Sentenze recenti Tribunale Padova

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  • IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE ORDINARIO DI PADOVA SECONDA SEZIONE CIVILE in composizione monocratica, pronunzia la presente SENTENZA nel proc. n. 7663/2021 RG promosso da (...), residente a Padova, (...), residente a Padova, (...), rappresentati e difesi dagli avv.ti (...) con domicilio eletto presso il loro studio del primo in Dolo (VE), (...) e con domicilio digitale eletto ai sensi dell'art. 16 sexies D.L. 179/2012 agli indirizzi pec: (...) contro (...) (...), entrambi residenti in Padova (PD), (...), rappresentati e difesi, per procura in calce al presente atto, dagli avv.ti (...) del Foro di Padova, con domicilio digitale eletto presso gli indirizzi di posta elettronica certificata (...) nonché contro (...) rappresentato e difeso dall'avv. (...), con domicilio eletto presso il di lui studio in Padova (...) con l'avv. (...) con la chiamata in causa di Condominio (...) contumace OGGETTO: risarcimento danni ai sensi dell'art. 2043 c.c. in edificio condominiale - responsabilità dell'amministratore MOTIVAZIONE 1. (...) comproprietari di un appartamento con annesso garage al piano terra sito in Padova, (...) facente parte del complesso di abitazioni denominato "Condominio (...)", amministrato da (...) espongono che il 19 dicembre 2019 si accorgevano dell'improvviso allagamento del loro garage. L'acqua scendeva abbondante a rivoli dal soffitto e si riversava all'interno del box, inzuppando i beni in esso contenuti, quali attrezzi dei figli, vestiti, scarpe ed effetti personali nonché una moto Harley Davidson. (...) cercava di porre al riparo i propri beni e avvertiva l'amministratore del Condominio (...), nonché i proprietari dell'appartamento sovrastante (...) e (...). Dopo alcuni giorni, gli attori scoprivano che le infiltrazioni d'acqua erano state generate dalla rottura di una tubazione idrica (lo scarico della vasca da bagno) dell'appartamento posto al piano superiore di proprietà dei predetti (...) e (...) riparata da una squadra di idraulici inviata dall'amministratore (...). Quest'ultimo li rassicurava, informandoli che avrebbe aperto un sinistro sulla polizza condominiale che presentava garanzia sottoscritta a tutela dei danni da acqua condotta al fabbricato e al contenuto delle singole unità abitative e che quindi nulla vi era da preoccuparsi per quanto concerneva il ristoro dei danni subiti. La Compagnia di assicurazione (...), a seguito della denuncia dell'amministratore del Condominio, apriva il sinistro n. (...) e veniva eseguito il sopralluogo esplorativo da parte del perito incaricato. Tuttavia, la stessa Compagnia, con raccomandata del 2.10.2020, comunicava il diniego dell'indennizzo in quanto la polizza decorreva solo dalle ore 24 del 20.12.2019. Gli attori venivano in tal modo a sapere che l'amministratore non aveva adempiuto a quanto deliberato dall'assemblea del 23.10.2019 di approvazione del bilancio preventivo di gestione ordinaria dall'1.07.2019 al 30.06.2020, ove era stata prevista la voce di spesa per la stipula (rectius rinnovo) dell'assicurazione polizza globale fabbricati. Ciò premesso, (...) e (...) hanno convenuto in giudizio sia (...) e (...) (...) sia (...), per sentirli condannare al risarcimento dei danni subiti, quantificati in complessivi euro 15.000,00. (...) e (...) resistono ed hanno chiesto di essere manlevati da (...) chiedendo anche la sua condanna al pagamento delle spese condominiali poste a loro carico nei bilanci 2019/2020 e 2020/2021 sempre per il ripristino delle parti comuni e private necessitato dalla predetta perdita d'acqua per la complessiva somma di euro 1.595,00, oltre ad euro 697,60 per spese di mediazione, chiedendo che l'accertamento fosse effettuato anche nei confronti del Condominio, che è stato così chiamato in causa, rimanendo contumace. Anche (...) resiste. La causa è stata istruita mediante l'assunzione delle deposizioni dei testi (...), (...) (v. udienza 28.02.2023), e con il deposito di ctu estimativa dei danni del p.i. (...). Precisate le conclusioni e scaduti i termini previsti dall'art. 190 c.p.c., la causa passa ora in decisione. 2. Dalle concordi deposizioni di (...) e di (...) risulta che la perdita d'acqua è stata causata dalla vasca del sovrastante appartamento dei convenuti (...) (...) e (...) Il danno è stato dal ctu quantificato in complessivi euro 5.266,40 (iva compresa). (...) e (...) vanno pertanto condannati in solido a pagare tale somma agli attori (...) e (...). 3. Sussiste anche la responsabilità dell'amministratore (...) poiché è pacifico che egli non ha provveduto a stipulare l'assicurazione deliberata dall'assemblea il 2223.10.2019. Non ha alcuna rilevanza che (...) e (...) fossero morosi nel pagamento delle spese condominiali, né che l'assicurazione fosse destinata a coprire anche parti private dei singoli condomini. Nessuna di tali circostanze esimeva l'amministratore dall'adempiere a quanto deciso dall'assemblea condominiale, come conferma il fatto che il giorno dopo il sinistro l'amministratore ha provveduto a stipulare la polizza richiesta. 4. Lo stesso amministratore (...) deve tenere indenne anche i predetti convenuti, in quanto anche nei loro confronti è inadempiente all'obbligo di stipulare la polizza nascente dalla cit. delibera condominiale. Egli deve anche restituire loro la somma di euro 1.595,00 dagli stessi pagata quali spese condominiali a loro addebitate sempre a causa della predetta perdita d'acqua, senza che rilevi la mancata attivazione della mediazione (v. Cass., sez. un., 7.02.2024, n. 3452), né il fatto che (...) e (...) con abbiano impugnato i bilanci 2019/2020 e 2020/2021 che tali spese hanno approvato, poiché si tratta di res inter alios. 5. Si impongono quindi le declaratorie di cui in dispositivo. Le spese di giudizio, comprese quelle di ctu, seguono la soccombenza. P Q M definitivamente pronunziando, condanna (...) e (...) nonché (...) tutti in solido, a pagare a (...) e (...) la complessiva somma di euro 5.266,40 con interessi legali dalla data odierna al saldo, oltre agli interessi legali sulla stessa somma, devalutata alla data del 19.12.2019 e quindi rivalutata anno per anno sulla base degli indici Istat. Condanna (...) tenere indenne (...) e (...) a quanto saranno costretti a pagare a (...) e (...) per capitale, interessi e spese. Condanna inoltre (...) a pagare a (...) e (...) la complessiva somma di euro 1.595,00 con interessi legali dalla prima messa in mora al saldo. Condanna (...) e (...) e (...) in solido, a rifondere a (...) e (...) le spese di giudizio, liquidate in euro 237,00 per spese ed euro 5.077,00 per compenso professionale, oltre accessori di legge e spese generali. Condanna (...) a rifondere a (...) e (...) le spese di giudizio (comprensive della fase della mediazione), liquidate in euro 98,00 per spese ed euro 5.077,00 per compenso professionale, oltre accessori di legge e spese generali. Pone infine le spese di ctu definitivamente a carico di (...). Padova, 30 maggio 2024.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Tribunale di Padova SEZIONE SECONDA CIVILE Il Giudice, dott. Elisa Rubbis, ha pronunziato la seguente SENTENZA nella causa iscritta al n. 7586/2020 R.G. TRA (...), c.f.: (...), elettivamente domiciliato in VIA (...) 35128 PADOVA presso lo studio dell'Avv. SC.CL., c.f.: (...), dal quale è rappresentato e difeso - ATTORE- E COMUNE DI PADOVA, c.f.: (...), elettivamente domiciliato in PIAZZALE (...) 35131 PADOVA, presso lo studio dell'Avv. RO.CA., c.f.: (...), dal quale è rappresentato e difeso - CONVENUTO - Oggetto: Responsabilità ex artt. 2049 - 2051 - 2052 c.c.. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con atto di citazione, ritualmente notificato il 14/12/2020, il Sig. (...) conveniva in giudizio, davanti all'intestato Tribunale, il Comune di Padova, per accertare e far dichiarare la responsabilità ai sensi degli articoli 2051 e 2043 e segg. c.c., e per l'effetto udirlo condannare al pagamento della somma di complessivi Euro 47.458,84 oltre interessi legali, a risarcimento di tutti i danni, patrimoniali e non, patiti in conseguenza del sinistro occorsogli alle ore 17:30 circa del 14/05/2019 mentre percorreva, in sella alla propria bicicletta, via F. in P., verso via (...) e cadeva rovinosamente in terra a causa di una buca presente sul manto stradale in corrispondenza del civico 404. La caduta, avvenuta in presenza di testimoni, provocava al Sig. (...) gravi lesioni personali. La responsabilità veniva sostenuta come del custode,ovvero il Comune di Padova, che ha in gestione il tratto stradale in questione, avendo lo stesso omesso di svolgere l'ordinaria attività di manutenzione e di installare prontamente le opportune cautele necessarie ad evitare sinistri stradali. Si costituiva il Comune convenuto, a mezzo del suo difensore, depositando comparsa di risposta e fascicolo ed eccependo la nullità dell'atto di citazione ai sensi del disposto di cui all'articolo 164, quarto co. c.p.c., perché asseritamente notificato incompleto. Il convenuto eccepiva anche la nullità della procura e nel merito, sostenendo che il danneggiato ha l'onere di provare puntualmente le circostanze del fatto ed il rapporto di causalità tra la cosa in custodia, l'evento ed i danni lamentati, chiedeva, pertanto, il rigetto di tutte le domande contro di lui proposte contestando l'an ed il quantum o, quanto meno, che fosse accertato il minor dovuto per concorso colposo del danneggiato. Il patrocinio del Comune di Padova, pertanto, formulava le seguenti "CONCLUSIONI - Contrariis reiectis, IN VIA PRELIMINARE: accertarsi e dichiararsi la nullità dell'atto introduttivo per le ragioni esposte in narrativa e contestualmente pronunciarsi idoneo provvedimento; sempre in via preliminare accertarsi e dichiararsi la nullità della procura disponendosi i conseguenti provvedimenti. Sin d'ora e con ogni riserva al prosieguo, NEL MERITO, IN VIA PRINCIPALE: respingersi le domande attoree tutte poiché infondate in fatto e diritto e non provate, mandandosi conseguentemente assolto il convenuto Comune di Padova da tutte le pretese formulate nei suoi confronti; IN VIA SUBORDINATA, (...): per la non creduta ipotesi di accoglimento anche parziale delle domande attoree, accertato e pertanto ridotto il quantum debeatur in ragione del prevalente apporto causale dell'attore nel verificarsi del danno ed in aderenza alle rigorose risultanze istruttorie del presente giudizio; In ogni caso con vittoria di spese e compensi di causa, oltre rimborso forfettario 15% ed ulteriori accessori di legge ex D.M. n. 55 del 2014 e succ.mm.ii. IN VIA ISTRUTTORIA: senza inversione dell'onere probatorio, non assolto da parte attrice, si fa comunque ogni riserva in concedende memorie autorizzate di merito e istruttorie ex art. 183 VI c.p.c. Con ogni riserva di rito, di merito e istruttoria all'esito dei provvedimenti del Giudice adito sulle preliminari eccezioni di nullità e, nel prosieguo, in concedende memorie ai sensi e nei termini di cui all'art. 183 VI comma c.p.c.". A seguito di udienza a trattazione cartolare in data 23/03/2021, il Giudice, rigettate le eccezioni del convenuto in quanto la nullità dell'atto di citazione è stata sanata dalla sua costituzione in giudizio, rinviava la causa all'udienza cartolare del 12/10/2021, concedendo in ogni caso i termini di rito di cui all'art. 183, sesto co. c.p.c. Nelle memorie ex art. 183, sesto co. c.p.c., le parti hanno sostenuto ciascuna le proprie ragioni e formulato le richieste istruttorie. Esaurita l'istruzione mediante escussione del teste attoreo ed espletata CTU medicolegale. La C.T.U., poi, così ha concluso: "nell'evento del 14/5/19 il Signor (...) riportava un trauma lombare con frattura somatica amielica e distacco dello spigolo antero-superiore di L2. E' conseguito un periodo di danno biologico temporaneo pari a 45 (quarantacinque) giorni al 75%, 30 (trenta) giorni al 50% e 30 (trenta) giorni al 25%. Residua un danno permanente stimabile nella misura del 12% (dodici per cento). Il livello di sofferenza è stato medio durante il periodo di malattia post- traumatica e mediolieve a postumi stabilizzati. Risultano congrue spese di cura e riabilitazione pari a Euro 4.466,80 comprensive della relazione medico-legale di parte; si segnala che per le terapia fisiche e per la perizia medico legale trattasi di preavvisi di fattura; risultano inoltre congrue le spese di assistenza medicolegale alla CTU secondo i correnti tariffari (...). Non si prevedono spese future di carattere sanitario. Inviata la bozza ai Consulenti delle Parti, concordano con le valutazioni della sottoscritta CTU non sollevando istanze formali". Dipoi la causa giungeva a conclusioni e successivamente trattenuta in decisione previa assegnazione dei termini ex art. 190 c.p.c. per il deposito di comparse conclusionali e repliche. Preliminarmente vanno rigettate le preliminari eccezioni sollevate dal Comune. Invero il convenuto eccepisce la nullità dell'atto di citazione ai sensi dell'art. 164, quarto co. c.p.c. e della procura alle liti, asseritamente incompleta e priva della sottoscrizione dell'attore nonché della relativa autentica da parte del difensore. Conseguentemente, il Comune di Padova formula la seguente richiesta nelle proprie conclusioni: "IN VIA PRELIMINARE: con ogni riserva di gravame, accertarsi e dichiararsi la nullità dell'atto introduttivo per le ragioni esposte in atti e contestualmente pronunciarsi idoneo provvedimento; sempre in via preliminare accertarsi e dichiararsi la nullità della procura, disponendosi i conseguenti provvedimenti". Il Comune di Padova ha ribadito nel corso della causa di non essere stato in grado di "individuare con certezza né la cosa oggetto della domanda - indicando esclusivamente l'importo complessivo della domanda -, né i fatti e gli elementi di diritto posti a fondamento della pretesa, costituenti le ragioni della domanda medesima, essendo ignota ogni circostanza utile ad individuare i fondamenti di tale richiesta, né infine le conclusioni definitivamente assunte con la precisazione delle domande" in quanto la notifica di un atto introduttivo privo di una pagina ogni due, non lo ha consentito (cfr. comparsa conclusionale ). In realtà, proprio la giurisprudenza citata da parte convenuta conferma "la sanatoria dell'invalidità in caso di raggiungimento dello scopo e, cioè, di costituzione del convenuto" (Cass. Civile, ordinanza n. 28810/2019) in quanto la costituzione del convenuto comporta la sanatoria dell'atto difforme dal paradigma legale per il raggiungimento dello scopo, ex art. 156, terzo co., c.p.c. La Corte di Cassazione afferma anche "che l'identificazione della "causa petendi" della domanda va operata con riguardo all'insieme delle indicazioni contenute nell'atto di citazione e dei documenti ad esso allegati" (Cfr. Cass. Civile n. 11751/2013) ed è bene precisare che gli allegati attorei descrivono molto bene le ragioni della domanda. Non corrisponde al vero, infine, che vi sia nell'atto introduttivo una incertezza assoluta della cosa oggetto della domanda, come erroneamente afferma parte convenuta, dal momento che l'asserita imperfezione dell'atto non ha impedito al convenuto di avere conoscenza del processo e di predisporre le proprie difese. Successivamente, si è dato atto che è stata depositata la procura alle liti con sottoscrizione ed autentica. Quanto all'an debeatur, parte attrice aveva l'onere di provare rigorosamente il fatto storico ed il nesso causale tra la cosa in custodia, l'evento ed i danni lamentati. Onere del cui assolvimento la Suprema Corte sottolinea la particolare rilevanza "nei casi in cui il danno non sia l'effetto di un dinamismo interno alla cosa, scatenato dalla sua struttura o dal suo funzionamento (scoppio di una caldaia, esalazioni venefiche da un manufatto, ecc.), ma richieda che al modo di essere della cosa si unisca l'agire umano ed in particolare quello del danneggiato, essendo essa di per sé statica e inerte. In tali casi, infatti, ai fini della prova del nesso causale, il danneggiato è tenuto a dimostrare che lo stato dei luoghi presentava un'obiettiva situazione di pericolosità, tale da rendere molto probabile, se non inevitabile, il danno (Cass. civ. Sez. 6 - 3, 20/10/2015, n. 21212; Cass. civ., Sez. 3, 13 marzo 2013, n. 6306)". Ritiene il Tribunale che l'istruttoria del giudizio non ha offerto alcuna prova univoca, né superato le eccezioni svolte da parte convenuta con riferimento al comportamento causalmente rilevante tenuto dal ciclista. Tale onere probatorio viene limitato all'escussione del teste (...), la cui inattendibilità risulta per tabulas dalla stessa dichiarazione dal medesimo sottoscritta e dimessa agli atti dalla difesa attorea sub doc. (...), ove si afferma che il (...) soccorse l'attore "portandolo all'ospedale" in palese ed insanabile contrasto con il referto del Pronto Soccorso (doc. 4 di parte attrice ), recante data successiva a quella dell'evento (15.05.2019 h.: 10:33): unico documento dotato di fede privilegiata sino a querela di falso. Tale inconciliabile discrepanza effettivamente priva di qualsiasi attendibilità e affidabilità tanto il documento 2 prodotto quanto, come è ovvio, il suo sottoscrittore, sottolineando altresì che il certificato medico del PS indica "trauma da caduta accidentale" e non, come sarebbe stato più logico, "trauma della strada", gettando con ciò ulteriori dubbi circa la reale dinamica dell'evento e causa delle lamentate lesioni. Il teste riferiva che il giorno 14 maggio 2019 alle ore 17.30 circa alla guida dell'autovettura di sua proprietà percorreva Via F. in P. e davanti a lui si trovava il Signor (...) in sella ad una bicicletta che percorreva detta via in prossimità del margine destro della carreggiata. Giunti all'altezza del civico n. 404 di Via F. era presente sul manto stradale la buca come da fotografia che gli si è rammostrata. Quindi, ha ribadito il teste, il Signor (...) cercava di evitare la buca sul manto stradale ma, data la presenza di un'autovettura sulla sua sinistra, non riusciva ad evitarla e perdeva l'equilibro, cadendo rovinosamente a terra e non poteva scansarla perché stava sopraggiungendo un'auto che lo stava superando. In quel frangente il Sig. (...) era immediatamente dietro all'auto ed ha pensato che l'auto avrebbe investito il ciclista, vista la scena. Il teste pertanto rispondendo al cap. 3 introduce una circostanza mai precedentemente prospettata in atti - la presenza di un'autovettura sulla sinistra del ciclista. A fronte di ciò, comunque dalle dichiarazioni testimoniali - se effettivamente il teste escusso abbia assistito all'evento per cui oggi è causa - emerge che, più che a causa della insidiosità della buca per la sua presenza, estensione e collocazione sulla sede stradale e nella direzione di marcia dell'attore, questo ci sia finito dentro, con conseguente perdita di equilibrio e caduta, per essersi trovato improvvisamente davanti un'autovettura che lo stava superando a velocità non commisurata alle condizioni della strada ("stava sopraggiungendo un'auto che lo14 stava superando"; "l'andatura era di 50 km/h" ). Quindi, trovandosi all'improvviso la strada sbarrata - sempre se effettivamente il teste escusso abbia assistito all'evento per cui oggi è causa e questo si sia verificato secondo le modalità dallo stesso descritte - il signor S., forse anche spaventato dal pericolo che l'auto così rappresentava, non fu in grado di evitare la buca e porre in essere alcuna manovra evasiva che gli avrebbe consentito di non cadere. Quindi la caduta, anche all'esito delle prove orali, non può ritenersi riconducibile alla presenza della buca in sé, quanto piuttosto dalla disattenzione e incapacità dell'attore di mantenere il proprio mezzo in equilibrio e financo arrestarlo per evitare la buca. Pertanto la prospettazione che il ciclista sia stato accompagnato in ospedale il giorno stesso, che lì abbia lungamente atteso e poi se ne sia tornato a casa è soltanto riferito in atti da parte attrice e dichiarato dal B., senza che ci sia alcuna attestazione documentale di tali fatti, nemmeno un verbale di accesso al Pronto Soccorso. Non vi è, pertanto alcuna "perfetta coerenza tra le dichiarazioni rese in giudizio ed i documenti allegati". Inoltre nel verbale del Pronto Soccorso di Padova del 15.05.2019 si legge alla voce anamnesi "ieri pomeriggio trauma..." e sulla dinamica "il paziente riferisce di aver precisato le caratteristiche della caduta a terra che sarebbe avvenuta mentre era in bicicletta e su una buca" (cfr. all. doc. 4) senza alcun riferimento a sorpasso azzardato di autovettura alla sua sinistra. Peraltro il Comune, titolare della strada oggetto del sinistro, non risponde per la caduta del danneggiato, cagionata dal dissesto, quando le condizioni del manto stradale sono immediatamente percepibili da chiunque, come risulta dalle pose fotografiche dimesse in atti da parte attrice. "Tanto in ipotesi di responsabilità per cose in custodia ex art. 2051 c.c., quanto in ipotesi di responsabilità ex art. 2043 c.c., il comportamento colposo del danneggiato (che sussiste quando egli abbia usato un bene senza la normale diligenza o con affidamento soggettivo anomalo) può -in base ad un ordine crescente di gravità -o atteggiarsi a concorso causale colposo (valutabile ai sensi dell'art. 1227 c.c., comma 1), ovvero escludere il nesso causale tra cosa e danno e, con esso, la responsabilità del custode (integrando gli estremi del caso fortuito rilevante a norma dell'art. 2051 c.c.)"con la conseguenza che "quanto più la situazione di possibile pericolo è suscettibile di essere prevista e superata attraverso l'adozione delle normali cautele da parte dello stesso danneggiato, tanto più incidente deve considerarsi l'efficienza causale del comportamento imprudente del medesimo nel dinamismo causale del danno, fino a rendere possibile che detto comportamento interrompa il nesso eziologico tra fatto ed evento dannoso (espressamente in tali termini: Cass. 06/05/2015, n. 9009; in precedenza, peraltro, già Cass. 10300/07)". Invero l'attore aveva ogni opportunità, ove avesse posto la minima attenzione alle condizioni della strada che si dipanava rettilinea e priva di ostacoli innanzi a lui, di avvedersi tempestivamente della presenza di una buca di ampie dimensioni quale quella allegata, della cui presenza egli doveva essere senz'altro a conoscenza risiedendo in prossimità dei luoghi. Pertanto la condotta del danneggiato è interruttiva del nesso di causalità sulla base della premessa che quanto più la situazione di possibile danno è percepibile tanto più incidente deve considerarsi la condotta del danneggiato, in presenza di molteplici e visibili sconnessioni, percepibili con minima attenzione data l'ora diurna e la piena visibilità. Tali considerazioni in relazione all'an consentono di ritenere assorbita ogni questione relativa al quantum La domanda attorea va, quindi, rigettata. In considerazione dell'esito della lite, tenuto conto della reciproca parziale soccombenza le spese di lite vanno integralmente compensate. P.Q.M. Il Tribunale di Padova, definitivamente pronunciando, così provvede: Rigetta la domanda attorea. Dichiara integralmente compensate tra le parti le spese del giudizio. Così deciso in Padova il 13 giugno 2023. Depositata in Cancelleria il 14 giugno 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE ORDINARIO DI PADOVA SECONDA SEZIONE CIVILE in composizione monocratica, terminata la discussione orale, ha pronunziato, mediante lettura in udienza (art. 281 sexies c.p.c.), la presente SENTENZA promosso da (...) con gli avv.ti Or.Ma. e Pi.Ri. contro (...), (...) e (...) (in qualità di eredi legittimi di (...)) contumaci nonché contro Società (...) con l'avv. Lo.Lo. OGGETTO: incidente stradale - investimento di un pedone MOTIVAZIONE In data 30.05.2012, verso le ore 19.30, l'attrice (...) stava attraversando a piedi via (...) ad E. (P.), all'altezza dell'intersezione con via V., nei pressi del supermercato (...), quando veniva investita dalla Ford Fiesta targata (...), condotta e di proprietà di (...), assicurato con la Società (...), ritualmente costituita (a (...), già prima del giudizio, sono succeduti i suoi eredi legittimi (...), (...) e (...), rimasti tutti contumaci). (...) proveniva dalla sinistra rispetto alla direzione di attraversamento dell'attrice. (...) non si accorgeva della sua presenza e la investiva con la parte centrale/sinistra della sua autovettura. L'attrice, caricata sul cofano, andava a sbattere violentemente il capo contro l'angolo basso di sinistra del parabrezza anteriore, veniva catapultata sulla sinistra del veicolo investitore, cadendo infine rovinosamente al suolo. Osserva questo tribunale che tale dinamica del sinistro emerge con chiarezza dalla relazione di incidente stradale redatta alle ore 19.30 dalla Compagnia Carabinieri di Este (doc. 101 attoreo), che per altri motivi si trovavano già nelle vicinanze e sono quindi giunti sul posto dopo 2 soli minuti dall'incidente: i verbalizzanti hanno anche precisato di non aver reperito - tra i presenti - testimoni oculari, di non aver riscontrato tracce di frenata e che le strisce pedonali si trovavano ad oltre m 100 di distanza. Alla luce di tale chiara dinamica dell'investimento dell'attrice, che rende senz'altro superflua la ctu ammessa da altro giudice e quindi revocata dallo scrivente, questo tribunale ricorda che, per giurisprudenza costante, in caso di investimento di un pedone, il conducente del veicolo investitore può vincere la presunzione di colpa posta a suo carico dall'art. 2054, comma 1, c.c., dimostrando che non vi era alcuna possibilità di prevenire ed evitare l'evento. A tal fine, non è sufficiente l'accertamento del comportamento colposo del pedone, ma è necessario che si dia prova non solo che il predetto abbia tenuto una condotta anormale e ragionevolmente non prevedibile, ma anche che il conducente abbia adottato tutte le cautele esigibili in relazione alle circostanze del caso concreto, pure sotto il profilo della velocità di guida mantenuta (v. Cass. 28.03.2022 n. 9856). L'anomalia della condotta del pedone che, in caso di investimento al di fuori delle strisce di attraversamento, consente di ritenere superata la presunzione di responsabilità esclusiva del conducente prevista iuris tantum dal cit. art. 2054, primo comma, c.c., non coincide con la mera inosservanza dell'obbligo di dare la precedenza ai veicoli in transito, ma esige la dimostrazione che egli, violando le regole del codice della strada, si sia portato imprevedibilmente dinanzi alla traiettoria di marcia del veicolo investitore (v. Cass. 18.11.2014 n. 24.472). In caso di investimento pedonale, la circostanza che il pedone abbia repentinamente attraversato un incrocio regolato da semaforo per lui rosso, non vale ad escludere la responsabilità dell'automobilista, ove tale condotta anomala del pedone fosse - per le circostanze di tempo e di luogo, che avrebbero consigliato una maggiore prudenza e in particolare una minore velocità - ragionevolmente prevedibile. (nel caso deciso da Cass. 19.02.2014, n. 3964, il conducente si trovava in pieno centro città, in una zona di attraversamento pedonale e in una giornata piovosa). Nella fattispecie concreta, la responsabilità è integralmente dello S., in quanto manca completamente la prova che egli non avesse alcuna possibilità di prevenire ed evitare l'evento, come attesta anche la mancanza di tracce di frenata. Ed inoltre, la vicinanza del supermercato gli imponeva una maggiore prudenza e in particolare di tenere una minore velocità. Né è emerso che l'attrice abbia tenuto un comportamento imprudente e pericoloso. La dinamica sopra descritta dimostra che (...) non ha minimamente visto che l'attrice stava attraversando la strada e che l'ha investita in pieno senza nemmeno accorgersene. Passando quindi al danno biologico subito da quest'ultima (nata il 14.02.1995), sulla base della ctu medico legale del dott. (...) e della attuali tabelle del tribunale di Milano, risulta quanto segue, precisando che si è appesantito sia il punto di invalidità permanente sia quello per la temporanea a causa sia della sofferenza di grado elevato, sia per l'inestetismo subito al viso. Data del sinistro: 30-05-2012 Concorso di colpa: 0% Tabella scelta: Tribunale Milano 2021 (decorrenza: 01-01-2021) (...): Importi tabellari rapportati alla data del sinistro (c.d. aestimatio) Danneggiato (...): utilizzata colonna 18 per 17 anni compiuti Danno non patrimoniale (biologico - Tabelle di liquidazione) Punto tabellare di invalidità (18 anni): 5.404,82 Punto scelto liberamente dall'utente: Diaria giornaliera da tabella: 123,50 Diaria giornaliera scelta liberamente dall'utente: 130,00 A1) Invalidità permanente (punti di I.P.: 28,0%) Euro. 151.335,00 Sub totale A1) aumentato dall'utente del 2,00% (cd. punto variabile) Euro. 154.361,70 Sub totale A1) devalutato alla data della fine della invalidità temporanea Euro. 148.750,82 A2) Invalidità temporanea al 100% Giorni 17 Euro. 2.210,00 A3) Invalidità temporanea al 75% Giorni 60 Euro. 5.850,00 A4) Invalidità temporanea al 50% Giorni 100 Euro. 6.500,00 A5) Invalidità temporanea al --% Giorni -- Euro. 0,00 A6) Invalidità temporanea al --% Giorni -- Euro. 0,00 Sub totale A2)-A5) devalutato alla data del sinistro Euro. 13.951,49 Totale A Euro. 168.921,70 D2) Spese mediche Euro. 9.667,84 Totale D Euro. 9.667,84 Rivalutazione (dalla data del sinistro alla data della liquidazione) Euro. 33.852,40 Interessi legali sul capitale via via rivalutato annualmente Euro. 14.141,60 Totale dovuto Euro 220.364,15 da cui vanno detratti acconti per complessivi Euro 60.000,00 (pagati in data imprecisata) Si impongono quindi le declaratorie di cui in dispositivo. Le spese di giudizio, comprese quelle di ctu e di ctp medico legale, seguono la soccombenza. P.Q.M. definitivamente pronunziando, condanna gli eredi di (...) (ciascuno nei limiti della propria quota ereditaria) e Società (...), in solido, a pagare a (...) la somma di Euro 160.364,15 con interessi legali dalla data odierna al saldo, oltre alle spese di giudizio, liquidate in Euro 1.241,00 per spese ed Euro 14.103,00 per compenso professionale (comprensivi della negoziazione assistita), oltre accessori di legge e spese generali, ed oltre Euro 1.830,00 per ctp medico legale. Pone anche le spese di ctu definitivamente a carico dei predetti. Ai sensi dell'art. 59, lett. d), del D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131 (come modificato dall'art. 7-quater, comma 43, lettera b), del D.L. 22 ottobre 2016, n. 193, convertito, con modificazioni dalla L. 1 dicembre 2016, n. 225), l'imposta prenotata a debito deve essere recuperata nei confronti di tutti i convenuti. Così deciso in Padova il 14 marzo 2023. Depositata in Cancelleria il 14 marzo 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE CIVILE DI PADOVA SEZIONE CONTROVERSIE DEL LAVORO IL GIUDICE DOTT. MAURO DALLACASA Esaurita la discussione orale e udite le conclusioni delle parti, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile riunite iscritte ai nn. 1638, 1644 e 1664 del Ruolo Generale Lavoro dell'anno 2020, promossa da: (...) + altri, (...) + altri, (...) (Avv. M.B.Ga., A.Ca.), contro (...) S.r.l. (Avv. (...)). In punto a: INTERMEDIAZIONE ILLECITA SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE I ricorrenti, dipendenti della soc. coop. (...) e, in qualità di soci lavoratori dal 1.5.14, dopo avere lavorato alle dipendenze di altre cooperative, tutte appaltatrici, come l'attuale datore di lavoro, dell'appalto relativo ai servizi di logistica del magazzino di Mestrino, e cioè all'attività di ricevimento merce, di stoccaggio e di preparazione per la consegna ai punti vendita, hanno allegato in ricorso di avere svolto continuativamente, presso tutti i datori di lavoro, le mansioni di carrellista o di pickerista. I ricorrenti hanno allegato che tutti i mezzi strumentali utilizzati per lo svolgimento dell'appalto erano in proprietà del committente; che le direttive di lavoro erano ricevute direttamente da (...), sia attraverso terminali mobili, gestiti da un software di proprietà di (...) da cui ricevevano le indicazioni sulle singole operazioni da compiere, per il prelievo e lo stoccaggio della merce, sia, nel caso di errate informazioni fornite dal sistema, direttamente dal personale (...). I lavoratori poi dovevano registrare tutte le operazioni compiute sui medesimi apparati informatici, in modo che (...) potesse avere un quadro aggiornato della merce presente in magazzino; al contempo tali registrazioni attestavano anche la frequenza e l'oggetto dei singoli atti lavorativi compiuti da dipendenti di (...) e consentivano quindi un controllo diretto da parte di (...) sul loro operato. Viceversa, la cooperativa formalmente datrice di lavoro non svolgeva alcun ruolo di organizzazione del lavoro e di direzione dei suoi dipendenti. I ricorrenti hanno quindi chiesto accertarsi la illiceità dei contratti formalmente qualificati come appalti con tutte le società che si sono succedute nel tempo, costituendo esse mere intermediatrici di prestazioni lavorative, e accertarsi quindi la costituzione di un rapporto di lavoro con (...), a decorrere dalla prima assunzione presso la coop. (...) e comunque dalla data di prima assegnazione all'appalto di Mestrino, con inquadramento al quarto o al quinto livello del c.c.n.l. del commercio. La società convenuta si è costituita in giudizio, chiedendo il rigetto del ricorso. Ha eccepito la decadenza ex art. 32 L. 183/10, in relazione ai periodi di lavoro corrispondenti agli appalti intercorsi con i precedenti datori di lavoro, allegando la data in cui i ricorrenti sono stati assunti da (...); ha eccepito la prescrizione quinquennale dei crediti; ha eccepito anche l'inammissibilità del ricorso, limitatamente ad alcuni ricorrenti, per effetto di conciliazioni con gli stessi intervenuti, in cui era stata riconosciuta la legittimità dei precedenti appalti, o per effetto di una precedente domanda di pagamento rivolta nei confronti dell'apparente datore di lavoro nonché nei confronti dell'attuale convenuta, a titolo di responsabile solidale ex art. 29 D.Lgs. 276/03; ha allegato di applicare, dal 1.1.19, il c.c.n.l. Federdistribuzione che prevede che l'addetto al carico/scarico sia inquadrato al sesto livello. In particolare, con riguardo al ricorrente (...), ha allegato che egli in data 18.3.14 aveva proposto analoga domanda, accolta, e che la causa pende in sede di appello; con riguardo al ricorrente (...) ha allegato che egli in data 8.5.15 aveva proposto analoga domanda, respinta, e che la sentenza è passata in giudicato; con riguardo ai ricorrenti (...) ha allegato che essi sono stati adibiti all'appalto per cui è causa solo a partire dal 1.9.14; con riguardo a quest'ultimo, e altresì con riguardo a (...) ha allegato che essi non sono mai stati dipendenti di (...) e (...) comunque non erano adibiti all'appalto, venendo assunti da (...) rispettivamente in data 1.5.14, 18.5.15 e 2.5.14; con riguardo ai dipendenti (...) ha allegato che il rapporto con (...) e (...) era cessato per dimissioni. Ha allegato che i mezzi utilizzati per la movimentazione dei prodotti (transpallet, carrelli, lavapavimenti) erano di proprietà della appaltatrice o acquisiti in leasing. La società convenuta ha riconosciuto che per quanto riguarda l'attività di scarico e di accettazione: all'interno del magazzino all'ufficio rinvenimento merci opera personale di (...) che verifica la corrispondenza tra quanto perviene al magazzino e quanto ordinato dai fornitori; gli autisti che giungono in magazzino si rivolgono agli uffici (...) per conoscere a quale porta parcheggiare il mezzo; tale porta sarebbe concordata con il responsabile della cooperativa; il personale (...) stampa le etichette con i codici a barre (bulk) dei prodotti trasportati e li consegna ai responsabili della cooperativa; i lavoratori (...) e inseriscono il proprio codice e la password in un palmare e ritirano da apposite cassettine i bulk; si recano alla porta ove devono eseguire lo scarico, indicata nel bulk; controllano la corrispondenza tra quanto riportato in tale documento e la merce trasportata; scaricano la merce e affiggono le etichette sui pallets. Con riguardo ai compiti dei carrellisti, (...) ha riconosciuto che: il carrellista ritira un muletto dotato di tablet e lettore di codici a barre e seleziona la mansione affidatagli dal datore di lavoro; se deve prelevare i pallets scaricati, si reca presso le porte dove sono stati lasciati; legge il codice a barre e sul lettore compare la destinazione dello stesso; se sorgono problemi avvisa il responsabile della cooperativa che, se non è in grado di risolverlo, chiede il supporto del personale (...); se deve procedere all'abbassamento del pallets, legge sul tablet il luogo in cui deve recarsi, preleva il pallet e lo porta nel punto di caricamento; se deve movimentare gli espositori, riceve un bulk, contenente l'elenco dei pallets e degli espositori da trasportare e l'indicazione della porta presso cui trasportarli. Con riguardo al picking, (...) ha riconosciuto che il picker preleva un transpallet dotato di una cuffia e di un microfono, effettua il login e ritira da apposite cassettine le buste con le etichette da apporre; leggendo tramite il microfono il codice contenuto nell'etichetta, riceve indicazione della corsia e dello stallo ove deve recarsi per prelevare i colli che devono essere caricati sui pallets; giunto sul posto, pronuncia il codice dello stallo e il sistema gli indica quanti colli deve caricare; poi conferma l'esecuzione dell'operazione e il sistema gli indica dove portare il pallet per la spedizione. In corso di causa, era dichiarato estinto il giudizio proposto da (...) per rinuncia agli atti e all'azione. Vanno valutate le eccezioni preliminari della convenuta. Vanno considerate le posizioni di coloro che hanno svolto altre domande dirette ad accertare quel medesimo rapporto di lavoro che costituisce oggetto del presente giudizio (...); ovvero hanno dato atto, in sede conciliativa e nei confronti dell'odierna convenuta, della genuinità del rapporto di lavoro intercorso con il formale datore di lavoro e altresì della genuinità dell'appalto cui erano adibiti (...). Per costoro la domanda non può essere accolta; vuoi perché l'accertamento o il rigetto della precedente domanda non può non influire sulla domanda qui proposta, che è fondata sui medesimi presupposti, salvo la protrazione nel tempo del rapporto; vuoi perché la domanda attuale va contro il fatto loro proprio, che in sede conciliativa e protetta, hanno riconosciuto una realtà fattuale opposta a quella qui allegata; dovendosi rilevare che un accordo conciliativo (perché di conciliazione giudiziale si tratta, e non di transazione) ben può contenere l'accertamento negoziale di situazioni giuridiche; e che espressamente il ricorso attesta l'identità delle modalità con cui il rapporto di lavoro si sarebbe svolto alle dipendenze del supposto interponente, irrilevante essendo il succedersi delle cooperative interposte. Nessuna preclusione può invece derivare invece dalla conciliazione che altri ricorrenti hanno sottoscritto in data 7.06.14. Tale atto infatti riguarda il rapporto di lavoro intrattenuto con l'appaltatore (...) e sul piano oggettivo attiene alle pretese aventi fonte nel contratto di appalto e nel rapporto di lavoro intercorrente con (...). La conciliazione, dunque, non può investire diritti che nascono da un rapporto di lavoro intrattenuto direttamente con (...) e che pertanto suppongono non l'esistenza, ma la nullità dell'appalto. Nessuna preclusione può altresì derivare dalla diffida con cui taluno dei ricorrenti ha richiesto il pagamento delle proprie competenze ad (...), in qualità di committente. A parte che tale diffida risulta sottoscritta dai soli legali e non dai ricorrenti, ritiene il giudicante che il solo fatto di avere proposto richieste stragiudiziali fondate su causae petendi diverse da quelle spese in giudizio non comporti rinuncia preventiva a queste ultime, che ben possono essere esercitate sulla base di una valutazione successiva della situazione di fatto e dei diritti che ne sorgono. L'eccezione di decadenza non tiene conto della circostanza che il rapporto di lavoro di cui si chiede l'accertamento è proseguito in capo a diversi appaltatori, senza che sia stata allegata una soluzione di continuità o una variazione organizzativa delle modalità della prestazione; di modo che il termine di decadenza non è decorso, cominciando a decorrere dalla cessazione del rapporto con l'utilizzatore (cfr, l'art. 39 d.lgs.81/15 in materia di somministrazione). La giurisprudenza della Cassazione ha ripetutamente affermato che il termine di decadenza dell'art. 32, comma 4, lett. d), della legge n. 183 del 2010 non trova applicazione nel caso di azione tendente alla costituzione od all'accertamento dell'esistenza di un rapporto di lavoro nei confronti di un datore di lavoro "occulto", diverso da quello formalmente apparente, laddove non vi siano atti formali da impugnare riconducibili al primo (Cass. n. 24437/2022, Cass. 30490/2021. Cass. 14131/2020); è stato in particolare precisato che la decadenza di cui all'art. 32, comma 4, lett. d) della L. n. 183 del 2010, non trova applicazione nelle ipotesi di richiesta di costituzione o di accertamento di un rapporto di lavoro, ormai risolto, in capo a un soggetto diverso dal titolare del contratto, nelle quali manchi un provvedimento in forma scritta o un atto equipollente che neghi la titolarità del rapporto stesso (Cass. n. 40652/2021). Tale principio richiede peraltro, perché se ne faccia applicazione, che il rapporto di lavoro sia continuato ininterrottamente. Nel caso invece in cui siano state presentate le dimissioni, ovvero anche i lavoratori siano stati adibiti ad un diverso appalto, non allegato in ricorso, si determina una frattura nel rapporto, e quindi il tratto di esso che si sottrae alla decadenza è solo quello che decorre dall'assegnazione all'appalto ad opera di (...). L'eccezione di prescrizione non tiene conto del diverso operare della stessa dopo l'entrata in vigore della L. 92/12, a seguito della quale nessun rapporto di lavoro è assistito con certezza ex ante dalla tutela reale avverso i licenziamenti illegittimi, dipendendo la scelta tra tale tutela e quella indennitaria dall'accertamento ex post della natura del licenziamento e dalla tipologia di vizio; venendo così meno la condizione di certezza della tutela cui, per giurisprudenza costituzionale, era ancorata la decorrenza della prescrizione in corso di rapporto. Al fine della decisione della causa si deve dare risposta alla domanda di chi eserciti il potere di direzione sui lavoratori di (...), chi decide cioè chi deve fare cosa, quando e dove la deve fare. Il sistema descritto sopra, come altresì confermato dalla ctu svolta, è un sistema altamente informatizzato, in cui è il software che dialoga direttamente con l'operatore; nell'esecuzione del lavoro, tra la funzione di organizzazione della logistica e l'intervento esecutivo, non vi è altra mediazione umana. (...) non contesta che il programma informatico sia nella sua disponibilità e i dati che vi sono immessi, nonché l'algoritmo sulla base del quale vengono trattati, traducendosi in disposizioni di lavoro, sono al di fuori della sfera di competenza dell'appaltatore. Al fine di verificare se nella fattispecie in esame si sia verificata una intermediazione illecita di prestazioni lavorative, è necessario eliminare mentalmente la figura del preposto della cooperativa datrice di lavoro e verificare se il processo produttivo può svolgersi con le medesime modalità con cui in effetti si svolge, nella sua fisiologia. Secondo la ricostruzione delle fasi di lavoro compiuta dal ctu, una volta conosciuto il giorno di arrivo della merce "il personale (...) chiede alla cooperativa la disponibilità di personale per consentire le operazioni di stoccaggio" ... "il carellista legge attraverso un lettore il codice a barre... e, attraverso il terminale riceve attraverso il sistema informatico il posto dove dovrà stoccare la merce. Tale informazione avviene in maniera automatica da parte del sistema informatico". Ricevuti gli ordini dai punti vendita "un operatore (...) in base agli ordini presenti a sistema genera una serie di etichette Master...e per ogni Master vengono generate ulteriori etichette chiamate Mission". Le buste vengono consegnate manualmente dal capoturno della cooperativa agli operatori. L'operatore "interagisce con il sistema chiamando il numero della mission": il dialogo intercorre esclusivamente con il sistema, dalla ricerca del punto ove si trova la merce alla collocazione della stessa presso una porta di uscita. Il lavoro che carellisti e picker devono svolgere è puramente manuale e privo di autonomia; essi non decidono dove collocare la merce, essi devono collocarla dove il sistema ha loro indicato. L'efficienza dell'attività produttiva è legata alla reperibilità della merce e alla rapidità delle operazioni di trasporto. Nella sostanza, (e in buona parte già sulla base della descrizione fatta dalla convenuta), può dirsi che, se si eliminano mentalmente i c.d. responsabili della cooperativa, il lavoro dei dipendenti di (...) potrebbe egualmente svolgersi con le medesime modalità. Ciò perché esso è governato da un programma informatico che dice al lavoratore cosa deve essere spostato, dove si trova e dove deve essere portato. (...) nell'esemplificare le attribuzioni dell'appaltatore descrive funzioni che stanno a monte dello svolgimento della prestazione lavorativa: la formazione delle squadre e il numero delle operazioni, la sorveglianza sanitaria, la fornitura di DPI, ferie, permessi, retribuzioni. Sia detto absit iniuria verbis ma la formazione delle squadre, il numero dei lavoratori, il pagamento delle mercedi possono rientrare anche nei compiti assegnati al più classico dei caporali. E' del resto principio consolidato che il potere di direzione non coincide con la gestione amministrativa dei rapporti di lavoro, né esso si può ridurre al solo controllo in funzione disciplinare. E deve anche rilevarsi che lo strumento più efficace di controllo sui tempi di lavoro, quello delle registrazioni informatiche, certamente più pervasivo del controllo visivo di un preposto, è nella disponibilità non del datore di lavoro ma della committente. La possibilità di intervenire sul sistema informatico, o nel senso di gestire eventuali malfunzionamenti, o nel senso di correggere informazioni errate - cioè difformità tra la collocazione di fatto della merce e quella registrata - era nell'esclusiva disponibilità di (...). Sul punto, le specifiche allegazioni e i capitoli di prova dei ricorrenti non sono stati adeguatamente contrastati. Sotto questo rispetto deve rilevarsi che l'art. 29, primo comma, D.Lgs. 276/03 non contraddice la fattispecie codicista dell'appalto, richiedendo comunque che l'appaltatore organizzi i mezzi necessari all'esecuzione dell'appalto; solo ammettendo, quando ciò sia sufficiente, che l'organizzazione si risolva nell'esercizio dei poteri organizzativi e direttivi dei lavoratori; dovendosi quindi rilevare, nel caso in esame, un difetto di organizzazione, quando un fattore decisivo, quale quello costituito dall'hardware e dal software di un sistema informatico, sia governato dal committente. Per quanto riguarda invece lo spazio lasciato al residuo intervento umano sull'atto lavorativo - spazio che non può che riguardare situazioni impreviste o malfunzionamenti del sistema - è sufficiente richiamare il contenuto della riunione convocata dal responsabile di cantiere di (...) in data 27.01.21, cioè dopo il deposito del ricorso. In tale riunione il responsabile di cantiere si rivolgeva ai soci della cooperativa, prescrivendo di rivolgersi sempre al capo turno (...), l'unica abilitata a dare ordini. Nella sostanza, con ogni probabilità, nulla cambiava, perché quelli che potevano presentarsi come ordini di (...) dovevano, secondo l'espressione del capoturno, "passare dall'(...)"; e tuttavia, prima di quell'incontro, non esisteva nemmeno lo schermo di (...). Ciò vale a ritenere la fondatezza del ricorso anche con riferimento alle poche posizioni non interessate dalle procedure di direzione informatizzata del lavoro. In ordine alle date cui fare risalire il rapporto di lavoro, valgono quelle allegate dai ricorrenti, quando non contestate; mentre per il caso di contestazione, deve farsi riferimento alla data allegata di assunzione da (...) di assegnazione all'appalto di (...). Quanto all'inquadramento, non è contestato che il c.c.n.l. faccia rinvio all'inquadramento previsto dal c.c.n.l. del terziario, il quale colloca al quinto livello le figure del preparatore di commissione, dell'addetto al controllo e alla verifica delle merci e del conduttore di carrelli elevatori. I ricorrenti hanno tutti diritto a tale inquadramento, non potendo le loro mansioni essere ridotte a meri compiti di scarico e carico di merce. L'identità dell'inquadramento rende irrilevante accertare le mansioni specificamente svolte da ciascun ricorrente. Il regolamento delle spese segue in dispositivo, compensandosi le spese per i ricorrenti la cui domanda è rigettata per ragioni di carattere preliminare che non investono l'accertamento di merito compiuto in giudizio. P.Q.M. Il Giudice, definitivamente decidendo, ogni diversa domanda ed eccezione rigettata, dichiara improcedibili, per avere i ricorrenti già speso l'azione in sede giudiziale o conciliativa, le domande proposte da (...); dichiara che i ricorrenti devono considerarsi lavoratori dipendenti di (...) inquadramento al quinto livello del c.c.n.l., dalle seguenti date: (...) dal 1.11.12, (...) dal 9.5.07, (...) dal 14.2.12, (...) dal 11.5.14,? (...) dal 11.5.14, (...) dal 1.5.14, (...) dal 1.9.14, (...) dal 18.5.15 (...) dal 2.5.15, (...) dal 2.5.14, (...) dal 1.7.15, (...) dal 9.03.15, (...) dal 1.8.08, (...) dal 1.9.14, e condanna (...) a corrispondere le differenze dovute a tale titolo, detratto quanto percepito dal formale datore di lavoro, oltre interessi legali e rivalutazione monetaria sino al saldo; pone a carico di (...) le spese della ctu, che liquida in Euro (...) compensa le spese tra (...) e (...); condanna (...) a corrispondere agli altri ricorrenti le spese di causa, che liquida in Euro (...) da distrarsi in favore dei procuratori antistatari. Così deciso in Padova il 3 marzo 2023. Depositata in Cancelleria il 3 marzo 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO DI PADOVA SECONDA SEZIONE CIVILE Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. Margherita Longhi ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 6822/2019 promossa da: (...), con dell'avv. (...), elettivamente domiciliato in VIA (...); Attore contro (...), difesa dall'avv. (...); Convenuto Conclusioni delle parti. Conclusioni per l'attrice: (...) s.r.l.: come da note depositate in data 29.9.2022 in occasione dell'udienza di precisazione delle conclusioni del 6.10.2022 tenuta nelle forme di cui all'art. 221 comma 4 del di 34/2020; NEL MERITO, accertare e dichiarare la nullità degli oneri (interessi anatocistici, interessi ultra-legali, variazione dei tassi di interesse in senso sfavorevole al correntista, commissioni e spese) applicati dalla banca nell'ambito del rapporto bancario, per difetto di espressa e corretta pattuizione scritta ex art. 117 comma 4 TUB e/o per violazione del divieto di anatocismo ex art. 1283 c.c. e/o per violazione dell'art. 120 comma 2 TUB e/o per difetto di adeguata comunicazione ex art. 118 TUB; conseguentemente, rideterminare il reale ed effettivo saldo di conto corrente mediante espunzione degli interessi anatocistici, degli interessi ultra-legali (con applicazione del tasso sostitutivo ex art. 117 comma 7 TUB), delle variazioni degli interessi sfavorevoli al correntista, delle commissioni e delle spese applicati dalla banca nell'ambito del rapporto bancario. IN OGNI CASO, con vittoria di spese, diritti ed onorari di causa. Conclusioni per partire convenuta (...) s.p.a.: come da note depositate in data 3.10.2022 in occasione dell'udienza di precisazione delle conclusioni del 6.10.2022 tenuta nelle forme di cui all'art. 221 comma 4 del di 34/2020; NEL MERITO: 1) Rigettarsi le domande ex adverso proposte, in quanto inammissibili e infondate in fatto e in diritto, per i motivi e le eccezioni esposti in atti, inclusa l'eccezione di prescrizione. IN VIA ISTRUTTORIA: 2) Rigettarsi le istanze istruttorie ex adverso formulate in quanto inammissibili e irrilevanti per i motivi esposti in atti. IN OGNI CASO: 3) Con vittoria di spese e competenze. Concisa esposizione delle ragioni della decisione. 1. Con atto di citazione ritualmente notificato, (...), poi divenuta (...) s.r.l., ha proposto domanda di accertamento del saldo del conto corrente n. (...) intrattenuto con (...) e tuttora in essere, lamentando l'applicazione di interessi ultralegali, di oneri e spese in mancanza di valida pattuizione scritta del contratto di conto corrente, e di interessi anatocistici. Si costituiva in giudizio la banca convenuta (...), nel prosieguo (...), eccependo l'inammissibilità dell'azione, essendo il conto ancora aperto, e, in via preliminare, l'intervenuta prescrizione degli addebiti antecedenti il 1.7.2009 (vista la data del verbale negativo di mediazione obbligatoria). Nel merito, chiedeva il rigetto della domanda in quanto infondata in fatto e in diritto. Alla prima udienza venivano assegnati alle parti i termini di cui all'art. 183 comma sesto c.p.c. e depositate le relative memorie. La causa veniva quindi istruita mediante CTU tecnico contabile. In data 18.11.2020 veniva assegnata al ruolo di questo Giudice e trattenuta in decisione all'udienza di precisazione delle conclusioni del 6.10.2022, tenuta nelle forme di cui all'art. 221 comma 4 del di 34/2020, con termine per lo scambio di comparse conclusionali e repliche. 2. L'azione proposta. Va premesso che la società ha attrice ha agito in giudizio per l'accertamento de saldo del conto corrente n. (...) tuttora pacificamente in essere tra le parti, alla luce degli indebiti applicati da partire di nel corso del rapporto, con conseguente rideterminazione dello stesso. Trattandosi, quindi, di un'azione di accertamento del saldo, non è ammissibile una ripetizione di quanto indebitamente applicato dall'istituto di credito. Tuttavia, in presenza di conto corrente aperto, il correntista ben può proporre una domanda di accertamento negativo del credito della banca, al fine di ottenere un ricalcolo dell'effettivo saldo (parziale, perché limitato ad una certa data) del rapporto, depurato dagli addebiti illegittimamente applicati dall'istituto di credito, la cui nullità sia stata accertata in corso di causa. Tale conclusione risulta avallata anche dalla recente giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass. civ. n. 21646/2018), la quale ha precisato che "in tema di conto corrente bancario, l'assenza di rimesse solutorie eseguite dal correntista non esclude l'interesse di questi all'accertamento giudiziale, prima della chiusura del conto, della nullità delle clausole anatocistiche e dell'entità del saldo parziale ricalcolato, depurato delle appostazioni illegittime, con ripetizione delle somme illecitamente riscosse dalla banca, atteso che tale interesse mira al conseguimento di un risultato utile, giuridicamente apprezzabile e non attingibile senza la pronuncia del giudice, consistente nell'esclusione, per il futuro, di annotazioni illegittime, nel ripristino di una maggiore estensione dell'affidamento concessogli e nella riduzione dell'importo che la banca, una volta rielaborato il saldo, potrà pretendere alla cessazione del rapporto". Deve, dunque, ritenersi ammissibile la domanda di rideterminazione del saldo dei rapporti di conto corrente per cui è causa svolta dalla società attrice, con rettifica dello stesso alla data esposta nell'ultimo estratto conto prodotto in giudizio (estratto conto al 31.12.2019; cfr doc. 29 partire attrice). Sul punto, non risultano persuasive le difese svolte da (...) circa l'inammissibilità di una rettifica del saldo. Infatti, riconoscendosi il legittimo interesse del correntista ad ottenere l'accertamento del corretto sviluppo contabile del conto, la rettifica del saldo costituisce l'immediata conseguenza di detto accertamento proprio sul piano contabile (cfr in questo senso condivisibilmente Tribunale di Padova 26.10.2022). L'eccezione di inammissibilità dell'azione, sollevata dalla convenuta, deve pertanto essere rigettata. 3. L'eccezione di prescrizione. Occorre poi vagliare l'eccezione di prescrizione avanzata dalla banca convenuta con riferimento agli addebiti annotati anteriormente all'1.7.2009 (visto il verbale negativo della mediazione datato 1.7.2019). Infatti, l'eccezione di prescrizione viene in rilievo anche in caso di azione di rettifica del saldo del conto corrente previa declaratoria di nullità delle relative clausole. Come già affermato da questo Tribunale, "È ben vero che l'azione volta far valere la nullità delle clausole contrattuali non è soggetta a prescrizione, atteso il disposto dell'art. 1422 c.c., ai sensi del quale "l'azione per far dichiarare la nullità non è soggetta a prescrizione, salvi gli effetti dell'usucapione e della prescrizione delle azioni di ripetizione"; ma è altrettanto vero che "in materia contrattuale, deve escludersi la permanenza di un interesse all'accertamento e alla declaratoria della nullità del contratto quando risulti ormai prescritta l'azione di ripetizione della prestazione in base ad esso effettuata" (cfr. Cass. civ. 5575/2003). L'eccezione di prescrizione sollevata dalla banca, pertanto, assume rilievo anche nel giudizio di accertamento delle nullità contrattuali e di rettifica del saldo di (...), in quanto la fondatezza di tale eccezione disvela la carenza di interesse ad agire del correntista in ordine all'accertamento di una nullità dalla quale alcuna conseguenza giuridica - in termini di ripetizione degli indebiti versati - potrebbe derivare. Per tale motivo, come evidenziato da una partire della giurisprudenza di merito, "che l'azione del correntista si qualifichi sub specie di nullità e accertamento negativo - e non come azione di condanna ex art. 2033 c.c. - non toglie che la banca abbia titolo e interesse a eccepire la prescrizione di questa seconda azione, al fine di ottenere il rigetto anche solo parziale della prima, nei limiti in cui sia prescritta la ripetizione delle competenze indebitamente annotate", in quanto "in un rapporto di durata, quale il conto corrente bancario, l'interesse ad agire per la nullità è evidentemente frazionabile, ben potendo coesistere - secondo la condivisa ricostruzione operata da Cass. Sez. un. 2.12.2010 (...) - pagamenti (rimesse) prescritti, che non possono essere conteggiati a credito del cliente nel ricalcolo del saldo dare-avere, e pagamenti ancora non prescritti" (cfr. Trib. Torino 19 giugno 2019)" (in questo senso Tribunale di Padova ord. 14.5.2020). Diversamente ragionando, peraltro, si determinerebbe una possibile elusione della prescrizione da partire del correntista, il quale, ottenuto il ricalcolo del saldo del conto, potrebbe recedere dal rapporto e reclamare il saldo rettificato senza alcuna considerazione degli addebiti nel mentre prescritti (in questo senso, recentemente, anche Tribunale di Padova sentenza 26.10.2022). Va poi ricordato, in via generale e nel merito dell'eccezione, come la Corte Suprema di Cassazione ha affermato il principio di diritto secondo cui l'azione di ripetizione di indebito, proposta dal cliente di una banca, è soggetta all'ordinaria prescrizione decennale, la quale decorre, nell'ipotesi in cui i versamenti abbiano avuto solo funzione ripristinatoria della provvista, non dalla data di annotazione in conto di ogni singola posta monetaria illegittimamente addebitata, ma dalla data di estinzione del saldo di chiusura del conto corrente in cui la posta monetaria contestata è stata registrata (v. Cass. Sez. Unite n. 24418/2010); infatti, nell'anzidetta ipotesi (versamento con funzione ripristinatoria) ciascun versamento non configura un pagamento dal quale far decorrere, ove ritenuto indebito, il termine prescrizionale del diritto alla ripetizione, giacché il pagamento che può dar vita ad una pretesa restitutoria è esclusivamente quello che si sia tradotto nell'esecuzione di una prestazione da partire del "solvens" con conseguente spostamento patrimoniale in favore "dell'accipiens". Dunque, solo la presenza di un versamento avente natura solutoria può comportare il decorrere della prescrizione dalla relativa annotazione in conto corrente. Invece, nei rimanenti casi di rimesse ripristinatorie, la prescrizione decorre dalla chiusura del conto corrente. La verifica sull'eccezione di prescrizione e sulla sussistenza di rimesse solutorie è stata demandata al CTU, il quale, ha svolto la propria verifica solo sulla base dei contratti presenti in atti e, quindi, stante l'assenza di contratti di apertura di credito antecedenti al 2012, considerando il rapporto come non affidato. A tal proposito deve osservarsi, sempre in via generale, come non sia preclusa al correntista la prova che, pur in mancanza di una espressa pattuizione scritta, sussistesse tra le parti un contratto di apertura di credito stipulato per facta concludentia. A tale considerazione non osta la circostanza che per la valida pattuizione di un contratto di apertura di credito sia richiesta la forma scritta ad substantiam (pur con l'eccezione di cui alla delibera CICR 4 marzo 2003), atteso che tale nullità - come in generale le nullità previste dal T.U.B. (art. 127, comma 2, T.U.B.) - è una nullità di protezione, che può essere fatta valere soltanto dal cliente (o dal giudice, se vantaggiosa per il cliente); ragion per cui è in facoltà di quest'ultimo rinunciare a far valere la predetta nullità e chiedere l'esecuzione del contratto bancario privo della forma scritta. Se così è, se cioè al cliente è accordata la possibilità di chiedere l'esecuzione del contratto privo della forma scritta ad substantiam, conseguentemente non può essergli preclusa ex art. 2725 c.c. la possibilità di provare l'esistenza del contratto; prova che può essere fornita anche presuntivamente, evidenziando indici sintomatici gravi, precisi e concordanti idonei a dimostrare in modo univoco l'esistenza dell'affidamento (quali ad esempio: l'applicazione, evincibile dall'esame degli estratti conto, di tassi differenziati (entro ed extra fido), di spese di istruttoria fido o di apertura di credito, di una commissione di massimo scoperto; le risultanze della Centrale Rischi che individuino in modo specifico l'importo dell'affidamento accordato al correntista; la non contestazione specifica, da partire della banca, dell'esistenza dell'affidamento o l'espressa dichiarazione in ordine alla esistenza dell'affidamento, ad esempio in una missiva di revoca del fido (cfr., sull'ammissibilità del fido di fatto e sulla prova dello stesso, Trib. Torino 2 luglio 2015; Trib. Torino 11 marzo 2015; Trib. Padova 9 novembre 2018; Trib. Cremona 22 ottobre 2018; Trib. Milano 11 gennaio 2017 e 15 febbraio 2017; Corte Appello Milano 4 luglio 2018; Trib. Bergamo 3 agosto 2016)). Tuttavia, nel caso di specie, la società attrice non ha allegato in modo specifico la presenza di detti indici in risposta all'eccezione sollevata dalla banca. Con la prima memoria ex art. 183 comma sesto c.p.c., infatti, questa ha allegato l'applicazione, nell'estratto conto 2009, di "interessi debitori" e di "commissioni di massimo scoperto". Tuttavia dall'analisi del documento, non risulta l'applicazione di tassi differenziati (entro/fuori fido), né una diversa misura di CMS. Peraltro dallo stesso estratto conto non è possibile evincere quale sarebbe il limite dell'affidamento, né questo è stato indicato da partire dell'attrice. L'allegazione, pertanto, non può ritenersi specifica e spettando alla correntista l'onere della prova circa la sussistenza di un affidamento sul conto oggetto di giudizio (cfr. Cass. 1388/2022), va confermata la verifica come operata da partire del CTU. Non colgono nel segno neanche le osservazioni svolte, sul punto dal consulente tecnico di parte, posto che le linee di credito richiamate ai punti 2 e 3 del contratto del 26.3.2012, sono anticipi s.b.f. e non possono essere equiparati, ai fini della verifica della prescrizione, alle aperture di credito (cfr. in questo senso ordinanza del Tribunale di Padova 7.1.2020), non venendo creata alcuna disponibilità economica suscettibile di essere "ripristinata" con operazioni successive. Nel caso di specie, peraltro, l'analisi della prescrizione ha avuto ad oggetto un periodo limitato - dall'1.1.2009 all'1.7.2009 - stante il deposito degli estratti conto a partire dal 2009. In detto periodo, il CTU ha individuato le rimesse solutorie, meglio indicate nell'allegato 7. L'eccezione sollevata da partire convenuta va quindi accolta. 4. Sugli interessi ultralegali, oneri e spese applicati. Venendo ora alle contestazioni di merito, va innanzitutto premesso che l'analisi delle doglianze avanzate da partire attrice riguarda il periodo dall'1.1.2009 al 31.12.2019, alla luce degli estratti conto prodotti in atti. Era infatti onere di questa produrre la serie completa degli estratti conto sin dall'inizio dell'apertura del rapporto, non potendo pertanto assumere rilievo il mancato deposito degli estratti conto antecedenti il 2009 oggetto dell'ordine di esibizione disposto ex art. 210 c.p.c., trattandosi di documentazione antecedente il limite decennale previsto dall'art. 119 tub. La mancata produzione della serie completa non determina, tuttavia, il rigetto della domanda, bensì la limitazione dell'analisi al periodo coperto dagli estratti conto. Del pari non risulta dirimente la mancata produzione degli estratti conto da gennaio a maggio 2012, trattandosi di un periodo breve e che comunque non ha impedito al CTU di operare la ricostruzione del saldo, con risultati non contestati da partire convenuta, che non ha fornito conteggi alternativi, e che quindi possono ritenersi attendibili. Ciò detto, partire attrice ha lamentato, in primo luogo, l'applicazione di interessi oneri e spese in assenza di valida pattuizione scritta. La doglianza è fondata. Il contratto di apertura del conto corrente ottenuto dalla correntista a seguito di istanza ex art. 119 tub e prodotto in giudizio da partire convenuta (cfr. doc. 2) non riporta le condizioni economiche applicate, ma solo le clausole generali. Anche la successiva rinegoziazione del 1998 non riporta l'indicazione del tasso di interessi, degli oneri e delle spese. Va quindi rilevato che l'attrice, con le proprie censure, ha fatto valere la mancata pattuizione per iscritto delle condizioni economiche del conto per cui è causa, deducendo così l'inadempimento della banca all'obbligo di stipulare in forma scritta le condizioni applicate, in primis per quanto riguarda la misura degli interessi (superiore al tasso legale). Spettava di conseguenza alla banca l'onere di provare la loro pattuizione per iscritto, risultando quindi infondata l'eccezione svolta circa il mancato assolvimento dell'onere della prova da partire della correntista. In mancanza della pattuizione delle condizioni economiche, per il periodo a partire dall'1.1.2009 al 26.3.2012, il saldo del conto deve essere ricostruito applicando gli interessi passivi e attivi secondo il tasso sostitutivo previsto dall'art. 117 TUB, ed eliminati tutti gli oneri e le spese applicate. Per il periodo a partire dal 26.3.2012, vanno invece applicati, per quanto riguarda gli interessi debitori, i tassi di interesse indicati nell'apertura di credito conclusa in pari data (cfr. doc. 4 di partire convenuta), nella successiva apertura del 2013 (cfr. doc. 5 di partire convenuta), e come via via modificati dalla banca ai sensi dell'art. 118 tub. La relativa clausola è stata infatti validamente sottoscritta nel contratto del 22.9.1998 (cfr. doc. 3 di partire convenuta), mentre deve ritenersi generica la contestazione di illegittimo esercizio dello ius variandi da partire della banca, non avendo il correntista specificamente allegato quali condizioni sono state modificate in peius in assenza di comunicazione e/o giustificato motivo. Non essendovi invece la pattuizione degli interessi attivi, deve essere applicato il relativo tasso sostitutivo ex art. 117 tub anche per il periodo successivo al 2012. A partire dal 2012, nella ricostruzione del saldo andranno poi mantenute anche gli addebiti operati a titolo di commissione sull'accordato e di (...), stante la loro pattuizione con il contratto di affidamento sub doc. 3. 5. Anatocismo. Del pari fondata la contestazione in punto ad applicazione di interessi anatocistici. L'anatocismo è illegittimo per il periodo anteriore all'entrata in vigore della delibera CICR 9 febbraio 2000. Inoltre, trattandosi di rapporto già in essere al momento della sua entrata in vigore, l'anatocismo può reputarsi legittimo soltanto se posto in essere nel rispetto di quanto disposto dall'art. 7, comma 2 e comma 3, della delibera citata in ordine alla introduzione di condizioni contrattuali peggiorative per la posizione del cliente. Va, infatti, evidenziato che - alla luce della pacifica nullità delle clausole anatocistiche relative al periodo anteriore all'entrata in vigore della delibera CICR 9 febbraio 2000 in quanto non basate su di un uso normativo bensì su di un mero uso negoziale, e quindi contrastanti con il disposto dell'art. 1283 c.c. (cfr., sul punto, Cass. civ. n. 2374/1999), e a prescindere dalla questione circa la sopravvivenza dell'art. 7 richiamato a seguito della dichiarazione di illegittimità costituzione dell'art. 120 comma terzo Tub da partire della sentenza Corte Costituzione n. 425/2000 - l'introduzione di una clausola anatocistica in un contratto di conto corrente già in essere comporta senz'altro un peggioramento delle condizioni contrattuali per il cliente, atteso il verificarsi del passaggio da una situazione priva di capitalizzazione ad una situazione in cui vi è capitalizzazione trimestrale degli interessi, sia attivi che passivi (cfr., fra le altre, Cass. civ. n. 26769/2019; Trib. Padova 14.5.2020; Corte App. Bologna 10.10.2018; Trib. Pescara 23.8.2018; Trib. Treviso 10.6.2013; Trib. Padova 27.4.2008; Trib. Venezia 22.1.2007. Tra le più recenti cfr. anche Cass. 7105/2020: "In effetti, la sostituzione della reciproca capitalizzazione trimestrale degli interessi attivi e passivi all'assenza di capitalizzazione per effetto della declaratoria di nullità della clausola contrattuale anatocistica, rende evidente che vi sia stato un peggioramento delle condizioni contrattuali precedentemente applicate al conto corrente per cui è causa, sicché, proprio in applicazione dell'art. 7, comma 3 della delibera CICR (per cui "nel caso in cui le nuove condizioni contrattuali comportino un peggioramento delle condizioni precedentemente applicate, esse devono essere approvate dalla clientela") sarebbe stato necessario nella fattispecie in esame un nuovo accordo espresso tra le parti, non essendo ammissibile un adeguamento unilaterale). In forza del carattere peggiorativo di tale adeguamento contrattuale, la clausola anatocistica deve pertanto essere oggetto di nuova e specifica pattuizione con il cliente, pena la nullità della stessa (art. 7, comma 3 della delibera CICR citata). Il divieto di anatocismo deve poi ritenersi operante a partire dall'1.1.2014, a seguito della modifica del testo dell'art. 120, comma 2, T.U.B. da partire della 1. n. 147/2013 (legge di stabilità per il 2014) nei seguenti termini: "Il CICR stabilisce modalità e criteri per la produzione di interessi nelle operazioni poste in essere nell'esercizio dell'attività bancaria, prevedendo in ogni caso che: a) nelle operazioni in conto corrente sia assicurata, nei confronti della clientela, la stessa periodicità nel conteggio degli interessi sia debitori sia creditori; b) gli interessi periodicamente capitalizzati non possano produrre interessi ulteriori che, nelle successive operazioni di capitalizzazione, sono calcolati esclusivamente sulla sorte capitale". Tale disposizione - il cui intento era quello di introdurre il divieto di anatocismo nell'ordinamento bancario, come si desume dai lavori preparatori della predetta legge di stabilità - deve ritenersi operante sin dalla data della sua entrata in vigore, a prescindere dalla emanazione della delibera CICR cui l'art. 120, comma 2, T.U.B. fa riferimento (delibera che, di fatto, mai è stata emanata): infatti, secondo l'orientamento maggioritario della giurisprudenza di merito (cfr., tra le altre, Trib. Monza 13.6.2018; Trib. Pavia 21.4.2016; Trib. Milano 25.3.2015; Trib. Milano 3.4.2015; Trib. Roma 20.10.2015), la disposizione in parola presentava un contenuto precettivo già chiaramente definito, che non necessitava di essere ulteriormente specificato dalla delibera attuativa del CICR, la quale, in quanto fonte subordinata, avrebbe in ogni caso dovuto collocarsi nel solco dell'art. 120 T.U.B., rispettando il divieto di anatocismo ivi sancito. Alla luce dei principi così stabiliti, l'anatocismo applicato da partire di dovrà ritenersi illegittimo per tutto il periodo oggetto di analisi: nella documentazione in atti non si rinviene, infatti, una espressa pattuizione della pari capitalizzazione successiva al 2000, aspetto questo che è in grado di assorbire ogni questione relativa all'operatività della modifica introdotta nel 2014 e all'adeguamento della banca alla successiva modifica introdotta nel 2016 (assente nel caso di specie). 6. Risultanze della CTU. Alla luce delle motivazioni sopra riportate, vanno in questa sede recepiti gli esiti della CTU espletata in corso di causa, che ha fatto buon governo delle coordinate sinora espresse in punto di interessi, anatocismo, spese, commissioni e prescrizione. La consulenza risulta, infatti, motivata in modo logico e coerente, anche con riguardo alle risposte fornite dal CTU alle osservazioni dei consulenti di partire, per cui non si ravvisano specifiche ragioni per discostarsi dagli esiti ivi espressi o per disporre una rimessione della causa in istruttoria. Il nuovo saldo del conto corrente n. (...) alla data del 31.12.2019 (data dell'ultimo estratto conto disponibile) depurandolo degli addebiti illegittimi accertati e considerata l'eccepita prescrizione, è pari ad euro 23.945,12 a credito per il correntista (anziché euro 3967,31 a credito). Pertanto, va accertato e dichiarato che il saldo corretto alla data del 31.12.2019 ammonta ad euro 23.945,12 a credito per il correntista. 7. Le spese di lite. Le spese di lite seguono la soccombenza e sono poste a carico della banca convenuta. Per il quantum, queste sono liquidate come da dispositivo tenuto conto del valore della controversia (determinata secondo il criterio del decisum avuto riguardo all'ammontare delle poste ritenute illegittime; scaglione da euro 5.200 ad euro 26.000), della trattazione esperita (vi è stata attività istruttoria) e dei parametri di cui al DM 55/2014 (come modificato dal DM 147/2022) secondo i valori medi ridotti del 20 per cento per tutte le fasi del giudizio, alla luce delle questioni in fatto e in diritto trattate e della loro serialità. Le spese di CTU, come liquidate con separato decreto, vengono poste definitivamente a carico della banca convenuta in quanto l'accertamento istruttorio si è reso necessario al fine di verificare le doglianze avanzate dall'attrice, risultate in gran partire fondate. P.Q.M. Il Tribunale in composizione monocratica, definitivamente pronunciando, ogni contraria ed ulteriore istanza, domanda ed eccezione respinte o assorbite, così provvede: ACCOGLIE la domanda proposta da (...) s.r.l., già (...) snc, per le ragioni e nei limiti indicati in motivazione; ACCERTA e DICHIARA che il saldo del conto corrente n. (...), intrattenuto dalla società(...) S.p.a., alla data del 31.12.2019 ammonta ad euro 23.945,12 a credito per il correntista; DISPONE la rettifica del saldo da partire della banca convenuta; CONDANNA la (...) S.p.a. al pagamento, in favore degli attori, delle spese di lite che liquida in euro 545 per spese, in euro 4.061 per compensi, oltre spese generali nella misura del 15 per cento, IVA e CPA come per legge; PONE le spese di CTU definitivamente a carico della banca convenuta. Così deciso in Padova il 7 febbraio 2023. Depositata in Cancelleria il 10 febbraio 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO DI PADOVA SEZIONE PRIMA CIVILE Il Tribunale Ordinario di Padova, sezione prima civile, nella persona del Giudice Onorario, Avv. Emanuela Marti -G.O.P.- ha pronunciato ai sensi dell'art. 281 sexies c.p.c. la seguente: SENTENZA nella causa civile di I grado iscritta al n. R.G.3796/2017 promossa da: (...) (C.F.(...)) e (...) (C.F. (...)) con il patrocinio dell'Avv. Gi.Bo. del Foro di Padova, elettivamente domiciliati presso lo studio dello stesso in Padova, Via (...) ATTORI CONTRO CONDOMINIO (...) (C.F.(...)) in persona dell'amm. pro tempore (...), con il patrocinio dell'Avv. La.Me. del foro di Padova, elettivamente domiciliato presso lo studio della stessa in Padova, Via (...) CONVENUTO Oggetto: condominio Concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione Con atto di citazione del 05.04.2018, regolarmente notificato, (...) e (...) adiscono codesto Tribunale intendendo impugnare le delibere adottate dal Condominio (...), sito in C. (P.) via (...) n.8, nelle assemblee tenutesi in data 28.11.2017 e 07.02.2018. Precisamente in tali delibere risultano approvati gli esercizi 2015/2016, 2016/2017, 2017/2018 ed i piani di riparto consuntivi e preventivi delle spese del Condominio (...) relativi agli esercizi 2015/2016, 2016/2017, 2017/2018 che si ritengono essere errati in quanto sono stati attribuiti ai residui di esercizio ed ai saldi finali i valori millesimali non precisi, contraddittori, affetti da errori materiali frutto di inidonee individuazione dei diritti reali gravanti sugli immobili e sono state erroneamente riportate somme residue di bilanci precedenti sbagliate. Si riferisce che gli attori siano titolari di diritti di usufrutto in riferimento a due unità immobiliari facenti parte del "Condominio (...)" ed in tal senso non sono stati considerati. Con la presente azione si evidenza che le delibere impugnate riportino errori presenti in altre delibere impugnate a loro volta e che vi siano problematiche irrisolte gestionali e comportamentali che non hanno reso possibile alcuna soluzione e si riferisce che le stesse si siano protratte nel tempo e ripetute. Si chiede la sospensione di tali delibere per il pregiudizio arrecato. Da ciò le rassegnate conclusioni. Con comparsa del 09.07.2018 si costituisce in giudizio il Condominio (...) che contesta gli assunti attorei. Preliminarmente si eccepisce il mancato esperimento della mediazione quale condizione di procebilità ex lege per la Delib. del 07 febbraio 2018. Si ritiene che siano stati correttamente applicati i criteri di legge nella ripartizione delle spese ammettendo che vi sia stata solo una erronea indicazione nella denominazione identificativa di un immobile senza che peraltro tale discrepanza e/o errore materiale abbia comportato una attribuzione dei millesimi di proprietà diversi da quelli approvati dall'assemblea, né vi sia stata, nei fatti, una attribuzione in eccesso del quantum di spese dovute. Tali rilievi sono già stati espressi nelle precedenti procedure di impugnazione di D.I. emessi stanti gli insoluti attorei. Si riferisce che gli attori, contestando tali incongruenze, non abbiano mai provveduto a versare quanto dovuto a titolo di spese né abbiano impugnato e/o si siano opposti ai decreti Ingiuntivi incoati dal Condominio per realizzare quanto mai versato dai condomini in questione. Si precisa che le delibere impugnate sono state regolarmente approvate nel rispetto delle normative di legge, non possono essere dichiarate nulle e che non sono state impugnate ex art.1137 c.c. Di talchè le riportate conclusioni. Viene altresì eccepito il mancato verificarsi della condizione di procedibilità non essendo stato depositato verbale di mediazione delegata disposta dall'Organo Giudicante. Con Provv. del 12 ottobre 2018 è stata rigettata la domanda di sospensione delle delibere impugnate non sussistendo i presupposti ex lege. In data 06.03.2018 si è svolta una prima mediazione relativamente alla delibera approvata in data 27.11.2017 comunicata il 04.12.2017, istanza depositata in data 25.12.2017, in data 03.12.2018 si è svolta una mediazione demandata, preso atto del mancato esperimento della condizione di procedibilità ex lege per la delibera del 0702.2018, con esito negativo, e con Provv. del 3 dicembre 2019 ne veniva disposta un'altra, vista la ritenuta concreta mediabilità della presente azione, della quale non è stato depositato alcun verbale. La causa documentalmente istruita è trattenuta a decisione in data odierna. Con la presente azione parte attrice intende impugnare due delibere adottate dal Condominio (...) in data 28.11.2017 e 07.02.2018, asserendo che nelle stesse risultano essere stati approvati gli esercizi 2015/2016, 2016/2017, 2017/2018 ed i piani di riparto consuntivi e preventivi delle spese del Condominio (...) relativi agli esercizi 2015/2016, 2016/2017, 2017/2018 che risulterebbero errati per errori materiali derivanti da situazioni contabili pregresse oggetto di approvazione in delibere precedenti e viene chiesto l'annullamento e/o la nullità delle stesse. Appare in primo luogo necessario accertare se i vizi rilevati in citazione possano comportare una situazione di nullità o di annullamento di una delibera condominiale. Si ricorda che Dottrina e Giurisprudenza concordemente ritengono che le delibere condominiali siano da ritenersi nulle qualora abbiano un oggetto illecito ed impossibile, siano prive di elementi essenziali, non siano prese in assemblea o incidano sulle proprietà esclusive dei singoli, o violino i diritti dei singoli o riguardino un oggetto che esorbiti dalle attribuzioni dell'assemblea (ex multis Cass. Civ. n. 24696/2008, 16092/2005, 26468/2007). La ripartizione delle spese ed i relativi piani di riparto sono regolamentate dagli artt. 1123 e ss c.c. e 71 ter disp. att. c.c.. L'art.1123 c.c. prevede che le spese approvate e deliberate debbano essere sostenute dai condomini in misura proporzionale al valore della proprietà di ciascuno, salvo diversa convenzione; soltanto un accordo di tutti i condomini può derogare a quanto stabilito ex lege. La Suprema Corte ha poi previsto nella Sentenza Cass. Civ. S.U. 14.04.2021 n.9839 che debbano considerarsi nulle le deliberazioni con cui, a maggioranza, siano stabiliti o modificati i generali criteri di ripartizione delle spese previsti dalla legge o dalla convenzione, da valere per il futuro: sono invece annullabili le deliberazioni aventi ad oggetto la ripartizione in concreto tra i condomini delle spese relative alla gestione delle parti e dei servizi comuni adottate senza modificare i criteri generali previsti dalla legge o dalla convenzione. Dottrina e Giurisprudenza prevedono altresì, visti gli artt.1130,1137 e 1130 bis c.c., che i rendiconti debbano ritenersi nulli laddove appaiano non veritieri, celati o se vengono inseriti dati con il fine di fornire una falsa rappresentazione della realtà finalizzata a nascondere aspetti gestionali; debbano invece considerarsi annullabili laddove i riparti risultino incompleti o contengano errori materiali (Cass. Civ. 3747.1994, 9099.2020). Ciò risulta incontestato anche da Giurisprudenza di merito (Trib. To 3528.2017, Trib. Roma 11717.20). Le delibere assembleari oggetto della presente impugnazione sono state adottate in modo legittimo dall'assemblea condominiale, regolarmente approvate e si ritengono viziate in quanto risulterebbero errate situazioni contabili in esse indicate. Dagli atti e dai documenti depositati risulterebbe che nei bilanci e nei rendiconti oggetto di delibere risultino degli errori materiali che non hanno però modificato gli importi dovuti dai singoli condomini, nè risultano essere state deliberate modifiche dei criteri regolati ex lege. Per quanto evidenziato non appaiono sussistere elementi di nullità delle delibere de quibus che debbono ritenersi annullabili ed oggetto di impugnazione nel rispetto dell'art. 1137 c.c.. Ciò rilevato, si prende atto che la presente azione è stata incoata senza il rispetto del termine perentorio di cui alla normativa per le impugnazioni di delibere ritenute annullabili, art.1137 c.c., cioè 30 gg. a decorrere dalla data della deliberazione per i dissenzienti o astenuti e dalla data di comunicazione delle delibere stesse per gli assenti, relativamente alla Delib. del 7 febbraio 2018, comunicata in data 14.02.2018 ed impugnata soltanto con la presente azione, citazione del 05.04.2018. Tale delibera pertanto essendo annullabile e non impugnata nei termini deve ritenersi definitiva. Con Provv. del 3 dicembre 2019 veniva disposta altra mediazione, demandata, ritenuta la concreta mediabilità della vertenza, della quale non risulta essere stato depositato alcun verbale. In accoglimento della eccezione di improcedibilità avanzata dal convenuto, si rileva che, in assenza del deposito del verbale sono preclusi al Giudice i necessari controlli da effettuarsi anche d'ufficio e che possono prescindere, a parere di codesto giudicante, dalle contestazioni avanzate, per cui non è possibile l'accertamento della regolarità della mediazione svolta. Il verbale di mediazione, infatti è prova, nel rispetto dell'art. 4 co 2 D.Lgs. n. 28 del 2010, della regolare presenza delle parti di persona o a mezzo di delegati muniti di procura speciale come stabilito dall'art. 8 D.Lgs. n. 28 del 2010 e confermato dalla Giurisprudenza di legittimità (ex multis cass. Civ. 27.03.2019 n. 8473), e dallo stesso si evince il rispetto del termine assegnato per la presentazione della domanda, ed è possibile valutare la conformità dell'oggetto della mediazione instaurata rispetto al giudizio intrapreso (Trib. Nocera inferiore 11.03.2021). Ritenuto pertanto impossibile avere certezza circa la regolarità della mediazione delegata esperita, la domanda attorea deve ritenersi improcedibile. Per quanto attiene alle spese, le stesse seguono la soccombenza, conseguentemente gli attori vanno condannati alla rifusione nei confronti del convenuto delle spese di lite. Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come al dispositivo nel rispetto del D.M. n. 55 del 2014, aggiornato sulla base del D.M. n. 37 dell'8 marzo 2018 pubblicato sulla G.U. n. 96 del 26/4/2018 e in vigore dal 27 aprile 2018, tenuto conto dell'attività svolta, delle questioni trattate, del valore della controversia e dell'attività di mediazione, nonché della fase Collegiale incoata dagli attori e conclusasi con Ordinanza 08.03.2022. P.Q.M. Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza eccezione e deduzione disattesa ed assorbita, così dispone: 1) dichiara improcedibili le domande attoree; 2) condanna (...) e (...) alla rifusione in favore del Condominio (...), in persona dell'amministratore pro tempore, delle spese di lite che vengono liquidate in Euro4.266,00 oltre IVA, CPA rimborso spese forfettarie. Così deciso in Padova il 4 ottobre 2022. Depositata in Cancelleria il 4 ottobre 2022.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI PADOVA II SEZIONE CIVILE Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. Alberto Stocco, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile iscritta al n. r.g. 7765/2020 promossa da: (...) (C.F. (...)) (...)(C.F. (...)) (...)(C.F. (...)) con il patrocinio degli avv.ti MI.AN., SO.UM. e CE.PI. ATTORI OPPONENTI contro (...) SOC. COOP. (GIÀ (...) SOC. COOP.) (C.F. (...)) con il patrocinio dell'avv. SO.GI. CONVENUTA OPPOSTA CONCISA ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE L'opposizione proposta da (...), (...) e (...) avverso il decreto ingiuntivo n. 2510/2020, emesso dal Tribunale di Padova in favore di (...) soc. coop è infondata e va respinta. 1. Il credito ingiunto, pari a Euro 415.784,73, non è stato contestato nell'an e nel quantum dagli opponenti e trova comunque riscontro nella documentazione depositata in giudizio dalla convenuta opposta. Trattasi di debito residuo relativo alla restituzione del mutuo ipotecario concesso dalla banca alla (...) s.r.l. in data 28.12.2009, mutuo garantito attraverso fideiussioni omnibus rilasciate dagli odierni opponenti tra il 19.11.1999 e il 28.9.2001. 2. Gli opponenti hanno eccepito in primo luogo l'usurarietà del tasso di interesse di mora pattuito nel contratto di mutuo, asseritamente superiore al TEGM pro tempore vigente. In particolare, secondo gli opponenti " Il contratto su cui si fonda il decreto oggi opposto prevede un tasso di mora pari a 2,50% punti percentuali in aggiunta al tasso corrispettivo, indicato dalla banca in un tasso globale pari a 2,49% ... Tale maggiorazione comporta un tasso (4,99%) superiore alla soglia d'usura al tempo vigente, fissata in una percentuale del 4,875". L'eccezione è infondata. Sul punto va evidenziato che, sebbene la giurisprudenza della Corte di Cassazione sia oramai consolidata nel ritenere che la disciplina repressiva in materia di usura prevista dagli artt. 644 c.p. e 1815, co. 2 c.c. si applichi anche agli interessi moratori - atteso che devono considerarsi usurari gli interessi che superano il limite stabilito nella legge al momento in cui sono promessi o comunque convenuti a qualunque titolo, e quindi anche a titolo di interessi moratori (cfr., tra le altre, Cass. 5286/2000; Cass. 5324/2003; Cass. 602/2013; Cass. 26286/2019; e da ultimo Cass. S.U. 19597/2020), essendo tale interpretazione conforme alla ratio di tutela del soggetto finanziato - cionondimeno, ai fini della verifica del rispetto della normativa anti-usura, deve procedersi all'aumento del TEG medio della categoria di riferimento rilevato dalla (...) di un valore pari, nei contratti di mutuo, al 2,1% (con ulteriore incremento del 50% fino all'entrata in vigore del D.L. n. 70 del 2011 e, per il periodo successivo, di un quarto cui si aggiungono ulteriori quattro punti percentuali). Va infatti osservato che, al fine di evitare il raffronto tra tassi disomogenei - ovvero tra TEG applicato al singolo cliente, comprensivo della mora effettivamente pagata, e tasso soglia determinato senza tenere conto degli interessi di mora, posto che le Istruzioni per la rilevazione del tasso effettivo globale medio emanate dalla (...) escludono dal calcolo del TEGM "gli interessi di mora e gli oneri assimilabili contrattualmente previsti per il caso di inadempimento di un obbligo" - deve essere applicato il predetto incremento, ricavabile dall'indagine statistica condotta dalla (...) nel 2001, dalla quale è emerso che la maggiorazione stabilita contrattualmente per i casi di ritardato pagamento è mediamente pari, per l'appunto, al 2,1% (cfr., tra le altre, Trib. Padova 23.9.2014; 13.1.2016; 27.4.2016; 28.6.2016; 5.10.2016; 14.11.2016; Trib. Roma 24.1.2018; Trib. Roma 2.3.2018; Trib. Bologna 5.3.2018). Tale impostazione risulta confermata anche dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con la recente pronuncia n. 19597/2020, con la quale è stato chiarito che "la disciplina antiusura, essendo volta a sanzionare la promessa di qualsivoglia somma usuraria dovuta in relazione al contratto, si applica anche agli interessi moratori, la cui mancata ricomprensione nell'ambito del Tasso effettivo globale medio (T.e.g.m.) non preclude l'applicazione dei decreti ministeriali di cui all'art. 2, comma 1, della L. n. 108 del 1996, ove questi contengano comunque la rilevazione del tasso medio praticato dagli operatori professionali; ne consegue che, in quest'ultimo caso, il tasso-soglia sarà dato dal T.e.g.m., incrementato della maggiorazione media degli interessi moratori, moltiplicato per il coefficiente in aumento e con l'aggiunta dei punti percentuali previsti, quale ulteriore margine di tolleranza, dal quarto comma dell'art. 2 sopra citato". Tenuto conto delle considerazioni che precedono non può dunque ritenersi che il tasso di mora pattuito nel contratto di mutuo - pari al 4,90% - sia usurario, considerato il TEGM pari all'8,0250% (3,25% +2,1%+50%) per gli interessi di mora relativamente al trimestre di interesse (quarto trimestre del 2009). Peraltro gli opponenti hanno dichiarato, sebbene soltanto di sede di comparsa conclusionale, di non avere più interesse a coltivare l'eccezione in parola (nelle conclusioni rassegnate alla udienza di p.c. tale eccezione è invece ancora presente). 3. In ordine, invece, alla eccezione riconvenzionale volta all'accertamento della nullità delle fideiussioni omnibus rilasciate dagli opponenti per contrarietà alla normativa antitrust va osservato quanto segue. Gli opponenti risultano aver stipulato le seguenti fideiussioni omnibus a garanzia di tutte le obbligazioni assunte dalla (...) s.r.l. nei confronti della banca convenuta opposta: - fideiussione sottoscritta in data 28.9.2001 (...), per l'importo di Lire 1.300.000.000 - fideiussioni rilasciate in data 19.11.1999 da (...) e da (...), per l'importo di Lire 500.000.000, successivamente aumentato a Lire 1.000.000.000 in data 15.9.2000 ed, infine, ulteriormente aumentato a Lire 1.300.000.000 in data 28.9.2001. Gli opponenti invocano la nullità totale ovvero parziale delle fideiussioni omnibus stipulate con la banca in quanto le stesse presentano le tre clausole - c.d. di "reviviscenza", di rinuncia ai termini di cui all'art. 1957 c.c. e di "sopravvivenza" - dichiarate lesive della normativa antitrust con Provv. n. 55 del 2005 della (...). Precisano che la nullità viene invocata soltanto in via incidentale, al fine di contrastare la domanda di pagamento proposta dalla banca, ciò che rende l'eccezione scrutinabile anche dal Tribunale adito, venendo in tal modo esclusa la competenza della Sezione Specializzata in materia di imprese del Tribunale di Milano, cui altrimenti la questione avrebbe dovuto essere rimessa ai sensi dell'art. 3, comma 1, lett. c) e dell'art. 4 comma 1 ter, del D.Lgs. n. 168 del 2003 (dopo le modifiche apportate con il D.L. n. 3 del 19 gennaio 2017). Eccepiscono, quindi, la decadenza della banca ai sensi dell'art. 1957 c.c., posto che la deroga a tale disposizione, contenuta nelle fideiussioni in parola, deve considerarsi tamquam non esset in ragione della nullità della relativa clausola. Il motivo di opposizione è infondato. Lo stesso involge la nota questione della sorte del contratto di fideiussione omnibus che recepisce gli artt. 2, 6 e 8 del modello predisposto dall'(...), ritenuto lesivo della normativa antitrust (art. 2, L. n. 287 del 1990) dalla (...) con Provv. n. 55 del 2 maggio 2005. Secondo tale ultimo provvedimento, in particolare, le predette clausole sarebbero state applicate nei contratti di garanzia bancaria in maniera uniforme, non offrendo ai consumatori-clienti la possibilità di scegliere liberamente le condizioni contrattuali, nemmeno rivolgendosi ad altre banche. Segnatamente il modello predisposto dall'A. introduce all'art. 2 la clausola di "reviviscenza" della fideiussione, mantenendo in vita la garanzia anche qualora la banca dovesse restituire al debitore principale le somme percette in ragione dell'annullamento, della inefficacia o della revoca dei pagamenti; all'art. 8 la clausola di "sopravvivenza", che estende la garanzia anche ai casi di invalidità del rapporto principale; all'art. 6 la clausola di deroga ai termini di cui all'art. 1957 c.c., che disciplina l'onere del creditore di proporre e coltivare le proprie istanze contro il debitore principale entro sei mesi dalla scadenza dell'obbligazione, pena la decadenza dalla facoltà di agire nei confronti del fideiussore. Siffatte norme bancarie uniformi, come già osservato, sono state ritenute dalla (...) contrarie alla normativa antitrust e, in quanto tali, concretanti un'intesa anticoncorrenziale vietata - e quindi nulla - ai sensi dell'art. 2 della L. n. 287 del 1990. Quanto alla sorte dei contratti di fideiussione stipulati "a valle", che riproducono gli artt.2, 6 e 8 del modello A., la Corte di Cassazione (cfr. Cass. civ. n. 29810/2017; 13846/2019), unitamente ad una parte della giurisprudenza di merito (cfr., fra le altre, Trib. Salerno 23.8.2018; Trib. Rovigo 9.9.2018; Trib. Treviso 26.7.2018; Trib. Torino 17.4.2019), ha invocato la sanzione della nullità per contrarietà a norme imperative (nullità totale o parziale, a seconda degli orientamenti). Con la recente sentenza n. 41994/2021 le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno chiarito che i contratti di fideiussione omnibus che riproducono le tre clausole la cui applicazione uniforme è stata ritenuta contraria al principio della concorrenza dalla (...) sono affetti da nullità parziale (che attinge soltanto le tre clausole oggetto del Provv. n. 55 del 2005 della (...)), salvo che sia desumibile dal contratto, o sia altrimenti provata, una diversa volontà delle parti. In particolare, la disciplina dettata dall'articolo 1419 c.c., comporta che la nullità di una singola clausola travolga l'intero contratto solo in casi eccezionali, quando non sia più rinvenibile l'utilità del contratto in relazione agli interessi con esso perseguiti. Tanto premesso, va osservato che nel caso di specie gli opponenti non hanno allegato alcun elemento tale da far ritenere che, senza le tre clausole contestate, le parti non si sarebbero determinate alla stipulazione delle garanzie, essendosi limitati al richiamo astratto di alcuni precedenti giurisprudenziali di merito in ordine alla nullità totale delle garanzie. Ragion per cui può al più discorrersi di nullità parziale delle fideiussioni omnibus rilasciate dagli opponenti, e non di nullità integrale delle garanzie. Tale considerazione porta a ritenere che gli opponenti siano privi dell'interesse ad ottenere la declaratoria (in via incidentale) delle garanzie de quibus. Difatti nel caso di specie non rilevano in alcun modo le clausole di "reviviscenza" e di "sopravvivenza" presenti nelle garanzie in parola; sicché sotto tale profilo l'eventuale nullità parziale delle fideiussioni non avrebbe alcun effetto vantaggioso giuridicamente apprezzabile per gli opponenti. Quanto alla possibile nullità della clausola di deroga all'art. 1957 c.c., va osservato che l'eccezione di decadenza per mancato rispetto del termine di cui all'art. 1957 cod. civ. sollevata dagli opponenti si profila infondata, in quanto la (...) è stata dichiarata fallita il 2.9.2020 - data nella quale deve ritenersi "scaduta" l'obbligazione di rimborso del mutuo - mentre la banca ha presentato domanda di ammissione al passivo fallimentare in data 11.11.2020, così impedendo tempestivamente la decadenza di cui all'art. 1957 c.c. Tenuto conto della infondatezza di tale eccezione, dunque, l'invocata nullità delle fideiussioni omnibus limitatamente alla clausola in parola non potrebbe comunque produrre alcun effetto vantaggioso giuridicamente apprezzabile per gli opponenti. 4. Per i motivi sinora esposti l'opposizione a decreto ingiuntivo va respinta e il provvedimento monitorio va integralmente confermato. 5. Le spese di lite seguono la soccombenza e vengono liquidate in dispositivo secondo i parametri medi del D.M. n. 55 del 2014. P.Q.M. Il Tribunale, definitivamente pronunciando sulla causa indicata in epigrafe, ogni diversa istanza ed eccezione disattesa o assorbita, così dispone: 1.RIGETTA l'opposizione e per l'effetto conferma il decreto ingiuntivo n. 2510/2020 emesso dal Tribunale di Padova. 2.CONDANNA gli opponenti, in solido fra loro, al rimborso delle spese di lite in favore della parte opposta, che si liquidano in: Euro 21.387,00 per compensi; oltre a spese generali pari al quindici per cento dei compensi come liquidati. Infine IVA e Cassa professionale, come per legge. Così deciso in Padova il 29 settembre 2022. Depositata in Cancelleria il 30 settembre 2022.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Seconda Sezione Civile Il Tribunale di Padova ed in persona della dott.ssa Federica Bonazza ha pronunziato all'esito della discussione orale della causa ed ai sensi dell'art. 281 sexies c.p.c. la seguente: SENTENZA nella causa civile iscritta a ruolo al numero 2604 del Ruolo Generale degli Affari contenziosi civili dell'anno 2021, promossa con atto di citazione vertente tra: (...) S.R.L. Attore opponente rappresentato e difeso dall'avvocato Al.Da., contro DITTA INDIVIDUALE (...) Convenuto opposto rappresentato e difeso dall'avvocato Gi.De., OGGETTO: opposizione a decreto ingiuntivo MOTIVI DELLA DECISIONE Con ricorso depositato presso la cancelleria di questo Tribunale, il signor (...) titolare dell'omonima ditta individuale, premesso che esso aveva effettuato per conto della s.r.l. (...) lavori di manodopera per la posa di serramenti nei cantieri di (...) e Ponte di Brenta per il corrispettivo di Euro 7.392,90 e che la s.r.l. (...) era rimasto debitore di tale somma come da fatture in atti, chiedeva al Giudice Designato del Tribunale di Padova l'emissione di decreto ingiuntivo per il pagamento di detta somma, oltre le spese della procedura monitoria. In data 21.2.2021 il Giudice designato del Tribunale di Padova emetteva il chiesto decreto che, ritualmente notificato, veniva tempestivamente opposto dalla s.r.l. (...). L'opponente, a sostegno dell'opposizione, contestava la fondatezza della domanda avanzata dalla ditta (...), evidenziando che questa non aveva completato i lavori a regola d'arte, arrecando così gravi danni alla deducente. Deduceva inoltre che l'importo richiesto in pagamento non era corretto in quanto tra le parti era stato concordato un corrispettivo a forfait. Chiedeva, pertanto, in accoglimento dell'opposizione che il decreto ingiuntivo emesso venisse revocato. Si costituiva in giudizio la ditta opposta che contestava la fondatezza dell'opposizione evidenziando che i lavori erano stati ultimati a regola d'arte e che il compenso pattuito tra le parti era basato sui prezzi di listino. La causa è stata istruita attraverso la produzione documentale ed escussione testimoniale. Il Giudice, ritenuta la causa matura per la decisione, invitava le parti a precisare le conclusioni all'udienza odierna. Ritiene questo Giudice che, alla stregua degli atti di causa, l'opposizione è infondata e va, pertanto, rigettata. Va osservato che in un contratto a prestazioni corrispettive, la parte, sia che agisca per l'adempimento, sia che domandi il risarcimento per l'inadempimento contrattuale, non può avere altro onere probatorio che quello di provare l'esistenza del titolo e, quindi, l'insorgenza di obbligazioni connesse, ma non anche l'inadempienza dell'obbligato, mentre ai sensi dell'art. 2697 c.c., incombe alla controparte la prova di avere adempiuto o eccepire l'inadempimento di controparte. Diversa, viceversa, è la distribuzione dell'onere probatorio quando l'altra parte opponga un'eccezione di inadempimento, sulla base del principio inadimplenti non est adimplendum, poiché in tal caso chi formula l'eccezione potrà limitarsi ad allegare l'altrui inadempimento, mentre sarà chi agisce per ottenere l'adempimento a doverla neutralizzare provando il proprio adempimento o che la sua obbligazione non era ancora dovuta Nel caso di specie è pacifico che le parti stipularono un contratto in base al quale il (...) si impegnò alla fornitura e posa in opera di serramenti. E', poi, altrettanto pacifico che la (...) s.r.l. non pagò il corrispettivo previsto. L'unica questione sulla quale vi è contrasto riguarda il contenuto della prestazione fornita dal (...), poiché la società opponente ha sostenuto, con riferimento ad alcuni punti meglio indicati nell'atto introduttivo, che questa sarebbe stata viziata e difettosa (mancata regolazione dei serramenti), e che la (...) dovette intervenire con proprie maestranze per rimediare all'inadempimento della ditta (...). Da quanto sopra esposto è evidente che l'opponente non ha lamentato l'inadempimento totale o parziale della prestazione da parte del (...), ma solo l'inesattezza del suo adempimento, poiché le sue doglianze attengono a imperfezioni/vizi della posa in opera. Sulla base dei principi sopra esposti avrebbe dovuto essere onere dell'opponente fornire la prova dell'asserita inesattezza dell'adempimento di controparte, prova che non è stata, però, raggiunta. Dagli atti di causa e da una valutazione delle dichiarazione rese dai testi non vi sono elementi per potere affermare con certezza l'inadempimento come lamentato dall'opponente. La teste (...) ha confermato che il corrispettivo era basato su listino prezzi: "Abbiamo rivisto il listino prezzi ed indicato un costo per ogni attività; non si era parlato di un corrispettivo a forfait". Circostanza confermata anche dal teste introdotto dalla parte opponente signor (...) che ha dichiarato che gli importi venivano stabiliti in base a dei listini. Il teste (...), collaboratore della ditta (...), ha riferito: "Non ricordo il giorno era gennaio, posso dire che mi sono recato nel cantiere di Ponte di Brenta per eseguire delle regolazioni dei serramenti con esclusione degli alzanti in quanto mancava della ferramenta; finito in Ponte di Brenta abbiamo fatto firmare un documento al responsabile di cantiere e ci siamo recati nel cantiere di (...) ove abbiamo fatto la regolazione dei serramenti e anche qui il responsabile di cantiere (Gabriele) ha firmato il documento attestante il lavoro da noi eseguito; era presente anche il signor (...)". i testi di parte opponente hanno affermato di aver eseguito dei lavori sui serramenti ma non risulta testimoniata l'identità tra i lavori asseritamente eseguiti e quelli che per contratto avrebbe dovuto effettuare la ditta (...). Oltre a non esservi prova dell'inesattezza dell'adempimento del (...) si deve, altresì, rilevare che ai sensi dell'art. 1460 ult. comma c.c., se una parte giustifichi la propria inadempienza con l'inadempimento dell'altra, occorre procedere alla valutazione comparativa del comportamento dei contraenti, con riferimento non solo all'elemento cronologico delle rispettive inadempienze ma altresì ai rapporti di causalità e proporzionalità delle stesse rispetto alla funzione economico sociale del contratto, tenendo presente che, quando l'inadempimento di una parte non è grave, il rifiuto di quest'ultima di adempiere la propria obbligazione non è giustificato, anche avuto riguardo all'obbligo di correttezza stabilito dall'art. 1175 c.c.. A tal proposito si deve sottolineare che, nei contratti a prestazioni corrispettive il nesso di interdipendenza che lega tra loro le contrapposte obbligazioni e prestazioni determina, già al momento della stipulazione del contratto e, comunque, al momento della esecuzione della prestazione, l'estensione dei doveri di correttezza e buona fede di cui agli artt. 1374, 1375 e 1175 c.c., anche alle cosiddette obbligazioni collaterali di protezione, di informazione e di collaborazione. L'asserito inadempimento del (...) anche ove fosse risultato adeguatamente provato, non potrebbe, pertanto, in ogni caso considerarsi "grave", sicché il rifiuto ad adempiere opposto dalla (...) s.r.l. risulta contrario a buona fede e sembra essere solo uno strumento per mascherare pretestuosamente l'inadempienza, specie se si considera che il corrispettivo richiesto dall'odierno convenuto e non pagato riguarda non solo attività per le quali si sarebbe verificato l'inesatto adempimento, ma anche altre attività che non sarebbero state oggetto di imperfezioni. A ciò si aggiunga che parte attrice-opponente non ha incardinato un accertamento tecnico preventivo o altra efficace azione volta a contrastare il preteso inadempimento e a fotografare la situazione lamentata. Alla stregua delle superiori considerazioni, l'opposizione proposta va rigettata ed il decreto ingiuntivo opposto va integralmente confermato. Conseguentemente, vanno rigettate anche le domande riconvenzionali avanzate dall'opponente di risarcimento del danno. Le spese del giudizio seguono la soccombenza e vanno poste, pertanto, a carico dell'opponente. P.Q.M. Il Tribunale disattesa ogni contraria istanza, eccezione e difesa, definitivamente pronunciando nella causa di opposizione a decreto ingiuntivo promossa dalle parti di cui in epigrafe, rigetta l'opposizione e, per l'effetto, conferma e dichiara esecutivo il decreto ingiuntivo opposto; rigettata ogni altra domanda; condanna l'opponente al pagamento in favore dell'opposto delle spese processuali, che liquida in Euro 4.835,00 oltre al 15% per spese generali ed oltre cpa ed iva. Così deciso in Padova il 30 settembre 2022. Depositata in Cancelleria il 30 settembre 2022.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI PADOVA SECONDA SEZIONE CIVILE Il Tribunale, nella persona del giudice dott.ssa Irene Cecchetto ha pronunciato ex art. 281 sexies c.p.c. la seguente SENTENZA nella causa civile iscritta al n. R.G. 3288/2021 promossa da: (...) S.P.A. c.f./p.iva (...) rappresentata e difesa dall'avv. Gi.Mo. con domicilio eletto presso il suo studio sito in Padova, via (...) ATTRICE-OPPONENTE CONTRO (...) QUALE TITOLARE DELL'IMPRESA INDIVIDUALE (...) c.f. (...) rappresentato e difeso dall'avv. Al.Bo. con domicilio eletto presso il suo studio sito in Limena, via (...) CONVENUTO-OPPOSTO OGGETTO: Opposizione a decreto ingiuntivo RAGIONI DELLA DECISIONE Con ricorso per decreto ingiuntivo depositato il 17 febbraio 2021, (...) quale titolare dell'impresa individuale (...) chiedeva che fosse ingiunto alla società (...) s.p.a., d'ora in poi (...), di pagare l'importo di Euro 8.160,00 relativo alla fattura n. (...) del 18.06.2020 di Euro 9.760,00 inclusa iva quale corrispettivo residuo dovuto per il ripristino del sistema antifurto post-scarica elettrica, oltre agli interessi moratori e spese del monitorio, al netto dell'acconto ricevuto di Euro 1.600,00. Il Tribunale di Padova, in data 27 marzo 2021, emetteva, quindi, il decreto con cui ingiungeva all'odierna opponente il pagamento della somma di Euro 8.160,00, oltre agli interessi e alle spese del monitorio. L'ingiunta ha proposto opposizione, contestando di aver accettato il preventivo inviatole dal convenuto e allegando di aver inviato l'assegno circolare di Euro 1.600,00 a copertura del lavoro effettuato dall'ingiungente. Eccepiva, altresì, l'inesatto adempimento del convenuto, la compensazione con un controcredito risarcitorio e la legittimità del proprio rifiuto ad adempiere ex art. 1460 c.c.. Chiedeva la revoca del decreto ingiuntivo opposto, in subordine la compensazione con la somma relativa all'inadempimento da parte dell'opposto. Si costituiva il convenuto contestando l'assunto attoreo e chiedeva la conferma del decreto ingiuntivo opposto. La causa è stata istruita solo con acquisizione delle produzioni documentali. 1. Ciò premesso, si rileva che è noto che nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, l'opponente (attore in senso formale) è convenuto in senso sostanziale, mentre l'opposto (convenuto in senso formale) è attore in senso sostanziale. Incombe, quindi, sul convenuto opposto l'onere di provare i fatti costitutivi della sua pretesa, mentre sarà l'attore opponente a dover dedurre e provare eventuali fatti impeditivi, modificativi o estintivi della pretesa fatta valere dal creditore. Il giudizio, inoltre, non è limitato al semplice controllo di legittimità della pronuncia del decreto ingiuntivo ma dà vita ad un giudizio di cognizione piena nell'ambito del quale il giudice deve esaminare compiutamente il rapporto controverso. Ciò detto, si rileva che nel caso concreto è pacifico tra le parti che l'ingiunta ha commissionato al convenuto la sostituzione del sistema antifurto presente negli immobili della (...) siti a R., che si era irrimediabilmente danneggiato in data 08.05.2020 a causa di una scarica elettrica. E' altresì incontroverso, oltre che documentale (v. mail - doc. 1 monitorio), che il convenuto ha inviato all'attrice via mail in data 12.05.2020 un preventivo per la sostituzione del sistema d'allarme di Euro 7.200,00 + iva per il materiale ed Euro 1.000,00 inclusa iva per la manodopera, per l'importo complessivo di Euro 9.784,00 (doc. 1 monit.). Il preventivo non è stato sottoscritto dall'ingiunta per accettazione, tuttavia è pacifico che, dopo aver ricevuto il preventivo, la (...) ha consentito al convenuto di accedere agli immobili per eseguire i lavori di rimozione dell'impianto esistente danneggiato e di installazione del nuovo sistema di antifurto con ciò tenendo un comportamento concludente di tacita accettazione della proposta contrattuale effettuata dall'A.. Né l'ingiunta ha allegato e provato di aver manifestato delle riserve in merito al preventivo ricevuto prima dell'esecuzione dei lavori. Non solo. E' pacifico tra le parti che il convenuto ha sostituito l'impianto di allarme nel mese di maggio 2020 ed è documentale che in data 03.08.2020 l'avv. (...), in nome e per conto dell'ingiunta, ha contestato al perito di G.I. (compagnia con cui l'attrice aveva stipulato un'assicurazione per la copertura del rischio di danneggiamento, fra l'altro, anche dell'impianto di allarme - doc. 4 att.), l'ammontare dell'indennizzo offerto, sostenendo la correttezza del preventivo della ditta (...) e ha altresì chiesto la rifusione dell'intera fattura, a suo dire già pagata, per la sostituzione dell'impianto dall'allarme (v. doc. 5 att. - mail dell'avv. (...) a (...) in cui il primo testualmente ha scritto: "A fronte di un preventivo e di una spesa effettivamente sostenuta da parte della mia assistita, non è dato comprendere la valutazione effettuata dal Vostro perito, né i criteri utilizzati per la determinazione del danno da liquidare. Viceversa il preventivo allegato dalla (...) spiega dettagliatamente la necessità della sostituzione dell'impianto nonché i relativi costi. (...) Vi invito pertanto a rifondere alla (...) l'intera somma richiesta e pagata come da fattura per la sostituzione dell'impianto d'allarme (...)"), circostanza che conferma che la (...) aveva accettato il preventivo e il corrispettivo indicato nella fattura. Solo successivamente l'avv. (...) ha contestato per la prima volta la fattura azionata in via monitoria (mail 30.09.2020 - doc. 7 attore). Questo verosimilmente perché l'Assicurazione aveva corrisposto a (...) un indennizzo del minor importo di Euro 1.600,00. Solo per chiarezza espositiva, si ritiene opportuno precisare che il fatto che l'Assicurazione abbia stimato il danno indennizzabile a termini di polizza in un importo inferiore al corrispettivo pattuito tra le odierne parti in causa è inconferente ai fini della presente decisione, trattandosi di rapporto a cui il convenuto è estraneo. Alla luce delle considerazioni che precedono si ritiene che il convenuto abbia assolto l'onere della prova a suo carico dei fatti costitutivi del credito. 2. Va a questo punto esaminata l'eccezione di inesatto adempimento svolta da (...). Al riguardo si rileva che è pacifico tra le parti che (...) non ha proceduto al collegamento da remoto dell'impianto di allarme installato presso la sede dell'attrice. Tuttavia è del pari incontroverso ex art. 115 c.p.c. (v. memoria n. 1 attorea in cui (...) si limita a qualificare "del tutto irrilevante" "l'allegazione (...) circa il fatto che fosse necessario l'intervento di un elettricista per completare l'opera") che il mancato collegamento da remoto non è dipeso dal convenuto, bensì dall'attrice la quale non ha provveduto a far installare da un elettricista da lei incaricato, il cavo di rete necessario per collegare la centrale dati dello stabile alla centrale antifurto. Nessun inadempimento, quindi, è imputabile al convenuto. Pertanto, non sussiste alcun credito risarcitorio (v. pag. 14 citazione) dell'attrice da opporre in compensazione con il credito del convenuto. L'eccezione di compensazione va, quindi, rigettata. 3. L'ingiunta ha eccepito altresì la legittimità del proprio rifiuto ad adempiere la prestazione a suo carico ex art. 1460 c.c.. Detta norma consente di rifiutare l'adempimento della propria prestazione sino a quando il contraente inadempiente non adempia o non offra di adempiere la propria. La S.C., inoltre, ha chiarito che l'eccezione di inadempimento è un rimedio necessariamente temporaneo in quanto se l'inadempimento che l'ha provocata persiste, esso condurrà alla risoluzione del contratto e l'eccipiente sarà liberato dalla propria obbligazione; se l'inadempimento che l'ha provocata cessa, cessa anche il diritto di autotutela dell'eccipiente, il quale sarà perciò obbligato all'adempimento; se l'inadempimento che l'ha provocata non esisteva o non era tale da giustificarla, l'eccezione risulterà malamente sollevata ed in questo caso l'eccipiente sarà tenuto all'adempimento. L'eccezione di inadempimento ex art. 1460 c.c., quindi, non ha effetti liberatori. Gli effetti liberatori potranno scaturire solo dalla risoluzione del contratto, sia essa giudiziale, automatica o consensuale (cfr. Cass., sez. 3, 8760/2019), domanda nel caso concreto non proposta dall'ingiunta. Ciò premesso si ritiene che l'eccezione sia infondata per le seguenti ragioni. La prima è che il mancato collegamento da remoto non è dipeso dal convenuto bensì dall'attrice, come si è già detto. La seconda è che il convenuto ha manifestato per iscritto la propria disponibilità ad eseguire la prestazione senza ulteriore aggravio di costi, non appena l'attrice provvederà farà installare il cavo necessario (v. doc. 5.1 conv.). La terza ragione è che il sistema di allarme è pienamente funzionante e il collegamento da remoto configura una prestazione accessoria che, anche qualora non fosse stata eseguita per fatto e colpa del convenuto, - il che non è -, proprio perché accessoria consente di escludere che vi sia proporzionalità tra il mancato collegamento da remoto e il mancato pagamento di oltre 4/5 del corrispettivo pattuito. Per tutte queste ragioni l'eccezione è chiaramente contraria a buona fede ed il rifiuto di adempiere di (...) è conseguentemente illegittimo. 3. Solo per completezza e per quanto occorrer possa, si rileva che, anche non ritenendo che l'ingiunta abbia tacitamente accettato il preventivo del convenuto, (...) ha implicitamente riconosciuto il debito di Euro 9.760,00 (=Euro 8.000,00 + iva), portato dalla fattura n. (...) del 18.06.2020. E' incontroverso, infatti, oltre che documentale (doc. 3 monitorio), che vi è stato uno scambio di messaggi tra (...) e (...) legale rappresentante dell'ingiunta il quale in risposta al messaggio whatsapp del convenuto del 10.08.2020 ("Ciao (...), mi rammarica molto la presa visione che ad oggi non è ancora stata bonificata la fattura del lavoro fatto su tua richiesta presso la tua attività.. spero sempre nella parola delle persone non mi deludere...io di parola lo sono sempre. Confido nella tua correttezza. Buona giornata") ha risposto: "Hai ragione, l'assicurazione è stata avvisata dal mio avvocato, non c'entra col tuo pagamento, lo so, ma ora siamo chiusi per una settimana, al rientro ti farò fare il pagamento". E in risposta al messaggio whatsapp del 21.08.2020 ("Buongiorno....ad oggi nn è stato fatto il bonifico dei lavori fatti più di due mesi fa....ero rimasto all'ultima tua promessa/impegno...") ha risposto: "Effettivamente si, ma amministrazione ancora in ferie, io rientro giovedì e me ne occupo direttamente". (...), quindi, ha implicitamente riconosciuto il debito portato dalla fattura azionata in via monitoria, con la conseguenza che era onere dell'ingiunta allegare e provare l'esistenza di fatti relativi al rapporto fondamentale idonei a privare di valore il riconoscimento e, quindi, ad incidere sull'obbligazione oggetto del riconoscimento, compreso l'inadempimento del creditore. Onere della prova che non è stato assolto. La prova testimoniale dedotta dall'ingiunta è, infatti, inammissibile per le ragioni esposte nell'ordinanza pronunciata all'udienza del 24.05.2022 che qui deve intendersi integralmente richiamata e la ctu richiesta è esplorativa. L'opposizione è, pertanto, integralmente infondata e va, pertanto, integralmente rigettata. Il decreto ingiuntivo va, conseguentemente, confermato. 4. Le spese di lite, liquidate in base ai valori medi dello scaglione da Euro 5.200 ad Euro 26.000 per le prime due fasi e minimi per la fase istruttoria e decisionale, attesa la natura documentale della causa e tenuto conto che non è stata redatta una nota conclusionale autorizzata, seguono la soccombenza. P.Q.M. Il Tribunale definitivamente decidendo nella causa n. 3288/2021 R.G., rigettata e/o assorbita ogni contraria domanda, istanza ed eccezione, rigetta l'opposizione avverso il decreto ingiuntivo n. 791/2021 Ing. emesso dal Tribunale di Padova il 27 marzo 2021 e condanna l'attrice-opponente a rifondere al convenuto-opposto le spese di lite che liquida nell'importo di Euro 3.545,00 per compenso, oltre iva, se dovuta, cpa e rimborso forfetario (15%). Così deciso in Padova il 22 settembre 2022. Depositata in Cancelleria il 22 settembre 2022.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO di PADOVA SECONDA SEZIONE CIVILE Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. Margherita Longhi ha pronunciato ex art. 281 sexies c.p.c. la seguente SENTENZA nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 8551/2019 promossa da: (...) (C.F. (...)), con il patrocinio dell'avv. ZA.MA., elettivamente domiciliato in VIA (...), 6 35121 PADOVA presso il difensore avv. ZA.MA. ATTORE contro COMUNE DI BATTAGLIA TERME (C.F. (...)) CONVENUTO CONTUMACE CONCISA ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE 1. Con atto di citazione ritualmente notificato, (...) conveniva in giudizio il Comune di Battaglia Terme, chiedendone la condanna al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali patiti in conseguenza del sinistro a lei occorso in data in data 15.9.2018 in via (...). A sostegno della domanda esponeva: -che in data 15.9.2018, verso le 23.30, stava attraversando da un lato all'altro la strada denominata Via (...) in Comune di Battaglia Terme quando, improvvisamente, inciampava a cadeva rovinosamente a terra; -che la caduta era stata provocata da una griglia di ferro posta alla base di un albero lungo il marciapiede, rialzata rispetto all'asfalto e tale quindi da costituire una vera e propria insidia, essendo anche assente l'illuminazione; -che il pericolo era imprevedibile dal momento che il rialzo della griglia non era segnalato in alcun modo; -che a seguito della caduta aveva riportato lesioni, tra cui in particolare frattura bimalleolare della caviglia sinistra con fratture composte del domo astragalico. Alla prima udienza del 23.10.2020 nessuno si costituiva per il Comune convenuto, il quale veniva dichiarato contumace. In data 18.11.2020 la causa veniva assegnata al ruolo di questo giudice. Concessi i termini di cui all'art. 183 comma sesto cpc e depositate le relative memorie, la causa veniva istruita mediante prova testi e CTU medico legale. All'udienza del 28.4.2022, veniva rinviata per la discussione e decisione ex art. 281 sexies c.p.c. all'udienza del 22.9.2022, previo deposito di note difensive conclusive. 2. La domanda è fondata. Quanto all'an della responsabilità, la ricostruzione del fatto offerta dall'attrice ha trovato conferma in sede istruttoria. In particolare, il teste (...), ha affermato che "la sera dell'incidente era stata nel mio locale. (...) Quel giorno stavo chiudendo il locale e ho visto la signora inciampare sulla grata alla base della pianta. Sono uscito dal mio ristorante e ho visto la signora (...) che aveva già attraversato la strada". Il teste ha poi riconosciuto nella foto allegata dall'attrice (terza foto sub doc.1) la grata in cui quest'ultima è inciampata. Il teste (...), inoltre, dichiarava: "Salita sul marciapiede, la signora è inciampata all'altezza della grata. Preciso che era accanto a me ed improvvisamente è caduta. Una volta a terra ho potuto vedere che c'era una grata rialzata. Una volta caduta a terra, è stata chiamata l'ambulanza perché la signora non riusciva a rialzarsi." Entrambi i testi hanno poi confermato che il luogo dell'incidente non era illuminato (cfr dichiarazione (...) "confermo che il lampione era spento. Confermo che era spento anche il lampione dall'altro lato della strada...." e dichiarazione teste (...) "nel punto in cui la signora è caduta non c'era luce....ricordo che dove eravamo noi la luce non c'era...."). La ricostruzione dei testi non presenta elementi tra loro contraddittori né particolari salti logici. Essa conferma, in particolare, due elementi rilevanti per la ricostruzione dell'incidente: da un lato, la presenza di una grata rialzata posta alla base della pianta e occupante in parte il marciapiede, dall'altro la scarsa illuminazione del luogo. E' ragionevole ritenere che la combinazione di questi due fattori abbia creato una situazione pericolosa per la sicurezza di un pedone concretamente impossibilitato a percepire la sconnessione della grata, collata in prossimità di un attraversamento e comunque in zona deputata al camminamento dei pedoni, e a individuare la possibilità di utilizzare un percorso diverso. Inoltre, non ricorrono elementi che consentano di affermare che, nel caso di specie, l'attrice si sia comportata in maniera imprudente. Questa, infatti si è limitata a salire e a percorrere il marciapiede per salire sull'auto a seguito dell'attraversamento della strada. Il Comune, inoltre, restando contumace non ha fornito elementi ulteriori da cui poter desumere la sussistenza del caso fortuito. Secondo costante giurisprudenza, "la responsabilità ex art. 2051 cod. civ. postula la sussistenza di un rapporto di custodia della cosa e una relazione di fatto tra un soggetto e la cosa stessa, tale da consentire il potere di controllarla, di eliminare le situazioni di pericolo che siano insorte e di escludere i terzi dal contatto con la cosa; detta norma non dispensa il danneggiato dall'onere di provare il nesso causale tra cosa in custodia e danno, ossia di dimostrare che l'evento si è prodotto come conseguenza normale della particolare condizione, potenzialmente lesiva, posseduta dalla cosa, mentre resta a carico del custode, offrire la prova contraria alla presunzione iuris tantum della sua responsabilità, mediante la dimostrazione positiva del caso fortuito, cioè del fatto estraneo alla sua sfera di custodia, avente impulso causale autonomo e carattere di imprevedibilità e di assoluta eccezionalità" (Cass. n. 15761/2016; Cass. N. 9315/2019, Cass. N. 20943/2022; Cass. 9610/2022). Pertanto, sulla base delle testimonianze sopra richiamate, deve ritenersi provato il nesso causale. Del pari provato il nesso causale tra l'evento accorso e i danni sofferti dall'attrice, come accertato in sede di consulenza tecnica medico legale (cfr pagg.13 e seguenti elaborato ctu). In merito alla liquidazione del danno, va in primo luogo evidenziato che per liquidazione del danno non patrimoniale ci si può riferire alle tabelle del Tribunale di Milano. In particolare, quanto a detta tipologia di danni, la liquidazione non può che essere equitativa e deve muovere da una "uniformità pecuniaria di base", che assicuri che lo stesso tipo di lesione non sia valutato in maniera del tutto diversa da soggetto a soggetto e che risponda altresì a criteri di elasticità e flessibilità, per adeguare la liquidazione all'effettiva incidenza della menomazione subita dal danneggiato a tutte le circostanze del caso concreto (Cass.22272/2018; Cass. 5801/2019). Poste tali premesse, le tabelle del Tribunale di Milano consentono una liquidazione equitativa che, pur flessibile nei suoi esiti, assicura l'uniformità pecuniaria di base mediante la predisposizione del relativo punto-base: in particolare, può farsi applicazione delle tabelle aggiornate del 2021, vigenti al momento della decisione, il cui punto base è comprensivo della rivalutazione monetaria alla data della presente sentenza (sulla necessità, trattandosi di debito di valore, di utilizzare i parametri vigenti al momento della decisione, vedi Cass. 16788/2015; Cass. 2167/2016). Passando all'esame dei danni subiti dall'attrice in forza del sinistro per cui è causa si richiamano gli esiti della consulenza tecnica medico - legale svolta dal dott. (...), ampiamente motivati, coerenti con il quesito sottoposto dal giudice e non contestati dall'attrice. Il CTU ha verificato che le lesioni consistono in una "una frattura bi-malleolare scomposta alla caviglia sinistra, trattata chirurgicamente con riduzione cruenta e osteosintesi sia al malleolo peroneale che tibiale" (pag.13 elaborato CTU). Dopo aver delineato dettagliatamente l'iter clinico cui si è stata sottoposta l'attrice in seguito all'incidente (pagg. 13-14), il consulente ha rilevato che "attualmente, nonostante la rimozione dei mezzi di sintesi, residua un importante sofferenza e limitazione articolare alla caviglia sinistra, che si presenta ancora ingrossata. In particolare, va segnalato che, nonostante la rimozione dei mezzi di sintesi, permane un'anchilosi dell'estensione della tibiotarsica (T-T), che, essendo ancora impossibile oltre all'angolo retto, condiziona una deambulazione con zoppia sinistra. La sofferenza articolare alla caviglia sinistra si compendia anche di una limitazione, più contenuta, alla flessione della tibio-tarsica e all'articolazione sotto-astragalica, nonché con segni di modesta instabilità articolare" (pag.15 elaborato Ctu). Allo stato attuale, in seguito all'incidente e al percorso riabilitativo successivo, residua "un carico evidentemente dolente, confermato dal persistere di una rilevante ipomiotrofia di coscia e, soprattutto, di sura, a oltre tre anni dal sinistro. In base a tale quadro articolare disfunzionale della caviglia sinistra, appare del tutto attendibile l'impossibilità alla corsa e anche la difficoltà ad utilizzare la frizione dell'auto." (pag.15). Al quadro descritto va, infine, aggiunta la presenza di una modesta cicatrice post-operatoria (pag.15 elaborato ctu). Quanto al danno non patrimoniale, il consulente ha quindi concluso per la sussistenza "un danno biologico permanente quantificabile nella misura del 12% (dodici)". Inoltre, "E' conseguito un periodo di inabilità temporanea biologica assoluta di 1 (uno) giorno, più un periodo di inabilità temporanea biologica parziale al 75% di 37 (trentasette) giorni, ulteriori 40 (quaranta) giorni di inabilità temporanea biologica parziale al 50% ed ulteriori 60 (sessanta) giorni di inabilità temporanea biologica parziale al 25%" (pag. 15 elaborato ctu). Quanto al danno biologico temporaneo, può prendersi a riferimento il punto base per Euro 99,00, comprensivo della componente per danno biologico (Euro 72,00) e per danno da sofferenza soggettiva interiore media (Euro 27,00). E dunque, considerando un periodo di inabilità temporanea biologica assoluta di 1 (uno) giorno, un periodo di inabilità temporanea biologica parziale al 75% di 37 (trentasette) giorni, ulteriori 40 (quaranta) giorni di inabilità temporanea biologica parziale al 50% ed ulteriori 60 (sessanta) giorni di inabilità temporanea biologica parziale al 25%, il danno biologico temporaneo è quantificato in complessivi Euro 6311,25. Per calcolare il danno biologico permanente, individuato al 12% dal consulente tecnico (pag.15), considerata l'età danneggiato al momento del sinistro (31 anni), la percentuale di invalidità permanente (12%), il punto danno biologico (Euro 2.453,72), l'incremento per sofferenza soggettiva (+ 28%) Euro 687,04, il danno biologico permanente è da quantificarsi in Euro 32.036 Non vi è luogo ad alcuna personalizzazione in aumento, in ragione sia dell'assenza di allegazioni sul punto. La somma delle voci per danno biologico temporaneo (Euro 6311,25) e per danno biologico permanente (Euro 32.036,00) ammonta ad Euro 38.347,25. Quanto al danno patrimoniale, si tratta in particolare delle spese mediche sostenute dall'attrice a seguito del sinistro. Sul punto, il consulente tecnico ha ritenuto che le spese documentate siano complessivamente congrue e pertinenti con l'evento in esame, per un totale di Euro 2.948,34 (pagg.15-16 elaborato ctu), mentre non sono prevedibili spese mediche future. 3. In conclusione la domanda deve essere accolta, con conseguente condanna del Comune convenuta al pagamento in favore di parte attrice, a titolo di risarcimento del danno patrimoniale e non patrimoniale, della somma di complessivi Euro 41.295,59. Su detta somma sono dovuti gli interessi al saggio legale sulla somma de-valutata ai valori del mese di settembre 2018 (cioè alla data del sinistro) e quindi rivalutata di anno in anno fino alla data della presente decisione (secondo il criterio posto da Cass. S.U. 1712/1995); oltre ad interessi di cui all'art. 1284, comma 4, c.c. dalla data di pubblicazione del presente provvedimento fino al saldo. Le spese del presente grado di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo, tenuto conto del valore della controversia sulla base del decisum (cause di competenza del tribunale da scaglione fino a Euro 52.000,00), della trattazione e dei parametri previsti dal D.M. n. 55 del 2014 secondo i valori minimi per tutte le fasi del giudizio, considerata la semplicità delle questioni in fatto e in diritto trattate e la contumacia del Comune. Le spese della consulenza tecnica vanno poste definitivamente a carico del convenuto. P.Q.M. Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza ed eccezione disattesa o assorbita, così dispone: ACCOGLIE la domanda proposta da (...) e, per l'effetto CONDANNA il comune di Battaglia Terme al pagamento in favore dell'attrice della somma di Euro 41.295,59 a titolo di risarcimento del danno patrimoniale e non patrimoniale; CONDANNA il comune di Battaglia Terme al pagamento delle spese di lite che liquida in Euro 786 per spese ed Euro 3972 per compensi, oltre spese generali nella misura del 15%, IVA e CPA come per legge; PONE le spese di CTU definitivamente a carico di parte convenuta. Così deciso in Padova il 22 settembre 2022. Depositata in Cancelleria il 22 settembre 2022.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO di PADOVA SEZIONE PRIMA CIVILE Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. Luisa Bettio ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 10421/2015 promossa da: (...), l'avv. Pi.Re.; ATTORE contro (...), con l'avv. Al.Pa. CONVENUTI nonché contro (...), (...) - CONVENUTI CONTUMACI FATTO E MOTIVI DELLA DECISIONE Premesso che: - con atto di citazione ritualmente notificato (...) conveniva in giudizio (...), (...) e (...) - (d'ora in avanti (...)) allegando che in data 24.04.12 decedeva in Cittadella (PD) (...), padre dell'attore e del convenuto (...) e marito della convenuta (...); - al de cuius succedevano ex lege (...) quale coniuge del defunto, nonché i figli (...) ed (...); - allegava che il relictum ereditario era composto da diversi beni immobili e beni mobili meglio descritti nell'atto introduttivo cui si rimanda (cfr. pag. 1 e 2 atto di citazione); - precisava che tutte le somme giacenti nei rapporti bancari cointestati tra il de cuius e la convenuta (...) dovevano ritenersi di esclusiva proprietà del primo in quanto unico soggetto che provvedeva all'alimentazione di detti rapporti bancari; - evidenziava, inoltre, che il de cuius quando era in vita aveva svolto cospicue liberalità in favore del fratello, (...), ed, in misura sensibilmente minore, in proprio favore con conseguente necessità di operare la collazione di dette somme; - precisava, in particolare, che il de cuius aveva svolto diversi bonifici in favore delle parti meglio descritti a pag. 4 dell'atto introduttivo cui si rimanda; aveva inoltre impiegato la complessiva somma di Euro 70,000,00 per pagare debiti contratti dal figlio (...) come da documentazione in atti (cfr. doc. 11: fascicolo parte attrice) ed, a garanzia delle obbligazioni contratte dal figlio (...) verso (...) s.p.a., aveva concesso in garanzia i titoli di investimento meglio descritti a pag. 5 dell'atto introduttivo cui si rimanda conferendo all'istituto di credito mandato irrevocabile e venderli e ad impiegare i ricavi per ridurre l'esposizione debitoria del figlio (...): detti titoli venivano quindi liquidati per complessivi Euro 281.038,66 e trattenuti dalla banca; - precisava, quindi, che le liberalità ricevute da (...) erano pari a complessivi Euro 2.092.323,80, mentre quelle in suo favore ammontavano ad Euro 200.000,00; - rilevava, infine, di aver convenuto in giudizio (...) ex art. 1113 c.c. in quanto creditore ipotecario del convenuto (...) con ipoteca iscritta su beni immobili facenti parte del compendio ereditario; - formulava, quindi, le seguenti conclusioni: "nel merito - disporre ai sensi degli articoli 784 c.p.c. s.s., la divisione della massa ereditaria previa determinazione della sua consistenza attuale, attribuendo ad ognuno dei compartecipi la parte corrispondente alla propria quota ideale, secondo un comodo progetto divisionale predisposto con l'ausilio di un consulente tecnico d'ufficio a nominarsi; - pronunciare di ogni altro consequenziale provvedimento di legge e, in particolare, accertati e dichiarati gli atti di liberalità indicati in esposto, compiuti dal de cuius in favore degli eredi, disporne la colazione secondo i criteri di cui all'articolo 751 c.c.; - porre le spese di giustizia a carico della massa ereditaria compresi diritti, onorari e spese legali ed. in caso di contestazioni, disporre secondo i criteri della soccombenza .". - Con comparsa di costituzione e risposta depositata in data 16.02.16 si costituiva (...) non opponendosi alla richiesta di divisione della massa ereditaria ma contestando le allegazioni fattuali riportate da controparte; - precisava, in particolare che "i trasferimenti di denaro che secondo l'attore avrebbero costituito donazioni a favore del sig. (...), in cospicua parte sono stati erogati a favore delle società (T. srl, ora cessata e (...) s.a.s. in liquidazione) di cui erano e sono soci sia (...) ( al 60%) che il fratello (...) (al 40%) e che da sempre sono state gestite dal sig. (...) nel più totale disinteresse (anche finanziario) del fratello. Nelle operazioni dunque l'odierno convenuto ha avuto la funzione di mero tramite per realizzare i trasferimenti sui conti delle società." (cfr. pag. 2 atto introduttivo); - allegava, inoltre, che l'attore aveva ricevuto donazioni dal padre per un importo sensibilmente maggiore rispetto a quello indicato nell'atto di citazione; - precisava, altresì, di aver lavorato per il padre dall'età di 18 anni (dal 01.09.1976) svolgendo la mansione di impiegato presso la Tobeca sas per i primi due anni senza ricevere alcun stipendio e, successivamente, fino a 27 anni, versando interamente il salario in casa mentre (...) era stato sempre mantenuto dal padre anche durante gli studi universitari e di dette circostanze si sarebbe dovuto tenere in conto ai fini della chiesta collazione; - rilevava, poi, che in occasione del matrimonio dell'attore il de cuius gli aveva donato un immobile sito in (...) del valore di circa 200.000,00 Euro che era stato adibito da (...) a casa familiare e che nel 2008 il padre aveva donato all'attore circa Euro 300,00.00 oltre IVA per l'acquisto di un ufficio in Castelfranco Veneto oltre ad altre elargizioni in denaro; - evidenziava, peraltro, che le somme confluite nelle società (...) srl e (...) sas venivano in parte percepite dallo stesso attore quale socio delle medesime; - precisava, inoltre, che dalle somme erogate dal de cuius in suo favore dovevano comunque essere detratte le somme restituite al padre di cui al doc. 4 prodotto e le somme costituenti la restituzione di un prestito personale concesso dallo stesso a favore del de cuius per l'acquisto di un'autovettura marca Mercedes (cfr. doc. 6: fascicolo parte convenuta) integralmente pagata dal medesimo; - formulava, quindi, le seguenti conclusioni: "Accertarsi e dichiararsi gli atti di liberalità disposti in vita dal de cuius a favore del figlio (...) e quelli a favore del figlio (...), tenendo conto delle circostanze dedotte in narrativa e all'esito disporne la collazione sensi dell'articolo 751 c.c. Determinarsi la quota ereditaria di spettanza al signor (...) tenuto conto della volontà del de cuius espressa con le sue disposizioni in vita .". - (...) e (...), pur regolarmente citati, non si costituivano in giudizio rimanendo contumaci. - La causa veniva istruita mediante C.T.U. estimativa del compendio da dividere e C.T.U. contabile ed all'udienza del 09.03.22 le parti precisavano le conclusioni avanti al nuovo G.I. subentrato in corso di causa nella gestione del fascicolo il quale, previa concessione dei termini di legge per il deposito delle comparse conclusionali e delle repliche, si riservava di riferire al Collegio per la decisione. 1. accertamento delle donazioni ricevute dalle parti (...) e (...) dal padre (de cuius) (...) Appare questione necessaria ai fini della decisione della causa la determinazione delle somme ricevute dalle parti, (...) e (...), dal padre (de cuius), (...), che si possono ricondurre ad elargizioni a titolo di donazione. Va rilevato che fin dall'atto introduttivo l'attore, (...), ha allegato che il padre avesse in vita elargito cospicue somme di denaro in favore del fratello (...) che dovevano ritenersi donazioni soggette a collazione ex art. 724, co. 1 c.c.. Allo stesso modo, il convenuto, (...), ha allegato fin dalla comparsa di costituzione e risposta che anche il fratello (...) aveva ricevuto diverse donazioni da parte del padre e che, in ogni caso, gran parte delle somme che aveva ricevuto dal padre erano state in realtà erogate a favore delle società ((...) srl, ora cessata e (...) s.a.s. in liquidazione) di cui erano e sono soci sia (...) ( al 60%) che il fratello (...) (al 40%) e che da sempre erano state da lui gestite nel più totale disinteresse (anche finanziario) del fratello. Di conseguenza rispetto a dette operazioni il medesimo aveva avuto la funzione di mero tramite per realizzare i trasferimenti di dette somme sui conti delle società con conseguente esclusione del carattere donativo delle medesime (cfr. pag. 2 atto introduttivo). Sul punto, oltre alle produzioni documentali svolte dalle parti, sono stati disposti in corso di causa degli approfondimenti mediante lo svolgimento di un'autonoma perizia contabile volta proprio ad acclarare in base ai documenti prodotti, "l'entità delle somme che sono state erogate dal de cuius ai figli e che non siano riconducibili a rapporti commerciali intercorsi tra gli stessi svolgendo la verifica con particolare riferimento alla ricostruzione contabile fornita da parte convenuta secondo la quale sussisterebbe sostanziale corrispondenza tra le elargizioni in denaro ricevute dal convenuto (...) da parte del de cuius (...) (con provenienza da conti o intestati solo a quest'ultimo o cointestati con la moglie (...)) ed i versamenti svolti da detto convenuto sui conti delle società di famiglia come specificato nella memoria ex art. 183, co. 6, n. 2 c.p.c. di (...) del 23.11.16" (cfr. quesito peritale di cui all'ordinanza del 30.04.21). In proposito va previamente rilevato che fin dall'atto introduttivo parte attrice ha dedotto che la co-intestazione di alcuni conti correnti tra (...) e la moglie, (...), atteneva a ragioni di pura comodità e praticità di gestione, in quanto le somme presenti erano di esclusiva proprietà del de cuius (cfr. pag. 3 atto di citazione) e detta circostanza non è stata tempestivamente contestata da parte convenuta. Peraltro, oltre a non essere mai stato neppure allegato che la (...) avesse la possibilità di alimentare con proprie risorse detti rapporti bancari in quanto nulla è stato riportato in merito ad un'eventuale attività lavorativa della medesima o alla titolarità pregressa di risorse patrimoniali, la questione appare superata dalle stesse allegazioni conclusive del convenuto che ha confermato, anche esplicitamente, il riconoscimento dell'integrale titolarità di dette somme in capo al de cuius: "a tale riguardo, va, tuttavia, evidenziato che - avendo entrambe le parti dato atto in corso di causa che la provvista relativa ai conti cointestasti tra il de cuius e la moglie è stata generata unicamente da parte del sig. (...) (n.d.r.: pur vigendo la presunzione di titolarità delle somme nella misura del 50% tra ciascuno dei cointestatari di un conto cointestato) - in concreto non si pone la questione della rideterminazione della consistenza dell'asse ereditario anche sotto tale profilo, dovendosi ritenere, alla luce di quanto riconosciuto da entrambe le parti, che il sig. (...) risulta essere proprietario e/o titolare in via esclusiva anche di tutte le somme presenti sui conti cointestati tra quest'ultimo e la moglie, oltre che di quelle presenti sui conti a lui intestati in via esclusiva" (cfr. pag. 13 comparsa conclusionale convenuto (...)). Ciò posto e acclarato, quindi, che tutte le somme provenienti anche da rapporti bancari cointestati tra il de cuius e (...) devono ritenersi di titolarità esclusiva del primo sussistendo, per quanto sopra esposto, tutti gli elementi per il superamento della presunzione di contitolarità della somme di cui all'art. 1298 c.c. (cfr. Cass. Civ. n.77 del 04/01/2018), occorre, prima di analizzare gli esiti della C.T.U. contabile, acclarare se alcuni specifici trasferimenti di denaro indicati da parte attrice ed esclusi dalla valutazione peritale possano qualificarsi quali donazioni dirette o indirette ed, in particolare le seguenti operazioni: - Euro 275.000,00 relativi a prelievi effettuati direttamente dal convenuto (...) dai conti del padre; - Euro 70.000,00 relativi ad assegni emessi da (...) e addebitati sul conto paterno; - Euro 166.271,93 pari al valore dei titoli d'investimento del de cuius la cui liquidazione, secondo quanto allegato da parte attrice, sarebbe andata a saldare i debiti del fratello (...) verso (...) (cfr. doc 12 di parte attrice). Quanto alle prime due poste di denaro sopra indicate (Euro 275.000,00 ed Euro 70,000,00) si ritiene di condividere le considerazioni già svolte dal consulente incaricato in sede di risposta alle osservazioni del C.T.P. di parte attrice (cfr. pag. 27 e 28 C.T.U. dott. Bottecchia depositata in data 12.10.21) in quanto operazioni svolte da (...) quale delegato ad operare sul conto del de cuius e senza che sia stato assolto l'onere probatorio, gravante su parte attrice, in ordine ad un eventuale destinazione finale di dette somme in capo a detto convenuto . Tali somme non possono, pertanto, essere considerate donazioni in favore di (...). Con riferimento, poi, alla somma di Euro 166.271,93, parimenti la stessa non può essere qualificata come donazione indiretta. Va rilevato che l'unico documento prodotto in merito, ovvero il doc. 12 di parte attrice, si sostanzia in una mera messa in mora senza che si sia stata fornita prova dell'effettiva negoziazione dei titoli ivi indicati, del relativo realizzo e della destinazione del medesimo. Ciò premesso e passando all'esame dell'elaborato peritale contabile, vanno integralmente condivise in questa sede le analisi contabili svolte dal consulente incaricato che con metodo chiaro e coerente, pienamente condiviso dal presente giudicante, ha dato conto di tutte le movimentazioni bancarie e contabili oggetto di indagine. Va ricordato che il quesito peritale atteneva, per quanto qui di interesse, all'individuazione delle somme ricevute da (...) da parte del de cuius e non riconducibili a rapporti commerciali tra gli stessi e ciò in forza delle difese del convenuto che, fin dall'atto introduttivo, come riportato anche nella parte narrativa, aveva allegato che gran parte delle somme ricevute dal padre erano in realtà destinate alle aziende di famiglia (...) s.a.s. e (...) s.r.l. dove erano poi confluite con conseguente insussistenza del carattere donativo di detti trasferimenti patrimoniali. Ora, va rilevato che tra i mezzi di prova previsti dal codice di rito è annoverata anche la prova presuntiva semplice di cui all'art. 2729 c.c. con forza probatoria analoga agli altri mezzi di prova previsti dalla legge. Va, inoltre, ricordato in proposito che le presunzioni semplici consistono nel ragionamento del giudice, il quale, una volta acquisita, tramite fonti materiali di prova (o anche tramite il notorio o a seguito della non contestazione) la conoscenza di un fatto secondario noto, deduce da questo l'esistenza del fatto principale ignoto mediante la verifica della ricorrenza dei requisiti di precisione, gravità e concordanza richiesti dalla legge per valorizzare elementi di fatto come fonti di produzione (cfr. Cass. Civ. n. 2431 del 09-02-2004). Ebbene, nel caso in esame, nonostante la genericità delle descrizioni delle operazioni esaminate, correttamente rilevata dal C.T.U. che ha precisato che la "pressochè totalità delle operazioni oggetto di indagine è descritta con diciture generiche, quali "giroconto", "ordine e conto", "disposizione" (cfr. pag. 21 C.T.U dott. Bottecchia depositata in data 12.10.21) appare condivisibile la metodologia di analisi applicata dal medesimo secondo l'ipotesi che non si limita alla mera verifica, nell'arco dei plurimi anni oggetto di indagine, delle somme pervenute ad (...) dal padre e riversate da quest'ultimo nelle società (...) s.a.s. e (...) s.r.l., ma che valorizza, ai fini di un'eventuale qualificazione della causale di tali trasferimenti di denaro, anche il requisito della sequenzialità delle movimentazioni bancarie analizzate. In particolare appare pienamente condivisibile e, conseguentemente, viene fatto proprio dal presente giudicante, il criterio temporale secondo gli indici equitativi individuati dal consulente (ovvero l'identificazione del requisito della sequenzialità tra quanto ricevuto da (...) dal padre e quanto poi trasferito nelle società di famiglia considerando le operazioni realizzate in un intervallo massimo di 15 giorni e tollerando una differenza massima del 20% tra importo dell'accredito ed importo dell'addebito). Si condivide, inoltre, l'operata esclusione dal computo della somma di Euro 115.600,00 a titolo di finanziamento socio in quanto attinente a rapporti commerciali considerato il diritto in capo al socio alla restituzione. Tornando, quindi, all'esame della natura delle somme oggetto di indagine vanno evidenziati i seguenti indici, chiari, precisi e concordanti: - la situazione patrimoniale del padre in rapporto all'ingente entità delle somme fatte pervenire al convenuto (...) senza che sia stata neppure allegata una capacità patrimoniale talmente elevata da permettere una valutazione, anche presuntiva, di probabile connotazione causale quale liberalità delle somme fatte pervenire a (...); - l'obiettiva sproporzione tra le somme fatte pervenire al convenuto (...) rispetto a quelle destinate al fratello (...) senza un'apparente giustificazione; - la sequenzialità tra somme ricevute da (...) dal padre e somme riversate da quest'ultimo nelle società di famiglia (T. s.a.s. e (...) s.r.l.) individuata secondo i criteri sopra esplicitati. Ebbene, detti indici appaiono idonei a fondare la prova presuntiva in ordine alla riconduzione di parte delle somme ricevute da (...) dal de cuius a rapporti commerciali tra gli stessi e, quindi, ad escluderne la natura donativa. In particolare, secondo tale ricostruzione, proprio sulla base dell'analisi contabile svolta dal consulente che appare priva di vizi logici, devono qualificarsi quali donazioni in favore di (...) i trasferimenti di denaro ricevuti dal padre per complessivi Euro 875.994,48 ai quali non sono riferibili gli indici presuntivi sopra elencati con conseguente esclusione della riconducibilità di dette operazioni a rapporti commerciali. Peraltro, ad abundantiam, va osservato che notoriamente dinamiche di gestione familiare di patrimoni con finalità imprenditoriale anche mediante commistione di posizioni contabili sono ricorrenti in tipologie familiari di analoga connotazione, anche territoriale, rispetto a quella esaminata e, quindi, anche sotto tale profilo, appare plausibile la ricostruzione proposta desunta comunque dagli indici sopra analizzati. In definitiva le somme ricevute dalle parti dal de cuius che devono considerarsi donazioni, soggette alla collazione ex art. 724, co. 1 c.c., sono le seguenti: - Euro 310.000,00 in favore di (...) - Euro 875.994,48 in favore di (...). Sul carattere abusivo degli immobili oggetto della domanda di divisione e sulla divisibilità degli stessi Appare opportuno, sempre ai fini di una definizione della vertenza, definire se l'irregolarità catastale dell'immobile di (...) rilevata dal consulente incaricato (cfr. pag. 10 C.T.U. arch Malandrin depositata in data 03.04.20) che ad oggi non risulta sanata, sia o no ostativa alla divisione anche di tale immobile secondo i recenti orientamenti giurisprudenziali in materia. In particolare, si ricorda che in una recente pronuncia la Suprema Corte, a sezioni Unite, ha specificato il seguente principio di diritto: "Quando sia proposta domanda di scioglimento di una comunione (ordinaria o ereditaria che sia), il giudice non può disporre la divisione che abbia ad oggetto un fabbricato abusivo o parti di esso, in assenza della dichiarazione circa gli estremi della concessione edilizia e degli atti ad essa equipollenti, come richiesti dal D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 46 e dalla L. 28 febbraio 1985, n. 47, art. 40, comma 2, costituendo la regolarità edilizia del fabbricato condizione dell'azione ex art. 713 c.c., sotto il profilo della "possibilità giuridica", e non potendo la pronuncia del giudice realizzare un effetto maggiore e diverso rispetto a quello che è consentito alle parti nell'ambito della loro autonomia negoziale. La mancanza della documentazione attestante la regolarità edilizia dell'edificio e il mancato esame di essa da parte del giudice sono rilevabili d'ufficio in ogni stato e grado del giudizio". (cfr. Cass. Civ., sez. un, n.25021 del 07/10/2019). Ora, nel caso in esame, con riferimento all'immobile sopra menzionato, il consulente ha specificato che "L'immobile risulta edificato in forza della licenza ediliza nr. 95/1969 rilasciata il 29/12/1969, dove era prevista la realizzazione di un fabbricato adibito a civile abitazione per il quale è stato rilasciato il certificato di abitabilità in data 31/03/1971" ... " Lo stato dei luoghi corrisponde a quanto rappresentato nelle planimetrie catastali depositate presso U.T.C.; Le piante ed i prospetti relativi alle tavole di progetto acquisite presso l'ufficio tecnico comunale non sono invece corrispondenti allo stato di fatto dell'immobile" (cfr. pag. 10 C.T.U. .). In sostanza, il consulente ha rilevato una difformità catastale, ma, sussistendo il titolo abilitativo di detto immobile, ovvero la licenza edilizia sopra menzionata, la fattispecie non appare rientrare nelle ipotesi di assenza di concessione edilizia alle quali si riferisce la pronuncia sopra citata, le uniche che precludono l'esame da parte del Tribunale della domanda divisionale. Si ritiene, pertanto, che l'irregolarità riscontrata non osti alla divisione di detto bene. Occorre, quindi, rilevare, che, come correttamente segnalato da parte convenuta, dai documenti di causa (cfr. doc. 3: fascicolo parte attrice) emerge che l'immobile sito in (...), oggetto della domanda divisionale, a differenza di quanto considerato dal C.T.U. nella stesura dei progetti divisionali, originariamente era di proprietà per 1/2 del de cuius (...) e per 1/2 di (...). Va osservato, inoltre, che solo in sede di comparsa conclusionale, parte convenuta ha prodotto il testamento di (...), documento che ha comportato anche un modifica delle domande operata dalle parti in sede di precisazione delle conclusioni, produzione tardiva che, allo stato, non può essere presa in considerazione da parte del Tribunale. Pertanto, ferme restando le preclusioni processuali già maturate in corso di causa, premesso il contenuto decisorio del presente provvedimento, considerata l'anzianità della causa, i costi relativi ad eventuali ulteriori adempimenti istruttori (come, ad esempio un aggiornamento della C.T.U.) nonché la natura del procedimento e l'attuale posizione delle parti in causa, appare necessario rimettere la causa in istruttoria anche al fine di esperire un tentativo di conciliazione ex art. 185 c.p.c.. P.Q.M. Il Tribunale, non definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza ed eccezione disattesa o assorbita, così dispone: 1. accerta che le somme ricevute dai convenuti (...) e (...) da parte del de cuius (...) da considerarsi donazioni, soggette alla collazione ex art. 724, co. 1 c.c., sono le seguenti: - Euro 310.000,00 in favore di (...) - Euro 875.994,48 in favore di (...); 2. rimette la causa in istruttoria per il prosieguo e fissa l'udienza del 02.11.22 ad ore 11:00 disponendo la comparizione delle parti ai sensi dell'art. 185 c.p.c.; 3. spese la definitivo. Così deciso in Padova il 19 settembre 2022. Depositata in Cancelleria il 20 settembre 2022.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI PADOVA SECONDA SEZIONE CIVILE Il Tribunale, nella persona del giudice, dott. Vincenzo Cantelli, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile iscritta al n. 9543/2018 R.G. promossa da (...), C.F. (...); (...), C.F. (...); (...), C.F. (...); tutti difesi dall'avv. PI.BE., C.F. (...), domiciliati presso lo studio del medesimo difensore in Padova, via (...); contro (...), C.F. (...), difeso dall'avv. CA.CA., C.F. (...), domiciliato presso lo studio del difensore sito in Monselice (PD), via (...); e (...), C.F. (...), dall'avv. RO.AR., C.F. (...), domiciliato presso lo studio del medesimo difensore in Padova, via (...); e (...) S.P.A. - (...) S.P.A., C.F. (...), difesa dagli avv. MA.GI., C.F. (...), CA.RO., C.F. (...), MA.RA., C.F. (...), domiciliata presso lo studio dei medesimi difensori, in Padova, Corso (...). SVOLGIMENTO DEL PROCESSO (...), (...) e (...) citavano in giudizio (...), (...) e (...) s.p.a. (di seguito, anche "la banca"), chiedendone la condanna in solido al pagamento della somma totale di Euro 95.973,00, a titolo di risarcimento del danno, derivante da operazioni di investimento finanziario dei propri risparmi. In particolare, gli attori affermavano: - Che, nel corso del 2015, il (...), conoscente di lunga data dei fratelli (...), aveva prospettato loro la possibilità di investire nel c.d. trading online, promettendo una redditività annua pari al 5% dell'importo totale investito; - Che, affidatisi alle competenze del (...), su consiglio di questi i (...) avevano aperto un conto corrente presso la (...) s.p.a., tramite il consulente finanziario (...), che li aveva assistiti nella compilazione del modulo di profilazione c.d. Mifid; - Che, dopo la compilazione del modulo, avvenuta alla presenza del (...), i (...) avevano conferito a quest'ultimo il potere di gestire le somme presenti sul conto corrente, tramite l'utilizzo delle loro credenziali di accesso e con possibilità di eseguire operazioni strutturate e di movimentare il denaro ivi versato, per un capitale iniziale complessivo di Euro 70.000,00; - Che, vista l'iniziale redditività dell'operazione, il (...) e il (...) avevano contattato i (...), suggerendo loro di aprire un secondo conto corrente, intestato alla madre (...); - Che, dichiaratasi la (...) interessata a tale genere di investimento, era stato aperto presso la (...) un conto corrente ad ella intestato, sul quale la stessa aveva versato la somma complessiva di Euro 55.000,00; - Che, tuttavia, il (...) aveva concluso (...) anno di gestione dell'investimento con una perdita pari ad Euro 41.557,34 sul conto corrente dei (...) ed una perdita per Euro 42.106,09 quanto al conto della (...); - Che il (...) non aveva richiesto agli odierni attori le commissioni per la sua attività di gestione, chiedendo unicamente un termine per rimediare alle perdite subite; - Che, tuttavia, il tentativo del (...) si era rivelato infruttuoso, con una perdita finale per i (...) pari alla somma complessiva di Euro 52.849,00 e per la (...) di Euro 43.124,00; - Di aver, dunque, segnalato al (...) e alla (...) la condotta negligente del (...), privo della qualifica di consulente finanziario e non iscritto nell'apposito Albo; - Che (...) ne, la banca si era opposta alla richiesta degli attori di ottenere la loro documentazione contabile, per espresso divieto del (...), che aveva chiesto di essere informato se fosse pervenuta un'istanza in tal senso da parte degli attori. Tanto premesso in fatto, gli attori affermavano in diritto: - Che, nel caso di specie, sussisteva la responsabilità contrattuale del (...), derivante dall'inadempimento al contratto di mandato di consulenza finanziaria orale stipulato con gli attori; - Che, inoltre, il (...) e la (...) si erano resi inadempienti rispetto agli obblighi stabiliti dall'art. 21 T.U.F. e dagli artt. 27 e ss. del Regolamento Consob 16190/2007, adottando in ogni caso una condotta contraria a diligenza e buona fede ai sensi degli artt. 1176 e 1375 c.c., per non avere essi diligentemente sorvegliato sull'attività gestoria del (...). In conclusione, gli attori chiedevano, previo accertamento della sussistenza del contratto di mandato conferito in forma orale, di dichiararsi la responsabilità del (...) per grave inadempimento contrattuale e violazione degli obblighi di buona fede ai sensi degli artt. 1176 e 1375 c.c. o comunque per fatto illecito, con conseguente sua condanna al risarcimento del danno. I (...) e la (...) domandavano, altresì, l'accertamento della nullità, ai sensi dell'art. 1418 c.c., di tutti i contratti sottoscritti con (...) s.p.a., per il tramite del promotore finanziario (...), per contrasto con le norme imperative di cui agli artt. 21 TUF e 27 e ss. Reg. Consob. Essi chiedevano, conseguentemente, di accertarsi l'inadempimento del (...) e della (...), e per l'effetto condannarli, in solido con il (...), al risarcimento dei danni corrispondenti alle perdite subite in forza delle operazioni di investimento mobiliare e quantificati in Euro 52.849,00 per i (...), ed Euro 43.124,00 per la (...), oltre rivalutazione monetaria ed interessi legali dall'apertura del conto corrente al saldo. Si costituiva il convenuto (...), spiegando le seguenti difese: - Contestava le domande, evidenziando di non aver mai prestato a favore degli attori alcuna attività professionale remunerata, non essendoci prova di alcun profilo di responsabilità in capo al medesimo, né di tipo contrattuale, né di tipo extracontrattuale; - Sosteneva, altresì, di aver più volte avvertito gli odierni attori di non avere alcuna specifica competenza o qualifica professionale in materia di investimenti ad alto rischio, non profilandosi dunque alcuna violazione dei canoni di buona fede e correttezza di cui agli artt. 1176 e 1375 c.c.; - Affermava, infine, che non vi era stata alcuna violazione dell'art. 21 T.U.F. né del Regolamento Consob invocato dagli attori, atteso che egli non era un consulente finanziario iscritto in un apposito Albo e non era pertanto vincolato al rispetto di tali normative. In conclusione, (...) chiedeva in via preliminare di essere estromesso dal giudizio, non avendo egli responsabilità alcuna nelle vicende di lite. Nel merito, il convenuto domandava il rigetto delle domande tutte svolte dagli attori in quanto infondate. Si costituiva il convenuto (...), spiegando le seguenti difese: - Contestava le domande, evidenziando preliminarmente che gli attori non avevano mai disconosciuto le sottoscrizioni apposte sui contratti di conto corrente, né avevano mai lamentato la difformità dei questionari Mifid rispetto a quanto dichiarato all'intermediario; - Sosteneva, altresì, l'infondatezza della domanda di risarcimento dei danni, evitabili utilizzando l'ordinaria diligenza, avendo gli attori spontaneamente consegnato al (...) le credenziali di accesso al loro conto corrente, in spregio agli avvertimenti forniti dalla banca e dal (...) sul rischio di cessione a terzi di tali dati strettamente personali; - Affermava, inoltre, che non vi era stata alcuna violazione dell'art. 21 T.U.F. e del Regolamento Consob, avendo egli adeguatamente informato gli odierni attori dell'alta rischiosità delle operazioni che sarebbero andati a compiere; - Negava, infine, di essere a conoscenza degli accordi intercorsi tra gli attori e il (...), così come che quest'ultimo fosse privo di una qualifica professionale per operare nel settore, atteso che non conosceva l'attività da questi svolta per conto degli attori. In conclusione, (...) chiedeva il rigetto delle domande tutte svolte dagli attori in quanto infondate. Si costituiva la convenuta (...) S.p.a., spiegando le seguenti difese: - Contestava le domande svolte dagli attori, negando di avere una qualche responsabilità nella diffusione delle credenziali di accesso al conto, atteso che dette informazioni venivano comunicate dalla banca direttamente ed esclusivamente al cliente all'indirizzo di posta elettronica indicato; - Sosteneva, inoltre, che i contratti di conto corrente sottoscritti dagli attori non erano affetti da nullità ai sensi dell'art. 1418 c.c., avendo la banca e per essa il (...) fornito diligentemente tutte le informazioni necessarie, come prescritto dalla normativa di settore; - Negava, altresì, la sussistenza di una responsabilità solidale ai sensi dell'art. 2049 c.c. ed art. 31, coma 3, TUF, in difetto di prova del collegamento funzionale tra l'illecito commesso dal preposto e l'incarico affidato; - Affermava, in ogni caso, che il comportamento imprudente e negligente degli attori nel consegnare le credenziali di accesso al (...), integrava un concorso di colpa idoneo ad escludere ogni responsabilità risarcitoria in capo alla banca; - Sosteneva, infine, che per il risarcimento dei danni eventualmente riconosciuti era responsabile esclusivamente il (...), essendo prevista, nel contratto di agenzia in essere con la (...), una clausola di manleva dal pagamento di tutte le somme connesse alla violazione di regole di comportamento o obblighi di legge. In conclusione, la (...) s.p.a. chiedeva il rigetto delle domande tutte svolte da parte attrice. In subordine, la banca domandava accertarsi il suo diritto ad essere manlevata, da parte del (...), rispetto a tutte le conseguenze economicamente pregiudizievoli alla stessa eventualmente derivanti dall'accoglimento delle domande attoree e, per l'effetto, chiedeva la condanna dell'intermediatore finanziario al pagamento, in favore della (...), delle somme eventualmente riconosciute a favore degli attori. All'udienza del 23/4/2019, il precedente giudice assegnatario del fascicolo, dott. (...), assegnava alle parti termine per l'avvio del procedimento di mediazione. Fallita la mediazione, venivano assegnati i termini di cui all'art. 183, comma 6, c.p.c.; alla successiva udienza, il giudice ammetteva le prove orali richieste dalle parti. Il fascicolo transitava nel ruolo del giudice sottoscritto in data 19/11/2020. Seguivano udienze di assunzione delle testimonianze e dell'interpello formale precedentemente ammessi. Veniva infine fissata udienza di precisazione delle conclusioni. La causa veniva trattenuta in decisione all'udienza del 16/3/2022, con assegnazione alle parti dei termini di cui all'art. 190 c.p.c. per il deposito di memorie conclusionali e repliche. MOTIVI DELLA DECISIONE La domanda è fondata nei soli limiti che seguono. Sulla posizione del convenuto (...). (...), (...) e (...) propongono domanda di risarcimento del danno nei confronti di (...), per inadempimento contrattuale di questi rispetto agli obblighi assunti con il contratto di consulenza finanziaria conferitogli. In particolare, gli attori affermano che il (...) si sarebbe fatto conferire apposito incarico, sulla base di competenze e qualifiche professionali inesistenti, al fine di effettuare per loro conto investimenti ad alto rischio nel c.d. trading online, promettendo agli attori una redditività minima del 5% annuo sui capitali da questi versati nei conti correnti aperti allo scopo presso la (...), per il tramite del promotore finanziario (...). In conseguenza di tale condotta inadempiente, gli attori chiedono la condanna del (...) al risarcimento dei danni, individuati in misura pari alle perdite subite e complessivamente quantificati nella somma di Euro 95.973,00. La domanda è fondata nei limiti che seguono. Vi è, in primo luogo, prova della sussistenza del rapporto negoziale, inquadrabile in un contratto di prestazione d'opera intellettuale e, in particolare, in un contratto di consulenza e di gestione di un portafoglio finanziario. Tale prova discende innanzitutto dagli esiti dell'interrogatorio formale del convenuto (...). All'udienza del 24/2/2021, in risposta al capitolo 15 della seconda memoria istruttoria degli attori ("vero che, ricevute le credenziali d'accesso al conto corrente di (...) e (...), il signor (...) gestì ed investì la somma di complessivi 70.000,00 Euro, rendendola oggetto di trading on line?"), il convenuto ha risposto che: "Non vi era un accordo di gestione in senso stretto. Mi sono adoperato per istruire (...) e (...) sulle compravendite di strumenti finanziari, visto che la sig.ra (...) mi aveva chiesto fin dall'inizio di poter fare la stessa cosa che facevo io. Ho fatto quello che loro mi hanno chiesto. Ho cercato di replicare per quanto possibile quella che poteva essere la mia operatività rispetto agli investimenti finanziari"; affermando poi di aver "svolto la stessa attività anche in relazione al conto della sig.ra (...) che ho svolto per il conto di (...) e (...), su precise indicazioni di quest'ultimi" (risposta al capitolo 20 della seconda memoria istruttoria degli attori). Ora, messa da parte l'iniziale negazione della sussistenza di un accordo in senso stretto, di per sé non rilevante ai fini dell'inquadramento del rapporto in quanto generica e contraddetta dalle successive affermazioni, il convenuto ha ammesso in tale sede: i) il suo impegno ad "istruire" gli attori sulla compravendita di strumenti finanziari; ii) l'adempimento di ordini ricevuti dagli investitori nella gestione del portafogli finanziario; iii) l'impegno a replicare, per quanto possibile, l'operatività e, dunque, i risultati già raggiunti in proprio, con le somme ad egli affidate dagli attori a fini di investimento mobiliare. Nello specifico, la risposta all'interrogatorio formale pone in evidenza la sussistenza di un accordo di gestione patrimoniale, consistente nell'utilizzo delle conoscenze pregresse del consulente/promotore nell'istruzione degli attori nella materia degli investimenti finanziari e nella movimentazione diretta, da parte del consulente, delle somme presenti sui conti corrente accesi dagli attori presso (...), mediante diretto accesso alle piattaforme online della banca relative a tali rapporti. Sul punto, va sottolineato come la circostanza, per cui il (...) disponesse delle credenziali di accesso all'home banking degli attori, non è mai stata oggetto di contestazione da parte del convenuto e, anzi, è stata da questi più volte confermata. In risposta al capitolo 24 della seconda memoria istruttoria degli attori ("vero che, ad oggi, stante l'attività di trading on line, da parte del signor (...), con i risparmi dei (...) e (...) e (...), le perdite sono salite a 52.849,00 Euro, per i fratelli (...), e a 43.124,00 Euro, per la signora M."), il convenuto (...) ha infatti risposto che "Non lo so e non posso saperlo perché non sono più entrato con le loro credere nei loro conti da quando hanno prelevato tutto il contenuto. Preciso che nell'ultimo momento in cui ho avuto contezza del saldo del conto, questo era negativo ma non ricordo precisamente l'ammontare"; con ciò ammettendo che, prima del prelievo delle somme, egli disponeva delle credenziali dei conti degli attori e poteva, pertanto, farvi libero accesso, mediante l'utilizzo del portale home banking di (...). Tale circostanza è particolarmente significativa, poiché la conoscenza e l'utilizzo delle credenziali per l'accesso all'home banking degli attori presuppone, di per sé, la sussistenza di un incarico negoziale di gestione dei risparmi, non essendo altrimenti spiegabili né la condotta di un investitore che, bisognevole di soli consigli da parte di un amico (secondo la prospettazione del convenuto), consegni proprio a colui che dispensa tali "consigli" le proprie credenziali di accesso ai conti, né quella del consulente che proprio tali credenziali accetti in consegna, per andare poi direttamente ad operare sui conti corrente, nel tentativo di "replicare" i risultati positivi della gestione operata con i propri risparmi. In altre parole, se veramente l'attività del (...) si fosse limitata a meri consigli, pur rappresentando anche questi invero un'attività di consulenza, egli non avrebbe avuto titolo alcuno per disporre delle credenziali di accesso all'home banking, né per fare poi effettivamente accesso ai rapporti bancari degli attori, movimentando le somme ivi presenti per acquistare e vendere strumenti finanziari. Tutte tali attività non sarebbero stati possibili, né giustificate, in assenza di un rapporto negoziale di gestione del portafoglio mobiliare, conferito dai risparmiatori (...)/(...) al consulente/esperto (...) e caratterizzato da un duplice contenuto: da un lato, quello informativo/consulenziale rispetto alle tipologie di investimento mobiliare e, dall'altro lato, quello operativo di gestione diretta dei risparmi, mediante accesso ai conti corrente. Dall'analisi dell'interrogatorio formale del convenuto (...), emerge dunque l'ammissione di questi rispetto alla sussistenza delle condotte contestate dagli attori e, in particolare, relativamente all'opera di gestione del loro patrimonio mobiliare mediante trading online sui loro conti. Le risposte fornite dal convenuto all'interrogatorio formale vanno poi coordinate con l'esame delle difese di questi. Nello specifico, a più riprese, il convenuto (...) ha ammesso nei propri scritti difensivi di aver dispensato "consigli" agli attori e di aver gestito le somme presenti sul loro conto corrente, pur recisamente negando sia il risultato garantito di una redditività annua del 5%, sia la sussistenza di un compenso pattuito per la propria opera. Vi è innanzitutto l'affermazione riportata a pagina 7 della comparsa di costituzione, nella parte descrittiva del fatto nella prospettazione dello stesso (...), ove egli riporta che, a fronte dei solleciti di (...) ad occuparsi della gestione dei risparmi di famiglia e del fatto che questa avesse maturato specifiche competenze nella compravendita di obbligazioni della (...), "il convenuto le disse non era poi così differente operare su titoli quotati o sui futures (anche se per certi aspetti poteva essere più rischioso), ma che era necessario aprire un conto di Trading dotato di una piattaforma all'altezza". Tale affermazione è indicativa di un approccio del convenuto finalizzato alla successiva conclusione di un contratto che fosse incentrato, appunto, sulla gestione da parte sua di tali titoli, ben più rischiosi ma più remunerativi delle obbligazioni: in particolare, si rileva che lo spingersi ad affermare una sostanziale equivalenza tra le operazioni di acquisto di obbligazioni già eseguite dagli attori e quelle di acquisto di titoli più rischiosi, così come l'avviso circa la necessità di apertura di un conto corrente ad hoc, evidenzia un concreto impegno del consulente a fornire qualcosa in più di una semplice informazione ad un amico, avendo egli reso edotto l'investitore dei passi necessari per arrivare al risultato finale dell'investimento, nel quadro dei passi prodromici alla conclusione del rapporto negoziale di consulenza/gestione. Inoltre, sempre nella prospettazione dello stesso convenuto, egli riconosce di aver esposto agli attori le proprie competenze in materia, spiegando loro che esse "si erano perfezionate nel corso degli anni grazie alla dedizione, allo studio e alla presenza costante sui mercati stessi: non solo la sua operatività non era facilmente replicabile ma necessitava della conoscenza degli strumenti utilizzati, e a specifica richiesta aveva cercato di spiegare come le percentuali di guadagno nel trading non erano in linea con i "normali rendimenti" dei mercati, cosi come pure i rischi potenziali" (cfr. pag. 5 comparsa costituzione (...)). Lo stesso (...) ha dichiarato poi di aver accettato un incontro congiunto con i fratelli (...) alla fine di settembre del 2015, evidenziando loro in tale occasione la necessità di aprire un conto corrente, possibilmente con la banca (...), quale condizione imprescindibile per la gestione dei risparmi (pag. 6 comparsa di costituzione e risposta (...)). Anche tale prospettazione del convenuto conferma le doglianze degli attori, nella parte in cui non è altrimenti spiegabile un così intenso susseguirsi di incontri e discussioni, caratterizzati dall'esposizione della fruttuosità degli investimenti su titoli azionari e dalla descrizione della necessità di dotarsi dei necessari strumenti, se non in chiave negoziale, nel quadro cioè delle fasi antecedenti la conclusione del contratto di consulenza/gestione del portafoglio finanziario. Ed infatti, è lo stesso convenuto (...) che ha ammesso sia la conclusione dell'accordo, sia la esecuzione, nel momento in cui egli ha dichiarato che "gli attori erano sempre consapevoli di quanto fatto sul trading dei loro risparmi, avevano i documenti per accedere in ogni momento dal computer di casa, al loro estratto conto e venivano aggiornati costantemente dell'andamento dei titoli. Essi davano ordini su come operare in base alla richiesta del mercato" (pag. 10 comparsa di costituzione e risposta (...)). Anche in questo passaggio, vi è chiara ammissione delle condotte contestate. Il convenuto (...) ha infatti riconosciuto di aver aggiornato costantemente gli attori sull'andamento dei titoli, ossia sull'andamento dell'attività gestoria, ed ha ammesso che gli attori erano, per l'appunto, consapevoli di quanto fatto con i loro risparmi, dunque dell'attività di investimento e disinvestimento, oggetto del contratto di consulenza/gestione del loro portafoglio. La sussistenza di costanti aggiornamenti da parte del convenuto circa l'andamento degli investimenti non troverebbe alcuna spiegazione nel quadro di un rapporto di cortesia ed evidenzia, anzi, la sussistenza di un rapporto negoziale e di natura giuridica, con chiare obbligazioni del mandatario/consulente nei confronti degli investitori. Anche l'ammissione della sussistenza di ordini da parte degli investitori evidenzia la natura negoziale del rapporto, nella parte in cui in un rapporto di cortesia/amicizia è certamente da escludere ogni profili di vincolatività, mentre invece nel rapporto giuridico, in questo caso negoziale, la vincolatività deriva dal titolo, costituito nel caso di specie da un contratto di consulenza e gestione dei risparmi. Così anche le affermazioni del (...) sul recupero delle prime perdite subite dalla gestione ("nei mesi di aprile e maggio 2016, ci furono delle situazioni in cui le operazioni girarono in perdita, ma vennero più o meno velocemente recuperate tanto che già alla fine dell'estate furono nuovamente prelevati dal capital gain e nell'autunno il saldo dei (...) era prossimo a 72.000,00 Euro al netto degli utili già prelevati") implicitamente presuppongono due importanti circostanze: i) da un lato, che vi fosse effettiva gestione, desumibile dalla conoscenza precisa del (...) dei saldi dei conti corrente e delle perdite subite con le operazioni eseguite; ii) dall'altro lato, che tale conoscenza derivasse necessariamente dall'accesso diretto a tali rapporti mediante utilizzo delle credenziali di home banking, così come confermato in sede di interrogatorio formale e non contestato negli scritti difensivi. Tutte tali circostanze sono state ribadite nelle successive difese del (...): si veda ad esempio pag. 5 della sua prima memoria istruttoria, ove il convenuto ammette di aver operato sui conti degli attori, pur se sotto la loro stretta supervisione. Sul punto, va evidenziato che la supervisione degli attori alle operazioni di investimento non è verosimile e comunque non giustifica l'inadempimento del convenuto, a fronte del fatto che egli medesimo ha descritto le proprie capacità in materia di finanza come elevate, dunque quantomeno superiori a quelle degli attori, i quali pertanto ben difficilmente avrebbero potuto guidare nelle operazioni di investimento una persona più esperta di loro, né invero avrebbero potuto avervi un interesse, se effettivamente fossero stati in grado autonomamente di porre in essere gli investimenti. Ecco dunque che gli esiti dell'interrogatorio formale e dell'analisi delle difese del convenuto depone nel senso dell'effettiva sussistenza di un'attività del (...) di consulenza e gestione del portafogli degli attori, riconducibile ad un contratto di prestazione d'opera intellettuale. Tale contratto è stato stipulato in forma orale nel 2015; quanto al suo contenuto, esso prevedeva l'impegno del consulente all'informazione e alla gestione diretta dei risparmi degli attori presenti sui conti correnti accesi presso (...), mediante accesso alle credenziali e al portale home banking dei rapporti, con esecuzione delle diverse operazioni da parte dello stesso consulente/mandatario. Quanto al contenuto delle obbligazioni ivi dedotte, non vi è prova dell'obbligo di risultato dedotto dagli attori di una redditività minima della gestione al 5% annuo: l'affermazione degli attori non ha infatti trovato riscontro in sede di assunzione delle prove orali, né invero negli scritti difensivi avversari. Va poi esclusa la riconducibilità del rapporto ad un mero rapporto di cortesia, inquadrabile cioè nell'ordinamento c.d. sociale, invece che in quello giuridico. In particolare, la giuridicità del rapporto intercorso tra gli attori ed il (...) emerge facendo utilizzo sia del c.d. criterio soggettivo di distinzione, fondato sulla volontà delle parti, sia di quello oggettivo, fondato sulla natura del rapporto. Sul punto, basti considerare che l'interesse certamente patrimoniale degli investitori ad una corretta gestione dei loro risparmi esclude la fondatezza del richiamo a prestazioni rese per pura amicizia, così come va adeguatamente considerata l'insorgere di un apprezzabile affidamento di questi nelle capacità tecniche del (...), a fronte delle non modeste somme investite e della loro incidenza sul patrimonio complessivo degli attori. Ulteriori elementi che depongono nel senso della giuridicità del rapporto sono poi costituiti: i) dalla durata dell'accordo e dalla sua prolungata esecuzione per più anni; ii) dalla sua espansione anche in favore di soggetti non legati direttamente da vincolo di amicizia con il (...), quale l'attrice (...); iii) dalla manifestazione all'esterno della sua sussistenza, mediante la partecipazione del (...) all'incontro di apertura dei rapporti di conto corrente. La mera circostanza che le parti fossero amiche prima dei fatti di causa non esclude dunque la giuridicità del vincolo. Quanto alla qualificazione giuridica del rapporto contrattuale, il negozio è da ricondurre ad ipotesi di contratto di prestazione d'opera intellettuale, ravvisandosi la prevalenza dell'aspetto relativo alla spendita di competenza tecniche del prestatore d'opera su quello del compimento di atti giuridici in nome e per conto del mandante, proprio del contratto di mandato, di per sé sussistente, ma non centrale nel rapporto negoziale di cui si discute. Va poi rilevato che l'onerosità del contratto, pur dedotta dagli attori, non ha trovato dimostrazione nel corso del processo: precisato infatti che su tale aspetto vi è stata netta contestazione del convenuto, si osserva che anche in sede di interrogatorio formale questi ha negato di aver percepito un compenso e che non vi sono ulteriori e diversi elementi di prova che depongano invece per la sua esistenza. In ogni caso, tale circostanza non esclude la giuridicità del vincolo, ben potendo sussistere un vincolo giuridico relativo ad un negozio gratuito, senza che ciò comporti attrazione nella sfera dei rapporti di cortesia. In definitiva, il rapporto che ha legato gli attori al convenuto (...) è inquadrabile alla stregua di un contratto di prestazione d'opera intellettuale, avente ad oggetto la formazione degli attori in materia di investimenti finanziari e la gestione diretta dei loro risparmi mediante accesso ai portali home banking dei loro rapporti di conto corrente. Richiamata la distribuzione degli oneri processuali in materia contrattuale, spettava dunque al convenuto/debitore offrire la prova del proprio diligente adempimento, mentre agli attori era sufficiente dimostrare il titolo ed allegare l'inadempimento della controparte. Gli attori/creditori hanno assolto al proprio onere probatorio e di allegazione. Quanto al titolo, si è detto della prova della sussistenza del rapporto negoziale. Quanto all'allegazione dell'inadempimento, gli attori hanno documentato con gli estratti conto dei rapporti bancari la differenza tra quanto versato prima dell'inizio della gestione e quanto presente sui conti all'esito della gestione, pari ad Euro 52.849,00 di perdita quanto al conto corrente intestato ai fratelli (...) e pari ad Euro 43.124,00 quanto al conto corrente intestato alla (...). Con tali allegazioni, gli attori hanno dunque assolto l'onere processuale che gravava su di essi, in qualità di creditori. A fronte dell'allegazione di inadempimento, di converso, il convenuto (...) non ha raggiunto la prova del proprio diligente adempimento, da verificare facendo utilizzo del canone di diligenza di cui agli artt. 1176 e 1218 c.c. I profili di inadempimento addebitabili al convenuto sono infatti plurimi e di consistente gravità. In particolare, il convenuto ha in primo luogo omesso di informare gli attori circa l'assenza di una propria specifica qualifica professionale e dell'inesistenza di qualsivoglia iscrizione all'albo dei promotori finanziari o dei consulenti indipendenti: tale omissione risulta particolarmente grave, a fronte della specifica materia oggetto del contratto di consulenza/gestione finanziaria e delle ricadute sul sinallagma contrattuale, irrimediabilmente turbato dall'ignoranza degli attori circa una qualità essenziale della controparte. Il convenuto ha poi operato una gestione fallimentare degli investimenti finanziari degli attori, a fronte di un risultato netto della gestione di durata quasi triennale pari a 52.849,00 Euro di perdita per gli attori (...) e pari a 43.124.00 Euro di perdita per l'attrice Ma., così come evincibile dall'esame degli estratti conto sub docc. 2 e 4 degli attori, all'esito della operazione di sottrazione dei saldi finali dei rapporti da quelli iniziali, aumentati dei successivi versamenti effettuati nel tempo. In particolare, se si considera che l'investimento degli attori (...) è stato pari ad Euro 70.000,00 e quello dell'attrice (...) è stato pari ad Euro 55.000,00, è immediatamente percepibile l'esito negativo della gestione, così negativo da condurre ad una riduzione delle somme investite superiore al 70%. L'inadempimento del prestatore d'opera intellettuale consiste dunque, da un lato, nell'omesso avviso agli investitori circa la totale assenza di una specifica competenza professionale e della non iscrizione agli albi professionali di riferimento; dall'altro lato, nella non diligente ed oculata gestione dei risparmi, tale cioè da provocare ingenti perdite, peraltro già annunciate dai risultati intermedi di gestione, ben conosciute dal convenuto, e non recuperate o, quantomeno, non stabilizzate e contenute mediante la tempestiva rinuncia all'incarico. Tutte tali circostanze evidenziano un inadempimento di non scarsa importanza del convenuto (...). Ciò posto egli è tenuto al risarcimento del danno. Sia infatti che si consideri il contratto risolto per inadempimento, sia che lo si consideri nullo per omessa iscrizione del prestatore d'opera nell'albo dei promotori/consulenti indipendenti (art. 2231 c.c.), non emergono effetti restitutori di rilievo, considerando sul punto l'assenza di corrispettivo del consulente. Nell'un caso come nell'altro, è tuttavia ammissibile l'azione risarcitoria, nel caso di specie da ritenersi fondata nei limiti che seguono. Va infatti evidenziato un profilo di corresponsabilità degli attori nella produzione del danno, tale da condurre ad una diminuzione del risarcimento, in applicazione dell'art. 1227, comma 1, c.c. In particolare, si rileva la sussistenza di un contegno negligente degli investitori tutti, che hanno contravvenuto alle più elementari regole concernenti le modalità di investimento, attraverso la violazione dei canoni di prudenza e cooperazione nell'attività di gestione dei capitali (Cass. 18613/2015). Innanzitutto, va sottolineata la seria imprudenza degli investitori nell'affidare i propri risparmi ad un soggetto terzo, sulla sola base di un rapporto di amicizia, pur se consolidata, omettendo le opportune richieste e verifiche sulle capacità tecniche di questi, sull'iscrizione al competente albo professionale e sugli eventuali rapporti con intermediari abilitati. L'esecuzione di tali elementari adempimenti avrebbe consentito agli attori, senza porre in essere uno sforzo inesigibile od eccessivo, di percepire i rischi che avrebbe comportato un'attività di consulenza e gestione di un portafoglio finanziario, posta in essere da un soggetto non iscritto ad alcun albo, non accreditato presso alcuna organizzazione o istituto bancario e, in definitiva, scelto per sole ragioni di amicizia ed in assenza di referenze di terzi soggetti. Ciò a maggior ragione considerando le pregresse esperienze quantomeno dell'attrice (...) che, per affermazione del convenuto rimasta priva di contestazione, aveva già posto in essere operazioni di investimento dei propri risparmi in strumenti finanziari della (...), di per sé non privi di rischi e comunque indicativi di una conoscenza non episodica da parte dell'attrice del settore dell'investimento mobiliare. Unitamente a tale circostanza, va inoltre attentamente considerata la pacifica assenza di un documento contrattuale scritto, indice anch'essa di un comportamento imprudente degli investitori tutti, a fronte della rilevanza dell'impegno economico (diverse decine di migliaia di Euro per investitore) e della rischiosità che, in generale, riguarda ogni tipo di investimento finanziario, a partire già dalle obbligazioni e, tanto più, con riferimento ai c.d. "derivati" e "futures" su cui gli attori hanno investito i propri risparmi, mediante l'ausilio del convenuto (...). Va poi evidenziato che tutto il rapporto contrattuale, dalla sua genesi fino alla conclusione, si è svolto al di fuori sia dei locali commerciali di una banca o di altro intermediario finanziario - messo da parte la non rilevante presenza del (...) al momento di apertura dei conti correnti presso (...), relativo ad un mero adempimento esecutivo prodromico all'attività di gestione - sia di un ufficio o locale commerciale di qualsivoglia natura, avendo gli attori stessi dedotto modalità non usuali di esecuzione di un rapporto di consulenza finanziaria, quali la sussistenza di incontri presso l'abitazione del consulente o in un bar, il pagamento in contanti o la cessione dei dati personali di accesso all'home banking dei conti correnti. Rilevano inoltre, quali comportamenti imprudenti che hanno concorso alla causazione del danno: i) l'aver dato corso ad un rapporto negoziale per circa un triennio, senza che vi sia prova di richieste degli attori nei confronti del (...) di resoconti scritti, rapporti o bilanci della gestione patrimoniale; ii) l'aver proseguito tale rapporto, pur a seguito del verificarsi delle prime consistenti perdite subite dalla gestione; iii) l'assenza di richieste di delucidazione circa l'inserimento o meno del (...) in strutture affidabili di gestioni dei risparmi. Tutte tali circostanze implicano la sussistenza di una condotta degli investitori imprudente, posta in essere in violazione delle più elementari regole di prudenza di un investitore diligente ed accorto, non giustificabile nemmeno nel quadro del rapporto di amicizia con il convenuto e, in definitiva, significativamente anomala rispetto a quella esigibile in concreto ad un comune risparmiatore interessato alla fruttuosa gestione dei propri risparmi (Cass. 27925/2013). Tale condotta ha avuto efficacia causale nella produzione del danno e rileva sotto il profilo del concorso colposo del danneggiato, ai sensi dell'art. 1227, comma 1, c.c. Quanto al rilievo quantitativo della condotta colposa del danneggiato nel quadro dell'allocazione delle responsabilità, si evidenzia che il comportamento degli investitori ha avuto efficacia causale pari a quella del consulente/gestore: in particolare, la significativa anomalia dei comportamenti degli attori nella gestione dei propri risparmi non può condurre a riconoscere un'efficacia causale inferiore al 50%, stante il rilievo che il comportamento alternativo diligente avrebbe invece avuto nella riduzione del danno a fronte, ad esempio, di un'interruzione del rapporto antecedente a quella in effetti verificatasi; né può riconoscersi efficacia causale preponderante o unica alla condotta degli investitori, a fronte del fatto che, concretamente, le operazioni di gestione del patrimonio mobiliare sono state poste in essere dal solo convenuto (...), pur sempre nel quadro di un rapporto negoziale. Va dunque riconosciuta un concorso colposo degli attori nella produzione del danno pari al 50%. Il risarcimento va pertanto diminuito secondo la gravità della colpa. Quanto agli attori (...), l'operazione è la seguente: (misura complessiva del danno diviso due) = 52.849,00 Euro / 2 = 26.424,50 Euro. Quanto all'attrice (...), l'operazione è la seguente: (misura complessiva del danno diviso due) = 43.124.00 Euro / 2 = 21.562,00 Euro. In ragione dell'impossibilità di individuare il momento esatto di produzione del danno e di decorrenza dunque di rivalutazione monetaria ed interessi, va infine fatta applicazione di un esplicito criterio equitativo che tenga conto di tali due distinte voci ai fini della quantificazione finale della misura del risarcimento alla data di pubblicazione della presente sentenza: in particolare, quanto agli attori (...), il danno viene equitativamente liquidato, già rivalutato e con interessi, alla somma complessiva di Euro 30.000,00 e, quanto all'attrice (...), liquidato, anch'esso con rivalutazione ed interessi, alla somma di Euro 24.000,00. Tali dunque le somme oggetto di condanna del convenuto al pagamento in favore degli attori: su di esse sono dovuti gli interessi di cui all'art. 1284, comma 4, c.c. dalla data di pubblicazione della presente sentenza fino al saldo. Sulla domanda nei confronti di (...). Per ciò che concerne, invece, il convenuto (...), la domanda spiegata dagli attori è infondata. In particolare, gli attori deducono la sussistenza di un profilo di responsabilità risarcitoria del (...), per avere egli violato gli obblighi informativi imposti dall'art. 21 TUF e dal Regolamento Consob 16190/2007, in qualità di consulente finanziario iscritto nell'apposito Albo. In particolare, il convenuto avrebbe omesso di vigilare sulla complessiva condotta del (...) e di informare gli attori sull'assenza di qualifiche professionali di questi. Le contestazioni degli attori sono infondate. Non si profila infatti alcuna responsabilità in capo al (...) per la condotta negligente del (...), tanto con riferimento a quella che gli attori hanno definito "ingerenza" di questi nella stipulazione dei contratti bancari e nella compilazione del MIFID, quanto con riferimento all'ottenimento delle credenziali di accesso al conto corrente degli attori da parte del consulente (...). Quanto al primo profilo, il contegno consenziente degli attori vale ad escludere qualsivoglia responsabilità in capo al promotore finanziario: sono stati infatti essi stessi ad aver acconsentito alla presenza del (...) in tale occasione presso la banca ("in data 29.09.2015, i (...) incontravano il (...) e il (...) all'interno dei locali di (...) SPA", cfr. pag. 2 atto citazione), circostanza poi confermata anche in sede di interrogatorio formale. In particolare, la presenza del (...) al momento dell'apertura dei conti corrente - considerando che egli non era dipendente della (...), né in alcun rapporto di natura negoziale con il (...), invero nemmeno dedotto dagli attori - può ragionevolmente giustificarsi solo con una richiesta in tal senso da parte degli attori, ossia di coloro i quali avevano concluso il (...) il contratto di consulenza e gestione del loro portafogli mobiliare, dunque gli unici soggetti interessati alla sua presenza al momento dell'apertura dei rapporti bancari. In tale quadro, non può imputarsi al (...) o alla (...) in generale alcuna inosservanza o inadempienza, poiché questi non erano tenuti ad ingerirsi nelle scelte degli attori, né a sorvegliarne le autonome scelte circa la presenza di un soggetto terzo al momento dell'apertura dei conti corrente, né sussistevano su di essi obblighi di protezione diversi da quelli scaturenti dai soli rapporti bancari di conto corrente aperti in tale occasione. Con riferimento a questo primo profilo, non vi è pertanto stata alcuna violazione da parte del (...) degli obblighi informativi imposti dalla normativa TUF e Consob. Quanto, poi, alla compilazione del modulo MIFID presso la banca, non vi è prova né che essa sia stata "suggerita" dal (...) ed invero nemmeno dal (...), né vi è prova delle dedotte discrepanze tra le dichiarazioni rese dagli attori ed i risultati del modulo stesso, a maggior ragione considerando che le sottoscrizioni degli attori apposte sui moduli MIFID agli atti non sono state oggetto di disconoscimento, da cui può concludersi per la valida assunzione di paternità delle dichiarazioni ivi riportate. Da tali dichiarazioni è infatti emerso che essi erano disposti a "perseguire un rendimento molto elevato, sopportando il rischio di una perdita alta" (cfr. doc. 1 (...)). Tale obiettivo di investimento è rimasto immutato anche a seguito dell'aggiornamento del citato modulo proprio da parte degli stessi attori, mediante accesso in autonomia all'area riservata sulla piattaforma online della banca (cfr. docc. 5 e 6 F.), circostanza che esclude qualsivoglia tipo di ingerenza o "guida" del (...) o della (...) nella redazione dei moduli. Gli stessi criteri applicati ai contratti dei (...), sono stati poi osservati anche per la stipulazione dei contratti intestati alla (...), nonché per la compilazione del modulo MIFID (cfr. doc. 11 F.), avvenuti presso l'abitazione della stessa. Anche in tal caso, il (...) si è limitato a raccogliere le dichiarazioni degli attori in punto a competenze di questi nel settore finanziario e propensione al rischio di investimento. Gli attori, invero, non hanno mai disconosciuto le firme sui contratti di conto corrente (ove peraltro è riportato che i correntisti danno atto di aver ricevuto l'informativa in merito alle implicazioni degli investimenti ad alto rischio), né hanno mai mosso - prima del presente giudizio - contestazioni in merito alle dedotte discrepanze dei moduli MIFID compilati presso la banca, confermando addirittura quanto ivi dichiarato anche nella successiva compilazione, avvenuta in totale autonomia tramite la piattaforma "online" di F.. Anche sotto tale aspetto, le contestazioni degli attori risultano infondate. Ciò posto, il comportamento anomalo e imprudente degli attori, consistito nell'aver ceduto spontaneamente le credenziali di accesso dei conti correnti al proprio consulente (...), è di per sé sufficiente ad escludere qualsivoglia profilo di responsabilità risarcitoria in capo al (...). Gli attori, infatti, hanno dichiarato che il (...), nell'ambito del contratto di consulenza ricevuto, operava in autonomia sul portale home banking del loro conto corrente, il che poteva avvenire solamente tramite l'accesso all'area personale con le credenziali fornite dagli stessi correntisti (come poi ammesso anche dallo stesso convenuto in sede di interrogatorio formale). Sul punto, si evidenzia che l'intermediario finanziario e, per esso, il promotore finanziario, non è responsabile dell'eventuale volontaria cessione a terzi, da parte dei clienti, delle loro credenziali di accesso al conto corrente. Una tale condotta, posta in essere su spontanea iniziativa dei titolari delle chiavi di accesso, fuoriesce dall'area di rischio professionale in capo all'intermediario/promotore finanziario (cui è richiesta una diligenza di natura tecnica, alla stregua del parametro dell'accorto banchiere), per cui la cessione delle credenziali strettamente personali è imputabile alla volontà stessa del titolare ovvero a comportamenti talmente incauti di questi da non poter essere fronteggiati in anticipo (Cass. 2950/2017). Nel caso di specie, nei contratti bancari accettati e sottoscritti dagli stessi attori e non oggetto di disconoscimento quanto alle sottoscrizioni, è espressamente previsto che "l'utilizzo dei codici di accesso al tuo conto (...) (Codice utente, Password e P.I.N. dispositivo) è strettamente personale. Ogni disposizione effettuata mediante l'utilizzo dei tuoi codici personali si presume impartita da te. Ti suggeriamo quindi di custodirli separatamente con cura e non comunicarli mai a terze persone inclusi dipendenti e promotori finanziari della Banca. Il nostro personale non è autorizzato a contattarti per richiedere i codici personali" (cfr. docc. 15 e 16 F.). Inoltre, nelle Condizioni Generali di Contratto allegate ai predetti contratti è specificato che "La divulgazione diretta o indiretta, totale o parziale, volontaria o involontaria dei propri codici a terzi ricade interamente sotto la responsabilità del Cliente. L'eventuale divulgazione verrà considerata dalla Banca a tutti gli effetti come costitutiva di un mandato che autorizzi il terzo ad accedere ai servizi di cui al presente contratto" (cfr. docc. 13 e 14 F.). Nel caso in esame, all'esito di quanto emerso dall'esame del teste (...), le chiavi di accesso ai conti correnti sono state inviate agli indirizzi di posta elettronica personale dei (...) così come indicati in contratto, secondo tempistiche tecniche che escludono l'invio a questi ultimi contestualmente all'incontro presso i locali della (...) alla presenza del (...). Anche per quanto concerne poi il contratto sottoscritto dalla (...), i codici per l'accesso al conto sono stati comunicati a mezzo posta ordinaria direttamente all'indirizzo di residenza dell'attrice (cfr. doc. 17 F.), il che esclude che essi siano stati comunicati dal consulente o dall'intermediario a terzi. Da tali circostanze emerge dunque che: i) le credenziali di accesso non potevano essere conosciute né dal (...), né dalla (...) nell'immediatezza dell'incontro per la stipula dei contratti bancari; ii) stante l'accertata sussistenza del contratto di consulenza finanziaria e gestione del portafoglio mobiliare, il (...) gestiva autonomamente le operazioni di investimento degli attori, eseguibili solo mediante l'accesso alla piattaforma "online" con le predette credenziali; iii) non vi è prova di una fraudolenta sottrazione di tali chiavi di accesso e l'imprudente cessione a terzi da parte del titolare non rientra nell'area di rischio prevedibile e risarcibile da parte dell'intermediario (Cass. 2950/2017); iv) non vi è stata, infine, alcuna segnalazione "senza indugio" da parte degli attori di un eventuale smarrimento o furto delle credenziali, secondo quanto prescritto dall'art. 7 D.Lgs. n. 11 del 2010. Da ciò deve dunque dedursi che le credenziali di accesso siano state cedute volontariamente dagli stessi attori al (...): tale condotta esclude qualsivoglia profilo di responsabilità del (...). In conclusione: i) non vi è stato alcun rapporto negoziale diretto tra gli attori ed il (...), diverso dall'attività di promotore finanziario da questi svolta con riferimento all'apertura dei conti corrente, con esclusione da qualsivoglia ulteriore tipo di operazione; ii) la circostanza che il (...) fosse presente al momento dell'apertura dei conti corrente non ha implicato l'estendersi del rapporto negoziale tra gli attori ed il proprio consulente/gestore finanziario anche al terzo (...), né ha fatto sorgere in capo a questi alcuna posizione di garanzia specifica, avendo gli attori stessi dato il consenso alla presenza del (...) al momento dell'apertura del conto corrente; iii) non vi è prova delle pretese discrepanze tra dichiarazioni al promotore e risultati dei modulo MIFID, né vi è prova di "suggerimenti" o "consigli" del (...) o della (...) ai fini della redazione dei moduli, tanto più considerando che gli attori medesimi hanno aggiornato i questionari di riferimento in un secondo momento ed in piena autonomia, senza cioè la presenza del (...), senza che ciò comportasse modificazioni nelle conclusioni dei moduli; iv) è infine da escludere la sussistenza di un rapporto negoziale sia tra gli attori ed il (...), avendo quest'ultimo agito in veste di promotore finanziario della (...) per la sola apertura dei conti corrente, sia tra il (...) ed il (...), non dedotto e non provato dagli attori. Da quanto sopra esposto, discende l'infondatezza della domanda di nullità o annullamento dei contratti di conto corrente proposta dagli attori, sulla scorta della pretesa violazione dei doveri di informazione e correttezza gravanti sull'intermediario finanziario ai sensi dell'art. 21 TUF. In primo luogo, la violazione di tali doveri non comporta, per consolidata giurisprudenza (già da Cass. S.U. 26724 e 26725 del 2007), nullità dei contratti di investimento, ma sole conseguenze risarcitorie. Inoltre, non vi è stata violazione alcuna da parte del promotore (...), il quale si è limitato a raccogliere la sottoscrizione dei moduli MIFID e l'adesione ai contratti di conto corrente, restando estraneo sia al rapporto negoziale tra gli attori ed il (...), sia alle operazioni di investimento svolte in autonomia dagli attori per mezzo del loro gestore su strumenti finanziari rischiosi, compatibili in ogni caso con le risultanze dei moduli MIFID. Quanto infine alla domanda di annullamento, essa presenta contenuto generico, non essendo stata offerta nemmeno l'allegazione specifica degli artifizi e raggiri asseritamente posti in essere dal (...), dell'animus decipiendi, della consapevolezza da parte dell'agente delle false rappresentazioni indotte nella vittima, dell'errore della vittima e del nesso di causalità tra i due elementi, nel quadro di contestazione generica e dunque infondata. Da ultimo, le conclusioni sopra spiegate non mutano nemmeno alla luce delle dichiarazioni rese dal teste (...) all'udienza del 16/9/2021. Tale testimonianza presenta, infatti, un duplice profilo di inattendibilità: da un lato, essa è oggettivamente generica, poiché il teste ha fornito risposte scarsamente circostanziate e prive di un diretto riscontro con i fatti capitolati (alla maggior parte delle domande, ha risposto con "mi è stato riferito"). Dall'altro lato, essa risulta soggettivamente inattendibile, stante la presenza del più stretto dei legami interpersonali con gli attori (il teste è, infatti, rispettivamente fratello dei (...) e figlio della M.). Dunque, anche la generica risposta di questi al capitolo 17 della seconda memoria istruttoria, in sede di udienza del 24/9/2021, non prova la sussistenza delle dedotte "rassicurazioni" da parte del (...), a maggior ragione considerando che esse, nella stessa prospettazione degli attori, avrebbero avuto ad oggetto profili a loro volta nemmeno provati nel corso del presente giudizio, quali la possibilità di un guadagno al 5% o l'assenza di un rischio di perdite degli investimenti. Trattasi dunque non solo di testimonianza complessivamente inattendibile, a fronte della genericità delle risposte, ma soprattutto e, in ogni caso, non sufficiente a provare la sussistenza di un obbligo negoziale o di profili di responsabilità in capo al (...). In breve, la domanda è infondata. Sulla conseguente assenza di responsabilità di (...) s.p.a. Dall'assenza di responsabilità risarcitoria in capo al convenuto (...), discende altresì l'assenza di responsabilità in capo alla (...). L'art. 31, comma 3, TUF dispone che: "il soggetto che conferisce l'incarico è responsabile in solido dei danni arrecati a terzi dal consulente finanziario abilitato all'offerta fuori sede, anche se tali danni siano conseguenti a responsabilità accertata in sede penale". Presupposti per configurare la responsabilità del preponente ai sensi dell'art. 31 TUF e, più in generale, ai sensi dell'art. 2049 c.c., sono dunque un rapporto di preposizione; il fatto illecito del preposto; infine, il c.d. nesso di occasionalità necessaria, ossia il collegamento causale tra la condotta illecita del preposto e le mansioni a questo affidate in ragione del rapporto di preposizione. Tali presupposti - eccettuato il rapporto di preposizione tra la (...) e il (...) - non sussistono nel caso di specie: è stato infatti accertato che nessuna responsabilità per fatto illecito (derivante dalle dedotte violazioni degli obblighi informativi) è ascrivibile in capo al (...) per la condotta da questi tenuta nell'ambito esclusivo del rapporto di preposizione in essere con la (...) (nesso di occasionalità necessaria). Alla luce di quanto sopra, la domanda di condanna risarcimento dei danni svolta dagli attori è dunque infondata anche nei confronti della (...). Le spese di lite. Così pronunciato, le spese di lite seguono la soccombenza e vengono poste a carico, quanto a quelle sostenute dagli attori, del convenuto (...) nella liquidazione di cui al dispositivo che segue; la liquidazione è operata in applicazione dei parametri di cui al D.M. n. 55 del 2014, con riferimento ai valori medi previsti per lo scaglione fino a Euro 260.000,00 così individuato sulla base del decisum. Gli attori risultano, invece, soccombenti rispetto ai convenuti (...) e (...) s.p.a., stante il rigetto delle domande nei confronti di questi ultimi. Vi è dunque liquidazione, in relazione a ciascuno dei convenuti non soccombenti, delle spese di lite con riferimento ai valori medi previsti per lo scaglione fino a Euro 260.000,00 così individuato sulla base del petitum. P.Q.M. Il Tribunale, definitivamente pronunciando sulla causa che reca numero 9543/2018, ogni diversa istanza ed eccezione disattesa o assorbita, così dispone: 1. Accoglie la domanda nei confronti del convenuto (...). 2. Condanna (...) al pagamento nei confronti di (...) e (...) della somma di Euro 30.000,00, oltre interessi di cui all'art. 1284, comma 4, c.c. dalla data di pubblicazione della presente sentenza fino al saldo. 3. Condanna (...) al pagamento nei confronti di (...) della somma di Euro 24.000,00, oltre interessi di cui all'art. 1284, comma 4, c.c. dalla data di pubblicazione della presente sentenza fino al saldo 4. Condanna (...) al pagamento nei confronti degli attori delle spese di lite che si liquidano in Euro 13.400,00 per compensi; spese specifiche pari ad Euro 786,00 (CU e marca da bollo); spese generali pari al quindici per cento della somma che immediatamente precede; infine IVA e C.F. sulle prime due voci. 5. Rigetta le domande degli attori svolte nei confronti di (...) e di (...) s.p.a. 6. Condanna gli attori al pagamento nei confronti di (...) delle spese di lite che si liquidano in Euro 13.400,00 per compensi; spese generali pari al quindici per cento della somma che immediatamente precede; infine IVA e C.F. sulle prime due voci. 7. Condanna gli attori al pagamento nei confronti di (...) s.p.a. delle spese di lite che si liquidano in Euro 13.400,00 per compensi; spese generali pari al quindici per cento della somma che immediatamente precede; infine IVA e C.F. sulle prime due voci. Così deciso in Padova il 20 settembre 2022. Depositata in Cancelleria il 20 settembre 2022.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI PADOVA SEZIONE SECONDA CIVILE Il Tribunale di Padova, in persona del Giudice dott.ssa Maddalena Saturni ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di primo grado tra (...) S.R.L. (C.F. (...)), assistito e difeso dall'Avv. SC.MA. Parte attrice e (...) S.A.S. DI (...) (C.F. (...)), assistito e difeso dall'Avv. ST.MA. Parte convenuta RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE Con atto di citazione notificato in data 9.4.2019 la società (...) s.r.l. (d'ora in avanti, per brevità, (...)) conveniva in giudizio la (...) S.a.s. di (...) (d'ora in avanti, per brevità, (...)) avanti questo Tribunale deducendo: che con contratto concluso in data 13.9.2017 la società La (...) s.r.l., proprietaria dell'Hotel (...), aveva appaltato alla (...) l'esecuzione delle opere necessarie alla sopraelevazione dell'albergo; che la (...), in data 16.10.2017, aveva subappaltato parte delle lavorazioni appaltate, in particolare i lavori di realizzazione di opere di carpenteria e muratura, alla (...); che l'impresa subappaltatrice non aveva eseguito i lavori subappaltati a regola d'arte, in particolare non aveva realizzato l'ancoraggio del poggiolo al sesto piano dell'albergo, poggiolo che in data 31.5.2018 era crollato rovinosamente cagionando danni sia all'appaltatrice che alla proprietaria; che dopo l'effettuazione degli immediati sopralluoghi, cui aveva partecipato anche il (...), socio amministratore della (...), e le contestazioni effettuate dalla committente alla (...), quest'ultima a sua volta aveva contestato alla (...) l'esecuzione non a regola d'arte delle lavorazioni subappaltate, in particolare dell'ancoraggio del predetto terrazzino; che essa, in esecuzione dell'ordine di servizio obbligatorio della committente, aveva realizzato gli interventi di messa in sicurezza delle terrazze, accollandosene i costi per Euro 111.216,31; che l'accaduto aveva avuto ampia risonanza provocando danni d'immagine all'attrice, con conseguente perdita di commesse in trattativa al momento del sinistro, che la stessa quantificava in Euro 100.000,00; che all'attrice erano pervenute richieste risarcitorie per complessivi Euro 196.895,84, di cui Euro 74.125,31 da parte della committente, la quale peraltro non autorizzava il pagamento dell'ultimo SAL lavori per Euro 73.132,56 oltre iva né la restituzione della somma del 10% trattenuta a garanzia sul SAL per Euro 38.151,57 oltre iva, ed Euro 11.486,40 da parte di (...) s.p.a., assicuratrice della committente che agiva in regresso per i danni risarciti alle autovetture parcheggiate in prossimità del terrazzino; che la (...) aveva richiesto un parere tecnico all'ing. (...), il quale aveva accertato le gravi negligenze ed imperizie nelle condotte esecutive del subappaltatore, a fronte di una corretta fornitura dei materiali da parte dell'appaltatore, come previsti da progetto; che la (...) chiedeva a saldo delle lavorazioni eseguite l'importo di Euro 10.108,50 oltre ad Euro 11.817,00 per i lavori di rifacimento della terrazza crollata e, pur ammettendo di aver eseguito le lavorazioni di cui è causa, si limitava ad eccepire la presunta tardività delle contestazioni asserendo che le medesime sarebbero giunte solo dopo i solleciti di pagamento; che la (...) non si era attenuta ai progetti esecutivi e alle istruzioni ricevute, aveva operato in maniera approssimativa e frettolosa e che il crollo era riconducibile alla minor tenuta del materiale relativo alle armature, consegnato dalla (...) in conformità al progetto e accorciato arbitrariamente dalla subappaltatrice; ciò premesso, l'attrice chiedeva che fosse accertato l'inadempimento della convenuta e, per l'effetto, che nulla era dovuto a quest'ultima per i lavori eseguiti, che la convenuta fosse condannata al risarcimento di tutti i danni indicati in narrativa e, in via subordinata, che fossero compensate le somme eventualmente riconosciute come dovute alla convenuta per le lavorazioni appaltate con quanto dovuto da quest'ultima a titolo di risarcimento del danno. Con comparsa di risposta depositata in data 26.6.2019, si costituiva in giudizio la (...) contestando quando ex adverso sostenuto e deducendo: che, nonostante il nome dato dalle parti, il contratto intercorso tra le stesse non poteva qualificarsi come subappalto in quanto la (...) aveva operato come nudus minister dell'appaltatrice: essa infatti aveva fornito alla (...) prevalentemente manodopera, mettendo a disposizione i propri dipendenti che ricevevano le istruzioni direttamente dai capicantiere della (...), i quali a fine giornata compilavano e sottoscrivevano i fogli presenza con indicate le ore lavorate e il tipo di lavorazioni eseguite, e non aveva goduto di alcun potere decisionale o autonomia organizzativa in relazione ai lavori, di cui non conosceva neppure il progetto, come confermato dalla circostanza che la maggior parte delle lavorazioni venivano pagate in economia; che la (...) si era attenuta pedissequamente alle istruzioni ricevute dalla (...) e non aveva eseguito le lavorazioni descritte come causa del crollo, in particolare non aveva accorciato in maniera arbitraria il materiale relativo alle armature e non aveva eseguito l'ancoraggio della terrazza: le uniche attività compiute dai dipendenti della convenuta erano state quelle di casseratura del fondo delle terrazze, posa delle travi e delle interposte e trasporto del materiale residuo, mentre le restanti operazioni, cui era riconducibile il crollo, erano state eseguite dai dipendenti della (...) sotto la supervisione del capocantiere (...) e dei DD.LL.; che il legale rappresentante della (...) non aveva partecipato ad alcun sopralluogo e non era mai stato posto nella condizione di accertare in contraddittorio le cause e l'entità dei vizi, accertamento non più possibile a seguito della modifica dei luoghi; che la convenuta non aveva riconosciuto alcuna responsabilità e non si era attivata per rimediare i vizi provvedendo al rifacimento della terrazza, essendosi limitata ad eseguire nei giorni successivi al crollo il puntellamento delle terrazze, altre opere di messa in sicurezza e di assistenza alle opere murarie su ordine dei capicantiere della (...), sigg.ri (...) e (...); che l'azione avversa era infondata e strumentale, poiché tesa unicamente a procrastinare il pagamento del corrispettivo dovuto alla (...) in relazione al contratto di cui in parola - e ad altri rapporti contrattuali intercorsi tra le parti - che ammonta ad Euro 21.125,50, di cui Euro 10.108,50 risultante dalla fattura n. (...) del 30.4.2018, accettata e riconosciuta dall'attrice ex art. 1988 c.c. con il riepilogo contabilità complessiva, ed Euro 11.017,00 come da contabilità lavori al 31.7.2018, di cui Euro 9.200,00 contabilizzati con fattura n. (...) del 31.12.2018, per un totale di Euro 21.125,50; che l'attrice era decaduta dall'azione in quanto, nell'agire in via di regresso contro la subappaltatrice, non aveva rispettato il termine di sessanta giorni stabilito dall'art. 1670 c.c. entro il quale avrebbe dovuto portare a conoscenza della subappaltatrice la denuncia della committente, avendo contestato la corretta esecuzione dell'opera alla (...) solo con p.e.c. dell'8.2.2019, otto mesi dopo il crollo della terrazza; che laddove dovesse essere accertato l'inadempimento della convenuta, dovrebbe essere accertato anche il concorso di responsabilità nella causazione del danno dell'appaltatrice e dei DD.LL., dei quali era mancata la vigilanza; che in ogni caso l'attrice non aveva fornito alcuna prova in relazione all'an e al quantum dei danni di cui chiedeva il risarcimento; la convenuta chiedeva quindi la pronuncia dell'ordinanza di ingiunzione ex art. 186 ter c.p.c., provvisoriamente esecutiva, o in subordine ex art. 186 bis c.p.c., provvisoriamente esecutiva, relativa alle somme indicate oltre interessi al saggio moratorio ex D.Lgs. n. 231 del 2002, il rigetto delle domande avverse, la condanna dell'attrice al pagamento delle suddette somme oltre interessi o, in via subordinata, la compensazione degli importi dovuti tra le parti. Con ordinanza del 22.10.2019 veniva pronunciata nei confronti dell'attrice l'ingiunzione di pagamento ex art. 186 ter c.p.c., provvisoriamente esecutiva, per la somma di Euro 19.308,50, oltre interessi e spese e, all'esito dell'assunzione della prova per testi e dell'interpello del convenuto, la causa veniva trattenuta in decisione all'udienza del 23.2.2022 sulle conclusioni riportate in epigrafe. 1. della qualificazione del contratto intercorso 1.1. Vanno preliminarmente verificati gli esiti dell'istruttoria (documentale ed orale) al fine di individuare gli accordi intercorsi tra le parti e, conseguentemente, il regime giuridico applicabile al rapporto ed al sinistro (caduta poggiolo) di cui è causa. La tesi attorea è che sia intercorso un normale rapporto di subappalto con integrale assunzione di oneri e rischi in capo alla convenuta subappaltatrice; la ditta (...), al contrario, afferma che il rapporto si è sviluppato secondo un appalto c.d. "a regia" con il totale controllo dell'attrice, per il tramite dei suoi dipendenti, in ogni fase della lavorazione, sì che i manovali dipendenti della convenuta avrebbero agito solo su ordine dei dipendenti attorei, di cui seguivano le istruzioni anche tecniche, con il meccanismo del c.d. nudus minister. 1.2. Prima di procedere con l'analisi dell'istruttoria, va precisato che le obiezioni di inammissibilità delle testimonianze assunte in corso di causa - come esposte da parte attrice (...) nella memoria conclusionale di replica - non vengono tenute in considerazione dal tribunale per le seguenti ragioni: - quanto all'eccepita inammissibilità ex art. 2721 c.c. il Tribunale richiama il principio di diritto espresso da Cass. n. 3763 del 15/02/2018 secondo cui la parte che contesti una prova testimoniale per violazione dei limiti di valore è onerata (non solo di eccepirne l'inammissibilità prima della sua assunzione) ma anche, ove questa sia egualmente avvenuta di eccepirne la nullità nella prima istanza o difesa successiva all'atto, verificandosene, in difetto, la sanatoria; all'esito dell'udienza del 6.7.2021, ove sono stati sentiti tutti i testimoni ammessi, la difesa attorea non ha eccepito alcunché, né ciò è avvenuto in sede di precisazione delle conclusioni; - quanto all'eccepita inammissibilità ex artt. 2722 e 2723 c.c. è applicabile, per le medesime ragioni espresse nelle pronunce di legittimità citate, il principio di cui sopra sulla natura di nullità c.d. relativa, sanata per sua mancata contestazione nella prima difesa utile (sul punto cfr. Cass. 21443/2013). Da ciò deriva che il tribunale può valutare gli esiti della prova per testi ed utilizzarla ai fini del decidere in quanto ogni eventuale profilo di nullità deve ritenersi sanato. 1.3. Sempre in via preliminare va poi delimitato l'ambito interpretativo del D.Lgs. n. 276 del 2003, come invocato dalla difesa attorea fin dalla prima memoria ex art. 183 c.p.c. co. 6 (al fine di contestare la ricorrenza, nella fattispecie di cui è causa, della figura dell'appalto a regia o nudus minister dovendosi, invece, rinvenire un caso di appalto c.d. leggero con conseguente applicazione delle normali garanzie ex artt. 1667 e 1669 c.c.). Corrisponde al vero (ed è stato confermato anche dalla Cassazione cfr. sentenza n. 14371/2020) che a seguito dell'entrata in vigore del citato D.Lgs. n. 276 del 2003 non è più richiesto che l'appaltatore sia titolare dei mezzi di produzione, per cui anche se impiega macchine ed attrezzature di proprietà dell'appaltante, è possibile provare altrimenti - purché vi siano apprezzabili indici di autonomia organizzativa - la genuinità dell'appalto. Nel caso affrontato dalla Corte - e, in generale, là ove risulti un rilevante apporto dell'appaltatore, mediante il conferimento di capitale (diverso da quello impiegato in retribuzioni ed in genere per sostenere il costo del lavoro), know how, software e, in genere, beni immateriali, aventi rilievo preminente nell'economia dell'appalto - è sufficiente che in capo all'appaltatore sussista una effettiva gestione dei propri dipendenti, così avendosi tipica ipotesi di appalti cd. "leggeri" se l'attività (oggetto dell'appalto di servizi) si risolve prevalentemente o quasi esclusivamente nel lavoro. Il caso oggi portato all'attenzione del Tribunale, però, è un contratto di subappalto di opera edile, che tipicamente richiede l'impiego di importanti mezzi o materiali cd. "pesanti"; qui, allora, il requisito dell'autonomia organizzativa deve essere calibrato, se non sulla titolarità, quanto meno sull'organizzazione di questi mezzi (come affermato dalla Cassazione nella citata sentenza). La Corte, in particolare, nel rigettare il ricorso, ha affermato che "nell'impugnata sentenza risulta essere stato coerentemente applicato il principio secondo cui in tema d'interposizione nelle prestazioni di lavoro, l'utilizzazione, da parte dell'appaltatore, di capitali, macchine ed attrezzature fornite dall'appaltante dà luogo ad una presunzione legale assoluta di sussistenza della fattispecie (pseudoappalto) vietata dall'art. 1, primo comma, della L. n. 1369 del 1960 solo quando detto conferimento di mezzi sia di rilevanza tale da rendere del tutto marginale ed accessorio l'apporto dell'appaltatore; la sussistenza (o no) della modestia di tale apporto (sulla quale riposa una presunzione "iuris et de iure") deve essere accertata in concreto dal giudice, alla stregua dell'oggetto e del contenuto intrinseco dell'appalto; con la conseguenza che (nonostante la fornitura di macchine ed attrezzature da parte dell'appaltante) l'anzidetta presunzione legale assoluta non è configurabile ove risulti un rilevante apporto dell'appaltatore, mediante il conferimento di capitale (diverso da quello impiegato in retribuzioni ed in genere per sostenere il costo del lavoro), know how, software e, in genere, beni immateriali, aventi rilievo preminente nell'economia dell'appalto (tra le altre v. Cass. n. 25064 del 2013; Cass. n. 16488 del 2009; Cass. n. 4585 del 1994)". 1.4. Così chiariti i limiti e la preferibile interpretazione della fattispecie del c.d. appalto leggero, si ricorda che: - nel rapporto di subappalto oggetto del presente contenzioso è pacifico che i materiali impiegati per costruire la sopraelevazione dell'Hotel (...), nonché i macchinari utilizzati, vennero forniti dalla società attrice subcommittente (...) (ciò è affermato dall'attrice stessa fin dal punto 12 della narrativa dell'atto di citazione e poi via via confermato nei successivi atti di causa); - il poggiolo del sesto piano poi caduto è stato edificato nei giorni 21, 22 e 23 marzo 2018 (il crollo è del 31.5.2018); - l'ing. (...), consulente tecnico del P.M. (...) della Procura di Venezia, ha accertato (cfr. doc. 27 dimesso da parte attrice all'udienza del 2.10.2019) che le cause del crollo sono da rinvenire nelle sostanziali difformità esecutive nella realizzazione della terrazzina, rispetto a quanto previso in progetto, giungendo a concludere che l'edificazione come da progetto avrebbe evitato il crollo; - a pag. 11 del doc. 27 attoreo l'ing. (...) precisa di aver rinvenuto difformità per quanto riguarda il diametro e la posizione delle armature, la mancanza di armature in zona tesa superiore del solaio identificato con la Pos 2, la mancanza di pulizia del foro, una lunghezza di ancoraggio insufficiente nonché insufficiente quantità di resina epossidica. Va quindi verificato chi ha prestato servizio il giorno dell'edificazione del poggiolo, chi ha supervisionato le opere in questione, come si possano quindi individuare i rapporti tra le parti in proposito, al fine dell'individuazione del soggetto responsabile delle lamentate difformità. 1.5. Le dichiarazioni testimoniali rilevanti ai fini del decidere sono le seguenti: - teste (...) (dipendente (...)): al Cap. 10: "Il (...) veniva spesso in cantiere e gli ordini ai suoi lavoratori li impartiva lui; ci siamo trovati più di qualche volta nel cantiere (...)"; sul cap. 11: "Il (...) ((...), dipendente della convenuta (...) n.d.r.) si alternava con il (...), o era presente uno o l'altro; poteva capitare che per qualche giornata nessuno di loro fosse presente. Le istruzioni ai dipendenti della (...) le davano loro due; a volte le istruzioni erano sufficienti per due o più giorni a seconda della durata della singola lavorazione in corso di esecuzione (...)" - teste (...) (dipendente della (...) per due anni, ma al momento della deposizione dipendente di altra società): "All'inizio del cantiere (...), e cioè prima del febbraio del 2018, ho visto venire in cantiere il (...) per montare le cavallette di protezione esterna, ciò con il sig. (...) e il sig. (...) ((...) n.d.r.). Saranno stati là due giorni e mezzo non di più. Poi io non sono più stato fisso in cantiere; dopo il mese di febbraio 2018, nella fase di finitura del cantiere, avrò visto il (...) e (...) circa 2 volte nel nostro cantiere (...) che venivano con i ragazzi e poi andavano via. Io non ho mai visto né (...) né il (...) consultare i progetti esecutivi" Cap. 10: "I ragazzi della ditta (...) di solito arrivavano al cantiere con il furgone; non arrivava sempre con loro anche il (...); io l'ho visto all'inizio in cantiere, saranno state una o due volte, poi non ricordo di averlo più visto. Non l'ho mai visto dare ordini ai suoi ragazzi. Ho visto più spesso in cantiere (...). Al mattino i ragazzi della (...) andavano nel box al piano terreno e ricevevano ordini; a me veniva comunicato quello che loro dovevano fare, a me telefonavano dall'ufficio, anche il geometra (...) che è fuori qua; poi andavano da soli al settimo piano ed eseguivano le quote con l'ingegnere e iniziavano a fare il fondo della terrazza. Al box c'ero anche io a prendere la pulsantiera in quanto ho tirato su io la roba per far la terrazza. Ricordo che il giorno in cui abbiamo tirato su la terrazza c'era l'ing. (...) in cantiere che ha spiegato a me, a (...) e al ragazzo della (...), mi pare (...) o (...) (ma non so bene quale fosse il suo nome), il montaggio dei ferri inghisati e tutta quella roba là. A me non ha spiegato cosa fare ma solo cosa tirare su; il giorno prima era arrivato un pacco di materiale. Io ho tirato su la roba in quota e poi sono andato via chiamato dal geometra (...) perché dovevo andare su un altro cantiere e non ho visto il montaggio della terrazza"; cap. 11: "(...) veniva una volta ogni tanto, non tutti i giorni, ricordo che fece le cavallette come ho detto, poi è venuto il giorno in cui abbiamo posato l'isolante per terra, tipo polistirolo; abbiamo fatto due chiacchiere non l'ho sentito dare ordini ai dipendenti della (...)"; cap. 5 a prova contraria "io non sono capocantiere; confermo che (...) era capocantiere e dava ordini sia a me sia ai ragazzi della (...) oltre ad organizzare il cantiere e fare tutto il resto; lui visionava i progetti, si portava dietro i disegni e dava ordini; io non ho mai dato questo tipo di ordini"; cap. 15 e 16 a prova contraria: "Io ho visto i ragazzi della (...) fare le ultime due terrazze del sesto piano (...): posavano i travetti, le pignatte ed i ferri inghisati. Era presente il capocantiere (...)"; - teste (...): "Sono pensionato; ho lavorato per circa 10 anni con la (...) fino circa all'anno 2018. Ho lavorato nel cantiere (...) con funzioni di manovale, per circa una settimana o anche meno, poi sono andato su un altro cantiere. Ho portato il materiale al sesto piano per la costruzione delle terrazze e ho aiutato a scaricare in quota il materiale portato su dalla gru e poi sono andato via" a prova contraria cap. 14: "io ho portato il materiale solo per una terrazza in particolare quella vicino alla scala antincendio; i lavori di questa terrazza per quanto io ho potuto vedere sono stati eseguiti dai dipendenti della (...); preciso che parlo della terrazza poi caduta"; cap. 15: "Non ho visto nulla di tutto ciò" cap. 16: "Non ho mai visto (...) dare ordini a qualcuno, era un operaio come me"; - i testimoni sentiti per la convenuta sono stati (...) (geometra e dipendente della ditta (...)), (...) e (...) (muratori dipendenti della convenuta): le loro testimonianze sono state sostanzialmente coincidenti nell'affermare che gli ordini ai dipendenti della ditta (...) venivano impartiti da personale dell'attrice (...) (in particolare (...) e (...)); - i testimoni sentiti per la convenuta hanno affermato che la presenza in loco di referenti della ditta (...) era saltuaria e non consisteva nell'impartire direttive tecniche di esecuzione dei lavori; - con particolare riferimento alle lavorazioni che hanno riguardato la terrazza crollata (...) ha dichiarato: "Quando io sono andato in cantiere (...), non ricordo il cognome, mi ha detto di armare la terrazza al sesto piano, lui è venuto su con me al piano e ha segnato dove andavano fatti i lavori; io, (...) e (...) abbiamo montato le pignatte e le travi; io non ho fatto inghisaggio e calcestruzzo; io ho fatto anche le sponde con (...). Gli ordini li dava (...) e un po' anche (...)". a prova contraria sul cap. 6: "Io non ho mai visto progetti; posso dire che quando (...) ci dava ordini consultava delle carte". 1.6. Il Tribunale ritiene si sia raggiunta la prova, quantomeno per lo specifico segmento delle lavorazioni relative alla edificazione del poggiolo poi crollato, che la ditta convenuta (...) s.a.s. abbia operato quale mero nudus minister della subcommittente, rispondendo agli ordini dell'attrice ed utilizzando materiali e macchinari della stessa. La valutazione delle prove orali sopra richiamate, infatti, tiene conto del fatto che la sola testimonianza discordante in proposito è quella resa dal teste (...) (il primo escusso da parte attrice). Costui, dei tre testimoni chiamati dalla (...), era l'unico, al momento della deposizione, ad essere contestualmente dipendente dell'attrice, dato che indice il tribunale a valutare con particolare attenzione le circostanze da questo riferite (ossia che gli ordini ai dipendenti della subappaltatrice provenissero dai suoi tecnici). A ciò si aggiunga che il teste non ha narrato circostanze precise relative alle giornate di edificazione del poggiolo (potendosi dunque dubitare che egli sia stato financo testimone oculare del segmento di lavorazioni in esame). Sul punto va precisato che il teste (...), invece, era personalmente presente il giorno dell'edificazione della terrazza ed ha descritto, con precisione, la presenza in loco di tale ing. (...), rendendo una deposizione precisa e circostanziata, come sopra riportata nella motivazione della sentenza. Va ora precisato che la testimonianza del (...), sul punto, non è concorde con quella dei dipendenti della ditta (...), per quanto attiene all'individuazione della persona che, materialmente, ha diretto le operazioni di edificazione del poggiolo: il (...) afferma essere stato l'ing. (...), mentre i dipendenti della convenuta affermano che gli ordini, in quel frangente, li diede o il capocantiere (...) o lo stesso (...). Tali discrepanze si ritengono non rilevanti ai fini del decidere, in quanto univocamente dimostranti che gli ordini per l'edificazione della terrazza non sono stati dati da alcun dipendente della ditta (...). Più in generale, nella valutazione complessiva delle prove orali e delle risultanze istruttorie, va tenuto in considerazione che nel caso in esame si discute di rapporti tra appaltatrice e sub appaltatrice (quindi soggetti entrambi dotati di capacità tecniche) che, secondo la concorde ricostruzione delle parti in causa, esistevano e proseguivano in armonia da anni, con numerosi contratti di subappalto per l'esecuzione di svariati lavori edili. Se, quindi, i lavoratori operai dipendenti della convenuta andavano nel cantiere (...) e ricevevano ordini dalla attrice (come affermano i testimoni), macchine ed attrezzature erano fornite da parte della sub-committente, non risulta, per altro verso, alcun rilevante apporto del subappaltatore - mediante il conferimento di capitale (diverso da quello impiegato in retribuzioni ed in genere per sostenere il costo del lavoro) e, in genere, beni immateriali, aventi rilievo preminente nell'economia dell'appalto - è possibile affermare che il caso in esame pare tale da sfiorare la figura dell'intermediazione di manodopera. 1.7. Sulla ricostruzione giuridica ed evoluzione giurisprudenziale della figura del c.d. nudus minister il Tribunale richiama integralmente la motivazione esposta da Cass. n. 7553/2021 ai paragrafi da 6.2 in poi. Dalla lettura dei principi espressi in tale sentenza emerge che nel caso in esame ciò che va valorizzato è il concreto svolgimento dell'esecuzione contrattuale (a prescindere quindi dal contenuto del contratto sottoscritto che, come è emerso dalle testimonianze, nei fatti è stato superato dal comportamento in concreto tenuto), sottolineando l'ingerenza dell'attrice sub-committente che ha proceduto con singole e specifiche direttive nella esecuzione della singola fase relativa alla edificazione della terrazza poi crollata. "L'autonomia dell'appaltatore, che esclude ogni rapporto institorio fra lui e il committente e rende l'appaltatore unico responsabile della esecuzione dei lavori, va esclusa, con la conseguente esclusione di sua responsabilità, quando in concreto egli agisce quale nudus minister del committente, il quale si sia riservato poteri di ingerenza e di disposizione, togliendogli la libertà di determinazione e di decisione circa il modo di esecuzione dei lavori" (così Cass. sez. 1, 4 gennaio 1966 n. 53; e cfr pure Cass. sez.1, 31 luglio 1954 n. 2817). La responsabilità, quindi, è ascrivibile alla parte attrice (...) essendosi verificate quelle determinate condizioni esecutive per cui il subappaltatore esegue, come nudus minister, l'opera a lui affidata senza alcuna autonomia tecnica da parte sua, in conformità delle istruzioni del committente (cfr. anche Cass. n. 2752 del 11/02/2005). Da ciò deriva che l'attrice sub-committente è direttamente responsabile delle conseguenze dannose che sono derivate dall'esecuzione dell'opera stessa, avendo utilizzato per lo specifico segmento delle lavorazioni incriminate, forza lavoro della ditta (...) che, nel frangente, era diretta e coordinata dalla stessa società attrice, per il tramite dei suoi dipendenti, collaboratori o professionisti. La domanda attorea va rigettata. 2. La domanda riconvenzionale della convenuta Ditta (...) s.a.s. Va accolta integralmente la domanda di convenzionale tempestivamente proposta dalla convenuta relativa al pagamento delle prestazioni rese nel frangente dalla dita (...). L'ordinanza ingiunzione emessa ex art. 186 ter c.p.c. in data 22.10.2019 va confermata, come da dispositivo Residuano dunque Euro 1.817,00, pari alla differenza tra Euro 11.017,00 come da contabilità lavori a tutto il 31.07.2018 (cfr. docc. 26 e 27 convenuta) ed Euro. 9.200,00 come da fattura n. (...) del 31.12.2018 (cfr. doc. 31, fattura già oggetto dell'ordinanza ingiunzione). L'importo è quantificato in base ai fogli presenza sottoscritti dal capocantiere di (...) (cfr. docc. 26 e 27 convenuta). 3 Le spese di lite Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo ex D.M. n. 55 del 2014 scaglione di valore indeterminato alto (da Euro 52.000,00 ad Euro 260.000,00) con liquidazione ai valori medi tabellari delle 4 fasi. P.Q.M. Il Tribunale di Padova, definitivamente pronunciando ogni diversa domanda rigettata, così provvede: 1. rigetta le domande proposte dalla (...) s.r.l.; 2. condanna (...) S.r.l. al pagamento in favore di (...) S.a.s. di (...), ora (...) S.r.l., della somma di Euro 21.125,50 (comprensiva dell'importo in linea capitale di Euro. 19.308,50 di cui all'ordinanza ingiunzione ex art. 186 ter c.p.c. emessa in data 22.10.2019 che pure conferma), oltre interessi al saggio moratorio ex D.Lgs. n. 231 del 2002 dal giorno di scadenza delle singole fatture al saldo effettivo; 3. condanna (...) S.r.l. al pagamento a favore di (...) S.a.s. di (...), ora (...) S.r.l., delle spese del presente giudizio, che liquida in Euro 237,00 per esborsi, Euro 13.430,00 per compenso, oltre 15% per spese generali, i.v.a. qualora dovuta e c.p.a. come per legge. Così deciso in Padova il 16 settembre 2022. Depositata in Cancelleria il 19 settembre 2022.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO di PADOVA SEZIONE SECONDA CIVILE Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. Caterina Zambotto ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 135 2021 promossa da: (...) (C.F. (...)) e A.S. (C.F.(...)), con il patrocinio degli avv.ti AN.CI. e AN.CA. ATTORI OPPONENTI contro COMUNE DI SELVAZZANO DENTRO (C.F. (...)), difeso dall'avv. MA.TE. CONVENUTO OPPOSTO CONCISA ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE 1. I coniugi (...) e (...) propongono opposizione avverso l'ingiunzione di pagamento prot. n. (...) del 17.11.2020 emessa dal Comune di Selvazzano Dentro ed avente ad oggetto la somma di Euro 22.880,32, pretesa a titolo di compartecipazione economica al pagamento della retta di inserimento della figlia adottiva (...) presso la Comunità Educativa Residenziale (CER) "Opera Casa Famiglia" di Padova, relativamente al periodo compreso tra gennaio e luglio 2019. In via preliminare gli opponenti eccepiscono la propria carenza di legittimazione passiva in quanto la pretesa creditoria azionata sarebbe riferibile ad un servizio erogato dopo il compimento del diciottesimo anno della figlia avvenuto in data 08.01.2018, potendosi pertanto qualificare unicamente quest'ultima quale titolare passiva del rapporto obbligatorio. Nel merito, chiedono l'annullamento dell'ordinanza-ingiunzione opposta perché carente dei presupposti di cui agli artt. 2 e 3 del R.D. n. 639 del 1910 (difetto di liquidità, certezza ed esigibilità del credito). In via subordinata, chiedono l'annullamento lamentando l'infondatezza della pretesa creditoria per assenza dei presupposti per il collocamento etero-familiare, nonché per negligenza dei Servizi Sociali del Comune nella prestazione del servizio di ospitalità e assistenza erogato alla figlia. In via ulteriormente subordinata, chiedono l'annullamento o comunque la rideterminazione del quantum dovuto, sia per illegittima applicazione del regolamento comunale per l'erogazione di assistenza economica e di prestazioni sociali agevolate approvato con delibera del consiglio comunale n. 45 del 29.07.2016, sia per illegittimità del medesimo regolamento. 1.2 Si è tempestivamente costituito il Comune di Selvazzano Dentro contestando tutto quanto ex adverso dedotto, evidenziando in via preliminare che sussiste un potere-dovere ex lege dei genitori al mantenimento dei figli che non cessa con il raggiungimento della maggiore età ed eccependo in via pregiudiziale l'assenza del potere di disapplicazione da parte del giudice ordinario degli atti e provvedimenti amministrativi a fondamento dell'ingiunzione in oggetto. Nel merito, il Comune chiede in via principale il rigetto dell'opposizione, deducendo la corretta applicazione della normativa regionale e comunale in ordine all'individuazione della Comunità Educativa Residenziale "Opera Casa Famiglia" e alla determinazione degli importi dovuti in applicazione di parametri normativi obiettivi e predeterminati; in secondo luogo rappresentando di essersi limitato ad attuare quanto richiesto dai Carabinieri e dal Tribunale per i Minorenni con provvedimento emesso dal P.M. ex art. 403 c.c. in data 25.10.2016; in terzo luogo, evidenziando il difetto di interesse degli attori ex art. 100 c.p.c. nel lamentare una pretesa "negligente assistenza" nei confronti della ragazza, unica legittimata ad agire sul punto. Quanto all'asserita illegittima applicazione del Regolamento Comunale, nonché all'illegittimità del Regolamento stesso, il Comune evidenzia che tale Regolamento, al pari degli atti attuativi, è legittimo in quanto rispettoso della disciplina in punto di ISEE (D.P.C.M. n. 159 del 2013). Infine, il Comune chiede, in via subordinata e riconvenzionale, l'accertamento del credito vantato nei confronti degli attori opponenti e, per l'effetto, la condanna al relativo pagamento in favore dell'ente locale. 1.3 Sospesa con ordinanza del 13.04.2021 l'efficacia esecutiva dell'ingiunzione di pagamento opposta, la causa giunge ora in decisione allo stato degli atti e previa riassegnazione alla scrivente quale nuovo giudice istruttore. 2. Preliminarmente appare opportuna una sintetica ricostruzione in fatto della complessiva vicenda familiare che ha dato origine al processo de quo. I coniugi (...) sono i genitori adottivi di (...), nata in U. in data (...) e adottata all'età di tre anni. In data 25.10.2016 (...), al tempo sedicenne e frequentante il terzo anno di liceo, riferiva alla psicologa della scuola di aver subìto presunti maltrattamenti da parte dei genitori adottivi e veniva pertanto accompagnata presso la locale stazione dei Carabinieri, ove formalizzava la relativa denuncia (doc. 2 att.). Lo stesso giorno il Comune di Selvazzano Dentro, rilevato quanto disposto dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale per i Minorenni di Venezia, collocava la ragazza in via provvisoria e urgente presso una struttura di prima accoglienza (Casa Priscilla Onlus) in applicazione dell'art. 403 c.c. In data 9.11.2016 il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale per i Minorenni di Venezia chiedeva ex artt. 330 e 333 c.c. disporsi in via provvisoria l'affidamento della minore al Servizio Sociale, la sospensione della responsabilità genitoriale, il collocamento della minore in idoneo ambiente (individuato dal Comune presso la comunità educativa "Casa Famiglia Onlus" di Padova) e la ratifica dell'avvenuto collocamento etero familiare già attuato ex art. 403 c.c. (doc. 5 att.). Il Tribunale per i Minorenni di Venezia, con decreto del giorno 11.11.2016 depositato il 15.11.2016, confermava il provvedimento emesso ai sensi dell'art. 403 c.c. del 25.10.2016, disponeva l'affido della minore al Servizio Sociale per il suo collocamento in comunità residenziale, incaricava il Servizio Sociale affidatario di disciplinare gli incontri coi genitori e con gli altri parenti della minore e fissava gli incombenti istruttori del relativo procedimento (doc. 6 att.). In data 14.11.2016 (...) veniva trasferita dai Servizi presso la comunità "Opera Casa Famiglia", al costo giornaliero di Euro 107,86 (docc. 7 e 8 att.). Dalla denuncia sporta dalla giovane originava anche il procedimento penale n. 9339/2016 R.G.N.R., a carico dei coniugi (...), per il delitto p. e p. dall'art. 572 c.p., conclusosi in primo grado con sentenza di assoluzione del Tribunale di Padova "perché il fatto non costituisce reato" (doc. 73 att.), avverso la quale gli odierni opponenti hanno peraltro proposto appello al fine di ottenere una formula assolutoria piena. I coniugi (...) chiedevano sia nel gennaio che nel luglio 2017 (docc. 9 e 18 att.) la revoca del provvedimento provvisorio di affidamento della minore ai Servizi Sociali sul presupposto della totale inverosimiglianza di quanto riferito da (...) alle Autorità. Il Tribunale per i Minorenni rigettava l'istanza con decreto del 14.07.2017 (doc. 19 att.) in quanto giudicava "prematuro revocare l'affido al servizio sociale", con conseguente permanenza della giovane presso la comunità educativa. L'Autorità competente, in sede di UVMD (Unità Valutativa Multi Dimensionale) del 25.10.2017, presentava al Tribunale per i Minorenni richiesta di proseguimento amministrativo del progetto per la minore oltre il compimento del diciottesimo anno di età; in assenza di alcun riscontro, i Servizi Sociali in data 27.11.2017 trasmettevano al Tribunale per i Minorenni una relazione di aggiornamento e confermavano il proseguimento del progetto amministrativo di inserimento di (...) in comunità a tutela della stessa fino al completamento del percorso di formazione scolastica nel luglio 2019 (doc. 22b att.). M. giungeva al compimento della maggiore età in data 08.01.2018: successivamente, il 16.01.2018 il Tribunale per i Minorenni dichiarava la chiusura del procedimento in corso per cessata competenza (doc. 24 att.) mentre il Servizio Sociale condivideva con la stessa (...) il progetto amministrativo di proseguimento dell'accoglienza in comunità del 28.02.2018, oltre alla relazione del 28.11.2018 per il secondo anno di proseguimento fino compimento dell'esame di maturità nel luglio 2019, personalmente sottoscritti anche dalla giovane (docc. 93 e 94 att.). Dal luglio 2019 la ragazza si determinava a rientrare presso la propria famiglia adottiva; tuttavia nell'arco di pochi mesi le sue condizioni di salute, già precarie durante la permanenza in comunità, determinavano il suo ricovero presso diverse strutture specializzate nel trattamento di pazienti con disturbi psichiatrici, ed attualmente (...) risiede presso una comunità psichiatrica/terapeutica. I fatti esposti hanno dato origine ad un contenzioso civile articolatosi in tre distinti processi, relativi alla pretesa del Comune di Selvazzano Dentro di recuperare quanto corrisposto rispettivamente negli anni 2017, 2018 e 2019 per la permanenza della ragazza in comunità. Le ingiunzioni di pagamento relative agli anni 2017 e 2018 hanno dato avvio ai procedimenti R.G. 7284/2018 e R.G. 4343/2019 presso il Tribunale di Padova, successivamente riuniti ed attualmente definiti con sentenza n. 1562/2022 della Corte di Appello di Venezia (doc. "q" conv.), la quale ha rigettato le opposizioni. L'ingiunzione di pagamento di cui alla determina del Comune di Selvazzano Dentro prot. n. (...) del 25.11.2020 (doc. "f" conv.) e relativa al solo periodo di permanenza in comunità intercorrente tra il gennaio e il luglio 2019 è invece oggetto dell'opposizione di cui al presente giudizio, non riunito ai precedenti in ragione della diversità delle fasi processuali in corso. 4. L'opposizione è infondata e va rigettata per le ragioni di seguito esposte. Preliminarmente va rilevato come, nel momento in cui la causa viene assunta in decisione, la rimessione investe tutte le questioni, a norma dell'art. 189 c.p.c.. L'oggetto dell'odierna impugnazione è un avviso di accertamento, emesso ai sensi dell'art. 1, comma 792, della L. n. 160 del 2019, che integra gli estremi del c.d. atto impoesattivo, ovvero di un atto che cumula in sé la funzione di accertamento, di titolo esecutivo e di precetto. Non pare utilmente invocabile da parte del Comune l'inammissibilità delle odierne contestazioni, per la mancata impugnativa dei vari atti del Comune che hanno preceduto detto provvedimento. Limitata l'indagine agli atti che concernono la pretesa oggi in contestazione (docc. da 53 a 57 Comune), si tratta da un lato di determine relative all'assunzione dell'impegno di spesa da parte del Comune (doc. 53, determina 211 del 27.3.2019, e doc. 56, determina 1005 del 30.12.2019) che espressamente rinviano a successivi provvedimenti la determinazione della compartecipazione economica dovuta dalla famiglia, quindi atti interni con rilevanza esclusivamente contabile che nulla statuiscono sulla posizione dei genitori, dall'altra di mere raccomandate di intimazione al pagamento (doc. 54 e doc. 57). Parimenti non rilevante, al fine di precludere l'odierna opposizione, l'invio dell'ISEE al Comune, non potendosi ravvisare nella relativa richiesta da parte del Comune un atto amministrativo esercizio di un potere del Comune medesimo. Il primo atto utilmente impugnabile è quindi l'odierna ingiunzione, che cumula appunto la funzione di titolo esecutivo e di atto di avvio dell'esecuzione. 4.1 Ciò premesso, va respinta la prima difesa articolata dagli opponenti, volta a escludere il diritto del Comune alla ripetizione di quanto versato per il mantenimento di (...) dopo il raggiungimento della maggiore età. Il Comune fonda tale diritto sull'obbligo al mantenimento che grava ex lege sui genitori. Risulta pacifico in giurisprudenza che l'obbligo di mantenimento dei genitori verso i figli, tanto naturali quanto adottivi, non cessa per il raggiungimento della maggiore età da parte di essi, ma perdura, anche indipendentemente dalla loro età, fino a quando i figli non vengono avviati a una professione, ad un'arte o ad un mestiere confacente alla loro inclinazione e preparazione e rispondente, per quanto possibile, alla condizione sociale della famiglia (Cass. 22678/2013). Tale obbligo non comporta in nessun caso un protrarsi della responsabilità genitoriale, né la presuppone necessariamente, sia in quanto risulta espressamente dalla legge che esso spetta agli altri ascendenti in ordine di prossimità quando i genitori non hanno i mezzi sufficienti (art. 316-bis c.c.), sia in quanto non viene meno nei casi di decadenza del genitore legittimo o naturale dalla responsabilità genitoriale (artt. 330 e 160 c.c.). Proprio in ragione di tali argomentazioni la Cassazione ha stabilito, pronunciandosi in relazione a casi relativi a soggetti minori, che l'obbligo di mantenimento dei figli, e quindi il pagamento della relativa retta nel caso di inserimento degli stessi in strutture residenziali, continua a gravare sui genitori, anche quando i figli siano affidati in comunità, su disposizione del Tribunale dei Minorenni ai sensi degli artt. 25 e 26 del R.D. n. 1404 del 1934, essendo tale obbligo collegato esclusivamente al perdurare dello status genitoriale e non alla permanenza dei figli presso il nucleo familiare dei genitori o alle vicende della potestà genitoriale di questi ultimi (Cass. n. 22678/2010 e Cass. 22909/2010). Tale conclusione si impone anche nei confronti del maggiorenne che non abbia raggiunto l'autonomia economica, in ragione appunto del fatto che perdura il diritto al mantenimento da parte dei genitori. Nel caso di specie non è in alcun modo contestato che (...) non avesse alcuna autonomia economica al momento del raggiungimento della maggiore età, dal momento che la stessa stava ancora frequentando la scuola, né i genitori contestano il loro obbligo di mantenere la figlia, limitandosi a negare il diritto del Comune di agire per la ripetizione di quanto anticipato, sostenendo che solo a (...) competerebbe il diritto di agire per il proprio mantenimento nei propri confronti e che il Comune potrebbe al più rivalersi nei confronti di (...). L'impostazione è tuttavia erronea, non facendo valere il Comune il diritto di mantenimento di cui è effettivamente unica titolare (...), ma invocando il proprio diritto al rimborso, fondato sull'avvenuto pagamento di un debito altrui, rimborso peraltro preteso in misura inferiore a quanto effettivamente corrisposto, essendo limitata la domanda del Comune a una quota di compartecipazione. Tale diritto di ripetizione del Comune sussiste nella misura in cui si tratta di una surroga legale, ex art. 1203, n. 3 c.c.: il Comune ha infatti adempiuto all'obbligo gravante sui genitori, avendo un interesse giuridicamente qualificato, derivante dagli obblighi di assistenza sociale e tutela gravanti sull'ente locale. Il Tribunale dei Minorenni ha infatti disposto l'affidamento della minore, con anticipo, ai sensi del R.D. n. 1404 del 1934, a carico del Comune e detto affidamento è proseguito, senza soluzione di continuità, al raggiungimento della maggiore età, in accordo con i Servizi Sociali e in conformità al progetto definito in sede di UVMD e su richiesta di (...) (cfr. quanto riportato nell'UMVD doc. 21 conv.), che ha a tal fine sottoscritto in data 28.2.2018 il provvedimento di prosecuzione amministrativa del collocamento eterofamiliare (cfr. doc. 34 conv.). Il Comune ha quindi provveduto a sostenere le spese, sollecitandone costantemente il rimborso ai genitori, sia durante la minore età sia nel momento successivo, quando tuttavia perdurava l'obbligo di mantenimento in capo ai genitori, stante la non autosufficienza di (...) e in virtù delle funzioni di tutela degli interessi di (...), così come indicato dai Servizi Sociali. 4.2 Parimenti infondato il secondo motivo, relativo all'assenza di liquidità, certezza ed esigibilità del credito azionato dal Comune. La Cassazione ha avuto modo di precisare che "lo speciale procedimento disciplinato dal R.D. n. 639 del 2010 è utilizzabile non solo per le entrate di diritto pubblico, ma anche per quelle di diritto privato, trovando il suo fondamento nel potere di autoaccertamento della medesima pubblica amministrazione, a condizione che il credito in base al quale viene emesso l'ordine di pagare la somma dovuta sia certo, liquido ed esigibile, senza alcun potere di determinazione unilaterale dell'Amministrazione, dovendo la sussistenza del credito, la sua determinazione quantitativa e le sue condizioni di esigibilità derivare da fonti, da fatti e da parametri obiettivi e predeterminati (v. Cass., sez. un., n. 11992/2009). Nel caso in esame la determinazione dell'importo è avvenuta in base alla retta stabilita dalla struttura ove era ospitata (...), struttura convenzionata con la Regione Veneto e individuata dall'UVMD, in applicazione del Regolamento comunale e tenuto conto dell'ISEE. La somma è stata quindi determinata in ragione di fatti e atti oggettivi e predeterminati, senza margini per una valutazione discrezionale del Comune che si è quindi limitato a un calcolo matematico e a dare attuazione a decisioni assunte da terzi, in primis il Tribunale dei Minorenni. 4.3 Quanto alle contestazioni sul procedimento avanti al Tribunale dei Minorenni, si tratta di questioni che non possono essere esaminate in questa sede, ma che dovevano essere fatte valere esclusivamente all'interno di quel procedimento. Né possono i genitori contestare il loro obbligo ritenendo illegittima la scelta del Comune di proseguire nell'affidamento nella medesima struttura già designata dal Tribunale dei Minorenni, trattandosi di affidamento disposto su richiesta della stessa (...), la cui capacità di autodeterminazione non è stata contestata, limitandosi i genitori ad opporsi a tale inserimento, senza tuttavia assumere alcuna iniziativa giudiziaria volta a impedirlo. Ancora, quanto alle doglianze circa l'assistenza prestata a (...), si tratta di mere ipotesi, non essendoci alcuna prova di una correlazione causale tra i disturbi di cui soffre oggi (...) e il periodo trascorso presso la struttura di accoglienza. 4.4 Parimenti infondato l'ulteriore motivo addotto, laddove gli opponenti contestano l'applicazione della sezione del Regolamento relativa ai maggiorenni e precisamente alle "Rette adulti ed anziani", sotto-paragrafo dedicato al "Contributo per l'integrazione di rette di servizi residenziali" sia perché (...) non era classificabile come degente, essendo sana al momento del suo ingresso in comunità, sia in quanto si trattava di una comunità educativa e non di una struttura di cura. Dalla lettura del Regolamento n. 45/2016, relativo all'erogazione di assistenza economica e di prestazioni sociali agevolate (doc. 46 att.), risulta infatti che i destinatari sono, tra le altre, persone prive di adeguato sostegno familiare e la finalità delle misure è garantire una risposta residenziale al bisogno assistenziale, attraverso un adeguato percorso di accoglienza e assistenza, situazione che si attaglia perfettamente al caso di specie. Nessun riferimento quindi a soggetti necessariamente malati, né un'esclusione delle comunità, parlandosi anzi espressamente di strutture residenziali a carattere comunitario. 4.5 Ulteriore motivo di impugnazione riguarda l'illegittimità del Regolamento già sopra citato, questione la quale tuttavia è di competenza del (...), trattandosi di atto di esercizio del potere amministrativo della PA. 5. Conclusivamente l'opposizione va quindi rigettata. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo, in conformità ai valori medi per le fasi di studio e introduttiva, minimi per istruttoria e decisionale, vista la decisione allo stato degli atti e la sostanziale ripetizione degli argomenti difensivi. P.Q.M. Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza ed eccezione disattesa o assorbita, così dispone: rigetta l'opposizione. Condanna gli attori a rimborsare al Comune le spese di lite, che si liquidano in Euro 2.905,00 per compensi, oltre IVA, se dovuta, CPA e 15% per rimborso spese generali. Così deciso in Padova il 16 settembre 2022. Depositata in Cancelleria il 19 settembre 2022.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Tribunale di Padova SEZIONE SECONDA CIVILE Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. Maria Antonia Maiolino ha pronunciato ex art. 281 sexies c.p.c. la seguente SENTENZA nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 4026/2021 promossa da: (...) (C.F. (...)), in persona del legale rappresentante pro tempore, con il patrocinio dell'avv. BE.PI., elettivamente domiciliato in Indirizzo Telematico, presso il difensore avv. BE.PI. - Opponente - contro (...) S.P.A. RAPPRESENTATA DAL PROCURATORE (...) S.P.A. (C.F. (...)), in persona del legale rappresentante pro tempore, con il patrocinio dell'avv. CA.AL. e elettivamente domiciliato in LARGO (...) 35137 PADOVA presso lo studio dell'avv. CA.AL. - Opposta - OGGETTO: Fideiussione - Polizza fideiussoria FATTO E DIRITTO (...) propone opposizione avverso il decreto ingiuntivo n. 775/2021, con cui il Tribunale di Padova le ha intimato il pagamento della somma complessiva di Euro 973.656,84 oltre interessi e spese in favore di (...) S.p.A. a fronte della garanzia generica e specifica resa rispetto al debito accumulato dalla società (...) Srl. L'opponente contesta in primo luogo la validità della notifica del provvedimento monitorio, perché non sarebbe stata messa a parte delle integrazioni documentali effettuate a seguito del decreto ex art. 640 c.p.c. del 18/3/2021. Nel merito eccepisce la nullità delle garanzie azionate: sia la fideiussione omnibus (datata 7 dicembre 2018) che la fideiussione specifica con riferimento al finanziamento (...). In particolare, invoca in via di eccezione la nullità di entrambe le garanzie per il fatto di riprodurre le stesse il "modello di fideiussione predisposto dall'ABI, già censurato da (...) con Provv. n. 55 del 2 maggio 2005 e ripetutamente sanzionato dalla successiva giurisprudenza", precisando che nel caso di specie, quand'anche non si rilevasse la nullità integrale delle garanzie, ne andrebbe dichiarata la nullità parziale, consentendo quindi alla garante di invocare la decadenza della garanzia ai sensi dell'art. 1957 c.c.; l'opponente ha altresì invocato la liberazione ai sensi dell'art. 1956 c.c.. La banca resiste all'opposizione e ne chiede il rigetto. La causa passa in decisione sulla base di un'istruttoria meramente documentale. Quanto alla questione preliminare della nullità della notificazione del provvedimento monitorio, la stessa non è fondata per le ragioni sinteticamente esposte nell'ordinanza 27.10.2021, cui può farsi rinvio non essendo state integrate sul punto le difese dell'opponente: "il diritto di difesa dell'ingiunta è tutelato dalla possibilità di accedere al fascicolo monitorio: come non è necessario notificare unitamente al decreto il corredo documentale depositato col ricorso, così non è necessario notificare la documentazione integrativa eventualmente depositata in un momento successivo ai sensi dell'art. 640 c.p.c.". Quanto al merito, l'eccezione di nullità della clausola di deroga all'art. 1957 c.c. contenuta in entrambe le fidejussioni prestate dalla signora (...), anche a prescindere dalla sua fondatezza, non è rilevante ai fini della decisione: entrambi i documenti sono stati depositati dall'opposta al n. 3.12 ed entrambi riportano alla clausola 6 la deroga all'art. 1957 c.c. Sennonché, come anticipato nell'ordinanza 26.5.2022, l'opponente non tiene conto del fatto che, quand'anche la clausola 6 fosse nulla e venisse quindi meno la deroga all'art. 1957 c.c., il termine semestrale indicato dalla norma nel caso concreto risulta rispettato, alla luce della clausola 7 della fidejussione omnibus che stabiliva l'obbligo per il garante di pagare "a semplice richiesta" della banca creditrice. In data 19.11.2020, infatti, l'istituto di credito ha inviato alla società debitrice principale ed alla garante signora (...) una comunicazione contenente contestualmente sia la revoca dalle facilitazioni che l'intimazione di pagamento del debito accumulato (doc. n. 3.11 opposta): non può dirsi pertanto violato il termine semestrale di cui all'art. 1957 c.c. Al riguardo il Giudice di Legittimità ha da tempo chiarito che la clausola con cui il garante si impegna a soddisfare il creditore "a semplice richiesta", o entro un tempo predeterminato, va interpretata come deroga pattizia alla forma con cui l'onere di avanzare istanza entro il termine di cui all'art. 1957 c.c. deve essere osservato (vale a dire con la proposizione di un'azione giudiziaria): e ciò, appunto, sul presupposto che si discuta proprio di una ordinaria fideiussione e non di un contratto autonomo di garanzia, come pure sostiene la banca opposta. In altre parole, deve ritenersi che - ogniqualvolta le parti concordino il "pagamento a prima richiesta" dal garante al creditore garantito - l'osservanza dell'onere di cui alla citata disposizione è soddisfatto dalla stessa richiesta di pagamento formulata dal creditore al fideiussore, prescindendo dalla proposizione di un'azione giudiziaria (così Cass. n. 7345/1995 in motivazione, richiamata da Cass. n. 13078/2008);richiesta che comunque può essere indifferentemente rivolta, a scelta del creditore, contro l'uno o l'altro dei due condebitori solidali (Cass. SSUU n. 5572/1979). Il termine di cui all'art. 1957 c.c. risulta quindi rispettato. Per quanto attiene invece alla liberazione ex art. 1956 c.c., deve osservarsi come ai sensi dell'articolo 2967 c.c. sia onere del garante che invoca la propria liberazione dimostrare che il creditore garantito abbia fatto credito alla società (...) s.r.l. "pur conoscendo che le condizioni patrimoniali" della stessa "erano divenute tali da rendere notevolmente più difficile il soddisfacimento del credito" (art. 1956, primo comma, c.c.). Ebbene, la signora (...), da un lato, si è limitata a dedurre nella citazione in opposizione che "(...) ha intrattenuto molteplici rapporti con la (...) s.r.l., concedendo credito per quello che oggi si è trasformato in un debito di circa 1 milione di Euro. (...) Ciò addirittura nel corso del 2019, come risulta dagli atti integrativi prodotti sub all. 23, allorquando la Società versava ormai in una situazione di insolvenza" (pag. 14 citazione): senza sviluppare il raffronto tra le condizioni del credito e della società del 2018 (momento della garanzia) e 2019 (dedotto incremento del credito, peraltro dedotto genericamente con richiamo del documento, il cui contenuto non è stato esposto). Dall'altro lato, - con valutazione dirimente - l'opponente non tiene in adeguata considerazione il fatto di essere stata la stessa legale rappresentante della società debitrice principale, con conseguente applicazione del principio giurisprudenziale per cui l'onere del creditore ex art. 1956 c.c. di richiedere l'autorizzazione del fideiussore prima di far credito al terzo, "le cui condizioni patrimoniali siano peggiorate dopo la stipulazione del contratto di garanzia", "non sussiste allorché nella stessa persona coesistano le qualità di fideiussore e di legale rappresentante della società debitrice principale, giacché, in tale ipotesi, la richiesta di credito da parte della persona obbligatasi a garantirlo comporta di per sé la preventiva autorizzazione del fideiussore alla concessione del credito" (tra le ultime Cass. n. 7444/2017). Concludendo, l'opposizione non è fondata e va rigettata, con conseguente conferma del provvedimento monitorio n. 775/2021. Dalla soccombenza discende la condanna alla rifusione delle spese di lite in favore della banca opposta; gli oneri sono liquidati in dispositivo, valorizzando quattro fasi di attività, lo scaglione di valore fino ad Euro 1.000.000, il valore medio per le fasi prima e seconda e minimo per le fasi terza e quarta, atteso che non vi è stata attività istruttoria e la fase decisionale è risultata molto sintetica. Dall'art. 282 c.p.c. discende la provvisoria esecutività della decisione. P.Q.M. Il Tribunale di Padova, definitivamente pronunciando, ogni altra istanza disattesa o assorbita, così dispone: - rigetta l'opposizione e conferma il provvedimento monitorio n. 775/2021; - condanna parte opponente a rimborsare alla parte opposta le spese di lite, che si liquidano in Euro 20.000 per compensi, oltre 15% per spese generali, i.v.a. e c.p.a. Sentenza resa ex articolo 281 sexies c.p.c., pubblicata mediante lettura ed allegazione al verbale. Così deciso in Padova il 15 settembre 2022. Depositata in Cancelleria il 15 settembre 2022.

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