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IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE ORDINARIO DI PADOVA SECONDA SEZIONE CIVILE in composizione monocratica, pronunzia la presente SENTENZA nel proc. n. 7663/2021 RG promosso da (...), residente a Padova, (...), residente a Padova, (...), rappresentati e difesi dagli avv.ti (...) con domicilio eletto presso il loro studio del primo in Dolo (VE), (...) e con domicilio digitale eletto ai sensi dell'art. 16 sexies D.L. 179/2012 agli indirizzi pec: (...) contro (...) (...), entrambi residenti in Padova (PD), (...), rappresentati e difesi, per procura in calce al presente atto, dagli avv.ti (...) del Foro di Padova, con domicilio digitale eletto presso gli indirizzi di posta elettronica certificata (...) nonché contro (...) rappresentato e difeso dall'avv. (...), con domicilio eletto presso il di lui studio in Padova (...) con l'avv. (...) con la chiamata in causa di Condominio (...) contumace OGGETTO: risarcimento danni ai sensi dell'art. 2043 c.c. in edificio condominiale - responsabilità dell'amministratore MOTIVAZIONE 1. (...) comproprietari di un appartamento con annesso garage al piano terra sito in Padova, (...) facente parte del complesso di abitazioni denominato "Condominio (...)", amministrato da (...) espongono che il 19 dicembre 2019 si accorgevano dell'improvviso allagamento del loro garage. L'acqua scendeva abbondante a rivoli dal soffitto e si riversava all'interno del box, inzuppando i beni in esso contenuti, quali attrezzi dei figli, vestiti, scarpe ed effetti personali nonché una moto Harley Davidson. (...) cercava di porre al riparo i propri beni e avvertiva l'amministratore del Condominio (...), nonché i proprietari dell'appartamento sovrastante (...) e (...). Dopo alcuni giorni, gli attori scoprivano che le infiltrazioni d'acqua erano state generate dalla rottura di una tubazione idrica (lo scarico della vasca da bagno) dell'appartamento posto al piano superiore di proprietà dei predetti (...) e (...) riparata da una squadra di idraulici inviata dall'amministratore (...). Quest'ultimo li rassicurava, informandoli che avrebbe aperto un sinistro sulla polizza condominiale che presentava garanzia sottoscritta a tutela dei danni da acqua condotta al fabbricato e al contenuto delle singole unità abitative e che quindi nulla vi era da preoccuparsi per quanto concerneva il ristoro dei danni subiti. La Compagnia di assicurazione (...), a seguito della denuncia dell'amministratore del Condominio, apriva il sinistro n. (...) e veniva eseguito il sopralluogo esplorativo da parte del perito incaricato. Tuttavia, la stessa Compagnia, con raccomandata del 2.10.2020, comunicava il diniego dell'indennizzo in quanto la polizza decorreva solo dalle ore 24 del 20.12.2019. Gli attori venivano in tal modo a sapere che l'amministratore non aveva adempiuto a quanto deliberato dall'assemblea del 23.10.2019 di approvazione del bilancio preventivo di gestione ordinaria dall'1.07.2019 al 30.06.2020, ove era stata prevista la voce di spesa per la stipula (rectius rinnovo) dell'assicurazione polizza globale fabbricati. Ciò premesso, (...) e (...) hanno convenuto in giudizio sia (...) e (...) (...) sia (...), per sentirli condannare al risarcimento dei danni subiti, quantificati in complessivi euro 15.000,00. (...) e (...) resistono ed hanno chiesto di essere manlevati da (...) chiedendo anche la sua condanna al pagamento delle spese condominiali poste a loro carico nei bilanci 2019/2020 e 2020/2021 sempre per il ripristino delle parti comuni e private necessitato dalla predetta perdita d'acqua per la complessiva somma di euro 1.595,00, oltre ad euro 697,60 per spese di mediazione, chiedendo che l'accertamento fosse effettuato anche nei confronti del Condominio, che è stato così chiamato in causa, rimanendo contumace. Anche (...) resiste. La causa è stata istruita mediante l'assunzione delle deposizioni dei testi (...), (...) (v. udienza 28.02.2023), e con il deposito di ctu estimativa dei danni del p.i. (...). Precisate le conclusioni e scaduti i termini previsti dall'art. 190 c.p.c., la causa passa ora in decisione. 2. Dalle concordi deposizioni di (...) e di (...) risulta che la perdita d'acqua è stata causata dalla vasca del sovrastante appartamento dei convenuti (...) (...) e (...) Il danno è stato dal ctu quantificato in complessivi euro 5.266,40 (iva compresa). (...) e (...) vanno pertanto condannati in solido a pagare tale somma agli attori (...) e (...). 3. Sussiste anche la responsabilità dell'amministratore (...) poiché è pacifico che egli non ha provveduto a stipulare l'assicurazione deliberata dall'assemblea il 2223.10.2019. Non ha alcuna rilevanza che (...) e (...) fossero morosi nel pagamento delle spese condominiali, né che l'assicurazione fosse destinata a coprire anche parti private dei singoli condomini. Nessuna di tali circostanze esimeva l'amministratore dall'adempiere a quanto deciso dall'assemblea condominiale, come conferma il fatto che il giorno dopo il sinistro l'amministratore ha provveduto a stipulare la polizza richiesta. 4. Lo stesso amministratore (...) deve tenere indenne anche i predetti convenuti, in quanto anche nei loro confronti è inadempiente all'obbligo di stipulare la polizza nascente dalla cit. delibera condominiale. Egli deve anche restituire loro la somma di euro 1.595,00 dagli stessi pagata quali spese condominiali a loro addebitate sempre a causa della predetta perdita d'acqua, senza che rilevi la mancata attivazione della mediazione (v. Cass., sez. un., 7.02.2024, n. 3452), né il fatto che (...) e (...) con abbiano impugnato i bilanci 2019/2020 e 2020/2021 che tali spese hanno approvato, poiché si tratta di res inter alios. 5. Si impongono quindi le declaratorie di cui in dispositivo. Le spese di giudizio, comprese quelle di ctu, seguono la soccombenza. P Q M definitivamente pronunziando, condanna (...) e (...) nonché (...) tutti in solido, a pagare a (...) e (...) la complessiva somma di euro 5.266,40 con interessi legali dalla data odierna al saldo, oltre agli interessi legali sulla stessa somma, devalutata alla data del 19.12.2019 e quindi rivalutata anno per anno sulla base degli indici Istat. Condanna (...) tenere indenne (...) e (...) a quanto saranno costretti a pagare a (...) e (...) per capitale, interessi e spese. Condanna inoltre (...) a pagare a (...) e (...) la complessiva somma di euro 1.595,00 con interessi legali dalla prima messa in mora al saldo. Condanna (...) e (...) e (...) in solido, a rifondere a (...) e (...) le spese di giudizio, liquidate in euro 237,00 per spese ed euro 5.077,00 per compenso professionale, oltre accessori di legge e spese generali. Condanna (...) a rifondere a (...) e (...) le spese di giudizio (comprensive della fase della mediazione), liquidate in euro 98,00 per spese ed euro 5.077,00 per compenso professionale, oltre accessori di legge e spese generali. Pone infine le spese di ctu definitivamente a carico di (...). Padova, 30 maggio 2024.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE DI PADOVA nella persona del giudice unico dott. Maria Federica Bonazza ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di I Grado iscritta al ruolo al N. 7365/2022 R.G., promossa da Co. S.A.S. Di.Ma. E L. (...) Con il patrocinio e la difesa dell'avv. ST.AL. ATTORE contro Ri.Da. (...) Con il patrocinio e la difesa dell'avv. PI.MA. CONVENUTO OGGETTO: Appalto: altre ipotesi ex art. 1655 e ss. c.c. (ivi compresa l'azione ex 1669 c.c.) MOTIVI DELLA DECISIONE Con atto di citazione in riassunzione, Co. premettendo che: - il giudice del Tribunale di Padova in data 29.5.2020 aveva emesso ordinanza ex art. art. 702-ter c.p.c., intimando il pagamento della somma di Euro 15.000,00 a carico di Ri.Da. - che tale ordinanza, a seguito di impugnazione avanti alla Corte d'appello di Venezia, veniva annullata disponendo la rimessione delle parti avanti al Tribunale di Padova; chiedeva che venisse accertata la responsabilità contrattuale di Ri.Da., in proprio e in qualità di titolare dell'impresa individuale La. di Ri.Da. e condannato il medesimo al risarcimento del danno subito. Parte attrice, a sostegno della domanda, rilevava di aver dato in subappalto la fornitura e posa in opera degli intonaci di un immobile in S. (P.) all'impresa individuale La. di Ri.Da.; che la realizzazione degli intonaci da parte del convenuto manifestava una serie di gravi ed evidenti anomalie e difetti che venivano riscontrati dal ctu nominato in sede di atp rg n. 4862/20218, chiedeva pertanto che in accoglimento della domanda, il convenuto venisse condannato al risarcimento del danno come quantificato dal ctu. La. di Ri.Da. si costituiva nel presente giudizio, premettendo di essere rimasto estraneo sia al procedimento di cognizione sommaria sia al procedimento di a.t.p. non avendo mai ricevuto le notificazioni dei relativi atti introduttivi, eccepiva in via preliminare la decadenza e prescrizione dell'azione ai sensi dell'art. 1667 c.c.; chiedeva il rigetto della domanda di parte attrice. La causa istruita documentalmente giunge alla decisione all'udienza odierna. La fattispecie oggetto del presente giudizio è regolata dalle norme dettate in tema di appalto e, più precisamente, dagli artt. 1667 e ss. c.c.. Osservato come tale ultima norma preveda che il committente debba, a pena di decadenza, denunciare all'appaltatore le difformità o i vizi entro sessanta giorni dalla scoperta - si evidenzia come pacifica giurisprudenza di legittimità affermi che in tema di appalto, allorché l'appaltatore eccepisca la decadenza del committente dalla garanzia di cui all'art. 1667 c.c. per i vizi dell'opera, incombe su questi l'onere di dimostrare di averli tempestivamente denunziati, costituendo tale denuncia una condizione dell'azione (Cass. 25.6.12 n. 10579). Tale norma impone che la denuncia avvenga, a pena di decadenza, entro 60 giorni dalla scoperta, salvo il riconoscimento delle difformità da parte dell'appaltatore, e che l'azione si prescriva ove non esercitata entro due anni dal giorno della consegna. Ai fini della scoperta, secondo la consolidata giurisprudenza di legittimità, è necessario che sia avvenuta la consegna dell'opera (cfr. Cass. n. 1748 del 24/1/2018 secondo cui "in tema di appalto, ai fini della decadenza dal diritto di far valere la garanzia per i vizi dell'opera, il dies a quo del relativo termine coincide, ai sensi dell'art. 1667, comma 2, c.c., con il giorno della scoperta dei vizi, che presuppone la consegna dell'opera"). Quanto poi alla consegna, "in tema di appalto, il "dies a quo" di decorrenza del termine biennale di prescrizione dell'azione di garanzia per vizi, stabilito dall'articolo 1667, comma terzo, cod. civ., va individuato non già con riguardo alla consegna anticipata dell'opera, con riserva di verifica, bensì con riferimento al momento della consegna definitiva, a seguito di verifica ed accettazione dell'opera stessa". Le opere sono state consegnate nel mese di luglio 2017 e i vizi oggetto del presente giudizio sono stati denunciati in data 19.8.2020 con la notificazione dell'ordinanza esecutiva ex art. 702-ter c.p.c.). La denuncia dei vizi è atto ricettizio (su tale natura si veda Cass. 1240 del 1972; 24717 del 2018) e pertanto i suoi effetti si producono, ex art. 1334 c.c., dal momento in cui perviene a conoscenza del destinatario e quindi dalla sua consegna. Anche a voler prendere come riferimento il 6 marzo 2019, data in cui è stato depositato nel procedimento di a.t.p. l'elaborato peritale del C.T.U. arch. Massimiliano Negrello, risultano in entrami i casi ampiamente decorsi i 60 giorni dalla scoperta. Esclusa la necessità di rimessione in istruttoria della causa stante la genericità e non rilevanza dei capitoli formulati dall'attore, la denuncia dei vizi al convenuto è da ritenersi tardiva, con conseguente rigetto della domanda attorea nei suoi confronti. Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo. La liquidazione avviene in base ai valori minimi per istruttoria e ai valori medi per la fase di studio, introduttiva e decisionale. P.Q.M. Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza disattesa o assorbita, 1. Rigetta la domanda di parte attrice svolta nei confronti della parte convenuta 2. CONDANNA parte attrice a rimborsare a parte convenuta le spese di lite, che si liquidano in Euro 4.237,00 oltre al rimborso per spese generali del 15%, CPA ed IVA. Così deciso in Padova il 18 marzo 2024. Depositata in Cancelleria il 18 marzo 2024.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Tribunale di Padova SEZIONE SECONDA CIVILE Il Giudice, dott. Raffaele Sannicandro, ha pronunziato la seguente SENTENZA nella causa iscritta al n. 6174/2022 R.G. iniziata con atto di citazione notificato il 12/10/2022, da Le.Ri., c.f.: (...), elettivamente domiciliato in PIAZZALE (...) 35131 PADOVA presso lo studio dell'Avv. FR.PA., c.f.: (...), dal quale è rappresentato e difeso - ATTORE - contro Ax. S.P.A. , c.f.: (...), elettivamente domiciliato in VIA (...) 35100 PADOVA, presso lo studio dell'Avv. BE.LA., c.f.: (...), dal quale è rappresentato e difeso - CONVENUTA - FATTO E DIRITTO La domanda attorea è parzialmente fondata e va pertanto accolta in parte. Le.Ri. ha diritto al risarcimento del danno derivante dal sinistro occorsogli il 05/11/2019, nei limiti fissati dalla polizza da lui stipulata con Ax. spa. Dalle risultanze processuali emerge quanto segue. 1) Il 05/11/2019, l'attore mentre stava svolgendo la sua attività lavorativa, è caduto da un muretto e si è procurato la rottura del corno posteriore del menisco mediale destro. Tale circostanza viene confermata dal teste Le.Co. che era con lui al momento del fatto. Il citato teste appare attendibile, si tratta di un ex dipendente della società in cui prestava lavoro anche Le.Ri., che non è incorso in contraddizioni. Lo stesso ctu, dott. Da.Ro., peraltro, ha accertato che il danno biologico riportato dall'attore è compatibile con un evento traumatico come quello descritto dal teste Co.. Sul punto, infatti, il consulente d'Ufficio ha dichiarato che "Riguardo alla dinamica della caduta accidentale ? la stessa è dotata dell'idoneità lesiva necessaria per determinare il complesso lesivo alla luce dell'estrinsecarsi delle diverse forze lesive verosimilmente coinvolte nel traumatismo. Ritengo siano analogamente compatibili con l'evento menomativo dell'integrità del soggetto anche gli altri criteri medico-legali necessari a ricostruire il nesso di causalità, quelli cioè cronologico, topografico, di continuità fenomenologica e di esclusione di altre cause" (VEDASI PAG. 10 CTU, ULTIMI PERIODI PAR. 3.2 - DOC. 12 ATTOREO). 2) Il 31/7/2018, Le.Ri. ha stipulato con Ax. spa, la polizza n.(...), che lo copriva per i danni da invalidità permanente derivanti da infortunio con un massimale di Euro 500.000,00 ed una franchigia variabile: 3% fino ad Euro250.000,00, 10% oltre tale importo. Il contratto assicurativo, in vigore al momento del fatto, prevede altresì una diaria da ricovero di Euro 200,00 ed una diaria da convalescenza post ricovero di Euro 150,00 nonché il rimborso delle spese mediche fino ad Euro 10.000,00 (circostanza pacifica- vedasi peraltro doc. 1 attoreo). 3) Le.Ri. ha denunciato il predetto sinistro al suo assicuratore. Tale circostanza viene confermata da S.R., titolare dell'agenzia A. dove l'attore aveva stipulato la polizza. Costui infatti ha dichiarato: "io ho ricevuto la denuncia verbale di infortunio, alla mia mail non ho mai ricevuto il modulo compilato e firmato; non so se esso sia stato inviato alla mail della mia agenzia". La denuncia però è verbale; l'attore allega di averla presentata il 05/11/2019, anche per iscritto (vedasi suo doc. 3), ma ciò viene contestato dalla convenuta, la quale ha prodotto il medesimo documento innanzi indicato, col suo timbro di ricezione del 03/12/2019 (vedasi doc. 1 convenuta). Si ritiene pertanto che non risulti provato quanto sostenuto da Le.Ri.. 4) L'art. 34 delle condizioni generali di polizza richiede per la denuncia di sinistro la forma scritta. Esso infatti recita: "In caso di sinistro, il contraente, l'assicurato o altro soggetto per conto dei medesimi, deve darne avviso scritto all'Agenzia alla quale è assegnata la polizza oppure ad A. entro 3 giorni da quando ne ha avuto conoscenza o possibilità ai sensi dell'art. 1913 c.c.. ? L'inadempimento di tale obbligo può comportare la perdita totale o parziale del diritto all'indennizzo, ai sensi dell'art. 1915 c.c..". Ad avviso dello scrivente, l'inadempimento attoreo non comporta alcuna perdita dell'indennizzo previsto in polizza. Dal ritardo nella presentazione della denuncia di sinistro, non deriva infatti alcun pregiudizio alla compagnia assicuratrice. La dinamica dell'incidente non richiedeva indagini in loco, da farsi nell'immediatezza del fatto, trattandosi di una caduta accidentale da un muro; non vi era dunque il rischio che cambiasse lo stato dei luoghi. Inoltre, la visita medico legale su incarico della compagnia assicuratrice, è stata effettuata tempestivamente. Le.Ri. a seguito dell'intervento in artroscopia subito il 21/01/2020 (a distanza di circa due mesi e mezzo dal sinistro), si è sottoposto prima (il 26/5/2020), alla visita medico-legale del dott. M. (vedasi doc. 4 convenuta), fiduciario di A. e solo in seguito (il 23/7/2020), a quella del suo consulente di parte, dott. T.P. (vedasi doc. 8 attoreo). La visita medico legale del dott. M. è stata la prima ad essere effettuata dopo quattro mesi dall'intervento e a seguito di un ciclo di fisioterapia (vedasi doc. 7 attoreo), come è giusto che fosse, in quanto occorreva che l'attore si ristabilisse pienamente. 5) Il danno biologico permanente riportato da Le.Ri. è del 3% secondo le tabelle Inail (VEDASI PAG. 13 CTU - DOC. 12 ATTOREO), che sono quelle che in forza della polizza in questione, devono essere utilizzate per determinarne l'entità (circostanza pacifica). Poiché si applica la franchigia del 3%, nulla spetta all'attore, a titolo di risarcimento del danno da invalidità permanente. 6) Le spese mediche sostenute da Le.Ri. in conseguenza dell'incidente occorsogli il 05/11/2019, ammontano complessivamente ad Euro6.018,20. Esse sono state ritenute congrue dal ctu (VEDASI PAG. 13 CTU - DOC. 12 ATTOREO) e rientrano nel massimale previsto in polizza per tale voce di danno (vedasi doc. 1 attoreo). Ad avviso dello scrivente le diarie da ricovero e da convalescenza sono dovute nella misura concordata. Il ricovero è durato un giorno dal 21 al 22/01/2020; come diaria, per esso, spettano all'attore Euro200,00. Vi è poi la diaria da convalescenza che ammonta ad Euro600,00, calcolata nel seguente modo: l'importo previsto in polizza a tale titolo, Euro150,00, moltiplicato per quattro (Euro150,00x4=Euro600,00). L'art. 12 delle condizioni generali di contratto stabilisce infatti, che come diaria da convalescenza, in caso di intervento chirurgico, viene riconosciuto un numero di giorni pari a quattro volte quelli di ricovero (vedasi doc. 3 convenuta). In forza della polizza di cui al precedente punto 2, Le.Ri. ha diritto di pretendere da Ax. spa, Euro6.018,20 a titolo di spese mediche, Euro200,00 come diaria da ricovero ed Euro600,00 per diaria da convalescenza, per un totale quindi di Euro6.818,20. 7) Le spese e competenze legali sostenute dall'attore nel procedimento di istruzione preventiva conclusosi con la ctu del dott. Da.Ro., ammontano complessivamente ad Euro6.759,34, di cui Euro4.014,34 per assistenza legale (vedasi doc. 18 attoreo), Euro1.525,00 per compenso al ctu (vedasi doc. 16 attoreo) ed Euro1.220,00 per compenso al ctp dott. T.P. (vedasi doc. 17 attoreo); quelle invece affrontate per il procedimento di mediazione ad Euro1.899,24 (vedasi doc. 18 attoreo). Il totale delle spese e competenze legali è dunque di Euro8.658,58 (Euro6.759,34+Euro1.899,24=Euro8.658,58). Ad avviso dello scrivente i succitati esborsi devono essere posti a carico della convenuta, in considerazione del fatto che quest'ultima si è rifiutata di formulare alcuna offerta di risarcimento a Le.Ri.. In definitiva, Ax. spa deve versare all'attore a titolo di risarcimento dei danni derivanti dal sinistro occorsogli il 05/11/2019, la complessiva somma di Euro15.476,78 di cui Euro6.818,20 per spese mediche e diarie previste in polizza ed Euro8.658,58 per spese e competenze legali. Tale somma va maggiorata degli interessi legali a far data dalla notifica dell'atto di citazione (12/10/2022), fino all'effettivo soddisfo. In considerazione dell'esito della lite, le spese per essa sostenute vanno poste a carico della convenuta ed in favore dell'altra parte, liquidandole in Euro 264,00 per esborsi, Euro 4.800,00 per compensi, oltre I.v.a. e C.a. come per legge. Stessa sorte seguono le spese di ctu. P.Q.M. Il Giudice Istruttore, in funzione di Giudice Unico, definitivamente pronunciando, ogni altra richiesta, eccezione e deduzione disattesa, condanna Ax. spa, in persona del suo legale rappresentante pro-tempore, a pagare a Le.Ri. Euro15.476,78, oltre interessi legali dal 12/10/2022 fino all'effettivo soddisfo. Condanna Ax. spa in persona del suo legale rappresentante pro-tempore, a pagare a Le.Ri. le spese di lite così come liquidate in parte motiva. Così deciso in Padova il 15 gennaio 2024. Depositata in Cancelleria l'8 marzo 2024.
Tribunale di Padova SEZIONE LAVORO N.R.G. 2328/2018 Il Giudice Dott. Francesco Perrone, all'udienza del 06/03/2024 pronunciato e letto contestualmente la seguente SENTENZA nella causa proposta da (...), con l'Avv.to MO.GI,. e l'Avv.to VE.AL. ricorrente contro (...), l'Avv.to (...) e (...) resistente OGGETTO: quantum debeatur. In merito alla quantificazione del quantum debeatur in forza della sentenza non definitiva n. 333 del 29 giugno 2023, rilevato che: - sulla base dei conteggi elaborati dal CTU dottor (...) nella consulenza tecnica del 29/12/2023 e nell'integrazione peritale del 2/2/2024, le cui conclusioni sono integralmente condivise da questo giudice in quanto analiticamente sviluppate e logicamente argomentate, è accertato che il ricorrente ha maturato un quantum debeatur da determinarsi secondo i criteri di computo che seguono; - quanto alle differenze retributive conseguenti all'inquadramento nel 3 livello del C.C.N.L. Commercio-Terziario a partire dall'1/1/2012 nulla quaestio che il quantum débeatur debba essere determinato in 20.405,57 Euro; - quanto alle differenze retributive maturate a titolo di lavoro straordinario a partire dall'1/1/2011, innanzitutto deve essere chiarito che la sentenza non definitiva ha incluso dell'orario di lavoro il solo "tempo di viaggio impiegato per raggiungere i singoli cantieri" (v. pag. 18, secondo paragrafo, della sentenza non definitiva), non anche i tempi di percorrenza impiegati dal ricorrente nei viaggi di ritorno. Ciò in quanto i viaggi di andata sono percorsi vincolati che il lavoratore deve inesorabilmente compiere per poter essere operativo in cantiere all'orario stabilito. Per contro, sulla base degli elementi acquisiti in giudizio ed allegati dallo stesso ricorrente, deve ritenersi che egli, una volta conclusa l'esecuzione della prestazione lavorativa contrattualmente dovuta presso ciascun cantiere, fosse libero di impiegare il tempo come meglio riteneva, senza vincoli di rientro in sede (pag. 20 del ricorso). Risulta che la decisione se rientrare presso la propria abitazione ovvero recarsi in qualunque altro luogo, a proprio piacimento e con i tempi ritenuti più opportuni, era rimessa alla libertà del lavoratore. Il ricorrente nemmeno allega elementi che possono far ritenere che tale libertà di scelta sia mai stata sindacata dalla società datrice di lavoro. Ciò è confermato dal fatto che il ricorrente è stato dotato nel tempo di due auto aziendali (del tipo Fiat Punto Van), così come anche il collega con cui veniva mandato in missione presso i diversi cantieri, sig. (...) (pag. 6 del ricorso), con autorizzazione a trattenerla per il week end (pag. 8 del ricorso); - a questo punto, merita una menzione la circostanza che, a pagina della CTU, si dà conto del fatto che i "consulenti ed i legali deh parti nella riunione peritale del 13.11.2023 (...) hanno convenuto di viaggio di andata del lunedì e del solo viaggio di ritorno del venerdì per tutte le trasferte verso cantieri situati fuori regione". Alla luce di quanto sopra detto, ciò non era dovuto. Ciononostante, le parti hanno ritenuto di disporre negozialmente di tale particolare profilo del computo, pertanto quanto meno il risultato finale del calcolo cui e giunto il CTU deve comunque essere tenuto per buono. Tanto premesso, il quantum debeatur a tale titolo è determinato in 9.078,42 Euro (somma quantificata al netto di quanto già corrisposto nel medesimo periodo a titolo di straordinario forfettizzato); - quanto alla domanda di risarcimento del danno per il carattere usurante della prestazione lavorativa, la più recente giurisprudenza di legittimità si è orientata nel senso di riconoscere la risarcibilità del danno c.d. "da stress" o "da usura psicofisica", che si inscrive nella categoria unitaria del danno non patrimoniale causato da inadempimento contrattuale (Cass. n. 2886 del 2014; n. 15043 del 2015; n. 26450 del 2021). Esso si verifica quale conseguenza di una prestazione lavorativa che ecceda di gran lunga i limiti previsti dalla legge e dalla contrattazione collettiva e si protragga per diversi anni. Tale danno si distingue dal danno biologico inteso quale lesione dell'integrità psicofisica del soggetto (danno alla salute), che si concretizza, a differenza del danno da usura psicofisica, in una "infermità" fisica e/o psichica. Pertanto, quando il datore di lavoro sia inadempiente nell'assicurare al lavoratore il diritto al riposo, così come garantito dall'art. 36 Cost., oltre che dai molteplici istituti stabiliti dalla legge ed eventualmente della contrattazione col letti v e tale inadempimento sia di gravità sufficiente alla luce di tutte le circostanze del caso concreto, l'esistenza del danno da usura psicofisica, a differenza del danno biologico, è presunta nell'ai. Ai fini della determinazione dell'entità del danno, in applicazione dei principi generali, occorre tenere conto della gravità dell'inadempimento datoriale; - nel caso di specie risulta che il ricorrente, nel corso del rapporto di lavoro, ha svolto in media 8,15 ore settimanali lavoro straordinario, corrispondenti a 388,18 ore annuali di lavoro straordinario, calcolato su 11 mesi ed esclusione delle ferie. Gli artt. 4 e 5 del d.lgs. 66 del 2003 fissano la durata massima dell'orario di lavoro settimanale e il numero massimo di ore di lavoro straordinario rispettivamente in 48 e 250 ore. Anche il CCNL applicabile al rapporto di lavoro, all'art. 148, fissa in 250 ore annue il limite massimo del lavoro straordinario esigibile; - tale superamento del limite orario legale e contrattuale risulta sufficientemente significativo. Inoltre, il ricorrente ha operato in trasferta per intere settimane, con corrispondente recisione dei propri abituali interessi di vita privata e sociale. Detta situazione si è protratta con continuatività per oltre 7 anni, a partire da gennaio 2011 (v. allegato 11 alla CTU); - tali rilievi, oltre a confermare la presunzione di sussistenza nel caso concreto del danno da stress, rilevano alla stregua il parametro di determinazione della sua entità e della sua quantificazione in via equitativa. Liquidando quindi tale danno in 1,50 Euro per ogni ora di lavoro straordinario svolto in eccedenza rispetto al limite di 250 ore annue, esso va computato in 4.446,25 Euro (1,50 Euro x 2964 ore di lavoro straordinario svolte in eccedenza dall'1.1.2011 al 27.1.2018), oltre rivalutazione monetaria secondo gli indici Istat e interessi di legge dalla data di scadenza del titolo al saldo; - quanto alla domanda avente ad oggetto la condanna al pagamento dell'indennità di mancato preavviso, l'emersione di un danno da stress così come accertato, unitamente all'omesso integrale pagamento della retribuzione per il lavoro straordinario prestato, costituiscono giusta causa di dimissioni senza preavviso, così come rassegnate dal lavoratore in data 27 luglio 2018; - il quantum debeatur a tale titolo è quindi determinato in 4.711,84 Euro (di cui 1.895,89 Euro per indennità di mancato preavviso trattenuta in busta paga e 2.815,95 Euro per indennità di mancato preavviso rideterminata al 3 livello CCNL); - su tali somme, così come determinate, è dovuta la rivalutazione monetaria secondo gli indici Istat e interessi legali dalla data di maturazione di ciascun titolo al saldo; - è infine dovuto il rimborso delle spese di CTP, ammontanti a Euro 500,00 (v. fattura depositata all'udienza del 6/3/2024), oltre interessi legali dalla data di maturazione del titolo al saldo, atteso che si tratta pur sempre di spese direttamente connesse alla gestione della lite; - le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo, facendo applicazione dello scaglione Euro 26.000,00-Euro 52.000,00 del D.M. n. 147 del 13/08/2022 (il quantum complessivamente dovuto è pari a 38.642,08 Euro), valori massimi relativamente a tutte le fasi, in ragione della complessità della controversia; - le spese di CTU sono poste definitivamente a carico di parte resistente, e si liquidano come in dispositivo; P.Q.M. Il giudice, ogni altra istanza rigettata: - condanna la parte resistente al pagamento in favore della parte ricorrente di Euro 20.405,57, oltre a rivalutazione monetaria secondo gli indici Istat e interessi legali dalla data di maturazione di ciascun titolo al saldo; - condanna la parte resistente al pagamento in favore della parte ricorrente di Euro 9.078,42, oltre a rivalutazione monetaria secondo gli indici Istat e interessi legali dalla data di maturazione di ciascun titolo al saldo; - condanna la parte resistente al pagamento in favore della parte ricorrente di Euro 4.711,84, oltre a rivalutazione monetaria secondo gli indici Istat e interessi legali dalla data di maturazione di ciascun titolo al saldo; - condanna la parte resistente al pagamento in favore della parte ricorrente di Euro 4.446,25, oltre a rivalutazione monetaria secondo gli indici Istat e interessi legali dalla data di maturazione di ciascun titolo al saldo; - condanna la parte resistente al pagamento in favore della parte ricorrente di Euro 500,00, oltre interessi legali dalla data di maturazione del titolo al saldo; - condanna la parte resistente al pagamento in favore della parte ricorrente delle spese di lite, che liquida in Euro 13.886,00 oltre 15% per spese generali, I.V.A. qualora dovuta e C.P.A. come per legge, da distrarsi in favore del procuratore antistatario; - pone definitivamente a carico della società resistente le spese della consulenza tecnica d'ufficio, liquidate in Euro 4.500,00, oltre accessori di legge. Così deciso in Padova il 6 marzo 2024. Depositata in Cancelleria l'8 marzo 2024.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale di Padova, in composizione monocratica, nella persona della Giudice Maria Antonia Maiolino, nella causa civile n. 2504/2023 RG ha pronunciato la seguente SENTENZA TRA Be. S.R.L. (C.F. (...)), con l'avv. AG.ST. ((...)) VIA (...) 35010 LIMENA; CO.MA. ((...)) VIA (...) LIMENA; - attrice - E Ca.Da. ((...)), con l'avv. ZA.AL., con domicilio in VIA (...) 35100 PADOVA - convenuta - sulle conclusioni come precisate dalle parti MOTIVI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE Con atto di citazione notificato in data 23.03.2023 la società Be. S.r.l. (da ora in avanti per brevità solo "Be." ovvero la "società") si è rivolta al Tribunale di Padova chiedendo la condanna di Ca.Da. al pagamento di Euro 23.600 in forza della penale contrattualmente pattuita per il ritardo nella consegna dell'immobile oggetto della compravendita conclusa in data 28.04.2022. L'attrice ha dedotto in particolare di aver stipulato in data 28.04.2022 un contratto di compravendita in qualità di acquirente con Ca.Da., avente ad oggetto una porzione dell'immobile sito a P., in via C. Be. nn. 188-192 al prezzo di Euro 450.000; all'art. 9 del contratto le parti precisavano che parte venditrice conservava la detenzione del bene fino al 31.05.2022, data prevista per la consegna all'acquirente dell'immobile libero da persone e cose, con la previsione, per l'eventuale ritardo, di una penale giornaliera di Euro 400,00. Anche il contratto preliminare di vendita, datato 21.03.2022, che fissava come termine essenziale per la stipula del contratto definitivo il 30.04.2022, prevedeva all'art. 3 analoga penale per il ritardo nella consegna del bene qualora l'immobile fosse stato liberato dopo il 31.5.2022. Sennonché - prosegue la società attrice acquirente - alla data del 31.05.2022 la venditrice non consegnava l'immobile e, nonostante il sollecito inviato dalla società a mezzo raccomandata a/r l'8.06.2022, solo il 9.07.2022 Ca.Da. comunicava all'acquirente tramite D.T., legale rappresentante dell'agenzia immobiliare che aveva svolto l'attività di intermediazione alla vendita, l'intenzione di consegnare le chiavi dell'immobile quello stesso giorno: nonostante S.N., legale rappresentante della società B., avesse comunicato di non poter partecipare all'incontro voluto dalla venditrice, quest'ultima ha lasciato le chiavi dell'immobile di via Be. presso la sede della società infilandole nella cassetta della posta, senza che fosse redatto un apposito verbale di consegna. La società attrice ha quindi evidenziato che l'immobile, nonostante la tardiva consegna del 9.07.2022, non era stato completamente liberato dalla venditrice e che la rimozione del mobilio è avvenuta solo in data 29.07.2022 a mezzo di una ditta specializzata, con 59 giorni di ritardo calcolati dall'1.06.2022: tanto esposto, ha quindi chiesto la condanna di Ca.Da. al pagamento della somma di Euro 23.600 maturata in forza della penale contrattualmente pattuita di Euro 400,00 giornalieri per 59 giorni di ritardo. Con comparsa di costituzione e risposta si è costituita in giudizio Ca.Da., contestando la pretesa attorea e deducendo specificamente di non dover nulla alla società a titolo di penale per aver liberato l'immobile già dall'1.06.2022, essendosi trasferita in via G. n. 51 a S.D.: all'interno dell'immobile di via Be. erano rimasti soltanto due pianoforti per la rimozione dei quali era stato necessario rivolgersi a ditte specializzate, impegnate nel periodo estivo a causa di concerti già programmati; D.T. e S.N. erano stati informati di tale circostanza e infatti da un messaggio audio inviato su whatsapp dal difensore della convenuta a D.T. emerge che il 17.06.2022 era già stato portato via un pianoforte, mentre per asportare il secondo serviva un'attrezzatura particolare. La convenuta ha dedotto inoltre che durante il trasloco la stessa ha subito l'allagamento del nuovo immobile in cui si è trasferita, circostanza che la signora D. aveva riferito a D.T.; in ogni caso, la prova che l'immobile oggetto della vendita è stato liberato è data dal fatto che la raccomandata di cui al doc. 4 attoreo è tornata al mittente per assenza del destinatario. Ca.Da. ha dedotto che la penale va in ogni caso ridotta ex art. 1384 c.c. perché manifestamente eccessiva, in quanto l'importo preteso per complessivi Euro 23.600 è eccessivamente superiore all'importo eventualmente dovuto a titolo di indennità di occupazione, parametrata al canone di locazione di mercato praticato per immobili della stessa zona. La convenuta ha infine contestato la fondatezza della domanda attorea relativa all'indennità di occupazione dell'immobile per la presenza di beni non ricompresi nel contratto di compravendita, in quanto genericamente formulata. Successivamente all'udienza del 7.09.2023, fissata per tentare la conciliazione della lite ai sensi dell'art. 185 bis c.p.c., è stata disposta la conversione del rito da ordinario a semplificato e sono stati concessi alle parti i termini richiesti per il deposito delle memorie di cui all'art. 281 duodecies/IV c.p.c., nell'ambito delle quali le stesse hanno sostanzialmente riproposto le rispettive difese originarie, avendo inoltre precisato parte attrice di aver acquistato l'immobile con l'aspettativa di trasferirvisi per esercitare su di esso la propria attività sociale. Depositate note scritte in telematico ex art. 127 ter c.p.c., contenenti la precisazione delle conclusioni come in epigrafe riportate, la causa è passata in decisione ai sensi dell'art. 281 sexies c.p.c. in data 6.02.2024 sulla base di un corredo istruttorio meramente documentale. La domanda attorea è fondata e merita accoglimento, pur nei limiti e per le ragioni che verranno di seguito esposte. 1. La ricostruzione in fatto della vicenda contrattuale In data 28.04.2022 Ca.Da. e la società Be. hanno stipulato il contratto di compravendita (doc. 2 attoreo) avente ad oggetto l'immobile di proprietà della prima sito a P. in via C. Be. al prezzo di Euro 450.000, somma interamente versata dall'acquirente al momento della stipula; ai sensi dell'art. 9 del contratto, analogamente a quanto previsto dalle parti sin dal contratto preliminare (in particolare ex art. 3 del preliminare sub doc. 3 attoreo), è dovuta una penale giornaliera di Euro 400,00 per ogni giorno di ritardo nella consegna dell'immobile successivamente alla data del 31.05.2022, termine ultimo concordato tra le parti perché la signora D. provvedesse a consegnare alla società l'immobile, libero da persone e cose. Le parti hanno offerto una ricostruzione della vicenda sostanzialmente concorde per quanto riguarda la data di avvenuta consegna dell'immobile il 9.07.2022: la signora D., pur in assenza delle formalità tipiche per la consegna di immobile (come la redazione di un verbale in contraddittorio), ha infatti consegnato in tale momento le chiavi dell'edificio all'acquirente, lasciandole nella buca della posta della sede sociale della B.; la convenuta non ha contestato la circostanza riferita da parte attrice, avendola anzi confermata nel proprio atto introduttivo (v. pagina 6 della comparsa di costituzione e risposta). Ciò su cui invece le parti non concordano riguarda in sostanza quanto avvenuto successivamente alla consegna delle chiavi ed in particolare riguardo all'effettiva liberazione dell'immobile da parte della venditrice: mentre la società ha sostenuto che una volta effettuato l'accesso ha constatato la presenza di beni non ricompresi nella compravendita, che pertanto la venditrice avrebbe dovuto rimuovere prima della consegna (specificamente riferendosi al mobilio della cucina con gli elettrodomestici, alcuni televisori al primo piano e al mobilio della cantina), la convenuta ha invece evidenziato di aver liberato l'immobile già dal primo giorno di giugno 2022 quando si è trasferita a S., mentre erano rimasti in via Be. soltanto due pianoforti, uno dei quali asportato il 17.06.2022, dunque prima della consegna delle chiavi. 2. La debenza della penale a carico di Ca.Da. per 59 giorni di ritardo Tanto premesso, va anzitutto osservato che a fronte della pattuizione dell'obbligo della venditrice di consegna dell'immobile libero da persone e cose entro la data del 31.05.2022 e della consegna delle chiavi pacificamente avvenuta solo in data 9.07.2022, la pretesa della penale per i primi 39 giorni di ritardo rispetto al termine contrattualmente previsto a carico di Ca.Da. deve ritenersi fondata: infatti, dal momento che l'obbligazione da cui dipende la penale contempla la duplice prestazione di liberazione e di consegna del bene, è evidente che la difesa spiegata dalla convenuta, consistente nell'aver liberato l'immobile tempestivamente già il primo di giugno salvo poi aver consegnato le chiavi il 9 luglio rimane irrilevante, dal momento che, anche fosse stata effettivamente eseguita la liberazione dell'immobile prima della consegna (circostanza che comunque è oggetto di discussione tra le parti), in ogni caso non vi sarebbe stato comunque adempimento prima della consegna dell'immobile e quindi delle chiavi di accesso. Per mera completezza va aggiunto che a nulla rileva il fatto che la convenuta abbia affermato di essersi trasferita nella nuova residenza di S. già dall'1.06.2022 (v. pag. 2 della comparsa di costituzione), circostanza che oltre a non essere stata adeguatamente documentata è del tutto indifferente rispetto alla prova di un'effettiva liberazione dell'immobile avvenuta entro quella data, in quanto è evidente che l'essersi trasferita altrove non spiega alcuna incidenza probatoria in merito all'adempimento dell'obbligo di liberazione di un diverso immobile e prima ancora di consegna del bene all'acquirente. Quanto al periodo successivo al 9.7.2022 va poi sottolineato che a quella data la liberazione dell'immobile da parte della signora D. non è stata integrale, in quanto è circostanza pacifica (riferita in prima battuta proprio dalla convenuta) che nell'immobile sia certamente rimasto almeno un pianoforte: tanto basta per ritenere accertata la debenza della penale in capo alla convenuta anche per i venti giorni successivi alla consegna, ovvero fino alla rimozione del secondo pianoforte avvenuta il 29.07.2022 grazie all'opera di una ditta specializzata. Fintantoché non sia stato rimosso anche il secondo pianoforte non può infatti affermarsi la definitiva consegna dell'immobile libero, come da obbligazione principale del contraente venditore. Si tratta piuttosto di valutare la sussistenza dei presupposti idonei a giustificare una riduzione equitativa dell'importo contrattualmente pattuito ai sensi dell'art. 1384 c.c.: approfondimento cui è dedicato il paragrafo successivo. Per concludere sul punto, Ca.Da. è tenuta al pagamento della penale per complessivi 59 giorni (dall'1.06.2022 al 29.07.20229) di ritardo nella consegna dell'immobile oggetto di vendita, libero da persone e cose. 3. Il potere giudiziale di riduzione della penale ex art. 1384 c.c. Va a questo punto affrontata la questione relativa all'ammontare della penale dovuta dalla signora D., posto che, come già evidenziato, ex art. 9 del contratto la stessa era stata determinata nella misura giornaliera di Euro 400,00: la convenuta ha lamentato l'eccessività manifesta di tale importo se parametrato ad un'eventuale indennità di occupazione, determinata in misura pari al canone di locazione praticato sul mercato, corrispondente all'incirca ad Euro 2.600 mensili, per immobili situati nella stessa zona di quello in discussione. Ebbene, come è noto l'art. 1384 c.c. prevede il potere giudiziale di riduzione della penale in via equitativa in due ipotesi "se l'obbligazione principale è stata eseguita in parte ovvero se l'ammontare della penale è manifestamente eccessivo" ed in ogni caso "avuto sempre riguardo all'interesse che il creditore aveva all'adempimento" (cfr. art. 1384/I c.c.); prima di esaminare in concreto le specificità della vicenda oggetto del presente giudizio, va ricordato che per costante giurisprudenza di legittimità il criterio di riferimento per il giudice nell'ambito dell'esercizio di tale potere è l'interesse che la parte aveva all'adempimento, valutandolo secondo le circostanze concrete e tenendo in considerazione non la prestazione in sé in astratto, ma piuttosto "le ripercussioni dell'inadempimento sull'equilibrio delle prestazioni e (del-) la sua effettiva incidenza sulla situazione contrattuale concreta" (così ad esempio Cass. n. 26901/2023). In sostanza, dunque, alla luce dell'insegnamento ora riportato, ciò che risulta determinante per verificare se la penale pattuita debba o meno essere ridotta rispetto alla misura prevista dalle parti nel contratto, perché manifestamente eccessiva o per esecuzione parziale della prestazione da cui la penale dipende, è sempre e comunque l'interesse che il creditore aveva all'adempimento. Proprio in relazione a tale profilo, va osservato che l'interesse che la società attrice aveva all'adempimento dell'obbligazione di consegna dell'immobile libero entro la data pattuita emerge con tutta evidenza dal contesto delle pattuizioni: basti considerare che la prestazione a carico della convenuta si colloca nell'ambito di un contratto che per il resto aveva già completamente esaurito ogni effetto, poiché il prezzo corrispettivo di Euro 450.000 era già stato interamente versato dalla parte compratrice e sia diritto di proprietà che possesso erano stati trasferiti a quest'ultima dalla venditrice; l'art. 9 del contratto è chiaro nel prevedere la permanenza in capo alla signora D. della mera detenzione del bene, e tale previsione, in assenza di altre diverse giustificazioni, risulta proprio preordinata alla liberazione del bene dal suo contenuto interno e alla successiva consegna entro il 31.05.2022. Sostanzialmente, dall'assetto normativo risultante dal contratto come sopra evidenziato emerge chiaramente un interesse della Be. considerevole a che la controparte eseguisse l'obbligazione a suo carico nel termine pattuito: l'acquirente infatti ha pagato integralmente il bene ma ha consentito alla venditrice di occupare l'immobile per i 40 giorni successivi, quindi la pattuizione della penale aveva il precipuo scopo non tanto di compensare la nuova proprietaria dell'occupazione altrui, quanto di garantirle l'effettiva liberazione di un bene ormai integralmente pagato con un cospicuo investimento. Va allora rilevato che a fronte di tale interesse della Be. la penale pattuita non risulta manifestamente eccessiva, visto anche che la signora D. aveva a disposizione un termine per liberare l'immobile del tutto ragionevole e pattuito sin dal contratto preliminare: si trattava infatti di oltre due mesi di tempo dalla stipula del preliminare e di poco più di un mese dalla stipula del definitivo, dunque di un termine che, in via ordinaria, sarebbe stato sufficiente ad organizzare un trasloco; la dimostrazione che, al contrario, tale periodo di tempo non era sufficiente, ad esempio in considerazione della mole eccessiva di beni da trasferire, ovvero per il verificarsi di accadimenti straordinari che hanno impedito una liberazione tempestiva, sarebbe stato onere a carico della convenuta (v. Cass. n. 34021/2019 che subordina il potere giudiziale di riduzione all'assolvimento degli oneri di allegazione e prova incombenti sulla parte circa le circostanze rilevanti per la valutazione dell'eccessività della penale; così anche Cass. n. 22747/2013), la quale, invece, si è limitata ad affermare l'indisponibilità della ditta specializzata ad effettuare lo spostamento del secondo pianoforte, nonché a produrre due fotografie (doc. 6) in tesi finalizzate a dimostrare l'allagamento della propria nuova abitazione, inidonee allo scopo perché prive di qualunque indicazione spazio-temporale. Null'altro è stato dedotto in via ulteriore dalla convenuta, la quale si è limitata a confrontare l'importo della penale e quello oggetto dell'annuncio di locazione (doc. 7) ed a constatarne la sensibile differenza rispetto al valore locativo: sennonché - si ribadisce - non considera la convenuta che il parametro da considerare nella valutazione della penale e nella sua eventuale eccessività è l'interesse del creditore all'adempimento. Ricapitolando sul punto, avuto riguardo all'interesse che la società aveva alla consegna dell'immobile libero da cose, l'ammontare della penale pattuita non risulta manifestamente eccessivo in considerazione delle circostanze concrete. Fermo quanto osservato, va comunque tenuto in considerazione il fatto che l'art. 1384 c.c. apra ad una valutazione giudiziale ai fini della riduzione della penale anche in ipotesi di parziale esecuzione della prestazione: non può allora restare privo di rilevanza per il caso di specie il fatto che dopo il 9 luglio 2022 Ca.Da. abbia consegnato le chiavi dell'immobile e che lo stesso fosse stato parzialmente liberato dalle cose presenti all'interno. La parziale esecuzione giustifica infatti la riduzione della penale: in concreto si giustifica per i 20 giorni successivi al 9 luglio 2022 e quindi fino al 29 luglio 2022 una riduzione dell'importo contrattualmente stabilito nella misura del 50%, per le ragioni che verranno di seguito esposte. Va quindi confermato che la penale è dovuta nella misura integrale di Euro 400,00 giornalieri fino al 9.07.2022, non essendoci stata fino a quel momento né parziale esecuzione della prestazione (v. paragrafo n. 2) né risultando la penale manifestamente eccessiva considerato l'interesse che il creditore aveva all'adempimento. Quanto invece al periodo successivo al 9.07.2022, la situazione emersa dagli atti di causa è la seguente: parte attrice ha dichiarato, senza tuttavia documentare tale circostanza, che nell'immobile erano rimasti il mobilio di cucina e cantina, elettrodomestici e televisori; la convenuta ha invece contestato tale ricostruzione, riferendo che dopo il primo giugno l'immobile era sostanzialmente libero e che erano rimasti all'interno soltanto due pianoforti, uno dei quali asportato il 17.06.2022. Tale ultima circostanza è da considerarsi provata, emergendo dagli atti di causa ed in particolare dallo screen della conversazione whatsapp prodotta dalla convenuta (doc. 7), nonché dall'assenza di contestazioni sul punto ad opera della società: è stato quindi dimostrato che Ca.Da. ha consegnato l'immobile in ritardo il 9.7.2022, dopo averlo già parzialmente liberato ed in particolare lasciando uno dei due pianoforti prima all'interno; considerate le ordinarie regole probatorie, che imponevano alla parte attrice deducente di documentare la situazione effettiva dell'immobile dopo la consegna delle chiavi ed in particolare la presenza di mobili e beni ulteriori rispetto a quanto riconosciuto dalla stessa convenuta (sarebbero infatti risultate sufficienti a tal fine delle semplici fotografie), la presenza degli ulteriori beni al 9.7.2022 non ha trovato dimostrazione. Conseguentemente, poiché la liberazione del bene è stimabile quanto meno nella misura del 50% e non è stato chiaramente dedotto e dimostrato quale concreto elevato impedimento all'utilizzo sia disceso all'acquirente dalla permanenza del secondo pianoforte, la penale pattuita va ridotta in analoga percentuale. Va infatti specificato che l'attrice non ha evidenziato particolari ragioni eventualmente idonee a ritenere che il suo interesse fosse sensibile ad un'esecuzione solo parziale della liberazione dell'immobile, in quanto a tal fine non risulta sufficiente la mera affermazione di non essere stata in grado di conseguire lo scopo sociale a causa dell'inadempimento della convenuta, affermazione contenuta nella memoria ex art. 281 duodecies/IV comma c.p.c. (v. in particolare quanto riportato a pag. 5), senza neppure specificare precisamente quale fosse detto scopo, ovvero le specifiche ragioni che hanno causato l'impossibilità di conseguirlo. 4. Le conclusioni In sintesi e per concludere: in accoglimento della domanda attorea, la convenuta va condannata a pagare la penale nella misura di Euro 400,00 giornalieri per 39 giorni (dall'1.06.2022 al 9.07.2022), nonché nella misura ridotta di Euro 200,00 giornalieri per i 20 giorni successivi (dal 10.07.2022 al 29.07.2022). Ca.Da. va conseguentemente condannata a pagare alla società attrice complessivi Euro 19.600 (Euro 15.600 + Euro 4.000), oltre agli interessi moratori ex art. 1284/IV c.c. dal 23.03.2023 al saldo effettivo. Tale somma, trattandosi di un'obbligazione di valuta (Cass. n. 3641/1998), non è soggetta a rivalutazione monetaria. 5. Le spese di lite Le spese di lite seguono la soccombenza e vanno poste integralmente a carico della convenuta nella misura liquidata in dispositivo alla luce dei parametri stabiliti dal D.M. n. 55 del 2014 come modificato dal D.M. n. 147 del 2022 per i giudizi di cognizione innanzi al Tribunale di valore fino ad Euro 26.000. I compensi vanno liquidati attestandosi sui valori medi tabellari di riferimento per la fase di studio ed introduttiva, mentre per la fase istruttoria e decisionale vanno liquidati attestandosi su valori prossimi ai minimi, in considerazione della natura meramente documentale della causa, della semplicità dell'unica questione giuridica affrontata e della speditezza dell'iter processuale. Dall'art. 282 c.p.c. discende la provvisoria esecutività della presente decisione. P.Q.M. Il Tribunale di Padova, II sezione civile, in composizione monocratica, definitivamente pronunciando nella causa in epigrafe indicata (r.g. n. 2504/2023), disattesa ogni diversa istanza, domanda ed eccezione in accoglimento della domanda attorea, così provvede: - condanna Ca.Da. al pagamento in favore di Be. S.r.l. di Euro 19.600, oltre interessi moratori ex art. 1284/IV comma c.c. dal 23.03.2023 al saldo effettivo; - condanna Ca.Da. alla rifusione delle spese di lite in favore dell'attrice, liquidate in Euro 3.500 per compensi, oltre ad Euro 264,00 per anticipazioni, oltre al 15% dei compensi per spese generali, Iva e Cpa come per legge. Così deciso in Padova il 5 marzo 2024. Depositata in Cancelleria il 7 marzo 2024.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE DI PADOVA SEZIONE SECONDA CIVILE Il Tribunale, nella persona del giudice unico Dott. Federica Sacchetto ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di I Grado iscritta al ruolo al N. 2434/2021 R.G., promossa DA COMUNE DI COSTERMANO SUL GARDA (c.f. (...)), con il patrocinio degli avv.ti BA.ST. e BA.NI., elettivamente domiciliato in VIA (...) 37122, VERONA, presso lo studio degli avv.ti BA.ST. e BA.NI. - attore - CONTRO Co. SRL (C.F. (...)), con il patrocinio degli avv.ti NE.PA. e MO.EL., elettivamente domiciliata in GALLERIA (...), PADOVA presso lo studio degli avv.ti NE.PA. e MO.EL. - convenuto - OGGETTO: Altri istituti e leggi speciali MOTIVI DELLA DECISIONE Con atto di citazione notificato in data 2.4.2021 alla s.r.l. Co., l'attore, Comune di Costermano sul Garda, adiva questo Tribunale proponendo opposizione al decreto ingiuntivo n.490/2021, con il quale gli era stato intimato il pagamento della somma di Euro.58.715,18, al netto di IVA, a titolo di compenso per prestazioni di progettazione definitiva ed esecutiva e di coordinamento della sicurezza in fase di progettazione, incluse le prestazioni complementari, delle opere di rigenerazione, efficientamento energetico e abbattimento delle barriere architettoniche del campo da calcio comunale, eseguite da Co. in forza di contratto di incarico professionale, di cui alla determina a contrarre n.365 del 7.9.2020, oltre interessi e spese. A sostegno dell'opposizione l'attore deduceva: che con deliberazione della Giunta comunale n.113 del 20.8.2020 era stato approvato il progetto di fattibilità tecnica ed economica per l'intervento denominato "Rigenerazione, efficientamento energetico e abbattimento delle barriere architettoniche del campo da calcio del comune di Costermano sul Garda" redatto dall'arch. S.M. per conto della società di progettazione Co. Srl, che prevedeva la realizzazione, con l'importo di complessivi Euro.1.100.000,00, dei nuovi spogliatoi a lato del campo da calcio, con impianto fotovoltaico sulla copertura, la sostituzione del manto del campo da calcio in erba con manto sintetico e la realizzazione delle tribune coperte, comprensive di magazzino e bagni per gli spettatori, con abbattimento delle barriere architettoniche; che, a causa della sottostima nello studio di fattibilità redatto da Co. srl, dei costi di realizzazione delle opere, in fase di progettazione definitiva ed esecutiva, affidata alla convenuta con contratto di incarico, si era reso necessario suddividere il progetto in due stralci, rimandando ad una seconda fase la realizzazione delle tribune, del magazzino e dei bagni per gli spettatori, poiché la somma impegnata di Euro.1.100.000,00 non risultava sufficiente per realizzare anche tali opere; che la Co. Srl aveva trasmesso la bozza degli elaborati nei primi giorni di novembre 2020, ed esso aveva dato riscontro con una prima scheda di verifica degli elaborati e con l'invito ad apportare le modifiche necessarie entro 7 giorni, "considerata l'esigenza di procedere al più presto con la validazione del progetto" e visto il ritardo già accumulato rispetto alla consegna, contrattualmente prevista per metà settembre; che esso, con nota del 26 novembre 2020, aveva contestato alla convenuta di non aver adeguato il progetto, nonostante il decorso di una settimana dalla segnalazione e aveva chiesto di procedere con la massima urgenza per la necessità di giungere all'approvazione entro fine anno, al fine di poter ottenere i finanziamenti per l'opera; che la convenuta aveva dato riscontro alla nota, negando l'esistenza di carenze progettuali, negando altresì la disponibilità ad apportare al progetto le modifiche richieste e riservandosi di "adire le vie legali" per pretese violazioni di regole deontologiche e di etica, pur avendo dovuto riconoscere nella stessa nota l'esistenza di 8 errori del progetto, anche se sminuiti come "meri refusi grafici", ed inoltre non aveva dato riscontro a fondate osservazioni del RUP, in particolare riferite ai percorsi di accesso e ai percorsi per disabili, allegando pretese istruzioni di esso attore, mai impartite; che con deliberazione della Giunta comunale n.160 del 30.11.2020, esso aveva approvato "solamente in linea tecnica" il progetto definitivo-esecutivo redatto dalla Co. Srl, al solo scopo di poter partecipare al bando dell'Istituto per il Credito Sportivo, denominato "Sport Missione Comune Bando 2020", con scadenza alle ore 24,00 del 5.12.2020 ma con la precisazione "che il verbale di verifica-validazione del progetto, come da art.23 e successivi del D.Lgs. n. 50 del 2016 sarà fatto prima dell'approvazione tecnico-finanziaria dell'opera progettuale, successiva a questa fase"; che, essendo risultato fra i vincitori del bando, esso aveva stipulato in data 28.12.2020 un mutuo; che il RUP, in data 4.12.2020, aveva affidato l'attività di verifica-validazione del progetto ad un professionista esterno e comunicato la circostanza alla Co. Srl, la quale aveva replicato che in base alla deliberazione di Giunta "le attività di verifica del progetto devono ritenersi concluse" e contestato la scelta dell'Amministrazione di affidare il relativo incarico allo S.I.P. Srl; che il RUP aveva trasmesso alla convenuta il parere favorevole al progetto con prescrizioni del CONI, datato 16.12.2020, invitandola ad adeguare il progetto e in data 21 dicembre 2020 aveva inviato alla stessa anche il primo rapporto di verifica redatto dallo S.I.P., che aveva individuato numerose non conformità nel progetto; che la Co. Srl, si era rifiutata di attenersi alle indicazioni progettuali del verificatore e aveva rifiutato di redigere gli elaborati aggiornati/revisionati sulla base del rapporto di verifica intermedio e del parere del CONI, nonostante l'obbligo espressamente assunto in tal senso in forza dell'art.5 del disciplinare di incarico, per cui esso aveva inviato un ultimativo sollecito, ai sensi dell'art.1454 c.c., trasmettendo il secondo elaborato redatto dallo S.I.P. Srl, che attestava l'impossibilità di concludere positivamente l'attività di verifica/validazione; che Co. Srl aveva preteso, ciò nonostante, il pagamento del saldo delle sue competenze, che esso aveva rifiutato, poichè l'attività non era ancora conclusa; che esso aveva dichiarato risolto il contratto, anche in ragione del parere negativo nel frattempo emesso da L.S. Srl, incaricata dalla L.N.D. di verificare i progetti degli impianti sportivi, che lo aveva invitato a non indire la gara d'appalto sulla base del progetto oggetto di causa; che in considerazione dell'impossibilità di verificare positivamente e validare il progetto e, quindi, di porlo a base di gara e di darvi successiva attuazione, con deliberazione n.47 in data 23.3.2021 la Giunta aveva annullato in autotutela la propria precedente deliberazione n.160 del 30.11.2020, autorizzando i competenti Uffici municipali, da un lato, ad incaricare un nuovo progettista per la redazione del progetto definitivo-esecutivo da finanziarsi mediante la partecipazione al bando dell'Istituto per il Credito Sportivo del 2021 e, dall'altro, ad estinguere il mutuo stipulato in esecuzione del bando del 2020; che l'ingiunzione di pagamento ottenuta da Co. Srl per il pagamento delle competenze progettuali era illegittima; che il Tribunale di Padova era incompetente a conoscere della controversia, atteso che l'art.10 del disciplinare di incarico prevedeva che tutte le controversie che potessero sorgere in relazione all'incarico e che non fossero definite in via amministrativa, venissero attribuite alla competenza del F.D.V.; che la pretesa creditoria era comunque infondata, stante il descritto inadempimento colpevole della convenuta, che aveva sottostimato i costi dell'opera nel progetto di fattibilità e reso necessario lo stralcio dall'intervento delle tribune, del magazzino e dei bagni per gli spettatori, stralcio da esso non richiesto e che gli aveva provocato un grave danno; che inoltre l'incarico avrebbe dovuto essere completato "entro e non oltre il 18/9/2020" e che in forza dell'art. 7 del contratto era prevista una penale dell'uno per mille del corrispettivo per ogni giorno di ritardo, con la conseguenza che sino all'avvenuta risoluzione del contratto, in data 1.3.2021, erano maturati 164 giorni di ritardo ed esso aveva diritto ad una penale di Euro.11.747,32 (71,63 x 164) e che, anche a voler ritenere consegnata l'opera con il progetto in data 27.11.2020, vi sarebbero stati 70 giorni di ritardo, con conseguente maturazione della penale di Euro.5.014,10 (70 x 71,63 Euro); che l'inadempimento imputabile alla Co. srl era grave, anche in considerazione del fatto che, a fronte del termine originario per il completamento del progetto del 18 settembre 2020, esso aveva atteso sino a marzo 2021 prima di dichiarare risolto il contratto, fornendo alla controparte plurime occasioni di ravvedimento ed adeguamento degli elaborati, con conseguente, grave danno, consistente nella perdita del finanziamento già concesso dall'Istituto per il Credito Sportivo, impiegabile esclusivamente per la realizzazione del progetto oggetto di causa e dunque estinto anticipatamente con una penale di Euro.33.000,00, prevista dal capitolato del mutuo, oltre agli interessi di preammortamento ed alle spese bancarie, da quantificare; che il danno era ravvisabile anche nell'onere sostenuto per l'inutile impegno del RUP, geom. C.F., da quantificarsi equitativamente nella somma di Euro.5.000,00, nella spesa di Euro.600,00 per la verifica del progetto da L.S. srl e nella spesa di Euro.12.180,48 impegnata per l'incarico al verificatore, S.I.P. srl, danno complessivamente pari ad Euro.50.780,48 oltre interessi di preammortamento del mutuo e spese bancarie; che, in via subordinata, avrebbe comunque dovuto essere escluso il diritto della Co. srl al pagamento dell'intero compenso pattuito poiché, pacificamente, la stessa non aveva eseguito alcune delle prestazioni concordate ed in particolare la pratica catastale, del valore di complessivi Euro.1.970,00, oltre accessori e così di totali Euro.2.486,85, importo che avrebbe dovuto essere detratto da quanto eventualmente riconosciuto a Co. srl, unitamente alla penale da ritardo; ciò premesso l'attore concludeva nel merito come in epigrafe. La convenuta, costituendosi, contrastava l'opposizione, deducendo: che il progetto di fattibilità tecnica ed economica approvato dal Comune di Costermano sul Garda, con deliberazione di Giunta comunale n.113 del 20.08.2020 prevedeva un solo corpo di fabbrica per la realizzazione di nuovi spogliatoi, tribune, magazzini e un impianto fotovoltaico sulla copertura, con previsione di spazi e parcheggi dedicati ai disabili e che con la medesima delibera la Giunta aveva autorizzato la richiesta di finanziamento di cui al bando della Presidenza del Consiglio dei Ministri "Sport e periferie 2000", con scadenza il 30.9.2020, e per quota parte della spesa di un eventuale mutuo bancario; che con Det. n. 365 del 7 settembre 2020 il Comune di Costermano sul Garda aveva affidato ad essa convenuta "l'incarico tecnico professionale per il servizio di progettazione definitiva, esecutiva, coordinatore della sicurezza in fase di progettazione e prestazioni complementari, dei lavori di rigenerazione, efficientamento energetico e abbattimento delle barriere architettoniche del campo da calcio presso gli impianti sportivi comunali, per un importo di complessivi Euro 56.457,51, oltre la cassa previdenziale al 4% e l'IVA al 22%, per un importo totale di lordi Euro 71.633,29", da imputare al pertinente capitolo "del bilancio di previsione 2020/2022, esecutivo"; che tale corrispettivo per l'incarico affidato doveva essere "liquidato in un'unica soluzione, a saldo, entro e non oltre 30 (trenta) giorni dalla data di presentazione di regolare fattura elettronica che - in ogni caso - potrà essere emessa solo a seguito della avvenuta consegna all'Amministrazione committente degli elaborati" progettuali oggetto dell'incarico medesimo e, ai sensi del medesimo art.6, la liquidazione del compenso era subordinata alla verifica positiva "circa la regolarità contributiva del professionista incaricato"; che con precedente email del 3.9.2020 il RUP, per esigenze dell'Amministrazione, contrariamente a quanto sostenuto in citazione, aveva già chiesto all'Arch. M. che lo aveva redatto, di modificare l'elaborato di progetto dello studio di fattibilità, predisponendo l'esecuzione di due corpi di fabbrica, da realizzare in due distinti stralci, e aveva inviato una bozza con indicate le modifiche per gli spogliatoi e le tribune, per cui il giorno successivo essa aveva inviato al medesimo RUP le piante con le nuove soluzioni di progetto e ciò in considerazione del fatto che lo studio di fattibilità approvato il 20.8.2020, era stato ideato per la partecipazione al "Bando Sport e periferie" del settembre 2020 ma il Comune aveva in seguito accertato di non avere i requisiti per potervi partecipare e aveva dovuto rinunciare; che per tale ragione il RUP, con email del 21.9.2020, le aveva chiesto di consegnare il progetto entro il 2.10.2020 e in pari data essa aveva consegnato gli elaborati del progetto esecutivo con la previsione di due corpi di fabbrica anziché di uno, modificando quindi quanto previsto nel progetto di fattibilità, così come richiesto dal committente; che in occasione di un incontro tenutosi il 6.10.2020, il RUP le aveva chiesto di modificare nuovamente il progetto, stralciando dagli elaborati già redatti i lavori riguardanti gli spogliatoi, le tribune e l'abbattimento delle barriere architettoniche, che sarebbero rientrati in un secondo stralcio, aveva indicato di suo pugno, direttamente sugli elaborati, le opere da eliminare e con nota del 27.10.2020 aveva dato conferma che l'ipotesi di spesa del secondo stralcio dei lavori, richiesto dall'Amministrazione, avrebbe dovuto essere inserita nel piano annuale dell'anno successivo, per cui era smentito l'assunto di controparte che l'Arch. M. avesse sottostimato i costi delle opere; che in data 6 novembre 2020 essa aveva consegnato il progetto definitivo-esecutivo con le ulteriori modifiche richieste dal Comune, ovvero il primo e il secondo stralcio dei lavori e l'eliminazione delle opere per l'abbattimento delle barriere architettoniche, così come richiesto dal RUP; che con nota del 17.11.2020 il RUP le aveva inviato un file, denominato "verifica-validazione", contenente alcune osservazioni al progetto, che tuttavia non erano ivi esplicitate ma solo rinviate ad una ulteriore verifica in contraddittorio, fissata per il 20.11.2020 e che a tale incontro di verifica lo stesso RUP aveva dato ulteriori prescrizioni aggiuntive rispetto alle modifiche fino a quel momento richieste e successivamente, con email del 23.11.2020, aveva inviato ulteriori due note, la prima per l'impianto elettrico e la seconda per gli aspetti strutturali; che essa, con note del 26 e del 27 novembre 2020, aveva dato puntuale riscontro alle osservazioni del RUP, aveva inviato le tavole di progetto esecutivo e gli elaborati di cui alla prima revisione di novembre 2020, ai quali aveva apportato le modifiche richieste, precisando che non erano sussistenti altre carenze progettuali, che il progetto consegnato era idoneo e che essa era in attesa della validazione, tanto che il successivo 30 novembre 2020 il progetto era stato approvato "solamente in linea tecnica" con delibera della Giunta, la quale aveva contestualmente deliberato di partecipare all'iniziativa denominata "Sport Missione Comune Bando 2020", che scadeva alle ore 24,00 del 5.12.2020, per finanziare il progetto; che solo con note del 4.12.2020 il RUP aveva riscontrato la nota di chiarimenti del 27.11.2020, aveva arbitrariamente interrotto il procedimento di verifica e validazione del progetto allo stesso affidato e con provvedimento 518 in pari data aveva affidato l'incarico ad un terzo soggetto certificatore, lo studio I.P. S.r.l.; che essa, con nota del 10.12.2020, aveva contestato l'iniziativa del RUP di duplicare l'attività di verifica del progetto, già svolta e in attesa solo della stesura del verbale di validazione di competenza del medesimo RUP, in quanto l'importo delle opere non legittimava l'affidamento dell'incarico a terzi e l'esito positivo della verifica era confermato dal parere favorevole in data 16.12.2020 del CONI; che essa aveva comunicato l'emissione della fattura elettronica n.(...) del 30.11.2020, ai sensi dell'art.6 del disciplinare di incarico ma il pagamento non era avvenuto; che essa aveva contestato la legittimità dell'intervento dello S.P., ribadendo le proprie ragioni e aveva contestato in quanto palesemente illegittima la risoluzione del contratto, irritualmente comunicata dal legale del Comune, eccependo l'inadempimento di quest'ultimo, per il rifiuto del completamento della validazione del progetto e del pagamento della fattura emessa; che l'eccezione di incompetenza per territorio del Tribunale di Padova era infondata, poiché il foro convenzionale avrebbe potuto essere ritenuto esclusivo solo in presenza di una dichiarazione espressa ed univoca della concorde volontà delle parti, non solo di derogare alla ordinaria competenza territoriale, ma altresì di escludere la concorrenza del foro designato con quelli previsti dalla legge in via alternativa e nella specie la clausola dell'art.10 del disciplinare di incarico non era indicativa della volontà di attribuire al F.D.V. il carattere di esclusività rispetto ad altri fori territoriali previsti per legge, quale il F.D.P., individuato ai sensi dell'art. 20 c.p.c.; che le circostanze di fatto sopra descritte erano altresì idonee ad escludere il proprio inadempimento, atteso che essa aveva operato in conformità alle direttive impartite dal RUP, apportando tutte le modifiche che lo stesso RUP aveva di volta in volta richiesto al progetto, che aveva ottenuto la positiva verifica dello stesso RUP e l'accettazione da parte dell'Amministrazione; che erano invece infondate e pretestuose le successive osservazioni e richieste del RUP, in particolare dipendenti dal rapporto di verifica dello S.P., redatto unilateralmente dopo l'approvazione del progetto da parte della Giunta, ed era comunque infondato l'assunto dell'attore, secondo cui l'art.5 del disciplinare di incarico avrebbe consentito all'Amministrazione di pretendere l'introduzione nei progetti di qualsiasi modifica senza maggiorazione dei compensi, atteso che la clausola era riferita esclusivamente alle modifiche necessarie "per il rispetto delle norme stabilite dalle vigenti leggi", e non a modifiche progettuali derivanti da mere valutazioni di opportunità o dal mutamento delle scelte e decisioni originarie dell'Amministrazione, come avvenuto nella specie; che era inoltre infondato l'assunto dell'attore, secondo cui essa non aveva completato l'incarico in quanto non aveva eseguito la pratica catastale, atteso che tale pratica era quella preliminare alla progettazione e all'analisi della documentazione catastale agli atti e non quella da effettuare a fine lavori e attinente alla direzione lavori, e che essa era stata puntualmente svolta; che la Det. n. 518 del 4 dicembre 2020, con cui il RUP aveva affidato allo S.P. l'incarico per la verifica della progettazione definitiva-esecutiva, era sorretta da motivazione pretestuosa ed era illegittima, ai sensi dell'art.26, comma 6, lett. d) del D.Lgs. n. 50 del 2016, in quanto l'attività di verifica per i lavori di importo inferiore a un milione di Euro avrebbe dovuto essere effettuata dal RUP; che pertanto il RUP si era reso gravemente inadempiente al proprio dovere di proseguire il procedimento di verifica e di validazione del progetto, già consegnato ed approvato, e pertanto in via riconvenzionale avrebbe dovuto essere accertato e dichiarato l'inadempimento del Comune con condanna dello stesso al risarcimento del danno, quantificabile in Euro.10.000,00 o nella diversa somma maggiore o minore da accertarsi in corso di causa o da determinare in via equitativa; che era insussistente il ritardo nell'esecuzione dell'opera rispetto al preteso termine del 18.9.2020, atteso che la data di approvazione della Det. n. 365 del 7 settembre 2020 e quella di sottoscrizione del disciplinare di incarico, nonché la condotta tenuta dalle parti durante l'esecuzione del contratto, erano indicative della non essenzialità del termine, né l'Amministrazione aveva mai contestato il ritardo, il che dimostrava che il termine del 18.9.2020 non era essenziale ed era stato prorogato dal Comune fino a dicembre 2020; che l'insussistenza del dedotto inadempimento escludeva l'esistenza dei presupposti per la risoluzione del contratto invocata dall'attore, né il RUP era legittimato ad intimare la risoluzione e pertanto la PEC del 11.2.2021 era inidonea a valere quale diffida ad adempiere; che in conseguenza era altresì infondata la pretesa risarcitoria del Comune e comunque i danni non avrebbero potuto essere riconosciuti nella misura indicata, essendo illegittimo l'affidamento dell'incarico allo S.P. e alla L.N.D. S.r.l., in quanto oggetto di scelte arbitrarie del RUP, non correlate causalmente al preteso inadempimento così come l'onere di spesa per il RUP e la penale per l'estinzione anticipata del mutuo; che ricorrevano i presupposti per la concessione della provvisoria esecuzione del decreto opposto; ciò premesso la convenuta concludeva in via pregiudiziale di rito e nel merito come in epigrafe. Con ordinanza in data 9.9.2021 veniva rigettata l'istanza di concessione della provvisoria esecuzione del decreto opposto. Veniva successivamente disposto lo svolgimento di CTU e all'esito dell'accertamento e di successivi chiarimenti resi dal consulente tecnico, la causa veniva trattenuta in decisione all'udienza del 21.9.2023. Osserva il Tribunale, preliminarmente, che è infondata l'eccezione di incompetenza per territorio del Tribunale di Padova in favore del Tribunale di Verona, in forza della clausola dell'art.10 del disciplinare di incarico, che ha previsto tale foro convenzionale. Invero gli artt.28-29 c.p.c., che prevedono la deroga alla competenza per territorio per accordo delle parti, stabiliscono che tale deroga attribuisce al giudice designato competenza esclusiva solo quando ciò è espressamente previsto. La Suprema Corte ha statuito che tale previsione espressa "non può essere desunta in via di argomentazione logica da elementi presuntivi, dovendo per converso essere inequivoca e non lasciar adito ad alcun dubbio circa l'intenzione delle parti di escludere la competenza degli altri fori contemplati dalla legge" (cfr. Cass.17/07/2023, n.20713 e nello stesso senso Cass.6/10/2020, n.21362 e Cass. 25/01/2018, n.1838). Nella specie le parti si sono limitate a stabilire che tutte le controversie che "non si siano potute definire in via amministrativa" siano attribuite alla competenza del "F.D.V.", aggiungendo che "resta in ogni caso esclusa la competenza arbitrale". Il contenuto testuale riportato lascia chiaramente intendere che le parti hanno voluto escludere espressamente il giudizio arbitrale mentre nulla hanno statuito sugli altri fori previsti dalla legge. In altre parole la circostanza che le parti, nel fissare un foro convenzionale, abbiano al contempo precisato l'esclusione in via alternativa del solo giudizio arbitrale, è indice della volontà delle stesse di lasciare aperta invece la possibilità di adire altri fori legali. Non è dato dunque affermare che nella clausola sia ravvisabile l'univoca e concorde volontà delle parti, non solo di derogare alla ordinaria competenza territoriale, ma altresì di escludere la concorrenza del foro designato con quelli previsti dalla legge e ne consegue che l'eccezione di incompetenza va rigettata. Quanto al merito va osservato che l'opponente ha addebitato alla convenuta una serie di condotte inadempienti, sinteticamente riassumibili, nell'inidoneità del progetto di fattibilità tecnica ed economica posto a base del progetto definitivo-esecutivo, oggetto di causa, rispetto alle risorse economiche disponibili, nell'inosservanza del termine di esecuzione del progetto (18.9.2020), nella realizzazione di un progetto definitivo-esecutivo contenente numerosi errori, carenze e scelte difformi da quanto richiesto, non rimediati, nonostante l'obbligo espressamente assunto in tal senso in forza dell'art.5 del disciplinare di incarico, con conseguente legittimazione del Comune alla risoluzione del contratto e al rifiuto del pagamento del compenso azionato in sede monitoria. Relativamente al primo addebito va osservato che il CTU, in sede di accertamento svolto in contraddittorio in corso di causa ha verificato che "sul piano tecnico non risulta che la redazione della progettazione definitiva ed esecutiva sia stata divisa in due stralci in dipendenza di una sottostima dei costi contenuta nel progetto di fattibilità, redatto dalla convenuta e approvato dall'attore con Delib. 20 agosto 2020, nonché richiamato nella Det. 7 settembre 2020". Tale conclusione del CTU non ha visto oggettive critiche dei consulenti di parte e non vi sono elementi per contrastare dette risultanze. D'altra parte va osservato che il progetto di fattibilità tecnica ed economica era stato autonomamente approvato dal Comune con Delib. della Giunta in data 20 agosto 2020 e dunque non potrebbe essere addebitata a fatto imputabile alla convenuta l'adozione dello stesso come fondamento della progettazione definitiva-esecutiva oggetto del distinto incarico affidato dal Comune alla società convenuta. Inoltre già prima di affidare l'incarico di progettazione definitiva-esecutiva, con comunicazione del 3.9.2020 (docc.2-2bis convenuta), il RUP aveva richiesto che nel progetto definitivo (e in quello esecutivo), l'edificio previsto come unico nel progetto di fattibilità venisse suddiviso in due corpi di fabbrica distinti, e la ripartizione appare dunque riconducibile ad una scelta dell'Amministrazione, senza considerare che compete alla fase della progettazione definitiva, ai sensi dell'art.26 del D.Lgs. n. 50 del 2016 la quantificazione definitiva del limite di spesa per la realizzazione del progetto. E' pertanto esclusa la fondatezza dell'addebito in discussione. Quanto al termine di esecuzione dell'opera va rilevato che nel disciplinare di incarico di cui alla determina 7.9.2020 del Responsabile del Servizio e RUP, di affidamento dell'incarico alla Co. (comunicata a quest'ultima in data 11.9.2020 - doc.5 attore), risulta indicato il termine del 18.9.2020. Si tratta all'evidenza, come sostenuto dalla convenuta, di un termine correlato all'iniziale ipotesi di realizzazione del progetto per la partecipazione al bando "Sport e periferie 2020" con scadenza il 30.9.2020 (doc.1 attore), al quale il Comune ha tuttavia deciso di non partecipare, non potendo rilasciare una dichiarazione circa l'assenza di contenziosi giudiziari, per l'esistenza di un contenzioso con privati (cfr. corrispondenza sub doc.(...) convenuta). In ogni caso l'art.4 del disciplinare prevede la possibilità per il Comune di "concedere termini suppletivi esclusivamente per causa di forza maggiore e comunque per motivi non dipendenti dalla volontà del soggetto incaricato" e non sembra dubbio che nella specie il Comune, in corso d'opera si sia avvalso di tale potere, concedendo alla convenuta termini suppletivi. Risulta in particolare dalla comunicazione del RUP in data 21.9.2020 (doc.5 convenuta) che lo stesso ha fissato quale termine per la consegna del progetto il 2.10.2020 e in tale, ultima data Co. ha puntualmente trasmesso al Comune la documentazione di progetto (docc.6-6bis convenuta). Risulta poi che soltanto in data 27.10.2020 il RUP ha sollecitato un'integrazione dei documenti ma relativamente alla spesa del secondo stralcio dell'opera, al fine di inserirla nel piano annuale per il 2021 (doc.8 convenuta) mentre nessun rilievo risulta formulato in ordine alla documentazione relativa al primo stralcio, da realizzare per l'anno in corso. Risulta ancora che in data 6.11.2020 la Co. ha ufficialmente inviato la documentazione di progetto (docc.9-9bis) e che in data 17.11.2020 il RUP ha trasmesso una scheda di verifica degli elaborati, fissando la discussione in contraddittorio e prevedendo la modifica in esito alla discussione stessa, comunque entro 7 giorni a partire dal 17.11 (doc.10 convenuta). Dalla successiva comunicazione del RUP, in data 23.11.2020 (doc.11), si evince che in esito alla verifica in contraddittorio è stato fissato un nuovo termine per l'apporto al progetto di un aggiornamento, funzionale alla sua "ottimizzazione", ed è stata chiesta la consegna entro il 27.11 (fine settimana corrente dal lunedì 23.11). Il RUP ha nuovamente interloquito sullo stato del progetto con comunicazione del 26.11.2020 (doc.7 attore), con la quale ha trasmesso la comunicazione del CONI, che richiedeva alcune integrazioni al progetto. Risulta che la Co. ha quindi trasmesso gli elaborati e le tavole, aggiornati di conseguenza e ha risposto dettagliatamente ai rilievi del RUP, con comunicazione in data 27.11.2020 (doc.13 convenuta) e dunque esattamente nel termine che era stato fissato dal RUP in corso d'opera, onde non appare configurabile alcun ritardo. D'altra parte va sottolineato che il RUP nelle comunicazioni intercorse con la convenuta si è riferito all'urgenza di provvedere rispetto al termine di scadenza del 5.12.2020, riferito al bando "Sport Missione Comune Bando 2020", bando al quale il Comune ha regolarmente partecipato con il progetto realizzato da Co. ed è risultato vincitore. L'opera realizzata da Co. è stata dunque compiuta nel termine concesso dall'Amministrazione, a modifica di quello previsto dall'art.4 del disciplinare di incarico e nessuna penale può essere posta a carico della convenuta. A conclusione, va sul punto sottolineato che nelle comunicazioni intercorse fra le parti si fa sempre riferimento all'urgenza dell'opera per il rispetto dei tempi dettati dal termine di scadenza del bando "Sport Missione Comune Bando 2020", mentre non vi è alcun richiamo ad un ritardo nell'operato di Co. rispetto al termine contrattuale, ritardo invocato per la prima volta dal legale del Comune con la comunicazione di rifiuto di pagamento del 29.12.2020 (doc.23 attore). Quanto al compimento dell'opera da parte della convenuta, va osservato che la stessa è stata interamente realizzata. Va invero sottolineato che, dopo che Co. aveva trasmesso gli elaborati e le tavole aggiornati e risposto dettagliatamente ai rilievi del RUP, con la comunicazione del 27.11.2020 (doc.13 convenuta), senza che intervenissero ulteriori rilievi, la Giunta del Comune di Costermano sul Garda ha deliberato in data 30.11.2020 l'approvazione "solamente in linea tecnica" del progetto definitivo-esecutivo realizzato da Co. e dalla stessa trasmesso con protocollo pervenuto il 9 e 12.11.2020 e cioè il progetto trasmesso il 6.11.2020 e già fatto oggetto dei rilievi del RUP, delle modifiche conseguenti e della dettagliata risposta di Co., sopra richiamati. Il Comune ha partecipato con il progetto, così approvato ed accettato, al bando "Sport Missione Comune Bando 2020", avente scadenza il 5.12.2020 ed ha richiesto e ottenuto in forza dello stesso progetto il mutuo di Euro.1.100.000,00, concesso dall'Istituto per il Credito Sportivo e funzionale alla realizzazione delle opere, da eseguirsi con inizio dei lavori entro 24 mesi dalla stipula del contratto di mutuo e "conformemente alle modalità esecutive del progetto approvato". Il progetto approvato era pertanto vincolante per l'Amministrazione, come si evince dall'art.1 delle condizioni generali di erogazione del mutuo (doc.10 attore). In tale contesto la circostanza che la Giunta Comunale abbia approvato il progetto "solamente in linea tecnica" non può valere quale riserva in ordine alla correttezza e completezza dell'opera progettuale ma quale rinvio ad un momento successivo della definizione della procedura di verifica-validazione e in particolare della redazione del verbale di validazione, di competenza del RUP, ai sensi dell'art.23 del D.Lgs. n. 50 del 2016. Invero l'art.26, comma 8 del D.Lgs. n. 50 del 2016 prevede che "La validazione del progetto posto a base di gara è l'atto formale che riporta gli esiti della verifica. La validazione è sottoscritta dal responsabile del procedimento e fa preciso riferimento al rapporto conclusivo del soggetto preposto alla verifica ed alle eventuali controdeduzioni del progettista. Il bando e la lettera di invito per l'affidamento dei lavori devono contenere gli estremi dell'avvenuta validazione del progetto posto a base di gara". L'Amministrazione ha approvato il progetto precisando di "prendere atto che il verbale di verifica-validazione del progetto, come da art.23 e successivi del D.Lgs. n. 50 del 2016 sarà fatto prima dell'approvazione tecnico-finanziaria dell'opera progettuale successiva a questa fase", e dunque ha rimesso alla successiva fase, prodromica all'affidamento dei lavori in appalto, la redazione dell'atto formale di validazione, di competenza del RUP, considerando tuttavia completata l'opera di Co., la quale ultima, del resto, aveva consegnato tutti gli elaborati prescritti, fra i quali anche la relazione acustica, infondatamente indicata come mancante nella missiva di contestazione e rifiuto di pagamento del legale del Comune in data 29.12.2020 (doc.23 attore). L'approvazione del progetto da parte dell'Amministrazione ha dunque realizzato i presupposti per l'emissione della fattura e per il diritto della convenuta al pagamento del corrispettivo, ai sensi degli artt.6, commi 2 e 4 del disciplinare di incarico. In altre parole è escluso che la riserva formulata nella delibera di Giunta possa essere interpretata come una mancata accettazione dell'opera progettuale, in attesa della validazione, sia perché tale riserva non è evincibile dal tenore letterale della delibera, sia perché tale, unilaterale, riserva non sarebbe conforme a correttezza e buona fede, laddove si consideri che il RUP non aveva in alcun modo replicato alle controdeduzioni formulate da Co. in sede di verifica, funzionale alla validazione del progetto e che la stessa Amministrazione, evidentemente consapevole di tale circostanza, aveva proceduto all'approvazione del progetto, facendolo proprio anche per la partecipazione al bando suindicato. Del tutto irrilevante poi, ai fini del riconoscimento del diritto della convenuta al pagamento, appare il fatto che tale delibera sia stata annullata in autotutela dalla Giunta con Delib. del marzo 2021 (doc.27 attore) in quanto assunta sul falso presupposto che il contratto fosse stato risolto per l'inadempimento di Co., laddove invece quest'ultima aveva adempiuto alle proprie obbligazioni ed era in attesa del pagamento. In particolare, come sostenuto da Co., l'attività di verifica era stata fatta dal RUP, che aveva elencato su file Excel i rilievi inerenti tutti gli elaborati fin dalla comunicazione in data 17.11.2020 (docc.10-10bis convenuta), che con la successiva comunicazione del 23.11.2020 (doc.11 convenuta) aveva fatto riferimento ad ulteriori note, anticipate nell'incontro di verifica del 20.11.2020, funzionali soltanto alla "ottimizzazione" del progetto e dunque non ad errori o carenze ma a precisazioni di dettaglio e che con ulteriore comunicazione del 26.11.2020 aveva trasmesso il parere del CONI, datato 23.11.2020, con la richiesta di ulteriori integrazioni (doc.7 attore). In risposta a tutte le osservazioni, e dunque a compimento dell'attività di verifica, Co. aveva trasmesso, in data 27.11.2020, i nuovi elaborati, con le modifiche accolte, e respinto motivatamente altri rilievi (doc.13 convenuta e relazione CTU pag.7), così concludendo con le proprie controdeduzioni l'attività di verifica, da formalizzare con il verbale di validazione del RUP. In tale contesto la determina del RUP in data 4.12.2020 di nomina di un soggetto terzo per la verifica (cfr. determina 4.12.2020 - doc.11 attore), appare iniziativa non necessaria, contrariamente a quanto sostenuto dall'attore, sia in relazione all'entità dell'appalto, sia in relazione allo stato dell'opera e certamente inidonea, anche perché successiva, a far considerare non accettata l'opera consegnata da Co. e approvata dalla Giunta. Sotto il primo profilo, va osservato che appare corretto l'assunto della convenuta, secondo cui l'appalto rientrava nelle ipotesi di cui all'art.26, comma 6, lett.d) del D.Lgs. n. 50 del 2016 e cioè nelle ipotesi di "lavori di importo inferiore a un milione di euro", per le quali la verifica è riservata al RUP. Infatti la norma fa riferimento alle somme a disposizione dell'appaltatore e non a quelle a disposizione dell'Amministrazione, sia pur correlate all'opera da appaltare. In altre parole l'importo dei lavori da considerare, ai sensi della disposizione richiamata, non è la somma finanziata per l'opera, nella specie di Euro.1.100.000,00, ma quella, necessariamente inferiore, da porre a base d'asta per l'affidamento dei lavori, nella specie di Euro.850.000,00, espressamente qualificata come "importo dei lavori" nella stessa Delib. di Giunta del 30 novembre 2020 (pag.5). Tale giudizio trova conferma nel disposto dell'art.35, comma 8 dello stesso D.Lgs. n. 50 del 2016, che configura la voce "importo dei lavori" come una parte distinta del valore dell'appalto. Sotto il secondo profilo va rilevato che il RUP aveva già operato in contraddittorio con la Co. la verifica del progetto realizzato e dunque, come sostenuto dalla convenuta, era attendibile soltanto la formalizzazione del verbale di validazione del progetto e non la rinnovazione dell'attività di verifica ad opera di un soggetto terzo. D'altra parte va sottolineato che la determina del RUP di incarico allo S.P. appare sorretta da motivazione strumentale, essendo invocate, la pretesa "necessità di provvedere all'affidamento dell'incarico tecnico professionale per la verifica della progettazione definitiva esecutiva dei lavori", necessità esclusa per le ragioni suindicate in ordine all'importo dei lavori, e la "carenza in organico di personale tecnico in possesso delle necessarie competenze di carattere tecnico per l'espletamento di tali attività altamente specialistiche", e dunque una situazione di fatto che avrebbe dovuto essere già nota in corso di svolgimento delle verifiche da parte del RUP sull'operato di Co. e che certamente non era emersa soltanto in esito alle controdeduzioni della stessa Co. con la comunicazione in data 27.11.2020. In ogni caso, a prescindere dalla legittimità della determina del RUP di nomina del terzo verificatore e/o dalla sua opportunità sul piano tecnico, come ritenuta dal CTU (cfr. relazione pag.6, laddove il CTU ha osservato che a suo giudizio l'incarico "consiste in un mero affidamento per consulenza tecnica da prestare al RUP, ed alla quale quest'ultimo poteva legalmente ricorrere, e non alla sostituzione del medesimo nella peculiare attività istruttoria e di controllo dei livelli di progettazione avente scopo di accertare la rispondenza degli elaborati di progetto e la loro conformità alla normativa vigente") appare chiaro che l'attività non era funzionale all'ultimazione e all'effettiva consegna e accettazione dell'opera progettuale, già avvenute e attestate dall'approvazione del progetto definitivo-esecutivo con la Delib. di Giunta del 30 novembre 2020, ma a fornire un supporto tecnico al RUP per la redazione dell'atto di validazione, successivo ed indipendente dall'ultimazione dell'opera progettuale e funzionale all'affidamento dei lavori e cioè a procedere alla gara d'appalto, come ricordato dal CTU (cfr. relazione pag.7). Di conseguenza è fondata la pretesa della convenuta di veder riconosciuto il diritto al pagamento del corrispettivo e risulta invece inadempiente l'attore, che sul presupposto della necessità, ai fini del completamento dell'opera, della previa modifica degli elaborati, in conformità a nuovi rilievi formulati dallo S.P., ha negato tale pagamento. Tale giudizio è confermato dal contenuto della clausola dell'art.5 del disciplinare di incarico, che prevede che "La società incaricata è tenuta a introdurre nei progetti, anche se già consegnati al Comune di Costermano del Garda, tutte le modifiche che siano ritenute necessarie, ad insindacabile giudizio dell'Amministrazione e/o a seguito delle indicazioni o prescrizioni disposte da Organi Statali, Regionali o Provinciali, per il rispetto di norme stabilite dalle vigenti leggi, senza che ciò dia diritto a speciali e maggiori compensi, salvo che nel caso di rielaborazioni derivanti da sopravvenute disposizioni di legge intervenute dopo la consegna degli elaborati stessi". Nel riferirsi a progetti "già consegnati", per i quali dunque è maturato il diritto al pagamento del corrispettivo (l'art.6 del disciplinare prevede la scadenza di 30 giorni dall'emissione di fattura elettronica, da emettersi a seguito della consegna degli elaborati all'Amministrazione), l'art.5 esplicitamente contempla l'ipotesi che vi sia necessità di adeguare i progetti definitivi ed esecutivi, già compiuti alle indicazioni provenienti dall'Amministrazione in sede di procedura di validazione, preliminare all'appalto dell'opera, da svolgersi, come nella specie, anche in epoca successiva alla consegna e approvazione del progetto definitivo-esecutivo o, ancora, di adeguarli alle indicazioni e prescrizioni di soggetti terzi, non vincolati ai tempi di svolgimento dell'incarico di progettazione. Significativo di tale, ultima ipotesi il fatto che soltanto in data 16/12/2020 fosse stato rilasciato il parere del CONI, comunicato in data 21.12.2020 dal RUP a Co., parere che confermava l'idoneità del progetto a condizione che "Siano eliminate le barriere architettoniche nell'impianto sportivo, al fine di garantire la corretta accessibilità agli spogliatoi ed al campo di gioco". Va sottolineato che il CTU ha poi riconosciuto fondati i rilievi formulati su incarico del RUP dallo S.P. in ordine ad alcune non conformità o carenze del progetto approvato dalla Giunta, che avrebbero richiesto la modifica di alcuni degli elaborati di progetto per porvi rimedio. Tuttavia, si tratta di attività di modifica, riconducibile al disposto dell'art.5 del disciplinare di incarico che, in quanto successiva alla consegna dei progetti e alla maturazione dell'obbligazione di pagamento del corrispettivo, legittimamente è stata negata da Co. in virtù dell'eccezione di inadempimento, ai sensi dell'art.1460 c.c., avendo il Comune rifiutato di effettuare il pagamento, respingendo la fattura emessa da Co. (doc.16 convenuta e doc.23 attore). In conseguenza è infondata la pretesa dell'attore di risoluzione del contratto per inadempimento della convenuta, anche per effetto della diffida ad adempiere del 11.2.2021 (doc.20 attore), atteso che lo stesso attore era inadempiente all'obbligazione di pagamento dell'intero corrispettivo, pur avendo ricevuto la prestazione di Co., e cioè l'intera opera progettuale. In altre parole il Comune avrebbe potuto legittimamente pretendere la modifica degli elaborati progettuali, in conformità alle prescrizioni del CONI e alle risultanze del rapporto di verifica, discrezionalmente richiesto dal RUP ad un professionista esterno, solo dopo avere effettuato il pagamento del corrispettivo, trattandosi in ogni caso di modifiche successive alla "consegna degli elaborati" - ai sensi dell'art.5 del disciplinare d'incarico - e dunque all'esigibilità del corrispettivo. In definitiva il Comune avrebbe dovuto pagare l'intero corrispettivo previsto e soltanto in esito al pagamento stesso avrebbe potuto esigere (e potrà esigere), senza diritto di Co. ad ulteriori compensi, le modifiche necessarie per rendere il progetto conforme alle indicazioni e prescrizioni sopra riportate. Da ciò consegue che la pretesa creditoria fatta valere in sede monitoria da Co. è interamente fondata. Va precisato sul punto che, diversamente da quanto prospettato dall'attore, Co. ha realizzato tutte le prestazioni concordate ed in particolare anche la relazione acustica, come già precisato, e la pratica catastale, indicata del valore di complessivi Euro.1.970,00, oltre accessori e così di totali Euro.2.486,85, considerato che dalla CTU è risultato che le pratiche catastali inerenti la fase progettuale rientravano fra le attività da svolgere (voce A.4 di pag.3 della relazione del CTU) e che tutte le attività sono state svolte. In altre parole è risultata infondata la tesi sostenuta dall'attore e prospettata anche nella comunicazione di rifiuto del pagamento del corrispettivo del 29.12.2020 (doc.23 attore) che la pratica catastale compresa nel progetto fosse quella inerente l'accatastamento del costruendo edificio, evidentemente realizzabile solo in esito alla costruzione. Consegue all'insussistenza dell'inadempimento della convenuta anche l'infondatezza di ogni pretesa risarcitoria del Comune di Costermano sul Garda. Il decreto ingiuntivo opposto va pertanto confermato. Quanto alla domanda riconvenzionale di Co. va osservato che i rilievi svolti consentono, come già riportato, di escludere l'efficacia della diffida ad adempiere in data 11.2.2021 ai fini della risoluzione del contratto ma anche di escludere la sussistenza dell'obbligo del RUP di emettere il verbale di validazione del progetto. Infatti l'attività di modifica richiesta dal medesimo RUP, a seguito dei rapporti di verifica dello S.P., è stata ritenuta necessaria anche dal CTU per rendere il progetto conforme alle prescrizioni tecniche e normative e dunque appare riconducibile alle ipotesi dell'art.5 del disciplinare, di obbligo a carico della convenuta, che preclude la validazione del progetto ai fini della gara d'appalto. Va ribadito che la convenuta ha legittimamente omesso di apportare al progetto le modifiche, in virtù dell'eccezione di inadempimento ma in esito al pagamento del corrispettivo dovranno essere apportate dalla convenuta, senza ulteriori oneri per l'Amministrazione, le richiamate modifiche, risultate necessarie in sede di verifica successiva alla consegna del progetto, per giungere alla validazione. Va respinta la domanda risarcitoria della convenuta, non essendo precisata nè provata l'esistenza di un danno diverso da quello derivante dal mancato godimento del corrispettivo per il ritardato pagamento, che è ristorato dagli interessi moratori già compresi nel decreto ingiuntivo confermato. Le spese di causa vanno poste integralmente a carico dell'attore, sia per la prevalente soccombenza, sia per la mancata accettazione della proposta conciliativa, ex art. 185 bis c.p.c. Le spese vanno liquidate come da dispositivo, in conformità ai valori medi del D.M. n. 147 del 2022. Le spese di CTU vanno poste in via definitiva a carico dell'attore per effetto della soccombenza. P.Q.M. Il Tribunale, definitivamente pronunciando, rigetta l'eccezione di incompetenza per territorio del Tribunale di Padova; rigetta l'opposizione e conferma il decreto ingiuntivo n.490/2021 di questo Tribunale; dichiara l'esecutorietà del predetto decreto; rigetta ogni altra domanda delle parti; condanna il Comune di Costermano sul Garda a rifondere a Co. s.r.l. le spese del procedimento, che liquida in Euro 2.552,00 per la fase di studio, Euro 1.628,00 per la fase introduttiva, Euro 5.670,00 per la fase istruttoria ed Euro 4.253,00 per la fase decisionale, oltre al 15% per spese generali ed oltre IVA e CPA; pone in via definitiva a carico del Comune di Costermano sul Garda le spese di CTU. Così deciso in Padova il 6 marzo 2024. Depositata in Cancelleria il 7 marzo 2024.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Tribunale di Padova SECONDA SEZIONE CIVILE Il Tribunale di Padova, in persona del Giudice dott.ssa Maddalena Saturni ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di primo grado tra Lu.Mo. (c.f. (...)) Le.Ce. (c.f. (...)), Ma.Ce. (c.f. (...) ) e Si.Ce. (c.f. (...)), nella loro qualità di eredi del defunto Re.Ce. (c.f. (...) ), tutti rappresentati e difesi dagli Avv.ti Ro.Sa. e dall'Avv. Ch.Ze. ATTORI contro Gi.Lu. (c.f. (...)), assistito e difeso dagli Avv.ti Ro.Vi., Fr.Ri. e Ma.To. (c.f. (...) ), assistito e difeso dall'Avv. Al.Ba. CONVENUTI nonché contro Ai. S.A. RAPPRESENTANZA G.I. (p.iva (...)), assistita e difesa dall'Avv. Furio De Palma e dall'Avv. Cl.Ca. TERZA CHIAMATA RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE 1. fatto e precedenti processuali Con atto di citazione regolamente notificato in data 14.10.2021, Re.Ce. conveniva avanti al Tribunale di Padova gli avv.ti Gi.Lu. e Ma.To. al fine di accertare la responsabilità professionale degli ex difensori, con conseguente risarcimento dei danni. I fatti di causa, secondo la ricostruzione attorea, possono riassumersi come segue: - l'attore Re.Ce. rivestiva il ruolo di Presidente dell'Associazione sportiva dilettantistica Le.Ce. sin dalla sua fondazione nel 2004; - in occasione del rinnovo delle cariche associative per l'anno 2010/2011 il C., pur riluttante, era nuovamente nominato Presidente dell'Associazione, con garanzia che lo stesso avrebbe rivestito ruolo meramente formale in quanto la gestione economico - finanziaria della società sarebbe stata presa in carico esclusivamente da G.P. (V.) e A.M. (componente del Consiglio Direttivo dell'Associazione con funzione di Segretario, ad oggi deceduto); - nel giugno del 2011 l'Associazione cessava ed era sciolta; - in data 21 dicembre 2015 veniva notificato all'attore C. un Avviso di accertamento (doc. 2 attoreo) mediante il quale l'Agenzia delle Entrate contestò allo stesso, nella duplice qualità di rappresentante del Le.Ce. nonchè quale autore della violazione, per l'anno sportivo 2010/2011, alcune irregolarità contabili e fiscali, tali da rideterminare le imposte IRES, IRAP e IVA dovute, maggiorate di sanzioni ed interessi per Euro 84.157,85; - il vice-presidente dell'associazione, P., impegnandosi anche a sostenere i costi di difesa tecnica, incaricò gli avvocati odierni convenuti di impugnare l'avviso di accertamento di fronte alla Commissione Tributaria Provinciale di Padova (da ora CTP) con ricorso del 9.03.2016 (doc. 4 attoreo); - il C. a sua volta firmò il mandato alle liti in favore dei convenuti avv.ti T. e L. (cfr. margine doc. 4 attoreo), come detto difensori individuati per il tramite del P.; - i professionisti convenuti proposero quindi opposizione per la Associazione Le.Ce. (che come detto aveva cessato l'attività in data 3.06.2011) in persona del legale rappresentante Re.Ce.; - non venivano predisposte difese in favore del C. in proprio quale persona fisica autore del ritenuto illecito, pertanto l'avviso di accertamento consolidava i suoi effetti nei confronti dell'odierno attore nella predetta qualità; - con sentenza di primo grado n. 654/5/2017 dell'8.9.2017, la CTP riteneva il ricorso inammissibile (doc. 5 attoreo) perché l'Associazione Le.Ce., alla data di proposizione del ricorso, era soggetto giuridico inesistente e quindi privo di legittimazione; - gli avvocati odierni convenuti proponevano appello avanti la Commissione Tributaria Regionale di Venezia (da ora CTR) avverso la sentenza di primo grado (doc. 7 attoreo), appello che veniva rigettato; - in data 15.11.2017 veniva poi notificato al C. (sempre nella duplice qualità di rappresentante del Le.Ce. nonchè quale autore della violazione) l'intimazione di pagamento mediante la quale l'Amministrazione tributaria intimava allo stesso, unitamente al P., di versare la somma complessiva di Euro 65.174,81, cfr. doc. 6 attoreo; - in data 4.05.2018 gli avvocati convenuti impugnavano anche l'intimazione di pagamento innanzi alla C.D.P. con un secondo ricorso (doc. 8 attoreo), proponendo questa volta impugnazione in favore anche del C. in qualità di persona fisica; - la C.D.P. rigettava il ricorso avverso l'intimazione di pagamento, chiarendo che il precedente avviso di accertamento, non impugnato dai contribuenti persone fisiche (C. e P.), era divenuto definitivo nei loro confronti (cfr. pag. 6 doc. 11 attore). Ritenendo quindi di aver subito danni a causa dall'attività espletata dai propri patrocinanti, Re.Ce. proponeva il presente giudizio. Chiedeva la condanna degli avvocati convenuti a tenerlo indenne e manlevato da qualunque pretesa, presente o futura, avanzata nei suoi confronti dal P. e/o dall'Agenzia delle Entrate, in virtù del definitivo accertamento tributario consolidatosi nei suoi confronti; chiedeva anche l'accertamento negativo di non debenza di alcun compenso in favore dei due difensori. Si costituivano in giudizio, separatamente, gli Avv.ti Gianluca L. e Ma.To., chiedendo il rigetto delle domande attoree e chiamando in causa Ai. SA quale compagnia assicurativa. L'Avv. T. avanzava altresì domanda riconvenzionale nei confronti dell'attore per il pagamento delle sue spettanze per l'attività prestata nei giudizi avanti alle Commissioni Tributarie. Si costituiva in giudizio Ai. SA rilevando l'inoperatività nella polizza assicurativa stipulata dai due legali per i fatti oggetto di causa. Con ordinanza del 26.10.2022, il Giudice prendeva atto del decesso di Re.Ce. e dichiarava l'interruzione del giudizio. Con ricorso depositato in data 19.01.2023, il processo veniva riassunto dagli eredi e successori a titolo universale di Re.Ce., ossia Lu.Mo., L., M. e Si.Ce.. La causa veniva istruita solo documentalmente e passa ora in decisione sulle conclusioni in epigrafe. 2. la condotta inadempiente dei convenuti. In ordine ai procedimenti tributari di cui sopra si è detto e con riferimento alle difese predisposte, gli attori rilevano, in primo luogo, che la condotta inadempiente degli odierni convenuti ha ad oggetto la scelta difensiva di costituire l'A.Le.Ce., associazione estinta e pertanto incapace di stare in giudizio, e di non costituire il C. quale autonomo destinatario dello stesso avviso. Rilevano poi gli attori che la condotta diligente e adeguata dei avvocati convenuti sarebbe dovuta consistere nella proposizione dell'opposizione avverso l'avviso di accertamento (...) in nome e per conto del C. sia quale ex socio, sia quale persona fisica ritenuto autore dell'illecito: - quale ex socio del Le.Ce. per lamentare l'estinzione di quest'ultima, con conseguente nullità dell'avviso di accertamento notificato nei suoi confronti; - quale persona fisica autore dell'illecito, con relativa contestazione di ogni e qualsiasi responsabilità per aver assunto la carica di presidente dell'A. senza essere stato autore delle violazioni contestate dall'Agenzia, in quanto mero rappresentante formale dell'Associazione che non aveva mai trattato o contrattato per l'AC Le.Ce. (per conto della quale invece avevano agito terzi soggetti, come pure riconosciuto dall'Agenzia stessa). Secondo la prospettazione attorea, la costituzione in giudizio del C. quale persona fisica e l'argomentazione circa l'estinzione dell'Associazione del Le.Ce. avrebbero determinato la ragionevole probabilità di accoglimento delle eccezioni del C. e il conseguente annullamento dell'avviso di accertamento. Per gli stessi motivi, gli attori rilevano la non debenza delle parcelle dimesse sub doc. 18 e 19 ed inviate dal convenuto avv. T. in quanto: - nessuna lettera di incarico risulta essere mai stata concordata con il C. atteso che i rapporti con gli avvocati erano stati curati dal solo P., il quale aveva promosso la raccolta delle firme sul mandato alle liti del C.; - gli avv.ti avrebbero percepito dal P. già la somma di Euro 4.000,00; - la pretesa di pagamento dell'Avv. T. risulta prescritta ex art. 2956 in quanto avanzata dopo oltre 4 anni dal conferimento. 3. I rilievi dei convenuti professionisti. In ordine ai procedimenti avanti alle CTP/CTR, i convenuto L. e T. hanno proposto le difese come segue. L'avv. L. ha rilevato in via preliminare: - la carenza di interesse ad agire del C. atteso che le somme richieste dall'Amministrazione sono state corrisposte dal P.; - la carenza di legittimazione attiva del C. in quanto non è stato provato il conferimento del mandato professionale ai due odierni convenuti. In ordine poi alla propria responsabilità professionale, l'avv.to L. ha rilevato che: - l'A.Le.Ce. stipulava nel corso del 2010 e fino alla sua cessazione numerosi contratti di sponsorizzazione con varie società e che in ordine a queste attività l'Agenzia delle Entrate contestava le irregolità di cui all'avviso di accertamento in esame; - la costituzione in giudizio dell'associazione era stata prospettata al C. alla luce dei contrasti giurisprudenziali esistenti al momento della notifica dell'avviso di accertamento e decisa poi per evitare la cristallizzazione della pretesa del pagamento avverso la stessa; - venivano notificati al C. e al P. anche degli avvisi di accertamento relativi alle sanzioni irrogate ai fini IRPEF ma le relative procedure venivano definite in via conciliativa (docc. 2 e 3 allegati alla comparsa di costituzione dell'Avv. L.); - gli odierni convenuti non ricevevano alcun conferimento di incarico da parte del C. al fine di tutelare anche la sua posizione rispetto all'avviso di accertamento n. (...); - con la sentenza di primo grado della CTP, nella causa promossa dagli odierni convenuti avverso l'avviso di intimazione di pagamento, veniva dichiarata la cessazione della materia del contendere con riferimento all'avviso di accertamento e alla successiva intimazione di pagamento, tale per cui non può dirsi consolidato alcun effetto degli stessi nei confronti del C.; - non è stata prodotta alcuna idonea allegazione circa l'avvenuto pagamento di Euro 4.000,00 in favore dell'Avv. L. da parte del P.. L'avv. T. si è costituito in giudizio ricalcando, per molti versi, le difese argomentate dall'Avv. L., rilevando in aggiunta che: - il C. sottoscriveva regolarmente i contratti di sponsorizzazione per il Le.Ce., agendo, quindi, in nome e per conto dell'Associazione, e non essendo quindi Presidente in veste meramente formale, come invece dichiarato dall'attore; - l'eccezione di prescrizione del pagamento dei compensi in favore dell'Avv. T., come sollevata dall'attore, è errata. 4. Sulle eccezioni preliminari del convenuto avv. L.;carenza di interesse e di difetto di legittimazione attiva del C.D.C.. 4.1. Le eccezioni preliminari proposte dall'avv. L. non sono fondate. In ordine all'interesse di agire del C. (e dei suoi eredi), come rilevato dallo stesso attore, lo stesso sussiste in virtù del fatto che l'Agenzia delle Entrate da un lato, e il P. dall'altro, vantano astrattamente un titolo nei confronti del C., azionabile in qualsiasi momento: - quanto all'Agenzia si vedano in proposito i documenti 20 e 21 depositati dall'attore con la seconda memoria istruttoria ex art. 183 co. 6 c.p.c. ove sono dimessi due atti di pignoramento presso terzi notificati al C. quale debitore e fondati sull'avviso di accertamento oggetto del presente giudizio: Omissis - quanto al P., questi ex art. 2055 c.c. potrebbe astrattamente richiedere agli eredi del C. di farsi carico di rifondergli la loro parte del debito (di natura ereditaria) verso l'erario, salve le successive considerazioni in diritto sulla fondatezza di un'ipotetica azione in tal senso. L'interesse degli eredi C. ad accertare l'esistenza di un'ipotesi di inadempimento professionale sussiste, da ultimo, anche in relazione alla pretesa avanzata in questa sede dall'Avv. T. con la propria domanda riconvenzionale per il pagamento dei compensi professionali. * 4.2. In ordine poi all'eccezione di difetto di legittimazione attiva del C., l'avv. L. sostiene che non avendo il professionista ricevuto mandato difensivo dal defunto Re.Ce. in proprio, ma solo quale ex Presidente dell'Associazione Le.Ce., allora la parte e di conseguenza i suoi eredi non sarebbero legittimati ad agire in giudizio contro il medesimo difensore. L'eccezione va propriamente riqualificata quale difetto di titolarità del rapporto giuridico controverso, atteso che l'attore, pacificamente, nei suoi atti difensivi si professa cliente dell'avvocato e questi, al contrario, contesta di aver ricevuto incarico professionale. Ciò detto, anticipando l'infondatezza dell'eccezione, la stessa viene delibata nel prosieguo della motivazione, anche alla luce delle difese esposte dall'altro convenuto avv. T.. 5. Sul conferimento dell'incarico professionale. 5.1. In generale si premette che il cliente che sostiene, come nel caso di specie, di aver subìto un danno per l'inesatto adempimento del mandato conferito al suo avvocato deve: 1. provare l'avvenuto conferimento del mandato difensivo; 2. allegare in maniera specifica la difettosa o inadeguata prestazione professionale; 3. provare l'esistenza del danno; 4. provare il nesso eziologico tra la prestazione professionale inadeguata ed il danno subìto, onde appurare se, qualora il legale non avesse commesso errori, il giudizio avrebbe avuto esito diverso e la parte avrebbe potuto conseguire il risultato voluto. 5.2. Quanto al conferimento dell'incarico professionale da parte di Re.Ce. in proprio, in favore dei due convenuti, lo stesso è provato sulla base delle stesse affermazioni delle parti in causa nei limiti e con i contenuti che di seguito si espongono. Nel momento in cui, nel dicembre del 2015, Re.Ce. ha ricevuto la notifica dell'avviso di accertamento (...), si rivolse ai convenuti T. e L., seppure per il tramite del P., come affermato concordemente nei seguenti passaggi: - pag. 4 citazione C., ultimo paragrafo, ove pur precisando che fu il P. ad inviduare i due avvocati, e pur lamentando la mancanza di una lettera di incarico, si afferma che il C. si affidò ai convenuti per risolvere il problema con l'E.; - pagg. 4 e 5 e paragrafo 1.7. della comparsa di costituzione avv. L. ove si afferma che una volta ricevute le notifiche da parte dell'Agenzia, "i signori C. e P. ... hanno chiesto ai convenuti una possibile assistenza tecnica"; - pag. 8 paragrafo 14 della comparsa di costituzione dell'avv. T. ove si precisa che gli avvocati convenuti incontrarono personalmente l'attore Re.Ce. illustrandogli le possibili difese. Orbene, i fatti concordemente affermati dai tre soggetti in causa conducono a ritenere provato per mancata contestazione che il C. abbia chiesto "assistenza tecnica" ai convenuti nel momento in cui ricevette l'avviso di accertamento. Il fatto che Re.Ce. abbia conosciuto i due avvocati T. e L. per il tramite del P. non rileva. E' pacifico che i convenuti hanno avuto modo di conferire con il C.; è pacifico che i due convenuti conoscevano contenuto dell'avviso di accertamento emesso anche nei suoi confronti; non è rilevante la mancanza di una procura alle liti conferita dal C. "in proprio", quale persona fisica autore della violazione contestata dall'Agenzia, né rileva la macanza di un contratto in forma scritta per il conferimento dell'incarico. Si precisa, sul punto, che il contratto di patrocinio è un negozio bilaterale per il quale non è richiesta, ai fini della sua validità, la forma scritta. Quanto alla procura alle liti (negozio unilaterale rilasciato dall'assistito) il suo rilascio non è indispensabile al fine di dimostrare il conferimento di incarico professionale, essendo la stessa necessaria solo per lo svolgimento dell'attività processuale e non anche per studiare, redigere pareri, informare, consigliare il cliente e stabilire la migliore tattica difensiva. Sulla base delle risultanze sopra descritte si deve affermare che il C., fin dalla ricezione dell'avviso di accertamento, si è rivolto ai professionisti convenuti al fine di vedere tutelate le proprie ragioni nell'ambito delle contestazioni mosse dall'Agenzia. I due convenuti, da allora, dovevano farsi carico di gestire la questione indicata sotto tutti i suoi profili fondamentali, sondando le intenzioni dello stesso C. e soprattutto prospettando allo stesso ogni conseguenza derivante dalla notifica dell'avviso, sotto tutte le varie sfaccettature in cui il C. era coinvolto. 5.3. La questione della mancanza di una procura alle liti, come detto, si interseca quindi con il profilo relativo all'esatto adempimento dell'incarico. Se non si spiega al cliente che è necessario procedere con un contenzioso dinanzi alla CTP - in cui il Cerato doveva impugnare l'avviso di accertamento anche "in proprio", e non solo per l'Associazione L. -costui, ovviamente, non rilascia alcuna procura alle liti in tal senso. Tale mancanza può essere riguardata come inadempimento del professionista sotto il profilo della mancata informativa o inadeguata predisposizione di linea difensiva. In corso di causa i convenuti non hanno allegato (e con le memorie istruttorie non è stato chiesto di provare) di aver reso una compiuta informativa al cliente C., una volta presa visione dell'avviso di accertamento notificato nel novembre del 2015. In allora, nel momento di instaurazione del rapporto professionale, era onere dei due avvocati convenuti: - notiziare il cliente dell'esatto contenuto e portata dell'avviso di accertamento come notificato al C. in proprio, autore della violazione, e nella qualità di Presidente del Le.Ce.; - prospettare gli scenari che, a quel punto, potevano presentarsi a seconda delle diverse scelte di impugnazione che si percorrevano; - consigliare al cliente di procedere in un senso o nell'altro per cercare di conseguire il c.d. "bene della vita" auspicato dal cliente, costituito dal porsi al riparo dalle pretese dell'E., pretese avanzate contro il C. nella duplice qualità già citata. Una volta resa tale informativa e dissipati eventuali dubbi dagli avvocati, spettava ovviamente al cliente C. scegliere se procedere con la via giudiziale o meno, impugnando l'avviso di accertamento anche "in proprio" e non solo quale legale rappresentante dell'Associazione. Alcun profilo di questi è presente in atti, né vi sono prove volte a dimostrare circostanze comparabili che possano far ritenere pienamente adempiuto l'obbligo, gravante sui convenuti avvocati, di informare il cliente e di consigliarlo. Si deve poi rilevare (anticipando un argomento che va collocato nel segmento d'analisi del nesso di causa tra inadempimento e danno-evento) che - secondo un criterio di regolarità fondato sull'id quod plerumque accidit - se al cittadino, che si è rivolto all'avvocato per ottenere tutela contro la pretesa dell'E., viene prospettata la necessità di difendersi da tale richiesta economica contrastando l'avviso di accertamento non solo quale legale rappreentane della associazione ma anche "in proprio", molto probabilmente costui accetterà di procedere giudizialmente fidandosi del consiglio dell'avvocato. D'altro canto non avrebbe avuto alcuna utilità pratica per il C. procedere unicamente con la richiesta di annullamento dell'avviso di accertamento quale rappresentante dell'Associazione e farlo invece contemporaneamente consolidare nella sua sfera personale, non procedendo a contestazione anche "in proprio" ossia quale autore della violazione: ciò in quanto il patrimonio del cliente C. (bene della vita da salvaguardare) sarebbe stato comunque aggredito esecutivamente dalle pretese dell'Agenzia delle Entrate. Ecco quindi che la questione della mancanza di una procura speciale alle liti (la cui assenza viene più volte sottolienata dall'avv. L.) non dimostra che i convenuti non avessero ricevuto alcun incarico professionale dal C. "in proprio". Il primo presupposto delle domande attoree, relativo alla prova del conferimento di un incarico professionale per essere tutelato, a tutto tondo, dalle pretese economiche dell'Agenzia delle Entrate, appare pertanto soddisfatto. 6. Sulle cause di inadempimento dei due convenuti: i motivi dell'attore. 6.1. I profili di inadempimento enunciati dall'attore, forieri di danno risarcibile che viene chiesto di accertare nel presente giudizio sono così riassumibili: 1. l'aver costituito nei due giudizi tributari unicamente il Le.Ce., associazione già estinta e dunque priva di legittimazione ad agire; 2. il non aver costituito personalmente il C., quale autore della violazione, nei due giudizi tributari e aver quindi determinato il consolidarsi nei suoi confronti del debito tributario contestato dall'A.F.. 6.2. In ordine al primo punto denunciato dall'attore, le questioni non sono dirimenti. La posizione dell'associazione, così come la possibilità di essere costituita o meno in giudizio, non è di rilievo. Per espressa ammissione dell'attore (e per quanto risultante dai contenuti della seconda sentenza della CTP doc. 11 attoreo) l'unico profilo di inadempimento fonte di danno nei confronti dell'odierna parte attrice è infatti la mancata costituzione del C. quale persona fisica nei giudizi di impugnazione dell'avviso di accertamento. 6.3. Quanto al secondo profilo di inadempimento è pacifico che i convenuti professionisti non hanno impugnato l'avviso di accertamento anche in nome e per conto del Re.Ce. in proprio quale autore della violazione. Va quindi verificato se: 1. tale omissione configuri difettosa o inadeguata prestazione professionale; 2. se tale omissione ha cagionato il danno lamentato dall'attore; 3. il nesso eziologico tra la prestazione professionale inadeguata ed il danno subìto, onde appurare se, qualora il legale non avesse commesso errori, parte avrebbe potuto conseguire il risultato voluto. 6.4. Si richiama quanto già sopra anticipato in merito alla mancanza di allegazione e prova di una adeguata informativa che avrebbe dovuto essere somministrata al C. nel novembre del 2015. L'onere probatorio gravava sui convenuti attesa la natura contrattuale del rapporto e la circostanza che si tratta di dimostrare l'esatto adempimento dell'obbligo professionale che il cliente assume inadempiuto. Si è già detto che rientra tra i doveri dell'avvocato accompagnare il cliente nella gestione della problematica specifica e consigliarlo per il migliore e più efficace soddisfacimento delle propie esigenze. Allo stesso modo - valutando il nesso di causa tra inadempimento (ossia la omessa informativa) e danno-evento (costituito dalla mancata proposizione dell'impugnazione "in proprio") - è possibile affermare che il C., che si era già accordato con i convenuti per impugnare l'avviso di accertamento quale legale rappresentante del Le.Ce., qualora avesse ricevuto tempestiva e completa informativa dagli avvocati sulla possibilità di instaurare parallelo giudizio che avrebbe evitato il consolidarsi della pretesa dell'E. con consguente possibile aggressione del suo patrimonio personale, molto probabilmente avrebbe accettato di procedere con la causa. L'esito di tale giudizio prognostico si fonda, come già detto, su un criterio di regolarità fondato sull'id quod plerumque accidit tenuto conto delle peculiarità del caso concreto già messe in luce dal Tribunale. Quindi, se i convenuti avessero diligentemente informato l'attore delle facoltà lui spettanti, costui avrebbe molto probabilmente firmato la procura alle liti conferendo loro specifico incarico processuale per impugnare l'avviso anche "in proprio". Va ora verificato se la tempestiva proposizione giudiziale della domanda in questione avrebbe avuto esito favorevole per il C.. 7. Sulla mancata opposizione dell'avviso di accertamento da parte delCerato quale persona fisica. 7.1. La dimostrazione di un comportamento inadempiente, di per sé, non è sufficiente per affermare l'esistenza di un danno risarcibile, che non può ritenersi in re ipsa. Occorre appurare, con ragionamento controfattuale, se la diversa condotta processuale auspicata dagli eredi C., avrebbe determinato, in termini di giudizio prognostico, l'annullamento dell'avviso di accertamento in capo a Re.Ce. quale autore della violazione. L'onere di dimostrare il danno-conseguenza subito dall'inerzia del difensore ed il nesso di causalità fra inadempimento e danno stesso, grava sull'attore (cfr. Cass. Civ. n. 9238/2007). Secondo parte attrice gli avvocati avrebbero dovuto anche proporre opposizione in favore del C. quale persona fisica con relativa contestazione di ogni responsabilità per il fatto di non aver preso parte alle attività gestorie dell'associazione e quindi per mancanza di responsabilità per i fatti oggetto dell'accertamento. 7.2. Sulla base della ricognizione della giurisprudenza di legittimità in tema di art. 38 c.c. va premesso che la responsabilità per i debiti di imposta si atteggia, per le associazioni non riconosciute e i soggetti solidalmente responsabili, in termini differenti rispetto alle obbligazioni negoziali (cfr. Cass. 9884/2023 e Cass. 1793/2023 per la distinzione tra i rapporti dell'associazione di carattere privatistico e contrattuale e le obbligazioni tributarie). Le obbligazioni contrattuali con i terzi sorgono, appunto, su base negoziale (e, quindi, volontaria), per cui appare fondamentale rinvenire, anche a termini di statuto, chi ha effettivamente assunto un ruolo gestorio in nome e per conto dell'associazione al fine di evidenziarne la responsabilità. Questo principio non è traslabile in quanto tale in relazione ai debiti di imposta, i quali non sorgono su base negoziale ma ex lege all'atto del verificarsi del relativo presupposto impositivo. Ne consegue che ai fini dell'insorgenza dell'obbligazione del legale rappresentante non occorre la prova di una effettiva attività gestoria ma è sufficiente il solo fatto di rivestire tale carica (fermo restando che il richiamo all'effettività dell'ingerenza circoscrive la responsabilità del soggetto investito di cariche sociali alle sole obbligazioni sorte nel periodo di relativa investitura, questione questa non rilevante ai fini del decidere). Quindi l'attenzione si sposta dalla concreta attività espletata all'esterno dall'associato (ai fini dell'insorgenza della specifica obbligazione verso i terzi) alla verifica, interna, della partecipazione e gestione dell'ente, gestione di natura prettamente amministrativa/contabile, da parte del soggetto destinatario della pretesa tributaria. A tal proposito Cass. 3093/2021 ha precisato che grava sul chiamato a rispondere delle obbligazioni ex lege (ossia su Re.Ce. nell'ipotetico giudizio dinanzi alla CTP) dare prova della sua estraneità alla gestione interna dell'ente. Nell'ipotetico giudizio proposto dal C. in proprio, quindi, non spettava all'Agenzia delle Entrate provare che il Presidente dell'associazione non riconosciuta avesse partecipato all'attività gestoria interna dell'ente, al fine di fondare la responsabilità personale e solidale dello stesso, ma gravava sul C. l'onere di dimostrare il contrario per andare esente da responsabilità. Per le obbligazioni tributarie, infatti, sussiste un principio di presunzione idoneo a far supporre che il rappresentante abbia concorso nelle decisioni che hanno portato alla creazione di rapporti obbligatori di natura tributaria per conto dell'associazione. 8. Sul verosimile esito dell'ipotetico giudizio dinanzi alla CTP. 8.1. Occorre quindi definire se l'attore nel presente giudizio ha provveduto a soddisfare il proprio onere probatorio, dimostrando la propria estraneità ai fatti contestati dall'amministrazione e quindi il verosimile esito favorevole del giudizio dinanzia alla CTP. Gli elementi portati oggi all'attenzione del Tribunale per dimostrare che in sede tributaria Re.Ce., quale autore della violazione contestata, avrebbe ottenuto l'annullamento dell'avviso di accertamento sono i seguenti: - Re.Ce. rivestiva un ruolo meramente formale, simbolico, all'interno del Le.Ce., di fatto gestita da altri; - il C. non era autore delle operazioni commerciali contestate dall'Autorità Tributaria (cioè la conclusione dei contratti di sponsorizzazione); - le firme apposte in calce ai contratti con gli sponsor, pur apparentemente recanti il nome del C., non erano state apposte di pugno da Re.Ce., che in questo giudizio le ha disconosciute (cfr. pagina 6 prima memoria ex art. 183 co. 6 c.p.c., prime righe); - era invece il P. a condurre e concludere le trattative commerciali con i clienti per stipulare i contratti pubblicitari; - il P. aveva potere di firma nel conto corrente bancario, con conseguente gestione economico-finanziaria dell'ente riconducibile solo a lui; - anche nell'avviso di accertamento (doc. 3 attoreo, pagina 14) si evince che, nel corso dell'attività istruttoria del procedimento di accertamento del credito, l'Ufficio ha riscontrato che il P. (allora vice presidente dell'associazione) agiva in nome e per conto dell'ACD L. sia nella trattative commerciali svolte con i clienti per la stipula dei contratti di sponsor, sia nella gestione economico-finanziaria dell'ente, con relativo potere di firma. Tali documenti e le considerazioni in diritto che vengono formulate dalla difesa dei convenuti nonché nei pareri del dott. R. (docc. 15 e 28 attorei) sono condivisibili. Esse conducono però ad affermare unicamente che il C. non abbia materialmente agito, verso l'esterno, con i terzi aventi rapporti contrattuali di sponsorizzazione con il Le.Ce.. Ciò che viene offerto e dimostrato riguarda eclusivamente l'aspetto gestorio esterno del Le.Ce., il profilo prettamente civilistico dei rapporti commerciali dell'associazione, ove ci si limita a provare che verso i terzi fornitori o sponsor del L. non vi è stata alcuna azione di Re.Ce.. 8.2. La prova sin qui offerta in giudizio dall'attore, però, non si confronta con la giurisprudenza di legittimità sopra indicata al paragrafo 7.2. della presente sentenza, ove è chiara la distinta natura delle obbligazioni tributarie ed il diverso ambito di prova che il C., quale autore materiale della violazione doveva soddisfare. Ciò che l'Agenzia imputa al C. in proprio quale autore materiale della violazione non è tanto l'aver trattato e concluso contratti con società terze di sponsor. Il profilo rilevante, invece, è che costui nella sua posizione di legale rappresentante dell'associazione non riconosciuta non ha vigilato e verificato, in sede di redazione di documenti fiscali e tributari, che le informazioni contabili ed economiche inserite nelle dichiarazioni dei redditi fossero corrette, veritiere e complete. Il comportamento omissivo qui in esame, infatti, viene contestato al C. alla luce della posizione ricoperta, con la presunzione che nella attività gestoria interna egli abbia partecipato alle decisioni che hanno portato alla creazione di rapporti obbligatori di natura tributaria per conto dell'associazione (il tutto ricollegato alla posizione statutaria pacificamente ricoperta). Infatti, nella misura in cui la rappresentanza fiscale dell'ente spetta, per definizione, al legale rappresentante ex art. 36 c.c., è costui che assume in via principale la qualità di soggetto passivo di imposta perché su di lui gravano gli obblighi tributari. Quand'anche, pertanto, egli non si sia ingerito nell'attività commerciale dell'ente (sebbene civilisticamente non risponda delle obbligazioni assunte da altri) verso il Fisco egli resta condebitore, a meno che non dimostri di aver assolto agli adempimenti tributari di legge (cfr. così in motivazione Cass. 19982/2019). In tal senso, il rappresentante legale di un'associazione non riconosciuta non può andare esente, a fini fiscali, da responsabilità solidale con l'ente semplicemente adducendo la mancata ingerenza nella concreta gestione esterna/commerciale/economica del medesimo ente. Ricordata l'autonomia del diritto tributario rispetto a quello civile, e ricordata la fonte legale dell'obbligazione tributaria, ciò che viene in rilievo è il nucleo dei poteri attribuiti dalle disposizioni normative al rappresentate fiscale: costui non solo è obbligato a redigere e presentare una dichiarazione reddituale fedele, indicando esattamente i ricavi conseguiti e le spese sopportate dall'associazione che rappresenta, non andando esente da eventuali responsabilità sanzionatorie, ma anche ad operare, se del caso, le necessarie rettifiche provvedendo, dopo la presentazione, all'emenda delle dichiarazioni fiscali presentate con dati inesatti e ad effettuare i relativi adempimenti, ivi compreso - in ultima analisi - il pagamento delle imposte (sempre Cass. 19982/2019). L'onere della prova gravante sul C. in proprio quale autore della violazione, quindi, richiedeva che lo stesso nell'ipotetico giudizio dinanzi alla CTP si facesse carico di dimostrare, ad esempio, che in sede di dichiarazione dei redditi, quando è stato redatto il modello UNICO ENC/2011 (prima e fondamentale fonte di convincimento dell'Agenzia, cfr. doc. 3 attoreo) egli non era presente, non era stato notiziato di tale attività, o magari anche in quel momento il P. ed il M. avevano autonomamente eseguito ogni e qualsivoglia accertamento, calcolo, incombente, redigendo, compilando e sottoscrivendo essi stessi le carte da presentare all'Agenzia, o magari producendo, anche agli occhi del C., documentazione contrattuale e contabile idonea a trarre in inganno anche il Presidente. La difesa del C., in questo giudizio, doveva quindi portare argomenti e documenti volti a sostenere, nell'ipotetico giudizio dinanzi alla CTP, che le le "gravi irregolarità riscontrate nei documenti contabili dell'associazione" (come indicate alla pag. 7 del doc. 3 attoreo, avviso di accertamento) non erano in alcun modo imputabili al legale rappresentante dell'associazione non riconosciuta nemmeno sotto il profilo omissivo del "mancato controllo" dell'operato di terzi. Non si rinvengono argomenti o allegazioni difensive che si facciano carico di tale fondamentale segmento probatorio. 8.3. Anche analizzando il compendio documentale in atti si conferma la conclusione sopra riportata in quanto: - non è presente tra i documenti in causa il modello UNICO ENC/2011 dell'Associazione L. e non si sa, quindi, se esso è stato o meno sottoscritto dal C. quale l.r.p.t.; - al doc. 3 avv. T. vi è un verbale di assemblea ordinaria del 15 giugno 2012 con presenza e direzione del C.R., dove alla presenza dei dirigenti, viene deliberata la fusione con la P.C.; - al doc. 22 fascicolo attoreo Re.Ce. personalmente interloquisce in un incontro presso l'Agenzia delle Entrate per l'avviso di accertamento; quando ai successivi incontri con l'Agenzia si è presentato il P., costui era sempre "delegato del rappresentante legale dell'associazione" ossia dal C.; - al doc. 23 attoreo è presente la delega ad operare nel c.c. bancario del Le.Ce. in favore di P. e M., delega che proviene dal C. che ha firmato il documento. Anche i documenti citati testimoniano la partecipazione alla gestione interna dell'ente da parte del C.. Il ripetuto esercizio di deleghe da parte del C. conferma tale conclusione: l'istituto della delega implica il riconoscimento di un potere in capo al delegante che concede al delegato la facoltà di esecitarlo, con permanente potere-dovere di controllo del delegante sul delegato. Allo stesso modo si deve concludere che lo stesso C., secondo un'indicazione presuntiva sulla base della posizione ricoperta e in mancanza di prova contraria, ha sottoscritto il modello UNICO ENC/2011, assumendosene la paternità e responsabilità di fronte all'E.. 8.4. In conclusione, il giudizio controfattuale in merito all'ipotetico giudizio dinanzi alla CTP non ha dato riscontro favorevole. Non è ipotizzabile che l'impugnazione dell'avviso di accertamento da parte del C. in proprio quale auore della violazione avrebbe condotto all'annullamento del provvedimento impugnato. Non è stata dimostrata l'esistenza del ricordato nesso di causa, limitandosi l'indagine probatoria proposta dalla difesa attorea al solo profilo esterno della gestione dell'Associazione L. con i terzi fornitori o sponsor. 8.5. Si precisa da ultimo che il precedente di Cass. 12473/2015 invocato dalla difesa attorea in conclusionale non è dirimente, non sposta le conclusioni fin qui raggiunte, anzi indirettamente le conferma. Nel precedente di legittimità del 2015 la Cassazione, adita in sede di ricorso da Agenzia delle Entrate, ha cassato con rinvio la sentenza della CTR di Venezia che in grado di appello aveva annullato un avviso di accertamento emesso contro la persona fisica Presidente di un circolo culturale. Secondo la sentenza CTR Venezia impugnata e cassata, il Presidente non rispondeva dei debiti tributari alla luce del seguente accertamento: "Secondo la CTR, chiarito che trovava applicazione l'art.38 c.c. anche per le obbligazioni tributarie, dal p.v.c. agli atti era emerso che il Ruggero, pur formalmente legale rappresentante dell'associazione, non aveva mai assunto alcuna decisione comportante esborsi e/o la reale gestione del night club né aveva mai svolto attività di amministratore, risultando inquadrato come mero barista. Ciò che pure era confermato dal fatto che i proventi dell'attività commerciale erano confluiti sui conti correnti di G.T. e C.R.". Invece, al termine del proprio percorso motivazionale la Corte di Cassazione, bocciando la conclusione del giudice dell'appello, ha ritenuto condivisibili le argomentazioni della ricorrente Agenzia delle Entrate con le seguenti parole: "Secondo l'Agenzia la CTR avrebbe dovuto considerare: a) la sottoscrizione del rendiconto dell'associazione; b)la riscossione degli incassi delle serate; c)l'avere curato le utenze ricevendo le bollette, nonchè l'affitto del locale attraverso il pagamento con proprio bonifico del relativo canone; d) il reperimento delle forniture del bar; e)la conduzione del bar che, statutariamente, rappresentava una delle attività dell'associazione. Tali elementiavrebbero consentito, secondo la ricorrente, di pervenire alla verifica concreta delle attività gestorie compiute dal Presidente dell'associazione. Orbene, sembra di potere dire che la totale pretermissione degli elementi anzidetti si risolvere in un vizio della motivazione della sentenza tuttora censurabile alla stregua del novellato art.360 comma 1 n.5 c.p.c., risultando l'indagine svolta dalla CTR al fine di verificare la concreta attività gestoria del Ruggero gravemente lacunosa e apodittica, soprattutto quando la stessa ha valorizzato l'attività di barista svolta senza tuttavia cogliere gli elementi concreti che, all'interno di tale attività, aveva svolto il Ruggero e che, unitamente agli altri non esaminati, potevano risultare decisivi per compiere la verifica necessaria ai fini dell'accertamento della responsabilità solidale. In conclusione, in accoglimento del terzo motivo, rigettate le altre censure, la sentenza impugnata va cassata con rinvio ad altra sezione della CTR del Veneto per nuovo esame e per la liquidazione delle spese dell'intero giudizio". Quindi, anche il precedente di legittimità esaminato conferma che l'indagine probatoria da compiere nel presente giudizio (ossia quella che in ipotesi sarebbe stata svolta dinanzi alla CTP) non ha offerto gli elementi necessari per giungere ad ipotizzare un esito favorevole del giudizio dinanzi alla CTP. Le domande attoree di accertamento di una responsabilità professionale dei convenuti vanno rigettate per mancanza di un elemento costitutivo, ossia mancanza del nesso di causa tra inadempiento e danno. 9. Sulla domanda riconvenzionale proposta dall'avv. T.. L'avvocato T. ha proposto domanda riconvenzionale nei confronti di parte attrice per il pagamento dei compensi professionali a lui spettanti in relazione al mandato difensivo per: 1. giudizio avanti alla Commissione Tributaria Provinciale di Padova avverso l'avviso di accertamento n. (...) per Euro 8.895,00 oltre spese generali al 15%, CPA ed IVA; 2. giudizio avanti alla Commissione Tributaria Regionale Veneto avverso l'avviso di accertamento n. (...) per Euro 11.470,00 oltre spese generali al 15%, CPA ed IVA; 3. giudizio avanti alla Commissione Tributaria Provinciale di Padova avverso l'intimazione di pagamento n. (...) per Euro 8.895,00 oltre spese generali al 15%, CPA ed IVA. La domanda va rigettata per la ragione, avente portata assorbente, che di seguito si espone. Si è già detto che nel momento in cui il C. si è rivolto ai due avvocati odierni convenuti, ha richiesto agli stessi una complessiva consulenza in merito a tutti gli effetti sfavorevoli lui derivanti dalla notifica dell'avviso di accertamento. O meglio, non potendosi esigere che il cittadino che si rivolge ad un avvocato sappia riconoscere ed identificare tutte le sfaccettature sfavorevoli derivanti dall'avviso di accertamento di cui al doc. 3 attoreo, era onere dei professionisti, ivi incluso l'avv. T., considerare non solo la posizione del C. "legale rappresentante" ma anche quella del C. "autore materiale della violazione". Ciò come detto non è avvenuto. Viene allora in rilievo il principio secondo cui l'inadempimento dell'esercente la professione legale (nel caso di specie mancata informativa e mancata impugnazione dell'avviso di accertamento anche in proprio) ha prodotto la conseguenza di rendere del tutto inutile l'attività professionale pregressa svolta dal medesimo difensore. La complessiva prestazione che l'avv. T. era chiamato a svolgere per la tutela del patrimonio del C. si deve ritenere inadempiuta, perché risulta non aver prodotto alcun effetto a favore del cliente e ciò sia dal punto di vista del risultato (se l'obbligazione dedotta nel contratto di prestazione di opera si considerasse di risultato per la non eccessiva difficoltà della vicenda nella quale si è concretato l'errore) sia dal punto di vista della prestazione "del mezzo" della propria prestazione d'opera (se la si considerasse come obbligazione di mezzi, cfr. in termini Cass. 4781/2013). La situazione determinatasi si deve quindi considerare di inadempimento totale anche per le prestazioni eseguite per impugnare l'avviso per il C. quale legale rappresentante del Le.Ce., perché esse (in mancanza di impugnazione dell'avviso anche "in proprio") risultano espletate inutiliter. L'attività dei due avvocati (seppur non si sia rinvenuto un danno risarcibile) può dunque ritenersi inadempiuta e priva di effetti favorevoli nei confronti del C.. Pertanto la domanda di pagamento dell'avv. T. va rigettata. 10. Sulle spese di lite. Sussistono i presupposti per l'integrale compensazione delle spese di lite. Da un lato vi è reciproca soccombenza tra l'attore ed il convenuto avv. T. (atteso il rigetto della sua riconvenzionale). Dall'altro ricorrono comunque gravi ed eccezionali ragioni: è stata accertata la inadeguata prestazione dell'opera professionale dei due professionisti convenuti, con riconoscimento dell'inadempimento all'onere informativo, seppur tale inadempimento non sia stato foriero di danno risarcibile. Quindi anche in applicazione del principio di causalità che governa la liquidazione delle spese di lite, si rileva che i convenuti, pur vittoriosi in mancanza di danno risarcibile, col loro comportamento inadempiente hanno comunque concorso nel dar causa al presente giudizio. Le medesime gravi ed eccezionali ragioni operano anche per compensare le spese di lite tra attore soccombente e compagnie convenute dai professionisti. Invero, come noto, nei rapporti con la compagnia chiamata in causa sarebbe vigente il seguente principio che addosserebbe all'attore le relative spese: "In forza del principio di causazione - che, unitamente a quello di soccombenza, regola il riparto delle spese di lite - il rimborso delle spese processuali sostenute dal terzo chiamato in garanzia dal convenuto deve essere posto a carico dell'attore qualora la chiamata in causa si sia resa necessaria in relazione alle tesi sostenute dall'attore stesso e queste siano risultate infondate, a nulla rilevando che l'attore non abbia proposto nei confronti del terzo alcuna domanda; il rimborso rimane, invece, a carico della parte che ha chiamato o fatto chiamare in causa il terzo qualora l'iniziativa del chiamante, rivelatasi manifestamente infondata o palesemente arbitraria, concreti un esercizio abusivo del diritto di difesa" (Cass. ord. 31889 del 2019). Nel caso in esame però è possibile discostarsi da tale principio per le ragioni sopra esposte non essendo addebitabile all'attore una condotta processuale che costituisce iniziativa palesemente infondata o arbitraria, a fronte delle ritenute inadempienze dei legali. P.Q.M. Il Tribunale di Padova, definitivamente pronunciando ogni diversa domanda rigettata, così provvede: 1. rigetta le domande proposte dagli eredi di Re.Ce. contro i due convenuti; 2. rigetta la domanda riconvenzionale proposta dall'avv. Ma.To. e accerta che gli avvisi di parcella 5 maggio 2020 depositati sub (...) e (...) attorei non sono dovuti dagli Eredi C.; 3. compensa integralmente tra tutte le parti in causa le spese di lite. Così deciso in Padova il 5 marzo 2023. Depositata in Cancelleria il 7 marzo 2024.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE DI PADOVA Sezione II civile in persona del Giudice Unico dott.ssa Manuela Elburgo ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile n. 7013/2020 R.G. promossa con atto di citazione notificato il 25 novembre 2020 da Di.De., rappresentato e difeso dall'avv. Cl.Sc. ed elettivamente domiciliato presso lo studio della stessa, giusta mandato in calce all'atto di citazione ATTORE contro Comune di Padova, rappresentato e difeso dall'avv. Ca.Ro. ed elettivamente domiciliato presso lo studio della stessa, giusta procura in calce alla copia dell'atto di citazione notificato ed allegato alla busta di deposito della comparsa di costituzione e risposta CONVENUTO e con la chiamata in causa di Aa. s.p.a., rappresentata e difesa dall'avv. An.Re. ed elettivamente domiciliata presso lo studio dello stesso, giusta procura in calce alla comparsa di costituzione e risposta TERZA CHIAMATA Oggetto: Responsabilità ex art. 2051 c.c. MOTIVI DELLA DECISIONE 1.1 Con atto di citazione ritualmente notificato, Di.De. ha citato in giudizio il Comune di Padova per sentirlo condannare al pagamento di Euro 9.163,21, oltre interessi legali sino al saldo, a titolo di risarcimento dei danni subiti a causa di un sinistro stradale. A fondamento della propria domanda Di.De. ha dedotto che il giorno 17 luglio 2018, alle ore 21,00, stava percorrendo alla guida dell'autovettura di sua proprietà, A.R.S. tg. (...), via L. a P., in direzione T. (P.), quando, nell'immettersi in via d.C., il veicolo perdeva aderenza dalla parte posteriore, girava su se stesso e andava ad impattare con la parte anteriore sinistra sul marciapiede all'altezza della fermata del bus, subendo ingenti danni; che tale sbandamento era stato provocato da un allagamento sulla strada di cui doveva ritenersi responsabile il Comune di Padova ex art. 2051 c.c. per non aver provveduto alla manutenzione della strada e per non aver adottato misure atte a segnalare il pericolo; che sul luogo del sinistro erano intervenuti gli agenti della Polizia Locale che rilevavano le condizioni della strada e il punto d'urto del veicolo, nonché i danni riportati dallo stesso. L'attore ha dedotto, altresì, che la dinamica del sinistro era stata confermata anche da una teste oculare e che sul posto era poi intervenuta una squadra di operai per apporre la segnaletica di cantiere di preavviso a causa della presenza di acqua sulla sede stradale; che, a seguito del sinistro, aveva riportato danni patrimoniali pari ad Euro 6.853,73 per la riparazione della vettura, ad Euro 200,00 per le spese di soccorso e trasporto della stessa dalla sede stradale alla carrozzeria e ad Euro 1.130,00 per spese mediche, nonché un danno non patrimoniale pari ad Euro 979,48 a causa della distorsione del rachide cervicale con prognosi di 30 giorni di invalidità temporanea (15 giorni al 75% e altri 15 al 50%). 1.2 Nel costituirsi in giudizio, il Comune di Padova ha preliminarmente eccepito il proprio difetto di legittimazione passiva e nel merito ha contestato la fondatezza delle deduzioni attoree, chiedendo il rigetto della domanda e, in subordine, la riduzione della pretesa attorea in ragione del prevalente apporto causale dell'attore stesso nel verificarsi del danno; ha chiesto, in ogni caso, la condanna del terzo Ac. s.p.a. - previa autorizzazione alla sua chiamata in causa - a manlevare il Comune e tenerlo indenne da ogni pronuncia pregiudizievole. In particolare, il Comune di Padova ha contestato la ricostruzione fattuale offerta dalla controparte in ragione delle discrepanze tra la versione riportata in giudizio e quella riferita dall'attore agli agenti intervenuti sul luogo dell'evento, ritenendo che il sinistro non si fosse verificato per le cause descritte, ma per esclusiva, o comunque prevalente, responsabilità dell'attore medesimo, il quale non avrebbe prestato attenzione alle condizioni della strada e non avrebbe tenuto un'andatura adeguata alle stesse ed alle caratteristiche del veicolo, in violazione dell'art. 141 C.d.S., come dimostrerebbero anche alcuni segni di collisione sulla segnaletica stradale, con tracce dello stesso colore dell'autovettura dell'attore, rinvenute a distanza di circa 50 m dal punto di collisione nonché sulla stessa auto. Ha sostenuto che dalle pose fotografiche scattate dagli agenti intervenuti si evinceva che la quantità di acqua presente in loco era molto modesta, nonché perfettamente visibile per chi proveniva dalla direzione dell'attore - il quale aveva peraltro dichiarato di non avere altri veicoli davanti a sé - anche in ragione della presenza di illuminazione pubblica: gli stessi verbalizzanti avevano definito le pozze d'acqua come "evidenti". Ha contestato, inoltre, l'attendibilità della asserita teste oculare, sia in quanto quest'ultima non era presente al momento in cui erano sopraggiunti gli agenti, sia in quanto il sinistro aveva coinvolto proprio la vettura d'epoca con cui la stessa era solita partecipare a gare di regolarità di auto storiche in qualità di navigatrice. In ogni caso, ha sottolineato che, come dimostrato dalle pose fotografiche e ammesso dalla responsabile, la presenza di acqua sulla sede stradale era stata conseguenza di una perdita del sistema acquedottistico la cui gestione e manutenzione era di competenza di Ac. s.p.a., cosicché eventuali responsabilità non potevano che essere imputate a quest'ultima società. Infine, ha contestato le voci di danno indicate dall'attore e le relative quantificazioni, sia con riferimento alla congruità degli importi richiesti che alla pertinenza al sinistro, evidenziando, tra l'altro, che il referto medico prodotto da controparte a fondamento del danno non patrimoniale faceva riferimento ad un diverso e successivo sinistro e che le spese mediche e terapiche allegate erano riconducibili a prestazioni effettuate nel 2020, ossia due anni dopo il sinistro e a seguito del secondo incidente. 1.3 Si è costituita in giudizio anche la terza chiamata Ac. s.p.a. eccependo il proprio difetto di legittimazione passiva e chiedendo il rigetto di tutte le domande avverse o, in subordine, che venisse riconosciuto all'attore il risarcimento dei soli danni che sarebbero stati provati. Ha contestato le ricostruzioni fattuali avverse, richiamando il contenuto della lettera in risposta al Comune di Padova, con cui la stessa aveva negato ogni addebito di responsabilità in relazione al sinistro per cui è causa, in quanto nella relazione di intervento dei Vigili Urbani non vi era traccia di alcuna correlazione tra la presenza dell'acqua sul manto stradale e l'autonoma uscita stradale della vettura dell'attore e in quanto il sinistro si era verificato mezz'ora dopo che il tratto stradale era stato oggetto di sopralluogo e messa in sicurezza da parte della società a seguito di una segnalazione pervenuta circa un'ora prima. Ha osservato che le controparti non avevano dimostrato né la dinamica del sinistro, né il nesso causale tra lo stesso e la presenza di acqua imputabile alla terza chiamata, negando peraltro di poter essere considerata custode ai sensi dell'art. 2051 c.c. in quanto non aveva mai avuto alcun effettivo potere fisico sulla sede stradale, unico responsabile essendo il Comune, e condividendo nel merito le contestazioni già formulate da quest'ultimo. 1.4 Nella prima memoria ex art. 183, comma 6, c.p.c. il procuratore attoreo ha dato atto che la documentazione già depositata relativa alle lesioni subite dall'attore e alle relative spese mediche non era corretta e ha provveduto a depositare quella pertinente al sinistro per cui è causa, rideterminando il quantum relativo alle spese mediche in Euro 885,00 e il danno complessivo richiesto in Euro 8.918,21. Nelle successive memorie le controparti hanno eccepito la mutatio libelli relativa a tale danno, dichiarando di non accettare il contraddittorio in ordine alla diversa lesione fisica lamentata e alla relativa nuova produzione documentale, eccependo inoltre la prescrizione del relativo diritto al risarcimento del danno. 1.5 La causa è stata istruita mediante assunzione di prova testimoniale e mediante espletamento di consulenza tecnico d'ufficio medico-legale e passa ora in decisione sulle conclusioni di cui in epigrafe rassegnate dalle parti all'udienza del 16 novembre 2023. La domanda attorea non può essere accolta per le motivazioni di seguito esposte. 2.1 Il complessivo quadro probatorio emerso all'esito dell'istruttoria induce a ritenere provato che verso le 21.00 del 17 luglio 2018, Di.De. stesse percorrendo, alla guida della propria A.R. targata (...), via d.C. con direzione verso Teolo. Al riguardo va subito detto che la contraddizione evidenziata dalla difesa del Comune di Padova circa la strada effettivamente percorsa dall'odierno attore - indicata sia in via dei C., sia in via L. - è superabile con la considerazione che il fatto di percorrere via L. con direzione Teolo comporta che, all'intersezione tra via L. e via dei C., ci si immetta in via dei C., appunto; può, pertanto, ritenersi irrilevante la circostanza che il D. abbia alternativamente indicato sia via L., sia via dei C. quale strada di provenienza. Come sopra enunciato, secondo la prospettazione attorea, la presenza di acqua sul manto stradale fece perdere al D. il controllo dell'auto che, dopo aver ruotato su se stessa, andò ad urtare il cordolo del marciapiede destro provocando i danni di cui ora chiede il ristoro. Il presupposto sul quale l'odierno attore fonda la responsabilità del Comune di Padova - che, a sua volta, ha citato in causa Ac. s.p.a. - è il rapporto di custodia della strada, ossia la cosa da cui sarebbe derivato il danno lamentato dall'attore medesimo. 2.2 Quanto appena esposto impone di esaminare, anzitutto, per il suo carattere potenzialmente assorbente, l'eccezione di difetto di legittimazione passiva sollevata sia dal Comune di Padova, sia da Ac. s.p.a.. Mette conto osservare che la legittimazione passiva (che è una condizione dell'azione) consiste nella attribuzione, ad una determinata parte, di soggetto passivo del rapporto controverso e che la valutazione della sussistenza o meno della legittimazione passiva non può che essere compiuta in base alla prospettazione della stessa parte che quella legittimazione enuncia. Valutazione diversa - ed attinente alla fondatezza o meno nel merito della domanda - è quella avente ad oggetto l'effettiva titolarità, dal lato passivo, del rapporto controverso. Ebbene, nella fattispecie in esame, in base alla prospettazione attorea non può essere contestata la legittimazione passiva di Comune di Padova (e di Ac. s.p.a.), giacché viene chiesta una pronuncia di condanna al risarcimento dei danni asseritamente cagionati dalla cosa in custodia al Comune di Padova (o ad Ac. s.p.a.). È, dunque, infondata l'eccezione di difetto di legittimazione passiva così come prospettata dalla convenuta e dalla terza chiamata. 2.3 Venendo al merito della questione, va ricordato che è onere del soggetto danneggiato dimostrare non solo i danni di cui viene chiesto il risarcimento, ma anche il nesso eziologico tra tali danni e la "cosa in custodia". La giurisprudenza - anche di legittimità (cfr. per tutte Cass. 26.7.2021 n. 21395; 16.5.2017 n. 12027) - ha più volte precisato che il disposto di cui all'art. 2051 c.c. delinea una responsabilità oggettiva che, da un lato, non presuppone alcuna negligenza nella condotta che si pone in nesso eziologico con l'evento dannoso e che, dall'altro, viene circoscritta esclusivamente dal caso fortuito e non dall'ordinaria diligenza del custode; è, tuttavia, onere del danneggiato dimostrare la sussistenza del nesso causale tra la res ed il danno o, comunque, la derivazione causale del danno dalla cosa, giacché, se si potesse prescindere da tale prova, quella prevista dall'art. 2051 c.c. sarebbe una fattispecie fondata su un criterio non causale, ma casuale di imputazione della responsabilità. Applicando tali principi alla fattispecie in esame, incombe su Di.De. la dimostrazione che lo sbandamento dell'auto, da cui sono derivati i danni lamentati, fu cagionato dalla presenza di acqua sul manto stradale. Ciò detto, mette conto osservare che il materiale probatorio offerto a questo Giudice ai fini della valutazione del nesso eziologico è costituito dalla deposizione della testimone di parte attrice M.P. (cfr. verbale udienza del 17 maggio 2022), dalla Relazione di Servizio redatta dalla Polizia Locale intervenuta sul posto (doc. 1 attoreo e doc. 1 Comune di Padova) e dalle fotografie scattate dagli agenti della Polizia Locale (doc. 2 Comune di Padova). La citata teste M.P. ha dichiarato di aver visto l'incidente in questione perché si trovava presso il bar L.B. "seduta fuori" e ha riferito di avere "visto arrivare una macchina alla rotonda che andava piano che appena toccato l'acqua si è girata andando a sbattere sul marciapiede". In relazione a tale deposizione si deve, anzitutto, osservare che non dirimente è la riferita circostanza della bassa velocità dell'auto, giacché il concetto di "piano" senza nessun altro dato oggettivo al quale agganciarlo è espressione di un giudizio che, come noto, non può essere demandato ai testimoni: "andare piano" senza ulteriori specificazioni è un concetto del tutto soggettivo che non consente minimamente di apprezzare se la velocità del veicolo fosse consona alle condizioni di tempo e di luogo del caso in esame. Comunque, più in generale, può essere formulato un giudizio di scarsa attendibilità della teste P.. Va, infatti, evidenziato che nella Relazione di Servizio redatta dalla Polizia Locale si dà atto che non erano state reperite persone informate sui fatti e se ciò può essere compatibile con il fatto che la teste ha dichiarato di essersi fermata al bar tra le 20.30 e le 21.20 (dopo aver visto arrivare la Polizia che iniziò ad effettuare i rilievi), va, però, osservato che appare poco verosimile che la P. si sia allontanata senza lasciare almeno un recapito al quale poter essere rintracciata anche in un secondo momento soprattutto se si considera anche l'ulteriore circostanza dalla medesima riferita, ossia di essere stata navigatrice del signor D. (all'evidenza, in occasione di gare cui il D. ha partecipato). Appare poco credibile che una persona che assiste casualmente ad un incidente stradale in cui è coinvolto un proprio conoscente e che vede arrivare gli agenti di Polizia Locale non si palesi o, comunque, non si renda disponibile per contribuire alla ricostruzione dei fatti, essendo dato di comune esperienza che proprio nell'immediatezza del fatto si attiva la ricerca di possibili testimoni oculari. Le dichiarazioni della detta testimone, oltre a non essere - per quanto più sopra esposto - particolarmente dirimenti in ordine a quanto riferito, necessitano di adeguati riscontri dall'ulteriore materiale probatorio acquisito nel corso del giudizio e va subito detto che il complessivo quadro che emerge non consente di dare evidenza del nesso eziologico dedotto dall'odierno attore. Lo stato dei luoghi al momento dell'intervento della Polizia Locale è rappresentato dalla documentazione fotografica dimessa dalla difesa del Comune di Padova sub documento n. 2: il testimone G.C., assistente di Polizia Locale, escusso all'udienza del 17 maggio 2022 (cfr. verbale) ha confermato che i luoghi raffigurati nelle foto di cui al documento n. 2 corrispondono al teatro dell'incidente e, comunque, nessuna contestazione è stata sollevata in relazione alla effettiva corrispondenza allo stato dei luoghi, se non per il fatto che, a detta dell'attore, al momento del sinistro era presente una quantità di acqua minore rispetto a quella raffigurata nelle citate fotografie. Ebbene, dalla disamina della documentazione fotografica in questione (cfr. in particolare la n. 2.1 e la n. 2.2) emerge che lungo la direzione di marcia del D. (dal centro città verso Teolo) si erano formate due macchie d'acqua: una di dimensioni più ampie insistente completamente sull'area del marciapiede e della pista ciclabile collocati a destra della corsia percorsa dal D., un'altra di dimensioni assai più contenute in corrispondenza dell'attraversamento pedonale (rialzato) ed insistente quasi tutta sull'area adibita a marciapiede con sconfinamento nella corsia adibita a passaggio dei veicoli in prossimità della linea di mezzeria che separa tale corsia dal marciapiede. Solo nei punti appena descritti risulta essere presente un ristagno d'acqua idoneo a formare una sorta di pozza, mentre per il resto la corsia di pertinenza dei veicoli risulta essere solo bagnata senza ristagno di acqua. Peraltro, in conformità alle deduzioni attoree, non appare irragionevole il fatto che al momento dell'incidente (ore 21.00) circa l'acqua fosse presente in quantità minore rispetto al momento in cui furono scattate le fotografie (non prima delle 21.20), giacché essendo pacifico che era in atto una perdita d'acqua che fuoriusciva in modo costante, è ragionevole non solo ritenere che il ristagno d'acqua sia andato a formarsi progressivamente, ma anche a ritenere che l'acqua sia andata a formare ristagni prima in prossimità della perdita per poi estendersi ad altre aree. Ma se è così e rilevato che la documentazione fotografica di cui sopra evidenzia la maggiore concentrazione nell'area ciclopedonale antecedente l'attraversamento pedonale, è da ritenere che al momento del transito dell'A.R. ancora minore (rispetto a quanto rappresentato nelle foto) fosse il ristagno d'acqua nella zona a confine tra la corsia di pertinenza dei veicoli ed il marciapiede. Ciò detto, bisogna prendere le mosse dalla considerazione che può ritenersi di comune conoscenza il fatto che la presenza di acqua sulla sede stradale può (tendenzialmente in uno ad una velocità sostenuta) far perdere aderenza agli pneumatici con conseguente sbandamento del veicolo, così come può ritenersi di comune conoscenza il fatto che la perdita di aderenza deriva non da una qualsiasi presenza di acqua (altrimenti la circolazione stradale dovrebbe essere pressoché inibita in caso di precipitazioni piovose), bensì da una presenza di acqua ristagnante che crei delle pozze di profondità sufficiente a far perdere agli pneumatici la adeguata aderenza al manto stradale. Passando da tali considerazioni basate sulla comune conoscenza al caso in esame, si osserva che le uniche aree in cui la presenza di acqua avrebbe in astratto potuto cagionare un difetto di aderenza degli pneumatici al manto stradale sarebbero state l'area destinata al transito dei pedoni e delle biciclette e l'area a stretto ridosso della linea che segna il confine tra la corsia adibita ai veicoli a motore ed il marciapiede, ossia aree in cui il D. non avrebbe avuto motivo di transitare ed in cui non ha, peraltro, dedotto di avere transitato. Partendo, allora, dal presupposto che Di.De. stesse tenendo, come dallo stesso prospettato, una condotta di guida adeguata allo stato dei luoghi (centro abitato con illuminazione pubblica in un tratto compreso tra una rotatoria ed un attraversamento pedonale), è da ritenere che stesse viaggiando al centro della corsia di sua pertinenza, con la conseguenza che se così è, egli non aveva motivo di passare sopra le due pozze d'acqua, insistenti, come già detto, quella di maggiori dimensioni totalmente al di fuori della corsia e quella di dimensioni minori in prossimità della linea di confine tra la corsia dei veicoli ed il marciapiede e ciò peraltro in un momento in cui, secondo la prospettazione dello stesso attore, l'acqua ristagnante era presente in quantitativo minore rispetto a quello raffigurato nelle foto di cui al menzionato documento n. 2. Ne consegue che se lo sbandamento di un veicolo può notoriamente essere cagionato solo da un ristagno d'acqua idoneo a far perdere aderenza agli pneumatici e se, per quanto sopra osservato, è da ritenere che, al momento del transito del D., sulla corsia di percorsa dall'A.R. non vi fossero significativi ristagni di acqua, deve ritenersi non provato l'assunto attoreo secondo cui lo sbandamento fu cagionato dalla presenza di acqua sulla strada. Essendosi l'odierno attore limitato ad enunciare che lo sbandamento fu cagionato dall'acqua presente sulla corsia da lui stesso percorsa (in maniera asseritamente prudente e consona allo stato dei luoghi) ed essendo emerso in corso di istruttoria che la quantità d'acqua effettivamente presente sulla corsia non poteva essere tale da cagionare di per sé lo sbandamento dell'auto, non può ritenersi provato il nesso causale, la cui dimostrazione è alla base dell'invocata responsabilità ex art. 2051 c.c.. Pertanto, in difetto di tale prova la domanda attore non può essere accolta con assorbimento di tutte le altre questioni 3.1 Le spese di lite seguono la soccombenza e vengono liquidate, secondo il D.M. n. 55 del 2014 aggiornato al D.M. n. 147 del 2022, avuto riguardo allo scaglione di valore da Euro 5.201,00 ad Euro 26.000,00, nei valori tabellari medi per tutte le fasi del giudizio, maggiorati in ragione della pluralità delle parti in conformità alla nota spese dimessa dalla difesa di Comune di Padova. Per quanto riguarda le spese processuali sostenute dalla terza chiamata, si aderisce all'orientamento consolidato della Suprema Corte secondo cui, in forza del principio di causazione che, unitamente a quello di soccombenza, regola il riparto delle spese di lite, il rimborso delle spese processuali sostenute dal terzo chiamato in garanzia dal convenuto deve essere posto a carico dell'attore, qualora la chiamata in causa si sia resa necessaria in relazione alle tesi sostenute dall'attore stesso e queste siano risultate infondate, a nulla rilevando che l'attore non abbia proposto nei confronti del terzo alcuna domanda (cfr. per tutte Cass. 6.12.2019 n. 31889). Di.De. va, dunque, condannato a rifondere le spese processuali anche della terza chiamata in base agli stessi criteri di calcolo sopra menzionati che sono conformi alla nota spese dimessa dalla difesa di Ac. s.p.a.. Rimangono definitivamente a carico di parte attrice le spese della consulenza tecnica d'ufficio. P.Q.M. Il Tribunale, decidendo definitivamente nella causa n. 7013/2020 R.G., ogni diversa istanza, eccezione e deduzione disattesa, così pronuncia: 1) rigetta la domanda attorea; 2) condanna Di.De. a rifondere a Comune di Padova le spese di lite che si liquidano in Euro 6.092,40 per compenso ed Euro 252,00 per anticipazioni, oltre rimborso spese generali, Iva e c.p.a., se dovuti per legge; 3) condanna Di.De. a rifondere ad Ac. s.p.a. le spese di lite che si liquidano in Euro 4.237,00 per compenso ed Euro 31,95 per spese, oltre rimborso spese generali, Iva e c.p.a., se dovuti per legge; 4) pone in via definitiva le spese della consulenza tecnica d'ufficio a carico di Di.De.. Così deciso in Padova il 4 marzo 2024. Depositata in Cancelleria il 7 marzo 2024.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE DI PADOVA Il Tribunale ordinario di Padova, sezione prima civile, nella persona del Giudice Onorario Francesca Marchiori, ha pronunciato ex art. 281 sexies c.p.c. la seguente SENTENZA Nella causa civile di I grado iscritta al n. di rg. 4882/2021 promossa da Cr.Ro., C.F. (...), con l'Avv. Sa.Sa., attore contro CONDOMINIO Ge. C.F. (...), in persona dell'amministratore pro-tempore Rag. F., con l'Avv. Lu.Am., convenuto oggetto: impugnativa delibere condominiali CONCISA ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE Con atto di citazione con istanza di sospensione notificato a parte convenuta in data 23.7.2021, l'attore Cr.Ro., premesso di aver acquistato con decreto di trasferimento di data 7.5.2019 la proprietà di una unità immobiliare facente parte del condominio "Ge." in seguito solo Condominio, impugnava la delibera assunta dalla assemblea ordinaria del Condominio in data 14.4.2021 che ha approvato al punto 1) il rendiconto della gestione 2020/2021 e al punto 3) il preventivo della gestione 2021/2022 e la delibera assunta in data 28.4.2021 che ha approvato al punto 1) la transazione con l'impresa E.Z. per l'importo di Euro 190.000,00, da ripartirsi su base millesimale e chiedeva, previa sospensione, di dichiararsi la nullità, l'illegittimità e/o l'inefficacia delle stesse lamentando per entrambe la violazione della norma imperativa di legge di cui all'art. 63 disp. att. c.c. Riferiva nella specie l'attore che: 1. la Delib. 14 aprile 2021 che al punto 1) approvava il consuntivo 2020/2021 poneva illegittimamente a suo carico la quota millesimale di spese (i compensi professionale dell'architetto D. per l'importo di Euro 3.124,00, dell'avv. Gelmi nella causa instaurata dal Condominio contro la ditta costruttrice e venditrice dell'immobile E.P. s.r.l rg. 6720/2013 per l'importo di Euro 900,85 e dell'avv. Lenzi nella transazione con la E. per l'importo di Euro 7.284,67 e nella mediazione tra il condominio e l'ing. F. per l'importo di Euro 2.757,74) che asseriva non dovute in quanto i) inerenti a gestioni precedenti al biennio di solidarietà decorrente dal 1.2.2018; ii) relative ad attività che non avevano interessato la sua proprietà (spese arch. D.), iii) già contestate con l'impugnazione della Delib. del 31 luglio 2020 che approvava il preventivo 2021/2021 che, per la stessa imputazione, poneva a carico dell'attore il minore importo di Euro 2.855,70 (compensi avv.ti Gelmi e Lenzi); 2. la Delib. 14 aprile 2021 che al punto 3) approvava il preventivo 2021/2022 appostava illegittimamente l'importo di Euro 6.000,00 quale fondo per pratiche legali e l'importo di Euro 6.000,00 per "spese generali proprietà" in assenza di specifica indicazione e motivazione, in violazione dell'art. 1135, comma quarto c.c. e del principio di proporzionalità di cui all'art. 1123 c.c.; 3. la Delib. del 28 aprile 2021 che approvava la transazione con l'impresa E.Z. per l'importo complessivo di Euro 190.000,00 da ripartirsi su base millesimale, era nulla ed invalida per violazione dell'art. 63 disp. att. c.c. nella parte in cui poneva a suo carico spese relative ad opere deliberate ed ultimate prima dell'inizio del biennio di solidarietà previsto dalla suddetta norma, essendo egli responsabile, in solido con il precedente proprietario, in via esclusiva delle spese deliberate nell'esercizio in corso alla data del trasferimento e in quello precedente, quindi nell'arco temporale compreso tra il 1.2.2018 e il 3.1.2020, con esclusione di ogni spesa sorta e deliberata prima del 1.2.2018. Sul punto l'attore precisava che l'importo oggetto della Delib. del 28 aprile 2021 aveva ad oggetto la transazione intercorsa tra il Condominio e la E.Z., dopo che tale impresa, nella causa r.g. 7278/2019 avanti il Tribunale di Padova, aveva formulato nei confronti del Condominio, ed in solido nei confronti dei condomini e dello stesso R. per il loro intero ammontare, una richiesta di condanna di pagamento. Riferiva che tali importi si riferivano a lavori ed opere eseguite dalla E.Z. che erano stati deliberati dal Condominio e ultimati ben prima del sorgere del biennio di solidarietà, con conseguente sua estraneità a partecipare alla transazione e ai relativi ratei, motivo per cui il Tribunale di Padova nel detto procedimento aveva condannato la E. a rimborsare per l'intero all'attore le spese di lite. Specificava l'attore che con Delib. del 28 giugno 2016 il Condominio aveva approvato l'intervento di ristrutturazione dell'immobile affidandolo alla E.Z., il cui contratto di appalto era stato sottoscritto in data 2.11.2016 e approvato con Delib. 29 novembre 2016; che tali lavori si erano protratti fino a tutto il 2017; che all'assemblea del 19.3.2018 l'impresa aveva presentato la propria contabilità al condominio indicando un complessivo dovuto per Euro 404.169,70 iva inclusa, con saldo da versare pari ad Euro 244.669,70 considerati gli acconti ricevuti per Euro 159.500; che a seguito del mancato pagamento dell'importo richiesto a saldo la E.Z. aveva chiesto la condanna del Condominio e dei condomini del pagamento del residuo importo di Euro 233.728,79; che l'impresa aveva poi raggiunto con il Condominio una transazione per l'importo di Euro 190.000,00 che era stata approvata con la delibera impugnata del 28.4.2021; che tutte le opere eseguite dalla E.Z. e oggetto della transazione erano previste nella pratica edilizia presentata a seguito della sottoscrizione del suddetto contratto di appalto stipulato dal Condominio con l'impresa sicchè, di fatto, la Delib. del 28 aprile 2021 che approvava la transazione, aveva solo reso liquido il debito nei confronti dell'impresa e ripartito la relativa spesa, che doveva ritenersi sorta prima del 1.2.2018, data di decorrenza del biennio di solidarietà in capo all'attore. Da ultimo l'attore evidenziava che le opere eseguite dalla ditta E.Z. oggetto della transazione approvata dalla delibera impugnata avevano riguardato parte private delle altre unità ed interessato invece solo per una minima parte la sua proprietà per un valore pari ad Euro 534,14, posto che non erano stati eseguiti: i) il ripristino del pavimento e delle pareti dei garages; ii) la fornitura e la posa pavimento flottante su terrazzi, con un'estensione di circa 120 mq; iii) la fornitura e la posa delle ringhiere dei terrazzi, per un totale di circa 50 metri lineari; iv) la ricostruzione del terrazzo di circa 50mq al secondo piano che era stato demolito e che il costo per provvedere a tali opere sulla sua proprietà, opere necessarie al pari di quelle eseguite su tutte le altre unità condominiali, ammontava a circa Euro55.000,00, oltre IVA. Pertanto l'attore chiedeva, previa sospensione, di dichiarare nulla e/o annullabile e/o invalida e/o inefficace sia la delibera condominiale assunta in data 14.4.2021 ai punti 1) e 3) e le spese ivi approvate sia la delibera condominiale assunta in data 28.4.2021 con condanna del Condominio Ge. alle spese di lite comprensive di quelle relative all'attivazione della procedura di mediazione. Con comparsa di costituzione e risposta di data 21.07.2021 si costituiva in giudizio il Condominio in persona del legale rappresentante pro tempore contestando tutto quanto ex adverso dedotto dall'attore in quanto infondato, posto che tutte le spese che erano state poste a carico del R., con le delibere impugnate, erano spese dallo stesso dovute, in quanto maturate quando egli era già condomino. Precisava il Condominio che: i) l'attore aveva acquistato l'immobile di mq 360,00 facente parte del Condominio Ge., nella procedura esecutiva a carico della E.P. srl che era la ditta costruttrice e venditrice degli immobili facenti parte il condominio Ge. al prezzo di Euro 88.875,00 quando, il prezzo di mercato, valutato dallo stesso perito dell'esecuzione immobiliare, era di Euro. 578.250,00, in quanto era stato tenuto conto del fatto che a carico dell'aggiudicatario restavano da pagare le spese ordinarie pregresse non pagate dalla E.P. srl, nonché le spese straordinarie, per i lavori edili che sarebbe stato necessario eseguire per ripristinare e completare l'immobile; ii) che difatti la società E.P. s.r.l. poi fallita, aveva costruito l'edificio condominiale con gravi vizi strutturali, per sanare i quali i condomini, avevano dovuto far eseguire dal 2016 in poi, lavori di straordinaria manutenzione per l'importo complessivo quantificato alla fine, con le ultime spese sostenute, in non meno di Euro. 500.000,00; iii) che il R., appena divenuto condomino, aveva dimostrato di essere consapevole del debito che gravava sul proprio immobile, posto che alla prima assemblea del 12.6.2019 a cui aveva partecipato dopo essere divenuto proprietario, la cui delibera non era stata impugnata, si era espressamente obbligato a pagare, per spese condominiali straordinarie non pagate dal proprio dante causa E.P. srl, anche per gli esercizi precedenti al biennio, la somma di Euro 90.643,74, salvo poi mettere in discussione tale riconoscimento e non pagare nulla; iv) che i condomini, al fine di ripristinare l'immobile, fin dal 2016 avevano incaricato, varie ditte dell'esecuzione dei lavori, la maggior parte dei quali erano stati eseguiti dalla società E.Z. srl. e per tali lavori i condomini avevano pagato una prima tranche per complessivi Euro. 317.413,37; v) che avendo pagato i condomini, all'appaltatrice più importante - la E.Z. srl - l'importo di Euro. 160.000,00, erano certi di aver saldato il prezzo di tutti i lavori mentre la E.Z. srl aveva chiesto a saldo dei lavori eseguiti ulteriori importi che il Condominio riteneva di non dover pagare; vi) che al fine di evitare l'alea di un giudizio, pur ritenendo di non aver commissionato né concordato i prezzi dei lavori per i quali gli veniva chiesto il pagamento, nel mese di gennaio 2020 il Condominio riteneva di transigere la controversia, con il pagamento dell'importo di Euro. 190.000,00, transazione che veniva deliberata dal in data 29.1.2020, sicchè i condomini avevano dovuto pagare, per i suddetti lavori di straordinaria manutenzione, prima l'importo di Euro. 317.000,00 e poi l'ulteriore importo di Euro 190.000,00; vii) che, con riguardo alla Delib. del 14 aprile 2021, con la quale il Condominio aveva approvato al punto 1) il rendiconto della gestione 2020/2021 e al punto 3) il preventivo della gestione 2021/2022, tutte le spese contenute in bilancio erano state legittimamente ripartite, secondo le quote millesimali, fra tutti i condomini, e non vi era stata alcuna violazione del disposto normativo di cui all'art. 63 quarto comma c.c.; viii) che difatti l'importo di Euro. 3.124,00 dell'Arch. D. riguardava l'attività professionale da questi prestata a favore del Condominio da gennaio a maggio 2021 presso il Comune di Vigodarzere per ottenere una nuova certificazione dell'agibilità dell'edificio condominiale necessaria in ragione delle variazioni subite dall'immobile a seguito dei lavori edili di ristrutturazione effettuati dal 2016 al 2018 e tale incarico gli era stato conferito durante l'assemblea condominiale del 21.1.2021, sicchè tale attività non ricadeva nel biennio precedente all'acquisto da parte del R. ix) che l'importo di Euro. 900,85 dell'Avv. Gelmi, difensore del Condominio Ge., nella causa Rg. n. 6720/2013, promossa dal condominio per ottenere il risarcimento dei danni per i vizi di costruzione dell'immobile di Euro 475.295,29 e conclusasi con sentenza emessa in data 21.5.2021, era del pari dovuto pro quota dall'attore posto che la detta attività era stata prestata nel periodo che aveva preceduto l'emissione della sentenza, periodo che rientrava nel biennio di solidarietà del condomino R. (1.2.2018-31.1.2020); x) che l'importo di Euro 7.284,67 per spese legali dell'Avv. Lenzi riguardava attività svolta nell'interesse dell'intero condominio, quando il sig. R. era già proprietario, dall'ottobre 2019 al febbraio 2020; xi) che l'importo di Euro 2.757,57 per spese legali dell'Avv. Lenzi riguardava l'attività da questi prestata sia a fine 2020 che nel 2021 per transare la controversia in essere fra il Condominio e l'Ing. F. che aveva progettato le opere per il ripristino ed il completamento dell'edificio e svolto il ruolo di Direttore dei Lavori e di consulente tecnico di parte del Condominio nella causa rg. n. 6720/2013, conclusasi con sentenza nel maggio 2021 sicchè rientrava nel biennio di solidarietà del R.; xii)) che legittima era l'istituzione di un fondo, nel bilancio preventivo 2021/2022, dell'importo di Euro. 6.000,00 per "Spese generali" e di Euro 6000,00 per pratiche legali, pur manifestando la disponibilità a stornare tale spesa dalla posizione contabile dell'attore al fine di evitare la lite sul punto; xiii) che infondate erano le censure mosse alla validità della Delib. del 28 aprile 2021 che approvava la transazione con riparto millesimale posto che la data della delibera era il momento determinante da individuare, per la concreta insorgenza dell' obbligo di contribuzione alle spese condominiali straordinarie, atteso che l'entità dei lavori eseguiti dalla E.Z. srl e la volontà di volerne pagare il corrispettivo si era formata, nei condomini, solo con la Delib. del 29 gennaio 2020, poi sostituita dalla delibera impugnata del 28.04.2021, sicchè correttamente l'importo di Euro 190.000,00, di cui alla transazione era stato ripartito anche a carico del R., in quanto costui aveva la qualifica di condomino al momento delle suddette delibere. Pertanto il Condominio chiedeva rigettarsi l'istanza di sospensione delle Delib. del 14 aprile 2021 e Delib. del 28 aprile 2021 per carenza dei relativi presupposti di legge e, nel merito, di rigettarsi l'impugnazione delle Delib. del 14 aprile 2021 e Delib. del 28 aprile 2021 in quanto infondata in fatto ed in diritto con condanna alle spese di lite. Rigettata con Provv. di data 30 agosto 2021 l'istanza di sospensione dell'efficacia delle delibere impugnate e avutosi lo scambio delle memorie ex art. 183 c.p.c., la causa veniva istruita mediante esperimento di c.t.u. affidata al ministero del geometra Ga. Alfredo e con Provv. di data 31 luglio 2023 emesso all'esito della riserva assunta all'udienza del 27.4.2023 il Giudice, ritenuta la inammissibilità della istanze istruttorie formulate in quanto irrilevanti ai fini del decidere e ritenuta la causa sufficientemente istruita e matura per la decisione, fissava ex art. 281 sexies c.p.c. per la precisazione delle conclusioni, la discussione e la pronuncia della sentenza l'udienza del 7.03.2024 ad ore 10,00 con termine alle parti per il deposito di note conclusive sino al 7.02.2024, stabilendone lo svolgimento mediante collegamento da remoto. All'udienza del 7.3.2024 il Giudice dava atto della comparizione delle parti, e preso atto della discussione e delle conclusioni ivi precisate, pronunciava la sentenza. Si premette che la presente sentenza viene redatta con motivazione consistente nella succinta esposizione dei fatti rilevanti della causa e delle ragioni giuridiche della decisione, anche con riferimento a precedenti conformi, così come previsto dagli artt. 132, comma 4, c.p.c. e 118, comma 1, disp. att. c.p.c. nel testo introdotto dagli artt. 45, comma 17, e 52, comma 5, della L. 18 giugno 2009, n. 69. Si considera altresì che per consolidata giurisprudenza, nel motivare concisamente la sentenza ai sensi delle norme citate, il Giudice non è tenuto ad esaminare specificamente ed analiticamente tutte le tesi prospettate e le prove prodotte o acquisite dalle parti, ben potendosi limitare ad esporre in maniera concisa gli elementi in fatto ed in diritto posti a fondamento della sua decisione, evidenziando le prove ritenute idonee a confortarla (Cassazione civile, 27 luglio 2006, n. 17145). Devesi in via preliminare esaminare l'eccezione di giudicato sollevata da parte convenuta nelle note conclusive e all'udienza del 7.3.2024 in relazione alla delibera impugnata del 28.4.2021. Sostiene il Condominio che la sentenza n. 1037/2022 dimessa in giudizio da parte attrice sub. doc. 39 pronunciata dal Tribunale di Padova tra le medesime parti del presente procedimento e passata in giudicato, ha già statuito in ordine alla validità della decisione del Condominio di porre a carico del R. le spese di cui alla transazione con la E.Z. assunta dapprima con la Delib. del 29 gennaio 2020 e poi con la Delib. del 28 aprile 2021 impugnata, sicchè la questione deve ritenersi coperta da giudicato, con conseguente superamento degli asseriti motivi di nullità/invalidità della decisione dedotti nel presente giudizio. L'eccezione è infondata. Con la sentenza n. 1037 pubblicata il 27.05.2002 nel procedimento iscritto al n. di rg. 7046/2020 il Tribunale ha preso atto che la impugnata delibera condominiale del 29.1.2020 era stata sostituita dalla delibera adottata in data 28.4.2021 e ha, per l'effetto, dichiarato cessata la materia del contendere in ordine alla domanda di invalidità della Delib. del 29 gennaio 2020, pur valutandone la fondatezza al solo fine del rimborso delle spese di lite, in applicazione del principio della cd. soccombenza virtuale. Sul punto la Suprema Corte di Cassazione ha stabilito che la pronuncia di cessazione della materia del contendere o la valutazione di soccombenza virtuale per la liquidazione delle relative spese di lite non sono idonee ad acquistare autorità di giudicato sul merito delle questioni che erano oggetto della lite, né in ogni caso precludono la riproposizione delle medesime questioni in un diverso giudizio (cfr. sentenza Cass. n. 17312 del 31.8.2015). Ne deriva che con la suddetta sentenza n. 1037/2022 di cessazione della materia del contendere non impugnata, si è formato il giudicato solo ed esclusivamente sull'accertamento del venir meno dell'interesse all'impugnazione della Delib. del 29 gennaio 2020, stante l'idoneità di tale pronuncia ad acquistare efficacia di giudicato sostanziale sul merito delle questioni oggetto della lite. Venendo al merito, va detto che all'esito del giudizio le domande attoree sono risultate fondate e vanno pertanto accolte nei seguenti termini. Va anzitutto ricordato in termini generali che per quanto concerne la ripartizione delle spese straordinarie tra il venditore e l'acquirente di un immobile in condominio, vale quanto disposto dalla norma imperativa di cui all'art. 63, comma 4 disp. att. c.c. a mente della quale "chi subentra nei diritti di un condomino è obbligato solidalmente con questo al pagamento dei contributi relativi all'anno in corso e quello precedente". Tale precetto trova applicazione in luogo di quello dell'art. 1104 c.c. atteso che ai sensi dell'art. 1139 c.c. le norme sulla comunione in generale si estendono al condominio solo in mancanza di apposita disciplina nella specie esistente; la regola sancita è quindi speciale ed inderogabile sia dal regolamento condominiale, come espressamente indicato dall'art. 72 disp. att. c.c. sia da una contraria delibera assembleare (Cass. civ. 10346/2019; Trib. Parma1386/2017, Trib. Roma sent. 2265/2017). Il suddetto obbligo solidale del cessionario nei confronti del condominio si configura in capo a chiunque succede nella proprietà di un immobile in condominio, sia pure in dipendenza di aggiudicazione forzata, e l'anno cui fa riferimento il succitato disposto deve intendersi con riferimento al periodo annuale costituito dall'esercizio della gestione condominiale, con decorrenza, nel caso di vendita tra privati, dal rogito notarile di acquisto, nelle procedure esecutive, dal decreto di trasferimento. Per consolidato indirizzo giurisprudenziale di legittimità e di merito, il momento che discrimina se le spese straordinarie spettino al venditore o all'acquirente è la data di deliberazione da parte dell'assemblea delle spese straordinarie, ossia la data della delibera di autorizzazione dell'assemblea, ai sensi dell'art. 1135 comma 1, n. c.c. assunta con la maggioranza prescritta dall'art. 1136, comma 4 c.c. avendo essa valore costitutivo della relativa obbligazione (cfr. Cass. Civ. n. 18793 /2020, Cass. 25839/2019; Trib. Salerno n. 614/2020). A mente della giurisprudenza, per essere titolo costitutivo dell'obbligazione in capo al venditore o all'acquirente, la delibera condominiale di spese straordinarie deve contenere l'autorizzazione ovvero l'approvazione a concludere un appalto per riparazioni straordinarie del condominio e "l'individuazione dell'oggetto del contratto di appalto da stipulare con l'impresa prescelta, ovvero le opere da compiersi ed il prezzo dei lavori, non necessariamente specificando tutti i particolari dell'opera, ma comunque fissandone gli elementi costruttivi fondamentali, nella loro consistenza qualitativa e quantitativa, non avendo rilievo per l'insorgenza del debito di contribuzione l'esistenza di una deliberazione programmatica e preparatoria" (cfr. Cass. Civ. n.18792/2020; Cass. 21.2.2017 n. 4430) non rilevando il momento in cui l'opera viene eseguita, se prima o dopo la vendita, né la data in cui sono stati approvati gli stati di ripartizione delle spese inerenti i lavori deliberati. Venendo al caso de quo e partendo dall'esame della Delib. del 28 aprile 2021, come sopra detto, parte attrice ne censura la validità per la violazione della norma imperativa di cui all'art. 63 disp. att. c.c. laddove essa approva la transazione intervenuta con l'impresa E.Z. per l'importo complessivo di Euro 190.000,00 da ripartirsi su base millesimale, trattandosi di spese relative ad una transazione intervenuta nel procedimento rg 7278/2019 instaurato dall'impresa E.Z. per il pagamento del saldo di lavori straordinari di ristrutturazione che allega: 1) erano stati deliberati nell'anno 2016 ed eseguiti tra il 2017/2018 prima dell'inizio del biennio di solidarietà ricompreso tra il 1.2.2018 e il 31.1.2020, essendo il R. divenuto proprietario dell'unità immobiliare con decreto di trasferimento del Tribunale di Padova del 7.5.2019 a seguito di espropriazione immobiliare nei confronti del precedente condomino e proprietario E.P. s.r.l.; 2) erano inoltre stati effettuati non su parti comuni, ma su parti private costituite dalle altre unità facenti parti del Condominio e non sull'unità attorea che era stata invece dagli stessi interessata per solo una minima parte del valore di Euro 534,14. Orbene applicando i suddetti principi al caso di specie, alla luce della documentazione acquisita agli atti e delle risultanze della espletata c.t.u., le doglianze attoree devono ritenersi fondate alla luce di quanto segue. Da quanto allegato e documentato in giudizio risulta provato che il Condominio con Delib. di data 28 novembre 2016 ha incaricato l'impresa E.Z. dell'esecuzione dei lavori di cui al contratto di appalto di data 2.11.2016 per un corrispettivo di Euro 66.140,66 e che, in seguito, a fronte di tutti i lavori di ristrutturazione eseguiti dall'impresa E.Z. negli anni 2016 e 2017 ed ultimati in data 19.12.2017, il Condominio ha versato alla stessa, negli anni 2016/2017, l'importo di 159.500,00 (cfr. fatt. riparto sub. all. 4 parte convenuta) e ha contestato la debenza del saldo richiesto dall'impresa per l'importo di Euro 233.728,79 per non aver commissionato i relativi lavori. Risulta inoltre che l'impresa E.Z. ha instaurato nei confronti del Condominio dapprima il procedimento per accertamento tecnico preventivo iscritto al n. di rg. 5181/2018 in seno al quale il c.t.u. Ing. Bentivenga ha accertato e quantificato i lavori contestati dal Condominio nell'importo di Euro 233.728,79 (iva inclusa) e, quindi, la causa civile iscritta al n. di rg. 7278/2019 per ottenere dal Condominio il pagamento del saldo delle opere eseguite siccome accertate e quantificate in sede di ATP. Nell'ambito del suddetto procedimento civile è intervenuta tra il Condominio e la ditta E.Z. la transazione per il pagamento del saldo dei lavori per l'importo di Euro 190.000,00, che è stata approvata dalla delibera condominiale di data 28.4.2021 qui impugnata. Rispondendo al quesito peritale di cui alla lettera g) il c.t.u. geometra Alfredo Ga. con argomentazioni logiche che si condividono, ha accertato che: "La transazione tra il Condominio Ge. e E.Z. risulta approvata dall'assemblea del 28/4/2021 con maggioranza di sei condomini e di 622,83 millesimi (contrari Sig. R. con mill. 285,57 e Sig. B. con mill. 72,97) - si veda doc. 4 di parte attorea. L'Amministratore F. ha confermato che la somma suddetta di Euro 190.000,00 è stata ripartita tra i condomini secondo i millesimi di proprietà, come risulta dal doc. 11 allegato alla presente perizia. Nella transazione tra il Condominio Ge. e E.Z. non sono specificati gli interventi ai quali la stessa si riferisce né quando gli stessi siano stati deliberati tuttavia, nella stessa viene fatto riferimento alla causa n. 7278/2019 avanti il Tribunale di Padova, dott. M., instaurata da E.Z. per ottenere il pagamento di Euro 233.728,79 (Iva inclusa) a titolo di saldo delle opere eseguite presso il Condominio Ge. (cfr. doc. 12 attoreo). Dette opere e i relativi costi sono stati analiticamente accertati dall'Ing. Bentivenga nella perizia emessa nell'ambito della causa n. 5181/2018 (si vedano docc. 9 e 13 attorei). Nella perizia suddetta l'Ing. Bentivenga ha accertato che non tutti i lavori eseguiti da E.Z. erano oggetto del capitolato iniziale e/o sono stati preventivamente approvati dall'assemblea in quanto la maggior parte dei lavori si sono resi necessari in corso d'opera tenuto conto della criticità strutturale dell'immobile. In particolare, l'Ing. Bentivenga evidenzia che dette opere sono state realizzate per risolvere "problemi già noti e per quelli che man mano si evidenziavano con la spogliazione del fabbricato ..." e, comunque, "sono opere tutte da considerarsi funzionali e consequenziali alle previsioni dei contratti 02.11.2016 con la E.Z. ..." (si vedano pagg. 7 e 8 doc. 9 attoreo). (cfr. elaborato peritale). Il c.t.u. geometra Ga. ha quindi confermato quanto allegato da parte attrice e contestato da parte convenuta, ovvero che la esecuzione dei lavori oggetto della transazione de qua, pur non essendo tutta compresa nel capitolato iniziale del 2016 e/o preventivamente approvata dall'assemblea condominiale, era comunque nota al Condominio che la aveva di fatto autorizzata in corso d'opera, per la risoluzione di problemi che di volta in volta si palesavano "con la spoliazione del fabbricato" in ragione della criticità strutturale dell'immobile. Significativa sul punto la conclusione cui giunge il c.t.u. del procedimento per atp Ing. Be. che ritiene tali lavori "sono opere tutte da considerarsi funzionali e consequenziali alle previsioni dei contratti 02.11.2016 con la E.Z. ...". E d'altra parte nello stesso certificato di regolare esecuzione dei lavori del 19.12.2017 il Direttore dei Lavori F. ha certificato che "i prezzi applicati in contabilità sono quelli contrattuali", che "la somma spesa è compresa in quella autorizzata dalla Committenza" e che tutte le opere sono state eseguite "secondo il progetto ed elaborati grafici depositati presso il Committente". Anche la seconda censura mossa dall'attore alla delibera impugnata in merito al fatto che le spese di cui ai lavori oggetto di transazione erano stati effettuati non su parti comuni, ma su parti private costituite dalle altre unità facenti parti del Condominio ha trovato riscontro nell'accertamento peritale. Difatti rispondendo al quesito di cui alla lettera h) il c.t.u. geometra Ga. ha riferito: "come emerso nel corso del sopralluogo del 28/10/2022 presso il Condominio Ge., il ripristino di pavimento e pareti dei duegarages del Sig. R. è stato eseguito a cura e spese di quest'ultimo, come documentato dalla fattura n. (...) del 7/8/2019 di Euro 3.850,00 emessa da E.S. di P.I. a carico del Sig. R. (si veda doc. 4). Le altre opere oggetto del quesito non risultano realizzate. In particolare: i terrazzi sono privi di pavimentazione con manto flottante; non sono state fornite e posate le ringhiere dei terrazzi; al secondo piano il terrazzo, ridotto ad una "loggia" con conseguente diminuzione della relativa superficie, è impermeabilizzato ma mancano i parapetti." Ne deriva che avendo la mediazione ad oggetto il saldo di lavori straordinari di ristrutturazione funzionali e conseguenziali a quelli di cui al contratto di appalto concluso nell'anno 2016, lavori eseguiti negli esercizi 2016/2017 e 2017/2018 che il condominio aveva deliberato, autorizzato e/o comunque della cui realizzazione era a conoscenza in epoca anteriore all'inizio del biennio di solidarietà compreso tra il 1.2.2018 e il 31.1.2020, la ripartizione pro quota delle stesse in capo all'attore viola la norma imperativa di cui all'art. 63 disp. att. c.c. dovendosi far riferimento, per accertare il relativo obbligo di partecipazione alle spese straordinarie, non alla data della delibera che ha approvato la transazione del saldo del pagamento dei lavori ma alla data in cui tali lavori sono stati deliberati e autorizzati dal Condominio. Secondo il costante indirizzo giurisprudenziale di legittimità e di merito, è nulla, per violazione dell'art. 63, IV comma, disp. att. c.c., la delibera e il relativo stato di riparto che ponga a carico del condomino subentrato spese relative ad annualità precedenti alle ultime due (ex multis, Trib. Roma 10994/2020, Trib. La nullità della Delib. del 28 aprile 2021 deve predicarsi anche in ragione della ripartizione indistinta, su base millesimale, di spese relative anche a lavori eseguiti su parti private di tutte le unità condominiali tranne quella dell'attore. Come ricordato dalla difesa attorea, la Corte di Cassazione ha statuito che: "In tema di condominio, le deliberazioni assunte dall'assemblea, aventi natura di atti negoziali espressione della maggioranza e non della volontà assembleare, devono avere ad oggetto le sole materie ad essa attribuite, le quali afferiscono alla gestione dei beni e dei servizi comuni, ma non anche ai beni appartenenti in proprietà esclusiva ai singoli condomini o a terzi, come, nella specie, i muri perimetrali di proprietà esclusiva, quand'anche attraversati da tubazioni, canali e altro necessario al servizio degli alloggi soprastanti, rispetto ai quali operano semmai, in assenza di diversa, specifica pattuizione avente forma scritta, i criteri di cui all'art. 1069 c.c., sicché la deliberazione assembleare che approvi e ripartisca una spesa priva di inerenza alla gestione condominiale è affetta da nullità." (Cass. civ., n. 16953/2022). Le suesposte considerazioni svolte in merito alla invalidità della Delib. del 28 aprile 2021 valgono a sostenere anche la fondatezza delle censure mosse da parte attrice a fondamento dell'impugnazione della Delib. del 14 aprile 2021 al punto 1) dell'.o.d.g. Con riguardo a tale delibera, parte attrice ne censura la validità laddove al punto n.1 sulla approvazione del bilancio consuntivo 2020/2021, pone a suo carico la quota millesimale di spese che asserisce essere inerenti a gestioni precedenti al biennio di solidarietà in violazione dell'art. 63 disp. att. c.c. oltre che relative a parti private relative ad altre unità facenti parte del condominio (preavv. fattura arch. D. per pratica variante, competenze avv. Lenzi mediazione E.Z.) e già oggetto di delibere annullate con sentenze passata in giudicato (competenze avv. Lenzi mediazione Ing. F.). Le risultanze istruttorie fondano le censure mosse dall'attore al punto 1) della delibera impugnata che approvando il rendiconto 2020/2021 pone a carico del R. importi che costituiscono il saldo di compensi di professionisti per prestazioni che, quand'anche eseguite in data posteriore (cfr. risultanze c.t.u. in ordine alla fatt. n.(...) e n. (...) arch. D.), risultano comunque essere tutti inerenti, conseguenti e/o la naturale conclusione delle prestazioni svolte per i lavori straordinari di ristrutturazione del fabbricato deliberati dal Condominio nell'anno 2016, in epoca quindi anteriore al biennio di responsabilità solidale del R. con il suo dante causa E.P. s.r.l., essendo l'attore divenuto proprietario dell'immobile con decreto di trasferimento del 7.5.2019. E' risultato inoltre provato che la spesa per la pratica per variante finale/agibilità parziale ha interessato proprietà individuali (cfr. elaborato peritale), con esclusione dell'unità attorea, sicché la illegittimità di tale addebito deve predicarsi anche per il difetto assoluto di attribuzioni dell'assemblea. Illegittima deve poi ritenersi anche l'imputazione dell'importo di Euro 2.757,74 per "competenze Avv. Lenzi per mediazione Ing. F.", considerato il passaggio in giudicato della sentenza del Giudice di Pace di Padova che ha annullato per violazione dell'art. 63, IV co. disp. att. c.c. la delibera con cui il Condominio aveva ripartito anche a carico del R. la spesa oggetto della transazione con l'ing. F. (cfr. doc. 23 parte attrice). Fondata deve infine ritenersi la censura mossa alla Delib. del 14 aprile 2021 al punto 3) in relazione alla voce di spesa ivi appostate dell'importo di Euro 6.000,00 quale fondo per pratiche legali stante l'assenza di specifica indicazione e adeguata motivazione, in violazione dell'art. 1135, comma quarto c.c.. Di contro infondata deve ritenersi priva di pregio la doglianza relativa alla voce di spesa di Euro 6.000,00 per "spese generali proprietà" alla luce di quanto accertato in sede di c.t.u. avendo il rag. Ga. precisato che "trattasi di fondo spese previsto dall'art. 32 del regolamento condominiale e che viene costituito in via preventiva per far fronte ad eventuali "esigenze speciali ed imprevedibili" non ipotizzabili né quantificabili al momento dell'approvazione del preventivo (si veda il doc. 6 di cui alla presente perizia e, in particolare, il regolamento condominiale allegato allo stesso)". In conclusione alla luce di tutto quanto sopra esposto le delibere impugnate del 14.4.2021 al punto 1) e del 28.4.2021 devono dichiararsi nulle, mentre la Delib. del 14 aprile 2021 al punto 3) va annullata per la voce di spesa di Euro 6.000,00 quale fondo per pratiche legali. In considerazione dell'esito della lite, le spese di lite comprensive della procedura di mediazione cui parte convenuta non ha aderito, seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo secondo lo scaglione di pertinenza della lite sulla base del D.M. n. 147 del 2022. P.Q.M. Il Giudice Onorario presso il Tribunale di Padova, definitivamente pronunciando, ogni contraria domanda, eccezione od istanza disattesa, così decide: 1) dichiara nulla la delibera condominiale assunta in data 14.4.2021 al punto 1) dell'o.d.g. e le spese ivi approvate; 2) dichiara nulla la delibera condominiale assunta in data 28.4.2021; 3) annulla la Delib. 14 aprile 2021 che al punto 3 dell'o.d.g. approva il preventivo 2020/2021 con la voce di spesa Euro 6.000,00 quale fondo per pratiche legali; 4) condanna Condominio Ge. in persona del legale rappresentante a rifondere all'attore Cr.Ro. le spese del presente giudizio che liquida in complessive Euro 7.800,00 oltre accessori di legge (spese generali IVA e CPA). Sentenza resa ex art. 281 sexies c.p.c. Così deciso in Padova il 7 marzo 2024. Depositata in Cancelleria il 7 marzo 2024.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO DI PADOVA SEZIONE PRIMA CIVILE Il Tribunale, in composizione collegiale nelle persone dei seguenti magistrati: dott. Barbara De Munari - Presidente rel. dott. Luisa Bettio - Giudice dott. Federica Di Paolo - Giudice ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 5726/2023 promossa da: Ba.Gh. con l'avv. GI.CL. ricorrente Contro Ba.Ro. e Ka.Ah. con l'avv. TO.MA. resistenti Con l'intervento del Pubblico Ministero OGGETTO: modifica delle condizioni di divorzio CONCISA ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE Con ricorso depositato in data 11.10.2023 G.B. ha chiesto la modifica della sentenza n. 2212/2019 pubblicata il 24.12.2019 con cui il Tribunale di Padova pronunciava lo scioglimento del matrimonio contratto dal ricorrente con Ah.Ka. alle seguenti condizioni: "3. Assegna alla convenuta sig. Ah.Ka. la ex casa coniugale sita in M.T. via S. M. n. 3; 4. Dispone che il sig. Ba.Gh. corrisponda alla figlia R., maggiorenne non autosufficiente, entro il giorno 5 di ciascun mese, l'assegno di Euro. 306,90 da rivalutarsi annualmente secondo gli indici ISTAT (prossima rivalutazione aprile 2020), oltre al 50% delle spese straordinarie secondo il Protocollo del Tribunale di Padova, ad eccezione delle spese universitarie (tasse, libri e alloggio fuori sede) al 60% con la precisazione che la diversa distribuzione delle spese straordinarie decorre dalla presente sentenza". Il ricorrente ha dedotto che -successivamente alla sentenza di divorzio la figlia Ba.Ro. a luglio 2023 ha completato il proprio percorso di studi presso il Politecnico di T. conseguendo la laurea magistrale in design sistemico e dal 01/08/2023 ha reperito un impiego stabile e retribuito presso la Fondazione L. con sede in T. dalla quale è stata assunta con contratto a tempo determinato con orario a tempo pieno per un anno dal 01/08/2023 al 31/07/2024; -la figlia, seppure formalmente residente con la madre in M.T., abita a T. in via S. D. 10, nell'appartamento condotto in locazione già dall'anno 2020 e torna presso la casa d'origine solo saltuariamente. Chiede pertanto la revoca del contributo di mantenimento della figlia R. e la revoca della assegnazione della casa familiare in ragione della sopravvenuta autosufficienza economica della figlia Ro.Ba.. Le parti resistenti si sono regolarmente costituite in data 24/12/2023 chiedendo il rigetto delle domande di parte ricorrente con eventuale riduzione del contributo di mantenimento della figlia nella misura che si riterrà di giustizia almeno sino allo scadere del contratto di lavoro a tempo determinato e, in ipotesi di revoca della assegnazione della casa familiare, disporsi un assegno di mantenimento in favore di Ka.Ah. pari ad Euro 300. Allegano a sostegno che il ricorrente non ha mai supportato la figlia R. nel suo percorso e che l'unico suo contributo è ridotto all'apporto economico, che R. solo da pochi mesi ha trovato un impiego con stipendio mensile pari ad Euro 1.500 (somma con cui difficilmente può mantenersi a T.) ma con un contratto a tempo determinato che non dà alcuna garanzia di rinnovo; pertanto, ella non poteva dirsi ancora del tutto autonoma. Quanto alla casa familiare, la ragazza non aveva reciso il legame con la stessa, avendo mantenuto le amicizie del paese di origine. Precisano poi che anche le condizioni economiche della resistente Ka.Ah. sono difficili atteso che ella per un lungo periodo, a causa del covid, ha dovuto sospendere la sua attività, percependo un reddito davvero basso tanto da accumulare debiti con il locatore del negozio presso cui lavora e per alcune spese condominiali essendo poi gravata anche dalle rate di un fido che necessariamente ha dovuto richiedere. Quanto al ricorrente precisano che il medesimo non ha prodotto la dichiarazione dei redditi, che ricopre un ruolo dirigenziale all'interno della società in cui è assunto ed è proprietario di tre immobili. All'udienza del 30.01.2023 le parti G.B. e Ah.Ka. comparivano personalmente e rendevano le dichiarazioni di cui al verbale. Il Giudice, ritenuta la causa matura per la decisione senza assunzione di ulteriori mezzi istruttori, invitava le parti a concludere ai sensi dell'art. 473.bis 21 ultimo comma c.p.c. e i procuratori si riportavano agli atti. L'art. 473bis.29 c.p.c. prevede che "qualora sopravvengano giustificati motivi, le parti possono in ogni tempo chiedere, con le forme previste nella presente sezione, la revisione dei provvedimenti a tutela dei minori e in materia di contributi economici". Si richiama, in materia, la giurisprudenza di legittimità relativa all'art. 9, comma 1, L. Div. (oggi abrogato e sostituito dalla norma sopra richiamata), secondo cui i giustificati motivi a fondamento della revisione delle disposizioni contenute nella sentenza di divorzio devono essere comunemente intesi come fatti nuovi sopravvenuti, che, incidendo sulla situazione preesistente, determinano la necessità di prevedere un nuovo e diverso regime degli effetti del divorzio e tale principio si applica anche alle disposizioni inerenti alla posizione dei figli (cfr. Cass. Civ. n.4768/2018). Nel caso in esame parte ricorrente ha documentato, nel chiedere la revoca del contributo di mantenimento e della assegnazione della casa familiare, che la figlia R., maggiorenne, ha completato il suo percorso di studi universitari ed ha trovato una stabile occupazione rendendosi, pertanto, economicamente indipendente. Dalla documentazione depositata in atti (doc. 5 del ricorrente) risulta che Ro.Ba., oggi ventiseienne, è stato assunta in data 01.07.2023 con un contratto a tempo pieno e determinato presso la "Fondazione L." di T.; dal documento risulta altresì che il contratto è di durata annuale. Dal doc. 1 depositato da parte resistente risulta inoltre che ella è assunta con mansione di impiegato ricercatore e che il progetto di ricerca fa riferimento alla progettazione di casi applicativi di ricerca e innovazione nel campo della transizione digitale dei beni culturali. La retribuzione mensile lorda è di 1.928,57 Euro. per 14 mensilità. Sul tema la Corte di Cassazione ha stabilito che "in tema di contributo al mantenimento del figlio maggiorenne da parte del genitore separato non convivente, lo svolgimento di un'attività retribuita, ancorché prestata in esecuzione di contratto di lavoro a tempo determinato, può costituire un elemento rappresentativo della capacità del figlio di procurarsi un'adeguata fonte di reddito, e quindi della raggiunta autosufficienza economica?. fermo restando che non ogni attività lavorativa a tempo determinato è idonea a dimostrare il raggiungimento della menzionata autosufficienza economica, chepuò essere esclusa dalla breve durata del rapporto o dalla ridotta misura della retribuzione" (Cass. civ. ord. 40282 del 15.12.2021) Nel caso di specie ritiene il Collegio che il contributo di mantenimento posto a carico del padre debba essere revocato in ragione dell'età della figlia (ormai ventiseienne), della conformità dell'impiego da lei trovato al titolo di studio universitario conseguito, della non esigua durata del rapporto di lavoro e della congruità della retribuzione quale stipendio di ingresso nel mondo del lavoro. In conseguenza della revoca dell'assegno di mantenimento e della raggiunta autosufficienza economica della figlia, deve disporsi anche la revoca della assegnazione della casa coniugale alla madre, cui deve essere comunque concesso termine per il rilascio al fine di reperire idonea soluzione abitativa alternativa. Termine che appare congruo fissare in mesi 6 dalla pubblicazione della presente sentenza. Non può trovare infine accoglimento la richiesta della resistente Ah.Ka. di un assegno di mantenimento pari a Euro 300 in suo favore atteso che in primo luogo la revoca della assegnazione della casa familiare (disposta esclusivamente in favore della prole) non può tradursi nel riconoscimento di un corrispondente diritto dell'ex coniuge a un assegno, e che, in secondo luogo, rispetto alla sentenza di divorzio, non sono sopravvenute circostanze tali da far ritenere una diversa sua situazione reddituale e patrimoniale: infatti, già nella sentenza 2212/2019 si dava ampiamente conto del fatto che ella aveva sempre esercitato la propria attività lavorativa in perdita (ricavando da ciò il Collegio la inattendibilità dei dati fiscali dalla stessa esposti in dichiarazione). Rispetto a tale situazione il quadro non appare mutato e pertanto non vi sono i presupposti per l'accoglimento della domanda. Attesa la natura della causa e la soccombenza delle parti resistenti, le spese di lite vanno per la metà compensate e per la restante metà poste a carico delle resistenti soccombenti, liquidando -secondo i parametri minimi di cui al D.M. n. 55 del 2014 per le cause di cognizione a bassa complessità- le sole fasi di studio (euro 426), introduttiva (euro 301) e decisionale (euro 727), non essendo stata svolta attività istruttoria. P.Q.M. Il Tribunale di Padova, in accoglimento del ricorso e a parziale modifica delle condizioni di cui alla sentenza n. 2212/2019 del Tribunale di Padova: 1.revoca il contributo di mantenimento per la figlia R. posto a carico di Ba.Gh.; 2.revoca l'assegnazione della casa coniugale sita in M. T. via S. M. 3 dando termine a parte resistente di mesi 6 dalla pubblicazione della sentenza per il rilascio dell'immobile; 3. rigetta la domanda di mantenimento di parte resistente Ah.Ka.; 4. compensa per 1/2 le spese di lite e condanna le parti resistenti a rifondere a Ba.Gh. il restante 1/2 pari a Euro 1.454 oltre IVA, cpa e rimborso forfettario come per legge. Così deciso in Padova il 6 febbraio 2024. Depositata in Cancelleria il 6 marzo 2024.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO DI PADOVA SEZIONE PRIMA CIVILE Il Tribunale Ordinario di Padova, sezione prima civile, nella persona del Giudice Onorario, Avv. Emanuela Marti - G.O.P., ha pronunciato ai sensi dell'art. 281 sexies c.p.c. la seguente: SENTENZA nella causa civile di I grado iscritta al n. R.G.6135/2020 con riunito il procedimento R.G. 3682/2022 promossa da: So.Pa. Srl (P. IVA (...)), con sede in P., Via E. F. di S. n. 14 in persona del legale rappresentante p.t., con il patrocinio degli avv.ti Em. e Da.D'A. del Foro di Padova, elettivamente domiciliata presso lo studio del primo in Padova, Via (...) ATTRICE CONTRO CONDOMINIO EX Ba.Ro. (C.F. (...) ), sito in P., via M. n.15, in persona dell'amministratore p.t., con il patrocinio dell'avv. Do.Bo. del Foro di Padova, elettivamente domiciliato presso lo studio della stessa in Padova, Via (...) CONVENUTO Oggetto : condominio CONCISA ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE Con atto di citazione del 20.10.2020, regolarmente notificato, Pa. s.r.l. in persona del legale rappresentante p.t., adisce codesto Tribunale riferendo di essere proprietaria del primo piano di quello che è denominato Condominio Ex Ba.Ro. sito in P., Via G. M. ed intendendo impugnare le delibere adottate dallo stesso condominio in data 17.10.2016, 04.10.2017, 10.10.2018, 21.10.2019 e 06.10.2020 ed aventi ad oggetto l'approvazione dei bilanci consuntivi e preventivi a partire dal 2015/2016. Viene precisato che il Condominio E.B. di R. è stato costituito con delibera assembleare del 19.10.2010 nella quale sono state altresì approvate sia le tabelle millesimali che il Regolamento. Dalla conformazione dell'immobile risulta che vi siano due accessi e due scale e che il condòmino Pa. abbia accesso soltanto alla scala A, la scala B è al servizio esclusivo del secondo piano con autonomo accesso da altra entrata, dalla G.D.P.C.. Le delibere indicate appaiono viziate in quanto nei bilanci approvati risultano inserite voci di spesa a carico di Pa. che sono relative a porzioni immobiliari di esclusiva competenza di altro condòmino. Precisamente si tratta di spese relative alla conduzione Scala B e relative ad un ascensore ivi presente. Tale scala non inerisce alla proprietà P., che non vi ha accesso, né mai la utilizza parimenti all'ascensore che è stato costruito successivamente alla costituzione del condominio e che è di proprietà di altro condòmino. L'ascensore è stato fatto installare a totali spese di condòmini del secondo piano per accedere alle loro unità. Pa. non solo non è comproprietaria dell'ascensore ma non utilizza, non ne trae vantaggio e conseguentemente non può essere obbligata al pagamento delle relative spese di manutenzione. Con le delibere impugnate sono state approvate spese inserite nei bilanci che hanno previsto a carico di Pa. oneri relativi a beni di proprietà esclusiva di altri condòmini e debbono ritenersi affette da nullità. La delibera approvata in data 21.10.2019 si riferisce essere ulteriormente affetta da nullità in quanto in essa risultano indicate delle maggioranze inesistenti, apparenti rispetto a quelle realmente presenti nell'assemblea stessa. Nel verbale, infatti, viene indicato che il bilancio è approvato con una percentuale millesimale di 252,99 e che tale rappresenterebbe più del terzo richiesto ex art. 1136 c.c.. Nella realtà ciò non è stato perché dai millesimi di proprietà dei presenti 784,75 avrebbero dovuto sottrarsi i millesimi dei condomini contrari, P., e sui rimanenti conteggiare l'esistenza del terzo codicisticamente richiesto. Il bilancio pertanto è stato approvato con una maggioranza inesistente e la delibera deve ritenersi nulla. La Delib. del 6 ottobre 2020 è altresì viziata in quanto è stato ritenuto valido il voto di una condòmina non presente , L. srl, che non aveva inviato alcuna delega ma che aveva conferito soltanto una delega telefonica che non può ritenersi valida. Le maggioranze richieste non possono considerarsi presenti, perché oltre alla condòmina assente senza delega devono sottrarsi i millesimi di Pa. contraria ed al conteggio non possono ritenersi raggiunti i quorum necessari. Da ciò le indicate conclusioni. Con comparsa del 03.02.2021 si costituisce il Condominio E.B. di R. contestando gli assunti attorei. Si precisa che ciò che si contesta, cioè l'errata imputazione a carico di Pa. delle spese gestionali relative alla scala B, queste si tratta di spese che sono state calcolate sulla base di una tabella millesimale regolarmente approvata anche dalla stessa Pa. in data 19.10.2010. Con tale delibera mai impugnata, è stato costituito il Condominio E.B. di R. e sono state approvate le tabelle millesimali che prevedevano la ripartizione delle spese in base ai millesimi calcolati ed i millesimi di scala relativi all'utilizzo dei beni comuni ed è stato approvato il Regolamento condominiale in cui al punto n.7 viene previsto che le spese condominiali vengano regolate secondo la tabella generale dei millesimi di proprietà e secondo quanto disposto dalla tabella Bo. L'ascensore contestato rientra tra i beni comuni, previsto sia nei progetti di costruzione che realizzato e non è stato accertato essere di proprietà esclusiva di un solo condòmino né è stata deliberata la sua esclusione dalla realtà condominiale. Non sono state impugnate le tabelle millesimali da cui derivano i calcoli necessari per l'imputazione delle relative spese. Non si ritiene di poter impugnare un bilancio regolarmente approvato soltanto su una mancanza di attuale fruizione di beni comuni. La scala B è condominiale in quanto permette l'accesso al lastrico solare comune a tutti, anche alla condomina Pa. ed in esso risultano allocati impianti sia condominiali che delle singole unità. Viene eccepita la decadenza ex art.1137 c.c. circa l'impugnazione delle delibere di approvazione dei bilanci. Si contestano gli ulteriori elementi di ipotizzata nullità delle Delib. del 21 ottobre 2019 che del 06.10.2020 sia perché quanto rilevato inerisce ad una annullabilità delle delibere che nel caso di assenza di delega non si potrebbe parlare né di nullità né di annullabilità ma di inefficacia della delibera soltanto per il condomino delegante che non abbia ratificato la propria posizione. Si riportano le conclusioni indicate. Con atto di citazione del 13.06.2022 regolarmente notificato Pa. srl in persona del legale rapp.p.t. adisce codesto Tribunale in quanto proprietaria di una porzione immobiliare facente parte del Condominio E.B. di R. intende impugnare la delibera adottata in data 13.01.2022 in quanto vengono imputate a Pa. spese relative alla conduzione della scala Bo. Si precisa che le spese relative a tale scala vengono addebitate a Pa. solo dal 2015, a partire dal bilancio 2015/2016. L'ascensore non è condominiale ma di proprietà esclusiva di altra condomina e le relative spese sono state inserite in tabelle che non sono state approvate né risultano allegate al regolamento. Vengono erroneamente imputate a Pa. anche le spese relative alla manutenzione e pulizia della scala B che Pa. non utilizza facendo parte di altra porzione del condominio cui Pa. non accede né può accedere. Tale scala è destinata all'uso soltanto di poche unità tra cui non fanno parte le unità immobiliari di P.. Da ciò l'incoata azione al fine di chiedere la nullità della delibera in quanto inerente a beni esclusivi e non condominiali. Parte convenuta si costituisce contestando totalmente quanto asserito, eccependo che le spese sono state ripartite in base a tabelle regolarmente approvate con delibera non impugnata e che non si tratta di beni esclusivi ma di beni condominiali per la gestione dei quali i condomini sono chiamati a partecipare in base a millesimi di scala approvati. Si eccepisce che parte attrice abbia modificato impropriamente la domanda di cui al giudizio R.G. 3682/2022, ampliando la materia del contendere con l'inserimento nella memoria n.1 ex art.183 VI co c.p.c. della richiesta di accertamento della nullità della tabella Bo. Tale domanda nuova deve ritenersi inammissibile. Si chiede la riunione del procedimento R.G.3682.2022 essendovene i presupposti di legge. Con disposizione del 25.01.2023 è stata disposta la riunione del procedimento indicato al procedimento R.G.6135/2020. Sono stati esperiti i procedimenti di mediazione in data 02.02.2022 e 18.02.2022, condizione di procedibilità ex lege, con esito negativo. Per tali procedimenti è stata assunta come prova istruttoria la prova testimoniale in data 09.11.2023. Chiusa la fase istruttoria i procedimenti così riuniti vengono trattenuti a decisioni in data odierna. Le domande attoree non appaiono meritevoli di accoglimento. Con le indicate azioni sono state impugnate delibere adottate dal Condominio E. Bo. di R. sito in P., precisamente le Delib. 17 ottobre 2016, Delib. 4 ottobre 2016, Delib. 10 ottobre 2018, Delib. 21 ottobre 2019 e Delib. 6 ottobre 2020, nonché la Delib. 13 gennaio 2022, quest'ultima regolarmente impugnata ex art. 1137 c.c.. Per tutte si eccepisce la nullità in quanto si ritiene che con tali delibere siano stati approvati bilanci consuntivi e preventivi in cui vengono addebitate a parte attrice spese che riguardano beni esclusivi e non facenti parte della realtà condominiale. Precisamente si ritiene che in tali delibere siano state approvate ed addebitate spese che riguardano la Scala B e l'ascensore ivi presente. Parte attrice ritiene che tale ascensore sia stato realizzato successivamente alla costituzione del condominio per volere e con totale assunzione di spesa da parte di altro condòmino. Preliminarmente si accoglie l'eccezione avanzata da parte convenuta circa l'inammissibilità della domanda introdotta da parte attrice nella memoria n.1 ex art.183 VI co c.p.c. relativa alla causa R.G.3682/2022. Il richiesto accertamento della nullità della tabella millesimale Scala B, è, infatti, domanda nuova tardivamente introdotta e pertanto inammissibile. Si ricorda, infatti, che la memoria ex art.183 VI co c.p.c. n.1 consente solo di precisare e modificare le domande già proposte non di introdurre e proporre domande ed eccezioni conseguenti della domande riconvenzionali eventualmente avanzate che debbono proporsi a pena di decadenza entro la prima udienza (ex multis Cass.Civ. 9880/2016, 3806/2016, 25409/2013, 3567/2011). Il richiesto accertamento della nullità della tabella millesimale Scala B è pertanto domanda nuova che amplierebbe la materia del contendere. Rileva infine che le tabelle millesimali debbono essere oggetto di impugnazione ex art. 69 disp.att. c.c. Dagli atti, dai documenti e dall'istruttoria assunta, risulta che il Condominio E.B. di R. sia stato costituito con Delib. del 19 ottobre 2010. Con tale delibera appaiono essere state approvate sia le tabelle millesimali che le tabelle di scala poste a fondamento della ripartizione delle spese condominiali. Tale delibera non è stata impugnata. Da quanto emerso dai documenti in atti il Condominio de quo è stato delineato relativamente alle sue parti ed agli elementi costitutivi nel momento della sua costituzione, non risulta alcun accertamento né relativamente a parti da considerarsi esclusive né risultano positivamente esclusi dalle parti comuni elementi e/o parti del condominio stesso, né tale accertamento rientra nel petitum della presente azione. Per consolidata giurisprudenza in assenza di titolo contrario si devono presumere parti comuni gli elementi costitutivi di una realtà condominiale previsti ed approvati (ex multis Cass. Civ. 4372.2015). Non appaiono sussistere o essere stati provati elementi tali da poter far ritenere che la Scala B non sia una parte condominiale e/o che l'ascensore presente in quella scala sia esclusivo di un solo condomino e soltanto da lui utilizzato. Risulta in atti che il condominio Ex B.D.R. sia stato costituito in data 19.10.2010, sia gestito in base a tabelle millesimali e di scala regolarmente approvate e non impugnate che prevedono, nel rispetto dei disposti normativi (artt.1136 ss c.c.), la ripartizione delle spese sia in riferimento ai beni comuni che all'utilizzazione degli stessi. Con tale delibera appare essere stato approvato il regolamento con allegate le tabelle A e B (Doc. 3 attore) e non risulta esservi impugnazione circa tale punto né formale né di merito. Non risulta essere stato sottoposto ad assemblea altro regolamento e/o integrazione dello stesso né appare esservi stata approvazione di innovazione e realizzazione di opere nuove da parte di un solo condòmino. L'ascensore della Scala B, che incontestatamente è stato realizzato successivamente alla costituzione del Condominio, se non specificato o accertato si presuppone opera facente parte dei beni comuni, conseguente ad una previsione progettuale esistente e conosciuta dai costruttori/fondatori dell'immobile, tra cui P.. Non appare esservi prova di intervenuta lesione dei diritti dei singoli condòmini per imputazione errata delle spese in base alla quantificazione relativa a beni esclusivi e non condominiali. Manca un accertamento di proprietà esclusiva, manca una impugnazione di tabelle millesimali reputate erronee e/o redatte falsamente. Vi sono delibere che sono state regolarmente approvate sulla base di previsioni e tabelle approvate e che possono ritenersi validamente adottate, non affette da nullità. Parimenti le eccezioni di ulteriori elementi di nullità evidenziati per le delibere adottate in data 21.10.2019 e 06.10.2020 non si ritengono accoglibili. Viene, infatti, rilevato che nella Delib. del 21 ottobre 2019 con presenti 7 condomini su 13 per una quota millesimale pari a 784,75 e vi sia stata approvazione del bilancio con approvazione di 5 condomini per una quota pari a 252,99, contrari due condomini per una quota pari a 531,76. E' stato pertanto ritenuto approvata per una quota inferiore al terzo necessario, nel rispetto dell'art.1136 III c.c., tenuto conto che, come ritenuto dalla Suprema Corte, affinchè possa validamente adottarsi una delibera coloro che hanno votato contro non devono rappresentare un valore proprietario maggiore rispetto a coloro che abbiano votato a favore (Cass.Civ.6625.2004, 25558.2020). Quindi ex art.1136 III co c.c. coloro che abbiano votato contro non debbono rappresentare un valore proprietario maggiore rispetto a coloro che abbiano votato a favore stante il fatto che l'intero art.1136 c.c. privilegia il criterio della maggioranza del valore dell'edificio quale strumento coerente per soddisfare le esigenze condominiali. Da ciò si evidenza per quanto emerso che la delibera de qua possa ritenersi annullabile non nulla, ciò in quanto, come costantemente ritenuto da Dottrina e Giurisprudenza ( ex multis Cass., SS. UU. n. 4806 del 2005), il criterio distintivo tra delibere assembleari nulle e annullabili, deve essere individuato nella contrapposizione tra "vizi di sostanza" - inerenti il contenuto delle deliberazioni - e "vizi di forma" - attinenti invece alle regole procedimentali per la formazione delle delibere. Le Sezioni Unite con sent. 9839/2021 hanno ribadito i principi già affermati nel 2005, ed ulteriormente precisato nel senso che: "In tema di condominio negli edifici, sono affette da nullità, deducibile in ogni tempo da chiunque vi abbia interesse, le deliberazioni dell'assemblea dei condomini che mancano ab origine degli elementi costitutivi essenziali, quelle che hanno un oggetto impossibile in senso materiale o in senso giuridico - dando luogo, in questo secondo caso, ad un "difetto assoluto di attribuzioni" - e quelle che hanno un contenuto illecito, ossia contrario a "norme imperative" o all'"ordine pubblico" o al "buon costume"; al di fuori di tali ipotesi, le deliberazioni assembleari adottate in violazione di norme di legge o del regolamento condominiale sono semplicemente annullabili e l'azione di annullamento deve essere esercitata nei modi e nel termine di cui all'art. 1137 cod. civ.". Rileva perciò che la Delib. del 21 ottobre 2019 non sia stata ritualmente impugnata. Non si ritiene di rilievo l'eccezione avanzata circa la Delib. del 6 ottobre 2020 adottata invalidamente in quanto un condòmino assente ha manifestato solo telefonicamente la delega. La validità delle deleghe, infatti, deve essere eccepita dai condomini deleganti essendo il rapporto tra delegante e delegato disciplinato dalle regole generali sul mandato (ex multis Cass. Civ.4806.2005, 16673.2018). Per quanto sommariamente esposto le domande attoree non si ritengono meritevoli di accoglimento e parte attrice soccombente sarà tenuta al risarcimento delle spese di lite. Le spese seguono soccombenza e vengono liquidate come al dispositivo nel rispetto del D.M. n. 55 del 2014, aggiornato sulla base del D.M. n. 147 del 13 agosto 2022 pubblicato sulla G.U. n. 236 del 08/10/2022 e in vigore dal 23 ottobre 2022, tenuto conto dell'attività svolta, delle questioni trattate, del valore della controversia e della mediazione. P.Q.M. Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza eccezione e deduzione disattesa ed assorbita, così dispone: 1) rigetta le domande attoree in quanto infondate; 2) condanna Pa. s.r.l. in persona del legale rappresentante p.t. alla rifusione in favore del Condominio Ex Ba. di Ro. in persona dell'amministratore p.t. delle spese di lite che vengono liquidate in Euro 5.500,00 = oltre IVA, CPA rimborso spese forfettarie. Così deciso in Padova il 5 marzo 2024. Depositata in Cancelleria il 5 marzo 2024.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI PADOVA SECONDA SEZIONE CIVILE Il Tribunale, nella persona del Giudice dott.ssa Irene Cecchetto ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di I Grado iscritta al n. R.G. 1660/2020 TRA Ca.Pi. c.f. (...) Be.Bo. c.f. (...) rappresentati e difesi dall'avv. Pa.Ar. e dall'avv. Va.Zo. con domicilio eletto presso lo studio dell'avv. Fl.Vi. sito in Saonara (PD), via (...) ATTORI-OPPONENTI CONTRO Ht. S.R.L. c.f./p.iva (...) rappresentata e difesa dall'avv. La.Ta. con domicilio eletto presso lo studio dell'avv. La.Ta. sito in Padova, via (...) CONVENUTA-OPPOSTA Oggetto: opposizione a decreto ingiuntivo RAGIONI DELLA DECISIONE Con ricorso per decreto ingiuntivo depositato il 6 dicembre 2019, la società Ht. s.r.l., d'ora in poi Ht., chiedeva che fosse ingiunto a Be.Bo. e a Ca.Pi. di pagare l'importo di Euro 41.600,00 inclusa iva al 4% portato dalla fattura n. (...) del 27.12.2018, relativa a lavori extra contratto, oltre agli interessi commerciali di mora dalla esigibilità al saldo e alle spese del monitorio. La Ht. allegava nel ricorso di aver concluso con gli ingiunti in data 24.09.2016 un contratto di appalto avente ad oggetto i lavori di costruzione di un edificio civile di abitazione al grezzo per il corrispettivo di Euro 200.000,00; che in data 03.02.2017 le parti avevano sottoscritto un'integrazione di detto contratto per il corrispettivo di Euro 45.000,00 oltre iva (così nel ricorso n.d.r.); che oltre alle opere descritte nei due contratti, erano state richieste ulteriori opere nonché ulteriori materiali extra-capitolato; che oltre all'importo portato dalla fattura n. (...) del 27.12.2018, residuava un ulteriore credito di Euro 15.365,05 e che, quindi, il credito complessivo ammontava ad Euro 56.965,05; che nonostante i vari solleciti, la fattura n. (...) del 27.12.2018 era rimasta impagata. Il Tribunale di Padova, in data 31 dicembre 2019, emetteva, quindi, il decreto con cui ingiungeva agli odierni opponenti il pagamento della somma di Euro 41.600,00, oltre agli interessi come da domanda e spese del monitorio. Gli ingiunti hanno proposto opposizione assumendo che nulla era dovuto in quanto i lavori fognari aggiuntivi erano dipesi dall'errore commesso da Ht. nella realizzazione dell'impianto fognario; le altre voci erano già incluse nel capitolato; i maggiori costi sostenuti da Ht. per l'energia elettrica erano dipesi dall'inadempimento della convenuta-opposta. Eccepivano, inoltre, la mancata esecuzione di alcune delle opere pattuite e la mancata fornitura di alcuni materiali e che dal corrispettivo del contratto di Euro 300.000,00 doveva essere detratto l'importo corrispondente a tali opere e materiali. Chiedevano la revoca del decreto ingiuntivo opposto e in via riconvenzionale la condanna di Ht. al pagamento della somma di Euro 17.000,00; in subordine, in caso di accoglimento anche parziale delle domande svolte dall'opposta, la compensazione dei rispettivi crediti con condanna di Ht. al pagamento della somma ancora dovuta. Si costituiva Ht. la quale eccepiva la decadenza e la prescrizione ex artt. 1667 e 1669 c.c. e sosteneva che il ritardo sulla consegna dell'immobile era dipeso dal ritardo dei committenti nella scelta dei materiali di finitura e che il ritardo nel rilascio dell'agibilità era dipeso da un errore nel progetto delle fognature. Sosteneva che l'accordo tra le parti era che le rifiniture di livello maggiore rispetto a quello standard concordato sarebbero state a carico dei committenti. Allegavano che gli attori non avevano pagato l'intero corrispettivo concordato ma solo Euro 285.000,00 oltre iva e che quindi non era ancora stato pagato il saldo di Euro 15.000,00 oltre iva. La causa è stata istruita con acquisizione delle produzioni documentali e ctu affidata al CTU arch. Alessandro Bertin. 1. Preliminarmente vanno rigettate le istanze istruttorie ribadite dalle parti per le ragioni esposte nell'ordinanza dell'11 aprile 2021 che qui deve intendersi integralmente richiamata. 2. Il processo è governato da scansioni temporali il cui mancato rispetto comporta la sanzione della decadenza dal compimento di determinate attività. Il mancato rispetto dei termini fissati dal giudice, determina, quindi, la decadenza, rilevabile d'ufficio, delle facoltà "assertorie" ed istruttorie delle parti. Ai sensi dell'art. 183 sesto co. c.p.c. il giudice concede: 1) un termine di ulteriori trenta giorni per il deposito di memorie limitate alle sole precisazioni o modificazioni delle domande, delle eccezioni e delle conclusioni già proposte; 2) un termine di ulteriori trenta giorni per replicare alle domande ed eccezioni nuove, o modificate dall'altra parte, per proporre le eccezioni che sono conseguenza delle domande e delle eccezioni medesime e per l'indicazione dei mezzi di prova e produzioni documentali; 3) un termine di ulteriori venti giorni per le sole indicazioni di prova contraria. Ciò significa che le attività assertive della parte devono trovare la loro sede naturale e fisiologica nella prima memoria ex art. 183 sesto co. c.p.c. e, quanto alla seconda memoria, sono giustificate unicamente se si traducano in una replica alle deduzioni della controparte o in una risposta processuale alle medesime; restando altrimenti la seconda memoria riservata alla richiesta di prova (cfr. Tribunale di Milano, sez. 9, ordinanza 23 maggio 2013). Nel caso concreto la seconda memoria depositata da Ht. non configura una mera replica alle deduzioni svolte dagli attori nella prima memoria ma una memoria contenente deduzioni che dovevano trovare la loro sede nella prima memoria. Di tali deduzioni, in quanto inammissibili, non si terrà alcun conto. Come non si terrà alcun conto delle deduzioni svolte dagli attori nella terza memoria in replica alle deduzioni avversarie, in quanto a loro volta inammissibili. 3. I documenti prodotti da entrambe le parti con le memorie n. 3 (attori da 49 in poi; convenuta da 48 in poi) sono inammissibili in quanto depositati dopo la scadenza del termine perentorio stabilito dall'art. 183 sesto co. c.p.c.. 4. Ciò posto, si rileva che è noto che nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, l'opponente (attore in senso formale) è convenuto in senso sostanziale, mentre l'opposto (convenuto in senso formale) è attore in senso sostanziale. Incombe, quindi, sul convenuto opposto l'onere di provare i fatti costitutivi della sua pretesa, mentre sarà l'attore opponente a dover dedurre e provare eventuali fatti impeditivi, modificativi o estintivi della pretesa fatta valere dal creditore. Il giudizio, inoltre, non è limitato al semplice controllo di legittimità della pronuncia del decreto ingiuntivo ma dà vita ad un giudizio di cognizione piena nell'ambito del quale il giudice deve esaminare compiutamente il rapporto controverso. 5. Nel caso concreto è incontroverso, oltre che documentale, che le parti hanno concluso in data 24 settembre 2016, un contratto d'appalto avente ad oggetto un edificio al grezzo avanzato per il corrispettivo di Euro 200.000,00 oltre iva al 4% (doc. 1 monitorio); che le parti in data 03.02.2017 hanno concluso un contratto integrativo del precedente, avente ad oggetto la realizzazione delle opere di finitura chiavi in mano per il corrispettivo aggiuntivo di Euro 100.000,00 oltre iva al 4% (doc. 2 monit.) e, quindi, un corrispettivo complessivo di Euro 300.000,00 oltre iva al 4%. 6. E' pacifico tra le parti che nel prezzo di Euro 200.000,00 per la realizzazione di un edificio al grezzo avanzato, fossero comprese tutte le opere elencate nel computo metrico inviato ad Ht. per la redazione dell'offerta/preventivo del 30.06.2016 (doc. 6 att.). E che, quindi, le opere ivi elencate fossero comprese nel prezzo pattuito. 7. Ciò posto, si rileva che la Ht. ha agito in via monitoria per il pagamento del corrispettivo dei seguenti lavori (doc. 3 monit. - fattura n. (...) del 28.12.2018): "esec. Fognature 2 volte perché la prima volta il committente e il DL hanno presentato dei disegni sbagliati fornitura rubinetteria, piatti doccia e mosaici richiesta da extra contratto colore veneziano recinzione verniciata colore RAL 90/10 come da richiesta del committente fornitura e posa controsoffitto in cartongesso montaggio cappa cucina montaggio camino base camino in cemento e ferro pagamento bollette E. della vostra abitazione per i mesi in cui avete abitato lì". 7.1 "esec. Fognature 2 volte perché la prima volta il committente e il DL hannopresentato dei disegni sbagliati" E' pacifico tra le parti che Ht. ha realizzato tutti i lavori relativi alla fognatura. E' pacifico che Ht. ha realizzato, in un primo momento, i due circuiti per le acque nere e bianche che viaggiavano separati sino al punto/pozzetto di recapito collocato nella strada di accesso, ove le due linee confluivano (v. disegno in alto a pag. 3 ctu e disegno pag. 4 ctu). Dal punto di recapito la fognatura proseguiva in un unico tubo sino alla fognatura pubblica collocata su via C. (v. disegno pag. 4 ctu). Il CTU ha chiarito che "Il consorzio gestore del sistema fognario cittadino, su cui tali scarichi convergono, pone l'obbligo che tali acque (bianche e nere) restino separate sino al punto di recapito della fognatura pubblica" e che l'errore è consistito nel fatto che il pozzetto di recapito non doveva essere collocato in prossimità della recinzione dell'abitazione ma al termine della strada di accesso, prima dell'immissione nella fognatura pubblica di via C. (v. disegno in basso di pag. 3 della ctu). Questo errore ha comportato l'esecuzione di lavori aggiuntivi necessari affinchè le linee delle acque bianche e nere proseguissero separate sino alla fognatura pubblica posta in via C. (v. doc. 17 A conv. e particolare del documento in alto a pag. 5 ctu; il CTU ha chiarito: "E' stato dunque necessario raddoppiare la linea esistente lungo la strada di accesso per una lunghezza di c.a. 35 ml" pag. 4 ctu). Il valore di mercato di tali opere aggiuntive è pari ad Euro 1.200,00 (pag. 5 ctu). 7.1.1. In merito a detta voce di credito, gli ingiunti hanno sostenuto che il corrispettivo per tali lavori aggiuntivi non sia dovuto ad Ht. in quanto la necessità di eseguire tali lavori sarebbe dipesa da un errore commesso dalla convenuta nell'esecuzione di realizzazione dei lavori di fognatura dell'immobile. Non si tratterebbe, quindi, di opere extra contratto ma solo di opere resesi necessarie per eseguire i lavori già previsti nel contratto. Tale assunto presuppone che i lavori di fognatura così come alla fine realizzati da Ht. fossero già compresi nel contratto d'appalto. Configura, quindi, una questione decisiva stabilire se l'esecuzione di una seconda linea di fognatura dalla recinzione sino alla via pubblica fosse o meno prevista nel contratto d'appalto concluso dalle parti o se il prezzo concordato dalle parti prevedesse una unica linea di fognatura dalla recinzione alla via pubblica. 7.1.2. Al riguardo si rileva che è pacifico tra le parti, oltre che documentale, che il contratto d'appalto è stato concluso il 24 settembre 2016 sulla scorta del "progetto licenziato dal Comune di Padova e le successive varianti depositate, progetto già approfonditamente esaminato e visionato in tutti i suoi aspetti dall'appaltatore" (così nella premesse del contratto - doc. 1 monit.; v. anche il punto 2 del contratto in cui risulta che i committenti "allegano copia del Permesso di Costruire"). Dal contratto risulta inoltre testualmente che "I Committenti affidano all'Appaltatore l'esecuzione dei seguenti lavori regolati dalle specifiche tecniche indicate nelle tavolegrafiche predisposte dall'Arch. G.M. e dall'Arch. I.F. (i professionisti che hanno redatto il progetto n.d.r.), nonché secondo le indicazioni fornite dal D.L. Ing. M.D.C. che faranno parte integrante del presente documento" (art. 1 I del contratto - doc. 1 monitorio) e che "L'appaltatore garantisce che tutte le opere descritte nei documenti allegati al presente contratto saranno compiutamente eseguite a regola d'arte, conformemente alle previsioni progettuali" (punto 5 del contratto - doc. 1 monit.). Nelle tavole grafiche predisposte dal progettista arch. G.M. non erano previste le due linee separate sino alla via C. in quanto solo a novembre 2017, dopo il rigetto dell'autorizzazione allo scarico da parte di A. del 10 ottobre 2017 (doc. 13 conv.) e dopo l'esecuzione delle opere di fognatura in conformità al parere di quest'ultima, l'arch. C. ha presentato al Comune di Padova la tavola di progetto costituente un aggiornamento della pratica "Scia di fine lavori in variante alla variazione in corso d'opera n. 6313/16 al Permesso di Costruire n. 4943/2015" presentata nell'agosto 2017. Peraltro è pacifico tra le parti che le fognature così come realizzate da Ht. in un primo momento sono conformi al progetto allegato alla richiesta del permesso di costruire e al permesso di costruire rilasciato dal Comune (v. anche quanto riscontrato dal CTU: "Nel Permesso di Costruire del 02.02.2016 n.4943/15 il pozzetto di recapito risulta indicato al di fuori della recinzione della proprietà nella strada di accesso e le linee bianche e nere risultano separate sino alla recinzione della proprietà (Doc. n.3 At) e poi collegate alla fognatura di via C. con un'unica linea" (pag. 4 ctu)"). 7.1.3. Gli ingiunti per superare tale fatto incontestabile hanno allegato che il parere preventivo di A. era allegato al permesso di costruire consegnato ad H.. Tale fatto, quand'anche vero, è inconferente in quanto nel contratto non vi è alcun riferimento al parere preventivo di A. (doc. 4 att.) e, quindi, non vi è alcuna prova, tantomeno certa, che Ht. si fosse obbligata a realizzare due linee per le acque nere e bianche sino alla pubblica via C. in conformità alle prescrizioni di A.. 7.1.4. Anzi, si ritiene che sussista la prova contraria che Ht. si era obbligata a realizzare una sola linea dalla recinzione sino a via C. per le seguenti ragioni. Prima del rigetto della domanda di nulla osta da parte di A. del 10 ottobre 2017 (doc. 13 conv.), gli attori, il direttore dei lavori l'ing. M.D.C. e l'architetto M.C. incaricato della presentazione della "Scia di fine lavori in variante alla variazione in corso d'opera n. 6313/16 al Permesso di Costruire n. 4943/2015" ritenevano che la fognatura con una unica linea fosse rispettosa delle prescrizioni indicate nel Parere Preventivo 127/2015 del 28.08.2015 (doc. 4 att.; v. anche mail del direttore dei lavori ing. M.D.C. del 10 ottobre 2017 nella quale dichiara che "purtroppo A. non ha accettato le ns ragioni, quindi si dovrà procedere con la posa della seconda linea"). Il 15 maggio 2017, infatti, gli attori hanno presentato la domanda di nuovo allacciamento alla pubblica fornitura a cui è stata allegata la tavola di progetto con rappresentata la nuova condotta fognaria ad una linea (pag. 8 doc. 10 conv.), dichiarando nella "Relazione descrittiva" redatta dall'arch. C. che "le opere di allacciamento alla pubblica fognatura, riportate negli elaborati grafici, sono state eseguite secondo quanto prescritto nel Parere Preventivo 127/2015/fognatura PD - Protocollo Generale Uscita nr. (...) - 28/08/2015. Ovviamente è stato riportato lo stato realizzato che, pur con alcunedifferenze, segue le prescrizioni indicate nel parere preventivo" (pag. 7 doc. 10 conv.). E il 21 agosto 2017 hanno presentato la prima domanda di rilascio nulla osta allo scarico acque reflue domestiche a cui è stata allegata la medesima tavola di progetto contenente lo schema grafico della rete fognaria realizzata e, quindi, con un'unica linea dall'immobile attoreo alla fognatura pubblica (pag. 3 doc. 12 conv.), anche in questa circostanza dichiarando nella "Relazione descrittiva" che "le opere di allacciamento alla pubblica fognatura, riportate negli elaborati grafici, sono state eseguite secondo quanto prescritto nel Parere Preventivo 127/2015/fognatura PD - Protocollo Generale Uscita nr. 79131 - 28/08/2015. Ovviamente è stato riportato lo stato realizzato che, pur con alcunedifferenze, segue le prescrizioni indicate nel parere preventivo" (pag. 10 doc. 12 conv.). 7.1.5. Si ritiene, pertanto, che non vi possano essere dubbi sul fatto che Ht. abbia realizzato esattamente quanto pattuito. 7.1.6. Peraltro, non ci si può esimere dal rilevare che è documentale che l'offerta di Ht. (doc. 6 att. e doc. 23 conv.) è stata redatta dalla convenuta sulla scorta del computo metrico fornito dal direttore dei lavori ing. M.D.C. (doc. 5 att.) e, quindi, se Ht. avesse assunto l'obbligazione di eseguire due linee di fognatura (una per le acque bianche e una per le acque nere) sino alla via pubblica C., dal computo metrico fornito dagli attori questo dovrebbe risultare, circostanza neppure allegata dagli ingiunti. 7.1.7. Solo per completezza, si rileva che dalle deposizioni testimoniali non risulta neppure che il parere di A. sia stato consegnato ad Ht. prima della conclusione del contratto né nel corso dell'esecuzione dei lavori per le seguenti ragioni. Il teste ing. M.D.C. è assolutamente inattendibile in primo luogo perché ha dichiarato che "Il dott. P. mi ha commissionato la direzione dei lavori per cui è causa esclusivamente per la parte edile", come se i lavori di fognatura non fossero lavori edili. Ma anche perché tale dichiarazione stride con il contenuto del contratto sottoscritto dagli attori con la convenuta-opposta nel quale risulta espressamente indicato che Ht. era tenuta ad osservare le indicazioni del d.l. (art. 1 I del contratto - doc. 1 monit.). Ma il teste è assolutamente inattendibile anche perché lui era il direttore dei lavori ed era, per sua stessa ammissione, in possesso del parere di A. e, quindi, era tenuto a vigilare che le opere di fognatura fossero conformi a detto parere. Ma la deposizione di M.D.C. è priva di valore probatorio anche per le seguenti ragioni. Il teste ha riferito di non essere stato presente al momento della consegna dei documenti da parte degli attori all'arch. M.C. ma ciò nonostante di sapere che la convenuta-opposta era in possesso di tutto il fascicolo di progettazione, tavole e permessi ("Ho visto questa documentazione in possesso di Ht. prima dell'inizio dei lavori e poi durante tutta la fase dei lavori") e di essere "quasi certo" che tra i documenti in possesso di Ht. vi fosse il parere A.. Detta deposizione contrasta con la deposizione di M.C., teste comune alle parti, il quale ha riferito di non aver consegnato i documenti alla convenuta opposta ("i documenti non li ho consegnati ad H."). Anche la deposizione testimoniale dell'arch. M.C. è priva di valore probatorio in quanto generica. In ogni caso, dalla stessa emerge che, per redigere il preventivo del contratto, gli attori gli avevano consegnato solo gli elaborati progettuali cioè le tavole di progetto della pratica edilizia precedente; e che l'intero fascicolo del permesso di costruire comprensivo anche del parere A. gli serviva per evadere la pratica edilizia relativa alla variante ("i documenti consegnati dai committenti, anche il parere A., mi serviva per evadere la pratica edilizia relativa alla variante"), circostanza che conduce a ritenere che il parere A. sia stato consegnato all'arch. C. per lo svolgimento dell'incarico a lui affidato dagli attori. Non si comprende, quindi, per quale ragione l'arch. C. avrebbe, poi, trasmesso ad Ht. il parere A.. Peraltro, in merito alle tempistiche il teste ha dichiarato che l'intero fascicolo "gli pare" che gli sia stato consegnato nei primi mesi del 2017 quando gli attori lo hanno incaricato di redigere la pratica edilizia relativa alla variante e che "crede", ma non è certo, di aver inviato ad Ht. questo documento via mail, documento che gli sarebbe stato richiesto da Ht. ma non ricorda da chi ("Mi è stato richiesto telefonicamente, non ricordo da chi della H.") e che "gli pare", ma non ne è certo, di aver inviato la mail ad Ht. nel maggio 2017. In conclusione non risulta neppure fornita la prova certa che Ht. fosse in possesso del parere A.. 7.1.8. Va a questo punto detto che gli attori in citazione hanno, altresì, sostenuto che il fatto di essere un soggetto esperto del settore avrebbe comportato che Ht. "non poteva(no) non sapere che al permesso di costruire era allegato anche il nulla osta di A. con eventuali osservazioni di cui si doveva tenere conto" e che per il fatto di essere "operativi nel territorio" doveva "conoscere gli usi e le consuetudini di A., che da sempre richiedeche le linee fognarie giungano separatamente fino alla pubblica via, per poi confluire nella rete comunale". Si tratta di assunto sfornito di ogni fondamento. Non è stata fornita prova certa che ad Ht. sia stato consegnato il parere di A.. H. non era quindi tenuta a sapere che l'A. aveva rilasciato un parere contenente delle prescrizioni di realizzazione della rete fognaria. Il fatto, poi, che A. richieda sempre che le linee fognarie giungano separatamente fino alla pubblica via è affermazione priva di riscontro e, comunque, non vi è alcuna prova che, prima dei lavori per cui è causa, Ht. fosse a conoscenza di una tale circostanza. 7.1.9. Alla luce delle considerazioni che precedono si ritiene, pertanto, fondata la pretesa di pagamento per tali lavori aggiuntivi pari ad Euro 1.200,00. 7.2. "fornitura rubinetteria, piatti doccia e mosaici" Riguardo a detta voce di credito, si rileva che si tratta del corrispettivo aggiuntivo per detti materiali preteso da Ht. in quanto non compresi nel contratto. I materiali che Ht. sostiene non rientrassero nel contratto sono quelli evidenziati con il colore arancione e fucsia nelle fatture emesse dalla società G.R.E. e T. s.r.l. e prodotte dalla convenuta quale doc. 21 A-G. Si tratta dei miscelatori, dei piatti doccia e dei rivestimenti del bagno (foto da 12 a 21 ctu). Ciò precisato si rileva che oggetto del contratto integrativo concluso in data 03.02.2017 (doc. 2 monitorio) erano "tutti i lavori necessari al completamento dell'edificio ed alla sua consegna "chiavi in mano" ed in particolare dei seguenti lavori regolati dalle specifiche tecniche indicate nel preventivo che si allega sub A)" (art. 1.I del contratto - doc. 2 monit.). Nell'allegato "PREVENTIVO CHIAVI IN MANO" (doc. 2B conv.) non risultano indicati nel dettaglio i materiali (v. voce 11 "SANITARI" nella quale risulta solamente: "Fornitura e posa di sanitari della stessa tipologia dei modelli visti e concordati nel nostro showroom di Limena"). L'istruttoria ha confermato che non esisteva un capitolato dei materiali e che tutti i materiali di finitura dei bagni sono stati scelti dagli attori i quali, al momento della scelta, sono stati resi edotti dei prezzi. Detta deposizione contrasta con la deposizione di M.C., teste comune alle parti, il quale ha riferito di non aver consegnato i documenti alla convenuta opposta ("i documenti non li ho consegnati ad H."). Anche la deposizione testimoniale dell'arch. M.C. è priva di valore probatorio in quanto generica. In ogni caso, dalla stessa emerge che, per redigere il preventivo del contratto, gli attori gli avevano consegnato solo gli elaborati progettuali cioè le tavole di progetto della pratica edilizia precedente; e che l'intero fascicolo del permesso di costruire comprensivo anche del parere A. gli serviva per evadere la pratica edilizia relativa alla variante ("i documenti consegnati dai committenti, anche il parere A., mi serviva per evadere la pratica edilizia relativa alla variante"), circostanza che conduce a ritenere che il parere A. sia stato consegnato all'arch. C. per lo svolgimento dell'incarico a lui affidato dagli attori. Non si comprende, quindi, per quale ragione l'arch. C. avrebbe, poi, trasmesso ad Ht. il parere A.. Peraltro, in merito alle tempistiche il teste ha dichiarato che l'intero fascicolo "gli pare" che gli sia stato consegnato nei primi mesi del 2017 quando gli attori lo hanno incaricato di redigere la pratica edilizia relativa alla variante e che "crede", ma non è certo, di aver inviato ad Ht. questo documento via mail, documento che gli sarebbe stato richiesto da Ht. ma non ricorda da chi ("Mi è stato richiesto telefonicamente, non ricordo da chi della H.") e che "gli pare", ma non ne è certo, di aver inviato la mail ad Ht. nel maggio 2017. In conclusione non risulta neppure fornita la prova certa che Ht. fosse in possesso del parere A.. 7.1.8. Va a questo punto detto che gli attori in citazione hanno, altresì, sostenuto che il fatto di essere un soggetto esperto del settore avrebbe comportato che Ht. "non poteva(no) non sapere che al permesso di costruire era allegato anche il nulla osta di A. con eventuali osservazioni di cui si doveva tenere conto" e che per il fatto di essere "operativi nel territorio" doveva "conoscere gli usi e le consuetudini di A., che da sempre richiede Si ritiene, pertanto, dimostrato che questi materiali erano extra contratto e che gli attori erano stati edotti dal fornitore dei relativi prezzi. Peraltro, si rileva che Ht., durante la trattativa, aveva chiarito che la proposta di costruzione della casa "chiavi in mano" al prezzo a corpo di Euro 300.000,00 era per finiture di livello standard ma comunque elevato (v. mail di Ht. del 06.07.2016 di S.P. a M.D.C. e da questi girata a Ca.Pi. - doc. 5 att.). Pertanto si conviene con la convenuta che i materiali di finitura, in assenza di una diversa specifica definizione dei materiali, dovessero essere quelli standard-elevato (ma sempre standard). E il CTU ha chiarito che i materiali posti in opera hanno un livello di finitura superiore allo standard e che il corrispettivo aggiuntivo dovuto dagli attori è di circa Euro 5.600,00, valore individuato detraendo dal costo sostenuto da Ht. di circa Euro 12.600,00 (escluso iva) (docc. 21 da A a G conv.), il valore dei materiali standard già compreso nel contratto di circa Euro 6.800,00 (pagg. 6 e 7 ctu e pag. 67 ctu in cui risulta individuato l'importo di Euro 5.600,00 in accordo con i ccttpp). 7.2.1. Solo per completezza, si rileva che gli attori, in merito alla pretesa di Ht. di ottenere un corrispettivo aggiuntivo per i lavori e i materiali extra contratto, hanno dedotto che le parti avevano pattuito all'art. 8 del contratto concluso il 24.09.2016 che l'importo pattuito poteva essere modificato dalle parti, esclusivamente per iscritto. In realtà l'art. 8 del contratto prevede che: Mai gli attori hanno preteso che la modifica del prezzo dovesse risultare da atto scritto, non solo quando si trattava di opere o di materiali extra, ma neppure quando si trattava di modifiche al capitolato su loro iniziativa (v. in seguito punto 10.1.). E' evidente che, quindi, le parti hanno concordemente modificato per fatti concludenti detta clausola, non ritenendo necessaria la pattuizione scritta per ogni modifica apportata al contratto. 7.3. "richiesta da extra contratto colore veneziano" E' pacifico tra le parti che avendo il contratto integrativo sottoscritto il 03.02.2017 (doc. 2 monit.) ad oggetto i lavori necessari al completamento dell'edificio e alla sua consegna "chiavi in mano", la pittura del fabbricato era inclusa. Nel capitolato delle opere da realizzare (doc. 6 att. e doc. 23 conv.) alla voce 900 risulta che: H. ha dipinto il fabbricato di rosso (foto da 22 a 27 allegato 2 alla ctu). E' documentale che Ht. ha eseguito delle campionature e che gli attori avevano inizialmente scelto come colore il tortora ma poi avevano richiesto il colore rosso (v. scambio di mail tra l'attore e la convenuta - doc. 38 att.). Il colore tortora è una tinta tenue. Il colore rosso sicuramente non è una tinta tenue. Pertanto, il colore rosso è senza dubbio un materiale extra contratto (la lavorazione è identica). Pertanto, spetta ad Ht. un maggior corrispettivo per il colore rosso che il CTU ha stimato in Euro 100,00 (pag. 7 ctu). 7.4. "recinzione verniciata colore RAL 90/10 come da richiesta del committente" Si è già detto (v. punto 6) che è pacifico tra le parti che nel prezzo pattuito erano sicuramente comprese tutte le opere elencate nell'offerta/preventivo del 30.06.2016 (doc. 6 att.). Ciò posto, si rileva che alla voce 730 del preventivo era prevista la realizzazione di una recinzione in rete plastificata posta in opera su stanti in ferro a T plastificati (la recinzione prevista nel preventivo è quella rappresentata nella fotografia a destra di pag. 8 ctu). La recinzione messa in opera da Ht. è una recinzione modulare tipo Vega costituita da pannelli prefabbricati in ferro con maglia elettrosaldata in maglia 50x200 (fotografia a sinistra di pag. 8 ctu). E' documentale che Ht. ha trasmesso a Ca.Pi. foto della recinzione chiedendo conferma per poter procedere (doc. 26 conv.). La recinzione è stata posata e, quindi, la conferma da parte degli attori si può presumere. Si ritiene, pertanto, che la recinzione posata configuri un materiale extra contratto per il quale spetta all'appaltatrice un corrispettivo aggiuntivo. Il CTU ha ritenuto che per tale variazione, il maggior corrispettivo dovuto ammonti ad Euro 2.100,00 (pag. 8 ctu). 7.5. "fornitura e posa controsoffitto in cartongesso" Il CTU ha chiarito che si tratta di circa 8 mq di opere di cartongesso eseguite a seguito della progettazione della distribuzione dei mobili della cucina (docc. 27 e 28 conv.) che ha richiesto degli abbassamenti in corrispondenza dei vari mobili, lavorazione che non era prevista originariamente. Si ritiene, pertanto, che sia indubbio che si tratti di lavorazione extra contratto. Il CTU ha quantificato il maggior corrispettivo dovuto per questa lavorazione in Euro 480,00. 7.5.1. Riguardo alle velette in cartongesso realizzate per mascherare le canalizzazioni del sistema di raffrescamento posto in opera, si rileva che il CTU ha chiarito che è stato posto in opera un sistema di raffrescamento con canalizzazioni diverso da quello previsto nel contratto (v. doc. 2 monit./doc. 9 att. in cui risulta previsto "raffrescamento mediante n. 6 unità split interne"). In relazione a questo diverso sistema di raffrescamento Ht. non ha svolto alcuna pretesa di un corrispettivo aggiuntivo, verosimilmente in quanto ha ritenuto i due sistemi di raffrescamento di valore economico equivalente. Ciò detto, si rileva che il CTU ha chiarito che la realizzazione delle velette in cartongesso configurano completamento del sistema di raffrescamento realizzato in quanto, per loro natura, le canalizzazioni vanno mascherate con delle velette in cartongesso e, quindi, nulla spetta ad Ht. per tale lavorazione. 7.6. "montaggio cappa cucina" In comparsa di costituzione e risposta tale voce di credito non è stata riproposta (v. pag. 17) e, pertanto, si deve ritenere implicitamente rinunciata. 7.7. "montaggio camino" - "base camino in cemento e ferro" Il contratto (doc. 2 monit./doc. 9 att.) prevedeva che il camino era a carico dei committenti ("pag. 2 del contratto "(la fornitura del termocamino è a carico dei committenti)"). E' pacifico tra le parti che il camino è stato acquistato dagli attori e posato da H.. Il contratto comprendeva il collegamento del camino al sistema di raffrescamento (pag. 2 cit.) ma non la sua posa. Pertanto la posa configura un extra contratto il cui corrispettivo è stato stimato dal CTU in Euro 200,00 (pag. 10 ctu.). Il CTU ha anche chiarito che il progetto approvato prevedeva che il camino "emergesse" dalla parete sul retro, sotto il portico, con una punta a forma triangolare poi modificata in rettangolare, con conseguente maggior impiego di materiali. Il CTU ha stimato il valore di questo materiale aggiuntivo nell'importo di Euro 200,00 (pag. 11 ctu). 7.8. "rimborso dei costi di energia elettrica" E' pacifico che nel periodo maggio-dicembre 2017 l'energia elettrica consumata dagli attori è stata pagata da Ht. che aveva richiesto l'allacciamento per "uso cantiere" (v. allegato 2 al doc. 3 conv.). Gli attori hanno contestato di essere tenuti a rimborsare alla convenuta l'intero importo pagato da Ht. in quanto non essendo ancora in possesso del certificato di agibilità sino a dicembre 2017 (doc. 19 att.) non avevano potuto richiedere una nuova fornitura di energia elettrica per usi domestici. Non è controverso che fosse necessario aver ottenuto il certificato di agibilità per richiedere una nuova fornitura, trattandosi di nuova costruzione. Tuttavia, si rileva che l'arch. M.C. incaricato dagli attori ha inviato la Scia di fine lavori in data 05.08.2017 (doc. 16 att.) e che il ritardo nella presentazione della Scia di agibilità, presentazione effettuata in data 13.12.2017 (doc. 19 att.) il giorno dopo l'ottenimento del nulla osta da parte di A. (doc. 18 conv.), è dipeso dall'errata realizzazione delle opere di fognatura e dalla necessità di eseguire nuove opere per conformarsi alle prescrizioni contenute nel parere di Aps del 28.08.2015 (doc. 4 att.), - che come si è già detto non è addebitabile alla convenuta -, oltre che dal fatto che il rigetto della domanda di autorizzazione di allacciamento alla fognatura pubblica presentata in data 21.08.2017 (doc. 10 conv.) è pervenuto solo in data 10.10.2017 (doc. 13 conv.). Si ritiene, pertanto, che effettivamente nel periodo da maggio al 5 agosto 2017 la necessità per gli attori di utilizzare l'energia elettrica per uso cantiere sia dipesa dal ritardo nella conclusione dei lavori e, quindi, dall'inesatto adempimento della convenuta la quale non ha diritto per tale periodo ad un rimborso superiore al costo che gli attori avrebbero sopportato se avessero potuto richiedere una nuova fornitura per uso domestico; ma che per il periodo successivo detto utilizzo non sia dipeso dall'inadempimento della convenuta. Il CTU ha stimato i consumi di energia elettrica "come se si fosse trattato di consumi per normale uso domestico" per il periodo maggio-dicembre 2017 nell'importo di Euro 1.200,00 (pag. 14 ctu.) corrispondente a circa Euro 150/mese x 8 mesi. Si ritiene, pertanto, che la convenuta abbia diritto al rimborso per il periodo maggio - luglio 2017 della somma di Euro 450,00; e per il periodo agosto-dicembre 2017 della somma di Euro 1.074,70 (=euro 105,39+116,63+163,42+281,57+407,69 v. importi imponibili al netto dell'iva indicati nelle bollette del S.E.N. - all. 2 al doc. 3). 8. Il credito complessivo di Ht. ammonta, quindi, ad Euro 11.404,70 (=1.200+5.600+100+2.100+480+200+200+450+1.074,70), oltre iva al 4% solo sull'importo di Euro 9.880,00 (=11.404,70-450-1.074,70) e, dunque, complessivamente ad Euro 11.799,90 (=10.275,20+450+1.074,70). L'opposizione è, quindi, fondata e va, conseguentemente, accolta e il decreto ingiuntivo va revocato. 9. H. in comparsa di costituzione e risposta ha introdotto nuove voci di credito relative ad asseriti ulteriori opere e forniture extra, nello specifico: demolizione e rifacimento della recinzione esterna; marmo foro cucina, allacciamento fornitura acqua, fornitura di telecomando aggiunto, camion di ghiaia richiesto; e ha formulato in via riconvenzionale, nel caso di revoca del decreto ingiuntivo opposto, domanda di accertamento di queste ulteriori voci di credito e di condanna degli attori al relativo pagamento. Detta domanda è inammissibile in quanto "in tema di opposizione a decreto ingiuntivo, il convenuto opposto può proporre, con la comparsa di costituzione e risposta tempestivamente depositata, una domanda nuova, diversa da quella posta a fondamento del ricorso per decreto ingiuntivo, anche nel caso in cui l'opponente non abbia proposto una domanda o un'eccezione riconvenzionale e si sia limitato a proporre eccezioni, chiedendo la revoca del decreto opposto, qualora tale domanda si riferisca alla medesima vicenda sostanziale dedotta in giudizio, attenga allo stesso sostanziale bene della vita esia connessa per incompatibilità a quella originariamente proposta, ciò rispondendo a finalità di economia processuale e di ragionevole durata del processo e dovendosi riconoscere all'opposto, quale attore in senso sostanziale, di avvalersi delle stesse facoltà di modifica della domanda riconosciute, nel giudizio ordinario, all'attore formale e sostanziale dall'art. 183 c.p.c. (Cassazione civile sez. III, 27/11/2023, n.32933). Tale ipotesi non ricorre nel caso in esame, in quanto la domanda svolta da Ht. non è connessa per incompatibilità o per alternatività alla domanda monitoria originariamente proposta ma si aggiunge alla medesima (cfr. anche Cass. 12310/2015 e Cass. 22404/2018 che hanno chiarito che non configura una mera modifica della domanda precedentemente proposta, consentita, la domanda che si aggiunge alla domanda originariamente proposta, senza sostituirla o senza che tra le domande sussista un rapporto di connessione per alternatività o per incompatibilità). 10. Ciò posto, si rileva che gli attori hanno eccepito l'estinzione del credito vantato da Ht. per compensazione con un asserito loro controcredito relativo alla mancata esecuzione di opere o alla mancata fornitura di materiali previsti nel contratto, precisamente: mancata fornitura del pavimento del piano terra; mancata fornitura e installazione dell'impianto di videosorveglianza; mancata fornitura e installazione delle inferriate; mancata motorizzazione del cancello. L'assunto degli attori è, quindi, di aver versato alla convenuta un importo eccedente i lavori effettivamente eseguiti (art. 2033 c.c.). Ciò posto si rileva che il corrispettivo pattuito tra le parti era pari ad Euro 300.000,00 oltre iva. E' pacifico tra le parti che gli attori non hanno corrisposto l'intero corrispettivo pattuito ma solo il minor importo di Euro 285.000,00 oltre iva al 4% (La convenuta in comparsa di risposta ha dichiarato di non aver azionato anche il saldo del prezzo pattuito non ancora corrisposto di Euro 15.000,00, oltre iva, proprio in ragione del fatto che alcuni materiali e alcune opere previste nel contratto non erano state fornite o realizzate, in particolare l'impianto di vigilanza e la sua installazione e la motorizzazione del cancello). Ciò detto, si rileva che il CTU ha accertato quanto segue. 10.1. Il contratto integrativo prevedeva che Ht. fornisse e posasse al piano terra un pavimento in ceramica (gres porcellanato) (doc. 9 conv. - art. 1). E' pacifico che gli attori hanno acquistato una pavimentazione in marmo che è stata posata da H.. Il CTU ha, quindi, stimato il minor corrispettivo dovuto per la mancata fornitura del pavimento, tenendo conto che vi è, comunque, stata la posa da parte della convenuta-opposta, nell'importo di Euro 1.400,00 oltre iva (pag. 12 ctu). 10.2. Il contratto integrativo prevedeva che Ht. fornisse e installasse un impianto di allarme antifurto integrato con impianto di videosorveglianza (doc. 9 conv. - art. 1 e voce 2 dell'allegato). Il CTU ha stimato il minor corrispettivo dovuto nell'importo di Euro 6.600,00 oltre iva (pag. 12 ctu). 10.3. Dal contratto non risulta che Ht. dovesse fornire ed installare le inferriate (v. art. 1 del contratto che prevede: "Serramenti esterni C.S. srl nei modelli concordati, tapparelle motorizzate in alluminio, portone sezionale da garage marca Ht. motorizzato e portoncini blindati di accesso" e punto 9 dell'allegato). Peraltro il CTU ha riscontrato che le inferriate sono state posate e che mancano gli avvolgibili (pag. 13 ctu). Gli attori non hanno dedotto la mancata fornitura e posa degli avvolgibili ma delle inferriate. L'eccezione di compensazione, sotto detto profilo, è infondata. 10.4. Il contratto integrativo prevedeva che Ht. fornisse e installasse un cancello carraio motorizzato (doc. 9 conv. - art. 1). E' pacifico che Ht. non ha eseguito la motorizzazione del cancello. Il CTU ha stimato il minor corrispettivo dovuto per la mancanza di tale lavorazione nell'importo di Euro 1.300,00, oltre iva (pag. 13 ctu). 10.5. Risulta, quindi, accertato che Ht. non aveva diritto al pagamento dell'intero corrispettivo pattuito ma solo del minor importo di Euro 290.700 =300.000-9.300 (=1.400+6.600+1.300), oltre iva. Tuttavia, avendo gli attori pagato ad Ht. il minor importo di Euro 285.000,00 oltre iva, non risulta dimostrato il presupposto fondante l'eccezione di compensazione e cioè aver pagato un corrispettivo superiore rispetto alle opere e ai materiali rispettivamente effettivamente eseguite e fornite da H.. L'eccezione va, quindi, rigettata. 11. La domanda risarcitoria svolta dagli attori è del tutto sfornita di prova. Peraltro Ht. ha eccepito la decadenza dalla garanzia prevista dall'art. 1667 c.c. e, quindi, gravava sugli attori l'onere della prova di aver denunciato tempestivamente i vizi, oltre che dimostrarne l'esistenza. Gli attori non hanno neppure fornito un principio di prova dell'esistenza dei vizi lamentati e si sono limitati a richiedere una ctu all'evidente scopo di supplire con essa alla carenza delle proprie offerte di prova e compiere una indagine esplorativa alla ricerca di elementi, fatti o circostanze non provati (cfr. Cass., sez. 6-1, Ordinanza n. 30218 del 15.12.2017 che ha statuito che la consulenza tecnica d'ufficio non è mezzo istruttorio in senso proprio, avendo la finalità di coadiuvare il giudice nella valutazione di elementi acquisiti o nella soluzione di questioni che necessitino di specifiche conoscenze. Ne consegue che il suddetto mezzo di indagine non può essere utilizzato al fine di esonerare la parte dal fornire la prova di quanto assume, ed è quindi legittimamente negata qualora la parte tenda con essa a supplire alla deficienza delle proprie allegazioni o offerte di prova, ovvero di compiere una indagine esplorativa alla ricerca di elementi, fatti o circostanze non provati). Si ritiene, pertanto, che gli attori non abbiano assolto l'onere della prova a loro carico e che, quindi, la domanda vada senz'altro rigettata. 12. Gli attori hanno chiesto la condanna di Ht. al pagamento della penale pattuita con il contratto concluso il 24.09.2019 (doc. 2 monit. - doc. 8 att.). L'art. 10 del predetto contratto intitolato "DURATA DEI LAVORI" prevede che: "1. Considerato che tutti i permessi e le autorizzazioni necessarie sono già disponibili, i lavori avranno inizio in data 03.10.2016 e saranno ultimati in 180 giorni solari. (...) 4. se iltermine di cui al primo comma non viene rispettato per fatto riconducibile all'Appaltatore verrà applicata una penale giornaliera pari ad Euro 100,00 con un massimo di Euro 10.000,00 (diecimila)". L'art. 4 del contratto integrativo intitolato "DURATA DEI LAVORI" sottoscritto il 03.02.2017 prevede che: "le parti confermano che i lavori debbano essere ultimati e l'immobile consegnato entro il 30 aprile 2017"; e l'art. 5 intitolato "RINVIO" stabilisce che: "Per quanto non esplicitamente disposto nella presente integrazione, le parti richiamano e confermano integralmente tutte le pattuizioni e le clausole già stabilite ed approvate nel contratto originale di appalto del 24.09.2016 che dovranno applicarsi anche alle ulteriori opere sopra descritte e meglio individuate nell'allegato sub a)". E', dunque, documentale che le parti hanno pattuito quale termine per la consegna dell'immobile "chiavi in mano" la data del 30.04.2017 nonché che per ogni giorno di ritardo imputabile all'appaltatore quest'ultimo era tenuto a corrispondere l'importo di Euro 100,00/die sino ad un massimo di Euro 10.000,00. 12.1. Poiché come si è già detto, non si ritiene imputabile ad Ht. il ritardo dovuto all'errata realizzazione delle fognature, si ritiene che il termine di completamento dei lavori da considerare non sia il 13.12.2017 (doc. 19 att.) come preteso dagli attori, bensì il diverso termine del 05.08.2017 (doc. 16 att.-Scia di fine lavori). Pertanto, ad Ht. può essere imputato solo il ritardo compreso nel periodo 01.05.2017-05.08.2017 (escluso) pari a 96 giorni. 12.2. Ciò detto si rileva che Ht. ha sostenuto che era stata "concordata, per le vie brevi, uno spostamento delle date di consegna (ai primi di maggio)" e che questa data era stata in seguito ancora spostata perché "la conferma delle finiture avveniva nel periodo di Pasqua 2017 (ovvero il 16.04.2017)" nonchè che il ritardo sarebbe dipeso dal fatto che i committenti avrebbero procrastinato la scelta dei materiali delle finiture. Effettivamente nella mail inviata in data 21 marzo 2017 dal P. al fornitore F.R. (doc. 8 conv.) risulta che all'epoca il predetto attore aveva indicato come termine per la consegna non più il 30.04.2017 ma "i primissimi giorni di maggio" circostanza che fa presumere che un accordo in tal senso con l'appaltatore sia in effetti intervenuto e che, quindi, il termine per la consegna dei lavori sia stato differito al 3-4 maggio 2017. Tuttavia non risulta che in seguito le parti si siano accordate per spostare ulteriormente la data della consegna. 12.3. Riguardo al fatto che il ritardo nel completamento dei lavori sarebbe dipeso dal ritardo con cui gli attori hanno scelto i materiali, si rileva che dalle fatture prodotte da Ht. risulta che effettivamente i materiali di finitura dei bagni sono stati consegnati dal fornitore (la società R.G.E. e T. s.r.l.) anche a giugno e a luglio 2017 (v. fatture emesse dal fornitore con indicato il d.d.t. e la data della consegna dei materiali di poco precedente alla data della fattura - docc. 21 A - G). Tuttavia non vi è prova che la consegna dei materiali sia stata effettuata a giugno e luglio 2017 a causa del ritardo degli attori nella scelta. Non risulta neppure alcun sollecito da parte dell'appaltatore. Pertanto, non vi è prova che il ritardo accumulato da Ht. sia dipeso da un "fatto riconducibile ai committenti" (v. art. 10 del contratto concluso il 24.09.2016 che prevede al punto 3 che: "se il termine di cui al primo comma non viene rispettato per fatto riconducibile ai committenti, l'appaltatore ha diritto ad un termine supplettivo pari al ritardo, ovvero pari al diverso termine concordato tra le parti"). 12.4. Si ritiene, pertanto, che, nel caso concreto, il ritardo addebitabile ad Ht. sia compreso nel periodo che va dal 5.5.2017 (incluso) sino al 5.8.2017 (escluso), in totale 92 giorni. 12.5. L'art. 1384 c.c. prevede che: "La penale può essere diminuita equamente dal giudice, se l'obbligazione principale è stata eseguita in parte ovvero se l'ammontare della penale è manifestamente eccessivo, avuto sempre riguardo all'interesse che il creditore aveva all'adempimento". Sulla riducibilità ex officio della penale si sono pronunciate le S.U. che hanno stabilito che "il potere di riduzione ad equità, attribuito al giudice dall'art. 1384 c.c. a tutela dell'interesse generale dell'ordinamento, può essere esercitato d'ufficio per ricondurre l'autonomia contrattuale nei limiti in cui essa appare meritevole di tutela, e ciò sia con riferimento alla penale manifestamente eccessiva, sia con riferimento all'ipotesi in cui la riduzione avvenga perché l'obbligazione principale è stata in parte eseguita, giacché inquest'ultimo caso la mancata previsione da parte dei contraenti di una riduzione dellapenale in caso di adempimento di parte dell'obbligazione si traduce comunque in unaeccessività della penale se rapportata alla sola parte rimasta inadempiuta" (cfr. Cass. civ., Sez. Unite, n. 18128/2005; conf. Cass. n. 11439/2007; Cass. n. 22002/2007; Cass. 25334/2017). 12.6. Va inoltre condiviso l'orientamento giurisprudenziale che riconosce che il giudice del merito, nell'esercizio del potere di riduzione della penale, debba valutare l'interesse che la parte che l'invoca, secondo le circostanze del caso concreto, ha mostrato rispetto all'esatto adempimento della prestazione cui aveva diritto, dovendosi tenere inconsiderazione le ripercussioni del ritardo sull'equilibrio del sinallagma e sull'effettiva ecompiuta realizzazione, ancorché tardiva, dell'interesse del creditore. Siffatta indagine rimessa al prudente apprezzamento del giudice del merito, non può essere limitata esclusivamente al momento della conclusione del contratto, ma dev'essere svolta in un'ottica globale e complessiva, dovendosi tenere conto dell'effettivaincidenza dello squilibrio delle prestazioni determinato dal ritardo nell'adempimento o dal definitivo inadempimento nella concreta situazione contrattuale (v. sul punto Cass. n. 9298/1999; conf. Cass. 15497/2002). Tale principio è stato riaffermato anche più di recente dalla Suprema Corte, per la quale "Ai fini dell'esercizio del potere di riduzione della penale, il giudice non deve valutare l'interesse del creditore con esclusivo riguardo al momento della stipulazione della clausola - come sembra indicare l'art. 1384 c.c., riferendosi all'interesse che il creditore "aveva" all'adempimento - ma tale interesse deve valutare anche con riguardo al momento in cui la prestazione è stata tardivamente eseguita o è rimasta definitivamente ineseguita, poiché anche nella fase attuativa del rapporto trovano applicazione i principi di solidarietà, correttezza e buona fede, di cui agli artt. 2 Cost., 1175 e 1375 c.c., conformativi dell'istituto della riduzione equitativa, dovendosi intendere, quindi, che la lettera dell'art. 1384 c.c., impiegando il verbo "avere" all'imperfetto, si riferisca soltanto all'identificazione dell'interesse del creditore, senza impedire che la valutazione di manifesta eccessività della penale tenga conto delle circostanze manifestatesi durante lo svolgimento del rapporto (cfr. Cass., Sez. 3 - , Sentenza n. 11908 del 19/06/2020). Non è sufficiente, quindi, guardare al momento genetico del contratto, ma occorre guardare alla fase successiva della sua esecuzione. 12.7. Nel caso concreto, non c'è dubbio che alla data del 22.05.2017 i lavori erano quasi integralmente eseguiti. Gli stessi attori hanno dedotto che quando sono entrati nell'immobile in data 22.05.2017 "l'impianto idrotermosanitario non era ancora stato montato, di quattro bagni previsti neanche uno era completato e l'acqua calda proveniva da un piccolo scaldabagno prestato per l'occorrenza dall'idraulico dell'impresa". Va detto che l'impianto idrotermosanitario era sicuramente stato installato ed era funzionante e ciò è dimostrato dal fatto che gli stessi attori hanno riferito di aver utilizzato uno scaldabagno per l'acqua calda con ciò, implicitamente confermando l'utilizzo dei bagni o quantomeno di alcuni dei quattro bagni. Forse, ma non è chiaro, non era stata montata era la caldaia. Pertanto, si ritiene che alla data del 22 maggio 2017 rimanevano da completare le rifiniture dei bagni, i quali però erano fruibili almeno in parte, e forse da montare la caldaia. Tale conclusione è corroborata dal fatto che gli attori, anziché avvalersi della clausola art. 7 del preliminare (doc. 11 att.) che avrebbe loro consentito di rimanere all'interno dell'appartamento ove abitavano oltre la data del 30.04.2017 corrispondendo agli acquirenti la somma di Euro 500,00 mensili a titolo di indennità di occupazione, hanno preferito entrare nell'immobile. 12.8. Pertanto, in base al quadro fattuale emerso, l'importo originariamente determinato in Euro 100,00 per ogni giorno di ritardo è del tutto sproporzionato rispetto all'interesse dei committenti all'integrale adempimento della prestazione pattuita quantomeno per il periodo successivo alla loro entrata nell'immobile (22.05.2017). Si ritiene, infatti, che l'automatica applicazione della penale contrattuale, anche per il periodo successivo all'entrata degli attori nell'immobile (22.05.2017), condurrebbe ad uno squilibrio in favore degli ingiunti del tutto ingiustificato per l'effettiva incidenza del ritardo sulla situazione contrattuale concreta (Il criterio cui il giudice deve porre riferimento per esercitare il potere di riduzione della penale non è la valutazione della prestazione in sé astrattamente considerata, ma l'interesse che la parte ha, secondo le circostanze, all'adempimento della prestazione cui ha diritto, tenendosi conto delle ripercussioni dell'inadempimento sull'equilibrio delle prestazioni e della suaeffettiva incidenza sulla situazione contrattuale concreta (così in parte motiva Cass., sez. 3 - , Ordinanza n. 26901 del 20/09/2023). Dunque, tenuto conto che gli attori sono entrati nell'immobile il 22.05.2017 e che in tale data restavano solo da completare i rivestimenti dei bagni, che erano tuttavia fruibili, quantomeno parzialmente, e forse da installare la caldaia, si ritiene che la clausola penale meriti di essere ricondotta ad equità, ai sensi dell'art. 1384 c.c. quantomeno per il periodo successivo all'entrata nell'immobile. La riduzione della penale per il ritardo può essere stabilita, in via equitativa, nella somma di Euro 20,00 per ogni giorno di ritardo a far data dal 22.05.2017 fino al 05.08.07.2017 (75 giorni), per un totale di Euro 1.500,00 in favore degli attori. Nessuna riduzione si ritiene di operare per il periodo precedente (05.05.2017-21.05.2017 pari a 17 giorni). Si ritiene, pertanto, che sussista un credito in favore degli attori a titolo di penale di Euro 3.200,00 (=1.700+ 1.500). 13. E' irrilevante che il valore dell'immobile realizzato sia superiore al corrispettivo pagato o che l'immobile realizzato sia di classe A, atteso che le parti non hanno previsto alcun aumento del corrispettivo pattuito collegato al verificarsi di tali ipotesi. 14. Riguardo all'iva, si rileva che per le imprese l'iva non è un costo ma solo una partita di giro e, pertanto, è inconferente che Ht. abbia corrisposto al suo fornitore l'iva al 22%. Inoltre, nel caso in esame non è controverso che gli attori, per i quali sì l'iva è un esborso, sono in possesso dei requisiti prima casa e hanno, quindi, diritto ad usufruire dell'iva agevolata al 4% per l'intera opera (doc. 23 att.). 15. Operata la compensazione tra il credito degli attori a titolo di penale (euro 3.200,00) con il credito di Ht. per i lavori e materiali extra contratto e a titolo di rimborso dei costi sostenuti per l'energia elettrica azionati in via monitoria (euro 11.799,90), residua un credito a favore di Ht. di Euro 8.599,90 (=11.799,90-3.200,00), oltre agli interessi legali al tasso previsto dall'art. 1284 quarto co. c.c. dalla domanda (06.12.2019) al saldo. Gli attori vanno, quindi, condannati a pagare ad Ht. la somma di Euro 8.599,90, oltre agli interessi legali dalla domanda al saldo. 16. Le spese di lite liquidate ex D.M. n. 55 del 2014 come modificato dal D.M. n. 147 del 2022 in base ai valori medi dello scaglione da Euro 5.200,00 ad Euro 26.000,00 secondo il criterio del decisum per tutte e quattro le fasi (5.077= 919+777+1.680+1.701,00), seguono la soccombenza, incluse le spese di ctu. P.Q.M. Il Tribunale definitivamente decidendo nella causa n. 1660/2020 R.G., rigettata e/o assorbita ogni contraria domanda, istanza ed eccezione, così provvede: 1) Revoca il decreto ingiuntivo n. 3667/2019 Ing. emesso dal Tribunale di Padova il 31 dicembre 2019; 2) Condanna gli attori - opponenti a pagare alla convenuta - opposta la somma di Euro 8.599,90, oltre agli interessi legali al tasso di cui all'art. 1284 quarto co. c.c. dal 6 dicembre 2019 al saldo; 3) Condanna gli attori - opponenti a rifondere alla convenuta - opposta le spese di lite che liquida nell'importo di Euro 5.077,00 per compenso, oltre iva, se dovuta, cpa e rimborso forfetario (15%). 4) Pone le spese di ctu in via definitiva a carico degli attori-opponenti. Così deciso in Padova il 5 marzo 2024. Depositata in Cancelleria il 5 marzo 2024.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE DI PADOVA SEZIONE II CIVILE in persona del Giudice Unico dott.ssa Manuela Elburgo ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile n. 4001/2021 R.G. promossa con atto di citazione notificato il 9 marzo 2021 da Rt. s.c.a.r.l., rappresentata e difesa dall'avv. Al.Ca., del Foro di Pisa, ed elettivamente domiciliata presso lo studio dello stesso, giusta mandato in calce all'atto di citazione ATTRICE contro Ma. s.r.l., rappresentata e difesa dall'avv. Fr.Be., del Foro di Roma, ed elettivamente domiciliata presso lo studio dello stesso, giusta mandato in calce alla comparsa di costituzione e risposta CONVENUTA Oggetto: Contratto di trasporto MOTIVI DELLA DECISIONE 1.1 Con atto di citazione ritualmente notificato, Rt. scarl ha citato in giudizio la Ma. s.r.l., affinché accertato il proprio credito di Euro 111.953,85 ed effettuata la compensazione con il credito di Euro 20.633,75 asseritamente vantato dalla società Ma. s.r.l., quest'ultima venisse condannata al pagamento dei restanti Euro 91.320,10 ed affinché venisse accertato che l'attrice nulla deve alla detta società. A fondamento della propria domanda la società attorea ha dedotto che nel 2017 i legali rappresentanti delle due società avevano raggiunto oralmente un accordo in base al quale la Rt. scarl si impegnava ad effettuare consegne per conto di Ma. s.r.l., dietro il pagamento di un corrispettivo determinato in misura fissa pari ad Euro 27,00 per ogni pallet e che, poiché Ma. s.r.l. conferiva spesso a Rt. scarl anche il mandato all'incasso, quest'ultima s'impegnava altresì a riscuotere e incassare per conto della prima i contrassegni in assegni che poi spediva alla mandante; ha dedotto, altresì, che, interrottosi il rapporto contrattuale nell'estate del 2019, con p.e.c. del 23.2.2021, la società Ma. aveva sollecitato il pagamento di Euro 20.633,75, quale saldo residuo non pagato della fattura n.(...) del 25.10.2019 recante un importo complessivo di Euro 32.666,00 e che, contestate tempestivamente le somme illegittimamente richiestele, aveva contestualmente costituito in mora Ma. s.r.l. eccependo la sussistenza di un controcredito superiore, derivante dall'indennità maturata in ragione del servizio di ritiro dei contrassegni e da porre in compensazione con il credito preteso da Ma. s.r.l.. L'attrice ha argomentato che il mandato di contrassegno costituisce una obbligazione accessoria del contratto di trasposto, rappresentando un impegno aggiuntivo per il vettore e conferisce a quest'ultimo il diritto ad un compenso ulteriore rispetto al prezzo del nolo concordato per il trasporto, dovendosi presumere, ai sensi dell'art. 1709 c.c., l'onerosità del mandato; che, non avendo le parti stabilito la misura del relativo compenso, questo doveva essere determinato, sempre ai sensi dell'art. 1709 c.c., sulla base degli usi e delle consuetudini rinvenibili nelle "condizioni generali per i servizi nazionali di trasporto merci collettame, depositate presso tutte le C.C.I.A.A. il 7 gennaio 1997", in base alle quali è dovuto un compenso pari al 2% della somma incassata, con un minimo di Euro 15,49, per ogni singolo contrassegno; che, in alternativa, il compenso avrebbe dovuto essere stato determinato dal Giudice secondo equità. 1.2 Si è costituiva in giudizio Ma. s.r.l. contestando le pretese avverse, di cui chiedeva il rigetto; eccependo la prescrizione dell'asserito credito attoreo ai sensi dell'art. 2951, comma 1, c.c. e formulando domanda riconvenzionale volta ad ottenere il pagamento dell'importo di Euro 20.633,75 portato dalla fattura n. (...) del 25.10.2019, oltre interessi. A sostegno delle proprie pretese, Ma. s.r.l. ha dedotto che la società R., nonostante i numerosi solleciti, non aveva restituito gli imballaggi e i pallet (di proprietà della convenuta), con cui la merce era stata trasportata ai clienti e che, pertanto, aveva provveduto ad addebitare il relativo valore in base ai listini mercuriali; che, in particolare, era stata emessa la fattura n. (...) del 25.10.2019 di Euro 32.666,00 da portare in compensazione con il credito di Euro 12.032,25 della società Rt. portato dalla fattura n. (...) del 30.6.2019, cosicché residuava un credito della convenuta pari ad Euro 20.633,75. Quanto al credito vantato dall'attrice, Ma. s.r.l. ne ha, anzitutto, eccepito la prescrizione breve ai sensi dell'art. 2951 c.c., sostenendo che, poiché tale credito sarebbe derivato da un'obbligazione scaturente dal contratto di trasporto, lo stesso si sarebbe prescritto in base alla detta norma, in quanto l'attività di riscossione sarebbe stata compiuta dal 2017 al 2019, mentre la prima richiesta di pagamento dell'attrice risaliva al 9.3.2021; ha, comunque, negato di avere conferito alla società Rt. un mandato all'incasso o di contrassegno, essendosi l'attrice limitata a ritirare alcuni assegni bancari tratti a nome della società Ma. e da questa incassati; al riguardo, ha osservato che né nei borderò, né nelle fatture emesse dall'attrice, durante tutta la durata del rapporto, vi era traccia del conferimento di un mandato o dell'addebito di un corrispettivo aggiuntivo rispetto a quello concordato tra le parti per lo svolgimento del servizio di trasporto che prevedeva il pagamento di Euro 27,00 per ciascun pallet di merce trasportato e consegnato alla clientela, corrispettivo da ritenersi comprensivo sia del trasporto che di ogni servizio accessorio espletato dalla società Rt.. Ma. s.r.l. ha, infine, escluso l'applicabilità della disciplina relativa al contratto di mandato e delle condizioni generali invocate dall'attrice e, in ogni caso, ha contestato il conteggio dalla stessa offerto. 1.3 La causa è stata istruita mediante prova testimoniale (udienza 20.1.2023) e passa ora in decisione sulle conclusioni trascritte in epigrafe e precisate all'udienza del 9 novembre 2023. La domanda attorea va rigettata per le motivazioni di seguito esposte; per converso, merita accoglimento la domanda svolta in via riconvenzionale dalla convenuta. 2.1 Non è contestato che tra il 2017 ed il 2019 Ma. s.r.l. incaricò Rt. scarl di effettuare, per suo conto, il trasporto di merci verso i clienti finali della società M., così come non è contestato che gli importi corrisposti a Rt. scarl per il servizio di trasporto siano quelli rappresentati nella scheda contabile dimessa dalla convenuta sub documento n. 1 da cui si evince che la prima fattura emessa da Rt. scarl è la n. (...) del 30.6.2017 e l'ultima fattura è la n. (...) del 2.8.2019. Pacifica la sussistenza del contratto di trasporto per il periodo appena enunciato, la presente controversia ha ad oggetto, da un lato, la pretesa creditoria di Rt. scarl, ammontante ad Euro 111.953,85, per l'ulteriore attività inerente il dedotto mandato di contrassegno conferito da Ma. s.r.l. come incarico altro e diverso rispetto al servizio di trasporto, dall'altro, la pretesa creditoria di Ma. s.r.l., ammontante ad Euro 32.666,00, per la mancata restituzione di pallet e fusti. 2.2 Per ciò che concerne il cosiddetto mandato di contrassegno, sulla cui base l'odierna attrice fonda la pretesa creditoria azionata nel presente giudizio, va, anzitutto, evidenziato che esso si fonda sulla cosiddetta clausola di assegno consiste nell'obbligo del vettore di esigere, dal destinatario al quale la merce viene riconsegnata, il prezzo della merce stessa. Rispetto a tale obbligazione, a fronte di un orientamento giurisprudenziale più risalente (Cass. 24.2.1984 n. 1327) secondo cui la clausola di assegno costituisce contratto accessorio a quello di trasporto, è andato consolidandosi un orientamento più recente (Cass. 25.11.2002 n. 16572; 10.5.1989 n. 2137; Cass. 9.9.1998 n. 8935) secondo cui la detta clausola è fonte di una obbligazione meramente accessoria, priva di autonoma rilevanza. E alla natura di obbligazione accessoria derivante dalla "clausola di assegno" fa riferimento la stessa difesa attorea nel proprio atto di citazione (cfr. pagg. 4 e 5). A prescindere dalla constatazione che le odierne parti in causa offrono una ricostruzione diversa in ordine all'effettivo conferimento del mandato di contrassegno: generalizzato per tutto il periodo in cui fu in essere il contratto di trasporto, secondo la tesi di Rt. scarl, e sporadico e limitato ad alcune consegne, secondo la tesi di Ma. s.r.l., bisogna stabilire se sussista o meno in capo a Rt. scarl il diritto (eventualmente anche limitato a singoli casi) di pretendere un corrispettivo per questa specifica attività di riscossione. Al riguardo va subito detto che coglie nel segno l'eccezione di prescrizione sollevata dalla difesa della convenuta sin dalla sua costituzione in giudizio, giacché, se la cosiddetta clausola di assegno costituisce un'obbligazione meramente accessoria rispetto al contratto di trasporto, l'eventuale credito nascente dal mandato di contrassegno è soggetto alla medesima prescrizione prevista per il contratto di trasporto, ossia il termine breve di un anno ai sensi dell'art. 2951, comma 1, c.c.. Si può sul punto richiamare quanto enunciato dalla Corte di Cassazione 13.7.1993 n. 7697: "Qualora il contratto di trasporto di cose sia accompagnato dalla clausola cosidetta di assegno, per la quale incaricato di riscuotere il prezzo per conto del mittente è lo stesso vettore, i diritti riferibili a codesta operazione, come il diritto del mittente ad ottenere dal vettore il prezzo pagato dal destinatario della cosa, sono anch'essi soggetti come quelli nascenti dal contratto principale di trasporto alla prescrizione breve di cui all'art. 2951 cod. civ., il cui termine decorre dal giorno in cui è avvenuta o doveva avvenire la consegna della cosa nel luogo di destinazione". Si enuncia, infatti, che con la stipulazione della cosiddetta "clausola di assegno", il vettore assume, per conto del mittente, la figura di mandatario per la riscossione del credito, con la conseguenza che il mittente, nel pretendere il versamento del prezzo pagato, esercita un'azione contrattuale di adempimento, e con l'ulteriore conseguenza che i diritti riferibili a tale clausola accessoria sono soggetti, come quelli nascenti dal contratto principale di trasporto, alla prescrizione breve annuale di cui al citato art. 2951, comma 1, c.c.., il cui termine decorre dal giorno in cui è avvenuta la consegna della cosa nel luogo di destinazione essendo quello il momento iniziale in cui il mittente può fare valere il diritto alla consegna del prezzo riscosso dal vettore. Essendo pacifico che il rapporto inerente il contratto di trasporto è cessato nell'agosto 2019 e che il primo atto con cui Rt. scarl ha richiesto il pagamento del (supposto) credito de quo risale al mese di marzo 2021 (doc. 4 attoreo), si appalesa fondata l'eccezione di prescrizione con conseguente rigetto della domanda attorea. Ciò detto, mette conto osservare che, comunque, parte attrice non ha offerto alcun elemento probatorio volto a dimostrare che, in relazione alla clausola accessoria di assegno, fosse stato pattuito un compenso ulteriore rispetto a quello stabilito (Euro 27,00 per pallet) per il contratto di trasporto. Anzi, dalle fatture inerenti gli anni 2017, 2018 e 2019 - in cui fu in essere il contratto di trasporto-, Rt. scarl richiese solo il pagamento del suddetto importo di Euro 27,00 per pallet (docc. 8, 23 e 28 parte convenuta) e pure i testimoni S.C. e F.S., escussi all'udienza del 20 gennaio 2023, hanno dichiarato che il prezzo unitario di Euro 27,00 per ciascun pallet di merce trasportato e consegnato comprendeva sia il servizio di trasporto, sia ogni altro servizio accessorio, incluso il ritiro dei titoli di pagamento. Con precipuo riguardo ai detti testimoni, va detto che la sostanziale conformità tra le deposizioni dagli stessi rese con quanto emerge dai documenti citati consente di ravvisare l'infondatezza della eccezione di inattendibilità dei testimoni sollevata dalla difesa attorea, peraltro formulata per la prima volta in sede di comparsa conclusionale e fondata sulla mera constatazione che sono entrambi dipendenti di Ma. s.r.l.. L'avvenuta prescrizione del dedotto credito e la mancata dimostrazione dell'an debeatur rendono ultronea la disamina delle questioni afferenti il quantum richiesto dall'attrice, essendo le suddette argomentazioni sufficienti per rigettare la domanda attorea. 2.3 Passando ad esaminare la domanda svolta in via riconvenzionale da Ma. s.r.l., va ricordato che essa si fonda sul supposto credito corrispondente al valore di pallet e fusti di proprietà dell'odierna convenuta e non restituiti da Rt. scarl all'esito del servizio di trasporto. Da un punto di vista contabile il credito è portato dalla fattura n. (...) del 25.10.2019, dell'importo di Euro 32.666,00, che reca puntualmente i beni ed il relativo valore oggetto di addebito: i) n. 3.844 pallet utilizzati per il trasporto della merce che, al valore di Euro 7,50 al pezzo, costituiscono un credito pari complessivamente ad Euro 28.830,00; ii) n. 34 fusti di Coca Premix che, al prezzo unitario di Euro 31,00, ammontano ad un credito pari ad Euro 1.054,00; iii) n. 12 fusti Hoegarden che, al prezzo unitario di Euro 60,00, costituiscono una voce a debito di controparte di Euro 720,00; iv) n. 19 fusti Tennents per il prezzo unitario di Euro 80,00 e per un totale di Euro 1.520,00; v) n. 7 fusti Heineken al valore unitario di Euro 60,00 ciò per un totale di Euro 420,00; vi) n. 4 fusti Franziskaner per Euro 30,00 ciascuno e per un debito di Euro 120,00 (imballaggi, questi ultimi, risultanti dall'estratto conto riguardante l'anno 2019 - cfr. doc. 36 parte convenuta). La somma di cui l'odierna convenuta chiede il pagamento è il minor importo di Euro 20.633,75, avendo la stessa Ma. s.r.l., sin dall'ottobre 2019, compensato il detto credito con il debito di Euro 12.035,25 nei confronti Rt. scarl, portato dalla fattura n. (...) del 30.6.2019. L'odierna attrice ha contestato, nel corso del giudizio, la fondatezza della domanda attorea eccependo, in buona sostanza, che Ma. s.r.l. non ha provato né di essere proprietaria dei suddetti beni, né che il loro valore corrisponde a quello addebitato in fattura. Mette conto osservare che la valutazione complessiva delle allegazioni delle parti e della documentazione versata in atti (sulla cui genuinità non sono state sollevate contestazioni) induce a ritenere fondata la pretesa dell'odierna convenuta. Anzitutto, gli stessi elenchi predisposti da Rt. scarl ai fini della fatturazione (docc. 10, 24 e 29 parte convenuta in relazione alle annualità 2017, 2018 e 2019) recano l'indicazione dei resi, così come le comunicazioni di Rt. scarl a Ma. s.r.l. indicano i resi di pallet e vuoti con relativi prospetti (docc. 12, 12a, 16, 16a, 16b, 17, 17a, 19, 19a, 21, 21b parte convenuta) a comprova del fatto che vi era la consuetudine, registrata per tutta la durata del rapporto, di restituire alla società Ma. pallet e fusti. Peraltro, la difesa attorea non ha sollevato contestazioni ai documenti dimessi da parte convenuta da 34 a 36 concernenti l'estratto conto dei pallet e fusti consegnati alla società Rt. per gli anni 2017, 2018 e 2019, nonché il saldo negativo dei resi non restituiti. In secondo luogo, Rt. scarl non risulta aver sollevato nessuna contestazione alla comunicazione del 25.10.2019 con cui Ma. s.r.l. comunicava, appunto, di compensare il ritenuto credito di Euro 32.666,00 con il credito di Rt. scarl di Euro 12.032,25 portato dalla fattura n. (...) del 30.6.2019 (doc. 5 parte convenuta); qualora l'odierna attrice avesse ritenuto infondata la pretesa creditoria della società M., ben avrebbe potuto e dovuto contestarne la debenza, insistendo per il pagamento del proprio credito portato dalla citata fattura. Inoltre, nella comunicazione del 9 marzo 2021 (a riscontro del sollecito di pagamento di Euro 20.633,75 in favore di Ma. s.r.l. operata la compensazione tra Euro 32.666,00 ed Euro 12.032,25 - cfr. doc. 4 attoreo), la stessa Rt. scarl nel chiedere il pagamento del corrispettivo per l'attività inerente il mandato di contrassegno, ha chiesto il pagamento di Euro 91.080,06, avendo, quindi, compensato il supposto credito di Euro 111.713,81 con il debito di Euro 20.633,75. Ed è indubbio che se nulla fosse stato dovuto per i pallet ed i fusti, Rt. scarl non avrebbe avuto motivo di richiedere il "minor importo" di Euro 91.080,06. Infine, è la stessa attrice a dedurre nel proprio atto di citazione (cfr. pag. 7) che il credito di Euro 20.633,75 di Ma. s.r.l. deve essere portato in compensazione con il proprio maggior credito, tanto che conclude con la richiesta di condanna della convenuta al pagamento dell'importo di Euro 91.320,10, ossia dell'importo al netto della compensazione che la stessa attrice ha ritenuto di effettuare. Ma se la stessa attrice ha operato la compensazione, essa stessa ha ritenuto sussistente il credito della società Ma.. Va, dunque, accolta la domanda svolta in via riconvenzionale e, per l'effetto, Rt. scarl va condannata al pagamento della somma di Euro 20.633,75, oltre interessi legali dalla messa in mora al saldo. 3.1 Le spese di lite seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo nei valori medi per tutte le fasi del giudizio. P.Q.M. Il Tribunale, decidendo definitivamente nella causa n. 4001/2021 R.G., ogni diversa istanza, eccezione e deduzione disattesa, così pronuncia: 1) rigetta la domanda attorea; 2) accoglie la domanda riconvenzionale e, per l'effetto, condanna Rt. s.c.a.r.l. a pagare a Ma. s.r.l. la somma di Euro 20.633,75, oltre interessi legali dalla mesa in mora al saldo; 3) condanna Rt. s.c.a.r.l. a rifondere a Ma. s.r.l. le spese di lite che si liquidano in Euro 14.103,00 per compenso ed in Euro 237,00 per spese, oltre rimborso spese generali, Iva e c.p.a., se dovuti per legge. Così deciso in Padova il 28 febbraio 2024. Depositata in Cancelleria il 4 marzo 2024.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO DI PADOVA SEZIONE PRIMA CIVILE Il Tribunale Ordinario di Padova, sezione prima civile, nella persona del Giudice Onorario, Avv. Emanuela Marti G.O.P., ha pronunciato ai sensi dell'art. 281 sexies c.p.c. la seguente: SENTENZA nella causa civile di I grado iscritta al n. R.G. 6657/2021 promossa da: lo.Ro. (C.F. (...) ), Lo.Em. (C.F.(...)) e Lo.Sa. (C.F.(...)) con il patrocinio dell' Avv. Pa.De. del Foro di Venezia elettivamente domiciliati presso lo studio dello stesso in Cazzago di Pianiga (VE) Via (...) n.8/5 ATTORI CONTRO Cr.An. (C.F. (...) ) con il patrocinio degli Avv.ti Si.Ce. del Foro di Padova e Co.Fa. del Foro di Vicenza elettivamente domiciliato presso lo studio di quest'ultimo in Brendola (VI) - Piazza (...) CONVENUTO Oggetto: Servitù CONCISA ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE Con atto di citazione del 24.08.2021, ritualmente notificato, i fratelli Lo.Ro., Em. e Sa. adiscono codesto Tribunale riferendo di essere proprietari per successione paterna di due terreni siti nel Comune di C. catastalmente censiti: C.T. Comune di C. fg.(...) mapp.li (...) e (...). Si tratta di terreni agricoli che facevano parte di una più ampia proprietà che comprendeva anche il mapp.(...) ove insisteva un fabbricato agricolo e tutti erano interamente del padre, Lo.Co., deceduto in data 12.01.2021. Viene precisato che per i mappali degli attori l'unico accesso alla via pubblica è dato dal mappale (...), attraverso il quale è possibile raggiungere gli altri due, di fatto pertanto interclusi. Da sempre il padre accedeva alla proprietà attraverso il primo mappale e raggiungeva e poteva coltivare gli altri due mappali. In data 10.07.2021 Lo.Co. cedeva ai figli la nuda proprietà del mappale (...) riservandosi l'usufrutto. A seguito di espropriazione immobiliare n.381/2015 l'immobile censito presso il NCEU al fg. (...), mapp. (...) del Comune di C. (P.), con relativo scoperto di pertinenza, veniva aggredito ed aggiudicato a Cr.An. con decreto di trasferimento del 14.05.2020. Il nuovo proprietario oggi convenuto concedeva inizialmente l'accesso al fondo attraverso la sua proprietà a Lo.Co. ed al personale da lui incaricato che potevano così manutentare i terreni e coltivarli; successivamente, dopo il decesso dello stesso, Cr.An. impediva l'accesso agli attori ed al terzista che vi andava per coltivare. Nel giugno 2021 il convenuto provvedeva a recintare la sua proprietà vietando agli attori di poter raggiungere i loro terreni attraverso la stessa riferendo che ben potevano raggiungerli attraverso i terreni dei vicini e/o attraverso altra via. Parti attoree avanzano la presente azione al fine di veder costituita una servitù ex art. 1062 c.c. fondo dominante i loro terreni e fondo servente la proprietà del convenuto e precisano che le loro proprietà siano intercluse e necessitino di poter accedere alla via pubblica, viene richiesto un risarcimento dei danni patiti. Di talchè le riportate conclusioni Con comparsa del 21.01.2022 si costituisce il convenuto chiedendo il rigetto di tutte le domande attoree. Viene precisato che il convenuto ha acquistato il fondo oggetto di esecuzione con il fine di potervi esercitare la sua attività imprenditoriale artigiana con oggetto riparazione, carrozzeria allestimenti per veicoli da campeggio, sia camper che roulotte, e vendita accessori. Tale acquisto avrebbe reso possibile un ampliamento dell'attività esercitata ed è catastalmente indicato : - N.C.T. Comune di C. foglio (...), mappale (...), are (...); - N.C.E.U. Comune di C. foglio (...), mappale (...), sub (...), (...), (...), (...). Il trasferimento è avvenuto con decreto del 14.05.2020 e dalla documentazione non risultava l'indicazione di alcuna servitù gravante sui beni. Si rileva che non sussistevano opere visibili e permanenti da cui dedurre la presenza di servitù, non vi è traccia di strade, sterrati, solchi, cancelli o varchi da cui dedurre un eventuale passaggio né possono costituirsi servitù ex art.1051 c.c. in quanto trattasi di cortile con immobile uso artigianale incompatibile con un passaggio che risulterebbe gravare oltremodo l'attività. Si contesta l'interclusione delle proprietà di parte attrice, ritenuto che gli attori accedono da altro mappale appartenente ad altra proprietà. La domanda è sproporzionata rispetto al sacrificio gravoso a carico del fondo che dovrebbe considerarsi servente. Vengono chiamati in causa ritenuti litisconsorti necessari i proprietari del fondo vicino che permettono il passaggio delle parti attrici ai fondi di causa. Di talchè le indicate conclusioni. In data 24.05.2021 si è svolta con esito negativo la mediazione quale condizione di procedibilità obbligatoria ex lege. Con Ordinanza del 22.04.2022 non è stata autorizzata la chiamata del terzo non risultandovi i presupposti ex lege mancando, infatti, connessione tra la situazione giuridica del rapporto dedotto nel presente giudizio e la situazione giuridica dei terzi. La causa è stata istruita mediante svolgimento di una CTU sul seguente quesito: "Il C.T.U. esaminati gli atti ed i documenti disponibili, ispezionati i beni immobili delle parti, effettuate le visure presso il Catasto e la Conservatoria dei RRII, assunta ogni necessaria informazione anche presso i pubblici uffici : - descriva catastalmente e fotograficamente lo stato dei luoghi; -identifichi le proprietà delle parti e ne accerti la regolarità catastale; -accerti la sussistenza di eventuali diritti reali di terzi esistenti sui beni; -accerti l'eventuale interclusione di una di esse; - laddove esistente indichi l'uscita alla via pubblica meno incomoda e più congrua in conformità con l'art.1051 c.c. e ne determini l'ampiezza; -verifichi l'esistenza di servitù trascritte o desumibili dai titoli di acquisto, le descriva indicandone estensione ed ampiezza." C.T.U. nominato geom. Fa.Ze. deposito dell'elaborato in data 05.04.2023. Sono state poi assunte prove testimoniali in data 19.10.2023. La causa così istruita è trattenuta a decisione in data odierna. La domanda di parte attrice si ritiene meritevole di accoglimento. L'espletata istruttoria ed i documenti in atti hanno permesso di individuare le proprietà delle parti. La CTU, di cui si accolgono le risultanze e che si intende qui riportata, ha descritto i luoghi di causa e confermato la provenienza dei beni: decreto di trasferimento emesso dal Tribunale di Padova il 28/02/2020 rep. (...) e trascritto a Padova il 14/05/2020 con oggetto i seguenti beni: Comune di C., CF. foglio (...) part. (...) sub (...) cat. (...) part. (...) sub (...) cat. (...) part. (...) sub (...) cat. (...). Part. (...) sub (...) BCNC Cortile, per il convenuto; successione testamentaria di Lo.Co. deceduto il 12/01/2021, trascritta 08/02/2022 nn. 2952/4427, verbale di pubblicazione registrato a Padova il 29/03/2021 con oggetto i mapp. (...) e (...), per gli attori. E' stato accertato che tutti questi beni erano in proprietà di Lo.Co.. Parimenti accertato che i mapp. (...) e (...) degli attori siano interclusi (pag. 16 CTU in atti). La CTU evidenzia la presenza di un cancello di accesso nel mapp. (...) e ad oggi un non presente possibile passaggio ai mapp.li degli attori. Tutti i mappali confinano con il mapp.223 di terzi da cui non sarebbe nemmeno possibile un accesso da parte degli stessi attori per la presenza di un fossato e arbusti impeditivi (pag.27 CTU). Quello che risulta accertato sia dai documenti che dagli atti e dalle testimonianze assunte è che fino al 2020 i terreni oggi degli attori siano stati collegati con la pubblica via attraverso il mappale (...). Dapprima l'unico proprietario vi accedeva per raggiungere l'intera proprietà, dopo il trasferimento della nuda proprietà ai figli il passaggio è stato mantenuto. Risulta altresì che dopo l'assegnazione al convenuto lo stesso abbia concesso il passaggio ai terreni anche a terzisti, ciò non appare contestato ed è stato ammesso dal convenuto stesso. Dopo il 2021 il mappale (...) è stato recintato e chiuso ed il passaggio non è stato più possibile. Da quanto evidenziato debbono ritenersi sussistenti i presupposti ex art.1062 c.c. necessari per la costituzione di una servitù per destinazione del padre di famiglia. Giova ricordare, infatti, che le servitù (artt.1027 e ss. c.c.) possono essere coattive e volontarie e queste ultime si possono costituire per contratto, per testamento, per destinazione del padre di famiglia e per usucapione. Quindi le servitù si possono costituire anche involontariamente attraverso fatti generativi del diritto che comportano la loro nascita o risultino situazioni di necessità per le quali tale diritto si debba riconoscere. Quest'ultima ipotesi è quella del passaggio coattivo a seguito di interclusione, l'altra è l'ipotesi della servitù per destinazione del padre di famiglia regolata dall'art. 1062 c.c. Tale norma prevede che : "La destinazione del padre di famiglia ha luogo quando consta, mediante qualunque genere di prova, che due fondi, attualmente divisi, siano stati posseduti dallo stesso proprietario, e che questi abbia posto o lasciato le cose nello stato dal quale risulta la servitù. Se i due fondi cessarono di appartenere allo stesso proprietario, senza alcuna disposizione relativa alla servitù, questa si intende stabilita attivamente e passivamente a favore e sopra ciascuno dei fondi separati". La costituzione di tale servitù, quindi, anche per espressa ed incontestata Dottrina e Giurisprudenza si ricollega non ad una specifica manifestazione di volontà diretta al sorgere della servitù, bensì ad un comportamento costitutivo od omissivo dell'originario proprietario da cui sia derivata una situazione di fatto corrispondente al contenuto della servitù. Ai fini della costituzione della servitù è necessario che non risulti espressamente una volontà contraria del proprietario dei fondi al momento della loro separazione. Il c.d. silentium si configura come elemento della fattispecie costitutiva. La manifestazione contraria alla volontà può essere contenuta in una specifica clausola negoziale, con cui si esclude espressamente il sorgere della servitù, ovvero può essere desunta direttamente da altra clausola il cui contenuto sia incompatibile con la volontà di lasciare immutata la situazione di fatto che verrebbe a determinare la nascita della servitù. La prova dell'esistenza della situazione di fatto può essere resa con ogni mezzo in riferimento alla situazione dei luoghi al momento della separazione della proprietà (ex multis Cass.Civ.10662/2015, 3806/2014,3219/2014 e Cass.Civ. SS.UU. 18.02.1989 n.958). Nella fattispecie de qua risulta provata l'appartenenza di tutti i mappali di cui si discute in capo ad un unico proprietario. Risulta altresì provato che il passaggio attraverso il mappale (...) permettesse l'accesso agli altri due, ciò per mezzo di un percorso che dal cancello accedeva ai fondi. Al momento della cessione della proprietà dei mappali (...) e (...) agli attori non risulta alcun rilievo circa il passaggio che è stato mantenuto. Anche dopo il trasferimento della proprietà del mapp.(...) al convenuto non risulta alcuna formale contestazione relativamente al passaggio, tanto che lo stesso è stato concesso per un periodo. E' incontestato che i fondi attorei siano interclusi e che l'unico passaggio esistente ed accertato sia quello attraverso il mappale (...), passaggio previsto e così destinato dall'originario unico proprietario dante causa dei fondi. Vi è prova, e non vi è contestazione sul punto, che nel 2021 parte convenuta abbia recintato e chiuso il mappale di sua proprietà interrompendo qualsivoglia possibilità di passaggio, impedendo il percorso fino ad allora esistente. Da una tale situazione, per quanto evidenziato, si ritiene debba riconoscersi una servitù di passaggio sia pedonale che con mezzi anche agricoli con fondi dominanti la proprietà interclusa degli attori e fondo servente la proprietà del convenuto e che tale passaggio debba essere concesso e garantito. Non appaiono provati né quantificati e/o quantificabili i lamentati danni subiti dalle parti attoree, né sussistenti i presupposti per l'applicabilità della quantificazione ex art. 1226 c.c.. Per quanto sommariamente esposto la domanda attorea viene accolta ed in applicazione del principio di soccombenza, parte convenuta va condannata alla rifusione delle spese di lite. Le spese seguono soccombenza e vengono liquidate come al dispositivo nel rispetto del D.M. n. 55 del 2014, aggiornato sulla base del D.M. n. 147 del 13 agosto 2022 pubblicato sulla G.U. n. 236 del 08/10/2022 e in vigore dal 23 ottobre 2022, tenuto conto dell'attività svolta, delle questioni trattate, del valore della controversia e della mediazione. P.Q.M. Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza eccezione e deduzione disattesa ed assorbita, così dispone: 1) accerta e dichiara l'esistenza ex art. 1062 c.c. di un diritto di servitù di passaggio di persone e mezzi a favore dei mappali di proprietà di L., R., Em. e Sa. così censiti: C.T. del Comune di C. (P.) fg. (...), mappali (...) e (...) di ampiezza pari a 4,00 mt sul fondo di proprietà di An.Cr., censito al fg. (...), mappale (...) del NCEU del Comune di C. (P.); 2) condanna Cr.An. alla rifusione a favore di L., R., Em. e Sa. delle spese di lite liquidate in Euro 3.809,00=, oltre IVA, CPA rimborso spese forfettarie con distrazione in favore del procuratore antistatario Avv. Pa.De.; 3) ordina la trascrizione della presente sentenza al competente Conservatore dei registri immobiliari. Così deciso in Padova l'1 marzo 2024. Depositata in Cancelleria l'1 marzo 2024.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO DI PADOVA SECONDA SEZIONE CIVILE Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. Margherita Longhi ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 2614/2021 promossa da: Lu.Pa. (C.F. (...)), con il patrocinio dell'avv. CL.AL. e dell'avv. (...), elettivamente domiciliato presso il difensore avv. CL.AL. Attore contro In. S.P.A. (C.F. (...)), con il patrocinio dell'avv. MA.MA. e dell'avv. GE.EN. ((...)) VIA (...) 35123 PADOVA; elettivamente domiciliato in VIA (...) 35123 PADOVA presso il difensore avv. MA.MA. Convenuto CONCISA ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE 1. Con atto di citazione ritualmente notificato, Lu.Pa. (quale titolare della ditta individuale S.C.A.D.P.L.) conveniva in giudizio In. s.p.a proponendo azione di ripetizione degli indebiti applicati ai rapporti di conto corrente intrattenuti con l'allora Ca.Ri. s.p.a n. (...) e n. (...) (poi divenuto n.(...)) a titolo di interessi ultralegali, interessi superiori al tasso soglia usura, interessi anatocistici e commissioni di massimo scoperto nulle per mancata pattuizione e comunque indeterminatezza. Si costituiva in giudizio In. s.p.a eccependo, in via preliminare, l'intervenuta prescrizione degli addebiti operati anteriormente al 25.9.2009 e dei maggiori interessi creditori. Nel merito chiedeva il rigetto della domanda in quanto infondata in fatto e in diritto. Assegnati alle parti i termini di cui all'art. 183 comma sesto c.p.c. e depositate le relative memorie, la causa veniva istruita documentalmente e mediante CTU contabile. Depositata la relazione, la causa veniva trattenuta in decisione all'udienza di precisazione delle conclusioni del 23.11.2023, con assegnazione alle parti, ai sensi dell'art. 190 c.p.c., del termine di giorni quaranta per il deposito della comparse conclusionali e termine di successivi giorni venti per il deposito delle memorie di replica. 2. L'attore ha proposto domanda di ripetizione di indebito con riferimento ai due rapporti di conti correnti intrattenuti con Ca.Ri. s.p.a. (poi divenuta In. s.p.a.). Entrambi i conti risultano chiusi, rispettivamente, in data 2.2.2011 e 24.2.2011, circostanza questa confermata anche da parte del CTU nominato. Pertanto, trattandosi di rapporti conclusi, l'azione di ripetizione è ammissibile. L'attore ha poi prodotto (in parte) gli estratti conto, per quanto riguarda il conto n. (...), a partire dall'1.1.1998 (data che non corrisponde a quella di apertura del conto corrente) sino alla chiusura. Pertanto è a tale periodo temporale che occorrerà fare riferimento per la verifica degli addebiti illegittimi applicati. Quanto al conto n. (...) gli estratti conto risultano prodotti sin dall'apertura in data 5.2.2023. Quanto alla questione del mancato deposito completo di tutti gli estratti conto (cfr sul punto pagg. 4 - 5 della relazione peritale) e al mancato assolvimento dell'onere della prova da parte del correntista - questione evidenziata dalla banca in sede di scritti conclusivi - l'eccezione non può essere accolta. La produzione effettuata da parte attrice, sia pur non completa, ha comunque consentito la ricostruzione di entrambi i conti correnti da parte del CTU, con esiti che possono ritenersi attendibili e che, in ogni caso, non sono stati oggetto di specifica contestazione da parte dell'istituto di credito. 3. Sempre in via preliminare, occorre vagliare l'eccezione di prescrizione avanzata dalla banca convenuta con riferimento agli addebiti annotati anteriormente al 25.6.2009 (visto l'invio di diffida stragiudiziale in data 25.6.2019 sub doc. 2 di parte attrice). L'eccezione deve ritenersi validamente presentata alla luce del principio di diritto stabilito da Cass. Sezioni Unite n. 15895/2019 ("in tema di prescrizione estintiva, l'onere di allegazione gravante sull'istituto di credito che, convenuto in giudizio, voglia opporre l'eccezione di prescrizione al correntista che abbia esperito l'azione di ripetizione di somme indebitamente pagate nel corso del rapporto di conto corrente assistito da apertura di credito, è soddisfatto con l'affermazione dell'inerzia del titolare del diritto, unita alla dichiarazione di volerne profittare, senza che sia necessaria l'indicazione delle specifiche rimesse solutorie ritenute prescritte"). Va poi ricordato, in via generale e nel merito dell'eccezione, come la Corte Suprema di Cassazione ha affermato il principio di diritto secondo cui l'azione di ripetizione di indebito, proposta dal cliente di una banca, è soggetta all'ordinaria prescrizione decennale, la quale decorre, nell'ipotesi in cui i versamenti abbiano avuto solo funzione ripristinatoria della provvista, non dalla data di annotazione in conto di ogni singola posta monetaria illegittimamente addebitata, ma dalla data di estinzione del saldo di chiusura del conto corrente in cui la posta monetaria contestata è stata registrata (v. Cass. Sez. Unite n. 24418/2010); infatti, nell'anzidetta ipotesi (versamento con funzione ripristinatoria) ciascun versamento non configura un pagamento dal quale far decorrere, ove ritenuto indebito, il termine prescrizionale del diritto alla ripetizione, giacche' il pagamento che può dar vita ad una pretesa restitutoria è esclusivamente quello che si sia tradotto nell'esecuzione di una prestazione da parte del "solvens" con conseguente spostamento patrimoniale in favore dell'"accipiens". Dunque, solo la presenza di un versamento avente natura solutoria può comportare il decorrere della prescrizione dalla relativa annotazione in conto corrente. Invece, nei rimanenti casi di rimesse ripristinatorie, la prescrizione decorre dalla chiusura del conto corrente. La verifica sull'eccezione di prescrizione e sulla sussistenza di rimesse solutorie è stata demandata al CTU, il quale ha svolto la verifica tenendo conto degli affidamenti risultanti dall'analisi degli estratti conto. A tal proposito deve osservarsi, sempre in via generale e contrariamente a quanto argomentato sul punto da parte convenuta, come non sia preclusa al correntista la prova che, pur in mancanza di una espressa pattuizione scritta, sussistesse tra le parti un contratto di apertura di credito stipulato per facta concludentia. A tale considerazione non osta la circostanza che per la valida pattuizione di un contratto di apertura di credito sia richiesta la forma scritta ad substantiam (pur con l'eccezione di cui alla Delib.CICR 4 marzo 2003), atteso che tale nullità - come in generale le nullità previste dal T.U.B. (art. 127, comma 2, T.U.B.) - è una nullità di protezione, che può essere fatta valere soltanto dal cliente (o dal giudice, se vantaggiosa per il cliente); ragion per cui è in facoltà di quest'ultimo rinunciare a far valere la predetta nullità e chiedere l'esecuzione del contratto bancario privo della forma scritta. Se così è, se cioè al cliente è accordata la possibilità di chiedere l'esecuzione del contratto privo della forma scritta ad substantiam, conseguentemente non può essergli preclusa ex art. 2725 c.c. la possibilità di provare l'esistenza del contratto; prova che può essere fornita anche presuntivamente, evidenziando indici sintomatici gravi, precisi e concordanti idonei a dimostrare in modo univoco l'esistenza dell'affidamento (quali ad esempio: l'applicazione, evincibile dall'esame degli estratti conto, di tassi differenziati (entro ed extra fido), di spese di istruttoria fido o di apertura di credito, di una commissione di massimo scoperto; la non contestazione specifica, da parte della banca, dell'esistenza dell'affidamento o l'espressa dichiarazione in ordine alla esistenza dell'affidamento, ad esempio in una missiva di revoca del fido (cfr., sull'ammissibilità del fido di fatto e sulla prova dello stesso, Trib. Torino 2 luglio 2015; Trib. Torino 11 marzo 2015; Trib. Padova 9 novembre 2018; Trib. Cremona 22 ottobre 2018; Trib. Milano 11 gennaio 2017 e 15 febbraio 2017; Corte Appello Milano 4 luglio 2018; Trib, Bergamo 3 agosto 2016, nonché, la recente Cass. 2338/2024). La presenza di tali indici era stata indicata dall'attore già con la prima memoria exart 183 comma sesto c.p.c. (e poi ribadita anche nelle successive memorie istruttorie, con richiamo anche alla documentazione a sostegno), e gli stessi sono stati riscontrati da parte del CTU in sede di verifica peritale. In sede di scritti conclusivi, parte attrice ha tuttavia contestato la ricostruzione operata sul punto da parte del consulente, in primis per quanto riguarda il limite del fido individuato sulla base di detti elementi. Tali contestazioni vanno respinte. Per quanto riguarda l'affermazione secondo cui il limite del fido dovrebbe essere individuato nello scoperto di fido massimo di volta in volta concesso al correntista (come risultante dagli estratti conto), questa non risulta condivisibile, posto che, così facendo, verrebbe individuato un affidamento, nei fatti, con un "limite mobile" in senso contrario anche a quanto ritenuto dalla giurisprudenza che ammette la prova del fido in via presuntiva (o fido per fatti concludenti). Ciò che viene consentito al correntista è provare la sussistenza di un fido sulla base di altri elementi, che devono essere precisi, risultanti da altra documentazione relativo al rapporto contrattuale, il che richiede anche la necessaria verificabilità del limite di detto affidamento, che non può essere nei fatti indeterminato. Quanto, invece, all'errore nell'aver individuato detto fido in Euro 25.000 anziché Euro 50.000, la contestazione appare generica, posto che, dalle ricostruzioni contabili prodotte dal CTU, solo a partire dal 2002 è stato indicato un fido da Euro 25.000 (per il periodo precedente il limite risultava molto più alto), mentre l'attore non ha specificato da quale periodo il limite doveva ritenersi pari all'importo da lui indicato, né per quanto tempo. Deve, infine, ritenersi corretta la verifica effettuata sulla base dei movimenti risultati dagli estratti conto anziché sul saldo rettificato, secondo l'orientamento adottato dall'intestato Tribunale, alla luce della disciplina dell'art. 1422 c.c.. Detta norma, infatti, dispone l'imprescrittibilità dell'azione di nullità, salvi però gli effetti della prescrizione dell'azione di ripetizione, in considerazione di ragioni di stabilità dei rapporti economici e di sicurezza nelle transazioni commerciali. In quest'ottica, il ricalcolo che viene richiesto al consulente è volto a tradurre in termini concreti gli effetti della (eventuale) dichiarazione di nullità, ma al sol fine di verificare se vi siano somme da ripetersi per quanto si è pagato in base a quelle clausole dichiarate nulle. Pertanto, effettuare dapprima la "depurazione" di tutti gli addebiti indebitamente effettuati dall'istituto di credito e verificare poi cosa era pagamento e cosa no, significa porre nel nulla l'eccezione di prescrizione della ripetizione e privare di significato l'inciso di cui all'art. 1422 c.c. (cfr. in questo senso anche Corte di Appello di Torino 17/11/2020, nonché Tribunale di Torino 31.12.2020; Tribunale di Treviso 3.6.2020; Tribunale di Padova 11.3.2021; Tribunale di Padova. Nello stesso senso, condivisibilmente, anche Corte di Appello Venezia sentenza 27.5.2021 e sentenza 3.6.2021). Come già osservato dal Tribunale adito, infatti, "la tesi che propugna l'utilizzo del c.d. saldo rettificato non può essere accolta, in quanto presuppone un'inversione logica delle questioni da affrontare, imponendo cioè la verifica del carattere indebito di una posta, ancor prima della verifica della sua esistenza e qualificazione come pagamento. In altri termini, l'utilizzo del saldo rettificato opera su una realtà contabile "artificiale", creata a posteriori, non rispondente all'effettivo svolgimento del rapporto nella sua concretezza, risolvendosi in una "riscrittura" delle registrazioni contabili e in una modifica, ora per allora, del dato di fatto dello sviluppo del rapporto bancario. Sotto tale profilo, esso postula una non convincente operazione contabile in cui prima viene operata la depurazione degli indebiti e dopo viene eseguita la verifica dei pagamenti in senso stretto, con inversione rispetto all'ordine logico delle operazioni: prima, cioè, deve essere stabilito cosa è pagamento e cosa no; dopo, ne va verificata l'eventuale natura indebita e la sua sussumibilità nel quadro delle poste solutorie o ripristinatorie" (cfr., fra le altre, Trib. Padova 553/ 2022). Ragioni, queste indicate, che non sono state prese in considerazione da parte delle recenti sentenze della Corte di Cassazione (sentenza n. 9141/2020, n.3858/2021 e successive), a cui si ritiene di non poter dare continuità, mantenendo fermo il diverso orientamento consolidato del Tribunale adito. Sul punto, appare inoltre necessario ricordare che nell'interpretazione di norme sostanziali, il giudice di merito può discostarsi dall'orientamento della giurisprudenza di legittimità, se offre un'analisi argomentativa capace di supportare in maniera adeguata l'iter decisionale che ha adottato. In conclusione, il CTU nominato ha verificato correttamente, per entrambi i conti correnti oggetto di causa, la sussistenza di rimesse solutorie alla data del 25.6.2009 e il relativo esito è sintetizzato e riportato nella ricostruzione effettuata negli allegati 7, 8, 11 e 12. Del pari corretta la ricostruzione effettuata con riferimento agli interessi attivi, dovendosi accogliere la relativa eccezione di prescrizione quinquennale sollevata dall'istituto di credito. 4. Venendo ora alle contestazioni di merito, va analizzata, in primo luogo, la contestazione relativa all'applicazione, nel corso di entrambi i rapporti, di interessi ultra legali in assenza di valida pattuizione scritta. La doglianza è fondata. L'attore, come sopra indicato, ha prodotto in giudizio gli estratti conto di entrambi i conti correnti dal 1998/2003 - al 2011. Nessun documento contrattuale è stato prodotto dalle parti, e ciò nonostante la richiesta formulata dall'attore ante causam ai sensi dell'art. 119tub. Quest'ultimo, pertanto, con le proprie censure, ha fatto valere la mancata pattuizione per iscritto delle condizioni economiche dei conti per cui è causa (cfr pag 7 dell'atto di citazione), deducendo così l'inadempimento della banca all'obbligo di stipulare in forma scritta i relativi contratti e le condizioni applicate, in primis per quanto riguarda la misura degli interessi (superiore al tasso legale). Spettava di conseguenza alla banca l'onere di provare la loro pattuizione per iscritto, onere non assolto nel caso di specie. La ricostruzione deve quindi avvenire mediante applicazione, per entrambi i rapporti, degli interessi legali, con eliminazione anche di qualsiasi onere, spesa o commissione applicata. Né rileva il fatto, evidenziato dalla banca in sede di scritti conclusivi, che le pattuizioni contrattuali risultavano indicate nei documenti di sintesi inviati al correntista, posto che questi non possono ritenersi delle espresse pattuizioni. Va accolta anche la contestazione relativa all'applicazione di interessi anatocistici. L'anatocismo è illegittimo per il periodo anteriore all'entrata in vigore della Delib.CICR 9 febbraio 2000. Inoltre, in caso di rapporto già in essere al momento della sua entrata in vigore, l'anatocismo può reputarsi legittimo soltanto se posto in essere nel rispetto di quanto disposto dall'art. 7, comma 2 e comma 3, della delibera citata in ordine alla introduzione di condizioni contrattuali peggiorative per la posizione del cliente. Va, infatti, evidenziato che - alla luce della pacifica nullità delle clausole anatocistiche relative al periodo anteriore all'entrata in vigore della Delib.CICR 9 febbraio 2000 in quanto non basate su di un uso normativo bensì su di un mero uso negoziale, e quindi contrastanti con il disposto dell'art. 1283 c.c. (cfr., sul punto, Cass. civ. n. 2374/1999), e a prescindere dalla questione circa la sopravvivenza dell'art. 7 richiamato a seguito della dichiarazione di illegittimità costituzione dell'art. 120 comma terzo Tub da parte della sentenza Corte Costituzione n. 425/2000 - l'introduzione di una clausola anatocistica in un contratto di conto corrente già in essere comporta senz'altro un peggioramento delle condizioni contrattuali per il cliente, atteso il verificarsi del passaggio da una situazione priva di capitalizzazione ad una situazione in cui vi è capitalizzazione trimestrale degli interessi, sia attivi che passivi (cfr., fra le altre, Cass. civ. n. 26769/2019; Trib. Padova 14.5.2020; Corte App. Bologna 10.10.2018; Trib. Pescara 23.8.2018; Trib. Treviso 10.6.2013; Trib. Padova 27.4.2008; Trib. Venezia 22.1.2007. Tra le più recenti cfr anche Cass. 7105/2020: "In effetti, la sostituzione della reciproca capitalizzazione trimestrale degli interessi attivi e passiviall'assenza di capitalizzazione per effetto della declaratoria di nullità della clausola contrattuale anatocistica, rende evidente che vi sia stato un peggioramento delle condizioni contrattuali precedentemente applicate al conto corrente per cui è causa, sicché, proprio in applicazione dell'art. 7, comma 3 della delibera CICR (per cui "nel caso in cui le nuove condizioni contrattuali comportino un peggioramento delle condizioni precedentemente applicate, esse devono essere approvate dalla clientela") sarebbe stato necessario nella fattispecie in esame un nuovo accordo espresso tra le parti, non essendo ammissibile un adeguamento unilaterale.). In forza del carattere peggiorativo di tale adeguamento contrattuale, la clausola anatocistica deve pertanto essere oggetto di nuova e specifica pattuizione con il cliente, pena la nullità della stessa (art. 7, comma 3 della delibera CICR citata). L'anatocismo applicato deve quindi ritenersi illegittimo per entrambi i conti correnti: quanto al conto n. (...), trattandosi di conto aperto dopo il 2000 (data di apertura è, come risultante dagli estratti conto, il 2003) era necessaria una espressa pattuizione, nel caso di specie non sussistente; tale espressa pattuizione era richiesta anche per il conto n. (...), già in essere, nel 2000, per adeguare il contratto alla nuova disciplina prevista, non potendosi quindi ritenere sufficiente la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale. Le contestazioni in punto ad applicazione di interessi usurari vanno invece respinte, in quanto in mancanza di contratto non vi è la pattuizione di un tasso da porre a raffronto con il tasso soglia, né può configurarsi un usura (oggettiva) da ius variandi stante la mancata pattuizione dello stesso. 5. Alla luce delle motivazioni sopra riportate, vanno in questa sede recepiti gli esiti della CTU espletata in corso di causa, che ha fatto buon governo delle coordinate sinora espresse in punto di interessi, anatocismo, spese, commissioni e prescrizione. La consulenza risulta, infatti, motivata in modo logico e coerente, anche con riguardo alle risposte fornite dal CTU alle osservazioni dei consulenti di parte, per cui non si ravvisano specifiche ragioni per discostarsi dagli esiti ivi espressi e, come già indicato, per disporre una rimessione della causa in istruttoria per una integrazione in punto di analisi della prescrizione. Pertanto, il nuovo saldo del conto corrente n. (...) al 2.2.2011 (data di estinzione e dell'ultimo estratto conto prodotto), depurandolo degli addebiti illegittimi accertati e considerata l'eccepita prescrizione è pari ad Euro 2611,86 a credito per il correntista (anziché a zero); quello del conto corrente n. (...), poi divenuto (...) alla data del 24.2.2011 è pari ad Euro 3307,98 a credito per il correntista (anziché a zero). In conclusione, la domanda restitutoria di parte attrice con riferimento ai conti correnti per cui è causa è fondata e In. s.p.a deve essere condanna alla restituzione nei confronti di Lu.Pa. della somma complessiva di Euro 5919,84, oltre interessi al tasso di cui all'art. 1284 comma quarto c.c. dalla data della domanda (25.6.2019, data di invio della richiesta stragiudiziale sub doc. 2) al saldo (cfr Cass. n. 28729/2023 su domanda di ripetizione di indebito conto corrente). L'eccezione di compensazione formulata dalla convenuta con la memoria di costituzione, infine, va respinta, in quanto del tutto generica. 6. Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo tenuto conto del valore della controversia (determinato secondo il criterio del decisum; scaglione da Euro 5200 ad Euro 26.000), della trattazione esperita (vi è stata attività istruttoria) e dei parametri di cui al D.M. n. 55 del 2014 secondo i valori medi ridotti del 20% per tutte le fasi del giudizio attesa la non complessità e serialità delle questioni in fatto e in diritto trattate. Non si procede, invece, alla restituzione delle spese richieste per l'accertamento tecnico preventivo, posto che questo non è stato effettuato. Quanto alle spese per la mediazione obbligatoria, queste vanno liquidate secondo i parametri di cui al D.M. n. 180 del 2010, posto che alla data di svolgimento dell'incontro nonché di conclusione della procedura (2020) non era ancora in vigore il D.M. n. 150 del 2023. Tenuto conto del valore della controversia come sopra determinato, le spese di lite vanno liquidate in complessivi Euro 180 (comprensivi anche dei costi per l'attivazione). Le spese di CTU seguono la soccombenza e vanno poste a carico dell'istituto di credito convenuto. P.Q.M. Il Tribunale in composizione monocratica, definitivamente pronunciando, ogni contraria ed ulteriore istanza, domanda ed eccezione respinte o assorbite, così provvede: ACCOGLIE la domanda proposta da Lu.Pa., già titolare di S.C.A.D.P.L., con riferimento ai conti corrente n. (...) e n. (...), poi divenuto n. (...) per le ragioni e nei limiti di cui in motivazione; CONDANNA parte convenuta In. s.p.a alla restituzione in favore di parte attrice dell'importo di Euro 5919,84, oltre interessi nella misura di cui all'art. 1284 comma 4 c.c. dal 25.6.2019 al saldo; CONDANNA parte convenuta In. s.p.a, al pagamento in favore dell'attore, delle spese di lite, che liquida in Euro 180 per la fase di mediazione obbligatoria, Euro 545 per spese, ed in Euro 4061,60 per compensi, oltre spese generali nella misura del 15%, IVA e CPA come per legge; PONE le spese di CTU definitivamente a carico della banca convenuta. Così deciso in Padova il 27 febbraio 2024. Depositata in Cancelleria l'1 marzo 2024.
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