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  • TRIBUNALE DI XXXXX SEZIONE CIVILE REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale di XXXXX, in persona del giudice monocratico dott.ssa Teresa Guerrieri ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile iscritta al n. 2346 del RGAC dell'anno 2022 avente ad oggetto: responsabilità extracontrattuale; TRA XXXXX XXXXX (X), nella qualità di genitore del figlio minore X (X, rappresentata e difesa dall'avv. X ATTRICE E X (XXXXX), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati X; CONVENUTA CONCLUSIONI All'udienza del 20.04.2023 le parti hanno così concluso: l'avv. X dopo la discussione in merito alle eccezioni preliminari conclude per il rigetto della domanda a spese compensate per le motivazioni verbalmente espresse, in particolare aderisce all'eccezione di prescrizione. L'avv. X insiste per il rigetto della domanda con condanna alle spese avendo controparte aderito all'eccezione di prescrizione che è questione di diritto da valutar anteriormente all'instaurazione della domanda FATTO E DIRITTO 1. Con atto di citazione ritualmente notificato, XXXXX XXXXX, quale esercente la responsabilità genitoriale del figlio minore X, ha convenuto in giudizio X chiedendo di condannare quest'ultima al risarcimento del danno non patrimoniale da perdita del rapporto parentale a suo tempo insorto nel 2006 nella sfera giuridica della defunta nonna dell'attore XX e causato della morte di suo figlio X (padre di X). Nello specifico è stata richiesta la condanna al pagamento della somma di Euro 105.000,00 o la diversa somma ritenuta di giustizia, quale risarcimento pro quota (pari al 50%) del danno da perdita di rapporto parentale tra madre e figlio, oltre interessi legali, ivi compresi interessi di mora ex art. 1284, 4° comma c.c. dalla data della citazione fino al saldo effettivo. Il diritto al risarcimento della defunta nonna è stato dunque azionato dal nipote X nella dichiarata qualità di erede testamentario. A sostegno della pretesa, l'attore ha rappresentato che la responsabilità della convenuta per la morte di X è già stata affermata dalla sentenza del Tribunale di XXXXX n. 860/2019 che è passata in giudicato. 2. Con comparsa, depositata in data 7.10.2022, si è costituita in giudizio X , la quale ha preliminarmente eccepito la carenza di legittimazione processuale ad agire dell'odierna attrice, poiché X non avrebbe fornito la prova di essere erede di X. In subordine, la convenuta ha chiesto la chiamata in causa di terzi ed ha eccepito: l'inefficacia nel presente giudizio delle statuizioni della sentenza del Tribunale di XXXXX n. 860/2019; la prescrizione del diritto azionato; l'esistenza di una quietanza con cui XXXXX XXXXX ed il figlio minore X hanno dichiarato di non aver più nulla a pretendere a qualsiasi titolo dall'odierna convenuta. 3. Ciò premesso, l'eccezione di carenza di legittimazione attiva fondata. In tema di legittimazione ad agire deve essere richiamato l'insegnamento della Suprema Corte secondo cui chi promuove l'azione nell'asserita qualità di erede di un altro soggetto, indicato come originario titolare del diritto, deve allegare la propria legittimazione per essere subentrato nella medesima posizione del proprio autore, fornendo la prova, in ottemperanza all'onere di cui all'art. 2697 cod. civ., del decesso della parte originaria e della sua qualità di erede, perché altrimenti resta indimostrato uno dei fatti costitutivi del diritto di agire o a contraddire (in tal senso Cass. n. 22730/21; Cass. n. 13738/05). Si rammenta poi che all'apertura della successione i beni e i diritti ereditari sono offerti ai soggetti destinati a succedere, ma la delazione non attribuisce subito la qualità di erede e non determina l'immediato acquisto dell'eredità, conferendo solamente il diritto potestativo di accettarla e i poteri di amministrazione di cui agli artt. 460 e 486 c.c. L'eredità e la qualità di erede, secondo quanto disposto dall'art. 459 c.c., si acquistano con l'accettazione (espressa o tacita) da cui scaturiscono gli effetti fin dal momento dell'apertura della successione. Con riferimento ai minori e agli interdetti, l'art. 471 cod. civ. dispone che le eredità devolute non si possono accettare se non con il beneficio di inventario, di conseguenza la norma esclude che il rappresentante legale dell'incapace possa accettare l'eredità in modo diverso da quello prescritto dall'art. 484 cod. civ. L'accettazione tacita, dunque, non rientra nel potere del rappresentante legale e perciò non produce alcun effetto giuridico nei confronti dell'incapace, che resta nella posizione di chiamato all'eredità fino a quando egli stesso o il suo rappresentante eserciti il diritto di accettare o di rinunziare all'eredità entro il termine della prescrizione (cfr. Cass. n. 21456/12; Cass. n. 2211/07). Nel caso di specie, parte attrice non ha dato prova dell'accettazione beneficiata dell'eredità della nonna X, da cui deriverebbe la titolarità iure hereditatis del diritto azionato, avendo depositato solamente l'autorizzazione del giudice tutelare ad accettare con beneficio di inventario. Orbene, la preventiva autorizzazione del giudice di tutelare, imposta dall'articolo 374 c.c. comma 1 n. 3 per l'accettazione dell'eredità con beneficio di inventario in favore dell'incapace, rappresenta un presupposto necessario alla successiva accettazione beneficiata, ma non equivale all'accettazione stessa, n da tale atto può ricavarsi una forma di accettazione tacita. Pertanto, deve essere dichiarata la carenza di legittimazione attiva, mancando la prova della qualità di erede in capo a X. 4. La pretesa risarcitoria risulta altresì prescritta per il decorso del termine quinquennale previsto dall'articolo 2947 c.c., che deve essere applicato al caso d'interesse, data la natura extracontrattuale del danno da perdita del rapporto parentale (cfr Cass. n. 11320/22; Cass. n. 21404/21; Cass. n. 14258/20). Come documentato da parte attrice, infatti, X ha avanzato per la prima volta la richiesta di risarcimento con la lettera raccomandata del 5.12.2016, mentre la morte del figlio era avvenuta nel 2006, ben dieci anni prima. 5. Le spese di lite, in considerazione del comportamento processuale di parte attrice che ha aderito all'eccezione di prescrizione, deve venire compensate per un 1/3. I restanti 2/3 seguono la soccombenza e sono liquidati in dispositivo, tenendo conto dei nuovi parametri per la determinazione dei compensi per la professione forense di cui al decreto 13 agosto 2022, n. 147 ed in particolare dei valori medi previsti per lo scaglione di riferimento, con l'esclusione della fase istruttoria poiché non svolta (da Euro 52.000,01 sino ad Euro 260.000,00). P.Q.M. Il Tribunale di XXXXX, Sezione Civile, in persona del giudice monocratico dott.ssa Teresa Guerrieri, definitivamente pronunciando sulla causa in epigrafe indicata, così provvede: 1) dichiara inammissibile la domanda; 2) compensa per 1/3 le spese di lite e pone i restanti 2/3 a carico di XXXXX XXXXX, quale esercente la potestà genitoriale del figlio minore X , che condanna al pagamento in favore di X della somma di Euro5.622 per compensi professionali oltre spese generali al 15%, IVA e CPA come per legge. Così deciso in XXXXX, 29 maggio 2023. Depositata in Cancelleria il 29 maggio 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI PISA SEZIONE CIVILE in persona del giudice monocratico dott.ssa Teresa Guerrieri ha pronunciato la seguente SENTENZA Nella causa civile iscritta al n. 62292 del RGAC dell'anno 2011 avente ad oggetto: opposizione a decreto ingiuntivo; contratto di appalto ; TRA (...) ((...)), (...) ((...)) e (...) ((...)), nella qualità di eredi di (...) ((...)), rappresentati e difesi dall'avv. Ma.Fi., elettivamente domiciliati in Ponsacco (PI), Via (...) ATTORI E (...) S.N.C. ((...)), in persona del legale rappresentante (...), rappresentata e difesa dall'avv. Gi.Ca., elettivamente domiciliata in Firenze, Via (...) CONVENUTA FATTO E DIRITTO 1. Con atto di citazione in opposizione al decreto ingiuntivo n. 836/2011 del Tribunale di Pisa, (...) ha convenuto in giudizio (...) S.n.c. al fine di sentire annullare, revocare e comunque dichiarare inefficace il decreto ingiuntivo opposto, perché irrituale ed infondato nel merito, essendo il credito azionato estinto per avvenuto pagamento e/o per intervenuta prescrizione. L'opponente h a chiesto altresì la sospensione dell'esecuzione provvisoria del decreto ingiuntivo opposto. Più in particolare ha dedotto, per quanto di interesse, che: a) in data 7.03.1992 aveva pattuito con la convenuta la realizzazione di una villetta al rustico, il cui corrispettivo per l'intera operazione era quantificato in Euro 60.684,00 (Lire 117.500.000); b) con successiva scrittura privata del 27.03.1994 veniva concordata, altresì, la realizzazione al rustico delle opere di costruzione dello scantinato e dello scannafosso del suddetto fabbricato, per la complessiva somma di Euro 16.783,85 (Lire 32.5000.000) oltre iva; c) aveva versato nel corso degli anni alla convenuta la complessiva somma di Euro 77.261,95 (Lire 149.600.000). Di essi la somma di L. 30.000.000,00 era destinata al pagamento dei lavori relativi alla scrittura privata del 27.03.1994 per come evincibile dalle matrici di due assegni bancari tratti sulla (...) emessi nel 1994, sottoscritte da (...), legale rappresentante della (...) s.n.c., con le causali "acconto scantinato" e "per scantinato"; d) tuttavia a fronte dei richiamati pagamenti, controparte aveva rilasciato la sola fattura n. (...) del 4.04.1994 di Lire 40.000.000 oltre iva; e) restava in attesa delle restanti fatture per corrispondere la rimanente iva; f) il testo della lettera raccomandata del 24.12.1999 prodotto da controparte in sede monitoria non corrispondeva all'originale inviato; g) dopo circa dieci anni da tali fatti, riceveva la lettera raccomandata del 16.10.2009 generica nei contenuti, in cui si chiedeva di definire la posizione creditoria inerente alla costruzione della villetta. 2. Con comparsa di risposta, depositata in data 16.12.2011, si è costituita in giudizio (...) S.n.c. la quale ha chiesto di respingere l'opposizione avversa, in quanto infondata in fatto ed in diritto e quindi di confermare il decreto ingiuntivo opposto. Ha eccepito, per quanto d'interesse, che: a) durante l'esecuzione dei lavori dello scantinato scannafo sso del fabbricato venivano richiesti dal (...) e realizzati ulteriori lavori e varianti non compresi negli accordi intercorsi, come da elenco allegato alla fattura n. (...); b) di aver emesso le seguenti fatture, relativamente agli acconti percepiti per la sola realizzazione del rustico fabbricato: fattura (...) di L. 41.600.000; fattura (...) di L. 20.800.000; fattura (...) di L. 73.655.000; c) con raccomandata del 24.12.1999, veniva intimato al (...) il pagamento dei lavori relativi al verbale di Acc. del 27 marzo 1994 per la realizzazione dello scantinato e scannafosso, nonché, la definizione dei conteggi relativi alla costruzione al rustico della villetta e alle varianti; d) con raccomandata del 16.10.2009 veniva intimato nuovamente di voler definire la questione; e) in via monitoria, richiedeva il pagamento delle opere per la costruzione dello scantinato e scannafosso, pari a Euro 20.141,82 (Lire 32.5000.000 per il compenso pattuito e Lire 6.500.000 per iva); f) tale compenso non era stato corrisposto da controparte, che si era limitata a pagare solamente i lavori al rustico e le loro varianti; g) non era maturata alcuna prescrizione attesa l'esistenza della lettera raccomandata del 24.12.1999 prodotta nel ricorso per l'emissione del decreto ingiuntivo, dello stesso tenore di quella inviata a controparte; h) le matrici degli assegni n. (...) e n. (...) tratti sul Monte dei paschi di Siena, contenenti una dichiarazione e la firma di (...), al momento della sottoscrizione erano in bianco e vi è stato un riempimento dei documenti non autorizzato; i) non corrispondeva al vero che le somme portate da tali assegni fossero da imputare al pagamento dei lavori effettuati per realizzare lo scantinato e lo scannafosso. 3. Con ordinanza del 23.12.2011 il Tribunale sospendeva la provvisoria esecutività del decreto ingiuntivo opposto e concedeva termini per memorie ex art. 183, VI comma c.p.c. L'opposta, nelle memorie ex art. 183, co. 6 n. 1 c.p.c. ed ex art. 183, co. 6 n. 2 c.p.c., chiedeva la cancellazione delle affermazioni sconvenienti e offensive, presenti negli atti e nei discorsi in udienza di controparte, con conseguente liquidazione in via equitativa del danno subito ex art. 89 c.p.c. 4. All'udienza del 30.11.2012 (...) proponeva querela di falso avverso la documentazione prodotta da (...) perchè le causali sulle matrici degli assegni sarebbero state apposte dopo la sua sottoscrizione e non sarebbero state corrispondenti alle ragioni dei pagamenti. Il Giudice, ritenuta ammissibile la querela di falso, disponeva la comparizione delle parti e del P.M. per l'udienza del 29.01.2013. All'esito delle formalità di cui agli artt.222 e 223 c.p.c., il Giudice rimetteva gli atti al Tribunale e ordinava la sospensione del procedimento incidentale per querela di falso da svolgersi dinanzi al Tribunale di Pisa in composizione collegiale. Con sentenza n. 733/20 in data 27.07.2020, pubblicata il 28.07.2020, il Tribunale di Pisa rigettava la querela di falso, poiché il querelante non aveva fornito prova dell'abusivo riempimento della matrice degli assegni da lui sottoscritti. 5. A seguito della decisione sulla querela di falso, in data 16.10.2020, gli eredi di (...) (deceduto il 14.03.2017) riassumevano il processo ex articolo 297 c.p.c., al fine di ottenere una pronuncia nel merito che dichiarasse l'inefficacia del decreto ingiuntivo opposto, perché irrituale e infondato nel merito, essendo il credito azionato estinto per avvenuto pagamento e/o per intervenuta prescrizione. 6. In data 5.10.2021 si costituiva nel processo riassunto (...) S.n.c., chiedendo: a) In via preliminare, non essendo "il giudice istruttore investito di tutti i poteri per l'ulteriore trattazione della causa", si chiede che la presente istanza venga trasmessa al Presidente del Tribunale, per l'emanazione del provvedimento di declaratoria di estinzione del procedimento; b) Nel merito, comunque, Voglia il Tribunale respingere ogni richiesta di parte avversa, in quanto infondata in fatto ed in diritto, e quindi confermare il decreto ingiuntivo opposto; c) In via istruttoria, Voglia il Tribunale ammettere tutte le prove come richieste nelle memorie ex art. 183 VI comma c.p.c., già agli atti di causa. 7. Con ordinanza del 05.04.2022, veniva rigettata l'istanza di estinzione del procedimento e formulata una proposta conciliativa ex articolo 185 bis c.p.c., che veniva accettata da parte opponente e respinta da (...) S.n.c. Pertanto, la causa proseguiva e veniva poi posta in decisione con concessione dei termini 190 c.p.c. 8. In via preliminare, va rigettata la richiesta declaratoria di estinzione del giudizio. Deve evidenziarsi come tra il processo di falso rilevante ai fini della sospensione e la causa di merito sussiste un rapporto di pregiudizialità, riconosciuto dal legislatore nella forma tipica della pregiudizialità - dipendenza e riconducibile all'area della sospensione necessaria di cui all'articolo 295 c.p.c. Nell'ipotesi di querela di falso proposta in via incidentale, una volta intervenuta la corrispondente decisione del collegio, il giudizio sulla causa di merito, sospeso "ex lege", deve riprendere (cfr. Cass. Sez. 6 - 3, Ordinanza n. 12035 del 16/05/2017). La fissazione della nuova udienza è disciplinata dall'articolo 297 c.p.c., secondo cui: "Se col provvedimento di sospensione non è stata fissata l'udienza in cui il processo deve proseguire, le parti debbono chiederne la fissazione entro il termine perentorio di tre mesi dalla cessazione della causa di sospensione di cui all'articolo 3 del codice di procedura penale o dal passaggio in giudicato della sentenza che definisce la controversia civile o amministrativa di cui all'articolo 295 c.p.c." Il passaggio in giudicato della sentenza resa sulla causa pregiudicante, previsto dall'art. 297, comma 1, segna non già il termine di durata della sospensione, ma solo quello di inizio della decorrenza del termine ultimo, oltre il quale il giudizio sulla causa pregiudicata si estingue se nessuna delle parti abbia assunto l'iniziativa richiesta per farlo proseguire (cfr. Cass. Sez. U. sentenza n. 10027/2012). Orbene, appare evidente che gli eredi di (...) abbiano riassunto ritualmente il processo nel termine di tre mesi dalla sentenza sulla querela di falso e che nessuna causa di estinzione ricorra nel presente processo. 9. L'eccezione di prescrizione deve essere rigettata. L'atto di interruzione della prescrizione, ai sensi dell'art. 2943, comma 4 c.c., non deve necessariamente consistere in una richies ta o intimazione, essendo sufficiente una dichiarazione che, esplicitamente o per implicito, manifesti l'intenzione di esercitare il diritto spettante al dichiarante. Recentemente, infatti, è stata riconosciuta efficacia interruttiva della prescrizione a una lettera contenente solo la disponibilità ad un incontro onde pervenire ad una definizione in via amichevole delle ragioni del contendere (cfr. Cass. Sez. 2 Ordinanza n. 24913 del 18/08/2022). Nel caso in esame, deve essere affermata l'efficacia interruttiva ex articolo 2943 comma 4 c.c. sia alla raccomandata del 24.12.1999, sia alla raccomandata del 16.10.2009. 10. Nel merito, gli opponenti hanno eccepito il pagamento in favore di (...) S.n.c. delle somme dovute per le opere realizzate. Quest'ultima ha domandato il pagamento di Euro 20.141,82 (Lire 32.5000.000 per il compenso pattuito e Lire 6.500.000 per iva), quale corrispettivo per la costruzione dello scantinato e scannafosso, dichiarando che tale compenso non era stato corrisposto da controparte, che si era limitata a pagare unicamente i lavori relativi al rustico ed alle varianti. Tuttavia, (...) ha dimostrato di aver versato Lire 30.000.000 proprio per l'esecuzione dei lavori indicati nell'Acc. del 27 marzo 1994, ossia per la realizzazione dello scantinato e dello scannafosso, producendo l'assegno n. (...) di Lire 10.000.000 e l'assegno n. (...) di Lire 20.000.000, tratti sul (...). Dalle matrici di tali assegni si evincono le diciture "acconto scantinato" e "per scantinato" che dimostrano l'imputazione dei pagamenti effettuati. I richiamati assegni sono stati oggetto di querela di falso, rigettata con sentenza n. 733/20 del Tribunale di Pisa, sicché dell'autenticità del loro contenuto non è dato dubitare. Pertanto, essendo stato dimostrato il pagamento di Lire 30.000.000 a fronte del debito di Lire 39.000.000 (Lire 32.5000.000 per il compenso pattuito e Lire 6.500.000 per iva), resta ancora dovuto il pagamento di Lire 9.000.0000, corrispondenti ad Euro 4.648,11. Di conseguenza, l'opposizione è parzialmente fondata ed il decreto ingiuntivo deve essere parzialmente revocato. Gli opponenti devono essere condannati al pagamento della residua somma non ancora corrisposta alla controparte, pari a Euro 4.648,11, oltre interessi dalla domanda. 11. Infine, la domanda di cancellazione delle frasi offensive e quella di risarcimento, formulate da (...) S.N.C., devono essere rigettate. Secondo l'insegnamento della Suprema Corte di Cassazione, la tutela risarcitoria ex articolo 89 c.p.c. va esclusa allorquando le espressioni non siano dettate da un intento dispregiativo, ma conservino un rapporto, anche indiretto, con la materia controversa, senza eccedere l'esigenza difensiva preordinata a dimostrare la scarsa attendibilità delle dichiarazioni della controparte (cfr Cass. n. 17325/15). Le frasi oggetto della domanda ex articolo 89 c.p.c. a ben vedere non eccedono le esigenze difensive, rientrando pienamente nell'ambito dell'esercizio del diritto di difesa. Si tratta infatti di enunciati prospettati al fine di contestare il quantum preteso da controparte, prive di intento offensivo. 12. Le spese di lite vengono compensate in ragione della soccombenza reciproca delle parti. P.Q.M. Il Tribunale di Pisa, Sezione Civile, in persona del giudice monocratico dott.ssa Teresa Guerrieri, definitivamente pronunciando sulla causa in oggetto, così provvede: 1) revoca parzialmente il decreto ingiuntivo n. 836/2011 del Tribunale di Pisa e, per l'effetto, condanna (...), (...) e (...), nella qualità di eredi di (...), al pagamento della somma di Euro 4.648,11, oltre interessi dalla domanda, in favore di (...) S.N.C., in persona del legale rappresentante (...); 2) compensa le spese di lite. Così deciso in Pisa il 28 aprile 2023. Depositata in Cancelleria il 2 maggio 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI XXXXX Il Tribunale, nella persona del Giudice, dott.ssa Santa Spina, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile iscritta al n. r.g. 4413/2015 promossa da (...) (c.f. (...)) e (...) (c.f. (...)) con il patrocinio dell'avv. AL.FA. (...) e dell'avv. MA.PI. (...), ed elettivamente domiciliati presso lo studio del primo difensore, Via (...), San Giuliano Terme (XXXXX) contro (...)" (p. iva (...)) in persona del legale rappresentante, pro tempore, Madre Generale (...), con il patrocinio dell'avv. IA.MA. (...) ed elettivamente domiciliato presso lo studio del predetto difensore, Via F.lli (...), (XXXXX) e con la chiamata in causa di (...) S.p.A. (p. iva (...)) in persona del suo procuratore speciale, pro tempore, dott.ssa (...), con il patrocinio dell'avv. MI.MA. (...) ed elettivamente domiciliato presso lo studio del predetto difensore, Piazza (...), San Miniato (...) OGGETTO: risarcimento danni - altri contratti atipici RAGIONI IN FATTO E DIRITTO DELLA DECISIONE Con atto di citazione che in calce reca la data del 10.09.2015 (...) e (...) chiamavano a comparire avanti all'intestato Tribunale l'(...) al fine di ottenerne la condanna al risarcimento dei danni subiti dalla loro figlia, (...), (al tempo minore d'età) il 30 luglio 2013. Allegavano, specificamente, che (...), iscritta, alla data anzidetta ai "Campi Solari" organizzati dall'istituto convenuto, giocando, o meglio, nel mentre che partecipava assieme ad altri bambini alle attività ludico-sportive ivi organizzate, cadeva bruscamente in terra ... riportando una "frattura sovracondiloidea scomposta omero sx e frattura a legno verde 1/3 medio diafisi ulnare", tanto da venire ad essere ricoverata nel nosocomio cittadino e lì poi, sottoposta con urgenza ad intervento chirurgico. Da qui, pertanto, la domanda risarcitoria approdata ora qui innanzi che si sostanziava nella richiesta di un risarcimento complessivo di Euro 18.768,54, comprensivo delle spese mediche sostenute (per Euro 1.608,00), e al quale si sarebbe dovuta aggiungere una regolamentazione delle spese di lite favorevole a loro istanti. Con comparsa datata 26.11.2015 si costituiva ritualmente in giudizio l'(...) (da qui in avanti, per brevità, anche solo Istituto), contestando in fatto e in diritto la pretesa attorea, negando ogni propria responsabilità, sostenendo, per contro, l'accidentalità della caduta, non prevenibile, né prevedibile, sul presupposto per cui la bambina, contravvenendo al divieto di correre, - divieto, che l'istituto precisava, era stato imposto a tutti i bambini fin dal primo giorno dell'esperienza formativa, ... - correva, invece, per il salone, finendo col rovinare in terra, ... scegliendo, così, autonomamente di porre in essere un comportamento che in maniera del tutto imprevedibile ed imprevenibile e per questo eccezionale aveva messo a repentaglio la sua incolumità fisica. Argomentava, quindi, la propria difesa deducendo di avere adottato in via preventiva tutte le misure disciplinari ed organizzative idonee ad evitare il sorgere di una situazione di pericolo .., ciò nondimeno, chiedeva e otteneva l'autorizzazione a chiamare in causa la compagnia che l'assicurava per eventi di tal fatta, (...) S.p.A., che, accettando il contraddittorio, confermava la copertura assicurativa dell'Istituto, aderendo, nel merito alle contestazioni dell'istituto proprio assicurato, ascrivendo ogni responsabilità alla minore stessa. Sulle ragioni delle parti così come brevemente compendiate, si radicava il contraddittorio e si dava corso all'istruttoria del caso, acquisendo al fascicolo di causa la documentazione versata in atti dalle parti costituite, escutendo i testi ammessi ed espletando una CTU medico legale sulla persona della piccola (...). All'esito, dopo taluni differimenti dovuti al carico del ruolo e all'emergenza epidemiologica SARS Covid - 19, sulle conclusioni come rassegnate telematicamente, la causa passava in decisione e veniva decisa per il tramite della presente sentenza. La domanda risarcitoria di parte attrice deve trovare accoglimento per i motivi appresso indicati. Va premesso che, sulla base di quanto sopra esposto e confermato dalle dichiarazioni testimoniali, l'evento dannoso per cui è causa deve considerarsi conseguente ad una condotta autolesiva dell'allora minore (...) (...). Nel caso in esame non può farsi riferimento all'astratta applicabilità dell'art. 2048, comma 2, c.c.: infatti, la sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione n. 9346/02, risolvendo il contrasto giurisprudenziale relativo proprio alla ipotesi dei danni che l'allievo abbia procurato a se stesso, ha statuito che, in tale ipotesi, non è invocabile la presunzione di responsabilità posta dall'art. 2048, comma 2, c.c.; in particolare, la Suprema Corte ha evidenziato, in maniera del tutto condivisibile, come l'interpretazione letterale della citata norma comporti l'inequivoco riferimento al danno cagionato dal fatto illecito dell'allievo lesivo di un terzo; tale scelta legislativa si giustifica in quanto l'art. 2048 c.c. è concepito come norma di "propagazione" della responsabilità in quanto, presumendo una culpa in educando o in vigilando, chiama a rispondere genitori, tutori, precettori e maestri d'arte per il fatto illecito cagionato a terzi da quel determinato soggetto, sottoposto alla loro attività in educando o in vigilando. La responsabilità civile nasce, quindi, come responsabilità di determinati soggetti - minori, interdetti, allievi, apprendisti - verso i terzi, che si estende rispettivamente ai genitori, tutori, precettori e maestri d'arte, delineandosi così una ipotesi di responsabilità per il fatto altrui, e cioè per il fatto illecito compiuto da quel determinato soggetto in danno di un terzo. Viceversa, nel particolare caso di autolesione dell'allievo, il precettore è chiamato a rispondere verso il medesimo per un fatto illecito proprio, consistente nel non aver impedito, violando l'obbligo di vigilanza, che venisse compiuta la condotta autolesiva; da quanto sopra esposto consegue che tale fatto illecito proprio non è riconducibile alla previsione dell'art. 2048 comma 2 c.c. Sempre la motivazione delle citate Sezioni Unite precisa utilmente come, nel caso di danno arrecato dall'allievo a se stesso, appaia più corretto ricondurre la responsabilità dell'istituto scolastico non già nell'ambito della responsabilità extracontrattuale, con conseguente onere per il danneggiato di fornire la prova di tutti gli elementi costitutivi del fatto illecito di cui all'art. 2043 c.c., bensì nell'ambito della responsabilità contrattuale, con conseguente applicazione del regime probatorio desumibile dall'art. 1218 c.c. Infatti, l'accoglimento della domanda di iscrizione e la conseguente ammissione dell'allievo determina l'instaurazione di un vincolo negoziale in virtù del quale, nell'ambito delle obbligazioni assunte dall'istituto, deve ritenersi sicuramente inclusa quella di vigilare anche sulla sicurezza e l'incolumità dell'allievo nel tempo in cui fruisce della prestazione scolastica in tutte le sue espressioni, anche al fine di evitare che l'allievo procuri danno a se stesso. Per quanto concerne questa ipotesi, la Suprema Corte di Cassazione ha evidenziato che: "La responsabilità della scuola e del personale scolastico per i danni da autolesione provocati dall'alunno, durante l'orario scolastico e/o in una recita, è di tipo contrattuale ex art. 1218 c.c.; la fonte di tale responsabilità risiede, per la scuola, nel contratto stipulato tra genitore e istituto scolastico e, per il personale scolastico, nel c.d. contatto sociale." (Cass. Civ. Sez. III, 22/09/2015, n. 18615). E, nel dettaglio: "Nel caso di danno arrecato dall'incapace (nella specie una bambina di tre anni) a sè stesso, la responsabilità del sorvegliante e della struttura nella quale l'incapace è ammesso (nella specie un asilo nido comunale) va ricondotta non già nell'ambito della responsabilità extracontrattuale, ai sensi dell'art. 2043 c.c., bensì nell'ambito della responsabilità contrattuale, ai sensi dell'art. 1218 c.c." (Cass. Civ., Sez. III, 18/07/2003, n. 11245). Il legittimato attivo della richiesta di risarcimento danni ex art. 1218 c.c. è l'alunno infortunato, o, nel caso in cui lo stesso sia minore, coloro che esercitano su di lui la patria potestà. Il legittimato passivo, invece, è l'ente scolastico. Nel caso di scuole pubbliche, lo stesso è identificabile nel Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca. Nel caso di enti privati, invece, il legittimato passivo coincide con l'ente proprietario della scuola, come nel caso in esame. Per quanto poi riguarda l'onere probatorio, nelle controversie instaurate per il risarcimento del danno da autolesione nei confronti dell'istituto scolastico, l'attore dovrà, quindi, soltanto provare che il danno si è verificato nel corso dello svolgimento del rapporto, mentre sarà onere della parte convenuta dimostrare che l'evento dannoso è stato determinato da causa alla stessa non imputabile, secondo il dettato dell'art. 1218 c.c.. A quest'ultimo proposito, per la costante giurisprudenza la prova della non imputabilità dell'inadempimento deve essere piena e completa, non essendo sufficiente una generica prova della diligenza del debitore, ma risultando necessaria la dimostrazione della assenza, sotto qualsiasi profilo, di colpa, e cioè la dimostrazione del caso fortuito e della forza maggiore (cfr. Cass. 7214/02, 10126/00, 7604/96). Passando all'esame della fattispecie concreta, anche a non volere considerare la contraddittoria ricostruzione inziale della compagnia, terza chiamata in causa, prontamente contestata dallo stesso istituto e poi rinnegata anche dalla compagnia medesima e tale per cui la piccola (...) sarebbe caduta su un giocattolo lasciato lì in terra, inciampando sullo stesso, alla luce degli esposti principi giuridici, è emerso che, la teste, (...), escussa all'udienza del 7 giugno 2017, nella qualità di insegnante della minore, riferiva quanto segue: ... ... ... il giorno dei fatti vi erano 3 suore presenti e 15 bambini ... Al momento della caduta vi era presente con i bambini una suora, io ed una altra suora eravamo in quel momento assenti, eravamo nella stanza accanto. È dunque emerso che (...) nel mentre che si trova affidata all'istituto e che lì giocava subiva una caduta rovinando al suolo. La circostanza alla stregua della quale l'istituto non abbia adottato le opportune cautele di controllo e vigilanza lo si desume oltre che dalla generica e a tratti contraddittoria ricostruzione dei fatti offerta dallo stesso istituto convenuto, dalla circostanza per cui al momento della caduta, nonostante la presenza di 15 bambini (di età non superiore verosimilmente ai 10 anni) c'era una sola suora ad occuparsi di loro, a vigilare su di loro, mentre le altre due suore erano in altra stanza, e questo mentre sull'istituto incombeva l'onere precipuo di vigilare adeguatamente sui minori lì presenti. Anche movendo dalla ricostruzione che parte convenuta e terza chiamata in causa fanno secondo cui la bambina, violando il divieto di non correre, abbia d'un tratto iniziato a correre, delle due l'una: 1) o le insegnanti pur presenti in aula non hanno adeguatamente vigilato circa il regolare e sereno svolgimento delle attività ricreative dei minori 2) o le insegnanti non erano presenti nella stanza nel momento ricreativo omettendo il necessario controllo dei bambini. Sulla base del suddetto quadro probatorio - confermato anche dalle dichiarazioni rese dall'altra teste escussa, suor (...) (si veda verbale udienza del 12.07.2017), la quale ha dichiarato che (...) si è alzata e ha cominciato a correre - si ritiene che parte convenuta non abbia assolto all'onere probatorio impostole dall'art. 1218 c.c., emergendo anzi precisi profili di colpa addebitabili alla stessa, non essendo state predisposte misure precauzionali da considerarsi adeguate alla situazione, non potendo ritenersi tali i divieti comandati a bambini di 9 anni di non correre, mancando, per converso, di vigilare adeguatamente al fine del sereno svolgimento delle attività ludiche e ricreative dei minori. Parte convenuta deve, pertanto, essere condannata a risarcire, per intero, i danni causati alla minore, (...). Per quanto riguarda il danno conseguente alle lesioni riportate, ci si riporta alle conclusioni della CTU medico-legale della dott.ssa M.B. cui il Tribunale ritiene di prestare adesione poiché immune da vizi e congruamente motivata, la quale - con motivazioni condivisibili - concludeva ritenendo che risultava ... più che plausibile il nesso di causa tra criteriologia ed efficienza lesiva dell'evento e il trauma diagnosticato il Pronto Soccorso e che al momento del fatto in causa, non erano note preesistenze traumatiche degne di nota o che in qualche modo abbiano, allora, potuto contribuire al verificarsi della patologia traumatica ... precisando che ... la bambina, studente al momento dell'evento traumatico, ha seguito un iter clinico adeguato e la patologia traumatica è guarita clinicamente in 185 giorni. In questo lungo periodo di convalescenza la (...) si è vista ridurre la capacità di eseguire le attività di ordinaria esistenza, al 100% per 35 gg, al 75% per 30 gg, al 50% per 20 gg e i restanti 100 gg al 25% e che le lesioni riportate in seguito all'evento traumatico, sono attualmente guarite e residuano postumi permanenti nella percentuale del 7% (sette per cento), ancora chiarendo (a proposito dell'incidenza che il sinistro successivamente occorso alla giovane, in data 13 maggio 2015, ha poi avuto sull'eventuale accertatainvalidità della perizianda e sullo stato e condizioni attuali della stessa) che ... gli eventi traumatici che hanno interessato lo stesso distretto osseo (arto superiore sinistro) sono quindi tre. Fortunatamente, la giovane età e l'assenza di patologie ossee preesistenti, hanno contribuito alla guarigione di gran parte delle lesioni riportate in seguito alle fratture e gli esiti permanenti riscontrati, sono di lieve/moderata entità (micropermanenti). Sicuramente i due successivi traumi hanno inciso negativamente sulla funzionalità dell'arto sinistro della (...). Ma il primo trauma, quello per cui è in causa, risulta comunque essere stato di una incidenza lesiva maggiore degli altri due e l'unico interessante anche l'omero. Pertanto è verosimile affermare che gli esiti permanenti riscontrati e valutati nella misura del 7%, sono di fatto quelli che la (...) avrebbe avuto in assenza dei successivi traumi. Da qui, pertanto, la superfluità di qualsivoglia altra acquisizione e/o accertamento istruttorio sul punto (come, invece, richiesto anche in sede di scritti conclusionali da parte convenuta e terza chiamata in causa). Con riferimento all'integrità psicofisica è stato, dunque, riconosciuto un danno permanente pari al 7% di guisa che è dovuto il risarcimento del c.d. danno biologico, inteso quale menomazione dell'integrità psico-fisica della persona in sé e per sé considerata, riconducibile di conseguenza a tutte le funzioni naturali afferenti al soggetto danneggiato ed aventi rilevanza non solo economica, ma anche biologica e relazionale; tale danno è necessariamente sussistente, quale evento immanente al fatto illecito produttivo di una lesione dell'integrità biopsichica del danneggiato (Cass. civ. 3563/96), ed è comprensivo di altre figure di danno, quali il danno da riduzione della capacità lavorativa generica, il danno alla sfera sessuale, il danno estetico e, soprattutto, il danno alla vita di relazione (Cass. civ. 15859/00, 8599/01, 3266/03, 3868/04); va riconosciuto come danno alla salute sulla base dell'art. 32 Cost., in conformità a quanto statuito dalla sentenza 184/86 della Corte Costituzionale, la cui risarcibilità consegue al disposto dell'art. 2059 c.c. secondo le recenti pronunce 8827/03 e 8828/03 della Cassazione e 233/03 della Corte Costituzionale, per le quali nel concetto di danno non patrimoniale rientra non solo il danno morale (come in base alla precedente interpretazione giurisprudenziale), ma anche tutti i danni derivanti dalla lesione di diritti di rango costituzionale inerenti alla persona - danni in tal modo non più ricondotti al c.d. "tertium genus" rispetto al sistema bipolare del danno patrimoniale e del danno non patrimoniale ex art. 2059 c.c. In definitiva, in considerazione di tutte le circostanze della vicenda concreta (entità dei postumi, natura delle lesioni, durata dell'inabilità, età, condizioni personali e sociali del soggetto leso), il risarcimento del danno subito dall'istante può essere, sulla base della Tabella elaborata dal Tribunale di Milano, utilizzabile come indice di riferimento nella valutazione equitativa del danno, partitamente individuato nella seguente misura, espressa in termini monetari già rivalutati all'attualità: Tabella di riferimento 2022-2023 Età del danneggiato alla data del sinistro 9 anni Percentuale di invalidità permanente 7% Punto base danno permanente Euro 870,97 Giorni di invalidità temporanea totale 35 Giorni di invalidità temporanea parziale al 75% 30 Giorni di invalidità temporanea parziale al 50% 20 Giorni di invalidità temporanea parziale al 25% 100 Indennità giornaliera Euro 50,79 CALCOLO del RISARCIMENTO: Danno biologico permanente Euro 11.583,90 Invalidità temporanea totale Euro 1.777,65 Invalidità temporanea parziale al 75% Euro 1.142,78 Invalidità temporanea parziale al 50% Euro 507,90 Invalidità temporanea parziale al 25% Euro 1.269,75 Totale danno biologico temporaneo Euro 4.698,08 TOTALE GENERALE: Euro 16.281,98 Si ritiene che, nella specie, non sussistano i presupposti per procedere ad una personalizzazione del danno, mediante l'aumento in termini percentuali della somma riconosciuta a titolo di danno biologico. Sul punto, giova osservare che, nella sentenza a sezioni unite numero 26972/2008, la Corte di Cassazione ha affermato che il danno non patrimoniale è risarcibile nei soli casi previsti dalla legge, i quali si dividono in due gruppi: le ipotesi in cui la risarcibilità è prevista in modo espresso (fatto illecito integrante reato) e quello in cui la risarcibilità, pur non essendo prevista da norma di legge ad hoc, deve ammettersi sulla base di una interpretazione costituzionalmente orientata dell'art. 2059 c.c., per avere il fatto illecito vulnerato in modo grave un diritto della persona direttamente tutelato dalla legge. Inoltre, per quanto attiene alla prova del danno, le SS.UU. hanno ammesso che essa possa fornirsi anche per presunzioni semplici, fermo restando però l'onere del danneggiato di allegare gli elementi di fatto da cui desumere l'esistenza e l'entità del pregiudizio (cfr. Cass. sez. un. 26972/2008 e da ultimo sez. un. n. 3677/09). Nella specie la domanda non può, sul punto, trovare accoglimento, in quanto il fatto lesivo non integra neanche astrattamente gli estremi di un reato ed, inoltre, l'allegazione operata dagli attori si rivela generica, essendosi la parte limitata a domandare il risarcimento di tutti i danni subiti in conseguenza dell'evento lesivo, tenuto conto della particolare gravità delle lesioni riportate dalla minore e dei postumi alla medesima derivati dagli eventi traumatici di causa .... Inoltre, l'entità dei postumi residuati alla minore induce ad escludere che quest'ultima abbia potuto patire un pregiudizio ulteriore rispetto a quello rappresentato dalla compromissione della sua integrità fisica. Pertanto, sommando gli importi innanzi indicati, il pregiudizio sofferto da (...) ammonta ad Euro 16.281,98, oltre a spese mediche per Euro 1.608,00, per un totale pari ad Euro 17.889,98, cui va condannata l'Istituto convenuto, l'(...). All'importo sopra indicato di Euro 16.281,98 deve, poi, aggiungersi il lucro cessante, consistente nel pregiudizio subito dal danneggiato per la ritardata corresponsione di quanto ad esso dovuto a titolo risarcitorio. Il danno così liquidato, già valutato all'attualità senza necessità di ulteriore rivalutazione, appare idoneo a ristorare unicamente il pregiudizio subito dall'attrice con riferimento al cd. danno emergente, cioè alla concreta lesione subita per effetto dell'atto illecito del responsabile dell'incidente. Nella liquidazione del danno cagionato da illecito aquiliano, inoltre, in caso di ritardo nell'adempimento, deve, altresì, tenersi conto del nocumento finanziario (lucro cessante) subito dal soggetto danneggiato a causa della mancata tempestiva disponibilità della somma di denaro dovuta a titolo di risarcimento, la quale, se tempestivamente corrisposta, avrebbe potuto essere investita per ricavarne un lucro finanziario (si ricordi, infatti, che, come previsto dall'art. 1219 c.c. annovera le obbligazioni da fatto illecito tra quei particolari tipi di obbligazioni in cui la mora è in re); tale danno, invero, ben può essere liquidato con la tecnica degli interessi, con la precisazione, tuttavia, che detti interessi non debbono essere calcolati né sulla somma originaria, né su quella rivalutata al momento della liquidazione, dovendo gli stessi computarsi, piuttosto, o sulla somma originaria progressivamente rivalutata, anno per anno, ovvero in base ad un indice di rivalutazione medio (cfr., in tal senso, ed ex multis, Cass. SS. UU., 17 febbraio 1995, n. 1712, nonché Cass. 10 marzo 2000, n. 2796). Orbene, per ottenere l'effetto pratico del riconoscimento degli interessi calcolati sulla somma rivalutata in base ad un indice di rivalutazione medio, il Tribunale reputa opportuno condannare il convenuto al pagamento, ed in favore della parte attrice, degli interessi, al tasso legale previsto dall'art. 1284 c.c., dalla data dell'evento dannoso (30.07.2013), sull'importo di Euro 16.281,98 e, quindi, anno per anno, ed a partire dal 30.07.2013, fino al momento della pubblicazione della presente decisione, sulla somma di volta in volta risultante dalla rivalutazione sulla base degli indici ISTAT (FOI) di quella sopra appena indicata, sempre in base all'indice ISTAT con divieto di anatocismo. Dal momento della pubblicazione della presente sentenza e fino all'effettivo soddisfo, infine, dovranno essere corrisposti, sulla somma totale sopra liquidata a titolo risarcitorio, gli ulteriori interessi al tasso legale suddetto, ai sensi dell'art. 1282 c.c., posto che, al momento della pubblicazione della sentenza, l'obbligazione risarcitoria, che ha natura di debito di valore, si trasforma in debito di valuta, con conseguente applicabilità degli istituti tipici delle obbligazioni pecuniarie in senso stretto, sulla somma globale composta da capitale, rivalutazione e coacervo degli interessi maturati fino alla pubblicazione della sentenza (cfr., in tal senso, Cass. 3 dicembre 1999, n. 13470; Cass. 21 aprile 1998, n. 4030). Dal momento della presente sentenza e sino all'effettivo soddisfo, infine, con la trasformazione dell'obbligazione di valore in debito di valuta, dovranno essere corrisposti, sulla somma totale liquidata all'attualità con la rivalutazione a titolo di danno emergente, gli ulteriori interessi al tasso legale, ex art. 1282 c.c. (cfr., in tal senso, Cass., 3 dicembre 1999 n. 13470; Cass., 21 aprile 1998 n. 4030 ). Sulla somma di Euro 1.608,00 riconosciuta agli attori a titolo di rimborso di spese mediche vanno poi aggiunti gli interessi al tasso legale, ex art. 1282 c.c. dal momento della presente sentenza e sino all'effettivo soddisfo. Ciò detto, occorre, poi, soffermarsi sulla domanda di manleva spiegata dall'Istituto convenuto nei confronti della (...) S.p.A., chiamata in causa a seguito di apposita istanza ex art. 269 c.p.c., stante la sussistenza della polizza assicurativa. La domanda è fondata. Invero, l'ente scolastico convenuto ha prodotto copia della polizza assicurativa n. (...), in corso di validità al momento del verificarsi dell'infortunio occorso alla minore (...). Pertanto, in accoglimento della domanda proposta da parte convenuta, la (...) S.p.A. va condannata a tenere indenne l'Istituto si quanto quest'ultimo sia tenuto a pagare, in favore degli odierni attori, a titolo di capitale, interessi e spese processuali, in forza della presente sentenza. In ordine alla disciplina delle spese processuali, esse seguono la soccombenza, tanto nel rapporto tra attori e convenuto principale, quanto in quello tra quest'ultimo e terza chiamata in causa. Infatti, è evidente che, qualora (...) avesse provveduto a liquidare il danno direttamente in favore degli odierni attori, come ad essa richiesta dall'Istituto scolastico prima dell'instaurazione del giudizio, il presente giudizio non sarebbe stato instaurato. La liquidazione viene operata come in dispositivo, in considerazione della somma liquidata in favore della parte attrice. Sempre a norma dell'art. 91 c.p.c., le spese di CTU, come liquidate in corso di causa, vanno poste a definitivo carico dell'Istituto di Suore convenuto. P.Q.M. Il Tribunale di (...), nella persona della. dott.ssa Santa Spina, definitivamente pronunciando nella causa civile iscritta al numero 4413 r.g. dell'anno 2015, ogni contraria istanza e deduzione disattesa, così provvede: - DICHIARA l'esclusiva responsabilità dell'(...) in persona del legale rappresentante pro tempore per i danni sofferti da Da: (...) (...) e, per l'effetto, in accoglimento della domanda, condanna il suddetto istituto, al pagamento, in favore della parte attrice, della somma di Euro 16.281,98, oltre agli interessi come meglio indicati in parte motiva nonché al pagamento della somma ulteriore di Euro 1,608,00 a titolo di rimborso di spese mediche oltre interessi legali dalla data della presente pronuncia al soddisfo; - in accoglimento della domanda di manleva dispiegata dal convenuto istituto, CONDANNA (...) S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, a tenere indenne l'(...), in persona del legale rappresentante pro tempore, delle somme che quest'ultimo sia tenuto a versare, in favore della parte attrice, a titolo di capitale, interessi e spese processuali, in forza della presente sentenza; - CONDANNA l'(...), in persona del legale rappresentante pro tempore, al pagamento delle spese di lite in favore della parte attrice, che liquida in Euro 5.077,00 per compenso professionale, oltre a tutte le spese generali (15% sul compenso totale), oltre Iva e CPA come per legge; - CONDANNA (...) S.p.A, in persona del legale rappresentante pro tempore, al pagamento, in favore dell'(...) delle spese processuali, che liquida in Euro 5.077,00 per compenso professionale, oltre a tutte le spese generali (15% sul compenso totale), oltre Iva e CPA come per legge; - PONE DEFINITIVAMENTE A CARICO dell'(...) le spese della CTU liquidate come da separato decreto del 10.07.2019 e a verbale d'udienza dell'11.10.2018 Così deciso in Pisa il 26 aprile 2023. Depositata in Cancelleria il 27 aprile 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI PISA Il Tribunale, nella persona del Giudice onorario dott. Corinna Beconi ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 1157/2021 promossa da: (...) snc p.i. (...), attore opponente, con avv. Mi.Sa. Contro (...) srl c.f. (...), convenuta opposta, con avv. Al.De. CONCISA ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE La (...) srls (deinde (...)) ricorreva in monitorio chiedendo ingiungersi alla (...) snc il pagamento di Euro 10.207,34 oltre interessi e spese della procedura; allegava: che la somma era il residuo avere delle fatture n. (...) e n. (...) e che il pagamento era stato richiesto senza esito. La (...) snc (deinde (...)) proponeva opposizione al decreto ingiuntivo n. 139/2021 ed eccepiva: che in riferimento a una commessa di (...) relativa a fornitura e montaggio di cielini esterni si rivolgeva alla (...) per la verniciatura; che il 22.08.2019 riceveva mail di contestazione dall'ufficio qualità di (...) per l'emersione di molteplici marcature su parte dei cielini del Sun Deck e dell'Upper Deck causate probabilmente da errata applicazione dello stucco prima della verniciatura; che la contestazione veniva inoltrata a (...) che provvedeva a riverniciare i cielini con intervento non risolutivo e (...) bloccava i pagamenti, del che veniva avvisata la (...); che (...) chiedeva comunque il pagamento delle ri.ba insolute; che il 16.12.2019 (...) inviava i rapporti di prova sui pannelli dai quali risultavano i difetti della verniciatura; che quindi l'armatore contestava i vizio a (...) e questa alla (...), allegando di aver sostenuto l'ulteriore costo di Euro 12.500,00 per il ripristino direttamente tramite (...); che (...) addebitava tale costo alla (...) compensandolo con altro credito della società; che quindi (...) non aveva titolo per richiedere le somme azionate in monitorio, perché relative a lavorazioni che avevano presentato difetti e doveva tenere indenne l'opponente del danno. Si costituiva la (...) srls e precisava in fatto: che l'attività svolta è stata solo quella di verniciatura dei cielini grezzi consegnati dalla (...) secondo le indicazioni da questa impartite; che nessuna contestazione è stata avanzata al momento del riconsegna dei pezzi verniciati (12.04.2019); che la prima contestazione da parte di (...) è arrivata il 22.08.2019; che al momento del montaggio sono state utilizzate viti troppo lunghe che hanno danneggiato i pezzi creando avvallamenti per il tiraggio dei fit lock, montaggio eseguito dalla (...); che (...) riportava direttamente alla (...) parte dei cielini per eseguire una nuova verniciatura; che la seconda verniciatura eseguita dalla (...) non era un riconoscimento del vizio ma un incarico della (...) per un importo totale di Euro 13.100,00 oltre iva esposto nelle fatture ingiunte con descrizione "interventi di verniciatura realizzati in riferimento alla riparazione dei soffitti" e "lavori di verniciatura effettuati in riferimento ai soffitti modificati". All'esito del deposito delle memorie ex art. 183 c.p.c. la causa veniva istruita con documenti e prove orali. La causa ha ad oggetto la contestazione di una specifica lavorazione appaltata dalla società attrice opponente alla (...), in esecuzione di una commessa ricevuta da una primaria società operante nella cantieristica da diporto, la (...), terza rispetto alla lite. Conviene riassumere brevemente l'oggetto della lavorazione e il relativo procedimento come riferito dai testi (...), dipendente di (...) in qualità di coordinatore di bordo, e (...), responsabile di bordo per conto di (...) ("seguo i montaggi della barca"): i "cielini" sono in sostanza dei pannelli di legno compensato che devono formare il soffitto dei vani o dei ponti coperti dello yacht; tagliati a misura e ancora grezzi vengono in un primo momento messi in opera per prova, onde verificare il corretto allineamento, fissandoli a una intelaiatura già montata sul soffitto (imbonaggio) tramite viti passanti (cd mordente, cioè vite per legno); passata questa verifica, le viti vengono rimosse e i cielini smontati vengono mandati alla laccatura che dovrà occuparsi di stuccare i fori lasciati dalle viti utilizzate per la prova e verniciare il pannello; la fase successiva è il rimontaggio dei cielini in opera che avviene fissandoli alla struttura tramite i cd fit lock, cioè con un incastro maschio-femmina le cui parti sono fissate una alla struttura e l'altra sull'interno del cielino con quattro viti calibrate, in modo che la parte a vista del pannello, laccata, si presenti uniforme. Questa procedura è stata seguita anche per i cielini per cui è causa. La lavorazione appaltata alla (...) era quella relativa alla laccatura, cioè stuccatura e verniciatura dei cielini. Non è in contestazione tra le parti l'esistenza del contratto di appalto; i cielini sono stati consegnati in più volte dalla (...) alla (...) da febbraio a maggio 2019, in particolare il soffitto Sun Deck è stato mandato a febbraio e restituito dalla (...) ad aprile (cfr. documenti di trasporto), dopodiché c'è stata una seconda (parziale) consegna, teste (...) "La prima fornitura da (...) i cielini erano grezzi, erano nuovi ma presentavano dei fori di premontaggio sulla superficie". La denuncia dei vizi non è avvenuta alla consegna ma dopo circa quattro mesi con mail inoltrata il 23.08.2019 dalla (...) alla (...) dopo averla ricevuta da (...) (cfr. doc. 1, 2 attrice); sul punto il teste (...) ha dichiarato: "Non ricordo di preciso ma è passato un po' di tempo da quando sono finiti i lavori a quando sono stati contestati i vizi; preciso che c'è una società che rappresenta l'armatore che periodicamente viene a fare verifiche e se del caso report di contestazione"; ADR "Preciso che non erano difetti immediatamente visibili perché i pannelli erano molto grandi e verniciati a specchio, quindi dipendeva anche da come incideva la luce, inoltre il difetto è emerso dopo, cioè le avvallature non sono state immediatamente visibili, non avrei montato i pannelli"; quindi si trattava di vizio occulto nel senso che non si è subito manifestato. Il difetto è stato verificato nel contraddittorio delle parti nel corso di un incontro a bordo (teste L.: cap.20) "Confermo che ci fu un incontro a bordo ed erano presenti i soggetti elencati in capitolo") all'esito del quale era risultato che gli avvallamenti erano in corrispondenza dei fori delle viti di fissaggio per la fase di prova; sul punto, il teste L.: "dopo quanto è successo, abbiamo verificato con dei test tagliando una porzione del cielino e mandandolo al laboratorio esterno che fa una specie di radiografia dalla quale si vedono tutti gli strati delle lavorazioni, cioè foratura stucco e verniciatura, io personalmente ho verificato dalle radiografie provenienti dal laboratorio che lo stucco aveva ceduto sul foro della vite del fissaggio provvisorio che era svasato quindi non poteva essere del fitlock che presenta una base di plastica che viene fissata alla faccia non vista del pannello con 4 viti calibrate"; il teste (...) "? per quanto ho visto sui cielini presi a campione; preciso che quelli smontati presentavano questo difetto; il difetto che abbiamo visto di una stuccatura non eseguita a regola d'arte su delle forature, cioè si vedeva un ritiro dello stucco che non manteneva il piano, non era in corrispondenza con i fori di fissaggio presenti sulla parte interna cioè non a vista come sostenuto da (...)" e il teste arch. (...), progettista e DL per (...) "Confermo che è successo ciò e che i ragazzi hanno smontato il pannello per verificare l'effettivo danno che non era dipeso dai fit lock ma dalle viti di fissaggio del pannello alla struttura di imbonaggio prima della calettatura" ADR "VC c'era un avvallamento in corrispondenza di un foro non stuccato perfettamente" "Vero, si vedeva a occhio che i cielini presentavano avvallature nel punto in cui erano presenti le stuccature delle viti". (...) il 12.09.2019 ordinava la riverniciatura direttamente a (...), faceva inoltre eseguire le analisi dei difetti dal laboratorio Pont Lab che a dicembre 2019 rilasciava il report (in atti) "per entrambi i campioni in corrispondenza del difetto, sotto la vernice, è presente un foro comunicante con l'esterno che verosimilmente alloggiava una vite, chiuso in parte con un riempitivo (stucco)". Ciò posto, le fatture azionate in monitorio sono la n. 250 del 28.06.2019 e la n. 270 del 31.07.2019 con oggetto "interventi di verniciatura realizzati per Vs. conto in riferimento alla riparazione dei soffitti" e "lavori di verniciatura effettuati per Vs. conto in riferimento ai soffitti modificati". Per quanto qui interessa, la descrizione delle lavorazioni contenuta nelle fatture è coerente sia con la mail del controllo qualità di (...) sui cielini del Sun Deck del 17.07.19 ("montaggio non conforme (presenza di gapdifferenti e leggeri disallineamenti tra i cielini") (cfr. doc. 1-2 attore), sia con i risultati del test del laboratorio avanti citato "... Si osservi come in corrispondenza del difetto il profilo del pannello sia in rilievo rispetto alla superficie circostante ... e come siano presenti cricche e vuoti alle interfacce. Lo strato interno della vernice, "A", risulta interrotto in corrispondenza del foro, come se il prigioniero vite fosse stato avvitato sul pannello di compensato già verniciato con questo primo prodotto. Una volta rimossa la vite e chiuso il foro, il riempitivo è stato spianato, infatti il suo profilo risulta al di sotto dello strato "A" ma non più ricoperto da quest'ultimo, poiché probabilmente è stato poi applicato direttamente sullo stucco lo strato intermedio di vernice, "B", e lo strato esterno "C". Conclusioni. Il difetto appare come un lieve rilievo rispetto alla superficie circostante. Si ritiene che a causa della mancanza dello strato interno di vernice ("A") sul riempitivo utilizzato per chiudere un foro, gli strati intermedio ("B") ed esterno ("C") di vernice abbiano localmente ceduto verso l'esterno a causa delle pressioni interne generate da probabili residui di umidità e/o contaminanti"; sia, infine, con le dichiarazioni rese dai testi indotti dalla convenuta opposta che hanno riferito di due verniciature eseguite per conto della (...). Quale, quindi, di queste due verniciature sia quella che ha generato i difetti che sono poi stati contestati in definitiva è irrilevante, ciò che conta è che la verniciatura presentava difetti consistenti nella errata/incompleta applicazione dello stucco di chiusura dei fori del premontaggio senza essere ricoperto dal primo strato di vernice, fatto che ha causato in un primo momento l'avvallamento in corrispondenza delle stuccature dei fori riferito dai testi e poi, cedendo lo stucco, il rilievo osservato dal laboratorio. Il vizio è stato tempestivamente denunciato al momento della sua scoperta, i testi hanno riferito dell'incontro a bordo tra tutti i soggetti interessati nel corso del quale si provvide a smontare alcuni cielini e verificare il difetto, prima che venisse acquisita piena conoscenza delle cause dei difetti e della loro dipendenza dall'esecuzione dell'appalto, raggiunta solo a dicembre con il report del laboratorio di analisi. La somma richiesta con il decreto ingiuntivo opposto, quindi, non è dovuta e il decreto n. 139/2021 deve essere revocato con conseguente obbligo dell'opposta di restituire quanto ottenuto in esito alla provvisoria esecutività del decreto opposto. Il committente convenuto per il pagamento può sempre far valere la garanzia purché le difformità o i vizi siano stati denunziati entro sessanta giorni dalla scoperta e prima che siano decorsi i due anni dalla consegna (cfr. art. 1667, comma 3, c.c.); contenuto della garanzia, in disparte l'ipotesi qui non ricorrente della risoluzione del contratto per il caso di vizi tali da rendere inadatta l'opera alla sua destinazione, sono (i) l'eliminazione dei vizi a spese dell'appaltatore oppure (ii) la riduzione proporzionale del prezzo, salvo il risarcimento del danno nel caso di colpa dell'appaltatore. Nel caso di specie il cliente finale (...), committente di (...), procedeva direttamente a far eliminare i difetti da un terzo (P., già subappaltatore di (...)) addossando la spesa all'appaltatore (F.); quindi il rimedio esperibile da parte dell'appaltatore-committente nei confronti del subappaltatore è solo il risarcimento del danno pari al costo necessario per procedere alla verniciatura dei cielini che presentavano difetti, cioè pari all'equivalente pecuniario della rimessione in pristino. "In tema di appalto il risarcimento del danno in caso di vizi dell'opera appaltata, rimedio alternativo ed autonomo rispetto alle tutele (riduzione del prezzo e risoluzione) approntate a favore del committente dall'art. 1668 c.c., e normalmente consistente nel ristoro delle spese sopportate dall'appaltante per provvedere, a cura di terzi, ai lavori ripristinatori, deve essere raccordato con la particolare natura dell'opus commissionato; ne consegue che, se l'oggetto dell'appalto sia costituito dalla realizzazione di una res, gli interventi emendativi si rapportano all'opera come sarebbe dovuta risultare, ove realizzata a regola d'arte" (Cass. 4161/2015). Di fatto, il costo necessario (Euro 12.500,00) a ripristinare l'opera a regola d'arte è stato sostenuto dalla (...) in seguito al riaddebito operato da (...) - che aveva ordinato la nuova verniciatura - con compensazione di un controcredito; la circostanza è provata per tabulas dai documenti in atti. Trattandosi di responsabilità contrattuale, la colpa dell'appaltatore si presume ex art. 1218 c.c., né parte convenuta opposta ha fornito la prova della non imputabilità del danno, limitandosi a negarlo. Le spese processuali seguono la soccombenza e devono essere liquidate come da dispositivo, in base al valore della causa, natura della controversia e attività processuale effettivamente svolta. P.Q.M. Il Tribunale di Pisa, definitivamente pronunciando sulla domanda proposta da (...) snc contro (...) srl, ogni diversa istanza, eccezione e difesa disattesa e respinta, così provvede: 1) in accoglimento della domanda attrice revoca il decreto ingiuntivo opposto n. 139/2021 e condanna parte convenuta opposta a restituire quanto ricevuto in esito alla provvisoria esecutività del decreto ingiuntivo opposto; 2) condanna parte convenuta opposta a pagare alla attrice opponente per risarcimento del danno Euro 12.500,00, oltre interessi dalla domanda; 3) condanna parte convenuta opposta a pagare le spese di lite che liquida in Euro 5.077,00, oltre a Euro 171,50 per spese escluse, oltre 15% per rimborso forfettario, I.V.A. e C.P.A. se dovuti come per legge. Così deciso in Pisa il 26 aprile 2023. Depositata in Cancelleria il 26 aprile 2023.

  • Repubblica Italiana In nome del Popolo Italiano Tribunale di Pisa Il Tribunale, nella persona del Giudice onorario dott. Corinna Beconi ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 222/2017 promossa da: (...) c.f. (...), attrice, con avv.ti (...) contro (...) spa, già (...) spa, p.i. (...), convenuta, con avv. (...) la causa veniva posta in decisione sulle conclusioni precisate come da verbale di udienza del 27/01/2023. Concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione (...) conveniva in giudizio (...) chiedendone la condanna al risarcimento dei danni, patrimoniali e non patrimoniali, conseguenti al procedimento penale subito a seguito di denuncia sporta dalla convenuta ritenuta pertanto responsabile di calunnia; allegava: che il 24.07.2012 tamponava l'auto di proprietà e condotta da (...), causando un lieve danno nella zona della bauliera in basso; che le parti si recavano presso la carrozzeria (...) accordandosi per una riparazione in via diretta, stante il limitato importo dei danni stimati dal carrozziere (Euro 350,00); che il giorno successivo (...) comunicava di aver cambiato idea, chiedeva di sottoscrivere il CID e comunicava che sarebbe andata al Pronto Soccorso; che (...) quindi sottoscriveva il CID; che a settembre 2012 veniva contattata da un investigatore fiduciario della compagnia assicurativa che le mostrava documentazione dalla quale risultava che (...) aveva denunciato all'assicurazione un danno diverso da quello verificatosi e la fattura di una diversa carrozzeria per un importo superiore a quello all'epoca preventivato, la informava inoltre che (...) aveva sottoscritto un documento nel quale dichiarava che il sinistro non era mai avvenuto; quindi (...) rilasciava una dichiarazione sottoscritta nella quale chiedeva l'archiviazione della pratica in quanto (...) non riteneva opportuno proseguirla; che nel novembre 2012 la (...) spa sporgeva querela nei confronti di (...) in concorso con (...) per i reati di falso in atto pubblico e tentata truffa; che nel procedimento penale seguito alla querela (n. 107/2013 rgnr) l'attrice è stata assolta (2015) perché il fatto non sussiste quanto al reato di falso in atto pubblico e per non aver commesso il fatto quanto alla tentata truffa; che il processo ha comportato una spesa per i compensi del difensore di Euro 2.732,58 e ha provocato un forte stress a (...) che ha cambiato abitudini di vita, ha lasciato il lavoro e ha seguito una terapia psicologica dal 2014 al 2016 (Euro 844,00); che la (...) ha calunniato con dolo (...), causandole un danno alla reputazione e di immagine; quindi precisava le seguenti conclusioni: "in via istruttoria: ammettere la CTU medico legale per stabilire il danno biologico subito dalla Sig.ra (...), a seguito dei fatti per cui è causa; ordinarsi a parte convenuta la produzione e/o esibizione della relazione completa del perito dell'assicurazione e delle relazioni complete dello studio (...); nel merito: ogni contraria istanza, eccezione, deduzione disattesa, accertata e dichiarata la responsabilità di parte convenuta nella calunnia e conseguenti danni tutti subiti da parte attrice per il procedimento penale a suo carico, condannare parte convenuta al risarcimento in favore della Sig.ra (...) nell'importo di Euro. 30.000,00 o nella maggiore o minore somma che sarà ritenuta di giustizia, a titolo di danno morale soggettivo o, comunque, di danno non patrimoniale sofferto quale diretta conseguenza della subita lesione alla reputazione, all'onore e al decoro; condannare parte convenuta alla refusione delle spese sostenute dalla Sig.ra (...) a causa del procedimento penale subito ammontanti ad Euro. 3.576,58. Il tutto con la rivalutazione monetaria e gli interessi legali dal fatto al saldo effettivo. In ogni caso con vittoria di spese, funzioni ed onorari di causa e sentenza provvisoriamente esecutiva ex lege". Si costituiva (...) spa ed eccepiva: l'improcedibiità della domanda per il mancato avvio della procedura di negoziazione assistita obbligatoria per le domande di pagamento a qualsiasi titolo di somme non eccedenti Euro 50.000,00; che la querela, all'esito di un fitto scambio epistolare intercorso tra le parti, richieste di integrazioni documentali, accertamenti peritali sui mezzi e accertamenti investigativi, è stata depositata contro ignoti sulla scorta della accertata incompatibilità dei punti d'urto e delle spontanee dichiarazioni rese sia dall'assicurata, che ha negato il verificarsi del sinistro, sia dalla responsabile civile che ha revocato la denuncia di sinistro; che il reato di calunnia è inesistente, essendo necessario per il suo configurarsi la consapevolezza dell'innocenza dell'incolpato, mentre non sussiste nei casi di dubbio o di errore ragionevole, oltre a osservare che l'intervento del PM interrompe il nesso di causalità tra denuncia, nel caso di specie contro ignoti, e processo penale; che la sentenza penale del primo grado era stata appellata; contestava inoltre la quantificazione degli asseriti danni, indicati solo genericamente e non provati; precisava le seguenti conclusioni: "in via principale e nel merito: previe tutte le declaratorie del caso, ivi compresa quella relativa all'esito negativo della negoziazione assistita, rigettare le domande svolte da parte Attrice perché infondate in fatto e in diritto per i motivi tutti esposti in atti. in via istruttoria, previa occorrendo e senza inversione d'onere, si insiste per l'ammissione di prove per interrogatorio formale della Signora (...) e prova per testi sulle circostanze articolate in atti che qui di seguito si ritrascrivono. (seguono capitoli di prova da 1 a 14) Con vittoria delle competenze e delle spese di lite da liquidarsi secondo i parametri del DM 147/2022". All'esito del deposito delle memorie ex art. 183 cpc la causa veniva istruita con documenti e prove orali che hanno in sostanza confermato i documenti in atti. Preliminarmente va rilevato che parte attrice in sede di memoria conclusionale ha modificato le conclusioni rassegnate chiedendo in via subordinata la condanna al risarcimento del danno per fatto illecito ex art. 2043 cc. In disparte il fatto che non è consentito modificare in sede di memoria conclusionale le conclusioni già precisate, sia perché il termine previsto a pena di decadenza per la modifica delle conclusioni è quello del primo termine ex art. 183, comma 6, cpc, sia perché conclusioni difformi contenute negli atti difensivi a conclusione del processo sono di fatto sottratte al contraddittorio, ma "la denuncia di un reato perseguibile d'ufficio non è fonte di responsabilità per danni a carico del denunciante, ai sensi dell'art. 2043 cod. civ., anche in caso di proscioglimento o di assoluzione del denunciato, se non quando essa possa considerarsi calunniosa. Al di fuori di tale ipotesi, infatti, l'attività pubblicistica dell'organo titolare dell'azione penale si sovrappone all'iniziativa del denunciante, togliendole ogni efficacia causale e così interrompendo ogni nesso causale tra tale iniziativa ed il danno eventualmente subito dal denunciato. Ne consegue che spetta all'attore, che in sede civile chieda il risarcimento dei danni assumendo che la denuncia era calunniosa, dimostrare che la controparte aveva consapevolezza dell'innocenza del denunciato" (Cass. 10033/2004). E' necessario che la denuncia o la querela possano considerarsi calunniose ovvero che esse contengano sia l'elemento oggettivo che l'elemento soggettivo del reato di calunnia: ovvero, che contengano tutti gli elementi per rendere astrattamente attribuibile la commissione di un fatto reato a carico del denunciato, unitamente alla consapevolezza della loro non veridicità (in tutto o in parte) in capo al denunciante, poiché, al di fuori di tale ipotesi, l'attività pubblicistica dell'organo titolare dell'azione penale si sovrappone all'iniziativa del denunciante, interrompendo così ogni nesso causale tra tale iniziativa ed il danno eventualmente subito dal denunciato. Ai fini risarcitori, quindi, occorre che il danneggiato fornisca la prova (art. 2697 co. 1 cc) del dolo del soggetto denunciante querelante, cioè che questi abbia mosso le accuse con la consapevolezza della altrui innocenza. Questa prova, nel caso di specie, non è stata fornita, anzi dalla ricostruzione cronologica dei fatti antecedenti al deposito della querela da parte di (...) - e quindi valutate le informazioni di cui la compagnia poteva disporre - emerge una mancanza di chiarezza da parte di (...) nelle risposte fornite all'investigatore fiduciato da (...), pur dopo essere stata informata che i danni denunciati come causati dal tamponamento non erano compatibili con l'altezza dei veicoli: il CID sottoscritto da (...) e (...), ricevuto dalla (...) Ass.ni il 29.07.2012, riferiva che "A tamponava B che la precedeva:"; l'ing. (...), fiduciario (...), esaminati i veicoli scriveva nella propria relazione del 22.08.2012 "Il veicolo di controparte ((...)) sembra effettivamente aver tamponato un altro veicolo tuttavia alcuni danni rilevati sul veicolo assicurato in particolare quelli al portellone posteriore che l'assicurata stessa ci ha confermato esser conseguenti al sinistro de quo non trovano a nostro avviso rispondenza con le altezze rilevate sul veicolo di controparte"; il 27.08.2012 (...), contattata dall'investigatore incaricato da (...), sottoscriveva il modulo di ritiro della denuncia di sinistro con la seguente dichiarazione "il sinistro in oggetto non si è mai verificato"; il 18.09.2012 (...), dopo il colloquio con l'investigatore incaricato da (...) e avvisata che (...) aveva ammesso che l'evento non si era verificato, sottoscriveva il modulo di ritiro della denuncia di sinistro con la seguente dichiarazione "chiedo l'archiviazione della pratica in oggetto in quanto la sig.ra (...) non ritiene opportuno proseguire la pratica assicurativa", nella relazione l'incaricato riferisce che non è stato possibile ottenere dalle parti dichiarazioni più dettagliate circa eventuali responsabilità di terzi nella falsa denuncia assicurativa; l'8.11.2012 il procuratore speciale di (...) depositava atto di denuncia/querela relativa al sinistro avvenuto tra le autovetture di (...) e (...) nei confronti "dei responsabili dei reati che si possono ravvisare nei fatti esposti"; nell'atto di denuncia/querela sono riassunti i fatti fin qui esposti, in particolare che venivano disposte le perizie su entrambi i veicoli e che il perito evidenziava l'incompatibilità dei punti d'urto, che in esito agli accertamenti investigativi (...), asseritamente responsabile del sinistro, chiedeva il ritiro della denuncia e (...), asseritamente danneggiata, chiedeva il ritiro della denuncia in quanto "il sinistro non è mai avvenuto". A tale data non può dirsi che (...) avesse la consapevolezza dell'estraneità di (...) al fatto e che la denuncia, peraltro contro ignoti, avesse carattere calunnioso nei confronti dell'attrice, cioè presentasse la consapevolezza della falsità e infondatezza delle accuse a lei (non) rivolte. La prima spiegazione di quanto effettivamente avvenuto, (...) la rilasciava in sede di interrogatorio delegato ai carabinieri della Stazione di Santa Maria a Monte come persona sottoposta alle indagini il 25.01.2013. Conclusivamente la domanda attrice è infondata e va respinta. Le spese processuali seguono la soccombenza e devono essere liquidate come da dispositivo, in base al valore della causa, natura della controversia e attività processuale effettivamente svolta. P.Q.M. Il Tribunale di Pisa, definitivamente pronunciando sulla domanda proposta da (...) contro (...) spa, già (...) spa, ogni diversa istanza, eccezione e difesa disattesa e respinta, così provvede: 1) respinge la domanda attrice; 2) condanna (...) a pagare alla parte convenuta le spese processuali che liquida in Euro 7.600,00, oltre 15% per rimborso forfettario, I.V.A. e C.P.A. se dovute come per legge. Pisa, 17 aprile 2023 Depositata in Cancelleria il 18 aprile 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI PISA SEZIONE CIVILE Riunito in camera di consiglio e così composto: 1) dott.ssa Eleonora Polidori Presidente 2) dott.ssa Laura Pastacaldi Giudice 3) dott.ssa Teresa Guerrieri Giudice relatore ha pronunciato la seguente SENTENZA Nella causa civile iscritta al n.4457 del RGAC dell'anno 2022 avente ad oggetto: cessazioni degli effetti civili del matrimonio, vertente TRA XXXXX XXXXX (CF: XXXXX), rappresentata e difesa dall'Avv. XXX, presso il cui studio sito in Roma, viale ..., elettivamente domicilia; E XXXXX XXXXX (CF: XXXXX), rappresentato e difeso dall'Avv. XXX XXX, presso il cui studio sito in Santa croce sull'Arno (PI), Largo ..., elettivamente domicilia; RICORRENTI CON L'INTERVENTO DEL P.M. CONCLUSIONI: per entrambi i ricorrenti dichiararsi "la cessazione degli effetti civili del matrimonio", alle condizioni riportate nelle note di trattazione scritta del 14.02.2023. FATTO E DIRITTO 1.Con ricorso depositato in data 16.12.2022, XXXXX XXXXX e XXXXX XXXXX hanno chiesto che fosse pronunciata la cessazione degli effetti civili del matrimonio celebrato in Castelfranco di Sotto (PI) il 20.07.2013. All'udienza del 22.02.2023, celebrata mediante deposito di note scritte, le parti hanno insistito nella domanda di cessazione degli effetti civili del matrimonio. 2. La domanda di cessazione degli effetti civili del matrimonio è fondata. Dalla documentazione prodotta si evince che la separazione consensuale è stata omologata in data 14.09.2021 da questo Tribunale e che lo stato di separazione si è protratto ininterrottamente da oltre 6 mesi a far tempo dalla avvenuta comparizione dei coniugi dinnanzi al Presidente del Tribunale. In siffatta situazione, l'indagine in ordine alla possibilità di ricostituire la comunione materiale e spirituale non può che risolversi negativamente dal momento che la durata della separazione, il rifiuto opposto al tentativo di riconciliazione operato dal Tribunale e la concorde domanda di divorzio, rendono palese che è venuta meno ogni affectio coniugalis. 3. I coniugi, dal cui matrimonio sono nati i figli ... in data 27.12.2015 e ... in data 07.01.2018, hanno chiesto che fosse pronunciata la cessazione degli effetti civili del matrimonio alle condizioni così formulate: "1. I Coniugi saranno liberi di stabilire la propria residenza ove lo riterranno più opportuno. 2. I figli minori XXX e XXXXXXXX verranno affidati congiuntamente ad entrambi i genitori, con collocamento prevalente presso la madre. 3. L'abitazione adibita a residenza familiare, stata conferita - così come stabilito in sede di separazione - dal Sig. XXXXX XXXXX nel TRUST. E XXXXX con BENEFICIARI FINALI nominati i figli XXX e XXX XXXXX. Le regole di detto TRUST sono già state indicate nel ricorso per separazione consensuale congiunta depositato dai coniugi conclusosi col provvedimento di cui in premessa. Il Sig. XXXXX XXXXX si è impegnato a conferire nel TRUST, così come in effetti ha fatto e continuerà a fare, ogni e qualsiasi risorsa necessaria a sostenere tutte le spese digestione e di manutenzione (ordinaria e straordinaria) del bene fino alla sua devoluzione ai BENEFICIARI FINALI. Alla Sig.ra XXXXX XXXXX stato attribuito il diritto di abitazione nell'immobile in oggetto sino al compimento del diciottesimo anno di età della figlia XXX XXXXX. I coniugi convengono sin da ora, e in tal senso il Sig. XXXXX XXXXX presta il suo consenso, che entro l 'inizio dell'anno scolastico 2023/2024 la Signora XXXXX si trasferirà assieme ai figli a Firenze o Comuni limitrofi, lasciando la casa coniugale e trasferendo la propria residenza e quella dei figli altrove. La Signora XXXXX si farà carico di provvedere direttamente all'esigenza abitativa della prole, individuando un immobile dignitoso in cui andare a vivere, le cui spese (ad esempio e a mero titolo esemplificativo e non esaustivo: eventuali spese per l'acquisto, canone di locazione, bollette, condominio, manutenzione ordinaria e straordinaria, ecc.) verranno pagate dalla stessa. Le parti convengono sin da ora che, qualora la Sig.ra XXXXX XXXXX si dovesse trasferire in un luogo che impedirebbe ai figli di continuare a frequentare l'Istituto Calasanzio di Empoli, presso cui sono sempre stati iscritti sin dall'asilo nido, i figli verranno iscritti presso l'Istituto Scolastico "Scolopi" di Firenze in Via ... per l'anno scolastico 2023/2024 e per l'intero ciclo della scuola primaria. I coniugi convengono sin da ora, e in tal senso prestano il loro reciproco consenso, affinché il martedì ed il giovedì, ovvero qualora tale giorno dovesse cambiare per esigerle legate agli orari scolastici, in quelli infrasettimanali in cui sono con il padre, XXX ED XXX XXXXX possano uscire da scuola all'ora di pranzo, così da poter frequentare in maniera continuativa e proficua il padre in ambienti consoni e familiari agli stessi e senza alcuna compressione del diritto di visita paterno come previsto dal successivo punto 7. Sarà cura della Sg.ra XXXXX XXXXX, al momento del trasferimento dalla casa coniugale comunicare contestualmente e senza indugio il nuovo indirizzo di residenza propria e dei figli al Sig. XXXXX XXXXX. 4. Il Sig. XXXXX XXXXX corrisponderà alla Sig.ra XXXXX XXXXX, a mezzo bonifico bancario, all'IBAN: (...) entro il giorno cinque di ogni mese: 4.1. la somma di Euro *2.000,00* (duemila/00 Euro), da rivalutarsi annualmente secondo gli indici ISTAT al consumo, per il suo mantenimento; 4.2. la somma di Euro *3.000,00* (tremila/00 Furo), da rivalutarsi annualmente secondo gli indici ISTAT al consumo, per il mantenimento dei figli XXX e XXXXXXXX(dunque Euro *1.500,00* pro capite al mese). 5. Il Sig. XXXXX XXXXX si farà altresì carico, nella misura del 100%, delie seguenti spese per i propri figli, che dovranno essere debitamente documentate: - rette e tasse delle scuole frequentate e preventivamente individuate e concordate tra i genitori; - libri scolastici/testi universitari; - partecipazione, precedentemente concordata trai genitori, agite scolastiche o sportive; - spese per le attività sportive, preventivamente concordate tra le parti; - spese mediche e dentistiche non rimborsate dal SSN, preventivamente concordate tra i genitori, salvo le urgenze; - tutte altre le spese straordinarie, preventivamente concordate tra i genitori, salvo diverso accordo tra gli stessi. 6. Il Sig. XXXXX XXXXX, a far data dal deposito del presente atto non sarà più tenuto al pagamento dello stipendio e dei contributi della colf e della babysitter utilizzate dalla Sig.ra XXXXX XXXXX. 7. Quanto alla regolamentazione del diritto di visita il padre potrà vedere e tenere con sé i figli XXX e XXX: nei week-end a fine settimana alterni, e più precisamente nel fine settimana in cui i figli staranno col padre dal venerdì, che sostituirà il giovedì infrasettimanale, dall'uscita da scuola, o nei periodi in cui non vi scuola, dall'ora di pranzo in poi, sino alla domenica sera alle ore 18:30 circa (man mano che i figli cresceranno l'orario del rientro verrà modificato in base alle esigenze degli stessi che si manifesteranno); nel corso di ciascuna settimana il martedì e il giovedì dall'uscita di scuola sino alla mattina dopo all'ora dell'entrata a scuola, a cui provvederà il padre o una persona di sua fiducia, o nei periodi in cui non vi è scuola dalla mattina fino al mattino successivo quando il padre o una persona di sua fiducia li riaccompagnerà a casa dalla madre. Tali modalità di visita non varieranno a seguito del trasferimento dei bambini con la mamma in altra abitazione come indicato nel precedente punto n. 3. Resta inteso che qualora i bambini dovessero manifestare al padre delle insormontabili difficoltà nel pernottare con lui, egli provvederà a riaccompagnarli dalla madre, comunque sempre salvo diverso accordo fra i coniugi. Resta inteso tra le parti che qualora, per motivi di salute anche di uno solo dei figli, ovvero per impegni di lavoro del Sig. XXXXX XXXXX, il diritto di visita del padre non potesse essere rispettato così come sopra indicato, egli avrà la possibilità di recuperare i giorni infrasettimanali e/o infine settimana perduti, nell'arco del mese successivo compatibilmente agli impegni scolastici, sportivi dei ragazzi. I figli XXX e XXX trascorreranno la Vigilia di Natale con il padre ed il giorno di Natale con la madre. Nelle vacanze Pasquali ad anni alterni i figli trascorreranno con il padre il giorno di Pasqua e con la madre il giorno di Pasquetta e viceversa seguendo, dunque anche in tal caso, il criterio dell'alternanza annuale, salvo diverso accoro tra le parti. Perle vacanze estive (dalla fine della scuola all'inizio del nuovo anno scolastico) i figli trascorreranno in esclusiva con ciascun genitore fino a tre settimane anche non consecutive da stabilirsi concordemente entro il 30 maggio di ogni anno; per le altre festività e/o i c.d. "ponti", nonché per il compleanno dei figli si seguirà il criterio dell'alternanza annuale, salvo diverso accordo tra le parti. I figli XXX e XXXXXXXX, accompagnati esclusivamente dalla loro madre ed eventualmente dai nonni materni e da una baby-sitter, potranno frequentare, dandone la Sig.ra XXXXX XXXXX un congruo preavviso, tutti gli immobili nella disponibilità, del Sig. XXXXXXXXXX; si precisa comunque che tale diritto sarà limitato alla disponibilità dei beni in quanto gli stessi sono, da sempre, a disposizione anche di altri soggetti terzi. Resta inteso tra le parti che quando i figli XXX e XXX, con la madre Sig.ra XXXXX XXXXX, si recheranno in Versilia potranno usufruire della tenda che il Sig. XXXXX XXXXX potrà prenotare a proprie spese presso uno stabilimento balneare di suo gradimento. Resta inteso che quando la Sig.ra XXXXX XXXXX si recherà con i figli nella casa in Sardegna, le spese del solo viaggio di andata e ritorno dei soli figli saranno a carico del sig. XXXXX XXXXX. 8. I coniugi si concedono fin da ora il consenso al rilascio del documento di viaggio individuale ai figli. 9. I coniugi, in relazione a quanto già stabilito all'art. 11 del provvedimento di separazione omologato, convengono che la Sig.ra XXXXX, al momento dell'eventuale trasferimento in altra abitazione diversa dall'attuale con i figli, potrà asportare dall'attuale casa coniugale il mobilio e gli oggetti di cui a separato elenco sottoscritto dalle parti. 4. Infine, in considerazione degli interessi coinvolti, il Collegio ritiene che le spese di lite debbano essere interamente compensate. P.Q.M. 1) dichiara la cessazione degli effetti civili del matrimonio celebrato in Castelfranco di Sotto (PI) il 20.07.2013 e trascritto nei registri dello Stato Civile dello stesso Comune al n. 12 p. II serie A dell'anno 2013, tra: XXXXX XXXXX (CF: XXXXX), nata a Firenze (PI) il XXXXX, e XXXXX XXXXX (CF: XXXXX), nato a Pisa (FI) il XXXXX; 2) dispone che la cessazione degli effetti civili del matrimonio sia disciplinata alle condizioni riportate nel precedente punto 3) della parte motiva; 3) dispone che la presente sentenza, in copia autentica, venga trasmessa al competente ufficiale di stato civile per le annotazioni e per le ulteriori incombenze di cui al D.P.R. 3 novembre 2000 n. 396; 4) dichiara compensate interamente tra le parti le spese di lite. Così deciso nella Camera di Consiglio del 22 febbraio 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI PISA Il Tribunale, nella persona del Giudice onorario dott. Corinna Beconi ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 5096/2016 promossa da: Condominio (...) c.f. (...), attore, con avv.ti Leopoldo Citi, Daniela Guerrieri, Giulia Citi e Cecilia Citi contro Immobiliare (...) srl p.i. (...), convenuta, con avv.ti Fi.In. e Lu.Li. e Comune di Montopoli in Val D'Arno c.f. (...), terzo chiamato, con avv. Lu.Bi. e (...) spa già (...) spa p.i. (...), terza chiamata con avv. Gi.So. CONCISA ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE Con atto di citazione notificato nel mese di ottobre 2016 il Condominio (...) conveniva in giudizio l'Immobiliare (...) srl chiedendone la condanna: 1) al risarcimento del danno conseguente agli allagamenti subiti in esito all'aggravamento della servitù di scolo e di fognatura, 2) la condanna alla costruzione di una nuova fognatura come ritenuto necessario dal ctu nel procedimento di ATP già espletato, 3) la condanna a corrispondere al Condominio un'indennità per la costituzione di nuova servitù di scolo e fognatura, 4) la condanna a rimborsare al Condominio le spese sostenute per il procedimento di ATP: allegava che a seguito di opere di urbanizzazione eseguite dalla società convenuta sulla collina sovrastante il condominio lato sud, in occasione di consistenti piogge, si erano verificati per due volte allagamenti di acqua e fango per oltre 50 cm nei garage e nel resede del Condominio; che gli eventi erano stati causati dalla canalizzazione delle acque pluviali eseguita dalla Immobiliare verso il Condominio senza adeguare la dimensione della fognatura; che era stato introdotto procedimento di ATP all'esito del quale erano state confermate le cause degli allagamenti negli interventi inadeguati eseguiti da (...)srl, modificando il deflusso naturale delle acque con aggravio della servitù a carico del condominio; che i tentativi di conciliazione non avevano dato buon esito. Si costituiva la Immobiliare (...) srl, chiedeva di essere autorizzata a chiamare in causa il Comune di Montopoli VA ed eccepiva in via pregiudiziale l'improcedibilità per mancato esperimento della mediazione (non coltivata nelle conclusioni), la nullità della citazione o comunque l'inammissibilità delle domande, la carenza di legittimazione passiva, la sussistenza del caso fortuito per gli eventi metereologici eccezionali, nel merito chiedeva di respingere le domande del Condominio, in via riconvenzionale la condanna del Condominio alla sistemazione delle condutture di sua proprietà, in ipotesi dichiarare la responsabilità del Comune di Montopoli VA tenuto direttamente nei confronti dell'attrice o con diritto di regresso a favore della convenuta, in via di ulteriore ipotesi dichiarare la quota di spettanza a carico della convenuta e del Comune di Montopoli VA; deduceva in fatto che il Condominio sorge su un compluvio naturale che raccoglie le acque pluviali provenienti da molti edifici della frazione, dal Condominio intubate in una conduttura non adeguata oltre che fortemente ammalorata, come emerso in sede di indagini peritali; che l'aumentato carico idraulico dipende dalle opere di urbanizzazione delle aeree a monte realizzate non solo da (...) - che contribuisce per il 25% - ma anche da altri soggetti; che per la regimazione delle acque è stata realizzata su richiesta del Comune un'area di laminazione nella quale sono convogliate le acque pluviali, area ceduta, unitamente alle altre opere di urbanizzazione realizzate, al Comune di Montopoli con atto notaio (...) del 13.05.2011 e fino a quella data non è stato accusato alcun difetto; che gli eventi lamentati da parte attrice si sono verificati in (due) casi di eccezionale intensità di precipitazioni che hanno causato allagamenti in tutto l'abitato mentre per i 12 anni di esercizio del sistema idraulico niente è stato lamentato, quindi non vi è stato aggravamento ex art. 913 c.c.; che la manutenzione della condotta del condominio, sia per il deterioramento sia per le ostruzioni rilevate, fa carico allo stesso; che difettano i presupposti per la costituzione di nuova servitù con costi a carico della convenuta dato che buona parte della frazione di San Romano scarica nella stessa tubazione; infine chiedeva la chiamata in causa del Comune assumendo che la servitù di scolo fosse di uso pubblico, le opere realizzate da (...) eseguite su precise indicazioni del Comune, l'ente inoltre era proprietario di fondi a monte della proprietà (...). Si costituiva il Comune di Montopoli in val d'Arno ed eccepiva il difetto di legittimazione passiva in quanto non proprietario né possessore della condotta di acque bianche da cui è originato l'allagamento, né delle aree a monte del resede condominiale; la sussistenza del caso fortuito per gli eventi metereologici eccezionali che avevano dato causa ai due episodi lamentati; il concorso di colpa del danneggiato ex art. 1227 c.1 c.c. per gli accertati fenomeni di occlusione della condotta del condominio non adeguatamente mantenuta e comunque perché non idonea a ricevere il flusso delle acque con fenomeni di allagamento avvenuti anche in anni precedenti; contestava l'omessa quantificazione degli importi richiesti a titolo risarcitorio privi di allegazioni a sostegno; infine chiedeva l'autorizzazione alla chiamata in causa della compagnia assicuratrice. Si costituiva la (...) spa ed eccepiva la mancanza di copertura della polizza assicurativa che garantiva l'assicurato per i danni provocati a terzi dalle proprietà ed esercizio di strade, fossi fognature, relativamente ai danni da spargimento di acqua e rigurgito di fogna, compresi quelli dovuti esclusivamente a rottura accidentale di tubazioni e condutture, quindi restava escluso l'evento per cui è causa riferito, secondo l'accertamento del ctu, a una condotta in sé inadeguata ma non a una rottura accidentale della tubazione; inoltre per essere detta tubazione di proprietà del Condominio (...) e perché uno degli eventi lamentati, quello del 5.08.2014, era avvenuto dopo la scadenza della polizza (dal 30.06.2011 al 31.12.2012); rilevava inoltre la non estensibilità delle domande attrici alla Compagnia terza chiamata in virtù di contratto assicurativo; nel merito si associava alle difese del Comune. In sede di udienza di comparizione il Condominio estendeva tutte le proprie domande nei confronti del Comune di Montopoli VA. All'esito del deposito delle memorie ex art. 183 c.p.c. la causa è stata istruita con documenti, prove orali e acquisizione del fascicolo del procedimento di ATP n. 1681/2015 rg. In via preliminare va osservato che all'esito dell'assunzione delle prove orali (udienza 22.04.2022), in disparte l'acquisizione del fascicolo del procedimento di atp n. 1681/2015), nessuna delle parti formulava istanze per ulteriori mezzi istruttori, di talché ove proposte in sede di precisazione delle conclusioni appaiono tardive. Le prove orali si sono svolte sostanzialmente in merito agli eventi di allagamento subito dal Condominio e hanno confermato circostanze già non contestate in atti: il primo evento di allagamento si è verificato il 8.10.2012 (altri di minore entità erano accaduti nel 2010), il 21.06.2013 il Condominio dava incarico a una ditta di ispezionare la tubazione nella quale venivano rinvenuti materiali e oggetti, quindi il Condominio incaricava (marzo/aprile 2014) una ditta edile per il taglio della tubazione e la rimozione degli oggetti, il 5.08.2014 si verificava il secondo evento di allagamento del Condominio; non è stata accertata invece l'epoca in cui è stato danneggiato il pozzetto sfioratore nell'area di laminazione delle acque pluviali, poi riparato nei primi mesi del 2016. Deve farsi riferimento, quindi, a quanto accertato nel corso delle indagini eseguite dal ctu ing. (...) nel procedimento di ATP n. 1681/2015 sottolineatura nostra. Quesito: "ispezionati e descritti i luoghi di causa, anche tramite fascicolo fotografico, per come si presentano attualmente, indichi altresì lo stato dei luoghi precedente l'urbanizzazione della collina, accerti l'adeguatezza della fognatura per come indicato nel punto n. 2 del ricorso per ATP nonché l'adeguatezza del sistema fognario del condominio ricorrente a ricevere le acque dei fondi a monte, e in particolare le cause degli allagamenti del resede condominiale, nonché le opere necessarie per il ripristino ed i relativi costi". I luoghi di causa: "Il condominio (...) è costituito da un fabbricato ... circondato da un piazzale esterno, perimetrale all'edificio ... sul quale si affacciano gli ingressi dei locali garage e cantina, parte inseriti al piano terreno dell'immobile principale e parte distaccati da quest'ultimo e dislocati in un fabbricato monopiano a sé stante sul lato sud della proprietà ... delimitata ... sul lato ovest da un muro a retta che la separa dal fondo, posto a quota più elevata, di proprietà di terze parti ..., sul lato sud da un altro muro che sostiene il terreno di proprietà della Immobiliare (...) s.r.l., terreno che presenta una notevole estensione acclive verso il muro in questione ... Sotto l'aspetto orografico ed idrologico, il condominio (...) ècollocato in corrispondenza della sezione di chiusura dell'impluvio alimentato da un ampio bacino sovrastante, delimitato da linee spartiacque ... individuabili dall'esame delle curve di livello rilevate dalla cartografia regionale realizzata nel 1974". Adeguatezza della fognatura: "... la pendenza elevata del versante e la limitatezza dell'area interessata, non consentono una significativa distribuzione temporale della pioggia non assorbita dal terreno, la quale, con poco ritardo, raggiunge la sezione di chiusura del bacino, vale a dire ... la fognatura del condominio ... si può calcolare la portata max che la condotta posta nel resede condominiale è chiamata a smaltire ...= 1,07 mc/sec... Dai rilievi effettuati ... è risultato che la condotta fognaria condominiale (? 600 mm) ha una pendenza motrice pari a 0,013 m/m e, pertanto, è capace di convogliare 0,78 mc/sec ... e i risultati di più di una videoispezione ... all'interno della condotta stessa ... hanno messo in evidenza: - la presenza di un tratto di condotta fortemente ammalorata in conseguenza di un'azione di schiacciamento, verosimilmente in corrispondenza del muro di sostegno ... e del tratto a monte di questo. - la presenza di una tubazione dell'acquedotto, che attraversa la parte inferiore della sezione della condotta fognaria ... in corrispondenza del resede del condominio. - al momento successivo al primo episodio di allagamento, la presenza di una importante ostruzione della sezione libera della condotta, causata da oggetti voluminosi finiti in fognatura e qui fermatisi ...questa ostruzione fu rimossa prima dell'ultimo episodio di allagamento, avvenuto in data 5 Agosto 2014 ...sotto l'aspetto meramente idraulico, la condotta in questione ha una dimensione lievemente insufficiente (considerando che le condizioni reali, solo in casi abbastanza rari, arrivano a coincidere con quelle imposte per la verifica) ma prendendo in considerazione anche le problematiche messe in evidenza dalla video ispezione, che si traducono in una riduzione della capacità idraulica calcolata ... non si può che negare l'adeguatezza della fognaturasita nel resede del condominio (...) a ricevere completamente il deflussoproveniente dal versante a monte...". Situazione post urbanizzazione. "La realizzazione della via (...) e della fognatura di lottizzazione...- ha ampliato il bacino scolante che si avvale come canale emissario della fognatura del condominio (...), aggiungendo a questo aree urbanizzate con capacità di assorbimento pressoché nulla ... e, verosimilmente, richiamando anche una certa quantità d'acqua dalla via (...) ... ha prodotto un consistente incremento delle superfici impermeabili direttamente tributarie della predetta fognatura ...hanno modificato, quindi, sia l'area del bacino scolante sia i coefficienti...determinandone, comunque un incremento con ripercussione sul valore di portata max che perviene alla sezione di chiusura del bacino....valore di portata possa essere calcolato... = 1,55 mc/sec...i soggetti che hanno realizzato le opere di urbanizzazione, vale a dire l'Immobiliare (...) s.r.l. e gli altri, si sono posti l'obiettivo di contrastare l'effetto sopra descritto (aumento del carico idraulico) sfruttando il piccolo invaso...come cassa di laminazione...non è disponibile agli atti un dimensionamento convincente, che ne metta in relazione la potenzialità di mitigazione con la capacità di smaltimento dell'asse fognario nel suo complesso e nemmeno con l'incremento di carico idraulico come sopra determinato...In termini di volumi, per tornare alla situazione "ante urbanizzazione", ed ancora con riferimento all'intervallo temporale di un'ora, il "laghetto" dovrebbe trattenere circa 1.680 mc di acqua....Poiché la capacità di trattenuta del laghetto, valutata come il volume compreso fra il piano orizzontale alla quota della soglia di sfioro ed il terreno sottostante è di poco superiore a 300 mc, ciò porta a concludere che l'intervento di"mitigazione" non riesce ad annullare l'effetto di "sovraccarico" subito dalla condotta del condominio (...), relativamente al fattore incremento del bacino, e non ha, ovviamente, alcuna incidenza sul fattore aumento delle aree impermeabili". Le cause degli allagamenti. "la prima causa degli allagamenti è proprio l'inidoneità della fognatura esistente a costituire l'emissario dell'intero versante ... l'insufficienza idraulica teorica che, probabilmente, non si era manifestata in passato in quanto non si erano prodotte le condizioni più impegnative, è stata sicuramente aggravata da almeno tre fattori : - l'ammaloramento, prossimo al collasso, di un tratto della fognatura stessa; - la parzializzazione dovuta all'intersezione con la tubazione dell'acquedotto; - l'incremento di carico idraulico conseguente l'urbanizzazione del versante; ... si osserva, in generale, una modifica del regime delle precipitazioni che ha portato al verificarsi di eventi che colpiscono aree circoscritte con fenomeni di intensità particolarmente elevata ... la situazione limite di partenza, relativamente al collettore fognario, si è decisamente evoluta verso una grave insufficienza. Un effetto del tutto controproducente, rispetto all'intento con cui è stato realizzato, è, inoltre, prodotto dal fossato, scavato al piede del versante con immissione nella fognatura oggetto di indagine...durante gli eventi di pioggia più intensi, in causa del fatto che la condotta fognaria va in pressione, (infatti saltano i chiusini in ghisa dei pozzetti) questo canale ha un funzionamento inverso e distribuisce l'acqua rigurgitata esattamente sopra il muro di sostegno sul lato sud". Opere necessarie al ripristino. "... le grandezze in gioco sono limitate e tali che un sistema fognario, nemmeno molto più capace, consentirebbe di gestire senza problemi l'evacuazione delle acque meteoriche ... necessità di un collettore emissario adeguato...intervenire sul tratto esistente comporterebbe pesantissimi disagi...appare più ragionevole e molto meno oneroso prevedere una percorrenza che segua la pendenza naturale del versante verso la strada sul lato est e, successivamente, la strada stessa fino a ritrovare la chiavica esistente...poiché si tratterebbe di posizionare tubazioni in scavi poco profondi, parte in terreno agricolo e parte nella sede di una viabilità secondaria, è stato calcolato il costo unitario (per ogni m) nell'uno e nell'altro caso...Considerando che i rispettivi sviluppi sono di circa44 m e 78 m, il costo, per lavori, ammonterebbe a : (44 x 185) + (78 x 230) = 26.080 Euro + IVA (10%) e spese tecniche, per cui si può arrotondare ad Euro 30.000 circa...". La posizione del Condominio (...) nel punto più basso dell'impluvio naturale nella cui proprietà è collocata la fognatura per cui è causa, è regolata dall'art. 913 c.c.: "In tema di scolo delle acque, la regola dell'art. 913 c.c., per il quale il fondo inferiore è soggetto a ricevere le acque che scolano dal fondo più elevato, trova applicazione soltanto allorché il deflusso avviene 'naturalmente', mentre qualora sia intervenuta l'opera dell'uomo è necessario stabilire se essa abbia aggravato, quanto a scolo delle acque, la situazione del fondo inferiore quale era precedentemente all'opera stessa, tenendo altresì conto al servizio di quale fondo detta opera sia stata costruita" (Cass. 1428/1984); l'urbanizzazione del versante a monte del Condominio ha aggravato la precedente situazione di scolo delle acque e gli interventi progettati e realizzati per la riduzione del carico idraulico o non sono sufficienti (pozzo di laminazione) o hanno addirittura aggravato la situazione (nuovo fossato); tale nuovo impianto idraulico è stato pacificamente realizzato a servizio delle opere di urbanizzazione della convenuta Immobiliare e di terze parti non chiamate in giudizio. La modificazione non consentita dello stato dei luoghi ha alterato, come è stato accertato dalla ctu, in maniera rilevante il deflusso delle acque piovane, rendendo più gravosa la soggezione del fondo inferiore: "L'art. 913 c.c., in tema di scolo delle acque, ponendo a carico del proprietario sia del fondo inferiore che superiore l'obbligo di non alterare la configurazione del terreno, non vieta tutte le possibili modificazioni incidenti sul deflusso naturale delle acque, ma soltanto quelle che alterino apprezzabilmente tale deflusso, rendendo più gravosa la condizione dell'uno o dell'altro fondo ... La soggezione del proprietario del fondo inferiore a ricevere le acque reflue dal fondo superiore riguarda una limitazione legale della proprietà, non una servitù prediale" (Cass. 13301/2002). Non risulta in causa un atto di costituzione di servitù di scolo a carico del fondo del Condominio (...) e tantomeno è stata provata l'esistenza di una servitù di uso pubblico a favore di una serie indeterminata di utenti, quindi è alla "naturale" limitazione della proprietà del fondo inferiore che deve farsi riferimento. Tale limitazione, consistente nella soggezione a ricevere le acque dal fondo superiore, però, non deve essere aggravata da opere dell'uomo, ponendo un obbligo di non fare a carico delle parti proprietarie dei fondi. Parte attrice richiede la corresponsione di un'indennità sulla base di due distinte ragioni giuridiche, l'art. 913, comma 3, c.c. e l'art. 1034 c.c.; l'indennità prevista dall'ultimo comma dell'art. 913 c.c. ha riguardo alla specifica ipotesi di opere di sistemazione agraria e introduce una deroga al divieto di non fare quando, per opere di sistemazione agraria dell'uno o dell'altro fondo, si rende necessaria una modificazione del deflusso naturale delle acque, prevedendo la corresponsione di un'indennità al proprietario del fondo a cui la modificazione ha recato pregiudizio; tale previsione non è estensibile in via analogica al di là delle opere necessarie di sistemazione agraria; per le opere di radicale trasformazione del suolo e mutamento del deflusso meteorico, dove siano fattore causale di danni e aggravamenti del naturale assoggettamento al deflusso, deve applicarsi il risarcimento in forma specifica, cioè il ripristino dei luoghi anche tramite la realizzazione di opere idonee a riportare lo scolo delle acque a carico del fondo inferiore entro il normale limite di tollerabilità. L'indennità di cui all'art. 1034, comma 2, c.c. è prevista quando, in presenza di servitù attiva di acquedotto (o scolo), il proprietario del fondo servente impedisca la costruzione del nuovo acquedotto (comma 1) e consenta il passaggio delle acque nei propri acquedotti già esistenti: la domanda attrice sul punto si pone concettualmente in contrasto con la richiesta di condanna della convenuta alla costruzione del nuovo acquedotto; la tutela prevista dall'art. 1034 c.c., cioè la costituzione di una servitù coattiva, è a favore di chi ha il diritto di condurre acque per il fondo altrui e deve costruire il necessario acquedotto e non può far defluire le acque negli acquedotti già esistenti destinati al corso di altre acque, questione che non appartiene alla presente causa, Il risarcimento del danno. Le prove orali svolte hanno confermato gli eventi di allagamento di acqua e fango che hanno coinvolto il resede del Condominio e i garage; non è stato allegato, oltre alla necessità di pulizie e ai costi di ispezione e ripristino della condotta a causa di materiale estraneo, il danno subito da oggetti contenuti nei garage, pertanto oltre ai documentati costi sostenuti dovrà procedersi in via equitativa. Non è stata provata la condotta concorrente del danneggiato nell'eziologia dell'evento: la riduzione del diametro della fognatura è stata riferita dal ctu alla pressione esercitata dal muro di sostegno del terrapieno a confine e dal passaggio dell'acquedotto nella parte inferiore della detta fognatura; entrambe opere che non sono state eseguite, o non è stato provato che siano state eseguite, dal Condominio. Infine, la circostanza pacifica della intervenuta urbanizzazione e dell'aumento del carico idraulico di smaltimento delle acque piovane rende irrilevante il verificarsi, in ipotesi, del caso fortuito, peraltro non provato; non può infatti ritenersi rientrante nell'ipotesi del caso fortuito l'evento di piogge di particolare intensità e durata. Conclusivamente vanno accolte le domande attrici di condanna della convenuta Immobiliare al ripristino dello stato dei luoghi tramite la costruzione di nuova fognatura come indicata dal ctu - le cui modalità e costi saranno definite in sede di esecuzione degli obblighi di fare - e di risarcimento del danno, che viene equitativamente determinato in Euro 5.000,00 ivi comprese le spese sostenute per ispezione e ripristino, oltre alle spese sostenute per il procedimento di atp, respinte le altre; la domanda svolta nei confronti del Comune, invece, come pure le domande in manleva della convenuta Immobiliare nei confronti del Comune devono essere respinte - e di conseguenza assorbita la domanda di manleva contro la compagnia assicuratrice - il Comune infatti non è il legittimato passivo della pretesa né riveste una qualche posizione di garanzia, neppure impropria, nei confronti del soggetto privato che ha eseguito la lottizzazione, né risulta che abbia imposto alcuna prescrizione in occasione della lottizzazione circa il progetto di smaltimento della acque pluviali; la questione, come avanti descritto, rientra nella regolamentazione di rapporti tra privati proprietari di fondi. Le spese processuali seguono la soccombenza e il principio di causalità e devono essere liquidate come da dispositivo, in base al valore della causa, natura della controversia e attività processuale effettivamente svolta. P.Q.M. Il Tribunale di Pisa, definitivamente pronunciando sulla domanda proposta da Condominio (...) contro Immobiliare (...) srl nella quale sono stati chiamati il Comune di Montopoli Val d'Arno e (...) spa già (...) spa, ogni diversa istanza, eccezione e difesa disattesa e respinta, così provvede: 1) in parziale accoglimento delle domande attrici: a. condanna la convenuta Immobiliare (...) alla riduzione in pristino dei luoghi tramite la costruzione di una nuova fognatura come indicato nella ctu svolta nell'atp n. 1681/2015; b. condanna la convenuta a pagare al Condominio attore a titolo di risarcimento del danno Euro 5.000,00 oltre interessi dalla data dell'evento al saldo; c. condanna la convenuta a pagare al Condominio attore le spese del procedimento di atp complessivamente determinate in Euro 8.475,68; d. condanna la convenuta a rifondere al Condominio attore le spese processuali che liquida in Euro 1.091,03 per spese, Euro 10.860,00 per competenze, oltre 15% per rimborso forfettario, I.V.A. e C.P.A. se dovute come per legge; 3) condanna il Condominio (...) e la Immobiliare (...) in solido tra loro a rimborsare al Comune di Montopoli Val d'Arno le spese di lite che liquida in Euro 10.860,00, oltre 15% per rimborso forfettario, iva e cap se dovute come per legge; 4) compensa le spese processuali tra Comune di Montopoli VA e (...) spa. Così deciso in Pisa il 13 marzo 2023. Depositata in Cancelleria il 14 marzo 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI PISA Il Giudice, dott. Alessia De Durante, ha emesso la seguente SENTENZA nella causa iscritta al n. 4620/2019 R.G., promossa da (...) (P.IVA (...)), in personale del legale rappresentante pro tempore, con l'avv. (...) e l'avv. (...) PARTE ATTRICE contro (...). (P.IVA (...)) in personale del legale rappresentante pro tempore, con l'avv. (...) PARTE CONVENUTA MOTIVI DELLA DECISIONE Con atto di citazione del 29/10/2019 il Calzaturificio (...)., in persona del legale rappresentante pro tempore, citava in giudizio la società (...). deducendo quanto segue: - Alla società attrice veniva commissionata da parte di (...) la progettazione e la realizzazione di un campionario di calzature per la stagione autunno-inverno 2018-2019, che veniva confezionato e venduto al valore complessivo di Euro 13.132,00; - Dopo la realizzazione del campionario, (...). acquisiva dal Calzaturificio calzature per Euro 63.446,71; - Nonostante la consegna della merce richiesta, le fatture n. (...) del (...), n. (...) del (...) e n. (...) del (...) emesse da (...). restavano inadempiute. La società attrice concludeva, dunque, per l'accertamento dell'inadempimento di (...). e la conseguente condanna al pagamento in proprio favore della somma complessiva di euro (...) oltre interessi moratori dalle singole scadenze al pagamento. In data (...) si costituiva in giudizio (...). contestando la ricostruzione dei fatti così come operata dall'attore e deducendo: - di aver dato incarico alla (...) di realizzare (e non anche progettare) il campionario per la stagione autunno-inverno 2918-2019; - che il predetto campionario risultava conforme a quanto commissionato e di aver provveduto al pagamento integrale delle relative fatture; - che la pretesa di pagamento di Euro 13.132,00 faceva riferimento al campionario primavera-estate 2019, il quale risultava viziato perché costituito da meri prototipi da ultimare e da sottoporre alla procedura cd. di "sdifettamento"; - che le fatture di cui veniva richiesto il saldo fanno riferimento alla messa in produzione della collezione autunno-inverno 2018-2019, i cui prodotti erano del tutto difformi rispetto al modello originario di cui al campionario; - che la società convenuta era costretta a ritirare i prodotti dal mercato e la (...), che riconosceva i vizi, si obbligava a ripristinare i prodotti contestati; - che nonostante l'intervento di allargamento del gambale delle calzature effettuato dalla (...) i clienti finali contestavano l'impossibilità di indossare le calzature; - che (...) si vedeva costretta ad accettare resi ed emettere note di credito per un totale di Euro 25.760,00 e sostenere spese di spedizione per 4.160,00; - che (...) acquistava al prezzo di Euro 12.816,00 dalla (...). il materiale grezzo che questa stessa impiegava per la realizzazione dei calzari poi risultati viziati; - che i clienti di (...), a fronte dei difetti di produzione, non effettuavano ordini per le successive stagioni, provocando un calo del fatturato pari a Euro 150.000,00. - Che nell'ottobre 2018 (...). sollecitava il saldo delle fatture n. (...), (...) e (...) e la richiesta veniva formulata al netto degli importi relativi ai quattro modelli contestati - riconoscendo la società attrice la paternità dei vizi da cui erano affette le calzature. La società (...) s.r.l. chiedeva, dunque, accertarsi l'inadempimento dell'attore e rigettarsi integralmente le domande avversarie con eventuale compensazione del contro credito. In via riconvenzionale, chiedeva condannarsi il Calzaturificio al risarcimento dei danni subiti nella misura di euro (...). Concessi i termini di cui all'art. 183 VI co. c.p.c., la causa veniva istruita tramite produzioni documentali. In data 06/04/2022 la causa veniva rimessa in decisione con concessione dei termini di cui all'art. 190 c.p.c. decorrenti dal 03/11/2022. Le parti hanno concluso come in epigrafe. Le ulteriori richieste istruttorie riproposte dalle parti in sede di precisazione delle conclusioni vanno respinte in quanto del tutto superflue e comunque irrilevanti ai fini della decisione della controversia. In via preliminare rispetto alla disamina del merito, va stabilito quale sia la disciplina applicabile al caso di specie. E', infatti, controversa tra le parti la natura dell'accordo per cui è causa. Ed invero, se l'attore ritiene applicabile la disciplina della compravendita, il convenuto ritiene che l'accordo possa essere sussunto nella fattispecie dell'appalto. Come da giurisprudenza consolidata della Suprema Corte, la distinzione tra appalto e compravendita va operata facendo riferimento alla volontà delle parti e alla prevalenza o meno del lavoro sulla materia, ovvero alla prevalenza o meno della prestazione di fare su quella di dare. Laddove, infatti, il contratto affianchi la prestazione di dare a quella di fare, può configurarsi una compravendita quando le attività necessarie a produrre il bene costituiscano solo l'ordinario ciclo produttivo ma sia la consegna del bene stesso l'effettiva obbligazione del produttore-venditore, con ciò sostanziandosi la prevalenza dell'obbligazione di dare. Al contrario, si è presenza di un contratto di appalto laddove l'oggetto effettivo e prevalente dell'obbligazione assunta da uno dei contraenti sia la realizzazione d'un opus unicum, che soddisfi le esigenze del committente e rispetti le sue indicazioni: la fornitura della materia è un semplice elemento concorrente nel complesso della realizzazione dell'opera e di tutte le attività a tal fine intese, con ciò, appunto, realizzandosi la prevalenza dell'obbligazione di fare (cfr. C. Cass. sent. n. 5935/2018; C. Cass. sent. n. 11037/2015). Ciò posto, deve ritenersi che all'accordo concluso tra le parti debba applicarsi la disciplina del contratto di appalto. La prestazione oggetto del contratto si sostanzia nella: a) realizzazione dietro corrispettivo del campionario da parte di (...). con l'utilizzo della materia prima (pellame) acquistata da (...).; b) produzione verso un corrispettivo della collezione sulla base del campionario approvato dalla società convenuta. Sono quindi ravvisabili tutti gli elementi richiesti dall'art. 1655 c.c. ai fini della configurazione del contratto di appalto: (...). ha, infatti, assunto un'obbligazione di risultato, con organizzazione dei propri mezzi, al fine di realizzare un'opera a fronte di un corrispettivo in denaro. Di conseguenza, (...), in qualità di società appaltatrice che agisce in giudizio per ottenere il pagamento del corrispettivo, ha l'onere di provare di aver correttamente eseguito l'opera richiesta. (...), da parte sua, in qualità di appaltante, ha l'onere di versare il corrispettivo dovuto salvo il caso dell'inadempimento dell'appaltatore (cfr. sul punto quanto chiarito dalla giurisprudenza di legittimità, fin da C. Cass. SS.UU. sent. n. 13533/2001). Ciò chiarito, deve concludersi che (...) non abbia soddisfatto l'onere della prova a suo carico. In particolare, a fronte dell'eccezione di inadempimento e della articolazione della domanda di garanzia per vizi di (...)., la società attrice non ha dimostrato di aver eseguito correttamente la produzione della collezione autunno-inverno 2018-2019. Tanto più che non è chiaro chi abbia ideato il modello da seguire per la produzione dei calzari e che è pacifico che la stessa società appaltatrice ha riconosciuto la presenza di vizi in alcuni dei modelli delle calzature della collezione in questione, richiedendo all'appaltante il pagamento delle fatture n. (...), (...) e (...) al netto del prezzo dei calzari viziati per un totale residuo di Euro 20.708,28. (...)., inoltre, ha chiesto il pagamento di Euro 13.320 per la realizzazione di un campionario non ben identificato, a fronte della contestazione, formulata dalla convenuta e relativa alla circostanza che quanto dovuto per la realizzazione del campionario autunno inverno 2018-2019 sia stato integralmente saldato. La pretesa di (...)., priva di riscontro in accordo scritto, pertanto, risulta genericamente quantificata. Quanto alla domanda della (...). di garanzia per vizi e difformità dell'opera, questa va respinta. E' orientamento consolidato che, secondo il criterio di vicinanza della prova, chi voglia far valere la garanzia di cui all'art. 1667 c.c. debba provare l'esistenza dei vizi (cfr. C. Cass. sent. n. 19146/2013). Nel caso di specie, (...). avrebbe dovuto provare la difformità dell'opera rispetto al prototipo ovvero l'errata realizzazione del prototipo stesso e la perdita patrimoniale, sub specie di danno emergente o lucro cessante, ad essa conseguente. Come detto, tuttavia, è controversa la paternità stessa del prototipo in base al quale è stata iniziata la produzione, e inammissibili - perché eccessivamente generica in quanto insuscettibile di prova contraria le circostanze ivi capitolate - sono i relativi capitoli di prova. La domanda di risarcimento del danno avanzata da parte convenuta, pertanto, non può trovare accoglimento. A ciò si aggiunga, con specifico riferimento al lucro cessante, che (...). non ha provato il ritiro della collezione viziata dal mercato (i prodotti, come allegato da controparte e non specificamente contestato, risulterebbero acquistabili tramite siti di e-commerce). Ancora, dalle note di credito emesse da (...) in favore dei propri clienti e prodotte in giudizio non è possibile accertare se il reso dei prodotti clienti sia stato dovuto o meno ai vizi che la società convenuta ha inteso imputare all'errata esecuzione dell'opera da parte di (...). Quanto, poi, al danno all'immagine, la richiesta è genericamente formulata e priva di elementi di fatto che consentano di ritenere che i vizi delle calzature abbiano comportato una rilevante riduzione della clientela nonché la lesione della reputazione commerciale di (...) (in assenza di scritture contabili e bilanci). Rigettate, quindi, le domande riconvenzionali, va condannata (...) al pagamento in favore della (...) della somma di Euro 20.708,28, quale unico ammontare del compenso per l'opera dell'appaltatore non contestato. Le spese di lite, liquidate come in dispositivo, in base al valore e alla natura della controversia, nonché in base all'attività processuale effettivamente svolta, seguono la soccombenza e devono, pertanto, dichiararsi compensate per due terzi, con condanna della convenuta a rifondere a parte attrice il restante terzo. P.Q.M. Il Giudice, definitivamente pronunciando, ogni diversa domanda o eccezione assorbita, così statuisce: accoglie parzialmente la domanda principale e, per l'effetto, condanna (...) al pagamento in favore di (...). della somma di Euro 20.708,28 oltre interessi legali dalla domanda al saldo; rigetta le domande riconvenzionali articolate dalla parte convenuta perché infondate; dichiara compensate per due terzi le spese di lite e condanna parte convenuta a rifondere a parte attrice il restante terzo, liquidandole per l'intero in Euro 13.430,00 oltre spese generali al 15%, IVA e CPA se dovute come per legge. Così deciso in Pisa il 6 febbraio 2023. Depositata in Cancelleria il 7 febbraio 2023.

  • TRIBUNALE ORDINARIO DI PISA SEZIONE CIVILE IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. Luca Pruneti ha pronunciato all'udienza del 25 gennaio 2023 ex art. 281 sexies c.p.c. la seguente SENTENZA Nella causa civile iscritta al n. r.g.1045/2020 degli Affari Contenziosi Civili, avente a oggetto: "contratti bancari" Vertente tra (...) (C.F. (...)) e (...) (C.F. (...)), rappresentati e difesi dall'avv. (...) ed elettivamente domiciliati presso il suo studio sito in (...) ((...)), (...), in virtù di procura allegata all'atto di citazione in opposizione a decreto ingiuntivo - ATTORI contro (...) (P. I. ..), soggetta ad attività di direzione e coordinamento da parte di (...), e per essa, QUALE PROCURATORE, (...) (P. Iva ..), in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa, congiuntamente e disgiuntamente, dagli Avv.ti (...) ed (...), ed elettivamente domiciliata in Via (...) - La (...) (X), giusta procura alle liti allegata al ricorso per decreto ingiuntivo depositato - CONVENUTA - CONCLUSIONI Le parti hanno concluso come da suesteso verbale d'udienza. RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE Nei limiti di quanto strettamente rileva ai fini della decisione (artt. 132 co. 2 n. 4 c.p.c. e 188 disp. att. c.p.c.), le posizioni delle parti possono sinteticamente riepilogarsi come segue. Con atto di citazione del (...), (...) e (...) hanno proposto opposizione avverso il decreto ingiuntivo n. (...) del (...) (R.G. n. (...)/(...)), con il quale il Tribunale di Pisa, su ricorso di (...) quale cessionaria - per cessione in blocco ex art. 58 TUB - del credito derivante dal contratto di finanziamento n. (...) di (...)., credito già precedentemente a (...), ha ingiunto a il pagamento della somma di Euro 32.547,84 in linea capitale, oltre interessi e spese. Parte attrice ha eccepito la nullità/ inefficacia del decreto ingiunto per carenza di legittimazione attiva della convenuta e per indeterminatezza dello stesso decreto, e nel merito ha chiesto la dichiarazione la nullità / inefficacia di qualsiasi richiesta della banca, e dichiarare dovute solo le quote capitale a scadere, imputati i pagamenti effettuati, la nullità parziale del contratto di finanziamento con ricalcolo del dare-avere. A sostegno dell'opposizione, ha sostenuto: - che l'estratto della Gazzetta Ufficiale relativo alla cessione in blocco è privo di criteri univoci per individuare il passaggio del credito controverso; - che la procura di (...) a (...) è viziata; - che non è sussistente la legittimazione processuale della convenuta. - che il petitum è indeterminato in quanto il decreto ingiuntivo opposto ingiunge la somma di Euro 32.547,84 a fronte di Euro 21.992,08 di cui alla certificazione 50 TUB; - che difettano i requisiti per la declaratoria di decadenza dal beneficio del termine ex art. 1186 c.c., essendo le rate viziate dalla quota interessi in riferimento all'usura oggettiva ex L. 108/96, tenuto conto delle condizioni economiche pattuite in caso di mora, indeterminato l'oggetto nella clausola relativa agli interessi. I profili di nullità sussistono in quanto non è stata indicata la tipologia di ammortamento utilizzata né è stato allegato un piano di ammortamento, è errata l'indicazione del TAEG e manca l'indicazione del regime finanziario di calcolo della rata e dell'interesse, ex art. 117 TUB. - che difetta la menzione sull'erogazione della somma mutuata e al raggiungimento dello scopo di cui al contratto. Si è costituita (...) tramite il procuratore (...)X, ribadendo la propria legittimazione attiva in virtù della cessione di credito intervenuta, e contestando invero un proprio difetto di legittimazione circa domande volte a far dichiarare le denunciate patologie del rapporto contrattuale, non essendosi verificata la cessione del contratto. Parte opposta ha contestato le argomentazioni attoree in punto di nullità ex art. 1815 comma II c.c. delle clausole relative agli interessi compensativi e moratori, sull'indicazione dell'ISC, e sulla prova del credito ingiunto. La causa è stata istruita documentalmente. L'opposizione è meritevole di accoglimento. Assorbente è il rilievo del difetto di legittimazione attiva di (...), oggetto di specifica e "tempestiva" - avuto riguardo ai principi di cui a Sez. Un. Sent. n. 2951/2016 - contestazione da parte degli opponenti. È noto l'orientamento di diritto vivente in forza del quale, a fronte della contestazione della parte che non ha prestato acquiescenza sul punto, è onere di chi assume di essere cessionario del credito dimostrare la titolarità dal lato attivo del rapporto obbligatorio, ossia che il diritto di credito in concreto azionato sia incluso nell'operazione di cessione in blocco ex art. 58 T.U.B. (cfr. Cass. n. 5857/2022; Cass. n. 22548/2018), con ciò escludendo che la mera ostensione dell'estratto della G.U. contenente l'avviso di cessione sia idonea a tal fine, per la natura e il fine della pubblicazione, richiedendosi ulteriori elementi a supporto (ad es. contratto di cessione). È altresì nota una diversa impostazione, per la quale, lungi dal limitarsi ad una valutazione aprioristica di inidoneità del mero avviso in G.U. a fondare la c.d. legittimazione attiva del cessionario, il giudicante è tenuto a sindacare nel merito il contenuto dell'avviso, e quindi a stabilire se dallo stesso siano evincibili con sufficiente chiarezza i criteri identificativi dei crediti oggetto di cessione, tali da non lasciar residuare dubbi sull'inclusione della posizione creditoria di cui è causa. Siffatta, condivisibile, prospettiva, è stata da ultimo ribadita da Cass. sez. VI. Civ. n. 22754/2022, per la quale, nel richiamare precedenti di legittimità ..."qualora il contenuto pubblicato nella Gazzetta indichi, senza lasciare incertezze od ombre di sorta (in relazione, prima di ogni altra cosa, al necessario rispetto del principio di determinatezza dell'oggetto e contenuto contrattuali ex art. 1346 c.c.), sui crediti inclusi/esclusi dall'ambito della cessione - detto contenuto potrebbe anche risultare in concreto idoneo, secondo il "prudente apprezzamento" del giudice del merito, a mostrare la legittimazione attiva del soggetto che assume, quale cessionario, la titolarità di un credito" (Cass. 28 febbraio 2020, n. 5617). .(omissis)......quando la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale rechi l'indicazione per categorie dei rapporti ceduti in blocco, senza che occorra, in tale circoscritta ipotesi, una specifica enumerazione di ciascuno di essi, allorché gli elementi comuni presi in considerazione per la formazione delle singole categorie consentano di individuare senza incertezze i rapporti oggetto della cessione (cfr. Cass. 29 dicembre 2017, n. 31188)". Nella consapevolezza di siffatta dicotomia di interpretazioni, nel caso di specie anche l'applicazione delle ultime coordinate esposte non consente di pervenire al raggiungimento della prova della declamata titolarità del credito. Coglie nel segno, infatti, la censura relativa alla dimostrazione del passaggio del credito di cui è causa dall'originario titolare - (...) - a (...). A sostegno della prima cessione del credito, la convenuta opposta agita esclusivamente il contratto di cessione intervenuto tra (...) e (...)., dal contenuto del quale si evincerebbe che la posizione di cui è causa appartiene a un nucleo di crediti in esso individuati. Ora, premesso che il contratto di cessione fa riferimento al secondo anello della catena delle cessioni e non può ex se dimostrare la cessione a monte, la disamina (all. 2, doc. 8) dei criteri di individuazione dei crediti oggetto di cessione (cinque criteri cumulativi tra cui: pubblicazione in G.U. in data 29/12/2015 n. 149, pag. 2; crediti con riferimento ai quali la relativa decadenza dal beneficio del termine sia stata comunicata ai debitori in una data compresa tra il 10/02/2006 (incluso) e l'11/06/2015") lascia residuare dubbi al riguardo dell'inclusione della posizione di (...) e (...). Del resto, parte opposta non ha supportato sia a livello documentale che argomentativo la propria posizione, mancando di produrre finanche l'estratto della G.U. con il quale il contraente originario, primo titolare della posizione di credito, avrebbe ceduto a (...) il pacchetto di posizioni in sofferenza tra le quali sarebbe inclusa quella degli opponenti: il richiamo al predetto avviso operato-operato - in sintesi e per relationem - nel contratto di cessione a valle e nell'avviso in G.U. del 14.7.2018 è inidoneo a corroborare l'assunto. Ogni diverso profilo è assorbito. All'accoglimento dell'opposizione consegue la caducazione del decreto ingiuntivo. Sussistono eccezionali ragioni per procedere alla compensazione di metà delle spese di lite, tenuto conto della presenza di contrasto giurisprudenziale: nella residua parte, le spese seguono la soccombenza e sono in tale quota liquidate come in dispositivo ai sensi del D.M. n. 55/2014 e successive modifiche, scaglione di valore di riferimento, parametri medi diminuiti tenuto conto della contrazione dell'attività processuale. P.Q.M. Il Tribunale di Pisa, ogni altra istanza o eccezione assorbita o reietta, in accoglimento dell'opposizione così dispone: - revoca il decreto ingiuntivo opposto; - condanna (...) in persona del legale rappresentante, al pagamento, in favore dell'avv. (...) dichiaratosi procuratore antistatario degli opponenti, di metà delle spese di lite, liquidate in Euro 2.500,00 per compensi oltre spese generali 15%, C.P.A. e I.V.A., ed Euro 27,00 per anticipazioni. Così deciso in Pisa il 26 gennaio 2023. Depositata in Cancelleria il 26 gennaio 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI PISA Il Giudice Onorario del Tribunale di Pisa, Dott. Paola Arnaldi Ha pronunciato la seguente Sentenza nella causa civile in primo grado iscritta al nr. 4573 R.G.C. del 2013, promossa da: (...) C.F. (...) residente in (...) (P.), via di P., 205 ed elettivamente domiciliato in Via (...), (...) Martino U.-San Giuliano Terme (PI) presso e nello studio dell'avv. Co. ( C.F. (...), fax (...) PEC (...) che lo rappresenta e difende in ordine al mandato a margine dell'atto di citazione; Attore e da (...), nata a (...) (P.) il (...) ((...)) e residente in (...) (P.) alla via (...) 205, elettivamente domiciliata in Bari al corso (...) presso e nello studio dell'Avv. Pa.Sc. dal quale è rappresentata e difesa giusta mandato a margine della comparsa di costituzione di nuovo difensore e che ai fini e per gli effetti degli artt. 133 comma 3, e 134, comma 3, cod. proc. civ., dichiara di voler ricevere i prescritti avvisi al seguente n. di telefax (...) e al seguente indirizzo di posta elettronica certificata: (...) Attrice contro (...), nato a (...) l'(...) ( C.F. (...)) e (...), nata a (...) il (...) ( C.F. (...)), entrambi residenti in P., loc. (...) (P.) in via A. S.,16, presso lo studio dell'avv. G.Pa. ( C.F. (...))-iscritto all'Albo dell'Ordine degli Avvocati di Pisa al n-75), che li rappresenta e difende in virtù di procura rilasciata a margine dell'atto di costituzione e risposta e che dichiara di voler ricevere gli avvisi, le comunicazioni e le notificazioni di rito al fax n. (...) o all'indirizzo di posta elettronica certificata (...), Convenuti Avente per oggetto :Diritti reali-Possesso-Trascrizioni. Passata in decisione all'udienza del 20.5.2022 ex art. 190 c.p.c., con concessione dei termini 60 + 20 per conclusionali e repliche. MOTIVI DELLA DECISIONE 1. Con atto di citazione ritualmente notificato, gli odierni attori evocavano in giudizio i convenuti assumendo: 1) di essere proprietari di alcuni immobili in (...) (P.), Via di P., n. 205 e 211, confinanti con altri immobili contigui di proprietà della sig.ra (...) (oggi (...) - S., v. infra sub (...)); 2) di tali immobili, in particolare, quello sito in P., via di P., n. 211, identificato al NCEU del Comune di P., Foglio (...), mappale (...), sub (...) e (...), fosse confinante a mezzo del muro divisorio portante con l'immobile di proprietà della sig.ra (...), sito in Via di (...) n. 209 identificato al NCEU del Comune di P., Foglio (...), mappale (...); 3) che le due unità immobiliari, dei signori (...) - (...) e (...), fossero contigue tra loro e si sviluppassero da terra a tetto, facendo parte di un maggior corpo di fabbrica con andamento parallelo alla via di P., con accesso da detta via e corte antistante ai fabbricati "a comune"; 4) che gli stabili in oggetto disponessero di un tetto unico che si presentava alla vista come copertura unitaria del complesso costituito dai due immobili; 5) nei rispettivi atti di acquisto ((...) - (...) e (...)) fosse espressamente indicato come le rispettive proprietà fossero entrambe dotate dei diritti di condominio sulle parti e gli impianti dello stabile ai sensi di legge, in particolare, sull'abbaino che trovasi nel sottotetto; 6) per i due fabbricati come sopra contigui e confinanti, costituenti come detto un unico corpo di fabbrica, esistesse dunque un unico accesso al tetto, garantito da un'apertura rettangolare (denominata "abbaino"), con affaccio sulla copertura del fabbricato sovrastante la proprietà della sig.ra (...), delle dimensioni di circa cm 40 x 50, munita di infisso in alluminio anodizzato e vetro; 7) internamente all'abitazione di proprietà di parte convenuta, tale apertura affacciasse in un vano sottotetto, dotato di un ballatoio/soppalco con struttura in ferro e laterizio, e fosse raggiungibile dalla quota del pavimento (rectius ballatoio) mediante alcune staffe metalliche murate nel paramento verticale che divide la proprietà di parte attrice da quella di parte convenuta. 8) nel medesimo vano sottotetto fosse altresì presente altra apertura, in posizione laterale rispetto alla prima e posta a una quota minore, delle dimensioni di circa cm 50 x 50 e dotata di infisso in legno verniciato e vetro. Questa apertura risultava ubicata, sempre nel paramento verticale divisorio tra le due proprietà, in corrispondenza della zona sottotetto di proprietà degli attori, che vi accedono dalla propria abitazione mediante una botola dal disimpegno al primo piano; 9) che con D.I.A. presentata in data 26/07/2005 presso i competenti Uffici del Comune di Pisa, prot.n. (...), a cura del Geom (...), tecnico di parte (...), la sig.ra (...) ed i coniugi (...) - (...) (che gli avevano "affiancato" il loro Geom. (...) -1-) avessero richiesto l'autorizzazione ad eseguire alcuni lavori finalizzati alla definizione dei confini tra le rispettive proprietà, interessanti le recinzioni e un vano sottotetto ed abbaino in comune per l'accesso al tetto (unico ma suddiviso tra le due abitazioni confinanti 10) che successivamente all'esecuzione dei lavori de quibus, la sig.ra (...), in data 20/12/2005, avesse venduto, con atto ai rogiti Notaio (...) di P., rep. N. (...) racc. n. (...), al figlio sig. (...) ed alla nuora sig.ra (...), la porzione d'angolo della propria abitazione, e precisamente la parte sita in Via di P., n. 209, confinante con la proprietà (...) - (...) (immobile 2), e la corte a comune; 11) che quindi, i nuovi proprietari avessero provveduto, sulla porzione immobiliare come sopra acquisita, a presentare a propria volta una DIA (in data 16/2/06, prot. (...), con inizio lavori al 3/4/06), finalizzata all'esecuzione di ulteriori lavori di "restauro e risanamento conservativo"; 12) che peraltro, durante e/o poco dopo l'esecuzione dei lavori di cui ai punti 9) e 11), i signori (...) e (...) - (...) avessero provveduto a chiudere (dalla loro parte) con un paletto metallico lo sportello che collega il ballatoio/soppalco, nel vano sovrastante il ripostiglio di loro proprietà, con l'abitazione di proprietà degli attori, impedendone così a questi ultimi l'apertura e di conseguenza il libero accesso a detto vano; 13) che lamentando quanto sopra, già in precedenza gli odierni attori si fossero rivolti al Tribunale di Pisa, invocando l'accertamento e la declaratoria della comproprietà del vano di accesso all'abbaino comune, interdetto dalle opere come sopra eseguite dai convenuti, che avevano di fatto privato gli stessi attori del diritto di accedere al tetto tramite l'unica apertura ut supra esistente; 14) che il relativo giudizio, R.G. n. 1774/07, nel corso del quale veniva anche svolta una CTU, esitava nella decisione n. 441/13 (G.U. Dott. (...)), che rigettava la domanda, ritenendo non sufficientemente provata la dedotta comproprietà del vano; 15) che dunque, si e' proceduto a reiterare il precedente petitum, con sostanziale modifica dello stesso da accertamento della comproprietà ad accertamento dell'esistenza di un diritto di servitù sul vano sottotetto de quo, finalizzato all'accesso all'abbaino, unica apertura per il tetto comune. Cosi concludevano: "Piaccia all'ill.mo Tribunale:-In via principale: accertare e dichiarare -e ancora qualora si dovesse ritenere per gli effetti necessario, costituire - l'esistenza di un diritto di servitù sul fondo di proprietà di parte convenuta dal contenuto corrispondente alla utilità di cui godeva l'immobile attualmente di proprietà (...) - (...) in epoca antecedente la divisione, in particolare con riferimenti al sottotetto, alla porzione del vano sovrastante il soppalco( ballatoio necessaria per raggiungere l'abbaino comune; In via subordinata : accertare e dichiarare l'intervenuta usucapione del diritto di servitù esposto nella parte in fatto a favore dei coniugi (...) e Dal canto gravante sul vano sottotetto sovrastante il soppalco-ballatoio ( posto al di sopra del ripostiglio di proprietà dei convenuti) finalizzata e necessaria per il raggiungere l'abbaino di proprietà comune. Ulteriormente condannare i coniugi (...) e (...) in via solidale tra di loro a risarcire gli attore per il danno da loro subito in relazione all'illegittima chiusura del varco che permette loro l'esercizio del diritto di servitù acquistato a titolo originario quando i due immobili hanno cessato di appartenere allo stesso proprietario; danno da liquidarsi in via equitativa secondo le risultanze dell'istruttoria, avuto anche riguardo alla proposizione da parte degli odierni attori di una precedente domanda vertente sul medesimo oggetto nonché al generale contegno da parte convenuta che si è sempre rifiutata di accondiscendere alle legittime richieste dei coniugi (...) e (...). I convenuti sig.ri (...) e (...) si costituivano tempestivamente ed eccepivano: - che, considerate anche le dimensioni ed il posizionamento della finestrella (50x50cm.) che esiste sul muro divisorio delle due proprietà, era evidente che la stessa non fosse affatto destinata a consentire il passaggio tra un vano e l'altro ; - che non era vero che l'abbaino posto sulla proprietà dei convenuti costituisse l'unico accesso al tetto, essendovene stato un altro sopra la proprietà degli attori, che questi ultimi avevano successivamente chiuso;- che non era vero che durante dei lavori di manutenzione eseguiti tra il 2005 ed il 2006 i convenuti avevano chiuso (dalla loro parte) lo sportello che insiste sull'apertura posta nel muro divisorio apponendovi un paletto metallico, essendo invece vero che detto paletto era sempre esistito, da tempo immemorabile (e, certamente, da più di vent'anni); - che non era vero che lo stato dei luoghi facesse presumere (e, peraltro, una simile presunzione, anche ove prospettabile, non avrebbe potuto costituire prova idonea del diritto rivendicato dagli attori) l'appartenenza originaria dei due immobili ad un unico proprietario, la destinazione unitaria, un originario godimento unitario nonché, infine, il fatto che l'apertura posta nel muro divisorio fosse funzionale all'accesso all'abbaino;- che, in ogni caso, l'apertura in questione mai (e comunque non negli ultimi vent'anni ed oltre) era stata usata dagli attori per accedere al sottotetto di proprietà dei signori (...) e (...) e che, ove mai gli stessi avessero provato di averlo fatto, il passaggio sarebbe avvenuto senza l'autorizzazione, contro la volontà e all'insaputa dei convenuti(e dei loro precedenti danti causa); - che, quindi, la servitù rivendicata dai signori U.S. e (...) non era mai esistita, non era mai stata costituita, non era mai stata acquisita per destinazione del padre di famiglia e non era mai stata usucapita, e in ogni caso, ove anche sorta e/o costituita, essa si era estinta per prescrizione in virtù del mancato uso protrattosi per ben oltre vent'anni; - che conseguentemente doveva ritenersi infondata ed inaccoglibile anche la domanda volta ad ottenere un risarcimento dei danni da parte dei convenuti. All'udienza del 13 marzo 2014 il G.I., verificata la regolare costituzione delle parti, concedeva loro i termini per il deposito delle memorie ex art. 183, VI co. c.p.c. e queste vi provvedevano. Gli attori modificavano la domanda (ampliandola), chiedendo di "... costituire, anche ex artt. 1032/1051 c.c., coattivamente ? un diritto di servitù sul fondo di proprietà di parte convenuta dal contenuto corrispondente all'utilità di cui godeva l'immobile attualmente di proprietà (...) - (...) in epoca antecedente la divisione, in particolare con riferimento al sottotetto, alla porzione del vano sovrastante il soppalco/ballatoio necessaria per raggiungere l'abbaino comune ...". Su tale domanda i convenuti non accettavano il contraddittorio e ne eccepivano l'inammissibilità della stessa in quanto tardiva e comunque la infondatezza. Assunta la causa in riserva (ud. 11.12.14) sull'ammissione dei mezzi istruttori richiesti dalle parti, il G.I. disponeva l'espletamento delle prove per testi e fissava all'uopo l'udienza dell'8 luglio 2015, riservandosi, all'esito, di decidere sulla richiesta c.t.u. I testimoni venivano sentiti in diverse udienze e, esaurite quasi integralmente le prove orali, all'udienza del 19 gennaio 2017 era ammessa la c.t.u. e nominato un primo perito, che, successivamente veniva revocato e sostituito con la nomina del Geom. (...). Nel frattempo si procedeva all'escussione degli ultimi testi e si costituiva il nuovo difensore dell'attrice sig.ra (...) (che aveva revocato il mandato al precedente difensore Avv. (...)), ed in data 9 aprile 2019 il C.T.U. depositava il suo elaborato peritale. Il G.I., dopo aver inizialmente fissato l'udienza di precisazione delle conclusioni, con Provv. del 18 novembre 2020 rinviava la causa all'udienza del 27 maggio 2021 per gli adempimenti ex art. 281 sexies c.p.c. assegnando i termini per il deposito di note conclusive ed eventuali repliche. Le parti provvedevano, ma l'Avv. (...), per (...), depositava solo una memoria di replica. Successivamente - dopo alcuni rinvii d'ufficio - all'udienza del 22 maggio 2022, le parti si riportavano alle conclusioni rispettivamente già precisate nelle proprie note conclusive (in particolare, per (...) e (...), si tratta delle note conclusive depositate in Cancelleria telematica il 29 marzo 2021 e delle repliche depositate il 30 aprile2021) ed il Giudice tratteneva la causa in decisione, assegnano i termini per le comparse conclusionali e le eventuali repliche. 2. Preliminarmente al merito parte convenuta ha eccepito la inammissibilità della modifica della domanda degli attori che in memoria ex art. 183 VI co. n.1 c.p.c. hanno chiesto di "... costituire, anche ex artt. 1032/1051 c.c., coattivamente ... un diritto di servitù sul fondo di proprietà di parte convenuta dal contenuto corrispondente all'utilità di cui godeva l'immobile attualmente di proprietà (...) - (...) in epoca antecedente la divisione, in particolare con riferimento al sottotetto, alla porzione del vano sovrastante il soppalco/ballatoio necessaria per raggiungere l'abbaino comune ...". La domanda svolta dagli attori in citazione è diretta all'accertamento del diritto di servitù di passaggio acquisito per destinazione del padre di famiglia o per usucapione, mentre i presupposti di costituzione coattiva cui all'art. 1052 c.c.,- sono del tutto eterogenei rispetto al diritto rivendicato per usucapione o per destinazione del padre di famiglia, nel senso che il titolo di acquisto evocato è un diritto del tutto nuovo, costituito dal giudice. Non è evocabile di conseguenza, la categoria dei diritti autodeterminati, non potendosi affermare che la "causa petendi" qui si identifichi con il diritto stesso. Se è vero, che l'accertamento della proprietà e di ogni altro diritto reale può essere fondato sui più vari titoli ad es. atto negoziale, usucapione, servitù per destinazione del padre di famiglia, senza che per questo ad ognuno di questi titoli corrisponda un diritto diverso e ne deriva che ai fini dell'accertamento del diritto i vari titoli possono essere adottati indifferentemente in primo grado e in appello senza che ci sia novità di domanda, in quanto si tratta sempre di un'unica azione (e il titolo che viene dedotto non è altro che la prova della proprietà o del diritto reale di cui si chiede l'accertamento), nella specie non può invocarsi tale principio in quanto la domanda di costituzione di servitù coattiva svolta in memoria ex art. 183 VI co n.1 c.p.c. è fondata su "causa petendi" e "petitum" diversi da quelli dell'azione confessoria e diretta alla pronuncia di una sentenza costitutiva (Sez. 2, n. 1682, 18/2/1991, Rv. 470957; conf. Cass. n. 19758/2011). Col risultato che la domanda di costituzione di una tale servitù non avrebbe potuto essere proposta tardivamente neppure evocandosi la teoria dei diritti autodeterminati (Cfr., Cass. 2021 n. 2124. 3. E stata evidenziato nel presente giudizio che, tra le stesse parti e con riferimento ai medesimi fatti e luoghi, vi è già stato già un precedente giudizio, sempre introdotto dagli odierni attori nei confronti degli odierni convenuti. Si tratta del procedimento portante il n. 1774/2007 di R.G. del Tribunale di Pisa (atto di citazione: DOC. 3 di parte convenuta), che i signori (...) e (...) hanno promosso al fine di ottenere il riconoscimento di un diritto di comproprietà sulla porzione di vano sottotetto attraverso la quale ora si chiede esercitare una servitù di passaggio. Il relativo giudizio nel corso del quale veniva anche svolta una CTU, esitava nella decisione n. 441/13 (G.U. Dott. (...)), che rigettava la domanda, ritenendo non sufficientemente provata la dedotta comproprietà del vano. La domanda proposta nel presente giudizio ha comunque ad oggetto un diverso petitum, ed è finalizzata all' accertamento dell'esistenza di un diritto di servitù sul vano sottotetto de quo, finalizzato all'accesso all'abbaino, unica apertura per il tetto comune e pertanto la sua delibazione non è preclusa dal giudicato. 4. L'art. 1062 c.c. prevede che possa costituirsi una servitù quando due fondi, nel passato appartenuti e posseduti da uno stesso soggetto, siano destinati l'uno a servizio dell'altro. Nel momento in cui i due fondi vengono divisi e, cioè, ceduti, a due diversi acquirenti, lasciando, tuttavia, lo stato di fatto per il quale un fondo é gravato da un peso a favore di un altro fondo, si costituisce la servitù ope legis. In sostanza, perché operi l'istituto in esame é necessario: a) che i due fondi, appartenuti in origine allo stesso proprietario, siano da lui posti in una situazione di oggettiva subordinazione o di servizio, l'uno rispetto all'altro, atta ad integrare di fatto il contenuto di una servitù prediale; b) che tale situazione persista o perduri nel momento in cui i due fondi cessino di appartenere al medesimo proprietario; c) che esistano opere visibili e permanenti evidenzianti, in termini inequivoci, la relazione di asservimento; d) l'assenza di disposizioni relative alla servitù. 5.Parte convenuta contesta a parte attrice di non aver dato prova della appartenenza della unitaria proprietà. La prova della servitù per destinazione del padre di famiglia postula che, al momento in cui i due fondi cessano di appartenere ad unico proprietario, le opere destinate all'esercizio della servitù preesistano alla divisione o all'alienazione del fondo e siano state poste o lasciate nello stato dal quale risulta la servitù, ovvero in una situazione oggettiva di subordinazione o di servizio, che integri, de facto il contenuto della servitù; l'apparenza è indispensabile per poter ritenere costituita questa servitù e non la volontà dei condividenti, desumibile dall'atto negoziale, di asservire un fondo ad un altro fondo". "Ed anche qualora un unico fondo, originariamente pervenuto in successione a due eredi per quote indivise, venga successivamente frazionato da questi ultimi in porzioni distinte in sede di divisione, la situazione di assoggettamento di fatto di una di tali porzioni rispetto all'altra é idonea a determinare la costituzione di una servitù prediale per destinazione del padre di famiglia, con decorrenza da detta divisione"). Ora il presupposto imprescindibile di tale modo di costituzione ope legis a titolo originario della servitù, costituito dall'appartenenza originaria dei due fondi ad un unico proprietario, è presente nella corrente fattispecie. Ed in tema di costituzione di servitù per destinazione del padre di famiglia, la locuzione "stesso proprietario che abbia posseduto i fondi attualmente divisi" può essere riferita tanto all'unico proprietario, quanto a più proprietari in comune, poiché in entrambi i casi viene integrato il requisito dell'unicità del diritto dominicale sul bene. Sul punto parte attrice ha richiamato i contratti di provenienza (doc. 1 attori e convenuti - atti Ci. e Sa. - v. anche nota 1 -), ove si riporta chiaramente sia la menzione (pag. 4) della comunanza dell'abbaino che trovasi nel sottotetto, sia la presenza, tra i venditori, di (...), proprietaria confinante (pag. 3) ed "erede universale" (punto E) di uno degli originari comproprietari menzionati nell'atto Sa. nel paragrafo "cenno storico ventennale riferito ai beni in oggetto. (...), quindi, dante causa - sino al 2005 - dei convenuti (...) in quanto originaria proprietaria (evidentemente nel contesto dei passaggi in gran parte descritti nel paragrafo citato) sia del bene ceduto al figlio ed alla nuora, che di quello venduto assieme ad altri soggetti nel 1981 a (...) e (...), ha garantito a questi ultimi - unitamente agli altri coeredi del 1 unico proprietario, venditori -, come sopra riportato, "i diritti di condominio sulle parti impianti dello stabile secondo legge e consuetudine e, in particolare ...sull'abbaino che trovasi nel sottotetto". E' poi da notare ulteriormente come dall'atto Sa. si evinca anche che il bene venduto agli (...) - (...) fosse in origine riconducibile (come presumibilmente quello confinante, venduto dalla (...) al figlio ed alla nuora, attuali convenuti, nel 2005) ad un unico proprietario originario, il sig. (...) (punto A del "ventennale). 6- La prova della servitù per destinazione del padre di famiglia postula poi che, al momento in cui i due fondi cessano di appartenere ad unico proprietario, le opere destinate all'esercizio della servitù preesistano alla divisione o all'alienazione del fondo e siano state poste o lasciate nello stato dal quale risulta la servitù, ovvero in una situazione oggettiva di subordinazione o di servizio, che integri, de facto il contenuto della servitù. Ora la presenza di uno sportello messo sul muro di confine è confermato intorno alla fine degli anni 80, in occasione dei sopralluoghi eseguiti sulla proprietà di (...) ed è il teste B. che ha riconosciuto già esistente nell'80 lo sportello in legno dalle fotografie 6 b e 6 c, e che è mostrato dal lato (...) e dal lato opposto. E la teste (...), che ha abitato nella casa dal 76 al 89 ora di proprietà del fratello, ha riconosciuto l'esistenza già all'epoca dello sportello mostrato dalle fotografie anche se ha dichiarato che è sempre stato chiuso ed ha dichiarato che nella casa c'era nata e che c'era stata fino a sette anni e poi ci è tornata dal 76 all'89. E poi la ha riconosciuto il passaggio per l'abbaino dal lato ora (...)". Lo stato dei luoghi descritto oggetto di valutazione è dunque quello stesso presente prima della vendita a (...) nell'81 ed a (...) nel 2005 in un periodo di appartenenza dell'immobile ad un unico proprietario. Lo stesso ctu rileva che la finestra in discussione appare esistente da tempo immemorabile e che certamente risalgono all'appartenenza del bene ad unico proprietario. 7- Per giurisprudenza pacifica, l'art. 1062 c.c. si applica alle sole servitù apparenti. Di ciò ne é un chiaro indice il fatto che l'art. 1062 c.c. richiede che il proprietario originario abbia lasciato "le cose nello stato dal quale risulta la servitù". Tali "cose" altro non sono se non le opere visibili e permanenti inequivocabilmente strumentali all'esercizio della servitù e rivelatrici dell'esistenza di un peso a carico di un fondo in funzione dell'utilità dell'altro, la cui esistenza consente di qualificare una servitù come apparente. In particolare, il requisito dell'apparenza deve rivelare in modo inequivoco l'esistenza del peso gravante sul fondo servente nonché il contenuto e le modalità di esercizio del corrispondente diritto di asservimento in quanto deve far presumere la conoscenza al proprietario del fondo asservito (Cass. 14292/17; Cass. 10425/01; Cass. 277/97). Le opere deputate a render riconoscibile lo stato di asservimento del fondo, quindi, devono essere di tal natura da comunicarne l'esistenza senza necessità di particolari interpretazioni e indagini ovvero senza che neppure allo scopo divenga indispensabile l'intervento di un perito, occorrendo, piuttosto, che in un qualunque osservatore, a cominciare dal proprietario del fondo servente, s'insinui il legittimo sospetto - se non la conoscenza - che il fondo sia gravato dal peso. Il punto di osservazione per valutare se le opere sono visibili é quello del fondo servente (Cass. 321/98) o anche esterno al fondo servente, purché visibile da quest'ultimo, in modo che possa presumersene la conoscenza da parte del proprietario di quest'ultimo (Cass. 22290/04). Conseguentemente, il requisito della subordinazione deve essere ricercato non già nell'intenzione del proprietario del fondo di destinarlo ad un certo uso, bensì nella natura delle opere oggettivamente considerate, in quanto nel loro uso normale determinino il permanente assoggettamento del fondo vicino all'onere proprio della servitù. Nel caso in oggetto è in discussione l'accesso alla copertura che seppure in modo non agevole ed in condizioni di scarsa sicurezza, come osservato dal ctu, avviene tramite un c.d. abbaino dotato di piccola finestrella, accessibile mediante alcune scalette metalliche infisse nella muratura internamente dal piano primo, in quella porzione a tetto, dell'unità immobiliare di proprietà dei convenuti (...) - (...), a cui accedono da una porta presente nella loro abitazione. L'unico accesso al tetto è rappresentato dal predetto abbaino, che ( abbaino) è in comproprietà, mentre come è emerso in atti non esiste più una botola ovvero il lucernaio (oggi non più presente) richiamato dai testi e non è stato possibile al ctu trarre indicazioni né dimensionali né di caratteristiche tipologiche tali da far comprendere se consentisse o meno il passaggio di persone . L'unità dei convenuti ha l'accesso per raggiungere la copertura dell'edificio dalla propria abitazione e su questo non ci sono incertezze. Il percorso è descritto dai testi. In particolare il teste (...) ha dichiarato "che ci sono i pioli nel muro tipo scala, poi c'è una specie di soppalco fatto di tavolacce in legno . Una volta arrivati sul soppalco con l'aiuto dei pioli bisogna mettere una scala sul soppalco e si arriva all'abbaino; ed anche il teste (...) ha chiarito che "sempre al piano di sopra - della casa di (...) , di cui è stato inquilino c'era uno stanzino ripostiglio dal quale si accedeva alla soffitta, lo stanzino aveva una porta; all'interno dello stanzino c'era un soppalco sul quale ci si poteva montare e lo stato dei luoghi è ben documentato dalle fotografie allegate alla ctu. Quello che si discute è di una piccola apertura posizionata nel muro divisorio a comune tra i due fabbricati di proprietà delle parti in causa internamente al vani sottotetto . In particolare l'apertura, come descritta anche dal C.T.U., è posizionata, nella porzione immobiliare di proprietà degli attori (...) e (...) nel vano sottotetto ed ha forma rettangolare delle dimensioni in altezza di cm. 68 e larghezza 65 è provvista di infisso in legno delle dimensioni di cm.52x52 dotato di vetro trasparente e di paletto di chiusura azionabile sul versante di proprietà di parte convenuta. Afferma parte attrice che tale sportello in legno e vetro non può qualificarsi come semplice mezzo per far accedere luce ed aria al vano sottotetto di (...). - Dal canto, e che per la sua conformazione non appare qualificabile come luce ma come apertura per il transito tra un vano e l'altro e da consentire l'accesso all'abbaino a comune, talchè non sussistendo altra apertura, l'accesso all'abbaino comune ed al tetto è possibile ictu oculi agli attori solo ed esclusivamente attraverso il vano sottotetto. L'abbaino d'accesso al tetto ( comune) realizzato ab origine sulla porzione di copertura oggi in proprietà dei convenuti ed il relativo vano sottostante ( questo ultimo di proprietà (...)) costituiscano per le parti attrici l'unico accesso al tetto comune, sia per la porzione sovrastante l'abitazione di (...) +2, sia per la porzione sovrastante l'abitazione (...) +1... Anche Il CTU ha chiarito che l'unico accesso al tetto delle unità immobiliari degli attori e dei convenuti poste in P., Via di (...) nn. 209 e 211 al momento del sopralluogo avveniva a mezzo di abbaino comune alle due proprietà ed ha concluso "alla luce delle risultanze delle ispezioni svolte, degli accertamenti condotti e della documentazione potuta reperire, che è presumibile che tale apertura ubicata nel muro divisorio tra le proprietà degli odierni attori e dei convenuti sia stata operata in tempo immemore per garantire l'accesso al tetto dall'unità ora degli attori (...) - (...) attraverso la porzione immobiliare di proprietà dei convenuti a mezzo del detto abbaino. Tale conclusione non è condivisibile in diritto. Se questo era lo stato preesistente , in caso di unico proprietario, l'accesso all'abbaino ed al tetto, anche essi appartenenti ad unico proprietario, avveniva dalla parte ora di proprietà (...) , dalla porta del ripostiglio, ma la proprietà era unica ,non divisa ed il godimento unitario e quindi la finestra sul sottotetto nel muro divisorio aveva l' unica funzione di finestra che oggettivamente emerge dalla sua struttura cioè di dar luce ed aria ed anche perché per l'accesso all'abbaino ed al tetto esisteva già il passaggio dal ripostiglio, appartenente allo stesso unico proprietario. La questione si è posta dopo la separazione della unica proprietà, perché si sono create più unità immobiliari, con godimento separato. Ma nella originaria destinazione, che è quella descritta, esisteva il passaggio per accedere all'abbaino ed al tetto dalla porta del ripostiglio della abitazione, ora di (...), con accesso al tetto ed esisteva poi un finestra su muro divisorio per luce ed aria. Nel momento in cui i due fondi o le due parti del fondo vengono separate ossia vengono ad appartenere a diversi soggetti, proprietari ciascuno di una parte, tale situazione soggettiva si pone di per sé come fatto costitutivo di una servitù avente tuttavia il contenuto corrispondente all'utilità già garantita di fatto a uno dei due fondi o delle due parti dello stesso fondo. L'apertura di cui si discute è una apertura di piccole dimensioni e la struttura in legno è di 50 cm x 50 cm, e di per sé non è intrinsicamente e strutturalmente deputata al passaggio di una persona e non è dotato di opere visibili al passaggio, come maniglie per aiuto nel passaggio o per la presa o , gradini sotto la finestra lato (...), che connotino l'asservimento al passaggio. Nè rileva che la finestrella nel muro divisorio sia delle stesse dimensioni dello sportellino posto a chiusura dell'abbaino comune perché la ridotta dimensione di detto sportellino è funzionale alla apertura e chiusura del tetto, mentre la finestrella si trova su muro divisorio ed il passaggio da un locale all'altro è dato dalla porta e non dalla finestra. Non vi sono segni visibili esteriori permanenti diretti a manifestare la destinazione al passaggio da un vano all'altro e la finestra per le sue caratteristiche funzionali, in legno e vetro e per le ridotte dimensioni manifesta esteriormente la sua vocazione naturale a dare luce ed aria alla stanza degli attori. La finestra anche aperta tra due fondi allo stesso livello è destinata esclusivamente a guadare verso l'immobile altrui e a dare luce ed aria, mentre la funzione di una porta è di consentire il passaggio ( Cass. 2010 n.10746). Lo stato dei luoghi non fa desumere che l'apertura posta sul muro divisorio sia funzionale all'accesso all'abbaino, prima anche esso di proprietà di unico proprietario, ora comune. La presenza di segni visibili permanenti è elemento fondante l'acquisto di servitù di passaggio ex art. 1062 c.c. (come anche per l'usucapione). La giurisprudenza ha ripetutamente affermato, con riguardo alla servitù di passo, che "non basta l'esistenza di una strada o di un percorso all'uopo idonei, essendo viceversa essenziale che essi mostrino di essere stati realizzati al preciso scopo di dare accesso al fondo preteso dominante attraverso quello preteso servente ed occorrendo, pertanto, un "quid pluris" che dimostri la loro specifica destinazione all'esercizio della servitù" (Cass. 7004/17). Ma nel caso della finestrella nessuna prova di un quid pluris è emersa, anche perché , si ribadisce, al momento della appartenenza all'unico proprietario, il passaggio all'abbaino ed al tetto avveniva , di proprietà unica, dal lato, ora di (...), tramite la porta esistente nella abitazione. Questo era lo stato dei luoghi e situazione di asservimento. Non può essere riconosciuta l'esistenza di servitù come richiesta per destinazione del padre di famiglia. 8. Non risulta provato neppure l'acquisto del diritto di servitù per usucapione. In primo luogo per la stessa ragione, richiamata sopra per il rigetto della domanda ex art. 1062 c.c.,in quanto non vi è prova delle opere visibili e permanenti del passaggio dalla finestrella. La (...) Corte ha chiarito che ai fini dell'acquisto per usucapione di una servitù di passo si richiede che le opere visibili e permanenti, obiettivamente destinate al suo esercizio, siano esistite ed abbiano avuto tale destinazione per tutto il tempo prescritto dalla legge per usucapire, e quando, come in tema di servitù di passaggio, oltre alle opere visibili, sia richiesta una determinata attività, è altresì necessario che le opere siano strumentalmente utilizzate per l'esercizio del possesso della servitù per lo stesso periodo di tempo, che prende inizio dal giorno in cui le opere strumentali all'esercizio della servitù siano venute ad esistenza, quando con tale giorno coincide quello del primo atto di esercizio, e dal giorno del primo di tali atti quando questi vengano posti in essere in un periodo successivo (Cass. civ. n. 3472/1989). In relazione a una servitù di passaggio non è sufficiente dimostrare l'esistenza di un sentiero o di tracce di passaggio dovendosi anche dar prova da quando le tracce visibili e permanenti e obiettivamente destinate al passaggio abbiano avuto inizio. Altrimenti il requisito dell'apparenza potrebbe essere sorto anche in un momento successivo ed in tal caso non potrebbe considerarsi trascorso il tempo necessario alla usucapione (Cass. 2011 n. 5733). Nel caso in oggetto non vi prova di opere strumentali al passaggio. Gli attori non hanno fornito le benché minima prova della presenza di opere visibili e permanenti presenti sulla apertura nel muro divisorio e la struttura stessa di tale sportello per come già descritta, depone per la esistenza di un finestra per luce ed aria e non per il passaggio nel vano adiacente. Oltretutto parte attrice non ha neppure fornito la prova del passaggio dalla finestrella. La teste (...) riferisce che suo padre vi passava, ma che non lo ha mai visto passare dalla finestra e che le è stato riferito dal padre e si tratta di dichiarazione de relato actoris. Il teste (...) riferisce di una sola occasione in cui (...) sarebbe entrato dalla finestra per accedere al tetto e la colloca nel 1995 e tale circostanza è confermata anche dal teste (...). Riferisce il teste (...) che una volta varcato lo sportello sul lato destro ci sono delle maniglie metalliche che permettono agevolmente di raggiungere il soppalco e poi il lucernario e dal lucernario al tetto. Gli altri testi di parte convenuta, sono a conoscenza dello sportello sul muro divisorio ma non hanno m ai visto direttamente (...) accedere dalla finestrella. Il teste (...), della cui credibilità non vi è motivo di dubitare, perché geom in rapporti professionali con l'attore, ha dichiarato: "non ho memoria di aver mai visto direttamente accedere il mio cliente al vano sottotetto. Anche se ha dichiarato di essere a conoscenza dello sportello , ma che non ha mai visto passare attraverso lo sportelo i signori (...) ed ha anche riconosciuto la chiusura metallica posta sul lato di proprietà (...) - (...) (foto 6 b e 6c) . Così il teste I., altro tecnico ,incaricato dai convenuti, conferma di aver visto lo sportello in occasione di un sopralluogo nel 2002 e c'era un paletto in metallo che chiude l'infisso e posto dalla parte (...) ed ha dichiarato che non vi ha mai visto passare di lì (...) e (...). E così anche la teste (...) che ha dichiarato che lo sportello è sempre stato chiuso, con un paletto di metallo dal lato (...), come ha riconosciuto mostrato dalle fotografie (9IV e 10 VII). Dunque non risulta provato il passaggio anche discontinuo dalla finestra per salire sul tetto nell'arco del ventennio ad usucapionem. 9. Non si può tuttavia non rilevare che, a seguito della separazione della originaria unitaria proprietà dell'immobile e a seguito del riconoscimento della proprietà comune dell'abbaino che dà accesso al tetto comune, gli attori non abbiano alcun accesso dalla loro unità immobiliare sia all'abbaino che al tetto. La problematica della interclusione del fondo degli attori e della costituzione coattiva ex art. 1051 c. è domanda nuova ed è stata introdotta solo in memoria ex art.183 VI co n.1. c.p.c.. e pertanto non può essere trattata in questa perché tardiva, seppure deve darsi atto in linea generale , a confutare quanto rilevato sul punto da parte convenuta, che la giurisprudenza ha sempre ritenuto che l'esenzione in esame, prevista dall'art. 1051, co. 4 c.c., sia non assoluta ma relativa. "In materia di servitù di passaggio coattivo, l'esenzione prevista dall'art. 1051, comma 4, c.c., in favore di case, cortili, giardini e aie ad esse attinenti, opera nel solo caso in cui il proprietario del fondo intercluso abbia la possibilità di scegliere tra più fondi, attraverso i quali attuare il passaggio, di cui almeno uno non sia costituito da case o pertinenze delle stesse; la norma indicata non trova invece applicazione allorché, rispettando l'esenzione, l'interclusione non potrebbe essere eliminata, comportando l'interclusione assoluta del fondo con conseguenze più pregiudizievoli rispetto al disagio costituito dal transito attraverso cortili, aie, giardini e simili. Nel giudizio di comparazione, ispirato ai principi costituzionali in materia di proprietà privata dei beni immobili e di iniziativa economica privata, il giudice deve tener conto dell'eventuale destinazione industriale del fondo intercluso, contemperando, anche mediante lo strumento indennitario, i contrapposti interessi. (Cass. 17156/19). In ogni caso non pare mai escludibile l'operatività dell'art. 843 c.c.. 10. Conseguentemente va rigettata la domanda attrice siccome infondata e tutte le altre domande ad essa conseguenti e collegate. -Assorbita l'eccezione di prescrizione sollevata da parte attrice in quanto solo una volta accertata la valida costituzione della servitù in b ase ad un titolo idoneo il giudice può accertare il non uso ventennale e quindi dichiarane l'intervenuta estinzione, non potendosi operare una totale inversione dell'ordine logico dei fattori omettendo di indagare sul tema della esistenza per usucapione o destinazione padre famiglia del diritto di servitù ed affrontare invece il tema logicamente successivo della intervenuta estinzione del diritto predetto. -Respinta la domanda di parte convenuta ex art. 96 c.p.c. per difetto dei presupposti in particolare della dimostrazione della mala fede. -Le spese di causa liquidate come in dispositivo seguono la soccombenza, tenuto conto che la causa è di valore indeterminabile complessità media. P.Q.M. Il Tribunale di Pisa, nella persona del Giudice monocratico Onorario dr.ssa Paola Arnaldi-definitivamente pronunciando sulla domanda proposta da parte attrice, ogni diversa istanza, eccezione e difesa disattesa e respinta, così provvede: Rigetta le domande attrici siccome infondate. -respinge l'istanza ex art. 96 III co c.p.c. proposta da parte convenuta; -Condanna gli attori a rimborsare in solido tra di loro in favore dei convenuti le spese di causa che si liquidano in complessivi Euro 7.600,00 per compenso di avvocato, oltre al 15% per spese generali, oltre CAP e IVA se non detraibile, e successive occorrende. Le spese di CTU rimangono a carico di parte convenuta. Così deciso in Pisa il 23 gennaio 2023. Depositata in Cancelleria il 24 gennaio 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI PISA SEZIONE CIVILE in persona del giudice monocratico dott.ssa Teresa Guerrieri ha pronunciato la seguente SENTENZA Nella causa civile iscritta al n.199 del RGAC dell'anno 2015 avente ad oggetto: opposizione a decreto ingiuntivo TRA (...) (C.F.: (...)) rappresentato e difeso dagli avvocati (...), elettivamente domiciliato in Pisa, (...), OPPONENTE E (...) S.P.A. (P.I.: (...)), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato (...) ed elettivamente domiciliata in Pisa, via (...); OPPOSTA E (...), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato (...) ed elettivamente domiciliata in Pisa, via (...); INTERVENUTA FATTO E DIRITTO 1. (...), con atto di citazione notificato in data 16 gennaio 2015, ha proposto opposizione al decreto ingiuntivo n. 2036/2014 emesso dal Tribunale di Pisa, con il quale gli era stato intimato il pagamento della complessiva somma di Euro 259.378,98 oltre agli interessi ed alle spese e competenze per la fase monitoria, a titolo di saldo debitorio del conto corrente n. (...) (già n. (...)). L'attore, in via principale, ha chiesto che fosse dichiarata la nullità e/o l'inefficacia del decreto opposto, con conseguente revoca in ogni sua parte e statuizione. In subordine, ha domandato di accertare e dichiarare la somma effettivamente dovuta dall'attore in forza del rapporto di conto corrente. Nello specifico, l'attore ha lamentato che il decreto ingiuntivo era stato emesso in mancanza di prova del credito e ne ha contestato l' an ed il quantum, rilevando la necessità di provvedere all'accertamento del rispetto del tasso soglia applicato all'apertura di credito in conto corrente. 2. Con comparsa di risposta, depositata in data 24 aprile 2015, si è costituita in giudizio la (...) di (...) (...) S.P.A., chiedendo il rigetto dell'opposizione e la condanna del (...) al pagamento delle somme ingiunte. In ipotesi, ha chiesto di accertare e condannare l'attore a corrispondere la somma effettivamente dovuta. 3. Nel corso del giudizio è intervenuta, ex articolo 111 c.p.c., (...) nella qualità di acquirente pro soluto dei crediti oggetto di causa, chiedendo l'estromissione dal giudizio di (...) di (...). 4. La causa è stata istruita mediante produzioni documentali e con l'espletamento dell'interrogatorio formale dell'opponente. Al fine di determinare l'effettivo saldo finale del conto corrente, stata disposta una prima CTU contabile ed un'ulteriore integrazione della consulenza, conformemente all'orientamento recentemente affermato dalla Suprema Corte di Cassazione a Sezioni Unite (sentenza n. 19597/20), in materia di usura moratoria. 5. Ciò premesso, in via preliminare, deve essere respinta l'istanza di estromissione di (...) dal giudizio, che era stata formulata dall'intervenuta, perch controparte non ha espresso il relativo consenso, ai sensi del comma 3 dell'articolo 111 c.p.c.. 6. Quanto all'eccezione di prescrizione, formulata dalla intervenut a con la comparsa conclusionale essa va considerata tardiva. Secondo il consolidato orientamento giurisprudenziale, la comparsa conclusionale assolve unicamente una funzione illustrativa delle domande e delle eccezioni ritualmente introdotte nel giudizio e sulle quali si sia instaurato il contraddittorio delle parti, non potendo di regola contenere domande o eccezioni nuove. Sicché è inammissibile l'eccezione di prescrizione in essa formulata per la prima volta (vedi Cass. Ordinanza n.315 del 12/01/2012). 7. Nel merito, l'opponente lamenta la mancanza della prova circa l'esistenza e la quantificazione del credito azionato in via monitoria, atteso che la banca non ha prodotto il contratto di conto corrente. In verità, la convenuta ha provveduto a depositare il contratto di apertura di credito in conto corrente con garanzia ipotecaria, che rappresenta la fonte negoziale del rapporto debitorio oggetto di causa, nonché, i relativi estratti conto, riconosciuti dallo stesso opponente in sede d'interrogatorio formale. Pertanto, risulta documentata l'esistenza del credito vantato nei confronti del (...), così come risultano documentate le relative pattuizioni contrattuali. Per quanto concerne la durata del contratto di apertura di credito e le proroghe tacite susseguitesi oltre la data di scadenza, deve osservarsi come l'effettivo utilizzo del credito in capo al correntista, che ha continuato ad emettere assegni utilizzando lo scoperto accordato pur dopo la scadenza(circostanza confermata in sede d'interrogatorio formale) elemento dal quale desumere la piena consapevolezza della proroga disposta dalla Banca e tacitamente assentita dal cliente. Residua di accertare, invece, la corretta quantificazione della somma dovuta. Quanto alle questioni sottese all'illecita contabilizzazione di somme non dovute, deve rilevarsi come nel corso del giudizio sia stata disposta una consulenza tecnica d'ufficio per mezzo della quale l'ausiliario ha accertato che Dall'analisi effettuata, valutando i movimenti e i prospetti riepilogativi trimestrali delle competenze addebitate dalla banca, si evince che le somme da recuperare ammontano ad Euro 52.634,59. Tale valore è stato calcolato come differenza tra il saldo reale del conto corrente di Euro -262.358,92 e il saldo risultante dal riconteggio effettuato, che è di Euro -209.724,33. La differenza tra i saldi è scomponibile in Euro 50.074,07 come differenza tra gli interessi reali e quelli ricalcolati, Euro 265,61 come Commissioni di Massimo scoperto enucleate nel riconteggio e Euro 2.294,91 come spese ed oneri enucleate nel riconteggio. Gli accertamenti compiuti dal CTU devono ritenersi pienamente condivisibili anche alla luce della loro rispondenza rispetto ai più recenti orientamenti della giurisprudenza di legittimità in materia di contratti bancari. Ed infatti, l'ausiliario ha determinato le somme non dovute alla banca tenendo conto delle spese e delle commissioni illegittimamente addebitate. In riferimento alla determinazione del tasso usurario il consulente ha correttamente applicato i principi elaborati dalla giurisprudenza e, più in particolare, quanto ritenuto dal giudice della nomofilachia secondo il quale: "In tema di contratti bancari, con riferimento ai rapporti svoltisi, in tutto o in parte, nel periodo anteriore all'entrata in vigore (il 1 gennaio 2010) delle disposizioni di cui all'art. 2 bis del D.L. n. 185 del 2008, inserito dalla legge di conversione n. 2 del 2009, ai fini della verifica del superamento del tasso soglia dell'usura presunta, come determinato in base alle disposizioni della L. n. 108 del 1996, va effettuata la separata comparazione del tasso effettivo globale (TEG) degli interessi praticati in concreto e della commissione di massimo scoperto (CMS) eventualmente applicata, rispettivamente con il "tasso soglia" - ricavato dal tasso effettivo globale medio (TEGM) indicato nei decreti ministeriali emanati ai sensi dell'art. 2, comma 1, della predetta L. n. 108 del 1996 - e con la "CMS soglia" - calcolata aumentando della metà la percentuale della CMS media pure registrata nei ridetti decreti ministeriali -, compensandosi, poi, l'importo dell'eccedenza della CMS applicata, rispetto a quello della CMS rientrante nella soglia, con l'eventuale "margine" residuo degli interessi, risultante dalla differenza tra l'importo degli stessi rientrante nella soglia di legge e quello degli interessi in concreto praticati " (così, Cass. civ., 16303/2018). La consulenza tecnica d'ufficio va condivisa anche nella parte in cui ha escluso l'illecita corresponsione di interessi anatocistici per effetto della clausola di reciprocità. Al riguardo, giova evidenziare come a seguito della novella introdotta dall'art. 25, co. 2, D.Lgs. 4 agosto 1999, n. 342, che ha modificato l'art. 120 co. 2 TUB, nonch della Del.CICR 9 febbraio 2000, che ha dato attuazione alla normativa primaria, è da considerarsi legittima la capitalizzazione trimestrale degli interessi, a condizione che tale periodicità sia stabilita sia per gli interessi attivi che passivi. La predetta delibera ha stabilito, all'art. 7, che le condizioni applicate ai contratti stipulati anteriormente alla sua entrata in vigore avrebbero dovuto essere adeguate alla nuova disciplina entro il 30 giugno 2000 e i relativi effetti si sarebbero prodotti a decorrere dal successivo l luglio 2000; ha altresì stabilito che, qualora le nuove condizioni contrattuali non avessero comportato un peggioramento delle condizioni precedentemente applicate, le banche e gli intermediari finanziari, entro il medesimo termine del 30 giugno 2000, avrebbero potuto provvedere all'adeguamento, in via generale, mediante pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana nonché mediante opportuna comunicazione per iscritto alla clientela alla prima occasione utile e, comunque, entro il 31 dicembre 2000, mentre nel caso in cui le nuove condizioni contrattuali avessero comportato un peggioramento delle condizioni precedentemente applicate, esse avrebbero dovuto essere approvate dalla clientela. La consulenza va condivisa anche relativamente alla considerazione nell'ambito della disciplina antiusura degli interessi moratori. Il giudice della nomofilachia ha stabilito, infatti, che la mancata indicazione dell'interesse di mora nell'ambito del T.e.g.m. non preclude l'applicazione dei decreti ministeriali, i quali contengano comunque la rilevazione del tasso medio praticato dagli operatori professionali, statisticamente rilevato in modo del pari oggettivo ed unitario, essendo questo idoneo a palesare che una clausola sugli interessi moratori sia usuraria, perché "fuori mercato", donde la formula: "T.e.g.m., più la maggiorazione media degli interessi moratori, il tutto moltiplic ato per il coefficiente in aumento, più i punti percentuali aggiuntivi, previsti quale ulteriore tolleranza dal predetto decreto. Il superamento del tasso soglia determina l'applicazione dell'articolo 1815 c.c., comma 2, onde non sono dovuti gli interessi moratori pattuiti, ma vige l'art. 1224 c.c., comma 1, con la conseguente debenza degli interessi nella misura dei corrispettivi lecitamente convenuti ( cfr Cass. S.U. sentenza n. 19597/20). In ossequio ai principi richiamati, il nominato CTU, nella relazion e depositata il 24 maggio 2021, ha accertato il superamento del tasso soglia ed ha ricalcolato l'effettiva somma dovuta dal (...), che ammonta ad Euro 209.724,33 in luogo della somma richiesta con decreto ingiuntivo, che era pari a Euro 262.358,92 Tale riconteggio appare corretto e le conclusioni rispondono in modo esaustivo ai quesiti posti, con argomentazioni esenti da vizi logici e contraddizioni. 8. Le spese di lite devono essere compensate alla luce della parziale soccombenza reciproca. 9. Le spese per la consulenza tecnica d'ufficio, per le stesse ragioni di cui al punto che precede, devono essere poste per metà in capo all'attore e per l'altra metà in capo alla convenuta ed all'intervenuta, in solido fra loro. P.Q.M. Il Tribunale di Pisa, Sezione Civile, in persona del giudice monocratico dott.ssa Teresa Guerrieri, definitivamente pronunciando sulla causa in oggetto, così provvede: 1) revoca parzialmente il decreto ingiuntivo n. 2036/2014 del Tribunale di Pisa e, per l'effetto, condanna (...) al pagamento in favore di (...) e di (...).della somma di Euro 209.724,33; 2) compensa le spese di lite; 3) pone le spese per la consulenza tecnica d'ufficio definitivamente per metà in capo a (...) e, per l'altra metà, in capo a (...) (...) (...) ed a (...), in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, in solido fra loro. Così deciso in Pisa il 23 gennaio 2023. Depositata in Cancelleria il 23 gennaio 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI (...) Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. Eleonora Polidori ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 5193/2018 promossa da: (...) (C.F. (...)) e (...) (C.F. (...)), con il patrocinio dell'Avv. Ce.Lu. (numero fax: (...); indirizzo pec: (...)), elettivamente domiciliati in Firenze ((...)), Via (...) PARTI ATTRICI contro (...) (C.F. (...)), con il patrocinio dell'Avv. Ce.Da. (C.F. (...); numero fax: (...); indirizzo pec: (...)) e dell'Avv. Ba.Va. (C.F. (...); numero fax: (...); indirizzo pec: (...)), elettivamente domiciliato in (...) ((...)), Borgo (...) (...) (P.IVA (...)), con il patrocinio dell'Avv. Fi.Ca. (C.F.: (...); numero fax: (...); indirizzo pec: (...)) e dell'Avv. Fr.El. (C.F. (...)), elettivamente domiciliata in (...) ((...)), Via (...) PARTI CONVENUTE CONCISA ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE Con ricorso depositato in data 13.11.2018, (...) e (...) convenivano davanti al Tribunale di (...) il dott. (...) e (...), esponendo i seguenti fatti: Nel mese di marzo dell'anno 2010 il sig. (...), rispettivamente fratello e figlio degli odierni attori, riceveva diagnosi di "lesione espansiva sfenoetmoidale sinistra con erosione esterna del seno sfenoidale", a seguito di esame diagnostico a mezzo T.A.C. eseguito presso l'ospedale de L'Aquila; Il 15.04.2010, il sig. (...) veniva visitato dal dott. (...) presso l'(...) di otorinolaringoiatria e ricoverato con diagnosi di "neoplasia sfenoetmoidale sinistra". Deducevano gli attori che, prima del predetto ricovero, il congiunto si era rivolto al prof. (...) presso il Policlinico di Roma Tor Vergata e, stante l'iniziale impossibilità di procedere al ricovero presso il nosocomio romano, aveva deciso di proseguire l'iter clinico presso l'(...) convenuta; Durante il periodo di ricovero ospedaliero, il dott. (...) escludeva la particolare aggressività della patologia del sig. (...), il quale veniva sottoposto ai seguenti esami: prelievo bioptico in anestesia locale nella cavità nasale eseguito il 16.04.2010 e risultato inidoneo a fini diagnostici; risonanza magnetica con mezzo di contrasto eseguita il 17.04.2010, evidenziante "la presenza di una lesione espansiva con caratteri di malignità, localizzata in sede nasale posteomedio-superiore, etmoidale posteriore e sfenoidale sinistra"; ulteriore esame bioptico in anestesia locale eseguito il 20.04.2010, inconferente a fini diagnostici; In data 23.04.2010 il sig. (...) sottoscriveva modulo di consenso informato e veniva sottoposto, su proposta del dott. (...), ad intervento diagnostico consistente nel prelievo bioptico con mezzo endoscopico eseguito in anestesia generale, al quale era correlato un rischio di mortalità di ordine pari a 0,5-1%. Durante l'intervento si verificava un sanguinamento ingravescente. I sanitari, dovendo accertare la sede del sanguinamento e la necessità di accertare se esso avesse interessato anche l'interno della cavità cranica, disponevano il trasferimento del paziente in stato di sedazione presso l'(...) di neuroradiologia dell'Ospedale Santa Chiara di (...) per l'esecuzione di un'angiografia. Il paziente veniva sottoposto a T.A.C. che evidenziava la presenza di "emorragia subaracnoidea" e confermava la già diagnosticata lesione espansiva in sede sfenoidale; In data 23.04.2010 si verificava il decesso del sig. (...); Gli odierni attori si costituivano parti civili nel procedimento penale nei confronti del dott. (...), imputato del delitto di cui all'art. 589 c.p. ed all'esito assolto con formula di assoluzione di insussistenza del fatto. Tale pronuncia escludeva la commissione di errori diagnostici nell'esecuzione dell'intervento e la rilevanza del difetto di consenso informato. Su appello promosso dal Pubblico Ministero, la Corte d'Appello di Firenze confermava la decisione di primo grado, anche in punto di esclusione della rilevanza penale dell'omesso consenso informato quale regola cautelare ai fini dell'imputazione soggettiva a titolo di colpa; In data 03.06.2016 si concludeva con verbale negativo il tentativo di mediazione promosso dagli odierni attori nei confronti di (...). Alla luce dei sopraesposti fatti, Parti attrici - in qualità di eredi del paziente sig. (...) e del sig. (...) (...), padre dei sig.ri (...) ed (...) e coniuge della sig.ra (...), deceduto il 03.09.2015 - deducevano la responsabilità del dott. (...) e dell'(...). per danno da omesso consenso informato - ritenuto provato dalle sentenze penali pronunciate in primo grado ed in grado di appello - derivante dalla violazione del diritto all'autodeterminazione del paziente ovvero, in alternativa, dalla lesione del diritto alla salute, per non avere i sanitari debitamente informato il sig. (...) circa i possibili rischi dell'intervento cui veniva sottoposto ed a seguito del quale si verificava l'evento morte. Come conseguenze dei fatti precedentemente esposti, gli attori deducevano altresì la responsabilità dei convenuti tanto per il danno parentale per la perdita del congiunto, quanto del danno alla salute, sotto forma di danno psichico, patito dalla sig.ra (...) in conseguenza del turbamento psicologico - consistente in uno stato di tristezza e prostrazione - derivato dall'evento luttuoso. Tutto ciò considerato, gli attori chiedevano l'accoglimento delle seguenti conclusioni: "Per i fatti di cui in narrativa, condannare i convenuti in solido al risarcimento, iure successionis e/o iure proprio, di tutti i danni subiti per il fatto di cui in narrativa, come in narrativa specificati, liquidando le somme come sopra indicate, anche in via equitativa o quelle che risulteranno dovute previa occorrendo ammissione di c.t.u. Oltre interessi e rivalutazione monetaria. Con vittoria di spese, competenze legali oltre il rimborso delle spese generali ed oltre CAP e IVA come per legge." In data 08.02.2019 si costituiva in giudizio il dott. (...) e, contestando in fatto ed in diritto quanto dedotto dai ricorrenti: - Eccepiva l'improcedibilità della domanda giudiziale per il mancato esperimento del tentativo obbligatorio di mediazione civile, per avere gli attori proposto la domanda di mediazione esclusivamente nei confronti di (...).; - Contestava di avere riferito al paziente che la patologia tumorale non risultava particolarmente aggressiva, considerata la gravità della condizione del sig. (...) al momento del ricovero: quest'ultimo, infatti, presentava cecità ad un occhio, associata a paralisi e protusione del bulbo oculare e versava in uno stato di grave depressione a causa della consapevolezza della propria condizione di salute; - Contestava l'asserita mancata acquisizione del consenso informato del paziente avendo il dott. (...), alla presenza del dott. (...) e del personale infermieristico, illustrato al sig. (...) i seguenti profili relativi alla biopsia: gravità della malattia; impossibilità di rimozione chirurgica del tumore; necessità di effettuare la biopsia, di cui venivano descritti i rischi e la procedura; - Contestava l'immediata e diretta trasferibilità in sede civile del giudicato penale in punto di mancata acquisizione del consenso informato del paziente, avendo i giudici penali svolto una valutazione sul punto soltanto sommaria, in considerazione della irrilevanza ai fini dell'imputazione; - Contestava la quantificazione del rischio di complicanze gravi, quindi mortali, correlate all'intervento di biopsia nella misura dello 0,5-1%; - Eccepiva il carattere eccezionale dell'evento infausto occorso al sig. (...), dunque l'imprevedibilità aprioristica del rischio di morte; - Contestava la risarcibilità iure hereditatis del danno da lesione del diritto all'autodeterminazione e del danno alla salute asseritamente patiti dal sig. (...), essendo il decesso intervenuto nell'immediatezza dell'evento e non avendo gli attori fornito la prova che il paziente, se correttamente informato, non si sarebbe sottoposto all'intervento che ne determinava l'exitus; - Contestava la risarcibilità del danno da perdita del rapporto parentale e del danno alla salute (danno psichico) specificamente patito dalla sig.ra (...), per non avere gli attori fornito la prova in punto di nesso causale tra la mancata informazione ed i predetti danni; - Deduceva il rapporto di garanzia esistente al momento dei fatti per cui è causa con l'(...)., alle cui dipendenze operava il dott. (...). Tanto premesso, Parte convenuta dott. (...) chiedeva l'accoglimento delle seguenti conclusioni: "Voglia l'Ill.mo Tribunale adito: in via preliminare, dichiarare la domanda improcedibile non essendo stato svolto l'obbligatorio tentativo di mediazione civile nei confronti del convenuto; nel merito e sin d'ora rigettare le domande di parte attrice nei confronti del Dott. (...) per tutti i motivi indicati in narrativa; in denegata ipotesi di accoglimento della domanda avversaria, liquidare il danno nella misura di giustizia e condannare unicamente l'(...). a risarcire gli attori, o comunque condannare l'(...) a tenere indenne il Dott. (...) da qualsiasi onere; solo in via subordinata e cautelativa chiede lo spostamento della prima udienza ex art. 269 c.p.c. alla luce della domanda di manleva nei confronti della convenuta (...)., già chiamata in causa dagli attori. Con vittoria di compensi legali, spese e accessori di legge." In data 07.03.2019 si costituiva in giudizio (...), deducendo quanto segue: che il dott. (...) aveva correttamente adempiuto l'obbligo informativo di cui era gravato, non sussistendo in capo al medesimo alcun onere informativo specifico del rischio emorragico mortale, trattandosi di circostanza imprevedibile; che non si era formato il giudicato penale in merito alla questione relativa al consenso informato asseritamente omesso dal Dott. (...), essendo l'eventuale omissione informativa circa il rischio operatorio irrilevante ai fini dell'imputazione soggettiva del reato, e che, stante la piena autonomia del giudizio civile e del giudizio penale, i fatti allegati nel processo penale e le eventuali prove raccolte dovevano intendersi liberamente e autonomamente valutabili dal giudice civile; che infondata era la domanda attorea in punto di asserita lesione del diritto all'autodeterminazione e privo di allegazione era il dedotto danno conseguenza asseritamente patito dal sig. (...); che il danno da lesione del diritto all'autodeterminazione ed il danno biologico patito dal paziente per la omessa informazione medica non erano in ogni caso configurabili, stante lo stato di incoscienza del sig. (...) dal momento della sottoposizione all'intervento bioptico, eseguito in anestesia generale, e sino all'exitus; che gli attori non erano legittimati ad esperire autonomamente azione risarcitoria volta ad ottenere il ristoro di un danno asseritamente patito dal congiunto, stante la classificazione del dedotto diritto all'autodeterminazione alla stregua di diritto personalissimo; che sprovvisto di allegazione era il dedotto danno da perdita del rapporto parentale, avendo gli attori omesso di allegare la condotta del dott. (...) cui ricondurre causalmente il predetto pregiudizio, rispetto alla quale doveva intendersi non prevedibile né preventivabile il verificarsi della complicanza che aveva cagionato la morte del paziente; che sprovvisto di allegazione e prova la domanda risarcitoria formulata dagli attori in qualità di eredi del sig. (...) (...), rispettivamente padre e marito degli odierni attori, in considerazione del compromesso stato di salute psichica del medesimo, affetto da demenza senile; che carente di allegazione specifiche era l'effettiva sussistenza di rapporti tra i sig.ri (...) e (...) e che alcun nesso di causalità poteva ravvisarsi tra il decesso del primo e la chiusura dell'attività di famiglia ed il trasferimento dei sig.ri (...) e (...) (...) in altra città; che non è sufficientemente provata la sussistenza del nesso causale tra la morte del sig. (...) ed il danno psichico lamentato dalla sig.ra (...); che il rapporto di immedesimazione organica esistente tra il dott. (...) e l'(...). era inidoneo a costituire titolo fondante della domanda in garanzia svolta dal sanitario convenuto Tanto premesso, l'(...) convenuta rassegnava le seguenti conclusioni: "Voglia l'Ill.mo Giudice del Tribunale adito, disattesa ogni contraria domanda, istanza, eccezione e deduzione: nel merito: accertare e dichiarare che nella fattispecie de qua nessun comportamento colposo, omissivo e/o commissivo sia da imputare al personale medico dell'A. e, per l'effetto, respingere ogni richiesta risarcitoria avanzata nei confronti dell'(...) Ospedaliera convenuta, perché infondata in fatto ed in diritto; in via subordinata, per la denegata ipotesi di ritenuta responsabilità Voglia limitare la quantificazione del danno a quella che risulterà accertata in corso di causa all'esito dell'espletanda istruttoria; in caso di accertamento di responsabilità del Dr. (...): in via prioritaria Voglia rigettare la domanda di garanzia proposta; in via ulteriormente subordinata Voglia accertare il grado della colpa; Con ogni più ampia riserva istruttoria e con vittoria di spese e compensi di avvocato." La causa era istruita a mezzo di prove documentali e testimoniali. Quindi, all'udienza del 30.06.2022, le parti precisavano le conclusioni, come da verbale di tale udienza, ed il Giudice, concessi i termini per memorie conclusive e repliche, tratteneva all'esito la causa in decisione. Parti attrici chiedono - anche in qualità di eredi del sig. (...) (...), padre del sig. (...) - la condanna dei convenuti al risarcimento di tutti i danni non patrimoniali subiti in conseguenza della morte del congiunto, fratello e figlio degli odierni attori il sig. (...), deceduto il 23.04.2010 presso l'(...), ove si trovata ricoverato a far data dal 15.04.2010 con diagnosi in ingresso di "neoplasia sfenoetmoidale sinistra". Ciò, in considerazione della condotta asseritamente posta in essere dal sanitario convenuto, il dott. (...), che avrebbe omesso di fornire al paziente l'informativa obbligatoria necessaria prima di procedere all'intervento bioptico a seguito del quale sopraggiungeva il decesso del sig. (...), deducendo che quest'ultimo, se fosse stato correttamente e compiutamente informato dei rischi correlati alla pratica medica, non vi si sarebbe sottoposto ovvero avrebbe fatto ricorso ad altre tipologie di trattamento. Gli attori non contestano quindi la correttezza dell'operato medico del convenuto, giudicando anzi il suo intervento come "un atto terapeutico/diagnostico necessario e correttamente eseguito", ma si dolgono in quanto tale atto medico non è stato "preceduto da una esaustiva informazione del paziente circa i possibili effetti infausti" (si veda atto di citazione). Eccezione di improcedibilità Occorre preliminarmente rilevare che in limine litis è stata sanata l'eccezione sollevata dal convenuto dott. (...) in punto di improcedibilità della domanda giudiziale per mancato esperimento del tentativo obbligatorio di mediazione civile. In particolare, deduceva il sanitario di non essere stato coinvolto nella procedura di mediazione attivata dagli attori nei confronti della sola (...) sanitaria convenuta. A seguito del tempestivo rilievo dell'eccezione di improcedibilità della domanda da parte del sanitario convenuto, tanto nella comparsa di costituzione quanto in sede di prima udienza svoltasi in data 07.03.2019, il Tribunale concedeva alle parti termine di giorni quindici per la presentazione della domanda di mediazione. Gli attori, dunque, provvedevano ad attivare la procedura di mediazione nei confronti di (...). e del dott. (...). Il tentativo di conciliazione si concludeva in data 09.07.2019 con verbale negativo, avendo le parti invitate rilevato allo stato l'insussistenza dei presupposti per l'apertura della procedura di mediazione (come si evince dal verbale depositato dagli attori in data 10.10.2019). Qualificazione domanda attorea. Esaurito l'esame in punto di eccezioni di rito sollevate dal sanitario convenuto, l'esame di merito delle doglianze attoree impone la previa qualificazione della natura della responsabilità dedotta in giudizio. Gli odierni attori (...) e (...) agiscono in giudizio sia in proprio che in qualità di eredi del paziente signor (...), nato a (...) il (...) e deceduto a (...) il 23 aprile 2010 e del signor (...) (...) (padre ed erede di (...) nonché rispettivamente padre e coniuge degli odierni attori, deceduto in data 03.09.2015). In base ai principi generali, il rapporto contrattuale tra il paziente e la struttura sanitaria ha effetto esclusivamente tra le parti del contratto, pertanto l'inadempimento della struttura genera responsabilità contrattuale esclusivamente nei confronti del paziente, che può essere fatta valere dai suoi congiunti iure hereditario. Per i danni richiesti iure proprio dai ricorrenti, invece, la responsabilità della struttura sanitaria è di natura extracontrattuale, in quanto i congiunti del paziente deceduto non rientrano nella categoria dei terzi protetti dal contratto (Cass., 07.06.2021, n. 21404; Cass., 09.07.2020, n. 14615). Ammissibilità della perizia penale. Tanto precisato, si ritiene che la causa possa essere decisa sulla base della perizia disposta d'ufficio dal Giudice penale nell'ambito del procedimento r.g.n.r. (...) promosso nei confronti del dott. (...) ed affidata al Prof. A.T. e al dott. F.F. dell'Ospedale di Ancona. Trattasi, in particolare, di prova atipica che ben può essere posta a fondamento della presente decisione (v. Corte di Cassazione III Sezione Civile, Sentenza n.9242 del 6 maggio 2016, "Il giudice di merito, al fine di fondare il proprio convincimento, può utilizzare le prove raccolte in un diverso giudizio, anche penale, fra le stesse parti oppure fra parti diverse. Infatti compete al giudice l'individuazione delle fonti del proprio convincimento, con la facoltà di privilegiare alcuni mezzi di prova in ragione del loro diverso spessore probatorio, rispettando nel contempo l'unico limite dell'adeguata giustificazione del criterio adottato. Nel caso di specie il giudice ha fondato il suo convincimento in sede civile sulla base della perizia svolta nel precedente procedimento penale, disposta dal pubblico ministero per l'accertamento dell'omicidio colposo."). Si possono infatti definire prove atipiche quelle che non risultano ricomprese nel novero dei mezzi di prova specificamente regolati dalla legge. In proposito va osservato che nell'ordinamento civilistico manca una norma generale, quale quella prevista dall'art. 189 c.p.p. nel processo penale, che legittima espressamente l'ammissibilità delle prove non disciplinate dalla legge. Tuttavia, l'assenza di una norma di chiusura nel senso dell'indicazione del numerus clausus delle prove, l'oggettiva estensibilità contenutistica del concetto di produzione documentale, l'affermazione del diritto alla prova ed il correlativo principio del libero convincimento del Giudice (art. 116 c.p.c.), inducono ad escludere che l'elencazione delle prove nel processo civile sia tassativa (Cass., n. 1593/2017; Cass., n. 10852/2016; Cass., n. 840/2015; Cass., n. 12577/2014; Cass., n. 9099/2012), dunque a ritenere ammissibili le prove atipiche, che trovano ingresso nel processo civile, nel rispetto del contraddittorio, con lo strumento della produzione documentale e nel rispetto delle preclusioni istruttorie (Cass., n. 5440/2010; Cass., n. 7518/2001; Cass., n. 12422/2000). L'efficacia probatoria delle prove atipiche - relativamente alle quali è indubbia, per tutti i motivi sopraesposti, la loro ammissibilità e parificazione alle prove documentali per l'ingresso nel processo - è da ritenersi alla stregua delle presunzioni semplici ex art. 2729 c.c. o argomenti di prova (Cass., n. 18131/2004; Cass., n. 12763/2000; Cass., n. 8/2000). Per quanto qui rileva, deve essere ricondotta nell'alveo delle prove atipiche la perizia resa in un diverso giudizio tra le stesse o altre parti (Cass., n. 22384/2014; Cass., n. 9843/2014; Cass., 15714/2010; Cass., n. 15169/2010; Cass., n. 2904/2009), dunque anche la perizia disposta dal giudice penale, specialmente in un contesto quale quello di causa in cui i periti sono uno specialista in medicina legale, il Prof. A.T., ed uno specialista in otorinolaringoiatria, il Dott. F.F., dell'Ospedale di Ancora, dunque personalità qualificate ed estranee all'ambiente sanitario del nosocomio pisano. Sull'utilizzabilità della perizia penale si pronunciata anche di recente la Cassazione Sez. 3 - , con l'ordinanza n. 12164 del 07/05/2021, che ha chiarito che "il giudice civile, investito della domanda di risarcimento del danno da reato, ben può utilizzare, senza peraltro averne l'obbligo, come fonte del proprio convincimento le prove raccolte in un giudizio penale definito con sentenza passata in giudicato e fondare la propria decisione su elementi e circostanze già acquisiti con le garanzie di legge in quella sede, essendo in tal caso peraltro tenuto a procedere alla relativa valutazione con pienezza di cognizione al fine di accertare i fatti materiali all'esito del proprio vaglio critico. (Nella specie, con riferimento ad un sinistro stradale, la S.C., dopo aver verificato che la sentenza di merito aveva effettuato un'autonoma valutazione complessiva dei fatti e dell'efficienza causale del comportamento colposo di ciascuno dei corresponsabili, assolvendo anche l'obbligo di motivazione circa la maggiore gravità dell'uno rispetto all'altro, ha concluso che l'apprezzamento in termini percentuali del concorso di colpa della vittima nella causazione del danno, frutto di un procedimento logico, si sottrae al sindacato di legittimità). Risultanze della perizia penale Tutto ciò premesso, ai periti veniva demandato il seguente quesito: "Dicano i Periti, esaminati gli atti del processo, tenuto conto di quanto osservato dai consulenti tecnici delle parti, compiuti tutti gli altri accertamenti eventualmente necessari: 1) dove fosse localizzata la neoplasia di cui era affetta la persona offesa (...); 2) se la tipizzazione istologica della neoplasia era necessaria ai fini del suo trattamento terapeutico; 3) se fossero praticabili terapie efficaci in assenza di esame istologico; 4) in caso di necessità dell'esame istologico, se il prelievo avrebbe potuto essere eseguito nella cavità naso-faringea anziché mediante sfenoidotomia; 5) in caso di necessità del prelievo in zona sfenoidale, se fossero prevedibili rischi di emorragia intracranica, e in questo caso se il prudente bilanciamento del rapporto rischi/benefici giustificasse il prelievo. Riferiscano altresì i Periti ogni altra circostanza utile a valutare l'appropriatezza e la conformità ai principi di prudenza, diligenza, perizia e rispetto delle leges artis del comportamento medico-chirurgico tenuto dall'imputato (...)." Alla luce della documentazione clinica presente agli atti del procedimento penale - acquisita nel presente giudizio in data 20.01.2022, in quanto originariamente sottoposta a sequestro disposto dal Pubblico Ministero in data 29.04.2010 (Doc. 1 depositato in data 10.09.2020 da (...).) - i periti ricostruivano la storia clinica del paziente nei termini che seguono: - il sig. (...) era affetto da una sintomatologia caratterizzata da cacosmia, rinorrea mucosa (talvolta con striature ematiche) ed offuscamento visivo a sinistra rapidamente aggravatosi, dunque eseguiva una TAC del massiccio facciale, che evidenziava una lesione espansiva con "obliterazione della porzione sinistra del seno sfenoidale e delle adiacenti celle etmoidali ... Apprezzabile erosione delle adiacenti strutture ossee, in particolare della parete esterna del seno sfenoidale e dell'apice dell'orbita"; - in data 15.04.2010 il sig. (...) veniva ricoverato presso la (...) di Otorinolaringoiatria dell'Ospedale di Cisanello di (...), con diagnosi all'ingresso di "neoformazione vegetante in fossa nasale sinistra, mediale al turbinato medio"; - in data 16.04.2010 veniva eseguita consulenza specialistica di Chirurgica Oftalmica, che evidenziava "deviazione del bulbo sn ... assenza percezione luminosa ... retina sul piano, il nervo ottico appare al momento normoconformato e roseo ..." ed una biopsia in anestesia locale; - in data 17.04.2010 veniva eseguita (...) massiccio facciale che descriveva una lesione espansiva con caratteri di malignità, localizzata "in sede nasale postero-medio-superiore, etmoidale posteriore e sfenoidale sn". Emergeva altresì che la neoformazione infiltrava ed erodeva "la corticale delle citate strutture ossee etmoidali e sfenoidali, invadendo il seno cavernoso, la fessure sfenoidale, il canale ottico e l'apice orbitatorio dello stesso lato ... Attraverso un'ampia erosione della corrispondente porzione della grande ala sfenoidale e del processo pterigoideo di sinistra ... aggetta nel versante antero-mediale della fossa cranica media di sinistra ove, infiltrato e superato apparentemente il foglietto durale, contrae stretto rapporto di contiguità con l'adiacente polo temporale ... compresso e caratterizzato anche da una reazione edematosa ... Più limitata e circoscritta l'erosione della piano etmoidale posteriore sn, peraltro, anch'esso apparentemente caratterizzato da una soluzione di continuità osteo - durale. A tale livello ... si associa ad un minimo aggetto lesionale intracranico ...". Il referto (...) inoltre segnalava "lo stretto rapporto di continuità ... con il sifone carotideo di sinistra, che ne risulta quasi completamente avvolto, ma non stenosato" e "l'infiltrazione lesionale della processo pterigoideo di sinistra ... le inserzioni dei muscoli pterigoideo laterale emediale"; - in data 20.04.2010 l'esame del referto (non presente nella documentazione agli atti) dell'esame istologico della biopsia eseguita il 16.04.2010 forniva esito non diagnostico e veniva eseguita una seconda biopsia, nonché consulenza psichiatrica che descriveva flessione timica, elevazione della quota ansiosa, crisi di pianto, labilità emotiva, in assenza di ideazione auto lesiva; - in data 22.04.2010 l'esame del referto della seconda biopsia forniva esito non diagnostico, dunque il dott. (...) concordava con il paziente l'esecuzione di un prelievo bioptico in anestesia generale; - in data 23.04.2010 alle ore 08:30 il dott. (...) iniziava la procedura chirurgica di prelievo bioptico per via transnasale endoscopica videoassistita. Dopo la fase di sfenoidotomia endoscopica ed il prelievo di tessuto tumorale per le indagini istologiche si verificava un abbondante sanguinamento proveniente dal seno sfenoidale. Iniziavano le procedure di controllo dell'emostasi (tamponamento con T. fibrillare dello sfenoide e con garza iodoformica e merocel della fossa nasale), con esito positivo. Previo consulto degli anestesisti e dei neuroradiologi, il paziente veniva trasferito nel reparto di rianimazione-neurochirurgica dell'Ospedale (...) Chiara di (...) allo scopo di eseguire un esame arteriografico. Giunto presso tale presidio ospedaliero, il paziente veniva sottoposto a TAC cranica urgente che documentava un "quadro di emorragia subaracnoidea ... a livello delle cisterne perimesencefaliche, in sede fronto-basale a destra espressa da ematoma intraparenchimale, materiale ematico a livello della fossa cranica anteriore, a livello del IV ventricolo e lungo la falce. Marcato effetto massa sul corno temporale, sul corno frontale e sulla cella media del ventricolo laterale sn. Bolle aeree sono apprezzabili in sede fronto apicale bilaterale e una in corrispondenza della valle silviana di sinistra". Terminati gli accertamenti radiologici, alle ore 12:15, il paziente accedeva al reparto di anestesia e rianimazione "intubato, GCS 3, pupille midriatiche bilaterale, no riflesso corneale, non riflesso foto motore, non riflesso carenale". La consulenza neurochirurgica eseguita alle ore 12:30 non poneva alcuna indicazione ad intervento chirurgico. Veniva impostata farmaco fluido terapia (soluzione fisiologica, (...), (...), Insulina, Miririn) ed ossigenoterapia. Alle ore 14:30, sulla scorta del quadro neurologico venivano iniziati gli accertamenti per la diagnosi di morte encefalica. Alle ore 20:35 del 23 aprile 2010 terminava il periodo di osservazione ed il collegio medico all'unanimità dichiarava il decesso di (...); - in data 28.04.2010, su incarico conferito dal Sostituto Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di (...), veniva condotto esame autoptico ed i consulenti all'uopo nominati evidenziavano "la presenza di una importante emorragia cerebrale nonché di una neoformazione che aveva eroso e sostituito parte delle strutture ossee della fossa anteriore sinistra della base cranica". L'esame istologico, eseguito "a livello della neoformazione del rinofaringe" confermava "la presenza di un carcinoma indifferenziato". In merito alla condizione del sig. (...) all'epoca dei fatti per cui è causa, i periti riferivano che il paziente veniva ricoverato presso la struttura sanitaria convenuta in data 15.04.2010 a seguito del riscontro in corso di TAC del massiccio facciale di una lesione espansiva con obliterazione della porzione sinistra del seno sfenoidale e delle adiacenti celle etmoidali porzione sinistra del seno sfenoidale e delle adiacenti celle etmoidali ed apprezzabile erosione delle adiacenti strutture ossee. Trattavasi, evidenziavano i periti secondo quanto emerso dagli accertamenti diagnostici eseguiti durante il periodo di degenza ospedaliera presso l'(...) sanitaria convenuta, di una lesione espansiva con caratteri di malignità posta in sede nasale postero-medio-superiore, etmoidale posteriore e sfenoidale. La neoformazione, erodendo le strutture ossee, invadeva il seno cavernoso, il canale ottico 1r (comprimendo il nervo) e l'apice orbitario e, avendo eroso le strutture ossee della base cranica, raggiungeva la fossa cranica media ed anteriore, contraendo rapporti rispettivamente con il polo temporale ed il lobo frontale di sinistra. La neoformazione inoltre contraeva rapporti anche con il sifone carotideo di sinistra, quasi completamente circondato dalla neoformazione senza venirne stenosata. Sulla base di tali elementi, rilevavano i periti che il sig. (...), dopo essere stato sottoposto a due prelievi bioptici in anestesia locale risultati entrambi non diagnostici, sottoscriveva in data 23.04.2010 modulo di consenso informato al fine di sottoporsi, su indicazione del dott. (...), a prelievo bioptico in anestesia generale. Nel corso della suddetta procedura, si verificava un abbondante sanguinamento nasale che veniva apparentemente controllato. Per approfondimenti sulla natura del sanguinamento veniva deciso il trasferimento del paziente all'Ospedale (...) Chiara di (...), struttura idonea all'esecuzione di un esame arteriografico. In tale struttura si optava, sulla base del quadro clinico (GCS 3, pupille midriatiche ed assenza dei riflessi del tronco), per l'esecuzione di una TAC cranica urgente che documentava diffusa emorragia sub aracnoidea, ematoma intraparenchimale fronto-basale, emoventricolo, bolle aeree in sede fronto apicale bilaterale. La consulenza neurochirurgica non ravvisava indicazioni ad eventuale intervento. Alle ore 14:30 del 23 aprile 2010 venivano iniziati gli accertamenti per la diagnosi di morte encefalica, al termine dei quali, alle ore 20:35, il collegio medico dichiarava il decesso di (...). Il referto dell'esame istologico, datato 28.04.2010, poneva diagnosi di "carcinoma indifferenziato del rinofaringe". Tutto ciò premesso, i periti formulavano le seguenti considerazioni di carattere medico-legale in merito al periodo di degenza ospedaliera del sig. (...): - la neoplasia da cui era affetto (...), sulla base delle indagini di diagnostica per immagini, era localizzata in sede etmoidosfenoidale sinistra con coinvolgimento dell'apice orbitario ed estensione endocranica, pertanto non emergevano elementi clinici-radiologici che individuino la cavità rinofaringea come sede primitiva della neoformazione descritta; - la tipizzazione istologica della neoformazione, e dunque il prelievo bioptico, era necessaria al duplice fine di programmare un idoneo iter terapeutico e fornire al paziente un'adeguata informazione prognostica, posto che la letteratura medica di settore qualifica l'esame istologico in termini di unico accertamento idoneo a fornire una diagnosi definitiva con precise caratteristiche biologiche della neoformazione, con indicazioni in merito anche alla sua aggressività biologica, presupposto quest'ultimo fondamentale per la scelta successiva di un corretto planning terapeutico. A conferma dell'importanza di una precisa definizione istologica della neoformazione, la letteratura medica evidenziava la qualificazione delle cavità nasali e dei seni paranasali quale sede di origine di uno dei gruppi più complessi ed istologicamente eterogeneo di tumori rispetto al resto del corpo umano. La definizione istologica altresì costituiva, secondo le Linee Guida di settore (AIOM AIRO del 2008), oggetto di valutazione da parte del sanitario per l'individuazione della corretta gestione dei pazienti affetti da tumori della testa e del collo; - non è nota la struttura che ha sanguinato durante la biopsia, non avendo le operazioni autoptiche eseguite sul corpo del sig. (...) evidenziato elementi di un eventuale errore tecnico nella procedura endoscopica, né rilevato lesioni delle strutture vascolari adiacenti alla massa neoplastica; - l'evento avverso verificatosi, ovvero l'emorragia intracranica, da ritenersi evenienza non prevedibile n preventivabile nell'ambito della chirurgia endoscopica nasale, in quanto i rischi correlabili e prevedibili rispetto alla procedura videoendoscopica limitata al solo prelievo di tessuti superficiali della neoformazione erano limitati ad un eventuale sanguinamento del sito del prelievo tissutale, comunque controllabile con emostasi locale; - il paziente non era affetto da patologie che potevano giustificare un elevato (o aumentato) rischio preoperatorio, non era in terapia con farmaci potenzialmente capaci di accrescere il pericolo di sanguinamento, né la RMN del 17 aprile 2010 aveva evidenziato elementi di una possibile natura vascolare della neoformazione extracerebrale tale da indurre i sanitari ad effettuare ulteriori accertamenti diagnostici. In conclusione, dunque, i periti ritenevano necessario - rispetto alla neoplasia di cui era portatore il sig. (...), localizzata in sede etmoidosfenoidale sinistra con coinvolgimento dell'apice orbitario ed estensione endocranica - procedere a tipizzazione istologica della neoformazione ed al conseguente prelievo bioptico allo scopo di programmare un idoneo planning terapeutico e fornire al paziente una adeguata informazione prognostica. In altri termini, in assenza di esame istologico non erano praticabili terapie efficaci e pertanto, considerato anche che non erano prevedibili rischi di emorragia intracranica superiori a quelli che usualmente gravano su questa procedura, il rapporto rischi/benefici giustificava l'esecuzione del prelievo bioptico. Quanto alla rischiosità dell'esame, così si esprimevano i periti del giudice penale: "Risulta difficile quantificare con precisione il rischio di complicanze prevedibili nel caso specifico di un prelievo bioptico endoscopico eseguito nelle cavità nasosinusali. Secondo l'E.R. Society (Fokkens e all. 2007), è possibile classificare le complicazioni associate agli interventi di chirurgia endoscopica dei seni paranasali in due livelli di severità: minori e maggiori. Le complicanze minori sono considerati gli eventi avversi facilmente gestibili in sede intraoperatoria e privi di sequele rilevanti; le complicanze maggiori (o severe) possono essere controllate durante l'intervento chirurgico o in successivi interventi di revisione e possono essere associate ad eventuale danno permanente e/o morte del paziente. In base alle diverse casistiche le complicanze definite minori si verificano in percentuali non superiori al 5% mentre quelle definite maggiori oscillano tra lo 0,5 ed l'1% dei casi. Si ritiene, in definitiva, che il rischio di eventuali complicanze fosse ragionevolmente accettabile a fronte dei benefici, in termini di planning terapeutico ed informazioni prognostiche, potenzialmente ottenibili dal prelievo bioptico per via endoscopica. Nel caso in esame, in assenza di dati clinico-strumentali che indicassero un aumentato rischio emorragico a carico del paziente, la gravità dell'evento avverso verificatosi (emorragia intracranica) è da ritenersi un'evenienza non prevedibile n preventivabile nell'ambito della chirurgia endoscopica nasale" (v. perizia depositata, pag. 24). Gli attori deducono due diverse tipologie di danno da atto medico eseguito senza legittimo consenso: - sia un danno alla salute e alla stessa vita del paziente in quanto affermano che se il paziente avesse saputo del rischio correlato all'intervento non vi si sarebbe sottoposto e conseguentemente l'evento morte non si sarebbe verificato; - sia un danno al diritto all'autodeterminazione. Le due tipologie di danno devono essere esaminate separatamente. Per ciò che concerne il danno alla salute/perdita della vita da mancato consenso, la sussistenza del nesso eziologico tra il deficit informativo e il risultato pregiudizievole dell'atto terapeutico correttamente eseguito dipende dall'opzione che il paziente avrebbe esercitato se fosse stato adeguatamente informato ed è configurabile soltanto in caso di presunto dissenso, con la conseguenza che l'allegazione dei fatti dimostrativi di tale scelta costituisce parte integrante dell'onere della prova - gravante sul danneggiato - del nesso eziologico tra inadempimento ed evento dannoso. Allorché invece si tratti della violazione del diritto all'autodeterminazione, l'omessa o insufficiente informazione preventiva evidenzia "ex se" una relazione causale diretta con la compromissione dell'interesse all'autonoma valutazione dei rischi e dei benefici del trattamento sanitario, ma è tuttavia indispensabile allegare specificamente quali altri pregiudizi, diversi dal danno alla salute eventualmente derivato, il danneggiato abbia subito, dovendosi negare un danno in "re ipsa" (così Cass. Sez. 3 - , Ordinanza n. 24471 del 04/11/2020 (Rv. 659760 - 01). Premessi tali principi di diritto, si ritiene - in adesione a quanto ampiamente argomentato dai periti del Giudice penale, con motivazione convincente e pienamente condivisibile, dalla quale non si ritiene di discostarsi in quanto frutto di un iter logico ineccepibile e privo di vizi, condotto in modo accurato ed in continua aderenza ai documenti agli atti ed allo stato di fatto analizzato - che nel caso di specie non sia configurabile nessuno dei due tipi di danno per omissione del consenso informato nei confronti del paziente, il sig. (...). Diritto del paziente ad essere informato e ad esprimere un valido consenso Giova premettere che la manifestazione del consenso informato del paziente alla prestazione sanitaria costituisce - alla stregua di un ormai consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità - esercizio di un autonomo diritto soggettivo all'autodeterminazione proprio della persona fisica (che, in piena libertà e consapevolezza, sceglie di sottoporsi a terapia farmacologica o ad esami clinici e strumentali, ad interventi o trattamenti anche invasivi, laddove comportino costrizioni o lesioni fisiche ovvero alterazioni di natura psichica, in funzione della cura e della eliminazione di uno stato patologico preesistente o per prevenire una prevedibile patologia o aggravamento della patologia futuri) che, ancorché connesso, va nettamente distinto, sul piano del contenuto sostanziale, dal diritto alla salute, ossia dal diritto del soggetto alla propria integrità psicofisica (Cass., n. 14642 del 14.07.2015; Cass., n. 25764 del 15/11/2013; Cass., n. 20984 del 27/11/2012). Il consenso informato, inteso quale espressione della consapevole adesione al trattamento sanitario proposto dal medico, si configura dunque quale vero e proprio diritto della persona e trova fondamento nei principi espressi negli artt. 2, 13 e 32 cost. (Corte cost., n. 438 del 23.12.2008). Obbligo del medico A tale diritto corrisponde l'obbligo del medico di fornire informazioni dettagliate, trattandosi di adempimento strettamente strumentale a rendere consapevole il paziente della natura dell'intervento medico e/o chirurgico, della sua portata ed estensione, dei suoi rischi, dei risultati conseguibili e delle possibili conseguenze negative (Cass. n. 20984 del 27/11/2012; Cass., n. 27751 del 11/12/2013). L'obbligo informativo in questione, che pure ha trovato definitivo inquadramento come obbligo ex lege nella L. 11 dicembre 2017, n. 219 (recante "Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento"), rinviene in ogni caso il proprio titolo nella qualificazione "illecita" della condotta omissiva o reticente del medico che ometta di fornire al paziente le necessarie informazioni, in quanto violativa di un diritto fondamentale della persona e dunque da ritenere "contra jus", indipendentemente dalla sussunzione del rapporto medico-paziente nello schema contrattuale o del contatto sociale, ovvero dell'illecito extracontrattuale (Cass., n. 28995 del 11.11.2019). L'acquisizione da parte del medico del consenso informato, si precisa, costituisce prestazione altra e diversa da quella dell'intervento medico richiestogli, assumendo autonoma rilevanza ai fini della responsabilità risarcitoria in caso di mancata prestazione da parte del paziente (Cass., n. 11950/2013). Tanto premesso, non si può ritenere che nel caso di specie sia stato adempiuto dal sanitario convenuto, il dott. (...), l'obbligo di fornire al paziente tutte le informazioni relative all'atto in questione e che pertanto sia stato espresso un valido ed esaustivo consenso informato, stante l'assoluta genericità del modulo sottoscritto dal sig. (...). Dalla documentazione versata in atti, in particolare, risulta che in data 23.04.2010 il sig. (...) sottoscriveva "modulo di informazione e consenso all'atto chirurgico", dichiarando di essere stato informato in modo chiaro e comprensibile dal dott. (...) (doc. 2 di Parte attrice). Il predetto modulo descriveva l'intervento chirurgico proposto in termini di "biopsia di neoformazione nasale in anestesia generale", limitandosi alla menzione di "eventuali rischi, possibili complicanze e le eventuali terapie da porre in atto ove queste concorrano nonché le possibilità che queste influiscano negativamente sul risultato". Il predetto modulo si presenta come un documento standard e del tutto anonimo, che, in considerazione dell'estrema genericità, si presta ad essere somministrato dai sanitari dell'(...) convenuta indifferentemente ai pazienti, chiamati poi a completare le voci mancanti del modulo con l'indicazione di dati quali il nominativo del sanitario, il tipo di intervento, la firma e la data di sottoscrizione. Trattasi, all'evidenza, di un modulo del tutto generico da cui non è possibile desumere con certezza che il paziente abbia ottenuto in modo esaustivo tutte le informazioni concernenti il trattamento sanitario, che veniva soltanto genericamente richiamato (Cass., 08.10.2008, n. 24791). Il documento sottoscritto dal sig. (...), in altri termini, non consente di ritenere che il paziente abbia maturato ed espresso un consenso alla prestazione medica che sia specifico ed esplicito, nonché reale ed effettivo, non essendo consentito il consenso presunto (Cass., 20.08.2013, n. 19220; Cass., 28.07.2011, n. 16453; Cass., 27.11.2012, n. 20984; Cass. 09.02.2010, n. 2847). Alla luce dell'esperita attività istruttoria non risulta peraltro raggiunta la prova in punto di integrazione dell'informativa somministrata al sig. (...) in occasione dell'intervento chirurgico del 23.04.2010 a mezzo di informazioni rese oralmente dai sanitari dipendenti presso l'(...) sanitaria convenuta. In sede di udienza del 30.06.2021, infatti, veniva escusso in qualità di teste il dott. R.L., che all'epoca dei fatti per cui causa svolgeva presso l'(...). la professione di medico specializzando. Il sanitario, in particolare, confermava l'avvenuto colloquio tra il dott. (...) ed il sig. (...), in occasione del quale il primo riferiva al secondo la gravità della patologia di cui era portatore e rappresentava la biopsia quale unica alternativa percorribile. Tuttavia, il teste dichiarava di non avere memoria delle informazioni rese dal dott. (...) in merito all'esecuzione tecnica del predetto intervento nonché ai potenziali rischi (in particolare, dichiarava il dott. (...): "non ricordo di preciso cosa disse al riguardo il dott. (...)"). Di analogo tenore risultavano le dichiarazioni rese alla medesima udienza da due membri del personale infermieristico in servizio all'epoca dei fatti per cui causa, le dott.sse (...) e (...), avendo entrambe dichiarato di non avere memoria del colloquio intercorso tra il dott. (...) ed il sig. (...). In definitiva, attesa la vaghezza e superficialità del modulo sottoscritto dal sig. (...), non integrato da informazioni rese oralmente, non si può dunque ritenere adempiuto da parte del dott. (...) l'obbligo di fornire un valido ed esaustivo consenso informato al paziente. Tuttavia, sul piano dell'antecedenza causale, per ciò che concerne la prima tipologia di danno da mancato consenso, l'omissione della condotta informativa da parte del sanitario rileva nella misura in cui, con un giudizio da formulare ex ante, il paziente, se posto in grado di compiere la scelta alternativa, avrebbe accettato o rifiutato di sottoporsi al trattamento sanitario. Ne consegue che l'allegazione dei fatti dimostrativi dell'opzione "a monte" che il paziente avrebbe esercitato costituisce elemento integrante dell'onere della prova del nesso eziologico tra l'inadempimento e l'evento dannoso e, in applicazione del criterio di riparto dell'onere della prova ex art. 2697, primo comma, c.c., compete ai danneggiati (Cass., n. 19199 del 19.07.2018). In altri termini, deve essere indagata la relazione che viene ad istituirsi tra l'inadempimento dell'obbligo di acquisizione del consenso informato del paziente e l'inesatta esecuzione della prestazione professionale, dovendo accertarsi quale sarebbe stata la scelta compiuta dal paziente se correttamente informato (Cass., n. 28995 del 11.11.2019). Nel caso di specie, dalla condivisibile perizia espletata in sede penale è emerso che la diagnosi di lesione espansiva sfenoetmoidale di sinistra associata ad erosione della parete esterna del seno sfenoidale e dell'apice dell'orbita, di cui era portatore il sig. (...), imponeva ai sanitari, in ottemperanza alle Linee Guida AIOM AIRO del 2008 vigenti all'epoca dei fatti e considerate le peculiarità della neoformazione, di procedere alla tipizzazione istologica della neoformazione, dunque al prelievo bioptico. Le predette linee guida, infatti, accanto al trattamento chirurgico - generalmente considerato il trattamento elettivo per le neoplasie delle cavità nasali e paranasali nei tumori in stadio non avanzato - contemplavano la radioterapia e chemioterapia, ritenendo queste ultime rilevanti sia nei casi localmente avanzati non suscettibili di trattamento chirurgico, che come terapia adiuvante. Allo scopo di individuare la terapia maggiormente idonea tra quelle precedentemente menzionate, lo strumento della diagnostica per immagini - come evidenziato dai periti - consentiva di valutare esclusivamente, sulla base dell'estensione della neoformazione e degli organi interessati all'invasione metastatica, la possibilità o meno di un approccio chirurgico e pertanto doveva essere integrato dall'approccio costituito dalla classificazione istologica allo scopo di conoscere la sensibilità della neoformazione ad un trattamento medico, radioterapico, chemioterapico ovvero su una combinazione delle precedenti. Nel caso di specie, le Linee Guida AIOM AIRO 2008 venivano correttamente applicate in quanto i sanitari, in conformità alla condotta prescritta dalla letteratura di settore, procedevano ad effettuare l'esame istologico. I sanitari, invero, programmavano ed eseguivano la procedura bioptica in anestesia generale soltanto a seguito delle inconcludenti risultanze dal punto di vista diagnostico di ben due biopsie eseguite precedentemente in anestesia locale (rispettivamente, il 16.04.2010 ed il 20.04.2010). L'esecuzione di un prelievo bioptico in sede sfenoidale, dunque, come evidenziato dai periti, si poneva come esame diagnostico necessario e preliminare rispetto alla individuazione di qualsivoglia efficace terapia praticabile. In assenza di tipizzazione istologica della neoformazione, in altri termini, i sanitari versavano nell'oggettiva impossibilità di fornire adeguate informazioni prognostiche al paziente. È necessario altresì rilevare che l'intervento di biopsia - come emerso dall'elaborato peritale - era destinato a risolversi in una procedura videoendoscopica limitata al solo prelievo di frammenti dei tessuti superficiali della neoformazione. I rischi correlati e prevedibili rispetto ad una procedura medica di tale tenore dovevano - secondo le condivisibili conclusioni dei periti - essere limitati all'eventuale sanguinamento del sito di prelievo tissutale, comunque controllabile con emostasi locale. Il paziente, infatti, non era affetto da patologie che potevano giustificare un elevato o aumentato rischio preoperatorio, né non era in terapia con farmaci potenzialmente capaci di accrescere il pericolo di sanguinamento. Parimenti, la RMN eseguita il 17.04.2010 non aveva evidenziato elementi indicativi di una possibile natura vascolare della neoformazione extracerebrale tali da indurre i sanitari ad effettuare ulteriori accertamenti diagnostici. Sul punto, nell'ambito del procedimento penale i consulenti di parte civile, il dott. (...) ed il dott. (...) nominati dai sig.ri (...) e (...), osservavano che dalla risonanza magnetica del 17.04.2010 emergeva chiaramente che la neoplasia aveva incorporato strutture vascolari importanti, con la conseguenza che del tutto impraticabile fosse da ritenersi un approccio chirurgico del tipo di quello eseguito dal dott. (...). Argomentavano quindi i consulenti tecnici di parte civile - il cui elaborato risulta prodotto nel presente procedimento e dunque costituisce prova atipica valutabile, per tutte le motivazioni già esposte - che soltanto una terapia radiologica o chemioterapica, eventualmente anche in combinazione tra loro, poteva essere concretamente praticata, anche in assenza di una diagnosi istologica. Sulla base di tali considerazioni, dunque, i consulenti di parte civile escludevano la necessità che il dott. (...) procedesse all'invasivo intervento di biopsia. Il rilievo mosso dai consulenti di parte civile non si ritiene condivisibile, giacché - come ampiamente argomentato dai periti, anche con riferimenti puntuali alla letteratura medica di settore - la risonanza magnetica, in quanto strumento di diagnostica per immagini, non consente da sola di distinguere le forme flogistiche da quelle oncologiche. Contrariamente alla diagnosi istologica, dunque, la diagnostica per immagini risulta inadeguata alla definizione qualitativa della neoformazione, della quale non fornisce indicazioni in merito alla sua aggressività biologica, presupposto fondamentale per la scelta successiva del planning terapeutico. Sulla scorta della perizia espletata nel procedimento penale è pertanto possibile affermare che il rischio correlato al trattamento sanitario di biopsia, di cui gli attori lamentano l'omessa informativa nei confronti del paziente, era di gravità tale da doversi ritenere, in assenza di dati clinico-strumentali indicanti un aumentato rischio emorragico a carico del paziente, un'evenienza non prevedibile n preventivabile nell'ambito della chirurgiaendoscopica nasale, come definito dagli stessi periti. In definitiva, dunque, avuto riguardo al carattere necessario e indefettibile del prelievo bioptico in sede sfenoidale ed alle modalità di esecuzione dello stesso, alle condizioni di salute del paziente (che non era affetto da patologie ulteriori e diverse rispetto alla - di per sé estremamente grave - lesione in sede sfenoetmoidale e non era sottoposto ad alcun trattamento farmacologico), nonch alla natura del rischio correlato all'intervento chirurgico, deve concludersi che il sig. (...), qualora fosse stato compiutamente ed adeguatamente informato del rischi derivanti dal trattamento medico, avrebbe comunque prestato il consenso a sottoporsi a quel tipo di intervento. Nel caso di specie non erano ravvisabili elementi clinici in base ai quali ritenere con ragionevolezza che il sig. (...) fosse esposto ad un rischio di emorragia intracranica superiore rispetto a quello che usualmente grava sulla procedura di prelievo istologico in sede sfenoetmoidale. Tale intervento, che consisteva in una procedura videoendoscopica limitata al solo prelievo di frammenti dei tessuti superficiali di una neoformazione, presentava dei vantaggi - in termini di planning terapeutico ed informazioni prognostiche - di rilevanza tale da ritenere ragionevolmente, secondo l'id quod plerumque accidit, accettabile il rischio di eventuali complicanze. Complicanze che - nella normalità dei casi, e dunque, secondo un giudizio ex ante, anche nel caso del sig. (...) - erano limitate ad un eventuale sanguinamento del sito di prelievo tissutale e non comprendevano anche l'eventualità di una emorragia cerebrale subaracnoidea, del tipo di quella che ha colpito il sig. (...). L'impossibilità di prospettare soluzioni terapeutiche se non a seguito della tipizzazione istologica della neoformazione esclude la configurabilità di una lesione del diritto all'autodeterminazione del sig. (...) in ordine all'atto terapeutico in questione: in altri termini, non può ritenersi che sia stato violato il diritto del paziente alla libera e consapevole scelta del trattamento sanitario cui sottoporsi dal momento che, nello specifico caso di specie, non esistevano altri trattamenti medico-sanitari prospettabili al sig. (...). Il prelievo bioptico, infatti, non rappresentava la terapia da intraprendere allo scopo di incidere sulla progressione della neoplasia in sede sfenoetmoidale, ma costituiva esclusivamente il preliminare trattamento diagnostico da espletare allo scopo di individuare non soltanto la terapia più efficace (eventualmente) da intraprendere, ma anche l'effettiva prognosi del paziente. Il sig. (...), in mancanza di tipizzazione bioptica della neoformazione, era posto nell'evidente impossibilità di esercitare una scelta consapevole non già in punto di individuazione della terapia tra le diverse prospettabili, ma ancor prima in merito al se sottoporsi ad una qualsiasi terapia. Il paziente, in mancanza di dati clinici riguardanti sia il planning terapeutico sia la prognosi di sopravvivenza, elementi questi ultimi ricavabili esclusivamente dal prelievo bioptico della neoformazione, non avrebbe potuto esercitare alcuna scelta consapevole in merito alla propria esistenza, a prescindere dal fatto che tale scelta fosse consistita nell'intraprendere un determinato percorso terapeutico ovvero, all'opposto, di non sottoporsi ad alcun trattamento sanitario. Le motivazioni sin qui esposte non consentono di accogliere la domanda formulata dagli attori in punto di risarcimento del danno non patrimoniale da perdita del rapporto parentale in capo al sig. (...), fratello del sig. (...), ed ai sigg. (...) e (...) (...) (deceduto in data 03.09.2015), genitori del defunto, né la domanda tesa ad ottenere il risarcimento del danno psichico patito dalla sig.ra (...) per la morte del figlio. Va premesso che a fondamento delle predette domande gli attori non deducevano la commissione di un errore diagnostico da parte del sanitario convenuto né la non corretta esecuzione da parte di quest'ultimo dell'intervento chirurgico di biopsia. Gli attori, viceversa, radicavano le pretese risarcitorie sulla ritenuta illiceità dell'atto medico eseguito in assenza di consenso informato e sull'asserita consequenzialità tra l'intervento chirurgico ed il decesso del congiunto, deducendo specificamente che se il sig. (...) fosse stato adeguatamente informato del rischio correlato alla biopsia avrebbe preferito ricercare soluzioni alternative - all'epoca praticabili - e dunque non si sarebbe sottoposto all'intervento provocante il decesso. Nel caso di specie, il decesso del sig. (...) non risulta causalmente riconducibile alla condotta del dott. (...) n sotto il profilo dell'esecuzione dell'atto chirurgico - peraltro non contestata dagli attori ed in ogni caso tecnicamente corretta, come rilevato anche dai periti - n sotto il profilo dell'omessa informativa relativamente all'intervento di biopsia. Ciò, in quanto l'allegazione attorea a mente della quale il sig. (...), se fosse stato reso edotto dei rischi correlati alla biopsia, avrebbe scelto di non sottoporvisi e dunque avrebbe posto in essere una condotta alternativa - non necessariamente volta alla ricerca di diverse soluzioni cliniche - risulta sconfessata dall'assenza di fatto di alternative concretamente praticabili e del rischio chirurgico correlato all'intervento medico e comunque è rimasta del tutto sfornita di prova. La tipizzazione istologica della neoformazione infatti - che veniva eseguita all'esito dell'esperimento di ben due prelievi bioptici in anestesia locale, i cui esiti risultavano non diagnostici - era necessaria al duplice scopo di determinare la pianificazione terapeutica e formulare adeguate informazioni prognostiche. Tale intervento chirurgico, inoltre, presentava un rischio prevedibile limitato ad un eventuale sanguinamento del sito di prelievo tissutale, comunque controllabile con emostasi locale: l'emorragia intracranica verificatasi all'esito dell'intervento, non causata da alcun errore medico, presentò una gravità tale da ritenersi un'evenienza non prevedibile n preventivabile nell'ambito della chirurgia endoscopica nasale. In conclusione, il paziente (...) era conscio di essere affetto da patologia importante e probabilmente oncologica e che per lui l'unica possibilità di essere curato per tale grave patologia dipendeva dalla riuscita della biopsia a cui l'intervento in questione era finalizzato, è quindi del tutto verosimile che, se avesse conosciuto il rischio generico di tale intervento (che, come detto, a priori non era alto soprattutto considerate le peculiarità del caso, tanto che l'emorragia rappresentava "un'evenienza non prevedibile" nel caso concreto), avrebbe acconsentito a sottoporvisi. Del resto, in merito all'asserita ipotesi contraria (ossia in merito alla dedotta scelta di non sottoporsi all'intervento avendo conosciuto il rischio), gli attori si limitano a dedurre genericamente un atteggiamento solitamente prudente del paziente, il quale avrebbe rifiutato in passato la vaccinazione antitetanica per evitare le possibili complicanze. Hanno offerto infatti la testimonianza del solo teste (...), cugino del paziente, il quale rispondendo sul capitolo 9 (DCV che in diverse occasioni, parlando con (...), egli manifestò la propria avversione verso cure o esami comportanti rischi potenziali e che, in età giovanile, si rifiutò di sottoporsi al una cura antitetanica per paura di una reazione allergica ipotizzata dai medici come potenzialmente possibile"), affermava: "è vero, (...) era ansioso, pauroso e pertanto venni per parlare con lui; lo trovai molto sereno, non fece nessun accenno a paure che qualcosa potesse andar male; mi disse che doveva fare una biopsia, ma non mi spiegò nient'altri merito a questo esame; preciso che lui aveva paura di ogni piccola cosa.". È chiaro però che tale deposizione non è probante dell'assunto attoreo: una cosa infatti è rifiutare una vaccinazione per evitare il rischio connesso al vaccino e senza che vi sia una patologia grave in atto, ma solo il rischio astratto della stessa, un'altra, profondamente diversa, è la scelta di non sottoporsi a un intervento che è il presupposto indefettibile per accedere alle cure da una grave patologia in atto. Proprio tale indole prudente e cauta del sig. (...) lascia pensare che egli, ove fosse stato informato del rischio connesso all'intervento diagnostico (rischio che si ripete per l'ennesima volta era contenuto e comunque non certo alto), unitamente alla necessità di tale intervento per identificare il tipo di cellule e così mettere in atto le cure del caso, avrebbe optato con ogni probabilità per la scelta più ragionevole e prudente che era evidentemente quella di accettare di sottoporsi l'intervento diagnostico. Non può quindi in alcun modo ritenersi sussistente il danno da mancato consenso informato all'atto medico nella prima tipologia summenzionata, ossia il danno alla salute o alla vita stessa. Ma anche sotto il secondo aspetto dedotto, ossia del danno conseguente alla violazione del diritto all'autodeterminazione, come detto, sarebbe stato necessario che gli attori allegassero specificamente quali altri pregiudizi, diversi dal danno alla salute eventualmente derivato, il danneggiato abbia subito, dovendosi negare un danno in "re ipsa" (si veda Cass. Sez. 3 - , Ordinanza n. 24471 del 04/11/2020 (Rv. 659760 - 01) cit.). E al riguardo le allegazioni attoree sono del tutto carenti come pure le prove offerte. Anche tale voce di danno pertanto non può dirsi integrata. È possibile quindi concludere che, per tutti i motivi sopraesposti, dalla accertata omissione informativa vi è prova che sia conseguito alcun danno giuridicamente risarcibile. Le domande attoree devono, pertanto, essere rigettata. Quanto alle spese processuali, tenuto conto della complessità e peculiarità della controversia (nella quale comunque è stata accertata la condotta illecita seppur non produttiva di danno della parte convenuta di non aver adeguatamente informato il paziente), sussistono giusti motivi per disporne la compensazione. P.Q.M. Il Tribunale di (...), definitivamente pronunciando sulla domanda proposta da (...) e (...) contro (...) e (...), ogni diversa istanza, eccezione e difesa disattesa e respinta, così provvede: 1) Rigetta tutte le domande delle parti attrici; 2) Compensa le spese di causa. Così deciso in Pisa il 18 gennaio 2023. Depositata in Cancelleria il 19 gennaio 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO di PISA SEZIONE CIVILE Il Tribunale, in composizione collegiale nelle persone dei seguenti magistrati: dott. Eleonora Polidori - Presidente Relatore dott. Laura Pastacaldi - Giudice dott. Iolanda Golia - Giudice ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 118/2019 promossa da: (...) (c.f. (...)), rappresentato e difeso dall'Avv. La.Ba. e dall'Avv. Ch.Br. ed elettivamente domiciliato presso lo studio dell'Avv. Si.Ma., sito in Ponsacco, Viale (...) RICORRENTE contro (...) (c.f. (...)), rappresentata e difesa dall'Avv. Fr.Li. ed elettivamente domiciliata presso lo studio dell'Avv. Si.Sc., sito in Pisa, via (...) RESISTENTE CONCISA ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO Con ricorso presentato in data 10.01.2019, il sig. (...) chiedeva fosse pronunciata la separazione personale nei confronti di (...), tra i quali, una volta iniziata la relazione sentimentale nell'anno 2009, in data 27.02.2014 era stato celebrato matrimonio e dalla cui unione, il giorno 01.09.2015, era nato il figlio (...). A fondamento del proprio ricorso Parte ricorrente allegava la rottura dell'unione sentimentale, dovuta ad una scelta unilaterale della (...) che - dopo il trasferimento della coppia dalla Lombardia alla Toscana, insieme alla di lei famiglia, per la gestione di un b&b - nel 2017 aveva improvvisamente comunicato al marito la sua volontà di separarsi, a nulla valendo gli sforzi del (...) per recuperare il rapporto, come quello di essersi sottoposto ad una terapia di coppia, abbandonata dalla stessa (...) alla seconda seduta; la moglie aveva quindi chiesto al marito di allontanarsi dalla casa familiare (sita in (...), (...)), richiesta a cui il (...) aveva aderito, così trasferendosi nuovamente nel milanese, prima presso i propri genitori e successivamente nel precedente immobile adibito a casa familiare. In questo periodo, la coppia era pervenuta ad un accordo circa l'affidamento condiviso del figlio e il calendario di visite padre-figlio (a settimane alterne, per tre notti e quattro giorni), oltre al quantum del contributo di mantenimento (pari a Euro 250,00 mensili, oltre al 50% delle spese straordinarie), fino al febbraio 2019, quando la (...) avrebbe modificato unilateralmente gli accordi delle visite, consentendo al padre di vedere il figlio solo ogni due fine settimana. Ciononostante, il (...) rilevava l'impossibilità - da addebitarsi a controparte - nel sottoscrivere un ricorso congiunto di separazione e lamentava altresì una completa chiusura della (...), che non solo aveva interrotto qualsivoglia comunicazione con il (...) (tanto da non presentarsi neanche alla stazione per accompagnare/riprendere il minore, ma delegando all'uopo sempre la propria madre) ma aveva anche progressivamente iniziato a gestire il figlio senza alcuna condivisione con il padre su questioni di rilievo (come la sua iscrizione all'asilo nido, le vaccinazioni e il regime alimentare). Il ricorrente, inoltre, segnalava la propria disponibilità (così come manifestata alla stessa (...) tramite sms, allegato al ricorso) a sottoporsi ad un percorso di sostegno alla genitorialità, pur rimarcando la necessità di avviare preliminarmente un dialogo tra i genitori, del tutto sospeso per volontà della (...). Infine, il (...) rilevava che il figlio gli aveva comunicato che in casa la madre conviveva con un altro uomo, tale (...), senza peraltro aver alcun chiarimento sul punto dalla moglie. Quanto alla propria situazione economica, il (...) evidenziava che, a seguito dell'estromissione dall'Agriturismo in Toscana operata dalla (...) a suo danno, aveva iniziato a svolgere attività (a chiamata) presso l'azienda agricola "(...)", dalla quale ritraeva uno stipendio mensile di circa 300 Euro. Inoltre, Parte ricorrente precisava di aver intrapreso una nuova attività di ricovero cani (peraltro, in passato iniziata e condotta insieme alla (...) mediante l'ASD (...), dalla quale la moglie si era improvvisamente dimessa dalla carica di Consigliere), che però non aveva ancora generato alcun reddito. Tanto premesso, Parte ricorrente concludeva per l'affido condiviso del figlio (...), con mantenimento del calendario di visite già seguito dalle parti (dal giovedì alla domenica a settimane alternate e alternanza quindicinale durante i mesi estivi) e con obbligo di contribuire al mantenimento del minore per la somma di Euro 250 mensili, oltre al 50% delle spese straordinarie In data 23.05.2019 si costituiva in giudizio la sig.ra (...) che contestava quanto dedotto da Parte ricorrente: per quanto riguarda i motivi della crisi coniugale, Parte resistente riferiva di aver subito maltrattamenti fisici e verbali da parte del (...), che aveva tenuto comportamenti aggressivi e vessatori (offendendola e spintonandola in più occasioni) anche alla presenza del figlio e della di lei madre, sì da determinare, a fine 2017, nella (...) la volontà di lasciare il marito. Parte resistente precisava che, a seguito della comunicazione al (...) della propria volontà di separarsi, la condotta violenta del marito si era aggravata, con continue minacce del (...) (anche nei confronti di conoscenti e amici della (...)) e con comportamenti persecutori nei confronti della moglie, tanto da rendere necessario - in uno dei vari episodi - l'intervento delle forze dell'ordine e da condurre la (...) a rivolgersi al Centro antiviolenza di Pisa, oltre a chiedere una tutela in sede penale. Inoltre, la (...) aveva precisato che la terapia di coppia intrapresa era stata interrotta proprio a seguito degli episodi di violenza perpetrati dal (...) nel dicembre 2017, tanto che era stata la stessa terapeuta, Dott.ssa (...), a consigliare alla moglie di rivolgersi ad un centro antiviolenza. E sempre alla condotta violenta e di continue minacce erano da imputare anche le proprie dimissioni, rassegnate dalla (...) nel marzo 2018, dall'ASD (...), per come peraltro successo anche alla Presidente dell'associazione, la sig. (...). Peraltro, Parte resistente precisava che la natura violenta e persecutoria del marito era altresì emersa in passato, portando il (...) ad essere condannato nel 2018 per il reato di stalking e danneggiamento ex artt. 612 bis e 635 c.p. nei confronti del proprio datore di lavoro, per come peraltro riferito dallo stesso (...) nel proprio ricorso. Nella propria comparsa, inoltre, Parte resistente manifestava i propri timori per le ricadute dell'indole del padre sul figlio, il quale, al rientro dal fine settimana trascorso con il (...), appariva molto nervoso, rivolgendosi alla madre con epiteti ingiuriosi ("puttanella") e riferendole che il padre gli aveva suggerito di gestire i rapporti con i propri compagni seguendo metodi violenti ("papà (...) ha detto che, se qualcuno (...) picchia, di picchiarlo più forte"), metodi relazionali a cui il figlio (...) avrebbe aderito, tanto che la responsabile della scuola materna da lui frequentata, in data 23.05.2019, aveva informato la madre che il figlio, da qualche tempo, soleva picchiare senza alcun motivo un bambino. Circa la gestione del minore, Parte resistente lamentava che i continui viaggi del minore in Lombardia stancavano eccessivamente il minore; ed infatti, la propria madre aveva messo a disposizione del (...) il proprio appartamento - sito sempre in (...) - affinché lo stesso potesse usarlo nei giorni da trascorrere con il minore, ma Parte ricorrente avrebbe sempre pretestuosamente respinto tale possibilità, così costringendo il figlio (...) a doversi spostare ogni due settimane da (...) a Buccinasco ((...)), affrontando ben tre cambi ferroviari per tratta. Inoltre, la (...) riferiva di comportamenti alquanto discutibili del padre al momento in cui il figlio viene restituito alla nonna materna presso la stazione ferroviaria, lasciandosi andare a crisi di pianto (che poi induce altresì nel minore) e colpevolizzando apertamente la madre per il periodo in cui i due non potranno vedersi. Quanto alla mancanza di dialogo a lei imputata da controparte, la (...) precisava di rendere continuamente partecipe il coniuge della vita di (...), inviandogli fotografie e aggiornandolo per messaggio sugli eventi più importanti, preferendo evitare colloqui telefonici a causa del comportamento violento e prevaricatore del marito. Inoltre, Parte resistente contestava la ricostruzione operata da controparte circa la sua esclusione dalle scelte fondamentali del figlio, precisando invece di aver sempre cercato un dialogo con il padre circa l'iscrizione del bambino all'asilo nido e alla scuola materna, ma ricevendo come risposta un netto e immotivato rifiuto, così ingenerando nella madre serie difficoltà sul lavoro, tanto che la stessa si era decisa a perfezionare l'iscrizione in autonomia. Infine, precisava che, riguardo al regime alimentare, il (...) aveva espresso la propria volontà - senza peraltro motivarla - affinchè il figlio seguisse una dieta vegana, indicazione non seguita dalla (...) anche alla luce delle indicazioni e suggerimenti di pediatra e nutrizionisti. Quanto alle questioni economiche, la (...) precisava che la somma di Euro 250,00 (per come precedentemente concordata tra le parti) appariva allo stato insufficiente, alla luce delle dichiarazioni rese in ricorso dallo stesso (...) che attengono al suo stato di attuale occupazione. Ciò posto, Parte resistente concludeva per l'affido esclusivo del minore alla madre e collocamento presso di lei, con un calendario di visite padre-figlio meglio specificato in comparsa (due fine settimana alternati al mese), previo esperimento di CTU psicologica-psichiatrica sul (...); quanto al mantenimento, Parte resistente chiedeva disporsi l'obbligo a carico del padre di contribuire al mantenimento del figlio per Euro 400,00 mensili, oltre al 50% delle spese straordinarie All'esito dell'udienza di comparizione dei coniugi del 03.06.2019, il Presidente esperiva il tentativo di conciliazione, che dava esito negativo e, in data 17.08.2019, venivano emessi i seguenti provvedimenti: veniva disposta CTU e, nelle more, veniva disposto l'affido condiviso del figlio minore, con collocamento presso la madre e obbligo a carico del padre di versare, a titolo di contributo al mantenimento del figlio, la somma mensile di Euro 250. A seguito dell'espletamento dell'incarico, la CTU Dott.ssa (...) riferiva, nel proprio elaborato peritale, che non erano emersi elementi psicopatologici nelle parti tali da alterare le funzioni genitoriali (specie nel sig. (...), di cui escludeva qualsivoglia pericolosità potenzialmente pregiudizievole per il minore), pur rimarcando le difficoltà - parimenti espresse da entrambi i genitori - ad esprimere un ruolo condiviso e ad attuare una relazione serena tra loro. Inoltre, la CTU precisava che dall'esame psicologico del minore, di cui aveva registrato un forte attaccamento nei confronti di entrambi i genitori, era emerso un disagio emotivo di (...), dovuto non al rapporto intrattenuto con le singole figure genitoriali, specie il padre, con il quale invero si è dimostrato molto legato, ma alla confusione e disorganizzazione mentale che il bambino vive rispetto all'evento separazione, nonch alla disfunzionale relazione tra i genitori, che porta ad acutizzare il malessere del minore, specie quando il bambino si sente conteso e responsabilizzato nella scelta del genitore con cui stare. Infine, la CTU - alla luce della nuova convivenza della sig.ra (...) con il compagno (...) - aveva rilevato altresì il rischio di ingenerare ulteriore confusione in (...) quanto al ruolo assunto dall'uomo, invitando altresì le parti a chiarire al minore, con i propri comportamenti, gli specifici ruoli degli adulti coinvolti. Alla luce di quanto riscontrato, dunque, la CTU suggeriva la misura dell'affido condiviso con collocazione prevalente del minore presso la madre e con relativo calendario di frequentazione con il padre (in specie, un weekend alternato con il padre); inoltre veniva caldamente consigliato un percorso psicoterapeutico del minore presso l'UFSMIA e un percorso di sostegno alla genitorialità da effettuarsi congiuntamente, oltre ad un parallelo monitoraggio bimestrale di 8 mesi svolto con la coppia da parte dei Servizi Sociali. Le indicazioni del CTU venivano recepite dal Presidente del Tribunale che, in sede di provvedimenti provvisori e urgenti, disponeva l'affido condiviso del figlio minore, con collocamento presso la madre e con diritto del padre di vedere e tenere con sé il figlio a weekend alternati (e con un calendario di visite per il periodo estivo speculare, ossia con diritto della madre di tenere il figlio con sé a weekend alternati); inoltre, poneva a carico del padre l'obbligo di contribuire al mantenimento del figlio per la somma di 250,00 Euro mensili. A mezzo di memoria ex art. 183 c.p.c. - nel ripercorrere quanto già dedotto in ricorso e in memoria integrativa - Parte ricorrente lamentava i comportamenti oppositivi della moglie alla relazione padre-figlio, che si traducevano in un ostacolo alla loro frequentazione e spesso in opposizioni o modifiche dei programmi a ridosso delle visite paterne (cfr. messaggi intercorsi tra le parti e allegati al fascicolo); infine, denunciava le interferenze del compagno della (...), G., nel rapporto padre-figlio, tanto da portare il minore in alcune occasioni a rivolgersi a (...) come "babbo" e a disegnare, in occasione della festa del papà, due figure maschili. Tanto premesso, Parte ricorrente chiedeva, oltre alla pronuncia di una sentenza non definitiva sullo status, la conferma del regime di affido condiviso e una modifica del calendario di visite padre-figlio, anche in considerazione dell'imminente inizio della scuola elementare (un week-end alternato con prelievo del figlio da parte del sig. (...) o di un suo delegato - nonni o zie - il venerdì all'uscita dalla scuola sino alla domenica entro le ore 19.00 con ritiro del bambino da parte della madre o di suo delegato - nonna materna del minore - presso il domicilio paterno); inoltre proponeva una regolamentazione del diritto di visita anche per il periodo estivo (con collocamento presso il padre presso il suo domicilio e un fine settimana al mese con la madre dal venerdì pomeriggio alla domenica con gli stessi orari in cui durante l'anno con il padre). Infine, chiedeva la modifica del quantum dell'assegno di mantenimento, da determinarsi in Euro 200 mensili da versarsi però solo per il periodo scolastico, con obbligo a carico di controparte di contribuire al mantenimento del figlio per la somma di 200 Euro da versarsi nei periodi di permanenza continuativa del minore presso il padre. Parte resistente, nella propria memoria integrativa e nella memoria ex art. 183 c.p.c., concludeva per la misura dell'affido condiviso, per l'adozione di un calendario di visite che permettesse minori spostamenti del minore (con diritto del padre di tenere il figlio per due weekend alternati, di cui uno presso la residenza paterna di (...) e l'altro in Toscana e prevedendo, per il periodo estivo, il criterio puro dell'alternanza quindicinale) e per l'obbligo, a carico del padre, di contribuire al mantenimento del figlio per la somma mensile di Euro 400. All'udienza istruttoria del 02.03.2022, veniva escussa come teste la Dott.ssa (...), psicologa presso la A. V. di (...), che dal dicembre 2019 aveva condotto un'osservazione prolungata sul minore (...), consistente in colloqui con i genitori (sia congiuntamente che separatamente) e in sedute con il minore (da solo e insieme a ciascun genitore). La Dott.ssa (...) ha precisato di non aver rilevato nel minore particolari criticità e di aver potuto percepire - seppur l'oggetto del proprio incarico fosse saggiare la salute psicologica del minore e non valutare i genitori - l'interesse espresso da entrambi i genitori per il benessere del figlio, pur avendo suggerito per il futuro un intervento di mediazione non tanto perché vi fosse pregiudizio per il bambino, quanto per facilitare la comunicazione tra i genitori. Quanto all'incidenza della figura rappresentata dal nuovo compagno della madre, la Dott.ssa (...) ha specificato che il minore ha fatto in più occasioni riferimento al sig. (...) (peraltro inserendolo in un disegno di famiglia e ivi indicandolo quale "(...)"), risultando però (...) come un bambino sereno che ha dei legami buoni con tutte e tre le figure adulte che ruotano intorno a lui. La psicologa, su domanda, ha riferito di ritenere (...), nonostante la tenera età, capace di distinguere i ruoli e differenziare tra le figure genitoriali e il sig. (...): ed infatti, a sostegno di questa percezione, la Dott.ssa (...) ha precisato che nelle occasioni in cui aveva stimolato il minore a parlare del "babbo", (...) non aveva mai avuto dubbi nel riferirsi il sig. (...). Su domanda, la teste ha precisato di non ritenere la figura di (...) un elemento di pregiudizio per il minore né di aver percepito - nel corso della propria attività professionale - un'attività posta in essere dalla madre o da (...) consapevolmente finalizzata ad allontanare (...) dal padre. Nel corso della medesima udienza venivano sentite le parti e la sig.ra (...) riferiva che effettivamente in alcune occasioni (...) aveva fatto riferimento al fatto di avere "due papà" e di aver chiamato (...) "babbo", adducendo come motivazione la circostanza secondo cui il figlio avuto dalla (...) con il sig. (...) si rivolge a quest'ultimo come babbo, venendo così in alcune occasioni emulato dallo stesso (...). A seguito dell'audizione della psicologa, il Giudice prescriveva alle parti di avviare una mediazione genitoriale, fissando udienza per la precisazione delle conclusioni. Infine, la causa veniva posta in decisione e le parti depositavano le rispettive memorie conclusionali ex art. 190 c.p.c.. Tanto premesso, occorre rilevare che l'originaria domanda di affidamento esclusivo avanzata da Parte resistente è stata, nel corso del procedimento, abbandonata e convertita nella richiesta congiunta di affido condiviso, misura questa (così come suggerita dalla stessa CTU) che appare l'unica adeguata nel caso di specie, non essendo emersi elementi tali da escluderla. Quanto alle modalità di frequentazione del minore, appare opportuno premettere quanto prescrive in merito la giurisprudenza oramai consolidata, secondo cui "in tema di affido condiviso del minore, la regolamentazione dei rapporti con il genitore non convivente non può avvenire sulla base di una simmetrica e paritaria ripartizione dei tempi di permanenza con entrambi i genitori, ma deve essere il risultato di una valutazione ponderata del giudice del merito che, partendo dall'esigenza di garantire al minore la situazione più confacente al suo benessere e alla sua crescita armoniosa e serena, tenga anche conto del suo diritto a una significativa e piena relazione con entrambi i genitori e del diritto di questi ultimi a una piena realizzazione della loro relazione con i figli e all'esplicazione del loro ruolo educativo" (cfr. Cass., Sez. I, Ord. n. 3652/2020). Con riguardo al calendario di visite, è sorto un contrasto tra le parti circa il luogo ove il padre terrà presso di sé il figlio nei due weekend al mese concordati tra le parti, avendo la (...) espressamente richiesto che uno dei due fine settimana si svolga in Toscana, ove il minore stabilmente risiede, ed uno in Lombardia presso il domicilio del padre. A tal proposito, occorre rilevare che, a seguito dei colloqui del minore con il Ctu nel corso della perizia, il bambino è apparso sereno e a proprio agio nell'ambiente domestico del padre, riconosciuto come familiare, dove peraltro intrattiene solide relazioni - oltre che col padre - anche con i membri della di lui famiglia, quali i nonni, gli zii ed i cuginetti, dei quali ha peraltro raccontato episodi di gioco e affetto ("Con babbo faccio tutte le cose. Stiamo a (...) e ci sono tutti quelli che abitano a (...). Uno è in su e uno è in giù. Sono la mamma e il babbo miei. A (...) il nonno (...) faceva le partite con il numero 10 e ora ha cambiato numero. Nonno (...) e io facciamo tutto insieme. Poi c'è nonna, le zie, i cuginetti. (...) con i blu e bianchi ha perso. Hanno segnato sul rigore. I blu e i bianchi hanno fatto il pareggio ma poi al secondo tempo gli hanno segnato uno loro. Palo, goal! E con i bianco neri loro hanno vinto 2 a 0. (...) piace (...), e a vedere le sue partite (...) porta il mio papà" vd. Pg. 29 Ctu). Non emerge quindi alcuna difficoltà o fastidio nel minore per il fatto di recarsi presso il domicilio paterna ed appare pertanto confacente al suo interesse disporre che il padre tenga con sé il minore, presso il domicilio paterno, a weekend alternati dal venerdì all'uscita di scuola fino alla domenica entro le ore 19, come peraltro suggerito dallo stesso Ctu. Quanto all'individuazione del soggetto deputato al ritiro o alla consegna del minore al domicilio paterno, devono in questa sede recepirsi le indicazioni fornite nella ctu; ed infatti, a tal proposito, il Ctu ha avuto modo di rilevare che il disagio manifestato da (...) (la chiusura e stati di agitazione del minore) "non deriva assolutamente dal rapporto con il padre e dai momenti che trascorre in sua compagnia, ma si presenta nel momento in cui il bambino si sente conteso e responsabilizzato nella scelta del genitore con cui stare", dovendo dunque imputare detta sofferenza in larga misura al rapporto disfunzionale e conflittuale tra i coniugi. Proprio per tale motivo, il Ctu nella propria consulenza ha indicato, come misura volta a alleviare tale sofferenza e senso di divisione, che possa essere la madre ad accompagnare ogni mese o mese e mezzo il minore dal padre a (...), suggerimento che si ritiene congruo adottare in questa sede. Quanto al periodo estivo dalla chiusura della scuola - così recependo le indicazioni fornite in CTU - (...) starà con il padre a (...) e a fine settimana alterni con la madre, dal venerdì alla D. con gli stessi orari in cui durante l'anno con il padre. Per il mese di Agosto (punto sul quale vi è sostanziale accordo tra le parti), (...) trascorrerà dal 1 al 15 con un genitore e dal 15 al 31 con l'altro ad anni alterni, salvo diverso accordo dei genitori. Le settimane restanti di Agosto, fino alla apertura della scuola, (...) starà con il padre a (...) e vedrà la madre a fine settimana alternati come spiegato sopra. Quanto invece alle altre festività, deve in tal caso applicarsi il criterio dell'alternanza: durante i periodi di chiusura della scuola per le festività natalizie, (...) trascorrerà, dalla chiusura della scuola, la settimana comprendente il Natale e Santo Stefano con un genitore, e la settimana comprendente San Silvestro e il 1 Gennaio con l'altro genitore. I genitori si accorderanno negli anni per rispettare reciprocamente il criterio dell'alternanza. Inoltre, festività di Pasqua e Pasquetta, 8 dicembre, 6 Gennaio, 25 Aprile, 1 Maggio e 2 Giugno - ivi compreso il giorno del compleanno di (...) il 1 settembre - saranno trascorse dal minore ad anni alterni presso ciascun genitore. A tal proposito, risulta non meritevole di accoglimento l'eccezione di inammissibilità avanzata da Parte ricorrente sul presupposto che la domanda di applicazione del criterio dell'alternanza anche con riferimento al compleanno del figlio costituirebbe una domanda nuova che, effettuata solo in sede di precisazione delle conclusioni, risulterebbe essere tardiva: infatti, se è pur vero che nella memoria ex art. 183 c.p.c. la (...) si era limitata a chiedere genericamente che "le varie festività vengano trascorse con ciascun genitore ad anni alterni", deve intendersi che il compleanno del figlio rientri pienamente nel concetto di "festività", per il significato socio-affettivo che lo stesso manifesta, specialmente in tema di indicazione di un calendario di visite genitori-figli. Quanto alla pubblicazione di foto del figlio sui social network senza il consenso dell'altro genitore, circostanza questa lamentata da entrambe le parti, occorre ordinare alle parti la cancellazione delle foto pubblicate senza il consenso di entrambi i genitori, elemento questo necessario e legittimante la pubblicazione su internet di immagini ritraenti un soggetto minore d'età, così come previsto dal D.Lgs. n. 101 del 2018, art. 2 quinquies, in attuazione del Regolamento (UE) 2016/679. Venendo ora alle determinazioni economiche, è emerso dalla documentazione allegata dalle parti che il sig. (...), dopo aver lavorato (dal febbraio al novembre 2018) con contratto a chiamata nel settore agricolo e a seguito di dissidi con la (...) che avevano portato alla cessazione dell'attività dell'Associazione (...) dagli stessi costituita (dalla quale residuavano debiti, a carico del (...), per Euro 216.000,00), ha avviato dal gennaio 2019 una ditta individuale avente ad oggetto attività di ricovero per cani, dalla quale ha ritratto redditi d'impresa nell'anno 2020 pari a circa 2.000 Euro, mentre nel periodo 2021 pari a 3.635. Quanto al patrimonio immobiliare, il (...) risulta proprietario dell'ex casa coniugale di (...) (riacquistata dallo stesso (...) nel 2018, grazie ad un prestito di oltre 80.000 Euro dei genitori) e, a seguito del decesso del padre occorso in data 01.12.2021, anche dell'immobile sito a D. adibito a casa vacanza della famiglia (...) e di alcuni terreni, oltre che dell'immobile di (...) (abitazione dei genitori), nel quale continua a vivere la madre del (...), immobili questi ultimi in comproprietà con la madre (già detentrice del 50% della proprietà, essendo stati i suddetti immobili acquistati in regime di comunione legale con il coniuge) e i due fratelli del ricorrente; dalla successione poi, sono derivati al (...) anche quote di depositi finanziari e polizze cointestate. Tanto premesso, seppur il (...) risulta destinatario di un lascito ereditario di circa 100.000 Euro (ivi compreso il valore immobiliare degli immobili, tra cui quello occupato dalla madre - vd. Dichiarazione di successione versata in atti), deve prendersi atto che lo stesso ha rilevato di dover impiegare tale denaro per l'estinzione dei propri debiti, depositando agli atti una scrittura privata datata 29.03.2014 con la quale lo stesso si è obbligato a restituire la cifra di circa 220.000 Euro ai genitori, secondo un piano di rientro che prevede il pagamento dell'ultima rata a fine 2025. La sig.ra (...), invece, dopo una positiva gestione del B&B sito in (...), nell'ottobre 2021 ha cessato l'attività e venduto l'immobile, impiegando la somma derivante dalla vendita (pari a 430.000,00 Euro) per l'acquisto di un immobile ad uso abitativo in comunione con l'attuale compagno (per il valore di 124.000,00 Euro) e per l'estinzione di alcuni debiti (uno di 72.000 a favore del (...), a seguito di accordo transattivo successivo a una sentenza di condanna di pagamento; ed uno di 110.000 con lo zio (...), per come risultante da scrittura privata di riconoscimento di debito); la stessa ha poi dichiarato di essere attualmente priva di attività lavorativa, tanto da non aver redatto le dichiarazioni dei redditi con riferimento agli ultimi anni. Tanto premesso, alla luce di tale situazione patrimoniale-reddituale dei coniugi, appare congruo confermare quanto previsto in sede di provvedimenti urgenti e provvisori circa il quantum dell'assegno, considerato lo stato di disoccupazione dichiarato dalla (...) e gli esigui redditi prodotti dal (...) per come dichiarati nelle dichiarazioni dei redditi depositate agli atti e rilevato che entrambe le parti hanno impiegato una consistente somma di denaro (per la (...) derivante dalla vendita della casa e per il (...) dalla successione del padre) nell'estinzione dei propri debiti, peraltro contratti con i rispettivi familiari. Deve dunque disporsi l'obbligo a carico del (...) di versare alla (...), a titolo di contributo al mantenimento per il figlio (...), la somma mensile di Euro 250,00, da rivalutarsi secondo gli indici ISTAT, oltre al 50% delle spese straordinarie. Quanto alla domanda, avanzata da Parte ricorrente, di porre a carico della (...) l'obbligo di contribuire al mantenimento del figlio per il periodo estivo in cui il minore si trova collocato prevalentemente presso il padre, la stessa non risulta meritevole di accoglimento. Ed infatti, secondo quanto afferma consolidata giurisprudenza, "il contributo al mantenimento dei figli minori, quantificato in una somma fissa mensile in favore del genitore affidatario, non costituisce il mero rimborso delle spese sostenute da quest'ultimo nel mese corrispondente, bensì la rata mensile di un assegno annuale determinato, tenendo conto di ogni altra circostanza emergente dal contesto, in funzione delle esigenze della prole rapportate all'anno" (cfr. Cass. Sez. I, sent. n. 18869/2014); ne consegue che il genitore non affidatario non può ritenersi sollevato dall'obbligo di corresponsione dell'assegno per il tempo in cui i figli si trovino presso di lui ed egli provveda in modo esclusivo al loro mantenimento, di talchè la domanda in tal senso dal (...) deve essere respinta. Quanto, poi, alla richiesta di disporre l'avvio tutti i percorsi sollecitati dalla CTU, deve rilevarsi che Parte resistente, in sede di precisazione delle conclusioni, ha riferito di aver, insieme a controparte, già attivato il percorso per il sostegno alla genitorialità presso i Servizi Sociali di Rosignano Solvay; inoltre, quanto al percorso di psicoterapia del (...), risulta depositata agli atti una relazione redatta dalla psicologa dott.ssa Nicotra, in cui emerge che Parte ricorrente si è sottoposto per 6 mesi al percorso richiesto e consigliato dal CTU. Di talché, visto l'adempimento delle prescrizioni caldamente consigliate dal Ctu, si ritiene di non dover disporre misure in merito. Infine, la richiesta effettuata da Parte resistente circa la statuizione dell'obbligo per il sig. (...), tramite i suoi avvocati difensori, di comunicare, entro 48 ore dalla relativa conoscenza, la modalità di esecuzione della condanna a suo carico e le misure alternative che verranno eventualmente concesse, è inammissibile in quanto volta ad ottenere provvedimenti non giuridicamente qualificabili in relazione a situazioni di mero interesse. Vista la natura della causa e il parziale accoglimento delle domande di entrambe le parti, le spese devono dichiararsi compensate. P.Q.M. Il Tribunale, definitivamente decidendo sulla domanda proposta da (...) nei confronti di (...), così provvede: 1) Dichiara la separazione personale tra i coniugi (...) (C.F. (...)) e (...) (C.F. (...)); 2) Affida il figlio minore (...) ad entrambi i genitori, con collocamento prevalente presso la madre. le decisioni di maggiore interesse relative al figlio, concernenti la sua salute, educazione ed istruzione, verranno assunte di comune accordo tra i genitori, nel rispetto delle inclinazioni naturali, delle attitudini e delle aspirazioni del figlio stesso, mentre alle decisioni su questioni di ordinaria amministrazione, ciascun genitore, durante i tempi di permanenza del minore presso di sé, vi provvederà autonomamente. 3) Dispone che il padre tenga presso di sé il figlio un week-end alternato con prelievo del figlio da parte del sig. (...) o di un suo delegato (nonni o zie) il venerdì all'uscita dalla scuola sino alla domenica entro le ore 19.00, quando il (...) riaccompagnerà il minore presso l'abitazione della madre. Invita altresì la sig.ra (...) una volta ogni mese e mezzo ad accompagnare il venerdì dopo la scuola il figlio presso il domicilio paterno. 4) Nel periodo estivo dalla chiusura della scuola (...) starà con il padre presso il domicilio di quest'ultimo e due fine settimana al mese con la madre dal venerdì pomeriggio alla domenica con gli stessi orari in cui durante l'anno con il padre con prelievo del figlio da parte della sig.ra (...) o di un suo delegato (nonna materna del minore) presso l'abitazione del padre e con ritiro del bambino da parte del padre o di suo delegato (nonni paterni del minore o zie) presso il domicilio materno; nel mese di Agosto (...) trascorrerà dal 1 al 15 con un genitore e dal 15 al 31 con l'altro ad anni alterni salvo diverso accordo dei genitori. Le settimane restanti di Agosto, fino ad apertura della scuola, (...) starà con il padre a (...) e vedrà la madre a fine settimana alternati. 5) Durante i periodi di chiusura della scuola per le festività natalizie, (...) trascorrerà, dalla chiusura della scuola, la settimana comprendente il Natale e Santo Stefano con un genitore, e la settimana comprendente San Silvestro e il 1 Gennaio con l'altro genitore. I genitori si accorderanno negli anni per rispettare reciprocamente il criterio dell'alternanza. Inoltre, festività di Pasqua e Pasquetta, 8 dicembre, 6 Gennaio, 25 Aprile, 1 Maggio e 2 Giugno - ivi compreso il giorno del compleanno di (...) il 1 settembre - saranno trascorse dal minore ad anni alterni presso ciascun genitore. 6) Ordina ad entrambe le parti la cancellazione di fotografie ritraenti il minore pubblicate su social network senza il consenso dell'altro genitore. 7) Pone a carico del padre l'obbligo di corrispondere alla signora (...) entro il 10 di ogni mese, quale contributo di mantenimento del figlio, la somma mensile di Euro 250,00, rivalutabile secondo gli indici ISTAT. 8) Dispone che i genitori contribuiscano nella misura del 50% alle spese straordinarie (sanitarie, scolastiche, sportive, etc.) preventivamente concordate e documentate; il genitore che ritiene necessaria una spesa straordinaria deve comunicarlo all'altro, a mezzo posta elettronica, indicando se possibile la spesa presuntiva; l'altro genitore deve rispondere con lo stesso mezzo entro dieci giorni esprimendo il proprio consenso o una proposta alternativa o il proprio dissenso; in caso di mancata risposta nel termine si riterrà formato il silenzio assenso. Una volta effettuata la spesa, l'altro genitore dovrà rimborsare chi l'ha effettuata nel termine di dieci giorni dalla presentazione mediante invio per email della documentazione attestante il pagamento. 9) Dispone a carico dei genitori l'obbligo reciproco di comunicare l'uno all'altro, sempre, il proprio recapito, anche telefonico, ove dovesse mutare rispetto a quello conosciuto; gli stessi, inoltre, dovranno sempre comunicare l'uno all'altro, preventivamente, eventuali spostamenti con il figlio in altre località rispetto alla residenza dello stesso. 10) Dà atto che i coniugi hanno dato reciproca autorizzazione al rilascio di documenti validi per l'espatrio per loro stessi e per il figlio. 11) Dichiara compensate le spese di giudizio. Ordina all'Ufficiale di Stato civile di Buccinasco ((...)) di procedere alla annotazione della sentenza sull'atto di matrimonio, celebrato in Buccinasco e trascritto nei registri degli atti di matrimonio di quel Comune al n. 1 parte II serie A ufficio 1 anno 2014. Così deciso in Pisa il 18 gennaio 2023. Depositata in Cancelleria il 18 gennaio 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI XXXXX Il Giudice, dott. Alessia De Durante, ha emesso la seguente SENTENZA nella causa iscritta al n. 335/2018 R.G., promossa da (...) XXXXX (C.F. XXXXX), XXXXX XXXXX (C.F. XXXXX), XXXXX XXXXX (C.F. XXXXX), XXXXX XXXXX (C.F. XXXXX), XXXXX XXXXX (C.F. XXXXX), XXXXX XXXXX (C.F. HRTRRT33S301000) con l'avv. CENZATTI GIACOMO PARTI ATTRICI contro AZIENDA USL XXXXXXXXXXXXXXXXXX XXXXXXXXXXX), in personale del legale rappresentante prò tempore, con l'avv. (...) PARTE CONVENUTA e con xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx TERZO CHIAMATO CONTUMACE CONCLUSIONI: Le parti hanno concluso come da note scritte depositate in vista dell'udienza del 23/03/2022 trattata in modalità cartolare ai sensi dell'art. 83 D.L. n. 18/2020 s.m.i., che devono intendersi qui integralmente richiamate. MOTIVI DELLA DECISIONE Con atto di citazione del 24/01/2018 gli attori XXXXX (...), XXXXX XXXXX, XXXXX XXXXX, XXXXX XXXXX, XXXXX XXXXX e XXXXX XXXXX allegavano quanto segue: - Nel 2003 XXXXX XXXXXXXXXX riceveva una diagnosi di gozzo multinodulare alla tiroide; - In data 23/01/2004 veniva sottoposta ad intervento di tiroidectomia totale presso la U.O. di Chirurgia Generale XXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXX; - Le dimissioni avvenivano solo in data 31/01/2004 poiché durante la degenza la paziente soffriva di ipocalcemia sintomatica e crampi alle gambe; - A seguito dell'intervento insorgevano nella paziente gravi disturbi respiratori culminanti in grave crisi dispnoica, a causa della quale la XXXXXXXXX il 12/03/2004 veniva ricoverata d'urgenza presso l'U.O. di O.R.L. XXXXXXXX XXXXX, dove le veniva diagnosticata una paralisi in abduzione delle corde vocali e stenosi dello spazio respiratorio dovuti alla recisione della corda vocale sinistra in sede di intervento chirurgico; - La paziente veniva sottoposta ad intervento di tracheotomia d'urgenza e dimessa con necessità di utilizzo di cannula tracheo-stomica; - Tanto il medico di famiglia quanto il medico della O.R.L. XXXXXXXXX XXXXX ed i medici dell'XXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXCenter (i quali per primi avevano diagnosticato i disturbi alla tiroide nel 2003) davano atto della paralisi completa della corda vocale sinistra secondaria a tiroidectomia nonché mancanza di respiro e dispnea da sforzo; - La dispnea costringeva la XXXXXXXXXX ad effettuare vari accessi al Pronto Soccorso, all'esito dei quali si evidenziavano ingrandimento cardiaco, fibroscopia laringea, paralisi della corda vocale sinistra ed ipertensione arteriosa; - La Commissione Regione Toscana accertava in data 01/04/2005 l'invalidità della XXXXXXXXXXX quantificandola nella percentuale del 67-99%; - Il 30/05/2005 la paziente veniva sottoposta ad ulteriore intervento chirurgico di cordectomia sinistra con tecnica laser, che tuttavia non alleviava le crisi dispnoiche; - Alle successive visite pneumologiche veniva diagnosticata la polimialgia reumatica; - Dal 2014 in poi venivano diagnosticate alla paziente cardiopatia ipertensiva, asma bronchiale e osteoporosi conseguenti alle cure ad alto dosaggio di cortisone per far fronte alle crisi dispneiche; - La XXXXXXXXXX con raccomandata a/r del 11/08/2004 formalizzava la contestazione del sinistro alla XXXXXXXXXXXXXXXXXXX; - La USL apriva la procedura di sinistro tramite la compagnia assicurativa XXXXXXXXXXXXXX la quale in data 31/08/2005 comunicava all'attrice l'impossibilità di provvedere alla richiesta di risarcimento danni dal momento che non ravvisava alcun elemento di censura nel comportamento dei sanitari. Gli attori concludevano, pertanto, per l'accertamento e la dichiarazione della responsabilità della Azienda USL XXXXXXXXXXXXXX XXXXXXXX nella causazione del danno e la relativa condanna al risarcimento del danno in favore di XXXXX XXXXXXXX nonché in favore dei componenti del suo nucleo familiare a titolo di responsabilità contrattuale ed extracontrattuale. In data 24/04/2018 si costituiva in giudizio la convenuta Azienda USL XXXXXXXXXXXXXX eccependo in via preliminare l'intervenuta prescrizione del diritto azionato sia dalla XXXXXXXXXXXX, che non poneva in essere alcun atto interruttivo dal momento dell'intervento alla mediazione (avvenuti a ben oltre 10 anni di distanza), che dai familiari, i quali formulavano la loro pretesa solo nel 2016 e nel 2018. Parte convenuta concludeva nel merito per il rigetto delle domande attoree poiché infondate in fatto e in diritto. Allegava, infatti, che l'intervento di tiroidectomia cui la XXXXXXXXXXXXX era stato effettuato in conformità alle legesartis delle prestazioni sanitarie e le complicanze verificatesi nel postoperatorio risultavano essere del tutto frequenti, prevedibili ma in alcun modo prevenibili. In via subordinata, contestava il calcolo del quantum debeatur e chiedeva autorizzarsi la chiamata in causa della compagnia assicurativa al fine di essere garantita e manlevata nel caso di condanna al pagamento del risarcimento del danno in favore degli attori. Autorizzata la chiamata in causa della XXXXXXXXX., la stessa -regolarmente citata in giudizio - restava contumace. Concessi i termini di cui all'art. 183 VI co. c.p.c., la causa veniva istruita mediante produzioni documentali e CTU medico legale. Con ordinanza del 23/03/2022 il procedimento veniva rimesso in decisione con concessione dei termini ex art. 190 c.p.c. a decorrere dal 03/10/2022. Le parti hanno concluso come in epigrafe. L'eccezione di prescrizione del diritto azionato da XXXXX XXXXXXXXXXXXXXX deve essere respinta. L'Azienda USL XXXXXXXXXXXXX ha contestato l'idoneità degli atti posti in essere dalla XXXXXXXX ad interrompere il decorso del termine prescrizionale decennale di cui all'art. 2946 c.c., già compiutosi alla data della proposizione della domanda di mediazione (12/11/2014, ben oltre dieci anni dall'evento dannoso verificatosi il 24/01/2004). La contestazione è infondata. Ed invero, l'attrice ha prodotto in atti i numerosi solleciti di adempimento rivolti tanto alla parte convenuta che alla compagnia assicurativa, inviati tramite raccomandata a/r in data 11/08/2004 e dal 20/09/2005 in poi (rif. doc. 93 allegato all'atto di citazione). Con tali missive la parte danneggiata richiedeva il risarcimento per il danno subito, dimostrava la propria disponibilità ad una soluzione transattiva, precisava la propria volontà di agire giudizialmente per la soddisfazione delle proprie pretese laddove non avesse avuto riscontro dalla controparte, contestava il diniego della compagnia assicurativa a corrispondere il risarcimento del danno. Deve ritenersi che tali atti abbiano efficacia interruttiva della prescrizione atteso che contengono l'esplicitazione di una pretesa nonché l'inequivocabile volontà del titolare del credito di far valere il proprio diritto nei confronti del soggetto passivo (v. sul punto C. Cass. n. 22751/2004). A ciò si aggiunga che, sulla base della ormai consolidata Giurisprudenza di Legittimità, affinché un atto possa considerarsi interruttivo non necessaria l'indicazione dell'importo richiesto in pagamento, essendo sufficiente la sussistenza di due requisiti: a) elemento soggettivo, ovvero l'individuazione del debitore - nel caso di specie, tutte le missive sono indirizzate al convenuto e alla compagnia assicurativa; b) elemento oggettivo, l'esplicita richiesta di adempimento che può avvenire anche senza l'utilizzo di formule solenni, riscontrabile nelle comunicazioni inviate dall'attrice all'Azienda ospedaliera e alla XXXXXXXXXXXX (v. da ultimo C. Cass. n. 7835/2022 e in senso conforme C. Cass. n. 24116/2016, C. Cass. n. 17123/2015, C. Cass. n. 3371/2010). A nulla vale, peraltro, la circostanza per cui l'attrice avrebbe provato la consegna delle raccomandate ai destinatari senza che se ne possa evincere un'effettiva ricezione. Al di là dell'idoneità dei documenti allegati dalla ricorrente a dimostrare l'effettiva ricezione delle proprie richieste di adempimento da parte dei destinatari, è lo stesso convenuto a contraddirsi sul punto. Ha dichiarato a più riprese, infatti, di essersi tempestivamente attivato a seguito delle richieste di adempimento pervenute dalla XXXXXXXXXXXX per avviare le pratiche con la propria compagnia assicurativa. Parte convenuta ha altresì eccepito l'intervenuta prescrizione del diritto al risarcimento del danno da parte dei familiari della (...). Nei loro confronti, infatti, il termine di prescrizione ai sensi dell'art. 2947 c.c., quinquennale e gli stessi avrebbero azionato la propria pretesa risarcitoria solo nel 2016 e XXXXX XXXXX solo nel 2018. Anche tale eccezione è infondata. Il diesquo cui far decorrere il termine prescrizionale nel caso di responsabilità extracontrattuale va individuato non nel momento in cui il danno si manifesta all'esterno in modo oggettivo ma nel momento in cui lo stesso viene percepito come ingiusto conseguentemente al comportamento del terzo (v. da ultimo C. Cass. ord. n. 16217/2019). Nel caso di specie, i familiari della XXXXXXX hanno potuto avere piena consapevolezza dell'ingiustizia del danno subito dall'attrice solo all'esito della perizia di parte effettuata dal dott. (...) in data 19/01/2016. È da tale data che deve considerarsi decorrente il termine di prescrizione, il quale al momento della domanda giudiziale non era, pertanto, scaduto. In via preliminare alla disamina del merito, vanno respinte le ulteriori richieste istruttorie avanzate dagli attori in sede di precisazioni delle conclusioni. Le stesse risultano del tutto superflue ed irrilevanti ai fini della definizione della controversia. La domanda risarcitoria di XXXXX XXXXXXXXXXX postula l'accertamento di una responsabilità professionale a carico dei sanitari dell'XXXXX. Va, innanzitutto, anche alla luce della normativa introdotta dalla legge cosidetta Gelli Bianco (legge 8 marzo 2017, numero 24), e recepita la ormai consolidata giurisprudenza di legittimità quanto alla natura della responsabilità della struttura sanitaria. Questa, infatti, deve ritenersi di natura contrattuale, trovando la sua fonte nel contratto atipico di spedalità che si perfeziona anche sulla base di fatti concludenti con la sola accettazione del paziente presso la struttura, la quale assume - accanto all'obbligazione principale di cura o accertamento diagnostico - un preciso obbligo accessorio di salvaguardia e tutela del paziente nel corso della degenza presso di essa (cfr. ex multis Cass. n. 10832/2010, Cass. n. 22818/2021). La fattispecie è quindi inquadrabile nella responsabilità da inadempimento ex art. 1218 c.c., con le relative conseguenze in tema di oneri di allegazione e probatori. Nello specifico, è onere del creditore/paziente danneggiato provare il contratto, l'aggravamento della situazione patologica (o dell'insorgenza di nuove patologie) ed il nesso di causalità con l'azione o l'omissione dei sanitari. È, invece, onere del debitore/struttura sanitaria dimostrare che la prestazione professionale sia stata eseguita in modo diligente e che gli esiti dannosi siano stati determinati da un evento imprevisto e imprevedibile (ex multis C. Cass. n. 25288/2020). Nel caso di specie, deve ritenersi pacifica l'esistenza del contratto di spedalità tra le parti, non contestato dal convenuto e provato dalla documentazione in atti e dalle allegazioni delle parti. Quanto ai profili di aggravamento della situazione patologica della paziente, ai comportamenti omissivi o illeciti dei sanitari e al nesso di causalità con i danni lamentati, devono adeguatamente valutarsi le risultanze della consulenza tecnica espletata nel corso del giudizio. I consulenti tecnici, dopo aver attentamente esaminato la documentazione in atti, hanno concluso per la mancata ricerca, identificazione visiva e isolamento dei nervi ricorrenti durante l'intervento chirurgico di tiroidectomia nonché per la sussistenza del nesso di causalità tra la condotta dei sanitari, la lesione iatrogena dei nervi ricorrenti e la conseguente paralisi della corda vocale sinistra, riduzione dello spazio glottico e respiratorio e necessità di tracheotomia. Nello specifico, i sanitari non avrebbero effettuato il neuromonitoraggio intraoperatorio (NIM), procedura standard applicata agli interventi di tiroidectomia e l'unica metodologia utile a prevenire eventuali lesioni iatrogene. Tuttavia, i consulenti hanno rilevato che l'insorgenza di osteoporosi, artrosi, polimialgia, ipertensione arteriosa e fibrillazione atriale non eziologicamente riconducibile all'intervento di tiroidectomia bensì può verosimilmente essere riferibile all'età della paziente, 81 anni. I CTU hanno evidenziato l'imperizia dei sanitari per violazione della regola di cautela citata nella letteratura scientifica (pagg. 14-16 relazione in atti). In assenza di patologie pregresse della paziente e mancando il presupposto della speciale difficoltà dell'intervento chirurgico, deve dunque ravvisarsi nella condotta degli operatori sanitari la colpa grave, consistente nella "deviazione dall'agire appropriato rispetto alle linee guida che devono informare l'operato medico" (v. C. Cass. n. 18347/2021). Le conclusioni di cui alla CTU sono logiche, adeguatamente motivate, basate sulla migliore scienza e conoscenza e non vi è motivo per discostarsene. Va, dunque, dichiarata la responsabilità dell'Azienda USL XXXXXX. Il danno va liquidato sulla base dei profili che seguono. Quanto al danno di natura patrimoniale, in relazione al profilo del danno emergente, l'attrice ha prodotto i giustificativi di spesa (doc. 104 allegati all'atto di citazione) relativi a: visite otorinolaringoiatriche per un totale di euro 171,29; visita medica chirurgica per euro 135,00; visita endocrinologica per euro 209,100. Le ulteriori allegazioni della XXXXXX relative a elenco di medicinali assunti in epoca successiva all'intervento, prescrizioni di farmaci e ulteriori visite specialistiche non possono essere tenute in considerazione ai fini della liquidazione del danno patrimoniale atteso che non è stata raggiunta la prova dell'aver effettivamente fatto fronte all'esborso (non ci sono le ricevute di pagamento) né sono riferibili alle patologie derivate dall'intervento chirurgico per cui causa. Vanno, dunque, liquidati in favore dell'attrice complessivi euro 515,39 a titolo di spese mediche. Rispetto al profilo del lucro cessante, non può essere riconosciuto in favore della XXXXXXXX un risarcimento per perdita della capacità lavorativa. Ed invero, la Suprema Corte concorde nell'affermare che "il diritto al risarcimento del danno patrimoniale da lucro cessante non può farsi discendere in modo automatico dall'accertamento dell'invalidità permanente, poiché esso sussiste solo se tale invalidità abbia prodotto una riduzione della capacità lavorativa specifica. A tal fine, il danneggiato è tenuto a dimostrare, anche tramite presunzioni, di svolgere, al momento dell'infortunio, un'attività produttiva di reddito e di non aver mantenuto, dopo di esso, una capacità generica di attendere ad altri lavori confacenti alle sue attitudini personali." (rif. C. Cass. n. 2758/2015). Nel caso di specie, non è stato provato che l'attrice svolgesse alla data dell'intervento di tiroidectomia attività di insegnante, avendo la stessa allegato esclusivamente di cimentarsi saltuariamente nella redazione di articoli di natura scientifica nonché nell'attività di mediatrice culturali; impieghi che per loro natura non consentono di ritenere sussistente una qualche perdita patrimoniale effettivamente rilevante a seguito degli esiti dannosi dell'intervento di tracheotomia. Quanto al danno di natura non patrimoniale, quest'ultimo (comprensivo del profilo di danno biologico) va liquidato tenendo in considerazione il duplice aspetto dell'invalidità temporanea e dell'invalidità permanente. Nel caso di specie, alla XXXXXXXX è stato riconosciuto un periodo di invalidità temporanea di 90 giorni e una percentuale del 12% invalidità permanente. Deve, dunque, condannarsi parte convenuta al risarcimento di danno non patrimoniale, il cui importo va liquidato - sulla base della l. n. 24/2017 e della Tabelle elaborate dal Tribunale di Milano e recepite dalla giurisprudenza di questo ufficio - in euro 25.437,25, risultanti dal seguente calcolo: età del danneggiato: 61 anni; Percentuale di invalidità permanente: 12%; Punto di danno biologico: euro 2.453,72; Danno non patrimoniale risarcibile: euro 20.611,00 Punto base invalidità temporanea: euro 99 Giorni di invalidità temporanea totale: 15 - euro 1.485,00; Giorni di invalidità temporanea al 75%: 15 - euro 1.113,75; Giorni di invalidità temporanea al 50%: 30 - euro 1.485,00; Giorni di invalidità temporanea al 25%: 30 - euro 742,50; Totale danno biologico temporaneo: euro 4.826,25: totale generale: euro 25.437,25. Quanto alla cd. personalizzazione del danno, questa presuppone l'accertamento di specifiche condizioni eccezionali e ulteriori rispetto a quelli ordinariamente conseguenti alla menomazione (rif. C. Cass. n. 25164/2020). Mancando la prova di peculiari conseguenze del danno, oltre a quelle già incluse ordinariamente nella liquidazione tabellare, la personalizzazione non va operata. L'Azienda USL XXXXXXXXXXX va, dunque, condannata al pagamento in favore di XXXXX XXXXXXXXXXXX della somma di euro 25.437,25 a titolo di risarcimento del danno non patrimoniale. Parte convenuta dovrà essere garantita e manlevata dalla compagnia assicurativa XXXXXXXXX, nella persona del Commissario Liquidatore, giusta polizza assicurativa n. XXXXXXXXXXX conclusa tra le stesse parti in data XXXXXXXXXXXXXXX. Le domande di risarcimento del danno parentale avanzate dai familiari della (...) vanno respinte. I prossimi congiunti di persona che abbia subito lesioni personali a causa di un fatto illecito hanno diritto al risarcimento del danno a condizione che non siano lesioni minime (rif. C. Cass. 10816/2004 e in senso conforme C. Cass. n. 28220/2019). Nel caso di specie, i pregiudizi subiti dalla (...) eziologicamente riconducibile alla tiroidectomia non hanno i caratteri di "gravità" e "serietà" e, comunque, si può osservare come le domande dei familiari risultino di per sé generiche e non provate: non viene allegata alcuna specifica conseguenza sulla vita del congiunto delle lesioni riportate dalla danneggiata, e le circostanze comunque capitolate per la prova orale risultano prive di riferimenti temporali (cfr. vedi cap. 7, 9, 10, 14, 15, 16, 17, 18 della seconda memoria ex art. 183 VI co c.p.c. di parte attrice). Da ultimo, gli attori hanno chiesto condannarsi la USL ai sensi dell'art. 96 c.p.c. La domanda deve essere rigettata. Una condanna in tal senso, infatti, presupporrebbe soccombenza totale della parte cui si contesta la condotta processuale abusiva. L'Azienda USL XXXXXXXXXXX soltanto parzialmente soccombente, essendo stato cospicuamente ridotto dal CTU il quantum del risarcimento richiesto dalla (...) ed essendo state respinte le domande dei familiari di quest'ultima. Ad abundatiam, si rileva che non è ravvisabile condotta abusiva da parte del convenuto, che si è tempestivamente attivato - a seguito delle comunicazioni dell'attrice - per aprire la procedura di sinistro presso la propria compagnia assicurativa. Le spese di lite, liquidate come da dispositivo, tenuto conto dei parametri di cui al DM 55/2014, seguono la soccombenza. Pertanto, gli attori XXXXX XXXXX, XXXXX XXXXX, XXXXX XXXXX, XXXXX XXXXX e XXXXX XXXXX devono essere condannati al pagamento delle spese processuali in favore di parte convenuta. Nel rapporto processuale tra l'attrice XXXXX XXXXXXXXX e l'Azienda USL XXXXXXXXXXXXXXX, le spese processuali vanno poste a carico dell'attrice per un terzo e a carico del convenuto per due terzi. Le spese di CTU liquidate in complessivi euro 4.104,36 oltre IVA vanno definitivamente poste a carico di XXXXX XXXXXXXXXX nella misura di un terzo e a carico del convenuto nella misura di due terzi. Il tutto come da dispositivo. P.Q.M. Il Giudice, definitivamente pronunciando, ogni diversa domanda o eccezione assorbita, così statuisce: RIGETTA le eccezioni di prescrizione di parte convenuta; DICHIARA la responsabilità professionale dell'Azienda USL XXXXXXXXXXXXXXXXXXX e la condanna al pagamento in favore di XXXXX (...) di euro 25.437,25 oltre interessi sulle somme devalutate al momento dell'evento dannoso e rivalutazione da aprile 2021 anno per anno sulla base dell'indice dei prezzi al consumo e di euro 515,39 oltre rivalutazione dalle date dei singoli esborsi, e interessi sulle somme come liquidate e rivalutate anno per anno in base agli indici Istat dei prezzi al consumo, dalle date dei singoli esborsi al saldo effettivo; RIGETTA le domande di risarcimento del danno di XXXXX XXXXX, XXXXX XXXXX, XXXXX XXXXX, XXXXX XXXXX e XXXXX XXXXX; RIGETTA la domanda di condanna ex art. 96 c.p.c. avanzata dagli attori; CONDANNA gli attori XXXXX XXXXX, XXXXX XXXXX, XXXXX XXXXX, XXXXX XXXXX e XXXXX XXXXX a rifondere in favore di parte convenuta le spese di lite liquidate in euro 7.254,00 oltre spese generali al 15%, IVA e CPA se dovute come per legge; CONDANNA l'Azienda USL XXXXXXXXXXXXX a rifondere in favore di XXXXX (...) due terzi delle spese di lite (compensate per il restante terzo) liquidate complessivamente, in difetto di notula, in euro 7.254,00 oltre spese generali al 15%, IVA e CPA per competenze e euro 518 a titolo di C.U.; PONE definitivamente a carico delle parti in solido le spese di CTU liquidate giusto decreto del 10/11/2021 e del 22/10/2021 in complessivi euro 4.104,36 oltre IVA; CONDANNA la XXXXXXXXXXXXX XXXXXXXXXXX, in persona del Commissario Liquidatore, a manlevare e tenere indenne l'Azienda USL XXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXX. Così deciso in XXXXX, lì 16 gennaio 2023. Depositata in Cancelleria il 16 gennaio 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Tribunale di Pisa il giudice dr.ssa Laura Pastacaldi ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa n. 1328/2017 tra le parti: ATTORI OPPONENTI (...) (C.F. (...)), nato a (...)X il (...), (...) (C.F. (...)), nato a (...) il (...), (...) (C.F. (...)), nato a (...) il (...), (...) (C.F. (...)), nato a (...) il (...) e (...) (C.F. (...)), nato a (...) il (...), tutti rappresentati e difesi dall'avv. (...) (...) (C.F. (...)) ed elettivamente domiciliati presso il suo studio sito in (...), via (...) (...) (C.F. E P.I. (...)), con sede in (...) (...), via (...), contumace dopo la riassunzione CONVENUTA OPPOSTA (...) Spa (P.I. (...)), con sede legale in (...), Piazza (...), quale società incorporante (...)(...) Spa (P.I. (...)), rappresentata e difesa dall'avv. (...) (C.F. (...)) ed elettivamente domiciliata nel suo studio in (...), via (...) TERZA INTERVENUTA (...) SRL (P.I. (...)), con sede in (...), via (...), rappresentata da (...) SPA (P.I. (...)), con sede legale in (...), (...)X n. (...), e difesa dall'avv. (...) (C.F. (...)) ed elettivamente domiciliata nel suo studio in (...), via (...), rappresentata da (...) spa (P.I. e C.F. (...), con sede a (...), (...), in persona del procuratore, (...); OGGETTO: contratti bancari FATTO E PROCESSO La società (...), quale debitrice principale, nonché (...) e (...), (...), (...) e (...), unitamente alla società (...), quali fideiussori, hanno proposto opposizione avverso il decreto ingiuntivo n. 47/2017 del 31/12/2016, con il quale il Tribunale di Pisa ha ingiunto loro di pagare in favore della Banca (...) (...) Euro 241.760,00, di cui Euro 216.905,82, quale saldo avere del prestito partecipativo del 19/11/2009 ed Euro 24.854,78 quale saldo avere relativo ad anticipi su fatture, specificando per ciascun garante l'importo dovuto in base alla garanzia prestata. Gli opponenti hanno preliminarmente eccepito il difetto di legittimazione attiva della Banca opposta, allegando che tra gli sportelli bancari da essa ricevuti per effetto della cessione intercorsa con Banca (...), non compare la filiale di (...)X, ove sono stati stipulati i contratti bancari per cui è causa. Secondo gli opponenti difetta, altresì, la legittimazione passiva della società Di (...) Spa, in quanto la stessa non ha rilasciato alcuna garanzia, bensì una mera lettera di patronage, inidonea ad originare alcuna obbligazione. Nel merito, a fondamento dell'opposizione hanno dedotto: che la Banca ha omesso di depositare il contratto di conto corrente; che il legale rappresentante della debitrice principale non ha mai prestato il proprio consenso al contenuto del contratto di anticipo fatture, né alla modifica delle condizioni economiche, i quali recano la firma del cliente solo nella seconda pagina, priva di contenuto e non nella prima; che la firma apposta sull'anticipo su fattura del 03/07/2012 apocrifa, disconoscendola formalmente; che la banca, esercitando lo ius variandi in peius in violazione degli artt. 117 e 118 TUB, in assenza di apposita pattuizione ha applicato tassi di interesse in misura superiore a quella legale, nonché un sistema di capitalizzazione trimestrale; che, in particolare, la clausola che fissa la capitalizzazione trimestrale è totalmente nulla a far data dal 1/01/2014, in virtù della ripristinata inderogabilità dell'art. 1283 c.c.; che l'istituto di credito ha violato le norme in materia di trasparenza con riguardo all'indicazione dei tassi TAN e TAE, omettendo di indicare il reale costo del denaro per gli anni successivi al primo, con conseguente indeterminatezza nel conteggio degli interessi; che l'opposta ha violato le norme in materia di usura, in quanto il TEGM e il TAEG superano la soglia rilevante ai fini di legge; che le variazioni delle condizioni economiche applicate al rapporto bancario non sono state comunicate, dunque devono intendersi come mai apposte; che la revoca degli affidamenti operata dalla Banca è illegittima e priva di giusta causa. Con specifico riguardo alle fideiussioni, gli opponenti hanno eccepito che: tali contratti sono nulli per i vizi afferenti al rapporto principale; in ogni caso i fideiussori sono liberati ex art. 1956 c.c. poiché la Banca ha fatto credito alla società pur conoscendone le condizioni patrimoniali deteriorate; in subordine, hanno dedotto che la fideiussione omnibus è riferibile alle sole obbligazioni sorte nei confronti di Banca (...), poiché il relativo rinnovo del 2011 non ha prodotto alcun effetto novativo e pertanto non vi è stata un'estensione di garanzia alle obbligazioni sorte verso la società incorporante ((...)), poi divenuta cedente dell'opposta; in ulteriore subordine, hanno eccepito che la garanzia prestata nel 2009 va qualificata come fideiussione omnibus, non specifica, dunque non cumulabile con quella succedanea, che ha sostituito le precedenti pattuizioni, con la conseguenza che i soggetti che le hanno sottoscritte entrambe ((...) e (...)) possono al più essere ritenuti garanti per l'importo (...) di cui alla seconda garanzia prestata. Per tutte le suesposte ragioni, gli opponenti hanno chiesto l'accertamento dell'illegittimità delle clausole applicate al conto corrente, al contratto di anticipo fatture e al contratto di finanziamento, concernenti gli interessi ultralegali, l'anatocismo nonch le CMS e le commissioni e le spese comunque denominate, nonch l'usurarietà del TEG e la conseguente nullità delle stesse, nonché di ogni addebito effettuato in applicazione di dette clausole, chiedendo procedersi alla revoca del decreto ingiuntivo opposto e al ricalcolo del rapporto dare/avere tra le parti. Con riguardo alle fideiussioni, hanno chiesto accertarne la nullità, anche parziale, ovvero in subordine, dichiararsi liberati i fideiussori ex art. 1956 c.c.; in estremo subordine, hanno chiesto limitarsi l'importo garantito da (...) e (...) ad Euro 175.000,00. La Banca (...) (...) si è costituita in giudizio chiedendo il rigetto dell'opposizione. Preliminarmente ha argomentato in merito alla propria legittimazione attiva, allegando che i rapporti contrattuali in esame sono stati conclusi nella filiale di (...), compresa fra quelle cedute da (...), mentre a (...)X vi è solo una filiale imprese. Inoltre, l'opposta ha dedotto che sussiste la legittimazione passiva della società (...), avendo la stessa rilasciato una vera e propria fideiussione a garanzia delle obbligazioni della debitrice principale. Nel merito, l'opposta ha dedotto: quanto alla mancata produzione del contratto di conto corrente, che si tratta di rapporto non azionato in via monitoria; che il contratto di anticipo fatture costituisce un unicum logico e funzionale e dunque è irrilevante che sia stata sottoscritta solo la sola seconda pagina; che i tassi di interesse applicati, al pari delle altre condizioni economiche, sono stati previsti e concordati tra le parti ed ogni variazione è stata tempestivamente comunicata al cliente; che non sono state superate le soglie antiusura previste ex lege; che le garanzie rilasciate, a fronte dell'infondatezza delle censure degli opponenti riguardanti i rapporti principali, sono valide ed efficaci; che l'eccezione di violazione dell'art. 1956 c.c. generica e comunque infondata; che la fideiussione del 2011 costituisce mero rinnovo di quella stipulata nel 1998 e che differisce nel titolo - ed è dunque autonoma - dalla fideiussione rilasciata nel 2009, atteso che l'una è una garanzia specifica e l'altra una fideiussione omnibus; che la revoca degli affidamenti è stata giustificata dalla crisi economica e finanziaria irreversibile della debitrice principale. Con specifico riguardo al disconoscimento della sottoscrizione dell'anticipo su fattura spiegata da (...), l'opposta ha avanzato istanza di verificazione, dichiarando di volersi avvalere del documento. A seguito dell'intervenuto fallimento della società (...), il processo è stato riassunto da (...) e (...), (...), nonché da (...) e (...). Nonostante il perfezionamento della notifica, la società (...) non si è costituita dopo la riassunzione del processo. Nelle more del giudizio, ai sensi dell'art. 111 c.p.c., in veste di cessionaria del credito, è intervenuta la società (...) Srl, a mezzo della rappresentante (...) Spa. La causa è stata istruita documentalmente e mediante CTU tecnico-contabile avente ad oggetto il contratto di finanziamento n. (...), il rapporto anticipi su fatture n. (...), il conto corrente n. (...) e n. (...), nonché i conti anticipi n. (...) e n. (...) ed è poi stata trattenuta in decisione sulle conclusioni riportate in epigrafe. MOTIVI DELLA DECISIONE La domanda di ingiunzione nei confronti della (...), fallita in corso di causa, è divenuta improcedibile. Dunque, il decreto ingiuntivo emesso nei confronti della fallita (...) va revocato. Venendo alle eccezioni preliminari sollevate dagli opponenti, sussiste la legittimazione attiva della Banca opposta. Come si evince dal doc. 3 del fascicolo monitorio, il contratto di finanziamento intercorso tra (...) (...) Srl e (...) in data 19/11/2009 è stato stipulato nella filiale di (...); l'all. A del predetto doc. 3, reca l'indirizzo della anzidetta, mentre l'all. B, nel quale si fa riferimento alla filiale di (...) (...), riguarda la sola delibera di concessione della garanzia dell'operazione da parte del direttore generale. Pacificamente, la filiale di (...) stata oggetto di cessione del ramo d'azienda intercorsa tra Banca (...) e (...) (...) Spa. La circostanza è corroborata dal doc. 5 del fascicolo del monitorio, ove all'all. 01-A, tra gli sportelli ceduti, figura quello di (...), identificato col codice numerico (...). Inoltre, come già evidenziato nell'ordinanza del 18/04/2018, che si richiama integralmente, in atti è stata prodotta la rinegoziazione del contratto di finanziamento n. (...) tra (...) e (...) (...) Spa. In tale atto le parti, escludendo qualsivoglia effetto novativo, hanno parzialmente modificato le condizioni del contratto, richiamando espressamente l'avvenuta cessione intercorsa tra (...) e l'odierna opposta (doc. 7 monitorio). Sussiste, inoltre, anche la legittimazione della banca opposta ad agire nei confronti dei fideiussori; infatti, in considerazione della natura accessoria della fideiussione rispetto al debito principale, anche il relativo contratto è compreso nella cessione di ramo d'azienda intervenuta tra gli istituti di credito, seguendo le sorti del rapporto principale. Si osserva, comunque, che le fideiussioni sono state appositamente rinnovate dagli opponenti nei confronti della cessionaria. E' infondata anche l'eccezione di difetto di legittimazione passiva della società (...). Esaminato il doc. 18 del fascicolo monitorio, che gli opponenti indicano come lettera di patronage, si evince in base al suo contenuto, che si tratta di una "garanzia patronage con impegno di copertura da noi prestata" e ancora "confermiamo la nostra volontà di garantire il suddetto finanziamento ... omissis ... confermando altresì l'impegno a garantire, senza soluzione di continuità rispetto alla predetta garanzia, le obbligazioni derivanti dalla linea di credito medesima". Inclaris non fit interpretatio: la società opponente si è costituita garante della (...). Venendo al merito, in primo luogo, non può confermarsi che - come allegato dalla banca opposta - il contratto di conto corrente n. (...) sia estraneo al giudizio. Le somme oggetto di ingiunzione originano, infatti, da rapporti che confluiscono su detto rapporto bancario. Coerentemente, oggetto della CTU contabile è stato anche il rapporto di conto corrente in questione, attesa l'unitarietà dei rapporti bancari complessivamente intercorsi tra la società oggi fallita e l'istituto di credito, nonché il relativo conto anticipi su di esso confluente (n. (...)). Il consulente del giudice ha verificato: - l'assenza di pattuizioni circa la capitalizzazione degli interessi, - l'assenza di pattuizioni con riguardo agli interessi entro fido, - l'assenza di pattuizione ab origine afferenti al tasso di interesse ultralegale, - la presenza di addebiti a titolo di CDF, con riguardo alle quali ha riscontrato la mancanza di indicazione dei criteri di calcolo - la previsione di ulteriori oneri a carico del cliente (CIV), in violazione dell'art. 117 bis TUB - l'assenza di pattuizione con riguardo ai giorni valuta. Per contro, il TEG è risultato inferiore al tasso soglia vigente, dunque non vi è stata applicazione di interessi usurari. In base a tali risultanze, e precisato che non è maturata la prescrizione decennale per l'intero periodo del rapporto di conto corrente, il CTU ha proceduto al ricalcolo del rapporto dare/avere tra le parti. In particolare, il consulente ha operato con la capitalizzazione semplice, calcolando gli interessi al tasso legale (entro fido), ovvero nei limiti di quanto pattuito dalle parti (extra fido), espungendo le CDF e tenendo conto delle sole spese per le quali le parti si siano espressamente accordate. Conseguentemente: - con riguardo al conto corrente n. (...), ha ricalcolato il rapporto dare/avere determinando un saldo negativo di - Euro 38.235,78, in luogo del saldo negativo calcolato dalla banca in - Euro 83.829,40, con una differenza di Euro 45.593,62 indebitamente addebitati dall'istituto di credito; - per il conto anticipi n. (...), confluente sul conto (...), il CTU non ha modificato il conteggio dell'opposta, confermando il saldo positivo di Euro 17.360,00 - con riguardo al conto corrente n. (...), il CTU ha ricalcolato il rapporto dare/avere concludendo con un saldo positivo di Euro 391,22, in luogo del saldo negativo calcolato dalla banca in Euro - 43,45 (con una differenza di importi a favore degli opponenti di Euro 434,67); - con riferimento al conto anticipi n. (...), confluente sul conto (...), il perito ha quantificato un saldo positivo di Euro 1.529,05, in luogo del saldo quantificato dalla banca in Euro 332,82 (con una differenza di importi in favore degli opponenti di Euro 1.196,23). Per contro, i crediti azionati in sede monitoria sono stati integralmente confermati dall'elaborato peritale, il quale ha concluso che per il conto anticipi n. (...) residua un credito della banca di Euro 24.854,78 e, per il contratto di finanziamento, un credito di Euro 216.905,82, così per complessivi Euro 241.760,60. Quanto alla pretesa creditoria dell'opposta, si osserva che con riguardo ai doc. 9 e 10 del fascicolo monitorio, le firme del legale rappresentante della società (...) Srl risultano correttamente apposte; con riguardo al doc. 9, la firma è apposta nella seconda pagina del documento, la quale specifica "pagina n. 2 di 2" facente seguito al primo foglio, ove sono indicate le espresse pattuizioni concernenti l'integrazione della linea di credito. Il documento costituisce evidentemente un unicum coerente, dotato di adeguata efficacia probatoria dei crediti da esso derivanti. La Corte di Cassazione ha avuto modo di ribadire, anche recentemente, che in presenza di una dichiarazione sottoscritta, ma contenuta in più fogli dei quali solo l'ultimo firmato, deve ritenersi che la sottoscrizione si riferisce all'intera dichiarazione e non al solo foglio che la contiene, rimanendo irrilevante la mancata sottoscrizione dei fogli precedenti (Cass. Civ. sent. 19/3/2019 n 7681). Con specifico riguardo al doc. 10, la firma è apposta nella seconda pagina, la quale non "in bianco" come erroneamente sostenuto dagli opponenti, ma reca la parte finale delle avvertenze e fa seguito in modo coerente al contenuto della prima pagina. Non si ravvedono discrasie tra le pagine, n incongruenze tali dalle quali desumere l'alterazione del documento in atti. Quanto al documento 13, la cui sottoscrizione è stata disconosciuta da parte di (...), si osserva che gli importi per i quali si ha richiesta di accredito, sono stati effettivamente accreditati dalla banca opposta. La circostanza è stata riscontrata anche in sede di CTU: nell'all. 3 dell'elaborato peritale, infatti, a pag. 12 risulta un anticipo su fatture dell'importo indicato nel doc. 13 (Euro 17.000,00) e recante la stessa data della richiesta di anticipo (03/07/2012). All'esito della C.T.U. contabile la ctu grafologica è divenuta superflua, in ragione delle prove documentali comunque offerte dalla comparente ed acquisite al processo, essendo provato che la fattura n. (...) è stata dalla banca puntualmente evasa con erogazione delle somme. Gli odierni opponenti, nella loro qualità di garanti, hanno altresì avanzato eccezioni relative ai rapporti di fideiussione. In data 18/11/2009, (...) e (...), insieme a (...), hanno rilasciato fideiussione per Euro 100.000,00 ciascuno, fino all'importo complessivo di Euro 300.000,00 (doc. 15 monitorio). Tale fideiussione è stata successivamente confermata nei riguardi di (...) (...) Spa, in data 12/10/2012 (doc 16 monitorio). La garanzia prestata, come prospettato dagli attori, va ritenuta una fideiussione omnibus; in base al contratto, infatti, "? per l'adempimento delleobbligazioni verso codesta Banca, dipendenti da operazioni bancarie di qualunque natura già consentite o che venissero in seguito consentite ?". È stata altresì rilasciata fideiussione omnibus il 17/02/1998 da (...) e (...), nonch da (...) e (...), anch'essa rinnovata nei confronti dell'opposta in data 27/05/2011 (doc. 17 monitorio). Secondo gli opponenti, le fideiussioni non sarebbero utilizzabili in quanto rilasciate in favore della ex Banca (...). L'eccezione è destituita di fondamento. Le fideiussioni oggetto di causa, infatti, afferiscono a rapporti bancari dei quali, come già specificato, è divenuta dapprima titolare (...) in forza della fusione per incorporazione e successivamente, (...) (...) in forza della cessione di ramo d'azienda. La titolarità del credito dell'opposta in forza delle predette garanzie si evince, altresì, dal rinnovo di fideiussione avvenuto il 12/10/2012 ed il 27/05/2011, con il quale i fideiussori hanno richiamato e confermato i patti e le condizioni contrattuali già concordate in precedenza con la cedente. Inoltre, non sussiste illegittima estensione della garanzia prestata, restando fermo il tetto dell'importo (...) garantito, rispetto alle obbligazioni eventualmente assunte dalla debitrice principale. In subordine, i fideiussori opponenti, trattandosi in entrambi i casi di fideiussione omnibus, hanno chiesto accertarsi che l'una sostituisce l'altra e che gli importi in esse considerate, non sono cumulabili per i soggetti che le abbiano sottoscritte entrambe ((...) e (...)). Anche tale eccezione è infondata. Gli opponenti (...) e (...), nel pieno esercizio della loro discrezionalità, hanno scientemente prestato due differenti garanzie, entrambe valide ed efficaci; devono, pertanto, essere considerati vincolati in virtù di entrambe, con conseguente cumulo degli importi garantiti. Quanto all'eccezione degli opponenti circa la liberazione dei fideiussori ai sensi dell'art. 1956 c., ne va riconosciuta l'infondatezza. In base all'art. 1956 c.c. il fideiussore per un'obbligazione futura è liberato se il creditore, senza speciale autorizzazione del fideiussore, ha fatto credito al terzo, pur conoscendo che le condizioni patrimoniali di questo erano divenute tali da rendere notevolmente più difficile il soddisfacimento del credito. La norma tutela il fideiussore dalla eventualità che questi sia chiamato a rispondere in ragione di ulteriore liquidità concessa alla debitrice dalla banca a fronte di una situazione di già conclamata difficoltà economica e nella quale, quindi, da un lato, sia più concreto il rischio che il fideiussore sia tenuto ad adempiere in luogo del debitore principale e dall'altro, che appaia più difficile, per il garante, poter esercitare utilmente l'azione di regresso. Per tali ragioni, legge richiede che il fideiussore sia previamente informato dell'estensione del debito (e conseguentemente della garanzia). Va tuttavia, considerato che gli odierni opponenti erano soci della debitrice principale, come si evince dal contratto di finanziamento di cui al doc. 3 del monitorio. (...) ne era anche presidente del Consiglio di Amministrazione. Deve, quindi, presumersi che essi fossero già pienamente edotti delle condizioni economiche e patrimoniali della garantita, anche in assenza di specifica comunicazione della banca, e purtuttavia essi non hanno esercitato il diritto di recesso dai contratti di fideiussione, a fronte della concessione di ulteriore credito. All'udienza di precisazione delle conclusioni gli opponenti hanno eccepito la nullità parziale per violazione della legge antitrust. Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno recentemente preso posizione sugli effetti dell'inserimento, nel contratto di fideiussione a valle, di clausole conformi al censurato schema ABI, affermando che ne consegue la nullità solo parziale del contratto, limitatamente alle clausole conformi allo schema negoziale predisposto dall'ABI (Cass. SS.UU. Sent. 41994/2021), ove non sia provato che in assenza di dette clausole il contratto non sarebbe stato concluso. Nel caso di specie non è provato (e nemmeno allegato) che in assenza delle dette clausole il contratto non vi sarebbe stato interesse alla conclusione del contratto. Ne consegue che la nullità delle clausole non può determinare la nullità del contratto. Va aggiunto che non è stata tempestivamente eccepita la decadenza della Banca convenuta dall'azione verso il fideiussore, per effetto dell'art. 1957 c.c., che è eccezione in senso stretto. Ne consegue che la nullità delle clausole di cui al censuato schema ABI non inficia la pretesa creditoria della Banca procedente. Per tutte le ragioni che precedono, sussiste nell'an e nel quantum il credito dell'opposta e, del pari, sussiste l'obbligo di adempiere in capo agli opponenti, ciascuno in virtù delle garanzie prestate. Le spese di lite seguono la soccombenza. Tenuto conto dell'intervento di (...) quale cessionaria del credito, le spese di lite con riferimento a quest'ultima attengono alla sola fase istruttoria e decisoria; inoltre, con riguardo alla Banca opposta, essa ha partecipato a tutte le fasi del giudizio, ad eccezione di quella decisoria. P.Q.M. Il Tribunale di Pisa, definitivamente pronunciando, assorbita ogni altra domanda ed eccezione, così provvede: dichiara improcedibile il ricorso per ingiunzione nei confronti di (...) (...) Srl e per l'effetto revoca il D.I. nei suoi confronti; rigetta l'opposizione, confermando il decreto ingiuntivo nei confronti degli altri opponenti; condanna gli opponenti, in solido tra loro, a pagare le spese di lite dell'opposta e dell'intervenuta, che si liquidano rispettivamente in Euro 9.850,00 ed in Euro 9.923,00, oltre spese generali, VIA e Cpa per ciascuna. Pone le spese di ctu definitivamente a carico degli opponenti, in solido fra loro. Così deciso in Pisa il 16 gennaio 2023. Depositata in Cancelleria il 16 gennaio 2023.

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