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  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale di Nola, prima sezione civile, in persona del Giudice Unico Dott.ssa Lucia Paura, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa iscritta a ruolo con il n. 1177/2017 di R.G. avente ad oggetto: appello avverso sentenza del Giudice di Pace TRA HA.IT. S.R.L. rappresentata e difesa dall'Avv. Ba.Mi., in forza di procura in atti, domiciliata come in atti; APPELLANTE E BR.AN., rappresentato e difeso dall'Avv. Ri.Ba., giusta procura in atti; APPELLATO VO.AU., in proprio e nella qualità di socio accomandatario e legale rappresentante p.t. della A. s.a.s. di Vo.Au. & C., rappresentato e difeso dall'Avv. D.Ma.Pi., giusta procura in atti; CONCLUSIONI: come da verbale di udienza del 15.06.2023 e da scritti conclusionali depositati in atti MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO È inammissibile ai sensi del chiaro disposto del novellato art. 342 c.p.c. e dell'art. 348 bis c.p.c. l'appello proposto avverso la sentenza avverso la sentenza n. 3542/2016 del 23.05.2016 del Giudice di Pace di Nola, pubblicata in data 11.07.2016, con la quale è stata parzialmente accolta la domanda proposta in primo grado dal sig. Br.An. al fine di sentire dichiarare l'inadempimento contrattuale della Ha.It. S.r.l. e la condanna di quest'ultima al risarcimento dei danni arrecati all'attore. Con i motivi di gravame formulati l'appellante censurava la sentenza impugnata sostenendo che l'accoglimento della domanda sarebbe derivato da una errata valutazione dei fatti di causa e del materiale probatorio che, ove correttamente valutati, avrebbero indotto il Giudice di prime cure al rigetto della domanda; eccepiva la propria carenza di legittimazione rispetto al rapporto sostanziale dedotto in giudizio, essendo l'inadempimento imputabile al sig. Vo. quale sublicenziatario e titolare del centro di coordinamento regionale Ha.It. s.r.l., terzo chiamato in causa nel giudizio di primo grado; deduceva l'erronea interpretazione del contratto e l'erronea ricostruzione del fatto e quantificazione del danno, l'illogicità della pronuncia di prime cure. Si costituiva in giudizio il sig. Br.An., impugnando e contestando i motivi di gravame, insistendo preliminarmente per la dichiarazione di inammissibilità dell'appello e in subordine per il rigetto dello stesso per la sua infondatezza, con conseguente conferma della sentenza di primo grado, evidenziando la correttezza del ragionamento condotto dal giudice di prime cure e solo in via subordinata chiedendo, in caso di accoglimento dell'appello, la condanna del terzo chiamato Vo.. Si costituiva in giudizio il sig. Vo. Au. in proprio e nella qualità di socio accomandatario e legale rappresentante p.t. della A. s.a.s. di Vo.Au. & C. impugnando e contestando i motivi di gravame, insistendo preliminarmente per la dichiarazione di inammissibilità dell'appello e in subordine per il rigetto dello stesso per la sua infondatezza, con conseguente conferma della sentenza di primo grado, evidenziando la correttezza del ragionamento condotto dal giudice di prime cure. In particolare l'appellante con il gravame proposto si è limitato a riproporre i passaggi motivazionali della sentenza senza tuttavia inquadrare i capi impugnati ai sensi dell'art 342 c.p.c. ed omettendo di formulare le rituali proposte di modifica che si intendono richiedere rispetto ai capi gravati. Dalla lettera del gravame, infatti, emerge la mancanza della precisazione delle modifiche che la società appellante richiederebbe di apportare, poiché tale parte processuale si sofferma unicamente sull'asserita inidoneità della valutazione operata dal gdp a sostenere il corredo motivazionale della sentenza impugnata, ripercorrendo tutta la disciplina relativa a i centri affiliati Ha. in Italia e la funzione di diffusione capillare affidata ai sublicenziatari di zona per ampliare le adesioni al circuito. Pertanto a tale generica censura non si accompagna la formulazione di un'impugnazione rispettosa dei requisiti di forma e sostanza richiesti dall'art. 342 c.p.c. a pena di inammissibilità del gravame, e provvista di una ragionevole probabilità di accoglimento, come sancito sempre a pena di inammissibilità dall'art. 348 bis c.p.c.. In particolare l'appellante ripropone una lunga digressione relativa al percorso professionale della Ha. V. per contestare i termini del rapporto sostanziale tra il titolare del marchio e il sublicenziatario, terzo chiamato in causa nel giudizio di primo grado, come riportati nella sentenza impugnata. Le deduzioni dell'appellante società si soffermano unicamente sulla ricostruzione organizzativa della società e sul ruolo del sublicenziatario prospettando argomentazioni giuridiche che non focalizzano la posizione attorea del sig. Br. e l'affidamento dello stesso alla società HA. It. s.r.l., a fronte del danno subito a seguito della brusca interruzione della offerta formativa, confermato dalla stessa appellante. Infatti l'assunto da cui muove l'irrituale impugnazione della società appellante poggia sull'apodittica vicenda fraudolenta posta in essere dal sublicenziatario sia quanto al ruolo dello stesso rispetto alla stipula dei contratti con gli allievi sia quanto alle responsabilità relative all'utilizzo del marchio o del logo Ha.. La posizione del Br. è rimasta del tutto inespressa nell'appello senza che sia stato offerto alcun elemento idoneo a supportare l'affermazione di totale estraneità dell'Ha.It. sr.l alle vicende contrattuali dell'attore; ciò pur a fronte di documentazione comprovante il contatto diretto tra la società e il sig. Br.. Tale dedotta estraneità è rimasta, pertanto, al mero stadio di argomentazione presuntiva, oltre che smentita dalla documentazione versata in atti, sufficiente quanto meno a confermare l'esistenza di un contatto sociale con l'acquirente del prodotto formativo. Non ignora questo Giudice che, nel quadro del principio espresso nell'art. 116 c.p.c. di libera valutazione delle prove, salvo che non abbiano natura di prova legale, il giudice civile ben può apprezzare discrezionalmente gli elementi probatori acquisiti e ritenerli sufficienti per la decisione, attribuendo ad essi valore preminente e così escludendo implicitamente altri mezzi istruttori richiesti dalle parti (cfr. Cass., sez. un. 14-12-1999, n. 898); e difatti in tema di valutazione delle prove, nel nostro ordinamento, fondato sul principio del libero convincimento del giudice, non esiste una gerarchia di efficacia delle prove, per cui i risultati di talune di esse debbano necessariamente prevalere nei confronti di altri dati probatori, essendo rimessa la valutazione delle prove al prudente apprezzamento del giudice. Da ciò consegue che il convincimento del giudice sulla verità di un fatto può basarsi anche su una presunzione, eventualmente in contrasto con altre prove acquisite, se da lui ritenuta di tale precisione e gravità da rendere inattendibili gli altri elementi di giudizio ad esso contrari (sic. Cass. 18-04-2007, n. 9245). Gli elementi posti a base delle presunzione non debbono inoltre essere necessariamente più d'uno, potendo il convincimento del giudice fondarsi anche su di un solo elemento purché grave e preciso, dovendo il requisito della "concordanza" ritenersi menzionato dalla legge solo in previsione di un eventuale ma non necessario concorso di più elementi presuntivi (cfr. Per tutte Cass. 29-07-2009, n. 17574; Cass. 1109-2007, n. 19088); né occorre che tra il fatto noto e quello ignoto sussista un legame di assoluta ed esclusiva necessità causale, essendo sufficiente che il fatto da provare sia desumibile dal fatto noto come conseguenza ragionevolmente possibile, secondo un criterio di normalità, cioè che il rapporto di dipendenza logica tra il fatto noto e quello ignoto sia accertato alla stregua di canoni di probabilità, con riferimento ad una connessione possibile e verosimile di accadimenti, la cui sequenza e ricorrenza possano verificarsi secondo regole di esperienza (Cass. 01-08-2007, n. 16993; Cass. 16-11-2005, n. 23079; Cass. 12-02-2001, n. 1944). Orbene, nel caso di specie le aporie dell'appello impediscono allo Scrivente Magistrato di sostituirsi al Giudice di Pace e al libero convincimento formatosi sulla piattaforma probatoria a questi disponibile, senza che la tenuta della pronuncia impugnata possa essere messa in discussione da un'impugnazione sprovvista dei requisiti di validità ed ammissibilità richiesti dal combinato disposto degli artt. 342 e 348 bis c.p.c.. Infatti, a fronte di un iter logico argomentativo proposto dal giudice di prime cure nella sentenza impugnata e corredato dalla motivazione della decisione adottata, l'appellante ha offerto soltanto una completa rilettura della normativa giuridica e di rapporti con il sublicenziatario riproponendo le stesse difese di cui al giudizio di prime cure, specie con riferimento alle conclusioni proposte in via subordinata che non tengono conto della intervenuta sentenza di prime cure e della quantificazione dei danni ivi operata, laddove viene richiesta la condanna del Vo. a "qualsiasi somma venisse addebitata". Ne consegue, ai sensi dell'art. 348 bis c.p.c., l'esistenza di ulteriore motivo di inammissibilità del gravame medesimo poiché l'impugnazione si sarebbe palesata comunque priva di una ragionevole probabilità di accoglimento anche nel merito. In conclusione l'appello, comunque tempestivamente proposto avverso la sentenza di prime cure, va dichiarato inammissibile ai sensi del combinato disposto degli artt. 342 e 348 c.p.c. Le spese di lite del giudizio di appello possono essere integralmente compensate in ragione della natura in rito della presente pronuncia P.Q.M. Il Tribunale di Nola, prima sezione civile, in persona del Giudice Unico Dott.ssa Lucia Paura, definitivamente pronunciando nel giudizio civile iscritto a ruolo con il n. 1177/2017 di R.G., così provvede: - dichiara inammissibile l'appello proposto ai sensi del combinato disposto degli artt. 342 e 348 bis c.p.c. e per l'effetto conferma l'impugnata sentenza n. 3542/2016 del Giudice di Pace di Nola; - Compensa integralmente le spese processuali del presente grado di giudizio per le ragioni sopra esposte. Nola, 16 ottobre 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI NOLA GIUDICE UNICO DI PRIMO GRADO IN COMPOSIZIONE MONOCRATICA Il Giudice Antonia Ardolino alla pubblica udienza del 17 Gennaio 2023 ha pronunziato e pubblicato mediante lettura della sentenza (art. 544 comma 1 c.p.p.), la seguente. SENTENZA (...) nato a N. in data (...) ed elett.te dom.to in A. alla Via S. D. n. 3; Libero, assente IMPUTATO Come da decreto di citazione a giudizio. Per il delitto p. e p. dall'art. 640 c.p., perché, con artifici e raggiri consistiti nel presentarsi come direttore di una catena di supermercati "(...)", proponendo un contratto di assunzione, persuadeva (...), (...), (...) ed O.L. a mezzo contatti telefonici sull'utenza (...) intestata al medesimo a versare un quota procapite di Euro 133,00, a fronte dell'espletamento delle rispettive pratiche di assunzione, inducendo gli stessi in errore sulla serietà della proposta, si procurava l'ingiusto profitto consistente in una ricarica da parte di: (...), (...), (...) ed O.L. sulla carta postepay nr.(...) della somma complessiva di Euro 532,00, rendendosi successivamente irreperibile con corrispondente pregiudizio in danno delle pp.oo.. Con la recidiva reiterata specifica infraquinquennale; MOTIVI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE Con decreto di citazione diretta emesso dal P.M. sede in data 29.9.19, (...) era tratto innanzi al Giudice Monocratico di Nola per rispondere del reato di truffa con le modalità specificate in rubrica. All'udienza del 28.4.20 veniva dichiarata, ex art. 420 bis c.p.p., l'assenza dell'imputato. Di seguito, alla udienza dei 10.11.20 si disponeva la notifica alle persone offese, con l'avviso che l'assenza ingiustificata alla udienza del 29.1.20 avrebbe assunto valore di tacita volontà di rimettere le querele sporte. Alla fissata udienza del 29.1.21, si dichiarava aperto il dibattimento e, pronunciata la ordinanza ammissiva della prova, si procedeva alla escussione testimoniale di (...), (...), differendo per l'assenza giustificata degli altri testi ritualmente citati. Alla udienza del 18.6.21 veniva sentito il testimone (...), anticipata la richiesta del p.m. ex art. 507 c.p.p.. Le udienze del 26.11.21 e del 15.2.22 vedevano assenti i testi del p.m., pertanto, pervenuti alla udienza del 7.6.22, le parti prestavano il consenso alla acquisizione della denuncia di (...) che veniva sentita per dei chiarimenti; l'assenza del teste (...) e (...), indicati ex art. 507 c.p.p. si procrastinava alle successive udienze 29.11.22 e 20.12.22. Alla udienza odierna del 17 gennaio 2023, le parti prestavano il consenso alla acquisizione della annotazione di servizio a firma del teste (...), pertanto, revocati i provvedimenti istruttori in parte qua, dichiarata la chiusura della istruttoria, sulla discussione delle parti, il giudice definiva il procedimento emettendo, all'esito della camera di consiglio, la seguente sentenza. I fatti di cui al presente processo possono essere sussunti alla luce della querela sporte e acquisite agli atti di O.L., (...), (...) e (...), nonché dalle dichiarazioni di (...) e dalla annotazione di servizio del 27.8.2018. Le pp.oo. assumevano di avere avuto notizia che l'odierno imputato, presentatosi come responsabile del punto vendita della catena di supermercati (...), avesse la possibilità di accelerare le pratiche per la formalizzazione di un contratto di lavoro. In particolare, la (...) M.C. dichiarava che il marito, (...), aveva personalmente conosciuto il (...), presentatosi come ex appartenete all'arma e responsabile della predetta catena commerciale, che si assumeva interessato al reclutamento di nuovo personale per i supermercati (...). Il teste R. nel corso della propria escussione testimoniale riconosce il (...) nella riproduzione fotografica offerta dal p.m. e acquisita agli atti del fascicolo. Il prevenuto nelle assunte vesti di responsabile della catena commerciale offriva i propri recapiti telefonici e richiedeva la documentazione anagrafica dei soggetti interessati al contratto di lavoro. Per le predette ragioni e spinti dalla esigenza di una occupazione, i querelanti tutti, procedevano a consegnare i propri dati ed eseguire un pagamento di Euro 133.00 ciascuno sulla carta poste pay indicata dal (...). Il predetto prezzo veniva richiesto quale emolumento per la istruttoria della "pratica" di assunzione. La carta poste pay sulla quale tutte le pp.oo. eseguivano la "ricarica" era contraddistinta dal n. (...) e aveva come riferimento il codice fiscale del prevenuto, (...). Circa l'appartenenza del predetto conto corrente al (...) era determinante la informativa di reato del 27.08.2018. Le parti O.L., (...), (...) e (...) riferiscono che all'indomani dell'eseguito versamento, ricevevano l'avvertimento telefonico da parte del pervenuto di recarsi in Napoli al Centro Direzione Isola G5 per completare la procedura di assunzione e, ivi giunti, riscontravano l'assenza di qualsivoglia ufficio della catena commerciale alimentare (...) e, i tentativi di contattare telefonicamente sulla utenza mobile contraddistinta dal n. (...), precedentemente utilizzata per contattare il (...), risultarono assolutamente privi di riscontro. Medesima situazione di impossibilità di rintracciare l'imputato si verificava anche nei giorni successivi al 10 agosto 2018. Per queste ragioni, le parti offese sporgevano querela. Quelli trascritti i fatti emersi dalla istruttoria e che consentono di ritenere, al di là di ogni ragionevole dubbio, la sussistenza della condotta di reato ascritta all'odierno imputato. Preliminarmente, va considerata l'attendibilità delle persone offese, soggetti, tra l'altro, facilmente adescabili e ingannabile per la evidente necessita di reperire nel contesto contemporaneo una occasione di lavoro, che hanno reso una ricostruzione dei fatti lineare ed intrinsecamente coerente, che hanno trovato riscontro puntuale nella documentazione richiamata ed allegata alle denunce, nelle testimonianze in atti consentendo di provare le circostanze di tempie spazio ove si è estrinsecata la condotta fraudolenta dell'imputato. Mette conto osservare che nel caso nel caso di specie non vi è stata alcuna costituzione di parte civile, e, dunque, non sussiste neanche l'interesse ad una pronuncia di condanna. Tra l'altro, le dichiarazioni della persona offesa possono, anche da sole, essere poste a fondamento dell'affermazione di responsabilità penale dell'imputato e così configurarsi, anche in assenza di riscontri estrinseci, come fonte di prova ricostruttiva del fatto costituente il reato per il quale si procede (cfr. tra le altre Cass. n. 28837/2020; Trib. Napoli n. 4242/2020; Cass., Sez. Un., n. 41461/2012). Affinché la deposizione della persona offesa sia posta a fondamento della responsabilità penale dell'imputato occorre valutare la stessa con la dovuta cautela, all'uopo anche procedendo con un'approfondita indagine circa l'attendibilità delle propalazioni rese (cfr. Trib. Napoli, n. 11481/2018; Cass. n. 1818 2011). Necessita, in merito una previa verifica a mezzo della quale deve essere vagliata la credibilità soggettiva del dichiarante e l'attendibilità intrinseca del suo racconto (ex pluris: Trib. di Napoli, n, 3400/2020; Trib. Taranto n. 2775/2020; Cass. n. 46218/2018). Occorre accertare anche se la narrazione si presenti logica, verosimile e coerente in riferimento ai fatti oggetto di giudizio, alle persone eventualmente coinvolte e alle altre circostanze utili per individuare l'interazione tra soggetto agente e persona offesa (Cass. Pen. n. 16351/2018 ; Trib. Chieti n. 321/2018 Cassazione Penale Sent. Sez. 1 Num. 13016 Anno 2020). La verifica in merito alla credibilità soggettiva della persona offesa e all'attendibilità intrinseca del suo racconto deve essere più penetrante e rigorosa rispetto a quella cui vengono sottoposte le dichiarazioni di qualsiasi testimone (Cass. n. 28837/2020; Trib. Napoli, n. 12736/2019; Cass., Sez. Unite, n. 41461/2012), e ciò a fortiori allorché la stessa sia portatrice di un personale interesse all'accertamento del fatto. In tali ipotesi può rendersi opportuno procedere al riscontro delle dichiarazioni della persona offesa con altri elementi, tali da escludere circostanze incompatibili con la condotta contestata (Trib. Napoli, n. 3400/2020; Cass., Sez. Un., n. 41461/2012) giacché in mancanza - onde affermare la responsabilità penale dell'imputato - le sue sole dichiarazioni potrebbero essere ritenute insufficienti nel sostenere ed avvalorare l'ipotesi accusatoria (Trib. Vicenza n. 528/2020). Tutto ciò premesso, il descritto quadro probatorio, delinea in maniera sufficientemente tranquillizzante, la responsabilità dell'odierno imputato in ordine al reato ascritto, consentendo una serena ricostruzione dei fatti secondo l'ipotesi accusatoria prospettata in lubrica, acclarata dagli assunti delle persone offese riscontrate nelle ulteriori riferite evidenze probatorie. Ed invero, non è dubitabile che sia stato proprio l'odierno imputato, a porre in essere la condotta narrata in rubrica, lucrando l'ingiusto profitto delle congrue somme di denaro, versate e lamentate dalle persone offese allorquando venivano tratte in inganno, con relativo danno per le stesse. L'imputato, ha numerosi e specifici precedenti che fanno ritenere correttamente contestata da parte del p.m. la recidiva e, tenuto conto, della assenza di qualsivoglia segnale di resipiscenza, si ritiene di non poter concedere le circostanze attenuanti generiche invocate dalla difesa. La condotta, come emersa, in maniera lapalissiana, le modalità con cui è stata posta in essere ivi inclusa la scelta dei soggetti passivi sono ostative ad un proscioglimento ex art. 131 bis c.p., in coerenza con gli indici di legge ed i principi stigmatizzati dalla Suprema Corte (Cass. SS. UU 13684/2016; Cass. 16502/19; Cass. Pen. n. 893/2021). Passando alla determinazione della pena, valutati tutti gli elementi di cui all'art. 133 c.p., stimasi equa, la pena di anni uno di reclusione e Euro trecento di multa, così determinata: pena base mesi sei di reclusione e Euro cento di multa, aumentata a quella, in concreto, inflitta ex art. 99 comma 3 c.p. Segue per legge la condanna del prevenuto al pagamento delle spese processuali. La biografia penale dei reo non consente di poter concedere il beneficio della sospensione condizionale sussistendo preclusioni di cui agli artt. 163 e ss c.p., avendone l'imputato già fruito per una precedente condanna e nona vendo offerto alcun ulteriore elemento per poter valutare la possibilità di concederlo per una seconda volta. P.Q.M. Letti gli artt. 533 e 535, c.p.p., dichiara l'imputato (...) colpevole del reato ascritto in rubrica, e, considerata la recidiva contestata, lo condanna alla pena di anni uno di reclusione e Euro trecento di multa, oltre che al pagamento delle spese processuali. Così deciso in Nola il 17 gennaio 2023. Depositata in Cancelleria il 17 gennaio 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO DI NOLA PRIMA SEZIONE CIVILE Il Tribunale, nella persona del Giudice dott.ssa Valeria Napolitano, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 3816/2010 promossa da: (...) S.r.l., in persona del legale rapp.te p.t., con il patrocinio dell'avvocato (...); ATTRICE Contro (...), (...), (...), quest'ultima anche nell'interesse di (...), quali eredi di (...), con il patrocinio dell'avvocato (...); CONVENUTI SOCIETA' CO. A.R.L. CHIAMATA IN CAUSA CONTUMACE RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE In via preliminare, si dà atto che la scrivente è subentrata ai precedenti titolari del ruolo solo in data 10/05/2018; inoltre, la presente sentenza sarà redatta in base alle disposizioni contenute negli artt. 132 c.p.c. e 118 disp. att. c.p.c. come modificati dalla L. 69/2009 e, pertanto, in relazione al dettagliato svolgimento del processo ed alle deduzioni difensive delle parti si rinvia al contenuto degli atti di causa e dei verbali d'udienza che qui si hanno per noti. Con atto di citazione regolarmente notificato il Fallimento (...) S.r.l., in persona del curatore, citava in giudizio (...) onde ottenere l'immediato rilascio dell'immobile ubicato in Pollena Trocchia alla via (...), ed il pagamento della relativa indennità di occupazione. Si costituiva in giudizio (...) il quale resisteva all'azione e ne chiedeva il rigetto; in via preliminare, il convenuto veniva autorizzato alla chiamata in causa della Società (...) A.r.l. la quale, invece, restava contumace. Così instauratosi il contraddittorio, il giudizio dopo sole due udienze veniva dichiarato interrotto a causa del decesso di (...); successivamente, l'attore procedeva alla riassunzione nei confronti degli eredi del (...) e, pertanto, si costituivano in giudizio (...), quest'ultima anche nell'interesse di (...), i quali chiedevano il rigetto della domanda eccependo in via pregiudiziale l'improcedibilità dell'azione per estinzione del giudizio, stante la mancata riassunzione dello stesso nei confronti della terza chiamata in causa Società (...) a.r.l. nonché, nel merito, la loro assoluta carenza di legittimazione passiva in relazione alle rivendicazioni del fallimento. Successivamente, dichiarato chiuso il fallimento di (...) S.r.l. (per il tramite dell'Amministratore unico e legale rappresentante "(...) S.r.l.") provvedeva ad intervenire nel presente giudizio insistendo nell'accoglimento della domanda. Da un punto di vista istruttorio, in corso di causa veniva espletata unicamente una CTU e, dopo alcuni rinvii dovuti al carico di ruolo, il giudizio giungeva all'udienza cartolare del 29/09/2022 all'esito della quale veniva riservato in decisione previa assegnazione alle parti dei termini di cui all'art. 190 c.p.c. Così brevemente riassunti i termini della controversia, ritiene il Tribunale che la domanda sia infondata e vada rigettata per le ragioni che seguono. In via preliminare, va esaminata l'eccezione d'improcedibilità dell'azione stante la mancata riassunzione del giudizio dinnanzi a tutte la parti originarie. Ebbene, l'eccezione appare infondata; difatti, la Corte di Cassazione ha più volte chiarito che in caso di interruzione del giudizio successivo atto di riassunzione, a cui non conseguano mutamenti sostanziali degli elementi costitutivi del processo, non deve essere notificato alla parte contumace in quanto quest'ultima deve essere notiziata della riassunzione solo quando la stessa comporti un radicale mutamento della preesistente situazione processuale, poiché solo in questo caso la duplice circostanza che il contumace abbia accettato la precedente situazione processuale e deciso di non partecipare al giudizio non consente di presumere che intenda mantenere la stessa condotta nella nuova situazione (Cass. civ. 13015/2018). In particolare, con la pronuncia 26800/2022 la giurisprudenza di legittimità ha vagliato il caso di interruzione del giudizio per morte di una delle parti ed ha rilevato che la riassunzione del giudizio sospeso non rientra tra gli atti elencati all'art. 292 c.p.c., da notificare tassativamente al contumace, in quanto tale circostanza non comporta alcun mutamento della preesistente situazione processuale poiché gli eredi subentrano al loro dante causa nella medesima posizione processuale in cui quest'ultimo si trovava, senza poter operare alcuna sostanziale modificazione delle domande e delle eccezioni già precedentemente proposte in giudizio. Appurato ciò, va vagliata l'eccezione di carenza di legittimazione passiva dei convenuti sollevata da questi ultimi. In merito occorre rammentare la differenza tra legitimatio ad causam e titolarità della situazione giuridica sostanziale dedotta in giudizio. Difatti, mentre la prima consiste nel potere e nel dovere di promuovere o subire un giudizio in ordine al rapporto sostanziale dedotto in causa secondo la prospettazione effettuata dall'attore, la titolarità della situazione giuridica sostanziale dedotta in giudizio attiene invece al merito della controversia ed e una questione soggetta all'ordinaria disciplina dell'onere deduttivo e probatorio della parte interessata (ex plurimis, v. Cass. civ. 14468/2008): detto in altri termini, la dimostrazione dell'appartenenza del diritto controverso attiene alla fondatezza della domanda. Sul punto può richiamarsi una recente pronuncia della Corte di Cassazione, secondo cui: "La legittimazione ad causam è la condizione dell'azione necessaria al fine di ottenere dal giudice una decisione di merito, favorevole o contraria: essa non deve essere confusa con la titolarità attiva o passiva del rapporto dedotta in giudizio, rilevante per una decisione rispettivamente favorevole o contraria della controversia. La sussistenza o meno della legittimazione ad causam deve essere verificata dal giudice soltanto sulla base di quanto esposto dalle parti, indipendentemente dalla prova della titolarità attiva o passiva del rapporto dedotto. La legittimazione ad agire, la cui sussistenza può essere accertata in ogni stato e grado del procedimento, con il solo limite del giudicato, dev'essere - in particolare - verificata sulla sola base delle allegazioni delle parti. Il diverso profilo della titolarità del rapporto controverso, invece, attiene al successivo momento della prova della fondatezza della domanda, che ciascuna delle parti è onerata di assolvere, dovendosi, sul punto, affermare che la contestazione della titolarità attiva del rapporto controverso non è un'eccezione, ma una mera difesa, sicché il convenuto non ha onere alcuno di provarne la fondatezza; E' invece onere dell'attore, in base alla ripartizione fissata dall'articolo 2697 del codice civile, dimostrare gli elementi costitutivi del diritto azionato, vale a dire l'esserne titolare" (Cass. civ. 15500/2022). Secondo la giurisprudenza di legittimità, nel caso in cui l'atto introduttivo del giudizio non indichi nemmeno implicitamente l'attore come titolare del diritto di cui si chiede l'affermazione, l'azione sarà inammissibile (Cass. civ. Sez. Un. 2951/2016). Nell'ambito della suddetta pronuncia, la Corte di Cassazione specificava che "chi fa valere un diritto in giudizio, non può limitarsi ad allegare che un diritto sussiste ma deve allegare che quel diritto gli appartiene, deve dimostrare che vi sono ragioni giuridiche che collegano il diritto alla sua persona. Di conseguenza, sul piano dell'onere probatorio, in base alla ripartizione fissata dall'art. 2697 c.c., la titolarità del diritto è un fatto, appartenente alla categoria dei fatti-diritto, che della domanda costituisce il fondamento". Orbene, parte attrice incardinava il presente giudizio sulla base della documentazione attestante la proprietà dell'immobile identificato nel Catasto Fabbricati del Comune di Pollena Trocchia al fl. (...), sub (...) nonché sulla base dei riscontri effettuati dal Comando dei Carabinieri di Cercola; questi ultimi, nel trasmettere gli esiti relativi ad una richiesta di accertamenti effettuata dal curatore fallimentare della (...) S.r.l., si limitavano ad individuare (...), quale "prenotatario" dell'immobile di via (...), ovvero soggetto firmatario del "compromesso di acquisto dell'immobile con la cooperativa regione Campania" (cfr. documento allegato alla produzione attorea). Pertanto, già da tale documentazione nulla si evinceva in merito all'occupazione senza titolo del cespite in questione da parte dell'originario convenuto. Inoltre, il CTU ing. (...), incaricato di determinare l'indennità di occupazione per l'immobile di cui al subalterno 248, evidenziava, ad un primo tentativo di accesso, che gli odierni convenuti si dichiaravano proprietari dell'immobile al subalterno 249. Nel corso della perizia il C.T.U. accertava il precedente frazionamento dell'immobile al subalterno (...) e procedeva ad individuare i legittimi proprietari di tutti e quattro i subalterni provenienti da tale suddivisione (identificati catastalmente come subalterni (...)), nelle persone di (...), ottenendo dagli stessi l'atto legittimante l'occupazione degli immobili. Pertanto, alla luce di quanto sopra, può dirsi che nel caso in esame parte attrice non solo non provava l'occupazione senza titolo dell'immobile al subalterno 248 da parte di (...) ma nemmeno forniva prova adeguata circa la propria titolarità del diritto fatto valere in giudizio alla luce di quanto rilevato dal Consulente Tecnico d'ufficio in sede di perizia. Tutto ciò, quindi, osta all'accoglimento della domanda attorea ed ogni altra questione risulta assorbita. Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo a norma del DM 55/14, in considerazione del valore e della natura della controversia. P.Q.M. Il Tribunale in composizione monocratica, definitivamente pronunciando sulla domanda proposta da parte attrice, ogni contraria istanza disattesa: - Rigetta la domanda; - Condanna parte attrice alla refusione delle spese di lite nei confronti dei convenuti che si liquidano in complessivi Euro 5.077,00 per compensi, oltre rimborso spese forfettarie in ragione del 15 per cento, IVA e CPA, con attribuzione all'avv.to Ci.Pa., dichiaratosi antistatario. Così deciso in Nola il 15 gennaio 2023. Depositata in Cancelleria il 16 gennaio 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI NOLA SEZIONE PENALE In composizione monocratica Il Giudice monocratico, G.M, dott.ssa Antonia Ardolino alla pubblica udienza del di 13/01/2023 ha pronunziato e pubblicato mediante lettura il dispositivo della seguente SENTENZA nei confronti di (...) nato in L. il (...), ivi residente in (...) V., alla Via (...) I. n. 7 Libero Presente IMPUTATO Come da allegato Del reato p. e p. dagli artt. 81, 110 e 635 co. 2 n. 1 cod. pen. perché, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso e in concorso con altri non identificati, facendo ingresso all'interno della Stazione Circumvesuviana di Somma Vesuviana, nei giorni 29.12.18, 1.1.19 e 6.1.19, forzava, distruggendoli, gli infissi che conducono ai varchi dell'atrio della circumvesuviana ed anche le ante dei varchi stessi; fatti commessi su cose destinate ad uso pubblico ed esposte per necessità alla pubblica fede MOTIVAZIONE IN FATTO ED IN DIRITTO (...) era tratto a giudizio dinanzi al Tribunale in composizione monocratica, a seguito di decreto di citazione a giudizio emesso dal (...) M. sede in data 31.7.19, per rispondere del delitto di cui alla imputazione. Alla udienza del 16.4.21, cui si perveniva a seguito dei rinvii 30.10.20 e 16.4.21, disposti al fine del perfezionamento del rapporto processuale con l'imputato, assente il (...), ex art. 420 bis c.p.p., e, ammessa la costituzione di parte civile dell'(...) s.p.a., veniva aperto il dibattimento e ammesse le prove come dedotte dalle parti. Si procedeva, quindi, alla escussione del teste qualificato (...) dei CC di Somma Vesuviana. Alla successiva udienza dell'11.2.22 proseguiva l'istruttoria con l'esame del teste di parte civile, geom. (...). All'esito, il g.m. ammetteva, ad integrazione probatoria, ex art. 507 c.p.p., per l'udienza del 20.5.22 l'esame del teste (...), seguito dalla escussione, nuovamente, ex art. 507 c.p.p., all'udienza del 17/06/2022 di (...) in merito alle circostanze precisate a verbale. Il Tribunale differiva, su istanza della difesa, per esame imputato e conclusioni, sospesi i termini di prescrizione, all'udienza del 9/12/2022, quando l'imputato presente, del quale veniva revocata la dichiarazione di assenza nel procedimento, rendeva esame. Quindi, all'udienza del 13/01/2023, dichiarata la chiusura dell'istruttoria dibattimentale, la piena utilizzabilità di quanto acquisito al fascicolo del dibattimento, le parti erano invitate alla discussione, Il giudice all'esito della camera di consiglio, definiva il procedimento a carico dell'odierno imputato, mediante lettura in pubblica udienza della seguente sentenza. Secondo la ipotesi prospettata dall'Accusa, il (...) risponde del reato di danneggiamento di parti della struttura della Circumvesuviana destinate ad uso pubblico ed esposte, pertanto, alla pubblica fede, effettuato con il forzare, distruggendoli gli infissi e le ante dei varchi dell'atrio della Circumvesuviana, mediante più azioni esecutive dei medesimo disegno criminoso, con condotte distinte nelle giornate del 29.12.2018,1.1.2019 e 6.1.2019. Dagli esposti acquisiti con il consenso delle parti, ex art. 493 comma 3 c.p.p., di (...), operatore di gestione dell'(...), che ha anche, in merito, riferito all'udienza del di 01/10/2021, emergeva che la notte tra il 29 e 30 dicembre 2018, l'1 gennaio 2019, nonché il 6 gennaio 2019, dopo la regolare chiusura degli impianti, alle ore 21.00, si riscontrava l'avvenuta forzatura e rottura dei cardini della porta di accesso e delle ante della parte antistante i varchi di accesso alla Stazione Circumvesuviana ad opera di ignoti. Le indagini conseguenti alle predette denunce esperite dai Carabinieri di Somma Vesuviana conducevano alla acquisizione delle immagini riprese dalle telecamere degli impianti di sorveglianza presenti in loco, poi visionate dal maresc. (...), il quale, in dibattimento, ha asserito di aver effettuato l'identificazione del (...), presente sul posto nelle date indicate in rubrica, a seguito del riconoscimento da parte del collega (...) e di avere effettuato un raffronto con il profilo FB in uso al prevenuto. Il teste (...) escusso, ex art. 507 c.p.p., affermava di aver riconosciuto distintamente l'imputato, soggetto a lui noto per avere qualche precedente, nelle foto estratte dall'impianto di videosorveglianza relative al 29 dicembre 2018, ore 22:18, 22:19, 22.20; al primo gennaio 2019, alle ore 18:08 e 39 secondi, ore 18:11 e 31 secondi, ore 18:11 e 38 secondi, 18:12:48 secondi, 18:12:51 secondi; in particolare, in data 29/12/2018 il (...) era senz'altro presente sol'posto, all'atto del materiale danneggiamento degli infissi insieme ad un gruppo di persone ed all'autore materiale dello stesso; in data 01/01/2019 lo stresso (...), appariva ritratto nelle foto acquisite agli atti nell'atto di estrarre la porta, unitamente ad altre persone. In merito ai fatti del 6 gennaio 2019, il teste (...) riferiva di essersi limitato alla acquisizione delle immagini delle videocamere e alla estrapolazione dei frame che gli consentivano di identificare il (...) per i fatti occorsi precedentemente e precisamente in data 29.12.2018 (cfr. pag. 4 verbale sten. del 20.5.22), nonché di appurare la sua presenza, in data 6/01/2019, in compagnia di altri soggetti che materialmente danneggiavano la porta. Infine, in merito danni conseguenti alla condotta criminosa perpetrata dal (...) e da altri soggetti rimasti ignoti riportati alle parti della struttura dell'(...), il teste di parte civile, geom. (...) ha affermato di aver provveduto alla sostituzione degli infissi - porte ai varchi di accesso alla stazione ferroviaria di Somma Vesuviana a seguito di due chiamate di intervento tra la fine del 2018 e l'inizio del 2019 per un costo di spesa complessivo di circa 1000.00 Euro. L'imputato, in sede di esame, all'udienza del 9/12/2022, sostanzialmente non ha negato di essere stato presente presso la Stazione Circumvesuviana di Somma Vesuviana, sebbene con qualche titubanza per il 6/01/2019, ma ha offerto una ricostruzione dei fatti dalla quale emerge la sua estraneità al reato di cui in rubrica, non avendo, a suo dire, che tentato di porre rimedio all'altrui operato, attivandosi pe rimettere a posto la porta. La sua versione, in palese contrasto con quanto dichiarato dai testi qualificati e riscontrabile nei reperti fotografici, appare, di certo, fantasiosa. Quella trascritta è l'evidenza istruttoria che consente di ritenere provata, oltre ogni ragionevole dubbio, la responsabilità del (...) per i fatti a lui ascritti in rubrica. Giova ricordare, che da tempo, ed in modo uniforme e costante, la giurisprudenza di legittimità ha affermato che il danneggiamento aggravato, ai sensi dell'art. 635, comma 2, n. 1, in relazione all'art. 625, n. 7, c.p., può avere per oggetto non solo cose mobili, come per la richiamata norma in tema di furto, ma anche cose immobili, sottolineando che, nello stabilire tale aggravante per il danneggiamento, il legislatore ha avuto riguardo non alla natura mobiliare o immobiliare dei bene, ma alla sua destinazione pubblica, meritevole di maggior tutela. Tra l'altro, per ritenere integrato il reato, anche un danno meramente temporaneo, derivante dall'esistenza di alterazioni che richiedano un intervento ripristinatorio (Sez. III, n. 32797 del 18 marzo 2013, R., rv. 256.667). Inoltre, senza dubbio, deve ritenersi, integrato l'elemento oggettivo del reato di danneggiamento (art. 635 c.p.), atteso che l'utilizzabilità della "cosa" è diminuita pur se solo parzialmente, ciò in ragione delle necessità dell'intervento riparatorio sull'oggetto materiale, al fine di ripristinarne la essenza e la funzionalità, circostanza della quale ha riferito il teste (...). L'elemento psicologico del reato di danneggiamento alle parti strutturali dell'edificio (...) può essere complessivamente desunto dalla consapevolezza degli effetti prodotti dalla rimozione delle porte (infissi) ai varchi di accesso, che risultano essere state totalmente divelte, atteso che il dolo del delitto di danneggiamento richiede la mera coscienza e volontà di danneggiare, senza essere qualificato dal fine specifico di nuocere (cfr. Sez. VI, n. 35898 del 18 settembre 2012, Adragna, rv. 253.350). La consapevolezza da parte del (...) di arrecare danno alla struttura dell'(...), risulta evidente dai frame estrapolati dal sistema di videosorveglianza, dai quali risulta chiara la presenza del prevenuto in tutte le date menzionate in rubrica e, dunque, la sua partecipazione, in concorso, anche solo morale, con altri soggetti, allo stato, non identificati, in data 29.12.2018, 1.1.2019, 6.1.2019, allorquando venivano danneggiate le porte della Stazione Circumvesuviana di Somma Vesuviana. La condotta cosi come descritta dai testi qualificati escussi, della cui credibilità non può dubitarsi, per la loro imparzialità, è evidentemente caratterizzata da una precisa intenzione di arrecare un danno, piuttosto che sintomatica di una volontà di desistenza dall'azione. I reperti fotografici acquisiti consentono, altresì, di accertare la gravità del danno alla cosa mobile altrui (nella specie porte di accesso ai varchi della Circumvesuviana), e, dunque, di escludere, nel caso de quo, una pronuncia ex art. 131 bis c.p., non ipotizzabile anche per la reiterazione in un arco temporale ristretto della medesima condotta e dell'evidente pericolo per l'altrui incolumità collegato alla condotta criminosa. Deve, ancora, ritenersi sussistente l'ipotesi aggravata (art. 635 comma 2 n. 1 c.p., art. 625 n. 7 c.p.) essendo le cose esposte, per necessità, alla pubblica fede, in quanto si trovavano fuori della sfera di diretta vigilanza e quindi, affidata interamente all'altrui senso di onestà e di rispetto. La giovane età e la positiva condotta processuale dell'imputato, il cui certificato penale è esente da pregiudizi, conducono la scrivente a riconoscergli le circostanze attenuanti generiche. I fatti, all'evidenza, espressione di un medesimo disegno criminoso, vanno avvinti nel vincolo della continuazione. Per tali motivi, ai sensi dell'art. 133 c.p., appare congruo condannare l'imputato alla pena di mesi cinque di reclusione, così determinata: pena base, mesi sei di reclusione, ridotta a mesi quattro, ex art. 62 bis c.p., aumentata, ex art. 81 c.p., per gli ulteriori episodi, a mesi cinque di reclusione (aumento di giorni quindici per ciascun fatto reato). Segue per legge la condanna del prevenuto al pagamento delle spese processuali. Ai sensi dell'art. 82 c.p., alcuna statuizione in merito alla domanda risarcitoria avanzata dalla costituita parte civile attesa l'assenza del difensore costituito e il conseguente mancato deposito ex art. 523 c.p.p.. Ai sensi dell'art. 535 c.p.p., alla condanna nel merito segue, per legge, quella al pagamento delle spese processuali. Letto l'art. 163 e ss c.p., potendosi presumere che l'imputato si asterrà dal commettere ulteriori reati, non ostando i limiti di pena, concede al (...) la sospensione condizionale della pena. P.Q.M. Il Tribunale in composizione monocratica, letti gli artt. 533 e 535 c.p.p., dichiara (...) colpevole del reato aggravato ascritto in rubrica all'unico capo di imputazione e, riconosciute le circostanze attenuanti generiche, uniti i fatti nel vincolo della continuazione, lo condanna alla pena di mesi cinque di reclusione, oltre che al pagamento delle spese processuali, Pena sospesa a termini e condizioni di legge. Così deciso in Nola il 13 gennaio 2023. Depositata in Cancelleria il 13 gennaio 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI NOLA SEZIONE PENALE Il Tribunale in composizione monocratica, nella persona del Giudice dott. Raffaele Muzzica, alla pubblica udienza del 12/1/2023 ha pronunciato la seguente SENTENZA (con redazione contestuale dei motivi) nei confronti di: 1) Omissis 2) Omissis 3) (...), nato a N. il (...), residente in M. alla Via P. M. n. 6, elettivamente domiciliato in Brusciano via (...) presso la madre (domicilio eletto all'udienza di convalida e confermato all'udienza dibattimentale del 30/11/2022) - detenuto in carcere per questa causa, già presente, oggi rinunciante a comparire Difeso di fiducia dall'avv. Il.Bi. IMPUTATO In ordine al delitto p. e p. dall'art. 110 c.p. 73 co I D.P.R. n. 309 del 1990 perché, in concorso tra loro, senza autorizzazione detenevano, per finalità estranee all'uso personale, sostanza stupefacente destinata allo spaccio, nella specie, suddivisi all'interno diversi involucri: N. 15 dosi di sostanza stupefacente del tipo "Cocaina" (forma salificata cloridrato) del peso netto di gr. 6,7631, (aventi un principio attivo del 66,7% del peso di gr. 4.44), pari a 29.6 dosi medie singole, confezionate singolarmente in involucri in cellophane con chiusura termosaldata a forma di cipolla di colore rosa; N. 35 dosi di sostanza stupefacente del tipo "Cocaina" (forma salificata cloridrato) del peso netto di gr. 8,90, (aventi un principio attivo del 83,90/o dci peso di gr. 7.47), pari a 49.8 dosi medie singole, confezionate singolarmente in involucri in cellophane con chiusura termosaldata a forma di cipolla di colore gialli; N. 59 dosi di sostanza stupefacente del tipo "Cocaina" (forma salificata cloridrato) del peso netto di gr 6,11, (aventi un principio attivo del 85,7 % del peso di gr. 5.24), pari a 34.9 dosi medie singole confezionate singolarmente in involucri in cellophane con chiusura termosaldata, a forma di cipolla d colore verdi; N. 60 dosi di sostanza stupefacente del tipo "Cocaina" (forma salificata cloridrato) del peso netto di gr 11,8, (aventi un principio attivo del 85,5 % dei peso di gr. 10.1), pari a 67.3 dosi medie singole confezionate singolarmente in involucri in cellophane con chiusura termosaldata, a forma di cipolla d colore bianchi; N. 69 dosi di sostanza stupefacente del tipo "Cocaina" (forma salificata cloridrato) dei peso netto di gr 17,2, (aventi un principio attivo del 86,5% del peso di gr. 14.9), pari a 99.4 dosi medie singole confezionate singolarmente in involucri in cellophane con chiusura termosaldata, a forma di cipolla d colore blu; N. 40 dosi di sostanza stupefacente del tipo "Cocaina" (forma salificata cloridrato) del peso netto di gr 11,2, (aventi un principio attivo del 81,8% del peso di gr. 9.19), pari a 61.2 dosi medie singole confezionate singolarmente in involucri in cellophane con chiusura termosaldata, a forma di cipolla d colore blu; N. 25 dosi di sostanza stupefacente del tipo "Cocaina" (forma salificata cloridrato) del peso netto di gr 10,0, (aventi un principio attivo del 84,3% del peso di gr. 8.44), pari a 56.3 dosi medie singole confezionate singolarmente in involucri in cellophane con chiusura termosaldata, a forma di cipolla d colore bianchi; N. 1 dose di sostanza stupefacente del tipo "Cocaina" (forma base, nota come "crack") del peso netto d gr. 0,1653, (aventi un principio attivo del 100 % del peso di gr. 0.165), pari a 1.10 dosi medie singole confezionate singolarmente in involucri in cellophane con chiusura termosaldata, a forma di cipolla d colore blu; Per un totale di un peso di gr. 72,1384 pari a 399,60 dosi medie singole. Fatto di non lieve entità, per mezzi, modalità, circostanze dell'azione, poiché, la qualità e la quantit; della sostanza, le modalità e le circostanze dell'azione indicano un'organizzazione con carattere d professionalità. Omissis SVOLGIMENTO DEL PROCESSO L'imputato (...) veniva citato a giudizio, con decreto di giudizio immediato emesso dal GIP in sede in data 7/10/2022, per l'udienza dibattimentale del 18/11/2022. Con successivo Provv. del 27 ottobre 2022 il GIP stralciava le posizioni degli originari coimputati del (...), che sceglievano di essere giudicati nelle forme della pena concordata ex art. 444 c.p.p.. In quella sede il GOT in sostituzione rinviava il procedimento allo scrivente, sostituto tabellare del togato assegnatario del fascicolo, in congedo per maternità, per l'udienza del 30/11/2022. In quella sede, preliminarmente le parti concordavano l'acquisizione a fini di prova di tutti gli atti di indagine ed il Giudice revocava le ordinanze ammissive dei testi. Si procedeva all'esame dell'imputato, presente in aula ed al termine il difensore chiedeva un breve rinvio per la discussione. Il Giudice, con ordinanza dettata a verbale, tratteneva il fascicolo sul ruolo, in quanto ormai maturo per la decisione e, in accoglimento dell'istanza difensiva, rinviava il procedimento all'udienza odierna per la discussione. In questa sede, non residuando ulteriori adempimenti istruttori, il Giudice invitava le parti a rassegnare le conclusioni di cui in epigrafe. Al termine della discussione il Giudice, ritiratosi in camera di consiglio, deliberava il dispositivo della sentenza con redazione contestuale dei motivi. MOTIVI DELLA DECISIONE Ritiene questo Giudice che gli atti acquisiti al fascicolo del dibattimento ed utilizzabili in ragione del consenso delle parti hanno pienamente confermato l'ipotesi accusatoria, con la conseguenza che l'imputato (...) va dichiarato penalmente responsabile del reato ascritto, in relazione al quale va pronunciata sentenza di condanna. La piattaforma probatoria portata al vaglio di questo Giudice è costituita, in via principale dalla informativa di reato 50/159 prot.llo (...) della Legione Carabinieri Campania - Compagnia di Castello di Cisterna, dalla relazione tecnica inerente gli accertamenti chimici quali quantitativi sul quantitativo di sostanza sequestrato con annessi verbali di pesatura e campionatura, dagli atti irripetibili utilizzabili anche nel contenuto dichiarativo stante il consenso delle parti, ovvero il verbale di arresto in flagranza redatto nei confronti del (...), dal verbale di perquisizione personale effettuata nei confronti dell'imputato e degli originari correi e dal verbale di sequestro della sostanza stupefacente, del denaro, nonché dai verbali di esecuzione del narcotest sui campioni di sostanza stupefacente sequestrati. Completano il quadro probatorio le dichiarazioni rese dagli imputati in sede di interrogatorio di convalida, acquisite con il consenso delle parti, nonché le dichiarazioni dibattimentali rese dal (...) dinnanzi a questo Giudice. Con riferimento agli atti di indagine acquisiti con il consenso delle parti devono essere seguiti i canoni di valutazione che la giurisprudenza della Suprema Corte indica quando la piattaforma probatoria sia costituita da fonti dichiarative, raccolte in verbali utilizzabili ai fini della decisione, rese da persone estranee rispetto alla vicenda processuale, peraltro rivestite della qualifica di pubblico ufficiale. Ebbene, costituisce principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità l'affermazione secondo cui se deve ritenersi esclusa la possibilità di recepire acriticamente una dichiarazione senza un vaglio critico dell'attendibilità della stessa, svolto assumendo a riscontro tutti gli elementi della vicenda, la prova deve ritenersi sussistente e raggiunta quando la dichiarazione, sia essa raccolta in un verbale, sia essa resa a dibattimento, risulti logicamente e armonicamente inserita nel contesto dell'intera vicenda. Applicando al caso di specie la esposta regola di giudizio, ritiene questo Giudice che non vi sia motivo di dubitare dell'attendibilità del contenuto dei verbali redatti dagli operatori di P.G., attesa l'assenza di incongruenze o di altri vizi logici che li hanno caratterizzati e considerata, inoltre, l'estraneità dei verbalizzanti - per giunta, pubblici ufficiali nell'esercizio delle loro funzioni - ai fatti per cui si procede. I dati desumibili dai verbali di arresto, perquisizione e sequestro inoltre, trovano pieno riscontro negli accertamenti tecnici quali quantitativi sulle sostanze e nei risultati del narcotest, versati nel fascicolo del dibattimento, né le risultanze accusatorie sono state smentite dall'imputato, che ha pienamente ammesso ogni addebito. Dall'informativa di reato elaborata dalla P.G., riassuntiva delle risultanze emerse nelle operazioni di arresto, perquisizione e sequestro realizzate dagli operanti, il fatto risulta ricostruibile con estrema chiarezza. In data 6/8/2022, alle ore 01.00 circa, personale della Legione Carabinieri Campania - Compagnia di Castello di Cisterna predisponeva un servizio di polizia, volto alla prevenzione ed alla repressione del traffico di stupefacenti in Brusciano presso la Via (...), nel complesso residenziale popolare noto come "L. n. 219 del 1981", all'altezza del civico 10, notoriamente conosciuto come piazza di spaccio chiamata "IV scala". Gli operanti notavano da subito un viavai di avventori i quali si avvicinavano al portone di accesso del civico 10 e, dopo aver inserito la banconota all'interno della fessura ricavata ad hoc nella porta, ricevevano in cambio lo stupefacente richiesto. La distanza minima a cui erano posti gli operanti consentiva loro di udire distintamente le richieste degli avventori ("dammi un 15 da fumare", "dammi un 20 da tirare"). Le operazioni di spaccio venivano svolte con il coinvolgimento di tre soggetti, due dei quali controllavano gli unici due ingressi al vialetto di accesso alla piazza di spaccio. Nello specifico, l'odierno imputato (...), già noto alle forze dell'ordine, filtrava l'afflusso degli acquirenti all'inizio del vicolo mentre l'afflusso dalla fine del vicolo era governato da una donna rimasta ignota, che riusciva a guadagnare la fuga. Un terzo soggetto, originario coimputato del (...), identificato come A.G., svolgeva invece l'attività di vero e proprio piantonamento del portone attraverso cui venivano effettuate le cessioni. Alle ore 01:45 un secondo dispositivo riusciva a penetrare all'interno del civico, ove rimaneva occultato nei pressi del lastrico solare. Tuttavia i militari del primo dispositivo, impegnati nell'attività di osservazione, all'atto dell'ingresso della pattuglia con i colori di istituto, notavano che la vedetta di sesso femminile dava un grido convenzionale di allarme ("(...), (...)"), più volte udito dagli operanti nell'ambito di attività di contrasto in quella piazza. Il medesimo segnale veniva ripetuto anche dall'(...)G. il quale, trovandosi in prossimità del portone, rivolgeva il grido al pusher affinché potesse guadagnare la fuga. Effettivamente i presenti si dileguavano e facevano ritorno nell'area soltanto quindici minuti dopo, quando la pattuglia dei carabinieri aveva lasciato l'area. Intorno alle ore 02:05 circa, i militari posti in osservazione notavano chiaramente il (...) che, in qualità di vedetta, iniziava la propria attività di bonifica dell'area al fine di scongiurare la presenza di ulteriori militari. Tale attività di bonifica veniva effettuata in modo standardizzato - come potuto appurare dagli operanti nel corso di numerosi servizi di appostamento nella piazza di spaccio - perlustrando i locali comuni dello stabile, chiusi stabilmente con dei lucchetti, ove notoriamente le forze dell'ordine stazionavano o si nascondevano durante i servizi. Gli operanti udivano distintamente il (...) che, insospettito dalla presenza di un lucchetto utilizzato per la chiusura di una porta di accesso al tetto, diverso da quello di cui lo stesso aveva la chiave, comunicava all'(...) ivi presente "Stanno le guardie sopra il tetto". I due, prima di verificare il loro sospetto, a scopo precauzionale invitavano gli acquirenti ad allontanarsi, avvisandoli della probabile presenza delle forze dell'ordine. Al fine di proseguire nell'attività illecita, il (...) si recava nuovamente nei pressi del lastrico solare dove, dopo aver forzato il lucchetto, constatava la presenza dell'appuntato (...), non accorgendosi dell'altro militare nel frattempo rimasto occultato nello stabile. Dopo che il militare abbandonava lo stabile, l'attività di spaccio riprendeva nuovamente, tant'è che il (...) e l'(...), nonché la donna non identificata, riprendevano nuovamente ad indirizzare il flusso di clienti verso il civico n. 10. Alle ore 05:40 circa, approfittando della fuoriuscita del pusher, fino ad allora occultato dietro al portone, per prendere una boccata d'aria e chiacchierare con l'(...) e il (...), il dispositivo di osservazione lo identificava come (...), noto agli uffici. Il (...), peraltro, effettuava una diretta cessione al di fuori del portone, sulla pubblica via, sotto gli occhi delle forze dell'ordine. In virtù di ciò gli operanti decidevano di intervenire bloccando immediatamente il (...), recuperando peraltro la dose oggetto di cessione, rivelatasi poi al narcotest cocaina per il peso di 0,24 grammi, che era stata gettata via dall'acquirente, rimasto non identificato perché datosi alla fuga. Nell'immediatezza il (...) veniva trovato in possesso di una busta in cellophane da lui custodita su un tavolino in plastica adiacente al portoncino. La busta conteneva un notevole quantitativo di sostanza stupefacente, poi rivelatasi al narcotest cocaina, suddivisa in involucri termosaldati di diverso colore, per un peso complessivo di circa 70 grammi ed un numero di dosi medie singole pari a circa 399,60, nonché un bicchiere di plastica contenente 32,00 in moneta di vario taglio. A seguito di perquisizione personale, gli operanti rinvenivano sulla persona del (...) 5665,00 Euro, in banconote di vario taglio, conservate in una busta in cellophane all'interno della tasca destra dei pantaloni, nonché nella tasca sinistra. All'atto della perquisizione, inoltre, cadevano in terra ulteriori 215,00 Euro. Durante l'intervento il (...) e l'(...) tentavano la fuga, ma veniva prontamente raggiunti dalle forze dell'ordine mentre tentavano di nascondersi dietro un'autovettura. I predetti venivano sottoposti a perquisizione personale che dava esito negativo. Il quantitativo di denaro e di stupefacente veniva sottoposto a sequestro mentre il (...), l'(...) e il (...) venivano tratti in arresto per il reato in epigrafe. I suddetti provvedimenti venivano tutti convalidati dalle rispettive Autorità giudiziarie. Le successive attività di accertamento sugli stupefacenti in sequestro, compendiate nella relazione tecnica acquisita agli atti, consentivano di documentare, senza tema di smentita, che la sostanza sequestrata era di tipo cocaina, analiticamente suddivisa in dosi medie singole, contenute in involucri termosaldati di colori diversi. Nello specifico erano sequestrate e analizzate 15 dosi del peso netto di gr. 6,7631, (aventi un principio attivo del 66,7 % del peso di gr. 4.44), pari a 29.6 dosi medie singole, confezionate singolarmente in involucri in cellophane con chiusura termosaldata a forma di cipolla di colore rosa; 35 dosi del peso netto di gr. 8,90, (aventi un principio attivo del 83,90 % del peso di gr. 7.47), pari a 49.8 dosi medie singole, confezionate singolarmente in involucri in cellophane con chiusura termosaldata a forma di cipolla di colore gialli; 59 dosi del peso netto di gr. 6,11, (aventi un principio attivo del 85,7% del peso di gr. 5.24), pari a 34.9 dosi medie singole, confezionate singolarmente in involucri in cellophane con chiusura termosaldata, a forma di cipolla di colore verdi; 60 dosi del peso netto di gr. 11,8, (aventi un principio attivo del 85,5% dei peso di gr. 10.1), pari a 67.3 dosi medie singole, confezionate singolarmente in involucri in cellophane con chiusura termosaldata, a forma di cipolla di colore bianchi; 69 dosi dal peso netto di gr. 17,2, (aventi un principio attivo del 86,5% del peso di gr. 14.9), pari a 99.4 dosi medie singole, confezionate singolarmente in involucri in cellophane con chiusura termosaldata, a forma di cipolla di colore blu; 40 dosi del peso netto di gr. 11,2, (aventi un principio attivo del 81,8% del peso di gr. 9.19), pari a 61.2 dosi medie singole, confezionate singolarmente in involucri in cellophane con chiusura termosaldata, a forma di cipolla di colore blu; 25 dosi dal peso netto di gr. 10,0, (aventi un principio attivo dei 84,3% del peso di gr. 8.44), pari a 56.3 dosi medie singole, confezionate singolarmente in involucri in cellophane con chiusura termosaldata, a forma di cipolla di colore bianchi; 1 dose di sostanza stupefacente in forma di "crack", dal peso netto di gr. 0,1653, (aventi un principio attivo del 100% del peso di gr. 0.165), pari a 1.10 dosi medie singole, confezionate singolarmente in involucri in cellophane con chiusura termosaldata, a forma di cipolla di colore blu. La relazione tecnica rende conto di un peso complessivo di sostanza stupefacente di tipo cocaina pari a gr. 72,1384 netti, ovvero 59,995 grammi di principio attivo pari a 399,60 dosi medie singole. A fronte delle così ricostruite le prove a sostegno dell'accusa, in sede di interrogatorio di convalida (...) si avvaleva della facoltà di non rispondere, mentre (...) e (...) ammettevano gli addebiti in sede di spontanee dichiarazioni. In sede dibattimentale, inoltre, il (...) con qualche tentennamento confermava l'ammissione degli addebiti, riferendo di essere tossicodipendente e forniva giustificazioni in ordine alla successiva condotta di evasione, a seguito della quale maturava l'aggravamento del presidio cautelare detentivo nei suoi confronti da domiciliare a carcerario. Così ricostruita la piattaforma probatoria, ritiene questo Giudice che sussistono gli elementi costitutivi del fatto contestato, di cui sussistono tutti gli elementi oggettivi e soggettivi. Che la droga in sequestro fosse stata dall'imputato in concorso con i suoi correi detenuta ovvero nella sua disponibilità al fine di cessione emerge, senza ombra di dubbio, dall'elevato quantitativo di stupefacente, incompatibile con l'uso personale, per giunta suddiviso in numerose dosi, dalle modalità di reperimento (la droga era divisa in involucri con colori diversi, in una chiara e strutturata piazza di spaccio, e veniva rivenuta mentre l'imputato e i suoi correi cercavano di sottrarsi all'arresto a seguito dell'arrivo delle forze dell'ordine). Peraltro la sostanza stupefacente era rinvenuta a pochissima distanza dal luogo ove gli operanti avevano per ore osservato una coordinata e fruttuosa attività di traffico, presso il portone del civico n. 10 di Via (...), nel pieno di una piazza di spaccio organizzata con pusher e vedette, dato, questo, assolutamente incompatibile con l'uso personale, pur accennato dal (...) in sede di interrogatorio. Infine, elemento ulteriormente corroborante la finalità di spaccio è dato dalla disponibilità - non giustificata se non come provento delle reiterate attività di cessione, dato che i soggetti coinvolti si sono professati disoccupati e sprovvisti di redditi peraltro idonei a giustificare il possesso nottetempo di una somma così elevata - di circa 5.000 Euro divisi in numerose banconote di vario taglio, nella disponibilità del (...), soggetto adibito nell'organizzazione all'attività di vendita al dettaglio. D'altronde, l'imputato (...) non ha negato affatto che la detenzione dello stupefacente sequestrato fosse motivata dalla finalità di spaccio, pur riferendo di un suo concomitante condizione di tossicodipendenza che, di per sé sola, non può certo valere a neutralizzare i numerosi e convergenti indici probatori a sostegno della finalità di spaccio, quasi come se il tossicodipendente avesse una sorta di "patente" scriminante ogni detenzione di sostanza stupefacente nella sua disponibilità. Tali essendo gli elementi di prova, nessun dubbio può dunque sussistere in ordine alla qualificazione giuridica del fatto, come un'ipotesi di codetenzione di sostanze stupefacente a fini di cessione, né in ordine alla riferibilità all'odierno imputato della suddetta condotta illecita, per quanto lo stesso non sia stato rinvenuto nella materiale apprensione della sostanza stupefacente. Il concetto di detenzione, infatti, non implica necessariamente un "contatto fisico immediato" tra il coautore del reato e l'oggetto, ma va inteso come "disponibilità di fatto" di quest'ultimo, con la conseguenza che ben può configurarsi il concorso di persone nel reato anche nei confronti di un soggetto che non sia addirittura mai entrato in contatto materiale con la sostanza detenuta. In secondo luogo, dall'altrettanto incontroversa considerazione che il reato di detenzione di stupefacenti è un reato tipicamente "permanente", che si consuma soltanto nel momento in cui cessa l'attività criminosa del reo, per essere la condotta terminata, oppure in virtù del sequestro dello stesso da parte delle forze dell'ordine (Sez. 1, n. 7929 del 22/01/2010 - dep. 26/02/2010, S., Rv. 24624701) deriva, pertanto, che con riferimento ai reati di tal genere, qualsivoglia ausilio fornito all'autore materiale della condotta quando ancora questi eserciti il proprio potere (anche soltanto come disponibilità di fatto) sul bene si risolve, inevitabilmente, in un vero e proprio concorso e non in un'ipotesi di favoreggiamento (Cass., sez. IV, 8 marzo 2006, n. 12915 in tema di detenzione di stupefacenti). Le uniche eccezioni, in realtà, a quanto appena riportato sono state individuate in quei casi in cui l'aiuto, lungi dal tradursi in un sostegno oppure incoraggiamento nella protrazione della condotta criminosa, costituisca invece solo una facilitazione alla cessazione di essa, sia pure al fine di ottenere l'impunità del soggetto, il cui elemento soggettivo non si è inverato nelle modalità della condotta dell'imputato (...), evidentemente indizianti, alla luce di quanto esaminato, sin dall'inizio di una vera e propria codetenzione della sostanza stupefacente ("In tema di illecita detenzione di stupefacenti, il discrimine tra il concorso nel reato e l'autonoma fattispecie di favoreggiamento personale va rintracciato nell'elemento psicologico dell'agente, da valutarsi in concreto, per verificare se l'aiuto da questi consapevolmente prestato ad altro soggetto, che ponga in essere la condotta criminosa costitutiva del reato permanente, sia l'espressione di una partecipazione al reato oppure nasca dall'intenzione - manifestatasi attraverso individuabili modalità pratiche - di realizzare una facilitazione alla cessazione della permanenza del reato." (Nella fattispecie la Corte ha ritenuto immune da censure la sentenza di condanna a titolo di concorso per la detenzione di stupefacente, desumendo l'elemento soggettivo dalla condotta dell'imputata, tesa a disfarsi dello stupefacente mentre era sola in casa, sapendo dove la droga fosse custodita, e così dimostrando la sua autonoma disponibilità della sostanza) (Sez. 4, n. 28890 del 11/06/2019 - dep. 03/07/2019, Rv. 27657101), ovvero nell'ipotesi - evidentemente non integrata nel caso di specie - della connivenza non punibile ("In tema di detenzione di sostanze stupefacenti, integra la connivenza non punibile una condotta meramente passiva, consistente nell'assistenza inerte, inidonea ad apportare un contributo causale alla realizzazione dell'illecito, di cui pur si conosca la sussistenza, mentre ricorre il concorso nel reato nel caso in cui si offra un consapevole apporto - morale o materiale - all'altrui condotta criminosa, anche in forme che agevolino o rafforzino il proposito criminoso del concorrente." (Fattispecie in cui la Corte ha escluso che fosse sufficiente per configurare il concorso nella detenzione di sostanza stupefacente l'accertamento di un rapporto di coabitazione nell'appartamento in cui la droga era custodita, non ravvisando a carico del convivente alcun obbligo giuridico di impedire l'evento ex art. 40 cod. pen.). (Sez. 3, n. 41055 del 22/09/2015 - dep. 13/10/2015, R. e altro, Rv. 26516701). Nel caso di specie, infatti, il (...) ha fornito un idoneo ed efficace contributo causale alla detenzione dello stupefacente destinato allo spaccio, realizzando - in una logica frazionata e sistematica tipica delle piazze di spaccio - il ruolo di vedetta e di "smistatore", nonché quello teso a "bonificare" l'area dopo un primo accesso delle forze dell'ordine (che il (...), peraltro dimostrando una certa smaliziata esperienza, sospettava fondatamente, rinvenendo uno dei militari sul lastrico solare del palazzo). L'imputato, inoltre, deve rispondere del reato in contestazione anche sotto il profilo psicologico, in considerazione dell'atteggiamento doloso e dunque della volontarietà della condotta, come emerge sia dalle modalità con cui ha realizzato il suo contributo causale, sia dal comportamento di fuga in prossimità dell'arresto, oltre che dalla mancata contestazione in giudizio dei comportamenti per cui vi è processo da parte del (...), che sia in sede di interrogatorio che in sede dibattimentale ammetteva i suoi addebiti. Tali essendo gli elementi di prova, nessun dubbio può dunque sussistere in ordine alla qualificazione giuridica del fatto, come un'ipotesi di detenzione di sostanza stupefacente a fini di cessione, né in ordine alla riferibilità all'imputato della suddetta condotta illecita. Del tutto inconcepibile risulterebbe la configurazione dell'ipotesi lieve di cui all'art. 73 comma 5 D.P.R. n. 309 del 1990. Sui punto infatti, questo Giudice si uniforma all'orientamento espresso a più riprese dalla Suprema Corte, secondo il quale, "in materia di stupefacenti, ai fini del riconoscimento dell'attenuante della lieve entità del fatto, il giudice del merito deve fornire in motivazione una adeguata valutazione complessiva del fatto (in particolare, mezzi, modalità e circostanze dell'azione, qualità e quantità della sostanza, con riferimento alla percentuale di purezza della stessa), poiché solo in tal modo è possibile in concreto formulare un giudizio di lieve offensività del reato". (Cass. Sez. 6 n. 27809/2013; Cass. Pen. Sez. IV del 21 maggio 1996 n. 5083). Quanto al dato relativo alla qualità e quantità della sostanza, con riferimento alla percentuale di purezza della stessa la relazione tecnica acquisita con il consenso delle parti dimostra livelli di purezza dei reperti, e quindi di conseguente efficacia drogante di elevata entità, così come un numero di dosi medie ricavabili nient'affatto trascurabile, tenuto altresì conto della natura "pesante" della droga sequestrata (basti sottolineare, esemplificativamente, la percentuale totalitaria di principio attivo contenuta nell'unica dose di crack sequestrata, indicante la natura purissima e pertanto altamente lesiva dello stupefacente in questione, già di per sé incompatibile con il riconoscimento della fattispecie di cui all'art. 73 co. 5 D.P.R. n. 309 del 1990). In secondo luogo, le modalità dell'azione (nel caso di specie si tratta di una condotta posta in essere all'interno di una piazza di spaccio, con una precisa organizzazione di ruoli e di soggetti, connotata dall'elevato numero di clienti e potenziali clienti osservati dalle forze dell'ordine, senza soluzione di continuità), in uno con il già esaminato dato ponderale e del numero di dosi, acclarano una certa professionalità nello spaccio, capace di soddisfare una clientela continua e differenziata. Ne consegue, dunque, che non sussistono affatto gli elementi per procedere ad una qualificazione del fatto ai sensi dell'art. 73 co. 5 D.P.R. n. 309 del 1990 e, di conseguenza, ciò premesso in ordine alla sussistenza dei fatti ed alla responsabilità penale del (...), non sussistono dunque i margini edittali per il riconoscimento della causa di non punibilità della particolare tenuità del fatto, in ogni caso insussistente in fatto alla luce delle ragioni sopraindicate. In punto di commisurazione della pena devono tuttavia riconoscersi le circostanze attenuanti generiche nei confronti dell'imputato, incensurato, reo confesso, e autore di un buon comportamento processuale, che giustifica un trattamento sanzionato rio parificato a quello che si sarebbe potuto ottenere mediante la preventiva scelta di un rito alternativo, preclusa per decorso dei termini. Alla luce dei criteri fissati dall'art. 133 c.p. e dunque considerando la modalità dell'azione, denotanti un'attività di detenzione a fini di spaccio che dimostra particolare disvalore (essendosi verificata in una organizzata piazza di spaccio, in concorso con più soggetti, con modalità capaci di soddisfare una clientela potenzialmente elevata), il quantitativo elevato di sostanza stupefacente rinvenuta, la percentuale di purezza ed il numero di dosi ricavabili, l'intensità del dolo e la personalità dell'imputato, incensurato e reo confesso, tenuto conto dell'elevato minimo edittale e del comportamento processuale del (...), si ritiene equo irrogare una pena finale pari ad anni quattro di reclusione ed Euro 20.000,00 di multa, così calcolata: - Pena base per il reato di cui all'art. 73 co. 1 D.P.R. n. 309 del 1990: anni sei di reclusione ed Euro 30.000 di multa; - Ridotta, per il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, alla pena di anni quattro di reclusione ed Euro 20.000 di multa; Segue per legge la condanna al pagamento delle spese processuali, nonché di mantenimento in custodia cautelare in carcere. Ai sensi dell'art. 29 c.p., deve disporsi l'interdizione temporanea dei pubblici uffici nei confronti di (...) per la durata di anni cinque. Non sussistono i presupposti oggettivi e soggettivi per la concessione della sospensione condizionale della pena nei confronti dell'imputato, stante il quantum di pena applicata. Parimenti, ai sensi dell'art. 58 L. 24 novembre 1981, n. 689, come modificato dal D.Lgs. n. 150 del 2022, non sussistono i requisiti per la sostituzione della pena detentiva qui inflitta, rilevato che il comportamento del (...) - che, appena due giorni dopo l'applicazione della misura cautelare degli arresti domiciliari, evadeva maturando la sostituzione della misura domiciliare con l'attuale custodia in carcere, allorquando l'imputato si rendeva destinatario per giunta di una sanzione disciplinare per possesso di sostanza stupefacente all'interno della casa circondariale - fornisce più di un fondato motivo per ritenere che le prescrizioni connesse all'eventuale pena sostitutiva non saranno adempiute dal condannato. Ai sensi dell'art. 85 D.P.R. n. 309 del 1990 e dell'art. 240 c.p. va disposta, in quanto obbligatoria, la confisca e la distruzione dello stupefacente in sequestro, trattandosi di corpo di reato, nonché del bicchiere di plastica, quale cosa pertinente al reato. In ordine al denaro sottoposto a sequestro, alla luce delle considerazioni sopra esposte, stante l'ammissione degli addebiti da parte del (...) e del correo e l'assenza di ulteriori giustificazioni circa la possibile natura lecita dell'elevata somma di denaro detenuta da parte degli imputati, disoccupati e autori di un reato lucrativo come quello contestato, ritiene questo Giudice che esso debba essere pertanto confiscato ai sensi dell'art. 240-bis c.p., in forza del rinvio ad esso operato dall'art. 85-bis D.P.R. n. 309 del 1990, inserito dall'art. 6, comma 5, del D.Lgs. 1 marzo 2018, n. 21 (decreto che ha abrogato la disposizione in materia di ipotesi particolari di confisca di cui all'art. 12-sexies del D.L. 8 giugno 1992, n. 306, conv., con nnodif., dalla L. 7 agosto 1992, n. 356). P.Q.M. letti gli artt. 533 e 535 c.p.p., dichiara (...) colpevole del reato ascritto e, riconosciute le circostanze attenuanti generiche, lo condanna alla pena di anni quattro di reclusione ed Euro 20.000,00 di multa oltre al pagamento delle spese processuali e di mantenimento in custodia cautelare in carcere. Letto l'art. 29 c.p., dichiara (...) interdetto dai pubblici uffici per la durata di anni cinque. Letti gli artt. 85 D.P.R. n. 309 del 1990 e 240 c.p., ordina la confisca e la distruzione dello stupefacente in sequestro e del restante materiale in sequestro. Letti gli artt. 85 bis D.P.R. n. 309 del 1990 e 240 bis c.p., ordina la confisca del denaro in sequestro con successiva devoluzione all'Erario. Motivi contestuali. Così deciso in Nola il 12 gennaio 2023. Depositata in Cancelleria il 12 gennaio 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI NOLA SEZIONE PENALE Il Giudice monocratico del Tribunale di Nola, Raffaele Muzzica, alla pubblica udienza del 12/1/2023 ha pronunciato la seguente SENTENZA (con redazione contestuale dei motivi) nei confronti di: 1) (...), nato a L. (R.) il (...), residente in S. V. alla Via C. n. 4 - libero, non comparso, già irreperibile Difeso d'ufficio dall'avv. Al.Mi. IMPUTATO Del reato p. e p. dagli artt. 61, co. 1, n. 11), 81 cpv., 624, 625 n. 4), c.p. perché, in esecuzione del medesimo disegno criminoso ed in tempi diversi, prestando la sua opera di lavoratore dipendente nell'esercizio commerciale "(...)", al fine di trame profitto per sé o per altri, si impossessava della somma di denaro pari ad Euro 5.000,00 circa, approfittando del fatto che il titolare dell'esercizio commerciale si trovava in altro luogo del negozio (laboratorio), in tal modo sottraendoli alla persona offesa che la deteneva; con le aggravanti di aver commesso il fatto con abuso di prestazione d'opera, consistita nell'essere lavoratore dipendente della p.o., e nell'aver commesso il fatto con destrezza, prelevando il denaro dal registratore di cassa mentre il titolare si trovava in altro locale dell'esercizio commerciale. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE Con decreto del 29/2/2016 il PM in sede citava il giudizio l'imputato (...) per l'udienza del 3/6/2016 davanti al giudice monocratico, al fine di rispondere del reato in rubrica contestato. In quell'udienza il Giudice, preso atto dell'irreperibilità dell'imputato, sospendeva il procedimento, ordinando nuove ricerche. Il processo restava sospeso - e con esso i termini di prescrizione del reato - per le udienze del 7/6/2017, 14/6/2018, 20/6/2019, 18/6/2020, 17/6/2021, 2/12/2021, 7/7/2022, stante il reiterato esito vano delle ricerche di volta in volta disposte dall'Autorità giudiziaria. All'udienza odierna del 12/1/2023 questo Giudice dava atto dell'ennesimo esito negativo delle ricerche disposte nei confronti dell'imputato. Le parti prestavano tuttavia il consenso all'utilizzabilità degli atti di indagine, al fine di consentire al Giudice la valutazione di eventuali cause di proscioglimento ai sensi dell'art. 129 c.p.p. e rassegnavano le conclusioni di cui in epigrafe. Ritiene questo Giudice che, persistendo lo stato di irreperibilità del (...), non emergendo dagli atti elementi sulla scorta dei quali addivenire all'assoluzione dell'imputato, va tuttavia dichiarato non doversi procedere nei confronti dell'imputato (...) in quanto il reato allo stesso contestato risulta estinto per prescrizione. Dalla lettura della denuncia querela in atti - sulla cui attendibilità non vi è motivo di dubitare, stante il tenore chiaro e dettagliato, riscontrato dal materiale fotografico in atti, nonché dal contenuto degli atti di indagine, parimenti acquisiti - è emerso che il querelante, (...), proprietario del (...) a lui intestato, aveva all'epoca dei fatti il (...) come dipendente regolarmente inquadrato. Per alcuni mesi il querelante accertava un ammanco quotidiano di denaro pari a circa centocinquanta Euro e pertanto provvedeva ad installare una telecamera a circuito chiuso nella sala vendite. Il giorno 23/12/2013, nel visionare il filmato di sorveglianza - i cui frame sono confluiti agli atti, prodotti dal querelante - notava che il (...), approfittando della momentanea assenza del titolare, che era nel laboratorio, furtivamente apriva il cassetto del registratore di cassa, rubando in due tempi circa 105 Euro; il 24/12/2013, in tre occasioni e con le medesime modalità, il (...) sottraeva altre venticinque Euro. Il querelante riferiva che il danno, a partire dal settembre 2013, ammontava a circa 5.000 Euro. Il 24/12/2013 il titolare mostrava il filmato di videosorveglianza al (...), dicendogli di essere molto deluso dal suo comportamento. Di tutta risposta l'imputato spariva la sera stessa, nonostante la successiva procedura di licenziamento per giusta causa attivata poi dal (...). Così ricostruiti i fatti, appare evidente la sussistenza degli elementi oggettivi e soggettivi del reato di furto contestato al (...). Appare parimenti integrata la sussistenza dell'aggravante di cui all'art. 61 n. 11 c.p., essendo il (...) all'epoca dei fatti dipendente della persona offesa. Non risulta integrata, tuttavia - e ciò riverbera i suoi effetti in ordine all'estinzione del reato contestato al (...), come si vedrà - l'aggravante della destrezza di cui all'art. 625 n. 4 c.p. (aggravante indipendente ad effetto speciale idonea, tra quelle contestate, ad incidere sul termine prescrizionale del reato in questione). Come si desume dalla lettura della denuncia querela acquisita con il consenso delle parti, infatti, il (...) avrebbe semplicemente approfittato della temporanea assenza del titolare dalla sala vendite per asportare parte dell'incasso contenuto nel registratore di cassa. Né emerge che tale temporanea assenza - il titolare era semplicemente nel laboratorio del (...) - sia stata in qualche modo provocata artatamente dal (...). La condotta dell'imputato, come sostenuto autorevolmente dalle Sezioni unite della Suprema Corte di Cassazione, non è idonea ad integrare l'aggravante in questione, in quanto "In tema di furto, la circostanza aggravante della destrezza sussiste qualora l'agente abbia posto in essere, prima o durante l'impossessamento del bene mobile altrui, una condotta caratterizzata da particolari abilità, astuzia o avvedutezza ed idonea a sorprendere, attenuare o eludere la sorveglianza del detentore sulla "res", non essendo invece sufficiente che egli si limiti ad approfittare di situazioni, non provocate, di disattenzione o di momentaneo allontanamento del detentore medesimo." (Sez. Un., Sentenza n. 34090 del 27/04/2017 Ud. (dep. 12/07/2017) Rv. 270088 - 01). Orbene, una volta esclusa la contestata aggravante di cui all'art. 625 n. 4 c.p., venendo in contestazione un furto aggravato dalla sola aggravante (ad effetto comune) di cui all'art. 61 n. 11 c.p., il termine massimo di prescrizione è di anni sette e mesi sei in presenza di atti interruttivi. Occorre sottolineare, inoltre, che non risulta determinante il periodo di sospensione della prescrizione correlato alla sospensione del procedimento per irreperibilità dell'imputato in quanto, come specificato dall'art. 159 ult. co. c.p. nella formulazione ratione temporis applicabile, nel caso di sospensione ai sensi dell'art. 420 quater c.p.p. la durata della sospensione della prescrizione non può superare i termini previsti dal secondo comma dell'articolo 161 c.p., ovvero, nel caso di specie, un ulteriore anno e mesi sei (pari ad un quarto del termine ordinario). Ne consegue che il reato contestato all'imputato, tenuto conto degli atti interruttivi e della sospensione intercorsa, è da intendersi prescritto al più tardi in data 24/12/2022. Ne deriva che, non emergendo elementi evidenti ex art. 129 co. 2 c.p.p. per una assoluzione nel merito, nonostante la perdurante irreperibilità dell'imputato, va dichiarato non doversi procedere nei confronti di (...), in quanto il reato continuato a lui ascritto è estinto per intervenuta prescrizione. P.Q.M. Letto l'art. 129 c.p.p., esclusa la contestata aggravante di cui all'art. 625 n. 4 c.p., dichiara non doversi procedere nei confronti di (...) in Ordine al reato a lui ascritto perché estinto per intervenuta prescrizione. Motivi contestuali. Così deciso in Nola il 12 gennaio 2023. Depositata in Cancelleria il 12 gennaio 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI NOLA Sezione Penale Il Giudice monocratico del Tribunale, dott. Raffaele Muzzica, alla pubblica udienza del 12/1/2023 ha pronunciato la seguente SENTENZA (con redazione contestuale dei motivi) nei confronti di: 1) (...), nato ad A. il (...), residente ed elettivamente domiciliato in R. (N.) alla via M. n. 12/A- libero, non comparso, già assente Difeso di fiducia dall'avv. Gi.So. 2) (...), nato ad A. il (...), residente ed elettivamente domiciliato in R. (N.) alla via (...) n. 26 - libero. non comparso, già assente Difeso di fiducia dall'avv. Fr.Pe. 3) (...), nato ad A. il (...), residente ed elettivamente domiciliato in R. (N.) alla via (...) n. 3 - libero, non comparso, già assente Difeso di fiducia dall'avv. Sa.Fu. IMPUTATI del reato p. dagli artt. 256 bis del D.Lgs. n. 152 del 2006 e 110 c.p. perché, in concorso tra loro, tutti in qualità di esecutori materiali, appiccavano il fuoco a rifiuti speciali, costituiti da una vasca da bagno, imballaggi di materiale utilizzato nell'edilizia (premiscelato e cemento) e da barili di plastica e relativo contenuto, dopo averli abbandonati e riversati nel fondo sito in R. alla Via T. di S. incrocio con Via M. del P. ed identificato catastalmente al fl. (...) p.lla (...), ponendo in essere una combustione illecita di rifiuti. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con decreto emesso in data 28/7/2021 il PM in sede citava a giudizio per l'udienza del 9/12/2021, da celebrarsi dinanzi al GM, gli imputati (...), (...) e (...), chiamati a rispondere del reato in rubrica contestato. In quella sede il Giudice disponeva procedersi in assenza degli imputati, ricorrendone i presupposti di legge e su richiesta delle difese rinviava in via preliminare all'udienza del 28/4/2022. Il giudice in sostituzione rinviava il procedimento all'udienza del 22/9/2022, stante l'assenza del collega titolare del fascicolo. Le difese anticipavano la richiesta di definizione del procedimento nelle forme del rito abbreviato. All'udienza del 22/9/2022 le difese reiteravano la richiesta di definizione del procedimento nelle forme del giudizio abbreviato condizionato all'espletamento di una perizia di classificazione dei rifiuti e, in subordine, nelle forme del giudizio abbreviato secco. Il Giudice acquisiva in visione il fascicolo del PM e, con ordinanza dettata a verbale qui da intendersi pienamente riportata, rigettava la richiesta di giudizio abbreviato condizionato, disponendo il mutamento del rito in giudizio abbreviato secco. Il processo veniva rinviato all'udienza odierna per la discussione. In questa sede, non residuando adempimenti istruttori, il Giudice confermava l'ordinanza di mutamento del rito, dichiarava utilizzabili gli atti acquisiti al fascicolo del dibattimento ed invitava le parti a rassegnare le conclusioni in epigrafe. Al termine della discussione questo Giudice si ritirava in camera di consiglio per la decisione, pubblicando il dispositivo allegato al verbale d'udienza, con contestuale redazione dei motivi. MOTIVI DELLA DECISIONE Ritiene questo Giudice che gli atti acquisiti al fascicolo del dibattimento hanno confermato oltre ogni ragionevole dubbio la sussistenza oggettiva e soggettiva del fatto ascritto agli odierni imputati, che devono essere condannati. Giova nel merito rilevare che gli elementi di prova sono essenzialmente rappresentati dagli atti irripetibili, ovvero i verbali di identificazione ed elezione di domicilio, il verbale di sequestro redatto in data 26/6/2020 in via d'urgenza dalla polizia giudiziaria e successiva richiesta di convalida del PM in sede, con conseguente ordinanza emessa dal GIP in data 7/7/2020, dalle prove documentali rappresentate dal filmato di video sorveglianza, acquisito dalla polizia giudiziaria in data 29/6/2020 e confluito su supporto elettronico, nonché dal materiale fotografico allegato agli atti di polizia giudiziaria, gli atti notarili e gli estratti catastali relativi al fondo sito al foglio mappale n. 31, particella n. (...) del Comune di Roccarainola, le visure in banca-dati relative ai veicoli ritratti nel filmato, nonché dagli atti di indagine utilizzabili in ragione della scelta del rito, ovvero la relazione effettuata dal Comando della Polizia Municipale del Comune di Roccarainola in data 25/6/2020 e l'informativa di reato redatta dalla Polizia Municipale di Roccarainola il 27/6/2020, con seguito del 2/7/2020, il verbale di acquisizione video del 29/6/2020. Completano il compendio probatorio le spontanee dichiarazioni rese dall'imputato (...), utilizzabili in ragione della scelta del rito e stante l'assenza di ogni elemento di coercizione o eteroinduzione nei confronti del dichiarante ("Sono utilizzabili nella fase procedimentale, e dunque nell'incidente cautelare e negli eventuali riti a prova contratta (quale, nella specie, il rito abbreviato), le dichiarazioni spontanee che la persona sottoposta alle indagini abbia reso - in assenza di difensore ed in difetto degli avvisi di cui all'art. 64 cod. proc. pen. - alla polizia giudiziaria ai sensi dell'art. 350, comma 7, cod. proc. pen., purché emerga con chiarezza che la medesima abbia scelto di renderle liberamente, ossia senza alcuna coercizione o sollecitazione. (In motivazione la Corte ha precisato che, diversamente, le dichiarazioni che tale persona abbia reso su sollecitazione della polizia giudiziaria nell'immediatezza dei fatti in assenza di difensore non sono in alcun modo utilizzabili, neanche a suo favore)" (Sez. 1, Sentenza n. 15197 del 08/11/2019 Ud. (dep. 15/05/2020) Rv. 279125-01). Dal contenuto della relazione di servizio del 25/6/2020 - pienamente attendibile in quanto riscontrato dal materiale fotografico e dalla documentazione in atti, oltre che proveniente da un pubblico ufficiale nell'esercizio delle sue funzioni - è emerso che in pari data, il verbalizzante effettuava un giro di perlustrazione del territorio nell'incrocio di Via T. di S. e Via M. del P., dove notava due persone che stavano spegnendo un fuoco in un fondo agricolo vicino alla loro proprietà. Chieste informazioni, la polizia giudiziaria appurava che i due soggetti possedevano un filmato di videosorveglianza effettuato dalle telecamere di sicurezza posizionate all'esterno della loro abitazione. Dalla visione del filmato - acquisito dalla polizia giudiziaria in data 29/6/2020 e confluito negli atti di indagine - la polizia giudiziaria notava in data 25/6/2020 alle ore 15:20 circa (orario effettivo) l'arrivo di una Panda di colore bianco in prossimità dell'incrocio sopramenzionato. Dal veicolo fuoriusciva un soggetto di sesso maschile, noto ai verbalizzanti della municipale come (...), odierno imputato, descritto dagli operanti come il soggetto più alto e snello. Successivamente si fermava al medesimo incrocio altresì un furgone, dal quale scendevano due persone, una di queste nota alla municipale come (...), fratello del primo soggetto, vestito di bianco nel video. Nella relazione di servizio il verbalizzante riferiva - ad ulteriore sostegno della sua attendibilità e dell'assenza di ogni preconcetto - di non essere riuscito a riconoscere il terzo soggetto, in quanto lo stesso, più basso e stempiato, indossava un berretto con visiera. Dalla visione delle immagini di videosorveglianza - come confermato dal video, acquisito agli atti - si notavano il (...) che prelevava dal furgone un bidone di colore blu, appoggiandolo al suolo, mentre (...) e l'altro soggetto scaricavano dal furgone una vasca da bagno, riversandone il contenuto nel fondo agricolo adiacente all'incrocio. Subito dopo, i due fratelli (...) appiccavano il fuoco, gettando sul mucchio fumante anche il contenuto del barile; mentre (...) attizzava il fuoco, gli altri due soggetti riposizionavano la vasca da bagno ed il barile vuoto all'interno del furgone, dandosi poi alla fuga. Nell'immediatezza la polizia giudiziaria provvedeva a porre sotto sequestro l'area in questione, ove ancora risultavano dei residui combusti, con provvedimento poi convalidato dall'Autorità giudiziaria, come documentato in atti. Dai successivi accertamenti, confluiti nelle informative del 27/6/2020 e del 2/7/2020 - sulla cui attendibilità, per le ragioni anzidette, non vi è motivo di dubitare - la polizia giudiziaria appurava che il fondo oggetto dello sversamento, sito al foglio mappale n. (...), particella n. (...) del Comune di Roccarainola, era di proprietà di tale (...), oggetto di locazione in favore di tale (...), come confermato dagli atti notarili e dalle visure catastali acquisite dagli operanti e confluite in atti. In secondo luogo, dalla visione più accurata delle immagini di videosorveglianza, la polizia giudiziaria risaliva agli estremi identificativi dei veicoli operati dai malviventi, ovvero una Fiat Panda di colore bianco targata (...) ed il motocarro Piaggio con cabinato rosso targato (...), entrambi privi di copertura assicurativa e di revisione. Dagli accertamenti in banca-dati, i cui esiti sono confluiti in atti, la polizia giudiziaria appurava che la Fiat Panda risultava di proprietà di (...), mentre il motocarro risultava intestato al fratello (...). Gli automezzi, inoltre, venivano rinvenuti in data 26/6/2020 - ovvero appena il giorno successivo ai fatti in contestazione - presso l'abitazione di (...), nel parcheggio privato del civico 2 di Via M.. All'atto del rinvenimento, infine, sul motocarro erano ancora riposti la vasca ed il bidone blu utilizzati quali contenitori dei rifiuti sversati e arsi, come documentato altresì dal materiale fotografico, versato in atti, riprodotto dai verbalizzanti all'atto del rinvenimento dei veicoli. A fronte di tali elementi accusatori, gli imputati (...) e (...) non hanno reso dichiarazioni utilizzabili in questa sede. Per converso, (...), in sede di dichiarazioni spontanee del 26/6/2020 ammetteva parzialmente i fatti, riferendo di essersi recato, in compagnia dei suoi nipoti, presso un fondo dove svolgevano lavorazioni edili. Nel pomeriggio, il (...) riferiva di essersi recato insieme con i (...) presso la località area del bosco, dove i tre scaricavano, a dire del (...), sacchetti vuoti per premiscelato e cemento, contenuti all'interno di una vasca da bagno ed un bidone di plastica. Il (...), tuttavia, forniva una versione del tutto contrastante con quanto emerso nel corso dell'istruttoria: l'imputato riferiva, contrariamente al vero, di essere stato solo spettatore di quanto accaduto mentre, dalla visione del filmato si vede con nettezza come l'uomo aiutava il nipote a prelevare la vasca da bagno, svuotandone il contenuto al suolo, per poi riposizionarla sul furgone. Così ricostruita l'istruttoria, non vi sono dubbi circa la sussistenza di tutti gli elementi oggettivi e soggettivi della fattispecie contestata agli odierni imputati. Come è noto, "Il reato di combustione illecita di rifiuti, di cui all'art. 256-bis, D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, è reato di pericolo concreto e di condotta, per la cui consumazione è irrilevante la verifica del danno all'ambiente". (Sez. 3, n. 52610 del 04/10/2017 - dep. 17/11/2017, Sa., Rv. 27135901). Appare evidente come il pericolo si sia concretizzato a seguito della condotta degli odierni imputati, atteso che il fuoco, lasciato incustodito in una zona peraltro di destinazione agricola e, dunque, erbosa, veniva spento dai proprietari del fondo limitrofo, a dimostrazione della oggettiva idoneità propagatrice del rogo appiccato dagli imputati. Nel caso di specie, alla luce degli atti acquisiti, è dunque pacifica la sussistenza della condotta di combustione ad opera degli odierni imputati, il cui oggetto materiale, come confermato dal materiale fotografico in atti e peraltro non smentito dallo stesso (...), non ha avuto natura eminentemente vegetale, trattandosi dei residui provenienti da lavori edili poco prima realizzati dagli imputati e, come tali, pacificamente assurgenti a rifiuto. Infatti, occorre ricordare che lo stesso legislatore nel 1997, con il D.Lgs. del 5 febbraio n. 22, poi modificato dal cd. "Codice dell'Ambiente", D.Lgs. n. 152 del 2006, ha fornito una definizione legale del concetto di rifiuto. Secondo l'art. 183 del D.Lgs. n. 152 del 2006, deve ritenersi "rifiuto" "qualsiasi sostanza od oggetto di cui il detentore si disfi o abbia l'intenzione o abbia l'obbligo di disfarsi". Di tale definizione, perfettamente ripetitiva di quella già data all'art. 6 dell'abrogato D.Lgs. n. 22 del 1997, è lo stesso legislatore ad avere fornito interpretazione autentica con D.L. n. 138 del 2002 convertito con modifiche nella L. n. 178 del 2002. Deve quindi intendersi il disfarsi come "qualsiasi comportamento attraverso il quale in modo diretto o indiretto una sostanza, un materiale o un bene sono avviati o sottoposti ad attività di smaltimento o di recupero, secondo gli allegati B e C del decreto legislativo n. 22". La qualità e quantità dei residui oggetto di sequestro e le modalità di rinvenimento, non lasciano dubbi circa la natura di rifiuto del materiale in questione, oggetto di una speciale e tipizzata condotta di appiccamento che - contrariamente a quanto sostenuto dal difensore in sede di requisitoria - non può essere derubricata in quella, generale, prevista dall'art. 256 D.Lgs. n. 152 del 2006. Né vi sono dubbi in ordine alla sussistenza dell'elemento soggettivo doloso da parte degli imputati, come emerge dalle modalità concrete della condotta - trattasi di un organizzato sversamento di rifiuti con successivo appiccamento di un rogo - nonché dalle circostanze di tempo e luogo (lo sversamento avveniva con un rudimentale strumentario, in concorso di persone, subito dopo la produzione dei rifiuti combusti) che non consentono di ritenere che gli autori del reato non abbia avuto la coscienza e la volontà di appiccare un incendio. Non vi sono dubbi, infine, circa la riconducibilità del fatto agli odierni imputati quali autori del reato. Pur non colti in flagranza nell'immediatezza del fatto, i (...) sono stati subito identificati dalla polizia giudiziaria che visionava le immagini di videosorveglianza, in quanto noti all'ufficio, e sottoposti a successiva identificazione ed elezione di domicilio. In secondo luogo, gli operanti rilevavano l'intestazione dei veicoli adoperati per lo sversamento in capo ai due fratelli (...), nonché la loro collocazione, appena il giorno successivo ai fatti, presso l'abitazione di (...), con ancora evidenti i segni della condotta delittuosa (segnatamente, il furgone aveva ancora nel cassone la vasca da bagno ed il barile adoperati dagli imputati come contenitori dei rifiuti poi combusti). In terzo luogo, corroborano il già granitico quadro accusatorio ai danni dei due (...) le dichiarazioni spontanee del (...), che confermava il ruolo dei due nipoti nello sversamento e nel successivo appiccamento dei rifiuti in oggetto. Con riferimento alla posizione di (...) questi, inizialmente non riconosciuto dalla polizia giudiziaria in sede di visione delle immagini di videosorveglianza, rendeva spontanee dichiarazioni in cui, pur non ammettendo il suo addebito, ammetteva il suo coinvolgimento nei fatti in contestazione, oltre che la sua presenza in loco. A seguito delle spontanee dichiarazioni, infatti, la polizia giudiziaria che in sede di relazione del 25/6/2020 non riconosceva il terzo uomo come il (...), in quanto parzialmente travisato, a seguito di una rinnovata visione delle immagini di videosorveglianza, come documentata dal verbale di acquisizione del 29/6/2020, individuava il terzo soggetto come (...), puntualmente descritto nelle sue fattezze, nonché nell'attivo contributo causale arrecato al fatto in contestazione, di fatto confermando l'attribuzione dei fatti in contestazione anche all'odierno imputato. Ciò premesso in ordine alla sussistenza degli elementi oggettivi e soggettivi dei reati in contestazione nei confronti degli odierni imputati, il fatto non può ritenersi di particolare tenuità, come si evince dalle circostanze di spazio e tempo della condotta (l'incendio è avvenuto in prossimità dell'abitato in una zona agricola) e dalle conseguenze pericolose del fatto, dal momento che la condotta ha creato un concreto e non trascurabile pericolo per l'incolumità, come si desume dal quantitativo di rifiuti combusto, dalla vicinanza di fondi agricoli limitrofi, nonché dalla necessità per i proprietari finitimi di spegnere autonomamente l'incendio, prima che giungesse a conseguenze più gravi. Ne consegue, dunque, che il fatto in sé non può considerarsi di particolare tenuità ed, anzi, appare produttivo di un evidente allarme sociale, che impedisce altresì il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche nei confronti degli imputati. (...), peraltro, è gravato da precedenti specifici per reati contro l'ambiente e, al pari di (...), non ha tenuto alcun comportamento collaborativo o meritevole, né in tutto o in parte resipiscente. Argomentazioni identiche possono spendersi per (...) il quale, in dispregio di una apparente volontà collaborativa con le forze dell'ordine tenuta nel rendere spontanee dichiarazioni, sostanzialmente mentiva, negando l'evidenza degli addebiti a suo carico e cercando di sminuire le conseguenze delle azioni delittuose proprie e altrui. Né può ritenersi indice di particolare meritevolezza del comportamento degli imputati la scelta di definizione mediante rito alternativo, trattandosi, questa, di una legittima scelta processuale a fronte della granitica evidenza degli elementi accusatori ai loro danni, funzionale a maturare un già previsto dall'ordinamento sconto di pena. Alla luce dei criteri di cui all'art. 133 c.p., considerata la gravità del fatto, desunta dalle circostanze di spazio e tempo, le modalità allarmanti e pericolose della condotta, perpetrata in pieno giorno, in concorso di persone, con l'utilizzo di mezzi di locomozione e rudimentale strumentario, l'intensità del dolo degli imputati, non collaborativi né resipiscenti, stimasi pena equa quella di anni due di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali, così calcolata: 1. Pena base: anni tre di reclusione; 2. Ridotta per il rito alla pena finale di cui sopra; Stante il ricorrere dei presupposti soggettivi e oggettivi e la gravità della pena inflitta, può concedersi il beneficio della sospensione condizionale della pena nei confronti degli imputati. Tuttavia, al fine di preservare le finalità specialpreventive e generalpreventive connesse al trattamento sanzionatorio, la pena sospesa nei confronti degli imputati va subordinata alla bonifica ed al ripristino dello stato dei luoghi, a spese degli imputati a mezza di ditta specializzata, sotto la supervisione della polizia giudiziaria procedente, nel termine di trenta giorni dal passaggio in giudicato della presente sentenza. Tale onere, peraltro, già ricade in capo agli imputati tra quelli previsti ai sensi dell'art. 256 bis D.Lgs. n. 152 del 2006, secondo il quale "Il responsabile è tenuto al ripristino dello stato dei luoghi, al risarcimento del danno ambientale e al pagamento, anche in via di regresso, delle spese per la bonifica". Si dispone il dissequestro e la restituzione all'avente diritto dell'area in sequestro al passaggio in giudicato della sentenza, previa l'eventuale bonifica dello stato dei luoghi a cura o a spese degli imputati, trattandosi di fondo non di proprietà di alcuno degli imputati, ai sensi dell'art. 256 bis co. 5 D.Lgs. n. 152 del 2006. Deve, invece, disporsi la confisca dei mezzi di trasporto utilizzati per i rifiuti oggetto del reato (ovvero la Fiat Panda di colore bianco targata (...) ed il motocarro Piaggio con cabinato rosso targato (...)), ai sensi della sopracitata norma, in quanto intestati gli odierni imputati. Si dispone, al passaggio in giudicato della sentenza, la vendita coattiva dei suddetti veicoli, laddove ancora muniti di ragionevole valore di realizzo, ovvero, in alternativa o in caso di esito negativo della procedura di vendita, la distruzione a mezzo di ditta specializzata. P.Q.M. Letti gli artt. 438, 533, 535 c.p.p., dichiara (...), (...) e (...) colpevoli del reato ascritto e, applicata la riduzione per il rito, condanna ciascuno alla pena di anni due di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali. Letti gli artt. 163 ss. c.p., riconosce il beneficio della sospensione condizionale della pena in favore degli imputati, subordinata alla bonifica ed al ripristino dello stato dei luoghi, a spese degli imputati e a mezzo di ditta specializzata, sotto la supervisione della polizia giudiziaria che ha proceduto al sequestro, nel termine di trenta giorni dal passaggio in giudicato della presente sentenza. Letto l'art. 323 c.p.p., ordina dissequestro e restituzione all'avente diritto di quanto eventualmente sottoposto a sequestro, previa eventuale bonifica e ripristino dello stato dei luoghi a cura o a spese degli imputati. Letto l'art. 256 bis co. 5 D.Lgs. n. 152 del 2006, ordina la confisca del veicolo Fiat Panda di colore bianco targata (...) e del motocarro Piaggio con cabinato rosso targato (...), disponendone, al passaggio in giudicato della sentenza, la vendita coattiva, ove ancora provvisti di economico valore di realizzo, ovvero la distruzione a mezzo di ditta specializzata. Motivi contestuali. Così deciso in Nola il 12 gennaio 2023. Depositata in Cancelleria il 12 gennaio 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO DI NOLA Il Tribunale di Nola in composizione monocratica nella persona della dott.ssa Mariangela Luzzi con l'intervento del Pubblico Ministero rappresentato dalla dott.ssa Elvira Longobardi (VPO) e con l'assistenza del Cancelliere dott.ssa (...) ha pronunciato la seguente SENTENZA nei confronti di: (...) nata a N. il (...), residente in C. di N. alla via S. n. 51 (domicilio eletto); libera assente avv. Lu.Ba. di fiducia assente sostituito ex art. 97, co. 4, c.p.p. dall'avv. Fe.Be.; IMPUTATA (come da foglio allegato che costituisce parte integrante della presente intestazione) PROCURA DELLA REPUBBLICA presso il Tribunale di Noia Il pubblico ministero letti gli artt. 555 c.p.p., 160 Disp. Attuaz. del c.p.p.; letto il decreto del Presidente del Tribunale n. 57/19 con il quale si autorizza la Procura della Repubblica ad ottenere le date di udienza attraverso l'utilizzo del sistema informatico (...); dispone che la cancelleria acceda informaticamente al predetto sistema al fine di estrapolare la data e l'ora dell'udienza nonché il Giudice davanti al quale deve essere trattato il giudizio relativo all'emanando decreto di citazione che segue. Il Sost. Procuratore della Repubblica Nola il 30.11.2020 DECRETO DI CITAZIONE DAVANTI AL TRIBUNALE DI NOLA - P.ZZA (...) Dott. Luzzi Mariangela il giorno 19/10/2021 alle ore 9,00 e segg. Il P.M., concluse le indagini preliminari relative al procedimento penale iscritto nel registro delle notizie di reato il 28.01.2019 nei confronti di: (...), nata a N. il (...), residente in C. di N., alla via S. n. 51 , domicilio eletto ex art. 161 c.p.p., difeso di fiducia dall'avv. Lu.Ba., del foro di Nola, con studio in Nola, alla via (...) IMPUTATA del reato p. e p. dall'art. 635, co. 2, n.1, c.p. perché, facendo uso di un coltello di grosse dimensioni, forava i quattro pneumatici dell'autovettura Fiat Punto tg. (...) di proprietà dell'ex marito P.G., regolarmente parcheggiata in Casalnuovo di Napoli, alla via Saggese, rendendo in tutto o in parte inservibile fatto commesso su beni esposto per consuetudine alla pubblica fede. Identificata la parte offesa in : P.G. nato a N. il (...) e res.te a C. alla Via S. (...) manna (...); SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con decreto di citazione diretta emesso dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Nola in data 18.1.2021, (...) veniva chiamata in giudizio per il reato di cui all'imputazione. Il 19.10.2021, dichiarata l'assenza dell'imputata -non comparso senza addurre alcun legittimo impedimento anche se regolarmente avvisata-, il processo era rinviato mancando la prova della notifica alla persona offesa. Il 15.2.2022 dato atto della regolarità della notifica nei confronti della persona offesa, aperto il dibattimento ed ammesse le prove richieste dalle parti, era escusso il teste dell'accusa, luogotenente (...); le parti prestavano il consenso all'acquisizione dell'annotazione di servizio a firma del teste maresciallo (...), con rinuncia all'esame orale dello stesso; il processo era rinviato per il prosieguo dell'attività istruttoria. Il 31.5.2022 era escussa la persona offesa (...), il quale nel corso della deposizione -pur avvertito della procedibilità d'ufficio del reato in contestazione- dichiarava di volere rimettere la querela sporta; dichiarata chiusa l'istruttoria, le parti rassegnavano le loro conclusioni (in particolare, il pubblico ministero chiedeva l'assoluzione dell'imputata ai sensi dell'art. 131 bis c.p.; la difesa si associava alla richiesta del pubblico ministero e solo in via gradata chiedeva il minimo della pena e i benefici di legge) e il giudice, all'esito della camera di consiglio, pronunciava la sentenza dando lettura del dispositivo e indicando in giorni novanta il termine per il deposito della motivazione, avuto riguardo al carico complessivo di lavoro dell'ufficio che non permetteva la redazione dei motivi. MOTIVI DELLA DECISIONE Alla luce dell'espletata istruttoria e della documentazione regolarmente acquisita, l'imputata deve essere assolta dal reato ascritto perché non punibile per la particolare tenuità del fatto ai sensi dell'art. 131 bis c.p.. Al fine di un corretto inquadramento dei fatti, deve evidenziarsi preliminarmente che la vicenda di danneggiamento in contestazione si inserisce nell'ambito della burrascosa fine della relazione sentimentale intercorsa tra l'imputata, (...), e l'odierna persona offesa, (...), avvenuta nel mese di dicembre 2018, a seguito della quale sono scaturite reciproche denunce querele tra le parti. Dall'esame in dibattimento di (...) è emerso in particolare che la mattina del 25.1.2019 quest'ultimo trovò la sua auto (una Fiat Panda, vecchio modello, tg. (...)), abitualmente parcheggiata in strada, con tutte e quattro le ruote bucate. Tale circostanza fu accertata anche dai Carabinieri della Tenenza di Casalnuovo di Napoli, recatisi sul posto dopo che quello stesso giorno (...) si presentò presso i locali della tenenza al fine di integrare una denuncia -querela già sporta in precedenza contro il marito. In occasione di tale integrazione di denuncia infatti M., mostrando ai verbalizzanti un coltello di circa 33 cm, riferì di avere utilizzato l'arma per bucare le ruote dell'autovettura del P.. Orbene, sulla scorta delle esposte risultanze dibattimentali, l'editto accusatorio deve ritenersi provato, dovendosi valutare pienamente attendibili e intrinsecamente coerenti le dichiarazioni rese dalla persona offesa, la quale sentita in dibattimento non ha mostrato di essere animato da finalità secondarie o da sentimenti di rancore, dichiarando anzi di volere rimettere la querela sporta nei confronti di M. per il bene dei tre figli avuti da quest'ultima. E' indubbia anche l'attribuibilità della condotta accertata all'imputata, alla luce della "confessione" fatta dalla stessa ai militari in occasione dell'integrazione di una denuncia sporta per fatti diversi da quello in oggetto nonché del coltello -poi caduto in sequestro- dallo stesso fornita, con il quale sarebbero stati danneggiati gli pneumatici della persona offesa. Per quanto attiene alla qualificazione giuridica, dunque, senz'altro risulta integrato l'ascritto delitto di danneggiamento, reato che non è stato abrogato dal D.Lgs. n. 7 del 2016 nell'ipotesi -come quella che ci occupa- in cui la condotta sia stata posta in essere con minaccia nonché con violenza su cose esposte a pubblica fede. Nella fattispecie è venuta in luce infatti una modifica dei beni altrui senza dubbio idonea a incidere sul valore degli stessi beni oltre che sul loro uso. In proposito deve trovare applicazione l'orientamento della giurisprudenza di legittimità, secondo cui "il reato di danneggiamento di cui all'art. 635 cod. pen. si distingue da quello di deturpamento o imbrattamento previsto dall'art. 639 cod. pen., in quanto il primo produce una modificazione della cosa altrui che ne diminuisce in modo apprezzabile il valore o ne impedisce anche parzialmente l'uso, dando così luogo alla necessità di un intervento ripristinatorio dell'essenza e della funzionalità della cosa stessa mentre il secondo produce solo un'alterazione temporanea e superficiale della 'res aliena', il cui aspetto originario, quale che sia la spesa da affrontare, è comunque facilmente reintegrabile" (cfr.: Cass., sez. 5 sentenza n. 38574 del 21/05/2014 dep. 19/09/2014 Rv. 262220). Ai fini della punibilità della prevenuta, tuttavia, alla luce delle risultanze dibattimentali, appare necessario verificare l'eventuale sussumibilità della fattispecie all'ipotesi di cui all'art. 131 bis c.p., introdotto dal D.Lgs. 16 marzo 2015, n. 28, rilevato che, in base alla cornice edittale del delitto in contestazione (punito con una pena detentiva non superiore nel massimo a cinque anni), l'istituto in parola non è precluso. In via preliminare deve osservarsi che, benchè il legislatore abbia espressamente disciplinato l'operatività dell'istituto de quo solo per la fase delle indagini preliminari (cfr.:art. 411 c.p.p.) e della cosiddetta fase predibattimentale (cfr.: art. 469 c.p.), alcun dubbio si può nutrire sull'applicabilità della norma in questione anche all'esito del dibattimento, sulla scorta dell'introduzione dell'art. 651 bis c.p.p. ("la sentenza penale irrevocabile di proscioglimento pronunciala per particolare tenuità del fatto in seguito a dibattimento ha efficacia di giudicato quanto all'accertamento della sussistenza del fatto, della sua illiceità penale e dell'affermazione che l'imputato lo ha commesso, nel giudizio civile o amministrativo, per le restituzioni e il risarcimento del danno promosso nei confronti del prosciolto e del responsabile civile che sia stato citato ovvero sia intervenuto nel processo penale"). Ciò detto, i criteri individuati dal legislatore su cui il giudice deve basare la valutazione della particolare tenuità del fatto, al fine di escludere la punibilità, sono due: la particolare tenuità dell'offesa e la non abitualità del comportamento. Quanto alla particolare tenuità dell'offesa, tale presupposto va valutato -precisa l'art. 131 bis c.p.p.- sulla base della modalità della condotta e sull'esiguità del pericolo, elementi che devono essere a loro volta vagliati alla luce dei criteri di "gravità del reato" di cui all'art. 133, co. 1, c.p.. Applicando questi principi al caso che ci occupa, la condotta dell'imputata appare connotata da un'offensività ridotta, avuto riguardo al valore esiguo del danno arrecato (quantificato dalla persona offesa in poche centinaia di Euro) nonché al particolare contesto (si fa riferimento alla crisi sentimentale in atto tra le parti) in cui il gesto risulta essere stato perpetrato. Si evidenzia inoltre che, nel caso di specie, non ricorre nessuna delle ipotesi espressamente indicate dall'art. 131 bis c.p. in cui l'offesa non può mai ritenersi tenue (l'avere agito per motivi abietti o futili, o con crudeltà, anche in danno di animali, o ha adoperato sevizie o, ancora, ha approfittato delle condizioni di minorata difesa della vittima, anche in riferimento all'età della stessa ovvero quando la condotta ha cagionato o da essa sono derivate, quali conseguenze non volute, la morte o le lesioni gravissime di un persona). Per quanto attiene poi al requisito della non abitualità del comportamento, rilevato che il legislatore non specifica il significato di tale concetto, ma si limita a indicare quando il comportamento debba ritenersi abituale (cioè quando l'autore: 1) sia stato dichiarato delinquente abituale, professionale o per tendenza, 2) abbia commesso più reati della stessa indole -anche se ciascun fatto, isolatamente considerato, sia di particolare tenuità-; 3) quando abbia commesso più reati che abbiano ad oggetto condotte plurime, abituali e reiterate), a fronte del tipo di contestazione mossa all'imputata -avente ad oggetto un reato a condotta unisussistente-, l'abitualità del comportamento in capo a M. sembra potersi ragionevolmente escludere dal fatto che quest'ultima risulta incensurata. Ritenuta dunque sussistente nell'ipotesi che ci occupa la particolare tenuità del fatto, riguardo alla formula da adottare per il proscioglimento dell'imputata si osserva che tale questione è strettamente connessa alla natura giuridica dell'istituto in parola, rispetto alla quale - all'indomani della sua introduzione nell'ordinamento giuridico- sono state formulate due diverse tesi: quella della natura di condizione di procedibilità e quella della natura di causa di esclusione della punibilità in senso stretto. Questo giudicante -alla luce delle giurisprudenza della Corte di legittimità che ha escluso la natura processuale dell'istituto in questione (cfr.: Cass., sez. III, n. 8 aprile 2015 n. 15449)- ritiene di dovere aderire alla seconda delle tesi indicate, rilevato che a favore di questa soluzione sembrano deporre: 1) il tenore letterale dell'art. 131 bis c.p., che afferma che "la punibilità è esclusa", oltre che la rubrica della stessa disposizione che parla di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto; 2) la relazione e i pareri espressi dalle Camere sullo schema di decreto che si riferiscono all'istituto sempre in termini di causa di esclusione della punibilità; 3) la collocazione della norma all'interno del codice penale, che si colloca appena prima degli articoli che regolano il potere discrezionale del giudice nell'applicazione della pena, dunque dopo che il fatto è stato accertato in tutti i suoi elementi costitutivi; 4) l'efficacia del giudicato nel giudizio civile, che si evince dal già citato art. 651 bis c.p. Sulla scorta delle considerazioni esposte, pertanto, si deve ritenere che il fatto accertato in capo all'imputata sia di particolare tenuità e che dunque la prevenuta debba essere assolta dal reato ascrittole perché non punibili ai sensi dell'art. 131 bis c.p. Sul coltello in sequestro si provvede come da dispositivo ai sensi dell'art. 240 c.p.. P.Q.M. Letti gli artt. 131 bis c.p. -530 c.p.p. assolve (...) dal reato ascrittole perché non punibile per la particolare tenuità del fatto. Confisca e distruzione di quanto in sequestro. Letto l'art. 544 c.p.p. indica in giorni novanta il termine per il deposito della motivazione Così deciso in Nola il 31 maggio 2022. Depositata in Cancelleria il 19 agosto 2022.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO DI NOLA Il Tribunale di Nola in composizione monocratica nella persona della dott.ssa Mariangela Luzzi con l'intervento del Pubblico Ministero rappresentato dalla dott.ssa Elvira Longobardi (VPO) e con l'assistenza del Cancelliere dott.ssa M.E. ha pronunciato la seguente SENTENZA nei confronti di: (...) nato a N. il (...), residente in A. alla via P. n. 75, elettivamente domiciliato c/o T. B. in A. alla via F. n. 36 (come da dichiarazione resa all'udienza del 4.3.2022); libero già presente avv. El.Mo. di fiducia presente; IMPUTATO (come da foglio allegato che costituisce parte integrante della presente intestazione) PROCURA DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI NOLA FORMULAZIONE DELL'IMPUTAZIONE PER LA CONVALIDA DELL' ARRESTO RICHIESTA DI MISURA CAUTELARE E CONTESTUALE GIUDIZIO DIRETTISSIMO - artt.558 co. 1. c.p.p., 163 D.L.G. 271/89 - Il Pubblico Ministero, visti gli atti del procedimento indicato in epigrafe, iscritto in data 3.3.2022 nei confronti di : V.A. nato a N. il (...) e residente in A. N. alla Via P. 75 Difeso di fiducia dall'avv. Elisabetta Montano rilevato che il predetto, in stato di arresto dal 3.3.2022 alle ore 22.25 viene presentato davanti al Giudice Monocratico presso il Tribunale di Nola - p.zza Giordano Bruno,1 all'udienza del 4.3.2022 ore 9.30 e ss. per la convalida dell'arresto, richiesta di misura cautelare e contestuale giudizio nelle forme del giudizio direttissimo, formula la seguente imputazione: imputato del delitto p. e p. dall'art. 495 c.p., perché falsamente dichiarava ai pubblici Ufficiali, Mar. e (...), Car. Sc. T.P. e Car. D.F., in servizio presso la Stazione CC di Acerra di chiamarsi M.F., di essere nato a N. il (...) e di essere residente in (...) in C. rione ex L. 2019, generalità false che confluivano nel verbale di perquisizione redatto a suo carico. Letto l'art. 162 delle norme di attuazione del codice di procedura penale (D.L. 28 luglio 1989 n. 271) nonché l'art. 72 del R.D. 30 gennaio 1941, n. 12 così come sostituito dall'art. 22 del D.P.R. del 22 agosto 1988, n. 44; delega il V.P.O. di udienza a svolgere le funzioni di Pubblico Ministero nella predetta udienza, anche al fine di richiedere l'applicazione del divieto di dimora nella Provincia di Napoli. La presente delega concerne anche le funzioni di Pubblico Ministero da svolgersi in ogni altro processo fissato per la suddetta udienza nei confronti di imputati liberi, qualora ve ne fossero. All'esito dell'udienza si trasmetta a quest'ufficio di Procura lo "statino" dei processi trattati debitamente compilato. Manda alla Segreteria per gli adempimenti di competenza ed alla polizia giudiziaria operante per la conduzione dell'arrestato innanzi al Giudice e per la citazione, anche orale, dei testimoni nonché per l'avviso ai difensori. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Il 3.3.2022 (...) era arrestato in flagranza del reato di cui all'imputazione e con decreto emesso il 4.3.2022 era condotto dinanzi al Tribunale di Nola per la convalida dell'arresto e l'instaurazione del rito direttissimo. Nella data indicata dunque convalidato l'arresto e non applicata nessuna misura cautelare, era instaurato il rito direttissimo; l'imputato chiedeva personalmente di definire il processo nelle forme del rito abbreviato e, stante la richiesta di un termine a difesa, il processo era rinviato per la discussione. Il 31.5.2022, acquisito il fascicolo delle indagini preliminari al fascicolo del dibattimento, le parti rassegnavano le loro conclusioni (in particolare, il pubblico ministero chiedeva la condanna dell'imputato alla pena di mesi otto di reclusione; la difesa chiedeva l'assoluzione quanto meno ai sensi dell'art. 530, co.2, c.p.p.; in via gradata il minimo della pena e i benefici di legge ove concedibili) e il giudice, riservata la decisione al termine delle altre istruttorie, all'esito della camera di consiglio, pronunciava la sentenza, dando lettura in udienza del dispositivo e indicando in novanta giorni il termine per il deposito della motivazione, avuto riguardo al carico complessivo di lavoro dell'ufficio che non permetteva la redazione contestuale dei motivi. MOTIVI DELLA DECISIONE Alla luce degli atti di indagine regolarmente acquisiti al fascicolo del dibattimento stante il rito speciale prescelto, l'imputato deve essere dichiarato responsabile del reato ascritto, essendo stata provata oltre ogni ragionevole dubbio la condotta in contestazione. Dal verbale di arresto è emerso che, la sera 3.3.2022, nel corso di un servizio di pattuglia finalizzato alla repressione e prevenzione di reati in materia di stupefacenti, nel transitare in Piazzale dei Martiri ad Acerra, zona notoriamente frequentata da soggetti dediti allo spaccio di sostanze stupefacenti, i militari della stazione Carabinieri di Acerra notarono un soggetto armeggiare all'interno di un'autovettura che, alla vista degli operanti, si incamminò celermente verso Corso Italia. Insospettiti dal comportamento, i militari procedettero a fermare il giovane, il quale fu invitato a fornire il proprio documento di identità. Risultatone sprovvisto, il soggetto fu invitato a declinare le proprie generalità e riferì di essere (...), nato a N. il (...) e residente in (...), figlio di (...) e (...). Dalle successive verifiche del caso i militari tuttavia appurarono che non risultava iscritto presso la locale anagrafe alcuno soggetto con le generalità indicate. Solo dopo che fu eseguito il fotosegnalamento dattiloscopico, il giovane controllato declinò spontaneamente le sue effettive generalità, dicendo di essere (...), come effettivamente risultò a seguito dell'acquisizione del relativo cartellino anagrafico. I successivi accertamenti in SDI permisero inoltre di appurare che (...) era stato tratto in arresto il 24.2.2022 per reati in materi di cessione di stupefacenti e in sede di convalida sottoposto alla misura del divieto di dimora in Acerra. (...) fu pertanto tratto in arresto. Tale ricostruzione dei fatti appare attendibile non essendo emersi elementi per cui dubitare di quanto attestato nel verbale citato in atti, a firma di soggetti che, in virtù della qualifica di pubblici ufficiali, si devono ritenere ben consapevoli degli obblighi previsti nell'esercizio delle loro funzioni. Non sono venuti in rilievo d'altronde in capo ai predetti testi interessi a rendere dichiarazioni sfavorevoli nei confronti dell'imputato. Non è ragionevole nutrire alcun dubbio neppure sulla correttezza degli accertamenti svolti dai militari, effettuati sulla scorta di controlli incrociati attraverso le banche dati regolarmente in uso alle forze dell'ordine nonché all'esito dei rilievi dattiloscopici. A fronte del quadro fattuale tratteggiato, del resto, l'imputato in sede di convalida ha ammesso la condotta in contestazione, offrendo come giustificazione la volontà di sottrarsi al controllo delle forze dell'ordine in quanto consapevole di avere violato la misura - all'epoca in vigore nell'ambito di un diverso procedimento- del divieto di dimora in Acerra, comune dove si era recato per un colloquio di lavoro. Per quanto attiene alla qualificazione giuridica della vicenda accertata, dunque si deve ritenere senz'altro integrato il delitto ascritto, essendo stato provato che ai pubblici ufficiali, che stavano procedendo nei suoi confronti a un rituale controllo, l'imputato fornì generalità false. Si deve infatti escludere che nel caso di specie sia configurabile il meno grave delitto di cui all'art. 494 c.p., trovando applicazione in proposito la costante giurisprudenza di legittimità secondo cui poiché il delitto di sostituzione di persona ex art. 494 cod. pen. ha carattere sussidiario, quando l'induzione in errore, al fine di vantaggio o di danno, è commessa -come nel caso che ci occupa - mediante l'attribuzione di false generalità in una dichiarazione resa ad un pubblico ufficiale in un atto pubblico è configurabile soltanto il più grave reato previsto dall'art. 495 cod. pen., restando assorbito quello sussidiario di sostituzione di persona (cfr.: Cass., sez. V, n. 45527/2016). Del delitto ascritto ricorre anche il richiesto dolo specifico essendo ragionevolmente desumibile dalle descritte emergenze istruttorie che l'imputato agi con la condotta accertata al fine di nascondere ai militari la violazione della misura cautelare in vigore nei suoi confronti. Per quanto attiene al trattamento sanzionatorio, non si valutano riconoscibili le circostanze attenuanti generiche, considerato che non è emerso alcun elemento suscettibile di una valutazione favorevole per l'imputato, non potendosi valutare in tal senso la ammissione dei fatti effettuata in sede di convalida, apparendo la stessa più frutto di una strategia difensiva (sembra invero assai difficile una ricostruzione dei fatti alternativa rispetto a quella dell'accusa) che espressione di un reale pentimento. A sostegno di tale conclusione si evidenzia che, anche nella fase antecedente il suo arresto, l'imputato mostrò una condotta poco collaborativa, declinando le proprie generalità agli operanti solo dopo che il suo riconoscimento era stato di fatto assicurato con i rilievi dattiloscopici. Alla luce delle considerazioni esposte, pertanto, l'imputato deve essere condannato alla pena che si stima equa, valutati tutti i parametri di cui all'art. 133 c.p., di mesi otto di reclusione (p.b., leggermente superiore al minimo edittale, anni uno e mesi tre di reclusione; ridotta per la scelta del rito alla pena finale indicata) oltre al pagamento delle spese processuali. Non sussistono i presupposti per il beneficio della sospensione condizionale della pena ai sensi dell'art. 163 c.p., non potendosi formulare allo stato una prognosi favorevole sull'astensione dell'imputato dalla commissione di ulteriori reato, considerato che l'imputato appena un mese prima dei fatti da cui è scaturito il presente processo risulta essere stato arrestato per reati in materia di stupefacente e che, all'atto del controllo relativo al presente processo, fu rinvenuto dai militari mentre armeggiava all'interno dell'autovettura di un soggetto terzo, senza alcuna apparente giustificazione. Non osta a tale conclusione la circostanza per l'imputato risulti formalmente incensurato (cfr., certificato del casellario giudiziale in atti). Si rammenta infatti che per la pacifica giurisprudenza di legittimità -dalla quale non vi è motivo di discostarsi- "la prognosi non favorevole alla concessione della sospensione condizionale della pena può fondarsi anche sui precedenti di polizia, poiché nessuna disposizione ne stabilisce l'inutilizzabilità, ed anzi l'art. 9, L. 1 aprile 1981, n. 123, prevede espressamente la possibilità di accesso dell'autorità giudiziaria ad essi "ai fini degli accertamenti necessari per i procedimenti in corso e nei limiti stabiliti dal codice di procedura penale" (cfr.: ex pluribus Cass., sez. 5, n. 9106/2019). P.Q.M. letti gli artt. 438 e ss., 533-535 c.p.p. dichiara (...) responsabile del reato ascrittogli e, con la riduzione prevista per il rito, lo condanna alla pena di mesi dieci di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali. Letto l'art. 544 c.p.p. indica in giorni novanta il termine per il deposito della motivazione. Così deciso in Nola il 31 maggio 2022. Depositata in Cancelleria il 19 agosto 2022.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO DI NOLA Il Tribunale di Nola in composizione monocratica nella persona della dott.ssa (...) con l'intervento del Pubblico Ministero rappresentato dalla dott.ssa Elvira Longobardi (VPO) e con l'assistenza del Cancelliere dott.ssa (...) ha pronunciato la seguente SENTENZA nei confronti di: (...) nato ad A. il (...), ivi residente alla via P. N. n. 22; libero assente avv. Vi.Ba. d'ufficio, assente sostituito ex art. 97, co. 4, c.p.p., dall'avv. Fr.Ro.; IMPUTATO (come da foglio allegato che costituisce parte integrante della presente intestazione) PROCURA DELLA REPUBBLICA presso il Tribunale di Nola Il pubblico ministero letti gli artt. 555 c.p.p., 160 Disp. Attuaz. del c.p.p.; Setto il decreto del Presidente del Tribunale n. 57/19 con il quale si autorizza la Procura della Repubblica ad ottenere le date di udienza attraverso l'utilizzo del sistema informatico (...); dispone che la cancelleria acceda informaticamente al predetto sistema al fine di estrapolare la data e l'ora dell'udienza nonché il Giudice davanti al quale deve essere trattato il giudizio relativo all'emanando decreto di citazione che segue. Nola, 25.1.2021 DECRETO DI CITAZIONE DAVANTI AL TRIBUNALE DI NOLA - P.ZZA (...) Dott. Luzzi Mariangela il giorno 03/11/2021 alle ore 9,00 e segg. Il P.M., concluse le indagini preliminari relative al procedimento penale iscritto nel registro delle notizie di reato il 29.07.2020 nei confronti di: - (...), nato ad A. (N.) il (...), ivi residente alla Via P. N. n. 22; Difeso d'ufficio dall'Avv. BA.Vi., del foro di Nola, con studio legale in Pomigliano D'Arco (NA) alla Via (...). IMPUTATO - del delitto p. e p. dagli artt. 570 e 570 bis c.p., perché, dimostrando totale disinteresse e costante indifferenza nei confronti delle figlie (...) (nata il (...)) e (...) (nata l'(...)), serbando una condotta contraria all'ordine e alla morale delle famiglie, omettendo di versare alla coniuge (...) la somma mensile di Euro 700,00, stabilita dal Tribunale di Nola con Provv. del 21 dicembre 2016 per il mantenimento del proprio nucleo familiare, si sottraeva agli obblighi di assistenza inerenti alla responsabilità genitoriale e alla qualità di coniuge e faceva mancare i mezzi di sussistenza alla figlia minore. PERSONA OFFESA: (...) SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con decreto di citazione diretta emesso il 12.2.2021 (...) veniva chiamato in giudizio per i reati di cui all'imputazione. Il 3.11.2021 (per mero errore materiale nei verbale manuale è riportata la data del 12.1.2018) il giudice dichiarava l'assenza dell'imputato- non comparso senza addurre alcun legittimo impedimento sebbene regolarmente avvisato-; il processo era rinviato mancando la prova della notifica alla persona offesa. L'8.3.2022 dato atto della regolarità della notifica alla persona offesa, aperto il dibattimento e ammesse le richieste di prova avanzate dalle parti, erano acquisiti su accordo delle parti il verbale di denuncia querela nonché quello di sommarie informazioni rese dalla persona offesa, (...), con domande a chiarimento; il processo era rinviato per l'esame dell'imputato e la discussione. Il 31.5.2022 dichiarata chiusa l'istruttoria, le parti rassegnavano le loro conclusioni (in particolare: il pubblico ministero chiedeva la condanna a mesi 6 di reclusione ed Euro 400,00 di multa; il difensore dell'imputato, invece, chiedeva in via l'assoluzione ex art. 530 perché il fatto non sussiste o non costituisce reato; in subordine l'assoluzione ai sensi dell'art. 131 bis c.p.; in via gradata i benefici di legge e il minimo della pena); e il giudice, riservata la decisione, all'esito della camera di consiglio, leggeva il dispositivo indicando in novanta giorni il termine per il deposito della motivazione tenuto conto del carico complessivo di lavoro dell'ufficio che non permetteva la redazione contestuale dei motivi. MOTIVI DELLA DECISIONE Alla luce dell'attività istruttoria espletata e degli atti regolarmente acquisiti al fascicolo del dibattimento, l'imputato deve essere dichiarato responsabile del reato ascrittogli di cui all'art. 570 bis c.p., essendo stata provata oltre ogni ragionevole dubbio la condotta in contestazione; deve essere invece pronunciata sentenza di assoluzione in merito all'ascritto delitto di cui all'art. 570 c.p. perché il fatto non sussiste. Dalla denuncia querela sporta da (...) -utilizzabile ai fini probatori stante il consenso delle parti- è emerso che il 23.7.2020 la predetta sporse una denuncia-querela nei confronti di (...), lamentando che quest'ultimo, benchè obbligato in virtù del provvedimento del Tribunale di Nola del 21.12.2016, a versare in favore delle due figlie minori (...) (nata il (...)) e (...) (nata il (...)), la somma di Euro 500,00, nonché in favore della denunciante, a titolo di mantenimento come coniuge separato, la somma di Euro 200,00 mensili, non ottemperò mai ai suoi obblighi versando, in tanti anni, complessivamente solo la somma di Euro 1.100,00. Il mancato versamento da parte del prevenuto delle somme prescritte a titolo di mantenimento e di spese straordinarie determinò forti difficoltà nella gestione quotidiana delle spese necessarie per il mantenimento delle figlie, considerato che all'epoca dei fatti P. non svolgeva alcuna attività lavorativa (solo successivamente iniziò a lavorare, in maniera precaria, nel settore della vigilanza privata), e alle spese necessarie delle minori dovevano provvedere prevalentemente i suoi genitori. Sentita per alcuni chiarimenti in dibattimento, con specifico riferimento al periodo in contestazione - contestato dall'ottobre 2019 con condotta perdurante (per il periodo precedente risulta essere stata già emessa sentenza di condanna dal Tribunale di Nola)- P. ha precisato che a partire dal 2021, anno in cui vi è stata una rideterminazione dell'assegno di mantenimento (ridotto a 300,00 Euro in luogo degli iniziali 700,00 Euro), l'imputato in realtà ha provveduto al pagamento di ulteriori somme di denaro, in particolare nei mesi di settembre, ottobre, novembre e dicembre 2021. In ordine ai rapporti dell'imputato con le figlie, P. ha chiarito che, nel periodo sopra indicato, E. ha frequentato abitualmente le minori, le quali si recavano regolarmente a casa dei padre e dei familiari di quest'ultimo. Tale circostanza in effetti è desumibile anche dalla stessa denuncia, in cui la teste ha fatto riferimento a un soggiorno estivo effettuato nel 2018 dalle minori presso la casa al mare del padre. Solo negli ultimi mesi, a dire della teste, i rapporti tra le minori e il padre si sono un po' raffreddati, dal momento che le prime non hanno più molto piacere a frequentare l'abitazione paterna. Orbene, la ricostruzione dei fatti come emersa dalle dichiarazioni della teste dell'accusa appare attendibile, dovendosi valutare credibili le dichiarazioni della querelante, che non è sembrata animata da motivi di risentimento pregressi e diversi da quelli sorti dai fatti di causa, né spinta da intenti calunniatori nei confronti dell'imputato, con il quale del resto è risultato avere concordato una separazione consensuale, a conferma di rapporti -almeno inizialmente- non esacerbati. Alla stregua dunque della pacifica giurisprudenza di legittimità secondo cui le dichiarazioni della persona offesa-se valutate attendibili all'esito di un rigoroso vaglio- possono di per sé fondare, senza la necessità di ulteriori riscontri, il giudizio di responsabilità nei confronti dell'imputato, la testimonianza di P. si deve ritenere pienamente idonea a sorreggere l'editto accusatorio. A corroborare ulteriormente la valutazione di genuinità della denunciante, si evidenzia che la stessa non si è neppure costituita parte civile, dimostrando di non avere un interesse secondario alla condanna e ancora si segnala che, nel corso della deposizione, la teste non ha omesso di riferire anche circostanze favorevoli al prevenuto (quali i pagamenti effettuati dallo stesso nel corso nel 2021), a riprova dell'assenza di una volontà di "calcare la mano". Per quanto attiene alla qualificazione giuridica, dunque, la condotta accertata è senz'altro idonea a integrare sul piano oggettivo il contestato delitto di cui all'art. 570 bis c.p., essendo stato dimostrato che, con riferimento al periodo sopra menzionato, l'imputato omise il versamento dell'assegno di mantenimento nei termini stabiliti dall'autorità giudiziaria. Si rammenta infatti che per la pacifica giurisprudenza di legittimità l'art. 570 bis c.p. fornisce tutela penale all'inadempimento dell'obbligo di natura economica imposto dal giudice civile, cosicché la mancata corresponsione dell'assegno costituisce di per sé oggetto del precetto penalmente rilevante, non essendo consentito al soggetto obbligato operarne una riduzione (cfr.: Cass., sez. 6, n. 4677/2021). Della fattispecie ascritta ricorre anche l'elemento psicologico, integrato dal mero dolo generico, dovendosi ragionevolmente desumere da quanto finora osservato che l'imputato era ben consapevole degli obblighi scaturiti dal provvedimento del Tribunale di Nota. Non si ritiene invece integrata l'ulteriore fattispecie di cui all'art. 570 c.p., contestata in fatto sia con riferimento all'ipotesi contemplata al primo comma della citata disposizione che con riguardo all'ipotesi prevista dai secondo comma. Posto infatti che ai fini dell'integrazione dell'art. 570 bis c.p. non è necessario verificare se la mancata corresponsione dell'assegno abbia prodotto o meno la mancanza di mezzi di sussistenza (cfr.: Cass., sez. 6, n. 4677/2021), mentre l'art. 570, comma secondo, n. 2 cod. pen. preserva l'interesse a garantire al minore i mezzi di sussistenza, ove la loro mancanza determini lo stato di bisogno (cfr.: Cass., sez. 6, n. 43560/2021), nel caso di specie, non è stato provato con ragionevole certezza che l'accertata omissione dell'assegno di mantenimento determinò l'insorgere dello stato di bisogno delle minori, potendosi al contrario desumere che attraverso la frequentazione assidua delle minori (ospitate abitualmente presso l'abitazione paterna) l'imputato abbia comunque garantito i mezzi di sussistenza di cui all'art. 570, co.2, c.p. Per gli stessi motivi deve escludersi del tutto che la condotta dell'imputato abbia integrato la violazione di cui all'art. 570, co.1, c.p. Posto che la norma richiamata sanziona la violazione degli obblighi attinenti alla potestà dei genitori, facendo riferimento al diritto-dovere di cura, istruzione ed educazione, e di intervento sulle scelte riguardanti il minore, attinenti all'educazione, cura e sviluppo della sua personalità, connessi alla potestà genitoriale e correlati all'incapacità giuridica del soggetto beneficiario, è emerso che anche durante il periodo in contestazione l'imputato non interruppe mai i suoi rapporti con le figlie, pur non versando l'assegno di mantenimento prescritto. Con riferimento infine al reato accertato, non può ritenersi che la condotta del prevenuto sia stata scriminata dalle addotte difficoltà economiche. Premesso che, per la Suprema Corte, ai fini dell'esclusione dei reati di cui all'art. 570 c.p., incombe sull'interessato l'onere di allegare gli elementi dai quali potersi desumere l'eventuale impossibilità ad adempiere agli obblighi di assistenza familiare (cfr.: Cass., sez. VI, n. 8063/2012), si osserva che nel caso di specie non solo è mancata qualsivoglia prova delle addotte difficoltà economiche ma si evidenzia che, sulla scorta delle dichiarazioni della denunciante, l'imputato (la cui famiglia è risultata gestire un'importante impresa di lavorazione di pesce) continua ad avere un tenore di vita particolarmente alto. Ai fini della punibilità dell'imputato, deve escludersi infine la causa speciale di non punibilità di cui all'art. 131 bis c.p., invocata solo in via gradata dalla difesa. Si osserva infatti che benché, in base alla cornice edittale del delitto in contestazione (punito con una pena detentiva non superiore nel massimo a cinque anni), l'istituto in parola non sia precluso, osta al riconoscimento dello stesso l'abitualità della condotta, considerato il prolungato lasso di tempo nel corso del quale l'imputato ha omesso il versamento dell'assegno in favore delle figlie Per quanto attiene al trattamento sanzionatorio, non si valutano riconoscibili in favore dell'imputato le circostanze attenuanti generiche non essendo emerso alcun elemento suscettibile di una valutazione favorevole per il prevenuto, il quale del resto si è del tutto disinteressato al processo, restando assente e non nominando alcun difensore di fiducia. Ai fini della dosimetria della pena si ritiene di dovere applicare una pena superiore al minimo edittale considerato il lungo arco temporale durante il quale è stata accertata la condotta criminosa. Alla stregua delle considerazioni svolte, pertanto, l'imputato deve essere condannato alla pena che si stima equa, valutati tutti i parametri di cui all'art. 133 c.p., di mesi quattro di reclusione (in ordine all'applicazione della sola pena detentiva, si richiama la recente pronuncia della Corte di Cassazione sez. 6, n. 33165/2020, che, conformemente a quanto già statuito dalle sezioni unite n. 23866/2013 in ordine al reato di omessa corresponsione dell'assegno divorzile previsto dall'art. 12 sexies L. n. 898 del 1970, ha chiarito che il generico rinvio quoad poenam all'art. 570 c.p. da parte dell'art. 570 bis c.p. -che ha integralmente sostituito il previgente art. 12 sexies-, deve intendersi riferito alle pene alternative previste dal comma 1 dell'art. 570 c.p.). Ai sensi dell'art. 535 c.p.p. le spese del presente processo devono porsi a carico del condannato. Non si ritiene riconoscibile in favore di E. il beneficio della sospensione condizionale della pena, non potendosi formulare una prognosi favorevole sull'astensione da parte dell'imputato dalla commissione di ulteriori reati, alla luce della già menzionata sentenza di condanna per fatti analoghi, di cui vi è copia in atti, non ostando a tale valutazione la mancata prova dell'irrevocabilità della stessa. In proposito infatti si intende aderire all'indirizzo ermeneutico secondo cui "in tema di sospensione condizionale della pena, il giudice può fondare, in modo esclusivo o prevalente, il giudizio prognostico negativo circa la futura astensione del soggetto dalla commissione di nuovi reati sulla capacità a delinquere dell'imputato desunta anche da precedenti giudiziari non definitivi, senza che ciò contrasti con la presunzione di innocenza dell'imputato sino alla condanna definitiva, rilevando esclusivamente ai fini previsti dall'art. 133, comma secondo, cod. pen. (cfr.: Cass., sez. 3 , n. 18386 del 19/03/2021 Ud.). P.Q.M. Letti gli artt. 533-535 c.p.p. dichiara (...) responsabile dell'ascritto reato di cui all'art. 570 bis c.p. e per l'effetto lo condanna alla pena di mesi quattro di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali. Letto l'art. 530 c.p.p. assolve (...) dal delitto ascritto di cui all'art. 570 c.p. perché il fatto non sussiste. Letto l'art. 544 c.p.p. indica in giorni novanta il termine per il deposito della motivazione Così deciso in Nola il 31 maggio 2022. Depositata in Cancelleria il 19 agosto 2022.

  • TRIBUNALE ORDINARIO DI NOLA N. 4537/2020 N.R.P.M. N. 309/2021 R.G. Trib. Udienza del 31.5.2022 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale di Nola in composizione monocratica nella persona della dott.ssa Mariangela Luzzi con l'intervento del Pubblico Ministero rappresentato dalla dott.ssa Elvira Longobardi (VPO) e con l'assistenza del Cancelliere dott.ssa Michela Elvezio ha pronunciato la seguente SENTENZA nei confronti di: (...) Nato a Casamarciano il (...), residente in Nola alla (...), elettivamente domiciliato presso lo studio dell'avv. (...); detenuto per altra causa presente (rinunziante a presenziare alla lettura del dispositivo) avv. (...) di fiducia presente; IMPUTATO (come da foglio allegato che costituisce parte integrante della presente intestazione) CONCLUSIONI DELLE PARTI: come da "Svolgimento del processo" N. 4537/20 R.G. notizie di reato N. 3342/20 GIP TRIBUNALE ORDINARIO DI NOLA Sezione del Giudice per le Indagini Preliminari DECRETO CHE DISPONE IL GIUDIZIO (Art. 429 c.p.p.) Il Giudice dell'udienza preliminare, Fortuna Basile; all'esito dell'udienza preliminare nel procedimento nel procedimento penale indicato in epigrafe pronunciando nei confronti di: (...) residente in Nola alla via (...), C lib.) dichiarato assente, elettivamente dom.to ex art. 161 c.p.p. c/o lo studio dell'avv. (...) di Nola, difeso di fiducia dall'avv. (...). IMPUTATO del reato p. e p. dall'art. 256 bis comma 1 del D.Lgs. 152/2006 perché, all'interno di un fondo sito alla via (...) appiccava il fuoco a rifiuti speciali non pericolosi quali imballaggi in plastica" legno ed ingombranti, ivi depositati in maniera incontrollata. In Roccarainola il 19.06.2020 Con recidiva reiterata. INDICAZIONE SOMMARIA FONTI DI PROVE E FATTI CUI SI RIFERISCONO: Informativa di reato n. 2134 -0/2020 del 19.06.2020 dei CC Stazione di Roccarainola con relativi allegati. Visti gli artt. 429 c.p.p., 132 e 133 D.Lv. 271/89; P.Q.M. Dispone il rinvio a giudizio di (...) - generalizzato/i in epigrafe ed in ordine ai reati sopra menzionati - indicando per la comparizione del/i predetto/i davanti al TRIBUNALE DI NOLA - in composizione monocratica dr. LUZZI MARIANGELA- in Nola (NA), Piazza Giordano Bruno - Reggia Orsini, piano terra, aula udienza Penale, udienza del giorno 11/05/2021 alle ore 9.00, con avvertimento all' imputato che qualora non compaia, si applicheranno le disposizioni di cui agli artt.420 bis, ter, quater, quinquies c.p.p.. Avverte le parti che devono, a pena d'inammissibilità depositare nella Cancelleria del Giudice del dibattimento almeno sette giorni prima delia data fissata per l'udienza, la lista degli eventuali testimoni periti o consulenti tecnici, con la indicazione delle circostanze su cui deve vertere l'esame. Dispone la notificazione del presente decreto all'imputato ed alla persona offesa che non erano presenti all'udienza preliminare, almeno venti giorni prima della data fissata per il giudizio Nola, 17/02/21 Svolgimento del processo Con decreto che dispone il giudizio emesso dal giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Nola in data 17.2.2021, (...) veniva chiamato in giudizio per il reato dì cui all'imputazione. L'11.5.2021, dichiarata l'assenza dell'imputato - non comparso senza addurre alcun legittimo impedimento - il processo era rinviato stante il congedo per maternità del magistrato togato titolare del fascicolo e l'incompetenza funzionale a trattare il processo del giudice onorario nominato in sostituzione del primo magistrato. Il 16.11.2021 il processo era rinviato stante il legittimo impedimento dell'imputato, detenuto per altra causa e non tradotto. L'8.3.2022, aperto il dibattimento e ammesse le richieste istruttorie avanzate dalle parti, era escusso il teste dell'accusa maresciallo (...), all'esito del cui esame il processo era rinviato per la discussione. Il 31.5.2022, dichiarata chiusa l'istruttoria, le parti rassegnavano le loro conclusioni (in particolare, il pubblico ministero chiedeva la condanna dell'imputato alla pena di anni uno e mesi 4 di reclusione; la difesa chiedeva l'assoluzione dell'imputato quanto meno ai sensi dell'art. 530, cpv., c.p.p.; in via subordinata il minimo della pena e benefici di legge ove concedibili) e il giudice, all'esito della camera di consiglio, pronunciava la sentenza dando lettura del dispositivo e indicando in giorni novanta il termine per il deposito della motivazione, avuto riguardo al carico complessivo di lavoro dell'ufficio, che non permetteva la redazione contestuale della motivazione. Motivi della decisione Alla luce dell'attività istruttoria espletata e degli atti regolarmente acquisiti al fascicolo del dibattimento, deve essere dichiarata la responsabilità dell'imputato in ordine al reato a lui ascritto, essendo stata provata oltre ogni ragionevole dubbio la condotta in contestazione. Dall'esame del maresciallo (...), in servizio all'epoca dei fatti presso la Stazione Carabinieri di Roccarainola, è emerso che il 19.7.2020, il predetto militare, mentre era in servizio di pattuglia con l'appuntato (...) e il carabiniere (...), notò un fumo nero salire verso il cielo da un'area vicino a un'abitazione sita in via (...). I militari dunque si recarono nel punto in questione per verificare cosa stesse accadendo e giunti sul posto notarono che, all'interno di un'area recintata da un cancello chiuso, vi era un soggetto - poi identificato in (...)- che, con in mano un accendino, stava osservando il divamparsi delle fiamme. Gli operanti dunque chiesero subito all'imputato di aprire loro il cancello per permettere l'accesso all'area ma (...) scappò all'interno della vicina abitazione, senza fare quanto richiesto. I militari dunque per accedere all'area furono costretti a scavalcare il cancello. Una volta all'interno, gli operanti constatarono che le fiamme, concentrate all'interno di un manufatto in muratura che si presentava allo stato grezzo, avevano ad oggetto tavoli e sedie in legno nonché cassette di plastica e materiale ferroso. Fu richiesto dunque l'intervento dei vigili del fuoco, i quali provvidero a domare facilmente l'incendio in questione, dal momento che lo stesso era circoscritto al materiale presente nel capanno. L'imputato - raggiunto all'interno dell'abitazione - fu compiutamente identificato e deferito in stato di libertà per i reati ravvisabili dall'autorità giudiziaria, mentre l'area interessata dal rogo fu sottoposta a sequestro. All'atto del controllo, il prevenuto appariva in uno stato di alterazione verosimilmente dovuta all'assunzione di alcool: aveva infatti un alito vinoso e farfugliava. In merito all'area in cui erano stati dati alle fiamme i rifiuti, gli operanti accertarono che titolare della stessa era tale (...), residente in Lombardia, ma che l'abitazione che sorgeva sull'area era occupata abusivamente da un familiare dello stesso, con il quale in passato aveva vissuto anche l'imputato. Il legittimo proprietario -che risultava avere sporto diverse denunce contro l'occupazione abusiva dell'immobile-, informato del sequestro, provvide alla bonifica dell'area, ottenendone la restituzione. La ricostruzione dei fatti così come esposta ed emersa dagli atti di indagine acquisiti al fascicolo del dibattimento appare attendibile non potendosi nutrire dubbi sulla veridicità di quanto dichiarato dal teste escusso, il quale, in virtù della sua qualifica di pubblico ufficiale, si deve ritenere del tutto indifferente ai fatti di causa e comunque privo di un interesse a rendere dichiarazioni sfavorevoli nei confronti dell'imputato. Quanto dichiarato dal maresciallo (...), del resto, è confermato dai rilievi fotografici in atti, i quali - benché in bianco e nero - appaiono nitidi (e per tale motivo si è ritenuta del tutto superflua la richiesta della difesa di acquisizione delle relative copie a colori) e danno conto delle dimensioni della combustione attivata dall'imputato e della tipologia di materiale bruciato, senza dubbio riconducibile alla categoria dei rifiuti. A fronte di questo quadro fattuale, del resto, la difesa non ha contestato il fatto nella sua dimensione naturalistica né l'attribuibilità dello stesso all'imputato, ma si è limitato a ridimensionare la vicenda sostenendo che, all'atto dell'intervento dei militari, la combustione del materiale non era neppure iniziata, come sarebbe provato dal fatto che i vigili del fuoco -intervenuti per domare le fiamme- in realtà non ebbero necessità di ricorrere agli estintori (circostanza questa desumibile dall'assenza sul luogo dei fatti di causa della tipica polvere bianca degli estintori, come ricavabile dalle fotografie in atti). Tale evenienza tuttavia è stata del tutto smentita dal maresciallo (...), il quale ha dichiarato che, all'atto del loro intervento, le fiamme già erano divampate e avvolgevano i rifiuti, pur non ricordando se per spegnere il fuoco i pompieri utilizzarono gli estintori o esclusivamente l'acqua in loro dotazione. I militari del resto si recarono nel luogo in cui rinvennero l'imputato dopo avere visto un fumo nero levarsi dall'area, il che smentisce del tutto l'ipotesi di una combustione non ancora iniziata o in fase iniziale all'atto dell'intervento delle forze dell'ordine. A conforto di tale conclusione si evidenzia infine che i rilievi fotografici in atti - effettuati subito dopo l'intervento dei vigili del fuoco - riscontrano la presenza sul posto di materiale annerito, fugando ogni dubbio sull'effettività dell'ipotesi accusatoria. Per quanto attiene dunque alla qualificazione giuridica del fatto, si deve ritenere integrata la fattispecie delittuosa in contestazione. Si osserva infatti preliminarmente che la fattispecie in questione, introdotta dal legislatore nel 2013 per contrastare con sanzioni più severe il diffuso fenomeno dell'abbruciamento dei rifiuti, diversamente dall'art. 423 c.p. non richiede che il soggetto agente abbia dato vita a un incendio (cioè a un fuoco caratterizzato dalla vastità delle proporzioni e dalla diffusività) ma che abbia appiccato il fuoco a rifiuti abbandonati, ovvero depositati in maniera incontrollata. Non è neppure richiesto secondo la pacifica giurisprudenza di legittimità che ai fini dell'integrazione del delitto in questione sia provato il danno all'ambiente. Secondo l'indirizzo delia Suprema Corte, da cui non vi è motivo di discostarsi, infatti, "il reato in esame, al pari delle altre fattispecie previste dall'art. 256 del medesimo decreto, è un reato di pericolo per la cui integrazione non occorre la dimostrazione di aver arrecato un danno all'ambiente" (cfr. Cass., sez. III, n. 52610/2017). Nel caso di specie pertanto si deve ritenere configurato il delitto ascritto, essendo stato provato oltre ogni ragionevole dubbio che al momento dell'intervento dei militari l'imputato aveva già appiccato il fuoco a diversi rifiuti abbandonati in modo incontrollato all'interno di un fondo privato. Si deve ritenere integrato anche il richiesto elemento psicologico, integrato dal mero dolo generico, non potendo considerarsi idonea come esimente la circostanza emersa dall'istruttoria per cui l'imputato, al momento dell'intervento dei militari, era in uno stato di alterazione da sostanze alcoliche. Per quanto attiene al trattamento sanzionatorio, si valutano comunque concedibili in favore dell'imputato le circostanze attenuanti generiche al fine di contemperare la pena alla gravità dei fatti considerate la dimensione contenuta della porzione di terreno interessata dalla combustione, l'entità dei rifiuti dati alle fiamme nonché la natura -non pericolosa- degli stessi. Dette circostanze generiche devono porsi in prevalenza con la contestata recidiva (senz'altro sussistente in base al certificato del casellario giudiziale in atti, per mero errore materiale indicata in dispositivo come circostanza aggravante) non potendo ritenersi l'episodio in contestazione indice di un'accresciuta pericolosità sociale dell'imputato, i cui precedenti penali risultano alquanto risalenti nel tempo. Non si ritiene invece riconoscibile la causa speciale di non punibilità di cui all'art. 131 bis c.p., considerata la tipologia di rifiuti dati alle fiamme e la circostanza per cui la condotta fu posta in essere in una zona ricadente in un territorio notoriamente "a rischio", già ampiamente interessato da condotte delittuose della medesima specie. Alla luce delle considerazioni esposte, pertanto, l'imputato deve essere condannato alla pena che si stima equa, valutati tutti i parametri di cui all'art. 133 c.p., di anni uno e mesi quattro di reclusione (così determinata: pena base -coincidente con il minimo edittale- anni due di reclusione; ridotta per le circostanze attenuanti generiche alla pena finale), oltre al pagamento delle spese processuali. I precedenti da cui risulta gravato l'imputato (cfr.: certificato del casellario giudiziale in atti) ostano al riconoscimento del beneficio della sospensione condizionale della pena di cui all'art. 163 c.p., non potendosi formulare una prognosi favorevole sull'astensione del prevenuto dalla commissione di ulteriori reati. In ordine all'area originariamente oggetto di sequestro non luogo a provvedere, risultando la stessa già dissequestrata a seguito di bonifica da parte del proprietario. PQM Letti gli artt. 533-535 c.p.p., dichiara (...) responsabile del reato ascrittogli e, previo riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche prevalenti sulla contestata aggravante, lo condanna alla pena di anni uno mesi quattro di reclusione, oltre che al pagamento delle spese processuali. Letto l'art. 544 c.p.p. indica in giorni novanta il termine per il deposito della motivazione. Nola 31 maggio 2022. Depositata in Cancelleria il 19 agosto 2022.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO DI NOLA Il Tribunale di Nola in composizione monocratica nella persona della dott.ssa Mariangela Luzzi con l'intervento del Pubblico Ministero rappresentato dalla dott.ssa El.Lo. (VPO) e con l'assistenza del Cancelliere dott.ssa (...) ha pronunciato la seguente SENTENZA nei confronti di: (...) nato a N. il (...), residente in B. alla via S. R. n. 3; libero già presente avv. Ma.Or. di fiducia assente sostituita per delega orale dall'avv. Al.Pi.; IMPUTATO (come da foglio allegato che costituisce parte integrante della presente intestazione) IMPUTATO del delitto p. e p. dagli artt. 570 co. 1 e 2 n. 2, 570 bis c.p. perché, dimostrando totale disinteresse e costante indifferenza nei confronti dei figli, (...) e (...) (nati il (...)), serbando una condotta contraria all'ordine e alla morale delle famiglie, omettendo di versare quanto necessario ad assicurare il sostentamento dei figli nonché, "dapprima, la somma mensile di Euro 300,00, poi, la somma mensile di Euro 500,00 destinata al mantenimento della prole, si sottraeva agli obblighi di assistenza inerenti alla responsabilità genitoriale, faceva mancare i mezzi di sussistenza ai figli minori e violava le diposizioni patrimoniali del decreto emesso dal Tribunale di Nola in data 9-5.2018 e del successivo decreto emesso dal medesimo Tribunale in data 3.10.2018; in Brusciano, dall'aprile 2014, con condotta perdurante Parte civile: (...), nata a N. il (...), rappresentata e difesa dall'avv. Gi.Es., presente SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con decreto di citazione diretta emesso il 12.11.2019 (dep. il 25.11.2019) (...) veniva chiamato in giudizio per i reati di cui all'imputazione. Il 7.7.2020 il processo era rinviato per la nuova notifica del decreto di citazione all'imputato. Il 15.12.2020 il giudice dichiarava l'assenza dell'imputato- non comparso senza addurre alcun legittimo impedimento sebbene regolarmente avvisato- e dava ingresso alla costituzione di parte civile da parte di (...) nulla opponendo le altre parti; era inoltre aperto il dibattimento e ammesse le richieste di prova avanzate dalle parti: era escussa la parte civile, all'esito del cui esame le parti concordavano l'acquisizione del verbale di sommarie informazioni del teste (...), con rinuncia all'esame orale; il processo era rinviato per l'esame dell'imputato. Il 9.3.2021 rinnovate le formalità di apertura del dibattimento essendo intervenuta la modifica dell'organo giudicante, a seguito dell'astensione per maternità del magistrato titolare, le parti prestavano il consenso all'attività istruttoria già svolta dinanzi al precedente giudice e il giudice confermava i provvedimenti già resi in materia di prova; era svolto l'esame dell'imputato, all'esito del quale era disposto ai sensi dell'art. 507 c.p.p. il nuovo ascolto della persona offesa su specifiche circostanze indicate nel verbale di udienza nonché della dott.ssa (...) del Servizio sociale del Comune di Brusciano; il processo era rinviato altresì per l'esame di un teste a discarico a scelta tra quelli della lista ritualmente depositata. Il 1.6.2021 il processo era rinviato per il legittimo impedimento dell'imputato. Il 14.9.2021 il processo era rinviato mancando la prova della notifica della data di udienza all'imputato, impedito alla precedente udienza. Il 14.12.2021, essendo rientrato in servizio il magistrato titolare del fascicolo erano rinnovate le formalità di apertura del dibattimento essendo intervenuta la modifica dell'organo giudicante; le parti prestavano il consenso all'attività istruttoria già svolta dinanzi al precedente giudice e il giudice confermava i provvedimenti già resi in materia di prova; era svolto il nuovo esame su specifiche circostanza della parte civile; era escussa inoltre la teste ammessa ex art. 507 c.p.p. E.(...), di cui era acquisita su accordo delle parti la relazione di servizio; era altresì svolto l'esame del teste a discarico (...); il processo era rinviato per l'esame degli ulteriori testi a discarico nonché per la discussione. Il 15.3:2022 era escusso il teste a discarico (...); il processo era rinviato per la sola discussione. Il 3.5.2022 le parti rassegnavano le loro conclusioni (in particolare: il pubblico ministero chiedeva la condanna a mesi 8 di reclusione ed Euro 600,00 di multa; il difensore di parte civile si associava alle richieste del pubblico ministero e depositava conclusioni scritte e nota spese; il difensore dell'imputato, invece, chiedeva in via l'assoluzione ex art. 530 perché il fatto non sussiste o non costituisce reato; in subordine l'assoluzione ai sensi dell'art. 131 bis c.p. e, in via ulteriormente gradata, i benefici di legge e il minimo della pena); e il giudice, riservata la decisione, all'esito della camera di consiglio, leggeva il dispositivo indicando in novanta giorni il termine per il deposito della motivazione tenuto conto del carico complessivo di lavoro dell'ufficio che non permetteva la redazione contestuale dei motivi. MOTIVI DELLA DECISIONE Alla luce dell'attività istruttoria espletata e degli atti regolarmente acquisiti al fascicolo del dibattimento, l'imputato deve essere dichiarato responsabile dei reati ascrittigli, essendo stata provata oltre ogni ragionevole dubbio la condotta in contestazione. Le risultanze istruttorie, su cui si basa l'accertamento svolto, possono essere sintetizzate nei termini che seguono. (...), escussa in merito alla denuncia-querela presentata nel mese di giugno 2019, ha dichiarato di avere sporto una denuncia-querela nei confronti di (...), dal momento che quest'ultimo, benchè obbligato in virtù del provvedimento del Tribunale di Nola del 9.5.2018 a versare in favore dei due figli minori, i gemelli (...) e (...) (nati il (...)), nati dalla relazione con la prima, la somma di Euro 300,00 mensili nonché a partecipare al 50% delle spese straordinarie, e in virtù del successivo provvedimento della medesima autorità giudiziaria del 3.10.2018 a versare la somma mensile di Euro 500,00 nonché il 50% delle spese straordinarie, ha omesso il versamento di dette somme e a tutt'oggi continua a non ottemperare a quanto prescritto dall'autorità giudiziaria. La teste invero ha dichiarato che, già a partire dalla fine della convivenza (nel mese di aprile 2016), l'imputato omise di contribuire al sostentamento economico dei minori, con i quali, dal mese di luglio 2017 (in coincidenza con la nascita di un nuovo figlio a seguito di una nuova relazione sentimentale) ha anche interrotto ogni rapporto e contatto. Il mancato versamento da parte del prevenuto delle somme prescritte a titolo di mantenimento e di spese straordinarie, nel periodo in contestazione, ha determinato forti difficoltà nella gestione quotidiana delle spese necessarie per il mantenimento dei figli, che negli anni è stato assicurato prevalentemente solo da (...) -dal 2017 cassiera presso un supermercato- nonchè dal padre della stessa, operaio presso l'acquedotto di Salerno. In ordine alle condizioni economiche dell'imputato, la teste ha riferito di non conoscere l'eventuale attività lavorativa di (...), il quale, durante la convivenza, svolse solo pochi mesi di lavoro come guardia giurata; la teste ha tuttavia dichiarato di essere venuta a conoscenza del fatto che l'imputato ha una nuova compagna e ha dei figli e che con loro vive in una casa presa in affitto. Su domanda della difesa, la teste ha dichiarato che da circa quattro mesi (avendo come punto di riferimento l'udienza del 15.12.2020 in cui (...) fu escussa) il padre dell'imputato ha iniziato a versare la somma di Euro 100,00 mensili per i minori. La teste invece ha escluso che provvedano in qualche modo al sostentamento dei minori le due zie dell'imputato, (...) e (...), le quali in passato si sono limitate a fare un regalo ai bambini, in occasione della comunione e del compleanno. (...), escusso a sommarie informazioni nel corso delle indagini preliminari, preliminarmente ha dichiarato che fin quando è durata la convivenza tra sua figlia e (...) questi ultimi hanno vissuto presso l'abitazione del primo, che già all'epoca provvedeva integralmente al mantenimento dei nipoti dal momento che l'imputato non svolgeva alcuna attività lavorativa. Il teste ha dichiarato poi che, cessata la convivenza, (...) ha completamente abbandonato i minori, non cercandoli neppure nei giorni di festa o per il loro compleanno. Il sostentamento e le cure necessarie ai bambini, pertanto, sono stati e ancora attualmente vengono garantiti, oltre che dalla denunciante, dal teste stesso e dalla di lui moglie. Sottopostosi ad esame, l'imputato, nel premettere di avere lavorato nell'arco della sua esistenza solo per pochi mesi (cinque-sei mesi) e dunque di non avere disponibilità economica, ha dichiarato che, sia durante la convivenza che cessata la stessa, ha garantito sempre un'assistenza economica ai figli tramite le sue zie, (...) e (...), che provvedevano su sua richiesta a fornire il vestiario necessario ai bambini nonché a dare un contributo economico agli stessi. L'imputato ha ammesso di non vedere i minori da circa due anni (avendo come punto di riferimento l'udienza del 9.3.2021 in cui è stato esaminato) ma ha sostenuto che ciò è dovuto non a un suo disinteresse ma alla condotta dei familiari della denunciante, che non gli consentono neppure di avvicinarsi all'abitazione dove vivono i minori, minacciandolo continuamente di denunciarlo. A dire dell'imputato i familiari di (...) gli impediscono di vedere i bambini rimproverandogli il fatto di non avere un'attività lavorativa. Su domanda del pubblico ministero, tuttavia l'imputato ha dichiarato di non avere mai denunciato tali comportamenti da parte dei familiari di (...). Disposta ai sensi dell'art. 507 c.p.p. la nuova escussione della denunciante al fine di verificare eventuali ostacoli frapposti all'esercizio del diritto di visita dell'imputato nei confronti dei minori, (...) ha dichiarato di non avere mai impedito al padre di incontrare i figli e a tal proposito ha affermato che i minori frequentano abitualmente la casa sia dello zio che del nonno paterno e che a dire dei minori in occasione di queste visite l'imputato non è mai presente. (...), zia dell'imputato, escussa come teste a discarico, ha affermato di avere provveduto alle spese scolastiche dei minori fin quando hanno frequentato l'asilo, pagando la relativa retta, e di avere continuato fino alla comunione dei bambini (nell'estate del 2020), dunque anche dopo la fine della convivenza del nipote con (...), a sostenere alcune spese, quali quelle per le calzature e il vestiario. Invitata dal difensore della parte civile a quantificare gli aiuti economici ("tre, quattro, venti volte in un anno?"), la teste ha detto di non essere in grado di rispondere alla domanda, escludendo tuttavia di essere intervenuta venti volte in un anno. Riguardo invece ai rapporti tra il nipote e i minori, la teste ha dichiarato di sapere che i bambini ad oggi non hanno rapporti con il padre e tuttavia di non conoscere le reali motivazioni alla base di questa circostanza. (...), padre dell'imputato, escusso come teste a discarico, ha premesso che il figlio non svolge alcuna attività lavorativa e che oggi vive grazie al reddito di cittadinanza, con cui mantiene anche la moglie e i due figli avuti da quest'ultima. In ordine più specificamente ai fatti di causa, il teste ha detto di contribuire al mantenimento dei nipoti nati dalla relazione del figlio con (...), versando cento Euro mensili, e tuttavia di avere prova di tale versamento solo a partire dal mese di luglio 2020, quando ha iniziato a effettuare il pagamento tramite bonifico, mentre per i pagamenti precedenti non ha prova avendo versato le somme in contanti. Riguardo poi ai rapporti tra il figlio e i minori, il teste, pur affermando che i rapporti tra la sua famiglia e quella dei (...) sono ottimi, ha dichiarato che effettivamente ad oggi il padre non vede i gemelli, non riuscendo a trovare una spiegazione ("io non lo so che cosa è successo...) E' stata infine acquisita al fascicolo del dibattimento su accordo delle parti la relazione del 28.9.20018 a firma dell'assistente sociale E.(...), in servizio presso il Comune di Brusciano, da cui si evince che anche all'assistente sociale (...) dichiarò di provvedere in via esclusiva ai minori e nello stesso tempo di essere disponibile a intraprendere un percorso di sostegno alla genitorialità. Dalla medesima relazione si evince invece che (...), interpellato dall'assistente sociale per intraprendere il predetto percorso di sostegno, manifestò la volontà di non intraprendere alcun percorso , pur mostrando di essere consapevole che "da circa un anno e mezzo non vive i suoi figli e che a farsi carico della crescita e dei bisogni dei minori è esclusivamente la sig.ra (...) e la sua famiglia". Orbene, la ricostruzione dei fatti come emersa dalle dichiarazioni dei testi dell'accusa appare attendibile, dovendosi valutare credibili le dichiarazioni della querelante, che non è sembrata animata da motivi di risentimento pregressi e diversi da quelli sorti dai fatti di causa, né spinta da intenti calunniatori nei confronti dell'imputato, contro il quale si è decisa a presentare una denuncia verosimilmente in quanto non più in grado di sostenere da sola il peso economico dei minori. Alla stregua dunque della pacifica giurisprudenza di legittimità secondo cui le dichiarazioni della persona offesa-se valutate attendibili all'esito di un rigoroso vaglio- possono di per sé fondare, senza la necessità di ulteriori riscontri, il giudizio di responsabilità nei confronti dell'imputato, la testimonianza di (...) si deve ritenere pienamente idonea a sorreggere l'editto accusatorio. A corroborare ulteriormente la valutazione di genuinità della denunciante, del resto, si osserva che le dichiarazioni rese dalla stessa sono state confermate oltre che dal di lei padre anche dalla relazione dell'assistente sociale, alla quale (...) riferì circostanze del tutto analoghe a quelle indicate in denuncia. La circostanza per cui la relazione dell'assistente sociale fu redatta circa un anno prima della denuncia, d'altronde, induce a escludere del tutto che le dichiarazioni rese da (...) alla dott.ssa (...) possano essere state in qualche strumentali a suffragare l'odierna accusa. Incoerente e inverosimile invece appare la versione dell'imputato, il quale d'altronde, con riferimento agli ostacoli addotti al suo esercizio del diritto di visita dei minori, è stato smentito dagli stessi testi a discarico, che hanno negato comportamenti ostruzionistici di (...) o dei suoi familiari. Non appaiono idonei a scalfire il giudizio di attendibilità della persona offesa, i testi della difesa escussi i quali anzi riscontrano parzialmente il narrato della denunciante, la quale ha ammesso alcuni bonifici da parte del nonno paterno e i saltuari regali (perché di tanto si è trattato, almeno per il periodo successivo alla convivenza di (...) con (...)) da parte delle zie paterne. Per quanto attiene alla qualificazione giuridica, dunque, la condotta accertata è senz'altro idonea a integrare sul piano oggettivo i contestati delitti di cui all'art. 570, co. 1 e 2 n. 2, c.p. nonché l'ascritto art. 570 bis c.p., essendo stato dimostrato che dal 2016 (per mero refuso nel capo di imputazione è riportato 2014) ad oggi, l'imputato ha omesso il versamento dell'assegno di mantenimento in favore dei figli minorenni nei termini stabiliti dall'autorità giudiziaria e con evidenza con tale omissione ha determinato anche l'insorgere dello stato di bisogno dei minori, facendogli mancare i mezzi di sussistenza di cui all'art. 570, co.2, c.p. nonché ha violato gli obblighi di assistenza morale sussistenti nei confronti dei figli, disinteressandosi degli stessi e interrompendo con i medesimi qualsivoglia contatto. Riguardo alla possibilità di configurare un concorso tra le diverse fattispecie incriminatrici ascritte, si rimanda al pacifico indirizzo della Suprema Corte secondo cui sussiste concorso formale eterogeneo, e non rapporto di consunzione, fra il delitto di cui all'art. 570-bis cod. pen., e quello previsto dall'art. 570, comma secondo, n. 2, cod. pen. in quanto il primo fornisce tutela penale all'inadempimento dell'obbligo di natura economica imposto dal giudice civile, mentre l'art. 570, comma secondo, n. 2 cod. pen. preserva l'interesse a garantire al minore i mezzi di sussistenza, ove la loro mancanza determini lo stato di bisogno (cfr.: Cass., sez. 6, n. 43560/2021). Si rammenta infatti che, in tema di violazione degli obblighi di assistenza familiare, il reato di cui all'art. 570-bis cod. pen., è integrato non dalla mancata prestazione di mezzi di sussistenza, ma dalla mancata corresponsione delle somme stabilite in sede civile, cosicché l'inadempimento costituisce di per sé oggetto del precetto penalmente rilevante, non essendo consentito al soggetto obbligato operarne una riduzione e non essendo necessario verificare se per tale via si sia prodotta o meno la mancanza di mezzi di sussistenza (cfr.: Cass., sez. 6, n. 4677/2021). Delle fattispecie ascritte ricorre anche l'elemento psicologico, integrato dal mero dolo generico, dovendosi ragionevolmente desumere da quanto finora osservato che l'imputato era ben consapevole degli obblighi scaturiti dal provvedimento del Tribunale per i minorenni e della circostanza che, non versando le somme dovute, i minori sarebbero stati esposti alla mancanza di mezzi di sostentamento. Né si può ritenere che la condotta dei prevenuto sia stata scriminata dalle addotte difficoltà economiche. Premesso che, per la Suprema Coite, ai fini dell'esclusione dei reati di cui all'art. 570 c.p., incombe sull'interessato l'onere di allegare gli elementi dai quali potersi desumere l'eventuale impossibilità ad adempiere agli obblighi di assistenza familiare (cfr.: Cass., sez. VI, n. 8063/2012), si osserva che nel caso di specie non solo è mancata qualsivoglia prova delle addotte difficoltà economiche ma si evidenzia che l'imputato non risulta avere mai chiesto una revisione della somma fissata a titolo di mantenimento. Non osta alle considerazioni appena svolte, la circostanza per cui, nel periodo in contestazione, il sostentamento dei minori fu assicurato da (...) e dai suoi familiari. IN proposito, infatti, si deve aderire all'orientamento della giurisprudenza costante di legittimità, secondo cui, in caso di violazione degli obblighi di assistenza familiare, l'intervento di terzi coobbligati od obbligati in via subordinata che si sostituiscono all'inerzia del soggetto tenuto alla somministrazione dei mezzi di sussistenza non osta alla configurabilità del delitto di cui all'art. 570 c.p.(cfr.: Cass., sez. VI, n. 40823/2012; Cass., n. 785/2010). Ai fini della punibilità dell'imputato, deve escludersi infine la causa speciale di non punibilità di cui all'art. 131 bis c.p., invero neppure invocata dalla difesa. Si osserva infatti che benchè, in base alla cornice edittale del delitto in contestazione (punito con una pena detentiva non superiore nel massimo a cinque anni), l'istituto in parola non sia precluso, osta al riconoscimento dello stesso l'abitualità della condotta, considerato il prolungato lasso di tempo nel corso del quale l'imputato ha omesso il versamento dell'assegno in favore dei figli. Per quanto attiene al trattamento sanzionatorio, non si valutano riconoscibili in favore dell'imputato le circostanze attenuanti generiche non essendo emerso alcun elemento suscettibile di una valutazione favorevole per il prevenuto, ad eccezione della sua incensuratezza. Ai fini della dosimetria della pena si ritiene di dovere applicare una pena superiore al minimo edittale considerato il lungo arco temporale durante il quale è stata accertata la condotta criminosa. Tra le violazioni accertate è possibile riconoscere il vincolo della continuazione dovendosi ritenere sussistente alla base delle stesse un medesimo disegno criminoso, stante la medesimezza della persona offesa nonché il medesimo contesto spazio-temporale. Alla stregua delle considerazioni svolte, pertanto, l'imputato deve essere condannato alla pena che si stima equa, valutati tutti i parametri di cui all'art. 133 c.p., di mesi sei di reclusione ed Euro cinquecento di multa (p.b., riconosciuto più grave il delitto di cui all'art. 570, co.2, c.p. punito con le pene pecuniaria e detentiva congiunte, mesi quattro di reclusione ed Euro 300,00 di multa, aumentata di un mese di reclusione ed Euro 100,00 di multa per la continuazione con il delitto di cui all'art. 570 bis c.p. e di cui all'art. 570, co.1, c.p., alla pena finale indicata), oltre al pagamento delle spese processuali. Si ritiene riconoscibile in favore di (...) il beneficio della sospensione condizionale della pena, potendosi formulare una prognosi favorevole sull'astensione da parte dell'imputato dalla commissione di ulteriori reati, considerata la già menzionata incensuratezza (cfr.: certificato del casellario giudiziale in atti). La condotta accertata a carico del prevenuto ha senza dubbio prodotto un danno nella sfera - patrimoniale e non- della costituita parte civile e pertanto (...)deve essere altresì condannato, ai sensi dell'art. 538 c.p.p., al risarcimento dei danni nei confronti di (...), da liquidarsi tuttavia in separata sede per l'esatta quantificazione, ad eccezione della somma di Euro 5.000,00 a titolo di provvisionale, rispetto alla quale si deve ritenere già raggiunta in dibattimento la prova del danno alla luce dell'importo dei versamenti omessi e del tempo in cui tale omissione si è protratta. L'imputato deve essere altresì condannato al pagamento delle spese di costituzione e rappresentanza in giudizio sostenute dalla parte civile, che, tenuto conto dei valori medi dei parametri di cui al D.M. n. 55 del 2014 e delle fasi in esso previste nonché dell'attività in concreto svolta (che non ha richiesto la risoluzione di questioni particolarmente complesse di fatto o di diritto e che pertanto giustifica una riduzione del 50% dei parametri in questione) oltrechè della riduzione di 1/3 ai sensi dell'art. 106 bis D.P.R. n. 115 del 2002, si liquidano in Euro 1.500,00, oltre spese generali al 15%, IVA e CPA come per legge. Stato. P.Q.M. Letti gli artt. 533-535-538 c.p.p. dichiara (...) responsabile dei reati a lui ascritti e, uniti gli stessi nel vincolo della continuazione, lo condanna alla pena di mesi sei di reclusione ed Euro 500,00 di multa, oltre al pagamento delle spese processuali. Condanna altresì il predetto imputato al risarcimento del danno nei confronti della costituita parte civile, come da separato giudizio, nonché alla rifusione delle spese di rappresentanza e costituzione in giudizio che liquida in Euro 1.500, oltre spese generali al 15%, IVA e CPA. Letti gli artt. 539 co. 2, 540, co.2, c.p.p. condanna l'imputato al pagamento della provvisionale immediatamente esecutiva nei confronti della costituita parte civile nell'ammontare di Euro 5.000,00. Letti gli artt. 163 c.p. ordine in favore dell'imputato la sospensione condizionale della pena nei termini e alle condizioni di legge. Letto l'art. 544 c.p.p. indica in giorni novanta il termine per il deposito della motivazione Così deciso in Nola il 3 maggio 2022. Depositata in Cancelleria il 28 luglio 2022.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI NOLA GIUDICE UNICO DI PRIMO GRADO IN COMPOSIZIONE MONOCRATICA Il giudice onorario Alfonso LICCARDO, alla pubblica udienza del 01.06.2022, ha pronunziato e pubblicato mediante lettura del dispositivo la seguente SENTENZA nei confronti di: (...), nato a (...) il (...) ed elett.te domiciliato in (...) alla via B. n. 29. LIBERO - assente (...), nato a (...) il (...) ed elett.te domiciliato in (...) alla via B. n. 31 LIBERO - assente IMPUTATI Come da allegato PROCURA DELLA REPUBBLICA presso il Tribunale di Nola Il pubblico ministero letti gli artt. 555 c.p.p., 160 Disp. Attuaz. del c.p.p.; letto il decreto del Presidente del Tribunale n. 57/19 con il quale si autorizza la Procura della Repubblica ad ottenere le date di udienza attraverso l'utilizzo del sistema informatico (...); dispone che la cancelleria acceda informaticamente al predetto sistema al fine di estrapolare la data e l'ora dell'udienza nonché il Giudice davanti al quale deve essere trattato il giudizio relativo all'emanando decreto di citazione che segue. Nola, 18 GIU 2020 Il PM DECRETO DI CITAZIONE DAVANTI AL TRIBUNALE DI NOLA - P.ZZA (...) Dott. Sabato Laura il giorno 19.3.2021 alle ore 9,00 e segg. Il P.M., concluse le indagini preliminari relative al procedimento penale iscritto nei confronti di: 1. (...), nato a (...), il (...), residente ed elettivamente domiciliato - ex art. 161 c.p.p. - a (...) ((...)), in via B., 29; difeso di fiducia dall'avvocato Al.Ma. del foro di Foggia; 2. (...), nato a (...), il (...), residente ed ivi domiciliato - ex art. 161 c.p.p. - a (...), in via E. B., 31 difesa di ufficio dall'avv. An.D'A., del Foro di Nola, con studio a San Gennaro Vesuviano, in via (...) - tel: (...) - cell: (...), IMPUTATI del delitto p. e p. dagli artt. 110, 640 c.p. perché, in concorso fra loro, conclusesi le trattative con (...) in ordine all'acquisto di una roulotte che quest'ultimo aveva posto in vendita tramite annuncio pubblicato sul sito internet (...) con artifici e raggiri consistiti nel presentarsi all'appuntamento concordato per la consegna del veicolo quali soggetti incaricati dall'acquirente di ricevere il bene e di corrispondere il prezzo, quindi, nel consegnare al venditore la fotocopia di un documento d'identità intestato a tale (...), apparentemente riferibile all'acquirente, che si era presentato quale "(...)" nel corso della contrattazione telefonica, e nel consegnare, quale corrispettivo, l'assegno circolare n. (...), apparentemente emesso dall'istituto bancario (...) di (...) per l'importo di Euro 4.500,00, tacendo la circostanza che si trattasse di un titolo contraffatto, inducendo in errore il predetto (...) in ordine alla serietà dell'affare ed all'autenticità dell'assegno ricevuto a titolo di corrispettivo, si procurava un ingiusto profitto consistito nel conseguire la roulotte marca A., modello DD5206 DK01, targata (...), con correlativo danno per il venditore che cedeva il bene senza ricevere il corrispettivo pattuito; in Pollena Trocchia, il 2 febbraio 2019 DISPONE la citazione a giudizio dell'imputata, come sopra generalizzata, per l'udienza e avanti al Giudice su indicato per rispondere dei reati loro ascritti, con l'avvertimento che, non comparendo senza un legittimo impedimento si procederà contro di loro in contumacia. Persone offese: (...), nato a (...) di (...), il (...), residente a P., in via D., 2 INVITA CIASCUN IMPUTATO qualora non vi abbia già provveduto a dichiarare o ad eleggere domicilio per le notificazioni relative al presente procedimento con dichiarazione resa nella segreteria di questo Ufficio o nella cancelleria del Tribunale del luogo dove si trovi, con telegramma o lettera raccomandata con sottoscrizione autenticata da notaio, da persona autorizzata o dal difensore; con avvertenza, che in caso di mancata comunicazione di ogni mutamento del domicilio eletto o dichiarato, o di mancanza, insufficienza o inidoneità della dichiarazione o elezione, tutte le notificazioni saranno eseguite nel luogo in cui viene notificato il presente decreto (art. 161 c.p.p.). AVVISA CIASCUN IMPUTATO CHE 1) qualora ne ricorrano i presupposti, potrà chiedere, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado: a) il giudizio abbreviato (art. 438 c.p.p.), b)l'applicazione della pena su richiesta (Patteggiamento ex artt. 444 c.p.p.), ovvero c) presentare domanda di oblazione; 2) ha facoltà di nominare un difensore di fiducia e, in mancanza, sarà assistito dal difensore d'ufficio nominato e che potrà usufruire delle disposizioni sul gratuito patrocinio: per essere ammessi al patrocinio a spese dello Stato dovrà dimostrare di essere titolare di un reddito imponibile ai fini dell'IRPEF risultante dall'ultima dichiarazione non superiore a Euro11.369,24 e, nell'ipotesi in cui con lui convivano il coniuge o altri familiari, e che questi ultimi siano titolari di redditi (redditi che andranno sommati a quello dell'indagato), la predetta somma sarà aumentata di Euro 1032.91 per ciascun componente il nucleo familiare (artt. 76 segg. e 92 D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 - Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia); 3) il fascicolo relativo alle indagini preliminari è depositato nella segreteria di questa Procura e le parti ed i difensori hanno facoltà di prenderne visione ed estrarne copia. MANDA ALL'UFFICIALE GIUDIZIARIO di notificare a norma di legge il presente decreto di citazione a giudizio ai su elencati imputati e loro difensori nonché alle su indicate persone offese ai sensi dell'art. 552 comma III c.p.p. Nola, 14 LUG 2020 ITER PROCESSUALE FATTO E DIRITTO Con decreto emesso il 14.07.2020, gli imputati venivano tratti a giudizio dinanzi a questo Tribunale per rispondere del reato ipotizzato a suo carico dal p.m. nella formulazione dell'imputazione trascritta in epigrafe. In data 19.03.2021 si dichiarava l'assenza dell'imputato (...) e per la traduzione del coimputato -detenuto per altro- si rinviava al 30.04.2022, giorno in cui giungeva notizia dell'impedimento di quest'ultimo, per motivi di salute, e si rinviava al 25.06.2021. Per astensione degli avvocati si rinviava ancora al 15.10.2021, giorno in cui si dichiarava aperto il dibattimento, si acquisiva la documentazione prodotta dal Pm e si esaminava la p.o., per poi rinviare in prosieguo al 03.12.2021. Indi si completava l'intera istruttoria dibattimentale (in quanto veniva esaminato il teste di PG) e si rinviava -su richiesta della difesa- per la sola discussione al 04.02.2022. Per legittimo impedimento del difensore, si rinviava ancora prima al 06.04.2022 e poi al 01.06.2022, giorno in cui, rassegnate le conclusioni dalle parti, il Tribunale si ritirava in camera di consiglio e definiva il giudizio mediante lettura del dispositivo di sentenza in udienza. MOTIVI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE Dall'istruttoria svolta emerge con chiarezza la penale responsabilità degli imputati per i fatti a loro contestati. Questa la ricostruzione di fatti. In data 06.02.2019 il sig. (...) denunciava -presso la Stazione dei CC di Portici- di essere stato vittima di una truffa. La moglie (...) era proprietaria di una roulotte marca A., modello DD5206 DK01, tg. (...) che la coppia decideva di porre in vendita. Il (...) pubblicava dunque on line un annuncio di vendita, al quale rispondeva un tale sig. (...), con l'uso di un'utenza cellulare n. (...), con il quale il primo concordava il prezzo di vendita di Euro 4.500,00 -oltre passaggio di proprietà-, da corrispondere a mezzo assegno circolare al momento della consegna del bene Questa veniva fissata in data 02.02.2019, in P. T., nel luogo di custodia del mezzo (via G. n. 61), presso cui sarebbe pervenuto un delegato del sig. (...), tale sig. (...), rintracciabile all'utenza cellulare n. (...). La consegna avveniva intorno alle ore 13.00 del giorno fissato, e la roulotte veniva prelevata dal sig. (...), accompagnato da altro soggetto, previa consegna di copia dei documenti di identità del sig. Di (...), effettivo acquirente, nonché di un assegno circolare n. (...) emesso in data 01.02.2019 dalla banca (...) di (...). I due rifiutavano però di fornire i propri documenti al (...), nonostante la sua richiesta, acconsentendo alla sola foto del libretto di circolazione della vettura. La sig.ra G., presente anch'essa in quel frangente ed insospettitasi per il rifiuto dei due alla loro identificazione, aveva però la prudenza di fotografare i momenti della consegna, conservando le effigie sia dei due soggetti presentatisi che della vettura in loro uso, una Opel Zafira tg. (...) (fotografie tutte poi acquisite al fascicolo del dibattimento). La coppia si recava qualche giorno dopo in banca per incassare il titolo a loro consegnato, e scoprivano in quell'occasione che esso era falso, mai emesso. Naturalmente i successivi tentativi del denunciante di contattare i malfattori e di ricevere spiegazioni risultavano poi inutili. Dalle successive indagini svolte dalla Stazione dei CC di Portici emergeva che le due utenze cellulari in uso rispettivamente ai sedicenti sig. (...) e sig. (...) erano intestate a soggetti extracomunitari, e che l'auto Opel Zafira tg. (...) risultava intestata a tale sig. (...), residente dapprima in (...) ((...)) e poi a M.. I militari inviavano dunque le foto a loro consegnate dal denunciante alle consorelle dei due luoghi indicati, ed il personale in servizio presso la Stazione di Carapelle, ed in particolare il V. Brig. (...) ed il Mar. (...), riconoscevano, senza dubbi alcuni, l'identità dei due imputati, raffigurati nelle foto loro inviate. Da quanto riferito dal primo dei due militari citati -esaminato in aula-, egli riconosceva immediatamente lo (...), in quanto destinatario di molte comunicazioni di atti di ufficio, peraltro spesso per reati di truffa, a lui consegnate dal medesimo militare. Pochi giorni prima della ricezione delle foto da parte dei CC di Portici, invero, il militare lo aveva incontrato per tali ragioni di ufficio, per cui egli si esprimeva con certezza sul riconoscimento effettuato. In riferimento al (...), esso risultava in un primo momento sconosciuto. Nei giorni successivi però l'imputato si presentava negli uffici della Stazione di Carapelle perché appena scarcerato, per reati analoghi, dal carcere di Velletri, ed i due militari menzionati avevano la prontezza di riprendere le foto in loro possesso e confrontarle con il soggetto presente dinanzi a loro, riconoscendolo dunque senza ombra di dubbio. Anche i vestiti in quel momento indossati dal (...) corrispondevano a quelli ripresi nelle foto. Ebbene, dalle risultanze probatorie elencate appare evidente la penale responsabilità degli imputati per il delitto di cui alla rubrica. Nessun dubbio emerge invero quanto alla loro partecipazione materiale al fatto delittuoso, essendo essi stati ritratti in fotografie scattate dalla p.o. al momento del fatto e poi riconosciuti senza dubbi alcuni, da personale delle FF.OO. Non si dubita invero della attendibilità delle dichiarazioni rese dai testi esaminati, che hanno proposto una ricostruzione dei fatti logica e coerente, in nessun modo contraddetta da altre emergenze probatorie, corroborate anzi da materiale fotografico. Né sussistono elementi per cui ritenere la presenza di un interesse dei propalanti a calunniare i due imputati. Al militare che ha riferito di aver riconosciuto i due imputati va poi riconosciuta una speciale attendibilità, in quanto p.u. Gli imputati non fornivano poi giustificazioni o tesi -a dimostrazione di una diversa ricostruzione dei fatti o di una loro buona fede- che potessero essere attendibili. Non si dubita neanche della sussistenza dell'elemento psicologico del reato. Esso, invero, "costituito dal dolo generico, diretto o indiretto, può desumersi dalle concrete circostanze e dalle modalità esecutive dell'azione criminosa, attraverso le quali, con processo logico-deduttivo, è possibile risalire alla sfera intellettiva e volitiva del soggetto, in modo da evidenziarne la cosciente volontà e rappresentazione degli elementi oggettivi del reato, quali l'inganno, il profitto ed il danno, anche se preveduti come conseguenze possibili della propria condotta, di cui si sia assunto il rischio di verificazione " (Cass. Pen., sez. 5, sent. n. 30726 del 09.09.2020) Ebbene, la circostanza per cui i due negavano di mostrare i propri documenti alle vittime del reato evidenzia alternativamente, in entrambi, la consapevolezza o del compimento di un'azione illecita, o quantomeno del rischio di partecipare ad una condotta criminosa architettata da terzi; non si giustifica altrimenti la volontà di celare le proprie identità alle pp.oo., le quali non avrebbero mai potuto altrimenti ricevere giustizia se la G. non avesse avuto la prontezza di fotografare il volto dei due malfattori. Ciò posto, si configura dunque a carico dei prevenuti il reato in contestazione. La consegna di un assegno falso ha costituito invero l'artifizio utile a raggirare il venditore ed indurlo in errore quanto al buon fine dell'operazione, convincendolo così alla consegna del possesso del bene, con illecito profitto per il cessionario e corrispondente con danno economico per il cedente. Il fatto non può essere valutato tenue, considerata la non minima entità del danno arrecato alla p.o.; i prevenuti risultano poi gravati da vari ed anche specifici precedenti penali. Lo scrivente non ritiene poi di poter riconoscere agli imputati le circostanze attenuanti generiche, non essendo emersi elementi a favore di tanto. Tali elementi, valutati ai sensi dell'art. 133 c.p., fanno ritenere equa l'irrogazione della pena di pena di mesi dieci di reclusione ed Euro 400,00 di multa; a cui segue per legge la condanna al pagamento delle spese processuali. Il carico di lavoro giustifica la riserva del termine ex art. 544 c.p.p. P.Q.M. nel processo a carico di (...) e (...) Visti gli artt. 533 e 535 c.p.p. dichiara gli imputati colpevoli del reato a loro ascritto, e li condanna alla pena di mesi dieci di reclusione ed Euro 400,00 di multa, oltre che al pagamento delle spese processuali. Letto l'art. 544 c.p.p. riserva in giorni novanta il termine per il deposito della motivazione. Così deciso in Nola l'1 giugno 2022. Depositata in Cancelleria il 26 luglio 2022.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI NOLA SEZIONE PENALE In composizione monocratica Il Giudice monocratico, G.O.T., dott.ssa Speranza Fedele alla pubblica udienza del dì 28/04/2022 ha pronunziato e pubblicato mediante lettura il dispositivo della seguente SENTENZA nei confronti di (...) nato a N. il (...), ivi residente alla via M. (...) n. 57, ivi elettivamente domiciliato, ex art. 161 c.p.p. Libero Assente IMPUTATO Come da allegato IMPUTATO - Per il delitto p. e p. dagli artt. 570 e 570 bis c.p., perché, dimostrando totale disinteresse e costante indifferenza nei confronti dei figli minori (...), (...) e (...), serbando una condotta contraria all'ordine e alla morale delle famiglie, omettendo di versare alla coniuge (...) la somma mensile di Euro 720,00, posta a suo carico, per il mantenimento della prole, con sentenza di separazione emessa dal Tribunale di Nola, il 3.10.2013, si sottraeva agli obblighi di assistenza inerenti alla responsabilità genitoriale, faceva mancare i mezzi di sussistenza ai figli minori e violava le diposizioni patrimoniali del predetto provvedimento. In Casalnuovo di Napoli (NA) dal novembre 2013 con condotta perdurante. MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA DECISIONE Con decreto emesso dal P.M. in data 12/11/2021, (...) era tratto a giudizio innanzi al Tribunale Nola in composizione monocratica, per rispondere del reato in epigrafe specificato. All'udienza del dì 16/09/2021, assente l'imputato, ex art. 420 bis c.p.p., costituitasi parte civile (...), il Tribunale dichiarava aperto il dibattimento e, sulle richieste istruttorie avanzate dalle parti, pronunciava ordinanza ammissiva dei mezzi di prova. Indi, venivano allegate al fascicolo del dibattimento, ex art. 493 co 3 c.p.p., le informative di reato dei CC di Casalnuovo di Napoli del 19.08.2018 e del 9.11.2018 con allegati. Veniva, poi, sentita la persona offesa e transitava nell'incarto processuale il verbale s.i.t. rese da (...) (...) in data 31.10.2018 dinanzi ai CC di Casalnuovo di Napoli. Il P.M. rinunciava all'escussione dei testi, (...) dei CC di Casalnuovo di Napoli e (...) (...), per superfluità, e seguiva la revoca dell'ordinanza ammissiva in parte qua da parte del g.m.. All'udienza del 28.04.2022 l'imputato presente, del quale si revocava la dichiarazione di assenza, rendeva esame. All'esito, il Tribunale dichiarava la chiusura dell'istruttoria dibattimentale e la piena acquisibilità degli atti; udite le conclusioni delle parti, pronunziava dispositivo, cui fa seguito la presente sentenza, per il cui deposito indicava il termine di giorni 90. Si premette, sulla scorta di quanto evincibile dalla documentazione presente nel fascicolo del P.M., transitata legittimamente in quello del dibattimento, che, in forza di sentenza di divorzio n.10858/2013 del Tribunale di Napoli emessa in data 3.10.2013, l'odierno imputato era tenuto al versamento, in favore di (...), dell'importo di Euro 720,00, a titolo di assegno di mantenimento dei tre figli minori, (...), (...) e (...), nati dal matrimonio con la (...). Secondo quanto emerso dalle dichiarazioni rese da quest'ultima in dibattimento, il suddetto obbligo non era stato adempiuto dal (...) dalla detta pronuncia, malgrado quest'ultimo avesse potuto farvi fronte, avendo sempre lavorato. La parte civile svolgeva l'attività di sarta, ma veniva aiutata dal padre (...), il quale provvedeva al pagamento delle bollette e ad acquistare beni di prima necessità. Gli accertamenti patrimoniali esperiti in sede di indagine ed in atti hanno dimostrato, come peraltro dichiarato dalla parte civile che per gli anni, 2015, 2016, 2017 il (...) era stato alle dipendenze di diversi bar con redditi assolutamente modesti. Circostanze compatibili con quanto sostenuto dallo stesso imputato, in sede di esame, avendo lo stesso affermato di percepire un reddito mensile di Euro 750,00, come cameriere. L'imputato ha, altresì, dichiarato che, pur non avendo versato l'importo di Euro 720,00 stabilito per il mantenimento dei figli minori, aveva provveduto, in via esclusiva, al pagamento del mutuo contratto per l'acquisto della casa coniugale, Euro 660,00 mensili. La stessa parte civile ha dichiarato che, fino al periodo di emergenza sanitaria l'imputato aveva continuato a pagare l'intera rata del mutuo, mentre, successivamente, la metà e che i suoi rapporti con i figli, nonostante non fosse stato un padre presente, non avevano sofferto soluzioni di continuità. Alla luce di queste circostanze, in considerazione della condizione reddituale dell'imputato, del parziale adempimento, non può esservi certezza che questo sia da addebitare alla sua volontà di sottrarsi ai suoi obblighi di genitori e non alle reali condizioni economiche. Ne discende, che il (...) deve essere mandato assolto, ai sensi dell'art. 530 c.p.p., con la formula di cui in dispositivo. Si deve osservare che, al fine di ritenere integrato il reato di cui all'art. 570 cpv. c.p., il giudice penale deve accertare se, per effetto di tale condotta, siano venuti a mancare ai beneficiari i mezzi di sussistenza, con l'ulteriore precisazione che il reato non viene meno qualora il figlio minore - il cui stato di bisogno risulta di intuitiva evidenza, non avendo un proprio reddito - abbia ricevuto da terzi, coobbligati o non coobbligati, i mezzi di sussistenza per le più urgenti necessità, in quanto proprio tale sostituzione costituisce prova dello stato di bisogno in cui versa il minore (cfr. Cass. Sez. IV, n. 5523/96; Cass. Sez, VI, n. 3917/85; Cass. Penale 6682/2015). In punto di diritto appare opportuno evidenziare che, secondo il costante orientamento della Suprema Corte, la nozione di mezzi di sussistenza che rileva in tema di violazione degli obblighi di assistenza familiare comprende solo ciò che è necessario per la sopravvivenza dei familiari dell'obbligato nel momento storico in cui il fatto avviene. Lo stato di bisogno, infatti, va apprezzato nel rapporto tra la persona che deve essere assistita e il soggetto obbligato, con l'effetto che il reato non è escluso dal fatto che altri, coobbligato od obbligato in via sussidiaria, si sostituisca all'inerzia del soggetto obbligato a prestare i mezzi di sussistenza. Né va sottaciuto che il reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare è reato a dolo generico, non richiedendosi, per la sua configurabilità, che la condotta omissiva venga posta in essere dall'agente con l'intenzione e la volontà di fare mancare realmente i mezzi di sussistenza all'avente diritto (cfr.: Cass. Sez. VI Penale 41040/2012). Ulteriore presupposto da accertare per ritenere configurabile il reato di cui all'art. 570 c.p., è, oltre allo stato di bisogno dell'avente diritto alla somministrazione, la concreta capacità economica dell'obbligato di fornirglielo, sebbene l'asserita incapacità economica dell'obbligato assuma valore esimente in virtù del principio ad impossibilia nemo tenetur, solo allorché sia assoluta e non ascrivibile a colpa dell'obbligato (cfr. Cass. N. 5523/96; Cass. N. 37419/01). Infatti, secondo il costante pronunciamento della Suprema Corte, l'impossibilità alla somministrazione dei mezzi di sussistenza che costituisce esimente dalla responsabilità penale, deve concretizzarsi, non in mera difficoltà economica, ma in uno stato di vera e propria indigenza che inibisca l'adempimento anche solo parziale della prestazione e deve inoltre prescindere da una condotta colpevole dell'obbligato, il quale è tenuto a fare tutto ciò che è nelle sue possibilità per mettersi in condizioni di adempiere ai propri obblighi di genitore (cfr. Cass. Sez. VI n. 5780/95; Cass. Sez. VI, n. 5969/97). Neanche lo stato formale di disoccupazione fa venire meno gli obblighi di assistenza familiare. Infatti "è necessario che, oltre a ciò, il soggetto obbligato al versamento dimostri che le sue difficoltà economiche si siano tradotte in uno stato di vera e propria indigenza economica e nell'impossibilità di adempiere, sia pure in parte, alla suddetta prestazione" (Cass. 35612/2011). La Corte di Cassazione ha precisato come vada accertata l'esistenza dell'elemento psicologico del fatto che, nel caso specifico, corrisponde non alla volontà di sottrarre i propri beni alla responsabilità, ma, come per tutte le violazioni degli obblighi di assistenza familiare, è il dolo generico "il quale è integrato dalla mera consapevolezza di sottrarsi all'adempimento dell'obbligo di mantenimento". Invero, "l'obbligo di fornire i mezzi di sussistenza al figlio minore sussiste anche quando vi provveda la madre in tutto o in parte con i proventi del proprio lavoro o/e con l'intervento contributivo di altri congiunti e non, proprio a cagione del mancato contributo posto a carico del padre in sede civile". La Suprema Corte ha, inoltre, ritenuto di puntualizzare che, "ai fini della corretta configurabilità del reato in questione, lo stato di bisogno del figlio minore, proprio per l'intuibile posizione di soggetto particolarmente esposto a necessità cogenti di natura materiale e morale per il suo necessario sviluppo psico-fisico, non può ritenersi superato dal contributo di terzi non coobbligati, da soli o in unione con soggetti coobbligati, rispetto a cui il "partner" si sottragga agli obblighi impostigli ex lege per la sua qualità parentale, omettendo di assicurare i mezzi di sussistenza; intesi come necessario coacervo di elementi necessari alle esigenze di un "minimum", vitale per il soggetto minore in termini di ragionevole decoro e funzionalità". (Cass. Pen. Sent. n. 6894/2003). La valutazione circa la mancanza dei mezzi di sussistenza deve essere dunque rigorosa, ma compiuta caso per caso, concretamente, e deve comprendere tanto l'accertamento circa un effettivo stato di bisogno quanto quello concernente la reale capacità economica dell'agente di fornire i mezzi di sussistenza. Quanto a quest'ultimo aspetto, è pacifico in giurisprudenza che "la semplice indicazione dello stato di disoccupazione dell'obbligato non sia sufficiente a far venire meno l'obbligo di fornire i mezzi di sussistenza"(Trib. di Firenze., II, 18 gennaio 2008, n. 4008),così come non basta l'allegazione della prestazione di una qualche attività di lavoro da parte del coniuge avente diritto alla prestazione per il figlio ad esonerare il coniuge da responsabilità penale: invero, "ai fini dell'esclusione del delitto, anche la giurisprudenza di merito, esige un impegno rigoroso da parte di chi sia obbligato a prestare i mezzi di sussistenza non avendo ritenuto che lo stato di bisogno dell'alimentando sia escluso da mediocri, saltuari ed incerti guadagni che l'avente diritto è costretto a procurarsi per sopperire alle omissioni dell'imputato capace di provvedervi". (Cass. Pen., Sez. VI, sent. n. 346915/2007). Nel caso di specie, l'espletata istruttoria non ha confermato una colpevole inadempienza del (...) in merito al versamento dell'assegno di mantenimento, a causa delle sue condizioni reddituali. Dalle premesse teoriche discende che, nel caso di specie, non ricorrono tutti gli elementi oggettivi per ritenere che l'imputato si sia consapevolmente sottratto al versamento dell'assegno di mantenimento nei confronti dei figli minori, violando, con la propria condotta, il precetto di cui all'art. 570 c.p. a lui ascritto in rubrica, essendovi dubbio che lo stesso avesse le disponibilità economiche necessarie per sostenere il nucleo familiare da lui creato con la (...), come si evince dalle riferite emergenze processuali. Per tutte le ragioni suesposte, l'imputato va assolto con la formula di cui in dispositivo. P.Q.M. Letto l'art. 530 c.p.p., assolve l'imputato perché il fatto non costituisce reato. Letto l'art. 544 comma 3 c.p.p., indica il termine di giorni 90 per il deposito della motivazione. Così deciso in Nola il 28 aprile 2022. Depositata in Cancelleria il 25 luglio 2022.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI NOLA GIUDICE UNICO DI PRIMO GRADO IN COMPOSIZIONE MONOCRATICA Il giudice onorario Alfonso LICCARDO, alla pubblica udienza del 04.05.2022, ha pronunziato e pubblicato mediante lettura del dispositivo la seguente SENTENZA nei confronti di: (...), n. a R. il (...) e res. in V. L. alla via (...) (...) n. 13; Libero - assente (...), n. a R. il (...) e res. in V. L. alla via M. n. 13; Detenuto per altro - assente IMPUTATI Come da allegato PROCURA DELLA REPUBBLICA presso il Tribunale di Nola Il pubblico ministero letti gli artt. 555 c.p.p., 160 Disp. Attuaz. del c p.p.; letto il decreto del Presidente del Tribunale n. 57/19 con il quale si autorizza la Procura della Repubblica ad ottenere le date di udienza attraverso l'utilizzo del sistema informatico (...); dispone che la cancelleria acceda informaticamente al predetto sistema al fine di estrapolare la data e l'ora dell'udienza nonché il Giudice davanti al quale deve essere trattato il giudizio relativo all'emanando decreto di citazione che segue. Nola, 16.9.2021 DECRETO DI CITAZIONE DAVANTI AL TRIBUNALE DI NOLA - P.ZZA (...) Dott. SA.LA. il giorno 01-12-2021 alle ore 9,00 e segg. Il P.M., concluse le indagini preliminari relative al procedimento penale iscritto nel registro delle notizie di reato il 12.4.2021 nei confronti di: (...), nato in R. il (...) residente in V. L. alla via (...) (...) n.13 difeso di fiducia dall'Avv. En.Na. del foro di Avellino e dall'Avv. Fe.Vi. del foro di Santa Maria Capua Vetere (...) nato in R. il (...) domiciliato in V. L. alla via U. M. n.13 difeso di fiducia dall'Avv. Gr.Ge. del foro di Napoli Nord entrambi sottoposti alla misura degli arresti domiciliari per questo procedimento imputati a) del delitto p.p. dagli artt. 110, 624, 625 n.2 e 5, 61 n.5 c.p. perché in concorso tra loro e con soggetti allo stato ignoti 1 al fine di trame profitto per sé o per altri, dopo aver forzato la porta d'accesso di una cabina elettrica, ubicata in (...) alla via (...) e di proprietà della (...) SRL, asportavano circa 500 kg di rame, per un danno complessivo non saputo quantificare dal denunciante. Con le aggravanti di aver agito con violenza sulle cose e di aver approfittato di circostanze di tempo e luogo tali da ostacolare la pubblica o privata difesa b) del delitto p.p. dagli artt. 110, 624, 625 n.2 e 5, 61 n.5 c.p. perché in concorso tra loro e con soggetti allo stato ignoti, al fine di trame profitto per sé o per altri, dopo essersi introdotti all'interno di una centrale ubicata in M. (A.) alla via G. e di proprietà della (...) spa, asportano 20 metri lineari di cavi di rame SVOLGIMENTO DEL PROCESSO ITER PROCESSUALE Con decreto emesso il 16.09.2021, gli imputati erano tratti a giudizio dinanzi a questo Tribunale per rispondere dei delitti a loro ascritti dal p.m. nella formulazione dell'imputazione trascritta in epigrafe. In data 01.12.2021 si dichiarava l'assenza degli imputati e si rinviava -per omessa notifica del DC ad una p.o.- al 09.03.2022. Indi, ammessa la costituzione di parte civile della (...) SPA, i difensori e procuratori speciali degli imputati richiedevano procedersi nelle forme del rito abbreviato; il Tribunale ammetteva il rito, acquisiva il fascicolo del PM e le parti rassegnavano le loro rispettive conclusioni; si rinviava su richiesta di repliche del PM al 04.05.2022, giorno in cui il Tribunale si ritirava in camera di consiglio e definiva il giudizio mediante lettura del dispositivo di sentenza in udienza. MOTIVI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE Ritiene il giudice che dall'istruttoria svolta emerga con certezza la responsabilità penale degli imputati, con le precisazioni di cui in seguito. Queste le risultanze probatorie, emergenti dalla lettura degli atti acquisiti ai sensi degli artt. 438 e ss. c.p.p., e dunque tutti pienamente utilizzabili per la decisione. A seguito di pregresse indagini svolte al fine di individuare gli autori di numerosi furti perpetrati nell'intero territorio campano, gli inquirenti sottoponevano ad intercettazione telefoniche le utenze degli imputati. L'attribuzione delle medesime ai due prevenuti risultava pacifica in quanto l'utenza n. (...) era stata trovata nella disponibilità del (...) nel corso di un controllo del 11.03.2021 da parte dei CC di Monteroduni; mentre l'utenza n. (...) era stata trovata nella disponibilità del (...) nel corso di un controllo del 04.11.2020 da parte dei CC di Villa Literno. Orbene, da una conversazione intervenuta tra i due in data 07.03.2021 emergeva che il (...) invitava il (...) a vedersi la sera ("Ma stasera che fai? Vieni? risp. (...) "Ma con chi vai" - (...): "Io con te, con (...), con questi... Devo venire a prenderti... Vieni con me perché dobbiamo andare dalla vecchietta..."). Ebbene, alle ore 20.00 della sera del 07.03.2021 le utenze di entrambi gli imputati agganciavano la cella ubicata in A., alla via (...), luogo in cui veniva -in quelle medesime circostanze di tempo-perpetrato il furto di rame ai danni della società (...). Infatti, con denuncia del 08.03.2021 il sig. (...), nella qualità di responsabile della rete elettrica dello stabile in uso alla società (...) e sito in (...) alla via (...) snc, segnalava il furto di circa 500 kg di rame. Egli ne aveva ricevuto notizia da una guardia giurata, incaricata della elettrica e si era dunque avveduto della sottrazione perpetrata, senza poter in alcun modo individuarne i colpevoli. Analogamente, da una intercettazione delle 07.13 della mattina del 11 marzo 2021 emerge che un terzo soggetto, identificato nel (...), dava indicazioni al (...) su dove portare beni non meglio identificati ((...) chiama il (...) e gli dice: "portali velocemente da (...)"; risp. "Dove li devo portare? Passa tu da qui..." e dopo una lamentela (...) risponde: "Va bene" - (...) afferma: "da (...)" - (...) risponde nuovamente: "Va bene"). Ebbene, nel corso della notte tra il 10 e l'11 marzo 2021 le utenze dei due prevenuti agganciavano entrambe, intorno alle ore 19.00, la cella sita in (...) (...), per poi disconnettersi, probabilmente per lo spegnimento dei telefoni cellulari. Alle ore 05.19 dell'11.03.2021 l'utenza intestata al (...) si agganciava a celle site in M. (...), comune confinante con Solofra. I due avevano dunque -con tutta evidenza- trascorso la notte nel territorio tra i due comuni citati, e la mattina discorrevano sul trasporto di un materiale non meglio identificato. Il tutto in piena compatibilità con il luogo ed il momento della consumazione del furto in danno della società (...) SPA. Infatti, con denuncia del 11.03.2021 il sig. (...), tecnico dipendente della (...) SPA, segnalava il furto di circa venti metri di cavo di rame. Egli aveva ricevuto una segnalazione di guasto da parte degli uffici di Roma e si era pertanto recato presso la centrale (...) sita in Montoro (Av) alla via (...) (...) snc, ed ivi si era accorto della asportazione del materiale, senza poter in alcun modo individuarne i colpevoli. I due imputati, comunque, in sede di interrogatorio di convalida del fermo, ammettevano gli addebiti. Ebbene, dalle risultanze in atti, in assenza di elementi di senso contrario, emerge con evidenza la fondatezza dell'ipotesi accusatoria. La ricostruzione operata dall'Ufficio di Procura appare invero pacifica e priva di elementi di incertezza; le conclusioni a cui essa giunge si presentano poi logiche e congruenti con i dati acquisiti. Vi è piena coincidenza di tempo e di luogo tra i due furti consumati e le risultanze delle intercettazioni eseguite, che riportano dialoghi pienamente coerenti con le condotte descritte in imputazione. L'uso di un linguaggio criptico (ad es. "la vecchietta") si palesa poi utile a camuffare i reali intenti degli interlocutori e rende conferma della circostanza per cui essi fossero intenti ad attività illecite. Gli agganci delle utenze in uso ai due imputati a celle allocate nei medesimi luoghi in cui si sono consumati i furti, nonché nelle medesime ore in cui essi sono stati compiuti, costituiscono poi ulteriore concordante elemento indiziario a sostegno dell'ipotesi accusatoria. La confessione resa dagli imputati corroborano ulteriormente quanto accertato dalla PG. L'insieme di tali evidenze, considerata anche l'assenza di elementi di senso contrario, consente dunque di ritenere con certezza tanto la sussistenza dei fatti in contestazione quanto l'individuazione dei suoi autori. Corretta appare altresì la contestazione delle circostanze aggravanti della violenza sulle cose e della partecipazione di più persone. Quanto alla prima, risulta evidente la violenza perpetrata dagli autori del reato tanto per entrare nella cabina della società (...), in occasione del primo furto descritto, quanto per distaccare i cavi di proprietà della (...) dalle batterie a cui erano collegate, in occasione del secondo furto. In riferimento alla seconda circostanza aggravante citata, in entrambi i fatti le intercettazioni telefoniche danno contezza della partecipazione di tale (...), di cui si dichiara la presenza al momento del primo reato, e che deve fungere da custode della refurtiva in occasione del secondo. Lo scrivente ritiene così provato il concorso di almeno tre soggetti alle condotte in contestazione. Discorso a parte va operato in riferimento alla terza delle aggravanti contestate, quella della cd "minorata difesa". La Suprema Corte ha invero chiarito che: "Ai fini della configurabilità della circostanza aggravante della minorata difesa, se il tempo di notte, di per sé solo, non realizza automaticamente tale aggravante, con esso possono concorrere altre condizioni che consentono, attraverso una complessiva valutazione, di ritenere in concreto realizzata una diminuita capacità di difesa sia pubblica che privata, non essendo necessario che tale difesa si presentì impossibile ed essendo sufficiente che essa sia stata soltanto ostacolata. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto congruamente motivata la sentenza impugnata che aveva riconosciuto l'aggravante in questione in relazione al reato di furto perpetrato in orario notturno all'interno di una officina, sita in zona periferica in cui non vi erano esercizi commerciali aperti). " (cfr. Cass. Pen., sez. 4, sent. n. 53570 del 05.10.2017); "L'aggravante della minorata difesa si fonda su una valutazione in concreto delle condizioni che hanno consentito di facilitare l'azione criminosa non rilevando l'idoneità astratta di una situazione, quale il tempo di notte. (Nella fattispecie la S.C. ritiene che la motivazione debba indicare gli elementi da cui emerge che la commissione del reato in tempo di notte, in una data situazione, si sia in concreto realizzata per un difetto di vigilanza da parte del proprietario tale da diminuire la capacità di difesa sia pubblica che privata)." (cfr. Cass. Pen., sez. 4, sent. n. 15214 del 06.03.2018). Ebbene, in occasione del primo reato, ai danni della società (...), è riportata in denuncia la presenza di una guardia giurata, di turno notturno, che si accorgeva del furto in corso ma non riusciva a sventarlo. Il proprietario aveva dunque predisposto una adeguata difesa ai suoi beni, colmando con la presenza di un custode la difficoltà che l'orario notturno comporta per la tutela della proprietà. In ossequio alle pronunce riportate, lo scrivente non ritiene così configurata tale aggravante in occasione dell'episodio indicato. A diverse conclusioni si giunge in riferimento al furto perpetrato nei confronti della (...) SPA, in quanto la cabina ad essa appartenente -in cui era presente il materiale sottratto- è rimasta incustodita nel corso della notte, in luogo non frequentato in orario notturno, raggiunto dal dipendente della società solo nel corso della mattinata. Si ravvisano così gli elementi di cui all'art. 61 n. 5 c.p., avendo i malfattori approfittato di una circostanza di tempo in cui mancava qualsivoglia sorveglianza del sito ed approfittando del buio della notte. Non si ritiene poi sussistente la recidiva contestata agli imputati. Il (...) era infatti incensurato al momento del fatto; il (...) era gravato da alcuni precedenti penali di diversa specie, tutti principalmente di resistenza a pp.uu., evidentemente collegati alla condizione di soggetto destinatario di ordine di espulsione. I furti per cui si procede non appaiono dunque espressione di una consolidata capacità delinquenziale. Non possono riconoscersi ai prevenuti le circostanze attenuanti generiche. I fatti contestati appaiono gravi, inseriti in un contesto di plurime condotte di furto, perpetrati da soggetti che mostravano una certa abitualità a tali illeciti. Le confessioni rese appaiono poi strumentali alla richiesta di un trattamento sanzionatorio più mite, in quanto intervenute in un momento in cui il materiale probatorio a carico dei due era già esaustivo ed idoneo al loro fermo. Le condotte possono poi essere ritenute collegate nel medesimo disegno criminoso, trattandosi di fatti identici e consumati in brevissimo lasso di tempo. Passando al trattamento sanzionatorio, va osservato che non appare ingente il danno arrecato alle pp.oo., valutando sia la qualità delle pp.oo. che la circostanza per cui il rame usato non risulta essere bene di particolare valore. Valutati dunque -ai sensi dell'art. 133 c.p.- tutti gli elementi dei fatti così come ricostruiti, nonché la personalità degli imputati, ritiene il Tribunale -applicato l'aumento per la continuazione e la riduzione per il rito abbreviato richiesto- di condannare gli imputati alla pena finale di anni due e mesi due di recl, ed Euro 160,00 di multa (p.b., ritenuto più grave il delitto contestato al capo b) dell'imputazione, anni tre di recl. ed Euro 210,00, di multa, aumentato per la continuazione ad anni tre e mesi tre di recl. ed Euro 240,00 di multa, ridotta per il rito). Segue per legge la condanna al pagamento delle spese processuali. Letto l'art. 544 c.p.p., in ragione del carico di lavoro, riserva in giorni novanta la redazione della motivazione, e contestualmente sospende per tale periodo, ai sensi dell'art. 304 c.p.p., i termini di durata della misura cautelare in atto a carico dell'imputato S.. P.Q.M. nel processo a carico di (...) e (...) Visti gli artt. 533 e 535 c.p.p., esclusa raggravante di cui all'art. 61 n. 5 in riferimento al capo a) della rubrica ed escluse le recidive contestate, dichiara (...) e (...) colpevoli dei reati a loro ascritti, e valutato più grave il delitto di cui al capo b) dell'imputazione, applicato l'aumento per la continuazione e la riduzione per il rito, li condanna alla pena di anni due e mesi due di reclusione ed Euro 160,00 di multa; oltre che. entrambi, al pagamento delle spese processuali. Letto l'art. 544 c.p.p. riserva in giorni novanta il termine per il deposito della motivazione della sentenza, e contestualmente sospende per tale periodo, ai sensi dell'art. 304 c.p.p., i termini di durata della misura cautelare in atto a carico dell'imputato (...). Nola, 04.05.2022 TRIBUNALE DI NOLA GIUDICE UNICO DI PRIMO GRADO IN COMPOSIZIONE MONOCRATICA Il Giudice, in riferimento al procedimento indicato in epigrafe, ritenuto che occorre procedere alla correzione dell'errore materiale commesso dallo scrivente allorquando ha omesso di statuire in ordine alle richieste legittimamente e tempestivamente depositate per iscritto dalla parte civile costituita; Evidenziato che "È emendabile con la procedura di correzione di errori materiali la sentenza emessa all'esito del giudizio abbreviato in cui il giudice omette di condannare l'imputato alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile, sempre che non emergano circostanze che giustifichino la compensazione, totale o parziale, delle stesse." (cfr. Cass. Pen. Sez. 5, sent. N. 42899 del 24.06.2014); Considerato che, nel caso di specie, non appaiono emergere le citate circostanze che giustifichino la compensazione, totale o parziale, delle spese; Ritenuto che, pertanto, ai sensi dell'art. 538 e ss c.p.p., alla pronuncia deve seguire la condanna degli imputati al risarcimento danni in favore della parte civile costituita, che si ritiene da liquidarsi in separata sede, insieme con la refusione delle spese di costituzione e difesa sostenute, che si valutano nella misura di Euro 1.800,00 complessive, oltre rimborso spese generali nella misura del 15%, iva e cpa. P.Q.M. Dispone correggersi tale errore, integrandosi il dispositivo di sentenza con la seguente disposizione: "Condanna gli imputati al risarcimento danni in favore della parte civile costituita, che da liquidarsi in separata sede, insieme con la refusione delle spese di costituzione e difesa sostenute, quantificate nella misura di Euro 1.800,00 complessive, oltre rimborso spese generali nella misura del 15%, iva e cpa". In tal senso deve integrarsi e leggersi il dispositivo letto in udienza. Manda alla cancelleria per la comunicazione alle parti e per l'annotazione sull'originale dell'atto. Così deciso in Nola il 25 luglio 2022. Depositata in Cancelleria il 25 luglio 2022.

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