Sentenze recenti Tribunale Prato

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  • IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE DI PRATO in persona del giudice istruttore, dott. Michele Sirgiovanni, in funzione di giudice unico, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa iscritta a ruolo il 18 ottobre 2021 segnata al N. 2628/2021 Ruolo Generale, avente ad oggetto: restituzione somme e risarcimento danni, promosso da: (...), nato in Vernio (PO), in data 18.03.1954, residente in Vernio (Po), Via (...), rappresentato e difeso dagli Avv.ti (...) entrambe del Foro di Firenze, con studio in Firenze, Via (...), 50129, presso il quale è stato eletto domicilio, giusta procura allegata al ricorso. Pec: (...) Attore (...)a, residente in via (...), Baragazza - Castiglione dei Pepoli (BO); Convenuta avente ad oggetto: accertamento indebito arricchimento e ripetizione somme. All'udienza 24 novembre 2022 la causa è stata posta in decisione sulle sottoscritte conclusioni. Per l'attore: "...come da domande e conclusioni per come formulate in seno all'atto di citazione e precisate in seno alla memoria 183 comma VI n. 1 c.p.c., statuendo quindi per l'effetto la condanna di (...)a al pagamento della somma pari ad Euro 109.736,00, a titolo di restituzione delle somme indebitamente sottratte all'odierna parte attorea, cui dovranno aggiungersi il risarcimento del danno da determinarsi equitativamente e le spese legali, della presente fase e di quella cautelare; in subordinata ipotesi, condannare (...) alla maggiore o minore somma ritenuta di giustizia, oltre al risarcimento del danno da determinarsi in via equitativa, con vittoria di spese legali della presente fase e di quella cautelare.....". SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con atto di citazione notificato il 2 novembre 2021 (...) esponeva: - che nel corso dell'anno 2007 era venuta a mancare (...), moglie dell'attore nonché madre di (...) e (...), all'epoca, rispettivamente di anni diciotto e dieci; - che in conseguenza delle difficoltà conseguenti al decesso della moglie aveva accolto con favore la proposta della figlia maggiore di coadiuvarlo nella gestione 1 delle faccende burocratiche, offrendosi di alleggerire il carico suo di incombenze e di fornire, in tal modo, il proprio contributo, e si era così determinato a cointestare il proprio conto corrente n. 0229397, acceso presso l'allora (...), successivamente confluito nel conto corrente n. 1000/914 presso la (...) (a far data dal 2018), anche alla figlia; - che tale prassi familiare si protraeva per circa un decennio, anche in seguito al suo pensionamento, in quanto la figlia (...), pur lavorando presso una casa di riposo ed essendosi trasferita altrove, dichiarava di adempiere volentieri e senza alcun fastidio alle incombenze familiari, offrendosi anche, di gestire i pagamenti anche a vantaggio della nonna paterna, sig.ra (...), ottenendo la delega per il ritiro mensile della pensione presso l'ufficio postale; - che casualmente, a seguito di difficoltà ad effettuare pagamenti, aveva verificato che la figlia aveva distratto ingentissime somme a proprio esclusivo vantaggio, nonché acceso finanziamenti domiciliati sul conto, fino a svuotarlo, appropriandosi così indebitamente, contro la volontà del padre ed a sua totale insaputa, di tutti i risparmi di una vita di lavoro ricaricabili, per un totale complessivo pari ad Euro 109.777,40, così composti: Euro 69.716,98 (anno 2011, 2012 e 2013), oltre ad Euro 36.060,42 (corrispondenti anni 2014-2020), ed Euro 4.000,00 corrispondente ai premi assicurativi corrisposti con riferimento ad un veicolo intestato alla sig.ra (...) (Euro 800,00 annui per 5 anni); - di avere richiesto ed ottenuto il sequestro conservativo ex artt. 669 e 671 c.p.c. sui beni mobili e immobili di proprietà dell'odierna convenuta (...)a fino alla concorrenza di Euro. 100.000,00, con termine di giorni trenta dalla notifica dell'ordinanza per l'instaurazione del giudizio di merito; - che in ragione dell'ordinanza sopra citata erano stati sottoposti a sequestro conservativo i seguenti cespiti: A. bene immobile dell'odierna convenuta, posto in Castiglione dei Pepoli- Baragazza (BO), alla Via (...), in virtù di atto di compravendita risultante dal Registro Particolare 22496 Registro Generale 33485 Pubblico ufficiale (...) Repertorio 52555/14518 del 05/07/2016; B. Conto corrente intestato alla sig.ra (...), acceso presso (...), filiale di Vernio (PO). Tanto premesso conveniva (...) innanzi a questo tribunale per sentirla condannare alla restituzione delle somme oggetto dei prelievi ed al risarcimento del danno, determinato anche in via equitativa, oltre al pagamento delle spese dei procedimenti cautelare e di merito. Instauratosi il contraddittorio, nella contumacia della convenuta, si procedeva ad istruttoria con la produzione di documenti ed infine, all'udienza del 24 novembre 2022, la causa era riservata in decisione sulle conclusioni in epigrafe trascritte, previa concessione dei termini di cui all'art 190 cpc. MOTIVI DELLA DECISIONE Le domande dell'attore sono fondate e devono essere accolte nei limiti della motivazione che segue. Le domande, per come formulate e specificate nel corso del giudizio, hanno ad oggetto, l'accertamento delle somme di proprietà di (...) versate sul conto corrente n 0229397, acceso presso Spa (...), alla quale, a far data dal 2018, è subentrata Spa (...) Invero, secondo la giurisprudenza della S.C. (cfr. da ultimo Cass. n. 77/2018) nel conto corrente bancario intestato a due (o più) persone, i rapporti interni tra correntisti non sono regolati dall'art. 1854 c.c., riguardante i rapporti con la banca, bensì dall'art. 1298, comma 2, c.c., in base al quale debito e credito solidale si dividono in quote uguali, solo se non risulti diversamente. In tale prospettiva, qualora risulti che il saldo attivo deriva dal versamento di somme di pertinenza di uno solo dei correntisti, va escluso che l'altro possa, nel rapporto interno, avanzare pretese su tale saldo così come va parimenti escluso che, nei rapporti interni, ciascun cointestatario, anche se avente facoltà di compiere operazioni disgiuntamente, possa disporre in proprio favore, senza il consenso espresso o tacito dell'altro, della somma depositata in misura eccedente la quota parte di sua spettanza, e ciò in relazione sia al saldo finale del conto, sia all'intero svolgimento del rapporto (conf. Cass. n. 18777/2015 che ha ritenuto superata la presunzione de qua, e ritenuta raggiunta la prova dell'esclusiva provenienza del denaro dall'attività professionale di uno dei coniugi cointestatari, dalla circostanza che l'altro coniuge, legalmente separato, fosse titolare di un conto corrente personale utilizzato per l'accredito dello stipendio ed il pagamento delle utenze). Si è soliti precisare che la formale co-intestazione integra una presunzione legale "juris tantum" (quale quella di cui all'articolo 1298, secondo comma cod.civ.), che dà luogo soltanto all'inversione dell'onere probatorio, e può essere superata attraverso presunzioni semplici, purché gravi, precise e concordanti (Cass. n. 1087/2000). Inoltre, la medesima presunzione presuppone, perché possa ritenersi vinta, la dimostrazione non già che la materiale operazione di versamento sia stata effettuata solo da uno dei cointestatari, ma che la stessa abbia altresì avuto ad oggetto somme di pertinenza esclusiva di uno dei contitolari, potendosi verificare la non infrequente ipotesi che uno dei cointestatari, per ragioni di difficoltà personali degli altri formali contitolari, provveda al versamento di somme appartenenti in esclusiva all'altro cointestatario (Cass., 14.9.2022, n 27069). Tale dato, dunque, di per sé solo non appare idoneo a vincere la detta presunzione (Cass. n. 4496/2010, secondo cui per vincere la presunzione in esame, non è sufficiente la prova di aver avuto la proprietà e la disponibilità esclusiva del denaro utilizzato per l'acquisto dei titoli, valendo la co-intestazione a rendere solidale il credito anche se il denaro sia immesso sul conto da uno dei cointestatari o da un terzo a favore di uno solo o di entrambi) mentre dirimente appare la prova della pertinenza esclusiva, in base al titolo di acquisto, del denaro versato in capo a uno dei contestatari (Cass. n. 8718/1994). Ebbene, nel caso concreto l'attore attraverso le risultanze degli estratti conto dai quali si evincono gli accrediti degli stipendi e dei trattamenti pensionistici di cui era esclusivo titolare, ha superato certamente l'onere della prova in ordine alla provenienza delle somme risultanti depositate sul conto corrente, peraltro dando anche giustificazione delle ragioni per le quali le operazione materiale di versamento e prelievi erano invece effettuate dalla sola convenuta, in ragione delle esigenze conseguenti alla particolare situazione in cui la famiglia si è venuta a trovare dopo la morte della rispettiva moglie e madre. Anche per ragioni di età, appare del resto inverosimile che anche parte degli introiti versati fossero di provenienza da redditi percepiti dalla ragazza, così che può concludersi nel senso della dimostrazione raggiunta della effettiva provenienza delle somme accreditate sul conto corrente. L'esame dei documenti prodotti, consente invece di desumere che le somme accreditate del conto, per la quasi totalità, appartenevano al ricorrente, in quanto - come sopra precisato- espressamente qualificati come "stipendi" erogati da società (...) e (...), ovvero da trattamenti pensionistici direttamente riferibili a (...). Di contro, non trovano giustificazione gli ingenti prelievi effettuati dalla di lui figlia, sia in contanti (con carta bancomat n 829497, intestata alla resistente) che attraverso accrediti ovvero mediante ricariche di carte di credito o telefoniche, per un totale di Euro 66716,98 tra il 2011 ed il 2013, (non Euro 69716,98, come indicato dall'attore) e di Euro 36.059,42 (non Euro 69716,98,), per gli anni successivi, per un ammontare di Euro 102776,40. Si tratta di documentazione analitica che, sia pure desumibile da elenchi predisposti dalla parte, può essere ritenuta sufficiente a documentare, sia pure in via indicativa, l'ammontare delle somme prelevate dalla figlia sul conto corrente in questione. D'altra parte, l'attore ha imputato alla convenuta condotte di appropriazioni dolose delle somme, secondo lo schema dell'illecito anche penalmente rilevante (ex art 646 c.p.), così che ricostruita la vicenda sulla base dei documenti allegati, non vi sono elementi per ritenere che i singoli prelievi delle somme depositate, di pertinenza dell'attore, fossero stati di volta in volta autorizzati, né che i medesimi prelievi integrassero una forma di contribuzione all'andamento della vita familiare, ove si consideri che, ai sensi dell'art 2034 c.c., l'adempimento di obbligazioni naturali richiede che i versamenti siano pur sempre spontanei (Cass, 1277/2014). Infine, neanche è stato allegato e provato che la volontà del titolare delle somme fosse quella di fare acquisire alla figlia la disponibilità delle somme depositate, in tal modo configurando una donazione indiretta (Cass., ord. 28.2.2018, n 4682). In assenza di tali elementi, facendo applicazione dei principi che regolano l'onere della prova, la domanda deve essere accolta, con la conseguente condanna alla restituzione delle somme prelevate, con interessi nella misura legale, dalla data della domanda all'effettivo soddisfo. Quanto al risarcimento del danno, non sono stati offerti elementi congrui per ritenere che sia effettivamente derivato un pregiudizio economico alla propria sfera giuridica dalla mancata disponibilità delle somme oggetto dei prelievi. In difetto di elementi sicuri circa la sussistenza di danni effettivi, nonché circa la loro quantificazione, non è possibile accedere alla considerazione che tali poste di danno si siano sicuramente verificate nella sfera patrimoniale dell'attore facendo ricorso alla valutazione equitativa ovvero ad eventuale CTU, perché questa costituisce un mezzo di valutazione degli elementi già forniti dalle parti e non un mezzo di prova mentre il potere discrezionale che l'art. 1226 c.c. conferisce al giudice non può essere invocato dall'interessato per sottrarsi all'onere probatorio cui è tenuto e non lo esonera pertanto dall'obbligo di offrire gli elementi probatori circa l'esistenza del danno, esaurendosi tale apprezzamento equitativo nella necessità di colmare le lacune inevitabili nella determinazione del suo effettivo ammontare (Cass., 22.2.2018, n 4310; Cass., 22..2.2017, n 4534; Cass, 12.10.2011, n 20990; Cass., 16.6.90, n. 6056; Cass., 26.2.86, n. 1212; Cass., 5.3.84, n. 1530), di allegare tutte le circostanze specifiche, oggettive e soggettive, del caso concreto, che presentino rilevanza giuridico patrimoniale e di fornire al giudice tutti i possibili dati di fatto in suo possesso che valgano a consentirgli almeno un orientamento di massima per la sua valutazione. Il ricorso alla valutazione equitativa, d'altra parte, si giustifica soltanto quando non è possibile valutare altrimenti le componenti del danno, quando cioè l'attività istruttoria espletata non è valsa ad eliminare ogni incertezza sull'ammontare del danno mentre ad essa non si può far luogo, invece, per colmare le lacune probatorie delle parti, presupponendo già assolto l'onere della parte di dimostrare la sussistenza e l'entità materiale del danno (Cass., 22.2.2018, n 4310 Cass., 22..2.2017, n 4534; Cass, 12.10.2011, n 20990) L'impossibilità di provare il preciso ammontare del danno, in ipotesi, deve infatti derivare da ragioni obiettive e non da inerzia o negligenza del danneggiato ed il potere di liquidazione equitativa non è esercitabile con riferimento a specifiche voci del danno che la parte interessata sia in grado di dimostrare nel loro esatto ammontare fornendo congrui ed idonei elementi al riguardo. Nel caso di specie, invece, la parte non ha affatto offerto tutti gli elementi probatori che, usando normale diligenza, avrebbe potuto fornire per la esistenza e quantificazione del danno limitandosi a dedurre di avere avuto pregiudizio dalla sottrazione degli importi dal conto corrente senza offrire alcun elemento di riscontro in proposito. Non v'è dubbio alcuno che sotto tale aspetto debba applicarsi il principio "actore non probante reus absolvitur" e la domanda deve per questa parte essere rigettata. Infine le spese processuali, comprensive di quelle della fase cautelare e liquidate in dispositivo tenuto conto dell'attività svolta e del valore della causa in linea con i parametri di cui al DM 55/2014 (con applicazione dei minimi in ragione della mancata costituzione della controparte), vanno poste a carico della convenuta soccombente. P.Q.M. Il Tribunale di Prato, definitivamente pronunciando sulle domande avanzate da (...) nei confronti di (...), con atto di citazione notificato il 2 novembre 2021, ogni altra istanza, eccezione e deduzione disattesa, così provvede: a) condanna la convenuta, al pagamento della somma di Euro 102.776,40, in favore dell'attore, oltre interessi legali dalla domanda all'effettivo soddisfo; b) rigetta la domanda di risarcimento dei danni; c) condanna la convenuta al pagamento delle spese processuali nei confronti dell'attore, spese che si liquidano in Euro 3453,00 per la fase cautelare ed in Euro 7052,00 per la fase di merito, oltre IVA, CPA e spese generali come per legge, e spese per CU e notifica sostenute. Così deciso in data 5 giugno 2023 dal Tribunale di Prato, in persona del G.I., dott. Michele Sirgiovanni, in funzione di giudice unico. Depositata in Cancelleria il 6 giugno 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE DI PRATO in persona del giudice istruttore, dott. Michele Sirgiovanni, in funzione di giudice unico, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile iscritta a ruolo in data 11 novembre 2020 con il n. 2943/2020 del Ruolo Generale, avente per oggetto: disconoscimento, nullità contrattuale e accertamento negativo credito, condanna; vertente tra (...), rappresentata e difesa unitamente e disgiuntamente dagli avvocati Pi.LE. e Fr.LE., elettivamente domiciliata presso il loro studio in Prato via (...), come da procura ad litem allegata al ricorso introduttivo; Fax: (...) Pec: (...) Attrice Nei confronti di (...) S.A., in persona del procuratore legale rappresentante, elettivamente domiciliata presso lo studio dell'Avv. Fa.CO., che la rappresenta e difende in virtù di procura notarile repertorio n. (...), raccolta n. (...), a rogito Notaio Dott.ssa (...) in data (...), allegata alla comparsa di risposta; Pec: (...) Fax: (...) Convenuta SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con ricorso ex art. 702 bis c.p.c., depositato in data 11 novembre 2020, (...) esponeva: - che nell'anno 2017 (...), in passato convivente con la ricorrente, aveva acquistato presso la società (...) di (...), con la formula leasing, l'autovettura Renault Scenic tg. (...); - che dopo qualche tempo aveva ricevuto richieste di pagamento per rate insolute del predetto contratto di leasing, sicché aveva richiesto copia del predetto contratto, essendo certa di non averlo sottoscritto; - di avere riscontrato , dopo aver ricevuto la copia dalla (...) a seguito di varie richieste, di essere stata indicata, nella pagina 10 del predetto contratto, quale "Coobbligato/garante" e la presenza nella medesima pagina del contratto di quattro sottoscrizioni accanto alla dicitura "Firma del coobbligato", tutte apocrife - che con lettera del giorno 11 dicembre 2018 aveva richiesto spiegazioni in merito all'accaduto alla società (...) la quale, con mail del 17 dicembre 2018, aveva evidenziato la necessità di denunciare previamente la vicenda all'autorità giudiziaria per fornire le informazioni richieste; - di avere successivamente ricevuto istanze di sollecito da parte di (...) in date 20 giugno 2019, 7 agosto 2019 e 19 settembre 2019 e di avere richiesto "la conferma che il nominativo della cliente non è stato e non sarà inserito in nessuna banca dati di informazioni creditizie"; - di non avere mai sottoscritto il contratto di leasing e di non essere quindi tenuta a garantire il debitore principale, (...) ; - di avere attivato procedimento di mediazione presso l'OFC del Tribunale di Prato , conclusosi con esito negativo in ragione della mancata adesione della (...). Tanto premesso conveniva (...) S.A. innanzi a questo Tribunale per accertare che le sottoscrizioni apposte al contratto non erano riferibili alla stessa ricorrente, dichiarare la nullità del contratto e, in ipotesi di eventuale inserimento del suo nominativo in una o più banche dati creditizie, ordinarne l'immediata cancellazione, con la condanna della società convenuta ai sensi dell'art. 614 c.p.c. nonché al risarcimento del danno , con il favore delle spese di lite. Instauratosi il contraddittorio, la banca evidenziava che la ricorrente avrebbe potuto agevolmente accertare l'inserimento del proprio nominativo gratuitamente e direttamente dalla (...) nonché presso i gestori delle banche dati private, le c.d. SIC (Experian, Crif, CTC etc.), contestando di avere mai effettuato alcuna segnalazione in centrale rischi. Eccepiva, ancora, il difetto di interesse ad agire della (...) in quanto il contratto di leasing era cessato il 25 marzo 2020 e non vi era alcuna pendenza debitoria nei confronti del debitore principale. Concludeva, pertanto per il rigetto delle domande avversarie, con il favore delle spese di lite e con la condanna della ricorrente ai sensi dell'art. 96 c.p.c. per responsabilità aggravata. Quindi, disposto il mutamento del rito ed esaurita l'istruttoria con produzione di documenti, all'udienza del 6 ottobre 2022, la causa era riservata in decisione sulle conclusioni in epigrafe trascritte, previa concessione alle parti dei termini di cui all'art. 190 c.p.c.. MOTIVI DELLA DECISIONE DETERMINAZIONE DEL THEMA DECIDENDUM E INTERESSE AD AGIRE 1, DOMANDE DI ACCERTAMENTO Preliminarmente occorre considerare che l'attrice ha proposto pluralità di domande aventi ad oggetto, in prima battuta, l'accertamento della non autenticità delle sottoscrizioni apposte al contratto di leasing in veste di coobbligata, nonché della inesistenza nei suoi confronti di ogni pretesa di credito per effetto della conseguente nullità parziale del titolo negoziale. Di seguito, ha poi formulato richiesta di condanna alla cancellazione dei dati in ipotesi inseriti in una o più banche dati creditizia e di risarcimento del danno derivato da tale indebita iscrizione. Per il primo aspetto, le domande proposte risultano pienamente fondate e meritevoli di essere accolte. Invero, nell'atto introduttivo (...) ha contestato in modo chiaro e specifico la stessa autenticità della grafia di tutte le sottoscrizioni apposte in calce contratto di leasing dal soggetto qualificato come coobbligato, asserendo espressamente di non avere mai sottoscritto il documento, ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 214 c.p.c. A fronte del disconoscimento, l'art. 216 cod. proc. civ. subordina l'efficacia probatoria della scrittura privata prodotta in giudizio alla proposizione dell'istanza di verificazione da parte di colui che intende valersene, sicché la negazione, da parte dell'interessato, che la sottoscrizione è la propria impone alla parte che intende valersi della scrittura di dimostrarne la provenienza mediante il procedimento di verificazione, la cui mancata proposizione equivale, per presunzione assoluta di legge, ad una dichiarazione di non volersi avvalere della scrittura come mezzo di prova (Cass., Sez. Un, 01/02/2022, n 3086; Cass., Sez. I, 20/11/2017, n. 27506; Cass., Sez. II, 8/01/1994, n. 155; Cass., Sez. I, 12/07/1984, n. 4094). Poiché tutte le firme risultano apposte sul medesimo documento contrattuale in maniera consecutiva, il riferimento non è suscettibile di equivoci, anche senza dettagliata indicazione delle singole firme contestate. D'altra parte, i rilievi sollevati dalla convenuta investono i profili di inammissibilità della domanda per difetto di interesse, non già profili di valutazione del merito della relativa istanza. A riguardom tuttavia, deve essere considerato che l'interesse ad agire previsto dall'art. 100 del codice di rito consiste nell'esigenza di ottenere un risultato giuridicamente apprezzabile (e non altrimenti conseguibile se non) mediante il ricorso all'autorità giurisdizionale, sì che l'indagine circa la sua esistenza è volta ad accertare se l'istante possa ottenere, attraverso lo strumento processuale, il risultato ripromessosi, a prescindere da ogni esame del merito della controversia (e della stessa ammissibilità della domanda sotto altri e diversi profili), senza che tale interesse possa legittimamente dirsi escluso dalla possibilità di esperimento di azioni alternative, pur volte alla tutela della medesima situazione giuridica contro lo stesso (o contro altro) soggetto. Nell'azione di mero accertamento, anche se negativo, il presupposto è costituito la titolarità di un interesse, attuale e concreto, ad ottenere un risultato utile, giuridicamente rilevante e non conseguibile se non con l'intervento del giudice, mediante la rimozione di uno stato di incertezza oggettiva sull'esistenza del rapporto giuridico dedotto in causa, prescindendo da ogni indagine sul merito della controversia e dal suo prevedibile esito. (Cass., sez, un, n 22.11.2022, n 34388; Cass. 30.7.2015, n 16162; Cass. 21.6.1993, Cass., 20.1.1998, n 486). In disparte la considerazione che con riferimento alla domanda (o all'eventuale eccezione) di nullità di un contratto, mentre per le parti contraenti l'interesse ad agire è "in re ipsa", in dipendenza dell'attitudine del contratto di cui si invoca la nullità ad incidere nella loro sfera giuridica ( Cass., 5.2.2020, n 2670), nel caso in esame non può revocarsi in dubbio che l'attrice ha interesse ad accertare la falsità della sottoscrizione apposta al titolo negoziale a fronte di una situazione difforme di apparente esistenza e validità di un rapporto giuridico apparente fonte di potenziali pretese di credito e, peraltro, già in concreto richiamate nelle lettere di sollecito notificate dalla società creditrice. Peraltro, dalla documentazione prodotta si evince che il contratto de quo, sottoscritto dall'attrice in data 11 giugno 2017, aveva ad oggetto l'acquisto della vettura Renault Scenic tg. (...), con la formula leasing, perfezionatosi il 27 giugno 2017 e con previsione di rimborso in 59 rate mensili più riscatto, e quindi ancora in essere al momento della introduzione del presente giudizio e non vi è prova - sul piano sostanziale - dell'estinzione del credito da parte del debitore principale. Conseguentemente, la posizione difensiva della società convenuta non è sufficiente a far venire meno l'interesse alla pronuncia giudiziale invocata che qualifica e sorregge le domande di accertamento formulate dall'attrice. Esclusa l'autenticità delle sottoscrizioni apposte al documento , consegue la nullità parziale del contratto, non essendo contestata l'assenza di una manifestazione di volontà da parte del soggetto indicato come coobbligato e falsamente identificato come (...). 2. DOMANDE DI CONDANNA A differenti conclusioni, invece, si deve pervenire con riferimento alle domande di condanna alla cancellazione della eventuale segnalazione presso banche dati di crediti in sofferenza. Il primo riferimento è, evidentemente, alle segnalazioni alla Centrale dei Rischi di cui alla Circolare (...) 11.02.91 n. 139 e successive modifiche ed integrazioni. Per come indicato specificamente da tale circolare gli intermediari devono informare per iscritto il cliente e gli eventuali coobbligati la prima volta che lo segnalano a sofferenza, mentre per altre tipologie di crediti ove, mancando del tutto tale discrezionalità, vige l'obbligo di segnalazione se, alla data di riferimento o, comunque, l'ultimo giorno del mese ricorre almeno una delle condizioni relative all'intestatario della posizione di rischio (come da Circolare n 139/1991, cap. II, sez. I, par 5). Tuttavia, peraltro, in punto di onere della prova, la stessa S.C. ha puntualizzato che , alla stregua dell'art. 15 D.Lgs. n. 196 del 2003 e dell'art. 2050 c.c., su colui che agisce per l'abusiva utilizzazione dei suoi dati personali incombe l'onere di provare il danno subito, siccome riferibile al trattamento del suo dato personale ( Cass. 23.5.2016, n 10638) e tale "perdita" deve essere sempre oggetto di proporzionata ed adeguata deduzione da parte dell'interessato. Nel caso in esame, anche tale richiesta non può essere accolta in quanto non risultano i termini della segnalazione a sofferenza effettuata dalla banca titolare del rapporto, né è stato dimostrato alcun pregiudizio per una non corretta segnalazione che, oltre tutto, la società convenuta contesta di avere mai effettuato in danno dell'attrice, anche presso altre banche dati private. Anche sotto il profilo del danno lamentato, in linea con i principi fissati dagli artt. 1223 e 1225 c.c., l'attrice avrebbe dovuto offrire adeguata dimostrazione, anche di carattere presuntivo, di avere risentito un concreto pregiudizio economico a causa di errate e indebite segnalazioni (Cass. Sez. I, 3 giugno 2016- Cass., sez. I, 19 ottobre 2012, n. 18039), non limitarsi a prospettarne l'esistenza in via puramente ipotetica. In generale, infatti, l'esistenza e l'entità del danno devono essere adeguatamente dimostrate secondo i principi che disciplinano l'onere della prova (Cass., Sez. 2 , 04/06/2018, n 14294), senza margini per fare ricorso alla valutazione equitativa, perché il potere discrezionale che l'art. 1226 c.c. conferisce al giudice è subordinato rigorosamente al duplice presupposto che risulti provata, o comunque incontestata, l'esistenza di un danno risarcibile e non meramente eventuale o ipotetico (Cass., 3.11.2021, n 31251;Cass., 5.2.2021, n 2831; Cass., 17.11.2020, n 26051; Cass., 15.2.2008, n 3794; Cass., 5.4.2003, n 5375; Cass., 30.5.2002, n 7896; Cass., 30.9.86, Sez. Un. n. 674; Cass., 5.9.85, n. 4619) e che sia impossibile o molto difficile dimostrarne il preciso ammontare (Cass., 5.2.2021, n 2831; Cass., 15.2.2008, n 3794; Cass., 12.4.2006, n 8615; Cass., 21.11.2006, n 24680; 23.7.2004, n 13869 Cass., 16.6.90, n. 6056; Cass., 5.5.88, n. 3340; Cass., 21.4.88, n. 3090; Cass., 29.1.88, n. 836; Cass., 9.6.87, n. 5031). Solo dopo aver assolto tale onere ed aver constatato che permaneva l'impossibilità di quantificare con precisione l'ammontare del pregiudizio, l'attrice avrebbe potuto chiedere al giudice di liquidarlo con valutazione equitativa ovvero attraverso eventuali ulteriori indagini rimesse al C.T.U. in quanto per procedere alla condanna al risarcimento, non è sufficiente l'accertamento della potenzialità dannosa del fatto, ma deve procedersi all'individuazione del quantum del danno, che deve essere sempre provato. Non v'è quindi spazio per accogliere le pretese risarcitorie nei termini formulati. Al contempo, non può essere accolta la richiesta di condanna dell'attrice al risarcimento dei danni per responsabilità processuale aggravata. Tale affermazione di responsabilità, che è prevista a carico della parte soccombente dal primo comma dell'art. 96 c.p.c., postula, oltre al carattere totale e non parziale di tale soccombenza (Cass., 15.7.91, n. 7815) ed alla sussistenza di una colpa grave (Cass., 21798/2015; Cass., 17.10.89, n. 4164; Cass., sez. un., 30.9.89, n. 3948, in Giust. civ. 1989, I, 2535), che l'avversario anche in tal caso deduca e dimostri la concreta ed effettiva esistenza di un danno in conseguenza del comportamento processuale della parte medesima, con la conseguenza che il giudice non può liquidare il danno, neppure equitativamente, se dagli atti non risultino elementi atti ad identificarne concretamente l'esistenza. Nel caso di specie, invece, la società convenuta non ha dedotto né dimostrato l'esistenza di un danno patrimoniale concretamente subito sicché la domanda proposta deve essere senz'altro rigettata. Neanche si ravvisano le condizioni per la condanna ai sensi dell'art. 91 , comma 3, c.p.c., che in ogni caso ha natura sanzionatoria e officiosa, sicché presuppone la mala fede o colpa grave della parte soccombente (Cass., 3003/2014) di cui, nel procedimento in esame , difettano gli elementi costitutivi. Infine la società convenuta deve essere condannata al pagamento delle spese di lite, come liquidate d'ufficio in dispositivo tenuto conto dell'esito della lite, dell'attività svolta e del valore della controversia, in conformità ai parametri medi di cui al D.M. n. 55 del 2014, compensandole per metà in ragione della reciproca parziale soccombenza P.Q.M. Il Tribunale di Prato, definitivamente pronunciando sulle domande proposte da (...) nei confronti di (...) S.A., in persona del procuratore legale rappresentante, con ricorso ex art. 702 bis c.p.c. depositato in data 11 novembre 2020, ogni altra istanza, eccezione e deduzione disattesa, così provvede: a) accoglie le domande di accertamento della non autenticità delle sottoscrizioni apposte in veste di soggetto coobbligato al contratto di leasing recante data 11 giugno 2017, dichiarandone la nullità parziale nei confronti dell'attrice; b) rigetta le ulteriori domande proposte dalle parti; c) condanna la società convenuta al pagamento in favore dell'attrice delle spese processuali liquidate in totale in Euro 2960,00, per compenso professionale (compresa fase per attivazione procedura di mediazione), oltre I.V.A., C.P.A. e spese generali nella misura di legge, oltre alle spese di notifica e CU ed Euro 40,00 per la procedura di mediazione, compensate per metà e poste per il residuo a carico della convenuta. Così deciso in Prato il 14 aprile 2023. Depositata in Cancelleria il 15 aprile 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE DI PRATO in persona del giudice istruttore, dott. Michele Sirgiovanni, in funzione di giudice unico, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile iscritta a ruolo in data 21 Febbraio 2017 con il n. 605/2017 del ruolo Generale, avente per oggetto: contratti bancari, vertente tra SAS (...) DI (...), in persona del liquidatore legale rappresentante p.t., elettivamente domiciliato presso lo studio dell'Avv. Lu.BI. e rappresentato e difeso dall'Avv. Lu.RU., giusta procura a margine dell'atto di citazione; PEC: (...) FAX: (...) Attrice contro (...) S.P.A., in liquidazione coatta amministrativa, rappresentata e difesa dall'Avv. Fe.SA. ed elettivamente domiciliata in Prato, presso lo studio dell'Avv. Pa.LE., giusta procura in atti; PEC: (...) FAX: (...) Convenuta (...) S.P.A., rappresentata e difesa dall'Avv. Fr.CA. e dall'Avv. Fa.CA., elettivamente domiciliata in Prato, presso lo studio dell'Avv. Pa.LE., giusta procura in atti; PEC: (...) PEC: (...) FAX: (...) - (...) Terza chiamata SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con ricorso ai sensi dell'art. 702 bis c.p.c., depositato in data 21.02.2017, SAS (...) (di seguito, per brevità, "(...)"), in persona del liquidatore legale rappresentante p.t., esponeva: - di avere intrattenuto con la (...) S.p.a. (già (...) S.p.a.) i seguenti rapporti di conto corrente, tutti affidati e chiusi con saldo (...): a) c/ordinario (...) con decorrenza dal 28.2.1998 al 12.11.2010; b) c/anticipi n (...) con decorrenza dal 31.12.2005 al 12.11.2006; c) c/ordinario (...) con decorrenza dal 1.1.1999 al 11.10.1999; d) c/anticipi fatture n (...) con decorrenza dal 29.4.2005 al 11.11.2010; e) c/partitario anticipi sbf n (...) con decorrenza dal 1.1.2000 al 31.12.2000; - che l'affidamento dei predetti conti correnti risultava chiaramente dai contratti prodotti in atti e dagli estratti conto dimostrativi dei fidi concessi, a nulla rilevando la mancata pattuizione scritta dei medesimi; - che la gestione e regolamentazione dei rapporti sopra indicati contrastava con le prescrizioni di cui all'art. 117 del TUB e la Banca aveva applicato sin dall'inizio tassi debitori in misura ultra legale, con capitalizzazione anatocistica trimestrale e voci di costo non concordate; - che peraltro, analizzando le risultanze dei conti, aveva riscontrato l'applicazione di tassi di interessi superiori a quelli di usura, oltre all'applicazione di interessi superiori a quelli contrattualmente convenuti; - che il contratto di apertura del conto corrente n. (....) del 14.07.1994, quello c/anticipi n. (...) del 22.9.2003 e quello c/ordinario n. (...) del 21.4.1998 erano privi della sottoscrizione della banca, mentre per gli ultimi due - c/anticipi fatture n. (...) e c/partitario anticipi sbf n. (...) - la banca non aveva consegnato alcuna documentazione contrattuale; - che dall'esame degli estratti conto e dei riassunti a scalare risultava, ai danni della cliente, l'arbitraria ed illegittima modifica peggiorativa dei tassi addebitati da parte dell'istituto bancario, oltre che l'illegittima capitalizzazione trimestrale degli interessi passivi, l'indebita imputazione di ingenti somme di denaro a titolo di CMS in assenza di valida pattuizione scritta inter partes e senza alcuna indicazione dei criteri di calcolo seguiti dalla banca e l'arbitraria antergazione e postergazione delle valute "fittizie" a proprio esclusivo vantaggio; - che, analizzando la documentazione inerente al c/c ordinario n. (...), risultava che la banca resistente, in assenza di un preventivo accordo scritto con la cliente, avesse perennemente girocontato sul predetto conto le competenze inerenti ai conti anticipi n. (...), n. (...) e n. (...); - che era configurabile una condotta illecita posta in essere in danno della parte attrice e tale da giustificare non soltanto la rideterminazione del credito, ma anche la condanna della banca alla restituzione delle somme indebitamente trattenute e quantificate nell'importo di Euro 211.127,42. Tanto premesso conveniva la (...) Spa (di seguito, per brevità, "(...)") innanzi a questo Tribunale per sentire accertare l'illegittimità delle somme corrisposte a titoli di interessi, ovvero in ipotesi gli importi superiori agli interessi legali, con condanna alle spese di lite. Instauratosi il contraddittorio, la (...), subentrata a (...) Spa, si costituiva in giudizio contestando nel merito i presupposti di fatto e di diritto della domanda introdotta nel giudizio. In particolare, eccepiva: - in via preliminare, l'intervenuta prescrizione decennale del diritto alla restituzione delle somme addebitate dalla banca per il periodo anteriore al decennio rispetto alla data di notifica dell'atto di citazione, poiché parte attrice non ha dato prova degli eventuali affidamenti sui conti correnti contestati, dovendo desumersi la natura solutoria delle rimesse effettuate, con decorrenza del dies a quo prescrizionale dalla data delle annotazioni passive nei conti; - nel merito, la validità dei rapporti contrattuali intercorsi con la cliente ricorrente poiché, anche a voler ritenere che difetti la sottoscrizione dei contratti da parte dell'istituto bancario, la chiara volontà delle parti di dare esecuzione ai medesimi risulterebbe per facta concludentia dal "visto per autentica di firma" posto in calce agli atti; - l'infondatezza delle avverse contestazioni in ordine al tasso legale ed alla natura illegittima della CMS applicata, essendo la base di calcolo della medesima indicata in contratto nella misura pari all'eventuale importo a debito; - l'infondatezza delle avverse contestazioni in ordine all'illegittima capitalizzazione trimestrale degli interessi maturati sui saldi di conto corrente bancario passivi poiché, tutt'al più, la questione sulla validità della clausola de qua si porrebbe esclusivamente per il periodo sino al 30.06.2000, trovando applicazione a far data dal 01.07.2000 l'art. 25 D.Lgs. n. 342 del 1999 e la Del.CICR del 9 febbraio 2000 che contemplano la possibilità di capitalizzare trimestralmente gli interessi secondo il principio di reciprocità; - l'infondatezza delle avverse contestazioni in ordine alla presunta applicazione di interessi usurari, poiché il tasso soglia indicato da controparte relativamente al c/c n. (...) è errato, trattandosi di conto corrente e non di conto anticipi, e poiché dal punto di vista metodologico appare illogico pretendere di far rientrare nel calcolo del TEG anche le CMS precedenti al 2010; - l'infondatezza delle avverse contestazioni in ordine all'illegittima applicazione dello ius variandi ed al presunto erroneo calcolo dei giorni di valuta da parte della (...) in quanto estremamente generiche e, ad ogni modo, fatte oggetto di specifica pattuizione tra le parti. Tutto quanto sopra premesso, la (...) si costituiva in giudizio chiedendo, in via incidentale, il mutamento del rito sommario e, nel merito, il rigetto delle domande attoree in quanto prescritte, infondate e non provate, con condanna di parte ricorrente al pagamento di spese e compensi di lite. A seguito della sottoposizione della Banca convenuta alla procedura di liquidazione coatta amministrativa, la causa veniva dichiarata interrotta all'udienza del 6.07.2017. Il procedimento era riassunto con ricorso depositato in data 24.10.2017, a seguito dell'emissione di decreto di fissazione di udienza, entrambi notificati alla (...) in liquidazione coatta amministrativa, la quale si costituiva eccependo l'improcedibilità della domanda per la mancata attivazione delle procedura di mediazione di cui all'art. 5 D.Lgs. n. 28 del 2010 e s.m. e riproponendo le eccezioni e deduzioni di cui alla precedente costituzione. Il ricorso era notificato anche a (...) Spa (di seguito, per brevità, "I.") in qualità di cessionaria del diritto controverso e la stessa si costituiva eccependo il difetto di titolarità del rapporto controverso e, in subordine, contestando integralmente le avverse deduzioni e richieste in quanto infondate in fatto ed in diritto e comunque non provate, riportandosi alle difese ed eccezioni tutte sollevate dalla (...) in bonis, nonché ai documenti dalla medesima prodotti. All'udienza del 02.05.2018 era disposto il mutamento del rito sommario, quindi la causa, istruita con produzione di documenti, era infine trattenuta in decisione all'udienza del 09.10.2019, con concessione alle parti dei termini per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica ex art. 190 c.p.c. Il Tribunale, con sentenza non definitiva n. 206/2020, pubblicata in data 28.04.2020, dichiarava l'infondatezza della questione preliminare di carattere processuale in ordine alla corretta riassunzione in giudizio nonché dell'eccezione di difetto di titolarità dei rapporti sollevate dalla terza intervenuta I.; dichiarava l'improcedibilità delle domande proposte nei confronti della (...) in L.; dichiarava la prescrizione in ordine alle domande di ripetizione delle somme indebitamente percepite dalla Banca in relazione al c/ ordinario (...), chiuso in data 11.10.1999, ed al c/ partitario anticipi sbf n. (...), chiuso in data 31.12.2000; rigettava la domanda di nullità dei contratti essendo chiara la volontà della Banca di avvalersi del contratto e disponeva, con separata ordinanza, la rimessione della causa in istruttoria per espletamento di idonea CTU contabile, limitatamente ai c/c ordinario n. (...), al c/ anticipi n. (...) e al c/ anticipi fatture n. (...) e, quanto a tale ultimo contratto, al fine di procedere in ogni caso al computo degli interessi nella misura legale. La causa veniva, dunque, ulteriormente istruita con espletamento di idonea CTU contabile a carattere percipiente. Infine, depositata la relazione tecnica in data 17.12.2021, la causa era riservata per la decisione all'udienza del 21.07.2022, ove il G.I. concedeva alle parti termini per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica ex art. 190 c.p.c.. MOTIVI DELLA DECISIONE QUESTIONI DEFINITE CON LA SENTENZA NON DEFINITIVA. PRINCIPI APPLICABILI Preliminarmente, attesa l'eccezione sollevata dalla difesa della banca convenuta, che con la memoria depositata in data 5 novembre 2018, la società attrice ha prodotto il verbale della procedura di mediazione, recante la data del 5 giugno 2017, con esito negativo, così che deve ritenersi superata ogni questione, rilevabile anche d'ufficio, relativa alla procedibilità delle domande. Di seguito deve essere richiamato il contenuto della sentenza non definitiva n 206/2020, pubblicata in data 28.04.2020, con la quale sono state disattese le eccezioni pregiudiziali di estinzione e di difetto di legittimazione passiva di (...) e posti i principi in forza dei quali va affermata la improcedibilità di ogni domanda ulteriore rispetto al mero accertamento avanzata nei confronti della (...), nella permanenza della procedura di liquidazione amministrativa alla quale risulta essere sottoposta. Con la medesima sentenza è stata poi accolta l'eccezione di prescrizione relativamente alle domande di ripetizione delle somme indebitamente percepite dalla Banca con riferimento al c/ ordinario (...), chiuso in data 11.10.1999, ed al c/ partitario anticipi sbf n. (...), chiuso in data 31.12.2000, con la conseguenza che la ricostruzione dei saldi di tali conti è oramai preclusa in tale fase processuale. L'oggetto del processo, pertanto, rimane delimitato dalle domande concernenti la ricostruzione dei saldi dei c/c ordinario n. (...), al c/ anticipi n. (...) e al c/ anticipi fatture n. (...). In virtù di tali statuizioni, nella determinazione del credito vantato dalla società attrice occorre conformarsi ai seguenti principi. 1. In ragione del contenuto della sentenza, anche relativamente agli altri rapporti oggetto della domanda, si deve dare atto che quanto al conto corrente, disattesa l'eccezione di nullità formale connessa alla mancata sottoscrizione del contratto da parte del funzionario della banca, permane tuttavia la rilevanza delle questioni di nullità inerenti alla indeterminatezza delle relative clausole ed alla disciplina in materia antiusura di cui alla L. n. 108 del 1996. Sotto il primo aspetto, come anche evidenziato dal consulente, nel contratto n (...) concluso il 14 luglio 1994, non si evince una clausola di determinazione del tasso di interesse. La determinazione dovrà quindi avvenire applicando il tasso sostitutivo ai sensi dell'art. 117 TUB, in presenza di un contratto ritenuto validamente sottoscritto, ma parzialmente invalido relativamente alle clausole indeterminate. Quanto invece al contratto c/ anticipi su fatture n (...), individuato dal n (...) il tasso di interessi a cui fare riferimento dovrà essere quello legale, desumendosi dal contenuto della motivazione della sentenza già affermata la nullità formale stante l'assenza di pattuizione formale. E' stato infatti richiamato il disposto degli artt. 23 T.U.F. e 117 T.U.B. a mente del quale "i contratti sono redatti per iscritto e un esemplare è consegnato ai clienti" a pena di nullità, e la fondatezza della domanda per la violazione dell'obbligo della banca di consegnare al cliente una copia del contratto (pag. 18 delle sentenza). Ai fini dell'accertamento dell'eventuale credito della società attrice -è stato quindi precisato - sull'ultimo rapporto si deve procedere alla ricostruzione dell'andamento dei rapporti utilizzando il tasso di interesse legale ex art. 1283 c.c. e senza operare alcuna capitalizzazione di interessi non potendosi farsi applicazione in luogo del tasso legale, di cui all'art. 1284 c.c., al tasso sostitutivo di cui al comma 7 dell'art. 117, in quanto il medesimo, in deroga alla disciplina generale, trova espressa applicazione nelle ipotesi di nullità indicate dal comma 6 e in caso di inosservanza del comma 4, non qualora manchi del tutto la convenzione scritta (Cass 24.12.2020, n 29576; 18/06/2020, n 11876; Cass 13/10/2016). 2. Nella ricostruzione dei saldi, inoltre, si dovrà ulteriormente tenere conto del principio affermato dalla S.C. (sentenza 2.5.2019, n 11543), secondo cui: "..riscontrata la mancanza di una parte degli estratti conto, riportando il primo dei disponibili un saldo iniziale a debito del cliente, occorre distinguere il caso in cui il correntista sia convenuto da quello in cui sia attore in giudizio e, nella prima ipotesi l'accertamento del dare e avere può attuarsi con l'impiego di ulteriori mezzi di prova idonei a fornire indicazioni certe e complete che diano giustificazione del saldo maturato all'inizio del periodo per cui sono stati prodotti gli estratti conto; possono inoltre valorizzarsi quegli elementi, quali ad esempio le ammissioni del correntista stesso, idonei quantomeno ad escludere che, con riferimento al periodo non documentato da estratti conto, questi abbia maturato un credito di imprecisato ammontare (tale da rendere impossibile la ricostruzione del rapporto di dare e avere tra le parti per il periodo successivo), così che i conteggi vengano rielaborati considerando pari a zero il saldo iniziale del primo degli estratti conto prodotti.." . In conformità con tale approdo ermeneutico della S.C., dovrà pertanto farsi applicazione del c.d. principio del saldo zero nella ripartizione dell'onere della prova, con la conseguenza che - in assenza di estratti conto e documentazione contabile - l'eventuale difetto di riscontri in ordine all'entità del credito dovrà qui gravare sulla società attrice che si afferma titolare della pretesa di credito. 3. Per quanto concerne il superamento dei c.t. tassi soglia, facendo riferimento alla c.d. L. 7 marzo 1996, n. 108, si deve preliminarmente valutare: a) quali costi debbano essere considerati ai fini della determinazione del TEG ; b) il periodo di riferimento per dare rilevanza all'eventuale superamento dei cd tassi soglia. Certamente uno dei temi più discussi è quello relativo alla tipologia di spese da calcolare al fine della ricostruzione del tasso di interesse. L'art. 644 c.p. stabilisce, infatti, al comma 4 che: "per la determinazione del tasso d'interesse usurario si tiene conto delle commissioni, remunerazioni a qualsiasi titolo e delle spese, escluse quelle per imposte e tasse, collegate alla erogazione del credito". Tale previsione normativa si pone, secondo alcuni, in contrasto con il contenuto delle Istruzioni di (...) che, dalla prima comunicazione n. 47429 del 1 ottobre 1996 a quella dell'agosto del 2009, ha costantemente escluso la Commissione di (...) dal novero degli oneri da includere nel calcolo del T.E.G. La Commissione di (...) ((...)) nella tecnica bancaria è definita come "il corrispettivo pagato dal cliente per compensare l'intermediario dell'onere di dover essere sempre in grado di fronteggiare una (eventuale) espansione nell'utilizzo dello scoperto del conto". Tale importo - che di norma è applicato allorché il saldo del cliente risulta a debito per oltre un determinato numero di giorni - è calcolato in misura percentuale sullo scoperto massimo verificatosi nel periodo di riferimento. Nell'ambito dei contratti di conto corrente di corrispondenza, assistiti da un'apertura di credito, la (...) rappresenta -così- una componente di costo "aggiuntivo" rispetto all'interesse praticato. Le Istruzioni di (...) 2006, in vigore sino al 2009, al punto C5. Metodologia di calcolo della percentuale della commissione di massimo scoperto, hanno tuttavia sempre affermato che: "La commissione di massimo scoperto non entra nel calcolo del TEG. Essa viene rilevata separatamente, espressa in termini percentuali". Come è noto, il risultato del (almeno apparente) discostamento tra il contenuto del citato art. 644 c.p. rispetto a quello delle Istruzioni ha contribuito, nel corso degli ultimi anni, alla nascita di numerosi contenziosi civili e penali nell'ambito dei quali si è discusso della necessità o meno di computare tale onere nel conteggio del tasso e di quali dovessero essere le conseguenze, nel caso oggetto del processo, di una tale procedura. In estrema sintesi, gli orientamenti dottrinari e giurisprudenziali si sono quindi sostanzialmente divisi tra coloro (tra tutte: Cassazione Civile, Sezione I, n. 8806 del 5 aprile 2017; Cass., 7.3.2017, n 5609; Cass, 4.4.2016, n 10516; Cass. pen. 3.7.2014, n 28928; Cass. pen. 23.11.2011, n 46669; Cass. pen. 22.7.2010, n 28743; Cass. pen. 26.3.2010, n 12028), che richiamando direttamente il contenuto dell'art. 644 CP, ritengono la necessità di conteggiare tutti gli oneri e le spese collegate all'erogazione del credito ( tra cui la (...)) e coloro che, attraverso la necessità di fare riferimento ai Decreti Ministeriali che, trimestralmente pubblicati, integrano la fattispecie normativa ritengono inevitabile- sotto il profilo giuridico e tecnico-attenersi alla procedura amministrativa ed alle Istruzioni di (...)( Cass., n 22270/2016 e n 12965/2016). Il contrasto giurisprudenziale è stato recentemente risolto grazie alla sentenza della Cassazione a Sezioni Unite del 20 giugno 2018, n. 16303. La Corte ripercorre il contenuto delle sentenze della Cassazione penale per confermare che la (...) va I. quale "onere" a carico del correntista. Tale costo, tuttavia, non può essere incluso nel conteggio del T.E.G. in virtù del contenuto dell'art. 2 bis D.L. n. 185 del 2008, da considerarsi "norma non di interpretazione autentica" non applicabile in modo retroattivo. In virtù di tale ragionamento non risultano corrette quelle metodologie di calcolo che inseriscono nel conteggio del T.E.G. applicato in concreto dalla banca la (...) per periodi antecedenti il 1.1.2010 momento dal quale - secondo le nuove Istruzioni del 2009 e le norme transitorie elaborate dalla (...), in virtù del contenuto del D.L. 29 novembre 2008, n. 185- tale onere è divenuto rilevante. L'esigenza del rispetto del criterio dell'omogeneità o della simmetria è, infatti, assolutamente rilevante e decisivo. Secondo le Sezioni Unite, la (...) non è stata esclusa dalle Istruzioni di (...) dal conteggio ai fini della Legge anti usura in quanto, nei Decreti Ministeriali trimestralmente pubblicati, seppur in modo separato (ed in calce) rispetto al T.E.G.M., la (...) è rilevata nel suo ammontare "medio" ed espressa in termini percentuali. Alla luce di tali osservazioni la verifica del rispetto delle soglie di legge richiede, accanto al calcolo del tasso in concreto praticato ed al raffronto di esso con il tasso soglia effettuati in base alle Istruzioni di (...) pro tempore vigenti "il confronto tra l'ammontare percentuale della (...) praticata e l'entità massima della (...) applicabile (c.d. CMS "soglia"), desunta aumentando del 50% l'entità della (...) media pubblicata nelle tabelle". Tale modo di procedere ripercorre e conferma la necessità di seguire quanto previsto dal Bollettino di Vigilanza n. 12 del dicembre 2005 che, nell'indicare le modalità di comparazione ha inteso dar conto dell'esigenza di non trascurare, nel confronto, l'incidenza delle commissioni di massimo scoperto precisando che "l'applicazione di commissioni che superano l'entità della CMS soglia non determina, di per sé, l'usurarietà del rapporto, che va invece desunta da una valutazione complessiva delle condizioni applicate. A tal fine, per ciascun trimestre, l'importo della (...) percepita in eccesso va confrontato con l'ammontare degli interessi (ulteriori a quelli in concreto applicati) che la banca avrebbe potuto richiedere fino ad arrivare alle soglie di volta in volta vigenti. Qualora l'eccedenza della commissione rispetto alla "(...) soglia" sia inferiore a tale "margine" è da ritenere che non si determini un supero delle soglie di legge". Per quanto concerne il momento in cui il superamento del tasso c.d. assume rilevanza, occorre ricordare che secondo i principi affermati dalla S.C., ai fini dell'applicazione dell'art. 644 CP e dell'art. 1815 c.c., si intendono usurari gli interessi che superano il limite stabilito dalla legge nel momento in cui essi sono promessi o comunque convenuti , a qualunque titolo, quindi anche a titolo di interessi moratori (non solo corrispettivi) , e ciò a prescindere dalla concreta applicazione ( c.d. usura ab origine). Con la sentenza 19 ottobre 2017, n 24675, le sezioni unite civili della Cassazione hanno enunciato il principio di diritto secondo il quale allorché "il tasso di interessi superi , nel corso di svolgimento del rapporto , la soglia dell'usura come determinata in base alle disposizioni della L. n. 108 del 1996, non si verifica la nullità o inefficacia della clausola contrattuale stipulata per un tasso non eccedente tale soglia quale risultante al momento della stipula, né la pretesa di riscuotere gli interessi secondo il tasso validamente concordato può essere qualificata, per il solo fatto del sopraggiunto superamento di tale soglia, contraria al dovere di buona fede nell'esecuzione del contratto". Permane, inoltre, la rilevanza dell'evoluzione dei tassi di interesse praticati nel corso del rapporto, circoscritta tuttavia ad eventuali modifiche unilateralmente introdotte dalla banca, peraltro in modo non valido, per quanto si rileverà, rispetto all'effettivo contenuto delle clausole . In tale caso, si è fatto rilevare, gli interessi usurari sarebbero conseguenza o di un negozio giuridico unilaterale posto in essere dalla banca, rispetto al quale pertanto la volontà del cliente sarebbe ininfluente, ovvero di una convenzione sorta a seguito dell'accettazione di una "proposta di modifica unilaterale del contratto" formulata dalla banca e tacitamente accettata dal correntista ex art. 118, comma 2, TUB, nuova formulazione. E in entrambi i casi il cliente avrebbe assunto nuovo impegno a corrispondere interessi al tasso superiore al TSU. Secondo autorevole dottrina, la struttura dell'art.118, 2 comma, TUB - attraverso il meccanismo della "proposta di modifica unilaterale del contratto" inviata dalla banca, cui fa seguito l'accettazione tacita da parte del cliente - va equiparata, in tutto e per tutto, a quella del patto di cui all'art.1, comma 1, del D.L. 29 dicembre 2000, n. 394, convertito in legge, con modificazioni, dall'art.1, L. 28 febbraio 2001, n. 24, secondo cui "ai fini dell'applicazione dell'articolo 644 del codice penale e dell'art.1815, secondo comma, del codice civile, si intendono usurari gli interessi che superano il limite stabilito dalla legge nel momento in cui essi sono promessi o comunque convenuti, a qualunque titolo, indipendentemente dal momento del loro pagamento"). In quest'ottica, la variazione unilaterale che comporti il superamento dei tassi soglia va ricondotta alla figura dell'usura c.d. "originaria", in netta contrapposizione a quella dell'"usura sopravvenuta", la cui esistenza, come detto, è stata negata dalla Suprema Corte. Nello stesso senso è orientata anche buona parte della giurisprudenza di merito: "Nel caso in cui ? il tasso applicato venga a superare il tasso soglia in seguito a modificazioni unilaterali della banca o anche a pattuizioni concluse successivamente all'entrata in vigore della L. n. 108 del 1996 la sanzione non potrà essere che quella del comma 2 dell'art.1815 c.c., con la conseguenza che nessun interesse sarà dovuto" (Tribunale di Padova, 29.11.2019; Tribunale di Padova, 09.11.2018, Tribunale di Padova, 12 agosto 2014, n.2600; Tribunale di Roma, 23.10.2019; Tribunale di Torino, 20.04.2017). Anche escludendo la natura contrattuale del meccanismo previsto dall'art.118 TUB, mettendo in risalto l'aspetto impositivo, si è fatto notare in dottrina che dovrebbe pervenirsi ad identiche conclusioni. Qualora si escluda l'aspetto negoziale, si sottolinea, la fattispecie andrebbe assimilata a quella, consistente nel "fa(rsi) dare interessi o altri vantaggi usurari", anch'essa sanzionata dall'art.644 cod. pen., la cui autonomia non è stata affatto esclusa né dall'interpretazione autentica di cui all'art.1, comma 1, del D.L. n. 394 del 2000, convertito in L. n. 24 del 2001 né dalla sentenza delle Sezioni Unite n. 24675/2017. Tali interpretazioni, nell'attribuire rilevanza al momento in cui gli interessi "sono promessi o comunque convenuti", anziché a quello del pagamento, hanno come presupposti che il comportamento della banca sia conforme al regolamento contrattuale, ovverosia che gli interessi concretamente applicati coincidano con quelli pattuiti. In ogni caso, certamente per i contratti di C/C n (...) e su Conto Anticipo su Fatture S.b.f. n (...), la questione rimane assorbita dalla applicazione dei tassi nella misura legale, attesa la riconosciuta nullità parziale ( quanto al primo) e totale ( quanto all'ultimo) delle pattuizioni originarie. La verifica, in concreto, rileva solo per il contratto n (...), concluso il 22 settembre 2003, rispetto al quale tuttavia il consulente ha escluso il superamento del tasso originario. Sono richiamate espressamente le condizioni del contratto nei termini seguenti. C.C. n. (...) Data 2209'2003 Validità fino a n.d. Linea di credito Apertura di credito in c/c TAN debitore (entro fido) % 14.000 TAN debitore (oltre fido) % 14.000 CMS % 1.000 CMS Soglia % 0.915 Eccedenza CMS % 0.085 Fido Scoperto Utilizzato 5.000.00 Giorni 90.00 Numeri Debitori 450.000.00 Interessi Debitori 172.60 Eccedenza CMS Euro 4,25 Oneri ? - TEG % 14.345 Tasso Soglia % 18.225 Esito % - 3.880 Superamento (...) NO Rilevata la commissione di massimo scoperto effettiva, permane il mancato superamento del cd tasso soglia ( pag 23 relazione di CTU), riscontrata esclusivamente in corso di rapporto, per il II e IV trimestre del 2005. 4. Infine, in ordine all'eccezione di prescrizione, la sentenza non definitiva ha valutato la fondatezza limitatamente alle rimesse qualificabili come solutorie, offrendo al contempo i criteri per escludere la ripetibilità di tali rimesse ove effettuate in data antecedente al termine decennale decorrente dall'instaurazione del giudizio. Nel rapporto di conto corrente- si è rilevato - il termine decorre non dalla data di annotazione in conto di ogni singola posta di interessi illegittimamente addebitati, ma dalla data di estinzione del saldo di chiusura del conto, in cui gli interessi non dovuti sono stati registrati nell'ipotesi in cui i versamenti abbiano avuto solo funzione ripristinatoria della provvista, giacché il pagamento che può dar vita ad una pretesa restitutoria è esclusivamente quello che si sia tradotto nell'esecuzione di una prestazione da parte del solvens con conseguente spostamento patrimoniale in favore dell'accipiens (Cass., sez. un. n 24418 del 2.12.2010; Cass. n 6857 del 24 marzo 2014). E' quindi necessario accertare se il contratto risulti affidato o meno: in caso di conto "non affidato" tutte le rimesse devono automaticamente reputarsi solutorie (Cass., 24.5.2018, n 12977; Cass. 22.2.2018, n 4372). Infatti, qualora si tratti di versamenti eseguiti su un conto in passivo, cui non accede alcuna apertura di credito a favore del correntista - o anche quando i versamenti siano destinati a coprire un passivo eccedente i limiti dell'accreditamento- allora i versamenti potranno essere qualificati pagamenti. A differente conclusione si deve pervenire quando i versamenti nei conti, non avendo il passivo superato il limite dell'affidamento concesso al cliente, consistano in meri atti ripristinatori della provvista, pur sempre nella disponibilità del cliente, poiché in tal caso non saranno qualificabili come pagamenti. A riguardo, in assenza di elementi certi l'orientamento espresso dalla Cass. S.U. n 15895 del 13.6.2019 , è che a carico del cliente l'onere di dimostrare la natura delle rimesse effettuate e la presenza di un fido di fatto, , e quindi in concreto dell'assenza di sconfinamenti, e t ale impostazione trova oggi conforto nelle successive pronunce della S.C. (Cass., 15.2.2021, n 3858; Cass. 20.6.2022, n 19812). A tal riguardo, va rilevato che nei contratti di conto corrente bancario cui acceda un'apertura di credito il meccanismo di imputazione del pagamento degli interessi, di cui all'art. 1194, comma 2, c.c., trova applicazione solo in presenza di un versamento avente funzione solutoria in quanto eseguito su un conto corrente avente un saldo passivo che ecceda i limiti dell'affidamento, sicché non può mai configurarsi una siffatta imputazione, quando l'annotazione degli interessi avvenga sul conto corrente che presenti un passivo rientrante nei limiti dell'affidamento, avendo la relativa rimessa una mera funzione ripristinatoria della provvista. In tale prospettiva, grava sul cliente che esperisce l'azione di ripetizione di interessi non dovuti l'onere di allegare e provare l'erronea applicazione del criterio di imputazione di cui all'art. 1194 c.c. (secondo cui ogni pagamento deve essere imputato prima agli interessi e poi al capitale) alle rimesse operate, in ragione della natura ripristinatoria delle stesse, trattandosi di fatto costitutivo della domanda di accertamento negativo del debito, con la conseguenza che non è configurabile un onere a carico della banca di dedurre e dimostrare quali rimesse abbiano carattere solutorio. Richiamato tale approdo ermeneutico, secondo cui è a carico del cliente l'onere di dimostrare la natura delle rimesse effettuate e la presenza di un fido di fatto, nella pronuncia intervenuta è stato puntualizzato che tale principio non conduce inevitabilmente ad affermare la natura ripristinatoria delle rimesse, in quanto ciò può essere sostenuto solo qualora siano contenuto entro i limiti dell'affidamento concesso. Sul piano dell'onere della prova, infatti, la valutazione degli "sconfinamenti" rispetto alla esistenza di aperture di credito può essere desunta dai dati documentali prodotti dalle parti, con l'ausilio delle indicazioni fornite a riguardo dal CTU. E nel fare applicazione dei principi esposti in ordine alla qualificazione delle rimesse , ed alla sussistenza dell'onere della prova di dimostrare la natura solutoria dei versamenti a carico della società attrice, al contempo la sentenza non definiva ha esplicitato i criteri da adottare per ritenere superato tale onere. Nello specifico, peraltro, su tutti i rapporti il CTU ha riscontrato la presenza di affidamenti di fatto, per la presenza di "sconfinamenti perduranti" e costanti, l'entità del debito, l'assenza di tracce di un rientro del cliente (ed anzi tendenza esattamente contraria), ed espresso riconoscimento negli scalari. In forza delle statuizioni adottate, l 'eccezione di prescrizione dovrà essere ritenuta fondata - limitatamente alle poste contabilizzate nel periodo antecedente ai dieci anni dal primo atto interruttivo - qualora risultino pagamenti effettuati a fronte di esposizioni superiori rispetto al limite medio stabilmente tollerato in maniera durevole dalla banca, in presenza di dati istruttori tali da poter concludere per la presenza di affidamenti ragionevolmente accertati. 5. Da ultimo, qualificate le rimesse di natura solutoria, circa l'operatività delle rimesse sul saldo ricostruito ovvero sul saldo banca, dovrà tenersi conto dell'approdo ermeneutico della S.C. Invero, ai fini della determinazione del credito residuo il criterio richiamato è quello in forza del quale solo a seguito della ricostruzione contabile conseguente alle riconosciute nullità che la prestazione effettuata può essere qualificata indebita e dar luogo al diritto alla ripetizione, con conseguente possibilità di esercizio da parte del correntista. Tanto - si è detto- in conformità all'assunto ermeneutico espresso dalla S.C. secondo cui " per verificare se un versamento effettuato dal correntista nell'ambito di un rapporto di apertura di credito in conto corrente abbia avuto natura solutoria o solo ripristinatoria, occorre, all'esito della declaratoria di nullità da parte dei giudici di merito delle clausole anatocistiche, previamente eliminare tutti gli addebiti indebitamente effettuati dall'istituto di credito e conseguentemente determinare il reale passivo del correntista e ciò anche al fine di verificare se quest'ultimo ecceda o meno i limiti del concesso affidamento. L'eventuale prescrizione del diritto alla ripetizione di quanto indebitamente pagato non influisce sulla individuazione delle rimesse solutorie, ma solo sulla possibilità di ottenere la restituzione di quei pagamenti coperti da prescrizione." (Cass. civ., Sez. I, Ord., 19 maggio 2020, n. 9141). II. DETERMINAZIONE DEL CREDITO Fissati i punti salienti desumibili dalla sentenza richiamata, il credito dovrà essere in concreto determinato sulla scorta delle risultanze della relazione di carattere percipiente depositata in data 17 dicembre 20221 dal CTU, dott. (...) nella parte in cui ha fatto correttamente applicazione dei principi richiamati, procedendo alla ricostruzione dei saldi ai sensi dell'art. 117 T.U. (...), per il conto n (...), e ai sensi dell'art. 1284 c.c. per il conto n (...) nonché in forza del tasso convenzionale per il conto anticipi n (...), nei limiti dei c.d. tassi soglia ai sensi determinati ai sensi della L. n. 108 del 1996 e s.m. per periodo successivo. Di seguito si riportano le conclusioni a cui è pervenuto il CTU sulle quali le opzioni alternativamente proposte andranno valutate secondo quanto precisato in ordine alla ripartizione dell'onere della prova per l'ipotesi di assenza dei documenti contabili. Riscontrata l'assenza di parte di tali documenti, il consulente ha infatti proceduto ad effettuare distinte ipotesi di ricalcolo dei saldi, confrontandosi con i consulenti di parte. Più specificamente, ha prospettato più scenari possibili conseguenti all'applicazione di criteri distinti, seppure coerenti in astratto con la nullità delle clausole del contratto originario, sia per quanto concerne la determinazione del tasso ultra legale, che la capitalizzazione anatocistica e le voci computate a titolo di CMS o analoghe commissioni. Tale ultimo aspetto, invero, alla luce delle risultanze della relazione, incide esclusivamente sulla ricostruzione del conto corrente n (...), in quanto è in relazione a tale rapporto che il consulente segnala non sono stati rinvenuti gli estratti conto dei movimenti completi sino al 31/12/2003. In applicazione del criterio sopra affermato si deve fare carico alla parte attrice che agisce in ripetizione l'onere della prova del carattere indebito delle somme versate, così che l'opzione conforme al c.d. criterio del saldo zero è la prima, dovendosi espungere dalla ricostruzione gli importi relativamente ai quali non risultano gli estratti conto per giustificare la domanda proposta. Tanto precisato, nell' elaborato il consulente ha in primo luogo evidenziato (pag. 11) che, pur in assenza di specifiche clausole sottoscritte, dagli estratti conto emerge l'applicazione: - della capitalizzazione composta degli interessi con periodicità annuale con riferimento a quelli "creditori" e trimestrale con riferimento a quelli "debitori", fino al 30/06/2000; - della capitalizzazione composta trimestrale degli interessi dal 01/07/2000 (in difetto di regolamentazione ex art. 120 c. 2 tub e correlata delibera cicr del 09/02/2000); - di interessi in misura superiore a quelle legale stabilita dall'art. 1284 c.c. (come detto, in difetto di sottoscrizione); - di oneri a titolo di "commissione di massimo scoperto", calcolata ed applicata sulla massima esposizione debitoria raggiunta in ciascun trimestre (in difetto di apposita regolamentazione sottoscritta tra le parti); - di oneri a titolo di "commissioni disponibilità fondi" e "commissioni di scoperto o assenza di fido" (in difetto di apposita regolamentazione sottoscritta tra le parti); - di oneri a titolo di "spese" e "commissioni" (in difetto di apposita regolamentazione sottoscritta tra le parti); - ?della sistematica girocontazione delle competenze applicate su altri rapporti di conto corrente, inclusi i nn. (...) e (...) oggetto di indagine. Passando in rassegna gli estratti conto prodotti in atti, il consulente riporta il totale delle competenze annotate a vario titolo a debito della correntista pari ad Euro 184.282,39, comprensive anche di quelle girocontate dai rapporti n. (...) e (...) e rispettivamente dettagliate in sede di analisi degli stessi. Tra queste, sono state opportunamente identificate quelle addebitate a titolo di interessi debitori, Commissioni di (...) ("CMS"), Commissioni di remunerazione degli affidamenti ("CDF") e Spese trimestrali, al lordo degli interessi creditori tempo per accreditati al netto di ritenute fiscali. Tra queste, per effetto della c.d. girocontazione, il totale delle competenze annotate a vario titolo a debito della correntista sono risultate pari ad Euro 90.543,56, sul conto n (...) e ad Euro 2823,47, sul conto n (...). E' stata quindi effettuata la ricostruzione dei rapporti utilizzando gli estratti conto prodotti e riportando tutti i movimenti risultanti dagli stessi, specificando data dell'operazione, data valuta, importi dare e avere e. successivamente, effettuando il controllo relativamente all'esattezza degli importi caricati con la verifica dei saldi iniziali, di periodo e finali. Effettuata correttamente la verifica dell'usurarietà dei tassi applicati, rilevante come detto solo per il conto anticipi n (...), e non presente nelle condizioni originarie, ha dato conto dei criteri concretamente applicati ai fini ricostruttivi. Nello specifico ( pag. 25 e ss): Conto corrente ordinario n. (...) In assenza di clausole di determinazione convenzionale dei tassi di interesse in misura ultra legale e giustificative dei costi e commissioni applicate, sono stati applicati i seguenti criteri: - Capitalizzazione semplice degli interessi; - Tasso d'interesse sostitutivo ex art. 117 c. 7 TUB (All. 5); - Data operazione = Data Valuta; - Esclusione di tutti gli oneri non contrattualmente pattuiti (privi di giustificazione); - Esclusione delle competenze girocontate dai conti correnti nn. (...) e (...); Successivamente si è proceduto a computare le competenze ricalcolate dei conti correnti nn. (...) e (...) secondo le condizioni evidenziate nelle rispettive sezioni analiticamente riportate. E' stata correttamente ravvisata la non corrispondenza della clausola di capitalizzazione degli interessi ( cd anatocismo) al disposto dell'art. 120, comma 2, TUB, in assenza di reciprocità per il periodo antecedente al 30.6.2000, e di espressa pattuizione per il periodo successivo ( pag. 25 relazione), e si sono offerte due ipotesi alternative, in base alla rilevanza degli sconfinamenti presenti sul conto anticipi computate sul quello ordinario. La giuridica possibilità di applicare i tassi di interesse concordati, secondo quanto precisato, è preceduta dalla verifica del superamento dei c.d. tassi soglia di cui alla L. 7 marzo 1993, n. 108, individuando il tasso in concreto praticato in base alle istruzioni della (...) pro tempore vigenti, con le maggiorazioni previste nei vari periodi ( anche in ordine alla CMS), come peraltro puntualizzato nella sentenza. Dovendosi escludere quindi escludere la rilevanza di sconfinamenti in corso di rapporto, l'ipotesi conforme a tale interpretazione risulta essere quella riportata come sub A) Conto corrente n. (...) Il consulente dà atto che l'unico documento contrattuale presente agli atti è quello che prevedeva le seguenti condizioni: Conio Corrente n. (...) Data 22/09/2003 Validità fino a n.d. Line a di credito Apertura di credito in c/c TAN debitore (entro fido) 14,000 TAN debitore (oltre fido) % 14,000 CMS % 1.000 CMS Soglia % 0.915 Eccedenza CMS 0.085 Oltre spese trimestrali di " tenuta conto" e di " operazioni". Con riferimento al "TAN debitore (entro fido)", il tecnico riferisce di avere accertato che, a fronte di un valore pattuito del 14,00%, l'aliquota applicata con decorrenza 10/02/2004 è stata pari al 3,00%, successivamente assoggettata a variazione peggiorativa per parte attrice. Poiché dalla documentazione allegata non risultano prodotti documenti attestanti né la "proposta di modifica unilaterale" secondo quanto imposto dall'art. 118 TUB, né la prova che l'attore abbia effettivamente ricevuto tale comunicazione, ha quindi ritenuto opportuno ritenere efficace tra le parti la sola riduzione del tasso d'interesse dal 14,00% pattuito al 3,00% immediatamente applicato. Su tale presupposto, in linea con le statuizioni sottese alle pronuncia intervenuta, ha rideterminato le competenze applicando il tasso di interesse convenzionale solo nei limiti delle modificazioni effettivamente concordate, escludendo quelle unilaterali. Il risultato finale è risultato essere il seguente ( pag. 30): Conto anticipi n. 9138 Euro Saldo dare avere al 10/11/2006 - interassi ricalcolati (addebitati sul c/c (...)) -81.463.70 di cu: Fino al 12/05/2004 - 28.180.74 Spese trimestrali ricalcolate (addebitati sul c/c (...)) - 623.75 di cu: Fino ai 12/05/2004 - 78,09 TOTALE - 82.092,45 di cu: Fino al 12/05/2004 - (...) Conto anticipi n. (...) Conformemente alle statuizioni contenute nella sentenza e nella conseguente ordinanza, il tecnico ha provveduto a rideterminare i soli interessi secondo il tasso legale ex art. 1284 c.c. tempo per tempo vigente, escludendo altresì gli oneri non oggetto di espressa pattuizione scritta. Conto anticipi n. 103845 Euro Saldo dare avere al 11/11/2010 interessi ricalcolati (adde bilati sul c/c - (...) - (...) Anche relativamente all'eccezione di prescrizione tempestivamente sollevata dalla banca convenuta, la sentenza ha cristallizzato i principi a cui attenersi, dando atto che già la prima consulenza aveva riscontrato la presenza di affidamenti di fatto sul conto corrente principale, per la presenza di "sconfinamenti perduranti" e costanti sin dal primo trimestre 1999, l'entità del debito, l'assenza di tracce di un rientro del cliente (ed anzi tendenza esattamente contraria), l'assenza di segnalazioni alla Centrale rischi ed assenza di richieste di rientro, nonché espresso riconoscimento negli scalari della CSM. L'eccezione di prescrizione dovrà ritenersi fondata - è stato evidenziato in sentenza- in assenza della dimostrazione della natura ripristinatoria dei pagamenti effettuati in data antecedente il primo atto interruttivo della prescrizione ( 12 maggio 2014, lettera di richiesta documentale), qualora risultino pagamenti effettuati a fronte di esposizioni superiori rispetto al limite medio stabilmente tollerato in maniera durevole dalla banca. Nel fare applicazione dei principi esposti in sentenza in ordine alla qualificazione delle rimesse , ha considerato come solutorie le rimesse eseguite a copertura di eventuali scoperture extra fido esplicitandone i criteri sì da tenere conto, con ragionevole certezza degli accordati segnalati: Omissis La presenza di affidamenti è stata confermata, in aggiunta alle intervenute segnalazioni di " accordato" presso la (...), dai seguenti dati fattuali posti in evidenza dal consulente : - in molti trimestri, gli estratti conto scalari distinguono espressamente i tassi a debito "entro fido" da quelli "oltre fido"; - l'autorizzazione dell'intermediario ad eseguire continui e ripetuti pagamenti ed addebiti (assegni, bonifici, ecc.) contestualmente alla presenza di saldi (risultanti dagli estratti conto) già di per sé consistentemente negativi; - l'applicazione continuativa di una "commissione di massimo scoperto", sul conto corrente n. (....), che, seppur indeterminata in quanto non oggetto di espressa pattuizione sul contratto di apertura, rappresenta un rappresenta un corrispettivo per aver, la banca, messo a disposizione dei fondi (cass. civ. 870/2006); - l'applicazione, su detto conto, di "spese trimestrali di gestione fidi". Si tratta, invero, di dati indiziari e presuntivi ma convergenti, rispondenti al parametro richiesto dall'art. 2729 c.c. per ritenere il superamento dell'onere della prova a carico della società attrice che agisce in ripetizione. Una volta acquisiti tali dati, il CTU ha formulato due ipotesi ricostruttive distinte e alternative: nel primo caso, operando sul saldo ricostruito, quindi previamente depurato dalle annotazioni ritenute ingiustificate ( c.d. saldo ricostruito); la seconda sul saldo risultante dagli estratti conto bancari, precedente la ricostruzione ( c.d. saldo banca). Ad avviso del Tribunale, in adesione all'arreso ermeneutico della S.C., la eliminazione delle rimesse prescritte deve essere effettuata in esisto alla ricostruzione dei saldi dalle voci ritenute indebite, e quindi l'opzione conforme a tale principio risulta essere quella formulata sub n (...). Nello specifico: Ipotesi 1) (All.9) - Saldo ricostruito dedotte le competenze "pagate" da rimesse solutorie individuate sui saldi "ricostruiti" Omissis In ordine a tale ipotesi ricostruttiva, il CTU ha dato altresì conto delle osservazioni e dei rilievi articolati dalle parti. Quanto all'eventuale superamento del cd tasso soglia sul conto n (...), in relazione all'importo effettivamente utilizzato dalla correntista ed agli effetti sul parametro da utilizzare, censurato dal consulente dell'attrice, correttamente il tecnico d'ufficio ha fatto applicazione delle Istruzioni pubblicate da (...) all'epoca vigenti, escludendo l'effetto anatocistico e l'assenza di contratto di affidamento. Relativamente alle osservazioni di parte convenuta, le argomentazioni svolte consentono di ritenere superato il punto relativo all'assenza di affidamenti sul conto ordinario n (...), ai fini della qualificazione delle rimesse nonché quello relativo alla ininfluenza degli sconfinamenti in corso di rapporto sul conto anticipi n (...), attesa la scelta per tale soluzione tra quelle alternativamente proposte nell'elaborato peritale. Meritevole di maggiore considerazione è l'indicazione di procedere alla ricostruzione del conto n, (...) sulla base delle clausole concordate e valutando le variazioni dei tassi concretamente applicate in senso favorevole alla cliente esclusivamente in rapporto alle prime. A riguardo, tuttavia, la soluzione del tecnico di ufficio sembra conforme al disposto di cui all'art. 118 c. 2 e 3 TUB, secondo cui : "2. Qualunque modifica unilaterale delle condizioni contrattuali deve essere comunicata espressamente al cliente secondo modalità contenenti in modo evidenziato la formula: "Proposta di modifica unilaterale del contratto", con preavviso minimo di due mesi, in forma scritta o mediante altro supporto durevole preventivamente accettato dal cliente (...). 3. Le variazioni contrattuali per le quali non siano state osservate le prescrizioni del presente articolo sono inefficaci, se sfavorevoli per il cliente.". Atteso che le variazioni unilaterali per le quali non sono state osservate le prescrizioni dell'articolo sono esclusivamente quelle sfavorevoli per il cliente, quelle favorevoli devono essere ritenute efficaci e, pertanto, in grado di rappresentare un valido parametro di riferimento per valutare se sfavorevoli o meno le ulteriori successive modificazioni. In definitiva, richiamati i principi di cui alla sentenza, la ricostruzione dei saldi conforme al criterio del c.d. saldo zero risulta pari ad Euro 125.519,09 contro un saldo esposto dalla banca di Euro zero per una differenza di pari importo. Infatti - trattandosi di crediti divenuti parimenti liquidi- può operare la compensazione giudiziale ai sensi dell'art. 1243, comma 2, c.c., ed il credito da riconoscere alla società attrice va determinato, quale differenza complessiva a credito del cliente al novembre 2010. Tale determinazione, tra tutte quelle alternativamente prospettate dal CTU , è quella che a questo giudice appare maggiormente aderente agli approdi giurisprudenziali, così che il credito della società può ritenersi provato nei limiti della somma computata dal CTU sugli estratti conti considerati. In definitiva, la domanda di accertamento del credito avanzata dalla società attrice va accolta in tali limiti, e, al contempo, dovrà essere determinato il credito residuale sul rapporto sopra richiamato in ragione della riconosciuta nullità parziale delle clausole negoziali. Su tale importo sono dovuti gli interessi di mora dalla data della domanda a norma del combinato disposto degli art. 1283 c.c. e 2033 c.c., non essendo stati provati e dedotti specifici elementi per ritenere la mala fede dell'accipiens. La domanda proposta va dunque accolta in tali limiti, con conseguente condanna delle banche - convenuta ed intervenuta - al pagamento delle spese di lite, come liquidate in dispositivo tenendo conto dell'attività svolta e del valore della controversia in applicazione del principio stabilito dall'art. 91 c.p.c.. ed in linea con i parametri medi di cui al D.M. n. 55 del 2014, compensate per metà in ragione dei contrasti interpretativi sussistenti in materia e della reciproca soccombenza in ordine ad alcune delle domande ed eccezioni formulate, anche in relazione alla riconosciuta prescrizione di due dei rapporti richiamati, con distrazione ai sensi dell'art. 93 c.p.c.. P.Q.M. Il Tribunale di Prato, definitivamente pronunciando sulle domande spiegate con ricorso ex art. 702 bis c.p.c., depositato in data 21.02.2017, dalla SAS (...) DI (...), in persona del liquidatore legale rappresentante p.t., nei confronti della (...) Spa, in liquidazione coatta amministrativa, e di (...) Spa, ogni contraria istanza, eccezione e deduzione disattesa, così provvede: a)accerta il credito della società attrice nei confronti della banca convenuta, in Euro 125.519,09, al novembre 2010, condannando la Banca titolare dei rapporti al relativo rimborso, con interessi legali dalla data della domanda al saldo; b)condanna La Banca convenuta e quella chiamata in causa, in solido, al pagamento in favore della società attrice delle spese processuali, liquidate in complessivi Euro 13430,00, per onorario di avvocato, oltre I.V.A., C.P.A. e spese generali nella misura di legge, spese per notifiche, CU e per procedimento di mediazione obbligatoria, e, infine, di CTU nella misura separatamente liquidata, compensandole tutte per metà e distraendole a favore dei procuratori costituiti. Così deciso in Prato il 9 marzo 2023. Depositata in Cancelleria il 10 marzo 2023.

  • IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE DI PRATO in persona del giudice istruttore, dott. Michele Sirgiovanni, in funzione di giudice unico, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile iscritta a ruolo in data 27 novembre 2020 con il n. 3153/2020 del ruolo Generale, avente per oggetto: contratto di finanziamento, vertente tra: (...), (...) S.r.l. e (...) S.r.l., in persona dei legali rappresentanti p.t., domiciliati a Prato, via (...), presso lo studio degli avv. An.CA. e Gi.PO., che li rappresentano e difendono giuste procura in calce all'atto di citazione. Fax: (...) Pec: (...) Fax: (...) Pec: (...) Opponenti contro (...) - (...) s.p.a., già (...) S.p.A., nella sua qualità di procuratrice di (...) S.r.l., in virtù di procura speciale conferita con scrittura privata autenticata per Notaio (...) in R. del (...) (rep. (...) racc. (...)), rappresentata e difesa dall'Avv. (...) come da procura speciale allegata al ricorso per ingiunzione, elettivamente domiciliata presso il suo studio in Prato, via (...); Fax: (...) Pec: (...) Opposta Con intervento di (...) - (...) s.p.a. già (...) S.p.A., con sede in N. alla Via S. B. n. 39, in persona del procuratore e rappresentante , in virtù di procura conferita con atto autenticato per notaio (...) in data (...) (rep. (...), racc. (...)), rappresentata e difesa dall'Avv. (...), in forza di procura speciale allegata alla comparsa di intervento, elettivamente domiciliata presso il suo studio in Prato, via (...); Fax: (...) Pec: (...) Terza intervenuta SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con atto di citazione ritualmente notificato in data 26 novembre 2020, (...), (...) S.r.l. e (...) S.r.l., in persona dei legali rappresentanti p.t., proponevano opposizione avverso il decreto ingiuntivo n 1057/2020 (RG 1907/2020) emesso in data 14 settembre 2020, con il quale il Tribunale di Prato aveva loro ingiunto di pagare a (...) - (...) Spa, la somma di Euro 615.995,39 oltre interessi moratori e spese legali della procedura monitoria, quale saldo del c/c ipotecario (...), acceso con (...) il 20.1.2009, chiuso con passaggio a sofferenza in data 8 novembre 2016. A sostegno dell'opposizione evidenziavano: - che i documenti avversari erano inidonei a dimostrare la genesi e la consistenza dell'asserita posizione anche ai fini dell'emissione del decreto ingiuntivo, trattandosi di mero saldaconto e non di estratti conto necessari per ricostruire l'effettivo andamento del rapporto; - che dall'analisi integrale di tutti i rapporti esistenti con (...) erano emersi gravi vizi di gestione con applicazione di costi indebiti e non concordati; - che, in particolare, in data 30 gennaio 2004, con atto del Dott. (...), (...) S.p.A. aveva concesso l'apertura di una linea di credito per Euro 650.000,00 su Conto Corrente garantito da garanzia Ipotecaria, individuato dal n (...), la cui condizioni contrattuali prevedevano che sulle somme prelevate fino al 31/03/2004 l'applicazione di un tasso nominale pari al 4,37% annuo, 4,42 effettivo e successiva applicazione di un tasso variabile pari al tasso Euribor a tre mesi, divisore 365, maggiorato di un 2,25%, con Commissioni di Massimo Scoperto e tasso di mora; - che nel mese di gennaio 2009, in data 20.1.2009, a fronte della estinzione del conto corrente ipotecario n (...), era stato stipulato nuovo contratto ai rogiti del Dott. (...), Notaio in (...) (repertorio (...), - raccolta (...)) con il quale (...) S.p.A., aveva concesso nuova linea d credito per Euro 600.000,00 su CC garantito da garanzia ipotecaria n (...), per il quale le parti avevano previsto che la linea di credito si riducesse di Euro 50.000,00 al 30/06/2009, di ulteriori 50.000,00 al 30/09/2009 e di ulteriori 100.000,00 al 31/12/2009, per arrivare ad una linea di credito definitiva di Euro 400.000,00 con tasso di interesse del 5.345%, effettivo 5,4581%, fino al 31/03/2009. Successivamente verrà applicato un tasso variabile pari al tasso Euribor a tre mesi, divisore 365, maggiorato di un 2,25 con tasso di mora maggiorato di due punti (2%); - che, in ogni caso, dall'analisi integrale dei rapporti erano emerse una serie di gravi illegittimità e gli interessi in concreto erano superiori ai tassi soglia determinati ai sensi della L. n. 108 del 1996; - che la fidejussione prestata da (...) era nulla e/o comunque inefficace, sia per non essere stato adeguatamente informato dell'aggravarsi della esposizione debitoria della società debitrice, sia per il contrasto con la disciplina posta a tutela della concorrenza. Tanto premesso chiedevano la revoca del decreto ingiuntivo previa ammissione di CTU contabile, e la condanna della controparte al pagamento delle spese e competenze di rito. Tanto premesso convenivano (...) - (...) s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, per sentire revocare il decreto ingiuntivo e, previa ammissione di CTU contabile, accertare l'illegittimità delle somme pretese, tenuto conto dell'ammontare dei costi relativi e determinare le somme effettivamente dovute, con il favore delle spese di lite. Instauratosi il contraddittorio, si costituiva (...) - (...) s.p.a., in qualità di procuratrice di (...) S.r.l., la quale sosteneva la idoneità dell'estratto conto a dimostrare l'ammontare della pretesa di credito, in presenza di contestazioni generiche, producendo in ogni caso gli estratti conto. Eccepiva la nullità dell'atto di citazione per l'omissione e incertezza in ordine ai profili oggettivi della domanda e la prescrizione del diritto alla ripetizione, contestando i dati, i documenti utilizzati e le modalità di calcolo e le conclusioni di cui alla perizia econometrica prodotta dagli opponenti, concludendo per il rigetto dell'opposizione e la conferma del decreto ingiuntivo, con il favore delle spese. Nel corso del giudizio, con comparsa depositata il 23 febbraio 2021, si costituiva (...) - (...) s.p.a. anche in proprio, richiamando le difese ed eccezioni svolte in qualità di procuratrice di (...). All'udienza del I aprile 2021 veniva assegnato termine alle parti per attivare la procedura di mediazione che veniva instaurata con esito negativo. Quindi, esaurita l'istruttoria con produzione di documenti ed espletamento di CTU, veniva posta in decisione sulle conclusioni in epigrafe trascritte all'udienza del 21 luglio 2022, previa concessione dei termini di cui all'art. 190 c.p.c.. MOTIVI DELLA DECISIONE I. QUESTIONIPRELIMINARI In primo luogo va osservato che il credito dedotti in giudizio trae titolo giustificativo, per Euro 615.995,39 nel c/c ipotecario (...), acceso con (...) il 20.1.2009 ed intercorrente con (...) S.r.l.. Secondo la prospettazione della ricorrente, rispetto a tale credito sussiste l'obbligo solidale di (...) S.r.l., costituita a seguito di scissione di (...) con atto ai rogiti del notaio L. del (...), nonché (...), per la garanzia fideiussoria prestata contestualmente alla conclusione del conto corrente e del relativo affidamento. Dal lato attivo (...) Spa, in qualità di procuratrice di (...) S.r.l. ha allegato di esserne titolare in quanto, con atto redatto il 21 dicembre 2020 ( Rep (...) e Racc. n (...)) dal notaio (...), (...) ha incorporato per fusione (...) -(...) e successivamente, con contratto di concluso in data 6 gennaio 2017 ai sensi degli articoli 1, 4 e 7.1 della L. n. 1 del 3 0, (...) ha ceduto un portafoglio di crediti tra i quali quello oggetto di causa, dandone avviso nella G.U. del 14 gennaio 2017. In corso di giudizio, (...) S.p.A. ("(...)"), in forza di contratto di cessione sottoscritto il 31 marzo 2021, ha acquisito per il tramite e per conto del Patrimonio Destinato denominato "(...)", costituito con il decreto del Ministero dell'Economia e delle Finanze n. 221 del 22 febbraio 2018, in attuazione dell'articolo 5, comma 5, del D.L. n. 99 del 25 giugno 2017, convertito nella L. n. 121 del 2017 ((...), per il tramite e per conto del (...), l'"Acquirente") - ai sensi e per gli effetti dell'articolo 58 del Testo Unico Bancario - inter alia - la totalità dei crediti nella titolarità di (...) e già gestiti da (...) , come da avviso di cessione pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana n. 41 del 6 aprile 2021, Parte II e in corso di iscrizione nel Registro delle Imprese di Napoli. Invero, l'art. 58 comma 2 TUB, se non impone che un contenuto informativo minimo, consente tuttavia che la comunicazione relativa alla cessione dapubblicare in Gazzetta contenga più diffuse e approfondite notizie. Con la conseguenza che - solo qualora il contenuto pubblicato nella Gazzetta indichi, senza lasciare incertezze od ombre di sorta, in relazione, prima di ogni altra cosa, al necessario rispetto del principio di determinatezza dell'oggetto e contenuto contrattuali ex art. 1346 cod. civ., sui crediti inclusi o esclusi dall'ambito della cessione - detto contenuto potrebbe anche risultare in concreto idoneo, secondo il "prudente apprezzamento" del giudice del merito, a mostrare la legittimazione attiva del soggetto che assume, quale cessionario, la titolarità di un credito ( Sul punto, Cass, 28 febbraio 2020, n 5617). Nondimeno, tale eventuale inidoneità presuppone la contestazione da parte del debitore ceduto, con conseguente onere della cessionaria di dimostrare la titolarità attuale del credito, secondo la condivisibile giurisprudenza richiamata in quanto l'eventuale difetto di documentazione a riguardo non può essere rilevato d'ufficio. Nel caso di specie gli opponenti, né alla data di costituzione , né in sede di precisazione delle conclusioni, hanno inteso contestare che il credito oggetto del giudizio fosse ricompreso tra quelli oggetto di cessione e validità ed efficacia del contratto di cessione, con riferimento alla titolarità del credito in capo ad (...) S.r.l.. Prima ancora che sul piano dell'ammissione dei mezzi di prova, nel caso di specie rileva quindi il disposto di cui all'art. 115, primo comma, cod. proc. civ. nel testo introdotto dall'art. 45, comma 14, della L. n. 69 del 2009, efficace a decorrere dal 4 luglio 2009 (art. 58, comma 1, della stessa L. n. 69 del 2009). In assenza di tempestive contestazioni sul punto, trattandosi di successioni a titolo particolare, per effetto del disposto dell'art. 111, III e IV comma, c.p.c., deve essere riconosciuta dapprima la titolarità di (...) e, successivamente, la legittimazione e l'interesse concreto ad intervenire anche di (...) in proprio , tenuto che la sentenza spiega sempre i suoi effetti anche contro il successore a titolo particolare che in ipotesi può agire esecutivamente (Cass., 23/06/2022, n 20315). Infine, a seguito dell'attivazione della procedura di mediazione nel termine assegnato dal G.I. all'udienza del I aprile 2021, deve inoltre ritenersi superata ogni questione, rilevabile anche d'ufficio, relativa alla procedibilità delle domande. II. DETERMINAZIONEDELTHEMADECIDENDUMEPROVADELCREDITO Giova precisare che con l'opposizione a decreto ingiuntivo si instaura un ordinario ed autonomo giudizio di cognizione che, sovrapponendosi allo speciale e sommario procedimento d'ingiunzione, si svolge secondo le norme del rito ordinario, nel quale il creditore opposto è gravato dall'onere di provare i fatti costitutivi della domanda proposta e può produrre nuove prove ad integrazione di quelle già offerte nella fase monitoria, per cui il giudice non valuta soltanto la sussistenza delle condizioni e della prova documentale necessarie per l'emanazione dell'ingiunzione, ma la fondatezza della pretesa creditoria nel suo complesso (Cass. 12.3.2019, n 7020; Cass., 8.2.92, n.1410; Cass., 23.10.90, n. 10280; Cass., 28.11.89, n. 5185; Cass., 19.1.88, n. 361; Cass.,5.12.87, n. 9078). Ritiene a riguardo il Tribunale che al fine di esattamente delimitare il thema decidendum della presente fattispecie si debba fare riferimento al contenuto degli atti di opposizione, anche alla luce delle precisazioni introdotte con le memorie depositate nel primo termine concesso alle parti, ai sensi dell'art. 183, comma VI, n 1, c.p.c.. L'oggetto del giudizio, nel caso in esame, correlato alle azioni di nullità ed ai complessivi motivi posti a fondamento dell'opposizione, rimane delimitato dal riferimento al rapporto intercorrente di affidamento di credito su c/c (...), concesso da (...) il 20.1.2009 ad (...) S.r.l., quale debitrice principale, nonché, con riferimento specifico alla posizione di (...) alla contestuale fideiussione specifica concessa in pari data. Non rilevano, le questioni concernenti ulteriori contratti di affidamento in conto corrente non richiamati a sostegno della pretesa introdotta con il ricorso monitorio . Nei confronti della cessionaria tali questioni non possono giustificare domande o eccezioni riconvenzionali, non connesse alla domanda di controparte ai sensi degli artt. 35 e 35 c.p.c., e, in ogni caso, escluse dal perimetro della cessione e quindi da indirizzare ai soggetti subentrati a titolo universale nella posizione originaria. Quanto alla prova del credito, i saldi, in sede monitoria, sono desumibili non solo dalla attestazione delle risultanze delle scritture tenute, ai sensi dell'art. 50 T.U.B. ma anche dalla produzione completa degli estratti conto, dalle date di conclusione dei differenti contratti, sino alle date di riferimento di cui all'attestazione dei c.d. saldaconto. Vero è che in tema di prova del credito fornita da un istituto bancario, va distinto l'estratto di saldaconto - dichiarazione unilaterale di un funzionario della banca creditrice accompagnata dalla certificazione della sua conformità alle scritture contabili e da un'attestazione di verità e liquidità del credito- dall'ordinario estratto conto, che è funzionale a certificare le movimentazioni debitorie e creditorie intervenute dall'ultimo saldo, con le condizioni attive e passive praticate dalla banca. Il saldaconto, secondo l'orientamento consolidato riveste efficacia probatoria nel solo procedimento per decreto ingiuntivo instaurato dall'istituto, mentre l'estratto conto, trascorso il previsto periodo di tempo dalla sua comunicazione al correntista, assume carattere di incontestabilità ed è, conseguentemente, idoneo a fungere da prova anche nel successivo giudizio contenzioso instaurato dal cliente ed anche nei confronti del fideiussore, ove questi non li assoggetti ad alcuna specifica contestazione (Cass., 6.6.2018, n 14640; Cass. 19.10.2016, n 21092; Cass., 25.9.2003, n 14234). Nella ricostruzione dei saldi, inoltre, si dovrà ulteriormente tenere conto del principio affermato dalla S.C. (sentenza 2.5.2019, n 11543), secondo cui: "..riscontrata la mancanza di una parte degli estratti conto, riportando il primo dei disponibili un saldo iniziale a debito del cliente, occorre distinguere il caso in cui il correntista sia convenuto da quello in cui sia attore in giudizio e, nella prima ipotesi l'accertamento del dare e avere può attuarsi con l'impiego di ulteriori mezzi di prova idonei a fornire indicazioni certe e complete che diano giustificazione del saldo maturato all'inizio del periodo per cui sono stati prodotti gli estratti conto; possono inoltre valorizzarsi quegli elementi, quali ad esempio le ammissioni del correntista stesso, idonei quantomeno ad escludere che, con riferimento al periodo non documentato da estratti conto, questi abbia maturato un credito di imprecisato ammontare (tale da rendere impossibile la ricostruzione del rapporto di dare e avere tra le parti per il periodo successivo), così che i conteggi vengano rielaborati considerando pari a zero il saldo iniziale del primo degli estratti conto prodotti..". Nel caso di specie, i relativi negozi sono stati provati attraverso la produzione completa dei documenti sin dal ricorso monitorio e tra parti non sono sorte, nel corso del giudizio di opposizione, contestazioni sulle specifiche annotazioni, e non attraverso un mero rifiuto del conto o la generica affermazione di nulla dovere. Nessuna specifica contestazione è stata sollevata in ordine alle somme oggetto dei singoli addebiti, così che sotto questo profilo la documentazione prodotta è chiaramente idonea a sorreggere la pretesa azionata e - in difetto di specifiche contestazioni sull'inserimento di poste di credito non dovute, si possono assumere i numeri debitori forniti dalla banca (Cass. 2.5.2019, n 11543). Esclusa la legittimazione a far valere controcrediti relativamente a rapporti originariamente intercorsi con la (...), ma esclusi dal perimetro della cessione, per quanto concerne quelli oggetto del presente giudizio, occorre invece procedere in ordine logico alla distinta analisi delle eccezioni sollevate, tenendo presente che i motivi di opposizione, con sufficiente determinatezza in relazione al parametro richiesto dall'art. 164 c.p.c., evidenziano in primo luogo profili aventi ad oggetto la esistenza e quantificazione del credito principale: - la nullità per illiceità con particolare riferimento ad alcune specifiche voci prive di legittima causa giustificativa, quali anatocismo o costi non concordati ; - la illegittimità degli interessi applicati in violazione della L. 7 marzo 1996, n. 108, con sconfinamenti rispetto ai c.d. tassi soglia, tenuto conto della determinazione del TEG effettivo. Tuttavia, poiché il garante, attraverso la lettera di fideiussione sopra richiamata ha sottoscritto specifiche clausole limitative - a vario grado- della facoltà di sollevare eccezioni, la risoluzione della validità del negozio costitutivo della garanzia o, quanto meno, delle singole clausole limitative delle possibilità di sollevare eccezioni appare pregiudiziale, sia per individuare la sussistenza dello stesso vincolo solidale, sia - secondo il contenuto degli obblighi negoziali assunti- la possibilità di contestare l'esistenza ed entità del debito della società garantita. E, con riferimento al negozio di garanzia, a fonte dei rilievi sollevati dalla difesa della banca in ordine alle limitazioni per il garante di sollevare eccezioni in ordine al rapporto principale, è stata sollevata la questione concernente la violazione del contenuto dei negozi alla normativa posta a tutela della concorrenza, di cui all'art. 2 L. n. 287 del 1990, nonché la violazione del disposto di cui all'art. 1956 c.c. rispetto agli obblighi informativi sull'andamento della situazione finanziaria della società garantita. III. SULCONTRATTODIGARANZIA A tal proposito, in generale, occorre distinguere le fideiussioni specifiche, che hanno ad oggetto specifici rapporti intercorrenti con il debitore principale, da quelle c.d. omnibus. La fideiussione omnibus, infatti, strumento sovente impiegato nella prassi finanziaria, si distingue per l'ampiezza del suo oggetto, venendo il fideiussore a prestare garanzia per tutte le obbligazioni, presenti e future, del debitore. Un argine alla problematica relativa alla presunta nullità di tale forma contrattuale per indeterminabilità del suo oggetto è stato posto con l'introduzione dell'art. 10 della L. n. 154 del 1992, che ha novellato l'art. 1938 c.c., stabilendo la necessità di prevedere un importo massimo a garanzia del debito. Nella fattispecie di cui si controverte, occorre quindi distinguere i differenti schemi negoziali al fine di valutare la conformità ai requisiti normativamente prescritti. Invero, in occasione della sottoscrizione del contratto di conto corrente (...) ha sottoscritto a favore della C.- CASSA di RISPARMIO di PRATO Spa fideiussione specifica, sino a concorrenza dell'importo massimo di Euro 600.000,00. In particolare, in aggiunta alla garanzia ipotecaria , le parti hanno specificamente sottoscritto la seguente clausola: ARTICOLO 13- A ulteriore gàranzia del buon esito dell'operazione, il signor (...) si costituisca fidejussore solidale della società "E. S.R.L UNIPERSONALE limitatamente ad Euro 600.000,00 {seicentomila virgola zero zero), per adempimento di qualsiasi obbligazione dipendente dal presente contratto e quindi per il soddisfacimento di ogni credito della Cassa per capitale interessi e accessori di qualsiasi natura. La presente fidejussione è indipendente ed in aggiunta ad ogni altra garanzia che assista o che venisse ad assistere le obbligazioni assunte dalla società "(...) SRL" UNI PERSONALE col presente atto; le obbligazioni derivanti dalla fidejussione stessa sono solidali e indivisibili anche noi confronti degli aventi causa a qualsiasi titolo, il fideiussore si impegna a pagare immediatamente alla (...), a semplice richiesta, quanto la (...) medesima indicherà come dovutole dalla società "(...) S.R.L." UNIPERSONALE con esplicita e formale rinuncia al diritto di preventiva escussione del debitore principale e con rinuncia altresì a far valere il disposto degli artt. 1955, 1957 e 1205 del c.c., restando inteso, in relazione a tale ultima disposizione, che la surrogazione di cui all'art. 1949 dello stesso c.c., per quanto riguarda l'ipoteca di garanzia a favore della Cassa mutuante suddetta, potrà avere luogo soltanto a seguito dell'integrale pagamento del credito della Banca stessa. Il fideiussore s'impegna altresì a rimborsare alla Cassa le somme che dalla stessa fossero state incassate in pagamento di obbligazioni garantite e che dovessero essere restituite in seguito ad annullamento o revoca dei pagamenti stessi. Le risultanze dei registri della Cassa faranno piena fede. Come può agevolmente essere riscontrato, si tratta di schema negoziale che ha ad oggetto lo specifico rapporto intercorrente con la società debitrice e non già tutte le obbligazioni, presenti e future , così che la relativa garanzia risulta determinate, attraverso il riferimento al finanziamento concluso in pari data. IV. SULLAVALIDITA'DELLA GARANZIA Ora, quanto alla validità della garanzia, il garante ha sollevato eccezione relativa alla nullità totale o parziale della fideiussione prestata, evidenziando la conformità delle clausole allo schema (...) , già oggetto del provvedimento della (...) n 55 del 2 maggio 2005, in violazione dell'art. 2, comma 2, lettera A L. n. 287 del 1990, secondo il più recente arresto giurisprudenziale (Cass., 22maggio 2019 n 13846; anche in riferimento a Cass. 12 dicembre 2017, n 29810). Tale questione integra un profilo di nullità che - secondo il più recente orientamento della S.C. (Cass., sez. un. n 7294 del 22 marzo 2017)- rilevabile d'ufficio anche nel giudizio di appello, anche se nel corso del giudizio di primo grado anche qualora la validità dello stesso non sia stata discussa dalle parti, né lo stesso giudice abbia prospettato ed esaminato la questione. Sul punto tuttavia pur condividendosi in generale l' arresto giurisprudenziale richiamato, la sua corretta applicazione impone alcune considerazioni. Il contesto in cui si inserisce l'eccezione concerne l'ipotetica invalidità del rapporto contrattuale a "valle" tra garante e istituto di credito rispetto all'intesa bancaria a "monte" considerata restrittiva della concorrenza, il cui fondamento è da rinvenirsi nell'inscindibilità tra la suddetta intesa e i negozi che ne diano esecuzione, aderendo così alla teoria della c.d. "nullità derivata". Norma di riferimento, a riguardo, è l'art. 2 della L. n. 287 del 1990 che vieta le intese tra imprese che abbiano quale effetto quello di "impedire, restringere o falsare in maniera consistente il gioco della concorrenza all'interno del mercato nazionale o in una sua parte rilevante" attraverso diverse modalità, tra cui, inter alia, quelle di determinare, direttamente o indirettamente, le condizioni contrattuali da applicare ai consumatori. Ora, sul piano propriamente sostanziale, la nullità discende dalle intese restrittive della concorrenza, da pratiche concordate e da abuso di posizione dominante che si riflettono sul singolo contratto sottoscritto con il cliente. Invero, le clausole che derivano da un siffatto tipo di intesa vietata si riverberano sulla validità di quelle inserite nel singolo contratto, non tanto secondo lo schema classico della invalidità derivata da collegamenti negoziali, ma indotta piuttosto anche da meri comportamenti e pratiche anche solo fattuali di cui i singoli negozi costituiscono espressione. In generale, è l'utente a dovere dimostrare gli elementi costitutivi della fattispecie di illecito - e quindi anche del carattere uniforme della clausola che si assume essere oggetto dell'intesa e rappresentarne essenziale riflesso. E' noto che, in tale contesto, gli interventi della Corte di Cassazione richiamati (Cass., 22 maggio 2019 n 13846; Cass.12 dicembre 2017, n 29810), prendono le mosse dall' esame dei profili di invalidità dei contratti di fideiussione omnibus stipulati in conformità al modello (...) del 2003, sottoposto al vaglio della (...) la quale con Provv. n. 55 del 2 maggio 2005, affermò la contrarietà di alcuni articoli in esso contenuti all'art. 2, comma 2, lett. a, L. n. 287 del 1990, ingiungendo all'(...) di trasmettere alle imprese aderenti un modello emendato da tali articoli. La (...) - che sino al 2006 operava come autorità garante della concorrenza tra gli istituti di credito - aveva infatti focalizzato la propria attenzione, in particolare, sul contenuto di alcune clausole inserite nel modello di fideiussione omnibus a garanzia di operazioni di natura bancaria, adottato dall'A. nel 2003, addivenendo all'emanazione del provvedimento nel 2005, da cui è emerso che dette clausole, ove oggetto di un'adozione uniforme e generalizzata da parte dei vari istituti, potrebbero creare effetti anticoncorrenziali. Nello specifico si fa riferimento all'applicazione uniforme da parte delle banche degli artt. 2, 6 e 8 del menzionato schema contrattuale relativi alle cd clausole di "sopravvivenza", "reviviscenza" e rinuncia ai termini di cui all'art. 1957 c.c., che per tale parte si sovrappongono al contenuto della fideiussione in esame . Nello specifico si fa riferimento all'applicazione uniforme da parte delle banche degli artt. 2, 6 e 8 del menzionato schema contrattuale relativi alle cd clausole di "sopravvivenza", "reviviscenza" e rinuncia ai termini di cui all'art. 1957 c.c., che per tale parte si sovrappongono proprio al contenuto della fideiussione in esame. Le clausole di cui si discute, che impongono maggiori oneri a carico del garante, riguardano: - la c.d. "reviviscenza" della garanzia dopo l'estinzione del debito principale (art. 2 dello schema (...)), che impegna il fideiussore a tenere indenne la banca dalle vicende successive all'avvenuto adempimento, anche quando il garante, confidando nell'estinzione del debito principale, abbia trascurato di procedere alla tutela delle proprie ragioni di credito nei confronti del debitore; - l'art. 6 dello schema (...), che, in deroga al disposto di cui all'art. 1957 c.c., esonera la banca dall'obbligo di continuare le proprie istanze contro il debitore entro il periodo prescrizionale stabilito dalla disposizione codicistica; - l'art. 8 dello schema (...), che estende la garanzia anche agli obblighi di restituzione del debitore scaturenti dall'invalidità del negozio principale, con ciò rendendo la fideiussione "insensibile" rispetto ai vizi del rapporto debitorio principale. Al riguardo, la (...) ha affermato come clausole analoghe a quelle sopra menzionate, avendo quale fine quello di far sopportare al fideiussore le conseguenze negative dell'inosservanza degli obblighi di diligenza della banca, laddove applicate in modo uniforme, sono da considerarsi in contrasto con l'art. 2, comma 2, lett. a), della L. n. 287 del 1990. In tali ipotesi, secondo l'indirizzo richiamato, allorquando il contenuto delle clausole riflette quello dello schema contrattuale predisposto dall'A. e sanzionato dalla (...) può concludersi nel senso della sussistenza di un'intesa restrittiva della concorrenza vietata dall'art. 2, comma 2, lett. a), della L. 10 ottobre 1990, n. 287 e che le clausole negoziali costituiscono espressione di una tale intesa, senza necessità di ulteriori elementi di prova. Il provvedimento sanzionatorio della (...), in tale prospettiva, non rileva sul piano normativo, ma probatorio, perché in tale ipotesi sarà l'impresa a "dover offrire prova contraria a dimostrazione della interruzione del nesso causale tra l'illecito antitrust e il danno patito dai consumatori". Tant'è-si ha cura di precisare- che a fronte di tale accertamento privilegiato, peraltro, non è possibile escludere la nullità di quel contratto per il solo fatto della sua anteriorità all'indagine dell'Autorità indipendente ed alle sue risultanze, poiché se la violazione "a monte" è stata consumata anteriormente alla negoziazione "a valle", l'illecito anticoncorrenziale consumatosi prima della stipula non può che travolgere il negozio concluso "a valle", per la violazione dei principi e delle disposizioni regolative della materia. In proposito, nelle pronunce si sottolinea che: " le conclusioni assunte dall'Autorità Garante per la Concorrenza ed il Mercato, nonché le decisioni del giudice amministrativo che eventualmente abbiano confermato o riformato quelle decisioni, costituiscono una prova privilegiata, in relazione alla sussistenza del comportamento accertato o della posizione rivestita sul mercato e del suo eventuale abuso, anche se ciò non esclude la possibilità che le parti offrano prove a sostegno di tale accertamento o ad esso contrarie (Cass. 13 febbraio 2009, n. 3640)". In definitiva, nelle ipotesi in cui il contenuto delle clausole corrisponda esattamente allo schema sanzionato dall'autorità deputata all'accertamento di tali comportamenti anticoncorrenziali e della identica tipologia negoziale, il provvedimento dell'autorità di garanzia ha l'effetto di invertire l'onere della prova circa la fattispecie di illecito. Nel caso in esame, tuttavia, il fideiussore non può a ragione richiamare la presunzione dell'accertamento privilegiato riferibile al provvedimento sanzionatorio indicato. Sotto il profilo sostanziale si deve dare atto che la società opposta ha richiamato la fideiussione specifica prestata in occasione della conclusione dell'apertura di credito in conto corrente. Nella fattispecie in esame, quindi, non si verte nella medesima tipologia negoziale- in quanto non si tratta di fideiussione omnibus, ma di fideiussione accessoria ad un rapporto negoziale determinato, quale il contratto di apertura di credito- e dunque in alcun modo il garante potrebbe giovarsi dell'inversione dell'onere della prova derivante dalla corrispondenza delle clausole allo schema sanzionato. Peraltro, processualmente, va considerato che il documento sanzionatorio non risulta essere stato neanche prodotto nei termini imposti per la produzione di documenti, così che non è possibile certamente fare leva sulla presunzione dell'accertamento privilegiato riferibile al provvedimento sanzionatorio nei termini precisati. In presenza di contestazioni sul punto relativo alla sussistenza dell'illecito, deve darsi atto che non v'è prova che lo schema utilizzato corrisponda ad una pratica uniforme frutto anch'essa, come per le fideiussioni omnibus, di intese anticoncorrenziali degli istituti concedenti i mutui e l'eccezione deve essere disattesa. Di conseguenza, facendo applicazione dei principi ordinari in tema di ripartizione dell'onere della prova, deve ritenersi non dimostrato il profilo di nullità derivante dalla condotta illecita secondo i principi richiamati dalla S.C. e fatti propri dal Tribunale. Vero è che, relativamente alle clausole contenute nella fideiussione specifica, le caratteristiche di autonomia del rapporto di garanzia appaiono comunque presenti in modo marcato. Infatti, è stato espressamente previsto l'impegno del garante a pagare a semplice richiesta di tutto quanto dovuto con rinuncia al beneficio della preventiva escussione , con esonero della (...) dall'onere di agire entro i termini previsti dall'art. 1957 c.c e con obbligo di rimborsare incassate in pagamento di obbligazioni garantite e che dovessero essere restituite in seguito ad annullamento o revoca dei pagamenti stessi. Le espressioni richiamate, infatti, possono essere riferite sia a forme di garanzia svincolate dal rapporto garantito ( e quindi autonome), sia a garanzie, come quelle del fideiussore, caratterizzate da un vincolo di accessorietà , più o meno accentuato, nei riguardi dell'obbligazione garantita, sia, infine, a clausole il cui inserimento nel contratto di garanzia è finalizzato, nella comune dei contraenti, ad una deroga parziale della disciplina dettata dal citato art. 1957 c.c. (Cass., 9.8.2016, n 16825). Nondimeno, in generale una siffatta clausola può essere idonea a qualificare il negozio come contratto autonomo di garanzia, in quanto incompatibile con il principio di accessorietà che caratterizza il contratto di fideiussione , così che il giudice è sempre tenuto a valutare tale clausola alla luce della lettura dell'intero contratto, e, in particolare, dei riferimenti del contratto alla situazione relativa al rapporto sottostante, alla necessità di indicare, per la richiesta di pagamento, l'inadempienza riscontrata (Cass., 19.2.2019, n 4717; Cass., sez. un. 18.2.2010, n 3947). Circa la doglianza relativa al mancato rispetto degli obblighi informativi circa la situazione finanziaria della società garantita, , nel caso concreto, è sufficiente constatare che il (...) era socio ed amministratore di tale società e quindi non estraneo all'attività di impresa da quest'ultima svolta, e pienamente in grado di conoscere la situazione in cui la società debitrice versava e tutelare i relativi interessi (Cass., 9.8.2016, n 16827). Tale prospettiva non muta- ove si considerino le caratteristiche concrete della società - anche alla luce del più recente orientamento della S.C. secondo cui i requisiti soggettivi di applicabilità della disciplina legislativa a tutela del consumatore, in relazione ad un contratto di fideiussione stipulato da un socio in favore della società, devono essere valutati con riferimento alle parti dello stesso (e non già del distinto contratto principale), dando rilievo - alla stregua della giurisprudenza comunitaria (CGUE, sentenza 19 novembre 2005, in causa C-74/15 T.) - all'entità della partecipazione al capitale sociale, nonché all'eventuale qualità di amministratore della società garantita assunto dal fideiussore (Cass., 3.12.2020, n 27618; Cass, 24.1.2020, n 1666; Cass., 16.1.2020, n 742; Cass., 13.12.2018, n 32225). Del resto, si è ormai chiarito che la buona fede opera, nell'ambito dei rapporti obbligatori, su un piano di reciprocità, quale fonte integrativa degli effetti degli atti di privata autonomia, integrando ovvero restringendo gli obblighi letteralmente assunti dalle parti o derivanti da specifiche norme di legge (Cass. 24 febbraio 2004, n 3610; Cass. 10 ottobre 2003, n 15150; Cass. 5 maggio 1999, n 12310; Cass. 28 gennaio 1998, n. 831). Conclusivamente, alla luce delle argomentazioni svolte le ragioni di opposizione fondate sulla invalidità totale o parziale delle garanzie prestate devono ritenersi precluse, riconoscendosi la legittimazione a contestare l'ammontare del debito solo nei limiti precisati e previa verifica- nel contraddittorio - di sconfinamenti rispetto ai cd tassi soglia determinati ai sensi della L. n. 108 del 1996, sia rispetto agli interessi corrispettivi, che a quelli moratori ( nei limiti degli orientamenti della S.C. Cass., S.U. , 18 settembre 2020, n 19597; Cass. 17 ottobre 2019, n.26286; Cass.13 settembre 2019, n.22890; Cass. 30 ottobre 2018, n. 27442; Cass. 6 marzo 2017, n. 5598). In ordine ai criteri che devono sorreggere tale verifica, si deve poi considerare: - che trattandosi di affidamento in conto corrente, garantito da ipoteca, il parametro di riferimento da assumere come (...) è quello concernente le operazioni di mutuo ipotecario; - quanto al computo della CMS ai fini della determinazione del TAEG, dovrà farsi applicazione dei criteri affermati dalla pronuncia della Cassazione a Sezioni Unite del 20 giugno 2018, n. 16303, secondo la quale la C.M.S. rappresenta un costo incluso nel conteggio del T.E.G. in virtù del contenuto dell'art. 2 bis D.L. n. 185 del 2008, da considerarsi "norma non di interpretazione autentica" non applicabile in modo retroattivo per periodi antecedenti il 1.1.2010, al quale -secondo le nuove Istruzioni del 2009 e le norme transitorie elaborate dalla (...), in virtù del contenuto del D.L. 29 novembre 2008, n. 185- tale onere è divenuto rilevante e sulla base della c.d. "mora soglia" ( 2,1 maggiorata del 50%). Pertanto, alla stregua delle superiori motivazioni, la causa deve essere rimessa sul ruolo, con separata ordinanza, per l'espletamento della istruttoria, attraverso CTU a carattere percipiente, con esclusivo riferimento al contratto di affidamento di credito su c/c ipotecario n. (...) ai rogiti del Dott. Notaio (...), del (...) (Rep. (...) - Racc. n. (...)). Infine, quanto alle spese di lite, la relativa statuizione va opportunamente riservata alla pronunzia definitiva. P.Q.M. Il Tribunale di Prato, sulle antescritte conclusioni dei procuratori delle parti, non definitivamente pronunciando sulla opposizione proposta da (...), (...) S.r.l. e (...) S.r.l., in persona dei legali rappresentanti p.t., avverso il decreto ingiuntivo n 1057/2020 ( RG 1907/2020) emesso in data 14 settembre 2020, nei confronti di (...) -(...) Spa, in qualità di rappresentante di (...) S.r.l., e con intervento in causa della prima anche in proprio, con atto di citazione ritualmente notificato in data 26 novembre 2020, ogni altra istanza, eccezione e deduzione disattesa, così provvede: a) dichiara l'ammissibilità dell'intervento di (...) -(...) Spa, in proprio; b) rigetta le eccezioni in ordine alla invalidità e inefficacia della fideiussione specifica richiamata in parte motiva; c) dispone, con separata ordinanza, la rimessione della causa sul ruolo per completare la fase istruttoria limitatamente ai punti precisati in parte motiva e meglio esplicitati nella contestuale ordinanza. Così deciso in Prato il 6 marzo 2023. Depositata in Cancelleria il 7 marzo 2023.

  • IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE DI PRATO in persona del giudice istruttore, dott. Michele Sirgiovanni, in funzione di giudice unico, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile iscritta a ruolo in data 26 giugno 2020 con il n. 1593/2020 del ruolo Generale, avente per oggetto: opposizione a decreto ingiuntivo vertente tra: (...), rappresentato e difeso da (...); Opponente (...); Opposta All'udienza del 30 giugno 2022 la causa è stata posta in decisione sulle seguenti conclusioni. Per l'opponente: "come da atto di citazione in opposizione a decreto ingiuntivo". Per la opposta: "insiste per il rigetto di tutte le domande ex adverso formulate, in quanto infondate in fatto ed in diritto, per i motivi tutti ampiamente illustrati nei propri atti e verbali di causa che ivi si intendono richiamati e per l'accoglimento delle conclusioni rassegnate in comparsa di costituzione e risposta da intendersi ivi precisate e ritrascritte." Con atto di citazione ritualmente notificato in data 22 giugno 2020, proponeva opposizione avverso il decreto ingiuntivo n. 148/2020 emesso in data 06.02.2020, notificato il 24 aprile successivo, con il quale il Tribunale di Prato gli aveva ingiunto di pagare a (...) Spa, la somma di euro 23.343,91 oltre interessi moratori e spese legali della procedura monitoria, a titolo di restituzione della somma versata a titolo di finanziamento. A sostegno dell'opposizione evidenziavano: - rapporto di mutuo/finanziamento di cui al rapporto contrattuale n. (...) intrattenuto da (...); - che le sottoscrizioni apposte sui documenti originari erano oggetto di disconoscimento ed il contratto su cui la parte opposta aveva fondato la propria pretesa era privo di valenza probatoria; - che peraltro il contratto non risultava incluso nella lista dei crediti ceduti, in quanto nella stessa era riportato un numero differente e non vi erano precise indicazioni a riguardo; - che, inoltre, la condotta della banca era contraria ai principi di buona fede, correttezza e trasparenza nell'esecuzione del contratto, essendo stati concretamente applicati interessi superiori a quelli pattuiti ed in violazione della rigida normativa di settore e della disciplina antiusura di cui alla legge 108 del 1996. Tanto premesso chiedevano la revoca del decreto ingiuntivo, previa ammissione di CTU contabile, e la condanna della controparte al pagamento delle spese e competenze di rito. Instaurato il contraddittorio, si costituiva in giudizio (...) S.r.l., in persona della procuratrice (...) S.r.l. la quale deduceva: di essere cessionaria, a titolo oneroso e pro soluto, ai sensi di un contratto di cessione di crediti sottoscritto il 16 gennaio 2017, di un portafoglio di crediti pecuniari identificabili in blocco, ai sensi del combinato disposto degli articoli 1 e 4 della Legge n. 130 del 30 aprile 1999 e dell'art. 58 del T.U.B., costituito da crediti pecuniari nella titolarità di (...) S.p.A., quale avente causa di (...), a seguito di altri contratti conclusi il 29.6.2012, 15.11.2012, 12.11.2013, 11.12.2013 e 24.7.2015; che tale cessione aveva avuto ad oggetto anche il rapporto contrattuale n. (...), intrattenuto da (...) con (...); che tale contratto prevedeva un rimborso di 120 rate mensili di importo pari ad euro 300,00 cadauna, con un TAN del 9,02 per cento ed un TAEG del 9,88 per cento; che in ipotesi di cessione dei crediti finalizzata alla cartolarizzazione, come appunto nella fattispecie in esame, la società cessionaria, era subentrata nelle sole posizioni di credito derivanti dai contratti contemplati nella cessione, non verificandosi alcun subingresso nei singoli rapporti contrattuali dai quali scaturiscono i crediti oggetto di cessione, con la conseguenza che legittimato a contraddire all'azione volta ad impugnare il contratto era unicamente l'altro contraente, ovvero la società erogatrice del finanziamento; - che il disconoscimento delle sottoscrizioni da parte dell'opponente avrebbe dovuto essere considerato una mera espressione di stile, in quanto del tutto privo di riscontri; - nullità negoziali, essendo in corretta la determinazione dell'ISC indicato in contratto, non inserite voci di costo indebito e rispettati i limiti derivanti dalla disciplina di cui alla legge 108/1996 e s.m. Sulla scorta di tali argomenti, concludeva per il rigetto della opposizione, con vittoria di spese ovvero in subordine per la condanna dell'opponente al pagamento delle somme risultanti dall'istruttoria. Assegnato termine per attivare la procedura di mediazione obbligatoria, si procedeva quindi ad istruttoria con la produzione di documenti ed infine, all'udienza del 30 giugno 2022, la causa era posta in decisione sulle conclusioni in epigrafe trascritte, previa concessione dei termini di cui all'art 190 c.p.c. L'opposizione è fondata e deve essere accolta nei limiti delle motivazioni: 1. In primo luogo va premesso che con l'opposizione a decreto ingiuntivo si instaura un ordinario ed autonomo giudizio di cognizione che, sovrapponendosi allo speciale e sommario procedimento d'ingiunzione, si svolge secondo le norme del rito ordinario, nel quale il creditore opposto è gravato dall'onere di provare i fatti costitutivi della domanda proposta e può produrre nuove prove ad integrazione di quelle già offerte nella fase monitoria, per cui il giudice non valuta soltanto la sussistenza delle condizioni e della prova documentale necessarie per l'emanazione dell'ingiunzione, ma la fondatezza della pretesa creditoria nel suo complesso (Cass. 12.3.2019, n 7020; Cass., 8.2.92, n.1410; Cass., 23.10.90, n. 10280; Cass., 28.11.89, n. 5185; Cass, 19.1.88, n. 361; Cass.,5.12.87, n. 9078). 2. Ad avviso del giudicante, appare fondata e meritevole di accoglimento l'eccezione di difetto di legittimazione attiva in ordine al finanziamento allegato quale causa giustificativa del ricorso monitorio. Infatti, per quanto si evince dagli atti, oggetto della cessione sarebbe costituito non dal contratto, ma esclusivamente dal credito che trovano titolo costitutivo in origine nel contratto concluso in data 30 novembre 2011, e identificato come pratica n. (...) intrattenuto da (...) con (...) Spa. Tale credito sarebbe poi stato ceduto da_(...) a (...) e da questa a favore di (...) s.r.l. A sostegno della titolarità del credito, in sede monitoria, la difesa di (...) ha richiamato il contratto di cessione del 16 gennaio 2017, con il quale si è resa cessionaria, a titolo oneroso e pro soluto, di un portafoglio di crediti nella titolarità di (...) Spa, in qualità di avente causa di (...), verosimilmente con uno dei contratti richiamati nello stesso atto di cessione (conclusi nelle seguenti date 29.6.2012, 15.11.2012, 12.11.2013, 11.12.2013 e 24.7.2015). Ebbene, a fronte delle contestazioni dell'opponente, i documenti prodotti non possono essere considerati sufficienti. Da un lato, vero è che del contratto di cessione di crediti stipulato in data 16 gennaio 2017, risulta essere stato dato avviso di cessione pubblicato, ai sensi del combinato disposto degli artt. 1 e 4 della legge n. 130 del 30 aprile 1999 e dell'art. 58 T.U.B., nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana del 18 febbraio 2017 - Parte Seconda n.21 (doc. 1, fascicolo monitorio). E tuttavia, l'art. 58 comma 2 TUB, se non impone che un contenuto informativo minimo, consente tuttavia che la comunicazione relativa alla cessione da pubblicare in Gazzetta contenga più diffuse e approfondite notizie. Con la conseguenza che - solo qualora (...) contenuto pubblicato nella Gazzetta indichi, senza lasciare incertezze od ombre di sorta, in relazione, prima di ogni altra cosa, al necessario rispetto del principio di determinatezza dell'oggetto e contenuto contrattuali ex art 1346 cod. civ., sui crediti inclusi o esclusi dall'ambito della cessione - detto contenuto potrebbe anche risultare in concreto idoneo, secondo (...), prudente apprezzamento del giudice del merito, a mostrare la legittimazione attiva del soggetto che assume, quale cessionario, la titolarità di un credito (Sul punto, Cass, 28 febbraio 2020, n 5617). Poiché l'avviso, nel caso in esame, non appare presentare tali caratteristiche di certezza e determinatezza, quanto all'oggetto della cessione appare indispensabile la produzione di copia del contratto di cessione con l'estratto da cui risultino le posizioni creditorie vantate dalla banca cedente nei confronti del debitore ceduto oppure la dichiarazione del creditore cedente che confermi che il contratto di cessione del 16 gennaio 2017 comprendeva il credito azionati in sede monitoria. Inoltre, non sono stati neanche prodotti i contratti richiamati nell'atto di cessione con i quali (...) avrebbe acquisito il credito, poi nuovamente ceduto, così che difetta anche la prova che la cedente avesse la titolarità del credito o del rapporto al momento della successiva cessione. E tuttavia, nella prospettiva interpretativa richiamata, neanche il contratto di cessione prodotto in giudizio (doc. 8) appare sufficientemente determinato, a norma dell'art 1346 c.c., poiché esso fa generico riferimento e ad un portafoglio di crediti nella titolarità di (...) Spa e dettagliatamente inseriti in allegato, non prodotto, e quindi privo degli elementi identificativi del credito e, quindi, inidoneo a ritenere l'oggetto della seconda cessione determinabile "per relationem". A riguardo, occorre invero considerare che la prova circa l'effettiva cessione del credito è necessaria, sia per la verifica dell'effettiva e attuale titolarità del credito in capo a (...), sia per evitare che due soggetti distinti possano agire, in tempi diversi, per il medesimo credito nei confronti di un identico creditore. Tanto che, come di recente precisato dalla Cassazione: "La parte che agisca affermandosi successore a titolo particolare del creditore originario, in virtù di un'operazione di cessione in blocco secondo la speciale disciplina di cui all'art. 58 del D.Lgs. n. 385 del 1993, ha anche l'onere di dimostrare l'inclusione del credito medesimo in detta operazione, in tal modo fornendo la prova documentale della propria legittimazione sostanziale, salvo che il resistente non l'abbia esplicitamente o implicitamente riconosciuta" (Cass., 5 novembre 2020, n. 24798). Nella fattispecie in esame, come si è precisato, l'opponente ha eccepito espressamente il difetto di dimostrazione delle condizioni di legittimazione della società opposta, incentrando le proprie doglianze sulla mancata conoscenza di una valida cessione del credito originario, ed è certamente da escludere che vi sia stato esplicito o implicito riconoscimento della legittimazione sostanziale di (...) S.r.l. In presenza di tali contestazioni, la società creditrice aveva l'onere di dimostrare l'esistenza di valide cessioni del credito originario. con la conseguenza che - in assenza di convincenti riscontri istruttori -l'opposizione non può che trovare accoglimento, con la revoca del decreto ingiuntivo opposto. Tali considerazioni presentano carattere assorbente rispetto agli ulteriori motivi che sorreggono la proposta opposizione. Quanto alle spese, infine, le stesse vanno poste a carico della società opposta, come liquidate in dispositivo in linea con i parametri di cui al DM 55/2014, tenendo conto del valore della controversia e dell'attività svolta complessivamente svolta, ai sensi degli art. 91 e ss cpc. P.Q.M. Il Tribunale di Prato, definitivamente pronunciando sulla opposizione spiegata, con atto di citazione ritualmente notificato in data 22 giugno 2020, da (...) avverso il decreto ingiuntivo n. 148/2020 (RG 265/2020) emesso in data 06.02.2020, notificato il 24 aprile successivo, nei confronti di (...) S.r.l., in persona del legale rappresentante pt., ogni diversa istanza, eccezione e deduzione disattesa, così provvede: a) revoca il decreto ingiuntivo opposto; b) condanna, la società opposta al pagamento in favore dell'opponente delle spese. Così deciso in Prato il 14 febbraio 2023. Depositata in Cancelleria il 14 febbraio 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE DI PRATO in persona del giudice istruttore, dott. Michele Sirgiovanni, in funzione di giudice unico, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile iscritta a ruolo in data 28 dicembre 2020 con il n. 3426/2020 del ruolo Generale, avente per oggetto: opposizione a decreto ingiuntivo, vertente tra: (...), rappresentato e difeso congiuntamente e disgiuntamente dall'avv. Ma.CA. e dall'Avv. Ro.NA. come da procura allegata all'atto di opposizione; Fax (...) Pec: (...) Pec: (...) Opponente contro (...) S.r.l., società a responsabilità limitata , in persona del legale rappresentante p.t., e per essa quale procuratrice (...) S.p.a., in persona dell'amministratore delegato dott. (...), rappresentata da (...) - Società tra Avvocati per Azioni S.p.a., giusta procura del 12/03/2019 a rogito Dott.ssa A.A., Notaio in S. D. M. (M.), in persona del Vice-Presidente Avv. M.P. del Foro di Milano, rappresentata e difesa dall'Avv. Fr.Co. ed elettivamente domiciliata il suo studio in Milano, Via (...), in forza di procura allegata alla comparsa di risposta; Fax: (...) Pec: (...) Opposta SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con atto di citazione notificato in data 23 dicembre 2020, (...) proponeva opposizione avverso il decreto ingiuntivo n. 1275/2020 emesso dal Tribunale di Prato il 2.11.2020, (R.G. 2529/2020), notificato il 24 novembre successivo, con il quale il Tribunale di Prato aveva ingiunto di pagare a (...) S.r.l., la somma di Euro 136.289,31 =, quale saldo debitore di un conto corrente e ricevute bancarie, oltre interessi moratori e spese legali della procedura monitoria, rispetto al quale aveva prestato garanzia fideiussoria. A sostegno dell'opposizione evidenziava: - che il credito oggetto della pretesa trovava titolo dal saldo debitorio derivante da conto corrente stipulato da (...) Snc con (...), poi ceduto alla S.r.l., rappresentata dalla opposta; - che l'avviso di cessione dei crediti, pubblicato sulla G.U., non costituiva prova idonea a dimostrare che il credito vantato rientrava tra quelli oggetto del trasferimento, in quanto non consentiva di ricavare in modo inequivoco l'oggetto della cartolarizzazione, così che difettavano le condizioni di legittimazione attiva della società opposta; - la nullità della fideiussione prestata in modo indiscriminato su tutti i rapporti della società debitrice principale, le cui clausole contrastavano con le disposizioni a tutela della concorrenza, di cui all'art. 2, comma 2, lettera A della L. n. 287 del 1990, in quanto corrispondenti a quelle sanzionate con provvedimento della (...); - che in ogni caso i documenti prodotti non erano sufficienti a dimostrare la pretesa di credito, in assenza della produzione della erogazione delle Ri.Ba e dei contratti sottoscritti, con le relative condizioni in ordine agli interessi ultra-legali. la produzione di estratti conto parziali ed incompleti. Tanto premesso chiedeva la revoca del decreto ingiuntivo, con richiesta di dichiarare la nullità ed improcedibilità della domanda introdotta da controparte, con la condanna della controparte al pagamento delle spese e competenze di rito. Instaurato il contraddittorio, si costituiva in giudizio (...) S.p.a., non in proprio ma quale procuratrice di (...) S.r.l., la quale evidenziava: - che il credito oggetto del giudizio derivava da alcuni rapporti intercorsi con (...) SRL in liquidazione , poi fallita (già (...) snc), e in particolare, per l'importo di Euro 37.312,52, quale saldo debitore del contratto di conto corrente n. (...), concesso alla (...) snc (ora (...) SRL IN LIQUIDAZIONE), in data 27/09/1979 e per l'importo di Euro 98.976,79, quale importo portato da n. 29 ricevute bancarie insolute a suo tempo anticipate "salvo buon fine", oltre interessi convenzionali dal 04/03/2014 al saldo, per totali Euro 136.289,31; - che il credito era individuabile dalle risultanze della Gazzetta Ufficiale corrispondente ed identificato dal n. 1406012 e la società originaria creditrice aveva ceduto le suddette ragioni di credito a (...) S.r.l. e la cessione era stata formalizzata tramite cartolarizzazione ai sensi della L. n. 130 del 1999, con cessione veniva resa efficace e notificata ai sensi dell'art. 58 del D.Lgs. n. 385 del 1993 mediante pubblicazione in Gazzetta Ufficiale e successivamente (...) Srl (giusta procura giusta procura del giorno 31/08/2018 al rogito Dott. (...), Notaio in R. (Rep. (...)/Racc. (...)) aveva conferito mandato alla società (...) di compiere, in suo nome e per suo conto, tutto quanto opportuno e necessario ai fini della gestione giudiziale e stragiudiziale dei crediti, fra i quali rientrava anche quello nei confronti del sig. (...). - che i rilievi articolati dall'opponente in ordine alla invalidità della fideiussione prestata erano infondati, atteso che il Provv. n. 55 del 2005 della (...) avevano ad oggetto le intese a monte e non i contratti stipulati tra la banca e i clienti, in assenza di collegamento funzionale con le prime, e di accordi specificamente sottoscritti, in deroga all'art. 1957 c.c. Sulla scorta di tali argomenti, concludeva per il rigetto della opposizione, con vittoria di spese a favore del procuratore costituito, ovvero in subordine per la condanna dell'opponente al pagamento delle somme risultanti dall'istruttoria. All'udienza del 29 aprile 2021 veniva concesso termine alle parti per attivare la procedura di mediazione di cui all'art. 5 D.Lgs. n. 28 del 2010 e s.m. Disattesa la istanza di provvisoria esecuzione con ordinanza del 17.6.2021, si procedeva quindi ad istruttoria con la produzione di documenti ed infine, all'udienza del 19 maggio 2022, veniva riservata la decisione sulle conclusioni in epigrafe trascritte, previa assegnazione alle parti dei termini di cui all'art. 190 c.p.c.. MOTIVI DELLA DECISIONE 1. QUESTIONI PRELIMINARI A seguito dell'attivazione della procedura di mediazione nel termine assegnato dal G.I. all'udienza del 29 aprile 2021, deve ritenersi superata ogni questione relativa alla procedibilità della opposizione o della domanda monitoria. Devono poi essere disattese le eccezioni preliminari sollevate dall'opponente con riferimento al difetto di legittimazione attiva in ordine ai rapporti principali dedotti quale causa giustificativa del ricorso monitorio ed alla invalidità della garanzia prestata. Per quanto si evince dagli atti, oggetto della cessione sarebbe costituito non dai contratti, ma esclusivamente dai crediti che trovano originario titolo costitutivo nei rapporti intercorsi con L. SRL in liquidazione , poi fallita (già (...) snc), e in particolare, per l'importo di Euro 37.312,52, quale saldo debitore del contratto di conto corrente n. (...), concesso in data 27/09/1979 e per l'importo di Euro 98.976,79, quale importo portato da n. 29 ricevute bancarie insolute a suo tempo anticipate "salvo buon fine", oltre interessi convenzionali dal 04/03/2014 al saldo, per complessivi Euro 136.289,31. Tale crediti sarebbero poi stati ceduti, con atto di cessione concluso per iscritto il 20 dicembre 2017, da parte di (...) Spa (subentrata a (...)) a favore di (...) Srl.. 2. LEGITTIMAZIONE ATTIVA E TITOLARITA' DEI CREDITI A sostegno della titolarità del credito, in sede monitoria, la difesa di (...) ha richiamato il contratto di cessione del 20 dicembre 2017, con il quale si è resa cessionaria, a titolo oneroso e pro soluto, di portafogli di crediti originariamente nella titolarità di (...) Spa e poi di (...) Spa, identificabili in blocco tramite elenco allegato. Ebbene, a fronte delle contestazioni dell'opponente, i documenti prodotti possono essere considerati sufficienti. Invero, l'art. 58 comma 2 TUB, se non impone che un contenuto informativo minimo, consente tuttavia che la comunicazione relativa alla cessione da pubblicare in Gazzetta contenga più diffuse e approfondite notizie. Con la conseguenza che - solo qualora il contenuto pubblicato nella Gazzetta indichi, senza lasciare incertezze od ombre di sorta, in relazione, prima di ogni altra cosa, al necessario rispetto del principio di determinatezza dell'oggetto e contenuto contrattuali ex art. 1346 cod. civ., sui crediti inclusi o esclusi dall'ambito della cessione - detto contenuto potrebbe anche risultare in concreto idoneo, secondo il "prudente apprezzamento" del giudice del merito, a mostrare la legittimazione attiva del soggetto che assume, quale cessionario, la titolarità di un credito (Sul punto, Cass. 28 febbraio 2020, n 5617). A riguardo, occorre invero considerare che la prova circa l'effettiva cessione del credito è necessaria, sia per la verifica dell'effettiva e attuale titolarità del credito in capo a (...) S.r.l., sia per evitare che due soggetti distinti possano agire, in tempi diversi, per il medesimo credito nei confronti di un identico creditore. Tanto che, come di recente precisato dalla Cassazione: "La parte che agisca affermandosi successore a titolo particolare del creditore originario, in virtù di un'operazione di cessione in blocco secondo la speciale disciplina di cui all'art. 58 del D.Lgs. n. 385 del 1993, ha anche l'onere di dimostrare l'inclusione del credito medesimo in detta operazione, in tal modo fornendo la prova documentale della propria legittimazione sostanziale, salvo che il resistente non l'abbia esplicitamente o implicitamente riconosciuta" (Cass., 5 novembre 2020, n. 24798). Ora, nell'avviso di cui alla G.U., parte II, n 151 del 23.12.2017, risulta testualmente che: "(...) S.r.l. (l'"Acquirente") comunica di aver acquistato pro soluto, ai sensi e per gli effetti di cui agli articoli 1 e 4 (come implementato dall'articolo 7.1, commi 1 e 6) della Legge sulla Cartolarizzazione, in base ad un contratto di cessione di crediti pecuniari concluso in data 20 dicembre 2017 (il "Contratto di Cessione") da (...) S.p.A. ("(...)" o un"Originator"), un insieme di crediti che derivano da rapporti giuridici in relazione ai quali si forniscono le seguenti informazioni orientative: (i) rapporti giuridici regolati dalla legge italiana; (ii) rapporti giuridici sorti in capo a (...) (o a banche dalla stessa incorporate), antecedentemente al 31 dicembre 2016, per effetto dell'esercizio dell'attività bancaria in tutte le sue forme; (iii) rapporti giuridici risolti e, laddove applicabile, in relazione ai quali il debitore principale sia stato dichiarato decaduto dal beneficio del termine; (iv) rapporti giuridici classificati in "sofferenza" sia alla data del 31 dicembre 2016 sia alla data del 20 dicembre 2017; (v) rapporti giuridici in relazione ai quali il debitore non benefici della garanzia prestata dall'Istituto di servizi per il mercato agricolo e alimentare (ISMEA), costituito ai sensi del D.P.R. n. 278 del 28 maggio 1987, come successivamente modificato e riorganizzato; (vi) rapporti giuridici in relazione ai quali il debitore non benefici della garanzia prestata da (...) S.p.A.; (vii) rapporti giuridici in relazione ai quali il debitore non benefici della garanzia prestata da (...) Soc. Coop. a r.l. (i "Crediti B."). I dati indicativi di ciascuno dei Crediti (...), nonché di ciascuno dei Crediti (...), nonché la conferma, ai debitori ceduti che ne faranno richiesta, dell'avvenuta cessione, sono messi a disposizione sul sito internet https://www.gruppomps.it/cessione-dei-crediti.html e resteranno a disposizione fino all'estinzione del relativo credito ceduto..." Quindi nell'avviso si fa generico riferimento e ad un portafoglio di crediti concernenti i rapporti giuridici sorti in capo a "(...) (o a banche dalla stessa incorporate), antecedentemente al 31 dicembre 2016, aventi in astratto alcune caratteristiche e da identificare tuttavia attraverso il richiamo all' indirizzo INTERNET riportato. Accedendo a tale indirizzo, tuttavia, tramite il numero identificativo indicato dalla banca appare la seguente immagine: Omissis Nella fattispecie in esame, anche se l'avviso pubblicato, nel caso in esame, non appare presentare tali caratteristiche di certezza e determinatezza, quanto all'oggetto della cessione, tale indeterminatezza deve ritenersi superata alla luce degli ulteriori documenti prodotti. La banca opposta, nella fase monitoria, ha allegato certificazione ai sensi dell'art. 50 TU d.19.2013, n385, da cui si evince che alla data della sentenza di fallimento della società ( 7 marzo 2013) il saldo a debito era pari ad Euro 37312,52, facendo riferimento al n. di conto su cui in effetti è il numero di CC collegato al contratto di apertura di credito- Nella fase di opposizione, a fronte delle contestazioni sollevate in ordine alla titolarità del credito sollevate, è stato poi allegato altro estratto conto richiamante i conteggi al 20.12.2017, contenente il riferimento al conto corrente (...) e, tra gli altri, l'indicazione "5822/1406012/FG". Dai documenti prodotti si evince quindi in modo non equivoco che il numero 2413 corrisponde al numero di filiale e quello seguente n 2281 al conto corrente intestato a (...) S.r.l. e, conseguentemente, che l'identificativo del credito esclusivamente portato dalle risultanze del conto corrente n 2281 (e quindi, quanto alle ricevute insolute, solo delle aperture di credito collegate a tale conto) è stato oggetto di cessione. Tale dato istruttorio di natura presuntiva, è poi corroborato non tanto in esito alla produzione di un documento in sede di opposizione, contenente gli elementi per identificare il medesimo con il documento indicato come "(...)" quanto dalla ulteriore documentazione allegata alla memoria prodotta il 17.11.2021, contenente dichiarazione del 29.6.2021, proveniente dalla società cedente, che il credito vantato nei confronti di (...) Srl in liquidazione rientra nel perimetro dei crediti ceduti dal Gruppo (...) Spa alla (...) S.r.l., come da avviso di cessione pubblicato sulla G.U. ( GU parte seconda n 151 del 23.12.2007) ed avente ad oggetto: "(...) SRL in liquidazione (Fg. 1406012/23). In disparte il rilievo sulla compatibilità del saldo del conto rispetto all'entità del credito relativo agli effetti insoluti rispetto alle risultanze del conto, i dati acquisiti consentono di desumere che il n. identificativo (...) e oggetto di cessione corrisponde effettivamente al credito vantato nei confronti di (...) S.r.l. da (...) in ragione del c/c n (...) ( e quindi, quanto alle ricevute insolute, solo delle aperture di credito collegate a tale conto). 3. DETERMINAZIONE DEL THEMA DECIDENDUM DOMANDE ED ECCEZIONI AMMISSIBILI Nel caso di specie, il credito ingiunto discende dai rapporti intercorrenti tra la (...) Spa e (...) S.r.l. ( già (...) S.n.c.) già sopra richiamati. Su tali rapporti (...) e (...) risultano coobbligati in virtù della fideiussione omnibus sottoscritta il 24 aprile 1986, senza indicazione di limite di garanzia e successivamente, in conformità alla disciplina normativa entrata in vigore, sino a concorrenza di L. 220.000.000 il 20.5.1992, poi portata Euro 350.000,00 il 10.10.2002, poi aumentata ad Euro 600.000 il successivo 17 marzo 2005. Tuttavia, la disciplina negoziale è quella risultante dal primo documento sottoscritto, in quanto le lettere successive hanno integrato e modificato il contenuto degli accordi inserendo ed ampliando esclusivamente i massimali garantiti. Ora, le contestazioni articolate dagli opponenti evidenziano profili di nullità in relazione alle fideiussioni omnibus prestate, che - sia pure nei limiti di un importo massimo, riguardano tutti i rapporti intercorrenti con la società debitrice. Si tratta di uno schema contrattuale, sovente impiegato nella prassi finanziaria, che si distingue per l'ampiezza del suo oggetto, in quanto la garanzia prestata dal fideiussore viene a determinarsi per tutte le obbligazioni, presenti e future, del debitore. Un argine alla problematica relativa alla presunta nullità di tale forma contrattuale per indeterminabilità del suo oggetto è stato posto con l'introduzione dell'art. 10 della L. n. 154 del 1992, che ha novellato l'art. 1938 c.c., stabilendo la necessità di prevedere un importo massimo a garanzia del debito. Di tal che, attraverso l'introduzione dei limiti, in conformità al disposto dell'art. 1938 c.c., come modificato dall'art. 10 L. n. 154 del 1992, la garanzia prestata da (...) e (...) risulta sufficientemente determinata . In ordine ai profili di illegittimità sollevati in ordine ai rapporti principali, la difesa della banca ha evidenziato che, in quanto relative al rapporto principale, il garante non sarebbe comunque legittimato a sollevare le relative eccezioni. Ciò in quanto i rapporti di garanzia troverebbero titolo in negozi che contenendo l'impegno al pagamento immediato ed in qualsiasi momento, clausola di pagamento c.d. " a prima richiesta" ( lettera g della lettera di fideiussione prodotta), e la possibilità di agire nei confronti dei fideiussori in deroga al disposto di cui all'art. 1957 c.c. Le questioni sollevate dall'opponente evidenziano, da una parte, i profili di nullità concernenti la violazione della disciplina prevista a tutela della concorrenza; dall'altro, il contrasto di tali clausole con l'art. 1957 c.c. e la violazione da parte della banca del disposto dell'art. 1956 c.c.. 4.SULLA VALIDITA' DELLE GARANZIE A. La disciplina a tutela della concorrenza Per quanto riguarda, il primo aspetto, secondo il più recente orientamento della S.C. (Cass., sez. un. n 7294 del 22 marzo 2017), si tratta di eccezione rilevabile d'ufficio anche nel giudizio di appello, anche se nel corso del giudizio di primo grado anche qualora la validità dello stesso non sia stata discussa dalle parti, né lo stesso giudice abbia prospettato ed esaminato la questione. Sul punto tuttavia pur condividendosi in generale l' arresto giurisprudenziale richiamato, la sua corretta applicazione impone alcune considerazioni. Il contesto in cui si inserisce l'eccezione concerne l'ipotetica invalidità del rapporto contrattuale a "valle" tra garante e istituto di credito rispetto all'intesa bancaria a "monte" considerata restrittiva della concorrenza, il cui fondamento è da rinvenirsi nell'inscindibilità tra la suddetta intesa e i negozi che ne diano esecuzione, aderendo così alla teoria della c.d. "nullità derivata. Norma di riferimento, a riguardo, è l'art. 2 della L. n. 287 del 1990 che vieta le intese tra imprese che abbiano quale effetto quello di "impedire, restringere o falsare in maniera consistente il gioco della concorrenza all'interno del mercato nazionale o in una sua parte rilevante" attraverso diverse modalità, tra cui, inter alia, quelle di determinare, direttamente o indirettamente, le condizioni contrattuali da applicare ai consumatori. Sul piano propriamente sostanziale, la nullità discende dalle intese restrittive della concorrenza, da pratiche concordate e da abuso di posizione dominante che si riflettono sul singolo contratto sottoscritto con il cliente. Invero, le clausole che derivano da un siffatto tipo di intesa vietata si riverberano sulla validità di quelle inserite nel singolo contratto, non tanto secondo lo schema classico della invalidità derivata da collegamenti negoziali, ma indotta piuttosto anche da meri comportamenti e pratiche anche solo fattuali di cui i singoli negozi costituiscono espressione. In generale, è l'utente a dovere dimostrare gli elementi costitutivi della fattispecie di illecito - e quindi anche del carattere uniforme della clausola che si assume essere oggetto dell'intesa e rappresentarne essenziale riflesso. E' noto che, in tale contesto, gli interventi della Corte di Cassazione richiamati (Cass., 22 maggio 2019 n 13846; Cass.12 dicembre 2017, n 29810), prendono le mosse dall' esame dei profili di invalidità dei contratti di fideiussione omnibus stipulati in conformità al modello ABI del 2003, sottoposto al vaglio della (...) la quale con Provv. n. 55 del 2 maggio 2005, affermò la contrarietà di alcuni articoli in esso contenuti all'art. 2, comma 2, lett. a, L. n. 287 del 1990, ingiungendo all'ABI di trasmettere alle imprese aderenti un modello emendato da tali articoli. La (...) - che sino al 2006 operava come autorità garante della concorrenza tra gli istituti di credito - aveva infatti focalizzato la propria attenzione, in particolare, sul contenuto di alcune clausole inserite nel modello di fideiussione omnibus a garanzia di operazioni di natura bancaria, adottato dall'ABI nel 2003, addivenendo all'emanazione del provvedimento nel 2005, da cui è emerso che dette clausole, ove oggetto di un'adozione uniforme e generalizzata da parte dei vari istituti, potrebbero creare effetti anticoncorrenziali. Nello specifico si fa riferimento all'applicazione uniforme da parte delle banche degli artt. 2, 6 e 8 del menzionato schema contrattuale relativi alle cd clausole di "sopravvivenza", "reviviscenza" e rinuncia ai termini di cui all'art. 1957 c.c., che per tale parte si sovrappongono al contenuto della fideiussione in esame. In tali ipotesi, secondo l'indirizzo richiamato, allorquando il contenuto delle clausole riflette quello dello schema contrattuale predisposto dall'ABI e sanzionato dalla (...) può concludersi nel senso della sussistenza di un'intesa restrittiva della concorrenza vietata dall'art. 2, comma 2, lett. a), della L. 10 ottobre 1990, n. 287 e che le clausole negoziali costituiscono espressione di una tale intesa, senza necessità di ulteriori elementi di prova. Il provvedimento sanzionatorio della (...), in tale prospettiva, non rileva sul piano normativo, ma probatorio, perché in tale ipotesi sarà l'impresa a "dover offrire prova contraria a dimostrazione della interruzione del nesso causale tra l'illecito antitrust e il danno patito dai consumatori". Tant'è - si ha cura di precisare - che a fronte di tale accertamento privilegiato, peraltro, non è possibile escludere la nullità di quel contratto per il solo fatto della sua anteriorità all'indagine dell'Autorità indipendente ed alle sue risultanze, poiché se la violazione "a monte" è stata consumata anteriormente alla negoziazione "a valle", l'illecito anticoncorrenziale consumatosi prima della stipula non può che travolgere il negozio concluso "a valle", per la violazione dei principi e delle disposizioni regolative della materia. In proposito, nelle pronunce si sottolinea che: " le conclusioni assunte dall'Autorità Garante per la Concorrenza ed il Mercato, nonché le decisioni del giudice amministrativo che eventualmente abbiano confermato o riformato quelle decisioni, costituiscono una prova privilegiata, in relazione alla sussistenza del comportamento accertato o della posizione rivestita sul mercato e del suo eventuale abuso, anche se ciò non esclude la possibilità che le parti offrano prove a sostegno di tale accertamento o ad esso contrarie (Cass. 13 febbraio 2009, n. 3640)". In definitiva, solo nelle ipotesi in cui il contenuto delle clausole corrisponda esattamente allo schema sanzionato dall'autorità deputata all'accertamento di tali comportamenti anticoncorrenziali e della identica tipologia negoziale, il provvedimento dell'autorità di garanzia ha l'effetto di invertire l'onere della prova circa la fattispecie di illecito. Svolte le superiori premesse di carattere generale, nella presente fattispecie l'opponente non può giovarsi dell'inversione dell'onere della prova derivante dalla corrispondenza delle clausole allo schema sanzionato, in quanto - come rilevato- il contenuto delle clausole che regolamentano il rapporto con i garanti risale al 1986, di molto antecedente non soltanto a quello riscontrato nel provvedimento prodotto, ma addirittura precedente alla entrata in vigore della normativa a tutela della concorrenza. In tale prospettiva, il richiamo è alla legge "antitrust" 10 ottobre 1990, n. 287, la quale "detta norme a tutela della libertà di concorrenza aventi come destinatari non soltanto gli imprenditori, ma anche gli altri soggetti del mercato, ovvero chiunque abbia interesse, processualmente rilevante, alla conservazione del suo carattere competitivo al punto da poter allegare uno specifico pregiudizio conseguente alla rottura o alla diminuzione di tale carattere per effetto di un'intesa vietata. (Cass., 26 settembre 2019, n 24044; Cass. Sez. U. 20 febbraio 2005, n 2207). Pur sottolineando la differenza che ricorre tra gli accordi a monte, e cioè le intese, - oggetto di valutazione in merito alla illiceità per violazione della normativa antitrust e sanzionate dalla nullità - ed i contratti stipulati a valle, in relazione ai quali può essere esercitata l'azione risarcitoria, l'invalidità derivata sui contratti a valle riguarda esclusivamente le clausole negoziali che scaturiscono dall' intesa e che, pertanto, si pongono in diretto contrasto con il diritto del cliente ad una libera contrattazione. Nel caso in esame, valutata l'epoca di sottoscrizione delle garanzie, deve essere escluso che lo schema utilizzato corrisponda ad una pratica uniforme frutto di intese anticoncorrenziali degli istituti bancari sanzionato dalla normativa richiamata nel provvedimento sanzionatorio depositato. Coerentemente, deve essere disattesa l'eccezione sollevata senza possibilità per l'opponente di far valere comunque la disciplina di cui all'art. 1957 c.c. per paralizzare la pretesa avversaria, in quanto le parti vi hanno espressamente derogato con la clausola di cui alla lettera h) della lettera di garanzia sottoscritta da entrambi i garanti. B. Eccezioni opponibili dal garante in ordine ai rapporti garantiti. Exceptiodoli. Al rigetto della questione di invalidità delle fideiussioni, segue il difetto di legittimazione dei garanti a sollevare le questioni di nullità e decadenza in relazione a tutti i rapporti principali oggetto della relativa garanzia. Infatti, in ordine altri profili di illegittimità sollevati in ordine ai rapporti principali, la difesa della banca ha infatti evidenziato che i garanti non sarebbero comunque legittimati a sollevare le relative eccezioni perché i rapporti di garanzia troverebbero titolo in negozi che contenendo l'impegno al pagamento immediato ed in qualsiasi momento, clausola di pagamento c.d. "a prima richiesta", andrebbero qualificati come contratto autonomo di garanzia e comunque sarebbero del tutto slegati dalle obbligazioni nascenti dai contratti principali. Nella fideiussione prodotta, in effetti, vi è clausola di espressa deroga all'art. 1957 c.c. (lett. f) nonché di pagamento a prima richiesta o altra equivalente (lett. g). Vero è che le espressioni richiamate, possono essere riferite sia a forme di garanzia del tutto svincolate dal rapporto garantito ( e quindi autonome), sia a garanzie, come quelle appunto del fideiussore, caratterizzate da un vincolo di accessorietà , più o meno accentuato, nei riguardi dell'obbligazione garantita, sia, infine, a clausole il cui inserimento nel contratto di garanzia è finalizzato, nella comune intenzione dei contraenti, ad una deroga parziale della disciplina dettata dal citato art. 1957 c.c. (Cass., 9.8.2016, n 16825). In tutti i casi appare evidente l'intenzione dei contraenti di rafforzare proprio quei caratteri di autonomia delle garanzie. In base a tali considerazioni, pur in assenza di clausola che espressamente deroghi all'applicazione dell'art. 1945 c.c., emerge in modo chiaro la volontà delle parti di disancorare tutte le garanzie dai rapporti obbligatori principale, inibendo al garante di poter muovere eccezioni afferenti tale rapporto per evitare l'adempimento dell'obbligazione assunta. Dal contenuto del regolamento negoziale, quindi, liberamente approvato in ordine alle diverse garanzie prestate, discende che i garanti potrebbero evitare il pagamento immediato del debito soltanto qualora ricorrano le condizioni per l'esperimento dell'exceptio doli generalis seu praesentis, e cioè quando il rapporto garantito sia nullo per contrarietà a norme imperative o per illiceità della causa. Ora, secondo l'interpretazione della S.C., la "exceptio doli generalis seu praesentis" ha fondamento storico romanistico nella circostanza che l'attore, nell'avvalersi di un diritto di cui chiede tutela giudiziale, si renda colpevole di frode, in quanto sottace, nella prospettazione della fattispecie controversia, situazioni sopravvenute alla fonte negoziale del diritto fatto valere ed aventi forza modificativa o estintiva del diritto stesso (Cass., 1.10.1999, n 10864), Essendo preclusa al fideiussore, in deroga all'art. 1945, l'opponibilità delle eccezioni che potrebbero essere sollevate dal debitore principale, la richiesta di pagamento immediato deve risultare prima facie fraudolenta o abusiva sì da apparire all'evidenza contraria a norme imperative(Cass., 17.3.2006, n 5997; Cass., sez. III, 6.4.1998, n 3552; Cass., sez. I, 19.3.1993,n 3291) o per illiceità della causa, dovendo ritenersi che in quest'ultimo caso l'invalidità del contratto "presupposto" si comunichi al contratto di garanzia, rendendo la sua causa illecita (Cass. 7.3.2002,n 3326). In tale prospettiva, nell'ambito del dovere di protezione del garantito da possibili abusi del beneficiario e pena la perdita del diritto di rivalsa , l'eccezione è legittima solo in quanto sussistano prove sicure della malafede del beneficiario, desumile dal chiaramente pretestuosa escussione di una garanzia bancaria "a prima richiesta" resa evidente dal certo ed incontestabile venir meno del debito garantito, atteso che solo tale evenienza si colloca al di fuori della portata e della funzione della clausola medesima, la quale, se la comprendesse, travalicherebbe i limiti della garanzia e si tradurrebbe nella costituzione di una "obbligazione autonoma", priva di causa, cioè della funzione di garanzia. Nel caso in esame, l'opponente in riferimento ai rapporti con la debitrice principale ha sollevato le questioni di invalidità delle clausole negoziali sotto il profilo della differente contabilizzazione delle voci accessorie a credito e a debito e della indeterminatezza della clausola determinativa degli interessi secondo la misura "su piazza". Ha inoltre sottolineato la omessa dimostrazione degli effettivi importi dovuti, evidenziando la mancata produzione delle ricevute bancarie, non risultanti dai saldi del conto corrente, in violazione del contratto di apertura di credito sottoscritto il 18 giugno 2010, nonché la carente documentazione dell'andamento del conto corrente, risultando un saldo negativo già dal primo estratto conto. Infine, solo nella memoria depositata nel termine concesso ai sensi dell'art. 183, VI comma, n 2, c.p.c., ha genericamente rilevato come l'applicabilità delle voci di CMS e di interessi anatocistici, avrebbe comportato l'applicazione di interessi superiori ai cd tassi soglia determinati ai sensi della L. n. 108 del 1996 e s.m. Tra tali rilievi, l'unico aspetto dal quale potrebbe risaltare la pretestuosità evidente delle pretese correlate alla certezza del venir meno del debito garantito, si ricollega non tanto ai profili di invalidità, bensì alle questioni inerenti all'assenza di giustificazione causale dell'entità della pretesa, in ragione delle risultanze contabili, e quindi alla sussistenza stessa del debito. Del resto, si è ormai chiarito che la buona fede opera, nell'ambito dei rapporti obbligatori, su un piano di reciprocità, quale fonte integrativa degli effetti degli atti di privata autonomia, integrando ovvero restringendo gli obblighi letteralmente assunti dalle parti o derivanti da specifiche norme di legge (Cass. 24 febbraio 2004, n 3610; Cass. 10 ottobre 2003, n 15150; Cass. 5 maggio 1999, n 12310; Cass. 28 gennaio 1998, n. 831). Conclusivamente, alla luce delle argomentazioni svolte le ragioni di opposizione fondate sulla invalidità totale o parziale delle garanzie prestate devono ritenersi precluse, riconoscendosi la legittimazione a contestare l'ammontare del debito solo nei limiti precisati e previa verifica- nel contraddittorio - della effettiva giustificazione causale degli importi relativi alle Ri.Ba. e del saldo negativo di partenza del c/c. Pertanto, alla stregua delle superiori motivazioni e solo entro i limiti precisati, la causa essere rimessa sul ruolo, con separata ordinanza, per l'esaurimento della istruttoria. Infine, quanto alle spese di lite, la relativa statuizione va opportunamente riservata alla pronunzia definitiva. P.Q.M. Il Tribunale di PRATO, non definitivamente pronunciando sulla opposizione proposta da (...), avverso il decreto ingiuntivo n. 1275/2020 emesso dal Tribunale di Prato il 2.11.2020, (R.G. 2529/2020), notificato il 24 novembre successivo, nei confronti di (...) S.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., con atto di citazione notificato in data 23 dicembre 2020, ogni contraria istanza, eccezione e deduzione disattesa, così provvede: a) rigetta, le eccezioni sollevate in ordine alla legittimazione attiva e titolarità del credito, con riferimento al conto corrente n (...) (e quindi, quanto alle ricevute insolute, solo delle aperture di credito collegate a tale conto) nonché di nullità della fideiussione omnibus, secondo quanto precisato in parte motiva; b) dispone, con separata ordinanza, la rimessione della causa sul ruolo per completare la fase istruttoria sui punti evidenziati in motivazione e meglio esplicitati nella contestuale ordinanza. Così deciso in Prato il 3 gennaio 2023. Depositata in Cancelleria il 4 gennaio 2023.

  • IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE DI PRATO in persona del giudice istruttore, dott. Michele Sirgiovanni, in funzione di giudice unico, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile iscritta a ruolo in data 01 luglio 2020 con il n. 3406/2020 del ruolo Generale (riunita a quella iscritta al n. 3411/2020 RG), avente per oggetto: opposizione a decreto ingiuntivo, vertente tra: (...); E (...); Opponenti contro (...) S.p.A.; Opposta All'udienza del 19 maggio 2022 la causa è stata posta in decisione sulle seguenti conclusioni. Per l'opponente: "Voglia l'On.le le Tribunale adito, respinta ogni contraria istanza, eccezione e difesa, in accoglimento della presente opposizione, così statuire: - in tesi, accertare il difetto di legittimazione attiva di (...) e per l'effetto annullare e/o revocare il decreto ingiuntivo opposto e, accertare e dichiarare che nulla è dovuto dall'odierno opponente alla società opposta (...) per le causali di cui al decreto ingiuntivo de quo e, per l'effetto, respingere e/o rigettare le domande tutte così formulate nel relativo ricorso per ingiunzione; con vittoria di spese e competenze." Voglia l'Ecc.mo Tribunale di Prato, ogni istanza ed eccezione contraria disattesa e respinta, In via preliminare, respingere le domande svolte da (...) Spa poiché del tutto infondate sia in fatto che in diritto per le ragioni di cui in atti; In Tesi, in via principale: - accertare e dichiarare la carenza di legittimazione attiva di (...) Spa per le ragioni di cui in atti; per l'effetto, accogliere l'opposizione e revocato, dichiarato nullo e privo di qualsiasi effetto il decreto ingiuntivo n. 1139/2020. - RG n. 2514/2020 opposto, respingere la domanda perché infondata in fatto ed in diritto, per i motivi dedotti in atti; In tesi, ma in ipotesi subordinata: accertare e dichiarare la carenza del requisito della "certezza" dell'importo portato dal provvedimento monitorio opposto e per l'effetto, accogliere l'opposizione e revocare, dichiarare nullo e privo di qualsiasi effetto il decreto ingiuntivo n. 1139/2020 - RG n. 2514/2020 opposto per tutti i motivi di cui in atti; In subordine: - accogliere l'opposizione e revocare, dichiarare nullo e privo di qualsiasi effetto il decreto ingiuntivo n. 1139/2020 - RG n. 2514/2020 opposto per le ragioni di cui in atti; - accertare e dichiarare l'indeterminatezza del regime finanziario (capitalizzazione) e del piano di ammortamento dei contratti di finanziamento per cui è causa, accertare e dichiarare la nullità della clausola relativa agli interessi in ragione dell'indeterminatezza del tasso d'interesse adottato; - per l'effetto rideterminare i piani di ammortamento dei mutui depurati dalle illegittimità e secondo la legge, applicando il regime della capitalizzazione semplice, eliminando gli interessi ed i costi occulti non pattuiti e comunque illegittimi ed applicando i tassi d'interesse sostitutivi legali, ovvero eliminando tutti gli interessi in caso di accertato superamento del tasso soglia; - accertare e determinare l'ammontare del debito residuo della Sig.ra (...) nei confronti della Banca convenuta in virtù dei contratti di finanziamento de quibus nella minor somma che sarà ritenuta di giustizia all'esito della fase istruttoria, ferma restando la dilazione temporale indicata dai contratti e dai piani di ammortamento alle pattuite scadenze; Per l'opposta: "in via preliminare - dichiarare il difetto di legittimazione passiva di (...) S.p.A. in merito alle domande di condanna formulate da controparte per tutti motivi esposti in narrativa; - Concedere la provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo opposto ex art. 648 c.p.c.; nel merito: - in via principale, rigettare integralmente l'opposizione avversaria in quanto infondata in fatto e/o in diritto e comunque non provata e, per l'effetto, confermare in ogni parte il decreto ingiuntivo opposto; - in via subordinata, in denegata ipotesi di revoca del decreto ingiuntivo opposto, accertare l'obbligo pecuniario a carico dell'opponente nello stesso dedotto e qui reiterato e, per l'effetto, condannare lo stesso al pagamento in favore dell'esponente dell'importo di euro 15.089,05 salvo la diversa somma che risulterà accertata in corso di causa, oltre interessi legali dal 18/09/2013 al saldo;- nella denegata ipotesi in cui venisse dichiarata la nullità del contratto di finanziamento intercorso tra le parti, o delle clausole contrattuali inerenti l'applicazione di interessi usurari, condannare l'opponente al pagamento in favore di (...) S.p.A. dell'intero capitale finanziato oltre a tutte le voci non dichiarate nulle al netto degli eventuali acconti ricevuti oltre agli interessi legali da ogni singola scadenza al saldo, rivalutazione monetaria e oneri di legge se dovuti in ogni caso respingere ogni domanda anche riconvenzionale ex adverso proposta perché manifestamente inammissibile per difetto di legittimazione passiva della comparente o perché generica ed in ogni caso perché infondata in fatto e diritto oltre che non provata; - con vittoria di spese e compensi professionali, oltre rimborso forfettario e accessori di legge." SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con atto di citazione notificato in data 21 dicembre 2020, (...) proponeva opposizione avverso il decreto ingiuntivo, emesso in data 7.10.2020 2020 notificato il 14 novembre successivo, con il quale il Tribunale di Prato aveva ingiunto di pagare a (...) Spa, in solido con (...), la somma di euro 25.550,47, oltre interessi moratori e spese legali della procedura monitoria, a titolo di restituzione della somma versata a titolo di finanziamenti. A sostegno dell'opposizione evidenziava: - che il credito oggetto della pretesa trovava titolo in due contratti di finanziamento stipulati dalla (...) inizialmente con (...) Spa e, successivamente, oggetto di varie cessioni di credito, di cui l'ultima a favore di (...); - che in particolare dall'esposizione della stessa creditrice risultava che il contratto di finanziamento N. (...), stipulato dalla (...), le cui obbligazioni erano state garantite dall'odierno esponente, era stato oggetto di una serie di cessioni in blocco, la prima a favore della L spa e, successivamente, da questa nell'ambito di un'operazione di cartolarizzazione ai sensi della legge (...) n. 130, alla società veicolo (...), ed infine da questa ceduto alla Banca (...) con atto del 31.07.2015; - che tra i documenti allegati al ricorso monitorio, non vi era prova che tra i contratti ceduti vi era contratto N. (...), sottoscritto dal Sig. E quale garante, in quanto non era stato prodotto l'accordo quadro cha regolamentato detta cessione, in cui non vi era alcun riferimento al contratto; - che anche per la seconda cessione, da (...) a (...), era stato soltanto prodotto l'avviso di cessione pubblicato in Gazzetta ufficiale da parte del presunto cessionario; - che, con riferimento al contratto n. (...), difettavano le condizioni di legittimazione passiva in quanto non aveva assunto alcun impegno quale garante, come risultava dallo stesso documento n. 12 prodotto dall'opposta, in cui non vi era alcuna sottoscrizione quale garante. Tanto premesso chiedeva la revoca del decreto ingiuntivo e la condanna della controparte al pagamento delle spese e competenze di rito. Con atto di citazione notificato in data 17 dicembre 2020, proponeva opposizione avverso il medesimo decreto ingiuntivo n. (...) notificatole il 14 novembre 2020, contestando la titolarità in capo a (...) S.r.l. del credito, assumendo sul punto contestazioni analoghe a quelle articolate da (...). Soggiungeva, in ogni caso, la carenza del requisito della certezza del credito oggetto dell'ingiunzione, in quanto parte opposta non aveva fornito prove adeguate a sostegno della pretesa nel contratto non era stato determinato in modo sufficientemente determinato il regime di computo degli interessi, applicando in concreto un TAEG differente da quelli indicati in contratto, da ritenersi quindi affetto da invalidità in ordine a tali clausole, nonché superiore rispetto ai c.d. tassi soglia determinati ai sensi della legge 108/1996. Concludeva pertanto per la revoca del decreto ingiuntivo e la condanna della controparte al pagamento delle spese e competenze di rito ovvero, in subordine, accertare le somme dovute previa rideterminazione del credito applicando il tasso di interesse sostitutivo ovvero escludendo ogni interesse. Instaurato il contraddittorio, in entrambi i giudizi si costituiva in giudizio (...) Spa, assumendo di essere divenuta titolare dei crediti deteriorati di (...) Spa in forza del conferimento del ramo di azienda del 29 giugno 2018, n. (...) e, in via preliminare, eccepiva l'improcedibilità delle opposizioni per mancato esperimento della procedura di mediazione prevista dall'art. 5 del D.l.svo 28/2010 e s.m. Quanto ai motivi di opposizione contestava le eccezioni inerenti la legittimazione passiva ed attiva e le argomentazioni di merito sollevate da entrambi gli opponenti, evidenziava concludendo per il rigetto delle opposizioni proposte con il favore delle spese. Alle udienze rispettivamente dell'8 e del 15 aprile 2020 in entrambi i procedimenti veniva assegnato termine alle parti per attivare la procedura di mediazione di cui all'art. 5 Dlsg.vo 28/2010, riservando la decisione sulla provvisoria esecuzione. Disattese le istanze sulla provvisoria esecuzione, in esito alla produzione dei relativi verbali i distinti procedimenti erano riuniti ai sensi dell'art. 274 c.p.c., attesi gli evidenti motivi di connessione. Quindi si procedeva ad istruttoria soltanto con la produzione di documenti ed infine, all'udienza del 19 maggio 2022 la causa era posta in decisione sulle conclusioni in epigrafe trascritte, previa assegnazione alle parti dei termini di cui all'art. 190 c.p.c. MOTIVI DELLA DECISIONE Le opposizioni proposte sono fondate e devono essere accolte nei limiti delle motivazioni che seguono. In primo luogo va premesso che con l'opposizione a decreto ingiuntivo si instaura un ordinario ed autonomo giudizio di cognizione che, sovrapponendosi allo speciale e sommario procedimento d'ingiunzione, si svolge secondo le norme del rito ordinario, nel quale il creditore opposto è gravato dall'onere di provare i fatti costitutivi della domanda proposta e può produrre nuove prove ad integrazione di quelle già offerte nella fase monitoria, per cui il giudice non valuta soltanto la sussistenza delle condizioni e della prova documentale necessarie per l'emanazione dell'ingiunzione, ma la fondatezza della pretesa creditoria nel suo complesso (Cass. 12.3.2019, n. 7020; Cass., 8.2.92, n. 1410; Cass., 23.10.90, n. 10280; Cass., 28.11.89, n. 5185; Cass., 19.1.88, n. 361; Cass.,5.12.87, n. 9078). A seguito dell'attivazione delle procedure di mediazione nel termine assegnato dal G.I. alle udienze dell'8 e del 15 aprile 2020, deve ritenersi superata ogni questione relativa alla procedibilità della opposizione o della domanda monitoria. (...) Spa,, costituendosi in giudizio, assume di essere divenuta titolare dei crediti deteriorati di (...) Spa in forza del conferimento del ramo di azienda del 29 giugno 2018, (...), (Rep n. 15510), tale società è subentrata in tutti i rapporti giuridici facenti capo alle suddette banche con effetti dal 25/02/2019 e su tale punto giova a e il richiamo alla disciplina generale di cui all'art. 2558 c.c. che disciplina in generale l'ipotesi del trasferimento dell'azienda in universum ius, se non diversamente pattuito (Cass., 5.1.2022, n. 192; Cass., 11.4.2017, n. 9250). Diversamente, ad avviso del giudicante, merita accoglimento l'eccezione di difetto di legittimazione attiva in ordine ai finanziamenti allegati quali cause giustificative del ricorso monitorio e sollevata da entrambi gli opponenti. Per quanto si evince dagli atti, oggetto della cessione sarebbe costituito non dai contratti, ma esclusivamente dai crediti oggetto dei medesimi e che trovano originario titolo costitutivo nei contratti di finanziamento finalizzati all'acquisto di beni e contrassegnati, il primo dal (...) ed il secondo dal (...), conclusi da (...) con (...) Spa, rispettivamente in data 30 luglio 2007 e il successivo 3 novembre 2010, quest'ultimo con garanzia del coobbligato (...). Tale credito sarebbe poi stato ceduto, con atto di cessione ("contratto quadro") concluso per iscritto il 19 marzo 2014, da parte di (...) Spa a favore di (...) e, successivamente, il 14 giugno 2016, da quest'ultima società a favore di (...) Spa. A sostegno della titolarità del credito, in sede monitoria, la difesa di (...) Spa ha richiamato il contratto di cessione del 16 aprile 2013 da (...) Spa a (...) Spa, nonché gli ulteriori atti di cessione da quest'ultima società a (...) e da questa a (...) Spa il 31 luglio 2015, con il quale (...) si è resa cessionaria, a titolo oneroso e pro soluto, di portafogli di crediti nella titolarità di (...), identificabili in blocco tramite elenco allegato. Ebbene, a fronte delle contestazioni sollevate negli atti di opposizione da entrambi gli opponenti i documenti prodotti non possono essere considerati sufficienti. (...) a (...), risulta essere stata data comunicazione alla sola (...), con lettera raccomandata A/R del 29 luglio 2016, ricevuta il successivo 22 agosto. E tuttavia, occorre considerare il principio affermato dalla S.C. secondo cui: " l'art. 58 comma 2 TUB, se non impone che un contenuto informativo minimo, consente tuttavia che la comunicazione relativa alla cessione da pubblicare in Gazzetta contenga più diffuse e approfondite notizie. Con la conseguenza che - solo qualora il contenuto pubblicato nella Gazzetta indichi, senza lasciare incertezze od ombre di sorta, in relazione, prima di ogni altra cosa, al necessario rispetto del principio di determinatezza dell'oggetto e contenuto contrattuali ex art. 1346 cod. civ., sui crediti inclusi o esclusi dall'ambito della cessione - detto contenuto potrebbe anche risultare in concreto idoneo, secondo il prudente apprezzamento del giudice del merito, a mostrare la legittimazione attiva del soggetto che assume, quale cessionario, la titolarità di un credito (Sul punto, Cass, 28 febbraio 2020, n 5617). Poiché l'avviso pubblicato, nel caso in esame, non appare presentare tali caratteristiche di certezza e determinatezza, quanto all'oggetto della cessione appare indispensabile la produzione di copia del contratto di cessione con l'estratto da cui risultino le posizioni creditorie vantate dalla banca cedente nei confronti del debitore ceduto oppure la dichiarazione del creditore cedente che confermi che sia il contratto di cessione a (...), sia quelli successivi a (...) e, da ultimo, a (...) effettivamente comprendevano il credito azionato in sede monitoria. Nella prospettiva interpretativa richiamata, i contratti di cessione prodotti in giudizio non risultano sufficientemente determinato, a norma dell'art. 1346 c.c., poiché fanno tutti generico riferimento e ad un portafoglio di crediti nella titolarità delle società cedenti senza ulteriori specificazioni, richiamando elenchi allegati non prodotti. E tale indeterminatezza permane anche in esito alla produzione del documento allegato alla comparsa di costituzione ed indicato come (...), in cui è riportato il numero identificativo di uno dei due finanziamenti affiancato dal nominativo della (...) e dagli importi in ipotesi dovuti (...). Infatti si tratta di documento non sottoscritto e anch'esso del tutto privo di elementi per identificare il medesimo con l'allegato richiamato dal contratto traslativo e, quindi, inidoneo a ritenere l'oggetto della cessione determinabile "per relationem". A riguardo, occorre invero considerare che la prova circa l'effettiva cessione del credito è necessaria, sia per la verifica dell'effettiva e attuale titolarità del credito in capo a (...), sia per evitare che due soggetti distinti possano agire, in tempi diversi, per il medesimo credito nei confronti di un identico creditore. Tanto che, come di recente precisato dalla Cassazione: "La parte che agisca affermandosi successore a titolo particolare del creditore originario, in virtù di un'operazione di cessione in blocco secondo la speciale disciplina di cui all'art. 58 del D.Lgs. n. 385 del 1993, ha anche l'onere di dimostrare l'inclusione del credito medesimo in detta operazione, in tal modo fornendo la prova documentale della propria legittimazione sostanziale, salvo che il resistente non l'abbia esplicitamente o implicitamente riconosciuta" (Cass., 5 novembre 2020, n. 24798). Nella fattispecie in esame, come si è precisato, l'opponente ha fondato la propria opposizione, in primo luogo, proprio lamentando il difetto di dimostrazione delle condizioni di legittimazione della società opposta, incentrando le proprie doglianze sulla mancata conoscenza di una valida cessione del credito originario, ed è certamente da escludere che vi sia stato esplicito o implicito riconoscimento della legittimazione sostanziale di NPL. In presenza di tali contestazioni, la società creditrice aveva l'onere di dimostrare l'esistenza di valide cessioni del credito originario, con la conseguenza che - in assenza di convincenti riscontri istruttori - le eccezioni sollevate nelle opposizioni sulla titolarità dei crediti devono trovare accoglimento, con la revoca del decreto ingiuntivo opposto. Quanto alle spese, infine, le stesse vanno poste a carico della società opposta, come liquidate in dispositivo, in linea con i criteri di cui al DM 55/2014, tenendo conto del valore della controversia e dell'attività complessivamente svolta (con fase studio e istruttoria ridotta e tenendo conto della identità delle questioni poste da entrambi gli opponenti, ex art. 4 Dm 55/2014), ai sensi degli artt. 91 e ss cpc. P.Q.M. Il Tribunale di Prato, definitivamente pronunciando sulle opposizioni spiegate da (...), con distinti atti di citazione notificati in data 17 e 21 dicembre 2020, avverso il medesimo decreto ingiuntivo n 1139/2020, emesso dal Tribunale di Prato il 7.10.2020, nei confronti di (...) Spa, in persona del legale rappresentante pt., ogni diversa istanza, eccezione e deduzione disattesa, così provvede: a) revoca il decreto ingiuntivo opposto; b) condanna la società opposta al pagamento, in favore degli opponenti, delle spese processuali, liquidate per ciascuno in complessivi euro 1916,60 per compenso professionale e spese vive, oltre spese generali, Iva e CPA nella misura di legge ed esborsi per CU e notifica. Così deciso in Prato il 30 dicembre 2022. Depositata in Cancelleria il 31 dicembre 2022.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE DI PRATO in persona del giudice istruttore, dott. Michele Sirgiovanni, in funzione di giudice unico, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa iscritta a ruolo il 9 marzo 2021 e segnata al n. 665/2021 del Ruolo Generale, promossa da: (...), in proprio, nato a F. il (...) e residente in (...) (P.), Via di (...) n. 1 rappresentato e difeso dall' Avv. Ma.DI. del Foro di Prato ed elettivamente domiciliato presso il suo studio in Prato, Via (...), come da procura in calce all'atto di citazione; Fax: (...) Pec: [email protected] Attore Contro (...), nato a F. il (...), residente a (...) in Via (...) J. n. 4, c.f. (...), rappresentato e difeso dall'Avv. St.LE. del Foro di Prato ed elettivamente domiciliato presso il suo studio in Prato Via , giusta procura allegata alla comparsa di risposta: Fax (...) Pec: (...) ASSOCIAZIONE (...), in persona del legale rappresentante pro tempore dott. (...), rappresentata e difesa dall'Avv. Ma.NA. ed elettivamente domiciliata nel suo studio in Prato, Viale (...), come da procura alle liti allegata alla comparsa di risposta; Pec: (...) E (...) SOCIETÀ COOPERATIVA, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avv. Al.ME., e dall'Avv. Ma.FA., entrambi del Foro di Pistoia, unitamente ed anche disgiuntamente tra loro come da procura alle liti allegata alla comparsa di risposta Fax: (...) Pec: (...) Pec: (...) Convenuti (...), in persona dell'amministratore unico (...) rappresentata e difesa dall'Avv. Ma.Di. del Foro di Prato (C.F. (...) ) ed elettivamente domiciliata presso il suo studio in Prato, Via (...), come da procura allegata alla comparsa di intervento; Fax: (...) Pec: (...) Terza intervenuta avente ad oggetto: responsabilità precontrattuale e risarcimento danni. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con atto di citazione rispettivamente notificato in data 8, 12 marzo e 10 maggio 2021, (...) esponeva: - che nell'anno 2013, in qualità di legale rappresentante p.t., si era rivolto all'Associazione (...) al fine di predisporre un progetto imprenditoriale che , con l'ausilio del suddetto Fondo, gli avrebbe permesso di accedere al micro-credito con istituto di credito con esso convenzionato, nello specifico (...); - che, a seguito dell'assistenza ricevuta dal (...), così come risultante dal "modulo di presentazione del progetto imprenditoriale", veniva redatto un business plan che prevedeva la richiesta di finanziamento di Euro 20.000,00 ad un istituto di credito; - che la (...) aveva deliberato a favore della società (...) srls tale somma, previo rilascio di fideiussione personale specifica da parte di (...), in qualità di legale rappresentante; - che, al momento della sottoscrizione del contratto di mutuo chirografario, aveva constatato che la somma erogata alla società con quel contratto di mutuo era di Euro 10.000,00, anziché Euro 20.000,00, anziché come richiesto e già deliberato; - di avere richiesto spiegazioni alla Banca che lo aveva rassicurato dichiarando che Euro 10.000,00 costituivano solo la prima trance del prestito e che gli ulteriori importi sarebbero stati erogati in una seconda trance e tale circostanza era stata confermata anche da (...), quale referente del Fondo (...) e persona di riferimento per l'adesione al progetto; - che il (...) , consapevole che la prima tranche non era da sola sufficiente a realizzare il progetto imprenditoriale, a fronte delle rassicurazioni ottenute in ordine alla successiva erogazione, aveva sottoscritto i contratti di finanziamento e di fideiussione personale a garanzia di Euro 10.000,00; - che aveva quindi iniziato la propria attività imprenditoriale da cui erano scaturiti i primi guadagni, seppure in maniera ridotta considerato il ridotto capitale ottenuto; - che la (...) Srl aveva provveduto con regolarità a saldare le rate del mutuo acceso, così come risultava dagli estratti di conto corrente, dai quali si evinceva che la somma era stata esclusivamente impiegata per le spese inerenti all'attività di impresa; - di qualche mese dopo la prima erogazione aveva richiesto notizie - tramite il (...) - in merito alla "seconda" erogazione, per cui la aveva ottenuto le assicurazioni, ottenendo comunicazione che tale ulteriore erogazione non sarebbe stata eseguita in quanto erano scaduti i termini; - che la (...) , nonostante i primi guadagni, aveva diminuito bruscamente la sua attività fino a cessarla completamente, non avendo la disponibilità finanziaria necessaria; - che il (...) era consapevole del funzionamento delle modalità del finanziamento della somma di Euro 20.000,00, atteso il contenuto della lettera del 10.12.2013 inviata dalla Banca alla Fondazione (...), sezione di Prato c/o Studio Dott. (...), secondo cui: "in data 27.11.2013 è stato stipulato un finanziamento chirografario al nominativo in oggetto per Euro 20.000,00 rimborsabile in 120 rate mensili ed erogazione a (...), con la prima d'importo pari ad Euro 10.000,00 e con rilascio di fideiussione da parte del sig. (...) d'importo pari ad Euro 10.000,00 ciascuno"; - che di tale comunicazione era venuto a conoscenza solo il 9 giugno 2018, a seguito delle richieste inoltrate dal proprio legale; - che in realtà il contenuto della lettera non era conforme a quanto accaduto, in quanto non era mai stato stipulato un contratto di finanziamento tra (...) e la (...) e non corrispondente al contenuto del piano di ammortamento; - che, inoltre, con riferimento all'erogazione a (...), la Banca non aveva mai comunicato tale modalità di erogazione né al (...), né tanto meno alla (...) e nemmeno mai eseguito alcun sopralluogo o preso contatti con il (...) al fine di verificare lo stato di avanzamento della sua attività a seguito dell'erogazione del mutuo; - che per effetto di tali vicende il (...) era disoccupato, affetto da depressione - e privo di redditi, impossibilitato ad iniziare una qualunque attività imprenditoriale a causa del debito rimasto con la (...) e delle relative segnalazioni in Centrale rischi, le quali non gli consentivano di ottenere alcun prestito o finanziamento; - che dalla ricostruzione delle vicende emergeva un comportamento negligente e contrario a buona fede tenuto da (...), il quale, pur essendo a conoscenza delle particolari modalità di erogazione delle due tranches da Euro 10.000,00 ciascuna, aveva omesso di comunicarle all'attore; - che, del pari, dai fatti emergeva anche la responsabilità della (...) la quale, con la sua condotta negligente, aveva omesso di comunicare al (...) ed alla (...) Srls le modalità di erogazione della somma richiesta e deliberata; - che con riferimento alla condotta della Banca era ravvisabile una responsabilità precontrattuale ai sensi dell'art. 1337 c.c., avendo ingenerato nel (...) un'aspettativa ed un legittimo affidamento sull'erogazione dell'ulteriore trance da Euro 10.000,00, determinando un danno costituito dal danno emergente, per i debiti contratti per porre in essere l'attività imprenditoriale secondo il business plan da Euro 20.000,00, e del lucro cessante, quale mancato guadagno a seguito della mancata erogazione della seconda tranche che ha impedito lo sviluppo dei rapporti commerciali, iniziati e bruscamente interrotti; - che per una quantificazione dei danni subiti dalla (...) e dal sig. (...), sarebbe stato sufficiente prendere visione della lettera di incarico con cui veniva commissionata alla (...) l'attività di "consulenza per ricerca di materiale plastico" da parte della società F. srls nella quale si stabiliva un compenso mensile di Euro 5.000,00 per il periodo di un anno . attività non espletata a causa della mancanza del finanziamento necessario originariamente preventivato. Tanto premesso conveniva (...), l' Associazione (...) e (...) Società Cooperativa, in persona del legale rappresentante pro tempore, innanzi a questo Tribunale per sentirli condannare al risarcimento dei danni quantificati in complessivi Euro 20.000,00 o di quella minore o maggiore somma che sarà determinata in corso di causa, per danno emergente e lucro cessante , in aggiunta al profondo danno morale e psichico subito, con il favore delle spese di lite. Instauratosi il contraddittorio, (...) si costituiva e contestava i presupposti di fatto e di diritto della domanda introdotta nel giudizio, e concludeva per il suo integrale rigetto, con la condanna al risarcimento per responsabilità aggravata ai sensi dell'art. 96 c.p.c.. In particolare, precisava: - che il (...) era, in sostanza, un network di enti e organizzazioni, promosso nel 2011 da Fondazione (...), (...) e (...), al quale avevano successivamente aderito: Camera di Commercio, la Provincia, l'Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili, l'Ordine dei Consulenti del Lavoro, l'Ordine degli Avvocati, l'Ordine degli Architetti, il Collegio dei Geometri, CNA e Confcooperative: - che il progetto era nato al fine di supportare lo sviluppo della micro impresa, con particolare attenzione ai soggetti più deboli, per coadiuvare l'accesso al microcredito, offrendo servizi di informazione, orientamento, consulenza, tutoraggio e monitoraggio a titolo gratuito; - che nel 2013 era nata l'Associazione (...) al fine di promuovere il progetto, farlo conoscere, coinvolgere la cittadinanza, mettendo a disposizione un proprio consulente, (...), con l'incarico di coordinare i rapporti del richiedente con i diversi attori partecipanti al Fondo, fare raccolta fondi e sostenere i costi operativi; - che nel caso di specie, l'attore era affiancato dal proprio consulente, (...), che aveva redatto la proposta, poi trasmessa alla banca di riferimento; - che le condizioni, le modalità, i termini, i tempi di rimborso , tassi applicati, le garanzie venivano concordati e stabiliti direttamente tra banca ed interessato; - che, pertanto, difettavano le condizioni di legittimazione passiva del convenuto, che non aveva avuto alcuna relazione diretta con l'attore, nonché di legittimazione attiva dell'attore, che aveva avanzato pretese nell'interesse di (...), estranea a giudizio. Si costituiva in giudizio (...) Società Cooperativa la quale preliminarmente eccepiva il difetto di legittimazione dell'attore a pretendere i danni per soggetto distinto quale la S.r.l.s. (...) e la prescrizione delle pretese avanzate. In via subordinata, eccepiva il difetto di ordinaria diligenza in capo all'attore ai sensi dell'ar 1227 , comma 2, c.c. ovvero, il concorso del fatto colposo , ai sensi dell'art. 1227, comma 1, c.c.. Nel merito precisava: - che il mutuo stipulato il 27 novembre 2013 per l'importo erogato di Euro 10.000,00, era rimasto inadempiuto dalla rata scadente il 27 marzo 2016, secondo il piano di ammortamento aggiornato; - che la domanda di adesione richiamata dall'attore prevedeva quale richiedente non la società a responsabilità limitata ma una ditta individuale, era rivolto al Comitato di Indirizzo Fondo (...) e non conteneva un progetto dettagliato né un business plan; - che anche la descrizione del progetto da finanziare era carente e la Banca era comunque libera di valutare il merito creditizio ed ogni altro elemento o circostanza, così che a fronte della richiesta aveva ritenuto di concedere l'importo di Euro 10.000,00, riservando l'eventuale erogazione di ulteriori importi ad una successiva e positiva valutazione dell'andamento del progetto; - che non era stata fornita alcuna rassicurazione in merito ad eventuali ulteriori erogazioni, che avrebbero in ogni caso imposto rilascio di ulteriore garanzia fideiussoria, mai rilasciata, né richiesta; - che il contenuto del contratto di mutuo e della fideiussione attestavano la reale volontà delle parti, mentre il riferimento di cui alla lettera del 10.12.2013 e frutto di errore reso evidente e riconoscibile dall'allegato piano di ammortamento; - che non vi era stata alcuna segnalazione dell'attore, il quale non aveva subito alcun danno anche morale dalla vicenda. Su tali rilievi, concludeva per l'integrale rigetto delle domande e per l'accoglimento delle eccezioni sollevate, con il favore delle spese processuali. Si costituiva, infine, anche l'Associazione (...) la quale eccepiva la nullità dell'atto di citazione per inosservanza del termine a comparire, attesa la notifica perfezionatasi in data 10 maggio 2021. Eccepiva, ancora, il difetto di legittimazione passiva evidenziando che la propria attività si era limitata a mettere in contatto l'attore con un professionista, (...), al fine di supportare l'attore nella predisposizione di un "business plan" credibile da sottoporre alla (...), allo scopo di realizzare un progetto imprenditoriale, attività peraltro prestata a titolo gratuito. Assumeva l'insussistenza di qualsivoglia forma di responsabilità a carico dell'Associazione, che aveva pienamente assolto alla propria funzione, tentando di far interagire il (...) con soggetti che potessero essere di ausilio nel proprio progetto imprenditoriale, mentre le informazioni delle modalità di erogazione del finanziamento e le susseguenti determinazioni della Banca in ordine alla concessione o meno del medesimo, esulavano dalla sfera di responsabilità della Associazione e concludeva per il difetto di legittimazione passiva dell'Associazione (...) e, comunque, per il rigetto di ogni domanda, con il favore delle spese e con condanna dell'attore per lite temeraria, ai sensi dell'art. 96 c.p.c.. A seguito della prima udienza di comparizione, con concessione dei termini di cui all'art. 183, VI comma, c.p.c., si costituiva in giudizio (...) spiegando intervento volontario ai sensi dell'art. 105 c.p.c. per sentire accertare la responsabilità pre-contrattuale e responsabilità aquiliana della (...) cooperativo e la responsabilità da contatto sociale dell' Associazione (...) e del il sig. (...) e la condanna dei convenuti nei propri confronti, con il favore delle spese di lite. Quindi la causa era istruita con la produzione di documenti e trattenuta in decisione, sulle conclusione in epigrafe trascritte, all'udienza del 12 aprile 2022, previa concessione alle parti dei termini di cui all'art. 190 c.p.c.. MOTIVI DELLA DECISIONE 1. ECCEZIONI PROCESSUALI In primo luogo, deve essere disattesa la eccezione di nullità dell'atto di citazione per il mancato rispetto dei termini minimi di comparizione prescritti dall'art. 163 bis c.p.c. Ai sensi dell'art. 164, I comma, c.p.c. la citazione è nulla se è stato assegnato un termine a comparire inferiore a quello previsto dalla legge e, in forza del successivo III comma, la costituzione del convenuto sana i vizi della citazione e restano salvi gli effetti sostanziali e processuali di cui al II comma, tuttavia, se il convenuto deduce l'inosservanza dei termini, il giudice fissa una nuova udienza nel rispetto dei termini. Nel caso di specie, dagli atti prodotti risulta che l'attore nell'atto di citazione ha indicato il 15 luglio 2021 quale udienza di comparizione e che la notifica nei confronti dell'Associazione si è perfezionata solo il 10 maggio 2021, così che a ragione parte convenuta ha rilevato il mancato rispetto dei termini e chiesto fissarsi nuova udienza. All'udienza successiva, tuttavia, non ha esercitato alcuna attività nel rispetto dei termini, prestando sostanzialmente acquiescenza al termine concesso ai sensi dell'art. 183, VI comma, c.p.c., depositando la relativa memoria ed opponendosi alle istanze istruttorie. Conseguentemente, anche in ragione del tenore della pronuncia, deve oramai ritenersi definitivamente sanato il motivo di nullità non risultando alcuna preclusione rispetto allo svolgimento dell'attività difensiva svolta. Ciò precisato, le domande introdotte nel presente giudizio sono infondate e devono essere integralmente disattese per le seguenti motivazioni. 2. LE DOMANDE DI (...). (...) Invero, quanto alla posizione di (...), nella determinazione del thema decidendum va rilevato che nell'atto introduttivo l'attore ha precisato di agire in proprio, e quindi in qualità di persona fisica formulando pluralità di domande aventi ad oggetto la responsabilità precontrattuale per le condotte omissive e commissive poste in essere nei convenuti, in occasione dell'erogazione del finanziamento nell'ambito di una iniziativa volta a favorire l'accesso al microcredito da parte di soggetti più deboli. In tale contesto si censura la negligenza e contrarietà a buona fede dell'attività di consulenza ed assistenza prestata nella fase propedeutica alla conclusione del mutuo chirografario concluso in con la Banca .. nonché nella comunicativa ed informativa anche nella fase successiva, che avrebbe determinato il danno conseguente alla mancata erogazione di ulteriori importi necessari a dare seguito al progetto di impresa. Ora, nel qualificare la domanda, giova precisare che la regola posta dall'art. 1337 cod. civ. non si riferisce alla sola ipotesi della rottura ingiustificata delle trattative ma ha valore di clausola generale, il cui contenuto non può essere predeterminato in modo preciso ed implica il dovere di trattare in modo leale, astenendosi da comportamenti maliziosi o reticenti, nonché un dovere di completezza informativa, fornendo alla controparte ogni dato rilevante, conosciuto o conoscibile con l'ordinaria diligenza, ai fini della stipulazione del contratto. Ne consegue che la violazione dell'obbligo di comportarsi secondo buona fede nello svolgimento delle trattative e nella formazione del contratto assume rilievo non solo in caso di rottura ingiustificata delle trattative e, quindi, di mancata conclusione del contratto o di conclusione di un contratto invalido o inefficace, ma anche nel caso in cui il contratto concluso sia valido e, tuttavia, risulti pregiudizievole per la parte vittima dell'altrui comportamento scorretto. (Cass., 26.4.2012, n 6526; Cass. 8.10.2008, n 24795). Nel solco di tali principi, qualora il danno derivi dalla conclusione di un contratto valido ed efficace ma sconveniente, il risarcimento deve essere ragguagliato al minore vantaggio o al maggiore aggravio economico determinato dal contegno sleale di una delle parti, restando irrilevante che la violazione del dovere di buona fede sia intervenuto cronologicamente a valle e non a monte della conclusione del contratto, salvo la prova di ulteriori danni che risultino collegati a tale comportamento da un rapporto rigorosamente consequenziale e diretto (Cass., 14.2.2022, n 4715 v. anche 10.1.2013, n 477). Nel ricostruire la vicenda in esame, tuttavia, non può omettersi di considerare che l'atto introduttivo del giudizio non indica, neanche implicitamente, l'attore come titolare dei diritti di cui si chiede l'affermazione, in quanto egli ha allegato di avere instaurato le trattative e i rapporti contrattuali relativi all'erogazione del finanziamento sempre in qualità di rappresentante legale della (...) S.r.l. Invero, è in tale veste che avrebbe mantenuto i primi contatti con il consulente e predisposto la richiesta di finanziamento, ottenendo - a suo dire- rassicurazioni sull'entità complessiva. Ora, ai sensi dell'art. 81 c.p.c., "fuori dei casi espressamente previsti dalla legge, nessuno può far valere nel processo in nome proprio un diritto altrui", così che la legittimazione attiva spetta a chiunque faccia valere nel processo un diritto assumendo di esserne titolare, mentre la legittimazione ad agire mancherà tutte le volte in cui dalla stessa prospettazione della domanda emerga che il diritto vantato in giudizio non appartiene all'attore(Cass., 1.9.2021, n 23721; Cass., 12.2.2021, n 3765; Cass., sez un. 16.2.2016, n 2951). A riguardo, non può che essere richiamato il principio generale richiamato dalla S.U. con sentenza del 16 febbraio 2016, n 2951, secondo cui l'interesse ad agire, come la legittimazione ad agire attiene al diritto di azione, che spetta a chiunque faccia valere in giudizio assumendo di esserne titolare e la sua carenza può essere eccepita in ogni stato e grado del giudizio e può essere rilevata d'ufficio dal giudice ( Cass., 27.3.2017, n 7776; Cass., 12.8.2016, n 17092). Diversamente, la titolarità della posizione soggettiva attiva o passiva, dedotta in giudizio è elemento costitutivo della domanda ed attiene al merito della decisione, così che spetta all'attore allegarla e provarla, salvo il riconoscimento e lo svolgimento di difese incompatibili con la negazione da parte del convenuto. 0ggetto di analisi, ai fini di valutare la sussistenza della legittimazione ad agire, è la domanda, nella quale l'attore deve affermare di essere titolare del diritto dedotto in giudizio e, nel caso in cui l'atto introduttivo del giudizio non indichi, quanto meno implicitamente, l'attore come titolare del diritto di cui si chiede l'affermazione e il convenuto come titolare della relativa posizione passiva, l'azione sarà inammissibile (Cass. 22 luglio 2022, n 22972; Sez. 2, n. 27528, :30/12/2016, Rv. 642183). Sulla scorta di tali principi, non possono che essere accolte le eccezioni sollevate da tutti i convenuti in ordine alla legittimazione attiva di (...) in proprio, non risultando egli - in base alla stessa prospettazione attorea - il titolare della pretesa oggetto del giudizio sulla quale, le richieste risarcitorie, risultano essere state fondate. 3. L'INTERVENTO DI (...) S.r.l.S. Nel corso del giudizio, la (...), ha spiegato intervento con comparsa depositata in data 8 settembre 2021, dopo l'udienza di prima comparizione. Ora, non v'è dubbio che le domande formulate - pur di identico contenuto-sono differenti e nuove rispetto a quelle introdotte con l'atto di citazione, in quanto riconducibili alla sfera di differente soggetto giuridico e in rapporto di alternatività. L'intervento spiegato non può quindi essere qualificato come adesivo o dipendente, ma costituisce intervento autonomo, ai sensi dell'art. 105, I comma, c.p.c. per cui trovano applicazione i limiti e preclusioni di cui all'art. 268 c.p.c. Tale norma, invero, consente al terzo di intervenire sino a che non vengano precisate le conclusioni, ma preclude al terzo il compimento di atti che non sono più consentiti ad alcuna altra parte ( salva ipotesi di litisconsorte necessario, così che il terzo interventore potrebbe spiegare autonome domande solo entro il termine di costituzione del convenuto, e proporre le proprie istanze istruttorie entro i limiti temporali previsti dall'art. 183 c.p.c.. Nel caso di specie l'intervento di (...) S.r.l.s. è avvenuto dopo il termine di costituzione del convenuto, quando oramai era preclusa la possibilità di introdurre domande nuove nel giudizio, con la conseguenza che le domande nuove introdotte dovrebbero ritenersi non ammissibili. E tuttavia, tale conclusione non appare conforme all'orientamento consolidato della S.C. ( Cass., 2.3.2018, n 4934; Cass., 22.12.2015, n 25978) in forza del quale la formulazione della domanda costituisce l'essenza stessa dell'intervento principale e litisconsortile, sicché la preclusione sancita dall'art. 268 c.p.c. non si estende all'attività assertiva del volontario interveniente, nei cui confronti non opera il divieto di proporre domande nuove ed autonome in seno al procedimento "fino all'udienza di precisazione delle conclusioni", configurandosi solo l'obbligo, per l'interventore stesso ed avuto riguardo al momento della sua costituzione, di accettare lo stato del processo in relazione alle preclusioni istruttorie già verificatesi per le parti originarie. Pur accedendo a tale approdo ermeneutico, nella presente fattispecie le domande introdotte da (...) S.r.l. s. non potrebbero in ogni caso ritenersi meritevoli di accoglimento. Invero, in presenza di contestazioni da parte di tutti i convenuti, tale società non ha fornito alcun elemento di prova in ordine ad attività non conformi al parametro della buona fede, sia nella fase di consulenza e la predisposizione del progetto oggetto di finanziamento, sia nella fase successiva alla conclusione del primo contratto di mutuo. In particolare, dalla documentazione acquisita non è emerso nessun comportamento che avrebbe giustificato un ragionevole affidamento in ordine alla erogazione di importi ulteriori rispetto a quanto concordato con la conclusione del primo contratto di mutuo, quale condizione negoziale essenziale. (...), per conto dell'Associazione (...), ha contestato di avere offerto indicazioni e assicurazioni in tal senso al legale rappresentante della (...) nella fase di assistenza e consulenza prestata nella predisposizione del progetto da finanziare, né che l'importo minimo di Euro 20.000,00 rappresentava condizione essenziale per la sua attuazione. Dall'analisi di tale progetto richiamato, in effetti, si evince che la richiesta di finanziamento era stata predisposta per Euro 20.000,00, ma non risulta che tale complessivo importo fosse stato determinato dall'esito di trattative con la banca, né che in qualche modo rappresentasse un dato essenziale per (...) per pervenire alla conclusione del contratto di mutuo. Il regolamento contrattuale, poi, in alcun modo richiama un differente ulteriore importo: oggetto di mutuo era la somma di Euro 10.000,00 (limite peraltro della garanzia fideiussoria) e le parti non fanno riferimento o collegamento ad ulteriori erogazioni, le quali, pertanto, non possono che scaturire da autonome negoziazioni ed essere rimesse ad una successiva fase di trattative e ad una nuova ed autonoma manifestazione di volontà di entrambe parti. Dai dati documentali acquisiti non è quindi emerso in alcun modo che nella fase di trattativa le parti avessero concordato condizioni differenti rispetto al contenuto del contratto di mutuo, né che tali condizioni siano state modificate arbitrariamente o senza preavviso dalla banca, in violazione del legittimo affidamento del cliente. A tale conclusione non può poi pervenirsi solo sulla base della lettera datata 10.12.2013, in quanto tale lettera è certamente posteriore rispetto al contratto del 27.11.2013, non è indirizzata al cliente e presenta - oltre tutto- alcune inesattezze anche con riferimento ad ipotetici SAL. Invero, le difformità di tale missiva rispetto all'effettivo contenuto del contratto di mutuo - che all'epoca era oramai stipulato- non consentono di desumere in modo sufficientemente univoco che con la Banca mutuante vi fossero accordi, precedenti o contestuali alla sottoscrizione del contratto, per ottenere maggiori erogazioni per finanziare il progetto. Inoltre, poiché dai documenti prodotti non risulta alcun impegno a carico della banca di pervenire ad una ulteriore e successiva erogazione di finanziamenti, non trova riscontro neanche quanto allegato in ordine ad una carenza di informazioni circa il mancato rispetto dei termini per inoltrare ulteriori richieste o fornire documenti. Prive di significatività probatoria a sostegno di tale ipotesi, sono i capitoli oggetto di interrogatorio formale deferito a (...) con la memoria depositata il 14.10.2021, poiché non sono indicate in modo dettagliato le circostanze di tempo e di luogo in cui sarebbero state rese le assicurazioni al richiedente. Si tratta, peraltro, di allegazioni che fanno ulteriormente insorgere un preciso onere probatorio di dimostrare sia l'effettivo pregiudizio subito quanto la sussistenza del nesso di causalità rispetto alle lamentate violazioni agli obblighi (Cass., 14.2.2022, n 4715; Cass. 17.11.2020, 26042). E, nel caso in esame, la società intervenuta non soltanto non ha offerto adeguata dimostrazione della antigiuridicità delle condotte della banca e degli altri soggetti che hanno coadiuvato e prestato assistenza nella fase di trattative in violazione del fondamentale canone della buona fede, ma anche della correlazione causale tra l' erogazione di un ridotto finanziamento e la mancata realizzazione della iniziativa imprenditoriale. Sulla base del compendio probatorio acquisito, in definitiva, le domande di accertamento della responsabilità precontrattuale e di risarcimento del danno proposte dalla società intervenuta non possono che essere integralmente respinte e tali argomentazioni presentano carattere assorbente rispetto alla eccezione di prescrizione, pure tempestivamente sollevata. 4. RESPONSABILITA' E SPESE PROCESSUALI. Al contempo, non può essere accolta la richiesta di condanna dell'attore e della società intervenuta al risarcimento dei danni per responsabilità processuale aggravata. Tale affermazione di responsabilità, che è prevista a carico della parte soccombente dal primo comma dell'art. 96 c.p.c., postula, oltre al carattere totale e non parziale di tale soccombenza (Cass., 15.7.91, n. 7815) ed alla sussistenza di una colpa grave (Cass., 21798/2015; Cass., 17.10.89, n. 4164; Cass., sez. un., 30.9.89, n. 3948, in Giust. civ. 1989, I, 2535), che l'avversario deduca e dimostri la concreta ed effettiva esistenza di un danno in conseguenza del comportamento processuale della parte medesima, con la conseguenza che il giudice non può liquidare il danno, neppure equitativamente, se dagli atti non risultino elementi atti ad identificarne concretamente l'esistenza (Cass., 2.6.92, n. 6637; Cass., 9.2.91, n. 1341; Cass., 23.5.90, n. 4651; Cass., 2.6.84, n. 334). Tale esigenza probatoria non può venir meno neppure in considerazione della qualità delle parti perché la sussistenza del danno deve essere espressione di un giudizio concreto e non astratto, mentre nel caso di specie nessuno dei convenuti ha dimostrato l'esistenza di un danno patrimoniale concretamente subito né si ravvisano le condizioni per fare applicazione discrezionale dell'art. 96, comma 3, c.p.c.. Infine, le spese processuali, ai sensi dell'art. 91 c.p.c. seguono la soccombenza e sono quindi poste a carico dell'attore e della società intervenuta in solido, così come liquidate in dispositivo, in base ai parametri di cui al D.M. n. 55 del 2014, tenuto conto dell'attività svolta e del valore della controversia nonché della natura della decisione P.Q.M. Il Tribunale, sulle antescritte conclusioni dei procuratori delle parti, definitivamente pronunciando sulle domande proposte da (...), con atto di citazione notificato in data 8, 12 marzo e 10 maggio 2021, nei confronti di (...), della Associazione (...) e della (...) Società Cooperativa, , in persona dei rispettivi rappresentanti pro tempore, nonché sulle domande proposte nei confronti dei medesimi convenuti da (...) SRLS, in persona dell'amministratore unico, con intervento depositato il 9 settembre 2021, ogni contraria istanza, eccezione e deduzione disattesa, così provvede: a) dichiara il difetto di legittimazione attiva di (...) in ordine alle domande proposte; b) rigetta le domande di (...) SRLS ; c) condanna l'attore e la società intervenuta, in solido, al pagamento delle spese processuali liquidate in Euro 2270,00 per ognuno dei convenuti, oltre spese generali, Iva e CPA nella misura di legge. Così deciso in Prato l'1 novembre 2022. Depositata in Cancelleria il 2 novembre 2022.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE DI PRATO in persona del giudice istruttore, dott. Michele Sirgiovanni, in funzione di giudice unico, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile iscritta a ruolo in data 7 settembre 2017 con il n. 2749/2017 del ruolo Generale, avente per oggetto: accertamento credito, nullità e restituzione somme, vertente tra (...) S.N.C., in persona del suo legale rappresentante, rappresentata e difesa dall'Avv. Ma.CA. ed elettivamente domiciliata presso il suo studio, giusta procura a margine del ricorso. Fax (...) Pec: (...) Attrice Contro (...) S.p.A., in persona del procuratore e rappresentante, Convenuta contumace avente ad oggetto: accertamento credito ; nullità parziale contrattuale e condanna alla restituzione di somme. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con atto di citazione notificato in data 31 luglio 2017 la (...) S.n.c., esponeva: - di intrattenere con (...) Spa il rapporto di conto corrente n (...) ( già n (...)), ancora in corso; di avere richiesto copia della documentazione inerente al conto corrente con lettera raccomandata del 7.7.2016, al fine di verificare la corretta applicazione dei parametri fissati dalla legge; - che, nonostante la richiesta, l'istituto di credito non aveva provveduto ad inviare i documenti richiesti; - di avere provveduto a far redigere una rielaborazione del conto corrente tramite un tecnico di fiducia e dall'attività svolta erano emerse rilevanti e numerose irregolarità, con applicazione di interessi superiori al tasso soglia ed anatocistici e ciò in assenza di regolamentazione scritta; - che era stata anche indebitamente applicata la CMS , in difetto dei presupposti, e comunque computandola trimestralmente e capitalizzandola. Sulla scorta di tali presupposti conveniva innanzi al Tribunale di Prato, il (...) S.p.A. per sentire accertare e dichiarare l'inesistenza e/o l'invalidità e la nullità del contratti di conto corrente e, per l'effetto, previa ricostruzione secondo legge del reale saldo di dare/avere tra le parti, ottenere la condanna della convenuta Banca alla restituzione, in suo favore, delle somme dalla medesima indebitamente percepite. Nella contumacia di (...) Spa, la causa, istruita con la produzione di documenti e con espletamento di CTU, era trattenuta in decisione all'udienza del 17 marzo 2022 sulle conclusioni in epigrafe trascritte, previa concessione dei termini di cui all'art. 190 c.p.c.. MOTIVI DELLA DECISIONE 1. DETERMINAZIONE DEL THEMA DECIDENDUM E PROVA DEL CREDITO Ritiene a riguardo il Tribunale che al fine di esattamente delimitare il thema decidendum della presente fattispecie si debba fare riferimento al contenuto dell'atto di citazione, anche alla luce delle precisazioni introdotte con le memorie depositate nel primo termine concesso ai sensi dell'art. 183, comma VI, n 1, c.p.c.. Si tratta, invero, di una pluralità di domande aventi ad oggetto la nullità delle clausole del contratto di conto corrente n (...) , nonché sul conto anticipi Sbf, concesso nell'ambito di tale rapporto ed accessorio al primo. I profili di nullità richiamati a sostegno delle domande investono, sia quanto al contratto principale che al contratto accessorio, la clausola determinativa degli interessi in misura ultra-legale, in ragione dell'applicazione di tassi di interessi di carattere usurario, ai sensi dell'art. 644 CP ex L. n. 108 del 1996, e con riferimento all'anatocismo, in difetto di obblighi di reciprocità di cui all'art. 120 TUB e 1283 c.c., ed infine alla applicazione di costi e commissioni non giustificati che avrebbero determinato una esposizione debitoria superiore a quella effettiva. Nessuna specifica contestazione contabile è stata sollevata in ordine alle somme oggetto dei singoli addebiti in conto capitale, così che sotto questo profilo la documentazione prodotta è chiaramente idonea a sorreggere la pretesa azionata sicché - in difetto di specifiche contestazioni sull'inserimento di poste di credito non dovute (a titolo di capitale), si possono assumere i numeri debitori forniti dalla banca. Tuttavia nella ricostruzione dei saldi dovrà tenersi conto del principio affermato dalla S.C. (sentenza 2.5.2019, n 11543), secondo cui: "..riscontrata la mancanza di una parte degli estratti conto, riportando il primo dei disponibili un saldo iniziale a debito del cliente, occorre distinguere il caso in cui il correntista sia convenuto da quello in cui sia attore in giudizio e, nella prima ipotesi l'accertamento del dare e avere può attuarsi con l'impiego di ulteriori mezzi di prova idonei a fornire indicazioni certe e complete che diano giustificazione del saldo maturato all'inizio del periodo per cui sono stati prodotti gli estratti conto; possono inoltre valorizzarsi quegli elementi, quali ad esempio le ammissioni del correntista stesso, idonei quantomeno ad escludere che, con riferimento al periodo non documentato da estratti conto, questi abbia maturato un credito di imprecisato ammontare (tale da rendere impossibile la ricostruzione del rapporto di dare e avere tra le parti per il periodo successivo), così che i conteggi vengano rielaborati considerando pari a zero il saldo iniziale del primo degli estratti conto prodotti.." In conformità con tale approdo ermeneutico della S.C., dovrà pertanto farsi applicazione del c.d. principio del saldo zero nella ripartizione dell'onere della prova, con la conseguenza che - in assenza di estratti conto e documentazione contabile - l'eventuale difetto di riscontri in ordine all'entità del credito dovrà qui gravare sulla società attrice che si afferma titolare della pretesa di credito. 2. NULLITA' DELLE CLAUSOLE NEGOZIALI E TASSO APPLICABILE FORMA SCRITTA Quanto al conto corrente, va preliminarmente precisato che sussiste l'interesse ad agire della società attrice al fine di accertare le nullità e gli importi effettivamente dovuti alla data di introduzione del giudizio. Invero, tale interesse mira al conseguimento di un risultato utile, giuridicamente apprezzabile e non attingibile senza una pronuncia giudiziale e consiste, in ogni caso, nell'esclusione, per il futuro, di annotazioni illegittime ovvero, in caso di affidamenti nel ripristino di una maggiore estensione degli importi concessi, e comunque nella riduzione dell'importo che la banca, una volta rielaborato il saldo, potrà pretendere alla cessazione del rapporto (Cass., 5.9.2018, n 21646). Ora, come è noto, la forma scritta per la conclusione dei contratti relativi alle operazioni ed ai servizi bancari è stata imposta dall'art. 3 della L. 17 febbraio 1992, n. 154 - disciplina poi confluita nel D.Lgs. 1 settembre 1993, n. 385, testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia (t.u.b.) e, segnatamente, nel relativo art. 117 -, con decorrenza, quindi, dall'entrata in vigore di detta norma. Le Sezioni Unite della Cassazione ( Cassazione Civile, SS.UU., sentenza 16/01/2018 n. 898) hanno avuto modo di chiarire con specifico riferimento all'art. 23 T.U.F (che a pena di nullità prevede che "i contratti relativi alla prestazione di servizi di investimento e accessori sono redatti per iscritto e un esemplare è consegnato ai clienti..."), stabilendo che trattasi di nullità per difetto di forma posta nell'interesse esclusivo del cliente, intesa ad assicurare a quest'ultimo, da parte dell'Intermediario, la piena indicazione degli specifici servizi forniti, della durata e delle modalità di rinnovo del contratto e di modifica dello stesso, delle modalità proprie con cui si svolgeranno le singole operazioni, della periodicità, contenuti e documentazione da fornire in sede di rendicontazione ed altro come specificamente indicato, considerato che è l'investitore che abbisogna di conoscere e di potere all'occorrenza verificare nel corso del rapporto il rispetto delle modalità di esecuzione e le regole che riguardano la vigenza del contratto. Il principio espresso dalle Sezioni Unite, seppur riferentesi a caso di contratto di intermediazione finanziaria, deve ritenersi applicabile anche ai contratti bancari, attesa la sostanziale identità di disciplina e di ratio di protezione del cliente degli artt. 23 T.U.F. e 117 T.U.B. a mente del quale "i contratti sono redatti per iscritto e un esemplare è consegnato ai clienti", ponendo in tal modo in giusta evidenza , quale ulteriore requisito formale previsto dalla norma a pena di nullità, l'obbligo della banca di consegnare al cliente una copia del contratto sottoscritto. E' evidente, infatti, che le finalità di protezione del cliente sopracitate verrebbero frustrate se si ritenesse sufficiente per la banca raccogliere la sottoscrizione del cliente e dare esecuzione al contratto, senza fornire a quest'ultimo copia dello stesso. Nel caso in esame, tuttavia , la dedotta carenza dei requisiti di forma afferisce esclusivamente al contenuto delle clausole negoziali, non la circostanza della omessa consegna della documentazione, che non è individuabile quale causa petendi dell' azione di nullità, ma è affermazione posta solo incidentale, peraltro contestata da controparte, e, comunque, non oggetto di alcuna richiesta istruttoria. Con riferimento agli ulteriori profili di nullità formale, per la determinazione dei tassi di interessi è richiesta la forma scritta (art. 117, comma 4, t.u.b.), essendo sanzionate con la nullità quelle clausole che, ai fini anzidetti, rinviano agli usi (art. 117, comma 5, t.u.b.). Pertanto, la mancata individuazione per iscritto dei tassi di interessi o il non consentito rinvio agli usi comporta l'applicazione delle condizioni sostitutive di cui all'art. 117, comma 7, lett. a), t.u.b. (già stabilite dall'art. 5 della L. n. 154 del 1992) e, segnatamente, del "tasso nominale minimo e quello massimo dei buoni ordinari del tesoro annuali o di altri titoli similari eventualmente indicati dal Ministro dell'economia e delle finanze, emessi nei dodici mesi precedenti la conclusione del contratto, rispettivamente per le operazioni attive e per quelle passive". In ogni caso, limitatamente alle specifiche clausole negoziali, quali quella di determinazione degli interessi in misura ultra-legale e di anatocismo, ai sensi dell'art. 1283 e 1284 c.c. , deve essere affermata la nullità parziale, anche per contrasto alla disciplina codicistica. Infatti, secondo orientamento ermeneutico consolidato (Cass., Sez. 3, 11/02/2014, n 3017), ai sensi dell'art. 1284, terzo comma, cod. civ., la costituzione dell'obbligo di pagare interessi in misura superiore a quella legale richiede la forma scritta "ad substantiam", sicché, nel caso di mancata sottoscrizione del relativo patto da parte di entrambi i contraenti, non può ritenersi che un accordo siffatto si sia concluso " per facta concludentia. In ipotesi siffatte, una volta affermata la nullità formale della determinazione di interessi in misura ultra legale, non può essere fatta applicazione del tasso sostitutivo di cui all'art. 117, comma 7, del D.Lgs. n. 385 del 1993, la quale trova applicazione esclusivamente nei casi espressamente richiamati dalla norma, di cui ai commi 4 e 6 dello stesso art. 117 (Cass. 18/06/2020, n 11876), tra i quali non rientra quello della mancata sottoscrizione del contratto, quale quello in esame. Per il contratto dedotto in giudizio, la convenzione relativa alla pattuizione degli interessi in misura superiore a quella legale, in difetto della forma scritta richiesta "ad substantiam", è colpita da nullità solo per la parte corrispondente alla differenza tra il tasso legale e quello convenuto, con riferimento alla quale l'ordinamento interviene non per espungerla dal regolamento pattizio senza riconnettervi alcun effetto, bensì per sostituirla con disciplina legale (Cass., sez. 2, 14/01/1997, n. 280). D'altra parte, nel rapporto di conto corrente bancario la pattuizione di interessi ultra-legali può avvenire soltanto mediante un atto sottoscritto o separatamente accettato per iscritto da entrambe le parti, a nulla rilevando che il contratto di conto corrente sia a forma libera: pertanto l'approvazione, ancorché ripetuta, di estratti conto nei quali siano conteggiati interessi superiori al tasso legale, non può supplire alla mancanza dello scritto, perché, non essendo espressione diretta di un tale accordo, non documenta la stipulazione del patto, e, pur potendo valere, per la sua natura "lato sensu" confessoria, come dichiarazione ricognitiva di una manifestazione negoziale precedente, non può essere utilizzata quale elemento presuntivo dell'esistenza di un patto stipulato nell'osservanza dei requisiti formali richiesti "ad substantiam"e non può supplire al difetto originario di valido accordo scritto in deroga alle condizioni di legge, richiesto dall'art. 1284 cod. civ. (Cass., 29/07/2009 n 17679; Cass 06/11/1993 , n 11020). In assenza di successive regolamentazioni scritte devono essere escluse le voci di costi non concordate formalmente e gli interessi in misura ultralegale , oltre che gli importi computati a titolo di anatocismo e di CMS. Di conseguenza, l'accertata nullità delle clausole che prevedono, relativamente agli interessi dovuti dal correntista, tassi superiori a quelli legali nonché la loro capitalizzazione trimestrale impone la rideterminazione del saldo finale mediante la ricostruzione dell'intero andamento del rapporto, sulla base degli estratti conto a partire dalla sua apertura ovvero secondo la ripartizione dell'onere della prova (Cass., 17 aprile 2020, n 7895; Cass., 11.6.2018, n 15148). Onere , come già evidenziato, che deve essere posto a carico di chi si afferma creditore e, quindi, a carico del correntista qualora dal rapporto assuma scaturire un credito a suo favore sia egli ad avere avanzato la domanda. Tale prova deve essere fornita, di regola, mediante la produzione degli estratti conto (giurisprudenza, anche questa, consolidata: da ult. Cass. 11543/2019, 24948/2017) e, nel caso di produzione incompleta, il calcolo del credito del correntista attore deve essere effettuato, in mancanza di prova contraria, partendo dal primo saldo debitore documentato ( Cass. 11543/19 cit.) quale che sia la parte che l'ha prodotto in giudizio (principio di acquisizione probatoria). Posti tali principi di carattere generale, nella presente fattispecie con riferimento al contratto di conto corrente ordinario, sin dalla prima relazione depositata in data 9 marzo 2020 , la CTU, rag. M.I., ha evidenziato l'assenza di pattuizione scritta quanto meno dall'epoca di costituzione del rapporto ( verosimilmente prossima al mese di gennaio 1997, epoca del I estratto conto) e relativamente alla determinazione degli interessi e della CMS o altre voci di costo, pur essendo stata applicata la chiusura trimestrale e la contabilizzazione delle competenze. In ogni caso, il medesimo CTU, nel procedere ad effettuare il ricalcolo del corretto saldo dare-avere ha fatto presente di non avere rinvenuto contratto originario, né alcun documento scritto contenente l'accordo in ordine alle condizioni negoziali. Il CTU, inoltre, ha sottolineato in ogni caso la frammentarietà della documentazione relativa all'intero periodo, evidenziando l'assenza dei dati contabili relativi , quanto agli estratti scalari, al II -III e IV trimestre 2011 ed al III trimestre 2012. In questa ottica appare evidente che, attesa la citata carenza di documentazione, il CTU è stato messo in condizione di poter dare una continuità temporale agli estratti conto solo parziale. 3. AFFIDAMENTI e MODIFICHE UNILATERALI Relativamente al conto principale, si è precisato, risulta che la banca nel corso del tempo ha concesso diverse linee di affidamento ( ordinario e Sbf). Secondo l'orientamento della S.C. (Cass., 22.11.2017, n 27836; Cass., 9.7.2005, n 14470), già in forza dell'art. 3 della L. n. 154 del 1992 e del decreto 24.4.1992 del Ministero del Tesoro, oltre che della circolare del maggio 1992 della (...), la forma scritta non era obbligatoria per le operazioni e servizi che fossero già previsti in contratti redatti per iscritto. Dopo l'entrata in vigore del t.u. bancario, tali norme sono rimaste in vigore ai sensi dell'art. 161 TUB, e successivamente la (...) ha emanato le nuove disposizioni che nel ribadire la regola generale secondo la quale " i contratti relativi alle operazioni e ai servizi sono redatti per iscritto ed un loro esemplare deve essere consegnato ai clienti" prevedevano che "la forma scritta non è tuttavia obbligatoria : - b) per operazioni e servizi già previsti per iscritto (agosto 1996). La Delib. 4 marzo 2003 del C.I.C.R. nel dettare la nuova disciplina della trasparenza delle condizioni contrattuali delle operazioni e dei servizi bancari e finanziari, abrogando ai sensi dell'art. 161, comma 5, del t.u.b., il decreto del Ministro del Tesoro del 24.4.1992, ha quindi previsto per quanto attiene la forma dei contratti , che "La (...) può individuare forme diverse da quella scritta per le operazioni e i servizi effettuati sulla base di contratti redatti per iscritto, nonché per le operazioni e i servizi , oggetto di pubblicità ai sensi della presente delibera, che hanno carattere occasionale ovvero comportano oneri di importo contenuto per il cliente". In virtù di tale disciplina le Istruzioni di vigilanza della (...), nel testo attualmente in vigore (risalente al luglio 2003) al titolo X, capo 1, n 2, stabiliscono quanto alla forma dei contratti che "..La forma scritta non è obbligatoria: Per le operazioni e i servizi effettuati in esecuzione di previsioni contenute in contratti redatti per iscritto ..." Le norme emanate dal CICR e dalla (...) completano ed integrano la norma di legge ed il precetto legislativo, in virtù di una facoltà espressamente prevista dalla legge stessa. L'art. 117, comma 2, tub ha infine previsto che il CICR può prevedere che, per motivate ragioni tecniche, particolari contratti possano essere stipulati in altra forma. Secondo quanto rilevato dalla S.C., quindi, dal 1992 a tutt'oggi le disposizioni della (...), a tanto autorizzata dal CICR hanno sempre previsto, pur nel variare dei testi normativi, che non fosse richiesta la forma scritta per i contratti relativi ad operazioni e servizi già previsti in contratti redatti per iscritto, tra cui il contratto di conto corrente, in base alla considerazione che costituisce e sufficiente garanzia per il cliente che il contenuto normativo del contratto sia redatto per iscritto, mentre poi la sua concreta stipulazione , alle condizioni riportate nel contratto scritto, potrà avvenire in altra forma nel rispetto delle esigenze di celerità ed operatività che taluni tipi di contatti esigono. Secondo una più rigorosa interpretazione dell'art. 117 TUB, le linee di credito (o, se si preferisce, "gli affidamenti") concessi nel tempo da una banca ad un cliente necessitano di una precisa e dettagliata regolamentazione contrattuale, dell'indicazione dell'importo delle stesse e dell'ulteriore precisazione se sono "a scadenza" o "a revoca" sicché, in mancanza di tali elementi essenziali il contratto bancario risulterebbe indeterminato, oltre che privo del contenuto minimo previsto dall'art. 117 TUB e dagli artt. 1325 e 1346 c.c. In senso contrario, tuttavia, si è fatto notare che l'allegazione secondo cui il contratto di conto corrente di cui all'art. 1852 c.c. " è una mera modalità regolazione di operazioni bancarie" , sicché la prova di esso non basta a dimostrare l'esistenza d'un affidamento o di una apertura di credito tra banca e correntista, trascura di considerare che il contratto comunemente di "conto corrente bancario" non ha nulla a che vedere con l'istituto di cui all'art. 1852 c.c. e costituisce un contratto atipico la cui causa è composta dalla fusione della causa del deposito, del mandato e del conto corrente (Cass., 17.10.2016, n 20205). Secondo l'interpretazione dei giudici di legittimità, l'art. 3, comma 3, della L. n. 154 del 1992 e successivamente l'art. 117, comma 2, del D.Lgs. n. 385 del 1993, abilitano la (...), su conforma delibera del C.I.C.R. a stabilire che "particolari contratti" possano essere stipulati in forma diversa da quella scritta, va inteso nel senso che l'intento di agevolare particolari modalità della contrattazione non comporta una radicale soppressione della forma scritta ma solo una relativa attenuazione della stessa che, in particolare, salvaguardi l'indicazione nel "contratto madre" delle condizioni economiche cui andrà assoggettato il "contratto figlio" (Cass. 22/11/2017, n 27836; sull'onere di provarne la conclusione per facta concludentia: Cass. sez. 1, 15/09/2006, n 19941; Cass., sez. 1, 09/07/2005, n. 14470). Nella fattispecie, le linee di affidamento riscontrate dal CTU non risultano essere state autonomamente concluse per iscritto e, in ogni caso, non possono trovare applicazione quelle condizioni essenziali praticate dall'istituto di credito sul rapporto principale. Infatti, il difetto di forma non può trovare disciplina nel rapporto principale di conto corrente in quanto, come sopra precisato, anch'esso non risulta perfezionato in forma scritta e tale considerazione porta a concludere er la invalidità parziale anche del conto anticipi e della applicabilità, su tale conto, di interessi corrispettivi o moratori non superiori al tasso legale di cui all'art. 1284 c.c. Inoltre, è vero che l'art. 10 del D.L. n. 223 del 2006, convertito, con modificazioni, nella L. n. 248 del 2006, ha modificato l'art. 118 T.U.B. subordinando per il futuro la facoltà dello jus variandi alla sussistenza di un giustificato motivo e al rispetto dell'art. 1341, secondo comma, cod. civ., in riferimento a tutti i contratti bancari, siano essi stipulati con consumatori o non. E tuttavia, il comma tre del medesimo articolo prevede la inefficacia delle variazioni introdotte in assenza delle prescrizioni del medesimo articolo, se sfavorevoli per il cliente. 4. ANATOCISMO E COMMISSIONE DI (...) Con riferimento alle condizioni praticate, la impresa attrice ha posto la questione della invalidità della clausola di capitalizzazione trimestrale degli interessi applicati. A riguardo, si rammenta che la nullità delle clausole di capitalizzazione trimestrale è principio giurisprudenziale che si è affermato soltanto nel 1999 - con le sentenze n. 2374 e n. 3096, rispettivamente, della prima e terza sezione civile della Corte di cassazione - in un consolidato contesto di segno contrario. Contrariamente all'orientamento sino allora seguito, si è ritenuto che la previsione contenuta nei contratti di conto corrente bancario, avente ad oggetto la capitalizzazione trimestrale degli interessi dovuti dal cliente (più breve rispetto a quella annuale applicata a favore dei clienti sui saldi di conto corrente per lui attivi alla fine di ciascun anno solare), fosse affetta da nullità, in quanto fondata su di un mero uso negoziale (per la prima volta adottato su iniziativa dell'A. nel 1952) e non su di una vera e propria norma consuetudinaria, come tale connotata da una condotta reiterata ed assistita dalla opinio juris ac necessitatis, a maggior ragione in relazione a contratti stipulati dopo l'entrata in vigore della disposizione di cui all'art. 4 della L. n. 154 del 1992, che vieta le clausole contrattuali di rinvio agli usi. Il tempestivo intervento del legislatore si è determinato attraverso l'art. 25 del D.Lgs. 4 agosto 1999, n. 342, che ha novellato l'art. 120 del t.u.b., disciplinando la sorte dei contratti bancari conclusi prima e dopo il 22 aprile 2000, data coincidente con la entrata in vigore della delibera del Comitato interministeriale per il credito ed il risparmio (CICR), al quale la norma suddetta (comma 2 dell'art. 25) aveva, per l'appunto, demandato la fissazione di "modalità e criteri per la produzione di interessi sugli interessi maturati nelle operazioni poste in essere nell'esercizio della attività bancaria, prevedendo in ogni caso che nelle operazioni in conto corrente sia assicurata nei confronti della clientela la stessa periodicità nel conteggio degli interessi sia debitori sia creditori". La norma - in base alla quale, con provvedimento del CICR, sono stabiliti modalità e criteri per la produzione di interessi sugli interessi maturati nelle operazioni poste in essere nell'esercizio dell'attività bancaria - è stata ritenuta conforme al dettato costituzionale ( Corte Cost., ord. n. 254 del 2008) in quanto introduce una deroga al regime ordinario di cui all'art. 1283 cod. civ., che trova la sua giustificazione nell'esigenza di uniformare questo aspetto della legislazione interna a quella vigente nei principali Stati che allora costituivano la UE, per i quali la disciplina prevista in materia di anatocismo per il sistema bancario era diversa da quella prevista per i rapporti di diritto civile. E ciò a differenza dell'art. 25, comma 3, che - per i contratti conclusi prima della entrata in vigore della delibera CICR- consentiva la deroga per i contatti stipulata in data antecedente alla data di entrata in vigore della Del.CICR del 9 febbraio 2000( Cass., n 9695 , 3 maggio 2011, Cass., sez.un., n 21095/2004). Ne consegue che la capitalizzazione degli interessi, in base alla citata delibera del CICR (e salvo quanto detto più sotto), può ritenersi consentita per i contratti stipulati a far data dal 22.4.2000, secondo quanto concretamente pattuito dalle parti (sempre che, comunque, pena la nullità della pattuizione, vi siano alcune precise condizioni rappresentate da: 1) medesima periodicità di capitalizzazione per gli interessi debitori e creditori; 2) l'indicazione di dei tassi attivi e passivi in duplice veste di TAN e TAE, ecc.). Per i contratti già in essere è prevista la possibilità di adeguamento contrattuale, ma senza effetti retroattivi. Tali concetti sono stati in ultimo completamente ribaditi dalle più recenti sentenze della S.C. ( Cass. sez. VI, ord., 7 maggio 2015, n. 9169; Cass., sez. I, sent, 6 maggio 2015, n. 9127. Significative modifiche sono poi state introdotte dalla Legge di stabilità 2014 (L. 27 dicembre 2013, n. 147), pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 27 dicembre 2013 ed entrata in vigore il 1 gennaio 2014, con il comma 629 il quale interviene a modificare sensibilmente la disciplina dell'anatocismo bancario, introdotto dall'art. 25, co. 2, D.Lgs. 4 agosto 1999, n. 342 ed ancora con le modifiche all'art. 120, comma 2, T.U.B., introdotte con l'art. 17-bis, D.L. 14 febbraio 2016, n. 18, inserito in sede di conversione con modifiche nella L. 8 aprile 2016, n. 49, a cui è stata data attuazione con il decreto n. 343 del 3 agosto 2016, del Comitato interministeriale per il credito e il risparmio, entrato in vigore l'1.10.2016. In relazione al divieto di anatocismo, il D.M. del 3 agosto 2016, contempla il divieto di capitalizzazione degli interessi, tranne quelli moratori, conformemente ai principi generali fissati dagli articoli 1194 c.c., 1234 c.c. e 1284 c.c. e, per quanto riguarda i rapporti di conto corrente o conto pagamento, l'obbligo di conteggio al 31 dicembre di ogni anno; anche per i contratti iniziati in corso d'anno il calcolo si effettuerà comunque al 31 dicembre successivo, mentre l'art. 4 stabilisce che gli interessi debitori saranno esigibili il 1 marzo dell'anno successivo a quello in cui sono maturati. Peraltro, la specifica convenzione scritta posteriore alla scadenza degli interessi, che gli artt. 1283 e 1284 cod. civ. richiedono perché essi producano a loro volta interessi (cioè il cosiddetto anatocismo), deve essere esplicita nel senso che dalla stessa deve risultare la piena consapevolezza del debitore in ordine alla assunzione del relativo obbligo. In applicazione dei principi esposti alla presente fattispecie, si deve dare conto che per tutti i rapporti, sino alle date rilevate nella CTU, difettano le clausole di anatocismo conformi alle prescrizioni di forma entrate in vigore (dovendo la previsione di reciprocità comunque essere redatta per iscritto), così che la capitalizzazione trimestrale applicata non è in alcun modo giustificata e la pretesa di ripetizione di quanto corrisposto a tale titolo deve essere accolta. Le medesime considerazioni possono essere svolte riguardo alla (...) in quanto, almeno da quanto si evince dai dati acquisiti, non vi era clausola conforme alla disciplina in vigore al momento del contratto e la sua applicazione si pone in contrasto rispetto a quanto previsto dalla L. n. 2 del 2009 (conversione del D.L. n. 185 del 2008). 5. USURA Per quanto concerne il superamento dei c.t. tassi soglia, con riferimento alla c.d. L. 7 marzo 1996, n. 108, si deve preliminarmente valutare: a) quali costi debbano essere considerati ai fini della determinazione del TEG ; b) il periodo di riferimento per dare rilevanza all'eventuale superamento dei cd tassi soglia. Certamente uno dei temi più discussi è quello relativo alla tipologia di spese da calcolare al fine della ricostruzione del tasso di interesse. L'art. 644 c.p. stabilisce, infatti, al comma 4 che: "per la determinazione del tasso d'interesse usurario si tiene conto delle commissioni, remunerazioni a qualsiasi titolo e delle spese, escluse quelle per imposte e tasse, collegate alla erogazione del credito". Tale previsione normativa si pone, secondo alcuni, in contrasto con il contenuto delle Istruzioni di (...) che, dalla prima comunicazione n. 47429 del 1 ottobre 1996 a quella dell'agosto del 2009, ha costantemente escluso la Commissione di (...) dal novero degli oneri da includere nel calcolo del T.E.G. La Commissione di (...) ((...)) nella tecnica bancaria è definita come "il corrispettivo pagato dal cliente per compensare l'intermediario dell'onere di dover essere sempre in grado di fronteggiare una (eventuale) espansione nell'utilizzo dello scoperto del conto". Tale importo - che di norma è applicato allorché il saldo del cliente risulta a debito per oltre un determinato numero di giorni - è calcolato in misura percentuale sullo scoperto massimo verificatosi nel periodo di riferimento. Nell'ambito dei contratti di conto corrente di corrispondenza, assistiti da un'apertura di credito, la (...) rappresenta -così- una componente di costo "aggiuntivo" rispetto all'interesse praticato. Le Istruzioni di (...) 2006, in vigore sino al 2009, al punto C5. Metodologia di calcolo della percentuale della commissione di massimo scoperto, hanno tuttavia sempre affermato che: "La commissione di massimo scoperto non entra nel calcolo del TEG. Essa viene rilevata separatamente, espressa in termini percentuali". Come è noto, il risultato del (almeno apparente) discostamento tra il contenuto del citato art. 644 c.p. rispetto a quello delle Istruzioni ha contribuito, nel corso degli ultimi anni, alla nascita di numerosi contenziosi civili e penali nell'ambito dei quali si è discusso della necessità o meno di computare tale onere nel conteggio del tasso e di quali dovessero essere le conseguenze, nel caso oggetto del processo, di una tale procedura. In estrema sintesi, gli orientamenti dottrinari e giurisprudenziali si sono quindi sostanzialmente divisi tra coloro (tra tutte: Cassazione Civile, Sezione I, n. 8806 del 5 aprile 2017; Cass., 7.3.2017, n 5609; Cass. 4.4.2016, n 10516; Cass. pen. 3.7.2014, n 28928; Cass. pen. 23.11.2011, n 46669; Cass. pen. 22.7.2010, n 28743; Cass. pen. 26.3.2010, n 12028) che richiamando direttamente il contenuto dell'art. 644 CP, ritengono la necessità di conteggiare tutti gli oneri e le spese collegate all'erogazione del credito ( tra cui la (...)) e coloro che, attraverso la necessità di fare riferimento ai Decreti Ministeriali che, trimestralmente pubblicati, integrano la fattispecie normativa ritengono inevitabile- sotto il profilo giuridico e tecnico-attenersi alla procedura amministrativa ed alle Istruzioni di (...)( Cass., n 22270/2016 e n 12965/2016). Il contrasto giurisprudenziale è stato recentemente risolto grazie alla sentenza della Cassazione a Sezioni Unite del 20 giugno 2018, n. 16303. La Corte ripercorre il contenuto delle sentenze della Cassazione penale per confermare che la (...) va intesa quale "onere" a carico del correntista. Tale costo, tuttavia, non può essere incluso nel conteggio del T.E.G. in virtù del contenuto dell'art. 2 bis D.L. n. 185 del 2008, da considerarsi "norma non di interpretazione autentica" non applicabile in modo retroattivo. In virtù di tale ragionamento non risultano corrette quelle metodologie di calcolo che inseriscono nel conteggio del T.E.G. applicato in concreto dalla banca la (...) per periodi antecedenti il 1.1.2010 momento dal quale - secondo le nuove Istruzioni del 2009 e le norme transitorie elaborate dalla (...), in virtù del contenuto del D.L. 29 novembre 2008, n. 185- tale onere è divenuto rilevante. L'esigenza del rispetto del criterio dell'omogeneità o della simmetria è, infatti, assolutamente rilevante e decisivo. Secondo le Sezioni Unite, la (...) non è stata esclusa dalle Istruzioni di (...) dal conteggio ai fini della Legge anti usura in quanto, nei Decreti Ministeriali trimestralmente pubblicati, seppur in modo separato (ed in calce) rispetto al T.E.G.M., la (...) è rilevata nel suo ammontare "medio" ed espressa in termini percentuali. Alla luce di tali osservazioni la verifica del rispetto delle soglie di legge richiede, accanto al calcolo del tasso in concreto praticato ed al raffronto di esso con il tasso soglia effettuati in base alle Istruzioni di (...) pro tempore vigenti "il confronto tra l'ammontare percentuale della (...) praticata e l'entità massima della (...) applicabile (c.d. CMS "soglia"), desunta aumentando del 50% l'entità della (...) media pubblicata nelle tabelle". Tale modo di procedere ripercorre e conferma la necessità di seguire quanto previsto dal Bollettino di Vigilanza n. 12 del dicembre 2005 che, nell'indicare le modalità di comparazione ha inteso dar conto dell'esigenza di non trascurare, nel confronto, l'incidenza delle commissioni di massimo scoperto precisando che "l'applicazione di commissioni che superano l'entità della CMS soglia non determina, di per sé, l'usurarietà del rapporto, che va invece desunta da una valutazione complessiva delle condizioni applicate. A tal fine, per ciascun trimestre, l'importo della (...) percepita in eccesso va confrontato con l'ammontare degli interessi (ulteriori a quelli in concreto applicati) che la banca avrebbe potuto richiedere fino ad arrivare alle soglie di volta in volta vigenti. Qualora l'eccedenza della commissione rispetto alla "(...) soglia" sia inferiore a tale "margine" è da ritenere che non si determini un supero delle soglie di legge". Per quanto concerne il momento in cui il superamento del tasso c.d. assume rilevanza, occorre ricordare che secondo i principi affermati dalla S.C., ai fini dell'applicazione dell'art. 644 CP e dell'art. 1815 c.c., si intendono usurari gli interessi che superano il limite stabilito dalla legge nel momento in cui essi sono promessi o comunque convenuti, a qualunque titolo, quindi anche a titolo di interessi moratori (non solo corrispettivi) , e ciò a prescindere dalla concreta applicazione ( c.d. usura ab origine). Tale orientamento è stato ancora ribadito dalla pronuncia della Cass. Civ. Sez. I, ord. n. 1464 del 18 gennaio 2019, così che deve ritenersi oramai stabile approdo giurisprudenziale ( Cass. Civ., sez. III, sent. n. 17447 del 28 giugno 2019; Cass. Civ., sez. III, sent. n. 27442 del 30 ottobre 2018). Nel caso in esame, tuttavia, per quanto concerne l'usura ab origine, le date di perfezionamento del contratto principale ( primo estratto conto rinvenuto: I gennaio 1997) si pongono in data antecedente alla entrata in vigore del meccanismo complessivo introdotto con la L. n. 108 del 1996 ( 3 aprile 1997) che non potrà trovare applicazione retroattiva ( Cass. 31.12.2019, nr 34740) e l'ipotesi di usura c.d. soggettiva, quale consapevole approfittamento, da parte della banca, delle difficoltà in cui la società debitrice versava all'epoca dei contratti, non è stata neanche prospettata. Invero, in tema di usura, e con riferimento a fattispecie anteriore all'entrata in vigore della L. 7 marzo 1996, n. 108, si è rilevato che "la pattuizione di interessi ultra legali non è di per sé viziata da nullità, essendo consentito alle parti di determinare un tasso d'interesse diverso e superiore a quello legale, purché ciò avvenga in forma scritta e sussistendo l'illiceità del negozio soltanto nel caso in cui si ravvisino gli estremi del reato di usura. Conseguentemente, può ritenersi l'illiceità del contratto solo se ricorrano un vantaggio usurario, lo stato di bisogno del mutuatario e l'approfittamento di tale stato da parte del mutuante." ( Cass., Sez. 1, Sentenza del 13/12/2010, n 25182). In assenza di tali elementi, nel fattispecie oggetto di analisi ogni questione rimane assorbita dalla riconosciuta nullità delle clausole determinative degli interessi, mentre quanto alla c.d. usura ab origine, non v'è spazio alcuno per richiamare la sanzione di cui all'art. 1815, comma 2, c.c. ed escludere ogni forma di interessi. Con riferimento all'usura c.d. sopravvenuta, con la sentenza 19 ottobre 2017, n 24675, le sezioni unite civili della Cassazione hanno enunciato il principio di diritto secondo il quale allorché "il tasso di interessi superi , nel corso di svolgimento del rapporto , la soglia dell'usura come determinata in base alle disposizioni della L. n. 108 del 1996, non si verifica la nullità o inefficacia della clausola contrattuale stipulata per un tasso non eccedente tale soglia quale risultante al momento della stipula, né la pretesa di riscuotere gli interessi secondo il tasso validamente concordato può essere qualificata, per il solo fatto del sopraggiunto superamento di tale soglia, contraria al dovere di buona fede nell'esecuzione del contratto". In tale ipotesi esclusa la applicabilità dell'art. 1815, comma 2, c.c. non è escluso che la pretesa di interessi divenuti superiori al tasso soglia in epoca successiva alla loro pattuizione possa qualificarsi scorretta, ai sensi dell'art. 1375 c.c., in presenza di particolari modalità o circostanze. In tale ipotesi, la violazione del canone di buona fede non è riscontrabile nell'esercizio in sé considerato dei diritti scaturenti dal contratto, bensì nelle particolari modalità di tale esercizio in concreto, che siano appunto scorrette in relazione alle circostanze del caso. Esclusa la presenza di usura oggettiva ab origine, alla luce degli approdi ermeneutici della giurisprudenza di legittimità, neanche è stata riscontrata usura sopravvenuta, peraltro non sufficiente ad escludere il computo degli interessi se non limitatamente ai trimestri in cui lo sconfinamento è riferibile a specifiche modifiche contrattuali ( e non per effetto dell'automatico andamento dei tassi), circostanza tuttavia non riscontrata in concreto dal CTU. In definitiva, nella presente fattispecie - come si è rilevato- entrambi i rapporti non risultano essere stati originariamente conclusi in forma scritta, così che, ritenuta la nullità formale, si deve fare applicazione del tasso legale sino alla data di conclusione dei rapporti, così che può accedersi al saldo a credito della società attrice nei termini precisati nell'elaborato di CTU. 6. CONCLUSIONI In definitiva, sulla scorta del complesso delle argomentazioni sopra esposte, il credito deve essere determinato sulla scorta delle risultanze delle relazioni depositate dal CTU, rag. (...), per quanto concerne la determinazione degli interessi dovuti ai sensi dell'art. 1284 c.c. e 117 T.U.B.. Con dettagliate e argomentati elaborazioni, la CTU ha offerto ricostruzioni alternative in ordine all'andamento del conto, dando peraltro atto che, nel corso del rapporto, le parti avevano concordato affidamenti, che dagli estratti prodotti è possibile evincere induttivamente la presenza di affidamenti variabili nel corso dei mesi, riscontrati anche dalla differente applicazione di interessi entro e oltre i limiti di affidamento e dalla segnalazione, sin dal 1996, dei crediti accordati tempo per tempo nelle Centrali dei Rischi Storiche da parte della banca convenuta ( v pag. 9 -13 prima relazione di CTU) e dagli oneri e spese di liquidazione periodica ( es. CMS sulla massima esposizione debitoria, ovvero competenze girocontate rispetto alle linee di fido). Al contempo, si dà atto che non erano stati prodotti gli estratti conto per il periodo aprile 2000. In assenza di valida pattuizione scritta, il CTU ha applicato il tasso di interessi legale ex art. 1284 c.c., con capitalizzazione semplice ed esclusione delle voci di spese, oneri e commissioni non concordate validamente per quanto concerne il conto corrente ordinario. Facendo applicazione di tali criteri, le somme indebitamente percepite alla data del 12 gennaio 2005 risulterebbero quelle che di seguito si riportano. In definitiva, tra le varie ipotesi alternativamente formulate, quella in linea con i principi esposti è quella contrassegnata sopra riportata, che ha adottato i seguenti criteri: - applicazione del tasso legale per l'intera durata dei rapporti, dalla data in cui è possibile la ricostruzione completa del relativo andamento; - esclusione di anatocismo e voci non concordate formalmente, con capitalizzazione semplice annuale; Infatti, la ricostruzione, in applicazione del criterio del c.d. saldo zero, deve essere effettuata tenendo conto dell'onere della prova a carico del cliente, escludendo gli importi a favore non caratterizzati in termini di certezza. In definitiva tale determinazione, tra tutte quelle alternativamente prospettate dal CTU , è quella che a questo giudice appare maggiormente aderente agli approdi giurisprudenziali (tenendo conto dell'assenza di effetti derivanti dalla esclusione della sanzione di cui all'art. 1815, comma 2, c.c. ), così che il credito della ditta attrice può ritenersi provato nei limiti della somma computata dal CTU sugli estratti conti considerati. La domanda di accertamento del credito avanzata va quindi accolta in tali limiti, determinando il credito residuale sul rapporto sopra richiamato in ragione della riconosciuta nullità parziale delle clausole negoziali. Sugli importi riconosciuti sono poi dovuti gli ulteriori interessi di mora dalla data della domanda all'effettivo soddisfo. Infine, la banca convenuta soccombente deve essere condannata anche al pagamento delle spese processuali, così come liquidata in dispositivo tenendo conto del valore della controversia e dell'attività svolta, in linea con i criteri di cui al D.M. n. 55 del 2014, con distrazione a favore del procuratore che ne ha fatto richiesta ex art. 93 c.p.c., oltre alle spese di CTU separatamente liquidate. P.Q.M. Il Tribunale di PRATO, definitivamente pronunciando sulle domande proposte da (...) S.N.C., in persona del suo legale rappresentante, nei confronti della (...) Spa, in persona del legale rappresentante p.t., Con atto di citazione notificato in data 31 luglio 2017, ogni contraria istanza, eccezione e deduzione disattesa, così provvede: a) dichiara la nullità delle clausole negoziali del contratto di conto corrente ordinario n 10073.81 , nonché sul conto anticipi Sbf, secondo quanto precisato in parte motiva; b)accerta in Euro 29.736,18 alla data del 30 giugno 2015, l'ammontare del credito dell'attrice alla ripetizione per le somme indebitamente versate, in luogo del saldo passivo di Euro 66645,14; c) condanna la banca convenuta alla ripetizione a favore dell'attrice delle somme di cui al capo b) con interessi legali dalla data della domanda all'effettivo soddisfo; d)condanna la banca convenuta al pagamento delle spese processuali, liquidate in Euro 7795,00, oltre IVA, CPA e spese generali nella misura di legge, da distrarsi in favore del procuratore costituito, nonché spese per notifica e contributo unificato, e CTU liquidate separatamente. Così deciso in Prato il 3 ottobre 2022. Depositata in Cancelleria il 4 ottobre 2022.

  • IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE DI PRATO in persona del giudice istruttore, dott. Michele Sirgiovanni, in funzione di giudice unico, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile iscritta a ruolo in data 1 luglio 2020 con il n. 1647/2020 del ruolo Generale, avente per oggetto: opposizione a decreto ingiuntivo, vertente tra: (...) rappresentato e difeso dall'(...) ed elettivamente domiciliato presso il suo studio sito in come da procura allegata all'atto di opposizione; Opponente contro (...) SPA, in persona della sua procuratore e legale rappresentante pro tempore, procuratore (...) giusta i poteri conferiti con delibera del consiglio di amministrazione del 19/12/2018, 22, in qualità di mandataria all'incasso (giusta procura notaio (...) di Milano rep. (...) del 28/07/2017, reg. a Milano il 31/07/2017 al n. 43020 serie 1T), di (...) S.r.l., rappresentata e difesa, in forza di procura generale alle liti (Rep. n. 41200) per notaio (...) in data 23/05/2014, dall'Avv. (...) ed elettivamente domiciliata presso lo studio dell'Avvocato (...) sito in (...), Via (...) in virtù di procura allegata alla comparsa di risposta; Opposta SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con atto di citazione ritualmente notificato in data 29 giugno 2020, (...) proponeva opposizione avverso il decreto ingiuntivo n. 238/2020 emesso dal Tribunale di Prato il 7.2.2020, R.G. 389/2020,, notificato il 12 giugno successivo, con il quale il Tribunale di Prato aveva ingiunto di pagare a (...) SPA, la somma di Euro 15.089,05, oltre interessi moratori e spese legali della procedura monitoria, in forza di contratto di finanziamento chirografario n. (...) per un importo finanziato pari ad Euro 27.273,00. A sostegno dell'opposizione evidenziava: che il credito oggetto della pretesa trovava titolo dal saldo debitorio derivante dal finanziamento chirografario n. (...) stipulato con (...), poi ceduto alla (...) S.r.l., rappresentata dalla opposta; che le cessioni intercorse non erano state comunicate al debitore, né si erano validamente perfezionate le notifiche che la società creditrice aveva allegato al ricorso, nonché la stessa pubblicazione in G.U. della cessione e che, pertanto, difettavano le condizioni di legittimazione attiva della controparte; che non era stato esperito il tentativo di mediazione previsto obbligatoriamente dall'articolo 5, comma 1, d. lgs n. 28/2010 e dall'articolo 128 bis tub; Il contratto di finanziamento prevedeva il rimborso secondo il metodo c.d. "alla francese" in 47 mesi mediante pagamento mensile di un importo comprensivo di capitale e interessi pari ad Euro 515,80. = al tasso annuo del 9,5% (TAEG 10,35%) - somma che nel riepilogo asseritamento formulato ai sensi dell'art. 50 del TUB viene poi indicata in Euro 518,30.= quindi contenente un onere non previsto al momento della stipula del contratto con la previsione di una ricontrattazione per il capitale residuo, non inserito in quanto tale nelle rate e pari ad Euro 10.364,10; - che il contratto prevedeva anche la presenza di un tasso di mora (15,96%) palesemente superiore al Tasso Soglia previsto dalla Legge al momento della stipula del contratto (15,95%), raggiungendo percentuali anche superiori, considerando il meccanismo concreto delle clausole previste per ipotesi di ritardo del pagamento, ancor più per l'ipotesi di decadenza dal beneficio del termine; - che la società mutuante aveva pubblicizzato un TAEG, indicato in misura pari al 10.35%, inferiore a quello effettivamente praticato, in quanto erano inseriti costi indebiti nonché la penale per estinzione anticipata; che anche il TAN indicato in contratto era inferiore a quello effettivamente praticato, per effetto dell'ammortamento alla francese comportante la capitalizzazione dell'interesse e che in ogni caso sottace al reale costo del finanziamento che, come esposto nel capitolo precedente presenta un saggio di interesse non inferiore al 25,1. A tale misura infatti deve aggiungersi la percentuale prevista per la estin-zione anticipata del contratto pari all'1% che porta il TAEG al 11,35% (vedasi sentenza del tribunale di Siena - doc. 6), e ciò senza tenere conto di alcuni costi come sopra indicati che farebbero lievitare ulteriormente la percentuale di tale dato; - che, pertanto, difettavano le condizioni di certezza ed esigibilità dell'importo oggetto del ricorso, in assenza di prova, avendo controparte prodotto esclusivamente estratto di saldaconto di contenuto generico, con firma illeggibile, senza alcuna ricostruzione dei movimenti contabili, oltre che per difetto di forma scritta ed illegittima applicazione di interessi ultra legali e anatocistici. Tanto premesso chiedeva la revoca del decreto ingiuntivo, con richiesta di dichiarare la nullità ed improcedibilità della domanda introdotta da controparte, ovvero riconoscere il carattere usurario degli interessi e la indeterminatezza del contratto, con la condanna della controparte al pagamento delle spese e competenze di rito. Instaurato il contraddittorio, si costituiva in giudizio (...) SPA, la quale evidenziava: - che il credito oggetto del giudizio derivava dal finanziamento dell'importo di Euro 27.273,75, da restituire in 47 rate mensili, più maxirata finale, concluso con (...) e da questa ceduto in data 18.9.2013 a Banca (...) Spa, con atto comunicato al debitore, per complessivi Euro 15.089,05; - che in seguito, con contratto del 29/06/2017, reg. in data 05/09/2017 al n. 2256 mod. 3 presso l'Agenzia delle Entrate di Grosseto, (...) S.p.A. aveva ceduto le suddette ragioni di credito a (...) S.r.l. che formalizzava la cessione tramite cartolarizzazione ai sensi della legge 130/1999, con cessione veniva resa efficace e notificata ai sensi dell'art. 58 del D.lgs. 385/1993 mediante pubblicazione in Gazzetta Ufficiale n. 85 del 20/07/2017 e comunque comunicata per lettera al debitore; - che successivamente la (...) Spv (giusta procura giusta procura notaio (...) di Milano rep. 18344 del 28/07/2017, reg. a Milano il 31/07/2017 al n. 43020 serie 1T) aveva conferito mandato all'odierna comparente di compiere, in suo nome e per suo conto, tutto quanto opportuno e necessario ai fini della gestione giudiziale e stragiudiziale dei crediti, fra i quali rientra anche quello nei confronti del sig. (...). - Che i rilievi articolati dall'opponente non erano fondati, tanto più che l'art. 125 bis TUB riguardava il credito al consumo e non era applicabile al caso di specie, in quanto entrato in vigore in epoca posteriore rispetto alla stipula del contratto; - Che peraltro l'erronea indicazione dell'ISC/TAEG, in un contratto non disciplinato dall'art. 125 bis TUB, può unicamente comportare conseguenze risarcitorie, dovendo tuttavia in tal caso il cliente fornire la prova che, ove gli fosse stato correttamente rappresentato il costo complessivo del credito, non avrebbe stipulato il contratto di finanziamento. Sulla scorta di tali argomenti, concludeva per il rigetto della opposizione, con vittoria di spese a favore del procuratore costituito, ovvero in subordine per la condanna dell'opponente al pagamento delle somme risultanti dall'istruttoria. Disattesa la istanza di provvisoria esecuzione, all'udienza del 17.12.2020 veniva concesso termine alle parti per attivare la procedura di mediazione di cui all'art. 5 Dlsvo 28/2010 e s.m. Si procedeva quindi ad istruttoria con la produzione di documenti ed infine, all'udienza del 17 marzo 2022, la causa era posta in decisione sulle conclusioni in epigrafe trascritte, con assegnazione alle parti dei termini di cui all'art. 190 c.p.c.. MOTIVI DELLA DECISIONE L'opposizione è fondata e deve essere accolta nei limiti delle motivazioni che seguono. In primo luogo va premesso che con l'opposizione a decreto ingiuntivo si instaura un ordinario ed autonomo giudizio di cognizione che, sovrapponendosi allo speciale e sommario procedimento d'ingiunzione, si svolge secondo le norme del rito ordinario, nel quale il creditore opposto è gravato dall'onere di provare i fatti costitutivi della domanda proposta e può produrre nuove prove ad integrazione di quelle già offerte nella fase monitoria, per cui il giudice non valuta soltanto la sussistenza delle condizioni e della prova documentale necessarie per l'emanazione dell'ingiunzione, ma la fondatezza della pretesa creditoria nel suo complesso (Cass. 12.3.2019, n 7020; Cass. 8.2.92, n. 1410; Cass. 23.10.90, n. 10280; Cass. 28.11.89, n. 5185; Cass. 19.1.88, n. 361; Cass.,5.12.87, n. 9078). A seguito dell'attivazione della procedura di mediazione nel termine assegnato dal G.I. all'udienza del 17 dicembre 2020, deve ritenersi superata ogni questione relativa alla procedibilità della opposizione o della domanda monitoria. Diversamente, ad avviso del giudicante, merita accoglimento l'eccezione di difetto di legittimazione attiva in ordine al finanziamento allegato quale causa giustificativa del ricorso monitorio. Ora, per quanto si evince dagli atti, oggetto della cessione sarebbe costituito non dal contratto, ma esclusivamente dal credito oggetto del medesimo e che trova originario titolo costitutivo nel contratto finanziamento contrassegnato dal n. (...), concluso dal (...) con la (...), in data 1 dicembre 2008. Tale credito sarebbe poi stato ceduto, con atto di cessione concluso per iscritto il 18 settembre 2013, da parte di (...) a favore di BANCA (...) S.p.A. e, successivamente, il 29 giugno 2017, da quest'ultima società a favore di (...) S.r.l.. A sostegno della titolarità del credito, in sede monitoria, la difesa di (...) S.p.A. ha richiamato il contratto di cessione del 29 giugno 2017, con il quale (...) si è resa cessionaria, a titolo oneroso e pro soluto, di portafogli di crediti nella titolarità di (...) Spa, identificabili in blocco tramite elenco allegato. Ebbene, a fronte delle contestazioni dell'opponente, il quale ha anche specificato di non avere avuto notizia delle cessioni, i documenti prodotti non possono essere considerati sufficienti. Da un lato, vero è che dei due contratti di cessione di crediti stipulati il 18.9.2013 e 29.6.2017, risulta essere stata data comunicazione con lettera raccomandata del 18 ottobre 2017, e del primo anche da BANCA (...) S.p.A. con lettera del 26 novembre 2013 (doc. 1 fascicolo di parte convenuta). E tuttavia, l'art. 58 comma 2 TUB, se non impone che un contenuto informativo minimo, consente tuttavia che la comunicazione relativa alla cessione da pubblicare in Gazzetta contenga più diffuse e approfondite notizie. Con la conseguenza che - solo qualora il contenuto pubblicato nella Gazzetta indichi, senza lasciare incertezze od ombre di sorta, in relazione, prima di ogni altra cosa, al necessario rispetto del principio di determinatezza dell'oggetto e contenuto contrattuali ex art. 1346 cod. civ., sui crediti inclusi o esclusi dall'ambito della cessione - detto contenuto potrebbe anche risultare in concreto idoneo, secondo il "prudente apprezzamento" del giudice del merito, a mostrare la legittimazione attiva del soggetto che assume, quale cessionario, la titolarità di un credito (Sul punto, Cass., 28 febbraio 2020, n 5617). Poiché l'avviso pubblicato, nel caso in esame, non appare presentare tali caratteristiche di certezza e determinatezza, quanto all'oggetto della cessione appare indispensabile la produzione di copia del contratto di cessione con l'estratto da cui risultino le posizioni creditorie vantate dalla banca cedente nei confronti del debitore ceduto oppure la dichiarazione del creditore cedente che confermi che il contratto di cessione del 29 giugno 2017 comprendeva il credito azionato in sede monitoria. E tuttavia, nella prospettiva interpretativa richiamata, neanche il contratto di cessione prodotto in giudizio appare sufficientemente determinato, a norma dell'art. 1346 c.c.., poiché esso fa generico riferimento e ad un portafoglio di crediti nella titolarità di BANCA (...) Spa, senza ulteriori specificazioni, richiamando elenco allegato non prodotto. E tale indeterminatezza permane anche in esito alla produzione di un documento in sede di opposizione, non sottoscritto e anch'esso del tutto privo di elementi per identificare il medesimo con il documento indicato come "Allegato 1 - Elenco dei Crediti", in formato excel e pdf allegato alla e-mail di posta elettronica certificata inviata in data 28 dicembre 2018 dal cessionario alle cedenti" richiamato dal contratto e, quindi, inidoneo a ritenere l'oggetto della cessione determinabile "per relationem". A riguardo, occorre invero considerare che la prova circa l'effettiva cessione del credito è necessaria, sia per la verifica dell'effettiva e attuale titolarità del credito in capo a (...), sia per evitare che due soggetti distinti possano agire, in tempi diversi, per il medesimo credito nei confronti di un identico creditore. Tanto che, come di recente precisato dalla Cassazione: "La parte che agisca affermandosi successore a titolo particolare del creditore originario, in virtù di un'operazione di cessione in blocco secondo la speciale disciplina di cui all'art. 58 del D.Lgs. n. 385 del 1993, ha anche l'onere di dimostrare l'inclusione del credito medesimo in detta operazione, in tal modo fornendo la prova documentale della propria legittimazione sostanziale, salvo che il resistente non l'abbia esplicitamente o implicitamente riconosciuta" (Cass. 5 novembre 2020, n. 24798). Nella fattispecie in esame, come si è precisato, l'opponente ha fondato la propria opposizione, in primo luogo, proprio" lamentando il difetto di dimostrazione delle condizioni di legittimazione della società opposta, incentrando le proprie doglianze sulla mancata conoscenza di una valida cessione del credito originario, ed è certamente da escludere che vi sia stato esplicito o implicito riconoscimento della legittimazione sostanziale di (...). In presenza di tali contestazioni, la società creditrice aveva l'onere di dimostrare l'esistenza di valide cessioni del credito originario. con la conseguenza che - in assenza di convincenti riscontri istruttori - l'opposizione non può che trovare accoglimento, con la revoca del decreto ingiuntivo opposto. Quanto alle spese, infine, le stesse vanno poste a carico della società opposta, come liquidate in dispositivo, in linea con i criteri di cui al DM 55/2014, tenendo conto del valore della controversia e dell'attività complessivamente svolta (con fase studio e istruttoria ridotta), ai sensi degli artt. 91 e ss c.p.c. e distrazione a favore del procuratore costituito. P.Q.M. Il Tribunale di Prato, definitivamente pronunciando sulla opposizione spiegata da (...) con atto di citazione notificato in data 29 giugno 2020, avverso il decreto ingiuntivo n. 238/2020 emesso dal Tribunale di Prato il 7.2.2020, R.G. 389/2020,, notificato il 12 giugno successivo, nei confronti di (...) SPA, in persona del legale rappresentante pt., quale mandataria per l'incasso di (...) S.r.l. ogni diversa istanza, eccezione e deduzione disattesa, così provvede: a) revoca il decreto ingiuntivo opposto; b) condanna, la società opposta al pagamento, in favore dell'opponente, delle spese processuali, liquidate in complessive Euro 3918,00 per compenso professionale e spese vive, oltre spese generali, Iva e CPA nella misura di legge ed esborsi per CU e notifica, distraendole in favore del procuratore costituito. Così deciso in Prato il 3 ottobre 2022. Depositata in Cancelleria il 4 ottobre 2022.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE DI PRATO in persona del giudice istruttore, dott. Michele Sirgiovanni, in funzione di giudice unico, nella causa civile iscritta il 7 dicembre 2011 al n. 5625/2011 del Ruolo Generale, riunito alla causa n. 1359/2019 RG, avente per oggetto: opposizioni a decreti ingiuntivi, responsabilità professionale ed altro, vertente tra (...), elettivamente domiciliato presso lo studio dell'avv. Pa.MA. che lo rappresenta e difende in forza della procura in calce all'atto di costituzione. FAX: (...) PEC: (...) Opponente contro: (...), elettivamente domiciliato presso l'avv. Ma.TE., e rappresentato e difeso dall'avv. Ba.MI. in virtù di mandato allegato alla comparsa di costituzione. FAX: (...) PEC: (...) Creditore Opposto E (...) e (...), in persona del legale rappresentante p.t., elettivamente domiciliato presso l'avv. Fr.BA. e l'avv. Do.BA., che li rappresentano e difendono come da mandata ai margini della comparsa di costituzione. FAX: (...) PEC: (...) Terzi chiamati e creditori opposti (...) Spa, in persona del legale rappresentante p.t., elettivamente domiciliato presso l'avv. Re.CO., che la rappresenta e difende unitamente all'avv. Ca.Co. come da mandato in calce alla comparsa di costituzione. FAX: (...) PEC: (...) Terza chiamata avente ad oggetto: contratto di opera professionale, inesatto adempimento e risarcimento dei danni. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con atto di citazione notificato in data 11 dicembre 2011 , (...) proponeva opposizione avverso il decreto ingiuntivo, emesso in data 14 ottobre 2011, notificato il 2-3 novembre successivo, con il quale il Tribunale di Prato gli aveva ingiunto di pagare a (...), la somma di Euro 8.676,14, oltre interessi moratori e spese legali della procedura monitoria, a titolo di prestazioni professionali. A sostegno dell'opposizione evidenziava: - che alla fine del 2005 aveva acquistato una unità immobiliare sita nel Comune di Lastra a Signa, loc. La Ginestra, via (...) e si era rivolto al geom. (...) per avere un parere tecnico in relazione alla ristrutturazione dell'immobile ed alla possibilità di sopraelevazione; - che il (...) aveva reso parere positivo in merito alla possibilità di sopraelevazione e predisponeva la documentazione necessaria ad ottenere il permesso di costruire, effettivamente concesso nel 2006; - che il geom. (...) aveva assunto l'incarico della direzione dei lavori incaricando l'ing. (...) il compito relativo alla progettazione dell'opera; - che l'esecuzione dell'opera era stata affidata ad impresa di fiducia del (...), la quale aveva proceduto con lentezza ed aveva incontrato diversi problemi tecnici, spesso connessi alla scarsa presenza del (...) che non aveva seguito con diligenza i lavori; - che l'esecuzione dei lavori era stata inoltre oggetto di contestazioni da parte dei confinanti che nel 2009 avevano instaurato un giudizio nei confronti del (...), per il mancato rispetto delle distanze ed avevano richiesto la rimessione in pristino della sopraelevazione; - che inoltre le opere di ristrutturazione e sopraelevazione erano state oggetto di ATP nel corso del quale gli accertamenti tecnici svolti avevano fatto emergere problematiche relative all'assenza del giunto sismico orizzontale, alle dimensioni di altro giunto sismico nonché alla presenza delle c.d. casse-formi sui giunti che , in realtà, avrebbero dovuto essere rimosse; - di avere inviato al geom. (...) ed all'ing. (...) richiesta di risarcimento dei danni e manleva in ordine al pregiudizio lamentato dai confinanti; - che peraltro, in tale contesto, la richiesta monitoria del (...) faceva riferimento ad un corrispettivo maggiorato di oltre Euro 2.500,00 rispetto alle precedenti richieste; - che, a fronte di un preventivo complessivo di Euro 12.000,00, aveva corrisposto tra il 2006 ed il 2010 somme per complessive di Euro 6700,00, di cui Euro 500,00 a mezzo di assegno ed Euro 6.200,00 in contanti in tre distinte occasioni, nonché ulteriori somme di Euro 6000,00 all'ing. (...) ed Euro 1040,00 al geom. (...) ed Euro 2.096,00 al geom. (...), su indicazione dello stesso (...), per attività da questi delegate,; - che tra le voci oggetto della richiesta di ingiunzione il (...) aveva inserito anche il compenso per la pratica di ATP, ove aveva svolto attività di CTP; - che nel 2010 aveva riscontrato che il (...) non avrebbe potuto svolgere l'incarico di direttore dei lavori in quanto, trattandosi di strutture in c.a., per lo svolgimento dell'incarico era necessario un tecnico munito di laurea; - che il (...) aveva fatto inoltre spendere le somme di Euro 1180,00 a favore di (...) Spa, ed Euro 1968,00 a favore di C. S.r.l., per richiesta di allaccio di acqua e gas, in realtà non realizzato; - che i lavori e le opere eseguite presentavano una serie di difetti evidenziati nella nota tecnica a firma del geom. (...), che veniva allegata all'atto di opposizione; - che peraltro l'ing. (...) aveva avanzato richiesta per il pagamento della somma dell'ulteriore somma di Euro 5382,86 per progettazione strutturale e direzione dei lavori, soprapponendo la pretesa a quella del (...), nonostante i gravi difetti anche nella progettazione. Tanto premesso, conveniva innanzi a questo Tribunale (...) per sentire revocare il decreto ingiuntivo e, in via riconvenzionale, per sentirlo condannare al pagamento della somma di Euro 6700,00, quale somma indebitamente versata, Euro 2.096,00 quale importo versato al geom. (...) per conto del medesimo, Euro 1180,00 e 1968,00 per gli allacci di acqua e gas, nonché di Euro 30.000,00 a titolo di risarcimento del danno. Con il medesimo atto chiedeva l'autorizzazione a chiamare in causa l'ing. (...) per sentire accertare l'inesistenza del debito nei suoi confronti e per sentirne la condanna , unitamente al (...), al risarcimento dei danni ad esso imputabili. Instaurato il contradittorio, si costituiva (...) rilevando: - che l'incarico oggetto della trasformazione e della sopraelevazione dell'immobile era stato svolto dallo Studio (...) per la fase di realizzazione del progetto e dall'ing. (...) per la fase di realizzazione del progetto delle opere strutturali; - che per la fase di progettazione ed esecuzione delle opere era necessario anche nominare i coordinatori della sicurezza, individuati nel geom (...) e del geom. (...), mentre il (...) aveva svolto il ruolo di direttore dei lavori . per le sole opere architettoniche, mentre per le opere strutturali l ruolo era assunto dall'ing. (...); - che tutti i pagamenti effettuati dall'opponente riguardavano l'opera svolta dagli altri professionisti, ai quali erano imputabili le problematiche rappresentate dal (...); - che peraltro alcuni difetti erano imputabili alle ditte incaricate dell'esecuzione dei lavori delle quali la prima era stata dichiarata fallita e la seconda aveva abbandonato i lavori. Concludeva, quindi, per l'integrale rigetto dell'avversa opposizione e chiedeva in ogni caso la condanna dell'opponente al pagamento oggetto dell'ingiunzione con il favore delle spese di giudizio. In data 24 maggio 2012, (...) notificava a (...) atto di chiamata di terzo, previamente autorizzato dal G.I., nei confronti dell'ing. (...), chiedendo l'accertamento dei pagamenti effettuati e dei gravi danni subiti ascrivibili a difetti di progettazione. Costituendosi in giudizio, il (...) contestava i fatti e chiedeva a sua volta di essere autorizzato a chiamare in giudizio lo studio associato (...) e la compagnia la (...) , compagnia assicuratrice per la responsabilità professionale. Si costituiva la terza chiamata eccependo la prescrizione e rilevando l'insussistenza dei presupposti per riconoscere indennizzo assicurativo in quanto erano garantiti i danni derivanti alle opere oggetto di progettazione, direzione dei lavori o collaudo, o a quelle sulle quali o nelle quali si eseguono i lavori solo se provocati da rovina totale e , comunque, previa franchigia del 10%, con il minimo dei 2600,00 Euro. Con comparsa depositata in data 27 giugno 2019, (...) riassumeva la causa di opposizione proposta con atto notificato in data 20 febbraio 2012, avverso il decreto ingiuntivo emesso in data 22 dicembre 2011 e notificato in data 11 gennaio 2012, con il quale il Tribunale di Firenze gli aveva ingiunto di pagare la somma di Euro 7703,51, per la prestazione professionale di progettazione strutturale della sopraelevazione del fabbricato sopraindicato e relativamente alla quale il Tribunale adito aveva declinato la competenza, assumendo la continenza rispetto alla causa pendente davanti a questo Tribunale. A seguito della costituzione dello studio (...), veniva disposta la riunione tra i giudizio e, con sentenza emessa in data 17 novembre 2020, erano disattese le eccezioni sollevate dall'opponente in riferimento alla legittimazione dello studio professionale e di prescrizione del relativo diritto al compenso e disposta la remissione della causa in istruttoria per espletamento di CTU finalizzata a individuare quali dei riscontrati difetti siano riferibili a carenze progettuali, valutando la documentazione e gli elaborati redatti per il rilascio della relativa concessione edilizia, e quali siano invece da imputare ad omesso o cattivo controllo da parte del direttore dei lavori, per la specifica sfera di competenza, ovvero siano stati determinati dalla sua imperizia connessa all'assenza dei titoli necessari. Sentiti i testi ammessi ed espletata la CTU, all'udienza del 15 dicembre 2021 la causa era nuovamente trattenuta in decisione, previa concessione dei termini di cui all'art. 190 c.p.c.. MOTIVI DELLA DECISIONE Disattese le questioni pregiudiziali e preliminari sollevate, riconosciuta la concorrente legittimazione del (...) e dell'associazione professionale, con la sentenza emessa il 17 novembre 2020 (alla quale si fa espresso richiamo), occorre procedere all'esame del merito della controversia. 1. RICOSTRUZIONE DEI FATTI E MERITO DELLE PRETESE Si è già avuto modo di richiamare il principio secondo il quale con l'opposizione a decreto ingiuntivo si instaura un ordinario ed autonomo giudizio di cognizione che, sovrapponendosi allo speciale e sommario procedimento d'ingiunzione, si svolge secondo le norme del rito ordinario, nel quale il creditore opposto è gravato dall'onere di provare i fatti costitutivi della domanda proposta e può produrre nuove prove ad integrazione di quelle già offerte nella fase monitoria, per cui il giudice non valuta soltanto la sussistenza delle condizioni e della prova documentale necessarie per l'emanazione dell'ingiunzione, ma la fondatezza della pretesa creditoria nel suo (Cass. 12.3.2019, n 7020; Cass., 8.2.92, n.1410; Cass., 23.10.90, n. 10280). Su tale presupposto, si è dato atto che le pretese di credito poste a fondamento delle ingiunzioni hanno titolo giustificativo nei contratti di prestazione d'opera conclusi con (...). Mentre il contratto concluso dall'ing. (...), per conto ed in rappresentanza dello studio (...), l'incarico riguardava la progettazione, relativamente all'intervento di ristrutturazione e sopraelevazione di unità immobiliare sita nel comune di Lastra a Signa, località La Ginestra, in via C., 94/d., quello conferito al (...) la direzione dei lavori concernenti tali lavori. Al di là del ruolo svolto dal (...) nella individuazione della scelta della ditta appaltatrice, ovvero di altri professionisti, il corrispettivo richiesto dai due professionisti è riferito esclusivamente alle attività indicate nelle rispettive notule, in riferimento alle quali non hanno alcuna efficacia estintiva i pagamenti che il (...) ha allegato di avere effettuato a diverso titolo ai geom. (...) e (...) i quali, secondo quanto dedotto, hanno svolto attività di coordinatori della sicurezza e, per quanto risulta dalla notificazione all'INAIL e all'(...) rispettivamente di "Coordinatore in fase di esecuzione" e di "Coordinatore in fase di progettazione". Del pari, non rilevano le spese sostenute per allaccio del gas e dell'acqua, in quanto non è stato dimostrato che il (...) abbia ricevuto alcuno specifico incarico relativo a tali allacci. Peraltro. facendo applicazione dei principi che presiedono alla ripartizione dell'onere della prova di cui all'art. 2697 c.c. tra fatti costitutivi, a carico del creditore, e fatti modificativi o estintivi dell'obbligazione dedotta in giudizio, a carico del debitore ( Cass., 22.3.2021, n 8018), il (...) era tenuto, in presenza di contestazioni, ad offrire la dimostrazione dell'efficacia estintiva dei versamenti effettuati. Quanto alla determinazione del compenso professionale, elementi istruttori rilevanti si traggono dalla prima relazione depositata in data 13 luglio 2015 dal CTU, arch. (...). Rileva infatti il consulente: "... La proprietà della parte ricorrente, sita in Comune di Lastra a Signa, Via (...), è costituita da un piccolo edificio da terra a tetto e confina sul lato destro da un edificio simile , sul lato sinistro da uno spazio a cielo aperto interposto fra la proprietà e l'edificio contiguo, da un resede frontale recintato, da una corte tergale. L'edificio è costituito da due unità immobiliari di cui quella al piano terra, fondo commerciale, accessibile dal resede frontale e quella al piano primo, civile abitazione, accessibile da una scala esterna che attraverso un terrazzo di altra proprietà, posto nello spazio scoperto prima descritto, permette di raggiungere l'abitazione. L'edificio è stato oggetto di un intervento diristrutturazione che ha comportato da demolizione parziale del preesistente magazzino ad un solo piano fuori terra con la successiva sopraelevazione per l'ottenimento al piano primo di una civile abitazione. L'intervento edilizio è stato realizzato in forza del Permesso di Costruire n. 63 del 12/10/2006 protocollato al n. 12801 del 21/06/2006 e successiva variante n. 3005/2009 protocollata al n. (...) del 27/02/2009 entrambi a firma del geom. (...). Le opere strutturali sono state denunciate all'Ufficio del Genio Civile di Firenze al n. 131040 del 23/10/2007, successiva variante del 04/03/2008, integrazioni del 21/03/2008 e del 03/06/2008 con relazione di fine dei lavori del 23/01/2009. il progetto strutturale è a firma dell'Ing. (...). In data 16/10/2009 veniva inoltrato verbale di collaudo a Firma dell'Ing. M.F.. Al momento del sopraluogo l'immobile risultava in parte da completare per quanto riguarda opere di finitura, infissi del piano terra, allacciamento ai pubblici servizi e sistemazione dei resedi esterni con relative recinzioni. L'immobile e relativi resedi si presentavano in precarie condizioni di manutenzione. Per quanto sopra le unità immobiliari risultavano non utilizzabili ..." La conclusione ed il contenuto dei contratti non sono stati oggetto di contestazione e, da quanto allegato, può essere concluso che in entrambi i casi non sia stato concordato il corrispettivo, così che devono trovare applicazione dei criteri di cui all'art. 2236 c.c. ( salvo quanto si dirà per la validità della direzione dei lavori). In ordine a tale punto, infatti, già nella sentenza sopra richiamata si è dato atto che il preventivo allegato dal (...), peraltro del tutto generico sui tempi e sul riferimento dettagliato delle prestazioni, è stato comunque contestato e pertanto, in assenza di convincenti dati istruttori, non può integrare il corrispettivo convenuto dalle parti. In ordine al corrispettivo, il (...) ha richiamato le precedenti richieste (del maggio 2010 e del novembre 2010, da parte del (...) e del giugno 2010, da parte del (...)) che, tuttavia, vengono imputate al computo dell'IVA e della percentuale connessa alla interruzione dei rapporti, su cui non sono state mosse contestazioni di sorta. Trattandosi di incarichi distinti, relativamente ai quali sono state avanzate autonome domande, le cause dovranno essere esaminate partitamente, con la precisazione che - a seguito della riassunzione del giudizio instaurato innanzi al Tribunale di Firenze - quanto al compenso per l'opera di progettazione, sussiste la legittimazione concorrente dell 'ing. (...) e dello STUDIO (...), che hanno concordemente concluso. Invero, il credito vantato dai professionisti e dedotto nel presente giudizio scaturisce dall' incarico professionale relativo ad una composita attività concernente, per quanto concerne l'ing. (...), la redazione e la presentazione di un progetto strutturale relativo alla sopraelevazione di un fabbricato di proprietà del (...), posto in (...) a (...), località G. F., via C. 94/d, descritta analiticamente nella notula presentata al competente ordine professionale. Si è già avuto modo di rilevare come il (...) abbia chiarito di essere professionista facente parte all'associazione professionale (...) e, in tale qualità, ha legittimazione ad ottenere il compenso professionale richiesto con il decreto ingiuntivo richiesto ed ottenuto dal Tribunale di Firenze. Non ha infatti trovato riscontro istruttorio la circostanza del perfezionamento di un accordo anche in ordine alla determinazione del compenso , così che nessuna rilevanza può conferirsi anche a precedenti richieste avanzate dal professionista per importi differenti rispetto alla corretta quantificazione in forza delle tariffe vigenti. D'altra parte, in tema di contestazione sul "quantum" preteso a titolo di prestazioni professionali, in forza del combinato disposto di cui agli artt. 2697 c.c. e 115, comma 1, c.p.c., il debitore ha l'onere di contestare in modo specifico la richiesta di compenso del professionista nel caso in cui essa muova da un conteggio preciso e dettagliato, mentre può limitarsi ad eccepire la mera esorbitanza del compenso richiesto solo laddove tale richiesta si limiti ad indicarlo in un importo complessivo e globale, senza specificazioni, spettando in questo caso al creditore dimostrare, a fronte della contestazione dell'altra parte, la correttezza della propria pretesa sulla base di determinati parametri (vale a dire, che l'importo richiesto è quello dovuto, alla stregua della convenzione delle parti, delle tariffe professionali applicabili o degli usi, ex Cass., 1.12.2021, n 37788). Relativamente all'opera prestata dal geom. (...), invece, l'oggetto della prestazione professionale era inerente alla direzione dei lavori relativi a tale intervento edilizio, alla redazione della variante finale ed all'attività svolta in occasione del procedimento di ATP, relativo al procedimento instaurato dai proprietari dell'immobile confinante. Invero, anche relativamente a tale attività l'opponente non ha contestato né di avere dato incarico, né il suo effettivo svolgimento, pur evidenziando che i motivi della nomina erano da ricondursi alla conoscenza dei fatti più che ad una attestazione di fiducia. Anche per tale attività, tuttavia, in assenza di accordo sul corrispettivo, trovano applicazione le tabelle professionale ed i parametri anche equitativi richiamati dal CTU, non potendosi ritenere ritenersi che l'attività sia stata svolta a titolo gratuito. Conseguentemente, occorre verificare la corretta applicazione delle tariffe professionali nella notula prodotta, poiché il valore vincolante del parere dell'ordine competente è limitato alla procedura monitoria, non in fase di cognizione ordinaria, tenendo comunque presente l'inderogabilità dei minimi tariffari prescritti dalla L. n. 143 del 1949. La relazione depositata in data 8 luglio 2021 dal CTU, arch. (...), ha dato atto che "... l'intervento edilizio che ha interessato l'immobile di proprietà (...) sito in comune di Lastra a Signa, località G. F., via C. 94/ consistito nella ristrutturazione con parziale demolizione e ricostruzione della precedente unità immobiliare mediante la ricostruzione e la sopraelevazione del manufatto al fine di ottenere al piano terra una unità a destinazione commerciale ed al piano primo con sottotetto una unità a destinazione residenziale. L'intervento edilizio comprendeva la sistemazione del resede tergale compreso un muro a retta di contenimento del terreno a monte, un sistema di smaltimento delle acque pluviali e la sistemazione del resede frontale posto fra il fabbricato e la pubblica viabilità". Nell'accertamento del compenso dovuto, il CTU ha fatto riferimento alla documentazione allegata per individuare le prestazioni effettivamente svolte dai professionisti. Quanto alla determinazione della base di calcolo per l'applicazione degli scaglioni previsti dalle tariffe, il CTU ha assunto il valore di Euro 119.352,46, facendo riferimento alle opere richiamate nelle notule, che trovano indiretta conferma nel prezzo di appalto indicato nel contratto sottoscritto il concluso con la ditta esecutrice dei lavori e dal tecnico stimato congruo, facendo riferimento a quanto indicato nella delibera dell'Ordine degli Architetti di Firenze del 2018 che indica per le costruzioni civili i seguenti parametri: - Ristrutturazione di tipo medio (piano terra) Euro 993.77/mq x mq. 39.00 = 38.757,03; - Nuova edificazione residenziale (P.1 ) Euro 1.034,33/mq. x mq. 39,00 = 40.338,87; - Nuova edificazione residenziale (P.2 ) Euro 1.034,33/mq. x mq. 29,00 = 30.256,57 - Sistemazioni esterne stimate a forfait = 10.000,00 - Sommano complessivamente EURO 119.352,47. Opere strutturali: Visto l'intervento edilizio in cui le parti strutturali sono predominanti si considera che l'incidenza delle opere strutturale (fondazioni, pilastri, travi, solette, solai e copertura, muro a retta tergale) incidano al 30% = Euro 119.352,47 x 2% = EURO 35.805,60 Tale dato, in assenza di contestazioni, appare certamente quello più adeguato per qualificare il tipo di prestazione espletata dai due professionisti, poiché riferito alla concreta situazione dell'opera assunta nel contratto di appalto sottoscritto con l'impresa che ha dato attuazione allo stesso intervento e in epoca prossima allo stesso mandato. Su tale valore, quindi, il ctu ha di seguito fatto applicazione della tariffa professionale di riferimento, desumibile dalla L. n. 143 del 1949 e dalla L. n. 144 del 1949, con motivazione esente da vizi logici e convincente, in linea con le interpretazioni acquisite presso lo stesso ordine degli architetti di Prato. Quanto alla notula dell'ING. (...) , corretto il riferimento alla tariffa degli architetti e degli ingegneri di cui alla L. n. 143 del 1949 , gli importi sono stati ricalcolati sulla base dell'importo a base pari a Euro 35.000,00. Così di seguito nella relazione di CTU ( pag 5-6): IMPORTO A BASE NOTULA = Euro 35.000,00 Categoria I classe G Tabella H4 percentuale afferente a Euro 35.000,00 = 13,254% Prestazione completa - L. n. 143 del 1949 = 1,00 Onorari = 35.000,00 x 13,254% = Euro 4.638,90 Spese al 30% = Euro 1.391,67 Saldo = Euro 6.030,57 Contributo Cassa Nazionale 4% = Euro 241,22 IMPONIBILE = Euro 6.271,79 IVA al 18 gennaio 2011 = 20% = Euro 1.254,36 SOMMANO = Euro 7.526,15 Anziché Euro 7.588,06 perché errata l'applicazione dell'IVA Spese per tassazione notule = Euro 115,45 TOTALE ONORARI, SPESE ED ONERI FISCALI = Euro 7.558,15 RICALCOLANDO CON ALIQUOTA IVA AL 22% IMPONIBILE = Euro 6.271,79 IVA al 25/05/2021 = 22% = Euro 1.379,79 SOMMANO = Euro 7.651,58 SPE SE TASSAZIONE NOTULA = Euro 115,45 TOTALE = Euro 7.767,03 Sembra corretto il richiamo all'onorario a percentuale della tabella H4 classe G, categoria (...) (relativa agli edifici di abitazione civile), ed alla interpolazione lineare per applicazione della tabella sugli importi stimati. Dalle somme riconosciute devono essere detratti Euro 1.694,50, che il professionista ha riconosciuto essere stati corrisposti, e sul residuo di Euro 6072,53 devono essere riconosciuti gli interessi moratori nella misura prevista dalla legge professionale dalla costituzione in mora sino all'effettivo saldo. In particolare, quanto alla notula del GEOM. (...) , richiamata la tariffa dei geometri di cui alla L. n. 144 del 1949 (tariffa dei geometri) ha proceduto a ricalcolare il compenso sulla base dell'importo a base notula indicato dal Geom. (...) (pari a Euro 100.000,00 e ritenuto congruo in base alle verifiche precedentemente elencate. Così di seguito nella relazione di CTU ( pag 4-5): A) IMPORTO A BASE NOTULA = Euro 100.000,00 Categoria I classe D Tabella H4 percentuale afferente a Euro 100.000,00 = 8,9928% Direzione dei Lavori art. 56 - 57 L. n. 144 del 1949,34 = 0,34 Onorari = 100.000,00 x 8,9928% x 0.34 = Euro 3.057,55 Maggiorazione 25% per prestazioni parziali art. 59 = Euro 764,39 B) Variante finale ai sensi art. 142 L.R. n. 1 del 2005 = Euro 1.400,00 (notula a discrezione considerata congrua) C) Consulenze per A.T.P. = Euro 700,00 (notula a discrezione considerata congrua) Saldo = Euro 5.921,93 Contributo Cassa Nazionale 4% = Euro 236,87 IMPONIBILE = Euro 6.158,80 IVA al 18 gennaio 2011 = 20% = Euro 1.231,76 SOMMANO = Euro 7.390,56 Spese effettuate La L. n. 144 del 1949 all'art. 21 riconosce che il geometra abbia diritto al rimborso spese ma non in maniera forfettaria. Pertanto secondo il CTU il rimborso forfettario del 15% non è dovuto ma e dovuto il rimborso per i diritti di tassazione notule pari ad Euro 177,00. Rimborso Spese = Euro 177,00 TOTALE ONORARI, SPESE E ONERI FISCALI = Euro 7.567,56 RICALCOLANDO CON ALIQUOTA IVA AL 22% IMPONIBILE = Euro 6.158,80 IVA al 25/05/2021 = 22% = Euro 1.354,94 SOMMANO = Euro 7.513,74 SPESE TASSAZIONE NOTULA = Euro 177,00 TOTALE = Euro 7.690,00 2. NULLITA' DEL CONTRATTO CONCERNENTE LA DIREZIONE DEI LAVORI. Purtuttavia, per quanto concerne il rapporto intercorrente con il geom (...), occorre considerare che per alcuni degli incarichi l'opponente ha contestato sin dall'atto di opposizione la sussistenza di idoneo titolo professionale, circostanza che si riflette sulla validità dell'originario contratto. A riguardo, infatti, va considerato che le competenze del geometra, ai sensi dell'art. 16 del R.D. n. 274 del 1929 (...), sono le seguenti: - l) progetto, direzione, sorveglianza e liquidazione di costruzioni rurali e di edifici per uso d'industrie agricole, di limitata importanza, di struttura ordinaria, comprese piccole costruzioni accessorie in cemento armato, che non richiedono particolari operazioni di calcolo e per la loro destinazione non possono comunque implicare pericolo per la incolumità delle persone; nonché di piccole opere inerenti alle aziende agrarie, come strade vicinali senza rilevanti opere d'arte, lavori d'irrigazione e di bonifica, provvista d'acqua per le stesse aziende e riparto della spesa per opere consorziali relative, esclusa, comunque, la redazione di progetti generali di bonifica idraulica ed agraria e relativa direzione; - m) progetto, direzione e vigilanza di modeste costruzioni civili. La Corte di Cassazione, ha reiteratamente affermato che è nullo il contratto di affidamento della direzione dei lavori di costruzioni civili ad un geometra, ove la progettazione richieda l'esecuzione, anche parziale, dei calcoli in cemento armato, attività demandata agli ingegneri, attese le limitate competenze attribuite ai geometri dall'art. 16 del R.D. n. 274 del 1929 ( Cass., 24/01/2019, n 2038; Cass. sez. II, 24/03/2016, n.5871; Cass. Civ., sez. 02, del 21/03/2011, n. 6402; Cass. Civ., sez. 02, del 26/07/2006, n. 17028,). Il criterio per accertare se una costruzione sia da considerare modesta, e quindi se la sua progettazione rientri nella competenza professionale dei geometri, ai sensi dell'art. 16, lett. m), R.D. n. 274 del 1929, consiste nel valutare le difficoltà tecniche che la progettazione e l'esecuzione dell'opera comportano e le capacità occorrenti per superarle. E, a questo fine, assume significativa rilevanza anche il fatto che la costruzione sorga in zona sismica, con conseguente assoggettamento di ogni intervento edilizio alla normativa di cui alla L. n. 64 del 1974, la quale impone calcoli complessi che esulano dalle competenze professionali dei geometri (Cassazione civile sez. II, 17/11/2015, n. 23510). In linea con la giurisprudenza della Corte di legittimità (cfr. (Cass., 24/01/2019, n 2038; Cass. sez. II, 24/03/2016, n.5871;Cass. 26.7.2006, n. 17028), secondo cui a norma dell'art. 16, lett. m), R.D. 11 febbraio 1929, n. 274, che non è stato modificato dalla L. n. 1068 del 1971, deve quindi concludersi che la competenza dei geometri è limitata alla progettazione, direzione e vigilanza di modeste costruzioni civili, con esclusione di quelle che comportino l'adozione - anche parziale - di strutture in cemento armato, mentre, in via d'eccezione, si estende anche a queste strutture, a norma della lett. l) del medesimo articolo, solo con riguardo alle piccole costruzioni accessorie nell'ambito degli edifici rurali o destinati alle industrie agricole, che non richiedano particolari operazioni di calcolo e che per la loro destinazione non comportino pericolo per le persone, essendo riservata agli ingegneri la competenza per le costruzioni civili, anche modeste, che adottino strutture in cemento armato ( Cass. 21.3.2011, n. 6402; Cass. 21.12.2006, n. 27441). Secondo l'orientamento consolidato della S.C., poi, il progetto redatto da un geometra in materia riservata alla competenza professionale degli ingegneri è illegittimo, non rilevando né che sia stato controfirmato da un ingegnere, né che un ingegnere esegua i calcoli del cemento armato e diriga le relative opere, perché è il professionista competente che deve essere, altresì, titolare della progettazione, assumendosi la relativa responsabilità ed è proprio dal personale possesso del titolo abilitante da parte di quest'ultimo che dipende la validità del negozio. Nella suddetta ipotesi, secondo tale impostazione, il rapporto tra il geometra ed il cliente è radicalmente nullo ed al primo non spetta alcun compenso per l'opera svolta, ai sensi dell'art. 2231 c. c.. ( Cass., 24/01/2019, n 2038, in proposito cfr. anche Cass. 30.8.2013, n. 19989). Ebbene, nel caso di specie, certamente non si rientra nella ipotesi di cui alla lettera l ) concernente "piccole costruzioni accessorie nell'ambito degli edifici rurali o destinati alle industrie agricole", in quanto risulta dalla documentazione prodotta trattarsi di immobile destinato ad attività commerciale e, comunque, situato all'interno del centro abitato di (...) a (...). E', inoltre, da escludere, che la costruzione possa essere qualificata "modesta", risultando l'adozione - anche solo parziale - di strutture in cemento armato, così che deve essere riconosciuta la radicale nullità delle prime due voci riconosciute dal CTU, essendo legittimo solo lo svolgimento dell'opera professionale concernente il procedimento di ATP. 3. VIZI E DIFETTI DELL'OPERA. RESPONSABILITA' PROFESSIONALE Le doglianze dell'opponente, quanto al rapporto con entrambi i professionisti, sono ancora state incentrate sul non corretto adempimento degli incarichi, in parte in ragione della qualità soggettiva del direttore dei lavori e delle negligenze determinate dalla mancata presenza sul cantiere, in parte, per le carenze di carattere progettuale. Anche sui punti oggetto di contestazioni, le argomentazioni sottese alle relazioni depositate il 13 luglio ed il 19 novembre 2015, alla luce dei chiarimenti e precisazioni contenute nella relazione in ultimo depositata nel luglio 2021, appaiono puntuali e convincenti e possono essere fatte proprie del Tribunale, In relazione a tale intervento edilizio, anche attraverso l'effettuazione di saggi e opere di verifica, il CTU ha sottoposto ad analisi una serie di difetti e vizi a riscontro delle doglianze dell'opponente. In particolare, - a) C.T.: il collarino di completamento della copertura fuoriesce dalla proprietà (...) e insiste sulla proprietà confinante per circa cm. 12; - b) TUBAZIONE DI SCARICO LIQUAMI; - c) CANALIZZAZIONI: si è riscontrata la presenza di canalizzazioni in facciata per cavi elettrici e/o telefonici che passano attraverso i parapetti laterali in muratura dei terrazzi,; - d) PARAPETTI LATERALI DEI TERRAZZI: i parapetti realizzati in muratura presentano sia sul dietro che sul davanti delle fessurazioni fra le facciate dell'edificio e i parapetti stessi; - e) IL TERRAZZO FRONTALE è risultato privo di beccucci di scolo e di canaletta; - f) SUL MURO DI SINISTRA AL PIANO TERRENO sono state riscontrate vistose tracce di umidità con presenza estesa di muffe su tutta la superficie; - g) LA PORTA A SCRIGNO di accesso al WC è risultata danneggiata da umidità; - h) IN ADIACENZA DELLA PARETE DESTRA AL PIANO TERRENO è stata realizzata una controparete necessaria per una corretta esecuzione delle opere; - i) RISVOLTI MURI DI CONTENIMENTO: non sono stati eseguiti i risvolti laterali a difesa delle proprietà confinanti , in conformità al progetto; - j) MURO DI CONTENIMENTO TERGALE non presenta dalla parte contro terra né drenaggio né sfogo delle acque meteoriche. - k) RESEDE POSTERIORE è risultato non completato e la pavimentazione e griglia di raccolta acqua insufficiente: - l) GIUNTI SISMICI: il giunto orizzontale fra la trave e la preesistente muratura anziché essere di cm. 3,00 risulta di cm. 1,50 circa. - m) MURATURA A CONFINE (...) non rifinita e mancante d'intonaco e di tinteggiature. - n) CUCINA LA PIANO PRIMO: manca la canna fumaria. - o) SFIATO BAGNO PIANO PRIMO: dalla video ispezione è risultato che il tubo di sfiato, pur con qualche curva arriva fin sopra la copertura. - p) PAVIMENTO PIANO PRIMO IN PROSSIMITA' PORTA presenta livelli irregolari ed è risultato montato in maniera imperfetta - q) FINESTRE A TETTO: sono rifinite male e non è stato montato il motorino di apertura. Specificamente, il CTU analizzando le specifiche censure e lamentele da parte del cliente, ha ritenuto di escludere che i difetti riscontrati siano da imputare all'attività di progettazione architettonica espletata dall'ing. (...), in quanto la situazione riscontrata è riferibile all'andamento dei lavori ed alla sospensione degli stessi imputabili alla responsabilità delle ditte appaltatrici. Di seguito, lo schema riepilogativo elaborato dal CTU ( pag. 8-9 della relazione) Omissis Come si vede, l'unico aspetto di rilievo in fase progettuale e valutato già nelle precedenti relazioni, era rappresentato dalle caratteristiche dimensionali del giunto tecnico. Su tale punto, tuttavia, l'arch. (...) ha chiarito che nel grafico del progetto esecutivo depositato al genio civile indicava un giunto di dilatazione di cm. 3,00, mentre nella fase esecutiva i giunti sono stati realizzati dalla ditta appaltatrice ad una misura inferiore, pari a cm. 1,5. La dimensione presente in progetto rispetto a quella ritenuta ottimale e pari a cm 3,50, ad avviso del CTU, non può essere qualificata errore progettuale in quanto compatibile con l'applicazione di un coefficiente di rischio sismico uguale o inferiore ad uno sulla quota dei punti affacciati misurata dal piano di fondazione, mentre la realizzazione alla misura di appena 1,50, inferiore a quanto indicato in progetto, costituisce un difetto da attribuire all'impresa esecutrice. Sulla base di tale valutazione, l'unico difetto imputato ad erronea redazione del progetto architettonico è rappresentato dalla fuoriuscita del collarino in muratura rispetto ai confini della proprietà del (...), rispetto alla proprietà confinante, quantificando l'importo di Euro 2151,56, quale spesa necessaria per la sua demolizione che può essere scomputata dal credito del professionista in quanto inesatto adempimento. Trattandosi di danno da illecito contrattuale, sull'importo - stimato al luglio 2015 ( epoca della prima relazione) - occorre computare la rivalutazione monetaria secondo gli indici Istat relativi all'andamento dei prezzi al consumo per le famiglie di impiegati ed operai, pervenendo alla somma di Euro 2377,47 ai valori attuali. Relativamente all'opera svolta dal direttore dei lavori, invece, il locale cottura è risultato privo di canna fumaria e, ad avviso del CTU, la mancata realizzazione non può essere imputata all'impresa in quanto nei grafici di progetto non era presente alcuna indicazione descrittiva che comportasse la esigenza di tale realizzazione. Secondo tale prospettiva, poiché l'esigenza è evidentemente sorta nella fase di esecuzione delle opere, la mancata realizzazione rientra nella sfera di responsabilità del direttore dei lavori che non ha dato indicazioni all'impresa di provvedere in tal senso. Invero, in tema di responsabilità conseguente a vizi o difformità dell'opera appaltata, il direttore dei lavori, pur prestando un'opera professionale in esecuzione di un'obbligazione di mezzi e non di risultato, è chiamato a svolgere la propria attività in situazioni involgenti l'impiego di peculiari competenze tecniche e deve utilizzare le proprie risorse intellettive e operative per assicurare, relativamente all'opera in corso di realizzazione, il risultato che il committente-preponente si aspetta di conseguire, onde il suo comportamento deve essere valutato non con riferimento al normale concetto di diligenza, ma alla stregua della "diligentia quam in concreto". Rientrano, pertanto, nelle obbligazioni del direttore dei lavori, l'accertamento della conformità sia della progressiva realizzazione dell'opera al progetto, sia delle modalità dell'esecuzione di essa al capitolato e/o alle regole della tecnica, nonché l'adozione di tutti i necessari accorgimenti tecnici volti a garantire la realizzazione dell'opera senza difetti costruttivi; sicché non si sottrae a responsabilità il professionista che ometta di vigilare e di impartire le opportune disposizioni al riguardo, nonché di controllarne l'ottemperanza da parte dell'appaltatore e, in difetto, di riferirne al committente ( Cass., 7.2.2020, n 2913; Cass., 4.11.2021, n 31601). Per tale ragione, i costi relativi alla realizzazione di tale canalizzazione ammontanti ad Euro 783,24 sono imputabili all'inesatto adempimento dell'incarico da parte del (...) che, pertanto, sarà tenuto a risponderne. I professionisti, sulla scorta di tali valutazioni, sono tenuti a ridurre il rispettivo compenso professionale in misura corrispondente all'entità del pregiudizio economico determinato per la non corretta esecuzione del rispettivo mandato professionale. In applicazione delle superiori valutazioni, l'onorario professionale per l'opera svolta dall'ing. (...), anche in veste di associato dello Studio (...), andrà quindi decurtato dell'importo di Euro 2151,56 , mentre verrà sostanzialmente a compensarsi quanto liquidato ( anche in via equitativa) per l'espletamento di ATP con l'importo di Euro 783,24, rientrante nella sua sfera di responsabilità contrattuale comunque esistente. 4. DOMANDA DI GARANZIA Non ricorrono, infine, le condizioni per accogliere la domanda di manleva o garanzia proposta dal (...) e dallo (...). Invero, il contratto di assicurazione era già efficace all'epoca dell'espletamento del progetto, in quanto era stato concluso il 22 dicembre 2003 (polizza n (...)), e tuttavia la riscontrata responsabilità per i danni nella tipologia di rischi assicurati dalla polizza conclusa con la F., anche in considerazione della misura della franchigia (Euro 2600,00). Invero, la copertura della polizza aveva ad oggetto i danni causati alle opere oggetto di progettazione solo se direttamente conseguenti a rovina delle opere o gravi difetti tali da compromettere in maniera certa ed attuale la stabilità dell'opera (lett. H del contratto), caratteristiche che non sono riscontrabili nell'unico aspetto di rilievo accertato dal CTU. Infine, in applicazione alle regole sulla soccombenza, nei confronti del (...) e dello studio (...) l'opponente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali liquidate in dispositivo tenendo conto dell'attività svolta e del valore della controversia, compensandole per metà in ragione della parziale soccombenza in ordine alla eccezione di inesatto adempimento ed al minor credito riconosciuto ai professionisti. Poiché la chiamata in giudizio era giustificata dalle originarie pretese risarcitorie del (...) ricorrono le condizioni per la integrale compensazione delle spese di lite nei confronti della Compagnia assicuratrice, così come nei confronti del (...), in considerazione della reciproca soccombenza. P.Q.M. Il Tribunale di Prato, sulle antescritte conclusioni dei procuratori delle parti, definitivamente pronunciando sulla opposizione proposta, con atto di citazione notificato in data 11 dicembre 2011 , da (...) avverso il decreto ingiuntivo, emesso in data 14 ottobre 2011, notificato il 2-3 novembre 2011, a favore di (...), nonché sulle ulteriori domanda proposte rispettivamente proposte nei confronti di (...) e dello studio (...), in persona del legale rappresentante p.t e da questi nei confronti di U.S. Spa, in persona del legale rappresentante p.t., ogni diversa istanza, eccezione e deduzione disattesa, così provvede: a) accoglie l'opposizione e revoca i decreti ingiuntivi emessi a favore dei professionisti; b) dichiara la nullità del contratto avente ad oggetto la direzione dei lavori descritti in parte motiva e la integrale compensazione giudiziale tra il credito residuo di (...) e il controcredito per responsabilità professionale; c) condanna (...) al pagamento , a favore di (...) e dello studio (...), dell'importo di Euro 6072,53, da cui deve essere detratta la somma di Euro 2377,47 dovuta a titolo di risarcimento per responsabilità professionale, con interessi di mora come specificato in parte motiva, dalla domanda al soddisfo; d) condanna (...) al pagamento delle spese di lite sostenute da (...) e dallo studio (...), liquidate in complessive Euro 7254,00, per compenso di avvocato, oltre I.V.A., C.P.A. e spese generali nella misura di legge e di CTU separatamente liquidate, compensandole per metà; e) dichiara l'integrale compensazione delle spese di lite tra le altre parti del giudizio. Così deciso in Prato il 5 luglio 2022. Depositata in Cancelleria il 5 luglio 2022.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE DI PRATO in persona del giudice istruttore, dott. Michele Sirgiovanni, in funzione di giudice unico, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa iscritta a ruolo il 24 agosto 2017 e segnata al N. 2681/2017 Ruolo Generale promossa da: (...), rappresentato e difeso dall'avv. Si.CA. ed elettivamente domiciliato presso e nel suo studio in Prato, via (...), ang Via (...), giusta procura allegata; Fax. (...) Pec: (...) Attore contro: (...), rappresentata e difesa dall'Avv. Ma.Ni., ed elettivamente domiciliata presso il suo studio in Prato, via (...), come da mandato in atti; Fax: (...) Pec: (...) Convenuta SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con atto di citazione notificato in data 16 agosto 2017, (...) esponeva: - di avere acquistato in comunione con la propria moglie, (...) l'immobile posto in Prato, alla originaria Via(...), 2/E, successivamente rinominata Via (...), n. 14 e, precisamente: -porzione costituita dall'appartamento di vani quattro, oltre cucina, servizi al piano terreno, a destra guardando il fabbricato, con giardino esclusivo sul davanti e sul tergo, alcuni vani accessori ed un piccolo ad uso di cantina al piano seminterrato, porzione del corpo di fabbricato avente accesso dal n.c 2/E della già Via(...); -vani quattro ad uso di autorimessa posti al piano seminterrato, di cui uno con accesso dal n.c 2/d della già via(...) e gli altri tre con accesso dal n.c. 2 della stessa via. Il tutto confinato da parti condominiali per più lati, già Via(...), proprietà C. e B., proprietà L. e (...), salvo altri. - che tali beni erano individuati all'Ufficio del Territorio di Prato - Catasto Fabbricati del Comune di P. - alla Partita n. 33367, nel Foglio di Mappa n. (...), particella (...), ed esattamente: subalterno (...), categoria (...), classe (...), vani 9,5, rendita catastale Euro 1.496,43, l'appartamento, vani accessori, cantina e giardino; subalterno (...), categoria (...), classe (...), superficie mq 27, rendita catastale Euro 150,60, la prima autorimessa; subalterno (...), categoria (...), classe (...), superficie mq 18, rendita catastale Euro 100,40, la seconda autorimessa; subalterno (...), categoria (...), classe (...), superficie mq 18, rendita catastale Euro 100,40, la terza autorimessa; subalterno (...), categoria (...), classe (...), superficie mq 17, rendita catastale Euro 94,82, la quarta autorimessa; - che, in assenza di accordo tra le parti, occorreva procedere alla divisione giudiziale degli immobili acquistati in regime di separazione dei beni, con atto di compravendita per notar (...) concluso il (...) ( Rep. N (...)). Tanto premesso, conveniva innanzi a questo Tribunale (...) per ottenere la divisione dei beni e procedere alla vendita, ai sensi degli artt. 788 e ss. c.p.c. provvedendo alla ripartizione della somma ricavata in proporzione delle rispettive quote dei comproprietari (50% cadauno ovvero alla formazione di progetto di divisione ed l'assegnazione dei lotti e la quantificazione di eventuali conguagli in danaro, ove necessari.. Instauratosi il contraddittorio, si costituiva (...) deducendo di non avere motivi di opporsi alla domanda di divisione, previa valutazione del valore dell'immobile, di formazione dell'immobile sulla scorta del complessivo rapporto di dare avere tra le parti, tenendo conto altresì del provvedimento di assegnazione della casa coniugale che era stato disposto anche e soprattutto nell'interesse dei figli minori della coppia. Alla luce di tali rilievi, riservava in ogni caso di avanzare richiesta di assegnazione e, in via subordinata, richiedeva la determinazione dei lotti e la predisposizione del relativo progetto di divisione per procedere alla vendita, in ogni caso con condanna aggravata nei confronti dell'attore, ai sensi dell'art. 96 c.p.c., atteso l'evidente danno che il giudizio avrebbe comportato anche per i figli minori. Quindi, a seguito di istruzione con documenti ed espletamento di CTU all'udienza del 18 novembre 2021 la causa era riservata in decisione sulle conclusioni in epigrafe trascritte, previa concessione dei termini di cui all'art. 190 c.p.c.. MOTIVI DELLA DECISIONE Le domande proposte sono fondate e meritano accoglimento nei limiti della seguenti considerazioni. 1. BENI DA DIVIDERE E LA COMODA DIVISIBILITA' La domanda relativa alla divisione dei beni oggetto di comunione legale tra coniugi è ammissibile e deve conseguentemente essere accolta esclusivamente nei limiti della seguente motivazione. In linea generale, si osserva che è principio pacifico che la comunione legale tra i coniugi perdura fino al passaggio in giudicato della sentenza di separazione personale o di divorzio (Cass., 13.1.2021, n 376; Cass., 24.5.2005, n 10896; Cass., 5.12.2003, n 18619;Cass., 29.1.90, n. 560, in Foro it. 1990, I, 2238, in Arch. locaz. 1990, 729 e Dir. fam. 1990, 1123; Trib. Genova, 16.1.86, in Dir. fam. 1986, 622). Nel caso di specie, tuttavia, si deve registrare che il bene è stato acquistato dai coniugi in regime di separazione di beni, così che la domanda di divisione si presenta senz'altro ammissibile in quanto sul medesimo si costituita una comunione ordinaria. Oggetto della domanda è rappresentato dai seguenti beni: 1) appartamento, unità immobiliare intestata ai proprietari (...) nato a P. il (...) proprietario per 1/2 e (...) nata a P. il (...) proprietaria per 1/2 e rappresentata nel Foglio (...) particella (...) subalterno (...) categoria (...) classe (...) Consistenza 9.5 vani rendita catastale Euro. 1496,43 Via S. M. n.2/E piano S1-T (dati derivanti da inserimento dei dati di superficie del 09.11.2015; VARIAZIONE TOPONOMASTICA del 29/06/2013 protocollo n. (...); COSTITUZIONE del 18/06/1995 in atti dal 03/10/1995 Prot.n.130812./1995); 2-AUTORIMESSA All'Agenzia delle Entrate - Direzione Provinciale di Prato - Ufficio Provinciale del Territorio - Servizi Catastali - Sezione Urbana l'unità immobiliare risulta intestata per giusto conto ai proprietari (...) nato a P. il (...) proprietario per 1/2 e (...) nata a P. il (...) proprietaria per 1/2 e rappresentata nel Foglio (...) particella (...) subalterno (...) categoria (...) classe (...) Consistenza 27 metri quadrati rendita catastale Euro. 150,60 (dati derivanti da inserimento dei dati di superficie del 09.11.2015; VARIAZIONE TOPONOMASTICA del 29/06/2013 protocollo n. (...); COSTITUZIONE del 18/06/1995 in atti dal 03/10/1995 Prot.n.(...)) 3-AUTORIMESSA All'Agenzia delle Entrate - Direzione Provinciale di Prato - Ufficio Provinciale del Territorio - Servizi Catastali - Sezione Urbana l'unità immobiliare risulta intestata per giusto conto ai proprietari (...) nato a P. il (...) proprietario per 1/2 e (...) nata a P. il (...) proprietaria per 1/2 e rappresentata nel Foglio (...) particella (...) subalterno (...) categoria (...) classe (...) Consistenza 18 metri quadrati rendita catastale Euro. 100,40 (dati derivanti da inserimento dei dati di superficie del 09.11.2015; VARIAZIONE TOPONOMASTICA del 29/06/2013 protocollo n. (...); COSTITUZIONE del 18/06/1995 in atti dal 03/10/1995 Prot.n.(...)) 4-AUTORIMESSA All'Agenzia delle Entrate - Direzione Provinciale di Prato - Ufficio Provinciale del Territorio - Servizi Catastali - Sezione Urbana l'unità immobiliare risulta intestata per giusto conto ai proprietari (...) nato a P. il (...) proprietario per 1/2 e (...) nata a P. il (...) proprietaria per 1/2 e rappresentata nel Foglio (...) particella (...) subalterno (...) categoria (...) classe (...) Consistenza 18 metri quadrati rendita catastale Euro. 100,40 (dati derivanti da inserimento dei dati di superficie del 09.11.2015; VARIAZIONE TOPONOMASTICA del 29/06/2013 protocollo n. (...); COSTITUZIONE del 18/06/1995 in atti dal 03/10/1995 Prot.n.(...)) 5-AUTORIMESSA All'Agenzia delle Entrate - Direzione Provinciale di Prato - Ufficio Provinciale del Territorio - Servizi Catastali - Sezione Urbana l'unità immobiliare risulta intestata per giusto conto ai proprietari (...) nato a P. il (...) proprietario per 1/2 e (...) nata a P. il (...) proprietaria per 1/2 e rappresentata nel Foglio (...) particella (...) subalterno (...) categoria (...) classe (...) Consistenza 17 metri quadrati rendita catastale Euro. 94,82 (dati derivanti da inserimento dei dati di superficie del 09.11.2015; VARIAZIONE TOPONOMASTICA del 29/06/2013 protocollo n. (...); COSTITUZIONE del 18/06/1995 in atti dal 03/10/1995 Prot.n.(...)) (Allegato n.6 ) b) Per quanto concerne la divisione dell'immobile, le contestazioni insorte tra le parti non hanno riguardato il bene da ritenersi comune e, conseguentemente, i reciproci diritti alla divisione, né in verità la impossibilità di pervenire alla formazione di distinte porzioni, A tal proposito, peraltro, considera il Tribunale che il concetto di comoda divisibilità di un bene immobile, cui fa riferimento l'art. 720 c.c. e 1114 c.c. postula, sotto l'aspetto strutturale, che il frazionamento del bene sia attuabile mediante determinazione di quote concrete suscettibili di autonomo e libero godimento e non gravate, almeno di norma, da pesi, servitù e limitazioni eccessive che possano formarsi senza dovere fronteggiare problemi tecnici eccessivamente costosi, e, sotto l'aspetto economico-funzionale, che la divisione non incida sull'originaria destinazione del bene e non comporti un sensibile deprezzamento del valore delle singole quote, rapportate proporzionalmente al valore dell'intero, tenuto conto della normale destinazione ed utilizzazione del bene stesso (Cass. 28.7.2021, n 21612; Cass.15.12.2016, n 25888; Cass., 11.8.90, n. 8201; Cass., 15.2.90, n. 1104). Vero è che ad escludere la comoda divisibilità di un bene immobile, non è sufficiente un qualsiasi deprezzamento, anche se di lieve entità, delle porzioni rispetto al valore del bene indiviso (come quello indotto, di norma, dall'essere, le porzioni, parte di un'unità originariamente indivisa), ma è necessario che la riduzione di valore delle porzioni - che può (e deve) risultare solo dal rapporto tra l'ampiezza della normale ed ordinaria utilizzazione del bene indiviso e quella consentita dalle porzioni ad attribuire ai partecipanti alla comunione - sia sensibile ed apprezzabile (Cass. 19.8.2015, n 16918; Cass., 29.5.2007, n 12498; Cass., 10.4.90, n. 2989). D'altra parte, atteso il richiamo operato dall'art. 1116 c.c., trova applicazione l'art. 718 c.c., in virtù del quale ciascun coerede ha il diritto di conseguire in natura la parte dei beni a lui spettanti con le modalità stabilite nei successivi artt. 726 e 727 c.c., che trova deroga, ai sensi dell'art. 720 c.c., non solo nel caso di mera "non divisibilità" dei beni, ma anche in ogni ipotesi in cui sia elevata la misura dei conguagli dovuti tra le quote da attribuire ovvero quando, pur risultando il frazionamento materialmente possibile sotto l'aspetto strutturale, non siano tuttavia realizzabili porzioni suscettibili di formare oggetto di autonomo e libero godimento, non compromesso da servitù, pesi o limitazioni eccessive, e non richiedenti opere complesse o di notevole costo, ovvero porzioni che, sotto l'aspetto economico-funzionale, risulterebbero sensibilmente deprezzate in proporzione al valore dell'intero (Cass., 28.7.2021, n 21612; Cass.12.2.2021, n. 3694). Su tale punto, invero, non può che farsi riferimento alle risultanze della relazione del C.T.U., geom. Re.Nu., depositata il 5 dicembre 2019, congruamente motivata, anche in punto di descrizione dell'immobile, e corredata da documentazione fotografica e planimetrica. Da tale relazione, secondo la descrizione effettuata dal consulente: "... Le unità immobiliari oggetto della presente relazione, un appartamento e quattro autorimesse, fanno parte di un complesso immobiliare costruito intorno agli anni novanta, è situato nella zona nord del Comune di Prato, e costituito da unità residenziali ed autorimesse. Il complesso immobiliare, si presenta in ottimo stato di conservazione e così composto: 1. L'appartamento oggetto di stima, è ubicato al piano Terra e Seminterrato con accessori e pertinenze avente accesso attraverso l'ingresso pedonale al civico 14 di Via (...) e precisamente il terzo ingresso a destra per chi accede alla strada attraverso il parcheggio pubblico. 2. La prima autorimessa, posta al piano seminterrato, alla quale si accede dalla rampa carrabile esclusiva prospiciente la Via (...) civico 14/A, risulta collegata alla taverna dell'appartamento ed utilizzata come sala pranzo del piano seminterrato, più in dettaglio di seguito descritta. 3. La seconda autorimessa, posta al piano seminterrato, di un più vasto edificio condominiale, con accesso attraverso la rampa carrabile prospiciente la Via (...) e precisamente la seconda porta a sinistra per chi accede al piano mediante la rampa condominiale, più in dettaglio di seguito descritto. 4. La terza autorimessa posta, al piano seminterrato, di un più vasto edificio condominiale, con accesso attraverso la rampa carrabile prospiciente la Via (...) e precisamente la terza porta a sinistra per chi accede al piano mediante la rampa condominiale, più in dettaglio di seguito descritto. 5. La quarta autorimessa, posta al piano seminterrato, di un più vasto edificio condominiale, con accesso attraverso la rampa carrabile prospiciente la Via (...) e precisamente la quarta porta a sinistra per chi accede al piano mediante la rampa condominiale, più in dettaglio di seguito descritto... (pagg. 3-6)...". Per quanto si evince dalla stessa descrizione, si tratta di un bene non agevolmente frazionabile tecnicamente con la formazione di due porzioni autonome ed indipendenti, i lotti in tal modo ottenuti presenterebbero non secondarie difficoltà di godimento separato. Del tutto evidente, in relazione alle considerazioni tecniche suesposte, è l'incidenza non certo trascurabile che il frazionamento avrebbe sul valore dell'appartamento il connesso notevole pregiudizio economico derivante dalla sua divisione in natura, tanto che lo stesso CTU conclude che: "... Vista la consistenza immobiliare, la destinazione d'uso delle singole unità, del loro singolo valore e della impossibilità di operare con interventi edili sull'immobile residenziale, il sottoscritto ritiene che non sia possibile suddividere "comodamente" i beni in due lotti. ( pag. 14)...". 2. MODALITA' DELLA DIVISIONE. Alla luce delle valutazioni - dettagliatamente esposte dal C.T.U e, in quanto prive di omissioni, esenti da vizi logici, nonché precise ed esaurienti, possono essere fatte proprie dal Tribunale (Cass., 16.8.89, n. 3711; Cass., 9.5.86, n. 3085)- la non comoda divisibilità dell'immobile nei termini sopra specificati deve ritenersi un dato acquisito al processo e non seriamente contestabile, talché è opportuno procedere all'assegnazione per l'intero dell'immobile ad uno dei due comproprietari stabilendo in favore dell'altro il diritto di una somma corrispondente alla quota spettante sul bene a titolo di conguaglio. In questo caso, va considerato: a) che l'istanza di attribuzione del bene presenta natura di eccezione (nei confronti della pretesa diversa di vendita giudiziale) e non di domanda; b) che al caso di specie, giusta la parità delle quote, non può applicarsi la regola della prevalenza della richiesta avanzata dal condividente a cui spetta la quota maggiore; c) che la vendita giudiziale costituisce sempre l'extrema ratio, mentre nel conflitto tra i diversi diritti al bene in natura devono valutarsi le ragioni di opportunità e convenienza per l'interesse comune dei condividenti. Allorché nella comunione sia compreso un immobile non comodamente divisibile, oggetto di contrapposte richieste di attribuzione, occorre distinguere l'ipotesi in cui uno dei coeredi sia titolare, a monte, di una quota maggiore rispetto agli altri, nel qual caso lo stesso, in applicazione del principio del "favor divisionis" ex art. 720 c.c., prevale sugli altri condividenti, anche qualora essi, formulando una richiesta congiunta di attribuzione, superino, con l'accorpamento delle proprie quote, il valore della quota del coerede antagonista, dall'eventualità nella quale i coeredi siano titolari, "ab origine", di quote identiche, ove l'attribuzione del bene è rimessa al giudice sulla base di ragioni di opportunità e convenienza ex art. 720 c.c., che consentono di apprezzare, come idoneo ad orientare tale scelta, il diverso criterio legale della richiesta congiunta, trovando il rimedio residuale della vendita all'incanto applicazione solo se non sia ravvisabile alcun criterio obiettivo di preferenza e senza che, peraltro, l'individuazione del condividente assegnatario del bene possa dipendere dalla maggiore offerta, che uno di essi faccia, rispetto al prezzo di stima, non caratterizzandosi il procedimento divisionale come una gara tra i coeredi ( Cass., 20.3.2019, n 7869). In senso contrario, in ogni caso, non potrebbe essere rilevata la tardività della domanda in quanto, secondo il consolidato orientamento dei giudici di legittimità, il giudizio di scioglimento di comunioni non è del tutto compatibile con le scansioni e le preclusioni che disciplinano il processo in generale, intraprendendo i singoli condividenti le loro strategie difensive anche all'esito delle richieste e dei comportamenti assunti dalle altre parti con riferimento al progetto di divisione ed acquisendo rilievo gli eventuali sopravvenuti atti negoziali traslativi, che modifichino il numero e l'entità delle quote. Ne deriva il diritto delle parti del giudizio divisorio di modificare, anche in sede di appello (nella specie, all'udienza di precisazione delle conclusioni), le proprie conclusioni e richiedere per la prima volta l'attribuzione, per intero o congiunta, del compendio immobiliare, integrando tale istanza una mera modalità di attuazione della divisione (Cass., 13.6.2019, n 15926). Peraltro, l'alternativa a tale modalità di attuazione della divisione, trattandosi di quote di egual valore, non sarebbe immediatamente quella della vendita giudiziale, chiaramente antieconomica in considerazione dello stato di vetustà e di occupazione del bene, bensì mediante estrazione a sorte ai sensi dell'art. 729 c.c., derogabile solo ove vi sia il consenso dei condividenti o vi siano ragioni di convenienza economica. Sulla scorta di tali valutazioni , considera il Tribunale che il bene in questione possa effettivamente formare un lotto unico, ed essere quindi o opportunamente inserito in unico lotto, disponendo in caso di assegnazione, la liquidazione della quota residua alla controparte attraverso il relativo conguaglio. In mancanza di diversi e contrari elementi, considera il Tribunale che il bene in questione all'esito della discussione del progetto divisionale adottato, ai sensi dell'art. 789 c.p.c., possa o essere opportunamente attribuito interamente alla parte che ne faccia richiesta e disponendo la eventuale liquidazione delle quote residue alla controparte attraverso il relativo conguaglio, che esprime l'equivalente economico di una porzione del bene di maggiore valore attribuito all'altro condividente. Pertanto, tale conguaglio, costituendo un debito di valore, deve essere adeguato anche di ufficio all'attualità alla stregua della lievitazione del prezzo di mercato del bene, tenendo anche conto dei mutamenti di valore intervenuti successivamente alla stima presa a base per le operazioni divisionali (Cass., 28.3.91, n. 3380; Cass., 6.4.90, n. 2914; Cass., 6.2.87, n. 1198; Cass., 21.2.85, n. 1529; Cass., 16.3.84, n. 1804; Cass., 18.1.82, n. 320; Cass., 21.3.80, n. 1913; Cass., 7.11.77, n. 4738). 3 VALORE DEI BENI La stima dei beni da dividere, ai sensi dell'art. 726 c.c. va fatta con riferimento all'epoca attuale della divisione tenendo conto dei fattori incidenti sul valore dei singoli beni verificatisi in epoca posteriore allo svolgimento della perizia. Anche sotto tale profilo, le caratteristiche dei beni sono bene riportate nella relazione del consulente. Nello specifico, il complesso immobiliare è costituito da un appartamento per civile abitazione al piano seminterrato e terra con accessori e pertinenze, facente parte di un vasto complesso condominiale, con accesso attraverso l'ingresso a comune, distinto al civico n.14 della Via (...), con destinazione di civile abitazione ed in buono stato di conservazione. Unitamente alle quattro autorimesse situate al piano seminterrato, risulta ubicato in una zona caratterizzata dalla prevalenza di edifici a destinazione residenziale, complessivamente ben servita ed è presente un piccolo giardino sul fronte dell'edificio ed un ampio giardino esclusivo a tergo dell'immobile. Tuttavia, rileva il CTU, che nel corso del sopralluogo sono emerse alcune difformità che compromettono la commerciabilità dell'immobile e che le principali modifiche che sono state apportate all'unità sono l'utilizzo della taverna come zona giorno con trasformazione della cucina secondaria in cucina principale dell'immobile (non ammesso dal art. 7.1.3 del R.E. del Comune di Prato ),in quanto il piano terra è stato adibito totalmente in zona notte, camere e bagni con cambio d'uso della principale in camera. Si tratta di difformità che ad avviso del tecnico non risultano sanabili così che lo stato dei luoghi dovrà essere ripristinato secondo quanto concesso dal titolo abilitativo. Anche in ordine alla determinazione di tale valore, ritiene il Tribunale che possano essere fatte proprie le dettagliate indicazioni fornite dal consulente a riguardo. In particolare, nella relazione si dà atto che ai fini della stima si è tenuto conto di tutte le caratteristiche del complesso immobiliare in questione ( ubicazione e tipologia edilizia ; le consistenze effettive e delle destinazioni d'uso; condizioni generali e particolari, statiche, di conservazione e manutenzione ; vetustà ; caratteristiche di finitura e delle dotazioni degli impianti ; valori di beni simili od il più possibile simili, liberamente commerciati nella zona in cui sono ubicati i beni da stimare ; commerciabilità in ordine alla L. n. 47 del 1985 del 28.02.1985 e s.m.i.). Svolte tali premesse, si è proceduto alla determinazione del valore degli immobili in questione attraverso il metodo di stima analitica, tenendo conto delle caratteristiche concrete che costituisce indagine indispensabile allo scopo di acquisire ogni possibile elemento atto alla valutazione dei beni immobili, e di stima sintetica comparativa per valore di mercato, riferita ad immobili simili posti nella zona circostante, tenendo conto dei prezzi medi scambiati all'attualità del mercato immobiliare, in considerazione dei dati forniti dalle agenzie immobiliari, da una consultazione delle quotazioni Omi dell'Agenzia delle Entrate-Territorio riguardanti la zona in cui è ubicato l'immobile in base dei seguenti indici ubicazione, esposizione, accessibilità, vetustà, stato di manutenzione, grado di finitura, etc. riferite al II semestre 2017. Sono state anche utilizzate le indagini di mercato eseguite dalla F.I.A.I.P. su immobili residenziali per la zona su cui ricade il bene oggetto della presente stima (Galceti-Villa Fiorita) con stato di conservazione ottimo, il valore oscilla da un minimo definito 2 Fascia (ubicazione minor pregio) di Euro./mq 1.914,00 ad un massimo definito 1 Fascia (ubicazione maggior pregio) di Euro./mq 2.437,00 Di guisa che, in base ai parametri utilizzati, si è ritenuto di determinare il prezzo unitario medio da applicare in Euro 2200,00/al mq superficie lorda, pervenendo ai valori che di seguito vengono riportati. Omissis Il valore complessivo di tali beni, tenuto conto degli oneri di ripristino, è quindi pari ad Euro 652.664,80, corrispondenti alla quota di Euro 326.332,40. Si è poi determinato il valore del diritto di assegnazione della casa coniugale secondo un razionale criterio che tiene conto dell'età del figlio minore di 14 anni e stimando la durata media di tale diritto in relazione ad una valutazione prognostica dell'età in cui il figlio presumibilmente raggiungerà l'indipendenza economica e tenendo comunque conto, in relazione a tale periodo ( di circa 16 anni) del valore residuo anche della tabella per la determinazione dei diritti di Usufrutto, Uso e Abitazione aggiornata al 1.1.2017, in relazione all'età del beneficiario. valore diritto di assegnazione casa familiare per la quota di 1/2 Appartamento Euro. 281.352,40 x 21% = Euro.59.034.00 Autorimessa sub (...) Euro. 13.738,00 x 21% = Euro. 2.834,98 Autorimessa sub (...) Euro. 10.524,00 x 21 % = Euro. 2.153,34 Autorimessa sub (...) Euro. 10.923,00 x 21 % = Euro. 2.293,83 Autorimessa sub (...) Euro. 10.065,00 x 21% = Euro. 2.113,65 Valore nuda proprietà della quota di 1/2 Appartamento Euro.281.352,40- Euro.59.084,00 = Euro.222.268.40 Autorimessa sub (...) Euro. 13.738,00 - Euro 2.884,98= Euro.11.453.02 Autorimessa sub (...)Euro. 10.524,00 - Euro 2.153,34= Euro. 3.370,66 Autorimessa sub (...) Euro. 10.923,00 - Euro. 2.293,83= Euro. 3.629.17 Autorimessa sub (...) Euro. 10.065,00 - Euro. 2.113,65= Euro. 7.951,35 A questo proposito occorre tuttavia tenere conto degli approdi giurisprudenziali per l'ipotesi che il bene sia assegnato al medesimo soggetto titolare del diritto di abitazione. Infatti, secondo il prevalente orientamento della S.C. ( Cass., 20.12.2018, n 33068; Cass., 9.9.2016, n 17.843; Cass. nr 27128/ 2014 ), l'assegnazione del godimento della casa familiare, ex art. 155 quater c.c., ovvero in forza della legge sul divorzio, non può essere considerata in occasione della divisione dell'immobile in comproprietà tra i coniugi al fine di determinare il valore di mercato del bene qualora l'immobile venga attribuito al coniuge titolare del diritto al godimento stesso, atteso che tale diritto è attribuito nell'esclusivo interesse dei figli e non del coniuge affidatario e, diversamente, si realizzerebbe una indebita locupletazione a suo favore, potendo egli, dopo la divisione, alienare il bene a terzi senza alcun vincolo e per il prezzo integrale. In tal caso, infatti, è stato precisato che si riuniscono nella stessa persona l diritto di abitare nella casa familiare - che perciò si estingue automaticamente - e il diritto dominicale sull'intero immobile , che rimane privo di vincoli. In sede di valutazione economica del bene "casa familiare" nel giudizio di scioglimento della comunione, il diritto di abitazione conseguente al provvedimento di assegnazione non deve, pertanto, influire in alcun modo sulla determinazione del conguaglio dovuto all'altro coniuge (in tal senso già Cass. Sez. 1, 17/09/2001, n. 11630 ). Tale opzione ermeneutica fa leva sul rilievo che "il diritto di abitazione della casa familiare è un atipico diritto personale di godimento ( e non un diritto reale), previsto nell'esclusivo interesse dei figli e non nell'interesse del coniuge affidatario, che viene meno con l'assegnazione della casa in proprietà esclusiva al coniuge affidatario dei figli, non avendo più ragione di esistere". Ove si operasse la decurtazione del valore in considerazione del diritto di abitazione, in coniuge non assegnatario verrebbe ingiustificatamente penalizzato con la corresponsione di una somma che non sarebbe rispondente alla metà dell'effettivo valore venale del bene, tanto che - qualora intendesse rivenderlo a terzi, potrebbe ricavare l'intero prezzo di mercato, pari al valore venale del bene, senza alcuna diminuzione. Tali considerazioni sono ulteriormente rafforzate alla luce del contenuto della relazione integrativa depositata il 19 luglio 2019, che ha concluso per la commerciabilità di tutti i beni. A differenti conclusioni, invece, potrebbe pervenirsi nell'ipotesi di vendita giudiziale a terzi, poiché la opponibilità del diritto di abitazione - ove trascritto ed ancora in concreto sussistente al momento del definitivo trasferimento - potrebbe avere incidenza sull'entità del corrispettivo e di tale circostanza-sia pure pro quota- dovrebbe comunque tenersi conto in sede di ripartizione del ricavato. Adottato pertanto il progetto divisionale, attraverso la predisposizione di un lotto unico ed il conguaglio determinato in tale fase nel 50 % del valore stimato (Euro 326.332,40), sotto il profilo procedurale sullo stesso dovrà essere fissata udienza di discussione, ai sensi dell'art. 789 c.p.c. e procedere alla concreta attribuzione o mediante estrazione a sorte o, in linea con quanto sopra evidenziato, con assegnazione per intero alla parte che ne dovesse richiesta ovvero, in estremo subordine, attraverso la vendita giudiziale. In tale contesto, la cd "riserva" di assegnazione formulata dalla convenuta, non può essere qualificata come specifica domanda di attribuzione del bene indivisibile e, tuttavia, tale domanda nel procedimento di divisione potrà comunque essere avanzata anche in esito al deposito del progetto divisionale fatto proprio dall'ufficio, con fissazione dell'udienza di discussione secondo il disposto dell' art. 789 c.p.c.. 4- ULTERIORI DOMANDE E SPESE Al contempo, non può essere accolta la richiesta di condanna dell'attore al risarcimento dei danni per responsabilità processuale aggravata, avanzata dalla convenuta in riconvenzionale. Tale affermazione di responsabilità, che è prevista a carico della parte soccombente dal primo comma dell'art. 96 c.p.c., postula, oltre al carattere totale e non parziale di tale soccombenza (Cass., 15.7.91, n. 7815) ed alla sussistenza di una colpa grave (Cass., 21798/2015; Cass., 17.10.89, n. 4164; Cass., sez. un., 30.9.89, n. 3948, in Giust. civ. 1989, I, 2535), che l'avversario deduca e dimostri la concreta ed effettiva esistenza di un danno in conseguenza del comportamento processuale della parte medesima, con la conseguenza che il giudice non può liquidare il danno, neppure equitativamente, se dagli atti non risultino elementi atti ad identificarne concretamente l'esistenza (Cass., 2.6.92, n. 6637; Cass., 9.2.91, n. 1341; Cass., 23.5.90, n. 4651; Cass., 2.6.84, n. 334). Tale esigenza probatoria non può venir meno neppure in considerazione della qualità delle parti perché la sussistenza del danno deve essere espressione di un giudizio concreto e non astratto, mentre nel caso di specie il convenuto non ha dimostrato l'esistenza di un danno patrimoniale concretamente subito né si ravvisano le condizioni per fare applicazione discrezionale dell'art. 96, comma 3, c.p.c.. Le spese processuali, compensate in ragione del comune interesse alla divisione ed al tenore della pronuncia, ai sensi dell'art. 92 c.p.c. possono essere poste a carico di entrambi i comunisti, in assenza di contestazione tra le parti circa i beni da dividere e la loro comoda divisibilità. P.Q.M. Il Tribunale, sulle antescritte conclusioni dei procuratori delle parti, pronunciando sulle domande proposte con atto di citazione notificato il 20 ottobre 2017, da (...) nei confronti di (...), nonché da quest'ultimo in via riconvenzionale, ogni contraria istanza, eccezione e deduzione disattesa, così provvede: a) dichiara ammissibile lo scioglimento della comunione sul complesso immobiliare costituito dall'appartamento di vani quattro, oltre cucina, servizi al piano terreno, a destra guardando il fabbricato, con giardino esclusivo sul davanti e sul tergo, alcuni vani accessori ed un piccolo ad uso di cantina al piano seminterrato, porzione del corpo di fabbricato avente accesso dal n.c 2/E della già Via(...) e vani quattro ad uso di autorimessa posti al piano seminterrato, di cui uno con accesso dal n.c 2/d della già via(...) e gli altri tre con accesso dal n.c. 2 della stessa via, meglio descritto in motivazione. b) dichiara il complesso immobiliare di cui al capo a) non comodamente divisibile, adottando quale progetto divisionale l'inserimento del bene per intero nella porzione da assegnare, con versamento del conguaglio corrispondente al valore della quota del 50% determinato in Euro 326332,40, al dicembre 2018 ( data di deposito della CTU); c) rigetta ogni ulteriore domanda proposta dalle parti; d) pone le spese del procedimento a carico di entrambe le parti, ripartendole pro quota; e) dispone con separata ordinanza la remissione della causa sul ruolo per la fissazione dell'udienza di discussione del progetto divisionale adottato in sentenza. Così deciso in Prato il 6 giugno 2022. Depositata in Cancelleria il 7 giugno 2022.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE DI PRATO in persona del giudice istruttore, dott. Michele Sirgiovanni, in funzione di giudice unico, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa iscritta a ruolo in data 29 giugno 2020 e segnata al n 1611/2020 Ruolo Generale vertente tra: (...) (c.f. (...)), nata a (...) il (...), residente in A. (P.), via (...), rappresentata e difesa, giusta mandato in calce all'atto di opposizione, dall'Avv. Pa.St., (c.f. (...)) con Studio in Firenze Via (...); Opponente contro: F. S.p.A. con sede legale in M., Via (...) n. 1, C.F. e P.I. (...), in persona dell'amministratore delegato pro tempore dott. (...), cessionaria pro soluto di un portafoglio di crediti originariamente vantato da (...) S.p.A. con sede legale in M. (M.) Via S. C. 8/20 (C.F: e P. IVA (...)) rappresentata e difesa dall'avv. Al.Ba. del Foro di Messina, (C.F. (...)), con studio in Messina, Via (...), congiuntamente e disgiuntamente all'avv. An.Al. (C.F. (...)), giusta procura generale alle liti ( autenticata per notaio A.P. da M. il (...) al n. (...) Rep., n. (...) Racc. ), elettivamente domiciliata in Prato (PO) via (...), presso e nello studio dell'Avv. Al.Ma. (C.F: (...)); Pec: (...) Fax n. (...) Pec: (...) Fax (...) Opposta SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con atto di citazione, notificato in data 18-19 giugno 2020, (...) proponeva opposizione avverso il decreto ingiuntivo n 436/2020(RG n. 800/2020), emesso in data 10 marzo 2020, notificato il 23 marzo 2020, con il quale il Tribunale di Prato le aveva ingiunto di pagare a (...) Spa la somma di Euro 10.787,49 oltre interessi e spese legali in linea capitale, oltre interessi e spese, in virtù della garanzia prestata a favore (...) e c. S.a.s, già (...) Sas. A sostegno dell'opposizione eccepiva in via pregiudiziale la incompetenza territoriale del Tribunale adito, in quanto assumeva di rivestire la qualità di consumatore , con conseguente individuazione del giudice competente in quello di sua residenza (in (...)). Rilevava, ancora, che a seguito della sentenza di fallimento, aveva patteggiato una condanna per bancarotta emessa dal Tribunale di Pistoia e che il credito avrebbe dovuto essere soddisfatto nell'ambito della procedura fallimentare. Tanto premesso, conveniva (...) Spa innanzi a questo Tribunale per sentire revocare il decreto ingiuntivo sopra indicato, in accoglimento delle eccezioni sollevate, con il favore delle spese processuali. Instaurato il contraddittorio, si costituiva (...) Spa, la quale rilevava: - che il titolo della pretesa era rappresentato dalla garanzia dei rapporti intercorrenti con la società "(...) S.A.S." (p.iva (...)), con sede legale in P. (P.), Via (...) V. S. n. 12 - 51100, i contratti di conto corrente n. (...) , (...) e (...), in data 19.02.2008, con fideiussione n. (...), limitatamente all'importo di Euro 17.000,00 dalle sig.re (...), nata a P. l'(...) (C.F. (...)), e residente in M. (P.), Via(...) n. 72 int.8 - 59013, G.C., nata a P. il (...) (C.F. (...) ) e residente in R. (R.), via A. 600 Pl B2 sc. B Pi. T int.1 - 00178, e (...), nata in R. il (...) (C.F. (...) ) e residente in A. (P.), Via M. n. 41/A - 51031; - che, in data 25.06.2012 il predetto rapporto veniva segnalato a sofferenza, come da estratto conto allegato; - che la (...) S.A.S. e la socia illimitatamente responsabile (...) erano state dichiarate fallite in data 29/03/2013 dal Tribunale di Pistoia e la relativa procedura si era chiusa per insufficienza dell'attivo in data 21/12/2016; - che alla data del 31.12.2017, risultava il debito nei confronti della (...) S.p.A., della complessiva somma di Euro 10.787,49 giusta certificazione ex art. 50 del D.Lgs. 1 settembre 1993, n. 385 (T.U. delle leggi in materia bancaria e creditizia), di cui: Euro 12,51 per interessi e competenze del contratto di cc n. (...); Euro 77,33 per interessi e competenze del contratto di cc n. (...); Euro 1.799,16 per saldo debitore ed interessi e competenze del contratto di cc n. (...); Euro 7.540 complessivi per insoluti RIBA; Euro 1.358,49 per interessi sino al 31.12.2016; - che in data 30.05.2018 il credito vantato dalla (...) Scrl era stato ceduto alla (...) S.p.A.; di avere applicato l'art.33 c.p.c., ovvero la norma che dispone la modificazione delle regole sulla competenza per ragioni di connessione, nell'ipotesi di cumulo soggettivo di domande; - che il creditore (...) spa aveva optato nella scelta del foro competente il foro di residenza di una delle coobbligate: sig.ra (...), nata a P. l'(...) (C.F. (...)), e residente in M. (P.) con competenza per territorio il Tribunale di Prato; - che, a seguito della chiusura della procedura, i creditori avevano riacquistato il libero esercizio delle azioni verso il debitore tornato in bonis. Sulla base di tali deduzioni, concludeva per il rigetto dell'opposizione con il favore delle spese processuali. Si procedeva quindi ad istruttoria esclusivamente con la produzione di documenti quindi, su invito del GI, all'udienza del 7 ottobre 2021, venivano precisate le conclusioni ed assegnati alle parti i termini di cui all'art. 190 c.p.c.. MOTIVI DELLA DECISIONE 1. In via pregiudiziale, la prima questione che il Tribunale è chiamato a decidere concerne la competenza territoriale , contestata dall'opponente sul presupposto dell'applicabilità del combinato disposto degli artt. 33, comma 2 , lett. U e 36 del D.Lgs. 6 settembre 2005, n 206 ( c.d. codice del consumo), in materia di contratti tra professionista e consumatore. In effetti, il c.d. foro del consumatore previsto dall'art. 33, comma 2, lett. u), comma è esclusivo ed inderogabile, a meno che il professionista non dimostri che la clausola di deroga in favore di altri fori sia stata oggetto di trattativa individuale tra le parti. (Cass. Sez. 6 - 2, Ordinanza n. 1951 del 25/01/2018). E tale disposizione deve essere interpretata nel senso che la residenza del consumatore, cui la norma ha riguardo, è quella che lo stesso ha al momento della domanda e non quella che egli aveva al momento della conclusione del contratto (Cass. Sez. 6 - 3, Ordinanza n. 11389 del 11/05/2018). E tuttavia, nel presente procedimento l'eccezione di incompetenza sollevata è infondata e deve essere disattesa. Invero, da una parte, non trova spazio applicativo la disciplina di cui al D.lsgvo 6.9.2005, n 206 atteso che la (...) non avrebbe potuto essere considerato consumatrice, in quanto il suo debito traeva origine da garanzia prestata a favore di società di cui era socia e amministratore. Invero, secondo l'orientamento più risalente della S.C. per determinare la qualità di consumatore, anche in punto di competenza, occorreva rapportarsi alla natura della obbligazione garantita (v. Cass. sez. 3, 29 novembre 2011 n. 25212 e Cass. sez. 1, 9 agosto 2016 n. 16827), riconoscendo che il parametro identificativo della qualità di consumatore non si colloca nella obbligazione in sé che il soggetto assume, ma nel complessivo rapporto obbligatorio, sì da tenere conto che l'obbligazione del garante è funzionale ed accessoria rispetto a quella garantita . Secondo l'orientamento espresso dalla S.C., "la qualifica di consumatore di cui al D.Lgs. 6 settembre 2005, n. 206, art. 3, - rilevante ai fini della identificazione del soggetto legittimato ad avvalersi della tutela di cui all'art. 33, del citato D.Lgs. - spetta, infatti, alle sole persone fisiche allorché concludano un contratto per la soddisfazione di esigenze della vita quotidiana estranee all'attività imprenditoriale o professionale eventualmente esercitata, dovendosi, invece, considerare professionista il soggetto che stipuli il contratto nell'esercizio di una siffatta attività o per uno scopo a questa connesso (Cass. ord. 12 marzo 2014, n. 5705)". Nei contratti conclusi in vista della professione - chiariva la Corte - il criterio teleologico, in ragione del quale ciò che rileva non è comunque la situazione attuale del soggetto che ancora non svolge un'attività professionale, ma la funzione che il contratto gli attribuisce. In altri termini per assumere la qualifica di professionista, ai sensi del D.Lgs. 6 settembre 2005, n. 206, art. 3, non è necessario che il soggetto stipuli il contratto nell'esercizio dell'attività propria dell'impresa o della professione, ma è sufficiente che lo concluda al fine dello svolgimento o per le esigenze dell'attività imprenditoriale o professionale (cfr. da ultimo Cass. ord. 31 luglio 2014, n. 17466). In definitiva, ai fini dell'assunzione della veste di consumatore, l'elemento significativo non è il mero "non possesso", da parte della persona fisica che ha contratto con un operatore commerciale, della qualifica o della caratteristica di imprenditore commerciale, bensì, secondo la lettera della legge (art. 12 disp. sulla legge in generale, comma 1, prima parte), lo scopo avuto di mira dall'agente nel momento in cui ha concluso il contratto. In altre parole, secondo l'indirizzo affermatosi, è l'atto del consumo finale a "qualificare" soggettivamente il contraente e non l'impiego del bene in una (eventuale) futura attività commerciale o professionale (v.anche Cass. 5.5.2015, n 8904). In tale prospettiva, presupposto per l'applicazione del Codice del Consumo è che le parti del contratto siano sussumibili nelle categorie sostanziali di professionista e - soprattutto-di consumatore; in difetto, la convenzione sarà soggetta alla normativa generale in tema di contratti, senza possibilità per una parte di invocare le tutele speciali previste dalla legge. Tale interpretazione, peraltro, non è risultata del tutto in linea con le più recenti indicazioni della Corte di Giustizia dell'Unione Europea, vincolanti per il giudice nazionale. Infatti, con la ordinanza della Corte di Giustizia dell'Unione Europea emessa il 19 novembre 2015 nella causa C-74/15 T. contro (...) e altri, (cui ha fatto seguito l'ordinanza sez. X, 14/09/2016, n. 534) la Corte di Giustizia ha fornito l'interpretazione degli artt. 1, paragrafo 1, e 2, lettera b), della direttiva 93/13, secondo la quale "tale direttiva può essere applicata a un contratto di garanzia immobiliare o di fideiussione stipulato tra una persona fisica e un ente creditizio al fine di garantire le obbligazioni che una società commerciale ha contratto nei confronti di detto ente in base a un contratto di credito, quando tale persona fisica ha agito per scopi che esulano dalla sua attività professionale e non ha alcun collegamento di natura funzionale con la suddetta società" (così nella motivazione della ordinanza del 2015, p. 30). Allorquando una persona fisica assuma la garanzia di obbligazioni che una società commerciale ha contratto nei confronti di un istituto bancario in base a un contratto di credito e rivesta la qualità "consumatore" ai sensi dell'art. 2, lettera b), della direttiva 93/13, occorre rilevare che un siffatto contratto di garanzia o di fideiussione, sebbene possa essere descritto, in relazione al suo oggetto, come un contratto accessorio rispetto al contratto principale da cui deriva il debito che garantisce, dal punto di vista delle parti contraenti si presenta come un contratto distinto quando è stipulato tra soggetti diversi dalle parti del contratto principale, così che è in capo alle parti del contratto di garanzia o di fideiussione che deve essere valutata la qualità in cui queste hanno agito. In tal modo, la giurisprudenza della Corte di giustizia, con interpretazione vincolante resa in sede di rinvio pregiudiziale, ha inteso dare una tutela rafforzata al garante, soggetto che viene rappresentato in condizioni di disparità di trattamento con la banca, ed ha indicato chiaramente, in sede di rinvio pregiudiziale, che è alle condizioni personali del garante e non del garantito che bisogna guardare per vedere se definirlo come consumatore o meno, con le necessarie ricadute anche procedurali. La nozione di "consumatore", ai sensi dell'art. 2, lettera b), della direttiva 93/13, assume carattere oggettivo (v. sentenza Costea, 3 settembre 2015, C-110/14, punto 21) in rapporto ad un criterio funzionale volto ad analizzare se il rapporto contrattuale intercorrente con il garante rientri o meno nell'ambito delle attività estranee all'esercizio di una professione. Di guisa che, nel caso di una persona fisica che abbia garantito l'adempimento delle obbligazioni di una società commerciale, è necessario valutare se tale persona abbia agito nell'ambito della sua attività professionale o sulla base dei collegamenti funzionali che la legano a tale società, quali, ad esempio, l'amministrazione di quest'ultima o una partecipazione non trascurabile al suo capitale sociale, ovvero - al contrario- se abbia agito per scopi di natura privata. In definitiva, è quindi rimesso al giudice di merito di accertare se, nel caso concreto, il garante abbia prestato la garanzia per ragioni meramente personali, estranee alla sua attività professionale ovvero risulti connessa allo svolgimento di loro attività professionali ovvero funzionalmente collegate alla società. E, nel solco di tale orientamento, secondo la più recente giurisprudenza della S.C., costituisce oramai principio acquisito che nel contratto di fideiussione i requisiti soggettivi per l'applicazione della disciplina consumeristica devono essere valutati con riferimento alle parti di esso, senza considerare il contratto principale. Da un lato, deve ritenersi consumatore il fideiussore persona fisica che, pur svolgendo una propria attività professionale (o anche più attività professionali), stipuli il contratto di garanzia per finalità estranee alla stessa, nel senso che la prestazione della fideiussione non deve costituire atto espressivo di tale attività, né essere strettamente funzionale al suo svolgimento (cd. atti strumentali in senso proprio). Per altro verso, tale qualifica deve essere certamente esclusa in presenza di una significativa entità della partecipazione della persona fisica al capitale sociale ovvero, come nel caso in esame, dell'eventuale qualità di amministratore della società garantita assunto dal fideiussore (Cass., 3.12.2020, n 27618; Cass, 24.1.2020, n 1666; Cass., 16.1.2020, n 742; Cass. n. 28162 del 2019,Cass. n. 25914 del 2019;Cass., 13.12.2018, n 32225). Nella presente fattispecie, anche analizzando esclusivamente il rapporto di garanzia e non quello garantito, non può revocarsi in dubbio - quanto al profilo evidenziato dalla società - che debba escludersi in radice la qualità di consumatore della H. , avendo la stessa prestato garanzia a favore di una società commerciale in funzione dell'attività imprenditoriale dalla medesima esercitata ed in forza del collegamento esistente con la stessa, in quanto della medesima era socio e, per quanto risulta dai documenti prodotti, amministratrice e mandataria. Tali profili presentano decisivo per escludere la competenza inderogabile del foro di residenza dell'opponente, in disparte la qualifica di imprenditore apposta nella intestazione della fideiussione specifica prestata in relazione al mutuo concesso alla società ed alla ripartizione pro quota della stessa garanzia , dati comunque convergenti a rafforzare il collegamento riscontrato. Sotto altro aspetto, vale il rilievo della controparte che la domanda è stata proposta nei confronti di uno dei fori di residenza o domicilio elettivo di una delle parti creditore in linea con il disposto di cui agli artt. 33 e 66-bis del D.Lgs. n. 206 del 2005, in linea con quanto sostenuto da parte della giurisprudenza di merito (Tribunale di Benevento, ordinanza del 21.10.2020). Tale aspetto, tuttavia, non appare altrettanto decisivo per radicare la competenza del Tribunale adito, in quanto occorre considerare che trattasi di domande proposte nei confronti di pluralità di parti, e tuttavia scindibili, in quanto rientranti in ipotesi di litisconsorzio facoltativo e non necessario ( art. 103 c.p.c.). In tal caso, in forza dei principi generali, trattandosi di competenza inderogabile sulle singole domande, è quanto meno dubbia la possibilità di proposizione nel luogo di residenza di una delle parti che, rivestono la medesima qualifica, e non piuttosto procedersi alla separazione. 2. Esclusa la competenza inderogabile del foro determinato in base al cd codice del consumo, l' unico motivo di opposizione formulato dall'opponente è rappresentato dalla pronuncia di fallimento della opponente, con la conseguenza che il credito oggetto del giudizio avrebbe dovuto essere fatto valere nell'ambito della procedura concorsuale. Ebbene, vero è che la dichiarazione di fallimento apre il concorso di tutti i creditori sul patrimonio del fallito, sicché un creditore per poter partecipare al concorso deve sottoporre il suo credito a verifica attraverso l'ammissione al passivo, la quale consente anche il contraddittorio (almeno potenziale) degli altri creditori concorrenti sulla pretesa azionata. L'accertamento di un credito nei confronti del fallimento è devoluto alla competenza esclusiva del giudice delegato ex artt. 52 e 93 l. fall. con la conseguenza che, ove la relativa azione sia proposta nel giudizio ordinario di cognizione, deve esserne dichiarata d'ufficio, in ogni stato e grado, anche nel giudizio di cassazione, l'inammissibilità o l'improcedibilità, a seconda che il fallimento sia stato dichiarato prima della proposizione della domanda o nel corso del giudizio, e e riproposta nei confronti della curatela (cfr. Cass., 4.10.2018, n 24156; Cass. 2011 n. 6659, Cass. sez. lav. 2012, n. 17327) e l' improcedibilità in questione può essere anche rilevata di ufficio, in quanto discende da norme inderogabilmente dettate a tutela del principio della par condicio creditorum (cfr. Cass., n. 6659 del 2001). Infatti, 'art. 51 L.F. prevede, dal giorno della dichiarazione di fallimento, un assoluto divieto per i creditori (cui fanno eccezione le sole ipotesi espressamente previste dalla legge) di dare inizio o di proseguire l'esecuzione individuale sui beni compresi nella procedura concorsuale, divieto che certamente non è disponibile per le parti ed è rilevabile di ufficio in qualsiasi momento dal giudice dell'esecuzione. E tuttavia, se ai sensi dell'art. 52 comma 2 I. fall., ogni credito verso il fallito deve essere accertato secondo le norme stabilite dal titolo V della legge medesima, purtuttavia, tra gli effetti della chiusura del fallimento non è affatto compresa la liberazione del fallito dalle obbligazioni non fatte valere o non soddisfatte nel corso della procedura fallimentare e, come sancito inequivocabilmente dal capoverso dell'art. 120 L.F.. i creditori riacquistano il libero esercizio delle azioni verso il debitore anche per la parte non soddisfatta dei loro crediti, sia per capitale che per interessi, il che comporta la possibilità per il creditore di far valere il suo credito nei confronti del debitore ritornato in bonis" (Cass., 14.3.2022, n 8110; Cass., Sez. U, Sentenza n. 11718 del 26/11/1993). Questo principio viene espresso con la tradizionale formula secondo cui la perdita di legittimazione processuale in capo al fallito, per effetto della dichiarazione di fallimento, non è assoluta ma relativa, e non comprende: (a) dal punto di vista oggettivo, i diritti e le azioni esclusi dal fallimento; (b) dal punto di vista soggettivo, i diritti e le azioni proposti da creditori che, in luogo di partecipare al concorso, abbiano scelto di soddisfarsi sull'eventuale patrimonio che residuerà alla distribuzione dell'attivo (c.d. tutela postfallimentare, v. in tal senso, Cass. n. 2608 del 2014). In applicazione di essi si è ammesso che il creditore possa convenire in giudizio il fallito personalmente, per chiederne la condanna al pagamento di un credito estraneo alla procedura fallimentare, purché dichiari espressamente di voler utilizzare il titolo, dopo la chiusura del fallimento, per agire esecutivamente nei confronti del debitore ritornato "in bonis" (Cass., 5.12.2019, n 31843; Cass., n 10640 del 2012; Cass., n. 17035 del 2011; Cass. n. 28481 del 2005). Nella presente fattispecie, è stato dedotto e documentato che la procedura fallimentare si è chiusa per insufficienza dell'attivo in data 21/12/2016, csì che non vi sono dubbi che la società creditrice aveva titolo per proporre la domanda fuori dalla procedura di ammissione al passivo. Per il resto, nessuna contestazione , infine, è stata sollevata in punto di legittimazione della società cessionaria e sulla titolarità del credito, così che, sulla scorta delle argomentazioni di merito, l'opposizione proposta deve in definitiva essere integralmente disattesa. Quanto alle spese di lite, seguono la soccombenza e vanno poste a carico della parte soccombente, per come liquidate in dispositivo tenendo conto dell'attività svolta e del valore della controversia, con applicazione delle tariffe di cui al D.M. n. 55 del 2014 (Cass., n 24257 del 4.10.2018). P.Q.M. Il Tribunale di Prato, sulle antescritte conclusioni dei procuratori delle parti, definitivamente pronunciando sulla opposizione proposta da (...) avverso il decreto ingiuntivo n 436/2020, emesso in data 10 marzo 2020, notificato il 23 marzo 2020, con atto di citazione, notificato in data 18 giugno 2020, nei confronti di (...) Spa, in persona del legale rappresentante pt, ogni altra istanza, eccezione e deduzione disattesa, così provvede: a) Rigetta l'opposizione proposta, dichiarando il decreto ingiuntivo definitivamente esecutivo; b) Condanna l'opponente al pagamento delle spese del giudizio di opposizione, liquidate in complessivi Euro 3235,00 , per compenso di avvocato, oltre I.V.A., C.P.A. e spese generali nella misura di legge ed oltre alle spese della fase monitoria. Così deciso in Prato il 24 aprile 2022. Depositata in Cancelleria il 27 aprile 2022.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO di PRATO Sezione Unica Civile Il Tribunale in composizione monocratica, nella persona del Giudice Unico dott. Sara Fioroni, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di primo grado iscritta al n. r.g. 3637/2017 promossa da: (...) S.P.A. - già (...) S.p.A., per effetto della fusione di (...) S.p.A. e di (...) S.p.A. in (...) S.p.A., per atto a rogito del Notaio R. M. M. del 5 febbraio 2019, rep. n. (...), racc. n. (...) -, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avv. (...), elettivamente domiciliata in Prato, via (...), presso lo studio dell'avv. (...); contro ATTRICE C. Z., c.f. (...), e D. D. V., c.f. (...), in qualità rispettivamente di socia accomandataria e di socio accomandante della cessata società CD I. di Z. C. e C. s.a.s., rappresentati e difesi dall'avv. (...), elettivamente domiciliata in Prato, viale (...), presso lo studio del difensore; A. E., c.f. (...), in proprio e in qualità di genitore esercente la responsabilità genitoriale sulle figlie minori A. E. ed E. E., rappresentato e difeso dall'avv. (...), elettivamente domiciliato in Prato, viale (...), nello studio del difensore; nonché contro CONVENUTI R. D. V.; Oggetto: azione revocatoria ai sensi dell'art. 2901 c.c.; azione ex art. 1414 c.c.; CONCLUSIONI: per l'attrice: come da atto di citazione: "Voglia l'Ill.mo Tribunale di Prato, respinta ogni contraria e diversa istanza, eccezione e conclusione (...): 1. -In primo luogo: Revocare, ai sensi e per gli effetti dell'art. 2901 c.c., in quanto stipulato in pregiudizio delle ragioni dell'attrice, e per l'effetto dichiararne l'inefficacia nei confronti della stessa, l'atto di costituzione di vincolo di destinazione su immobili ai sensi dell'art. 2645 ter c.c. per la realizzazione di interessi meritevoli di tutela, ai rogiti del Notaio dott. A. L. di Prato del 15 maggio 2015, rep. (...) racc. (...), registrato a Prato il 18 maggio 2015 (...), posto in essere dai signori D. D. V. e C. Z., per far fronte ai bisogni della famiglia delle loro nipoti, A. E. ed E. E., avente ad oggetto le unità immobiliari di loro proprietà per 1/2 ciascuno in regime di comunione dei beni e precisamente: A) Piena proprietà del fabbricato in Comune di C. (PO), località la (...); B) Piena proprietà delle seguenti unità immobiliari costituenti il fabbricato posto in Comune di P. S. (AR), frazione L., località (...); 2. In secondo luogo: in tesi, dichiarare la simulazione assoluta e la conseguente inefficacia ex art. 1414, primo comma, c.c. del contratto di compravendita per scrittura privata autenticata nelle firme dal Notaio dott. A. L. di Prato del 25 maggio 2015, rep. (...) racc. (...), registrato a Prato il 3 giugno 2015, al n. (...), con il quale i signori D. d. V. e C. Z. hanno trasferito al signor A. E. le unità immobiliari, già oggetto del vincolo di destinazione ex art. 2465 ter c.c., poste in Comune di C. (PO), Loc. (...), di cui al precedente punto sub A); in ipotesi, dichiarare la simulazione relativa, ai sensi dell'art. 1414, secondo comma, c.c., del contratto di compravendita per scrittura privata autenticata nelle firme dal Notaio dott. A. L. di Prato del 25 maggio 2015, rep. (...) racc. (...), registrato a Prato il 3 giugno 2015, al n., (...), con la conseguente inefficacia del contratto di compravendita simulato e la nullità del contratto di donazione dissimulato, per difetto del requisito di forma; in ipotesi subordinata, revocare, ai sensi e per gli effetti dell'art. 2901 c.c., in quanto stipulato in pregiudizio delle ragioni dell'attrice, e per l'effetto dichiarane l'inefficacia nei confronti della stessa, il contratto di compravendita per scrittura privata autenticata nelle firme dal Notaio dott. A. L. di Prato del 25 maggio 2015, rep. (...) racc. (...), registrato a Prato il 3 giugno 2015, al n. (...). Con ordine al Conservatore dei Registri Immobiliari di Prato e di Arezzo di procedere all'annotamento della sentenza a margine delle trascrizioni dei due atti oggetto delle sopra precisate domande di simulazione e/o revocatoria. Con vittoria di onorari, diritti e spese del presente giudizio"; opponendosi all'ammissione delle istanze istruttorie avversarie; per i convenuti C. Z. e D. D. V.: come da comparsa di costituzione e risposta: "Voglia l'Ill.mo Tribunale di Prato, contrariis rejectis, rigettare le domande di cui alla citazione del presente giudizio perché infondate in fatto e in diritto. Con vittoria di spese"; per il convenuto A. E.: come da comparsa di costituzione e risposta: "Voglia l'Ill.mo Tribunale di Prato, contrariis rejectis, rigettare le domande di cui alla citazione del presente giudizio perché infondate in fatto e in diritto (...). Con vittoria di spese; in via istruttoria insiste per l'ammissione dei mezzi richiesti. CONCISA ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE Con atto di citazione notificato, (...) s.p.a. - oggi (...) s.p.a. - ha convenuto in giudizio C. Z. e D. D. V., A. E., in proprio e nella sua qualità di genitore esercente la responsabilità genitoriale sulle figlie minori A. E. ed E. E., e R. D. V., nella sua qualità di genitore esercente la responsabilità genitoriale sulle figlie minori, affinché, in primo luogo, sia revocato ai sensi dell'art. 2901 c.c. l'atto di costituzione di vincolo di destinazione ex art. 2645 ter c.c. del 15.05.2015, posto in essere dai sig.ri Z. e D. V., e, in secondo luogo, sia dichiarata la simulazione assoluta o, in ipotesi, la simulazione relativa o, in via ulteriormente subordinata, sia accolta la domanda ex art. 2901 c.c. con riguardo al contratto di compravendita per scrittura privata autenticata del 25.05.2015 tra i sig.ri Z. e D. V., da un alto, e A. E. dall'altro. A fondamento delle domande ha allegato: che la società N. di V. C. s.r.l. ha intrattenuto rapporti con (...) s.p.a., presso cui in data 16.01.2003 ha aperto il conto corrente n. (...) che a garanzia dell'adempimento di tutte le obbligazione della società, in data 28.02.2003, si sono costituiti fideiussori, fino alla concorrenza di Euro 500.000,00 ciascuno, D. D. V., C. Z. e la società CD I., con incremento del limite fino a Euro 700.000,00 il 29.06.2004; che nuova di V. C. ha intrattenuto rapporti anche con (...) s.p.a., per il cui esatto adempimento di tutte le obbligazioni hanno prestato fideiussione, in data 13.07.2005, D. D. V., C. Z. e la società CD I., fino alla concorrenza di Euro 240.000,00 ciascuno, incrementata successivamente sino al nuovo limite di Euro 364.000,00; che con atto notarile del 28.12.2006 (...) sono state fuse, assumendo la denominazione sociale di (...) s.p.a.; che il 12.06.2007 i sig.ri D. V. e Z. e la società CD I. hanno riconosciuto e confermato le garanzie fideiussorie già prestate, escludendo qualunque effetto novativo, fino all'importo massimo cumulativo di Euro 1.064.000,00; che N. di V. C. ha instaurato dei nuovi rapporti con (...), ottenendo l'apertura di due nuovi conti corrente in data 22.10.2008 e 05.11.2008; che il 03.10.2012 (...) ha conferito alla (...) s.p.a. il compendio aziendale costituito dal complesso organizzato di beni, risorse umane e rapporti giuridici relativi alle 78 filiali site in Toscana, tra cui quelle presso cui sono stati intrattenuti i rapporti bancari citati; che, a seguito dell'escussione in data 06.05.2015 della garanzia bancaria a prima richiesta - rilasciata il 03.12.2003 da (...) in favore della società N. di V. C.- in data 19.05.2015 (...) ha provveduto al versamento della somma di Euro 25.823,00; di aver comunicato in pari data alla N. d. V. C. e ai suoi fideiussori la revoca immediata da tutti gli affidamenti in essere, intimandoli al pagamento del debito maturato, ammontante alla data del 17.05.2015 a Euro 507.976,32; che, a seguito della presentazione in data 29.06.2015 della domanda di concordato e dell'ulteriore documentazione richiesta, il Tribunale di Prato, con decreto del 2/9 marzo 2016, ha dichiarato aperta la procedura di concordato preventivo nei confronti della società N. di V. C.; che (...) ha espresso voto contrario alla proposta di concordato e si è opposta all'omologazione, ritenendo la proposta in contrasto con gli artt. 160, comma 4, e 161, comma 2, lettera e), l. fall., introdotti dal d.l. n. 83/2015 convertito con modifiche nella legge n. 132/2015, oltre la non fattibilità del piano medesimo, tenuto conto che i beni messi a disposizione del concordato provenivano da atti dispositivi revocabili posti in essere dai garanti; che, respinta l'opposizione, il concordato è stato omologato con decreto del 19.10.2016, nel cui contenuto il Tribunale di Prato ha ritenuto non applicabile al caso di specie l'art. 160, comma 4, l. fall, ed evidenziato che non sarebbe stata ancora proposta l'azione revocatoria nei confronti dei garanti, né sarebbe possibile esaminare la ricorrenza dei relativi presupposti; che il mese prima della presentazione della domanda di concordato i garanti (D. D. V., C. Z., CD I.) hanno compiuto atti dispositivi tramite cui si sono spogliati integralmente dei loro rispettivi patrimoni; che, in particolare, con atto notarile del 15.05.2015, i sig.ri Z. e D. V., in regime di comunione legale dei beni, hanno costituito un vincolo ex art. 2465 ter c.c., destinando ai bisogni della famiglia delle loro nipoti la piena proprietà degli immobili siti in C., località la e in P. S. (AR), frazione (...), disponendo, in particolare, che le unità immobiliari in questione sarebbero rimaste nella loro titolarità, mentre i frutti e le rendite derivanti dai beni sarebbero stati impiegati per far fronte ai bisogni delle nipoti A. ed E. E., figlie di R. D. V. e A. E.; che, inoltre, è stata subordinata l'efficacia dell'atto alla condizione sospensiva dell'omologazione degli accordi di separazione personale tra A. E. e R. d. V., avveratasi in data 06.04.2016; che successivamente, con scrittura privata autenticata del 25.05.2015, D. D. V. e C. Z. hanno trasferito al genero A. E. le unità immobiliari già oggetto del vincolo di destinazione, per il corrispettivo di Euro 140.000,00, che veniva corrisposto mediante n. 7 effetti cambiari dell'importo di Euro 20.000,00 ciascuno, emessi il 25.05.2015, con scadenza semestrale dal 31.01.2016; che con questi atti, unitamente all'atto di destinazione ex art. 2645 ter c.c. a favore della società N. D. V. C. s.r.l. del 12.06.2015, oggetto di autonomo giudizio, i sig.ri D. V. e Z. si sono spogliati di tutto il loro patrimonio immobiliare; che, nel caso di specie, sussistono tutti i presupposti per la revocatoria dell'atto di destinazione del 15.05.2015, ovvero l'esistenza del credito e la sua anteriorità rispetto all'atto da revocare, il pregiudizio arrecato alle ragioni del creditorie (eventus damni) e la conoscenza da parte dei debitori di tale pregiudizio (consilium fraudis), trattandosi di un atto a titolo gratuito; che la compravendita del 25.05.215, invece, è un atto simulato e pertanto improduttivo di effetti tra le parti, attesa la mancata prova dell'avvenuto pagamento delle cambiali scadute, il vincolo di affinità intercorrente tra la parte venditrice e la parte acquirente e il mancato trasferimento del sig. E. nell'immobile di C. acquistato; che, comunque, si sarebbe dinanzi a una simulazione relativa, in cui il contratto dissimulato sarebbe una donazione nulla, per mancanza della forma dell'atto pubblico, redatto alla presenza di testimoni; che, in via ulteriormente subordinata, l'atto di compravendita del 25.05.2015 dovrà essere revocato ai sensi dell'art. 2901 c.c., sussistendone tutti i richiesti requisiti. Si sono costituiti in giudizio D. D. V. e C. Z., contestando tutto quanto dedotto ed eccepito dalla contro parte e deducendo in particolare: che la raccomandata inviata dalla (...) s.p.a. agli odierni convenuti, contenente la revoca di tutti gli affidamenti, sebbene datata 19.05.2015, è arrivata ai destinatari molto tempo dopo la stipula degli atti oggi contestati, che sono stati conclusi in totale buona fede; che, quanto all'atto di destinazione del 15.05.2015, a dimostrazione della totale buona fede dei contraenti, è stato previsto che l'efficacia del vincolo fosse condizionata l'effettiva separazione tra i coniugi R. D. V. e A. E.; che, invece, per quanto riguarda la compravendita del 25.05.2015, gli indici presuntivi indicati da parte attrice non sono idonei a inficiare il contratto in questione; che per detta vendita, inoltre, è stato stabilito un prezzo integralmente saldato dall'acquirente; che, oltre a ciò, deve rilevarsi che la Banca troverà soddisfazione nel concordato omologato; che, in ogni caso, l'intento dei fideiussori non è stato quello di sottrarre garanzie ai creditori; che l'attrice non avrebbe soddisfatto il proprio credito sugli immobili oggetto di causa, in quanto avrebbe partecipato a un'eventuale esecuzione forzata concorrendo con altri soggetti aventi pari diritti, conseguendo una soddisfazione del credito per una percentuale molto inferiore a quella proposta dal concordato; che tutte le domande avanzate dall'istituto bancario devono essere rigettate, in quanto infondate in fatto e in diritto. Si è costituito in giudizio anche A. E., domandando il rigetto delle domande attoree ed esponendo le seguenti circostanze: di non conoscere nulla in merito alle vicende oggi contestate dalla Banca, risultando all'epoca dei fatti già separato da R. D. V.; che, in particolare, i coniugi E. e D. V. in data 20.05.2015 hanno depositato ricorso per separazione consensuale davanti al Tribunale di Firenze; che l'incompatibilità tra i coniugi, che ha portato al deterioramento del rapporto coniugale, era già presente da qualche anno ed era tale da impedire qualsiasi comunicazione tra i coniugi stessi, salvo quelle inerenti le loro figlie; di non partecipare, quindi, alla vicende della famiglia D. V. già da diversi anni prima di addivenire alla separazione; di essersi impegnato, in sede di separazione, a trasferire la propria quota del 50'% dell'immobile sito in C., via (...), al coniuge R. D. V., per consentire a quest'ultima di continuare a viverci con le bambine; che D. D. V. e C. Z. hanno manifestato la loro volontà di tutelare le nipoti e, pertanto, in data 15.05.2015, hanno stipulato l'atto di destinazione avente a oggetto l'immobile sito in P., loc. (...) e quello sito in C., loc. (...), in favore delle nipoti e, successivamente, hanno alienato quest'ultimo bene al sig. E.; che, alla base di tale decisione, c'era l'intento dei nonni di tutelare le bambine e di agevolare la separazione della figlia, andando incontro alle esigenze del convenuto, il quale, con l'atto di separazione, si era spogliato dell'unico bene di sua proprietà; che non sussistono i requisiti per revocare l'atto di destinazione ex art. 2465 ter c.c. del 15.05.2015, né quelli per dichiarare l'atto di compravendita del 25.05.2015 simulato, sai in senso assoluto che relativo, o inefficace ex art. 2901 c.c.. R. D. V., nonostante la ritualità della notifica, non si è costituita in giudizio. Concessi i termini ex art. 183, comma 6, c.p.c. e rigettate le prove orali formulate dal convenuto E., la causa è stata rinviata per la precisazione delle conclusioni e, successivamente, trattenuta in decisione con la concessione dei termini ex art. 190 c.p.c. per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica. 1. Preliminarmente, deve essere formalmente dichiarata la contumacia di R. D. V. la quale, malgrado la ritualità della notificazione dell'atto di citazione, non si è costituita in giudizio. 2. La domanda revocatoria formulata da parte attrice con riguardo all'atto di destinazione ex art. 2465 ter c.c. per realizzazione di interessi meritevoli di tutela, posto in essere dai sig.ri D. V. e Z. per far fronte ai bisogni delle loro nipoti minori, A. E. ed E. E., figlie di R. D. V. ed A. E., con atto del 15.05.2015 ai rogiti del Notaio dott. A. L., è fondata e merita di essere accolta per le ragioni di seguito spiegate. 2.1 L'azione revocatoria di cui all'art. 2901 c.c. si prefigge come scopo quello di tutelare il ceditore nei confronti degli atti con i quali il debitore, a fronte della prospettiva dell'esecuzione forzata, tenda fraudolentemente ad impedire o a rendere più difficile la soddisfazione del credito, sottraendo i propri beni alla responsabilità patrimoniale. Si tratta di un rimedio avente finalità essenzialmente conservative, che consente al creditore di ricostituire la garanzia generica assicurata a quest'ultimo dal patrimonio del debitore ex art. 2740 c.c. e, quindi, di restaurare la consistenza della massa patrimoniale su cui poter procedere ad aggressione esecutiva, a fronte di alienazioni pregiudizievoli o anche solo di atti di disposizione che rendano più difficoltosa detta aggressione. In coerenza con tale sua unica funzione, l'azione predetta, ove esperita vittoriosamente, non determina il travolgimento dell'atto di disposizione posto in essere dal debitore, ma semplicemente l'inefficacia di esso nei soli confronti del creditore che l'abbia vittoriosamente esperita, per consentire allo stesso di esercitare sul bene oggetto dell'atto l'azione esecutiva ai sensi degli artt. 602 e ss. c.c. per la realizzazione del credito (v. Cass. n. 1691/1991). 2.2 Deve ritenersi compreso nell'ambito dell'azione revocatoria ex art. 2901 c.c. anche l'atto di costituzione di un vincolo di destinazione ai sensi dell'art. 2645 ter c.c., in quanto, benché con tale atto non sia trasferita la proprietà dei beni oggetto dello stesso e non siano costituiti su di essi diritti reali in senso proprio, detto vincolo è comunque idoneo a sottrarre i beni vincolati all'azione esecutiva dei creditori, ha effetti connotati dal carattere della "realità" in senso ampio (tanto che è oggetto di trascrizione) e, di conseguenza, è idoneo a pregiudicare le loro ragioni, così come si è ritenuto in situazioni analoghe (anche se non identiche), quali la costituzione del fondo patrimoniale ai sensi dell'art. 167 c.c. e la costituzione e dotazione di beni in "trust" (cfr. Cass. n. 29727/2019, in cui si evidenzia altresì che le questioni relative alla meritevolezza di tutela della finalità perseguita con la costituzione del vincolo e alla ragionevole durata dello stesso sono del tutto irrilevanti ai fini della revocabilità dell'atto di destinazione, trattandosi di considerazioni relative alla validità (della causa) di quest'ultimo, laddove l'azione revocatoria non ha affatto riguardo alla validità dell'atto da revocare, presupponendo un atto valido e richiedendo esclusivamente l'accertamento della sua idoneità a determinare un pregiudizio per i diritti dei creditori). 2.3 Ciò posto, presupposto indefettibile dell'azione revocatoria è l'esistenza di un diritto di credito nei confronti del debitore, con la conseguenza che il giudice dovrà accertarne la sussistenza in funzione legittimante, pur in mancanza di una specifica e separata domanda sul punto. A tal proposito, si rileva che la giurisprudenza è ormai costante nel ritenere che non sia necessario che il credito sia liquido, né che esso sia esigibile (Cass. n. 1450/2015; n. 2066/2010), né tanto meno che il credito sia accertato in sede giudiziale (Cass. n.12678/2001, essendo sufficiente una semplice aspettativa che non appaia prima facie pretestuosa (Cass. n. 24757/2008) e che possa valutarsi, incidenter tantum, come probabile (Cass. n. 5359/2009; n. 20002/2008), considerando che nella lettura evolutiva ed espansiva dell'art. 2901 c.c., è considerato legittimato anche il titolare di un credito meramente eventuale (Cass. n. 5919/2016 2673/2016; n. 23666/2015). Occorre inoltre, prima di esaminare la ricorrenza nel caso oggetto di esame dei presupposti richiesti dall'art. 2091 c.c., verificare l'anteriorità del credito rispetto all'atto impugnato e ciò ai fini della indagine sulla ricorrenza o meno della cd. "dolosa preordinazione del terzo". In tale prospettiva deve evidenziarsi che "l'acquisto della qualità del debitore nei confronti del creditore risale al momento della nascita stessa del credito (e non anche a quello della scadenza dell'obbligazione del debitore principale), sì che è a tale momento che occorre far riferimento al fine di stabilire se l'atto pregiudizievole sia anteriore o successivo al sorgere del credito, onde predicare, conseguentemente, la necessità o meno della prova della cd. "dolosa preordinazione" (Cass. n. 591/1999). Come, infatti, sostenuto dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione "l'azione revocatoria ordinaria presuppone, per la sua legittima esperibilità, la sola esistenza di un debito e non anche la concreta esigibilità di esso potendo essere esperita in concorso con gli altri requisiti di legge anche per crediti condizionali, non scaduti e/o soltanto eventuali. Pertanto con riguardo alla posizione del fideiussore i cui atti dispositivi sono soltanto assoggettabili al pari di quelli del debitore principale, al rimedio in questione, l'acquisto della qualità di debitore nei confronti del creditore risale al momento della nascita stessa del credito e non a quello della scadenza dell'obbligazione del debitore principale, per cui è a tale momento che occorre fare riferimento al fine di stabilire se l'atto pregiudizievole sia anteriore o successivo al sorgere del credito, onde affermare, conseguentemente, la necessità o meno della prova della cosiddetta "dolosa preordinazione". (Cass. n. 7484/2001). In altri termini, l'anteriorità del credito rispetto all'atto da revocare (dalla quale dipende, ai sensi dell'art. 2901, comma 1, n. 1, c.c., la necessità della prova del "consilium fraudis") va stabilita con riferimento alla nascita dell'obbligazione, e non alla sua esigibilità. Pertanto, in considerazione dei principi sopra richiamati, il credito di (...), sebbene allo stato attuale sia portato dal decreto ingiuntivo n. 704/2018 del 05.06.2018, dichiarato esecutivo con decreto del 02.10.2018, deve ritenersi sorto anteriormente al compimento dell'atto oggetto di revocatoria, trovando fondamento nel momento in cui la debitrice principale (N. D. V. C. s.r.l.) ha intrattenuto rapporti bancari di conto corrente di corrispondenza con (...) s.p.a. (anno 2003), con (...) s.p.a. e con (...) s.p.a. (anno 2008), nonché nelle fideiussioni rilasciate dai sig.ri D. V. e Z., a garanzia dell'adempimento delle obbligazioni della società N. D. V. C. s.r.l., nell'anno 2003 a favore di (...) s.p.a. e nell'anno 2005 a favore di (...) s.p.a., successivamente confermate in data 12.06.2007 in favore di (...), trasferite il 03.10.2012 a (...) s.p.a. 2.4 Può procedersi, quindi, alla disamina della fattispecie concreta in relazione ai presupposti richiesti ai fini dell'accoglimento della domanda. Si rileva innanzitutto che non coglie nel segno l'assunto difensivo dei convenuti sig.ri D. V. e Z. laddove sostengono nella comparsa di costituzione e risposta che l'iniziativa della Banca attrice, come già accertato in altra sede dal Tribunale di Prato, è totalmente infondata. Il decreto collegiale del 19.10.2016, con cui è stato omologato il concordato preventivo proposto dalla debitrice principale, società N. D. V. C. s.r.l., infatti, nell'esaminare come infondata l'opposizione e proposta dall'odierna attrice, si riferisce ad altri atti dispositivi posti in essere dai garanti in favore della società in concordato - evidenziati in quella sede dalla Banca opponente -, diversi da quelli contestati nell'ambito del presente giudizio. Parimenti, destituita di fondamento è l'affermazione difensiva dei convenuti secondo cui il Tribunale di Prato, nell'ambito di altro giudizio (n. (...)R.G.) definito con sentenza n. /2020 pubblicata il 24.08.2020, avrebbe ritenuto pienamente legittimi ed efficaci gli atti dispositivi ivi contestati, ovvero il contratto di compravendita per scrittura privata autenticata nelle firme del Notaio dott. A. L. del 21.05.2015, con cui la società CD I. di Z. C. e C. s.a.s. ha trasferito a N. D. V. C. s.r.l. in liquidazione gli immobili siti nel Comune di C., via (...), e l'atto di costituzione di vincolo di destinazione, ai rogiti notarili del 12.06.2015, con cui D. D. V. e C. Z. hanno destinato a favore della società debitrice in via principale l'immobile sito nel Comune di Prato, via (...). Ed invero, con la sentenza n. (...)/2020 il Tribunale di Prato non ha in alcun modo valutato, nel merito, la sussistenza dei presupposti in relazione alle domande svolte dalla Banca (azione di simulazione e azione revocatoria), in quanto il relativo giudizio si è concluso con una pronuncia in rito, di inammissibilità delle domande attoree. Rilevato ciò, si sottolinea che l'atto di semplice destinazione di un bene, senza il trasferimento della proprietà dello stesso (come nel caso di specie), alla soddisfazione di determinate esigenze, ai sensi dell'art. 2645 ter c.c., costituisce, di regola, un negozio unilaterale - non perfezionandosi con l'incontro delle volontà di due o più soggetti, ma essendo sufficiente la sola dichiarazione di volontà del disponente - e a titolo gratuito, in quanto di per sé determina un sacrificio patrimoniale da parte del disponente, che non trova contropartita in una attribuzione in suo favore; esso resta tale anche se, nel contesto di un atto pubblico dal contenuto più ampio, ciascuno dei beneficiari del vincolo abbia a sua volta destinato propri beni in favore delle esigenze di tutti gli altri, risultando in tal caso i diversi negozi di destinazione solo occasionalmente contenuti nel medesimo atto pubblico notarile, salvo che risulti diversamente sulla base di una puntuale ricostruzione del contenuto effettivo della volontà delle parti e della causa concreta del complessivo negozio dalle stesse posto in essere (Cass. n. 3697/2020). 2.4.1 Ad avviso dell'adito Tribunale, ricorre innanzitutto il requisito richiesto dalla normativa del c.d. "eventus damni", ossia del pregiudizio che dall'atto revocando può derivare alle ragioni del creditore. In termini generali, si ritiene che non sia necessaria la prospettiva di un danno effettivo ed attuale, bastando che, in conseguenza dell'attività dispositiva posta fraudolentemente in essere dal debitore, si profili il semplice pericolo concreto che il debitore non adempia l'obbligazione e che l'azione esecutiva intentata nei suoi confronti si rilevi infruttuosa (Cass. n. 16464/2009; n. 7452/2000). IL legislatore, infatti, esprimendosi in termini di pregiudizio, ha voluto alludere ad un significato dell'eventus damni che va oltre il concetto di danno per comprendere anche quello di semplice pericolo di danno (cfr. Cass. n. 6511/2004; Cass. n. 6777/1995). Ciò perché al creditore non interessa soltanto la conservazione della garanzia patrimoniale costituita dai beni del debitore, ma anche il mantenimento di uno stato di maggiore fruttuosità ed agevolezza dell'azione esecutiva susseguente all'utile esperimento dell'azione. Pertanto, si afferma che il requisito in questione non si concreta necessariamente in un effettivo e attuale depauperamento del patrimonio del debitore tanto meno nella totale compromissione della sua consistenza, potendo consistere anche in una maggiore difficoltà o incertezza o dispendiosità, per il creditore, nel realizzare quanto dovutogli (cfr. Cass. n. 9635/2018; n. 13172/2017). In altri termini, il pregiudizio può essere costituito da una variazione sia quantitativa che qualitativa del patrimonio del debitore, purché comporti una maggiore difficoltà od incertezza nella esazione coattiva del credito oppure ne comprometta la fruttuosità (cfr. Cass. n. 15265/2006; Cass. n. 12144/1999; Cass. n. 6676/1998, Cass. n. 4578/1998). In buona sostanza, affinché possa richiamarsi l'esistenza del pregiudizio, non occorre alcuna valutazione sul danno, essendo sufficiente la dimostrazione da parte del creditore istante della pericolosità dell'atto impugnato, in termini di una possibile quanto eventuale infruttuosità della futura esecuzione sui beni del debitore. In questa prospettiva, l'onere probatorio del creditore che agisce in revocatoria si restringe alla dimostrazione della variazione quantitativa o qualitativa del patrimonio del debitore senza estendersi a quella dell'entità e natura del patrimonio stesso dopo l'atto di disposizione, non trovandosi il creditore nelle condizioni di valutarne compiutamente le caratteristiche. La prova è libera nel senso che può essere fornita con ogni mezzo, non escluse le presunzioni. È, invece, onere del debitore che voglia sottrarsi agli effetti dell'azione revocatoria provare che, nonostante l'atto di disposizione, il suo patrimonio ha conservato valore e caratteristiche tali da garantire il soddisfacimento delle ragioni del creditore senza difficoltà (cfr. Cass. n. 4578/1998). Ebbene, mediante l'atto di costituzione di vincolo di destinazione per cui è causa, i disponenti hanno limitato la possibilità di aggredire in via esecutiva i beni conferiti, pur essendo questi ultimi rimasti nella disponibilità degli stessi. Infatti, nel corpo dell'atto è stabilito, in conformità al disposto di cui all'art. 2465 ter c.c., che "i beni suddetti e di loro frutti possono essere impiegati al solo fine di destinazione e possono costituire oggetto di esecuzione solo per i debiti compatibili con al destinazione stessa". Non assume alcuna rilevanza la condizione sospensiva apposta all'atto in questione, con cui è stata subordinata l'efficacia dell'atto costitutivo di vincolo all'omologazione da parte del Tribunale degli accordi di separazione personale raggiunti tra R. D. V. (figlia dei convenuti disponenti) e A. E., peraltro successivamente avveratasi a seguito del decreto di omologa del Tribunale di Firenze del 08.04.2016; né rilevano gli interessi e la finalità meritevole di tutela sottesi alla costituzione del vincolo, essendo sufficiente l'idoneità dell'atto ex art. 2465 ter c.c. a sottrarre i beni oggetto di vincolo all'azione esecutiva dei creditori. Merita di essere sottolineato anche il momento temporale in cui è stato raggiunto l'accordo in merito alle condizioni della separazione tra i coniugi R. D. V. e il sig. E. e quello in cui è stato costituito l'atto in questione: il ricorso per separazione consensuale, difatti, è stato depositato in data 20.05.2015, cinque giorni dopo l'atto notarile di costituzione di vincolo di destinazione e, per di più, in data 25.05.2015 l'immobile sito in C., loc. (...), già conferito in vincolo soltanto dieci giorni prima, è stato trasferito dagli stessi garanti al sig. (...). Ritiene questo giudicante che l'atto dispositivo oggetto della domanda revocatoria deve ritenersi pregiudizievole per le ragioni creditorie di parte attrice, avendo determinato una modificazione del patrimonio dei fideiussori e reso maggiormente difficoltoso la soddisfazione del credito. Ed invero i sig.ri D. V. e Z., con l'atto di destinazione del 15.05.2015, la compravendita del 25.05.2015 in favore del sig. E. (entrambi oggetto del presente giudizio) e l'ulteriore atto di destinazione ex art. 2465 ter c.c. del 12.05.2015 ((...) vincolata in favore della debitrice principale, società N. D. V. C. s.r.l., l'immobile di loro proprietà posto in Prato, via del (...), allo scopo di consentire a detta società di depositare una proposta di concordato preventivo), si sono spogliati di tutti i loro beni; né hanno fornito la prova su di loro gravante dell'insussistenza, a fronte dell'atto per cui si discute, del rischio di una più incerta o difficile soddisfazione del credito dell'istituto bancario, in ragione delle ampie residualità dell'eventuale restante patrimonio. Si consideri, a tale riguardo, che parte attrice, nell'ambito della procedura di concordato, è stata ammessa quale creditore chirografario e il suo credito potrà trovare soddisfazione soltanto nei limiti della percentuale concordataria, in concorso con altri creditori garantiti da fideiussioni rilasciate dagli odierni convenuti. In altri termini, il compimento degli atti sopra richiamati da parte dei sig.ri D. V. e Z. ha compromesso la possibilità per la Banca attrice di trovare integrale soddisfazione in ordine alle proprie ragioni di credito e di rivalersi sul patrimonio dei garanti. 2.4.2 Ricorre, inoltre, il requisito della conoscenza, da parte del debitore, del pregiudizio che l'atto arrecasse alle ragioni del creditore (c.d. consilium fraudis), presupposto soggettivo richiesto nella fattispecie concreta, essendo in presenza di un atto a titolo gratuito, come sopra specificato. A tal fine, non è necessaria la specifica conoscenza, in capo al debitore, del pregiudizio che l'atto arreca alle ragioni del titolare del credito per la cui tutela la revocatoria è stata proposta, rilevandosi sufficiente l'effettiva consapevolezza del carattere pregiudizievole del proprio comportamento, che investa genericamente la riduzione della consistenza del patrimonio del debitore in pregiudizio del creditore (Cass. n. 2792/2002; n. 7262/2000), la cui prova, secondo la giurisprudenza di legittimità, può essere fornita anche mediante il ricorso a presunzioni (Cass. n. 2748/2005). Nel caso in esame, i convenuti sig.ri D. V. e Z., non solo hanno vincolato - e successivamente disposto, quanto all'immobile ubicato in C.- beni di loro proprietà, ma erano nella condizione di conoscere e, in ogni caso, di poter conoscere la situazione debitoria in cui versava la società N. D. V. C. s.r.l. e il pregiudizio dell'atto nei confronti del creditore. A tale riguardo militano le seguenti circostanze: a) alla data di costituzione del vincolo di destinazione (15.05.2015), i sig.ri D. V. e Z. avevano prestato fideiussioni a garanzia delle obbligazioni della debitrice principale di notevole importo; b) D. D. V. e C. Z. erano soci della società N. D. V. C. s.r.l.; c) la sig.ra Z. ha ricoperto la carica di liquidatore di quest'ultima società, mentre il sig. D. V. l'incarico di Presidente del Consiglio di Amministrazione. Tenuto conto dell'importo delle garanzie personali prestate dagli odierni convenuti antecedentemente all'atto di costituzione di vincolo ex art. 2465 ter c.c. e della posizione ricoperta dagli stessi in seno alla società N. D. V. C., deve ritenersi che i sig.ri D. V. e Z. non potevano non avere contezza delle vicissitudini relative ai rapporti bancari intrattenuti dalla società debitrice, allo stato dei rapporti medesimi e all'esposizione debitoria della società N. D. V. C. e, quindi, del carattere pregiudizievole degli atti posti in essere per effetto della riduzione della garanzia patrimoniale. Per le ragioni appena esposte e per le considerazioni precedentemente svolte con riguardo al momento della nascita del credito e alla sua anteriorità, non coglie nel segno, quindi, la circostanza allegata dai convenuti secondo cui gli atti oggetto di contestazione sarebbero stati posti in totale buona fede e nella completa ignoranza dell'iniziativa assunta dall'odierna attrice, avendo ricevuto la (...) molto tempo dopo la stipula degli atti, circostanza del tutto irrilevante. 3. Altresì fondata è la domanda di simulazione assoluta formulata da parte attrice, avente a oggetto il contratto di compravendita per scrittura privata autenticata dal Notaio dott. A. L. del 25.05.2015, con cui i sig.ri D. V. e Z. hanno trasferito ad A. E., coniuge della figlia R. D. V., le unità immobiliari, già oggetto di vincolo di destinazione ex art. 2465 ter c.c., site nel Comune di C., loc. (...). 3.1 L'adito Tribunale rileva innanzitutto che, secondo la giurisprudenza, nell'azione diretta a far valere la simulazione di un atto di compravendita proposta dal creditore di una delle parti, alla dichiarazione relativa al versamento del prezzo, pur contenuta in un rogito notarile di compravendita immobiliare, non può attribuirsi valore vincolante nei confronti del creditore, atteso che questi è terzo rispetto ai soggetti che hanno posto in essere il contratto, e che possono trarsi elementi di valutazione circa il carattere fittizio del contratto dalla circostanza che il compratore, su cui grava l'onere di pagare il pagamento del prezzo, non abbia fornito la relativa dimostrazione (cfr. Cass. n. 5326/2017: "Qualora l'azione di simulazione proposta dal creditore di una delle parti di un contratto di compravendita immobiliare fondi su elementi presuntivi che, in ottemperanza a quanto previsto dall'art. 2697 c.c., indichino il carattere fittizio dell'alienazione, l'acquirente ha l'onere di provare l'effettivo pagamento del prezzo, potendosi, in mancanza, trarre elementi di valutazione circa il carattere apparente del contratto; tale onere probatorio non può, tuttavia, ritenersi soddisfatto dalla dichiarazione relativa al versamento del prezzo contenuta nel rogito notarile, in quanto il creditore che agisce per far valere la simulazione è terzo rispetto ai soggetti contraenti"). Analogo principio deve affermarsi nell'ipotesi in cui, come nel caso di specie, le parti contraenti stabiliscono nell'atto di compravendita che il prezzo, convenuto in complessivi Euro 140.000,00, è stato regolato fuori dell'atto, nei termini di cui alla dichiarazione allegata, ovvero mediante sette effetti cambiari dell'importo di Euro 20.000,00 ciascuno con scadenza semestrale, in quanto, non solo la Banca attrice riveste la posizione di terzo rispetto all'atto stipulato, ma, essendo la cambiale uno strumento di credito, la mera sua emissione non costituisce prova dell'avvenuto pagamento ad opera del debitore, risultando necessario dimostrare l'effettivo avvenuto incasso delle cambiali in questione. 3.2 Ciò premesso, nella fattispecie concreta ricorrono una serie di indici da cui è possibile desumere la natura simulatoria dell'atto, potendo i creditori fornire la relativa prova con ogni mezzo, anche a mezzo di presunzioni. In primo luogo, nessuna prova è stata offerta in merito all'avvenuto pagamento del prezzo concordato, essendosi parte convenuta limitata ad affermare che il corrispettivo pattuito è stato integralmente saldato mediante l'emissione delle cambiali di cui sopra, senza tuttavia dare alcun tipo di riscontro probatorio in ordine all'effettivo pagamento. In secondo luogo, l'atto di compravendita è stato posto in essere tra soggetti legati da un vincolo di affinità, essendo A. E. il marito di R. D. V., figlia dei sig.ri D. V. e Z., appena dieci giorni dopo l'atto costitutivo di vincolo di destinazione. Inoltre, nonostante la compravendita sia stata stipulata per far fronte a un'esigenza abitativa del convenuto (...) a seguito della separazione dal coniuge, dalla documentazione in atti risulta che A. E. sia tuttora residente presso la casa coniugale (...) accordi di separazione, e che l'atto di citazione è stato notificato presso la residenza coniugale a mani dello stesso sig. E.. Tali circostanze delineano un quadro in cui è ragionevole presumere l'esistenza non tanto di una effettiva volontà di vendere (da parte dei sig.ri D. V. e Z.) e di acquistare (da parte di A. E.), quanto piuttosto di un intento distrattivo di beni dei garanti in danno dei creditori. 3.3 La domanda di simulazione relativa e revocatoria dell'atto di compravendita del 25.05.2015, proposte dalla Banca rispettivamente in via di ipotesi e in via ulteriormente subordinata, restano quindi assorbite. 4. Si ribadisce l'inammissibilità delle prove orali articolate dal sig. E. nella memoria ex art. 183, comma 6, n. 2, c.p.c., in quanto il capitolo n. 1 è generico in relazione al luogo del trasferimento e anche il capitolo n. 2 è formulato in maniera generica, oltre che ininfluente. 5. Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo secondo i parametri minimi del d.m. 55/2014, richiesti da parte attrice nella note spese depositata, calcolati sul valore della domanda, tenuto conto delle fasi di studio della controversia, introduttiva del giudizio, istruttoria (con riduzione del 50%, essendo consistita solo nel deposito delle memorie ex art. 183, comma 6, c.p.c.) e decisionale (con riduzione del 50% considerando che le comparse conclusioni e le memorie di replica non contengono difese ulteriori rispetto a quanto già argomentato nei precedenti scritti difensivi). P.Q.M. Il Tribunale Civile di Prato, definitivamente pronunciando ogni contraria istanza, eccezione e deduzione disattesa, così provvede: 1. dichiara la contumacia di R. D. V.; 2. in accoglimento della domanda revocatoria proposta da (...) s.p.a. - già (...) S.p.A. - dichiara l'inefficacia nei confronti di (...) s.p.a., ai sensi e per gli effetti dell'art. 2901 c.c., dell'atto di costituzione di vincolo di destinazione su immobili ai sensi dell'art. 2645 ter c.c. per la realizzazione di interessi meritevoli di tutela, ai rogiti del Notaio dott. A. L. di Prato del 15 maggio 2015, rep. (...) racc. (...), registrato a Prato il 18 maggio 2015, trascritto all'Agenzia delle Entrate Ufficio del Territorio di Prato il 18 maggio 2015 al n. reg. part. e all'Agenzia delle Entrate Ufficio del Territorio di Arezzo il 18 maggio 2015 al n. reg. part., posto in essere dai signori D. D. V. e C. Z., per fare fronte ai bisogni della famiglia delle loro nipoti minori, A. E. ed E. E., avente ad oggetto le unità immobiliari di loro proprietà per 1/2 ciascuno in regime di comunione dei beni e precisamente: A) Piena proprietà del fabbricato in Comune di C. (PO), località (...), via (...) e precisamente l'edificio per civile abitazione, disposto su due piani e composto da ingresso/soggiorno, cucina, due camere, bagno e ripostiglio, al piano terreno, e da vano ad uso ripostiglio/cantina al piano seminterrato, con annesso (...) sul quale insiste piccolo vano ad uso centrale termica oltre a vano ad uso autorimessa con annesso ripostiglio e bagno. Confini: via (...), salvo se altri; Rappresentato al Catasto Fabbricati del Comune di C. nel foglio di mappa (...), con i seguenti dati: - part. (...) subalterno (...) categoria A/3, classe 3, vani 6, R.C. euro 604,25 (abitazione); - part. (...), subalterno (...), categoria C/6, classe 3, mq. 16, R.C. euro 85,94 (autorimessa). Il resede circostante, comune all'abitazione e all'autorimessa è rappresentato, quale bene comune non censibile, nel foglio di mappa 66, part. (...) subalterno B) Piena proprietà delle seguenti unità immobiliari costituenti il fabbricato posto in Comune di P. S. (AR), frazione (...), località (...), e precisamente la villetta per civile abitazione disposta su di un piano (terreno rialzato) e composta da ingresso/disimpegno, cucina con ripostiglio, soggiorno, due camere e bagno oltre piccolo loggiato e vano centrale termica, con annesso vano ad uso autorimessa e resede pertinenziale esclusivo della superficie di circa mq. 850. Confini: G., O., parti comuni, salvo se altri. Rappresentata al Catasto Fabbricati del Comune di P. S. nel foglio di mappa (...), con i seguenti dati: - part (...), subalterno (...); categoria A/3, cl. 1, vani 5, R.C. euro 232,41 (abitazione); - part. (...), subalterno 1; categoria C/6, cl. 3, mq 15, R.C. euro 32,54 (autorimessa); 3. in accoglimento della domanda di simulazione assoluta proposta da (...) s.p.a. - già (...) S.p.A. -, dichiara la simulazione assoluta del contratto di compravendita per scrittura privata autenticata nelle firme dal Notaio dott. (...) di Prato del 25 maggio 2015, rep. (...) 5 racc. (...), registrato a Prato il 3 giugno 2015, al n. trascritto all'Agenzia delle Entrate Ufficio del Territorio di Prato in data 11 giugno 2015 al n. (...) reg. part., con il quale i signori D. D. V. e C. Z. hanno trasferito al signor A. E. le unità immobiliari, già oggetto di vincolo di destinazione ex art. 2645 ter c.p.c., poste in Comune di C. (PO), Loc. (...), di cui al precedente punto sub A); 4. ordina (...) all'organo territorialmente competente, esonerandolo all'uopo da qualsiasi responsabilità, di annotare la trascrizione della presente sentenza; 5. condanna le parti convenute, in solido tra loro, a rifondere, in favore di (...) s.p.a., le spese di lite, che si liquidano in complessivi Euro 7.740,00 per compensi professionali ed Euro 2.818,09 per esborsi, oltre al rimborso forfettario al 15%, i.v.a e c.p.a. come per legge. Così deciso in Prato, il 23 marzo 2022.

  • IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE DI PRATO in persona del giudice istruttore, dott. Michele Sirgiovanni, in funzione di giudice unico, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile iscritta a ruolo in data 28 luglio 2016 con il n. 2855/2016 del ruolo Generale, ed avente per oggetto: inadempimento preliminare e condanna in forma specifica, vertente tra (...), rappresentata e difesa dall'avv. Ga.PI. e dall'avv. Ma.PI., elettivamente domiciliata presso il loro studio in Prato, Piazza (...) n 8, come da procura allegata all'atto di citazione Attrice Contro Fallimento Cooperativa Edificatrice (...) Società Cooperativa in liquidazione, corrente in Prato, via (...), c.f. (...), in persona dei curatori fallimentari dott.ssa El.Fa. e dott. St.Co. rappresentate difeso dall'avv. MA.SA., ed elettivamente domiciliata presso quest'ultimo, giusta procura alla lite rilasciata su foglio separato da considerarsi apposta in calce alla comparsa di costituzione e allegata al deposito telematico ex art. 83 co. 3 c.p.c., Fax: (...) Convenuta SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con atto di citazione notificato in data 25 luglio 2016, (...) esponeva: - di essere socia della Cooperativa Edificatrice (...), società con sede in Prato, via (...), n 6-7; - che in base all'art. 3 dello Statuto, "la Cooperativa è retta e disciplinata secondo il principio della mutualità senza fini di lucro e speculazione privata ed ha per scopo quello di progettare, realizzare, acquistare, gestire, costruire case di abitazione e relative pertinenze da assegnare ai soci, in proprietà, in locazione o in godimento, anche con patto di futura assegnazione o riscatto, usufruendo o meno delle agevolazioni previste dalle leggi per l'edilizia"; - che la Cooperativa (...) aveva realizzato il complesso immobiliare posto in Prato, via (...) - via (...), denominato" Cittadella 2", nell'ambito del quale era prenotataria - con atto del 20 gennaio 2012dell'alloggio n 40, posto al piano quinto, e di un garage, prima il n 9, poi modificato nel n 21, immobili identificati nel Catasto Fabbricati del Comune di Prato, al foglio 16, part. (...), quanto all'appartamento, e sub 57, quanto al garage; - che il corrispettivo per l'assegnazione era stato pattuito in Euro 315.000,00, oltre IVA, di cui Euro 70.000,00 versati entro l'atto di prenotazione a titolo di caparra confirmatoria con assegno circolare del 19.1.2012, gli altri importi, rispettivamente di Euro 135.200,00 e di Euro 122.400,00, con bonifici dell'8 marzo 2012 e del 5 novembre 2012, regolarmente fatturati dalla Cooperativa, cui si aggiungevano Euro 2.600,00 per allacciamenti e catasto, inclusi nel secondo bonifico; - che, ultimato il pagamento delle somme dovute per ottenere l'intestazione della proprietà dell'abitazione la (...) era stata immessa nel possesso del bene immobile, in seguito alla consegna delle chiavi, in data 16 novembre 2012, come da verbale di consegna; - che con il medesimo atto si era assunta ogni responsabilità in merito all'immobile, alla sicurezza dell'accesso dell'alloggio e ad eventuali danni connessi e/o derivati dalla custodia e dall'utilizzo, dichiarando di esser a conoscenza che sull'unità immobiliare consegnata, come su tutta la proprietà della Cooperativa, gravava ipoteca n (...) iscritta in data 3 agosto 2005 presso Agenzia del Territorio di Prato, in favore dell'istituto Credito Cooperativo Banca di Pistoia, da cancellare alla stipula dei singoli mutui individuali; - che a seguito dell'immissione in possesso dell'immobile prenotato aveva formulato formale richiesta di assegnazione in data 6 maggio 2014 ed aveva sollecitato più volte la stipula relativa; - che il Presidente della Cooperativa aveva risposto che avrebbe provveduto ai rogiti secondo un programma di restrizione ipotecaria concordato con la banca; - che in assenza di riscontro aveva attivato procedimento di conciliazione previsto dall'art. 34 dello Statuto della Cooperativa, al fine di addivenire ad una composizione bonaria della controversia, senza esito positivo per la mancata comparizione della controparte. Tanto premesso, sul presupposto che l'atto di assegnazione avrebbe potuto essere considerato a tutti gli effetti, equiparabile a preliminare, aveva convenuto la cooperativa per ottenere sentenza di trasferimento dei beni, ai sensi dell'art. 2932 c.c., con il favore delle spese di lite. Instaurato il contraddittorio, la Cooperativa si costituiva in giudizio eccependo preliminarmente la improcedibilità della domanda per il mancato esperimento del procedimento di mediazione di cui all'art. 5, comma 1 bis, D.lsvo 28/2010 e s.m.i. Nel merito rilevava l'insussistenza di inadempimento imputabile alla Cooperativa, avendo i soci assegnatari, tra i quali la stessa attrice, prestato il consenso alla posticipazione a data da destinarsi delle assegnazioni, attraverso l'approvazione assembleare dell'accordo di moratoria presentato presso gli istituti bancari e, specificamente, dell'omologazione dell'accordo di ristrutturazione dei debiti ex art. 182 bis legge fallimentare e non oggetto di impugnazione. Si procedeva quindi ad istruttoria con espletamento di CTU e, all'udienza del 21 ottobre 2020 era dichiarata l'interruzione del processo a seguito del fallimento della Cooperativa convenuta. dichiarato con sentenza emessa in data 23 giugno 2020, n 25. A seguito di riassunzione con ricorso depositato in data 29 ottobre 2010, si costituiva in giudizio la curatela fallimentare rilevando la improcedibilità sopravvenuta della domanda e, su tali conclusioni, in epigrafe trascritte, la causa all'udienza del 22 luglio 2021, la causa era trattenuta in decisione sulle conclusioni in epigrafe trascritte. MOTIVI DELLA DECISIONE La domanda dell'attrice è fondata e deve essere accolta nei limiti delle argomentazioni che seguono. I. ECCEZIONI DI RITO 1. Preliminarmente, deve essere esaminata la questione sollevata dalla società convenuta in considerazione del fatto che la materia del contendere rientra nella disposizione di cui all'art.5, comma 1 bis, D.Lgs. 28/2010 che prescrive obbligatoriamente l'attivazione del procedimento di mediazione, quale condizione di procedibilità della domanda. Tale eccezione, sollevata invero al momento della originaria costituzione in giudizio della società cooperativa in bonis, non abbandonata ed anzi genericamente richiamata anche dalla difesa della Curatela, sarebbe da ricondurre alla qualificazione dell'azione intrapresa che, essendo strumentale ad ottenere l'assegnazione dell'immobile in proprietà, dovrebbe farsi rientrare nel novero delle controversie in materia di "diritti reali". Così prospettata, tuttavia, l'eccezione non è fondata e non giustifica la pronuncia in rito invocata. Invero, in disparte la mediazione attivata in applicazione dell'art. 34 dello Statuto della Cooperativa, l'art. 5, comma 1 bis, del decreto legislativo 28/2010 nella formulazione introdotta dall'art. 84. Comma 1, lett. b DL 21.6.2013, n 69, convertito con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n 98, e 1 bis, comma 2, Dlgsvo 6.8.2015, n 130 e 11 ter del DI 24.4.2017, n 50, convertito con modificazioni dalla legge 21.6.2017, n 96, prevede obbligatoriamente l'esperimento del procedimento di mediazione a carico di colui che intenda esercitare in giudizio un'azione, tra le altre, relativa ad una controversia in materia di "diritti reali". Con tale accezione, il legislatore ha chiaramente inteso riferirsi alle ipotesi in cui l'oggetto della domanda sia un diritto, o altra situazione giuridica, attraverso la quale il titolare mira a soddisfare il proprio interesse in maniera diretta e non mediata sul bene, con carattere di assolutezza ed erga omnes. Diversamente, nel caso di specie la domanda ha ad oggetto l esercizio del diritto ad ottenere, da parte della cooperativa, la prestazione di trasferire il bene assegnato, come tale di natura personale in forza di un rapporto non rientrante in nessuno di quelli specificamente previsti dalla norma. 2. Parimenti destituita di fondamento è anche l'eccezione di improcedibilità sollevata dalla Curatela per effetto della declaratoria fallimentare e in forza degli artt. 52 e 93 legge fallimentare. Come reiteratamente precisato dalla S.C. tra le fattispecie sottratte all'ambito di applicazione dell'art. 43 della legge fall. non possono rientrare l'azione esperibile ai sensi dell'art. 2932 cod. civ. in via di esecuzione specifica dell'obbligo di concludere un contratto e, con essa la sentenza, a carattere costitutivo e in funzione sostitutiva del contratto non concluso, in esito all'eventuale accoglimento della domanda stessa. Ed infatti essa non ha ad oggetto il soddisfacimento diretto ed immediato di un credito pecuniario, ed inoltre, malgrado il tenore apparente della rubrica della disposizione e la "sedes materiae", si differenzia, nella sua peculiarità qualificante, dalle azioni esecutive individuali, onde non può configurarsi alcun profilo di inammissibilità originaria della domanda o di improcedibilità successiva della stessa, ne' ai sensi dell'art. 51, ne' ai sensi dell'art. 52 della legge fallimentare" (Cass, 11 aprile 2018, n 9010; Cass. 10615 del 1998); II. MERITO DELLA DOMANDA 1. In linea generale, giova premettere che con riferimento alle cooperative edilizie aventi per oggetto sociale la costruzione di alloggi da assegnare ai soci, è stato puntualizzato che (Cass. VI Civ. n. 723/2013), il socio è parte di due distinti anche se collegati rapporti, uno di carattere associativo derivante dall'adesione al contratto sociale e l'altro che deriva dal contratto bilaterale di scambio. Nelle cooperative edilizie che hanno per oggetto sociale la costruzione di alloggi da assegnare ai soci, le anticipazioni e gli esborsi sopportati dal socio per conseguire la proprietà dell'alloggio trovano giustificazione in un rapporto di scambio, ben distinto dal rapporto associativo, dal quale trae invece origine l'obbligo dei conferimenti e della contribuzione alle spese comuni di organizzazione ed amministrazione, ricollegandosi questi ultimi alla qualità di socio, che deriva dall'adesione alla cooperativa e permane fino a suo scioglimento ovvero al recesso o all'esclusione del socio, ed i primi ad un atto di trasferimento avente una causa omogenea a quella di una comune compravendita, nell'ambito del quale la società assume la veste di alienante e il socio quella di acquirente (v. anche Cass. 13.6.2016, n 12124). La regolamentazione del rapporto di scambio, in coerenza con la sua natura, è quindi da ricercare nella sua specifica fonte contrattuale e nei principi propri del contratto sinallagmatico di compravendita, dovendosi aver riguardo alla disciplina societaria solo nella misura in cui essa sia stata in quel contratto espressamente o implicitamente richiamata. Ogni diversa impostazione si porrebbe in conflitto con le disposizioni in materia di ermeneutica soggettiva della volontà negoziale (art. 1362 c.c.). Ciò è coerente con il riconoscimento della "autonomia" di "causa giuridica" del rapporto associativo in una società cooperativa Edificatrice rispetto al rapporto di scambio finalizzato all'acquisto dell'immobile (cfr. Cass. n. 15550/2000, cui seguirono Cass. n. 9393/2004, Cass. n. 2612/2007, Cass. n. 13641/2013) e con la constatazione che gli esborsi e le anticipazioni di carattere straordinario ai fini dell'acquisto del terreno, della realizzazione degli alloggi, etc., non sono strettamente inerenti al rapporto sociale e sono destinati a gravare sul socio subentrante, ponendo il socio nella posizione di creditore nei confronti della Cooperativa Edificatrice (Cass. n. 6197/2008; Cass. n. 9393/2004, in Giust. Civ. Mass. 2004 e DeG 2004). Il rapporto associativo, quindi, è pur sempre indirettamente finalizzato all'acquisto della proprietà dell'immobile, ma tale acquisto costituisce l'effetto di una fattispecie complessa e progressiva, comprendente, oltre all'assunzione da parte della società dell'obbligo di prestare il proprio consenso all'atto di trasferimento, anche l'effettuazione della prenotazione, la quale accerta la realizzazione dei presupposti concreti per l'assegnazione, individuandone l'oggetto ed il corrispettivo, in modo da rendere dovuto il successivo atto traslativo. Tale ultima attività può tradursi in concreto, anche nei confronti di un nuovo socio, nella "prenotazione" dell'immobile da parte sua, ovvero nella stipula di un preliminare con il quale la cooperativa prometta al socio subentrante il trasferimento di una delle unità immobiliari realizzate. In altri termini, la fattispecie a formazione progressiva presuppone l'acquisizione dello "status" di socio da parte dell'assegnatario e si snoda in una prima fase c.d. di prenotazione dell'alloggi - che come detto deve può essere qualificata a tutti gli effetti come contratto preliminare, perché con l'individuazione del bene e del corrispettivo nasce l'obbligo per la società di prestare il proprio consenso al trasferimento - ed in una fase successiva, consistente nella successiva assegnazione dell'alloggio e che ben si identifica con il contratto definitivo (Cass. 18.11.2016, n 23514; Cass. 4.11.2015, n 22565). Conseguentemente, qualora l'oggetto sociale della cooperativa sia la costruzione e l'assegnazione di alloggi ai soci, la domanda ai sensi dell'art. 2932 c.c. di esecuzione specifica dell'obbligo di trasferimento dell'immobile, postula la preliminare acquisizione dello "status" di socio da parte del promittente assegnatario, e richiede la verifica della realizzazione dei presupposti per l'assegnazione, costituiti dalla preventiva individuazione dell'alloggio e determinazione del corrispettivo. In coerenza con tale ricostruzione deve concludersi che, in caso di fallimento della cooperativa, è in facoltà del curatore, prima dell'assegnazione, di sciogliersi dal contratto preliminare, ai sensi dell'art. 72, comma 4, L. fall. e che gli effetti del fallimento sono quelli di cui all'art. 72, comma IV, della legge fallimentare, che consente al curatore di subentrare nel contratto, ovvero di sciogliersi con gli effetti di cui al VII comma, salva l'ipotesi del preliminare di vendita trascritto ai sensi dell'art. 2645 - bis del codice civile avente ad oggetto un immobile ad uso abitativo destinato a costituire l'abitazione principale (Cass. 18.11.2016, n. 23514). 2. Nella determinazione del thema decidendum della presente controversia, va osservato che oggetto della domanda principale di parte attrice è rappresentato dal diritto di ottenere il trasferimento, tramite la c.d. assegnazione, dei beni oggetto di prenotazione, di cui all'atto sottoscritto il 20 gennaio 2012, con effetti meramente obbligatori di pervenire alla stipula dell'atto pubblico di trasferimento, definitivo e produttivo degli effetti reali, avente ad oggetto l'alloggio n 40, posto al piano quinto, identificato in Catasto fabbricati al foglio n 16, part. n (...), ed il garage identificato al foglio 16, part. n 2551, sub n 57, a fronte del corrispettivo di Euro 315.000,00, oltre I.v.a.. In relazione a tale atto, l'attrice ha documentato di avere versato Euro 70.000,00 con assegno circolare del 19 gennaio 2012, a titolo di caparra confirmatoria, nonché Euro 135.200,00 e di Euro 122.400,00 con bonifici eseguiti in data 8 marzo 2012 e 5 novembre 2012, regolarmente fatturati dalla Cooperativa e comprensivi degli importi per allacciamenti e catasto. Ha inoltre allegato, e dimostrato, di essere stata effettivamente immessa nel possesso di entrambi i beni sin dal 16 novembre 2012 e di avere formulato istanza per ottenere formale assegnazione o trasferimento. Di contro la Cooperativa costituendosi in giudizio ha espressamente ammesso di avere sottoscritto l'atto di prenotazione e di avere effettivamente percepito le somme, così come allegato dall'attrice a sostegno della domanda. Purtuttavia ha contestato l'imputabilità dell'inadempimento, invocando quale giustificazione della propria condotta la delibera assembleare del 9 luglio 2013, con la quale era stato deliberato di posticipare le assegnazioni dopo l'approvazione dell'accordo con gli istituti bancari secondo l'ordine di presentazione, con ciò facendosi riferimento all'omologazione dell'accordo di ristrutturazione dei debiti ex art. 182 bis L. F. richiesto dalla Cooperativa. L'argomentazione nei termini prospettati non può però essere condivisa, sulla scorta di quanto sopra esposto circa la distinzione tra rapporto associativo e rapporto di scambio. Invero, deve pur sempre essere considerato che secondo il regolamento negoziale di cui all'atto di prenotazione (art. 11), il rogito notarile di assegnazione definitiva in proprietà sarebbe dovuto avvenire non oltre 5 anni dalla consegna dell'alloggio ed era previsto il potere di entrambe le parti di chiamare l'altra al rogito definitivo, una volta ottenuta l'abitabilità e terminate le pratiche catastali. Trattandosi di un termine inserito nella pattuizione sottoscritta formalmente da entrambe le parti, ogni eventuale modifica avrebbe richiesto il consenso scritto da parte di entrambi i contraenti, con la conseguenza che la delibera richiamata, non sottoscritta dalla (...), non appare idonea ad incidere sui relativi obblighi negoziali. Ciò precisato, va poi escluso che il termine indicato nel contratto preliminare per addivenire al contratto definitivo avesse natura essenziale (con il conseguente effetto risolutivo discendente dall'art. 1457 c.c.): in tal senso è l'intenzione dei contraenti desumibile dal chiaro tenore letterale del negozio, avendo questi indicato il diritto di pretendere il trasferimento e lo stesso comportamento mantenuto dopo la relativa scadenza. Va parimenti escluso che carattere essenziale - ai sensi e per gli effetti dell'art. 1457 c.c. - possa conferirsi al termine previsto per il versamento della somma residua, comunque corrisposta. In tale prospettiva, infatti, va ricordato che l'indagine sull'importanza dell'inadempimento sarebbe superflua solo qualora il termine fissato dalle parti per l'adempimento del contratto rivesta carattere di essenzialità. In linea generale va premesso che il termine dedotto in contratto è essenziale solo allorquando la improrogabilità di esso risulti o soggettivamente, dalla volontà manifestata dalle parti attraverso le espressioni usate, pur senza necessità di formule solenni, oppure oggettivamente, per la natura e l'oggetto del contratto, la cui utilità economica, tenuta presente dalle parti stesse nella stipulazione del negozio, andrebbe perduta con l'inutile decorso del termine pattuito (Cass. 29.8.2011, n 17717; Cass. 25.2.82, n. 1200) e desumibile anche da elementi obiettivi (ad es., la rilevante perdita economica che la parte subirebbe dal ritardato adempimento della controparte) i quali facciano ritenere che, senza la stretta osservanza del termine, le parti non sarebbero addivenute alla conclusione del contratto stesso emergendo inequivocabilmente la volontà delle parti di ritenere perduta l'utilità economica del contratto con l'inutile decorso del termine stesso, desumibile da una complessiva valutazione dell'equilibrio economico negoziale. Nel caso in esame, alla luce del testo negoziale e del comportamento complessivo dei paciscenti, non è emerso alcun dato da cui desumere la comune intenzione di ritenere il termine essenziale ove si consideri che la COOPERATIVA in bonis non ha mai considerato il contratto risoluto di diritto dichiarandosi, ancora nel presente giudizio disponibile a pervenire al definitivo e che, di contro, i ritardi nei pagamenti appaiono lievi rispetto alle date indicate nell'atto di prenotazione. La stessa previsione di una caparra confirmatoria (peraltro predisposta a tutela del complessivo programma di obbligazioni scaturente dal contratto e non specificamente dell'obbligo di versare il prezzo residuo) non appare significativa in quanto, per giurisprudenza assolutamente consolidata, tale clausola è bene compatibile con la mancata indicazione di un termine essenziale. Né, in verità, a seguito del fallimento la curatela subentrata ha manifestato la volontà di sciogliersi dal contratto, così che non può porsi in dubbio che entro il termine di adempimento, nonostante la formale richiesta, la Cooperativa non ha proceduto ad adempiere alla propria obbligazione, ponendosi in condizione di ritardo imputabile. Invero, il contraente che chieda l'esecuzione specifica dell'obbligo di concludere un contratto è tenuto ad eseguire la prestazione a suo carico prima dell'emanazione della sentenza costitutiva soltanto quando essa sia già esigibile al momento della domanda giudiziale, ed in questo caso non è necessaria un'offerta reale eseguita nei modi previsti dagli artt. 1208 e 1209 c.c. ma è sufficiente qualsiasi modalità idonea a manifestare la serietà dell'intento di adempiere all'obbligazione e quindi di stipulare il contratto definitivo di vendita e di pagare le somme di denaro da lui dovute come residuo del prezzo (Cass. 24.10.89, n. 4323; Cass. 22.10.88, n. 5724; Cass. 23.2.87, n. 1915; Cass. 11.2.85, n. 1134), peraltro senza necessità di costituzione in mora(Cass. 11.4.2017, n 9314). Si consideri, inoltre che l'accoglimento della domanda di esecuzione specifica dell'obbligo di concludere un contratto, avente per oggetto il trasferimento della proprietà di cosa determinata, postula che l'attore esegua la sua prestazione, o ne faccia offerta nei modi di legge (art. 2932, secondo comma, cod. civ.). Pertanto l'attore che sostenga di non essere più tenuto a quell'adempimento, per aver già eseguito la prestazione dovuta, ha l'onere di fornire la prova del proprio assunto, a norma dell'art. 2697 cod. civ., trattandosi di un fatto costitutivo della pretesa di trasferimento della proprietà "ope iudicis'"(Cass., 11.5.2012, n 7409; Cass. 30.1.2013, n 2217). Nella presente fattispecie, la volontà di concludere il contratto è stata manifestata in modo non equivoco dall'attrice, la quale alla data del 16 novembre 2012 è stata immessa nel possesso dei beni, ha avanzato formale richiesta di pervenire all'assegnazione formale il 6 maggio 2014 invitando la società a presentarsi davanti al notaio per procedere alla stipula del contratto definitivo ed ha documentato i pagamenti integrali del prezzo, compreso di IVA, senza contestazione di controparte. Sussistono, quindi, tutti i presupposti stabiliti dall'art. 2932 c.c. per l'accoglimento della domanda volta ad ottenere una sentenza costitutiva di trasferimento della proprietà dei beni in oggetto: 1) l'obbligo di concludere un contratto che ha per oggetto il trasferimento della proprietà di beni immobili; 2) l'inadempimento a tale obbligazione; 3) l'esecuzione o l'offerta della prestazione (nel caso di specie il pagamento del prezzo convenuto) da parte del contraente che chiede l'esecuzione specifica dell'obbligo di contrarre. Dalla relazione depositata in data 22 marzo 2020 dal CTU, geom. Gi.Sa., gli immobili risultano così descritti: 1) appartamento con accesso dal vano scala contraddistinto dal numero civico 15 di via A.(...), posto al piano quinto con numero interno 10, esattamente il primo a destra per chi arriva dal vano scale condominiale; composto da ampio locale cucina-pranzo-soggiorno, due camere, disimpegno, due bagni, un balcone accessibile dalla camerina, un balcone accessibile dal pranzo/soggiorno e loggia. Confini: parti condominiali, prop. Camerini, proprietà Cooperativa Edificatrice (...) A R.L., s.s.a.; 2) Garage di consistenza catastale 16 mq posto al piano primo interrato del fabbricato condominiale suddescritto, con accesso carrabile dalla rampa carrabile che si diparte da Via A. (...) e dalla rampa carrabile che si diparte da via (...); precisamente trattasi del secondo garage a destra per chi accede al primo piano interrato dal vano scala condominiale distinto dal numero civico n. 15 della Via A. (...) oppure il quinto garage a sinistra per chi accede al primo piano interrato dalla rampa carrabile che si diparte dal numero civico 11 di via A. (...). Confini: corsia di manovra condominiale, proprietà Cooperativa Edificatrice (...) A.R.L. per più lati, s.s.a. Dalla medesima relazione risulta che i beni sono stati esattamente individuati catastalmente come: 1) Appartamento: Foglio di mappa (...) Cat. A/2 Classe 3 Consistenza 5,5 vani superficie catastale totale 93 mq totale escluso aree scoperte 88 Rendita Euro 525,49. 2) Garage: Foglio di mappa (...) Categoria C/6 classe 5 consistenza 16mq superficie catastale totale 19mq rendita Euro 104,12. Sono state evidenziate "difformità catastali che tuttavia non incidono sul classamento, e che pertanto non impediscono al Giudice di emettere sentenza che produca gli effetti di cui all'art. 2932 c.c., non si hanno osservazioni da fare al Suo elaborato". L'effetto traslativo costitutivo previsto dalla presente sentenza. pertanto, sarà automaticamente conseguente al compimento delle suddette attività concernenti l'ordine al competente Conservatore dei Registri Immobiliari di trascrizione della sentenza di trasferimento (Cass. 29.10.2018, n 27342; Cass. 11.2.85, n. 1134). Quanto alla invocata cancellazione o la restrizione dell'ipoteca n. 3453 R.P. iscritta presso l'Agenzia del Territorio di Prato in data 3.08.2005 sull'unità immobiliare sopra indicata in favore di Credito Cooperativo Banca di Pistoia, le spese per le formalità di tale cancellazione o restrizione sono a carico dell'attrice, in forza dell'art. 7 dell'atto di prenotazione, anche se è obbligo della convenuta procurarne il consenso da parte della banca creditrice. Infine, relativamente alle spese di lite, le stesse seguono la soccombenza e devono essere integralmente poste a carico della convenuta, così come liquidate in dispositivo ai sensi delle tariffe di cui al CM 55/2014, tenendo conto del valore della causa e dell'attività effettivamente svolta. P.Q.M. Il Tribunale di Prato, sulle antescritte conclusioni dei procuratori delle parti, definitivamente pronunciando sulle domande proposte da (...) nei confronti della COOPERATIVA EDIFICATRICE (...) S.C.R.L., con atto di citazione notificato in data 25 luglio 2016, e successivamente riassunta nei confronti della curatela fallimentare della società convenuta, ogni diversa istanza, eccezione e deduzione disattesa, così provvede: a) dispone il trasferimento a favore di (...) dei seguenti beni immobili meglio descritti nella relazione di CTU richiamata in motivazione: 1) dell'appartamento posto in Prato (59100 - PO), Via (...) n. 15, al piano quinto del complesso denominato "(...)", censito al Catasto Fabbricati del Comune di Prato al foglio n. (...), sub. n. 126; 2) del garage posto al primo piano interrato con ingresso da Via (...) n. 11, censito al Catasto Fabbricati del Comune di Prato al foglio (...), sub. n. 57; alloggio b) condanna la Curatela del Fallimento Cooperativa Edificatrice (...) - Società Cooperativa ad ottenere in favore dell'attrice la cancellazione o la restrizione dell'ipoteca n. 3453 R.P. iscritta presso l'Agenzia del Territorio di Prato in data 3.08.2005 sull'unità immobiliare sopra indicata in favore di (...) ed a carico della Curatela; c) condanna, la curatela convenuta al pagamento delle spese processuali, liquidate in Euro 12.678,00 per compenso professionale, oltre IVA, CAP e spese generali nella misura di legge, nonché Euro 1606,87 per spese vive ed Euro 1353,80 per la fase di mediazione, oltre alle spese di CTU nella misura liquidata con separato decreto. d) ordina al competente Conservatore dei Registri Immobiliari di procedere alla trascrizione della presente sentenza. Così deciso in Prato il 9 marzo 2022. Depositata in Cancelleria il 9 marzo 2022.

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