Sentenze recenti Tribunale Reggio Emilia

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  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE DI REGGIO EMILIA SEZIONE LAVORO in funzione di giudice monocratico del lavoro in persona della dott. MARIA RITA SERRI ha pronunciato ex art. 429 c.p.c. la seguente: SENTENZA Nella causa di lavoro iscritta al n. 664 del Ruolo Generale dell'anno 2021 promossa con ricorso depositato in data 20 ottobre 2021 da Si.Si. elettivamente domiciliato a Brescia, via (...) presso e nello studio dell'avv. An.Ca. che lo rappresenta e difende come da procura in atti RICORRENTE Contro St. SRL in persona del legale rappresentante pro tempore elettivamente domiciliata a Reggio Emilia, via (...) presso e nello studio degli avv. Ce.Bo. e Va.Fo. che la rappresentano e difendono come da procura in atti RESISTENTE In punto a : somministrazione di manodopera MOTIVI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE Con ricorso depositato in data 20 ottobre 2021 Si.Si. conveniva in giudizio davanti al Tribunale di Reggio Emilia St. srl affinché accertasse e dichiarasse l'illegittimità e/o irregolarità e/o nullità del rapporto di somministrazione di manodopera in esecuzione del quale lo stesso aveva prestato lavoro presso la società convenuta. Chiedeva che fosse dichiarato costituito tra lo stesso e la resistente un rapporto di lavoro subordinato a tempo pieno e indeterminato e che il tribunale adito ordinasse alla resistente la sua riammissione in servizio nel posto di lavoro, condannando in ogni caso la stessa al pagamento allo stesso dell'indennità risarcitoria risultante dovuta al medesimo commisurata alla retribuzione globale di fatto percepita dal ricorrente in costanza del rapporto di lavoro, al valore medio mensile di Euro 1941,73 nonché al versamento dei relativi contributi assistenziali e previdenziali. Esponeva dettagliatamente le sue ragioni. Si costituiva con memoria depositata in data 28 gennaio 2022 St. srl chiedendo in via preliminare e/o pregiudiziale che il tribunale adito accertasse e dichiarasse la nullità/improponibilità/inammissibilità del ricorso stante l'eccessiva indeterminatezza e genericità dello stesso e delle domande ivi formulate. Domandava in via preliminare che il tribunale accertasse e dichiarasse l'intervenuta decadenza dall'impugnazione da parte del ricorrente per quanto concerne il contratto di somministrazione del 18/01/2018 con inizio il 22/01/2018 e successive proroghe, poichè spirato il termine di 60 giorni dalla cessazione del rapporto (20/01/2020) all'impugnazione stragiudiziale intervenuta in data 23/09/2021. Chiedeva in via principale che il tribunale rigettasse integralmente le domande formulate da parte ricorrente, poichè infondate in fatto ed in diritto. Domandava in via subordinata che il tribunale adito nella denegata ipotesi di accoglimento anche parziale di quanto richiesto dal ricorrente, dichiarasse inammissibile/nulla la domanda di condanna al pagamento dell'indennità risarcitoria in favore dello stesso per tutte le ragioni esposte in atti in particolare per indeterminatezza del petitum. Chiedeva, quindi, in estremo subordine nella denegata ipotesi di accoglimento anche parziale di quanto richiesto dal ricorrente che fosse limitata nella misura minima l'indennità risarcitoria, stante anche il breve periodo di attività p restata presso St. S.r.l. e che venisse determinato l'importo eventualmente dovuto al ricorrente deducendo il reddito e/o le retribuzioni e/o le indennità a qualsiasi titolo percepite dallo stesso nel periodo dalla cessazione del rapporto sino alla eventuale riammissione. Esponeva dettagliatamente le sue ragioni. La causa istruita con la produzione di documenti veniva discussa e decisa dando lettura della sentenza ex art. 429 c.p.c. all'udienza odierna. Risulta, innanzitutto, infondata la domanda di declaratoria di nullità del ricorso per indeterminatezza dello stesso in quanto nello stesso sono, seppur sinteticamente, enunciati in modo chiaro il petitum e la causa petendi, come dimostrato, del resto, dalla corposa difesa di parte resistente. Tanto premesso si ritiene che l'eccezione di decadenza proposta da parte resistente ai sensi del combinato disposto degli artt. 6 comma 1 legge n. 604/1966 e 39 comma 1 dlgs n. 81/2015 in relazione al contratto stipulato in data 18 gennaio 2018 e successive proroghe sia infondata dal momento che tale contratto iniziato il 22 gennaio 2018 è terminato il 20 gennaio 2020 e il successivo contratto è stato stipulato in data 21 gennaio 2020 ed è terminato in data 18 settembre 2021 e, quindi, il ricorrente ha continuato a lavorare alle dipendenze della resistente e non vi è stata cessazione dell'attività. L'art. 39 dlgs n. 81/2015, infatti, prevede che: "1. Nel caso in cui il lavoratore chieda la costituzione del rapporto di lavoro con l'utilizzatore, ai sensi dell'articolo 38, comma 2, trovano applicazione le disposizioni dell'articolo 6 della legge n. 604 del 1966, e il termine di cui al primo comma del predetto articolo decorre dalla data in cui il lavoratore ha cessato di svolgere la propria attività presso l'utilizzatore". Passando ad esaminare il merito della controversia si rileva che il ricorrente è stato assunto a tempo indeterminato dalla società di somministrazione Adecco spa a far data dal 22 gennaio 2018 e che ha lavorato complessivamente in forza dei due contratti di somministrazione seppur per pochi giorni per meno di 44 mesi. L'art. 31 del dlgs n.81/2015 nella versione vigente al momento della stipula del primo rapporto di lavoro prevedeva che: "2. La somministrazione di lavoro a tempo determinato e' utilizzata nei limiti quantitativi individuati dai contratti collettivi applicati dall'utilizzatore. E' in ogni caso esente da limiti quantitativi la somministrazione a tempo determinato di lavoratori di cui all'articolo 8, comma 2, della legge n. 223 del 1991, di soggetti disoccupati che godono, da almeno sei mesi, di trattamenti di disoccupazione non agricola o di ammortizzatori sociali, e di lavoratori "svantaggiati" o "molto svantaggiati" ai sensi dei numeri 4) e 99) dell'articolo 2 del regolamento (UE) n. 651/2014 della Commissione, del 17 giugno 2014, come individuati con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali..." Tale norma è stata poi modificata nel senso che: ".Nel caso in cui il contratto di somministrazione tra l'agenzia di somministrazione e l'utilizzatore sia a tempo determinato l'utilizzatore può impiegare in missione, per periodi superiori a ventiquattro mesi anche non continuativi, il medesimo lavoratore somministrato, per il quale l'agenzia di somministrazione abbia comunicato all'utilizzatore l'assunzione a tempo indeterminato, senza che ciò determini in capo all'utilizzatore stesso la costituzione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato con il lavoratore somministrato..." IL CCNL applicabile dall'utilizzatore prevede che: " I lavoratori che abbiano intrattenuto con la medesima azienda e per mansioni equivalenti sia rapporti di lavoro con il contratto a tempo determinato che missioni con contratto di somministrazione, acquisiscono il diritto alla stabilizzazione del rapporto qualora la somma dei periodi di lavoro nelle due tipologie citate superi i 44 mesi complessivi anche non consecutivi comprensivi dell'eventuale proroga in deroga assistita". Ne consegue, quindi, alla stregua della disciplina interna la legittimità dei contratti di somministrazione per cui è causa in relazione al profilo temporale contestato e ciò in considerazione della normativa vigente pro tempore, dell'assunzione del ricorrente a tempo indeterminato da parte della società resistente e di quanto disposto dal CCNL. Occorre, peraltro, verificare se vi sia violazione della direttiva comunitaria come interpretata dalla Corte di Lussemburgo che con la sentenza 14.10.2020 nella causa C-681/-18 ha statuito che: " L'articolo 5, paragrafo 5, prima frase, della direttiva 2008/104/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 novembre 2008, relativa al lavoro tramite agenzia interinale, deve essere interpretato nel senso che esso osta a che uno Stato membro non adotti alcuna misura al fine di preservare la natura temporanea del lavoro tramite agenzia interinale, nonché ad una normativa nazionale che non preveda alcuna misura al fine di evitare l'assegnazione ad un medesimo lavoratore tramite agenzia interinale di missioni successive presso la stessa impresa utilizzatrice con lo scopo di eludere le disposizioni della direttiva 2008/104 nel suo insieme, che richiede che il lavoro tramite agenzia interinale presso la stessa impresa utilizzatrice non diventi una situazione permanente per un lavoratore, atteso che il rapporto di lavoro con un'azienda utilizzatrice ha, per sua natura, carattere temporaneo". In relazione a tale direttiva si osserva, innanzitutto, che secondo quanto opinato dalla Suprema Corte ( Cass. lav n. 24356/2019) si tratta di direttiva non autoapplicativa che si rivolge unicamente agli Stati membri, senza imporre alle autorità giudiziarie nazionali un obbligo di disapplicazione di qualsiasi disposizione di diritto nazionale che preveda, al riguardo, divieti o restrizioni che non siano giustificati da ragioni di interesse generale. La Suprema Corte, poi, con sentenza n. 27854/2022 ha precisato che: "Nel rispetto della normativa interna, non può allora essere fondatamente invocata l'applicazione dell'art. 5, comma 5 della Direttiva n. 2008/104/CE per il lavoro tramite agenzia interinale: tanto meno (riguardando il rapporto tra lavoratore e impresa utilizzatrice), la rilevanza della sentenza della Corte di Giustizia UE 14 ottobre 2020, in causa C-681/2018, JH c. KG (seguito dal suo più recente arresto del 17 marzo 2022, in causa C-232/20, Daimler), secondo cui l'art. 5, paragrafo 5, prima frase, della direttiva 2008/104 deve essere interpretato nel senso che esso non osta ad una normativa nazionale che non limita il numero di missioni successive che un medesimo lavoratore tramite agenzia interinale può svolgere presso la stessa impresa utilizzatrice e che non subordina la legittimità del ricorso al lavoro tramite agenzia interinale all'indicazione delle ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo che giustifichino tale ricorso. Per contro, dovendo tale disposizione essere interpretata nel senso che essa osta a che uno Stato membro non adotti alcuna misura al fine di preservare la natura temporanea del lavoro tramite agenzia interinale, nonché ad una normativa nazionale che non preveda alcuna misura al fine di evitare l'assegnazione ad un medesimo lavoratore tramite agenzia interinale di missioni successive presso la stessa impresa utilizzatrice con lo scopo di eludere le disposizioni della direttiva 2008/104 nel suo insieme". La Suprema Corte nella motivazione della sentenza n. 23495/2022 ha poi asserito che: "3.21. Se è vero, in base a quanto detto, che le disposizioni della Direttiva 2008/104 non impongono agli Stati membri l'adozione di una determinata normativa in materia, resta il fatto che, come ricordato dalla Corte di Giustizia, l'art. 5, paragrafo 5, prima frase, impone agli Stati membri, in termini chiari, precisi ed incondizionati, di adottare le misure necessarie per prevenire l'assegnazione di missioni successive a un lavoratore tramite agenzia interinale aventi lo scopo di eludere le disposizioni di tale Direttiva nel suo insieme. Ciò comporta che gli Stati membri debbano adoperarsi affinché il lavoro tramite agenzia interinale presso la stessa impresa utilizzatrice non diventi una situazione permanente per un lavoratore tramite agenzia interinale (v. Corte di Giustizia, C-681/18 cit., punti 55, 60). 3.21. Nella sentenza del 14 ottobre 2020, nella causa C-681/18, la Corte di Giustizia ha quindi dichiarato che l'art. 5, paragrafo 5, prima frase, della Direttiva 2008/104 deve essere interpretato nel senso che esso non osta ad una normativa nazionale che non limita il numero di missioni successive che un medesimo lavoratore tramite agenzia interinale può svolgere presso la stessa impresa utilizzatrice e che non subordina la legittimità del ricorso al lavoro tramite agenzia interinale all'indicazione delle ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo che giustifichino tale ricorso. Per contro, tale disposizione deve essere interpretata nel senso che essa osta a che uno Stato membro non adotti alcuna misura al fine di preservare la natura temporanea del lavoro tramite agenzia interinale, nonché ad una normativa nazionale che non preveda alcuna misura al fine di evitare l'assegnazione ad un medesimo lavoratore tramite agenzia interinale di missioni successive presso la stessa impresa utilizzatrice con lo scopo di eludere le disposizioni della Direttiva 2008/104 nel suo insieme. 3.22. Nella più recente sentenza del 17 marzo 2022, nella causa C- 232/20, la Corte di giustizia ha aggiunto un ulteriore tassello alla valutazione del giudice, evidenziando come missioni successive del medesimo lavoratore tramite agenzia interinale presso la stessa impresa utilizzatrice, ove conducano a una durata dell'attività presso tale impresa più lunga di quella che "possa ragionevolmente qualificarsi "temporanea", alla luce di tutte le circostanze pertinenti, che comprendono in particolare le specificità del settore", potrebbero denotare un ricorso abusivo a tale forma di lavoro, ai sensi dell'art. 5, paragrafo 5, prima frase, della Direttiva 2008/104. 3.23. Nella sentenza appena citata, la Corte di Giustizia ha considerato che gli Stati membri possono stabilire, nel diritto nazionale, una durata precisa oltre la quale una messa a disposizione non può più essere considerata temporanea, in particolare quando rinnovi successivi della messa a disposizione di un medesimo lavoratore tramite agenzia interinale presso la stessa impresa utilizzatrice si protraggano nel tempo. Una siffatta durata, in conformità all'art. 1, paragrafo 1, della Direttiva 2008/104, deve necessariamente avere natura temporanea, vale a dire, secondo il significato di tale termine nel linguaggio corrente, essere limitata nel tempo (Corte di Giustizia, C-232/20 cit. punto 57). 3.24. Nell'ipotesi in cui la normativa applicabile di uno Stato membro non abbia previsto una durata determinata, è compito dei giudici nazionali stabilirla caso per caso, alla luce di tutte le circostanze pertinenti, che comprendono in particolare le specificità del settore (v., in tal senso, sentenza del 18 dicembre 2008, Andersen, C-306/07, punto 52) e garantire che l'assegnazione di missioni successive a un lavoratore temporaneo non sia volta a eludere gli obiettivi della Direttiva 2008/104, in particolare la temporaneità del lavoro tramite agenzia interinale (v. Corte di Giustizia, C-232/20 cit. punto 58). La necessaria temporaneità delle missioni deve essere in ogni caso assicurata, a prescindere da una previsione normativa in tal senso nei singoli ordinamenti nazionali. 3.25. Sulla base di tali considerazioni, la sentenza del 17 marzo 2022 ha stabilito che l'art. 1, paragrafo 1, e l'art. 5, paragrafo 5, della Direttiva 2008/104 debbano essere interpretati nel senso che costituisce un ricorso abusivo all'assegnazione di missioni successive a un lavoratore tramite agenzia interinale il rinnovo di tali missioni su uno stesso posto presso un'impresa utilizzatrice, nell'ipotesi in cui le missioni successive dello stesso lavoratore tramite agenzia interinale presso la stessa impresa utilizzatrice conducano a una durata dell'attività, presso quest'ultima impresa, più lunga di quella che può essere ragionevolmente qualificata "temporanea", alla luce di tutte le circostanze pertinenti, che comprendono in particolare le specificità del settore, e nel contesto del quadro normativo nazionale, senza che sia fornita alcuna spiegazione obiettiva al fatto che l'impresa utilizzatrice interessata ricorre a una serie di contratti di lavoro tramite agenzia interinale successivi, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare. 3.35. Pertanto la normativa nazionale va esaminata conformemente alla normativa Europea, tenuto conto che le indicazioni della Corte di Giustizia, in un caso che rientra nella sfera applicativa dell'art. 5, paragrafo 5, della Direttiva 2008/104, implicano: a) nell'ambito dei parametri della Direttiva 2008/104, spetta a uno Stato membro garantire che il proprio ordinamento giuridico nazionale contenga misure idonee a garantire la piena efficacia del diritto dell'Unione al fine di prevenire il ricorso a missioni successive con lo scopo di eludere la natura interinale dei rapporti di lavoro disciplinati dalla Direttiva 2008/104; b) il principio di interpretazione conforme al diritto dell'Unione impone al giudice del rinvio di fare tutto ciò che rientra nella sua competenza, prendendo in considerazione tutte le norme del diritto nazionale, per garantire la piena efficacia della Direttiva 2008/104 sanzionando l'abuso in questione ed eliminando le conseguenze della violazione del diritto dell'Unione (in questi termini le conclusioni dell'Avvocato Generale Sharpston depositate il 23 aprile 2020 nella causa JH c. KG, C-681/18). 3.36. La Corte di Giustizia, nelle sentenze del 14 ottobre 2020 e del 17 marzo 2022 più volte citate, ha interpretato la Direttiva 2008/104 mettendo in risalto, quale requisito immanente e strutturale del lavoro tramite agenzia interinale, il carattere di temporaneità e segnalando il rischio di un ricorso abusivo a tale forma di lavoro in presenza di missioni successive che si protraggano per una durata che non possa, secondo canoni di ragionevolezza, considerarsi temporanea, avuto riguardo alla specificità del settore e alla esistenza di spiegazioni obiettive del ricorso reiterato a questa forma di lavoro. 3.37. In tale contesto, l'obbligo imposto agli Stati membri dall'art. 5, par. 5, prima frase, di adottare le misure necessarie per impedire il ricorso abusivo ad una successione di missioni di lavoro tramite agenzia interinale, in contrasto con le finalità della Direttiva, è chiaro, preciso e incondizionato. 3.38. Posto che l'art. 5, par. 5, cit. non può essere direttamente invocato dal lavoratore in rapporti orizzontali, cioè tra soggetti privati, la possibilità di una interpretazione conforme delle disposizioni nazionali in grado di garantire l'effetto utile alle disposizioni del diritto dell'Unione deve basarsi anche sulle disposizioni interne che disciplinano gli effetti di condotte elusive di norme imperative, e tra queste l'art. 1344 c.c., in combinato disposto con l'art. 1418. Orbene nel caso di specie le norme interne pro tempore vigenti non possono essere considerate in contrasto con la suddetta direttiva in quanto è, comunque, garantita la temporaneità delle somministrazioni in forza del combinato disposto della normativa pro tempore vigente e delle disposizioni contenute nel CCNL, di cui bisogna tener conto in forza della legislazione in materia di lavoro, e, comunque, una deroga al limite temporale previsto in generale dettata dal fatto che il lavoratore somministrato è assunto a tempo indeterminato dall'agenzia interinale non è irragionevole. In particolare anche diversamente opinando nel caso di specie applicando la suddetta giurisprudenza della Suprema Corte andrebbe, comunque, fatto riferimento al limite dei 44 mesi indicato nel CCNL come criterio del giudice per qualificare come temporanea l'attività. Né in questo caso si può adottare il limite dei 36 mesi proprio perché non si tratta un contratto a termine, ma si tratta di una somministrazione di un lavoratore assunto a tempo indeterminato e stante la suddetta previsione del CCNL. Non emergono, poi, nella fattispecie stante anche la laconicità del ricorso introduttivo elementi per configurare una frode alla legge o comunque un'elusione alla direttiva. Si evidenzia, poi, che stante la normativa pro tempore vigente non vi è neppure violazione della normativa in materia di causali, come del resto evidenziato da parte resistente nei suoi scritti difensivi, violazione enunciata peraltro in maniera assolutamente generica ( cfr. punto 6 del ricorso). Da quanto sopra esposto deriva che il ricorso deve essere rigettato. Stante la controvertibilità della fattispecie giuridica vanno compensate le spese giudiziali tra le parti. P.Q.M. Il Tribunale di Reggio Emilia, in composizione monocratica, in funzione di giudice del lavoro, ogni contraria domanda, istanza ed eccezione respinta, definitivamente pronunciando sulla causa n. 664/2021 R.G., così provvede: 1) Rigetta il ricorso. 2) Compensa integralmente le spese giudiziali tra le parti. Così deciso in Reggio Emilia il 26 febbraio 2024. Depositata in Cancelleria il 26 febbraio 2024.

  • TRIBUNALE ORDINARIO DI REGGIO EMILIA SEZIONE PRIMA CIVILE Il Tribunale, in composizione collegiale nelle persone dei seguenti magistrati: dott. Francesco Parisoli Presidente dott. Damiano Dazzi Giudice Relatore dott. Stefano Rago Giudice ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di I° Grado iscritta al n. r.g. 900/2022 promossa da: TIZIO, MEVIO, SEMPRONIO, CAIA, CALPURNIA, TACITA, con il patrocinio degli avv.ti ... ATTORI contro SENECA, con il patrocinio dell'avv....; CONVENUTO CONCLUSIONI Gli attori hanno concluso come da note scritte in sostituzione d'udienza depositate il 09/11/2023. Il convenuto ha concluso come da note di trattazione scritta depositate il 30/10/2023. MOTIVI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE 1. Con atto di citazione regolarmente notificato in data 28/02/2022, TIZIO, MEVIO, SEMPRONIO, CAIA, CALPURNIA, TACITA, cugini di FILANO, deceduto a ... (RE) in data .../.../2020, convenivano in giudizio l'erede testamentario SENECA, per sentire accertare e dichiarare, in via principale, la nullità del testamento olografo datato 22/08/2009 e pubblicato in data 11/11/2020, apparentemente riconducibile al defunto FILANO, con il quale era stato istituito erede il convenuto: nullità dedotta per carenza dei requisiti di cui all'art. 602 c.c. . Chiedevano conseguentemente di dichiarare aperta la successione legittima e di "condannare il convenuto alla restituzione dei beni ereditari acquisiti in virtù della invalidità delle disposizioni testamentarie". In via subordinata, formulavano domanda di annullamento del testamento per incapacità di intendere e volere del de cuius, ed in via di ulteriore subordine, domanda di annullamento del testamento per vizio del consenso ex art. 624 comma 1 c.c. Gli attori, a fondamento delle domande proposte, esponevano: che FILANO, deceduto a ... in data ........2020, fosse celibe, senza figli e senza parenti vicini, ed avesse vissuto da tempo in solitudine nella casa di proprietà in un contesto di grave emergenza sociale; la sua situazione di disagio era infatti conosciuta dal Servizio Sociale del Comune di..., soffrendo egli di nevrosi ansioso depressiva derivante da abuso etilico in personalità di margine, ed essendo seguito dall' anno 1997 dal Dipartimento di Salute Mentale e Dipendenze Patologiche di...; che, a seguito del decesso di FILANO, gli odierni attori, in qualità di eredi legittimi in quanto parenti entro il quarto grado (cugini), si fossero recati a ...(RE) al fine di avviare le necessarie formalità legate all'apertura della successione, ed in occasione del primo sopralluogo effettuato presso l'abitazione del de cuius, avessero constatato l'ingresso della casa chiuso da un lucchetto, che avevano poi scoperto essere stato apposto dall'odierno convenuto SENECA, titolare di un bar- ristorante posto sul ... (RE), il quale aveva affermato l'esistenza di un testamento in suo favore nel quale FILANO lo aveva nominato suo erede universale; che in occasione di un incontro tenutosi in data 21/09/2021 presso lo studio del geometra di fiducia del convenuto, il geometra aveva consegnato al loro legale una fotocopia del testamento olografo con il quale il de cuius aveva istituito erede Seneca, datato 22 agosto 2009 e pubblicato in data 11/11/2020 dal Notaio Dott. ...con studio in ...(SP), registrato il 13/11/2020 al n. ...(n. rep. ...raccolta n. ...); che una volta visionata la fotocopia del testamento consegnatogli, gli attori avevano constatato prima facie che la scrittura in questione fosse di dubbia provenienza; avevano quindi nominato un perito calligrafico (dr.ssa...), che aveva confermato nella propria relazione che l'autografia della scheda testamentarie fosse dubbia, in quanto le anomalie riscontrate avevano evidenziato l' intervento nella sua redazione anche di una mano terza che, se confermata, avrebbe inficiato la validità dell'intero atto, posto che un testamento olografo, per la sua formale validità, avrebbe dovuto essere redatto per intero da parte del testatore. Sostenevano dunque che il testamento in questione fosse nullo ai sensi degli artt. 602 e 606 cod. civ. per assenza di autografia, ovvero in subordine annullabile per incapacità del de cuius di autodeterminarsi a causa delle sue gravi patologie di carattere psichiatrico e dipendenze, ovvero in ulteriore subordine annullabile per dolo ex art. 624 comma 1 c.c., considerate la fragile personalità e le minorate facoltà mentali del de cuius, che facevano ritenere del tutto inverosimile che lo stesso avesse potuto e voluto esprimere le proprie volontà post mortem a favore di un mero conoscente (Seneca) Chiedevano quindi che, dichiarata la nullità ovvero l'annullamento del testamento olografo impugnato, fosse dichiarata aperta la successione legittima e condannato il convenuto alla restituzione dei beni ereditari acquisiti in virtù della invalidità delle disposizioni testamentarie. Con comparsa di costituzione e risposta depositata il 09/09/2022, si costituiva in giudizio il convenuto Seneca, affermandosi unico grande amico del de cuius, e sostenendo che il testamento olografo impugnato rispettasse i requisiti prescritti dagli artt. 602 e 606 c.c. Contestava la pretesa annullabilità del testamento, non essendo stata fornita prova né della incapacità di intendere e volere del testatore, né della sussistenza della fattispecie del dolo quale vizio del consenso. Concludeva quindi chiedendo di respingere le domande attoree con condanna degli attori al risarcimento dei danni per responsabilità aggravata ex art. 96 c.p.c. Assegnati i termini di cui all'art. 183, comma 6, c.p.c., la causa veniva istruita mediante CTU grafologica a firma della Dott.ssa..., la quale si avvaleva dell'ausiliario tecnico (chimico) Professor..., del Dipartimento di Chimica dell'Università di Torino. All'udienza del 09/11/2023, la causa veniva trattenuta in decisione, con assegnazione dei termini ex art. 190 c.p.c. per il deposito di comparse conclusionali e di memorie di replica. 2. Ciò premesso, la domanda principale attorea di nullità del testamento risulta fondata e merita accoglimento. Oggetto del contendere è l'impugnazione, da parte degli attori (cugini del de cuius Filano), del testamento olografo datato 22/08/2009, pubblicato in data 11/11/2020, apparentemente riconducibile a Filano, con il quale quest'ultimo aveva nominato suo erede il convenuto Seneca (per il testo della scheda testamentaria, si rimanda alla pagina 11 della relazione della CTU dr.ssa ...depositata in data 25/09/2023). Giova preliminarmente richiamare il principio giurisprudenziale, richiamato anche dalla difesa attorea nella comparsa conclusionale, secondo cui "La validità del testamento olografo esige, ai sensi dell'art. 602 cod. civ., l'autografia della sottoscrizione, della data e del testo del documento, essendo sufficiente ad escluderla ogni intervento di terzi, indipendentemente dal tipo e dall'entità, anche se il terzo abbia scritto una sola parola durante la confezione del testamento (nella specie, la parola "lasciare", in sostituzione della parola cancellata "donare"), senza che assuma rilievo , peraltro, l'importanza sostanziale della parte eterografa ai fini della nullità dell'intero testamento in forza del principio "utile per inutile non vitiatur" (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 20703 del 10/09/2013 Rv. 627712 - 01). Nel caso di specie, al fine di valutare se il testamento olografo prodotto in atti fosse stato o meno redatto per intero dall'apparente autore Filano, è stata ammessa ed espletata c.t.u. grafologica affidata alla Dott.ssa..., la quale, previa autorizzazione del Giudice relatore, si è avvalsa dell'ausiliario Prof., del Dipartimento di Chimica dell'Università di Torino. La C.T.U., nell'elaborato peritale depositato in data 25/09/2023, ha così testualmente concluso: "è tecnicamente possibile affermare che il testamento in verifica è artificioso poiché contraffatto e conseguentemente non autografo in tutte le sue parti. Il protocollo seguito porta al raggiungimento di un giudizio conclusivo di apocrifia e di alterazione della scheda testamentaria oggetto di perizia. Esaminati gli atti e i documenti di causa, esperite tutte le indagini ritenute necessarie, il testamento olografo di Filano datato 22.08.2009, pubblicato a Ministero Notaio ...in data 11.11.2020 (doc. 6 fasc. attori), è apocrifo e contraffatto, ciò detto non può dirsi frutto della mano scrivente, in tutte le sue parti, del defunto Filano, né frutto delle sue volontà". La c.t.u. ha rilevato, già ad un primo esame preliminare della scheda testamentaria, le seguenti due principali anomalie: la presenza di "ghirigori con modalità ad anellatura", che non trovano alcuna spiegazione logica; la formazione del termine "Eredità", nel quale "la lettera "E" maiuscola (da notare che non è preceduta dal punto) è, senza alcun dubbio, la correzione della lettera "p", la lettera "e" successiva è mancante mentre compare la lettera "o", la lettera "d" è la correzione delle precedenti "ri" ed è mancante la lettera "i" che dovrebbe seguire la "d"; della mancante "i" si ritrova solo il puntino" (pag. 16 CTU). In particolare, a tale ultimo proposito, come si evince chiaramente dalle due immagini riportate a pag. 20 della CTU della dr.ssa ...(estrapolate dalla relazione del Prof....), il termine "priorità" scritto nel testo originario è stato modificato - mediante la correzione della "p" in "E" e del bilettero "ri" in "di" - ed è diventato "Eredità". Altra modifica apportata al testo è consistita nel fatto che il termine originario "voi" è diventato una "o" (quella che compare al terz'ultimo rigo, prima dell'ultimo ghirigoro), e ciò si è potuto appurare tramite l'utilizzo di sofisticata strumentazione da parte del Prof. ...del Dipartimento di Chimica dell'Università di Torino (ausiliario della CTU), che ha permesso di individuare il tracciato latente sotto la lettera "o" vergata in un secondo momento a modifica dell'originario "voi" (si veda in particolare l'immagine estrapolata dalla relazione del Prof...., riportata a pagina 18 dell'elaborato peritale della dr.ssa...). La CTU ha concluso che tali correzioni (comportanti la modifica da "priorità" ad "Eredità", nonché da "voi" a "o" al terz'ultimo rigo) non sono state scritte dalla stessa mano che ha scritto le restanti parti del testo; inoltre, ha evidenziato che tali modifiche hanno concorso a dare al contenuto del documento un significato del tutto diverso (v. infra). Infatti, oltre alle summenzionate correzioni, l'ausiliario della CTU, Prof...., ha accertato la presenza di tracce di una scrittura latente sottostante alle anellature dei "ghirigori": id est la presenza di solchi scrittori che hanno consentito di individuare, tramite adeguata strumentazione tecnica, il testo latente in corrispondenza dei predetti ghirigori "ad anellatura". La scrittura latente coperta dai ghirigori, unitamente alle correzioni sopra descritte (da "priorità" a "Eredità" - da "voi" a "o"), hanno fatto emergere un contenuto del testo completamente differente, del seguente tenore (cfr. pag. 11 della relazione tecnico-scientifica 5/8/2023 del Prof....; si veda altresì, a pag. 12 di quest'ultima relazione, la "Figura 13. Documento in esame con evidenziata la scrittura latente"): "(OMISSIS) Io sottoscritto Filano (OMISSIS) dispongo che la pratica eseguita da Senecab (OMISSIS) abbia totale priorità su tutto quello che voi avete (...)dato (OMISSIS)". Non è stato possibile definire meglio l'ultima parola (pagina 12 della Relazione tecnico scientifica del Prof.... del 5/8/2023). La CTU - sulla scorta delle sopra descritte evidenze scientifiche oggettive - ha quindi concluso affermando che: "quanto esaminato manifesta sia la presenza di una preesistente scrittura individuata nelle aree in cui vengono realizzati i ghirigori, sia la correzione di alcuni termini"; il testamento in questione "presenta porzioni in cui sono state operate delle vere e proprie alterazioni"; "dette alterazioni non possono essere ricondotte alla mano del de cuius" (pag. 27 della relazione della dr.ssa....). Ciò posto, ritiene il Collegio che la controversia debba essere decisa muovendo dalle conclusioni della CTU dr.ssa...., che merita di essere condivisa per il rigore della metodologia tecnico-scientifica seguita, effettuata sulla scorta di analisi effettuate dall'ausiliario Prof. ...del Dipartimento di Chimica dell'Università di Torino con strumentazione sofisticata ed all'avanguardia (cfr. relazione tecnico scientifica in atti del 5/8/2023), che hanno consentito di far emergere evidenze sperimentali oggettive (determinazione tecnica oggettiva di solchi scrittori con emersione di un testo latente), non confutate dal convenuto con dati altrettanto oggettivi di segno contrario appartenenti alle scienze esatte. Palesemente infondato è il motivo di doglianza di parte convenuta che, nella comparsa conclusionale, ha censurato l'operato della CTU la quale, secondo il convenuto, non avrebbe allegato le "osservazioni redatte dal CTP dott. ...e dal suo ausiliario Prof. ...". In realtà la CTU, con deposito telematico in data 25/09/2023, ha depositato tutte le osservazioni tecniche delle parti (comprese quelle del dott. ...e del Prof....). Parimenti infondato risulta il motivo di censura del convenuto alla CTU per non avere la stessa dato riscontro alle osservazioni del proprio consulente tecnico di parte. Invero, non solo la CTU dott.ssa ...ha risposto alle osservazioni dei consulenti tecnici di parte (cfr. pagg. 37-38 CTU), ma il suo ausiliario Prof.... ha dedicato una apposita "NOTA TECNICO SCIENTIFICA" di ben sette pagine, datata 25/09/2023 (anch'essa allegata dalla CTU con il deposito telematico del 25/09/2023), nella quale ha puntualmente replicato sia alle osservazioni del CTP del convenuto dott...., sia a quelle del Prof..... E' stata inoltre depositata dalla dr.ssa...., sempre in data 25/09/2023, la relazione tecnico scientifica del Prof.... del 5/8/2023, nella quale quest'ultimo ha ampiamente spiegato le metodologie adottate per l'ottenimento dei dati oggettivi ivi evidenziati. Tutte le obiezioni mosse dal convenuto alle conclusioni della CTU non colgono nel segno. In particolare, pur vero che non siano emerse evidenze scientifiche (come riportato dal Prof....) circa le modalità con cui sono state cancellate le scritture preesistenti in corrispondenza dei ghirigori, né evidenze scientifiche di tracce di inchiostro nei solchi presenti al di sotto dei ghirigori; non è dato quindi sapere quale modalità sia stata applicata per attuare la rimozione delle scritte sottostanti i ghirigori. E' agevole tuttavia replicare che non sono rilevanti le modalità tecniche (di cui non vi è evidenza scientifica) con cui sono state cancellate le scritture preesistenti; ciò che invece assume rilevanza decisiva è la certezza che il testamento sia falso, se non altro perché l'originario termine "priorità" è stato modificato in "Eredità" e che tale modifica è stata eseguita da mano diversa da quella che ha scritto le restanti parti del testo; inoltre, altro indice che evidenzia chiaramente la falsità del documento è rappresentato dall'esito delle analisi del Prof...., che con strumentazione tecnica hanno consentito di individuare e decifrare delle scritture latenti proprio in corrispondenza delle cancellature a penna (ghirigori). Come riportato dal Prof.... che ha evidenziato il contenuto delle scritture latenti, è peraltro possibile leggere il testo originale del documento, che assume un significato logico del tutto differente da quello delle apparenti disposizioni testamentarie, ossia: "Io sottoscritto Filano dispongo che la pratica eseguita da Seneca abbia totale priorità su tutto quello che voi avete (...)dato" (non è stato possibile definire meglio l'ultima parola). Che il falsario abbia utilizzato la tecnica del ricalco è una mera ipotesi del CTU, che tuttavia ai fini del decidere non assume alcuna rilevanza, poiché, come si è detto, ciò che invece assume rilevanza dirimente è che il documento in questione sia falso in quanto modificato (come sopra specificato) da mano diversa dall'apparente testatore Filano, con la conseguenza che il testamento in questione risulta privo dei requisiti prescritti dagli artt. 602 e 606 cod. civ. Superfluo è chiedersi, come fa parte convenuta, per quale motivo se la tecnica fosse stata quella del ricalco il falsario avrebbe ricopiato del tutto pedissequamente il testo autentico per intero, per poi cancellarne alcune parti non utili ricoprendo gli spazi vuoti con i ghirigori. Non si tratta infatti di obiezione dirimente, se non altro perché, come osservato dal Prof.... nella nota tecnico-scientifica del 25/9/2023 (pag. 6), non è escluso che il documento scritto da Filano sia stato cancellato in alcune sue parti mediante un processo di tamponatura chimica (alcool etilico o metanolo) o mediante gel. La consulenza tecnica, pur non costituendo in linea di massima mezzo di prova, può assurgere al rango di fonte oggettiva di prova quando si risolve nell'accertamento di fatti rilevabili unicamente con l'ausilio di specifiche cognizioni o strumentazioni tecniche. Nel caso di specie le conclusioni del perito, in quanto assunte all'esito delle indagini tecniche dell'ausiliario chimico di cui si è dato conto più sopra e coerentemente argomentate, devono essere senza dubbio condivise e fatte proprie dal Tribunale. Pertanto, deve dichiararsi la falsità e dunque la nullità ai sensi degli artt. 602 e 606 c.c. del testamento olografo datato 22/08/2009, pubblicato dal Notaio ...di ...in data 11/11/2020, Repertorio n. ...Raccolta n. ... Ne consegue che, aperta la successione legittima in morte di Filano, la sua eredità debba essere devoluta agli eredi legittimi, odierni attori (cugini di Filano), essendo il de cuius celibe e senza figli, ed avendo gli altri due cugini, M.C. e M.L., rinunciato espressamente all'eredità rispettivamente in data 08/06/2022 ed in data 13/11/2023 (si vedano gli atti notarili di rinuncia all'eredità prodotti dagli attori con la comparsa conclusionale, documenti 31 e 32). 3. Gli attori hanno infine formulato domanda di petizione d'eredità in funzione recuperatoria, chiedendo la condanna del convenuto "alla restituzione dei beni ereditari acquisiti in virtù della invalidità delle disposizioni testamentarie". La domanda può essere accolta solo in termini generici, in quanto gli attori non hanno tempestivamente dedotto, entro il termine per le preclusioni assertive, quali specifici beni sarebbero stati prelevati dall'odierno convenuto. 4. Quanto infine alla regolamentazione delle spese di lite, va preliminarmente sanzionata la parte convenuta, che non ha partecipato al procedimento di mediazione senza addurre alcun giustificato motivo, come si evince dal verbale di mediazione del 03/12/2021 (documento attoreo n. 11). Pertanto, deve applicarsi nei confronti del convenuto la sanzione prevista dall'art. 8, comma 4 bis, D.Lgs. 28/2010, applicabile ratione temporis (comma aggiunto all'art. 8 del D.Lgs. 28/2010 dall'art. 84, comma 1, lettera i) del D.L. 69/2013 convertito dalla L. 98/2013), in forza del quale "il giudice condanna la parte costituita che, nei casi previsti dall'articolo 5, non ha partecipato al procedimento senza giustificato motivo, al versamento all'entrata del bilancio dello Stato di una somma di importo corrispondente al contributo unificato dovuto per il giudizio". Venendo alle spese del presente giudizio, le spese di lite seguono la soccombenza (art. 91 c.p.c.), che va ascritta alla parte convenuta. Il compenso di avvocato si liquida in dispositivo sulla base del D.M. 55/2014 come modificato dal D.M. 147/2022, secondo i valori medi ivi previsti per le fasi di studio, introduttiva, di trattazione e decisionale delle cause di valore indeterminabile (complessità bassa). Per quanto riguarda gli esborsi, si riconoscono le spese di notifica (Euro 10,65), il contributo unificato e la marca da bollo relativi all'iscrizione a ruolo (Euro 518 + Euro 27), nonché le spese di attivazione della mediazione (Euro 48,80). Non si riconoscono invece le spese della trascrizione in conservatoria della domanda giudiziale, né le spese di CTP (dr.ssa...), in quanto non documentate. Sempre in ragione del principio di soccombenza, le spese di CTU, così come già liquidate con separati decreti del 27/09/2023 e dell'08/11/2023, vanno poste in via definitiva a carico del convenuto. Parte convenuta va altresì condannata ai sensi dell'articolo 96, comma 3, c.p.c. Palese infatti che il convenuto abbia resistito in giudizio quantomeno con colpa grave, atteso che, a fronte della inequivocabile falsità del testamento così come emersa all'esito della ctu, ha continuato ad opporre resistenza, fino alla fine della causa. Il danno per la lite temeraria viene liquidato equitativamente ex art. 96, comma 3 c.p.c. in misura corrispondente al compenso di avvocato liquidato in dispositivo. P.Q.M. Il Tribunale di Reggio Emilia in composizione collegiale, definitivamente pronunciando, ogni diversa ed ulteriore istanza, eccezione e deduzione disattesa ed assorbita: 1) Dichiara la nullità del testamento olografo apparentemente redatto da Filano in data 22/08/2009, pubblicato dal Notaio Dr. ...di ...in data 11/11/2020 (Repertorio n.... Raccolta n....), con il quale è stato istituito erede il convenuto Seneca. 2) Dichiara aperta la successione legittima di Filano, nato a ... (RE) il .../.../1946 e deceduto a ... (RE) il .../.../2020, in favore degli eredi legittimi odierni attori. 3) Ordina a Seneca di consegnare agli attori tutti i beni ereditari in suo possesso. 4) Condanna il convenuto, che non ha partecipato al procedimento di mediazione senza giustificato motivo, al versamento in favore dell'Erario di una somma di importo corrispondente al contributo unificato dovuto per il presente giudizio (Euro 518,00). 5) Condanna il convenuto al pagamento, in favore degli attori in solido tra loro, delle spese di lite, che si liquidano in Euro 7.616,00 per compenso, in Euro 604,45 per esborsi, oltre IVA e CPA come per legge e rimborso delle spese forfettarie pari al 15% del compenso ex art. 2 del D.M. 55/2014. 6) Pone le spese di C.T.U., così come già liquidate con separati decreti del 27/09/2023 e dell'08/11/2023, in via definitiva a carico del convenuto. 7) Condanna il convenuto al pagamento, in favore degli attori in solido tra loro, della somma di Euro 7.616,00 ex art. 96, comma 3, c.p.c. Così deciso a Reggio Emilia nella Camera di Consiglio della prima sezione civile il 15 febbraio 2024.

  • TRIBUNALE ORDINARIO DI REGGIO EMILIA SEZIONE PRIMA CIVILE Il Tribunale, in composizione collegiale nelle persone dei seguenti magistrati: dott. Francesco Parisoli Presidente dott. Damiano Dazzi Giudice Relatore dott. Stefano Rago Giudice ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di I° Grado iscritta al n. r.g.... /2022 promossa da: X, ammessa in via provvisoria ed anticipata al patrocinio a spese dello Stato con delibera del consiglio dell'ordine degli avvocati di Reggio Emilia n. .../2022, con il patrocinio dell'avv...., elettivamente domiciliata presso lo studio del predetto difensore in VIA ...REGGIO EMILIA; RICORRENTE contro Y, con il patrocinio degli avv.ti..., elettivamente domiciliato presso lo studio dei predetti difensori in VIA ...(RE); RESISTENTE PUBBLICO MINISTERO REGGIO EMILIA INTERVENUTO CONCLUSIONI Per la ricorrente: "Voglia l'Ill.mo Tribunale, disattesa ogni contraria istanza: 1) pronunciare ai sensi dell'art. 3, n. 2), lett. b), L. 898/1970 la cessazione degli effetti civili del matrimonio concordatario contratto dai sigg.ri X e Y, iscritto nel Registro degli atti di matrimonio del Comune di ... al numero 13 P. 2 S. A anno 1983, con ordine ai competenti Ufficiali dello stato Civile di procedere alle annotazioni e trascrizioni di legge con sentenza non definitiva sul vincolo; 2) disporre a carico di Y l'obbligo di corrispondere alla ricorrente X un assegno divorzile mensile a decorrere dal momento della proposizione della domanda dell'importo di Euro 500,00 o di quel diverso importo maggiore o minore che il Tribunale riterrà di giustizia; 3) accertare e dichiarare che la ricorrente X per effetto dell'accoglimento della domanda di assegno divorzile di cui al punto 2 ha diritto ad una percentuale dell'indennità di fine rapporto che percepirà il Y all'atto della cessazione del rapporto di lavoro così come specificato nelle premesse del proprio atto introduttivo. Con riserva di ulteriormente dedurre e produrre, nonché di articolare mezzi di prova e di indicare testi, nei prefiggendi termini di legge. Con vittoria di spese ed onorari di giudizio e con ogni più ampia riserva, anche di carattere istruttorio". Per il resistente: "Voglia l'Ill.mo Tribunale di Reggio Emilia In via principale: - Pronunciare la cessazione del matrimonio di Xe Y celebrato il 25 settembre 1983 con rito civile nel comune di ... (RE) 25/9/1983 - Rigettare la domanda di assegno divorzile svolta della ricorrente. - Spese Rifuse In via subordinata - Pronunciare la cessazione del matrimonio tra X e Y celebrato in data 25/9/1983 nel comune di ... (RE) con rito civile. - Attribuire alla ricorrente un assegno divorzile quantificato nella misura di Euro 100,00 o in altra misura ritenuta equa. - Spese Rifuse" MOTIVI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE 1. Con ricorso depositato in data 03/10/2022, X chiedeva all'intestato Tribunale di dichiarare la cessazione degli effetti civili del matrimonio dalla stessa contratto in data (...)/(...)/1983 con Y, dal quale era separata in forza di sentenza di questo Tribunale pubblicata in data 03/06/2021, deducendo che, dall' unione coniugale, fosse nato, nell'anno 1985, un figlio, oggi maggiorenne ed economicamente autosufficiente. Parte ricorrente esponeva che il giudizio di separazione, definito con la sentenza sopra citata, si fosse svolto nella sua contumacia, in quanto il ricorso di separazione le era stato notificato dal marito ai sensi dell'art. 143 c.p.c., essendo ella stata costretta in precedenza ad allontanarsi dalla casa coniugale a causa delle minacce e delle condotte vessatorie perpetrate nei suoi confronti dal coniuge, ed a rivolgersi ad un centro anti-violenza, che l'aveva collocata temporaneamente in luogo secretato, pur avendo ella conservato formalmente all'indirizzo della casa coniugale la propria residenza anagrafica. Rivendicava il proprio diritto al riconoscimento di un assegno divorzile, quantificato nella misura mensile di Euro 500,00, evidenziando che negli ultimi 20 anni di vita coniugale, ella avesse prestato esclusivamente attività di lavoro casalingo, come desumibile dal "percorso lavoratore" prodotto in atti, e che fosse sprovvista di qualsivoglia mezzo di sostentamento economico nonché di capacità di produrre un reddito tale da consentirle una sia pur minima sussistenza, una volta venuto meno l'esclusivo apporto economico da parte del marito, tenuto conto della età dalla stessa raggiunta (60 anni), che la rendeva ben difficilmente ricollocabile sul mercato del lavoro, dal quale era uscita oltre 20 anni addietro in accordo con il marito, il quale "aveva trovato più conveniente, per la conduzione della vita familiare, che la moglie si occupasse della gestione della casa e della cura del figlio". Si costituiva il resistente, il quale contestava le accuse a lui rivolte in merito ad asseriti comportamenti minacciosi e vessatori che egli avrebbe posto in essere nei confronti della moglie; aderiva alla domanda di divorzio, ma si opponeva in via principale al riconoscimento dell'assegno divorzile ex adverso richiesto, ed in subordine chiedeva di quantificarlo nella misura di Euro 100,00 mensili. Deduceva che la X si fosse volontariamente allontanata dalla casa familiare nell'ottobre dell'anno 2020; che fosse comproprietaria al 50% della casa coniugale e di altro fabbricato sito nel comune di ...(CE), e che la stessa avesse svolto, seppur in modo non regolare, attività lavorativa di pulizia e/o assistenza anziani presso privati. All'udienza presidenziale del 15/11/2022, il Presidente confermava in via provvisoria quanto statuito nella sentenza di separazione (sentenza che, nella contumacia della moglie, si era limitata a dichiarare la separazione tra i coniugi). Nella seconda fase innanzi al giudice istruttore, la X, con la memoria integrativa depositata il 22/12/2022, chiedeva altresì, oltre all'assegno divorzile di Euro 500,00, che le fosse riconosciuta una percentuale dell'indennità di fine rapporto che il Y avrebbe percepito al momento della cessazione del rapporto di lavoro. Assegnati i termini di cui all'art. 183, comma 6, c.p.c., la causa, istruita esclusivamente tramite documenti, veniva trattenuta in decisione sulle conclusioni come in epigrafe trascritte, con assegnazione dei termini di cui all'art. 190 c.p.c. per il deposito di comparse conclusionali e di memorie di replica. 2. Fatte queste premesse, la cessazione degli effetti civili del matrimonio deve essere senz'altro pronunziata, ricorrendo tutti i presupposti di cui all'art. 3, numero 2, lettera b), Legge 1° dicembre 1970 n. 898 e successive modifiche, essendo passata in giudicato la sentenza pubblicata in data 03/06/2021 che ha dichiarato la separazione tra i coniugi, ed essendo trascorso il periodo minimo previsto dalla legge, senza che le parti si siano riappacificate, né abbiano ripreso la convivenza coniugale, come dimostrato dal fatto, pacifico, che la convivenza sia cessata ad ottobre 2020 e non sia stata poi più ripresa, nonché dal fallimento del tentativo di conciliazione esperito all'udienza presidenziale del 15/11/2022 e dal contenuto dei rispettivi atti difensivi e delle conclusioni rassegnate da entrambe le parti, le quali riconoscono non potersi ricostituire la comunione materiale e spirituale fra i coniugi. 3. Vanno quindi esaminate le condizioni della pronuncia di cessazione degli effetti civili del matrimonio, che riguardano esclusivamente il riconoscimento dell'assegno divorzile in favore della moglie e la domanda, da quest'ultima proposta, di riconoscimento del diritto ad una percentuale dell'indennità di fine rapporto che percepirà il marito al momento della cessazione del rapporto di lavoro. 4. Ciò posto, quanto all'assegno divorzile, ritiene il Collegio che alla ricorrente spetti tale assegno, in quanto la stessa non può considerarsi economicamente autosufficiente. La decisione sul riconoscimento o meno di un assegno divorzile alla ricorrente non può che prendere le mosse dalla pronuncia delle Sezioni Unite (S.U. Cass. n. 18287/2018), che ha diffusamente trattato il tema dell'assegno divorzile. I principi enucleati devono quindi intendersi qui richiamati, nel rispetto della funzione nomofilattica della Suprema Corte. In estrema sintesi, l'assegno divorzile è dovuto laddove, una volta verificata una disparità economica tra i coniugi, un coniuge risulti non economicamente autosufficiente, oppure laddove lo squilibrio economico tra le parti trovi la sua radice causale nel sacrificio, da parte del coniuge più debole, di aspettative professionali e reddituali per aver anteposto ad esse il ménage familiare, fornendo un contributo fattivo alla formazione del patrimonio comune o a quello dell'altro coniuge a discapito delle proprie condizioni economiche e lavorative. Con la nota sentenza a SU n. 18287/2018, la Suprema Corte si è discostata dal precedente orientamento espresso dalla prima sezione nella sentenza n. 11504 del 2017, che individuava in via esclusiva nel parametro dell'autosufficienza economica il presupposto della spettanza o meno dell'assegno. Tuttavia, ciò non significa che sia venuta meno la natura anche tipicamente assistenziale dell'assegno divorzile (la stessa motivazione della sentenza delle Sezioni Unite n. 18287/2018 fa riferimento anche alla funzione di natura assistenziale), nel caso in cui uno dei coniugi si trovi incolpevolmente in condizioni di non autosufficienza e nel contempo sussista uno squilibrio economico rispetto alle condizioni dell'altro. Sul punto è intervenuta più volte la Cassazione, dopo le succitate Sezioni Unite, evidenziando come "..l'assegno di divorzio abbia una funzione assistenziale, imprescindibile ma in pari misura compensativa e perequativa, cosicché può ritenersi che, anche alla luce della nuova elaborazione ermeneutica dell'art. 5, comma 6, deve essere riconosciuto il diritto all'assegno divorzile, nell'ipotesi di effettiva e concreta non autosufficienza economica del richiedente, anche ove non possano essere valutati altri criteri, ancorché equiordinati, previsti nella norma, in virtù del rilievo primario dei principi solidaristici di derivazione costituzionale che informano i modelli relazionali familiari, sempre previo preliminare esame comparativo delle condizioni economico patrimoniali delle parti.." (cfr. Cass. Sez. I, Ordinanza n. 21926 del 30/08/2019 n. 21926/2019, Cass. Sez. 6 -1, Ordinanza n. 18681 depositata il 09/09/2020). Tale ipotesi della non autosufficienza economica ricorre nella fattispecie. L'esame comparato della situazione reddituale delle parti attesta innanzitutto una palese disparità economica tra i coniugi. La moglie (nata il (...)/(...)/1964) ha l'età di 59 anni, è ammessa al patrocinio a spese dello Stato, e dal "PERCORSO LAVORATORE" aggiornato al 26/04/2022 dalla stessa prodotto al documento n. 7), risulta che l'ultimo lavoro da lei svolto risalga al mese di gennaio dell'anno 1999. Non è contestato che, durante il matrimonio, ella abbia lasciato il lavoro in accordo con il marito. Il lungo periodo di assenza dal mondo lavorativo trascorso dalla moglie in costanza di convivenza matrimoniale, fa ritenere che il marito avesse quantomeno implicitamente accettato e tollerato, per comportamento concludente, che la moglie non lavorasse e che si dedicasse a tempo pieno alla conduzione della vita familiare (fatto, peraltro, non contestato). E' stato poi riconosciuto dallo stesso convenuto che egli abbia lavorato come dipendente, per oltre 40 anni, con mansione di macellaio disossatore, e ciò consente di presumere che, in costanza di matrimonio, il nucleo familiare si reggesse economicamente in gran parte sui redditi del marito. E' pacifico e documentato che, nel mese di ottobre dell'anno 2020, la moglie abbia lasciato la casa coniugale rivolgendosi ad un'associazione che tutela le donne maltrattate, che le ha fornito sostegno, vitto, rimborso spese mediche ed alloggio in luogo secretato, in cambio di una attività lavorativa di assistenza domiciliare che la stessa X avrebbe dovuto prestare (documento n. 4-ter ricorso). Ad oggi la ricorrente risulta avere residenza anagrafica presso la sede del Comune di ..., con la denominazione "Convivenza senza fissa dimora - Servizio Sociale" (cfr. certificato di residenza di cui al documento attoreo n. 8, aggiornato al 29/06/2022). Venendo ai redditi del resistente, le sue dichiarazioni dei redditi versate in atti, relative agli anni di imposta 2017, 2018, 2019, 2020 e 2021, riportano un reddito di lavoro dipendente, al netto dell'irpef e delle addizionali dovute, pari, in media, a circa Euro 2.500 al mese per dodici mensilità. Egli è comproprietario della casa coniugale, sita in ... (RE), via..., nella quale risiede, e non ha quindi spese locative a suo carico per la propria sistemazione abitativa. Ha documentato di essere stato sottoposto in data 15/02/2023 ad un intervento chirurgico con "diagnosi di rottura del sovraspinato spalla dx", come da certificati medici allegati agli atti al documento n. 10; malattia che gli ha comportato una astensione solo temporanea dall'attività lavorativa, non avendo pertanto egli dimostrato che il suo stato di salute abbia determinato una permanente riduzione della sua capacità lavorativa, né se, ed in che misura, dette condizioni di salute abbiano determinato una contrazione strutturale del suo reddito. Ciò posto, descritte le condizioni reddituali dei due coniugi, osserva il Collegio che i dati sopra riportati, da un lato, rivelino un palese squilibrio economico a tutto vantaggio del resistente, e dall'altro portino a far ritenere che la ricorrente, ormai prossima al compimento (nel luglio 2024) del sessantesimo anno di età - in ragione della età raggiunta, della prolungata assenza dal mondo del lavoro protrattasi per lungo tempo durante il matrimonio in accordo con il marito - abbia oggi remote possibilità di reperire mezzi economici idonei a garantirle una vita dignitosa. Va precisato al riguardo che l'attitudine al lavoro del coniuge, quale elemento di valutazione della sua capacità di guadagno, assuma rilievo nella misura in cui consenta al coniuge stesso l'effettiva possibilità di svolgere un'attività lavorativa da cui trarre un reddito adeguato per provvedere al proprio sostentamento. Nel caso di specie, invece, la portata della capacità di guadagno della ricorrente appare alquanto ridimensionata, se si considera la natura temporanea e precaria dell'unica attività lavorativa come collaboratrice domestica di recente svolta tra la fine del 2020 ed il 2021 (cfr. documento n. 4-ter ricorrente e documento n. 9 fasc. resistente). La ricorrente è sì comproprietaria al 50% della casa coniugale (immobile peraltro da lei non usufruito essendo abitato dal marito e dal figlio), ma la eventuale liquidazione della sua quota così come prospettata dal convenuto (da quest'ultimo stimata in Euro 61.500,00) potrebbe al più garantirle di reperire un'abitazione, ma non sarebbe sufficiente ad assicurarle un reddito adeguato per il suo sostentamento. In ordine al quantum dell'assegno divorzile, deve essere valorizzata la notevole durata del matrimonio (37 anni dalla celebrazione in data 25/09/1983 sino alla cessazione della convivenza nel mese di ottobre del 2020), periodo nel quale ben può presumersi che la moglie abbia dato al ménage familiare un apporto comunque significativo, essendo pacifico che ella abbia smesso di lavorare come collaboratrice domestica quantomeno nell'anno 2008 (cfr. documento n. 9 fasc. resistente), e che, di contro, il marito abbia sempre continuato a lavorare come dipendente di una macelleria (con reddito mensile netto che, in media, dal 2017 al 2021, si è attestato attorno ai 2.500 euro al mese). Appare quindi meritevole di accoglimento la domanda della ricorrente volta al riconoscimento di un assegno divorzile pari ad Euro 500,00 mensili, rivalutabili annualmente secondo gli indici Istat, da versarsi entro il giorno 10 di ogni mese. 5. Quanto alla domanda della ricorrente relativa "ad una percentuale dell'indennità di fine rapporto che percepirà il Y all'atto della cessazione del rapporto di lavoro", la domanda è inquadrabile nell'art. 12 bis l. 898/1970, secondo il quale il coniuge nei cui confronti sia stata pronunciata sentenza di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio ha diritto, se non passato a nuove nozze ed in quanto sia titolare dell'assegno divorzile, ad una percentuale dell'indennità di fine rapporto percepita dall'altro coniuge all'atto della cessazione del rapporto di lavoro anche se l'indennità viene a maturare dopo la sentenza (comma 1). Tale percentuale è pari al quaranta per cento dell'indennità totale riferibile agli anni in cui il rapporto di lavoro è coinciso con il matrimonio (comma 2). Come affermato dalla giurisprudenza di legittimità, "Il diritto del coniuge divorziato, che sia anche titolare dell'assegno di cui all'art. 5, comma 6 della l. n. 898 del 1970, ad ottenere la quota del trattamento di fine rapporto dell'ex coniuge sorge nel momento in cui quest'ultimo matura il diritto a percepire detto trattamento e, dunque, al tempo della cessazione del rapporto di lavoro, anche se il relativo credito è esigibile solo quando - e nei limiti in cui - l'importo è effettivamente erogato" (Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 24403 dell'8/8/2022). Nel caso di specie non vi è prova che il rapporto di lavoro del resistente sia cessato. La domanda pertanto va dichiarata inammissibile. 6. Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo in favore dello Stato, essendo la ricorrente ammessa al patrocinio a spese dello Stato, secondo i criteri ed i parametri previsti dal D.M. 55/2014 così come modificato dal DM 147 del 13/08/2022. P.Q.M. Il Tribunale di Reggio Emilia, definitivamente decidendo nella causa in epigrafe indicata, ogni diversa domanda, istanza, eccezione disattesa: 1) PRONUNCIA la cessazione degli effetti civili del matrimonio contratto a ... (RE) in data 25/09/1983 tra Ylo e X, trascritto nel Registro degli Atti di Matrimonio del Comune di ... (Atto n. 13, Parte 2, Serie A, anno 1983). 2) ORDINA all' Ufficiale dello Stato Civile del Comune di ... di procedere all'annotazione della presente sentenza. 3) PONE a carico del resistente l'obbligo di corrispondere alla ricorrente, a titolo di assegno divorzile, entro il giorno 10 di ogni mese, l'importo di Euro 500,00, rivalutabile annualmente secondo gli indici ISTAT. 4) DICHIARA inammissibile la domanda della ricorrente di riconoscimento di una percentuale dell'indennità di fine rapporto del resistente. 5) CONDANNA il resistente al pagamento in favore dello Stato delle spese di lite, che liquida in Euro 4.750,00 per compenso, oltre IVA e CPA come per legge e rimborso delle spese forfettarie nella misura del 15% del compenso. Così deciso nella Camera di Consiglio della sezione prima civile del Tribunale di Reggio Emilia in data 8 febbraio 2024.

  • TRIBUNALE ORDINARIO DI REGGIO EMILIA PRIMA SEZIONE CIVILE Il Tribunale di Reggio Emilia, composto dai seguenti magistrati: Francesco PARISOLI Presidente Damiano DAZZI Giudice Stefano RAGO Giudice rel. ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa di I grado iscritta al n. 2594/2023 R.G. promossa da X , C.F. (...), nata a (...) (RE) il (...) (...) 1969; rappresentata e difesa dall'avv. ...come da procura allegata al ricorso introduttivo ed elettivamente domiciliata presso il suo studio in Reggio Emilia, Via ... - attrice - nei confronti di Y , C.F. (...), nato a (...) (RE) il (...) (...) 1965; rappresentato e difeso dall'avv. ...come da procura allegata alla comparsa di costituzione e risposta ed elettivamente domiciliato presso il suo studio in Carpi (MO), Via ... - convenuto - con l'intervento del PUBBLICO MINISTERO, in persona del Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Reggio Emilia; - interventore ex lege - OGGETTO: modifica delle condizioni di divorzio. CONCLUSIONI Per PARTE ATTRICE: Contrariis reiectis, in via principale: - previa dichiarazione della raggiunta indipendenza economica dei figli, R., N. e T., ridurre ad euro 50,00 il mantenimento complessivamente dovuto dalla ricorrente per il mantenimento solo della figlia Caterina oltre alle spese straordinarie come da Protocollo del Tribunale di Reggio Emilia nella misura del 20% o in quella misura che l'Ill.mo Giudice adito riterrà, con decorrenza dalla raggiunta indipendenza economica di ciascun figlio o in subordine con decorrenza dalla data della presente domanda. - disporre che il pagamento del mantenimento della figlia Caterina nella misura di euro 50,00 mensili o in quella misura che l'Ill.mo Giudice riterrà, venga pagato direttamente alla figlia, avendo la medesima già raggiunto la maggiore età. Si chiede l'acquisizione ex art. 210 c.p.c. delle buste paga e dei contratti di lavoro di Y R., Y N. e Y T. nonché le ultime tre dichiarazioni dei redditi di Y e gli estratti conto bancari e finanziari degli ultimi tre anni sempre di Y. Si insite perchè sia ordinato a controparte e ai datori di lavoro di R., T. e N. di produrre ex art. 210 c.p.c. le buste paga da inizio rapporto e i contratti di lavoro, come già richiesto nei precedenti atti. Si chiede che l'Ill.mo Giudice voglia ordinare a controparte e a (...) s.p.a. di produrre ex art. 210 c.p. gli estratti del conto corrente n.... intestato a Y relativi agli ultimi 3 anni. Si chiede che l'Ill.mo Giudice voglia ordinare a controparte e all'INPS di Reggio Emilia ex art. 210 c.p.c. la produzione della domanda di assegno unico dalla quale si evince che lo stesso Y nel marzo 2022 (data di istituzione dell'assegno unico) dichiarava già all'epoca di avere solo due figli a carico, ammettendo che R. in quella data era già economicamente indipendente. si chiede che l'Ill.mo Giudice voglia ordinare a controparte e ad (...) spa ex art. 210 c.p.c. la produzione degli atti di acquisto degli strumenti finanziari, titoli, fondi e gestioni SICAV e quant'altro avente come intestatario e/o beneficiario il sig. Y nonché di tutta la documentazione riguardante frutti e movimentazioni dei medesimi, ivi compresi cedole di pagamento ed eventuali cessioni e/o richieste di rimborso-liquidazione. Si chiede altresì che sia ordinato a controparte la produzione ex art. 210 c.p.c. della DSU ISEE (dichiarazione sostitutiva unica per il calcolo ISEE inoltrata negli anni 2021, 2022 e 2023 da Y) nonché la relativa attestazione ISEE poiché in esse è indicata la titolarità di tutti gli strumenti finanziari di cui gode controparte. Per PARTE CONVENUTA: Nel merito: A. Rigettare la domanda proposta dalla ricorrente siccome infondata in fatto ed in diritto; In via riconvenzionale: B. Premessa ogni eventuale istruttoria del caso, aumentare l'assegno di mantenimento dovuto dalla madre X al padre Y per le figlie T., N. e Caterina, maggiorenni ma non economicamente autosufficienti, disponendo che il mantenimento sia corrisposto al padre convivente Y che ne sostiene direttamente il costo, nella misura che si ritiene adeguata e di giustizia alla luce anche dell'aumentato patrimonio e della redditività inespressa dalla Sig.ra X; disporre che le spese mediche/paramediche/riabilitative comunque finalizzate a migliorare la qualità di vita di Caterina rispetto alla grave patologia che l'affligge, siano da rimborsare anche se non preconcordate, nonché disporre, per tutte e tre le figlie T., N. e Caterina, l'aumento del contributo che la madre deve per le spese extra dal 30% al 50%, o quella diversa misura che sarà ritenuta di giustizia. Darsi atto che Caterina Y, essendo divenuta maggiorenne, non è più affidata al servizio sociale. In via meramente subordinata: C. Nella denegata e non creduta ipotesi che l'attuale assegno di mantenimento, oggi portato ad euro 232,00 per aumento ISTAT di legge, sia ritenuto adeguato, confermare la misura di esso nonostante il figlio R. abbia formato una propria famiglia, come conseguenza del fatto notorio della crescita delle altre tre figlie conviventi con aumentate esigenze esistenziali e sanitarie dovute alla malattia insorta in Caterina; in ogni caso: D. Con vittoria di spese competenze ed onorari di causa. E. con ogni ulteriore eventuale declaratoria del caso e di legge e con condanna ex art. 96 cpc per la evidente temerarietà della lite, avendo peraltro questa difesa già illustrato la ritenuta infondatezza all'avversario, ben prima che controparte agisse (doc.19) una vertenza che poteva essere evitata. FATTI DI CAUSA 1. Y e X sono genitori di R. (nato il (...) (...) 1994), T. (nata il (...) (...) 1999), N. (nata il (...) (...) 2002) e Caterina (nata il (...) (...) 2005). I rapporti genitoriali sono retti dalla sentenza di divorzio n. 584/2019 pronunciata dal Tribunale di Reggio Emilia in data 4 aprile 2019 che, per quanto ancora qui rileva, ha posto a carico della X l'obbligo di versare all'ex coniuge, a titolo di contributo al mantenimento di tutti e quattro i figli, la somma complessiva di Euro 200,00 al mese e di partecipare alle spese straordinarie in misura pari al 30%. 2. Con ricorso ex art. 473 bis.29 c.p.c., depositato in data 26 giugno 2023, X, sul presupposto che i figli R., N. e T. erano divenuti nel frattempo economicamente autosufficienti, ha chiesto la riduzione dell'obbligo contributivo ad Euro 50,00 al mese e della percentuale di partecipazione alle spese straordinarie al 20% per il mantenimento della sola figlia Caterina, instando per il versamento diretto a quest'ultima. 3. Costituito con comparsa depositata in data 26 settembre 2023, Y ha chiesto il rigetto delle domande della ricorrente e, in via riconvenzionale, pur riconoscendo di non avere più diritto a ricevere un assegno per il figlio R., l'aumento del contributo al mantenimento dei figli N., T. e Caterina nella misura ritenuta di giustizia, con condanna della controparte ex art. 96 c.p.c. 4. Il decreto di fissazione udienza è stato regolarmente comunicato a mezzo PEC in data 4 luglio 2023 al Pubblico Ministero, il quale è stato dunque messo in condizione di intervenire nel presente procedimento (Cass. 10894/2005). Scambiate le memorie ex art. 473 bis.17 c.p.c., alla prima udienza del 2 novembre 2023 sono state sentite le parti personalmente ed è stato esperito infruttuosamente il rituale tentativo di conciliazione. Acquisita documentazione afferente alle delazioni ereditarie in favore di entrambe le parti nonché i rapporti lavorativi delle figlie T. e N., la causa, ritenuta matura per la decisione, è stata rinviata per la rimessione in decisione, con assegnazione dei tre termini perentori di cui all'art. 473 bis.28 c.p.c. All'udienza del 1° febbraio 2024 la causa è stata rimessa in decisione. RAGIONI DELLA DECISIONE 1. Le domande di parte attrice sono parzialmente fondate. Il giudizio è sufficientemente istruito su base documentale ed all'esito della trattazione può essere definito senza l'assunzione di ulteriori mezzi istruttori, disponendo il Collegio di tutti gli elementi necessari per la decisione. Epurate le narrazioni di entrambe le parti dalle irrilevanti considerazioni afferenti al rimborso delle pregresse spese straordinarie ed allo svolgimento delle pregresse dinamiche genitoriali, il giudizio ha ad oggetto esclusivamente questioni di natura economica afferenti al mantenimento dei quattro figli. A riguardo, giova ricordare che, come è noto, la sentenza di divorzio è modificabile in relazione alla sopravvenienza di fatti nuovi, che abbiano alterato la situazione preesistente, mutando i presupposti in base ai quali erano state stabilite le precedenti condizioni, essendo, pertanto, oggetto della procedura l'accertamento della esistenza dei "giustificati motivi" (art. 473 bis.29 c.p.c.) che autorizzano la modificazione delle condizioni del divorzio, intesi quali fatti nuovi sopravvenuti, modificativi della situazione in relazione alla quale la sentenza era stata emessa, e dovendosi peraltro escludere dal novero dei fatti rilevanti quelli che avrebbero potuto farsi valere nel precedente giudizio (Cass. 3149/2001). Nella specie, occorre esaminare la posizione di ciascun figlio. 1.1. È pacifico che il figlio R., oltre ad essersi recentemente sposato (in data 8 settembre 2023), ha, soprattutto, cessato la convivenza col Y (cfr. Cass. 18075/2013 e Cass. 11320/2005, secondo cui la legittimazione del genitore a continuare a percepire iure proprio dal coniuge separato o divorziato il contributo per il mantenimento del figlio maggiorenne, anche a prescindere della mancanza di autosufficienza economica, va esclusa in difetto del requisito della coabitazione con il figlio), nonostante abbia conservato la formale residenza presso l'abitazione paterna, sicché, tenuto anche conto dell'espressa rinuncia del Y all'assegno per il mantenimento di R., dev'essere disposta la revoca dell'obbligo contributivo a carico della madre. La revoca dev'essere disposta con decorrenza dalla domanda (cfr. Cass. 12708/2023 e Cass. 16173/2015, secondo cui la decisione giurisdizionale di revisione non può avere decorrenza anticipata al momento dell'accadimento innovativo rispetto alla data della domanda di modificazione), perché R., già in quel momento, era economicamente autosufficiente, svolgendo da oltre un anno stabile attività lavorativa presso la (...) s.p.a. con retribuzione netta di Euro 1.500,00 circa al mese. 1.2. È altrettanto pacifico che la figlia Caterina, che è affetta da sclerosi multipla (cfr. certificato sub doc. 13 del convenuto) ed ha raggiunto la maggiore età da soli sette mesi, non sia economicamente autosufficiente e che, pertanto, la madre dovrà continuare a versare un assegno per il suo mantenimento. 1.3. È invece controversa tra le parti la condizioni di indipendenza economica delle figlie N. e T.. Com'è noto, la norma di riferimento per il figlio maggiorenne ma non indipendente economicamente è l'art. 337 septies c.c. il quale, al comma 1, prevede che "valutate le circostanze, può disporre in favore dei figli maggiorenni non indipendenti economicamente il pagamento di un assegno periodico" e che l'assegno "è versato direttamente all'avente diritto", salvo diversa determinazione del giudice. Tale norma è interpretata dalla giurisprudenza di legittimità alla luce del principio di autoresponsabilità e del concetto di capacità lavorativa, intesa come idoneità al reddito e adeguatezza a svolgere un lavoro remunerato. L'obbligo di mantenere il figlio non cessa automaticamente con il raggiungimento della maggiore età ma si protrae, qualora questi, senza sua colpa, divenuto maggiorenne, sia tuttavia ancora dipendente dai genitori (Cass. 32529/2018). Tuttavia, il figlio divenuto maggiorenne ha diritto al mantenimento a carico dei genitori soltanto se, ultimato il prescelto percorso formativo scolastico, dimostri, con conseguente onere probatorio a suo carico, di essersi adoperato effettivamente per rendersi autonomo economicamente, impegnandosi attivamente per trovare un'occupazione in base alle opportunità reali offerte dal mercato del lavoro, se del caso ridimensionando le proprie aspirazioni, senza indugiare nell'attesa di una opportunità lavorativa consona alle proprie ambizioni (Cass. 17183/2020 e Cass. 27904/2021). Di conseguenza, deve escludersi che l'assegno di mantenimento persegua una funzione assistenziale incondizionata dei figli maggiorenni disoccupati, di contenuto e durata illimitata, dovendo il relativo obbligo venire meno nel caso in cui il mancato raggiungimento dell'indipendenza economica si possa ricondurre alla mancanza di un impegno effettivo verso un progetto formativo rivolto all'acquisizione di competenze professionali o dipenda esclusivamente da fattori oggettivi contingenti o strutturali legati all'andamento dell'occupazione e del mercato del lavoro (Cass. 18785/2021). A tal fine, la cessazione dell'obbligo di mantenimento dei figli maggiorenni non autosufficienti deve essere fondata su un accertamento di fatto che abbia riguardo all'età, all'effettivo conseguimento di un livello di competenza professionale e tecnica (in relazione alle occupazioni ed al percorso scolastico, universitario e post-universitario del soggetto, comunque compatibile con le condizioni economiche dei genitori), all'impegno rivolto verso la ricerca di un'occupazione lavorativa (anche in relazione alla situazione attuale del mercato del lavoro, con specifico riguardo al settore nel quale il medesimo abbia indirizzato la propria formazione e la propria specializzazione) nonché, in particolare, alla complessiva condotta personale tenuta, da parte dell'avente diritto, dal momento del raggiungimento della maggiore età (Cass. 38366/2021, Cass. 5088/2018, Cass. 12952/2016). A riguardo, deve precisarsi che costituisce un elemento rilevante il raggiungimento di un'età nella quale il percorso formativo e di studi, nella normalità dei casi, è concluso, posto che la condizione di persistente mancanza di autosufficienza economico reddituale, in mancanza di ragioni individuali specifiche (di salute, o dovute ad altre peculiari contingenze personali, o dovute ad un ciclo formativo da concludere se intrapreso e proseguito concretamente) costituisce un indicatore forte d'inerzia colpevole (Cass. 5088/2018). È stato puntualizzato, inoltre, come la valutazione debba necessariamente essere condotta con "rigore proporzionalmente crescente, in rapporto all'età dei beneficiari, in modo da escludere che tale obbligo assistenziale, sul piano giuridico, possa essere protratto oltre ragionevoli limiti di tempo e di misura" (Cass. 12952/2016, Cass. 12477/2004). Infine, sotto il profilo del riparto dell'onere probatorio, il genitore che chieda la cessazione dell'obbligo al mantenimento è sufficiente che alleghi circostanze di fatto da cui desumere in via presuntiva l'estinzione dell'obbligazione dedotta facendo valere, in rapporto all'età dell'avente diritto, il conseguimento del titolo professionale e la mancata attivazione del figlio maggiorenne nel reperimento di una occupazione adeguata (Cass. 5088/2018), mentre il genitore che si opponga a tale domanda è tenuto provare, in applicazione del principio di vicinanza della prova, non solo la mancanza di indipedenza economica da parte del figlio maggiorenne (che è la precondizione del diritto preteso) ma l'incolpevolezza di quest'ultimo per il mancato raggiungimento di tale condizione, e cioè che il figlio medesimo abbia curato, con ogni possibile impegno, la propria preparazione professionale o tecnica ed abbia, con pari impegno, operato nella ricerca di un lavoro (Cass. 38366/2021 e Cass. 17183/2020). Nel caso di specie, T., che oggi ha 24 anni, si è laureata in Lingue e Culture Europee nell'ottobre 2022 e da quello stesso mese lavora presso ...soc. coop. con contratto a tempo indeterminato part time (cfr. doc. 25 del convenuto) e con retribuzione media pari ad Euro 1.180,00 al mese (cfr. buste paga da marzo a settembre 2023 sub doc. 26 del convenuto). Anzitutto, deve escludersi che, diversamente da quanto sostenuto dal convenuto, l'attività lavorativa svolta da T. possa essere considerata come un "lavoretto", e ciò in ragione dell'entità dello stipendio, della natura del contratto di lavoro nonché della pertinenza del suddetto impiego al percorso di studi. Deve ritenersi piuttosto che la figlia sia economicamente indipendente: ella, infatti, da più di un anno svolge un'attività lavorativa coerente con il suo percorso formativo e percepisce una retribuzione assolutamente adeguata al suo titolo di studi, non modesta e pienamente in linea con quella praticata nell'attuale mercato, la cui entità è tale da assicurarle un'autosufficienza economica. Ed in senso contrario non possono essere valorizzate né l'iscrizione, per l'anno accademico 2023/2024, al primo anno del Corso di Laurea Magistrale in Economia, politiche pubbliche e sostenibilità presso l'Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia (della durata di due anni) (cfr. doc. 27 del convenuto), né la frequentazione del Master Esperto Progetti Finanziamenti e Fondi Europei (MEFFE) presso l'Università degli Studi di Bologna (cfr. doc. 35 del convenuto). In disparte il fatto che non risulta che, diversamente da quanto dedotto dal convenuto, la ragazza abbia alcuna intenzione di rassegnare le dimissioni per dedicarsi esclusivamente agli studi, in ogni caso si tratterebbe di una circostanza ininfluente, sia perché la personale decisione del figlio di riprendere gli studi ed intraprendere un altro e diverso percorso universitario dopo il completamento di quello precedente - al fine di accrescere la propria cultura generale o anche solo per avere maggiori e migliori opportunità lavorative - non può più gravare economicamente sui genitori, sia perché, soprattutto, il diritto del genitore di ottenere un assegno per il mantenimento del figlio maggiorenne convivente è da escludere quando quest'ultimo abbia iniziato ad espletare un'attività lavorativa, così dimostrando il raggiungimento di una adeguata capacità e determinando la cessazione del corrispondente obbligo di mantenimento ad opera del genitore, con la conseguenza che non assume rilievo il sopravvenire di circostanze ulteriori (come, ad esempio, l'eventuale perdita dell'occupazione, il negativo andamento dell'attività commerciale dal medesimo espletata, le condizioni di salute, ecc.), le quali, se pur determinano l'effetto di renderlo privo di sostentamento economico, non comportano la reviviscenza dell'obbligo del genitore al mantenimento, i cui presupposti siano già venuti meno (Cass. 6509/2017, Cass. 1585/2014, Cass. 1761/2008, Cass. 26259/2005, Cass. 12477/2004, Cass. 26259/1995). Pertanto, l'obbligo di contribuire al mantenimento (ordinario e straordinario) della figlia T. dev'essere revocato, anch'esso con decorrenza dalla domanda. Invece, N., che oggi ha 21 anni, si è diplomata nel 2021 e, dopo avere svolto Servizio civile presso il Comune di Reggio Emilia con un rimborso mensile di Euro 444,30 (art. 115 c.p.c.), da luglio 2023 è stata assunta da.... e lavora come assistente bibliotecario presso la Biblioteca ....di Reggio Emilia con contratto a chiamata e con retribuzione media netta pari ad Euro 645,00 al mese (cfr. contratti e cedolini sub docc. 24, 32, 33, 34, 38, 39 del convenuto). Si è iscritta al corso Tecnico di Disegno e Progettazione Industriale - Industrial Designer presso IFOA, che, come si apprende dalla consultazione del sito internet dedicato (cfr. doc. 67 dell'attrice), è gratuito, è iniziato il 18 dicembre 2023, prevede 800 ore con una frequenza "a tempo pieno da lunedì a giovedì e al venerdì mattina per un massimo di 32 ore settimanali", e terminerà nel maggio 2025 (cfr. dichiarazioni del difensore del convenuto a verbale d'udienza del 1° febbraio 2024). A differenza della sorella, N. ha conseguito il diploma soltanto da due anni ed in questo lasso temporale, dopo avere vissuto l'esperienza formativa e civile al servizio del Paese, ha lavorato soltanto per pochi mesi con un contratto estremamente precario ed una retribuzione assai modesta (cfr. Cass. 40282/2021, secondo cui "non ogni attività lavorativa a tempo determinato è idonea a dimostrare il raggiungimento della menzionata autosufficienza economica, che può essere esclusa dalla breve durata del rapporto o dalla ridotta misura della retribuzione"), sicché non può ritenersi che la ragazza, pur volenterosa, abbia mai raggiunto l'autosufficienza economica né abbia ancora fatto stabile ingresso nel mondo del lavoro. Né può biasimarsi o comunque considerarsi impropria la decisione di intraprendere alla sua giovane età un percorso professionalizzante - peraltro gratuito e dunque senza costi a carico dei genitori - idoneo ad offrirle maggiori e più gratificanti opportunità di inserimento nel mercato del lavoro. Dagli elementi processuali acquisiti deve ritenersi che la ragazza stia portando avanti entrambi gli impegni, sia quello lavorativo che quello formativo: infatti, N. si è mostrata sorpresa a fronte della possibilità, paventata dalla madre, che abbandonasse il lavoro a seguito dell'inizio del corso (cfr. doc. 64 dell'attrice), e d'altronde lo stesso padre, nella comparsa conclusionale (cfr. pagina 5), ha precisato che l'attività lavorativa verrà "conciliata" con la frequenza al corso post-diploma, che, avuto riguardo al relativo calendario (cfr. doc. 40 del convenuto), non pare essere del tutto incompatibile con lo svolgimento di quell'occupazione lavorativa (cfr. anche verbale d'udienza del 1° febbraio 2024 là dove il difensore del convenuto ha riconosciuto che l'attività lavorativa è proseguita, seppure in orario asseritamente ridotto, anche nel mese di gennaio 2024). Pertanto, poiché N. rimane allo stato priva di indipendenza economica, la X dovrà continuare a contribuire al suo mantenimento, nonostante nella determinazione dell'assegno non si possa non considerare che la ragazza sta percependo una seppur modesta retribuzione. 1.4. A questo punto occorre esaminare unitariamente, in quanto connesse, le domande di riduzione e di aumento del contributo al mantenimento della prole (ossia di Caterina e N.) proposte, rispettivamente, dall'attrice e dal convenuto. La sentenza di divorzio ha determinato complessivamente in Euro 200,00 il contributo al mantenimento dei quattro figli a carico della madre, senza precisare l'ammontare di ciascun singolo contributo, ed ha ripartito le spese straordinarie in misura pari al 30% a carico della madre ed al 70% a carico del padre. Tale assegno, rivalutato all'attualità, è pari ad Euro 232,00. Nella suddetta sentenza, pronunciata nell'aprile 2019, si dava atto che - da un lato - la X era impiegata comunale part time con una retribuzione di Euro 1.150,00 al mese, che non aveva dimostrato le ragioni di una scelta occupazionale solo parziale, che viveva in un appartamento in locazione con un canone di Euro 410,00 al mese e che era proprietaria di un immobile in una località di villeggiatura, e che - dall'altro lato - il Y era titolare di un reddito più elevato, pari ad Euro 2.600/2.700,00 al mese per 14 mensilità. Orbene, X continua a lavorare come bibliotecaria ma risulta ora percepire una retribuzione netta, calcolata nella media degli ultimi due anni, pari ad Euro 1.499,25 (cfr. accrediti degli stipendi sul conto corrente sub doc. 15 dell'attrice, pari ad Euro 17.657,22 nel 2021 e ad Euro 18.325,01 nel 2022), dunque maggiore rispetto all'accertamento effettuato nel giudizio divorzile. Questo dato si traduce nelle disponibilità di maggiori entrate mensili nette, che risultano essere pari ad Euro 1.580,00 circa (cfr. Mod. 730 sub docc. 12, 13 e 14 dell'attrice da cui risultano redditi netti, al netto di IRPEF netta e addizionali locali, pari ad Euro 18.250,00 circa nel 2019, ad Euro 20.650,00 circa nel 2020, ad Euro 18.050,00 nel 2021). Inoltre, la X ed il fratello Daniele sono succeduti mortis causa alla madre (...), deceduta in data 30 maggio 2023, la quale ha lasciato loro la piena proprietà di un immobile ad uso abitativo (di 6,5 vani) con due garage in Via (...) (RE) (del valore catastale complessivo di Euro 66.153,00), che può essere venduto (da un recente annuncio di un'agenzia immobiliare risulta che l'immobile è stato posto in vendita al prezzo di Euro 193.000,00: cfr. doc. 37 del convenuto) o comunque messo a reddito, nonché il saldo attivo di due rapporti bancari pari complessivamente ad Euro 38.841,00, di cui Euro 19.420,50 spettanti all'odierna attrice. Di contro, Y continua a svolgere la medesima attività lavorativa e risulta ora percepire una retribuzione netta, calcolata nella media degli ultimi due anni, pari ad Euro 3.669,29 (cfr. accrediti degli stipendi sul conto corrente sub doc. 20 del convenuto, pari ad Euro 46.734,29 nel 2021 e ad Euro 41.319,75 nel 2022), dunque in misura maggiore rispetto all'accertamento effettuato nel giudizio divorzile. Anche questo dato è in linea con quanto risultante dalle dichiarazioni fiscali, che espongono redditi annui netti (al netto di IRPEF netta e addizionali locali) pari ad Euro 44.150,00 circa nel 2019, ad Euro 43.250,00 circa nel 2020, ad Euro 42.400,00 circa nel 2021 (cfr. Mod. 730 sub doc. 17 del convenuto), corrispondenti ad una disponibilità pari Euro 3.600,00 circa al mese. Non è contestato (art. 115 c.p.c.), e comunque risulta per tabulas dagli estratti conto in atti (cfr. doc. 21 del convenuto), che egli percepisca canoni di locazione pari ad Euro 5.400,00 all'anno, anche se, invero, non è dato sapere se tale entrata fosse o meno già presente all'epoca del divorzio. In data 11 ottobre 2021 è deceduto suo padre Y Sergio, che ha lasciato a lui, alla moglie Bonacini Marta (cfr. codice "01" nel quadro "Grado parentela" della dichiarazione di successione sub doc. 23 del convenuto) ed all'altro figlio Roberto un immobile ad uso abitativo con un laboratorio ed un garage, sito in Via Erbosa n. 15 a Correggio (RE), nel quale tuttavia risiede la madre dell'odierno convenuto, nonché il saldo attivo di un rapporto bancario pari complessivamente ad Euro 20.181,00, di cui Euro 6.727,00 spettanti a Y . Orbene, tenuto conto della condizione economico-patrimoniale delle parti, che è significativamente migliorata rispetto all'epoca del divorzio in ragione sia dell'aumento dei redditi lavorativi sia dei cespiti ereditari (Cass. 23508/2010), del presumibile aumento delle esigenze delle figlie in relazione all'età (N. e Caterina, che al momento della pronuncia della sentenza di divorzio avevano rispettivamente 16 e 13 anni, ne hanno ora rispettivamente 21 e 18) (Cass. 13664/2022), della retribuzione percepita dalla figlia maggiore, nonché del risparmio di spesa di cui beneficia la X in conseguenza della cessazione dell'obbligo di mantenimento dei figli R. e N., si stima equo e congruo determinare il contributo al mantenimento ordinario della prole a carico della madre in Euro 70,00 per la figlia N. ed in Euro 150,00 per la figlia Caterina. Stante l'assenza di mutamenti nelle circostanze già preesistenti al momento dell'instaurazione del giudizio, anche questi ultimi provvedimenti debbono retroagire alla data della domanda. La persistente sperequazione reddituale tra i genitori giustifica la conferma della diversa percentuale di ripartizione delle spese straordinarie. Il padre ha chiesto, altresì, che venga disposto che "le spese mediche/paramediche/riabilitative comunque finalizzate a migliorare la qualità di vita di Caterina rispetto alla grave patologia che l'affligge, siano da rimborsare anche se non preconcordate", ma a riguardo non vi è ragione per derogare all'ampia e dettagliata regolamentazione contenuta nel protocollo in uso presso questo Tribunale. 2. Dev'essere respinta la domanda dell'attrice di versamento diretto del contributo al mantenimento a favore della figlia Caterina, dovendo farsi applicazione del principio, consolidato in giurisprudenza, secondo cui il genitore obbligato, in mancanza della corrispondente domanda del figlio maggiorenne non economicamente autosufficiente e convivente con l'altro genitore, non può pretendere di assolvere la propria prestazione direttamente nei confronti di quest'ultimo, e non nei confronti del genitore istante (Cass. 34100/2021 e Cass. 25300/2013). 3. La domanda ex art. 96 c.p.c. proposta dal convenuto va de plano respinta, atteso che presupposto della condanna al risarcimento dei danni a titolo di responsabilità aggravata per lite temeraria è la totale soccombenza (Cass. 11917/2002 e Cass. 67/1979), sicché tale condanna non può essere pronunciata a carico della X che è risultata parzialmente vittoriosa in relazione all'esito finale della lite, essendo stato revocato l'obbligo contributivo per i figli R. e T.. 4. La reciproca soccombenza giustifica l'integrale compensazione delle spese di lite tra le parti. P.Q.M. Il Tribunale di Reggio Emilia, definitivamente pronunciando, ogni diversa domanda, istanza ed eccezione respinta, a parziale modifica della sentenza di divorzio n. 584/2019 pronunciata dal Tribunale di Reggio Emilia in data 4 aprile 2019: 1. revoca l'obbligo a carico di X di contribuire al mantenimento, ordinario e straordinario, per i figli R. e T., maggiorenni ed economicamente autosufficienti, con decorrenza dalla domanda; 2. ridetermina il contributo al mantenimento ordinario dovuto da X a favore di Y in Euro 150,00 per la figlia Caterina ed in Euro 70,00 per la figlia N., con decorrenza dalla domanda; 3. rigetta la domanda ex art. 96 c.p.c. proposta da Y; 4. compensa integralmente le spese di lite tra le parti. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di competenza. Così deciso in Reggio Emilia, nella camera di consiglio della Prima Sezione Civile, in data 1° febbraio 2024.

  • TRIBUNALE ORDINARIO DI REGGIO EMILIA Prima Sezione Civile Il Tribunale, riunito in Camera di Consiglio nelle persone dei seguenti magistrati: dott. Francesco Parisoli - presidente rel. dott. Damiano Dazzi - giudice dott.ssa Chiara Neri - giudice on. ha pronunciato la seguente SENTENZA nel procedimento di 1°grado RG 1937/2023 vol. promosso da: YY ricorrente rappresentato e difeso dall'avv. ... contro XX resistente rappresentata e difesa dall'avv. ... con l'intervento del P.M., in persona del Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Reggio Emilia Oggetto: "affidamento e mantenimento figli minori" CONCLUSIONI Le parti, nelle note scritte depositate per l'udienza del 05.12.2023 e confermate all'udienza del 09.01.2024 hanno così concluso: Parte ricorrente: "In via principale: Disporre l'affidamento dei figli J, nato a (omissis), (Reggio Emilia), il (omissis).2010, e W, nato a (omissis), (Reggio Emilia), il (omissis).2012 al padre YY, con loro collocamento presso la casa familiare in (omissis), (Reggio Emilia), Via (omissis), n. 14 assegnata al padre e di sua proprietà; Disporre che i figli trascorrano il fine settimana dal sabato all'uscita da scuola fino alla domenica sera a week end alternati con la madre, e che la madre possa tenere con sé i figli due giorni infrasettimanali, con pernottamento, da determinarsi in base ai turni lavorativi e compatibilmente con gli impegni dei figli; Disporre che i figli trascorrano le vacanze natalizie ad anni alterni con la madre e con il padre e quelle estive con il padre, indicativamente nel mese di luglio, per almeno 15 giorni consecutivi; Disporre che la signora XX corrisponda al Signor YY l'assegno Unico per i figli dalla stessa percepito a decorrere dal mese di Dicembre 2023 e così fino a quando non saranno completate le pratiche per la rettifica del beneficiario di tale contributo presso gli Enti preposti; Disporre che le spese straordinarie, siano esse scolastiche, sportive, ricreative e medico-sanitarie, andranno concordate secondo le disposizioni del Protocollo in uso presso il Tribunale di Reggio Emilia, tenuto conto altresì delle effettive possibilità economiche dei genitori; Disporre che tali suddette spese straordinarie siano sostenute economicamente da entrambi i genitori, nella misura del 50% ciascuno, con rimborso della quota a favore del genitore che le abbia anticipate, previa esibizione delle ricevute attestanti i pagamenti sostenuti, entro il mese successivo a quello della richiesta di rimborso. In subordine: Nella denegata e non creduta ipotesi di affidamento dei minori J e W alla madre, disporre che l'Assegno Unico in favore dei figli sia percepito interamente dalla Sig.ra XX e che, in ragione delle accertate e documentate risorse economiche dei genitori, il Sig. YY versi a titolo di mantenimento ordinario la somma mensile di Euro 100,00 per entrambi i figli; Disporre che il padre possa tenere con sé i figli dal sabato all'uscita da scuola fino alla domenica sera, a week end alternati, e che possa tenere con sé i figli almeno due giorni consecutivi infrasettimanali, da individuarsi in base agli impegni dei figli; Disporre che i figli trascorrano le vacanze natalizie ad anni alterni con la madre e con il padre e quelle estive con il padre, indicativamente nel mese di luglio, per almeno 15 giorni consecutivi; Disporre che le utenze domestiche, atteso anche l'avvio del Sistema fotovoltaico, vengano corrisposte dalla signora XX così come le manutenzioni ordinarie, vengano eseguite a proprie spese dall'assegnataria dell'abitazione familiare; Disporre che le spese straordinarie, da concordarsi tra i genitori secondo quanto prescritto nel Protocollo in uso presso il Tribunale di Reggio Emilia, saranno sostenute economicamente da entrambi i genitori, nella misura del 40% a carico del Sig. YY e del 60% a carico della Sig.ra XX, con rimborso della quota a favore del genitore che le abbia anticipate, previa esibizione delle ricevute attestanti i pagamenti sostenuti, entro il mese successivo a quello della richiesta di rimborso; In via istruttoria, Si chiede autorizzazione al Giudice al deposito in cancelleria di supporto DVD in duplice copia, per fascicolo d'ufficio e per controparte, contenente n. 2 riproduzioni audiovisive e n. 2 messaggi vocali inviati tramite whatsapp dalla XX a YY; si reiterano le precedenti istanze istruttorie, con particolare riguardo a l'ammissione a testi dei signori R. S., residente in (omissis), (Reggio Emilia), S. P., residente in (omissis), (Reggio Emilia), G. C., residente in (omissis), (Mantova), F. P. residente in (omissis), (Mantova) e M. E. sui fatti di causa, in riferimento alla violenza domestica subita da YY e sull'abuso di mezzi educative e coercitivi posti in essere dalla signora XX nei confronti dei figli J e W; Si formulano nuove istanze istruttorie, in particolare ammissione per testi, indicando quale teste il Sig. D. T. sulle seguenti domande, premesso "vero che": Lei risiede a Marina di Massa? Lei conosce la famiglia YY/XX? La Sig.ra XX era in accordo con Lei per visionare e prendere in locazione/assegnazione un appartamento a Marina di Massa nei giorni indicativamente dal 10 al 15 Novembre 2023? La sig.ra XX le ha comunicato la volontà di trasferirsi nell'alloggio da visionare e locare insieme ai figli J e W? Lei è stato invitato da XX a trasferirsi qualche giorno presso l'abitazione di (omissis), (Reggio Emilia), Via (omissis), n. 14 per accudire J e W alla fine del mese di Novembre 2023? Lei aveva già frequentato anche nei giorni precedenti l'abitazione di (omissis), (Reggio Emilia)? Nell'occasione della sua permanenza, Lei ha visto la Sig.ra XX inveire verbalmente contro il Sig. YY? Nell'occasione della sua permanenza, Lei ha assistito ad attacchi fisici della Sir.ga XX nei confronti del Sig. YY? Nell'occasione, i minori J e W erano presenti in casa? Ha assistito personalmente, in altre precedenti occasioni, ad attacchi fisici e verbali della Sig.ra XX nei confronti del Sig. YY? Con vittoria di spese e compensi professionali.". Parte resistente: "In via principale, contrariis rejectis: a) disporre l'affido esclusivo dei minori J e W alla madre, mantenendo l'incarico al Servizio Sociale competente ai fini di interventi di sostegno all'esercizio della responsabilità genitoriale, nonché di redigere un calendario al fine di regolare il diritto di visita del padre tenendo conto degli impegni scolastici e non dei figli minori; b) assegnare la casa familiare e gli arredi in essa contenuti alla madre che l'abiterà con i figli minori; c) dichiarare YY tenuto a versare in favore di XX entro il giorno 10 di ogni mese l'importo mensile di euro 500,00 (euro 250,00 per ciascun figlio) a titolo di contributo al mantenimento dei figli J e W, o quella somma maggiore o minore che risulterà in corso di causa, soggetta ad aggiornamento in base alle variazioni degli indici ISTAT dei prezzi al consumo intercorse nel precedente anno per le famiglie di operai ed impiegati, tenuto conto del pagamento da parte del YY della rata del mutuo acceso sulla casa familiare così come meglio descritto in premessa; d) dichiarare tenuto YY a rimborsare alla sig.ra XX il 50% delle spese straordinarie sostenute o da sostenere per i figli minori, come da protocollo del Tribunale di Reggio Emilia. In subordine nella denegata e non creduta ipotesi in cui codesto Ill.mo Tribunale non ravvisasse i presupposti per la disposizione dell'affido esclusivo dei minori alla madre: a) disporre l'affido condiviso di J e W ad entrambi i genitori con residenza prevalente presso la madre mantenendo l'incarico al Servizio Sociale competente ai fini di interventi di sostegno all'esercizio della responsabilità genitoriale, nonché di redigere un calendario al fine di regolare il diritto di visita del padre tenendo conto degli impegni scolastici e non dei figli minori; b) assegnazione della casa familiare e degli arredi in essa contenuti alla madre che l'abiterà con i figli minori; c) dichiarare YY tenuto a versare in favore di XX entro il giorno 10 di ogni mese, l'importo mensile di euro 500,00 (euro 250,00 per ciascun figlio) a titolo di contributo al mantenimento dei figli J e W, o quella somma maggiore o minore che risulterà in corso di causa, soggetta ad aggiornamento in base alle variazioni degli indici ISTAT dei prezzi al consumo intercorse nel precedente anno per le famiglie di operai ed impiegati, tenuto conto del pagamento da parte del YY della rata del mutuo acceso sulla casa familiare così come meglio descritto in premessa; d) dichiarare tenuto YY a rimborsare alla sig.ra XX il 50% delle spese straordinarie sostenute o da sostenere per i figli minori, come da protocollo del Tribunale di Reggio Emilia. In ogni caso con vittoria di spese e compensi del presente giudizio.". MOTIVI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE Premesso che il procedimento riguarda le modalità di affidamento e mantenimento dei minori J e W, nati a (omissis), (Reggio Emilia) rispettivamente in data (omissis).2010 e (omissis).2012 dalla relazione more uxorio delle parti; che entrambi i genitori nei rispettivi atti introduttivi hanno chiesto l'affidamento esclusivo a sé dei figli minori con assegnazione in proprio favore della casa familiare, domandando che le visite con l'altro genitore vengano regolamentate dal Servizio Sociale; hanno reciprocamente chiesto, inoltre, che venga posto a carico dell'altro un contributo al mantenimento dei figli (il padre ha chiesto Euro 200,00 per ciascun figlio, la madre Euro 250,00 per ciascun figlio); che alla base delle richieste formulate dalle parti vi è una contrapposta ricostruzione delle vicende familiari ed un reciproco addebito di responsabilità per il conflitto in essere: il padre sostiene di essere stato sottoposto a continue vessazioni e aggressioni da parte della compagna, ciò che lo avrebbero indotto a reagire; la madre riferisce che sarebbe il sig. YY ad avere sempre tenuto condotte vessatorie, ad essere dedito al consumo di stupefacenti, ad averla ripetutamente tradita con altre donne e ad averla aggredita anche alla presenza dei figli minori tanto da rendere necessario in più occasioni l'intervento delle forze dell'ordine; che la situazione, già compromessa, è definitivamente degenerata in data 29.03.2023 quando, all'esito di una violenta lite - della quale le parti forniscono ancora una volta una descrizione differente - la madre ed i figli sono stati allontanati dalla casa familiare e condotti in una località protetta; che in seguito a tale accadimento la sig.ra XX ha presentato ricorso ex art. 473 bis n. 69 c.p.c. ottenendo un ordine di protezione inaudita altera parte (doc. 6 parte resistente) successivamente confermato con Decreto del 17.05.2023 (doc. 7 parte resistente); che in tale provvedimento il Giudice ha ordinato al sig. YY di cessare immediatamente dalla condotta pregiudizievole tenuta nei confronti di XX e nei confronti dei figli minorenni Y. ed J, e di allontanarsi immediatamente alla casa familiare sita a (omissis), (Reggio Emilia) prescrivendo al medesimo di non avvicinarsi alla casa familiare, al posto di lavoro della medesima (XX), alle scuole frequentate dai figli, nonché ai luoghi frequentati da questi ultimi e dalla loro madre; ha disposto altresì che in attesa dei provvedimenti che saranno assunti da parte dell'Autorità Giudiziaria competente ed al solo scopo di tutelare i figli siano i Servizi Sociali ad indicare le modalità più opportune secondo le quali, se lo desidererà, il padre potrà incontrare i figli minori in modo protetto, dando preciso mandato ai Servizi Sociali in merito; che alla data dell'udienza di comparizione del presente procedimento (29.06.2023), i rapporti tra le parti erano dunque regolati dal Decreto di cui sopra, la sig.ra XX risultava rientrata nell'abitazione familiare insieme ai figli minori e gli incontri di questi ultimi col padre venivano regolati dal Servizio Sociale; le parti davano atto altresì di avere trovato una provvisoria regolamentazione dei rapporti economici inerenti il mantenimento dei figli (il padre avrebbe continuato a corrispondere la rata del mutuo e la madre avrebbe percepito per intero l'Assegno Unico); che all'esito dell'udienza veniva incaricato il Servizio Sociale di riferire sulla situazione del nucleo familiare, sulla genitorialità delle parti e sulle condizioni dei minori, ai fini della definitiva decisione sul loro affidamento e collocamento; che il Servizio ha depositato la propria Relazione in data 08.11.2023 nella quale riferisce di essere già stato coinvolto nelle questioni riguardanti il nucleo YY - XX sia nell'anno 2016 che nell'anno 2020, sempre per episodi di conflitto e di violenza assistita, ma che la situazione in entrambi i casi era rientrata e le tensioni familiari parevano essersi appianate; che successivamente il Servizio è nuovamente stato coinvolto in seguito all'episodio occorso in data 29.03.2023 che ha dato origine all'ordine di protezione di cui si è detto; che nel corso dell'indagine gli operatori hanno sentito anche i minori i quali hanno entrambi riferito di un loro coinvolgimento nelle vicende familiari: J è apparso molto investito in uno sforzo risolutivo (...) ha spiegato di essere ingaggiato nel tentativo di far tornare insieme la madre e il padre e che dal suo punto di vista nonostante la mamma e il papà abbiano da sempre litigato parecchio la mamma potrebbe compiere uno sforzo e perdonare il padre riaccogliendolo in casa; i due genitori potrebbero imparare a confliggere di meno a mantenere i toni delle discussioni più bassi e a non alzare le mani reciprocamente; qualora essi non dovessero tornare insieme lui vorrebbe passare almeno metà del tempo con il padre se non di più W si è espresso in modo piuttosto simile al fratello riferendo agli operatori che la sua percezione è che il padre sta cercando di far la pace con la madre sebbene la madre sia piuttosto restia ad andare nella direzione di un ricongiungimento; lui avrebbe il desiderio che i genitori superassero la rottura riprendendo il loro rapporto di coppia; qualora gli stessi dovessero restare separati ha espresso il desiderio di passare più tempo con il padre che con la madre motivando tale posizione col fatto che talvolta la madre è poco gentile con lui e il fratello e li incolpa di cose per cui dal suo punto di vista non hanno colpa, arrabbiandosi in modo piuttosto importante senza buoni motivi che all'esito dell'indagine gli operatori hanno individuato da un lato alcuni negativi elementi di rischio per i minori e segnatamente - I minori sino al 29 Marzo 2023 sono stati esposti a circostanze di violenza assistita e triangolati nella dinamica conflittuale genitoriale - sia il padre che la madre per anni hanno mantenuto riserbo su quanto accadeva in casa faticando a riconoscere come ciò sia stato lesivo del diritto dei minori ed una serenità intrafamiliare e ad una crescita armonica - la madre e il padre si sono rivolti reciprocamente importanti accuse che qualora fossero veritiere delineerebbero un quadro di importante esposizione a rischi e pregiudizio per i minori - è stato ravvisato un invischiamento ed eccessiva attivazione da parte dei minori nelle dinamiche relazionali dei genitori: i figli si sono detti impegnati nel tentativo di far tornare assieme ai genitori oltre che apparsi dispiaciuti e preoccupati per la posizione del padre - il padre figura molto importante per i ragazzi, affettiva e calorosa, è apparso piuttosto in difficoltà facendo fatica a delineare un progetto di vita solido e preciso risultando confuso rispetto a quanto vorrebbe fare in alcune occasioni; ha espresso il desiderio di tornare con l'ex compagna nonostante l'abbia descritta come una persona violenta e poco trasparente; in altre occasioni ha portato come volontà poi trasferirsi a vivere in un luogo marittimo vendendo la casa di (omissis), (Reggio Emilia); nell'effettuare tali ipotesi lo stesso ha dato per scontato che i suoi figli lo potessero seguire senza considerare gli effetti di un'eventuale trasferimento sulle loro vite - la madre più ferma e razionale, più solida rispetto al proprio progetto di vita è apparsa però piuttosto normativa, incline a uno stile educativo autoritario incentrato su di una tensione verso il raggiungimento di alcuni obiettivi genitoriali risultando in parte carente sul piano affettivo e di sintonizzazione con i vissuti emotivi dei figli; gli aspetti culturali e religiosi dovuti alle diverse culture di appartenenza del padre e della madre paiono essere pregnanti rispetto alla conflittualità che insorge tra i giudici genitori che dall'altro lato hanno evidenziato positivi elementi di protezione per i minori: - entrambi i genitori si sono mostrati affettivamente sinceramente legati ai figli e seppur in modi diversi rispondenti ai bisogni materiali e concreti di J e W - il padre ha accettato di vedere i figli all'interno di incontri protetti ancor prima che l'autorità giudiziaria disponesse delle limitazioni alla propria responsabilità genitoriale mostrandosi collaborante nei confronti del Servizio - la madre ha accettato che i figli mangiassero anche gli alimenti vietati dalla religione musulmana (il padre non avrebbe diversamente dato il consenso perché potessero fermarsi in mensa e partecipare al doposcuola) - entrambi i genitori hanno aderito al percorso di valutazione delle competenze genitoriali presentandosi a tutti gli appuntamenti e mantenendo un atteggiamento positivo e di confronto con gli operatori dello scrivente Servizio - il padre ha fornito il consenso di effettuare un percorso di valutazione perso il Sert di (omissis), (Reggio Emilia) che alla Relazione sono allegati: il referto del Sert dal quale si evince che gli esiti dei controlli sul sig. YY effettuati da luglio ad ottobre 2023 hanno dato esito negativo, tranne una positività all'alcool; risulta altresì che il YY non si sia presentato per tre volte a chiamate per effettuare i controlli urinari e si chiede di poter proseguire la valutazione la relazione della psicologa che conclude riferendo di una forte conflittualità tra i genitori a causa di problematiche di coppia ed in riferimento a posizioni educative verso i figli estremamente diverse e impregnate anche di elementi legati alle differenze culturali e religiose; questi aspetti hanno fatto sì che si sia cronicizzata una dinamica familiare per cui la madre è diventata il riferimento normativo e il padre, maggiormente permissivo ed empatico verso i figli, il riferimento affettivo dei ragazzi; appare necessario quindi riposizionare le parti e rendere meno rigidi questi ruoli la relazione dell'educatore incaricato dell'educativa domiciliare e di presiedere agli incontri tra padre e figli il quale riferisce che i minori si sono sempre mostrati molto felici di incontrare il padre impazienti di sapere come questi stesse e passasse le giornate e che il padre ugualmente si mostrava visibilmente felice e a volte commosso ad incontrare i figli, comportandosi in modo molto affettuoso con entrambi e attento ad ascoltare alternativamente le richieste dei minori; essi durante i colloqui sono sempre apparsi molto sereni; quanto agli interventi a domicilio dalla madre questa si è mostrata molto accogliente nei confronti dell'operatore e i minori sono apparsi molto sereni anche a domicilio cercando di coinvolgere e sfidare l'educatore nei giochi in cui erano occupati; che la Relazione conclude chiedendo di poter proseguire il lavoro con la coppia genitoriale almeno sino a novembre 2024 con l'obiettivo di accompagnare il padre nell'ideare un nuovo progetto di vita che tenga al centro il benessere di bisogni dei figli e accompagnare la madre nel proseguire la sua funzione normativa acquisendo sempre di più una funzione affettiva e di sintonizzazione emotiva coi suoi figli nonché aiutare i genitori eventualmente anche mediante colloqui congiunti ad individuare punti di incontro circa i propri stili educativi e le proprie posizioni genitoriali e affiancarli nel dare un significato a quanto sino ad ora accaduto supportandone nel percorso di ricostruzione del proprio progetto di vita; inoltre, in favore dei minori, si può proseguire con l'intervento educativo in essere e se necessario attivare un supporto psicologico; che in data 11.01.2024 i figli minori sono stati sentiti dal Giudice al quale hanno sostanzialmente confermato quanto detto agli operatori del Servizio; in particolare J ha riferito con riguardo agli incontri col padre mi vanno bene queste modalità e sono contento di mettermi d'accordo direttamente con lui precisando che con mio papà mi trovo bene e vorrei che tornasse a vivere a (omissis) con me e mio fratello. Se i miei genitori andassero d'accordo io vorrei che stessimo tutti insieme, ma se non si riesce vorrei che tornasse mio papà. Mia madre è più severa, quando prendo brutti voti o note mi ha dato qualche cinturata sul sedere, ora ha smesso, mio padre invece mi sgrida solo a parole e dice che devo impegnarmi di più. Quanto a W egli ha riferito con riguardo al padre: vorrei che lui stesse con me tutti i giorni della settimana. Lui è meno severo della mamma, lei grida e a volte mi dà degli schiaffi, l'ultimo me lo ha dato due settimane fa perché avevo preso una nota che nelle note conclusive le parti hanno reiterato le conclusioni degli atti introduttivi: in particolare il ricorrente ha riferito delle difficoltà incontrate per avere dovuto lasciare la casa familiare, ha sostenuto che la sig.ra XX avrebbe cercato di riprendere la relazione con lui e che a fronte del suo rifiuto avrebbe scritto messaggi aggressivi; ha evidenziato la difficoltà di gestione che incontrerebbe la madre con riguardo ai figli, lavorando la stessa su turni anche notturni; ha censurato la Relazione del Servizio per non essersi espressa sul punto; la ricorrente, nelle proprie note, ha richiamato il dispositivo e le motivazioni del Decreto emesso nel procedimento ex art. 473 bis n. 69 stigmatizzando la personalità e la condotta del ricorrente ed il coinvolgimento dei figli nel conflitto con la madre col tentativo di blandire i minori per portarli dalla propria parte e criticare le condotte materne; ritenuto e considerato ritiene il Collegio opportuno e tutelante per i minori disporne l'affidamento al competente Servizio Sociale, stante la risalente e importante conflittualità tra i genitori che, se pure se a tratti è parsa rientrare, si è ripresentata in tutta la sua gravità nell'episodio del 29.03.2023; che a fronte della conflittualità risulta evidentemente impraticabile un affidamento condiviso che richiederebbe una condivisione tra i genitori di scelte ed obiettivi educativi, ma neppure si ritiene possibile un affidamento esclusivo all'uno o all'altro genitore, essendo emerse a carico di entrambi fragilità genitoriali che fanno ritenere preferibile l'affido al Servizio; che la madre invero è risultata eccessivamente rigida e normativa (come osservato dagli operatori e riferito anche dagli stessi minori), il padre per contro è parso più permissivo e ad oggi non in grado di delineare un progetto di vita solido e deciso; che entrambi i genitori, soprattutto, non hanno saputo preservare i figli dal conflitto essendo emerso che i minori abbiano assistito in prima persona alle liti familiari ed anche alla violenta colluttazione del 29.03.2023 nel corso della quale uno dei figli ha ripreso la scena col telefonino mentre l'altro contattava le forze dell'ordine; che il coinvolgimento dei minori emerge anche dalla Relazione del Servizio ove i figli sono parsi "ingaggiati" nel tentativo di comporre la lite tra i genitori nell'auspicio di una ripresa della convivenza; a fronte di ciò i genitori per anni hanno mantenuto riserbo su quanto accadeva in casa, faticando a riconoscere il pregiudizio cui hanno esposto i figli e ledendo il loro diritto alla serenità familiare e ad una crescita armonica; che vada dunque disposto l'affidamento dei minori al Servizio Sociale mantenendone l'attuale collocamento presso la madre, anche alla luce della gravità della condotta del padre in occasione della lite del 29.03.2023, come dettagliatamente ricostruita nella motivazione del Decreto 17.05.2023 emesso nel procedimento RG 2304/2023 (doc. 7 parte resistente) che descrive "un'aggressione prolungata ed estremamente violenta" con condotte caratterizzate da ferocia e gravemente pregiudizievoli nei confronti dell'integrità psico-fisica dei figli, costretti ad assistere alle percosse del padre nei confronti della madre; che al collocamento dei minori presso la madre consegua, ai sensi dell'art. 337 sexies c.c., l'assegnazione in favore di quest'ultima della casa familiare (il godimento della casa familiare è assegnato tenendo in considerazione essenzialmente l'interesse dei figli e dunque l'esigenza, che ne costituisce l'unica ragione, di conservare alla prole che vede interrotta la convivenza dei genitori, l'ambiente domestico - ex multis Cass. Civ. I, 13.10.2021, n. 27907) che vada confermato l'incarico al Servizio di regolamentare le visite tra padre e figli - revocando allo scopo il divieto di avvicinamento tra gli stessi già disposto col Decreto di cui sopra - tenendo conto, nella predisposizione del Calendario, del forte legame affettivo tra padre e figli, come emerso dalla Relazione e riferito dagli stesi minori in sede di audizione; che, sotto il profilo economico, risulta che la sig.ra XX, come dedotto da entrambe le parti, percepisca un reddito mensile di Euro 1.500,00, oltre all'intera somma erogata dall'INPS a titolo di Assegno Unico per i figli e pari ad oggi ad Euro 200,00 a figlio (Euro 400,00 complessivi), come dichiarato dalla stessa resistente; che il sig. YY, come da documentazione in atti (mod. 730/2022 e accrediti in Conto Corrente) risulta percepire un reddito netto mensile pari a circa Euro 2.350,00; lo stesso deve sostenere un'uscita mensile di Euro 500,00 a titolo di rata di rientro del mutuo contratto per l'acquisto della casa familiare nonché spese alloggiative (che egli deduce di Euro 420,00 mensili comprensivi di utenze, pur allegando un contratto di locazione di durata anomala - anni 1 + 4 - e mancante della necessaria registrazione presso l'Agenzia delle Entrate); che non possa invece conteggiarsi l'uscita mensile di Euro 191,00 a titolo di rientro di un debito con Equitalia, derivando il medesimo da inadempienza del ricorrente; che per quanto sopra, in applicazione dei criteri di cui all'art. 337 quater c.c. e dunque della capacità reddituale ed economica delle parti, dei tempi di permanenza dei figli presso ciascun genitore (stanno prevalentemente con la madre), dell'età dei medesimi (oggi di anni 14 e 11), considerato altresì il valore economico dell'assegnazione della casa familiare alla resistente ed il percepimento da parte di quest'ultima dell'intera somma dell'Assegno Unico (circostanza incontestata), per Euro 400,00 mensili, ritiene congruo il Collegio porre a carico del sig. YY l'onere di contribuire al mantenimento dei figli con la somma di Euro 200,00 ciascuno oltre al 50% delle spese straordinarie; che non siano rilevanti ai fini della decisione le ulteriori istanze istruttorie avanzate dalle parti; che le spese di lite, in ragione dell'esito della stessa e della reciproca soccombenza, vadano integralmente compensate tra le parti; P.Q.M. Il Tribunale di Reggio Emilia, definitivamente pronunciando, così dispone: 1) i minori J e W, nati a (omissis), (Reggio Emilia), rispettivamente in data (omissis).2010 e (omissis).2012, sono affidati al competente Servizio Sociale e collocati presso la madre cui è assegnata la casa familiare sita in (omissis), (Reggio Emilia), via (omissis) n. 14; 2) il padre potrà vedere e tenere con sé i figli secondo le tempistiche e le modalità stabilite dal Servizio Sociale affidatario che avrà facoltà di modificare il Calendario in itinere a seconda dell'andamento del medesimo e della rispondenza all'interesse dei minori; 3) allo scopo di consentire gli incontri di cui sub 2) è revocato in parte qua il Decreto emesso in data 17.05.2023 nel procedimento RG 2304/2023 (che ha confermato il Decreto emesso inaudita altera parte in data 02.05.2023) nella parte in cui prevede il divieto di avvicinamento del sig. YY ai figli ed ai luoghi da essi frequentati; 4) il Servizio affidatario proseguirà per 24 mesi nell'opera di monitoraggio e sostegno al nucleo familiare ed alla genitorialità, mantenendo almeno in un primo tempo il servizio di educativa domiciliare già avviato; il Servizio medierà altresì tra i genitori in caso di contrasto sulle decisioni riguardanti i figli, con facoltà di assumere direttamente tali decisioni laddove l'inerzia o il conflitto tra i genitori ne impedisca l'assunzione in tempi rapidi, con pregiudizio per i minori; 5) il sig. YY contribuirà al mantenimento dei figli mediante corresponsione in favore della sig.ra XX della somma di Euro 400,00 mensili (Euro 200,00 per ciascun figlio), con rivalutazione ISTAT annuale; contribuirà inoltre nella misura del 50% alle spese straordinarie sostenute nell'interesse dei figli, come individuate dal Protocollo in uso presso il Tribunale di Reggio Emilia (prot. 13.06.2023); 6) le spese di lite sono integralmente compensate tra le parti. Si comunichi al Servizio Sociale (Unione Bassa reggiana) Così deciso nella camera di Consiglio della prima sezione civile del Tribunale di Reggio Emilia in data 18 gennaio 2024

  • TRIBUNALE ORDINARIO DI REGGIO EMILIA SEZIONE PRIMA CIVILE Il Tribunale, in composizione collegiale nelle persone dei seguenti magistrati: dott. Francesco Parisoli Presidente dott. Damiano Dazzi Giudice Relatore dott. Stefano Rago Giudice ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di I° Grado iscritta al n. r.g..../2023 promossa da: X, con il patrocinio dell'avv. ... RICORRENTE contro Y CONVENUTA PUBBLICO MINISTERO INTERVENTORE EX LEGE CONCLUSIONI La ricorrente ha così concluso: "Voglia il Tribunale Ill.mo, ex art.429 cc, previ gli accertamenti del caso ed ogni opportuno incombente, revocare l'inabilitazione pronunciata con propria sentenza n. 201/1984 del 08/03/1984 con ogni conseguente provvedimento". MOTIVI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE Con ricorso depositato in data 06/09/2023, X, nella sua qualità di curatore dell'inabilitata Y , chiedeva fosse revocata la pronuncia di inabilitazione resa dal Tribunale di Reggio Emilia con la sentenza n. 201 dell'08/03/1984, con cui l'intestato Tribunale aveva dichiarato l'inabilitazione di Y , nata a (...) (RE) il (...)/(...)/1951. Nel ricorso la ricorrente, unica figlia e curatore della inabilitata, allegava che la Y fosse affetta da "sindrome dissociativa schizoide con disturbo di personalità e sindrome bipolare", che fosse da anni in carico al CSM, e che dal 22/06/2017 fosse alloggiata presso la Casa Residenza Anziani "Villa delle (...)" di Castelnovo ne'Y (RE). Sosteneva la ricorrente che, anche in considerazione del mutato quadro normativo, la misura della inabilitazione non fosse più adeguata alla cura degli interessi della madre. Riferiva poi e documentava, nelle more del giudizio, di essere stata nominata dal Giudice Tutelare (decreto del 26/10/2023) A.d.S. di Y Ciò posto, la domanda di revoca della inabilitazione è fondata e va accolta. Dalla documentazione versata agli atti, si evince che la convenuta Y sia affetta da "sindrome dissociativa schizoide con disturbo di personalità e sindrome bipolare", da anni in carico al CSM, ed attualmente ricoverata presso la Casa Residenza Anziani "Villa delle (...)" di Castelnovo ne' Y (RE) (documento n. 2). Esaminata la documentazione che precede, il Collegio ritiene fondata la domanda di revoca dell'inabilitazione formulata dalla ricorrente. Non vi è dubbio infatti che l'istituto, ormai del tutto residuale, della inabilitazione non risponda più alle necessità ed alle esigenze di tutela della Signora Y , alle quali una amministrazione di sostegno debitamente modulata potrà dare più concreta e puntuale risposta, tenuto conto della flessibilità propria della misura della amministrazione di sostegno, e delle attività sia economiche sia di cura della persona che devono essere compiute nell'interesse della beneficiaria. Tale conclusione si impone anche alla luce della consolidata giurisprudenza di legittimità, secondo cui "L'amministrazione di sostegno - introdotta nell'ordinamento dall'art. 3 l. 9 gennaio 2004 n. 6 - ha la finalità di offrire a chi si trovi nella impossibilità, anche parziale o temporanea, di provvedere ai propri interessi uno strumento di assistenza che ne sacrifichi nella minor misura possibile la capacità di agire, distinguendosi, con tale specifica funzione, dagli altri istituti a tutela degli incapaci, quali l'interdizione e l'inabilitazione, non soppressi, ma solo modificati dalla stessa legge attraverso la novellazione degli art. 414 e 427 c.c. Rispetto ai predetti istituti, l'ambito di applicazione dell'amministrazione di sostegno va individuato con riguardo non già al diverso, e meno intenso, grado di infermità o di impossibilità di attendere ai propri interessi del soggetto carente di autonomia, ma piuttosto alla maggiore idoneità di tale strumento ad adeguarsi alle esigenze di detto soggetto, in relazione alla sua flessibilità ed alla maggiore agilità della relativa procedura applicativa. Appartiene all'apprezzamento del giudice di merito la valutazione della conformità di tale misura alle suindicate esigenze, tenuto conto essenzialmente del tipo di attività che deve essere compiuta per conto del beneficiario e considerate anche la gravità e la durata della malattia, ovvero la natura e la durata dell'impedimento, nonché tutte le altre circostanze caratterizzanti la fattispecie" (Cass., 26.10.2011, n. 22332). La peculiarità del procedimento e delle questioni trattate giustificano la compensazione delle spese del giudizio fra le parti. P.Q.M. Il Tribunale, definitivamente decidendo, ogni diversa eccezione, domanda ed istanza disattesa, così provvede: Dichiara la contumacia di Y. Revoca l'inabilitazione di Y , nata a (...) (RE) in data (...)/(...)/1951. Dispone che a cura della Cancelleria la presente sentenza sia annotata nell'apposito registro e sia comunicata entro dieci giorni all'Ufficiale dello Stato Civile del Comune di nascita per le annotazione a margine dell'atto di nascita. Dichiara compensate le spese di lite. Così deciso in Reggio Emilia, nella Camera di Consiglio della Sezione I Civile in data 16 gennaio 2024. Depositata in Cancelleria il 17 gennaio 2024.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE DI REGGIO EMILIA SEZIONE LAVORO in funzione di giudice monocratico del lavoro in persona della dott. MARIA RITA SERRI ha pronunciato ex art. 429 c.p.c la seguente: SENTENZA Nella causa di lavoro iscritta al n. 305 del Ruolo Generale dell'anno 2021 promossa con ricorso depositato in data 3 maggio 2021 da Pe.St. elettivamente domiciliato a Reggio Emilia, Largo (...) presso e nello studio dell'avv. An.Ca. che lo rappresenta e difende unitamente all'avv. Ri.Bo. come da procura in atti RICORRENTE Contro Au. SPA in persona del legale rappresentante pro tempore elettivamente domiciliata a Reggio Emilia, via (...) presso e nello studio dell'avv. Ka.Cr. che la rappresenta e difende unitamente all'avv. An.Ma. come da procura in atti RESISTENTE In punto a: sanzione disciplinare, mobbing e risarcimento dei danni MOTIVI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE Con ricorso depositato in data 3 maggio 2021 regolarmente notificato Pe.St. conveniva in giudizio, dinanzi al Tribunale di Reggio Emilia in funzione di giudice del lavoro, Au. spa affinchè il tribunale adito accertato e dichiarato che la condotta tenuta da parte resistente era un comportamento mobbizzante manifestatosi in ingiustificati provvedimenti disciplinari, immotivato demansionamento e svalutazione della professionalità dello stesso, annullasse il provvedimento disciplinare comminato con racc.a.r. 16/02/2021 condannando Au. s.p.a. a corrispondere allo stesso le somme che lo stesso avesse illegittimamente trattenuto sulla retribuzione mensile spettante al medesimo e condannasse la società resistente a risarcire allo stesso il danno biologico dallo stesso ingiustamente patito commisurato in complessivi Euro 13.928,00 o nella diversa maggiore o minore somma ritenuta di giustizia, Esponeva dettagliatamente le sue ragioni Si costituiva con memoria depositata in data 31 agosto 2021 Au. spa chiedendo in via preliminare e pregiudiziale l'accertamento dell'improcedibilità dell' azione giudiziaria promossa da parte ricorrente essendo già stata proposta da parte della medesima vertenza presso il Collegio di Conciliazione arbitrale dell'Ispettorato del Lavoro di Parma e Reggio Emilia. Domandava, poi, nel merito che il tribunale adito, accertate la condotta negligente e le mancanze professionali compiute dal ricorrente nello svolgimento della propria mansione di accoglienza, assistenza ed ascolto dei clienti della stessa e la fondatezza e la legittimità delle contestazioni e delle sanzioni disciplinari irrogate dalla medesima al ricorrente, rigettasse integralmente le domande dallo stesso proposte. Chiedeva, quindi, in via riconvenzionale che il tribunale adito accertati i fatti dalla stessa esposti ed il mancato guadagno subito dalla stessa società resistente a causa della condotta negligente e delle mancanze professionali attribuibili al ricorrente nello svolgimento dell'incarico di accoglienza, assistenza ed ascolto dei clienti della stessa lo ritenesse responsabile di tutti i danni da mancato guadagno per il periodo da settembre 2019 ai primi sei mesi del 2020 e da perdita di fatturato subiti da Au. S.p.a. anche nel periodo successivo e ascrivibili secondo la stessa al ricorrente che quantificava nella misura di Euro 20.000,00 (ventimilaeuro/00) e domandava che il Tribunale adito condannasse lo stesso al risarcimento di tali danni a favore della stessa. Esponeva dettagliatamente le sue ragioni La causa istruita con la produzione di documenti e l'escussione di testi veniva discussa e decisa all'odierna udienza ex art. 429 c.p.c. dando lettura della sentenza. L'eccezione preliminare di improcedibilità del ricorso per la pendenza del procedimento presso il collegio di conciliazione arbitrale dell'ispettorato del lavoro è infondata in quanto parte ricorrente ha esplicitamente indicato in ricorso che le due sanzioni disciplinari oggetto del procedimento arbitrale non venivano impugnate in questa sede ( cfr. pag n. 6 del ricorso) e del resto nelle conclusioni si è limitata a chiedere l'annullamento del provvedimento disciplinare comminato in data 16/02/2021. Tanto premesso occorre, innanzitutto, esaminare la domanda di annullamento della sanzione di sospensione dal lavoro irrogata con raccomandata in data 16 febbraio 2021 ricevuta in data 27 febbraio 2021. A questo proposito si rileva che nella lettera si parla di sospensione cautelare, ma, poi, entrambe le parti nei loro atti interpretano la stessa come provvedimento disciplinare. Si legge in particolare nella memoria di costituzione di parte resistente ( cfr. pag n.6) " decideva di comunicare al Sig. Pe. l'irrogazione della sanzione disciplinare della sospensione cautelativa dal lavoro fino a nuova comunicazione... sospensione che, concretamente, si protraeva comunque per soli 10 giorni come confermato dal contenuto della e mail del 8 marzo 2021 a firma dello scrivente legale" Orbene considerato che entrambe le parti classificano il provvedimento di sospensione come sanzione disciplinare è evidente la sua illegittimità in quanto non è stato in alcun modo rispettata la procedura prevista dall'art. 7 della L. n. 300 del 1970 per la sua irrogazione non essendo stata effettuata la previa contestazione e data al ricorrente la previa possibilità di difendersi. L'art. 7 della L. n. 300 del 1970, infatti, prevede che: "... Il datore di lavoro non può adottare alcun provvedimento disciplinare nei confronti del lavoratore senza avergli preventivamente contestato l'addebito e senza averlo sentito a sua difesa...Il lavoratore potrà farsi assistere da un rappresentante dell'associazione sindacale cui aderisce o conferisce mandato...Fermo restando quanto disposto dalla L. 15 luglio 1966, n. 604, non possono essere disposte sanzioni disciplinari che comportino mutamenti definitivi del rapporto di lavoro; inoltre la multa non può essere disposta per un importo superiore a quattro ore della retribuzione base e la sospensione dal servizio e dalla retribuzione per più di dieci giorni. In ogni caso, i provvedimenti disciplinari più gravi del rimprovero verbale non possono essere applicati prima che siano trascorsi cinque giorni dalla contestazione per iscritto del fatto che vi ha dato causa." La sanzione è, quindi, illegittima e deve essere annullata e parte resistente deve essere condannata a corrispondere la relativa retribuzione oltre interessi e rivalutazione dal dovuto al saldo. Né rileva in contrario che parte resistente abbia, poi, imputato a ferie detto periodo di sospensione cautelare senza alcun previo accordo con il lavoratore. Si evidenzia, peraltro, che ove si ritenesse in difformità a quanto sostenuto da entrambe le parti che si tratti di una sospensione cautelare che, quindi, come tale non abbia valore di sanzione disciplinare con conseguente inapplicabilità dell'art. 7 della L. n. 300 del 1970, il comportamento del datore di lavoro sarebbe ugualmente illegittimo in quanto lo stesso avrebbe dovuto versare al ricorrente la retribuzione, non potendo certo imputare il periodo di sospensione a ferie, stante la diversa natura della sospensione cautelare rispetto a quella irrogata come sanzione disciplinare. Da quanto sopra esposto deriva, quindi, che la sanzione della sospensione irrogata con raccomandata in data 16 febbraio 2021 deve essere annullata e parte resistente deve essere condannata a corrispondere la relativa retribuzione oltre interessi legali e rivalutazione dal dovuto al saldo. Occorre, quindi, esaminare la domanda di risarcimento del danno da mobbing proposta dal ricorrente. A questo proposito si rileva che secondo quanto opinato dalla giurisprudenza costante della Suprema Corte (Cass. lav n. n.21865/2022, n. 17974/2022, n. 13183/2022, n. 10992/2020) "Ai fini della configurabilità di una ipotesi di mobbing, non è condizione sufficiente l'accertata esistenza di una dequalificazione o di plurime condotte datoriali illegittime, essendo a tal fine necessario che il lavoratore alleghi e provi, con ulteriori e concreti elementi, che i comportamenti datoriali siano espressione di un disegno persecutorio preordinato alla prevaricazione. Nell'ipotesi in cui il lavoratore chieda il risarcimento del danno in conseguenza di una pluralità di comportamenti dell'Ente, il Giudice è tenuto a valutare se i comportamenti denunciati possano essere considerati vessatori e mortificanti per il lavoratore e se siano causalmente ascrivibili a responsabilità del datore che possa esserne chiamato a risponderne nei limiti dei danni a lui specificamente imputabili." e ( Cass. lav n. 32381/2019) "Il mobbing lavorativo è configurabile ove ricorrano due elementi: quello oggettivo, integrato da una pluralità di comportamenti del datore di lavoro, e quello soggettivo, integrato dall'intendimento persecutorio del datore medesimo; quest'ultimo richiede che siano posti in essere atti, contro la vittima, in modo miratamente sistematico e prolungato nel tempo, direttamente dal datore o di un suo preposto o di altri dipendenti, comunque sottoposti al potere gerarchico dei primi due." La Suprema Corte (Cass. lav. n.6079/2021, n. 29767/2020) ha altresì precisato che: "L'elemento qualificante del mobbing, che deve essere provato da chi assume di avere subito la condotta vessatoria, va ricercato non nell'illegittimità dei singoli atti bensì nell'intento persecutorio che li unifica, sicché la legittimità dei provvedimenti può rilevare indirettamente perché, in difetto di elementi probatori di segno contrario, sintomatica dell'assenza dell'elemento soggettivo che deve sorreggere la condotta, unitariamente considerata; parimenti la conflittualità delle relazioni personali all'interno dell'ufficio, che impone al datore di lavoro di intervenire per ripristinare la serenità necessaria per il corretto espletamento delle prestazioni lavorative, può essere apprezzata dal giudice per escludere che i provvedimenti siano stati adottati al solo fine di mortificare la personalità e la dignità del lavoratore." Orbene nel caso di specie parte ricorrente deduce di essere stato vittima di mobbing in quanto il datore di lavoro gli avrebbe irrogato tre sanzioni disciplinari e per un breve periodo l'avrebbe demansionato. Si precisa in relazione alle prime due sanzioni disciplinari per complessive due giornate di sospensioni che la loro legittimità non è oggetto del presente giudizio e che il giudizio è stato devoluto al collegio di conciliazione ed arbitrato. Si rileva, poi, che il collegio di conciliazione ed arbitrato ha annullato la sanzione di un giorno di sospensione perché non conforme alle previsioni del CCNL e perché non supportata da elementi oggettivi basandosi su valutazioni rese della clientela. Per quanto attiene alla terza sanzione, come già detto, si ritiene che la stessa sia illegittima da un punto di vista formale. In relazione al dedotto demansionamento si rileva che solo per un breve periodo il ricorrente si è occupato della preparazione delle macchine mansione che, peraltro, è stata svolta anche dall'altro accettatore B.S. come dallo stesso riferito quando è stato sentito come teste. Orbene considerato che le contestazioni disciplinari scaturiscono da valutazioni della clientela, seppur probabilmente mal interpretate dalla resistente, e quanto sopra detto in relazione al temporaneo mutamento di mansioni, non può inferirsi da tali elementi ed in assenza di altri elementi di prova concreti che sarebbe stato onere di parte ricorrente fornire che sussista l'elemento soggettivo del mobbing come richiesto dalla suddetta giurisprudenza della Suprema Corte e a ben vedere neppure quello oggettivo. Del resto il ricorrente si è dimesso in data 15 aprile 2021 con decorrenza dal 7 maggio 2021 indicando come causale dimissioni volontarie e non dimissioni per giusta causa come sarebbe stato logico in caso di mobbing. Da quanto sopra esposto deriva che deve essere rigettata la domanda di risarcimento dei danni per mobbing per mancanza di prova. Si reputa, altresì, che sia infondata la domanda riconvenzionale di risarcimento dei danni proposta dalla resistente Parte resistente, infatti, non ha provato come sarebbe stato suo onere che il mancato guadagno per il periodo da settembre 2019 ai primi sei mesi del 2020 e da perdita di fatturato anche nel periodo successivo danno quantificato complessivamente in Euro 20.000,00 sia dipeso dal ricorrente. In particolare depone in senso contrario, innanzitutto, il dato temporale. Si evidenzia, infatti, che il ricorrente assunto in data 2 settembre 2019 non ha avuto alcuna contestazione da parte della società resistente prima del 25 settembre 2020 e che è stato in C.I. dal 12 marzo 2020 al 31 agosto 2020 motivo per cui è ben difficile potergli imputare danni da mancato guadagno e perdita di fatturato in tale periodo e anche successivamente considerato anche il periodo Covid e il temporaneo mutamento di mansioni del ricorrente nel il periodo successivo. Né dall'istruttoria, considerate anche le divergenti deposizioni, è risultato adeguatamente provato che il ricorrente abbia tenuto un comportamento scorretto nei confronti della clientela e che sia stato questo a recare il dedotto danno. Il teste Ci.Ga. dipendente della società resistente in qualità di capo officina ha tra l'altro riferito: "Sì è vero che Pe. ha avuto incomprensioni con dei clienti ma mai accese discussioni con i medesimi, da quello che so io. Mi è capitato più volte di essere presente quando Pe. accettava le vetture dai clienti e vedere che Pe. non era elastico nel dare le date per la riparazione e il ritiro della vettura per andare incontro alle esigenze del cliente; vedevo infatti che il cliente non era soddisfatto... ribadisco che il comportamento di Pe. era poco elastico e pococollaborativo ma comunque cortese. Ad esempio se arrivava un cliente per ritirare la vetture alle ore 14.15 ma l'appuntamento era fissato per le ore 14.30, Pe. non consegnava la macchina prima ma attendeva esattamente l'ora fissata delle 14.30 per la consegna della vettura". Il teste La.Lu. cliente della società resistente ha, poi, risposto al capitolo n.22 di parte resistente asserendo che: " Confermo di aver dato questi punteggi perché mi è stata venduta un'auto che secondo me non valeva il prezzo Euro 8000,00 a cui mi è stata venduta. Secondo me valeva molto meno. Pe. nulla c'entra con la mia valutazione negativa. Io non andrò più da Au. perché non sono stato soddisfatto dell'acquisto e l'ho detto anche a Da.Pa." e al capitolo n.23 dicendo "Non è vero. Non sono stato contento per quanto sopra detto. L'unica persona con cui ho parlato è stato Da.". Né sono dirimenti altre deposizioni in quanto in larga parte de relato e considerata anche la documentazione prodotta. Deve, quindi, essere rigettata la domanda riconvenzionale di parte resistente. Stante la reciproca soccombenza vanno compensate le spese giudiziali tra le parti. P.Q.M. Il Tribunale di Reggio Emilia, in composizione monocratica, in funzione di giudice del lavoro, ogni contraria domanda, istanza ed eccezione respinta, definitivamente pronunciando sulla causa n. 305/2021 R.G., così provvede : 1) Annulla la sanzione della sospensione irrogata con raccomandata in data 16 febbraio 2021 e per l'effetto condanna Au. spa in persona del legale rappresentante pro tempore a corrispondere a Pe.St. la relativa retribuzione oltre interessi legali e rivalutazione dal dovuto al saldo 2) Rigetta la domanda di risarcimento dei danni da mobbing proposta da Pe.St.. 3) Rigetta la domanda di risarcimento dei danni proposta da Au. spa 4) Compensa le spese giudiziali tra le parti Così deciso in Reggio Emilia il 3 novembre 2023. Depositata in Cancelleria il 3 novembre 2023.

  • TRIBUNALE ORDINARIO DI REGGIO EMILIA Prima sezione civile Il Tribunale, riunito in Camera di Consiglio nelle persone dei seguenti magistrati: dott. Francesco Parisoli - presidente rel. dott. Damiano Dazzi - giudice dott.ssa Chiara Neri - giudice on. ha pronunciato la seguente SENTENZA nel procedimento RG 1411/2023 vol. promosso da: X ricorrente rappresentata e difesa dall'avv. ... contro Y resistente contumace con l'intervento del P.M., in persona del Procuratore della repubblica presso il Tribunale di Reggio Emilia Oggetto: affidamento e mantenimento figlie minori CONCLUSIONI La ricorrente ha concluso chiedendo l'accoglimento delle conclusioni di cui al ricorso introduttivo MOTIVI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE premesso che il ricorso riguarda le condizioni di affidamento e mantenimento delle minori E., nata a Lecce in data 26.09.2012, e R., nata a (...) (RE) in data (...).(...).2014; che con il ricorso la signora X ha chiesto l'affidamento esclusivo a sé delle figlie e che l'esercizio del diritto di visita da parte del padre venga regolamentato dal Servizio Sociale; ha chiesto inoltre che il sig. Y contribuisca mantenimento delle minori con la somma mensile di Euro 500,00 (Euro 250,00 ciascuna) oltre al 50% delle spese straordinarie; ha chiesto infine che le venga attribuito al 100% l'Assegno Unico erogato dall'INPS per le minori; che a sostegno delle domande la ricorrente dedotto che il sig. Y, poco dopo la rottura della relazione intervenuta nel 2016, ha iniziato a disinteressarsi delle figlie, incontrandole sempre più sporadicamente e non versando nulla per il loro mantenimento; egli si sarebbe inoltre reso irreperibile per alcuni mesi e ad oggi sarebbe difficile per la sig.ra X rintracciarlo ogni qual volta ella necessita di assumere decisioni e/o di ottenere autorizzazioni per questioni riguardanti le figlie; che all'udienza di comparizione in data 15.06.2023 la ricorrente ha confermato le circostanze dedotte in ricorso riferendo che il sig. Y, trasferitosi a Forlì, avrebbe incontrato le figlie dopo anni di assenza, solo in un'occasione, nel settembre 2022, quando ha presentato loro una nuova compagna ed insieme a quest'ultima si sono recati in un bar vicino a casa; la sig.ra X ha confermato altresì che egli non versa nulla per il mantenimento delle figlie; che il resistente, cui il ricorso risulta regolarmente notificato tramite il Servizio postale, è rimasto contumace; osservato e ritenuto che per giurisprudenza costante e consolidata il regime di affidamento condiviso previsto dalla legge quale modalità preferenziale di affidamento dei figli minori può venire derogato quando si riveli pregiudizievole per questi ultimi (ex multis Cass. Civ., I, 06.07.2022 n. 21312; Cass. Civ. 03.01.2017 n. 27); che in quest'ottica il dedotto disinteresse del padre dalla vita delle figlie, comprovato anche dalla sua mancata costituzione nel presente giudizio, consentono tale deroga; che l'affido condiviso non comporterebbe infatti alcuna garanzia di effettivo beneficio alle minori mentre procura alla madre (e di riflesso alle figlie) difficoltà nel prestare il consenso per atti sanitari ed amministrativi che richiedono il consenso di entrambi i genitori; che anche la dedotta mancata contribuzione al mantenimento delle minori, comportando un evidente pregiudizio in danno di queste ultime, depone nel senso dell'affidamento esclusivo alla madre; che l'esercizio del diritto di visita del sig. Y vada regolamentato in accordo con la madre affidataria e, in caso di mancato accordo, tramite l'intervento del Servizio Sociale; che con riguardo al mantenimento delle minori risulta che la sig.ra X abbia percepito redditi netti (reddito complessivo detratta l'imposta netta) nell'anno 2021 (mod. 730-2022) pari a circa Euro 24.640 e dunque Euro 2.000,00 mensili; nel 2020 (mod. 730/2021) Euro 20.400,00 e dunque Euro 1.700,00 mensili e nell'anno 2019 (mod. 730/2020) Euro 23.000,00 e dunque Euro 1.900,00 mensili; che si possa dunque considerare per la ricorrente un reddito mensile medio negli ultimi tre anni di circa Euro 1.850,00; che la stessa ha dedotto di sostenere un esborso mensile di Euro 400,00 circa a titolo di rata di rientro del mutuo contratto per l'acquisto dell'abitazione di residenza, limitandosi tuttavia a produrre ricevuta di versamento di una sola rata, senza fornire copia del contratto di mutuo dal quale poter desumere durata ed intestazione del medesimo; che occorre considerare inoltre che la sig.ra X, in virtù dell'affidamento esclusivo disposto con il presente Provvedimento, avrà diritto a percepire per intero la somma erogata dall'INPS a titolo di Assegno Unico Universale, come disposto dalla legge istitutiva dell'assegno medesimo; che con riguardo al sig. Y la ricorrente ha riferito di non sapere quale sia la sua attuale occupazione lavorativa rappresentando solamente che egli sarebbe operaio specializzato con la qualifica di saldatore; che per il resistente dunque, rammentando che l'obbligo di contribuire al mantenimento dei figli grava per legge sui genitori per il solo fatto di averli generati ed anche in caso di mancanza di reddito ("la peculiarità dell'obbligazione gravante in capo ai genitori relativa al mantenimento dei figli - per il solo fatto di averli concepiti - impone il riconoscimento dell'obbligo di mantenimento a carico del genitore, a prescindere dal fatto che questi abbia un'occupazione" - Trib. Roma, sez. 1, 07.07.2017) debba considerarsi ai fini che qui interessano la capacità lavorativa generica di un uomo di anni 43; che per quanto sopra, in applicazione dei criteri di cui all'articolo 337 ter quarto comma c.c. e dunque della capacità reddituale delle parti come sopra indicata, dei tempi di permanenza delle figlie presso ciascun genitore (allo stato stanno solo con la madre) e delle esigenze delle medesime (oggi di anni dieci e tredici) ritiene congruo il collegio porre a carico del padre l'obbligo di contribuire al mantenimento delle minori con la somma mensile di Euro 400,00 oltre al 50% delle spese straordinarie; che in ragione dell'esito del procedimento le spese di lite vadano poste a carico del resistente, liquidate come in dispositivo secondo i parametri del D.M. 55/2014 e successive modifiche, scaglione di valore indeterminabile - complessità bassa, valori minimi relative alle fasi di studio, introduttiva e decisoria; P.Q.M. Il Tribunale di Reggio Emilia, definitivamente pronunciando, Affida le minori E. e R. Y in via esclusiva alla madre con collocazione presso la medesima anche ai fini anagrafici; Dispone che l'esercizio del diritto di visita da parte del padre avvenga in accordo con la madre affidataria o che, in caso di mancato accordo, le visite vengano regolamentato dal competente Servizio Sociale; Pone a carico del sig. Y l'obbligo di contribuire al mantenimento delle figlie mediante versamento in favore della sig.ra X della somma mensile di Euro 400,00 (Euro 200,00 per ciascuna figlia) con rivalutazione ISTAT annuale; Pone a carico di ciascun genitore nella misura del 50% ciascuno le spese straordinarie sostenute nell'interesse delle figlie ed individuate come da Protocollo per i procedimenti in materia di famiglia in uso presso il Tribunale di Reggio Emilia (sottoscritto il 12.06.2023); il relativo conguaglio avverrà mensilmente dietro presentazioni di idonea documentazione giustificativa; Condanna il sig. Y alla rifusione delle spese di lite in favore della sig.ra X, liquidate in complessivi Euro 2.906,00, oltre 15% spese generali, IVA e CPA come per legge Manda alla Cancelleria per la comunicazione della presente Sentenza ai Servizi Sociali del Comune di (...) Così deciso nella camera di Consiglio della prima sezione civile del Tribunale di Reggio Emilia in data 15 giugno 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE DI REGGIO EMILIA SEZIONE PRIMA CIVILE Nella persona del Giudice Dott. Daniele Mercadante Ha emesso la presente SENTENZA Nella causa civile di primo grado, n. r.g. 2251.2022, tra - (...) Srl, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avv. Ar.Fr. ATTRICE e - (...) Kg, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avv. Cl.He. e dall'avv. Gi.Gi. CONVENUTA CONCISA ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE L'Attrice proponeva opposizione avverso il decreto ingiuntivo n. 632.2022, emesso da questo Tribunale il giorno 5.4.2022 per il pagamento della somma di Euro 8.969,74, oltre ad accessori e spese. Ricordava che la fattura emessa da parte dell'asserito creditore, se pure suscettibile di fondare l'emissione del decreto ingiuntivo, non avrebbe comunque avuto valore di prova nell'eventuale giudizio di opposizione al decreto stesso. Quanto ai motivi di tale opposizione affermava quanto si riporta: "l'Attrice contesta espressamente che le forniture di merce siano state rese nei termini e con le modalità indicate nella fattura azionata da controparte e nella lettera di vettura allegata ex adverso, tenuto anche conto dei gravi vizi che presentava il materiale a causa della scarsa qualità del legname fornito. Non solo: si contestano espressamente anche i corrispettivi indicati da controparte in quanto mai concordati tra le parti". All'atto di citazione non venivano uniti documenti relativi a tali allegazioni, né in quella sede veniva richiesta l'ammissione di mezzi di prova. Si costituiva la Convenuta, rappresentando che l'opposizione sarebbe stata proposta al solo scopo di ritardare il pagamento di quanto ingiunto e sarebbe stata caratterizzata da genericità; che l'Attrice, prima del giudizio e quattro mesi dopo la consegna della merce per la quale è causa, le avrebbe domandato di potere pagare quanto oggetto d'ingiunzione secondo le scadenze di un piano di rientro dall'esposizione debitoria, riconoscendo in tale modo il debito; che mai avrebbe ricevuto contestazioni in merito alla merce. Eccepiva la decadenza dell'Attrice dalla facoltà di denunciare vizi della merce stessa. All'esito della riserva espressa in occasione della prima udienza del procedimento veniva formulata alle parti la seguente proposta conciliativa: "parte Attrice, in considerazione dell'art. 96, c. 3, c.p.c., corrisponderà a parte Convenuta quanto previsto dal decreto ingiuntivo opposto, maggiorato di Euro 1.600,00, oltre a iva, cpa e spese forfetarie, a titolo di rimborso delle spese legali". Veniva fissata una successiva udienza affinché le parti prendessero posizione sulla proposta conciliativa. In vista di tale udienza parte Attrice, con note autorizzate, affermava di accettare la proposta conciliativa, domandando però, in considerazione della propria "difficile situazione economica", che l'importo oggetto della proposta venisse saldato in rate mensili dell'importo di 500 Euro ciascuna. Parte Convenuta accettava la proposta conciliativa e rifiutava la modifica ad essa proposta dall'Attrice in relazione al pagamento rateale. In occasione della prima udienza del procedimento, sostituita dal deposito di note scritte, parte Attrice non contestava, se non in maniera generica e irrilevante ai fini dell'impedimento all'applicazione dell'art. 115, c. 1, c.p.c. ("il giudice deve porre a fondamento della decisione le prove proposte dalle parti o dal pubblico ministero nonché i fatti non specificatamente contestati dalla parte costituita"), il fatto di non avere osservato alcunché, prima dell'opposizione per la quale è causa, in relazione alla qualità della merce ricevuta, nonché di avere riconosciuto il proprio debito attraverso il pagamento di un acconto e la richiesta di una dilazione rateale del saldo. Parte Attrice ha apparentemente eccepito un inesatto adempimento della Convenuta, relativo alla scarsa qualità della merce ricevuta, tramite quella parte di frase già riportata, e che si ripete: "tenuto anche conto dei gravi vizi che presentava il materiale a causa della scarsa qualità del legname fornito". Quanto precede non può ritenersi concretare un'allegazione d'inadempimento rilevante in giudizio. "In tema di prova dell'inadempimento di una obbligazione, il creditore che agisca per la risoluzione del contratto, per il risarcimento del danno ovvero per l'adempimento deve soltanto provare la fonte (negoziale o legale) del suo diritto e il relativo termine di scadenza ma non l'inadempienza dell'obbligato, potendosi limitare alla mera allegazione della circostanza dell'inadempimento della controparte, spettando, invece, al debitore convenuto l'onere di provare il fatto estintivo dell'altrui pretesa, costituito dall'avvenuto adempimento" (Cass. Ord. 13685.2019). "Anche nel caso in cui sia dedotto non l'inadempimento dell'obbligazione, ma il suo inesatto adempimento, al creditore istante sarà sufficiente la mera allegazione dell'inesattezza dell'adempimento, gravando ancora una volta sul debitore l'onere di dimostrare l'avvenuto esatto adempimento, perché l'eccezione si fonda sull'allegazione dell'inadempimento di un'obbligazione, al quale il debitore di quest'ultima dovrà contrapporre la prova del fatto estintivo costituito dall'esatto adempimento" (Cass. Sent. 15659.2011). L'apparente assolutezza di detto principio è però temperata da esigenze di sistematica interpretativa. Non avrebbe senso logico il predicare due oneri di allegazione, uno relativo all'inadempimento, l'altro all'adempimento solamente parziale, se tali oneri si risolvessero nella medesima attività difensiva. La semplice affermazione secondo la quale al programma contrattuale non sarebbe stata data esecuzione da parte di uno degli obbligati ha difatti un suo ruolo solo nell'ipotesi di inadempimento in senso proprio, ovverosia integrale e assoluto. In tale caso, spetterà all'obbligato provare che una qualche attività - e, in particolare, un'attività corrispondente a (almeno parte di) quella obbligatoria ai sensi del contratto - è stata invece posta in essere, con ciò onerando la controparte di meglio specificare quella che dovrà dunque considerarsi divenuta un'ipotesi di inadempimento solo parziale. Nel caso in cui l'inadempimento si prospetti sin dall'atto introduttivo come solo parziale, non può ritenersi integrare l'onere di allegazione la semplice affermazione della sussistenza di un non specificato (limitato) inadempimento, non individuato nelle sue caratteristiche differenziali rispetto ad altri possibili inadempimenti parziali in misura tale da consentire una significativa dialettica processuale. Nel caso di specie parte Attrice ha affermato che l'obbligazione non sarebbe stata esattamente adempiuta a cagione della "scarsa qualità" della merce fornita. La quasi assoluta genericità di tale contestazione la priva della potenzialità, costituzionalmente e processualmente necessaria, di offrire alla controparte contrattuale e processuale un contraddittorio effettivo, processualmente significativo, sulla fattispecie. Il campo dei possibili inadempimenti è in questo caso talmente indeterminato che l'onere che si finisce per imporre alla Convenuta equivale all'inesigibile dimostrazione di una inafferrabile buona qualità della merce sotto ogni possibile riguardo. In questa direzione deve leggersi Cass., Sent. n. 10141.2021 ("nel caso di proposizione di una domanda di risoluzione del contratto per inadempimento contrattuale, l'attore ha l'onere di indicare le specifiche circostanze materiali lesive del proprio diritto e di allegare le specifiche circostanze integranti l'inadempimento, in quanto l'allegazione costituisce l'imprescindibile presupposto che circoscrive i fatti cui si correla il diritto di difesa, a presidio del contraddittorio"). "La condanna ex art. 96, comma 3, c.p.c., applicabile d'ufficio in tutti i casi di soccombenza, configura una sanzione di carattere pubblicistico, autonoma ed indipendente rispetto alle ipotesi di responsabilità aggravata ex art. 96, commi 1 e 2, c.p.c., e con queste cumulabile, volta alla repressione dell'abuso dello strumento processuale; la sua applicazione, pertanto, richiede, quale elemento costitutivo della fattispecie, il riscontro non dell'elemento soggettivo del dolo o della colpa grave, bensì di una condotta oggettivamente valutabile alla stregua di "abuso del processo", quale l'avere agito o resistito pretestuosamente" (Cass. Ord. n. 20018.2020). Nel caso di specie appare provato, per quanto osservato in precedenza, il ricorso al processo da parte dell'Attrice quale semplice strumento di dilazione degli obblighi di pagamento nei confronti della propria controparte contrattuale, restando l'azione sprovvista di una qualche significativa doglianza che possa anche soltanto dare una veste esteriore ad un'opposizione motivata, sostanzialmente, dalla sola intenzione di ricorrere ad essa. L'abuso dello strumento processuale è puntuale, cioè relativo al singolo procedimento, e sistemico, in quanto suscettibile, ove esteso ad una significativa pluralità di casi, di aggravare il ritardo nella definizione di liti non manifestamente sprovviste di supporto. La sanzione di cui all'art. 96, c. 3, c.p.c., deve dunque applicarsi in una misura che si stima equo determinare in prossimità del cinquanta per cento di quanto oggetto di domanda, ovverosia 4.000 Euro. Le spese del giudizio, per gli stessi motivi di cui alla condanna ai sensi dell'art. 96, c. 3, c.p.c., devono venire poste a carico di parte Attrice, e vengono liquidate secondo i parametri monetari vigenti, alla luce del valore della causa, della sua complessità e delle attività compiute nel corso del procedimento, nella somma di Euro 1.900,00, oltre agli accessori di legge. P.Q.M. Il Tribunale di Reggio Emilia, definitivamente pronunciando, ogni diversa o contraria istanza disattesa o assorbita - Rigetta l'opposizione; - Dichiara tenuta e condanna parte Attrice a corrispondere a parte Convenuta l'ulteriore somma di Euro 4.000,00; - Dichiara tenuta e condanna parte Attrice a rifondere a parte Convenuta le spese del procedimento, liquidate in Euro 1.900,00, oltre a iva, cpa e spese forfetarie, oltre successive occorrende. Così deciso in Reggio Emilia il 16 febbraio 2023. Depositata in Cancelleria il 16 febbraio 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO DI REGGIO EMILIA SEZIONE SECONDA CIVILE Il Tribunale, nella persona del Giudice monocratico dott.ssa Ersilia Carlucci, ha pronunciato ex art. 281 sexies c.p.c. la seguente SENTENZA nella causa civile di I Grado iscritta al n. R.G. 4611/2021 promossa da: (...) (C.F. (...)) nato ad Acerno (SA), il (...), rappresentato e difeso dall'Avv. (...) del Foro di Parma ed elettivamente domiciliato in Fidenza (PR), Piazza (...), nello Studio e presso la persona del difensore (posta elettronica certificata (...)) PARTE ATTRICE - OPPONENTE contro (...) S.R.L. (P. Iva (...) (...), C.f. (...)), con socio unico, con sede legale in Milano, alla (...), soggetta ad attività di direzione e coordinamento da parte di (...) S.A., rappresentata e difesa, congiuntamente e disgiuntamente, dagli Avv.ti (...) ed elettivamente domiciliata in Via (...), 19125 La Spezia (SP) (numero di fax (...) ovvero agli indirizzi di posta elettronica certificata (...) PARTE CONVENUTA - OPPOSTA CONCLUSIONI Le parti hanno concluso come da atti introduttivi. RG n. 4611/2 FATTO E DIRITTO 1. Con atto di citazione in opposizione a decreto ingiuntivo, di data 15.11.2021, (...) ha chiesto la revoca del decreto ingiuntivo n. 1560/2021, emesso il 06.09.2021 dal Tribunale di Reggio Emilia, RG 3484/2021. Ha sostenuto che il ricorso monitorio si fondava su tre asseriti rapporti contrattuali (n. 265643 - n. 1794625 - n. 43302346) a suo tempo intrattenuti con (...) Spa e pervenuti nella titolarità di (...) Srl a seguito di una successione di cessioni di credito. Ha asserito che parte opposta ometteva la produzione in giudizio dei contratti di cessione che avrebbero originato la titolarità del credito oggetto di causa, non assolvendo al proprio onere probatorio. Ha sottolineato che il contratto prodotto sub doc. 11 tra (...) ed (...) era inutilizzabile in quanto inidoneo a dimostrare la titolarità dei crediti e che i link presenti sul sito appositamente pubblicizzato nella Gazzetta Ufficiale prodotto sub doc. 6 portavano a pagine vuote. Nel merito, ha asserito che controparte non assolveva l'onere di dimostrare l'esistenza dei contratti che poneva a fondamento delle proprie pretese e che lo stesso (...) mai effettuava operazioni o incassava somme in relazione ai rapporti oggetto di causa e che mai aveva ricevuto estratti conto in relazione ai rapporti in oggetto. Ha affermato che il credito, nell'ipotesi in cui si ritenesse dimostrato, era da considerarsi prescritto in quanto tutti i contratti per cui è causa risalivano al mesa di gennaio 2002 e l'ultima rata di rimborso era prevista il giorno 23.01.2007. Ha quindi rassegnato le proprie conclusioni chiedendo: "in accoglimento della presente opposizione, revocare in quanto ingiusto, gravatorio, infondato in fatto ed in diritto, non provato, prescritto o come meglio il Decreto Ingiuntivo n. 1560/2021 emesso il 06/09/2021 per i motivi tutti di cui in narrativa". 2. Con comparsa di risposta di data 23.06.2022, si è costituita in giudizio (...) Srl chiedendo il rigetto dell'opposizione avversaria e la conferma del decreto ingiuntivo n. 1560/2021. Ha asserito che il credito vantato da (...) nei confronti della controparte era stato oggetto di una operazione di cartolarizzazione ex artt. 1 e 4 L. n. 130 del 30 aprile 1999 e art. 58 TUB. Ha affermato che si appalesava un difetto di legittimazione della stessa in ordine ad eventuali domande volte a fare dichiarare presunte patologie del rapporto contrattuale. Ha asserito di avere adempiuto alle ritualità relative alla cessione del credito avendo pubblicato la notizia della cessione sulla Gazzetta Ufficiale ai sensi dell'art. 58 TUB, generando la stessa una presunzione assoluta di conoscenza dell'avvenuta cessione. Ha affermato che il credito ingiunto traeva origine dal saldo negativo del conto corrente e dal mancato pagamento di un prestito, rapporti intestati all'opponente, nonché dalle spese legali sostenute dalla banca per il recupero del credito e che l'opponente, in corso di rapporto, proponeva piani di ripianamento del debito, accettati dalla banca ma mai onorati. Ha asserito che il conto corrente in questione era passato "a sofferenza" e ciò aveva portato all'apertura di un ulteriore contratto diverso, il quale era ancora in essere al 31.10.2016 e pertanto era da considerarsi non prescritto. Ha affermati che quanto versato in atti nel procedimento monitorio, conservava nel giudizio di opposizione la medesima efficacia probatoria, non essendo stato contestato dall'opponente, se non in maniera generica. Ha infine rassegnato le proprie conclusioni: "in via preliminare, nel merito, concedere la provvisoria esecutorietà dell'opposto decreto ingiuntivo n. 1560/2021 del 06/09/2021 RG n. 3484/2021 emesso dal Tribunale di Reggio Emilia stante la ricorrenza dei presupposti di cui all'art. 648 C.p.c. In via principale, nel merito, rigettare l'opposizione proposta e tutte le domande in essa formulate, perché infondate in fatto ed in diritto, per i motivi tutti indicati in narrativa e, per l'effetto, confermare il decreto ingiuntivo n. 1560/2021 del 06/09/2021 RG n. 3484/2021 emesso dal Tribunale di Reggio Emilia. In via subordinata, nel merito, condannare, in ogni caso, il Sig. (...) al pagamento in favore della società (...) S.r.l. della diversa, maggiore o minore somma che risulterà all'esito dell'espletando, attività istruttoria". 3. Durante la prima udienza, in data 28.07.2022, questo Giudice rigettava la domanda di concessione di provvisoria esecuzione al decreto ingiuntivo opposto e ordinava alle parti di procedere a mediazione. 4. All'udienza seguente, avendo le parti specificato che non era stata avviata procedura di mediazione, la causa veniva rinviata all'udienza di precisazione delle conclusioni e discussione orale ex art. 281 sexies c.p.c. 5. L'art. 5 del D.Lgs. 4 marzo 2010 n. 28 individua l'esperimento della procedura di mediazione disciplinata nel decreto stesso quale condizione di procedibilità nel caso di azioni avanzate in determinate materie espressamente individuate, tra le quali anche quelle relative a contratti bancari. Nel caso di specie, oggetto principale del giudizio, come sostenuto da parte opponente, sono tre rapporti contrattuali intrattenuti, originariamente, con banca (...) spa (n. 265643 -n. 1794625 - n. 43302346). Risulta quindi evidente la necessità di instaurare la procedura di mediazione obbligatoria prima dell'instaurazione della causa di merito. nu n. 4011/2 Questo stesso giudice ha ordinato alle parti di procedere alla mediazione all'udienza di data 28.07.2022. Il mancato esperimento di tale procedimento è pacifico tra le parti, avendone entrambe dato atto negli atti dalle stesse depositati. 6. Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno di recente espresso il principio, al quale in questa sede si intende aderire, secondo cui: "nelle controversie soggette a mediazione obbligatoria ai sensi dell'articolo 5, comma 1-bis, del Dlgs n. 28 del 2010, i cui giudizi vengano introdotti con un decreto ingiuntivo, una volta instaurato il relativo giudizio di opposizione e decise le istanze di concessione o sospensione della provvisoria esecuzione del decreto, l'onere di promuovere la procedura di mediazione è a carico della parte opposta; ne consegue che, ove essa non si attivi, alla pronuncia di improcedibilità di cui al citato comma 1-bis conseguirà la revoca del decreto ingiuntivo" (Cassazione civile sez. un., 18/09/2020, n.19596). Tale assunto, nelle parole della Corte stessa, si fonda anche su determinazioni di carattere testuale, tra le quali quelle relative alla figura dell'attore in senso sostanziale. In questi termini ha stabilito che: "l'obbligo di esperire il procedimento di mediazione è posto dalla legge a carico di chi intende esercitare in giudizio un'azione, e non c'è alcun dubbio che tale posizione sia quella dell'attore, che nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo è il creditore opposto (c.d. attore in senso sostanziale). Non a caso, infatti, l'art. 643 c.p.c., comma 3, stabilisce che la notificazione del decreto ingiuntivo determina la pendenza della lite. Sul punto non è il caso di dilungarsi, perché la giurisprudenza di questa Corte, con l'avallo dell'unanime dottrina, è pacifica in questo senso". Tale soluzione è stata recepita dalla giurisprudenza di legittimità, la quale ha rinvenuto - in ossequio a quanto affermato dalla Suprema Corte - il fondamento del principio in esame nel presupposto che l'accesso alla giurisdizione non può giungere alla perdita del diritto di agire tutelato costituzionalmente, considerato che la revoca del decreto ingiuntivo opposto consente al creditore la possibilità di effettuare una nuova richiesta ed ottenere l'emissione di un nuovo decreto ingiuntivo (in questi termini, ex multis, Tribunale Termini Imerese, 01/06/2022, n.458). 7. Nel caso di specie, quindi, applicando quanto statuito dalle Sezioni Unite, gravava sul soggetto opposto, quale attore sostanziale nella procedura di opposizione a decreto ingiuntivo, l'onere di azionare la procedura di mediazione obbligatoria. (...), invero, non ha azionato tale procedura, determinando una situazione di improcedibilità per mancanza di una condizione necessaria. 8. Si ritiene quindi debba essere dichiarata l'improcedibilità del presente procedimento, alla quale deve seguire la revoca del decreto ingiuntivo opposto. Con riferimento ai provvedimenti ex art. 91 c.p.c., le spese di lite, in applicazione del principio della soccombenza, spettano a parte opposta, vengono liquidate nei valori minimi per lo scaglione di riferimento secondo il valore della controversia, esclusa la fase istruttoria che non si è svolta. P.Q.M. Il Tribunale di Reggio Emilia, in composizione monocratica, definitivamente pronunciando, ogni contraria istanza, eccezione e deduzione disattesa, così decide: 1. Dichiara improcedibile la causa e revoca il decreto ingiuntivo n. 1560/2021, emesso il 06.09.2021 dal Tribunale di Reggio Emilia, RG 3484/2021; 2. Condanna (...) S.R.L. al pagamento delle spese di lite che liquida in Euro 1.700,00 per compensi, oltre ad IVA e PA come per legge Reggio Emilia, 8 febbraio 2023. Depositata in Cancelleria il 14 febbraio 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO di REGGIO EMILIA SEZIONE SECONDA CIVILE Il Tribunale, nella persona del Giudice dott.ssa Ersilia Carlucci ha pronunciato ex art. 190 c.p.c. la seguente SENTENZA nella causa civile iscritta al n. R.G. 5265/2019 promossa da: (...) S.R.L. (C.F. (...)), con il patrocinio dell'avv. SC.LU. del Foro di Modena, elettivamente domiciliato in VIA (...) - 41121 MODENA presso il difensore avv. SC.LU. ATTORE contro (...) S.P.A. (C.F. (...)), con il patrocinio dell'avv. BO.SI. e dell'avv. GRASSIGLI ALESSIA ((...)) STRADA (...) MODENA, elettivamente domiciliato in STRADA (...), 390 41100 MODENA presso il difensore avv. BO.SI. CONVENUTO FATTO E DIRITTO 1. - Con atto di citazione notificato in data 23.10.2019 (...) s.r.l. (di seguito "(...)"), ha convenuto in giudizio (...) s.p.a. (di seguito "Banca" o "(...)") esponendo di avere intrattenuto con la Banca un rapporto di conto corrente di corrispondenza "ordinario" identificato con il n. (...), in essere almeno dal 1 gennaio 1994 e fino alla sua estinzione in data 15 settembre 2017. Intorno a detto conto erano gravitati vari conti "tecnici" utilizzati prevalentemente per lo smobilizzo dei crediti, le cui competenze venivano periodicamente regolate sul conto ordinario, in particolare: il conto di "transito" SBF n. (...), operativo dal 27.4.1994 al 2.5.2013; il conto n. (...) (operativo dal 1 gennaio 1994 al 31.12.1997) le cui movimentazioni riguardavano spese e addebiti per imposta di bollo, parimenti trasferiti mediante giroconto al conto ordinario n. (...); il conto n. (...) (operativo dal 9.8.2001 al 10.11.2003) destinato alla gestione di operazioni di anticipo documenti/fatture, i cui anticipi e competenze (così come le spese e gli altri oneri) sono stati trasferiti mediante giroconto al conto ordinario; il "conto anticipo fatture senza notifica e canalizzazione" n. (...) (operativo dal 23 ottobre 2002 al 2.5.2013). (...) ha chiesto a questo Tribunale di dichiarare l'illegittimità degli addebiti applicati in detti conti in ragione della mancata o, comunque, invalida pattuizione delle clausole (e loro successive variazioni) relative alla determinazione ed applicazione ai predetti rapporti bancari di interessi ultralegali e anatocistici, di cd. giorni-valuta, di Commissioni di Massimo Scoperto (C.M.S.) ed altre commissioni di disponibilità fondi, di spese ed oneri. A sostegno della propria richiesta (...) ha allegato un'analisi econometrica sulla base della quale, in esito alla "depurazione" dei conti correnti dagli importi ritenuti illegittimamente addebitati ed al ricalcolo degli interessi debitori e creditori ai tassi sostitutivi, ha dichiarato di essere creditrice dell'istituro bancario dell'importo complessivo di Euro. 826.302,14. 2. - Si è costituita in giudizio il 30.01.2020 (...) S.p.A. contestando integralmente le domande attrici e chiedendone il rigetto, in quanto prescritte, infondate sia in fatto che in diritto e comunque non provate. 3. - La causa è proseguita con il deposito di memorie ai sensi dell'art. 183 c.p.c., con le quali le parti hanno reiterato le proprie richieste istruttorie e sviluppato le proprie posizioni. Con ordinanza 24/9/2020 veniva ammessa unicamente la consulenza tecnica d'ufficio richiesta da parte attrice, nominando all'uopo la dr.ssa St.Ba., che accettava l'incarico prestando il giuramento di rito all'udienza del 19.11.2020. Confermato, con ordinanza del 24.9.2020, il quesito assegnato al perito contabile e rigettata l'istanza di sua modifica, il CTU ha proceduto al deposito dell'elaborato nel rispetto del termine prorogato del 21.11.2021. All'udienza del 19/01/2022, pervenuto per la prima volta il processo innanzi al sottoscritto mutato giudice, è stata rigettata la richiesta di convocazione del CTU a chiarimenti, ritenuto che correttamente il CTU aveva proceduto all'epurazione dell'effetto anatocistico con riferimento al solo rapporto di conto corrente e non anche ai conti tecnici di annotazione delle operazioni di sconto e anticipo del portafoglio commerciale; il processo è stato quindi rinviato all'udienza del 14 luglio 2022 ore 10.00 per la precisazione delle conclusioni. All'udienza del 14/07/2022 le parti processuali hanno precisato le conclusioni come da fogli di precisazione delle conclusioni richiamati dal verbale e questo Tribunale ha concesso i richiesti termini per il deposito di memorie conclusionali ex art. 190 c.p.c... Le parti hanno depositato le comparse conclusionali e le relative repliche nei termini loro assegnati. 4. - Prima di scendere nel merito della vicenda, preliminarmente questo Tribunale condivide le conclusioni cui è giunto il consulente tecnico, dott.ssa St.Ba., sui quesiti posti. Infatti, la CTU è stata condotta con un criterio d'indagine serio, razionale, osservante i quesiti proposti e l'esame completo dei documenti; ha preso puntuale e ragionata posizione sulle osservazioni presentate dal CTP del cliente e della Banca convenuta (cfr. pagg. 115 e ss. della perizia e allegati 26 e 27) e si è correttamente interrogata e pronunciata sull'esistenza di prove della comunicazione al cliente delle variazioni contrattuali dirimenti e sulla esistenza in atti della documentazione contabile e contrattuale necessaria, sulla possibilità di considerare unitariamente ai fini del calcolo del saldo rettificato il conto ordinario e i conti tecnici ad esso correlati, trattandosi di accertamenti indispensabili per rispondere in maniera compiuta al quesito affidatole. Il CTU ha anche puntualmente analizzato le osservazioni avanzate dai CTP di parte attrice dott. Mi.De. e di parte convenuta dott. An.Mu., dando loro esaustiva risposta; le medesime considerazioni, sono state riproposte dalle parti del processo nelle memorie conclusionali e di replica e saranno di volta in volta vagliate nel seguito della sentenza.. 5. - Secondo la prospettazione attorea i rapporti bancari contestati sarebbero risultati gravati da illegittimi addebiti conseguenti all'invalida pattuizione, e successiva variazione, delle clausole relative: - alla determinazione di interessi ultralegali e anatocistici, - alla determinazione di Commissioni di Massimo Scoperto, - alla determinazione di altre commissioni, spese ed oneri, da cui discenderebbe un obbligo di ripetizione dell'istituto di credito di Euro 826.302,14, così quantificato nell'analisi econometrica versata in atti redatta su incarico dell'attrice dal dott. Michele Deserti. Ha lamentato altresì l'attrice il mancato assolvimento da parte dell'istituto di credito degli obblighi di conservazione della documentazione relativa ai rapporti in causa in violazione dei principi generali di buona fede e correttezza e di reciproca solidarietà tra contraenti espressi dagli artt. 1374 e 1375 c.c.. Prima di affrontare le singole doglianze in ordine ai rapporti contestati, si rende necessario ricostruire detti rapporti. 5.1 - Partendo dalla ricostruzione dei rapporti, nel caso che ci occupa non risulta depositato in atti il contratto di accensione del rapporto di conto corrente n. (...), di cui (...) in data 10 gennaio 2018 ha denunciato lo smarrimento alla legione Carabinieri Emilia Romagna, stazione di (...). La prima documentazione pattizia riferibile al predetto rapporto porta la data del 26 maggio 1995; seguono i contratti del 13 novembre 2002, 16 gennaio 2004, del 14 febbraio 2005 e del 17 aprile 2008. Tutti i citati contratti non attengono alla regolamentazione del rapporto di conto corrente di corrispondenza ex se, ma hanno ad oggetto la concessione di aperture di credito a valere sul rapporto di conto corrente. Nei due contratti di apertura di credito a valere sul rapporto di conto corrente n. (...) del 26 maggio 1995 - pratica n. 2399309 (rispettivamente da 100.000 e 150.000 Euro) è previsto un tasso di interesse debitore entro fido del 12,875% ed un tasso di interesse su eventuali sconfinamenti e mora nella misura di due punti percentuali in più rispetto al tasso entro fido. Il contratto di apertura di credito a valere sul rapporto di conto corrente n. (...) del 13 novembre 2002 - pratica n. 4824346 deliberata in data 30/10/2002 (per l'importo di Euro 52.000) sostitutiva della precedente linea di credito; il tasso di interesse debitore per utilizzi del fido entro la somma di Euro 51.645,69 risultava pattuito nella misura dell'8,25%, e per utilizzi oltre nella misura del 9,25%. Il contratto di apertura di credito del 16 gennaio 2004 a valere sul rapporto di conto corrente n. (...) - pratica n. (...) deliberata in data 31/12/2003 (per l'importo di Euro 72.000,00) sostitutiva della precedente linea di credito a revoca di Euro 52.000,00 e prevedeva un tasso di interesse debitore per utilizzi del fido entro la somma di Euro 51.645,69 nell'8,15%, e per utilizzi oltre nel 9,15%. Il contratto di apertura di credito a valere sul rapporto di conto corrente n. (...) del 14 febbraio 2005 - pratica n. 5142213 deliberata in data 31/01/2005 (per l'importo di Euro 200.000,00) prevede un tasso di interesse debitore per utilizzi del fido entro la somma di Euro 270.000,00 del 9,25%, e per utilizzi oltre nella misura del 10,85%. Il contratto di apertura di credito a valere sul rapporto di conto corrente n. (...) del 17 aprile 2008 - pratica n. (...) deliberata in data 14/03/2008 per la concessione di un'apertura di credito con scadenza a revoca dell'importo di Euro 100.000,00, sostitutiva della precedente linea di credito a revoca di Euro 70.000,00; il contratto ed il correlato documento di sintesi indicavano la misura del tasso di interesse debitore per utilizzi del fido entro la somma di Euro 70.000,00 nel 10,25% e nel 10,75% per utilizzi oltre. 5.2. - Quanto al rapporto di portafoglio collegato al conto transito s.b.f. n. (...), la prima annotazione indicata sugli estratti attiene alla scritturazione del saldo iniziale alla data del 27 aprile 1994 pari a zero, data che deve ritenersi coincidente con l'attivazione del conto, sebbene in atti non risulta depositato il contratto di accensione del rapporto, denunciato smarrito da (...) in data 10 gennaio 2018. La prima documentazione pattizia disponibile del 26 maggio 1995 attiene alla concessione di una linea di castelletto con scadenza a revoca di L. 250.000.000,00 per sconto effetti ed anticipi mediante accredito di s.b.f., di effetti, ricevute, altri documenti ed in genere di crediti verso terzi all'incasso. Il contratto del 26 maggio 1995 indica il tasso di interesse per le operazioni di sconto, individuato nella misura del 12%. Seguono i contratti del 13 novembre 2002, del 16 gennaio 2004, del 28 ottobre 2009 e del 28 agosto 2012: - il primo ha ad oggetto la concessione della linea di credito ad uso promiscuo 258.000,00 con scadenza a revoca, utilizzabile, fra le altre, anche nella forma tecnica di castelletto per anticipi mediante accredito s.b.f., di effetti, crediti ed altri documenti in genere; lo stesso indicava il tasso di interesse per le operazioni di anticipo mediante accredito s.b.f., individuato nella misura del 5,75%; - il secondo avente ad oggetto la concessione della linea di credito ad uso promiscuo 358.000,00 Euro con scadenza a revoca, utilizzabile, fra le altre, anche nella forma tecnica di castelletto per anticipi mediante accredito s.b.f., di effetti, crediti ed altri documenti in genere, e nel quale veniva indicato nel 4,40% il tasso di interesse per le operazioni di anticipo mediante accredito s.b.f..; - il terzo ha ad oggetto la concessione di una linea di fido di castelletto ad uso promiscuo di 500.000,00 con scadenza a revoca, sostitutiva della precedente linea di affidamento di Euro 400.000,00, relativo al rapporto di portafoglio n. (...) collegato al conto corrente contrassegnato con il n. (...); lo stesso prevedeva il tasso di interesse del 7,70% nominale annuo e nel 7,9252% effettivo annuo determinato con applicazione al TAN della formula di capitalizzazione trimestrale; - l'ultimo contratto di affidamento nella forma di fido di castelletto del 28/08/2012 indicava la misura del tasso di interesse applicata al rapporto di castelletto per anticipi mediante accredito salvo buon fine di effetti, crediti ed altri documenti in genere relativo al rapporto di portafoglio n. (...) collegato al conto corrente contrassegnato con il n. (...), indicandola nel 4,30% nominale annuo e nel 4,3698% effettivo annuo, determinato con applicazione al TAN della formula di capitalizzazione trimestrale. 5.3. - Quanto al rapporto di portafoglio collegato al conto n. (...), in atti non risulta depositato il contratto di accensione del rapporto, il quale non risulta peraltro oggetto di denuncia di smarrimento da parte di (...); la prima annotazione indicata sugli estratti del conto tecnico n. (...) attiene alla scritturazione del saldo iniziale pari a zero alla data del 9 agosto 2001 ed il conto risulta estinto in data 10/11/2003. La prima documentazione pattizia disponibile porta la data del 13 novembre 2002; trattasi del contratto perfezionato a mezzo scambio di corrispondenza, pratica n. 4824346 deliberata in data 30/10/2002, avente ad oggetto la concessione di una linea di fido di castelletto ad uso promiscuo di 258.000,00 con scadenza a revoca, sostitutiva di precedente linea di affidamento di Euro 258.229,00 di cui non risulta prodotta in atti documentazione alcuna; il contratto indica la misura del tasso di interesse applicata al rapporto di castelletto per anticipi su fatture, crediti, effetti ed altri documenti sul conto corrente dedicato n. (...) nel 6,75%. 5.4. - Quanto al il rapporto di portafoglio collegato al conto anticipo fatture senza notifica e canalizzazione n. (...), in atti non risulta depositato il contratto di accensione del rapporto, contratto di cui (...) in data 10 gennaio 2018 ha denunciato lo smarrimento; la prima annotazione indicata sugli estratti conto del conto anticipi fatture n. (...) attiene alla scritturazione del saldo iniziale alla data del 23 ottobre 2002 pari a zero. La prima documentazione pattizia disponibile porta la data del 13 novembre 2002, seguono i contratti del 16 gennaio 2004, del 9 agosto 2006, del 9 febbraio 2007, del 1 agosto 2007, del 17 aprile 2008, e del 28 agosto 2012. Del contratto di affidamento nella forma di fido di castelletto del 13/11/2002 pratica n. (...) deliberata in data 30/10/2002, avente ad oggetto la concessione di una linea di fido di castelletto ad uso promiscuo di 258.000,00 con scadenza a revoca, sostitutiva di precedente linea di affidamento di Euro 258.229,00 non risulta prodotta in atti documentazione alcuna. Il contratto indica la misura del tasso di interesse applicata al rapporto di castelletto per anticipi su fatture, crediti, effetti ed altri documenti sul conto dedicato n. (...) nel 6,75%. Il contratto di affidamento nella forma di fido di castelletto del 16/01/2004 pratica n. (...) deliberata in data 31/12/2003 ha ad oggetto la concessione di una linea di fido di castelletto ad uso promiscuo di 358.000,00 con scadenza a revoca, sostitutiva della precedente linea di affidamento di Euro 258.000,00 e indica la misura del tasso di interesse applicata al rapporto di castelletto per anticipi su fatture, crediti, effetti ed altri documenti sul conto dedicato n. (...) nel 7,50% per utilizzi fino ad Euro 258.000,00.= e nell'8,50% per utilizzi oltre. Il contratto di affidamento nella forma di fido di castelletto del 9/08/2006 pratica n. (...) deliberata in data 7/08/2006 ha ad oggetto la concessione di una ulteriore linea di fido di castelletto di 100.000,00 con scadenza al 7 settembre 2006 indicano la misura del tasso di interesse applicata al rapporto di castelletto per anticipi su fatture, crediti, effetti ed altri documenti sul conto dedicato n. (...) nel 6,90% per utilizzi fino ad Euro 358.000,00 e nel 7,50% per utilizzi oltre. Il contratto di affidamento nella forma di fido di castelletto del 9/02/2007 pratica n. 5453576 deliberata in data 8/02/2007 ha ad oggetto la concessione di una nuova linea di fido di castelletto di 100.000,00 con scadenza al 10 maggio 2007 e indica la misura del tasso di interesse applicata al rapporto di castelletto per anticipi su fatture, crediti, effetti ed altri documenti sul conto dedicato n. (...) nel 6,90% per utilizzi fino ad Euro 358.000,00 e nell'7,50% per utilizzi oltre. Il contratto di affidamento nella forma di fido di castelletto dell'1/08/2007 pratica n. 5524980 deliberata in data 27/07/2007 ha ad oggetto la concessione di una linea temporanea di fido di castelletto di 250.000,00 con scadenza al 30 settembre 2007, sostitutiva della precedente linea di fido di castelletto ad uso promiscuo di Euro 100.000,00 scaduta in data 10 maggio 2007; prevedeva un tasso di interesse applicata al rapporto di castelletto per anticipi su fatture, crediti, effetti ed altri documenti sul conto dedicato n. (...) nel 7,75% per utilizzi fino ad Euro 458.000,00 e nel 7,75% per utilizzi oltre. Il contratto di affidamento del 17/04/2008 pratica n. (...) deliberato in data 14/03/2008 per la concessione di una linea temporanea di fido di castelletto di Euro 250.000,00 con scadenza al 14 marzo 2009 e la concessione di una linea di fido di castelletto di Euro 400.000,00, indica la misura del tasso di interesse applicata al rapporto di castelletto per anticipi su fatture, crediti, effetti ed altri documenti sul conto dedicato n. (...) nel 7,25% per utilizzi fino ad Euro 458.000,00 e nel 7,75% per utilizzi oltre. Il contratto di affidamento nella forma di fido di castelletto del 28/10/2009 pratica n. 5876471 deliberata in data 6/10/2009 ha ad oggetto la concessione di una linea di fido di castelletto ad uso promiscuo di 500.000,00 con scadenza a revoca, sostitutiva della precedente linea di affidamento di Euro 400.000,00 e indica la misura del tasso di interesse applicata al rapporto di castelletto per anticipi su fatture, crediti, effetti ed altri documenti sul conto dedicato n. (...), identificata nel 7,70% nominale annuo e nel 7,9252% effettivo annuo determinato con applicazione al TAN della formula di capitalizzazione trimestrale. Il contratto di affidamento nella forma di fido di castelletto del 28/08/2012 pratica n. (...) deliberata in data 24/08/2012 ha ad oggetto la concessione di una linea di fido di castelletto ad uso promiscuo di 4500.000,00 con scadenza a revoca, sostitutiva della precedente linea di affidamento di Euro 500.000,00, indica la misura del tasso di interesse applicata al rapporto di castelletto per anticipi su fatture, crediti, effetti ed altri documenti sul conto corrente dedicato n. (...), identificata nel 4,50% nominale annuo e nel 4,5765% effettivo annuo determinato con applicazione al TAN della formula di capitalizzazione trimestrale (cfr. CTU da pag. 31. a pag. 48 della perizia contabile del CTU). 6. - Alla luce della ricostruzione dei rapporti sopra offerta, si osserva che con riferimento ai rapporti indicati i contratti e i documenti di sintesi allegati indichino specificatamente i tassi di interesse concordati dalle parti. Deve pertanto concludersi nel senso che con riferimento alle aperture di credito a valere sul rapporto di conto corrente n. (...), al rapporto di portafoglio collegato al conto transito s.b.f. n. (...), al rapporto di anticipo fatture collegato al conto n. (...), al rapporto di anticipo fatture collegato al conto n. (...) i tassi ultra-legali risultano pattuiti sicchè non debba procedersi al ricalcolo al tasso legale ovvero al tasso di cui all'art. 117 T.U.B.. Tra l'altro, si condivide e fa proprio il percorso logico-argomentativo che ha condotto il CTU "in mancanza delle pattuizioni contrattuali" a non dare risposta al quesito relativo all'applicazione di interessi ultralegali, limitando la verifica ai soli rapporti (per intero o parzialmente) per i quali risulti prodotta detta documentazione così come richiesto nel quesito "spettando all'attore l'onere di produrre i contratti in questione". Infatti, con riguardo all'onere della prova, va in questa sede ribadito che allorché sia il cliente della banca ad agire per l'accertamento negativo a rettifica del saldo contabile e/o per la ripetizione dell'indebito incombe sul medesimo attore l'onere di allegazione e prova dei fatti costituivi della pretesa dedotta in giudizio. È poi onere esclusivo dell'attore dare integrale prova documentale della consistenza storica e contabile del rapporto in contestazione, dovendo costui allegare e provare le singole poste ritenute indebite e produrre gli estratti conto nella loro interezza: la prova documentale del rapporto deve essere fornita attraverso il deposito della serie completa degli estratti conto analitici e scalari, in modo da consentire la ricostruzione del rapporto sulla base di dati certi e senza la possibilità di ricorrere a criteri presuntivi di raccordo o ad accertamenti esplorativi (cfr. Cass., 14.05.2012 n. 7501; Trib. Siena 1.03.2016 n. 138; cfr. App. Torino 7.10.2015; App. Milano 7.10.2015; Trib. Milano 23.3.2017; cfr. anche Trib. Crotone, sentenza resa nella causa n.r.g. 2373/07). In ogni caso, peraltro, anche limitando l'accertamento giudiziale al solo periodo documentato dall'attore correntista, trova comunque applicazione il principio secondo cui l'incarico conferito al c.t.u. postula pur sempre che la parte abbia preventivamente e specificamente dedotto il fatto che pone a fondamento del suo diritto. In mancanza di tale presupposto l'eventuale lacuna assertiva e probatoria in cui è incorsa la parte gravata dal relativo non può essere colmata mediante il ricorso ai poteri di rilevazione officiosa del giudice o agli accertamenti devoluti al suo ausiliario. Questi principi valgono non solo con riferimento agli estratti conto ma anche con riferimento ai contratti bancari, proprio in applicazione degli obblighi e dei limiti previsti dall'art. 119 TUB. In tema di rapporti bancari, infatti, la limitazione entro il termine decennale dell'obbligo di conservazione della documentazione bancaria (TUB art. 119, co. 4) corrisponde ad un principio generale (v. art. 2220 c.c.) e l'espresso riferimento alla documentazione contabile non può implicare, per i contratti bancari conclusi, un obbligo di conservazione a tempo indefinito (o per un termine decorrente da un dies a quo indeterminato), non potendo tale obbligo fondarsi se non sulla disposizione in esame. D'altronde il cliente risulta già ampiamente tutelato sia dalla possibilità di pretendere la consegna di una copia del contratto al momento della stipula che dalla possibilità di esercitare il diritto di ottenere il medesimo documento in un lasso di tempo notevolmente ampio (dieci anni) in funzione del quale è costruito essenzialmente l'obbligo di conservazione della banca, sicchè al di fuori di questi limiti opera il generale onere di conservazione della documentazione rappresentativa dei fatti costitutivi dei propri diritti, che grava, si osserva incidentalmente, in modo identico e speculare su entrambe le parti, non godendo né la banca né il cliente che omettano di conservare la documentazione contrattuale di alcun privilegio probatorio in sede processuale (dovendo la banca produrre in giudizio il contratto soggetto a forma scritta ad substantiam ai fini del vittorioso esperimento dell'azione di adempimento, analogamente al cliente che agisca per la ripetizione dell'indebito). Tanto più che nel caso che ci occupa la Banca ha anche denunciato lo smarrimento dei contratti che l'attore avrebbe dovuto porre a sostegno delle proprie domande, a dimostrazione della circostanza che per gli stessi non sarebbe stato comunque possibile ottenerne l'esibizione (missiva (...) datata 10/01/2018 e allegata denuncia di smarrimento in pari data dei contratti di conto corrente n. (...) - (...) - (...) - doc. 2 parte attrice). Ne consegue che correttamente il CTU dott.ssa Baricca, seguendo alla lettera il quesito affidatole, in ragione dell'assenza di documentazione contrattuale, abbia omesso l'indagine sulle competenze e spese maturate con riferimento al conto ordinario n. (...) e al conto n. (...) (per il solo periodo sino al 26.5.1995), nonché al conto n. (...) (per l'intera durata del rapporto), avendo il cliente-attore assolto unicamente all'onere di produzione dei saldi contabili e non dei contratti. 7. - Il CTU ha dato chiaro ed esaustivo responso anche al quesito riguardante la verificazione della presenza di determinazione per iscritto di interessi oggettivamente usurari ex art. 1815 comma 2 c.c. per superamento del tasso soglia di cui alla L. n. 108 del 1996, da verificarsi al momento della pattuizione o per effetto dello ius variandi esercitato dalla banca, relativa sia gli interessi convenzionali, sia gli interessi moratori, intesi peraltro singolarmente e non già cumulati, e non anche a quelli corrispettivi, calcolati applicando la metodologia T.E.G. nell'algoritmo di calcolo elaborato da (...) (Cass. n. 12965/2016 e Cass. n. 22270/2016) e tenendo conto delle spese di assicurazione (Cass. n. 8806/2017) e della commissione massimo scoperto. L'indicatore di costo periodale che viene utilizzato per la verifica dell'usura sopravvenuta nell'indagine relativa all'effettivo superamento della "soglia" nei singoli trimestri di indagine è il T.E.G., che consente di verificare il rispetto del limite oltre il quale gli interessi sono usurari ai sensi dell'articolo 2, comma 4, della L. 7 marzo 1996, n. 108, secondo l'algoritmo di calcolo indicato nelle istruzioni di (...) per la categoria di rapporti "Aperture di credito in conto corrente (Cat. 1). Nei rapporti di conto corrente di corrispondenza, e nelle correlate linee di apertura di credito, la determinazione ab origine, in sede di stipula del contratto, di un univoco T.E.G. contrattuale non è possibile, e ciò in quanto non è possibile preventivare all'origine il futuro andamento del rapporto e le movimentazioni allo stesso afferenti. L'accertamento esperibile ex ante sui contratti di conto corrente e di apertura di credito in conto corrente attiene alla verifica circa l'eventuale superamento della soglia del tasso convenzionale: laddove il tasso d'interesse convenzionale pattuito originariamente sia superiore al tasso soglia del trimestre di riferimento, ovvero laddove, per effetto dell'esercizio dello ius variandi, venga determinato un nuovo tasso d'interesse convenzionale e quest'ultimo - nello stesso trimestre di variazione - sia superiore al tasso soglia di riferimento, si verifica certamente la fattispecie di usura originaria del rapporto. Tanto premesso, nel caso che ci occupa l'analisi condotta dal C.T.U. ha accertato che nel rapporto di conto corrente n. (...) e correlate aperture di credito in conto corrente, nel rapporto di portafoglio collegato al conto transito s.b.f. n. (...), nel rapporto di portafoglio collegato al conto n. (...), nel rapporto di portafoglio collegato al conto anticipo fatture senza notifica e canalizzazione n. (...) non si è verificata la fattispecie usuraria né in sede di pattuizione originaria, né per effetto dell'esercizio dello ius variandi da parte della Banca (cfr. pag. 53 della perizia e suoi allegati da 14 a 17). L'analisi non è risultata esperibile con riferimento al rapporto di conto corrente n. (...), di cui non risulta versata in atti né alcuna documentazione contrattuale né alcuna comunicazione di proposta di modifica unilaterale delle condizioni e per il quale, comunque, nell'intero periodo indagato non risultano addebitati interessi. 8. - Quanto alla doglianza in ordine all'anatocismo, partendo dal dato normativo, si ricorda che la materia è disciplina dal codice civile (art. 1283 c.c.), dal T.U.B. per i profili bancari, dalla deliberazione C.I.C.R. del 9.02.2000 e dal T.U.B. e presenta distinzioni significative fra i contratti conclusi nel periodo compreso fra l'entrata in vigore del Codice Civile e l'entrata in vigore del D.Lgs. n. 342 del 1999, nel periodo compreso fra la vigenza del D.Lgs. n. 342 del 1999 e la data di entrata in vigore della Del.CICR del 9 febbraio 2000, nel periodo compreso fra la data di entrata in vigore della Del.CICR del 9 febbraio 2000 e l'ultima riforma dell'art. 120 TUB e nel periodo successivo all'ultima riforma dell'art. 120 TUB, così come oggi in vigore. L'art. 1283 c.c. prevede che "In mancanza di usi contrari, gli interessi scaduti possono produrre interessi solo dal giorno della domanda giudiziale o per effetto di convenzione posteriore alla loro scadenza, e sempre che si tratti di interessi dovuti almeno per sei mesi". A partire dalla sentenza della Corte di Cassazione n. 6631 del 1981 la giurisprudenza di legittimità aveva infatti per lungo tempo ritenuto legittimi gli interessi anatocistici applicati nei rapporti bancari ravvisando nel comportamento delle banche un uso di rango normativo derogatorio delle disposizioni dell'art. 1283 c.c.. Tale situazione è perdurata fino ad una fondamentale pronuncia della Corte di Cassazione e precisamente la sentenza della I Sezione n. 2374 del 16/03/1999 che ha dichiarato: "E' nulla la previsione contenuta nei contratti di conto corrente bancario, avente ad oggetto la capitalizzazione trimestrale degli interessi dovuti dal cliente" seguita dalla seguita dalla "sentenza gemella" della 3° Sezione n. 3096 del 30/03/1999 con la quale la Suprema Corte ha ribadito "La capitalizzazione trimestrale degli interessi da parte della Banca sui saldi di conto corrente passivi per il Cliente non costituisce uso normativo, ma uso negoziale, come tale inidoneo ad operare automaticamente con effetto integrativo del contratto, essendo stata tale diversa periodicità della capitalizzazione (più breve rispetto a quella annuale applicata a favore del cliente sui saldi di conto corrente per lui attivi alla fine di ciascun anno solare) adottata per la prima volta in via generale su iniziativa dell'A. nel 1952 e non essendo connotata la reiterazione del comportamento dalla opinio iuris ac necessitatis". Il legislatore è quindi intervenuto con una norma di urgenza emanando il D.Lgs. n. 342 del 4 agosto 1999 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 233 del 4 ottobre 1999 che con il comma 2 dell'art. 25 del D.Lgs. n. 342 del 1999 modificava l'art.120 TUB, sino ad allora disciplinante unicamente la decorrenza delle valute, aggiungendo il secondo comma "2. Il C.I.C.R. stabilisce modalità e criteri per la produzione di interessi sugli interessi maturati nelle operazioni poste in essere nell'esercizio dell'attività bancaria, prevedendo in ogni caso che nelle operazioni in conto corrente sia assicurata nei confronti della clientela la stessa periodicità nel conteggio degli interessi sia debitori sia creditori." e, con il comma 3, prevedendo una sorta di "sanatoria" e ritenendo valide ed efficaci le clausole di anatocismo contenute nei contratti stipulati anteriormente all'entrata in vigore della disciplina del C.I.C.R. fino a tale data. In attuazione della delega attribuitagli dall'art. 25 D.Lgs. n. 342 del 1999, il Comitato Interministeriale per il Credito ed il Risparmio dopo circa sei mesi, disciplinò la materia mediante la nota delibera del 9 febbraio 2000, entrata in vigore il successivo 22 aprile, prevedendo che nel conto corrente l'accredito e l'addebito degli interessi avvenisse sulla base dei tassi e con le periodicità contrattualmente stabiliti, che il saldo periodico producesse interessi secondo le medesime modalità, che nei contratti di conto corrente dovesse essere garantita la simmetricità cronologica della cadenza degli interessi passivi e attivi e che i nuovi contratti bancari potessero prevedere una clausola anatocistica con capitalizzazione infrannuale degli interessi alla condizione che il contratto indichi non solo del tasso di interesse nominale ma anche del saggio effettivo determinato tenendo conto degli effetti della capitalizzazione infrannuale e alla condizione che la clausola anatocistica venga espressamente accettata. Tuttavia la norma transitoria con la quale il legislatore aveva contemplato una sanatoria per i contratti conclusi prima dell'entrata in vigore della nuova disciplina, salvandone le clausole di capitalizzazione trimestrale, è stata dichiarata costituzionalmente illegittima - in riferimento all'art. 76 Cost., per eccesso di delega rispetto all'art. 1, comma 5, L. 24 aprile 1998, n. 128 - l'art. 25, comma 3, D.Lgs. 4 agosto 1999, n. 342, con la sentenza 425 del 17/10/2000 della Corte Costituzionale. Infine la Corte di Cassazione a Sezioni Unite, Corte di Cassazione, che, con la sentenza 4 novembre 2004, n. 21095, ha riaffermato il principio della nullità della clausole anatocistiche degli interessi bancari rispetto a tutti i contratti conclusi prima della delibera C.I.C.R. dell'aprile 2000, affermando "in tema di capitalizzazione trimestrale degli interessi sui saldi di conto corrente bancario passivi per il cliente, a seguito della sentenza della corte costituzionale n. 425/00, che ha dichiarato costituzionalmente illegittimo, per violazione dell'art. 76, Cost., l'art. 25, comma terzo, D.Lgs. n. 342 del 1999, il quale aveva fatto salva la validità e l'efficacia - fino all'entrata in vigore della delibera C.I.C.R. di cui al comma 2 del medesimo art. 25 - delle clausole anotocistiche stipulate in precedenza, siffatte clausole, secondo i principi che regolano la successione delle leggi nel tempo, sono disciplinate dalla normativa anteriormente in vigore e, quindi sono da considerare nulle in quanto stipulate in violazione dell'art. 1283, cod. civ." In particolare, le Sezioni Unite, preso atto di una situazione in cui, venuta meno la regolamentazione di sanatoria, la norma di riferimento fosse nuovamente da reputarsi quella codicistica dell'art. 1283 cod. civ., hanno ribadito la contrarietà delle clausole di capitalizzazione trimestrale all'anzidetta disposizione codicistica, in quanto frutto di uso negoziale e non già normativo, precisando, significativamente, che l'assenza di opinio juris ac necessitatis, connotante quest'ultimo sotto il profilo soggettivo, non è predicabile soltanto a seguito delle richiamate decisioni del 1999 della Corte di Cassazione, modificative del precedente orientamento giurisprudenziale, ma sin dal sorgere dell'uso negoziale in esame. Il principio espresso dalle Sezioni Unite è stato negli anni ribadito a più riprese (cfr. Cass. n. 19882 del 2005, Cass. n. 10376 del 2006, Cass. n. 6514 del 2007, Cass. n. 15218 del 2007). Dunque, per giurisprudenza consolidata, si riconosce l'illegittimità dell'anatocismo applicato sino al 30 giugno 2000 sicché "gli interessi debitori ante 1/7/2000 non vanno capitalizzati". Per i contratti antecedenti l'entrata in vigore della Del.CICR del 9 febbraio 2000 l'art. 7 della medesima delibera disponeva che se l'adeguamento delle vecchie clausole anatocistiche alle nuove disposizioni non avesse comportato per il correntista un peggioramento delle condizioni applicate in precedenza, la banca avrebbe potuto provvedere unilateralmente all'adeguamento della clausola mediante pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana entro il termine del 30 giugno 2000, dandone comunicazione scritta al correntista alla prima occasione utile e comunque entro il 31 dicembre dello stesso anno; al contrario, se l'adeguamento delle vecchie clausole anatocistiche alle nuove disposizioni avesse comportato effetti peggiorativi per il correntista, non sarebbe stato più sufficiente il meccanismo di adeguamento di cui sopra, ma la banca avrebbe dovuto rinegoziare le clausole, ottenendo una specifica approvazione da parte del cliente. 8.1. - La (...), oggi (...) S.p.A., ha provveduto ad effettuare l'adeguamento della periodicità trimestrale degli interessi a credito e a debito, per tutti i rapporti di conto corrente in essere, curandone la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale e la comunicazione nell'estratto conto. Infatti, in atti risultano depositate: la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale della comunicazione di (...) avente ad oggetto l'introduzione per i rapporti di conto corrente, a far data dalla liquidazione delle competenze del 31 marzo 2000, della periodicità di capitalizzazione trimestrale sia per gli interessi debitori e creditori; la comunicazione alla correntista "Liquidazione degli interessi creditori" riportata in calce all'estratto conto del c/c n. (...) del 31/03/2000 ed in calce all'estratto conto del conto di transito SBF n. (...) del 31/03/2000 (cfr. pag. 65 della CTU). Tuttavia, per come riconosciuto nella sentenza 425 del 17/10/2000 della Corte Costituzionale, con la quale è stata dichiarata l'illegittimità costituzionale del 3 comma dell'art. 25 D.Lgs. n. 342 del 1999, e dalla giurisprudenza di merito, che ha riconosciuto come necessaria la rinegoziazione delle clausole anatocistiche nei rapporti preesistenti, ai fini della validità delle clausole di capitalizzazione degli interessi è necessaria una specifica approvazione da parte del cliente. Sul punto è definitivamente intervenuta la Corte di Cassazione che con l'Ordinanza 10/05/2019 ha statuito che "se la clausola di capitalizzazione degli interessi a debito è affetta da nullità, sembra difficile negare che l'adeguamento alle disposizione della delibera C.I.C.R. delle condizioni in materia figuranti nei contratti già in essere, comportando una regolazione ex novo dell'anatocismo, segnatamente laddove esso si riverberi in danno delle posizioni a debito, non determini un peggioramento delle condizioni contrattuali. Ed allora la norma applicabile non sarà quella del comma 2 dell'art.7 della delibera C.I.C.R. - già di per sé, qui caducata di ogni efficacia per quanto osservato in precedenza - ma quella del comma 3 del medesimo art. 7 ("Nel caso in cui le nuove condizioni contrattuali comportino un peggioramento delle condizioni precedentemente applicate, esse devono essere approvate dalla clientela"), con la conseguenza che, non essendo stata approvata, l'operata variazione contrattuale, pur se in linea con le altre disposizioni della delibera, è inefficace nei suoi confronti e non impedisce alla nullità di dispiegare ogni suo più ampio effetto con riguardo all'intera durata del rapporto"; e così analogamente Cass. n. 26779/2019 "3.1. La conseguenza di questa premessa è che "in tema di controversie relative ai rapporti tra la banca ed il cliente correntista, il quale lamenti la nullità della clausola di capitalizzazione trimestrale degli interessi anatocistici maturati con riguardo ad un contratto di apertura di credito bancario regolato in conto corrente e negoziato dalle parti in data anteriore al 22 aprile 2000, il giudice, dichiarata la nullità della predetta clausola, per contrasto con il divieto di anatocismo stabilito dall'art. 1283 c.c., deve calcolare gli interessi a debito del correntista senza operare alcuna capitalizzazione" (Cass., Sez. I, 13/10/2017, n. 24156; Cass., Sez. I, 13/10/2017, n. 24153; Cass., Sez. I, 17/08/2016, n. 17150). Dai richiamati interventi consegue che, per i contratti preesistenti alla data di entrata in vigore della Del.CICR 9 febbraio 2000, sia necessario che clausole di capitalizzazione risultino oggetto di espressa rinegoziazione, richiedendo, ai fini della validità delle stesse una specifica approvazione scritta da parte del cliente. Ne consegue che nel caso in esame, in assenza di espressa approvazione scritta della clausola anatocistica da parte della correntista, e quindi del perfezionamento della sua rinegoziazione, l'adeguamento in via generale operato da (...) pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale e comunicato per iscritto alla correntista non è idoneo a legittimare l'applicazione del fenomeno anatocistico. In conclusione, alla luce del suesposto quadro normativo e giurisprudenziale, e dell'analisi della documentazione contrattuale rinvenuta in atti dal CTU, deve affermarsi che il rapporto di conto corrente di corrispondenza n. (...) oggetto di indagine sia stato viziato per l'intero periodo decorrente dall'accensione all'estinzione dello stesso dall'illegittima applicazione di interessi passivi anatocistici. 8.2. - Nei contratti relativi alle operazioni di raccolta del risparmio e di esercizio del credito stipulati dopo l'entrata in vigore della Del.CICR del 9 febbraio 2000 è rimessa alle parti la determinazione della periodicità della capitalizzazione degli interessi nel rispetto di determinate condizioni. Secondo quanto disposto dall'art. 120, comma 2, T.U.B., introdotto dall'art. 25, comma 2, D.Lgs. 4 agosto 1999, n. 342, applicabile ratione temporis ai contratti bancari sorti successivamente alla entrata in vigore della Delibera del C.I.C.R., e alla luce delle statuizioni della Corte Costituzionale del 2007, le clausole anatocistiche contenute nei contratti relativi alle operazioni di raccolta del risparmio e di esercizio del credito stipulati dopo il 22/04/2000 sono legittime, purché siano rispettate le condizioni, formali e sostanziali, ovvero le "modalità e i criteri" indicati nella citata Del.CICR del 9 febbraio 2000 e così - l'indicazione in contratto della periodicità di capitalizzazione degli interessi - la pariteticità nella periodicità di liquidazione degli interessi creditori e debitori - l'informazione nella convenzione pattizia non solo del tasso di interesse nominale ma anche del saggio effettivo determinato tenendo conto degli effetti della capitalizzazione infrannuale - l'accettazione espressa della clausola anatocistica da parte del cliente. Alla luce delle critiche evidenziate, nell'aprile 2016 il legislatore è nuovamente intervenuto sul testo dell'art. 120, comma 2, T.U.B., modificandolo con l'art. 17-bis, D.L. 14 febbraio 2016, n. 18, inserito in sede di conversione con modifiche nella L. 8 aprile 2016, n. 49. La nuova formulazione dell'art. 120, comma 2, T.U.B, attualmente in vigore, dispone: "Il C.I.C.R. stabilisce modalità e criteri per la produzione di interessi nelle operazioni poste in essere nell'esercizio dell'attività bancaria, prevedendo in ogni caso che: a) nei rapporti di conto corrente o di conto di pagamento sia assicurata, nei confronti della clientela, la stessa periodicità nel conteggio degli interessi sia debitori sia creditori, comunque non inferiore ad un anno; gli interessi sono conteggiati il 31 dicembre di ciascun anno e, in ogni caso, al termine del rapporto per cui sono dovuti; b) gli interessi debitori maturati, ivi compresi quelli relativi a finanziamenti a valere su carte di credito, non possono produrre interessi ulteriori, salvo quelli di mora, e sono calcolati esclusivamente sulla sorte capitale; per le aperture di credito regolate in conto corrente e in conto di pagamento, per gli sconfinamenti anche in assenza di affidamento ovvero oltre il limite del fido: 1) gli interessi debitori sono conteggiati al 31 dicembre e divengono esigibili il 1 marzo dell'anno successivo a quello in cui sono maturati; nel caso di chiusura definitiva del rapporto, gli interessi sono immediatamente esigibili; 2) il cliente può autorizzare, anche preventivamente, l'addebito degli interessi sul conto al momento in cui questi divengono esigibili; in questo caso la somma addebitata è considerata sorte capitale; l'autorizzazione è revocabile in ogni momento, purché' prima che l'addebito abbia avuto luogo". In data 3 agosto 2016, il C.I.C.R. ha emanato la tanto attesa delibera attuativa recante "modalità e criteri per la produzione degli interessi nelle operazioni poste in essere nell'esercizio dell'attività bancaria" in attuazione dell'art. 120, comma 2, T.U.B.. L'art. 4 della delibera attiene al regime degli intessi maturati in relazione alle aperture di credito regolate in conto corrente e in conto di pagamento ed agli sconfinamenti e prevede: - al comma 3, che in ordine a tali tipologie di operazioni, per le quali gli interessi debitori devono essere conteggiati al 31 dicembre di ciascun anno e con una periodicità non inferiore ad un anno, gli stessi vengano contabilizzati separatamente rispetto alla sorte capitale, - al comma 4, che gli interessi debitori divengano esigibili il 1 marzo dell'anno successivo a quello in cui sono maturati e che al cliente debba essere assicurato un ulteriore periodo di 30 giorni, decorrente dal ricevimento delle comunicazioni previste dall'art. 119 o 126-quater, comma 1, lett. b), T.U.B., prima che gli interessi maturati divengano esigibili, salvo l'eventuale pattuizione più favorevole al cliente, - al comma 5, che, ai sensi dell'art. 120 comma 2, lett. b), T.U.B., o il cliente possa autorizzare, anche preventivamente, l'addebito degli interessi sul conto nel momento in cui questi ultimi divengono esigibili e in questo caso la somma addebitata debba essere considerata sorte capitale e al cliente venga riservata la facoltà di revocare, in qualsiasi momento, l'autorizzazione a condizione che non abbia ancora avuto luogo l'addebito dell'importo, - al comma 6, che possa essere contrattualmente convenuto che i fondi accreditati sul conto dell'intermediario, e destinati ad affluire sul conto del cliente sul quale è regolato il finanziamento, siano utilizzati dagli intermediari per estinguere il debito da interessi, nel momento in cui gli interessi divengono esigibili, - al comma 7, che qualora il rapporto bancario si concluda definitivamente, gli interessi siano immediatamente esigibili, e il solo saldo relativo alla sorte capitale possa produrre interessi secondo quanto previsto nel contratto, mentre la somma dovuta a titolo di interessi non possa produrre ulteriori interessi. L'art. 5 disponeva infine i termini di decorrenza e di adeguamento dei contenuti della delibera prevedendo - che gli intermediari ne applicassero le disposizioni, al più tardi, con riferimento agli interessi maturati a partire dal 1 ottobre 2016 - che i contratti in corso dovessero essere adeguati, a partire dal 1 ottobre 2016, con l'introduzione di clausole conformi a quanto prescritto dall'art. 120, comma 2, T.U.B. e dalla stessa delibera, in ossequio alle disposizioni dettate dall'art. 118 e dell'art. 126-sexies T.U.B. - che l'adeguamento delle clausole dovesse essere considerato giustificato motivo di modifica delle condizioni contrattuali, ai sensi dell'art. 118 T.U.B. - che clausola contenente l'autorizzazione prevista dall'art. 4, comma 5, della delibera dovesse essere oggetto di specifica approvazione da parte del cliente, in osservanza a quanto prescritto dall'art. 117, comma 1, T.U.B. - che per tutti gli altri contratti esclusi dall'ambito di applicazione dell'art. 118 e dell'art. 126-sexies T.U.B., gli intermediari finanziari dovessero proporre al cliente l'adeguamento delle condizioni contrattuali entro il termine del 30 settembre 2016 e concludendo che le previsioni contenute nella delibera, ai sensi dell'art. 127, comma 1, TUB fossero derogabili solo in senso più favorevole al cliente. Tanto premesso in ordine ai contratti stipulati dopo l'entrata in vigore della Del.CICR del 9 febbraio 2000, nel caso che ci occupa non risulta in atti alcuna documentazione che comprovi l'esistenza della specifica autorizzazione prevista dall'art. 4, comma 5, della delibera attuativa C.I.C.R. del 3 agosto 2016, recante "modalità e criteri per la produzione degli interessi nelle operazioni poste in essere nell'esercizio dell'attività bancaria" in attuazione dell'art. 120, comma 2, T.U.B., né una antecedente espressa sottoscrizione della clausola anatocistica. In conclusione, dell'analisi della documentazione contrattuale rinvenuta in atti, deve dichiararsi che il rapporto di conto corrente di corrispondenza n. (...) oggetto di indagine sia stato viziato per l'intero periodo decorrente dall'accensione all'estinzione dello stesso dall'illegittima applicazione di interessi passivi anatocistici. Il C.T.U. ha conseguentemente proceduto al ricalcolo del rapporto dare/avere fra le parti epurando il rapporto dall'addebito di interessi anatocistici intervenuto nell'intero periodo, tenuto conto dell'eccezione di prescrizione sollevata dalla convenuta e delle modalità di accertamento delle rimesse solutorie e ripristinatorie indicate nel quesito. 8.3. - Sempre in diritto, si osserva che le valutazioni contabili effettuate dal CTU in ordine al contestato effetto anatocistico hanno riguardato solamente il rapporto di conto corrente ordinario n. (...) e non anche i conti tecnici di annotazione delle operazioni di sconto e anticipo del portafoglio commerciale. In merito, si osserva che gli affidamenti per smobilizzo crediti (e gli altri strumenti bancari ad essi assimilabili) non attribuiscono al cliente della banca la facoltà di disporre con immediatezza di una determinata somma di danaro, ma sono esclusivamente fonte, per l'istituto di credito, degli obblighi di accettare, entro un predeterminato ammontare, i titoli che l'affidato presenterà e di anticipare a quest'ultimo la relativa provvista. Ne consegue che l'esistenza di tali affidamenti non può far ritenere coperto un conto corrente bancario nè può far escludere il carattere solutorio delle rimesse effettuate sul conto dal cliente se, nel corso del rapporto, questi abbia sconfinato dal limite del fido concessogli con il diverso contratto di apertura di credito (cfr. fra molte, Cass. nn. 7451/08,3396/03, 5623/2000). Va aggiunto che tale differenziazione mantiene il suo significato anche se tra le due linee di credito sia stabilito un collegamento di fatto, nel senso che i ricavi conseguiti attraverso sconti e anticipazioni siano destinati a confluire nel conto corrente di corrispondenza che riflette l'apertura di credito: come si è appena detto, la correlazione si risolve, infatti, in un meccanismo interno di alimentazione di quel conto attraverso le rimesse provenienti dalle singole operazioni di smobilizzo crediti (Cass. n. 5623/2000 cit; Cass. Civ., sez. 01, del 20/06/2011, n. 13449). Infatti, la circostanza che gli interessi maturati sui conti anticipi - per effetto delle singole/massive operazioni di sconto/anticipo del portafoglio commerciale - vengano addebitati con cadenza periodica sul conto ordinario tramite operazioni di giroconto contabile concorrendo a formarne il relativo saldo debitore, e che conseguentemente il conto anticipi risulti depurato dalle voci afferenti le proprie competenze, esclude che essi possano conservare la propria natura di interessi ai fini dell'applicazione del divieto ex art. 1283 c.c. al conto anticipi. Sulla base di queste considerazioni si ritiene di condividere e fare propri gli esiti della relazione peritale quanto all'epurazione dell'effetto anatocistico con riferimento al solo rapporto di conto corrente e non anche ai conti tecnici di annotazione delle operazioni di sconto e anticipo del portafoglio commerciale. 9. - Sinteticamente, con riferimento alla commissione di massimo scoperto, di disponibilità fondi o comunque chiamate, negli sviluppi legislativi: - per il periodo antecedente l'adeguamento ex lege del contratto all'articolo 2 bis D.L. n. 185 del 2008 convertito in L. n. 2 del 2009, è possibile procedere al conteggio della stessa solo se vi è una pattuizione contrattuale che chiaramente e inequivocabilmente determina l'onere aggiuntivo che viene ad imporsi al cliente sotto il profilo sia del tasso della commissione, sia dei criteri di calcolo, sia della sua periodicità, ed in ogni caso esclusione se è stata applicata anche per scoperto di conto in assenza di fido; - per il periodo successivo, si può procedere all'applicazione della commissione soltanto se prevista e se il saldo del cliente risulti a debito per un periodo continuativo superiore a 30 giorni (la commissione di massimo scoperto non va comunque applicata a fronte di utilizzo in assenza di fido); eventuali ulteriori remunerazioni per la messa a disposizione di fondi, previsti da ulteriori clausole, vanno calcolati limitatamente al periodo successivo all'adeguamento ex lege sopra indicato, soltanto se le clausole in questione sono conformi al disposto del citato articolo 2 bis. L'art. 2 bis, comma 1, secondo periodo, del D.L. n. 185 del 2008, conv. con modif. dalla L. n. 2 del 2009, disciplina le condizioni di validità della pattuizione della commissione di massimo scoperto in relazione ai soli contratti di conto corrente bancario affidati, tanto se si configuri come semplice remunerazione legata al solo affidamento, quanto se sia commisurata anche all'effettiva utilizzazione dei fondi, avendo invece il legislatore, con riferimento ai conti correnti non affidati, inteso sanzionare con la nullità tutte le clausole contrattuali che prevedano commissioni per scoperto di conto - indipendentemente dal fatto che siano commisurate alla punta del massimo dello scoperto nel trimestre o alla durata del medesimo scoperto - trattandosi di commissioni non legate a servizi effettivamente resi dalla banca (Cass., Sentenza n. 12997 del 15/05/2019). Perciò la CMS deve essere predeterminata, unitamente al tasso debitore per le somme effettivamente prelevate, in misura onnicomprensiva e proporzionale all'importo e alla durata dell'affidamento richiesto; dunque determinato o determinabile nell'oggetto (misura, tasso, criteri, periodicità) e deve essere inserito in un patto scritto, perché possa incontrare il consenso consapevole del cliente. Anche per la validità della commissione di messa a disposizione di fondi (CMDF) prevista dal D.L. n. 85 del 2008, convertito in L. n. 2 del 2009 è necessario che la remunerazione sia rappresentata da una somma omnicomprensiva e proporzionata all'importo e alla durata del fido e la pattuizione sia intervenuta per iscritto; la CMDF è valida ove sia pattuito un corrispettivo omnicomprensivo non superiore allo 0,5% per trimestre (art. 2 comma 2 D.L. n. 78 del 2009, conv. in L. 3 agosto 2009, n. 102, che ha integrato il D.L. n. 185 del 2008 dalla data del 05/08/2009). In giurisprudenza, infine, è stata affrontata la questione della legittimità della modifica unilaterale di contratto operata dalla Banca ai sensi dell'art. 118 TUB, comportante l'introduzione di una commissione per la messa a disposizione dei fondi in sostituzione della commissione di massimo scoperto. Recita l'invocato art. 118 TUB (commi 1-2bis): 1. Nei contratti a tempo indeterminato può essere convenuta, con clausola approvata specificamente dal cliente, la facoltà di modificare unilateralmente i tassi, i prezzi e le altre condizioni previste dal contratto qualora sussista un giustificato motivo. Negli altri contratti di durata la facoltà di modifica unilaterale può essere convenuta esclusivamente per le clausole non aventi ad oggetto i tassi di interesse, sempre che sussista un giustificato motivo. 2. Qualunque modifica unilaterale delle condizioni contrattuali deve essere comunicata espressamente al cliente secondo modalità contenenti in modo evidenziato la formula: "Proposta di modifica unilaterale del contratto", con preavviso minimo di due mesi, in forma scritta o mediante altro supporto durevole preventivamente accettato dal cliente. Nei rapporti al portatore la comunicazione è effettuata secondo le modalità stabilite dal CICR. La modifica si intende approvata ove il cliente non receda, senza spese, dal contratto entro la data prevista per la sua applicazione. In tale caso, in sede di liquidazione del rapporto, il cliente ha diritto all'applicazione delle condizioni precedentemente praticate. 2-bis. Se il cliente non è un consumatore né una micro-impresa come definita dall'articolo 1, comma 1, lettera t), del D.Lgs. 27 gennaio 2010, n. 11, nei contratti di durata diversi da quelli a tempo indeterminato di cui al comma 1 del presente articolo possono essere inserite clausole, espressamente approvate dal cliente, che prevedano la possibilità di modificare i tassi di interesse al verificarsi di specifici eventi e condizioni, predeterminati nel contratto. Tanto premesso in diritto, con riguardo alla pattuizione di ogni competenza che si aggiunga al corrispettivo del prestito, quindi sia per la commissione di massimo scoperto (CMS) che per la commissione di messa a disposizione di fondi (CMDF o CMF)), per loro natura a titolo oneroso, è richiesta, in generale, la forma scritta a pena di nullità, ex art. 117, comma 4, del testo unico bancario. Va dunque rigettata la tesi, sostenuta dall'istituto convenuto, dell'automatica trasformazione "ex lege" del CMS previsto nel contratto sottoscritto dal cliente con il CMDF disciplinato dalla L. n. 2 del 2009 e ss, non potendo prescindersi per entrambi tali corrispettivi della forma scritta a pena di nullità (tant'è vero che il legislatore ha prescritto un termine di centocinquanta giorni per l'adeguamento dei contratti alle sopravvenute norme in materia). Ferma restando la necessità del patto scritto per le CMS nei limiti enucleati nella nuova norma, per quanto riguarda la CMDF, da utilizzarsi in sostituzione delle vecchie CMS sulla somma messa a disposizione dalla Banca, il cliente può contestare tutte quelle sostituzioni di clausole avvenute tramite proposta unilaterale ex art. 118 TUB quando trattasi di clausola e condizioni del tutto nuove e mai applicate prime di allora, e tali da incidere in maniera sostanziale sull'equilibrio contrattuale, dovendo ritenersi il potere di modifica unilaterale del contratto limitato alla possibilità di modificare clausole e condizioni - sia di carattere economico che di natura normativa - già esistenti. Naturalmente l'onere della prova circa la ricezione della proposta di modifica unilaterale per introduzione della nuova CDF ex art. 118 TUB ricade sulla Banca; la banca, a prescindere dalla forma di comunicazione che intende utilizzare, deve comunque fornire la prova della ricezione della comunicazione presso il domicilio fisico, ovvero virtuale del cliente (vedi A.B. Finanziario- Collegio di Milano, decisione n. 3385/ del 23 maggio 2014, nonché ABF decisione n. 1262/2010). Ciò in quanto il meccanismo previsto dall'art. 118 TUB presuppone necessariamente che la proposta di modifica unilaterale del contratto sia effettivamente ricevuta dal cliente trattandosi di dichiarazione recettizia i cui effetti dipendono strettamente ex art. 1335 c.. dal corretto recapito all'indirizzo del destinatario, per cui non può statuirsi l'efficacia della modifica sulla base di una proposta di cui la banca fornisca prova alcuna né dell'invio, né tantomeno dell'effettiva ricezione della comunicazione da parte del cliente (vedi A.B. finanziario- Collegio di Milano, decisione n. 3724 del 12 maggio 2015 e decisione n. 324/2014). 9.1. - Sulla base della documentazione in atti il C.T.U. ha potuto verificare che con riferimento al rapporto di conto corrente n. (...) e le correlate aperture di credito in conto corrente dalla data del primo estratto conto a fascicolo (gennaio 1994) alla data di estinzione del conto corrente del 15 settembre 2017 sono intervenuti addebiti a titolo di C.M.S. per Euro 57.153,21 (denominata in atti con l'acronimo C.T.M.S.). Nel periodo successivo all'entrata in vigore dell'articolo 2 bis D.L. n. 185 del 2008 convertito in L. n. 2 del 2009 sono state addebitate dall'Istituto la commissione disponibilità fondi, per un importo complessivamente pari a 4.356,79 Euro, e la commissione di istruttoria veloce, pari a complessivi 823,84 Euro (cfr. pag. 81 della CTU). La commissione di disponibilità fondi è stata introdotta con proposta di modifica unilaterale del 25/05/2009 nel corso della quale (...) ha comunicato che con decorrenza 28/08/2009, in adempimento di quanto previsto dell'articolo 2 bis, 3 comma, del D.L. n. 185 del 2008 convertito in L. n. 2 del 2009, perciò è stata introdotta unilateralmente e non con convenzione pattizia sottoscritta fra le parti. Tuttavia, come già riferito, in atti non risulta depositato il contratto di accensione del rapporto di conto corrente ordinario n. (...) e la prima documentazione pattizia riferibile al predetto rapporto porta la data del 26 maggio 1995; seguono i contratti del 13 novembre 2002, del 16 gennaio 2004, del 14 febbraio 2005 e del 17 aprile 2008, contratti che hanno ad oggetto la concessione di aperture di credito a valere sul rapporto di conto corrente e che non regolano l'applicazione della commissione di massimo scoperto. Ne consegue che, con riferimento al conto ordinario n. (...), la commissione di disponibilità fondi è stata invalidamente introdotta con proposta di modifica unilaterale del 25.5.2009, a seguito della soppressione di altre commissioni (CMS incluse); a tale decisiva considerazione si aggiunga altresì che il tasso trimestrale dell'1% indicato nella proposta di modifica unilaterale del 25/05/2009 risulta comunque superiore al limite massimo fissato nello 0,5% trimestrale. La commissione di istruttoria veloce (C.I.V.) è stata parimenti invalidamente introdotta con proposta di modifica unilaterale del 30.6.2012; questo induce ad analoghe conclusioni, dunque alla dichiarazione di illegittimità di tutti gli addebiti operati dall'Istituto a titolo di Commissione di istruttoria veloce. 9.2. - Alle stesse considerazioni il CTU è pervenuto con riferimento agli altri rapporti per cui è causa; in particolare: - con riferimento al rapporto di portafoglio collegato al conto transito s.b.f. n. (...), l'addebito intervenuto a titolo di CMS, pari ad Euro 3.587,03, non trova alcun conforto nella documentazione pattizia in atti, nella quale il tasso della commissione è sempre indicato in misura pari a zero (cfr. pag. 85 della CTU); nei successivi contratti perfezionati a mezzo scambio di corrispondenza in data 29/10/2009 e in data 28/08/2012 la commissione di disponibilità fondi risulta, invece, pattuita in maniera completa e puntuale, ad eccezione che per il III trimestre 2009 e nel periodo 01/10/2009-28/10/2009 nella quale la C.D.F. avrebbe dovuto risultare pari a zero, invece è stata calcolata al tasso dello 0,20.; ne consegue che la C.D.F. debba essere espunta dal rapporto dare/avere fra le parti per la sola somma di Euro 382,61. - con riferimento al rapporto annotato sul conto corrente contraddistinto con il n. (...) e al rapporto di portafoglio collegato al conto n. (...) non risultano applicate commissioni di massimo scoperto e i rapporti sono stati estinti in data antecedente all'entrata in vigore dell'articolo 2 bis D.L. n. 185 del 2008 convertito in L. n. 2 del 2009. (cfr. pag. 88 CTU); - con riferimento al rapporto di portafoglio collegato al conto anticipo fatture senza notifica e canalizzazione n. (...) la commissione di massimo scoperto è stata applicata nel solo I e nel II trimestre 2009 e nel contratto del 13/11/2002 la misura del tasso della commissione di massimo scoperto è indicata pari a zero, mentre i successivi contratti perfezionati in data 9 agosto 2006, 9 febbraio 2007 e 1 agosto 2007 non portano alcuna menzione della commissione in commento; ne consegue che, fatta salva la prescrizione del diritto, gli addebiti intervenuti a titolo di commissioni di massimo scoperto, complessivamente pari ad Euro 5.076,40, dovrebbero essere epurati dal rapporto dare/avere fra le parti (cfr. pag. 90 CTU); nei successivi contratti perfezionati a mezzo scambio di corrispondenza in data 29/10/2009 e in data 28/08/2012 la commissione di disponibilità fondi risulta pattuita in maniera completa e puntuale, ad eccezione delle somme addebitate a titolo di CDF nei periodi III trimestre 2009 e dal 01/10/2009-28/10/2009, per una somma pari a Euro 608,70 da espungere dal rapporto dare/Avere. Per le ragioni suesposte tutti gli addebiti sopra indicati intervenuti a titolo di commissioni di massimo scoperto e di disponibilità fondi (C.D.F.), vanno epurati dal rapporto dare/avere fra le parti; la loro effettiva ripetibilità dovrà tuttavia essere determinata tenuto conto dell'eccezione di prescrizione sollevata dalla convenuta e delle modalità di accertamento delle rimesse solutorie e ripristinatorie indicate nel quesito. 10. - Il testo dell'art. 120, comma 1, T.U.B., entrato in vigore dal 1º gennaio 1994, nella formulazione vigente fino al 18/10/1999 prevedeva "1. Gli interessi sui versamenti presso una banca di denaro, di assegni circolari emessi dalla stessa banca e di assegni bancari tratti sulla stessa succursale presso la quale viene effettuato il versamento sono conteggiati con la valuta del giorno in cui è effettuato il versamento e sono dovuti fino a quello del prelevamento." (formulazione rimasta identica dal 19/10/1999 e sino al 18/09/2010). Il testo dell'art. 120, comma 1, T.U.B., nella formulazione vigente dal 19/09/2010 e sino al 17/12/2010 disponeva: "1. Il titolare del conto corrente ha la disponibilità economica delle somme relative agli assegni circolari o bancari versati sul suo conto, rispettivamente emessi da o tratti su una banca insediata in Italia, entro i quattro giorni lavorativi successivi al versamento. 1-bis. Gli interessi sul versamento di assegni presso una banca sono conteggiati fino al giorno del prelevamento e con le seguenti valute: a) dal giorno in cui è effettuato il versamento, per gli assegni circolari emessi dalla stessa banca e per gli assegni bancari tratti sulla stessa banca presso la quale è effettuato il versamento; b) per gli assegni diversi daquelli di cui alla lettera a), dal giorno lavorativo successivo al versamento, se si tratta di assegni circolari emessi da una banca insediata in Italia, e dal terzo giorno lavorativo successivo al versamento, se si tratta di assegni bancari tratti su una banca insediata in Italia. 1-ter. Il CICR può stabilire termini inferiori a quelli previsti nei commi 1 e 1-bis in relazione all'evoluzione delle procedure telematiche disponibili per la gestione del servizio di incasso degli assegni." Il testo dell'art. 120, comma 1, T.U.B., nella formulazione vigente dal 18/12/2010 e sino al 31/12/2013 prevede: "01. Il titolare del conto corrente ha la disponibilità economica delle somme relative agli assegni circolari o bancari versati sul suo conto, rispettivamente emessi da o tratti su una banca insediata in Italia, entro i quattro giorni lavorativi successivi al versamento. 1. Gli interessi sul versamento di assegni presso una banca sono conteggiati fino al giorno del prelevamento e con le seguenti valute: a) dal giorno in cui è effettuato il versamento, per gli assegni circolari emessi dalla stessa banca e per gli assegni bancari tratti sulla stessa banca presso la quale è effettuato il versamento; b) per gli assegni diversi da quelli di cui alla lettera a), dal giorno lavorativo successivo al versamento, se si tratta di assegni circolari emessi da una banca insediata in Italia, e dal terzo giorno lavorativo successivo al versamento, se si tratta di assegni bancari tratti su una banca insediata in Italia. 1-bis. Il CICR può stabilire termini inferiori a quelli previsti nei commi 1 e 1-bis in relazione all'evoluzione delle procedure telematiche disponibili per la gestione del servizio di incasso degli assegni" In applicazione della normativa tempo per tempo vigente, l'analisi dei documenti contabili versati in atti ha consentito di verificare tramite CTU il sostanziale rispetto della previsione di cui all'art. 120 tempo per tempo vigente (cfr. pag. 97 della perizia). 11. - Quanto alle altre competenze e spese maturate sul conto corrente ordinario (...) antecedentemente alla data del primo contratto in atti e sino al 26/05/1995, le stesse non possono essere calcolate, non risultando prodotta dall'attrice a ciò onerata la convenzione pattizia che ha dato origine al rapporto.. Vanno invece espunte dal rapporto dare/avere fra le parti tutte le competenze e spese maturate successivamente al 26/05/1995 e sino al 17/04/2008 che sono risultate applicate in maniera difforme rispetto alla convenzione contrattuale, non risultando ivi previste (spese dettagliatamente indicate negli allegati 18 e 19 della CTU) e costituite quanto ad Euro 1.562,43.= da spese denominate "registrazione operazioni" ,quanto ad Euro 4.163.63.= da spese denominate "scritture", quanto ad Euro 156,08.= da spese denominate "spese min/max operazioni" ,quanto ad Euro 956,14.= da spese denominate "spese fisse di chiusura" , quanto ad Euro 299,88.= da spese denominate "invio e/c informativa Legge 154" , quanto ad Euro 23,56.= da spese denominate "invio comunicazioni di Legge" , quanto ad Euro 315,00.= da spese denominate "commissioni affidamento" , quanto ad Euro 587,12.= da spese denominate "conteggio interessi/competenze", quanto ad Euro 78,55.= da spese denominate "canone trimestrale". Risultano inoltre addebitati sul rapporto di conto corrente (...), quali autonome scritturazioni avere, una molteplicità di commissioni e spese collegate all'operatività del conto corrente di corrispondenza e alle operazioni di smobilizzo del portafoglio commerciale, riepilogate per rapporto e natura nell'allegato 20 della perizia contabile del CTU. Tuttavia nessuna delle sopra citate spese risulta convenuta in sede pattizia e pertanto tutte dette competenze e spese ulteriori vanno epurate dal rapporto dare/avere fra le parti, a condizione che il diritto di loro ripetizione non risulti già prescritto. 11.1. - Anche al conto transito s.b.f. n. (...), per il quale non risulta depositato il contratto di accensione del rapporto, risultano addebitate commissioni e spese identificate fra le competenze trimestrali e spese oggetto di autonoma scritturazione di addebito per gli importi e i titoli di cui all'Allegato 21, che non possono essere indagate, non avendo parte attrice presentato la pattuizione originaria, come era suo onere fare; invece, tutte le competenze e spese maturate successivamente al 26/05/1995 e sino al 28/10/2009 risultano applicate in maniera difforme rispetto alla convenzione contrattuale, non risultando ivi previste (dettagliatamente indicate nell'Allegato 21 dell CTU) e vanno restituite. Quanto al rapporto di conto corrente n. (...) ,non risulta versata in atti alcuna documentazione contrattuale e le eventuali commissioni applicate non sono indagabili né epurabili in favore dell'attore che non ha assolto all'onere di allegazione. Quanto al conto tecnico n. (...), in atti non risulta depositato il contratto di accensione del rapporto e la prima ed unica documentazione pattizia riferibile al predetto rapporto porta la data del 13 novembre 2002 e non contiene alcuna indicazione circa l'applicazione di spese e commissioni diverse dalla commissione di massimo scoperto, che vanno pertanto epurate dal rapporto dare/avere delle parti (cfr. pag. 102 della CTU e nell'Allegato 22). Quanto al conto anticipo fatture senza notifica e canalizzazione n.(...), pur essendo intervenuti addebiti per commissioni e spese identificate fra le competenze trimestrali e spese oggetto di autonoma scritturazione di addebito per gli importi e i titoli di cui all'Allegato 23, in atti non risulta depositato il contratto di accensione del rapporto e il tra i contratti in cui risulti indicata l'applicazione di spese e commissioni porta la data del 9 agosto 2006 ma tutte le competenze e spese maturate successivamente al 13/11/2002 e sino alla data del 9/08/2006 non risultano contrattualmente previste e vanno epurate dal rapporto dare/avere. 12. - La Banca convenuta ha eccepito ai sensi dell'art. 2946 c.c. di ogni ragione di credito avanzata da parte attrice risultante da pagamenti o rimesse eseguite fino al 23.10.09, ossia il decennio antecedente la notifica dell'atto di citazione (23.10.2019). La difesa di (...) ha contestato il dies a quo dal quale il CTU ha fatto decorrere il termine prescrizionale (23.10.2019), sostenendo che ad interrompere il decorso della prescrizione siano intervenuti dapprima la lettera PEC inviata dal cliente alla Banca in data 18.10.2017, seguita dalla diffida del 12.9.2018, e successivamente dallo svolgimento della procedura di mediazione promossa da (...) - cui la Banca ha partecipato tramite un proprio rappresentante, che ha avuto esito negativo. L'analisi in ordine alla prescrizione delle rimesse svolta dal C.T.U. è riportata alle pagine 117 e ss. della CTU nonché alle pagine da 210 a 276 dell'allegato n. 24 , che distingue la colonna titolata "Astrattamente epurabili" , dove sono indicati i singoli addebiti individuati come illegittimi, e la colonna "competenze illegittime coperte da versamenti solutori"; la relativa analisi è offerta dal CTU alle pagine 128 e ss della perizia e nell'allegato 29 alla perizia. Questo Tribunale condivide le conclusioni cui è giunto il consulente tecnico dott.ssa St.Ba. anche in punto di rimesse prescritte facendo proprio il calcolo dell'indebito non prescritto offerto dalla consulenza. 13. - Per effetto delle epurazioni effettuate e dei ricalcoli svolti il rapporto dare avere fra le parti alla data di estinzione del rapporto di conto corrente n. (...) intervenuta in data 15 settembre 2017 si risolve in un saldo a credito della correntista di Euro 71.792,28. L'Istituto di credito dovrà pertanto rifondere alla correntista la somma di Euro 71.792,28. L'accoglimento della domanda di parte attrice per un importo molto inferiore a quello domandato, integra una forma di soccombenza reciproca, ciò che giustifica la compensazione di metà delle spese di lite (cfr. Cass. n. 21569/2017, Cass. n. 16270/2017, Cass. n. 3438/2016, Cass. n. 22871/2015, Cass. n. 281/2015, Cass. n. 21684/2013, Cass. n. 134/2013, Cass. n. 22388/2012 e Cass. n. 22381/2009 in ordine alla configurabilità della soccombenza reciproca, non solo nel caso di accoglimento di una sola delle plurime domande azionate, ma anche di accoglimento di soli alcuni capi di un'unica domanda, ovvero di accoglimento dell'unica domanda per un importo inferiore sotto il profilo quantitativo da quello domandato). La rimanente metà è posta a carico della parte convenuta (...) Spa comunque soccombente, ed a favore di (...) spa. Le spese del presente giudizio sono quindi poste a carico della banca convenuta per il 50%, mentre il restante 50% é compensato tra le parti. Deve farsi applicazione del principio di diritto secondo il quale "ai fini della determinazione del valore della controversia per liquidare le spese processuali il giudice, in caso di accoglimento parziale della domanda, deve avvalersi del criterio del decisum e non del criterio del disputatum" (cfr. Cass., sez. III, 20.10.2016 n. 21256). Pertanto, le spese del giudizio seguono la soccombenza e sono calcolate ai sensi del D.M. n. 37 del 2018, recante modifiche al decreto 10 marzo 2014 n. 55, secondo lo scaglione relativo al valore del decisum della controversia (Da Euro 52.001 a Euro 260.000) sulla scorta dei valori medi della relativa tariffa e sono calcolate in Euro 13.430,00 per compensi, con riferimento a tutte e quattro le fasi della controversia, e liquidate al 50% in Euro 6.715,00 oltre rimborso spese generali nella misura del 15%, cpa ed iva, così come da dispositivo. Pone definitivamente il compenso liquidato al c.t.u. in corso di causa a carico delle parti, in solido, mentre le spese di CTP rimangono a carico di ciascuna delle parti del processo. P.Q.M. Il Tribunale Di Reggio Emilia, nella persona del giudice dott.ssa Ersilia Carlucci, definitivamente pronunciando, ogni diversa domanda ed eccezione disattesa o respinta 1) DICHIARA TENUTA E CONDANNA la convenuta (...) Spa a restituire alla correntista (...) Srl l'importo pari ad Euro 71.792,28, oltre gli interessi al tasso legale dalla costituzione in mora (23.10.19) sino all'effettivo soddisfo; 2) DICHIARA TENUTA E CONDANNA parte convenuta (...) Spa a rifondere all'attrice (...) Srl il 50% delle spese di lite che liquida in Euro 6.715,00, oltre rimborso spese generali nella misura del 15%, cpa ed iva. e COMPENSA il restante 50%; 3) PONE definitivamente il compenso liquidato al C.T.U. dott.ssa St.Ba. con ordinanza del 01/02/2022 a carico delle parti processuali, in solido. Così deciso in Reggio Emilia il 4 gennaio 2023. Depositata in Cancelleria il 5 gennaio 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE DI REGGIO EMILIA SEZIONE PRIMA CIVILE Nella persona dei magistrati Dott. Francesco Parisoli, - Presidente Dott. Damiano Dazzi, - Giudice Dott. Daniele Mercadante, - Giudice rel.; Ha pronunciato la presente SENTENZA Nella causa civile di primo grado, n. r.g. 4664.2020, tra - (...), rappresentato e difeso dall'avv. Me.Ma. RICORRENTE e - (...), rappresentata e difesa dall'avv. Ta.Ma. RESISTENTE E con il Pubblico Ministero presso il Tribunale di Reggio Emilia, interventore ex lege CONCISA ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE Il Ricorrente rappresentava di avere contratto matrimonio con la Resistente in Reggio Emilia, il giorno 9.7.2005, come per gli atti dello Stato civile di quel Comune, n. 157, parte I, anno 2005; che dal matrimonio sono nati i figli (...), il (...), e (...), il (...); che veniva introdotto procedimento per la separazione personale delle parti davanti a questo Tribunale, col numero di registro 3174.2018; che all'esito dell'udienza presidenziale i figli venivano affidati congiuntamente alle parti, con collocazione presso di sé e relativa assegnazione della casa familiare, permanenza dei minori presso la madre per due pomeriggi alla settimana e a fine settimana alternati e mantenimento diretto della prole; che la sentenza parziale di separazione è passata in giudicato il 3.9.2020. Chiedeva che venisse pronunciato lo scioglimento del matrimonio con affidamento condiviso dei minori, collocazione residenziale di questi presso la propria abitazione, loro permanenza presso la madre secondo il calendario di cui al ricorso, risultante in tempi trascorsi con ciascuno dei genitori pressoché paritari, assegnazione a sé della casa familiare e mantenimento diretto della prole. La Resistente depositava memoria difensiva, rappresentando che tra le parti vi sarebbe stata un'elevata conflittualità, non venuta meno a seguito di una consulenza tecnica d'ufficio effettuata in sede di giudizio di separazione; che i figli manifesterebbero un'ostilità ed un disprezzo ingiustificati nei suoi confronti; che sarebbe stato "verosimile" che il Ricorrente, unitamente alla sua nuova compagna, avesse preso a denigrarla presso i figli, anche con la partecipazione dei nonni paterni dei minori, che avrebbero in precedenza osteggiato il matrimonio tra le parti; che "avrebbe potuto essere in atto un comportamento di alienazione parentale"; che in ogni caso i figli, quando permanevano presso di lei, avrebbero manifestato un disagio e tratti oppositivi che sarebbero sfociati in comportamenti aggressivi e disturbi psicosomatici; che questi fenomeni non si sarebbero manifestati prima della separazione; che avrebbe dovuto disporsi che i minori trascorressero una settimana consecutiva in alternanza presso ciascuno dei genitori; che vi sarebbe stata disparità economica tra i coniugi, testimoniata dal fatto che il Ricorrente sarebbe vissuto in una prestigiosa villa di 500 metri quadrati, mentre ella avrebbe alloggiato in un appartamento condotto in locazione della superficie di circa 70 metri quadrati, per il quale avrebbe corrisposto 500 Euro mensili di canone, e non avrebbe avuto la disponibilità di altri immobili o di depositi bancari; che la famiglia del Ricorrente avrebbe vantato "notevoli proprietà immobiliari"; che questi avrebbe dovuto quindi corrisponderle 900 Euro mensili a titolo di contributo al mantenimento dei figli. Le parti comparivano avanti al Presidente il giorno 9.2.2021, escludendo la possibilità di una riconciliazione e confermando la mancata ripresa della convivenza a partire dalla separazione. All'esito dell'udienza il Presidente disponeva che le condizioni stabilite in sede di separazione restassero invariate, con l'eccezione della previsione relativa alle spese straordinarie, da dividere in quote uguali tra i coniugi. Veniva prodotta in giudizio la pronuncia definitiva sulla separazione che, anche a seguito delle risultanze di una CTU psicologica effettuata nel corso del relativo procedimento, affidava congiuntamente i figli alle parti, secondo un calendario di visita tendenzialmente orientato a tempi di permanenza paritari presso ciascuno dei genitori e con la previsione di un mantenimento diretto dei figli, avendo l'odierno Ricorrente evidenziato redditi per 900 Euro mensili circa, e l'odierna Resistente per circa 1.000. Mediante note integrative il Ricorrente rappresentava che dopo l'udienza presidenziale si sarebbero aggravati i problemi manifestati dai minori allorquando si trovavano presso la Resistente; che il minore (...) avrebbe iniziato un percorso psicoterapeutico presso l'(...) di R. E., e avrebbe abbandonato la casa materna il 13.2.2021, a seguito di un litigio con la Resistente; che la Resistente avrebbe preso a denigrarlo alla presenza dei minori; che a seguito di quanto accaduto la Resistente gli avrebbe chiesto di tenere prevalentemente presso di sé entrambi i figli, e successivamente il solo (...). Con il proprio atto di costituzione la Resistente contestava che la situazione si fosse aggravata nel senso descritto dal Ricorrente, insistendo nuovamente sul fatto che la relazione tra i coniugi sarebbe sempre stata caratterizzata da un'elevata conflittualità. Rappresentava che la scelta di uno psicologo appartenente a una struttura pubblica per sostenere il minore (...) sarebbe stata unilateralmente e poco opportunamente adottata dal solo Ricorrente; che (...) si sarebbe allontanato da casa solo perché da lei sollecitato a fare i compiti, sollecitazione alla quale avrebbe risposto in maniera esageratamente oppositiva e ingiuriosa nei suoi confronti; che il Ricorrente e la sua famiglia avrebbero 'manipolato' e 'indottrinato' i figli delle parti; che insisteva nella richiesta della valutazione dell'eventuale sussistenza di una "PAS" (parental alienation syndrome - sindrome da alienazione parentale). In occasione dell'udienza del 25.3.2021 la Resistente, a fronte di specifica contestazione di parte Ricorrente, ammetteva di avere partecipato al primo incontro con lo psicologo della A. che aveva seguito il figlio (...). In occasione della stessa udienza la causa veniva trasmessa al Collegio, che pronunciava sentenza parziale sulla cessazione del vincolo matrimoniale. La causa veniva rimessa sul ruolo e all'udienza del giorno 14.4.2021 veniva effettuato l'ascolto del minore (...), figlio delle parti. Questi ha confermato il litigio che aveva portato al suo allontanarsi dalla casa materna, dicendosi pronto a ricominciare a frequentare entrambi i genitori. In relazione al proprio tenore di vita, il minore ha affermato che con la Resistente avrebbe trascorso lunghe vacanze in Romagna e in Sardegna (dove, secondo quanto riferito, si sarebbe trattenuto un intero mese). Con la memoria ex art. 183, c. 6, n. 2, c.p.c., il Ricorrente allegava che la Resistente avrebbe regalato ai minori delle scarpe del valore di trecento Euro, e che viaggerebbe con un'automobile di alta gamma (una Audi Q5 che dalla targa appare immatricolata di recente) oggetto di noleggio a lungo termine. Eccepiva la mancanza di corrispondenza tra il tenore di vita della Resistente e i redditi da lei rappresentati, anche in considerazione del fatto che la Resistente stessa sarebbe stata solita vestire abiti firmati, oltre ad esibire gli indici di agio già richiamati in questa decisione. A questo proposito indicava come la Resistente sarebbe stata proprietaria dell'ottantacinque per cento delle quote di tale (...) Srl, società di manutenzione di impianti meccanici, con il rimanente delle quote detenute da tale (...), figlio della Resistente e di altra persona, estranea al presente procedimento, e che la società avrebbe dieci dipendenti. Allegava altresì che il Gip di questo Tribunale, il giorno 11.3.2021, avrebbe disposto il rinvio a giudizio della Resistente per violazione degli artt. 572, 582, 585, 612 e 595, c.p., in danno del Ricorrente e di tale (...), la sua convivente. La circostanza relativa alla lunga durata delle vacanze estive veniva confermata dalla Resistente nelle proprie note autorizzate, con le quali insisteva per l'integrazione della CTU già effettuata in sede di separazione, onde verificare la sussistenza di una pretesa PAS. I capitoli di prova per testimoni formulati in tale memoria, peraltro, erano generici sul punto, tanto da renderli inammissibili e superflui ai fini della decisione. I capitoli di prova per testimoni formulati in merito alle risorse del Ricorrente erano anch'essi generici, oltre che valutativi. Il fatto che la Resistente sia di fatto la maggiore beneficiaria di un'impresa che vanta almeno dieci dipendenti deve ritenersi provato per la mancata contestazione della specifica allegazione del Ricorrente in questo senso. La Resistente, inoltre, nella memoria ex art. 183, c. 6, n. 3, ha scritto: "anzi, il Ricorrente, con un sussulto di umiltà, dovrebbe riconoscere alla moglie il merito e, per questo, ringraziarla del fatto che è solo grazie a lei che i figli possono godere di normali vacanze". Veniva pertanto disposto accertamento da parte della Guardia di Finanza circa le condizioni economiche della Resistente, e veniva altresì disposta CTU psicologica per appurare quali fossero, alla luce dell'assai accesa conflittualità tra le parti, le migliori previsioni per l'affidamento e la collocazione dei minori. Le indagini della Guardia di Finanza hanno condotto all'accertamento di quanto segue: - La Resistente è stata titolare, fino allo scioglimento, avvenuto nel febbraio del 2021, di una ditta individuale denominata Ecotel che ha denunciato redditi per 13.247,41 per l'anno 2019; - La Resistente è amministratrice e socia unica della (...) Srls, attiva nell'installazione di apparecchiature industriali, società con sette addetti, tutti poi perduti a partire dal secondo trimestre del 2020; - La Resistente è amministratrice unica della (...) Srl, attiva nello stesso settore della precedente società, con tredici addetti quanto all'ultima rilevazione (l'attuale compagno della Resistente, sentito in sede di consulenza tecnica d'ufficio, ha detto al proposito: "è la Resistente una persona che ha un'azienda con trenta dipendenti"). Nel corso del procedimento, nell'ambito della disamina del rapporto tra il figlio minore e la Resistente, emergeva inoltre come la quest'ultima avesse trascorso un periodo di soggiorno presso un albergo di notorio, assai elevato prestigio in Ortisei (BZ). Veniva depositata la relazione della consulente tecnica d'ufficio. La relazione attesta di come la Resistente, dopo la conclusione della precedente consulenza tecnica d'ufficio, svoltasi nel corso del procedimento di separazione, avesse ringraziato la compagna del Ricorrente per quello che stava facendo per i figli, laddove, nell'ambito dei colloqui relativi alla seconda consulenza tecnica - quella relativa al presente procedimento - avrebbe esordito rappresentando che il problema maggiore dei figli sarebbe stato a suo avviso proprio la presenza della compagna del Ricorrente nelle loro vite. Poco dopo la Resistente ha depositato un ricorso per la limitazione della - o finanche la decadenza dalla - responsabilità genitoriale del Ricorrente, sul quale la sua consulente tecnica di parte così si esprimeva nei verbali della seconda consulenza d'ufficio: "la Dott.ssa Gimelli consulente di parte della Resistente spiega che il ricorso è stato funzionale a depositare dei documenti che diversamente la CTU non avrebbe potuto prendere in considerazione". La relazione della consulente tecnica d'ufficio riporta anche che la Resistente avrebbe dichiarato che avrebbe potuto presentare ulteriori denunce (rispetto a quelle avanzate) nei confronti del Ricorrente - rispetto al quale pure aveva dichiarato, nella stessa sede: "con il loro papà i nostri figli vanno d'accordissimo ... loro vogliono molto bene al papà" -, ma non lo avrebbe fatto per evitare di creare ulteriori problematiche. Ancora, nel corso delle operazioni peritali la Resistente ha in un primo momento criticato la scelta di fare seguire il figlio maggiore da uno psicoterapeuta pubblico, in quanto, tra l'altro, questa scelta avrebbe limitato la frequenza con la quale il minore avrebbe potuto recarsi dal terapeuta; quando le parti, durante le operazioni peritali, hanno raggiunto un accordo nel senso di contattare una psicoterapeuta privata, con assunzione concordata da parte della Resistente del compito di incontrarla e programmare gli incontri, quest'ultima ha però omesso di farlo asserendo, nell'incontro successivo con il consulente tecnico d'ufficio, di avere problemi economici - ciò che è stato smentito dalle risultanze del procedimento - e che le sarebbe risultato eccessivamente oneroso in termini temporali. Sempre la Resistente ha riferito al consulente d'ufficio - circostanza sulla quale ha in parte fondato il predetto ricorso endo-procedimentale per la decadenza del Ricorrente dalla responsabilità genitoriale - che un ufficiale giudiziario avrebbe riferito a lei e al suo legale che in occasione di un accesso presso la residenza paterna avrebbe constatato delle non meglio specificate cattive condizioni igieniche, che nel corso del procedimento la Resistente aveva già in precedenza lamentato e imputato alla predilezione della compagna del Ricorrente per la compagnia di cani e gatti. Detto ufficiale giudiziario, sentito, ha affermato: a) che non rispondeva al vero che avrebbe chiamato la Resistente ed il suo legale per riferirle di tali supposte condizioni igieniche della residenza del Ricorrente; b) che, anzi, sarebbe stata la Resistente a chiamare lei e a sollecitarla a prendere e dare atto di tali supposte condizioni; c) che le rispose che nella sua pluridecennale carriera mai si era prestata a simili intenti e non lo avrebbe fatto neanche in quella circostanza, e che se avesse ritenuto che le condizioni igieniche dell'abitazione fossero state tali da rendere difficoltoso il suo lavoro ciò sarebbe risultato - come non è risultato - dal processo verbale. In più occasioni, nel corso del procedimento, la Resistente ha affermato, contraddicendosi rispetto a quanto precede, che la 'villa' - che appare essere una cascina ristrutturata - del Ricorrente - ma solo parzialmente di sua proprietà - sarebbe stata particolarmente lussuosa e pregevole, e che per questo il Ricorrente e la sua famiglia avrebbero tentato con successo di allontanarla da questa tramite espedienti non meglio specificati. La relazione peritale conclude, al termine di una disamina articolata, ampiamente corredata da riferimenti fattuali pertinenti e in parte confermati dagli altri atti di causa, e in maniera logicamente coerente e condivisibile che i minori figli delle parti si troverebbero danneggiati da un elevato conflitto genitoriale, alimentato in parte preponderante dall'avversione che la Resistente nutrirebbe nei confronti della nuova compagna del Ricorrente, ciò che l'avrebbe indotta ad inasprire altresì il suo atteggiamento oppositivo nei confronti del Ricorrente stesso. Questo stato di cose finisce per ripercuotersi in maniera assai negativa sui minori perché ha ingenerato in loro un conflitto di lealtà, sentendosi i figli - principalmente per gli agiti della Resistente - parte integrante e chiamata ad assumere un ruolo attivo nella contrapposizione che vede coinvolti i genitori, e dunque chiamati a dare ragione e sostegno all'un genitore nei riguardi dell'altro, e viceversa. Questo assai dannoso coinvolgimento sarebbe stato ingenerato in particolare dall'atteggiamento della Resistente, del quale vi sarebbe una traccia particolarmente rivelatrice e grave in taluni scambi di messaggistica con la prole, dai quali risulterebbe come ella rappresenterebbe nei loro confronti la situazione come uno scontro che dovrebbe portare alla "vittoria" di uno dei genitori nei confronti dell'altro. Deve ritenersi che la relazione peritale dia adeguatamente conto della sua apparente distonia rispetto alle conclusioni raggiunte dalla consulenza tecnica effettuata in occasione del procedimento di separazione, la quale aveva raccomandato un affidamento congiunto dei minori. Tale discrepanza viene ricondotta al fatto che, pur essendo palese già in quel frangente detta elevata e dannosa conflittualità, in quel contesto appariva ancora possibile che questa venisse meno, o si attenuasse fino a giungere a livelli fisiologici o tollerabili, grazie ad uno sforzo di entrambe le parti, cosa che, alla luce di quanto emerso nel procedimento, la consulente d'ufficio e questo Tribunale non ritengono più prospettabile, allo stato, nel breve periodo. E' particolarmente significativo, in questo senso, il fatto che nel corso dello svolgimento della consulenza tecnica d'ufficio sia stato depositato dalla Resistente un ricorso per la decadenza del Ricorrente dalla responsabilità genitoriale, laddove la Resistente stessa ha poi concluso per la pronuncia dell'affidamento condiviso dei figli. "La mera conflittualità riscontrata tra i genitori ... non preclude - in via di principio - il ricorso al regime preferenziale dell'affidamento condiviso dei figli ove si mantenga nei limiti di un tollerabile disagio per la prole, mentre può assumere connotati ostativi alla relativa applicazione, ove si traduca in forme atte ad alterare e a porre in serio pericolo l'equilibrio e lo sviluppo psico-fisico dei figli, e, dunque, tali da pregiudicare il loro interesse" (Cass., Ord. n. 5604.2020, che richiama Cass., n. 6535.2019 e Cass., n. 5108.2012). Tale è la situazione accertata nel corso del giudizio, e deve ritenersi che il Ricorrente, padre dei minori, sia allo stato la persona più adatta ad assumere per i minori decisioni non dettate da una pregiudiziale ostilità nei confronti dell'ex coniuge e dannose per il loro sviluppo, essendo apparso in grado di anteporre gli interessi della prole al proprio posizionamento rispetto all'ex coniuge in misura significativamente maggiore di quanto la Resistente abbia dimostrato nel corso di questo procedimento. Il tempo di permanenza dei figli presso ciascuno dei genitori dovrà essere stabilito nei termini richiesti dal Ricorrente, pressoché coincidenti con quelli indicati dal consulente tecnico. Il Servizio sociale sarà incaricato di monitorare l'evoluzione delle dinamiche familiari in vista di un riavvicinamento delle parti nell'interesse della prole, così come richiesto da entrambe. Quanto alle condizioni economiche delle parti, deve ritenersi che la Resistente abbia iniziato il presente giudizio rappresentando una situazione assai differente da quella reale, presentandosi come persona titolare di un modestissimo reddito, eroso in misura significativa da un canone di locazione pagato il quale il suo tenore di vita sarebbe stato prossimo alla mera sussistenza. Tale situazione appare del tutto inconciliabile con plurimi, univoci indici di agio e prosperità, emersi durante il procedimento e già in parte illustrati in questo provvedimento: la disponibilità, notoriamente assai costosa, di un'auto di grossa cilindrata, dagli elevati consumi e dall'onerosa manutenzione, di recente immatricolazione, suscettibile da sola di assorbire l'intero asserito reddito rimanente alla Resistente; la possibilità di concedersi assai lunge e costose vacanze presso mete notoriamente esclusive; il controllo sostanzialmente totalitario di un'impresa con almeno tredici dipendenti; costosi regali fatti ai figli e da questi rivendicati con compiacimento, rivendicazione accompagnata da osservazioni relative al tenore di vita più modesto, e alle vacanze meno entusiasmanti, che il Ricorrente, loro padre, avrebbe potuto assicurargli; le affermazioni del nuovo compagno della Resistente circa la riconducibilità alla stessa di un'impresa da trenta dipendenti; infine, lo stesso tenore della memoria conclusionale di replica della Resistente, che di séguito si cita: "per il resto la Resistente vive serenamente la sua vita, da donna realizzata anche dal punto di vista lavorativo, molto lontana dagli insuccessi dell'ex marito, aiutato dalla famiglia di origine con cui convive .... ,.. è davvero raccapricciante dover contestare atteggiamenti così discriminatori nei confronti delle donne, a maggior ragione se di altra nazionalità, che abbiano dimostrato di sapersi affermare professionalmente". Per tale motivo, parte Resistente dovrà contribuire al mantenimento dei figli corrispondendo al Ricorrente Euro 800,00 mensili, ovverosia 400 per ciascun figlio, rivalutabili come per legge, oltre a contribuire per metà all'onere delle spese straordinarie. L'esito del giudizio, unitamente alla condotta processuale di parte Resistente, giustifica che le spese legali vengano poste nella loro interezza a carico di questa, unitamente alle spese relative alla consulenza d'ufficio. Le spese del giudizio si liquidano, in accordo ai parametri monetari di legge, tenuto conto della complessità e della natura della causa, nonché delle attività svolte nel corso del procedimento, in Euro 8.600,00, oltre agli accessori di legge. P.Q.M. Il Tribunale di Reggio Emilia, definitivamente pronunciando, ogni diversa o contraria istanza disattesa o assorbita: - Dispone che (...) e (...), figli delle parti, vengono affidati in via esclusiva al Ricorrente, padre dei minori; - Dispone che i minori siano prevalentemente collocati presso il Ricorrente e che la Resistente possa tenerli presso di sé a fine settimana alternati, precisando che per fine settimana debba intendersi il periodo che va dal venerdì all'uscita dalla scuola - o, in mancanza, dalle ore 12.00 - fino al lunedì mattina con accompagnamento a scuola - o, in mancanza, alle ore 12.00 -; nelle settimane in cui il fine settimana venga trascorso dai minori con il Ricorrente, la Resistente terrà con sé i figli dal mercoledì all'uscita dalla scuola fino al venerdì mattina con accompagnamento a scuola; nella settimana in cui il fine settimana venga trascorso dai minori con la Resistente, quest'ultima terrà con sé i figli anche il martedì dall'uscita dalla scuola fino al mercoledì mattina con accompagnamento a scuola. Durante le vacanze natalizie i figli trascorreranno alternativamente con il Ricorrente o la Resistente i periodi dalle ore 10.00 del 24 dicembre alle ore 10.00 del 25 dicembre e dalle ore 10.00 del 31 dicembre alla ripresa della scuola, oppure quello dalle ore 10.00 del 25 dicembre alle ore 10.00 del 31 dicembre. Durante le vacanze estive i figli delle parti rimarranno per due settimane, anche non consecutive, con ciascun genitore; tali periodi dovranno venire concordati dalle parti entro il 31 maggio di ogni anno. In caso di sovrapposizione di tali periodi di vacanza estiva, negli anni pari la priorità di scelta spetterà alla Resistente, e negli anni dispari al Ricorrente. I figli trascorreranno le vacanze pasquali negli anni pari per intero presso il Ricorrente e negli anni dispari per intero presso la Resistente. Nel caso in cui uno dei genitori non sia in grado di assicurare la propria permanenza con i figli nei periodi indicati come di sua responsabilità, gli subentrerà in via prioritaria e preferenziale l'altro genitore, e solo nel caso di indisponibilità di quest'ultimo il genitore che si trova con i figli potrà rivolgersi ad altri familiari o a terzi; - Dispone che la casa familiare, sita in R. E., loc. V. S., Via Dei G., n. 93, resti assegnata al Ricorrente; - Dispone, attesa la differenza tra le rispettive sostanze, che la Resistente contribuisca al mantenimento dei figli versando al Ricorrente la somma di Euro 800,00 mensili, cioè Euro 400,00 per ciascun figlio, e che entrambi i genitori partecipino per la metà all'onere delle spese straordinarie, individuate come dal protocollo per la famiglia attualmente in uso presso questo Tribunale; - Dispone che parte Resistente rifonda a parte Ricorrente le spese del presente procedimento, liquidate in Euro 8.600,00, oltre a iva, cpa e spese forfetarie, oltre successive occorrende; - Pone interamente a carico di parte Resistente le spese relative al compenso del consulente tecnico d'ufficio. Così deciso in Reggio Emilia il 22 dicembre 2022. Depositata in Cancelleria il 2 gennaio 2023.

  • TRIBUNALE ORDINARIO DI REGGIO EMILIA PRIMA SEZIONE CIVILE Il Tribunale civile e penale di Reggio Emilia, in persona del giudice Stefano Rago, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di I grado iscritta al n. 3645/2022 R.G. promossa da X , C.F. (...), nato a (...) il 23 luglio 1978; rappresentato e difeso dall'avv. ..come da procura allegata all'atto di citazione ed elettivamente domiciliato presso il suo studio in Reggio Emilia, ... - attore opponente - contro Y, C.F. (...), nata a (...) il 20 settembre 1977; rappresentata e difesa dall'avv. ...come da procura allegata alla comparsa di costituzione ed elettivamente domiciliata presso il suo studio in Reggio Emilia, ... - convenuta opposta - CONCLUSIONI Per PARTE OPPONENTE: Voglia l'Ill.mo Tribunale di Reggio Emilia, respinta ogni contraria istanza, eccezione e deduzione, così giudicare: in via preliminare ed urgente: sospendere, anche inaudita altera parte, ex artt. 649 c.p.c. l'esecuzione provvisoria del decreto ingiuntivo opposto n. 1334/2022 emesso dal Tribunale di Reggio Emilia in data 11.7.2022 per le motivazioni di cui alla narrativa del presente atto e/o per quelle ritenute di Giustizia; nel merito in via principale: accertare e dichiarare l'illegittimità dell'emissione del decreto ingiuntivo opposto per carenza delle condizioni e dei presupposti di cui agli artt. 633 e 634 c.p.c., e, per l'effetto, revocare e/o annullare e/o dichiarare nullo e/o inefficace il decreto ingiuntivo n. 1334/2022, emesso dal Tribunale di Reggio Emilia in data 11.7.2022 per le motivazioni di cui alla narrativa del presente atto e/o per quelle ritenute di Giustizia; accertare e dichiarare l'infondatezza, in fatto e in diritto, delle pretese creditorie della sig.ra Y nei confronti del sig. X, e, per l'effetto, revocare e/o annullare e/o dichiarare nullo e/o inefficace il decreto ingiuntivo n. 1334/2022 emesso dal Tribunale di Reggio Emilia in data 11.7.2022 per le motivazioni di cui alla narrativa del presente atto e/o per quelle ritenute di Giustizia. In via riconvenzionale subordinata, nella non creduta e denegata ipotesi di accoglimento della domanda ex adverso proposta, dichiarare tenuta e condannare la sig.ra Y, per le ragioni di cui sopra, al rimborso in favore del Sig. X della somma di Euro 19.850.05, o di quell'altra maggiore o minor somma che risulterà in corso di causa e per l'effetto porla in compensazione con quanto ingiunto. Con vittoria di spese e competenze di causa. Per PARTE OPPOSTA: Voglia l'Ill.mo Giudice adito, contrariis reiectis, - previo rigetto dell'istanza di sospensione della provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo opposto, - in via principale, rigettare l'opposizione in quanto infondata e pretestuosa e per l'effetto confermare in ogni sua parte il decreto ingiuntivo opposto e rigettare la domanda riconvenzionale compensativa in quanto nulla e/o inammissibile e/o improponibile e/o infondata e pretestuosa; e conseguentemente dichiarare la responsabilità dell'opponente ex art. 96 cpc e condannare l'opponente al risarcimento del danno a favore dell'opposto da determinarsi in via equitativa. - in via subordinata, nella denegata ipotesi in cui il Giudice ritenga di non confermare il decreto ingiuntivo per mancanza della prova scritta idonea ex artt. 633, 634 cpc, accertare e dichiarare il credito dell'opposta Y per i medesimi titoli e nella medesima quantificazione indicati nella domanda monitoria, o nella diversa quantificazione accertata in giudizio, e condannare l'opponente al pagamento del credito accertato; rigettare la domanda riconvenzionale compensativa in quanto nulla e/o inammissibile e/o improponibile e/o infondata; - in via ulteriormente subordinata, nella denegata ipotesi in cui venga accolta la domanda riconvenzionale compensativa, ridurre l'importo preteso in via riconvenzionale nella minor somma che verrà accertata e determinata in giudizio. Con vittoria di spese e compensi professionali da liquidarsi tenendo conto anche dell'aumento del valore della causa dovuto alla domanda riconvenzionale. FATTI DI CAUSA 1. Con atto di citazione regolarmente notificato X proponeva tempestiva opposizione al decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo n. 1334/2022 emesso dal Tribunale di Reggio Emilia in data 11 luglio 2022 col quale gli era stato ingiunto di pagare al coniuge Y la somma di Euro 34.400,00, oltre interessi e spese della procedura, a titolo di arretrati per il contributo al mantenimento ordinario della prole, stabilito nelle condizioni della separazione consensuale omologata, maturati nel periodo da dicembre 2018 a giugno 2022. A sostegno dell'opposizione, X, al fine di contestare la fondatezza della pretesa creditoria avversaria, eccepiva l'esistenza di una scrittura privata intercorsa tra le parti prima che fosse intervenuto il decreto di omologa, con cui l'importo del contributo al mantenimento dei figli era stato concordemente ridotto per i motivi meglio esposti nel libello introduttivo, chiedendo, pertanto, la revoca del decreto ingiuntivo. Inoltre, in via riconvenzionale subordinata, chiedeva la condanna della Y alla restituzione della somma di Euro 19.850,05, corrispondente alle spese condominiali, per utenze e straordinarie per il figlio G. da esso anticipate, con conseguente compensazione tra i rispettivi debiti. 2. Costituita con comparsa depositata in data 21 ottobre 2022, Y contestava la validità e l'efficacia di tale scrittura privata, e concludeva per l'integrale rigetto dell'opposizione, inclusa la domanda riconvenzionale, con condanna ex art. 96 c.p.c. 3. Con ordinanza in data 11 novembre 2022, pronunciata a scioglimento della riserva assunta alla prima udienza del 10 novembre 2022, veniva respinta l'istanza ex art. 649 c.p.c. e, stante la mancata richiesta dei termini ex art. 183, comma 6, c.p.c., veniva fissata udienza di precisazione delle conclusioni. All'udienza del 17 novembre 2022 sulle conclusioni precisate dalle parti come in epigrafe trascritte la causa veniva rimessa in decisione senza i termini ex art. 190 c.p.c., rinunciati da entrambe le parti. RAGIONI DELLA DECISIONE 1. L'opposizione avverso il decreto ingiuntivo è infondata. Per meglio chiarire i motivi della presente pronunzia, è necessario preliminarmente riassumere, anche nei loro aspetti diacronici, le circostanze di fatto (provate in quanto rilevabili dalla documentazione in atti e/o non contestate) da cui trae origine la controversia. I coniugi X e Y si sono separati consensualmente con decreto di omologa pronunciato dal Tribunale di Reggio Emilia in data 22 novembre 2018. Le condizioni della separazione consensuale prevedono, per quanto qui rileva, (i) il collocamento privilegiato dei loro figli G. (nato l'11 dicembre 2003) e ... (nata il 17 settembre 2007), presso la madre, (ii) la regolamentazione del diritto di visita del padre (a fine settimana alternati, dal venerdì sera alla domenica sera, nonché per due giorni infrasettimanali ogni settimana, dalle ore 18.00 fino alla mattina successiva), (iii) l'assegnazione alla Y della casa coniugale, sita in Reggio Emilia, Via ..., e, da ottobre 2018 allorquando la stessa si sarebbe trasferita con la prole nell'immobile sito in Reggio Emilia, Viale ...(di proprietà del X), di tale nuova abitazione, (iv) l'obbligo a carico del X di versare alla Y, a titolo di contributo al mantenimento dei figli, la somma di Euro 1.800,00 (Euro 900,00 per ciascun figlio), oltre al 70% delle spese straordinarie individuate come da locale protocollo in materia di famiglia. Con scrittura privata sottoscritta in data 30 settembre 2018 - e dunque tra il deposito del ricorso per separazione consensuale (effettuato in data 30 agosto 2018) e l'udienza presidenziale (celebrata in data 20 novembre 2018) - le parti, premesso che la Y si sarebbe trasferita con i figli nell'abitazione sita in Reggio Emilia, Viale..., di proprietà del X, hanno convenuto, testualmente, che "Durante tutto il tempo di permanenza nella nuova suddetta abitazione familiare di proprietà del Sig. X, il contributo a titolo di mantenimento ordinario dei figli da parte del padre X ammonterà ad Euro 1.000,00 mensili" e che "Nel momento in cui la signora Y si dovesse trasferire in altra abitazione la suddetta somma sarà ripristinata in Euro 1.800,00 mensili al medesimo titolo di contributo ordinario dei figli da versarsi da parte del sig. X". Poiché le condizioni della separazione non prevedevano la periodicità dell'assegno di mantenimento dei figli, Y, priva di un titolo esecutivo, ha chiesto ed ottenuto decreto ingiuntivo per l'importo complessivo di Euro 34.400,00 a titolo di arretrati per il contributo al mantenimento ordinario della prole maturati nel periodo da dicembre 2018 a giugno 2022. 1.1. Tanto premesso, X, nel proporre opposizione, ha eccepito, anzitutto, la carenza dei presupposti per l'emissione del decreto ingiuntivo ed in particolare la mancanza di prova scritta, con conseguente inammissibilità della domanda monitoria e revoca del decreto ingiuntivo (cfr. Cass. 19560/2009 in tema di revoca del decreto ingiuntivo emesso in assenza dei presupposti di legge). L'assunto non è condivisibile. Il ricorrente, ai sensi dell'art. 633, comma 1, n. 1, c.p.c., è obbligato a fornire prova scritta del diritto fatto valere, ovvero prova scritta del fatto costitutivo di tale diritto. Nella specie, Y ha chiesto e (legittimamente) ottenuto il decreto ingiuntivo sulla base degli accordi di separazione omologati, nei quali risultava indicato soltanto l'ammontare dell'assegno di mantenimento per i figli, e della scrittura privata del 30 settembre 2018, nel quale era invece specificata la periodicità dell'obbligo contributivo a carico del padre, sicché, stante la pacifica possibilità di interpretazione extratestuale del provvedimento giudiziale in funzione integrativa del contenuto del titolo mediante il riferimento a dati esterni acquisiti nel giudizio in cui è stato confezionato il titolo e non contestati dalla controparte (quale è, appunto, il negozio de quo), non è affatto dato comprendere quale diversa ed ulteriore documentazione avrebbe dovuto produrre l'allora ricorrente per munirsi di un titolo esecutivo con riguardo a somme che risultavano (e risultano) determinate ovvero determinabili con un semplice calcolo aritmetico (cfr. Cass. 4543/2011). Dunque, l'eccezione preliminare sollevata dalla parte opponente dev'essere respinta. 1.2. Passando al merito della controversia, X, nel contestare nel merito la fondatezza del credito ex adverso azionato, ha fatto valere gli accordi intercorsi nella succitata scrittura privata con cui i coniugi avevano ridotto l'importo dell'assegno di mantenimento ordinario a complessivi Euro 1.000,00 al mese per tutto il tempo di permanenza della Y e dei figli nella nuova abitazione di Viale.... Egli ha dedotto che i coniugi sarebbero addivenuti alla decisione concorde di modificare gli accordi separativi in ragione: - della nuova collocazione abitativa di moglie e figli, che dalla casa coniugale condotta in locazione si sarebbero trasferiti nell'immobile da esso appositamente acquistato contraendo un mutuo di Euro 130.000,00; - delle spese di ristrutturazione, pari ad Euro 55.257,76, da esso sostenute per migliorare l'immobile acquistato; - dell'assunzione integrale da parte sua dell'onere di pagamento delle spese condominiali, pari ad Euro 6.804,99, e delle utenze domestiche, pari ad Euro 2.963,63, che sarebbero state a carico della moglie; - dell'assunzione integrale da parte sua delle spese di studio del figlio G., trasferitosi per un periodo negli USA, pari ad Euro 20.162,86, che per metà sarebbero state a carico della moglie; - dell'equiparazione dei tempi di permanenza di figli presso ciascun genitore con la modalità dell'alternanza delle settimane. Ha evidenziato, inoltre, il X che il Presidente del Tribunale, nell'emettere i provvedimenti provvisori nell'instaurato giudizio divorzile, avrebbe considerato vigenti, quantomeno implicitamente, gli accordi negoziali intercorsi tra le parti, aumentando ad Euro 700,00 il contributo dovuto dal padre per ciascun figlio (in ragione del tempo trascorso dall'epoca della separazione) e confermando la ripartizione a metà tra i genitori delle spese straordinarie. Di contro, Y ha eccepito l'invalidità e l'inefficacia, in parte qua, dei suddetti accordi: costei, intendendo avvalersi della scrittura privata nella sola parte in cui è stabilita la periodicità dell'assegno di mantenimento, e non anche in quella in cui è stata concordata una diversa quantificazione dell'assegno medesimo, assume, in buona sostanza, la nullità parziale dell'accordo. Così sinteticamente delineato l'ambito del dibattito processuale, giova ricordare che nella giurisprudenza di legittimità si è riconosciuta la liceità delle intese economiche raggiunte dalle parti dopo la presentazione della domanda di separazione o di divorzio, poiché gli accordi si riferiscono ad una separazione o ad un divorzio che le parti hanno già deciso di conseguire e non semplicemente prefigurato (Cass. 5244/1997), sicché tale parametro esegetico deve valere, a maggior ragione, quando la sentenza di separazione o divorzio sia già intervenuta oppure sia già stata emessa l'ordinanza presidenziale (ex art. 708 c.p.c. o ex art. 4, comma 8, l. 898/1970) e gli accordi tra i coniugi (o ex coniugi) abbiano ad oggetto una modifica delle statuizioni patrimoniali contenute in quella decisione. Infatti, l'accordo transattivo relativo alle attribuzioni patrimoniali, concluso tra le parti ai margini di un giudizio di separazione o di divorzio, ha natura negoziale, trovando legittimo fondamento nell'art. 1322 c.c., ed è valido ed efficace senza necessità di essere sottoposto al giudice per l'omologazione ed anche a prescindere dal procedimento ex art. 710 c.p.c. o ex art. 9 l. 898/1970 (Cass. 24621/2015; così anche Cass. 5065/2021). Queste intese possono produrre effetti vincolanti tra le parti solo qualora non superino i limiti di derogabilità posti dall'art. 160 c.c., contenendo clausole chiaramente lesive degli interessi dei beneficiari dell'assegno di mantenimento oppure condizioni contrarie all'ordine pubblico, e purché non interferiscano con l'accordo omologato, collocandosi in una posizione di autonomia, ma ne specifichino il contenuto con disposizioni maggiormente rispondenti agli interessi ivi tutelati (Cass. 298/2016, Cass. 9174/2008). In particolare, in tema di separazione consensuale, è stato precisato, con consolidato orientamento giurisprudenziale, che le pattuizioni convenute dai coniugi anteriormente o contemporaneamente al decreto di omologazione e non trasfuse nell'accordo omologato si configurano come contratti atipici, aventi presupposti e finalità diversi sia dalle convenzioni matrimoniali che dagli atti di liberalità, nonché autonomi rispetto al contenuto tipico del regolamento concordato tra i coniugi, destinato ad acquistare efficacia giuridica soltanto in seguito al provvedimento di omologazione: ad esse, pertanto, può riconoscersi validità solo in quanto, alla stregua di un'indagine ermeneutica condotta nel quadro dei principi stabiliti dagli artt. 1362 e ss. c.c., risultino tali da assicurare una maggiore vantaggiosità all'interesse protetto dalla norma (ad esempio prevedendo una misura dell'assegno di mantenimento superiore a quella sottoposta ad omologazione), ovvero concernano un aspetto non preso in considerazione dall'accordo omologato e sicuramente compatibile con questo, in quanto non modificativo della sua sostanza e dei suoi equilibri, o ancora costituiscano clausole meramente specificative dell'accordo stesso, non essendo altrimenti consentito ai coniugi incidere sull'accordo omologato con soluzioni alternative di cui non sia certa a priori la uguale o migliore rispondenza all'interesse tutelato attraverso il controllo giudiziario di cui all'art. 158 c.c. (Cass. 23801/2006, Cass. 20290/2005, Cass. 9287/1997). In mancanza di tali circostanze, l'accordo transattivo può produrre effetti obbligatori per le parti, anche prima e indipendentemente dal fatto che il suo contenuto sia stato recepito in un provvedimento dell'autorità giudiziaria. Svolte queste premesse dogmatiche, è sufficiente, nel caso di specie, considerare che gli accordi in esame non solo sostituiscono ma perfino peggiorano le condizioni separative, non avendo, invero, neppure l'odierno opponente chiarito perché, una volta sottoscritta la contestata scrittura privata, non abbia poi revocato il consenso ad una separazione consensuale a condizioni diverse ed a lui sfavorevoli ed abbia invece mantenuto fermo in sede giudiziale il suo impegno a corrispondere la somma di Euro 1.800,00. Né, per quanto occorrer possa, sono concludenti le motivazioni che, a detta dell'opponente, avrebbero condotto le parti a modificare gli accordi separativi, atteso che (a) la nuova collocazione abitativa di moglie e figli, con i conseguenti presumibili costi, era già stata prevista nelle condizioni della separazione, (b) la modifica dei tempi di permanenza dei figli presso ciascun genitore in regime paritario è stata concordata dalle parti solo nel marzo 2020, (c) il figlio G. si è trasferito all'estero per motivi di studio solo dopo tre anni dalla separazione, (d) il contributo per il mantenimento della prole non è compensabile con altre somme, quali quelle pagate per spese condominiali ed utenze domestiche, il cui complessivo importo, pari, stando alla prospettazione dello stesso X, ad Euro 9.768,62, sarebbe stato peraltro di gran lunga inferiore alle somme non corrisposte e come tale non compatibile con l'obbligo contributivo previsto nelle condizioni della separazione consensuale. Pertanto, ponendosi tali accordi in chiaro contrasto con le condizioni della separazione consensuale omologata, a nulla rileva che la Y, per quasi quattro anni, non abbia chiesto il pagamento della maggior somma di Euro 1.800,00. Ne consegue che l'opposizione dev'essere in parte qua respinta, con conseguente conferma del decreto ingiuntivo. 2. La domanda riconvenzionale proposta da X può essere solo parzialmente accolta, nei limiti di cui in appresso. Egli, facendo espresso richiamo all'assegnazione della casa familiare alla moglie contenuta nelle condizioni della separazione consensuale, ha chiesto il rimborso della somma complessiva di Euro 19.850,05, spontaneamente e consapevolmente corrisposta a titolo di spese condominiali (per l'importo di Euro 6.804,99) e di utenze domestiche (per l'importo di Euro 2.963,63) relative al periodo 2018/2022, nonché a titolo di spese straordinarie per il viaggio negli USA del figlio G. (per l'importo pro quota di Euro 10.081,43), compensandola con la somma portata dal decreto ingiuntivo. 2.1. Tralasciata l'eccepita nullità della domanda per essere in citazione stato fatto preciso riferimento al titolo ed essere state allegate puntuali circostanze che hanno senza dubbio consentito alla parte opposta di contestare efficacemente la pretesa avversaria ed altresì di argomentare in senso contrario, senza che si sia dunque verificato alcun vulnus al diritto di difesa, dev'essere parimenti respinta l'eccezione di inammissibilità della domanda riconvenzionale per carenza dei presupposti ex art. 36 c.p.c. Infatti, premesso che la S.C. ha già avuto occasione di chiarire che la domanda riconvenzionale è ammissibile anche se dipendente da un titolo diverso da quello posto a fondamento della domanda principale, sempre che sussista un collegamento obiettivo delle pretese, tale da rendere consigliabile ed opportuna, secondo la discrezionale valutazione del giudice, la celebrazione del simultaneus processus, a fini di economia processuale ed in applicazione del principio del giusto processo di cui all'art. 111, comma 1, Cost. (Cass. 27564/2011, Cass. 8207/2006, Cass. 7241/2004; cfr. anche Cass. 6091/2020, in tema di domanda riconvenzionale proposta dall'opponente in un giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo), nella specie la domanda dell'odierno opponente si riferisce in parte all'uso dell'abitazione familiare assegnata al coniuge con i provvedimenti separativi ed in parte alle spese straordinarie per il figlio, inserendosi in uno specifico periodo della vicenda familiare delle parti dal quale trae origine anche la domanda dell'opposta, sicché è opportuno definire unitariamente i rapporti tra i coniugi anche al fine da evitare la permanenza di questioni irrisolte. 2.2. Superate tali eccezioni preliminari, muovendo dalla contestazione della Y in ordine non già all'an della pretesa creditoria ma bensì alla sua quantificazione ed alla mancanza di prova dei relativi pagamenti, occorre rilevare la totale mancanza di documentazione a supporto della domanda di rimborso delle spese per utenze, atteso che l'opponente, limitatosi a produrre un mero conteggio, ha omesso di produrre in giudizio le relative bollette, che pure in citazione si era riservato di depositare. 2.3. Quanto, invece, alle spese per il viaggio studio del figlio G., che secondo la concorde prospettazione delle parti debbono essere considerate straordinarie, è sufficiente osservare che, in base alla disciplina prevista dal protocollo in uso presso l'intestato Tribunale recepito dal decreto di omologa (Cass. 4388/2022), le stesse avrebbero dovuto essere previamente concordate tra le parti e che non risulta, né invero il X ha dedotto, che la moglie abbia prestato il proprio consenso a contribuire al pagamento di spese di ammontare così ingente ed incompatibile con i propri redditi. 2.4. Quanto, infine, alla ripartizione delle spese condominiali inerenti alla casa familiare oggetto di assegnazione in sede di separazione o di divorzio, occorre distinguere tra le spese che sono dovute dal coniuge assegnatario, il quale utilizza in concreto l'immobile (per esempio, servizio di pulizia, riscaldamento) e quelle che rimangono a carico del coniuge proprietario esclusivo dell'immobile (per esempio, spese di manutenzione straordinaria) (Cass. 16613/2022 e Cass. 9689/2000), atteso che l'essenziale gratuità dell'assegnazione della casa familiare esonera, invero, l'assegnatario dal pagamento di un corrispettivo per il godimento dell'abitazione di proprietà dell'altro, ma non si estende alle spese correlate all'uso (tra cui, appunto, i contributi condominiali inerenti alla manutenzione delle cose comuni poste a servizio anche dell'alloggio familiare), spese che - in mancanza di un provvedimento espresso del giudice della separazione o del divorzio, che ne accolli l'onere al coniuge proprietario - vanno a carico del coniuge assegnatario (Cass. 3836/2006, Cass 18476/2005, Cass. 7127/1997, Cass. 5374/1994). Nella specie, deve rilevarsi che la Y, che ha espressamente riconosciuto che il marito si è assunto l'onere di pagare le spese condominiali dal 2018 fino all'attualità, non solo non ha contestato (né genericamente né tantomeno specificamente) la quantificazione di Euro 6.804,99 effettuata dal X ma neppure ha imputato tale spesa ad eventuali interventi di manutenzione straordinaria, dovendo pertanto ritenersi provato, ai sensi dell'art. 115 c.p.c., sia l'an che il quantum della pretesa creditoria. Quest'ultima, invero, trova anche riscontro nei documenti prodotti dall'opponente, segnatamente nelle contabili di bonifico a favore del Condominio (riportate alle pagine 14 e 13 del documento nominato "contabili X", per l'importo di Euro 1.603,50 in data 13 settembre 2021 con causale "rata 2, 3 e 4 condominio" e per l'importo di Euro 3.171,33 in data 25 agosto 2022 con causale "1, 2, 3, rata ord condominio e rata 1, 2 integrazione riscaldamento") e comunque nei bilanci consuntivi del condominio (l'appartamento del X è indicato come n. 13) da cui risultano, per un verso, le somme corrisposte dall'odierno opponente (cfr. bilancio consuntivo dal 1° maggio 2018 al 30 aprile 2019, nominato tra gli allegati alla citazione come "...", da cui risulta un importo versato di Euro 355,08; bilancio consuntivo dal 1° maggio 2019 al 30 aprile 2020, nominato come "...", da cui risulta un importo versato di Euro 343,98; bilancio consuntivo dal 1° maggio 2020 al 30 aprile 2021, nominato come "Umberto I°-cons.20-21", da cui risulta un importo versato di Euro 5.036,89) e, per altro verso, i modestissimi importi imputati a spese generali amministrative e di manutenzione straordinaria dell'ascensore (cfr., a meri fini comparativi, le spese addebitate a tale titolo ai conduttori di altri immobili). Esclusa la fondatezza della ingiustificata richiesta della Y di imputarle tali somme nella sola misura del 50%, costei dev'essere quindi condannata a pagare al X la somma di Euro 6.804,99. 2.5. Stante il carattere sostanzialmente alimentare dell'assegno di mantenimento per i figli, non è possibile procedere alla compensazione, richiesta dal X, tra la somma da costui dovuta a tale titolo con il credito riconosciuto a suo favore nei confronti della moglie (Cass. 11689/2018 e Cass. 23569/2016). 3. All'accoglimento parziale della domanda riconvenzionale dell'opponente consegue l'infondatezza de plano della domanda ex art. 96 c.p.c. spiegata dalla Y. 4. La reciproca soccombenza, dovuta al rigetto dell'opposizione avverso la pretesa creditoria della Y ed all'accoglimento, seppur parziale, della domanda riconvenzionale del X, giustifica l'integrale compensazione delle spese di lite. P.Q.M. Il Tribunale di Reggio Emilia, definitivamente pronunciando, ogni diversa e ulteriore istanza, eccezione e deduzione disattesa, così giudica: 1. rigetta l'opposizione proposta da X avverso il decreto ingiuntivo n. .../2022 emesso dal giudice unico del Tribunale intestato che, per l'effetto, conferma in ogni sua parte; 2. condanna Y a pagare a X la somma di Euro 6.804,99 a titolo di rimborso delle spese condominiali; 3. rigetta ogni altra domanda proposta dalle parti; 4. compensa interamente le spese di lite tra le parti. Così deciso in Reggio Emilia il 21 novembre 2022.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE DI REGGIO EMILIA SEZIONE PRIMA CIVILE Nella persona dei magistrati: Dott. Francesco Parisoli, - Presidente Dott. Stefano Rago, - Giudice Dott. Daniele Mercadante, - Giudice rel.; Ha pronunciato la presente SENTENZA Nella causa civile di primo grado, n. r.g. 4150.2021, tra - (...), rappresentata e difesa dall'avv. Fo.Pi. RICORRENTE e - (...), rappresentato e difeso dall'avv. Sc.Ca. RESISTENTE e con il PUBBLICO MINISTERO PRESSO IL TRIBUNALE DI REGGIO EMILIA, interventore ex lege. CONCISA ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE La Ricorrente rappresentava di avere contratto matrimonio con il (...) in N. (R.), il giorno 12.9.1998, come risultante dagli atti dello Stato civile di quel Comune al n. 23, parte II, serie A, dell'anno 1998; che dall'unione è nata la figlia (...), il giorno 10.11.2002; che la separazione tra le parti è stata pronunciata con sentenza di questo Tribunale in data 15.1.2021; che alla data del ricorso sarebbero rimaste immutate le condizioni rilevanti dei coniugi e della prole al momento della separazione; che dunque chiedeva che venisse pronunciata la cessazione degli effetti civili del matrimonio e venissero confermate le condizioni stabilite in sede di separazione, consistenti nell'assegnazione della casa familiare a lei, nel versamento da parte del (...) di 350 Euro mensili a titolo di mantenimento ordinario della figlia, nella ripartizione paritaria a carico di ciascun genitore delle spese straordinarie della figlia, con ordine al datore di lavoro del Ricorrente di provvedere direttamente al versamento del dovuto; che quanto precede veniva domandato, tra l'altro, alla luce del fatto che la figlia delle parti non sarebbe economicamente indipendente e continuerebbe a vivere presso di lei. Si costituiva il (...), rappresentando di convenire sulla domanda di cessazione degli effetti civili del matrimonio; che la propria situazione economica sarebbe influenzata dalla necessità di corrispondere un canone di locazione mensile pari a 400 euro; che percepirebbe uno stipendio mensile netto di circa 1.160 Euro, che si ridurrebbero dunque a circa 760 circa una volta detratto il canone di locazione; che le sue condizioni economiche sarebbero dunque difficoltose; che la casa familiare assegnata alla Ricorrente sarebbe stata in parte di sua proprietà. Domandava che l'importo del contributo al mantenimento della figlia fosse determinato in misura inferiore a quanto richiesto dalla Ricorrente. Le parti comparivano di fronte al Presidente il giorno 11.1.2022, escludendo la possibilità di una riconciliazione e confermando la mancata ripresa della convivenza. Il (...) precisava che la propria retribuzione, al lordo dei 350 Euro mensili versati per le spese di mantenimento ordinario della figlia, sarebbe ammontata a circa 1.500 Euro mensili. Il Presidente, all'esito dell'udienza, confermava le condizioni della separazione. Successivamente all'udienza presidenziale, la Ricorrente allegava che la figlia maggiorenne delle parti sarebbe studentessa universitaria, e che la casa familiare sarebbe di sua proprietà per la quota di sei settimi. Affermava inoltre che l'immobile condotto in locazione dal (...) sarebbe stato da questi condiviso con i di lui genitori, che avrebbero presumibilmente contribuito alle spese ordinarie relative. Quanto al versamento del contributo al mantenimento da parte del (...), la Ricorrente allegava che quest'ultimo avrebbe versato irregolarmente quello ordinario e assolutamente mai quello straordinario, e che in sede di separazione aveva chiesto e ottenuto il versamento diretto del contributo ordinario da parte del datore di lavoro del (...). Per tale motivo modificava le conclusioni, domandando che le venisse forfetizzato nella misura di 150 Euro mensili il contributo paterno alle spese straordinarie, anche alla luce del fatto che il (...) avrebbe avuto non meglio specificati problemi di dipendenze, per le quali sarebbe stato seguito dal (...) e che avrebbero pregiudicato le sue condizioni economiche. La causa è stata istruita documentalmente. Sussistono le condizioni di legge per la pronuncia della cessazione degli effetti civili del matrimonio contratto dalle parti, essendo provata la cessazione della comunione materiale e spirituale tra i coniugi e l'impossibilità di ricostituirla. Non sussistono indici tali da richiedere una variazione del contributo al mantenimento della figlia delle parti che, circostanza pacifica, vive con la madre presso la casa familiare e non ha ancora raggiunto l'indipendenza economica. In questo senso le buste paga prodotte dal (...) non dimostrano, come egli ha sostenuto, che il suo stipendio sarebbe di meno di 1.200 Euro mensili, in quanto tale somma risente della trattenuta giudizialmente disposta relativamente al contributo al mantenimento ordinario della figlia. Le argomentazioni del (...) relative al fatto che egli, in sede di separazione, non avrebbe potuto ben valutare l'onere delle spese che gli sarebbero derivate dalla separazione non possono essere tenute in considerazione, alla luce del fatto che in quella sede il (...) stesso è stato assistito da un difensore. La Ricorrente ha domandato che le spese straordinarie vengano forfetizzate, alla luce della circostanza, non specificamente contestata, per la quale il (...) non si farebbe mai carico della relativa quota. A proposito della forfetizzazione delle spese straordinarie Cass., Sent. n. 9372.2012, ha affermato: "si devono intendere per spese "straordinarie" quelle che, per la loro rilevanza, la loro imprevedibilità e la loro imponderabilità esulano dall'ordinario regime di vita dei figli, considerato anche il contesto socio-economico in cui sono inseriti, e deve rilevarsi che la loro inclusione in via forfettaria nell'ammontare dell'assegno posto a carico di uno dei genitori può rivelarsi in netto contrasto con il suddetto principio di proporzionalità e con quello dell'adeguatezza del mantenimento: nel caso della sopravvenuta esigenza di una spesa rilevante (ad esempio, per ragioni sanitarie), tale da assorbire non solo il contributo mensile, ma anche quello annuale, potrebbe verificarsi un grave nocumento non solo nei confronti del coniuge presso il quale il figlio è collocato, ma soprattutto nei riguardi della prole, che potrebbe essere privata - non consentendolo le possibilità economiche del solo genitore beneficiario dell'assegno "cumulativo" - di cure necessarie o di altri indispensabili apporti. ... Pur non trovando la distribuzione delle spese straordinarie una specifica disciplina nelle norme inerenti alla fissazione dell'assegno periodico, deve ritenersi che ogni determinazione al riguardo deve avvenire, pur nell'ambito della discrezionalità del giudice, nel rigoroso rispetto dei principi sopra indicati. Per altro questa Corte ha già posto in evidenza come, al di là del principio della concertazione, che nell'affidamento condiviso deve permeare, nell'interesse del minore, i comportamenti e le scelte di entrambi i genitori, non vi sia piena corrispondenza tra "spese straordinarie" e "scelte straordinarie" (Cass., 5 maggio 1999, n. 4459). Mentre sulla base di tale distinzione si pongono delicati problemi in tema di informazione e di consenso preventivo, soprattutto quando gli esborsi non coinvolgano "scelte straordinarie", la soluzione di stabilire in via forfettaria ed aprioristica ciò che, come sopra evidenziato, è imponderabile e imprevedibile, oltre a apparire in contrasto con il principio logico secondo cui soltanto ciò che è determinabile può essere preventivamente quantificato, introduce nell'individuazione del contributo in favore della prole una sorta di alea incompatibile con i principi che regolano la materia" (la decisione è richiamata, aderendo al principio espresso, da Cass., Ord. n. 1562.2020). Considerato che la Ricorrente ha domandato la forfetizzazione integrale delle spese, tale domanda deve venire rigettata. Atteso l'esito del giudizio, e atteso inoltre che la domanda circa l'unico punto sul quale la Ricorrente non ha prevalso è stata determinata dal mancato versamento da parte del (...) dell'interezza del contributo straordinario al mantenimento della figlia, le spese del procedimento, calcolate in relazione al valore della causa, alla sua complessità, alle attività svolte nel procedimento e in considerazione dei parametri di legge, e così liquidate in Euro 3.800,00, oltre agli accessori di legge, dovranno venire rifuse alla Ricorrente dal (...). P.Q.M. Il Tribunale di Reggio Emilia, definitivamente pronunciando, ogni diversa o contraria istanza disattesa o assorbita: - Pronuncia la cessazione degli effetti civili del matrimonio contratto dalle parti in data 12.9.1998 in Novellara, trascritto nel Registro Atti di Matrimonio di quel Comune al n. 23, parte II, serie A, anno 1998, e manda il competente Ufficiale dello Stato civile per gli adempimenti di legge; - Dispone che il (...) corrisponda alla Ricorrente, a titolo di contributo al mantenimento ordinario della figlia delle parti, maggiorenne ma non economicamente indipendente, la somma mensile di Euro 350,00, rivalutata come per legge, oltre al 50% delle spese straordinarie sanitarie, educative, ludiche, sportive; fermo il già disposto versamento diretto da parte del datore di lavoro del (...); - Assegna la casa familiare alla Ricorrente; - Dichiara tenuto e condanna il (...) a rifondere alla Ricorrente le spese del presente giudizio, che si liquidano in Euro 3.800,00, oltre a IVA, CPA e spese forfetarie, oltre successive occorrende. Manda la Cancelleria per la trasmissione della presente decisione all'Ufficiale dello Stato civile del Comune di Novellara. Così deciso in Reggio Emilia il 4 novembre 2022. Depositata in Cancelleria il 7 novembre 2022.

  • TRIBUNALE DI REGGIO CALABRIA Seconda Sezione Civile Il Tribunale di Reggio Calabria, Seconda Sezione Civile, in composizione monocratica, in persona del giudice dott.ssa Angela Giunta, ha pronunziato la seguente SENTENZA nella causa civile iscritta al n. ...dell'anno 2017 del Ruolo Generale degli Affari Contenziosi, riservata per la decisione all'udienza del 02.02.2022 previa assegnazione dei termini di cui all'art. 190 c.p.c., promossa da A.G. (c.f. (...)), rappresentata e difesa dall'avv...., ed elettivamente domiciliata presso il suo studio in Reggio Calabria alla via..., giusta procura in atti contro D.O. (c.f. (...)), rappresentato e difeso dall'Avv. ...unitamente al quale è elettivamente domiciliato presso lo studio dell'Avv...., sito in Via ...giusta procura in atti - Convenuta - e nei confronti di M.V.A. (c.f. (...)) rappresentata e difesa dagli avv.ti Avv.ti ...presso il cui studio sito in Reggio Calabria alla via ...è elettivamente domiciliata, giusta procura in atti - Convenuta - Svolgimento del processo - Motivi della decisione Con atto di citazione ritualmente notificato ...conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di Reggio Calabria, i sig.ri D.O. e M.V.A. promuovendo azione ex art. 2901 c.c. avverso l'atto di trasferimento immobiliare del 25.05.2016 per Notaio A.. L'odierna attrice premetteva che in data 12.11.2012 con atto di citazione aveva adito il Tribunale di Reggio Calabria formulando le seguenti conclusioni: - Accertare e dichiarare l'indebito trattenimento, da parte del sig. D.O. e della sig.ra M.V.A., delle somme ricevute a titolo di prestito; - Conseguentemente condannare i convenuti alla restituzione delle predette somme per un importo pari ad Euro 42.600,00" Parte attrice deduceva di aver avviato nell'anno 2011 una conoscenza con il sig. D.O., il quale dato il rapporto confidenziale instauratosi le confidava dell'esistenza di una "presunta" situazione economica familiare alquanto difficile in cui si trovava. D.O. le rappresentava una serie di gravi disagi economici, tra cui la concreta possibilità di perdere l'unico immobile di sua proprietà dove viveva la moglie (M.V.A., dalla quale si era separato) e i suoi tre figli, poiché a rischio di vendita a seguito di un pignoramento immobiliare. il D. le riferiva che se non avesse tempestivamente provveduto al versamento di una cospicua somma di denaro, i suoi familiari, a causa del pignoramento, sarebbero stati costretti a lasciare l'immobile. In ragione del legame nato tra l'odierna attrice e il sig. D., quest'ultimo chiedeva un ausilio economico alla sig.ra A., la quale dal 10.06.2011, iniziava a versare, a titolo di prestito, in favore dell'amico, con più bonifici, la complessiva somma di Euro 42.600,00, date le sempre più frequenti ed insistenti richieste formulate in tal senso non solo dal D., ma anche dalla moglie. Ad un primo versamento pari ad Euro 2.500,00, effettuato mediante vaglia postale in favore dell'odierno convenuto, ne seguirono altri, uno di 30.000,00 mediante assegno circolare tratto dal proprio conto corrente n. (...) del M.P.S., filiale di S.. In data 27.06.2011, parte attrice continuava ad erogare, mediante due vaglia postali, sempre in favore del D., una somma pari ad Euro 3.000,00; in data 17.08.2011 veniva emesso un assegno bancario n. (...) per una somma di Euro 2.900,00, negoziato presso il B.N. sede di R. C.; in data 24.08.2011 veniva emesso un ulteriore assegno bancario n. (...) pari ad Euro 2.500,00; nonché la somma pari ad Euro 1.700,00 consegnata in contanti ai coniugi D. e M. in data 13.07.2011. A.G. invocava la restituzione del denaro senza che tuttavia il beneficiario provvedesse in tal senso. Solo dopo una serie di insistenze, D.O. si impegnava a restituire il denaro mediante versamenti mensili di 250/300,00 Euro da effettuarsi mediante ricarica postepay. Nonostante il raggiunto accordo, nessuna somma veniva restituita all'odierna attrice, neppure dopo nuovi solleciti volti a provvedere in tal senso. Il sig. D. rassicurava A.G. dicendole che avrebbe provveduto ad estinguere il debito versando l'intera somma in un'unica soluzione, dopo la vendita della licenza di un distributore di benzina sito in Reggio Calabria che aveva in comproprietà con la moglie. Nel novembre 2011, parte attrice inviava formale richiesta di restituzione delle somme elargite, senza ottenere alcuna risposta. Adito il Tribunale di Reggio Calabria I Sezione Civile, veniva emessa sentenza di condanna nei confronti del Sig. D. (sent. n. 776/2014 del 23.04.2014) al pagamento della somma di Euro 42.600,00, nonché al pagamento delle spese processuali in favore di parte attrice, liquidate in Euro 4.118,38, oltre rimborso forfettario ex art. 2 del D.M. n. 55 del 2014, IVA e contributi di legge. In forza della suddetta sentenza, spedita in forma esecutiva in data 03.06.2014 e notificata in data 24.06.2014, venivano notificati in data 30.10.2014 un primo atto di precetto; successivamente, visto il mancato pagamento da parte del convenuto, in data 14.03.2015 veniva notificato un secondo atto di precetto e, infine, in data 05.05.2016 veniva notificato, sempre al D., un atto di precetto in rinnovazione. In tutti gli atti di precetto si intimava al D. di pagare nel termine di 10 giorni dalla notifica, la somma di Euro 48.743,99 oltre interessi. Tuttavia, le intimazioni de qua, rimanevano senza esito alcuno. Con atto di pignoramento presso terzi del 16.05.2016 A.G. azionava il credito nei confronti del debitore D., in forza della suddetta sentenza. Successivamente, il giudice dell'esecuzione con ordinanza dell'11.10.2016, assegnava in pagamento la somma di Euro 144,63 (pari alla differenza tra il quinto pignorabile dello stipendio e quanto accantonato per il precedente pignoramento) dello stipendio dovuto dal terzo, al netto delle ritenute fiscali e previdenziali ed al lordo delle cessioni volontarie preesistenti-con adeguamento in casi di successivi aumenti della retribuzione - dalla data del pignoramento de quo e sino alla cessazione del precedente pignoramento, disponendo che l'assegnazione si riespandesse al quinto dello stipendio netto dalla data di cessazione del precedente pignoramento, a totale soddisfazione delle spese di procedura e del credito azionato in executivis, e fino a concorrenza delle somme di Euro 2.341,80 in favore dell'erario ed Euro 48.743,99 oltre interessi legali successivi al precetto sino al soddisfo, in favore della sig.ra A.. Si ordinava, peraltro, al terzo l'immediato pagamento delle somme assegnate in relazione ai ratei stipendiali maturati dalla data del pignoramento, nonché per le mensilità future di effettuare i disposti versamenti alle scadenze mensili direttamente al creditore. Inoltre, con atto di pignoramento immobiliare ex art. 555 c.p.c. A.G., al fine di soddisfare il proprio credito, dichiarava di sottoporre ad esecuzione forzata metà dell'immobile di proprietà sito in Via C.C., 51 piano 4. All'atto di trascrizione del suddetto pignoramento, l'odierna attrice veniva a conoscenza che con atto di trasferimento di immobile, a seguito di divorzio congiunto n. (...) del 27.05.2016 repertorio n. (...), a ministero del Notaio A., D.O. aveva ceduto alla moglie M.V.A. la proprietà di metà della casa in questione, divenendo così quest'ultima la sola proprietaria dell'intero immobile. La sentenza di divorzio tra i due veniva emessa nel 2015 a seguito di apposita istanza presentata congiuntamente nel settembre 2015, quindi sia l'atto di richiesta dello scioglimento degli effetti civili del matrimonio, sia il conseguente provvedimento del Tribunale che ratificava la richiesta di divorzio, intervenivano solo successivamente alla sentenza n. 776/2014 di condanna di pagamento del debito da parte del sig. D.. Cosicché tale trasferimento rendeva più difficoltoso il soddisfacimento del credito, avendo comportato tale atto, una sensibile riduzione del patrimonio aggredibile dalla sig.ra A.. In virtù di ciò, si rendeva necessaria da parte dell'odierna attrice, l'avvio della presente azione revocatoria. Parte attrice deduceva la sussistenza di tutti i requisiti sia oggettivi che soggettivi ai fini dell'accoglimento dell'azione revocatoria. L'attrice precisava che D.O. e la moglie M. erano separati sin dal 31.10.2006 e che soltanto successivamente alla sentenza di condanna al pagamento del debito, i convenuti avevano presentato domanda di scioglimento degli effetti civili del matrimonio (datata 2.09.2015). Una delle condizioni di divorzio avvenuto con sentenza del Tribunale di Reggio Calabria n. 1397 del 23.10.2015 prevedeva che "in merito alla casa coniugale, assegnata in separazione alla Sig.ra M.V.A., il sig. D. si impegna a cedere, a far data dall'emittenda sentenza di divorzio, il 50% della proprietà della casa coniugale acquistata dai coniugi". Parte attrice deduceva come la circostanza che il trasferimento di ½ dell'immobile fosse stato previsto in una condizione del divorzio congiunto non valeva ad escludere la revocabilità dell'atto ai sensi dell'art. 2901 c.c. Parte attrice deduceva, altresì, che l'atto di trasferimento immobiliare aveva fortemente modificato in senso peggiorativo la composizione del patrimonio del debitore che era quasi inconsistente essendo quest'ultimo costituito soltanto dai ratei stipendiali percepiti dal convenuto. Parte attrice osservava che, in ogni caso, tale emolumento non era idoneo ad assicurare la piena e certa soddisfazione del credito di parte attrice, in quanto gravano sul medesimo ritenute per cessione ed un pignoramento ad istanza di Equitalia Sud S.p.A. In questa prospettiva, A.G. osservava che le era stata assegnata dal Giudice dell'Esecuzione una somma pari ad Euro 144,63 (pari alla differenza tra il quinto dello stipendio pignorabile e quanto accantonato per il precedente pignoramento). Tale somma non potrebbe, pertanto, garantire la piena e celere soddisfazione del credito. Tutto ciò premesso, A.G. formulava le seguenti conclusioni: "Voglia l'Ill.mo Tribunale adito, accertati i presupposti di cui all'art.2901 c.c. così come descritti in narrativa, disporre la revocatoria dell'atto di trasferimento di proprietà del 27.05.2016 repertorio n. (...), a ministero del Notaio A., tra il sig. D.O. e la sig.ra M.V.A., dichiarando inefficaci nei confronti dell'attore l'atto di disposizione del patrimonio. Con vittoria di spese, diritti e onorari del presente giudizio, oltre IVA e CPA come per legge". Con comparsa di costituzione e risposta depositata in data 01.06.2017, si costituiva in giudizio il convenuto D.O. il quale, in via pregiudiziale, formulava richiesta di sospensione del presente giudizio in quanto la sentenza n. 776/2016 era stata oggetto di impugnazione da parte del medesimo. Nel merito contestava l'insussistenza dei presupposti dell'azione revocatoria in quanto l'atto di trasferimento immobiliare, in tesi di parte convenuta, rappresentava l'adempimento di un debito scaduto ex art. 2901 co. 3 c.c. Nel ricostruire in fatto i rapporti intercorsi tra le parti, il convenuto rilevava che i coniugi D.O. e M.V.A. si erano separati ed in data 07.11.2006 il Tribunale di Reggio Calabria aveva omologato la separazione consensuale in base al quale la casa coniugale era stata assegnata alla moglie che ivi continuava a vivere con i figli. La separazione prevedeva che il D. versasse alla moglie il contributo al mantenimento dei due figli minori che le parti concordavano in Euro 300,00 mensili. Senonché nel gennaio del 2009 i figli D.E. e F.S. decidevano di avviare un'azienda nel settore dei carburanti ricevendo in gestione un impianto di distribuzione a marchio Q8. Al fine di aiutare i figli in tale impresa i genitori decidevano di accendere un mutuo garantito da ipoteca gravante sull'immobile oggetto del presente giudizio. Nello specifico il mutuo vedeva quali parti contraenti la moglie M.V.A. ed il figlio D.E.. Il convenuto allegava in atti alcune scritture private da cui emergeva che egli si era impegnato a corrispondere alla moglie la metà della rata mensile del mutuo. P.D.O. non riusciva a far fronte agli impegni assunti sia in sede di separazione che in relazione al mutuo contratto dalla moglie e dal figlio, il convenuto si impegnava con scrittura privata prima (datata 15/6/2015) e successivamente in sede di divorzio a cedere il 50% della casa coniugale alla moglie. Pertanto, in data 25.05.2016 le parti si presentavano dinanzi al Notaio A. per il perfezionamento dell'atto di cessione. In tesi di parte convenuta, il trasferimento immobiliare oggetto della presente azione revocatoria era avvenuto solo al fine di ripianare un debito che il convenuto aveva assunto nei confronti della moglie, con la conseguenza che ai sensi dell'art. 2901 co. 3 c.c. l'atto non rientrava nel novero degli atti revocabili. Il convenuto, in ogni caso, eccepiva la carenza del presupposto oggettivo dell'eventus damni atteso che il bene oggetto del trasferimento immobiliare risulta gravato da ipoteca posta a garanzia del mutuo ventennale di Euro 180.000,00 stipulato da M.V.A. e dal figlio D.E.. D.O. eccepisce, inoltre, al fine di dimostrare l'insussistenza del pregiudizio che parte attrice sta già trovando soddisfazione rispetto alle proprie ragioni creditorie attraverso la avviata procedura esecutiva intrapresa dalla stessa sullo stipendio del D.. Il convenuto formulava, pertanto, le seguenti conclusioni: "Voglia l'On.le Tribunale adito, disattesa ogni contraria istanza ed eccezione: 1) In via pregiudiziale - Accertare e dichiarare il giudizio de quo sospeso ex art. 295 c.p.c. per le motivazioni dedotte ed eccepite in narrativa; 2) nel merito: - Accertare e dichiarare che l'azione revocatoria proposta è priva dei requisiti soggettivi ed oggettivi previsti dall'art. 2901 c.c.; - Che la cessione di ½ dell'immobile sito in R. C., Via C. C. n. 47/B, rientrando tra i casi previsti dall'art. 2901, III, c.c. non deve essere sottoposta a revocatoria; - Per l'effetto rigettare la domanda di parte attrice perché illegittima in quanto infondata in fatto e in diritto". Si costituiva, altresì, in giudizio M.V.A., che precisava di non aver ricevuto alcuna dazione di somme da parte dell'odierna attrice. La convenuta eccepiva che la cessione da parte del D. della propria quota dell'immobile era finalizzata a soddisfare le ragioni creditorie della moglie che consistevano tanto nel mancato pagamento da parte del D. della quota di mantenimento dei figli dal 2006 al 2015, quanto dalla mancata corresponsione del 50% della rata del mutuo stipulato nel 2009. La convenuta chiedeva, pertanto, il rigetto della domanda attorea, affermando che l'atto di trasferimento dell'immobile de quo, sarebbe stato effettuato in adempimento di un debito scaduto e che, pertanto, ai sensi dell'art. 2901 c.c. comma 3, non era suscettibile di revocatoria. La convenuta eccepiva in ogni caso l'insussistenza del requisito dell'eventus damni atteso che il D. stava onorando il suo debito attraverso una trattenuta stipendiale fissata oggi in Euro. 144,63. La convenuta formulava, pertanto, le seguenti conclusioni "In via pregiudiziale - Accertare e dichiarare che il presente giudizio è soggetto a sospensione necessaria ex art. 295 c.p.c. per i motivi di cui in narrativa; Nel merito - Accertare e dichiarare che l'azione di revocazione ordinaria proposta manca dei presupposti previsti dall'art. 2901 c.c. e che l'atto di trasferimento della quota del 50%, dal Sig. D.O. alla Signora M.V., dell'immobile sito in R. C. alla Via C. C., n. 51, non è soggetto a revocazione ai sensi dell'art. 2901 co. II c.c. e per l'effetto rigettare la domanda attorea". All'udienza del 19.07.2017 il GI rilevato che la pendenza del giudizio di accertamento del credito non costituisce causa di sospensione necessaria del giudizio ex art. 295 c.p.c., per come chiarito dalla giurisprudenza di legittimità (S.U. n. 9440/2004) rigettava l'istanza di sospensione e concedeva i termini per il deposito delle memorie ex art. 183 comma VI c.p.c. All'udienza 18.01.2018 il GI rilevato che non erano state formulate richieste istruttorie e ritenuta la causa matura per la decisione rinviava la causa per la precisazione delle conclusioni. Successivamente, all'udienza del 02.02.2022 le parti precisavano le conclusioni ed il GI concedeva i termini di cui all'art. 190 c.p.c., riservando all'esito la decisione, La domanda di parte attrice è fondata e meritevole di accoglimento per le ragioni che si espongono. Preliminarmente, occorre osservare che in data 01.07.2022, successivamente alla scadenza del termine per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica e, quindi, successivamente al passaggio in decisione, il convenuto D. ha depositato la sentenza della Corte d'Appello di Reggio Calabria emessa in data 29/06/2022 n. 526/2022 con la quale, in accoglimento dell'appello promosso dal sig. D.O. è stata riformata la sentenza n.776/2014 pronunciata dal Tribunale di Reggio Calabria e su cui si fonderebbe il credito dell'odierna attrice. Il convenuto ha chiesto, pertanto, che il Giudice valutata la suddetta produzione documentale dichiari l'estinzione del presente procedimento in quanto venuto meno il titolo fondante dello stesso. Il Tribunale osserva che si è in presenza di una domanda e produzione documentale nuova in quanto tale inammissibile. Sul punto, è sufficiente osservare che il passaggio alla fase decisionale costituisce il limite temporale entro il quale la parte ha facoltà di produrre nuovi documenti con la conseguenza che i documenti prodotti successivamente non possono essere utilizzati ai fini del decidere (Cass. civ. n. 839/1998). Peraltro, non sussiste alcun obbligo per il giudice, dopo il passaggio della causa in decisione, di rimetterla sul ruolo onde permettere una nuova produzione, nè lo stesso è tenuto ad esaminare eventuali sollecitazioni al riguardo dell'interessato (che nella specie non sono state avanzate) non essendo consentito alle parti di rivolgere istanze dopo l'indicato momento. Ciò premesso, passando ad esaminare il merito della controversia occorre precisare che l'azione revocatoria ordinaria (actio pauliana) esperita dall'attore (disciplinata dagli articoli 2901-2904 del codice civile) costituisce uno dei mezzi di conservazione della garanzia patrimoniale attribuendo al creditore la facoltà di ottenere la dichiarazione di inefficacia in suo favore degli atti di disposizione del patrimonio compiuti dal debitore, a titolo oneroso o a titolo gratuito, che arrechino pregiudizio alle sue ragioni. Lo scopo dell'azione revocatoria consiste, quindi, nel ricostituire la garanzia generica assicurata al creditore dal patrimonio del debitore a norma dell'articolo 2740 c.c. allo scopo di rendere possibile la realizzazione del diritto di credito mediante l'esperimento dell'azione esecutiva sui beni alienati a terzi dal debitore. È opportuno sottolineare che l'inefficacia che determina l'azione revocatoria è solo relativa, in quanto operante unicamente nei confronti del creditore che propone l'azione, senza incidere, quindi, sulla validità dell'atto. L'esperimento di tale azione non ha pertanto effetto restitutorio, ossia non determina il ritorno del bene nella sfera giuridico economica del debitore, ma comporta solo un effetto di tipo conservativo in quanto l'atto dispositivo nonostante l'esperimento dell'azione in esame rimane valido ed efficace ed il bene oggetto dell'atto di disposizione posto in essere dal debitore resta nel patrimonio del terzo, potendo essere aggredito dal creditore che ha esperito vittoriosamente l'azione revocatoria. La ratio sottesa a tale disciplina è quella di riservare ai creditori il valore netto del patrimonio del debitore al tempo dell'assunzione del debito. Difatti, il fondamento della revocatoria si fonda sul dovere di buona fede oggettiva ex artt. 1175 e 1375 c.c., che impone al debitore comunque di preservare la garanzia patrimoniale, in presenza di creditori che potrebbero vedere pregiudicata la possibilità di recuperare il proprio credito. L'esperibilità dell'azione revocatoria è subordinata all'esistenza di una serie di presupposti soggettivi ed oggettivi che questo Giudice ritiene sussistenti nel caso di specie. I presupposti soggettivi ed oggettivi, la cui sussistenza può condurre all'accoglimento della domanda ex art. 2901 c.c., consistono: a) nella qualità di creditore dell'istante, intesa in senso ampio, come titolare di un credito già esistente anche soggetto a termine o condizione, anche eventuale, non assumendo rilevanza i requisiti della certezza liquidità ed esigibilità del credito stesso (cfr. Cass. nn. 3981/2003; 1050/1996) e dovendo farsi rientrare anche il credito litigioso, cioè in contestazione (cfr. Cass. n. 1893/2012); b) nel cd. eventus damni, ossia il pregiudizio alle ragioni dei creditori, essendo sufficiente che l'atto di disposizione renda la realizzazione del diritto del creditore incerta o soltanto difficoltosa (cfr. Cass. nn. 1896/2012; 19234/2009; 12144/1999), in presenza anche solo di una variazione peggiorativa, in termini quantitativi o qualitativi, del patrimonio del debitore (Cass. n.12901/2020); c) nel cd. consilium fraudis del debitore, vale a dire la conoscenza del pregiudizio derivante dall'atto alle ragioni del creditore, non essendo necessaria l'intenzione di nuocere al creditore ma essendo sufficiente la consapevolezza che mediante l'atto di disposizione il debitore diminuisca il proprio patrimonio e quindi la garanzia spettante ai creditori (cfr. Cass. nn. 27546/2014; 16825/2013; 966/2007; 20813/2004). Reputa il Tribunale che, nel caso di specie, ricorrano tutti i presupposti innanzi richiamati. Preliminarmente, è bene ricordare, in merito all'esistenza del credito, che l'odierna attrice a partire dal 10.06.2011 ha erogato in favore del D. una serie di somme di denaro mediante assegni bancari, vaglia postali etc. Trattasi di un credito, nella specie litigioso, la cui esistenza del credito è allo stato provata dalla sentenza (n. 776/2014 del 23.04.2014) di condanna al pagamento di Euro 42.600,00 emessa, in favore di parte attrice, dal Tribunale di Reggio Calabria, I Sezione Civile. In forza della suddetta sentenza, spedita in forma esecutiva in data 03.06.2014 e notificata in data 24.06.2014, sono stati notificati vari atti di precetto. Tuttavia, il convenuto D.O. non ha mai adempiuto, nonostante l'intervenuta sentenza di condanna. In merito al presupposto di esistenza del credito, la giurisprudenza di legittimità ha ribadito che l'art. 2901 c.c. considera il credito in tutte le sue accezioni. Di conseguenza, anche un credito eventuale, in quanto litigioso, poiché oggetto di contenzioso, è comunque idoneo a fa insorgere la qualità di "creditore" in colui che agisce e tale qualità è sufficiente ad abilitare quest'ultimo all'azione revocatoria. Ciò sia che si tratti di un credito di fonte contrattuale oggetto di contestazione in diverso giudizio, sia che si tratti di credito di natura risarcitoria originato da un fatto illecito. Sul punto è stato espressamente affermato che "anche un credito litigioso può essere tutelato ai sensi dell'art. 2901 c.c., in quanto tale norma ha accolto una nozione lata di credito, comprensiva della ragione o aspettativa, con conseguente irrilevanza dei normali requisiti di certezza, liquidità ed esigibilità, sicché anche il credito eventuale, nella veste di credito litigioso, è idoneo a determinare - sia che si tratti di un credito di fonte contrattuale oggetto di contestazione in separato giudizio sia che si tratti di credito risarcitorio da fatto illecito - l'insorgere della qualità di creditore che abilita all'esperimento dell'azione revocatoria ordinaria avverso l'atto di disposizione compiuto dal debitore" (13.09.2019, n. 22859). A tale conclusione, come, in effetti, chiarito da tempo dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, non osta "il disposto dell'art. 295 c.p.c., per il caso dipendenza di controversia avente ad oggetto l'accertamento del credito per la cui conservazione è stata proposta la domanda revocatoria, in quanto la definizione del giudizio sull'accertamento del credito non costituisce l'indispensabile antecedente logico-giuridico della pronuncia sulla domanda revocatoria, essendo d'altra parte da escludere l'eventualità di un conflitto di giudicati tra la sentenza che, a tutela dell'allegato credito litigioso, dichiari inefficace l'atto di disposizione e la sentenza negativa sull'esistenza del credito" (così Cass. Sez. Un., sent. 18 maggio 2004, n. 9440, Rv. 572929-01; in senso conforme, tra le più recenti, Cass. Sez. 3, sent. 10 febbraio 2016, n. 2673, Rv. 63892801; Cass. Sez. 3, sent. 14 maggio 2013, n. 11573, Rv. 626411-01). L'esistenza del credito, pertanto, ponendosi come mero presupposto oggettivo dell'azione revocatoria, forma oggetto di un accertamento "incidenter tantum" (così, in particolare, Cass. Sez. 1, sent. 12 luglio 2013, n. 17257, Rv. 627499-01), che non necessità di specifica domanda". Ne deriva che anche se il creditore agisce sulla base di un credito "litigioso", lo stesso sarà comunque legittimato ad adire l'autorità giudiziaria con l'azione revocatoria ex art. 2901 c.c. per ottenere la declaratoria di inefficacia degli atti che il debitore "potenziale" ha posto in essere ledendo il credito tutelato. Tuttavia, trattandosi di un'azione revocatoria fondata su un credito "litigioso" e quindi incerto, in caso di sentenza favorevole che dichiari l'inefficacia dell'atto impugnato, il creditore "non" potrà agire con l'esecuzione forza in danno del debitore (e sul bene oggetto dell'atto revocato) fino a che il suddetto credito "litigioso" non sia stato accertato con un provvedimento passato in giudicato. In tesi dei convenuti, l'atto di trasferimento immobiliare non sarebbe revocabile in quanto atto da qualificarsi come adempimento di un debito scaduto. In tal senso, rilevano che la cessione dell'immobile da parte del marito nei confronti della moglie sarebbe avvenuta al fine di tacitare le ragioni creditorie di quest'ultima; ragioni creditorie che sarebbero derivate sia dal mancato pagamento da parte del D. della quota di mantenimento dei figli dal 2006 al 2015, sia dalla mancata corresponsione del 50% della rata del mutuo stipulato dalla moglie e dal figlio D.E. nel 2009. Il Tribunale osserva che la giurisprudenza in diverse occasioni ha avuto modo di pronunciarsi sulla questione concernente la possibilità, da parte dei creditori di uno dei coniugi, di esperire azione revocatoria ordinaria (o fallimentare) nei riguardi di negozi traslativi di diritti posti in essere in sede di crisi coniugale. Il problema principale, sotteso alle suddette pronunce, attiene al profilo solutorio o meno dell'atto traslativo, atteso che è da ritenersi sottratto a revocatoria l'atto di adempimento di un'obbligazione. Orbene, il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità (Cass. n. 21358/2020; Cass. 1044/2019; Cass. 20845/2018) ha chiarito che sono soggetti all'azione revocatoria ordinaria, in presenza delle condizioni di cui all'art. 2901 c.c., anche gli atti di disposizione compiuti in ottemperanza agli accordi raggiunti tra coniugi in sede di separazione consensuale omologata o in sede di divorzio, in quanto tali atti traggono origine dalla libera determinazione del coniuge nello stipulare l'accordo separativo, che costituisce parte integrante dell'operazione revocabile e non fonte di un obbligo idoneo a giustificare l'applicazione dell'art. 2901 comma 3, c.c., per come invece affermato dai convenuti. Infatti, l'atto di disposizione lungi dal non essere revocabile (stante la sua natura negoziale), va riguardato in uno con l'accordo separativo del quale costituisce attuazione, sia per stabilire se il credito di chi agisce in revocatoria possa considerarsi anteriore rispetto all'atto dispositivo (in quanto sorto prima della stipulazione dell'accordo separativo Cass. 20845/2018; Cass. 17612/2018; Cass. 10468/2018), sia per stabilire se si tratti di atto a titolo oneroso o gratuito (dovendo valutarsi, a tal riguardo, in base alle deduzioni dei convenuti su cui grava il relativo onere, se il trasferimento dei beni sia stato effettivamente pattuito in funzione solutoria dell'obbligo di mantenimento del coniuge e/o di contribuzione al mantenimento dei figli e cioè se l'atto dispositivo sia collegato, almeno parzialmente, all'esonero dai predetti oneri di mantenimento: Cass. 17908/29019; Cass. 28829/2017; Cass. 13087/2015). In particolare, la giurisprudenza di legittimità - partendo dalla considerazione che, da un lato, l'art. 2740 c.c. dispone che il debitore risponde con tutti i suoi beni dell'adempimento delle proprie obbligazioni, a prescindere dalla loro fonte, e quindi anche se le stesse derivino dalla legge, come l'obbligo di mantenimento del coniuge e dei figli minori; e, dall'altro, che l'art. 2901 c.c. tutela il creditore, rispetto agli atti di disposizione del proprio patrimonio posti in essere dal debitore, senza alcun discrimine circa lo scopo ulteriore avuto di mira dal debitore nel compimento dell'atto dispositivo - ha affermato che sono soggetti all'azione revocatoria anche gli atti aventi un profondo valore etico e morale, come quello con cui il debitore, per adempiere il proprio obbligo di mantenimento nei confronti dei figli e del coniuge, abbia trasferito a quest'ultimo, a seguito della separazione, la proprietà di un bene (Cass. n. 15603 del 26/07/2005). Altresì ha sancito che è soggetto all'azione revocatoria anche l'accordo con il quale i coniugi, nel quadro della complessiva regolamentazione dei loro rapporti in sede di separazione consensuale, stabiliscano il trasferimento di beni immobili o la costituzione di diritti reali minori sui medesimi. Tale azione non sarebbe ostacolata né dall'avvenuta omologazione dell'accordo stesso, cui resta estranea la funzione di tutela dei terzi creditori e che, comunque, lascia inalterata la natura negoziale della pattuizione; nè dalla pretesa inscindibilità di tale pattuizione dal complesso delle altre condizioni della separazione; nè, infine, dalla circostanza che il trasferimento immobiliare o la costituzione del diritto reale minore siano stati pattuiti in funzione solutoria dell'obbligo di mantenimento del coniuge economicamente più debole o di contribuzione al mantenimento dei figli, venendo nella specie in contestazione, non già la sussistenza dell'obbligo in sè, di fonte legale, ma le concrete modalità di assolvimento del medesimo, convenzionalmente stabilite dalle parti. Ciò chiarito in merito alla revocabilità anche dei negozi traslativi di diritti posti in essere in sede di crisi coniugale, la giurisprudenza ha poi avuto modo di occuparsi del problema di come qualificare sotto il profilo causale le attribuzioni patrimoniali traslative che accompagnano la sistemazione dei rapporti economici tra marito e moglie, affermando al riguardo che (Cass. n. 5741 del 23/03/2004; Cass. n. 5473 del 14/03/2006): "Gli accordi di separazione personale fra i coniugi, contenenti attribuzioni patrimoniali da parte dell'uno nei confronti dell'altro e concernenti beni mobili o immobili, non risultano collegati necessariamente alla presenza di uno specifico corrispettivo o di uno specifico riferimento ai tratti propri della "donazione", e - tanto più per quanto può interessare ai fini di una eventuale loro assoggettabilità all'actio revocatoria di cui all'art. 2901 c.c. rispondono, di norma, ad un più specifico e più proprio originario spirito di sistemazione dei rapporti in occasione dell'evento di "separazione consensuale" (il fenomeno acquista ancora maggiore tipicità normativa nella distinta sede del divorzio congiunto), il quale, sfuggendo - in quanto tale - da un lato alle connotazioni classiche dell'atto di "donazione" vero e proprio (tipicamente estraneo, di per sè, ad un contesto - quello della separazione personale - caratterizzato proprio dalla dissoluzione delle ragioni dell'affettività), e dall'altro a quello di un atto di vendita (attesa oltretutto l'assenza di un prezzo corrisposto), svela, di norma, una sua "tipicità" propria la quale poi, volta a volta, può, ai fini della più particolare e differenziata disciplina di cui all'art. 2901 c.c., colorarsi dei tratti dell'obiettiva onerosità o di quelli della "gratuità", in ragione dell'eventuale ricorrenza - o meno - nel concreto, dei connotati di una sistemazione" solutorio-compensativa" più ampia e complessiva, di tutta quell'ampia serie di possibili rapporti (anche del tutto frammentari) aventi significati (o eventualmente solo riflessi) patrimoniali maturati nel corso della (spesso anche lunga) quotidiana convivenza matrimoniale". Orbene, il Tribunale richiamato quanto sopra detto in merito all'esistenza del credito ed alla revocabilità dell'atto di trasferimento immobiliare in esame, afferma, procedendo ad esaminare la ricorrenza degli ulteriori presupposti dell'azione revocatoria, che nessun dubbio poi sussiste circa la ricorrenza nel caso di specie del presupposto oggettivo dell'eventus damni. Tale presupposto deve ritenersi integrato, non solo, nel caso in cui l'atto dispositivo comprometta totalmente la consistenza patrimoniale del debitore, ma anche quando lo stesso atto determini una variazione quantitativa o anche soltanto qualitativa del patrimonio che comporti una maggiore incertezza o difficoltà nel soddisfacimento del credito; variazione peggiorativa che nel caso in esame si è verificata non avendo i convenuti specificamente contestato che con l'atto di disposizione oggetto di domanda il marito D. si sia spogliato di tutti i propri immobili. Ciò a maggior ragione ove si consideri che l'attrice prima di intraprendere l'azione revocatoria è stata costretta ad attivarsi in via giudiziaria esecutiva attivando plurimi procedimenti. L'odierna attrice ha pertanto dimostrato il pregiudizio per il creditore (c.d. eventus damni) ossia il pericolo che il patrimonio del debitore non sia capiente rispetto all'entità del credito; né tantomeno il debitore D.O. ha dato prova di avere a disposizione altri beni che potrebbero essere aggrediti in sede esecutiva, non essendo evidentemente sufficiente a tal fine la cessione di una minima parte dello stipendio, avendo riguardo anche all'entità del credito da soddisfare ed alla circostanza che sullo stipendio del debitore gravano anche altri pignoramenti. Il presupposto del pregiudizio alle ragioni creditorie, pertanto, non è inficiato dalla circostanza che a parte attrice con l'atto di pignoramento presso terzi n. 789/2016 sia stata assegnata la somma di Euro 144,63 (pari alla differenza tra il quinto pignorabile dello stipendio e quanto già accantonato per il precedente pignoramento) concorrendo con lo stesso anche un altro pignoramento. La suindicate circostanza sono, pertanto, già di per sé sufficienti a rendere incerto il soddisfacimento del credito de quo. In questa prospettiva, è bene evidenziare che il presupposto oggettivo dell'azione revocatoria rappresentato dal c.d. eventus damni, consiste nel pregiudizio alle ragioni del creditore che l'atto di disposizione del debitore arreca: si tratta della lesione, effettiva ed attuale, dell'interesse del creditore alla conservazione della garanzia patrimoniale pur se il danno non è attuale, ma si profila soltanto un pericolo di danno come conseguenza del comportamento del debitore. Ai fini del corretto esercizio dell'azione in esame è necessaria, dunque, la sussistenza di un pregiudizio del creditore derivante dall'atto di disposizione, che importi una modificazione giuridico economica della situazione patrimoniale del debitore. L'eventus damni deve essere stimato nel momento in cui viene posto in essere l'atto di disposizione (Cass. Civ., Sez. VI-III, 8345/2018) e deve essere tale anche quando l'azione viene proposta. Il carattere pregiudizievole dell'atto nell'azione revocatoria ordinaria è valutato in relazione alla insufficienza dei beni residui del debitore ad offrire la garanzia patrimoniale, non assumendo rilievo una semplice diminuzione della stessa garanzia (Cass. civ. Sez. I, 11-11- 2003, n. 16915); l'eventus damni sussiste, peraltro, non solo nel caso in cui l'atto di disposizione comporti la totale compromissione della consistenza patrimoniale del debitore, ma in ogni caso in cui esso renda più incerta o difficoltosa la realizzazione del credito (Cass. 18 ottobre 2011 n. 21492; Cass. Sez. 3 n.966 del 17/01/2007) che può consistere tanto in una variazione quantitativa del patrimonio del debitore, quanto in una modificazione qualitativa - come accade a fronte del denaro derivante dalla compravendita (Cass Civ. n. 6384 del 5.3.2019). Infatti, non è necessario provare che dall'atto sia derivato al creditore un danno concreto ed effettivo, risultando sufficiente dimostrare in giudizio "una modifica della situazione patrimoniale del debitore tale da rendere incerta l'esecuzione coattiva del debito o da comprometterne la fruttuosità" (Cass. sent.15880/2007). Per quanto riguarda l'onere probatorio al creditore è sufficiente dimostrare la variazione patrimoniale intervenuta, senza che si renda altresì necessario provare l'entità e la consistenza che il patrimonio del debitore presenta dopo l'atto di disposizione, gravando di contro sul debitore l'onere di dimostrare che, nonostante l'atto di disposizione, il suo patrimonio ha conservato valore e caratteristiche tali da garantire il soddisfacimento delle ragioni del creditore senza difficoltà, poiché egli solo è in grado di conoscere e di dimostrare agevolmente la consistenza del proprio patrimonio (Cass. civ. Sez. III, 05 febbraio 2013, n. 2651; in senso conf. Cass. 7767/07; 15257/04; 11471/03). In punto di distribuzione dell'onere probatorio in materia, in seno alla giurisprudenza della Suprema Corte si è affermato che "In tema di azione revocatoria ordinaria, non essendo richiesta, a fondamento dell'azione, la totale compromissione della consistenza patrimoniale del debitore, ma soltanto il compimento di un atto che renda più incerta o difficile il soddisfacimento del credito, incombe al convenuto che eccepisca la mancanza dell' "eventus damni" l'onere di provare l'insussistenza del predetto rischio, in ragione di ampie residualità patrimoniali" (Cass. Civ. sez. 3 n. 19963 del 14.10.2005; conformi Cass. Civ. 11471/2003, Cass. Civ. 15257/2004). Nel caso di specie, senza dubbio si è verificata una consistente modificazione patrimoniale sia sul piano quantitativo che sul piano qualitativo, poiché l'unico bene immobile di proprietà del debitore D.O. è stato ceduto alla moglie. Peraltro, il convenuto non ha dato alcuna dimostrazione della sussistenza di ampie residualità patrimoniali in grado di garantire comunque il soddisfacimento del credito. I convenuti argomentano l'insussistenza del pregiudizio per il creditore anche in considerazione del fatto che il bene oggetto dell'atto di trasferimento immobiliare risulta gravato da ipoteca. Orbene, il Tribunale osserva che la Suprema Corte con la pronuncia n. 16793 del 13 agosto 2015 ha avuto modo di chiarire che la presenza di ipoteche sull'immobile trasferito non esclude di per sé il requisito del pregiudizio per il creditore chirografario e l'interesse di questi a proporre l'azione revocatoria. Ciò in quanto "l'azione revocatoria opera a tutela dell'effettività della responsabilità patrimoniale del debitore ex art. 2740 c.c., ma non produce, per ciò solo, effetti recuperatori o restitutori del bene dismesso al patrimonio del medesimo, sì che se ne debba necessariamente esigere la libertà e capienza". L'inefficacia dell'atto di disposizione, derivante dal vittorioso esperimento dell'azione, comporta infatti esclusivamente l'assoggettamento del bene al diritto del creditore revocante di promuovere nei confronti del terzo acquirente l'azione esecutiva o conservativa. L'esito di tale azione eventuale e differita, anche se proposta da un creditore chirografario, non può essere considerato, al momento della pronuncia di revoca, necessariamente compromesso dalla presenza di iscrizioni ipotecarie sul bene, poiché queste ultime possono subire vicende modificative o estintive. Pertanto, non può escludersi a priori la possibilità del soddisfacimento, anche soltanto parziale, del creditore revocante e l'utilità pratica dell'azione da questi proposta. Tale conclusione vale a maggior ragione in considerazione dell'arco temporale potenzialmente intercorrente tra l'atto revocato e la proposizione dell'azione espropriativa da parte del creditore revocante; arco temporale che può essere anche molto ampio, nell'ipotesi in cui il credito tutelato ex art. 2901 c.c. debba ancora giungere ad accertamento definitivo e compiuta esigibilità Per quanto concerne i presupposti soggettivi, come ricorda la recente ordinanza n.1580/2020 della Corte di Cassazione, nei confronti del debitore rileva il suo atteggiamento psicologico, il c.d. consilium fraudis o scientia damni, diversamente qualificabile a seconda che l'atto sia anteriore o posteriore al sorgere del credito ovvero oneroso o gratuito. L'anteriorità del credito a tutela del quale viene esperita l'azione revocatoria, rispetto all'atto impugnato, deve essere riscontrata in base al momento in cui il credito è sorto e non a quello, eventualmente successivo, in cui venga accertato con sentenza (Cass. 8 maggio 1984 n. 2801). Il requisito dell'anteriorità, rispetto all'atto impugnato, del credito a tutela del quale essa viene esperita deve essere quindi riscontrato in base al momento in cui il credito stesso insorge e non già in riferimento al momento della sua scadenza (Cass. civ. Sez. III, 18-08-2011, n. 17356) e nemmeno con riferimento al momento, eventualmente successivo, del suo accertamento giudiziale (Cass. civ. Sez. I, 02-09-1996, n. 8013). Il Tribunale ritiene opportuno precisare che nel caso in esame si verte nell'ipotesi di anteriorità del credito (avente ad oggetto prestiti relativi all'anno 2011) rispetto al compimento dell'atto dispositivo di trasferimento della proprietà stipulato in data 27.05.2016, peraltro, anche la sentenza di condanna in primo grado (23.04.2014) di pagamento è anteriore all'atto de quo. Pertanto, l'atto dispositivo oggetto della presente domanda posto in essere in data 27.05.2016 è stato compito dal marito D.O. in favore della moglie M.V.A., in un momento posteriore al sorgere del credito dell'odierna attrice. Orbene, nel caso in cui l'atto dispositivo del debitore sia successivo al sorgere del credito, come nella fattispecie in esame, per consilium fraudis non si intende alludere ad una specifica intenzione di nuocere alle ragioni dei creditori (cd. animus nocendi), ma si ritiene sufficiente provare il dolo generico, cioè la mera consapevolezza che mediante l'atto di disposizione, il debitore possa diminuire il proprio patrimonio e, quindi, la garanzia spettante ai creditori, ai sensi dell'art. 2740 c.c., in modo tale da recare pregiudizio alle ragioni di costoro (Cass. Civ. 03/05/1996, n. 4077). Per costante giurisprudenza, tanto di legittimità quanto di merito, la consapevolezza, quale elemento soggettivo, è integrata dalla semplice conoscenza, cui va equiparata l'agevole conoscibilità nel debitore secondo il parametro della media diligenza e, in ipotesi di atto a titolo oneroso, nel terzo, di siffatto pregiudizio che l'atto è in grado di produrre alle ragioni del credito (Cass. Civ. Sez. II 14274/99), a prescindere dalla specifica conoscenza del credito per la cui tutela viene esperita l'azione in parola. La posteriorità dell'atto di disposizione rispetto al sorgere del credito vantato dall'attore integra il requisito soggettivo della consapevolezza di arrecare pregiudizio alle ragioni del creditore: il debitore era quindi consapevole di spogliarsi dell'unico bene immobile aggredibile. Inoltre, la conoscenza in capo al terzo del pregiudizio arrecato al creditore può essere provata in giudizio dall'attore con ogni mezzo, anche mediante presunzioni, compresa la sussistenza di un vincolo di parentela tra il terzo acquirente ed il debitore, "quando tale vincolo renda estremamente inverosimile che il terzo non fosse a conoscenza della situazione debitoria gravante sul disponente" (Cass. Sent. 22591/2017). In considerazione di quanto sopra esposto si ritiene, pertanto, sussistente nel caso di specie la scientia damni da parte del debitore consistente nella generica, ma effettiva, consapevolezza del danno che si arreca agli interessi del creditore, senza che assuma rilievo l'intenzione del debitore di ledere la garanzia patrimoniale generica del creditore. Quanto alla qualificazione dell'atto dispositivo come atto a titolo oneroso o gratuito, deve rilevarsi che nell'atto di trasferimento immobiliare le parti precisano che la cessione viene fatta "senza corrispettivo rientrando tra la regolamentazione dei rapporti patrimoniali tra i coniugi all'atto di divorzio". I convenuti hanno dedotto che la suddetta cessione sarebbe stata effettuata con finalità solutoria rispetto all'obbligo di mantenimento ed all'impegno assunto dal marito di corrispondere metà della rata del mutuo stipulato dalla moglie e dal figlio. Tuttavia, ritiene il Tribunale che tale affermazione non sia di per sé insufficiente a provare la reale ed effettiva natura onerosa dell'atto di disposizione, collocandosi tale operazione in un più generale contesto di regolamentazione dei rapporti tra coniugi in sede di divorzio, tali da non attribuire una specifica causa concreta di onerosità all'atto di trasferimento immobiliare. Ne consegue che, sul piano dell'elemento soggettivo, ai fini dell'accoglimento della domanda attorea è sufficiente la prova che il marito al momento del compimento dell'atto dispositivo, conoscesse il pregiudizio che l'atto arrecava alle ragione della sig.ra A.. Sul punto, deve richiamarsi il costante orientamento della giurisprudenza di legittimità secondo cui tale conoscenza, da intendersi quale mera consapevolezza da parte del debitore di arrecare un potenziale pregiudizio agli interessi del creditore, a prescindere dalla sussistenza di un vero e proprio animus nocendi (Cass. 31227/2009; Cass. 17336/2018) ben può essere provata tramite presunzioni tenuto conto di elementi quali la sospetta tempistica dell'atto dispositivo in relazione al momento del sorgere del credito. In ogni caso, osserva il Tribunale che quand'anche si ritenesse che l'atto di cessione della quota dell'immobile dal marito alla moglie rivesta carattere oneroso (atto, si ribadisce, posteriore al sorgere del credito) con riferimento all'atteggiamento psicologico del terzo, il Tribunale ritiene che il creditore abbia comunque dimostrato la consapevolezza del terzo, sia in considerazione del rapporto di coniugio che la legava al D., sia perché la sig.ra M. era ben conscia del precedente giudizio, nonché della relativa sentenza di condanna, poiché anch'ella parte del giudizio. Infatti, non viene richiesto al creditore di fornire in giudizio la prova di un preciso accordo con il debitore, né la sussistenza di uno specifico intento del terzo di approfittare del danno ai creditori. Non è neppure richiesto al creditore di fornire una rigorosa prova circa il fatto che il terzo avesse conoscenza specifica del credito di cui si invoca la tutela, essendo sufficiente la consapevolezza in capo al medesimo circa il fatto che l'atto che si sta ponendo in essere è lesivo, anche solo potenzialmente, della consistenza della garanzia patrimoniale del debitore. Come sopra detto, la conoscenza in capo al terzo del pregiudizio arrecato dal debitore alle ragioni del credito, può essere provata in giudizio dall'attore con ogni mezzo, anche mediante presunzioni, compresa la sussistenza di un vincolo di parentela tra il terzo acquirente ed il debitore, "quando tale vincolo renda estremamente inverosimile che il terzo non fosse a conoscenza della situazione debitoria gravante sul disponente" (Cass. Sent. 22591/2017). Per tutti i motivi sopra esposti, deve dichiararsi ai sensi dell'art. 2901 c.c. l'inefficacia nei confronti dell'attrice dell'atto di trasferimento immobiliare datato 27.05.2016 n. di repertorio (...), n. di raccolta (...) a rogito del Notaio M.L.A., stipulato da D.O. e M.V.A. avente ad oggetto la metà indivisa dell'intero sull'unità immobiliare facente parte del fabbricato di maggior consistenza, sito in R. di C. via C. C. n. 47/B censito nel N.C.E.U. del Comune di Reggio Calabria, Sezione Urbana RC, al foglio (...), particella (...) subalterno (...), zona censuaria 1, piano quarto, categoria (...) classe (...), vani 7,0 RCE 650,74. Le spese di lite seguono la soccombenza ai sensi dell'art. 91 c.p.c. e sono liquidate a carico solidale dei convenuti ai sensi dell'art. 97 co. 1 c.p.c. come da dispositivo in base al valore, dovendo aversi riguardo all'importo del credito a tutela del quale è stata proposta l'azione revocatoria, alla natura e alla complessità della controversia, con liquidazione di un importo minimo per la fase istruttoria e/o di trattazione stante il tenore delle memorie ex art. 183 co. 6 c.p.c. e non essendosi svolta un'istruttoria in senso stretto con l'assunzione di prove costituende. P.Q.M. Il Tribunale di Reggio Calabria, Seconda Sezione Civile, in composizione monocratica, in persona del Giudice dott.ssa Angela Giunta, definitivamente pronunziando, nel giudizio n. 1036/2017 RG così provvede: 1. Accoglie la domanda attorea ex art. 2901 c.c. e per l'effetto dichiara inefficace nei confronti dell'attrice A.G., l'atto di trasferimento di immobile stipulato tra D.O. e M.V.A. in data 27.05.2016 n. di repertorio (...), n. di raccolta (...) a rogito del Notaio M.L.A., per come indicato in parte motiva; - ordina la trascrizione della presente sentenza presso la Conservatoria dei RR.II.; - condanna i convenuti in solido tra di loro al rimborso, in favore di parte attrice, delle spese del presente procedimento liquidate in Euro 6.738,00 oltre spese forfetarie al 15%, IVA e CPA se dovute come per legge. - Dispone che il pagamento della somma di Euro 6.738,00 sia eseguito a favore dello Stato, ai sensi dell'art. 133 D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 essendo parte attrice stata ammessa al patrocinio a spese dello Stato. Manda la cancelleria per quanto di competenza. Conclusione Così deciso in Reggio Calabria, il 24 agosto 2022. Depositata in Cancelleria il 25 agosto 2022.

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