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Tribunale di Ragusa, Sentenza n. 1430/2024 del 17-09-2024 TRIBUNALE DI RAGUSA REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale di Ragusa in composizione monocratica, nella persona della dott.ssa (...) ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile iscritta al n. (...)/2022 R.G., promossa da (...) (C.F. (...)), rappresentato e difeso dall'avv. (...) - attore e convenuto in riconvenzione - contro (...) (C.F. (...)), rappresentato e difeso dall'avv. (...) - convenuto e attore in riconvenzione - ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI DELLA DECISIONE Con atto di intimazione di sfratto per morosità e contestuale citazione per la convalida, notificato in data (...), (...) conveniva in giudizio (...) deducendo il mancato pagamento, da parte di quest'ultimo, dei canoni di locazione del mese di aprile 2020 (per la somma residua di Euro 200,00), nonché delle mensilità, pari ad Euro 600,00 ciascuna, di maggio e giugno 2020, ottobre 2021, febbraio e aprile 2022, oltre all'importo di Euro 225,04, pari alla quota del 50% delle spese di registrazione e di due rinnovi del contratto, e così complessivi Euro 3.425,04, somme tutte dovute in forza di contratto di locazione, stipulato tra le parti il (...) e registrato il (...), avente ad oggetto l'immobile, adibito ad uso abitativo, sito in (...) alla via (...) n. (...), censito al (...) del Comune di (...) al foglio n. (...), particella (...), sub. (...), cat. (...), rendita catastale Euro 290,51, oltre all'annesso garage. (...) specificava che, con tale contratto, le parti avevano convenuto un canone annuo pari ad Euro 7.200,00, da corrispondersi in rate mensili anticipate di Euro 600,00, entro il decimo giorno di ogni mese. (...), pertanto, chiedeva convalidarsi l'intimato sfratto ed emettersi ingiunzione di pagamento dei canoni ed accessori summenzionati, nonché di quelli da scadere successivamente alla notifica dell'intimazione di sfratto e sino all'effettivo rilascio dell'immobile, oltre interessi e spese di lite. Costituitosi in giudizio sin dalla sua fase sommaria, l'intimato si opponeva alla convalida dello sfratto, rilevando: - che, contrariamente a quanto asserito dall'intimante, il pattuito canone mensile di locazione era stato considerato dovuto dalle parti a partire dal primo e sino all'ultimo giorno di ogni mese e che le stesse parti avevano concordato di postergare la decorrenza del contratto al dì 1/2/2020, sebbene il contratto stesso fosse stato stipulato il (...); - che le somme richieste dall'intimante non erano dovute, poiché quest'ultimo aveva ricevuto due volte la mensilità di marzo 2020, in quanto corrisposta, prima, dall'(...) e, poi, dal Comune di (...) il quale aveva provveduto anche al pagamento della mensilità di aprile 2020; - che, dunque, stante il doppio pagamento di una stessa mensilità (marzo 2020), non era dovuto il canone per il mese di febbraio 2022; - che, quanto alle mensilità di maggio e giugno 2020, esso conduttore ne aveva atteso il pagamento da parte della (...) - che, nel mese di febbraio 2020, l'attore aveva ricevuto il pagamento della somma di Euro 1.200,00, di cui Euro 600,00 per il mese di febbraio 2020 e gli ulteriori Euro 600,00 non imputati ad alcuna mensilità; - che il canone relativo al mese di ottobre 2021 era stato corrisposto; - che, quanto alle mensilità di aprile e maggio 2022, l'intimato aveva pagato a mezzo n. 2 bonifici bancari. In via subordinata, "nella denegata ipotesi di canoni non ancora corrisposti", l'intimato sollevava eccezione di inadempimento ex art. 1460 c.c., deducendo la carenza delle condizioni dell'immobile a causa di una grave perdita di acqua ed il mancato ripristino dello stato dei luoghi da parte dell'intimante; rilevava, inoltre, le precarie condizioni di salute della moglie, affetta da sclerosi multipla. In seno alle proprie note autorizzate, depositate il (...), l'intimante contestava le affermazioni di parte intimata, evidenziando che le parti avevano convenuto la corresponsione del canone entro il decimo giorno di ogni mese poiché il locatore aveva consentito al conduttore di trasferirsi presso l'immobile locato già in data (...); a sostegno di tale affermazione, l'intimante rilevava l'avvenuto pagamento, nella medesima data del dì 11/1/2020, dell'importo di Euro 1.200,00, comprensivo della somma di Euro 600,00 dovuta a titolo di "caparra" (rectius, deposito cauzionale), oltre ad Euro 600,00, quale canone di locazione per il mese di gennaio 2020. Specificava ancora l'(...) che il conduttore non aveva effettuato ulteriori pagamenti, se non quello relativo alla mensilità di marzo 2020, avvenuto solo in data (...), sicché il locatore - non avendo ottenuto il pagamento delle mensilità di febbraio ed aprile 2020 ed avendo, invece, ricevuto il pagamento della somma complessiva di Euro 800,00 (di cui Euro 400,00 per il mese di marzo 2020 ed Euro 400,00 per la mensilità di aprile 2020) dal Comune di (...) a titolo di contributo (...) - aveva deciso di imputare l'importo di Euro 600,00, precedentemente corrisposto, al mese di febbraio 2020, rimanendo così creditore degli importi residui relativi alle mensilità di marzo ed aprile 2020 (Euro 200,00 + Euro 200,00). Contestava, inoltre, siccome non provata, la circostanza, riferita dall'intimato, relativa alla presunta istanza presentata alla (...) al fine di accedere ai contributi per il pagamento delle mensilità di maggio e giugno 2020; deduceva il mancato pagamento della mensilità di ottobre 2021, all'uopo contestando la produzione documentale di controparte, attestante il pagamento della diversa mensilità di ottobre 2020; rilevava, infine, l'avvenuto pagamento delle mensilità di aprile e maggio 2022, in data successiva alla notifica dell'intimazione di sfratto, mentre evidenziava la persistenza della morosità quanto ai canoni di febbraio e giugno 2022. Il Giudice, con ordinanza in data (...) - rilevato che, all'udienza del 25/7/2022, l'intimato aveva ammesso la morosità limitatamente ai canoni di maggio 2021 (per soli Euro 400,00), di giugno 2021 e di febbraio 2022, per un importo complessivo di Euro 1.600,00, chiedendo, per il relativo pagamento, il termine c.d. di grazia - assegnava all'intimato termine ex art. 666 c.p.c. sino al 16/8/2022. (...), nelle note scritte ex art. 127-ter c.p.c., depositate in sostituzione dell'udienza del 12/9/2022, attestava l'avvenuto pagamento della somma di Euro 1.600,00, a mezzo bonifico bancario del dì 11/8/2022. Con ordinanza in data (...), il Giudice disponeva il mutamento del rito, assegnando il termine per la presentazione della domanda di mediazione obbligatoria, nonché i termini per l'eventuale integrazione degli atti introduttivi mediante deposito di memorie e documenti in cancelleria. In seno alla memoria integrativa ex art. 426 c.p.c., l'attore insisteva nella propria domanda, evidenziando l'inadempimento del conduttore, rappresentato dal mancato pagamento dei canoni scaduti, nonché dal mancato pagamento delle spese di registrazione, per un importo complessivo di Euro 1.425,04, oltre ai canoni da scadere sino al rilascio dell'immobile. Parte intimata depositava memoria integrativa ex art. 426 c.p.c., in seno alla quale, stante il disconoscimento operato dall'intimante (v. note scritte sostitutive dell'udienza del 12.9.2022), preliminarmente chiedeva "la verificazione giudiziale della sottoscrizione apposta dal sig. (...) sulla ricevuta del mese di ottobre 2021", prodotta dall'(...) in data (...); nel merito, chiedeva il rigetto della domanda attorea nonché, in via riconvenzionale, "accertare e dichiarare che l'opponente vanta nei confronti dell'opposto una mensilità, pari ad Euro 600,00, corrisposta in più rispetto a quelle dovute da contratto; -(...) e dichiarare dovute all'opposto le spese di registrazione del contratto per Euro 225,04 e per effetto della compensazione con il credito vantato dall'opponente (Euro600,00), condannare l'opposto al pagamento della differenza per Euro 374,96 in favore del sig. (...)". In via subordinata, chiedeva: "accertare e dichiarare, nella denegata ipotesi di canoni non ancora corrisposti, giustificata la sospensione dell'adempimento da parte del conduttore atteso il grave inadempimento dell'attore nel ripristino dei luoghi a seguito delle lamentate infiltrazioni di acqua nell'immobile (...)". Con ordinanza in data (...), il Giudice disponeva consulenza tecnica d'ufficio, nominando all'uopo la dott.ssa (...) al fine di accertare l'autenticità (id est, riconducibilità ad (...) della sottoscrizione apposta, per il proprietario locatore, sulla quietanza di pagamento del 12.11.2021, relativa al versamento del canone di ottobre 2021. *** Ciò posto, si osserva anzitutto che l'attore, producendo il contratto di locazione stipulato con il convenuto, ha provato in giudizio la fonte negoziale del diritto fatto valere. Al riguardo, infatti, la giurisprudenza della Suprema Corte è unanime nell'affermare che "In tema di prova dell'inadempimento di una obbligazione, il creditore che agisca per la risoluzione contrattuale, per il risarcimento del danno o per l'adempimento deve provare la fonte (negoziale o legale) del suo diritto ed il relativo termine di scadenza, limitandosi poi ad allegare la circostanza dell'inadempimento della controparte, mentre al debitore convenuto spetta la prova del fatto estintivo dell'altrui pretesa, costituito dall'avvenuto adempimento, ed eguale criterio di riparto dell'onere della prova è applicabile quando è sollevata eccezione di inadempimento ai sensi dell'art. 1460 cod. civ. (risultando, in tal caso, invertiti i ruoli delle parti in lite, poiché il debitore eccipiente si limiterà ad allegare l'altrui inadempimento, ed il creditore dovrà dimostrare il proprio adempimento, ovvero la non ancora intervenuta scadenza dell'obbligazione). Anche quando sia dedotto l'inesatto adempimento dell'obbligazione al creditore istante spetta la mera allegazione dell'inesattezza dell'adempimento, gravando ancora una volta sul debitore la prova dell'esatto adempimento, quale fatto estintivo della propria obbligazione" (v. ex multis, Cass., n. 826/2015). Ai fini, poi, della valutazione della gravità dell'inadempimento del conduttore - non sussistendo in seno al contratto inter partes una clausola che imponga un trattamento più favorevole per il conduttore rispetto a quello disposto dall'art. 5 della Legge n.392/1978 - occorre applicare quest'ultima disposizione, che è norma imperativa in tema di locazione abitativa. Com'è noto, infatti, nell'ambito delle locazioni ad uso abitativo, a mente dell'art. 5 della Legge n.392/1978, il mancato pagamento del canone, decorsi venti giorni dalla scadenza prevista, costituisce motivo di risoluzione, ai sensi dell'art.1455 c.c.. La disposizione in esame ha, in sostanza, introdotto una predeterminazione legale della gravità ed importanza dell'inadempimento della parte conduttrice nel versamento del canone e degli oneri accessori, in deroga al principio generale per cui è rimessa al giudice la valutazione della scarsa importanza o meno di qualsiasi inadempimento contrattuale, secondo il disposto dell'art. 1455 c.c.. In particolare, il citato art. 5 àncora vincolativamente la gravità dell'inadempimento a due elementi: l'uno di ordine quantitativo, che riguarda il pagamento di una sola rata del canone od il mancato pagamento di oneri accessori di importo superiore a due mensilità del canone, l'altro di ordine temporale, relativo al ritardo consentito e tollerato, fermo restando, tuttavia, ai fini della pronuncia di risoluzione del contratto, il concorso dell'elemento soggettivo dell'inadempimento, costituito dall'imputabilità della mora debendi a colpa del debitore. Orbene, alla data di introduzione del presente giudizio (3/5/2022) ricorre il mancato pagamento (...) di quattro rate mensili del canone (maggio e giugno 2020, febbraio e aprile 2022), oltre che il pagamento parziale di due mensilità (marzo2 ed aprile 2020) e il mancato pagamento della quota relativa alle spese di registrazione del contratto, così integrandosi senz'altro gli estremi della gravità dell'inadempimento del conduttore. Peraltro, anche a volere avere riguardo ai pagamenti successivi alla data della domanda giudiziale, si è detto sopra che costituisce inadempimento grave anche il pagamento del canone con un ritardo superiore ai venti giorni dalla scadenza; nella fattispecie in esame, a fronte del termine contrattuale per il pagamento delle singole mensilità - fissato nel decimo giorno di ogni mese - il conduttore ha effettuato il pagamento del canone di aprile 2022 in data (...) (con un ritardo di ventiquattro giorni), di maggio e giugno 2020, nonché di febbraio 2022 in data (...) (con un ritardo, quanto a maggio e giugno 2020, di oltre due anni e, quanto a febbraio 2022, di oltre cinque mesi). Con riferimento alle predette mensilità di maggio e giugno 2020, va detto che, all'udienza del 23/7/2022, il conduttore ha riconosciuto la debenza delle mensilità di maggio e giugno 2021, nonché febbraio 2022, sicché il Giudice gli ha assegnato termine di giorni venti (art. 666 c.p.c.) per provvedere al detto pagamento. (...), nei successivi scritti difesivi, ha rilevato di avere erroneamente fatto riferimento, all'udienza del 23.7.2022, ai canoni di maggio e di giugno 2021, volendo piuttosto ammettere la mora per i canoni di maggio e giugno 2020 (maggio per Euro 400,00); del resto, i canoni di maggio e giugno 2021 non sono stati neppure richiesti dall'intimante nell'intimazione di sfratto, nella quale si fa riferimento, tra le altre, alle mensilità di maggio e giugno 2020. 1.1 La Suprema Corte segnala, infatti, la necessità di valutare la gravità dell'inadempimento avendo riguardo alla data della domanda giudiziale: così Cass. 26493/2022, secondo cui "Le cause di risoluzione di un contratto di locazione per inadempimento del conduttore debbono preesistere al momento in cui la controparte propone la domanda giudiziale, con la conseguenza che - per quanto sia consentito al giudice, in una considerazione unitaria della condotta della parte, trarre elementi circa la colpevolezza e la gravità dell'inadempimento dalla morosità che si sia protratta nel corso del giudizio - egli non può mai prescindere dall'indagine primaria sulla sussistenza dell'inadempimento al momento della domanda. (Nella specie, la S.C. ha cassato la decisione che aveva confermato la risoluzione del contratto di locazione per inadempimento del conduttore - il quale, fino all'intimazione dello sfratto per morosità, aveva corrisposto il canone in misura ridotta ex art. 3, commi 8 e 9, D.Lgs. n. 23 del 2011, poi dichiarati costituzionalmente illegittimi - attribuendo rilievo, ai fini della richiesta risoluzione, alla complessiva morosità determinatasi anche successivamente alla proposizione della domanda, senza esaminare i profili di imputabilità del pregresso inadempimento)". 2 Il riferimento al pagamento parziale della mensilità di marzo 2020 compare, in via di integrazione delle allegazioni contenute nell'iniziale intimazione di sfratto, in seno alla memoria, per l'appunto, integrativa ex art. 426 c.p.c.. Ora, attesa la produzione in atti delle quietanze di pagamento delle mensilità di maggio e giugno 2021, rilasciate in data precedente - e precisamente in data (...) e in data (...) - il pagamento della somma di Euro 1.600,00 (oggetto dell'ordinanza ex art. 666 c.p.c.) deve correttamente imputarsi - come da dichiarazione dell'intimato - ai canoni di maggio 2020 (per Euro 400,00), di giugno 2020 (per Euro 600,00) e di febbraio 2022 (per Euro 600,00). Per il canone di maggio 2020 risulta, dunque, dovuta la somma residua di Euro 200,00. Sussistendo, come detto, l'inadempimento grave del conduttore al momento della notifica dell'intimazione di sfratto ed anche in data successiva, va pronunciata la risoluzione - ex artt. 1453 e 1455 c.c., nonché 5 L. 392/78 - del contratto di locazione stipulato inter partes, con conseguente condanna del conduttore stesso al rilascio dell'immobile locato, libero e sgombro da persone e cose, entro la data fissata in dispositivo. Quanto, poi, alla domanda attorea di condanna al pagamento dei canoni e delle spese di registrazione, va anzitutto osservato che la compiuta consulenza tecnica d'ufficio, affidata alla dott.ssa (...) ha acclarato - con argomentazioni che, compendiate nella relazione depositata il (...), oltre a non essere specificamente contestate dalle parti, risultano precise ed immuni da vizi logico-giuridici, perciò pienamente condivisibili - che la sottoscrizione apposta (per il proprietario locatore) sulla quietanza di pagamento del 12.11.2021, relativa al canone di ottobre 2021, è attribuibile "alla mano di (...) e pertanto è autentica". Il c.t.u. ha infatti spiegato: "Il tratto, la pressione, la continuità, la velocità e i piccoli segni rientrano tra i generi difficilmente imitabili e modificabili, sfuggono al controllo volontario quindi sono altamente significativi per stabilire l'identità o la non identità di mano. Confrontando la sigla in verifica con le firme/sigle comparative si sono riscontrate molte somiglianze qualitativamente rilevanti, perché presenti in generi di difficile imitazione (tratto, pressione, segni liberi)". Alla luce della svolta indagine peritale, deve ritenersi accertato il pagamento, da parte dell'intimato, del canone di ottobre 2021, avvenuto in data (...). Inoltre, nel corso del presente giudizio, eccezion fatta per la residua somma di Euro 200,00 per ciascuna delle mensilità di marzo, aprile e maggio 2020 (così complessivi Euro 600,00), risultano pagati integralmente i canoni relativi agli anni 2022 e 2023, mentre, per l'anno 2024, in sede di note conclusive, depositate in data (...), il conduttore ha comprovato il pagamento delle mensilità di gennaio e febbraio 2024; da parte sua, l'intimante, nelle proprie note conclusive del 25.3.2024, ha chiesto il pagamento della somma di Euro 1.425,04, che ha affermato essere dovuta, oltre che per spese di registrazione (Euro 225,04), per canoni dovuti e calcolati ad agosto 2022 (Euro 1.200,00), sebbene per mesi precedenti3, oltre a "i canoni a scadere sino al rilascio dell'immobile", ossia i canoni che 3 Si legge nelle note conclusive: "(...) l'(...) fino ad agosto 2022, non aveva corrisposto i seguenti importi: Euro 200,00 quale somma residua relativa al mese di marzo 2020, Euro 200,00 quale somma residua relativa al mese di aprile sarebbero scaduti dopo il (...), data di deposito delle note conclusive; se ne deduce che i canoni maturati in corso di causa (iniziata in data (...)) sono stati corrisposti sino alla data del 25.3.2024. (...), nelle note scritte sostitutive dell'udienza del 24.5.2024, depositate in data (...), si è limitato ad insistere nelle richieste formulate nelle note conclusive, senza dedurre il mancato pagamento dei canoni frattanto scaduti dal 25.3.2024. Si ritiene pertanto che, in difetto di detta allegazione, non possono affermarsi dovuti i canoni maturati dal 25.3.2024 sino al 24.5.2024 e, alla luce di ciò, ritiene questo giudice di non potere condannare l'intimato al pagamento dei canoni successivamente scaduti sino alla data della presente sentenza. Può soltanto condannarsi l'intimato al pagamento dei canoni che matureranno in data successiva alla pubblicazione della presente decisione. Tornando alla determinazione della somma ancora dovuta dall'(...) occorre muovere dalla considerazione che, in data (...), egli ha corrisposto all'(...) la somma di Euro 1.200,00, a titolo di "affitto appartamento S. Giuliano", dicitura sufficientemente generica per essere attribuita, come indicato dal locatore, per Euro 600,00, al deposito cauzionale (del cui versamento si dà atto in contratto, in cui si parla di "caparra") e, per Euro 600,00, al canone di gennaio 2020. Tuttavia, poiché il contratto è stato stipulato in data (...) e non può avere efficacia retroattiva e considerato che il punto D del documento negoziale stabilisce il canone annuo in Euro 7.200,00, "da pagarsi entro il 10 di ogni mese, in rate mensili anticipate di Euro 600,00", con ciò alludendo evidentemente al mese solare, ne consegue che il canone dovuto per il mese di gennaio, essendo la locazione appunto iniziata il giorno 15, è pari ad Euro 300,00 (Euro 600,00/2). Il conduttore, pertanto, per il canone di gennaio 2020, ha versato in più la somma di Euro 300,00. A questo punto, posto che non risulta versato l'importo residuo di Euro 200,00 per ciascuno dei canoni di marzo, aprile e maggio 2020, e così complessivamente Euro 600,00, quest'ultima somma va ridotta di Euro 300,00 (corrisposti in eccesso per gennaio 2020), con la conseguenza che (...) è in atto debitore di (...) della somma di Euro 300,00 per le dette mensilità. Con riferimento, invece, alle spese di registrazione, l'intimato non ha contestato di non averle pagate; ne consegue che lo stesso deve considerarsi debitore dell'ulteriore somma complessiva di Euro 225,04. Quanto alla domanda riconvenzionale di parte convenuta, volta ad ottenere la restituzione della somma di Euro 600,00 (ritenuta corrisposta in eccedenza), ne va dichiarata 2020, le intere mensilità pari ad Euro 600,00 ciascuna di maggio 2020, giugno 2020 e ottobre 2021, oltre le spese di registrazione del contratto di locazione e dei due rinnovi (Euro 225,04), da pagare per metà ciascuno, come da previsione contrattuale, il tutto per un importo di Euro 2.425,04"; da quest'ultima somma, che tiene già conto del pagamento del canone di febbraio 2022 per Euro 600,00 in data (...), viene poi detratto l'ulteriore importo di Euro 1.000,00 per il pagamento eseguito dall'intimato pur sempre ex art. 666 c.p.c.. l'inammissibilità, siccome formulata senza essere accompagnata, come impone - nel rito del lavoro o locatizio - l'art. 418 c.p.c., dalla richiesta di spostamento dell'udienza fissata con il decreto ex art. 415 c.p.c.. Infondata, infine, è l'eccezione di inadempimento spiegata dal convenuto, non avendo, a dire di quest'ultimo, il locatore eseguito gli opportuni interventi di ripristino dell'immobile, a causa di una perdita d'acqua: l'(...) a fronte della contestazione dell'attore, non ha fornito prova alcuna delle circostanze lamentate, limitandosi a produrre in giudizio n. 4 fotografie, prive di data certa e insufficienti a fini probatori. Le spese processuali seguono la soccombenza e vanno liquidate come da dispositivo; quanto alle spese di c.t.u., le stesse vanno invece poste definitivamente a carico di (...) che le ha infondatamente causate con il disconoscimento. P.Q.M. Il Giudice, definitivamente pronunciando nella controversia civile n. (...)/2022 R.G., RISOLVE, per inadempimento del conduttore, il contratto di locazione stipulato tra le parti in data (...) e registrato in data (...), avente ad oggetto l'immobile, adibito ad uso abitativo, sito in (...) in via (...) n.(...). (...) al rilascio, in favore di (...) del predetto immobile, libero e sgombro da persone e cose, fissando per l'esecuzione ex art. 56 L. 392/78 la data del 31.10.2024. (...) al pagamento, in favore di (...) per le causali di cui in motivazione, della somma di Euro 525,04, oltre interessi legali dalle singole scadenze sino al soddisfo, nonché al pagamento dei canoni che matureranno successivamente alla data della presente sentenza sino a quella di effettivo rilascio dell'immobile. RIGETTA la domanda riconvenzionale proposta da (...) alla rifusione, in favore di (...) delle spese processuali, che liquida in Euro 2.200,00 per compensi difensivi ed Euro 94,69 per esborsi, oltre rimborso spese forfetarie al 15%, IVA e CPA come per legge.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO di RAGUSA Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. (...) ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile iscritta al n. R.G. (...)/2021 avente ad oggetto opposizione al decreto ingiuntivo (...)/2021 del 22/02/2021, promossa da: (...) nata a (...) il (...), C.F. (...), e (...) nato a (...) il (...), C.F. (...), con il patrocinio dell'avv. (...) presso il cui studio sono domiciliat (...)atti; OPPONENTI CONTRO (...) S.P.A., con sede (...), (...), P.I. (...), con il patrocinio dell'avv. (...) dell'avv. (...) dell'avv. (...) dell'avv. (...) dell'avv. (...) e dell'avv. (...), e domicilio eletto presso lo studio dell'avv. (...) giusta procura in atti; OPPOSTA (...) S.P.A., con sede (...), P.I. (...), con il patrocinio dell'avv. (...) presso il cui studio è domiciliat (...)atti; (...) 111 C.P.C. (...) S.R.L., con sede in (...), via (...) n. (...), C.F. (...), e per essa, quale mandataria, (...) S.P.A., con sede (...), P.I. (...), con il patrocinio dell'avv. (...) presso il cui studio è domiciliat (...)atti. (...) 111 C.P.C. CONCLUSIONI All'udienza del 02/04/2024, la causa veniva posta in decisione con concessione alle parti dei termini di cui all'art. 190 c.p.c. per le comparse conclusionali e le memorie di replica sulle seguenti conclusioni: OPPONENTI "Piaccia al Giudice adito, respinta ogni contraria istanza, eccezione e difesa, in accoglimento della presente opposizione e per le ragioni esposte in narrativa: - dichiarare inammissibile, nullo ed inefficace il decreto ingiuntivo opposto e, comunque, revocarlo con qualsiasi statuizione di legge; - in via preliminare e nel rito, dichiarare improcedibile la domanda proposta con il procedimento monitorio e, per l'effetto, revocare il decreto ingiuntivo opposto per non aver, la parte ricorrente, esperito tempestivamente il tentativo preventivo di mediazione, obbligatorio ai sensi di legge; - sempre preliminarmente, accertare e dichiarare il difetto di legittimazione processuale della società (...) S.p.a. e, per l'effetto, dichiarare nullo il decreto ingiuntivo opposto e, comunque, revocarlo e/o dichiararlo inefficace con qualsivoglia formula di legge; - nel merito, accertare e dichiarare l'illegittimità della fideiussione omnibus prestata dal garante, sig. (...) in quanto predisposta secondo lo schema contrattuale (...) - per l'effetto, dichiarare nulla la suddetta prestata garanzia; - per l'ulteriore effetto, revocare il decreto ingiuntivo opposto nei confronti del garante (...) - sempre nel merito, accertare e dichiarare l'inefficacia delle modifiche contrattuali unilaterali apportate dalla odierna convenuta nell'ambito del rapporto di conto corrente per cui è causa per violazione dei requisiti di cui all'art. 118 T.U.B; - ulteriormente nel merito, accertare e dichiarare che, a causa dell'addebito di commissioni e spese nel rapporto di conto corrente e di prestito personale chirografario per cui è causa, il (...) effettivamente applicato, oltre ad essere superiore a quello contrattuale ha generato, per alcuni trimestri, la violazione del tasso soglia antiusura; - per l'effetto, nell'ipotesi in cui, a seguito di CTU contabile, venisse riscontrato l'avvenuto superamento di quel tasso, dichiarare la declaratoria di nullità della clausola d'interessi, ai sensi dell'art. 1815 c.c.; - per l'ulteriore effetto, condannare la banca convenuta a restituire agli opponenti tutti gli interessi illegittimamente percepiti; - accertare e dichiarare, in relazione al rapporto di conto corrente, la nullità della clausola sulla antergazione e/o postergazione delle valute, in quanto la banca ha applicato interessi corrispettivi maggiori di quelli convenuti; - accertare e dichiarare che al rapporto di prestito personale chirografario per cui è causa sono stati illegittimamente applicati interessi composti a causa dell'utilizzo del piano di ammortamento descritto in narrativa, con l'effetto di addebitare al mutuatario interessi non dovuti e, pur tuttavia, pagati all'istituto bancario; - condannare, per l'effetto, l'istituto bancario alla restituzione ed al pagamento in favore del mutuatario degli interessi non dovuti e già pagati da questi ultimi, il cui ammontare sarà determinato a seguito di CTU contabile; - sempre nel merito, accertare e dichiarare che, con riferimento al rapporto di prestito personale chirografario, la misura del (...) applicato dalla banca convenuta, ha superato più volte il tasso soglia antiusura, in violazione della L. 108/96, a causa dell'applicazione degli interessi moratori cumulativamente a quelli corrispettivi, nonché alle altre voci di costo addebitate dalla banca, con il conseguente innalzamento del tasso effettivo globale applicato al finanziamento; - per l'effetto, condannare, la (...) alla restituzione degli interessi percepiti e non dovuti dal mutuatario, secondo quanto risulterà dall'apposita CTU contabile che epuri, altresì, il saldo debitore da quegli interessi pagati e non dovuti a seguito delle argomentazioni predette. (...) Con vittoria di spese e compensi, oltre spese generali, i.v.a. e c.p.a., come per legge". OPPOSTA - (...) 111 CPC "Nel merito, rigettare l'opposizione proposta perché inammissibile ed infondata in fatto ed in diritto, confermando in ogni sua parte l'opposto decreto ingiuntivo n. (...)/2021. In via gradata condannare comunque gli opponenti in solido tra loro al pagamento in favore di (...) s.p.a. delle somme ingiunte o di quelle altre maggiori o minori che risulteranno dovute. Con vittoria di spese e compensi". MOTIVI DELLA DECISIONE Con decreto ingiuntivo n. (...)/2021 del 22/02/2021, immediatamente esecutivo, il Tribunale di Ragusa ha ingiunto a (...) e (...) di pagare a (...) s.p.a. "la somma di Euro 22.734,71 (in particolare, (...) la somma di euro 6.784,71; (...) la somma di euro 15.950,16 di cui 6.500,00 in solido con (...)", oltre interessi come da domanda e spese ivi liquidate. Nel ricorso monitorio si deduceva che il predetto (...) di credito era creditore: "- quanto a (...) della somma di euro 6.784,71 quale saldo debitore, alla data del 23.10.2020, del rapporto di c/c n.(...) (acceso il (...)) assistito da apertura di credito (sino alla concorrenza di euro 5 mila), oltre interessi dal 24.10.2020 sino al soddisfo; - quanto a (...) della complessiva somma di euro 15.950,16 così specificata : euro 9.450,16 quale saldo debitore, alla data del 23.10.2020, del prestito personale chirografario (...) di originari Euro 22 mila, erogato il (...), per capitale a scadere e rate scadute ed impagate e interessi di mora, oltre interessi dal 24.10.2020 sino al soddisfo; euro 6.500,00 scaturente dalla fidejussione omnibus prestata in data (...), sino alla concorrenza di euro 6500,00, a garanzia di tutte le obbligazioni contratte verso la (...) da (...)". Ed al riguardo, si allegavano, oltre alle certificazioni ex art. 50 T.u.b. (doc. n. 1), il contratto di c/c (...), con i relativi estratti conto e l'annesso contratto di apertura di credito (rispettivamente doc. nn. 2, 3 e 4), il contratto di prestito personale n. (...) (doc. n. 6) e la fideiussione omnibus del 10/02/2016 (doc. n. 5). Avverso il decreto ingiuntivo in questione entrambi i soggetti ingiunti hanno proposto opposizione eccependo il "difetto di legittimazione processuale della società (...) s.p.a. per intervenuta carenza di potere rappresentativo di carattere sostanziale in capo al firmatario della procura alle liti", la "nullità della fideiussione omnibus sottoscritta dal garante (...) (...) in quanto contenente clausole predisposte secondo lo schema (...) dichiarate illegittime dall'(...) e censurate dalla (...)", l'"inefficacia delle clausole di modifica unilaterale delle condizioni economiche contrattuali con riferimento al rapporto di conto corrente n. (...)", il "superamento del (...) contrattualmente previsto con riferimento al rapporto di conto corrente (...) e di prestito personale chirografario n. (...)", l'"illegittimità dell'antergazione e/o postergazione delle valute in relazione al rapporto di conto corrente n. (...)", l'"illegittima applicazione dell'interesse composto nel rapporto di prestito personale chirografario", e l'"illegittima applicazione dell'interesse di mora con conseguente superamento del tasso soglia antiusura in relazione al contratto di prestito personale chirografario n. (...)". Nel giudizio così introdotto si costituiva (...) s.p.a. contestando ognuno dei motivi di opposizione proposti e chiedendo la conferma del decreto ingiuntivo opposto. Successivamente si costituiva altresì, ai sensi dell'art. 111 c.p.c., (...) s.p.a., deducendo che con contratto di cessione di crediti stipulato ai sensi dell'art. 58 T.u.b. in data (...), e di cui era stato dato avviso mediante pubblicazione in seno alla G.U.R.I. n. 78 del 03/07/2021 che produceva, aveva acquistato dalla predetta (...) s.p.a. un pacchetto di crediti pecuniari individuabili in blocco e, fra questi, anche quello vantato nei confronti dell'opponente (...) e derivante dal contratto di prestito personale n. (...) dal medesimo stipulato. (...) s.p.a., pertanto, dichiarava "di intervenire ai sensi e per gli effetti dell'art. 111 c.p.c. (...) quale successore a titolo particolare di (...) S.p.A. (...) limitatamente alla predetta linea di credito afferente al prestito personale chirografario n. (...)", a tal fine richiamando e facendo proprie tutte le difese già svolte dal predetto (...) di credito cedente. In seguito, si costituiva ai sensi dell'art. 111 c.p.c. anche (...) s.r.l. e per essa, quale mandataria, (...) s.p.a., deducendo che con contratto di cessione di crediti stipulato ai sensi degli artt. 1, 4 e 7.1, l. n. 130/1999 in data (...), e di cui era stato dato avviso mediante pubblicazione in seno alla G.U.R.I. n. 137 del 18/11/2021 che produceva, aveva acquistato da parte di (...) s.p.a. "tutti i crediti (...) derivanti da contratti di finanziamento e da scoperti di conto corrente concessi a persone fisiche o enti i cui debitori sono stati classificati "a sofferenza" ai sensi della (...) della (...) d'(...) n. 272/2008 ((...) dei (...) e segnalati in "(...) dei (...) ai sensi della (...) della (...) d'(...) n. 139/1991 (i "(...)), ivi incluso quello di cui al presente atto". Tale società così intervenuta, pertanto, si costituiva "in sostituzione di (...) (...) richiamando, confermando e facendo proprie tutte le istanze, richieste, difese, eccezioni e deduzioni formulate". Infine, in sede di comparsa conclusionale, gli opponenti eccepivano "il difetto di rappresentanza sostanziale e processuale della società (...) S.p.A., dopo, e della società (...) S.r.l. prima, in quanto soggetti giuridici non iscritti all'(...) ex art. 106 TUB.", nonché "la mancata inclusione degli specifici crediti per cui hanno proseguito il presente giudizio (...) S.r.l., prima, e (...) S.p.A., dopo, in forza dei quali ha agito l'originaria titolare dello stesso (...) S.p.A.. Non si ritiene, infatti, che l'estratto della (...) possa fornire prova certa dell'inclusione di quegli specifici crediti nella cessione.". Così riassunto il corso del presente giudizio di opposizione, devono preliminarmente esaminarsi le eccezioni degli opponenti da ultimo descritte. Come evidenziato, costoro hanno in primo luogo eccepito il difetto di rappresentanza sostanziale e processuale di entrambe le società intervenute ex art. 111 c.p.c. "in quanto soggetti giuridici non iscritti all'(...) ex art. 106 TUB". Il riferimento è, in particolare, all'orientamento secondo cui dal combinato disposto di cui agli artt. 2, comma 6, l. n. 130/1999 e 106 T.u.b. - secondo cui il servizio di riscossione dei crediti ceduti nell'ambito di operazioni di cartolarizzazione può essere svolto da banche o da intermediari finanziari iscritti nell'albo degli intermediari finanziari - si evincerebbe che è nullo il conferimento dell'incarico di recupero (anche forzoso) dei crediti ad un soggetto diverso dai predetti e che tale invalidità, che affligge il mandato, si ripercuote sugli atti compiuti nell'esercizio dell'attività. Orbene, pur prescindendo dalla veridicità o meno del presupposto di fatto affermato quale fondamento dell'eccezione formulata (mancata iscrizione delle società intervenute ex art. 111 c.p.c. al predetto albo di cui all'art. 106 T.u.B.), è stato proprio di recente affermato (cfr. Cass., sez. III, 18/03/2024 n. 7243) che "l'eccezione - pur avendo trovato riscontro in alcune pronunce di merito - è artificiosa e destituita di fondamento; - la tesi, infatti, ravvisa nelle citate disposizioni norme imperative inderogabili, in quanto poste a presidio di interessi pubblicistici, con la conseguente nullità, sotto il profilo civilistico, dei negozi intersoggettivi (cessione, mandato, ecc.) e degli atti di riscossione compiuti in loro violazione; - in proposito si osserva che, in relazione all'interesse tutelato, qualsiasi disposizione di legge, in quanto generale e astratta, presenta profili di interesse pubblico, ma ciò non basta a connotarla in termini imperativi, dovendo pur sempre trattarsi di "preminenti interessi generali della collettività" o "valori giuridici fondamentali"; il mero riferimento alla rilevanza economica (nazionale e generale) delle attività bancarie e finanziarie non vale di per sé a qualificare in termini imperativi tutta l'indefinita serie di disposizioni del cd. "diritto dell'economia", contenute in interi apparati normativi (come il T.U.B. o il T.U.F.); - in particolare, ad avviso del Collegio, le succitate norme non hanno alcuna valenza civilistica, ma attengono alla regolamentazione (...) del settore bancario (e, più in generale, delle attività finanziarie), la cui rilevanza pubblicistica è specificamente tutelata dal sistema dei controlli e dei poteri (anche sanzionatori) facenti capo all'autorità di vigilanza (cioè, alla (...) d'(...) e presidiati anche da norme penali; - conseguentemente, non vi è alcuna valida ragione per trasferire automaticamente sul piano del rapporto negoziale (o persino sugli atti di riscossione compiuti) le conseguenze delle condotte difformi degli operatori, al fine di provocare il travolgimento di contratti (cessioni di crediti, mandati, ecc.) o di atti processuali di estrinsecazione della tutela del credito, in sede cognitiva o anche esecutiva (precetti, pignoramenti, interventi, ecc.), asseritamente viziati da un'invalidità "derivata"". Alla luce dell'orientamento esposto, che questo Giudice ritiene senz'altro condivisibile, dall'eventuale omessa iscrizione nell'albo ex art. 106 T.U.B. delle società intervenute ai sensi dell'111 c.p.c. nel presente giudizio, comunque non deriverebbe alcuna invalidità (tale mancanza potendo assumere rilievo, al più, sul diverso piano del rapporto con l'autorità di vigilanza o per eventuali profili penalistici), con conseguente irrilevanza dell'eccezione in esame. Come evidenziato, in sede di comparsa conclusionale gli opponenti hanno altresì eccepito la mancata inclusione nell'ambito delle cessioni stipulate in favore delle suddette società (...) s.p.a. e (...) s.r.l., degli specifici crediti per i quali le medesime società sono intervenute in giudizio ex art. 111 c.p.c., e ciò, sul presupposto che "Non si ritiene (...) che l'estratto della (...) possa fornire prova certa dell'inclusione di quegli specifici crediti nella cessione.". Anche l'eccezione in questione deve essere rigettata, la stessa essendo stata ampiamente superata da quanto dedotto dalla stessa parte opposta ((...) s.p.a.) nel corso del presente giudizio. Quest'ultima, infatti, in sede di comparsa conclusionale, dava atto dell'"intervento nel giudizio di (...) ed (...) divenute, rispettivamente, cessionarie dei crediti derivanti dall'apertura di credito in conto corrente n. (...) e del prestito chirografario di originari euro 22.000". In sede di successiva memoria di replica, poi, la medesima opposta giustificava la permanenza del proprio interesse a contraddire sul presupposto che "nella denegata ipotesi in cui le contestazioni avversarie avessero trovato accoglimento, la statuizione del Giudice avrebbe spiegato i suoi effetti nei confronti di chi ha praticato le condizioni contrattuali asseritamente illegittime, ossia del cedente. Infatti, tramite la cessione del credito, il terzo cessionario si surroga esclusivamente nei diritti di credito che il cedente vantava nei confronti del debitore. A differenza della cessione del contratto, che opera il trasferimento dell'intera posizione contrattuale, con tutti i diritti e gli obblighi connessi, la cessione del credito ha un effetto più limitato, essendo circoscritta al solo diritto di credito. Da quanto sopra discende l'interesse e la legittimazione di (...) S.p.A.". Posto, dunque, che la stessa cedente i crediti per cui è causa (ovvero l'odierna opposta) ha espressamente dichiarato di avere ceduto ad (...) s.r.l. il credito derivante dal rapporto di c/c n. (...) vantato nei confronti dell'opponente (...) ed a (...) s.p.a. il credito derivante dal rapporto di prestito personale n. (...) vantato nei confronti dell'opponente (...) deve concludersi nel senso che è in atti la prova della titolarità in capo alle predette società (...) s.r.l. e (...) s.p.a. dello specifico credito in virtù del quale ciascuna di esse ha spiegato nel presente giudizio il proprio atto di intervento ex art. 111 c.p.c. Venendo al merito della controversia, i motivi di opposizione proposti sono infondati e devono pertanto essere rigettato. Deve innanzitutto ritenersi priva di rilievo l'eccezione di "difetto di legittimazione processuale della società (...) s.p.a. per intervenuta carenza di potere rappresentativo di carattere sostanziale in capo al firmatario della procura alle liti". Deducono in particolare gli opponenti che "alla data di notifica agli odierni opponenti del ricorso per ingiunzione con il pedissequo decreto ingiuntivo, avvenuto in data (...), il firmatario della procura generali alle liti a rogito del (...) di (...) del 29/10/2010, (...) n. (...) e (...) n. (...), ovvero l'allora legale rappresentante della società (...) S.p.a., nonché (...) di quest'ultima, Dott. (...) era decaduto dai suoi poteri direzionali e, quindi, anche dal potere di rappresentanza processuale della società a far data dall'anno 2015, stante le sue rassegnate dimissioni, con conseguente carenza di legittimazione processuale in capo a quest'ultima.". Al riguardo, basti richiamare il costante orientamento della Corte di Cassazione secondo cui "la procura generale alle liti è valida anche dopo la sostituzione o la cessazione dalla carica dell'organo che l'ha rilasciata, perché è atto dell'ente e non dell'organo stesso (Cass., 13 settembre 2002, n. 13434; Cass., 22 luglio 1999, n. 7922; Cass., 8 marzo 2007, n. 5319)." (Cass., sez. I, 26/01/2016 n. 1373). È stato altresì precisato che "La procura, conferita al difensore dall'amministratore di una società di capitali "per ogni stato e grado della causa", è valida anche per il giudizio di appello e resta tale anche se l'amministratore, dopo il rilascio del mandato e prima della proposizione dell'impugnazione, sia cessato dalla carica, in conformità al principio secondo cui la sostituzione della persona titolare dell'organo avente il potere di rappresentare in giudizio la persona giuridica non è causa di estinzione dell'efficacia della procura alle liti, la quale continua ad operare a meno che non sia revocata dal nuovo rappresentante legale." (Cass., sez. lav., 05/04/2017 n. 8821; nello stesso senso Cass., sez. III, 23/05/2014 n. 11536). In buona sostanza, "la sostituzione della persona titolare dell'organo avente il potere di rappresentare in giudizio la persona giuridica non è causa di estinzione dell'efficacia della procura alle liti, la quale continua ad operare a meno che non sia revocata dal nuovo rappresentante legale;" (Cass., sez. trib., 25/01/2019 n. 2183). Deve pertanto rigettarsi l'eccezione di difetto di rappresentanza processuale sopra descritta. Gli opponenti eccepiscono, poi, la "nullità della fideiussione omnibus sottoscritta dal garante (...) (...) in quanto contenente clausole predisposte secondo lo schema (...) dichiarate illegittime dall'(...) e censurate dalla (...)". Orbene, pur prescindendo dal fatto che l'eccepita nullità sarebbe comunque una nullità parziale, e non totale (cfr. Cass., sez. un., n. 41994/2021), va comunque osservato, in via generale, che l'eccezione in questione è stata fondata sull'assunto secondo cui la predetta fideiussione stipulata dall'opponente (...) contenga le tre clausole di cui al modello di fideiussione omnibus predisposto dall'ABI nel 2003, la cui applicazione uniforme è stata ritenuta contraria al principio della libera concorrenza con provvedimento della (...) d'(...) n. 55/2005 (in particolare, le clausole 2, 6 e 8). È dunque fondamentale, al fine di provare i fatti costitutivi della nullità in parola, la produzione in giudizio - oltre che del contratto di fideiussione dal quale risultino le tre clausole delle quali si è detto - del provvedimento della (...) d'(...) n. (...)/2005 e del modulo di fideiussione omnibus predisposto dall'ABI nel 2003: il primo costituisce, infatti, un provvedimento amministrativo emesso da un'(...) indipendente, che sfugge al principio (...) novit curia in quanto privo di carattere "normativo", e il secondo è necessario per verificare la corrispondenza delle clausole presenti nella fideiussione oggetto di contestazione a quelle oggetto di censura da parte della (...) d'(...) (cfr. Trib. Padova n. 453 del 03/03/2020). Gli opponenti non hanno provveduto ad effettuare tale produzione documentale, per cui non è possibile esaminare l'eccezione di nullità proposta. È parimenti infondato il motivo di opposizione con cui si contesta l'"inefficacia delle clausole di modifica unilaterale delle condizioni economiche contrattuali con riferimento al rapporto di conto corrente n. (...)". Al riguardo, è sufficiente richiamare il disposto di cui all'art. 118 T.u.b., ai sensi del quale "1. Nei contratti a tempo indeterminato può essere convenuta, con clausola approvata specificamente dal cliente, la facoltà di modificare unilateralmente i tassi, i prezzi e le altre condizioni previste dal contratto qualora sussista un giustificato motivo. Negli altri contratti di durata la facoltà di modifica unilaterale può essere convenuta esclusivamente per le clausole non aventi ad oggetto i tassi di interesse, sempre che sussista un giustificato motivo.". È pertanto legislativamente prevista la possibilità di inserire nei contratti bancari la previsione contrattuale della facoltà di modifica unilaterale delle condizioni previste nei contratti medesimi. Ciò premesso, nel contratto relativo al predetto rapporto di conto corrente n. (...) tale facoltà era stata espressamente convenuta, posto che con clausola contenuta all'art. 7 delle "condizioni di adesione" del contratto in questione, e specificamente approvata dall'opponente (...) anche ai sensi dell'art. 1341, comma 2, c.c., era stato previsto che "(...) in presenza di un giustificato motivo, può modificare le agevolazioni, i servizi oggetto del (...) nonché le presenti "condizioni di adesione" ed il (...) che (...) come pure escludere un servizio o un'agevolazione", e ciò, in uno alla specifica individuazione, fra l'altro, delle modalità attraverso cui tale facoltà avrebbe dovuto esercitarsi da parte della (...) medesima (vd. doc. n. 2 del fascicolo monitorio). Ed inoltre, pur prescindendo dal fatto che gli opponenti hanno solo genericamente contestato l'"inefficacia delle clausole di modifica unilaterale delle condizioni economiche contrattuali con riferimento al rapporto di conto corrente n. (...)", senza altresì individuare, né tanto meno dimostrare, i casi in cui tali modifiche unilaterali sarebbero state apportate e, per di più, illegittimamente, dai relativi estratti conto versati in atti comunque emerge che l'opposta ha in effetti comunicato ed operato delle modifiche unilaterali di contratto nel rispetto delle prescrizioni contrattuali e normative di cui sopra (vd. doc. n. 3 del fascicolo monitorio). Per tali ragioni, l'eccezione deve essere rigettata. Gli opponenti hanno altresì contestato il "superamento del (...) contrattualmente previsto con riferimento al rapporto di conto corrente n. (...) e di prestito personale chirografario (...)". Più in particolare, i medesimi evidenziano che "in relazione al rapporto di conto corrente alcune svariate voci di costo addebitate alla parte, dettagliatamente indicate nelle condizioni generali di contratto, non sono state prese in considerazione nel calcolo del TAEG" e che "Lo stesso dicasi in relazione al contratto di prestito personale chirografario, ove alcune voci di costo non sono state imputate espressamente al (...) e specificamente: le spese d'istruttoria per Euro 100,00; le spese d'imposta per Euro 55,04; le spese per l'invio del rendiconto periodico/documento di sintesi per Euro 0,65; la polizza assicurativa opzionale finanziata per Euro 2.016,00; la commissione per "cambio rata" per Euro 10,00; la commissione per ricarica per Euro 10,00; la commissione di invio sollecito rata impagata per Euro 5,00; la commissione per intervento di recupero per Euro 7,00 ed, infine, gli oneri connessi ad intervento di recuperatori esterni pari al 10% dell'importo da recuperare.". Orbene, tale contestazione si rivela del tutto generica e indeterminata con riguardo al rapporto di conto corrente, atteso che rispetto a questo non è dato comprendere di quali voci di costo, e per quale rispettivo ammontare, non si sarebbe tenuto conto nel calcolo del (...) Con riguardo, poi, al rapporto di prestito personale, la medesima contestazione è comunque rimasta priva di riscontro probatorio, atteso che si deduce soltanto, senza provarlo, la mancata inclusione nel suddetto calcolo delle voci di costo pur dettagliatamente individuate. Peraltro, in sede di opposizione, si affermava che "come ci si riserva di documentare mediante perizia contabile in corso di produzione da versare in atti a corredo della memoria n. 2, ex art. 183, comma VI, il (...) effettivamente applicato ad essi (i suddetti rapporti di conto corrente e di prestito personale) è, in realtà, superiore a quello indicato in contratto"; orbene, nulla di ciò è stato allegato da parte degli opponenti, né alla memoria in questione né ad altro atto processuale. Ne discende l'infondatezza anche del motivo di opposizione in questione. Deve altresì rigettarsi l'eccezione relativa alla "illegittimità dell'antergazione e/o postergazione delle valute in relazione al rapporto di conto corrente n. (...)". Al riguardo, basti evidenziare che il contratto relativo al richiamato rapporto di conto corrente contiene una specifica regolamentazione della decorrenza delle valute, per cui le annotazioni in conto effettuate in conseguenza di un'eventuale antergazione e/o postergazione delle valute non possono di per sé ritenersi illegittime, in quanto appunto pattuite. Né, del resto, con la contestazione in esame sono stati individuati gli importi addebitati non in conformità alla surriferita regolamentazione contrattuale. La stessa, invero, si è tradotta in affermazioni assolutamente generiche e, in quanto tali, incapaci di giustificare un accertamento più approfondito sul punto. Nel prosieguo dell'opposizione, è stata altresì contestata l'"illegittima applicazione dell'interesse composto nel rapporto di prestito personale chirografario". Viene dedotto, più in particolare, che "il piano di ammortamento utilizzato dalla banca convenuta nasconde la formula dell'interesse composto, quale criterio matematico di calcolo nella determinazione delle singole rate di ammortamento, che, illegittimamente ed all'insaputa del mutuatario, si è andata a sostituire a quella dell'interesse semplice, determinando, per l'effetto, un aumento del tasso di interesse convenzionalmente dedotto in contratto". Anche in tal caso, deve evidenziarsi la genericità e l'indeterminatezza della contestazione. Non può infatti ritenersi sufficientemente specifica la censura sollevata essendo stata denunciata soltanto, e del tutto astrattamente, la pretesa applicazione di interessi composti per effetto del sistema di ammortamento adottato, senza che tale asserzione sia accompagnata da specifiche deduzioni ed argomentazioni che effettivamente dimostrino l'avvenuta concreta produzione, nella fattispecie, di tale risultato (cfr. Cass., sez. I, 15/05/2023 n. 13144). In altri termini, tale pretesa applicazione di un interesse composto, in luogo di quello semplice, contrattualmente previsto - ovvero l'assunto su cui si fonda l'eccezione in esame - costituisce una questione di fatto che è stata soltanto dedotta, rimanendo priva del necessario riscontro probatorio. (...) canto, il richiamato contratto di prestito personale contiene la chiara ed inequivoca indicazione dell'importo erogato, della durata del prestito, della periodicità del rimborso e del tasso di interesse predeterminato, e nello stesso piano di ammortamento ad esso allegato sono indicati anche il numero e la composizione delle rate costanti di rimborso con la ripartizione delle quote per capitale e per interessi. Ne discende che è stata soddisfatta la possibilità per il mutuatario, odierno opponente, di ricavare agevolmente l'importo totale del rimborso mediante una semplice sommatoria dei valori numerici di riferimento (cfr. Cass., S.U., 29/05/2024 n. 15130). Per le ragioni sopra esposte, il rilievo in esame non può trovare accoglimento. Da ultimo, è stata eccepita l'"illegittima applicazione dell'interesse di mora con conseguente superamento del tasso soglia antiusura in relazione al contratto di prestito personale chirografario (...)". (...) in questione deve essere rigettata, essendo stata formulata in maniera generica e indeterminata. Ed infatti, "(...) controversie relative alla spettanza e alla misura degli interessi moratori, l'onere della prova, ai sensi dell'art. 2697 c.c., si atteggia nel senso che il debitore che intenda dimostrare l'entità usuraria degli stessi è tenuto a dedurre il tipo contrattuale, la clausola negoziale relativa agli interessi moratori e quelli applicati in concreto, l'eventuale qualità di consumatore, la misura del T.e.g.m. nel periodo considerato e gli altri elementi contenuti nel decreto ministeriale di riferimento, mentre la controparte dovrà allegare e provare i fatti modificativi o estintivi dell'altrui diritto." (Cass., S.U., 18/09/2020 n. 19597). Orbene, nel caso di specie, è stata solo genericamente lamentata l'applicazione di interessi moratori usurari, senza che sia stato altresì indicato (contrariamente a quanto richiesto dalla giurisprudenza richiamata) né quale fosse il tasso soglia applicabile al rapporto, né quale fosse il tasso di interesse concretamente pattuito. In definitiva, alla luce di tutto quanto sopra esposto, la proposta opposizione deve essere rigettata, con conseguente conferma del decreto ingiuntivo opposto. Le spese seguono la soccombenza ex art. 91 c.p.c. e si liquidano come da dispositivo. P.Q.M. Il Tribunale, definitivamente pronunciando nella causa iscritta al n. (...)/2021 R.G. RIGETTA l'opposizione proposta avverso il decreto ingiuntivo n. (...)/2021 del 22/02/2021 emesso dal Tribunale di Ragusa nel procedimento n. 376/2021 R.G., già esecutivo; CONDANNA gli opponenti, in solido, al pagamento in favore dell'opposta e dei terzi intervenuti ex art. 111 c.p.c., delle spese di lite che si liquidano in Euro. 5.077,00 per compenso, oltre rimborso spese generali, Iva e (...)
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO di RAGUSA Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. Claudio Maggioni, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile iscritta al n. R.G. 1209/2023 avente ad oggetto opposizione al decreto ingiuntivo n. 204/2023 del 14/02/2023, promossa da: (...) con sede in Scicli (...), con il patrocinio dell'avv. IU.VI., presso il cui studio è elettivamente domiciliato, giusta procura in atti; OPPONENTE CONTRO (...), con il patrocinio dell'avv. ZA.GI., presso il cui studio è elettivamente domiciliato, giusta procura in atti. OPPOSTO CONCLUSIONI All'udienza del 14/05/2024, sostituita dal deposito di note di trattazione scritta ex art. 127-ter c.p.c., la causa veniva posta in decisione. ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI DELLA DECISIONE Con decreto ingiuntivo n. 204/2023 del 14/02/2023 veniva ingiunto alla (...) il pagamento in favore di (...) della somma di Euro 18.400,00, oltre interessi e spese, di cui alla fattura n. 1/00 del 17/01/2023. Con il ricorso monitorio il (...) deduce che nell'ambito del contratto di appalto dei "Lavori di manutenzione straordinaria consistenti nella messa in sicurezza di balconi/pensiline, risanamento strutturale delle opere in c.a. e finitura dei prospetti esterni" dell'intero (...) sito a Scicli in (...), in data 17/06/2019 l'odierno ricorrente ha sottoscritto con la società appaltatrice (...) il contratto di subappalto (doc. 2 allegato al monitorio) per la esecuzione lavori edili di cui all'art. 1 del contratto. In base al computo metrico a firma dell'ing. (...) (doc. 3 del monitorio), allegato e parte integrante del contratto, i lavori affidati e complessivamente realizzati dal (...) ammontano a complessivi Euro 51.400,00. Durante il rapporto contrattuale la (...) ha corrisposto al (...) acconti per complessivi Euro 33.000,00 sui singoli SAL, come documentato dalle fatture n. 2/19, 4/19, 5/19 e 6/19. Deduce ancora il Bo. che, nonostante la consegna e la contabilizzazione dei lavori, la società appaltatrice non avrebbe corrisposto le somme complessivamente dovute in esecuzione del contratto di sub-appalto, residuando un debito di Euro 18.400,00, giusta fattura n. 1/00 emessa a saldo della prestazione resa. Con atto di citazione in opposizione, la (...) ha eccepito che la somma non è dovuta essendo stato l'importo già corrisposto, per i medesimi lavori, a (...) e (...) figli di (...) che hanno emesso apposite fatture, precisamente (...) la n. 4/00 del 21.10.2019 di Euro 4.000,00 (doc. 2 dell'opponente) e (...) la n. 4/00 del 21.10.19 di Euro 4.000,00 (doc. 3) e la n. 5/00 del 18.11.19 di Euro 10.000,00 (doc. 4), per un ammontare complessivo di Euro 18.000,00. Con la comparsa di risposta (...) ha dedotto che l'esecuzione dei lavori è stata affidata dalla cp_i a lui, a (...) e (...) artigiani titolari di ditte autonome, con tre distinti contratti; ha altresì precisato che i lavori da lui effettivamente realizzati, avuto riguardo al computo metrico ed alle singole voci di prezzo praticati, allo scontro applicato dalla (...) al (...) del 13,95 %, detratto quanto versato alla ditta (...) e (...) , ammontano a complessivi Euro 64.303,78. Con la memoria ex art. 171-ter n. 1) c.p.c. l'opponente ha eccepito l'improponibilità della domanda per l'esistenza di una clausola compromissoria all'art. 10 del contratto di subappalto. L'opposizione a decreto ingiuntivo proposta dalla (...) è fondata e deve pertanto essere accolta in relazione all'eccezione preliminare. L'eccezione in questione è tempestiva. Come chiarito dalla Suprema Corte, "In materia di arbitrato, l'eccezione di compromesso sollevata innanzi al giudice ordinario, adito nonostante che la controversia sia stata deferita ad arbitri pone una questione che attiene al merito e non alla giurisdizione o alla competenza, in quanto i rapporti tra giudici ed arbitri non si pongono sul piano della ripartizione del potere giurisdizionale tra giudici, e l'effetto della clausola compromissoria consiste proprio nella rinuncia alla giurisdizione ed all'azione giudiziaria. Ne consegue che, ancorché formulata in termini di accoglimento o rigetto di una eccezione di incompetenza, la decisione con cui il giudice, in presenza di una eccezione di compromesso, risolvendo la questione così posta, chiude o non chiude il processo davanti a sé, va considerata come decisione pronunciata su questione preliminare di merito, in quanto attinente alla validità o all'interpretazione del compromesso o della clausola compromissoria (Cass. n. 24681/2006; n. 26696/2020). Nella specie l'opponente ha proposto nella memoria integrativa ex art. 171-ter n. 1) c.p.c. l'eccezione di compromesso in conseguenza della modifica della causa petendi da parte dell'opposto che in comparsa di risposta ha dedotto un diverso importo dei lavori realizzati in esecuzione del contratto di subappalto rispetto a quanto allegato nel ricorso monitorio (da Euro 51.400,00 a Euro 64.303,78), introducendo un nuovo thema decidendum riguardante l'esatta quantificazione dei lavori e legittimando in tal modo la proposizione dell'eccezione. Nel merito, l'articolo 10 del contratto di subappalto stipulato tra le parti il 17/06/2019 stabilisce che "tutte le controversie che dovessero insorgere sull'interpretazione e sull'esecuzione di quanto previsto nella presente, saranno definite da una terna di tecnici, nominati uno ciascuno dalle parti e il terzo dai primi due". Ritiene questo Giudice che la clausola in questione sia qualificabile come arbitrato irrituale, cioè un mandato congiunto a comporre una controversia mediante un negozio. La giurisprudenza di legittimità ha evidenziato che "a differenza dell'arbitrato rituale, la possibilità di attuare i diritti discendenti dall'arbitrato irrituale è rimessa esclusivamente al comportamento delle parti, dovendosi escludere che il relativo lodo possa essere reso esecutivo" (Cass. n. 12058/2022). Precisa ancora la Suprema Corte che "il criterio discretivo tra le due figure consiste nel fatto che nell'arbitrato rituale le parti vogliono la pronuncia di un lodo suscettibile di essere reso esecutivo e di produrre gli effetti di cui all'art. 825 c.p.c., con le regole del procedimento arbitrale, mentre nell'arbitrato irrituale esse intendono affidare all'arbitro la soluzione di controversie solo attraverso lo strumento negoziale, mediante una composizione amichevole o un negozio di accertamento riconducibile alla loro stessa volontà" (Cass. n. 7198/2019). Nel caso di specie, il tenore letterale della clausola porta chiaramente ad escludere che le parti abbiano voluto la pronuncia di un lodo esecutivo con le regole del procedimento arbitrale, avendo demandato la composizione della controversia sull'interpretazione e l'esecuzione del contratto a un collegio di tecnici. La controversia tra le parti, a seguito della emendatio libelli effettuata dall'opposto in comparsa di risposta, riguarda anche la quantificazione dei lavori realizzati dal (...) ovvero l'esecuzione del contratto di subappalto, rientrando pertanto pienamente nell'oggetto della clausola di arbitrato irrituale. Alla luce di quanto esposto, deve essere accolta l'opposizione annullando il decreto ingiuntivo per l'improponibilità della domanda a causa della previsione negoziale d'una clausola di arbitrato libero. Le spese seguono la soccombenza ex art. 91 c.p.c. e si liquidano come da dispositivo utilizzando le tabelle del D.M. n. 55/2014, come successivamente aggiornate. P.Q.M. Il Tribunale, definitivamente pronunciando nella causa iscritta al n. R.G. 1209/2023: in accoglimento dell'opposizione, annulla il decreto ingiuntivo n. 204/2023 del 14/02/2023 emesso dal Tribunale di Ragusa essendo la domanda improponibile; condanna (...) a rimborsare a cp_i le spese di lite, che si liquidano in Euro 145,50 per esborsi ed in Euro 3.500,00 per compenso, oltre a rimborso spese generali, Iva e Cpa. Ragusa, 15 maggio 2024.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE DI RAGUSA SEZIONE SPECIALIZZATA AGRARIA composto da: - Dott. Massimo Pulvirenti Presidente - Dott.sa Sandra Levanti Giudice - Dott.sa Rosanna Scollo Giudice est. - Geom. Salvatore Iachinoto Esperto - Dott. Simone Areddia Esperto all'udienza del 14.03.2024 ha emesso la seguente SENTENZA nella causa agraria in materia di condanna al rilascio di fondo agrario per finita locazione, promossa DA (...), tutte rappresentate e difese come da procura allegata al ricorso dagli Avv.ti (...) ed elettivamente domiciliate presso lo studio dell'Avv. (...) RICORRENTI CONTRO (...) in proprio e in qualità di titolare dell'omonima azienda agricola, elettivamente domiciliata in Ragusa, (...), presso lo studio degli Avv.ti (...) che la rappresentano e difendono giusta procura rilasciata in foglio separato allegato alla memoria costitutiva RESISTENTE E RICORRENTE IN RICONVENZIONALE IN FATTO E IN DIRITTO Con atto di ricorso (...) chiedevano al Tribunale adito accertarsi la compiuta scadenza del contratto di affitto, stipulato con (...) in data 6 ottobre 2016, al 15 settembre 2022, e conseguentemente condannarsi la suddetta all'immediato rilascio in favore delle medesime dei terreni siti in Modica (RG), contrada c.d. Giarrusso, identificati al C.T. del Comune di Modica al foglio (...), mappali nn. (...), e (...), e dei relativi fabbricati rurali e pertinenze, come individuati nel contratto di affitto, liberi da cose o persone, anche interposte, nonché condannarsi la stessa, ex art 614-bis c.p.c., a corrispondere nei loro riguardi la somma di 100,00 Euro, o quella maggiore o minore ritenuta equa, per ogni giorno di ritardo nel rilascio dei terreni e delle pertinenze annesse, oltre che al risarcimento dei danni ex art. 96 c.p.c. In particolare, riferivano le ricorrenti che, con contratto di affitto del 6 ottobre 2016, pattuito in deroga ex art. 45 della L. 3 maggio 1982 n. 203, con l'assistenza delle organizzazioni sindacali di categoria, regolarmente registrato presso l'Ufficio territoriale dell'Agenzia delle Entrate di Ragusa, le stesse avevano locato ad uso agricolo all'odierna resistente i loro terreni siti in Modica (RG), contrada c.d. Giarrusso, con scadenza pattuita e prevista "improrogabilmente" al 15 settembre 2022, con obbligo per l'affittuaria di rilasciare i terreni "immediatamente" a tale data, con esclusione di qualsiasi rinnovo tacito dell'affitto o di qualsiasi onere di preventiva disdetta. Sebbene già nella primavera e nell'estate del 2022 le sig.re (...) avessero comunicato più volte alla controparte la volontà di rientrare nel possesso dei terreni alla scadenza prevista, ricevendo sempre precise rassicurazioni al riguardo, i terreni non erano ancora stati restituiti. Si costituiva (...), la quale chiedeva rigettarsi le avverse domande poiché prive di ogni fondamento, per le motivazioni di cui alla propria comparsa responsiva, e quindi accertarsi la nullità della disposizione contrattuale della convenzione del 06 ottobre 2016, in deroga agli artt. 2 e 22 della L. n.203 del 03.05.1982, e per l'effetto dichiararsi la scadenza dell'affitto al 06 ottobre 2031, come per legge, nonché accertarsi la nullità di tutte le disposizioni contrattuali in deroga ai dettami di legge, e segnatamente agli artt. 4, 5, 22, 16, 17, 18, 20 della L. n.203 del 03.05.1982, e, per l'effetto, dichiararsi l'affitto agrario interamente regolato dalle disposizioni della L. n. 203 del 03.05.1982, illegittimamente derogate; in subordine, nella denegata ipotesi in cui il Giudice avesse disposto il rilascio del fondo, chiedeva rigettarsi comunque la chiesta misura di coercizione indiretta di cui all'art.614 bis c.p.c., perché iniqua, senza condanna di spese e compensi maggiorati; in via riconvenzionale, previo differimento dell'udienza già fissata, chiedeva dichiararsi il diritto dell'affittuaria all'indennità di cui all'art. 17 della L. n. 203 del 03.05.1982, nella misura corrispondente all'aumento del valore di mercato conseguito dal fondo a seguito dei miglioramenti effettuati, e quale risultante al momento della cessazione del rapporto, con il pagamento degli interessi legali e il risarcimento del danno derivante dalla svalutazione monetaria intervenuta tra la data dell'accertamento del diritto e quella del pagamento della somma dovuta, con diritto alla ritenzione del fondo sino al soddisfacimento del credito. Ciò premesso, il ricorso in oggetto appare meritevole di accoglimento per le ragioni di seguito illustrate. Ed invero, dal tenore del contratto di affitto intervenuto tra le parti in data 06 ottobre 2016, in deroga ex art. 45 l.n. 203/1982, si evince chiaramente come le parti avessero concordato quale termine essenziale ed improrogabile per il rilascio dei terreni in questione la data del 15 settembre 2022, con esclusione di qualsiasi rinnovo tacito o necessità di previa disdetta. La resistente, tuttavia, era rimasta in maniera del tutto ingiustificata nella materiale detenzione degli immobili oggetto del contratto succitato, adducendo delle argomentazioni non condivisibili. In particolare, appare con evidenza la contraddittorietà della difesa svolta dalla (...) sotto il profilo del contestato rilascio di una valida procura in favore del figlio, (...), laddove essa, da una parte, invoca la pretesa nullità delle clausole convenute in deroga alle norme imperative in materia agraria, mentre, dall'altra, lascia intendere la validità di quello stesso contratto al quale nega di aver partecipato, personalmente o a mezzo di interposta persona, in tal modo implicitamente riconoscendo e facendo proprio l'operato del presunto falsus procurator. Quanto asserito dalla resistente sul punto appare, comunque, con evidenza confutato dalle risultanze documentali in atti. Le ricorrenti, infatti, hanno prodotto una procura generale (cfr. allegato 4 della memoria difensiva all'esito della domanda riconvenzionale di controparte), recante la sottoscrizione della (...) medesima, in favore, appunto, del figlio, peraltro allegata anche alla documentazione trasmessa dalla Confagricoltura (cfr. allegato 5 della succitata memoria), non oggetto di contestazione circostanziata, ne specifica, da parte della resistente, la quale si è limitata ad un disconoscimento della procura prodotta dalla controparte in maniera assolutamente generica, senza specificamente contestarne il contenuto o la conformità all'originale, nè tanto meno disconoscere la riconducibilità della sottoscrizione ivi apposta alla medesima. In tema di prova documentale il disconoscimento delle copie fotostatiche di scritture prodotte in giudizio, ai sensi dell'art. 2719 c.c., impone che, pur senza vincoli di forma, la contestazione della conformità delle stesse all'originale venga compiuta, a pena di inefficacia, mediante una dichiarazione che evidenzi in modo chiaro ed univoco sia il documento che si intende contestare, sia gli aspetti differenziali di quello prodotto rispetto all'originale, non essendo invece sufficienti né il ricorso a clausole di stile né generiche asserzioni (cfr. Cass. Sez. 5, n. 16557/2019). La contestazione della conformità all'originale di un documento prodotto in copia non può avvenire con clausole di stile e generiche o onnicomprensive, ma va operata - a pena di inefficacia - in modo chiaro e circostanziato, attraverso l'indicazione specifica sia del documento che si intende contestare, sia degli aspetti per i quali si assume differisca dall'originale (cfr. Cass. Sez. 2, n. 27633/2018). Nella specie, come già detto, la parte resistente ha disconosciuto genericamente, con l'utilizzo di una mera clausola di stile, la procura generale prodotta in atti, senza disconoscere la propria sottoscrizione, ivi apposta, né specificare e indicare in maniera circostanziata gli aspetti non riconosciuti di essa, né tantomeno contestare la conformità all'originale della procura trasmessa in allegato dal sindacato di categoria (Confagricoltura) che aveva partecipato alla stipula del contratto di affitto in questione. Dalla lettura del contratto del 06 ottobre 2016, peraltro, è chiaramente rilevabile che il figlio della (...) è intervenuto alla stipula di esso nell'espressa qualità di rappresentante della madre, come evincibile sia dal corpo di tale atto, in particolare dalla sua parte introduttiva, che dalla firma apposta in calce ad esso "n.q.". Un ulteriore elemento significativo è traibile dalla circostanza che, in sede di esperimento del tentativo obbligatorio di conciliazione, lo stesso figlio della (...) è intervenuto in rappresentanza della madre, con l'assistenza del medesimo procuratore della suddetta nel presente giudizio. La resistente, inoltre, ha presentato la richiesta di contributi AGEA sulla base proprio di quel contratto che la stessa assume non aver stipulato. Appare con evidenza, pertanto, l'assoluta infondatezza di tale doglianza di parte resistente. Altrettanto inaccoglibile deve ritenersi l'ulteriore argomentazione addotta dalla (...) riguardante l'invalidità delle clausole in deroga contenute nel citato contratto, in difetto di prova dell'effettiva assistenza delle associazioni sindacali di categoria. Ed invero, in tema di stipulazione di accordi in deroga alle norme vigenti in materia di contratti agrari, ai sensi dell'art. 45 della l. n. 203 del 1982, perché si abbia assistenza dell'associazione professionale di categoria è necessario che essa si estrinsechi in un'attività effettiva di consulenza e d'indirizzo che chiarisca alle parti il contenuto e lo scopo delle singole clausole contrattuali che si discostino dalle disposizioni di legge affinché la stipulazione avvenga con la massima consapevolezza possibile, e, quindi, purché l'assistenza sia stata così prestata, sussiste la validità del contratto ed è, a tal fine, probante la sottoscrizione, da parte dei contraenti e dei loro rispettivi rappresentanti sindacali, del documento negoziale (cfr. Cass. Sez. 6-3, ord.n. 19906/2018; Cass. Sez. 3, ord.n. 17195/2023). Peraltro, l'art. 23 della legge n. 11 del 1971, nello stabilire, a pena di invalidità delle clausole difformi dalla disciplina legale, l'assistenza delle rispettive associazioni sindacali, non tutela un interesse superiore a quello delle stesse parti, sicché la mancanza dell'assistenza da parte del sindacato maggiormente rappresentativo a livello nazionale può essere fatta valere solo dalla parte interessata - che lamenta perciò di non essere stata adeguatamente assistita - e non dalla controparte (cfr. Cass. Sez. 3, n. 14759/2008). La violazione del terzo comma dell'art. 23 della legge 11 febbraio 1971, n. 11 (come sostituito dall'art. 45 della legge 3 maggio 1982, n. 203), disposizione che subordina la validità delle stipulazioni avvenute in deroga alle norme vigenti in materia di contratti agrari alla necessità che le parti siano assistite dalle rispettive organizzazioni professionali, determina una nullità ed. "di protezione" che, in quanto tale, può essere fatta valere solo dalla parte interessata, la quale lamenti il difetto di assistenza, e non dalla controparte (cfr. Cass. Sez. 3, sent.n. 14046/2013). Nella specie, dunque, avrebbe dovuto essere la parte resistente medesima ad allegare e provare delle circostanze specifiche dalle quali potersi desumere una mancata o inidonea assistenza dell'associazione professionale di categoria. Di contro, in difetto di allegazione e produzione di circostanze specifiche, deve ritenersi provata l'assistenza delle associazioni di categoria, come rilevabile dalla sottoscrizione apposta sia dai contraenti che dai rispetti rappresentanti sindacali in calce al contratto in questione. Nel medesimo contratto, peraltro, le parti danno atto ai rispettivi rappresentanti di categoria di essersi adoperati nel miglior modo possibile atto a tutelare gli interessi dei loro assistiti, e dichiarano di aver partecipato alla citata convenzione e di sottoscriverla liberamente, rinunciando a far valere ogni disposizione normativa in contrasto con quanto in essa previsto, nonché riconoscono di aver inteso il termine previsto per il rilascio dei terreni in questione come improrogabile e condizione irrinunciabile per la stipula del suddetto contratto. Anche sotto tale profilo, pertanto, la difesa di parte resistente deve ritenersi infondata. Va dichiarata altresì l'improponibilità della domanda riconvenzionale proposta dalla (...) avente ad oggetto l'accertamento del proprio diritto all'indennità di cui all'art. 17 l. n. 203/1982 - a seguito dei miglioramenti effettuati sui terreni in oggetto, risultanti al momento della cessazione del rapporto, con diritto alla ritenzione del fondo sino al soddisfacimento del relativo diritto -, in difetto dell'esperimento del previo tentativo obbligatorio di conciliazione ex art 11 D.Lgs.n. 150/2011. Ed invero, nessun dubbio sussiste sul fatto che il tentativo di conciliazione in materia agraria debba essere sempre "preventivo", cioè attivato prima dell'inizio di qualsiasi controversia, atteso che la norma, "inderogabile e imperativa", non consente che il filtro dallo stesso costituito possa essere posto in essere successivamente alla domanda giudiziale, e il requisito della necessità del preventivo esperimento del tentativo individua una condizione di "proponibilità", la cui mancanza, rilevabile anche d'ufficio nel corso del giudizio di merito, comporta la definizione della causa con sentenza dichiarativa di improponibilità della domanda (cfr. Cass. 14/11/2008, n. 27255; Cass.n. 33379/2022). In tema di controversie agrarie, il tentativo di conciliazione di cui all'art. 46 della legge 3 maggio 1982, n. 203, deve precedere non solo la proposizione della domanda principale da parte dell'attore, ma anche quella riconvenzionale da parte del convenuto ove, per effetto della nuova domanda, venga ampliato l'ambito della controversia rispetto a quello interessato dal tentativo di conciliazione svolto in relazione alla domanda principale (cfr. Cass. Sez. 3, n. 11644/2014). In tema di controversie concernenti contratti agrari, anche la domanda riconvenzionale deve essere preceduta, a pena di improponibilità, dal tentativo obbligatorio di conciliazione previsto dall'art. 46 della legge 3 maggio 1982 n. 203. Tale regola, tuttavia, non si applica allorché ricorrano due presupposti, ovvero che le parti del giudizio coincidano con le parti del tentativo obbligatorio di conciliazione e che la formulazione della domanda riconvenzionale non comporti alcun ampliamento della controversia già oggetto della tentata conciliazione, perché fondata su questioni già esaminate in quella sede (cfr. Cass. Sez. 3, n. 27255/2008). In materia di contratti agrari, la "domanda", in relazione alla quale va esperito il tentativo obbligatorio di conciliazione, deve essere intesa nel significato onnicomprensivo di istanza volta al riconoscimento di un diritto o comunque alla tutela di un bene della vita avente scaturigine in un contratto agrario, non assumendo alcuna rilevanza, a tali fini, la sequenza procedimentale attivata (ordinaria o semplificata) o la modalità di proposizione seguita (in via principale o riconvenzionale). (In attuazione del predetto principio, la S.C. ha ritenuto assoggettata al tentativo obbligatorio di conciliazione la domanda riconvenzionale formulata, ai fini del riconoscimento dell'indennità per i miglioramenti apportati al fondo, dal soggetto convenuto in giudizio per l'accertamento della cessazione di un contratto di affitto agrario e la conseguente condanna al rilascio del fondo medesimo) (cfr. Cass. Sez. 6-3, ord.n. 33379/2022). Nel caso di specie, sono configurabili i presupposti per ritenere obbligatorio il tentativo di conciliazione relativamente anche alla domanda riconvenzionale proposta dalla (...) atteso che con tale domanda la resistente ha introdotto degli "aspetti" nuovi della controversia, non meramente accessori o riconducibili alla questione oggetto della domanda principale, con conseguente ampliamento del thema decidendum. Con riferimento all'ulteriore richiesta di parte ricorrente di condanna dell'altra parte ex art. 614bis c.p.c. per ogni giorno di ritardo nella riconsegna dei terreni, occorre preliminarmente precisare che trattasi di una forma di coercizione indiretta del debitore, finalizzata, da un lato, a garantire maggiormente il beneficiario di un'obbligazione di fare infungibile o di non fare e, dall'altro, a consentire un'azione più stringente su colui che la prestazione deve eseguire. Ai fini dell'operatività della misura de qua, assoluta rilevanza va data alla "infungibilità", consistente nella impossibilità di sostituzione soggettiva ed oggettiva della prestazione dovuta. Nel caso de quo trova applicazione la citata norma, nella formulazione introdotta dalla legge 18 giugno 2009, n.69, la quale ha espressamente escluso l'applicabilità di tale misura laddove essa sia "manifestamente iniqua", nonché in riferimento "alle controversie di lavoro subordinato pubblico e privato e ai rapporti di collaborazione coordinata e continuativa di cui all'articolo 409". Ne consegue "a contrario" l'applicabilità di tale "astreinte" relativamente alle obbligazioni afferenti ai rapporti, pur essi inclusi nell'art. 409 c.p.c., di mezzadria, di colonia parziaria, di compartecipazione agraria, di affitto a coltivatore diretto o ad altri rapporti agrari, e quindi anche al caso di specie. "... L'articolo 614-bis c.p.c. ..è applicabile nel giudizio di cognizione (e a seguito della recente riforma anche nel giudizio di esecuzione), ed è relativo all'esecuzione delle obbligazioni di "facere" infungibili, di quelle di non fare, e comunque di obblighi diversi dal pagamento delle somme di denaro, come nei casi di condanna alla consegna o al rilascio di cose. Trattasi di rimedio che mutua la sua natura dall'istituto di origine francese dell'"astreinte", per mezzo del quale si prevede una sorta di sanzione per l'inadempimento totale o per il ritardato adempimento a seguito di una pronuncia di condanna. Trattasi, infine, di rimedio applicabile nel caso sia formulata espressa domanda, come nel caso in esame, di natura accessoria rispetto alla domanda formulata in via principale di condanna ad un "facere" infungibile ovvero alla richiesta di pronuncia di un'inibitoria, con lo scopo di incentivare l'adempimento dell'obbligo imposto dal Giudice" (cfr. CORTE D'APPELLO DI CATANIA, Sentenza n. 1779/2023 del 18-10-2023). Nessun dubbio pertanto sembra sussistere in merito all'applicabilità di tale istituto anche in materia agraria. Ai fini, tuttavia, della quantificazione della somma dovuta a tale titolo da parte del soggetto inadempiente, occorre tenere conto, come disposto dall'ultimo comma dell'art. 614 bis c.p.c. (nella formulazione vigente all'epoca del giudizio), "del valore della controversia, della natura della prestazione, del danno quantificato o prevedibile e di ogni altra circostanza utile". Nella specie, il valore della controversia è stato espressamente indicato dalla parte ricorrente in euro 7.500,00, corrispondente all'entità del canone annuo di affitto pattuito tra le parti nel relativo contratto. Oggetto di affitto agrario sono dei terreni estesi per oltre 40 ettari, essenzialmente adibiti a foraggio e alla coltivazione di alberi di carrubbo e di ulivo. Insieme ai terreni sono stati ceduti anche i fabbricati rurali annessi, nonché le stalle, il fienile, e il deposito attrezzi e mangimi. Dalle dichiarazioni rese dalla resistente, non contestate dalla controparte, è emerso che tali terreni sono stati di fatto condotti in affitto dalla medesima da più di ventanni, e in particolare sono stati adibiti nel corso degli anni ad attività essenzialmente di pascolo di oltre 300 capi di bovini. Dalle foto prodotte in atti dalla parte ricorrente, non oggetto di specifica contestazione di controparte - essendosi quest'ultima limitata ad un disconoscimento generico di esse, come tale privo di effetti, non essendo stata neppure disconosciuta espressamente la conformità di esse allo stato reale dei luoghi -, risultano dei terreni incolti e degli alberi divelti. Trattasi pertanto di un terreno verosimilmente non coltivato da anni e adibito al pascolo di animali. A ciò è da aggiungere il significativo ritardo maturato dalla (...) nel rilascio del fondo, essendosi la condotta inadempiente della suddetta protratta fino ad oggi, per circa due anni e mezzo. A fronte di tali circostanze non si ravvisa quella manifesta iniquità che varrebbe ad escludere l'applicabilità dell'invocato rimedio coercitivo. Appare tuttavia maggiormente congruo, tenuto conto di tutti gli elementi rappresentati dalle parti nei rispettivi scritti difensivi, prevedere una somma di euro 500,00 per ogni mese di ritardo, a far data dal 10 febbraio 2025, considerata anche la data prevista per il rilascio del terreno, coincidente con la fine dell'annata agraria in corso (10 novembre 2024). Non si ritiene di accogliere, di contro, l'ulteriore richiesta di parte ricorrente di condanna della controparte per lite temeraria ex art. 96 c.p.c., in difetto di prova certa di mala fede o colpa grave in capo alla resistente. Le spese di lite seguono la soccombenza, e si liquidano come in dispositivo. P.Q.M. Il Tribunale collegiale - Sezione Specializzata Agraria, definitivamente decidendo nella causa di cui in epigrafe In accoglimento del ricorso proposto da (...) e (...) Dichiara l'avvenuta scadenza del contratto di affitto - intervenuto in data 06 ottobre 2016 tra le ricorrenti citate e la resistente, (...) il giorno 15 settembre 2022; condanna la (...) al rilascio in favore delle sig. (...) dei terreni siti in Modica (RG), contrada c.d. Giarrusso, identificati al C.T. del Comune di Modica al foglio (...), mappali nn. (...)e (...), nonché dei relativi fabbricati rurali e pertinenze, come individuati nel ricorso introduttivo e nel contratto di affitto in atti, liberi da cose o persone, per il giorno 10 novembre 2024; condanna la (...) ex art. 614-bis c.p.c. a corrispondere alle ricorrenti la somma di Euro 500,00 mensili, per ogni mese di ritardo nel rilascio dei terreni, a far data dal 10 febbraio 2025. Dichiara improponibile la domanda riconvenzionale di parte resistente. Condanna la resistente alla refusione delle spese processuali sostenute dalla controparte, da determinarsi in euro 281,70 per spese vive ed euro 5.077,00 a titolo di compensi professionali, oltre al rimborso forfettario, IVA e CPA come per legge. Rigetta l'ulteriore domanda di parte ricorrente di condanna della Sessa ex art. 96, comma 3, c.p.c. Indica in giorni trenta il termine per il deposito della motivazione. Ragusa, il 14 marzo 2024.
TRIBUNALE ORDINARIO di RAGUSA SEZIONE CIVILE REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il giudice unico, dott. (...) ha emesso la seguente SENTENZA Nella causa civile iscritta al n. (...)/2021 R.G. promossa da: (...) C.F. (...), rappresentato e difeso dall'Avv. (...), come da procura rilasciata su foglio separato allegato all'atto di citazione; ATTORE contro (...) S.P.A., C.F. (...), in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli Avv.ti (...), (...) e (...) del (...) di (...) come da procura generale alle liti a rogito (...) di (...) rilasciata in data (...) (Rep. n. (...)/Racc. n. (...)), allegata in copia conforme alla comparsa di costituzione e risposta; CONVENUTO OGGETTO: Bancari (deposito bancario, cassetta di sicurezza, apertura di credito bancario, anticipazione bancaria, conto corrente bancario, sconto bancario). Par. Svolgimento del fatto e sintesi del processo. Con atto di citazione notificato in data (...) titolare di conto corrente bancario presso (...) S.p.A. cui erano collegate carte di credito e di debito, conveniva in giudizio avanti al Tribunale di Ragusa l'(...) di credito, al fine di chiedere che venisse accertata e dichiarata la responsabilità della (...) per l'illecita sottrazione delle somme subite per una truffa, con condanna dello stesso (...) di credito al risarcimento del danno patrimoniale quantificabile in Euro 6.394,00, ovvero in quella somma maggiore o minore risultante dal giudizio, oltre interessi legali sulla somma rivalutata dal dì della sottrazione delle somme al soddisfo. In via subordinata, parte attrice chiedeva che venisse riconosciuta la responsabilità di (...) S.p.A. con riferimento alle operazioni riguardanti il momento successivo alla conoscenza da parte dell'(...) di credito della condotta criminosa, ovvero dopo le ore 15:41 del 23.09.2020, con condanna al risarcimento del danno patrimoniale quantificabile in Euro 6.000,00, ovvero in quella somma maggiore o minore risultante dal giudizio, oltre interessi legali e rivalutazione. In particolare, in data (...), alle ore 15:03, l'attore riceveva una chiamata da parte di un soggetto che si presentava come l'addetto al servizio di assistenza e di sicurezza di (...) S.p.a., il quale gli riferiva che per evitare l'illecito utilizzo della sua carta era necessario un intervento immediato onde inibire le transazioni in essere a suo danno. (...) fidandosi che l'operatore fosse un dipendente ufficiale della banca, seguiva le istruzioni dell'interlocutore, fornendo tutte le informazioni idonee al perpetrarsi della truffa. Conclusa la telefonata, il (...) riceveva un'ulteriore chiamata, stavolta da un effettivo operatore della (...) convenuta, il quale riferiva il riscontro di alcune operazioni sospette eseguite con la carta di credito al medesimo intestata e di alcune modifiche ambigue apportate all'applicazione di (...) apprendeva inoltre che erano state eseguite sulla propria carta di credito due pagamenti di importo pari ad Euro 99,00 ed uno di Euro 196,00 in favore di un destinatario a lui sconosciuto. (...) di (...) provvedeva pertanto al blocco della carta di credito. In data (...) l'attore si recava presso la locale filiale della (...) e veniva a conoscenza che sull'(...) erano stati modificati il suo numero di cellulare ed il suo indirizzo e-mail; mediante le suddette modifiche i malfattori avevano eseguito ulteriori transazioni in conto corrente, ovvero: un bonifico di Euro 5.000,00 effettuato il (...) alle ore 19:09, in favore di destinatario sconosciuto all'attore, e due prelievi del 24.9.2020 di importo pari ad Euro 250,00 ed Euro 750,00 presso un ATM a Napoli. Preso atto di quanto sopra, il (...) della (...) provvedeva al blocco del conto corrente. In data (...) il (...) provvedeva a sporgere denuncia/querela presso la (...) di (...) nonché ad avviare la procedura di disconoscimento delle suddette operazioni. In seguito, la (...) effettuate le verifiche del caso, stornava l'importo, inizialmente rimborsato al cliente, facendo presente che le transazioni in commento erano state eseguite tramite l'utilizzo delle credenziali di commercio elettronico sicuro e con la corretta digitazione della password in esclusivo possesso del cliente. In data (...), su istanza dell'attore, veniva preventivamente esperito il procedimento di mediazione, che si chiudeva con esito negativo per la mancata partecipazione della parte convenuta, come da verbale in atti. Con deposito di comparsa di costituzione e risposta del 19.11.2021 si costituiva nel giudizio (...) S.p.A. la quale sosteneva nel merito ed in via principale il rigetto di tutte le domande formulate da parte attrice, in quanto infondate in fatto e in diritto, nonché non provate, per i motivi esposti nelle proprie difese. In via subordinata, in caso di accoglimento delle domande formulate dall'attore, la convenuta chiedeva la riduzione, anche in via di compensazione, della somma richiesta dall'attore in ragione del comportamento colposo tenuto da quest'ultimo ex art. 1227, comma 1, c.c.. Il tutto con vittoria di spese e compensi del giudizio. All'esito della prima udienza del 10.12.2021 venivano concessi i termini di cui all'art. 183 comma 6 c.p.c. richiesti dalle parti. La causa risultava documentale e, pertanto, nessuna ulteriore istruttoria veniva ritenuta necessaria. All'udienza del 7.10.2022 la causa veniva ritenuta matura per la decisione e rinviata per la precisazione delle conclusioni alla successiva udienza del 17.11.2023 nella quale il procedimento veniva trattenuto in decisione con assegnazione dei termini di cui all'art. 190 c.p.c. per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica. Par. Sulla responsabilità dell'istituto di credito in merito alla sottrazione di somme subita dall'attore. Il vigente D.Lgs. 27 gennaio 2010, n. 11 come modificato dal D.Lgs. n. 218/17 di attuazione della direttiva 2015/2366/EU ((...) - (...) 2) prevede in capo al prestatore di servizi di pagamento l'onere di provare che l'operazione di pagamento, disconosciuta dall'utente, "è stata autenticata, correttamente registrata e contabilizzata e che non ha subito le conseguenze del malfunzionamento delle procedure necessarie per la sua esecuzione o di altri inconvenienti" (art. 10, comma 1). Il comma 2 aggiunge che "quando l'utente di servizi di pagamento neghi di aver autorizzato un'operazione di pagamento eseguita, l'utilizzo di uno strumento di pagamento registrato dal prestatore di servizi di pagamento (...) non è di per sé necessariamente sufficiente a dimostrare che l'operazione sia stata autorizzata dall'utente medesimo, né che questi abbia agito in modo fraudolento o non abbia adempiuto con dolo o colpa grave a uno o più degli obblighi di cui all'articolo 7. È onere del prestatore di servizi di pagamento, compreso, se del caso, il prestatore di servizi di disposizione di ordine di pagamento, fornire la prova della frode, del dolo o della colpa grave dell'utente". Inoltre, secondo la giurisprudenza, la responsabilità contrattuale della banca per operazioni di pagamento disconosciute dal correntista (riconducibili allo schema del c.d. "phishing") viene esclusa dalla prova di avvenuta adozione di tutte le misure idonee ad evitare il danno e di aver osservato la diligenza qualificata propria dell'accorto banchiere, nonché dalla prova della riconducibilità delle disposizioni di pagamento al dolo o alla colpa grave del correntista, caratterizzata dall'assenza di quel minimo grado di diligenza riconoscibile da chiunque. Nella sostanza la banca è tenuta a provare non solo di aver adottato tutte le misure idonee ad evitare il danno e di aver osservato la diligenza qualificata propria dell'accorto banchiere (da intendere come corretta funzionalità dei propri sistemi informatici anche ai fini della prevenzione delle frodi), ma deve altresì fornire la prova positiva della riconducibilità delle operazioni disconosciute dal cliente alla volontà di quest'ultimo o comunque alla sua grave negligenza (cfr. Tribunale Roma, sez. VI civile, 9 aprile 2023). Ed infatti, richiamando la giurisprudenza di legittimità, "la responsabilità della banca per operazioni effettuate a mezzo di strumenti elettronici, con particolare riguardo alla verifica della loro riconducibilità alla volontà del cliente mediante il controllo dell'utilizzazione illecita dei relativi codici da parte di terzi, ha natura contrattuale e, quindi, va esclusa solo se ricorre una situazione di colpa grave dell'utente" (cfr. Cass. Civ., sez. VI, ord. 26916/2020). Più in particolare, proprio in tema di phishing, si registra una recentissima pronuncia della Suprema Corte di Cassazione, la quale, nel delineare il dovere di diligenza gravante sul correntista, ha precisato che "non può dubitarsi del comportamento decisamente imprudente e negligente del danneggiato, il quale aveva digitato i propri codici personali (verosimilmente richiestigli con una e-mail fraudolenta), in tal modo consentendo all'ignoto truffatore di successivamente utilizzarli, per effettuare una disposizione di bonifico dal conto del danneggiato" (cfr. Cass. Civ. sez. I, 13/03/2023, n. 7214). Ancora, da ultimo, secondo Cassazione civile sez. III, 12/02/2024, n.3780: "La possibilità della sottrazione dei codici al correntista attraverso tecniche fraudolente è una eventualità rientrante nel rischio d'impresa; la banca per liberarsi dalla propria responsabilità, deve dimostrare la sopravvenienza di eventi che si collochino al di là dello sforzo diligente richiesto al debitore (nella specie, relativa ad un truffa informatica ai danni di un correntista di (...) la Corte ha sottolineato che era onere di (...) dover provare di aver adottato soluzioni idonee a prevenire o ridurre l'uso fraudolento dei sistemi elettronici di pagamento, sulla base di un principio di buona fede nell'esecuzione del contratto. In assenza di tale prova, per la Corte è corretta la decisione di imputare alla banca il rischio professionale della possibilità che terzi accedano ai profili dei clienti con condotte fraudolente)". Tutto ciò premesso, dall'esame della documentazione prodotta dalle parti e dalla ricostruzione dei fatti offerta dallo stesso attore, emerge la ricezione, da parte del (...) di una telefonata in data (...), alle ore 15:03, nella quale l'attore, seppur inconsapevolmente, ha dichiarato di avere seguito tutte le istruzioni fornite telefonicamente dal presunto operatore di (...) fornendogli le informazioni ed i dati richiesti necessari all'accesso nell'area personale dell'home-banking. In conseguenza di ciò venivano nell'immediatezza eseguite sulla carta di credito del (...) tre operazioni (due di pari importo di Euro 99,00 ed una di Euro 196,00) in favore di un soggetto sconosciuto allo stesso, per complessivi Euro 394,00. Ed ancora, risulta altresì provata, e comunque non contestata ex art. 115 c.p.c., l'applicazione da parte della (...) del protocollo di sicurezza a due fattori, con protezione derivante da codici segreti nella disponibilità esclusiva del cliente e dall'utilizzo di password "usa e getta", generate dai dispositivi utilizzati dal cliente, per autorizzare le operazioni dispositive sulla (...) via internet. Inoltre, la chiamata da numero di utenza con prefisso 02, non può di certo rendere credibile la telefonata del presunto operatore della (...) al punto tale da indurre il (...) a riferire le proprie credenziali personali per l'accesso ai servizi di home banking. Tra l'altro parte convenuta ha escluso che il numero di telefono utilizzato per la chiamata truffa sia corrispondente ad alcuno dei numeri di (...) e parte attrice nulla ha contestato e provato sul punto. Per quanto sopra esposto deve ritenersi provato che l'evento fraudolento che ha portato alle tre operazioni di pagamento del 23.9.2020, per un importo complessivo di Euro 394,00, sia stato reso possibile proprio grazie alla condotta colposa dello stesso attore, nonostante i presidi di sicurezza predisposti dalla (...) a tutela dei pagamenti on-line. Ciò posto, risulta altresì provato dagli atti, e comunque non contestato, che alle ore 15:41 del 23.9.2020 il (...) riceveva un'ulteriore chiamata, stavolta dall'effettivo operatore del (...) di (...) S.p.A., e che detto intervento portava al solo blocco delle carte di pagamento del cliente. Successivamente venivano registrate delle ulteriori transazioni in conto corrente (e, specificamente, un bonifico di Euro 5.000,00 effettuato il (...), alle ore 19:09, e due prelievi del 24.9.2020 di importo pari ad Euro 250,00 ed Euro 750,00) per un importo complessivo pari ad Euro 6.000,00. Dette operazioni sono state disconosciute dall'attore e risultano effettuate quando la (...) era già al corrente della frode perpetrata ai danni del proprio cliente. In particolare, il (...) ha evidenziato la colpevole omissione e la negligenza nella condotta posta in essere dalla (...) che avrebbe dovuto procedere anche al blocco del conto corrente intestato al cliente e del servizio di home banking. Si evidenzia infatti come sia stato lo stesso servizio antifrode di (...) a segnalare al cliente la truffa ed a riferire di modifiche sospette dall'App della (...) comunicando la sussistenza di "alcune operazioni sospette eseguite con la carta di credito al medesimo intestata e di alcune modifiche ambigue apportate alla applicazione di (...)" (cfr. scritti difensivi di parte convenuta: pag. 2 comparsa di costituzione e risposta, pag. 2 memoria n. 1 ex art. 183, comma 6, c.p.c., nonché pag. 2 comparsa conclusionale). Di contro, l'attore nella prima difesa utile successiva alla costituzione in giudizio della (...) e nelle memorie ex art. 183, comma 6, n. 1 c.p.c., ha specificamente contestato il fatto di aver ricevuto le notifiche push e di aver autorizzato le operazioni in contestazione. Risulta tra l'altro pacifica e non contestata la modifica dei recapiti dell'App del cliente (mail e numero di telefono). A riprova di ciò dalla denuncia/querela del (...) depositata in atti, a cui la stessa (...) convenuta ha fatto più volte riferimento nei propri scritti difensivi, emerge che l'attore ha dichiarato testualmente: "(...) dando per scontato che si trattasse di un operatore vero, ho fornito i codici di accesso online al mio conto (...). Inoltre, mi chiedevano di disinstallare l'app della banca dal mio telefono, cosa che effettuavo. Al termine di detta chiamata ho ricevuto un'altra chiamata questa volta dal vero centro assistenza della (...) dove mi riferivano che erano state eseguite alcune operazioni sospette con la mia carta di credito (...) e che erano state apportate delle modifiche alla mia app (...)" (cfr. doc. 3 allegato ad atto di citazione: (...)querela del 30.09.2020). A fronte delle contestazioni dell'attore nulla ha saputo replicare la (...) la cui condotta deve ritenersi inescusabile. Infatti, il servizio antifrode dell'(...) di credito, dopo aver rilevato le anomalie e le modifiche all'utenza del cliente, ha colpevolmente omesso di bloccare nel modo più adeguato il servizio di home banking. Tale negligenza ha determinato la prosecuzione e l'aggravio della truffa, consentendo ai truffatori di agire anche in un momento successivo alla scoperta della loro condotta fraudolenta. Alla luce di tutto quanto sopra esposto e dei principi giurisprudenziali sopra citati, deve ritenersi provata la parziale responsabilità della (...) la quale nonostante fosse ben a conoscenza della illegittima sottrazione dei dati (credenziali e password) ad opera di terzi ed ai danni del proprio correntista non abbia cautelativamente ed immediatamente provveduto al blocco del conto corrente del cliente. Le superiori argomentazioni determinano il rigettato della richiesta formulata in subordine dalla convenuta sul concorso del fatto colposo del danneggiato ex art. 1227, comma 1, cod. civ.. Infatti, successivamente alla chiamata del servizio antifrode dell'(...) di credito, nessuna colpa è ravvisabile nella condotta dell'attore il quale ha riferito l'accaduto al proprio (...) di credito senza che questi si sia attivato tempestivamente a tutela del cliente correntista. Pertanto, deve essere riconosciuta la responsabilità di (...) S.p.A. in relazione alle operazioni effettuate sul conto corrente del (...) successivamente alle ore 15:41 del 23.9.2020, con il conseguente accoglimento della domanda formulata dall'attore in via subordinata e del diritto di questi al pagamento del risarcimento del danno che qui si liquida in Euro 6.000,00, oltre interessi e rivalutazione. Par. Sulle spese di lite. Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo. P.Q.M. Il giudice unico definitivamente pronunciando sulle domande proposte: ACCOGLIE parzialmente la domanda proposta dall'attore e per l'effetto: CONDANNA parte convenuta (...) S.P.A. al pagamento in favore dell'attore (...) della somma di Euro 6.000,00, oltre interessi legali sulla somma rivalutata dal 23.9.2020 sino al soddisfo; CONDANNA parte convenuta (...) S.P.A. al rimborso delle spese processuali sostenute dall'attore (...) e per questi al suo procuratore distrattario Avv. (...), il quale ha dichiarato di aver anticipato spese e di non aver ricevuto alcun acconto sui compensi, che, ai sensi del D.M. n. 147/2022, liquida in complessivi Euro 3.000,00 per compensi professionali, oltre spese generali al 15%, IVA e CPA se dovute, come per legge, ed oltre alla ripetizione delle spese sostenute dall'attore per l'avvio del procedimento di mediazione obbligatorio, pari ad Euro 48,80.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI RAGUSA Il Tribunale, nella persona del giudice Carlo Di Cataldo, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile iscritta al n. R.G. 1907/2017 promossa da: (...) in persona del legale rappresentante pro tempore, con il patrocinio dell'avv. (...), elettivamente domiciliato nel suo studio in (...); ATTORE contro (...) in persona dell'amministratore pro tempore, con il patrocinio dell'avv. (...) elettivamente domiciliato nel suo studio in (...); CONVENUTO Oggetto (...), impugnazione di delibera assembleare - spese condominiali. Conclusioni delle parti Con ordinanza del (...) la causa veniva posta in decisione sulle conclusioni precisate dalle parti mediante note scritte. Concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione Con atto di citazione notificato in data (...) impugnava la delibera del (...) dell'assemblea del(...)", lotto 107, in (...) con cui erano stati approvati il rendiconto di gestione 2016 e il preventivo di gestione 2017. Con comparsa di risposta depositata in data (...) si costituiva in giudizio il (...) (...) il quale chiedeva: - di dichiarare l'annullabilità della delibera impugnata; - in via riconvenzionale, di dichiarare la correttezza contabile del consuntivo e del preventivo. Con la memoria ex art. 183, comma 6, n. 1 c.p.c. il (...), in (...) chiedeva (a modifica delle precedenti conclusioni): - di dichiarare la validità e l'efficacia della delibera impugnata; - di dare atto della rinuncia alla domanda riconvenzionale spiegata. Con ordinanza del (...), in mancanza di richieste istruttorie delle parti, la causa veniva rinviata per la precisazione delle conclusioni. Con ordinanza del (...) la causa veniva posta in decisione sulle conclusioni precisate dalle parti mediante note scritte, con assegnazione dei termini ex art. 190 c.p.c. Con l'unico motivo di impugnazione l'attore ha contestato la legittimità e la validità della delibera del (...) dell'assemblea del (...) convenuto, in quanto approvata esclusivamente dai conduttori-assegnatari degli alloggi del (...) convenuto, senza la partecipazione dell'attore, proprietario degli alloggi. Il motivo è fondato, per le seguenti ragioni. In base all'art. 10, comma 1, l. 392/1978, "il conduttore ha diritto di voto, in luogo del proprietario dell'appartamento locatogli, nelle delibere dell'assemblea condominiale relative alle spese e alle modalità di gestione dei servizi di riscaldamento e di condizionamento d'aria". Si tratta di una norma eccezionale, in quanto prevede un'ipotesi di sostituzione legale del conduttore al proprietario nelle assemblee dei condomini convocate per deliberare su specifici punti dell'ordine del giorno (e cioè le spese e le modalità di gestione dei servizi di riscaldamento e di condizionamento d'aria). Proprio perché norma eccezionale, la stessa deve ritenersi applicabile solo all'ipotesi espressamente prevista, senza possibilità di interpretazione estensiva. Pertanto, tale norma non può trovare applicazione nel caso in cui la delibera assembleare abbia ad oggetto l'approvazione del bilancio preventivo (cfr., in tal senso, Cass. 8755/1993) o, analogamente, del rendiconto di gestione (del resto, Cass. 454/2017, richiamando Cass. 8498/2012, ha affermato che spetta "all'assemblea dei condomini" l'approvazione del conto consuntivo). Nel caso di specie, con la delibera assembleare impugnata sono stati approvati il rendiconto di gestione 2016 e il preventivo di gestione 2017. Dunque, la delibera assembleare impugnata aveva un oggetto non rientrante nell'ambito di applicazione dell'art. 10, comma 1, l. 392/1978, non potendo perciò essere approvata dai conduttori in luogo dei proprietari. Per contro, tale delibera è stata approvata dai conduttori-assegnatari degli alloggi condominiali, senza la partecipazione dell'attore, proprietario di tali alloggi, che non era presente in assemblea. Per come affermato da Cass. Sez. Un. 9839/2021, "in tema di condominio negli edifici, sono affette da nullità, deducibile in ogni tempo da chiunque vi abbia interesse, le deliberazioni dell'assemblea dei condomini che mancano ab origine degli elementi costitutivi essenziali, quelle che hanno un oggetto impossibile in senso materiale o in senso giuridico - dando luogo, in questo secondo caso, ad un "difetto assoluto di attribuzioni" - e quelle che hanno un contenuto illecito, ossia contrario a "norme imperative" o all'ordine pubblico" o al "buon costume"; al di fuori di tali ipotesi, le deliberazioni assembleari adottate in violazione di norme di legge o del regolamento condominiale sono semplicemente annullabili e l'azione di annullamento deve essere esercitata nei modi e nel termine di cui all'art. 1137 c.c.". Più precisamente, secondo i condivisibili principi espressi da Cass. Sez. Un. 9839/2021, la delibera dell'assemblea condominiale è nulla nei seguenti casi: - "mancanza originaria degli elementi costitutivi essenziali (volontà della maggioranza; oggetto; causa; forma)", come nel caso "della deliberazione adottata senza la votazione dell'assemblea, o della deliberazione priva di oggetto ... ovvero con un oggetto non determinato né determinabile; o della deliberazione priva di causa, carente cioè di una ragione pratica giustificativa della stessa che sia meritevole di tutela giuridica; o della deliberazione non risultante dal verbale dell'assemblea"; - "impossibilità dell'oggetto", in senso materiale (da valutarsi con riferimento alla concreta possibilità di dare attuazione a quanto deliberato) o in senso giuridico (da valutarsi in relazione alle attribuzioni proprie dell'assemblea, nel senso che "l'assemblea non può perseguire finalità extracondominiali ... e neppure può occuparsi dei beni appartenenti in proprietà esclusiva ai singoli condomini o a terzi, giacché qualsiasi decisione che non attenga alle parti comuni dell'edificio non può essere adottata seguendo il metodo decisionale dell'assemblea, che è il metodo della maggioranza, ma esige il ricorso al metodo contrattuale, fondato sul consenso dei singoli proprietari esclusivi"); - "illiceità", cioè contrarietà a norme imperative (specificatamente individuate, nella disciplina del condominio degli edifici, dall'art. 1138, comma 4, c.c. e dall'art. 72 disp. att. c.c.), all'ordine pubblico (come nel caso della delibera che introduca discriminazioni di sesso o di razza tra i condomini nell'uso delle cose comuni) o al buon costume (cioè al complesso delle regole che costituiscono la morale della collettività sociale in un dato ambiente e in un determinato tempo). Nel caso di specie, la delibera assembleare impugnata è stata emessa in mancanza originaria di un elemento costitutivo essenziale, quale è la volontà della maggioranza dei condomini, essendo stata approvata da soggetti (i conduttori-assegnatari degli immobili condominiali) non qualificabili come condomini e dunque non legittimati. Ne segue che, in base alla giurisprudenza citata, tale delibera deve ritenersi nulla. È vero che con la memoria ex art. 183, comma 6, n. 1 c.p.c. il (...) convenuto ha sostenuto che: - l'attore, per il (...) in questione, aveva favorito la costituzione della "autogestione", così come previsto dal "Regolamento per gli inquilini assegnatari e per l'autogestione dei servizi degli alloggi di (...) " approvato in data (...) e dalla "Carta dei Servizi" pubblicata in data (...) (all. 1-2 alla memoria ex art. 183, comma 6, n. 1 c.p.c. del (...) convenuto); - l'art. 12 del predetto Regolamento e l'art. 23 della Carta dei Servizi prevedevano che i bilanci fossero (unicamente) sottoposti all'approvazione dell'assemblea degli assegnatari e poi trasmessi all'attore. Ad ogni modo, anche a voler ritenere ammissibili tali deduzioni formulate per la prima volta con la memoria ex art. 183, comma 6, n. 1 c.p.c., a seguito delle quali il (...) convenuto ha modificato le conclusioni formulate con l'atto di citazione, esse risultano infondate, in quanto: - con la determina n. 13/16 del (...) l'attore ha revocato (fra l'altro) la delibera n. 226 del (...), cioè il predetto "Regolamento per gli inquilini assegnatari e per l'autogestione dei servizi degli alloggi di (...) " (cfr. allegato alla memoria ex art. 183, comma 6, n. 2 c.p.c. dell'attore); - tale determina era immediatamente esecutiva; - dal testo della determina si evince che la stessa è stata pubblicata all'albo on line dal (...) (circostanza non specificatamente contestata dal (...) convenuto con la successiva memoria ex art. 183, comma 6, n. 3 c.p.c.); - ai sensi dell'art. 32, comma 1, l. 69/2009, "a far data dal 1° (...), gli obblighi di pubblicazione di atti e provvedimenti amministrativi aventi effetto di pubblicità legale si intendono assolti con la pubblicazione nei propri siti informatici da parte delle amministrazioni e degli enti pubblici obbligati"; - conseguentemente, ai fini della presente decisione non può tenersi conto del "Regolamento per gli inquilini assegnatari e per l'autogestione dei servizi degli alloggi di (...) ", revocato con determina n. 13/16 del (...) già efficace alla data di approvazione della delibera assembleare impugnata ((...)); - d'altro canto, a quella data non era ancora in vigore il "Regolamento per l'autogestione dei servizi comuni degli alloggi di Edilizia Residenziale Pubblica" approvato con delibera n. 17/20 del (...) (allegato alla comparsa conclusionale del (...) convenuto), con conseguente irrilevanza dello stesso ai fini della presente decisione; - anche la "Carta dei Servizi" del (...) risulta irrilevante ai fini della decisione, atteso che l'art. 23 della predetta "Carta dei Servizi" non attribuisce ai conduttori-assegnatari il diritto di approvare il bilancio, ma stabilisce che "l'assegnatario di un alloggio che si trova in un fabbricato in cui esiste l'autogestione ... ha diritto di partecipare alle assemblee e ha diritto di voto solo per le materie cui la norma attribuisce tale diritto ai conduttori" (cioè per le materie di cui all'art. 10 l. 392/1978); - peraltro, ed in ogni caso, non vi è prova dell'autorizzazione dell'attore alla c.d. "autogestione" dei conduttori-assegnatari, autorizzazione espressamente richiesta dall'art. 24 D.P.R. 1035/1972 ("Gli istituti autonomi per le case popolari autorizzano la gestione autonoma degli stabili da parte degli assegnatari di alloggi in locazione e con patto di futura vendita. L'autorizzazione è concessa qualora venga richiesta da almeno il 60% degli assegnatari dello stabile ed ha efficacia vincolante nei confronti di tutti gli assegnatari"). Infine, non deve essere resa alcuna statuizione in merito alla domanda riconvenzionale proposta dal (...) convenuto con la comparsa di risposta, atteso che il (...) convenuto ha successivamente dichiarato di rinunciare alla stessa (cfr. memoria ex art. 183, comma 6, n. 1 c.p.c.). In conclusione, per le ragioni fin qui esposte, deve dichiararsi la nullità della delibera del (...) dell'assemblea del (...), in (...) In base al principio della soccombenza (art. 91 c.p.c.), le spese processuali (liquidate nella misura indicata in dispositivo, tenuto conto della natura e del valore della controversia, nonché dell'attività processuale svolta) devono essere poste a carico del (...) convenuto. P.Q.M. il Tribunale, definitivamente pronunciando nella causa iscritta al n. 1907/2017 R.G., disattesa ogni altra contraria domanda o eccezione, così statuisce: 1) dichiara la nullità della delibera del (...) dell'assemblea del (...) (...), in (...) 2) condanna il (...), in (...) al pagamento, in favore (...), delle spese processuali, che liquida in euro 271,47 per spese vive e in euro 4.000,00 per compensi, oltre rimborso forfettario del 15%, IVA e CPA se dovute, come per legge. Così deciso in Ragusa, (...).
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI RAGUSA SEZIONE CIVILE Proc.n. 3074/2020 R.G. Il Giudice Dott.sa Rosanna Scollo ha emesso la seguente SENTENZA nella causa iscritta come in epigrafe, in materia di impugnazione di delibera assembleare, promossa DA (...) (C.F. (...)), nata a Ragusa il (...), elettivamente domiciliata in Modica, presso lo studio dell'Avv. (...), che la rappresenta e difende giusta procura in calce alla citazione ATTRICE CONTRO CONDOMINIO (...) (C.F. 90032520885), in persona dell'amministratore e legale rappresentante p.t. Avv. (...), elettivamente domiciliato a Modica, presso lo studio dell'Avv. (...), che lo rappresenta e difende giusta mandato in atti CONVENUTO IN FATTO E IN DIRITTO Con atto di citazione (...) conveniva in giudizio il Condominio (...), chiedendo accertarsi e dichiararsi nulla e/o annullabile la delibera dell'assemblea del 20 luglio 2020, notificata in data 27/07/2020, adottata dal Condominio citato, per le ragioni ivi rappresentate. Si costituiva il Condominio convenuto, il quale chiedeva rigettarsi la proposta impugnazione in quanto infondata, in virtù delle argomentazioni di cui alla relativa comparsa responsiva. In sede di note scritte relative all'udienza del giorno 27.02.2023, la parte attrice ha allegato un verbale di assemblea condominiale dell'01.02.2023, asserendo la sopravvenuta cessazione della materia del contendere per avvenuta revoca o annullamento della delibera assembleare oggetto del giudizio de quo, con conseguente compensazione tra le parti delle spese di lite. Dalla lettura di tale verbale, in realtà, si desume la relazione svolta dall'Amministratore all'assemblea condominiale, riferendo l'amministratore l'impossibilità, allo stato attuale, di esecuzione dei lavori con lo sconto in fattura, usufruendo dei benefici di cui al D.L.n. 34/2020 (c.d. Superbonus), non essendo stato possibile rinvenire un soggetto cui cedere il credito, con l'impegno, tuttavia, da parte del medesimo, a riferire prontamente in assemblea, laddove in futuro fosse individuato un soggetto che acquisisca la citata cessione del credito, con conseguente sconto in fattura. In tale verbale, infine, i condomini intervenuti hanno dato atto della relazione dell'amministratore. Non si tratta, pertanto, a ben vedere, di un annullamento o revoca della precedente delibera assembleare, come erroneamente sostenuto dall'attrice. La (...), tuttavia, ha chiaramente manifestato la propria intenzione di non insistere nelle proprie pretese nel presente giudizio, lasciando intendere una sopravvenuta carenza di interesse in capo alla stessa a persistere nella propria domanda, chiedendo la cessazione della materia del contendere, non configurandosi, allo stato, un interesse concreto ed attuale della medesima a conseguire la chiesta pronuncia, a fronte dell'impossibilità di esecuzione dei lavori deliberati, per le motivazioni meglio illustrate nel relativo verbale assembleare. Deve pertanto dichiararsi la cessazione della materia del contendere, per sopravvenuta dedotta carenza di interesse ad agire in capo all'attrice, come rappresentato dalla medesima. In riferimento alle spese di lite, si reputa equo compensarle tra le parti, come richiesto dalla stessa attrice, avuto riguardo al tenore delle difese espresse nei rispettivi scritti difensivi, con particolare riferimento alle dedotte difformità edilizie sussistenti nell'immobile oggetto degli interventi di manutenzione, non contestate specificamente dalla controparte. P.Q.M. Il Tribunale, definitivamente decidendo nella causa di cui in epigrafe Dichiara la cessazione della materia del contendere; compensa tra le parti le spese di lite. Così deciso in Ragusa, il 2 agosto 2023. Depositata in Cancelleria il 3 agosto 2023.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Tribunale di Ragusa Il Giudice Istruttore, Dott.sa Rosanna Scollo ha emesso la seguente SENTENZA nella causa iscritta come in epigrafe in materia di opposizione a D.I., promossa DA (...), nato a M. (R.) il (...) (C.F. (...) ) e (...), nata a M. (R.) il (...) (C.F. (...)), rappresentati e difesi dall'Avv. CO.BE., giusta procura speciale alle liti allegata all'atto di citazione in opposizione a decreto ingiuntivo, ed elettivamente domiciliati presso il suo studio in Ragusa (RG), via (...), OPPONENTI CONTRO (...) S.p.A., con sede in V. (V.), piazzetta M. n. 1, P.I. (...), quale mandataria di (...) S.P.A., con sede in R. (R.), via A. S. n. 16, P.I. (...), rappresentata e difesa dall'avv. PA.GA., giusta procura allegata alla comparsa di risposta, ed elettivamente domiciliata presso il suo studio in Ragusa, via (...), OPPOSTA e (...) S.p.A., con sede in M. (M.), via S. n. 7, P.I. (...), rappresentata e difesa dall'avv. AN.ZE., giusta procura allegata alla comparsa di risposta ex art. 111 c.p.c., ed elettivamente domiciliata presso il suo studio in Milano, Corso (...) INTERVENUTA EX ART. 111 C.P.C. IN FATTO E IN DIRITTO Con decreto ingiuntivo n. 1981/2016, emesso dal Tribunale di Ragusa in data 04/11/2016, era stato ingiunto a (...) e (...), il primo nella qualità di debitore principale e la seconda in quella di fideiubente, di corrispondere, in solido fra loro, a (...) s.p.a. la somma di Euro.62.916,09, oltre interessi come da domanda e spese del procedimento di ingiunzione, di cui Euro.32.694,75 quale importo dovuto in forza del contratto di conto corrente n. (....) (già n. (...)), che il debitore principale ((...)) aveva stipulato in data 30.08.2002 con il (...) s.p.a. (poi fuso, per incorporazione, in (...) s.p.a.) - con concessione sul predetto conto, in data 07/02/2003, di un affidamento di Euro.5.000,00, in seguito aumentato ad Euro.25.000,00 in data 21/10/2005, e ad Euro.30.000,00 il 30/03/2010 -, ed Euro 30.221,34 quale somma dovuta in virtù del contratto di mutuo chirografario n. (...), stipulato fra le medesime parti ((...) e (...) s.p.a.) in data 30.11.2009; entrambi i rapporti erano stati garantiti da (...) (l'altro soggetto ingiunto), la quale aveva concesso specifica fideiussione in relazione al predetto contratto di mutuo con atto del 30.11.2009, nonché una fideiussione omnibus, sino alla concorrenza dell'importo di Euro.39.000,00, con atto del 30/03/2010 (cfr. docc. nn. 4, 5, 6, 7, 8, 10 e 11 allegati al ricorso per decreto ingiuntivo e alla comparsa di risposta). Con atto di citazione, notificato il 15/12/2016, i soggetti ingiunti proponevano opposizione avverso il predetto decreto ingiuntivo, eccependo, con riferimento ad entrambi i rapporti per cui è causa (conto corrente e mutuo), la mancata indicazione dell'Indicatore Sintetico di Costo (ISC) e l'applicazione di condizioni maggiormente sfavorevoli di quelle indicate nel contratto medesimo, con conseguente pretesa nullità di tali condizioni ex art. 117, comma 6, TUB, e ricalcolo degli interessi ai sensi del successivo comma 7 dell'art. 117 cit.; eccepivano altresì, con specifico riferimento al rapporto di conto corrente, l'illegittima applicazione della commissione di massimo scoperto, in quanto nulla per mancanza di causa e comunque per indeterminatezza dell'oggetto, e l'illegittima determinazione dei c.d. giorni valuta, con conseguente necessità di ricalcolo del saldo finale del conto corrente in questione mediante esclusione di quanto addebitato dall'Istituto di credito a tale titolo; contestavano infine, con riferimento al contratto di mutuo, la nullità dell'art. 4 del medesimo contratto, che prevedeva l'applicazione degli interessi di mora nel caso di mancato pagamento di ogni importo a qualsiasi titolo dovuto, in dipendenza del mutuo in questione, per pretesa violazione dell'art. 1283 c.c., oltre che per violazione dell'art. 1815, comma 2, c.c. e della L. n. 108 del 1996. Si costituiva (...) s.p.a., nella qualità di mandataria di (...) s.p.s., la quale chiedeva rigettarsi la proposta opposizione e, quindi, confermarsi il decreto impugnato, eccependo, in via preliminare, la prescrizione del diritto degli opponenti alla ripetizione di quanto eventualmente illegittimamente addebitato sul conto corrente, e comunque ribadendo la legittima pattuizione ed applicazione delle condizioni economiche contrattuali in relazione ad entrambi i rapporti in questione. Nel corso del giudizio de quo si costituiva ex art. 111 c.p.c. la società (...) S.p.a., alla quale ultima (...) S.p.a. aveva ceduto un pacchetto di crediti individuabili "in blocco" e, fra questi, anche quello portato dal decreto ingiuntivo opposto (vd. estratto della Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana riportante la pubblicazione dell'avviso dell'intervenuta cessione, allegato alla comparsa di costituzione ex art. 111 c.p.c.). Ciò premesso, l'opposizione in esame appare parzialmente meritevole di accoglimento, e il decreto ingiuntivo opposto deve essere revocato, essendo la domanda formulata dall'Istituto di credito in seno al ricorso monitorio fondata solo con riferimento al rapporto di mutuo dedotto in giudizio, e non anche relativamente all'ulteriore rapporto di conto corrente anch'esso azionato. Ed invero, non può ritenersi che parte opposta abbia fornito la prova del suo credito per la parte derivante dal rapporto di conto corrente, acceso dal debitore principale in data 30/08/2002, ed identificato al n. (...) (già n. (...)). È noto, infatti, che il giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo ha ad oggetto la sussistenza o meno della pretesa creditoria che, peraltro, (trattandosi di un giudizio a cognizione piena ed esauriente, a differenza della fase monitoria, a cognizione sommaria ed inaudita altera parte), deve essere accertata in ossequio alle ordinarie regole di ripartizione dell'onere della prova, ex art. 2697 c.c., e mediante gli ordinari mezzi istruttori. È stato altresì precisato che "La norma di cui all'art. 50 del D.Lgs. n. 385 del 1993 ha esclusivo ambito di applicazione nel procedimento monitorio, mentre, in sede di opposizione al decreto ingiuntivo, trovano applicazione le consuete regole di ripartizione dell'onere della prova, con la conseguenza che l'opposto, pur assumendo formalmente la posizione di convenuto, riveste la qualità di attore in senso sostanziale, sicché spetta a lui provare nel merito i fatti costitutivi del diritto dedotto in giudizio. Ne consegue che, nel caso in cui l'opposizione all'ingiunzione di pagamento del saldo passivo del conto corrente sia stata fondata su motivi non solo formali, quale la inutilizzabilità dell'estratto conto certificato, ma anche sostanziali, quali la contestazione dell'importo a debito, risultante dall'applicazione di tassi di interesse ultralegali e di interessi anatocistici vietati, nel giudizio a cognizione piena, spetta alla banca (o alla cessionaria del credito che, subentrata nella sua posizione, abbia ottenuto il decreto ingiuntivo successivamente opposto) produrre il contratto su cui si fonda il rapporto, documentare l'andamento di quest'ultimo e fornire così la piena prova della propria pretesa" (cfr. Cass. n. 14640/2018). "La banca, che intenda fare valere un credito derivante da un rapporto di conto corrente, deve provare l'andamento dello stesso per l'intera durata del suo svolgimento. Dall'inizio del rapporto, dunque, e senza cesure dicontinuità (tra le altre, si vedano in specie Cass., 19 ottobre 2016, n. 21092; Cass., 20 febbraio 2018, n. 4102)" (cfr. Cass. n. 23313/2018). Ne deriva, pertanto, che la Banca (o chi per essa) ha l'onere di produrre sia il contratto di conto corrente, sia la serie integrale dei relativi estratti conto, dall'apertura del conto corrente sino al saldo così come determinato in sede monitoria, posto che solo quest'ultima consente, attraverso un'integrale ricostruzione del dare e dell'avere, di determinare il proprio credito. Orbene, nella fattispecie in esame, seppure il decreto ingiuntivo opposto possa ritenersi legittimamente emesso sulla base dell'estratto conto certificato conforme, ai sensi dell'art. 50 TUB, sulla scorta dei princìpi sopra esposti deve constatarsi l'insufficienza della documentazione prodotta dall'opposta, e dalla stessa intervenuta, successivamente subentrata alla prima. Da un lato, infatti, gli opponenti hanno proposto motivi di opposizione non solo formali, ma anche sostanziali, contestando la mancata indicazione dell'Indicatore Sintetico di Costo (ISC) e l'applicazione di condizioni maggiormente sfavorevoli di quelle indicate nel contratto medesimo - con conseguente nullità di tali condizioni ex art. 117, comma 6, TUB, e necessità di ricalcolo degli interessi ai sensi del successivo comma 7 dell'art. 117 cit. -, l'illegittima applicazione della commissione di massimo scoperto - nulla per mancanza di causa e comunque per indeterminatezza dell'oggetto -, e l'illegittima determinazione ed applicazione dei c.d. giorni valuta, con conseguente necessità di ricalcolo, anche in tali ultimi due casi, del saldo finale del conto corrente in questione mediante esclusione di quanto addebitato dall'Istituto di credito a tale titolo. Dall'altro lato, a fronte di tali contestazioni, tanto l'opposta quanto la società successivamente costituitasi ai sensi dell'art. 111 c.p.c. non hanno provveduto a depositare la serie continua degli estratti conto dalla data di apertura del conto corrente (30/08/2002) sino al saldo così come determinato in sede monitoria: ed infatti, a sostegno della pretesa creditoria risultano prodotti solo il contratto di conto corrente di corrispondenza del 30/08/2002 ed il relativo estratto conto certificato conforme ex art. 50 TUB. Peraltro, è emerso che i documenti in questione si riferiscono ad un rapporto di conto corrente indicato, in ciascuno di essi, con un numero identificativo diverso (in particolare, con il n. (...) in seno al contratto di conto corrente, e con il n. (...) in seno all'estratto conto certificato conforme ai sensi dell'art. 50 TUB): con tutta evidenza, proprio l'impossibilità di documentare l'andamento del rapporto in esame per l'intera durata del suo svolgimento, a mezzo della produzione dei relativi estratti conto analitici, impedisce di verificare l'identità del conto corrente indicato nell'estratto conto certificato conforme rispetto a quello specificato nel contratto. In definitiva, la mancata integrale produzione degli estratti conto rende il credito azionato, sia pure limitatamente alla parte di questo che deriva dal rapporto di conto corrente, intercorso fra gli opponenti e l'Istituto di credito, sfornito di adeguato supporto probatorio, con conseguente infondatezza, in parte qua, della domanda proposta in sede monitoria. Ogni altra questione, domanda od eccezione prospettata dalle parti deve intendersi assorbita dal tenore della presente decisione, limitatamente al contratto di conto corrente. Di contro con riguardo al rapporto di mutuo, pure azionato con il monitorio opposto, l'opposta ha pienamente assolto all'onere probatorio su di essa incombente, producendo, oltre al relativo estratto conto certificato conforme ex art. 50 TUB, il contratto stipulato in data 30/11/2009 ed il piano di ammortamento ad esso allegato. I motivi di opposizione sollevati in relazione al rapporto in questione sono, comunque, all'evidenza del tutto generici, e privi di fondamento. In particolare, senz'altro priva di rilievo è la contestazione - invero poco chiaramente, oltre che genericamente, formulata - con cui si eccepisce la mancata indicazione dell'ISC e l'applicazione di condizioni maggiormente sfavorevoli rispetto a quelle indicate nel contratto medesimo, con conseguente pretesa nullità di tali condizioni ex art. 117, comma 6, TUB, e ricalcolo degli interessi ai sensi del successivo comma 7 dell'art. 117 cit. Al riguardo, basti rilevare che "Poiché ? l'ISC/TAEG è un indicatore del costo complessivo del finanziamento, avente lo scopo di mettere il cliente in grado di conoscere il costo totale effettivo del credito che gli viene erogato mediante il mutuo, la sua inesatta indicazione non comporta, di per sé, una maggiore onerosità del finanziamento, quanto piuttosto l'erronea rappresentazione del suo costo complessivo, pur sempre ricavabile dalla sommatoria degli oneri e delle singole voci di costo elencati nel contratto; pertanto, stante il suo valore sintetico, l'ISC non rientra nel novero dei tassi, prezzi ed altre condizioni la cui erronea indicazione è sanzionata dall'art. 117 TUB mediante la sostituzione dei tassi d'interesse normativamente stabiliti a quelli pattuiti" (cfr. Cass. n. 39169/2021). Dall'esame del contratto di mutuo versato in atti si rileva che in esso sono stati dettagliatamente indicati tutti i costi e gli oneri posti a carico del mutuatario, debitore principale, il quale, in tal modo, è stata reso edotto dell'impegno economico complessivamente derivante dall'operazione di finanziamento. Né è dato comprendere quando e per quali importi l'Istituto di credito avrebbe applicato condizioni economiche più sfavorevoli rispetto a quelle indicate in contratto, essendo stata la circostanza in questione solo genericamente dedotta, e non specificamente argomentata e supportata. Ne discende, pertanto, che, anche sotto tale profilo, non risulta essere pertinente il richiamo di parte opponente alla nullità di cui al comma 6 dell'art. 117 TUB, e alla conseguente necessità di ricalcolo degli interessi ai sensi del successivo comma 7 dell'articolo citato. Ugualmente infondata, poi, è anche l'eccezione di nullità dell'art. 4 del contratto di mutuo per pretesa violazione dell'art. 1283 c.c. Come noto, l'art. 120, comma 2, TUB, introdotto dall'art. 25, comma 3, D.Lgs. n. 342 del 1999, ha previsto che "Il CICR stabilisce modalità e criteri per la produzione di interessi sugli interessi maturati nelle operazioni poste in essere nell'esercizio dell'attività bancaria, prevedendo in ogni caso che nelle operazioni in conto corrente sia assicurata nei confronti della clientela la stessa periodicità nel conteggio degli interessi sia debitori sia creditori". In seguito, la Del.CICR del 9 febbraio 2000, emanata in attuazione del predetto art. 120, comma 2, all'art. 3, rubricato "Finanziamenti con piano di rimborso rateale", ha altresì stabilito (al comma 1) che "Nelle operazioni di finanziamento per le quali è previsto che il rimborso del prestito avvenga mediante il pagamento di rate con scadenze temporali predefinite, in caso di inadempimento del debitore l'importo complessivamente dovuto alla scadenza di ciascuna rata può, se contrattualmente stabilito, produrre interessi a decorrere dalla data di scadenza e sino al momento del pagamento". Ne discende, dunque, che quanto convenuto dalle parti all'art. 4 del contratto di mutuo versato in atti è pienamente conforme alla normativa sopra richiamata (art. 120 Tub e art. 2, Del.CICR del 9 febbraio 2000), e che è conseguentemente legittimo il meccanismo anatocistico eventualmente posto in essere dall'Istituto di credito opposto in applicazione della predetta specifica clausola contrattuale. Infine, non meritevole di accoglimento è anche la contestazione relativa alla pretesa applicazione, nel corso del rapporto in esame, di interessi usurari. Come recentemente affermato dalla Corte di Cassazione, il debitore, il quale intende provare l'entità usuraria degli interessi pattuiti, ha l'onere di dedurre il tipo contrattuale, la clausola negoziale, il tasso in concreto applicato, l'eventuale qualità di consumatore, la misura del T.e.g.m. nel periodo considerato, con gli altri elementi contenuti nel decreto ministeriale di riferimento (Cass. Sez. Un. 19597/2020). Nella specie, gli opponenti hanno solo genericamente lamentato la violazione della L. n. 108 del 1996, e dell'art. 1815, comma 2, c.c., senza indicare (contrariamente a quanto richiesto dalla giurisprudenza appena citata) né quali fossero i tassi soglia applicabili al rapporto, né quali fossero i tassi di interesse concretamente pattuiti. I medesimi opponenti, peraltro, non hanno neppure prodotto i decreti ministeriali di cui all'art. 2 L. n. 108 del 1996, contenenti le determinazioni trimestrali, per categorie di operazioni finanziarie, dei tassi, superati i quali gli interessi si considerano usurari ai sensi dell'art. 2, comma 4, L. n. 108 del 1996. I decreti ministeriali in questione, infatti, hanno natura di atti amministrativi, per cui non è agli stessi applicabile il principio jura novit curia di cui all'art. 113 c.p.c., posto che quest'ultimo deve coordinarsi con l'art. 1 delle disp. prel. cod. civ., che non comprende detti atti nelle fonti del diritto (cfr. Cass. n. 2543/2019, che richiama Cass. Sez. Un. 9941/2009, nonché Cass. n. 12476/2002 e n. 8742/2001). Gli stessi, pertanto, costituiscono documenti, ed in quanto tali avrebbero dovuto essere prodotti dalle parti entro il termine di cui all'art. 183, comma 2, c.p.c.. Alla luce di tutto quanto sopra esposto, sussiste il diritto di credito dell'opposta, e, per essa, della cessionaria intervenuta ex art. 111 c.p.c., limitatamente alla somma di Euro 30.221,34, oltre interessi come richiesti nel ricorso monitorio sino all'effettivo soddisfo, quale importo dovuto in forza del contratto di mutuo n. (...), stipulato in data 30.11.2009. Si reputa congruo compensare tra le parti le spese processuali, ai sensi dell'art. 92, comma 2, c.p.c., stante la reciproca soccombenza tra di esse. P.Q.M. Il Tribunale, definitivamente pronunciando nella causa iscritta al n. 5420/2016 R.G. In accoglimento parziale dell'opposizione proposta da (...) e (...) revoca il decreto ingiuntivo n. 1981/2016 del 04/11/2016, emesso dal Tribunale di Ragusa nel procedimento n. 4476/2016 R.G.; condanna (...) e (...), in solido fra loro, a corrispondere a (...) S.p.a. la somma di Euro.30.221.34, oltre agli interessi come richiesti nel ricorso monitorio. Compensa integralmente le spese di lite tra le parti. Così deciso in Ragusa il 25 agosto 2022. Depositata in Cancelleria il 31 agosto 2022.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI RAGUSA SEZIONE CIVILE Il Tribunale, nella persona del giudice unico dott.ssa Sophie Battaglia ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di I Grado iscritta al n. 81/2015 R.G. promossa da: (...) ((...)) nata a (...) il (...), (...) ((...)) nato a (...) il (...) e (...) ((...)) nato a (...) il (...), rappresentati e difesi dall'avv. Vi.Ca., giusta procura in atti - attori - contro CONDOMINIO (...) (C.F. (...) ), in persona dell'amministratore p.t., rappresentato e difeso dall'avv. An.Ru., giusta procura in atti - convenuto - e nei confronti di (...) (C.F. (...) ) nato a M. il (...) - terzo chiamato in causa contumace - e (...) ((...)) nato a Mo. il (...), rappresentato e difeso dall'avv. Da.Co., giusta procura in atti - terzo intervenuto - IN FATTO E IN DIRITTO Con atto di citazione, ritualmente notificato, gli odierni attori convenivano in giudizio il Condominio (...) e chiedevano di accertare e dichiarare la riconducibilità causale dei danni all'immobile di loro proprietà alle infiltrazioni derivanti dall'irregolare funzionamento della colonna di scarico fognario dell'edificio condominiale adiacente la scivola e dello smaltimento delle acque meteoriche provenienti dalla copertura e dall'autorimessa condominiale e, per l'effetto, condannare il condominio convenuto al risarcimento dei danni riscontrati e quantificati in sede di ATP (pari ad Euro 9.488,64), degli ulteriori danni provocati al conduttore dell'immobile (...), oltre che delle spese e competenze del presente procedimento e del relativo accertamento tecnico preventivo. Segnatamente gli attori deducevano di essere proprietari del locale commerciale sito in M., via (...) P. n. 55, piano terra (composto da un vano ed un servizio, con annesso spazio condominiale di pertinenza, riportato al N.C.E.U. del Comune di M. al foglio (...), particella n. (...), sub. (...), categoria (...)) confinante con il vano scala B, con il locale commerciale subalterno (...) (proprietà (...)), con la rampa di accesso al piano cantinato e con le parti comuni del condominio stesso. Precisavano che detto locale risultava concesso in locazione a (...) il quale aveva contestato ai locatori infiltrazioni nelle pareti di confine, tramezzature e pavimento (macchiato di umidità di risalita) e si era rifiutato di pagare il canone, avanzando al contempo richiesta di risarcimento dei danni subiti. Sicché, a seguito di accertamenti sommari condotti dal geom. (...) - che avevano fatto emergere la possibile riconducibilità delle cause delle infiltrazioni a problematiche relative alle parti comuni dell'edificio, interne ed esterne -, essendo rimasta senza esito la missiva inviata all'amministratore del condominio, gli odierni attori avevano presentato richiesta di ATP ex art. 696 c.p.c.. Il consulente nominato nel suddetto procedimento aveva individuato le cause delle denunciate infiltrazioni in due fattori, ovvero: 1) irregolare funzionamento di smaltimento dei reflui della colonna di scarico fognario che scende lungo il prospetto dell'edificio condominiale adiacente la scivola, dove si possono evidenziare segni di umidità, in quanto nella zona di collocamento tra il tratto verticale della colonna e il tratto orizzontale della condotta presente nel solaio al piano terra si verifica una perdita di reflui che si diffondono per infiltrazione sotto la pavimentazione del locale commerciale e alla base delle pareti; 2) irregolare funzionamento dello smaltimento delle acque meteoriche provenienti dalla copertura e dall'autorimessa per inadeguato sistema costruttivo, in quanto in tale zona è presente, in caso di piogge, un notevole quantitativo di acque meteoriche che viene smaltito nelle immediate giacenze del locale commerciale con successiva e graduale risalita di umidità nelle pareti e nella pavimentazione, con conseguente necessità di collegare il pozzetto ivi esistente e la colonna di scarico delle acque del pluviale con la strada (piuttosto che con il piazzale antistante l'edificio) in modo da allontanare l'acqua dall'edificio. Alla luce di quanto sopra, il consulente aveva redatto il computo metrico delle opere da eseguire per il ripristino dello stato originario del locale, quantificando i danni all'immobile in Euro 9.488,64, precisando che le cause di tali danni imponevano al condominio l'esecuzione di lavori di manutenzione ordinaria della colonna di scarico fognaria e di miglioramento del sistema di smaltimento delle acque meteoriche, quantificando i costi per le suddette opere a corpo in Euro 6.000,00. Dunque gli attori lamentavano che, nonostante l'espletata ATP, il condominio convenuto non aveva inteso provvedere alla riparazione dei danni accertati, rendendo necessario agire in giudizio per il risarcimento di tutti i danni subiti, quantificati dal CTU in Euro 9.488,64, oltre i costi dell'espletata CTU, anticipati dai germani (...), oltre interessi legali. Si costituiva in giudizio il CONDOMINIO (...) che, preliminarmente, chiedeva la chiamata in causa di (...), quale precedente amministratore condominiale, alla cui negligenza, reticenza e infedeltà era da imputare l'instaurazione del procedimento di ATP. A tale scopo deduceva che i condomini erano stati messi a conoscenza delle infiltrazioni lamentate dagli attori solo durante l'assemblea dell'11.6.2013, ove lo (...) aveva minimizzato la relativa entità e tenuta nascosta la pendenza del procedimento di ATP (taciuta anche nel verbale di passaggio delle consegne del 9.7.2013) di cui i condomini erano venuti a conoscenza solo in occasione dell'assemblea del 16.7.2013, convocata dal nuovo amministratore Rosita Sudano, che ne aveva avuto notizia per il tramite di una nota a firma del CTU nominato. Aggiungeva che i condomini, una volta informati, avevano deliberato la piena disponibilità del condominio ad individuare le cause delle infiltrazioni e a procedere di conseguenza, evitando l'esecuzione dell'analisi termografica, nella quale gli attori avevano però insistito, con conseguente completamento dell'analisi strumentale e deposito della perizia in data 4.11.2013. A seguito dell'ATP, i condomini avevano conferito incarico ad un tecnico per la predisposizione degli atti necessari all'esecuzione delle opere di eliminazione delle cause di infiltrazione di cui alla perizia del CTU sicché, in data 10.9.2014, il condominio, convocato dai (...) di fronte al mediatore civile, aveva dichiarato di essersi attivato per la risoluzione tempestiva delle problematiche lamentate. Segnatamente, precisava che erano stati eseguiti lavori di dismissione del pozzetto di raccolta d'acqua nonché i lavori indicati al CTU per evitare il fenomeno di infiltrazione dall'autorimessa, oltre che interventi mirati ad allontanare lo sversamento dell'acqua nella parte più vicina al locale commerciale; si era accertata, inoltre, l'integrità del tubo di fogna e si era proceduto alla manutenzione dello strato di impermeabilizzazione del cortile. Pertanto sosteneva che, ove l'assemblea fosse stata tempestivamente informata della situazione, avrebbe sicuramente deliberato già a marzo 2013 l'assunzione di tutte le misure necessarie per l'accertamento e l'eliminazione delle infiltrazioni lamentate, evitando la procedura di ATP, i cui costi andavano dunque fatti gravare sul terzo, chiamato in giudizio per manlevare il condominio dai costi di ATP e relativi onorari. Quanto alla richiesta di risarcimento dei danni, il condominio convenuto sosteneva l'opportunità di ridurla in relazione alla effettiva natura ed entità del vulnus lamentato, secondo giustizia ed equità. Segnatamente, contestava le conclusioni di perizia, specie in punto di omessa individuazione dell'entità del danneggiamento della pavimentazione e individuazione della tipologia di pavimento e necessità di relativo integrale svellimento, e sosteneva l'eccessiva onerosità del risarcimento. Chiedeva, dunque, accertarsi quale parte della pavimentazione nel locale era stata effettivamente danneggiata, precisando l'entità del danno e la possibilità di una sostituzione parziale, e ridurre la misura del risarcimento limitandola alla sostituzione di una sola parte della pavimentazione ovvero disponendo il risarcimento per equivalente nei limiti della differenza di valore della parte di pavimentazione danneggiata prima e dopo il fatto lesivo. (...), benché ritualmente chiamato in giudizio, non si costituiva e rimaneva contumace. Con comparsa ex art. 105 c.p.c. si costituiva in giudizio (...) il quale, precisato di condurre in locazione il locale commerciale di proprietà degli attori (giusto contratto del 19.9.2010), riferiva che dal mese di dicembre 2012 aveva ravvisato la presenza di infiltrazioni nelle tramezzature, nel pavimento e nelle pareti di confine e che, rappresentata la situazione ai locatori, nella loro inerzia era stato costretto a risanare a sue spese le pareti ammalorate onde neutralizzare (seppur provvisoriamente) i cattivi odori e le macchie di umidità. La situazione si era aggravata l'inverno successivo, sicché il (...) aveva diffidato i locatori a provvedere alle necessarie riparazioni e questi ultimi si erano attivati promuovendo apposito procedimento di ATP. Lamentava che gli inconvenienti non erano tutt'ora risolti e che, nonostante le piccole riparazioni eseguite, i gravi vizi dell'immobile avevano creato danni alla merce in deposito e/o esposta nell'immobile, oltre che il mancato rilascio di licenze e autorizzazioni a causa dello stato insalubre del locale. Lamentava che a causa di ciò non aveva potuto procedere all'iscrizione all'INPS quale commerciante, non potendo così offrire ai clienti la possibilità di accesso a finanziamenti presso società finanziarie né potendo maturare contributi ai fini pensionistici per circa tre anni. Per quanto esposto, chiedeva di dichiarare gli attori obbligati al ripristino del locale secondo l'uso convenuto e condannarli al risarcimento dei danni patiti per Euro 5.014,88, di cui Euro 1.371,74 per spese vive di risanamento del locale, Euro 1.943,13 per danneggiamento della merce, Euro 1.000,00 calcolato forfettariamente per danno da mancata iscrizione INPS ed Euro 700,00 forfettariamente determinato per danno da impossibilità di fornire ai clienti il servizio di pagamento a mezzo società finanziarie. A fronte di tale intervento il condominio convenuto contestava sia agli attori, che al terzo intervenuto, di non aver tempestivamente denunziato le infiltrazioni né di essersi attivati per risolvere la causa del danno o minimizzarne gli effetti, deducendo l'assenza di prova del pregiudizio lamentato dal (...) e l'esistenza di un accordo tra lo stesso e gli attori, per come desumibile dal petitum dell'atto di citazione e dal tenore dell'atto di intervento. Per quanto sopra, deduceva l'inammissibilità e inefficacia nei propri confronti dell'atto di intervento. C. i termini ex art. 183 comma 6 c.p.c., veniva disposto l'esperimento di CTU diretta ad accertare la causa delle infiltrazioni già riscontrate in sede di ATP, indicare gli interventi necessari di ripristino dell'immobile (specificandone il costo, previa verifica dello stato attuale dei luoghi) ed evidenziare danni ulteriori subiti dall'immobile; si procedeva, inoltre, all'assunzione di prova testimoniale. All'esito la causa veniva rinviata per la precisazione delle conclusioni e all'udienza del 14.3.2022, sulle conclusioni precisate come in atti, veniva posta in decisione. MOTIVI DELLA DECISIONE La domanda proposta dagli attori merita accoglimento nei termini appresso evidenziati. Segnatamente, gli odierni attori agiscono per il risarcimento dei danni subiti all'immobile di loro proprietà a causa di fenomeni di infiltrazione riscontrati nelle pareti di confine, nelle tramezzature e nel pavimento del locale. Le consulenze tecniche espletate (sia in sede di ATP che nel presente procedimento), le cui conclusioni sono condivise da questo giudice in quanto fondate su esatti rilievi tecnici ed espressi con motivazione esaustiva e priva di vizi logico-formali, hanno individuato la causa di tali infiltrazioni in problematiche riconducibili all'edificio condominiale e, specificamente, nell'irregolare funzionamento della colonna di scarico fognario e del sistema di smaltimento delle acque meteoriche provenienti dal tetto di copertura e dal piano interrato condominiale. Ciò posto, il nominato consulente ha riscontrato l'esecuzione, da parte del condominio - e a seguito del procedimento di ATP - di lavori di manutenzione nella colonna di scarico fognaria e di miglioramento del sistema di smaltimento delle acque meteoriche, lavori che sono risultati completi ed idonei ad eliminare le cause delle infiltrazioni in quanto "Nonostante le piogge copiose dell'ultimo periodo il sottoscritto ha potuto verificare che non sono in atto fenomeni di infiltrazione o peggioramenti della situazione all'interno del locale di proprietà dei sigg.ri (...). Lo attestano le pareti perimetrali interne ove non si riscontrano risalite". Al contempo ha precisato che "Tuttavia si presentano ancora le macchie di umidità nella pavimentazione probabilmente preesistenti all'intervento esterno e che in ogni caso rilevano un danno sul quale ancora non si è intervenuto. In tal senso la procedura che il sottoscritto ritiene possibile è quella di rimuovere lo zoccoletto perimetrale e procedere con la stesura di una guaina bi-componente su tutta la pavimentazione esistente e l'incollaggio di una pavimentazione simile a quella esistente in qualità e formato", quantificando i costi di intervento in Euro 10.872,40 (importo poi incrementato ad Euro 18.315,50 in sede di risposta alle osservazioni delle parti). Il consulente ha, infine, escluso la sussistenza di danni al locale ulteriori rispetto a quelli evidenziati nel corso dell'accertamento tecnico preventivo. In definitiva, può ritenersi raggiunta la prova della responsabilità del convenuto in relazione alle problematiche infiltrative che hanno provocato i danni al locale di proprietà degli attori, ancora sussistenti ancorché non aggravatisi all'esito dei lavori di manutenzione posti in essere dal condominio a seguito del procedimento di ATP. Gli attori hanno, pertanto, diritto al risarcimento del danno patito, da rapportarsi ai costi di ripristino: considerato che gli stessi hanno chiesto - anche in sede di precisazione delle conclusioni - la condanna del condominio convenuto al risarcimento dei danni per l'importo di Euro 9.488,64 (secondo la quantificazione operata in sede di ATP) la domanda proposta merita accoglimento, potendosi ritenere tale importo equo e congruo, anche alla luce delle valutazioni compiute dal CTU nel presente procedimento (che ha quantificato dei costi di ripristino superiori rispetto alle somme richieste). Sul predetto importo, quantificato nella espletata consulenza, trattandosi di credito di valore, vanno riconosciuti la rivalutazione monetaria e gli interessi legali, sulle somme rivalutate anno per anno secondo gli indici ISTAT e sino al deposito della presente sentenza. D'altro canto, con riguardo alle eccezioni del condominio convenuto relative alla possibilità di una sostituzione solo parziale della pavimentazione danneggiata, il consulente ha compiutamente indicato le ragioni che rendono inopportuna una tale soluzione. Le eccezioni relative alla eccessiva onerosità del risarcimento si palesano, inoltre, generiche e sfornite di prova, omettendo peraltro il convenuto di individuare il valore del bene prima della lesione (al quale richiede di rapportare il risarcimento per equivalente) limitandosi a dedurre il rischio di un ingiusto arricchimento per gli attori, senza addurre a supporto alcun elemento concreto e chiedendo l'espletamento sul punto di una CTU, di carattere esplorativo. Parimenti non è meritevole di accoglimento l'eccezione, formulata dal convenuto, avente ad oggetto il concorso di colpa degli attori e del terzo intervenuto (...) nella causazione del danno: infatti, fermo restando che le problematiche infiltrative emerse nell'anno 2012 sono state denunciate all'inizio dell'anno 2013 (rendendo peraltro necessario un procedimento di ATP, nell'inerzia del condominio, con la precisazione ulteriore che già nel verbale allegato dell'11.6.2013 risulta che l'assemblea - conscia della situazione in questione - imputava l'infiltrazione lamentata dal (...) ad un problema interno del locale commerciale, piuttosto che al condominio) non è in alcun modo provato che un intervento anteriore avrebbe limitato (e in che misura) i danni dei quali si chiede ristoro; sicché anche tale eccezione risulta totalmente sfornita di prova. Infine, gli attori hanno diritto di ottenere il ristoro dei costi sostenuti in sede di ATP dal condominio convenuto, quale soggetto soccombente rispetto alla domanda spiegata (e responsabile per le infiltrazioni sottese ai danni di cui si chiede ristoro) in coerenza con il principio per cui "l'onere delle spese nel procedimento di istruzione preventiva, ivi compreso il compenso al C.T.U. nell'accertamento tecnico preventivo, deve gravare sul richiedente, quale soggetto interessato, salvo restando il successivo regolamento nel giudizio di merito, secondo il criterio della soccombenza (sent. 12759/93; 1920/93; 850/78; 3129/71; 3523/69; 1189/69). Il regolamento delle spese, infatti, è ancorato alla valutazione della soccombenza, presupponente l'accertamento della fondatezza o meno della pretesa fatta valere dall'attore, che esula dalla funzione dell'accertamento tecnico preventivo e resta di esclusiva competenza del giudizio di merito. Le spese dell'accertamento tecnico preventivo, quindi, dovranno essere poste, a conclusione della procedura, a carico della parte richiedente, e saranno prese in considerazione, nel successivo giudizio di merito ove l'accertamento tecnico sarà acquisito, come spese giudiziali, da porre, salva l'ipotesi di compensazione, a carico del soccombente (sent. 12759/93 cit.) (cfr. Cass. civ. sez. I n. 1690/2000). In definitiva, il soggetto obbligato a rifondere le spese sostenute dagli attori in sede di ATP va individuato nel condominio soccombente, a nulla rilevando nei confronti degli attori il rapporto interno con l'amministratore di condominio. Neppure si ritiene di accogliere la domanda di manleva formulata dal convenuto nei confronti di (...), trattandosi di richiesta fondata su un ragionamento meramente ipotetico (e non provato) in relazione alle determinazioni che avrebbe presumibilmente adottato il condominio in caso di maggiore diligenza dell'amministratore nella gestione della problematica denunciata. Va, infine, esaminata la domanda formulata dal terzo (...) nei confronti degli attori (in relazione alla quale gli stessi hanno formulato, per il caso di relativo accoglimento, domanda di manleva nei confronti del condominio convenuto). Totalmente generica risulta la domanda di ripristino del locale "secondo l'uso convenuto", anche considerato che gli attori si sono attivati (prima con ricorso per ATP e, poi, con il presente procedimento) per rimediare alle problematiche infiltrative (la cui eliminazione, per quanto detto, richiedeva un intervento sulle parti comuni) e ottenere il ripristino dello stato originario del locale (tramite risarcimento rapportato ai costi dei corrispondenti lavori). Quanto alla domanda di risarcimento del danno subito in proprio, si ritiene che la stessa possa trovare accoglimento limitatamente all'importo di Euro 1.371,74, quali spese sostenute dal conduttore per risanare provvisoriamente il locale e causalmente riconducibili alle problematiche infiltrative denunciate. In tal senso, infatti, depongono sia la collocazione temporale degli interventi eseguiti (luglio e dicembre 2012) che la relativa funzione (rimedio alla comparsa di macchie nelle pareti, rifacimento dell'intonaco ammalorato di una parete interna cfr. deposizioni testi (...) e (...)). D'altro canto, gli esborsi in questione risultano provati dalle fatture in atti e dalle prove testimoniali assunte a conferma della esecuzione dei corrispondenti lavori. Nessun importo va riconosciuto a titolo di risarcimento per il danneggiamento della merce, atteso che l'unica prova assunta sul punto risulta totalmente generica, in quanto la teste (...) si è limitata a dichiarare di aver acquistato due prodotti ad un prezzo scontato perché danneggiati (senza alcuna specificazione della tipologia di danneggiamento e delle relative causali) e, al contempo, nessuna prova è stata fornita in relazione alla merce asseritamente rimasta invenduta. Parimenti immeritevole di accoglimento la domanda di risarcimento dei danni da mancata iscrizione presso l'INPS (di cui si chiede la liquidazione forfettaria in complessivi Euro 1.700,00). Preliminarmente, appare difficilmente comprensibile la ragione della omessa iscrizione a partire dall'anno 2010 (data di stipula del contratto di locazione) atteso che, per quanto riferito dallo stesso conduttore, le problematiche infiltrative (con conseguente insalubrità del locale) non si sono manifestate prima del 2012. E ciò senza considerare che il (...) (che non è proprietario ma semplice conduttore) avrebbe potuto - a ragione di tale causa asseritamente ostativa al rilascio delle licenze necessarie per lo svolgimento della propria attività commerciale - recedere dal contratto di locazione e rinvenire altro locale dotato dei necessari requisiti igienico - sanitari. Si consideri, inoltre, che la richiesta di risarcimento è sul punto totalmente generica, non fornendo alcun elemento utile né per l'identificazione del pregiudizio patito, né per la relativa quantificazione forfettaria; difatti, come rilevato dalla giurisprudenza di legittimità, incombe sul danneggiato l'onere di provare il danno del quale si chiede il risarcimento, la cui prova costituisce presupposto necessario per chiedere la liquidazione anche in via equitativa: anche nel caso in cui venga richiesta tale liquidazione, sono comunque necessarie la specifica allegazione e prova dell'esistenza del danno e della sua concreta natura, considerato che l'esercizio del potere discrezionale di liquidare il danno in via equitativa non ricomprende anche l'accertamento del pregiudizio della cui liquidazione si tratta, presupponendo già assolto l'onere della parte di dimostrare sia la sussistenza sia l'entità materiale del danno, né esonera la parte stessa dal fornire gli elementi probatori e i dati di fatto dei quali possa ragionevolmente disporre, affinché l'apprezzamento equitativo sia per quanto possibile ricondotto alla sua funzione di colmare solo le lacune insuperabili nell'iter della determinazione dell'equivalente pecuniario del danno stesso (cfr. Cass. sez. II n. 16202/2002, n. 13761/2004; cfr. Cass. sez. III 10607/2010 "L'esercizio del potere discrezionale di liquidare il danno in via equitativa, conferito al giudice dagli artt. 1226 e 2056 c.c., espressione del più generale potere di cui all'art. 115 c.p.c., dà luogo non già ad un giudizio di equità ma ad un giudizio di diritto caratterizzato dalla cosiddetta equità giudiziale correttiva od integrativa che, pertanto, presuppone che sia provata l'esistenza di danni risarcibili e che risulti obiettivamente impossibile o particolarmente difficile, per la parte interessata, provare il danno nel suo preciso ammontare; non è possibile, invece, in tal modo surrogare il mancato accertamento della prova della responsabilità del debitore o la mancata individuazione della prova del danno nella sua esistenza"). Dunque, la domanda di risarcimento del danno, proposta dal terzo intervenuto nei confronti degli attori, può trovare accoglimento limitatamente alla somma di Euro 1.371,74. Sul predetto importo, trattandosi di credito di valore, vanno riconosciuti la rivalutazione monetaria e gli interessi legali, sulle somme rivalutate anno per anno secondo gli indici ISTAT e sino al deposito della presente sentenza. Correttamente tale domanda è stata formulata nei confronti degli attori, quali controparti del rapporto contrattuale di locazione. Al contempo, però, considerato che - per come accertato in sede di consulenza - i danni in questione sono stati causati da problematiche infiltrative imputabili al condominio (con conseguente impossibilità di intervento degli attori - locatori in proprio) merita accoglimento la domanda di manleva da questi formulata nei confronti del condominio convenuto. Quanto al rapporto processuale tra attori e convenuto, le spese di lite (del presente giudizio e del procedimento di ATP) seguono la soccombenza (totale) del condominio convenuto nei confronti degli attori e vanno liquidate come in dispositivo, tenuto conto del valore della causa e dell'attività svolta. Parimenti i costi delle espletate CTU, come già liquidati in atti, vanno definitivamente posti a carico del condominio soccombente. Quanto al rapporto processuale tra attori e terzo intervenuto le spese di lite, liquidate come in dispositivo tenuto conto del valore della causa e dell'attività svolta, seguono la soccombenza (parziale) degli attori nei confronti del terzo, sicché si ritengono sussistenti i presupposti per la compensazione delle stesse in ragione della metà. Nulla va detto, in punto di spese, quanto al terzo chiamato (...), atteso che lo stesso - rispetto al quale non pare configurabile alcuna soccombenza - non si è costituito in giudizio. P.Q.M. Il Tribunale, definitivamente pronunciando nella causa civile iscritta al n. 81/2015 R.G., così dispone: disattesa e rigettata ogni contraria istanza, domanda ed eccezione 1) In accoglimento della domanda di risarcimento del danno proposta dagli attori (...), (...) e (...), condanna il CONDOMINIO (...) al pagamento, in favore degli attori, di complessivi Euro 9.488,64, oltre interessi e rivalutazione monetaria; 2) In parziale accoglimento della domanda di risarcimento del danno proposta dal terzo intervenuto (...), condanna (...), (...) e (...) al pagamento, in favore del terzo intervenuto, di complessivi Euro 1.371,74, oltre interessi e rivalutazione monetaria; 3) In accoglimento della domanda di manleva proposta da (...), (...) e (...), condanna il CONDOMINIO (...) a tenere indenne gli attori delle somme che questi sono tenuti a pagare, in conseguenza della presente sentenza, nei confronti del terzo intervenuto (...); 4) Rigetta la domanda di manleva formulata dal CONDOMINIO (...) nei confronti del terzo chiamato (...); 5) Condanna il convenuto CONDOMINIO (...) al pagamento in favore degli attori (...), (...) e (...) delle spese processuali del procedimento di ATP e del presente giudizio, che si liquidano in complessivi Euro 306,50 per spese ed Euro 5.000,00 per compensi, oltre IVA, CPA e spese generali come per legge; pone i costi delle espletate CTU, come già liquidati in atti, definitivamente a carico del condominio convenuto soccombente; 5) Compensa in ragione della metà le spese di lite tra gli attori (...), (...) e (...) e il terzo intervenuto (...), che si liquidano in Euro 98,00 per spese ed Euro 2.000,00 per compensi, e condanna gli attori al pagamento in favore del terzo intervenuto di Euro 49,00 per spese e Euro 1.000,00 per compensi, oltre IVA e CPA e spese generali come per legge. Così deciso in Ragusa il 29 giugno 2022. Depositata in Cancelleria il 30 giugno 2022.
TRIBUNALE DI RAGUSA REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale di Ragusa in composizione monocratica, nella persona della dott.ssa Sandra Levanti, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile iscritta al n. 1543/2021 R.G., promossa da (...) rappresentata e difesa dall'avv. (...) - attrice - contro (...) rappresentato e difeso dall'avv. (...) - convenuto- Il presente giudizio è stato introdotto da (...) con atto di intimazione di sfratto per finita locazione e contestuale citazione per la convalida, notificato a (...) in data 11.2.2021, in relazione al contratto di locazione stipulato tra le parti in data 15.4.2019 e registrato il 18.4.2019, avente ad oggetto l'immobile, adibito ad uso abitativo, sito in Ispica, via (...), il contratto de quo era stato stipulato per la durata di un anno, ovvero sino al 14.4.2020; in relazione ad esso, la (...) aveva notificato apposita disdetta in data 29.11.2019, ben prima della scadenza del termine di tre mesi previsto per il necessario preavviso. Costituitosi in giudizio sin dalla sua fase sommaria, (...) eccepiva, in primis, l'inammissibilità dell'azione di sfratto incoata nei suoi confronti, per essere stato il contratto inter partes già risolto con ordinanza di convalida di sfratto per morosità pronunciata in data 14.1.2020, con conseguente violazione del principio del ne bis in idem; eccepiva altresì la nullità del medesimo contratto relativamente alla sua clausola di durata che, stabilita in un anno, in assenza di specificazione di esigenze di transitorietà, doveva intendersi convertita in quattro anni (più quattro). Con provvedimento del 23.4.2021, il Giudice denegava l'ordinanza non impugnabile di rilascio, assegnava alle parti il termine per la presentazione della domanda di mediazione obbligatoria, nonché i termini per l'eventuale integrazione degli atti introduttivi mediante deposito di memorie e documenti in cancelleria. Nella fase a cognizione piena del giudizio, (...) depositava memoria integrativa ex art. 426 c.p.c., nella quale, tra l'altro, rappresentava che, pur avendo egli presentato domanda di mediazione obbligatoria, altrettanto non aveva fatto l'intimante; chiedeva, sulla base di ciò, dichiararsi l'improcedìbilità della domanda attorea. Al riguardo, si osserva in fatto che, nel caso in scrutinio, avviato il procedimento di mediazione da parte dell'intimato, l'intimante non si era presentato al primo incontro davanti al mediatore. Ora, secondo ampia giurisprudenza di merito (v. ex multis, Trib. Roman. 18271/2021, Trib. Forlì n. 130/2021, Trib. Crotone n. 1136/2020, Corte d'Appello Napoli n. 3227/2020, Trib. Velletri n. 1247/2018 e Trib. Cosenza n. 66/2020), la condizione di procedibilità di cui all'art. 5, co. 1 - bis, D.lgs. 28/2010, in tanto può considerarsi avverata, in quanto l'attore (parte onerata), oltre a presentare la domanda di mediazione (obbligatoria) all'organismo a ciò deputato, si presenti altresì al primo incontro innanzi al mediatore, anche a prescindere dal comportamento dell'altra parte; in buona sostanza, si ritiene che la parte attrice, interessata alla coltivazione del giudizio, assolva all'onere della mediazione su di lei gravante solo nel caso in cui procuri in modo effettivo l'incontro di mediazione. Se così è, il principio in esame non può non valere, a maggior ragione, quando, come nella specie, l'attore (qui intimante), non solo non abbia presentato la domanda di mediazione, ma non si sia neppure presentato al primo (ed unico) incontro di mediazione, conclusosi con un verbale di esito negativo, attestante la comparizione del solo intimato. Alla stregua delle superiori considerazioni, la domanda attorea deve dichiararsi improcedibile; peraltro, anche nel merito, essa non avrebbe potuto essere accolta, stante il difetto di interesse ad agire dell'intimante al fine di ottenere la declaratoria degli effetti di un contratto di locazione di cui è già stata pronunciata la risoluzione per inadempimento dell'intimato. In ogni caso, le parti concordemente hanno riferito che il rilascio dell'immobile locato è già avvenuto in corso di causa, sicché entrambe hanno chiesto dichiararsi la cessazione della materia del contendere, con compensazione delle spese di lite. Incidentalmente, si precisa che il rilascio dell'immobile ha determinato la cessazione della materia del contendere solo con riguardo alla domanda di rilascio, mentre la domanda di cessazione del contratto per finita locazione non può considerarsi implicitamente rinunciata dal difensore, atteso che a tal fine il difensore stesso dovrebbe essere munito di procura speciale a rinunciare all'azione, costituendo la rinuncia all'azione un atto dispositivo del diritto in contesa, che dà luogo ad una pronuncia che equivale ad un rigetto nel merito. Attesa la comune richiesta delle parti e considerato l'esito del giudizio, le spese processuali possono dirsi interamente compensate. P.Q.M. Il Giudice, definitivamente pronunciando nella controversia civile n. 1543/2021 R.G., DICHIARA improcedibile la domanda di cessazione degli effetti del contratto di locazione inter partes per scadenza del relativo termine di durata. DICHIARA cessata la materia del contendere sulla domanda di rilascio dell'immobile locato. COMPENSA interamente tra le parti le spese processuali. Così deciso in Ragusa il 20 marzo 2022. Depositata in Cancelleria il 23 marzo 2022.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO DI RAGUSA Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. Claudio Maggioni, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile iscritta al n. R.G. 2706/2016 avente ad oggetto responsabilità ex art. 2051 c.c., promossa da: (...), nata (...), C.F. (...), con il patrocinio dell'avv. SC.RI., presso il cui studio è elettivamente domiciliata, giusta procura in atti; ATTRICE CONTRO (...), nato (...), C.F. (...), con il patrocinio dell'avv. LU.FA., presso il cui studio è elettivamente domiciliato, giusta procura in atti; CONVENUTO CONDOMINIO VIALE (...) 78, sito in Donnalucata frazione di Scicli, C.F. (...), con il patrocinio dell'avv. MA.GI., presso il cui studio è elettivamente domiciliato, giusta procura in atti; TERZO CHIAMATO ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI DELLA DECISIONE Con atto di citazione notificato in data 23.06.2016 (...) conveniva in giudizio (...) deducendo che: - è proprietaria dell'appartamento adibito a civile abitazione situato al piano terra dello stabile condominiale sito in Donnalucata, Viale (...) n. 78, censito in catasto al foglio 139, particella 69, sub 5; - in data 08.07.2015 era venuta a conoscenza dell'esistenza di ingenti danni all'immobile suddetto (muffe e funghi in molti ambienti) e ne aveva prontamente informato l'amministratore di condominio e l'architetto di fiducia del condominio medesimo affinché li riscontrassero, non trovandosi lei in loco. A seguito di positiva verifica dei suddetti danni, l'attrice aveva diffidato il condominio ad intervenire per ripristinare lo stato quo ante, senza ottenere risposta; - dopo aver incaricato un tecnico di fiducia di accertare e quantificare i danni subiti dall'immobile, in data 24.07.2015, ai medesimi fini, aveva instaurato un procedimento per accertamento tecnico preventivo del cui svolgimento era stato incaricato l'ing. (...); - il suddetto procedimento si era concluso con una relazione depositata in data 04.02.2016 in cui il CTU nominato accertava la sussistenza di macchie di muffe e funghi in molti ambienti dell'immobile della ricorrente e il deterioramento di gran parte di mobili e suppellettili, individuandone la causa nelle "infiltrazioni di acque di scarico da condotte provenienti dai piani soprastanti" e, in particolare, dal tratto di "condotta del diametro di 50 mm delle acque reflue grigie provenienti dallo scarico della pilozza, della lavabiancheria e della cucina dell'appartamento del sig. (...)". Il CTU quantificava il danno in complessivi Euro 38.940,36, necessari per la realizzazione di opere di manutenzione ordinaria e straordinaria e per l'acquisto di mobili e suppellettili deteriorati; - in base alle risultanze dell'ATP, parte convenuta era responsabile delle infiltrazioni provenienti dall'immobile in sua custodia ex art. 2051 c.c.; - in data 05.04.2016 aveva presentato domanda di mediazione - dinanzi all'organismo di conciliazione (...) S.r.l. - nei confronti del convenuto e del condominio al fine di addivenire ad un accordo senza aggravio di spese, ma (...) non si costituiva nel relativo procedimento e non presenziava all'incontro tenutosi in data 12.05.2016; - aveva dovuto sostenere spese tecniche e legali per un totale di Euro 7.709,26. Chiedeva pertanto al Tribunale di accertare e dichiarare la responsabilità ex art. 2051 c.c. di (...) e, per l'effetto, condannarlo al risarcimento dei danni patrimoniali ( Euro 46.649,62) e non patrimoniali ( Euro 4.000,00) quantificati nella somma complessiva di Euro 50.649,62, ovvero nella maggiore o minore somma di giustizia, oltre rivalutazione monetaria ed interessi; in subordine, accertare e dichiarare la responsabilità ex art. 2043 c.c. del medesimo. Con condanna ex art. 96 c.p.c. e distrazione di spese. Si costituiva in giudizio mediante comparsa di risposta (...) deducendo l'infondatezza della pretesa attorea per le seguenti ragioni: - a seguito della segnalazione dei danni all'immobile di parte attrice, l'architetto di fiducia del condominio, arch. (...), aveva proceduto al compimento di accertamenti e verifiche sulla causa delle infiltrazioni, concludendo che gli impianti dell'appartamento sito al piano superiore (di proprietà di parte resistente) erano perfettamente funzionanti, non potendosi escludere altri malfunzionamenti negli impianti condominiali; - le risultanze del procedimento di ATP non sarebbero utilizzabili nei confronti del convenuto in quanto l'avviso relativo alla presentazione del ricorso per ATP e all'udienza di comparizione parti gli era stato notificato oltre il termine perentorio (02.09.2015) assegnato dal Presidente del Tribunale, pertanto, l'intero procedimento doveva dichiararsi nullo; - comunque, il procedimento di ATP riconosceva quale fonte del danno una perdita nella condotta orizzontale incassata "sconsideratamente" nel solaio, di ciò dovendosi ritenere responsabile il condominio perché inadempiente rispetto ai suoi obblighi di custode di rimozione delle caratteristiche dannose della cosa, ancorché imputabili a vizi edificatori; - parte attrice era in ogni caso stata negligente, avendo lasciato incustodito l'immobile per tutto l'inverno, in tal modo contribuendo all'aggravamento del danno. Chiedeva pertanto al Tribunale di rigettare la domanda; in via subordinata di dire e dichiarare la responsabilità del condominio condannandolo direttamente nei confronti dell'attrice ovvero a rivalsare e tenere indenne il concludente delle somme che sarebbe stato, in ipotesi, condannato a pagare; in ogni caso, di ridurre l'entità del danno anche alla luce dell'allegato concorso di colpa. Con vittoria di spese e compensi. Su istanza dello stesso (...) veniva chiamato in causa, quale terzo, il Condominio Viale (...) n. 78, che si costituiva mediante comparsa di risposta deducendo l'infondatezza della chiamata per le motivazioni di cui di seguito: - infondata era l'eccezione di nullità del procedimento di ATP invocata da parte convenuta, in quanto la notifica si era perfezionata per l'istante entro il termine assegnato dal giudice e, comunque, la sua pretesa tardività non era stata tale da incidere negativamente sul diritto al contraddittorio; - la causa delle infiltrazioni era di esclusiva responsabilità di parte convenuta, in quanto i condotti fognari sono da considerarsi parti comuni solo fino al punto di diramazione degli impianti ai locali di proprietà esclusiva dei singoli condomini; - era comunque eccessiva la somma richiesta a titolo di risarcimento del danno da parte attrice. Chiedeva pertanto al Tribunale di rigettare la domanda spiegata dal convenuto nei suoi confronti. Con vittoria di spese e compensi. La causa è stata istruita con produzioni documentali e con le prove orali ammesse ed è stata posta in decisione in data 26.10.2021. La domanda di parte attrice è parzialmente fondata e deve essere accolta nei limiti di cui appresso. (...) è proprietaria di un appartamento adibito a civile abitazione al primo piano del condominio sito in Donnalucata, Viale (...) n. 78 - come da dati catastali sopra richiamati - che utilizza quale residenza estiva. In un periodo non precisamente individuabile tra il 2014 e il 2015, durante il quale parte attrice non si trovava presso il suddetto appartamento, lo stesso ha subito delle infiltrazioni di acqua provenienti dal soffitto che si sono estese in quasi tutti gli ambienti dell'abitazione (cucina, corridoio, camere da letto, bagno principale e pareti esterne) determinando la proliferazione di muffe e funghi e la conseguente inagibilità dei luoghi. Ai fini dell'individuazione delle cause del fenomeno infiltrativo l'arch. (...), allertato da parte attrice e dall'amministratore di condominio, ha compiuto nell'immediatezza le prime verifiche - per sua stessa ammissione, nel corso dell'audizione testimoniale tenutasi durante l'udienza del 26.02.2018, non esaustive e da completarsi con accertamenti ulteriori - sulla condotta fognaria dell'appartamento sito al piano superiore di proprietà di (...), che hanno dimostrato, in quel momento, il corretto funzionamento degli impianti. Nulla, invero, lo stesso ha affermato in merito ad un possibile malfunzionamento temporaneo del tratto di condotta fognario spontaneamente risoltosi. Tali sono, invece, le condivisibili conclusioni cui è pervenuto il CTU ing. (...), incaricato di svolgere il procedimento per accertamento tecnico preventivo (n. 3143/2015 R.G.), a seguito di più approfonditi esami mediante impiego di una microcamera nel tratto fognario condominiale. Il CTU osserva che il tratto di condotta orizzontale a bassissima pendenza "lungo circa m. 3,45, realizzato, nel mancato rispetto di ogni regola d'arte, all'interno del solario intermedio tra la cucina della ricorrente e la soprastante cucina del sig. (...) (...) per un uso particolarmente eccessivo di detersivi (la suddetta condotta serve la cucina, la pilozza e la lavabiancheria del soprastante appartamento del sig. (...)) si è temporaneamente otturato, determinando la fuoriuscita, dalle giunzioni di cui è composta la condotta, ormai dopo tanti anni prive di mastice collante, di acque grigie che, invadendo il solaio, si sono sparse per buona parte del soffitto del sottostante appartamento" (cfr. relazione di CTU alle pagg. 5-6). Alla luce delle suddette risultanze istruttorie, può affermarsi che il fenomeno infiltrativo sia da ricondurre ad una temporanea otturazione del tratto di condotta fognaria di proprietà esclusiva di parte convenuta, determinata dalla sua scarsa pendenza e da un uso eccessivo di detersivi. Circostanza, quest'ultima, che non può dirsi smentita dalla testimonianza resa nel corso dell'udienza del 10.09.2018 da Campo Anna Rita, che ha abitato l'appartamento di proprietà di (...) nei periodi estivi del 2013 e 2014, la quale ha negato di aver fatto uso della lavatrice, ma non anche della cucina e della pilozza, che parimenti confluivano nel tratto fognario da cui si è originata l'infiltrazione. Gli esiti del procedimento di accertamento tecnico preventivo sono opponibili a parte convenuta, nonostante l'eccezione da questa sollevata relativamente alla nullità del procedimento per tardività della notifica, in quanto la pur accertata tardività non ha influito negativamente sul diritto al contraddittorio e alla difesa della parte, in base alle argomentazioni di cui all'ordinanza del 12.11.2017, che si richiama e conferma integralmente in questa sede. La responsabilità del convenuto rientra nella fattispecie di responsabilità da cose in custodia di cui all'art. 2051 c.c. che, secondo giurisprudenza consolidata, ha natura "oggettiva, essendo sufficiente per l'applicazione della stessa la sussistenza del rapporto di custodia tra il responsabile e la cosa che ha dato luogo all'evento lesivo, senza che assuma rilievo in sé la violazione dell'obbligo di custodire la cosa da parte del custode, la cui responsabilità è esclusa solo dal caso fortuito' (Cass. sez. III, 10/03/2005, n. 5326). Nel caso di specie, ove il convenuto non ha fornito prova del caso fortuito, è sufficiente a configurare detta responsabilità la sussistenza del diritto di proprietà di costui sul tratto di condotta fognaria che ha causato il danno. In materia, la giurisprudenza ha affermato che "i condotti fognari sono considerati dalla legge parti comuni dell'edificio e sono oggetto di proprietà comune fino al punto di diramazione degli impianti ai locali di proprietà esclusiva dei singoli condomini, con esclusione dei soli raccordi di collegamento e delle tubazioni orizzontali che, diramandosi da detta condotta condominiale di scarico, servono i singoli appartamenti di proprietà esclusiva" (Cass. sez. VI, 14/06/2012, n. 9765). Essendo il tratto in questione un tratto orizzontale, posto a servizio esclusivo di pilozza, lavabiancheria e cucina dell'appartamento di proprietà del convenuto, costui deve risponderne in via esclusiva. Si esclude, pertanto, qualsiasi responsabilità del condominio nella causazione del danno, non potendosi aderire all'orientamento richiamato da parte convenuta secondo il quale dei danni causati da vizi edificatori dello stabile riconducibili ad attività ed omissioni del costruttore (nel caso di specie la scarsa pendenza della condotta fognaria) debba rispondere il condominio. Detto principio vale, invero, qualora i danni siano stati causati da beni comuni condominiali, e non anche da beni di proprietà esclusiva di un condomino, ipotesi rispetto alla quale recente giurisprudenza ha chiarito che di tali danni "imputabili non alla omissione di riparazioni del bene, quanto a difetti di progettazione o di esecuzione dell'opera, indebitamente tollerati dal singolo proprietario, risponde soltanto quest'ultimo, ai sensi dell'art. 2051 c.c., e non anche il condominio, il quale è obbligato ad eseguire le attività di conservazione e di manutenzione straordinaria del bene, e non ad eliminarne i vizi costruttivi originari" (Cass. sez. VI, 08/07/2021, n. 19556). È da escludere, altresì, il preteso concorso di parte attrice nell'aggravamento del danno per avere quest'ultima lasciato incustodito l'appartamento di sua proprietà nei mesi invernali, posto che trattasi di immobile situato in località marittima di norma utilizzato nei soli mesi estivi. Non può, in conseguenza, addebitarsi a parte attrice l'omessa ordinaria diligenza richiesta dall'art. 1227 c. 2 c.c. né alcun altro fatto colposo concorrente nella causazione del danno. Passando alla quantificazione dei danni, spettano all'attrice a titolo di danno emergente: - le spese occorrenti per la realizzazione delle opere murarie atte a ripristinare lo stato dei luoghi ex ante per un totale di Euro 19.599,28, così come dettagliatamente indicate e descritte alla pag. 6 della CTU; - gli esborsi documentati affrontati per recarsi a verificare lo stato dei luoghi, e nello specifico: Euro 1.082,00 per la locazione, dal 31.07.2015 al 08.08.2015, di una camera presso l'Hotel (...); Euro 87,31 per i biglietti aerei di andata (18.10.2015) e ritorno (20.10.2015) in occasione del primo incontro per il procedimento di accertamento tecnico preventivo - a fronte dei richiesti Euro 174,62 comprensivi dei biglietti di (...); Euro 88,00 per la locazione, dal 18.10.2015 al 20.10.2015, di una camera presso l'Hotel (...) - a fronte dei richiesti Euro 176,00, risultando dalla documentazione allegata il soggiorno per 2 persone; Euro 85,00 per le spese di trasporto da casa all'aeroporto di Roma Fiumicino e viceversa; - gli esborsi affrontati a favore dell'organismo di mediazione (...) s.r.l. documentati in un totale di Euro 156,00. In merito ai danni patrimoniali relativi a mobili e suppellettili dell'appartamento, divenuti inutilizzabili a causa dell'umidità e delle muffe createsi per effetto delle infiltrazioni, non può condividersi la quantificazione in Euro 17.145,08 effettuata dal CTU. Il danno deve, invero, identificarsi con il valore che i beni avevano al momento del danno e non anche con le somme necessarie per comprarli ex novo. In merito si deve tener conto della testimonianza fornita nell'udienza del 21.05.2018 da Caruso Ignazio, tecnico di parte del condominio che ha preso parte ai sopralluoghi nel corso del procedimento per ATP, il quale ha affermato che i mobili in questione erano risalenti agli anni 70/80 ed erano di scarso valore economico (struttura in truciolato rivestita di laminato). La somma deve pertanto essere quantificata equitativamente, in base ai dati disponibili, in Euro 5.000,00. L'(...) deve inoltre essere condannato ad eseguire nell'immobile di sua proprietà i lavori occorrenti per la realizzazione di una variazione nella condotta fognaria atta ad evitare un nuovo episodio di otturazione e infiltrazione, descritti nell'allegato E alla CTU. Spettano altresì all'attrice la rivalutazione e gli interessi sulle somme sopra indicate di complessivi Euro 26.097,59. Secondo il costante orientamento della giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass. Sez. unite, 17.2.1995 n. 1712), atteso che il risarcimento del danno da fatto illecito extracontrattuale costituisce un tipico debito di valore, sulla somma che lo esprime sono dovuti interessi e rivalutazione dal giorno in cui si è verificato l'evento dannoso; la rivalutazione ha la funzione di ripristinare la situazione patrimoniale di cui il danneggiato godeva anteriormente all'evento dannoso, mentre il nocumento finanziario (lucro cessante) da lui subito a causa del ritardato conseguimento del relativo importo, che se corrisposto tempestivamente avrebbe potuto essere investito per lucrarne un vantaggio economico, può essere liquidato con la tecnica degli interessi; questi ultimi, peraltro, non vanno calcolati né sulla somma originaria né su quella rivalutata al momento della liquidazione, ma computati sulla somma originaria rivalutata anno per anno, ovvero sulla somma rivalutata in base ad un indice medio. Gli importi sopra indicati devono dunque essere rivalutati dal 31.12.2015 fino alla presente sentenza secondo gli indici ISTAT previsti dall'art. 150 disp.att. c.p.c. e sulla somma ottenuta, rivalutata anno per anno, devono essere calcolati gli interessi compensativi. Si ottiene in tal modo la somma complessiva di Euro 28.131,10 (Euro 1.644,15 per rivalutazione ed Euro 389,36 per interessi). Devono, invece, essere rigettate: - la domanda di restituzione delle spese affrontate dalla figlia di parte attrice, (...), perché trattasi di soggetto estraneo alle violazioni oggetto del procedimento; - la domanda di risarcimento dei danni non patrimoniali (quantificati in Euro 4.000,00) in quanto non dedotti in modo compiuto e comunque non dimostrati; - ogni ulteriore istanza risarcitoria formulata da parte attrice in quanto non strettamente inerente ai danni subiti. Va, altresì, rigettata la richiesta di condanna ex art. 96 c.p.c. formulata dall'attrice stante l'accoglimento parziale della sua domanda. (...) deve dunque essere condannato a corrispondere a (...) l'importo di Euro 28.131,10 oltre agli interessi legali fino al soddisfo. Tenuto conto di quanto esposto va rigettata la domanda formulata da (...) nei confronti del Condominio Viale (...) n. 78, terzo da lui chiamato in causa. Considerato l'esito del giudizio (...) deve essere condannato ex art. 91 c.p.c. a rimborsare all'attrice (...) le spese di lite dell'accertamento tecnico preventivo e del giudizio di merito che si liquidano come da dispositivo. Lo stesso (...) deve essere condannato ex art. 91 c.p.c. a rimborsare anche al Condominio le spese processuali, che si liquidano come da dispositivo. P.Q.M. Il Tribunale, definitivamente pronunciando nella causa iscritta al n. R.G. 2706/2016: CONDANNA (...) a corrispondere a (...), a titolo di risarcimento del danno, la somma di Euro 28.131,10 oltre agli interessi al tasso legale fino all'effettivo soddisfo. CONDANNA (...) ad eseguire i lavori occorrenti per la realizzazione di una variazione nella condotta fognaria atta ad evitare un nuovo episodio di otturazione e infiltrazione, descritti nell'allegato E alla CTU. RIGETTA la domanda di (...) nei confronti del Condominio Viale (...) n. 78, terzo chiamato in causa. RIGETTA la domanda ex art. 96 c.p.c. dell'attrice. CONDANNA (...) a rimborsare a (...) le spese di lite dell'accertamento tecnico preventivo che si liquidano in complessivi Euro 3.022,09 per spese vive, compenso al CTU, compenso al CTP, pagamento delle ditte incaricate dal CTU e compenso al difensore. CONDANNA (...) a rimborsare all'attrice le spese di lite del giudizio, che si liquidano in Euro 545,50 per esborsi ed in Euro 7.000,00 per compenso, oltre a rimborso spese generali, Iva e Cpa, distraendole ex art. 93 c.p.c. al procuratore costituito avv. Ri.Sc., che ne ha fatto richiesta. CONDANNA (...) a rifondere al Condominio Viale (...) n. 78 le spese processuali, che si liquidano in complessivi Euro 7.000,00 per compenso dell'accertamento tecnico preventivo e del presente giudizio, oltre a rimborso spese generali, Iva e Cpa. Così deciso in Ragusa il 9 febbraio 2022. Depositata in Cancelleria il 10 febbraio 2022.
TRIBUNALE DI RAGUSA REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale di Ragusa in composizione monocratica, nella persona della dott.ssa Sandra Levanti, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile iscritta al n. 1020/2021 R.G., promossa da (...) (c.f. (...)) e (...) (c.f. (...)), entrambe rappresentate e difese dall'avv. Gi.Sc. - ricorrenti - contro (...) (c.f. (...)), rappresentato e difeso dall'avv. Lu.St. - resistente - Con ricorso depositato il 17.3.2021 e successivamente notificato, (...) ed (...) esponevano: - di essere proprietarie, in pari quota, per successione testamentaria di (...), deceduta in Chiaramonte Gulfi il 12.12.2019, degli immobili (fabbricati e terreni) siti in Chiaramonte, Contrada (...) - che tra detti immobili, la de cuius (...), con contratto del 03.02.2012, aveva concesso in comodato, a tempo indeterminato, a (...), l'immobile iscritto al catasto fabbricati del predetto Comune al fg. (...), map. (...), sub. 5, piano T, della superficie catastale di 109 mq., il contiguo piccolo locale destinato a ricovero attrezzi, in catasto fg. (...), map. (...), sub 7 e l'annesso tratto di terreno recintato di circa 2.500 mq; - che le eredi, odierne ricorrenti, non intendendo proseguire oltre nel rapporto di comodato, avevano richiesto a (...) di rilasciare i predetti immobili e, dinanzi al suo rifiuto, con nota legale, inviata a mezzo raccomandata a/r del 10/11/2020, ricevuta il 23/11/2020, lo avevano diffidato a rilasciare gli stessi immobili liberi da persone e cose ed a ripristinare il sopradetto tratto di terreno, sgomberandolo dalle baracche in lamiera e dai materiali e rifiuti ivi abusivamente realizzate e riposti, come descritto nella relazione tecnica a firma del Geom. (...); - che da ultimo il (...) si era altresì rifiutato di far accedere all'immobile le ricorrenti ed i loro tecnici per la verifica della fattibilità dell'applicazione dei benefici del c.d. superbonus 110%, con conseguente gravissimo pregiudizio consistente nel ritardo, se non addirittura nella impossibilità di fruire dei suddetti benefici di legge. Alla luce di ciò, le ricorrenti chiedevano, in via d'urgenza, che fosse ordinato a (...) di consentire loro ed ai tecnici di accedere ai fabbricati di cui sopra. Nel merito, così concludevano: "ritenuto e dichiarato che il (...) occupa abusivamente i sopradetti immobili, non avendone titolo alcuno, né in forza del contratto di comodato ormai cessato, né a qualsivoglia altro titolo, condannare, lo stesso, all'immediato rilascio alle odierne ricorrenti che ne sono proprietarie, degli immobili descritti in narrativa, liberi da persone e cose, nonché alla rimessione in pristino dei luoghi, sgomberandoli dalle opere ivi abusivamente realizzate e dai materiali e rifiuti illecitamente ripostivi, autorizzando, in difetto, le ricorrenti a provvedervi esse stesse con spese a carico dell'intimato. Condannare lo stesso, altresì, al risarcimento dei danni, da determinare in separata sede, per occupare abusivamente i predetti immobili dalla data di cessazione del comodato sino all'effettivo rilascio, nonché per avere impedito e comunque ritardato l'accesso agli anzidetti immobili per il compimento dei rilievi tecnici necessari per l'avvio della già detta procedura agevolativa. Con vittoria di spese e compensi, comprese quelle della procedura di mediazione". In data 6.5.2021 si costituiva (...), il quale, non difendendosi nel merito, eccepiva la tardività della notifica del ricorso in relazione al termine assegnato dal giudice al 23.3.2021, chiedendo conseguentemente la fissazione di nuova udienza, così da consentigli un'adeguata articolazione delle difese. Come già spiegato nell'ordinanza del 9.5.2021, va dichiarata la legittimità e tempestività della notifica eseguita da parte ricorrente ai sensi dell'art. 140 c.p.c., perfezionatasi in data 19.4.2021, con il ritiro della raccomandata informativa spedita in data 15.4.2021, in ragione dell'assenza di soggetti capaci di ricevere l'atto al momento del tentativo di notifica da parte dell'ufficiale giudiziario. Ed infatti, la notifica nelle forme dell'art. 140 c.p.c. si perfeziona per il destinatario, nel caso in cui non ci sia nessuno a ricevere l'atto nel luogo di notifica, con la ricezione della raccomandata informativa o, comunque, decorsi dieci giorni dalla relativa spedizione; si ritiene cioè che il ricevimento della raccomandata informativa sia idoneo a realizzare la legale conoscibilità del deposito dell'atto presso la casa comunale, così da essere in condizioni di approntare per tempo le proprie difese. Alla luce di ciò, è giuridicamente irrilevante la data di ricezione della raccomandata contenente l'atto oggetto di notifica. Quanto al merito - in ordine alla domanda di rilascio degli immobili in questione -, si osserva che il comodato avente ad oggetto gli immobili medesimi, ha cessato i suoi effetti con la morte della comodante (...) in data 12.12.2019, ciò in considerazione della natura intuitu personae del contratto di comodato (v. Cass. 4920/1(...)9, secondo cui "a norma dell'art. 1811 cod. civ, la morte del comodante determina la risoluzione del contratto di comodato e l'attribuzione ai suoi eredi del diritto di pretendere la restituzione della cosa, in quanto non e configurabile la successione di terzi, ancorché eredi delle parti originarie, in un rapporto caratterizzato dall'elemento della fiducia "). In quest'ottica l'art. 1811 c.c. esprime un principio di diritto valido anche per l'ipotesi di morte del comodante, essendo la regola identicamente fondata sulla tutela del rapporto fiduciario tra le parti. Altra sentenza della Corte di Cassazione, la n. 25887/2018, afferma che "in caso di cessazione del contratto di comodato per morte del comodante o del comodatario e di mantenimento del potere di fatto sulla cosa da parte di quest'ultimo o dei suoi eredi, il rapporto, in assenza di richiesta di rilascio da parte del comodante o dei suoi eredi, si intende proseguito con le caratteristiche e gli obblighi iniziali anche rispetto ai medesimi successori": nella specie, la richiesta di restituzione è stata effettuata con la missiva del 10.11.2020, ricevuta il 23.11.2020. Se il contratto di comodato ha cessato i suoi effetti con la morte della comodante, il resistente, da parte sua, non ha fornito la prova dell'esistenza, in capo al medesimo, di un titolo giuridico che legittimi la detenzione dell'immobile; invero, solo nelle difese finali, ovvero nelle note di trattazione scritta dell'udienza del 9.7.2021 ed in quelle depositate in vista dell'udienza del 7.1.2022, il (...) ha dedotto, del tutto tardivamente, che quello oggetto di causa fosse un contratto di comodato fittizio, fatto sottoscrivere ad esso resistente fraudolentemente e con inganno; ha aggiunto che in realtà egli e la di lui moglie avevano svolto il ruolo di "badanti" di (...), senza percepire alcun compenso per il lavoro svolto ed in assoluta violazione delle norme previdenziali (circostanze, queste, irrilevanti nel presente giudizio); senza effetto, perché tardiva, è anche la contestazione che le opere insistenti negli immobili de quibus siano state realizzate da esso resistente. Non può poi sfuggire che, nella specie, si è comunque al cospetto di un comodato senza determinazione di durata, come tale recedibile dal comodante ad nutum ex art. 1810 c.c.. In conclusione, (...) va condannato all'immediato rilascio, in favore delle ricorrenti, degli immobili (fabbricati e terreni) siti in Chiaramonte Gulfi, c.da (...) liberi e sgombri da persone e cose; in particolare, il (...) va condannato a rimuovere dagli immobili i materiali ed i rifiuti ivi riposti, nonché le opere ivi realizzate (siccome descritte nella relazione tecnica a firma del geom. (...)). Con riguardo alla domanda di risarcimento dei danni, si ritiene che parte ricorrente abbia inteso chiedere l'accertamento degli stessi in punto di an debeatur, rimettendo a "separata sede" la determinazione del quantum. Tuttavia, la domanda de qua non può essere accolta, avendo le ricorrenti descritto soltanto le asserite condotte lesive (occupazione abusiva degli immobili dalla data di cessazione del comodato sino all'effettivo rilascio, nonché l'avere impedito o comunque ritardato l'accesso agli immobili per il compimento dei rilievi tecnici necessari per l'avvio della pratica agevolativa), mentre non risultano allegati i danni, ossia le conseguenze pregiudizievoli che da tali condotte sarebbero derivate. Le spese processuali seguono la soccombenza e vanno liquidate come da dispositivo; in proposito, si evidenzia che le spese della incidentale fase cautelare, da liquidarsi nel presente giudizio di merito, vanno regolate avendo riguardo all'esito complessivo del giudizio, sicchè vanno parimenti poste a carico del resistente: principio evincibile da Cass. 12898/2021, secondo cui "Nel regime successivo alla novella introdotta con la L. n. 80 del 2005, l'ordinanza di rigetto del reclamo cautelare proposto in corso di causa non deve contenere un'autonoma liquidazione delle spese della fase cautelare endoprocessuale, essendo tale liquidazione rimessa al giudice di merito contestualmente alla valutazione dell'esito complessivo della lite; qualora tale liquidazione sia comunque stata effettuata, deve essere riconsiderata insieme la decisione del merito della causa e, ove non lo sia, e sia dedotto uno specifico motivo di appello sul punto, il giudice di appello è tenuto ad una riconsiderazione complessiva delle spese di lite, comprensive delle spese del procedimento endoprocessuale, sulla base dell'esito del giudizio" (si veda anche Cass. 22436/2011, secondo cui "Nel procedimento di denuncia di danno temuto, ancorché, ai fini dell'attribuzione delle spese di consulenza sostenute nella fase cautelare, possa venire in rilievo la mancanza dei requisiti richiesti dalla legge per la proponibilità della denuncia, rientra tuttavia nel potere discrezionale del giudice del successivo giudizio di merito, in considerazione dell'esito finale della lite favorevole al denunciante, porre le spese del giudizio, comprese quelle di c.t.u., affrontate nella fase cautelare, a carico del convenuto"). P.Q.M. Il Giudice, definitivamente decidendo nella controversia n. 1020/2021 R.G., CONDANNA (...) all'immediato rilascio, in favore di (...) e (...), degli immobili (fabbricati e terreni) siti in Chiaramonte Gulfi, c.da (...) liberi e sgombri da persone e cose, condannando in particolare il (...) a rimuovere dagli immobili i materiali ed i rifiuti ivi riposti, nonché le opere ivi realizzate (siccome descritte nella relazione tecnica a firma del geom. (...)). RIGETTA la domanda di risarcimento del danno. CONDANNA (...) alla rifusione, in favore di (...) e (...), delle spese processuali che, inclusa l'incidentale fase cautelare, liquida in Euro 2.600,00 per compensi difensivi ed Euro 225,34 per spese vive (di cui Euro 70,00 per spese di mediazione), oltre rimborso spese forfettarie al 15%, IVA e CPA come per legge. Così deciso in Ragusa il 5 febbraio 2022. Depositata in Cancelleria il 7 febbraio 2022.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI RAGUSA Il Giudice Istruttore, Dott.ssa Rosanna Scollo ha emesso la seguente SENTENZA nella causa iscritta come in epigrafe in materia di opposizione a decreto ingiuntivo, promossa DA (...), nato a R. il (...), titolare dell'Azienda Agricola (...) (P.IVA (...)), rappresentato e difeso dall'Avv. Ig.Ga., per mandato in calce all'atto di opposizione, ed elettivamente domiciliato presso il suo studio OPPONENTE CONTRO F.lli (...) S.a.s. di (...), in persona del legale rappresentante (...), nato a (...) il (...), (P.IVA (...)), rappresentata e difesa dall'Avv. Se.Sa., giusta mandato a margine del decreto ingiuntivo n. 243/15, ed elettivamente domiciliata presso il suo studio OPPOSTA IN FATTO E IN DIRITTO Con atto di citazione (...), titolare dell'Azienda Agricola (...), proponeva opposizione avverso il decreto ingiuntivo n. 243/2015, emesso il 05.02.2015 dal Tribunale di Ragusa, in cui gli si era ingiunto il pagamento della somma di Euro 24.541,89, oltre agli interessi moratori e alle spese monitorie, in favore della società "F.lli (...) s.a.s. di (...)". Contestava l'opponente la fondatezza del ricorso monitorio, negando la sussistenza del credito vantato dalla controparte nei suoi confronti, sia nell'an che nel quantum, avendo l'opposta prodotto soltanto delle fatture, relative al periodo tra il maggio e il giugno del 2013, per presunte forniture di prodotti ortofrutticoli, documenti da ritenersi del tutto inidonei a provare alcunché. Chiedeva pertanto revocarsi il decreto de quo. Si costituiva la F.lli (...) S.a.s. di (...), la quale chiedeva rigettarsi la svolta opposizione in quanto infondata, con conferma del decreto impugnato, e condanna della controparte ex art. 96 c.p.c. Contestava l'opposta che le fatture prodotte in atti, unitamente agli estratti autentici delle scritture contabili, costituivano dei documenti sufficienti comprovanti il credito ai fini dell'emissione del decreto ingiuntivo opposto, mentre l'opposizione di controparte non era fondata su alcuna prova scritta o di pronta soluzione. Nel corso del giudizio de quo veniva emessa ordinanza ex art. 186quater c.p.c., in data 19 aprile 2017. Ciò premesso, l'opposizione in esame non appare meritevole di accoglimento per le ragioni di seguito illustrate. Ed invero, dalle dichiarazioni testimoniali assunte nel corso del procedimento è risultata con evidenza l'avvenuta effettuazione delle prestazioni di cui alle fatture prodotte in atti, poste a fondamento della richiesta di ingiunzione presentata dalla società opposta. In particolare, il teste (...) ha confermato l'esistenza di rapporti commerciali costanti tra le parti, nell'anno 2013, essendo il (...) solito ordinare i prodotti ortofrutticoli, da rivendere alla grossa distribuzione, presso il box 21 del mercato ortofrutticolo di (...) della F.lli (...) S.a.s. Lo stesso inoltre ha riconosciuto le fatture esibitegli, essendo il contabile della società (...) ed occupandosi quindi personalmente di redigerle. Nel momento in cui avveniva l'ordinativo della merce, veniva emessa contestualmente fattura immediata, che sarebbe servita successivamente alla preparazione delle pedane, da consegnare alla ditta di trasporti incaricata dal (...). Il predetto ha riferito altresì che la merce di cui alle fatture in atti era stata regolarmente consegnata alla ditta di trasporti incaricata dal (...), avendo seguito personalmente la vicenda. Il teste (...) ha dichiarato che il (...) aveva intrattenuto, nel corso dell'anno 2013, con la ditta F.lli (...) dei rapporti commerciali, al fine di acquistare e ricevere dei prodotti ortofrutticoli. E' a conoscenza di tale circostanza in quanto era addetto alla preparazione delle pedane dove posizionare la merce, da consegnare alla ditta di trasporti incaricata dall'opponente. Il teste ha ribadito che il (...) aveva commissionato la merce presso il box 21 della F.lli (...) nel mercato ortofrutticolo di (...), nel corso dell'anno 2013, nonché che, all'atto dell'ordinativo delle merci, erano state emesse delle fatture immediate, che sarebbero servite per la preparazione delle pedane da consegnare alla ditta di trasporti incaricata dal (...). Il predetto ha preparato personalmente le pedane, anche se non ha ricordato con esattezza il numero e gli importi riportati sulle fatture esibitegli. Un ulteriore argomento di prova, teso a corroborare l'infondatezza dell'espletata opposizione, è traibile dalla condotta processuale tenuta dal (...), il quale non ha ottemperato all'ordine giudiziale di esibizione, ex art. 210 c.p.c., delle scritture contabili relative agli anni 2013-2014, dalle quali potersi evincere l'esistenza delle fatture in contestazione. Alla luce delle considerazioni suespresse l'opposizione in oggetto deve essere rigettata, con conseguente conferma del decreto ingiuntivo impugnato nella sua interezza. Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo. Esse andranno distratte in favore del procuratore antistatario di parte opposta ex art. 93 c.p.c.. Su tali somme non andrà riconosciuta l'IVA, condividendosi le argomentazioni espresse sul punto dalla parte opponente. Ed invero, l'avvocato distrattario ex art. 93 c.p.c. può richiedere alla parte soccombente solo l'importo dovuto a titolo di onorario e spese legali processuali, e non anche l'importo dell'Iva che gli sarebbe dovuta, a titolo di rivalsa, dal proprio cliente, abilitato a detrarla. Difatti, in materia fiscale, vige il principio informatore secondo cui una spesa può essere addebitata al debitore se sussista un costo corrispondente, e non quando quest'ultima venga normalmente recuperata. Non può essere considerata legittima una locupletazione da parte di un soggetto, altrimenti legittimato a conseguire due volte la medesima somma di denaro (cfr. Cass. ord. n. 22279 del 13 settembre 2018). Va accolta altresì la domanda di parte opposta di condanna della controparte al risarcimento dei danni ex art. 96 c.p.c., stante l'evidente mala fede in capo all'opponente, il quale ha proposto la presente opposizione nella consapevolezza dell'assoluta infondatezza della stessa. Si reputa congruo a tal fine quantificare la somma dovuta in Euro 1.000,00. P.Q.M. Il Tribunale in composizione monocratica, definitivamente decidendo nella causa di cui in epigrafe, ogni altra eccezione, istanza e deduzione disattesa Rigetta l'opposizione presentata da (...), titolare dell'Azienda Agricola (...), avverso il decreto ingiuntivo n. 243/15, emesso dal Tribunale di Ragusa il 05.02.2015, e per l'effetto conferma il decreto citato. Condanna l'opponente a rifondere le spese processuali sostenute dall'opposta, F.lli (...) S.a.s. di (...), da quantificarsi in Euro 2.500,00 a titolo di compensi professionali, oltre al rimborso forfettario e CPA come per legge. Spese da distrarsi in favore del procuratore antistatario della parte opposta ex art. 93 c.p.c. Condanna l'opponente al risarcimento dei danni nei confronti della controparte ai sensi dell'art. 96 c.p.c., da determinarsi in via equitativa in Euro 1.000,00. Così deciso in Ragusa il 2 ottobre 2020. Depositata in Cancelleria il 16 ottobre 2020.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI RAGUSA SEZIONE CIVILE Il Tribunale di Ragusa, in composizione monocratica, nella persona del Giudice istruttore designato, dott. Antonietta Donzella, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile iscritta al N. 1710/2015 R.G., avente ad oggetto "opposizione a decreto ingiuntivo"; promossa da: (...), nata a C. T. (P.) il (...), (...), elettivamente domiciliata in Modica (RG), alla via (...), presso lo studio dell'Avv. Lu.Pi. del Foro di Ragusa, che la rappresenta e difende giusta procura in calce all'atto di citazione in opposizione; OPPONENTE e ATTRICE in via RICONVENZIONALE contro: (...) s.r.l., con sede in M. (R.), via (...), P.IVA n. (...), in persona del legale rappresentante p.t., elettivamente domiciliata in Modica, alla via (...), presso lo studio dell'Avv. Sa.Ca. del Foro di Ragusa, che la rappresenta e difende giusta procura in calce alla comparsa di costituzione e risposta; OPPOSTA MOTIVI DELLA DECISIONE Con atto di citazione notificato il 17.IV.2015 (...) ha proposto tempestiva opposizione avverso il decreto ingiuntivo n. 301/2015, nei suoi confronti emesso da questo Tribunale il 16.II.2015 e notificatole il 09.III.2015, a mezzo del quale le veniva ingiunto il pagamento, in favore della (...) s.r.l., della complessiva somma di Euro 38.280,00, oltre interessi e spese, portata dall'acclusa fattura n. (...) del 10.II.2014 e pretesa a titolo di saldo del corrispettivo dovuto per i lavori edili di ristrutturazione eseguiti nell'immobile di sua proprietà sito in P., via (...). A sostegno dell'invocata revoca del d.i. opposto la (...) ha intanto rappresentato che i lavori per cui è causa erano stati concordati con l'appaltatrice in tre distinte tranches: 1) una prima tranche di Euro 19.400,00 come da preventivo a firma di (...), padre del legale rappresentante della società opposta; 2) una seconda tranche di Euro 35.000,00 come da preventivo del 06.III.2013; 3) un'ultima tranche di lavori, non dedotti in preventivo alcuno, autonomamente contabilizzati dalla società in Euro 28.000,00, oltre IVA, come da consuntivo del 10.III.2014 inviatole a mezzo posta elettronica. Ha quindi eccepito che: 4) i preventivati lavori non erano stati ultimati, oltre ad essere stati in parte eseguiti non a regola d'arte, e che nell'agosto del 2014 le parti avevano perciò convenuto che la società appaltatrice completasse i lavori, emendandoli dai riscontrati vizi, entro il mese di ottobre 2014; 5) la (...) S.r.l. non aveva tuttavia dato seguito all'impegno, richiedendo però, in data 11.XI.2014, il saldo della fattura n. (...), oggi posta a sostegno del decreto ingiuntivo opposto; 6) essa opponente, nel riscontrare la richiesta di pagamento trasmessale dall'appaltatrice, aveva quindi avanzato proposta transattiva che era stata rifiutata; 7) il corrispettivo totale richiesto dalla società opposta per i lavori assommava dunque ad Euro 74.800,00, dei quali l'odierna opponente aveva già pagato complessivi Euro 44.000,00 a saldo delle fatture nn. (...), (...), (...) e (...), rimanendo perciò, a tutto concedere, debitrice della residua somma di Euro 30.800,00, e non di Euro 38.800,00, come preteso dall'opposta previa applicazione dell'IVA ai preventivati corrispettivi; e 8) l'omesso completamento dei lavori e la realizzazione di interventi gravemente viziati costituivano inadempimento idoneo a giustificare la risoluzione dell'appalto, il mancato pagamento del preteso saldo, la riduzione del prezzo e il risarcimento dei cagionati danni, rimedi che azionava ergendosi ad attrice in via riconvenzionale. Costituitasi in lite, la (...) s.r.l. ha preliminarmente eccepito la nullità della citazione, attesa la formulazione di petita tra loro incompatibili, e invocato il rigetto dell'opposizione nel merito, deducendo che: a) i lavori oggetto di appalto, di cui ai dettagliati computi metrici acclusi ai richiamati preventivi, erano stati integralmente eseguiti; b) in corso di esecuzione l'opponente aveva altresì appaltato la ristrutturazione di un fabbricato attiguo, lavori anch'essi ultimati, in tutta fretta, ad eccezione di modesti interventi di rifinitura, e consegnati nell'agosto 2013, onde consentire alla (...), come richiesto, la fruizione dell'immobile per le vacanze estive, e senza formulazione di rilievo o riserva alcuna sulle eseguite opere, con conseguente decadenza della committente dalla garanzia per vizi; c) solo in prosieguo la (...) aveva chiesto l'esecuzione di opere destinate a rettificare le errate scelte progettuali da essa stessa compiute quanto alla scala in muratura e al barbecue; d) le dettagliate doglianze svolte dalla (...) in opposizione, e giammai prima, dovevano perciò dirsi irrimediabilmente tardive; e) essa opposta si era detta disponibile a completare i lavori a patto che la (...) saldasse quanto dovuto, nonché ad intervenire sulla scala e sul barbecue, ponendo tuttavia a carico della medesima i costi dei materiali edili; l'opponente tuttavia aveva colto l'occasione per contestare la congruità dei prezzi applicati ai lavori extraprogettuali non oggetto di preventivo; f) essa opposta aveva quindi redatto rendiconto di tutti i lavori, che, sottoposto al vaglio del D.L. nominato dalla committente, era stato rielaborato con l'esposizione a saldo dell'importo di Euro 32.500,00, senza alcuna contestazione di vizi, con una differenza al ribasso di Euro 5.500,00 frutto della indebita detrazione delle spese per il rifacimento della scala, realizzata secondo le direttive impartite dalla committenza; e g) l'omessa applicazione dell'IVA ai preventivati imponibili era la diretta e logica conseguenza della mancata conoscenza del regime fiscale della committente. Disattesa l'istanza di concessione della p.e. del decreto ingiuntivo opposto e ultimata la trattazione - nel corso della quale sono stati raccolti l'interrogatorio formale dell'opponente e prova per testi, nonché acquisita C.T.U. -, la causa è stata infine assunta in decisione sulle conclusioni rassegnate dalle parti all'udienza del 17.XII.2019. Così compendiato l'impianto assertivo del giudizio e lo svolgimento del processo, va intanto preliminarmente ricordato come nel giudizio d'opposizione a decreto ingiuntivo si verifichi un'inversione delle posizioni processuali delle parti non atta ad interferire, in punto di distribuzione dell'onere probatorio, sulle posizioni sostanziali dalle stesse rispettivamente rivestite. Ne consegue che nel giudizio di opposizione la qualità di attore sostanziale spetta alla parte formalmente convenuta - ovvero al creditore che ha richiesto l'ingiunzione (nel caso di specie la (...) S.r.l.) -, sulla quale grava l'onere della prova dell'allegato credito, e quella di convenuto al debitore opponente, sul quale per contro incombe l'onere di allegare e provare eventuali fatti impeditivi, modificativi o estintivi della pretesa creditoria dall'attore azionata in sede monitoria (cfr. ex multis Cass. n. 184/80; Cass. n. 3102/80). Come chiarito dalla giurisprudenza del Supremo Collegio, inoltre, sul creditore che agisce in giudizio per l'adempimento del contratto grava il solo onere di provare la fonte negoziale o legale del proprio diritto e il termine di scadenza dell'obbligazione, lo stesso potendosi limitare ad allegare l'inadempimento della controparte, sulla quale incombe per contro l'onere della dimostrazione del fatto estintivo costituito dall'adempimento (cfr. Cass. SS.UU. n. 13533/2001). Venendo quindi al merito della regiudicanda, va quindi rilevato che: A) la committente (...) ha lamentato l'inadempimento dell'appaltatrice (...) s.r.l. in ragione dell'omesso completamento delle appaltate opere e dei gravi vizi riscontrati in quelle eseguite, conseguentemente chiedendo volersi pronunciare la risoluzione del contratto, formulando eccezione di inadempimento ex art. 1460 c.c. - disposizione generale applicabile a tutti contratti a prestazioni corrispettive, appalto incluso (cfr. ex plurimis Cass. n. 8906/2013; Cass. n. 2738/82) - e invocando, in via estimatoria e/o risarcitoria, la garanzia per i vizi dell'opera di cui all'art. 1667 c.c., il cui contenuto è descritto dall'art. 1668 c.c., a tenor del quale "il committente può chiedere che le difformità o i vizi siano eliminati a spese dell'appaltatore, oppure che il prezzo sia proporzionalmente diminuito, salvo il risarcimento del danno nel caso di colpa dell'appaltatore"; ha inoltre contestato la congruità dei corrispettivi pretesi per l'ultima tranche dei lavori, non oggetto - a differenza delle prime due - né di progettazione, né di formulazione di preventivo alcuno; B) a mente dell'art. 1667, commi secondo e terzo, c.c. "il committente deve, a pena di decadenza, denunziare all'appaltatore le difformità o i vizi entro sessanta giorni dalla scoperta" e "il committente convenuto per il pagamento può sempre far valere la garanzia, purché le difformità o i vizi siano stati denunziati entro sessanta giorni dalla scoperta ed entro due anni dalla consegna"; come da consolidato indirizzo della Suprema Corte, laddove l'appaltatore eccepisca la decadenza del committente dalla garanzia - come appunto nel caso di specie -, l'onere della prova della tempestiva denunzia dei vizi, e dunque della data della loro scoperta, dalla quale decorre il termine decadenziale di giorni sessanta, grava sul committente (cfr. ex plurimis Cass. n. 10579/2012; Cass. n. 14039/2007; Cass. n. 4908/2015); C) nel caso sub iudice, dalle svolte allegazioni e dalla documentazione in atti deve ritenersi che l'opera fu consegnata alla committente nei primi giorni dell'agosto 2013, pur con le segnalate incompletezze e i lamentati vizi; la (...) vi trascorse invero con la famiglia le vacanze estive, avendo perciò avuto modo di verificare la qualità e la funzionalità delle eseguite opere, in disparte la circostanza, confermata nel corso dell'istruttoria testimoniale, della pressoché costante presenza in cantiere tanto del coniuge dell'opponente, quanto dell'Ing. R.G., direttore dei lavori nominato dalla (...) quanto alle prime due tranches di interventi; D) lo stesso Ing. (...) - all'uopo incaricato dall'opponente - ha verificato l'esecuzione dei lavori cc.dd. extracontrattuali (ovvero i lavori non oggetto di progettazione né di preventivo alcuno di cui alla terza tranche) ritenendo i gravi vizi di progettazione e realizzazione della realizzata scala in muratura e del barbecue, entrambi ascritti all'impresa appaltatrice, atteso il difetto di progettazione elaborata da professionista all'uopo abilitato, ed esponendo siffatte valutazioni in seno a perizia giurata del 05.XII.2014 (in atti); sentito quale testimone all'udienza dell'11.X.2016, il professionista ha inoltre dichiarato di avere in tale occasione "sottoposto a vaglio critico le opere eseguite dalla ditta" e di avere verificato i vizi esposti in perizia; E) sebbene la consegna dell'opera non equivalga alla sua accettazione - la prima avendo consistenza di mera attività materiale di immissione in possesso, la seconda di dichiarazione e/o di comportamento provvisti di natura negoziale (alla quale l'art. 1667, comma primo, c.c. collega la cessazione della garanzia per i vizi, salvo quelli sottaciuti in mala fede) -, deve ritenersi che gli interventi di cui alle prime due tranches di lavori siano stati accettati dalla committente, la stessa non avendo formulato riserve e/o contestazioni di sorta né in corso d'opera (avendo anzi eseguito pagamenti per complessivi Euro 44.000,00), né dopo la consegna dell'immobile, né dopo la verifica eseguita nel 2014 dal tecnico già nominato direttore dei lavori; F) ritenuta per quanto sopra la cessazione della garanzia quanto ai cc.dd. lavori progettuali e ai lavori extraprogettuali di cui alla terza e ultima tranche che superarono il vaglio del professionista all'uopo incaricato e non furono tempestivamente denunciati, il perimetro della controversia deve intendersi circoscritto alla scala in muratura e al barbecue - manufatti dei quali l'Ing. (...) ha affermato la pessima realizzazione e che la stessa appaltatrice si era detta disposta a ricostruire, a patto che la (...) si facesse carico dell'acquisto dei relativi materiali - e agli interventi oggetto degli elaborati preventivi e non eseguiti dall'impresa; G) il nominato C.T.U., Ing. (...), ha a tal riguardo: 1) affermato che, quanto al barbecue, non se ne impone l'integrale demolizione e rifacimento a regola d'arte, essendo sufficiente lo smontaggio dei pezzi e la posa in opera di massetto in calcestruzzo refrattario e di una fila aggiuntiva di mattoni refrattari, per un complessivo costo stimato di Euro 200,00; 2) aderito, quanto alla scala, alle valutazioni di imperita esecuzione del manufatto, risultato incomodo e pericoloso, svolte dall'Ing. (...), e alla stima del costo della sua demolizione e ricostruzione a regola d'arte, pari ad Euro 5.091,34; 3) i due preventivi relativi alle prime due tranches di lavori, al netto delle opere non realizzate, e il computo degli interventi di cui alla terza tranche, al netto degli stimati costi di ripristino di scala e barbecue, assommano ad Euro 19.229,15 + Euro 32.889,00 + Euro 14.558,66 = Euro 66.676,81, oltre IVA al 10%, chiaramente dovuta dal committente all'esito della fatturazione, per un totale di Euro 73.344,49 (cfr. relazione depositata il 20.XII.2017, qui da intendersi interamente richiamata e trascritta); H) a nulla rileva, quanto alla responsabilità per i vizi della (...) s.r.l., la circostanza che la stessa abbia realizzato gli interventi extraprogettuali conformandosi alle errate direttive della committenza, posto che "l'appaltatore, dovendo assolvere al proprio dovere di osservare i criteri generali della tecnica relativi al particolare lavoro affidatogli, è obbligato a controllare, nei limiti delle sue cognizioni, la bontà del progetto o delle istruzioni impartite dal committente e, ove queste siano palesemente errate, può andare esente da responsabilità soltanto se dimostri di avere manifestato il proprio dissenso e di essere stato indotto ad eseguirle, quale "nudus minister", per le insistenze del committente ed a rischio di quest'ultimo. Pertanto, in mancanza di tale prova (come nel caso di specie), l'appaltatore è tenuto, a titolo di responsabilità contrattuale, derivante dalla sua obbligazione di risultato, all'intera garanzia per le imperfezioni o i vizi dell'opera, senza poter invocare il concorso di colpa del progettista o del committente, né l'efficacia esimente di eventuali errori nelle istruzioni impartite dal direttore dei lavori" (cfr. Cass. n. 23594/17; Cass. n. 777/2020). Conclusivamente, dovendosi escludere che i riscontrati vizi abbiano reso l'opera del tutto inservibile all'uso - come richiesto ai fini redibitori dall'art. 1668, u.c., c.c. - e avendo la (...) versato Euro 44.000,00 a fronte di lavori eseguiti dall'opposta per un ammontare complessivo di Euro 73.344,49, la proposta domanda riconvenzionale di risoluzione va disattesa, meritando per contro accoglimento la domanda di riduzione del prezzo dell'appalto in ragione della modesta quantità di opere preventivate e non completate, dei riscontrati vizi e del costo del ripristino a regola d'arte dei manufatti non realizzati secondo buona tecnica costruttiva. In parziale accoglimento della proposta opposizione, previa revoca del d.i. opposto, la (...) va dunque condannata al pagamento di un saldo pari ad Euro 29.344,49, oltre interessi come da domanda. Le ragioni della decisione giustificano la compensazione delle spese di lite in misura pari a 1/3, ponendosi i rimanenti 2/3 a carico dell'opponente, nella misura liquidata in dispositivo. P.Q.M. Il Tribunale, definitivamente decidendo nella causa iscritta al n. 1710/2015 R.G., in parziale accoglimento dell'opposizione proposta da (...), ogni altra domanda ed eccezione disattesa; revoca il decreto ingiuntivo n. 301/2015, nei confronti dell'opponente emesso il 16.II.2015 da questo Tribunale su ricorso della (...) s.r.l.; condanna (...) al pagamento, in favore della (...). s.r.l., della complessiva somma di Euro 29.344,49, oltre interessi dalla domanda fino al saldo; compensa le spese di lite tra le parti in ragione di un terzo; condanna (...) al pagamento, in favore della (...). s.r.l., dei restanti due terzi, che liquida in Euro 4.600,00 per compensi difensivi, oltre rimborso spese generali, IVA e C.p.a. come per legge; pone le spese della disposta C.T.U. a carico della società opposta. Così deciso in Ragusa il 10 ottobre 2020. Depositata in Cancelleria il 16 ottobre 2020.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI RAGUSA Il Giudice Istruttore, Dott.sa Rosanna Scollo ha emesso la seguente SENTENZA nella causa iscritta come in epigrafe in materia di impugnazione di delibera assembleare, promossa DA (...) Società Cooperativa, con sede legale in C., in Via dei P. n. 22 (P.IVA (...)), in persona del legale rappresentante pro-tempore (...), rappresentata e difesa dagli Avv.ti Ga.Ba. e Gu.Ba., per procura allegata alla comparsa di costituzione di nuovo procuratore, ed elettivamente domiciliata presso il loro studio ATTRICE CONTRO (...), nato a R. il (...), (...), nato a R. il (...), (...), nata a G. il (...), (...), nato a C. il (...), (...), nato a C. il (...), (...), nato a M. il (...), tutti residenti in C., in Via (...), rappresentati e difesi dall'Avv. Iv.Di., giusta procura in calce alla comparsa di costituzione, ed elettivamente domiciliati in cancelleria CONVENUTI IN FATTO E IN DIRITTO Con atto di citazione la (...) Società Cooperativa conveniva in giudizio (...), (...), (...), (...), (...), (...), chiedendo dichiararsi inesistente, nulla o comunque annullabile, la deliberazione assembleare oggetto di impugnazione. Riferiva l'attrice di essere una società cooperativa edilizia di abitazione, che aveva realizzato numerose unità abitative, distribuite in corpi di fabbrica condominiali, in Viale dei P. n. 20, in C.. Le unità costruite erano state distribuite ai soci nella forma dell'assegnazione, o trasferite in proprietà divisa in favore di coloro che avevano provveduto al pagamento di ratei di ammortamento dell'alloggio assegnato, mentre la società attrice era tutt'ora proprietaria di alcuni alloggi assegnati ai soci. L'immobile condominiale sito in Viale dei P. n. 20 si componeva di otto appartamenti, distribuiti su tre livelli di piani fuori terra. In riferimento a tre appartamenti risultavano proprietari divisi (...), (...) e (...), mentre i restanti cinque appartamenti appartenevano ancora alla società cooperativa, ed erano stati assegnati ai soci (...), (...), (...), (...) e (...). Con lettera raccomandata del 09 settembre 2013, inviata con ricevuta di ritorno, aveva assunto l'iniziativa di convocare un'assemblea condominiale per la nomina di un amministratore. In occasione di tale assemblea, tenutasi in seconda convocazione, in data 17 settembre 2013, si era presentata, in luogo di tre proprietari ritualmente convocati, una delegata di essi, che, anche in nome e per conto dei soci assegnatari (...), (...) e (...), aveva rappresentato che in data 12 agosto, con ratifica del 03 settembre dello stesso anno, la stessa era stata nominata Amministratore del condominio in questione. Di tale pretesa delibera assembleare, tuttavia, la cooperativa attrice non aveva mai avuto alcuna contezza, non avendo ricevuto nessuna convocazione, né essendole mai stata notificata alcuna copia dei verbali delle pretese assemblee, tenutesi in data 12 agosto e 03 settembre dell'anno 2013. La nomina dell'amministratore condominiale costitutiva un'attività riservata in via esclusiva ai proprietari delle singole unità abitative, e non vi era alcuna autorizzazione della società cooperativa proprietaria in favore degli assegnatari di sostituirsi nella gestione e amministrazione delle parti comuni condominiali. La pretesa delibera era stata pertanto illegittimamente assunta, per mancanza di regolare convocazione degli aventi diritto, e per assenza dei quorum di legge per la validità sia della costituzione che della stessa deliberazione, mai notificata alla società cooperativa. Inoltre l'assemblea irregolarmente costituita aveva assunto un criterio illegittimo di ripartizione della spesa relativa al compenso dell'amministratore, in mancanza della volontà unanime dei condomini. Si costituivano i convenuti, i quali chiedevano preliminarmente dichiararsi la nullità della citazione introduttiva del giudizio de quo, e nel merito rigettarsi la domanda di controparte perché infondata in fatto e in diritto, nonchè condannarsi (...) in proprio, non essendoci in atti alcuna delibera assembleare che ne riconducesse la legittimità alla cooperativa (...). Era ravvisabile una violazione degli artt. 163, 163bis c.p.c., per inosservanza dei termini a comparire. In data 15.12.2013 si era riunita l'assemblea dei soci della cooperativa, che all'unanimità aveva votato la revoca del mandato in capo ad (...), con contestuale nomina di un nuovo Consiglio di Amministrazione e di un nuovo Presidente della Cooperativa, in persona dell'Avv. (...). L'(...) aveva pertanto operato senza l'avallo dell'assemblea dei soci. La cooperativa aveva impugnato la delibera assembleare del 17 settembre 2013, con la quale nulla era stato deciso o deliberato. In sede di tale assemblea, volta alla costituzione del condominio e alla nomina dell'amministratore, era stato evidenziato all'(...) che in data 12.08.2013 i soci assegnatari, (...), (...) e (...), e proprietari, (...), (...) e (...), della Cooperativa (...) si erano spontaneamente attivati per chiedere la convocazione di un'assemblea condominiale, al fine di procedere alla nomina di un amministratore di condominio esterno. Quindi il Condominio aveva deciso di convocare tutti i condomini, assegnatari e proprietari, ivi inclusa la cooperativa (...), con raccomandata con avviso di ricevimento, per il giorno 03.09.2013, presso lo studio legale Leggio, per il conferimento dell'incarico e la consegna dei documenti. Alla successiva riunione condominiale del 03 settembre 2013 i convenuti, intervenuti in qualità di proprietari o di soci assegnatari degli alloggi condominiali, costituendo la maggioranza del condominio, avevano incaricato l'Avv. (...) quale Amministratore di Condominio. Il diritto di nominare l'amministratore di condominio spettava soltanto all'assemblea condominiale, che aveva deliberato a maggioranza dei condomini di conferire l'incarico di amministratore ad un soggetto terzo. La società attrice avrebbe dovuto impugnare la delibera assembleare del 03.09.2013, anziché quella del 17 settembre 2013, stante che di tale delibera era stata regolarmente informata con avviso di ricevimento, o comunque ne era venuta a conoscenza in data 17 settembre 2013. L'(...) inoltre non aveva prodotto alcuna delibera assembleare, da cui potersi evincere l'incarico conferito dall'assemblea di condominio alla cooperativa (...), al fine di impugnare la delibera assembleare del 17 settembre 2013, per cui l'(...) doveva essere condannato in proprio. Ciò premesso, la domanda di parte attrice appare meritevole di accoglimento per le ragioni di seguito illustrate. Ed invero, deve affermarsi in via preliminare l'infondatezza dell'eccezione di difetto di legittimazione in capo ad (...), nella qualità di legale rappresentante pro-tempore e di Presidente del Consiglio di Amministrazione della cooperativa (...), in difetto di una pretesa delibera assembleare che gli abbia conferito il potere di agire in giudizio in nome e per conto della cooperativa. Nessun potere in tal senso era stato conferito all'assemblea ordinaria o straordinaria dei soci, rientrando di contro il potere di gestione degli organi di rappresentanza e di amministrazione della società, ivi incluso il potere di agire o resistere in qualsivoglia giudizio, tra le competenze, appunto, del rappresentante di essa, e non già dell'assemblea dei soci o del condominio. Dallo stesso statuto societario, all'art. 34, si evince, tra i poteri attribuiti al Presidente del C.d.A. della stessa, quello di nominare, revocare o sostituire i procuratori nelle liti attive e passive riguardanti la società, presso qualunque organo di giurisdizione ordinaria o speciale. Dalla visura della CCIAA di Ragusa in atti si evince la permanenza in carica del Consiglio di Amministrazione presieduto dall'(...) medesimo, mentre nessuna prova è stata fornita dalla parte interessata in merito all'iscrizione nel registro delle imprese di Ragusa del verbale assembleare recante data 15.12.2013, in cui si era deliberato, all'unanimità dei soci, in ordine alle dimissioni del precedente Presidente del C.d.A.. Altrettanto infondata appare l'eccezione dei convenuti relativa ad una pretesa interruzione del giudizio de quo a seguito dell'intervenuto decesso di (...), atteso che i "rappresentanti legali" la cui morte, per il disposto degli artt. 299 e 300 c.p.c., è causa di interruzione del processo, sono soltanto coloro che stanno in giudizio in luogo degli incapaci, non anche le persone che svolgono la funzione di organi degli enti dotati di una propria autonoma soggettività (cfr. Cass. Sez. 1, ord. n. 2817 del 06.02.2018, C.E.D. Cass. n. 646878). Deve ritenersi ormai superata l'eccezione preliminare sulla nullità dell'atto di citazione, per omesso rinnovo della notificazione, avuto riguardo al provvedimento già emesso da questo Giudice in data 27 maggio 2014, il quale vale a sanare ogni nullità, consentendo alla parte convenuta il pieno esercizio dei propri diritti di difesa, come comprovato, peraltro, dalle difese analitiche e articolate svolte dalla stessa per confutare le tesi avversarie. Inaccoglibile deve intendersi l'ulteriore questione rappresentata dalla parte convenuta, relativa ad una pretesa novità, e quindi inammissibilità, della domanda attorea, formulata in sede di memorie istruttorie ex art. 183, comma 6, c.p.c., evincendosi dal tenore letterale dell'atto di citazione introduttivo del giudizio de quo che oggetto di impugnazione è non già la delibera assembleare del 17 settembre 2013, bensì quella del 12 agosto, e la successiva di ratifica del 03 settembre 2013, essendo interesse della società attrice impugnare le due delibere in cui si era nominato quale nuovo amministratore condominiale l'Avv. (...), con conferimento ad essa del relativo incarico, senza che la predetta fosse stata previamente resa edotta delle riunioni assembleari, né, successivamente, dei verbali assembleari, almeno fino alla data del 17 settembre 2013. In particolare, nell'atto di citazione si legge che "di tale pretesa delibera assembleare la società cooperativa non ha avuto nessuna contezza, non avendo mai ricevuto convocazione, né mai è stata notificata copia dei verbali delle pretese assemblee tenutesi in data 12 agosto e 03 settembre", e si contesta che l'Avv. Leggio abbia ricevuto mandato ad amministrare dai soli proprietari, che non avrebbero raggiunto la maggioranza richiesta ex lege. "..La pretesa delibera è stata legittimamente assunta per mancanza di regolare convocazione degli aventi diritto, e per assenza dei quorum ex lege per la validità tanto della costituzione quanto della stessa deliberazione, che non è mai stata notificata alla società cooperativa". E' chiaro il riferimento da parte della società attrice alle Delib. dell'1 agosto e del Delib. 3 settembre 2013. Nel merito, deve intendersi fondata, e quindi accoglibile, la domanda proposta dall'attrice. Ed invero, nessun dubbio sussiste in merito alla legittimazione in capo alla (...) a partecipare all'assemblea condominiale, in quanto ancora proprietaria di quegli alloggi assegnati, ma non trasferiti in proprietà, ad alcuni dei soci della cooperativa, come pacificamente emerso, e non contestato dalla controparte. L'acquisto da parte dell'assegnatario della proprietà dell'alloggio segna il momento in cui l'edificio passa dal regime di proprietà indivisa, facente capo alla cooperativa, a quello di proprietà frazionata, con la formazione di condominio, cui partecipa la cooperativa stessa per le unità non ancora trasferite in proprietà ai rispettivi assegnatari (cfr. Cass. Sez. Un. n. 9106 del 05.12.1987, C.E.D. Cass. n. 456357). Qualora una cooperativa edilizia abbia costruito un edificio ed assegnato ai soci i singoli appartamenti, ma solo di alcuni abbia anche trasferito la proprietà ai rispettivi assegnatari, la cooperativa stessa (e non i semplici assegnatari) è legittimata a partecipare al condominio - frattanto costituitosi - ed alle assemblee condominiali, quale proprietaria delle unità immobiliari soltanto assegnate, ma non ancora trasferite in proprietà ai soci, in rappresentanza dei relativi millesimi (cfr. Cass. Sez. 2, n. 447 del 23.01.1982, C.E.D. Cass. n. 418152). E' emersa con altrettanta evidenza l'omessa comunicazione alla cooperativa citata dell'avviso di convocazione per l'assemblea condominiale del 12 agosto 2013, e per quella di ratifica del 03 settembre dello stesso anno, in difetto di prova, gravante sulla parte convenuta, della formale comunicazione della convocazione assembleare. L'omessa comunicazione dell'avviso di convocazione dell'assemblea a uno o più condomini è causa di annullabilità, e non già nullità, della decisione (cfr. Trib. Milano sent. n. 6912/2018 del 18.06.2018; Trib. Roma sent. n. 5891 del 19 marzo 2019; Cass. n. 8520/2017; Trib. Bari Sez. 3, sent. 29 maggio 2007; Cass. Sez. Un. sent. 07 marzo 2005 n. 4806; Cass. 05 gennaio 2000 n. 31; Cass. 05 febbraio 2000 n. 1292; Cass. 01 agosto 20003 n. 11739). La comunicazione dell'avviso di convocazione dell'assemblea deve essere "formale", ovvero deve poter consentire la dimostrazione dell'avvenuto ricevimento dell'avviso. In caso di omessa, tardiva o incompleta convocazione anche di uno solo dei condomini, l'assemblea di condominio e tutte le votazioni in essa adottate sono annullabili, su istanza solo degli interessati, ossia di coloro che non hanno potuto partecipare. Anche se il condomino sia venuto a conoscenza della riunione in altri modi, il termine di giorni trenta per l'impugnazione della delibera illegittima decorrerà solo dalla trasmissione ufficiale del verbale. Nella specie, è emersa con evidenza l'illegittimità delle delibere assembleari del 12 agosto e del 03 settembre 2013, per omessa comunicazione nei confronti della società cooperativa attrice, proprietaria di alcuni degli immobili costituenti il condominio di Viale dei P. n. 20, in C., dell'avviso di convocazione per l'assemblea condominiale relativamente ai giorni succitati, gravando il relativo onere probatorio sulla parte convenuta, la quale nulla ha provato al riguardo. Non può ritenersi a tal fine bastevole la produzione di una ricevuta di avvenuta spedizione e di un avviso di ricevimento, dai quali si evince soltanto l'avvenuta spedizione in data 16.09.2013, e ricezione il successivo 21.09.2013, di un atto, senza alcuna contezza in merito alla tipologia di esso, ovvero se si trattasse proprio delle delibere in questione, circostanza, questa, prontamente contestata dalla controparte in sede di memoria ex art. 183, comma 6, n. 3, c.p.c.. In ogni caso, anche a voler ammettere che oggetto di tale comunicazione fossero proprio le due delibere impugnate, le stesse sarebbero state ricevute soltanto in data 21.09.2013, ovvero successivamente allo svolgimento dell'ulteriore assemblea condominiale tenutasi il 17 settembre dello stesso anno. Ne consegue che deve ritenersi che la società attrice abbia avuto contezza di tali delibere soltanto in occasione dell'assemblea del 17 settembre 2013, in difetto di prova circa una precedente comunicazione formale in merito sia all'avviso di convocazione per le citate assemblee che ai relativi verbali assembleari, non rilevando un'eventuale ipotetica conoscenza avutane aliunde. Alla luce delle considerazioni suespresse la domanda di parte attrice è meritevole di accoglimento, e le delibere assembleari del 12 agosto e del 03 settembre 2013 devono essere annullate. Le spese di lite seguono la soccombenza, e si liquidano come in dispositivo. P.Q.M. Il Tribunale in composizione monocratica, definitivamente decidendo nella causa di cui in epigrafe ogni altra istanza, eccezione e deduzione disattesa in accoglimento della domanda proposta dall'attrice, (...) Società Cooperativa annulla le delibere assembleari recanti data 12 agosto 2013 e 03 settembre 2013. Condanna i convenuti, (...), (...), (...), (...), (...), (...), a rifondere le spese processuali sostenute dalla società attrice, da liquidarsi in Euro 458,00 per spese vive, ed Euro 4.800,00 a titolo di compensi professionali, oltre al rimborso forfettario, IVA e CPA come per legge. Così deciso in Ragusa il 30 settembre 2020. Depositata in Cancelleria il 2 ottobre 2020.
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