Sentenze recenti Tribunale Pistoia

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  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Tribunale Ordinario di Pistoia Il Tribunale, nella persona del Giudice, dott.ssa Maria Iannone ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 948/2020 promossa da: (...) (C.F. (...)) e (...) (C.F. (...)), con l'avv. (...) LAURA e l'avv. (...) giusta delega in atti; ATTORI contro (...) (C.F. (...)) e (...) (C.F.(...)), con il patrocinio dell'avv. (...), giusta delega in atti; CONVENUTI CONCLUSIONI Le parti hanno concluso come da note autorizzate per l'udienza di precisazione delle conclusioni. Concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione Con atto di citazione ritualmente notificato (...) e (...), comproprietari, hanno convenuto dinnanzi al Tribunale di Pistoia (...) e (...) per ivi sentir accogliere le seguenti conclusioni "Voglia l'Ecc.mo Tribunale di Pistoia adito, per i motivi sopra esposti, respinta ogni contraria istanza ed eccezione, accertare e dichiarare il diritto dei Sigg.ri (...) e (...) a conseguire dai Sigg.ri (...) ed (...) il rimborso pro quota delle spese da essi stessi sostenute per i lavori di rifacimento del tetto del fabbricato condominiale posto in Pistoia, alla Via (...) e, per l'effetto, condannare in solido i Sigg.ri (...) e (...) al pagamento, in favore degli odierni attori, dell'importo complessivo di Euro 7.487,04, o di altra diversa somma da accertare in corso di causa, di cui euro 5.178,32 alla Sig.ra (...) ed euro 2.308,72 al Sig. (...), con la maggiorazione per interessi legali sino al dì dell'effettivo soddisfo. Il tutto con vittoria di spese e compensi". A sostegno della domanda gli attori hanno dedotto che 1. Le parti del presente procedimento ed altri sono proprietari di unità immobiliari facenti parti di un ampio fabbricato con parti condominiali, che si trova in Pistoia, alla Via (...). Si tratta di un condominio c.d. "piccolo", con quattro condomini ((...), quali aventi causa da (...). Cfr. Docc. 1, 2, 3, 6, 7), ove non si è proceduto né alla nomina di un amministratore condominiale, né alla formazione di tabelle millesimali; 2. Il tetto si compone di diverse "falde" (cfr. Doc. 15), che insistono variamente sulle unità immobiliari in proprietà esclusiva; 3. In particolare, nel 2017, gli attori realizzavano di avere delle infiltrazioni di acqua piovana nei locali sotto-tetto della propria unità immobiliare (Doc. 5) e, a seguito di ciò, scoprivano che il tetto era gravemente danneggiato in più punti (cfr. Doc. 4) e necessitava di un intervento di sistemazione integrale; 4. Per questa ragione, gli attori, segnatamente la Sig.ra (...), si facevano parte diligente nell'acquisire un preventivo delle spese da sostenere per la sistemazione del bene (Doc. 13) e, una volta in possesso di quest'ultimo, si rivolgevano agli altri tre condomini per verificare che fossero d'accordo nel procedere con l'intervento, con il preventivo di spesa e con l'assistenza tecnica del proprio geometra di fiducia; 5. Infatti, gli attori sono i proprietari della maggior porzione del fabbricato ed è stato naturale, per loro, attivarsi come si è appena ricostruito. Del resto, come detto, non esiste in questa piccola comunità residenziale un amministratore di condominio e la "gestione" delle cose comuni è stata all'occorrenza affidata di fatto alla Sig.ra (...) (circostanza, quest'ultima, mai specificamente contestata dai convenuti); 6. I condomini tutti davano il loro assenso all'intervento per la sistemazione integrale del tetto, sulla base del preventivo esibito, che veniva eseguito con anticipo delle spese, edili e tecniche, da parte degli attori (cfr. Docc. 8 e 9); 7. Alla richiesta di rimborso degli attori provvedevano regolarmente i condomini (...) (versando la quota di spese edili e la quota di spese professionali, cfr. Doc. 10), mentre i convenuti si sono sottratti arbitrariamente al pagamento delle loro spettanze, pagando soltanto un acconto di euro 1.500,00 (Doc. 11); 8. i convenuti continuano ad essere loro debitori per un importo complessivo di euro 7.487,04, di cui euro 6.400,18 per spese edili ed euro 1.086,86 per spese professionali; 9. Non essendo stato possibile addivenire ad una soluzione bonaria, gli attori hanno adito il tribunale e chiesto la condanna in solido delle controparti al rimborso di euro 7.487,04, o di altra diversa somma da accertare in corso di causa, di cui euro 5.178,32 da versare a (...) ed euro 2.308,72 a (...). Il tutto, con la maggiorazione per interessi legali e rivalutazione. Con comparsa di costituzione del 10.07.2020, si è costituito in giudizio (...) (non (...), per assenza materiale di procura alle liti), il quale ha così concluso "in via preliminare dichiararsi l'improcedibilità della domanda non essendo stato esperito il procedimento di negoziazione assistita e sempre in via preliminare questa difesa si limita a fare presente che per stessa ammissione degli attori il loro appartamento è in comproprietà con terzi, estranei rispetto al giudizio; Nel merito, e per le motivazioni di cui in parte narrativa, respingere le richieste tutte di denaro avanzate ritenendo satisfattivo quanto già versato dal sig. (...). In subordine, sentir ridurre le somme richieste a quelle che risulteranno nel corso del giudizio. Con le più ampie riserve istruttorie e di merito. In ogni caso con vittoria delle spese di lite e liquidazione dei relativi compensi". (...) si è, invece, costituita con comparsa del 24.10.2020, reiterando e facendo proprie le difese, eccezioni e domande del (...). Autorizzato il deposito delle memorie di cui all'art. 183, comma 6, c.p.c., il Tribunale ha invitato le parti ad esperire tentativo effettivo di mediazione, conclusosi con esito negativo. Espletata la prova orale, il Tribunale ha formulato proposta transattiva ex art. 185 bis c.p.c. accettata dalla sola parte attrice ma rifiutata dai convenuti. La causa è stata quindi trattenuta in decisione con assegnazione dei termini di legge per il deposito di comparse conclusionali e repliche. La domanda attorea è fondava e va accolta per quanto di seguito si esporrà. Documentato ma anche incontestato è che gli attori hanno eseguito intervento di riparazione del tetto, con spese documentate e corrispondenti a quelle fatturate (Docc. 8 e 9), con l'assenso preventivo degli altri tre condomini come confermato peraltro dagli stessi in corso di istruttoria (v. verbali udienze rispettivamente del 18.01.2022 e 21.06.2022). Altresì incontestato è che il tetto rappresenti la copertura dell'edificio in esame e che esso sia quindi bene comune e condominiale. In primis va rilevato come il condominio si costituisca ipso facto senza necessità di una deliberazione o dell'approvazione di un regolamento o di tabelle millesimali, trattandosi di particolare forma di comunione nella quale coesistono parti di proprietà esclusiva e parti di proprietà comune. Nel caso di specie la sussistenza del condominio risulterebbe ictu oculi dalla stessa prospettazione delle parti come dianzi riassunte, dalle quali emerge, incontestato e con assoluta evidenza che le proprietà in contesa sono inserite in un fabbricato che si sviluppa su più livelli, in guisa che le medesime condividano quanto meno il suolo su cui sorge l'edificio, le fondazioni, i muri maestri, i pilastri e le travi portanti, il tetto e la faccia dell'edificio, irrilevante apparendo che difetti alcun atto di approvazione delle tabelle millesimali, che quindi allo stato non sussiste, non avendo esso natura negoziale e quindi non necessiti, per l'approvazione, dell'unanimità dei consensi o a maggioranza dei lavori straordinari di ripristino delle parti comuni. Quanto alla circostanza asserita dai convenuti che essi non fossero a conoscenza dei lavori in esame e che ad essi non avessero prestato assenso, preme evidenziare che formalmente le parti non hanno nominato un amministratore, ancorché tale funzione sia stata rivestita di fatto dalla (...) - circostanza allegata dagli attori e non contestata dai convenuti - e che non vi fosse stata costituita una assemblea, alla quale le parti potevano o dovevano partecipare secondo le modalità previste dal codice, ancorché di fatto le decisioni venissero assunte, come nel caso in esame, per le vie brevi sentendo ed acquisendo i consenti dei partecipanti alla comunione. Orbene, la questione va risolta alla stregua dell'art. 1123 c.c. a mente del quale "Le spese necessarie per la conservazione e per il godimento delle parti comuni dell'edificio per la prestazione dei servizi nell'interesse comune e per le modifiche deliberate dalla sono particolarmente dai condomini in misura al valore della proprietà di ciascuno, salvo diversa. Se si tratta di cose destinate a servire i condomini in misura diversa, le spese sono ripartite in proporzione dell'uso che ciascuno può farne. Qualora un edificio abbia più scale, cortili, lastrici solari, opere o impianti destinati a servire una parte dell'intero fabbricato, le spese relative alla loro manutenzione sono a carico del gruppo di condòmini che ne trae utilità". Per vero i convenuti non contestano il contenuto del preventivo né che le spese, peraltro documentate in atti, siano state sostenute dagli attori, quanto piuttosto pongono in opposizione un presunto accordo con il quale i medesimi si sarebbero impegnati a pagare agli attori un minor importo che hanno reiteratamente offerto (ma mai versato) anche nel corso del presente procedimento. Deve rilevarsi che quindi nel caso in esame è provato che gli attori abbiano sostenuto le spese di cui chiedono il pagamento sia per oneri edili che professionali per il rifacimento del tetto che costituisce bene comune del condominio di fatto relativo alle unità immobiliari per cui è causa e che la maggioranza di tutti gli altri condomini abbiano per le vie brevi accettato e quindi deliberato tale spesa, provvedendo peraltro anche al loro pagamento secondo la ripartizione predisposta in atti, ad eccezione dei convenuti. Peraltro la corrispondenza mail Geom. (...) dell'ottobre 2017 (Doc. 14, 18 e 19) dimostra che i convenuti fossero pienamente a conoscenza dei lavori, dei relativi preventivi e delle spese da effettuare, tanto che in dette corrispondenze, il Geom. (...) dà atto di comunicazioni pregresse tra i tecnici relative ai lavori sul tetto, "ricorda" al Geom. (...) "i conti per dividere le spese", invia a tal fine la planimetria catastale dell'u.i. di (...) di cui al Doc. 14 degli attori. Il Geom. (...), per parte sua, invia il preventivo di cui al Doc. 13 (che, quindi, viene messo nuovamente a disposizione dei convenuti). Il Geom. (...) non solleva contestazioni sulle opere indicate in preventivo, né fa presente l'opportunità di acquisire ulteriori preventivi. Peraltro, le e-mail prodotte dagli attori (Docc. 18 e 19) coincidono con quelle prodotte dai convenuti (doc. 16 c.p.). E' del tutto evidente che, ove i convenuti non fossero stati d'accordo all'esecuzione dei lavori, non avrebbero chiesto, addirittura sollecitato, di loro iniziativa, i conti per dividere le spese e non avrebbero messo a disposizione dei creditori la planimetria catastale della loro unità immobiliare. La testimonianza del Geom. (...) (teste di parte convenuta, cfr. verbale udienza del 18.01.2022 e dell'11.10.2022) e del teste Geom. (...) (cfr. verbale udienza dell'11.10.2022) corroborano tale ricostruzione posto che il primo ha confermato di aver ricevuto la mail del Geom. (...) di cui al Doc. n. 19, contenente il preventivo delle spese dei lavori di rifacimento del tetto ed il secondo ha dimostrato che nessuna contestazione ad esso fosse stata mossa dai convenuti. Ne consegue che destituita di pregio è la doglianza dei convenuti che i medesimi non fossero a conoscenza dei lavori, del loro costo e della ripartizione delle relative spese, senza peraltro che a ciò avessero mosso contestazione. Parimenti dimostrato è che i lavori effettuati sul tetto - le cui spese sono state oggetto di ripartizione tra i condomini - sono stati quelli indicati nel preventivo sottoposto preventivamente a ciascun condomino (Doc. 13); preventivo non oggetto di contestazione, per vero, neppure nella presente sede. Quanto poi al pagamento effettuato dalla dante causa dei convenuti, la (...) (cfr. verbale udienza del 18.01.2022) ha dichiarato che, al momento dell'acquisto immobiliare (agosto 2019), i convenuti (segnatamente, (...)) le riferirono che "c'erano dei debiti con i Signori (...) per i lavori del tetto" e che "era una questione sua (del (...)) coi (...) e che non riguardava me: tale circostanza mi fu più volte ribadita sempre verbalmente". Tale dichiarazione dimostra ancor più chiaramente come il pagamento fatto da (...) nel luglio 2018, mediante l'emissione di un assegno bancario (Doc. 11), fosse meramente parziale. Il pagamento parziale, quindi, è idoneo a valere come riconoscimento di debito ai sensi e per gli effetti dell'art. 1988 c.c. e da ciò deriva che può essere, in ogni caso, presunta l'esistenza del rapporto fondamentale tra le parti di questo giudizio. A ciò deve aggiungersi che, come detto, i convenuti non hanno fornito alcuna prova idonea a smentire la pretesa attorea, né la sua fondatezza. Infatti, le prove dei convenuti non erano affatto dirette alla prova di fatti impeditivi, estintivi o modificativi di quella pretesa, tanto che l'interrogatorio formale della (...) come deferito dai convenuti, che la testimonianza di (...), hanno riguardato episodi irrilevanti ed addirittura successivi al radicamento di questo giudizio (novembre 2020, cfr. memorie istruttorie c.p.). Ne consegue che la richiesta creaitona degli attori deve reputarsi provata e va quindi accolta anche in punto di quantum. Essa è stata infatti ricavata dal rapporto tra le spese sostenute dai Sigg.ri (...) (di cui ai Docc. 8 e 9) e la misura della proprietà dei convenuti, come da planimetria a tal fine inoltrata per mail dal loro tecnico a quello degli attori (Doc. 14). Posto che nel condominio che interessa non esistono tabelle millesimali, la ripartizione è avvenuta secondo l'accordo delle parti ed in conformità al citato art. 1123 c.c. assumendo ad unità di misura le superfici di ciascuna unità immobiliare in proprietà esclusiva; ripartizione peraltro che nel criterio impiegato neppure è stato contestato dai convenuti (v. doc. 14 e 15 attori). Ai fini di una minor quantificazione del credito attoreo, non può certamente rilevare l'accordo bonario di pagamento che corse alla fine dell'anno 2017 tra le parti e che i convenuti hanno opposto per sottarsi alle ragioni creditorie degli attori. In primo luogo, perché quell'accordo si riferiva ai lavori che erano stati eseguiti sino a quel momento e le cui spese erano, come intuibile, contabilizzabili e ripartibili allo stato. A prova di questo stanno le fatture relative ai lavori (Docc. 8 e 9), la testimonianza del Geom. (...) e la testimonianza di (...). A queste deve aggiungersi anche la testimonianza del Geom. (...), teste di parte convenuta, che chiarisce "i lavori erano ancora in corso perché c'era il cantiere aperto" (risposta (...) a cap. 10, verbale udienza dell'11.10.2022). Ne consegue che il preteso accordo invocato dai convenuti non poteva che valere all'epoca ed allo stato dei lavori e non a tacitazione dell'intera esecuzione dei lavori. Né dimostra che l'accordo verbalmente intercorso tra le parti fosse a integrale soddisfazione della quota parte dei lavori sui medesimi incombente il doc. 17 all.to dai convenuti, il quale riporta il testo di una bozza di accordo autoformato e senza alcuna sottoscrizione delle parti, tant'è che il Geom. (...) (di parte convenuta) chiarisce, nel corso dell'istruttoria, che "la scrittura che mi si mostra (rif. doc. 17 c.p.) è stata da me redatta" (cfr. risposta Geom. (...) a cap. 7, verbale del 18.01.2022) e che "la scrittura non fu firmata" (cfr. risposta Geom. (...) a cap. 8, verbale del 18.01.2022). Dall'altro, la testimonianza del Geom. (...) conferma che "le parti si accordarono verbalmente" e che mai le parti hanno concordato la stipula di una scrittura privata (cfr. risposta (...) a cap. n. 17, "La scrittura che mi si mostra mi è ignota", verbale del 18.01.2022), tant'è che tra i documenti dei convenuti non ne esiste nemmeno uno che attesta l'invio di quella bozza di accordo dal tecnico dei convenuti al tecnico degli attori. A quest'ultimo proposito, il Geom. (...) chiarisce proprio, a richiesta della difesa attorea, che "la scrittura non fu da me inviata" (risposta Geom. (...) ADR cap. 7, verbale del 18.01.2022). In terzo luogo, perché quell'accordo non è mai stato onorato, ed anzi è stato poi superato dal presente procedimento e dall'intimazione di pagamento inviato dagli attori per l'intero importo. Alla stregua di tali considerazioni la domanda attorea va accolta e le parti convenute vanno condannate al pagamento della somma di euro 7.487,04 oltre interessi nella misura legale dalla domanda al soddisfo. Trattandosi infatti di restituzione di somme di denaro e quindi di debito di valuta e non di valore non è dovuta la rivalutazione monetaria, difettando peraltro la prova - finanche l'allegazione -, pur incombente sugli attori, di un maggior danno connesso alla mancata disponibilità delle somme in esame. Le spese di lite seguono la soccombenza e devono essere poste a carico di parte convenuta liquidate come in dispositivo in favore della parte attrice come da notula corretta nello scaglione e nelle singole voci essendo stata redatta secondo il D.M. n. 55 del 10.3.2014, e successive modifiche per tutte le fasi processuali svolte, incluse quelle di mediazione da liquidarsi come documentate in uno con la comparsa conclusionale nonché per l'attività professionale profusa dalla difesa tecnica. P.Q.M. Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza ed eccezione disattesa o assorbita, così dispone: 1. In accoglimento della domanda di parte attrice, condanna i convenuti, in solido da loro, al pagamento in favore degli attori della somma di euro 7.487,04 oltre interessi legali dalla domanda al soddisfo per i titoli e le causali di cui in motivazione, di cui euro 5.178,32 da versare a (...) ed euro 2.308,72 a (...); 2. Condanna altresì la parte convenuta a rimborsare alla parte attrice le spese di lite, che si liquidano in Euro 5.077 per compensi professionali per il presente giudizio ed euro 1323,00 per compensi della fase di mediazione, CUF e marche, spese di mediazione, oltre i.v.a., c.p.a. e 15 % per spese generali. Pistoia, 28 maggio 2023. Depositata in Cancelleria il 29 maggio 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE DI PISTOIA nella persona del Giudice unico dott.ssa Elena Piccinni ha pronunciato la seguente SENTENZA nel procedimento civile sub n. 223/2022 R.G.A.C. vertente tra (...) (C.F. (...) ), (...) (C.F. (...) ), entrambi rappresentati e difesi dall'avv. Ro.Fr. e dall'avv. An.Pa. del Foro di Prato ed elettivamente domiciliati presso il loro studio in Prato, Via (...), giusta procura allegata all'atto di citazione d.d. 13/01/2022; - parte attrice - e (...) S.P.A. (p.iva (...)), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avv. Fa.Na. del Foro di Pistoia ed elettivamente domiciliata presso il suo studio in Pistoia, Piazza (...), giusta procura allegata alla comparsa di costituzione e risposta depositata in data 21/04/2022; - parte convenuta - Oggetto: contratti bancari. Causa trattenuta in decisione all'udienza del 07/02/2023 sulle seguenti RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE Sulla vicenda processuale Attivata senza esito positivo a procedura di mediazione obbligatoria, con atto di citazione ritualmente notificato, i sig.ri (...) e (...) hanno convenuto in giudizio la (...) S.p.a. per sentire accogliere le sopra riportate conclusioni. In particolare, gli attori hanno dedotto: - di avere stipulato in data 08/05/2003 il contratto di mutuo ipotecario, ai rogiti Notaio (...), rep. (...) racc. (...) per un importo finanziato pari ad Euro 75,000,00-, da rimborsare, al tasso fisso (T.A.N. iniziale pari al 3,90%) o al tasso variabile E. 6 mesi 360 aumentato di uno spread del 1,5%, in 180 mesi secondo il metodo cosiddetto alla francese, mediante rate semestrali comprensive di capitale e interessi; - che in detto contratto non è stato indicato il T.A.E.G., in violazione della Del.CICR del 9 febbraio 2000 e della Del.CICR del 4 marzo 2003; - che il tasso di mora pattuito all'art. 5, pari al 6,90% (3,9 + 3,00%) sarebbe superiore al tasso soglia previsto dal Decreto Ministeriale pro tempore vigente pari al 7,19% (4,79+50%), e dunque usurario ab origine; - che, inoltre, per l'estinzione anticipata del mutuo è stato pattuito uno spread pari all'1%, tuttavia non conteggiato nel calcolo del T.A.E.G., proprio in ragione dell'omessa contrattualizzazione dello stesso, con conseguente carenza di trasparenza e indeterminatezza sul dato del contratto, anche oggetto di tutela consumeristica visto l'importo concesso; - che il sistema di rimborso alla francese renderebbe indeterminato il tasso effettivo praticato, non essendo precisato in contratto se il tasso variabile convenuto "E. sei mesi 360" debba far riferimento alla variazione del fixing, ovvero alla variazione del tasso per valuta, entrambi pubblicati sul "(...)"; - che, infine, il contratto di mutuo in commento è stato estinto in data 03/01/2020. Tanto premesso in fatto, i sig.ri (...) hanno contestato a) l'illegittima pattuizione di un tasso di interesse moratorio usurario, b) la violazione dei principi di trasparenza bancaria e buona fede contrattuale, per mancata indicazione del T.A.E.G.-T.A.E. nel contratto di mutuo, c) la violazione del divieto di anatocismo ed indeterminatezza del tasso di interesse, derivanti dal piano di ammortamento applicato alla francese nonché d) la violazione della normativa posta a tutela del consumatore. Con comparsa di costituzione e risposta depositata in data 21/04/202 si è costituita in giudizio la (...) S.p.a., contestando tutto quanto ex adverso dedotto ed argomentato, eccependo preliminarmente l'intervenuta prescrizione decennale del diritto e dell'azione di controparte a richiedere (anche in via di rideterminazione degli interessi corrisposti e del piano di ammortamento) la restituzione di somme versate in adempimento del contratto di mutuo per cui è causa - documentale che il contratto di mutuo è stato sottoscritto in data 08/05/2003, che è stato estinto e che l'atto di citazione è stato notificato in data 19/01/2022, l'effetto prescrittivo avrebbe dovuto ritenersi maturato per il periodo dall'08/05/2003 al 19/01/2022 -, in ogni caso insistendo per il rigetto delle domande attoree perché infondate in fatto e in diritto. Celebrata la prima udienza di comparizione delle parti e concessi i termini ex art. 183 comma 6 c.p.c., il Giudice, ritenuta la causa matura per la decisione, ha fissato udienza di precisazione delle conclusioni all'esito della quale ha trattenuto la causa in decisione con assegnazione alle parti dei termini ex art. 190 c.p.c. per il deposito di comparse conclusionali e memorie di replica. Nel merito Le domande degli attori sono infondate per i motivi di seguito indicati. Oggetto del presente giudizio è il contratto di mutuo fondiario n. (...) stipulato dagli attori con la (...) convenuta in data 08/05/2003 per l'importo di Euro 103.000,00 (doc. 1 di parte attrice; doc. 4 di parte convenuta). L'art. 4 del contratto prevede che il rimborso del finanziamento avrebbe dovuto avvenire mediante un piano di ammortamento alla francese della durata di anni 15, mediante il pagamento di n. (...) rate posticipate semestrali, aventi scadenza il 01 Gennaio ed il 01 Luglio di ciascuno anno. I tassi pattuiti in contratto per il pagamento delle rate, sia nel piano di preammortamento sia nel piano di ammortamento, sono i seguenti: - l'art. 1 prevede che il mutuo sarebbe stato regolato all'interesse del 3,90% nominale annuo, "salvo il diverso interesse che, successivamente, per tutta la durata dell'ammortamento, risulterà in dipendenza di quanto di seguito pattuito all'articolo 4"; - l'art. 4 prevede, fermo rimanendo il suddetto tasso fisso di interesse fino alla scadenza della seconda rata, di applicare un tasso di interesse variabile modularmente per tutta la durata del finanziamento, salva la possibilità per la parte mutuataria, da esternare mediante comunicazione scritta da far pervenire alla (...) mutuante almeno 60 giorni prima di ciascuna delle successive scadenze, di richiedere ed ottenere l'applicazione del tasso fisso, oppure quella del tasso variabile secondo i seguenti criteri: in caso di tasso "fisso", il medesimo sarebbe stato pari all'Interest Rate Swap lettera Euro a 2, 3, o 5 anni a seconda, rispettivamente, della corrispondente durata del periodo da regolare, maggiorato di 1,40 (uno virgola quaranta) punti; in caso di tasso "variabile", il medesimo sarebbe stato pari al tasso EURIBOR 6 mesi maggiorato di 1,50 (uno virgola cinquanta) punti. In mancanza della suddetta comunicazione, da trasmettere alla (...) nel termine essenziale di 60 giorni, le parti hanno stabilito che il mutuo sarebbe stato regolato al tasso variabile all'epoca determinato in base al suddetto criterio. Ancora, sempre l'art. 4 del contratto in commento prevede un compenso omnicomprensivo per l'estinzione anticipata, pari all'1,000%, senza nessuna altra spesa o commissione, del capitale anticipatamente rimborsato, ai sensi dell'art. 40 primo comma TUB; il successivo art. 5 chiarisce poi che ogni somma dovuta per qualsiasi titolo in dipendenza del contratto e non pagata avrebbe prodotto di pieno diritto, dal giorno della scadenza, interessi di mora a carico della parte finanziata ed a favore della B.. Gli interessi di mora, dovuti dalla parte finanziata in tutti i casi previsti nel contratto, sarebbero stati calcolati "maggiorando di 3 (tre) punti il tasso convenzionale come sopra pattuito e tempo per tempo applicato", con la precisazione che "su detti interessi non è ammessa la capitalizzazione periodica". Infine, le parti hanno indicato in Euro 413,24 le spese di Istruttoria e in Euro 1,29 le spese di invio comunicazione periodiche. Il piano di ammortamento è giunto ad estinzione alla sua scadenza. Tanto considerato in fatto, anzitutto il Tribunale rileva l'infondatezza della censura di parte attrice relativa alla usurarietà del tasso mortorio indicato in contratto nella misura del 6,90% (ossia 3,9% + 3,00%), asseritamene superiore al tasso soglia del 7,19% (4,79%+50%) previsto dal Decreto Ministeriale pro tempore vigente per la univoca categoria dei mutui a tasso fisso e variabile con garanzia reale (doc. 4 di parte attrice), secondo la tesi difensiva attorea dovendosi tenere conto del fatto che il tasso di mora andrebbe calcolato sull'intera rata, comprensiva di capitale e di interessi corrispettivi e che, con l'ammortamento alla francese, verrebbe corrisposto un "interesse composto", comportante l'aumento della percentuale applicata. All'uopo il Tribunale osserva che: - la verifica dell'usura con riferimento agli interessi di mora è legittima solo qualora siano stati corrisposti in concreto interessi moratori, come definitivamente stabilito dalla Corte di Cassazione, a Sezioni Unite, con sentenza del 18/09/2020 n. 19597, secondo cui la verifica, in concreto, del superamento del tasso soglia da parte degli interessi di mora deve avvenire solo con riferimento al tasso in concreto applicato dopo l'inadempimento: "Anche in corso di rapporto sussiste l'interesse ad agire del finanziato per la declaratoria di usurarietà degli interessi pattuiti, tenuto conto del tasso-soglia del momento dell'accordo; una volta verificatosi l'inadempimento ed il presupposto per l'applicazione degli interessi di mora, la valutazione di usurarietà attiene all'interesse in concreto applicato dopo l'inadempimento"; invece, nel caso di specie gli attori non hanno allegato né provato di avere corrisposto alla (...) mutuante alcun interesse di mora; - in ogni caso, la censura è del tutto priva di fondamento considerato che il tasso di mora pattuito in contratto è pari 6,90% (= TAN del 3,9% + 3,00%) e, quindi, inferiore al tasso soglia ricavabile dal Decreto Ministeriale in atti, precisato altresì che il rispetto del principio di simmetria sancito dalla Corte di Cassazione a Sezioni Unite con la già citata sentenza n. 19597/2020 impone di aumentare del 50% il tasso rilevato trimestralmente (tasso soglia) con l'ulteriore maggiorazione di 2,1 punti percentuali (cd. tasso di mora soglia), per poi determinare la soglia su tale importo (cfr. (cfr. Corte App. Firenze 01/02/2023 n. 212, Corte di Cassazione a Sezioni Unite del 18/09/2020 n. 19597, Corte di Cassazione del 07/03/2022 n. 7352 Corte di Cassazione del 04/01/2023 n. 145). Nella fattispecie in commento, quindi, il tasso soglia per gli interessi di mora è pari al 10,335% e non pari al 7,19%, come individuato da parte attrice; - fermo che la norma contrattuale che prevede l'applicazione di interessi di mora sull'intera rata, e non sul solo capitale, è stata ritenuta legittima dalla Corte di Cassazione a Sezioni Unite, con le sentenze n. 12639/2008 e n. 19597/2020, la deduzione di parte attrice secondo cui il superamento del tasso soglia da parte dell'interesse moratorio deriverebbe dal fatto che il tasso di mora si calcola sull'intera rata, comprensiva di capitale ed interessi, non è condivisibile sia perché alcun interesse di mora è stato in concreto corrisposto sia perché la base su cui verrà computato in concreto l'interesse di mora (cioè l'intera rata) nel corso del rapporto e solo in caso di inadempimento del mutuatario (qui non verificatosi), nulla ha a che vedere sulla verifica della usurarietà della pattuizione contrattuale dell'interesse moratorio, che invece si fonda su un confronto eseguito sul dato contrattuale, fra la percentuale del tasso indicata in contratto e quella stabilita nei Decreti Ministeriali di rilevazione del tasso soglia aumentata di 2,1 punti percentuali; - ancora, a nulla rileva nell'ottica della verifica del superamento del tasso soglia da parte degli interessi di mora che nel piano di ammortamento alla francese sarebbe stato corrisposto un "interesse composto", sottolineato peraltro che il piano di ammortamento alla francese, per le ragioni di seguito indicate, è strutturato secondo il meccanismo dell'interesse semplice (e non composto) e non ha alcuna inferenza con l'asserita pattuizione di un tasso di mora usurario, - infine, l'eventuale pattuizione di interessi moratori a tasso usurario comunque non avrebbe alcun effetto sugli interessi corrispettivi, che rimangono dovuti. Conseguentemente, vanno rigettate per carenza del presupposto costitutivo anche le domande di nullità della clausola di determinazione degli interessi ex art. 1815 comma 2 c.c., di restituzione degli interessi moratori e degli interessi legali ex art. 1284 comma 4 c.c. nonché di risarcimento del danno non patrimoniale. Del pari, è infondata la cesura attorea relativa alla asserita violazione dei principi di trasparenza bancaria e buona fede contrattuale, per mancata indicazione del "T.A.E.G.T.A.E." nel contratto di mutuo, con conseguente applicazione degli artt. 117 e 125 bis T.U.B., in punto di sostituzione degli interessi praticati con gli interessi al tasso legale. - il contratto di mutuo in esame è stato stipulato in data 08/05/2003, mentre il parametro I.S.C. è stato introdotto con la Del.CICR del 4 marzo 2003 (doc. 11 di parte attrice), che prevede, all'art. 14 comma 2, la sua entrata in vigore il 1 Ottobre 2003; - in ogni caso, l'omessa indicazione del T.A.E.G.-I.S.C., nei casi in cui detto parametro dovesse essere esplicitato in contratto, a meri fini di trasparenza bancaria (ossia per i rapporti sorti dopo il 01/10/2003), non determinerebbe comunque la violazione degli artt. 117 e 125 bis T.U.B., posto che l'I.S.C. non integra un requisito di validità del contratto ai sensi dell'art. 117 T.U.B., avendo una mera funzione di pubblicità ed informazione precontrattuale, così come unanimemente ritenuto dalla giurisprudenza, anche recentemente pronunciatasi (cfr. App. Firenze 01/02/2023 n. 212; Trib. Roma 19/04/2017, 03/01/2018 n. 121, 19/02/2018 n. 3632; Trib. Napoli 09/01/2018 n. 183, 12/02/2021; Corte App. Milano 05/05/2018 n. 2037; Trib. Asti 12/06/2018 n. 547; Trib. Verona 21/06/2018 n. 1473; Trib. Pesaro 25/08/2018 n. 722; Trib. Siena ord. 17/07/2018, 01/02/2019 n. 137, 15/03/2019 n. 294, 02/09/2019 n. 858, 05/12/2019 n. 1215, del 04/02/2020 n. 125, 15/06/2020 n. 386, 18/01/2021 n. 16, 05/03/2022 n. 197, 19/07/2022 n. 609, 19/07/2022 n. 617; Trib. Ancona 17/08/2018 n. 1382; Trib. Ferrara 31/10/2018 n. 762; Trib. Pistoia 12/11/2018 n. 913; Trib. Pavia 10/01/2019 n. 32; Trib. Genova 05/02/2019 n. 346; Trib. Lucca 07/11/2019 n. 1120; Trib. Brescia 16/12/2020 n. 2614; Trib. Larino 03/01/2021 n. 2; Trib. Bologna 28/06/2016, 08/02/2018 n. 20123, 05/03/2021 n. 498; Trib. Modena 16/02/2021; Corte App. Venezia 02/02/2021, 23/07/2021 n. 2111; Trib Latina 02/02/2023 n. 233; Corte App. Firenze 22/01/2021 n. 124, 21/11/2022 n. 2596, 13/12/2022 n. 2771, 20/01/2023 n. 137, 01/02/2023 n. 212), e che l'art. 125 bis T.U.B., inserito dall'art. 1 D.Lgs. 13 Agosto 2010 n. 141, non può trovare neppure astrattamente applicazione al caso di specie, e ciò per due ragioni: 1) perché il contratto di mutuo, essendo stato stipulato in data 08/05/2003, sfugge tout cour alla vigenza dell'art. 125 bis del T.U.B., che è entrato in vigore il 19/09/2010, 2) perché l'art. 125 bis T.U.B. (che richiama l'art. 117 T.U.B.) non potrebbe, in ogni caso, applicarsi al detto mutuo, stante l'espresso divieto sancito dall'art. 122 T.U.B (rubricato "Ambito di applicazione"), che esclude l'applicazione delle norme sul "Credito ai consumatori", di cui al Capo II del Titolo VI del TUB (cui rientra anche l'art. 125 bis), ai contratti di mutuo di importo superiore ad Euro 75.000,00 (art. 122, lett. a T.U.B.) ed a quelli garantiti da ipoteca su beni immobili (art. 122 lett. f T.U.B.). E, nel caso di specie, il mutuo è stato concesso per la somma di Euro 103.000,00 (art. 1 del contratto) e gli attori mutuatari si sono resi anche datori di ipoteca sui beni immobili di loro proprietà (art. 6 del contratto), - non è condivisibile l'assunto attoreo che assimila il T.A.E.G. al T.A.E., secondo cui nel T.A.E.G. confluirebbero "tutte le spese correlate alla erogazione del credito" ai sensi dell'art. 2 della L. n. 108 del 1996 (cioè della legge sull'usura), ivi inclusi, fra gli altri, le commissioni per estinzione anticipata e il "costo del ritardo nel pagamento di ogni rata" (id est, gli interessi moratori). Difatti, il T.A.E.G. è un indicatore sintetico che rappresenta al cliente il costo globale, espresso su base annua e in percentuale, che egli dovrà sostenere per eseguire il contratto di credito e consiste, su un piano tecnico, nel tasso (c.d. di attualizzazione) che rende eguali, su base annua, i valori di tutti gli impegni (prelievi, rimborsi e spese), esistenti o futuri, oggetto di accordo tra il finanziatore e il consumatore, sostanziandosi dunque in una mera informazione precontrattuale; il T.A.E. (Tasso Annuo Effettivo), invece, è il tasso che tiene conto degli effetti della capitalizzazione periodica, ma soltanto laddove venga rintracciata una capitalizzazione infrannuale degli interessi, fattispecie non attinente ai contratti di mutuo (come quello per cui è causa), caratterizzati da un meccanismo restitutorio degli interessi, che esclude qualsiasi fenomeno di capitalizzazione infrannuale degli stessi; - dunque, non sussiste alcun obbligo normativo volto ad indicare, nell'ambito dei contratti di mutuo, il Tasso Annuo Effettivo (T.A.E.) (cfr. Corte Appello di Torino sentenza del 05/05/2020 n. 464), valorizzato il tenore interpretativo dell'art. 6 della Del.CICR 9 febbraio 2000, applicabile ai soli rapporti di conto corrente o di apertura di credito, proprio a fronte del trattamento periodico degli interessi connaturato a tale specifica categoria contrattuale; - il T.A.E.G. non va confuso con il T.E.G., che invece fornisce elementi che consentono di accertare se le condizioni delle operazioni creditizie praticate dalle banche e dagli intermediari finanziari presentino carattere usurario. La stessa (...) - nel recepimento del D.M. sul credito ai consumatori del 9 Febbraio 2011- ha precisato che "il T.A.E.G. ha una funzione diversa dal T.E.G. previsto dalla L. n. 108 del 1996 in materia di usura con la conseguenza che i due parametri hanno basi di calcolo non necessariamente coincidenti"; - gli interessi moratori e le penali per estinzione anticipata non concorrono né alla determinazione del T.A.E.G. (cfr. Trib. Torino 18/02/2022 n. 718) né alla determinazione del T.E.G. (cfr. Cass. penale 25/10/2012 n. 5683; Cass. civ. 07/03/2022 n. 7352; Cass. SS. UU. 18/09/2020 n. 19597; Cass. civ. 14/03/2022 n. 8109; Trib. Brescia ord. 23/01/2014; Trib. Verona 27/04/2014; Trib. Roma 16/09/2014; Trib. Bologna 17/02/2015, 20/09/2018 n. 20774; Trib. Torino 20/06/2015, 28/03/2016, 20/09/2017 n. 4434; Trib. Venezia 01/02/2016, 15/04/2020 n. 674; Trib. Salerno ord. 17/03/2016, ord. 05/06/2017; Trib. Cosenza ord. 16/05/2016; Trib. Sulmona 20/10/2016 n. 434; Trib. Perugia 15/12/2016 n. 29797; Trib. Pistoia ord. 702 ter c.p.c. 24/11/2016; Trib. Milano 16/02/2017; Trib. Pesaro del 30/03/2017 n. 107, 25/06/2018 n. 722; Trib. Trani ord. 19/06/2017; Trib. Agrigento decreto l 26/06/2017, 31/10/2017 n. 1636; Trib. Civitavecchia ord. 28/06/2017; Trib. Pavia 31/10/2017 n. 1668; Trib. Bari ord. 02/01/2018; Trib. Lanciano 20/03/2018 n. 238, 18/09/2018 n. 322; Trib. Asti 12/06/2018 n. 547; Trib. Ascoli Piceno ord. 08/11/2018; Trib. Parma 20/03/2019 n. 461; Trib. Cremona 07/06/2019 n. 42; Trib. Siena 02/09/2019 n. 858, 05/12/2019 n. 1215, 19/07/2022 n. 617; Trib. Lucca 07/11/2019 n. 1120; Trib. Firenze 25/09/2014, ord. 15-19/03/2018, 06/09/2019 n. 2491, 16/03/2021 n. 715; Trib. Benevento ord. 03/06/2020; Trib. Palermo 18/07/2022 n. 3194: App. Torino 17/05/2022 n. 532; Trib. Taranto 04/04/2022 n. 864; App. Perugia 01/10/2021 n. 561; Trib. Latina 02/02/2023 n. 233; App. Firenze 16/12/2019 n. 3031, 14/09/2020 n. 1695, 01/02/2023 n. 212). Conseguentemente, anche la domanda la domanda di ripetizione di interessi corrisposti, e asseritamente non dovuti, va rigettata in quanto infondata. Ancora, è infondato l'assunto attoreo che lamenta la violazione del divieto di anatocismo e l'indeterminatezza del tasso di interesse, derivanti dal piano di ammortamento alla francese. Gli attori, con la sottoscrizione del contratto di mutuo e dei relativi allegati (incluso il piano di ammortamento - all. C del contratto), hanno approvato quanto ivi riportato, manifestando di aver piena cognizione in merito alla modalità di determinazione delle singole rate, ivi inclusa la quota interessi. Nel contratto, come già sopra riportato, sono espressamente pattuiti i criteri per la determinazione del tasso di interesse applicabile, sia per l'ipotesi del tasso fisso, che per quella del tasso variabile, avendo le parti convenuto un tasso fisso iniziale del 3,90% fino alla scadenza della seconda rata e, per il periodo successivo, la possibilità per i mutuatari di optare fra tasso fisso ovvero tasso variabile, con la specificazione che, in assenza di loro espressa comunicazione, il contratto sarebbe stato regolato al tasso variabile; di fatto, quello prescelto dai mutuatari. La (...) dunque, ha reso noto ai mutuatari il costo del capitale erogato, che i Sig.ri (...) e (...) hanno conosciuto, concordato ed accettato, come peraltro dai medesimi espressamente dichiarato all'art. 3 del contratto, ove si legge testualmente che: "La parte mutuataria dichiara di conoscere le dette clausole per averne avuto in precedenza testuale comunicazione, di accettarle ed approvarle integralmente e specificatamente, anche agli effetti dell'art. 1341 del c.c. con particolare riguardo a quelle riportate nel capitolato stesso ?". Tra tali clausole sono incluse anche quelle di cui agli artt. 1 e 4, circa la determinazione dei tassi di interesse. Dunque, non si ha alcuna indeterminatezza del piano di ammortamento e neppure del tasso di interesse adottato, essendo tutte le condizioni economiche chiaramente pattuite nel contratto di mutuo. E' infondata la tesi attorea per cui il piano di ammortamento alla francese comporterebbe l'applicazione di un tasso di interesse effettivo superiore a quello pattuito, nonché la capitalizzazione degli interessi, in violazione dell'art. 1283 c.c. -. Il totale dovuto dal mutuatario costituisce il prodotto fra l'importo della rata, che è fisso, ed il numero delle rate, e, per differenza rispetto al capitale erogato, si può calcolare l'importo totale degli interessi dovuti. Come si vede, dunque, il piano di ammortamento fornisce una dettagliata rappresentazione dei costi del finanziamento e delle modalità di restituzione (importo, numero e periodicità delle rate), il che esclude la configurabilità di un "effetto sorpresa" in fase di rimborso; in particolare, la modalità di determinazione della quota interessi di ciascuna rata (interessi su capitale residuo) è chiaramente determinata; mentre, non si vede in base a quale riferimento normativo si possa richiedere la prospettazione di regimi finanziati alternativi, non oggetto di proposta né di trattativa, o la discussione critica del regime finanziario applicato. Si deve, pertanto, concludere che gli elementi forniti consentono l'esercizio della facoltà di verifica della corretta applicazione dei parametri individuati - considerato peraltro che nel caso di specie non risulta essere stato prospettato un vizio di formazione del consenso né un materiale impedimento all'esercizio di tale verifica -, che l'accettazione delle modalità di rimborso del mutuo ricomprende l'accettazione delle modalità matematico finanziarie di costruzione delle medesime, che comunque sono esplicitate nel contratto, e che l'accettazione dell'applicazione di tali parametri e del loro risultato deve ritenersi idoneamente operata dal mutuatario, quale corrispondente ad una valutazione complessiva di convenienza dell'autoregolamentazione degli interessi attuata nel contratto. Infatti, secondo l'insegnamento della Corte di Cassazione, il requisito della determinabilità dell'oggetto del contratto richiede semplicemente che siano identificati i criteri oggettivi in base ai quali fissare, anche facendo ricorso a calcoli di tipo matematico, l'esatto contenuto delle obbligazioni dedotte, senza alcun margine di incertezza o di discrezionalità, mentre non rileva la difficoltà del calcolo necessario per pervenire al risultato finale né la perizia richiesta per la sua esecuzione (Cass. 25205/2014). In sostanza, stabilito nell'accordo delle parti le modalità di determinazione del rimborso del mutuo, se non contrastanti con la restante disciplina contrattuale, non possono rilevare sul piano dell'invalidità del contratto, né assumono rilevanza giuridica considerazioni basate semplicemente sulla convenienza di un piano di ammortamento basato sull'uno o sull'altro criterio. Venendo ora al punto focale delle contestazioni relative al piano di ammortamento, il Tribunale rileva, sul piano generale, che quando si fa riferimento a concetti tratti dalla matematica finanziaria è necessario che degli stessi sia esplicitato il riferimento giuridico e che sia individuabile un risultato giuridicamente rilevante conseguente alla loro applicazione. In difetto di tale riferimento si risolve nell'impropria invocazione dell'autorità, su una questione eminentemente giuridica, di conclusioni che si assumono scientificamente fondate in un altro ambito del sapere. Nello specifico, l'approccio all'anatocismo bancario proposto da parte attrice trascura il dato normativo, che si riferisce esclusivamente alla produzione di interessi sugli interessi scaduti (art. 1283 c.c.: "gli interessi scaduti possono produrre interessi solo ..." art. 120 comma 2 T.U.B.: "gli interessi debitori maturati ... non possono produrre interessi ulteriori"). E' evidente, infatti, poiché l'anatocismo viene fondato solo sulla formula matematica adottata per il calcolo delle singole rate, che in ogni caso manca il suo presupposto essenziale, un pregresso debito per interessi sul quale si possa ipotizzare la produzione di ulteriori interessi. La contestazione, in effetti, si risolve nella mera affermazione della maggiore gravosità del piano di ammortamento determinata dal fatto che gli interessi sono esigibili via via che maturano nel corso dell'ammortamento del mutuo e non al momento della sua estinzione, e dal fatto che la (...) non è obbligata a far credito al mutuatario anche del loro importo ma al contrario può fare propria, dal momento in cui il mutuatario è obbligato a corrisponderli, la naturale fecondità del corrispondente importo monetario, che le è reso disponibile per altri impieghi. Tale fenomeno, però, non ha nulla a che vedere con l'anatocismo ma costituisce una conseguenza naturale delle modalità determinate in contratto per l'adempimento dell'obbligazione del mutuatario, non sussistendo alcun divieto di prevedere l'esigibilità immediata degli interessi maturati nel corso dell'ammortamento, come si desume anche dalle disposizioni del Codice Civile che dettano una disciplina specifica dell'obbligazione di pagamento degli interessi (art. 1820, art. 2948 n. 4 c.c.). Infine, quanto alla lamentata diversità tra il tasso effettivo e quello indicato in contratto, tale allegazione confonde l'anatocismo con la questione relativa alla diversità tra TAN (tasso annuo nominale) e TAE (tasso annuo effettivo). Tali tassi divergono ogni volta che sia previsto il rimborso del mutuo mediante rate di periodicità inferiore all'anno - proprio perché il TAN è un tasso annuale - e ciò accade indipendentemente dal piano di ammortamento adottato, sia esso italiano o francese. Insomma, la differenza tra TAN e TAE è la normale conseguenza del fatto che, nei piani di ammortamento di prestiti e mutui, l'interesse annuale generalmente non viene pagato in un'unica soluzione a fine anno, ma ripartito su ogni rata infra-annuale in scadenza; e appunto, la corresponsione anticipata delle rate rispetto alla scadenza annuale comporta che il costo effettivo da interessi del finanziamento per il contraente non è pari al tasso annuale stabilito da contratto, ma (lievemente) maggiore. In ogni caso, una volta raggiunto l'accordo sulla somma mutuata, sul tasso, sulla durata del prestito e sul rimborso mediante un numero predefinito di rate, la misura della rata discende matematicamente dagli indicati elementi contrattuali. Nel caso di specie, nel contratto di mutuo e nei documenti allegati al medesimo sono stati specificati a) l'importo del capitale finanziato (cfr. art. 1); b) la periodicità semestrale delle rate (cfr. art. 4); c) il numero delle rate di durata del piano di rimborso (30) decorrenti dal giorno di stipula del contratto; d) la scadenza delle singole rate e conseguentemente l'estinzione del prestito; e) il tasso annuo nominale (TAN) iniziale fisso pattuito ed applicato per tutta la durata del piano di ammortamento (cfr. art. 4); f) i criteri per il calcolo degli interessi mensili posticipati, sulla base (days count convention) dell'anno civile (360 giorni) con divisore 360, da calcolarsi sulle quote di capitale residuo. Le sopraindicate condizioni pattuite nel contratto trovano, inoltre, applicazione nelle rate pagate dal cliente. Tali elementi consentono di individuare in modo univoco e determinato il piano dei pagamenti per l'estinzione del prestito senza lasciar spazio a profili di indeterminatezza, incompatibili con la determinatezza e determinabilità dell'oggetto stabiliti all'art. 1346 c.c.-. Pertanto, si esclude che l'ammortamento alla francese implichi l'indeterminatezza del tasso di interesse, l'applicazione di un tasso superiore a quello dichiarato nel contrario, la violazione del divieto di anatocismo. Dunque, nessuna capitalizzazione è intervenuta, e nessuna indeterminatezza del tasso di interesse è riscontrabile. Conseguentemente, è infondata anche la consequenziale domanda restitutoria. Infine, è infondato l'assunto attoreo basato sulla asserita violazione della normativa posta a tutela del consumatore, alla luce della pronuncia del Tribunale di Chieti del 27/09/2019 sulla nullità della clausola relativa all'(...) e conseguente applicazione del tasso legale ex artt. 1346 e 1284 comma 3 c.c.-. e tanto, richiamata la copiosa giurisprudenza di merito e di legittimità secondo cui la determinazione del tasso di interesse ancorata al criterio dell'(...) è condizione satisfattiva del requisito di determinabilità e determinatezza del tasso di interesse richiesto dall'art. 1284 comma 3 c.c. e dall'art. 1346 c.c. (cfr. Cassazione 02/02/2007 n. 2317; Cassazione 19/05/2010, n. 12276; Cass. n. 3968/2014, Cass. n. 25205/2014, Cass. ord. n. 8028/2018; Trib. Torino 27/04/2016 n. 2365; Trib. Sondrio 30/05/2016 n. 249; Trib. Milano 12/12/2016 n. 13562; Trib. Salerno ord. 21/05/2017; Trib. Lucca 07/04/2017 n. 761, 17/07/2017 n. 1443, 22/06/2017 n. 1276; Trib. Pistoia ord. 20/01/2018, 01/06/2018 n. 349, ord. 07/06/2018, 07/10/2021 n. 817, 07/10/2021 n. 818; App. Firenze 14/09/2020 n. 1695; Trib. Siena 19/07/2022 n. 609, 19/07/2022 n. 617; Trib. Latina 02/02/2023 n. 233; App. Perugia 16/09/2021 n. 525; App. Venezia 20/07/2021n. 2051). Ribadisce, infine, il Tribunale che la qualifica di consumatori degli attori non assume qui alcun rilievo poiché le norme sul "Credito ai consumatori", di cui al Capo II del Titolo VI del TUB (incluso l'art. 125 bis), non si applicano ai contratti di mutuo di importo superiore ad Euro 75.000,00 (art. 122, lett. a T.U.B.) ed a quelli garantiti da ipoteca su beni immobili (art. 122 lett. f T.U.B.). Ogni altra questione (prescrizione) assorbita. Sulle spese processuali Le spese di lite seguono la soccombenza e dunque vengono interamente poste a carico degli attori, in solido tra loro. Esse vengono liquidate secondo i parametri medi di cui al D.M. n. 55 del 2014 come modificato dal D.M. n. 37 del 2018 e poi dal D.M. n. 147 del 2022 tenuto conto del valore dichiarato della causa, ridotto del 30% il compenso per la fase istruttoria dato che al deposito delle memorie ex art. 183 comma 6 c.p.c. non è seguita altra attività di tale natura. P.Q.M. Il Tribunale di Pistoia, in persona del Giudice unico Dott.ssa Elena Piccinni, definitivamente pronunziando nella presente vertenza, ogni diversa istanza ed eccezione reietta, così decide: rigetta le domande gli attori; condanna gli attori, in solido tra loro, alla refusione delle spese di lite in favore di (...) S.p.a. liquidate in Euro 7.074,20 per compensi professionali, oltre il 15% spese generali, CPA e IVA come per legge. Così deciso in Pistoia il 4 maggio 2023. Depositata in Cancelleria il 5 maggio 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI PISTOIA SEZIONE CIVILE Il Tribunale di Pistoia, Sezione Civile, in persona del Giudice Unico, dott. Nicola Latour, ha pronunziato la seguente SENTENZA nella causa civile iscritta a ruolo n.r.g. 294/2022, vertente TRA (...) s.r.l., con sede in P. al Corso G. n. 172, in persona della legale rapp.te p.t. S.A., rappresentata e difesa, giusta procura in atti, dall'avv. Ez.Me., presso lo studio del quale elegge domicilio in Pistoia alla via (...); Attrice E (...) s.p.a., con sede in O. alla Piazza della Repubblica n. 21, rappresentata e difesa, giusta procura in atti, dagli avv.ti Ma.Pr., Fe.Az., Da.Lo., Gi.Gi., ed elettivamente domiciliati presso lo studio dell'avv. Au.Tr. sito in Perugia alla via (...); Convenuta Oggetto : inadempimento degli obblighi degli intermediari. RAGIONI di FATTO e di DIRITTO della DECISIONE 1. Con atto di citazione, notificato in data 2.2.2022, (...) s.r.l. conveniva in giudizio la (...) s.p.a., deducendo le seguenti circostanze: - (...), in data 27.11.2014, richiedeva la sottoscrizione di n. 6688 azioni (...) Cum Bonus SHS per un controvalore di Euro 59.857,60; - venivano, così, assegnate, inizialmente, n. 4678 azioni al prezzo di Euro 8,95 cadauna, per il prezzo di Euro 41.868,10; successivamente, venivano attribuite ulteriori azioni per un controvalore di Euro 921,85 e Euro 17.031,85; venivano, altresì, assegnate azioni gratuite nella proporzione di una ogni tredici detenute; - a seguito del crac della (...), il valore delle azioni si azzerava. Ciò premesso in fatto, l'attrice allegava l'inadempimento dell'istituto di credito ai propri obblighi atteso che : (...) aveva agito in conflitto di interesse, collocando sul mercato azioni di (...), società dello stesso gruppo di cui è parte ((...)), senza fornire alcuna informazione specifica sulla natura e l'estensione del conflitto; (...) non aveva fornito informazioni o documenti sulla natura dei titoli acquistati (essendo stato omesso che si trattava di titoli illiquidi, collocati al di fuori del mercato regolamentato), inadeguati per tipologia ed oggetto agli obiettivi di investimento e alla profilatura di rischio dell'attrice; (...) non forniva informazioni circa il progressivo peggioramento del valore dei titoli acquistati. Per tali motivi, (...) s.r.l. concludeva così : In tesi: voglia dichiarare ai sensi dell'art. 1418 c.c la nullità e/o annullabilità dei negozi di acquisto di azioni della (...) S.C.p.A., oggetto di controversia, stante la loro contrarietà a norme imperative in materia di intermediazione finanziaria e/o bancaria ed all'esigenza di trasparenza dei servizi finanziari - che è anche esigenza di ordine pubblico - e per l'effetto condannare l'intermediario Soc. (...) S.p.A. a restituire in favore di Soc. (...) S.r.l. la somma illegittimamente ricevuta di Euro59.821,80, salvo quella diversa di Giustizia, maggiorata degli interessi al saggio legale dal dì del dovuto al saldo effettivo; In ipotesi: voglia dichiarare la responsabilità precontrattuale di Soc. (...) S.p.A. per violazione delle norme imperative previste all'artt. 1337 c.c. e segg., in materia di intermediazione finanziaria (artt. 21 e segg. T.U.F. e Regolamento CONSOB di attuazione) e di mandato di intermediazione finanziaria e/o bancaria, condannandola per l'effetto ed in ogni caso al risarcimento del danno arrecato a Soc. (...) S.r.l., determinato in ragione del corrispettivo complessivamente versato per l'acquisto delle azioni di (...) S.C.p.A., oggetto di controversia, ossia ad Euro59.821,80, salvo la diversa somma di Giustizia, oltre interessi al saggio legale dal dì del dovuto al saldo effettivo; In ipotesi subordinata: voglia dichiarare, anche previa valutazione del comportamento concreto tenuto da Soc. (...) S.p.A. con il rigore imposto dall'art.1176 c.c., la risoluzione ex combinato disposto degli art. 1453 e 1455 c.c. dei contratti di acquisto delle azioni di (...) S.C.p.A., oggetto di controversia, per inadempimento, di non scarsa importanza, della medesima Soc. (...) S.p.A. in ordine agli obblighi imposti dalle norme imperative contenute nell'art. 1337 c.c. ed in quelle che regolano la materia di intermediazione finanziaria e/o bancaria (artt. 21 e segg. T.U.F. e Regolamento CONSOB di attuazione), e dal mandato di intermediazione finanziaria e/o bancaria, condannandola per l'effetto ed in ogni caso al risarcimento del danno arrecato a Soc. (...) S.r.l. determinato in ragione del corrispettivo versato per l'acquisto di dette azioni, ovvero ad Euro59.821,80, salvo la diversa di Giustizia, oltre interessi al saggio legale dal dì del dovuto al saldo effettivo; Vinte le spese di causa e della procedura di mediazione. Con comparsa di costituzione e risposta, depositata in data 3.5.2022, si costituiva in giudizio la (...) s.p.a., la quale deduceva che : - l'attrice sottoscriveva, in data 8.2.2012, contratto quadro, ricevendo contestualmente le norme sui servizi di investimento e fornendo le informazioni di cui al questionario MIFID, da cui risultava un profilo di rischio dell'investitore medio/alto, profilo confermato nel questionario MIFID del 24.2.2015; l'attrice, quindi, possedeva tutte le qualità per valutare le caratteristiche degli investimenti effettuati; - tramite la sottoscrizione della domanda di ammissione alla compagine sociale e della scheda di adesione, l'attrice dichiarava di essere a conoscenza del prospetto informativo approvato da Consob e di avere preso visione dei rischi correlati all'investimento, oltre che delle schede prodotto; dichiarava, altresì, di essere a conoscenza dell'esistenza di un conflitto di interesse; - anche in relazione alla sottoscrizione della scheda di adesione del 1.6.2015, la Banca forniva una informativa esaustiva circa l'esistenza di un conflitto di interesse e l'investitrice dichiarava di avere ricevuto la Scheda Prodotto, contenente informazioni complete sulla natura e i rischi dei titoli; - oltre alla ampia informativa precontrattuale, la Banca trasmetteva all'attrice gli estratti conto da cui risultavano i flussi finanziari relativi agli investimenti, mai oggetto di contestazione; gli estratti conto del dossier titoli in cui risultava esposto il grado di rischio delle azioni e di liquidità; le note informative relative agi acquisti. Ciò premesso in fatto, l'istituto di credito : - eccepiva la prescrizione dei diritti azionati, atteso che le operazioni risalivano al 27.11.2014 e al 1.6.2015, applicando il termine di prescrizione quinquennale, decorrente dalla data in cui sono stati eseguiti gli investimenti; - deduceva che, anche se la Banca fosse stata inadempiente ai propri obblighi informativi, non ne potrebbe, comunque, derivare la invalidità del rapporto; anche laddove vi fosse una nullità dei contratti di acquisto, la stessa sarebbe da ritenersi sanata per effetto della condotta tenuta dall'attrice; - chiariva che l'investitrice aveva avuto corretta informativa circa l'esistenza di un conflitto di interessi, oltre che circa la natura e le caratteristiche delle azioni; - precisava che il profilo di rischio dell'attrice, medio - alto, era coerente al grado di rischio attribuito alle azioni; - deduceva che non vi era alcun nesso di causa tra la condotta della Banca e il danno allegato dall'attrice e, comunque, si sarebbe dovuto applicare il concorso di colpa di cui all'art. 1227 c.c.; - allegava che, dalla somma attribuita a titolo risarcitorio, sarebbero dovute essere detratte quelle ricevute dall'attrice a titolo di cedole per Euro 18.247,32. Pertanto, (...) s.p.a. concludeva così : Nel merito, in via preliminare 1. Accertare e dichiarare l'intervenuta prescrizione dei diritti e delle domande avversarie, per i motivi illustrati in atti; Nel merito, in via principale 2. respingere, con ogni miglior formula, tutte le domande formulate dall'attrice in quanto infondate in fatto e in diritto, per le ragioni esposte in atti; Nel merito, in via subordinata 3. nella denegata e non creduta ipotesi in cui codesto Ill.mo Tribunale dovesse accertare una qualsivoglia responsabilità della convenuta al risarcimento di qualsivoglia ipotetico danno in favore della controparte, quantificare le somme in ipotesi dovute alla controparte a titolo risarcitorio in un importo pari alla differenza tra il valore dei titoli (...) acquistati dall'attore al momento dell'acquisto degli stessi e quello dei predetti titoli al momento della proposizione dell'odierno giudizio, al netto delle azioni assegnate a titolo gratuito, per i motivi illustrati in atti, e ridurre in ogni caso il risarcimento in ipotesi riconosciuto in ragione (i) del grave concorso colposo di controparte, ai sensi dell'art. 1227 c.c., nonché in ragione (ii) delle somme da quest'ultima percepite a titolo di frutti civili siccome indicati in atti (i.e. Euro 7.561,68). e, in ogni caso, con vittoria di spese, competenze ed onorari di giudizio, oltre ad I.V.A. e C.P.A. e rimborso spese forfettario (15%). Concessi i termini ex art. 183 c. 6 c.p.c., rigettate le istanze istruttorie, la causa giungeva all'udienza del 7.2.2023, ove, precisate le conclusioni, veniva riservata in decisione con concessione dei termini ex art. 190 c.p.c.. 2. La domanda è infondata e, pertanto, deve essere rigettata. 2.1. (...) s.r.l. agisce in giudizio assumendo di avere acquistato, presso la (...), azioni (...) S.C.p.A. - (...) Cum Bonus SHS per il complessivo importo di Euro 59.821,80, le quali, a seguito del crac che colpiva la (...), vedevano azzerarsi il proprio valore. L'attrice, quindi, deduce l'inadempimento dell'istituto di credito ai propri obblighi informativi, oltre che al proprio obbligo di valutazione della adeguatezza dell'investimento rispetto al proprio profilo. 2.2. Esaminando la documentazione contrattuale in atti, risulta che (...) s.p.a. (oggi s.r.l.), sottoscriveva, in data 8.2.2012, contratto quadro con la (...), relativo al servizio di deposito a custodia e amministrazione di titoli e strumenti finanziari (cfr. doc. 6 allegato all'atto di citazione). L'attrice, in data 27.11.2014, presentava scheda di adesione, con la quale richiedeva la sottoscrizione di n. 6.688 azioni (cfr. doc. 1 allegato all'atto di citazione) e, successivamente, le venivano assegnate n 4.678 azioni, dietro il corrispettivo di Euro 41.868,10 (cfr. doc. 2 allegato all'atto di citazione; cfr. anche estratto conto sub doc. 6 allegato alla comparsa di costituzione e risposta, pag. 51, da cui risulta l'esborso della somma in questione). L'attrice, in data 1.6.2015, presentava ulteriore scheda di adesione, con la quale richiedeva la sottoscrizione di n. 1903 azioni + n. 103 azioni (cfr. doc. 3 allegato all'atto di citazione), che le venivano assegnate per complessivi Euro 17.953,70 (cfr. doc. 4 allegato all'atto di citazione; cfr. anche estratto conto sub doc. 6 allegato alla comparsa di costituzione e risposta, pag. 64, da cui risultano gli esborsi in questione). L'attrice, infine, riceveva ulteriori n. 515 azioni gratuitamente (cfr. doc. 5 allegato all'atto di citazione). Pertanto, quanto alle azioni (...), l'attrice corrispondeva un importo pari a complessivi Euro 59.821,80. 2.3. L'attrice assume l'inadempimento dell'intermediario ai propri obblighi informativi e, pertanto, propone domanda di nullità e annullamento degli ordini di acquisto, domanda di responsabilità precontrattuale della convenuta e, infine, domanda di risoluzione degli ordini di acquisto. 2.4. In via preliminare, occorre esaminare l'eccezione di prescrizione formulata dall'istituto di credito, il quale fa decorrere il termine di prescrizione quinquennale dalla data di acquisto dei titoli per cui è causa. L'eccezione è infondata. a) L'attrice, in primo luogo, ha domandato dichiararsi la nullità delle operazioni di acquisto delle azioni "per contrarietà a norme imperative". La circostanza che tale nullità sia relativa, c.d. di protezione, potendo essere fatta valere solo dal cliente, non comporta la sua esclusione dall'ordinario regime di imprescrittibilità delle azioni di nullità (art. 1422 c.c.). Non si ritiene, quindi, di aderire agli orientamenti talora espressi da alcuna giurisprudenza di merito (cfr. Trib. Ravenna, 13.10.2017 e Trib. Pavia, 26.1.2013), atteso che, come chiarito dalla Suprema Corte, va escluso che il peculiare regime giuridico, proprio delle nullità di protezione, comporti che le stesse non siano da annoverare nell'ambito delle vere e proprie ipotesi di nullità negoziale, né può ritenersi che alle stesse venga ad applicarsi uno o altro profilo della disciplina che connota la diversa figura dell'annullabilità (cfr. Cass. Civ., 17.5.2021, n. 13259, la quale chiarisce, ulteriormente, che Il solco che separa l'annullabilità dalle nullità di protezione si manifesta in realtà netto, incolmabile. "La legittimazione dell'altra parte" - quella del partner, cioè, del contraente che risulta "protetto" da tale forma di nullità - "è radicalmente esclusa, trattandosi di nullità che operano al fine di ricomporre un equilibrio quanto meno formale tra le parti". D'altra parte, come ha puntualmente riscontrato già la pronuncia di Cass. S.U., 12 dicembre 2014, n. 26242, "la rilevabilità officiosa delle nullità negoziali deve estendersi anche a quelle cosiddette di protezione, da configurarsi, alla stregua delle indicazioni provenienti dalla Corte di giustizia, come una "species" del più ampio "genus" rappresentato dalle prime, tutelando le stesse interessi e valori fondamentali - quali il corretto funzionamento del mercato (art. 41 Cost.) e l'uguaglianza almeno formale tra contraenti forti e deboli (art. 3 Cost.) - che trascendono quelli del singolo"). Ne consegue che, quanto alla domanda di nullità, da ritenersi imprescrittibile, l'eccezione è infondata. b) L'attrice, in secondo luogo, domanda dichiararsi l'annullamento degli ordini di acquisto. Sebbene, come si vedrà appresso, la domanda appaia genericamente formulata, la stessa non sembrerebbe prescritta. L'azione di annullamento, ai sensi dell'art. 1442 c.c., si prescrive in cinque anni, decorrenti, in caso di vizi del consenso, dal giorno in cui è stato scoperto l'errore o il dolo (che la domanda di annullamento dell'attrice sia ancorata al vizio del consenso sembrerebbe desumersi da quanto dalla stessa precisato in sede di memoria ex art. 183 c. 6 n. 1 c.p.c.). Ebbene, nella prospettazione attorea, l'errore o il dolo sarebbero stati scoperti solamente al momento della consapevolezza della perdita dell'investimento, così che, risalendo la prima lettera interruttiva della prescrizione al 1.12.2020 (cfr. doc. 8 allegato all'atto di citazione), è agevole desumere che la scoperta dell'errore o del dolo è di data quantomeno successiva al 1.12.2015, essendo gli investimenti del 27.11.2014 e del 1.6.2015. c) L'eccezione, altresì, è parimenti infondata quanto alle domande di responsabilità, risarcimento e risoluzione del rapporto, le quali soggiacciono all'ordinario termine di prescrizione decennale, così che, essendo stati gli ordini di investimento per cui è causa eseguiti nel 2014 e nel 2015, non possono ritenersi prescritte. Ritiene il Tribunale, difatti, che, al caso di specie, si applichi il termine di prescrizione decennale, trattandosi di azioni aventi natura contrattuale, e, peraltro, detto termine deve decorrere dal momento in cui la produzione del danno si è manifestata all'esterno, divenendo oggettivamente percepibile e riconoscibile da chi ha interesse a farlo valere (cfr. la giurisprudenza di legittimità in punto di prescrizione in materia di responsabilità contrattuale, Cass. Civ., 15.7.2009, n. 16463; Cass. Civ., 27.7.2007, n. 16658; Cass. Civ., 8.5.2006, n. 10496). Nel caso di specie, avendo l'attrice sottoscritto le azioni in questione nel 2014 e nel 2015, non può dirsi decorso il termine decennale di prescrizione. 2.5. Ciò premesso in punto di prescrizione, va rilevata la infondatezza delle domande di nullità e annullamento, formulate dall'attrice in via principale. La domanda attorea, come già chiarito, è fondata sull'inadempimento della Banca ai propri obblighi informativi e alla corretta valutazione di adeguatezza dell'investimento. Ebbene, va ricordato che, in relazione alla nullità del contratto per contrarietà a norme imperative in difetto di espressa previsione in tal senso (cd. "nullità virtuale"), deve trovare conferma la tradizionale impostazione secondo la quale, ove non altrimenti stabilito dalla legge, unicamente la violazione di norme inderogabili concernenti la validità del contratto è suscettibile di determinarne la nullità e non già la violazione di norme, anch'esse imperative, riguardanti il comportamento dei contraenti la quale può essere fonte di responsabilità. Ne consegue che, in tema di intermediazione finanziaria, la violazione dei doveri di informazione del cliente e di corretta esecuzione delle operazioni che la legge pone a carico dei soggetti autorizzati alla prestazione dei servizi di investimento finanziario può dar luogo a responsabilità precontrattuale, con conseguenze risarcitorie, ove dette violazioni avvengano nella fase antecedente o coincidente con la stipulazione del contratto di intermediazione destinato a regolare i successivi rapporti tra le parti (cd. "contratto quadro", il quale, per taluni aspetti, può essere accostato alla figura del mandato); può dar luogo, invece, a responsabilità contrattuale, ed eventualmente condurre alla risoluzione del contratto suddetto, ove si tratti di violazioni riguardanti le operazioni di investimento o disinvestimento compiute in esecuzione del "contratto quadro"; in ogni caso, deve escludersi che, mancando una esplicita previsione normativa, la violazione dei menzionati doveri di comportamento possa determinare, a norma dell'art. 1418, comma 1, c.c., la nullità del cosiddetto "contratto quadro" o dei singoli atti negoziali posti in essere in base ad esso (cfr. Cass. Civ. S.U., 19.12.2007, n. 26724). Ne consegue che la domanda di nullità, fondata sull'inadempimento della Banca ai propri obblighi informativi, è infondata già per come prospettata. La domanda di annullamento è, anch'essa, infondata, non avendo, invero, l'attrice ben chiarito in base a quali motivi di annullabilità gli ordini di acquisto sarebbero annullabili, difettando, quindi, tale domanda di idonee allegazioni. 2.6. Passando all'esame delle domande proposte in subordine (responsabilità precontrattuale e risoluzione), l'attrice, come già chiarito, rileva la violazione degli obblighi informativi e il mancato rispetto del principio di adeguatezza dell'investimento. Tali due obblighi sono quelli principali sussistenti a carico dell'intermediario e vengono cristallizzati all'art. 21 D.Lgs. n. 5 del 1998 oltre che agli artt. da 26 a 31 del Regolamento Consob. Tali obblighi vanno, poi, valutati secondo il parametro rigoroso della diligenza dell'operatore qualificato, ex art. 1176 c.c., considerato che la banca è soggetto altamente qualificato, dal quale ci si aspetta un onere informativo superiore alla media di cui deve rendere edotto l'investitore che è, di regola, soggetto inesperto. La Banca, cioè, deve valutare quale operazione sia maggiormente adeguata al cliente (suitability rule), dopo avere valutato il profilo dell'investitore (know your customer rule). L'obbligo che ha la Banca, quindi, nei confronti dell'investitore deve essere particolarmente rigoroso, non potendosi lo stesso limitare a clausole di stile, dovendo la stessa specificare il tipo di rischio, le cause da cui il rischio deriva, avvertirlo della eventuale inadeguatezza dell'operazione (cfr. sul punto Cass. Civ., 29.12.2011, n. 29864; Cass. Civ., 7.6.2016). Dal punto di vista processuale, in relazione all'onere della prova, va specificato che l'intermediario ha l'onere di provare di avere rispettato i dettami di legge e di avere agito con la specifica diligenza richiesta, ex art. 23 comma 6 D.Lgs. n. 58 del 1998 (cfr. Cass. Civ., 3.2.2017, n. 2949). Nel caso di specie, l'investitrice ha allegato l'inadempimento della Banca in relazione ai propri obblighi informativi, con la conseguenza che spetta all'istituto di credito dare idonea prova : a) di avere fornito adeguate informazioni all'investitore in ordine all'investimento; b) di avere osservato le regole sull'adeguatezza dell'investimento. 2.7. In primo luogo, l'attrice assume che la (...) ha agito in situazione di conflitto di interesse, e ciò senza che vi fosse stata una preventiva informativa circa la natura e l'estensione del proprio interesse nella operazione. Occorre osservare che, ai sensi dell'art. 21 D.Lgs. n. 58 del 1998, ratione temporis vigente, gli intermediari finanziari adottano ogni misura ragionevole per identificare i conflitti di interesse che potrebbero insorgere con il cliente o fra clienti, e li gestiscono, anche adottando idonee misure organizzative, in modo da evitare che incidano negativamente sugli interessi dei clienti (comma 1 bis lett. a) e informano chiaramente i clienti, prima di agire per loro conto, della natura generale e/o delle fonti dei conflitti di interesse quando le misure adottate ai sensi della lettera a) non sono sufficienti per assicurare, con ragionevole certezza, che il rischio di nuocere agli interessi dei clienti sia evitato (comma 1 bis lett. b). L'intermediario, quindi, ha l'obbligo, prima di procedere ad una operazione in conflitto di interesse, di acquisire il consenso del cliente, consenso che può essere espresso anche a mezzo di un comportamento concludente, quale è da ravvisarsi nel fatto che l'investitore, debitamente notiziato della conflittualità dell'operazione, non si opponga ad essa e ne autorizzi così tacitamente la conclusione (cfr. in questo senso Cass. Civ., 15.7.2021, n. 20251). Nel caso di specie, nella prima scheda di adesione, sottoscritta dall'attrice il 27.11.2014, si legge, al punto g), che la stessa dichiarava di essere a conoscenza che ... ove il collocatore sia (...) il presente ordine si riferisce a un'operazione nella quale (...) ha un interesse in conflitto, in considerazione dell'appartenenza di (...) al medesimo gruppo dell'Emittente e per la gestione di tale conflitto (...) ha posto in essere le misure elencate nell'apposito documento ("Politica di gestione del conflitto di interessi") disponibile anche sul sito internet di (...) all'indirizzo (...). L'esistenza di tale conflitto di interessi era segnalata anche nel prospetto informativo, depositato presso Consob il 21.11.2014, che l'attrice sapeva regolare il collocamento delle azioni in questione, in quanto da lei espressamente dichiarato nella scheda di adesione del 27.11.2014 (dichiara di essere a conoscenza che, a seguito dell'approvazione della Consob comunicata in data 21.11.2014 è stato pubblicato il prospetto predisposto ai fini dell'offerta in opzione agli azionisti dell'Emittente di azioni ordinarie di nuova emissione?e della contestuale offerta rivolta al pubblico indistinto avente ad oggetto le Azioni e le Obbligazioni eventualmente non sottoscritte nell'ambito della offerta in opzione; dichiara di essere a conoscenza che copie del Prospetto e del regolamento del Prestito sono disponibili gratuitamente presso la sede e le filiali dell'Emittente nonché sul sito www.popolarebari.it). Quanto ai prospetti informativi e alle schede prodotto, l'attrice assume di non averle mai ricevute e lette, come risulterebbe provato dalle due mail inviate alla legale rappresentante della società (cfr. docc. 21 e 22 allegati alla memoria ex art. 183 c. 6 n. 2 c.p.c. di parte attrice); a ben vedere, da tali mail risulta che la consulente di (...) inviava alla legale rappresentante della società attrice le schede di adesione da sottoscrivere, ma ciò non fornisce la prova contraria che l'attrice non abbia mai ricevuto e letto i prospetti informativi e le schede prodotto, che lei stessa affermava di avere preso in visione sottoscrivendo le schede di adesione. Ciò premesso, nel prospetto del 2017 (cfr. doc. 8 allegato alla comparsa di costituzione e risposta) risulta precisato che: "le azioni e le obbligazioni sono offerte direttamente dall'Emittente tramite le proprie filiali e (...). Pertanto, poiché la Banca assume, allo stesso tempo, il ruolo di Emittente, responsabile del collocamento e collocatore degli strumenti finanziari oggetto delle Offerte, e in considerazione dell'appartenenza di (...) al medesimo gruppo dell'Emittente, esiste sotto tale profilo un conflitto di interessi" (pag. 3; concetto richiamato, in modo analogo, alle pagg. 41, 43, 92, 370). La medesima avvertenza era contenuta nella seconda scheda di adesione, sottoscritta dall'attrice il 1.6.2015 e, in modo analogo, l'esistenza di tale conflitto di interessi era segnalata anche nel prospetto informativo, depositato presso Consob il 21.5.2015 (cfr. doc. 12 allegato alla comparsa di costituzione e risposta, pagg. 3, 43, 45, 96, 328), che l'attrice sapeva regolare il collocamento delle azioni in questione, in quanto da lei espressamente dichiarato nella scheda di adesione. Ne consegue, invero, che l'attrice aveva ricevuto espressa avvertenza della sussistenza del conflitto di interesse in questione, in quanto segnalato sia nelle schede di adesione da lei sottoscritte, sia nei prospetti informativi a sua disposizione. 2.8. L'attrice assume che la convenuta ha omesso di fornire informazioni sui titoli acquistati, non avendo, peraltro, specificato che si trattava di titoli collocati al di fuori dei mercati regolamentati e, quindi, non rivendibili a piacimento. L'assunto di parte attrice appare, invero, smentito dalla documentazione in atti. L'attrice, sottoscrivendo la scheda di adesione del 27.11.2014, dichiarava di avere ricevuto, preso visione in ogni sua parte, letto e compreso le Schede Prodotto, in tempo utile prima della sottoscrizione degli strumenti finanziari descritti. Ebbene, dalla scheda prodotto in questione (cfr. doc. 7 allegato alla comparsa di costituzione e risposta) emergono le caratteristiche salienti delle azioni e, in particolare, viene chiarito che le azioni ordinarie della Banca non sono quotate in alcun mercato regolamentato italiano o estero e l'Emittente non intende o prevede di richiedere l'ammissione alla negoziazione ad alcuno di tali mercati ... la sottoscrizione delle Azioni implica, pertanto, l'assunzione dei rischi tipici connessi ad un investimento in azioni non negoziate su un mercato regolamentato; veniva, in particolare, chiarito che il valore economico delle Azioni dipende essenzialmente dalla consistenza del patrimonio della Banca e dalle valutazioni circa le sue prospettive di utili futuri, per cui non vi è alcuna certezza che il valore economico delle Azioni in futuro possa essere superiore al Prezzo di Offerta a cui possono essere sottoscritte le Azioni nell'ambito delle presenti Offerte; in caso di indebolimento della consistenza patrimoniale della Banca e/o di modifica delle prospettive circa gli utili futuri della stessa, il valore economico delle Azioni potrebbe subire riduzioni significative, anche al di sotto del Prezzo di Offerta. Veniva, ancora, precisato che vi era un rischio di liquidità connesso alle azioni, in quanto, non essendo le stesse oggetto di domanda di ammissione alla negoziazione su un mercato regolamentato o su altri mercati equivalenti, si sarebbero potute incontrare difficoltà in futuro nella vendita, non essendovi garanzia di trovare controparti disponibili all'acquisto in tempi brevi o a prezzi in linea con le aspettative. Si chiariva, difatti, che le azioni venivano trattate sul sistema di negoziazione interno, con tutti i rischi che ciò avrebbe comportato. Identici avvertimenti erano presenti nella scheda prodotto relativa alla domanda di adesione del 2015 (cfr. doc. 11 allegato alla comparsa di costituzione e risposta), che, parimenti, l'attrice dichiarava di avere ricevuto, letto e compreso; in particolare, l'attrice dichiarava di aver esaminato, in particolare, i fattori di rischio relativi all'Emittente, al settore in cui esso opera nonché relativi all'investimento nelle Azioni e nelle Obbligazioni, riportati nella Avvertenza e nella Sezione Prima, Capitolo 4 del Prospetto -"Fattori di rischio", al fine di effettuare un corretto apprezzamento dell'investimento. Tali fattori di rischio connessi all'investimento erano citati anche nei prospetti informativi sia del 2014 (cfr. doc. 8 allegato alla comparsa di costituzione e risposta, pag. 2, pagg. 85 ss., pagg. 90 ss.) sia del 2015 (cfr. doc. 12 allegato alla comparsa di costituzione e risposta, pag. 1, pagg. 39 ss., pag. 55, pagg. 87 ss.). Le doglianze attoree - invero assai generiche, fatta eccezione per l'omessa informativa circa il collocamento delle azioni al di fuori del mercato regolamentato - appaiono, quindi, infondate, atteso che la documentazione contrattuale, che l'attrice ha dichiarato di avere letto e ricevuto, presentava chiara indicazione dei profili di rischio correlati ai titoli in questione, oltre che dei rischi di illiquidità correlati. 2.9. L'attrice deduce che l'investimento in questione non era adeguato al proprio profilo di investitore. Al fine di valutare se gli investimenti in questione fossero adeguati al profilo della società attrice, è necessario esaminare quanto emerge dai questionari Mifid sottoscritti dalla stessa (cfr. doc. 7 del fascicolo di parte attrice). Dal primo questionario, risalente al 8.2.2012, risulta che l'attrice dichiarava : di avere come obiettivo quello di proteggere nel tempo il capitale investito; di volere operare in strumenti finanziari a breve, medio e lungo termine; di essere disposta ad accettare esclusivamente la perdita di una piccola parte del capitale investito; di avere patrimonio di oltre Euro 500.000; di conoscere strumenti finanziari quali obbligazioni di stato e non di stato, strutturate, subordinate, oltre che altri tipologie di strumenti finanziari a rischio più alto quali fondi comuni, SICAV, Polizze Index Linked, azioni, obbligazioni convertibili, warrant; di avere conoscenze specifiche in ambito finanziario; di avere già investito in strumenti finanziari quali titoli di stato e obbligazioni; di avere investito, negli ultimi dodici mesi, oltre Euro 100.000,00. Analoghe informazioni si evincono dal secondo questionario, risalente al 24.2.2015. L'intermediario, quindi, assegnava alla società attrice un profilo di rischio medio/alto nel contratto quadro (pag. 6 del contratto) e, successivamente, medio, pur riconoscendole una esperienza finanziaria medio alta, chiarendo che il profilo di rischio "Medio" caratterizza l'investitore che, attraverso un mix bilanciato tra strumenti di natura obbligazionaria e strumenti più rischiosi, mira ad ottenere, nel medio - lungo periodo, la crescita di valore del portafoglio in linea con l'andamento dei mercati finanziari. Da tanto emerge che l'attrice, pur avendo come obiettivo quello di proteggere il capitale investito, aveva obiettivi di investimento a lungo termine, un'ampia conoscenza degli strumenti finanziari, oltre che competenze specifiche in materia, ed aveva già compiuto investimenti per importanti somme di denaro. Certamente i titoli in questione, trattandosi di titoli illiquidi, cioè non quotati e che non potevano essere scambiati in un mercato regolamentato, ma solo tramite la stessa banca emittente o direttamente tra i suoi soci azionisti, sono, assimilabili a prodotti finanziari più complessi, quali i derivati, e presentavano, quindi, un profilo di rischio più propriamente medio/alto. Tenuto, però, conto che l'attrice aveva una buona conoscenza degli strumenti finanziari, prospettive di investimento a lungo termine e già esperienze di investimento per importanti somme di denaro, non può ritenersi che i titoli in questione fossero del tutto estranei dal proprio profilo di investitrice, tanto da definirli per lei inadeguati. Si ritiene, cioè, che un titolo avente un profilo di rischio medio/alto non possa essere valutato come inadeguato per una investitrice, come la società attrice, con un profilo di rischio valutato come medio/alto (prima) e medio (poi) e con una esperienza finanziaria medio/alta. Non si può, quindi, ravvisare né una negligenza della Banca, tale da giustificare l'accoglimento della domanda tesa a dichiarare la sua responsabilità precontrattuale, né un grave inadempimento, tale da giustificare l'accoglimento della domanda di risoluzione. 2.10. L'attrice, infine, assume l'inadempimento della Banca al proprio obbligo di informare circa il progressivo peggioramento del valore dei titoli acquistati. Sul punto, occorre brevemente osservare che, con riferimento all'attività di negoziazione titoli, l'art. 21 TUF, in correlazione con l'art. 28 reg. Consob n. 11522/1998, prevede in capo all'intermediario un obbligo di informativa sulla natura e sulle caratteristiche del titolo unicamente al momento dell'investimento; deve, quindi, escludersi che, successivamente all'acquisto, gravi sulla banca un obbligo di fonte legale di monitorare l'andamento dei titoli e di informare l'investitore dell'eventuale perdita di valore dei medesimi. Peraltro, nel caso di specie, come rappresentato dalla stessa attrice, risulta che la Banca abbia segnalato, a partire dal dicembre 2015, l'aggravamento del rischio dei titoli da medio a medio-alto e, a partire dal giugno 2017, ad un profilo di rischio alto (cfr. estratto dossier titoli sub doc. 13 allegato alla comparsa di costituzione e risposta). Pertanto, le doglianze di parte attrice appaiono infondate. 2.11. Per tutti questi motivi, le domande attoree devono essere rigettate. 3. Ritiene il Tribunale che, stante la peculiarità tecnica della materia, oltre che l'esistenza di contrastanti orientamenti giurisprudenziali sul punto (come comprovato dalle sentenze citate da ambo le parti), sussistano giusti motivi per compensare le spese di lite. P.Q.M. Il Tribunale di Pistoia, Sezione Civile, in persona del giudice monocratico dott. Nicola Latour, pronunciando definitivamente, ogni contraria istanza, eccezione e deduzione disattesa, così provvede: 1) rigetta le domande; 2) compensa le spese di lite. Così deciso in Pistoia il 4 maggio 2023. Depositata in Cancelleria il 4 maggio 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI PISTOIA SEZIONE CIVILE Il Tribunale di Pistoia, Sezione Civile, in persona del Giudice Unico, dott. Nicola Latour, ha pronunziato la seguente SENTENZA nella causa civile iscritta a ruolo n.r.g. 819/2020, vertente TRA (...), nata a Q. il (...) ed ivi residente alla via N. n. 77, rappresentata e difesa, giusta procura in atti, dall'avv. Ca.La., presso lo studio della quale elegge domicilio in Prato al viale (...); Attrice E (...), nato a Q. il (...) ed ivi residente alla via della C. n. 141, rappresentato e difeso, giusta procura in atti, dall'avv. Lo.Sa., presso lo studio del quale elegge domicilio in Pistoia alla via (...); Convenuto Oggetto : azione di rivendicazione; RAGIONI di FATTO e di DIRITTO della DECISIONE 1. Con atto di citazione, ritualmente notificato in data 2.3.2020, (...) conveniva in giudizio (...), deducendo le seguenti circostanze: - l'attrice è nuda proprietaria dell'immobile a uso civile abitazione sito in Q. alla via V. n. 79 (in catasto fabbricati al foglio (...), mappale (...), sub (...)), oltre che del fondo ad uso laboratorio sito in Q. alla via V. n. 81 (in catasto fabbricati al foglio (...), mappale (...), sub (...)); il tutto con annesso resede, a cui si accede dalla via V., attraverso corte a comune con altre proprietà, identificata in Catasto Fabbricati al foglio (...), mappale (...); tali immobili, unitamente alla corte a comune, furono acquistati da (...) dai propri genitori in virtù di atto di donazione del 25.5.2019; a loro volta, i danti causa avevano acquistato detto immobile unitamente alla corte a comune, a suo tempo identificata con il mappale n. (...); - nel passaggio tra vecchio e nuovo catasto detta corte veniva censita al foglio (...), mappale (...), risultando bene comune non censibile; - tra le abitazioni che si affacciano sulla detta corte vi sono anche quelle di (...), ricadenti sul mappale (...) del foglio (...); quest'ultimo acquisiva le unità immobiliari per successione di (...), la quale, a sua volta, aveva acquistato le quote di detto bene con diritto alla corte a comune, giusto atto del 16.11.1979; - tale corte è rimasta sempre a uso comune di tutti i proprietari degli immobili che si affacciano o hanno accesso dalla medesima corte; - nonostante la chiara destinazione d'uso della corte comune, nel dicembre 2013 (...) provvedeva a realizzarvi un muretto di recinzione per delimitare una porzione della corte comune ed assicurarsi l'uso esclusivo di tale porzione; tale recinzione era stata eseguita illegittimamente, in quanto la corte è stata utilizzata sempre da tutti i proprietari degli immobili che si affacciano su di essa. Ciò premesso in fatto, l'attrice assumeva che il convenuto aveva illecitamente occupato in via esclusiva porzione della corte a comune. Pertanto, (...) concludeva così : - Accertata la destinazione di corte a comune dell'area urbana posta in Comune di Quarrata, con accesso dalla via V. e distinta in Fg. (...) -Mapp. (...), dichiarare che la detta corte è a comune tanto dei fabbricati di proprietà della Signora (...) quanto di quello del Signor (...), e pertanto dichiarare l'assenza di qualsiasi diritto del Signor (...) all'utilizzo esclusivo di porzione di detta corte, nonché e nello specifico all'utilizzo della porzione interna al muretto di recinzione realizzato dal Signor (...) sulla medesima corte a comune. - Per tale effetto, ordinare, quindi, al Signor (...) la demolizione - a sue spese e cure - del detto muretto di recinzione ed il ripristino della intera corte comune nella situazione preesistente alla realizzazione di detto muro di recinzione da parte del Signor (...). - Stabilire altresì che in caso di mancato adempimento da parte del Signor (...) all'ordine di demolizione del manufatto, decorsi i termini del precetto per la demolizione, possa provvedervi direttamente la Signora (...), con oneri e spese a carico del Signor (...). - Accertati i fatti di cui in narrativa, e disposta la demolizione della recinzione, condannare il Signor (...) al risarcimento del danno nella misura che il Giudice riterrà di giustizia e comunque in via equitativa, per la esecuzione illegittima di tale recinzione; - In subordine, laddove e nella denegata e non credibile ipotesi venisse accertato il diritto del Signor (...) a mantenere la suddetta recinzione e quindi l'utilizzo in via esclusiva della porzione di corte recintata, condannare il Signor (...) al risarcimento del danno e ciò nella misura che verrà determinata dal Giudice, in via equitativa, ad istruttoria ultimata. Con comparsa di costituzione e risposta, depositata in data 8.9.2020, si costituiva in giudizio (...), il quale, preliminarmente, eccepiva la nullità della domanda per indeterminatezza, non essendo chiarito se si richiedeva l'accertamento di comproprietà del bene o di altri diritti reali; eccepiva, altresì, il difetto di legittimazione attiva dell'attrice, per non avere la stessa fornito prova della proprietà della corte; eccepiva, ancora, l'improcedibilità della domanda per avere instaurato la procedura di mediazione successivamente all'introduzione del giudizio. Nel merito, il convenuto evidenziava che l'attrice non aveva fornito la prova di essere comproprietaria della particella n. (...), avendo prodotto unicamente l'atto di donazione, da cui risultava solo una servitù di passo, e un estratto catastale; peraltro, la particella (...) è di sua esclusiva proprietà. Il convenuto deduceva che la particella (...) era sempre stata goduta da lui in via esclusiva, servendo da resede/giardino al proprio immobile, così che la costruzione del muro doveva ritenersi del tutto legittima. Il convenuto, ancora, evidenziava come non fosse stata fornita neanche la prova della esistenza di una servitù di passo in favore dell'attrice e come anche la domanda risarcitoria fosse infondata. Pertanto, (...) concludeva così: In via preliminare, a) dichiarare inammissibile e/o nulla la citazione attorea per indeterminatezza della stessa e per mancata indicazione degli elementi costitutivi della stessa; b) dichiarare inammissibile e/o improcedibile o comunque infondata la citazione attorea per difetto di legittimazione attiva; c) in subordine, dichiarare improcedibile la domanda ai sensi e per gli effetti del D.L. n. 69 del 2013 convertito con L. n. 98 del 2013; Nel merito, Respingere integralmente ogni domanda proposta da parte attrice in quanto totalmente infondate in fatto e diritto. In ogni caso, siano dichiarati gli estremi della lite temeraria a norma dell'art. 96 c.p.c., con conseguente condanna dell'attrice al risarcimento dei danni in favore del signor (...). Con vittoria di spese e compensi professionali. C. i termini ex art. 183 c. 6 c.p.c., istruita la causa a mezzo di prove orali, la stessa giungeva all'udienza del 24.1.2023 ove, precisate le conclusioni, veniva riservata in decisione con concessione dei termini ex art. 190 c.p.c. 2. Preliminarmente, deve essere respinta l'eccezione di improcedibilità sollevata da parte convenuta. Come risulta dal verbale del 9.7.2020 in atti (cfr. doc. depositato il 24.9.2020), il tentativo di mediazione è stato correttamente espletato, sebbene successivamente all'introduzione della domanda giudiziale. Ciò appare, invero, sufficiente a ritenere assolta la condizione di procedibilità, a nulla rilevando che la mediazione non sia stata tentata prima della notifica dell'atto di citazione, stante, comunque, il potere del Giudice di inviare le parti in mediazione ad esito della prima udienza. 3. Le domande attoree sono infondate e, pertanto, devono essere rigettate. 3.1. (...) agisce in giudizio al fine di vedere accertato che la corte, sita in Q. alla via V. (in catasto fabbricati al foglio (...), mappale (...)), è a comune dei fabbricati di sua proprietà e dei fabbricati di proprietà del convenuto, (...). L'attrice, quindi, assume che il convenuto, avendo installato un muretto di recinzione su tale corte, abbia fatto un utilizzo illecito della cosa comune, e chiede il ripristino dello status quo ante. 3.2. Occorre premettere che tale azione deve essere qualificata quale rivendicazione della comproprietà di un bene immobile. Ebbene, secondo la Suprema Corte soggiace all'onere di offrire la prova rigorosa prescritta in tema di azione di rivendica della proprietà dall'art. 948 c.c. chi, invocando la qualità di comproprietario e non di proprietario esclusivo del bene, agisca per ottenere, previo accertamento della comunione, il recupero della utilizzazione della cosa di cui lamenti di essere stato privato, attraverso un provvedimento che gli consenta l'esercizio dei poteri spettanti al comunista nell'uso della cosa comune impedito dal comportamento del comproprietario (cfr. Cass. Civ., 24.2.2004, n. 3648, la quale ha ritenuto corretta la decisione impugnata che, nel ritenere non assolto l'onere probatorio di cui all'art. 948 c.c. aveva rigettato la domanda con cui l'attore, assumendo di essere comproprietario di uno spiazzo comune anche al convenuto, aveva chiesto l'accertamento della relativa comproprietà con la condanna del predetto convenuto al ripristino del cespite). Va ulteriormente chiarito che, ai fini della probatio diabolica gravante sull'attrice, questa è tenuto a provare la proprietà risalendo, anche attraverso i propri danti causa, fino all'acquisto a titolo originario, ovvero dimostrando il compimento dell'usucapione (cfr. Cass. Civ., 4.12.2014, n. 25643); chi agisce in rivendicazione, quindi, deve provare la sussistenza del proprio diritto di proprietà o di altro diritto reale sul bene anche attraverso i propri danti causa, fino a risalire ad un acquisto a titolo originario o dimostrando il compimento dell'usucapione (cfr. Cass. Civ., 14.12.2018, n. 32386). 3.3. Ciò chiarito, va rilevato come l'attrice non abbia assolto all'onere della prova su di essa incombente. Al fine di provare la comproprietà della corte in questione, difatti, l'attrice ha prodotto l'atto per Notaio (...) del (...), rep. (...), racc. (...) (cfr. doc. 1 allegato all'atto di citazione), con il quale, tra le altre cose, (...) donava ad (...) la nuda proprietà dell'immobile sito in Q. alla via V. n. 79 (in catasto fabbricati al foglio di mappa (...), particella (...) sub (...)), e la piena proprietà del fondo a uso laboratorio sito in Q. alla via V. n. 81 (in catasto fabbricati al foglio di mappa (...), particella (...) sub (...)); quanto a quest'ultimo immobile, veniva chiarito che lo stesso includeva anche passo a comune con altre proprietà (foglio (...) particella (...)). Anche a volere ammettere che, a mezzo di tale atto, sia stata trasferita la comproprietà della corte di cui al foglio (...) particella (...) - circostanza, questa, quantomeno controversa, tenuto conto dell'ambigua dizione utilizzata nell'atto di passo a comune, che potrebbe riferirsi ad una servitù di passaggio - ciò, comunque, non è sufficiente a ritenere assolto l'onere probatorio gravante sull'attrice; difatti, come sopra chiarito, è necessario, ai fini dell'accoglimento della domanda, risalire ad un acquisto a titolo originario, e non è, quindi, certo sufficiente l'ultimo atto di acquisto a titolo derivativo per ritenere fondata l'azione di rivendicazione. Al fine di integrare il proprio corredo probatorio, l'attrice produceva, altresì, atto denominato "cessioni di diritti - permuta - divisione" del 10.5.1967 per Notaio B., rep. (...), fasc. (...) (cfr. doc. 8 allegato alla memoria ex art. 183 c. 6 n. 1 c.p.c.), con il quale, tra le altre cose, (...), (...), (...), (...), (...) e (...) cedevano i diritti di 6/10 sui sopra indicati immobili a (...), indicando, tra i confini, l'esistenza di un'aia a comune. Tale atto consente di risalire ad un ulteriore acquisto a titolo derivativo, peraltro solo relativamente alla quota di 6/10 dei sopra indicati immobili, in favore di (...), dante causa dell'attrice. Ciò, però, non è sufficiente ai fini dell'azione di rivendicazione, avendo l'attrice semplicemente provato di avere ricevuto i beni in questione da (...), il quale li aveva a sua volta ricevuti, per 6/10, dai fratelli, senza dare conto degli ulteriori acquisti antecedenti, sino a risalire ad un acquisto a titolo originario. Nell'ambito dell'azione di rivendicazione, poi, nessun valore probatorio possono assumere i certificati catastali, i quali sono semplicemente elementi sussidiari ed indiziari della proprietà. L'ulteriore documentazione prodotta dall'attrice (cfr. docc. 9 e 10 allegati alla memoria ex art. 183 c. 6 n.1 c.p.c.; doc. 15 allegato alla memoria ex art. 183 c. 6 n. 2 c.p.c. di parte attrice) non può, allora, ritenersi idonea a considerare assolto l'onere probatorio su di essa gravante, trattandosi di un estratto di mappa della particella (...), di una planimetria catastale del 12.1.1988 e di un'ulteriore planimetria catastale del 1940. Né, invero, rilevano, ai fini della prova attorea, gli atti che hanno condotto all'acquisto dei beni in capo al convenuto (cfr. docc. 3 e 4 allegati all'atto di citazione, ovvero atto di acquisto del 16.11.1979 in favore di (...) e testamento di quest'ultima in favore di (...); docc. 13, 14 allegati alla memoria ex art. 183 c. 6 n. 2 c.p.c. di parte attrice), apparendo gli stessi irrilevanti ai fini dell'onere della prova ricadente sull'attrice in questo giudizio. Né, infine, può ritenersi ammissibile la consulenza tecnica d'ufficio richiesta da parte attrice, la quale sarebbe finalizzata a colmare le lacune probatorie riscontrate. 3.4. L'attrice, in subordine, richiede accertarsi l'intervenuta usucapione in proprio favore della comproprietà della corte. Al fine di vagliare tale domanda, venivano ammesse le prove testimoniali articolate da parte attrice in sede di memoria ex art. 183 c. 6 n. 2 c.p.c.. La teste (...), moglie di (...) e madre di (...), conduttori dell'immobile dell'attrice sito in via V. al sub (...) (cfr docc. 16 A e 16 B allegati alla memoria ex art. 183 c. 6 n. 2 c.p.c. di parte attrice), dichiarava che la corte veniva utilizzata dai proprietari degli immobili che vi si affacciavano ed anche da mio marito e poi da mio figlio per caricare e scaricare la merce; la teste, ancora, dichiarava che nella corte chiunque poteva parcheggiare liberamente (ivi inclusi lei e suo figlio) e poteva anche essere utilizzata per fare manovra, ad esempio dal camion della spazzatura o dal camion dei fornitori della ditta del marito. La teste (...), la quale ha abitato sui luoghi sino al 1996, dichiarava che la corte, in passato, era libera ed era utilizzata per giocarci, oltre che per il parcheggio delle automobili. Ebbene, gli elementi raccolti non consentono di ritenere provato che l'attrice abbia usucapito la comproprietà della corte. Occorre premettere che, ai fini dell'accoglimento della domanda di usucapione, la parte deve provare l'esercizio ventennale di un possesso continuato, ininterrotto e pacifico, manifestatosi in un'attività corrispondente all'esteriore esercizio del diritto di proprietà. Nel caso di specie, la teste B. ha genericamente affermato che la corte era usata da tutti i comproprietari che vi si affacciavano, per poi chiarire che suo marito e suo figlio la utilizzavano per caricare o scaricare la merce, che vi si faceva manovra o vi si parcheggiava. Ebbene, va rilevato come già i capitoli di prova orale, ammessi dal precedente Giudice Istruttore, erano genericamente formulati sotto l'aspetto temporale, così che non consentono di cogliere come si sia concretamente esercitato il possesso in questione; il capitolo 6 è genericamente formulato, non specificando con quale frequenza si parcheggiavano le vetture nella corte, lo stesso dicasi quanto ai capitoli 10, 11, 12 e 14. Conseguentemente, le risposte fornite dalla teste sono generiche, atteso che la circostanza che, talvolta, la corte era utilizzata da una moltitudine di persone per il parcheggio, per il carico e scarico merci, o per le manovre, certamente non può essere sufficiente a ritenere integrati i requisiti per la usucapione della proprietà in capo all'attrice, anche tenuto conto che non è ben chiarito con quale frequenza tali attività venivano esercitate, né è chiarito se tali attività erano esercitate dall'attrice e dai suoi danti causa manifestando all'esterno l'esercizio di un diritto di comproprietà, cioè con l'intento di escludere tutti coloro che proprietari non lo fossero. Lo stesso dicasi quanto alla testimonianza di (...), atteso che l'utilizzo della corte per dei giri in bicicletta o per parcheggiarvi talvolta l'automobile, non può far ritenere integrato il possesso utile ai fini dell'usucapione. Peraltro, anche quanto a tale teste, i capitoli di prova appaiono estremamente generici, atteso che il capitolo 19 neanche specifica con che frequenza si svolgeva tale attività nel cortile, il capitolo 22, allo stesso modo, è vago circa la frequenza di tale parcheggio, il capitolo 25 pretende di ricoprire un arco temporale di 43 anni a mezzo di un'unica domanda, il capitolo 29 è generico circa la frequenza del parcheggio. Quanto ai testi sentiti a controprova, alcuni (i testi (...), N.K., P.K.) hanno dichiarato di non avere mai visto automobili parcheggiate nella corte diverse da quelle del convenuto e dei suoi inquilini; altri testi facevano generico riferimento al fatto che, talvolta, vi si parcheggiasse anche qualcun altro (il teste (...) dichiarava nell'area se veniva qualcuno poteva parcheggiare anche lì se non trovava posto altrove; il teste (...) dichiarava nella zona ora delimitata dal muretto parcheggiavano anche altri). Come già chiarito, però, l'utilizzo dell'area con finalità di parcheggio da parte di una pluralità di soggetti, in caso di necessità, non prova l'usucapione della stessa da parte dell'odierna attrice, difettando in capo ad essa l'esteriore manifestazione dell'esercizio di una comproprietà, tesa a escludere tutti coloro che comproprietari non lo fossero. Pertanto, anche la domanda diretta ad accertare l'usucapione della comproprietà della corte deve essere rigettata. 3.5. Ne consegue il rigetto della domanda principale attorea, tesa ad accertare la comproprietà della corte, con conseguente assorbimento di tutte le residue domande. 4. Le spese di lite sono poste a carico di parte attrice, secondo soccombenza, e sono liquidate secondo i parametri di cui al D.M. n. 55 del 2014, come aggiornato dal D.M. n. 147 del 2022, giudizi di cognizione innanzi al Tribunale, valore indeterminabile - complessità bassa, parametri medi per le fasi di studio e introduttiva, parametri minimi per le fasi istruttoria e decisionale. La domanda ex art. 96 c.p.c. di parte convenuta deve essere respinta, non ritenendo sussistenti i presupposti di dolo o colpa grave nell'introduzione dell'azione in capo all'attrice. P.Q.M. Il Tribunale di Pistoia, Sezione Civile, in persona del giudice monocratico dott. Nicola Latour, pronunciando definitivamente sulla domanda, ogni contraria istanza, eccezione e deduzione disattesa, così provvede: 1) rigetta le domande attoree; 2) condanna (...) alla refusione delle spese di lite in favore di (...), liquidate in Euro 65,00 per esborsi ed Euro 5.261,00 per compenso di avvocato, oltre rimborso per spese generali, iva e cpa come per legge. Così deciso in Pistoia il 26 aprile 2023. Depositata in Cancelleria il 27 aprile 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO DI PISTOIA Il Tribunale, in composizione collegiale nelle persone dei seguenti magistrati: dott. Maurizio Barbarisi - Presidente dott. Giuseppe Ciccarelli - Giudice dott.ssa Giulia Gargiulo - Giudice rel. ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di primo grado iscritta al numero 1951/2020 del registro generale, avente ad oggetto lo scioglimento del matrimonio, vertente tra: (...), C.F. (...), nato a M. (T.) il (...) e residente in M. T. (P.), via I M. 863, rappresentato e difeso dall'avv. Sa.Pi. ed elettivamente domiciliato presso il suo studio sito in Manduria (TA), via (...), giusta procura in atti RICORRENTE e (...), C.F. (...), nata a (...) il (...) e residente in P. a (...) (P.), via C. n. 55, rappresentata e difesa dall'avv. Elisabetta Severi ed elettivamente domiciliata presso il suo studio sito in Monsummano Terme (PT), via (...), giusta procura in atti RESISTENTE con l'intervento del P.M. presso il Tribunale di Pistoia RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE 1. Con ricorso depositato in data 30 luglio 2020, il sig. (...) premettendo di aver contratto matrimonio il 20 febbraio 2001 in Pistoia con la sig.ra (...), esponendo che dall'unione sono nate le figlie (...) (il (...)), (...) (il (...)) e (...) (il (...)) e precisando che non vi era stata alcuna forma di riconciliazione tra i coniugi a far data dall'udienza fissata per la loro comparizione personale davanti al Presidente del Tribunale di Pistoia (18 febbraio 2015) nel giudizio di separazione consensuale (iscritto al n. R.G. 3646/2014 e conclusosi con decreto di omologazione n. 67/2018) ha chiesto la pronuncia dello scioglimento del matrimonio. Il ricorrente ha altresì chiesto di: disporre l'affidamento condiviso delle figlie minori (...) e (...) ad entrambi i genitori, con conferma dei tempi di frequentazione con il padre stabili in sede di separazione; determinare l'importo dell'assegno perequativo dovuto dal padre a titolo di contributo al mantenimento di ciascuna figlia in misura inferiore ad Euro 300 mensili; di prevedere il concorso paritario dei genitori nel pagamento delle spese straordinarie. Ha chiesto infine l'accertamento negativo del diritto della coniuge alla percezione di un assegno divorzile o, in subordine, il suo riconoscimento in misura inferiore a quella di Euro 100 mensili, concordata nell'accordo di separazione. La sig.ra (...), nel costituirsi in giudizio, ha aderito alla domanda di divorzio e ha chiesto la conferma delle condizioni concordate dalle parti in sede di separazione. In particolare, la resistente ha chiesto: l'affidamento delle figlie minori ad entrambi i genitori con collocamento presso la madre e con un'adeguata regolamentazione delle frequentazioni con il padre; la determinazione nella misura di Euro 300 mensili dell'assegno perequativo dovuto dal padre a titolo di contributo al mantenimento di ciascuna figlia, oltre al 50% delle spese straordinarie; la condanna del ricorrente al pagamento in proprio favore di un assegno di mantenimento di 100 Euro mensili. Vanamente esperito il tentativo di conciliazione, con ordinanza del 2 aprile 2021, previa assunzione degli opportuni provvedimenti provvisori, il giudice della fase presidenziale ha assegnato i termini per gli adempimenti di cui all'art. 4, comma 10, L. 1 dicembre 1970, n. 898 fissando udienza dinnanzi al giudice istruttore. Rigettate le richieste istruttorie formulate da parte ricorrente, con ordinanza del 18 novembre 2021, il giudice istruttore ha formulato alle parti, ai sensi dell'art. 185 bis c.p.c., la seguente proposta conciliativa in ordine alle condizioni del divorzio: " a) Affidamento condiviso delle figlie minori ad entrambi i genitori con collocamento prevalente presso la madre e regolamentazione delle frequentazioni con il padre nei tempi e secondo le modalità di cui all'ordinanza presidenziale; b) Determinazione nella misura di Euro 900 mensili dell'assegno dovuto dal padre a titolo di contributo al mantenimento delle figlie minori e della figlia maggiorenne ma non economicamente indipendente (euro 300 in favore di ciascuna figlia) con decorrenza dal mese di febbraio 2021 (avuto riguardo alla data della domanda e salvi per il pregresso i provvedimenti presidenziali) da corrispondere alla sig.ra (...) entro il giorno 18 di ogni mese, oltre rivalutazione ISTAT ; c) Ripartizione al 50% tra le parti delle spese straordinarie di interesse per le figlie come individuate e secondo le modalità di cui al Protocollo stipulato nel 2018 dall'intestato Tribunale e dal COA Pistoia; d) Rinuncia da parte della sig.ra (...) alla domanda di assegno divorzile; e) Spese compensate tra tutte le parti". Parte ricorrente ha dichiarato di non aderire alla proposta del giudice istruttore mentre parte resistente ha dichiarato di aderire a tale proposta. Le parti non sono riuscite a raggiungere altrimenti un accordo sulle condizioni economiche del divorzio. Con ordinanza del 12 aprile 2022, in parziale accoglimento della richiesta di modifica dei provvedimenti provvisori formulata dal ricorrente, il giudice istruttore ha ridotto l'importo dell'assegno perequativo per il mantenimento della figlia (...) ad Euro 50 mensili e, ritenuta la causa matura per la decisione, ha fissato udienza di precisazione delle conclusioni. All'udienza del 13 dicembre 2022, svoltasi con modalità cartolare, lette le note di trattazione scritta depositate dalle parti, il giudice istruttore ha rimesso la causa al Collegio per la decisione previa concessione dei termini di cui all'art. 190 c.p.c. 2. La domanda di divorzio è fondata e merita accoglimento. Si è realizzata l'ipotesi di cui all'art. 3 n. 2 lett. b) della L. 1 dicembre 1970, n. 898, così come modificata dalla L. 6 marzo 1987, n. 74 e dalla L. 6 maggio 2015, n. 55, essendo decorsi oltre sei mesi dalla data di comparizione delle parti dinnanzi al Presidente del Tribunale di Pistoia nel giudizio di separazione consensuale. Appare inoltre irreversibile la frattura determinatasi tra i coniugi, quale risulta dalle ragioni addotte dalle parti e dal tempo trascorso dalla pronuncia della separazione senza che vi sia stata riconciliazione. Sussistono, dunque, i presupposti di legge per la pronuncia dello scioglimento del matrimonio. 3. Quanto alle condizioni del divorzio, nulla deve disporsi in ordine all'affidamento della figlia (...), divenuta maggiorenne nelle more del procedimento. 4. Deve invece essere confermato l'affidamento condiviso della figlia minore ad entrambi i genitori con residenza presso l'abitazione della madre, giacché su tale aspetto le parti concordano. Il Collegio reputa conforme rispetto all'interesse della minore il suo affidamento condiviso ad entrambi i genitori, considerando che l'art. 337 ter c.c. prevede tale modalità di affidamento come quella maggiormente rispondente alla tutela dell'equilibrio psicofisico dei figli. Con l'affidamento condiviso, spetta ai genitori l'esercizio congiunto della responsabilità genitoriale per le questioni di maggior interesse per i minori - riguardanti la relativa istruzione, educazione e salute - da assumere di comune accordo tenendo conto della capacità, dell'inclinazione naturale e delle aspirazioni dei figli, e l'esercizio disgiunto della responsabilità genitoriale per le sole questioni di ordinaria gestione e limitatamente a ciò che attiene all'organizzazione della vita quotidiana (ad esempio per la scelta delle persone da frequentare, per l'alimentazione, per le attività ludiche e di svago) nei periodi di tempo coincidenti con la permanenza presso di sé degli stessi. 5. Quanto alle frequentazioni della minore con il padre, considerata l'età della ragazza (che a febbraio ha compiuto sedici anni) e tenuto conto della distanza geografica esistente tra i luoghi di abitazione dei genitori (è incontroverso che il ricorrente ha trasferito la propria residenza in Puglia in epoca anteriore alla celebrazione dell'udienza presidenziale), il Collegio ritiene opportuno rimettere alla libera autodeterminazione delle parti la regolamentazione dei rapporti tra i genitori e la figlia minore. Le frequentazioni della ragazza con i genitori dovranno svolgersi tenuto prioritariamente conto della volontà e delle esigenze di (...). 6. Quanto alla determinazione di un assegno per il mantenimento delle figlie delle parti, va in primo luogo rilevato che, con la prima memoria di cui all'art. 183, comma 6, c.p.c., il ricorrente ha chiesto la revoca del proprio obbligo di contribuire al mantenimento della figlia (...) sul presupposto della sua sopravvenuta autosufficienza economica. Parte resistente ha confermato che "la figlia (...) ha sottoscritto nel mese di Novembre 2021 un contratto di lavoro come commessa di negozio a 24 ore settimanali a tempo indeterminato" (cfr. nota di trattazione scritta per l'udienza del 22 febbraio 2022) e, dall'esame della documentazione prodotta dal ricorrente, risulta che costei percepisce una retribuzione netta mensile di circa 900 Euro (cfr. busta paga (...) depositata in data 14 febbraio 2022). Considerato che è incontroverso tra le parti che la figlia (...) a aveva già prestato in precedenza attività lavorativa per lo stesso datore di lavoro (con contratto a tempo determinato), tenuto conto della durata indeterminata dell'attuale rapporto di lavoro, intrapreso sin dal mese di novembre 2021, considerato che la retribuzione percepita appare congrua rispetto all'attività lavorativa prestata, la figlia maggiorenne (...) deve oggi essere considerata economicamente indipendente. Deve quindi ritenersi adempiuto l'obbligo di mantenimento a carico dei genitori in relazione alla figlia (...). 6.1. Per ciò che concerne il mantenimento della figlia maggiorenne ma non economicamente indipendente (...) e della figlia minore (...), va considerato che, ai sensi dell'art. 316 bis c.c., entrambi i genitori devono adempiere i loro obblighi nei confronti dei figli in proporzione delle rispettive sostanze e secondo la loro capacità di lavoro professionale o casalingo. L'art. 337 ter c.c. stabilisce poi che, nel determinare l'assegno, il giudice deve considerare le attuali esigenze del figlio, il tenore di vita goduto dal figlio in costanza di convivenza con entrambi i genitori, i tempi di permanenza presso ciascun genitore, le risorse economiche di entrambi, la valenza dei compiti domestici e di cura assunti da ciascun genitore. 6.1.1. Quanto alle condizioni economiche e reddituali delle parti, occorre premettere che, in ossequio al consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, nei giudizi di separazione e divorzio, la valutazione delle condizioni economiche delle parti, strumentale alla determinazione del quantum dell'assegno di mantenimento, non richiede necessariamente l'accertamento dei redditi nel loro esatto ammontare, né la determinazione dell'esatto importo dei redditi posseduti attraverso l'acquisizione di dati numerici o rigorose analisi contabili e finanziarie, essendo sufficiente una attendibile ricostruzione delle complessive situazioni patrimoniali e reddituali dei coniugi (tra le tante, Cassazione civile sez. I 20 gennaio 2021 n. 975). All'esito del giudizio, risulta provato quanto segue. Il sig. (...) - che percepiva una retribuzione mensile non inferiore a 1.600 Euro mensili lavorando per la società (...) S.p.A. (doc. n. 6 fasc. ricorrente) con contratto a tempo indeterminato (circostanza non contestata) - ha presentato le proprie dimissioni nel mese di febbraio 2021 e si è trasferito in Puglia (nel mese di novembre 2020, circostanza non contestata) dove attualmente vive con la propria compagna e il figlio nato da tale relazione nel mese di gennaio 2021. Il ricorrente ha dichiarato di essere disoccupato e di percepire l'indennità (...) (che nel mese di aprile 2021 ammontava ad Euro 1.335,30, nel mese di maggio 2021 ammontava ad Euro 1.329, 37 Euro e nel mese di luglio 2021 ammontava ad Euro 1.285, cfr. doc. n. n. 2 e n. 19 fasc. ricorrente) e ha ammesso di non essere gravato dal pagamento di oneri locativi o del costo delle utenze domestiche ("a casa della mia compagna non pago né affitto né utenze", cfr. verbale dell'udienza presidenziale). La sig.ra (...): ha dichiarato di prestare attività lavorativa come collaboratrice autonoma per un'agenzia immobiliare; in relazione ai periodi di imposta 2017 e 2018, a fini fiscali, ha dichiarato di aver percepito solo l'assegno corrisposto, parzialmente, dal coniuge in ottemperanza agli accordi di separazione (euro 1.200 ed Euro 600, cfr. doc. n. 5 e n. 6) mentre in relazione all'anno 2019 ha dichiarato di aver percepito a titolo di assegno di mantenimento la somma di Euro 700 oltre alla somma di Euro 53 a titolo di reddito da lavoro dipendente (doc. n. 7); all'udienza presidenziale ha dichiarato di beneficiare del sostegno economico dei propri familiari; ha documentato di sostenere un canone di locazione dell'importo di Euro 600 mensili (doc. n. 9 fasc. resistente). Ai fini di una corretta ricostruzione delle condizioni economiche delle parti occorre altresì considerare che il resistente ha dichiarato di aver sempre percepito integralmente l'assegno unico e universale per le figlie dell'importo di circa Euro 350 (cfr. verbale di udienza del 12 aprile 2022). 6.1.2. Numerosi elementi inducono a dubitare dell'attendibilità delle dichiarazioni rese dalle parti in relazione alle proprie condizioni economiche e reddituali. Con ordinanza del 1 luglio 2021, il giudice istruttore aveva ordinato alle parti di produrre, in allegato alla seconda memoria ex art. 183, comma 6, c.p.c., "le dichiarazioni dei redditi degli ultimi tre anni (ove non già in atti), nonché estratto/i del/i conto/i corrente/i intestati, cointestati anche a terzi o con delega di firma dell'ultimo triennio (ove non già in atti) e documentazione attestante, all'attualità, i suddetti deposito/i titoli, polizze assicurative e qualsiasi altra forma di risparmio/investimento". Nonostante la richiesta istruttoria formulata d'ufficio, come già rilevato con ordinanza del 18 novembre 2021, parte ricorrente non ha provveduto a depositare la relazione rappresentativa a firma di parte del proprio patrimonio immobiliare e del proprio reddito netto annuo percepito e non ha prodotto le dichiarazioni dei redditi relative ai periodi di imposta successivi all'anno 2019 e gli estratti del conto corrente lui intestato. L'omissione documentale non consente al Collegio di controllare le movimentazioni del conto corrente intestato al D. e di verificare l'effettiva condizione patrimoniale del ricorrente. Quanto alla posizione della resistente, va invece evidenziato che dall'esame della documentazione bancaria prodotta (cfr. estratti conto doc. n. 12) risultano numerosi versamenti in contati (per lo più di modico importo) dei quali non ha fornito alcuna giustificazione causale ma soprattutto risulta che la resistente corrisponde mensilmente la somma di Euro 500 al sig. (...) a titolo di canone di affitto del negozio sito in M. T., via D. M. n. 24/a, dove ha sede l'agenzia immobiliare del sig. L.G. (cfr. visura catastale, doc. n. 4 fasc. resistente) presso la quale la sig.ra (...) ha dichiarato di prestare attività lavorativa solo come collaboratrice autonoma percependo minimi e non documentati proventi. La circostanza che il canone di affitto dell'immobile in cui ha sede l'agenzia immobile è corrisposto dalla resistente a mezzo di bonifici bancari eseguiti direttamente dal proprio conto corrente, valutata anche alla luce della documentazione prodotta dal ricorrente ed estrapolata dal sito web dell'agenzia immobiliare (dove sono indicati i recapiti personali della resistente, doc. n. 11 fasc. ricorrente) e dalla pagina Facebook della sig.ra (...) (cfr. doc. n. 12, in particolare, nel post pubblicato il 14 maggio 2020, la ricorrente prospetta "una prossima probabile apertura di immobiliare a Pistoia"), induce ragionevolmente a dubitare che la sig.ra (...) sia mera collaboratrice occasionale dell'agenzia immobiliare, come dalla stessa dedotto, apparendo costei piuttosto titolare di fatto dell'impresa. Alla presunta titolarità dell'impresa consegue la presunzione di percezione di proventi maggiori rispetto a quelli genericamente dichiarati. Va infine osservato che, anche la resistente, non ha prodotto le dichiarazioni dei redditi relative ai periodi di imposta successivi all'anno 2019, come richiesto con ordinanza del 1 luglio 2021. 6.1.3. Nell'imporre ai coniugi, nei procedimenti di separazione o divorzio di presentare non solo "la dichiarazione personale dei redditi", ma anche "ogni documentazione relativa ai loro redditi e al loro patrimonio personale e comune", il legislatore ha imposto un comportamento di lealtà processuale peculiare, che giunge sino al dovere di fornire alla controparte elementi contrari al proprio interesse. Questa deroga ai principi che disciplinano in generale l'attività difensiva, trova fondamento, anche dal punto di vista costituzionale, nei particolari obblighi di reciproca protezione che derivano dal rapporto matrimoniale (art. 29 Cost.). La sanzione processuale di comportamenti che si sottraggono al particolare obbligo di lealtà così individuato non può che essere la valutazione del giudicante (art. 116 c.p.c.) del "contegno" del singolo coniuge nel procedimento separativo. Tale comportamento processuale deve essere valutato, ai sensi dell'art. 116 c.p.c., non consentendo al Collegio di determinare con la dovuta esattezza quale sia la proporzione tra le condizioni economiche complessive delle parti (Tribunale Roma, sez. I, 15 luglio 2016; Tribunale Roma, sez. I, 19 maggio 2017; Tribunale di Pistoia n. 712 del 2022; Tribunale di Pistoia n. 50 del 2023). Il comportamento dolosamente reticente e volutamente lacunoso del ricorrente, la mancata produzione delle richieste dichiarazioni dei redditi da parte di entrambi i coniugi e l'evidenziata contraddittorietà tra le dichiarazioni della resistente e gli elementi probatori emersi dall'analisi della documentazione in atti impongono di dubitare dell'attendibilità della rappresentazione delle rispettive condizioni economiche e patrimoniali fornita dalle parti, che, pertanto, devono presumersi più floride di quelle dichiarate e documentate. 6.2. Alla luce delle risultanze sopra descritte, considerate le condizioni reddituali e patrimoniali delle parti (ricostruite in via presuntiva in ragione della loro condotta processualmente scorretta), tenuto conto delle presumibili aumentate esigenze economiche delle figlie (un aumento in funzione del progredire degli anni che non abbisogna di specifica dimostrazione, cfr. Cass. civ. n. 21273/2013; Cass. 4 giugno 2012 n 8927), rapportate alla loro età ed al tenore di vita che i redditi dei genitori possono loro garantire, considerato che la madre è integralmente onerata della cura e del mantenimento diretto delle figlie conviventi (essendo incontroverso che costoro non frequentano con regolarità il padre che da oltre due anni si è trasferito in Puglia), appare congruo prevedere che il sig. (...) corrisponda per il mantenimento ordinario delle figlie (...) ed (...) un contributo perequativo mensile dell'importo di Euro 600 mensili (euro 300 per ciascuna figlia). L'importo dovrà essere corrisposto con decorrenza dal mese di febbraio 202 1, in considerazione della data della domanda, entro il giorno 25 di ogni mese. Affinché l'importo predetto rimanga adeguato anche in futuro, si dispone che esso sia aggiornato automaticamente ogni anno secondo gli indici del costo della vita per le famiglie di operai ed impiegati elaborati dall'ISTAT. 7. Equa e, quindi, da accogliere è la domanda formulata da entrambe le parti di porre in capo ai genitori l'obbligo di contribuire in misura paritaria al pagamento delle spese straordinarie necessarie per le figlie. Occorre invero precisare che l'assegno di mantenimento è comprensivo delle voci di spesa caratterizzate dall'ordinarietà o comunque dalla frequenza, in modo da consentire al genitore beneficiario una corretta ed oculata amministrazione del budget di cui sa di poter disporre. Secondo quanto indicato nel Protocollo d'intesa concluso tra l'intestato Tribunale e il Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Pistoia in data 1 ottobre 2018, che in questa sede si intende richiamare, al di fuori di queste spese ordina rie vi sono le spese straordinarie con i requisiti di occasionalità, sporadicità, imprevedibilità gravosità o voluttuarietà, individuate nell'art. 6 del nuovo Protocollo e quindi: quelle non richiedono il preventivo accordo a) sanitarie di necessità ed urgenza; esami e visite specialistiche da pediatra o medico di base, effettuate nell'ambito S.S.N., compresi i relativi tickets sanitari e spese farmaceutiche conseguenziali (per impianti di ausilio sanitario, ortodontiche, oculistiche, compresi gli occhiali da vista e lenti a contatto, ortopediche ed acustiche); b) scolastiche: iscrizione e retta dell'asilo infantile; tasse universitarie; libri di testo della scuola dell'obbligo fino al diploma e universitari; tablet e p.c. per uso scolastico; c) extrascolastiche: spese per l'attività sportiva (compreso abbigliamento); spese di manutenzione (ordinaria e straordinaria per meccanica e/o carrozzeria) relative ai mezzi di locomozione: bicicletta e bici elettrica, ciclomotore, motociclo, mini-car, auto) acquistati d'accordo dai genitori e relative spese connesse (bollo, assicurazione, corso patente di guida); quelle che richiedono il consenso espresso o tacito di ambo i genitori: a) sanitarie: visite mediche; esami diagnostici ed analisi cliniche; spese per interventi chirurgici; spese odontoiatriche, oculistiche e prestazioni sanitarie in strutture private non urgenti e non accompagnate da prescrizione medica; apparecchi sanitari e ortodontici; cicli di psicoterapia e logopedia; b) scolastiche: ripetizioni; gite scolastiche con pernottamento; iscrizioni e rette di scuole private; lezioni private; stages; corsi di lingua; corsi di musica ed acquisto strumento musicale; corsi di preparazione e selezione per ingresso nell'Università, la formazione o specializzazione universitaria o l'avvio nel mondo del lavoro; Università all'estero e alloggio fuori sede inerente alla frequenza universitaria e relative utenze domestiche; corsi di formazione post-universitari (specializzazioni o master); viaggi di studio all'estero; scuole e università private; prescuola e doposcuola a causa della separazione con copertura dell'orario di lavoro del genitore che lo utilizza; c) extrascolastiche: baby sitter dopo la separazione; viaggi e vacanze trascorsi autonomamente dal figlio; attività sportiva agonistica, comprensiva dell'attrezzatura ed il necessario per partecipazione a gare e tornei (comprese spese di trasporto e stages); attività ludico-ricreative (centri estivi); acquisto cellulare; acquisto di mezzi di locomozione (bicicletta e bici elettrica, ciclomotore, motociclo, mini-car, auto) e casco; corso patente di guida; attività artistiche, culturali e ricreative (acquisto strumenti musicali, corsi di informatica, etc.); festeggiamenti dedicati ai figli; per le spese straordinarie da concordare, il genitore, a seguito di formale richiesta scritta avanzata dall'altro (a mezzo sms, e-mail, fax, pec, etc.) dovrà manifestare un motivato dissenso scritto, entro 20gg. dalla data di ricevimento della richiesta; in difetto di risposta, il silenzio è inteso come consenso alla spesa; ove sia addossato ad un solo genitore l'anticipazione della quota spettante all'altro, il genitore anticipatario, entro 15 giorni dalla effettuazione della spesa, dovrà richiedere il rimborso pro quota previa esibizione e consegna di idonea documentazione (fattura, ricevuta, scontrino) e l'altro dovrà provvedere entro 15 giorni dalla richiesta. 8. Il Collegio prende atto della rinuncia alla domanda di assegno divorzile formalizzata dalla resistente negli scritti conclusivi. Ai fini della decisione sulle spese di lite, occorre considerare che la domanda non avrebbe trovato accoglimento non avendo la resistente fornito alcuna prova dell'effettiva esistenza di uno squilibrio tra la situazione reddituale e patrimoniale delle parti determinato dal divorzio, dell'inadeguatezza dei mezzi o dell'incapacità di procurali per ragioni obiettive, del contributo dato alla formazione del patrimonio comune e all'evolversi della situazione reddituale e patrimoniale dell'altro coniuge. In altri termini, la resistente non ha dimostrato che il contesto endofamiliare ha contribuito a determinare la sua attuale condizione economica, in ossequio ai principi di diritto espressi in tema di assegno divorzile dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione con la sentenza n. 18287 del 2018. 9. La soccombenza reciproca delle parti giustifica l'integrale compensazione delle spese del giudizio. P.Q.M. Il Tribunale di Pistoia in composizione collegiale, definitivamente decidendo: a) pronuncia lo scioglimento del matrimonio contratto dai sig.ri (...) e (...) il 20 febbraio 2001 in Pistoia; b) ordina l'annotazione della sentenza nei registri dello Stato Civile del Comune di Pistoia (atto n. (...), parte I, anno 2001); c) affida la figlia minore (...) (nato il (...)) ad entrambi i genitori, con esercizio congiunto della responsabilità genitoriale per le questioni di maggior interesse per la minore - riguardanti la relativa istruzione, educazione e salute - da assumere di comune accordo tenendo conto della capacità, dell'inclinazione naturale e delle aspirazioni della minore medesima, ed esercizio disgiunto per le sole questioni di ordinaria gestione e limitatamente a ciò che attiene all'organizzazione della vita quotidiana (ad esempio per la scelta delle persone da frequentare, per l'alimentazione, per le attività ludiche e di svago) nei periodi di tempo coincidenti con la permanenza presso di sé della stessa, disponendo che la minore risieda presso l'abitazione della madre; d) dispone che il padre possa vedere e tenere con sé la figlia minore nei tempi e nei modi liberamente concordati dalle parti, nel rispetto delle esigenze e tenuto prioritariamente conto della volontà della ragazza; e) revoca con decorrenza dal mese di maggio 2023 (avuto riguardo alla data della decisione) l'obbligo del sig. (...) di corrispondere un assegno perequativo a titolo di contributo al mantenimento della figlia maggiorenne (...); f) pone a carico del sig. (...) l'obbligo di contribuire al mantenimento delle figlie (...) e (...), corrispondendo in favore della sig.ra (...), entro il giorno 25 di ciascun mese, con decorrenza dal mese di febbraio 2021, la somma mensile di Euro 600 (euro 300 in favore di ciascuna figlia), rivalutabile al termine di ogni anno secondo indici ISTAT; g) dispone che i genitori provvedano in misura paritaria al pagamento delle spese straordinarie da sostenere nell'interesse delle figlie (...) e (...), come individuate e secondo le modalità previste dall'art. 6 del Protocollo d'intesa concluso tra l'intestato Tribunale e il Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Pistoia in data 1 ottobre 2018; h) compensa le spese di lite tra le parti. Così deciso in Pistoia il 20 aprile 2023. Depositata in Cancelleria il 27 aprile 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE DI PISTOIA Nella persona del giudice unico Dott.ssa Elena Piccinni ha pronunciato la seguente SENTENZA nel procedimento civile n. 1636/2017 R.G.A.C. vertente tra (...) (C.F. (...)), (...) (C.F. (...)), entrambi rappresentati e difesi dall'avv. An.Ab. del Foro di Pistoia, ed elettivamente domiciliati presso il suo studio in Agliana, Via (...) giusta procura a margine dell'atto di citazione; - parte attrice - e IMPRESA INDIVIDUALE (...) in persona del titolare sig. (...) (C.F. (...) e p.iva (...)), rappresentata e difesa dagli avv.ti Ma.Pu. e dall'avv. Ir.Ce. del Foro di Prato ed elettivamente domiciliato presso il loro studio in Prato, Via (...), giusta procura allegata alla comparsa di costituzione e risposta; - parte convenuta- In punto: contratto di appalto. Causa trattenuta in decisione all'udienza del 10/01/2023 sulle seguenti RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE Posizione delle parti Attivata senza esito positivo la procedura di negoziazione assistita dalla ditta appaltatrice, con atto di citazione ritualmente notificato i sig.ri (...) e (...) hanno convenuto in giudizio l'impresa individuale (...) in persona del titolare sig. (...) per sentire accertare e dichiarare di nulla dovere nei suoi confronti a titolo di corrispettivo per i lavori eseguiti nell'immobile sito in A., Via C. n. 57 e comunque di non dovere al convenuto la somma di Euro 9.439,49 quale corrispettivo della fattura n. (...) del 08/06/2016. Nello specifico, gli attori hanno allegato: - di essersi rivolti, nella primavera del 2015, al sig. (...) quale titolare della impresa (...) esponendogli la loro intenzione di eseguire alcuni lavori di manutenzione e sistemazione della cucina e del terrazzo esterno dell'immobile sito in A., Via C. n. 57; - che, eseguito il sopralluogo, il sig. (...) aveva redatto un preventivo indicando quale corrispettivo dell'opera e delle forniture la somma di Euro 9.490,00 Iva esclusa, con la precisazione che detto importo era stato determinato "a misura" e che le opere extra capitolato per l'assistenza muraria sarebbero state "conteggiate in economia" ad un costo orario predeterminato; - di avere accettato sia il piano dell'opera (lavori e forniture) sia il costo preventivato; - che i lavori erano iniziati nel mese di luglio 2015; - che nel corso dell'opera, a fronte di difficoltà economiche rappresentate dall'appaltatore, avevano provveduto loro stessi al pagamento dei materiali direttamente ai fornitori, il cui importo avrebbe dovuto essere detratto dal corrispettivo pattuito, una volta terminati i lavori; - di aver versato alla ditta appaltatrice vari acconti di importo variabile; - che il sig. (...), nel mese di novembre 2015, riscontrata l'anti-economicità dell'affare, a fronte di un preventivo elaborato a ribasso, aveva interrotto l'esecuzione dei lavori, abbandonando il cantiere, lasciandovi alcuni beni strumentali; - di aver ricevuto da parte del sig. (...), dopo un anno dall'interruzione dei lavori, sollecito di pagamento della somma di Euro 9.964,49 quale residuo dell'intero costo dell'appalto indicato nella fattura n. (...) del 08/06/2016 in Euro 18.012,00 oltre Iva (così Euro 21.974,64), per le opere eseguite e sulla base di un consuntivo che avrebbe tenuto conto anche delle varianti richieste in corso d'opera (aumento delle misure delle opere preventivate ed esecuzione di opere extra) dai committenti; - di contestare la debenza della somma portata dalla detta fattura perché in parte relativa a lavori e forniture già pagati e in parte relativa a lavori mai eseguiti; nello specifico, gli attori hanno contestato la debenza degli importi indicati in consuntivo per i lavori eseguiti al terrazzo piano primo e descritti a pag. 2 nn. 3, 4, 5, 6, 7, 8, 10, 11 e 12 nonché gli importi indicati in consuntivo per i lavori eseguiti alla cucina e descritti a pag. 3 nn. 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8 e 10. Dunque, gli attori hanno insistito per l'accoglimento delle rassegnate conclusioni. Con comparsa di costituzione e risposta ritualmente depositata in data 29/09/2017 si è costituita in giudizio l'impresa individuale (...) in persona del titolare sig. (...) contestando tutto quanto ex adverso dedotto ed argomentato pur riconoscendo la fondatezza delle censure attoree per l'importo di Euro 390,40 Iva inclusa (voci lavori cucina nn. 3, 4 e 5 pag. 3 del consuntivo), insistendo comunque per il rigetto della domanda attorea perché infondata in fatto e in diritto e chiedendo in via riconvenzionale la condanna dei sig.ri (...) e (...) al pagamento della somma di Euro 8.927,49 Iva inclusa oltre interessi, considerata la nota di credito n. (...) (storno delle voci di lavori alla cucina n. 6 e 9 pag. 3 del consuntivo) e della rinuncia alla somma indicata in comparsa, previa emissione di ordinanza ex art. 186 ter ovvero ex art. 186 bis c.p.c. -. Celebrata la prima udienza di trattazione, concessi alle parti i termini ex art. 183 comma 6 c.p.c., previa emissione di ordinanza ex art. 186 ter c.p.c. non provvisoriamente esecutiva per la somma di Euro 8.927,49 oltre interessi moratori ex D.Lgs. n. 231 del 2002, la causa è stata istruita documentalmente, mediante assunzione di prova testimoniale ed espletamento di c.t.u. a firma del geom. Al.Bo., quest'ultima previa assegnazione alle parti dei termini per l'avvio della procedura di mediazione delegata, tuttavia conclusasi con esito negativo. Dunque, ritenuta la causa matura per la decisione, il Giudice ha fissato udienza di precisazione delle conclusioni all'esito della quale ha trattenuto la causa in decisione con assegnazione alle parti dei termini ex art. 190 c.p.c. per il deposito di comparse conclusionali e memorie di replica. In rito Anzitutto va disattesa l'eccezione sollevata dalla parte convenuta di improcedibilità della domanda per mancanza di prova circa l'effettivo rispetto del termine per l'avvio della procedura di mediazione delegata, sulla base della dirimente considerazione che tale termine non ha natura perentoria (Cass. 40035/2021: "Ai fini della sussistenza della condizione di procedibilità di cui all'art. 5, comma 2, e comma 2 bis D.Lgs. n. 28 del 2010, ciò che rileva nei casi di mediazione obbligatoria ope iudicis è l'utile esperimento, entro l'udienza di rinvio fissata dal giudice, della procedura di mediazione, da intendersi quale primo incontro delle parti innanzi al mediatore e conclusosi senza l'accordo, e non già l'avvio di essa nel termine di quindici giorni indicato dal medesimo giudice delegante con l'ordinanza che dispone la mediazione"). Nel merito Sulla domanda attorea La domanda di accertamento negativo avanzata dai sig.ri (...) e (...) è infondata e pertanto va rigettata per le ragioni di seguito indicate. Anzitutto, è documentale e fatto pacifico in quanto non specificamente contestato ex art. 115 c.p.c., che nell'anno 2015 i sig.ri (...) e (...) hanno commissionato all'impresa (...) l'esecuzione di lavori di ristrutturazione dell'immobile sito in A., Via C. n. 57, come indicati nel preventivo prodotto sub doc. 2 di parte attrice. Del pari, è pacifico che gli attori, nel corso del rapporto, abbiano corrisposto all'appaltatrice degli acconti per complessivi Euro 12.010,15-, di cui Euro 1.194,00 quale somma versata direttamente a (...), Euro 2.000,00 corrisposti al sig. (...) il 04/06/2015, Euro 2.000,00 corrisposti al sig. (...) il 20/07/2015, Euro 2.150,00 corrisposti al sig. (...) il 10/08/2015, Euro 1.266,15 pagati direttamente a (...), Euro1.000,00 corrisposti al sig. (...) il 15/01/2016, Euro 500,00 versati al sig. (...) il 05/02/2016 ed Euro 1.900,00 pagati nell'agosto 2016 direttamente alla marmista (...). Peraltro, in relazione ai pagamenti eseguiti in favore dei professionisti che hanno curato le forniture dei materiali utilizzati per la realizzazione delle opere appaltate, la documentazione contabile in atti comprova che i pagamenti eseguiti dagli attori in favore dei rispettivi fornitori sono stati eseguiti a copertura di obbligazioni contratte dalla (...), appunto per la fornitura dei materiali necessari per le opere eseguite presso l'immobile di Via C. n. 57 (docc. 10, 11 e 12 di parte convenuta). Di contro, gli attorni non hanno documentato alcun ulteriore pagamento, per cui vanno conseguentemente rigettate le conseguenti doglianze. Ciò che i committenti contestano in questa sede è la debenza di talune voci di costo indicate nel consuntivo prodotto doc. 7 relativa a lavori eseguiti al terrazzo del piano primo e alla cucina, in parte perché già saldate e in parte perché in realtà mai eseguiti. Trattasi degli importi indicati in consuntivo per i lavori eseguiti al terrazzo piano primo e descritti a pag. 2 nn. 3, 4, 5, 6, 7, 8, 10, 11 e 12 nonché gli importi indicati in consuntivo per i lavori eseguiti alla cucina e descritti a pag. 3 nn. 1, 2, 3, 4, 5, 7, 8 e 10. Con l'ulteriore considerazione che tutte le ulteriori voci di costo non espressamente contestate dai committenti debbono ritenersi pacificamente dovute e correttamente indicate in consuntivo. Orbene, preso atto che la ditta convenuta sin dalla comparsa di costituzione e risposta ha espressamente rinunciato alle voci indicate a pag. 3 del consuntivo nn. 3, 4 e 5 per Euro 390,40 Iva inclusa e che con nota di credito n. 2/2016 il convenuto ha operato lo storno delle voci di lavori alla cucina n. 6 e 9 pag. 3 del consuntivo, il Tribunale rileva come gli esiti dell'istruttoria orale e dell'espletamento della c.t.u. a firma del geom. (...) destituiscono di fondamento l'assunto attoreo: - quanto ai lavori al terrazzo piano primo il testimone (...) sentito all'udienza del 17/06/2021 ha confermato, tra il resto, anche l'esecuzione dei lavori di cui a pag. 2 n. 3 (Realizzazione canna fumaria e relativo "cappello" uguale alle due già presenti) - peraltro, confermando l'esecuzione anche della diversa lavorazione di cui a pag. 1 del consuntivo n. 5, così confermando l'assunto di parte convenuta per cui le canne fumarie dell'immobile sono più d'una, ossia tre -, n. 4 (demolizione dell'intonaco su tutto il muro di confine del terrazzo compresa raschiatura finale), n. 5 (rifacimento dell'intonaco su tutto il muro di confine del terrazzo compreso materiale ed ogni onere), n. 6 (fornitura e posa in opera di tubo di scarico per le acque piovane in pvc), n. 7 (fornitura e posa in opera di soglia in pietra di marmo, larghezza 10 cm, lungo il perimetro del terrazzo), n. 8 (fornitura e posa in opera di zoccolino - h 7 cm - lungo tutto il confine del terrazzo, compreso ogni onere, n. 10 (posa in opera di piastrelle, posate lineari a colla su sottofondo precostituito, compreso sigillature dei giunti, distanziatori - 3 mm - e pulizia finale), n. 11 (fornitura e posa in opera di uno strato di guaina bituminosa poliestere spessore mm 4 - 10 °C saldata a fiamma a dorso di cazzuola on giunti fra i teli non inferiori a 10 cm), n. 12 (posa in opera di battiscopa lungo il muro divisorio fra l'abitazione e il campo adiacente); anche il testimone (...) sentito all'udienza del 21/10/2021 ha confermato di aver eseguito i lavori di cui a pag. 2 del consuntivo nn. 7, 8 e 10; - quanto ai lavori alla cucina, il testimone (...), sentito all'udienza del 11/04/2019 ha confermato di aver eseguito per conto della (...) sul cantiere posto in A., Via C. n. 57, lavori indicati nel consuntivo a pag. 3 n. 7 (Tinteggiatura interna di pareti e soffitti intonacati, previa pulitura del fondo ed eventuali piccole stuccature con due mani di tinta a tempera, con utilizzo di idropittura traspirante per interno, compreso materiali), precisando che "i lavori di cartongesso sono stati pagati dalla sig.ra (...), mentre i lavori di tinteggiatura sono stati pagati dal sig. (...)", nonché ha confermato di aver eseguito per conto della (...) anche i lavori di imbiancatura della facciata della casa e del muro di confine della terrazza del primo piano, come indicato a mano in calce alla pag. 3 del consuntivo, precisando all'uopo che "ho eseguito detti lavori, per i quali sono stato pagato dal sig. (...)"; anche il testimone (...) sentito all'udienza del 25/11/2021 ha confermato di aver eseguito per conto della (...) sul cantiere posto in A. (P.), Via C. n. 57, i lavori indicati al punto n. 7 pag. 3 del consuntivo nonché ha confermato di aver eseguito per conto della (...) anche i lavori di imbiancatura della facciata della casa e del muro di confine della terrazza del primo piano, come indicato a mano in calce alla pag. 3 del consuntivo. Infine, il testimone (...) sentito all'udienza del 11/04/2019, che durante l'esecuzione dei lavori di ristrutturazione dell'appartamento di Agliana aveva effettuato un sopralluogo e delle rilevazioni per conto della ditta al fine di redigere il capitolato, ha dichiarato di essersi occupato della predisposizione della bozza di preventivo e di aver coadiuvato il sig. (...) nella predisposizione del consuntivo sulla base di modifiche al progetto iniziale. Alla luce degli esiti dell'istruttoria orale espletata e della documentazione in atti, è stata poi disposta c.t.u. a firma del geom. (...), chiamato ad accertare "previo esame degli atti e dei documenti di causa e previo sopralluogo, valorizzati gli esiti dell'istruttoria orale espletata, l'effettiva corrispondenza tra le opere presenti presso l'immobile dei sig.ri (...) e (...) in A. (P.), Via C. n. 57, e quelle indicate nel consuntivo redatto dalla (...); oltre che la natura ed entità di detti lavori e l'esatta quantificazione anche sotto il profilo economico, alla luce dell'accordo raggiunto tra le parti, come risultante dal preventivo in atti", le cui conclusioni sono pienamente condivise da questo Giudice in quanto tecnicamente e logicamente argomentate nonché redatte nel pieno rispetto del principio del contraddittorio, valorizzato infine il fatto che alcuna osservazione critica alle stesse è stata sollevata dalle parti. In particolare, il c.t.u. ha dichiarato che "Alla luce del sopralluogo eseguito, del documento di cui all'Allegato "A", delle lavorazioni eseguite, delle misure rilevate è possibile affermare che l'importo lavori eseguito dalla ditta ammonta complessivamente a Euro 17.145,16 oltre oneri di fatturazione. La determinazione del calcolo è data dalla tabella di cui all'Allegato "B", che rappresenta un dettagliato riepilogo delle misurazioni a consuntivo di tutte le opere richiamate nel consuntivo. Dunque, le valutazioni del c.t.u. sono state effettuate sulla base di sopralluogo, di fotografie (allegate alla perizia), e di rilevazioni dell'esistenza delle opere di cui al consuntivo. Il valore tecnico e oggettivo dell'accertamento peritale è tale da ritenere verificate circostanze sulle quali taluni testimoni non hanno saputo riferire o hanno riferito in altro modo, soprattutto considerato il fatto che gli attori non hanno tempestivamente allegato che le opere oggetto di appalto fossero state eseguite o completate da altre imprese edili. Dunque, accertato il valore delle opere eseguite dalla ditta appaltatrice per complessivi Euro 17.145,16 oltre Iva (così Euro 20.917,10) e detratti gli acconti versati dai committenti in corso d'opera per Euro 12.010,15 -, l'impresa edile (...) in persona del titolare sig. (...) vanta un credito nei confronti degli attori di Euro 8.906,95 -. Precisato ulteriormente che gli attori non hanno dato prova alcuna dell'abbandono ingiustificato del cantiere da parte della ditta appaltatrice, peraltro non risultando all'uopo nemmeno funzionale la formulazione del capitolo di prova n. 4, su cui è stato chiamato a rispondere il testimone (...) all'udienza del 10/10/2019. Sulla domanda riconvenzionale di parte convenuta Per le medesime ragioni sopra esposte, da intendersi qui integralmente richiamate, va parzialmente accolta la domanda riconvenzionale dell'impresa convenuta di condanna degli attori al pagamento di quanto ancora dovuto per l'esecuzione dei lavori nell'immobile sito in A., Via C. n. 57, nella misura di Euro 8.906,95 Iva inclusa, oltre interessi moratori ex D.Lgs. n. 231 del 2002 dalla domanda (29/09/2017) al saldo effettivo. Sulle spese di lite Le spese di lite seguono la soccombenza. Esse vengono liquidate come da nota spese depositata dai procuratori di parte convenuta in quanto conforme ai parametri medi di cui al D.M. n. 55 del 2014 come modificato dal D.M. n. 37 del 2018 e poi dal D.M. n. 147 del 2022 tenuto conto del criterio del decisum (Euro 8.906,95); secondo i medesimi parametri vengono liquidati i compensi per la procedura di negoziazione assistita (ex D.M. n. 37 del 2018 e sola fase di attivazione) e per la procedura di mediazione delegata (ex D.M. n. 37 del 2018 ed esclusa la fase di conciliazione). Spese di c.t.u. geom. (...) già liquidate con decreto d.d. 11/04/2023 definitivamente e per intero a carico di parte attrice. P.Q.M. Il Tribunale di Pistoia, definitivamente pronunziando nella presente vertenza, ogni diversa istanza ed eccezione reietta, così decide: rigetta la domanda degli attori; in parziale accoglimento della domanda riconvenzionale, condanna (...) e (...), in solido tra loro, al pagamento in favore della impresa individuale (...) in persona del titolare sig. (...) della somma di Euro 8.906,95 Iva inclusa, oltre interessi moratori ex D.Lgs. n. 231 del 2002 dalla domanda (29/09/2017) al saldo effettivo; condanna (...) e (...), in solido tra loro, alla refusione delle spese di lite in favore della impresa individuale (...) in persona del titolare sig. (...) liquidate in Euro 6.596,00 per compensi professionali, Euro 1.578,53 per anticipazioni, oltre il 15% spese generali, CPA e IVA come per legge. Spese di ct.u. geom. (...) già liquidate con decreto d.d. 11/04/2023 definitivamente e per intero a carico di parte attrice. Così deciso in Pistoia il 13 aprile 2023. Depositata in Cancelleria il 13 aprile 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE DI PISTOIA nella persona del Giudice unico dott.ssa Elena Piccinni ha pronunciato la seguente SENTENZA nel procedimento civile sub n. 2514/2021 R.G.A.C. vertente tra (...) (C.F. (...)), (...) (C.F. (...)), (...) (C.F. (...)), tutti rappresentati e difesi dall'avv. (...) del Foro della Spezia ed elettivamente domiciliati presso il lo studio del primo in La Spezia, Via (...), giusta procura allegata all'atto di citazione d.d. 17/09/2021; - parte attrice - e (...) di Montecatini Terme, Bientina e (...) Società Cooperativa, e per essa la mandataria (...) S.p.A. - Società per la gestione del Credito (p. iva (...)), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avv. (...) del Foro di Pistoia ed elettivamente domiciliata presso il suo studio in Montecatini Terme, Via (...), giusta procura allegata alla comparsa di costituzione e risposta depositata in data 17/12/2021; - parte convenuta - Oggetto: contratti bancari; transazione. Causa trattenuta in decisione all'udienza del 20/12/2022 sulle seguenti CONCLUSIONI Del procuratore di parte attrice: - come in preverbale di udienza cartolare depositato il 13/12/2022: "Voglia l'Ill.mo Tribunale adito, ogni contraria eccezione e/o domanda disattesa, In via principale accertare e dichiarare che tra gli attori e la convenuta Vivai Banca - (...) di Montecatini Terme, Bientina e (...) società cooperativa, succeduta per fusione al creditore originario (...) (...) di Montecatini (...) Società Cooperativa, esiste accordo transattivo con cui le predette parti, facendosi reciproche concessioni e rinunce, e così componendo la controversia giudiziale pendente tra le parti ed iscritta al n. 3997/2016 R.G. del Tribunale di Civile di Pistoia, avente ad oggetto la opposizione al decreto ingiuntivo n. 972/2016 del Tribunale Civile di Pistoia hanno convenuto di definire la lite alle condizioni indicate nell'atto di transazione 11.12.2017, prodotto quale documento n. 24) del fascicolo di parte attrice, e sinteticamente riportate al punto 29) della narrativa in fatto del presente atto di citazione; In mero subordine, in via di eccezione riconvenzionale Nella denegatissima e non creduta ipotesi di rigetto della domanda principale, rigettare ogni avversa domanda e pretesa avversaria attesa la intervenuta decadenza del vincolo fideiussorio, ai sensi e per gli effetti dell'art. 1957 c.c., non avendo il creditore continuato le proprie iniziative di recupero del credito nei confronti del debitore principale, dovendosi affermare e rilevare incidenter tantum la nullità per accertata violazione dell'art. 2 Legge 287/1990 della seguente clausola contenuta nei contratti di fideiussione sottoscritti dagli attori: "i diritti derivanti alla banca dalla fideiussione restano integri fino a totale estinzione di ogni suo credito verso il debitore, senza che essa sia tenuta ad escutere il debitore o il fideiussore medesimi o qualsiasi altro coobbligato o garante entro i termini previsti dall'art. 1957 c.c., che si intende derogato. In ogni caso, con vittoria delle spese di lite " Del procuratore di parte convenuta: - come in preverbale di udienza cartolare depositato il 14/12/2022 e dunque come in comparsa di costituzione e risposta: "Piaccia all'Ecc.mo Tribunale adito, contrariis reiectis, In via preliminare di rito, previa ogni ulteriore declaratoria, dichiarare l'improcedibilità del presente procedimento ex D.Lgs. 28/2010 e successive modifiche, con ogni e qualsiasi consequenziale provvedimento volto all'instaurazione di tale procedimento obbligatorio ratione materiae; Nel merito, In tesi rigettare, con qualsiasi statuizione, tutte le domande ex adverso avanzate in quanto infondate sia in fatto che in diritto; In ipotesi di ritenuta esistenza e vigenza tra le parti di cui è causa dell'accordo transattivo del 11.12.2017, invocato dagli attori, accertato l'inadempimento e la violazione degli impegni ivi assunti dai medesimi signori (...), (...) e (...), dichiarare la risoluzione della predetta transazione per inadempimento di questi ultimi; In ipotesi subordinata previo accertamento in via d'eccezione della nullità e/o della annullabilità della transazione invocata ex adverso, dichiarare nullo, annullabile e/o privo di effetto l'atto transattivo del 11.12.2017 invocato ex adverso; In ipotesi ulteriormente subordinata: respingere la domanda spiegata in via subordinata dagli attori, poiché domanda già coperta dall'intangibilità del giudicato, e comunque in quanto infondata in fatto ed in diritto; In ogni caso vittoria di spese e competenze di causa." RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE Sulla vicenda processuale Con atto di citazione ritualmente notificato i sig.ri (...), (...) e (...) hanno convenuto in giudizio (...) di Montecatini Terme, (...) società cooperativa per sentire accertare e dichiarare l'esistenza e l'efficacia dell'accordo transattivo raggiunto tra le parti in data 11/12/2017 e a cui le stesse hanno dato puntuale avvio di esecuzione (mediante pagamento delle rate mensili dal 09/01/2018 al 01/09/2021 e conferimento incarico per la vendita degli immobili/pubblicizzazione della vendita sul sito web (...)), a composizione del giudizio radicato avanti al Tribunale di Pistoia n. 3997/2016 R.G. avente ad oggetto l'opposizione a decreto ingiuntivo n. 972/2016 del 06/09/2016 della complessiva somma di Euro 361.076,80 oltre interessi e spese, causa questa successivamente estintasi ex art. 309 c.p.c. in data 17/07/2018, ovvero, in via subordinata, affinché venisse dichiarata la decadenza del vincolo fideiussorio ex art. 1957 c.c., affermata incidentalmente la nullità delle fideiussioni omnibus a suo tempo prestate dai sig.ri (...), (...) e (...) a garanzia delle obbligazioni assunte nei confronti della (...) S.r.l. unipersonale, per violazione della normativa antitrust. E ciò in quanto, del tutto inaspettatamente, nel mese di marzo 2021 la Banca convenuta ha intimato agli attori il pagamento della complessiva somma di Euro 388.937,98 oltre interessi e accessori in spregio a quanto convenuto nel detto accordo transattivo. Con comparsa di costituzione e risposta depositata in data 17/12/2021 si è costituita in giudizio (...) di Montecatini Terme, (...) società cooperativa, e per essa la mandataria (...) S.p.a. - Società per la gestione del Credito, eccependo anzitutto l'improcedibilità del giudizio per mancato esperimento del procedimento di mediazione obbligatoria ex D.Lgs. 28/2010 e nel merito contestando tutto quanto ex adverso dedotto ed argomentato, insistendo per il rigetto delle domande attoree perché infondate in fatto e in diritto, quella proposta in via subordinata anche perché già coperta da giudicato e sottratta alla competenza del Tribunale di Pistoia in favore di quella del Tribunale di Firenze, sezione specializzata delle imprese ex art. 33 comma 2 L. 287/1990; inoltre, parte convenuta ha chiesto in via riconvenzionale subordinata dichiararsi la risoluzione dell'accordo transattivo per inadempimento dei garanti e comunque la nullità del negozio per difetto di causa, in assenza di effettive reciproche concessioni e rinunce ad opera delle parti. Celebrata la prima udienza di comparizione delle parti e concessi i termini ex art. 183 comma 6 c.p.c., previa assegnazione dei termini per l'avvio della procedura di mediazione tuttavia conclusasi con esito negativo, la causa è stata istruita documentalmente. Dunque, su istanza congiunta delle parti e ritenuta la causa matura per la decisione, il Giudice ha fissato udienza di precisazione delle conclusioni, all'esito della quale ha trattenuto la causa in decisione con assegnazione alle parti dei termini ex art. 190 c.p.c. per il deposito di comparse conclusionali e memorie di replica. In diritto Sulle domande di parte attrice La domanda proposta in principalità dagli attori di accertamento dell'esistenza tra le parti di accordo transattivo a definizione del giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo radicato avanti a questo Tribunale n. 3997/2016 R.G. alle condizioni di cui all'atto di transazione del 11/12/2017 è fondata, alla luce delle seguenti circostanze: - il pacifico avvio di trattative tra le parti nel corso della procedura di mediazione attivata nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo n. 3997/2016 R.G.; - il copioso scambio di mail tra i legali delle parti dal 20/09/2017 all'11/12/2017 per l'elaborazione delle condizioni dell'eventuale accordo transattivo (docc. 9 - 23 di parte attrice); - l'invio da parte della Banca, in data 11/12/2017, del testo definitivo dell'accordo transattivo, accompagnato dall'invito a procedere con il primo bonifico con causale "transazione (...)- (...)- garanti (...) S.r.l." e dalla proposta di voler abbandonare il giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo pendente già alla successiva udienza del 19/12/2017 (docc. 23 e 24 di parte attrice); - la successiva sottoscrizione dell'accordo transattivo da parte dei sig.ri Niccolai e Giovannetti, inoltrato alla Banca convenuta con mail del 10/07/2018 nella quale il legale dei clienti dava altresì atto che gli stessi avevano già provveduto ad effettuare il versamento di Euro 1.500,00 (doc. 25 di parte attrice); - l'avvio dell'esecuzione da parte dei sig.ri (...) dell'accordo transattivo raggiunto dalle parti alle condizioni di cui all'atto del 11/12/2017 sia mediante versamenti di somme di denaro, documentati dal 09/01/2018 al 01/09/2021 (doc. 27 di parte attrice), sia mediante conferimento di incarichi alle Agenzie Immobiliari per la vendita degli immobili di loro proprietà (docc. 28 e 29 di parte attrice) nonché pubblicizzazione della vendita sul sito web (...) (doc. 30 di parte attrice); - l'estinzione del giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo n. 3997/2016 R.G. ai sensi dell'art. 309 c.p.c. all'udienza del 17/07/2018, in conformità alla previsione contrattuale. Tanto considerato in fatto, in diritto il Tribunale ritiene anzitutto di dover fare piena applicazione del principio di diritto secondo cui "la prescrizione dell'art. 1967 c.c., secondo cui la transazione deve essere provata per iscritto, postula che tutti gli elementi costitutivi del negozio transattivo (quali, in particolare, le reciproche concessioni) debbano risultare dal documento, non essendo possibile ricorrere, neppure a fini integrativi, alla prova per testimoni o per presunzioni' (cfr., da ultimo, Cass. SS.UU. 16723/2020), circostanza questa pienamente riscontrabile del caso di specie, laddove il testo contrattuale del 11/12/2017 contiene tutti gli elementi essenziali ed accidentali del negozio. L'unico elemento mancate nella scrittura privata in commento è la sottoscrizione della Banca. All'uopo, allora, il Tribunale rammenta come "la prova di una transazione, per la quale la forma scritta sia richiesta solo ad probationem, può anche essere fornita in presenza di un documento sottoscritto da una sola parte ove risulti che l'altra ha accettato, anche solo tacitamente, il contratto con l'integrale esecuzione dei relativi patti" (Cass. 5499/1993); difatti, "in materia di transazione stragiudiziale, nei casi in cui l'atto scritto è richiesto ad probationem tantum, l'accettazione di essa può essere operata, dalla parte che non abbia sottoscritto il relativo contratto, anche "per facta concludentia", purché essa manifesti -anche implicitamente- il consenso attuando integralmente i relativi patti" (Cass. 6825/1998), principio questo ribadito anche dalla più recente giurisprudenza di legittimità per cui "il contratto di transazione richiede la forma scritta soltanto ad probationem, per cui la mancanza della sottoscrizione, così come la mancata produzione di un atto sottoscritto, non impedisce che l'esistenza del contratto venga dimostrata ugualmente in altro modo o anche per facta concludentia, purché si accerti l'effettiva conclusione dell'accordo (v. sentenze 13 aprile 1999, n. 3621, 3 gennaio 2011, n. 72, e ordinanza 23 gennaio 2018, n. 1627)" (Cass. 1627/2018; v. anche Cass. SS.UU. 16723/2020). E in tal senso, ancorché (...) non abbia apposto la propria sottoscrizione in calce al testo dell'accordo transattivo, il suo comportamento deve ritenersi certamente tale da manifestare implicito consenso alle condizioni di cui all'atto transattivo del 11/12/2017, avendo "tollerato" il pagamento rateale del debito per oltre due anni anziché esigere immediatamente il saldo integrale dello stesso e avendo dato seguito alla pattuizione dell'abbandono del giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo ex art. 309 c.p.c.-. Accertata dunque l'esistenza dell'accordo transattivo tra le parti alle condizioni di cui all'atto transattivo del 11/12/2017, va disattesa l'eccezione di parte convenuta di nullità dello stesso per difetto di causa (assenza di reciproche concessioni), considerato che gli opponenti sig.ri (...) hanno rinunciato a far valere tutte le domande formulate nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo n. 3997/2016 R.G., poi per l'appunto dichiarato estinto ex art. 309 c.p.c., e la Banca opposta ha rinunciato a pretendere il pagamento dell'intero, oltre interessi, in un'unica soluzione come da decreto ingiuntivo n. 976/2016 emesso dal Tribunale di Pistoia. Ogni altra questione e domanda (subordinata) assorbita. Sulle domande riconvenzionali di parte convenuta. La domanda riconvenzionale proposta in via subordinata dalla Banca di declaratoria di risoluzione dell'accordo transattivo del 11/12/2017 per inadempimento degli attori è fondata, considerato, da un lato, che è pacifico che i sig.ri (...) non abbiano consegnato alla Banca, contestualmente alla sottoscrizione dell'accordo, i mandati a vendere gli immobili di loro proprietà alle Agenzie Immobiliari, come previsto invece dall'art. 3 della transazione, e non è specificamente contestata la circostanza per cui tali mandati a vendere sarebbero stati comunque inidonei allo scopo per essere stato ivi indicato un prezzo di vendita sproporzionato rispetto al reale valore degli stessi (doc. 5 di parte convenuta) - comportamento questo che nella sostanza vanifica la pattuizione negoziale sub n. 6) per cui i clienti avrebbero dovuto dismettere il proprio patrimonio immobiliare onde consentire un più celere rientro dell'esposizione debitoria nei confronti della Banca -; dall'altro lato, che al punto n. 8 dell'accordo transattivo è previsto il pagamento puntuale delle rate entro il giorno 05 di ogni mese e che in alcun modo tali pagamenti avrebbero potuto essere sospesi o ritardati, mentre è documentale e nemmeno specificamente contestato ex art. 115 c.p.c. che i sig.ri Niccolai e Giovannetti nel tempo hanno eseguito in più occasioni pagamenti rateali senza rispettare tale condizione (doc. 27 di parta attrice). Il comportamento degli attori costituisce in tal senso grave inadempimento ad essi imputabile ex art. 1455 c.c.-. Ogni altra questione e domanda (subordinata) assorbita. Sulle spese processuali Le spese di lite vengono integralmente compensate tra le parti data la soccombenza reciproca. P.Q.M. Il Tribunale di Pistoia, in persona del Giudice unico Dott.ssa Elena Piccinni, definitivamente pronunziando nella presente vertenza, ogni diversa istanza ed eccezione reietta, così decide: accerta e dichiara l'esistenza tra le parti di accordo transattivo a definizione del giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo radicato avanti a questo Tribunale n. 3997/2016 R.G. alle condizioni di cui all'atto di transazione del 11/12/2017; dichiara la risoluzione dell'accordo transattivo del 11/12/2017 per inadempimento degli attori; compensa integralmente le spese di lite tra le parti. Così deciso in Pistoia, il 3 aprile 2023. Depositata in Cancelleria il 3 aprile 2023.

  • TRIBUNALE DI PISTOIA UFFICIO CONCORSUALE REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale di Pistoia, in persona del DOTT. SERGIO GAROFALO, ha emesso la seguente SENTENZA Nella procedura di concordato minore iscritta al numero d'ordine 27 dell'anno 2022 proc. unitario promossa da: (...); nei confronti della massa dei creditori (...). Con decreto ex art. 78, primo comma, CCII emesso il 13.2.2022 questo giudice ha dichiarato aperta la procedura di concordato minore proposta da (...) e ha disposto, tra l'altro, che l'OCC comunicasse a tutti i creditori la proposta e la relazione particolareggiata assegnando loro termine di 30 gg dalla comunicazione per far pervenire all'OCC, a mezzo posta elettronica certificata o altro servizio elettronico di recapito certificato qualificato ai sensi dell'articolo 1 co. 1 ter del Codice dell'amministrazione Digitale di cui al d.l.vo n. 82 del 2005, la dichiarazione di adesione o di mancata adesione alla proposta di concordato e le eventuali contestazioni. E' stato poi disposto che l'OCC, entro 15 gg. dalla scadenza del termine assegnato ai creditori, riferisse a questo giudice in merito alle contestazioni ricevute e al raggiungimento della maggioranza richiesta dall'art. 79 CCII. In data 13.3.2022 il dott. (...), investito delle funzioni di OCC, ha depositato una relazione sui voti pervenuti. Non sono state formulate contestazioni da parte dei creditori. Il concordato minore di (...) deve essere omologato poiché, in assenza di contestazioni, ricorrono le condizioni di ammissibilità giuridica e fattibilità del piano ed è stata raggiunta la maggioranza dei creditori ammessi al voto ex art. 79 CCII. Va premesso che la proposta di concordato prevede la prosecuzione dell'attività professionale di architetto da parte del ricorrente e la destinazione di una quota dei suoi redditi (nella misura di euro 269,00 per 82 mensilità) per il pagamento integrale dei creditori delle classi A e B e parziale di quelli della classe C. Subordinatamente all'omologa, è previsto il pagamento: - da parte della sig.ra (...) del ricorrente, a titolo di finanza esterna, della somma mensile di euro 269,00 per 82 rate destinata al soddisfacimento parziale dei creditori della classe D; - da parte del sig. (...) del ricorrente, a titolo di finanza esterna della somma mensile di euro 4.800.00 per il soddisfacimento parziale dei crediti chirografari della classe E. Il ricorrente, comproprietario con la moglie dall'abitazione familiare in (...), prevede di mantenere in regolare ammortamento il mutuo assunto per l'acquisto dell'abitazione con garanzia ipotecaria sul detto bene. Non sono pendenti procedure di esecuzione forzata nei confronti del debitore. I. Quanto all'ammissibilità giuridica della proposta di concordato è sufficiente richiamare, in assenza di osservazioni da parte dei creditori, le valutazioni operate dal Tribunale in sede di emissione del decreto ex art. 78, primo comma, CCII circa: - la legittimazione del ricorrente che svolge la professione di architetto ed ha debiti che discendono dall'attività professionale svolta e debiti assunti quale consumatore considerato che l'art. 74 c. 1 CCI, tutti i debitori in stato di sovraindebitamento di cui all'art. 2 c. 1 lett. c), esclude solo il consumatore cioè il sovraindebitato che non ha debiti che discendono dall'attività di impresa o professionale svolta; - la situazione di sovraindebitamento del ricorrente; - la completezza della relazione particolareggiata dell'OCC e della documentazione depositata a corredo del ricorso; - la presenza dell'attestazione dell'OCC, ai sensi dell'art. 75 c.2 CCII, che il pagamento parziale dei crediti muniti di privilegio non è inferiore a quanto realizzabile in caso di liquidazione, in ragione della collocazione preferenziale sul ricavato dei beni o diritti sui quali insiste la causa di prelazione. La proposta di concordato minore prevede il regolare pagamento del mutuo, assistito dalla garanzia ipotecaria sull'abitazione familiare secondo il piano di ammortamento. Tale previsione è legittima. La libertà di contenuto della proposta di ristrutturazione dei debiti e di soddisfazione dei crediti (art. 74 c. 3 CCII) è compatibile con la scelta di escludere alcune posizioni creditorie e non liquidare l'immobile destinato ad abitazione. La legittimità di tale opzione, pur espressamente prevista dal legislatore solo con riferimento al mutuo con garanzia reale gravante sui beni strumentali all'esercizio dell'impresa (art. 75 c. 3 CCII), passa dalla verifica che il rimborso delle rate a scadere del mutuo in regolare ammortamento non leda i diritti degli altri creditori. Sotto questo profilo l'OCC, muovendo dalla stima dell'immobile, dall'importo del debito residuo verso l'istituto mutuante, dalle spese di liquidazione (peritali, di custodia, di cancellazione gravami, etc.), ha ragionevolmente previsto che l'eventuale interruzione dei pagamenti e la vendita dell'immobile non consentirebbe l'integrale soddisfazione del creditore ipotecario e non determinerebbe, quindi, alcun surplus in favore degli altri creditori. La scelta di non liquidare la quota di comproprietà e di continuare il pagamento del mutuo non appare, quindi, lesiva dei diritti degli altri creditori. II. Quanto alla fattibilità, il piano poggia sulla quota di reddito discendente dall'attività professionale svolta dal ricorrente, oltre che sulla finanza esterna assicurata dalla (...) e dal (...) di quest'ultimo. Posto che la valutazione sul merito della proposta compete ai creditori, anche con riferimento alla concreta prospettiva di adempimento dell'impegno assunto dal sovraindebitato e, deve ritenersi che l'omologa possa essere negata solo in presenza di una assoluta e manifesta non fattibilità del piano. Nel caso in esame, attesi i redditi del sovraindebitato e della (...), l'impegno del (...) al pagamento in unica soluzione dell'importo di euro 4.800,00, deve escludersi che sussista una assoluta e manifesta non fattibilità del piano. III. Gli adempimenti disposti con il decreto di apertura, e segnatamente la comunicazione ai creditori della proposta, della relazione particolareggiata e del decreto, risultano compiutamente assolti dall'OCC, come emergente dalla documentazione allegata alla nota depositata il 17.3.2023. L'OCC, dott. (...), ha depositato la relazione sui voti espressi riferendo che la proposta ha riscosso il consenso del 56% dei creditori ammessi al voto e che la maggioranza è stata raggiunta nelle due classi di voto (50,25 per cento quanto alla classe D e 60,03 per cento quanto alla classe E). Con riferimento al voto nel concordato minore l'art. 79 c. 1 CCII stabilisce che "i creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca, dei quali la proposta prevede l'integrale pagamento, non sono computati ai fini del raggiungimento della maggioranza e non hanno diritto di esprimersi sulla proposta, salvo che non rinuncino in tutto o in parte al diritto di prelazione. I creditori soddisfatti parzialmente ai sensi dell'articolo 74 comma 3 sono equiparati ai chirografari per la parte residua del credito". In applicazione di tali regole sono certamente ammessi al voto i creditori chirografari (classe E). Non spetta il diritto di voto ai creditori prededucibili (Classe A) ed ai creditori privilegiati interamente soddisfatti (Classe B). I creditori privilegiati non integralmente soddisfatti sono ammessi al voto per la parte residua del credito, cioè per l'importo stralciato. Nel caso in esame, quindi, devono ritenersi ammessi al voto i creditori privilegiati parzialmente soddisfatti (mediante finanza esterna) inseriti nella classe D. L'OCC ha ritenuto che non spetti il diritto di voto ai creditori privilegiati che compongono la classe C (Inps e Inarcassa) perché essi sono inseriti per l'importo residuo del credito nella Classe D ed il riconoscimento del voto in entrambe le classi condurrebbe ad una duplicazione. E' indubbio che il creditore privilegiato pagato parzialmente ed inserito in due classi (ciò che appare legittimo perché nella classe D il pagamento avverrà mediante finanza esterna) non possa votare in entrambe le classi per il credito falcidiato perché ciò determinerebbe una evidente duplicazione. Nel caso in esame, tuttavia, posto che Inps ed (...) sono gli unici creditori privilegiati che hanno espresso il dissenso e non rappresentano la maggioranza dei crediti inseriti nella classe D, ritenere che il voto negativo di costoro dovesse essere riferito alla classe C), invece che alla classe D) come ritenuto dall'OCC, è irrilevante perché condurrebbe comunque al raggiungimento della maggioranza sia per crediti che per classi. Il concordato deve, quindi, considerarsi approvato dai creditori e, in assenza di contestazioni, deve essere omologato. IV. Per quanto attiene alle modalità esecutive, nel piano nulla è stato previsto; ne consegue che l'esecuzione del piano e l'effettuazione dei pagamenti in conformità allo stesso resteranno affidati al debitore, che opererà sotto la costante vigilanza dell'O.C.C., al quale restano riservate le ulteriori funzioni di cui all'art. 71 CCII e, in specie, quella di allertare il g.d. in caso di non puntuale o parziale esecuzione dei pagamenti, per l'assunzione delle determinazioni conseguenti. Rimangono devoluti al G.D. i provvedimenti di cui all'art.71, commi 2, 4 e 5, CCII. P.Q.M. Omologa il concordato minore di (...), residente in (...). Dichiara chiusa la procedura. Dispone che la presente sentenza sia: - pubblicata nell'apposita area presente sul sito web del Tribunale a cura dell'OCC, il quale dovrà attenersi alle indicazioni contenute nella circolare operativa diramata dall'Ufficio Concorsuale il 19.10.2022 e visionabile sul sito del tribunale; - comunicata a tutti i creditori entro 48 ore dal deposito in cancelleria a cura dell'OCC. Dispone che la presente sentenza sia comunicata a cura della cancelleria alla parte ricorrente e all'OCC, dott. Sandro Cordovani. Così deciso in Pistoia il 20 marzo 2023. Depositata in Cancelleria il 21 marzo 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI PISTOIA SEZIONE CIVILE Il Tribunale di Pistoia, Sezione Civile, in persona del Giudice Unico, dott. Nicola Latour, ha pronunziato la seguente SENTENZA nella causa civile iscritta a ruolo n.r.g. 994/2021 , vertente tra (...), nato a S. S. (F.) il (...), C.F. (...), residente in C. U. alla VIA (...), 17, (...), nato a C. (C.), il (...), C.F. (...), residente a S. C. S. (P.), al Viale G. di V. n. 5/A, e (...), nata a L. (P.) il (...), C.F. (...), residente a C. U. (P.), alla via (...) n. 17, rappresentati e difesi, giusta procura in atti, dagli avv.ti An.Fr. e Lu.Pa., presso lo studio dei quali eleggono domicilio in PRATO, alla VIA (...); Attori e (...) SPA, p.i. (...), in persona del procuratore Avv. (...), con sede in M., alla PIAZZA (...), rappresentata e difesa, giusta procura in atti, dagli avv.ti Pa.Po. e El.Ca., presso lo studio dei quali elegge domicilio in MILANO, alla Via (...); Convenuta e (...), nato a M. (L.) il (...), C.F. (...); Convenuto contumace Oggetto : responsabilità degli intermediari finanziari; risarcimento del danno. RAGIONI di FATTO e di DIRITTO della DECISIONE 1. Con atto di citazione, ritualmente notificato in data 31.3.2021, (...), (...) e (...) convenivano in giudizio (...) s.p.a. e (...), deducendo le seguenti circostanze: - gli attori, da anni, intrattenevano rapporti con (...) s.p.a., già (...) s.p.a., per il tramite del promotore (...); - il sig. (...) era solito recarsi presso l'abitazione degli attori o contattarli telefonicamente per fare sottoscrivere i documenti che indicava come necessari per intrattenere i rapporti con la Banca e per investire i loro risparmi; - tra il 2013 e il 2015, il promotore (...) proponeva agli attori l'investimento in obbligazioni della Banca, chiedendo loro, a tale scopo, la consegna di assegni circolari intestati a (...) SA e ad (...) s.p.a.; - a tal fine il (...) faceva sottoscrivere a (...), in data 19.3.2013, la scheda di prenotazione obbligazioni (...) del valore di Euro 20.000,00, a fronte della consegna di assegno circolare n. (...) di Euro 20.000,00 emesso dalla (...); a (...), in data 1.7.2014 e 27.2.2015, due schede di prenotazione obbligazioni (...), ciascuna del valore nominale di Euro 30.000,00, ed altre due schede di prenotazione di ulteriori obbligazioni (...) ciascuna del valore nominale di Euro 20.000,00; in tale occasione venivano consegnati al (...) quattro assegni circolari tutti emessi dalla (...) in favore di (...) s.p.a.; a (...), in data 14.3.2018, faceva sottoscrivere una scheda di prenotazione obbligazioni di Euro 10.900,00, a fronte della disposizione del (...) di investire il capitale e gli interessi maturati per il precedente investimento in obbligazioni (...) del 14.3.2009, sempre eseguito tramite consegna di assegno circolare di Euro 10.000,00; - successivamente gli attori venivano a conoscenza che (...) veniva radiato dall'Albo unico dei consulenti finanziari, così che, a seguito di denuncia, contestavano la responsabilità della Banca in merito ai danni subiti per la condotta del loro promotore finanziario. Ciò premesso in fatto, gli attori evidenziavano come sussistesse la responsabilità della Banca stante il nesso di occasionalità sussistente tra l'attività del promotore e il danno da loro subìto. Pertanto, (...), (...) e (...) concludevano così : Voglia il Tribunale adito, respinta ogni contraria istanza, eccezione e deduzione: 1. per tutti i motivi di cui in premessa, accertare e dichiarare l'illiceità civile e/o penale dei comportamenti posti in essere dal promotore finanziario (...) in ordine alla distrazione delle somme di denaro consegnategli dagli attori, di cui Euro 100.000,00 dal (...), Euro 20.000,00 da (...) ed Euro 10.000,00 da (...), e, per l'effetto, dichiarare la responsabilità del medesimo promotore finanziario nonché della (...) SPA ex art. 31 del T.U.I.F., o in ogni caso ex art. 2049 c.c.; 2. conseguentemente, condannare (...) in solido con la (...) S.p.A. al pagamento, in favore di (...) della somma di Euro 100.000,00.= a titolo di risarcimento del danno patrimoniale, oltre rivalutazione monetaria ed interessi legali dalle date di negoziazione dei singoli assegni al saldo effettivo, nonché a risarcire al medesimo il danno non patrimoniale e biologico che sarà determinato in via equitativa; in favore di (...) della somma di Euro 20.000,00.= a titolo di risarcimento del danno patrimoniale, oltre rivalutazione monetaria ed interessi legali dalle date di negoziazione dei singoli assegni al saldo effettivo, nonché a risarcire alla medesima il danno non patrimoniale e biologico che sarà determinato in via equitativa; in favore di (...) la somma di Euro 10.000,00.= a titolo di risarcimento del danno patrimoniale, oltre rivalutazione monetaria ed interessi legali dalle date di negoziazione dei singoli assegni al saldo effettivo, nonché a risarcire al medesimo il danno non patrimoniale e biologico che sarà determinato in via equitativa; 3. in subordine, per tutti i motivi di cui in premessa, accertare e dichiarare la responsabilità contrattuale della Banca convenuta per inadempimento degli obblighi derivanti dal contratto di negoziazione e di apertura di conto corrente bancario, nonché integrati dalla normativa vigente, anche ai sensi dell'art. 1228 c.c., e, per l'effetto, condannarla a pagare a (...) la somma di Euro 100.000,00.=, o la diversa somma che risulterà di giustizia, a titolo di risarcimento del danno patrimoniale, oltre rivalutazione monetaria ed interessi legali dalle date di negoziazione dei singoli assegni al saldo effettivo; a (...) la somma di Euro 20.000,00.=, o la diversa somma che risulterà di giustizia, a titolo di risarcimento del danno patrimoniale, oltre rivalutazione monetaria ed interessi legali dalle date di negoziazione dei singoli assegni al saldo effettivo; a (...) la somma di Euro 10.000,00.=, o la diversa somma che risulterà di giustizia, a titolo di risarcimento del danno patrimoniale, oltre rivalutazione monetaria ed interessi legali dalle date di negoziazione dei singoli assegni al saldo effettivo 4. In ogni caso con vittoria di spese, competenze ed onorari di causa e rimborso delle spese sostenute per la proceduta di mediazione obbligatoria tenutasi presso l'Organismo Abilitato presso la Camera di Commercio di Pistoia. Con comparsa di costituzione e risposta, depositata in data 12.7.2021, si costituiva in giudizio (...) s.p.a., la quale deduceva che : - gli attori avevano intrattenuto un rapporto di conoscenza di lunga data con (...), senza mai intrattenere alcun rapporto contrattuale con (...) e con (...); - l'azione proposta ex adverso doveva ritenersi prescritta, essendo decorso il termine di cinque anni tra il compimento degli investimenti dedotti e la notifica dell'atto di citazione; - (...) è totalmente estranea alle operazioni di investimento per cui è causa, riconducibili unicamente all'operatività anomala, irregolare e occulta dell'ex consulente finanziario; l'unica modalità di pagamento prevista per le prenotazioni delle obbligazioni era l'addebito sul conto corrente dell'investitore, con immissione dei relativi titoli nel dossier collegato, mentre, nel caso di specie, lo spazio di tali moduli non veniva neanche compilato con gli estremi del conto corrente; - le modalità anomale dei pretesi investimenti configurano una vera e propria gestione patrimoniale occulta, rispetto a cui (...) è rimasta del tutto estranea; - gli attori, anche dopo l'interruzione del rapporto tra la Banca e il consulente nel novembre 2015 e la radiazione nel 2017, continuavano a rivolgersi a lui; dopo avere richiesto al (...) di rientrare degli investimenti seguiti, gli attori lo incontravano, per firmare un conferimento di incarico per ottenere il risarcimento del dovuto da (...) e (...); - gli attori non si insospettivano di non avere mai ricevuto comunicazioni dalla Banca, né hanno mai richiesto chiarimenti con riferimento alle somme conferite per gli investimenti; - pertanto, ogni responsabilità della Banca andava esclusa, stante la condotta gravemente anomala dei clienti, i quali hanno prestato acquiescenza alle violazioni commesse dal consulente; - la condotta degli attori doveva essere apprezzata ai sensi dell'art. 1227 c.c., visto che gli stessi hanno favorito l'operato del R.. Pertanto, (...) s.p.a. concludeva così : NEL MERITO, IN VIA PRELIMINARE, respingere tutte le domande formulate dai signori (...), (...) e (...) in quanto prescritte, per le ragioni esposte in atti di (...); NEL MERITO, IN VIA SUBORDINATA, respingere tutte le domande formulate dai signori (...), (...) e (...), in quanto infondate, in fatto e in diritto, per le ragioni esposte inatti da (...), tenuto anche conto, occorrendo, del concorso del fatto dei signori (...), (...) e (...) stessi ex art. 1227 c.c. e della sua incidenza sul pregiudizio lamentato; NEL MERITO, IN ESTREMO SUBORDINE, per la denegata ipotesi di accoglimento, totale o parziale, delle domande formulate dai signori (...), (...) e (...) nei confronti di (...), accertare e dichiarare, ai sensi degli artt. 1299 e 2055 c.c., il diritto di regresso di (...) nei confronti del sig. (...), con conseguente condanna dello stesso a manlevare e tenere indenne (...) di ogni somma, spesa, onere che la stessa fosse condannata a pagare, a qualunque titolo, ai signori (...), (...) e P.; IN OGNI CASO, emettere ogni pronuncia o statuizione comunque connessa o dipendente dalle domande che precedono; con vittoria di spese e competenze del presente giudizio e del procedimento di mediazione, oltre spese vive, rimborso spese generali nella misura del 15%, IVA e CPA come per legge. Instaurato il contraddittorio, (...) rimaneva contumace. Concessi i termini ex art. 183 c. 6 c.p.c., istruita la causa a mezzo di prove orali, la stessa giungeva all'udienza del 22.11.2022 ove, precisate le conclusioni, veniva riservata in decisione con concessione dei termini ex art. 190 c.p.c. 2. Preliminarmente, prima di esaminare il merito delle domande formulate dagli attori, è necessario indagare la fondatezza della eccezione di prescrizione di (...). (...) s.p.a. eccepisce la prescrizione quinquennale della domanda, atteso che i fatti narrati dagli attori si sono verificati tra il 2008 e il 2015. Occorre premettere che la prescrizione del diritto al risarcimento del danno da fatto illecito decorre da quando il danneggiato, con l'uso dell'ordinaria diligenza, sia stato in grado di avere conoscenza dell'illecito, del danno e della derivazione causale dell'uno dall'altro, nonché dell'elemento soggettivo del dolo o della colpa connotante detto illecito (cfr. Cass. Civ., 21.2.2020, n. 4683). Ebbene, nel caso di specie, la stessa (...) chiarisce di avere iniziato a nutrire sospetti circa l'operato del suo promotore nel corso del 2015 e precisa che (...) veniva radiato dall'albo dei consulenti finanziari nel giugno 2017 (cfr. doc. 10 allegato all'atto di citazione). Appare, allora, del tutto coerente che gli attori, solo dopo avere avuto notizia della radiazione del promotore dall'albo, abbiano iniziato a contestare, nel luglio e nell'agosto 2018, la responsabilità dell'istituto di credito (cfr. docc. 14. 16 e 18 allegati all'atto di citazione). Solamente dopo l'intervenuta radiazione dall'albo del promotore, risalente al 2017, gli attori hanno, quindi, iniziato a nutrite sospetti sul suo operato e a richiedere informazioni alla Banca circa l'esito degli investimenti. Ne consegue che la domanda, introdotta con atto di citazione del 31.3.2021, non può, quindi, ritenersi prescritta. 3. Le domande di risarcimento del danno patrimoniale di (...) e di (...) sono fondate e, pertanto, meritano accoglimento. 3.1. (...) e (...) agiscono in giudizio affinché (...) venga condanna al risarcimento dei danni occorsigli, in relazione ai fatti avvenuti tra il 2008 e il 2014. Si osservi, preliminarmente, come gravi sugli attori/investitori l'onere della prova della illiceità della condotta del promotore, del danno sofferto per l'illecito del promotore finanziario e del nesso di causalità sussistente tra l'illecito e il danno (cfr. in questo senso Cass. Civ., 19.3.2010, n. 6708). Nel caso di specie, gli attori hanno assolto al proprio onere probatorio. 3.2. (...) deduce che, in data 14.3.2008, sottoscriveva, su modulistica (...), scheda di prenotazione di obbligazioni per l'importo di Euro 10.000,00 con la intermediazione del promotore finanziario (...) (cfr. doc. 8 del fascicolo di parte attrice); a tal fine affermava di avere consegnato al promotore assegno circolare n. 55.50.175.021-01 emesso dalla (...) per l'importo di Euro 10.000,00 (cfr. doc. 9 del fascicolo di parte attrice); in data 14.3.2014, poi, sottoscriveva, su modulistica (...), ulteriore scheda di prenotazione di obbligazioni per l'importo di Euro 10.900,00, sempre con l'intermediazione del promotore finanziario (cfr. doc. 7 del fascicolo di parte attrice). La sottoscrizione della documentazione in questione, per mezzo dell'operato dell'intermediario, risulta provata oltre che dalla prova testimoniale (il teste (...) ha confermato di avere assistito alla sottoscrizione del modulo datato 14.3.2008), anche dalla mancata presentazione del (...) all'udienza fissata per il suo interrogatorio formale. Dalla documentazione in atti, risulta, poi, che (...), il medesimo giorno della sottoscrizione della scheda di prenotazione di obbligazioni (14.3.2008), otteneva l'emissione di assegno circolare per Euro 10.000,00. Ebbene, sebbene il teste (...) chiariva di non avere assistito alla consegna di detto assegno (vedi risposta del teste al capitolo 4, io ho visto solo il foglio di prenotazione obbligazione, nel momento in cui venne consegnato l'assegno io non c'ero"), può ritenersi che la circostanza della consegna dell'assegno al (...) sia stata provata sia per presunzioni - vista la coincidenza temporale tra l'emissione dell'assegno e la sottoscrizione del modulo di prenotazione obbligazione - sia per effetto della mancata comparizione di (...) all'udienza fissata per l'interrogatorio formale. Risulta, allora, adeguatamente suffragato dagli elementi istruttori acquisiti che l'attore si accordava con il sig. (...) per la realizzazione di investimenti e che lo stesso corrispondeva, a tal fine, somme per Euro 10.000,00, prelevate dal suo conto corrente presso la (...). Essendo stato detto assegno consegnato al (...), a quest'ultimo è certamente imputabile la successiva negoziazione dello stesso, cui, però, è pacifico che non conseguiva alcun investimento in favore del sig. (...). Appare, quindi, provato che l'attore ha subìto una condotta distrattiva del proprio patrimonio posta in essere dal promotore (...). 3.3. (...), in data 19.3.2013, sottoscriveva, su modulistica (...), "scheda di prenotazione di obbligazioni" per l'importo di Euro 20.000,00, con l'intermediazione del promotore finanziario (...) (cfr. doc. 1 del fascicolo di parte attrice); il medesimo giorno veniva emesso da (...) assegno circolare n. (...) all'ordine di (...) S.A. di Euro 20.000,00, il quale veniva negoziato in data 24.4.2013 (cfr. doc. 2 del fascicolo di parte attrice). Il teste (...), presente all'incontro tra l'attrice e il promotore, confermava che (...) faceva sottoscrivere a (...) la scheda di prenotazione obbligazioni in questione, e confermava, altresì, la consegna dell'assegno circolare sopra citato (vedi risposte del teste ai capitoli 1 e 2). Risulta, allora, provato che l'attrice si accordava con il (...) per la realizzazione di investimenti e che la stessa corrispondeva, a tal fine, somme per Euro 20.000,00, prelevate dal suo conto corrente presso la (...). Essendo stato detto assegno consegnato al (...), a quest'ultimo è certamente imputabile la successiva negoziazione dell'assegno, cui, però, è pacifico che non è conseguito alcun investimento in favore della sig.ra (...). Appare, quindi, provato che l'attrice ha subìto una condotta distrattiva del proprio patrimonio posta in essere dal promotore (...). 3.4. Quanto alla responsabilità di (...) s.p.a., si ricordi che, ex art. 31 comma 3 D.Lgs. n. 58 del 1998, il soggetto abilitato che conferisce l'incarico è responsabile in solido per i danni arrecati a terzi dal consulente finanziario abilitato all'offerta fuori sede, anche se tali danni siano conseguenti a responsabilità accertata in sede penale. Principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità sul punto è che "in tema di intermediazione finanziaria, l'intermediario preponente risponde in solido del danno causato al risparmiatore dai promotori finanziari da lui indicati in tutti i casi in cui sussista un nesso di occasionalità necessaria tra il fatto del promotore e le incombenze affidategli. Tale responsabilità sussiste non solo quando detto promotore sia venuto meno ai propri doveri nell'offerta dei prodotti finanziari ordinariamente negoziati dalla società preponente, ma anche in tutti i casi in cui il suo comportamento, fonte di danno per il risparmiatore, rientri comunque nel quadro delle attività funzionali all'esercizio delle incombenze affidategli" (Cass. Civ, , 25.1.2011, n. 1741). In particolare, poi, si precisa che, ai fini della configurabilità di questo nesso di occasionalità necessaria, "non rileva che il comportamento del promotore abbia esorbitato dal limite fissato dalla società, essendo sufficiente che la sua condotta sia stata agevolata e resa possibile dall'inserimento del promotore stesso nell'attività della società d'intermediazione mobiliare e si sia realizzata nell'ambito e coerentemente alle finalità in vista delle quali l'incarico è stato conferito, in maniera tale da far apparire al terzo in buona fede che l'attività posta in essere, per la consumazione dell'illecito, rientrasse nell'incarico affidata" (Cass. Civ., 24.3.2011, n. 6829). Tale nesso di occasionalità necessaria viene meno e si esclude, quindi, la responsabilità solidale dell'intermediario per i danni arrecati ai terzi nello svolgimento delle incombenze affidate ai promotori finanziari, quando i rapporti tra promotore e investitore presentino connotati di anomalia, se non addirittura di connivenza, di collusione in funzione elusiva della disciplina legale o di consapevole e fattiva acquiescenza alle regole gravanti sul promotore (cfr. ex multis Cass. Civ., 19.3.2010, n. 6708) e incombe sull'intermediario l'onere di provare che l'illecito sia stato consapevolmente agevolato in qualche misura dall'investitore. In particolare, in tale tipo di contenzioso, bisogna chiarire, ai fini del decidere, quelli che sono i rispettivi oneri probatori. Come già precisato, all'investitore compete provare la condotta illecita del promotore, il danno subito da tale condotta e il nesso di causalità tra condotta e danno subito; prova che, nel caso di specie e come già chiarito, è stata raggiunta. Spetta, di converso, all'intermediario, se vuole liberarsi della responsabilità ex art. 31 comma 3 D.Lgs. n. 58 del 1998, fornire la prova che l'illecito sia stato agevolato dall'investitore, il quale è stato connivente con il promotore finanziario nella violazione delle regole su di esso gravanti 3.5. Il nesso di occasionalità tra la condotta di (...) e le incombenze affidategli da (...) s.p.a., appare sussistere. Va evidenziato, difatti, che il promotore finanziario ha utilizzato la modulistica dell'istituto di credito, da ciò evincendosi che lo stesso ha speso la sua qualità di promotore della Banca per facilitare la corresponsione della somma da parte della sig.ra (...) e del sig. (...). Appare, allora, evidente come l'attività illecita posta in essere dal (...) fosse strettamente correlata al suo ruolo all'interno dell'istituto di credito, così sussistendo il nesso di occasionalità necessario per l'accoglimento della domanda. 3.6. La Banca, poi, ha allegato la negligenza degli attori nel verificarsi dell'illecito. In particolare, l'istituto di credito afferma che gli attori abbiano accettato di utilizzare forme di pagamento irregolari, violando le regole contrattuali e di buon senso, nonostante fosse a conoscenza di come operasse (...) s.p.a. per avere avuto già altri rapporti con l'istituto di credito. Come osservato in premessa, è l'intermediario a dovere fornire, per liberarsi da responsabilità, la prova che l'investitore abbia agito in collusione con il promotore o che abbia, almeno, avuto un comportamento di fattiva acquiescenza alla violazione delle regole gravanti sul promotore. Sul punto, però, la giurisprudenza di legittimità precisa che non è sufficiente la mera consapevolezza da parte dell'investitore di una riconoscibile violazione di regole comportamentali ad escludere la responsabilità dell'intermediario, né è possibile far derivare tale "fattiva acquiescenza" da una ingenuità dell'investitore ingannato dal promotore, "perché la finalità di tutela del risparmiatore, ispiratrice di queste norme, risulterebbe vanificata se si accollasse al risparmiatore stesso la responsabilità per la loro violazione da parte dei promotori finanziari" (cfr. in questo Cass. Civ., 19.3.2010, n. 6708). Certamente, il promotore, nel caso di specie, ha posto in essere dei comportamenti che contrastano con le regole generali che disciplinano la propria attività, ma le conseguenze della violazione di tali regole non possono essere, automaticamente, riversate sull'investitore, alla cui tutela è diretta anche la norma di cui all'art. 31 comma 3 D.Lgs. n. 98 del 1998. L'istituto di credito convenuto, pertanto, per liberarsi da responsabilità avrebbe dovuto fornire la prova di una collusione in proprio danno, o quantomeno di una sorta di acquiescenza da parte dell'investitore alla violazione delle regole, che, in tale caso, non è stata data. Deve, più propriamente, ritenersi che gli attori si siano affidati al (...), il quale era il loro promotore finanziario da diversi anni, senza, però, che questo sia indicativo di una sua concreta collusione con lo stesso, neanche nei termini di fattiva acquiescenza alla violazione delle regole contrattuali. Né appare rilevante la circostanza, allegata dall'istituto di credito, per cui gli attori non avevano rapporti contrattuali in essere presso (...) s.p.a., nel punto in cui le responsabilità inerenti al rapporto di preposizione non sono necessariamente legate alla conclusione di un contratto di investimento e non sono solo responsabilità contrattuali, ma sono anche configurabili a titolo di responsabilità extracontrattuali (cfr. Cass. Civ., 18.4.2012, n. 12448). 3.7. Per i motivi esposti, deve riconoscersi la responsabilità di (...) s.p.a. per il fatto commesso dal promotore finanziario, dal momento che l'illecito è stato agevolato dalla posizione ricoperta da quest'ultimo nell'istituto di credito. 3.8. Pertanto, (...) s.p.a. e (...) devono essere condannati, in solido tra di loro, al pagamento in favore di (...) della somma di Euro 20.000,00, e al pagamento in favore di (...) della somma di Euro 10.000,00, oltre rivalutazione monetaria dalla data della domanda ad oggi e oltre interessi legali dalla domanda al saldo. Tali interessi vanno calcolati sulla somma annualmente rivalutata, al tasso legale dell'anno volta per volta preso in considerazione. Alla predetta somma vanno aggiunti gli interessi legali dalla sentenza al soddisfo. 4. La domanda di (...) è infondata e, pertanto, deve essere rigettata. 4.1. (...) deduce che, in data 1.7.2014, sottoscriveva, su modulistica (...), due "schede di prenotazione di obbligazioni" per l'importo di Euro 30.000,00 ciascuna, con l'intermediazione del promotore finanziario (...) (cfr. doc. 3 del fascicolo di parte attrice); il medesimo giorno venivano emessi dalla (...) i due assegni circolari (n. (...) e (...)) di Euro 30.000,00, in favore di (...) s.p.a. (cfr. doc. 5 allegato all'atto di citazione). (...), in data 27.4.2015, sottoscriveva, su modulistica (...), scheda per la sottoscrizione di azioni "(...)" per l'importo di Euro 40.000,00, con l'intermediazione del promotore finanziario (...) (cfr. doc. 4 del fascicolo di parte attrice); in data 24.2.2015 venivano emessi da (...) due assegni circolari (n. (...) e n. (...)) di Euro 20.000,00 ciascuno, in favore di (...) s.p.a. (cfr. doc. 6 del fascicolo di parte attrice). La teste (...) confermava che il sig. (...) sottoscriveva la modulistica in questione e consegnava gli assegni circolari al promotore. 4.2. Quanto alla domanda formulata da (...) appare dirimente la mancanza di prova che gli assegni circolari in questione siano stati incassati. A ben vedere, i due assegni circolari n. (...) e n. (...) di Euro 30.000,00 ciascuno non sono stati prodotti in atti, essendo stata prodotta solamente la prova della emissione di detti assegni (cfr. doc. 5 allegato all'atto di citazione) e apparendo mancare la prova del loro effettivo incasso. Lo stesso dicasi quanto agli assegni circolari n. (...) e n. (...) emessi da (...) per Euro 20.000,00 ciascuno, di cui è stata versata in atti esclusivamente una "copia per il richiedente" del fronte dell'assegno, mancante di qualsivoglia attestazione circa il loro incasso (cfr. doc. 6 allegato all'atto di citazione). Pertanto, quanto alla posizione di (...), deve ritenersi mancante la prova che gli importi di cui agli assegni citati siano effettivamente entrati nella sfera patrimoniale di (...), con conseguente assenza di prova di uno degli elementi costitutivi della domanda risarcitoria. 4.3. Pertanto, la domanda di (...) deve essere rigettata. 5. Occorre precisare, quanto al rigetto della domanda sub (...), che le lacune probatorie riscontrate non potevano essere colmate dagli ordini di esibizione richiesti in sede di memoria ex art. 183 c. 6 n. 2 c.p.c., atteso che, come noto, l'ordine di esibizione non può essere utilizzato per ricercare la prova che la parte è tenuta a fornire, né può avere finalità meramente esplorative. 6. Deve, altresì, essere rigettata la domanda, formulata da tutti gli attori, di risarcimento del danno non patrimoniale patito, essendo la stessa priva di adeguati supporti probatori e di idonee allegazioni. 7. Deve, poi, essere accolta la domanda di manleva della Banca. Il danno subito dagli attori (...) e (...), difatti, è conseguenza della condotta illecita del promotore e, pertanto, (...) deve essere condannato a tenere indenne la (...) s.p.a. di quanto quest'ultima fosse costretta a pagare agli stessi. 8. Le spese di lite tra (...)/(...) e (...) s.p.a. sono compensate per un terzo, tenuto conto del rigetto della domanda sub (...); per i residui due terzi sono poste, secondo soccombenza, a carico di (...) s.p.a. e (...), in solido tra di loro, e sono liquidate secondo i parametri di cui al D.M. n. 55 del 2014, così come aggiornato dal D.M. n. 147 del 2022, giudizi di cognizione innanzi al Tribunale, scaglione da Euro 26.001,00 a Euro 52.000,00 (valore delle domande Euro 30.000,00), parametri medi per tutte le fasi di giudizio. Le spese di lite di (...) s.p.a. sono poste, secondo soccombenza, a carico di (...) e (...), in solido tra di loro, e sono liquidate secondo i parametri di cui al D.M. n. 55 del 2014, così come aggiornato dal D.M. n. 147 del 2022, giudizi di cognizione innanzi al Tribunale, scaglione da Euro 52.001,00 a Euro 260.000,00 (valore della domanda Euro 100.000,00), parametri medi per tutte le fasi di giudizio; le stesse sono, comunque, contenute entro i limiti della nota spese depositata dai legali di (...). P.Q.M. Il Tribunale di Pistoia, Sezione Civile, in persona del giudice monocratico dott. Nicola Latour, pronunciando definitivamente, ogni contraria istanza, eccezione e deduzione disattesa, così provvede: 1) accoglie la domanda di risarcimento del danno patrimoniale di (...) e, per l'effetto, condanna (...) s.p.a. e (...), in solido tra di loro, al pagamento in favore di (...) della somma di Euro 20.000,00 oltre rivalutazione monetaria e interessi come indicato in motivazione; 2) accoglie la domanda di risarcimento del danno patrimoniale di (...) e, per l'effetto, condanna (...) s.p.a. e (...), in solido tra di loro, al pagamento in favore di (...) della somma di Euro 10.000,00 oltre rivalutazione monetaria e interessi come indicato in motivazione; 3) rigetta le domande di (...); 4) rigetta le domande di risarcimento del danno non patrimoniale di tutti gli attori; 5) condanna (...) s.p.a. e (...), in solido tra di loro, alla refusione di due terzi (2/3) delle spese di lite in favore di (...) e (...), in solido tra di loro, liquidate in Euro 387,19 (2/3) per esborsi ed Euro 5.077,33 (2/3) per compensi di avvocato, oltre rimborso spese generali, iva e cpa come per legge; 6) condanna (...) e (...), in solido tra di loro, alla refusione delle spese di lite in favore di (...) s.p.a., liquidate in Euro 13.430,00 per compensi di avvocato, oltre rimborso spese generali, iva e cpa come per legge; 7) condanna (...) a tenere indenne (...) s.p.a. di quanto quest'ultima dovrà corrispondere a (...) e (...) per effetto dei capi 1), 2) e 5) del dispositivo. Così deciso in Pistoia il 16 febbraio 2023. Depositata in Cancelleria il 17 febbraio 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE DI PISTOIA Nella persona del giudice unico Dott.ssa Elena Piccinni ha pronunciato la seguente SENTENZA nel procedimento civile n. 2486/2021 R.G.A.C. vertente tra (...) E (...) S.A.S. (p.iva (...)), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avv. El.To. del Foro di Pistoia, ed elettivamente domiciliata presso il suo studio in Pistoia, Via (...), giusta procura in atti; - parte attrice - e (...) S.R.L. (p.iva (...)), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avv. Fi.To. del Foro di Pistoia, ed elettivamente domiciliata presso il suo studio in Quarrata, Piazza (...), giusta procura in atti; - parte convenuta- con la chiamata in causa di A.. (...) (C.F. (...) ), rappresentato e difeso dall'avv. Ad.Ag. del Foro di Pistoia ed elettivamente domiciliato presso il suo studio in Pistoia, Via (...), giusta procura in atti; - parte chiamata - In punto: appalto. RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE Posizione delle parti Attivata senza esito positivo la procedura di negoziazione assistita, con ricorso ex art. 702 bis c.p.c. la società (...) e (...) S.a.s. ha adito l'intestato Tribunale affinché, accertata la sussistenza dei vizi e dei difetti delle opere relative alla strada di accesso al compendio immobiliare sito in (...), Loc. S., Via della L. n. 3, come già emersi anche all'esito della c.t.u. espletata nel procedimento di a.t.p. ex art. 696 bis c.p.c. radicato avanti al Tribunale di Pistoia n. 1962/2020 R.G., nonché l'addebitabilità degli stessi alla società appaltatrice Quarrata (...) s.r.l., quest'ultima venisse condannata al pagamento in favore della ricorrente della somma complessiva di Euro 38.515,39 oltre interessi, a titolo di risarcimento dei danni patrimoniali e non e/o a titolo di restituzione. In particolare, la società ricorrente ha allegato: - di essere proprietaria di due unità immobiliari che formano un più ampio compendio sito in località S. (P.), Via della L. n. 3, rappresentato al Catasto Fabbricati del Comune di Pistoia al Foglio (...), particella (...), sub (...) e sub (...); trattasi di un'antica villa di particolare pregio e interesse storico e artistico tutelata dalla Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici per le province di (...), (...) e (...); - di essersi rivolta alla società Quarrata (...) S.r.l., specializzata nel settore, per avere una consulenza circa le opere da realizzare sull'unica strada di accesso a detto compendio nonché un preventivo in merito ai lavori da eseguire, quest'ultimo trasmesso in data 05/06/2017 a seguito di vari sopralluoghi cui avevano partecipato il socio della resistente sig. (...) e il tecnico incaricato dalla Quarrata (...) S.r.l., geom. (...); - dunque, di avere accettato detto preventivo e pertanto di aver incaricato il proprio tecnico, arch. (...), di procedere con la richiesta dei permessi necessari presso le competenti autorità comunali per l'occupazione del suolo pubblico, unico incombente rimasto ad esclusivo carico della proprietà; - che la società resistente aveva realizzato le opere di cui al preventivo dietro versamento da parte della società (...) e (...) s.a.s. della complessiva somma di Euro 11.346,00 a titolo di corrispettivo; - che, tuttavia, già dopo poco tempo dal termine dei lavori, la strada aveva presentato dei problemi quali la comparsa di avvallamenti e buche, che la stessa società Quarrata (...) S.r.l. si era impegnata ad eliminare, tuttavia con interventi di ripristino anch'essi insoddisfacenti e non risolutivi; - a fronte dell'esito negativo del tentativo di addivenire ad una composizione bonaria della lite, di aver quindi radicato avanti al Tribunale di Pistoia il procedimento di a.t.p. ex art. 696 bis c.p.c. n. 1962/2020 R.G., nell'ambito del quale il nominato c.t.u. ing. (...) aveva accertato che la strada era priva del materiale superficiale di cui al trattamento in preventivo e l'effettiva presenza di diffuse buche ed avvallamenti, anche per lunghi tratti, con alcune zone ove sono stati eseguiti degli interventi di ripristino individuabili da "toppe", dunque giungendo alla conclusione che l'opera non fosse stata eseguita a regola d'arte, quantificando altresì i danni patiti dalla ricorrente nei costi sostenuti; - che, pertanto, sarebbe evidente la responsabilità della società appaltatrice per i danni patiti dalla ricorrente per l'esecuzione delle opere sulla strada non a regola d'arte, quantificati in complessivi Euro 38.515,39 di cui Euro 11.346,00 a titolo di costi sostenuti per l'opera, Euro 10.000,00 a titolo di lucro cessante per non aver potuto mettere a reddito l'immobile, Euro 5.010,00 quale spesa di ripulitura della strada, Euro 6.724,64 a titolo di costi sostenuti per la perizia stragiudiziale e l'assistenza nell'a.t.p. da parte del prof. Ing. (...), Euro 1.798,72 quale compenso del c.t.u. ing. (...), Euro 3.026,07 quali spese legali sostenute nel procedimento di a.t.p., Euro 609,96 per spese di attivazione della procedura di negoziazione assistita. Tanto premesso e considerato, la società (...) e (...) S.a.s. ha insistito per l'accoglimento delle rassegnate conclusioni, previa acquisizione del fascicolo del procedimento di a.t.p. n. 1962/2020 R.G.-. Con comparsa di costituzione e risposta depositata in data 19-22/11/2021 si è costituita in giudizio la società Quarrata (...) S.r.l. contestando tutto quanto ex adverso dedotto ed argomentato, eccependo la propria carenza di legittimazione passiva avendo coperto il ruolo di mera esecutrice dei lavori prospettati e richiesti dalla committente, eccependo in via preliminare la prescrizione del diritto della ricorrente al risarcimento dei danni ex art. 1667 c.c., nel merito insistendo per il rigetto del ricorso in quanto infondato in fatto e in diritto, previa autorizzazione alla chiamata in causa dell'arch. (...) nei cui confronti ha spiegato domanda subordinata risarcitoria nonché previo mutamento del rito da sommario a ordinario di cognizione. Autorizzata la chiamata in causa del terzo, con comparsa di costituzione e risposta depositata in data 20/01/2022 si è costituito in giudizio l'arch. (...), eccependo la propria carenza di legittimazione passiva, contestando tutto quanto dedotto ed argomentato dalla società resistente e in particolare la sussistenza di profili di responsabilità a suo carico, dunque insistendo nel merito per il rigetto della domanda risarcitoria formulata nei suoi confronti in quanto infondata in fatto e in diritto. Celebrata la prima udienza di comparizione delle parti e disposto il mutamento del rito da sommario ad ordinario di cognizione, il Giudice ha concesso alle parti i termini ex art. 183 comma 6 c.p.c. -. La causa è stata istruita documentalmente, anche mediante acquisizione del fascicolo del procedimento di a.t.p. -. Dunque, il Giudice, ritenuta la causa matura per la decisione, ha fissato udienza di precisazione delle conclusioni all'esito della quale ha trattenuto la causa in decisione, assegnando alle parti i termini ex art. 190 c.p.c. per il deposito di comparse conclusionali e memorie di replica. Nel merito Anzitutto, preso atto delle eccezioni di carenza di legittimazione passiva sollevate sia dalla società convenuta sia dal terzo chiamato, il Tribunale rammenta che la legitimatio ad causam, attiva e passiva, è la condizione dell'azione necessaria al fine di ottenere dal giudice una decisione di merito, favorevole o contraria: essa, però, non deve essere confusa con la titolarità attiva o passiva del rapporto dedotta in giudizio, rilevante per una decisione rispettivamente favorevole o contraria della controversia. La sussistenza o meno della legittimazione ad causam deve essere verificata dal giudice soltanto sulla base di quanto esposto dalle parti, indipendentemente dalla prova della titolarità attiva o passiva del rapporto dedotto. La legittimazione ad agire o a resistere, la cui sussistenza può essere accertata in ogni stato e grado del procedimento, con il solo limite del giudicato, dev'essere - in particolare - verificata sulla sola base delle allegazioni delle parti. Il diverso profilo della titolarità del rapporto controverso, invece, attiene al successivo momento della prova della fondatezza della domanda, che ciascuna delle parti è onerata di assolvere, dovendosi, sul punto, affermare che la contestazione della titolarità attiva o passiva del rapporto controverso non è un'eccezione, ma una mera difesa. Nel caso di specie, le difese svolte dalla società (...) S.r.l. e dall'arch. (...) non tanto riguardano la propria legittimazione ad causam quanto piuttosto la contestazione della propria titolarità passiva del rapporto rispettivamente controverso. Tale considerazione porta altresì al rigetto dell'istanza dell'arch. (...) di estromissione dal presente giudizio, superflua la considerazione che l'ipotesi in commento nemmeno rientra tra quelle espressamente previste dagli artt. 108 e 109 c.p.c. -. Sulla domanda della società attrice La domanda attorea di condanna della società (...) S.r.l. al risarcimento dei danni patiti a fronte dell'esecuzione delle opere relative alla strada di accesso al compendio immobiliare sito in (...), Loc. S., Via della L. n. 3 non regola dell'arte è fondata e dunque merita accoglimento, seppur nei limiti di seguito indicati. Anzitutto, va disattesa l'eccezione preliminare di prescrizione del diritto dell'attrice al risarcimento del danno ex art. 1667 c.c., sulla base della dirimente considerazione che gli incontestati e pacifici (ex art. 115 c.p.c.), nonché documentati, interventi di ripristino della strada posti in essere dalla convenuta integrano ex se implicito riconoscimento dell'esistenza stessa di tali vizi e dunque gli estremi di una obbligazione nuova, rispetto quella originaria di garanzia, svincolata dai termini di decadenza e di prescrizione di cui all'art. 1667 c.c., e, dunque, soggetta all'ordinario termine prescrizionale di dieci anni (ex multis: Cass. 10364/1997; Cass. 1320/2001; Cass. 8026/2004; Cass. 19560/2009). Tanto precisato, in generale il Tribunale osserva che in tema di inadempimento del contratto di appalto, oltre alle disposizioni speciali dettate dal Legislatore in tema di disciplina della garanzia per le difformità ed i vizi dell'opera, assoggettata ai ristretti termini decadenziali di cui all'art. 1667 c.c., trovano comunque applicazione le disposizioni generali in tema di adempimento del contratto con prestazioni corrispettive, le quali prevedono che se il committente agisce per l'accertamento degli errori compiuti da parte dell'appaltatore, questi deve provare di aver esattamente adempiuto la propria obbligazione e, quindi, di aver eseguito l'opera conformemente al contratto e alle regole dell'arte (cfr. Cass. 20 gennaio 2010, n. 936. A ciò si aggiunga che l'art. 1668 c.c., nell'enunciare il contenuto della garanzia prevista dall'art. 1667 c.c., attribuisce al committente, oltre all'azione per l'eliminazione dei vizi dell'opera a spese dell'appaltatore o di riduzione del prezzo, anche quella di risoluzione del contratto, salvo il risarcimento del danno in caso di colpa dell'appaltatore (cfr. Cass. 30 ottobre 2009, n. 23075 e, più recentemente, Cass. 18 febbraio 2016, n. 3199). È opportuno, altresì, evidenziare che l'art. 1668 comma 1 c.c. si interpreta nel senso che l'appaltatore ha l'obbligo di eseguire gli interventi di correzione e di riparazione dell'opera senza diritto ad alcun ulteriore compenso, salva la possibilità, per il committente, in caso di rifiuto del primo, di avvalersi del procedimento per l'esecuzione forzata degli obblighi di fare e non anche che i vizi debbono necessariamente essere eliminati da un terzo, ponendosi a carico dell'appaltatore il solo rimborso delle spese (Cass. 16 settembre 2014, n. 19482). Inoltre, va segnalato che il committente, qualora esperisca i rimedi riparatori di cui all'art. 1668 comma 1 c.c., deve conseguire la medesima utilità economica che avrebbe ottenuto se l'inadempimento dell'appaltatore non si fosse verificato, la cui determinazione va commisurata - nei limiti del valore dell'opera o del servizio - al quantum necessario per l'eliminazione dei vizi e delle difformità ovvero al quantum monetario per cui gli stessi vizi e difformità incidono sull'ammontare del corrispettivo in denaro pattuito e non può tradursi nell'acquisizione di una utilità economica eccedente (Cass. 2 marzo 2015, n. 4161). La giurisprudenza di legittimità (Cass. 6 novembre 2012, n. 19103) ha, peraltro, statuito che il risarcimento del danno in caso di vizi dell'opera appaltata, rimedio alternativo ed autonomo rispetto alle tutele (riduzione del prezzo e risoluzione) approntate a favore del committente dall'art. 1668 c.c., e normalmente consistente nel ristoro delle spese sopportate dall'appaltante per provvedere, a cura di terzi, ai lavori ripristinatori, deve essere raccordato con la particolare natura dell'opus commissionato. Ne consegue che, se l'oggetto dell'appalto è costituito dalla realizzazione di una res, gli interventi emendativi si rapportano all'opera come sarebbe dovuta risultare, ove realizzata a regola d'arte; mentre, se oggetto dell'appalto sia l'esecuzione di un'attività sul bene del committente, alla luce dei medesimi criteri di proporzionalità tra oggetto dell'appalto e danno, il risarcimento non può concretarsi in un radicale intervento di ripristino della cosa, facendo altrimenti conseguire al danneggiato una res qualitativamente migliore rispetto a quella anteriore, nella quale pure l'originario oggetto dell'appalto viene ricompreso. Inoltre, sempre da un punto di vista generale bisogna porre in risalto che, con riguardo alla garanzia per difformità e vizi nell'appalto, l'accettazione dell'opera segna il discrimine ai fini della distribuzione dell'onere della prova, nel senso che, fino a quando l'opera non sia stata espressamente o tacitamente accettata, al committente è sufficiente la mera allegazione dell'esistenza dei vizi, gravando sull'appaltatore l'onere di provare di aver eseguito l'opera conformemente al contratto e alle regole dell'arte, mentre, una volta che l'opera sia stata positivamente verificata, anche per facta concludentia, spetta al committente, che l'ha accettata e che ne ha la disponibilità fisica e giuridica, dimostrare l'esistenza dei vizi e delle conseguenze dannose lamentate, giacché l'art. 1667 c.c. indica nel medesimo committente la parte gravata dall'onere della prova di tempestiva denuncia dei vizi ed essendo questo risultato ermeneutico in sintonia col principio della vicinanza al fatto oggetto di prova (Cass. 8 agosto 2013, n. 19146). Peraltro, sempre in tema di appalto, secondo la Suprema Corte, "In tema di appalto, qualora il committente, rilevata l'esistenza di vizi nell'opera, non ne pretenda l'eliminazione diretta da parte dell'esecutore del lavoro, chiedendo, invece, il risarcimento del danno per l'inesatto adempimento, il credito dell'appaltatore per il corrispettivo permane invariato" (ex multis, Cass., Sez. 2, Sentenza n. 6009 del 17/04/2012). Peraltro, riguardo alla responsabilità dell'appaltatore in relazione ai danni causati da errori progettuali la Suprema Corte afferma che "In tema di appalto la circostanza che l'appaltatore esegua l'opera su progetto del committente o fornito dal committente non lo degrada, per ciò solo, al rango di nudus minister poiché la fase progettuale non interferisce nel contratto e non ne compone la struttura sinallagmatica, esulando dagli obblighi delle rispettive parti. Ne consegue che l'appaltatore è tenuto non solo ad eseguire a regola d'arte il progetto, ma anche a controllare, con la diligenza richiesta dal caso concreto e nei limiti delle cognizioni tecniche da lui esigibili, la congruità e la completezza del progetto stesso e della direzione dei lavori, segnalando al committente, anche nel caso di ingerenza di costui, gli eventuali errori riscontrati, quando l'errore progettuale consiste nella mancata previsione di accorgimenti e componenti necessari per rendere il prodotto tecnicamente valido e idoneo a soddisfare le esigenze del committente" (cfr. Cass. n. 6754/2003, Tribunale Milano sez. VII, 26/07/2018, n.8377). Infine, riguardo alla distinzione tra verifica, collaudo ed accettazione dell'opera, la Suprema Corte ha condivisibilmente affermato che "In tema di appalto, l'art. 1665 cod. civ., pur non enunciando la nozione di accettazione tacita dell'opera, indica i fatti e i comportamenti dai quali deve presumersi la sussistenza dell'accettazione da parte del committente e, in particolare, al quarto comma prevede come presupposto dell'accettazione (da qualificare come tacita) la consegna dell'opera al committente (alla quale è parificabile l'immissione nel possesso) e come fatto concludente la "ricezione senza riserve" da parte di quest'ultimo anche se "non si sia proceduto alla verifica". Bisogna, però, distinguere tra atto di "consegna" e atto di "accettazione" dell'opera: la consegna costituisce un atto puramente materiale che si compie mediante la messa a disposizione del bene a favore del committente, mentre l'accettazione esige, al contrario, che il committente esprima (anche "per facta concludentia") il gradimento dell'opera stessa, con conseguente manifestazione negoziale la quale comporta effetti ben determinati, quali l'esonero dell'appaltatore da ogni responsabilità per i vizi e le difformità dell'opera ed il conseguente suo diritto al pagamento del prezzo" (Cass. 15711/2013). Ciò premesso, nel caso di specie è documentale e fatto pacifico che la società (...) e (...) S.a.s., quale committente, e la società (...) S.r.l., quale appaltatrice, hanno concluso nel mese di giugno 2017 il contratto di appalto avente ad oggetto i lavori di rifacimento del manto della strada di Via della L., meglio dettagliati nel preventivo "per lavori di stabilizzazione ecologica con trattamento denominato Strade L. della pavimentazione esistente di Vs. proprietà a Sarripoli, Pistoia" n. 35.2017 datato 05/06/2017, al costo di Euro 9.300,00 oltre Iva, e così di Euro 11.346,00 (doc. 16 di parte convenuta). Non risulta in alcun modo dimostrato che tale soluzione tecnica sia stata imposta dalla committenza e che l'appaltatrice si sia limitata al ruolo di mera esecutrice materiale dei lavori, anche considerata la particolare specializzazione della società (...) S.r.l. nella realizzazione di strade, come profusamente evidenziato dalla stessa convenuta nel proprio atto introduttivo. In particolare, i contraenti si sono accordati per: a) la sistemazione del sottofondo stradale eseguito con escavatore idraulico per la spianatura dei cumoli di ghiaia e terra posti al centro ed ai bordi della strada, con la spianatura del materiale di risulta sul posto; b) l'esecuzione di stabilizzazione della strada, eseguita tramite fresatura del sottofondo esistente e miscelazione in loco, tramite macchina operatrice appositamente dedicata, dei componenti di trattamento denominato (...) (acqua, legante idraulico e stabilizzanti ecologici a base di polveri di silicati non tossici) con il materiale esistente per uno spessore di circa cm. 15/20 e una larghezza di circa m. 2,90; c) la successiva stesa, livellamento e compattazione della miscela ottenuta con idoneo rullo compressore. Detti lavori sono stati ultimati nell'estate 2017, entro i termini concordati, e il relativo corrispettivo è stato integralmente versato mediante due bonifici bancari, l'uno disposto in data 30/06/2017 di Euro 4.880,00 e l'altro disposto in data 30/09/2017 di Euro 6.466,00 (doc. 5 fascicolo a.t.p.). Ciò che lamenta la committente è l'esecuzione di tali lavori non a regola dell'arte, dal momento che già dopo poco tempo dalla loro ultimazione, sono comparsi avvallamenti e buche. La presenza di tali avvallamenti e buche a breve distanza temporale dall'ultimazione dei lavori è fatto pacifico. Invece, la società (...) S.r.l. afferma la correttezza dell'intervento realizzato secondo le specifiche modalità convenute, dovendosi imputare i vizi riscontrati dall'attrice alle conseguenze dell'azione erosiva delle acque meteoriche non regimate e provenienti dai fondi superiori lungo la linea di pendenza della carrareccia, in assenza di un intervento strutturale di raccolta e smaltimento a valle delle acque piovane. Orbene, il Tribunale in via dirimente prende atto della oggettiva difficoltà riscontrata dal c.t.u. ing. (...) nel procedimento di a.t.p. n. 1962/2020 R.G. nel fornire la risposta ai quesiti peritali, alla luce del fatto che, come si legge in perizia, all'epoca del sopralluogo (04/12/2020) non vi era più traccia dell'intervento eseguito dalla società convenuta (per stessa ammissione della società (...) S.r.l. rimosso in data 15/12/2018 allorquando il percorso veniva riportato al suo stato originario, grattando interamente il sottofondo e asportando del tutto il precedente trattamento (...), nonché riportando dello stabilizzato di cava e realizzando taluni sciacqui naturali trasversali). Il c.t.u., infatti, nel corpo dell'elaborato peritale si limita a formulare mere ipotesi congetturali sui fatti di causa, pur tuttavia concludendo che "pur avendo esaminato con attenzione i documenti in atti ed i luoghi del contendere, ad oggi il sottoscritto non ha nessun elemento che gli consenta di analizzare quanto posto in opera dall'impresa, e successivamente rimosso, poiché in atti non vi documentazione fotografica o altro utile alla disamina. Pertanto ad oggi non vi è alcuna opera residua che possa contribuire al riconoscimento di un valore parziale" (pag. 15 della perizia). Di conseguenza, applicate le regole del riparto dell'onere probatorio sopra esposte, deve ritenersi indimostrata la tesi difensiva di parte convenuta fondata sull'assunto di aver eseguito le opere commissionatele secondo le regole dell'arte. All'uopo, del tutto prive di riscontro probatorio sono rimaste anche le deduzioni della società (...) S.r.l. circa la natura novativa dell'(asserito) accordo relativo al ripristino dello stato dei luoghi, evidenziati gli elementi costitutivi dell'istituto come previsti dall'art. 1230 c.c. - inidonei allo scopo i capitoli di prova formulati per l'interrogatorio formale (capp. A3 e B5) e i testimoni (cap. 3) -. Tanto accertato in punto di an debeatur, in ordine al quantum debeatur il Tribunale rileva quanto segue: - rappresenta certamente una voce di danno emergente quella relativa ai costi documentati e sostenuti dalla società attrice per l'intervento di ripristino del manto stradale di Via della L., tuttavia ad oggi ancora tutto da realizzare, per complessivi Euro 11.346,00-; - di contro non è stata data prova della voce di danno da lucro cessante quantificato in Euro 10.000,00-, dato dalla asserita impossibilità di mettere a reddito l'immobile, dal momento che l'attrice non ha fornito alcuna prova della concreta perdita di occasioni di guadagno; - del pari, non è data prova della riferibilità causale all'inadempimento imputabile alla società convenuta dei costi sostenuti dall'attrice per complessivi Euro 5.010,00 per la manutenzione ordinaria della strada risalente agli anni 2020 e 2021 (doc. 6 di parte attrice); - invece, rappresenta voce di danno emergente (Cass. n. 16990 del 10.07.2017) quella relativa ai costi sostenuti dalla società attrice per l'attivazione della procedura di negoziazione assistita pari ad Euro 609,96 (doc. 9 di parte attrice). In conclusione, la società (...) S.r.l. va condannata al pagamento in favore della società attrice, a titolo di risarcimento dei danni, della somma complessiva di Euro 11.955,96 oltre interessi di legge dalla notifica del ricorso per a.t.p. (10/09/2020) al saldo effettivo. Sulla domanda riconvenzionale della società convenuta La domanda riconvenzionale risarcitoria formulata dalla società (...) S.r.l. nei confronti dell'arch. (...) è infondata e pertanto va rigettata per i motivi che seguono. Come già più sopra riscontrato, la società (...) e (...) S.a.s. e la società (...) S.r.l. hanno stipulato un contratto di appalto avente ad oggetto l'esecuzione delle opere di cui al preventivo accettato dalla committente n. 35/2017 del 05/06/2017, rimanendo a carico della odierna attrice unicamente l'attività volta ad ottenere i necessari permessi e/o ordinanze per la chiusura o regolazione del traffico stradale al fine di una corretta esecuzione dei lavori (doc. 16 fascicolo a.t.p.). Dalla documentazione in atti (valorizzati in tal senso anche i preventivi del 20/12/2016, del 03/01/2017 e del 18/06/2018 nonché i documenti relativi al particolare procedimento denominato "strade latine" di cui è specialista la società convenuta) emerge chiaramente come la soluzione tecnica per il rifacimento della strada bianca di Via della L. è stata direttamente proposta dalla società convenuta, per sua stessa ammissione specializzata proprio nella costruzione di strade, dopo l'accettazione da parte dell'attrice del preventivo n. 35.2017; di contro, non risulta dimostrato che tale soluzione sia stata specificamente richiesta dalla committenza né è emerso esservi stato alcun supporto professionale ed ufficiale da parte di un tecnico terzo, e nella specie dell'arch. (...), né nella fase progettuale (progettista) né nella fase esecutiva dell'opera (direttore dei lavori). Di tale circostanza, infatti, parte convenuta non ha offerto alcun elemento di prova nemmeno documentale, risultando del tutto irrilevanti, per come formulati, i capitoli di prova dell'interrogatorio formale dell'arch. (...) e della testimonianza articolati dalla società (...) S.r.l. - viene chiesto al terzo chiamato e al testimone di confermare la mera circostanza, peraltro del tutto generica, che l'arch. (...) fosse stato incaricato dalla società (...) e (...) S.a.s., quale tecnico di fiducia, di "assisterla professionalmente" nell'appalto privato oggetto di causa nonché di confermare la mera circostanza della frequente presenza in cantiere dell'arch. (...), peraltro del tutto ininfluente senza la prova a monte della qualifica professionale ufficiale rivestita dal terzo chiamato nella progettazione ovvero nella realizzazione delle opere appaltate nonché della specifica circostanza (esclusa da quelle indicate nei capitoli di prova formulati) che l'arch. (...) avesse in concreto dato stringenti indicazioni e direttive circa le opere da realizzare e le modalità di perfezionamento delle stesse -. L'unico fatto pacificamente emerso è che l'arch. (...) abbia curato le incombenze relative all'occupazione del suolo pubblico. Sulle spese di lite Le spese di lite seguono la soccombenza. Quanto alle spese del procedimento di accertamento tecnico preventivo, le stesse sono poste a carico della società convenuta e liquidate secondo la nota spese in atti dell'avv. Toni (doc. 5 di parte attrice) in quanto inferiori a quanto il Tribunale avrebbe liquidato secondo i parametri medi di cui al D.M. n. 55 del 2014, come modificato dal D.M. n. 37 del 2018, procedimenti di istruzione preventiva, tenuto conto del criterio del decisum (Euro 11.955,96). Le spese di consulenza tecnica di parte attrice sono poste a carico della convenuta, ma vengono ridotte, quanto all'importo richiesto nella fattura n. (...), ai sensi dell'art. 92 c.p.c. nella misura pari al compenso liquidato al c.t.u. di Euro 1.798,72 oltre Iva così per complessivi Euro 2.194,44-, perché di importo sensibilmente superiore a quanto liquidato quale compenso al nominato c.t.u. (doc. 4 di parte attrice); le stesse sono liquidate nella voce esborsi. Le spese di consulenza tecnica d'ufficio sono poste definitivamente a carico della società (...) S.r.l. con conseguente condanna di quest'ultima a corrispondere all'attrice la somma versata al c.t.u. per Euro 1.874,66 (doc. 3 di parte attrice), oltre interessi di legge dalla data degli esborsi al saldo. Quanto al presente giudizio di merito, nel rapporto processuale attrice e convenuta esse vengono poste a carico della seconda e liquidate secondo i parametri medi di cui al D.M. n. 55 del 2014 come modificato dal D.M. n. 37 del 2018 e poi dal D.M. n. 147 del 2022 tenuto conto del criterio del decisum (Euro 11.955,96) ridotto del 50% il compenso per la fase istruttoria in quanto dopo il deposito delle memorie ex art. 183 comma 6 c.p.c. non è seguita altra attività di tale natura. Nel rapporto processuale convenuta e terza chiamata le stesse vengono poste a carico della prima e liquidate secondo i parametri medi di cui al D.M. n. 55 del 2014 come modificato dal D.M. n. 37 del 2018 e poi dal D.M. n. 147 del 2022 tenuto conto del valore dichiarato della causa (Euro 38.515,39) ridotto del 50% il compenso per la fase istruttoria in quanto dopo il deposito delle memorie ex art. 183 comma 6 c.p.c. non è seguita altra attività di tale natura. P.Q.M. Il Tribunale di Pistoia, definitivamente pronunziando nella presente vertenza, ogni diversa istanza ed eccezione reietta, così decide: in parziale accoglimento della domanda attore, condanna (...) S.r.l. al pagamento in favore della società attrice, a titolo di risarcimento dei danni, della somma complessiva di Euro 11.955,96 oltre interessi di legge dalla notifica del ricorso per a.t.p. (10/09/2020) al saldo effettivo; condanna (...) S.r.l. alla refusione delle spese di lite in favore di (...) e (...) S.a.s. che si liquidano come di seguito: - per il procedimento di a.t.p. in Euro 2.221,66 per compensi professionali, Euro 2.357,41 per anticipazioni, oltre il 15% spese generali, CPA e IVA come per legge; - per il presente giudizio di merito in Euro 4.237,00 per compensi professionali, Euro 545,00 per anticipazioni, oltre il 15% spese generali, CPA e IVA come per legge; pone le spese di c.t.u. ing. (...) a definitivo carico della società (...) S.r.l. con conseguente condanna di quest'ultima a corrispondere alla società attrice la somma di Euro 1.874,66 oltre interessi di legge dalla data degli esborsi al saldo; rigetta la domanda riconvenzionale proposta dalla convenuta nei confronti dell'arch. (...); condanna (...) S.r.l. alla refusione delle spese di lite in favore dell'arch. (...) liquidate in Euro 6.713,00 per compensi professionali, oltre il 15% spese generali, CPA e IVA come per legge. Così deciso in Pistoia il 9 febbraio 2023. Depositata in Cancelleria il 9 febbraio 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI PISTOIA Il Tribunale, nella persona del giudice unico Dott.ssa Elena Piccinni ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile iscritta al n. 2094/2021 R.G.A.C. promossa da: (...) (C.F. (...)), (...) (C.F. (...)), entrambi rappresentati e difesi dall'avv. Al.Le. del Foro di Pistoia ed elettivamente domiciliati presso il suo studio in Montecatini Terme, Via (...), giusta procura in atti; - parte opponente - contro (...) - (...) SOC. COOP.VA (p.iva (...)), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avv. Se.Ma. e dall'avv. Lo.Ma. del Foro di Pistoia ed elettivamente domiciliata presso il loro studio in Pistoia, Via (...), giusta procura in atti; - parte opposta - e (...) S.R.L. (p.iva (...)), e per essa la mandataria (...) S.P.A. (c.f. (...)), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dal prof. avv. Gi.Po. del Foro di Firenze ed elettivamente domiciliata presso il suo studio in Firenze, Viale (...), giusta procura in atti; - parte opposta - nonché (...) S.R.L. (p.iva (...)), in persona del legale rappresentante pro tempore, nessuno; AGENZIA DELLE ENTRATE - RISCOSSIONE (c.f. (...)), in persona del legale rappresentante pro tempore, nessuno; - parti opposte contumaci - In punto: opposizione all'esecuzione ex art. 615 comma 2 c.p.c.; contratti bancari. Causa trattenuta in decisione all'udienza del 18/10/2022 sulle seguenti RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE Posizione delle parti I sig.ri (...) e (...) adivano il G.E. dell'intestato Tribunale al fine di sentire accogliere le seguenti conclusioni: "Voglia l'Ill.mo Giudice adito accertare e dichiarare, ai sensi dell'art. 615 e ss c.p.c., per tutte le ragioni esposte: -in via preliminare ed in tesi, l'inidoneità dei mutui azionati a costituire valido titolo esecutivo ex art. 474 c.p.c., non documentando l'immediato ed incondizionato trasferimento della disponibilità giuridica delle somme mutuate in capo ai mutuatari; -in via subordinata, nel merito, l'usurarietà e/o indeterminatezza delle condizioni economiche dei mutui per cui è esecuzione, e conseguentemente, previo accertamento del corretto dare/avere tra le parti alla luce dei criteri eterointegrativi di legge, dichiarare che la (...) soc. coop non ha titolo per agire nei confronti degli opponenti attesa la mancanza di un credito certo, liquido ed esigibile, non sussistendo una situazione di morosità che legittimasse la banca a recedere dai rapporti come invece avvenuto; -in tesi ed in ipotesi, in ogni caso, l'insussistenza del diritto del creditore procedente (...) soc. coop. di procedere ad esecuzione forzata nei confronti degli opponenti (...), (...) e (...), e conseguentemente accertare e dichiarare la nullità e/o inefficacia di tutti gli atti della procedura esecutiva n. 245/2017 RGE e 5/2019 RGE riunite qui opposta instaurata avanti il Tribunale di Pistoia, con ogni consequenziale provvedimento di estinzione della stessa. Vittoria di spese e competenze del giudizio di opposizione". In particolari, gli opponenti lamentavano: a) la mancanza di valido titolo esecutivo ex art. 474 c.p.c. trattandosi il contratto di mutuo fondiario a rogito del Notaio Dott. (...) rep. (...) del (...) di Euro 150.000,00 e il contratto di mutuo fondiario a rogito del Notaio Dott. (...) rep. (...) del (...) di Euro 110.000,00 di mutui condizionati, non documentando l'immediato trasferimento della disponibilità giuridica delle somme mutuate; b) in ogni caso, l'insussistenza di un credito certo, liquido ed esigibile della Banca, per: b.1) nullità parziale del contratto per indeterminatezza dell'oggetto del contratto di mutuo, per divergenza tra TAN e TAE, con conseguenza debenza degli interessi al tasso legale e/o in regime di capitalizzazione semplice nonché nullità e/o inefficacia del titolo esecutivo azionato; b.2) nullità parziale del contratto per violazione della L. n. 108 del 1996, con conseguente applicabilità dell'art. 1815 c.c.-. Avanti al G.E. si costituiva in giudizio la società cessionaria del credito (...) S.r.l. e per essa la mandataria (...) S.p.a. contestando quanto ex adverso dedotto ed argomentato, insistendo per il rigetto sia dell'istanza di sospensiva sia del ricorso in quanto infondati in fatto e in diritto. Nessuno si costituita in giudizio per la società (...), per l'Agenzia delle Entrate-Riscossione e per la società (...) S.r.l.-. Con ordinanza del 12/05/2021 il G.E. accoglieva l'istanza di sospensione delle procedure esecutive immobiliari riunite (...) 245/2017 e 5/2019 R.G.E solo in relazione al primo mutuo stipulato in data 21/12/2007 di originari Euro 150.000,00-, ritenuta assorbente rispetto ad esso l'eccezione di mancanza di valido titolo esecutivo per essere il mutuo condizionato, mentre rigettava l'istanza con riferimento al mutuo del 12/10/2011 di originari Euro 110.000,00-. L'ordinanza veniva confermata integralmente dal Tribunale collegiale di Pistoia adito in sede di reclamo parziale, proposto avverso la sola parte del provvedimento in cui non era stata accolta l'istanza di sospensiva anche per i beni di cui al Lotto 2 dell'esecuzione di proprietà degli opponenti. Dunque, con atto di citazione ritualmente notificato i sig.ri (...) e (...) hanno convenuto in giudizio la società (...), la società (...) S.r.l., l'Agenzia delle Entrate- Riscossione e la società (...) S.r.l., così radicando il giudizio di merito ex art. 616 c.p.c. limitatamente alle parti dell'ordinanza oggetto di reclamo, dunque circoscrivendo il thema decidendum al solo contratto di mutuo fondiario del (...) rep. (...) ai rogiti Notaio (...) del (...) di originari Euro 110.000,00-. In particolare, gli opponenti hanno ribadito l'inidoneità del detto mutuo fondiario del 2011 a costituire valido titolo esecutivo ex art. 474 c.p.c. nonché la nullità parziale del contratto de quo per indeterminatezza e usurarietà degli interessi moratori pattuiti, insistendo per l'accoglimento delle rassegnate conclusioni. Con comparsa di costituzione e risposta depositata in data 26/11/2021 si è costituita in giudizio la società (...) - (...) Soc. Coop.va contestando quanto ex adverso dedotto ed argomentato, insistendo per il rigetto dell'opposizione in quanto infondata in fatto e in diritto. Con comparsa di costituzione e risposta depositata in data 29/11/2021 si è costituita in giudizio anche la società cessionaria (...) S.r.l. e per essa la mandataria (...) S.p.a. eccependo l'improcedibilità della domanda per mancato esperimento del tentativo di mediazione obbligatorio e comunque contestando nel merito tutto quanto ex adverso dedotto ed argomentato, insistendo per il rigetto dell'opposizione in quanto infondata in fatto e in diritto. Nonostante la ritualità della notifica dell'atto di citazione in opposizione all'esecuzione ex art. 615 comma 2 c.p.c., l'Agenzia delle Entrate- Riscossione e la società (...) S.r.l. non si sono costituite in giudizio di talché all'udienza del 30/101/2021 il Giudice ne ha dichiarato la contumacia. Celebrata la prima udienza di comparizione delle parti e concessi i termini ex art. 183 comma 6 c.p.c. l Giudice, ritenuta la causa matura per la decisione, ha fissato udienza di precisazione delle conclusioni all'esito della quale ha trattenuto la causa in decisione assegnando alle parti i termini ex art. 190 c.p.c. per il deposito di comparse conclusionali e memorie di replica. In rito 1. Anzitutto, è infondata l'eccezione di improcedibilità sollevata dalla società (...) S.r.l. alla luce del fatto che le procedure esecutive nonché le parentesi di cognizione incidentale all'esecuzione non rientrano nei casi di mediazione obbligatoria ex art. 5 comma 4 lett. e) D.Lgs. n. 28 del 2010. Nel merito 2. L'opposizione è infondata. 2.1. Anzitutto, è infondato il motivo di opposizione con cui i sig.ri (...) e (...) lamentano l'inidoneità del mutuo fondiario del 12/10/2011 di originari Euro 110.000,00 a costituire valido titolo esecutivo ex art. 474 c.p.c., non documentando l'immediato e contestuale trasferimento della disponibilità giuridica della somma mutuata, anzi espressamente condizionando tale adempimento ad una serie di circostanze specificamente individuate, quali il perfezionamento dell'iscrizione ipotecaria e la consegna di polizza assicurativa contr i rischi da incendio, caduta fulmine e scoppio relativi ai beni ipotecati. All'uopo, il Tribunale condivide e fa proprie le argomentazioni fattuali e giuridiche già spese sulla questione del G.E. con ordinanza del 12/05/2021 nonché dal Collegio chiamato a decidere sul reclamo parziale. Come noto, un atto pubblico può costituire titolo esecutivo ex art. 474 c.p.c. laddove rechi l'indicazione di un diritto certo ed esigibile e sempre che tali requisiti risultino dal titolo; occorre, pertanto, valutare se il mutuo in esame possegga tali requisiti. Si osserva all'uopo come nei contratti di mutuo fondiario sia essenziale l'iscrizione di una ipoteca di primo grado sugli immobili concessi in garanzia e gli istituti di credito, al fine di cautelarsi, sono soliti prevedere nel contratto che la somma finanziata venga costituita in garanzia, prevedendo che venga svincolata una volta ottenuta la prova dell'iscrizione dell'ipoteca di primo grado; in altri casi, gli istituti di credito prevedono analoghe clausole in relazione alla stipula della polizza assicurativa. La giurisprudenza ha vagliato la compatibilità di tali clausole con la natura reale del contratto di mutuo ed ha concluso, in diverse fattispecie, che il mutuo, pur avendo natura di contratto reale, non richiede la traditio intesa come consegna materiale del denaro nelle mani del mutuatario, postulando, piuttosto, il mero conseguimento della disponibilità giuridica della somma in favore del mutuatario, ipotesi che ricorre tutte le volte in cui il mutuante crei un autonomo titolo di disponibilità in favore del mutuatario, in guisa tale da determinare l'uscita della somma dal proprio patrimonio e l'acquisizione al patrimonio di quest'ultimo (Cass. Civ. 17194/2015; Cass. Civ., 11116/1992; Cass. Civ., 9074/2001). In particolare, tale fattispecie è stata, più volte, esaminata nei casi in cui la somma erogata venga contestualmente costituita in deposito o in pegno e, in tali casi, deve ritenersi sussistente la traditio, dal momento che la costituzione del deposito presuppone giuridicamente che la somma sia entrata nella sfera giuridica del mutuatario. Sul punto si richiama l'orientamento più volte espresso dal Tribunale di Pistoia in sede di reclamo ex art. 669 terdecies c.p.c., con ordinanze del 27.7.2016 (Pres. A.; Est. C.), del 3.11.2017 (Pres. A.; Est. G.) e del 8.3.2018 (Pres. A.; Est. C.), e fatto proprio anche da questo Giudice, ove si legge che "il finanziato costituisce a favore del mutuante una garanzia provvisoria per le obbligazioni assunte (documentare in primo luogo, la iscrizione ipotecaria di primo grado senza la quale il mutuo fondiario non potrebbe discorrersi) ed a presidio finale di un obbligo restitutorio formalmente sorto in ragione del giuridico transito delle somme da una disponibilità (della banca) all'altra (della mutuataria). Per tale via, dunque, l'istituto di credito si ritrova nel possesso delle somme, finanziate non perché non ha provveduto a mutuarle, ma ad altro, autonomo per quanto connesso, titolo giuridico, rappresentato dalla garanzia atipica costituita dal beneficiario del prestito, che consente alla banca di rientrare dallo scoperto, qualora verifichi l'inadempienza del finanziato, escutendo la garanzia solo negando lo svincolo di esse e trattenendole a titolo definitivo. Dunque, la banca non trattiene le somme concesse a mutuo, ma giuridicamente le riceve dal mutuatario ad altro titolo, ovvero in garanzia atipica, provvisoria, in vista di quella definitiva. In tale congegno negoziale risulta, allora, chiaro che l'importo mutuato ha ricevuto, mediante il suo utilizzo per la costituzione della garanzia, una specifica e convenzionale destinazione, ha costituito oggetto cioè di una speciale regolamentazione, che, innovando il titolo di appartenenza della somma stessa, l'ha per ciò solo posta nella esclusiva disponibilità giuridica del mutuatario". Orbene, nel caso di specie, all'art. 1 del contratto di mutuo fondiario del 12/10/2011 (concluso con i sig.ri (...) e (...), quali mutuatari) è previsto che "L'importo del mutuo viene erogato mediante accredito sul conto fruttifero n. (...) intestato alla parte mutuataria, al netto dell'importo di Euro 1.252,52 costituito da quantola parte mutuataria riconosce alla Banca a titolo di istruttoria e reintegro dell'imposta sostitutiva. La parte mutuataria, con la sottoscrizione del presente atto ne dà piena e liberatoria quietanza. La parte mutuataria inoltre si impegna a non utilizzarla prima del verificarsi delle seguenti condizioni: a) perfezionamento della iscrizione ipotecaria sui beni immobili costituiti in garanzia ...; b) consegna alla Banca della polizza di assicurazione ...". Come già più sopra rammentato, al fine di accertare se un contratto di mutuo possa esser utilizzato quale titolo esecutivo occorre verificare, attraverso la sua interpretazione integrata con quanto previsto nell'atto di erogazione e quietanza, se esso contenga pattuizioni volte a trasmettere con immediatezza la disponibilità giuridica della somma mutuata, e che entrambi gli atti, di mutuo ed erogazione, rispettino i requisiti di forma imposti dalla legge (cfr. Cass. Civ., III Sez., sent. n. 6174 del 05.03.2020). Nel caso di specie, tali circostanze emergono chiaramente dal tenore del contratto e in particolare proprio dal disposto di cui all'art. 1 sopra testualmente riportato, dal momento gli opponenti hanno rilasciato, avanti ad un pubblico ufficiale, "piena e liberatoria" quietanza circa l'avvenuta erogazione della somma mutuata (al netto dell'imposta sostitutiva e delle spese di istruttoria in favore dell'istituto erogante) mediante accreditamento del relativo importo sul conto corrente fruttifero n. (...) intestato alla parte mutuataria (sig.ri (...) e N.) ed acceso presso la stessa Banca erogante; in altri termini, e per effetto della citata pattuizione, il contratto di mutuo ha determinato il conseguimento per i mutuatari della disponibilità giuridica degli importi, per effetto della creazione, da parte della (...), di un autonomo titolo di disponibilità, tale da determinare l'uscita della somma dal proprio patrimonio e l'acquisizione della medesima al patrimonio delle controparti. È evidente che l'obbligazione assunta dalla parte mutuataria di "non disporre" (temporaneamente) della somma ricevuta costituisce un modo di disporre del proprio patrimonio e che, quale atto di disposizione, presuppone la titolarità del relativo diritto (contrariamente a quanto sostenuto dagli opponenti, laddove sostengono che la Banca avrebbe condizionato la messa a disposizione della somma erogata a titolo di mutuo al verificarsi della condizioni di cui all'art. 1, comma 4, del contratto di mutuo); né muta tale considerazione la circostanza che l'utilizzo materiale della somma mutuata risulti concordemente differita al perfezionamento dell'ipoteca ed alla consegna della polizza, posto che la traditio dal punto di vista giuridico si era già realizzata, sicché l'atto con cui il mutuatario vincola temporaneamente gli importi a garanzia dell'adempimento dei propri obblighi (sostanzialmente, come nel caso di specie, a titolo di deposito) costituisce un posterius rispetto al conseguimento della disponibilità delle somme, che è da questo necessariamente presupposto. Peraltro, il carattere non condizionato del mutuo emerge dallo stesso tenore letterale dell'art. 1 comma 5 del contratto inter partes, ove si prevede che "la parte mutuataria prende atto che, qualora non abbia esattamente provveduto nei termini indicati, agli adempimenti previsti dal presente articolo, la Banca potrà avvalersi della facoltà di risolvere il contratto di cui al successivo articolo 7 (sette), addebitando il suddetto importo sullo stesso conto con effetto immediato": dunque, il mancato verificarsi delle condizioni prescritte avrebbe rappresentato una condizione risolutiva, e non invece sospensiva, dell'efficacia del contratto di mutuo, evidentemente già perfezionatosi. Inconferente è poi la doglianza degli opponenti circa la carenza di portata probatoria dell'estratto di conto corrente prodotto dalla cessionaria del credito in cui è annotato l'accredito il 12/10/2011 (data e valuta) della somma mutuata, posto che sarebbe un documento privo di valenza probatoria, in quanto "contestato" nella prima difesa utile, "unilateralmente predisposto", "mai ricevuto dagli opponenti", "non riportante la realtà fattuale ed effettiva dell'accredito con riferimento al secondo mutuo bensì quella di comodo indicata successivamente dalla banca". Sul punto, il Tribunale condivide quanto già argomentato sul punto dal Collegio in sede di reclamo, ossia che l'estratto conto prodotto dalla Banca non è copia fotografica o fotostatica di scrittura originale esistente, ma costituisce riproduzione meccanica di supporti magnetici, vale a dire della stampa di un'elaborazione computerizzata effettuata dal sistema contabile della banca che, a mente dell'art. 2712 c.c. - e non dell'art. 2719 c.c. che si riferisce alle copie fotografiche di scritture - deve essere contestato dal debitore nella veridicità delle singole operazioni registrate entro i termini contrattualmente previsti; quindi anche a voler ammettere che l'atto in esame non sia stato ricevuto dagli odierni opponenti, va rimarcato che secondo l'insegnamento della giurisprudenza, la produzione in sede giudiziale dell'estratto conto equivale alla sua "trasmissione" ai sensi dell'art. 1832 c.c., in guisa che la contestazione per far perdere di valenza probatoria al documento in esame avrebbe dovuto essere chiara, circostanziata ed esplicita, dovendosi concretizzare nell'allegazione di elementi attestanti la non corrispondenza tra realtà fattuale e realtà riprodotta; cosa che nel caso in esame è mancata. In ogni caso, vale rammentare che l'estratto conto asseritamente non inviato ai correntisti e tempestivamente contestato, così non è per quanto sopra, al più perde il valore probatorio privilegiato, previsto dall'art. 1832 c.c., ma è comunque prudentemente apprezzabile dal giudice come elemento di prova ex artt. 115 e 116 c.p.c. (cfr Cass. Civ., III Sez., sent. n. 22551 del 25.09.2018). E tanto è alla luce delle considerazioni sopra esposte circa l'idoneità del contratto di mutuo in commento a costituire valido titolo esecutivo ex art. 474 c.p.c. -. 2.2. Del pari, è infondato anche il secondo motivo di opposizione con cui i sig.ri (...) e (...) lamentano la nullità parziale del contratto di mutuo del 12/10/2011 per indeterminatezza e usurarietà degli interessi di mora ivi pattuiti. 2.2.1. Orbene, con riferimento alla indeterminatezza delle condizioni di cui al contratto di mutuo fondiario del 2011, per non indicare il regime finanziario da applicarsi né le modalità di costruzione della rata, il Tribunale rileva quanto segue. I sig.ri (...) e (...) hanno sottoscritto il contratto di mutuo in commento che prevede un piano di ammortamento "alla francese", a rata costante, e a tasso variabile con rimborso del finanziamento di Euro 110.000,00 in 20 anni, mediante il pagamento di n. (...) rate consecutive, con scadenza mensile, a partire dal 31/10/2012 con termine al 30/09/2031 di Euro 707,04 ciascuna, tutte comprensive di quota capitale e quota interessi (art. 2 del contratto di mutuo fondiario e allegato piano di ammortamento), interessi corrispettivi da calcolarsi secondo i dettagliati parametri indicati all'art. 2 del contratto mediante il legittimo rinvio a fonti extracontrattuali (v. anche Corte d'Appello di Bologna, ord. del 13/04/2018; Tribunale Ancona sent. 684/2018). Il totale dovuto dal mutuatario costituisce il prodotto fra l'importo della rata, che è fisso, ed il numero delle rate, e, per differenza rispetto al capitale erogato, si può calcolare l'importo totale degli interessi dovuti. Come si vede, dunque, il piano di ammortamento fornisce una dettagliata rappresentazione dei costi del finanziamento e delle modalità di restituzione (importo, numero e periodicità delle rate), il che esclude la configurabilità di un "effetto sorpresa" in fase di rimborso; in particolare, la modalità di determinazione della quota interessi di ciascuna rata (interessi su capitale residuo) è chiaramente determinata; mentre, non si vede in base a quale riferimento normativo si possa richiedere la prospettazione di regimi finanziati alternativi, non oggetto di proposta né di trattativa, o la discussione critica del regime finanziario applicato. Si deve, pertanto, concludere che gli elementi forniti consentono l'esercizio della facoltà di verifica della corretta applicazione dei parametri individuati - considerato peraltro che nel caso di specie non risulta essere stato prospettato un vizio di formazione del consenso né un materiale impedimento all'esercizio di tale verifica -, che l'accettazione delle modalità di rimborso del mutuo ricomprende l'accettazione delle modalità matematico finanziarie di costruzione delle medesime, che comunque sono esplicitate nel contratto, e che l'accettazione dell'applicazione di tali parametri e del loro risultato deve ritenersi idoneamente operata dal mutuatario, quale corrispondente ad una valutazione complessiva di convenienza dell'autoregolamentazione degli interessi attuata nel contratto. Infatti, secondo l'insegnamento della Corte di Cassazione, il requisito della determinabilità dell'oggetto del contratto richiede semplicemente che siano identificati i criteri oggettivi in base ai quali fissare, anche facendo ricorso a calcoli di tipo matematico, l'esatto contenuto delle obbligazioni dedotte, senza alcun margine di incertezza o di discrezionalità, mentre non rileva la difficoltà del calcolo necessario per pervenire al risultato finale né la perizia richiesta per la sua esecuzione (Cass. 25205/2014). In sostanza, stabilito nell'accordo delle parti le modalità di determinazione del rimborso del mutuo, se non contrastanti con la restante disciplina contrattuale, non possono rilevare sul piano dell'invalidità del contratto, né assumono rilevanza giuridica considerazioni basate semplicemente sulla convenienza di un piano di ammortamento basato sull'uno o sull'altro criterio. Venendo ora al punto focale delle contestazioni relative al piano di ammortamento, il Tribunale rileva, sul piano generale, che quando si fa riferimento a concetti tratti dalla matematica finanziaria è necessario che degli stessi sia esplicitato il riferimento giuridico e che sia individuabile un risultato giuridicamente rilevante conseguente alla loro applicazione. In difetto di tale riferimento si risolve nell'impropria invocazione dell'autorità, su una questione eminentemente giuridica, di conclusioni che si assumono scientificamente fondate in un altro ambito del sapere. Nello specifico, l'approccio all'anatocismo bancario proposto da parte opponente trascura il dato normativo, che si riferisce esclusivamente alla produzione di interessi sugli interessi scaduti (art. 1283 c.c.: "gli interessi scaduti possono produrre interessi solo ..." art. 120 comma 2 T.U.B.: "gli interessi debitori maturati ... non possono produrre interessi ulteriori"). E' evidente, infatti, poiché l'anatocismo viene fondato solo sulla formula matematica adottata per il calcolo delle singole rate, che in ogni caso manca il suo presupposto essenziale, un pregresso debito per interessi sul quale si possa ipotizzare la produzione di ulteriori interessi. La contestazione, in effetti, si risolve nella mera affermazione della maggiore gravosità del piano di ammortamento determinata dal fatto che gli interessi sono esigibili via via che maturano nel corso dell'ammortamento del mutuo e non al momento della sua estinzione, e dal fatto che la Banca non è obbligata a far credito al mutuatario anche del loro importo ma al contrario può fare propria, dal momento in cui il mutuatario è obbligato a corrisponderli, la naturale fecondità del corrispondente importo monetario, che le è reso disponibile per altri impieghi. Tale fenomeno, però, non ha nulla a che vedere con l'anatocismo ma costituisce una conseguenza naturale delle modalità determinate in contratto per l'adempimento dell'obbligazione del mutuatario, non sussistendo alcun divieto di prevedere l'esigibilità immediata degli interessi maturati nel corso dell'ammortamento, come si desume anche dalle disposizioni del Codice Civile che dettano una disciplina specifica dell'obbligazione di pagamento degli interessi (art. 1820, art. 2948 n. 4 c.c.). All'uopo, non può essere condivisa neppure la tesi secondo la quale il piano di ammortamento c.d. alla francese determinerebbe una capitalizzazione composta degli interessi. In proposito deve richiamarsi l'orientamento giurisprudenziale secondo il quale tale tipologia di piano di ammortamento prevede che il debitore rimborsi alla fine di ogni anno (o di altro intervallo temporale che disciplina la cadenza delle rate) e per tutta la durata dell'ammortamento, una rata costante posticipata tale che, al termine del periodo stabilito, il debito sia completamente estinto, sia in linea capitale che per interessi. Ogni rata costante si compone di una quota interessi e di una quota capitale; dal punto di vista del mutuatario, la quota interessi rappresenta il costo per l'uso del denaro mentre la quota capitale rappresenta la somma destinata al rimborso del capitale mutuato. In linea generale - nei contratti di mutuo in cui la restituzione del prestito è fatta in modo graduale nel tempo - il debitore paga periodicamente sia gli interessi, sia una parte del capitale. Segnatamente, la rata di ammortamento è composta da due parti: la quota interessi necessaria per pagare gli interessi sul debito di quel periodo e la quota capitale necessaria per rimborsare una parte del prestito. Ora, di tali quote componenti la rata, solo le quote capitale vanno ad estinguere il debito, generando - di rata in rata - un debito residuo sempre minore, su cui si calcolano gli interessi che il mutuatario paga con la rata successiva. Di rata in rata, quindi, le quote interessi sono sempre decrescenti, mentre le quote capitali possono essere costanti (metodo di ammortamento c.d. uniforme, caratterizzato dal fatto che le quote capitali sono sempre costanti e conseguentemente, essendo le quote interessi decrescenti, le rate sono decrescenti) oppure variabili (metodo di ammortamento progressivo o c.d. francese, in cui ad essere costante è la rata complessiva, ragione per cui - essendo la quota interesse comunque decrescente - la quota capitale è invece crescente). Laddove il rimborso abbia luogo con il sistema progressivo c.d. francese, la misura della rata costante dipende da una formula matematica i cui elementi sono: 1) il capitale dato in prestito; 2) il tasso di interesse fissato per periodo di pagamento; nonché 3) il numero dei periodi di pagamento. La formula matematica in questione individua in sostanza quale sia quell'unica rata costante capace di rimborsare quel prestito con quel determinato numero di pagamenti periodici costanti. Ciò posto, va rilevato come tale metodo non implichi, per definizione, alcun fenomeno di capitalizzazione degli interessi. Il metodo alla francese comporta infatti che gli interessi vengano comunque calcolati unicamente sulla quota capitale via via decrescente e per il periodo corrispondente a quello di ciascuna rata e non anche sugli interessi pregressi. In altri termini, nel sistema progressivo ciascuna rata comporta la liquidazione ed il pagamento di tutti (ed unicamente) degli interessi dovuti per il periodo cui la rata stessa si riferisce. Tale importo viene quindi integralmente pagato con la rata, laddove la residua quota di essa va già ad estinguere il capitale. Ciò non comporta tuttavia capitalizzazione degli interessi, atteso che gli interessi conglobati nella rata successiva sono a loro volta calcolati unicamente sulla residua quota di capitale, ovverosia sul capitale originario detratto l'importo già pagato con la rata o le rate precedenti (cfr., ex plurimis e testualmente, Tribunale Pescara 18 ottobre 2017, n. 277). Il Giudice, dunque, condivide pienamente l'orientamento prevalente in giurisprudenza secondo cui "Il metodo di ammortamento alla francese non implica, per definizione, alcun fenomeno di capitalizzazione degli interessi, giacché questi vengono comunque calcolati sulla somma capitale via via decrescente e per il periodo corrispondente a quello di ciascuna rata e non anche sugli interessi pregressi. Ciascuna rata comprende, dunque, il pagamento degli interessi dovuti per il periodo cui la rata si riferisce, mentre gli interessi conglobati nella rata successiva sono a loro volta calcolati unicamente sulla residua quota di capitale e, cioè, sul capitale originario detratto l'importo già pagato con la rata precedente, ed unicamente per il periodo successivo al pagamento della rata immediatamente precedente" (cfr., testualmente, Sentenza 22 luglio 2016, n. 9259 Tribunale Milano). Infine, quanto alla diversità tra il tasso effettivo e quello indicato in contratto, tale allegazione confonde l'anatocismo con la questione relativa alla diversità tra TAN (tasso annuo nominale) e TAE (tasso annuo effettivo). Tali tassi divergono ogni volta che sia previsto il rimborso del mutuo mediante rate di periodicità inferiore all'anno - proprio perché il TAN è un tasso annuale - e ciò accade indipendentemente dal piano di ammortamento adottato, sia esso italiano o francese. Insomma, la differenza tra TAN e TAE è la normale conseguenza del fatto che, nei piani di ammortamento di prestiti e mutui, l'interesse annuale generalmente non viene pagato in un'unica soluzione a fine anno, ma ripartito su ogni rata infra-annuale in scadenza; e appunto, la corresponsione anticipata delle rate rispetto alla scadenza annuale comporta che il costo effettivo da interessi del finanziamento per il contraente non è pari al tasso annuale stabilito da contratto, ma (lievemente) maggiore. In ogni caso, una volta raggiunto l'accordo sulla somma mutuata, sul tasso, sulla durata del prestito e sul rimborso mediante un numero predefinito di rate, la misura della rata discende matematicamente dagli indicati elementi contrattuali. Pertanto, si esclude che l'ammortamento alla francese implichi l'indeterminatezza del tasso di interesse, l'applicazione di un tasso superiore a quello dichiarato nel contrario, la violazione del divieto di anatocismo. 2.2.2. Infine, quanto alla eccepita usurarietà degli interessi moratori, per avere la Banca mutuante applicato di fatto il regime finanziario di capitalizzazione composta che è più gravoso per la mutuataria, in quanto, proprio per la formula di calcolo utilizzata, comporta un costo del finanziamento esponenzialmente superiore a quello in regime di capitalizzazione semplice, il Tribunale rileva come la lettura del contratto de quo non conforta affatto l'assunto difensivo degli opponenti, esponendo un TAN pari 4,30%, un TAEG pari al 4,576% ed un tasso di mora pari al 5,30% (art. 3), tutti inferiori al tasso soglia applicabile al mutuo in discorso al momento della stipula pari all'8,125%. Considerato, peraltro, il venire meno del presupposto dell'assunto difensivo degli opponenti, per le ragioni già sopra esposte in punto di regime finanziario. Infine, rileva il Tribunale come integra dato incontroverso che il credito di Euro 115.671,75 azionato da (...) in forza del contratto di mutuo in discorso, derivi, quanto ad Euro 104.519,94, da sorte capitale; si profila pertanto non opinabile la ricorrenza in capo agli esecutati (odierni reclamanti) di una esposizione debitoria portata dal debito residuo al momento della risoluzione del mutuo. Con l'ulteriore precisazione che anche in ipotesi di pattuizione del tasso di interesse moratorio sopra soglia usura, solo questi non saranno dovuti, rimanendo invece valida e vigente la clausola che stabilisce il taso degli interessi corrispettivi, stante la rilevata autonomia funzionale dei due diversi interessi. Spese di lite 3. Le spese di lite seguono la soccombenza. Esse dunque vengono interamente poste a carico degli opponenti in favore degli opposti costituiti in giudizio e liquidate secondo i parametri medi di cui al D.M. n. 55 del 2014 come modificato dal D.M. n. 37 del 2018 e poi dal D.M. n. 147 del 2022, tenuto conto del valore della causa (Euro 115.671,75), ridotto del 50% il compenso per la fase istruttoria dato che al deposito delle memorie ex art. 183 comma 6 c.p.c. non è seguita altra attività di tale natura. Il Tribunale prende atto che le spese della fase cautelare (avanti al G.E. e avanti al Tribunale in composizione collegiale) sono già state integralmente regolamentate. P.Q.M. Il Tribunale di Pistoia, in persona del Giudice Unico Dott.ssa Elena Piccinni, definitivamente pronunziando nella presente vertenza, ogni diversa istanza ed eccezione reietta, così decide: rigetta l'opposizione ex art. 615 comma 2 c.p.c.; condanna (...) e (...), in solido tra loro, alla refusione delle spese di lite in favore di (...) - (...) Soc. Coop.va liquidate in Euro 11.268,00 per compensi professionali, oltre il 15% spese generali, CPA e IVA come per legge; condanna (...) e (...), in solido tra loro, alla refusione delle spese di lite in favore di (...) S.r.l. in giudizio per il tramite della mandataria (...) S.p.a. liquidate in Euro 11.268,00 per compensi professionali, oltre il 15% spese generali, CPA e IVA come per legge. Così deciso in Pistoia il 23 gennaio 2023. Depositata in Cancelleria il 24 gennaio 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI PISTOIA Sezione Lavoro Il Tribunale di Pistoia, in composizione monocratica e quale giudice del lavoro di primo grado, dott. Francesco Barracca nel procedimento n. 835 / 2019 , Ruolo Lavoro, tra S.B., rappresentato e difeso dall'avvocato (...) RICORRENTE Contro COMUNE DI PISTOIA, rappresentato e difeso dall'avvocato (...), CONVENUTO ha pronunciato la seguente SENTENZA Motivi della decisione La presente controversia è stata discussa e decisa all'udienza del 23.11.2022. La causa è stata istruita con la documentazione prodotta dalle parti e con l'audizione di alcuni testi. Il ricorso è infondato e, pertanto, va rigettato per le ragioni che si preciseranno in seguito. Il ricorrente durante l'incarico di dirigente Comandante della Polizia Municipale per il Comune di Pistoia riceveva, con Provv. del 15 ottobre 2019 da parte dell'Ufficio per i procedimenti disciplinari - nella persona del dott. R.P. - la sanzione disciplinare della sospensione dal servizio con privazione della retribuzione per un periodo di sei giorni relativamente ai fatti contestati con nota prot. riservato (...) del 12/06/2019 di cui agli atti. La predetta sanzione disciplinare è stata impugnata dal dott. B. davanti al Tribunale di Pistoia affinché sia annullata. Il Comune di Pistoia, costituendosi in giudizio, ha chiesto il rigetto del ricorso perché infondato in fatto ed in diritto. Nelle note scritte del 10.02.2021 parte convenuta ha sostenuto che è sopravvenuta la carenza ad agire del ricorrente in quanto risulta che al B. non è stato rinnovato l'incarico di Comandante. Ritiene il Tribunale che è (ancora) attuale l'interesse ad agire del ricorrente ex art. 100 c.p.c. in quanto il ricorrente ha allegato nelle proprie note scritte che dalla sanzione disciplinare impugnata nel presente giudizio sia derivato (probabilmente) il mancato rinnovo dell'incarico e che la sanzione disciplinare per cui è causa costituisce una "macchia" sulla "fedina" disciplinare del ricorrente il quale non può partecipare ad altri procedure concorsuali per dirigente di Polizia Municipale. E' indubbio che sussiste l'interesse ad agire del ricorrente in quanto dall'eventuale annullamento della sanzione disciplinare il dott. B. potrebbe partecipare nuovamente ad eventuali procedure concorsuali e ad azionare un eventuale giudizio per perdita di "chance" nei confronti del Comune di Pistoia. Sul punto la Cassazione ha affermato, con la decisione n.11299 del 15.06.2004, che "la richiesta di annullamento della sanzione disciplinare, conseguibile con il ricorso per Cassazione, non è volta ad eliminare i soli effetti dell'esecuzione della sanzione, ma mira a soddisfare l'interesse dell'incolpato ad essere scagionato dall'accusa, sotto i diversi profili del discredito professionale e della mortificazione morale, che può essere attribuita alla condanna". In definitiva, quindi, diversamente da quanto prospettato dalla difensa dell'ente locale, l'interesse all'annullamento della sanzione disciplinare non è legato alla persistenza dell'incarico bensì involge interessi e diritti del ricorrente che trascendono il rapporto di lavoro e la sua esecuzione. Nel merito si rileva che è pacifico tra le parti che il Dott. B. ha svolto le funzioni di dirigente Comandante della Polizia Municipale del Comune di Pistoia. Nell'ambito della sua funzione, ha svolto, tra l'altro, anche il ruolo di responsabile unico del procedimento (c.d. "RUP") in relazione ad un contratto d'appalto tra il Comune di Pistoia e la srl O.S. avente ad oggetto la fornitura di un sistema per il procedimento sanzionatorio delle infrazioni al Codice della Strada. All'interno del detto procedimento amministrativo, il Responsabile per la prevenzione della corruzione e della trasparenza (c.d. "RPCT") presso il Comune di Pistoia, Dott. R.P., che all'interno dell'Ente svolge cumula anche il ruolo di Segretario Generale e di dirigente dell'Ufficio Disciplinare, convocava le parti del procedimento, e cioé l'impresa O.S., il Dott. B. quale RUP e la Dott.ssa G., funzionario della Polizia Municipale di Pistoia, allo scopo di verificare una lunga serie di fatti emersi nello svolgimento del contratto che, come del resto dichiarato dallo stesso Dott. B. in alcune comunicazioni, erano stati già posti dallo stesso RUP all'attenzione dell'RPCT. Parte ricorrente sostiene, in estrema sintesi, che il provvedimento disciplinare sia nullo per i seguenti motivi: a) incompatibilità della funzione di RPCT con la funzione di Dirigente dell'Ufficio Procedimenti Disciplinari (UPD); b) mancato accertamento delle contestazioni; c) mancata prova del danno. Nel merito il ricorrente censure gli addebiti ritenendo legittima la sua assenza dalla riunione in quanto l'RPCT del Comune resistente avrebbe debordato dalle proprie competenze e rileva altresì la sua volontà di collaborazione con il dott.P. seppur secondo le modalità previste dalla legge. Contesta, inoltre, di non aver collaborato con l'RPCT e di aver, invece, eseguito correttamente il proprio ruolo di RUP. Parte convenuta ha ribadito la legittimità del proprio operato e la legittimità della sanzione disciplinare anche sotto il profilo della sua proporzione rispetto ai fatti così come contestati. Ritiene il Tribunale che il provvedimento disciplinare impugnato non è nullo. Non sussiste, infatti, nel caso di specie, l'incompatibilità della funzione di RPCT e quella di Dirigente dell'UDP. La Cassazione, con la decisione n.15239 del 01.06.2021, ha stabilito che "...Si consideri, innanzitutto, che il D.Lgs. n. 97 del 2016, art. 41, che ha apportato modifiche alla L. n. 190 del 2012, art. 1, comma 7, innanzitutto unificando in capo ad un solo soggetto l'incarico di Responsabile prevenzione della corruzione e della trasparenza e rafforzandone il ruolo attraverso l'affidamento del compito di gestire, coordinare e vigilare sulle 'misure' di prevenzione del rischio corruttivo, con capacità proprie di intervento, e così prevedendo che negli enti locali "... il Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza segnala all'organo di indirizzo e all'organismo indipendente di valutazione le disfunzioni inerenti all'attuazione delle misure in materia di prevenzione della corruzione e di trasparenza e indica agli uffici competenti all'esercizio dell'azione disciplinare i nominativi dei dipendenti che non hanno attuato correttamente le misure in materia di prevenzione della corruzione e di trasparenza...", ha distinto il ruolo di detto Responsabile da quello di componente dell'Ufficio procedimento disciplinari. Si tratta, infatti, di una figura che, così come rafforzata dal legislatore del 2016 (che ha esteso le figure organiche in grado di rivestire l'incarico di Responsabile anticorruzione dall'originario Segretario a quella del dirigente apicale, salva diversa motivata determinazione), opera in piena autonomia verso gli organi di indirizzo o di vertice nell'assolvere i propri compiti, inibendo qualsiasi intromissione nel corretto svolgimento degli stessi, difendendo la posizione rispetto ad eventuali pressioni esterne o richieste informative sugli esiti dell'attività e dei soggetti coinvolti. Orbene, la nuova disposizione certamente postula una alterità dei due uffici ma non indica espressamente una loro incompatibilità, anzi, nel rimarcare la necessaria differenza che esiste tra ufficio del Responsabile della prevenzione della corruzione e Ufficio dei procedimenti disciplinari, non sembra escludere la possibilità che il primo sia anche componente dell'UPD. Anche a voler ritenere che, per effetto delle nuove funzioni svolte da detto Responsabile, improntate alla collaborazione e all'interlocuzione con gli uffici, in uno con la preferenza accordata dal legislatore alla garanzia di autonomia di detta figura, la pur insussistente incompatibilità possa in concreto risolversi in un conflitto di interessi tra il soggetto segnalante (RPCT) e il soggetto che valuta le infrazioni disciplinari (UPD) - si pensi, ad esempio all'ipotesi in cui I'UPD sia un organo monocratico -, ciò va rapportato alle neo introdotte modifiche legislative, senza alcuna possibilità di una qualche efficacia retroattiva delle stesse. D'altra parte, secondo l'orientamento già espresso da questa Corte in materia di composizione degli UPD, il principio di terzietà dell'ufficio dei procedimenti disciplinari ne postula la distinzione sul piano organizzativo con la struttura nella quale opera il dipendente, e non va confuso con la imparzialità dell'organo giudicante, che solo un soggetto terzo, rispetto al lavoratore ed alla P.A., potrebbe assicurare, laddove il giudizio disciplinare, sebbene connotato da plurime garanzie poste a difesa del dipendente, è comunque condotto dal datore di lavoro, ossia da una delle parti del rapporto. Ne consegue che qualora il suddetto ufficio abbia composizione collegiale, e sia distinto dalla struttura nella quale opera il dipendente sottoposto a procedimento, la terzietà dell'organo non viene meno solo perché sia composto anche dal soggetto che ha effettuato la segnalazione disciplinare (Cass. 24 gennaio 2017, n. 1753; Cass. 28/06/2019, n. 17582)...". La Corte d'Appello di Milano, nella decisione del 4.7.2019 resa in un impugnativa di una sanzione disciplinare nel quale si controverteva (anche) sulla ritenuta incompatibilità di un direttore di un Conservatorio a cumulare la doppia funzione di RPCT e di titolare dell'azione disciplinare, ha stabilito che "...Rileva il Collegio che parimenti infondata appare la doglianza relativa all'incompatibilità, in capo al direttore, della duplice funzione di RPCT e responsabile dell'esercizio del potere disciplinare. A tal proposito si osserva preliminarmente che la posizione di terzietà che, a parere dell'appellante, dovrebbe caratterizzare il dirigente designato come RPCT non è espressamente prevista da alcuna norma, in quanto l'art. 1 comma 7 della L. n. 190 del 2012 prescrive esclusivamente, per la figura predetta, una posizione di indipendenza dall'organo di indirizzo, necessaria "per assicurare funzioni e poteri idonei per lo svolgimento dell'incarico con piena autonomia ed effettività". L'assunto predetto, come correttamente affermato dal Tribunale, risulta peraltro confermato dalla stessa nota Anac n. 95627/2017, nella quale l'Autorità ha chiarito che "l'indicazione contenuta nella Parte Generale del PNA 29016, formulata tenendo conto delle recenti modifiche normative, ed avente ad oggetto l'opportunità di evitare la coincidenza tra la figura di RPCT ed il soggetto titolare del potere disciplinare, presenta carattere generale e si riferisce a tutte le pubbliche amministrazioni ed in quanto tale può risultare inapplicabile in alcune di esse - come, per esempio, nelle Istituzioni AFAM- in ragione del peculiare assetto giuridico e organizzativo che obbliga queste ultime a individuare una diversa soluzione rispetto alle restanti amministrazioni pubbliche". Per quanto tale parere, come sottolineato dalla lavoratrice, non presenti un carattere vincolante, ritiene il Collegio di aderire all'iter logico nello stesso ricavabile: la struttura organizzativa dell'Accademia, infatti, impedisce la verificazione di un conflitto di interessi, anche solo potenziale, per il caso in cui il titolare del potere disciplinare sia designato come RPCT: quest'ultimo, infatti, rilevando nell'espletamento del suo incarico comportamenti illeciti da parte dei dipendenti, anche non attinenti all'attuazione delle misure anticorruzione, esercita il potere disciplinare di cui è titolare per sanzionare quei comportamenti. Osserva infine la Corte che appare non rilevante ai fini della decisione della presente controversia il richiamo dell'appellante al D.Lgs. n. 75 del 2017, essendo il procedimento disciplinare in esame stato avviato sotto il vigore della precedente disciplina....". Ritiene il Tribunale che se è vero che dalla giurisprudenza surrichiamata emerge l'opportunità che la figura dell'RPCT non coincida con quella del titolare dell'azione disciplinare è anche vero che, però, il legislatore non ha previsto alcuna incompatibilità tra le due figure né questa risulta sanzionata con la nullità testuale del provvedimento disciplinare. Tra l'altro, nel caso di specie, risulta provato che il CCNL degli enti locali del 17.12.2020 prevede, all'art.101, secondo comma, che il segretario generale possa cumulare le funzioni di RPCT ed altre funzioni dirigenziali affidategli senza escludere, quindi, le funzioni di dirigente dell'UDP. Del resto occorre rilevare che i procedimenti disciplinari costituiscono esplicitazione del potere direttivo del datore di lavoro e sono irrogati da quest'ultimo per cui ben può l'RPCT segnalare dei comportamenti disciplinarmente rilevanti e, contestualmente, procedere a sanzionarli dopo aver istaurato il contraddittorio con l'incolpato. Secondo la giurisprudenza di legittimità "... dal combinato disposto del primo comma dell'art. 55 e del quarto comma dell'art. 55-bis si desume il carattere imperativo delle regole dettate dalla legge sulla competenza per i procedimenti disciplinari, ma è rimessa a ciascuna Pubblica Amministrazione, secondo le proprie peculiarità, l'individuazione dell'organo legittimato ad esercitare il potere disciplinare" (Cass., Sez. Civ. L. n. 25379 del 2017). La Suprema Corte, di recente, in un caso analogo ha affermato: "Nel caso in esame, il giudice di merito ha accertato che, con il "Regolamento degli uffici e dei servizi", il Comune di Modena ha provveduto a costituire l'ufficio per i procedimenti disciplinari previsto dal D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 55. Tale giudizio, che implica un accertamento di fatto, è corretto in mancanza di specifiche norme che impongano la costituzione di un ufficio articolato e plurisoggettivo, ben potendo lo stesso essere rappresentato da una sola persona ed interna all'ente: in materia di pubblico impiego privatizzato, ciascuna amministrazione ha, infatti, il potere di individuare l'ufficio competente di provvedimenti disciplinari secondo il proprio ordinamento (Cass., 3 giugno 2004, n. 10600; Cass., 30 settembre 2009, n. 20981). Non vi è alcuna norma che imponga la struttura collegiale dell'U.c.p.d., come recentemente precisato da questa Corte (Cass. n. 12245/2015), con principio cui si intende dare continuità nella presente sede" (vedasi Cass. Sez. lav. n.12109/2016). Può, quindi, validamente concludersi che l'amministrazione ha optato per la struttura monocratica dell'Ufficio in questione nella persona del Segretario Generale che appare un soggetto terzo rispetto al legale rappresentante dell'ente presso il quale il dipendente opera. Né va sottaciuto che l'Autorità Nazionale Anti Corruzione (ANAC), con Orientamento n. I I I del 4 novembre 2014 ha stabilito che "il responsabile della prevenzione della corruzione (RPC) può rivestire anche il ruolo di responsabile dell'ufficio per i procedimenti disciplinari, in quanto una potenziale situazione di conflitto di interessi nello svolgimento di entrambe le funzioni sussiste nel solo caso in cui lo stesso RPC sia interessato dal citato procedimento disciplinare". Quanto al mancato accertamento delle contestazioni si rileva che le stesse risultano fondate non solo su quanto emerso dalla riunione del 3.05.2019 ma anche sulle interlocuzioni intercorse tra il ricorrente e l'RPCT, dott. P., il quale risulta essere stato coinvolto nel procedimento amministrativo relativo al contratto "O.S." proprio dal ricorrente. Risulta, infatti, dalle stesse missive del ricorrente come questi avesse già coinvolto il Dott. P., proprio nel suo ruolo di RPCT, allo scopo di informarlo sulle anomalie riscontrate nello svolgimento del contratto di esternalizzazione dei procedimenti sanzionatori alla O.S.. In tal senso vi fu, ad esempio, la comunicazione tra il ricorrente ed il P. (ed inviata anche al Sindaco) del 29.5.2019 (doc. 5 parte attrice), in cui il ricorrente, prima di rifiutarsi di partecipare all'incontro, fatto da cui trarrà origine il procedimento disciplinare, afferma che: "Esiste copiosa corrispondenza, parte della quale inviata alla S.V. unicamente in relazione al suo ruolo di RPCT, che spiega in modo dettagliato quanto sopra.". E' evidente che il dott. P., alla luce delle informazioni fornite dallo stesso ricorrente prima dell'incontro e dopo aver "sentito gli argomenti dalla ditta appaltatrice" (pag.5 del ricorso) ha ritenuto accertati i fatti e proceduto quindi alla contestazione degli addebiti. Il verbale della riunione del 30.05.2019 è sicuramente "ufficiale" in quanto è pacifico che la riunione vi sia stata e il ricorrente, del resto, prende posizione, in maniera analitica, sugli addebiti contestati "facendo riferimento al verbale dell'incontro, comunque avvenuto senza la presenza del sottoscritto"(doc.37 convenuto). La mancata sottoscrizione del verbale da parte dei partecipanti all'incontro nulla toglie alla natura fidefacente dell'atto il quale fu redatto alla presenza del Segretario Generale, il quale è un pubblico ufficiale, e fu sottoscritto in forma telematica. Parte ricorrente rileva altresì che il Segretario Generale, in qualità di RPCT, non poteva convocare la suddetta riunione in quanto non ha, tra le sue prerogative, quella di promuovere "confronti" fra il RUP di un appalto e la ditta appaltatrice. Di conseguenza, secondo parte ricorrente, vi sarebbe stato uno "straripamento" di potere dal parte del Segretario Generale e, pertanto, non vi sarebbe stata alcuna "mancata collaborazione" in quanto l'RPCT del Comune resistente non poteva, di propria iniziativa, convocare la riunione e, comunque, come RUP, si era disponibile ad una audizione diretta e, quindi, non era venuto meno a nessun obbligo di collaborazione. Nella deliberazione dell'Anac n.840 del 2.10.2018 ("Richieste di parere all'ANAC sulla corretta interpretazione dei compiti del Responsabile della Prevenzione della Corruzione e della Trasparenza (RPCT) da parte del: 1) direttore del Sistema dei Controlli e RPCT della Giunta di Regione Lombardia (nota prot. (...) del 21/12/2017); 2) segretario Generale e RPCT del Comune di San Giorgio a Cremano (nota prot. (...) del 04/07/2018) e Dirigente della civica Avvocatura (nota prot. (...) del 28.9.2018); 3) RPCT della Giunta dell'Azienda O.R.A. "S.C." di P. (nota prot. (...) del 08/08/2017). Pubblicata nel sito internet dell'Autorità Nazionale Anticorruzione") si legge che "...Dalla lettura delle norme sopra richiamate si evince, inoltre, che il RPCT, nell'esercizio delle proprie funzioni - secondo criteri di proporzionalità, ragionevolezza ed effettività, rispetto allo scopo delle norme richiamate - non possa svolgere controlli di legittimità o di merito su atti e provvedimenti adottati dall'amministrazione, né esprimersi sulla regolarità tecnica o contabile di tali atti, a pena di sconfinare nelle competenza dei soggetti a ciò preposti all'interno di ogni ente o amministrazione ovvero della magistratura. Non risultano, infatti, addentellati normativi in base ai quali attribuire al RPCT tali poteri di analisi dei procedimenti svolti nell'amministrazione. Semmai, dalla delibazione dei fatti - di cui si dirà - il RPCT può trarre conclusioni in ordine ad interventi sul PTPC o sulle misure di prevenzione, oppure potrà meglio individuare quale organo/ufficio interno o esterno all'amministrazione sia competente per i necessari accertamenti di responsabilità. L'integrazione funzionale dei poteri del RPCT, in particolare con quelli di uffici/organi interni all'amministrazione, implica, naturalmente, che anche questi ultimi siano tenuti ad una collaborazione costante e costruttiva con il RPCT e a tenerlo informato sugli esiti delle attività svolte. All'interno di tali assi portanti - e cioè verifica della tenuta del sistema della prevenzione della corruzione, modello a rete che comporta la complementarietà ma non la sovrapposizione dei poteri del RPCT con quelli di altri organi di controllo interni o esterni all'amministrazione, esclusione che il RPCT possa autonomamente accertare responsabilità o svolgere controlli di legittimità e di regolarità tecnica o contabile - occorre poi verificare concretamente se e quali poteri effettivi di accertamento possa esercitare il RPCT nel caso in cui gli venga segnalata una disfunzione o un fenomeno corruttivo. Nelle richieste di parere si chiede, infatti, di chiarire fino a che punto il RPCT possa spingersi nella propria attività di indagine e di controllo per verificare i contenuti di segnalazioni su presunte irregolarità e/o illegittimità compiute nell'amministrazione o nell'ente. Innanzitutto, si può certamente affermare che, qualora il RPCT riscontri o riceva segnalazioni di irregolarità e/o illeciti, debba, innanzitutto, svolgere una delibazione sul fumus di quanto rappresentato e verificare se nel PTPC vi siano o meno misure volte a prevenire il tipo di fenomeno segnalato. Tale delibazione è senza dubbio funzionale ai poteri di predisposizione del PTPC e delle misure di prevenzione che esplicitamente la legge attribuisce al RPCT ma può anche - salvo che la fattispecie e il relativo fumus non si appalesino in modo chiaro dalla segnalazione ricevuta - essere necessario per comprendere quali siano gli organi interni o gli enti/istituzioni esterne a cui rivolgersi per l'accertamento di responsabilità o per l'assunzione di decisioni in ordine al corretto andamento dell'azione amministrativa. Se nel PTPC esistono misure di prevenzione adeguate, il R. è opportuno richieda per iscritto ai responsabili dell'attuazione delle misure - come indicati nel PTCP - informazioni e notizie sull'attuazione delle misure stesse, rappresentando, anche in modo circostanziato e con riferimento alla fattispecie specifica riscontrata o segnalata, le ragioni per le quali tali notizie e informazioni vengono richieste. Qualora, invece, a seguito dell'esame del PTPC non risulti mappato il processo in cui si inserisce il fatto riscontrato o segnalato ovvero, pur mappato il processo, le misure manchino o non siano ritenute adeguate rispetto alla fattispecie rappresentata, il RPCT è opportuno proceda con la richiesta scritta di informazioni e notizie agli uffici responsabili su come siano state condotte le attività istituzionali su cui si innesta il fenomeno di presunta corruzione riscontrato o segnalato, rappresentando, anche in modo circostanziato e con riferimento alla fattispecie specifica riscontrata o segnalata, le ragioni per le quali tali notizie e informazioni vengono richieste. In tal senso, ad esempio, il RPCT potrà chiedere ai dipendenti che hanno istruito un procedimento in difformità alle indicazioni fornite nel PTPC e ai dirigenti che lo hanno validato, di fornire motivazione per iscritto circa le circostanze di fatto e di diritto che sottendono all'adozione del provvedimento. Gli uffici e i dipendenti interessati, a loro volta, possono certamente allegare documenti alle risposte che inviano. Il dovere di corrispondere alle richieste del RPCT, come sopra si è visto, è uno specifico dovere che grava su tutti i dipendenti dell'amministrazione o ente. Tale impostazione è coerente con quanto previsto nel PNA 2016 (5.2.) per cui "alla responsabilità del RPCT si affiancano con maggiore decisione quelle dei soggetti che, in base alla programmazione del PTPC, sono responsabili dell'attuazione delle misure di prevenzione. Un modello a rete, quindi, in cui il RPCT possa effettivamente esercitare poteri di programmazione, impulso e coordinamento e la cui funzionalità dipende dal coinvolgimento e dalla responsabilizzazione di tutti coloro che, a vario titolo, partecipano dell'adozione e dell'attuazione delle misure di prevenzione". In ogni caso, si ricorda che le amministrazioni e gli enti sono tenute a definire, nel proprio PTPC come previsto dall'art. 1 co. 9 lett. c) della L. n. 190 del 2012, anche gli obblighi di informazione nei confronti del RPCT chiamato a vigilare sul funzionamento e sull'osservanza del Piano. Al fine di dimostrare di aver efficacemente vigilato sul funzionamento e sull'osservanza del PTCP è buona norma che il RPCT tracci adeguatamente le richieste e i relativi riscontri. Nello svolgimento di tale attività di verifica, ci si può chiedere se, nel silenzio della legge, il RPCT sia autorizzato anche all'audizione di dipendenti e all'acquisizione diretta di atti dei procedimenti oggetto di criticità. L'analisi può muovere da quanto previsto dal legislatore con riferimento ad altri organi coinvolti nel sistema di prevenzione della corruzione. In proposito sovvengono esclusivamente le norme relative ai poteri degli OIV, cui il D.Lgs. n. 97 del 2016 ha attribuito il potere di verificare i contenuti della relazione annuale del RPCT rispetto agli obiettivi sulla prevenzione della corruzione e della trasparenza (art. 1 co. 8 bis L. n. 190 del 2012). La norma, infatti, autorizza, a tal fine, l'OIV sia a richiedere al RPCT informazioni e documenti sia a svolgere audizioni di dipendenti. A ben vedere, tuttavia, tali poteri sono attribuiti con un fine particolare che riguarda la coerenza di quanto riferito dal RPCT nella relazione annuale rispetto agli obiettivi strategici in materia di anticorruzione e trasparenza. Non si tratterebbe, cioè, di poteri di accertamento di fatti e fenomeni corruttivi e, pertanto, l'ipotesi sarebbe diversa da quella che si sta esaminando. Ad avviso dell'Autorità, la valutazione da compiere va orientata nella stessa logica sopra riportata. L'acquisizione di atti e documenti da parte del RPCT e l'audizione di dipendenti (da verbalizzare, o comunque da tracciare adeguatamente) è ammessa nella misura in cui consente al RPCT di avere una più chiara ricostruzione dei fatti oggetto della segnalazione. Non, dunque, al fine dell'accertamento di responsabilità o della fondatezza dei fatti oggetto della segnalazione ma per poter, se necessario, attivare gli organi sia interni che esterni all'amministrazioni competenti al riguardo, ovvero per calibrare il PTPC rispetto ai fatti corruttivi che possono verificarsi nell'ente. Questo potere istruttorio del RPCT va utilizzato secondo criteri di proporzionalità, ragionevolezza e adeguatezza. Ciò vuol dire che se il RPCT può acquisire elementi e valutazioni utili ai fini sopra indicati attraverso l'interlocuzione con gli uffici o le strutture interne, anche di controllo o con compiti ispettivi, è opportuno che si avvalga della loro collaborazione. Sempre nel PTPC sarebbe opportuno indicare come il RPCT si raccorda con i dipendenti e con le strutture e gli uffici dell'amministrazione, ivi compresa l'autorità di indirizzo, gli OIV e gli organi di controllo interno, l'Ufficio Procedimenti Disciplinari. Sarebbe anche auspicabile prevedere modalità di condivisione, coordinamento e interlocuzione tra il RPCT e gli altri soggetti della struttura che svolgono attività ispettive o di controllo, ciò in quanto la reale efficacia del ruolo del RPCT dipende soprattutto dall'integrazione e dal coordinamento di tale soggetto con il sistema dei controlli interni dell'ente di riferimento...". Ritiene il Tribunale che l'RPCT ben può stabilire le modalità più opportune per ascoltare i dipendenti (e quindi anche effettuare delle riunioni) a cui possono partecipare eventualmente anche privati che hanno rapporti contrattuali con l'ente qualora questi abbiano deciso spontaneamente di rendere informazioni o sollevato criticità in ordine all'azione amministrativa e contrattuale svolta. Quanto alla prospettata assenza di potere dell'RCPT nell'ambito degli appalti (così come previsto dal Piano triennale di prevenzione della Corruzione e Trasparenza) si rileva che, invece, certamente l'RCPT può intervenire nella fase dell'attuazione di un contratto aggiudicato da un ente locale in quanto l'RCPT funge non solo da organo di prevenzione della corruzione "strictu sensu" intesa ma anche, più in generale, di propulsore della trasparenza e della legalità dell'azione amministrativa. Del resto il Consiglio di Stato, in materia di accesso civico generalizzato, ha affermato che "..."La stessa Adunanza Plenaria n. 10/2020 ha chiarito che "la disciplina dell'accesso civico generalizzato, fermi i divieti temporanei e/o assoluti di cui all'art. 53 del D.Lgs. n. 50 del 2016, è applicabile anche agli atti delle procedure di gara ed, in particolare, all'esecuzione dei contratti pubblici, non ostandovi in senso assoluto l'eccezione del comma 3 dell'art. 5 bis D.Lgs. n. 33 del 2013, che non esenta in toto la materia dall'accesso civico generalizzato. Tuttavia, afferma l'Adunanza Plenaria n. 10/2020 che "resta ferma la verifica della compatibilità dell'accesso con le eccezioni relative di cui all'art. 5-bis, comma 1 e 2, a tutela degli interessi-limite, pubblici e privati, previsti da tale disposizione, nel bilanciamento tra il valore della trasparenza e quello della riservatezza.". Se esiste, in altri termini, l'interesse ad una conoscenza diffusa dei cittadini nell'esecuzione dei contratti pubblici, volta a sollecitare penetranti controlli da parte delle autorità preposte a prevenire e a sanzionare l'inefficienza, la corruzione o fenomeni di cattiva amministrazione e l'adempimento delle prestazioni dell'appaltatore deve rispecchiare l'esito di un corretto confronto in sede di gara, a maggior ragione gli operatori economici, che abbiano partecipato alla gara, sono interessati a conoscere illegittimità o inadempimenti manifestatisi dalla fase di approvazione del contratto sino alla sua completa esecuzione, non solo per far valere vizi originari dell'offerta nel giudizio promosso contro l'aggiudicazione (Cons. St., sez. V, 25 febbraio 2009, n. 1115), ma anche con riferimento alla sua esecuzione, per potere, una volta risolto il rapporto con l'aggiudicatario, subentrare nel contratto od ottenere la riedizione della gara con chance di aggiudicarsela. Ma tale interesse alla trasparenza, di tipo conoscitivo, che non esige una motivazione specifica, deve in ogni caso palesarsi non in modo assolutamente generico e destituito di un benché minimo elemento di concretezza, anche sotto forma di indizio, come accade nel caso in esame in cui viene solo ipoteticamente prospettata l'esistenza di una difformità tra il contratto e l'esecuzione del servizio, pena rappresentare un inutile intralcio all'esercizio delle funzioni amministrative e un appesantimento immotivato delle procedure di espletamento dei servizi" (Consiglio di Stato, Sez. III, 25.1.2022, n.495). Quindi, se è consentito un accesso generalizzato agli atti relativi alla esecuzione dei contratti pubblici ancor di più deve consentirsi un "accesso" particolare all'RCPT proprio al fine di accertare eventuali anomalie nell'esecuzione dei contratti pubblici. E di ciò è consapevole lo stesso ricorrente il quale ha più volte investito l'RCPT sul contratto "O.S." riconoscendone, quindi, implicitamente la "competenza funzionale" (doc.6,7,8,9 convenuto). Si rileva, comunque, che quand'anche si volesse ritenere l'RPCT non "competente" ad acquisire notizie ed informazioni ciò non toglie che queste comunque sono state rese dinanzi ad un pubblico ufficiale e, quindi, anche a voler ritenere che questi abbia fatto cattivo uso in concreto delle sue attribuzioni di RPCT, quest'ultimo ben poteva, anche per il suo ruolo di titolare dell'azione disciplinare, procedere all'eventuale contestazioni degli addebiti in quanto le dichiarazioni ricevute erano, comunque, utilizzabili. Ritiene il Tribunale che dall'istruttoria orale svolta e dalla documentazione prodotta dalle parti emerge che i fatti così come addebitati al dott.B. risultano provati e la sanzione disciplinare irrogata appare legittima e proporzionata alla gravità dei fatti. Il Segretario Comunale ha confermato di aver avuto conoscenza della nota 29.05.2019 solo il giorno successivo, al momento della riunione convocata dall'RPCT ("...a me pare di aver letto questa nota il giorno 3.05.2019..") e a cui il Dott. B., pacificamente, non intese partecipare. La teste G., dopo aver affermato di esser stata oggetto di "mobbing" da parte del ricorrente, conferma sostanzialmente che i servizi aggiuntivi proposti dalla O.S. furono solo parzialmente messi in opera a causa di inadempimenti di ambo le parti (come affermato, tra l'altro, nel verbale della riunione del 30.05.2019). I Signori C. e M., della O.S., confermano la mancanza di riscontro alle comunicazioni inviate al Comune, tale da determinare l'attivazione di servizi senza che fosse definito il procedimento di ufficialità della proposta e della relativa accettazione. Confermano altresì anche la tempistica dell'utilizzabilità degli strumenti informatici, una volta abbinati alle stampanti portatili, ed il fatto che la gestione dell'hardware di sistema fosse a carico esclusivo del Comando di PM, avendo la O.S. fornito il solo software applicativo. Chiariscono anche, e soprattutto, che tutto lo svolgimento delle operazioni era condizionato dal fatto che il Comandante prendesse le decisioni necessarie al proseguo dell'appalto. I testi anzidetti appaiono particolarmente attendibili in quanto a conoscenza dei fatti di causa proprio per loro ruolo svolto per la fornitura di beni e servizi al Comune di Pistoia. Il teste C. ha dichiarato che "... fino a quando il Comandante non aveva preso una decisione non si poteva dar seguito all'operazione..." mentre il teste M. ha dichiarato che "....Ricordo che andò avanti per diverso tempo la diatriba con il Comandante per capire se li volevano oppure no e come realizzarli. Allora all'assenso verbale del Comandante non seguiva nulla di scritto per cui noi, ad un certo momento, mi pare ai primi del 2019 perché se ne era parlato per tanto tempo, quasi un anno, ricordo che furono attivati servizi aggiuntivi e una volta attivati io non mi ricordo se ho scritto al Comandante oppure alla G. che se non mi fosse arrivata una accettazione scritta da parte del Comune, avrei provveduto a sospendere tali servizi aggiuntivi. Ricordo che poi mi arrivò, non mi ricordo esattamente quando ma comunque eravamo sempre nel 2019, forse a primavera 2019 ma non ne sono sicuro, l'accettazione scritta anche di questi servizi aggiuntivi che sono tutt'ora attivi...". Risulta provato, quindi, che il ricorrente, in qualità di RUP, non ha collaborato con la ditta appaltatrice per la corretta esecuzione degli obblighi contrattuali (in quanto la ditta aggiudicatrice non aveva riscontri tempestivi dal Comandante) e risulta, inoltre, che gli apparecchi oggetto dell'appalto furono messi tempestivamente a disposizione unitamente ai portatili. Il teste M., sul punto, ha dichiarato che "...Io mi ricordo che abbiamo fornito gli apparati completi di scheda SIM entro i termini previsti dalla gara di cui non mi ricordo la data precisa: però mi ricordo che vi era tutto e che poi sono stati lasciati negli armadi prima di consegnarli agli agenti su strada....Io non mi ricordo di aver avuto contestazioni da parte del comune ma mi ricordo che rispetto alla firma del contratto, siccome l'informatica si evolve in ogni momento, io mi ricordo che avevo proposto la fornitura di apparati elettronici più evoluti che ricordo, invece, non fu accettata e per cui furono consegnati gli apparati elettronici di cui alla nostra proposta...". Le dichiarazioni del teste M. sono riscontrate dal documento 26 di parte convenuta dove, al punto 3 del verbale dell'8.8.2018, la società aggiudicataria afferma che "L'azienda assicura che da oggi, essendo stato fatto l'abbinamento con le relative stampanti gli apparati possono essere pienamente utilizzati". Risulta quindi che gli apparecchi forniti dalla "Open" erano in grado di funzionare sin dalla data del 08 agosto 2018, ossia quasi un anno prima dell'avvenuta contestazione di addebito (12 giugno 2019). E' evidente che se negligenze nell'esecuzione del contratto vi sono state da parte della ditta aggiudicatrice (in quanto i palmari risultavano poco funzionanti anche successivamente alla riunione del 30.05.2019), come afferma lo stesso ricorrente nelle proprie difese in seno al procedimento disciplinare, è anche vero che il controllo sull'efficienza delle dotazione doveva essere effettuato (anche) dal ricorrente quand'anche avesse delegato specificamente la dott.ssa G. ad occuparsi dell'esecuzione del contratto. Risulta altresì provato che sono state effettuate comunicazioni incomplete all'RPCT e ciò è dimostrato dal fatto che i responsabili della O.S. hanno confermato che l'amministratore di sistema era il Comando di Polizia Municipale, presso il quale erano installati gli strumenti hardware sui quali era stato installato il programma fornito da "O.S.". Nella riunione del 30.05.2019 i tecnici della Open hanno dichiarato, infatti, che i verbali delle contravvenzioni non possono essere modificati dalla ditta appaltatrice ma soltanto dal Comando di Polizia Municipale che ha la password di "admin" (amministratore). Quanto alla mancata risposta alla ditta appaltatrice sulla proposta di servizi aggiuntivi a compensazione del maggiore importo d'appalto con conseguente mancata formalizzazione del contratto integrativo come proposto dall'RPCT su espressa richiesta del ricorrente, con nota 239784/2018, prot. (...)-ris., si rileva che i testi di "O.S." hanno confermato che la fornitura dei servizi aggiuntivi fu formalizzata solo molto tempo dopo l'avvio dell'appalto. E risulta pacifico che al luglio del 2019, data in cui il Dott. B. faceva pervenire le proprie deduzioni a seguito della contestazione ricevuta, nulla era stato ancora definito, come dallo stesso ricorrente ammesso proprio nelle sue difese. Ed è evidente che al luglio del 2019 il Comune di Pistoia non aveva ancora usufruito dei servizi aggiuntivi proposti dalla Ditta. Inoltre deve ritenersi che la mancata partecipazione del ricorrente alla riunione del 30.05.2019 costituisce, indubbiamente, un inadempimento agli obblighi di collaborazione del dirigente nei confronti dell'RPCT in quanto effettivamente, con la sua partecipazione, il dott.B. avrebbe aiutato il Segretario Generale a "dipanare" alcune criticità che erano pacificamente emerse con riferimento all'esecuzione del contratto "Open". Il fatto che il ricorrente si sia reso disponibile ad essere ascoltato "separatamente" non vale ad elidere l'addebito sulla mancata presenza alla riunione in quanto non solo risulta documentato che il dott.B. era già stato ascoltato personalmente dal dott.P. ma la presenza del ricorrente alla riunione avrebbe consentito proprio di dirimere le questioni sorte sull'esecuzione del contratto "Open" (in ragione delle diverse "versioni" sorte tra i dirigenti e i tecnici della ditta aggiudicatrice). Il riferimento del ricorrente al segreto d'ufficio appare invece generico e non sufficientemente motivato né risulta che il ricorrente abbia chiesto, prima della riunione del 30.5.19, un audizione personale con il dott. P. per esplicitare le ragioni d'ufficio per le quali non poteva partecipare alla riunione e le notizie che non potevano essere fornite in quelle sede (e per le quali lo stesso RPCT sarebbe stato tenuto, successivamente, al segreto). Alla luce delle considerazioni anzidette il provvedimento disciplinare impugnato risulta legittimo e proporzionato ai fatti addebitati al ricorrente. Le spese di lite si compensano integralmente alla luce della complessità e della obiettiva controvertibilità delle questioni dirimenti il presente giudizio. P.Q.M. 1)Rigetta il ricorso e le domande ivi contenute; 1) compensa tra le parti le spese del presente procedimento; 2) motivazione nei 60 giorni. Così deciso in Pistoia, il 23 novembre 2022. Depositata in Cancelleria il 2 dicembre 2022.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE DI PISTOIA Nella persona del giudice unico Dott.ssa Elena Piccinni ha pronunciato la seguente SENTENZA nel procedimento civile n. 3143/2020 R.(...)C. vertente tra (...) (C.F. (...) ), rappresentato e difeso dall'avv. Gu.Gi. del Foro di Prato, ed elettivamente domiciliata presso il suo studio in Prato, Via (...), giusta procura in atti; - parte attrice - e GEOM. (...) (C.F. (...) ), rappresentato e difeso dall'avv. Gi.Ra. del Foro di Firenze e dall'avv. Ma.Ol. del Foro di Milano, ed elettivamente domiciliato presso lo studio del primo in Firenze, Viale (...), giusta procura in atti; - parte convenuta- nonché COMUNE DI PISTOIA (C.F. (...)), in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. Fe.Pa. del Foro di Pistoia, ed elettivamente domiciliato presso elettivamente domiciliato presso lo Staff Affari Legali in Pistoia, Piazza (...), giusta procura in atti; - parte convenuta - In punto: diritto di regresso ex art. 1299 c.c.; risarcimento danni ex art. 2043 c.c.. RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE Posizione delle parti Con atto di citazione ritualmente notificato l'arch. (...) ha convenuto in giudizio il geom. (...) e il Comune di Pistoia per sentirli condannare, il primo, alla refusione all'attore del 50% di quanto da costui dovuto al sig. (...) in ragione della sentenza del Tribunale di Pistoia n. 591/2019, previo accertamento della partecipazione del geom. (...) alla redazione del progetto di cui al Permesso di costruire n. 16/2010 e dunque del diritto di regresso dell'attore nei suoi confronti, e, il secondo, al risarcimento dei danni patiti in conseguenza della medesima sentenza n. 591/2019 quantificati in Euro 108.044,87 ovvero, in ipotesi, nella misura del 50% di quanto dovuto dall'attore in favore del sig. (...) in forza del detto titolo giudiziale. In particolare, l'attore ha allegato: - che con domanda prot. n. (...) del 24/10/2008 la sig.ra (...) e, a seguito di voltura, il sig. (...), avevano presentato al Comune di Pistoia il Permesso di costruire ex art. 78 L.R.T. n. 1 del 2005 per la nuova costruzione di fabbricato con destinazione a civile abitazione su terreno sito in P., loc. P., Via dello S., censito al NCEU comunale al Foglio (...), particella (...), da realizzarsi, sul lato ovest, in aderenza a fabbricato già esistente con parete cieca e, sul lato est, ad una distanza dal confine che variava da 5,00 m a 4,00 m; - che sul confine est del lotto di interesse era già presente un fabbricato pertinenziale di altra proprietà (sig. (...)) privo di pareti finestrate e costruito a soli 35,00 cm dal confine, con la conseguenza che l'intervento di progetto sarebbe stato tenuto ad una distanza di soli 4,00 m dal manufatto preesistente, limitatamente alla proiezione dello stesso sul confine, ma in conformità a quanto consentito dalla disciplina sulle distanze di cui all'art. 8 punto 2 ultimo periodo e punto 3 commi 1 e 3 lett. b) delle NTA del PRG allora vigente, tanto che il Comune di Pistoia aveva rilasciato il Permesso di costruire n. 16/2010 del 29/01/2010; - che benché la domanda di Permesso di costruire e il progetto presentato al Comune di Pistoia fossero stati firmati unicamente dall'arch. (...), in realtà l'incarico era stato svolto dal professionista congiuntamente al geom. (...), con cui condivideva lo studio sito in S.P., loc. C., Via M. n. 473, oltre che la gestione delle pratiche e degli utili (ancorché non fosse stata costituita alcuna associazione professionale); - che, infatti, il sig. (...) era cliente del geom. (...), il quale aveva personalmente compiuto tutti i rilievi e le misurazioni sul terreno nonché redatto la prima bozza del progetto riferito al posizionamento planimetrico del fabbricato sul lotto e alle relative distanze rispetto all'edificio antistante, in conformità alla disciplina allora vigente art. 8 NTA del PRG del Comune di Pistoia; inoltre, il geom. (...) aveva partecipato a tutti i colloqui con i tecnici dell'Ufficio Comunale nelle fasi della redazione della domanda di Permesso di costruire e, dunque, anche per la specifica disamina del rispetto della disciplina delle distanze, nonché aveva effettuato frequenti visite presso il cantiere per controllare la rispondenza dei lavori eseguiti al progetto, rivestendo di fatto la direzione dei lavori congiuntamente all'arch. (...); tanto che il sig. (...) aveva versato in data 21/10/2008 un primo acconto di Euro 2.000,00 direttamente alla figlia del geom. (...) per l'incarico di progettazione oggetto di causa; - che nel 2009 i due professionisti avevano deciso di addivenire alla divisione del loro studio professionale, redigendo apposita scrittura privata per regolare detta scissione, quest'ultima contenente le pratiche in corso al 31/12/2008 relativamente alle quali entro il giorno 10 di ogni mese, a partire dall'aprile 2009, l'arch. (...) e il geom. (...) avrebbero dovuto incontrarsi per conteggiare quelle riscosse, dividere gli utili ed aggiornare l'elenco; tra tali pratiche, al n. 26, figurava anche quella relativa al progetto del sig. (...) con indicazione dell'incasso di un compenso di Euro 2.000,00-; - che in data 10/03/2010 il Comune di Pistoia aveva adottato un nuovo Regolamento Urbanistico, mutando la destinazione dell'area oggetto di intervento in "Aree agricole specializzate di pianura"; - che verso la fine del 2011 il sig. (...), proprietario del fabbricato frontistante a quello oggetto di intervento, aveva manifestato al sig. (...) alcune criticità rispetto al Permesso di costruire n. 16/1010, motivo per il quale il sig. (...) si era rivolto ad un legale, che aveva prospettato la questione del contrasto tra l'intervento progettato e quanto stabilito dall'art. 9 D.M. n. 1444 del 1968, essendo posto ad una distanza inferiore a quella di 10 m dall'edificio frontistante, con possibile rischio di un'azione di riduzione in pristino e risarcimento dei danni; a tale primo parere era seguito l'invio in data 22/10/2012 di successivo parere integrativo indirizzato proprio al geom. (...); - che in data 10/01/2013 il sig. (...) aveva chiesto al Comune di Pistoia un parere preventivo circa la variante al progetto per adeguare l'intervento di cui al Permesso di Costruire n. 16/2010 al D.M. n. 1447 del 1968, e, visto il parere favorevole della Commissione edilizia del 14/03/2013, veniva depositato il progetto di variante a firma dell'arch. (...) con cui era stata eliminata la porzione di costruito prospicente al fabbricato frontistante e recuperata detta volumetria al piano primo della porzione tergale, - che, alla luce delle perduranti perplessità sulla legittimità dell'intervento, anche il Responsabile del procedimento, con nota del 13/11/2013, aveva chiesto un parere al riguardo all'Ufficio del Comune di Pistoia evidenziando come anche in passato la normativa sulle distanze avesse già creato dei problemi; - che, nonostante il Comune di Pistoia avesse approvato la variante, il sig. (...) aveva deciso di rinunciare all'intervento, anche considerato che nel frattempo era divenuta definitiva la classificazione agricola dell'area di interesse, chiedendo un nuovo permesso di costruire in variante n. 1/2014 al fine di realizzare unicamente una rimessa di 20 mq; - che con atto di citazione notificato il 08/10/2014 i sig.ri (...) e (...) avevano convenuto in giudizio avanti al Tribunale di Pistoia l'arch. (...) - e non anche il geom. (...), inspiegabilmente - per sentire dichiarare risolto il contratto di incarico professionale di progettazione e direzione dei lavori e condannare il convenuto al risarcimento dei danni patiti in conseguenza dell'inadempimento quantificati in almeno Euro 200.000,00 oltre che alla restituzione degli acconti percepiti per Euro 6.400,00-. Il giudizio, rubricato n. 3908/2014 (...), si era concluso con sentenza n. 591/2019 del 12/09/2019 di accertamento della responsabilità professionale del progettista a fronte dell'impossibilità di realizzare il progetto in quanto contrastante con la disciplina di cui al D.M. n. 1444 del 1968 e di condanna dell'arch. (...) al risarcimento dei danni pari ad Euro 77.048,41 nei confronti del sig. (...) - ossia in misura pari a quanto speso dall'attore per la realizzazione e successiva demolizione della costruzione nonché alla perdita del valore del terreno a causa della mancata realizzazione della costruzione alla quale era seguita la classificazione agricola dell'area - e pari ad Euro 374,72 nei confronti della sig.ra F., oltre che alla restituzione degli acconti percepiti di Euro 6.400,00 e alla refusione delle spese di lite; - che con nota del 22/11/2019 il legale dell'arch. (...) aveva diffidato il geom. (...), ritenuto corresponsabile del danno riconosciuto al sig. (...) ex art. 2055 c.c., a provvedere al pagamento della quota del 50% del risarcimento liquidato in suo favore dal Tribunale, stante la condivisione delle pratiche dello "studio di fatto" nonché considerato il fatto che proprio il geom. (...) aveva predisposto e lavorato personalmente al progetto, tuttavia con esito negativo, nonostante il diritto di regresso del primo nei confronti del secondo ai sensi dell'art. 1299 c.c.; - che, oltre alla corresponsabilità del geom. (...), nel caso di specie sussisterebbe anche la responsabilità del Comune di Pistoia ex art. 2043 c.c. per i danni patiti dall'arch. (...) in conseguenza della pretesa risarcitoria vantata nei suoi confronti dal sig. (...), a fronte della condotta colposa dell'Amministrazione comunale consistita nell'adozione di previsioni del P.R.G. totalmente in contrasto con il D.M. n. 1444 del 1968 e nel rilasciare il Permesso di costruire n. 16/2010 del tutto illegittimo, omettendo ogni verifica di conformità del progetto presentato rispetto alla disciplina delle distanze legali. Dunque, tanto premesso e considerato in punto di fatto, l'attore ha insistito per l'accoglimento delle rassegnate conclusioni. Con comparsa di costituzione e risposta depositata in data 02/03/2021 si è costituito in giudizio il geom. (...) contestando tutto quanto ex adverso dedotto ed argomentato sia in punto di an sia in punto di quantum debeatur, escludendo profili di responsabilità a suo carico, negando di aver mai predisposto alcun progetto e di essersi mai recato sul cantiere, essendosi limitato a redigere il frazionamento del lotto di terreno, anche considerato che i lavori di realizzazione del progetto edilizio predisposto dall'arch. (...) erano iniziati sotto la di lui direzione il 25/01/2010 quando la collaborazione con il geom. (...) era già cessata da un anno, deducendo di ricevuto unicamente incarico nel 2014 dal sig. (...) di eseguire la planimetria catastale della rimessa autorizzata dal Comune di Pistoia, dunque insistendo per il rigetto della domanda spiegata nei suoi confronti in quanto infondata in fatto e in diritto, in ipotesi procedendo alla ripartizione delle responsabilità in misura proporzionale alle effettive e concrete responsabilità, previa sospensione del presente giudizio ex art. 295 c.p.c. in attesa della definizione del processo in appello avverso la sentenza del Tribunale di Pistoia n. 591/2019, pregiudiziale rispetto alla decisione sulla domanda di regresso, nonché previa sospensione della causa (...) - (...) in attesa della definizione del giudizio risarcitorio contestualmente promosso nei confronti del Comune di Pistoia, in quanto anch'esso pregiudiziale al primo. Con comparsa di costituzione e risposta depositata in data 01/03/2021 si è costituito in giudizio anche il Comune di Pistoia, eccependo anzitutto il difetto di giurisdizione del giudice ordinario in favore del giudice amministrativo ex art. 133 lett. f) c.p.a. e comunque il difetto di legittimazione attiva di parte attrice ad agire in danno dell'Amministrazione comunale in assenza di una contestuale iniziativa giudiziaria della proprietà che ha positivamente ottenuto il titolo edilizio richiesto, eccependo altresì la prescrizione ex art. 2947 c.c. del preteso diritto risarcitorio, nel merito contestando tutto quanto ex adverso dedotto sia in punto di an sia in punto di quantum insistendo per il rigetto delle domande attoree perché infondate in fatto e in diritto e in via subordinata per l'applicazione del disposto di cui all'art. 1227 c.c.. Celebrata la prima udienza di comparizione delle parti e assegnati i termini ex art. 183 comma 6 c.p.c., la causa è stata istruita documentalmente e mediante assunzione di prova testimoniale. Dunque, ritenuta la causa matura per la decisione, il Giudice ha fissato udienza di precisazione delle conclusioni all'esito della quale ha trattenuto la causa in decisione con assegnazione alle parti dei termini ex art. 190 c.p.c. per il deposito di comparse conclusionali e memorie di replica. In diritto a) Sulla domanda attorea nei confronti del geom. (...) Fatta applicazione del principio processuale della ragione più liquida come desumibile dagli artt. 24 e 111 Cost., in ogni caso rammentato che il condebitore solidale può promuovere l'azione di regresso di cui all'art. 1299 c.c. nei confronti degli altri coobbligati anche prima di aver pagato la propria obbligazione, fermo restando che l'eventuale sentenza di accoglimento non potrà essere messa in esecuzione se chi l'ha promossa non abbia a sua volta adempiuto nei confronti del creditore principale (Cass. 12691/2008), la domanda dell'attore è infondata in assenza di prova del fatto che il geom. (...) avesse effettivamente assunto ed eseguito, unitamente all'arch. (...), l'incarico della gestione della pratica edilizia relativa alla realizzazione di fabbricato in P., loc. P., Via dello (...), di cui al Permesso di costruire n. 16/2010 del 29/01/2010. Di contro, l'istruttoria orale espletata e la documentazione in atti hanno confermato il fatto che l'incarico era stato conferito esclusivamente all'arch. (...) che, unitamente ai propri collaboratori, ha gestito la pratica edilizia oggetto di causa: - il testimone (...), sentito all'udienza del 07/04/2022 quale marito della sig.ra (...) e padre del sig. (...), della cui attendibilità non vi è motivo di dubitare data sua la terzietà rispetto alle posizioni e agli interessi delle parti di causa, ha confermato la circostanza che, nel corso dell'anno 2008, sua moglie (...) conferì proprio all'arch. (...) l'incarico di progettare un fabbricato da adibire a civile abitazione in P., Loc. P., Via dello (...), sul terreno di sua proprietà censito al NCEU Foglio (...) Part. (...), precisando che "mia moglie ha delegato sia nostro figlio (...) sia me di seguire la pratica", ribadendo nel corso della testimonianza che la sua famiglia conosceva l'arch. (...) e non anche il geom. (...), negando dunque la circostanza che invece fosse stato il geom. (...) a portare allo studio "(...)" i clienti (...) e (...); inoltre, il testimone ha riferito che in effetti, nel 2010, la proprietà del terreno sopra identificato era stata trasferita al figlio, (...), che era subentrato alla sig.ra (...) quale nuovo committente nell'incarico di progettazione conferito all'arch. (...); ancora, il testimone ha confermato che la pratica relativa alla progettazione dell'immobile sul terreno di proprietà del sig. (...) era stata seguita direttamente dall'arch. (...) "mentre non mi ricordo nei primi momenti dell'arch. (...), poi nei tempi successivi invece c'era anche l'arch. (...)", riferendo di essersi sempre relazionati con l'arch. (...) e, in sua mancanza, con l'arch. (...), i quali si erano occupati dell'aspetto regolamentare e delle norme urbanistiche vigenti nel Comune di Pistoia, effettuando gli accessi ai competenti uffici tecnici comunali, in relazione alla progettazione del nuovo fabbricato; infine, il testimone ha confermato che il geom. (...) si era occupato della sola pratica di frazionamento del lotto di terreno, riferendo che "il frazionamento fu fatto dal geom. (...) su nostro incarico e portato tutto al notaio (...) che è il notaio del rogito"; - la circostanza che l'incarico e l'esecuzione della progettazione del nuovo fabbricato fossero stati assunti unicamente dall'arch. (...) emerge per tabulas anche dalla lettura della relazione illustrativa allegata alla domanda di Permesso di costruire (doc. 2 di parte attrice) e dal Permesso di costruire n. 16/2010 del 29/01/2010 (doc. 5 di parte attrice); - del pari, tale conclusione trova conforto anche nel fatto che i sig.ri (...) e (...) hanno convenuto in giudizio avanti al Tribunale di Pistoia n. 3908/2014 R.G. unicamente l'arch. (...) al fine di ottenere, tra il resto, la declaratoria di risoluzione dei contratti di conferimento di incarico professionale intervenuti tra le parti, aventi ad oggetto l'elaborazione del progetto per la costruzione del fabbricato abitativo su due piani di cui al Permesso di costruire n. 16/2010 e la direzione dei relativi lavori (doc. 14 di parte attrice); in tale contesto, non risulta che l'arch. (...) abbia contestato la propria esclusiva responsabilità contrattuale evocando in giudizio terzi ritenuti in ipotesi corresponsabili; - ancora, ulteriore conferma di quanto sopra argomentato si rinviene nella circostanza che i lavori di realizzazione del progetto edilizio predisposto dall'arch. (...) sono iniziati il 25/01/2010 (doc. 5 di parte attrice), ossia successivamente alla cessazione della collaborazione con il geom. (...), risalente alla fine dell'anno 2008 (doc. 8 di parte attrice); - di contro, devono ritenersi non pienamente attendibili le dichiarazioni rese dalla testimone (...), sentita all'udienza del 07/04/2022 in qualità di collaboratrice dello studio (...) e (...) dal 2001 al 2008/2009, in quanto pur capace a testimoniare ex art. 246 c.p.c. deve comunque ritenersi portatrice di un interesse di fatto nella causa, dal momento che trattasi della professionista che ha disegnato materialmente le planimetrie allegate alla domanda di Permesso di costruire n. prot. (...) del 2008, escluse quelle relative alla variante in corso d'opera in quanto successiva così come all'elaborato tecnico della copertura, come dalla stessa testimone riferito - soprattutto considerato che la testimone ha riferito che i sig.ri (...) e (...) fossero clienti del geom. (...) quando invece il sig. (...) ha fermamente contestato tale circostanza -. Peraltro, il fatto che la testimone abbia riferito che, nel disegnare le tavole allegate alla domanda, si fosse attenuta al disegno redatto a mani dal geom. (...) e prodotta in atti doc. 6 di parte attrice, non dimostra quanto sostenuto nel presente giudizio da parte attrice circa il coinvolgimento del geometra, e nemmeno consente di attribuire al convenuto profili di responsabilità per i danni patiti dai sig.ri (...) e (...) in quanto l'intervento successivo di altro professionista incaricato è elemento certamente idoneo ad elidere il nesso causale tra la condotta del geom. (...) e l'errore commesso dall'arch. (...) sulla base degli elaborati redatti proprio dall'arch. (...); - la testimone (...), figlia del geom. (...), sentita all'udienza del 07/04/2022, ha riferito, quanto al versamento dell'acconto di Euro 2.000,00 da parte del sig. (...), di essere quel giorno presente in studio e "(...), nostro cliente, non trovando l'architetto (...) in studio, ha lasciato a me la somma e io ho scritto su un foglio di aver ricevuto tale somma da (...) e poi quando sono andata dall'arch. (...) per consegnargli la somma questi mi disse di tenere il denaro a copertura delle prestazioni che io avevo reso, al di fuori del progetto riguardante il sig. (...)"; il fatto, dunque, che nella scrittura privata sub doc. 8 sia stato indicato accanto alla pratica (...) la somma di Euro 2.000,00 altro non conferma se non il fatto che comunque il cliente abbia provveduto al versamento di tale acconto; peraltro, la pattuizione di un compenso anche in favore del geom. (...) non può ritenersi dimostrata nemmeno alla luce del documento prodotto dall'attore sub 7 in assenza di alcun riferimento specifico delle destinazioni delle somme in favore del geom. (...); ulteriore elemento probatorio a confutazione della tesi attorea è il fatto che nel giudizio civile n. 3908/2014 R.G. gli attori hanno chiesto la restituzione degli acconti versati solo all'arch. (...) (doc. 14 di parte attrice); - il testimone (...), sentito all'udienza del 07/06/2022 quale collaboratore dello studio B.- (...) dal 2007 al 2008, capace a testimoniare ex art. 246 c.p.c. non avendo alcun interesse a partecipare al presente giudizio, nel riferire di aver collaborato con il geom. B. alla pratica edilizia dei sig.ri (...) e (...) ha tuttavia confermato quanto da sempre sostenuto dal convenuto, riferendo precisamente che "(...) era un geometra e dunque predisposto a fare quei tipi di lavorazione, ossia il frazionamento", dovendosi in tal senso leggere, dunque, le risposte del testimone date in ordine alla partecipazione del geom. (...) ai fatti di causa; tuttavia, il coinvolgimento del testimone rispetto ai fatti di causa rende la sua deposizione meno attendibile rispetto a quanto riferito dal testimone (...) circa i rapporti tra i clienti e l'arch. (...); - la circostanza che la pratica (...) fosse inserita nell'elenco allegato alla scrittura privata sottoscritta dall'arch. (...) e dal geom. (...) non assume rilevanza alcuna, trattandosi di mera indicazione delle pratiche in gestione allo Studio aperte al 31/12/2008; il fatto che i due professionisti avessero condiviso lo studio professionale sino al 2008 è circostanza pacifica, mentre è emerso all'esito dell'istruttoria orale (dichiarazioni dei testimoni (...) e (...)) che loro in realtà non collaborassero su tutte le pratiche affidate, mantenendo ognuno la propria autonomia professionale, intervenendo dunque solo su alcune di esse, in relazione alle specifiche competenze; ulteriore conferma di tale circostanza viene data anche dall'esame delle fatture prodotte dal convenuto, in cui di volta in volta vengono specificate le prestazioni effettivamente svolte, emesse per prestazioni svolte in favore dell'arch. (...) (docc. 3, 4, 5, 6 di parte convenuta), emesse per prestazioni effettuate in favore della società (...) e (...) (docc. 7, 8, 9, 10, 11 di parte convenuta), emesse dal geom. (...) negli anni 2008 e 2009 (docc. 12 e 13 di parte convenuta), e, infine, emessa in favore della sig.ra (...) (doc. 14 di parte convenuta); - infine, non assume rilievo alcuno la circostanza che nel 2012, dunque dopo tre anni dalla cessazione del rapporto di collaborazione tra i due professionisti, il geom. (...) abbia seguito il sig. (...) nella gestione della problematica relativa alle distanze legali, affiancandolo nell'interlocuzione con il legale incaricato de parere professionale (doc. 9 di parte attrice); anzi, ciò conferma ulteriormente l'estraneità del geom. (...) rispetto al rapporto professionale con i clienti (...)/G.. Di conseguenza, alcuna (co)responsabilità può ravvisarsi a carico del convenuto nella causazione dei danni lamentati dai sig.ri (...) e (...), come riconosciuti e liquidati dal Tribunale di Pistoia con sentenza n. 591/2019 del 12/09/2019, con ciò elidendo il presupposto per l'accoglimento della domanda di regresso formulata dall'arch. (...) ai sensi dell'art. 1299 c.c.-. b) Sulla domanda attorea nei confronti del Comune di Pistoia b.1) In rito Anzitutto, va rigettata l'eccezione sollevata dal Comune di Pistoia di difetto di giurisdizione del giudice ordinario in favore di quella del giudice amministrativo, dal momento che, avuto riguardo al petitum sostanziale, nel caso di specie il provvedimento amministrativo non rileva in sé (quale elemento costitutivo della fattispecie risarcitoria, della cui illegittimità il giudice è chiamato a conoscere principaliter) ma come fatto (rilevabile incidenter tantum) che ha dato causa all'evento dannoso subìto dal patrimonio dell'arch. (...) (v. principio espresso dalla Corte Cass. SS.UU. 14231/2020). Del pari, va rigettata in quanto infondata l'eccezione sollevata dal Comune di Pistoia di carenza di legittimazione attiva in capo all'arch. (...), avendo costui agito in giudizio lamentando di aver egli stesso subito un danno ingiusto in seno all'esercizio della propria attività professionale, avendo fatto affidamento sulla legittimità delle norme del PRG e del vaglio del progetto da parte del Comune di Pistoia attraverso il rilascio del Permesso di costruire n. 16/2010. b.2) In via preliminare di merito Ancora, è infondata l'eccezione di prescrizione del diritto risarcitorio di parte attrice, sollevata dal Comune di Pistoia ai sensi dell'art. 2947 c.c. in applicazione del principio di diritto in virtù del quale la prescrizione del diritto al risarcimento del danno da fatto illecito decorre da quando il danneggiato, con l'uso dell'ordinaria diligenza, sia stato in grado di avere conoscenza dell'illecito, del danno e della derivazione causale dell'uno dall'altro, nonché dell'elemento soggettivo del dolo o della colpa connotante detto illecito, dovendosi pertanto individuare il dies a quo con il giorno di pubblicazione della sentenza del Tribunale di Pistoia n. 591/2019 del 12/09/2019. b.3) Nel merito La domanda risarcitoria è infondata e pertanto va rigettata per le ragioni di seguito indicate. L'attore prospetta un obbligo risarcitorio del Comune di Pistoia per effetto dell'emanazione dell'art. 8 delle Norme tecniche di attuazione del PRG del Comune di Pistoia (ovvero di disposizioni di natura regolamentare), norma illegittima perché contrastante con le previsioni di cui al D.M. n. 1444 del 1968, nonché per effetto del rilascio del Permesso di costruire n. 16/2010. Tuttavia, rileva il Tribunale che "non è ravvisabile un fatto illecito, dal quale sia derivato un danno ingiusto risarcibile, nella condotta di un comune che abbia rilasciato concessioni edilizie illegittime e, perciò, disapplicate, sulla base di norme tecniche di attuazione del P.R.G. anch'esse illegittime, siccome adottate in contrasto con l'art. 9 del D.M. n. 1444 del 1968 in materia di distanze, non essendo configurabile un interesse pretensivo allo svolgimento di attività edilizia oggettivamente non consentita, né meritando tutela l'interesse al bene della vita correlato alle spese ed agliinvestimenti sostenuti in conseguenza dell'affidamento riposto nelle illegittime concessioni edilizie conseguite" (Cass. 23136/2016). E se, dunque, a monte non può configurarsi alcun illecito della P.A. per i danni patiti dal privato è logica conseguenza che tale condotta non può nemmeno configurare un fatto illecito per i danni lamentati dal professionista che abbia confidato nella realizzabilità del progetto secondo la disciplina regolamentare comunale. Ad abundantiam, il Tribunale osserva che, anche nell'ipotesi in cui si dovesse configurare la condotta del Comune quale illecito ex art. 2043 c.c., in ogni caso manca il nesso causale tra la condotta ascritta al Comune di Pistoia e i danni lamentati dall'attore, che nella qualità di progettista della pratica edilizia n. 2155/2008 e di direttori dei lavori avrebbe dovuto riscontrare egli stesso, secondo la diligenza qualificata propria della professione svolta, il problema relativo alla difformità tra la disciplina regolamentare e quella normativa nazionale, ai sensi e per gli effetti dell'art. 1227 comma 1 c.c.; invece, il professionista ha presentato un progetto irrealizzabile in quanto in contrasto con l'art. 9 D.M. n. 1444 del 1968 che è parte ope legis dello strumento urbanistico locale - tenuto comunque conto del fatto che l'autorizzazione comunale all'edificazione fa salvi i diritti dei terzi e dunque è priva di rilevanza nei rapporti che intercorrono tra i privati - e ha curato la direzione dei lavori senza verificare la giuridica e materiale fattibilità dell'opera progettata, come risulta dalla lettura della sentenza del Tribunale di Pistoia n. 591/2019 (doc. 14 di parte attrice). Sulle spese di lite Le spese di lite seguono la soccombenza e dunque nel rapporto processuale (...) - (...) vengono interamente poste a carico dell'attore. Esse vengono liquidate secondo i parametri medi di cui al D.M. n. 55 del 2014 come modificato dal D.M. n. 37 del 2018 e poi dal D.M. n. 14 del 2022 tenuto conto del valore della causa (Euro 108.044,87). Le spese di lite seguono la soccombenza anche nel rapporto processuale (...) - Comune di Pistoia e dunque anche in questo caso vengono interamente poste a carico dell'attore. Esse vengono liquidate secondo i parametri medi di cui al D.M. n. 55 del 2014 come modificato dal D.M. n. 37 del 2018 e poi dal D.M. n. 14 del 2022 tenuto conto del valore della causa (Euro 108.044,87). In al caso le spese complessive vengono ridotte del 30% data l'infondatezza delle numerose questioni pregiudiziali e preliminari sollevati dal convenuto. P.Q.M. Il Tribunale di Pistoia, definitivamente pronunziando nella presente vertenza, ogni diversa istanza ed eccezione reietta, così decide: rigetta la domanda dell'attore nei confronti del geom. (...); condanna l'arch. (...) alla refusione delle spese di lite in favore del geom. (...) liquidate in Euro 14.103,00 per compensi professionali, oltre il 15% spese generali, CPA e IVA come per legge; rigetta la domanda dell'attore nei confronti del Comune di Pistoia; condanna l'arch. (...) alla refusione delle spese di lite in favore del Comune di Pistoia liquidate in Euro 9.872,10 per compensi professionali, oltre il 15% spese generali, CPA e IVA come per legge. Così deciso in Pistoia il 28 novembre 2022. Depositata in Cancelleria il 29 novembre 2022.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI PISTOIA Sezione Lavoro Il Tribunale di Pistoia, in composizione monocratica e quale giudice del lavoro di primo grado, dott. Francesco Barracca nel procedimento n. 9 / 2020, Ruolo Lavoro, tra A.G., rappresentata e difesa dall'avvocato (...) RICORRENTE Contro COMUNE DI PISTOIA, rappresentato e difeso dall'avvocato (...), CONVENUTO ha pronunciato la seguente SENTENZA Motivi della decisione La causa è stata discussa all'udienza "cartolare" del 08.11.2022 mediante le note scritte depositate dalle parti. Nelle proprie note scritte le parti si sono riportate ai propri atti difensivi e alle rispettive istanze e conclusioni. La controversia è stata decisa all'udienza anzidetta. La causa è stata istruita con la documentazione prodotta dalle parti e con l'audizione di alcuni testi. Il ricorso è infondato e, pertanto, va rigettato per le ragioni che si preciseranno in seguito. Parte ricorrente, in estrema sintesi, ha chiesto che il Comune di Pistoia sia condannato al risarcimento del danno (patrimoniale e non patrimoniale) patito per le condotte vessatorie, persecutorie e gravemente afflittive poste in essere dal Comandante della Polizia Municipale di Pistoia, S.B., le quali erano note all'ente locale convenuto, nonché per accertare l'ingiusto e gravemente pregiudizievole demansionamento allegato. Parte convenuta, costituendosi in giudizio, ha chiesto il rigetto del ricorso perché infondato in fatto ed in diritto. Parte convenuta ritiene che il proprio operato sia stato legittimo e, pertanto, nessuna pretesa risarcitoria può vantare la ricorrente. Come è noto, il mobbing consiste in attacchi frequenti e duraturi e soprusi da parte dei superiori gerarchici o di altri colleghi che hanno lo scopo di isolare il lavoratore, di danneggiare i suoi canali di comunicazione, il flusso di informazioni, la reputazione o la professionalità della vittima, di intaccare il suo equilibrio psichico, menomandone la capacità lavorativa e la fiducia in sé stesso e provocando catastrofe emotiva e depressione. Il mobbing è un sistema di organizzazione produttiva dell'attività umana, consistente in una successione di episodi traumatici correlati l'uno con l'altro e aventi come scopo l'indebolimento delle resistenze psicologiche e la manipolazione del soggetto mobbizzato. Il mobbing contiene, quindi, necessariamente il dolo nell'accezione di volontà di nuocere o infastidire o svilire il compagno di lavoro o il dipendente. Sotto il profilo civilistico la Cassazione ha chiarito che il mobbing non è altro che un aspetto della violazione dell'obbligo di sicurezza del datore di lavoro previsto dall'art. 2087 c.c. e che si tratta di responsabilità contrattuale del medesimo. Da una relazione dell'Ufficio del massimario della Corte di Cassazione, che ha fatto il punto della questione del mobbing, si è evidenziato che varie sentenze sono state emesse sul tema dalla Cassazione, la quale, in assenza di diretti riferimenti normativi ed attraverso la difficile opera ricostruttiva e di inquadramento delle fattispecie negli istituti giuslavoristi consolidati e nei strumenti classici di tutela dei diritti, ha riconosciuto le prime incisive forme di tutela giurisdizionale del lavoratore vittima di mobbing ed ha, altresì, definito i "contorni" giuridici di una fattispecie non direttamente tipizzata: ha osservato, quindi, che se talora le attività costituenti mobbing sono penalmente rilevanti, più spesso esse sono rilevanti solo sul terreno civilistico; altre volte ancora si è in presenza di atti o fatti non illegittimi se riguardati singolarmente, e talora addirittura giuridicamente neutri, eppure rilevanti, unitamente ad altri, quali elementi di una fattispecie complessa che nel suo insieme ha portata lesiva della dignità, sicurezza e salute del lavoratore (ossia dei limiti, costituzionalmente rilevanti ex art. 41 Cost., apposti all'attività datoriale privata). Cass. 6 marzo 2006 n. 4774 ha ritenuto, infatti, che una serie di comportamenti consistiti in provvedimenti di trasferimento, ripetute visite mediche fiscali, attribuzione di note di qualifica di insufficiente, irrogazione di sanzioni disciplinari, privazione della abilitazione necessaria per operare al terminale ed altri episodi, può astrattamente costituire mobbing ed esporre il datore di lavoro all'azione risarcitoria del lavoratore ove si tratti di fatti rientranti in un medesimo disegno persecutorio del datore. Più specificamente la Corte, pur in concreto escludendo la sussistenza del mobbing, ha affermato che " L'illecito del datore di lavoro nei confronti del lavoratore consistente nell'osservanza di una condotta protratta nel tempo e con le caratteristiche della persecuzione finalizzata all'emarginazione del dipendente (c.d. "mobbing") - che rappresenta una violazione dell'obbligo di sicurezza posto a carico dello stesso datore dall'art. 2087 cod. civ. - si può realizzare con comportamenti materiali o provvedimentali dello stesso datore di lavoro indipendentemente dall'inadempimento di specifichi obblighi contrattuali previsti dalla disciplina del rapporto di lavoro subordinato. La sussistenza della lesione del bene protetto e delle sue conseguenze deve essere verificata - procedendosi alla valutazione complessiva degli episodi dedotti in giudizio come lesivi - considerando l'idoneità offensiva della condotta del datore di lavoro, che può essere dimostrata, per la sistematicità e durata dell'azione nel tempo, dalle sue caratteristiche oggettive di persecuzione e discriminazione, risultanti specificamente da una connotazione emulativa e pretestuosa, anche in assenza della violazione di specifiche norme attinenti alla tutela del lavoratore subordinato. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito impugnata che, con congrua motivazione, si era attenuta a tali criteri escludendo la configurabilità, in capo al datore di lavoro, di un disegno persecutorio realizzato mediante i vari comportamenti indicati dal lavoratore come vessatori)". Poi Cass. 20 maggio 2008, n. 12735 si è occupata del tema, ritenendo il mobbing un fenomeno unitario caratterizzato dalla reiterazione e dalla sistematicità delle condotte lesive e dalla intenzionalità delle stesse in direzione del risultato perseguito di isolamento ed espulsione della vittima dal gruppo in cui è inserito. La Cassazione si è occupata anche del mobbing orizzontale, precisandone i caratteri in relazione alla responsabilità del datore di lavoro. Ha affermato Cass. 11 settembre 2008, n. 22858 che la responsabilità del datore di lavoro per mobbing sussiste anche ove, pur in assenza di un suo specifico intento lesivo, il comportamento materiale sia posto in essere da altro dipendente, per la colpevole inerzia nella rimozione del fatto lesivo; né ad escludere tale responsabilità, quando il mobbing provenga da un dipendente posto in posizione di supremazia gerarchica rispetto alla vittima, può bastare un mero tardivo intervento "pacificatore", non seguito da concrete misure e da vigilanza. Secondo la decisione "integra la nozione di mobbing" la condotta del datore di lavoro protratta nel tempo e consistente nel compimento di una pluralità di atti (giuridici o meramente materiali, ed, eventualmente, anche leciti) diretti alla persecuzione od all'emarginazione del dipendente, di cui viene lesa - in violazione dell'obbligo di sicurezza posto a carico dello stesso datore dall'art. 2087 cod. civ. - la sfera professionale o personale, intesa nella pluralità delle sue espressioni (sessuale, morale, psicologica o fisica); ne' la circostanza che la condotta di "mobbing" provenga da un altro dipendente posto in posizione di supremazia gerarchica rispetto alla vittima vale ad escludere la responsabilità del datore di lavoro - su cui incombono gli obblighi ex art. 2049 cod. civ. - ove questi sia rimasto colpevolmente inerte nella rimozione del fatto lesivo, dovendosi escludere la sufficienza di un mero (e tardivo) intervento pacificatore, non seguito da concrete misure e da vigilanza (nella specie, la S.C., nel cassare la sentenza impugnata, ha rilevato che il giudice di merito aveva valutato le condotte in termini non solo incompleti ma anche con un approccio meramente atomistico e non in una prospettiva unitaria, con sottovalutazione della persistenza del comportamento lesivo, durato per un periodo di sei mesi, più che sufficiente ad integrare l'idoneità lesiva della condotta nel tempo, che - nella sostanziale inerzia del datore di lavoro - era consistita nell'inopinato trasferimento, da parte di un altro dipendente gerarchicamente sovraordinato, di una dipendente (incaricata della trattazione di un progetto aziendale di rilevanza europea) dal proprio ufficio in un'area "open", senza che venisse munita di una propria scrivania e di un proprio armadio, con sottrazione delle risorse utili allo svolgimento dell'attività, con creazione di reiterate situazioni di disagio professionale e personale per aver dovuto trattare in un luogo aperto al passaggio di chiunque attività che presupponevano riservatezza e per essere stata, in più occasioni, insultata con espressioni grossolane).". Cass. n. 3785 del 17/02/2009 ha confermato che "per "mobbing" si intende comunemente una condotta del datore di lavoro o del superiore gerarchico, sistematica e protratta nel tempo, tenuta nei confronti del lavoratore nell'ambiente di lavoro, che si risolve in sistematici e reiterati comportamenti ostili che finiscono per assumere forme di prevaricazione o di persecuzione psicologica, da cui può conseguire la mortificazione morale e l'emarginazione del dipendente, con effetto lesivo del suo equilibrio fisiopsichico e del complesso della sua personalità. Ai fini della configurabilità della condotta lesiva del datore di lavoro sono, pertanto, rilevanti: a) la molteplicità di comportamenti di carattere persecutorio, illeciti o anche leciti se considerati singolarmente, che siano stati posti in essere in modo miratamente sistematico e prolungato contro il dipendente con intento vessatorio; b) l'evento lesivo della salute o della personalità del dipendente; c) il nesso eziologico tra la condotta del datore o del superiore gerarchico e il pregiudizio all'integrità psicofisica del lavoratore; d) la prova dell'elemento soggettivo, cioè dell'intento persecutorio." Cass. n. 18836/2013 ha affermato, inoltre, che "costituisce mobbing la condotta del datore di lavoro, sistematica e protratta nel tempo, tenuta nei confronti del lavoratore nell'ambiente di lavoro, che si risolva, sul piano oggettivo, in sistematici e reiterati abusi, idonei a configurare il cosiddetto terrorismo psicologico, e si caratterizzi, sul piano soggettivo, con la coscienza ed intenzione del datore di lavoro di arrecare danni - di vario tipo ed entità - al dipendente medesimo. (Nella specie, la S.C., nel rigettare il ricorso, ha ritenuto che, come adeguatamente motivato dalla corte territoriale, non ricorressero gli estremi della condotta mobbizzante nella mera denegata partecipazione ai corsi professionali, in sé gestiti con metodo clientelare, nonché nell'omessa dotazione di supporti informatici per lo svolgimento dell'attività professionale e nella messa a disposizione di ambienti di lavoro particolarmente ristretti, attesa l'assenza della prova di una esplicita volontà del datore di lavoro di emarginare il dipendente in vista di una sua espulsione dal contesto lavorativo o, comunque, di un intento persecutorio)". Ed ancora Cass n.17698/2014 ha precisato che "ai fini della configurabilità del mobbing lavorativo devono ricorrere: a) una serie di comportamenti di carattere persecutorio - illeciti o anche leciti se considerati singolarmente - che, con intento vessatorio, siano posti in essere contro la vittima in modo miratamente sistematico e prolungato nel tempo, direttamente da parte del datore di lavoro o di un suo preposto o anche da parte di altri dipendenti, sottoposti al potere direttivo dei primi; b) l'evento lesivo della salute, della personalità o della dignità del dipendente; c) il nesso eziologico tra le descritte condotte e il pregiudizio subito dalla vittima nella propria integrità psico-fisica e/o nella propria dignità; d) l'elemento soggettivo, cioè l'intento persecutorio unificante di tutti i comportamenti lesivi". Più recentemente Cass. n. 26684/2017 ha specificato che " Ai fini della configurabilità del mobbing lavorativo, l'elemento qualificante, che deve essere provato da chi assume di avere subito la condotta vessatoria, va ricercato non nell'illegittimità dei singoli atti bensì nell'intento persecutorio che li unifica, sicché la legittimità dei provvedimenti può rilevare indirettamente perché, in difetto di elementi probatori di segno contrario, sintomatica dell'assenza dell'elemento soggettivo che deve sorreggere la condotta, unitariamente considerata; parimenti la conflittualità delle relazioni personali all'interno dell'ufficio, che impone al datore di lavoro di intervenire per ripristinare la serenità necessaria per il corretto espletamento delle prestazioni lavorative, può essere apprezzata dal giudice per escludere che i provvedimenti siano stati adottati al solo fine di mortificare la personalità e la dignità del lavoratore" e Cass. n. 12437/2018 ha confermato ulteriormente che " E' configurabile il "mobbing" lavorativo ove ricorra l'elemento obiettivo, integrato da una pluralità di comportamenti del datore di lavoro, e quello soggettivo dell'intendimento persecutorio del datore medesimo". In linea generale, la giurisprudenza, quindi, attribuisce rilevanza al cd. mobbing in quanto ravvisi in concreto una reiterazione nel tempo di condotte lesive ed individua la reale natura degli atti vessatori sulla base di una serie di elementi quali la frequenza, la sistematicità, la durata nel tempo, la progressiva intensità, e la coscienza e volontà di aggredire, disturbare, perseguitare, svilire la vittima (e proprio l'elemento soggettivo del mobber consente di collegare tra loro fatti apparentemente del tutto diversi tra loro ed indipendenti ed accaduti in contesti spaziali e temporali eterogenei), che ne riporta un danno, anche alla salute psico-fisica. Come condivisibilmente sottolineato anche dalla giurisprudenza di merito (cfr. Trib. Forlì, 28 gennaio 2005, n. 28) il mobbing non si esaurisce in una comodità lessicale ma contiene un valore aggiunto - costituito, appunto, dalla finalità vessatoria, dall'esistenza di una strategia persecutoria - che consente di arrivare a qualificare come tale, e quindi a sanzionare, anche quel complesso di situazioni che, valutate singolarmente, possono anche non contenere elementi di illiceità ma che, considerate unitariamente ed in un contesto mobbizzante, assumono un particolare valore molesto che non sarebbe stato possibile apprezzare senza il quadro d'insieme che il mobbing consente invece di valutare". Secondo la relazione dell'ufficio del Massimario citata una disamina delle decisioni in materia dei giudici del lavoro evidenzia che le maggiori difficoltà del mobbizzato riguardano la prova della reiterazione delle condotte illecite ed il superamento del livello di conflittualità ordinaria del vivere sociale e, in particolare, degli ambienti di lavoro. In tale contesto il Tribunale di Milano - sent. 20 maggio 2000 ha affermato che non è configurabile un danno psichico del lavoratore, del quale il datore di lavoro sia obbligato al risarcimento, conseguente ad una allegata serie di vicende persecutorie lamentate dal lavoratore stesso (c.d. "mobbing"), qualora l'assenza di sistematicità, la scarsità di episodi, il loro oggettivo rapportarsi alla vita di tutti i giorni all'interno di una organizzazione produttiva, che è anche luogo di aggregazione e di contatto (e di scontro) umano, escludano che i comportamenti lamentati possano essere considerati dolosi. La sentenza ricorda che il prestatore di lavoro non ha alcun diritto ad essere felice e, anzi, come in ogni altro ambiente basato su relazioni continuative, l'azienda stessa è luogo di continui conflitti e tensioni, in parte inevitabili e prevenibili mercè sfoggio di virtù morali ed umane che non sono oggetto di obbligo giuridico; l'illecito non coincide con quanto viene avvertito come sgradevole sul piano morale e che in ogni caso, la illegittimità di una condotta non può farsi derivare dal semplice verificarsi del danno ove accertato: infatti l'alterazione dell'integrità psicofisica di un soggetto può derivare da fattori differenti, dalla vita familiare, da uno stato di difficoltà emotiva che connota il lavoratore, ed anche da comportamenti legittimi del datore di lavoro, inevitabili ma accettati in modo irragionevole dal prestatore di lavoro. Tribunale di Bari - 12 marzo 2004 in www.giurisprudenzabarese.it, ha puntualizzato i parametri del mobbing, la cui mancanza esclude la configurabilità della fattispecie lesiva: la frequenza delle azioni ostili; la durata nel tempo di dette azioni; il tipo di azioni ostili (che vengono normalmente suddivise in cinque categorie: 1) attacchi ai contatti umani e alla possibilità di comunicare; 2) isolamento sistematico; 3) cambiamenti delle mansioni lavorative; 4) attacchi alla reputazione; 5) violenze e minacce di violenza); il carattere persecutorio e discriminatorio delle stesse; la posizione di inferiorità del lavoratore; il preciso intento persecutorio e vessatorio del comportamento datoriale. Il mobbing dunque richiede una situazione lavorativa di conflittualità sistematica, persistente ed in costante progresso in cui una o più persone vengano fatte oggetto di azioni ad alto contenuto persecutorio da parte di uno o più aggressori in posizione superiore, inferiore o di parità, con lo scopo di causare alla vittima danni di vario tipo e qualità. Nel caso la richiamata sentenza ritiene che verosimilmente lo stato ansioso-depressivo in cui incontestabilmente versava il ricorrente, fosse in qualche modo ricollegabile alle intervenute modifiche dell'organizzazione del lavoro e, in specie del settore logistica dove il predetto aveva prestato la propria attività per notevole tempo; ciò peraltro in un'ottica assolutamente fisiologica, e senza che configurabile una responsabilità risarcitoria del datore di lavoro. In proposito la sentenza rammenta che "il prestatore di lavoro non ha alcun diritto ad essere felice e, anzi, come in ogni altro ambiente basato su relazioni continuative, l'azienda stessa è luogo di continui conflitti e tensioni, in parte inevitabili e prevenibili mercé sfoggio di virtù morali ed umane che non sono oggetto di obbligo giuridico", ed aggiunge che non può dimenticarsi che l'illecito non coincide con quanto viene avvertito come sgradevole sul piano morale e che in ogni caso, la illegittimità di una condotta non può farsi derivare dal semplice verificarsi del danno ove accertato. Del resto, l'alterazione dell'integrità psicofisica di un soggetto può derivare da fattori differenti, dalla vita familiare, da uno stato di difficoltà emotiva che connota il lavoratore, ed anche da comportamenti legittimi del datore di lavoro, inevitabili ma accettati in modo irragionevole dal prestatore di lavoro. In difetto quindi di una prova positiva del nesso di causalità tra il dedotto stato depressivo ed un comportamento identificabile sul piano oggettivo come illegittimo, la pronuncia ha ritenuto che la pretesa di risarcimento del danno non possa trovare spazio. Ma quanto detto rende evidente che la fattispecie del mobbing si presenta spesso di difficile enucleazione, specie quando ancorata a meri fatti formalmente leciti ma rilevanti in una dimensione che li consideri unitariamente, o per l'elemento soggettivo che li unifica o ancor più per gli effetti obiettivi degli atti: in particolare, è certo difficile sceverare, nell'ambito di fatti in sé neutri, quei fatti che possono rilevare quali integrativi del mobbing; specie ove i rapporti tra i dipendenti siano conflittuali, può risultare problematico stabilire in concreto fin dove si spinga la subordinazione del dipendente e dove emerga l'abuso del superiore, fin dove i conflitti lavorativi rientrino nella normale dinamica dei rapporti umani sul lavoro e dove sfocino invece nella patologia dei rapporti, fin dove i disagi e gli stress da lavoro siano irrisarcibili in quanto normali (anche se mal tollerati dal dipendente) o frutto di disciplina particolarmente serrata e dove invece essi diventino oggettivamente intollerabili o espressione di abuso. Si tratta indubbiamente di valutazioni da effettuare in relazione al singolo caso di volta in volta oggetto di giudizio, ad istruttoria probatoria ultimata; che l'importanza giuridica della categoria del mobbing stia proprio nell'unificazione delle condotte datoriali, sicché anche condotte in sé giuridicamente insignificanti o neutre assumono rilevanza quali elementi di una fattispecie complessa che è lesiva degli interessi del lavoratore, è stato riconosciuto anche da Trib. Lecce 9 giugno 2005, in www.personaedanno.it ed in dirittolavoro.altervista.org, in un caso in cui, oltre alla durata nel tempo delle vessazioni, risultava l'isolamento del ricorrente, il demansionamento, le minacce di licenziamento, l'abuso nei controlli datoriali e l'imposizione illeciti di comportamenti non rilevanti ai fini della prestazione. Riconosce, peraltro, la sentenza citata che importante è delineare forme di tutela del lavoratore anche nel caso in cui al datore competono poteri unilaterali di conformazione del rapporto, rispetto ai quali il lavoratore ha astrattamente una posizione di mero pati: "il lavoratore ha una posizione soggettiva di fondamentale importanza che è l'interesse -inquadrabile nella categoria degli interessi legittimi, ma di tipo privatistico- ad un corretto esercizio da parte del datore di lavoro dei poteri unilaterali di gestione; a questo interesse, che è alla base di una funzione di controllo che può espletare il lavoratore sulla posizione del datore di lavoro, corrisponde quello che è il generale obbligo di buona fede e di correttezza del datore di lavoro", obbligo che è violato "innanzitutto quando il datore di lavoro abusa dei propri poteri, cioè, giuridicamente, fa un uso dei propri poteri dirigendoli a fini diversi da quelli previsti dalla norma che assegna il potere unilaterale al datore di lavoro". Dall'istruttoria orale svolta deve ritenersi che non vi sia stata una condotta "mobbizzante" del Comandante B. nei confronti dell'odierna ricorrente dovendo, invece, rilevarsi una certa conflittualità interpersonale che, però, non appare essere "unilaterale", come sostiene la dott.ssa G. nel ricorso. Dall'istruttoria orale svolta è emerso che il B. usava rapportarsi con i propri colleghi utilizzando la mail (e non solo quindi soltanto con la ricorrente) e non risultano nemmeno allegati episodi specifici e circostanziati nel quale il B. avrebbe iniziato a trattare la ricorrente con "...supponenza quando addirittura con disprezzo.." (pag.2 del ricorso). Risulta inoltre che il B. ha fatto una lettera di referenza per la ricorrente nella quale la dott.ssa G. è indicata "..come una delle risorse umane più importanti di questo Comando..." (doc.55 convenuto) ed ha inserito la ricorrente in varie commissioni di concorso pubblico (doc.54 convenuto). Nel documento 54 il Comandante ringrazia della "fattiva collaborazione" i componenti della commissione di concorso sia quelli effettivi che quelli aggiunti. Inoltre risulta che il B. ha conferito un encomio speciale alla ricorrente in una cerimonia ufficiale tenutasi nel maggio 2018 alla presenza dell'allora Prefetto A.C.. Nel 2019, nell'anniversario della fondazione del Corpo, il B. ha ringraziato pubblicamente la dott.ssa G. per il lavoro svolto. Quanto affermato da parte convenuta non è stato contestato e, diversamente da quanto affermato da parte ricorrente, non possono ritenersi di "mera rilevanza esteriore e di facciata" in quanto il B., se veramente avesse voluto mortificare la G., ben avrebbe potuto astenersi dal conferirle un encomio o a ringraziarla per il lavoro svolto. Nelle mail allegate da parte ricorrente non emerge alcun tono denigratorio o sprezzante del B. nei confronti della ricorrente se non un tono molto formale del predetto nei confronti di tutti i suoi colleghi. Tra l'altro non risulta che il B. non volesse incontrare la ricorrente in quanto è proprio il Comandante, nella mail del 17.10.2019, a dire alla G. che "...per l'incontro io sono sempre qua..." per cui non corrisponde al vero che il B. non volesse alcun incontro con la ricorrente. E' evidente che alcun intento persecutorio può inferirsi dalla documentazione prodotta da parte ricorrente e dalle modalità in cui il B. si rapportava con la ricorrente e i suoi colleghi. E' risultato, inoltre, che il B. ha criticato la gestione della ricorrente relativamente all'esecuzione dell'appalto "O.S." senza che, tuttavia, tale critica sia debordata in insulti ovvero in aggressioni verbali. Sul punto la teste M. ha dichiarato che il B. "...nel proseguo ha iniziato ad esternare per lo meno con me una valutazione negativa nei confronti della dott.ssa G. tanto da arrivare ad interpellarla come un "incapace": è un aggettivo che il dott.B. con me ha espresso in più occasioni di colloquio al riguardo della dott.ssa G.....questo atteggiamento di critica nei confronti della dott.ssa G., il dott.B. lo aveva non solo in relazione al contratto che ho sopra detto ma anche quale dirigente, nei confronti del personale e dell'organizzazione dell'ufficio in generale e in particolare dell'ufficio contravvenzioni...". Le dichiarazioni della teste M. appaiono, però, inattendibili in quanto la stessa M., nell'ambito del procedimento disciplinare aperto a carico del dott. B., aveva dichiarato di aver udito il Comandante affermare che la G. non era stata capace di gestire l'esternalizzazione dei procedimenti sanzionatori amministrativi per le violazioni del codice della strada affidata alla O.S. s.r.l. aggiudicataria della gara, e che pertanto ella si era dimostrata non all'altezza del compito affidato (vedasi verbale n. 2 acquisito in atti all'udienza del 24.1.2022). A domanda del Segretario generale se tali affermazioni fossero state rese in più occasioni ella aveva risposto "di sì, sempre nell'ufficio del Comandante e sempre in relazione ai rapporti della O.S.". E' evidente la contraddizione tra le diverse dichiarazioni della M.. Tra l'altro il teste G. ha dichiarato che "....alla mia presenza io non ho mai sentito affermazioni del B. nei confronti della G. in tono dispregiativo, di supponenza o diffamatorio. Posso dire di aver sentito delle critiche dello stesso B. su degli aspetti specifici però sempre in termini di normale organizzazione e dirigenza di un servizio. Alla mia presenza il B. ha manifestato più volte la critica che secondo lui il bando emanato in precedenza avrebbe potuto/dovuto contenere degli aspetti e questioni che non c'erano...non ho mai sentito a battute di scherno fatte dal B. verso la G. appellando "segretaria al M."....". Lo stesso teste ha dichiarato che tra il B. e la G. vi erano "...dei rapporti non lineari e problematici...In una circostanza tramite scambio di email pervenutami a conoscenza senza averlo richiesto, leggevo e ho compreso che vi era un problema abbastanza forte quando la G. manifestava, in questa email, tutto il proprio disappunto, anche riservandosi di tutela con un legale, quando il dott.B. mettesse in discussione fortemente degli aspetti del bando di gara relativo al gestionale dei procedimenti sanzionatori e nella quale si discuteva della onerabilità del lavoro la dott.ssa G. e di cui la stessa si stava lamentando in questa email...". La teste M. ha dichiarato che "....in mia presenza io non ho mai assistito a apprezzamenti di disprezzo o supponenza da parte del B. nei confronti della G. però all'inizio ho sentito tante volte il dott.B. dire che la G. non aveva fino a quel momento gestito bene il personale presente in servizio..." e in una occasione "...ricordo di aver sentito il B. dire che la G. era "la segretaria del M." e l'ho sentita dire vicino alla macchinetta del caffè: ricordo che vi era la presenza di altre persone che però non ricordo chi fossero. Io l'ho sentito personalmente solo in questa unica occasione...". La teste ha dichiarato che le comunicazioni tra il B. e la G. erano meramente formali e "...io non l'ho mai visti interagire insieme su nessuna questione d'ufficio fino a che poi il commissario G. è andato via...". La teste M. ha poi dichiarato che il B. aveva criticato la gestione della PM da parte della G. e, in particolare, ha dichiarato che "...le prime settimane che arrivò iniziò a cambiare il personale e con modalità e criteri diversi: io ho assistito che lui è arrivato le prime settimane doveva rivedere tutto il personale perché secondo lui fino a quel momento non era stato gestito bene per cui a vecchi criteri come l'anzianità per la copertura del servizio h24 si sostituiva a criteri come l'iscrizione di corsi universitari o altri corsi per cui quando arrivò il dott.B. vi fu uno spostamento di coloro che erano iscritti all'Università su turni in notturna e lauree...". E' evidente che sin dall'inizio vi fu un conflitto tra il B. e la ricorrente sul "quomodo" della gestione del personale e le cui problematiche il B. intendeva risolvere unilateralmente senza tener conto delle osservazioni della dott.ssa G. (vedasi le dichiarazioni della testa M. sui servizi "h24") e senza alcun confronto con la ex comandante. La ricorrente, nello stesso ricorso, afferma che "...come molte delle contestazioni da ultimo mosse dal Comandante si sostanzino nella mancata condivisione da parte della dott.ssa G. di valutazioni, metodi di lavoro e procedure organizzative imposte dal Dirigente a tutto il personale del Comando, in assenza di adeguato confronto con le figure apicali del Servizio ed anzi in aperto, dichiarato ed insuperabile conflitto con buona parte degli addetti (tanto da provocare nel breve volgere di alcuni mesi numerose domande di mobilità).." con ciò "ammettendo" che si sia contrapposta alle decisioni del Comandante, senza considerare, tuttavia, che ella, condividendo oppure no le direttive e gli indirizzi impartiti dal Comandante, avrebbe dovuto adeguarvisi, in quanto organo ad essa sovraordinato. E' indubbio che tra la ricorrente e il B. vi era una reciproca "diffidenza" ed è emerso che non vi è stata mai la possibilità di interagire insieme pur se vi era una formale "apertura" e "disponibilità" di entrambi a dialogare e ad incontrarsi. Questi contrasti, tuttavia, non sono debordati in un disegno persecutorio del B. nei confronti della G.. Le segnalazioni all'UDP del Comune di Pistoia sono state effettuate non solo direttamente, di propria iniziativa, dal B. ma anche da parte di terzi e tali segnalazioni hanno portato ad una sanzione disciplinare (rimprovero verbale) nei confronti della G. che, tra l'altro, non è stata impugnata nemmeno in questo giudizio. Gli altri comportamenti del B. indicati nel ricorso, e ritenuti nel complesso come "mobizzanti", non sono da ritenersi vessatori o denigratori in quanto la valutazione della ricorrente da parte del B. non è risultata mortificante per la ricorrente (in quanto corrispondente alla valutazione effettuata dal nucleo di valutazione e recepita dalla Giunta) mentre la modifica della valutazione effettuata dal B. con riferimento alla valutazione del dipendente B. non può essere ascritta ad una volontà di oscurare l'operato della G. in quanto tale "rivalutazione" non è stata effettuata ad iniziativa del B. "senza ragione" bensì a seguito delle interlocuzioni (doc. da 23 a 27 convenuta) del Comandante con il difensore del B. il quale chiedeva la revoca del provvedimento di valutazione dell'apporto individuale per l'anno 2017 e l'attribuzione di un valutazione positiva "efficace ed efficiente" in modo da consentire al lavoratore di partecipare alla suddivisione dell'indennità produttiva. Non è risultato, inoltre, che la ricorrente sia stata demansionata in quanto la stessa è stata assegnata a posizioni organizzative sicuramente confacenti al proprio inquadramento. A seguito del suo insediamento in qualità di Comandante di polizia municipale, il B. ha affidato alla ricorrente con Det. dell'11 gennaio2018, n. 39 (doc. 4 convenuta) l'incarico di responsabilità di struttura organizzativa di particolare complessità U.O. Esterna nonché la responsabilità delle U.O. Procedimenti sanzionatori, ufficio relazioni con il pubblico e giudice di pace (comprendente anche la precedente U.O. "Ricorsi Prefetto"). Dall'istruttoria orale svolta non è emerso che la ricorrente non potesse svolgere in autonomia la propria attività professionale in quanto se è vero che la stessa non potesse modificare i turni degli agenti afferenti alla propria unità operativa ma soltanto visualizzarli è anche vero che ciò fu dovuto ad una scelta del nuovo Comandante (sebbene discutibile) di voler accentrare la responsabilità della redazione dei servizi in capo all'Ispettore Grazzini (doc.3 ricorrente). Le scelte organizzative del Comandante B. appaiono, quindi, più che finalizzate a perseguitare la ricorrente ad evidenziare, invece, una scelta prettamente "verticistica" del proprio modo di operare all'interno del Comando che, tuttavia, è cosa diversa dal mobbing. Anche l'attribuzione alla ricorrente dell'unità operativa "Polizia di Prossimità" non appare svilente in quanto si trattava di un progetto che risultava particolarmente importante e rilevante per il Comune che andava sviluppato proprio con l'esperienza e le capacità della ricorrente. Tra l'altro nel ricorso parte ricorrente afferma che tale U.O. aveva numerose incombenze pur se la ricorrente lamentava che "...Le sette risorse assegnate alla U.O. - di cui una inserita nel c.d. turno 0-24 e quindi, di fatto, impiegata nella U.O. massimo una volta a settimana - in pratica debbono alternarsi nei turni di mattina e pomeriggio nel servizio di presidio del territorio con la stazione mobile che prevede l'impiego di due unita per ciascun turno; di conseguenza il disbrigo delle ulteriori e numerose incombenze dell'Ufficio risulta estremamente problematico, il che provoca inevitabili ritardi ed inefficienze. Anche in questo caso ogni tentativo di interlocuzione con il Comandante al fine di ottenere una maggiore autonomia operativa o, quanto meno, una condivisa ridefinizione delle priorità del Servizio e soprattutto una più razionale organizzazione presidio al territorio e sin qui risultata del tutto vana, come ben si comprende dallo scambio mail che si produce....". E' evidente che proprio dal ricorso emerge che l'u.o. attribuita alla ricorrente non era una "scatola vuota" e non era finalizzata ad emarginare la ricorrente lamentando, invece, la G. una scorretta organizzazione del B. ritenuta dalla ricorrente come inefficiente e che, indubbiamente, poteva essere risolta soltanto se i rapporti tra i due non fossero freddi e formali. Anche il procedimento di riorganizzazione della struttura del servizio di PM non appare essere stato svolto in maniera illegittima od arbitraria né risultano le attribuzioni delle posizioni organizzative mai impugnate dalla ricorrente dinanzi all'autorità giudiziaria (se non in questo giudizio) in quanto il provvedimento di attribuzione risulta sufficientemente motivato. E' pacifico che la posizione organizzativa non determina un mutamento di profilo professionale, che rimane invariato, ne' un mutamento di area, ma comporta soltanto un mutamento di funzioni, le quali cessano al cessare dell'incarico. Si tratta, in definitiva, di una funzione ad tempus di alta responsabilità la cui definizione - nell'ambito della classificazione del personale di ciascun comparto - è demandata dalla legge alla contrattazione collettiva. Inoltre, per come è strutturata la relativa disciplina, rivolta al personale non dirigente già inquadrato nelle aree e in possesso di determinati profili professionali, il conferimento dell'incarico presuppone che le amministrazioni abbiano attuato i principi di razionalizzazione previsti dal D.Lgs. n. 165 del 2001, e abbiano ridefinito le strutture organizzative e le dotazioni organiche" (in questo senso Cass. S.U., sent. n. 16540/08 in motivazione). La natura temporanea e fiduciaria dell'incarico di posizione organizzativa esclude l'esistenza di un diritto soggettivo del lavoratore al conferimento dell'incarico, potendo configurarsi, analogamente a ciò che avviene per il conferimento degli incarichi dirigenziali, unicamente un interesse legittimo di diritto privato (cfr. Cass. civ. sez. lav. sent. n. 3880/06). In altri termini, il dipendente pubblico che aspiri al conferimento di un incarico di posizione organizzativa, ha diritto a che il datore di lavoro, titolare della facoltà di istituire le posizioni organizzative secondo proprie valutazioni e di adibirvi con ampia discrezionalità i dipendenti ritenuti più idonei, eserciti tali poteri nelle forme e con i limiti previsti dal contratto e nel rispetto dei principi generali di buona fede e correttezza di cui all'art. 1175 c.c. Proprio perché non sussiste un diritto soggettivo all'attribuzione dell'incarico, una eventuale violazione delle procedure previste dalla contrattazione collettiva ovvero dei doveri di buona fede e correttezza, non potrebbe mai portare all'attribuzione dell'incarico per effetto di un provvedimento giudiziale ma unicamente al risarcimento del danno. Nel senso dell'inesistenza di un diritto all'attribuzione dell'incarico si è, d'altro canto, espressa la prevalente giurisprudenza di merito, affermando il seguente principio, pienamente condivisibile: "La situazione giuridica riconosciuta in capo al dipendente che aspiri al conferimento di un determinato incarico non è di diritto soggettivo c.d. potestativo, ma di interesse legittimo di diritto privato. Per converso, la situazione facente capo al datore di lavoro è di "potere discrezionale" privato, essendo in facoltà dello stesso, pur nel rispetto dei limiti di legge, di accogliere o meno la richiesta di conferimento dell'incarico; ne consegue che il giudice giammai può emettere sentenza con la quale accerta il diritto del ricorrente a vedersi conferire l'incarico ad aspira, essendo lo stesso attribuibile solo a seguito di valutazione discrezionale della p.a., ma, al più, ove accerti che il potere discrezionale sia stato esercitato travalicando i limiti previsti dalla legge, potrà dichiarare illegittimo il provvedimento di conferimento dell'incarico impugnato, così costringendo la p.a. ad operare una nuova valutazione, nel rispetto delle norme in precedenza violate" (Tribunale Trani, sez. lavoro, ord. 22 settembre 2011; nello stesso senso Tribunale Napoli 01/07/08, Tribunale Lecce 06/02/07, Tribunale Caltanissetta 14 gennaio 2006, Corte di Appello di Firenze 28/01/2005). Le considerazioni sopra svolte portano al rigetto anche della domanda di risarcimento del danno sotto questo profilo. Sul punto occorre considerare che secondo il recente orientamento della giurisprudenza di legittimità, "In tema di pubblico impiego contrattualizzato, anche ai fini del conferimento delle posizioni organizzative, la cui definizione è demandata alla contrattazione collettiva dall'art. 40, comma 2, del D.Lgs. n. 165 del 2001, la P.A. è tenuta al rispetto dei criteri di massima indicati dalle fonti contrattuali ed all'osservanza delle clausole generali di correttezza e buona fede, di cui agli artt. 1175 e 1375 c.c., applicabili alla stregua dell'art. 97 Cost., senza tuttavia che la predeterminazione dei criteri di valutazione comporti un automatismo nella scelta, che resta rimessa alla discrezionalità del datore di lavoro nell'ambito di una lista di soggetti idonei" (Cass. civ. sez. lavoro, sent. n. 2141/2017). Nel caso di specie il dirigente ha valutato tutti i requisiti previsti dal regolamento comunale (doc.53 del Comune di Pistoia) in quanto risulta che è stato dato avviso della proceduta ai potenziali interessati; è stato acquisito il curriculum degli stessi; sono stati effettuati i colloqui motivazionali ed attitudinali e sulla base della comparazione dei curricula e dei colloqui espletati, sono stati individuati i dipendenti ai quali conferire l'incarico, esternando le motivazioni di tale scelta e dando altresì atto dell'iter osservato ai fini del loro conferimento (doc.42 e ss parte convenuta). Dagli atti di causa emerge che la scelta discrezionale effettuata risulta, come detto, motivata e non arbitraria in quanto risultano indicati le ragioni per le quali sono stati attribuiti gli incarichi a determinati aspiranti. Alla luce delle considerazioni anzidette le domande di parte ricorrente vanno rigettate. Le spese di lite si compensano integralmente alla luce dell'obiettiva complessità e peculiarità della presente controversia. P.Q.M. 1) rigetta il ricorso e le domande ivi contenute; 2) compensa tra le parti le spese di lite; 3) motivazione nei 60 giorni. Così deciso in Pistoia, il 8 novembre 2022. Depositata in Cancelleria il 26 novembre 2022.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI PISTOIA SEZIONE LAVORO Il Tribunale di Pistoia, in composizione monocratica e quale giudice del lavoro di primo grado, dott. Francesco Barracca nel procedimento n. 1044/2017, Ruolo Lavoro, tra (...), rappresentato e difeso dall'avvocato BU.LI. RICORRENTE Contro (...) SPA, rappresentata e difesa dall'avvocato LO.MA., CONVENUTA ha pronunciato la seguente SENTENZA MOTIVI DELLA DECISIONE La causa è stata discussa all'udienza del 27.09.2022 ed è stata decisa all'udienza anzidetta. La causa è stata istruita con la documentazione prodotta dalle parti e con l'audizione di alcuni testi. E' stata altresì espletata una c.t.u. contabile. Il ricorso è infondato e, pertanto, va rigettato per le ragioni che si preciseranno in seguito. Con ricorso depositato in data 6.12.2017 il sig. (...) ha adito il Tribunale di Pistoia al fine di ottenere il riconoscimento del livello di Quadro del ccnl del commercio a partire dal febbraio dell'anno 2002, e conseguentemente il pagamento delle pretese differenze retributive maturate rispetto al suo livello di inquadramento, nonché al fine di sentir condannare la società convenuta al risarcimento dei danni conseguenti ad un demansionamento che avrebbe subito a decorrere dal 2012 e per mobbing, di cui egli sarebbe stato vittima; il ricorrente ha altresì richiesto l'annullamento della sanzione disciplinare al medesimo irrogata in data 19.4.2016; il tutto con il favore delle spese di lite. Parte ricorrente ha formulato le seguenti conclusioni: "a) accertare e dichiarare che il rapporto di lavoro intercorso fra le parti si è svolto con le modalità di cui in premessa con conseguente diritto del ricorrente all'inquadramento nel livello di quadro CCNL Commercio da febbraio 2002; b)- conseguentemente condannare l'azienda convenuta al pagamento dell'importo complessivo di Euro 31.430,90 per i titoli di cui in premessa, nonché alle ulteriori differenze retributive maturate successivamente alla data del conteggio sindacale allegato; c) condannare inoltre la convenuta al risarcimento di tutti i danni subiti e subendi dall'esponente derivanti dal subito demansionamento dal 2012 ad oggi ammontanti ad Euro 27.000,00 o alla somma maggiore o minore che risulterà di giustizia; In ogni caso oltre interessi e rivalutazione monetaria come per Legge.Con vittoria di spese e competenze di lite". A sostegno della domanda deduceva: di essere alle dipendenze della (...) s.r.l. dal 01.02.02, in qualità di impiegato assunto nel II liv. CCNL Commercio (per poi conseguire il I liv.); di avere in realtà svolto le mansioni di quadro dalla assunzione ed almeno fino all'anno 2012, quando era stato improvvisamente ed illegittimamente demansionato; di essere, in particolare, stato assunto subito dopo la nascita della (...) s.r.l. (società a partecipazione pubblica del Comune e della Provincia di Pistoia) avvenuta nel 2001 secondo le previsioni della L. n. 10 del 1991, D.P.R. n. 412 del 1992, D.P.R. n. 551 del 1999, ossia la funzione di controllo in tema di risparmio energetico nonché la creazione di un catasto degli impianti termici; di avere, dunque, fin dalla assunzione del 01.02.02 avuto il compito di organizzare l'azienda in modo da svolgere l'attività di verifica che tale legge riservava agli enti pubblici ed alle loro società partecipate; di avere in precedenza esperienza in tale settore presso la società (...), contattato dall'allora Presidente Ing. (...); di aver dunque provveduto ad avviare operativamente la società (sia preventivamente visitando altre regioni ed aziende private più avanzate nello stesso settore; sia creando la struttura operativa tramite la assunzione insieme al Presidente dei dipendenti amministrativi (fra i quali il sig. (...)) e tecnici (i verificatori), sia stipulando contratti di utenza e bancari ed acquistando le strumentazioni, comprese le auto di servizio); di aver poi continuato la sua attività di "coordinatore" sia gestendo tutto il personale (per la organizzazione dei compiti, la rilevazione delle presenze, straordinari, ferie ed altro) sia nell'intrattenere i rapporti col Cda e con l'esterno; di aver anche progettato alcune operazioni di campagne informative (la Operazione "Caldo Sicuro" del 2002 , quella della "Autocertificazione" del 2003 e "BOLLINO BLU" nel 2004) coordinandosi con le altre partecipate del Comune e con il comune medesimo; di aver rappresentato l'azienda nei rapporti con i vari Enti e organi stampa- compito che proseguirà anche negli anni successivi - come ad es. i rapporti con il referente Pistoia Informa, CNA, URP, associazioni sindacali e di consumatori, oltre a contatti con ENEA, Ministero attività produttive e CIG ; di aver anche provveduto a pubblicizzare tali campagne ed avviare un sistema informativo sulle stesse per gli enti locali anche recandosi regolarmente presso gli uffici URP dei vari comuni; di avere dal 2003 in poi organizzato le visite dei verificatori ampliandole sempre nel numero seguendo anche la manutenzione e certificazione di taratura degli strumenti di lavoro degli ispettori e tenendo i contatti con le società di installazione e manutenzione riscaldamento e condizionamento; di aver continuato a coordinare il personale anche quando era passato a 10 dipendenti (4 amministrativi e 6 verificatori); di avere continuato l'attività di coordinamento e rappresentanza della società anche negli anni dal 2006 al 2012, come attestato nel 2007 dall'allora Presidente G.; di aver deposto, chiamato dall'azienda quale teste in qualità di "direttore" in una causa di lavoro tra l'azienda ed i dipendenti, tenendo anche i contatti con lo studio legale che difendeva l'azienda; di aver denunciato un furto con scasso avvenuto in azienda; di aver provveduto nel 2006-2007 a risolvere le problematiche createsi in Valdinievole sulle verificazioni; di avere assistito nel 2007 alla perquisizione della GdF alla sede di (...) di (...) ed anche presso la propria abitazione , nonché nel 2008 veniva interrogato in Procura; di aver rappresentato l'azienda nei confronti dei verificatori che facevano rimostranze; di essere sempre stato inquadrato quale sia sul sito della (...) che di Pistoia Informa quale referente dell'Ufficio; di aver ottenuto nel 2008 il I liv.; di avere nel 2009 rappresentato (...) con Provincia e Comune di Pistoia determinando i criteri per la autocertificazione e la relativa modulistica; di aver sporto querela per conto di (...) per comportamenti ritenuti di abuso e di assenteismo di tutti i Verificatori della società; di avere, da allora visto un progressivo ridimensionamento del proprio ruolo nell'azienda; di avere, tuttavia, continuato a gestire sia l'aspetto esterno (rappresentanza verso enti locali e associazioni ed uffici), sia interna, con gestione del parco auto e carte carburante e amministrazione del personale; di aver tenuto i contatti con lo studio legale (...) sulla possibilità di licenziamento degli Ispettori denunciati, come poi era avvenuto nel 2010; di aver poi seguito il lavoro esterno di verificazione della società (...), vincitrice dell'appalto; di aver smaltito il parco auto e l'altra strumentazione già affidata ai verificatori licenziati; di aver anche continuato l'opera di sensibilizzazione dell'utenza sulle problematiche degli impianti termici; di essere stato nel 2011 incaricato anche formalmente quale responsabile delle verificazioni; di essere stato emanato nel 2011 il nuovo organigramma ove viene creata la figura del Coordinatore Generale di Livello "Q" affidata al sig. (...) (fino ad allora "2 livello" e sotto coordinamento di (...) - vedi precedente organigramma); di avere dunque dal 2012 svolto mansioni limitate (in particolare solo il coordinamento con la ditta appaltatrice vincitrice dell'appalto delle ispezioni) ed anche i compiti di rappresentanza esterna cessano di essergli affidati nel corso dell'anno 2012 essendo gli stessi affidati da allora al sig. (...) così come tutti i progetti esterni, il personale ed i rapporti con l'utenza; di essere anche stato condannato con sentenza penale n. 965/13 quale direttore di (...); di aver osservato l'orario di 8 ore al giorno per 5 giorni alla settimana, oltre numerosissime ore di straordinario, in quanto spesso si tratteneva in ufficio o al lavoro ben oltre le 13,30 della mattina e/o oltre le 17,00 della sera, mentre dopo il 2012 effettua solo saltuariamente ore aggiuntive rispetto all'orario ordinario; di essere stato dal 2012 in poi demansionato ed escluso da ogni decisione organizzativa, nonché completamente isolato dal resto del personale anche fisicamente in un ufficio nel seminterrato; di aver ricevuto il 6.4.16 una contestazione disciplinare con la quale gli era contestato di aver avuto un alterco ingiustificato con un dipendente della (...) spa, operante in locali siti nello stesso immobile della (...) srl. In particolare di essere introdotto nell'ufficio del sig. (...), di essersi a lui rivolto con fare intimidatorio e di rifiutarsi di lasciarne l'ufficio; di avere con pec del 08.04.16 fornito le proprie giustificazioni in quanto egli, mentre stava svolgendo il proprio lavoro, era passato davanti all'ufficio del sig. (...) col quale di solito scherzavano di politica; di aver dunque fatto una battuta nel senso consueto, ma di avere quella volta ricevuto dal (...) una brutta risposta e di essere poi stato da questi portato nel suo ufficio, dal quale il (...) aveva chiamato il Presidente di (...); di avere entrambi urlato in tale occasione e poi di essere stato il (...) ad uscire ed entrare nella stanza della collega R.; di aver ricevuto quale sanzione gg. 7 di sospensione dal servizio e dalla retribuzione, che è stata applicata dal gg. successivo alla ricezione della comunicazione; di avere con pec del 30.08.16 rivendicato la spettanza del superiore livello di inquadramento nonché di aver subito un comportamento mobbizzante essendo stato vittima di demansionamento e di marginalizzazione rispetto alla attività aziendale nonché di ingiustificata ed abnorme irrogazione di sanzione disciplinare; di essere stato chiamato dal coordinatore (...) in data 24.03.17 perché il Presidente lo invitata suo tramite a fare più attenzione a utilizzare gli organi di stampa ricordandogli la collaborazione dell'azienda con il Comune di Pistoia e paventando la violazione dell'art. 2 co. 6 del codice di comportamento (il dipendente deve dimostrare la massima disponibilità e collaborazione nei rapporti con la P.A.); di avere con pec del 04.04.17 rilevato che non aveva violato alcuna previsione del codice di comportamento perché la lettera inviata al quotidiano La Nazione sugli stipendi degli amministratori locali era stata inviata a proprio titolo e quale ex consigliere comunale e non ledendo comunque né il decoro o la onorabilità di nessuno e che comunque l'azienda stava così limitando la sua libertà di espressione garantita dall'art. 21 Cost. Senza giustificazione visto che il suo comportamento non si traduceva in un atto illecito di ingiuria o diffamazione; di avere in ogni caso risposto il Presidente di (...) sostenendo che gli interrogativi del dipendente (in merito alla utilità degli stipendi dei dirigenti) avrebbero potuto alterare i rapporti della società con il Comune, per cui manteneva la raccomandazione di fare maggiore attenzione nell'esprimersi sugli organi di stampa. Parte convenuta, costituendosi in giudizio, ha chiesto il rigetto del ricorso e delle domande ivi contenute e ha formulato le seguenti conclusioni: "si conclude per il rigetto delle domande avversarie in quanto infondate per le ragioni esposte in memoria. Con vittoria di spese legali..". Parte resistente contesta decisamente le allegazioni in fatto di parte ricorrente sostenendo che la rappresentazione dei fatti contenuta nel ricorso non risponde alle effettive attribuzioni del sig. (...) e alle mansioni dal medesimo svolte, pretendendosi, secondo parte resistente, di assegnargli surrettiziamente attività di altrui competenza e facendosi apparire ciò che ad una lettura attenta dei documenti risulta insussistente e privo del benché minimo riscontro. Le mansioni svolte dal sig. (...), secondo parte convenuta, fino alla data di entrata in vigore del primo organigramma (e quindi fino al 2008) attengono all'acquisizione di informazioni per la corretta individuazione dei titolari degli impianti e dell'ubicazione degli stessi ed alla comunicazione agli enti competenti delle irregolarità riscontrate dagli ispettori in sede di verifiche degli impianti ai fini della sospensione o della chiusura dei medesimi nonché dell'applicazione delle relative sanzioni. Tali attività rientrerebbero nell'ambito del secondo livello del ccnl applicabile del Commercio in cui sono compresi "i lavoratori di concetto che svolgono compiti operativamente autonomi e/o con funzioni di coordinamento e controllo, nonché il personale che esplica la propria attività con carattere di creatività nell'ambito di una specifica professionalità tecnica e/o scientifica".Né varrebbero, inoltre, a rendere non corrispondente all'inquadramento assegnato le piccole incombenze di tipo amministrativo (comunicazioni di vario genere, richiesta o rilascio di informative o di pareri, adempimenti relativi alla strumentazione in dotazione all'azienda e agli altri beni in uso, ecc.) espletate dal sig. (...) ovvero la segnalazione di comportamenti di altri lavoratori ritenuti non conformi agli obblighi di lavoro che chiunque all'interno dell'azienda avrebbe potuto effettuare. Parimenti risulterebbe corretto l'inquadramento nel primo livello del medesimo ccnl allorché sono state assegnate al sig. (...), a seguito dell'approvazione dell'organigramma del 2008, mansioni di coordinatore delle operazioni. Tali mansioni, oltre all'attività di comunicazione agli enti territoriali già espletata in precedenza, hanno comportato, secondo la resistente, lo svolgimento di una funzione di raccordo da parte del sig. (...) tra l'attività di programmazione svolta dal sig. (...) e quella di verifica degli impianti eseguita dagli ispettori, ed altresì lo svolgimento di talune funzioni gestionali, come la verifica del rispetto dell'orario di lavoro da parte degli ispettori, l'approvazione di piani ferie e permessi, nonché l'autorizzazione all'effettuazione di ore di lavoro straordinario. L'assegnazione di queste ultime attività mirava, in particolare, a risolvere talune problematiche e criticità emerse nell'attività degli ispettori e che il sig. (...), investito del ruolo di coordinatore delle operazioni, avrebbe dovuto contribuire a risolvere peraltro senza che in effetti si sia, secondo parte convenuta, verificato l'esito sperato. La società convenuta, inoltre, ritiene che alcun demansionamento illecito vi sia stato né alcuna condotta mobbizzante. Si afferma, inoltre, che la sanzione disciplinare irrogata al ricorrente, ed impugnata nel presente giudizio, sia legittima e pienamente provata. Occorre, innanzitutto, premettere, sul piano propriamente processuale che, secondo i principi generali in tema di distribuzione degli oneri probatori, spetta al lavoratore, il quale agisca in giudizio chiedendo il pagamento di differenze retributive, provare i fatti costitutivi dei diritti dei quali chiede riconoscimento (art.2697 c.c.). Dall'istruttoria orale svolta è emerso che la società convenuta fu avviata nel 2002 e l'odierno ricorrente ne era l'unico dipendente. Il teste (...), Presidente della società comparente nel periodo 2001- 2004 ( e, quindi, particolarmente a conoscenza dei fatti di causa), ha confermato tale circostanza: "La società nel periodo in cui io vi sono stato era una società che non aveva una struttura importante ma aveva solo un CDA di cui io ero Presidente e poi il (...) dal momento della sua assunzione. Dopodiché sono avvenute le altre assunzioni di altro personale e nella specie i verificatori e per cui io poi ho lasciato la società e non so dire che cosa sia successo e come fosse organizzata l'azienda". L'Ing. (...) ha riferito, poi, che tutte le decisioni inerenti all'Azienda venivano assunte dal Consiglio di amministrazione della società e che al (...) spettavano le decisioni "prettamente operative" come, ad esempio, "i rapporti con il personale per la turnazione, gli appuntamenti che dovevano essere presi con gli utenti, le modalità attraverso i quali dovevano essere espletate, ossia quello che vi era da fare giorno per giorno per le relative verifiche: per tutta questa parte operativa il mio interlocutore era il (...) anche perché all'inizio vi era appunto solo lui". Il (...) ha, in particolare, dichiarato che "in ogni caso nel periodo in questione ossia 2001/2004, io avevo la rappresentanza della società ed insieme ai colleghi del CDA prendevo le decisioni che la società doveva assumere: naturalmente io non mi sono mai occupato in questo stesso periodo di decisioni prettamente operative come a titolo esemplificativo appunto i rapporti con il personale per la turnazione, gli appuntamenti che dovevano essere presi con gli utenti, né le modalità attraverso i quali dovevano essere espletate, ossia quello che vi era da fare giorno per giorno per le relative verifiche: per tutta questa parte operativa il mio interlocutore era il (...) anche perché all'inizio vi era appunto solo lui. Per cui è corretto dire che le sue funzioni sempre in termini operativi erano estese all'attività specifica della società.". Lo stesso teste ha ricordato che, dopo l'assunzione del (...), furono assunti anche l'altro impiegato (...) e poi tre verificatori e che "Dopo l'assunzione di questi tre verificatori, io comunque continuavo a fare il Presidente mentre la gestione e coordinazione di tutti i lavoratori dipendenti era tenuta dal G.". "Le decisioni delle strategie aziendali erano prese da me e dal CDA mentre la costruzione delle decisioni ovviamente veniva fatta da me insieme al (...) essendo lo specialista in materia operativa apportava un importante contributo.". Il teste (...) ha poi dichiarato che il G.:" coordinava tutta l'attività operativa compreso tutto il personale sia amministrativo che operativo." Al Consiglio di amministrazione spettava ogni decisione in merito alle strategie aziendali, rispetto alle quali il ricorrente ha offerto un mero supporto operativo. Tali circostanze risultano confermate dal teste (...), che ha fatto parte del CDA della società resistente dal 2005 al 2010, il quale ha dichiarato che: "Il (...) aveva la parte operativa in quanto le decisioni erano prese dal CDA"; il (...) era, quindi, "l'esecutore materiale e operativo delle decisioni del CDA". Risulta, inoltre, che al ricorrente non è mai stato assegnato il compito di provvedere alla creazione del catasto degli impianti termici, trattandosi di attività spettante al CDA della società e al suo Presidente. Il teste (...) ha dichiarato che: "Era il Cda e il Presidente che avevano il mandato da parte della Provincia di Pistoia per fare un catasto degli impianti termici della provincia di Pistoia come prevedeva il quadro normativo dell'epoca". E' risultato, inoltre, che il ricorrente non ha inoltre sottoscritto alcun contratto per conto di (...) s.r.l. né ha mai ricevuto alcuna delega di firma. Sul punto il teste (...) ha dichiarato che: "so che i contratti e quant'altro li firmasse il Presidente dell'epoca sig. G.R." mentre il teste (...) ha affermato che: "Sul cap. 29: io ricordo che comunque tali comunicazioni ed informazioni agli enti sull'anagrafica clienti fossero comunque sempre firmate dal Presidente. Sul cap. 30: Non ricordo che (...) avesse deleghe o quant'altro per la rappresentanza della società. non posso escludere che lo stesso abbia partecipato ad incontri o riunioni magari con enti di zona o Associazioni di categoria ma unitamente al Presidente". E' risultato, inoltre, che la presenza ricorrente a taluni incontri insieme al Presidente con altri enti o altre istituzioni dipendeva dal fatto che egli era stato consigliere comunale (vedasi le dichiarazioni del teste (...)) e quindi aveva sviluppato una rete di relazioni che potevano essere utilizzate per diffondere la conoscenza della società e dare contezza del servizio dalla medesima espletato. In particolare il teste (...) ha dichiarato che: "soprattutto nei primi anni, dal 2002 al 2004 circa, il (...) aveva la rappresentanza esterna della società nel senso che partecipava ad incontri con vari enti sul territorio provinciale per far conoscere l'azienda e per pubblicizzare il quadro normativo e le modalità poi con cui gli utenti dovevano svolgere i controlli termici". Il teste N., commercialista della società convenuta dal 2004 al 2018, ha dichiarato che "...Io posso soltanto dire che per quanto a mia conoscenza il (...) gestiva gli ispettori che facevano le verifiche delle caldaie a domicilio, si occupava di dare indicazioni al reparto amministrativo, di fissare gli appuntamenti degli ispettori e so che era insieme a me al CDA e quindi dava le sue idee come nel caso del sistema adottato per i controlli e l'autocertificazione perché mi ricordo che fu oggetto di una discussione in CDA così come mi ricordo che c'era sempre e partecipava ai CDA nella discussione di tutte le questioni della società relative all'aspetto delle ispezioni e verifiche da parte della società...". Dall'istruttoria svolta è emerso, inoltre, che le attività svolte dal ricorrente per la società resistente erano le seguenti: l'acquisizione di informazioni per la corretta individuazione dei titolari degli impianti e dell'ubicazione degli stessi e la comunicazione agli enti competenti delle irregolarità riscontrate dagli ispettori in sede di verifiche degli impianti ai fini della sospensione o della chiusura dei medesimi nonché dell'applicazione delle relative sanzioni. Sul punto il teste (...) ha dichiarato che: "Sul cap. 24: il (...) riceveva dagli ispettori una giornaliera dove venivano indicate le attività svolte nella giornata e tale documentazione restava in ufficio e non veniva inviata a nessuno. Era poi il (...) ad inviare agli Enti Comune o provincia a seconda di dove fosse ubicato l'impianto i rapporti di verifica per gli impianti non a norma e pericolosi"; sullo stesso capitolo di prova di parte resistente il teste (...) ha dichiarato che: "sì, è vero, quelli che erano da inviare agli Enti provvedeva il (...)". Della programmazione operativa delle visite ispettive si occupava invece (...), e ciò anche perchè tale attività comportava l'utilizzazione di un software che il ricorrente non sapeva utilizzare. Il teste (...) ha, infatti, affermato che: "il (...) da un punto di vista di operatività non era a conoscenza di tutti i passaggi delle varie procedure per l'invio delle lettere in questione" mentre il teste (...) ha dichiarato che: "Si, le ispezioni venivano programmate con questo software o da me oppure da (...) o dalla collega (...) perché il (...) non sapeva utilizzare tale parte del software". E' emerso, inoltre, che il ricorrente non ha mai redatto, i grafici sull'andamento delle verifiche effettuate dagli ispettori (vedasi le dichiarazioni del teste (...): "Sì è vero, i grafici delle verifiche effettuati dagli ispettori che mi si mostra sono stati da me elaborati") né ha partecipato alla redazione del piano industriale in quanto tale attività veniva eseguita da (...). I testi ascoltati hanno, inoltre, riferito che il (...) si occupava della gestione amministrativa del parco macchine in dotazione all'azienda, mentre l'acquisto delle autovetture era di competenza del Presidente della società (sul punto il teste (...) ha dichiarato che "non è vero che il (...) abbia acquistato direttamente autovetture o strumentazione per i controlli ma è vero invece che abbia richiesto preventivi da sottoporre al Cda). Vi sono, poi, altre attività, che il ricorrente, da quanto emerso dall'istruttoria svolta, non ha svolto e che, invece, sono state effettuate soltanto da (...) o con la collaborazione di (...), come affermato in giudizio dallo stesso (...). Relativamente alla relazione sul costo gestionale delle autocertificazioni il (...) afferma che fu predisposta da lui e non dal ricorrente; e lo stesso deve dirsi per la lettera di controllo degli impianti da inviare ai cittadini per le verifiche e gli appuntamenti per l'effettuazione delle stesse nonché per l'elaborazione delle linee guida, contenenti procedure e modulistica e la gestione dei dati delle suddette verifiche. I testi hanno altresì confermato che, nel 2008, il ricorrente è stato nominato coordinatore delle operazioni, acquisendo il superiore livello (primo livello del ccnl del commercio) rispetto a quello nel quale era stato precedentemente inquadrato. In virtù di tale assegnazione, com'è stato riferito dal teste (...), il ricorrente "aveva nello specifico l'attività di coordinamento dell'attività ispettiva per cui materialmente aveva contatti con gli ispettori da cui riceveva i verbali degli esiti delle ispezioni, come negli anni precedenti in caso di difformità gravi provvedeva a comunicarlo agli Enti preposti ed anche all'acquisizione digitale ed alla digitalizzazione dei verbali ispettivi, in più nel momento in cui era richiesto un supporto da parte del front - office da un punto di vista sempre ispettivo come utenti che avevano ricevuto ispezioni, manutentori e similari, veniva richiesto l'intervento del (...) stesso". Anche la teste (...) ha confermato che "che al (...) era stata assegnato tutto il lato ispettori: era lui che si· occupava delle ferie, permessi, straordinari relativamente agli ispettori ed alle comunicazioni agli enti come ho detto sopra. La parte della diaria e delle verifiche veniva invece compilata dal (...)". In qualità di coordinatore delle operazioni, al (...) era stato assegnato, inoltre, il compito di verificare il rispetto dell'orario di lavoro da parte dei medesimi ispettori, di approvare piani ferie e permessi, di autorizzare straordinari e di coordinare la loro attività con la programmazione delle visite ispettive svolta da (...), di inviare le comunicazioni agli enti competenti relative agli impianti in relazione ai quali fossero state riscontrate irregolarità nelle visite ispettive tali da determinare la sospensione o la cessazione dell'impianto ovvero l'applicazione di sanzioni: teste (...) a conferma del cap. 33 di prova e teste (...) sul medesimo capitolo. Il teste (...) che, quale responsabile dei mestieri della cantieristica in CNA, dal 2010 aveva rapporti con la (...) per l'attività del controllo delle caldaie, ha dichiarato che: "Le aziende in questione avevano contatti diretti con la (...) srl in quanto erano le aziende stesse che dovevano consegnare a (...) il rapporto di verifica eseguito sulle caldaie degli utenti. Io personalmente ho avuto dal 2010 in poi contatti diretti con tutto il personale di (...) tra cui anche il (...) con particolare riferimento in merito a quest'ultimo ogni qualvolta le nostre imprese associate ci sollevavano problemi di carattere generale perché per problematiche specifiche era la stessa azienda che cercava di risolverla con (...).". Il teste afferma, ancora, che "Io non so dire nello specifico che cosa facesse il (...) all'interno di (...) però in ogni caso di solito, pur essendoci altre persone, io mi rivolgevo a lui in quanto il nostro ufficio era già in contatto con il (...) quando vi era stata la persona alla quale io poi sono subentrato in CNA." e "Ribadisco che io non so dire quali funzioni e ruoli svolgesse il (...) all'interno della (...): quando gli sottoponevamo problematiche generali si andava da lui per cercare di risolverle e si vedeva che aveva un carattere meno impiegatizio rispetto agli altri.". Risulta, inoltre, incontestato che in data 18.10.2010 parte convenuta ha esternalizzato alla società (...) s.n.c. il servizio di ispezione degli impianti termici ad uso civile presenti sul territorio della Provincia di Pistoia. A seguito di tale affidamento il ricorrente ha assunto le funzioni di referente di (...) s.r.l. per la società affidataria nonché di coordinamento tra l'attività di programmazione delle visite ispettive svolta dal (...) con quella di effettuazione delle stesse rimessa agli ispettori di (...) s.n.c. (vedasi, sul punto, le dichiarazioni del teste (...) e del teste (...)). Occorre ora verificare se dall'istruttoria orale svolta e dalla documentazione prodotta dalle parti il ricorrente ha diritto all'inquadramento superiore richiesto. Secondo parte ricorrente egli, fin da quando è stata costituita la società e quindi dal momento della sua assunzione (2002) e finché non è stato demansionato nell'anno 2012, ha diretto la società, occupandosi di tutti gli aspetti sia gestionali (personale, beni strumentali, rapporti esterni), sia amministrativi ( rapporti con enti e uffici pubblici), il tutto avendo sopra di sé in via gerarchica esclusivamente il CDA ed il Presidente dell'azienda che gli fornivano le strategie ed i programmi generali che poi lui doveva attuare con una larga autonomia decisionale estrinsecatasi nella partecipazione ai CDA cui lui stesso forniva indicazioni nel merito delle decisioni da prendere. Parte convenuta, invece, ritiene che, anche alla luce dell'istruttoria orale svolta, al ricorrente non spetti la "qualifica" di Quadro. Si rileva preliminarmente che è consolidato in giurisprudenza il principio secondo cui il lavoratore che agisca per ottenere l'inquadramento in un livello superiore ha l'onere di allegare e provare gli elementi posti a base della domanda, ed in particolare di specificare il contenuto delle mansioni da lui svolte in concreto, raffrontandole con i profili caratterizzanti da un lato le mansioni della superiore qualifica rivendicata, e dall'altro lato della qualifica inferiore riconosciutagli dal datore. Infatti, secondo la giurisprudenza, nel procedimento logico-giuridico diretto alla determinazione dell'inquadramento di un lavoratore subordinato non si può prescindere da tre fasi successive, e cioè: l'accertamento in fatto delle attività lavorative in concreto svolte, l'individuazione delle qualifiche e gradi previsti dal contratto collettivo di categoria, il raffronto dei risultati di tali due indagini ( fra le molte, Cass. 20272/2010, Cass. 28284/2009, Cass. 26234/2008, Cass. 18214/2006, Cass. 4791/2004). Inoltre, occorre che le mansioni svolte siano da inquadrarsi "in prevalenza" nel livello superiore (vedasi sul punto, Trib. Milano del 27.03.2015, est. (...)). Infatti va anche considerato che, ai fini della corretta individuazione del livello di inquadramento, deve comunque ragionevolmente applicarsi un criterio di prevalenza che, sebbene basato non solo su comparazioni di tipo puramente quantitativo ma anche sulla reciproca analisi qualitativa delle attività lavorative svolte, comunque comporta la irrilevanza dell'eventuale espletamento saltuario od occasionale di mansioni particolari, ove mai superiori a quelle proprie della qualifica di appartenenza. E' pacifico che nella categoria di Quadro sono compresi i lavoratori che "svolgano con carattere continuativo funzioni direttive loro attribuite di rilevante importanza per lo sviluppo e l'attuazione degli obiettivi dell'impresa nell'ambito delle strategie e programmi aziendali definiti, in organizzazioni di adeguata struttura anche decentrata e quindi: - abbiano poteri di discrezionalità decisionale e responsabilità gestionali anche nella conduzione e nel coordinamento di risorse e persone, in settori o servizi di particolare complessità operativa ovvero - siano preposti, in condizioni di autonomia decisionale, responsabilità ed elevata professionalità di tipo specialistico, alla ricerca e alla definizione di progetti di rilevante importanza per lo sviluppo e l'attuazione degli obiettivi dell'impresa, verificandone la fattibilità economico-tecnica, garantendo adeguato supporto sia nella fase di impostazione sia in quella di sperimentazione e realizzazione, controllandone la regolare esecuzione e rispondendo dei risultati". Ritiene il Tribunale che dall'istruttoria svolta è emerso che il (...) era, indubbiamente, un punto di riferimento fondamentale per il CDA di parte convenuta e si occupava di eseguire le decisioni del consiglio di amministrazioni. Occorre tener conto, però, che appartengono alla categoria di Quadro soltanto quei lavoratori che operino all'interno di organizzazioni di "adeguata struttura" e che abbiano "discrezionalità decisionale" e "responsabilità gestionali". Per l'esercizio delle attività assegnate al (...) non era prevista alcuna "elevata professionalità di tipo specialistico" né la definizione di progetti di rilevante importanza per lo sviluppo e l'attuazione degli obiettivi di impresa che, per le dimensioni della società convenuta, non erano presenti. Si rileva che è pacifico tra le parti che il (...) ha come titolo di studio la licenza della scuola media inferiore e come esperienza lavorativa precedente alla costituzione del suo rapporto di lavoro con (...) s.r.l. aveva svolto in altra azienda le mansioni di verniciatore. E' evidente, quindi, che non possa rientrante nella declaratoria anzidetta, un'attività prettamente operativa come quella che il (...) ha svolto quando era unico dipendente della società. Né la documentazione prodotta da parte ricorrente (e, in particolare, la documentazione indicata da parte ricorrente nelle note del 29.07.2021, pag.13-14-15-16) corrobora inequivocabilmente l'assunto secondo cui le mansioni svolte dal ricorrente siano incasellabili nella categoria del "Quadro". Il fatto che il ricorrente sia stato indicato come "referente" o "direttore" non significa che automaticamente che il lavoratore sia un quadro in quanto, come detto, per le dimensioni dell'azienda, l'assenza di un potere decisionale del (...) nell'attuazione delle decisioni del CDA, e l'assenza di una elevata professionalità di tipo specialistico, deve ritenersi che l'inquadramento contrattuale del ricorrente sia corretto. Ritiene il Tribunale che alcun dimensionamento (illecito) vi sia stato a seguito della riorganizzazione aziendale fatta da parte resistente nel 2012 in quanto il ricorrente non è stato dequalificato né è emerso che il ricorrente svolgesse mansioni quantitativamente e qualitativamente inferiori a quelle svolte prima del 2012. In diritto, per consolidato orientamento giurisprudenziale di legittimità, allorquando da parte di un lavoratore sia allegata una dequalificazione o venga dedotto un demansionamento riconducibili ad un inesatto adempimento dell'obbligo gravante sul datore di lavoro ai sensi dell'art. 2103 cod. civ. è su quest'ultimo che incombe l'onere di provare l'esatto adempimento del suo obbligo, o attraverso la prova della mancanza in concreto di qualsiasi dequalificazione o demansionamento, ovvero attraverso la prova che l'una o l'altro siano stati giustificati dal legittimo esercizio dei poteri imprenditoriali o disciplinari o, comunque, in base al principio generale risultante dall'art. 1218 cod. civ., da un'impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile (Cass. 4766/2006); mentre in materia di demansionamento (o dequalificazione), il lavoratore è tenuto a prospettare le circostanze di fatto volte a dare fondamento alla denuncia ed ha, quindi, l'onere di allegare gli elementi di fatto significativi dell'illegittimo esercizio del potere datoriale, e non anche quelli idonei a dimostrare in modo autosufficiente la fondatezza delle pretese azionate, mentre il datore di lavoro è tenuto a prendere posizione, in maniera precisa e non limitata ad una generica contestazione, circa i fatti posti dal lavoratore a fondamento della domanda e può allegarne altri, indicativi, del legittimo esercizio del potere direttivo, fermo restando che spetta al giudice valutare se le mansioni assegnate siano dequalificanti, potendo egli presumere, nell'esercizio dei poteri, anche officiosi, a lui attribuiti, la fondatezza del diritto fatto valere anche da fatti non specificamente contestati dall'interessato, nonché da elementi altrimenti acquisiti o acquisibili al processo (Cass. 15527/2014). Nel caso di specie risulta che il ricorrente ha continuato a svolgere le stesse mansioni che svolgeva prima del 2012 mentre l'affidamento delle mansioni di coordinatore generale al (...) non costituiscono la "prova" del demansionamento del ricorrente ma costituisce una scelta aziendale che parte convenuta motiva nelle capacità organizzative e tecniche del (...). Le domande relative al mobbing e alla sanzione disciplinare irrogata al ricorrente sono, ugualmente, infondate. Quanto alla sanzione disciplinare irrogata al ricorrente si rileva che dalla documentazione prodotta da parte convenuta (doc.69 e 70 parte convenuta) e dalle dichiarazioni del teste (...) emerge, indubbiamente, la legittimità della sanzione disciplinare irrogata al ricorrente. L'art. 210, comma 1, del ccnl applicabile del 1.7.2013 prevede che il lavoratore debba osservare nel modo più scrupoloso i doveri e il segreto d'ufficio, di usare modi cortesi con il pubblico e di tenere una condotta conforme ai civici doveri. L'art. 2 del codice di comportamento applicato dalla società convenuta (doc. 71) dispone, inoltre, che "il dipendente conforma la propria condotta ai principi di buon andamento ed imparzialità. Il dipendente svolge i propri compiti nel rispetto della legge, dei regolamenti e delle disposizioni aziendali. Il dipendente rispetta altresì i principi di integrità, correttezza (...). Il dipendente evita situazioni o comportamenti che possano ostacolare il corretto adempimento dei compiti o nuocere agli interessi e all'immagine della società (...)". Nel caso di specie è emerso che il ricorrente ha ingiuriato un suo collega e tale condotta del (...) non era dovuta ad uno stato d'ira o dovuta ad una provocazione del (...). La sanzione è, quindi, legittima e proporzionata ai fatti contestati. Dall'istruttoria svolta, inoltre, non è emerso che la società convenuta ha inteso mobbizzare il ricorrente né, in particolare, è stato provato un disegno persecutorio dei vertici aziendali nei confronti del ricorrente. Occorre rilevare, tra l'altro, che già i fatti allegati al ricorso non denotano di per sé la sussistenza di una condotta volutamente prevaricatoria da parte del datore di lavoro volta ad emarginare o estromettere il lavoratore dalla struttura organizzativa di parte convenuta. Le spese di lite si compensano integralmente alla luce della complessità in fatto della presente controversia e della sua onerosità probatoria . Le spese di c.t.u., già liquidate provvisoriamente con separato decreto, sono poste definitivamente a carico delle parti. P.Q.M. 1. Rigetta il ricorso e le domande ivi contenute; 2. compensa tra le parti le spese di lite; 3. pone le spese di c.t.u. a carico delle parti; 4. motivazione nei 60 giorni. Così deciso in Pistoia il 27 settembre 2022. Depositata in Cancelleria il 3 ottobre 2022.

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