma con società italiane invece che maltesi era fondata sulle risultanze della banca dati Index: in altre parole, si basava sui dati dichiarati dalla stessa (...). Nel corso del controesame condotto dalla difesa dell'imputato l'(...), consultata una visura camerale storica della società oggetto dell'accertamento, ha chiarito che quando era stata avviata la verifica, il 29 ottobre 2019, amministratore della (...) era (...). Ha, inoltre, specificato che non era stato notificato alcun invito a comparire né a quest'ultimo né all'odierno imputato; che, al momento della perquisizione presso l'abitazione del (...), questi non era già più amministratore della società; che non erano stati effettuati accessi presso le altre sedi della compagine e, infine, che non erano state rinvenute fatture a sostegno dell'effettività delle operazioni. Nel processo verbale di constatazione redatto dai funzionari dell'Agenzia delle Dogane nei confronti della (...) si legge, con riferimento all'indebita detrazione d'imposta afferente operazioni passive in assenza di fatture d'acquisto, che "...il diritto alla detrazione IVA., come sopra operata, impone l'obbligo di detenzione delle fatture passive e, come corollario, in caso di perdita della documentazione contabile, l'onere del contribuente di attivarsi per la ricostruzione del contenuto delle fatture passive, acquisendone copia presso i fornitori...; al riguardo, consolidata giurisprudenza di legittimità, in tema di diritto alla detrazione IVA, ha affermato il principio di derivazione comunitaria secondo cui "la detrazione può essere legittimamente esercitata nel periodo d'imposta nel corso del quale ricorrano contemporaneamente i requisiti del possesso della fattura e dell'esistenza del diritto alla deduzione".. .Pertanto, in assenza di fatture d'acquisto esibite, per complessivi Euro 49.012.077,00, in violazione di quanto previsto dall'art. 19 D.P.R. n. 633 del 1972, i verbalizzanti contestano alla società verificata di avere indebitamente detratto l'IVA relativa pari ad Euro 10.782.637,00" (p. 3 del P.V.C.). Quanto all'omessa fatturazione e registrazione di obblighi imponibili in presenza di cessioni ad operatori UE di beni in assenza di prove del trasferimento al di fuori del territorio nazionale, i funzionari osservano che "il diritto alla non imponibilità IVA impone l'obbligo di detenzione delle fatture attive e la prova della avvenuta uscita dei beni fatturati dal territorio nazionale. Atteso quanto sopra, ritenuto che, in mancanza di documentazione contabile, di magazzini e/o strutture comunque riferibili alla società e pertanto in assenna di rimanente, le vendite per Euro 42.607.831,00 indicate nel quadro VF si considerano relative a merce venduta sul territorio nazionale senza emissione di fatture" (pp. 3-4 del P.V.C.). Sono stati acquisiti al fascicolo i seguenti atti e documenti: - Visura storica della (...) s.r.l. estratta il 2 marzo 2022 - Visura ordinaria della (...) s.r.l. estratta il 9 marzo 2022 - Processo verbale di constatazione redatto il 12 marzo 2020 dai funzionari dell'Agenzia delle Dogane di Salerno nei confronti della (...) s.r.l.. - Schermate della banca dati Index afferenti alla (...) s.r.l. - Modello IVA 2018 della (...) s.r.l. - Verbale di operazioni compiute redatto dai funzionari dell'Agenzia delle Dogane il 30 gennaio 2020 a seguito dell'accesso presso la sede legale della (...) s.r.l., sita a S., alla via L. D. V. n. 5 - Scambio di informazioni tra l'Agenzia delle Dogane e le omologhe autorità maltesi 2. Valutazione del compendio probatorio e ricostruzione dei fatti In via preliminare va chiarito che il teste (...) deve ritenersi soggettivamente attendibile, tenuto conto del ruolo ricoperto e della mancanza di motivi di pregiudizio nei confronti dell'odierno imputato. Le dichiarazioni del teste sono apparse, inoltre, genuine, in quanto chiare e serene. Ciò posto, deve rilevarsi che l'accertamento espletato non ha restituito un quadro univoco della vicenda, nemmeno sotto il profilo della sua dinamica fattuale. È emerso, infatti, che, a seguito della segnalazione di possibili irregolarità da parte delle autorità maltesi, l'Agenzia delle Dogane aveva svolto degli accertamenti nei confronti della (...), consistiti in un tentativo di accesso presso la sede della società, sita a Scafati, risultata vuota, ed in una perquisizione - invero effettuata dalla Guardia di Finanza di Asti - presso l'abitazione dell'odierno imputato, che non aveva consentito di rinvenire documentazione contabile né fiscale. L'ipotesi accusatoria, dunque, si fonda - oltre che sui menzionati dati di fatto - principalmente sulle risultanze della banca dati Index, ove erano state registrate dalla stessa (...) le transazioni sospette; in particolare i funzionari, considerata la totale carenza di documentazione contabile a supporto delle operazioni dichiarate, hanno presunto l'inesistenza delle operazioni passive e la cessione dei prodotti sul suolo nazionale. 3. Qualificazione giuridica dei fatti 3.1. All'imputato sono contestati due delitti: quello di dichiarazione infedele, per aver indicato nella dichiarazione annuale I.V.A. relativa all'anno 2017 elementi passivi fittizi ed elementi attivi in regime di non imponibilità al fine di evadere l'I.V.A., e quello ex art. 10 del D.Lgs. n. 74 del 2000, per aver occultato le scritture contabili di cui è obbligatoria la conservazione. Prendendo le mosse dal primo dei reati in questione, presupposto essenziale per la sua configurabilità è l'accertamento circa la falsità dei dati riportati nella dichiarazione I.V.A. L'art. 4 del D.Lgs. n. 74 del 2000, stante la clausola di riserva in esso contenuta, rappresenta una fattispecie residuale rispetto a quelle di cui agli artt. 2 e 3, che puniscono la dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti e la dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici. A differenza delle due predette figure di reato, che presuppongono, come evidenziato, una dichiarazione fraudolenta, quella per cui si procede si configura - purché ricorrano determinati presupposti in tema di imposta evasa e di elementi attivi sottratti all'imposizione - in presenza di una dichiarazione infedele, che può consistere anche nell'omessa indicazione di "redditi diversi" derivanti dalla cessione a titolo oneroso di un immobile (Cass. pen., sez. III, sent. n. 37169 del 7 settembre 2016) o nell'indicazione fittizia di investimenti in macchinari o apparecchiature idonee a godere di agevolazioni (Cass. pen., sez. III, sent. n. 42151 del 14 ottobre 2013). Secondo la tesi della Pubblica Accusa, l'infedeltà della dichiarazione, nel caso in esame, consisterebbe nell'indicazione di elementi passivi fittizi e nella mancata corrispondenza tra le operazioni dichiarate e quelle reali, che, poiché effettuate con una controparte italiana, avrebbero comportato il versamento dell'I.V.A. a carico della (...) s.r.l.. Tale ipotesi, alla luce dell'istruttoria, non può ritenersi provata. Al riguardo giova rilevare che, secondo il costante insegnamento della Corte di Cassazione, "in tema di reati tributari, per il principio di atipicità dei mezzi di prova nel processo penale, di cui è espressione l'art. 189 c.p.p., il giudice può avvalersi dell'accertamento induttivo, compiuto mediante gli studi di settore dagli Uffici finanziari, per la determinazione dell'imposta dovuta, firma restando l'autonoma valutazione degli elementi emersi secondo i criteri generali previsti dall'art. 192, comma 1 c.p.p." (Cass. pen., sez. III, sent. n. 11123 del 13 gennaio 2021). In altri termini, il giudice penale può fondarsi sull'accertamento effettuato dagli organi competenti a condizione, però, di sottoporlo ad un vaglio stringente e rigoroso. Se l'accertamento è tale da rispettare gli standard probatori imposti dal processo penale perché esaustivo, logico, fondato su elementi solidi e non smentito da ulteriori risultanze fattuali, i suoi esiti possono essere trasposti anche nel giudizio penale. Inoltre, va rilevato che i criteri presuntivi valevoli in ambito tributario non possono essere trasposti automaticamente nel giudizio penale, dove la prova della penale responsabilità dell'imputato deve fondarsi, se non su prove dirette, quanto meno su indizi gravi, precisi e concordanti. Nel caso in esame la verifica ha lasciato ampie lacune e, di conseguenza, non appare giustificato il ricorso alle presunzioni richiamate dai funzionari, neanche in ambito tributario, non essendo stata accertata la sussistenza dei presupposti per la loro operatività. E invero, gli operanti non si sono rivolti all'amministratore della società in carica, (...), nominato fin dal 2 luglio 2018, né hanno effettuato accertamenti presso le sedi della (...) site a M. (questa qualificata come sede operativa e ufficio amministrativo, a differenza delle altre), a Pozzuoli, a Napoli, a Pomezia e a Roma, limitandosi solo a quella di Scafati. Non è sorprendente, dunque, che non sia stato possibile rinvenire nessun tipo di documentazione fiscale e contabile, atteso che il (...), ormai estraneo all'amministrazione della compagine, non aveva motivo di detenere tali documenti. Perché l'esito della verifica potesse essere qualificato come sufficientemente solido e affidabile, tale da poter fondare un giudizio di responsabilità penale, sarebbe stato necessario, innanzitutto, effettuare accertamenti approfonditi presso ciascuna delle sedi societarie, al fine di appurare se la (...) fosse effettivamente operativa e di raccogliere elementi utili a ricostruire le operazioni svolte nel periodo in contestazione. È chiaro che se tutte le sedi fossero risultate abbandonate o inesistenti ciò avrebbe potuto rappresentare un dato significativo, anche se non determinante, atteso che comunque non si sarebbe potuto escludere che nel 2017 la società fosse ancora in attività. L'attuale amministratore avrebbe, poi, dovuto essere necessariamente coinvolto nella verifica perché, proprio in considerazione del suo ruolo, è il soggetto che avrebbe dovuto detenere o, comunque, essere a conoscenza del luogo di conservazione della documentazione contabile e fiscale afferente alla società, in base alla quale ricostruire le transazioni effettuate. Sulla base della documentazione rinvenuta, valutate la sua completezza e la sua eventuale (mancata) corrispondenza con le dichiarazioni fiscali della società, si sarebbero potute trarre delle prime conclusioni. La parzialità delle verifiche svolte ha lasciato, dunque, un vuoto che certamente non è colmabile con delle mere presunzioni, che avrebbero dovuto fondarsi su un controllo esaustivo: nel caso in esame non si può sostenere che le fatture non esistessero né addebitare al (...) - peraltro mai coinvolto nell'accertamento - la loro mancata esibizione, per le ragioni già esplicitate. Per quanto emerso, deve concludersi che quella formulata dall'Agenzia delle Dogane è solo un'ipotesi, rimasta priva di qualunque riscontro. Non vi sono, infatti, elementi che consentano di ritenere maggiormente probabile (criterio che, ovviamente, non sarebbe comunque sufficiente ai fini di un giudizio di responsabilità penale) una o l'altra delle ricostruzioni astrattamente ipotizzabili. Quanto alle operazioni passive, stante l'incompletezza della verifica non si può concludere con certezza che le stesse siano inesistenti, atteso che è ben possibile che la documentazione contabile relativa alle stesse fosse conservata in una delle numerose sedi che non sono state oggetto di accesso da parte degli accertatori. Quanto alle operazioni attive, non si può escludere, sulla base delle sole frammentarie informazioni provenienti dalle autorità maltesi, che le transazioni siano effettivamente state concluse con la V. Company Ltd: è ben possibile, infatti, che le operazioni siano avvenute ma che sia stata l'acquirente a disconoscerle per non dover sostenere le relative imposte. In mancanza di qualunque dato circa l'effettiva operatività delle due compagini, le due opposte ricostruzioni - delle quali una, quella fondata sulle dichiarazioni della (...) confluite nella banca dati Index, avrebbe fondato maggiori oneri fiscali per la controparte maltese; l'altra, quella sostenuta da La (...) Company Ltd, avrebbe sgravato quest'ultima dalle relative imposte gettando, però, un'ombra sulla correttezza della dichiarazione fiscale della (...) - hanno, allo stato, pari dignità, essendo entrambe prive di qualunque riscontro. Si potrebbe sostenere, poi, che la cessione sia avvenuta a Malta, ma nei confronti di un'altra società, o in un diverso Paese comunitario; che i prodotti siano stati venduti sul territorio italiano è, quindi, solo un'ipotesi tra le altre, non corroborata - per quanto emerso - da alcun elemento. Far derivare dai pochi dati acquisiti la prova di una dichiarazione infedele sarebbe il frutto di un salto logico, potendosi formulare numerose ricostruzioni alternative rispetto a quella ipotizzata dai funzionari. A prescindere da ogni considerazione circa il superamento delle soglie ed il rispetto dei requisiti previsti dall'art. 4 del D.Lgs. n. 74 del 2000, dunque, (...) deve essere assolto per carenza della prova circa l'infedeltà della dichiarazione. 3.2. Passando al secondo dei delitti in contestazione, in punto di diritto va rilevato che il reato di cui all'art. 10 del D.Lgs. n. 74 del 2000 punisce chiunque, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto o di consentire a terzi l'evasione, occulti o distrugga, in tutto o in parte, le scritture contabili o i documenti di cui è obbligatoria la conservazione in modo da non consentire la ricostruzione dei redditi o del volume degli affari. Per la sussistenza del reato in questione - come emerge dalla stessa lettera della norma - non è sufficiente un mero comportamento omissivo, ossia l'omessa tenuta delle scritture contabili, ma è necessario un quid pluris a contenuto commissivo consistente nell'occultamento o nella distruzione dei documenti contabili la cui istituzione e tenuta è obbligatoria per legge. In particolare, la distruzione si realizza al momento dell'eliminazione della documentazione, la quale può consistere o nella stessa eliminazione del supporto cartaceo o in cancellature o abrasioni, mentre l'occultamento consiste nella temporanea o definitiva indisponibilità della documentazione da parte degli organi verificatori e si realizza mediante il nascondimento materiale del documento. Va precisato che il reato per cui si procede presuppone l'istituzione della documentazione contabile e la produzione di un reddito e, pertanto, non contempla anche la condotta di omessa tenuta delle scritture contabili, sanzionata amministrativamente dall'art. 9, comma 1, del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 471 (si veda Cass. pen., sez. III, sent. n. 1441 del 12 luglio 2017). Alla luce delle coordinate ermeneutiche delineate dalla Suprema Corte, è evidente che non può ritenersi raggiunta neanche la prova del delitto ex art. 10 D.Lgs. n. 74 del 2000. Non si dispone, infatti, di alcun elemento da cui desumere che la documentazione contabile fosse stata istituita e non si può escludere di trovarsi, invece, di fronte ad un'ipotesi di omessa tenuta. Inoltre, stante la parzialità dell'accertamento - che, vale la pena di ricordarlo, ha incluso l'accesso presso una sola delle sei sedi della società ed una perquisizione presso un soggetto che non era più amministratore della compagine da due anni, senza alcun coinvolgimento dell'amministratore attuale - è possibile che la documentazione esistesse e fosse, semplicemente, conservata altrove, non essendo, tra l'altro, ravvisabile alcun onere a carico del (...) di acquisirla e metterla a disposizione degli operanti o di indirizzare questi ultimi verso il luogo di conservazione. Anche in questo caso, dunque, l'ipotesi accusatoria è priva di qualunque riscontro e ha la medesima verosimiglianza delle ricostruzioni alternative idonee a fondare un giudizio di insussistenza del fatto. Dalle considerazioni esposte deriva che (...) deve essere mandato assolto da entrambi i reati a lui ascritti, ai sensi dell'art. 530 co. 2 c.p.p., per carenza degli elementi costitutivi del fatto tipico. P.Q.M. Letto l'art. 530 c.p.p., assolve (...) dai reati a lui ascritti perché il fatto non sussiste. Così deciso in Nocera Inferiore il 20 febbraio 2023. Depositata in Cancelleria il 28 febbraio 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI NOCERA INFERIORE SEZIONE PENALE Il Tribunale di Nocera Inferiore, in composizione monocratica e nella persona della dott.ssa Claudia Masucci, all'udienza del 27 febbraio 2023 ha pronunciato e pubblicato, mediante lettura del dispositivo e dei contestuali motivi, la seguente SENTENZA nei confronti di: (...) nato a (...) I. (S.) il (...) ed ivi residente alla via (...) n. 23 (dom. dich. ex art. 161 c.p.p. nel verbale del 27.05.2020) già presente - oggi non comparso Difeso di fiducia dall'avv. Ed.So., presente IMPUTATO Per il reato p. e p. dall'art. 337 c.p., per aver usato minaccia nei confronti di appartenenti alle Forze di polizia per opporsi agli stessi mentre compivano un atto di ufficio; in particolare, mentre l'Ass. C. (...) era impegnato nella contestazione al (...) della violazione di cui agli artt. 172 e 180 Codice della Strada, quest'ultimo proferiva ripetutamente nei suoi confronti le seguenti frasi minatorie "Questa volta te la faccio vedere io", "Mo' che viene mio figlio da Roma ti faccio vedere io", "Tu quando vai in pensione devi andare via da N.". SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con decreto di citazione a giudizio emesso dal P.M. sede in data 12 aprile 2021 (...) è stato tratto a giudizio innanzi al Tribunale in composizione monocratica per rispondere del reato a lui ascritto. Alla prima udienza, fissata per il 4 ottobre 2021, è stata disposta la rinnovazione della notifica all'imputato, in quanto lo stesso l'aveva ricevuta solo in data 19 luglio 2021 e, pertanto, tenuto conto della sospensione feriale, non era stato osservato il termine a comparire. All'udienza del 14 febbraio 2022 è stata dichiarata l'assenza dell'imputato, ben citato (tramite notifica ricevuta da familiare convivente al domicilio eletto) e non comparso senza addurre alcun legittimo impedimento. Il processo è stato, poi, rinviato per assenza testi. Alla seduta del 3 ottobre 2022, essendo il (...) comparso, è stata revocata la dichiarazione di assenza. A seguire il Giudice, in mancanza di questioni preliminari, ha dichiarato aperto il dibattimento e ha dato la parola alle parti per le richieste istruttorie, ammesse come da ordinanza in atti. Si è, poi, proceduto all'audizione dei testi (...) e (...) e all'esame dell'imputato. All'udienza del 9 gennaio 2023 è stato sentito il testimone, citato a prova contraria dalla difesa, (...). Alla seduta del 27 febbraio 2023 il Giudice ha dichiarato la chiusura dell'istruttoria dibattimentale e l'utilizzabilità di tutti gli atti legittimamente acquisiti, per poi dare la parola alle parti per le rispettive conclusioni, formulate come in epigrafe riportate, e decidere come da dispositivo e contestuali motivi letti e pubblicati in udienza. MOTIVI DELLA DECISIONE 1. Esposizione del materiale probatorio Alla luce dell'istruttoria espletata, ritiene il Tribunale che (...) debba essere assolto dal reato a lui ascritto per carenza degli elementi costitutivi del fatto, per le ragioni che verranno esposte nel prosieguo. In via preliminare, appare necessario riassumere gli esiti dell'istruttoria dibattimentale, prendendo le mosse dalle prove dichiarative assunte. (...), in servizio presso il Commissariato di (...) di Nocera Inferiore, escusso all'udienza del 3 ottobre 2022, ha riferito che il 27 maggio 2020, nel corso di un servizio sul territorio, aveva effettuato un controllo nei confronti di una vettura Fiat 600 targata (...), guidata dal figlio dell'odierno imputato, che invece si trovava seduto al lato passeggero, mentre sul sedile posteriore vi era (...). Il teste ha raccontato che il (...) - con il quale vi era un rapporto di conoscenza pregressa in quanto erano entrambi di Nocera, ma nessun attrito - a questo punto era sceso dal veicolo e gli aveva detto che lo avrebbe denunciato, così come aveva fatto in passato. Mentre il controllo proseguiva, ed in particolare mentre "(...) provvedeva a redigere dei verbali perché gli occupanti del veicolo non indossavano la cintura e perché il conducente era privo di patente, il giudicabile aveva continuato a inveire contro di lui, dicendo che si sarebbe rivolto ai suoi superiori per riferire del controllo che stava effettuando e che quando suo figlio fosse tornato da Roma gliel'avrebbe fatta pagare; tali frasi, in particolare, erano state proferite mentre "(...) si era seduto nell'auto di servizio (con il finestrino aperto) per la stesura degli atti, mentre il suo collega (...) si era trattenuto vicino al (...). Quest'ultimo aveva affermato, inoltre, che "(...) non avrebbe più dovuto farsi vedere a Nocera e che gliel'avrebbe fatta pagare, al che gli operanti avevano deciso di portare i soggetti in ufficio per completare le operazioni con maggiore serenità. L'imputato, che inizialmente si era detto contrario a recarsi presso il Commissariato, li aveva poi seguiti, ma subito dopo aveva accusato un malore ed era stato soccorso dal 118. Nel corso del controesame condotto dal difensore dell'imputato, il teste ha chiarito di aver individuato l'auto dei (...) mentre la stessa percorreva via A. nella stessa procedura dell'auto di servizio; non ha saputo dire se nell'occasione avessero acceso la sirena, ma certamente avevano lampeggiato. A bordo dell'auto vi erano dei pezzi di legno; per quanto a sua conoscenza, il (...) era un falegname; non ha saputo dire quanto fosse durato, complessivamente il controllo (forse dieci minuti, forse mezz'ora, forse anche un'ora), inclusivo della redazione dei verbali. (...), all'epoca dei fatti in servizio presso il Commissariato di (...) di Nocera Inferiore, escusso all'udienza del 3 ottobre 2022, ha confermato le dichiarazioni precedentemente rese dal collega, precisando di aver acceso - poiché era giorno e quindi il conducente della vettura poteva non aver notato gli abbaglianti - per un momento la sirena affinchè la Fiat 600 si fermasse. Il teste ha escluso di conoscere gli occupanti dell'auto e che vi fosse stato un diverbio tra "(...) ed il (...); ha, poi, precisato che il passeggero seduto sul lato posteriore era rimasto, per quanto ricordava, a bordo della vettura, e che il giudicabile ad un certo punto aveva iniziato a riprendere con il cellulare le auto in transito esclamando "perché non fate i verbali a loro ma solo a me?". Avevano deciso di terminare il controllo in Commissariato per evitare che la situazione degenerasse sulla pubblica via, ma (...) era stato liberato subito in quanto non doveva essere elevata nessuna contravvenzione nei suoi confronti. Su domanda del difensore dell'imputato, il teste ha riferito che il controllo poteva essere durato, al massimo, mezz'ora; il fatto era avvenuto in una giornata di sole; ha confermato che nell'auto vi erano dei pezzi di mobili, anche se non ricordava precisamente come fossero collocati. Il teste ha escluso sia che il collega gli avesse accennato ad una conoscenza pregressa con (...) sia che l'auto da controllare fosse stata scelta in modo specifico per i suoi occupanti. (...), nell'interrogatorio reso il 2 marzo 2021 presso il Commissariato di (...) di Nocera Inferiore, acquisito su consenso delle parti all'udienza del 3 ottobre 2022, ha negato gli addebiti e ha riferito che il 27 maggio 2020 si trovava in auto con suo figlio (...) e con un suo amico, (...); nell'occasione stavano trasportando dei pezzi di un mobile che avrebbero dovuto consegnare a un cliente (tale Racconto, citato più volte nel corso della deposizione), anche collocati tra i due sedili anteriori; poiché lo spazio in auto era molto angusto ed il tragitto da percorrere era di poche centinaia di metri, né lui né il figlio - entrambi seduti "di traverso" per non urtare il mobile - avevano indossato la cintura. Ad un certo punto avevano sentito dei colpi di clacson forti e insistenti e, fermatisi, si erano resi conto del fatto che provenivano da un'auto della Polizia, a bordo della quale l'imputato aveva individuato (...), che conosceva fin da quando era piccolo in quanto all'epoca erano vicini di casa. Il giudicabile ha riferito di essersi rivolto al'(...), in quel frangente, in maniera cordiale, ma il poliziotto, "incurante della loro pregressa amicizia", aveva chiesto al figlio del (...) di esibire i documenti e aveva osservato come non indossassero le cinture di sicurezza, al che il giudicabile aveva dichiarato che il figlio lo aveva accompagnato per la consegna del mobile ma aveva dimenticato la patente presso la falegnameria, distante solo cinquanta metri, e gli aveva chiesto di poterla andare a prendere; quanto alla cintura, aveva evidenziato come dovessero percorrere solo un breve tragitto e come stessero procedendo a bassissima velocità per il traffico. L'(...), a questo punto, aveva annunciato che li avrebbe dovuti sanzionare per la mancata esibizione della patente ed il mancato uso delle cinture di sicurezza; il (...) aveva chiesto di andare via, anche per il caldo sofferto per il sole alto e perché lo imbarazzava restare lì, dove avrebbe potuto essere riconosciuto dai passanti, e si era innervosito in quanto si sentiva trattato "come un criminale", peraltro di fronte al figlio, ma "(...) lo aveva trattenuto, secondo il giudicabile con fare arrogante. Ancora, il (...) ha riferito di aver detto al'(...), nell'occasione, che avrebbe parlato della cosa con i suoi genitori e con il proprio figlio, che lavorava a Roma; aveva, inoltre, dichiarato che, a causa del suo atteggiamento autoritario e fuori luogo, una volta andato in pensione avrebbe dovuto allontanarsi da Nocera. Sottoposto ad alcune ulteriori domande nel corso dell'udienza, il (...) ha ammesso di aver proferito le frasi contenute nel capo d'imputazione, spiegando di averlo fatto perché lui e "(...) si conoscevano da sempre ma avevano avuto motivi di attrito per un presunto torto che, a suo dire, aveva subito alcuni anni prima, a seguito del quale aveva comunque deciso di non denunciare il poliziotto in quanto vi era un rapporto di conoscenza pregressa tra le famiglie. L'imputato ha aggiunto, inoltre, di aver sempre effettuato dei lavori per numerosi appartenenti alle forze dell'ordine ma di non averli mai voluti fare per "(...) proprio per gli screzi che avevano avuto. Al momento del controllo, a suo dire, i poliziotti avevano suonato il clacson con particolare insistenza e lo avevano trattato "come un delinquente"; il (...) ha precisato di non contestare l'elevazione delle contravvenzioni, i cui presupposti, effettivamente, sussistevano, ma l'atteggiamento del'(...), a suo avviso sgarbato e prepotente, anche considerata la durata ingiustificata del controllo. Il giudicabile ha spiegato, inoltre, che con la frase in cui aveva fatto riferimento al figlio intendeva dire che avrebbe raccontato a quest'ultimo, che stava facendo carriera a Roma nelle forze dell'ordine, come si era comportato "(...); quanto alla frase "tu quando vai in pensione devi andare via da N.", voleva dire che lo stesso si sarebbe trovato costretto andare via perché aveva rotto molti rapporti. (...), testimone a prova contraria escusso all'udienza del 9 gennaio 2023, ha raccontato che nel corso del controllo da cui sono scaturiti i fatti per cui si procede si trovava sul veicolo guidato dal figlio dell'odierno imputato, sul sedile posteriore; nell'occasione stavano andando a portare una mensola costruita dal (...) presso la sua abitazione. Mentre si trovavano incolonnati dietro altre auto, la Polizia aveva suonato il clacson e li aveva fermati, per poi contestare il fatto che nessuno indossasse la cintura di sicurezza. A questo punto l'odierno imputato aveva chiesto di redigere subito il verbale affinché potesse allontanarsi e tornare a lavorare, ma era stato, invece, trattenuto "qualche oretta" sotto il sole. Il (...) si preoccupava di fare brutta figura dinanzi al figlio e ai numerosi automobilisti che transitavano e aveva detto che lo stavano trattando "come un delinquente", insistendo per potersi allontanare. Nel corso del controesame, il teste ha dichiarato che il controllo si era protratto a lungo in quanto il conducente era privo di patente; ha, poi, aggiunto che il giudicabile aveva avuto due figli maschi, di cui il più piccolo era deceduto ed il secondo non sapeva dove vivesse, ed una femmina. Su domanda del Tribunale, il (...) ha detto che i (...) erano scesi subito dall'auto, mentre lui era smontato in un secondo momento, perché aveva caldo. Sono stati allegati al fascicolo, su richiesta della difesa, i verbali di contestazione delle sanzioni amministrative con la prova dei relativi versamenti. 2. Valutazione delle prove e ricostruzione dei fatti Venendo alla valutazione del compendio probatorio, va innanzitutto rilevato che le dichiarazioni dei testi (...) e (...) devono considerarsi attendibili in ragione della loro esaustività, logicità e coerenza intrinseca. Se per "(...) la difesa ha paventato l'esistenza di motivi di acrimonia nei confronti del giudicabile - peraltro non riscontrati da nessun dato oggettivo - ciò non vale, comunque, per il teste (...), che lo stesso imputato ha dichiarato essere estraneo ad ogni possibile tipo di conoscenza o di rapporto pregresso tra lui e l'altro agente di P.G. Ciò che è determinante, però, è che la dinamica del fatto è, sostanzialmente, incontestata, avendo il (...) stesso ammesso che il figlio, al momento del controllo alla guida del veicolo, non aveva con sé la patente di guida, che non indossavano le cinture di sicurezza e di aver detto "Mo' che viene mio figlio da Roma ti faccio vedere io" e "Tu quando vai in pensione devi andare via da (...)". Gli aspetti sui quali vi è contestazione, dunque, afferenti al motivo per cui era stato effettuato il controllo, sono del tutto irrilevanti. La testimonianza di (...) deve ritenersi, invece, inattendibile in quanto le sue dichiarazioni sono in netto contrasto con quelle dei testimoni di P.G. e dell'imputato stesso. Innanzitutto, infatti, il (...) ha riferito che al momento del fatto stava portando un mobile da montare presso tale Racconto, "poliziotto capo ispettore di Torre Annunziata che abita a Nocera" (si veda p. 22 del verbale stenotipico, citato nuovamente a p. 25 come soggetto con il quale il giudicabile era al telefono) mentre il (...) ha dichiarato che la mensola doveva essere portata presso la sua abitazione. Inoltre, il (...) ha ammesso di aver proferito la maggior parte delle frasi di cui al capo d'imputazione, pur fornendo una sua spiegazione circa il loro significato; il (...), al contrario, ha negato che l'incolpato avesse detto alcunché, e ha dichiarato che lo stesso si era limitato a chiedere di essere liberato al più presto. È evidente, dunque, che a fronte di un racconto sostanzialmente sovrapponibile - quanto agli aspetti rilevanti- tra i due testi di P.G. e l'imputato, una diversa ricostruzione del testimone a prova contraria è del tutto inidonea a smentire quanto risultante dalle ulteriori prove. Deve, dunque, in definitiva ritenersi provato che il 27 maggio 2020 (...) e (...), in forze presso il Commissariato di (...) di Nocera Inferiore, abbiano sottoposto a controllo il veicolo su cui viaggiavano P.G. (alla guida), (...) (seduto al lato passeggero) e (...) (seduto nella parte posteriore dell'auto). Poiché i due (...) non indossavano la cintura di sicurezza ed il conducente non aveva con sé la patente di guida, '(...) aveva iniziato a redigere i verbali di violazione del codice della strada, quando (...) aveva iniziato ad aggredirlo verbalmente con le seguenti espressioni "Questa volta te la faccio vedere io", "Mo' che viene mio figlio da Roma ti faccio vedere io", "Tu quando vai in pensione devi andare via da (...)", anche dopo che "(...) si era seduto sull'auto di servizio per scrivere. Poiché non era possibile proseguire le operazioni in maniera serena, a questo punto i poliziotti avevano ritenuto di spostarsi presso il Commissariato ed il (...), dopo aver inizialmente manifestato delle rimostranze, si era deciso a seguirli. 3. Qualificazione giuridica dei fatti Venendo all'inquadramento giuridico dei fatti, in punto di diritto va rilevato che il primo elemento costitutivo della resistenza a pubblico ufficiale è dato dalla violenza o dalla minaccia. In merito si osserva che è principio consolidato in giurisprudenza quello secondo cui non è necessaria una minaccia diretta o personale, essendo, invece, sufficiente l'uso di qualsiasi coazione, anche morale, ovvero una minaccia anche indiretta, purché sussista l'idoneità a coartare la libertà di azione del pubblico ufficiale. Al riguardo va anche evidenziato che il delitto di resistenza a pubblico ufficiale può essere integrato da una qualsiasi condotta violenta o intimidatoria, quando la stessa sia finalizzata ad impedire o contrastare il compimento di un atto dell'ufficio ad opera del pubblico ufficiale (cfr. Cass. pen., sez. VI, sent. n. 10878 del 18 novembre 2009; Cass. pen., sez. IV, sent. n. 4929 del 17 dicembre 2003). Ad integrare il reato di cui all'art. 337 c.p. è sufficiente una condotta idonea ad impedire o turbare l'attività del pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio, mentre non occorre che la condotta violenta o minacciosa abbia realizzato l'effetto voluto di impedire di portare a termine l'atto di ufficio (sul punto si veda, da ultimo, Cass. pen., sez. VI, sent. n. 5459 dell'8 gennaio 2020). Ebbene, nel caso in esame le frasi pronunciate dal (...) e oggetto dell'editto accusatorio non hanno una chiara valenza intimidatoria. "Questa volta te lo faccio vedere io" è, infatti, un'espressione del tutto generica, priva - anche secondo l'interpretazione della Corte di Cassazione - di qualsiasi "valenza minatoria univoca e neanche larvata, non evocativa di un male ingiusto per il destinatario" (si veda Cass. pen., sez. V, sent. n. 53228 del 25 ottobre 2018). Analoghe le considerazioni con riguardo alle ulteriori frasi profferite: il riferimento al figlio che abitava a Roma, contenuto in un'affermazione con cui il (...) aveva ribadito che "gliel'avrebbe fatta vedere lui", appare privo di un significato intimidatorio, a maggior ragione se si considera che il giovane, come spiegato dal giudicabile, era un appartenente alle forze dell'ordine (il giudizio avrebbe potuto essere diverso, per esempio, se il soggetto evocato fosse un pericoloso e noto criminale). Quanto all'affermazione secondo cui '(...) sarebbe dovuto andare via da (...) una volta in pensione, non solo non contiene alcuna minaccia di un male ingiusto, ma appare al più una mera considerazione. Alla luce di ciò, appare superfluo soffermarsi sugli ulteriori elementi costitutivi del fatto, in quanto è carente il requisito della minaccia. (...) deve, dunque, essere assolto dal reato a lui scritto per l'insussistenza della fattispecie oggettiva del reato in contestazione. P.Q.M. Letto l'art. 530 c.p.p., assolve (...) dal reato a lui ascritto perché il fatto non sussiste. Così deciso in Nocera Inferiore il 27 febbraio 2023. Depositata in Cancelleria il 27 febbraio 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale di Nocera Inferiore Sezione Unica Penale dott. Vincenzo D'Arco - Presidente dott.ssa Stefania Ciervo - Giudice est. dott.ssa Paola Montone - Giudice all'udienza del 16 febbraio 2023 ha pronunciato la seguente SENTENZA nel procedimento penale nei confronti di: (...), nato a C. de' (...) il (...), ed elettivamente presso il difensore di fiducia avv. An.Mu.; - libero, assente Difeso di fiducia dall'Avv. An.Mu. del Foro di Salerno IMPUTATO Del delitto p. e p. dagli artt. 110, 648 bis c.p., perché, in concorso tra loro, compivano in relazione all'autovettura Porsche Cayenne avente telaio (...) tg. (...), oggetto di furto, operazioni tali da ostacolare l'identificazione della provenienza delittuosa, smontandola in pezzi. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO All'udienza del 17 ottobre 2019, il processo veniva rinviato per difetto di notifica. All'udienza del 23 gennaio 2020, veniva prodotta sentenza di patteggiamento riferita al coimputato (...), la cui posizione veniva estrapolata dall'elenco degli imputati, essendo già stato giudicato con sentenza n. 388/18 depositata l'8 ottobre 2018; si procedeva a rinvio per rinnovo notifica. L'udienza del 5 maggio 2020 veniva rinviata per l'emergenza epidemiologica da Covid-19, con sospensione dei termini di prescrizione del reato. All'udienza del 20 novembre 2020 si disponeva rinvio per legittimo impedimento del difensore, per concomitante impegno professionale, con sospensione dei termini di prescrizione del reato. Le udienze del 6 maggio 2021 e del 27 gennaio 2022 venivano rinviate a causa dell'emergenza sanitaria in corso. All'udienza del 22 luglio 2022, il difensore del coimputato (...) eccepiva la nullità del decreto di rinvio a giudizio emesso nei confronti del proprio assistito; l'eccezione veniva accolta dal Tribunale che dichiarava di conseguenza la nullità del decreto di giudizio immediato nei confronti del predetto coimputato, disponendo lo stralcio della relativa posizione. Veniva, poi, dichiarato aperto il dibattimento e ammesse le prove richieste dalle parti, tra le quali l'acquisizione della denuncia di furto sporta da (...), sulla base della costante giurisprudenza di legittimità; si procedeva, quindi, alla escussione del teste (...), con revoca dell'ordinanza ammissiva dei restanti testimoni. Si acquisiva documentazione fotografica prodotta dal pubblico ministero, nonché, ai sensi dell'art. 507 c.p.p., il verbale di sommarie informazioni rese da (...), deceduto nelle more del processo. All'udienza del 16 febbraio 2023, veniva dichiarata chiusa l'istruttoria e le parti venivano invitate a concludere. MOTIVI DELLA DECISIONE Con decreto del 6 settembre 2018 veniva disposto procedersi a giudizio immediato nei confronti di (...) (già giudicato con sentenza del GUP di Nocera Inferiore), (...) e (...) (posizione stralciata) per il delitto di riciclaggio commesso il 12 luglio 2018. Dall'istruttoria espletata è possibile ritenere provata oltre ogni ragionevole dubbio la penale responsabilità dell'imputato (...). Invero, il teste S., Commissario Capo in servizio presso il Commissariato di Cava de' Tirreni, riferiva che in data 12 luglio 2018 veniva effettuata una perquisizione in un capannone sito in via (...), ove venivano rinvenuti tre soggetti (i tre originari coimputati) intenti a smontare una autovettura posizionata su un ponte levatoio per meccanici: in particolare il (...), insieme al (...), veniva colto nell'atto di smontare il mezzo. Tale macchina, che risultava parzialmente smontata, era già priva di targa, ma dal numero di telaio, mediante ricerche presso la motorizzazione, si riusciva a risalire al tipo di vettura e al numero di targa assegnata alla stessa: si trattava in particolare di una Porsche Cayenne tg. (...), che risultava oggetto di furto, come da denuncia sporta in data 12 luglio 2018 alle ore 10.25 da (...). Quest'ultimo, nello specifico, aveva denunciato il furto di due autovetture, tra cui la predetta Porsche, avvenuto nella notte dell'11 luglio 2018 presso l'abitazione sita in S. F. C. (L.). Il teste specificava altresì che all'interno del capannone venivano rinvenuti due jumper, ovvero dei disturbatori di frequenza GSM, utilizzati nell'ambito criminale per evitare che i sistemi di allarmi installati nei veicoli rubati possano essere captati delle centraline, e quindi individuati geograficamente; oltre a ciò, gli agenti trovarono una serie di attrezzature che servivano a smontare le autovetture. Il tutto veniva documentato mediante fotografie. Il Commissario precisava inoltre che alcuni pezzi della vettura in questione erano già stati impacchettati con della carta nera adesiva (per evitare che si potessero graffiare), ed erano stati già caricati sul furgone tg. (...). Il capannone era attrezzato come carrozzeria e dotato appunto di ponte per sollevare le autovetture, crick, triangoli; sul lato destro vi erano delle scaffalature ove erano posizionati altri pezzi di macchine quali Mercedes, Chrysler e Volkswagen. Infine, dal verbale di sommarie informazioni rese da (...), proprietario del capannone, emergeva che lo stesso era stato dato in comodato d'uso (in assenza peraltro di alcun contratto) al (...). Ebbene, come anticipato, alla luce dell'istruttoria espletata, si ritiene raggiunta oltre ogni ragionevole dubbio la responsabilità penale dell'imputato (...) per il delitto di riciclaggio. Invero, la giurisprudenza di legittimità, che si condivide pienamente, ritiene configurato il delitto in questione nell'ipotesi di smontaggio di pezzi di una autovettura in cui risultino già asportate le targhe identificative, in tal modo realizzando quella condotta volta ad ostacolare l'identificazione della provenienza delittuosa del bene (così, cass., Sez. II, n. 11277 del 04/03/2022, dep. 28/03/2022, Rv. 282820 - 01). Nel caso di specie, la targa della Porsche non è stata rinvenuta all'interno del capannone, tanto che la polizia giudiziaria ha dovuto ricorrere al numero di telaio per recuperarla e per scoprire che il veicolo era stato oggetto di furto; inoltre, pezzi della autovettura erano già stati smontati e caricati sul furgone. Risulta configurato anche l'elemento soggettivo, tenuto conto che il delitto di riciclaggio richiede il dolo generico, che consiste nella coscienza e volontà di ostacolare l'accertamento della provenienza delittuosa dei beni e nella consapevolezza di tale provenienza (così, Cass., Sez. V, n. 25924 del 02/02/2017, dep. 24/05/2017, Rv. 270199 -01): ebbene, l'imputato è stato colto nell'atto di smontare un'autovettura di grande valore, senza che sia riuscito a fornire alcuna spiegazione plausibile del motivo per cui si trovasse in quel momento a smontare una macchina risultata rubata. Quanto alla commisurazione della pena, si ritiene congruo, ai sensi dell'art. 133 c.p., attestarsi sul minimo della pena, riconoscendo le circostanze attenuanti generiche, oltre alla circostanza di cui al terzo comma dell'art. 648 bis c.p., in base alla quale la pena è diminuita se il bene proviene da delitto per il quale è stabilità una pena della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni: invero, l'autovettura oggetto del riciclaggio proviene dal delitto di furto semplice (non sussistendo elementi per ritenere il furto aggravato), che è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni. Pertanto, partendo dalla pena base di quattro anni di reclusione ed Euro 5.400,00 di multa, ridotta per le circostanze attenuanti generiche alla pena di due anni e otto mesi di reclusione ed Euro 3.600,00 di multa, ridotta ulteriormente in forza del comma 3 dell'art. 648 bis c.p., si condanna l'imputato alla pena finale di anni uno, mesi nove e giorni dieci di reclusione, e alla multa di Euro 2.400,00. Segue per legge la condanna dell'imputato al pagamento delle spese processuali. Infine, sussistendo i presupposti previsti dalla legge può essere concesso all'imputato il beneficio della sospensione condizionale della pena, potendosi formulare un giudizio prognostico positivo rispetto alla futura commissione di altri delitti, tenuto conto dell'auspicabile effetto deterrente derivante dalla presente condanna e del suo status di incensurato. P.Q.M. Letti gli artt. 533 e 535 c.p.p., dichiara (...) colpevole del reato a lui ascritto in rubrica e per l'effetto, riconosciuta al medesimo l'attenuante di cui all'art. 648 bis comma 3 c.p., nonché le circostanze attenuanti generiche, lo condanna alla pena di anni 1 (uno), mesi 9 (nove), giorni 10 (dieci) di reclusione ed Euro 2.400,00 (duemilaquattrocento) di multa, oltre al pagamento delle spese processuali. Letto l'art. 163 c.p., sospende la pena inflitta a (...) a termini e condizioni di legge. Letto l'art. 544 comma 3 c.p.p., indica in giorni 90 il termine per il deposito dei motivi della decisione. Così deciso in Nocera Inferiore il 16 febbraio 2023. Depositata in Cancelleria il 23 febbraio 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI NOCERA INFERIORE IL GIUDICE dott.ssa Paola Montone nell'udienza del 22.02.2023 ha emesso la seguente SENTENZA con redazione contestuale dei motivi nel procedimento penale a carico di: (...), nato a C. di S. il (...) e residente in A. (S.) alla Via dei G. n. 251. Libero, assente. Difeso di fiducia dall'Avv. Ti.Ti. IMPUTATO a) In ordine al reato di cui all'art. 590 c.p., perché, per colpa generica, consistita in imprudenza nella guida dell'autovettura Alfa Romeo "Mito" targata (...), lungo la via C. di S. del Comune di Pagan, invadeva la corsia destinata al senso opposto di marcia, urtando un motociclo Aprilia "Sport City" targato (...), che procedeva sulla stessa strada nella direzione opposta di marcia, il cui conducente (...), a causa dell'urto, perdeva il controllo del proprio veicolo, rovinava al suolo, cagionandogli lesioni personali giudicate guaribili in gg. 30 (trenta), come da referto N.20150031237 redatto dai sanitari del Pronto Soccorso dell'Ospedale "Umberto I" di Nocera Inferiore in data 11/06/2015, in atti. Fatto commesso in Pagani in data 11/06/2015 b) in ordine al reato di cui all'art. 189 C.d.S., perché, a seguito della condotta di cui al capo a), ometteva di prestare assistenza alla persona ferita allontanandosi dal luogo dell'incidente. ESPOSIZIONE DEI MOTIVI DI FATTO E DI DIRITTO lo svolgimento del processo A. Con decreto di citazione diretta a giudizio emesso dalla Procura della Repubblica in sede in data 1.10.2016, (...) veniva tratto a giudizio davanti a questo (...), affinché rispondesse dei reati così come contestatigli in epigrafe. Alla prima udienza dibattimentale del 8.5.2017 il processo veniva differito al fine dell'integrazione del contraddittorio nei confronti dell'imputato e della persona offesa. Alla sessione del 14.3.2018, dichiarata l'assenza dell'imputato e preso atto dell'adesione del Difensore all'astensione proclamata dall'Unione delle Camere Penali Italiane, la sessione processuale veniva differita stante l'assenza dei testi di lista del P.M. e, per il medesimo motivo, si disponeva in tal senso anche alle udienze del 19.12.2018 (ove la Difesa dichiarava di aderire all'astensione dalle udienze penali proclamata dall'organismo unitario dell'avvocatura) e del 17.7.2019. Al consesso del 12.9.2019, il Tribunale, rigettata la questione preliminare avanzata dalla Difesa dell'imputato in ordine alla nullità del decreto di citazione diretta a giudizio - come da ordinanza a verbale -, dichiarava formalmente aperto il dibattimento ed ammetteva le richieste istruttorie documentati e orati così come avanzate dalle parti nel concorso dei presupposti di legge. Si procedeva dipoi, previa produzione da parte della pubblica accusa del referto di pronto soccorso rilasciato a (...) dal P.O. di Nocera Inferiore in data 11.6.2015 e dei rilievi fotografici del veicolo Alfa Mito tg. (...), all'escussione del teste di lista del P.M. (...), al cui esito veniva altresì prodotto atto di denuncia-querela dallo stesso sporta innanzi alla Polizia Municipale del Comune di Pagani in data 7.10.2015, differendo la trattazione per il prosieguo istruttorio. L'udienza del 4.12.2019 non poteva celebrarsi stante l'assenza giustificata del teste di lista della pubblica accusa (...). Alla sessione processuale del 29.1.2020, previamente constatata l'assenza giustificata del teste (...), si procedeva all'esame della p.o. (...), il cui verbale di sommarie informazioni (rilasciate in data 13.6.2015 innanzi alla Polizia Municipale del Comune di Pagani) veniva acquisito su consenso delle parti ex articolo 493 comma III c.p.p.. All'udienza del 7.10.2020 il Tribunale disponeva la citazione del teste (...) a cura della cancelleria, previa irrogazione di sanzione pecuniaria da versare a favore della Cassa delle Ammende, stante la sua assenza ingiustificata. Al consesso del 26.5.2021, il Tribunale, preso atto della istanza di rinvio per legittimo impedimento pervenuta dal Difensore, differiva la trattazione del processo in via preliminare in conformità alle statuizioni contenute nel decreto del Presidente del tribunale del 22.4.2021 numero 36/2021 (protocollo n. (...)) di disciplina dello svolgimento dell'attività giudiziaria e amministrativa, a seguito delle misure di contenimento e gestione dell'emergenza epidemiologica per il periodo dal 26 aprile 2021 fino al 29.5.2021, nonché in conformità al decreto del Presidente della Sezione Unica Penale del 22.4.2021, in vigore dal 26.4.2021 al 29.5.2021. All'udienza del 20.04.2022, il Tribunale procedeva all'esame dei testi (...) e (...), al termine del quale la trattazione veniva differita per il prosieguo istruttorio. All'odierna udienza, rilevata una causa di improcedibilità ex art. 129 c.p.p., si invitavano le parti a concludere, conclusioni riportate sinteticamente nel relativo verbale ed, all'esito della camera di consiglio, si dava pubblica lettura del dispositivo di sentenza con redazione contestuale dei motivi. B. Ritiene questo giudicante che i reati ascritti all'imputato siano estinti per intervenuto decorso del termine massimo di prescrizione. Premesso che l'imputato, a conoscenza del processo penale a suo carico, non ha rinunziato alla prescrizione (come da facoltà spettante all'imputato ex sent. Corte Cost. 275/1990), va osservato anzitutto che, nell'attuale fase del procedimento non si configurano, e nemmeno sono state allegate da alcuna delle parti, ragioni di proscioglimento nel merito che abbiano connotati di evidenza, tali da imporre la pronuncia di una sentenza assolutoria. Ed invero, la formula di proscioglimento nel merito prevale sulla dichiarazione di improcedibilità per prescrizione del reato soltanto quando sia rilevabile, con una mera attività ricognitiva, l'assoluta mancanza della prova di colpevolezza o, per contro, la prova positiva dell'innocenza dell'imputato e non nel caso di mera contraddittorietà o insufficienza della prova stessa, che richiede un apprezzamento ponderato tra opposte risultanze (Cass. pen. Sez. II, 18.5.2007; Cass. Sez. VI, 26.3.2007, Bu.). Ciò detto, sussistono i presupposti di operatività della causa estintiva della prescrizione, in quanto, secondo l'attuale disciplina di computo dei termini prescrizionali, dettata dall'articolo 157 c.p., la prescrizione estingue il reato in un termine pari al massimo della pena edittale stabilita dalla legge e comunque in un tempo non inferiore a sei anni se si tratta di delitti e a quattro anni se si tratta di contravvenzioni, ancorché puniti con la sola pena pecuniaria. Deve altresì considerarsi lo sbarramento che risulta dal combinato disposto di cui agli articoli 160 e 161 c.p., secondo cui l'interruzione della prescrizione non può determinare aumenti dei termini prescrizionali in misura superiore ad un quarto, fatte salve le particolari ipotesi correlate alla specificità tipologica di taluni reati ovvero alla contestazione della recidiva, che qui non ricorrono. Dalla formulazione del capo di imputazione si evince che il tempus commissi delicti per ambedue i reati è da ancorarsi alla data del 11.6.2015, indicata quale data di commissione delle condotte in addebito così come emergente dall'editto accusatorio, e, pertanto, da tale data ha avuto inizio la decorrenza del termine come innanzi specificato. Detto termine è rimasto interrotto per effetto dell'emissione del decreto di citazione diretta a giudizio in data 1.10.2016. Orbene, il termine prescrizionale, ex articolo 161 c.p., è decorso, nel caso di interesse, alla data del 11.12.2022 per il delitto di cui al capo a) - in relazione al quale è compiegato al fascicolo processuale atto di denuncia-querela corredato da rituale istanza punitiva -, e per il reato di cui al capo b), ritenendosi questi i termini massimi di prescrizione. Al termine massimo, come sopra calcolato non può essere aggiunto il periodo di sospensione della prescrizione conseguente all'emergenza epidemiologica da COVID- 19, tenuto conto del principio di diritto delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione Penale (di cui alla sentenza numero 5292 del 26.11.2020, depositata il 10 febbraio 2021) e del correlato rilievo per cui nessuna delle date di trattazione dell'odierno processo ricade né nel primo periodo di sospensione obbligatoria - decorrente dal 9.3.2020 all'11.5.2020, disciplinata dall'articolo 83, comma 4, del D.L. n. 18 del 2020 - né nel secondo periodo, ricadente, invero, nell'arco temporale dal 12.5.2020 al 30.6.2020, previsto in esecuzione del provvedimento emesso dal capo dell'ufficio giudiziario ex articolo 83, comma 7 lett. g) del D.L. n. 18 del 2020 ma comunque non computabile ai fini prescrizionali, atteso che, con sentenza numero 140/2021, è stata dichiarata l'illegittimità costituzionale dell'articolo 83, comma 9, del D.Lgs. 17 marzo 2020, n. 18 (Misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori imprese connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19), convertito, con modificazioni, nella L. 24 aprile 2020, n. 27, nella parte in cui prevede la sospensione del corso della prescrizione per il tempo in cui i procedimenti penali sono rinviati ai sensi del precedente comma 7, lettera g), e in ogni caso, non oltre il 30 giugno 2020. Né vi sono ulteriori cause sospensive ex lege del corso del termine prescrizionale intervenute durante la pendenza del processo di primo grado, non potendosi all'uopo computare il disposto rinvio all'udienza dibattimentale del 14.3.2018, in cui pur dando atto della dichiarazione difensiva di adesione all'astensione dalle udienze proclamata dall'Unione delle Camere Penali e della presenza del teste S., la trattazione veniva differita, in via preliminare, per l'integrazione del contraddittorio nei confronti del giudicabile - con disposta rinotifica degli atti processuali all'imputato presso il difensore ai sensi dell'articolo 161, comma IV, c.p.p. - e, pertanto, al fine di assicurare la regolarità del contraddittorio processuale. Ai rispettivi termini massimi non può, invece, essere aggiunto il periodo di sospensione del corso della prescrizione dovuto all'adesione della Difesa all'astensione dall'udienza del 19.12.2018, in quanto a tale udienza non risultano presenti i testi del Pubblico Ministero. In proposito la giurisprudenza di legittimità ha affermato che "in tema di prescrizione del reato, nel caso di concomitante presenza di due fatti legittimanti il rinvio del dibattimento, l'uno riferibile all'imputato o al difensore, l'altro ad esigenze di acquisizione della prova (art. 304, comma 1, lett. a), c.p.p.), la predominante valenza di quest' ultima preclude l'operatività del disposto dell'art. 159 c.p. e la conseguente sospensione nel corso della prescrizione" (così Cassazione penale, sez. V, 02/10/2009, n. 49647). Parimenti dicasi in ordine alla non computabilità della causa di sospensione correlata all'istanza di rinvio per concomitante impegno professionale avanzata dal Difensore all'udienza del 26.5.2021, atteso che detta udienza veniva rinviata in via preliminare per ragioni di ufficio (decreto del Presidente del Tribunale del 22.4.2021 numero 36/2021 e decreto del Presidente della Sezione Unica Penale del 22.4.2021, emanati a seguito delle misure di contenimento e gestione dell'emergenza epidemiologica). Infine, pur a fronte dell'intervenuta estinzione per prescrizione del reato contestato all'odierno imputato, alla stregua del contenuto dispositivo di cui all'articolo 224, comma terzo del D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285, si dispone la trasmissione di copia della presente sentenza al Prefetto di Salerno, per quanto di competenza, in ordine all'eventuale applicabilità delle sanzioni amministrative accessorie nei confronti di (...), conformemente, peraltro, all'orientamento della giurisprudenza di legittimità cfr., in tal senso, Cassazione penale, sezione IV, sentenza numero 43003 del 17/09/2015 Ud. (dep. 26/10/2015) Rv. 264752 - 01 ed il correlato principio giuridico, estensibile, per identità di ratio, anche al caso al vaglio, secondo cui "In tema di guida in stato di ebbrezza la pronuncia della sentenza di estinzione del reato per prescrizione preclude l'applicabilità delle sanzioni amministrative accessorie da parte del giudice penale, spettando in tal caso la competenza al prefetto". Ne consegue, pertanto, il proscioglimento dell'imputato con la formula indicata in dispositivo. Ai sensi degli articoli 544, primo comma e 545, secondo comma, c.p.p. viene redatta motivazione contestuale, che viene esposta in forma riassuntiva. P.Q.M. Il (...), letti gli articoli 129 c.p.p., 157 e segg. c.p., dichiara non doversi procedere nei confronti di (...) in relazione ai reati a lui ascritti in rubrica, essendo gli stessi estinti per intervenuta prescrizione. Letto l'articolo 224, comma III, del D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285, dispone trasmettersi copia della sentenza al Prefetto di Salerno per quanto di competenza, in ordine all'eventuale adozione delle sanzioni amministrative accessorie nei confronti dell'imputato. Motivazione contestuale, ex articolo 544, primo comma e 545, secondo comma, c.p.p.. Così deciso in Nocera Inferiore il 22 febbraio 2023. Depositata in Cancelleria il 22 febbraio 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI NOCERA INFERIORE IL GIUDICE dott.ssa Paola Montone nell'udienza del 22.2.2023 ha emesso la seguente SENTENZA con redazione contestuale dei motivi nel procedimento penale a carico di: (...) nato a N. I. il (...) ed ivi residente in via M. B., numero 17; Libera, assente. Difeso d'ufficio dall'Avv. Ce.De. IMPUTATO In ordine al reato di cui all'art. 570 c.p., perché faceva mancare i mezzi di sussistenza ai figli maggiorenni ma non economicamente indipendenti nonché alla moglie (...), legalmente separata non per sua colpa. In particolare, ometteva di versare la somma mensile di Euro 600,00, stabilita dal Tribunale Civile di Nocera Inferiore con Sentenza di separazione giudiziale N.210/2012 del 17/02/2012. Fatto avvenuto in Nocera Inferiore dal Febbraio 2012 ad oggi, con condotta perdurante. ESPOSIZIONE DEI MOTIVI DI FATTO E DI DIRITTO A. Con decreto di citazione diretta a giudizio emesso dal Pubblico Ministero in sede in data 16.11.2017, (...) veniva tratto a giudizio dinanzi al giudice monocratico della Sezione Penale di questo Tribunale, affinché rispondesse del delitto come in epigrafe contestatogli. Alla prima udienza dibattimentale del 14.5.2018, il Tribunale disponeva la rinnovazione della notifica degli processuali all'imputato ed alla persona offesa, rinviando la trattazione all'udienza del 4.3.2019, parimenti rinviata in ragione della non integrità del contraddittorio, e, per il medesimo incombente notificatorio nei confronti del giudicabile, si disponeva rinvio anche alle successive sessioni del 17.7.2019, del 6.11.2019, del 17.2.2020 e del 25.5.2020, quest'ultima differita pure in conformità alle previsioni di cui al decreto del Presidente del Tribunale di Nocera Inferiore (prot. numero 2215/2020 del 6.5.2020), attuativo dell'articolo 83 comma 6 del D.L. n. 18 del 2020 (convertito nella L. n. 27 del 24 aprile 2020, così come modificato dall'articolo 36 D.L. n. 18 del 2020). Il consesso del 12.10.2020 veniva rinviato stante la perdurante mancanza agli atti della prova della conoscenza del processo da parte del giudicabile, disponendo all'uopo la rinnovazione della notifica a cura del Comando Polizia Municipale del Comune di Nocera Inferiore. La sessione del 24.3.2021 veniva rinviata d'ufficio e fuori udienza conformemente alle previsioni di cui al decreto del Presidente del Tribunale del 11.3.2021 (numero 24/2021, protocollo numero (...)), di disciplina dello svolgimento dell'attività giudiziaria e amministrativa, a seguito delle misure di contenimento e gestione dell'emergenza epidemiologica per il periodo dal 15.3.2021 al 27.3.2021, nonché del decreto del Presidente della Sezione Unica penale del 12.3.2021. All'udienza del 10.11.2021, preso atto della trasmissione dell'esito delle relate di notifiche degli atti processuali precedentemente disposte ed effettuate nei confronti dell'imputato a mani proprie, l'ultima delle quali in relazione all'udienza del 24.3.2021 (oggetto di rinvio fuori udienza, quando ancora l'imputato non era stato dichiarato assente e dunque non rappresentato dal proprio Difensore) il processo veniva differito d'ufficio, onerando la cancelleria della notifica all'imputato del verbale di udienza e prendendo altresì atto delle disposizioni contenute nel decreto del Presidente del Tribunale numero 134 del 2021 (protocollo numero (...)), con cui, in attuazione delle misure di contenimento e gestione dell'emergenza epidemiologica dal 1.11.2021 fino al 31.12.2021, veniva disposta la proroga dell'efficacia del proprio decreto numero 105/2021 - protocollo numero (...) - di disciplina dello svolgimento dell'attività giudiziaria e amministrativa, e in osservanza del decreto del Presidente della Sezione Penale datato 26 ottobre 2021 ed esecutivo dal 2 novembre 2021 al 31 dicembre 2021. Alla successiva udienza del 22.6.2022, dichiarata l'assenza dell'imputato - ritualmente avvisato come da relata di notifica del 7.4.2022 redatta dal Comando Polizia Locale della Città di Nocera Inferiore, versata agli atti - il Tribunale raccoglieva la dichiarazione del Difensore del giudicabile in ordine all'intervenuta remissione da parte della persona offesa della querela sporta nell'ambito di altri procedimenti pendenti nei confronti dell'imputato. Indi, il Tribunale, presone atto, disponeva il rinvio della trattazione, onerando il P.M. della citazione della persona offesa con l'avviso che la mancata comparizione sarebbe stata interpretata come remissione tacita di querela. Nella sessione del 19.10.2022, il G.o.p. designato in sostituzione della scrivente, assente per congedo ordinario, dava atto della produzione da parte del Pubblico Ministero dell'avvenuta citazione della persona offesa corredata dall'avviso che la mancata comparizione all'udienza del 19.10.2022 sarebbe stata interpretata come remissione di tacita di querela. All'udienza del 9.11.2022, il Tribunale disponeva, a cura della Cancelleria, la notifica all'imputato del verbale d'udienza, con avviso che la mancata comparizione all'udienza fissata in prosieguo sarebbe stata interpretata come accettazione tacita della remissione di querela. All'odierna udienza, preso atto dell'esito della disposta notifica, avvenuta a mani proprie in data 4.12.2022, a mezzo Polizia Municipale di Nocera Inferiore, il Tribunale, rilevata una causa di improcedibilità ex articolo 129 c.p.p., invitava le parti a concludere, così come sinteticamente riportato in epigrafe. All'esito della camera di consiglio veniva data pubblica lettura del dispositivo di sentenza, con redazione contestuale dei motivi. B. Alla luce della documentazione agli atti, premesso che la querela del 20.12.2013 compiegata al fascicolo risulta essere stata sporta dalla sola persona offesa (...), questo giudicante rileva che può emettersi sentenza di non doversi procedere per estinzione del reato, causa prevista dall'articolo 152 c.p., trattandosi di delitto punibile a querela ai sensi di quanto previsto dall'art. 570, comma 3, c.p., trattandosi di una contestazione per violazione degli obblighi di assistenza familiare, che, alla stregua della formulazione della contestazione in fatto, risulta essere stato commesso non soltanto in danno della ex moglie ma anche dei figli, all'epoca dei fatti, però, maggiorenni e dunque non di età minore - circostanza questa che avrebbe comportato la procedibilità d'ufficio del reato de quo C. Quanto alle modalità con le quali è stata rimessa la querela presentata dalla persona offesa (...), ad avviso di questo giudice si è avuta una remissione extraprocessuale tacita, poiché la querelante ha compiuto fatti incompatibili con la volontà di persistere nella querela, ai sensi di quanto previsto dall'art. 152, comma 2 terzo periodo, c.p. Va evidenziato, infatti, che la predetta persona offesa ha ricevuto regolare citazione a cura dell'Ufficio della Procura con l'indicazione espressa che la mancata comparizione all'udienza del 19.10.2022 sarebbe stata intesa come remissione della querela dalla stessa presentata. Le conclusioni cui si è pervenuti sono, del resto, conformi al più recente approdo della giurisprudenza di legittimità, la quale, a Sezioni Unite, ha affermato che "integra remissione tacita di querela la mancata comparizione alla udienza dibattimentale del querelante previamente ed espressamente avvertito dal giudice che l'eventuale sua assenza sarà interpretata come fatto incompatibile con la volontà di persistere nella querela" (così Cassazione penale, sez. un., 23/06/2016, n. 31668, (...)). La sentenza prima citata ha riguardato il procedimento davanti al giudice di pace, ma ha enunciato un principio di diritto estensibile anche a quello davanti al giudice monocratico, per come si evince dal seguente passaggio motivazionale. "La mancata comparizione della persona offesa in caso di reati perseguibili a querela deve però ricevere una disciplina che va al di là dei procedimenti davanti al giudice di pace. Già l'art. 555 c.p.p., comma 5, con riferimento ai reati a citatone diretta, prevede che nella udienza di comparizione il giudice, "quando il reato è perseguibile a querela, verifica se il querelante è disposto a rimettere la querela e il querelato ad accettare la remissione". Da ultimo, con l'introduzione dell'art. 90 bis c.p.p., ad opera del D.Lgs. 15 dicembre 2015, n. 212 (attuativo della direttiva 2012/29/UE in tema di norme minime in materia di diritti, assistenti e protezione delle vittime di reato), il legislatore, nel quadro della valorizzazione delle esigenze informative della persona offesa, ha previsto al comma 1, lett. n), che ad essa, sin dal primo contatto con l'autorità procedente, sia data informazione in merito "alla possibilità che il procedimento sia definito con remissione di querela di cui all'art. 152 c.p., ove possibile, o attraverso la mediazione". In tale contesto normativo, teso a rafforzare le esigenze informative delle vittime dei reati, alle quali vanno peraltro specularmente assegnati altrettanti oneri di partecipazione al processo, va certamente considerata come legittima ed anzi auspicabile - una prassi alla stregua della quale il giudice, nel disporre la citazione delle parti, abbia cura di inserire un avvertimento alla persona offesa circa la valutazione in termini di remissione della querela della mancata comparizione del querelante. Una simile opportuna iniziativa appare anche in sintonia con il rispetto del principio della ragionevole durata del processo, di cui all'art. 111, secondo comma, Cost., favorendo definizioni del procedimento che passino attraverso la verifica dell'assenza di un perdurante interesse della persona offesa all'accertamento delle responsabilità penali e precludano sin dalle prime battute lo svolgimento di sterili attività processuali destinate a concludersi comunque con un esito di improcedibilità dell'azione penale o di estinzione del reato" (così sentenza prima citata). Si deve a questo punto valutare se la mancata comparizione dell'imputato (...) all'odierna udienza possa essere interpretata come accettazione tacita della stessa o, più precisamente, come mancanza di ricusa tacita della remissione. Si deve precisare che sulla seconda questione in esame è intervenuta una sentenza delle Sezioni Unite della Corte Suprema di Cassazione, della quale appare opportuno riportare un ampio passaggio motivazionale. "La questione devoluta alle Sezioni unite può essere linearmente risolta sulla base dei dati normativi. Il querelato può accettare espressamente la remissione della querela, con formalità analoghe a quelle previste per l'atto di remissione (art. 340 c.p.p., comma 1). Ma, se non vi è un atto di accettazione espressa, perchè si producano nondimeno gli effetti giuridici conseguenti alla remissione, la legge non pone come condizione che vi sia una "accettazione tacita". Infatti, nonostante che la rubrica dell'art. 155 cod. pen. sia intitolata (impropriamente) "Accettazione della remissione", ciò che normativamente si richiede (comma primo) è che il querelato non abbia "espressamente o tacitamente" ricusato la remissione; verificandosi la "ricusa tacita" "quando il querelato ha compiuto fatti incompatibili con la volontà di accettare la remissione". Il comportamento concludente preso in considerazione dall'art. 155 c.p., comma 1, non è, dunque, quello attraverso cui sì renda percepibile una adesione del querelato alla remissione di querela, ma attiene a una tacita manifestazione di volontà diretta a impedirla: non un comportamento positivo - di accettazione - ma uno negativo - di rifiuto -Può dirsi, allora, che l'accettazione si presume, purchè non vi siano fatti indicativi di una volontà contraria del querelato che si trovi in grado di accettare o rifiutare. Tanto ha consentito alla giurisprudenza ed alla dottrina di qualificare la remissione di querela un atto giuridico unilaterale che si perfeziona con la sua manifestazione e non necessita di accettazioni o adesioni del querelato, il quale può solo rifiutare e quindi rendere inefficace la remissione impedendo la declaratoria di improcedibilità. 4. Dalla ricusa della remissione e corrispondentemente dalla mancata ricusa derivano conseguenze rilevanti quali la prosecuzione del giudizio nella prima ipotesi e la condanna del querelato al pagamento delle pese processuali nel secondo caso, come disposto dall'art. 340 c.p.p., comma 4, modificato dalla L. 25 giugno 1999, n. 205, art. 13 ("Le spese del procedimento sono a carico del querelato, salvo che nell'atto di remissione sia stato diversamente convenuto"). Ora, a parte l'eventuale interesse del querelato ad ottenere una positiva affermazione giudiziale della sua innocenza in ordine al fatto addebitatogli dal querelante, la previsione della sua condanna al pagamento delle spese processuali esige razionalmente che colui che la subisce sia posto nelle condizioni di ricusare la remissione della querela. Tale situazione non può dirsi sussistere quando il querelato non sia a conoscenza (o non sia stato messo in grado di essere a conoscenza) della intervenuta remissione; in detta ipotesi egli non può consapevolmente decidere se rifiutare (espressamente o tacitamente) la remissione e quindi proseguire il giudizio, nella prospettiva di ottenere una pronuncia sul merito del fatto-reato addebitatogli e, ad un tempo, di scansare l'onere delle spese processuali. Per la decisione della questione in esame assume rilievo, allora, l'accertamento della conoscenza (o, almeno, della conoscibilità) della avvenuta remissione nei casi in cui l'imputato-querelato non sia comparso in udienza. Ed invero l'imputato, che sia a conoscenza o sia comunque posto in grado di conoscere l'intervenuta remissione della querela, e che omette di presentarsi in dibattimento non pone in essere un comportamento neutro che è mera espressione del suo diritto di non partecipare al dibattimento rimanendo contumace, ma, disinteressandosi della prosecuzione e dell'esito del procedimento, manifesta la propria volontà di non ricusare la remissione" (così Cassazione penale, sez. un., 25/05/2011, n. 27610, M.). Si ritiene, però, che le conclusioni alle quali era giunta la giurisprudenza di legittimità in tema di c.d. accettazione tacita debbano essere riviste alla luce di un'importante novella legislativa e del recente approdo cui i giudici di legittimità sono giunti in tema di remissione tacita di querela. Sotto il primo aspetto, si deve evidenziare che la L. n. 62 del 2014 ha profondamente modificato le norme che prevedono la possibilità di celebrare il processo in assenza dell'imputato. In particolare, l'art. 9 del citato provvedimento legislativo ha sostituito l'art. 420 bis del codice di procedura penale, abolendo l'istituto della contumacia. Il nuovo articolo 420 bis prevede, infatti, al comma 2 quanto segue: "Salvo quanto previsto dall'articolo 420 - ter, il giudice procede altresì in assenza dell'imputato che nel corso del procedimento abbia dichiarato o eletto domicilio ovvero sia stato arrestato, fermato o sottoposto a misura cautelare ovvero abbia nominato un difensore di fiducia, nonché nel caso in cui l'imputato assente abbia ricevuto personalmente la notificazione dell'avviso dell'udienza ovvero risulti comunque con certezza che lo stesso è a conoscenza del procedimento o si è volontariamente sottratto alla conoscenza del procedimento o di atti del medesimo". Il successivo comma 3, invece, dispone che "Nei casi di cui ai commi 1 e 2, l'imputato è rappresentato dal difensore". In base al nuovo quadro normativo, quindi, la mancata presenza dell'imputato in udienza consegue a una conoscenza di norma effettiva e non legale del processo a suo carico e, quindi, è la conseguenza di una scelta consapevole. Tale elemento deve essere valutato unitamente alla confermata previsione che l'imputato assente è rappresentato dal suo difensore. Sotto il profilo dell'evoluzione giurisprudenziale, si deve evidenziare che la sentenza delle Sezioni Unite del 2011 sulla manifestazione tacita della volontà di non ricusare la remissione di querela è intervenuta prima che si formasse il nuovo indirizzo sulla remissione tacita di querela, enunciato nel 2016 dalla sentenza delle Sezioni Unite riportata al 1. In particolare, nella prima pronuncia del 2011 ancora si riteneva che non fosse possibile che la remissione di querela si perfezionasse anche con la mancata comparizione in udienza della persona offesa. La sentenza del 2016, invece, è giunta ad ammettere tale conclusione, affermando che "integra remissione tacita di querela la mancata comparizione all'udienza dibattimentale del querelante previamente ed espressamente avvertito dal giudice che l'eventuale sua assenza sarà interpretata come fatto incompatibile con la volontà di persistere nella querela" (così Cassazione penale, sez. un., 23/06/2016, n. 31668, (...)). Ne deriva, pertanto, che per la manifestazione della volontà di non ricusare la remissione di querela non sono richieste le medesime condizioni previste per l'atto unilaterale di cui all'art. 152 c.p., atteso che la prima non è funzionale al perfezionamento della seconda. Orbene, l'omessa comparizione dell'imputato all'odierna udienza può senza dubbio essere interpretata come manifestazione della volontà di non ricusare la remissione di querela intervenuta nei suoi confronti. Va evidenziato, infatti, che il predetto imputato ha ricevuto in data 4.12.2022 regolare notifica del verbale di udienza del 9.11.2022, contenente la comunicazione che la mancata comparizione all'udienza del 22.2.2023 sarebbe stata interpretata come accettazione tacita della remissione della querela, come da relata di notifica della Polizia Municipale di Nocera Inferiore compiegata agli atti. Ne deriva, pertanto, che (...) è stato messo in grado di conoscere la remissione di querela intervenuta nei suoi confronti e, non comparendo all'odierna udienza, senza addurre alcun legittimo impedimento, ha tenuto un comportamento incompatibile con la volontà di ricusarla, determinando in questo modo la possibilità che si producano gli effetti previsti dall'art. 152, comma 1, c.p. Le spese del procedimento, secondo la regola principale fissata dal legislatore nell'ultimo comma dell'art. 340 c.p.p., come modificato dalla L. n. 205 del 1999, vanno poste a carico del querelato. C. Da ultimo, ai sensi degli articoli 544, primo comma e 545, secondo comma, c.p.p. viene redatta motivazione contestuale, che viene esposta in forma riassuntiva. P.Q.M. Letti gli artt. 129 c.p.p., 152 c.p., dichiara non doversi procedere nei confronti di (...) in ordine al reato ascrittogli in rubrica, essendo lo stesso estinto per remissione di querela. Letto l'art. 340, comma 4, c.p.p., pone a carico del querelato le spese del procedimento. Motivazione contestuale, ex articolo 544, primo comma e 545, secondo comma, c.p.p.. Così deciso in Nocera Inferiore il 22 febbraio 2023. Depositata in Cancelleria il 22 febbraio 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI NOCERA INFERIORE SEZIONE PENALE Il Tribunale di Nocera Inferiore - in composizione monocratica - nella persona del Giudice dott. Federico NOSCHESE, Alla pubblica udienza del 16 febbraio 2023, con l'intervento del Pubblico Ministero Dott.ssa Pia Miele (V.P.O) e con l'assistenza del Cancelliere M.V., ha pronunziato e pubblicato, mediante lettura in udienza, la seguente SENTENZA Nei confronti di: (...), nato a N. I. il (...), ivi residente alla va M. L. B., n. 53/55, libero assente; difeso di fiducia dall'Avv. Gi.Fe., assente, sostituito ex art. 97 comma 4 c.p.p. dall'Avv. Ge.Ca.; IMPUTATO del reato p. e p. dall' art. 612 bis commi 1 e 2 c.p. perché, con condotta reiterata, molestava la ex moglie (...), in mnodo da cagionare nella medesima un perdurante e grave stato di ansia e di paura nonché da ingenerare il fondato timore per la propria incolumità. In particolare, in plurime occasioni, si presentava nei pressi dell'abitazione della predetta, citofonando con insistenza, urlando e minacciando il suo attualer compagno. CON L'AGGRAVANTE DI AVER COMMESSO IL FATTO AI DANNI DELL'EX MOGLIE. In Nocerca Inferiore, in data anteriore e prossima al 3/08/2016. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con decreto che dispone il giudizio, emesso dal G.U.P. in sede il 17.01.2019, (...) era rinviato a giudizio innanzi a questo Tribunale per rispondere del reato a lui ascritto in rubrica. Alla prima udienza del 17.05.2019, il processo era differito per difetto di notifica del decreto introduttivo all'imputato e alla persona offesa. Nella seduta del 21.11.2019, presente la persona offesa, che dichiarava di esser stata regolarmente avvisata, il processo era differito persistendo il difetto di notifica nei confronti dell'imputato. La sessione del 21.05.2020 era differita in ottemperanza del decreto del Presidente del Tribunale di Nocera Inferiore del 06.05.2020, attuativo dell'art. 83 D.L. n. 18 del 2020, recante misure urgenti per il contrasto all'emergenza pandemica da Covid-19. Subiva differimento anche l'assise del 14.01.2021, per difetto di notifica del decreto introduttivo all'imputato. All'udienza del 24.06.2021, dichiarata l'assenza dell'imputato, ritualmente avvisato e non comparso senza cause note di impedimento, il processo era rinviato per l'adesione del difensore all'astensione dalle udienze penali indetta dalla relativa associazione di categoria; si sospendevano integralmente i termini di prescrizione f84 gg di sospensione!. Nella seduta del 16.09.2021, il processo era rinviato dal G.O.P. in sostituzione del Magistrato titolare del procedimento. Nella sessione del 24.03.2022, il Tribunale dichiarava aperto il dibattimento e ammetteva le prove orali e documentali richieste dalle parti. Di seguito, si acquisiva ex art. 493 co. 3 c.p.p. la querela sporta in data 03.08.2016 dalla persona offesa, con rinuncia alla sua escussione, il Tribunale revocava la relativa ordinanza ammissiva. Nell'assise del 30.06.2022, il Tribunale ritenuto imprescindibile un accertamento sulla capacità di intendere e di volere del (...) al momento del fatto e sulla sua capacità di stare in giudizio, disponeva procedersi a perizia psichiatrica e differiva il processo per conferimento incarico. L'udienza del 21.07.2022 era differita per l'assenza del perito. Nella seduta del 15.09.2022 il Tribunale conferiva incarico al Dott. (...), al fine di espletare perizia psichiatrica sulle condizioni di salute mentale dell'imputato, concedendogli un termine di giorni 40. Nella sessione del 15.12.2022, il Tribunale, preso atto della richiesta di proroga dei termini per il deposito della perizia avanzata dal Dott. (...), disponeva in conformità, concedendo un ulteriore termine di 30 giorni. All'ultima udienza si procedeva all'escussione del perito; all'esito, il Tribunale dichiarava conclusa l'istruttoria e, data lettura, mediante indicazione, degli atti acquisiti al fascicolo del dibattimento, invitava le parti alla discussione; la stesse concludevano secondo quanto riportato in epigrafe. All'esito della deliberazione in camera di consiglio, veniva pronunciata la seguente sentenza, pubblicata mediante lettura del dispositivo e delle contestuali motivazioni in udienza. MOTIVI DELLA DECISIONE L'editto accusatorio ascrive al (...) il delitto di cui all'art. 612 bis co. 1 e 2 c.p. "perché, con condotta reiterata, molestava la ex moglie (...), in modo da cagionare nella medesima un perdurante stato di ansia e di paura, nonché da ingenerare il fondato timore per la propria incolumità. In particolare, in plurime occasioni, si presentava nei pressi dell'abitazione della predetta citofonando con insistenza, urlando e minacciando il suo attuale compagno. Con l'aggravante di aver commesso il fatto ai danni dell'ex moglie. In Nocera Inferiore, in data anteriore e prossima al 03.08.2016". Gli sviluppi dell'istruttoria dibattimentale consentono un'agevole ricostruzione della dinamica fattuale da cui trae origine il procedimento, e raffigurano l'obiettiva sussistenza del delitto contestato. Dalla lettura della querela sporta dinanzi ai CC di Nocera Inferiore da (...) - acquisita ex art. 493 comma 3 c.p.p. con piena utilizzabilità ai fini istruttori - si ricava la materialità della condotta persecutoria posta in essere dall'imputato. La persona offesa ha premesso di esser stata sposata all'odierno imputato dal 1991 al 2002. Ha raccontato che, già a ridosso della separazione, il (...) aveva assunto un atteggiamento persecutorio nei suoi confronti e che, per tale motivo, aveva sporto due querele, in seguito rimesse. Dopo alcuni anni di tregua, il (...), in data 30.07.2016, intorno alle ore 19.00, si recava presso l'abitazione della sua ex moglie, chiedendo di vedere sua figlia, (...), che non era in casa. Intorno alle ore 21.00 dello stesso giorno, la persona offesa, rincasando, notava l'imputato vicino alla propria abitazione. Questi le chiedeva nuovamente di sua figlia (...), e, dopo aver saputo che la stessa era fuori con le amiche, andava via. Il giorno successivo, recatosi nuovamente presso l'abitazione ex, suonava insistentemente al citofono e, al contempo, chiamava ripetutamente sua figlia (...) al cellulare. Non ottenendo risposta alcuna, il (...) continuava a recarsi a casa della ex moglie anche nei due giorni successivi, fino al 02.08.2016, quando, in preda all'ira, fracassava la vetrata del portone d'ingresso. Alla scena assistevano alcuni condomini, che avvertivano la (...) e le suggerivano di non fare rientro a casa, atteso che il (...) appariva in forte stato di agitazione. Gli stessi condomini le riferivano che l'imputato, verosimilmente riferendosi all'attuale compagno della (...), gridava frasi del tipo "Mi ha preso la famiglia, la figlia è mia, l'ho fatta io con questo cazzo, lo devo ammazzare, devo iniziare una guerra". Simili episodi scatenavano nella persona offesa un forte stato di agitazione e paura, non solo per la propria incolumità, ma anche per quella della figlia e del suo compagno (...). Sotto il profilo oggettivo, è indubbio che le condotte poste in essere dall'imputato - e, segnatamente, gli appostamenti sotto casa della ex moglie (...), l'insistente suonare al citofono, le urla e le minacce rivolte al suo compagno - tali da cagionare un grave stato d'ansia e paura nella vittima, integrino gli estremi oggettivi del delitto di stalking. A nulla rileva che le condotte persecutorie si siano manifestate in un ristretto arco temporale, atteso che il formante pretorio ha più volte chiarito che "integrano il delitto di atti persecutori di cui all'art. 612-bis cod. pen. anche due sole condotte di minacce, molestie o lesioni, pur se commesse in un breve arco di tempo, idonee a costituire la "reiterazione" richiesta dalla norma incriminatrice, non essendo invece necessario che gli atti persecutori si manifestino in una prolungata sequenza temporale" (Cass., pen., sentenza n. 33842/2018) Acclarata la materialità del delitto in contestazione, la valutazione deve spostarsi sull'imputabilità del (...) al momento del fatto, essendo sorti dubbi di capacità naturale già a seguito del. deposito della documentazione medica prodotta dalla difesa all'udienza del 24.03.2022. Tali aspetti sono stati approfonditi dal perito Dott. (...) a cui, all'udienza del 15.09.2022, è stato conferito l'incarico di accertare se l'imputato fosse al momento dei fatti contestati in uno stato di mente tale da escludere o scemare grandemente la sua capacità di intendere o di volere, se l'imputato fosse in grado di partecipare coscientemente al processo, dando atto della natura dell'eventuale patologia mentale riscontrata, della gravità, della prevedibile evoluzione, anche nell'ottica di una futura pericolosità sociale. Analizzando gli esiti della perizia d'ufficio, il Tribunale prende atto della diagnosi di "psicosi cronica dello spettro schizofrenico " cui il perito è affidabilmente pervenuto dall'osservazione diretta del periziato e dalla ricognizione della sua storia clinica. Tale psicopatologia, sebbene capace di alterare la capacità di intendere e di volere del soggetto - come si vedrà in seguito analizzando gli aspetti dell'imputabilità - nel caso di specie non ha inciso sulla capacità di partecipare coscientemente al processo ex art. 70 c.p.p.. E noto che per escludere il requisito della capacità processuale "non è sufficiente la presenza di una patologia psichiatrica, ma è necessario che l'imputato risulti in condizioni tali da non comprendere quanto avviene in sua presenza e da non potersi difendere" (cfr. Cass. pen., Sez. 6, sent. n. 25939/2015). Condizioni che non si ravvisano in relazione al (...): come evidenziato dal perito - con valutazioni che il Tribunale condivide e fa proprie - l'imputato è risultato in grado di comprendere le accuse rivolte a suo carico e di controdedurre alle stesse, conservando la competence difensiva. Deve invece rilevarsi la mancanza di imputabilità del (...) al momento della commissione del reato contestato, posto che la patologia mentale da cui risulta affetto ne aveva compromesso del tutto la capacità di autodeterminazione. E' noto che la ratio dell'imputabilità risiede nel principio della responsabilità personale ex art. 27 comma 1 Cost., in base al quale un fatto in sè antigiuridico può essere rimproverato e, quindi, attribuito ad un soggetto solo se commesso in una situazione in cui era pienamente cosciente del disvalore dell'atto e delle sue conseguenze; infatti, solo se il soggetto era compos sui nel momento della commissione del reato, la pena può svolgere la sua funzione rieducativa ( art. 27 comma 3 Cost.), non avendo altrimenti senso alcuno la "rieducazione" di chi, non avendo coscienza dei propri atti, non può essere rieducato in quanto non è in grado neanche di comprendere la ragione della pena inflitta ( cfr. Corte Cost. n.364/88 e n. 313/1990). In quest'ottica, le Sezioni Unite Penali hanno ritenuto che "la configurazione personalistica della responsabilità esige che essa si radichi nella commissione materiale del fatto e nella concreta rimproverabilità dello stesso. Il che è quanto dire che deve essere possibile far risalire la realizzazione del fatto all'ambito della facoltà di controllo e di scelta del soggetto, al di fuori delle quali può prendere corpo unicamente un'ascrizione meccanicistica, oggettiva dell'evento storicamente determinatosi" (cfr. Cass., pen., SS. UU. 8 marzo 2005, n. 9163). Occorre inoltre precisare che il giudizio sull'imputabilità, intesa come propedeuticità soggettiva al reato, costituendo il primo presupposto della colpevolezza normativamente intesa, deve essere temporalmente riferito al momento di commissione del fatto, giacché eventuali valutazioni circa la permanenza o la cessazione dello stato di infermità mentale esulano dall'accertamento della responsabilità penale, ed attengono più propriamente all'ambito della pericolosità sociale. Nel caso in esame, le indagini peritali espletate consentono di escludere la capacità di intendere e di volere del (...) durante la realizzazione delle condotte criminose, essendo il soggetto affetto da vizio totale di mente ai sensi dell'art. 88 c.p.. Le risultanze della perizia disposta in corso di giudizio hanno dato atto di una psicosi cronica dello spettro schizofrenico. Tale disturbo ha sicuramente inciso sulla capacità di intendere e di volere all'epoca dei fatti contestati, inficiando la percezione del significato e degli effetti delle proprie azioni; sentito in dibattimento, il Dott. (...) ha precisato che i comportamenti delittuosi posti in essere sono stati frutto diretto della patologia, che aveva causato al (...) allucinazioni e deliri di persecuzione, sfogati in modo inconsapevole contro l'ex compagna. Il disturbo psicotico, attenuatosi nel corso degli anni grazie alle cure, era sicuramente attivo all'epoca dei fatti in contestazione, e la sintomatologia in chiave interpretativa e dispercettiva ne ha influenzato certamente la commissione. La non imputabilità per vizio totale di mente, così accertata e documentata nel presente procedimento, conduce necessariamente ad una pronuncia assolutoria, sulla base di quanto disposto dagli artt. 85, 88 c.p. e 530 comma primo c.p.p.. Dagli accertamenti peritali non è emerso poi un grado di pericolosità sociale tale da rendere necessaria l'applicazione all'imputato di una misura di sicurezza. Il Dott. (...), nella sua perizia, ha escluso un'attuale pericolosità sociale del (...), il quale "presenta un buon equilibrio ideo-comportamentale, che consente di escludere profili di pericolosità in atto". In particolare, il perito ha aggiunto che l'imputato presenta un quadro attuale paucisintomatico che non ne inficia i comportamenti, al punto da escludere un rischio di reiterazione di condotte delittuose. L'imputato ha poi sviluppato consapevolezza critica della patologia e del disvalore delle proprie pregresse azioni antigiuridiche. Da qui la valutazione del Tribunale dell'assenza, almeno all'attualità, di un grado di pericolosità sociale tale da suggerire l'adozione di una misura di sicurezza, a fronte dell'accertata non imputabilità del (...). P.Q.M. Letti gli artt. 530 c.p.p., 88 e segg. c.p., ASSOLVE (...) dal reato a lui ascritto perché commesso da persona non imputabile al momento del fatto. Motivi contestuali. Così deciso in Nocera Inferiore il 16 febbraio 2023. Depositata in Cancelleria il 16 febbraio 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI NOCERA INFERIORE Sezione Penale Il Tribunale di Nocera Inferiore - in composizione monocratica - e nella persona del Giudice dott. Federico NOSCHESE, Alla pubblica udienza del 16 febbraio 2023 con l'intervento del Pubblico Ministero Dott.ssa Pia Miele (V.P.O) e con l'assistenza del Cancelliere (...), ha pronunziato e pubblicato, mediante lettura in udienza, la seguente SENTENZA Nei confronti di: - (...), n. a C. D. T. il (...), ivi residente alla via C. nr. 1, deceduto; difeso di fiducia dall'Avv. Francesca Brunetto, assente, sostituita ex art. 97 co. 4 c.p.p., dall'Avv. Gerarda Carratù; - (...), n. a C. D. T. il (...), ivi residente alla Località C. nr. 1, libera assente; difesa di fiducia dall'Avv. Ad.Gr., assente, sostituita ex art. 102 c.p.p. dall'Avv. Mi.Gr.; - (...), n. a C. D. T. il (...), ivi residente al C.so G. M., n. 55, libera assente; difesa di fiducia dall'Avv. Ca.Gu., assente, sostituito ex art. 102 c.p.p. dall'Avv. Mi.Gr.; - (...), n. a C. D. T. il (...), residente a N. S. alla Via N. n. 15, libera assente; difesa di fiducia dall'Avv. Ca.Gu., assente, sostituito ex art. 102 c.p.p. dall'Avv. Mi.Gr.. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con decreto di citazione diretta a giudizio, emesso dal P.M. in sede in data 17.07.2019, (...), (...), (...), (...), (...), (...), (...) e (...) erano tratti innanzi a questo Tribunale per rispondere dei reati di cui alla formale imputazione, da intendersi qui richiamata. Nella prima udienza del 07.02.2020, il processo era differito per l'omessa notifica del decreto introduttivo all'imputata (...), e ai difensori Avv.ti Ca.Gu., Ad.Gr. e An.Ce.; si dichiarava l'assenza di tutti gli altri coimputati, ritualmente avvisati e non comparsi senza cause note di impedimento. All'assise del 24.09.2020, regolarizzata la costituzione delle parti ed integratosi il contraddittorio, anche con la dichiarazione di assenza di (...), il Tribunale rigettava la richiesta di riunione del presente procedimento con quello recante R.G.N.R. n. 2207/14, non ravvisando i presupposti di cui all'art. 17 c.p.p.. La trattazione era poi differita per assenza dei testi. La sessione del 25.03.2021 era rinviata in ottemperanza del decreto del Presidente del Tribunale di Nocera Inferiore n. 24/2021, che sospendeva la celebrazione dei procedimenti non urgenti in attuazione delle misure di contenimento dell'emergenza pandemica da Covid-19. Nella seduta del 14.10.2021 si acquisiva il certificato di morte dell'imputato (...), deceduto il 06.07.2021. Il processo era poi rinviato in attuazione del decreto del Presidente del Tribunale di Nocera Inferiore n. 105/2021, che differiva la trattazione dei procedimenti non per l'emergenza pandemica da Covid-19 ancora in atto. All'udienza del 21.04.2022 si dichiarava aperto il dibattimento e si ammettevano i mezzi di prova richiesti dalle parti. Si acquisiva la documentazione richiesta dall'Accusa, e le parti concordavano ex art. 493 comma 3 c.p.p. l'acquisizione del verbale di sopralluogo redatto in data 09.04.2014 dal teste C.L., che veniva poi escussa. All'assise del 17.11.2022 il P.M. modificava le imputazioni formulate nell'editto accusatorio, indicando per tutte la data del 12.03.2015 quale epoca di consumazione dei reati ascritti. I difensori chiedevano a questo punto emettersi sentenza ex art. 129 c.p.p. per intervenuta prescrizione dei reato contestati; sentito il P.M. che si riservava il deposito di documentazione per interloquire sulla richiesta difensiva, il Tribunale rinviava il processo al 16.02.2023. In tale udienza, il Tribunale, rilevata la concorrenza di plurime cause di immediata non punibilità degli imputati, invitava le parti ad interloquire ai sensi dell'art. 129 c.p.p.; le stesse concludevano secondo quanto riportato in epigrafe. Il Tribunale riservava la decisione e, a seguito della deliberazione in camera di consigliò, pronunciava la seguente sentenza - comprensiva dei motivi della decisione - pubblicata mediante lettura in udienza. MOTIVI DELLA DECISIONE Preliminarmente il Tribunale, preso atto della morte del (...) (n. a C. de'T. il (...), e deceduto in Cava de'Tirreni il 06.07.2021, così come attestato dal certificato acquisito all'udienza del 14.10.2021), deve rilevare l'estinzione dei reati di cui ai Capi A), B), C), D), E), F) dell'editto accusatorio, essendo contestati al solo imputato defunto. Dagli atti acquisiti e dai documenti utilizzabili, non emergono cause di proscioglimento prevalenti sulla declaratoria di estinzione ex art. 129 comma 2 c.p.p., attesa l'insussistenza di un'evidenza assolutoria nel merito, viste anche le risultanze dell'attività istruttoria parzialmente espletata, e in particolare quanto evincibile dal verbale di sequestro del 14.07.2014 e dalla documentazione fotografica allegata, raffigurante l'avvenuto deposito incontrollato di rifiuti nell'area interessata dal vincolo reale. Ciò impedisce di giungere ad una più favorevole sentenza di assoluzione, anche in forza dell'embrionale valutazione del materiale probatorio che la pronuncia ex art. 129 c.p.p. impone al giudice; la giurisprudenza, in proposito, è costante nell'affermare che in presenza di ima causa di estinzione del reato, il giudice è legittimato a pronunciare sentenza di assoluzione a norma dell'art. 129 comma secondo, c.p.p. "soltanto nei casi in cui le circostanze idonee ad escludere l'esistenza del fatto, la commissione del medesimo da parte dell'imputato e la sua rilevanza penale emergano dagli atti in modo assolutamente non contestabile, così che la valutazione che il giudice deve compiere al riguardo appartenga più al concetto di "constatazione", ossia di percezione "ictu oculi", che a quello di "apprezzamento" e sia quindi incompatibile con qualsiasi necessità di accertamento o di approfondimento" (cfr. Cass., SS. UU., 15 settembre 2009, n. 35490). Non ravvisandosi nel caso di specie le condizioni di evidenza assolutoria di merito nel senso chiarito dalla giurisprudenza di legittimità, il Tribunale non può che dichiarare l'estinzione dei reati ascritti a (...) per morte del reo. Nessuna statuizione reale è dovuta, se non il dissequestro dell'area interessata con restituzione agli aventi diritto, non essendo possibile procedere alla sua confisca, vista l'avvenuta estinzione dei reati in contestazione. In ordine alle imputazioni ex art. 256 D.Lgs. n. 152 del 2006, la giurisprudenza di legittimità ha chiarito che "non può essere disposta la confisca dell'area adibita a discarica abusiva, in caso di estinzione del reato (nella specie, per prescrizione), né a norma dell'art. 256, comma 3, D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, né a norma dell 'art. 240, comma secondo, cod. pen. " (cfr. Cass., pen., Sez. 3, sentenza n. 16436/2020). Né le ulteriori contestazioni elevate a carico del (...), per i reati di cui agli artt. 181 D.Lgs. n. 42 del 2004, 734 c.p., 635 c.p., 30 comma 1 L. n. 394 del 1991, consentono l'adozione della misura ablatoria in assenza di una pronuncia di condanna. Ad analoga decisione di proscioglimento il Tribunale deve pervenire nei riguardi di (...), (...), (...), (...), (...), (...) e (...), co-proprietari dei fondi in contestazione, ma accusati del solo reato ex art. 255 comma 3 D.Lgs. n. 152 del 2006, ascritto al Capo G). Il P.M., all'udienza del 17.11.2022 ha modificato i termini temporali di tutte le imputazioni, ritenendo le attività illecite cessate al 12.03.2015, in luogo dell'originaria contestazione perdurante. Pertanto, il Tribunale non può che rilevare l'avvenuta estinzione del reato ascritto per prescrizione, trattandosi di fattispecie contravvenzionale il cui termine massimo è pari ad anni cinque. Tale ultimo termine, tenuto conto dell'assenza di periodi in cui il corso della prescrizione è rimasto sospeso ai sensi dell'art. 159 c.p., risulta spirato alla data del 12.03.2020. Come già ritenuto in ordine al (...), dagli atti acquisiti e dai documenti utilizzabili, non emergono cause di proscioglimento prevalenti sulla declaratoria di prescrizione ex art. 129 comma 2 c.p., attesa l'insussistenza di un'evidenza assolutoria nel merito. Pertanto, non essendovi i presupposti per un'assoluzione di merito nel senso chiarito dalla giurisprudenza di legittimità in precedenza richiamata, il Tribunale non può che dichiarare l'estinzione del reato ascritto ai coimputati per intervenuta prescrizione. Consegue, parimenti, il dissequestro e la restituzione agli aventi diritto di quanto in vincolo per questo procedimento se a tanto non si sia già provveduto. P.Q.M. Letti gli artt. 150 c.p. e 129 c.p.p., dichiara non doversi procedere nei confronti di (...) in relazione ai reati a lui ascritti in rubrica perché estinti per morte del reo. Letti gli artt. 129-531 c.p.p., dichiara non doversi procedere nei confronti di (...), (...), (...), (...), (...), (...) e (...) in relazione al reato a loro ascritto in rubrica, perché estinto per intervenuta prescrizione. Dispone il dissequestro e la restituzione agli aventi diritto di quanto in vincolo reale per questo procedimento, se non staggito per altro titolo e se a tanto non si sia già provveduto. Motivi contestuali. Così deciso in Nocera Inferiore il 16 febbraio 2023. Depositata in Cancelleria il 16 febbraio 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI NOCERA INFERIORE SEZIONE PENALE Il Tribunale di Nocera Inferiore - in composizione monocratica e nella persona del Giudice dott. Federico NOSCHESE - Alla pubblica udienza del 16 febbraio 2023, con l'intervento del Pubblico Ministero Dott.ssa Pi.Mi. (V.P.O) e con l'assistenza del Cancelliere (...) ha pronunziato e pubblicato, mediante lettura in udienza, la seguente SENTENZA Nei confronti di: (...), nata a N. I. il (...), residente in C. de'T. alla via V. F. n. 25, libera, assente; difesa di fiducia dall'Avv. Te.So., assente, sostituita per delega dall'Avv. Ge.Ca.; IMPUTATA Vedi foglio allegato. Con la costituzione della Parte Civile: (...), nata a (...) il (...), residente in C. de'T., alla Via della (...) n. 34, rappresentata e assistita dall'Avv. Mi.Ri., presente: IMPUTATO del delitto p. e p. dagli artt. 582 c.p., perché, aggrediva (...), dapprima colpendola al mento e strattonandola per i capelli facendola rovinare al suolo e, successivamente, stringendole le mani alle tempie ed al collo come per soffocarla, così cagionandole lesioni personali consistite in "frattura margine distale dello scafoide dx", giudicate guaribili complessivamente in giorni 35. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con decreto di citazione diretta a giudizio emesso dal P.M. in sede in data 08.02.2021, a seguito di dichiarazione di incompetenza pronunciata dal Giudice di Pace di Cava de' Tirreni con sentenza n. 33/2020 del 08.10.2020, (...) era tratta innanzi a questo Tribunale per rispondere del reato di cui alla formale imputazione, da intendersi qui richiamata. Alla prima udienza del 28.10.2021, dichiarata l'assenza dell'imputata, ritualmente avvisata e non comparsa senza cause note di impedimento, il processo era differito per difetto di notifica del decreto introduttivo alla persona offesa. Nella seduta del 21.04.2022, integro il contraddittorio, il Tribunale prendeva atto della costituzione di Parte Civile nell'interesse di (...) e disponeva rinvio per assenza testi. Nella sessione del 05.05.2022 il P.M. depositava gli atti del processo celebratosi dinanzi al G.d.P. e il Tribunale, dopo preso atto dei periodi di sospensione del decorso della prescrizione, pari, complessivamente, a 184 giorni, dichiarava aperto il dibattimento e ammetteva le prove orali e documentali richieste dalle parti; si procedeva, quindi, all'escussione del teste (...) e all'esito, su richiesta congiunta delle parti, il Tribunale disponeva la citazione ex art. 507 c.p.p. del Mar. (...). Di seguito, la Difesa avanzava richiesta di perizia medico legale e il Tribunale riservava la decisione all'esito dell'assunzione delle prove dichiarative. Nell'assise del 26.05.2022, il processo era rinviato per l'adesione del difensore all'astensione dalle udienze penali indetta dal locale Consiglio dell'Ordine; i termini di prescrizione rimanevano integralmente sospesi (210 gg. di sospensione). Nell'udienza del 22.12.2022, l'istruttoria proseguiva con l'acquisizione concordata ex art. 493 co. 3 c.p.p. del verbale di sommarie informazioni rese da (...), (...) e (...) dinanzi ai CC di Cava de' Tirreni e con l'escussione del teste (...). All'assise del 02.02.2023 il processo era differito per l'anomala composizione del Tribunale monocratico. Nell'ultima seduta del 16.02.2023, rigettata la richiesta di perizia avanzata dalla Difesa nel corso dell'udienza del 05.05.2022, non ritenendola indispensabile ai fini della decisione ai sensi dell'art. 507 c.p.p., il Tribunale dichiarava conclusa l'istruttoria dibattimentale; data lettura, mediante indicazione ex art. 511 co. 5 c.p.p., degli atti confluiti nel fascicolo del dibattimento, si invitavano le parti alla discussione; le stesse rassegnavano le conclusioni riportate in epigrafe. Il Tribunale, all'esito della deliberazione in camera di consiglio, pronunciava la seguente sentenza, pubblicata mediante lettura del dispositivo in udienza, con motivi contestuali. MOTIVI DELLA DECISIONE 1. La valutazione del quadro probatorio. Gli esiti dell'istruttoria dibattimentale consentono di affermare, al di là di ogni ragionevole dubbio, la colpevolezza dell'imputata in ordine al reato a lei ascritto in rubrica. Chiara è sia la dinamica del fatto obiettivo, sia la sua attribuzione a (...). Le dichiarazioni della persona offesa - unitamente ai contributi offerti dalle altre fonti di prova orali e documentali - delineano in modo nitido i contorni fattuali della vicenda. La ricostruzione è poi agevolata dalla mancata allegazione di elementi contrari da parte della Difesa, che non ha introdotto mezzi di prova a discarico né illuminato eventuali crepe nell'impianto accusatorio con le proprie argomentazioni. La (...) personalmente non ha poi reso alcun contributo a discarico, neppure contestando gli addebiti, ed allora deve richiamarsi quanto affermato dalla giurisprudenza di legittimità, secondo cui "il giudice, per dichiarare colpevole "al di là di ogni ragionevole dubbio " l 'imputato che sia rimasto contumace o si sia avvalso del diritto al silenzio rinunciando così a prospettare una sua versione dei fatti, non ha l'obbligo di verificare le ipotesi alternative alla ricostruzione dei fatti quale emergente dalle risultanze probatorie " (cfr. Cass. pen., Sez. 3, sentenza n. 30251/2011; in motivazione la Corte ha precisato che il giudice non è tenuto a tale verifica in quanto l'imputato, con tale condotta processuale, non ha offerto al contraddittorio dibattimentale, dichiarandola, la sua verità dei fatti stessi; in senso conforme, si veda anche Cass. pen., Sez. 5, sentenza n. 41801/2022). Al contempo, in tema di metodo valutativo dei contribuiti provenienti dalla vittima, si ricorda che "le dichiarazioni della persona offesa possono da sole, senza la necessità di riscontri estrinseci, essere poste a fondamento dell'affermazione di responsabilità penale dell'imputato, previa verifica, corredata da idonea motivazione, della credibilità soggettiva del dichiarante e dell'attendibilità intrinseca del suo racconto, che peraltro deve, in tal caso, essere più penetrante e rigorosa rispetto a quella cui vengono sottoposte le dichiarazioni di qualsiasi testimone" (cfr. Cass. pen., Sez. 4, sent. n. 1666 del 14.01.2015). Ancora, è pacifico che alle dichiarazioni rese dalla persona offesa non debbano applicarsi i criteri valutativi di cui all'art. 192 comma 3 c.p.p., potendosi il giudice limitare ad un controllo più stringente, della credibilità soggettiva del dichiarante e dell'attendibilità intrinseca del narrato (cfr. Cass. pen., Sez. 3, sent. n. 4358 del 03.02.2016). Nel caso di specie la deposizione di (...) risulta assolutamente attendibile, anche se sottoposta ad un più rigido vaglio critico. Sul versante della credibilità soggettiva, la vittima non ha mostrato astio o rancore nei confronti dell'imputata per circostanze collaterali, ma si è limitata a raccontare l'accaduto, pur non tacendo la sofferenza patita a seguito dell'aggressione. Peraltro, non essendo emersi rapporti pregressi tra le parti, non vi sono motivi per ipotizzare un intento gratuitamente calunnioso, attesa la completa mancanza di elementi che militino in tal senso. Prima degli accadimenti al vaglio, la (...) non aveva mai conosciuto la (...), di cui ha appreso il nome nell'imminenza del processo. Occorre piuttosto valorizzare l'immediata denuncia dei fatti all'A.G., da leggersi in uno alla tempestiva richiesta di intervento delle forze dell'ordine, circostanze queste che escludono un artefatto disegno accusatorio, così come un'enfatizzazione a posteriori dell'episodio a scopo lucrativo, vista la costituzione di Parte Civile in giudizio. Sotto il profilo intrinseco, la narrazione dei fatti è stata coerente e precisa, scevra da contraddizioni ed esagerazioni. E l'attendibilità intrinseca del racconto è rafforzata dalla sua tenuta in fase di controesame, non essendo la (...) caduta in vizi narrativi nonostante l'incalzare delle domande poste dal difensore. Quest'ultime si sono focalizzate per lunghi tratti su aspetti marginali della vicenda, senza intaccarne il nucleo ricostruttivo essenziale che appare sostanzialmente incontroverso. Diversi sono poi i riscontri esterni, provenienti non solo dalle dichiarazioni della sorella (...), testimone oculare dell'aggressione, ma anche da quelle di (...), (...) e (...), testi neutrali che, pur non avendo assistito all'intera sequenza delittuosa, hanno riferito di alcuni frammenti dell'episodio, corroborando, con le proprie versioni, quanto riferito dalla (...). A ciò si aggiungono ulteriori riscontri obiettivi, ricavabili dai referti medici versati in atti, che cristallizzano gli effetti lesivi riportarti dalla (...). La dinamica fattuale ipotizzata dall'Accusa, pertanto, può allora dirsi positivamente accertata, e sintetizzabile nei termini che seguono. La mattina del 14.10.2014, intorno alle ore 8.30, (...) stava camminando su via (...) di C. de' T., per accompagnare suo nipote all'asilo nido, quando ima donna a bordo di uno scooter le tagliava la strada, urtando con la ruota il passeggino su cui veniva trasportato il bambino. Ne scaturiva una discussione, nel corso della quale la (...) veniva aggredita alle spalle da una terza persona - una donna a lei sconosciuta, intervenuta a sostegno della motociclista - che la afferrava per i capelli, riducendola in ginocchio. Sopraggiungeva, nel frattempo, (...) e, visto che la lite non si placava, la vittima richiedeva telefonicamente l'intervento dei Carabinieri. Mentre la (...) era al telefono con le FF.OO., la dorma che l'aveva aggredita alle spalle le si scagliava nuovamente contro, stringendole le mani alle tempie ed esercitando, in questo modo, una pressione sulla mano con la quale la vittima teneva il cellulare all'orecchio (cfr. verbale stenotipico del 26.05.2022: TESTE A. (...) - "... io misi la mano in tasca, presi il telefono dalla tasca, e chiamai. La signora, non saprei neanche come definirlo, non...mi strinse e mi disse "sì, sì, chiamali, chiamali, fammi vedere come li chiami". E quindi io ero al telefono con i Carabinieri, tant'è vero che i Carabinieri mi chiedevano che cosa stesse succedendo e lei mi spingeva in una maniera tale che io... P.M. - Che cosa stringeva? TESTE A. (...) - Mi stringeva le mani alla tempia, al telefono. Cioè, io il telefono me lo sono sentito dentro il lobo ...dentro l'orecchio"). Successivamente, l'autrice dell'aggressione si allontanava, entrando in un vicino negozio di tabacchi, dove rimaneva fino all'arrivo dei Carabinieri, che la identificavano nell'odierna imputata (cfr. dichiarazioni del teste Mar. (...), in servizio alla Tenenza dei CC di Cava de'Tirreni all'epoca dei fatti, rese all'udienza del 22.12.2022). La donna che guidava lo scooter si allontanava invece a bordo del suo ciclomotore, per andare a parcheggiarlo. Nel corso dell'audizione dibattimentale, la persona offesa ha riferito che, alla vista degli operanti di P.G., l'autrice dell'aggressione, rivolgendosi a uno di loro, esclamava: "Maresciallo, io l'ho picchiata la signora, però gli ho chiesto scusa" (cfr. pag. 8 del verbale stenotipico del 05.05.2022). Interveniva, sul posto, anche il personale sanitario, allertato dai Carabinieri, ma la (...) rifiutava le cure del caso, pensando di non aver riportato conseguenze lesive, salvo poi recarsi in ospedale il giorno successivo, intorno alle ore 9.00, avendo avvertito dolore alla mano durante la notte (cfr. verbale stenotipico del 05.05.2022: TESTE A. (...) - "Sono andata in ospedale il giorno dopo, perché io non credevo di aver... di essermi fratturata, insomma, di aver riportato qualche danno. Avevo la mano dolorante, ma non immaginavo che poi potessi avere quel tipo di fastidio. E la notte appunto ebbi difficoltà, avevo dolore, e l'indomani andai in ospedale e mi fu poi..." P.M. - "È stata in cura per queste fratture?" TESTE A. (...) - "Allora, io ho vaghi ricordi. Ricordo che sì, ho avuto le dita della mano insomma fasciate, e ricordo che la terapia del caso non era da effettuarsi presso un centro di riabilitazione ... Mi diedero quegli oggettini da tenere in casa, e da fare insomma questa terapia"). Presso il pronto soccorso dell'ospedale di Cava de' Tirreni, alla (...) veniva diagnosticato un trauma distorsivo del polso dx e della spalla dx, con frattura parcellare del margine distale dello scafoide, oltre che ecchimosi alle gambe e assegnata una prognosi di giorni 15 (cfr. referti del 15.10.2014 in atti); successivamente, nel corso della visita di controllo effettuata presso l'U.O. di Ortopedia e Traumatologia del medesimo nosocomio, emergeva un trauma distorsivo del polso dx e della spalla dx, con infrazione dello scafoide, per cui veniva assegnata una prognosi di giorni 20 (cfr. referto del 14.11.2014). In sede di esame dibattimentale, la (...) ha riferito di aver visto più volte la (...) dopo l'episodio del 14.10.2014 - sia da sola che in compagnia della donna che era alla guida dello scooter - e di non aver ricevuto ulteriori fastidi, salvo aver percepito un senso di intimidazione. (...) - nelle sommarie informazioni rese ai CC della Tenenza di Cava de'Tirreni il 06.11.2014 - ha confermato pienamente la versione della sorella, riferendo di averla vista, nella mattinata del 14.10.2014, nel mentre discuteva animatamente con due donne ferme sul marciapiede di Via C. (...). Ad un tratto la vittima si voltava, ed una delle due donne l'afferrava da dietro per i capelli strattonandola con forza; raggiungeva la sorella in soccorso, al ché la medesima donna le intimava di tirarsi indietro, minacciando di picchiare anche lei ("Mo paleo pure a te"). La (...) provvedeva invece a chiamare i CC, e mentre si portava il cellulare all'orecchio la sconosciuta le stringeva le mani spingendogliele verso le tempie. L'altra donna si allontanava invece a bordo del ciclomotore, che parcheggiava nella vicina Via (...). Poco dopo sopraggiungevano i CC, che identificavano la persona che aveva aggredito la sorella. Proprio su quest'ultimo aspetto le propalazioni di (...) appaiono chiare e fugano ogni dubbio circa un ipotetico scambio di persona, idea in verità solo ventilata dalla Difesa senza troppa convinzione. Il fatto che (...) abbia dichiarato che ad aggredire la sorella sia stata la donna "più bassina e robusta", diversamente dalla sorella, che aveva individuato in quella meno robusta la responsabile (cfr. pg. 05.05.2022), diviene irrilevante nel momento in cui l'identificazione dell'imputata è avvenuta in modo certo ad opera dei CC al momento del fatto. Premessa la natura soggettiva del concetto di robustezza, che non rappresenta un segno di riconoscimento inequivoco, laddove attribuibile in diversa misura ad entrambi i soggetti, (...) ha comunque descritto la responsabile come una persona bassa, conformemente alla sorella, e soprattutto l'ha indicata in colei che, dopo l'aggressione, era rimasta all'interno del vicino negozio di tabacchi, ovvero proprio ove veniva identificata dal Mar. (...). L'altra donna si era invece allontanata, e non risulta che fosse presente anche lei nel tabacchi al momento dell'arrivo delle FF.OO. Tale affermazione si salda con le dichiarazioni di (...), titolare del negozio in questione, che ha riferito di aver udito delle urla provenire dalla Via C. (...), e di aver visto due donne discutere animatamente, provvedendo a portare una delle due, che conosceva come (...), all'interno dell'esercizio commerciale così da dividerle e far sì che gli animi si placassero. Tra l'altro, che l'individuazione della (...) quale autrice dell'aggressione sia certa si trae della dinamica fattuale successiva all'intervento dei CC: il Mar. (...) ha provveduto ad identificare tutti gli istanti nonché le due donne protagoniste della lite, alla presenza anche della (...), la quale certamente avrebbe indicato all'operatore di P.G. un'eventuale erronea individuazione. Anzi, la (...) ha addirittura sostenuto che la (...) avrebbe ammesso l'accaduto con il Mar. (...). Del resto, a prescindere da questa confessione resa nell'immediatezza dei fatti, è eloquente che l'imputata non abbia mai provato a negare di essere stata lei l'autrice dell'aggressione, ed allora della sua responsabilità non può davvero dubitarsi. 2. La configurabilità del reato contestato. Lo svolgimento dei fatti appena ricostruiti dimostra l'integrazione della fattispecie di reato contestata, di cui si ravvisano tutti gli estremi oggettivi e soggettivi. L'azione aggressiva perpetrata dalla (...) - estrinsecatasi nello strattonare la (...) per i capelli, al punto da farla rovinare al suolo, e nello stringerle le mani alla testa, mentre la stessa era al telefono con le CC, esercitando una pressione sulla mano con la quale la vittima teneva il cellulare - integra senza dubbio l'elemento materiale del delitto di cui all'art. 582 c.p., la cui struttura causalmente orientata consente di attrarre qualsiasi azione lesiva idonea a cagionare l'evento. Si ricorda infatti l'estensiva interpretazione giurisprudenziale del concetto di "malattia", da intendersi come "qualsiasi alterazione anatomica o funzionale che innesti un significativo processo patologico, anche non definitivo, vale a dire, qualsiasi alterazione anatomica che importi un processo di reintegrazione, pur se di breve durata" (cfr., tra le tante, Cass. pen., Sez. V, sent. n. 44026/2014). Ebbene, in tale nozione rientrano senza dubbio alcuno i traumi contusivi (cfr. Cass. pen., Sez. V, sent. n. 40978/2014: "in tema di lesioni personali, integra la malattia di cui all'art. 582 cod. pen. il trauma confusivo, ancorché privo di alterazioni di natura anatomica, purché caratterizzato da alterazioni da cui deriva una limitazione funzionale o un significativo processo patologico, ovvero una apprezzabile compromissione delle funzioni dell 'organismo ") e la frattura al margine distale dello scafoide riportati dalla (...), così come descritti nei referti medici del 15.10.2014 e del 14.11.2014, della cui genuinità non vi è motivo di dubitare, trattandosi di diagnosi formulata dal sanitari appartenenti ad un ospedale pubblico, non legati da rapporti di clientela conia vittima; ed è prova di ulteriore affidabilità la circostanza che la (...) a seguito della prima visita presso il P.S. dell'ospedale "San Giovanni di Dio e Ruggi d'Aragona", abbia continuato a rivolgersi alla medesima struttura pubblica anche per le successive, anziché allegare referti redatti da specialisti privati. Confrontando la documentazione sanitaria con la dinamica fattuale appurata all'esito dell'istruttoria, si ritiene che le lesioni subite siano assolutamente compatibili con quanto riferito dalla vittima, e gli eventi conseguenti causalmente riconducibili allo strattonamento e alla conseguente caduta, nonché alla pressione esercitata dalla (...) sulla mano della persona offesa. Da qui il rigetto della richiesta di perizia medico legale formulata, senza ulteriori specificazioni, dalla Difesa all'udienza del 05.05.2022; perizia che, più che chiarire aspetti scientifici realmente controversi, su cui il difensore non ha offerto spunti, si sarebbe risolta in una surrettizia valutazione di attendibilità del narrato della persona offesa, spettante invece al Tribunale. Occorre piuttosto evidenziare la perfetta coerenza dei dati ricavabili dai referti medici con la sequenza aggressiva descritta dalla vittima: la (...) ha raccontato di essere stata strattonata a tergo per i capelli, e questo spiega il dolore nucale, sia spontaneo che alla digitopressione, lamentato all'esame obiettivo; i dolori alla spalla e alla regione dorsolombare, e le ecchimosi alle gambe collimano con la caduta conseguente allo strattonamento; la frattura allo scafoide della mano destra è coerente con l'azione dell'imputata di stringerle le mani alle tempie mentre stava parlando al cellulare, considerato che, immaginando secondo l'id quod plerumque accidit che la persona offesa abbia tenuto il cellulare con le dita, appoggiandolo contro l'orecchio, proprio tale parte ossea, più di altre, ha conservato uno spazio di flessibilità tale da poter risentire negativamente della pressione esercitata dall'imputata. Ciò ancor di più se la regione anatomica risultava indebolita da pregresse fratture, come sembra essere stato nel caso della (...), visto il referto medico del 29.09.2014 versato in atti. In ordine all'elemento soggettivo, la norma incriminatrice richiede la coscienza e volontà di procurare una malattia o, quantomeno, sensazioni dolorose nella vittima, sicché la responsabilità per tale delitto discende da ogni condotta volontaria idonea a determinare lesioni, quando sia accompagnata da intenzionalità (cfr. Cass. pen., Sez. V, sent. n. 25116/2019). Nel caso al vaglio, considerate le modalità del fatto e, in particolare, i motivi da cui è scaturita l'aggressione - che ha trovato la sua genesi in una discussione che la vittima aveva avuto con la donna alla guida dello scooter, dell'odierna imputata - non vi è dubbio alcuno sulla piena intenzione lesiva alla base della condotta. E più che ragionevole ipotizzare che il movente della (...) sia stato quello di dar man forte alla conducente del motociclo, sua sicura conoscente, se non probabilmente amica (come riferito dalla (...), che ha dichiarato di averle viste in seguito anche in seguito). È ad ogni modo certo che le azioni violente da cui sono scaturite le lesioni patite dalla vittima siano stato oggetto di una consapevole deliberazione dell'imputata, non potendo certo ritenersi i gesti involontari o animati da finalità esimenti la sua responsabilità. 3. Il trattamento sanzionatorio e le statuizioni civili. Acclarata la colpevolezza della (...) in ordine al reato a lei ascritto, si richiede un'adeguata dosimetria del trattamento sanzionatorio, in conformità delle finalità rieducative e risocializzanti della pena. Preliminarmente, si ritiene che all'imputata possano essere riconosciute le attenuanti generiche, potendosi valorizzare l'assenza di precedenti condanne nonché l'occasionalità dell'episodio, non avendo la (...) raccontato di strascichi successivamente al 14.10.2014, nonostante abbia avuto modo di rincontrare la L.. La gravità delle lesioni, con prognosi di guarigione complessiva in giorni 35, così come indicato dal P.M., oltre a determinare la configurabilità della fattispecie di cui al comma primo dell'art. 582 c.p., esclude la possibile applicazione della causa di non punibilità ex art. 131 bis c.p. Il fatto non appare al Tribunale di minima offensività, dovendosi valutare negativamente, oltre le conseguenze lesive per la vittima, la futilità dei motivi del litigio, e l'indole aggressiva mostrata dall'imputata, pronta a colpire una persona estranea per un diverbio neanche iniziato con lei. Muovendosi nella cornice editale vigente all'epoca del fatto, commesso prima dell'inasprimento sanzionatorio ad opera della (...) n. 41 del 2016, e utilizzando gli indici commisurativi di cui all'art. 133 c.p., con particolare riguardo alle modalità offensive della condotta, alle conseguenze dannose per la vittima, all'intensità del dolo, ai motivi a delinquere, il Tribunale stima equa la pena di mesi due di reclusione, determinata applicando alla pena minima di mesi tre di reclusione la riduzione di 1/3 per il riconoscimento delle attenuanti ex art. 62 bis c.p.. All'imputata può essere concesso il beneficio della sospensione condizionale della pena, rientrando la condanna nei limiti edittali di cui agli artt. 163 c.p., e potendosi formulare una prognosi favorevole circa la futura astensione da condotte delittuose. Alla condanna segue il pagamento delle spese processuali. Dalla condanna discende la pronuncia sulla domanda risarcitoria avanzata dalla Parte Civile, che deve essere accolta nella misura in cui si ritiene risulta certamente provato che la condotta delittuosa abbia causato alla (...) evidenti danni biologici e morali. Per la liquidazione occorre tuttavia rinviare alla separata sede civile, non essendo emersi elementi idonei ad un'esatta ed integrale determinazione delle voci di danno risarcibili, neanche parzialmente, al fine di concedere la provvisionale richiesta dalla Parte Civile, che non ha fornito prova liquida neanche dei pregiudizi riportati. L'imputato, infine, va condannato alla rifusione delle spese di costituzione e rappresentanza sostenute dalla costituita Parte Civile che si liquidano in complessivi Euro 1.327,00, come da separato decreto di liquidazione, essendo ammessa al patrocinio a spese dello Stato. La condanna al pagamento delle spese processuali in favore della Parte Civile va posta solo provvisoriamente a carico dell'erario, con diritto dello Stato di rivalersi nei confronti dell'imputata, non valendo in senso contrario che anche quest'ultima sia stata ammessa al gratuito patrocinio. In proposito, la giurisprudenza più recente ha chiarito che "in tema di patrocinio a spese dello Stato, ove la parte civile e l'imputato siano entrambi ammessi al beneficio, quest'ultimo, in caso di condanna al risarcimento del danno in favore della parte civile, deve essere altresì condannato alla rifusione, in favore dell'erario, delle spese processuali dalla stessa sostenute, non potendo esse restare a carico dello Stato " (cfr. Cass. pen., Sez. 3, sentenza n. 33630/2022); e questo perché l'art. 107 D.P.R. n. 115 del 2002 consente all'erario può anticipare onorari e spese al solo avvocato difensore del soggetto ammesso al beneficio, non potendo invece essere chiamato a sostenere, in luogo dell'imputato, spese che sono conseguenza della sua soccombenza (cfr. Cass. pen., Sez. 4, sentenza n. 25854/2019). P.Q.M. Letti gli artt. 533-535 c.p.p., DICHIARA (...) colpevole del reato a lei ascritto e, riconosciute le attenuanti generiche, la condanna alla pena di mesi due (2) di reclusione, oltre che al pagamento delle spese processuali. Letti gli artt. 163 e ss. c.p., sospende la pena inflitta a termini e condizioni di legge. Letti gli artt. 538 e ss. c.p.p. CONDANNA (...) al risarcimento dei danni patiti dalla costituita Parte Civile, da liquidarsi in separata, e al pagamento delle spese processuali sostenute dalla stessa, ammessa al patrocinio a spese dello Stato, che si liquidano in Euro 1.327,00 oltre a rimborso forfettario per spese generali al 15%, iva e cpa se dovute, come da separato decreto di liquidazione, ponendo a titolo provvisorio il relativo pagamento a carico dell'erario e contestualmente condannando (...) al versamento del relativo importo in favore dello Stato, a titolo di rivalsa. Letto l'art. 539 c.p.p., rigetta la richiesta di provvisionale formulata dalla Parte Civile. Motivi contestuali. Così deciso in Nocera Inferiore il 16 febbraio 2023. Depositata in Cancelleria il 16 febbraio 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. Luigi Bobbio ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di II Grado iscritta al n. r.g. 4358/2019 promossa da: AGENZIA DELLE ENTRATE RISCOSSIONE (C.F. (...)), elettivamente domiciliata in Napoli alla via (...), presso l'Avv. Il.Gi.; APPELLANTE CONTRO (...) ((...)), rappresentato e difeso dall'Avv. Ge.At. ed elett.te dom.to in Nocera Inferiore (SA) alla Via (...) APPELLATO PREFETTURA DI SALERNO ((...)), in persona del Prefetto p.t., elett.te dom.to presso l'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Salerno, C.so (...) APPELLATA CONTUMACE MOTIVI DELLA DECISIONE Il presente giudizio ha ad oggetto l'appello proposto dall'Agenzia delle Entrate Riscossione (d'ora in poi a.d.e.r.) nei confronti di (...) e della Prefettura di Salerno, con riferimento alla sentenza n. 1525/2019, emessa dal Giudice di Pace di Cava dè Tirreni, in data 10.6.2019, depositata in cancelleria in data 12.6.2019, pronunciata nella causa iscritta al n. di RG 546/2019. In primo grado (...) aveva impugnato il ruolo unitamente alla cartella di pagamento (...) (limitatamente al ruolo n. (...)), eccependo l'omessa notifica della predetta cartella di pagamento e dei sottesi verbali di contravvenzione nonché la prescrizione della pretesa esattoriale. Con la sentenza impugnata il giudice di primo grado ha accolto la domanda e per l'effetto annullato la cartella. In questa sede l'appellante ha chiesto la riforma della decisione impugnata per carenza di interesse ad agire ex art. 100 c.p.c., essendo l'opposizione ex art. 615 c.p.c. stata proposta avverso l'estratto di ruolo di cartella di pagamento in difetto di qualsivoglia attività esecutiva da parte dell'agente della riscossione. Con comparsa depositata il 15.10.2019 si è costituito (...), ribadendo l'ammissibilità dell'azione proposta in primo grado in forza della pronuncia della Suprema Corte n. 19704/2015 ed insistendo per il rigetto dell'impugnazione. Quanto all'intimazione di pagamento evocata dall'a.d.e.r., l'odierno appellato ha dedotto la correttezza della pronuncia di primo grado nella parte in cui il citato atto di riscossione non è stato tenuto in considerazione, atteso che i documenti prodotti in copia dall'a.d.e.r. erano stati formalmente disconosciuti. Ancorché ritualmente evocato in giudizio, la Prefettura di Salerno è rimasta contumace. Passando al merito dell'odierno giudizio, l'appello merita accoglimento. Invero, in merito alla annosa questione della sussistenza dell'interesse ad agire nel caso di impugnazione cd. recuperatoria del ruolo (ossia quando l'attore impugna il ruolo eccependo l'omessa o irregolare notifica della cartella in esso contenuta), con sentenza n. 19074/15 le Sezioni Unite della Corte di Cassazione avevano statuito che il contribuente potesse impugnare la cartella di pagamento della quale, a causa dell'invalidità della relativa notifica, fosse venuto a conoscenza solo attraverso un estratto di ruolo rilasciato su sua richiesta dal concessionario della riscossione. A ciò - secondo la Corte - non sarebbe stata ostativa l'ultima parte del comma 3 dell'art. 19 del D.Lgs. n. 546 del 1992, in quanto una lettura costituzionalmente orientata imporrebbe di ritenere che l'impugnabilità dell'atto precedente non notificato unitamente all'atto successivo notificato (impugnabilità prevista da tale norma) non costituisca l'unica possibilità di far valere l'invalidità della notifica di un atto del quale il contribuente sia comunque venuto legittimamente a conoscenza e quindi non escluderebbe la possibilità di far valere l'invalidità stessa anche prima, giacché l'esercizio del diritto alla tutela giurisdizionale non può essere compresso, ritardato, reso più difficile o gravoso, ove non ricorra la stringente necessità di garantire diritti o interessi di pari rilievo, rispetto ai quali si ponga un concreto problema di reciproca limitazione (cfr. Cass. 19704/15). Di contro si osserva che, secondo condivisa e oramai univoca giurisprudenza di legittimità, l'interesse ad agire, costituendo una condizione per far valere il diritto sotteso mediante l'azione, si identifica nell'esigenza di ottenere un risultato utile giuridicamente apprezzabile e non conseguibile senza l'intervento del giudice; in particolare, nell'azione di mero accertamento l'interesse ad agire presuppone uno stato di incertezza oggettiva sull'esistenza di un rapporto giuridico tale da arrecare all'interessato un pregiudizio concreto ed attuale, che si sostanzia in un'illegittima situazione di fatto continuativa e che, perciò, si caratterizza per la sua stessa permanenza (cfr. Cass. n. 11536/06). In altri termini, l'interesse ad agire deve essere concreto ed attuale e richiede non solo l'accertamento di una situazione giuridica, ma anche che la parte prospetti l'esigenza di ottenere un risultato utile giuridicamente apprezzabile e non conseguibile senza l'intervento del giudice, poiché il processo non può essere utilizzato solo in previsione di possibili effetti futuri pregiudizievoli per l'attore, senza che siano ammissibili questioni d'interpretazioni di norme, se non in via incidentale e strumentale alla pronuncia sulla domanda principale di tutela del diritto ed alla prospettazione del risultato utile e concreto che la parte in tal modo intende perseguire (Cass. n. 2057/2019). In questo contesto di obiettiva incertezza è intervenuto il legislatore con il D.L. n. 146 del 1921 (convertito nella L. n. 215 del 1921), il quale all'art. 3 bis (rubricato proprio "non impugnabilità dell'estratto di ruolo e limiti all'impugnabilità del ruolo") ha introdotto il co. 4 bis in seno al all'art. 12 del D.P.R. n. 602 del 1972. Tale disposizione prevede che "l'estratto di ruolo non è impugnabile. Il ruolo e la cartella di pagamento che si assume invalidamente notificata sono suscettibili di diretta impugnazione nei soli casi in cui il debitore che agisce in giudizio dimostri che dall'iscrizione a ruolo possa derivargli un pregiudizio per la partecipazione a una procedura di appalto, per effetto di quanto previsto nell'articolo 80, comma 4, del codice dei contratti pubblici, di cui al D.Lgs. 18 aprile 2016, n. 50, oppure per la riscossione di somme allo stesso dovute dai soggetti pubblici di cui all'articolo 1, comma 1, lettera a), del regolamento di cui al decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 18 gennaio 2008, n. 40, per effetto delle verifiche di cui all'articolo 48-bis del presente decreto o infine per la perdita di un beneficio nei rapporti con una pubblica amministrazione". Il D.L. n. 146 del 1921 stabilisce, dunque, che la diretta impugnazione della cartella di cui si assume l'invalida o omessa notificazione è ammessa nei soli casi in cui il debitore che agisce in giudizio dimostri che dall'iscrizione a ruolo possa derivargli un pregiudizio qualificato e tassativamente tipizzato dall'individuazione di tre precise casistiche, ossia il danno collegato alla partecipazione a una procedura di appalto, le segnalazioni da parte degli enti pubblici e la perdita di benefici nei rapporti con una pubblica amministrazione. Ne deriva che l'interesse ad agire si presenta concreto e attuale solo nei casi previsti dalla novella, in quanto integranti un pregiudizio certo ed immediato per il contribuente giustificativo di una anticipazione della tutela giurisdizionale. Viceversa, al di fuori dei casi espressamente previsti dal legislatore il contribuente non riceve pregiudizio alcuno dalla sussistenza di un ruolo esattoriale contenuto in un estratto e l'interesse ad agire si potrà concretizzare solo con l'emissione di un successivo atto cautelare o esecutivo da parte dell'agente di riscossione. In questo modo si è esclusa la illimitata impugnabilità, da parte del debitore, del ruolo in difetto di una procedura esecutiva attivata dall'amministrazione per il recupero del credito ivi risultante. Tale conclusione è stata confermata con la recente decisione a Sezioni Unite n. 26283/2022, con la quale la Corte di Cassazione ha affermato che l'art. 3 bis del D.L. n. 146 del 2021 "si applica ai processi pendenti poiché specifica, concretizzandolo, l'interesse alla tutela immediata a fronte del ruolo e della cartella non notificata o invalidamente notificata" e che, sotto un diverso profilo, sono manifestamente infondati i dubbi di legittimità costituzionale della novella, non essendo manifestamente irragionevole e rientrando nella discrezionalità del legislatore la possibilità di limitare l'impugnazione di atti impositivi risalenti nel tempo e non integranti un pregiudizio concreto e attuale per il contribuente. A tale conclusione la Suprema Corte è pervenuta richiamando sia i lavori preparatori della novella legislativa (con i quali è stata sottolineata la volontà di "fronteggiare le impugnazioni avverso cartelle notificate anche molti anni prima, senza che l'agente della riscossione si fosse attivato in alcun modo per il recupero delle pretese ad esse sottese": cfr. Cass. civ. n. 26283/2022, pag. 17), sia la finalità di pervenire a una riduzione del contenzioso; ciò anche alla luce della consapevolezza, richiamata dalla giurisprudenza costituzionale e condivisa da questo magistrato, che, "a fronte di una crescente domanda di giustizia, anche in ragione del riconoscimento di nuovi diritti, la giurisdizione sia una risorsa non illimitata e che misure di contenimento del contenzioso civile debbano essere messe in opera" (cfr. Corte Cost. n. 77/2018). Alla luce di quanto illustrato l'appello dell'a.d.e.r. va accolto in ragione dell'inammissibilità - per difetto di interesse ad agire - dell'azione proposta in primo grado da (...). Dall'accoglimento integrale dell'appello consegue, altresì, l'obbligo in capo a (...) di restituire gli importi eventualmente ricevuti in esecuzione del capo sulle spese (Cass. civ. n. 9929/2014), in quanto la soccombenza è stata erroneamente valutata dal Giudice di prime cure. P.Q.M. Il Tribunale di Nocera Inferiore, definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza ed eccezione disattesa o assorbita, così dispone: 1) accoglie l'appello proposto dall'Agenzia delle Entrate Riscossione; 2) dichiara inammissibile l'azione proposta in primo grado da (...); 3) condanna l'appellato (...) al pagamento della somma di Euro 1.000,00 per compensi, oltre spese generali (15%), i.v.a. e c.p.a. come per legge, a favore dell'appellante Agenzia delle Entrate Riscossione. Così deciso in Nocera Inferiore il 9 gennaio 2023. Depositata in Cancelleria il 9 gennaio 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI NOCERA INFERIORE SEZIONE PRIMA CIVILE Il Tribunale di Nocera Inferiore, in composizione monocratica, in persona della dott.ssa Aurelia Cuomo, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa iscritta al n. 3359 del R.G.A.C. anno 2015, trattenuta a sentenza all'udienza del 12.10.2022 vertente tra Condominio (...), Fab. A Scala B, in persona dell'amm.re p.t., rapp.to e difeso dagli avv.ti Te.D'A. e Ro.Au. giusta procura in atti e come in atti dom.to -Attore - e (...) S.p.A. in persona del legale rapp.te p.t., rappresentata e difesa dall'avv. Da.Ca., giusta procura in atti e come in atti dom.ta; - Convenuta - OGGETTO: accertamento negativo del credito. MOTIVI DELLA DECISIONE Con atto di citazione ritualmente notificato, il Condominio (...) ha convenuto in giudizio il (...) S.p.A. al fine di ottenere l'accertamento negativo del credito portato dalla fattura n. (...) del 3 settembre 2014 e dalla successiva fattura n. (...) del 5 dicembre 2014, relative a conguagli nella fornitura di energia elettrica dal 12.6.2014 al 27.10.2014. A fondamento della domanda parte attrice ha dedotto: a) che aveva ricevuto comunicazione della fattura n. (...) del 3 settembre 2014, con la quale gli veniva richiesto un conguaglio per i consumi non precedentemente fatturati dal 31/10/2013 al 12/06/2014, per un importo complessivo pari ad Euro 19.599,52; b) che fino a quel momento le forniture di energia del Condominio erano sempre state regolarmente pagate e che mai il consumo di energia era stato particolarmente elevato, dato che il Condominio era formato da sole 8 famiglie; c) che il Condominio aveva provveduto a contestare la fattura; d) che a seguito della contestazione, l'(...) provvedeva autonomamente a sostituire, nel mese di ottobre 2014, il gruppo di misura matricola 1592, senza la presenza né dell'amministratore né di alcuno dei condomini; e) che Successivamente l'Enel Servizio Elettrico s.p.a. inviava al condominio la fattura n. (...) del 5 dicembre 2014, relativa ad un ulteriore conguaglio di Euro 2.702,65 per i consumi dal 12.6.2014 al 27.10.2014, prontamente contestata; f) che a seguito della contestazione veniva emessa nota di credito per euro 2.531,03; g) che le modalità di lettura e quantificazione dei consumi e dei relativi conguagli era errata, come dimostrato dalla consulenza di parte depositata. Ritualmente si è costituita in giudizio la convenuta la quale ha eccepito preliminarmente l'incompetenza per territorio del Giudice adito, in favore della competenza esclusiva del Tribunale di Roma e nel merito ha contestato la domanda chiedendone il rigetto. Instaurato il contraddittorio, concessi alle parti i termini ex art. 183, VI comma c.p.c., la causa è stata istruita mediante espletamento di prova testimoniale. All'esito, è stata trattenuta in decisione all'udienza del 12.10.2022, con i termini ex art. 190 c.p.c.. Preliminarmente va disattesa l'eccezione di difetto di competenza per territorio del Tribunale adito. In primo luogo va osservato che la convenuta non ha dimostrato la valida stipula di un clausola attributiva della competenza esclusiva in capo al Tribunale di Roma, limitandosi invero a produrre in giudizio un "fac-simile" di contratto di fornitura, privo di qualsivoglia sottoscrizione. Con ogni evidenza tale "fac simile" non può considerarsi idoneo a dimostrare l'assunto di parte convenuta. Quanto poi alla corretta individuazione del Tribunale di Nocera Inferiore quale foro competente a conoscere della domanda proposta dal Condominio (...), la stessa si fonda sull'applicazione al caso di specie della disciplina dettata dal Codice del Consumo, che prevede appunto la competenza esclusiva in capo al Giudice del luogo di residenza del consumatore. In merito all'applicabilità di siffatta disciplina al caso di specie basterà richiamare la costante giurisprudenza di Legittimità che riconosce appunto al Condominio, quale Ente di gestione, lo status di consumatore; si consideri in tale senso Cass. Sez. 6 - 2, Ordinanza n. 10679 del 22/05/2015: "Al contratto concluso con un professionista da un amministratore di condominio, ente di gestione sfornito di personalità giuridica distinta da quella dei suoi partecipanti, si applica la disciplina di tutela del consumatore, agendo l'amministratore stesso come mandatario con rappresentanza dei singoli condomini, i quali devono essere considerati consumatori, in quanto persone fisiche operanti per scopi estranei ad attività imprenditoriale o professionale". Detto orientamento, oltre cha essere intrinsecamente coerente e condivisibile, ha di recente ricevuto l'avallo anche della Giurisprudenza Sovranazionale, che ha ritenuto non contraria al diritto dell'Unione, la Giurisprudenza Nazionale che estenda anche ad un Ente rappresentativo di interessi lo statuto di tutela del consumatore, purché ne sussistano in concreto i presupposti, come appunto nel caso che ci occupa (cfr. (Corte di Giustizia UE, Prima Sezione, sentenza 2 aprile 2020, causa C-329/19). Affermata dunque la competenza per territorio dell'adito Tribunale, bisognerà affrontare il merito della controversia. Il Condominio (...) ha contestato due fatture inviate dalla controparte a titolo di conguaglio della fornitura di energia elettrica erogata al Condominio stesso, relativamente al periodo dal 31.10.13 al 05.12.2014. Le contestazioni mosse dal Condominio (...) concernono non solo le modalità di lettura e disinstallazione del contatore, caratterizzate dall'assenza di contraddittorio, ma altresì la metodologia utilizzata per addivenire al conguaglio, evidenziando errori nei relativi calcoli, per come rilevati specificamente nella perizia di parte allegata, fondata anche sulla comparazione rispetto ai consumi degli anni precedenti e l'assenza di eventi che potessero giustificare un così notevole incremento del consumo di energia nel limitato periodo di riferimento. A fronte di tali circostanziate e comprovate contestazioni, il (...) S.p.A. si è limitato a richiamare la normativa di settore, la responsabilità dell'ente di gestione della rete in ordine alle modalità di lettura e sostituzione del contatore e ribadire la correttezza dei calcoli effettuati. Ebbene, deve essere a questo punto richiamato il costante orientamento seguito da codesto Tribunale in virtù del quale compete a chi si dichiara creditore fornire puntale dimostrazione dell'effettività e congruità dei consumi stessi rispetto a quelli indicati in fattura (ex multis: Trib. di Milano, Sez. XI, 27.11.2015, n. 13418; Cass. Cv. Sez. III, 22.11.2016, n. 23699; Cass. civ., Sez. III, 02.12.2002, n. 17041; Cass. civ., Sez. III, 28.05.2004, n. 10313; Cass. civ. Sez. III, 16.06.2011, n. 13193). La Suprema Corte ha affermato che compete sempre al gestore dover dimostrare la corrispondenza della fornitura erogata, riportata in bolletta, a quella fornita dal contatore centrale (Cass. Civ. Sez. III, 28.05.2004, n. 10313) Nel rapporto sinallagmatico il prezzo della fornitura dovrà essere sempre commisurato all'effettivo consumo non potendo essere determinato secondo altri criteri presuntivi che prescindano dalla situazione reale. In applicazione di tali principi dovrà concludersi dunque per il mancato assolvimento di tale onere probatorio da parte del (...) S.p.A. A fronte delle puntuali e circostanziate contestazioni mosse dal condominio, nulla è stato dimostrato al fine di comprovare le modalità di calcolo dei consumi e la correttezza delle stesse, non essendo certamente idonee le sole dichiarazioni del teste escusso, che si è solo limitato a riferire di aver effettuato le relative misurazioni ed aver "spalmato" i consumi sul periodo di considerato. Infine, non ha rilevo la considerazione per cui l'attività di gestione della rete elettrica e dei misuratori è ormai stata affidata all'attività di distinto soggetto giuridico, in quanto la convenuta resta l'unico soggetto che assume la veste di controparte contrattuale del fruitore dell'energia, restando ogni ulteriore vicenda estranea al rapporto contrattuale che assume rilievo nella presente sede. La domanda di accertamento negativo del credito va quindi accolta e per l'effetto si dichiarano non dovuti gli importi risultanti dalle fatture oggetto di lite. Spese secondo soccombenza e liquidate come da dispositivo, tenuto conto dell'assenza di rilevanti questioni di fatto o di diritto trattate. P.Q.M. Il Tribunale di Nocera Inferiore, definitivamente pronunciando nel contraddittorio tra le parti, ogni contraria istanza, eccezione e difesa respinte: 1) Accoglie la domanda e per l'effetto dichiara non dovuti da Condominio (...), gli importi risultanti dalle fatture oggetto di lite; 2) Condanna la (...) S.p.A. in persona del legale rapp.te p.t. al pagamento delle spese di lite in favore dell'attrice, quantificate nella misura di euro 8.550,00 per compensi ed euro 370,00 per spese vive, oltre iva, cpa e rimborso forfetario, con attribuzione ai difensori dichiaratisi antistatari. Così deciso in Nocera Inferiore il 5 gennaio 2023. Depositata in Cancelleria il 5 gennaio 2023.

  • TRIBUNALE DI NOCERA INFERIORE REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale di Nocera Inferiore, in composizione monocratica ed in persona del Giudice dott.ssa Maria Troisi, ha pronunciato la seguente SENTENZA Nella causa iscritta al 1240/2013 del Ruolo Generale Affari Contenziosi, vertente TRA Condominio (...) di Scafati C.so (...) n. 95, in persona del l. r., rappresentato e difeso dall'avv.to Br.Ma. ATTORE (...), rappresentato e difeso dall'avv.to Mo.Ro.; CONVENUTO SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con atto di citazione ritualmente notificato il Condominio (...), in persona dell'amministratore p.t. Dott. (...), citava in giudizio il Sig. (...), in qualità di ex amministratore del relativo Condominio, al fine di vedere accertata la sua responsabilità per grave inadempimento degli obblighi derivanti dal mandato di amministratore del condominio e condannarlo al risarcimento del danno, per una somma pari ad Euro 24.383,78. A sostegno della domanda, l'attore evidenziava innanzitutto che il Sig. (...), in carica quale amministratore dal 28.04.2000 al 17.05.2011, data di presentazione delle dimissioni, nonostante si fosse impegnato al momento delle dimissioni a presentare, entro sette giorni, tutta la documentazione relativa alla gestione condominiale ordinaria per l'anno 2011 e straordinaria, per lavori di ristrutturazione del fabbricato già effettuati, e rendicontazione dei lavori straordinari deliberati nel 2010 ma mai avviati, nonostante i ripetuti solleciti, non consegnava alcun tipo di documento al Condominio. Al contempo, secondo la prospettazione attorea, l'odierno convenuto ometteva di consegnare al condominio le somme riscosse dai condomini per i lavori straordinari di ristrutturazione del fabbricato, approvati con delibera del 09.04.2003, depositate su un conto bancario intestato al Condominio (...) per un importo pari ad Euro 14.475,11, somma rimasta inutilizzata al termine dei lavori, ed ometteva di pagare le utenze condominiali, cagionando un danno al Condominio pari ad Euro 9.908,67. In particolare Euro 1.6040,57 per spese di utenza di energia non pagate negli anni 2009-2011, Euro 2.690,71 per lavori di manutenzione ascensore non pagati dal 2009 al 2011, Euro 5.577,39 per spettanze professionali avv. (...) dall'anno 2002 al 2009. Si costituiva il Sig. (...) che, preliminarmente, evidenziava di aver restituito tutta la documentazione in suo possesso al nuovo amministratore nel mese di Gennaio 2012. Inoltre, l'odierno convenuto adduceva di non aver mai trattenuto somme di competenza del Condominio, ma si era sempre adoperato per la corretta gestione dello stesso anticipando, in qualche occasione, somme di tasca propria in quanto vi erano molti condomini morosi. Con riferimento al mancato pagamento delle utenze, il Sig. (...) eccepiva di aver fatto tutto il possibile per riscuotere le somme dovute dai condomini e che non aveva alcun obbligo giuridico di anticipare le somme dovute ai terzi dal Condominio. In subordine, eccepiva la prescrizione quinquennale dell'azione per le violazioni a lui contestate, concludendo come in epigrafe riportato. Nel corso del giudizio venivano escussi quattro testi di parte attrice, precisamente il Sig. (...), il Sig. (...), il Sig. (...) e il sig. (...) e tre testi di parte convenuta, la Sig.ra (...), la Sig.ra (...) e il Sig. (...). All'udienza del 8.3.2018, il Giudice proponeva alle parti definizione transattiva della lite per un importo di circa 15.000,00, ma la proposta non trovava seguito. Successivamente i procuratori delle parti precisavano le conclusioni indicate in epigrafe, contestualmente il Giudice assegnava il termini di cui all'art. 190 c.p.c. per il deposito di comparse conclusionali e memorie di replica, scaduti i quali assegnava la causa a sentenza MOTIVI DELLA DECISIONE Preliminarmente va ritenuto correttamente instaurato il rapporto processuale tra le parti. La questione oggetto del presente procedimento concerne la responsabilità dell'amministratore di condominio e più precisamente se le condotte poste in essere dall'odierno convenuto, il Sig. (...), in qualità di ex amministratore del Condominio (...), possano essere ritenute inadempimento degli obblighi derivanti dal mandato professionale di amministratore del condominio. Va precisato che il "contratto tipico di amministrazione di condominio, il cui contenuto è essenzialmente dettato negli artt. 1129,1130 e 1131 c.c., non costituisce prestazione d'opera intellettuale, e non è perciò soggetto alle norme che il codice civile prevede per il relativo contratto, atteso che l'esercizio di tale attività non è subordinata - come richiesto dall'art. 2229 c.c., all'iscrizione in apposito albo o elenco, quanto (e ciò peraltro soltanto a far tempo dall'entrata in vigore dell'art. 71 - bis disp. att. c.c., introdotto dalla L. n. 220 del 2012) al possesso di determinati requisiti di professionalità ed onorabilità, e rientra, piuttosto, nell'ambito delle professioni non organizzate in ordini o collegi, di cui alla L. 14 gennaio 2013, n. 4.5.2. Ai sensi dell'art. 1129 c.c., penultimo comma (introdotto sempre dalla L. n. 220 del 2012, e qui perciò non direttamente operante ratione temporis), al contratto di amministrazione di condominio, al di là dello statuto dei poteri e degli obblighi esplicitamente dettato negli artt. 1129,1130 e 1131 c.c., può trovare residuale applicazione la disciplina in tema di contratto di mandato (si vedano, tra le tante, Cass. Sez. 6 - 2, 17/08/2017, n. 20137; Cass. Sez. 2, 18/04/2014, n. 9082; Cass. Sez. 2, 27/06/2011, n. 14197)". Deve ritenersi che, sia dando rilievo ai "generici" obblighi gravanti sul mandatario (cfr. l'art. 1713, comma 1, c.c.), sia focalizzando l'attenzione sulla disciplina speciale dettata in ambito condominiale (cfr. gli artt. 1130,1130-bis, 1135, n. 3, e 1137, commi 2 e 3, c.c.), la presentazione del rendiconto all'assemblea rappresenta il principale dovere dell'amministratore, sanzionato a pena di revoca (cfr. l'art. 1129, comma 11, secondo periodo, c.c.), siccome finalizzato a consentire alla prima (principale depositaria dei poteri gestori) il controllo sull'operato del secondo. L'amministratore ha, infatti, l'obbligo di predisporre (specificando le voci di entrata e di uscita, la situazione patrimoniale del condominio, i fondi disponibili nonché le eventuali riserve, in modo da consentire ai condomini l'immediata verifica, ex art. 1130-bis c.c.) e presentare il rendiconto condominiale annuale all'approvazione dell'assemblea, che è competente alla relativa verifica ed approvazione mediante il suo controllo. Premesso ciò, la domanda attorea merita accoglimento nei limiti di seguito indicati. L'amministratore di condominio ha l'obbligo, ai sensi dell'art. 1713 c.c., di rendere il conto della sua gestione e di rimettere al mandante (ossia ai condomini) tutto ciò che ha ricevuto per conto del condominio, atteso che, una volta cessato l'incarico, il mandatario non ha più titolo per trattenere quanto gli è stato somministrato dal mandante. L'amministratore, quindi, è chiamato a giustificare in che modo abbia svolto la sua opera attraverso i necessari documenti giustificativi che consentano di stabilire se il suo operato sia stato conforme ai criteri di buona amministrazione. Nel caso di specie, il Condominio chiede la restituzione delle somme trattenute dal convenuto, in particolare (euro 14.071,46) risultante a credito per i lavori straordinari di ristrutturazione del fabbricato depositati sul c.c. bancario intestato al Condominio (...) e che il convenuto, nella comparsa di costituzione e risposta ha dichiarato di aver utilizzato in parte per pagare alcuni acconti alla (...) s.r.l., ditta che ha eseguito i lavori straordinari del condominio ed in parte per coprire spese improcrastinabili ed urgenti, come la manutenzione ordinaria e straordinaria dell'ascensore e le bollette dell'energia elettrica, al fine di evitare la sospensione dei servizi essenziali. Rispetto a queste ultime asserzioni occorre osservare che l'amministratore ha mancato di assolvere all'onere di dimostrare che le somme prelevate dal c.c. intestate al Condominio (...) siano state effettivamente impiegate a favore del Condominio. Allo stesso modo, nella medesima comparsa di costituzione, il convenuto ha dichiarato di aver anticipato somme di tasca propria per far fronte alle spese ordinarie di gestione ed a quelle urgenti a causa della morosità di alcuni condomini ma, se si eccettua un bonifico di Euro 2.000,00 effettuato dal convenuto a favore della (...) s.r.l. che, da documentazione prodotta si configura quale creditore del Condominio, per il resto non ha provato che tali somme provenissero effettivamente dal suo patrimonio personale, ad esempio producendo bonifici o assegni tratti dal suo conto corrente e versati su quello dell'ente di gestione o di terzi creditori del Condominio, e neppure è presente una delibera che riconosca in favore del convenuto le somme che sostiene di aver anticipato. Le allegazioni di parte convenuta non sono, del resto, in alcun modo sostenute né dalla documentazione da essa versata in atti, né tantomeno dalle deposizioni testimoniali. Invero anche le deposizioni testimoniali riferiscono circostanze generiche e indirette. Tutti i testi di parte attrice escussi ed anche il teste di parte convenuta Sig.ra (...), chiamati a rispondere sui capitoli di prova quali la restituzione della documentazione delle somme da parte dell'Amministratore di Condominio ovvero l'anticipazione di somme da parte del convenuto, riferivano che di tali circostanze ne erano a conoscenza in quanto oggetto di discussione in occasione delle diverse assemblee condominiali e non per conoscenza diretta. Sulla domanda di risarcimento del danno avanzata dall'attore, occorre evidenziare che l'amministratore di condominio si raffigura alla stregua di un ufficio di diritto privato, assimilabile al mandato con rappresentanza, con conseguente applicazione, tra le parti, delle norme sul mandato (Cass. sent. n. 9148/08). Di conseguenza, in caso di inadempimento nello svolgimento del proprio incarico, l'amministratore sarà tenuto a rispondere dei relativi danni a titolo di responsabilità contrattuale ex art. 1218 c.c., nei confronti dell'organizzazione condominiale. Peraltro, l'amministratore deve esercitare il mandato con la diligenza del buon padre di famiglia, anche se si deve ritenere, alla luce della crescente specializzazione, richiesta anche dal legislatore, della figura dell'amministratore del condominio, che la diligenza debba essere quella da valutare con il più rigido criterio di cui all'art. 1176, c. 2, c.c. In ogni caso, l'amministratore è tenuto al rispetto del regolamento e delle norme di cui agli artt. 1130,1131 e 1135 c.c. ed è tenuto, in particolare, al risarcimento dei danni cagionati dalla sua negligenza e dal cattivo uso dei suoi poteri. Nel caso in esame, l'attore imputa al convenuto, al fine di conseguire il risarcimento del danno, di essere stato la ragione della posizione debitoria in capo al condominio pari ad Euro 9.908,67 a causa del mancato pagamento delle utenze condominiali. Orbene, il fatto, come rappresentato dall'attore, appare incontroverso posto che il convenuto non lo nega, ma si limita ad affermare che tale posizione debitoria deve addebitarsi alla morosità dei condomini. Tale ultima eccezione, tuttavia, non coglie nel segno posto che il convenuto (onerato della relativa prova) non ha dimostrato la mancanza in cassa del danaro per corrispondere quanto dovuto all'azienda fornitrice, al contrario ha dichiarato che le somme inutilizzate per i lavori di ristrutturazione straordinaria venivano proprio utilizzate per far fronte alle utenze condominiali urgenti e improcrastinabili. Inoltre il convenuto non ha documentato di essersi preventivamente attivato - risalendo le rate morose al periodo in cui egli risultava ancora quale amministratore - in base ai poteri che la legge gli conferisce, come quello di richiedere e conseguire decreto di ingiunzione provvisoriamente esecutivo ex art. 63 disp. att. c.c., nei confronti dei partecipanti inadempienti ed in forza delle delibere di approvazione dei rendiconti. Infatti, parte convenuta ha prodotto semplicemente le raccomandate effettuate nei confronti dei condomini morosi, ma non ha dato prova di essersi attivato con procedure esecutive se non nei confronti dei Sigg. (...) e (...) conferendo mandato al Dott. (...), procedimento interrotto e non riassunto dal Condominio. Dall'istruttoria svolta sembra emergere un adempimento inesatto da parte del Sig. (...) nella sua funzione di amministratore di condominio che legittima il risarcimento del danno a favore dell'attore. In ordine al quantum, non essendo agevole la precisa determinazione del danno patrimoniale richiesto, esso può quantificarsi, partendo comunque da un dato documentale (situazione contabile del Condominio (...) inviata dalla (...) da cui si evince, alla data del 24.05.11, una posizione debitoria per un importo pari ad Euro 2.690, 71) in via equitativa in Euro 3.500,00. Alla soccombenza segue la condanna del convenuto alla refusione delle spese di lite in favore dell'attore. P.Q.M. Il Tribunale, definitivamente pronunciando nel giudizio in epigrafe indicato, ogni contraria istanza, eccezione e deduzione disattesa, così provvede: a) dichiara l'inadempimento del convenuto (...) agli obblighi sullo stesso gravanti quale amministratore del Condominio "(...)" di Scafati e, per l'effetto, condanna il convenuto alla restituzione, in favore del Condominio, della somma di Euro 12.071,46 (Euro 14.071, 46 - Euro 2.000,00 (quale somma anticipata dal Sig. (...) e documentata in atti con bonifico)); condanna, altresì, il convenuto al risarcimento del danno in favore del Condominio attore, che si liquida in Euro 3.500,00; c) condanna il convenuto al pagamento delle spese processuali in favore di parte attrice che liquida in Euro 214,00 per spese ed Euro 4.000,00 per compenso professionale, oltre accessori di legge e con attribuzione al procuratore antistatario. Così deciso in Nocera Inferiore il 10 novembre 2022. Depositata in Cancelleria il 24 novembre 2022.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI NOCERA INFERIORE I SEZIONE CVILE Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. Pasquale Velleca ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 3101/2019 promossa da: G. S.R.L. IN LIQUIDAZIONE (C.F. (...)), E.S. (C.F. (...)) E V.G. (C.F. (...)), con il patrocinio dell'Avv. (...), elettivamente domiciliati in Mercato San Severno (SA) alla (...); ATTORI CONTRO B.M. - C.C. di F., R. e L. - società cooperativa (C.F. (...)), con il patrocinio degli Avv.ti (...) elettivamente domiciliata in Fisciano (SA) al (...); CONVENUTA MOTIVI DELLA DECISIONE Con atto di citazione notificato il 24.05.2019 la G. s.r.l. in liquidazione (d'ora in poi G.), nonché E.S. e V.G. (questi ultimi quali fideiussori della società) hanno evocato in giudizio la B.M. - C.C. di F., R. e L. (d'ora in poi B.M.) al fine di evidenziare molteplici profili di illegittimità riguardanti il rapporto di c/c n. (...) intrattenuto dalla G. con il citato istituto di credito. Parte attrice ha eccepito: 1) la nullità ex art. 117 co. 1 t.u.b. del contratto di c/c n. (...) per mancanza di forma scritta, con conseguente applicazione del ricalcolo del rapporto di dare/avere ai sensi dell'art. 117 co. 7 t.u.b.. Difatti, pur risalendo il rapporto di c/c al secondo trimestre del 2006, il contratto consegnato al cliente dietro richiesta ex art. 119 t.u.b. risulta datato e sottoscritto l'01.02.2017, dunque più di dieci anni dopo l'inizio del rapporto (cfr. pagg. 2 e 3 atto di citazione); 2) la nullità derivata dei contratti di apertura di credito stipulati tra il 2011 ed il 2012 in ragione della natura accessoria di tali rapporti rispetto a quello di conto corrente (cfr. pag. 3 dell'atto di citazione); 3) l'illegittimo esercizio dello ius variandi ex art. 118 t.u.b. (cfr. pagg. 4, 5 e 6); 4) l'illegittima capitalizzazione degli interessi (cfr. pagg. 7, 8, 9, 10,11 e 12); 5) l'illegittima applicazione della commissione di massimo scoperto (cfr. pag. 13); 6) l'illegittima antergazione delle operazioni in addebito e postergazione delle operazioni in accredito (cfr. pag. 14); 7) la configurazione di un'usura cd. sopravvenuta, atteso che la banca ha applicato interessi usurari nei seguenti trimestri: primo e secondo del 2009, quarto del 2010, primo e secondo del 2011, terzo del 2013, secondo e terzo del 2014, primo e secondo del 2015 (cfr. pag. 20 dell'atto di citazione e pag. 11 della memoria ex art. 183 co. 6 n. 1 c.p.c.). Gli attori hanno inoltre eccepito la nullità delle garanzie personali prestate da E.S. e G.V., trattandosi di fideiussioni omnibus riproduttive delle clausole contenute nel modello ABI 2003 dichiarate in contrasto con la disciplina antitrust giusto provvedimento della B.I. n. 55 del 02.05.2005 (cfr. pag. 16). Da ultimo, G., E.S. e G.V. hanno contestato la violazione degli artt. 1175 e 1375 c.c. per avere la banca colposamente aumentato l'esposizione debitoria della società attrice mediante il progressivo aumento del fido bancario. Per queste ragioni gli attori hanno concluso chiedendo di: 1) accertare le molteplici illegittimità riguardanti i rapporti bancari intrattenuti tra la G. e B.M.; 2) ricalcolarsi il rapporto di dare/avere tra le parti; 3) condannare la banca a restituire Euro 402.600,00 a G.V., ossia l'importo da quest'ultima versato con bonifico dell'11.07.2013 al fine di azzerare il saldo passivo del c/c n. (...); 4) condannare la banca a risarcire i danni cagionati alle controparti per violazione degli artt. 1175 e 1375 c.c.. Con comparsa depositata l'01.10.2019 si è costituita B.M. chiedendo il rigetto delle avverse domande in forza dei seguenti motivi: 1) operatività del c/c n. (...) a far data dal II trimestre 2006 ed ancora in corso al momento dell'introduzione del giudizio (ossia il 24.05.2019), contratto "regolato, da ultimo, dalle condizioni riportate nei contratti regolarmente sottoscritti e riepilogate nei rispettivi documenti di sintesi, stipulati in data 13/10/2016 e 1/2/2017" (cfr. pag. 5); 2) sottoscrizione, tra il 2011 ed il 2012, di molteplici aperture di credito che assistono il suindicato c/c, sicché "nella contrattualistica innanzi richiamata sono determinate specificamente tutte le condizioni inerenti: spese fisse e variabili; interessi creditori e debitori; commissioni (omnicomprensiva e di istruttoria veloce per extra-fido); capitalizzazione con periodicità trimestrale; valute; spese servizi" (cfr. pag. 6); 3) "a le condizioni economiche sono state tutte legalmente pattuite; b la banca non ha mai provveduto ad avvalersi della facoltà di variazione unilaterale delle stesse condizioni; c la previsione della capitalizzazione trimestrale degli interessi debitori è avvenuta nel pieno e puntuale rispetto di quanto previsto e disciplinato dall'art. 2 della Del.CICR 22 aprile 2000; d la CMS, le altre commissioni, le spese in genere e le valute sono state del pari espressamente determinate ed accettate" (cfr. pag. 7); 4) inammissibilità della domanda di ripetizione per carenza di atti solutori, stante la vigenza degli affidamenti bancari; 5) prescrizione quinquennale ex art. 2948 c.c.; 6) buona fede della banca; 7) adempimento spontaneo di G.V. circa le somme versate a deconto dell'esposizione della G.; 8) difetto di legittimazione passiva di E.S., in quanto i rapporti bancari oggetto di esame risultavano assistiti dalla garanzia prestata soltanto da A.M., marito di G.V., e da quest'ultima (cfr. pag. 8); 9) infondatezza della domanda di nullità delle fideiussioni, non avendo le controparti dimostrato le ragioni per le quali ricorrerebbe un'invalidità negoziale (cfr. pag. 9); 10) sottoscrizione, da parte di G.V., di un pegno di Euro 210.000,00 a garanzia dei debiti della G., pegno estinto nel 2014 mediante accredito del citato importo sul c/c personale della garante. Con la memoria ex art. 183 n. 1 c.p.c. gli attori hanno eccepito la nullità del pegno mobiliare, poiché posto a garanzia di un contratto di conto corrente nullo per difetto di forma scritta. Con ordinanza del 02.03.2021 è stata disposta una ctu contabile onde verificare la correttezza o meno degli assunti di parte attrice; l'elaborato peritale è stato depositato il 09.11.2021. Riservata la causa in decisione all'udienza del 23.06.2022, entrambe le parti hanno depositato gli atti conclusivi. Da ultimo, rimessa la causa sul ruolo con Provv. del 21 ottobre 2022, all'udienza del 10.11.2022 la causa è stata nuovamente riservata in decisione, senza concessione dei termini di cui all'art. 190 c.p.c.. Tanto premesso, va preliminarmente osservato che in data 22.07.2019 risulta esperito il tentativo obbligatorio di mediazione, il quale ha avuto esito negativo per mancata adesione dell'istituto di credito (cfr. il verbale depositato il 23.07.2019) Passando al merito del giudizio, va rigettata la domanda di nullità di eventuali fideiussioni che sarebbero state prestate da E.S. e G.V. a garanzia del saldo del c/c n. (...) e/o dei rapporti di apertura di credito intercorsi tra la G. e B.M., ove si consideri che alcuna fideiussione è stata depositata dagli attori (né dalla convenuta) e che, come dedotto dall'istituto di credito e non validamente smentito dalle controparti, "non sussistono fideiussioni rilasciate dagli attori S.E. e G.V. a favore della banca ed a garanzia dei fidi per cui è lite" (cfr. pag. 3 della memoria n. 2 di B.). Parimenti da rigettare è la domanda proposta (per la prima volta) dagli attori con la memoria n. 1 c.p.c. in ordine alla nullità del pegno mobiliare per Euro 210.000,00 sottoscritto da G.V. a garanzia dei crediti vantati da B. nei confronti di G. atteso che - in disparte la valutazione sulla validità o meno della garanzia - la banca ha dedotto e documentato (cfr. doc. 3 allegato alla memoria ex art. 183 n. 2 c.p.c.) che il pegno "non è stato escusso dalla banca, ma, in data 3/2/2014 il controvalore è stato accredito sul conto della stessa G.V." (cfr. pag. 2 della memoria n. 2). Passando alle domande degli attori circa l'analisi del rapporto di c/c n. (...), va precisato che la stessa concerne il periodo decorrente dal secondo trimestre 2006 (cfr. primo estratto conto in atti) fino al 31.12.2017 (cfr. ultimo estratto conto in atti). Inoltre, occorre evidenziare che - circostanza incontestata tra le parti - il conto corrente era ancora in corso alla data di introduzione del processo, ossia il 24.05.2019 (le parti non hanno precisato che successivamente lo stesso sia stato chiuso). Da tanto consegue che, in disparte l'esistenza o meno di un credito della G. nei confronti della banca (su tale aspetto ci si soffermerà nelle pagine che seguono), va fin d'ora dichiarata la inammissibilità della domanda di ripetizione proposta dagli attori, avendo la Suprema Corte precisato che, presupponendo la citata azione un pagamento indebito, essa richiede che il rapporto di c/c si sia concluso e che la banca abbia esatto dal correntista la restituzione del saldo finale, inserendo nel computo anche gli interessi non dovuti e, perciò, da restituire se corrisposti dal cliente all'atto della chiusura del conto (tra le altre, Cass. civ. n. 798/2013 e n. 21646/2018). Pertanto, risultando il c/c ancora aperto alla data di introduzione del giudizio, l'odierna indagine concerne esclusivamente la ricostruzione del rapporto di dare ed avere tra la G. e B.M. dal 18.04.2006 (primo estratto conto in atti) al 31.12.2017 (ultimo estratto conto in atti). A tal riguardo, appare opportuno richiamare le risultanze della ctu, ferma la precisazione che entrambe le parti non hanno contestato il modus procedendi ovvero i risultati ai quali è pervenuto il consulente, avendo dibattuto soltanto su quale delle ipotesi di calcolo prospettate dal consulente meritasse applicazione. In particolare, nell'esaminare la documentazione in atti, il consulente l'ufficio dott. D.A. ha preliminarmente riscontrato: 1) l'operatività del rapporto di conto corrente n. (...) a partire dal 18.04.2006 (primo estratto conto) fino al 31.12.2017 (ultimo estratto conto); 2) la presenza di due contratti relativi al c/c n. (...) regolarmente sottoscritti dalle parti, datati 13.10.2016 ed 01.02.2017; 3) la presenza dei seguenti contratti di apertura di credito, tutti sottoscritti dalle parti: a) apertura di credito di conto corrente datata 08.04.2011 per Euro 60.000,00, con scadenza 31.05.2011, n. AFFIDAMENTO 381019; b) apertura di credito di conto corrente datata 19.12.2011 per Euro 150.000,00, con scadenza 15.02.2012 n. AFFIDAMENTO 381811; c) apertura di credito di conto corrente datata 19.12.2011 per Euro 70.000,00, a tempo indeterminato n. AFFIDAMENTO 380638; d) apertura di credito di conto corrente datata 04.01.2012 per Euro 60.000,00, con scadenza 31.01.2012 n. AFFIDAMENTO 381870; e) apertura di credito di conto corrente datata 10.01.2012 per Euro 60.000,00, con scadenza 31.12.2012 n. AFFIDAMENTO 381810; f) apertura di credito di conto corrente datata 10.01.2012 per Euro 150.000,00, con scadenza 15.02.2012 n. AFFIDAMENTO 381811; g) apertura di credito di conto corrente datata 14.05.2012 per Euro 245.000,00, con scadenza 31.12.2012 n. AFFIDAMENTO 382223. A tal riguardo, il consulente ha formulato due ipotesi alternative di ricostruzione del saldo dare/avere tra le parti a seconda di: 1) ritenere mancante sia la documentazione contrattuale relativa al rapporto di c/c che (in via derivata) quella riguardante il rapporto di apertura di credito e per l'effetto "ricalcolare il saldo finale, espungendo tutti gli addebiti effettuati dall'istituto di credito per tutto il periodo compreso dalla prima operazione bancaria risalente al 19.04.2006 all'ultima del 31.12.2017 ad a ricalcolare i soli interessi al tasso legale" (cfr. pag. 9 della ctu). Così facendo il ctu è giunto a quantificare in Euro 100.060,84 il saldo a credito della G. alla data del 31.12.2017 (cfr. pagg. 14 e 15 della ctu); 2) ritenere mancante la documentazione contrattuale riguardante il c/c ma non quella riguardante le aperture di credito e per l'effetto ricalcolare il rapporto dare/avere tra le parti (cfr. pag. 18 della ctu): a) eliminando la capitalizzazione degli interessi addebitata tra l'01.01.2014 ed il 03.08.2016; b) "applicando le condizioni contrattuali rilevate dalle aperture di credito in conto corrente sottoscritte sin dalla data del 08.04.2011, dalla quale è possibile evidenziare sia il tasso debitore che quello creditore, nonché il tasso previsto per le CMS" (cfr. pag. 18); c) escludendo gli addebiti a titolo di CMS applicati prima del 04.08.2011 (data di sottoscrizione della prima apertura di credito) e considerando quelli a titolo di CMS contabilizzati dopo tale data; d) applicando i tassi cd. bot ex art. 117 co. 7 t.u.b. dal periodo relativo al primo estratto conto in atti fino al 31.03.2011; e) applicando le condizioni economiche regolate nei contratti di apertura di credito dall'estratto conto relativo al II trimestre 2011 (30.06.2011) al 31.12.2017. Così facendo il ctu è giunto a quantificare in Euro 21.850,90 il saldo a credito della G. alla data del 31.12.2017 (cfr. pagg. 22 e 23 della ctu). Inoltre, successivamente al supplemento di ctu richiesto con ordinanza del 21.10.2022, in data 07.11.2022 il consulente ha depositato una relazione integrativa formulando una terza ipotesi alternativa di ricostruzione del saldo dare/avere tra le parti, in applicazione del seguente modus procedendi: - per il periodo dal primo estratto conto in atti fino al 31.03.2011, espunzione di tutti gli addebiti contabilizzati, attesa la mancanza di un contratto di c/c avente forma scritta (cfr. art. 117 co. 3 t.u.b.); - per il periodo dall'01.04.2011 al 31.12.2017, applicazione delle condizioni relative alle aperture di credito regolarmente sottoscritte ed espunzione degli eventuali ulteriori addebiti relativi non già alle aperture di credito ma esclusivamente al rapporto di conto corrente. Così facendo, il ctu è giunto a quantificare in Euro 22.610,29 il saldo a credito della G. alla data del 31.12.2017 (cfr. pag. 8 della ctu integrativa). All'udienza del 17.11.2022 le parti hanno chiesto riservarsi la causa in decisione senza concessione dei termini di cui all'art. 190 c.p.c.; inoltre, parte attrice ha per la prima volta dedotto la nullità delle aperture di credito prodotte in atti, sul presupposto che le stesse non sarebbero state sottoscritte dal legale rappresentante della G.. Invero, va disatteso quanto dedotto dalla parte attrice in ordine ad una presunta nullità dei contratti di apertura di credito. Trattasi di un rilievo oltremodo generico e palesemente in contrasto con quanto dalla stessa attrice dedotto in seno all'odierno giudizio, ove si consideri che: 1) proprio la G. ha più volte affermato l'esistenza di aperture di credito sul c/c n. (...) (cfr. pag. 1 dell'atto di citazione, pag. 11 della ctp, etc.), depositando gli stessi contratti che in sede decisoria ha affermato non essere stati sottoscritti dal legale rappresentante; 2) parte attrice non ha indicato il nominativo del legale rappresentante della G. al momento della conclusione delle aperture di credito, né chi sarebbero coloro che avrebbero apposto le sottoscrizioni in calce ai negozi depositati; 3) dalla visura camerale della G. (cfr. doc. 1 allegato all'atto di citazione) si evince che N.C. ha ricoperto la carica di amministratore della G. dal 20.03.2009 al 18.01.2012 (data di iscrizione nel registro delle imprese della intervenuta cessazione dalla carica), mentre nella medesima data fu pubblicizzata l'avvenuta nomina di A.P. a liquidatore della società; 4) i contratti di apertura di credito risultano sottoscritti da N.C. ed A.P. in momenti nei quali essi erano legali rappresentanti della G.; 5) dalla conclusione di un contratto da parte del falsus procurator non consegue la nullità del negozio ma la sola sua inefficacia (cfr. art. 1398 c.c.) che, pur se rilevabile d'ufficio (tra le altre, Cass. civ. n. 11377/2015), non può essere dichiarata ove, come nel caso di specie, la parte abbia tenuto un contegno processuale da cui risulti in maniera univoca la volontà di aver fatto proprio il contratto concluso in suo nome e per suo conto dal "falsus procurator" (tra le altre, Cass. civ. n. 26871/2022); ciò in omaggio al noto brocardo secondo cui nemo potest venire contra factum proprium. Peraltro, diversamente da quanto sostenuto da parte attrice, non è predicabile nemmeno una nullità derivata delle aperture di credito in conseguenza di quella - per difetto di forma scritta - del contratto di conto corrente. Difatti, con molteplici pronunce la Corte di Cassazione ha affermato che, alla stessa stregua di qualsivoglia contratto bancario, il contratto di apertura di credito ha natura autonoma ed in quanto tale richiede la forma scritta ex art. 117 t.u.b. ferma la precisazione che, "qualora risulti già previsto e disciplinato da un contratto di conto corrente stipulato per iscritto, il contratto di apertura di credito non deve a sua volta essere stipulato per iscritto a pena di nullità (Cass. 27 marzo 2017, n. 7763); principio, questo, da intendere nel senso che l'intento di agevolare particolari modalità della contrattazione non comporta una radicale soppressione della forma scritta, ma solo una relativa attenuazione della stessa che, in particolare, salvaguardi l'indicazione nel "contratto madre" delle condizioni economiche cui andrà assoggettato il "contratto figlio" (Cass. 22 novembre 2017, n. 27836)" (Cass. civ. n. 926/2022, Corte di Appello di Salerno n. 917/2022, etc.). Nel caso di specie si è in presenza di un conto corrente affetto da nullità per mancata pattuizione per iscritto delle relative condizioni economiche, laddove le aperture di credito sono valide giacché concluse in forma scritta. Passando all'esame della domanda di accertamento del rapporto di dare/avere tra la G. e B.M. dal 18.04.2006 (primo estratto conto in atti) al 31.12.2017 (ultimo estratto conto in atti), va accolta l'ipotesi di calcolo formulata dal ctu nella relazione integrativa depositata il 07.11.2022. Difatti, con riferimento al periodo fino al 31.03.2011, il ctu ha correttamente espunto qualsivoglia addebito annotato dall'istituto di credito atteso che, avendo parte attrice dedotto la mancata conclusione in forma scritta del contratto di c/c e non essendo stato ciò validamente contestato dalla banca mediante la produzione del contratto, può dirsi processualmente accertata la violazione dell'art. 117 t.u.b., ai sensi del quale: 1) i contratti bancari sono redatti per iscritto e un esemplare deve essere consegnato al cliente (cfr. co. 1); 2) nel caso di inosservanza della forma prescritta il contratto è nullo (cfr. co. 3), con conseguente espunzione di tutti gli addebiti annotati dalla banca ed applicazione dei soli interessi legali ex artt. 1284 e 1825 c.c. (né in questo caso è possibile applicare il tasso sostitutivo cd. bot di cui all'art. 117 co. 4, 6 e 7, in quanto tali disposizioni riguardano l'ipotesi in cui un contratto sia stato concluso in forma scritta e risulti mancante la sola pattuizione del tasso d'interesse o di altro prezzo o condizione praticata). Ad una diversa conclusione non conduce la circostanza che siano stati prodotti due contratti di c/c datati 2016 e 2017 e le citate aperture di credito sottoscritte a partire dall'08.04.2011, non potendo a tali negozi attribuirsi efficacia retroattiva. Parimenti corretto si rivela l'elaborato peritale nella parte in cui, per il periodo dall'01.04.2011 (periodo riconducibile alla conclusione della prima apertura di credito) al 31.12.2017 (ultimo estratto conto in atti), il consulente ha ricalcolato il saldo tenendo conto delle condizioni relative alle aperture di credito regolarmente sottoscritte ed espungendo soltanto eventuali ulteriori addebiti relativi non già alle aperture di credito ma esclusivamente al rapporto di conto corrente. Ne deriva che, in parziale accoglimento delle domande formulate dalla G. s.r.l. in liquidazione, va accertato e dichiarato che alla data del 31.12.2017 il saldo del c/c n. (...) è pari ad Euro 22.610,29 a credito della società. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo facendo applicazione dei criteri di cui al D.M. n. 55 del 2014 (come modificato dai D.M. n. 37 del 2018 e D.M. n. 147 del 2022) relativi ai giudizi di valore tra Euro 5.200,00 ed Euro 26.000,00; la declaratoria di inammissibilità della domanda di ripetizione proposta dalla G. s.r.l. in liquidazione giustifica la compensazione di 1/3 delle spese di lite tra quest'ultima e la banca convenuta. Viceversa, il rapporto processuale tra l'istituto di credito (da un lato), E.S. (in proprio) e G.V. (dall'altro) va risolto condannando i suindicati attori al pagamento delle spese di lite in favore della banca, atteso il rigetto delle domande proposte dagli stessi. P.Q.M. Il Tribunale di Nocera Inferiore, definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza ed eccezione disattesa o assorbita, così dispone: 1) rigetta le domande proposte da E.S. (in proprio) e G.V.; 2) dichiara inammissibile la domanda di ripetizione dell'indebito proposta dagli attori; 3) accerta e dichiara che alla data del 31.12.2017 il saldo del c/c n. (...) intrattenuto dalla G. s.r.l. in liquidazione con la BANCA M. - C.C. di F., R. e L. - società cooperativa è pari ad Euro 22.610,29 a credito della G. s.r.l. in liquidazione; 4) condanna la B.M. - C.C. di F., R. e L. - società cooperativa al pagamento di 2/3 delle spese di lite in favore della G. s.r.l. in liquidazione, che si liquidano in Euro 3.320,00 per compensi, Euro 545,00 per esborsi e spese di ctu (queste ultime liquidate con separato provvedimento in Euro 2.000,00 oltre accessori), oltre spese generali (15%), iva e cpa come per legge, con distrazione in favore dell'Avv. Simone Labonia dichiaratosi antistatario nell'atto di citazione; 5) compensa per 1/3 le spese di lite tra la G. s.r.l. in liquidazione e la B.M. - C.C. di F., R. e L.- società cooperativa; 6) condanna E.S. (in proprio) e G.V. al pagamento delle spese di lite in favore della B.M. - C.C. di F., R. e L. - società cooperativa, che si liquidano in Euro 3.000,00 per compensi, oltre spese generali (15%), iva e cpa come per legge. Così deciso in Nocera Inferiore, il 23 novembre 2022. Depositata in Cancelleria il 23 novembre 2022.

Ricerca rapida tra migliaia di sentenze
Trova facilmente ciò che stai cercando in pochi istanti. La nostra vasta banca dati è costantemente aggiornata e ti consente di effettuare ricerche veloci e precise.
Trova il riferimento esatto della sentenza
Addio a filtri di ricerca complicati e interfacce difficili da navigare. Utilizza una singola barra di ricerca per trovare precisamente ciò che ti serve all'interno delle sentenze.
Prova il potente motore semantico
La ricerca semantica tiene conto del significato implicito delle parole, del contesto e delle relazioni tra i concetti per fornire risultati più accurati e pertinenti.
Tribunale Milano Tribunale Roma Tribunale Napoli Tribunale Torino Tribunale Palermo Tribunale Bari Tribunale Bergamo Tribunale Brescia Tribunale Cagliari Tribunale Catania Tribunale Chieti Tribunale Cremona Tribunale Firenze Tribunale Forlì Tribunale Benevento Tribunale Verbania Tribunale Cassino Tribunale Ferrara Tribunale Pistoia Tribunale Matera Tribunale Spoleto Tribunale Genova Tribunale La Spezia Tribunale Ivrea Tribunale Siracusa Tribunale Sassari Tribunale Savona Tribunale Lanciano Tribunale Lecce Tribunale Modena Tribunale Potenza Tribunale Avellino Tribunale Velletri Tribunale Monza Tribunale Piacenza Tribunale Pordenone Tribunale Prato Tribunale Reggio Calabria Tribunale Treviso Tribunale Lecco Tribunale Como Tribunale Reggio Emilia Tribunale Foggia Tribunale Messina Tribunale Rieti Tribunale Macerata Tribunale Civitavecchia Tribunale Pavia Tribunale Parma Tribunale Agrigento Tribunale Massa Carrara Tribunale Novara Tribunale Nocera Inferiore Tribunale Busto Arsizio Tribunale Ragusa Tribunale Pisa Tribunale Udine Tribunale Salerno Tribunale Verona Tribunale Venezia Tribunale Rovereto Tribunale Latina Tribunale Vicenza Tribunale Perugia Tribunale Brindisi Tribunale Mantova Tribunale Taranto Tribunale Biella Tribunale Gela Tribunale Caltanissetta Tribunale Teramo Tribunale Nola Tribunale Oristano Tribunale Rovigo Tribunale Tivoli Tribunale Viterbo Tribunale Castrovillari Tribunale Enna Tribunale Cosenza Tribunale Santa Maria Capua Vetere Tribunale Bologna Tribunale Imperia Tribunale Barcellona Pozzo di Gotto Tribunale Trento Tribunale Ravenna Tribunale Siena Tribunale Alessandria Tribunale Belluno Tribunale Frosinone Tribunale Avezzano Tribunale Padova Tribunale L'Aquila Tribunale Terni Tribunale Crotone Tribunale Trani Tribunale Vibo Valentia Tribunale Sulmona Tribunale Grosseto Tribunale Sondrio Tribunale Catanzaro Tribunale Ancona Tribunale Rimini Tribunale Pesaro Tribunale Locri Tribunale Vasto Tribunale Gorizia Tribunale Patti Tribunale Lucca Tribunale Urbino Tribunale Varese Tribunale Pescara Tribunale Aosta Tribunale Trapani Tribunale Marsala Tribunale Ascoli Piceno Tribunale Termini Imerese Tribunale Ortona Tribunale Lodi Tribunale Trieste Tribunale Campobasso

Un nuovo modo di esercitare la professione

Offriamo agli avvocati gli strumenti più efficienti e a costi contenuti.