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REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Basilicata Sezione Prima ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 149 del 2023, integrato da motivi aggiunti, proposto dal Comune di (omissis), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato An. Gi. Ga., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; contro Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'Avvocatura Distrettuale Stato, domiciliataria ex lege in Potenza, via (...) (Palazzo Uff.); Mo. Ra. S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Si. Ca., Ja. Na., Ch. Nu., Fr. Ci., Ca. Tr., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; nei confronti Regione Basilicata, Provincia di Potenza, Comune di (omissis), Comune di (omissis), non costituiti in giudizio; per l'annullamento Per quanto riguarda il ricorso introduttivo: - della Deliberazione del Consiglio dei ministri, ai sensi dell''articolo 5, comma 2, lett. c bis della legge 3 agosto 1988 n. 400, assunta in data 5 ottobre 2022, notificata in data 18 ottobre 2022, avente ad oggetto "Istanza di proroga dei termini di validità della pronuncia di compatibilità ambientale espressa dalla D.G.R. della Regione Basilicata n. 1415 del 23 ottobre 2012 relativo al progetto di un impianto eolico da realizzare nei Comuni (omissis), (omissis) e (omissis) (PZ)"; - del parere n. 3190 del 15 novembre 2019, reso dalla Commissione Tecnica di Verifica dell''Impatto Ambientale - VIA e VAS- presso il Ministero dell''Ambiente e della Sicurezza energetica. Per quanto riguarda i motivi aggiunti: - dell'autorizzazione per silentium, rilasciata dalla Regione Basilicata, per la proroga dell'ultimazione dei lavori, per la realizzazione del progetto denominato "Mo. Ra." da realizzarsi nei Comuni di (omissis) (PZ), (omissis) (PZ) e (omissis) (PZ) e per le relative opere di connessione, costituiti da n. 25 aerogeneratori di cui n. 18 aventi potenza nominale unitaria pari a 2,00 MW e n. 6 di potenza unitaria nominale di 3,00 MW e n. 1 della potenza nominale di 1,8 MW per una potenza nominale complessiva di 55,80 MW; - della delibera di Giunta regionale n. 1415 del 23 ottobre 2012 (doc. n. 5) veniva rilasciato giudizio favorevole di compatibilità ambientale, "valevole per un periodo massimo di cinque anni..", con autorizzazione alla costruzione e all'esercizio di un parco eolico per la produzione di energia elettrica, delle opere connesse e delle infrastrutture indispensabili in agro del Comune di (omissis) (Parco Eo.) e nel Comune di (omissis) (Impianti di rete e di utenza), proposto dalla società Mo. Ra. S.r.l. con conseguente apposizione del vincolo preordinato all'esproprio per l'acquisizione dei suoli. Veniva rilasciata contestualmente la autorizzazione paesaggistica ai sensi e per gli effetti del D.Lgs. n. 4/2004 (doc. n. 5); - della D.G.R. n. 453 del 10 aprile 2015 (doc. n. 6), avente ad oggetto "Progetto per la costruzione e l'esercizio di un impianto eolico e relative opere connesse da realizzare in agro del Comune di (omissis) (PZ) - Rideterminazione del termine di validità del Giudizio di Compatibilità Ambientale rilasciato con D.G.R. n. 1415 del 23 ottobre 2012"; - della D.G.R. n. 1352 del 23 novembre 2016 (doc. n. 7), avente ad oggetto "D.L.vo n. 152/2006 - Parte Il (e s.m.i.); L.R. n. 47/1998 (e s.m.i.); Progetto per la costruzione e l'esercizio di un impianto eolico, e relative opere connesse, da realizzare in agro del Comune di (omissis) (PZ). Proroga del termine di validità del Giudizio di Compatibilità Ambientale rilasciato con D.G.R. n. 1415 del 23 ottobre 2012 e successiva D.G.R. n. n. 453 del 10 aprile 2015" (doc. n. 6); - della D.G.R. N. 453 del 10 aprile 2015, avente ad oggetto "Progetto per la costruzione e l'esercizio di un impianto eolico e relative opere connesse da realizzare in agro del Comune di (omissis) (PZ) - Rideterminazione del termine di validità del Giudizio di Compatibilità Ambientale rilasciata con D.G.R. n. 1415/del 23 ottobre 2012" (doc. n. 7); - dell'avviso di avvio del procedimento per l'apposizione del vincolo preordinato all'esproprio e la dichiarazione della pubblica utilità delle opere relative all'impianto eolico da realizzare in agro del Comune di (omissis) (PZ) dalla società Mo. Ra. S.r.l. (doc. n. 18); nonchè per reimpugnare i provvedimenti oggetto del precedente ricorso: - della Deliberazione del Consiglio dei ministri, ai sensi dell'articolo 5, comma 2, lett. c bis della legge 3 agosto 1988 n. 400, assunta in data 5 ottobre 2022, notificata in data 18 ottobre 2022, avente ad oggetto "Istanza di proroga dei termini di validità della pronuncia di compatibilità ambientale espressa dalla D.G.R. della Regione Basilicata n. 1415 del 23 ottobre 2012 relativo al progetto di un impianto eolico da realizzare nei Comuni (omissis), (omissis) e (omissis) (PZ)" (doc. n. 1, notificazione e ricevute, docc. Nn. 2 e 3); - del parere n. 3190 del 15 novembre 2019, reso dalla Commissione Tecnica di Verifica dell'Impatto Ambientale - VIA e VAS- presso il Ministero dell'Ambiente e della Sicurezza energetica (cfr. pag 7 del decreto) (doc. n. 4); - di tutti gli atti connessi, preparatori e conseguenti, ancorchè non conosciuti. Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione in giudizio di Presidenza del Consiglio dei Ministri e di Mo. Ra. S.r.l.; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 24 aprile 2024 il dott. Paolo Mariano e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO e DIRITTO 1. Con il ricorso in esame, depositato in data 21/3/2023 (a seguito di rituale riassunzione dopo la declinatoria di competenza del T.A.R. Lazio, originariamente adito), il Comune deducente ha impugnato gli atti specificati in epigrafe ed in particolare la deliberazione con cui il Consiglio dei Ministri, in data 5/10/2022, si è favorevolmente pronunciato sulla proroga (di trentasei mesi) dei termini di validità del positivo giudizio di compatibilità ambientale, espresso dalla Regione Basilicata con D.G.R. n. 1415 del 23/10/2012 (termini già rideterminati con D.G.R. n. 453 del 15/4/2015 e n. 1352 del 23/11/2016), relativo al progetto di un impianto eolico (costituito da n. 25 aerogeneratori, per una potenza nominale complessiva pari a 55,80 MW) da realizzare, da parte della società Mo. Ra. S.r.l. (odierna controinteressata), nei Comuni di (omissis), (omissis) e (omissis) (PZ). 1.1. Tale deliberazione si inserisce nel più generale procedimento di autorizzazione della proroga del termine di inizio lavori (richiesta dalla Mo. Ra. S.r.l. al Ministero della Transizione Ecologica con istanza in data 20/9/2018) ed è scaturita dalla necessità di comporre, ai sensi dell'art. 5, co. 2, lett. c-bis), della L. n. 400/1988, il contrasto emerso tra detto Ministero (favorevole alla proroga del giudizio di compatibilità ambientale del progetto in evidenza, tenuto conto del parere positivo con prescrizioni reso dalla Commissione Tecnica di Verifica dell'Impatto Ambientale V.I.A. e V.A.S.) ed il Ministero della Cultura (invece contrario alla proroga, tenuto conto del parere negativo espresso dalla Soprintendenza Archeologia e Belli Arti e Paesaggio della Basilicata, nel quale si è rappresentata "la necessità di analizzare ex novo l'insieme delle interferenze possibili, attraverso una nuova valutazione di impatto ambientale"). In particolare, il Consiglio dei Ministri ha così motivato la propria decisione favorevole alla proroga dell'efficacia della V.I.A.: "(...) RITENUTO che la mera interferenza delle opere in progetto con le fasce di rispetto di cui alla citata legge regionale della Basilicata 30 dicembre 2015, n. 54, non potrebbe comunque comportare, di per sé, una valutazione negativa del progetto in quanto richiederebbe lo svolgimento di una completa istruttoria che possa dare conto delle incompatibilità riscontrate e delle eventuali misure di superamento o mitigazione delle relative criticità ; CONSIDERATO, inoltre, che la Commissione tecnica di verifica di impatto ambientale - VIA e VAS, nei citati pareri, ha rappresentato che "all'epoca del rilascio dell'autorizzazione e ad oggi, il parco eolico non interessava aree della Rete Natura 2000, Aree Naturali Protette, Aree con immobili di interesse pubblico, zone con vincolo architettonico/archeologico" e che il progetto si pone all'esterno dell'area buffer della ZSC (omissis) (omissis) e della Riserva Naturale SIC-ZPS IT8050020 "Massiccio Monte Eremita ed è esterno all'area buffer di 1000 metri di distanza dai confini delle aree SIC o ZPS; CONSIDERATO, altresì, che, avendo riguardo all'impatto paesaggistico dell'opera in esame, la Commissione tecnica di verifica di impatto ambientale - VIA e VAS, nel citato parere n. 2911 del 21 dicembre 2018, ha evidenziato che non sono intervenute modifiche dello stato vincolistico rispetto a quanto valutato nel corso della procedura di valutazione di impatto ambientale, non essendo sopravvenuti nuovi livelli di vincolo e tutela ai sensi del citato decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42; CONSIDERATO che la Commissione tecnica di verifica di impatto ambientale - VIA e VAS ha rilevato l'assenza di alterazioni fisiche dell'area oggetto dell'intervento successivamente all'adozione del provvedimento originario di compatibilità ambientale di cui alla citata deliberazione di Giunta regionale n. 1415 del 23 ottobre 2012; PRESO ATTO che la Commissione tecnica di verifica di impatto ambientale - VIA e VAS ha, inoltre, rilevato che "non sono stati realizzati o autorizzati impianti eolici, sia pure di minima potenza, che possano rendere necessaria una verifica di impatto cumulativo" e, inoltre, che "non vi sono progetti, anche appartenenti a differenti tipologie di attività, autorizzati o per i quali il procedimento di autorizzazione sia in corso"; RITENUTO che il Ministero della cultura non ha effettivamente individuato specifiche criticità e ricadute del progetto in punto di beni e aree tutelate, limitandosi a rappresentare la non idoneità del contesto territoriale nel quale ricade il progetto medesimo; CONSIDERATO che la citata Commissione tecnica di verifica di impatto ambientale - VIA e VAS ha sottolineato che l'impianto si colloca in una zona - caratterizzata da rari presidi abitati e priva di nuovi fabbricati - che non presenta ricettori sensibili, e che la distanza degli aerogeneratori da edifici a destinazione abitativa non è mai inferiore a 2,5 volte l'altezza massima delle torri in progetto; CONSIDERATO, infine, che nella ponderazione degli interessi coinvolti occorre tener conto del fatto che gli aerogeneratori in esame non ricadono direttamente in aree sottoposte a tutela ai sensi del citato articolo 142, del decreto legislativo n. 42 del 2004 RITENUTO che, in considerazione delle particolari vicende procedimentali sopra descritte, la proroga dei termini di validità del provvedimento di valutazione di impatto ambientale rilasciato dalla regione Basilicata con deliberazione della Giunta regionale n. 1415 del 23 ottobre 2012 - che può intendersi, anche in considerazione degli approfondimenti svolti, quale rinnovo del provvedimento di valutazione di impatto ambientale - debba decorrere a far data dalla conclusione del presente procedimento"; Ritenuto, pertanto, dalla comparazione degli interessi coinvolti nel procedimento in esame, individuati, da un lato, nella tutela paesaggistica e, dall'altro lato, nello sviluppo della produzione di energia da fonti rinnovabili, nonché nella valenza imprenditoriale ed economica dell'opera in argomento, di considerare prevalente l'interesse all'incremento dell'energia da fonti rinnovabili e alla realizzazione dell'opera di cui trattasi, condividendo le posizioni favorevoli all'impianto in questione espresse dal MiTe. (...)". 1.2. L'impugnazione è affidata ai seguenti motivi: i) la deliberazione del Consiglio dei Ministri sarebbe carente di motivazione e di istruttoria, non avendo approfondito le possibili interferenze del progetto de quo con i c.d. buffer previsti dalla (sopraggiunta) L.R. n. 54/2015; ii) detta deliberazione, inoltre, sarebbe in contrasto con la condotta amministrativa tenuta in un altro procedimento autorizzatorio, riguardante un progetto di parco eolico allocato in un'area contigua, nell'ambito del quale è stata decisa l'assoggettabilità a V.I.A. del progetto, al fine di verificarne gli effetti ambientali e paesaggistici; iii) la medesima determinazione, infine, violerebbe l'art. 2966 cod. civ., atteso che l'autorizzazione alla costruzione del parco eolico in questione sarebbe incorsa in decadenza per mancato inizio dei lavori nei termini assegnati. 2. Si sono costituite in giudizio, per resistere all'accoglimento del ricorso, la Presidenza del Consiglio dei Ministri e la società controinteressata Mo. Ra. S.r.l., quest'ultima eccependone in rito l'irricevibilità per tardività (tenuto conto che il Sindaco del Comune avrebbe avuto contezza della deliberazione impugnata sin dal 7/10/2022, ben prima della sua formale comunicazione in data 18/10/2022) e l'improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse (non avendo il Comune impugnato il provvedimento di proroga dei termini formatosi conclusivo del procedimento. 3. Con ordinanza del 10/5/2023 è stata respinta l'incidentale domanda di sospensione cautelare. 4. Con atto di motivi aggiunti notificato in data 12/1/2024, il Comune ricorrente ha esteso l'impugnazione a nuovi atti, quali l'autorizzazione per silentium, rilasciata dalla Regione Basilicata, alla proroga dei termini di ultimazione dei lavori di realizzazione dell'impianto di cui al progetto per cui è causa, la D.G.R. n. 1415/2012, con cui è stato espresso il presupposto giudizio favorevole di compatibilità ambientale, le successive D.G.R. n. 453/2015, n. 1352/2016 e n. 453/2015, di proroga della validità della V.I.A., nonché l'avviso di avvio del procedimento per l'apposizione del vincolo preordinato all'esproprio e la dichiarazione della pubblica utilità delle opere funzionali a detto progetto. 5. All'udienza pubblica del 24/4/2024 la causa è stata trattenuta in decisione. 6. Preliminarmente, in accoglimento della relativa richiesta formulata dalla difesa della società controinteressata, va disposto lo stralcio dal fascicolo dell'ultima memoria del Comune ricorrente, siccome depositata in violazione del termine dilatorio di cui all'art. 73, co. 1, cod. proc. amm.. 7. Il ricorso è infondato (il che consente di prescindere dallo scrutinio delle richiamate eccezioni di rito). 7.1. Non coglie nel segno il primo motivo. Ed invero, l'impugnata delibera del Consiglio dei Ministri - che configura un atto di alta amministrazione (nel significato originariamente riconducibile all'art. 1, n. 1, del regio decreto n. 466/1901), come tale sindacabile in sede giurisdizionale solo ab externo per la sussistenza di profili di irragionevolezza, illogicità, arbitrarietà o contraddittorietà (cfr. Consiglio di Stato, sez. IV, 8/2/2021, n. 1156) - si presenta immune dalle esposte censure di difetto di istruttoria e di carenza motivazionale, in quanto reca puntuale enucleazione delle numerose e convergenti valutazioni (espressive di discrezionalità tecnica e non persuasivamente contestate) con le quali si è escluso che siano intervenute apprezzabili modifiche del contesto ambientale e paesaggistico di riferimento rispetto a quello esaminato in sede di originaria valutazione di impatto ambientale (in punto di immutazione del regime vincolistico, di inesistenza di effetti cumulativi e di interferenza con aree SIC o ZPS), secondo quanto richiesto dall'art. 25, co. 5, del D.lgs. n. 152/2006 ("Decorsa l'efficacia temporale indicata nel provvedimento di VIA senza che il progetto sia stato realizzato, il procedimento di VIA deve essere reiterato, fatta salva la concessione, su istanza del proponente corredata di una relazione esplicativa aggiornata che contenga i pertinenti riscontri in merito al contesto ambientale di riferimento e alle eventuali modifiche, anche progettuali, intervenute, di specifica proroga da parte dell'autorità competente"). Né, come di recente evidenziato (cfr. Consiglio di Stato, sez. IV, 8/4/2024, n. 3203), è richiesto che detta delibera esponga "la confutazione tecnica ed analitica delle ragioni ostative opposte dall'organo tutorio del vincolo ma piuttosto deve rendere ragione del giudizio di prevalenza dell'interesse ambientale in un caso problematico in cui l'esistenza dell'interesse paesaggistico, sebbene positivamente accertato, è giudicato recessivo, operando una valutazione "complessiva" dei due interessi antagonisti". D'altra parte, la mera inclusione del territorio comunale tra le aree non idonee ai sensi della L.R. n. 54/2015 non può costituire ragione di per sé ostativa alla localizzazione degli impianti, quante volte detta circostanza non sia corroborata, come in specie, da elementi istruttori dimostrativi di un'effettiva sfavorevole incidenza ambientale e paesaggistica, il cui onere è in capo al soggetto che intende farla valere. 7.2. Neanche il secondo motivo è persuasivo, atteso che non sussiste alcuna contraddittorietà rispetto alla differente condotta amministrativa osservata in un distinto procedimento di proroga (in cui l'Amministrazione ha disposto lo screening ambientale), considerato che in detta sede (al contrario di quella per cui è causa) era stata formulata una richiesta di variante sostanziale del progetto. Talché emerge palese la sostanziale diversità della situazione di fatto riscontrabile nell'invocato tertium comparationis. 7.3. Il terzo motivo è inammissibile per carenza di interesse, come puntualmente eccepito dalla società controinteressata, in quanto la contestata (tardiva) proroga del termine di inizio lavori (originariamente fissato in un anno) al 31/12/2018 (scadenza alla quale si riferisce la proroga da ultimo accordata) è imputabile ad atti (le D.G.R. n. 453 del 15/4/2015 e n. 1352 del 23/11/2016) che, pur assoggettati ad un regime di pubblicità legale, non sono stati tempestivamente impugnati dal Comune ricorrente. 8. L'atto di motivi aggiunti è tardivo, come eccepito dalla controinteressata. Ed invero, l'impugnazione del provvedimento autorizzatorio della proroga dei termini di ultimazione dei lavori di realizzazione dell'impianto di cui al progetto per cui è causa (presentata in data 12/10/2022) è stata proposta con atto notificato in data 12/1/2024, ancorché l'esistenza dell'istanza de qua, cui si correla l'intervenuta formazione per silentium del relativo titolo assentivo ai sensi dell'art. 7, co. 2, del D.L. n. 50/2022 ("le deliberazioni del Consiglio dei Ministri adottate ai sensi dell'art. 5, comma 2, lettera c-bis), della legge 23 agosto 1988, n. 400, sostituiscono ad ogni effetto il provvedimento di VIA" e "confluiscono nel procedimento autorizzatorio unico, che è perentoriamente concluso dall'amministrazione competente entro i successivi sessanta giorni. Se il Consiglio dei Ministri si esprime per il rilascio del provvedimento di VIA, decorso inutilmente il prescritto termine di sessanta giorni, l'autorizzazione si intende rilasciata"), fosse nota al Comune ricorrente, o comunque da esso conoscibile, quantomeno a decorrere dal 4/5/2023, allorquando detta istanza è stata versata agli atti del presente giudizio dalla società controinteressata, in vista della camera di consiglio del 10/5/2023. Sul punto, trova applicazione il condivisibile orientamento giurisprudenziale secondo cui "l'intervenuta scadenza d'un adempimento processuale (non rileva se in concreto compiuto o meno, ciò dipendendo da scelte discrezionali logicamente successive alla presa cognizione) implicante la necessaria consultazione del fascicolo del processo consente di presumere in fatto ex art. 2729 c.c. l'intervenuta conoscenza in capo al difensore degli atti e documenti che si trovano ivi depositati" (cfr. Consiglio di Stato, sez. III, 2/1/2023, n. 15). D'altra parte, la richiamata istanza (cui si riconnette la formazione dell'avversata proroga) è stata oggetto di disamina nella memoria del Comune ricorrente prodotta in data 2/11/2023, a dimostrazione della sua piena conoscenza a decorrere quantomeno da tale data; con il conseguente onere di interporre gravame al massimo entro il 2/1/2024. Ad eguale conclusione deve pervenirsi relativamente agli ulteriori atti gravati, a partire dalla D.G.R. n. 1415/2012, con cui è stato rilasciato il presupposto giudizio favorevole di compatibilità ambientale, in quanto già ampiamente noti al Comune ricorrente (che di essi fa espressa menzione nello stesso ricorso introduttivo). Infine, generica è l'impugnazione dell'avviso di avvio del procedimento per l'apposizione del vincolo preordinato all'esproprio e la dichiarazione della pubblica utilità, nei cui confronti non viene spiegata alcuna autonoma censura. 9. In conclusione, per le ragioni esposte, il ricorso va respinto, i motivi aggiunti vanno dichiarati irricevibili. 10. Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate nel dispositivo. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Basilicata, definitivamente pronunciando sul ricorso e sull'atto di motivi aggiunti, come in epigrafe proposti, respinge il ricorso, dichiara irricevibile l'atto di motivi aggiunti. Condanna il Comune ricorrente al pagamento delle spese di lite in favore dell'Amministrazione statale e della società controinteressata, da liquidarsi nella somma forfettaria di euro 3.000,00 (tremila/00), oltre accessori di legge, ciascuno. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Potenza nella camera di consiglio del giorno 24 aprile 2024 con l'intervento dei magistrati: Fabio Donadono - Presidente Benedetto Nappi - Consigliere Paolo Mariano - Primo Referendario, Estensore
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Basilicata (Sezione Prima) ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso avente numero di registro generale 562 del 2023, integrato da motivi aggiunti, proposto da - Ne. Fo. società co. so. a r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa in giudizio dall'avvocato Do. Pe., con domicilio digitale in atti; contro - Comune di (Omissis), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso in giudizio dall'avvocato Ma. Ca., con domicilio digitale in atti; nei confronti - G.L. Ri. s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa in giudizio dagli avvocati Ci. Mi., Ra. Mo., con domicilio digitale in atti per l'annullamento, previa sospensione dell’efficacia, con riguardo al ricorso introduttivo - della determinazione n. 487 del 10 novembre 2023 del Comune di (Omissis) avente ad oggetto: “Affidamento del servizio di ristorazione scolastica del Comune di (Omissis) per anni due 2023/2025 – approvazione dei verbali di gara. Numero gara: (…) CIG: (…)”; - del verbale di gara n. 1 di verifica anomalia del 25 ottobre 2023; - del bando e disciplinare di gara; - di tutti gli atti presupposti, conseguenziali, connessi e se lesivi all’interesse della ricorrente; - per l’accertamento del diritto della ricorrente ad essere dichiarata aggiudicataria dell’affidamento del servizio di ristorazione scolastica del Comune di (Omissis) per anni due 2023/2025; - nonché in subordine del diritto al risarcimento del danno per equivalente; con riguardo ai motivi aggiunti - della determinazione n. 39 del 7 febbraio 2024. Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione in giudizio di Comune del (Omissis) e di G.L. Ri. s.r.l.; Visti tutti gli atti della causa; Visti gli artt. 74 e 120 cod. proc. amm.; Relatore, alla camera di consiglio del giorno 6 marzo 2024, il Consigliere avv. Benedetto Nappi; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO e DIRITTO 1. Ne. Fo. società co. so. a r.l. (di seguito anche solo “Ne. Fo.”), con ricorso depositato il 27 dicembre 2023 è insorta avverso gli atti in epigrafe, recanti la sua esclusione dalla gara d’appalto «per l'affidamento del servizio di mensa scolastica per anni due 2023/2025, per l'importo complessivo di € 200000,00 compresi oneri per la sicurezza, di € 2000,00 oltre i.v.a.», deducendone l’illegittimità per violazione e falsa applicazione di legge ed eccesso di potere. 2. Si è costituita in giudizio la controinteressata G.L. Ri. s.r.l. (di seguito anche solo “GL.”) eccependo, in rito, l’inammissibilità o l’improcedibilità nel ricorso e, nel merito, la sua infondatezza. 2.1. L’Ente civico intimato non è inizialmente comparso in lite. 3. All’esito della camera di consiglio svoltasi il 10 gennaio 2024, con ordinanza n. 5 del 2024, l’incidentale istanza cautelare è stata rigettata per la ritenuta carenza dell’attributo del “periculum in mora” e si è, nel contempo, disposta l’acquisizione, dal Comune di (Omissis), non costituito in giudizio, di una dettagliata relazione amministrativa su ciascuna delle censure dedotte nel ricorso, unitamente alla documentazione ivi richiamata, e in ordine agli sviluppi dell’iter procedimentale in essere. 4. Il 23 gennaio 2024 si è costituito in giudizio il Comune di (Omissis), eccependo l’infondatezza del ricorso nel merito. 5. Il 19 febbraio 2024 la Ne. Fo. ha depositato motivi aggiunti avverso la sopravvenuta determinazione comunale n. 39 del 7 febbraio 2024, recante l’aggiudicazione dell’appalto alla controinterressata GL. 6. Con ordinanza n. 43 del 2024, resa alla camera di consiglio del 6 marzo 2024, l’incidentale istanza cautelare spiegata in uno all’atto di motivi aggiunti è stata rigettata per la ritenuta carenza di fumus boni iuris, 7. Alla pubblica udienza del giorno 8 maggio 2024, previo deposito di scritti difensivi, l’affare è transitato in decisione. 8. Il ricorso e l’atto di motivi aggiunti sono infondati, alla stregua della motivazione che segue. Ritiene quindi il Collegio di soprassedere allo scrutinio dell’eccezione in rito sollevata dalla controinteressata. 8.1. Col primo motivo si è dedotta la violazione e falsa applicazione dell’art. 41, comma 14, del d.lgs n. 36 del 2023, laddove dispone che la stazione appaltante o l’ente concedente individuino nei documenti di gara i costi della manodopera secondo quanto previsto dal precedente comma 13. Nel caso di specie, come emergerebbe dalla mera lettura della lex specialis di gara, tale scorporo non sarebbe stato posto in essere dal Comune di (Omissis). La censura è tardiva, essendo rivolta a censurare la mancata previsione nello scorporo nella legge di gara. Infatti, ove l’impresa avesse ritenuto tale lacuna come preclusiva dell’utile possibilità di presentare offerta, sarebbe stato suo onere impugnare tempestivamente il bando e il disciplinare, cio che non è avvenuto. D’altro canto, che tale omesso scorporo non sia di per sé preclusivo della possibilità di formulare l’offerta è dimostrato proprio dal contegno della deducente, che infatti è addivenuta autonomamente e dichiaratamente a tale scorporo. 8.2. Si è ancora sostenuto che «le imprese concorrenti avrebbero ribassato anche il costo del personale, in palese violazione del codice degli appalti», segnatamente l’art. 41, comma 14, del d.lgs. n. 36 del 2023. In senso contrario, il Collegio richiama, dando qui a esso continuità, l’orientamento pretorio secondo cui l’art. 41, comma 14, del vigente codice dei contratti pubblici debba essere interpretato in maniera coerente con: - l’articolo 108, comma 9, del d.lgs. n. 36 del 2023, che prescrive al concorrente di indicare nell’offerta economica, a pena di esclusione, i costi della manodopera, oltre agli oneri di sicurezza aziendali; - l’art. 110, comma 1, del d.lgs. n. 36 del 2023, ai sensi del quale “Le stazioni appaltanti valutano la congruità, la serietà, la sostenibilità e la realizzabilità della migliore offerta, che in base a elementi specifici, inclusi i costi dichiarati ai sensi dell’articolo 108, comma 9, appaia anormalmente bassa. Il bando o l’avviso indicano gli elementi specifici ai fini della valutazione”. Se ne deduce che i costi della manodopera sono assoggettabili a ribasso, come è del resto precisato dall’ultimo periodo del comma 14, dell’art. 41 citato, secondo cui: “Resta ferma la possibilità per l’operatore economico di dimostrare che il ribasso complessivo dell’importo deriva da una più efficiente organizzazione aziendale”. Se, infatti, il legislatore avesse voluto considerare tali costi fissi e invariabili, non avrebbe avuto senso richiedere ai concorrenti di indicarne la misura nell’offerta economica, né avrebbe avuto senso includere anche i costi della manodopera tra gli elementi che possono concorrere a determinare l’anomalia dell’offerta. Inoltre, la tesi sostenuta dal ricorrente, dell’inderogabilità assoluta dei costi della manodopera individuati dalla stazione appaltante, determinerebbe un’eccessiva compressione della libertà d’impresa, in quanto l’operatore economico potrebbe dimostrare ad esempio che il ribasso è correlato a soluzioni innovative e più efficienti, oppure, soprattutto in ipotesi di appalto di servizi, come quello di cui si discute, alla sua appartenenza ad un comparto, per il quale viene applicato un CCNL diverso da quello assunto come riferimento dalla stazione appaltante. A conferma di quanto sin qui esposto, il Consiglio di Stato, sez. V, 9 giugno 2023, n. 5665, con riferimento al previgente Codice dei contratti, ha osservato che “la clausola della lex specialis che imponga il divieto di ribasso sui costi di manodopera, sarebbe in flagrante contrasto con l’art. 97, comma 6 d.lgs. n. 50/2016 e, più in generale, con il principio di libera concorrenza nell’affidamento delle commesse pubbliche”, e richiamando, quale supporto interpretativo l’art. 41 comma 14 del d.lgs. 36 del 2023, ha osservato che: “persino nel “nuovo Codice”, che in applicazione di un preciso criterio di delega di cui all’art. 1 comma 2 lett. t) della L. 78/2022, ha previsto “in ogni caso che i costi della manodopera e della sicurezza siano sempre scorporati dagli importi assoggettati a ribasso” è stata fatta salva la possibilità per l’operatore economico di dimostrare che un ribasso che coinvolga il costo della manodopera sia derivante da una più efficiente organizzazione aziendale così armonizzando il criterio di delega con l’art. 41 della Costituzione”. Dunque, in base al comma 14 dell’art. 41 del d.lgs. n. 36 del 2023, la conseguenza per l’operatore economico che applichi il ribasso anche ai costi della manodopera è, non l’esclusione dalla gara, ma l’assoggettamento della sua offerta alla verifica dell’anomalia: in quella sede l’operatore economico avrà l’onere di dimostrare che il ribasso deriva da una più efficiente organizzazione aziendale oltre il rispetto dei minimi salariali (in termini, TAR Toscana, IV, 29 gennaio 2024, n. 120). 8.3. Si è poi lamentato che del tutto erroneamente la stazione appaltante non avrebbe ritenuto congrue le giustificazioni fornite dalla ricorrente, censurandone l’attendibilità della valutazione di anomalia in più punti. La censura non coglie nel segno. Il giudizio sulle offerte sospettate di essere anomale costituisce espressione di un tipico potere tecnico-discrezionale riservato alla pubblica amministrazione ed insindacabile in sede giurisdizionale, salvo che nelle ipotesi di manifesta e macroscopica erroneità o irragionevolezza dell’operato della commissione di gara o del Rup, che rendano palese l’inattendibilità complessiva dell’offerta; il sindacato del Giudice amministrativo sulle valutazioni dell’amministrazione è circoscritto al profilo della logicità, ragionevolezza ed adeguatezza dell’istruttoria, senza poter procedere ad alcuna autonoma verifica della congruità dell’offerta e delle singole voci, ciò rappresentando un’inammissibile invasione della sfera propria della pubblica amministrazione (tra le tante, T.A.R. Basilicata, 28 marzo 2024, n. 170; Cons. Stato, sez. V, n. 1655 del 2020). Orbene, l’avversata valutazione di anomalia reca, come da verbale della commissione giudicatrice n. 1 del 25 ottobre 2023 una motivazione ampia, in cui si stigmatizzano: - l’aver fatto «corrispondere al livello 6S (del CCNL Turistico Alberghiero) il livello A2 (del CCNL Socio Sanitario Assistenziale) salvo poi applicare il livello Al quando si tratta di determinare il costo della Manodopera Aziendale; - l’aver messo «a confronto il costo complessivo annuo tra i due contratti, considerando quello del CCNL Socio Sanitario Assistenziale al lordo dell'indennità di turno (pari all'11,7%) salvo poi non prevedere tale indennità di turno nel calcolo del costo della manodopera aziendale»; - l’aver utilizzato «nell'autodeterminazione del costo della manodopera posta a base di gara […] correttamente in maniera semplice e intuitiva» un dato schema di calcolo riproposto nella tabella riportata nel cennato verbale, determinando in € 136.533,30 il costo della manodopera per i due anni di servizio posta a base di gara, salvo poi non applicare (in violazione del principio di simmetria logica, oltre che giuridica), il medesimo criterio «per la determinazione del costo della manodopera aziendale», laddove «la semplice applicazione dello schema precedente, avrebbe condotto, considerando l'incidenza dell'indennità di turno ed applicando il livello Al» al risultato di «un costo aziendale della manodopera per i due anni di espletamento del servizio pari ad € 146.693,55»; - «l'operatore economico calcola il costo della manodopera aziendale in complessivi € 92.996,66, non dimostrando in alcun modo che tale importo deriva da una più efficiente organizzazione aziendale, anzi sembrerebbe giusto il contrario anche solo in considerazione del fatto che incrementa il numero di addetti e seppur di poco le ore lavorative necessarie all'espletamento del servizio. Il calcolo che l'operatore economico adduce per addivenire al complessivo importo di € 92.996,66 quale costo della manodopera aziendale, è del tutto arbitrario e privo di riscontro rispetto a quanto previsto nelle tabelle del ministero del lavoro e delle politiche sociali per la determinazione del costo del lavoro, che lo stesso operatore economico ha allegato alle varie giustificazioni» Si tratta di valutazione che non appara affetta da illogicità o palesi errori in fatto, risolvendosi le critiche della ricorrente in un inammissibile tentativo di sovrapporre e sostituire la propria valutazione a quella della stazione appaltante. 9. Dalle considerazioni che precedono discende il rigetto del ricorso e dell’atto di motivi aggiunti, che ripropone avverso il provvedimento di aggiudicazione in favore della controinteressata GL., in via derivata, le medesime censure già sollevate col ricorso introduttivo. 10. Le spese seguono la soccombenza, con liquidazione come da dispositivo. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Basilicata, definitivamente pronunciando, così provvede: - rigetta il ricorso; - condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese di lite in favore del Comune di (Omissis) e della G.L. Ri. s.r.l., forfettariamente liquidando le stesse in misura di € 3000,00 (tremila/00), cadauno, oltre accessori di legge, se dovuti. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Potenza, nella camera di consiglio del giorno 8 maggio 2024, coll'intervento dei magistrati: Fabio Donadono, Presidente Benedetto Nappi, Consigliere, Estensore Paolo Mariano, Primo Referendario
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Basilicata Sezione Prima ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 50 del 2024, integrato da motivi aggiunti, proposto dalla Cooperativa CI. Tr. e Am., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avv.ti Or. Ab., PEC (omissis), Da. Br., PEC (omissis), ed El. De Bo., PEC (omissis), domiciliata ai sensi dell'art. 82 R.D. n. 37/1934 presso la Segreteria di questo Tribunale; contro Comune di (omissis), in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall'avv. Al. Lu. Bo., PEC (omissis), domiciliato ai sensi dell'art. 82 R.D. n. 37/1934 presso la Segreteria di questo Tribunale; nei confronti Cooperativa Pr., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall'avv. Fr. Bu., PEC (omissis), con domicilio fisico in Potenza Piazza (...); per l'annullamento: -della Determinazione n. 355 del 22.11.2023 (pubblicata nell'Albo Pretorio on line dal 7.12.2023 al 22.12.2023), con la quale il Responsabile del Settore Tecnico del Comune di (omissis) ha emanato, in favore della Cooperativa Pr., il provvedimento di aggiudicazione della procedura aperta, per l'affidamento, per la durata di 5 anni, del servizio di igiene urbana nel Comune di (omissis); -di tutti i verbali, redatti dalla Commissione giudicatrice; -di tutti gli atti, relativi al subprocedimento di verifica del possesso dei requisiti e di verifica del costo della manodopera, se espletato; -della nota prot. n. 77 del 4.1.2024, con la quale il Responsabile del Settore Tecnico del Comune di (omissis) ha riscontrato solo parzialmente l'istanza della Cooperativa CI. Tr. e Am. dell'11.12.2023, di accesso ai documenti della Cooperativa Pr.; nonché per la declaratoria di inefficacia del contratto, eventualmente sottoscritto, con subentro nell'appalto della Cooperativa CI. Tr. e Am., "con riserva di far valere in separato giudizio eventuali ipotesi risarcitorie per equivalente"; Visto il ricorso principale ed i relativi allegati; Visto l'atto di motivi aggiunti al ricorso principale, notificato il 27.3.2024 e depositato il 29.3.2024, con il quale: 1) è stata impugnata la nota del Responsabile del procedimento ex art. 95, comma 10, D.Lg.vo n. 50/2016 del 15.11.2023 (conosciuta il 26.2.2024, in quanto depositata in tale data dal Comune di (omissis)), la quale ritiene che il costo della manodopera di Euro 1.406.983,06, indicato nell'offerta economica dall'aggiudicataria Cooperativa Pr., "non è inferiore ai minimi salariali retributivi di cui alla Tabella Ministeriale" ex 23, comma 16, D.Lg.vo n. 50/2016, deducendo ulteriori censure, rispetto a quelle già articolate con il ricorso introduttivo; 2) sono state dedotte censure, relative all'offerta tecnica dell'aggiudicataria Cooperativa Pr., conosciuta il 12.3.2024, in seguito all'Ordinanza TAR Basilicata n. 128 del 7.3.2024, che ha ordinato al Responsabile del Settore Tecnico del Comune di (omissis) "di dare accesso alla ricorrente alla versione integrale dell'offerta tecnica dell'aggiudicataria Cooperativa Pr."; Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di (omissis) e dell'aggiudicataria Cooperativa Pr."; Visto il ricorso incidentale, notificato il 4.3.2024 e depositato l'8.3.2024, proposto dell'aggiudicataria Cooperativa Pr."; Visti i documenti e gli atti tutti di causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 8 maggio 2024 il Cons. Pasquale Mastrantuono e uditi per le parti i difensori, come specificato nel verbale; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO e DIRITTO Con bando, pubblicato il 10.2.2023, il Comune di (omissis) ha indetto una procedura aperta, per l'affidamento, per la durata di 5 anni, del servizio di igiene urbana nel Comune di (omissis), di Euro 3.304.909,20 oltre IVA, pari ad un importo annuo di Euro 660.981,84 oltre IVA, con l'importo a base di gara di Euro 3.300.998,40 ed il criterio di aggiudicazione dell'offerta economicamente più vantaggiosa, con l'attribuzione di massimo 70 punti per l'offerta tecnica (precisamente massimo: 10 punti per la "Realizzazione e gestione delle isole informatizzate"; 2 punti per la "Disinfestazione, disinfezione, derattizzazione e lavaggi"; 2 punti per la "Pulizia approfondita delle caditoie stradali"; 14 punti per il "Ritiro dei rifiuti dalle aree di deposito abusivo"; 15 punti per la "Fornitura di attrezzature"; 8 punti per la "Implementazione della tariffa puntuale e gestione della banca dati"; 3 punti per il "Progetto scuola"; 5 punti per la "Fornitura di Ecocompattatore per la raccolta selettiva del PET alimentare"; 2 punti per la "Attività di informazione e sensibilizzazione"; e 9 punti per il "Conferimento della frazione residua presso gli impianti di produzione CSS"), con la soglia di minimo 35 punti per l'ammissione alla valutazione dell'offerta economica e la riparametrazione mediante l'assegnazione del punteggio massimo di 70 punti all'offerta tecnica, che aveva riportato il punteggio più alto, ed alle altre offerte tecniche un punteggio proporzionale decrescente", e di massimo 30 punti per l'offerta economica mediante l'assegnazione del punteggio massimo di 30 punti al più alto ribasso percentuale sul predetto importo a base di gara ed un punteggio proporzionale decrescente alle altre offerte economiche. All'esito della gara, si sono classificate: 1) al primo posto la Cooperativa Pr. con il punteggio complessivo di 93,27 punti, cioè il punteggio massimo di 70 punti per l'offerta tecnica e 23,27 punti per l'offerta economica del ribasso del 5,585%; 2) ed al secondo posto la Cooperativa CI. Tr. e Am. con il punteggio complessivo di 92,19 punti, cioè 65,07 punti per l'offerta tecnica e 27,12 punti per l'offerta economica del ribasso del 6,509%; pari ad una differenza di 1,08 punti rispetto ai punteggi complessivi e ad una differenza di 4,93 punti con riferimento alle offerte tecniche. Pertanto, con Determinazione n. 355 del 22.11.2023 (pubblicata nell'Albo Pretorio on line dal 7.12.2023 al 22.12.2023) il Responsabile del Settore Tecnico del Comune di (omissis) ha emanato il provvedimento di aggiudicazione in favore della Cooperativa Pr.. La Cooperativa CI. Tr. e Am.: -prima con istanza dell'11.12.2023 ha chiesto l'accesso a tutti i verbali della Commissione giudicatrice ed alle verifiche sul possesso da parte dell'aggiudicataria Cooperativa Pr. dei requisiti di ammissione alla gara ed alla documentazione amministrativa, alle offerte tecnica ed economica ed agli eventuali documenti, prodotti in caso di giustificazione dell'anomalia dell'offerta, presentati dalla Cooperativa Pr.: con nota prot. n. 77 del 4.1.2024 il Responsabile del Settore Tecnico del Comune di (omissis) ha trasmesso i documenti richiesti, ma la copia dell'offerta tecnica dell'aggiudicataria Cooperativa Pr. di 134 pagine con 113 pagine totalmente o parzialmente oscurate, e non ha inviato la documentazione, finalizzata ad accertare la regolarità contributiva dell'aggiudicataria, e la documentazione, attestante il rinnovo da parte della Cooperativa Pr. della cauzione provvisoria, chiesta, a pena di esclusione, dalla stazione appaltante con nota dell'8.9.2023 a tutti i concorrenti; -e poi con il ricorso principale, notificato il 2.2.2024 presso gli indirizzi di posta elettronica (omissis) e IPA (omissis) e depositato il 9.2.2024, ha impugnato il suddetto provvedimento di aggiudicazione, unitamente a tutti i verbali redatti dalla Commissione giudicatrice, e la predetta nota del Responsabile del Settore Tecnico del Comune di (omissis) prot. n. 77 del 4.1.2024, deducendo: 1) con riferimento al provvedimento di aggiudicazione: A) la violazione degli artt. 23, comma 16, 95, comma 10, e 97, comma 5, lett. d), D.Lg.vo n. 50/2016, in quanto l'aggiudicataria Cooperativa Pr. aveva indicato nell'offerta economica il costo della manodopera di Euro 1.406.983,06, inferiore a quello stimato dalla stazione appaltante nel quadro economico, posto a base di gara, di Euro 1.594.529,85, pari ad una differenza di Euro 187.546,79, tenendo conto del monte ore annuale complessivo di 13.139,28 ore, per l'utilizzo di: 4 unità di 1° livello, da impiegare per 24 ore settimanali; 3 unità di 1° livello, da impiegare per 30 ore settimanali; 1 unità di 3° livello, da impiegare per 30 ore settimanali; e 1 unità di 3° livello, da impiegare per 36 ore settimanali; B) l'illegittima attribuzione all'offerta economica della controinteressata Cooperativa Pr. di 23,27 punti, in quanto ha offerto il ribasso del 5,585% sull'importo a base di gara di Euro 3.300.998,40, pari a Euro 184.360,76, inferiore alla differenza Euro 187.546,79 tra il costo della manodopera di Euro 1.594.529,85, stimato dalla stazione appaltante, e quello, indicato nell'offerta economica dall'aggiudicataria Cooperativa Pr., di Euro 1.406.983,06; 2) con riferimento alla nota del Responsabile del Settore Tecnico del Comune di (omissis) prot. n. 77 del 4.1.2024, la violazione dell'art. 53 D.Lg.vo n. 50/2016 e degli artt. 22 e ss. L. n. 241/1990, in quanto "non è possibile opporre genericamente esigenze di riservatezza", perché non si è in presenza di brevetti e perché, "quando si partecipa ad una gara, la trasparenza del confronto concorrenziale costituisce condizione implicitamente accettata da ogni concorrente, che si sottopone alla comparazione", e perché "ogni concorrente ha diritto ad ottenere tutte le informazioni indispensabili alla completezza della tutela giurisdizionale", "cd. accesso difensivo che prevale sulle contrapposte esigenze di tutela del segreto tecnico e commerciale"; pertanto, la ricorrente Cooperativa CI. Tr. e Am. ha chiesto, ai sensi dell'art. 116, comma 2, cod. proc. amm., a questo Tribunale di ordinare alla stazione appaltante, di consentire l'accesso: all'offerta tecnica della controinteressata Cooperativa Pr., senza alcun oscuramento; alla documentazione, finalizzata ad accertare la regolarità contributiva dell'aggiudicataria; ed alla documentazione, attestante il rinnovo da parte della Cooperativa Pr. della cauzione provvisoria, chiesta, a pena di esclusione, dalla stazione appaltante con nota dell'8.9.2023 a tutti i concorrenti. In data 2.2.2024 è stato stipulato il contratto di appalto ed in pari data è iniziata l'esecuzione del servizio. Si è costituita in giudizio l'aggiudicataria Cooperativa Pr., sostenendo l'infondatezza del ricorso. Con Ordinanza n. 37 del 21.2.2024 questo Tribunale ha respinto la domanda cautelare, connessa al ricorso principale, in quanto è stata rilevata, anche ai sensi dell'art. 73, comma 3, cod. proc. amm., l'irricevibilità del ricorso, notificato il 2.2.2024, tenuto conto della suddetta istanza di accesso dell'11.12.2023. Successivamente, si è costituito il Comune di (omissis), il quale ha eccepito l'irricevibilità del ricorso principale, in quanto il provvedimento di aggiudicazione ex Determinazione n. 355 del 22.11.2023 era stato comunicato alla ricorrente con pec del 7.12.2023 e dell'11.12.2023, e sostenuto l'infondatezza del gravame. Con Ordinanza n. 128 del 7.3.2024 questo Tribunale ha ordinato al Responsabile del Settore Tecnico del Comune di (omissis) "di dare accesso alla ricorrente, entro 15 giorni, alla versione integrale dell'offerta tecnica dell'aggiudicataria Pr. ed alla documentazione della medesima aggiudicataria, attestante la regolarità contributiva dell'aggiudicataria ed il rinnovo della cauzione provvisoria": tali documenti sono stati consegnati alla ricorrente Cooperativa CI. Tr. e Am. in data 12.3.2024. La Cooperativa CI. Tr. e Am. con atto di motivi aggiunti al ricorso principale, notificato il 27.3.2024 e depositato il 29.3.2024, ha: A) impugnato la nota del 15.11.2023 (conosciuta il 26.2.2024, in quanto depositata in tale data dal Comune di (omissis)), con la quale il Responsabile del procedimento ha verificato, ai sensi dell'art. 95, comma 10, D.Lg.vo n. 50/2016, che il costo della manodopera di Euro 1.406.983,06, indicato nell'offerta economica dall'aggiudicataria Cooperativa Pr., "non è inferiore ai minimi salariali retributivi di cui alla Tabella Ministeriale" ex 23, comma 16, D.Lg.vo n. 50/2016, deducendo le seguenti ulteriori censure, rispetto a quelle già articolate con il ricorso introduttivo: 1) la predetta nota del 15.11.2023 non era stata indicata nel provvedimento di aggiudicazione ex Determinazione n. 355 del 22.11.2023; 2) la violazione dell'art. 23 del Disciplinare di gara, rubricato "Verifica dell'anomalia delle offerte", nella parte in cui prevede che il Responsabile del procedimento "esamina in seduta riservata le spiegazioni fornite dall'offerente", in quanto nell'impugnata nota del 15.11.2023 non indicata sia la seduta riservata, sia le giustificazioni dell'offerta da parte dell'aggiudicataria; 3) la violazione dell'art. 2.3 del Disciplinare di gara, nella parte in cui prevede che tutte le comunicazioni tra la stazione appaltante ed i partecipanti alla gara "si intendono validamente ed efficacemente effettuate", se inviate tramite l'indirizzo pec, indicato in sede di offerta, all'indirizzo pec (omissis), mentre l'aggiudicataria Pr. ha utilizzato una pec diversa da quella indicata in sede di offerta, per inviare all'ufficio tecnico comunale le giustificazioni del costo del personale, dichiarato in sede di offerta; B) sono state dedotte le seguenti censure, relative all'offerta tecnica dell'aggiudicataria Cooperativa Pr., conosciuta il 12.3.2024, in seguito alla suddetta Ordinanza TAR Basilicata n. 128 del 7.3.2024: 1) a pag. 9 della predetta offerta tecnica la Cooperativa Pr. aveva indicato, che avrebbe assorbito solo 8 dei 9 lavoratori, che avevano lavorato alle dipendenze del precedente aggiudicatario, mentre nell'offerta economica aveva indicato il costo della manodopera, relativo a tutti e 9 i predetti lavoratori; 2) con riferimento al criterio di valutazione della "Implementazione della tariffa puntuale e gestione della banca dati", per il quale era prevista l'attribuzione del punteggio massimo di 8 punti, era stato assegnato tale punteggio massimo all'aggiudicataria Pr., mentre alla ricorrente, che aveva "offerto esattamente quanto proposto dalla controinteressata", erano stati attribuiti 5,75 punti, pari ad una differenza di 2,25 punti, mentre, tenuto conto, come sopra già detto, delle circostanze che l'aggiudicataria Pr. aveva riportato il punteggio complessivo di 93,27 punti, cioè il punteggio massimo di 70 punti per l'offerta tecnica e 23,27 punti per l'offerta economica del ribasso del 5,585%, che la ricorrente Cooperativa CI. Tr. e Am. aveva conseguito il punteggio complessivo di 92,19 punti, cioè 65,07 punti per l'offerta tecnica e 27,12 punti per l'offerta economica del ribasso del 6,509%, pari ad una differenza di 1,08 punti rispetto ai punteggi complessivi e ad una differenza di 4,93 punti con riferimento alle offerte tecniche, e che la lex specialis di gara aveva prestabilito la riparametrazione dei punteggi assegnati alle offerte tecniche, se anche alla ricorrente fosse stato attribuito per il criterio di valutazione della "Implementazione della tariffa puntuale e gestione della banca dati" il punteggio massimo di 8 punti, la sua offerta tecnica avrebbe conseguito 67,39 punti, anziché 65,07 punti, cioè 2,32 punti in più, che gli avrebbero consentito di ottenere il punteggio complessivo di 94,51 (67,39 + 27,12 = 94,51) punti, superiore a quello riportato dall'aggiudicataria Pr. di 93,27 punti. La controinteressata Cooperativa Pr. ha proposto il ricorso incidentale, notificato il 4.3.2024 e depositato l'8.3.2024, impugnando: A) il quadro economico, posto a base di gara, nella parte in cui ha determinato il costo della manodopera in Euro 1.594.529,85, in quanto non conforme alla vigente Tabella Ministeriale" ex 23, comma 16, D.Lg.vo n. 50/2016 del personale addetto ai servizi ambientali, relativa al mese di marzo 2019, in quanto tale Tabella quantifica: 1) il costo annuo, parametrato su 38 ore settimanali, di un lavoratore di 3° livello in Euro 43.456,66, mentre il predetto quadro economico, posto a base di gara, indica i costi annui sovrastimati di Euro 40.935,11, con riferimento all'unità di 3° livello, da impiegare per 30 ore settimanali, e di Euro 49.122,14, con riferimento all'unità di 3° livello, da impiegare per 36 ore settimanali; 2) il costo annuo, parametrato su 38 ore settimanali, di un lavoratore di 3° livello in Euro 37.507,98, che calcolato per 3 lavoratori ammonta a Euro 112.523,94, mentre il predetto quadro economico, posto a base di gara, indica il costo annuo sovrastimato di Euro 107.272,84, con riferimenti ai 3 addetti di 1° livello, da impiegare per 30 ore settimanali; B) il provvedimento di aggiudicazione ex Determinazione n. 355 del 22.11.2023, unitamente a tutti i verbali redatti dalla Commissione giudicatrice, perché : 1) la ricorrente Cooperativa CI. Tr. e Am. avrebbe dovuto essere esclusa dalla gara, in quanto: a1) nelle pagg. 27/29 dell'offerta tecnica aveva previsto di effettuare nelle aree extraurbane la raccolta porta a porta anche con una squadra, composta da 1 operatore, dotato di 1 compattatore da 16 mc., mentre l'art. 33 del Capitolato Speciale nelle aree extraurbane prevede isole, dotate di contenitori carrellati da 1.100 litri, violando l'art. 30, comma 3, D.Lg.vo n. 50/2016, nella parte in cui prescrive che nell'esecuzione degli appalti gli operatori economici devono rispettare gli obblighi, stabiliti dai contratti collettivi, tenuto conto dell'obbligo del vigente CCNL per i dipendenti delle imprese esercenti servizi ambientali, il quale nell'ambito dell'art. 15 prevede che i lavoratori possono movimentare contenitori carrellati con capacità massima di 360 litri; a2) a pag. 92 dell'offerta tecnica aveva previsto che "il servizio di raccolta porta a porta viene espletato dotando gli operatori ecologici di un lettore transponder portatile RFID UHF adatto alla lettura dei codici identificativi dei contenitori trascritti nella memoria di cui sono muniti i contenitori", mentre l'art. 20.1 del Disciplinare di gara prescrive l'utilizzo di "antenne per l'uso della banda di frequenza UHF: 3MHz da 865 a 868MHz", che devono "consentire un'identificazione dei transponder" e "devono essere montate sui mezzi adibiti al servizio di raccolta"; a3) per tale violazione, in via subordinata, la controinteressata Cooperativa Pr. ha chiesto l'azzeramento del punteggio di 5,75 punti, assegnato alla ricorrente Cooperativa CI. Tr. e Am. per il criterio di valutazione della "Implementazione della tariffa puntuale e gestione della banca dati"; B) con riferimento al criterio di valutazione della "Fornitura di Ecocompattatore per la raccolta selettiva del PET alimentare", per il quale era prevista l'attribuzione del punteggio massimo di 5 punti, doveva essere azzerato il punteggio di 4,40 punti, assegnato alla ricorrente Cooperativa CI. Tr. e Am., in quanto a pag. 108 dell'offerta tecnica aveva indicato un Ecocompattatore, "sprovvisto del lettore di card RFID (su richiesta ed in sostituzione del lettore della tessera sanitaria), indispensabile ai fini dell'identificazione dell'utente", prescritto dall'art. 42 del Capitolato Speciale; C) con riferimento al criterio di valutazione della "Realizzazione e gestione delle isole informatizzate", per il quale era prevista l'attribuzione del punteggio massimo di 10 punti, doveva essere azzerato tale punteggio massimo, assegnato alla ricorrente Cooperativa CI. Tr. e Am., in quanto a pag. 47 dell'offerta tecnica aveva indicato "un sistema di videosorveglianza costituito da 2 fototrappole per ogni postazione", anziché il "sistema di videosorveglianza attivo h24 con un numero di videocamere variabili, posizionate in modo da avere una visuale ottimale della postazione", prescritto dall'art. 33 del Capitolato Speciale, e non aveva previsto per ognuna delle isole "una recinzione metallica perimetrale", prescritta dallo stesso art. 33 del Capitolato Speciale. All'Udienza Pubblica dell'8.5.2024 il ricorso principale, l'atto di motivi aggiunti al ricorso principale ed il ricorso incidentale sono passati in decisione, dopo che il difensore della ricorrente CI. ha rilevato la tardività della memoria conclusionale del Comune di (omissis), in quanto, sebbene presentata entro il termine dimezzato di 15 giorni liberi del 22.4.2024, era stata depositata alle ore 19,36, anziché entro le ore 12,00, stabilito dall'art. 4, comma 4, delle Norme di Attuazione del Codice del processo Amministrativo. In via preliminare, va esaminata la questione della ricevibilità del ricorso principale. Al riguardo, va precisato che non può essere applicato alla fattispecie in esame l'art. 120, comma 2, cod. proc. amm., come sostituito dall'art. 209 del nuovo Codice dei Contratti Pubblici ex D.Lg.vo n. 36/2023, nella parte in cui fa decorrere il termine decadenziale di impugnazione di 30 giorni "dalla ricezione della comunicazione di cui all'art. 90" dello stesso D.Lg.vo n. 36/2023, che al comma 1, lett. c), prevede che le stazioni appaltanti devono comunicare entro 5 giorni a tutti i concorrenti il provvedimento di aggiudicazione, pur tenendo conto dell'art. 229 D.Lg.vo n. 36/2023, il quale ha stabilito al primo comma che il nuovo Codice dei Contratti Pubblici è entrato in vigore l'1.4.2023 ed al secondo comma che le disposizioni del nuovo Codice dei Contratti Pubblici, eccetto quelle contemplate dall'art. 225 dello stesso D.Lg.vo n. 36/2023, "acquistano efficacia dal 1° luglio 2023". Infatti, l'entrata in vigore del predetto art. 120, comma 2, cod. proc. amm., come sostituito dall'art. 209 del nuovo Codice dei Contratti Pubblici ex D.Lg.vo n. 36/2023, va coordinata con l'art. 226, comma 2, dello stesso D.Lg.vo n. 36/2023, nella parte in cui stabilisce che le norme del precedente Codice degli Appalti ex D.Lg.vo n. 50/2016 "continuano ad applicarsi esclusivamente ai procedimenti in corso", specificando che "per procedimenti in corso si intendono" i procedimenti, i cui bandi sono già stati pubblicati prima dell'1.4.2023, o, in caso di procedimenti senza la pubblicazione del bando, i cui avvisi a presentare le offerte sono già stati inviati prima dell'1.4.2023 (sul punto cfr. TAR Basilicata Sent. n. 659 del 16.11.2023 sul Ric. 468/2023, proposto dalla CI. c/ l'ACTA S.p.A., di impugnazione della Direttiva n. 222 del 25.7.2023). Dal predetto combinato disposto, sebbene l'art. 226, comma 2, D.Lg.vo n. 36/2023 si riferisce espressamente soltanto alle "disposizioni di cui al D.Lg.vo n. 50/2016", si evince che alle gare di appalti pubblici, i cui bandi sono già stati pubblicati prima dell'1.4.2023, non può essere applicato tutto il nuovo Codice dei Contratti Pubblici e perciò anche il suddetto art. 120, comma 2, cod. proc. amm., come sostituito dall'art. 209 D.Lg.vo n. 36/2023. Pertanto, poiché il bando della procedura aperta in esame è stato pubblicato il 10.2.2023, il citato art. 209 D.Lg.vo n. 36/2023 non può applicato al ricorso in epigrafe. Conseguentemente, deve tenersi conto di quanto statuito dall'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato con la Sentenza n. 12 del 2.7.2020, cioè : 1) sia che il termine decadenziale di 30 giorni ex art. 120, comma 5, cod. proc. amm. per l'impugnazione del provvedimento di aggiudicazione decorre dalla pubblicazione generalizzata degli atti di gara, tra cui devono comprendersi anche i verbali di gara e le operazioni tutte e valutazioni delle offerte presentate, operate dalle Commissioni giudicatrici, prevista dall'art. 29, comma 1, D.Lg.vo n. 50/2016, sia che sono idonee a far decorrere il predetto termine decadenziale, di impugnazione del provvedimento di aggiudicazione, le forme di comunicazione e di pubblicità individuate nel bando di gara ed accettate dai partecipanti, purché gli atti siano comunicati o pubblicati unitamente ai relativi allegati; 2) le informazioni previste, d'ufficio o a richiesta, dall'art. 76 D.Lg.vo n. 50/2016, nella parte in cui consentono di avere ulteriori elementi per apprezzare i vizi già individuati ovvero per accertarne altri (cfr. lett. b del comma 2 del predetto art. 76 D.Lg.vo n. 50/2016, che si riferisce espressamente anche alle "caratteristiche" ed ai "vantaggi dell'offerta selezionata"), consentono la proposizione non solo dell'atto di motivi aggiunti, ma anche del ricorso introduttivo del giudizio (cfr. lett. b del punto 31 di tale Sentenza); 3) la proposizione dell'istanza di accesso agli atti di gara entro il termine di 15 giorni ex art. 76, comma 2, D.Lg.vo n. 50/2016 comporta la dilazione temporale del termine decadenziale di impugnazione di ulteriori 15 giorni, quando i motivi di ricorso conseguano alla conoscenza dei documenti dell'offerta dell'aggiudicatario non pubblicati sul sito internet della stazione appaltante, specificando che "qualora l'Amministrazione aggiudicatrice rifiuti l'accesso o impedisca con comportamenti dilatori l'immediata conoscenza degli atti di gara, il termine per l'impugnazione degli atti comincia a decorrere solo da quando l'interessato li abbia conosciuti" (cfr. ultimo capoverso del punto 14, penultimo ed ultimo capoverso del punto 19 e lett. c del punto 31, che si riferisce espressamente "alla conoscenza dei documenti che completano l'offerta dell'aggiudicatario ovvero alle giustificazioni rese nell'ambito del procedimento di verifica dell'anomalia dell'offerta", di tale Sentenza), evidenziando l'esigenza che "la fissazione del termine di 30 giorni" deve essere "ancorata per quanto possibile ad una data oggettivamente riscontrabile" (cfr. secondo capoverso del punto 30 di tale Sentenza). Il processo, nell'ambito del quale l'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato si è pronunciata con la predetta Sentenza n. 12 del 2.7.2020, si è concluso con la Sentenza n. 3127 del 16.4.2021, richiamata dalla ricorrente, con la quale la V^ Sezione del Consiglio di Stato ha precisato che "una volta avuta conoscenza del provvedimento, il concorrente pregiudicato è tenuto nel termine di 45 giorni a presentare istanza di accesso ai documenti e a proporre impugnazione, salvo l'ipotesi eccezionale di comportamento ostruzionistico tenuto dall'Amministrazione", in quanto "è chiaro che più tempestiva è l'istanza di accesso che il concorrente presenti una volta avuta conoscenza dell'aggiudicazione, maggiore sarà il tempo a sua disposizione per il ricorso giurisdizionale; quel che non può consentirsi è che il concorrente possa, rinviando nel tempo l'istanza di accesso agli atti di gara, posticipare a suo gradimento il termine ultimo per l'impugnazione dell'aggiudicazione". Questo Tribunale con le Sentenze n. 114 dell'11.2.2022 e n. 347 dell'1.6.2023 sul Ric. 96/2023, proposto dalla CI. c/ il Comune di Montescaglioso e Pr., ha stabilito che dalla predetta Sentenza C.d.S. Sez. V^ n. 3127 del 16.4.2021 "si evince che il predetto termine decadenziale massimo di 45 (30 + 15) giorni può essere ampliato esclusivamente se la stazione appaltante rifiuta o impedisce l'accesso, ma non anche se l'Amministrazione impiega più di 15 giorni, per inviare i documenti alla parte ricorrente, rimanendo un congruo il termine di 17 giorni, per proporre il ricorso giurisdizionale, sia perché la piena conoscenza del provvedimento di aggiudicazione si verifica con la conoscenza degli elementi essenziali del provvedimento amministrativo lesivo dell'Autorità emanante, del contenuto dispositivo e del suo effetto lesivo, sia perché le imprese, che vogliono impugnare in via giurisdizionale i provvedimenti di aggiudicazione, oltre a proporre l'istanza di accesso, devono attivarsi diligentemente mediante solleciti o recandosi di persona presso gli Uffici della stazione appaltante e non aspettare comodamente l'invio dei documenti da parte dell'Amministrazione". Applicando tale orientamento alla fattispecie in esame, il ricorso principale dovrebbe essere dichiarato irricevibile, in quanto è stato notificato il 2.2.2024, 63 giorni dopo la pubblicazione del provvedimento di aggiudicazione, mentre avrebbe dovuto essere notificato entro e non oltre il 22.1.2024, tenuto conto delle circostanze che il 21.1.2024 era Domenica e che, poiché l'istanza di accesso della CI. dell'11.12.2023 era stata adempiuta il 4.1.2024, residuavano 18 giorni al compimento del termine decadenziale di 45 giorni del 22.1.2024, decorrente dal 7.12.2023, cioè dal giorno di pubblicazione nell'Albo Pretorio on line del provvedimento di aggiudicazione e dalla sua contestuale comunicazione alla CI. nella stessa data del 7.12.2023. Questo Tribunale, però, re melius perpensa (cfr. TAR Basilicata Sent. n. 217 del 23.4.2024), ritiene che, per verificare, se sia stato rispettato il termine decadenziale di impugnazione ex art. 120 cod. proc. amm. di 30 giorni, devono essere sommati i giorni del periodo dalla pubblicazione del provvedimento di aggiudicazione alla presentazione dell'istanza di accesso agli atti di gara e quelli del periodo dall'ostensione dei documenti richiesti alla notifica del ricorso giurisdizionale alla stazione appaltante ed all'impresa aggiudicataria dell'appalto. Ciò, tenuto pure conto della condivisibile Sentenza della Corte Costituzionale n. 204 del 28.10.2021, richiamata dalla ricorrente, nella parte in cui ha statuito che "deve essere garantito l'intero termine di 30 giorni previsto" dall'art. 120 cod. proc. amm., decorrente dalla conoscenza delle illegittimità o da quando avrebbe potuto prenderne conoscenza, usando l'ordinaria diligenza. Ma, anche applicando quest'ultimo criterio, il ricorso principale deve essere dichiarato irricevibile, in quanto la CI. ha presentato, in data 11.12.2023, dopo 4 giorni dalla pubblicazione in data 7.12.2023 del provvedimento di aggiudicazione l'istanza di accesso agli atti di gara, che le sono stati trasmessi parzialmente (perché è stata inviata la copia dell'offerta tecnica dell'aggiudicataria Pr. di 134 pagine con 113 pagine totalmente o parzialmente oscurate, e non le è stata trasmessa la documentazione, finalizzata ad accertare la regolarità contributiva dell'aggiudicataria, e la documentazione, attestante il rinnovo da parte della Cooperativa Pr. della cauzione provvisoria) in data 4.1.2024, mentre il ricorso principale è stato notificato il 2.2.2024, cioè 29 giorni dalla trasmissione dei predetti documenti. Infatti, sommando il periodo di 4 giorni dalla pubblicazione del provvedimento di aggiudicazione l'istanza di accesso agli atti di gara ed il periodo di 29 giorni dall'ostensione dei documenti alla notifica del presente ricorso al Comune di (omissis) ed all'aggiudicataria Pr., si ottiene il termine complessivo di 33 giorni, superiore al termine decadenziale di impugnazione ex art. 120 cod. proc. amm. di 30 giorni. In definitiva, se per un verso la proposizione di istanza di accesso agli atti di gara può comportare il differimento di tale termine, nella misura in cui i motivi di ricorso conseguano alla conoscenza dei documenti per i quali è stato chiesto ed ottenuto accesso (Cons. Stato, A.P. n. 12/2020), per altro verso il tempo impiegato dalla parte interessata per presentare la domanda medesima non è irrilevante, ma va computato nei trenta giorni di rito, anche in forza del principio di "autoresponsabilità ", che impone ai concorrenti di adempiere ai propri oneri secondo gli obblighi di correttezza nel rapporto con l'ente aggiudicatore. Una soluzione diversa comporterebbe un ampliamento del termine decadenziale a discrezione del ricorrente stesso, mediante il differimento della presentazione di un'istanza di accesso documentale, producendo un vulnus per le esigenze di stabilità, certezza e celerità dell'azione amministrativa, di speciale rilevanza nel settore dei contratti pubblici (cfr., in termini, anche T.A.R. Basilicata, 15 novembre 2021, n. 737). In particolare, ove l'operatore economico non procede all'immediata presentazione dell'istanza di accesso, il relativo ritardo determina una progressiva erosione dei giorni a disposizione per proporre ricorso, atteso che l'inerzia dell'impresa istante non può costituire un mezzo a disposizione dell'impresa per dilatare ad libitum i termini di legge. Ritenere diversamente comporterebbe, tra l'altro, una ingiustificata disparità di trattamento tra coloro che si siano immediatamente attivati con l'accesso agli atti e coloro che, invece, abbiano ritardato nel presentare tale istanza, in tal modo determinando quegli effetti dilatori che la pronuncia dell'Adunanza Plenaria mira ad evitare" (TAR Lazio, Roma, sez. III-quater, 24 novembre 2020, n. 12480). Anche perché va ribadito il prevalente e condivisibile orientamento giurisprudenziale (cfr. ex multis C.d.S. Sez. V Sent. n. 3452 del 30.4.2021; C.d.S. Sez. VI Sent. n. 3731 dell'11.6.2020; C.d.S. Sez. IV Sent. n. 1496 del 2.3.2020), ai sensi del quale il termine decadenziale di impugnazione inizia a decorrere dalla piena conoscenza dell'atto amministrativo, cioè dalla conoscenza non del suo integrale contenuto, ma dei suoi elementi essenziali (Autorità emanante, contenuto dispositivo e suo effetto lesivo), eccetto il caso in cui la parte ricorrente dimostri in giudizio che l'Amministrazione non ha consentito nemmeno nella forma della visione l'accesso (TAR Basilicata Sentenze n. 696 del 28.11.2023, n. 382 del 12.6.2023, n. 347 dell'1.6.2023, n. 860 del 28.11.2019, n. 3 del 13.1.2017, n. 201 del 28.3.2015, n. 770 del 6.11.2014, n. 537 del 4.12.2012, n. 250 del 24.5.2012 e n. 684 del 28.11.2007). Invece, risulta tempestivo l'atto di motivi aggiunti al ricorso principale. Al riguardo, va precisato che: 1) l'impugnazione con l'atto di motivi aggiunti al ricorso principale della nota del 15.11.2023, con la quale il Responsabile del procedimento ha ritenuto, ai sensi dell'art. 95, comma 10, D.Lg.vo n. 50/2016, che il costo della manodopera di Euro 1.406.983,06, indicato nell'offerta economica dall'aggiudicataria Cooperativa Pr., "non è inferiore ai minimi salariali retributivi di cui alla Tabella Ministeriale" ex 23, comma 16, D.Lg.vo n. 50/2016, risulta tempestiva, perché la predetta nota del 15.11.2023 è stata depositata in giudizio dal Comune di (omissis) in data 26.2.2024 e l'atto di motivi aggiunti al ricorso principale è stato notificato il 4.3.2024; 2) risultano tempestive anche le censure dell'atto di motivi aggiunti al ricorso principale, relative all'offerta tecnica dell'aggiudicataria Cooperativa Pr., in quanto, poiché tale offerta tecnica è stata interamente conosciuta dalla ricorrente principale soltanto in data 12.3.2024, in seguito all'accoglimento dell'istanza ex art. 116, comma 2, cod. proc. amm. con la suddetta Ordinanza TAR Basilicata n. 128 del 7.3.2024, dopo che con nota prot. n. 77 del 4.1.2024 il Responsabile del Settore Tecnico del Comune di (omissis) aveva trasmesso alla ricorrente la copia dell'offerta tecnica dell'aggiudicataria Cooperativa Pr. di 134 pagine con 113 pagine totalmente o parzialmente oscurate, al periodo di 4 giorni dalla pubblicazione del provvedimento di aggiudicazione alla presentazione dell'istanza di accesso devono essere sommati soltanto altri 15 giorni del periodo dall'ostensione dei documenti in data 12.3.2024 alla notifica in data 27.3.2024 dell'atto di motivi aggiunti al ricorso principale al Comune di (omissis) ed all'aggiudicataria Pr., pari a complessivi 19 giorni, inferiori al termine decadenziale di impugnazione ex art. 120 cod. proc. amm. di 30 giorni. Parimenti tempestivo è il ricorso incidentale, in quanto il termine decadenziale di impugnazione ex art. 120 cod. proc. amm. di 30 giorni è iniziato a decorrere dalla notifica del ricorso principale in data 2.2.2024 ed il ricorso incidentale è stato notificato il 4.3.2024, cioè 30 giorni dopo, tenuto conto della circostanza che il 3.3.2024 era Domenica ed ai sensi dell'art. 52, comma 3, cod. proc. amm. "se il giorno di scadenza è festivo il termine è prorogato di diritto al primo giorno non festivo". Nel merito l'atto di motivi aggiunti al ricorso principale è infondato, anche non tenendo conto della memoria conclusionale del Comune di (omissis), per le seguenti ragioni: -l'aggiudicataria Pr. ha dimostrato che il costo del lavoro, indicato nell'offerta economica, di Euro 1.406.983,06 è conforme alle vigenti Tabelle Ministeriali ex art. 41, comma 13, D.Lg.vo n. 36/2023 per il personale addetto ai servizi di igiene ambientale, in quanto tali Tabelle determinano il costo del lavoro sull'orario, previsto dal relativo CCNL, di 38 ore settimanali, mentre nella specie i 9 lavoratori, da utilizzare nell'esecuzione dell'appalto in esame avrebbero svolto l'attività lavorativa per un minore numero di ore settimanali (precisamente: 4 unità di 1° livello per 24 ore settimanali; 3 unità di 1° livello per 30 ore settimanali; 1 unità di 3° livello per 30 ore settimanali; e 1 unità di 3° livello per 36 ore settimanali); -poiché il Capitolato Speciale di appalto non prevede un monte ore minimo vincolante, in quanto all'art. 26 si limita a prevedere che l'orario dei servizi "dalle ore 7,00 alle ore 13,00", nella specie deve tenersi esclusivamente conto del costo del lavoro, stabilito con la vigente Tabella Ministeriale ex art. 23, comma 16, D.Lg.vo n. 50/2016 (sul punto cfr. TAR Basilicata Sentenze n. 393 del 13.6.2023 e n. 269 del 9.5.2023), senza aggiungere il costo delle sostituzioni per le ore annue mediamente non lavorate, calcolate in base a dati statistici nazionali, in parte non modificabili (ferie, festività, riduzione orario contrattuale) ed in parte suscettibili di oscillazione (assemblee e permessi sindacali, diritto allo studio, malattia, infortuni, maternità, formazione), che non possono essere ridotte, facendo riferimento alle statistiche delle singole imprese; -le censure, relative all'omessa indicazione della nota Responsabile del procedimento del 15.11.2023, attestante, ai sensi dell'art. 95, comma 10, D.Lg.vo n. 50/2016, che il costo della manodopera di Euro 1.406.983,06, indicato nell'offerta economica dall'aggiudicataria Cooperativa Pr., non è inferiore ai minimi salariali retributivi di cui alla Tabella Ministeriale" ex 23, comma 16, D.Lg.vo n. 50/2016, nel provvedimento di aggiudicazione ex Determinazione n. 355 del 22.11.2023, della seduta riservata e delle giustificazioni dell'offerta da parte dell'aggiudicataria nella predetta nota del 15.11.2023 e l'utilizzo da parte dell'aggiudicataria Pr. di una pec diversa da quella indicata in sede di offerta, per inviare all'ufficio tecnico comunale le giustificazioni del costo del personale, dichiarato in sede di offerta, risultano irrilevanti, in quanto si tratta di doglianze di carattere esclusivamente formale, mentre quello che conta è che la ricorrente incidentale Pr. ha trasmesso le giustificazioni del costo del personale e che il Responsabile del procedimento ha verificato, ai sensi dell'art. 95, comma 10, D.Lg.vo n. 50/2016, che il costo della manodopera, indicato nell'offerta economica dalla ricorrente incidentale Cooperativa Pr., non è inferiore ai minimi salariali retributivi di cui alla Tabella Ministeriale ex 23, comma 16, D.Lg.vo n. 50/2016; -poiché dalla documentazione, versata in giudizio, emerge che i lavoratori, che avevano lavorato alle dipendenze del precedente aggiudicatario, come comunicato dal precedente gestore, sono 8 e non 9, deve ritenersi che con il suddetto quadro economico, posto a base di gara, la stazione appaltante ha indicato 9 lavoratori, perché ha aggiunto agli 8 dipendenti della cd. platea storica (3 unità di 1° livello, da impiegare per 24 ore settimanali; 3 unità di 1° livello, da impiegare per 30 ore settimanali; 1 unità di 3° livello, da impiegare per 30 ore settimanali; e 1 unità di 3° livello, da impiegare per 36 ore settimanali) 1 altro lavoratore di 1° livello, da impiegare per 24 ore settimanali, mentre la controinteressata Pr. ha previsto l'assunzione, oltre dei predetti 9 lavoratori, contemplati dal quadro economico, posto a base di gara, anche di 1 altro lavoratore di 3° livello, da impiegare per 19 ore settimanali; -non può essere accolta la pretesa della ricorrente principale CI., volta ad ottenere lo stesso punteggio massimo di 8 punti con riferimento al criterio di valutazione della "Implementazione della tariffa puntuale e gestione della banca dati", assegnato all'aggiudicataria Pr., basato sull'assunto che la ricorrente principale CI. aveva "offerto esattamente quanto proposto dalla controinteressata", in quanto la ricorrente principale CI. aveva previsto l'utilizzo di sistemi portatili al polso degli operatori, mentre la ricorrente incidentale Pr. aveva programmato l'impiego dei più efficienti meccanismi di lettura direttamente azionabili dal mezzo meccanico durante l'atto di conferimento dei rifiuti. Conseguentemente, va respinta anche la domanda risarcitoria, proposta dalla ricorrente principale, in quanto è da escludere che il danno lamentato possa essere considerato come ingiusto. Poiché il ricorso principale è stato dichiarato irricevibile e l'atto di motivi aggiunti al ricorso principale è stato respinto, il ricorso incidentale va dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse, in quanto tale gravame, attesa la sua natura accessoria, viene proposto per neutralizzare gli effetti dell'eventuale accoglimento del ricorso principale, che però è stato dichiarato irricevibile. A quanto sopra consegue: l'irricevibilità del ricorso principale; la reiezione dell'atto di motivi aggiunti al ricorso principale; e l'improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse del ricorso incidentale. Ai sensi del combinato disposto di cui agli artt. 26, comma 1, e 29 cod. proc. amm. e artt. 91 e 92, comma 2, c.p.c., le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Basilicata: dichiara irricevibile il ricorso principale; respinge l'atto di motivi aggiunti al ricorso principale; e dichiara improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse del ricorso incidentale. Condanna la ricorrente Cooperativa CI. Tr. e Am. al pagamento delle spese di giudizio, che vengono liquidate in complessivi Euro 6.000,00 (seimila), cioè Euro 3.000,00 (tremila), oltre rimborso forfettario ex art. 2, comma 2, D.M. n. 55/2014, IVA e CPA, in favore del Comune di (omissis) e Euro 3.000,00 (tremila), oltre rimborso forfettario ex art. 2, comma 2, D.M. n. 55/2014, IVA e CPA, in favore della controinteressata Cooperativa Pr.. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Potenza nella camera di consiglio del giorno 8 maggio 2024 con l'intervento dei magistrati: Fabio Donadono - Presidente Pasquale Mastrantuono - Consigliere, Estensore Paolo Mariano - Primo Referendario
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Basilicata Sezione Prima ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 517 del 2023, proposto da Sl. S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati An. Cl., Al. Lo., Gi. La Fa. e Pa. Pr., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; contro Azienda ospedaliera regionale "Sa. Ca." di Po., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Do. Ca., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; nei confronti Se. Ri. S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati An. Ma. e Gi. Ma., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; per la condanna al risarcimento dei danni ex art. 30 c.p.a. in dipendenza della sentenza del Consiglio di Stato, Sez. III, n. 6074, depositata in data 21.06.2023, di riforma della sentenza del Tar Potenza n. 133/2023 e di conseguente annullamento della determina del Direttore generale dell'Aor Sa. Ca. di Potenza n. 2022/00765 del 4 luglio 2022. Visti il ricorso e i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione in giudizio di Aor "Sa. Ca." di Po. e di Se. Ri. Spa; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 10 aprile 2024 il dott. Paolo Mariano e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO e DIRITTO 1. Con il ricorso in esame, depositato in data 27/11/2023, la società deducente - seconda classificata nella graduatoria della procedura per l'affidamento del "Servizio di preparazione e somministrazione pasti veicolati ai degenti e al personale dei presidi dell'ASM, dell'ASP, dell'AOR Sa. Ca., dell'IRCCS CR., dell'ARDSU", Lotto n. 3, conclusasi con aggiudicazione del 19/11/2018 in favore di La Se. Ri. S.p.a. (odierna controinteressata) - ha chiesto il risarcimento dei danni "in dipendenza della sentenza del Consiglio di Stato, Sez. III, n. 6074, depositata in data 21.06.2023, di riforma della sentenza del Tar Potenza n. 133/2023 e di conseguente annullamento della determina del Direttore generale dell'AOR Potenza n. 2022/00765 del 4 luglio 2022". 1.1. Risulta in fatto quanto segue. L'offerta della controinteressata, aggiudicataria del Lotto n. 3 della gara per cui è causa, ha previsto l'utilizzo, oltre che dei tre centri di cottura interni alle strutture ospedaliere (ove presenti), di due centri cottura esterni (in (omissis) e (omissis)) e di cinque centri di cottura alternativi o d'emergenza (in Potenza, (omissis), (omissis), (omissis) e (omissis)). Al riguardo, il Capitolato speciale di gara, dopo aver previsto che "I pasti cotti, crudi, caldi e freddi da distribuire presso le strutture ospedaliere interessate dovranno essere preparati e confezionati presso un centro di cottura esterno, nella disponibilità della Ditta appaltatrice al momento della stipula del contratto, dedicato alla produzione, preparazione e confezionamento di pasti da asporto (...)" (cfr., art. 13.1), ha stabilito che "Ove l'esecutore del servizio per ragioni di emergenza sia impossibilitato ad utilizzare i centri di cottura interni e/o esterni dovrà comunque garantire l'esecuzione del servizio, mediante un centro di cottura alternativo, preventivamente individuato dalla Ditta appaltatrice, che abbia caratteristiche similari a quelli di cui all'art. 13.1, per caratteristiche tecniche, igienico-sanitarie e per i tempi di percorrenza" (cfr., art. 13.3-Centri cottura alternativi, locali, impianti ed attrezzature). Detta aggiudicazione è stata oggetto di originaria impugnazione da parte dell'odierna deducente, ivi contestandosi (inter alia) l'indisponibilità giuridica ovvero, in alcuni casi, l'inidoneità dei centri di cottura esterni ed emergenziali contemplati nell'offerta tecnica dell'aggiudicataria; detto giudizio si è concluso con sfavorevole sentenza del Consiglio di Stato, sez. III, 10/1/2020, n. 249 (di conferma della pronuncia di prime cure di questo Tribunale, n. 371 del 16/4/2019), nella quale (per quanto d'interesse ai fini di causa) si è riconosciuto che: - "(...) alla data di presentazione dell'offerta, il centro di cottura esterno non doveva essere già predisposto per l'esecuzione e ciò emergeva all'evidenza del tenore letterale dell'art. 23, comma 1, lett. K, del disciplinare, secondo cui nella busta A, contenente la documentazione amministrativa, doveva essere prodotta la documentazione attestante la piena disponibilità dell'immobile "da adibire" a centro di cottura esterno. E tale piena disponibilità, secondo la previsione altrettanto chiara, ad avviso del Collegio, dell'art. 13.1 del capitolato, deve essere garantita "al momento della stipula del contratto"" (cfr. par. 5.5 e 5.6); - "Prima dell'aggiudicazione, considerata l'alea della gara, è sufficiente solo che vi sia formale disponibilità e impegno del concorrente, incontestabili nel caso presente, ad allestire il centro di cottura dichiarato ai fini della stipula e della successiva esecuzione del contratto (v, ex plurimis, Cons. St., sez. V, 18 dicembre 2017, n. 5929; Cons. St., sez. V, 24 maggio 2017, n. 2443) ed è questo che ha prescritto la lex specialis" (cfr. par. 5.10); - "(...) i rilievi da ultimo svolti destituiscono di qualsivoglia fondamento anche le generiche contestazioni relative alle gravi carenze e alla difficile individuazione anche dei centri di cottura alternativi poiché le prescrizioni del capitolato speciale, anche in riferimento ad essi, non sono affatto univoche nel richiedere sia la disponibilità giuridica sia le autorizzazioni necessarie dei centri di cottura già all'atto di partecipare alla procedura, come sostiene l'appellante principale, ma al contrario depongono nel senso diametralmente opposto. Bene ha perciò rilevato la sentenza impugnata che la lex specialis è coerente con la specifica finalità alla quale essi sono dedicati nell'economia dell'appalto e, cioè, garantire l'esecuzione del servizio per il caso in cui l'esecutore per ragioni di emergenza sia impossibilitato ad utilizzare i centri di cottura, interni e/o esterni, conformemente alla previsione dell'art. 13.3 del capitolato, il quale richiede solo che esso sia preventivamente individuato dall'impresa appaltatrice, come è correttamente avvenuto nel caso di specie." (cfr. par. 5.15 e 5.16). Con nota del 3/6/2020, la deducente ha diffidato la stazione appaltante al compimento della prescritta verifica dei requisiti di esecuzione, con particolare riguardo alla disponibilità dei summenzionati centri di cottura; a fronte del silenzio serbato dall'Amministrazione, la deducente ha introdotto un successivo giudizio, conclusosi con sentenza del Consiglio di Stato, sez. III, 23/2/2022, n. 1283 (di riforma della sentenza di prime cure di questo Tribunale, n. 151/2021), con cui è stato dichiarato l'obbligo dell'Azienda Ospedaliera intimata di concludere il procedimento di verifica dei requisiti di esecuzione in capo all'aggiudicataria (medio tempore divenuta esecutrice della commessa, giusta immissione in via d'urgenza nel 2019 e contrattualizzazione in data 15/6/2020). In esecuzione dell'ordine di provvedere recato dal decisum da ultimo richiamato, l'Azienda Ospedaliera Sa. Ca. ha adottato il provvedimento, n. 2022/00765 del 4/7/2022, di positiva conclusione della fase di verifica dei requisiti di esecuzione dell'appalto (in specie, il possesso dei centri di cottura esterni e di emergenza) in capo all'aggiudicataria La Se. Ri. S.p.a. (odierna controinteressata), già immessa nel servizio in virtù del contratto stipulato in data 15/6/2020. Tale determinazione è stata, a sua volta, impugnata in sede giurisdizionale, ivi contestandosi che la verifica dei requisiti di esecuzione sarebbe illegittima perché compiuta successivamente, e non invece antecedentemente, alla stipula del contratto di affidamento del servizio per cui è causa; inoltre, considerato che la stipula del contratto è avvenuta (in data 15/6/2020) ben oltre il termine di 60 giorni dall'aggiudicazione (risalente al 19/11/2018), sancito dall'art. 32, co. 8, del D.lgs. n. 50/2016, la verifica dei requisiti di esecuzione avrebbe dovuto compiersi con riferimento alla situazione esistente a quest'ultima data o, al più, a quella di immissione in via d'urgenza nel servizio (avvenuta nel 2019). All'esito del relativo giudizio, tale provvedimento è stato annullato con sentenza del Consiglio di Stato, sez. III, 21/6/2023, n. 6074 (di parziale accoglimento del gravame, in riforma della sentenza reiettiva di questo Tribunale, n. 133/2023), atteso che "(...) ad avviso del Collegio, nel caso di specie in esame emerge un irragionevole e immotivato ritardo nell'approntamento dei mezzi necessari per l'esecuzione del contratto e le verifiche doverose da parte della stazione appaltante si sono immotivatamente diluite eccessivamente nel tempo. Anche a voler escludere che vi fosse un termine perentorio per la stipula del contratto e/o per la verifica del possesso dei requisiti de quibus, peraltro essenziale per l'esecuzione dell'appalto, tuttavia emerge nel caso concreto un ingiustificato ritardo che, se non attiene alla fase di adempimento contrattuale, ma coinvolge, come statuito dalla sentenza della Sezione, poteri/doveri funzionali e doverosi della stazione appaltante, legittimamente denunciabili (ancora) dal secondo graduato nella procedura di gara, allora si traduce in un vizio di legittimità dell'atto, impugnato in primo grado, di verifica ora per allora dei ripetuti requisiti di esecuzione (...)". La medesima decisone, merita evidenziare, ha altresì rilevato che "(...) dalla copiosa documentazione versata in atti dalle parti è possibile evincere già ictu oculi l'oggettiva sussistenza e consistenza - per taluni aspetti ammessa anche dalle controparti, ancorché variamente giustificata o ritenuta non rilevante o non incidente sul rapporto - di non poche criticità e difficoltà concernenti l'effettiva e regolare disponibilità, in capo alla società aggiudicataria, di uno o più dei centri di cottura promessi in gara, ciò che obiettivamente fornisce un sia pur indiretto supporto ulteriore alla tesi di fondo qui affermata, secondo la quale, in conclusione, lo spostamento del possesso dei requisiti di esecuzione a "dopo la gara" non può e non deve in alcun modo consentire la vanificazione, anche parziale, dell'interesse pubblico fondamentale perseguito e garantito da tutta la disciplina delle procedure selettive, ossia dell'interesse primario alla pronta esecuzione piena e perfetta delle prestazioni di fornitura, servizi e lavori di cui l'amministrazione ha bisogno per poter erogare i suoi servizi ai cittadini (...)". A tale acclaramento, tuttavia, non ha fatto seguito l'accoglimento delle ulteriori domande di annullamento e di accertamento dell'illegittimità sopravvenuta o dell'inefficacia della deliberazione di aggiudicazione del servizio oggetto di lite alla società controinteressata (cfr. par. 12.2 della decisione); né di quella di dichiarazione di inefficacia del contratto e si subentro, in quanto "(...) Ai sensi e per gli effetti dell'art. 122 c.p.a., ritiene il Collegio, tenendo conto dello stato di esecuzione del contratto e delle oggettive difficoltà di subentro, anche sul piano della continuità dei servizi erogati, che nella fattispecie non si debba dare corso alla declaratoria di inefficacia del contratto nelle more stipulato. (...)". 1.2. La domanda risarcitoria è diretta al conseguimento del ristoro dei pregiudizi conseguenti alla condotta antigiuridica della stazione appaltante, come desumibile dalla richiamata statuizione di annullamento del Consiglio di Stato n. 6074/2023. In particolare, si assume che "(...) senza la condotta e gli atti della Stazione appaltante (anche di carattere ostruzionistico, considerato che si sono dovuti esperire anche incidentalmente due giudizi di accesso per acquisire la documentazione, nonché altro giudizio sul silenzio dalla stessa serbato in ordine alla omessa verifica dei requisiti di esecuzione), la cui illegittimità è stata riscontrata dal Consiglio di Stato con efficacia di giudicato, l'aggiudicazione sarebbe stata revocata e l'appalto sarebbe stato affidato al secondo in graduatoria confermando per tabulas la stretta correlazione tra gli atti illegittimi, la responsabilità esclusiva della Stazione appaltante ed il pregiudizio sofferto dal ricorrente (...)". I danni sono stati così quantificati: - a titolo di lucro cessante, euro 1.402.100,33 per mancato utile (parametrato al 7% del valore dell'offerta) ed euro 600.900,15 per il danno curricolare (parametrato al 3% dell'importo dell'appalto); - a titolo di danno emergente, euro 102.000,00 per le spese ed i costi sostenuti per la preparazione dell'offerta e per la partecipazione alla procedura, nonché per la coltivazione dell'articolato contenzioso; euro 42.000,00 per le spese sostenute per il mantenimento dei centri di cottura allestiti e/o acquisiti per l'espletamento della commessa. 2. Si sono costituite in giudizio l'Azienda Ospedaliera Sa. Ca. e la società controinteressata, instando per il rigetto del ricorso. 3. All'udienza pubblica del 10/4/2024 la causa è stata trattenuta in decisione. 4. Il ricorso è parzialmente fondato nei termini di seguito precisati. 5. Quanto all'an della domanda risarcitoria, devono ritenersi dimostrati i requisiti soggettivi e oggettivi della responsabilità dell'Azienda Ospedaliera Sa. Ca.. 5.1. Sussiste l'ingiustizia del danno, desumibile dall'illegittimità, acclarata in sede giudiziaria, dell'attività amministrativa diretta alla contrattualizzazione del servizio e alla verifica dei requisiti di esecuzione del contratto in capo alla società aggiudicataria (odierna controinteressata), siccome immotivatamente tardivi rispetto al loro ordinario compimento, ai sensi dell'art. 32, co. 8, del D.lgs. n. 50/2016. Tanto risulta dall'invocato decisum del Consiglio di Stato che, pur non avendo travolto l'atto di aggiudicazione della procedura di gara de qua, ha incontestabilmente evidenziato come: - "(...) emerge nel caso concreto un ingiustificato ritardo che, se non attiene alla fase di adempimento contrattuale, ma coinvolge, come statuito dalla sentenza della Sezione, poteri/doveri funzionali e doverosi della stazione appaltante, legittimamente denunciabili (ancora) dal secondo graduato nella procedura di gara, allora si traduce in un vizio di legittimità dell'atto, impugnato in primo grado, di verifica ora per allora dei ripetuti requisiti di esecuzione (...)"; - "(...) allora non potrà negarsi che l'immotivato rinvio dei suddetti adempimenti - stipula del contratto e annessa verifica del possesso dei requisiti di esecuzione - possa riflettersi e ridondare sulla legittimità dell'operato dell'amministrazione integrando vizi di legittimità della sua azione autoritativa (...)". 5.2. Sussiste il nesso di causalità tra la condotta illecita (così intesa) ed i pregiudizi di cui la società ricorrente chiede il ristoro. All'uopo rileva un ulteriore passaggio motivazionale della sentenza del Consiglio di Stato, certamente capace di fondare, in sede risarcitoria, il giudizio prognostico circa l'efficienza causale dell'illiceità imputabile all'Amministrazione, secondo cui "(...) dalla copiosa documentazione versata in atti dalle parti è possibile evincere già ictu oculi l'oggettiva sussistenza e consistenza - per taluni aspetti ammessa anche dalle controparti, ancorché variamente giustificata o ritenuta non rilevante o non incidente sul rapporto - di non poche criticità e difficoltà concernenti l'effettiva e regolare disponibilità, in capo alla società aggiudicataria, di uno o più dei centri di cottura promessi in gara (...)". Convergente è anche l'ulteriore considerazione per cui la medesima pronuncia non ha erogato, in quel contesto processuale, la tutela in forma specifica del subentro (previa declaratoria di inefficacia del contratto), unicamente in ragione della ritenuta sussistenza di elementi a ciò ostativi ai sensi dell'art. 122 cod. proc. amm. (avuto riguardo, cioè, allo stato di esecuzione del contratto e alle oggettive difficoltà di subentro, anche sul piano della continuità dei servizi erogati). Sulla base di tali elementi, è opinione del Collegio che le rassegnate illegittimità siano state eziologicamente idonee a privare la società ricorrente (seconda classificata) delle utilità connesse al subentro (mediante scorrimento della graduatoria) nella posizione dell'aggiudicataria. Fermo restando quanto dianzi evidenziato, viene in rilievo, tuttavia, un danno da mera perdita di chance di aggiudicazione, con ogni conseguente precipitato in punto di quantificazione dei relativi pregiudizi (cfr. infra, par. 7), considerato che né dal giudicato di annullamento de quo (che, come detto, non ha interessato l'aggiudicazione della gara in favore della controinteressata), né dagli elementi forniti nel presente giudizio risulta con certezza che, in assenza del comportamento illegittimo serbato dalla stazione appaltante, la società ricorrente sarebbe risultata, a sua volta, aggiudicataria della commessa (anche per scorrimento); in generale, va inoltre evidenziato che, salvo il caso in cui sia rinvenibile un vincolo conformativo nella sentenza di annullamento dell'aggiudicazione (il che non è nella specie), la stazione appaltante gode di ampia discrezionalità riguardo all'an della decisione di scorrimento della graduatoria in favore della seconda classificata. 5.3. Sotto il versante dell'elemento soggettivo, sussiste la colpevolezza dell'apparato per la dirimente considerazione per cui, sempre come risulta dalla pregiudiziale decisione del Consiglio di Stato, la stazione appaltante ha ingiustificatamente tardato nell'espletamento della fase di verifica dei requisiti di esecuzione. D'altronde, a fronte di una conclamata illegittimità (elemento presuntivo di colpa ex artt. 2727 e 2729 cod. civ.), non ricorre alcuna della circostanze idonee alla riconoscibilità di un errore scusabile, ovverosia contrasti giurisprudenziali sull'interpretazione di una norma, formulazione incerta di norme da poco entrate in vigore, rilevante complessità del fatto, influenza determinante di comportamenti di altri soggetti o illegittimità derivante da una successiva dichiarazione d'incostituzionalità della norma applicata (cfr. ex multis, Consiglio di Stato, sez. IV, 18/01/2017 n. 190). Si deve, quindi, ritenere che la condotta amministrativa sub iudice si sia atteggiata in violazione delle regole di imparzialità, correttezza e buona fede alle quali l'esercizio della funzione deve costantemente ispirarsi, in un contesto di circostanze di fatto e in un quadro di riferimento normativo tali da palesare la negligenza e l'imperizia dell'Amministrazione nell'assunzione del provvedimento annullato. Ad ogni modo, la giurisprudenza euro-unitaria ha qualificato come oggettiva la responsabilità della stazione appaltante in relazione al danno ingiusto da mancata aggiudicazione di una commessa pubblica, senza necessità di alcuna ulteriore indagine in punto di colpevolezza (cfr. Corte di Giustizia III, 30 settembre 2010, C314/09). 5.4. Per le ragioni esposte nei precedenti paragrafi, si ritiene dunque accertata la responsabilità risarcitoria dell'Azienda Ospedaliera Sa. Ca.. 6. Può, quindi, passarsi alla selezione delle voci rilevanti ai fini del quantum debeatur. Vanno a tal proposito ribaditi i principi elaborati dalla giurisprudenza in materia di appalti pubblici (cfr. Consiglio di Stato, ad. plen., 12/5/2017 n. 2), dai quali questo Collegio non intende discostarsi: - ai sensi degli artt. 30, 40 e 124, co. 1, cod. proc. amm., il danneggiato deve offrire la prova del quantum del danno che assume di aver sofferto; - nel caso di mancata aggiudicazione il risarcimento del danno conseguente al lucro cessante si identifica con l'interesse c.d. positivo, che ricomprende sia il mancato profitto (che l'impresa avrebbe ricavato dall'esecuzione dell'appalto), sia il danno c.d. curricolare (ovvero il pregiudizio subì to dall'impresa a causa del mancato arricchimento del curriculum e dell'immagine professionale per non poter indicare in esso l'avvenuta esecuzione dell'appalto); - spetta all'impresa danneggiata offrire la prova dell'utile che in concreto avrebbe conseguito, qualora fosse risultata aggiudicataria dell'appalto, poiché nell'azione di responsabilità per danni il principio dispositivo opera con pienezza e non è temperato dal metodo acquisitivo proprio dell'azione di annullamento (ex art. 64, commi 1 e 3, cod. proc. amm.); - la valutazione equitativa, ai sensi dell'art. 1226 cod. civ., è ammessa soltanto in presenza di situazione di impossibilità - o di estrema difficoltà - di una precisa prova sull'ammontare del danno; - la prova in ordine alla quantificazione del danno può essere raggiunta anche mediante presunzioni (alla stregua di un giudizio di probabilità basato sull'id quod plerumque accidit in virtù della regola della "inferenza probabilistica"); - va esclusa la pretesa di ottenere l'equivalente del 10% dell'importo a base d'asta, sia perché detto criterio esula storicamente dalla materia risarcitoria, sia perché non può essere oggetto di applicazione automatica ed indifferenziata (non potendo formularsi un giudizio di probabilità fondato sull'id quod plerumque accidit secondo il quale, allegato l'importo a base d'asta, può presumersi che il danno da lucro cessante del danneggiato sia commisurabile al 10% del detto importo); - anche per il c.d. danno curricolare il creditore deve offrire una prova puntuale del nocumento che asserisce di aver subito (il mancato arricchimento del proprio curriculum professionale), quantificandolo in una misura percentuale specifica applicata sulle somme liquidata a titolo di lucro cessante; - il mancato utile spetta nella misura integrale, in caso di annullamento dell'aggiudicazione impugnata e di certezza dell'aggiudicazione in favore del ricorrente, solo se questo dimostri di non aver utilizzato o potuto altrimenti utilizzare maestranze e mezzi, in quanto tenuti a disposizione in vista della commessa. In difetto di tale dimostrazione, può presumersi sulla base che l'impresa abbia riutilizzato mezzi e manodopera per altri lavori ovvero che avrebbe potuto riutilizzarli, usando l'ordinaria diligenza dovuta anche al fine di non concorrere all'aggravamento del danno (art. 1227 cod. civ.), a titolo di aliunde perceptum vel percipiendum; 7. Applicando tali principi al caso di specie, si osserva quanto segue. 7.1. Va, innanzitutto, riconosciuto, a titolo di lucro cessante, l'utile che la società ricorrente avrebbe conseguito in ragione dell'esecuzione del rapporto contrattuale nel quale sarebbe presumibilmente subentrata, in quanto seconda classificata, qualora l'Amministrazione non avesse illegittimamente ritardato la stipula del contratto e la verifica dei requisiti di esecuzione in capo all'aggiudicataria. La ricorrente, prescindendo da ogni automatismo, ha offerto documentati elementi probatori ai fini della determinazione dell'utile netto conseguibile dall'esecuzione dell'appalto, parametrato al 7% del valore dell'offerta. Tale stima risulta congrua ed accettabile alla luce del prezzo offerto, della percentuale di ribasso rispetto all'importo a base d'asta e, infine, delle voci di costo indicate riportate dalla società . Rispetto a tale puntuale allegazione (supportata dall'offerta e dai prospetti depositati in giudizio), l'Amministrazione non ha mosso contestazioni specifiche. Pertanto, anche in applicazione del principio di non contestazione enunciato espressamente dall'art. 64, co. 2, cod. proc. amm., tale utile deve ritenersi provato nella misura indicata. Né risultano persuasive le obiezioni formulate al riguardo dalla società controinteressata (secondo cui l'utile d'impresa mediamente registrato dalla società ricorrente negli ultimi anni sarebbe pari al 2%), tenuto conto che tale dato non si riferisce (all'evidenza) alla redditività delle singole commesse (che ben potrebbe essere superiore a quella media dell'azienda). 7.2. Sempre in applicazione dei principi sopra richiamati, deve, inoltre, procedersi alla decurtazione del c.d. aliunde perceptum vel percipiendum. Rileva, sotto tale profilo, il vincolo di aggiudicazione previsto dalla lex specialis ex art. 80, co. 5 lett. m), del D.lgs. n. 50/2016 (nel senso di consentire l'aggiudicazione al massimo di un lotto per ciascun operatore). Di talché, essendo la società ricorrente già affidataria del lotto n. 2 della procedura di gara, all'utile ritraibile dall'esecuzione del lotto per cui è causa va detratto (ove inferiore) quello conseguito in relazione al primo (sino all'eventuale azzeramento di tale componente). 7.3. Va riconosciuto, inoltre, il c.d. danno curricolare, in quanto la società ricorrente ha offerto una convincente prova del nocumento consistente nel mancato arricchimento del proprio curriculum professionale connesso alla perdita dell'appalto per cui è causa. Invero, la ricorrente assume che avrebbe potuto far valere nelle future contrattazioni il requisito tecnico ed economico legato all'esecuzione dei servizi oggetto di gara, sotto il versante di un maggiore fatturato e di una più importante qualificazione. Tali elementi, pur non direttamente probanti di un pregiudizio alla capacità dell'impresa di competere nel mercato e di una riduzione della chance di aggiudicazione di ulteriori affidamenti, sono connotati da requisiti di gravità, precisione e concordanza e, dunque, si presentano idonei a fondare un'inferenza presuntiva di tale specie di danno (ai sensi dell'art. 2729 cod. civ.). Tuttavia, in difetto di una prova piena, si reputa equo e ragionevole stimare il danno curricolare nella misura dell'1% dell'importo dell'appalto, detratto quello relativo al lotto n. 2 della procedura di gara. 7.4. Infine, venendo in rilievo - come dianzi riferito - un danno da perdita di chance di aggiudicazione, si reputa equo applicare al lucro cessante così quantificato una complessiva riduzione del 30%. 7.5. Con riferimento al danno emergente, si osserva quanto segue. Quanto ai costi sostenuti per la preparazione della offerta e la partecipazione alla gara, ivi compresi quelli per la stipula della polizza fideiussoria, questi, secondo la prevalente giurisprudenza (cfr. ex plurimis, Consiglio di Stato sez. V, 14/8/2017, n. 4002), restano a carico delle imprese partecipanti alla gara, sia in caso di aggiudicazione, sia in caso di mancata aggiudicazione, atteso che mediante il risarcimento non può farsi conseguire all'impresa un beneficio maggiore di quello che deriverebbe dall'aggiudicazione. Inoltre, non sono autonomamente risarcibili le spese per il mantenimento dei centri cottura, trattandosi di componenti di costo che già rilevano in sede di quantificazione dell'utile netto. Neppure possono trovare ingresso i costi sostenuti nell'ambito dei contenziosi attorno ai quali si è sviluppata la vicenda in esame, tenuto conto che essi sono state già apprezzati in sede di regolamento delle spese di lite dei singoli giudizi. 8. Per la quantificazione del danno, in considerazione del tempo trascorso e della complessità dei calcoli da effettuare, può procedersi ai sensi dell'art. 34, co. 4, cod. proc. amm., con determinazione in questa sede dei criteri di liquidazione. A tal fine si dispone quanto segue: - nel termine di 120 giorni dalla comunicazione o, se anteriore, dalla notificazione della presente sentenza, l'Azienda Ospedaliera Sa. Ca. formulerà alla società ricorrente un'offerta di risarcimento del danno secondo quanto dianzi chiarito (cfr. supra par. 7); - l'Amministrazione dovrà previamente verificare la sussistenza, in capo alla società ricorrente, dei requisiti di partecipazione e di esecuzione (in difetto dei quali, non si darà corso ad alcun risarcimento); anche in relazione a tale esigenza, potrà valutare l'opportunità di acquisire dalla società ricorrente i necessari dati, informazioni e chiarimenti, con conseguente sospensione del termine sopra assegnato dal momento della richiesta fino a quello in cui tali elementi saranno resi disponibili; - la società ricorrente dovrà corrispondere con diligenza e tempestività alle richieste di parte finalizzate all'attività di verifica e alla formulazione dell'offerta. Trattandosi di debito di valore derivante da un'azione risarcitoria, il complessivo importo così riconosciuto va incrementato della rivalutazione monetaria (a decorrere dalla data di stipula del contratto fino all'attualità ), e degli interessi legali sulla somma di anno in anno rivalutata, fino all'effettivo soddisfo (cfr. Consiglio di Stato, sez. III, 10/7/2019, n. 4857). 9. In conclusione, il ricorso merita parziale accoglimento, nei sensi e nei termini di cui alla motivazione. 10. In considerazione del complessivo esito della lite, sussistono i presupposti per disporre la compensazione delle spese di lite tra le parti. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Basilicata, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie parzialmente, nei sensi e nei limiti di cui in motivazione. Compensa le spese, fermo restando il rimborso del contributo unificato da porsi a carico dell'Aor Sa. Ca.. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Potenza nella camera di consiglio del giorno 10 aprile 2024 con l'intervento dei magistrati: Fabio Donadono - Presidente Benedetto Nappi - Consigliere Paolo Mariano - Primo Referendario, Estensore
TRIBUNALE DI POTENZA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO REPUBBLICA ITALIANA Il Tribunale di Potenza, in persona del giudice monocratico dott.ssa Rossella Magarelli ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile iscritta al n. 346/2013 R.G., avente ad oggetto azione contrattuale e vertente (...) (...) in persona dell'amministratore pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. (...) in virtù di mandato in calce all'atto di citazione e presso lo studio dello stesso domiciliato; - ATTORE - E (...) in persona del procuratore speciale, rappresentato e difeso dall'avv. (...) in virtù di mandato in calce alla copia notificata dell'atto di citazione e presso lo studio dello stesso domiciliato; - CONVENUTO - Conclusioni: come in atti. FATTO E DIRITTO Preliminarmente occorre dare atto che l'entrata in vigore, prima della instaurazione del presente giudizio, della legge n. 69 del 2009 (disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, nonché in materia di processo civile) esonera questo Giudice dal procedere alla concisa esposizione dello svolgimento del processo: infatti, l'articolo 132 c.p.c. nella nuova formulazione introdotta dall'articolo 45 diciassettesimo comma della legge n. 69 del 2009, nel disciplinare il contenuto della sentenza, non contempla più al n. 4) la concisa esposizione dello svolgimento del processo, ma prevede semplicemente che nella redazione della sentenza il Giudice proceda alla concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione. Con atto di citazione notificato a mezzo del servizio postale in data 15-3-2013 il (...) agiva in giudizio davanti al Tribunale di Melfi nei confronti di (...) al fine di ottenere la condanna della compagnia assicuratrice al pagamento in suo favore dell'indennizzo dovuto in seguito al verificarsi dell'evento coperto dalla polizza assicurativa. In particolare, il (...) attore allegava a fondamento della domanda che: - era titolare di copertura assicurativa (...) (...)- in forza di polizza n. (...) a copertura dei danni da sovraccarico di neve e in virtù di essa aveva avanzato alla compagnia assicuratrice richiesta di risarcimento del danno materiale provocato dalle abbondanti nevicate occorse nel febbraio 2012; - il sovraccarico di neve, infatti, aveva danneggiato il tetto, le gronde, i discendenti, oltre ad altre parti del fabbricato (...) - i danni materiali subiti dall'edificio erano stati quantificati nell'importo di euro 50.813,32, comprensivo delle spese di progettazione e di direzione lavori; - l'amministratore del (...) aveva inoltrato alla compagnia assicuratrice rituale denuncia del danno, a cui avevano fatto seguito gli accertamenti peritali; - in data 13 Aprile 2012 era stata formulata nei confronti della (...) (...) rituale richiesta di risarcimento danni, che non aveva avuto seguito; - data l'urgente necessità di procedere alla riparazione del tetto, era stato espletato un accertamento tecnico preventivo presso il Tribunale di Melfi affinché si procedesse alla stima del danno e alla verifica del nesso di causalità tra lo stesso e il lamentato sovraccarico di neve; a tal fine il (...) aveva sostenuto l'ulteriore spesa di euro 1.376,19; - il giudizio di accertamento tecnico preventivo si era concluso con l'accertamento della sussistenza dei danni e della loro riconducibilità agli eventi atmosferici verificatisi nel mese di Febbraio del 2012 e con la quantificazione degli stessi nell'importo di euro 40.775,05; - nonostante gli esiti di tale procedimento, la compagnia assicuratrice non aveva corrisposto l'indennizzo, quantificabile nella complessiva somma di euro 42.151,24. Alla luce di tali premesse in fatto, il (...) chiedeva che, accertato il suo diritto alla corresponsione dell'indennizzo, la compagnia assicuratrice venisse condannata al pagamento in suo favore a tale titolo della somma complessiva di euro 42.151,24 o della diversa somma accertata in corso di causa, oltre agli interessi e alla rivalutazione monetaria dal fatto dannoso fino al soddisfo. Con comparsa di costituzione e risposta depositata in data 17-6-2013 si costituiva (...) (già (...), che, pur non contestando l'esistenza del rapporto contrattuale, eccepiva preliminarmente l'improponibilità dell'azione instaurata in violazione della clausola compromissoria di arbitrato irrituale prevista negli articoli 15 e 16 della polizza e la prescrizione dell'azione per ritardata denuncia del sinistro in violazione della previsione contrattuale di cui all'articolo 13 della polizza; nel merito chiedeva il rigetto della domanda: in particolare, la compagnia assicuratrice deduceva la carenza di prova della ricostruzione fattuale fornita dall'attore e negava l'operatività della garanzia sia in ragione della clausola contrattuale del "sovraccarico da neve" prevista a copertura dei soli "danni da crollo totale o parziale della copertura", nei quali non poteva rientrare il danno lamentato dall'attore, consistente nello scivolamento delle tegole e nel danneggiamento delle grondaie, sia perché l'attore non aveva fornito, nonostante le reiterate richieste, il certificato di conformità del fabbricato, necessario per l'operatività della garanzia da sovraccarico da neve. Con la memoria istruttoria depositata ai sensi dell'articolo 183 sesto comma n. 1) c.p.c. in data 15-7-2017 la compagnia assicuratrice convenuta eccepiva la carenza di legittimazione ad agire dell'amministratore del Condominio (...) (...), che non era stata autorizzato ad agire in giudizio in rappresentanza del Condominio con specifica delibera assembleare, come richiesto dall'articolo 1131 c.c. Nel corso del giudizio non veniva svolta attività istruttoria e all'esito del deposito di note in sostituzione dell'udienza del 15 Dicembre 2023, fissata per la precisazione delle conclusioni, la causa veniva riservata per la decisione con l'assegnazione alle parti del termine di sessanta giorni per il deposito delle comparse conclusionali e di ulteriore termine di venti giorni per il deposito delle memorie di replica. In via preliminare rispetto all'esame nel merito della domanda occorre brevemente esaminare la questione della carenza di legittimazione ad agire in capo all'amministratore del (...) sollevata dalla compagnia assicuratrice. Premesso che la legittimazione processuale consiste nella titolarità del potere di esercitare diritti processuali e di compiere i relativi atti e rappresenta il risvolto dinamico della capacità processuale, in tema di condominio di edifici (ente di gestione privo di personalità distinta da quella dei suoi partecipanti) viene in rilievo la norma dettata dall'articolo 1131 c.c., che stabilisce che "nei limiti delle attribuzioni stabilite dall'articolo 1130 o dei maggiori poteri conferitigli dal regolamento di condominio o dall'assemblea, l'amministratore ha la rappresentanza dei partecipanti e può agire in giudizio sia contro i condomini sia contro i terzi": in forza di tale disposizione, l'amministratore, oltre alla rappresentanza sostanziale, possiede anche la rappresentanza processuale per esercitare le azioni inerenti i compiti che gli sono attribuiti dalla legge o dai condomini e, quindi, essendo obbligato a compiere atti conservativi delle parti comuni dell'edificio, può esercitare, senza previa autorizzazione dell'assemblea, le azioni a difesa dell'integrità e della sicurezza del bene comune; ove, invece, l' interesse alla tutela esorbiti dalle sue attribuzioni, la legittimazione ad processum dell'amministratore è subordinata all'espressa autorizzazione assembleare. Dal momento che il presente giudizio instaurato nell'interesse del (...) riguarda attribuzioni ulteriori rispetto a quelle legislativamente previste per l'amministratore di (...) e non rientra fra le cause in relazione alle quali lo stesso può stare in giudizio indipendentemente dall'autorizzazione dell'assemblea, occorre valutare se effettivamente l'iniziativa giudiziaria intrapresa dal (...) nei confronti dell'assicuratore sia stata preceduta dall'adozione di una delibera autorizzatoria adottata dall'assemblea dei condomini. A parte la considerazione che in ogni caso al difetto di tale autorizzazione non sarebbe conseguito l'effetto invocato dalla compagnia assicuratrice della inammissibilità della domanda, in quanto in attuazione della norma l'articolo 182 c.p.c., nella nuova formulazione introdotta dall'articolo 46 secondo comma della legge n. 69 del 2009 - applicabile ratione temporis al presente giudizio, in quanto instaurato dopo l'entrata in vigore della legge n. 69 del 2009 in virtù della disciplina transitoria dettata dall'articolo 58 primo comma della stessa legge-, in tal caso avrebbe dovuto essere semplicemente assegnato al (...) un termine perentorio per la produzione in giudizio dell'autorizzazione ad agire in giudizio rilasciata dall'assemblea condominiale, comunque risulta documentalmente provato che con il verbale dell'assemblea condominiale tenutasi in data 26 Maggio 2012 i condomini, deliberando sul punto 4 dell'ordine del giorno relativo ai "danni tetto da sovraccarico neve e richiesta risarcimento danni (...) attiva", hanno ratificato l'operato dell'amministratore, relativamente al ricorso all'assistenza legale, e deliberato di dare "procura speciale in caso di mediazione e mandato legale in caso di giudizio, allo studio legale (...), conferendo la rappresentanza all'amministratore (...) ad agire in nome e per conto del (...)" (si veda il documento prodotto al n. 7 nel fascicolo di parte attrice). Pertanto, acquisita la prova dell'autorizzazione rilasciata dall'assemblea dei condomini, l'eccezione di carenza di legittimazione processuale sollevata dall' assicuratore deve essere disattesa. Sempre in via preliminare rispetto all'esame nel merito della domanda deve essere valutata l'eccezione di improponibilità della domanda tempestivamente sollevata dalla compagnia assicuratrice: (...) deduce che la pattuizione, nel contratto di assicurazione stipulato con il (...), della devoluzione ad un collegio di periti delle controversie relative alla liquidazione del danno, in quanto riconducibile allo schema della clausola compromissoria di arbitrato irrituale, avrebbe determinato l'improponibilità della domanda. Premesso che costituisce circostanza pacifica e, comunque, risulta documentalmente provata dalla produzione in giudizio ad opera di entrambe le parti della polizza sottoscritta in data 12-6-2008 fra il (...) e (...) - la stipulazione di un contratto di assicurazione avente ad oggetto la copertura del rischio dei danni derivanti dal sovraccarico da neve relativamente al fabbricato situato in (...) in Venosa, effettivamente le relative condizioni di assicurazione allegate al fascicolo di parte della compagnia assicuratrice prevedono all'articolo 15 (procedura valutazione del danno) che l'ammontare del danno è concordato dalle parti, direttamente, oppure, a richiesta di una di esse, mediante periti nominati uno dalla società ed uno dal contraente con apposito atto unico. I due periti devono nominarne un terzo quando si verifichi disaccordo tra loro ed anche prima su richiesta di uno di essi... Se i periti non si accordano sulla nomina del terzo, tali nomine, sono demandate al Presidente del Tribunale nella cui giurisdizione il sinistro è avvenuto e all'articolo 16 che i risultati delle valutazioni sono obbligatori per le parti, le quali rinunciano fin d'ora a qualsiasi impugnativa, salvo il caso di dolo, errore, violenza, o violazione dei patti contrattuali, impregiudicata in ogni caso qualsivoglia azione od eccezione inerente all'indennizzabilità dei danni. Il carattere esclusivamente tecnico delle controversie in relazione alle quali le parti hanno previsto il ricorso al collegio di periti e la circostanza che le parti si siano impegnate preventivamente a considerare vincolante l'esito dell'accertamento devoluto ai periti limitatamente alla quantificazione del danno, lasciando impregiudicata la possibilità di intraprendere qualsiasi azione inerente la sua indennizzabiità, inducono a qualificare tale clausola quale perizia contrattuale. La perizia contrattuale - con la quale le parti affidano ad uno o più terzi l'incarico di esprimere un apprezzamento tecnico sull'entità delle conseguenze di un evento al quale è collegata la prestazione dell'indennizzo, impegnandosi a considerare tale apprezzamento come reciprocamente vincolante - si inserisce, come l'arbitrato libero o irrituale, in una fattispecie negoziale diretta ad eliminare una controversia sorta fra le parti mediante un mandato conferito ad un terzo, la cui decisione le stesse si impegnano preventivamente ad accettare come diretta espressione della loro volontà, ma si differenzia dall'arbitrato irrituale per il diverso oggetto del contrasto, che, nel caso della perizia contrattuale, attiene ad una questione tecnica e prescinde completamente da ogni questione relativa alla validità ed alla operatività della garanzia (si vedano in tal senso Corte di cassazione n. 3791 del 1995, Corte di cassazione n. 10023 del 2005 e Corte di cassazione n. 1081 del 2011). Posto che la pattuizione relativa alla perizia contrattuale - che, non avendo carattere compromissorio o, comunque, derogativo delle competenza del Giudice ordinario, non deve rientrare fra le clausole da approvare specificamente per iscritto ai sensi dell'articolo 1341 c.c. - implica una rinuncia temporanea alla tutela giurisdizionale ad opera delle parti, la domanda giudiziale eventualmente proposta da una di esse in relazione ad una controversia rientrante nell'ambito applicativo della perizia deve essere dichiarata improponibile se proposta prima o nel corso dell'espletamento della perizia (si vedano in tal senso Corte di cassazione n. 14302 del 1999: qualora il contratto di assicurazione preveda una perizia contrattuale e cioè che la liquidazione dell'indennizzo avvenga ad opera di uno o più periti all'uopo nominati, la domanda giudiziale di pagamento è improponibile per una ragione di incompatibilità logico-giuridica fino a quando il perito o i periti non abbiano proceduto alla liquidazione, anche se il contratto nulla disponga in proposito e nello stesso senso ex plurimis Corte di cassazione n. 7531 del 2014). Tuttavia, qualora la controversia non attenga ai profili tecnici oggetto della perizia contrattuale, bensì a profili giuridici come la negazione dell'indennizzo per prescrizione del diritto dell' assicurato o per inoperatività della garanzia assicurativa, il diritto all'indennità rimane svincolato dalla perizia contrattuale ed è azionabile a prescindere dalla stessa (si vedano in tal senso Corte di Cassazione sentenza n.17022 del 2015 Corte di cassazione sentenza n. 2996 del 2016, che sul punto precisa che nell'assicurazione contro i danni la clausola di polizza che devolve a terzi l'accertamento o il calcolo, tramite "perizia contrattuale ", di soli dati tecnici o elementi di fatto, nella specie la misura dell'indennizzo, non impedisce alle parti di agire in giudizio per la soluzione di controversie implicanti questioni giuridiche inerenti all'esistenza, alla validità o all'efficacia del contratto, come tali sottratte alla competenza dei periti, ai quali è demandata una dichiarazione di scienza su fatti materiali e non una valutazione giuridica). Nel caso di specie, pur essendo stata pattuita una perizia contrattuale, la domanda di pagamento dell'indennizzo proposta dal (...) appare proponibile, in quanto la controversia oggetto del presente giudizio involge non questioni tecniche relative alla misura dell'indennizzo, ma il diritto al pagamento dello stesso da parte della compagnia assicuratrice, la quale contesta l'indennizzabilità del rischio assicurato, assumendo che, da un lato, la polizza assicurativa ha ad oggetto la copertura del rischio da sovraccarico da neve soltanto qualora dallo stesso siano derivati danni materiali consistenti nel crollo totale o parziale della copertura del fabbricato (articolo 12 della polizza) e, dall' altro, che, comunque, il diritto all'indennizzo vantato dall'assicurato è prescritto per la mancata denuncia del sinistro nel termine di tre giorni previsto dall'articolo 13 del contratto disciplinante gli "obblighi in caso di sinistro". Alla luce delle suesposte considerazioni, anche l'eccezione di improponibilità della domanda sollevata dalla (...) deve essere disattesa e la domanda di adempimento proposta dal Condominio attore essere esaminata nel merito. Il (...) ha tempestivamente prodotto in giudizio la polizza assicurativa n. (...) stipulata in data 12-6-2008 con (...) (...) - con scadenza al 12-6-2011 e tacitamente prorogata fino al 12-6-2012 (si veda il documento prodotto al n. 3 nel fascicolo di parte attrice) e la compagnia assicuratrice ne ha, altresì, depositato uno stralcio in allegato alla propria comparsa di costituzione e risposta (si veda il documento allegato al n. 2 nel fascicolo di parte convenuta). L'articolo 12 inserito nella sezione della polizza dedicata all'oggetto dell'assicurazione contiene un elenco tassativo dei danni esclusi dall'indennizzo e, in particolare, individua le ipotesi di deroga parziale a tali esclusioni tra cui rientra quella dei danni materiali derivanti dal sovraccarico da neve, prevedendo un'estensione della garanzia ai danni materiali direttamente causati alle cose assicurate da crollo totale o parziale del fabbricato assicurato, provocato da sovraccarico di neve sul tetto, nonché i conseguenti di bagnamento alle cose medesime. Dal momento che il (...) attore ha allegato a fondamento della domanda che il sovraccarico di neve determinato dalle copiose nevicate verificatesi nel mese di Febbraio del 2012 ha causato lo scivolamento di numerose tegole, il danneggiamento delle gronde e dei discendenti del fabbricato, deve ritenersi che la chiara indicazione, quale rischio assicurato, dei danni materiali derivanti dal "crollo totale o parziale del fabbricato" e, quindi, di un danno materiale diverso da quello che ha interessato lo stabile condominiale escluda in radice l'operatività della garanzia assicurativa in relazione ai danni denunciati dall'assicurato. Infatti, posto che l'oggetto del contratto di assicurazione è rappresentato dal rischio assicurato e che nel caso di assicurazione contro i danni il rischio coperto dalla garanzia è identificato dalla natura, dal valore e dall'ubicazione delle cose assicurate (parametri sulla base dei quali, peraltro, viene quantificato l'ammontare del premio pagato dal contraente), la garanzia assicurativa può dirsi operante e l'assicurato ha diritto al pagamento dell'indennizzo soltanto nell'ipotesi in cui si verifichi proprio lo specifico evento dedotto in contratto come rischio assicurato e, quindi, nel caso di assicurazione contro i danni da eventi atmosferici, nella specie da sovraccarico da neve, i danni materiali derivanti dal crollo totale o parziale del fabbricato che abbiano la natura e le caratteristiche identificate in contratto. Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre concludere che nel caso che ci occupa la copertura assicurativa fornita dalla polizza n. (...)del 12-62008 prorogata fino al 12-6-2012 non può dirsi in alcun modo riferibile e non può essere estesa allo scivolamento delle tegole e al danneggiamento delle grondaie, che hanno interessato il fabbricato collocato a Venosa in (...), non rientrando il danno lamentato dal contraente nell'evento dedotto in contratto (crollo totale o parziale del fabbricato assicurato). Ne consegue che, accertato che il rischio assicurato non copre i danni lamentati dall'attore, la domanda di adempimento proposta dal (...) nei confronti della compagnia assicuratrice al fine di ottenere il pagamento dell'indennizzo deve essere rigettata. Quanto alla regolamentazione delle spese processuali, le stesse seguono il principio della soccombenza e, pertanto, devono essere poste a carico del (...) e devono essere liquidate - tenendo conto dell'attività effettivamente svolta (esclusa la fase di trattazione e istruttoria) e utilizzando il valore medio (tranne per la fase decisoria in relazione alla quale deve essere applicato il valore minimo) dello scaglione di riferimento compreso fra euro 26.001,00 ed euro 52.000,00 - come in dispositivo sulla base dei parametri per la liquidazione dei compensi per la prestazione forense approvati con Decreto ministeriale n. 147 del 2022 (Regolamento recante modifiche al Decreto ministeriale n. 55 del 2014), pubblicato sulla Gazzetta ufficiale n. 236 dell'8-10-2022 ed entrato in vigore in data 23-10-2022, dal momento che l'attività svolta dal difensore non era stata ancora completata al momento dell'entrata in vigore del suddetto Decreto, la norma transitoria dettata dall'articolo 6 dello stesso Decreto stabilisce che le disposizioni di cui al presente regolamento si applicano alle prestazioni professionali esaurite successivamente alla sua entrata in vigore e, secondo l'interpretazione che della analoga norma transitoria dettata dall'articolo 41 del Decreto ministeriale n. 140 del 2012 è stata fornita dalla Corte di cassazione a Sezioni Unite nella sentenza n. 17405 del 2012, per ragioni di ordine sistematico e di coerenza con i principi generali del nostro ordinamento giuridico la norma dettata dall'articolo 6 del Decreto ministeriale n. 147 del 2022 deve essere interpretata nel senso che i nuovi parametri devono essere applicati quando la liquidazione giudiziale interviene in un momento successivo all'entrata in vigore del Decreto ministeriale e si riferisce al compenso spettante al professionista che, a quella data, non aveva ancora completato la propria prestazione professionale, anche se la prestazione ha avuto inizio e si è svolta in parte in epoca precedente. Nessuna pronuncia deve essere adottata in relazione alla regolamentazione delle spese processuale relative al procedimento per accertamento tecnico preventivo espletato ante causam, dal momento che le relative risultanze non sono state acquisite al presente giudizio (si veda Corte di cassazione n. 324 del 2017: le spese dell'accertamento tecnico preventivo ante causam vanno poste a conclusione della procedura a carico della parte richiedente e vanno prese in considerazione nel successivo giudizio di merito - ove l'accertamento stesso venga acquisito - come spese giudiziali, da porre, salva l'ipotesi di compensazione totale o parziale, a carico del soccombente e da liquidare in un unico contesto e nello stesso senso Corte di cassazione n. 18918 del 2020). P.Q.M. Il Tribunale di Potenza in persona del giudice monocratico dott.ssa Rossella Magarelli, pronunciando definitivamente sulla domanda proposta, con atto di citazione notificato a mezzo del servizio postale in data 15-3-2013, dal (...) nei confronti di (...) (già (...) (...), ogni contraria istanza, eccezione e deduzione disattesa, così provvede: - rigetta la domanda; - condanna il (...) al pagamento in favore di (...) delle spese processuali, che liquida in complessivi euro 4.358,00 a titolo di compenso professionale, oltre spese generali al 15% e accessori come per legge. Potenza, 15-4-2024.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Basilicata (Sezione Prima) ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso avente numero di registro generale 23 del 2024, proposto da - Società coop. sociale "NE. FO. a r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso in giudizio dall'avvocato Do. Pe., con domicilio digitale in atti; contro - Comune di (Omissis), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso in giudizio dall’avvocato Vi. Ce., con domicilio digitale in atti; nei confronti - CE. s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa in giudizio dall’avvocato. Fr. Ve., con domicilio digitale in atti; per l'annullamento, previa sospensione dell’efficacia - della determina n. 953 del 19 dicembre 2023 del Comune di (Omissis) avente ad oggetto: “Servizio di refezione scolastica a ridotto impatto ambientale per le scuole dell''infanzia, primarie e secondarie di primo grado dell''istituto comprensivo "(Omissis)" del Comune di (Omissis) attraverso la piattaforma Asmecomm, ai sensi dell''art. 50 comma 1 lett. e) del d.lgs n. 36/2023 - aggiudicazione cig: (…) cpv: (…)”; - del verbale di gara n. 6 del 14/12/2023 trasmesso in data 16/12/2023 a mezzo pec; - della nota prot. (…) del 5/10/2023 e successivo sollecito prot. n. (…) del 14/11/2023; - di tutti gli atti presupposti, conseguenziali, connessi e se lesivi all’interesse della ricorrente. Visti il ricorso e i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione in giudizio di Comune di (Omissis) e della CE. s.r.l.; Visti tutti gli atti della causa; Visti gli artt. 74 e 120 cod. proc. amm.; Relatore, alla camera di consiglio del giorno 20 marzo 2024, il Consigliere avv. Benedetto Nappi; Uditi per le parti i difensori presenti, come da verbale; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO e DIRITTO 1. La società coop. sociale "NE. FO. a r.l." (di seguito anche solo “Ne. Fo.”), con ricorso depositato il 27 dicembre 2023, è insorta avverso il provvedimento in epigrafe e gli atti a esso presupposti, concernenti l’aggiudicazione alla controinteressata CE. s.r.l. (di seguito anche solo “CE.”) del servizio di refezione scolastica a ridotto impatto ambientale per le scuole dell'infanzia, primarie e secondarie di primo grado dell'istituto comprensivo "(Omissis)". 1.1. In particolare, per quanto qui rileva, la commissione giudicatrice, ultimate le operazioni di gara, ha formulato la proposta di aggiudicazione dell’appalto in favore della “Ne. Fo.” per un importo pari ad euro 121.168,56 oltre iva, al netto di un ribasso offerto pari al 36,530%. Il RUP ha ritenuto che l’offerta presentata dalla suddetta impresa fosse anormalmente bassa rispetto all’entità delle prestazioni richieste dall’Ente (percentuale di ribasso offerta pari al 36,530% a fronte degli ulteriori ribassi formulati dagli operatori concorrenti, non eccedenti il 15,27%), attivando conseguentemente il sub-procedimento di verifica. All’esito, esaminate le giustificazioni offerte dall’odierna deducente in data 5 novembre 2023, la Commissione (verbale n. 6 del 14 dicembre 2023) ha ritenuto anomala l’offerta, e ha evidenziando stabilito di procedere allo scorrimento della graduatoria di gara. E’ seguito il provvedimento qui avversato. 1.2. In diritto, la ricorrente ha dedotto i motivi di seguito rubricati: I. Violazione e falsa applicazione art. 110, commi 2 e 3, d.lgs 36/2023. Violazione del disciplinare di gara artt. 21 e 22. Eccesso di potere sotto il profilo del difetto assoluto del presupposto, erroneità manifesta, illogicità; II. Violazione e/o falsa applicazione art. 110 del d.lgs 36/2023. Eccesso di potere sotto il profilo del grave difetto di istruttoria, erroneità manifesta, illogicità. 2. L’Ente civico intimato, costituitosi in giudizio, ha concluso per l’inammissibilità in rito e il rigetto del ricorso per infondatezza. 2.1. La controinteressata è comparsa in lite formulando analoghe eccezioni in rito e nel merito. 3. All’esito della camera di consiglio svoltasi l’8 febbraio 2024, con ordinanza n. 29 del 2024, l’incidentale istanza cautelare è stata rigettata per la ritenuta carenza dell’attributo del “periculum in mora”. 4. Alla pubblica udienza del 20 marzo 2024, previo deposito di scritti difensivi, l’affare è transitato in decisione. 5. Il ricorso è infondato, alla stregua della motivazione che segue. 5.1. Non ha pregio la doglianza formulata col primo motivo, concernente la prospettata violazione dell’art. 110 del d.lgs. n. 36 del 2023, recante il codice dei contratti pubblici, in quanto «l’offerta della Ne. Fo. non era da considerarsi incongrua in quanto l’anomalia, come calcolata dalla stessa Commissione, riguardava solo l’offerta economica e non anche l’offerta tecnica». In senso opposto a quanto opinato dal ricorrente, è agevole osservare come l’art. 110 del codice dei contratti pubblici, al comma 1, dispone che «le stazioni appaltanti valutano la congruità, la serietà, la sostenibilità e la realizzabilità della migliore offerta, che in base a elementi specifici, inclusi i costi dichiarati ai sensi dell'articolo 108, comma 9, appaia anormalmente bassa. Il bando o l'avviso indicano gli elementi specifici ai fini della valutazione», rimettendo dunque alla stazione appaltante l’individuazione, nell’esercizio della propria discrezionalità, dei criteri sintomatici. In tale prospettiva, oltre a prefigurare la doverosità della verifica di anomalia laddove le offerte conseguano «sia i punti relativi al prezzo, sia la somma dei punti relativi agli altri elementi di valutazione, entrambi pari o superiori ai quattro quinti dei corrispondenti punti massimi previsti dal bando di gara», l’art. 22 del disciplinare riserva alla stazione appaltante la facoltà di valutare «la congruità, serietà, sostenibilità e realizzabilità delle offerte che appaiono anormalmente basse» in «ogni altro caso in cui, in base a elementi specifici, l’offerta appaia anormalmente bassa». 5.1.1. Orbene, per un verso tale disposizione del disciplinare non è stata impugnata (non venendo quindi in rilievo, nel caso di specie, la mancata previa individuazione degli “elementi specifici” sintomatici), e per altro verso la verifica risulta puntualmente motivata in considerazione del «ribasso offerto che risulta essere superiore alla media dei ribassi offerti dalle altre ditte concorrenti». L’interpretazione letterale e sistematica della disposizione ex artt. 1362 e 1363 Cod. civ. (pacificamente applicabili nell’interpretare la lex specialis di gara: ex multis, Cons. Stato, V, 23 maggio 2023, n. 5114) conduce a ritenere che la stessa sia stata correttamente letta e applicata dalla stazione appaltante, il cui operato è dunque da ritenere esente dalle critiche mosse dall’appellante. 5.1.2. Destituito di fondamento in fatto risulta, inoltre, l’ulteriore argomento secondo cui la commissione giudicatrice, nel verbale n. 5, avrebbe ritenuto che l’offerta tecnica presentata dalla odierna controinteressata «fosse da considerarsi anomala», conseguendone l’illegittimità per mancato espletamento della relativa verifica. A ben vedere, infatti, nel cennato verbale si legge soltanto che le offerte presentate dagli operatori economici risultano congrue, in quanto non superano contemporaneamente entrambe le soglie di anomalia», demandandosi al RUP meramente di «predisporre i controlli sulla ditta aggiudicataria per la stipula del contratto e sulla seconda in graduatoria, così come previsto per legge». D’altro canto, le stazioni appaltanti dispongono di una discrezionalità ampia con riguardo alla scelta di procedere, o meno, alla verifica facoltativa, con la conseguenza che il ricorso all’istituto, come pure la mancata applicazione di esso, non necessita di una particolare motivazione, né può essere sindacato se non nelle ipotesi, remote, di macroscopica irragionevolezza o di decisivo errore di fatto (Consiglio di Stato, sez. V, 29 gennaio 2018, n. 604). Si tratta di presupposti qui non ravvisabili, sussistendo uno scarto di circa venti punti percentuali tra il ribasso offerto dalla ricorrente (individuato quale elemento di sospetto di anomalia) e quello della seconda graduata. 5.2. Da disattendere è anche il secondo motivo di ricorso, concernente l’erroneità e l’infondatezza delle motivazioni addotte dalla stazione appaltante a supporto del giudizio di anomalia qui in contestazione. 5.2.1. La ricorrente ha poi sostenuto, nel secondo motivo, di aver di aver prodotto anche le fatture di approvvigionamento relative al 2023, e di aver effettuato l’analisi dei costi sottoposte alla stazione appaltante relative a tale anno, essendosi attenuta al costo della manodopera indicato dalla stazione appaltante. La censura non coglie nel segno. Il giudizio sulle offerte sospettate di essere anomale costituisce espressione di un tipico potere tecnico-discrezionale riservato alla pubblica amministrazione ed insindacabile in sede giurisdizionale, salvo che nelle ipotesi di manifesta e macroscopica erroneità o irragionevolezza dell’operato della commissione di gara o del Rup, che rendano palese l’inattendibilità complessiva dell’offerta; il sindacato del Giudice amministrativo sulle valutazioni dell’amministrazione è circoscritto al profilo della logicità, ragionevolezza ed adeguatezza dell’istruttoria, senza poter procedere ad alcuna autonoma verifica della congruità dell’offerta e delle singole voci, ciò rappresentando un’inammissibile invasione della sfera propria della pubblica amministrazione (tra le tante, Cons. Stato, sez. V, n. 1655 del 2020). Orbene, l’avversata valutazione di anomalia è così motivata «dalle stesse [giustificazioni] si evincono esclusivamente i prezzi di approvvigionamento di materie prime (mediante fatture di acquisto ancorché "datate", risalenti al 2022, che non tengono conto dell'incremento esponenziale registrato nell'anno 2023); Nessun riferimento è operato al processo produttivo che in concreto si intende instaurare in funzione dell'erogazione del servizio, nessun riferimento si rinviene quanto ad organizzazione delle risorse umane e strumentali da cui si possano comprendere le "economie" che giustificano l'offerta formulata. Quanto al costo della manodopera utilizzata - fermo restando il divieto di ribasso - in sede di "stima" l'operatore economico si limita a replicare i costi, meramente indicativi, offerti dalla stazione appaltante in sede di decisione a contrarre, senza alcun riferimento al contratto collettivo nazionale e territoriale in vigore per il settore e per la zona nella quale si dovrà eseguire la prestazione, connesso con l'attività oggetto dell'appalto o della concessione svolta dall'impresa e senza, pertanto, valutarne la concreta incidenza economica. Inoltre, il ribasso offerto da "Ne. Fo. società cooperativa" appare anormalmente e significativamente non in linea con quelli delle precedenti procedure di aggiudicazione per gli anni 2018/2022 per le quali le offerte economiche dell'operatore economico contraente dell'Ente sono stati del 12,75%, e non sono emersi problemi in sede di esecuzione del contratto; né tanto trova giustificazione in fenomeni macroeconomici che possano ragionevolmente incidere sul costo del servizio, evidenziando la dinamica dei prezzi un significativo incremento. Tanto induce a ritenere che l'offerta sia stata formulata astraendosi dal contesto, non sostenuta da un'analisi concreta del servizio da erogare, assistita da un ribasso esclusivamente funzionale ad assecondare i criteri di aggiudicazione». Si tratta di motivazione ampia, che tiene conto anche del dato storico di precedenti aggiudicazioni, e che si incentra anche sulla ravvisata impossibilità - in ragione del tenore dei chiarimenti offerti -, di ritrarre giustificazioni di un così elevato ribasso offerto rispetto al passato, oltre che rispetto a quello degli altri concorrenti, dalle caratteristiche di organizzazione e articolazione del servizio e delle relative risorse umane. In tale prospettiva, la valutazione non appara affetta da illogicità o palesi errori in fatto, risolvendosi le critiche della ricorrente in un inammissibile tentativo di sovrapporre e sostituire la propria valutazione a quella della stazione appaltante. 6. Dalle considerazioni che precedono discende il rigetto del ricorso. 7. Le spese seguono la soccombenza, con liquidazione come da dispositivo. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Basilicata, definitivamente pronunciando, così provvede: - rigetta il ricorso; - condanna la ricorrente alla rifusione delle spese di lite in favore della stazione appaltante e della controinteressata, forfettariamente liquidando le stesse in € 3000,00 (tremila/00), cadauna, oltre accessori di legge, se dovuti. La presente sentenza sarà eseguita dall'amministrazione ed è depositata presso la segreteria del Tribunale che provvederà a darne comunicazione alle parti. Così deciso in Potenza, nella camera di consiglio del giorno 20 marzo 2024, coll'intervento dei magistrati: Fabio Donadono, Presidente Benedetto Nappi, Consigliere, Estensore Paolo Mariano, Primo Referendario
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Basilicata (Sezione Prima) ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 432 del 2023, integrato da motivi aggiunti, proposto dalla Na. S.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’avv. An. St. Da., PEC (…), domiciliata ai sensi dell’art. 82 R.D. n. 37/1934 presso la Segreteria di questo Tribunale; contro - Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, in persona del Ministro p.t., Commissione tecnica di verifica dell’impatto ambientale VIA e VAS presso il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, in persona del legale rappresentante p.t., Ministero della Cultura, in persona del Ministro p.t., Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio della Basilicata, in persona del legale rappresentante p.t., e Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio delle Province di Barletta, Andria e Trani, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentati e difesi dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Potenza, con domicilio ex lege in Potenza Corso XVIII Agosto 1860 n. 46; - Regione Basilicata, in persona del Presidente della Giunta Regionale p.t., non costituita in giudizio; nei confronti - Mi. S.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avv.ti An. Fa., PEC (…), Fr. Li., PEC (…), e Fa. Ma. Pe., PEC (…), domiciliata ai sensi dell’art. 82 R.D. n. 37/1934 presso la Segreteria di questo Tribunale; - Gi. En. S.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., non costituita in giudizio; per l'annullamento: - del parere negativo della Commissione tecnica di verifica dell’impatto ambientale VIA e VAS presso il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica del 12/25.6.2023 (notificato in allegato alla nota/pec del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica del 5.7.2023, di riscontro all’istanza di accesso della Na. S.r.l. del 29.6.2023), con riferimento all’istanza della Na. S.r.l. dell’8/14.4.2021 di VIA (rectius di Provvedimento Unico in materia Ambientale (PUA) ex art. 27 D.Lg.co n. 152/2006, comprendente l’autorizzazione paesaggistica ex art. 146 D.Lg.vo n. 42/2004, l’autorizzazione culturale ex art. 21 D.Lg.vo n. 42/2006, l’autorizzazione riguardante il vincolo idrogeologico ex R.D. n. 3267/1923 ed il parere di compatibilità con il Piano di Assetto Idrogeologico), per la realizzazione nel Comune di (Omissis) di impianto eolico, composto da 11 aerogeneratori di 6,6 MW, aventi un’altezza fino al mozzo di 122,5 m. ed il diametro del rotore di 155 m., pari ad una potenza complessiva di 72,6 MW; - dei seguenti ulteriori pareri negativi, richiamati dal predetto parere della Commissione tecnica di verifica dell’impatto ambientale VIA e VAS del 12/25.6.2023, cioè: 1) del Ministero della Cultura prot. n. (…) del 30.6.2022, comprensivo della nota della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio della Basilicata prot. n. (…) del 21.1.2002, della nota della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio delle Province di Barletta, Andria e Trani prot. n. (…) del 7.6.2022 e della nota della Direzione Generale Archeologia del Ministero della Cultura prot. n. (…) del 20.6.2022; 2) dell’Ufficio Pianificazione Territoriale e Paesaggio della Regione Basilicata prot. n. (…) del 6.4.2023; Visto il ricorso introduttivo ed i relativi allegati; Visto l’atto di motivi aggiunti, notificato l’1.12.2023 e depositato l’11.12.2023, di impugnazione del provvedimento ex art. 25 D.Lg.vo n. 152/2006, di concerto tra il competente Direttore Generale del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica ed il competente Direttore Generale del Ministero della Cultura, n. 453 del 2.10.2023 (comunicato con nota/pec del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica del 12.10.2023), con il quale è stato espresso il giudizio negativo di compatibilità ambientale sulla suddetta istanza della Na. S.r.l. dell’8/14.4.2021; Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, della Commissione tecnica di verifica dell’impatto ambientale VIA e VAS presso il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, del Ministero della Cultura, della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio della Basilicata, in persona del legale rappresentante p.t., della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio delle Province di Barletta, Andria e Trani e della Mi. S.r.l.; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 20 marzo 2024 il Cons. Pasquale Mastrantuono e uditi per le parti i difensori, come specificato nel verbale; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO e DIRITTO Con istanza dell’8/14.4.2021 la Na. S.r.l. ha chiesto al Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica il rilascio della VIA (rectius del Provvedimento Unico in materia Ambientale (PUA) ex art. 27 D.Lg.co n. 152/2006, comprendente l’autorizzazione paesaggistica ex art. 146 D.Lg.vo n. 42/2004, l’autorizzazione culturale ex art. 21 D.Lg.vo n. 42/2006, l’autorizzazione riguardante il vincolo idrogeologico ex R.D. n. 3267/1923 ed il parere di compatibilità con il Piano di Assetto Idrogeologico), per la realizzazione nel Comune di (Omissis) di impianto eolico, composto da 11 aerogeneratori di 6,6 MW, aventi un’altezza fino al mozzo di 122,5 m. ed il diametro del rotore di 155 m., pari ad un’altezza complessiva di circa 200 m. e ad una potenza complessiva di 72,6 MW, collegato alla rete elettrica nazionale con un cavidotto, avente una lunghezza di 19 km.. Con osservazione dell’8/22.6.2021 la Gi. En. S.r.l. ha fatto presente che il predetto impianto eolico, proposto dalla Na. S.r.l., interferisce con il suo impianto eolico, che per il principio della priorità cronologica avrebbe dovuto essere preferito, in quanto la relativa istanza era stata presentata il 2.3.2021. Con nota prot. n. 24465 del 30.6.2022 il Ministero della Cultura ha espresso parere negativo, richiamando i pareri contrari espressi dalla Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio della Basilicata con nota prot. n. (…) del 21.1.2002, dalla Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio delle Province di Barletta, Andria e Trani con nota prot. n. (…) del 7.6.2022 e dalla Direzione Generale Archeologia del Ministero della Cultura con nota prot. n. (…) del 20.6.2022, rilevando le seguenti circostanze: - la lett. b del paragrafo 3.1 dell’Allegato IV (rubricato “Elementi per il corretto inserimento nel paesaggio e nel territorio degli impianti eolici”) delle Linee Guida nazionali ex art. 12, comma 10, D.Lg.vo n. 387/2003 per la realizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili, approvate con D.M. 10.9.1010, stabilisce l’obbligo di effettuare una “ricognizione dei centri abitati e dei beni culturali e paesaggistici riconosciuti come tali ai sensi del D.Lg.vo n. 42/2004, distanti in linea d’aria non meno di 50 volte l’altezza massima del più vicino aerogeneratore, documentando fotograficamente l’interferenza con le nuove strutture”; - l’applicazione della predetta norma alla suddetta istanza della Na. S.r.l. dell’8/14.4.2021 determina l’analisi di un’area di 10 km., nell’ambito della quale ricadono: A) i beni paesaggistici ex art. 142, comma 1, lett. b), c) e g), D.lg.vo n. 42/2004: 1) del lago Toppo di Francia e del Lampeggiano, distante 3 Km. dagli aerogeneratori nn. 1 e 9; 2) dei seguenti 17 fiumi: Vallone delle Castagne o Lucito distante 180 m. dall’aerogeneratore n. 5, 250 m. dall’aerogeneratore n. 6 e 300 m. dall’aerogeneratore n. 10; Vallone La Grotta di Matone o Masone, distante 160 m. dall’aerogeneratore n. 2 e 200 m. dall’aerogeneratore n. 1; Vallone Occhiatello dei Briganti e della Castagna, distante 300 m. dall’aerogeneratore n. 1, 320 m. dall’aerogeneratore n. 5, 400 m. dall’aerogeneratore n. 4 e 470 m. dall’aerogeneratore n. 3; Vallone Cormita distante 900 m. dall’aerogeneratore n. 1 e 1,3 km. dall’aerogeneratore n.3; Vallone Esca e S. Nicola distante 3,5 km. dagli aerogeneratori nn. 5 e 6; Vallone Melito distante 4 km. dagli aerogeneratori nn. 5 e 6; Vallone S. Stefano distante 2,3 km. dall’aerogeneratore n. 1 e 3,8 km. dall’aerogeneratore n. 3; Vallone Gavitelle Colombano e Mastraddico distante 3 km. dall’aerogeneratore n. 1; Vallone Lampeggiano e Noci Servale distante 3 km. dall’aerogeneratore n. 9; OFANTO distante 8,5 km. dall’aerogeneratore n. 7; Fosso Cugnariello e Fontana dell’Arena distante 4 km. dall’aerogeneratore n. 9; Vallone Chiatraguarnieri distante 4,7 km. dall’aerogeneratore n. 9; Ruscello Carpellotto e Vallone Cupa distante 7,5 km. dall’aerogeneratore n. 9; Fiumara di Venosa e Matinella distante 6,7 km. dall’aerogeneratore n.1; Vallone S. Domenica distante 7 km. dall’aerogeneratore n. 1; Valle della Bagnara distante 8 km. dall’aerogeneratore n. 1; e Vallone Il Reale distante 9 km. dall’aerogeneratore n. 1; 3) le seguenti 3 aree boscate: Formazioni igrofile distanti 600 m. dall’aerogeneratore n. 6; Querceti mesofili e meso-termofili distanti 200/300 m. dagli aerogeneratori nn. 2, 8 e 9; e Boschi di pini mediterranei, distanti 250 m. dall’aerogeneratore n. 10; B) le seguenti 22 zone di interesse archeologico ex art. 142, comma 1, lett. m), D.Lg.vo n. 42/2004: Posta Scioscia distante 2,7 km. dagli aerogeneratori nn. 2, 7 e 8, 3,1 km. dall’aerogeneratore n. 9 e 4,5 km. dagli aerogeneratori nn. 4, 5, 6 e 10; Foragine distante 6,8 km. dall’aerogeneratore n. 9 e 7,5 km. dagli aerogeneratori nn. 1 e 2; Finocchiaro 1 distante 8,5 km. dagli aerogeneratori 1 e 9; Finocchiaro 2 distante 8,3 km. dall’aerogeneratore n. 9 e 8,4 km. dall’aerogeneratore n. 1; Loreto/Notarchirico distante 7 km. dall’aerogeneratore n. 1; Mangiaguadagno distante 8,7 km. dall’aerogeneratore n. 1; Tufarello distante 8,4 km. dall’aerogeneratore n. 1; Matinelle distante 9 km. dall’aerogeneratore n. 1; Maddalena o Catacombe distante 9 km. dall’aerogeneratore n. 1; Carrozze distante 8 km. dall’aerogeneratore n. 9 e 9 km. dagli aerogeneratori nn. 1 e 2; Gravetta distante 8 km. dall’aerogeneratore n. 9 e 8,5 km. dall’aerogeneratore n. 2; Cimitero distante 8,7 km. dall’aerogeneratore n. 9 e 9,5 km. dagli aerogeneratori nn. 1 e 2; Regio Tratturello Stornara-Montemilone distante 1 km. dagli aerogeneratori nn. 2 e 8, 1,5 km. dall’aerogeneratore n. 5, 2 km. dagli aerogeneratori nn. 6 e 8, e 2,5 km. dall’aerogeneratore n. 7; Regio Tratturello Lavello-Minervino distante 2,7 km. dall’aerogeneratore n. 7 e 3 km. dagli aerogeneratori nn. 2 e 8; Regio Tratturello Venosa-Ofanto distante 3 km. dall’aerogeneratore n. 1, 3,8 km. dall’aerogeneratore n. 2, 4,5 km. dagli aerogeneratori nn. 3, 8 e 9 e 5 km. dall’aerogeneratore n. 7; Regio Tratturello Lampeggiano distante 6 km. dagli aerogeneratori 2 e 9; Regio Tratturello Vallecupa-Alvano distante 7,5 km. dagli aerogeneratori 2 e 9; Regio Tratturello Rendina-Canosa distante 8 km. dagli aerogeneratori nn. 2 e 9; Regio Tratturello Melfi-Castellaneta distante 5 km. dall’aerogeneratore n. 1; Regio Tratturello Canosa-Monteserico-Palmira distante 4,5 km. dagli aerogeneratori 10 e 11 e 5 km. dagli aerogeneratori nn. 5 e 6; Regio Tratturello Notarchirico distante 9 km. dall’aerogeneratore n. 10; e Tratturo di Scaccia distante 9 km. dall’aerogeneratore n. 9; C) oltre ai centri storici di Montemilone, Venosa e Lavello, i seguenti 11 beni culturali ex artt. 10 e 45 D.Lg.vo n. 42/2004: Masseria Torre di Quinto di Montemilone, distante 2,5 km. dall’aerogeneratore n. 6, 2,7 km. dall’aerogeneratore n. 5, 3,5 km. dagli aerogeneratori nn. 10 e 11 e 3,6 km. dall’aerogeneratore n. 4; Masseria Il Casone di Venosa distante 1,7 km. dall’aerogeneratore n. 1, 2 km. dall’aerogeneratore n. 9, 2,8 km. dall’aerogeneratore n. 2, 3 km. dall’aerogeneratore n. 3 e 3,5 km. dall’aerogeneratore n. 4; Masseria Saraceno-Quaranta di Venosa distante 4,3 km. dall’aerogeneratore n. 9 e 4,5 km. dall’aerogeneratore n. 1; Masseria Matinella-Veltri di Venosa distante 6,5 km. dall’aerogeneratore n. 1; Masseria Trentangeli di Venosa distante 7,5 km. dall’aerogeneratore n. 1; Stazione Ferroviaria di Venosa-Maschito distante 9 km. dall’aerogeneratore n. 1; Masseria Iannuzzo di Lavello distante 4,5 km. dall’aerogeneratore n. 9 e 5 km. dall’aerogeneratore n. 1; Masseria di Giustino Fortunato di Lavello distante 4,5 km. dall’aerogeneratore n. 2, 4,6 km. dall’aerogeneratore n. 8 e 4,7 km. dall’aerogeneratore n. 7; Masseria Bosco delle Rose di Lavello distante 5,5 km. dall’aerogeneratore n. 9, 6 km. dall’aerogeneratore n. 1 e 6,3 km. dall’aerogeneratore n. 2; Masseria Marchesa di Lavello distante 6,5 km. dall’aerogeneratore n. 9 e 7 km. dall’aerogeneratore n. 2; e Masseria Finocchiaro di Lavello distante 7,8 km. dall’aerogeneratore n. 9 e 8,5 km. dagli aerogeneratori nn. 1 e 2; - dagli allegati grafici alla relazione paesaggistica risulta che l’impianto eolico in discorso è “quasi interamente visibile dal territorio comunale di Montemilone, da gran parte dei territori comunali di Lavello, Venosa e Palazzo San Gervasio e da parte del territorio dei Comuni pugliesi di Murge e Spinazzola”; - dall’elaborato Fotoinserimenti ante e post operam risulta che l’impianto eolico, progettato dalla Na. S.r.l., era visibile: 1) per tutti gli 11 aerogeneratori: A) dai limiti urbani dei Comuni di Montemilone e di Minervino Murge; B) dalla località Lamalunga; C) dal Regio Tratturello Stornara-Montemilone; D) dal Regio Tratturello Melfi-Castellaneta; E) dal sito archeologico Loreto/Notarchirico di Venosa; F) dal Castello Svevo di Palazzo San Gervasio; G) e dalle Strade Provinciali nn. 21, 24, 77 e 78; 2) per 8 aerogeneratori: A) dalla Strada Statale n. 93; B) dalla Strada Provinciale n. 18; C) dalla Strada Provinciale Montemilone-Venosa; D) dal bene culturale Masseria Saraceno-Quaranta di Venosa; E) e dal bene culturale Masseria Iannuzzo di Lavello; 3) per 7 aerogeneratori dal sito archeologico Regio Tratturello Rendina-Canosa e dal bene cultuale Masseria Il Casone di Venosa; 4) inoltre, l’impianto eolico, progettato dalla Na. S.r.l., era visibile: A) dai siti archeologici Foragine, Finocchiaro 1, Finocchiaro 2, Mangiaguadagno, Tufarello, Matinelle, Maddalena o Catacombe, Carrozze, Cimitero, Regio Tratturello Lavello-Minervino, Regio Tratturello Venosa-Ofanto, Regio Tratturello Lampeggiano, Regio Tratturello Vallecupa-Alvano, Regio Tratturello Canosa-Monteserico-Palmira, Regio Tratturello Notarchirico e Tratturo di Scaccia; B) dai beni culturali Masseria Torre di Quinto di Montemilone, Masseria Matinella-Veltri di Venosa, Masseria Trentangeli di Venosa, Masseria Marchesa di Lavello e Masseria Finocchiaro di Lavello; C) dal lago Toppo di Francia e del Lampeggiano e dai corsi d’acqua Vallone delle Castagne o Lucito, Vallone Occhiatello dei Briganti e della Castagna, Vallone Cormita, Vallone Esca e S. Nicola, Vallone Melito, Vallone S. Stefano, Vallone Gavitelle Colombano e Mastraddico, Vallone Lampeggiano e Noci Servale, OFANTO, Fosso Cugnariello e Fontana dell’Arena, Vallone Chiatraguarnieri, Carpellotto e Vallone Cupa, Fiumara di Venosa e Matinella, Vallone S. Domenica, Valle della Bagnara e Vallone Il Reale; - comunque, non erano stati presentati i fotoinserimenti: 1) dai punti panoramici e di belvedere dislocati nei centri abitati di Montemilone, Lavello e Venosa; 2) dai beni culturali Masseria Torre di Quinto di Montemilone, Masseria Matinella-Veltri di Venosa, Masseria Trentangeli di Venosa, Masseria Marchesa di Lavello, Masseria Finocchiaro di Lavello, Masseria Il Casone di Venosa, Masseria Saraceno-Quaranta di Venosa e Masseria Iannuzzo di Lavello; - prescindendo dai diversi impianti minieolici, ricadenti nell’area vasta di analisi, caratterizzata da un paesaggio a carattere prevalentemente rurale, nella stessa zona: A) erano stati realizzati 4 parchi eolici, aventi rispettivamente: 1) 12 aerogeneratori pari ad una potenza complessiva di 39,6 MW nel Comune di Lavello; 2) 7 aerogeneratori pari ad una potenza complessiva di 14 MW nel Comune di Lavello; 3) 7 aerogeneratori pari ad una potenza complessiva di 14 MW nel Comune di Lavello; 4) 17 aerogeneratori pari ad una potenza complessiva di 34 MW nel Comune di Palazzo San Gervasio; B) erano stati autorizzati 3 parchi eolici, aventi rispettivamente: 1) 20 aerogeneratori pari ad una potenza complessiva di 60 MW nel Comune di (Omissis) (tale parco eolico è stato autorizzato dalla Regione Basilicata in favore della Mi. S.r.l. con provvedimento di VIA ex Del. G.R. n. 1469 del 14.11.2013 e con Determinazione ex art. 12 D.Lg.vo n. 387/2003 n. 263 del 7.5.2014); 2) 5 aerogeneratori pari ad una potenza complessiva di 18 MW nel Comune di (Omissis); 3) e 9 aerogeneratori pari ad una potenza complessiva di 38,9 MW nei Comuni di Venosa e Maschito; C) erano in corso di autorizzazione altri 5 parchi eolici, le cui istanze erano state presentate: 1) il 7.8.2020 nel Comune di Venosa; 2) il 7.9.2020 nei Comuni di Venosa e Montemilone; 3) il 23.9.2020 nei Comuni di Venosa e Montemilone; 4) il 16.12.2020 nel Comune di (Omissis); 5) dalla Gi. En. S.r.l. il 2.3.2021 nel Comune di (Omissis); - per la presenza dei predetti 12 impianti eolici, già realizzati, già autorizzati o in corso di autorizzazione, la realizzazione anche del parco eolico, progettato dalla Na. S.r.l., in discorso avrebbe generato “un effetto selva, insostenibile sul piano della compatibilità paesaggistica”, specificando che: 1) “la presenza di altri impianti eolici nel medesimo territorio non può di per sé costituire un avallo alla costruzione di nuovi impianti”; 2) “un eccessivo affollamento di aerogeneratori”: a) avrebbe mutato “irrimediabilmente la percezione visiva di un paesaggio archeologico che ancora conserva caratteristiche antiche”, tenuto conto della “notevole altezza” degli 11 aerogeneratori proposti, che sarebbero diventati “attrattori visivamente dominanti del paesaggio, che finiscono per predominare sulle altre caratteristiche del contesto paesaggistico”; b) ed avrebbe “inficiato iniziative di valorizzazione futura del territorio”, come lo sviluppo del turismo eco-compatibile della “filiera paesaggio-natura-agricoltura-cultura”. Con nota prot. n. (…) del 6.4.2023 l’Ufficio Pianificazione Territoriale e Paesaggio della Regione Basilicata ha espresso parere contrario sulla suddetta istanza della Na. S.r.l. dell’8/14.4.2021, limitatamente agli aerogeneratori nn. 2, 7, 8 e 9, “in quanto una loro eventuale realizzazione contribuirebbe ad accentuare l’impatto negativo sul territorio”. Con note del 13.12.2021, 28.12.2021, 18.10.2022 e 24.4.2023 la Na. S.r.l. ha controdedotto alla suddetta osservazione della Gi. En. S.r.l. dell’8.6.2021 ed ai predetti pareri del Ministero della Cultura del 30.6.2022 e della Regione Basilicata del 6.4.2023. Anche la Commissione tecnica di verifica dell’impatto ambientale VIA e VAS presso il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica ha emanato, con riferimento alla suddetta istanza della Na. S.r.l. dell’8/14.4.2021, il parere negativo del 12/25.6.2023 (notificato in allegato alla nota/pec del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica del 5.7.2023, di riscontro all’istanza di accesso della Na. S.r.l. del 29.6.2023), in quanto: 1) “la documentazione progettuale e la sintesi non tecnica fornisce una descrizione generica del progetto, comprensiva della sua localizzazione e della viabilità di accesso al sito di progetto; 2) “il livello di trattazione dei possibili impatti ambientali sugli effetti diretti ed indiretti, secondari, cumulativi, a breve, medio e lungo termine, permanenti e temporanei, positivi e negativi del progetto, non è adeguatamente analizzato, valutato e supportato alla sua importanza ai fini della decisione relativa all’autorizzazione”; 3) “non vengono valutati adeguatamente gli impatti cumulativi sull’ambiente derivanti dal cumulo con altri progetti esistenti e/o approvati di impianti di produzione energia da fonti rinnovabili presenti nell’area (impianti in esercizio, impianti per i quali è stata rilasciata l’autorizzazione unica, impianti per i quali è in corso il procedimento di autorizzazione unica, impianti per i quali è stato rilasciato il provvedimento di verifica di assoggettabilità a VIA e/o di valutazione di impatto ambientale, impianti per i quali il procedimento di verifica di assoggettabilità a VIA e/o valutazione di impatto ambientale è in corso), nonostante le importanti presenze faunistiche rilevate nei monitoraggi e l’attrattiva per la componente del vicino invaso del locone”, perché era stata valutata “carente e non esaustiva la documentazione prodotta al fine di effettuare la valutazione degli cumulativi con gli impianti eolici presenti e proposti”, specificando che tale Commissione VIA/VAS si era pronunciata favorevolmente: in data 8.5.2020 sulla proroga dell’efficacia della VIA, rilasciata alla Mi. S.r.l., relativa alla realizzazione nel Comune di (Omissis) di un parco eolico di 20 aerogeneratori, pari ad una potenza complessiva di 60 MW; ed in data 12.3.2021 sull’istanza di VIA della Gi. En. S.r.l. del 2.3.2021, per la realizzazione nel Comune di (Omissis) di un parco eolico, composto da 10 aerogeneratori di 4,5 MW, pari a complessivi 45 MW; 4) “le verifiche effettuate in relazione alla documentazione presentata ed in base ai contenuti dello Studio di Impatto Ambientale, come previsti dall’art. 22 D.Lg.vo n. 152/2006 e dall’Allegato VII alla Parte Seconda del D.Lg.vo n. 152/2006, mostrano una sostanziale inadeguatezza sia quanto al profilo descrittivo, sia quanto al profilo dell’analisi degli impatti, specie con riferimento ai profili degli aspetti del Piano preliminare di utilizzo delle terre e rocce da scavo, redatto in base ad una normativa da tempo abrogata”. La Na. S.r.l. con ricorso introduttivo, notificato il 25.9.2023 e depositato il 4.10.2023, ha impugnato i suddetti pareri negativi della Commissione tecnica di verifica dell’impatto ambientale VIA e VAS presso il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica del 12/25.6.2023, del Ministero della Cultura del 30.6.2022, comprensivo di quelli contrari della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio della Basilicata del 21.1.2002, della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio delle Province di Barletta, Andria e Trani del 7.6.2022 e della Direzione Generale Archeologia del Ministero della Cultura, e dell’Ufficio Pianificazione Territoriale e Paesaggio della Regione Basilicata del 6.4.2023, deducendo: 1) in premessa che, poiché ai sensi dell’art. 25 D.Lg.vo n. 152/2006 il provvedimento di VIA statale è emanato di concerto tra il competente Direttore Generale del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica ed il competente Direttore Generale del Ministero della Cultura ed ai sensi degli artt. 5, comma 2, lett. c-bis, L. n. 400/1988 e 7, comma 1, D.L. n. 50/2022 conv. nella L. n. 91/2022, in caso di mancato concerto tra i predetti Ministeri, sull’istanza di VIA statale si pronuncia con apposita deliberazione il Consiglio dei Ministri, l’annullamento anche di uno degli impugnati pareri negativi della Commissione tecnica di verifica dell’impatto ambientale VIA e VAS presso il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica del 12/25.6.2023 e/o del Ministero della Cultura del 30.6.2022 comporterebbe la rimessione della decisione finale al Consiglio dei Ministri; 2) con riferimento ad entrambi i predetti pareri impugnati, la violazione del principio del cd. dissenso costruttivo ex art. 14 ter, comma 7, L. n. 241/1990, in quanto sia la Commissione tecnica di verifica dell’impatto ambientale VIA e VAS presso il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, sia il Ministero della Cultura avrebbero dovuto esplicitare le modifiche al progetto presentato, che avrebbero consentito il rilascio della VIA; 3) con riferimento al parere negativo della Commissione tecnica di verifica dell’impatto ambientale VIA e VAS presso il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica del 12/25.6.2023: A) la violazione dell’art. 10 bis L. n. 241/1990, in quanto tali pareri negativi non erano stati preceduti dalla comunicazione del preavviso di rigetto, anche perché la società ricorrente avrebbe potuto presentare osservazioni ed integrare la documentazione presentata; B) l’eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione, in quanto: 1) i terreni, dove avrebbero dovuto essere installati gli 11 aerogeneratori del parco eolico di cui è causa, ricadono in aree non sottoposte a vincolo paesaggistico; 2) per quanto riguarda gli impatti cumulativi: a) la ricorrente aveva presentato elaborati dettagliati ed esaustivi; b) non poteva tenersi conto del parco eolico della Mi. S.r.l. nel Comune di (Omissis) di 20 aerogeneratori, pari ad una potenza complessiva di 60 MW, in quanto non avrebbe potuto essere più realizzato, perché erano scadute l’efficacia dei relativi provvedimento di VIA ex Del. G.R. n. 1469 del 14.11.2013 e Determinazione ex art. 12 D.Lg.vo n. 387/2003 n. 263 del 7.5.2014; c) il progetto di parco eolico nel Comune di (Omissis), presentato dalla Gi. En. S.r.l. il 2.3.2021, era stato pubblicato dopo quello della ricorrente; 3) la società ricorrente aveva allegato analitici studi di monitoraggio avifaunistico, deducendo al riguardo anche l’eccesso di potere per disparità di trattamento, in quanto la Commissione VIA/VAS aveva espresso parere favorevole sul progetto della Gi. En. S.r.l., limitandosi a prescrivere l’effettuazione di un adeguato monitoraggio avifaunistico; 4) la ricorrente aveva presentato un esaustivo Piano preliminare di utilizzo delle terre e rocce da scavo, redatto in base alla normativa vigente, tenuto pure conto della circostanza che i terreni, dove avrebbero dovuto essere installati gli 11 aerogeneratori, sono geologicamente ed idrogeologicamente stabili, deducendo al riguardo anche l’eccesso di potere per disparità di trattamento, in quanto la Commissione VIA/VAS aveva espresso parere favorevole sul progetto della Gi. En. S.r.l., limitandosi a prescrivere studi sulle terre e rocce da scavo; 4) con riferimento al parere negativo del Ministero della Cultura del 30.6.2022, l’eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione, in quanto: A) i terreni, dove avrebbero dovuto essere installati gli 11 aerogeneratori del parco eolico di cui è causa, ricadono in aree non sottoposte a vincolo paesaggistico; B) per quanto riguarda i suindicati siti archeologici, lo studio, presentato dalla ricorrente, attesta che il progetto presenta un rischio basso per il patrimonio archeologico, deducendo anche la violazione del principio di proporzionalità, in quanto il Ministero della Cultura avrebbe potuto prescrivere le misure di sorveglianza archeologica preventiva ex art. 28 D.Lg.vo n. 42/2004; C) con riferimento agli spetti paesaggistici, la ricorrente aveva tenuto conto anche dei vincoli di rimboschimento; D) per quanto riguarda i suindicati beni culturali, gli 11 aerogeneratori sarebbero stati installati a notevole distanza da tali beni; E) con riferimento alla visibilità dell’impianto eolico, oggetto della controversia in esame, lo studio, presentato dalla ricorrente, ed i relativi rilievi fotografici dimostrano un impatto sul paesaggio medio basso o basso; F) per quanto riguarda il cumulo con altri progetti, oltre alle censure, già articolate, con riferimento al parere negativo della Commissione tecnica di verifica dell’impatto ambientale VIA e VAS presso il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica del 12/25.6.2023, relativi agli impianti eolici della Mi. S.r.l. e della Gi. En. S.r.l., i parchi eolici, siti nel Comune di Palazzo San Gervasio, composto da 17 aerogeneratori pari ad una potenza complessiva di 34 MW, e nei Comuni di Venosa e Maschito, composto da 9 aerogeneratori pari ad una potenza complessiva di 38,9 MW, sono esterni all’area vasta; 5) con riferimento al parere parzialmente negativo della Regione Basilicata del 6.4.2023, l’eccesso di potere per difetto di motivazione, in quanto non viene spiegato perché la realizzazione degli aerogeneratori nn. 2, 7, 8 e 9 contribuisce ad accentuare l’impatto negativo sul territorio. Successivamente, con provvedimento ex art. 25 D.Lg.vo n. 152/2006, di concerto tra il competente Direttore Generale del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica ed il competente Direttore Generale del Ministero della Cultura, n. 453 del 2.10.2023 (comunicato con nota/pec del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica del 12.10.2023) è stato espresso il giudizio negativo di compatibilità ambientale sulla suindicata istanza della Na. S.r.l. dell’8/14.4.2021, in condivisione dei suddetti pareri negativi della Commissione tecnica di verifica dell’impatto ambientale VIA e VAS presso il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica del 12/25.6.2023 e del Ministero della Cultura del 30.6.2022. Tale provvedimento di concerto ex art. 25 D.Lg.vo n. 152/2006 n. 453 del 2.10.2023 è stato impugnato dalla società ricorrente con atto di motivi aggiunti, notificato l’1.12.2023 e depositato l’11.12.2023, deducendo, oltre alle censure già articolate con il ricorso introduttivo: 1) l’eccesso di potere per difetto di motivazione, in quanto il provvedimento impugnato si limita ad aderire acriticamente ai precedenti pareri negativi della Commissione tecnica di verifica dell’impatto ambientale VIA e VAS presso il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica del 12/25.6.2023 e del Ministero della Cultura del 30.6.2022, “senza svolgere un’autonoma valutazione; 2) la violazione del principio del cd. dissenso costruttivo ex art. 14 ter, comma 7, L. n. 241/1990, in quanto è stato ripetuto lo stesso errore della Commissione tecnica di verifica dell’impatto ambientale VIA e VAS presso il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica e del Ministero della Cultura, di non aver esplicitato le modifiche al progetto presentato, che avrebbero consentito il rilascio della VIA; 3) la violazione dell’art. 10 bis L. n. 241/1990, in quanto non era stato consentito alla ricorrente con l’invio del preavviso di rigetto, di presentare osservazioni ed integrare la documentazione presentata. Si sono costituiti in giudizio il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, la Commissione tecnica di verifica dell’impatto ambientale VIA e VAS presso il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, il Ministero della Cultura, la Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio della Basilicata e la Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio delle Province di Barletta, Andria e Trani, sostenendo l’infondatezza del ricorso introduttivo e dell’atto di motivi aggiunti. Si è pure costituita al Mi. S.r.l., la quale, oltre a dedurre l’infondatezza del ricorso introduttivo e dell’atto di motivi aggiunti, ha anche fatto presente che: A) i lavori di realizzazione nel Comune di (Omissis) del parco eolico di 20 aerogeneratori, pari ad una potenza complessiva di 60 MW, autorizzato in suo favore dalla Regione Basilicata con provvedimento di VIA ex Del. G.R. n. 1469 del 14.11.2013 e con Determinazione ex art. 12 D.Lg.vo n. 387/2003 n. 263 del 7.5.2014, erano iniziati il 30.1.2017; B) l’efficacia della VIA e dell’autorizzazione ex art. 12 D.Lg.vo n. 387/2003 erano state prorogate con diversi provvedimenti, non impugnati dalla ricorrente (precisamente: 1) parere favorevole della Commissione tecnica di verifica dell’impatto ambientale VIA e VAS presso il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica dell’8.5.2020; 2) Deliberazione del Consiglio dei Ministri del 3.12.2021, perché il Ministero della Cultura in data 23.8.2021 aveva espresso parere contrario; 3) Decreto del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica prot. n. 119 del 16.3.2022; 4) Determinazione della Regione Basilicata n. 1410 dell’11.12.2022) fino all’1.5.2024; C) comunque, con istanza del 20.7.2023 aveva chiesto la proroga di ulteriori 4 anni. La società ricorrente: - prima con memoria del 16.2.2024 ha insistito per l’accoglimento del ricorso introduttivo e dell’atto di motivi aggiunti; - e poi con istanza dell’8.3.2024 ha chiesto il rinvio dell’Udienza Pubblica, per attendere gli sviluppi dell’istanza di proroga della VIA della Mi. S.r.l. del 20.7.2023 e la conclusione di tale procedimento. All’Udienza Pubblica del 20.3.2024 il ricorso introduttivo e l’atto di motivi aggiunti sono passati in decisione. In via preliminare, va disattesa l’istanza della ricorrente, volta ad ottenere il rinvio dell’Udienza Pubblica del 20.3.2023 all’esito del procedimento amministrativo, attivato dalla Mi. S.r.l., volto ad ottenere la proroga della VIA, per le seguenti ragioni: - l’art. 73, comma 1 bis, cod. proc. amm. statuisce che “il rinvio della trattazione della causa è disposto solo per casi eccezionali”; - nella specie, non ricorre alcun caso eccezionale, sia perché la legittimità dell’impugnato provvedimento di concerto ex art. 25 D.Lg.vo n. 152/2006 negativo n. 453 del 2.10.2023 va valutata al momento della sua adozione; sia perché nella stessa area sono stati localizzati, oltre a quello della Mi. S.r.l., altri 11 grandi impianti eolici, di cui 4 già realizzati, 2 già autorizzati e 5 in corso di autorizzazione, la cui domanda è stata presentata prima di quella della ricorrente. Nel merito, il ricorso introduttivo e l’atto di motivi aggiunti sono infondati. Infatti, va disattesa la censura, relativa alla violazione dell’art. 10 bis L. n. 241/1990, con riferimento al parere negativo della Commissione tecnica di verifica dell’impatto ambientale VIA e VAS presso il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica del 12/25.6.2023 ed al provvedimento di concerto negativo n. 453 del 2.10.2023, in quanto, prescindendo dalla circostanza che i pareri negativi del Ministero della Cultura del 30.6.2022 e della Regione Basilicata del 6.4.2023 ed anche l’osservazione della Gi. En. S.r.l. del 22.6.2021 sono stati comunicati alla società ricorrente, la quale ha controdedotto con le note del 18.10.2022 e del 24.4.2023, va rilevato che il comma 10 bis dell’art. 6 D.Lg.vo n. 152/2006, aggiunto dall’art. 25, lett. b), n. 2, D.L. n. 77/2021 conv. nella L. n. 108/2021 ed entrato in vigore l’1.6.2021, ha stabilito che ai procedimenti di VIA non si applica l’art. 10 bis L. n. 241/1990. Nella specie, risultano ostative all’applicazione del principio del cd. dissenso costruttivo ex art. 14 ter, comma 7, L. n. 241/1990 le seguenti circostanze: - che ai sensi della lett. b del paragrafo 3.1 dell’Allegato IV (rubricato “Elementi per il corretto inserimento nel paesaggio e nel territorio degli impianti eolici”) delle Linee Guida nazionali ex art. 12, comma 10, D.Lg.vo n. 387/2003 per la realizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili, approvate con D.M. 10.9.1010, deve essere effettuata una ricognizione nell’ambito di un’area “non meno di 50 volte l’altezza massima del più vicino aerogeneratore”, pari, nella specie a 10 km.; - che nell’ambito di tale area: A) sono già stati realizzati 4 parchi eolici, di rilevanti dimensioni (precisamente: 1) 12 aerogeneratori pari ad una potenza complessiva di 39,6 MW nel Comune di Lavello; 2) 7 aerogeneratori pari ad una potenza complessiva di 14 MW nel Comune di Lavello; 3) 7 aerogeneratori pari ad una potenza complessiva di 14 MW nel Comune di Lavello; 4) 17 aerogeneratori pari ad una potenza complessiva di 34 MW nel Comune di Palazzo San Gervasio, il quale dalle planimetrie, contenute nell’impugnato parere negativo del Ministero della Cultura del 30.6.2022, risulta all’interno della predetta area di cui alla lett. b del paragrafo 3.1 dell’Allegato IV delle Linee Guida ex D.M. 10.9.2010); B) sono stati autorizzati 3 parchi eolici, di grandi dimensioni (precisamente: 1) 20 aerogeneratori pari ad una potenza complessiva di 60 MW nel Comune di (Omissis), autorizzato in favore della Mi. S.r.l.; 2) 5 aerogeneratori pari ad una potenza complessiva di 18 MW nel Comune di (Omissis); 3) e 9 aerogeneratori pari ad una potenza complessiva di 38,9 MW nei Comuni di Venosa e Maschito, il quale parimenti dalle planimetrie, contenute nell’impugnato parere negativo del Ministero della Cultura del 30.6.2022, risulta all’interno della predetta area di cui alla lett. b del paragrafo 3.1 dell’Allegato IV delle Linee Guida ex D.M. 10.9.2010); C) deve tenersi conto anche delle 5 istanze, presentate prima di quella di cui è causa, finalizzate alla realizzazione di altri 5 parchi eolici di rilevanti dimensioni (precisamente: 1) il 7.8.2020 nel Comune di Venosa; 2) il 7.9.2020 nei Comuni di Venosa e Montemilone; 3) il 23.9.2020 nei Comuni di Venosa e Montemilone; 4) il 16.12.2020 nel Comune di (Omissis); 5) dalla Gi. En. S.r.l. il 2.3.2021 nel Comune di (Omissis)); D) deve essere considerato anche il parco eolico di 20 aerogeneratori di 60 MW nel Comune di (Omissis), autorizzato in favore della controinteressata Mi. S.r.l. dalla Regione Basilicata con provvedimento di VIA ex Del. G.R. n. 1469 del 14.11.2013 e con Determinazione ex art. 12 D.Lg.vo n. 387/2003 n. 263 del 7.5.2014, in quanto: 1) i relativi lavori di esecuzione erano iniziati il 30.1.2017; 2) l’efficacia della VIA e dell’autorizzazione ex art. 12 D.Lg.vo n. 387/2003 erano state prorogate con diversi provvedimenti, non impugnati dalla ricorrente (precisamente: a) parere favorevole della Commissione tecnica di verifica dell’impatto ambientale VIA e VAS presso il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica dell’8.5.2020; b) Deliberazione del Consiglio dei Ministri del 3.12.2021, perché il Ministero della Cultura in data 23.8.2021 aveva espresso parere contrario; c) Decreto del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica prot. n. 119 del 16.3.2022; d) Determinazione della Regione Basilicata n. 1410 dell’11.12.2022) fino all’1.5.2024; 3) comunque, con istanza del 20.7.2023 aveva chiesto la proroga di ulteriori 4 anni; E) secondo una valutazione, non illogica e perciò insindacabile dal Tribunale adito, tenuto pure conto delle argomentazioni difensive della ricorrente, del Ministero della Cultura, condivisa anche dalla Commissione tecnica di verifica dell’impatto ambientale VIA e VAS presso il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, la realizzazione anche del parco eolico in questione, ulteriore rispetto ai predetti 12 impianti eolici, già realizzati, già autorizzati o in corso di autorizzazione, genera “un effetto selva, insostenibile sul piano della compatibilità paesaggistica”; F) ciò, tenuto pure conto delle rilevanti dimensioni del parco eolico di cui è causa, composto da 11 aerogeneratori, aventi un’altezza fino al mozzo di 122,5 m. ed il diametro del rotore di 155 m., pari ad un’altezza complessiva di circa 200 m.. Al riguardo, risultano non illogiche anche le seguenti ulteriori considerazioni, esternate dal Ministero della Cultura nel contestato parere negativo del 30.6.2022, che: 1) “la presenza di altri impianti eolici nel medesimo territorio non può di per sé costituire un avallo alla costruzione di nuovi impianti”; 2) “un eccessivo affollamento di aerogeneratori”: a) avrebbe mutato “irrimediabilmente la percezione visiva di un paesaggio archeologico che ancora conserva caratteristiche antiche”, tenuto conto della “notevole altezza” di circa 200 m. degli 11 aerogeneratori proposti, che sarebbero diventati “attrattori visivamente dominanti del paesaggio, che finiscono per predominare sulle altre caratteristiche del contesto paesaggistico”; b) ed avrebbe “inficiato iniziative di valorizzazione futura del territorio”, come lo sviluppo del turismo eco-compatibile della “filiera paesaggio-natura-agricoltura-cultura”; 3) ciò anche perché, prescindendo dalla circostanza che non erano stati presentati i fotoinserimenti dai punti panoramici e di belvedere dislocati nei centri abitati di Montemilone, Lavello e Venosa e dai beni culturali Masseria Torre di Quinto di Montemilone, Masseria Matinella-Veltri di Venosa, Masseria Trentangeli di Venosa, Masseria Marchesa di Lavello, Masseria Finocchiaro di Lavello, Masseria Il Casone di Venosa, Masseria Saraceno-Quaranta di Venosa e Masseria Iannuzzo di Lavello, l’impianto eolico di cui causa sarebbe stato visibile: A) dai siti archeologici Foragine, Finocchiaro 1, Finocchiaro 2, Mangiaguadagno, Tufarello, Matinelle, Maddalena o Catacombe, Carrozze, Cimitero, Regio Tratturello Lavello-Minervino, Regio Tratturello Venosa-Ofanto, Regio Tratturello Lampeggiano, Regio Tratturello Vallecupa-Alvano, Regio Tratturello Canosa-Monteserico-Palmira, Regio Tratturello Notarchirico e Tratturo di Scaccia; B) dai beni culturali Masseria Torre di Quinto di Montemilone, Masseria Matinella-Veltri di Venosa, Masseria Trentangeli di Venosa, Masseria Marchesa di Lavello e Masseria Finocchiaro di Lavello; C) dal lago Toppo di Francia e del Lampeggiano e dai corsi d’acqua Vallone delle Castagne o Lucito, Vallone Occhiatello dei Briganti e della Castagna, Vallone Cormita, Vallone Esca e S. Nicola, Vallone Melito, Vallone S. Stefano, Vallone Gavitelle Colombano e Mastraddico, Vallone Lampeggiano e Noci Servale, OFANTO, Fosso Cugnariello e Fontana dell’Arena, Vallone Chiatraguarnieri, Carpellotto e Vallone Cupa, Fiumara di Venosa e Matinella, Vallone S. Domenica, Valle della Bagnara e Vallone Il Reale. Va, altresì, rilevato che il provvedimento ex art. 25 D.Lg.vo n. 152/2006, di concerto tra il competente Direttore Generale del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica ed il competente Direttore Generale del Ministero della Cultura, n. 453 del 2.10.2023, con il quale è stato espresso il giudizio negativo di compatibilità ambientale sull’istanza della ricorrente dell’8/14.4.2021, oggetto della controversia in esame, risulta sufficientemente motivato, ai sensi dell’art. 3, comma 3, L. n. 241/1990, con il rinvio per relationem al contenuto dei presupposti pareri negativi della Commissione tecnica di verifica dell’impatto ambientale VIA e VAS presso il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica del 12/25.6.2023 e del Ministero della Cultura del 30.6.2022. Non occorre esaminare le altre censure, perché, in caso di autonomi motivi posti a fondamento di un provvedimento amministrativo impugnato in via giurisdizionale, tale provvedimento deve ritenersi legittimo anche se uno solo di essi è fondato e perciò idoneo a sorreggerne la validità. A quanto sopra consegue la reiezione del ricorso introduttivo e dell’atto di motivi aggiunti. Ai sensi del combinato disposto di cui agli artt. 26, comma 1, e 29 cod. proc. amm. e artt. 91 e 92, comma 2, c.p.c. le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate nel dispositivo, tenendo conto della circostanza che il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica ed il Ministero della Cultura si sono difesi separatamente con differenti argomentazioni difensive. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Basilicata respinge il ricorso introduttivo e l’atto di motivi aggiunti. Condanna la ricorrente Na. S.r.l. al pagamento delle spese di giudizio di: € 3.000,00 (tremila), oltre accessori, se dovuti, in favore del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica; € 3.000,00 (tremila), oltre accessori, se dovuti, in favore del Ministero della Cultura; € 3.000,00 (tremila), oltre rimborso forfettario ex art. 2, comma 2, D.M. n. 55/2014, IVA e CPA, in favore della controinteressata Mi. S.r.l.. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Potenza nella camera di consiglio del giorno 20 marzo 2024 con l'intervento dei magistrati: Fabio Donadono, Presidente Pasquale Mastrantuono, Consigliere, Estensore Benedetto Nappi, Consigliere
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Basilicata (Sezione Prima) ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 526 del 2023, proposto dalla Cooperativa Sociale Na. un So., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’avv. An. Fe., PEC (…), domiciliata ai sensi dell’art. 82 R.D. n. 37/1934 presso la Segreteria di questo Tribunale; contro Comune di (Omissis), in persona del Sindaco p.t., non costituito in giudizio; nei confronti - Cooperativa ONLUS Ra. di So., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’avv. Lu. To., PEC (…), domiciliata ai sensi dell’art. 82 R.D. n. 37/1934 presso la Segreteria di questo Tribunale; - associazione di promozione sociale An. for Ch., in persona del legale rappresentante p.t., non costituita in giudizio; Ricorso ex art. 116 cod. proc. amm., per l’annullamento dell’atto prot. n. (…) del 6.11.2023 (comunicato con pec di pari data 6.11.2023), con il quale il Responsabile della procedura negoziata, indetta dal Comune di (Omissis) con la Determinazione del 28.8.2023 per l’affidamento del servizio di gestione dell’Asilo Nido comunale negli anni scolastici (…) e (…), ha accolto parzialmente l’istanza della Cooperativa Sociale Na. un So. del 25.10.2023, classificatasi nella predetta procedura negoziata al 3° posto con il punteggio complessivo di 76 punti (cioè punteggio massimo di 70 punti per l’offerta tecnica e 7 punti per l’offerta economica), di accesso ai documenti amministrativi, alle offerte tecniche ed economiche ed alle giustificazioni delle offerte, presentati dalla Cooperativa ONLUS Ra. di So., collocatasi al 1° posto con il punteggio complessivo di 100 punti (cioè punteggio massimo di 70 punti per l’offerta tecnica e punteggio massimo di 30 per l’offerta economica), e dall’associazione di promozione sociale An. for Ch., classificatasi al 2° posto con il punteggio complessivo di 80,74 punti (cioè 69,35 punti per l’offerta tecnica e 11,39 punti per l’offerta economica), nella parte in cui è stato negato l’accesso alle offerte tecniche ed alle giustificazioni alle offerte, in quanto la Cooperativa ONLUS Ra. di So. e l’associazione di promozione sociale An. for Ch. avevano “formalmente dichiarato la sussistenza nell’ambito dell’offerta tecnica di informazioni che costituiscono segreti tecnici e commerciali ai sensi dell’art. 35, comma 4, D.Lg.vo n. 36/2023, non autorizzando l’ostensione” (mentre l’istanza di accesso è stata accolta con riferimento alla documentazione amministrativa ed alle offerte economiche); Visti il ricorso ed i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio della Cooperativa ONLUS Ra. di So.; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nella camera di consiglio del giorno 20 marzo 2024 il Cons. Pasquale Mastrantuono e uditi per le parti i difensori, come specificato nel verbale; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO e DIRITTO Con Determinazione del 28.8.2023 il Comune di (Omissis) ha indetto una procedura negoziata per l’affidamento del servizio di gestione dell’Asilo Nido comunale negli anni scolastici (…) e (…). All’esito si sono classificati: al 1° posto la Cooperativa ONLUS Ra. di So.con il punteggio complessivo di 100 punti (cioè punteggio massimo di 70 punti per l’offerta tecnica e punteggio massimo di 30 per l’offerta economica); al 2° posto l’associazione di promozione sociale An. for Ch. con il punteggio complessivo di 80,74 punti (cioè 69,35 punti per l’offerta tecnica e 11,39 punti per l’offerta economica); ed al 3° posto la Cooperativa Sociale Na. un So. del 25.10.2023 con il punteggio complessivo di 76 punti (cioè punteggio massimo di 70 punti per l’offerta tecnica e 7 punti per l’offerta economica). Pertanto, con Determinazione n. 410 del 18.10.2023 la suddetta procedura negoziata è stata aggiudicata in favore della Cooperativa ONLUS Ra. di So. Con istanza del 25.10.2023 la Cooperativa Sociale Na. un So. ha chiesto alla stazione appaltante la copia dei documenti amministrativi, delle offerte tecniche, delle offerte economiche e delle giustificazioni delle offerte, presentati dalla Cooperativa ONLUS Ra. di So. e dall’associazione di promozione sociale An. for Ch., “al fine di verificare la coerenza dei punteggi assegnati” e la sussistenza dei presupposti, per la proposizione di un eventuale ricorso giurisdizionale. Con atto prot. n. (…) del 6.11.2023 (comunicato con pec di pari data 6.11.2023), con il quale il Responsabile della procedura negoziata ha accolto parzialmente la predetta istanza di accesso, in quanto ha consentito l’accesso soltanto alla documentazione amministrativa ed alle offerte economiche, negandolo per le offerte tecniche e le giustificazioni alle offerte, in quanto la Cooperativa ONLUS Ra. di So. e l’associazione di promozione sociale An. for Ch. avevano “formalmente dichiarato la sussistenza nell’ambito dell’offerta tecnica di informazioni che costituiscono segreti tecnici e commerciali ai sensi dell’art. 35, comma 4, D.Lg.vo n. 36/2023, non autorizzando l’ostensione”. Pertanto, la Cooperativa Sociale Na. un So. con il presente ricorso, notificato il 22.11.2023 presso gli indirizzi di posta elettronica IPA (…) e (…) ed a mezzo posta cartacea nei confronti dell’associazione di promozione sociale An. for Ch. (eseguita il 24.11.2023) e depositato il 28.11.2023, ha impugnato il predetto atto prot. n. (…) del 6.11.2023, nella parte in cui è stato negato l’accesso alle offerte tecniche ed alle giustificazioni alle offerte della Cooperativa ONLUS Ra. di So. e dell’associazione di promozione sociale An. for Ch., deducendo la violazione degli artt. 53, commi 1 e 6, D.Lg.vo n. 36/2023 (nuovo Codice degli Appalti, che si applica alle procedura negoziate, come quella in discorso, i cui inviti a presentare le offerte sono stati inviati dall’1.7.2023) e 22 e seguenti L. n. 241/1990. Si è costituita in giudizio la Cooperativa ONLUS Ra. di So., la quale ha eccepito l’inammissibilità del ricorso, in quanto la ricorrente non aveva specificato l’interesse sotteso alla richiesta di accesso, e dedotto l’infondatezza del gravame. Nella Camera di Consiglio del 20.3.2024 il ricorso è passato in decisione. Il ricorso è fondato. In via preliminare, va affermata l’ammissibilità del ricorso in esame, in quanto la Cooperativa ricorrente, avendo partecipato alla procedura negoziata in questione ha l’interesse a verificare, se i punteggi, attribuiti alle offerte tecniche della Cooperativa ONLUS Ra. di So. e dell’associazione di promozione sociale An. for Ch., sono stati legittimamente assegnati ed anche, se i predetti due concorrenti, classificatasi al 1° ed al 2° posto, hanno congruamente giustificato le loro offerte. Ciò anche perché tali verifiche sono necessarie, per valutare, se sussistono i presupposti, per impugnare in via giurisdizionale il suddetto provvedimento di aggiudicazione di cui alla citata Determinazione n. 410 del 18.10.2023. Nel merito, il ricorso è fondato. Al riguardo, va richiamato l’orientamento di questo Tribunale di cui alle Ordinanze n. 712 del 24.10.2022, n. 706 del 20.10.2022, n. 741 del 18.11.2021 e n. 727 del 2.10.2019, con il quale è stato statuito che: 1) ai sensi dell’art. 22, comma 1, lett. d), L. n. 241/1990, il diritto di accesso può essere esercitato nei confronti degli atti amministrativi interni e/o endoprocedimentali, anche se provengono da soggetti privati, quando, come nella specie, vengono acquisiti nell’ambito di un procedimento amministrativo; 2) comunque, l’ostensione dei documenti amministrativi va riconosciuta a prescindere dall’utilità che il richiedente ne potrà trarre (cfr. TAR Lazio Sez. III quater n. 5656 del 27.5.2014; TAR Lazio Sez. III n. 3652 del 2.4.2014, n. 2186 del 25.2.2014, n. 734 del 21.1.2014 e n. 10152 del 27.11.2013, le quali tutte richiamano la Sentenza n. 540 del 4.12.2012 del TAR Basilicata, che ha confermato tale orientamento con le successive Sentenze n. 424 del 2.7.2018, n. 276 del 4.4.2017, n. 3 del 16.1.2016, n. 561 del 14.9.2015, n. 453 del 22.7.2015, n. 905 del 27.12.2014, nn.. 781, 780 e 779 del 12.11.2014, n. 676 del 25.9.2014 e n. 646 dell’11.9.2014), in quanto il diritto all’accesso ai documenti amministrativi risulta finalizzato a soddisfare il mero bisogno di conoscenza non solo dei soggetti interessati, titolari di un diritto soggettivo o di un interesse legittimo, ma anche dei soggetti portatori di interessi diffusi e/o collettivi (cfr. art. 4 DPR n. 184/2006), e risulta strumentale ad assicurare l’imparzialità e la trasparenza dell’azione amministrativa (cfr. art. 22, comma 2, L. n. 241/1990)”; 3) nell’ambito di tutti i procedimenti di evidenza pubblica non sussiste alcuna esigenza di tutelare la riservatezza dei singoli candidati, in quanto tali procedure risultano caratterizzate da una competizione e da un giudizio di relazione fra tutti i concorrenti, i quali, partecipando alla selezione, deve ritenersi che abbiano implicitamente già acconsentito all’accesso dei loro elaborati, che, peraltro, una volta acquisiti nell’ambito del procedimento amministrativo, escono dalla sfera giuridica personale dei concorrenti (sul punto cfr. TAR Basilicata Sentenze n. 246 del 22.3.2017, n. 857 dell’11.12.2014, n. 397 del 21.6.2014, nn. 221, 196, 197 e 198 del 29.4.2013, n. 276 del 13.6.2012, n. 260 dell’8.6.2012, n. 250 del 24.5.2012, n. 101 del 28.2.2012, n. 587 del 15.12.2011, n. 382 del 27.6.2011, n. 405 del 3.7.2009 e n. 213 del 15.5.2009, che richiamano TAR Lazio Sez. III sent. n. 6459 dell’8.7.2008; ma prima ancora, con specifico riferimento ai concorsi, vedi C.d.S. Sez. IV Sent. n. 5 del 13.1.1995); 4) poiché ai sensi del vigente art. 35, comma 4, lett. a), D.Lg.vo n. 36/2023, come del previgente art. 53, comma 5, lett. a), D.Lg.vo n. 50/2016, nei procedimenti di affidamento di contratti pubblici possono essere esclusi dal diritto di accesso le informazioni fornite dagli offerenti nell’ambito delle offerte ovvero a giustificazione delle medesime, che “costituiscono, secondo motivata e comprovata dichiarazione dell’offerente, segreti tecnici o commerciali”, da tale norma si desume agevolmente che possono essere sottratte all’accesso esclusivamente le parti delle offerte tecniche, caratterizzate dal regime di segretezza di cui all’art. 98 D.Lg.vo n. 30/2005, in quanto può nuocere al patrimonio aziendale soltanto la divulgazione e/o diffusione di “disegni e modelli” ex artt. 31-44, “invenzioni” ex artt. 45-81 o “modelli di utilità” ex artt. 82-97 D.Lg.vo n. 30/2005 oppure di “segreti tecnici e/o commerciali” non “facilmente accessibili agli esperti ed agli operatori del settore” e che sono sottoposti “a misure da ritenersi ragionevolmente adeguate a mantenerle segrete”, dalla cui conoscenza può derivare un indebito vantaggio commerciale all’interno del mercato di riferimento e/o può avvantaggiare ingiustificatamente i concorrenti in vista della partecipazione ad altre gare di oggetto analogo (cfr. TAR Basilicata Ordinanze n. 59 del 6.6.2018, n. 15 del 28.1.2016 e n. 182 del 2.10.2013; Sentenze n. 276 del 4.4.2017, n. 590 dell’1.6.2016 e n. 621 dell’8.9.2014)”). Poiché, nella specie, nel presente giudizio non sono emerse le predette eccezioni al diritto di accesso, né la costituita Cooperativa ONLUS Ra. di So. ha dedotto e dimostrato alcunché al riguardo, il ricorso in esame va accolto ed ordinato al Responsabile del Settore Affari Generali del Comune di (Omissis), trasmettere, entro 30 giorni dalla comunicazione o notificazione, se anteriore, della presente Sentenza, alla ricorrente la versione integrale delle offerte tecniche, formulate dalla Cooperativa ONLUS Ra. di So. e dall’associazione di promozione sociale An. for Ch., ed anche le giustificazioni delle offerte, presentate dai predetti due concorrenti. Ai sensi del combinato disposto di cui agli artt. 26, comma 1, e 29 cod. proc. amm. e artt. 91 e 92, comma 2, c.p.c. il Comune di (Omissis) va condannato al pagamento delle spese di lite, liquidate in dispositivo, mentre sussistono eccezionali motivi per disporre la compensazione delle spese di giudizio nei confronti delle controinteressate Cooperativa ONLUS Ra. di So. e associazione di promozione sociale An. for Ch. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Basilicata accoglie il ricorso in epigrafe, nei sensi indicati in motivazione. Condanna il Comune di (Omissis) al pagamento, in favore della ricorrente, delle spese di giudizio, liquidate in complessivi € 2.000,00 (duemila), oltre rimborso forfettario ex art. 2, comma 2, D.M. n. 55/2014, IVA, CPA e spese a titolo di Contributo Unificato nella misura versata; spese compensate nei confronti delle controinteressate Cooperativa ONLUS Ra. di So. e associazione di promozione sociale An. for Ch. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Potenza nella camera di consiglio del giorno 20 marzo 2024 con l'intervento dei magistrati: Fabio Donadono, Presidente Pasquale Mastrantuono, Consigliere, Estensore Benedetto Nappi, Consigliere
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI POTENZA SEZIONE CIVILE Il Tribunale di Potenza - Sezione Civile in composizione monocratica nella persona del Giudice (Gop) dott.ssa Mariella Elena Cirillo, a seguito del deposito di note a trattazione scritta del 01.12.2023 ha pronunciato la seguente SENTENZA Nella causa civile iscritta al n 1422 degli affari civile dell'anno 2016 e vertente TRA De.Or. nato a C. il (...) c.f. (...) rappresentato e difeso dall'avv. Fe.Lo. giusto mandato in calce all'atto di costituzione di nuovo difensore ed elettivamente domiciliato in Potenza via (...) presso lo studio del difensore ATTORE E An.Ru. nato a P. il (...) (...) residente in c.da V. P. CONVENUTO - NON COSTITUITO Oggetto: Locazione - pagamento canoni SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE Con ricorso ex art. 447 bis c.p.c., l'attore, in virtù di contratto di locazione sottoscritto in data 01.06.2010 e registrato in data 05.08.2010 e del contratto successivo del 01.06.2014 registrato in data 30.06.2014, concedeva in locazione, ad uso abitativo, l'immobile sito in P. alla via L. S. F. 12, interno 5 al signor An.Ru., a fronte del pagamento del canone di Euro 650 mensili per il primo quadriennio -corrispondente al primo contratto-, ed Euro 550 per il secondo quadriennio - corrispondente al secondo contratto - Deduceva ancora che il convenuto resistente si era reso moroso per il pagamento dei canoni per un importo totale di Euro 20.850,00 in quanto, nel corso della locazione aveva effettuato pagamenti non continuati delle varie mensilità, di cui dava riscontro esatto in un prospetto depositato, corredato da documenti bancari che attestavano i pagamenti ricevuti in modo saltuario e non costante. A seguito di tali mancati pagamenti si era concretizzata la morosità complessiva di Euro 20.850,00, pertanto chiedeva la condanna al pagamento della suddetta morosità nonché interessi fino al soddisfo e vittoria delle spese legali; in via subordinata, sussistendone i presupposti, ne chiedeva la condanna ex art. 2041 c.c.; in ogni caso con vittoria delle spese di lite. Nonostante la regolarità della notifica, nessuno si costituiva per parte resistente ed, il ricorrente, dava atto del rilascio immobile avvenuto nel luglio del 2015, nonchè depositava verbale di mediazione negativa per mancata partecipazione del An.Ru.. Veniva richiesto e concesso, quale istruttoria, l'interrogatorio formale del resistente non costituito, e pertanto notificata regolarmente l'ordinanza di ammissione e fissazione udienza per l'espletamento dello stesso, il An.Ru. non si presentava all'udienza fissata per rendere interrogatorio formale e la causa veniva rinviata per discussione e decisione. Dopo rinvii per il carico di ruolo la causa si presenta per la decisione a seguito della disposta trattazione scritta ex art. 127 ter c.p.c. e a seguito delle note scritte depositate che tengono luogo alla discussione veniva trattenuta per la decisione. DIRITTO La domanda di parte ricorrente è fondata e, pertanto, va accolta. Costituisce difatti principio pacifico quello secondo cui in tema di prova dell'inadempimento di una obbligazione, il creditore che agisca per la risoluzione contrattuale, per il risarcimento del danno, ovvero per l'adempimento deve soltanto provare la fonte (negoziate o legale) del suo diritto ed il relativo termine di scadenza, limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell'inadempimento della controparte mentre il debitore convenuto è gravato dall'onere della prova del fatto estintivo dell'altrui pretesa, costituito dall'avvenuto adempimento (così Cass. n. 15659 /2011; conf. Cass. Civ. 3373/2010; Cass. n. 9351/2007; Cass. Sezioni Unite n. 13533/2001). La parte intimante ha assolto gli oneri che le incombevano producendo in giudizio i contratti di locazione conclusi con il conduttore, a dimostrazione del titolo e della scadenza dell'obbligazione asseritamente inadempiuta dal conduttore. Inoltre, ha documentato tutti i pagamenti ricevuti nel periodo di locazione, e quindi contemporaneamente ha documentato anche le mensilità in cui il pagamento non è avvenuto. Orbene, alla luce della suddetta documentazione probante, incombeva alla parte convenuta dimostrare fatti impeditivi, estintivi o modificativi, idonei a paralizzare la pretesa della parte attrice e diretti ad integrare o modificare quanto "sigillato" nel contratto di locazione vigente e regolarmente registrato, e quindi documentare gli avvenuti pagamenti sostenuti, oppure motivare l'impossibilità di tale inadempimento. Circostanze queste che il resistente, rimasto contumace per tutto il giudizio, poteva attuare rendendo l'interrogatorio formale, notificato correttamente, ma che invece ha ignorato con conseguente valutazione di tale atteggiamento processuale ai fini probatori. Conseguentemente va valutata come legittima e fondata l'iniziativa giudiziaria assunta dal locatore. Pertanto, va condannato il resistente An.Ru. al pagamento dei canoni non versati ovvero al pagamento della somma di Euro 20.850,00 oltre interessi legali dalle singole scadenze al saldo. Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo, facendo applicazione dei parametri minimi di cui al D.M. n. 55 del 2014, tenuto conto del valore della causa e delle questioni affrontate, della mancanza di istruttoria. P.Q.M. Il Tribunale di Potenza - sezione civile - in composizione monocratica nella persona del Giudice (Gop). Dott.ssa Mariella Elena Cirillo, definitivamente pronunciando, disattesa ogni altra domanda, eccezione e deduzione, così provvede: Accoglie la domanda attorea e per l'effetto: - condanna An.Ru. al pagamento, in favore dell'attore, della somma di Euro20.850,00, a titolo di canoni di locazione scaduti e non corrisposti oltre interessi legali dalle singole scadenze all'effettivo soddisfo; - condanna An.Ru. alla rifusione in favore dell'attore delle spese di lite che si liquidano in 237,00 per spese ed Euro 2.540,00, oltre spese generali, Iva e Cap come per legge. Così deciso in Potenza il 5 marzo 2024. Depositata in Cancelleria il 5 marzo 2024.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE DI POTENZA SEZIONE CIVILE riunito in Camera di Consiglio nelle persone dei Magistrati dott.ssa Licia Tomay - Presidente rel. est. dott.ssa Rossella Magarelli - Giudice dott.ssa Adelia Tomasetti - Giudice ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile iscritta al n. 2666/23 Ru.Gi. tra Ma.An., elett.te dom.ta in Abano Terme presso lo studio dell'avv. Mo.Mo. che la rappresenta e difende per mandato in calce al ricorso introduttivo. Ricorrente e Ru.Gi., elett.te dom.to in Tramutola presso lo studio dell'avv. Ol.Da. che lo rappresenta e difende per mandato in calce alla comparsa di costituzione. resistente nonché Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Potenza. Parte necessaria Oggetto: modifica delle condizioni della separazione. RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE Con ricorso dell'11.07.2023 Ma.An. ha chiesto la modifica delle condizioni della separazione consensuale dal coniuge Ru.Gi., omologata dal Tribunale di Milano con decreto n. cron. 7644/20, con l'aumento ad Euro 800,00 mensili dell'assegno di mantenimento in suo favore, già posto a carico del resistente nella misura di 275 Euro mensili. Ha dedotto che le condizioni reddituali di quest'ultimo sono migliorate, poiché egli percepisce una pensione di circa 1.900,00 Euro mensili ed è libero dai precedenti oneri di pagamento delle spese straordinarie per la figlia St., che è divenuta economicamente indipendente; che essa ricorrente, al contrario, a causa dell'età e delle precarie condizioni di salute non riesce a reperire una occupazione lavorativa. Ha chiesto altresì la condanna del resistente al risarcimento del danno e del turbamento cagionatole dall'inadempimento dell'obbligo, assunto in sede di separazione, di corrispondere alla coniuge separata il 50% degli importi giacenti sui conti correnti intestati. Instaurato il contradditorio, si è costituito il resistente, il quale ha contestato la domanda e ne ha chiesto il rigetto. Ha dedotto che la propria condizione reddituale è rimasta immutata dall'epoca della separazione, poiché egli percepisce sempre la medesima pensione mensile, con un irrilevante e lieve aumento di circa 50,00 Euro mensili, dovuto alla riduzione dell'aliquota dell'addizionale regionale della Basilicata sul reddito delle persone fisiche; di avere consegnato alla coniuge - all'indomani della separazione - la somma di Euro 1.500,00 in contanti, corrispondente alla metà dell'importo giacente sul conto corrente cointestato. All'udienza del 07.12.2023 - svoltasi a trattazione scritta - le parti hanno precisato le conclusioni riportandosi ai rispettivi scritti difensivi e la causa è stata riservata in decisione. Il P.M. ha apposto il proprio "visto". La domanda non può trovare accoglimento. A norma dell'art. 473 bis.29 c.p.c., qualora sopravvengano giustificati motivi le parti possono in ogni tempo chiedere la revisione dei provvedimenti a tutela dei minori e in materia di contributi economici. Secondo il costante orientamento della giurisprudenza di merito e di legittimità, come formatosi in relazione all'analoga previsione dei previgenti art. 156 c.c. e art. 9 della L. n. 898 del 1970, i giustificati motivi che autorizzano la modificazione delle condizioni della separazione o del divorzio consistono in fatti nuovi sopravvenuti, modificativi della situazione in relazione alla quale le predette condizioni erano state stabilite. E' noto poi che la revisione delle condizioni deve rappresentare il risultato di una valutazione comparativa delle rispettive situazioni economico-patrimoniali degli ex coniugi e non una mera presa d'atto della sopravvenienza di circostanze incidenti sul patrimonio o sul reddito di uno o di entrambi (v. Cass. 14734/2016 in materia di divorzio). Nel caso di specie, non risulta dimostrato il mutamento della condizione reddituale del resistente, che la ricorrente ha posto a fondamento della propria domanda di modifica. Ed invero, avuto riguardo alla prodotta documentazione reddituale, il resistente continua a percepire pressoché il medesimo reddito di cui godeva all'epoca della separazione (Euro 29.940,00 per l'anno 2020, Euro 29.962,00 per l'anno 2021, Euro 30.706,00 per l'anno 2022), con uno scostamento marginale e come tale inidoneo a giustificare la chiesta modifica. Anche il riferimento alla cessazione dell'obbligo di sostenere le spese straordinarie per la figlia S. non è stato connotato dalla ricorrente di elementi di prova che consentano di apprezzare l'effettiva incidenza economica del predetto obbligo sui precedenti redditi del resistente e, di conseguenza, l'effettivo miglioramento che il venir meno di quell'obbligo ha apportato alla sua complessiva condizione economica. La domanda è pertanto rigettata. La domanda di risarcimento del danno è inammissibile. E', infatti, orientamento consolidato della Suprema Corte che l'art. 40 c.p.c. consente nello stesso processo il cumulo di domande soggette a riti diversi soltanto in ipotesi qualificate di connessione (artt. 31, 32, 34, 35 e 36), così escludendo la possibilità di proporre più domande connesse soggettivamente e caratterizzate da riti diversi: conseguentemente, è esclusa la possibilità del "simultaneus processus" tra l'azione di separazione o di divorzio, e relative modifiche, e quelle aventi ad oggetto, tra l'altro, lo scioglimento della comunione coniugale, la divisione o la restituzione dei beni, il rimborso di somme anticipate o il risarcimento del danno, essendo queste ultime soggette al rito ordinario, autonome e distinte dalla prima (cfr. Cass. 10356/2005; Cass. 6424/2017). Il principio è condiviso da questo Tribunale, osservandosi che la trattazione, in una alla domanda di separazione o di divorzio - o di modifica, come nel caso in esame, delle relative condizioni -, delle suddette domande, che richiedono un'istruttoria specifica e talora prolungata, risulta in contrasto con l'interesse - che non può ritenersi di natura esclusivamente privatistica - alla celere definizione non solo della questione inerenti la cessazione degli effetti civili o lo scioglimento del matrimonio, ma anche delle delicate questioni relative all'affidamento, collocazione abitativa e mantenimento dei figli minori ed all'assegno per il coniuge, e dunque alla formazione del giudicato su tali questioni che, sia pure di natura atipica (c.d. "rebus sic stantibus"), tuttavia costituisce un punto fermo rispetto al quale sono allegabili soltanto le modifiche dello stato di fatto e i giustificati motivi che costituiscono il presupposto dei procedimenti disciplinati dall'art. dagli artt. 473 bis.29 cit. Le spese seguono la soccombenza e, liquidate come in dispositivo specificato, sono attribuite al difensore avv. Ol.Da. per dichiarato anticipo. P.Q.M. Il Tribunale definitivamente pronunciando sulla domanda proposta da Ma.An. nei confronti di Ru.Gi. con ricorso dell'11.07.2023, così provvede: a) rigetta la domanda di modifica delle condizioni della separazione; b) dichiara inammissibile la domanda di risarcimento del danno; c) condanna la ricorrente al pagamento in favore del resistente delle spese processuali, che liquida in Euro 2.540,00 per compenso professionale, oltre rimborso spese generali, iva e cpa come per legge, con attribuzione al difensore. Così deciso in Potenza il 28 febbraio 2024. Depositata in Cancelleria il 5 marzo 2024.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale di Potenza, in composizione monocratica nella persona del Giudice Onorario dr.ssa Caterina Genzano, ha emesso la seguente SENTENZA nella causa civile iscritta al n. 1498 del ruolo degli affari contenziosi dell'anno 2012 avente ad oggetto: risarcimento danni; vertente TRA - Le.Pi. con l'Avv. Sa.Pi. e domiciliato in Potenza alla via Pretoria n. 12 presso lo studio dell'avv. En.Fa.; -ATTORE- E - CONDOMINIO Gl. di Via S. R. n. 39B Pi., in persona dell'amm. p.t. con l'Avv. En.Sa., presso il cui studio domicilia in Potenza alla Via (...); -CONVENUTO - E - Al.Ca. - con l'avv. Ro.Me. ed elettivamente domiciliati in Potenza alla via (...) presso lo studio dell'avv. Pa.Al.; -PARTE INTERVENUTA- FATTO E DIRITTO Con atto di citazione ritualmente notificato in data 2.07.2012, il sig. Le.Pi., conveniva in giudizio il Condominio Gl. di Via S. R. n. 39/B di Pi., in persona del suo amm. p.t., per ottenere il risarcimento dei danni, materiali e morali, determinati nella somma di Euro 121.500,00 derivati da lavori di straordinaria manutenzione effettuati nel fabbricato condominiale. Detti lavori, approvati con Delib. del 26 maggio 2010, iniziavano il 30.06.2010 e terminavano il 23.11.2011. Rappresentava l'odierno attore che in data 23.02.2011 iniziava la demolizione del tetto, ultimata solo il 3.03.2011, e solo in data 29.03.2011 veniva ricostruito il tetto senza alcuna copertura a protezione dell'immobile. A causa di diverse precipitazioni si verificavano infiltrazioni che danneggiavano la proprietà del Pi.. Assumeva che la realizzazione dei lavori straordinari venivano affidati all'impresa Al. srl di Ca.Al., e che al termine di detti lavori l'attore riscontrava gravi danni all'immobile di sua proprietà, nonché agli arredi, determinati dalla non corretta esecuzione degli stessi. In data 21.11.2011 evidenziava, a mezzo raccomandata tali danni all'amministratore con richiesta di ripristino della situazione. Sollecitato più volte l'amministratore e non ottenendo riscontro alcuno, interessava un proprio consulente arch. M.D. per la stima dei danni nonché il consulente R.D. per la stima dei danni ai diversi tappeti che arredavano il proprio appartamento. Anche l'ing. A.M., direttore dei lavori a seguito di sopralluogo del 5.03.2012 rilevava numerosi danni derivanti dai lavori eseguiti dall'impresa Al. srl al fabbricato condominiale. Concludeva per la condanna del Condominio convenuto al pagamento dei danni, materiali e morali, quantificabili in Euro 121.500,00 o nella misura ritenuta di giustizia, anche in via equitativa. Il tutto con vittoria di spese del giudizio. Si costituiva in giudizio, con comparsa dell'8.11.2012 il Condominio Gl. in persona dell'amministratore p.t., G.C., con l'avv. Enzo Sarli resistendo ed opponendosi a tutte le domande, deduzioni ed eccezioni avversarie. Preliminarmente eccepiva il difetto di legittimazione passiva del Condominio per essere legittimata solo la società Al. srl quale impresa esecutrice dei lavori, e come tale responsabile per i lavori non eseguiti a regola d'arte. Contestava, nel merito ogni richiesta circa i danni lamentati e la quantificazione degli stessi. Concludeva per il rigetto integrale della domanda attorea con ristoro delle competenze del giudizio. Con comparsa del 5.02.2013 interveniva volontariamente nel giudizio Al.Ca., condomino del fabbricato Glicine, con l'avv. Rocco Mele. In via preliminare eccepivava il difetto di legittimazione passiva del Condominio convenuto, riteneva l'impresa Al. srl unica responsabile per eventuali danni derivati dall'esecuzione dei lavori condominiali. Tra l'altro, asseriva che la domanda del Pi. è finalizzata a conseguire un illecito arricchimento a danno di tutti gli altri condomini, che l'attore non ha mai adempiuto al pagamento delle quote condominiali e che tale condotta mira a defatigare le azioni di recupero dell'ingente debito dallo stesso maturato nei confronti del condominio e da quest'ultimo nei confronti dell'impresa Al. srl. Nel merito, evidenziava la mancanza di prova assoluta del nesso di causalità tra inadempimento e danni nonché l'entità degli stessi. Concludeva per il rigetto di ogni domanda attorea con vittoria di spese del giudizio e condanna del Pi. a titolo di responsabilità ex art. 96 c.p.c.. Alla prima udienza veniva evidenziata la pendenza di diversi giudizi tra le stesse parti avente medesime domande, pertanto a seguito di opportuna verifica, con Provv. del 5 settembre 2013 il Giudice titolare del ruolo disponeva la riunione del presente fascicolo, nonché dei procedimenti RGN. 2305/2012, RGN 2776/2011 a quello contraddistinto al NRG 2725/2011. Successivamente, con Provv. del 25 maggio 2022, rilevata la complessità della trattazione di diversi procedimenti riuniti, il Giudice designato, ne disponeva la separazione. In corso di causa, all'udienza del 6.04.2016 veniva escussa la teste P.M.C., dipendente delle Tenute Le Querce, di cui il Pi. rivestiva la carica di amministratore, la quale dichiarava che alcuni anni prima si era recata all'appartamento dell'attore, per cui è causa, e constatava che dal soffitto gocciolava acqua che ristagnava al suolo. Si recava a casa del Pi., in sua assenza, per accudire il cane. Riscontrava, inoltre, in quella circostanza che i tappeti e la moquette erano impregnati di acqua. Riconosceva le foto che le venivano mostrate, all. n. 4 fascicolo di parte. Dopo diversi rinvii, all'udienza del 18.10.2023 la causa veniva trattenuta in decisione, con i termini ex art. 190 c.p.c... Le parti depositavano comparse conclusionali riportandosi alle proprie conclusini. La domanda dell'opponente è infondata e pertanto va rigettata. In via preliminare si eccepisce il difetto di legittimazione passiva del Condominio convenuto. Nel proprio atto parte attrice ritiene responsabile per i danni cagionati a seguito di lavori condominiali il Condominio ai sensi dell'art. 2051 c.c... "il condominio di un edificio, quale custode dei beni e dei servizi comuni, è obbligato ad adottare tutte le misure necessarie affinchè le cose comuni non rechino pregiudizio ad alcuno e risponde in base all'art. 2051 c.c. dei danni da queste cagionati alle porzioni di proprietà esclusiva di uno dei condomini". (Cass. Civ. sez. II 12.07.2011 n. 15291). Documenta i danni lamentati con la stima di parte redatta dall'arch. M. D., e di R.D. per i danni ai tappeti , nonché con la stima redatta dell'ing. Al. M., direttore dei lavori, espletata a seguito di sopralluogo effettuato il 5.03.2012. Lamenta che i lavori di manutenzione straordinaria realizzati dalla ditta Al. srl incaricata dal condominio non sono stati realizzati a regola d'arte e pertanto hanno provocato danni ingenti alla proprietà dell'attore, agli arredi, e tanto anche alle proprietà di altri condomini. Precisa che il condominio convenuto, quale parte committente nel contratto di appalto stipulato con l'impresa Al. srl avrebbe dovuto, entro un anno dalla scoperta, denunciare i vizi causati all'immobile, ed invocare la garanzia dell'appaltatore dovuta ai sensi dell'art. 1667 c.c.. Di conseguenza, i danni sono stati causati dalla condotta negligente dell'amministratore condominiale, che non ha correttamente vigilato durante l'esecuzione dei lavori, per culpa in eligendo o in vigilando. Nella presente fattispecie occorre stabilire a chi spetta la responsabilità dei danni condominiali causati a seguito di lavori straordinari. Durante l'esecuzione dei lavori in condominio può succedere che non tutto va come previsto e concordato e non è facile definire i profili di responsabilità. Può accadere che, sia per mancata vigilanza del condominio, sia per errata esecuzione dei lavori ci possono essere danni. Di norma, l'impresa, una volta ottenuto l'appalto, procede in totale autonomia, mente il condominio è tenuto alla mera vigilanza. Nella stipula del contratto d'appalto viene pattuita l'autonomia organizzativa durante il compimento degli interventi e proprio da questa autonomia deriva la responsabilità dell'impresa. Il condominio sceglie la ditta ma è quest'ultima a gestire i lavori in autonomia. Il condominio è tenuto a sorvegliare l'esecuzione dei lavori, ma il controllo si limita all'accertamento e alla verifica della corrispondenza dell'opera con l'oggetto del contratto (Corte di Css. sentenza n. 20557/2014). Solo in due casi il condominio è chiamato a risarcire i danni: quando gli interventi che hanno causato il danno sono stati eseguiti dietro un preciso ordine del condominio committente; quando la colpa del condominio deriva da una scelta sbagliata, che in giurisprudenza viene definita "culpa in eligendo" ovvero quando l'incarico dei lavori viene affidato ad un'impresa del tutto incompetente. Spetta al danneggiato dimostrare in giudizio che la ditta incaricata era inadatta. Non è sufficiente desumere ex post l'erroneità della scelta dal verificarsi del danno, ma occorre verificare con valutazione ex ante ovvero, se al momento della conclusione del contratto la ditta appaltatrice presentasse o meno caratteristiche tali da evidenziarne l'assoluta inidoneità a compiere l'opera oggetto dell'appalto (Cass. Sent.n. 25173/2007). Nel giudizio per cui è causa, nessuna prova in tal senso risulta essere stata fornita. Dall'istruttoria non emerge che il condominio abbia dato un preciso ordine nell'esecuzione dei lavori, ovvero, che l'impresa non avesse le qualità o le competenze per eseguire i lavori commissionati. Diversamente, dal contratto d'appalto prodotto in atti dal condominio convenuto, stipulato in data 25.06.2010 tra il condominio Glicine e l'impresa Al. srl a pag. 2 art. 4) ultimi 3 righi?è scritto: ""L'appaltatore si dichiara responsabile di ogni incidente che possa occorrere durante l'esecuzione dei lavori, sia alle proprie maestranze che a terzi, oltre ad ogni danno eventualmente arrecato a persone o cose purchè causalmente connesso ai lavori ed alle opere oggetto del presente contratto." A tale contratto, veniva anche allegato il processo verbale di ultimazione dei lavori, nonché il certificato di collaudo finale. Nessun dubbio, pertanto, che unico responsabile per i lamentati danni è l'impresa Al. srl e non il Condominio convenuto. Nessun obbligo di custodia incombeva sul Condominio che aveva, come deliberato dall'assemblea, all'unanimità, affidato all'impresa Al. srl, la demolizione e la ricostruzione del tetto, pertanto solo tale impresa aveva la disponibilità di fatto e di diritto del cantiere. Tutto documentato in atti. Di conseguenza la domanda di risarcimento danni avanzata nei confronti del Condominio non può essere accolta. Ogni altra questione circa il nesso di causalità tra inadempimento e pregiudizio, nonché entità dei danni lamentati, risulta essere assorbita. La natura complessa della questione affrontata giustifica la compensazione integrale delle spese del giudizio tra tutte le parti. P.Q.M. Il Tribunale di Potenza, sezione civile, in composizione monocratica, per le ragioni precisate in motivazione, definitivamente pronunciando sulle domande proposte così provvede: - Rigetta la domanda attorea; - Compensa integralmente tra le parti le spese del giudizio. Così deciso in Potenza il 4 marzo 2024. Depositata in Cancelleria il 5 marzo 2024.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI POTENZA Sezione Penale Il Giudice Monocratico del Tribunale di Potenza, dott.ssa Valentina Rossi, nell'udienza del 26.02.2024 ha pronunziato e pubblicato mediante lettura del dispositivo la seguente SENTENZA nei confronti di: Ba.An., nata a M. (P.) il (...), residente in Ba. (P.) in Corso I. n. 9, elettivamente domiciliata presso il difensore di fiducia, Avv. Da.De. del Foro di Potenza, con Studio sito in Barile (PZ) in Largo (...) n. 1; libera assente; IMPUTATA a) reato p. e p. dagli artt. 624 e 625 n.4 c.p., perché, al fine di trame profitto, si impossessava illecitamente presso il supermercato "D." corrente in Ba. del portafogli di Ba.An., custodito all'interno della sua borsa, contenente oltre alla somma in contanti di Euro 450,00 e vari documenti, anche la tessera bancoposta n.(...) intestata alla p.o. Con l'aggravante di aver commesso il fatto agendo con destrezza. Con recidiva reiterata specifica. In Barile, in data 22.03.2017 b) del reato p. e p. dagli artt. 81 comma 2 c.p. e 55 comma 9 del D.Lgs. n. 231 del 2007, perché, in esecuzione di un medesimo disegno criminoso al fine di trarne profitto, utilizzava indebitamente la tessera bancoposta n.(...) sottratta a Ba.An., con la quale effettuava presso lo sportello ATM dell'ufficio postale di Barile alcuni prelievi per un importo complessivo pari ad Euro 600,00 Con recidiva reiterata. In Barile, in data 22.03.2017 SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con decreto del 13.06.2018 il GUP del Tribunale di Potenza disponeva il giudizio nei confronti dell'imputata Ba.An., chiamata a rispondere, dinanzi al GM di questo Tribunale, dei reati di cui in rubrica all'udienza del 22.10.2018. In tale data si dava atto della regolarità delle notifiche nei confronti della Ba. e, dunque, se ne dichiarava l'assenza, in quanto ritualmente citata e non comparsa. Stante l'assenza di questioni preliminari, si dichiarava aperto il dibattimento. Le parti formulavano le loro richieste di prova. Il Giudice ammetteva le prove dichiarative così come articolate dalle parti, in quanto pertinenti e rilevanti, disponendo, altresì, l'acquisizione della documentazione indicata dal PM, con rinvio al 18 marzo 2019. Nel suindicato giorno iniziavano le attività istruttorie e venivano escusse le testi Ba.An. e Ca.Ca., con rinvio al 2 dicembre 2019, udienza nella quale la difesa dichiarava di aderire all'astensione proclamata dalle Camere Penali ed il Giudice, previa sospensione dei termini di prescrizione, differiva il procedimento al 21 dicembre 2020. Interveniva rinvio d'ufficio per situazione emergenziale all'udienza del 27 settembre 2021, nella quale si dava atto che il teste di P.G., il Mar. Ca. era assente giustificato, di talché si differiva il procedimento al 4 aprile 2022. Nel predetto giorno il suindicato teste era nuovamente assente e si rinviava all'udienza del 14 novembre 2022, nella quale perdurava l'assenza del Maresciallo e del teste della difesa, T.M.. Alla successiva udienza del 12 giugno 2023 il teste di P.G., Ca., era presente e veniva escusso, mentre il T. era assente; il Giudice onerava la difesa di citare il proprio teste con vincolo di assoluta indispensabilità per il 13 novembre 2023. Nella predetta data il suindicato teste era nuovamente assente. Il Giudice disponeva, a garanzia difensiva, la notifica del verbale stenotipico nei confronti del difensore di fiducia dell'imputata, al fine di renderlo edotto e di acquisire informazioni in merito all'esercizio effettivo della professione. Alla successiva udienza del 26 febbraio 2024, benché ritualmente notificato il verbale, non perveniva alcuna comunicazione del difensore ed il Giudice dichiarava la decadenza del teste della difesa. Dichiarata chiusa l'istruttoria ed utilizzabili gli atti acquisiti, le parti illustravano le proprie conclusioni come in epigrafe ed il Giudice decideva all'esito della Camera di Consiglio come da separato dispositivo di sentenza. MOTIVI DELLA DECISIONE Ritiene il Giudice che l'imputata Ba.An. vada dichiarata colpevole dei reati ascritti in contestazione, per le ragioni che si vanno ad illustrare. Invero, pacificamente, come emerge dagli atti complessivamente acquisiti al fascicolo del dibattimento, risulta la materiale commissione delle fattispecie di cui in rubrica, nella veste continuata, da parte dell'odierna giudicabile. Giova sul punto rilevare che gli elementi di prova acquisiti sono essenzialmente rappresentati dalle dichiarazioni rese dai testi della Procura, nonché dalla documentazione prodotta dal PM ed acquisita al fascicolo del dibattimento. Per ciò che concerne, dunque, l'istruttoria orale, si menzionano in primis le dichiarazioni rese dalla p.o., Ba.An., all'udienza del 18 marzo 2019. La donna confermava di aver presentato una denuncia di smarrimento di un portafogli in data 22 marzo 2017, giorno in cui doveva andare ai funerali della cognata che si tenevano a Napoli e "sono andata a fare la spesa alla D. di Ba. e quando sono andata alla cassa non mi sono più trovata il portafogli nella borsa e poi ho telefonato a mia figlia che è avvocato e stava qui al tribunale e mi ha detto di andare subito dai Carabinieri di Barile perché dovevo fare anche qualche documento, perché lo avevo perso nel portafogli, c'era la mia carta di identità e la tessera sanitaria mia e poi anche la carta di identità di mio figlio e la tessera sanitaria di mio figlio, poi il bancoposta pure con il PIN perché erano pochi giorni che avevo cambiato dalla banca alla posta e non mi ricordavo (...) si sono presi lutto diciamo, e quindi mia figlia ha bloccalo subito telefonando all'app delle P.I. ha bloccato il bancoposta, per non farsi dare altri soldo da prelievo, e infatti poi facendo delle indagini così sempre col telefonino ha visto che hanno preso anche dal bancoposta 600 euro", effettuando tre prelievi (due dell'importo di Euro 100,00 e poi uno di Euro 400,00). La dichiarante precisava che la borsa da lei indossata il giorno del fatto era "a forma di secchiello" e sprovvista di una chiusura ermetica. Nella medesima udienza veniva escussa la teste Ca.Ca., cassiera del supermercato D. di Ba.. La donna riferiva di aver visionato un filmato risalente al marzo 2017, attraverso il quale aveva riconosciuto ed indicato ai Carabinieri la cliente che si era ritrovata senza il portafogli, una volta giunta alla cassa, e l'odierna giudicabile. Aggiungeva che la Ba. era solita fare la spesa nel suo supermercato, "quasi lutti i giorni", ma che il giorno del fatto non aveva notato alcun contatto ravvicinato tra la Ba. e l'imputata. Dirimente ai fini decisionali risulta essere poi la deposizione del teste di P.G., Mar. Capo Ca., escusso all'udienza del 12 giugno 2023. Il militare menzionava una C.N.R. redatta il 21.06.2017 dai Carabinieri di Barile e la denuncia di smarrimento sporta dalla sig.ra Ba.An. in data 22.03.2017, integrata due giorni dopo poiché la p.o. si era resa conto dei prelievi fraudolenti dal proprio conto Ba.Po.. A quel punto, spiegava il teste, era stata intrapresa l'attività di indagine che "sulla base, appunto, degli spunti dati in denuncia dalla signora, consiste, nell'acquisizione dei filmati di essenzialmente, videosorveglianza, delle attività dove la signora si era recata in quella mattinata e, quindi, il bar della Stazione di Barile e il supermercato D., sempre di Barile e, ovviamente, anche dell'Ufficio Postale dove sono stati effettuati i prelievi fraudolenti". Ed ancora: "Dalla disamina di questi filmati, si appura, con certezza, che i prelievi fraudolenti sono stati effettuati dalla signora Ba.An., che... Questo per l'incrocio di (...) tre dati: il dato temporale, il dato visivo, dato appunto dalla video sorveglianza dell'ATM, e anche, diciamo, un'integrazione del dato temporale, perché all'ufficio accertamenti patrimoniali di P.I. non viene richiesto solamente il filmato della videosorveglianza, ma anche l'estratto dell'ATM, da dove si rileva che c'è coincidenza tra l'orario del prelievo e la carta utilizzata. Quindi c'è questo incrocio. Dopo di che, l'esame della videosorveglianza del bar della Stazione accerta la presenza della signora Ba.An., però non dà nulla di interesse investigativo. Mentre, l'esame del supermercato D. dà, appunto, accerta la presenza della signora Ba.An. e la presenza congiunta anche della signora Ba.An.. Non si rileva il momento del prelievo materiale del portafogli e della carta, però c'è... Diciamo, molto vicinanza tra la signora Ba. e la signora Ba. all'interno del supermercato. E poi c'è anche uno scarto molto limitato tra la presenza al supermercato e il successivo prelievo all'Ufficio Postale di Barile". Il Maresciallo precisava aver riconosciuto la Ba. nei filmati poiché era persona già nota agli Uffici; confermava poi che la Ba. al momento della sottrazione del portafogli aveva con sé del contante (la somma di Euro 450,00). Questo, dunque, il contributo dell'istruttoria orale, già di per sé suscettibile di radicare un pronunciamento di condanna nei confronti dell'odierna giudicabile. Dello stesso tenore le risultanze documentali, che corroborano la sussistenza delle fattispecie contestate, nella veste continuata, nonché l'ascrivibilità delle stesse alla B.. In particolare, per ciò che concerne la produzione documentale della Procura depositata all'udienza del 22.10.2018 si rinviene il prospetto relativo ai movimenti finanziari relativi allo sportello automatico ATM - cod. terminale 0161 Ba. - avvenuti il giorno del fatto. Vi è poi la richiesta di scarico filmati video sorveglianza inoltrata da parte della P.G. con pedissequa risposta ed evasione degli stessi da parte della soc. P.I. S.p.a. Ancora, si rinviene il verbale di accertamenti urgenti del 31.05.2017, redatto dal Mar. Ca. e dall'App. Sc. Af., relativo alla visione svolta su impianto di videosorveglianza installato presso il B.B.S. sito in B.. Nel predetto verbale, il militare relazionava che, dall'analisi delle riprese della telecamera posta nel piazzale esterno - Export-CH01-(...) - era emerso che al minuto 00.40 la Ba. era entrata nel supermercato e, poco dopo, al minuto 09.08, era sopraggiunta anche la Ba., "nota all'ufficio e gravata da numerosi precedenti di Polizia per reati contro il patrimonio e la persona, individuata con certezza e senza ombra di dubbio da questo Comando successivamente con verbale a parte". La stessa aveva preso un carrello dall'apposita area ed era entrata all'interno del supermercato, per poi uscire alle ore 13.05. Al minuto 15.24 anche la Ba. era uscita, si era diretta verso l'autovettura con la quale era stata accompagnata, nella fattispecie una Mercedes GLA di colore grigio e rovistava al suo interno nell'intento di rinvenire il portafogli per pagare quanto acquistato, con esito negativo. Dall'analisi delle riprese della telecamera posta nell'area casse - Export-(...) - era emerso, invece, l'ingresso della Ba. nel supermercato per effettuare gli acquisti dagli apposti espositori. La seconda telecamera delle casse - export-(...) - aveva ripreso, al minuto 04.03, l'ingresso della Ba., che era giunta presso le casse al minuto 15.50, per porre sul banco una confezione di birre e per poi ritornare agli espositori, lasciando nei pressi delle casse il suo carrello. Dello stesso tenore le riprese della telecamera denominata Export-(...), la quale aveva ritratto la Ba. che, ultimati gli acquisti, era tornata alle casse ed aveva effettuato il pagamento della spesa, uscendo poi dal supermercato al minuto 01.00 (prima della p.o.). Al minuto 01.10 era giunta alle casse anche la Ba.An., la quale aveva riposto sul banco la sua spesa e "lasciando in quei pressi il carrello con appesa la sua borsa torna agli espositori per ultimare gli acquisti facendo ritorno alle casse alle 02.50 circa per effettuare il pagamento e proprio in questo frangente ripone la sua borsa sul banco e rovistando appura la mancanza del suo portafogli". La telecamera sita nell'area "banco frutta" - Export-(...) - mostrava, a sua volta, al minuto 09.41, il transito della Ba. (senza carrello e senza la borsa) che si dirigeva in un corridoio del supermercato, seguita a pochi secondi dalla Ba. che "esattamente al minuto 09.49 simula il voler riporre qualcosa all'interno di una tasca e non imbocca lo stesso corridoio della predetta Ba. bensì il precedente in base all'inquadratura della cam". Dal minuto 15.00 si vedeva, infine la Ba. che, con movenze agitate, senza borsa e senza carrello, provava a ricostruire il proprio percorso, nell'intento di rinvenire il portafogli. Probatoriamente dirimenti sono poi gli esiti delle videoriprese delle telecamere di sorveglianza installate presso l'Ufficio Postale di Barile. In particolare, alle ore 12.33.04 giungeva presso lo sportello ATM la Ba., che poco dopo inseriva una carta di pagamento e, previa lettura del codice segreto da un bigliettino, prelevava una prima somma di denaro. Medesima operazione si ripeteva alle ore 12.35.10. Alle ore 12.35.20 la giudicabile inseriva nuovamente la carta, che tuttavia veniva restituita senza erogazione di denaro. Alle ore 12.36.27 la Ba. inseriva nuovamente la carta, riuscendo a prelevare ulteriore denaro. Alle ore 01.03.30 giungeva presso lo sportello anche un soggetto di sesso maschile che non riusciva a prelevare denaro. I prelievi dalla carta della Ba. venivano pedissequamente registrati nei movimenti finanziari, con perfetta coincidenza tra gli orari delle operazioni e le videoriprese che ritraevano la Ba. nei pressi dello sportello ATM. Sulla scorta delle immagini estrapolate dai files video veniva realizzato anche fascicolo fotografico, dal quale era possibile identificare - senza indugio alcuno, data la nitidezza delle immagini - la Ba. nell'atto di effettuare i prelievi di contante all'ufficio Postale, nonché durante la sua permanenza al Supermercato D. di Ba. (n. 8 foto totali). Infine, nella produzione documentale della Procura depositata all'udienza del 12.06.2023 si rinviene l'estratto del Conto B.P. intestato alla sig.ra Ba.An.C.G., dal quale si evincono tutti movimenti finanziari del giorno 22.03.2023, con n. 3 prelievi allo sportello automatico dell'importo di Euro 100,00, Euro 100,00 ed Euro 400,00. Gli orari dei prelievi coincidevano perfettamente con quelli dei filmati di videosorveglianza che hanno ritratto l'imputata. Questo, dunque, il complessivo compendio probatorio a disposizione di questa A.G. Per ciò concerne le prove dichiarative ed il contributo orale reso da Ba.An., parte offesa nell'odierno procedimento, devono essere seguiti i canoni di valutazione che la giurisprudenza della Suprema Corte indica quando la piattaforma probatoria sia costituita da fonti dichiarative rese da persone non estranee rispetto alla vicenda processuale. Ebbene, costituisce principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità l'affermazione secondo cui, in tema di valutazione della prova penale, la prova dichiarativa acquisita dalla persona offesa, soprattutto se costituitasi parte civile, esige un vaglio particolarmente rigoroso, mediante riscontro intrinseco ed estrinseco del narrato, atteso che, in tal caso, essa vanta una specifica pretesa economica, alla restituzione e al risarcimento del danno, la cui soddisfazione discende dall'accertamento della responsabilità dell'imputato. Dunque, solo "ove la persona offesa non si sia costituita parte civile, le sue dichiarazioni devono ritenersi a maggior ragione da sole sufficienti a fondare l'affermazione di responsabilità penale dell'imputato, purché siano valutate con il particolare rigore richiesto dall'orientamento dominante in sede di legittimità e sempre che dall'esame critico delle risultanze processuali, che il giudice di merito deve pur sempre compiere ai fini della verifica della credibilità personale della persona offesa e dell'attendibilità intrinseca delle sue dichiarazioni, non emergano risultanze processuali in grado di smentirle, cioè di inficiarne il contenuto rappresentativo" (Cass. pen., sez. V, ud. 9 aprile 2021 (dep. 19 luglio 2021), n. 27892). Peraltro, con la sentenza n. 1666/2014 si è evidenziata la necessità che "il giudice, nella valutazione delle dichiarazioni accusatorie della persona offesa, indichi le emergenze processuali determinanti per la formazione del suo convincimento, consentendo così l'individuazione dell'iter logico-giuridico che ha condotto alla soluzione adottata", e con la sentenza n. 21135/2019 si è affermato che "qualora risulti opportuna l'acquisizione di riscontri estrinseci, questi possono consistere in qualsiasi elemento idoneo a escludere l'intento calunniatorio del dichiarante, non dovendo risolversi in autonome prove del fatto, né assistere ogni segmento della narrazione". Applicando al caso di specie le esposte regole di giudizio, ritiene questo Giudice che non vi sia motivo alcuno di dubitare dell'attendibilità della testimonianza resa dalla predetta, stante la assenza di incongruenze e di altri vizi logici che possono inficiare la prova orale. Al contrario, la escussa parte offesa ha offerto un narrato estremante dettagliato e circostanziato, complessivamente collimante con le risultanze documentali - vedasi, in particolare, gli atti di indagine compiuti dalla P.G. Per ciò che concerne, invece, il contributo orale reso dal teste di P.G., il Mar. Capo Ca., devono essere seguiti i canoni di valutazione che la giurisprudenza della Suprema Corte indica quando la piattaforma probatoria sia costituita da fonti dichiarative rese da persone estranee rispetto alla vicenda processuale. Ebbene, costituisce principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità (ribadito da Cass. Sez. I 16 dicembre 1999-14 aprile 2000) l'affermazione secondo cui "se deve ritenersi esclusa la possibilità di recepire acriticamente una testimonianza senza un vaglio critico dell'attendibilità della stessa, svolto assumendo a riscontro tutti gli elementi della vicenda, la prova deve ritenersi sussistente e raggiunta quando la testimonianza risulti logicamente e armonicamente inserita nel contesto dell'intera vicenda". Applicando al caso di specie la esposta regola di giudizio, ritiene questo Giudice che non vi sia motivo di dubitare dell'attendibilità della testimonianza resa dall'escusso teste di P.G., stante la precisione e l'analitico dettaglio con il quale il predetto ha riferito in dibattimento degli accertamenti effettuati e delle evidenze raccolte all'esito delle indagini. A ciò si aggiunga la perfetta rispondenza tra il narrato del teste e le risultanze documentali, valorizzandosi, altresì, nel caso di specie, anche l'assenza di un interesse privato all'esito del processo, data la qualifica rivestita. A sostegno della genuinità dell'ipotesi accusatoria e del narrato offerto dalla escussa p.o. vi sono anche le inequivoche risultanze documentali, delle quali già si è ampiamente illustrato. Allo stato, non può, dunque, dubitarsi della sussistenza delle contestate fattispecie di furto aggravato e di utilizzo illecito di carte di credito, nella veste continuata, e della loro ascrivibilità alla B.. Com'è noto, l'art. 625 n. 4 c.p. prevede, affinché sussista l'aggravante della "destrezza", una condotta caratterizzata da una speciale abilità nel distogliere l'attenzione della persona offesa dal controllo e dal possesso della cosa. E' anche sufficiente il fatto di approfittare di una condizione occasionalmente favorevole, o di una frazione di tempo, in cui la persona offesa abbia momentaneamente sospeso la vigilanza sul bene posseduto. In effetti, secondo l'orientamento giurisprudenziale dominante, in tema di furto, la circostanza aggravante della destrezza sussiste qualora l'agente abbia posto in essere, prima o durante l'impossessamento del bene mobile altrui, una condotta caratterizzata da particolari abilità, astuzia o avvedutezza ed idonea a sorprendere, attenuare o eludere la sorveglianza del detentore sulla res, non essendo invece sufficiente che egli si limiti ad approfittare di situazioni, non provocate, di disattenzione o di momentaneo allontanamento del detentore medesimo (cfr. Cass. pen., Sez. Un., 27 aprile 2017, n. 34090). Per ciò che concerne, invece, la fattispecie scritta al capo b), va detto che l'art. 55 co. 9 del D.Lgs. n. 231 del 2007 sanziona la condotta di chi, non essendone titolare, utilizzi carte di credito o di pagamento, ovvero qualsiasi documento analogo che abiliti al prelievo di denaro contante o all'acquisto di beni o alla prestazione di servizi. Tale figura criminosa, già delineata dall'art. 12 D.L. n. 143 del 1991, tutela, accanto all'offesa al patrimonio individuale, senz'altro prevalente, una concorrente aggressione ad interessi di matrice pubblicistica, consistenti nel presidiare il regolare e sicuro svolgimento dell'attività finanziaria attraverso mezzi sostitutivi del contante, attinenti a valori riconducibili agli ambiti categoriali dell'ordine pubblico economico e della fede pubblica. Le due fattispecie qui contestate si pongono in un inequivoco rapporto di continuazione, stante l'evidente l'unicità, la medesimezza del disegno criminoso che ha animato l'agere criminale della Ba., la quale prima sottraeva il portafogli alla Ba. ed in un secondo momento adoperava la carta per effettuare prelievi di contante presso lo sportello ATM dell'Ufficio Postale di Barile. Dai filmati di videosorveglianza si desume, infatti: la compresenza delle due donne nel medesimo Supermercato; l'approssimarsi della Ba. alla Ba., che evidentemente stava ponderando la situazione e valutando il momento più opportuno per agire; la presenza della borsa appartenente alla p.o. lasciata incustodita alla cassa. Sebbene, dunque, non sia stata immortalata dalle telecamere la materiale amotio rei, valorizzandosi ogni elemento circostanziale e le complessive risultanze probatorie, non può che ascriversi la fattispecie di furto, aggravato dalla destrezza, all'odierna imputata, in assenza di qualsivoglia elemento ostativo o suscettibile di radicare un ragionevole dubbio al riguardo. Tale reato costituisce, in un'ottica di continuazione criminosa e di unica deliberazione a delinquere, l'imprescindibile antecedente logico-giuridico della seconda fattispecie commessa dalla Ba., quella di indebito utilizzo di carte di credito. Sussiste, altresì, in capo all'agente, l'elemento soggettivo richiesto dai rispettivi precetti, ovvero: - per ciò che concerne il furto aggravato, quel dolo specifico inteso come la coscienza e la volontà di impossessarsi della cosa mobile altrui, al fine di trarne profitto per sé o per altri. - per ciò che concerne l'indebito utilizzo di tessera bancoposta, quel dolo specifico inteso come la coscienza e la volontà utilizzare indebitamente una carta di credito o di pagamento, al fine di trarne profitto per sé o per altri. Sul punto la Suprema Corte ha affermato che: "Il delitto di indebito utilizzo della carta di pagamento non presuppone, ai fini del dolo, la consapevolezza della provenienza delittuosa della carta utilizzata, non trovando l'uso indebito della carta un presupposto necessario ed indefettibile nell'impossessamento illegittimo, atteso che attraverso la norma incriminatrice il legislatore ha inteso contrastare il grave fenomeno del riciclaggio del danaro sporco, attuando una disciplina di controllo dei movimenti di danaro e di limitazione dell'uso del contante mediante anche l'uso delle carte di credito e dei documenti equipollenti. Il reato, quindi, ben può sussistere anche qualora la carta utilizzata non provenga da delitto e, essendo volto a tutelare un interesse pubblico, finanche laddove il titolare della carta di credito abbia consentito al suo utilizzo ad opera di soggetto diverso" (cfr. Cassazione penale sez. V, 13/12/2019, n. 2728). In conclusione e tutto quanto premesso, l'imputata, Ba.An., va dichiarata colpevole dei reati cui ai capo a) e b) del capo di imputazione. Ritiene altresì questo Giudice operante tra i reati il vincolo della continuazione ai sensi dell'art. 81 c.p., apparendo evidente, per il ravvicinato contesto temporale delle condotte criminose nonché per il medesimo fine delle stesse - tutte inequivocabilmente rivolte ad ottenere un indebito profitto - la sussistenza di un medesimo disegno criminoso. Vanno ritenute concedibili all'imputata le circostanze attenuanti generiche al fine di rendere la pena adeguata alla complessiva dimensione del fatto, da ritenersi equivalenti alla contestata aggravante e recidiva. Alla luce dei criteri fissati dall'art. 133 c.p., per le modalità artificiose dell'azione, considerando altresì la capacità a delinquere del colpevole, ritiene questo Giudice di condannare 1' imputata alla pena finale di anni uno e mesi quattro di reclusione ed Euro 500,00 di multa, cui si perviene, ritenuto più grave il reato di cui al capo a), partendo da una pena base che si stima equo determinare in anni uno di reclusione ed 400,00 di multa, concesse le attenuanti generiche in misura equivalente alla contestata aggravante e recidiva, alla stregua della particolare destrezza dell'imputata, dell'intensità del dolo e della capacità a delinquere della stessa, aumentata per il reato posto in continuazione di quattro mesi e 100,00 euro di multa, così pervenendo alla pena finale di anni uno e mesi quattro di reclusione ed Euro 500,00 di multa. Segue per legge la condanna al pagamento delle spese processuali. Sussistono i presupposti di legge per la concessione della sospensione condizionale della pena. P.Q.M. Letti gli artt. 533 e 535 c.p.p., dichiara Ba.An. colpevole dei reati ascritti e, concesse le circostanze attenuanti generiche in misura equivalente alla contestata aggravante e recidiva, aumentata la pena per la continuazione, la condanna alla pena di anni uno e mesi quattro di reclusione ed Euro 500,00 di multa, oltre al pagamento delle spese processuali. Pena sospesa. Così deciso in Potenza il 26 febbraio 2024. Depositata in Cancelleria il 4 marzo 2024.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI POTENZA Sezione Penale Il Giudice Monocratico del Tribunale di Potenza, dott.ssa Valentina Rossi, nell'udienza del 26.02.2024 ha pronunziato e pubblicato mediante lettura del dispositivo la seguente SENTENZA nei confronti di: Lo.An., nato a V. (P.) il (...), residente in P. S. G. (P.) in Piazza S. R. n. 7, elettivamente domiciliato presso il difensore di fiducia, avv. Teodora Cancellava del Foro di Potenza, con Studio sito in Palazzo San Gervasio (PZ) in via (...); libero assente; IMPUTATO B) - per il delitto p. e p. dall'art.612 comma 2, in relazione all'art. 339 c.p., perché, nelle stesse circostanze di tempo e di luogo di cui al capo di imputazione sub A), dapprima brandendo un grosso coltello da cucina nei confronti del fratello Lo.Mi. e poi, proferendo nei confronti del predetto germano e del padre Lo.Sa., le espressioni "stasera vi ammazzo tutti e due", nei confronti del fratello Mi. "ti devo sparare alle gambe e ti devo bruciate la macchina" e, poi, nei confronti del padre "tu sei morto", in tal modo, minacciava le predette persone offese di un grave ingiusto danno. Con le aggravanti: - di aver pronunciato gravi minacce verbali; - di aver commesso il fatto adoperato un oggetto atto ad offendere, costituito da un grosso coltello da cucina. Commesso in Palazzo San Gervasio (PZ), in data 16 marzo 2023 SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con decreto del 12.10.2023 il PM del Tribunale di Potenza citava a giudizio l'imputato Lo.An., unitamente ad altri, dinanzi al GM di questo Tribunale, per rispondere dei reati in rubrica contestati all'udienza predibattimentale del 05.02.2024. In tale data si dava atto della regolarità di tutte le notifiche ed il Giudice dichiarava l'assenza degli imputati, ritualmente citati e non comparsi. Si rilevava l'assenza di questioni preliminari e non vi erano richieste di ammissione a riti alternativi. Le difese chiedevano rinvio del procedimento al fine di produrre procure speciali per la remissione di querela e relativa accettazione, che il Giudice disponeva, previa sospensione dei termini di prescrizione. Alla successiva udienza del 26 febbraio 2024 si rilevava la perseguibilità a querela della fattispecie di cui al capo A) e questa A.G. disponeva lo stralcio della posizione processuale degli imputati Lo.Sa. e Lo.Mi., con formazione di autonomo fascicolo. Il procedimento proseguiva per Lo.An., relativamente al capo B), perseguibile d'ufficio. Le parti illustravano le proprie conclusioni come in epigrafe riportate. Questa A.G. decideva, all'esito della Camera di Consiglio, come da separato dispositivo. MOTIVI DELLA DECISIONE Ritiene il Giudice che, dagli atti contenuti nel fascicolo del P.M., debba essere pronunciata sentenza di non luogo a procedere nei confronti dell'imputato Lo.An., ai sensi degli artt. 554 ter c.p.p. e 131 bis c.p., in ragione della particolare tenuità dell'offesa concretamente arrecata al bene giuridico protetto dalla norma in contestazione, per le ragioni che si vanno ad illustrare. La piattaforma probatoria a carico dell'imputato è essenzialmente costituita dalla comunicazione di notizia di reato - n. prot. (...) - redatta dai Carabinieri di Palazzo San Gervasio in data 17 marzo 2023, della cui attendibilità non si ha motivo di dubitare per la precisione del narrato offerto e per la rivestita qualifica di pubblici ufficiali che lascia presupporre mancanza di interesse privato all'esito del processo. In particolare, tale documento richiamava la relazione di servizio redatta dai Carabinieri di Palazzo San Gervasio in data 17 gennaio 2023, all'esito di un intervento effettuato presso la residenza della famiglia L.. In base al resoconto, verso le ore 20.10 circa del predetto giorno, era pervenuta in Centrale operativa una richiesta di aiuto da parte del sig. Lo.Sa. e la pattuglia si era recata tempestivamente sul posto, imbattendosi nel Lo.An. che si trovava "seduto su una panchina nei pressi di P.zza San Rocco, in forte stato di agitazione, nonché con delle ferite sanguinanti sia alla testa che alla mano destra. Considerato lo stato di salute del Lo.An., immediatamente si procedeva ad avvisare tramite la Centrale Operativa, il pronto intervento sanitario 118 per le cure del caso". Nella circostanza, i militari avevano chiesto al Lo.An. la dinamica degli eventi che avevano determinato le lesioni da egli patite e "questi si soffermava a ripetere più volte che erano stati suo padre S. e suo fratello Mi. mentre si trovavano tutti all'interno dell'abitazione famigliare". La discussione era avvenuta per futili motivi, legati al fatto che al giudicabile veniva negato l'uso dell'autovettura già in uso alla sorella E.. Durante l'attesa del personale medico e nel corso del monitoraggio del Lo.An., considerato il suo forte stato di agitazione, i Carabinieri avevano avvisato dell'accaduto anche il Comandante della Stazione. Nel frattempo, i congiunti del Lo.An., il fratello ed il padre, erano scesi in strada, rimanendo a distanza. A quel punto, il Lo.An., notata la loro presenza, aveva iniziato ad inveire, profferendo le testuali parole: "STASERA VI AMMAZZO A TUTTI E DUE". Inoltre, aggiungeva riferendosi al fratello M.: "TI DEVO SPARARE ALLE GAMBE E TI DEVO BRUCIARE LA MACCHINA". Ancora, rivolgendosi verso il padre, aveva gridato: "TU SEI MORTO". Ogni sforzo dei militari per mantenerlo calmo era risultato difficile, in quanto l'imputato sembrava fuori di sé ed in evidente stato di alterazione. Dopo circa una trentina di minuti dall'intervento, era giunto sul posto il personale medico del servizio 118 che si adoperava subito a prestare le prime cure ed il Comandante della Stazione. Interrogato dai Carabinieri, il sig. Lo.Sa., padre del Lo.An., aveva riferito che il figlio era rincasato verso le ore 19.00 circa e che, a suo dire, egli si trovava sotto effetto di sostanze stupefacenti: "Per questo si mostrava violento e si comportava in maniera aggressiva nei confronti della sorella che si rifiutava di prestargli l'auro, avendo timore che potesse fare sciocchezze". Aggiungeva il dichiarante che, alle precedenti ore 19:50, la figlia E. lo aveva chiamato per avvisarlo dello stato di alterazione del fratello A.. Una volta rincasato, aveva trovato nella cucina il figlio A. armato di un grosso coltello, "nell'azione di avventarsi verso il fratello M.". Ne era, dunque, scaturita una violenta colluttazione, nelle cui fasi concitate il Lo.Sa. ed il Lo.Mi. avevano adoperato la forza, colpendo ripetutamente il Lo.An. con schiaffi e pugni "ed inoltre il Lo.Sa. prendendo una mazza di scopa in legno presente in casa, la rompeva in più parli sul capo del figlio A. per cercare di spegnere la sua aggressività". Al termine dello scontro, il Lo.Sa. aveva richiesto l'intervento dei Carabinieri e l'imputato era fuggito saltando dalla finestra del balcone del soggiorno, sito al primo piano della casa, rimanendo poi nella pubblica via. Secondo le affermazioni del Lo.Sa. il figlio A. "non era più lo stesso di qualche anno addietro poiché a suo dire era certo che faceva uso di sostanze stupefacenti, e per tale motivo non riuscivano più a gestirlo in maniera serena". Su richiesta dei militari, il Lo.Sa. aveva consegnato il coltello da cucina e la mazza di scopa spezzata in tre parti, ancora sporchi di sangue, poi sottoposti a sequestro (cfr. verbale di sequestro del 16.03.2023 e fascicoletto fotografico in atti). Dello stesso tenore risulta essere il verbale di sommarie informazioni rese sempre dal Lo.Sa. in data 16.03.2023, dinanzi ai Carabinieri di Palazzo San Gervasio. L'uomo, nel ricostruire la dinamica della lite del 17 gennaio 2023, aveva aggiunto alcuni particolare, riferendo che, nel rincasare, si era imbattuto nella seguente scena: il figlio Mi. che cercava di sottrarre al Lo.An. il coltello da questi impugnato, tirandogli anche uno schiaffo in pieno volto, mentre la figlia, E., approfittando della situazione, gli aveva bloccato il braccio; insieme i due congiunti avevano poi sfilato il coltello all'imputato.' "Subito dopo che gli hanno tolto il coltello A. è scappato al piano di sopra in camera sua e mentre saliva urlava e ci minacciava di morte tutti quanti", urlando che "avrebbe sparato stasera al fratello nella pancia e che avrebbe ammazzalo a me e sua sorella E.". Successivamente, il Lo.An. era salito in camera da letto ed aveva "iniziato a mettere sotto sopra e distruggere tutto. In questo frattempo ho chiamato il 112 chiedendo l'intervento di una pattuglia. Quando siamo riusciti ad entrare mi ha tirato il letto addosso prendendomi sulle gambe, non contento ha inizialo a tirare pugni e calci verso di me e mio figlio M.. A quel punto siamo entrati in camera per cercare di farlo ragionare ma era come impazzito nei nostri confronti. A quel pinto abbiamo dovuto difenderci. Rispondendo anche noi con pugni e schiaffi". A quel punto vi era stata la fuga del Lo., il quale, sceso giù in cucina in silenzio, si era lanciato dalla porta del balcone, urlando e facendo un salto di circa quattro metri. La ricostruzione fatta dal Lo.Sa. risulta essere sovrapponibile a quella della moglie, la sig.ra D.C.V., la quale, escussa a s.i.t., riferiva che nel corso della lite il figlio A. "aveva in mano un coltello preso sicuramente dalla cucina dove di solito li custodiamo e minacciava il fratello Mi. e dopo mio marito S.". Anche il Lo.Mi. aveva dichiarato dinanzi ai Carabinieri di Palazzo San Gervasio che il fratello, assuntore di sostanze stupefacenti, aveva minacciato di morte tutti i familiari e che, in particolare: "Cominciava a minacciarmi dicendomi che mi avrebbe scannato, che mi avrebbe ucciso. Subito dopo si avvicinava al cassetto dei coltelli e, nonostante cercavo di bloccarlo, prendendolo alle spalle e, nonostante mia madre tentasse di tenere chiuso il predetto cassetto, A. riusciva a prendere un coltello, in particolare uno di quelli taglienti e lunghi per affettare il pane e lo avvicinava, spingendo la lama all'altezza del polpaccio destro della mia gamba, tanto da lacerarmi il jeans". Ad abundantiam si menziona anche il verbale di s.i.t. rese da L.E. il 16.03.2023 dinanzi ai Carabinieri di Palazzo San Gervasio, dal quale si evince che verso le ore 19:00 il fratello A. era rincasato ed aveva iniziato a chiederle in prestito l'auto, ma la donna, tuttavia, gli aveva negato l'utilizzo della vettura, poiché non si fidava di lui e delle compagnie che frequentava. A quel punto, il Lo. "ha iniziato a minacciarmi dicendomi che se non gli avessi dato la mia auto avrebbe iniziato a picchiarmi facendomi fare una brutta fine. Addirittura mi diceva che mi avrebbe mandato sulla sedia a rotelle. Io mi sono indispettita delle parole che mi rivolgeva, sia perché sono più grande di lui e non tolleravo quei toni nei miei confronti, sia perché lui ad un tratto ha inizialo a lanciarmi contro quello che trovava davanti". Ed ancora: "Armatosi del coltello mi minacciava sia dicendomi che mi doveva far fare a brutta fine e sia gesticolando con il coltello per spaventarmi". In data 17.03.2023 anche il Lo.An. era stato escusso a s.i.t. dinanzi ai Carabinieri di Palazzo San Gervasio, ed aveva riferito semplicemente di aver litigato con i familiari, di essersi picchiato col fratello e con il genitore e di aver afferrato, da sopra il tavolo della cucina, un coltello "mentre stavamo cenando. Ho gesticolato un po ' col coltello e poi me l'hanno tolto". Queste, dunque, le premesse storiche ed il compendio documentale in atti. Dubbi non permangono, allo stato, circa la sussistenza della fattispecie nei suoi elementi oggettivi e soggettivi, stante l'idoneità della condotta del Lo. ad integrare la fattispecie di minaccia aggravata. Com'è noto, l'art. 612 c.p. punisce chi, volontariamente, annunci ad un'altra persona un futuro male ingiusto, ledendone la libertà psichica. Si tratta di un delitto volto a tutelare la libertà morale, sotto il profilo della libertà da comportamenti altrui che siano in grado di ledere lo stato di tranquillità psichica di una persona. Trattasi di un reato a forma libera, in quanto la condotta tipica può consistere in qualsiasi atto con cui l'agente annunci ad un altro soggetto un futuro male ingiusto. Sono, quindi, indifferenti le modalità con le quali la condotta criminosa venga posta in essere, purché siano idonee ad intimidire la persona a cui siano rivolte, ossia ad esercitare una restrizione dell'altrui libertà psichica. Tale idoneità deve essere giudicata in concreto, facendo riferimento sia alle circostanze del caso, sia alle particolari condizioni psicologiche del soggetto passivo. Per essere idonea a realizzare un effetto intimidatorio, la minaccia posta in essere dall'agente deve, pertanto, essere, innanzitutto, seria, ossia ragionevolmente verosimile per il soggetto passivo. Ciò significa, quindi, che la minaccia assurda o fantasiosa può essere idonea ad integrare il delitto in esame soltanto qualora sia rivolta ad una persona che, a causa del basso livello intellettuale o culturale, possa concretamente subirne degli effetti intimidatori. La minaccia deve, poi, essere percepita o, quantomeno, percepibile da parte del soggetto a cui sia rivolta. A tal fine non è necessaria la presenza del soggetto passivo, essendo sufficiente che la minaccia pervenga o sia in grado di pervenire alla sua conoscenza. In ogni caso, la condotta dell'agente deve consistere nella minaccia di un danno determinato ed ingiusto, ossia di un'offesa ad un interesse legittimo proprio del soggetto passivo o di un'altra persona, la quale, però, sia anche idonea a far sorgere il timore del l'avverarsi di un pericolo. Non integrerebbe, quindi, il reato in esame, la minaccia di far realizzare un proprio diritto, considerato che, in tal caso, la minaccia, essendo motivata da una causa legittima, non potrebbe dirsi ingiusta. Tuttavia, anche in un caso di questo tipo, la minaccia potrebbe risultare ingiusta in relazione alle modalità con cui venga concretamente posta in essere dall'agente. L'oggetto materiale del reato è costituito dalla persona determinata a cui si rivolga la condotta criminosa, la quale deve essere una persona fisica capace di percepire l'effetto della minaccia rivoltale dall'agente. Non può, quindi, trattarsi di una persona incapace di intendere e di volere, né di una persona indeterminata del pubblico, né, ancora, di una collettività di persone. L'evento tipico del reato in esame coincide con il suo momento consumativo, ed è rappresentato dalla conoscenza della minaccia da parte del minacciato. Qualora, infatti, esso non fosse a conoscenza della minaccia indirizzatagli dall'agente, non sarebbe possibile la realizzazione dell'effetto intimidativo. Nonostante ciò, per la perfezione del reato non è necessaria l'effettiva intimidazione del soggetto passivo, essendo sufficiente la conoscenza, da parte sua, della minaccia. Sul punto la Suprema Corte ha affermato che "Nel reato di minaccia, elemento essenziale è la limitazione della libertà psichica mediante la prospettazione del pericolo che un male ingiusto possa essere cagionato dall'autore alla vittima, senza che sia necessario che uno stato di intimidazione si verifichi concretamente in quest'ultimo, essendo sufficiente la sola attitudine della condotta ad intimorire e irrilevante, invece, l'indeterminatezza del male minacciato, purché questo sia ingiusto e possa essere dedotto dalla situazione contingente", fattispecie in cui la Corte ha ritenuto priva di oggettiva valenza intimidatoria l'espressione "stai attenta non sai chi sono io", pronunciata nel contesto di una discussione animata e non accompagnata da ulteriori aggiunte verbali dal contenuto minaccioso (Cass. Pen., Sez. V, sent. n. 45502 del 4 novembre 2014). Ai fini, poi, dell'integrazione del delitto in esame è sufficiente che, in capo all'agente, sia configurabile il dolo generico, quale coscienza e volontà di minacciare un'altra persona di un male ingiusto. Ai sensi del comma 2, il delitto in esame risulta aggravato qualora la minaccia sia grave, ossia nel caso in cui l'agente minacci un danno che risulti essere grave, in relazione alle circostanze del caso concreto e alle condizioni del soggetto a cui la minaccia stessa sia rivolta. L'art. 339 c.p. descrive poi alcune modalità mediante le quali può essere commessa la minaccia. In questi casi si procede d'ufficio e si applica la pena della reclusione fino ad un anno. La minaccia in particolare deve essere commessa nel corso di manifestazioni in luogo pubblico o aperto al pubblico, oppure con armi, o da persona travisata, o da più persone riunite, o con scritto anonimo, o in modo simbolico o avvalendosi della forza intimidatrice di associazioni segrete. L'aumento di pena e la procedibilità d'ufficio vengono giustificate dal maggior pericolo sociale che questa tipologia di condotte può provocare. Nel caso di specie, si evidenzia come l'uso di un coltello, in un contesto di acceso contrasto, è risultato idoneo a determinare un maggior effetto intimidatorio nella minaccia di morte prospettata verbalmente dall'imputato; talché, sotto il profilo materiale, tale condotta integra il reato di minaccia aggravata, per la quale sussiste anche la volontarietà, e dunque l'elemento soggettivo, allorché la predetta minaccia venga estrinsecata con siffatte modalità in un contesto di acceso contrasto tra le parti. Dopo aver considerato pienamente integrata la fattispecie contestata all'imputato, tuttavia, questo Giudice ritiene che il giudizio di responsabilità debba essere operato solo a seguito di un'attenta e complessiva valutazione della condotta; valutazione che non può non condurre a ritenere assolutamente modesta l'offesa arrecata al bene giuridico protetto dalla norma violata. In primis, va precisato che le minacce profferite dal Lo. ai prossimi congiunti devono essere anche contestualizzate e ricondotte alla contingenza del litigio in atto, alla reciprocità delle offese e delle aggressioni verbali tra gli astanti; ma, soprattutto, esse vanno ascritte allo stato mentale alterato del giudicabile, il quale era in preda all'effetto di sostanze psicotrope. Circostanza, quest'ultima, che in qualche modo ridimensiona comunque la gravità del fatto complessivamente considerato e che rende applicabile la causa di non punibilità di cui all'art. 131 bis c.p. Nel caso di specie, inoltre, si evidenzia come, in virtù dell'assenza di precedenti, come risultante da Casellario, e stante l'assenza di danni o ripercussioni sull'integrità di cose e/o persone, il fatto, complessivamente considerato, può essere considerato di particolare tenuità e tale da consentire l'applicabilità della causa di non punibilità di cui all'art. 131-bis c.p. Del resto, "è insegnamento giurisprudenziale che ai fini della configurabilità della causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall'art. 131 bis cod. pen., il giudizio sulla tenuità richiede una valutazione complessa e congiunta di tutte le peculiarità della fattispecie concreta, che tenga conto, ai sensi dell'art. 133, primo comma, cod. pen., delle modalità della condotta, del grado di colpevolezza da esse desumibile e dell'entità del danno o del pericolo (Sez. U, sentenza n. 13681 del 25/02/2016 Rv. 266590). Tale affermazione si pone - inoltre - in evidente contrasto con il riconoscimento sia delle circostanze attenuanti generiche sia dell'attenuante del fatto di lieve entità. E neppure è stato considerato a tal fine il dato dell'incensuratezza del OMISSIS" (cfr. Cass., sez. I Penale, sent. n. 51393 del 13 novembre 2018). Tanto premesso, questo Giudice ritiene che, sebbene l'imputato abbia integrato la fattispecie di cui in contestazione, tale episodio debba ritenersi di modesta entità e temporalmente circoscritto. A ciò va aggiunta la totale assenza di precedenti per il Lo., chiaro indice della non abitualità nel comportamento delinquenziale e la remissione di querela delle persone offese. Alla luce degli elementi esposti, dunque, sussistendone anche i presupposti edittali, non può che pronunciarsi sentenza di non luogo a procedere nei confronti dell'imputato Lo.An. in ordine al reato ascritto al capo B) poiché non punibile per tenuità del fatto. P.Q.M. Letti gli artt. 554 ter c.p.p. e 131 bis c.p., dichiara non luogo a procedere nei confronti dell'imputato Lo.An. in ordine al reato ascritto al capo B) poiché non punibile per tenuità del fatto. Così deciso in Potenza il 26 febbraio 2024. Depositata in Cancelleria il 4 marzo 2024.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI POTENZA SEZIONE CIVILE Il Tribunale di Potenza, in composizione monocratica nella persona del dott. Generoso Valitutti, ha pronunziato, ai sensi dell'art. 281 sexies c.p.c., la seguente parziale SENTENZA nella causa civile in primo grado, iscritta al ruolo generale degli affari civili contenziosi dell'anno 2015 in data 24 luglio 2015 al n. 2176 avente per oggetto: risarcimento danni da sinistro stradale TRA Fa.Ni., rappresentato e difeso, in virtù di procura alle liti stesa a margine dell'atto di citazione, dall'Avv. Pa.Vi., presso il cui studio elettivamente domicilia in Potenza alla Via (...); ATTORE e CONVENUTO IN VIA RICONVENZIONALE E Cu.Fe. e Cu.Gi., rappresentati e difesi, giusta procura in atti, dagli Avv.ti Lu.Mo. e Ca.De., elettivamente domiciliati come in atti; CONVENUTI e ATTORI IN VIA RICONVENZIONALE E Gr. S.P.A. in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso, giusta procura in atti, dall'Avv. Gi.D'O., presso il cui studio elettivamente domicilia in San Fele al Vico (...) CONVENUTA NONCHÉ Un. S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa, giusta procura a margine della comparsa di costituzione e risposta, dall'Avv. Se.Po., presso il cui studio elettivamente domicilia in Potenza alla Via (...); CONVENUTA IN VIA RICONVENZIONALE MOTIVI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE 1. Con atto di citazione, notificato il 21/05/2014, Fa.Ni. conveniva in giudizio, dinanzi al Giudice di Pace di Potenza, Cu.Fe., Cu.Gi. e la Gr. S.p.A. al fine di conseguirne la condanna, ciascuno nella relativa qualità (rispettivamente, proprietario e conducente del veicolo antagonista, nonché compagnia assicurativa del veicolo attoreo) al risarcimento di tutti i danni patiti in conseguenza di un sinistro avvenuto in data 08/02/2011. 1.1. Si costituivano in giudizio Cu.Fe. e Cu.Gi., dispiegando domanda riconvenzionale nei confronti dell'attore Fa.Ni. e della Un. S.p.A., nei confronti della quale venivano autorizzati all'estensione del contraddittorio; quest'ultima, regolarmente costituitasi, eccepiva l'incompetenza per valore del Giudice di Pace adito. 1.2. In accoglimento dell'eccezione, in Giudice di Pace si dichiarava incompetente, rimettendo le parti dinanzi all'intestato Tribunale, presso il quale la causa veniva riassunta con atto di citazione in riassunzione del 21/07/2015. 2. Istruita mediante l'espletamento di prove orali e consulenza tecnica medico - legale, la causa veniva rinviata per la precisazione delle conclusioni; nelle more, con note di trattazione scritta per l'udienza del 19/01/2024, l'attore Fa.Ni. e la compagnia assicurativa G. rappresentavano di aver perfezionato un accordo transattivo, e pertanto chiedevano la declaratoria, anche con sentenza parziale, di cessazione della materia del contendere tra esse. 2.1. In ragione di ciò, ritenendo la causa matura per la decisione su tale profilo, lo scrivente disponeva il rinvio della causa all'udienza del 01/03/2024 laddove, ai sensi degli artt. 277 comma 2 e 279, comma 2, n. 4 c.p.c., la causa veniva decisa - con il modello di cui all'art. 281 sexies c.p.c. - in ordine alla originaria domanda azionata dall'attore Fa.Ni. nei confronti della convenuta Gr. S.p.A. 3. Tanto puntualizzato, ritiene questo giudice che sussistano i presupposti per addivenire alla declaratoria della cessazione della materia del contendere e, dunque, per la definizione del rapporto processuale intercorrente tra Fa.Ni. e la convenuta Gr. S.p.A. 3.1. Come noto, in linea generale, la cessazione della materia del contendere è istituto non disciplinato dal codice di rito (a differenza di quanto accade, ad esempio, in seno al processo tributario o a quello amministrativo), ma che, tuttavia, può dirsi pienamente esistente anche nell'ordinamento processuale civile in forza di un ormai consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità - quale "diritto vivente", a partire da Cass. sez. un. n. 92 del 1954 - che la considera forma di definizione del processo a cui ricorrere ogni qual volta viene meno la stessa ragion d'essere della lite, per la sopravvenienza di un fatto suscettibile di privare le parti di ogni interesse alla prosecuzione del giudizio e alla sua definizione in punto di merito (tra le tante, si confrontino Cass. n. 10478 del 2004; Cass. sez. lav. n. 9332 del 2001; Cass. sez. un. n. 1048 del 2000; Cass. sez. lav. n. 2268 del 1999; Cass. sez. lav. n. 2572 del 1998; Cass. n. 4283 del 1997). 3.2. I fatti che determinano la cessazione della materia del contendere sono eterogenei, ma possono essere ricondotti entro due generali categorie, rappresentate dagli eventi di indole processuale e dagli eventi di natura sostanziale. I primi sono accomunati dalla situazione per la quale viene emanato, in altro procedimento, un provvedimento giudiziale che rende inutile la pronuncia richiesta. Differentemente, i secondi coincidono con ogni atto o attività delle parti che, incidendo sull'oggetto del processo, crea, attraverso la modificazione o estinzione della situazione sostanziale ivi originariamente dedotta, un nuovo assetto di interessi e, di conseguenza, rispettivamente, l'inattualità o l'inutilità di una pronuncia giudiziale su di un rapporto non più in atto perché estinto o modificato in forza di un atto dell'autonomia negoziale. 3.3. Ebbene, nel caso di specie risulta che tra l'attore e la convenuta G. si sia concluso un accordo transattivo, così come dalle stesse parti rappresentato con le rispettive note di udienza del 09/01/2024 e 12/01/2024 e ribadito con le note di trattazione per l'udienza del 01/03/2024; in forza di tanto, le suindicate parti si sono date reciprocamente atto della cessazione, tra le stesse, della materia del contendere. Tale circostanza costituisce senz'altro un evento d'indole sostanziale, rappresentando, in particolare, un fatto sopravvenuto determinante la modificazione del rapporto controverso in chiave estintiva, talché la pronuncia giudiziale originariamente invocata in citazione si presenta obiettivamente priva di utilità in parte qua, onde non si frappongono ostacoli alla dichiarazione di cessazione della materia del contendere, conesclusivo riguardo, lo si ripete, al rapporto processuale instaurato tral'attore Fa.Ni. e la convenuta Gr. S.p.A. avuto altresì riguardo alla circostanza per cui tale pronuncia è richiesta concordemente da tali parti in lite. Illuminante, sul punto, la recente giurisprudenza di legittimità, secondo la quale "La cessazione della materia del contendere presuppone che le parti si diano reciprocamente atto del sopravvenuto mutamento della situazione sostanziale, dedotta in giudizio, e precisino al giudice conclusioni conformi in tal senso. Deriva da quanto precede, pertanto, che l'allegazione di un fatto sopravvenuto, assunto da una sola parte come idoneo a determinarla - e oggetto di contestazione dalla controparte - comporta la necessità che il giudice ne valuti l'idoneità a determinare cessata la materia del contendere e, qualora non la reputi sussistente, pronunci su tutte le domande e le eccezioni delle parti" (Cassazione civile, sez. I, 04/07/2022, n. 21087). Ebbene, attesa la portata dei fatti evidenziati, non può che ritenersi concretamente cessata la materia del contendere tra le predette parti in causa. 3.4. Ad una pronuncia di (parziale) cessazione della materia del contendere non è di ostacolo il dissenso frapposto dai convenuti (e attori in riconvenzionale) C., vertendosi in una ipotesi di rapporti processuali scindibili. 4. Conclusivamente, può dichiararsi la cessazione della materia del contendere tra l'attore Fa.Ni. e la convenuta Gr. S.p.A. e conseguentemente l'estinzione parziale del giudizio con riferimento al rapporto processuale in commento, con pronuncia definitiva bensì parziale. 4.1. Non essendo pervenute diverse richieste in tal senso dalle parti interessate, è dato presumere che l'accordo transattivo abbia previsto un riparto in chiave compensativa delle spese di lite, e pertanto nella presente sede nulla va disposto. 5. Quanto ai restanti rapporti processuali relativi: 1) alla domanda azionata dall'attore originario Fa.Ni. nei confronti dei convenuti Cu.Fe. e Cu.Gi.; 2) alla domanda riconvenzionale azionata dai convenuti Cu.Fe. e Cu.Gi. nei confronti dell'attore Fa.Ni. e della sua compagnia assicurativa Un. S.p.A., occorre rimettere il residuo processo sul ruolo istruttorio e disporre con separata ordinanza in ordine al prosieguo del giudizio. 6. Nulla sulle spese, con riferimento al rapporto processuale dichiarato estinto; in merito al rapporto processuale ancora da definire, le spese sono rimesse alla pronunzia definitiva. P.Q.M. Il Tribunale di Potenza, sezione civile, in composizione monocratica, nella persona del giudice dott. Generoso Valitutti, parzialmente pronunciando sulla domanda proposta nel procedimento avente n. 2176/2015 R.G., ogni ulteriore istanza, eccezione disattesa, assorbita ogni ulteriore questione non oggetto di trattazione: 1) dichiara cessata la materia del contendere tra l'attore Fa.Ni. e la convenuta Gr. S.p.A.; 2) dichiara l'estinzione parziale del giudizio, con esclusivo riguardo al rapporto processuale di cui al punto n. 1) del dispositivo; 3) rimette sul ruolo, con separata ordinanza, il segmento residuo di processo per il prosieguo. 4) nulla sulle spese. Così deciso in Potenza l'1 marzo 2024. Depositata in Cancelleria il 4 marzo 2024.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI POTENZA Il Giudice Onorario del Tribunale di Potenza - Prima sezione Civile - avv. Angelo MAURIZIO, ha pronunciato la seguente Sentenza nella causa iscritta al ruolo n. 1694/2013 R.G. promossa da: Wa.Na. (C.F. (...)), rappresentata e difesa dall'avv. Do.Bi. (C.F. (...)) in virtù di procura a margine dell'atto di citazione in opposizione al D.I. ed elett.te dom.ta alla via (...) in Potenza, opponente a d.i. contro Mo.Fr. (C.F. (...)), rappresentato e difeso dagli avv.ti Sa.De. (C.F. (...)) e Ca.Pa. (C.F. (...)) in virtù di procura a margine della comparsa di costituzione ed elett.te dom.to alla via (...) in Venosa, opposto a d.i. OGGETTO: opposizione a decreto ingiuntivo MOTIVI DELLA DECISIONE Si procede alla redazione della presente sentenza senza la parte sullo svolgimento del processo ai sensi dell'art. 45, comma 17, L. n. 69 del 2009. Nei limiti di quanto rileva ai fini della decisione (cfr. il combinato disposto degli artt. 132 c. 2 n. 4 c.p.c. e 118 disp. att. c.p.c), le posizioni delle parti e l'iter del processo possono riepilogarsi come segue. Con ricorso monitorio il sig. Mo.Fr. chiedeva ed otteneva dal Tribunale di Potenza il decreto ingiuntivo n.209/2013, con il quale veniva ingiunto alla sig.ra Wa. il pagamento della complessiva somma di Euro16.000,00 oltre interessi e spese della procedura, in virtù di mutuo verbale garantito da assegno postale. Con atto di citazione notificato, la sig.ra Wa. proponevano opposizione avverso il decreto ingiuntivo, chiedendone la revoca. Con comparsa si costituiva in giudizio il sig. M. che concludeva per la conferma del decreto ingiuntivo con condanna alle spese dell'opponente. Veniva svolta attività istruttoria mediante l'escussione di un testimone ed una perizia grafologica avente ad oggetto l'autenticità della firma apposta sull'assegno azionato in sede monitoria. La causa veniva rinviata per la precisazione delle conclusioni e riservata per la decisione, con concessione dei termini ex art. 190 c.p.c., all'udienza del 11.12.2023. Passando all'esame della controversia, va innanzitutto premesso che "l'opposizione prevista dall'art. 645 c.p., non è un'actio nullitatis o un'azione di impugnativa nei confronti dell'emessa ingiunzione, ma è un ordinario giudizio sulla domanda del creditore che si svolge in prosecuzione del procedimento monitorio" (Cass. Civ. 19596 del 18/09/2020). In tema di onere della prova nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, grava su chi fa valere un diritto in giudizio il compito di fornire gli elementi probatori a sostegno della propria pretesa e dunque parte opposta deve dimostrare gli elementi costitutivi del credito azionato in sede sommaria, mentre l'opponente ha l'onere di contestarlo allegando circostanze estintive o modificative del medesimo o l'inefficacia dei fatti posti a fondamento della domanda. Il sig. M. ha fornito la prova sia del credito mediante produzione di assegno circolare su P.I. con firma di traenza attribuita all'odierna opponente. La giurisprudenza ha affermato che nei rapporti diretti tra traente (chi ha emesso l'assegno) e prenditore (ossia il beneficiario), l'emissione dell'assegno -per quanto nullo - vale come una promessa di pagamento (Cass. 27370/2019). Ciò in ossequio al principio generale per cui apporre la propria firma sotto un testo che implichi l'impegno a pagare una somma di denaro costituisce una promessa di pagamento. In tal modo, il soggetto a favore del quale la promessa è resa è dispensato dall'onere di provare il rapporto fondamentale, in quanto sussiste una presunzione iuris tantum dell'esistenza del rapporto sottostante, fino a che l'emittente non fornisca la prova dell'inesistenza, dell'invalidità o dell'estinzione di tale rapporto (Cass. 19051/2021). La promessa di pagamento è una dichiarazione unilaterale sfavorevole all'autore (l'emittente l'assegno) e favorevole al destinatario (il beneficiario). La suddetta dichiarazione assume rilievo sotto il profilo processuale in quanto determina una relevatio ab onere probandi, infatti, il creditore non deve dimostrare il rapporto fondamentale - in questo caso, il rapporto sottostante all'emissione dell'assegno - ma spetta alla controparte fornire la prova contraria, ad esempio, adducendo l'inesistenza del contratto o la sua nullità. L'opposizione al decreto ingiuntivo proposta dalla sig.ra Wa. è fondata esclusivamente sul disconoscimento della sottoscrizione apposta sull'assegno ma, a seguito di CTU grafologica, è stata accertata la riconducibilità della firma alla sig.ra Wa.. Pertanto, non essendo stato addotta e provata dall'opponente alcuna circostanza modificativa o estintiva del credito provato con la produzione dell'assegno, l'opposizione deve essere rigettata. Sulla base di quanto esposto la domanda di pagamento formulata nei confronti della sig.ra Wa.Na., in prima istanza in sede monitoria, deve essere accolta e l'opposizione rigettata, le spese del presente giudizio seguono la soccombenza ex art. 91 c.p.c. e sono liquidate come da dispositivo in base al D.M. n. 55 del 2014 ss.mm.ii.. P.Q.M. il Tribunale di Potenza così provvede: - rigetta l'opposizione al decreto ingiuntivo n.209 emesso dal Tribunale di Potenza il 07/03/2013; - conferma il decreto ingiuntivo n.209 emesso dal Tribunale di Potenza il 07/03/2013 all'esito della procedura monitoria R.G.589/2013 e depositato in cancelleria il 07/03/2013; - pone definitivamente a carico della sig.ra Wa.Na. le spese di C.T.U.; - condanna la sig.ra Wa.Na. al pagamento delle spese legali in favore del sig. Mo.Fr., che liquida in Euro2.540,00 per compenso, oltre spese generali al 15%, IVA se dovuta e CPA. Così deciso in Potenza il 28 febbraio 2024. Depositata in Cancelleria l'1 marzo 2024.
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