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REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO di RIETI SEZIONE CIVILE Il Tribunale in composizione monocratica, nella persona del Giudice dott. GIANLUCA MORABITO, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di appello iscritta al n. r.g. 1221/2023 promossa da: (...), con il patrocinio dell'avv. Fa.Fe., elettivamente domiciliato presso il suo studio in Roma, come da delega rilasciata nel giudizio di prime cure APPELLANTE contro (...), con il patrocinio dell'avv. Ma.Fa., elettivamente domiciliato presso il suo studio in Fara Sabina (RI), (...), come da mandato in calce alla comparsa di costituzione e risposta in appello APPELLATO CONCLUSIONI I difensori delle parti concludevano come da note scritte ex art. 127ter c.p.c. depositate rispettivamente in data 02.05.2024 (parte appellante) e 16.04.2024 (parte appellata) e la causa veniva trattenuta in decisione con ordinanza del 30.05.2024, avendo le difese rinunciato ai termini per il deposito delle note conclusionali. FATTO E DIRITTO Con atto di citazione ritualmente notificato (...) proponeva appello contro la sentenza del Giudice di Pace di Poggio Mirteto n. 2/2023 del 03.02.2023, con cui era stata respinta l'opposizione dallo stesso proposta avverso il decreto ingiuntivo n. 157/21 reso dallo stesso Giudice di Pace e per effetto del quale gli era stato ingiunto di pagare al (...) la somma di Euro 1.681,68, oltre interessi e spese della procedura monitoria, a titolo di oneri condominiali risultanti dal relativo bilancio approvato dall'assemblea condominiale in data 13.02.2021. Con un primo motivo l'appellante lamentava la "nullità/annullabilità del decreto ingiuntivo sia in via di eccezione che in via di azione" deducendo, tra l'altro: che il decreto ingiuntivo era nullo per mancanza delle condizioni di ammissibilità di cui agli artt. 633 ss. c.p.c.; che il Giudice di Pace nulla aveva rilevato nella sentenza impugnata in merito alle eccezioni sollevate dall'opponente, limitandosi a sostenere che la spesa per "Appalto lavori corpo fabbricato A" era stata approvata, come da bilancio, dall'assemblea condominiale in data 13.02.2021; che si trattava, tuttavia, di approvazione di spesa per "Appalto lavori corpo fabbricato A" deliberato nel corso dell'assemblea straordinaria tenutasi in seconda convocazione; che la ragione della nullità della richiamata delibera era da rinvenirsi nel fatto che l'attore, come già argomentato nell'atto di citazione in via riconvenzionale al punto 1, non aveva mai ricevuto alcun atto di convocazione all'assemblea del 13/02/2021 e nemmeno alcuna delibera assembleare, ovvero il computo metrico di ben 22 pagine; che, quindi, l'oggetto della delibera assembleare del (...) del 13/02/2021 non risultava in alcun modo né determinato, né determinabile; che parte convenuta, nell'atto monitorio, non aveva allegato le ricevute di convocazione assembleare per il 12/02/2021 in prima convocazione e del 13/02/2021 in seconda e nemmeno le ricevute di spedizione della delibera assembleare contenente il computo metrico; che, difatti, dalla delibera stessa allegata al ricorso monitorio non era rinvenibile alcun oggetto e, ai sensi del combinato disposto degli l'art. 1418 e 1346 cod. civ., la stessa era affetta da nullità c.d. strutturale; che, altresì, nessuna notifica dell'avviso di convocazione dell'assemblea condominiale, nessun verbale di assemblea e nessun atto di messa in mora gli erano pervenuti, così risultando carenti le condizioni di ammissibilità di cui agli artt. 633 ss. c.p.c.; che il Giudice di Pace non aveva motivato circa la mancata convocazione dell'appellante all'assemblea straordinaria del 13/02/2021 per "Appalto lavori corpo fabbricato A" in quanto la convocazione era stata inviata con raccomandata AR postale del 02/02/2021 n. 15447154568-7 (doc. 10) presso la vecchia residenza dello (...) in Frasso Sabino (RI) (...) Ind, - allegata nella comparsa di costituzione e risposta della convenuta del 10/03/2022 all'all. 4, pagg. 27 e 28 - non ritirato per compiuta giacenza poiché trasferitosi in (...) in Fara in Sabina in data precedente del 01/12/2020, come risultante da certificato storico del 02/12/2021 del Comune di Fara in Sabina (doc. 11); di non essere altresì venuto a conoscenza nemmeno del verbale di assemblea inviato dal (...) con plico spedito il 17/04/2021, raccomandata AR n. 15447154664-3 presso la medesima residenza in Frasso Sabino (...), - allegato 5 alla comparsa di costituzione e risposta della convenuta del 10/03/2022, pagg. 11 e 12 - non ritirato per compiuta giacenza (doc. 12), plico con raccomandata AR 15447154675-6 presso (...) a Fara in Sabina (RI) (doc. 13) - allegato 6 alla comparsa di costituzione e risposta della convenuta del 10/03/2022, pagg. 11 e 12 - anch'esso non ritirato per compiuta giacenza poiché notificato in residenza diversa dalla propria di (...) in Fara in Sabina (RI); che il Condominio aveva prodotto la ricevuta di ritorno della raccomandata n. 20138171029-5 del 19/05/2021 (pag. 13 comparsa costituzione e risposta del 10/03/2022) diretta al Sig. (...) alla precedente residenza di Frasso Sabino (RI) alla (...) (doc. 14) dichiarando che la stessa conteneva un sollecito di pagamento, senza però allegarlo, non ritirato anch'esso per compiuta giacenza poiché notificato in residenza diversa dalla propria di (...), in Fara in Sabina (RI); che nell'ipotesi di produzione della delibera nell'ambito della richiesta di un decreto ingiuntivo a carico del condomino, tale produzione o la notifica del decreto ingiuntivo non equivaleva a conoscenza della delibera stessa; che il termine per il condomino per l'impugnazione decorreva quindi dalla comunicazione della delibera all'indirizzo del condomino (cfr. Cass. 16081/2016); in merito alle eccezioni del (...) convenuto in prime cure sulla contestata mancata comunicazione del cambio della propria residenza, che la legge prevedeva l'obbligo per l'amministratore di eseguire delle indagini per reperire la nuova residenza del condomino, addebitando su quest'ultimo le relative spese; che "In subordine al mancato riconoscimento della sopra descritta nullità, in via di azione, (cfr. Cass. S.U. 9839 del 14/04/2021)..." l'appellante riproponeva "...l'annullamento del decreto ingiuntivo per lo stesso oggetto e motivazioni sopra esposte ai sensi dell'art. 1137, II comma da intendersi di seguito riportate e trascritte (cfr. Cass. S.U. 9839 del 14/04/2021 Con un secondo motivo il sig. (...) prospettava la "...annullabilità della delibera per approvazione dei lavori di manutenzione straordinaria in via di azione ai sensi dell'art. 1137 comma 2, per mancata costituzione dell'assemblea di tutti gli aventi diritto e senza l'approvazione della relativa maggioranza ex art. 1136 comma 2 e 4" evidenziando, tra l'altro, che considerato che ai sensi dell'art. 1137 comma 2 cod. civ. esso appellante non aveva ricevuto alcuna comunicazione per la partecipazione all'assemblea straordinaria del 12/13.02.2021 per l'approvazione di lavori straordinari al corpo del fabbricato "A" del (...) appellato e, quindi, non aveva potuto parteciparvi e considerato, inoltre, che non gli era stata data alcuna comunicazione delle deliberazioni assunte nella suddetta assemblea, si doveva ritenere che i termini di 30 giorni per adire l'autorità giudiziaria per chiedere l'annullamento della delibera condominiale in via di azione (cfr. Cass. S.U. 9839 del 14/04/2021) non fossero ancora decorsi e, comunque, non fossero decorsi dalla data della notifica del decreto ingiuntivo opposto, che, pertanto, il vizio denunciato determinava l'annullabilità della delibera assembleare per mancanza sia del quorum costitutivo pari alla totalità degli aventi diritto pari a 1.000,000 in luogo di 785,334, sia di quello deliberativo pari a 500,000 in luogo di 392,667 della maggioranza assoluta dell'assemblea condominiale; che la delibera in questione non era valida e quindi andava annullata poiché il quorum deliberativo era stato di 444,575, come tale inferiore ai 500 millesimi previsti per l'approvazione delle delibere per lavori straordinari anche per l'approvazione dei lavori per una sola parte del (...) Con un terzo motivo l'appellante lamentava, infine, la "annullabilità della delibera assembleare in via di azione per violazione ai sensi dell'art. 1137 comma 2 per violazione dell'art. 1136 VI comma cod. civ. e dell'art. 66 disp. att. cod civ." deducendo, tra l'altro: che la busta contenente la convocazione per l'assemblea del 12-13/02/2021 corredata dal computo metrico afferente i lavori straordinari del corpo di fabbrica "A" risultava essere stata spedita in data 02/02/2021 a mezzo raccomandata postale AR n. 15447154568-7 presso la vecchia residenza dello (...) in Frasso Sabino, (...) e non ritirata dopo la compiuta giacenza; che il Condominio aveva affermato che quella era la sua residenza conosciuta dall'amministratore e che, pertanto, la notifica era regolare; che, tuttavia, la notifica non si era perfezionata, essendo stata inviata nella vecchia residenza a Frasso Sabino in (...) (doc. 10); di non averne avuto conoscenza, non essendo più residente in quel luogo e non avendovi conservato la propria residenza effettiva ed abituale, ovvero alcuna dimora, come risultava anche dal certificato di residenza storico del 02/12/2021 della Città di Fara in Sabina allegato al doc. 3 dell'atto di opposizione a decreto ingiuntivo e dalla circostanza che l'agente notificatore non aveva provveduto a ricercare la residenza effettiva ed abituale, ovvero la dimora del destinatario della notificazione; che conseguentemente la notificazione era tamquam non esset, ovvero inesistente con accoglimento della richiesta di annullamento della delibera del 13/02/2021 del (...) convenuto; che anche a voler ritenere detta notifica regolare, doveva comunque "dichiararsi" l'annullamento ai sensi dell'articolo 1137 comma 2 del codice civile su istanza dei dissenzienti o assenti perché non ritualmente convocati ai sensi dell'art. 66 disp. att. cod. civ., come rinnovato nel 2012, secondo cui l'avviso di convocazione, contenente specifica indicazione dell'ordine del giorno, deve essere comunicato almeno cinque giorni prima della data fissata per l'adunanza in prima convocazione; che, difatti, come evincibile dalla documentazione postale allegata (doc. 18), la raccomandata postale dell'avviso di convocazione per le adunanze dell'assemblee del 1213/02/2021 risultava giunta all'ufficio postale di Frasso Sabino disponibile al ritiro il 09/02/2021, ovvero solo tre giorni prima non liberi dalla convocazione della prima adunanza per il giorno 12/02/2021 ore 06.00 (doc. 4 allegato memoria cost. del Condominio). Il sig. (...) rassegnava, all'esito, le seguenti conclusioni: "Voglia il Tribunale di Rieti adito, in funzione di giudice di Appello, per i motivi esposti, ogni contraria istanza, deduzione ed eccezione disattesa, in riforma della sentenza n. 5 del 03/02/2023 del Giudice di Pace di Poggio Mirteto (doc. A) depositata in cancelleria il 27/02/2023, di cui al R.G.N. 21/2023, non notificata all'appellante: accertare e dichiarare che il decreto ingiuntivo n. 157/2021 - RG N 242/2021 emesso dal Giudice di Pace di Poggio Mirteto, notificato all'opponente il 18/11/2021, è affetto da nullità e/o annullabilità e per l'effetto revocarlo. Si chiede l'acquisizione del fascicolo d'ufficio contenente quello di parte presso la cancelleria del Giudice di Pace di Poggio Mirteto. Con vittoria di spese, competenze ed onorari dell'odierno giudizio e di quello in prime cure nonché della procedura di mediazione". Il (...) costituitosi in giudizio, contestava integralmente l'appello, concludendo come segue: "Nel merito - Accertare e dichiarare l'infondatezza in fatto e diritto delle domande formulate dal Sig. (...), per tutti i motivi di cui in premessa; E per l'effetto - Confermare integralmente la sentenza di primo grado n. 5 del 03.02.2023, resa tra le parti dal Giudice di Pace di Poggio Mirteto, Dott. (...) (Rg. n. 21/22); In ogni caso - Condannare il Sig. (...) al pagamento delle spese di lite del presente grado di giudizio". La causa, di natura documentale, veniva trattenuta in decisione con ordinanza del 30.05.2024 sulle conclusioni rassegnate dalle parti in sede di note autorizzate ex art. 127ter c.p.c. depositate rispettivamente in data 02.05.2024 (parte appellante) e 16.04.2024 (parte appellata), previa rinuncia delle difese ai termini per il deposito di note conclusive. Tanto premesso, il primo motivo di appello è infondato e deve essere respinto. Costituisce, invero, principio consolidato in giurisprudenza quello secondo cui "l'opposizione a decreto ingiuntivo dà luogo ad un ordinario, autonomo giudizio di cognizione, che, sovrapponendosi allo speciale sommario procedimento monitorio (ex-art. 633, 644 e ss. c.p.c.), si svolge nel contraddittorio tra le parti secondo le norme del procedimento ordinario (art. 645 c.p.c.). Ne consegue che il giudice dell'opposizione ..(..).. è investito del potere-dovere di pronunciare sulla pretesa fatta valere con la domanda di ingiunzione (nonché sulle eccezioni e l'eventuale domanda riconvenzionale dell'opponente) ancorché il decreto ingiuntivo sia stato emesso fuori delle condizioni stabilite dalla legge per il procedimento monitorio e non può limitarsi ad accertare e dichiarare la nullità del decreto emesso all'esito dello stesso. Ne consegue altresì che non può avere alcuna rilevanza, per la validità della pronuncia, né che il giudice non ne dichiari la nullità e non lo revochi, né che non motivi sul punto" (Cass. civ. n. 1184/2007; Cass. civ. n. 13001/2006). Di conseguenza, qualora venga proposta rituale opposizione, ciò a cui in quella sede deve aversi riguardo è, sostanzialmente, la pretesa azionata dall'ingiungente, indipendentemente dai vizi che possano eventualmente avere inficiato il decreto ingiuntivo a suo tempo emesso. Stante quanto sopra, nel caso che ci occupa il lamentato vizio di "nullità" o "annullabilità" del decreto ingiuntivo emesso nei confronti del sig. (...) giammai sarebbe, in sé, suscettibile di determinare una riforma della gravata decisione di primo grado, dovendosi in ogni caso avere riguardo alla pretesa sostanziale fatta valere dal Condominio in sede monitoria. Ne discende l'inevitabile reiezione del primo motivo di appello. Il secondo motivo di appello è infondato e come tale deve essere respinto. Sostiene il sig. (...): che la delibera avente ad oggetto l'approvazione dei lavori di manutenzione straordinaria debba essere annullata "...per mancata costituzione dell'assemblea di tutti gli aventi diritto e senza l'approvazione della relativa maggioranza ex art. 1136 comma 2 e 4", non avendo egli ricevuto alcuna comunicazione - stante la "inesistenza" della stessa, in ragione della sua notifica ad indirizzo di residenza dell'appellante non più attuale - in ordine alla data di svolgimento dell'assemblea straordinaria e non avendo, quindi, egli potuto parteciparvi; che, non essendogli stata data - per identiche ragioni - alcuna comunicazione delle deliberazioni assunte nella suddetta assemblea, i termini di 30 giorni per adire l'autorità giudiziaria al fine di chiedere l'annullamento della delibera condominiale in via di azione non siano ancora decorsi e, comunque, non siano decorsi dalla data della notifica del decreto ingiuntivo opposto; che, pertanto, il vizio denunciato determini l'annullabilità della delibera assembleare "per mancanza sia del quorum costitutivo pari alla totalità degli aventi diritto pari a 1.000,000 in luogo di 785,334, sia di quello deliberativo pari a 500,000 in luogo di 392,667 della maggioranza assoluta dell'assemblea condominiale"; che essendo stato il quorum deliberativo di 444,575 millesimi, come tale inferiore ai 500 millesimi previsti per l'approvazione delle delibere per lavori straordinari anche per l'approvazione dei lavori per una sola parte del (...) la delibera in questione sia, per l'appunto, invalida e debba essere annullata. Sul tema, occorre premettere: che ai sensi dell'art 66, comma 3, disp. att. c.c., l'avviso di convocazione dell'assemblea, contenente specifica indicazione dell'ordine del giorno, deve essere comunicato almeno cinque giorni prima della data fissata per l'adunanza in prima convocazione, a mezzo di posta raccomandata, posta elettronica certificata, fax o tramite consegna a mano, e deve contenere l'indicazione del luogo e dell'ora della riunione; che in caso di omessa, tardiva o incompleta convocazione degli aventi diritto, la deliberazione assembleare è annullabile, ai sensi dell'articolo 1137 del codice, su istanza dei dissenzienti o assenti perché non ritualmente convocati. A ciò deve aggiungersi che per pacifico insegnamento della Suprema Corte (ex multis, Cassazione civile, sez. II, sentenza 25/03/2019 n. 8275) l'avviso di convocazione, trattandosi di atto unilaterale ricettizio, segue la comune regola fissata dall'art. 1335 c.c., secondo il quale la proposta, l'accettazione, la loro revoca e ogni altra dichiarazione diretta a una determinata persona si reputano conosciute nel momento in cui giungono all'indirizzo del destinatario, se questi non prova di essere stato, senza sua colpa, nell'impossibilità di averne notizia. Nel caso che ci occupa il sig. (...) sostiene, peraltro, che tanto l'avviso di convocazione dell'assemblea, quanto il verbale della stessa assemblea non gli siano stati regolarmente comunicati, gli stessi essendo stati inviati ad indirizzo non corrispondente a quello di residenza anagrafica attuale. L'assunto non può essere condiviso, per le ragioni di seguito esposte. Ed invero, l'introduzione del registro dell'anagrafe condominiale ex art. 1130, n. 6, c.c. ha posto a carico dell'amministratore l'obbligo di annotare in esso le generalità dei singoli proprietari e dei titolari di diritti reali e personali di godimento, comprensivi dei dati ad essi inerenti anche in caso di variazioni: è quindi compito dell'amministratore provvedervi direttamente, ovvero a spese del condomino qualora questi non provveda di sua spontanea volontà a comunicare i dati richiesti. Il legislatore ha previsto, altresì, come ogni variazione dei dati vada comunicata all'amministratore in forma scritta, entro sessanta giorni, prevedendosi, altresì, in caso di inerzia, mancanza o incompletezza delle comunicazioni, non solo la possibilità che l'amministratore richieda, con lettera raccomandata, le informazioni necessarie all'aggiornamento del registro di anagrafe, ma anche, nell'ipotesi di omessa o incompleta risposta nel termine di trenta giorni dalla richiesta, la facoltà, per costui, di acquisire personalmente le informazioni necessarie, addebitandone il relativo costo al condomino. In ogni caso, va tenuto presente che se l'amministratore del condominio ha il dovere di regolare tenuta ed aggiornamento costante del registro di anagrafe condominiale, il condomino ha a sua volta l'obbligo di comunicare tempestivamente all'amministratore il proprio eventuale trasferimento in altro e diverso domicilio: in caso contrario, la comunicazione all'indirizzo di residenza risultante dall'anagrafe condominiale, ancorché non più attuale, dovrà ritenersi regolarmente perfezionata e la mancata ricezione dell'avviso sarà necessariamente addebitabile al solo condomino negligente (in termini Trib. Palermo n. 4179/22), non essendo ragionevolmente esigibile in capo all'amministratore una continua e costante verifica in ordine all'esistenza o meno di trasferimenti di residenza di ciascun singolo condomino, specie alla luce dell'obbligo di cui sopra gravante sui condomini, che fa presumere la piena idoneità dell'indirizzo già comunicato alla ricezione delle comunicazioni, in assenza di successiva comunicazione di variazione del medesimo. Tornando al caso che ci occupa, i plichi contenenti la convocazione per l'assemblea e la successiva comunicazione del relativo verbale sono stati pacificamente inoltrati all'indirizzo del sig. (...) presente nel registro dell'anagrafe condominiale e cioè Frasso Sabino (RI), (...) (circostanza pacifica tra le parti), né dagli atti di causa risulta che l'appellante abbia provveduto a comunicare all'amministratore del condominio, precedentemente alla ricezione dell'avviso, la variazione della propria residenza anagrafica. Nello specifico, la raccomandata a/r contenente la convocazione dell'assemblea condominiale per il 13.02.2021 è stata recapitata dal postino presso l'indirizzo di residenza del sig. (...) presente nell'anagrafica condominiale, posto che, per giurisprudenza, con l'avviso di giacenza immesso nella cassetta postale (esito attestato nella specie dall'agente postale) l'atto di convocazione all'assemblea condominiale si presume conosciuto dal destinatario (v., tra le altre, Cass. civ. n. 20001/2020). Identiche considerazioni valgono con riferimento alla comunicazione del verbale di assemblea, inoltrato a identico indirizzo con esito di compiuta giacenza. Ne discende che dovendo entrambe le comunicazioni ritenersi - per le ragioni tutte di cui sopra - validamente effettuate (in entrambi i casi il plico non è stato ritirato per compiuta giacenza), risulta inesorabilmente spirato il termine perentorio di trenta giorni di cui all'art. 1137, II co., c.c. per proporre ricorso avverso la delibera assembleare avente ad oggetto l'approvazione dei lavori straordinari e della relativa spesa oggetto di ingiunzione. Le superiori considerazioni comportano l'inevitabile reiezione del secondo motivo di appello, non essendo consentito al (...) - stante la scadenza del termine di cui sopra, previsto a pena di decadenza - far valere alcun vizio di annullabilità della delibera assembleare de qua. Per le stesse ragioni deve essere, infine, respinto il terzo motivo di appello, con il quale il sig. (...) lamenta un ulteriore profilo di annullabilità della delibera (omessa ricezione dell'avviso di convocazione almeno cinque giorni prima della data dell'assemblea) il cui scrutinio è precluso in questa sede, stante la scadenza del termine perentorio per proporre ricorso avverso la delibera medesima. In definitiva, l'appello nel suo complesso dovrà essere respinto, siccome giuridicamente infondato. Le spese del presente giudizio di appello seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo, tenuto conto dell'assenza di fase istruttoria e di note conclusionali Dovrà, infine, condannarsi parte appellante al pagamento di un ulteriore importo pari all'ammontare del contributo unificato, ai sensi e per gli effetti dell'art. 13, comma 1quater, D.P.R. n. 115/02, trattandosi di rigetto di impugnazione. P.Q.M. il Tribunale in composizione monocratica, ogni contraria domanda, istanza, eccezione e deduzione disattesa o assorbita, definitivamente pronunciando, così provvede: - respinge l'appello proposto da (...) avverso la sentenza del Giudice di Pace di Poggio Mirteto n. 2/2023 del 03.02.2023; - condanna l'appellante a rifondere al (...) le spese del presente giudizio di appello, che liquida nell'importo complessivo di Euro 1.276,00 a titolo di compensi professionali, oltre alle spese forfettarie ex art. 2 D.M. n. 55/14 e oltre a IVA e CPA come per legge; - condanna il sig. (...) al pagamento di un ulteriore importo pari all'ammontare del contributo unificato, ai sensi e per gli effetti dell'art. 13, comma 1 quater, D.P.R. n. 115/02. Così deciso in Rieti l'1 giugno 2024.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE DI RIETI Sezione Lavoro in persona del giudice, dott.ssa Francesca Sbarra, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile iscritta al n. 1068 del Ruolo Generale Affari Contenziosi dell'anno 2022, vertente TRA Te.Ta. (c.f. (...)), rappresentato e difeso, anche disgiuntamente, dagli Avv.ti Vi.Ru. e Jo.Pa. giusta procura in atti RICORRENTE E Lo. SOCIETA' COOPERATIVA (c.f. (...)), con sede legale in F. R., alla Via F. T. n. 47 (00065), in persona del presidente del consiglio di amministrazione e legale rappresentante pro tempore Sig. Ka.Me. (c.f. (...)) CONVENUTA CONTUMACE FATTO E DIRITTO Con ricorso depositato in data 17.10.2022, il ricorrente ha convenuto in giudizio la società di cui in epigrafe chiedendo di "1) accertare e dichiarare, ai sensi dell'art. 2094 c.c., che è intercorso un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato tra il ricorrente e la società convenuta di cui in epigrafe dal 01.07.2020 al 25.03.2022, disciplinato dal CCNL Trasporto Merci; 2) accertare e dichiarare il diritto del ricorrente ad essere inquadrato per il periodo lavorativo indicato al livello VI Junior del CCNL per i dipendenti del settore Trasporto Merci; 3) condannare la convenuta di cui in epigrafe al pagamento in favore del ricorrente, della somma di Euro 9.848,95, come da specifica del conteggio sindacale unito al presente atto, che deve ritenersi parte integrante del presente ricorso, per i seguenti titoli: paga giornaliera, ratei di tredicesima, quattordicesima, ratei di quattordicesima, permessi non goduti ex r.o.l., ferie non godute, una tantum e trattamento di fine rapporto o comunque, per ogni altra voce eventualmente indicata nel conteggio allegato, ovvero condannare la società convenuta al pagamento in favore del ricorrente della diversa somma, anche maggiore, che dovesse comunque risultare dovuta all'esito del giudizio. Sulla cessazione del rapporto di lavoro: 4) accertare e dichiarare la nullità/illegittimità/inefficacia del licenziamento intimato con lettera ricevuta dal ricorrente in data 25.03.2022 per mancanza di giusta causa e/o giustificato motivo oggettivo e/o soggettivo, in quanto il fatto contestato non sussiste e/o non è stato commesso dal ricorrente, ovvero perché il fatto rientra tra le condotte punibili con una sanzione conservativa sulla base del CCNL applicato, per tutto quanto sin qui dedotto ed articolato, e per l'effetto, ai sensi dei commi 1 e 4 dell'art. 18 S.L., ordinare l'immediata reintegrazione del ricorrente nel posto di lavoro in mansioni e qualifica tenute all'atto di cessazione del rapporto e condannare ai sensi del D.Lgs. n. 23 del 2015 la convenuta indicata in epigrafe al pagamento dell'indennità risarcitoria ivi prevista, prendendo quale indice di retribuzione mensile la somma di Euro 1.231,51 per 14 mensilità o il diverso indice che riterrà di giustizia, comunque in misura non inferiore a 6 mensilità e non superiore a 36 mensilità secondo quanto decretato dalla sentenza dell'8 novembre 2018, n. 194 della Corte Costituzionale. L'indennità risarcitoria dovrà perciò tenere conto non solo dell'anzianità di servizio ma anche degli altri criteri "desumibili in chiave sistematica dall'evoluzione della disciplina limitativa dei licenziamenti, numero dei dipendenti occupati, dimensioni dell'attività economica, comportamento e condizioni delle parti" o nella diversa misura maggiore o inferiore che l'Ill.mo Giudice riterrà di giustizia."; 5) in via ulteriormente gradata e subordinata, ordinare alla società convenuta la riassunzione immediata del ricorrente (ai sensi dell'art. 8 L. 15 luglio 1966, n. 604, come modificato dall'art. 2 L. 11 maggio 1990, n. 108) o, in alternativa, condannare la convenuta al risarcimento del danno secondo quanto stabilito dalla norma indicata in misura non inferiore a n. 6 mensilità di retribuzione da calcolare sulla base di Euro 1.231,51 per 14 mensilità o nella diversa somma stabilita dal Giudice. Rivalutazione ed interessi come per legge ex art. 429 c.p.c. Sentenza provvisoriamente esecutiva ex art. 431 c.p.c. Con vittoria di spese ed onorari oltre I.V.A. e C.P.A. a favore degli Avvocati costituiti, che si dichiarano antistatari, ed oltre a spese forfetizzate come previste per legge al 15%". A sostegno della propria domanda, ha allegato: - Di avere lavorato per la convenuta dal 01.07.2020 al 25.03.2022, data in cui è stato licenziato per pretesa giusta causa, mediante contratto a tempo indeterminato con orario a tempo pieno e mansioni di commesso di banco, con inquadramento al livello VI Junior del CCNL Trasporto Merci; - Di avere prestato la propria attività lavorativa a favore della convenuta indicata in epigrafe presso il magazzino della società D.I. Spa alla Via della C. B. n. 240, svolgendo mansioni di commesso di banco e magazziniere ed occupandosi di: gestire le merci in ingresso e in uscita dal magazzino ed il loro smistamento; prelevare i prodotti dal magazzino e collocarli nell'area di carico; predisporre il carico per le spedizioni; accertare che tutta la merce sia pronta all'orario previsto, coordinando i prelievi dei clienti e collaborando alla fase di carico; controllare che i prodotti siano coerenti con la documentazione presentata, firmare le fatture e i documenti di trasporto; collocare la merce sulla pedana o sul c.d. roll ed andare in ufficio per controllo merce con creazione dell'etichetta, che verrà collocata sui colli di riferimento; caricare il camion o il furgone con la merce; - Di avere sempre osservato il seguente orario di lavoro full time, ordinato ed imposto unilateralmente da B.D., capo del personale della società convenuta: dal lunedì al sabato, dalle 6,00 alle 14,00 oppure dalle 14,00 alla mezzanotte; - Che la retribuzione percepita è risultata inferiore a quanto disposto dal CCNL per la qualifica per cui è stato inquadrato e per l'orario effettivamente osservato in quanto: (i) non ha mai percepito alcuna somma per il pagamento delle retribuzioni relative ai mesi di luglio, agosto e settembre 2021 e marzo 2022 e pertanto per tale titolo il medesimo risulta creditore della somma complessiva di Euro 5.324,04 a titolo di paga giornaliera, come da conteggi allegati; (ii) non ha percepito alcuna somma a titolo di ratei di tredicesima relativamente all'anno lavorativo 2022 e pertanto, per tale titolo, risulta creditore della somma complessiva netta complessiva di Euro 334,89 come da conteggi allegati; (iii) non ha percepito alcuna somma a titolo di ratei di quattordicesima relativamente all'anno lavorativo 2022 e pertanto, per tale titolo, risulta creditore della somma complessiva di Euro 1.004,65, come da conteggi allegati; (iv) per l'intero anno 2022 non ha mai goduto di permessi ex r.o.l., né ha percepito alcuna somma a titolo di indennità e pertanto, per tale titolo, risulta creditore della residua somma di Euro 143,52, come da conteggi allegati; (v) per l'intero anno 2022 non ha mai goduto di ferie, né ha percepito alcuna somma a titolo di indennità e pertanto, per tale titolo, risulta creditore della residua somma di Euro 340,87; (vi) per l'intero anno 2021 non ha percepito alcuna somma a titolo di una tantum (indennità espressamente prevista nel CCNL pacificamente applicato) e pertanto per tale titolo ha diritto a percepire la somma di Euro 97,06 (Euro 64,71 + Euro 32,35); (vii) dalla data di cessazione del rapporto lavorativo tra le parti, non ha mai percepito alcuna somma a titolo di trattamento di fine rapporto e pertanto ha diritto a percepire per tale titolo la somma di Euro 2.603,93, come da conteggi allegati - per un totale di Euro 9.848,95, come da specifica del conteggio sindacale; - Che con lettera datata 03.03.2022, ricevuta dal ricorrente in data 10.03.2022, la società comunicava la seguente contestazione disciplinare: Il giorno 02/03/2022 Lei non eseguiva le disposizioni impartitele dal suo responsabile Sig. Ba.Do., rifiutandosi di prestare la sua attività lavorativa di supporto presso il deposito sito in via della S. a P. e recandosi in maniera del tutto arbitraria presso il deposito di Fiumicino. Per quanto sopra siamo a contestarLe di aver disatteso le direttive del suo responsabile in maniera del tutto insubordinata. - Di avere provveduto tempestivamente a contestare l'addebito disciplinare con raccomandata a/r inviata il 10.03.2022 e del seguente tenore: "Io sottoscritto Te.Ta. con la presente intendo rappresentare le mie giustificazioni in merito alla lettera di contestazione citata in oggetto, ricevuta in data odierna. Nel merito intendo ribadire che non ho aderito alla richiesta di trasferta a Pomezia per una mia negligenza, bensì come a voi noto per la mia impossibilità di raggiungere il sito in Via della S. in quanto non ho disponibilità di un mezzo di trasporto privato. Oltremodo per il fatto che il turno di lavoro sarebbe iniziato alle ore 6 e pertanto non c'era la possibilità di raggiungerlo con un mezzo pubblico. In ogni caso chiedo di essere ascoltato in presenza del sig. Ma.Be. della Fa.Ce.."; - Che, a seguito della ricezione di tale comunicazione, la società convenuta non solo non provvedeva a sentire il lavoratore alla presenza del suo rappresentante sindacale, come da lui espressamente richiesto, ma comunicava a mezzo Whatsapp del 25.03.2022 il licenziamento del seguente tenore: Allegato al verbale dell'udienza del 26.10.2023. Facciamo seguito alla lettera di contestazione disciplinare del 03 marzo 2022 , da Lei ricevuta in pari data, il cui contenuto integralmente ribadiamo e confermiamo. In assenza di sue giustificazioni in merito, ritenuta l'estrema gravità dei fatti addebitati nella loro materialità e valutata a condotta contestata sotto il profilo soggettivo ed oggettivo, le comunichiamo che riteniamo venuto meno il rapporto fiduciario e, pertanto, le intimiamo con la presente il suo licenziamento per giusta causa. Le precisiamo, pertanto, che il rapporto di lavoro deve intendersi risolto con effetto immediato. - Che il ricorrente ha tempestivamente impugnato il licenziamento mediante raccomandata inviata a mezzo PEC in data 09.05.2022 e ricevuta dalla medesima in pari data. In punto di diritto, la ricorrente ha eccepito la violazione dell'art. 1 della L. 15 luglio 1966, n. 604 in quanto non è presente alcuna causa giustificatrice del licenziamento, contestandosi i fatti dedotti quale causa giustificatrice del licenziamento poiché non veritieri; la violazione degli artt. 1 - 3 della L. n. 604 del 1966 in quanto i fatti contestati sono estremamente generici e non definiti; violazione del CCNL applicato al rapporto, poiché, se anche il fatto si fosse realizzato nel modo indicato dalla resistente, lo stesso avrebbe comportato al più l'applicazione di una mera sanzione conservativa; violazione dell'art. 7 Statuto dei Lavoratori in quanto, se pur espressamente richiesto, non si è data la possibilità al dipendente di essere ascoltato in presenza di un proprio rappresentante sindacale di fiducia. Parte convenuta, regolarmente citata, non si costituiva in giudizio, sicchè ne era dichiarata la contumacia ad esito della prima udienza di discussione. Senza sviluppi istruttori, la causa è stata discussa e decisa all'odierna udienza. Il ricorso è fondato. I. Innanzitutto, risulta documentalmente dimostrato che il ricorrente ha lavorato per la convenuta con inquadramento al livello VI Junior del CCNL Trasporto Merci, per lo svolgimento di mansioni di commesso di banco, dal 01.07.2020 al 25.03.2022, in virtù di contratto a tempo indeterminato con orario a tempo pieno dal lunedì al sabato, dalle 6,00 alle 14,00 oppure dalle 14,00 alla mezzanotte (cfr. buste paga in atti e missiva di licenziamento per giusta causa, allegati al ricorso). II. Ciò preliminarmente posto, la domanda di condanna al pagamento delle differenze retributive, ratei di tredicesima, quattordicesima, ratei di quattordicesima, permessi non goduti ex r.o.l., ferie non godute, una tantum e trattamento di fine rapporto è parzialmente fondata. Precisamente, la parte ricorrente ha chiesto il pagamento delle spettanze economiche pari a complessivi Euro 9.848,95, a titolo di pagamento delle retribuzioni relative ai mesi di luglio, agosto e settembre 2021 e marzo 2022 per Euro 5.324,04, a titolo di permessi ex r.o.l. (art. 20 CCNL) per Euro 143,52, a titolo di ferie (art. 24 CCNL) per Euro 340,87, a titolo di una tantum (in base al CCNL applicato) per Euro 97,06 nonché a titolo di tredicesima mensilità (art. 18 CCNL) dell'anno 2022 per Euro 334,89, quattordicesima mensilità (art. 19 CCNL) dell'anno 2022 per Euro 1.004,65 e di TFR (art. 37 del CCNL) per Euro 257,69. Orbene, come è noto, in tema di differenze retributive, occorre distinguere le domande a seconda dei rispettivi titoli su cui si fondano, in quanto diversi sono i regimi applicabili in ordine all'onere della prova. Sul punto, infatti, occorre richiamare quel costante orientamento della giurisprudenza di legittimità secondo il quale "Qualora il lavoratore agisca in giudizio per conseguire le retribuzioni allo stesso spettanti, ha l'onere di provare l'esistenza del rapporto di lavoro quale fatto costitutivo del diritto azionato, mentre incombe al datore di lavoro che eccepisce l'avvenuta corresponsione delle somme richieste, l'onere di fornire la prova di siffatta corresponsione; e tale principio vale sia per la retribuzione mensile, sia per la tredicesima mensilità (che costituisce una sorta di retribuzione differita), sia per la corresponsione del trattamento di fine rapporto (che integra parimenti una componente del trattamento economico costituendo in buona sostanza una sorta di accantonamento da parte del datore di lavoro), sia per il pagamento delle ferie non retribuite (atteso che l'obbligo di corrispondere la retribuzione incombe anche nel periodo in cui il lavoratore usufruisce delle ferie, che costituiscono un diritto irrinunciabile costituzionalmente garantito ai sensi dell'art. 36 Cost., comma 3)" (Cass. 22 dicembre 2009, n. 26985). Nel caso di specie, il ricorrente ha dimostrato l'esistenza del rapporto di lavoro ed ha allegato l'inadempimento del datore in merito alla corresponsione delle suddette voci retributive, con la conseguenza di ritenere sufficiente tale allegazione, in mancanza di prova contraria, ai fini di una pronuncia di condanna del datore di lavoro al pagamento delle somme dovute a titolo di retribuzione mensile, di tredicesima mensilità, di mensilità aggiuntive e di t.f.r. - correttamente calcolati al lordo e non al netto nei conteggi analitici allegati ed in base ai dati risultanti dalle voci presenti nelle buste paga in atti (cfr. all. nn. 2 e 7 al ricorso), come da insegnamento di Cass. 14 settembre 2015, n. 18044. Diverso discorso, invece, deve essere fatto per quanto riguarda le differenze retributive rivendicate a titolo di indennità sostitutiva per ferie e permessi non goduti, la cui domanda deve essere rigettata. Come è noto, infatti, l'indennità sostitutiva delle ferie presuppone, quale fatto costitutivo del relativo diritto, lo svolgimento effettivo della prestazione lavorativa nei giorni ad esse destinati, con conseguente onere della prova a carico del lavoratore. La giurisprudenza della Corte di Cassazione ha già avuto modo di affermare che "il lavoratore che agisca in giudizio per chiedere la corresponsione della indennità sostitutiva delle ferie non godute ha l'onere di provare l'avvenuta prestazione di attività lavorativa nei giorni ad esse destinati, atteso che l'espletamento di attività lavorativa in eccedenza rispetto alla normale durata del periodo di effettivo lavoro annuale si pone come fatto costitutivo dell'indennità suddetta (Cass. sez. lav., 7.7.2008 n. 18584; Cass. sez. lav., 16.2.2007 n. 3619; Cass. sez. lav., 21.8.2003, n. 12311; Cass. sez. lav., 3.6.2000, n. 7445; Cass. sez. lav., 3.2.1999, n. 935); mentre incombe al datore di lavoro, per come detto, l'onere di fornire la prova del relativo pagamento" (Cass. 22 dicembre 2009, n. 26985). Tale principio deve ritenersi applicabile, per identità di ratio, anche alle indennità sostitutive dei permessi non goduti. Nel caso di specie, la parte ricorrente si è limitata ad allegare genericamente di aver maturato ferie e permessi non goduti nell'anno 2022 (licenziamento intimato in data 24.03.2022), senza tuttavia articolare mezzi di prova sul punto, né tale allegazione può dirsi dimostrata dalla documentazione in atti (cfr. buste paga). Tale voce retributiva, quindi, deve ritenersi non dovuta in quanto non provata. Quanto, infine, all'indennità una tantum prevista dal CCNL applicabile, essa deve ritenersi non dovuta, non avendo la parte ricorrente provveduto al deposito del contratto collettivo nazionale di riferimento (ma solamente ad una scheda di sintesi del medesimo) né ad indicarne compiutamente la disposizione rilevante ai fini della specifica domanda. Ebbene, al riguardo si ricorda che per consolidato orientamento giurisprudenziale nell'ipotesi di violazione del contratto collettivo nazionale di lavoro privatistico, il contratto è conoscibile solo con la collaborazione delle parti, la cui iniziativa, sostanziandosi nell'adempimento di un onere di allegazione e produzione, è assoggettata alle regole processuali sulla distribuzione dell'onere della prova e sul contraddittorio (cfr. ex multis Corte di Cassazione Sezione Lavoro, Ordinanza 13 aprile 2022 n. 12113). A tali considerazioni, peraltro, si aggiunge l'inoperatività del principio di non contestazione nell'ipotesi di contumacia della società convenuta. La domanda deve essere pertanto accolta con riguardo alla minor somma di Euro 9.267,50. Su dette somme spettano inoltre gli interessi legali, da computarsi sulle somme via via rivalutate dalla maturazione dei singoli emolumenti al saldo effettivo. III. Ancora, il ricorrente ha proposto altresì una domanda di impugnazione del licenziamento, deducendo vizi formali e procedurali e l'insussistenza di una giustificazione del recesso. In particolare, il ricorrente ha dedotto violazione dell'art. 2 della L. 15 luglio 1966, n. 604 in quanto non è presente alcuna causa giustificatrice del licenziamento, la violazione degli artt. 1 - 3 della medesima L. n. 604 del 1966 per l'estrema genericità dei fatti contestati, la violazione del CCNL applicato al rapporto in ragione della natura sproporzionata della sanzione nonché la violazione dell'art. 7 Statuto dei Lavoratori in quanto, se pur espressamente richiesto, non si è data la possibilità al dipendente di essere ascoltato in presenza di un proprio rappresentante sindacale di fiducia. Sul punto, occorre preliminarmente stabilire l'ordine di esame delle censure. Per ragioni logiche e giuridiche, infatti, occorre esaminare preventivamente i motivi di ricorso attinenti alla giustificazione del licenziamento, potendo solo successivamente valutarsi i motivi che riguardano la violazione dei requisiti formali e procedurali (omesso contraddittorio in presenza del rappresentante sindacale di fiducia). Ciò in quanto, ai sensi del D.Lgs. 4 marzo 2015, n. 23, art. 4 (vizi formali e procedurali), applicabile ratione temporis al presente licenziamento, trattandosi di lavoratore assunto dopo il 7 marzo 2015, data della sua entrata in vigore, nel caso in cui il licenziamento sia stato intimato con violazione del requisito di motivazione (art. 2, comma 2, L. n. 604 del 1966) o della procedura disciplinare (art. 7, L. n. 300 del 1970), il giudice applica la tutela indennitaria ivi prevista (da due a dodici mensilità) a meno che il giudice "sulla base della domanda del lavoratore" accerti la sussistenza dei presupposti per l'applicazione delle maggiori tutele previste per il licenziamento nullo (art. 2, D.Lgs. n. 23 del 2015) o ingiustificato (art. 3, D.Lgs. n. 23 del 2015). Analogo ordine di esame delle censure si rinviene, peraltro, anche con riferimento alla disciplina di cui all'art. 18, L. n. 300 del 1970, laddove, nel caso in cui il lavoratore, oltre a denunciare la violazione dei requisiti formali o procedurali, chieda accertarsi anche "un difetto di giustificazione del licenziamento", le maggiori tutele di cui all'art. 18, commi 4, 5 o 7, operano "in luogo di quelle previste dal presente comma" sesto (cd. tutela indennitaria debole) (cfr. Cass. sez. lav., 18 agosto 2016, n. 17166). Ciò posto, si deve innanzitutto ribadire che, in tema di licenziamento, l'onere della prova dei fatti posti a fondamento dello stesso spetta al datore di lavoro (art. 5, L. n. 604 del 1966), tenuto a fornire la prova completa di tutti gli elementi della fattispecie, richiedendo, altresì, che tale prova sia certa, non essendo previsto nel nostro ordinamento un licenziamento fondato esclusivamente su prove indiziarie non adeguatamente verificate. Dalla citata norma discende allora che "in mancanza della suddetta prova, il datore di lavoro, convenuto in sede di impugnativa di licenziamento, rimane soccombente (sicché, tenuto conto della severità delle preclusioni poste dal rito del lavoro alla deduzione di mezzi probatori, molto elevato sarà evidentemente il rischio di soccombenza per il datore di lavoro che abbia omesso di costituirsi tempestivamente in giudizio e non abbia ottemperato alle prescrizioni dell'art. 416, terzo comma, c.p.c.)" (cfr. sul punto Cass. civ. Sez. lavoro, 02/05/1996, n. 3961; in termini, C. App. Milano, n. 1994/2018). Sicchè, il lavoratore che impugna il licenziamento si può limitare a contestare la sussistenza dei fatti posti alla base del recesso, spettando esclusivamente al datore di lavoro la prova diretta dell'esistenza di tali fatti. Solo una volta adempiuto tale onere probatorio da parte del datore di lavoro, il lavoratore dovrà dimostrare i fatti ostativi o impeditivi della sua responsabilità disciplinare (cfr. C. App. Milano, n. 1994/2018). Orbene, nel caso di specie, il licenziamento è stato irrogato sulla base di una contestazione disciplinare, che ha ad oggetto il rifiuto del lavoratore di prestare la propria attività lavorativa di supporto presso il deposito sito nel comune di Pomezia in data 02.03.2022 (cfr. lettera di contestazione del 3.3.2022 ricevuta il 10.03.2022 - all. n. 2 ricorso). Al riguardo, il ricorrente afferma che - come già puntualmente rappresentato in sede di risposta a lettera di contestazione del 10.03.2022 (cfr. all. n. 3 ricorso) - non poteva raggiungere la sede di Pomezia alle ore 6.00 del mattino, non avendo la disponibilità di un mezzo di trasporto privato e tale località non essendo fornita di alcun servizio di trasporto pubblico negli orari suddetti. Precisava, inoltre, che la circostanza era nota al datore di lavoro. Le allegazioni del ricorrente e la documentazione sopra citata in uno al contegno processuale tenuto dalla società convenuta conducono, dunque, a ritenere ravvisabile la fattispecie di cui all'art. 3 co. II D.Lgs. n. 23 del 2015, ove si consideri vieppiù che "ai fini della pronuncia di cui all'art. 3, comma 2, D.Lgs. n. 23 del 2015, la insussistenza del fatto materiale contestato al lavoratore, rispetto alla quale resta estranea ogni valutazione circa la sproporzione del licenziamento, comprende non soltanto i casi in cui il fatto non si sia verificato nella sua materialità, ma anche tutte le ipotesi in cui il fatto, materialmente accaduto, non abbia rilevo disciplinare" (cfr. Cass. N. 12174/2019; in termini, Cass. civ. Sez. lavoro Sent., 19/07/2019, n. 19579; Cass. civ. Sez. lavoro Ord., 07/02/2019, n. 3655). Ed invero, il rifiuto a svolgere a trasferta presso la sede di Pomezia (dalla sede di servizio di Fiano Romano) trova una legittima giustificazione nella circostanza, nota e rappresentata al datore di lavoro, della mancata disponibilità di un mezzo di trasporto privato in uno con la considerazione che il luogo di trasferta non era raggiungibile con i mezzi pubblici all'orario di inizio turno. Le ragioni addotte, dunque, costituiscono una legittima eccezione d'inadempimento; pertanto, il fatto contestato deve ritenersi insussistente perché privo del carattere dell'illiceità, con conseguente applicazione della tutela reintegratoria attenuata di cui all'art. 3 co. II D.Lgs. n. 23 del 2015. Una volta accertata la mancanza di giustificazione del licenziamento, occorre individuare la tutela applicabile. Innanzitutto, considerato che il ricorrente è stato assunto successivamente al 7 marzo 2015 (data di entrata in vigore del c.d. jobs act), deve ritenersi applicabile la disciplina di cui al D.Lgs. 4 marzo 2015, n. 23 (cfr. art. 1, co. 1, D.Lgs. n. 23 del 2015). Inoltre, risulta documentalmente dimostrato che la società convenuta occupa alle proprie dipendenze più di quindici dipendenti (cfr. visura camerale - all. n. 8 al ricorso). Pertanto, troverà piena applicazione la disciplina di cui al richiamato co. II dell'art. 3 del D.Lgs. n. 23 del 2015, in base al quale "nelle ipotesi di licenziamento per giustificato motivo soggettivo o per giusta causa in cui sia direttamente dimostrata in giudizio l'insussistenza del fatto materiale contestato al lavoratore, rispetto alla quale resta estranea ogni valutazione circa la sproporzione del licenziamento, il giudice annulla il licenziamento e condanna il datore di lavoro alla reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro e al pagamento di un'indennità risarcitoria commisurata all'ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto, corrispondente al periodo dal giorno del licenziamento fino a quello dell'effettiva reintegrazione, dedotto quanto il lavoratore abbia percepito per lo svolgimento di altre attività lavorative, nonché quanto avrebbe potuto percepire accettando una congrua offerta di lavoro ai sensi dell'articolo 4, comma 1, lettera c), del D.Lgs. 21 aprile 2000, n. 181, e successive modificazioni. In ogni caso la misura dell'indennità risarcitoria relativa al periodo antecedente alla pronuncia di reintegrazione non può essere superiore a dodici mensilità dell'ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto. Il datore di lavoro è condannato, altresì, al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali dal giorno del licenziamento fino a quello dell'effettiva reintegrazione, senza applicazione di sanzioni per omissione contributiva". Pertanto, deve disporsi l'annullamento del licenziamento nonché la condanna della convenuta alla reintegrazione del ricorrente nel posto di lavoro e al pagamento di un'indennità risarcitoria commisurata all'ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto corrispondente al periodo dal giorno del licenziamento fino a quello dell'effettiva reintegrazione. Con la precisazione che, essendo il licenziamento intervenuto in data 24.03.2022, la misura dell'indennità risarcitoria relativa al periodo antecedente alla pronuncia di reintegrazione non può essere superiore a dodici mensilità dell'ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto. In conclusione, quindi, il ricorso deve essere accolto, con conseguente condanna della convenuta alla reintegrazione del ricorrente nel posto di lavoro e al pagamento di un'indennità risarcitoria ai sensi del co. II dell'art. 3 D.Lgs. n. 23 del 2015 come sopra indicata ed Euro 9.267,50, a titolo di differenze retributive, mensilità aggiuntive e t.f.r.. Su dette somme spettano inoltre gli interessi legali, da computarsi sulle somme via via rivalutate dalla maturazione dei singoli emolumenti al saldo effettivo. Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo, in considerazione della natura della controversia (causa di lavoro) e dello scaglione di riferimento (da Euro 5.200,00 ad Euro 26.000,00) individuato in base al valore della domanda, tenendo conto dei valori massimi, ed esclusa la fase istruttoria, stante la natura documentale della causa. P.Q.M. Il Tribunale, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, respinta ogni contraria istanza, così decide: - dichiara che tra le parti è intercorso un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato dal 01.07.2020 al 25.03.2022 con mansioni di commesso di banco, con inquadramento al livello VI Junior del CCNL Trasporto Merci, secondo l'orario indicato in ricorso; - condanna Lo. SOCIETA' COOPERATIVA al pagamento in favore di Te.Ta. della complessiva somma di Euro 9.267,50, a titolo di differenze retributive, mensilità aggiuntive e t.f.r.; - condanna Lo. SOCIETA' COOPERATIVA alla reintegrazione di Te.Ta. nel posto di lavoro ed al pagamento in suo favore dell'indennità risarcitoria ai sensi dell'art. 3, comma II, D.Lgs. n. 23 del 2015 come specificato in motivazione, oltre interessi sulle somme via via rivalutate dal dovuto al saldo effettivo; - condanna Lo. SOCIETA' COOPERATIVA alla rifusione delle spese di lite in favore di Te.Ta., che si liquidano in Euro 6.325,00 oltre rimborso delle spese pari al 15%, IVA e CPA, da distrarsi in favore degli avvocati dichiaratisi antistatari. Così deciso in Rieti il 26 ottobre 2023. Depositata in Cancelleria il 26 ottobre 2023.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO di RIETI SEZIONE CIVILE Il Giudice, Dr.ssa Francesca Sbarra, ha emesso la seguente SENTENZA Nella causa civile iscritta al n. 1055 del ruolo generale affari contenziosi dell'anno 2020 e rimessa in decisione con ordinanza ex art. 127 ter c.p.c. del 21.06.2023, vertente TRA (...) ((...)), rappresentata e difesa dall'Avv.to Ca.Fr. in virtù di procura in calce all'atto di citazione. PARTE ATTRICE E (...) ((...)), rappresentato e difeso dall'Avv.to An.Le. in virtù di procura in calce alla comparsa di costituzione con chiamata di terzo in causa. (...) S.p.A. (p. iva (...)), in persona del Presidente legale rappresentante pro tempore Avvocato Pi.Ma., rappresentata e difesa, congiuntamente quanto disgiuntamente tra loro, dagli Avv.ti An.Sa. e Cr.Fa. in virtù di procura in calce alla comparsa di costituzione. PARTI CONVENUTE NONCHE' (...) S.p.A. (p. iva (...)), in persona del Presidente legale rappresentante pro tempore Avvocato Pi.Ma., rappresentata e difesa, congiuntamente quanto disgiuntamente tra loro, dagli Avv.ti An.Sa. e Cr.Fa. in virtù di procura in calce alla comparsa di costituzione. TERZO CHIAMATO OGGETTO: risarcimento danni. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con atto di citazione ritualmente notificato, (...) conveniva in giudizio (...) e (...) S.p.A., per vedere accolte le seguenti conclusioni: "condannare in via solidale al risarcimento di tutti i danni subiti e subendi dall'attrice e quantificati in Euro 64.344,54 comprensivi anche del danno morale, oltre Euro 10.000,00 per interventi migliorativi, nonché il danno da mancato consenso informato da liquidarsi in via equitativa tenuto conto della prestazione posta in essere e delle carenze sopra dedotte". (...) S.p.A., ritualmente costituitasi in giudizio, chiedeva accogliersi le seguenti conclusioni: "in via preliminare, accertare e dichiarare l'infondatezza della domanda diretta svolta dalla signora (...) di condanna in solido di (...) al risarcimento del danno e, per l'effetto,rigettarla, disponendo altresì l'estromissione dal giudizio della Compagnia, con condanna alle spese sin qui sostenute; nel merito, rigettare la domanda risarcitoria della signora (...) o, in subordine, nella denegata ipotesi di riconoscimento di una responsabilità professionale, accertare e dichiarare l'esatta natura ed entità dei danni effettivamente risarcibili; Con riferimento al rapporto assicurativo, in caso di domanda di manleva assicurativa svolta dal dott. (...) nei confronti di (...): - accertare e dichiarare l'inoperatività della polizza per mancanza di consenso informato scritto ex art. 18 lett. b) c.g.a.; - accertare e dichiarare l'inoperatività della polizza ai sensi dell'art. 18 lett. a) e 16 del contratto; - in subordine, in caso di accertamento anche solo di parziale responsabilità del dott. (...) e di reiezione delle eccezioni contrattuali sopra formulate, accertare e dichiarare la sussistenza di uno scoperto di polizza del 10% comunque a carico dell'assicurato e degli ulteriori limiti di polizza. Con vittoria delle spese del presente procedimento". (...), ritualmente costituitosi in giudizio, previa richiesta di autorizzazione alla chiamata del terzo (...), chiedeva accogliersi le seguenti conclusioni: "In via principale di merito: respingere tutte le domande di cui all'atto di citazione notificato ad istanza della sig.ra (...) poiché infondate in fatto ed in diritto, nonché per tutte le causali di cui in narrativa. In via subordinata di merito: nella denegata ipotesi di condanna del Dr. (...), ridurre e contenere il relativo quantum secondo quanto verrà accertato nella eventuale CTU; Sempre in via subordinata di merito: nella denegata ipotesi di condanna del Dr. (...), condannare a titolo di manleva, la soc. (...) - compagnia di assicurazioni spa - in persona del l.r.p.t. con sede in (...) C. sul P. (M.) Corso L. n. 53 secondo la misura che verrà accertata in sede istruttoria, al risarcimento di tutti i danni che l'Ill.mo Tribunale V. eventualmente riconoscere all'attrice; Con vittoria di spese, competenze e onorari iva e cap, rimborso forfetario". Autorizzata la chiamata in causa del terzo, si costituiva in data 20.04.2021 (...), la quale, nel prendere posizione sulla domanda di manleva proposta dall'assicurato nei suoi confronti, ribadiva le conclusioni già rassegnate nella comparsa di costituzione e risposta. In sede di memorie ex art. 183 co. VI n. 1 c.p.c., il convenuto (...) precisava le proprie conclusioni come segue: "In via principale di merito: respingere tutte le domande di cui all'atto di citazione notificato ad istanza della sig.ra (...) poiché infondate in fatto ed in diritto, nonché per tutte le causali di cui in narrativa della comparsa di costituzione e del presente atto. In via subordinata di merito: nella denegata ipotesi di condanna del Dr. (...), ridurre e contenere il relativo quantum secondo quanto verrà accertato in sede istruttoria; Sempre in via subordinata di merito: in caso di condanna del Dr. (...) al risarcimento del danno nei confronti dell'attrice, respingere le eccezioni di inoperatività e scoperti di polizza eccepiti dalla chiamata in causa soc. (...) - compagnia di assicurazioni spa - in persona del l.r.p.t. con sede in (...) C. sul P. (M.) Corso L. n. 53 e, con condanna di detta compagnia a tenere indenne il sanitario di tutti i danni che l'Ill.mo Tribunale V. eventualmente riconoscere all'attrice; Con vittoria di spese, competenze e onorari iva e cap, rimborso forfetario". In sede di memorie ex art. 183 co. VI n. 1 c.p.c., (...) S.p.A. così precisava le proprie conclusioni: "in via preliminare, accertare e dichiarare l'infondatezza della domanda diretta svolta dalla signora (...) di condanna in solido di (...) al risarcimento del danno e, per l'effetto, rigettarla, disponendo altresì l'estromissione dal giudizio della Compagnia, con condanna alle spese sin qui sostenute; nel merito, rigettare la domanda risarcitoria della signora (...) o, in subordine, nella denegata ipotesi di riconoscimento di una responsabilità professionale, accertare e dichiarare l'esatta natura ed entità dei danni effettivamente risarcibili; Con riferimento al rapporto assicurativo, tra il dott. (...) e (...): - accertare e dichiarare l'inoperatività della polizza per mancanza di consenso informato scritto ex art. 18 lett. b) c.g.a.; - accertare e dichiarare l'inoperatività della polizza ai sensi dell'art. 18 lett. a) e 16 del contratto; - in subordine, in caso di accertamento anche solo di parziale responsabilità del dott. (...) e di reiezione delle eccezioni contrattuali sopra formulate, accertare e dichiarare la sussistenza di uno scoperto di polizza del 10% comunque a carico dell'assicurato e degli ulteriori limiti di polizza. Con vittoria delle spese del presente procedimento". Instaurato il contraddittorio, espletata l'istruttoria orale, venivano precisate le conclusioni con note scritte ex art. 127 ter c.p.c. con scadenza al 21.06.2023; quindi, la causa veniva rimessa in decisione. MOTIVI DELLA DECISIONE L'attrice, con il proprio atto introduttivo, assumeva quanto segue: 1. Che in data 24.05.2016, dopo varie sedute laser, si sottoponeva ad intervento chirurgico eseguito dal dott. (...) presso il proprio studio in Roma, per la rimozione di un neo sul volto e dei peli che ne ricoprivano la superficie; 2. Che, eseguita l'operazione in maniera ambulatoriale, a distanza di circa un mese la ferita presentava un buco profondo circa 0,5 cm e non poteva essere chiusa con punti di sutura. In seguito alla chiusura naturale della cicatrice, tuttavia, si formava un cheloide rosso, ove ricrebbero anche i peli; 3. Che a metà settembre il Dott. (...) informava la paziente che sarebbe stato necessario un nuovo intervento chirurgico; 4. Che i genitori non avevano firmato alcun consenso informato in relazione all'intervento estetico di cui trattasi; 5. Che, esperito il tentativo di mediazione obbligatoria, l'odierna attrice introduceva ricorso per a.t.p. (R.G.N. 531/2018), nel corso del quale era svolta consulenza medico - legale da parte del collegio peritale nominato, il quale, riconosciuta la negligenza del sanitario, provvedeva alla valutazione del danno e delle spese future. (...) S.p.A. rappresentava: 1. In via preliminare, l'inammissibilità della azione diretta del preteso danneggiato nei confronti della Compagnia di assicurazione, non potendo ritenersi applicabile alla vicenda in esame l'istituto di cui all'art. 12 della legge G.-B.; 2. Che la consulenza medico legale resa nel corso del giudizio per a.t.p. sarebbe del tutto inadeguata ed errata, non avendo tenuto nella doverosa considerazione il fatto che il volto della paziente era già deturpato da lunghissimo tempo prima dell'intervento contestato; 3. Che, inoltre, la richiesta risarcitoria sarebbe palesemente eccessiva ed indimostrata, stante la chiara duplicazione di voci costituita dalla richiesta di condanna al pagamento delle spese per emendare parzialmente il danno e la domanda di risarcimento integrale del danno stesso; 4. L'inoperatività della polizza in base all'art. 18 lett. b) ed all'art. 18 lett. a) c.g.a., restando comunque, a carico dell'assicurato, lo scoperto contrattuale del 10%. (...) rilevava: 1. Che l'intervento è stato compiuto secondo la massima diligenza e perizia portato a termine adottando tutte le cautele prescritte dalle speciali regole di condotta che deve seguire chi pratica l'arte medica, ed inoltre, in perfetta aderenza alle indicazioni offerte dalla sig.ra (...) nel corso dei plurimi incontri, a mezzo dei suoi genitori; 2. Che l'attrice, all'epoca dell'intervento minorenne, infatti già presentava un volto imperfetto per la presenza di un neo ricoperto di peli, che di certo non può ritenersi fisiognomicamente peggiorato, dalla presenza di una cicatrice, al posto del neo; 3. Che sia nelle visite preliminari, sia il giorno stesso dell'intervento, il Dr. (...) provvide a fornire un'amplissima spiegazione e disamina delle possibili complicanze, e si concentrò in particolare sulla delicatezza dell'aspetto psicologico che motivava la minore all'asportazione del neo, indicandole compiutamente sia il trattamento che sarebbe andato ad eseguire, sia la possibilità che potesse anche non essere risolutivo; 4. Che, pur avendo oralmente acquisito il consenso da parte dei genitori della (...), visti i rapporti di amicizia intercorrenti tra costoro e il Dr. (...) fino all'anno 2017, gli stessi genitori insistettero per non firmare, per dimostrare piena fiducia al loro amico Dr. G.; 5. Che, pertanto, la c.t.u. resa nel procedimento per a.t.p. sarebbe errata nelle sue conclusioni mentre la richiesta risarcitoria sarebbe generica, duplicativa, palesemente esorbitante e destituita di ogni fondamento probatorio, soprattutto in relazione agli aspetti riguardanti la personalizzazione del danno morale. In via preliminare, quanto all'eccezione preliminare di inammissibilità della domanda diretta svolta dall'attrice nei confronti dell'assicurazione, si osserva che se, da un lato, la Legge G.B. stabilisce che il tentativo di conciliazione della lite (tramite il procedimento per ATP oppure quello di mediazione) è obbligatorio per tutte le parti coinvolte, comprese le compagnie assicurative del danneggiante, le quali - secondo il disposto della citata Legge - sono "obbligate" a parteciparvi; dall'altro lato, detta Legge, allorquando disciplina l'azione diretta del danneggiato nei confronti delle compagnie assicurative, stabilisce espressamente che rimane fatto salvo quanto previsto dall'articolo relativo all'ATP e quindi che la partecipazione delle compagnie assicurative a detto procedimento conciliativo non può essere subordinata alle condizioni previste per l'esercizio dell'azione diretta nel merito. Ciò in quanto l'art. 12 L. n. 24 del 2017, ovvero la norma che introduce l'azione diretta nei confronti delle assicurazioni, prevede al comma VI delle condizioni per la sua operatività (cioè l'emissione di appositi decreti ministeriali con cui saranno stabiliti i requisiti minimi delle polizze assicurative per le strutture sanitarie e i sanitari) - da ciò derivando, allo stato, l'inammissibilità dell'azione diretta ex art. 12, co. 1 e 6 della L. n. 24 del 2017 (cfr. sul punto Trib. Frosinone, sez. I, 14 settembre 2021, n. 863; Trib. Torino, sez. IV, 4 ottobre 2021, n. 4462). In secondo luogo, il rapporto giuridico che lega le compagnie di assicurazione e i loro assicurati è autonomo rispetto al contratto che lega il paziente alla struttura sanitaria e/o al sanitario (così come è autonomo rispetto al rapporto extracontrattuale tra detti ultimi soggetti). Pertanto, il danneggiato non può ingerirsi in tale rapporto tra danneggiante e sua assicurazione, anche in base al principio di relatività degli effetti del contratto (che produce effetti solo tra le parti). In altri termini, il danneggiato non può invocare a proprio favore - per esercitare un'autonoma azione giudiziaria - le clausole di un contratto che regola i rapporti tra altre parti (cioè la struttura sanitaria danneggiante e la sua compagnia assicurativa) (cfr. Tribunale Pavia Sez. III, Ord., 19/02/2022). Inoltre, da un punto di vista processuale, ciò comporta che soltanto il danneggiante assicurato può decidere se attivare la copertura assicurativa e coinvolgere la propria assicurazione nel giudizio risarcitorio introdotto nei suoi confronti dal danneggiato - come effettivamente avvenuto nel presente giudizio di merito, con la chiamata in causa operata dal sanitario convenuto. Ne discende che la domanda risarcitoria diretta proposta dall'attrice nei confronti della compagnia assicurativa deve essere dichiarata inammissibile. Tanto premesso quanto alla fondatezza dell'eccezione preliminare e venendo al merito, con la presente domanda l'attrice intende ottenere il ristoro dei danni (patrimoniali e non patrimoniali) subìti a seguito dell'intervento chirurgico al quale è stato sottoposto in data 24.05.2016 presso lo studio del Dott. (...). Sul punto, in ossequio al regime contrattuale della responsabilità invocata, risulta pacifico tra le parti per tabulas il titolo da cui emerge l'obbligazione del sanitario. L'attrice ha altresì allegato la patologia insorta, consistente in un danno fisionomico da esiti cicatriziali di asportazione del neo sul viso e un disturbo dell'adattamento cronico con sintomi misti di vario grado e sindrome ansioso - depressiva con deflessione del tono dell'umore, conseguente all'intervento chirurgico cui era sottoposto presso lo studio del Dott. (...). Invero, all'esito della C.t.u. medico legale svolta nel corso del procedimento per a.t.p. r.g.n. 531/2018 svolta in contraddittorio tra le odierne parti (cfr. all. n. 2 atto di citazione) - coerente nella valutazione scientifica e nell'analisi della documentazione clinica prodotta, pertanto condivisibile in seguito alle integrazioni svolte - è emerso dall'esame obiettivo della periziata e in base alla documentazione prodotta in atti quanto segue: - Che, in seguito all'intervento di cui trattasi, la paziente attualmente riporta, a livello della guancia destra, cicatrice di forma irregolare allungata di cm 3 x 0,5, ipercromica, di superficie slivellata, nella parte superiore leggermente ritraente e parzialmente infossata, nella parte inferiore ipertrofica cordoniforme, rilevata, ipocromica, con lieve deformazione del profilo facciale (vedasi altresì sul punto fotografie all. n. 5 atto di citazione). Inoltre, si riscontra stato ansioso e deflessione del tono dell'umore, legati al personale disagio per il proprio assetto fisionomico e alla preoccupazione di una sua inemendabilità (vedasi altresì, come più avanti funditus, relazione medico - legale dott. B., all. n. 9 atto di citazione); - Che, pertanto, si riscontrano: danno fisionomico in esiti cicatriziali di asportazione di nevo del viso; disturbo di adattamento cronico a sintomi misti di grado grave con sindrome ansioso - depressiva e deflessione del tono dell'umore; - Che il trattamento non è stato eseguito in conformità alle metodiche medico - chirurgiche stabilite dalla prassi e dalla scienza applicata per interventi di questo genere, in ragione della non completa aderenza alle corrette procedure profilattiche; - Che gli esiti riscontrati e riportati in diagnosi sono causalmente ricollegabili in via esclusiva all'intervento chirurgico; - Che la paziente ha riportato i seguenti danni: ITP pari al 50% per 60 gg.; invalidità parziale permanente pari al 12% dovuta allo sfregio del viso, trattandosi di una cicatrice irregolare discromica di media estensione dell'ordine di 3 - 5 cm sul volto, come tale rientrante nella Classe (...) - pregiudizio estetico moderato versus grave per il 10-15% in base alle Linee guida per la valutazione medico - legale del danno alla persona in ambito civilistico - (...). Specificano, sul punto, i consulenti che l'anomalia risulta evidente anche ad una osservazione superficiale ed è oggetto di auto - percezione negativa, amplificata dalla constatazione di un'attenzione particolare da parte di terzi; - Che le spese sostenute in base alla documentazione in atti appaiono congrue mentre spese future potrebbero essere sostenute per interventi correttivi della fisionomia, non eseguibili presso strutture sanitarie pubbliche. Il trattamento (con laserterapie progressive o chirurgiche locali) potrebbe comportare spese per circa Euro 10.000,00 - con la precisazione che interventi migliorativi ridurrebbero di circa il 70% il danno da esiti permanenti. Quanto alla richiesta di rinnovazione della consulenza medico - legale formulata dalle difese convenute, in quanto basata unicamente sulle dichiarazioni dei genitori dell'attrice, si osserva, in primo luogo, come tale indagine peritale sia stata resa nell'ambito del giudizio per accertamento tecnico preventivo ex art. 8 L. n. 24 del 2017 recante r.g.n. 531/2018 - nel quale hanno partecipato sia il dott. (...), sia (...) S.p.A.. Pertanto, il predetto accertamento è stato reso nel pieno contraddittorio tra le parti dell'odierno giudizio di merito e, dalla lettura del verbale di causa del giorno 07.02.2019 nonché della relazione definitiva (cfr. fascicolo d'ufficio r.g.n. 531/2018, acquisito in data 26.11.2021, nonché all. n. 2 atto di citazione), emerge come la difesa del dott. (...) abbia nominato un proprio c.t.p., il quale partecipava alle operazioni peritali (cfr. pag. 3 relazione tecnica definitiva). Inoltre, dalla consultazione del fascicolo d'ufficio e dalla lettura della relazione definitiva in atti non risultano formulate osservazioni, né da parte del c.t.p. della difesa (...) né da parte dei legali del sanitario e della compagnia assicurativa - né eventuali tempestive osservazioni sono state indicate e depositate dalle parti nel corso del presente giudizio. Ancora, se la relazione medico-legale si è basata sulle dichiarazioni dei genitori dell'attrice quanto alle modalità di conduzione dell'intervento, è pur vero che il Collegio peritale ha constatato - con valenza assorbente in punto di onere probatorio - che "gli esiti riscontrati e riportati in diagnosi sono causalmente ricollegabili in via esclusiva all'intervento chirurgico" (cfr. pag. 11). D'altra parte, il sanitario - oltre a contestare il racconto dell'attrice, opponendo di avere agito secondo le regole della diligenza e della perizia - pur a fronte della riscontrata piena ed esclusiva compatibilità eziologica tra il danno lamentato e l'intervento eseguito non ha né indicato né dimostrato un fattore causale (alternativo all'errore medico) cui imputare gli esiti accertati. Nemmeno la difesa convenuta ha allegato e dimostrato (attraverso idonea produzione scientifica) che l'intervento di cui trattasi (di carattere meramente estetico - migliorativo ed appunto volto alla rimozione di un neo) presenta significative probabilità di esiti cicatriziali anche ove correttamente svolto. Infine, la difesa convenuta non ha allegato né dimostrato che gli esiti cicatriziali di cui trattasi siano derivati dall'eventuale mancata osservazione delle prescrizioni da parte della paziente. Tale prospettazione - comunque non svolta dal sanitario - appare peraltro smentita dalla conversazione via (...) intercorsa tra (...) ed il dott. (...) nei giorni dal 15 al 19 giugno 2016 (ovvero il mese successivo all'intervento, eseguito a fine maggio), nel corso della quale la paziente lamentava un po' di dolore (inviando foto della ferita) e l'odierno convenuto la rassicurava sulla convalescenza ("si sta chiudendo, tranquilla"; "sempre meglio bene e brava"; "ottimo notte buona vacanza"; cfr. all. n. 6 atto di citazione). Sul punto, è opportuno osservare che la Suprema Corte ha chiarito che le conversazioni contenute nelle chat di whatsapp hanno valore di prova legale in giudizio, ma per la loro utilizzabilità è necessaria l'acquisizione del supporto telematico dove è avvenuta la comunicazione - ovvero del relativo telefono cellulare (cfr. Cass. n. 49016 del 2017). Al contrario, la copia stampata della conversazione attraverso "screenshot" della stessa costituisce una "riproduzione meccanica" al pari di una fotocopia. In questo caso può essere considerata prova solo se non viene contestata dalla controparte; al riguardo, tuttavia, la Suprema Corte ha precisato che la contestazione deve essere accompagnata da specifiche motivazioni che la giustifichino (ad esempio, attinenti la mancanza di data ovvero l'incongruenza/contraffazione di alcune parti - censure non svolte dalla difesa convenuta, che si è limitata ad eccepire la mancata certezza della provenienza dei messaggi da numero di telefono riferibile al dott. (...)). Quanto alla censura secondo cui il Collegio peritale non avrebbe considerato, nella valutazione del danno, la precedente situazione della paziente, si ricorda che in materia di responsabilità medica da interventi di chirurgia estetica, il danno differenziale deriva dalla comparazione fra il risultato effettivamente ottenuto e l'efficienza estetica che il paziente, data la condizione preesistente, avrebbe conseguito in caso di intervento ben eseguito e ben riuscito (cfr. Tribunale di Novara, Ordinanza del 17/09/2020). Inoltre, si osserva che i consulenti hanno valutato il danno biologico permanente nella misura del 12%, riconducendo la cicatrice nella Classe II - pregiudizio estetico moderato versus grave 10-15%, valorizzandone, in base alle linee guida (...), caratteristiche (irregolarità e discromia), l'estensione (3/5 cm) e la posizione (sul volto) - elementi tali da risultare evidenti anche ad una osservazione superficiale. In altri termini, i c.t.u. hanno classificato il danno estetico sofferto (produzione della cicatrice - cfr. fotografie all. n. 5 atto di citazione) secondo le indicazioni delle linee guida (...) - ovvero valorizzandone caratteri, estensione, posizione e visibilità - a ciò aggiungendo la considerazione che tali elementi rendono la cicatrice oggetto di auto-percezione negativa, amplificata dalla constatazione di particolare attenzione da parte di terzi. Peraltro, tale proiezione sul piano psicologico - come visto non centrale nella valutazione del danno, quanto piuttosto concorrente rispetto agli altri elementi - trova un ulteriore riscontro nella certificazione medica rilasciata dal Dott. (...), psichiatra presso A.D.R., in data 23.03.2017, con la quale era diagnosticato un disturbo dell'adattamento con sintomi misti ansioso - depressivi con un quadro di fobia sociale e prescritto un trattamento psicofarmacologico di tipo continuativo ((...); cfr. all. n. 9 atto di citazione). Venendo ora all'analisi delle richieste risarcitorie avanzate, quanto, in prima battuta, alle voci di danno morale/esistenziale si richiama la consolidata giurisprudenza della Suprema Corte, secondo la quale le tabelle già contengono la quantificazione delle conseguenze "ordinarie", previste e compensate dalla forfetizzazione del danno non patrimoniale. Di modo che, ai fini della invocata personalizzazione e tenuto conto del principio di omnicomprensività del danno non patrimoniale (non parcellizzabile nelle autonome categorie del danno biologico, del danno morale e del danno esistenziale), non basta allegare all'apprezzamento del giudice circostanze solo asseritamente personalizzate e genericamente individuate (come "aiuto ai terzi", "visibilità", "iter clinico", "terapia", "chirurgia", "rinunce"), essendo al contrario necessario procedere ad una articolazione analitica di dette voci, attraverso l'inerenza di esse alla persona ed alla sua esperienza di vita - altrimenti versandosi in una ipotesi di inammissibile duplicazione risarcitoria (cfr. da ultimo, Cassazione civile, sez. III, sentenza 21/09/2017 n. 21939; in senso conforme, cfr. Cass. n. 339/2016). In tal senso, la Suprema Corte ha, da ultimo, ribadito che, ai fini del danno morale/esistenziale, non rileva la mera sofferenza derivante dallo sconvolgimento delle abitudini di vita del danneggiato, ricollegabili ad esempio, al dolore di comune riferibilità e, quindi, non apprezzabile in una prospettiva di solidarietà relazionale; bensì rileva la lesione di interessi che assumano consistenza sul piano del disegno costituzionale della vita della persona. In altre parole, dal momento che i valori tabellari sono destinati alla riparazione dei pregiudizi normalmente patiti da qualunque vittima di lesioni analoghe, è necessario che il danno, tanto nella sua sfera morale (ossia nel rapporto che il soggetto ha con sé stesso), quanto in quella dinamico-relazionale (che riguarda il rapporto del soggetto con la realtà esterna), presenti dei profili di concreta riferibilità e inerenza all'esperienza personale, specifica e irripetibile, meritevoli di tradursi in una differente (più ricca e, dunque, individualizzata) considerazione in termini monetari, rispetto a quanto suole compiersi in assenza di dette peculiarità (Cass. 21939/2017). Diversamente opinando, si realizzerebbe una duplicazione delle poste risarcitorie; infatti, le conseguenze ordinarie che discendono da una lesione (di quella specifica entità e riferite a un soggetto di quella specifica età anagrafica) sono integralmente risarcite nella liquidazione del danno alla persona operata attraverso il meccanismo tabellare, già comprensivo dei pregiudizi normalmente patiti da qualunque vittima di lesioni analoghe (cfr. Cassazione civile, Sez. III, sentenza 27/05/2019 n. 14364). Ebbene, tale articolazione analitica delle voci di personalizzazione del danno sotto il profilo interiore e relazionale - tale da indicare aspetti legati alle dinamiche emotive della vita interiore, o all'uso del corpo e alla valorizzazione dei relativi aspetti funzionali, di per sé tali da presentare obiettive e riconoscibili ragioni di apprezzamento (in un'ottica che, ovviamente, superi la dimensione "economicistica" dello scambio di prestazioni), meritevoli di tradursi in una differente (più ricca e, dunque, individualizzata) considerazione in termini monetari - è stata svolta dalla difesa attorea mediante la citata certificazione medica rilasciata dal Dott. B., psichiatra presso A.D.R., in data 23.03.2017, con la quale era diagnosticato, in conseguenza degli esiti cicatriziali dell'intervento, un disturbo dell'adattamento con sintomi misti ansioso - depressivi con un quadro di fobia sociale e prescritto un trattamento psicofarmacologico di tipo continuativo (Z. e X.; cfr. all. n. 9 atto di citazione). Ciò conducendo al riconoscimento, sotto il profilo del patimento interiore sofferto dalla vittima, dell'incremento per sofferenza soggettiva; sotto il profilo dinamico - relazionale, della personalizzazione con un aumento del 15% del valore del solo danno biologico. Quanto alle spese, il Collegio peritale ha ritenuto congrue le spese sostenute e documentate (ovvero, come desumibile dalla documentazione in atti, l'importo di Euro 2.500,00 relativo alla consulenza medico - legale del dott. 8...); cfr. fattura all. n. (...) atto di citazione). Con riferimento alle spese future per le cure mediche, occorre premettere che, in applicazione degli artt. 1223 e 1226 c.c., il giudicante può liquidare, anche in via equitativa, a titolo di danno emergente, le spese future che siano ragionevolmente certe nell'an e tuttavia incerte nel quantum; che però le spese future possono essere risarcite, a condizione che siano specifiche e verosimili e siano direttamente ricollegabili all'inadempimento professionale, ovverosia siano funzionali a risolvere la situazione peggiorativa determinata dalla condotta tenuta dal sanitario. Orbene, nel caso in esame, le spese future, quantificate nella CTU in complessivi Euro 10.000,00, risultano verosimili e sono volte ad eliminare proprio gli esiti cicatriziali causati dall'inadempimento professionale del convenuto. Nel dettaglio, il Collegio ha chiarito che il suesposto trattamento ridurrebbe di circa il 70% il danno biologico permanente. Quindi, non essendo possibile liquidare, in favore dell'attrice, un danno biologico del 12% e riconoscerle, contemporaneamente, anche i costi per gli interventi (parzialmente) emendativi di tale danno, al fine di evitare un'illegittima duplicazione del danno, deve essere riconosciuto, in favore dell'istante, unicamente un danno biologico pari al 4% (pari al 30% circa dell'attuale invalidità permanente del 12%). Ed infatti, deve ritenersi ragionevolmente certo che l'attrice, tenuto conto anche della giovane età, della particolare visibilità della cicatrice, del conseguente impatto sul piano relazionale e considerata, altresì, l'espressa richiesta di condanna al pagamento di tale spesa futura, si sottoporrà al trattamento emendativo e, quindi, appare corretto riconoscerle (come, appunto, da domanda) i costi di tali interventi, piuttosto che l'attuale danno complessivo del 12%. Sulla base di queste premesse, in applicazione delle Tabelle Milanesi 2021 e dell'età (15 anni) al momento del sinistro, l'importo risarcitorio complessivo è pari ad Euro 10.383,40 (Danno biologico permanente Euro 5.296,00 + Personalizzazione 15% Euro 794,40 + Incremento per sofferenza soggettiva Euro 1.323,00 + Invalidità temporanea parziale al 50% Euro 2.970,00). A tale importo si aggiungono le spese mediche sostenute, pari ad Euro 2.500,00, e le spese mediche future per trattamenti emendativi, pari ad Euro 10.000,00 - per un totale di Euro 22.883,40. Infine, nulla può essere riconosciuto a titolo di lesione del diritto all'autodeterminazione, per non essere stata la paziente informata in ordine ai possibili esiti ed ai rischi dell'intervento. In primo luogo, infatti, dall'istruttoria orale è emerso come il dott. (...) abbia acquisito il consenso dei genitori della paziente, allora minorenne, in forma verbale - seppure le testimonianze divergano nettamente sotto il profilo del contenuto e della specificità dell'informazione fornita (cfr. verbale di udienza del 18.02.2022). In secondo luogo, si osserva che nell'ipotesi di inadempimento dell'obbligo di acquisire il consenso informato del paziente, ove l'intervento abbia cagionato danno alla salute con colpa del sanitario, intanto può trovare riconoscimento il diritto al risarcimento oltre che del danno da lesione del diritto alla salute (come sopra liquidata) anche della lesione del diritto alla autodeterminazione, in quanto il paziente dimostri che non si sarebbe sottoposto all'intervento se correttamente informato, non potendosi configurare, ipso facto, un danno risarcibile con riferimento alla sola omessa informazione, attesa l'impredicabilità di danni in re ipsa nell'attuale sistema della responsabilità civile" (cfr, sul punto, Cass. Sentenza 11 novembre 2019, n. 28985). Sul punto, la Suprema Corte ha più di recente chiarito che, anche nel caso in cui venga allegata la violazione del diritto alla autodeterminazione, l'onere allegatorio del danneggiato non può ritenersi esaurito, in quanto escluso qualsiasi esonero fondato sul danno in re ipsa (non essendo dato confondere la lesione del diritto, con le conseguenze pregiudizievoli che in concreto da esso derivano); è pertanto indispensabile allegare specificamente quali altri pregiudizi, diversi dal danno alla salute eventualmente derivato, il danneggiato abbia subito. Diversamente, sebbene la condotta violativa dell'obbligo di acquisire il consenso informato del paziente sia autonoma rispetto a quello inerente al trattamento terapeutico (comportando la violazione dei distinti diritti alla libertà di autodeterminazione e alla salute), in ragione dell'unitarietà del rapporto giuridico tra medico e paziente - che si articola in plurime obbligazioni tra loro connesse e strumentali al perseguimento della cura o del risanamento del soggetto - non potendo affermarsi una assoluta autonomia dei due illeciti tale da escludere ogni interferenza tra gli stessi nella produzione del medesimo danno, è bene possibile che l'inadempimento dell'obbligazione relativa alla corretta informazione sui rischi e benefici della terapia esaurisca la propria funzione lesiva, inserendosi tra i fattori "concorrenti" della serie causale determinativa del pregiudizio alla salute. Sicchè, viene in rilievo una inammissibile duplicazione dello stesso valore equivalente del "danno biologico" o ad un "danno in re ipsa" nell'ipotesi in cui, nella prospettazione del danneggiato, la sofferenza per non avere potuto liberamente decidere non individua alcun danno-conseguenza, nella sua consistenza fenomenica negativa nella sfera economico-sociale del soggetto, venendo a coincidere con la stessa violazione del diritto, non provato, quindi, nell'"an" e nel "quantum", ed indipendentemente dalla applicazione del criterio della causalità giuridica ex art. 1223 c.c. (cfr. Cassazione civile sez. III, 04/11/2020, (ud. 03/07/2020, dep. 04/11/2020), n.24471). Nel caso di specie, la difesa attorea si è limitata a lamentare la mancata acquisizione del consenso, ma non ha allegato né provato (neppure attraverso elementi a carattere presuntivo) che se la paziente fosse stata correttamente informata non si sarebbe sottoposta all'intervento né ha allegato alcun danno-conseguenza derivante dalla violazione del proprio diritto all'autodeterminazione - sicchè la relativa posta risarcitoria non può essere riconosciuta. A tale importo complessivamente calcolato al valore attuale (Euro 22.883,40) deve aggiungersi il danno da lucro cessante (dovendosi in tal senso interpretare la domanda relativa agli interessi sulla somma capitale rivalutata) conseguente alla mancata disponibilità della somma dovuta per il periodo intercorso dalla data del fatto lesivo (24.05.2016) alla presente decisione, consistente nella perdita di frutti civili che il danneggiato avrebbe potuto ritrarre - ove la somma fosse stata corrisposta tempestivamente - dall'impiego dell'equivalente monetario del valore economico del bene perduto, con l'attribuzione di interessi a un tasso non necessariamente coincidente con quello legale (cfr. Cass. Sez. Un. N. 1712/1995, Cass. n. 10300/2001; n. 18445/2005). Tale danno è liquidato applicando i criteri di cui alla sentenza della Corte di legittimità per cui, posto che la prova del lucro cessante può essere ritenuta anche sulla base di criteri presuntivi ed equitativi, è "consentito calcolare gli interessi con riferimento ai singoli momenti (da determinarsi in concreto, secondo le circostanze del caso) con riguardo ai quali la somma equivalente al bene perduto si incrementa nominalmente, in base agli indici prescelti di rivalutazione monetaria, ovvero mediante un indice medio". A tale orientamento il Giudicante ritiene di doversi allo stato adeguare, prendendo a base del calcolo - stante la sostanziale equivalenza del risultato - la semisomma dei due valori considerati (valore del residuo risarcimento dovuto all'epoca del sinistro e valore attuale) e applicando sulla stessa il tasso medio del rendimento dei titoli di Stato (usuale modalità di impiego del risparmio da parte delle famiglie italiane), poiché nel periodo in questione (fatto - decisione) il rendimento medio di tali investimenti è stato superiore a quello medio degli interessi legali nello stesso periodo (cfr. Cass. SS.UU. 16/7/2008 n. 19499). Pertanto, l'importo complessivamente dovuto dal convenuto (...) in base alla rivalutazione monetaria ed al totale degli interessi maturati è pari Euro 24.284,28. Quanto alla domanda di manleva formulata dal sanitario nei confronti dalla chiamata in causa soc. (...) - compagnia di assicurazioni s.p.a., il mancato riconoscimento del danno per mancata acquisizione del consenso informato conduce, in primo luogo, a ritenere infondata l'eccezione di inoperatività della polizza in base all'art. 18 lett. b) (che esclude dalla garanzia in danni imputabili esclusivamente all'assenza di consenso informato scritto). Del pari, la ricostruzione sopra svolta del trattamento svolto e dei danni che ne sono derivati consente di superare l'eccezione di inoperatività della polizza di cui all'art. 18 lett. a) c.g.a., esclude espressamente dalla garanzia prestata i danni estetici per mancata rispondenza dell'intervento all'impegno di risultato assunto dal medico. Ed invero, il danno in questa sede invocato ed accertato dai c.t.u. non consiste nel mancato raggiungimento del risultato migliorativo sperato (rimozione del neo), bensì negli esiti cicatriziali permanente derivati dalla scorretta esecuzione dell'intervento. In altri termini, l'attrice non lamenta la mancata rimozione totale o parziale del neo preesistente, quanto la creazione di una cicatrice irregolare discromica di media estensione dell'ordine di 3 - 5 cm sul volto, come tale rientrante nella Classe II - pregiudizio estetico moderato versus grave per il 10-15% in base alle Linee guida per la valutazione medico - legale del danno alla persona in ambito civilistico - S.. Ed infine, diversamente da quanto prospettato dalla compagnia, l'attrice non ha chiesto in restituzione dal medico i compensi allo stesso corrisposti - voce, quest'ultima, sulla quale non può operare alcun indennizzo assicurativo. Deve, pertanto, accogliersi la domanda di manleva formulata dal convenuto, con il limite dello scoperto del 10% di cui all'art. 20 c.g.a.. Le spese di lite, liquidate come in dispositivo e tenuto conto dell'importo effettivamente liquidato (in base al criterio del decisum; cfr. da ultimo Cass. Civ., Sez. I, 26 aprile 2021, n. 10984), seguono la soccombenza. Le spese di C.t.u. relative al procedimento per a.t.p. r.g.n. 531/2018 (cfr. all. n. 7 atto di citazione) non possono essere riconosciute, non essendo depositata in atti prova dell'avvenuto pagamento della fattura. Inoltre, l'accoglimento della domanda di manleva comprende, altresì, le spese processuali alle quali il convenuto è stato condannato nonché le spese da lui sostenute per la sua difesa in giudizio (cfr. Corte di Cassazione, n. 29926/2022; Cass. sez. VI Civile - 3, ordinanza 24 settembre - 3 novembre 2020, n. 24409; in senso conforme, Cass. 28 febbraio 2008, n. 5300, e 11 settembre 2014, n. 19176). P.Q.M. Il Tribunale di Rieti, sezione civile, definitivamente pronunciando, disattesa ogni contraria istanza, eccezione e deduzione: 1. Dichiara inammissibile la domanda diretta svolta dall'attrice nei confronti di (...) S.p.A.; 2. Accoglie la domanda attorea e per l'effetto condanna (...) a corrispondere a (...) l'importo di Euro 24.284,28, oltre interessi legali dalla data della decisione sino al saldo effettivo; 3. Condanna (...) alla refusione in favore di (...) delle spese di giudizio, che liquida nella somma di Euro 6.107,00 per compensi relativi alle fasi studio, introduttiva ed istruttoria (Tabelle: 2014-2018; Competenza: Giudizi di cognizione innanzi al tribunale; Valore della Causa: Da Euro 5.201 a Euro 26.000; valori massimi) ed Euro 2.552,00 per compensi relativi alla fase decisoria (Tabelle: 2022 (D.M. n. 147 del 13 agosto 2022), Competenza: Giudizi di cognizione innanzi al tribunale; Valore della Causa: Da Euro 5.201 a Euro 26.000; valori massimi), Euro 545,00 per spese vive, oltre spese generali e oneri di legge; 4. In accoglimento della domanda di manleva formulata da (...), condanna (...) S.p.A. in persona del legale rappresentante p.t. a tenere indenne l'assicurato con riguardo a tutte le somme che è tenuto a versare all'attrice, a titolo di risarcimento danno e spese processuali, nei limiti dello scoperto del 10% di cui all'art. 20 c.g.a.; 5. Condanna (...) S.p.A. in persona del legale rappresentante p.t. alla refusione in favore di (...) delle spese di giudizio, che liquida nella somma di Euro 6.107,00 per compensi relativi alle fasi studio, introduttiva ed istruttoria (Tabelle: 2014-2018; Competenza: Giudizi di cognizione innanzi al tribunale; Valore della Causa: Da Euro 5.201 a Euro 26.000; valori massimi) ed Euro 2.552,00 per compensi relativi alla fase decisoria (Tabelle: 2022 (D.M. n. 147 del 13 agosto 2022), Competenza: Giudizi di cognizione innanzi al tribunale; Valore della Causa: Da Euro 5.201 a Euro 26.000; valori massimi), oltre spese generali e oneri di legge. Così deciso in Rieti il 18 ottobre 2023. Depositata in Cancelleria il 19 ottobre 2023.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO DI RIETI SEZIONE CIVILE Il Tribunale in composizione collegiale, nelle persone dei seguenti magistrati: Pierfrancesco de Angelis - Presidente Gianluca Morabito - Giudice est. Francesca Sbarra - Giudice riunito in camera di consiglio, ha emesso la seguente SENTENZA nella causa civile iscritta al R.G. n 1809/2019, vertente TRA (...) (C.F. (...) ), rappresentata e difesa, in virtù di procura a margine del ricorso per separazione, dall'Avv. Ca.Ch. ed elettivamente domiciliata presso il suo studio in Rieti, via (...) RICORRENTE E (...) (C.F. (...) ), rappresentato e difeso, in virtù di procura stesa in calce alla memoria di costituzione e risposta, dall'Avv. Ga.Ca., elettivamente domiciliato presso il suo studio in Avezzano (AQ), via (...) RESISTENTE OGGETTO: separazione giudiziale. FATTO E DIRITTO Con ricorso ritualmente depositato e notificato (...) conveniva in giudizio davanti a questo Tribunale (...), esponendo: di avere contratto matrimonio concordatario con il resistente in (...) il 18.05.2009; che dall'unione erano nati i figli (...) (17.03.2005) e (...) (09.06.2020); di essere insegnante presso l'istituto onnicomprensivo scuola elementare di (...), con retribuzione mensile di circa Euro 1.300,00; che il resistente aveva prestato attività quale insegnante di scuola elementare e risultava posto in quiescenza con decorrenza dal mese di settembre 2019; che la casa coniugale, attualmente di proprietà dei figli, in quanto agli stessi ceduta con atto di donazione dal fratello del resistente, risultava in precedenza di proprietà del sig. (...); che le parti avevano convissuto more uxorio dal 2000 fino a quando avevano deciso di sposarsi; che il loro rapporto altalenante era stato scandito da momenti di pacifica convivenza e da altri di profonda crisi causati dalla poca collaborazione in famiglia del resistente, il quale trattava la moglie come "collaboratrice domestica" da soggiogare e dominare non tenendo conto dei suoi bisogni e delle sue aspettative; che nel 2015 si era ammalata di parassitosi intestinale, che aveva portato a complicazioni di malnutrizione con evidente cali fisico; che da quel momento il resistente, infastidito dal fatto che la moglie non potesse più provvedere alle faccende domestiche con la medesima assiduità, aveva iniziato non tollerarla e ad inveire contro di lei; che sino al 2016 il resistente era stato alcolista occasionale in quanto faceva uso di alcol due o tre volte al mese, aggravando cosi il proprio comportamento denigratorio verso la moglie e diventando violento anche nei confronti del figlio maggiore (...); che l'abuso di alcol era andato via via aumentando, tanto che dal 2018 il Sig. (...) risultava ubriaco, di media, cinque giorni su sette, creando uno stato di agitazione e di paura per la propria incolumità nei familiari, vittime di ripetuti fatti di violenza, costringendoli cosi a rinchiudersi in camera o a rifugiarsi presso la presso l'appartamento dello zio; che nel 2019 il resistente la aveva minacciata con un coltello, privandola del telefono per impedirle di chiedere aiuto; che ripetute volte il resistente si era allontanato da casa senza dire niente ai familiari; che il 05.09.2019 il Sig. (...) le aveva inviato un messaggio con scritto "essere ignobile, spregiudicata, priva di qualsiasi morale, disinfettati. Ho chiamato l'A.D.R." per poi aggiungere "così! usa pure l'acido!", gettandola in un grave stato di agitazione; di essersi per questo motivo rivolta alla stazione Carabinieri di (...) onde sporgere denuncia-querela; che in data 27.09.2019 il resistente aveva lasciato l'abitazione alle ore 8:00 circa, rendendosi non rintracciabile fino alle 17:00 e in data 13.10.2019, non in grado di reggersi in piedi perché ubriaco, era caduto a terra, riportando una frattura al perone; che la grave crisi coniugale, le continue aggressioni verbali e fisiche, lo stato di paura, prostrazione e di umiliazione a cui era stata sottoposta, l'intervenuta cessazione dell'affectio coniugalis, il fallimento di ogni tentativo di ristabilire un rapporto di pacifica convivenza con il coniuge e le proprie precarie condizioni di salute la avevano indotta, già all'inizio dell'anno 2019, a richiedere al marito di procedere alla presentazione di un ricorso congiunto di separazione. Concludeva la ricorrente per la pronuncia di separazione con addebito al marito, affidamento condiviso dei figli (...) e (...) ad entrambi i genitori, collocamento prevalente degli stessi presso la madre, regolamentazione dell'esercizio di visita ai minori da parte del padre secondo le modalità elencate nelle conclusioni dell'atto introduttivo, contributo a carico del sig. (...) per il mantenimento dei figli di Euro 900,00 mensili, somma soggetta a rivalutazione e da corrispondersi a mezzo di bonifico bancario e concorso, altresì, del padre, nella misura del 50%, alle spese straordinarie scolastiche, sportive, ricreative e mediche non coperte dal Servizio Sanitario Nazionale relative ai figli. (...), costituitosi in giudizio, non si opponeva alla pronuncia di separazione, ma contestava integralmente la ricostruzione dei fatti avversaria deducendo, tra l'altro: che il matrimonio era entrato in crisi solo alla fine del 2016 in quanto la ricorrente aveva iniziato a manifestare "uno strano interesse" per un suo ex compagno di classe, interesse trasformatosi in relazione adulterina, accertata tramite investigatore privato; che il fallimento del matrimonio doveva essere addebitato esclusivamente alla moglie la quale, invaghitasi di altra persona, usciva di casa per poi sparire per ore, privando i figli della propria presenza e del suo contributo personale e morale; che la moglie aveva avuto nei suoi confronti comportamenti violenti; di essersi sempre dedicato alla famiglia senza mai far mancare nulla alla moglie e ai figli; che la famiglia era sempre stata unita e perfino invidiata dagli amici, i quali definivano i coniugi "eterni fidanzati"; che la situazione economica descritta dalla ricorrente non rispecchiava il vero in quanto la (...) era proprietaria di tre immobili siti in L. (R.) e di terreni, nonché intestataria di una polizza vita con scadenza a trenta anni e riscuotibili in qualsiasi momento; di essere ad oggi in quiescenza, con assegno mensile di Euro1.745,00 dai quali dovevano essere detratte le seguenti somme: "1) 360,00 Euro mensili fino al 2029 - 2) Euro. 320,00 a B.I.S.P. per prestito di 25mila Euro, 3)Euro. 416,00 per pagamento autovettura. Inoltre fino al mese di giugno 2020, per il riscatto Simil-laurea, dovrà versare all'INPS la somma di circa Euro. 6.000,00, per rientrare nella riforma pensionistica Dini (18 anni di contributi al 31.12.1995); inoltre sono a carico dello stesso tutte le utenze dell'abitazione coniugale compreso il gasolio e gas di riscaldamento, oltre che tutte le altre somme per il mantenimento dei figli"; che la casa coniugale doveva essere assegnata ad esso resistente per viverci con i figli, una volta collocati presso di lui; di non essere "assolutamente un alcolista e mai è stato in cura per un problema di questo genere"; di essere, invece, una persona altamente stimata, sia nel suo ambiente lavorativo, che nel paese, ricoprendo cariche pubbliche; che l'autovettura O.A. a EX526YN doveva essergli assegnata e ciò in quanto il prestito per l'acquisto dell'autovettura era stato stipulato esclusivamente da esso resistente e gravava sul suo stipendio; che alla ricorrente doveva essere imposto di corrispondere un assegno pari a Euro300,00 mensili a titolo di concorso per il mantenimento dei figli, nonché di versare una quota pari al 50% delle spese straordinarie relative ai minori. Il resistente rassegnava, all'esito, le seguenti conclusioni: V. il Tribunale adito nell'emettere i provvedimenti temporanei e urgenti, pronunciare la separazione giudiziale dei coniugi. Addebitare la separazione alla Sig.ra (...), per tutti i motivi indicati in narrativa, ed alle condizioni appresso indicate: 1)autorizzare i coniugi a vivere separati ciascuno nel mutuo rispetto dell'altro; 2)affidare i figli minori congiuntamente ad entrambi i genitori con collocazione di questi presso la casa coniugale ove vivranno con il padre, con possibilità per la madre, comunque, di poterli vedere e tenere con se ogni qualvolta vuole, il tutto, naturalmente, sempre nel rispetto delle esigenze personali e di studio dei minori, anche relativamente al loro rifiuto di poter incontrare il nuovo compagno della madre; 3)assegnare la casa coniugale al Sig. (...), nella quale questi vivrà con i figli, ove lo si ritenesse opportuno la Sig.ra (...) potrà alloggiare nel piano mansardato oggi occupato dal marito; 4)porre a carico della moglie un assegno mensile di almeno 300,00 Euro a titolo di concorso per le spese di mantenimento per entrambi i disporre che l'autovettura OPEL ASTRA ECO FLEX Tg. (...) sia definitivamente assegnata al marito il quale continuerà a pagare, come ha sempre fatto, le rate del finanziamento, ordinando alla Sig.ra (...) di effettuare, o comunque di prestare ove necessario il suo consenso per effettuare il passaggio di proprietà dell'autovettura con conseguente iscrizione pei pubblici registri, in favore del Sig. (...); 6)assegnare alla Sig.ra (...) l'autovettura (...) targata (...); 7)versamento da parte della Sig.ra (...) di una somma pari ad Euro. 2.000,00 a titolo di concorso per il rimborso delle spese fino ad oggi sostenute dal (...), e comunque con riferimento al solo anno 2019, per luce, gas, IMU, TASI ecc.; Si chiede dunque, confermati i provvedimenti richiesti, sopra esposti, dichiarare la separazione con addebito alla Sig.ra (...) per tutti i motivi e le ragioni indicate in narrativa. Era effettuata la rituale comunicazione degli atti al P.M. ed esperito senza esito il tentativo di conciliazione, venivano adottati i provvedimenti presidenziali, del seguente tenore: "A) i coniugi sono autorizzati a vivere separati, con obbligo del mutuo rispetto, e a fissare la propria residenza ove credono; B) i figli minori (...) e (...) vengono affidati congiuntamente ad entrambi i genitori e collocati presso l'abitazione familiare sita in (...) (...), frazione P., alla Via (...) n. 17, assegnata alla madre, con termine per il padre sig. (...) sino al 10/3/2020 per allontanarsene con ogni suo bene o effetto personale; C) autorizza il sig. (...) a trasferirsi nel piano seminterrato dell'immobile ove insiste la casa coniugale previa sua completa divisione dalla parte restante dell'appartamento e con creazione di un ingresso separato ed autonomo. Pone a suo carico esclusivo le spese per i lavori di adeguamento del citato seminterrato che dovranno esser svolti nel rispetto di tutte le disposizioni di legge D) il padre ha facoltà di vedere e tenere con sé i figli (...) e (...), compatibilmente con i suoi impegni personali di lavoro e quelli scolastici dei minori, secondo le seguenti modalità: i) due pomeriggi la settimana, da concordare con la madre, dalle ore 15,00 alle ore 21,00; ii) dalle ore del 15,00 sabato alle ore 21,00della domenica, a fine settimana alterni; iii) dal 23 al 30 dicembre o dal 31 dicembre al 6 gennaio, ad anni alterni, durante le festività natalizie; iv) il sabato e la domenica di Pasqua oppure il Lunedì dell'Angelo e il martedì successivo, ad anni alterni; v) quindici giorni, anche non consecutivi, durante le ferie estive, previo accordo con la madre entro il 31 maggio di ciascun anno; E) pone a carico del sig. (...) l'obbligo di versare alla sig.ra (...), a titolo di contributo nel mantenimento dei figli (...) e (...), la somma di Euro 500,00 mensili (euro 250,00 per ogni figlio) - annualmente rivalutabili secondo gli indici ISTAT - mediante vaglia postale o altro mezzo equivalente, entro il giorno 5 di ogni mese, a decorrere dalla data di notificazione del ricorso per separazione; F) pone altresì a carico del sig. (...) l'obbligo di contribuire, in ragione del 50%, al pagamento delle spese mediche non sostenute dal servizio sanitario nazionale, nonché di quelle scolastiche, sportive e ricreative dei figli (...) e (...), opportunamente documentate; G) in mancanza di reciproco assenso, autorizza il rilascio e/o il rinnovo del passaporto a nome di ciascun coniuge La causa veniva, quindi, rinviata all'udienza ex art. 183 c.p.c., previa designazione del giudice istruttore e nuova comunicazione al P.M. della data di udienza. In data 06.09.2020 interveniva la sentenza parziale n. 248/20, con cui il Tribunale pronunciava la separazione personale dei coniugi, rimettendo la causa in istruttoria per l'esame delle ulteriori istanze articolate dalle parti. Con istanza in data 08.09.2020 la difesa della ricorrente chiedeva, tra l'altro, revocarsi l'autorizzazione data al (...) a trasferirsi nel suddetto piano seminterrato allegando, quali circostanze sopravvenute, la mancata esecuzione degli interventi posti dal Presidente del Tribunale a carico del resistente, nonché il fatto che con Provv. del 27 agosto 2020 il Giudice per le Indagini Preliminari presso il Tribunale di Rieti, nell'ambito del procedimento n. 1740 r.g.n.r., avesse disposto nei riguardi del (...) - indagato in ordine al reato di cui all'art. 572 c.p. - l'applicazione della misura cautelare dell'obbligo di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento alla moglie e ai figli. Con ordinanza del 29.09.2020 il giudice istruttore accoglieva l'istanza, per l'effetto revocando le statuizioni di cui all'ordinanza del Presidente del Tribunale di Rieti del 21.02.2020, nella parte in cui il resistente veniva autorizzato ad occupare il piano seminterrato dell'immobile ove è ubicata la casa coniugale e rilevando, per quanto d'interesse: che sotto un primo profilo, l'inadempimento del resistente era documentato dalla produzione dell'ordinanza prot. (...) dell'08.05.2020, con cui il Comune di (...), sulla scorta del verbale n. 01 della A.D.R. attestante l'inidoneità dei locali occupati dal padre dei minori ad essere utilizzati a scopo di civile abitazione, intimava al (...) di non utilizzare i suddetti locali, per l'appunto, a titolo di civile abitazione, gli stessi essendo sprovvisti di servizi igienici e di angolo cottura; che, inoltre, l'esecuzione della misura cautelare di che trattasi risultava, per ovvie ragioni, incompatibile con il persistere delle disposizioni di cui all'O.P. del 21 febbraio 2020, non potendo neppure consentirsi al resistente l'uso dei locali quale deposito, in quanto ciò avrebbe comportato comunque la presenza - sia pure saltuaria - del (...) nei luoghi abitualmente frequentati dalla (...) e dai figli, il che avrebbe neutralizzato gli effetti della disposta misura cautelare. Era espletata prova orale, veniva disposta CTU volta all'accertamento della capacità genitoriale delle parti e all'esito la causa era rimessa al Collegio per la decisione, previa assegnazione dei termini ex art. 190 c.p.c. e trasmissione degli atti al P.M. per le proprie conclusioni. 1. Addebito Con riguardo al tema della separazione con addebito e del nesso causale, si sottolinea in giurisprudenza che il presupposto della pronuncia di addebito della separazione è costituito, ai sensi dell'art. 151, II co., c.c., da un comportamento - cosciente e volontario - contrario ai doveri che discendono dal matrimonio e che tale requisito, pur necessario, non è ancora sufficiente in quanto, per addivenire a pronuncia di addebito, il giudice dovrà altresì accertare se la frattura del rapporto coniugale sia stata provocata dal citato comportamento oggettivamente trasgressivo di uno - o di entrambi - i coniugi, dovendo, in particolare, sussistere il nesso di causalità fra tali condotte e la fine dell'unione coniugale: la giurisprudenza ha chiarito, al riguardo, che per l'ottenimento della pronuncia di addebito il richiedente è gravato dal citato duplice onere probatorio tanto sulla effettiva violazione dei doveri discendenti dal matrimonio da parte dell'altro coniuge, quanto sul rapporto di efficienza causale tra il comportamento oggettivamente trasgressivo ed il verificarsi della intollerabilità della convivenza (ex multis, Cass. n. 7566/1999; Cass. n. 21245/2010; Cass. n. 8862/2012; Cass. n. 8873/2012). Da tale profilo discende che, se da un lato sono da considerare irrilevanti i comportamenti contrari ai doveri coniugali che siano successivi alla crisi stessa, d'altra parte grava sul richiedente l'onere di fornire rigorosa prova che la violazione sia stata causa - unica o comunque prevalente e determinante - della intollerabilità della convivenza (Cass. n. 5061/2006; Cass. n. 2059/2012; Trib. Milano 16 ottobre 2014, n. 12147 in Redazione Giuffrè; Trib. Vicenza 21 febbraio 2013, n. 281 in Guida al diritto, 2013,24, 63; Trib. Cassino, 8 maggio 2014 in Guida al diritto, 2014, 38, 42). Tanto premesso e tornando al caso di specie, non ha trovato sufficienti riscontri probatori la richiesta di addebito avanzata dal sig. (...) nei confronti della moglie. Sul tema, si ritiene che gravi sulla parte che richieda, per l'inosservanza dell'obbligo di fedeltà, l'addebito della separazione all'altro coniuge l'onere di provare la relativa condotta e la sua efficacia causale nel rendere intollerabile la prosecuzione della convivenza e che sia, viceversa, onere di chi eccepisce l'inefficacia dei fatti posti a fondamento della domanda, e quindi dell'infedeltà nella determinazione dell'intollerabilità della convivenza, provare le circostanze su cui l'eccezione si fonda, vale a dire l'anteriorità della crisi matrimoniale all'accertata infedeltà (Cass. civ., Sez. I, n. 2059/12. Tornando al caso che ci occupa, sostiene il resistente che la crisi coniugale sarebbe stata determinata dalla relazione extraconiugale intrattenuta dalla (...) con tale sig. (...), a sostegno della quale è stata depositata agli atti una relazione investigativa datata 11.09.2019 con allegata documentazione fotografica, che ritrarrebbe la ricorrente in atteggiamenti intimi con un uomo, identificato nel Sig. (...) dalle parti. Deve, peraltro, evidenziarsi che come emerge dalla relazione depositata dalla CTU, "...in quel periodo la coppia riferisce di un tentativo di accordo di separazione che non andò a buon fine"; ancora, "...i signori riferiscono di essersi separati nell'estate del 2019" ed "il signor (...) afferma di aver proposto una mediazione familiare sempre però rifiutata dalla signora fino ad arrivare a scrivere un accordo diseparazione in casa nel quale stabiliranno delle regole di coabitazione. Poi dal 2019 il signor (...) afferma che la signora (...) cominciò ad allontanarsi da casa per più giorni e questi comportamenti indurranno il signor (...) ad avvalersi di un investigatore privato. Alla domanda sul perché, nonostante la separazione concordata, si fosse avvalso di un investigatore il signor (...) asserisce che era sua intenzione far pace con lei, intendendo la separazione come temporanea, ed aggiunge che durante il periodo della separazione saltuariamente i coniugi avevano rapporti, anche se sempre più sporadici, fino a che la coabitazione si basò sul reciproco evitamento, tranne durante le festività in cui si comportavano come una famiglia normale". Dai passaggi sopra evidenziati si evince, in definitiva, che all'epoca (settembre 2019) dell'asserita (da parte resistente) scoperta della relazione extraconiugale, i coniugi avevano da tempo deciso di separarsi ed erano, anzi, già separati di fatto, avendo lo stesso (...) ammesso la relativa circostanza, ancorché la separazione dovesse secondo lui ritenersi momentanea. Il difetto di prova in ordine al nesso eziologico tra la riferita relazione e la domanda di separazione personale viene ulteriormente avvalorato dal fatto che a fronte delle molteplici problematiche e criticità del rapporto, come evincibili dagli scritti difensivi di entrambe le parti, il resistente non ha in alcun modo dimostrato che la riferita relazione sia stata all'origine della separazione (sulla necessità che la violazione dei doveri coniugali assuma rilevanza causale nella rottura del rapporto si veda, da ultimo, Cass. civ., Sez. I, n. 2059/12). Risulta, infine, provata l'anteriorità della crisi coniugale ai fatti riferiti dal (...), al riguardo rimandandosi alle considerazioni in fatto svolte con riferimento alla domanda di addebito proposta dalla sig.ra (...) (su cui v. infra). Difettando, in definitiva, la prova del nesso causale tra la condotta posta alla base della domanda di addebito e la crisi coniugale, la domanda in tal senso avanzata dal sig. (...) dovrà essere necessariamente respinta. Sussistono, viceversa, i presupposti per la declaratoria di addebitabilità della separazione al resistente, richiesta dalla (...) sin dal ricorso introduttivo. Sul tema della violenza quale causa di addebito della separazione, è pacifico l'orientamento della Corte di Cassazione secondo cui le violenze perpetrate da uno dei coniugi durante il matrimonio costituiscono - perfino nel caso in cui si esauriscano in un singolo episodio - fatto grave e tale da giustificare l'addebito della separazione, se non trovano corrispondenza in comportamenti analoghi tenuti dall'altra parte, posto che anche ove risulti provato un singolo episodio di percosse, può comunque venire in considerazione un comportamento idoneo a sconvolgere definitivamente l'equilibrio relazionale della coppia, poiché lesivo della pari dignità di ogni persona (v., tra le altre, Cass. civ. n. 27766/22; n. 433/16; n. 6997/08). Si ritiene che anche la violenza psicologica costituisca una causa di addebito della separazione, allorquando il coniuge si sia reso colpevole di ripetuti atteggiamenti ostili e minacce nei confronti dell'altro, che abbiano di fatto reso impossibile la convivenza e causato una insanabile frattura nel rapporto coniugale (v. Cass. civ. n. 31351/22; Trib. Milano n. 4669/15; Trib. Ancona, n. 1225/2021. Il principio della rilevanza giuridica della violenza fisica e psicologica quale causa di addebito della separazione, ad avviso del Collegio, deve trovare applicazione non solo in ipotesi di condotte violente tenute da un coniuge nei confronti dell'altro, ma anche qualora la violenza sia indirizzata nei riguardi dei figli, in forza del "dovere di cura della prole derivante dal matrimonio ai sensi dell'articolo 147 del codice civile", la cui violazione ben può costituire causa anche esclusiva della crisi coniugale, come tale motivo di addebito della separazione (v., tra le altre, Trib. Torino, n. 4272/16; Trib. Velletri, n.1490/15). Tornando al caso che ci occupa, dall'esame della documentazione versata in atti è risultato provato il pregresso abuso di sostanze alcoliche da parte del sig. (...), problematica attestata sin dalla pronuncia del Tribunale di Rieti n. 1/01, con cui l'odierno resistente veniva condannato alla pena di anni uno di reclusione in ordine al reato di cui all'art. 572 c.p., per avere sottoposto a continui maltrattamenti la precedente moglie (...) e i figli avuti con la stessa (...) e (...) "mostrandosi loro sempre collerico e in stato di ebbrezza alcolica, picchiandoli e offendendoli con parole sconce, rendendo ai familiari presenti intollerabile la vita coabitativa familiare" (v. all. 1 alla nota di deposito di parte ricorrente del 22.04.2020). Detta condizione di ubriachezza abituale è evidentemente persistita nel tempo, contribuendo a provocare i continui scatti d'ira e le condotte violente - soprattutto sotto il profilo morale - poste in essere dal sig. (...) anche nei confronti della sig.ra (...) e dei figli avuti dalla stessa (...) e (...). Soccorrono, in tal senso, gli screenshot dei messaggi sms (all.ti nn. 1 e 4 al ricorso introduttivo) e le trascrizioni degli audio delle conversazioni - della cui autenticità questo giudice non vede ragione alcuna per dubitare, in assenza di seri elementi in tal senso forniti dalla difesa del resistente - da cui emerge il clima di prevaricazione, vessazione e minaccia instaurato dal (...) a danno della moglie, caratterizzato da insulti e minacce di morte alla sig.ra (...) ("Maledetta troia", "pozza crepà gli possa piglià un cancro alla fregna", "io non voglio più sentire la tua vociaccia", "'sta zoccola", "P.io te sparo", "Troia te ce metto", "pozzi crepà", "pozzi morì cancrenata, 'sta zoccola maledetta...te ne devi andà di là non te voglio più vedè", "'stu cancanu quanto è brutta maledetta non dormo più...'stu scuntru non c'ha il fisico né la coccia non tè niente tè solo la stupidità maledetta pozzi morì cancrenata, ma non se potrebbe morì? Ne pigliemo pure la reversibilità", "...la odio Gabriè te l'ammazzo se non se ne va", "digli che se non vole morì con un cazzotto in un occhio deve sparire dalla mia vista 'ssa troia maledetta", "io lei non la voglio più vedè manco in cartolina quindi se annasse a morì ammazzata e sfanculasse subito"). Detta documentazione è stata, del resto, valorizzata anche dal G.I.P. presso questo Tribunale nell'ambito del procedimento r.g.n.r. 1740/20 (v. all. 4 alla memoria istruttoria n. 2 di parte ricorrente), aperto nei confronti del sig. (...) "per il delitto p. e p. dall'art. 572 c.p., perché maltrattava la moglie, (...), e i figli minori, (...) e (...), ripetutamente sottoponendo la prima a violenze verbali e fisiche, consistite nel rivolgersi nei suoi confronti con espressioni del tipo "dove vai di bello a scopare?", "oggi la troia non esce", "sei una troia, sei una mezza sega, non sei capace di far niente", nello strattonarla e afferrarla ripetutamente e con forza, cagionandole lividi sulle braccia, nel minacciarla, in almeno tre occasioni, con un coltello da cucina, nel costringere in più occasioni la moglie e i figli a rinchiudersi a chiave nella zona notte dell'appartamento per sfuggire alle aggressioni....In (...), dal 2018....", nel corso del quale con ordinanza del 27.08.2020 veniva applicata all'indagato la misura cautelare del "divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla p.o. congiuntamente all'obbligo di allontanamento dalla casa familiare...", essendo stati riscontrati a carico del (...) i gravi indizi di colpevolezza in ordine al reato allo stesso contestato. Ebbene, tali indizi sono stati ricavati, oltre che dalle dichiarazioni della persona offesa, proprio dagli "...screenshot delle conversazioni nelle quali i figli palesavano richieste di aiuto o stigmatizzavano comportamenti violenti del padre" (v. a pag. 2), dai quali viene significativamente estrapolato quello relativo all'episodio verificatosi in data 22.03.2019, allorchè il figlio (...) indirizzava alla madre (...) il seguente messaggio "Ti prego sto piangendo. Corri a casa. E' venuto con un martello mi sto cacando sotto" (versato anche agli atti del presente giudizio). Il G.I.P. cita ulteriori due episodi, l'uno verificatosi il 15.08.2019 e consistito nella "...ingiustificata e sproporzionata reazione consistita nel minacciare la p.o. con un coltello da cucina...poiché, durante un barbecue, non aveva dato seguito all'istruzione del marito...", denotante "...concreta e, pericolosamente, sproporzionata sopraffazione fisica e morale" e l'altro accaduto il 28.08.2019, concretizzatosi nella apprensione del cellulare "per evitare di essere registrato dalla p.o." che "...anche considerando le successive violenze fisiche (spintone; coltello da cucina puntato alla gola), denotano l'abitualità del comportamento e dell'indole"; episodi, oltre tutto, avvenuti - osserva il giudice - "...quando l'indagato era sobrio, nonostante il cronico uso di alcol, ulteriormente rafforzandosi l'indole scientemente violenta". Detto quadro è risultato sostanzialmente confermato dall'ordinanza resa in data 17.09.2020, sul reclamo proposto dal (...) avverso il provvedimento del G.I.P. (v. all. alla memoria istruttoria n. 3 di parte ricorrente), dal Tribunale del Riesame di Roma, che ha potuto valersi, altresì, degli ulteriori elementi ricavati dagli esiti delle indagini del P.M. pervenuti il 02.09.2020 che "...consentono di ritenere riscontrate, allo stato e al livello di certezza richiesto per la presente fase, le dichiarazioni della p.o." (v. a pag. 4) e cioè: delle dichiarazioni della sig.ra (...), collega della (...), la quale riferiva "...di aver notato da circa un anno un cambiamento nel comportamento della p.o. e di aver appreso da quest'ultima solo nell'inverno scorso che il marito era spesso ubriaco e che era diventato aggressivo e l'aveva minacciata, una volta anche con un coltello"; delle dichiarazioni del fratello dell'indagato sig. (...), il quale confermava "di aver interrotto i rapporti conil ricorrente e che la (...), spaventata dal fatto che il marito potesse farle del male (ed in particolare utilizzare contro di lei un acido), si era rifugiata per qualche giorno insieme ai figli a casa sua...Il (...), pur negando di aver assistito a liti tra la (...) e il fratello, ha confermato di aver sentito spesso i due urlare e che l'indagato è spesso ubriaco e che certamente in tali frangenti alza la voce e può diventare minaccioso". Il Tribunale osserva, al riguardo, che "...il frequente, pericoloso stato di ebbrezza del ricorrente, riferito dalla (...) e che ha determinato spesso i comportamenti aggressivi dell'indagato, ha trovato conferma non solo nelle dichiarazioni del testi de relato (...) ma anche in quelle del fratello che ha altresì aggiunto che, quando è ubriaco, il (...) diventa minaccioso" e che "...tale condotta, aggressiva e minacciosa, trova riscontro anche negli audio prodotti e trascritti dalla p.o." (gli stessi prodotti nel presente giudizio) e aggressiva. Viene citata, infine, una denuncia della (...) risalente al settembre 2019 nei confronti del marito per percosse e ingiurie, da cui risulta, tra l'altro, "...che a settembre 2019 la (...) aveva chiesto a tarda sera l'intervento dei carabinieri, riferendo di temere che il marito potesse utilizzare dell'acido contro di lei: il (...) aveva confermato alla presenza dei carabinieri di aver effettivamente fatto riferimento al potenziale utilizzo dell'acido "al solo fine di disinfettare la moglie, la quale, secondo lui, nel corso della giornata si era incontrata con l'amante". Gli elementi tutti di cui sopra hanno trovato ulteriore riscontro all'esito della prova orale espletata nel corso del presente giudizio. Il teste (...), assistente capo coordinatore della Polizia di Stato presso la Questura, Divisione Anticrimine, alla domanda di cui al cap. 1 della memoria istruttoria n. 2 di parte ricorrente "Vero che il sig. (...) sino all'anno 2019, e tutt'oggi, assume alcool, vino e liquori, ubriacandosi" ha risposto "si è vero e ciò posso dire sia per il mio lavoro e sia per quanto riferitomi dalla (...)". Alla stessa domanda il teste (...), fratello del resistente, ha risposto "si è vero". Alla domanda di cui al cap. 2 "Vero che allorchè il sig. (...) era ubriaco si rivolgeva alla moglie insultandola dicendole "mi fai pena, puttana, non capisci niente" e la minacciava di morte, anche con l'uso di un coltello" il teste (...) ha risposto "posso dire che la (...) mi ha mandato delle registrazioni fatte con il cellulare perché aveva paura che succedesse qualcosa. Nelle registrazioni si sentono le parole di cui al capitolo". Alla domanda di cui al cap. 3 "Vero che allorché il sig. (...) era ubriaco era violento verso la moglie, aggredendola fisicamente ad esempio afferrandola per un braccio e sospingendola violentemente verso il muro o sul letto" il teste (...) ha risposto "in una registrazione che ho ascoltato si sente il lamento della (...) che dice che lui le aveva fatto male e si sente il rumore come di uno spintonamento". Alla domanda di cui al cap. 4 "Vero che, allorchè il sig. (...) era ubriaco, la sig.ra (...) si chiudeva a chiave nella zona notte dell'appartamento con i figli, nel mentre il marito batteva con violenza i pugni sulla porta al fine di indurre la moglie ad aprire" il teste (...) ha risposto "sì è vero e ricordo bene l'episodio in quanto (...) mi chiamò e mise il telefono in viva voce. Io le dissi di stare calma e in caso di peggioramento della situazione di chiamare i Carabinieri". Alla domanda di cui al cap. 5 "Vero che in più occasioni allorchè il (...) era ubriaco i figli (...) e (...) si rifugiavano nell'appartamento dello zio, (...), sito al piano terra del medesimo fabbricato in cui è posta la casa coniugale" il teste (...) ha risposto "sì è vero scendevano sotto e dicevano che il padre era ubriaco"...A.d.r.: " i bambini venivano regolarmente e liberamente". Alla domanda di cui al cap. 6 "Vero che nell'estate 2019 il sig.(...) ha minacciato con un coltello da cucina la moglie sottraendole nel contempo il cellulare" il teste (...) ha risposto "conosco la circostanza ma non ero presente. Ho sentito la registrazione del (...) che le toglieva il telefono". Alla domanda di cui al cap. 7 "Vero che nell'estate dell'anno 2019 il sig. (...) ha inveito con insulti ed improperi e minacce verbali nei confronti della moglie la quale provvedeva a registrare quanto stava accadendo" il teste (...) ha risposto "si è vero". Alla domanda di cui al cap. 8 "Vero che la sig.ra (...) il 14.12.2018 chiedeva ad un suo ex compagno di scuola, sig. (...), contattandolo telefonicamente, di aiutarla al fine di proteggere se stessa ed i propri figli dalle aggressioni e minacce del marito" il teste (...) ha risposto "si è vero". Alla domanda di cui al cap. 11 "Vero che in data 5 settembre 2019 il (...) inviava un messaggio sms alla consorte dal seguente contenuto: "essere ignobile, spregiudicata, priva di qualsiasi morale, disinfettati. Ho chiamato l'A.D.R." "così! usa pure l'acido!" il teste (...) ha risposto "sì ho visto l'sms e lo abbiamo trascritto". Soccorrono, infine, le dichiarazioni dei figli delle parti, ascoltati dal CTU dott.ssa Silvia Stocchi su delega del Tribunale. Nello specifico, il figlio minore (...) ha dichiarato che il suo ricordo più brutto con il padre è quello in cui "papà mi doveva riaccompagnare e è andato in contromano, poi l'hanno fermato i carabinieri, ero tanto impaurito, e avevo anche paura di quello che succedeva a papà che stava ubriaco" e alla domanda della CTU su quali fossero stati secondo lui i motivi per cui i genitori litigavano spesso, ha risposto "forse perché papà qualche volta si ubriacava, principalmente litigavano per questo". L'altro figlio minore (...) ha riferito che "Per me la situazione si è andata a deteriorare per via dell'atteggiamento di papà che è andato via via peggiorando, anche per l'utilizzo di alcolici..." e che "Mia opinione è che non è finita per colpa di mamma per la frequentazione con G.. Per me la situazione si è andata a deteriorare per via dell'atteggiamento di papà che è andato via via peggiorando, anche per l'utilizzo di alcolici e l'inasprimento del rapporto tra lui e mamma...il rapporto di mamma e di papà è diventato dannoso per entrambi, papà si arrabbiava sempre anche per le minime cose inutili e diventava un pretesto per litigare e rovinare un clima di quiete e mamma era arrivata ad un punto che le subiva e basta". (...) ha confermato, altresì, l'episodio della minaccia con il coltello, leggendosi a pag.45 della CTU quanto segue: "(...) riporta aspre litigate tra i genitori e porta l'episodio in cui ha visto il padre puntare un coltello alla mamma e minacciarla...riferisce di essersi sentito scioccato...". Non sono, viceversa, emersi elementi di rilievo dai testi di parte resistente, che non hanno riferito circostanze rilevanti ai fini che qui interessano. Il coacervo delle condotte tutte sopra descritte - aggravate dal fatto di essere state poste in essere anche alla presenza dei figli minori - ed il loro carattere di abitualità (fatta eccezione per la violenza fisica, di cui non risultano provati episodi significativi) inducono a ritenere provati tanto la reiterata violazione dei doveri coniugali di cui all'art. 143, II co., c.c. da parte del (...), quanto il nesso causale tra le stesse e la crisi coniugale, considerato che resistente non si è sforzato di fornire una spiegazione causale alternativa alla rottura del legame coniugale (all'infuori della riferita relazione extraconiugale della (...), su cui v. supra), né ha dimostrato l'anteriorità della crisi alle condotte in questione. Sussiste, in definitiva, senz'altro la prova tanto delle condotte, quanto del nesso causale tra le stesse e la sopravvenuta intollerabilità della prosecuzione della convivenza. Ne segue che in accoglimento della relativa domanda, dovrà essere dichiarata l'addebitabilità della separazione al sig. (...), ai sensi e per gli effetti dell'art. 151, II co., c.c.. 2. Affidamento dei figli minori Non luogo a provvedere sull'affidamento avuto riguardo alla posizione del figlio (...) che, divenuto maggiorenne nelle more del giudizio, sarà libero di autodeterminarsi in ordine alle modalità di frequentazione del padre. Con riferimento al figlio minore (...), va premesso in linea generale che lo strumento dell'affido condiviso è oggi espressamente contemplato, con specifico riferimento, tra l'altro, alla materia della separazione, dalle disposizioni di cui agli artt. 337bis ss. c.c., in tema di "Esercizio della responsabilità genitoriale a seguito di separazione, scioglimento, cessazione degli effetti civili, annullamento, nullità del matrimonio ovvero all'esito di procedimenti relativi ai figli nati fuori dal matrimonio". Trattasi di strumento che il legislatore mostra chiaramente di privilegiare, disponendo l'art. 337ter c.c. al I co. che il minore ha il diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori, di ricevere cura, istruzione e assistenza morale da entrambi e di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale e al II co. che il Giudice, per realizzare le finalità sopra indicate, nei procedimenti ex art. 337bis c.c. adotta i provvedimenti relativi alla prole con esclusivo riferimento all'interesse morale e materiale di essa e valutando, prioritariamente, la possibilità che i figli minori restino affidati ad entrambi i genitori. Stabilisce, peraltro, l'art. 337quater c.c. che il Giudice può disporre l'affidamento esclusivo dei figli minori ad uno solo dei genitori, qualora ritenga con provvedimento motivato che l'affidamento all'altro sia contrario all'interesse del minore. In proposito, costituisce orientamento condiviso in giurisprudenza quello secondo cui l'affidamento condiviso presuppone la ripartizione di compiti e di responsabilità nella gestione del figlio, tale da realizzare un bilanciamento nelle sfere di competenza di ciascun genitore. Sul tema la Corte di Cassazione ha, altresì, di recente stabilito che ai fini della operatività dell'istituto dell'affidamento condiviso dei figli è necessario "un accordo sugli obiettivi educativi, una buona alleanza genitoriale e un profondo rispetto dei rispettivi ruoli", scoraggiando il ricorso a tale rimedio nell'ipotesi in cui tra i genitori non vi sia un profondo rispetto reciproco (Cass. Civ., Sez. I, n. 17191/11). Deve, in definitiva, ritenersi che pur essendo pacifica la preferenza accordata alla modalità di affidamento condiviso della prole, ciò non toglie, tuttavia, che il legislatore abbia mantenuto, quale valvola di sicurezza del sistema, l'ipotesi dell'affidamento esclusivo, qualora ritenga che l'applicazione del principio di bi-genitorialità sia contrario all'interesse del minore. In tale prospettiva e tornando al caso che ci occupa, la CTU dott.ssa Silvia Stocchi ha evidenziato che "...la signora (...) non presenta elementi psicopatologico ma mostra una certa sofferenza legata alla tendenza a coinvolgersi eccessivamente nelle situazioni e a dipendere in modo eccessivo dall'opinione altrui. Il signor (...), invece, presenta un quadro psicopatologico che interferisce con la sua capacità di adattamento alle situazioni. Tale aspetto interferisce sia nelle capacità di coinvolgimento emotivo che nei rapporti interpersonali, con comportamenti che non tengono in considerazione gli altri e possono anche di tipo autodistruttivo. Tali aspetti di rilevanza clinica necessitano di essere affrontate in via preliminare, insieme ad un percorso di valutazione relativo all'uso di alcol, per garantire ai minori la tutela e il diritto a mantenere un rapporto continuativo con entrambi i genitori", rimarcando "...la possibilità che anche un percorso terapeutico individuale non sia soltanto utile ma addirittura indispensabile al signor (...), al fine di acquisire consapevolezza degli aspetti disfunzionali evidenziati, elaborare la propria storia familiare e percorso di vita,e poter lavorare sul proprio ruolo genitoriale. Si ritiene, infatti, che le competenze genitoriali vanno ben oltre l'intrattenere un buon rapporto con i figli, ma riflettano soprattutto la capacità del genitore a tenere in considerazione sia gli aspetti fisici (ambiente e cura dei bisogni quotidiani), che gli aspetti ambientali (organizzazione del contesto), gli aspetti intellettuali (stimolazioni ed attività) e, infine, gli aspetti emozionali e sociali (cura psicologica)" (v. a pag. 56 della relazione). Con riferimento al rapporto padre-figli, si legge a pag. 62 della CTU che "Dal punto di vista dell'educazione emerge che il signor (...) abbia avuto uno stile ambivalente. Da un lato si dedicava ad attività ludiche e ricreative con i figli mostrando di tenere al rapporto con i figli che sono affezionati a lui; anche se non ha partecipato agli incontri scuola famiglia delegando il compito alla moglie (solo durante la CTU il signor (...) tramite il suo legale ha chiesto le credenziali d'accesso al registro elettronico di (...) e ha chiesto di avere un colloquio con i professori); dall'altro presentava spesso un atteggiamento rigido ed autoritario con atteggiamenti rabbiosi non comprensibili per i minori tanto che gli stessi dichiarano di stare meglio da quando il padre si è allontanato dalla casa familiare e di non vivere più in uno stato di tensione continua. Il signor (...) ha mostrato una scarsa tolleranza alle frustrazioni, scarsa comprensione delle motivazioni dei minori ed si evidenzia che, dall'insorgere dell'aspra conflittualità familiare, egli abbia dato ampia manifestazione della sua difficoltà ad anteporre i bisogni e le esigenze evolutive dei figli al conflitto con la ex coniuge. Inoltre, non ha salvaguardato un'immagine positiva della madre con i minori ed ha coinvolto direttamente i minori la conflittualità genitoriale, informando i minori sui fatti inerenti alla coppia e colpevolizzando i minori con accuse di tradimento". La dott.ssa S. rileva, ancora, che "Dall'analisi dei profili personologici emerge che il signor (...) presenta un profilo clinicamente rilevante caratterizzato da un pensiero rigido e un'ideazione a tratti incoerente (con alterazione del pensiero e contenuti intrusivi che possono interferire sulle capacità di adattamento) che si riflettono sia nella tendenza a sovrastimare le proprie capacità , con la presenza di ambivalenza e difficoltà a comprendere i vissuti, sia sulle relazioni interpersonali connotate negativamente e vissute come conflittuali. Emerge inoltre la presenza di comportamenti che possono essere riconducibili ad una condotta abusante di alcol eche egli tende a minimizzare, rappresentando una imprudente mancanza di cautele in determinate situazioni". In conclusione, "...emerge che entrambi i genitori presentano delle difficoltà relative alla capacità di coinvolgere i minori in interazioni emotive adeguate alla loro età e al proprio grado di maturazione affettiva. Tuttavia, si evidenzia che mentre la signora (...) riesce a comprendere i bisogni ed il punto di vista dei minori, mostrando la presenza di adeguate capacità genitoriali, il signor (...) presenta una scarsa tolleranza alla frustrazione, non riesce a relazionarsi in modo coerente, responsivo e funzionale con i minori" (v. a pag. 63). Si osserva, infine, che "...il signor (...) ha mostrato che, anche in un contesto sereno e strutturato come quello della consulenza, egli non è in grado di identificarsi con i bisogni e gli stati emotivi dei minori e si mostra scarsamente disponibile a tenere i minori lontani dalle conflittualità. Pertanto, egli necessita di riconoscere i propri vissuti e lavorare sulla loro elaborazione per costruire modalità funzionali di relazione con i minori che lo aiutino ad adottare modalità più collaborative di relazione. La signora (...) nel corso della valutazione ha mostrato un atteggiamento sempre più sicuro e maturo, tende a riconoscere le proprie difficoltà e assume un atteggiamento attento ai figli e si mostra disponibile rispetto alla possibilità di cambiare atteggiamento". Sulla base di tali premesse, la dott.ssa S. conclude nel senso che "Si ritiene necessario un affidamento esclusivo alla madre che preveda, data l'età dei ragazzi, una libera frequentazione padre-figli - secondo le modalità che saranno specificate in seguito - e l'attivazione di un progetto e del monitoraggio del Servizio Sociale. Rispetto al collocamento dei minori questo si conferma presso l'abitazione attuale insieme alla madre". Le conclusioni cui è pervenuta la CTU, siccome logiche, coerenti ed esenti da profili di censura nei singoli passaggi, vengono interamente fatte proprie dal Collegio. Al riguardo è, del resto, sufficiente osservare che per giurisprudenza costante (v., tra le tante, Cass. civ., Sez. II, n. 21504/18): 1) ove il giudice di merito riconosca convincenti le conclusioni del consulente tecnico d'ufficio, non è tenuto ad esporre in modo specifico le ragioni del suo convincimento, poiché l'obbligo della motivazione è assolto già con l'indicazione delle fonti dell'apprezzamento espresso, dalle quali possa desumersi che le contrarie deduzioni delle parti siano state implicitamente rigettate; 2) il giudice del merito, quando aderisce alle conclusioni del consulente tecnico che nella relazione abbia tenuto conto, replicandovi, dei rilievi dei consulenti di parte, esaurisce l'obbligo della motivazione con l'indicazione delle fonti del suo convincimento; non è, quindi, necessario che egli si soffermi anche sulle contrarie allegazioni dei consulenti tecnici di parte che, seppur non espressamente confutate, restano implicitamente disattese perché incompatibili con le conclusioni tratte. Nella specie, la CTU ha congruamente esplicitato le ragioni per le quali la sola la sig.ra (...) mostra - allo stato e pur tra le evidenziate difficoltà - di possedere sufficienti capacità genitoriali, mentre il sig. (...) non appare ancora in grado di "....identificarsi con i bisogni e gli stati emotivi dei minori...si mostra scarsamente disponibile a tenere i minori lontani dalle conflittualità...presenta una scarsa tolleranza alla frustrazione, non riesce a relazionarsi in modo coerente, responsivo e funzionale con i minori"; elementi, tutti, che portano a ritenere, ad oggi, contrario all'interesse morale e materiale del minore (...) - nella logica dell'art. 337ter c.c. - l'affidamento condiviso dello stesso ad entrambi i genitori e a optare, viceversa, per il suo affidamento esclusivo alla madre, presso la quale il minore resterà, di conseguenza, collocato. Quanto sopra non esclude, naturalmente, la salvezza - per quanto possibile - dei diritti del minore a mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori, di ricevere cura, educazione, istruzione e assistenza morale da entrambi e di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale ex art. 337ter, I co., c.c., come espressamente prescritto dall'art. 337quater, II co., c.c. in tema di affidamento esclusivo. Sempre ai sensi della sopra citata disciplina, l'affidamento esclusivo del figlio minore alla sig.ra (...) comporta che la ricorrente avrà l'esercizio esclusivo della responsabilità genitoriale su di esso. In ogni caso, le decisioni di maggiore interesse per il figlio verranno adottate da entrambi i genitori e resterà salva, altresì, la facoltà per il resistente di vigilare sull'istruzione ed educazione del minore e di ricorrere al giudice ove ritenga che siano state assunte decisioni pregiudizievoli al suo interesse, ai sensi dell'art. 337quater, ult. co., c.c.. La CTU ha rimarcato, ancora, la necessità della "Attivazione di un programma di sostegno alla genitorialità... la presa in carico dei minori (supporto psicologico) (...) e T." i quali "...presentano livelli di sofferenza conseguenti a stress prolungato e necessitano di lavorare sulla propria autostima ed essere sostenuti nella possibilità di avere modelli di relazione più funzionali con le figure genitoriali", la "... necessità di avviare un percorso di sostegno psicologico, previa valutazione medico-psichiatrica delle proprie condizioni di salute per il signor (...) che possa consentirgli di accedere alle proprie risorse in modo più coerente e proficuo" e il "suggerimento per la signora (...) di intraprendere un percorso di psicoterapia che possa aiutarla ad alleviare i propri livelli di sofferenza". Nella presente sede il Collegio può, peraltro, solo limitarsi ad invitare le parti ad intraprendere le iniziative individuate dalla dott.ssa S., da demandarsi ai Servizi Sociali territorialmente competenti e, per quanto attiene ai profili clinici, al DSM e al TMSREE della A. territorialmente competente, essendo chiaro, in ogni caso, che una eventuale, futura modifica del regime di affido passa inevitabilmente per il ricorso del sig. de L. al percorso di sostegno sopra indicato. 3. Assegnazione della casa familiare. Sul tema, va premesso in linea generale che per giurisprudenza costante, tanto il previgente art. 155 c.c. nel testo in vigore fino all'entrata in vigore della L. n. 54 del 2006, quanto il precedentemente vigente art. 155quater c.c., in tema di separazione, quanto l'attualmente vigente art. 337septies c.c., subordinano l'adottabilità del provvedimento di assegnazione della casa coniugale alla presenza di figli, minorenni o maggiorenni non autosufficienti conviventi con i coniugi: in difetto di tale elemento, sia che la casa coniugale sia in comproprietà fra i coniugi, sia che appartenga in via esclusiva a un solo coniuge, il giudice non potrà adottare con la sentenza di separazione un provvedimento di assegnazione della casa coniugale, non autorizzandolo neppure l'art. 156 c.c., che non prevede tale assegnazione in sostituzione o quale componente dell'assegno di mantenimento (Cass. civ. n. 6079/07). Alla luce delle sopra richiamate coordinate ermeneutiche e tenuto conto del fatto che il figlio minore (...) è stato collocato presso la madre, con la quale vive anche il maggiorenne - pacificamente non autonomo economicamente - (...), deve essere, pertanto, confermata l'assegnazione alla ricorrente della ex casa coniugale s.I. (...) (R.), frazione P., via (...) n. 17. Va confermata, altresì, la revoca della statuizione, di cui all'O.P. del 21 febbraio 2020, per effetto della quale il resistente era stato autorizzato ad occupare il piano seminterrato dell'immobile ove è ubicata la casa coniugale e la cui efficacia era stata condizionata alla "...sua completa divisione dalla parte restante dell'appartamento e con creazione di un ingresso separato ed autonomo", ponendosi altresì a carico esclusivo del (...) "...le spese per i lavori di adeguamento del citato seminterrato che dovranno esser svolti nel rispetto di tutte le disposizioni di legge"; disposizioni che non risultano essere state in alcun modo osservate dal resistente, come documentato dalla produzione dell'ordinanza prot. (...) dell'08.05.2020, con cui il Comune di (...), sulla scorta del verbale n. 01 della A.D.R. attestante l'inidoneità dei locali occupati dal padre dei minori ad essere utilizzati a scopo di civile abitazione, intimava al (...) di non utilizzare i suddetti locali, per l'appunto, a titolo di civile abitazione, gli stessi essendo sprovvisti di servizi igienici e di angolo cottura. Stante quanto sopra, dovrà, di conseguenza, disporsi che il (...) si allontani immediatamente dall'immobile in questione, ove ciò non sia già avvenuto. 4. Regime di visite genitore non collocatario. Al riguardo, si legge nella CTU che "Rispetto alla frequentazione padre-figli i minori continueranno a frequentare il padre preferibilmente il sabato o la domenica, o comunque quando sono liberi dagli impegni scolastici, per un periodo di almeno sei mesi dall'attivazione del P. e del Monitoraggio del Servizio Sociale di (...), con cui la scrivente ha già preso contatto. "L'attivazione del P. avrà i seguenti obiettivi: - Valutare le condizioni ambientali di vita del signor (...) (valutazione della pulizia dell'abitazione); - supportare la famiglia nell'organizzazione degli spostamenti dei figli nella frequentazione con il padre; - facilitare modalità di comunicazioni funzionali della coppia genitoriale; - supportare il padre e i figli nella costruzione di un rapporto libero dalla conflittualità genitoriale; - supportare la costruzione di un rapporto padre-figli favorendo una comunicazione più funzionale; - sostenere il padre nel riconoscimento dei bisogni di vicinanza, di supporto e dello stato emotivo dei minori; - sostenere il padre nel riconoscimento delle proprie difficoltà digestione del rapporto con i figli; - sostenere il padre nel riconoscere l'eventuale presenza di modalità educative disfunzionali; - Creare le condizioni affinché, previa valutazione positiva del servizio, potrà essere previsto - dopo il sesto mese - il pernotto dei minori presso l'abitazione paterna durante il fine settimana, a settimane alterne e, successivamente stabilendo anche un calendario alternato per le festività. Il Monitoraggio sarà svolto inizialmente una volta a settimana, fino a diversa valutazione del servizio stesso, e prevede anche che il Servizio Sociale si relazionerà con il Sert". In tale prospettiva, considerato che la CTU è stata depositata il 18.03.2023, che non sono emerse in corso di causa (e a distanza ormai di quattro mesi e mezzo dal deposito della relazione) serie controindicazioni in esito all'attivazione del P. indicato dal CTU alle pagg. 66-67 della relazione e che, in ogni caso, nella presente sede il Collegio ha la sola possibilità di invitare le parti ad aderire al Progetto indicato dal CTU, si ritiene di confermare le modalità di esercizio del diritto di visita al figlio minore (...) da parte del padre stabilite in sede di O.P. del 21 febbraio 2020. Il sig. (...) avrà, pertanto facoltà di vedere e tenere con sé il figlio, compatibilmente con i suoi impegni personali di lavoro e quelli scolastici dei minori, secondo le seguenti modalità: i) due pomeriggi la settimana, da concordare con la madre, dalle ore 15,00 alle ore 21,00; ii) dalle ore del 15,00 sabato alle ore 21,00 della domenica, a fine settimana alterni; iii) dal 23 al 30 dicembre o dal 31 dicembre al 6 gennaio, ad anni alterni, durante le festività natalizie; iv) il sabato e la domenica di Pasqua oppure il Lunedì dell'Angelo e il martedì successivo, ad anni alterni; v) quindici giorni, anche non consecutivi, durante le ferie estive, previo accordo con la madre entro il 31 maggio di ciascun anno. E' appena il caso, infine, di rilevare che anche all'esito dell'audizione dei minori - i quali non hanno manifestato specifiche problematiche nel rapporto con il padre - non si ravvisano sussistere i presupposti per la richiesta (da parte della (...)) mediazione dei servizi sociali in merito agli incontri padre-figli, che potranno, pertanto, avvenire liberamente, come già statuito con ordinanza del 07.04.2022. 5. Mantenimento dei figli. Sul tema, costituisce principio condiviso quello secondo cui a seguito della separazione personale tra coniugi, anche la prole ha diritto ad un mantenimento tale da garantire un tenore di vita corrispondente alle risorse economiche della famiglia ed analogo per quanto possibile a quello goduto in precedenza, continuando a trovare applicazione gli artt. 30 Cost. e 147 c.c. che, imponendo il dovere di mantenere, istruire ed educare i figli, obbligano i genitori a far fronte ad una molteplicità di esigenze, non riconducibili al solo obbligo alimentare, ma estese all'aspetto abitativo, scolastico, sportivo, sanitario e sociale, all'assistenza morale e materiale, alla opportuna predisposizione, fin quando l'età dei figli stessi lo richieda, di una stabile organizzazione domestica, idonea a rispondere a tutte le necessità di cura e di educazione (Cass. civ. n. 21273/13). La regola generale sopra esplicata deve essere, peraltro, estesa anche alla posizione dei figli maggiorenni, con la precisazione, tuttavia, che l'obbligo di cui all'art. 147 c.c. cessa, in tale ipotesi, ove si provi il raggiungimento del presupposto dell'indipendenza economica da parte del figlio e cioè il raggiungimento di uno status di autosufficienza economica consistente nella percezione di un reddito corrispondente alla professionalità acquisita, in relazione alle normali e concrete condizioni di mercato (Cass. civ. n. 18974/13). Tanto premesso e tornando al caso che ci occupa, in sede di provvedimenti provvisori del 21.02.2020 il Presidente del Tribunale, valutati i redditi delle parti (la sig.ra (...) risultava titolare di un reddito da lavoro pari a circa Euro1.300,00 netti mensili e non poteva percepire alcun reddito dalle abitazioni site in Leonessa di cui era proprietaria perché inagibili, mentre il sig. (...) godeva di un trattamento pensionistico superiore a Euro1.700,00 Euro mensili ed era in procinto di percepire il TFR) e tenuto conto delle risorse finanziarie, delle necessità dei minori (all'epoca, di 15 e 10 anni di età) e dei bisogni materiali dell'obbligato conseguenti alla separazione, ebbe a quantificare in complessivi Euro500,00 mensili, annualmente rivalutabili in base agli indici ISTAT, l'ammontare del contributo dovuto dal padre per i due figli (Euro250,00 per ciascuno) e a porre, altresì, a carico del resistente, per la quota del 50%, il contributo alle spese straordinarie mediche non sostenute dal SSN, scolastiche, sportive e ricreative dei figli figlia, previa esibizione di idonea documentazione giustificativa. Il fatto, peraltro, non contestato che nelle more del giudizio il resistente abbia percepito la somma di Euro80.000,00 circa a titolo di TFR (circostanza allegata dalla ricorrente nei propri scritti difensivi e, da ultimo, in comparsa conclusionale, mai contestata dal (...), che non l'ha negata neppure nella memoria di replica) e l'aumentare delle esigenze materiali dei figli (la sentenza interviene a circa tre anni e mezzo dall'adozione dei provvedimenti provvisori) naturalmente connesse alla crescita - non necessitante di specifica dimostrazione, essendo normalmente correlato, per l'appunto, al progredire dell'età e legittimando la revisione dell'assegno di mantenimento anche in mancanza di evoluzioni migliorative delle condizioni patrimoniali del genitore tenuto alla contribuzione (v., tra le tante, Cass n.400/2010; n. 1019/06) - costituiscono, peraltro, circostanze sopravvenute tali da giustificare un contenuto aumento del contributo di cui sopra, che - fermo per il pregresso quanto stabilito in sede provvisoria - con decorrenza dalla data della presente decisione andrà, in definitiva, quantificato in complessivi Euro600,00 mensili (Euro300,00 per ciascun figlio) annualmente rivalutabili in base agli indici ISTAT. Da tale data il sig. (...) dovrà essere, pertanto, dichiarato tenuto a corrispondere alla sig.ra (...), a titolo di mantenimento dei figli minori (...) e (...) - quest'ultimo maggiorenne, ma pacificamente non autonomo sul piano economico - la suddetta somma di Euro600,00 mensili (Euro300,00 per ogni figlio) annualmente rivalutabili secondo gli indici ISTAT, mediante vaglia postale o altro mezzo equivalente, entro il giorno 5 di ogni mese, a decorrere dalla data di notificazione del ricorso per separazione. Per identiche ragioni dovrà essere, altresì, confermato l'obbligo, a carico del resistente, di provvedere in misura pari al 50% al pagamento delle spese straordinarie mediche non sostenute dal servizio sanitario nazionale, nonché di quelle scolastiche, sportive e ricreative relative ai figli, previa esibizione di idonea documentazione giustificativa. Le domande di cui ai punti nn. 4, 5 e 6 delle conclusioni della memoria istruttoria n. 1 di parte resistente devono essere dichiarate inammissibili. Ed invero, da un lato risulta improprio il ricorso al termine "assegnazione" con riferimento alle autovetture, il che impedisce già a monte il vaglio su tale domanda. In ogni caso ed anche a voler qualificare le domande in questione come volte alla restituzione degli autoveicoli, la giurisprudenza è ormai costante nel giudicare manifestamente inammissibili le domande "connesse", sottoposte a rito ordinario, nel giudizio di separazione o divorzio: l'art. 40 c.p.c. consente, infatti, nello stesso processo il cumulo di domande soggette a riti diversi soltanto in ipotesi qualificate di connessione (artt. 31, 32, 34, 35 e 36 c.p.c.), così escludendo la possibilità di proporre più domande connesse soggettivamente e caratterizzate da riti diversi. Conseguentemente, è esclusa la possibilità del "simultaneus processus" tra l'azione di separazione o di divorzio e quelle aventi ad oggetto, tra l'altro, la restituzione di beni mobili o il risarcimento del danno (Trib. Milano, sez. IX civ., sent., 6 marzo 2013; ancor più recente: Trib. Milano, sez. IX, sent., 3 luglio 2013), essendo queste ultime soggette al rito ordinario, autonome e distinte dalla prima (cfr. ex plurimis, Cass. civ., sez. I, 21 maggio 2009, n. 11828, Cass. civ., sez. I, 22 ottobre 2004 n. 20638; più di recente, v. Cass. civ., sez. I, sent., 8 settembre 2014, n. 18870). Si è, ulteriormente, rilevato che nel procedimento di divorzio, come in quello di separazione (Cass. civ., sez. I, 10 marzo 2006, n. 5304) non possono essere introdotte domande diverse da quelle che sono strettamente attinenti all'oggetto del giudizio, in quanto consequenziali alle statuizioni ivi emanate in tema di rapporti personali tra le parti e di rapporti tra questi e la prole. Possono essere dunque formulate domande relative alla responsabilità genitoriale (affidamento, collocamento, diritto di visita), all'assegno divorzile e a quello perequativo per i figli, all'assegnazione della casa coniugale, nonché la domanda di prestazione di garanzia reale o personale o di autorizzazione a procedere a sequestro. Tutte le altre domande sono inammissibili, per violazione dell'art. 40 c.p.c. (vedi Cass. civ., 24 aprile 2007, n. 9915, in materia di restituzione di somme; Cass. civ., 8 settembre 2014, n. 18870, in materia di risarcimento del danno endofamiliare; Trib. Modena, 15 maggio 2007, in materia di costituzione di azienda; Trib. Monza, 10 luglio 2007, in materia di scioglimento comunione; Trib. Como, decr., 3 febbraio 2016, in materia di possesso di animali da compagnia). Alla stregua della giurisprudenza sopra richiamata e considerato, altresì, che le relative conclusioni presuppongono l'accertamento in ordine alla spettanza del diritto di proprietà sui mezzi, da demandarsi inevitabilmente ad un ordinario giudizio di merito, le domande de quibus dovranno essere, in definitiva, necessariamente dichiarate inammissibili nella presente sede. Per identiche ragioni deve essere, infine, dichiarata inammissibile la domanda di cui al punto n. 7 delle conclusioni della stessa memoria, tesa ad ottenere la restituzione di somme asseritamente spese dal (...) per "spese... luce, gas, TASI e quanto altro necessario; domanda, oltre tutto, formulata in modo generico e totalmente sfornita di prova. Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo. Le spese di CTU, liquidate con separato provvedimento, devono essere poste definitivamente a carico del resistente. P.Q.M. - respinge la domanda di addebito della separazione avanzata da (...); - in accoglimento della relativa domanda proposta da (...), dichiara la separazione addebitabile al resistente; - non luogo a provvedere sull'affidamento avuto riguardo alla posizione del figlio (...), divenuto maggiorenne nelle more del giudizio; - dispone l'affidamento esclusivo alla sig.ra (...) del figlio minore (...), che colloca presso la madre; - invita le parti ad attivare/proseguire le misure ed i percorsi di sostegno individuati dalla dott.ssa (...) alla voce "Altri interventi" a pag. 67 della CTU, nonché il "Progetto e del Monitoraggio del Servizio Sociale di (...)" di cui a pag. 66 della relazione, da demandarsi al Servizio sociale territorialmente competente e - per quanto attiene ai profili clinici - al DSM e al TMSREE della (...) territorialmente competente; - assegna alla ricorrente la ex casa coniugale s.I. (...), via Manzoni n. 17, revocando l'autorizzazione al resistente ad occupare il piano seminterrato dell'immobile ove è ubicata detta abitazione e disponendo, pertanto, che il (...) si allontani immediatamente dall'immobile in questione, ove ciò non sia già avvenuto; - dispone che il sig. (...) possa vedere e tenere con sé il figlio minore (...), compatibilmente con i suoi impegni personali di lavoro e quelli scolastici del minore, secondo le seguenti modalità: i) due pomeriggi la settimana, da concordare con la madre, dalle ore 15,00 alle ore 21,00; ii) dalle ore del 15,00 sabato alle ore 21,00 della domenica, a fine settimana alterni; iii) dal 23 al 30 dicembre o dal 31 dicembre al 6 gennaio, ad anni alterni, durante le festività natalizie; iv) il sabato e la domenica di Pasqua oppure il Lunedì dell'Angelo e il martedì successivo, ad anni alterni; v) quindici giorni, anche non consecutivi, durante le ferie estive, previo accordo con la madre entro il 31 maggio di ciascun anno; - fermo per il pregresso quanto stabilito in sede di provvedimenti presidenziali del 21.02.2020, con decorrenza dalla data di pubblicazione della presente decisione dichiara il sig. (...) tenuto a corrispondere alla sig.ra (...) per il mantenimento dei figli (...) e (...), a mezzo vaglia postale o altro strumento equivalente, la somma mensile complessiva di Euro600,00 (Euro300,00 per ciascun figlio), rivalutabili annualmente in base agli indici ISTAT e da versarsi entro il giorno 5 di ogni mese; - dichiara, altresì, il resistente tenuto a concorrere in misura pari al 50% alle spese straordinarie mediche non sostenute dal SSN, nonché di quelle scolastiche, sportive e ricreative relative ai figli, previa esibizione di idonea documentazione giustificativa; - dichiara inammissibili le domande di cui ai punti nn. 4, 5, 6 e 7 delle conclusioni della memoria ex art. 183, VI co., n. 1 c.p.c. di parte resistente; - condanna il (...) a rifondere alla (...) le spese di lite, che liquida in complessivi Euro7.714,00, di cui Euro7.616,00 a titolo di compensi professionali ed Euro98,00 per esborsi, oltre alle spese forfettarie ex art. 2 D.M. n. 55 del 2014 ed oltre a IVA e CPA come per legge; - pone le spese di CTU, liquidate con separato provvedimento, definitivamente a carico del resistente. Così deciso in Rieti il 28 luglio 2023. Depositata in Cancelleria il 31 luglio 2023.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO di RIETI SEZIONE CIVILE Il Tribunale in composizione monocratica, nella persona del Giudice dott. GIANLUCA MORABITO, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 1834/2020 promossa da: (...) S.P.A., già (...) S.P.A. (C.F. (...)), con il patrocinio dell'avv. (...), elettivamente domiciliata presso il suo studio in Roma, via (...), come da procura in calce all'atto di citazione ATTRICE contro COMUNE DI POGGIO MOIANO (C.F. 00121900575), con il patrocinio dell'avv. (...), elettivamente domiciliato presso il suo studio in Rieti, viale (...), come da delega in calce alla comparsa di costituzione e risposta CONVENUTO CONCLUSIONI Le parti hanno concluso come da verbale all'udienza di precisazione delle conclusioni del 09.02.2023 e la causa è stata, all'esito, trattenuta in decisione, previa assegnazione dei termini ex art. 190 c.p.c.. FATTO E DIRITTO Con atto di citazione ritualmente notificato la (...) S.p.a. conveniva in giudizio - nella asserita veste di cessionaria dei crediti analiticamente indicati nel corpo dell'atto, già facenti capo alle indicate società fornitrici e relativi all'esecuzione di prestazioni oggetto di contratti di somministrazione - il Comune di Poggio Moiano, chiedendo accogliersi le seguenti conclusioni: "Voglia l'Ill.mo Tribunale adito così giudicare: - In via principale, per le ragioni e i titoli di cui in narratriva, accertare e dichiarare il diritto di (...) S.p.A. ad ottenere il pagamento da parte dell'Ente dei seguenti crediti e, per l'effetto, condannare il COMUNE DI POGGIO MOIANO, in persona del Sindaco pro tempore, al relativo pagamento in favore di (...) S.p.A.: - Euro 5,418.65 per sorte capitale, di cui alle fatture riepilogate nell'elenco prodotto sub doc. n. 3; - gli interessi moratori maturati e maturandi sulla predetta sorte capitale: - "determinati nella misura degli interessi legali di mora" ex artt. 2 e 5 del Decr. Lgs. n. 231/2002, come novellato dal Decr. Lgs. n. 192/2012 e - con decorrenza dal giorno successivo a quello di scadenza del termine di pagamento delle fatture costituenti la predetta sorte capitale - scadenza riportata nell'elenco prodotto sub doc. 3 (colonna "Data Scadenza") - sino al saldo; o interessi anatocistici prodotti dagli interessi moratori maturati sulla sorte capitale: - nella misura "degli interessi legali di mora" ai sensi degli artt. 2 e 5 del D.Lgs. n. 231/2002 come novellato dal D.Lgs. n. 192/2012, - con decorrenza dalla data di notifica del presente atto; - Euro 80,00 ai sensi dell'art. 6, comma 2, del Decr. Lgs. n. 231/2002 come novellato dal Decr. Lgs. n. 192/2012, per il mancato pagamento di n. 2 fatture costituenti la predetta sorte capitale; U Euro 19.700,00 a titolo di interessi di mora - ulteriori rispetto a quelli maturati e maturando sulla predetta sorte capitale - in quanto maturati a causa del tardivo pagamento, da parte dell'Ente, di crediti diversi da quelli costituenti la predetta sorte capitale insoluta; - gli interessi anatocistici prodotti dai predetti interessi di mora oggetto delle Note Debito, interessi di mora che, alla data di notifica del presente atto, sono scaduti da oltre sei mesi, ai sensi dell'art. 1283 cod.civ.: - nella misura "degli interessi legali di mora" ai sensi degli artt. 2 e 5 del D.Lgs. n. 231/2002 come novellato dal D.Lgs. n. 192/2012, - con decorrenza dalla data di notifica del presente atto. - Euro 6.640,00 ai sensi dell'art. 6, comma 2, del D.Lgs. n. 231/2002 come novellato dal D.Lgs. n. 192/2012, corrispondente all'importo di Euro 40,00 moltiplicato per ciascuna delle n. 166 fatture il cui tardivo pagamento ha generato gli interessi di mora oggetto delle Note Debito riepilogate sub doc. n. 5. - In via subordinata, per le ragioni e i titoli di cui in narrativa, accertare e dichiarare il diritto di (...) S.p.A. ad ottenere il pagamento da parte dell'Ente e, per l'effetto, condannare il COMUNE DI POGGIO MOIANO, in persona del Sindaco pro tempore, al pagamento in favore di (...) S.p.A. di ogni diversa somma che fosse ritenuta dovuta a Banca (...) per: - sorte capitale, interessi moratori maturati e maturandi sulla sorte capitale: o "determinati nella misura degli interessi legali di mora" ex artt. 2 e 5 del D.Lgs. n. 231/2002 come novellato dal D.Lgs. n. 192/2012 e o con decorrenza dal giorno successivo a quello di scadenza del termine di pagamento della sorte capitale, - interessi anatocistici prodotti dagli interessi moratori maturati sulla sorte capitale: o nella misura "degli interessi legali di mora" ai sensi degli artt. 2 e 5 del D.Lgs. n. 231/2002 come novellato dal D.Lgs. n. 192/2012, o con decorrenza dalla data di notifica del presente atto; -importo dovuto ai sensi dell'art. 6, comma 2, del D.Lgs. n. 231/2002 come novellato dal D.Lgs. n. 192/2012, in relazione alla sorte capitale; - importo dovuto a titolo di interessi di mora ulteriori rispetto a quelli maturati e maturandi sulla sorte capitale in quanto maturati a causa del tardivo pagamento di crediti diversi da quelli costituenti la sorte capitale; - interessi anatocistici prodotti dagli interessi di mora oggetto delle Note Debito: o nella misura "degli interessi legali di mora" ai sensi degli artt. 2 e 5 del D.Lgs. n. 231/2002 come novellato dal D.Lgs. n. 192/2012, o con decorrenza dalla data di notifica del presente atto; - importo dovuto ai sensi dell'art. 6, comma 2, del D.Lgs. n. 231/2002 come novellato dal D.Lgs. n. 192/2012, in relazione alle fatture il cui tardivo pagamento ha generato gli interessi di mora di cui alle Note Debito; - In via ulteriormente subordinata, per l'eventualità in cui l'Ente dovesse sollevare contestazioni in ordine ai rapporti contrattuali posti a fondamento delle domande di pagamento formulate oppure dovessero essere formulati rilievi officiosi, accertare e dichiarare il diritto di (...) S.p.A. ad ottenere il pagamento da parte dell'Ente e, per l'effetto, condannare il COMUNE DI POGGIO MOIANO, in persona del Sindaco pro tempore, al pagamento in favore di (...) S.p.A. di ogni diversa somma che fosse ritenuta dovuta a (...) S.p.A. per capitale, interessi e rivalutazione monetaria dal dovuto al saldo a titolo di indennizzo per ingiustificato arricchimento ex art. 2041 cod.civ. - In ogni caso, con vittoria di compensi e spese del giudizio, oltre rimborso forfettario nella misura del 15% ex D.M. n. 55/14, oltre C.P.A, IVA, contributo unificato, marca da bollo ed eventuali successive occorrende.". Il Comune di Poggio Moiano, costituitosi in giudizio, in via preliminare eccepiva la nullità della citazione per mancanza dei requisitili di cui agli artt. 163, comma 3 n. 3 e 4 c.p.c., sempre in via preliminare eccepiva la carenza di legittimazione attiva della (...) S.p.a. e nel merito contestava integralmente la domanda avversaria deducendo, tra l'altro: con riguardo agli asseriti "crediti per sorte capitale; Euro 5.418,65" "portati dalle fatture emesse dalle società (...) S.p.a. ed (...) S.p.a., riepilogate nell'elenco che si produce (doc.3)" e "cedute dalle predette Società all'esponente BFF mediante contratti di cessione dei crediti...", che la fattura (...) n.4600705898/11.08.2015 e con scadenza 25.09.2015 era stata soddisfatta attraverso la compensazione con nota di credito n.4600786669/28.08.2015 per Euro8.915,55, emessa dalla medesima Società (all.ti nn.4), stante le ragioni di credito reciproche tra il Comune di Poggio Moiano e l'(...); che la bolletta (...) S.p.a. n. E196000891/24.01.2019 era stata pagata con mandato n.147/22.02.2019 (all.ti n.5); che ne discendeva che la BFF non aveva alcun credito verso l'Ente convenuto; che, del pari, controparte non aveva diritto: - agli "interessi di mora maturati e maturandi sulla sorte capitale" "determinati ai sensi degli artt. 2 e 5 del D.Lgs. n.231/2002 come novellato dal D.Lgs. n.192/2012", difettando oltretutto i presupposti di legge; agli "interessi anatocistici prodotti dagli interessi moratori maturati sulla sorte capitale", tantomeno "nella misura degli interessi legali di mora ai sensi degli artt. 2 e 5 del D.Lgs. n.231/2002 come novellato dal D.Lgs. n. 192/2012"; - "al pagamento...dell'importo dovuto (id est Euro 80,00) ai sensi dell'art. 6 D.Lgs. n.231/2002 come novellato dal D.Lgs. n.192/2012", difettando sempre i presupposti di legge; con riguardo ai pretesi "crediti a titolo di ulteriori interessi di mora maturati per il tardivo pagamento di crediti diversi da quelli costituenti la sorte capitale insoluta di Euro 5.418,65...", che, secondo la Società attrice, il Comune di Poggio Moiano avrebbe "pagato tardivamente la sorte capitale" di n.166 bollette delle rispettive Società fornitrici, per cui essa aveva contabilizzato gli interessi di mora maturati, emettendo le fatture n. 90002272/04.05.2016 di Euro 2.870,99, n. 90004064/18.07.2016 di Euro 4.182,74, n. 90006072/20.10.2016 di Euro 2.157,81, n. 90003203/20.04.2017 di Euro 6.758,71, n. 90008043/19.07.2018 di Euro 2.101,20, n. 90001155/21.01.2019 di Euro 1.018,64, n. 90016675/21.10.2019 di Euro 265,30, n.90013920/22.10.2020 di Euro 344,61, per un totale di Euro 19.700,00, come da "Note Debito interessi prodotte sub doc. n.4 e riepilogate nell'elenco prodotto sub doc.n.5"; che anche tale pretesa era infondata, stante la carenza del diritto creditorio/legittimazione attiva della BFF, il il tempestivo pagamento delle bollette, il difetto di qualsiasi prova a supporto della pretesa ex adverso avanzata, l'irrilevanza giuridico-probatorio delle citate fatture, dei rispettivi "tabulati" e degli altri documenti allegati, l'inapplicabilità degli interessi moratori e, oltretutto, l'erroneità dei conteggi effettuati dalla Banca, con conseguente invalidità/irregolarità delle fatture da essa emesse; che, avendo il Comune di Poggio Moiano adempiuto alle proprie obbligazioni e difettando i presupposti di legge, non spettavano alla Società attrice: - "il predetto importo di Euro 19.700,00 a titolo di interessi di mora", oltretutto sprovvisto di prova ed errato pure nel quantum; il pagamento degli interessi anatocistici "prodotti dagli interessi oggetto delle Note di debito", tantomeno nella "misura...degli interessi legali di mora ai sensi degli artt. 2 e 5 del D.Lgs. n.231/2002 come novellato al D.Lgs. n.192/2012"; il pagamento, "ai sensi dell'art.6, comma 2, del D.Lgs. n.231/2002 come novellato dal D.Lgs. n.192/2012", "dell'importo di Euro 40,00 per ciascuna fattura ("in totale 166") il cui tardivo pagamento ha generato gli interessi di mora oggetto delle Note di debito", per un totale di Euro 6.640,00; che, infine, inammissibile, improponibile e comunque infondata era la domanda di condanna del Comune di Poggio Moiano "per ingiustificato arricchimento ex art. 2041 c.c.", considerata la sua natura sussidiaria e non essendo, oltretutto, configurabili i presupposti sostanziali dell'azione. Il Comune convenuto rassegnava, all'esito, le seguenti conclusioni: "Piaccia all'On Tribunale di Rieti, contrariis reiectis: 1)- in via preliminare, riconoscere e dichiarare la nullità dell'atto di citazione perché carente degli "elementi strutturali richiesti dall'art. 163, comma 3 n 3 e... 4 cpc"; 2)- nel merito: a)- riconoscere e dichiarare l'inesistenza degli asseriti diritti di credito e/o della legittimazione attiva in capo alla (...) S.p.a., e, comunque, il difetto delle relative prove, con conseguente infondatezza delle domande formulate; b)- riconoscere e dichiarare la invalidità/inefficacia e l'inopponibilità, al Comune di Pozzaglia Sabina, della cessione di credito ex adverso allegata; c)- riconoscere e dichiarare, in ogni caso, che i crediti azionati dalla (...) S.p.a. nei confronti dell'odierno concludente sono inesistenti, perché regolarmente estinti per effetto, sia dei pagamenti eseguiti con i relativi mandati emessi dall'Ente, sia delle intervenute compensazioni, stante le ragioni di credito reciproche tra il Comune di Poggio Moiano e le Società fornitrici, come sopra rappresentato; d)- riconoscere e dichiarare, pertanto, che nulla è dovuto dal Comune di Poggio Moiano (RI) alla Società cessionaria per le causali (sorte, interessi e quant'altro) di cui all'atto di citazione e, conseguentemente, rigettare tutte le relative domande di pagamento perché infondate, nell'an e nel quantum, e non provate; e)-rigettare, infine, la domanda di ingiustificato arricchimento, in quanto inammissibile, improponibile, oltreché infondata. Con vittoria di spese e funzioni di lite, oltre rimborso forfettario, add. cap e Iva professionali". Era assegnato il termine per l'introduzione della negoziazione assistita ex D.L. n. 132/14 e all'esito la difesa del Comune eccepiva l'improcedibilità della domanda per omesso rituale espletamento del tentativo in questione, essendo stato l'invito rivolto esclusivamente alla parte e non anche al difensore. Venivano quindi assegnati i termini ex art. 183, VI co., c.p.c., sede in cui la difesa di parte attrice: replicava alla affermazione del Comune circa la non debenza della fattura (...) n. 4600705898 per essere stata la stessa compensata dalla nota di credito n. 4600786669, evidenziando che nella nota di credito n. 4600786669 prodotta dal Comune (v. all. 4 al fascicolo di parte del Comune, pag. 13) venivano analiticamente indicati i numeri delle fatture oggetto della nota medesima, tra le quali non rientrava la fattura n. 4600705898, ragion per cui la stessa era da considerarsi, allo stato, dovuta; con riguardo all'eccepito pagamento della fattura (...) n. E196000891, rilevava che, eseguite le opportune verifiche, si era appreso essere stato eseguito, in ritardo rispetto alla data di scadenza del relativo termine indicato in fattura, il pagamento di quota parte (Euro 2.059,16) del complessivo importo azionato; per l'effetto, "...rinuncia alla richiesta di pagamento dell'importo di Euro 2,059.16, risultato saldato; b. precisa essere l'importo insoluto, in riferimento al quale ribadisce la richiesta di condanna dell'Ente convenuto, pari ad Euro 23.139,49, come di seguito dettagliato: i. Euro 3.359,49: sorte capitale; ii. Euro 19.700,00: interessi di mora maturati a causa del tardivo pagamento di crediti diversi da quelli costituenti la sorte capitale insoluta di cui al punto i; iii. Euro 80,00: risarcimento costi di recupero ai sensi dell'art. 6, comma 2, del D.Lgs. n. 231/2002, come novellato dal D.Lgs. n. 192/2012; oltre: a. interessi moratori maturati e maturandi sull'importo delle fatture insolute costituenti il residuo credito in linea capitale di cui al precedente punto i), dalla data di scadenza del termine di pagamento di ciascuna fattura insoluta sino al saldo; b. interessi moratori maturati sull'importo delle fatture azionate con l'atto introduttivo del giudizio che sono risultate essere state saldate dall'Ente convenuto a decorrere dal termine di pagamento di ciascuna fattura sino alla data di eseguito saldo della stessa; c. interessi anatocistici prodotti dagli interessi moratori di cui ai precedenti punti a) e b); d. interessi anatocistici prodotti dagli interessi di mora di cui alla Nota Debito azionata che, alla data di notifica dell'atto introduttivo del giudizio erano scaduti da oltre sei mesi, ai sensi dell'art. 1283 cod. civ.". All'esito, respinte le richieste istruttorie delle parti, la causa veniva trattenuta in decisione, previa assegnazione dei termini ex art. 190 c.p.c.. In via pregiudiziale, deve essere respinta la domanda di parte convenuta tesa all'accertamento e alla declaratoria dell'improcedibilità della domanda avversaria, atteso che come correttamente rilevato dalla difesa di parte attrice, il D.L. n. 132/2014 conv. in L. 162/14, in tema di negoziazione assistita, non prescrive, quale requisito di procedibilità della domanda, che destinatario dell'invito alla stipula della negoziazione debba essere (anche) un soggetto diverso rispetto alla parte personalmente, cui lo stesso è rivolto: l'art. 3 D.L. cit. rubricato "improcedibilità" prescrive, infatti, al I co. che "...fuori dei casi previsti dal periodo precedente e dall'articolo 5, comma 1-bis, del decreto legislativo 4 marzo 2010 n. 28, chi intende proporre in giudizio una domanda di pagamento a qualsiasi titolo di somme non eccedenti cinquantamila euro deve, tramite il suo avvocato, invitare l'altra parte a stipulare una convenzione di negoziazione assistita" e al II co. che "Quando l'esperimento del procedimento di negoziazione assistita è condizione di procedibilità della domanda giudiziale la condizione si considera avverata se l'invito non è seguito da adesione o è seguito da rifiuto entro trenta giorni dalla sua ricezione ovvero quando è decorso il periodo di tempo di cui all'articolo 2, comma 2, lettera a)". In via preliminare, deve essere respinta - siccome giuridicamente infondata -la domanda del Comune di Poggio Moiano volta a sentire accertare e dichiarare la nullità della citazione per mancanza dei requisitili di cui agli artt. 163, comma 3 n. 3 e 4 c.p.c.. Ed invero, la difesa della società attrice ha chiarito in modo sufficientemente il petitum e la causa petendi della domanda svolta nei confronti del Comune, espressamente qualificata come volta condanna dello stesso al pagamento di somme di denaro portate da fatture relative a crediti derivanti da contratti di somministrazione in essere con vari fornitori, oggetto di altrettanti contratti di cessione in favore della (...) S.p.a. versati in atti. Del resto, a dimostrazione del pieno rispetto del principio del contraddittorio, deve evidenziarsi che parte convenuta sin dalla comparsa di risposta ha preso compiutamente posizione sui fatti posti da parte attrice a fondamento della domanda, chiarendo punto per punto le ragioni della asserita infondatezza dell'atto di citazione. Ne segue l'inevitabile rigetto della domanda de qua. In via preliminare nel merito, occorre scrutinare la domanda di parte convenuta, volta all'accertamento e alla declaratoria della "carenza di legittimazione attiva" in capo alla società attrice. Detta domanda è infondata e, come tale, insuscettibile di accoglimento. Non può essere posta invero, in discussione la legittimazione attiva della (...) S.p.a., già (...) S.p.a., nel presente giudizio: com'è noto, infatti, in virtù della distinzione tra questioni processuali concernenti la legittimazione ad agire e questioni di merito concernenti la titolarità attiva o passiva del rapporto dedotto in giudizio (cfr., tra le altre, Cass. S.U. 23/08/1990, n. 8573), la verifica della legittimazione ad agire deve essere effettuata in base alla domanda, vale a dire, al diritto o rapporto sostanziale così come dedotto in giudizio dall'attore, indipendentemente dalla sua effettiva esistenza. Nel caso di specie, la (...) S.p.a. ha dedotto di essere la attuale titolare del credito oggetto di causa, in virtù delle cessioni in atti, affermazione che - a prescindere dalla sua fondatezza, da verificare nel merito - è sufficiente a far ritenere la società attrice legittimata attiva nel presente giudizio. Ne segue l'inevitabile reiezione della domanda in questione. Passando, per l'appunto, al merito, deve in linea generale osservarsi: che il creditore, il quale agisca per far accertare l'altrui inadempimento, è tenuto a fornire la prova del titolo e dell'esigibilità della prestazione, potendo limitarsi ad allegare l'inadempimento del debitore, sul quale graverà la prova del fatto estintivo, costituito dall'intervenuto adempimento (cfr. Cass. Civ., SS.UU., n. 13533/01); che ai sensi dell'art. 2697, II co., c.c. in tema di riparto dell'onere della prova, chi eccepisce l'inefficacia dei fatti posti a fondamento del diritto ex adverso azionato in giudizio, ovvero eccepisce che il diritto si è modificato o estinto, deve provare i fatti su cui l'eccezione si fonda. Nel caso che ci occupa, con riguardo alla sorte capitale, parte attrice ha documentato la attuale titolarità, in capo alla stessa, delle pretese creditorie azionate con l'atto di citazione introduttivo del giudizio e relative a somministrazione di prestazioni periodiche di cose eseguite in favore del Comune di Poggio Moiano da parte di (...) S.p.A. ed (...) S.p.A., cedute alla allora soc. (...) attraverso i contratti versati in all.ti 6 e 11 al fascicolo di parte attrice atti. Sul tema, deve in linea generale osservarsi che la disciplina della cessione dei crediti vantati nei confronti della PA ha natura speciale rispetto alla disciplina codicistica della cessione dei crediti di cui agli articoli 1260 e seguenti del Codice Civile. Le diverse norme che si sono susseguite nel tempo hanno introdotto specifiche formalità necessarie perché si compia il trasferimento del credito e la cessione sia opponibile. La prima importante differenza che si riscontra rispetto a quanto stabilito dall'articolo 1260 c.c., che disciplina il principio della libera cedibilità del credito, è che la cessione dei crediti è subordinata alla preventiva adesione della pubblica amministrazione; perché quindi la cessione sia opponibile, è necessario che l'ente pubblico esprima il proprio consenso. Fin dalla Legge n. 2248/1865, ancora in vigore, sul contenzioso amministrativo, si prevede infatti ai sensi dell'articolo 9 che "sul prezzo dei contratti in corso non potrà avere effetto alcun sequestro, né convenirsi cessione, se non vi aderisca l'amministrazione interessata". Successivamente il legislatore nell'ambito della normativa di cui al Regio Decreto n. 2440/1923 in materia di "Nuove disposizioni sull'amministrazione del patrimonio e sulla contabilità generale dello Stato", ha richiamato espressamente la disciplina di cui alla Legge 2248/1865: l'art. 70 del predetto RD, infatti, prevede che in caso di somme dovute dallo Stato relative a crediti per somministrazioni, forniture ed appalti, questi non possano essere ceduti senza il consenso dell'amministrazione ceduta, secondo appunto quanto stabilito dall'art. 9 della L. 2248/1865. Una disciplina analoga è stata poi introdotta nel Codice dei Contratti Pubblici all'articolo 117 del D.Lgs. 163/2006 (Codice dei Contratti pubblici) per quanto riguarda le cessioni dei crediti da corrispettivo di appalto, concessione e concorso di progettazione, le quali sono efficaci e opponibili alle stazioni appaltanti (che sono amministrazioni pubbliche) se queste non le rifiutano, con comunicazione da notificarsi al cedente e al cessionario, entro 45 giorni dalla notifica della cessione. Identica norma è stata, in seguito, prevista dall'art. 106, XIII co., D.Lgs. n. 50/16, invocato dalla difesa del Comune di Poggio Mirteto. In base al dato testuale dell'articolo sopraccitato, la deroga al principio civilistico di libera cedibilità del credito risulta, peraltro, applicabile solo ai contratti di durata, escludendone l'applicazione per i contratti ad esecuzione istantanea soggetti quindi in tutto e per tutto a quanto stabilito dall'articolo 1260 C.C.. In questo senso si è pronunciata anche la Cassazione Civile Sezione III nella sentenza n.981/2002, la quale ha affermato che "il divieto di cessione senza l'"adesione" della p.a. si applica solamente ai rapporti di durata come l'appalto e la somministrazione (o fornitura), solo rispetto ai quali il legislatore ha ravvisato, in deroga al principio generale della cedibilità dei crediti anche senza il consenso del debitore (art. 1260 c.c.), l'esigenza di garantire con questo mezzo la regolare esecuzione, evitando che durante la medesima possano venir meno le risorse finanziarie al soggetto obbligato e possa risultare così compromessa la regolare prosecuzione del rapporto. Ne deriva che la cessione di un credito insorgente da un ordinario contratto di compravendita soggiace in tutto e per tutto (salvo che per la forma prevista dall'art. 69, comma 3, r.d. n. 2440 del 1923) all'ordinaria disciplina codicistica". E' opportuno, al riguardo, evidenziare che l'adesione della PA è richiesta solo fintanto che il contratto risulti in fase esecutiva, come precisato dall'art 9 della Legge n. 2248/1865, che si riferisce ai "contratti in corso" e dall'articolo 70 r.d. n. 2440/1923: una volta terminata l'esecuzione dello stesso, infatti, non sarà più invocabile il potere di veto della pubblica amministrazione e tornerà ad operare la disciplina generale del codice civile e quanto quanto stabilito dall'articolo 69 del Regio Decreto in relazione alle forma del contratto. Sul tema si è, invero, chiarito che "il divieto di cui all'art. 9 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. E richiamato dall'art. 70 del r.d. n. 2440 del 1923, a norma del quale, sul prezzo dei contratti in corso non può convenirsi cessione se non aderisca l'amministrazione interessata, resta valido finché la fornitura non sia completamente eseguita, giacché, una volta ultimata, non sussiste alcuna ragione per procrastinare, in deroga al principio di cui all'art. 1260 cod. civ. della generale cedibilità dei crediti indipendentemente dal consenso del debitore, la "inefficacia provvisoria" della cessione dei crediti residui sui quali l'amministrazione non possa vantare ulteriori diritti. Pertanto, allorché il contratto di appalto all'origine del credito ceduto, alla data della comunicazione della cessione, risulti completamente esaurito (nella specie, per essere stati i lavori completati da circa due anni), non vi è necessità di accettazione del credito da parte dell'ente pubblico" (v., tra le altre, Cass. Civ., Sez. III, n. 268/2006; Sez. I, n. 2209/2007). Con specifico riguardo al prezzo della somministrazione di energia elettrica pagato annualmente o a scadenze inferiori ad anno, in relazione ai consumi verificatisi per ciascun periodo, si è affermato che questo "configura una prestazione periodica con connotati di autonomia nell'ambito di una causa petendi di tipo continuativo" (v. Cass. civ. n. 1442/15; n. 11918/02; n. 6209/99). Ne segue che deve ritenersi del tutto legittima ed operante la cessione di crediti derivanti da somministrazione di energia elettrica, portati da fatture scadute e risalenti anche ad anni prima, atteso che "...ogni singola fattura esaurisce i suoi effetti nel momento in cui avviene l'erogazione costituendo la singola fattura la traduzione in termini monetari dell'operazione già conclusa all'atto dell'immissione dell'energia nella disponibilità del cliente" (v., in un caso identico, C. App. Milano, Sez. I civile, n. 1700 del 07.07.2020). Del resto, una differente interpretazione delle norme in questione non appare rispettosa della ratio sottesa al dato legislativo, atteso che, stante il carattere di contratto a tempo indeterminato che connota la somministrazione/fornitura di energia elettrica, si finirebbe per dover considerare permanente (a contratto sempre in corso) la deroga alla libera cedibilità del credito del fornitore, deroga che invece la legge considera eccezionale e solo in funzione dell'esigenza di evitare che durante la fornitura possano venire meno le risorse finanziarie al soggetto obbligato; esigenza che peraltro - e con ogni evidenza - appare anzi meglio garantita dalla possibilità di cessione/smobilizzo ei crediti afferenti a forniture già eseguite e non ancora saldate (v. C. App. n. 1700/20, cit.). Applicando le sopra richiamate coordinate ermeneutiche alla fattispecie oggetto del presente giudizio, venendo in considerazione cessioni di crediti scaturenti dall'esecuzione di prestazioni periodiche e continuative di cose, id est di contratti di somministrazione in essere tra società fornitrice ed amministrazione comunale, il divieto di cui all'art. 9 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. E richiamato dall'art. 70 del r.d. n. 2440 del 1923 - a norma del quale, sul prezzo dei contratti in corso non può convenirsi cessione se non aderisca l'amministrazione interessata - non può ulteriormente considerarsi operante, dal momento che la fornitura risulta eseguita, costituendo la singola fattura la traduzione in termini monetari dell'operazione già conclusa all'atto dell'immissione dell'energia nella disponibilità del cliente, secondo la cennata impostazione. Ne segue che ai fini della efficacia ed opponibilità delle cessioni dei crediti che qui ci occupano al Comune di Poggio Moiano, è sufficiente la prova della notifica al debitore ceduto (pacifica e comunque versata in atti), mentre non è richiesto alcun atto di assenso da parte dell'amministrazione comunale. Né può ritenersi, nella specie, applicabile l'art. 106, XIII co., D.Lgs. n. 50/16, secondo cui la cessione produce effetti solo ove l'ente non abbia fatto pervenire alcun rifiuto nel termine "...da notificarsi al cedente e al cessionario entro quarantacinque giorni dalla notifica della cessione". La disciplina di cui al (pre)vigente D.Lgs. n. 163/2006 recante "Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE", all'art. 117, sotto la rubrica "Cessione dei crediti derivanti dal contratto", dispone(va), al comma 1, che "Le disposizioni di cui alla L. 21 febbraio 1991, n. 52, sono estese ai crediti verso le stazioni appaltanti derivanti da contratti di servizi, forniture e lavori di cui al preserie presente codice, ivi compresi i concorsi di progettazione e gli incarichi di progettazione..." e al comma 3 prevede(va) che "Le cessioni di crediti da corrispettivo di appalto, concessione, concorso di progettazione, sono efficaci e opponibili alle stazioni appaltanti che sono amministrazioni pubbliche qualora queste non le rifiutino con comunicazione da notificarsi al cedente e al cessionario entro quindici giorni dalla notifica della cessione". Tale disciplina - poi trasfusa nel nuovo codice dei contratti pubblici di cui al D.Lgs. n. 50/2016 - dell'efficacia e opponibilità salvo rifiuto da notificarsi al cedente e al cessionario entro 45 giorni dalla notifica della cessione (cd. meccanismo del silenzio assenso) deve, peraltro, intendersi limitata, per come emerge dal tenore testuale del citato comma 3, al corrispettivo di "appalto, concessione o concorso di progettazione", rilevandosi come, peraltro, il codice dei contratti non trovi applicazione per gli "appalti per la fornitura di energia..." o di combustibili destinati alla produzione di energia (art. 25 del D.Lgs. n. 163/2006); settori c.d. esclusi ai quali deve, in definitiva, ritenersi ancora applicabile la normativa di cui agli artt. 69 e 70 del R.D. 2440/1923. Ne segue che venendo nella specie in considerazione la cessione di crediti derivanti da contratti di somministrazione di energia, va confermata l'applicazione della normativa generale, risultando fuori gioco il D.Lgs. n. 50/16. In definitiva, non sono astrattamente di ostacolo alla validità ed efficacia delle cessioni oggetto di causa né il difetto di un espresso atto di assenso da parte della pubblica amministrazione, né le (eventuali) comunicazioni di rifiuto delle cessioni da parte del Comune, pure versate in atti. Stante quanto sopra, può ritenersi, pertanto, raggiunta la prova in ordine all'attuale titolarità, in capo alla (...) S.p.a. (già (...) S.p.a.), dei crediti per sorte capitale di che trattasi. Occorre, peraltro, prendere atto che in sede di memorie ex art. 183, VI co., c.p.c., con riguardo all'eccepito (da parte del Comune) pagamento della fattura (...) n. E196000891, la (...) S.p.a. ha dato atto dell'intervenuto versamento della somma di Euro 2.059,16, per l'effetto limitando la domanda, in punto di sorte capitale, alla sola somma di Euro3.359,49, oltre accessori di legge. Tanto precisato, con riferimento alla materia dei contratti di somministrazione di energia e gas naturale, costituisce orientamento condiviso nella giurisprudenza quello secondo cui a fronte della specifica contestazione, da parte dell'utente, della congruità dei consumi esposti nelle bollette e della conformità dei consumi effettivi, spetta al somministrante la prova del quantum della merce fornita e del quantum del corrispettivo secondo i criteri di riparto stabiliti dagli artt. 1218 e 2697 c.c. e in applicazione del principio della vicinanza della prova, seguendone che la bolletta è sì idonea a dimostrare l'entità dei consumi della somministrazione, ma ciò solo in caso di mancata contestazione da parte dell'utente e che nella diversa ipotesi di contestazione, il somministrante deve provare la quantità di consumo registrato, il corretto funzionamento del contatore e la corrispondenza fra quanto riportato in bolletta e quanto emergente dal contatore (Trib. Milano, 27.11.2015). E' stato, altresì, sul tema evidenziato che la rilevazione dei consumi mediante contatori è assistita da una presunzione semplice di veridicità, sicché, in caso di contestazione, grava sul somministrante (fornitore) l'onere di provare che il contatore era perfettamente funzionante, mentre il fruitore (utente) deve dimostrare che l'eccessività dei consumi è dovuta a fattori esterni al suo controllo e che non avrebbe potuto evitare con un'attenta custodia dell'impianto, ovvero di aver diligentemente vigilato affinché eventuali intrusioni di terzi non potessero alterare il normale funzionamento del misuratore o determinare un incremento dei consumi: pertanto, se l'utente contesta i consumi rilevati dal contatore, spetterà al fornitore dell'utenza provare il corretto funzionamento dello stesso, nonché la corrispondenza tra il dato fornito e quello trascritto nella bolletta (v., tra le altre, Cass. civ. n. 07045/18; n. 23699/2016; n. 10313/2004; n. 1236/2003; n. 17041/2002; Trib. Roma, n. 9663/18). Tornando al caso che ci occupa, è stata depositata in all. 13 al fascicolo di parte attrice la fattura posta alla base della succitata pretesa creditoria di Euro3.359,49 azionata in giudizio dalla allora (...) S.p.a. (oggi, (...) S.p.a.). Al riguardo, parte convenuta non ha contestato l'intervenuta esecuzione delle relative prestazioni in suo favore, ma ha eccepito di avere estinto la relativa obbligazione "...attraverso la compensazione con nota di credito n.4600786669/28.08.2015 per Euro 8.915,55, emessa dalla medesima Società (all.ti nn.4), stante le ragioni di credito reciproche tra il Comune di Poggio Moiano e l'(...)". Tuttavia, come correttamente evidenziato dalla difesa di parte attrice, l'affermazione del Comune circa la non debenza della fattura (...) n. 4600705898, per essere stata la stessa compensata dalla nota di credito n. 4600786669, risulta smentita per tabulas dall'esame della stessa nota di credito prodotta dal Comune (v. all. 4 al fascicolo di parte del Comune, pag. 13), ove sono analiticamente indicati i numeri delle fatture oggetto della stessa, tra i quali non compare il numero della fattura n. 4600705898 che non può, pertanto, considerarsi oggetto della suddetta compensazione. Non avendo il Comune dato altrimenti prova di avere pagato dette somme ed in assenza - lo si ribadisce - di contestazione sull'esecuzione delle relative prestazioni, ad avviso del Tribunale risulta provata l'originaria spettanza, in capo alle società cedenti, del credito per sorte capitale di Euro 3.359,49. Il Comune di Poggio Moiano dovrà essere, in conclusione, condannato a corrispondere all'attuale titolare del credito (...) S.p.a., per i titoli di cui in motivazione, il suddetto importo di Euro3.359,49. Parte convenuta dovrà essere, altresì, condannata a corrispondere a parte attrice gli interessi moratori ex artt. 1224 c.c., 2 e 5 D.Lgs. n. 231/02, con decorrenza dalle singole scadenze e sino al saldo effettivo, venendo pacificamente in considerazione un debito di valuta originariamente in essere tra impresa e pubblica amministrazione, nonché gli interessi anatocistici ex artt. 1283 c.c. e 1284, IV co., c.c. sugli interessi moratori dovuti almeno per sei mesi, con decorrenza dalla data della domanda giudiziale, stante il principio secondo cui gli interessi sugli interessi (anatocistici) sono dovuti ove siano contemporaneamente dovuti anche gli interessi principali, il credito sia esigibile, il debitore sia in mora e sia stata, altresì, proposta la domanda giudiziale, avente non solo il ruolo di condizione, alternativa alla convenzione tra le parti, dell'anatocismo, ma anche il ruolo di termine iniziale per la produzione di interessi secondari (v. Cass. civ., Sez. I, n. 1164/17; n. 12512/15; n. 12043/04)); condizioni, tutte, ricorrenti nel caso di specie. Il Comune di Poggio Moiano dovrà essere, altresì, condannato a versare a parte attrice l'ulteriore importo di Euro40,00 ex art. 6, II co., D.Lgs. n. 231/02 come novellato dal D.Lgs. n. 192/12, quale importo forfettario dovuto a titolo di risarcimento del danno da parte del debitore per il mancato pagamento della fattura costituente la sorte capitale. Per quel che concerne, viceversa, le pretese relative alle cd. "note debito interessi", deve evidenziarsi che pur essendo stati depositati in all. 9 al fascicolo di parte attrice due contratti di cessione di fatture già facenti capo ad (...), non risultano prodotte le fatture, il cui tardivo pagamento avrebbe generato il credito quantificato in Euro 19.700,00, il che impedisce al Tribunale - specie alla luce della eccezione di tempestivo adempimento sollevata dalla difesa del Comune - qualsiasi accertamento in termini sia di corrispondenza tra le stesse e i contratti di cessione, sia di tempestività o meno dei relativi pagamenti e porta, in definitiva, a ritenere non provata la relativa pretesa creditoria. Ne segue l'inevitabile reiezione della domanda di parte attrice, tesa alla condanna del Comune di Poggio Moiano al pagamento delle seguenti somme: "Euro 19.700,00 a titolo di interessi di mora - ulteriori rispetto a quelli maturati e maturando sulla predetta sorte capitale - in quanto maturati a causa del tardivo pagamento, da parte dell'Ente, di crediti diversi da quelli costituenti la predetta sorte capitale insoluta; - gli interessi anatocistici prodotti dai predetti interessi di mora oggetto delle Note Debito, interessi di mora che, alla data di notifica del presente atto, sono scaduti da oltre sei mesi, ai sensi dell'art. 1283 cod.civ.: - nella misura "degli interessi legali di mora" ai sensi degli artt. 2 e 5 del D.Lgs. n. 231/2002 come novellato dal D.Lgs. n. 192/2012, - con decorrenza dalla data di notifica del presente atto. - Euro 6.640,00 ai sensi dell'art. 6, comma 2, del D.Lgs. n. 231/2002 come novellato dal D.Lgs. n. 192/2012, corrispondente all'importo di Euro 40,00 moltiplicato per ciascuna delle n. 166 fatture il cui tardivo pagamento ha generato gli interessi di mora oggetto delle Note Debito riepilogate sub doc. n. 55". La domanda subordinata ex art. 2041 c.c., pure proposta da parte attrice e da scrutinare in considerazione dell'accoglimento solo parziale della domanda principale, deve essere respinta infondata, per difetto del requisito della sussidiarietà ex art. 2042 c.c., tenuto conto dell'orientamento giurisprudenziale secondo cui l'azione generale di arricchimento ingiustificato, avendo natura sussidiaria, può essere esercitata solo quando manchi un titolo specifico sul quale fondare un diritto di credito, con la conseguenza che il giudice, anche d'ufficio, deve accertare che non sussista altra specifica azione per le restituzioni ovvero per l'indennizzo del pregiudizio subito, contro lo stesso soggetto arricchito o contro soggetti terzi (v. Cass. civ. n. 26199/2017), laddove nel caso che ci occupa parte attrice aveva, per l'appunto, a disposizione, ai fini di cui sopra, l'azione di adempimento contrattuale in concreto, del resto, esercitata. Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo, tenuto conto dell'ammontare del credito riconosciuto e dell'assenza di istruttoria orale. P.Q.M. Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni diversa domanda, istanza ed eccezione disattesa o assorbita, così dispone: - accerta e dichiara che la (...) S.p.a., già (...) S.p.a., è la attuale titolare dei crediti per sorte capitale oggetto di cessione, di cui in parte motiva ed ha, pertanto, diritto ad ottenere il relativo pagamento; - accerta e dichiara come provata l'attuale spettanza in capo alla (...) S.p.a., per il titolo di cui al punto che precede, del credito di Euro 3.359,49; - per l'effetto, condanna il Comune di Poggio Moiano a corrispondere alla società attrice il suddetto importo di Euro 3.359,49; - condanna parte convenuta a corrispondere a parte attrice, sull'importo di cui al punto che precede, gli interessi moratori ex artt. 1224 c.c., 2 e 5 D.Lgs. n. 231/02, con decorrenza dalle singole scadenze e sino al saldo effettivo; - condanna il Comune convenuto a corrispondere alla (...) S.p.a. gli interessi anatocistici ex artt. 1283 c.c. e 1284, IV co., c.c. sugli interessi moratori dovuti almeno per sei mesi, con decorrenza dalla data della domanda giudiziale; - condanna parte convenuta a versare a parte attrice l'ulteriore somma di Euro 40,00 ex art. 6 D.Lgs. n. 231/02, quale importo forfettario dovuto a titolo di risarcimento del danno da parte del debitore per il mancato pagamento della fattura costituente la sorte capitale; - respinge tutte le altre domande proposte dalla società attrice nei confronti del Comune di Poggio Moiano; - condanna il Comune convenuto a rifondere alla (...) S.p.a. le spese di lite, che liquida nel complessivo importo di Euro 2.672,00, di cui Euro2.127,00 a titolo di compensi professionali ed Euro545,00 per esborsi, oltre alle spese forfettarie ex art. 2 D.M. n. 55/14 ed oltre ad IVA e CPA come per legge. Rieti, 3 maggio 2023 Depositata in Cancelleria 3 maggio 2023.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE ORDINARIO DI RIETI in persona del giudice Barbara Vicario ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di primo grado iscritta al numero 1693/2018 del R.G.A.C. TRA (...) (c.f. (...)) rappresentato e difeso congiuntamente e disgiuntamente dall'Avv. Cr.Ci. e dall'Avv. St.Ca. ed elettivamente domiciliato nello studio del secondo difensore in Rieti, Largo (...) giusta procura in atti attore CONTRO (...) (C.F.: (...)) elettivamente domiciliato in Rieti, Via (...) presso lo studio dell'Avv. An.Ba. che lo rappresenta e difende in forza di procura rilasciata in calce alla comparsa di costituzione e risposta convenuto nonché contro (...) (c.f. e part. Iva (...)) in persona del legale rappresentante p.t., elettivamente domiciliata in Rieti, via (...) presso lo studio dell'Avv. An.Pe. che la rappresenta e difende in virtù di delega in calce alla comparsa di costituzione e risposta convenuta nonché nei confronti di (...) S.p.a., (c.f. (...) e P.Iva (...)) in persona del suo procuratore p.t., elettivamente domiciliata in Rieti alla Via (...) presso lo studio dell'Avv. Cr.Fi. che la rappresenta e difende in forza di procura in calce alla comparsa di costituzione e risposta terza chiamata OGGETTO: risarcimento danni riflessi del congiunto - responsabilità professionale. RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE (...) conveniva in giudizio l'(...) nonché il dott. (...) chiedendone la condanna, in solido, al risarcimento dei danni da lui subiti a seguito dell'evento accaduto alla moglie (...) in data 4.1.2013. A tal fine, deduceva: di essere sposato in regime di comunione legale con (...); che in data 4.1.2013 la moglie si sottoponeva, presso l'O.S.C., ad un intervento programmato di asportazione di cisti da echinococco al fegato; che a causa della imprudenza ed imperizia del prof. (...), la moglie subiva gravissime lesioni provocate da un incendio propagatosi sul corpo della stessa; che il prof. (...), in spregio ai protocolli nonché al buonsenso, utilizzava un bisturi dopo avere tamponato la ferita della paziente con liquido infiammabile (etanolo); che per tale evento il dott. (...) veniva rinviato a giudizio; che a seguito del suddetto evento la (...) iniziava un lungo periodo di cura e riabilitazione che ha coinvolto dal punto di vista personale ed emotivo il marito, odierno attore, che per via del periodo di stress cui era sottoposto, subiva un grave perturbamento nella stabilità fisica e psichica con conseguente somatizzazione di alcuni disturbi. L'attore, in particolare, allegava: che aveva vissuto uno stato di preoccupazione e di ansia dopo avere appreso la notizia dell'incidente accaduto alla moglie; che dal 4 al 24 gennaio 2013 aveva dovuto prestare assistenza giorno e notte alla moglie alla quale in ospedale non le veniva prestata adeguata assistenza: che lo stesso era costretto a restare sveglio tutta la notte per accudire e lavare la moglie dopo che la stessa era stata dimessa dall'ospedale; che lo stesso la accompagnava a fare le varie medicazioni occupandosi di tutte le faccende domestiche, prima svolte solo dalla moglie; di vivere uno stato di rabbia e di frustrazione di fronte alle sofferenze della moglie; che in data 7 agosto 2013 l'attore accusava un malore e sveniva e recandosi all'ospedale gli veniva riscontrato un "melena da gastropatia cronica di grado lieve, ulcera duodenale del bulbo e del versante posteriore"; che durante la detta degenza protrattasi fino al 14 agosto 2013 l'attore era costretto a chiedere aiuto al figlio che in quel periodo doveva assentarsi dal lavoro per occuparsi della madre; che il predetto ricovero era stato causato da un profondo stress psicologico subito nel tempo dall'attore; che il deturpamento del corpo della moglie impedisce ai coniugi di avere una normale vita sessuale; che la moglie indossa una guaina stretta che serve da contenimento alle ernie e da protezione alla pelle ancora molto sensibile; che per via di tale guaina la moglie ha difficoltà di respirazione e l'attore è costretto a dormire in un'altra camera per non sentire i rumori provocati dalla roncopatia della coniuge. Allegando una responsabilità contrattuale dell'azienda ospedaliera convenuta e del medico l'attore quantificava il danno da lui subito in complessivi Euro 210.680,00, oltre a rivalutazione, interessi e spese di lite, concludendo come in atti. Si costituivano la (...) e il dottor (...) contestando i fatti dedotti dall'attore in fatto e in diritto nonché la fondatezza della domanda, chiedendone il rigetto. Autorizzata la chiamata ex art. 269 c.p.c., si costituiva in giudizio la Compagnia assicuratrice, contestando le richieste di parte attrice sia in punto an che in punto quantum debeatur non ritenendo sussistere alcuna responsabilità nel modus operandi del prof. (...). Il fascicolo è stato inviato al Presidente affinchè, in accoglimento delle istanze delle parti, valutasse la riunione del presente fascicolo a quello n. 574/2018 r.g.c. pendente presso altro giudice riguardante la causa promossa dalla moglie dell'attore contro gli odierni convenuti per il risarcimento del danno causato dallo stesso evento. L'istanza di riunione veniva rigettata dal giudice assegnatario della predetta causa e in data 13.5.2021 il presente fascicolo veniva assegnato di nuovo alla scrivente. L'istruttoria si esauriva nell'acquisizione dei documenti prodotti tra cui la CTU redatta nel giudizio n. 574/2018 r.g.c. Precisate le conclusioni la causa veniva trattenuta in decisione con assegnazione dei termini di legge per il deposito di conclusionali e repliche ex art. 190 c.p.c. Preliminarmente va dato atto che la presente causa viene decisa alla luce del principio della c.d. "ragione più liquida", in base al quale la domanda può essere decisa sulla base della soluzione di una questione assorbente senza che sia necessario esaminare previamente tutte le altre (cfr Cass. SSUU n. 9936 dell'8.5.2014). (...) ha convenuto il dottor (...) e la Azienda sanitaria per ottenere la condanna in solido o pro quota al risarcimento dei danni riflessi - "patiti e patiendi, in relazione al danno alla salute dallo stesso subito sia al danno non patrimoniale allo stesso arrecato" - per le lesioni subite dalla moglie in conseguenza dell'evento meglio indicato in fatto e ascrivibili a colpa professionale dei convenuti, nell'esercizio della loro professione medica. Riportando, sinteticamente, alcuni principi che si ritiene assumano rilevanza nella specie, va evidenziato che la Corte di Cassazione è da tempo orientata a riconoscere il risarcimento del danno anche in favore dei prossimi congiunti di persona che, pur sopravvissuta a seguito di errore medico o di sinistro stradale, abbia tuttavia patito un danno talmente grave da comportare immediati riflessi anche sulle persone a sè più vicine. Per danno riflesso ai congiunti si intende tanto il pregiudizio morale patito dai congiunti della vittima primaria di lesioni quanto il pregiudizio c.d. dinamico-relazionale recato dalla condotta illecita altrui costituente reato o comunque lesiva di interessi inerenti alla persona umana costituzionalmente garantiti, laddove superi la c.d. soglia di gravità (cfr. Cass., SS.UU., 11/11/2008, n. 26972). Ai fini dell'individuazione dei danni risarcibili e dell'inquadramento del danno morale sofferto dai prossimi congiunti, il danno deve presentarsi come un effetto normale del fatto illecito, secondo il principio della regolarità causale (cfr. Cass., SS.UU., 01/07/2002, n. 9556; Cass. 13179/2011; Cass. 22909/2012, Cass. 758/2016). Nella citata decisione del 2002, nonché la Cass. 14/06/2016 n.12146, ha affermato che la convivenza è un elemento estrinseco, transitorio e del tutto casuale, poco significativo per connotare veramente una lesione del rapporto parentale, potendo fondarsi non tanto su vincoli affettivi quanto piuttosto essere determinata da motivi di convenienza e di opportunità mentre, viceversa, possono sussistere rapporti che, indipendentemente dalla coabitazione, sono caratterizzati da vincoli affettivi particolarmente intensi e di vera vicinanza psicologica. Il danno subito dai parenti del danneggiato può essere sia di natura non patrimoniale, sia di natura patrimoniale. Il danno biologico è una lesione all'integrità psicofisica di una persona, quindi una vera e propria perdita di salute, come può essere ad esempio una malattia. Si considera invece danno morale la sofferenza d'animo interiore e la perturbazione soggettiva patita dai familiari a causa delle lesioni subite dal proprio caro, mentre per danno esistenziale si intende il peggioramento e lo stravolgimento della qualità della propria vita (cfr Cass. n. 7748 del 2020). Al riguardo, va anche rammentato che il danno non patrimoniale, con particolare riferimento a quello cd. esistenziale, non può essere considerato "in re ipsa", ma deve essere provato secondo la regola generale dell'art. 2697 c.c., dovendo consistere nel radicale cambiamento di vita, nell'alterazione della personalità e nello sconvolgimento dell'esistenza del soggetto e deve porsi quale conseguenza diretta e immediata dell'inadempimento, secondo quanto previsto dall'art. 1223 c.c.. Ne consegue che la relativa allegazione deve essere circostanziata e riferirsi a fatti specifici e precisi, non potendo risolversi in mere enunciazioni di carattere generico, astratto, eventuale ed ipotetico (Cass. 28742/2018). Per i danni richiesti iure proprio dai congiunti dell'assistito, la responsabilità della struttura e del medico è di natura extra contrattuale, non rientrando i congiunti del paziente deceduto tra i terzi protetti dal contratto (cfr. da ultimo Cass. civ., ord. sez. 3-6, 6 luglio 2021, n.21404, Cass. civ. sez. 3, 9 luglio 2020 n.14615). Ciò premesso, nel caso di specie, la domanda di risarcimento dei danni riflessi invocati iure proprio dall'attore in conseguenza dei pregiudizi subiti dalla propria moglie non merita accoglimento, in quanto sfornita di adeguata prova. In primo luogo, l'attore non ha neppure allegato (oltre che provato) quali fossero le abitudini dei coniugi prima dell'evento accaduto alla moglie, per cui non è possibile conoscere in quale misura concretamente le lesioni subite da quest'ultima, peraltro non gravi come si dirà in seguito, abbiano inciso sulle stesse. Tale allegazione assume importanza in quanto, per esempio, il danno patito dal coniuge nel contesto di una coppia dinamica in tutti i molteplici aspetti della vita, abituata a viaggiare, a svolgere attività ludiche e sociali o a spendere le proprie giornate nel compimento di attività che richiedono la piena funzionalità, è diverso da quello patito da una coppia già in precedenza dedita ad una vita più sedentaria, da trascorrere in casa o in contesti di frequentazioni limitate, o con condizioni di salute non ottime o con spostamenti ridotti. Nella fattispecie in esame, pertanto, il riconoscimento di tutti i danni richiesti dall'attore dovrebbe parametrarsi all'unico dato fornito rappresentato dal mero rapporto di coniugio documentato dall'atto di matrimonio. In ogni caso e sotto altro profilo, dalla lettura della documentazione prodotta e in particolare della ctu svolta nel giudizio introdotto dalla moglie contro gli odierni convenuti - ctu acquisita nel presente giudizio come prova atipica e dunque apprezzabile ex art. 2729 c.c e che in quanto analitica e puntuale nell'analisi della documentazione clinica prodotta e coerente nella valutazione scientifica viene condivisa - è emerso, quanto ai danni subiti dalla moglie che: dal fatto lesivo del 4.01.2013 si sono prodotte in capo alla moglie lesioni consistenti in ustioni di II grado (superficiali e, in piccole aree, profonde) coinvolgenti il 7% della superficie corporea con interessamento del dorso della mano destra, dell'addome (epigastrio, mesogastrio, fianco destro, fianco sinistro), della coscia destra e della coscia sinistra; il periodo di incapacità temporanea assoluta, tenuto conto della necessità di prolungare il ricovero ospedaliero con somministrazione di terapia topica e sistemica, è stata quantificata dai ctu in giorni 30 (trenta); il periodo di incapacità parziale al 75% in giorni 90 (novanta) e di incapacità parziale al 50% in giorni 60 (sessanta), riferibili alla lunga convalescenza caratterizzata dalle periodiche medicazioni e dalla fase di maggiore acuzie dei disturbi psico-reattivi; quanto al danno biologico, i ctu, valutando il tempo trascorso, l'evoluzione favorevole della cicatrizzazione, la sede interessata dalle lesioni ed il fisiologico prolasso tissutale correlato non hanno determinato significativi fenomeni "retraenti" a livello del tronco o degli arti e con esclusione delle conseguenze estetiche e delle limitazione dei movimenti, è stato quantificato nella misura del 5% per l'ipotesi (in cui rientra la presente: cfr. certificazione rilasciata in data 4.01.2013 dai sanitari di un Centro altamente qualificato (Centro Ustioni dell'Ospedale "S. Eugenio" di Roma) e attestante Ustioni di II grado con piccole aree di II grado profondo ... interessanti il 7% circa della superficie corporea) di superficie cutanea delle lesioni inferiore al 10%.; i c.t.u. hanno quantificato gli esiti cutanei di natura funzionale (escluso il danno estetico) nella misura del 5-6%. e tenuto della residuata sintomatologia psichica compatibile con uno stato ansioso-depressivo reattivo, gli attuali esiti determinano una invalidità permanente, intesa come danno biologico, valutabile nel complesso e ad esclusione del danno estetico nella misura del 10% (dieci per cento); quanto al danno all'integrità fisiognomica, i ctu hanno rilevato che sono residuati esiti cicatriziali che trascorsi oramai più di 6 anni dall'evento lesivo, devono ritenersi cronicizzati e non emendabili da terapie mediche e/o chirurgiche precisando che tali esiti non interferiscono sulla capacità lavorativa dell'odierna attrice e che la motilità della mano è risultata completa e non limitata dagli esiti cicatriziali. Inoltre i ctu hanno escluso l'ascrivibilità alle ustioni del laparocele addominale, in quanto le ustioni stesse hanno risparmiato l'area cutanea limitrofa all'incisione chirurgica e l'intervento è stato portato a termine in un'altra sala, una volta domato l'incendio. "Non è quindi dimostrabile che la sutura sia stata eseguita in modo frettoloso o da personale menomato dalle conseguenze del medesimo incendio. Prova ne sia che l'intervento di asportazione di cisti è risultato efficace, non risultando a distanza di anni residuo e/o recidiva di malattia" (cfr. relazione tecnica, pag. 76). I consulenti hanno poi evidenziato - quanto alla valutazione del danno psichico riferito alla moglie - da un lato, i numerosi elementi (prescrizioni, referti etc..) comprovanti tale stato; dall'altro, l'innegabile attenuazione di tali disturbi, sottolineando che l'ultima certificazione specialistica risale al febbraio 2018 e, soprattutto, che la stessa (...) in sede di operazioni peritali riferiva di aver sofferto (ma non di soffrire ancora) per un lungo periodo di sintomatologia ansioso-depressiva e di aver assunto terapia farmacologica, allo stato interrotta, lamentando soltanto generici timori per una presunta mancata eradicazione della patologia parassitaria. Pertanto, non risultano più soddisfatti i criteri diagnostici del DSM-5 per il Disturbo da stress post-traumatico (pensieri intrusivi, flashback, comportamenti di evitamento, esagerate risposte di allarme, problemi di concentrazione, difficoltà relative al sonno con significativa compromissione del funzionamento in ambito socio-lavorativo), residuando, piuttosto, un lieve disturbo ansioso-depressivo assimilabile ad un Disturbo dell'Adattamento non complicato (ctu in atti). Sulla scorta di quanto emerso in sede di ctu, può dunque ritenersi acclarato che il danno biologico subito dalla moglie è consistito in un danno di lieve entità in quanto riconosciuto in una percentuale di poco sopra la soglia delle micropermanenti (10%). In considerazione della natura del danno subito dalla moglie, sarebbe stata necessaria da parte dell'attore che deduce propri danni riflessi, una allegazione e una prova precisa e rigorosa dei detti danni e soprattutto della riferibilità causale degli stessi ai problemi avuti dalla vittima primaria e alle condotte dei convenuti, ancor più trattandosi di danni neppure riferiti alla sofferenza personale della danneggiata vittima primaria ma di quella collaterale e riflessa di un congiunto. In altri termini, se la mera titolarità formale di un rapporto familiare qualificato può fondare una presunzione iuris tantum della ricorrenza di danni in caso di soggetti macrolesi, nel caso contrario, ossia in presenza di lesioni di non grave entità (come nella specie), pur non potendosi escludere in astratto la risarcibilità di danni riflessi anche in tali casi, nel concreto l'attore deve fornire precisi elementi idonei allo scopo che consentano di verificare, di volta in volta, in quale misura la lesione del danneggiato primario abbia inciso sulla relazione con il familiare compromettendone irrimediabilmente ed irreversibilmente lo svolgimento futuro. Poichè il tipo di danno patito dalla moglie non è stato tale, per l'entità, da comportare una alterazione della vita quotidiana della stessa, non si ritiene di riconoscere alcun danno riflesso al marito in assenza di prova rigorosa di una alterazione in senso negativo della vita di coppia nei termini genericamente dedotti dall'attore (cfr in citazione pag. 4 si allega "difficoltà della moglie a stare seduta per diverso tempo, impedisce loro di andare al cinema o a teatro e finanche di partecipare ad una cena tra amici, anche perché la (...) evita tutte le occasioni in cui può essere chiamata a dover raccontare e spiegare la sua disavventura"). Ragionando diversamente, si arriverebbe a dover ritenere che una volta verificatasi la lesione di un congiunto, anche in caso di lesioni non di grave entità come nella specie, la dimostrazione dei danni riflessi del familiare sarebbe "in re ipsa" esonerando l'attore dall'onere probatorio sull'effettiva situazione di pregiudizio subita e risarcibile e ciò comporterebbe l'affermazione della sussistenza di una presunzione in base alla quale, verificatosi il fatto illecito, appartiene alla ordinaria regolarità causale la realizzazione di danni del prossimo congiunto che in tal caso sarebbe esonerato dall'onere probatorio ex art. 2697c.c. Considerando dunque quanto emerso dalla ctu svolta sulla moglie, l'attore non ha fornito adeguata prova circa la lesione dei propri diritti riflessi in quanto non ha allegato specifici danni eziologicamente collegati alla condotta dei convenuti. Invero le istanze di prova orale indicate nella memoria ex art. 183, comma 6, n. 2 c.p.c. sono state rigettate in quanto genericamente formulate al punto da essere inidonee allo scopo, e vertevano, per lo più, su fatti e circostanze capitolate finalizzati a provare la responsabilità professionale dei convenuti - già decisa con sentenza di primo grado prodotta in atti non passata in giudicato prodotta in atti - e non a fornire la prova dei danni specifici subiti dall'attore che è oggetto della domanda del presente giudizio. L'attore non ha fornito al giudice, neppure sul piano assertivo, elementi specifici da cui desumere ex art. 2727 c.c. una effettiva consistenza ed intensità del legame affettivo di vicinanza alla moglie, vittima primaria, ed in che maniera ed in che misura si concretava, in precedenza, con stabilità e continuità, il suo rapporto con la moglie ed in che modo ed in che misura la lesione subita dalla danneggiata primaria ha inciso ed ha irrimediabilmente compromesso, anche a livello di modus vivendi quotidiano, lo svolgimento del suo rapporto familiare con la moglie e la quantità e qualità dell'alterazione della vita familiare. I rilievi desumibili dalla consulenza ossia l'entità del danno biologico (di lieve entità) ma anche la natura del danno, non consentono di ritenere neppure in via presuntiva che si siano verificati per l'attore i danni cosi come dedotti (lesione sfera sessuale, alterazione della vita di coppia nelle varie sfaccettature). Sotto altra prospettiva, l'assistenza prestata dal marito per il periodo della convalescenza della moglie in ospedale e per quattro mesi dopo le dimissioni consistita anche nell'accompagnare la moglie a fare le medicazioni e finanche al lavoro, nel caso di specie non può assumere rilievo giuridico quale autonoma voce di danno risarcibile in quanto, a ben vedere, essa rappresenta frutto di una scelta del marito che non appare in realtà diretta conseguenza dell'illecito. In altre parole, l'interesse che spinge un congiunto, nella specie il marito, ad occuparsi e a provvedere personalmente alla cura della moglie, peraltro non macrolesa, rinunciando alle proprie precedenti abitudini di vita (che come detto non sono state allegate e provate), è un dovere morale insuscettibile di valutazione economica, salvo che tale assistenza si concretizzi in una perdita patrimoniale consistente (esempio, nel caso in cui si sono sostenute spese per demandare quotidianamente a terzi l'assistenza materiale dell'infermo, risarcibile quale vero e proprio danno patrimoniale emergente ex art. 2043 c.c.) che nella specie non è stata dedotta e provata. Quanto al danno biologico richiesto dall'attore, non si è reso opportuno alcun accertamento di ufficio pur stimolato dall'attore con una richiesta di ctu volta ad accertare tale voce di danno che avrebbe pertanto avuto natura del tutto esplorativa. Infatti, il ricovero subito dall'A. il 7 agosto 2013 (fino al 14 agosto 2013) per "melena da gastropatia cronica di grado lieve ulcera duodedanale del bulbo e del versamento posteriore" non si ritiene causalmente ricollegabile, neppure in via presuntiva, alla vicenda accaduta alla moglie e alla condotta dei sanitari se non altro per il tipo di disturbo (peraltro si legge "cronico"), e pertanto non tale da fondare richieste risarcitorie, in mancanza di documentazione medica che attesti il dedotto e non provato nesso di causa. Neppure i due certificati prodotti dall'attore, datati rispettivamente 21.3.2016 e 15.4.2017 (doc. 5) appaiono idonei a fondare la domanda risarcitoria proposta non dando evidenza di alcun fatto riconducibile causalmente all'operato dei convenuti, tra l'altro nei detti certificati la valutazione viene effettuata sulla base di quanto riferisce l'attore relativamente alla vicenda vissuta dalla moglie, e la detta valutazione non trova altri riscontri documentali in atti che diano ad esempio conto di terapie e cure seguite o farmaci assunti dall'attore, e pertanto sono insufficienti a provare la sussistenza di profili patologici di natura psichiatrica tali da assurgere a un vero e proprio danno alla salute da risarcire; e ciò neppure in via presuntiva, non essendo emerso da alcuno dei documenti sanitari prodotti né apprezzato all'esame clinico neppure della vittima primaria, ossia della moglie, alcun disturbo dell'adattamento cronico né tanto meno un disturbo depressivo cronico. In ogni caso, il notevole tempo trascorso tra il verificarsi dell'evento dannoso e il consolidarsi dei postumi sulla moglie quale emerge dalla ctu e i sintomi manifestati dal marito quali emergenti dai predetti certificati, non consentono di desumere in alcun modo l'esistenza, sia pur presuntiva, di un nesso di causalità tra le patologie psicologiche lamentate dal marito e i danni riscontrati dalla moglie. La domanda della parte attrice di condanna dei convenuti al pagamento delle spese mediche è assolutamente generica ed è comunque sfornita di prove. Alla stregua di tutto quanto sopra esposto la domanda deve essere rigettata. Il rigetto della domanda comparsa l'assorbimento delle ulteriori questioni e delle ulteriori domande proposte anche nei confronti della terza chiamata. Le spese di lite seguono la soccombenza e così come liquidate in dispositivo vanno accollate a all'attore sia in relazione al rapporto processuale con i due convenuti, sia in relazione alla posizione delle terza chiamata la cui partecipazione al presente giudizio, è stata determinata (pur in assenza di richiesta risarcitoria proposta direttamente nei loro confronti) dalla domanda dell'attrice poi rivelatasi infondata: in tal senso va rilevato che rappresenta principio consolidato quello per il quale attesa la lata accezione con cui il termine "soccombenza" è assunto nell'art. 91 c.p.c. il rimborso delle spese processuali sostenute dal terzo chiamato in garanzia dal convenuto deve essere posto a carico dell'attore, ove la chiamata in causa si sia resa necessaria in relazione alle tesi sostenute dall'attore stesso e queste siano risultate infondate, a nulla rilevando che l'attore non abbia proposto nei confronti del terzo alcuna domanda diretta (Cass. n. 12301.2005; Cass. n. 7431.2012; Cass. n. 13556.2014); dette spese vanno liquidate con applicazione del D.M. n. 55 del 2014 come aggiornato, cause da Euro 52.001 a Euro 260.000,00, valori tra i minimi e i medi tenuto conto che non è stata svolta attività istruttoria. P.Q.M. ogni altra domanda, eccezione e deduzione disattesa, definitivamente decidendo: - rigetta la domanda risarcitoria proposta da (...); - condanna (...) al pagamento in favore di (...) delle spese processuali che liquida in Euro 7.200 per compensi, oltre spese generali 15% sui compensi, oltre I.V.A. e C.P.A.; - condanna (...) al pagamento in favore di (...) delle spese processuali che liquida in Euro 7.200 per compensi, oltre spese generali 15% sui compensi, oltre I.V.A. e C.P.A.; - condanna (...) al pagamento in favore di (...) s.p.a., delle spese processuali che liquida in Euro 7.200 per compensi, oltre spese generali 15% sui compensi, oltre I.V.A. e C.P.A.. Così deciso in Rieti il 30 aprile 2023. Depositata in Cancelleria il 2 maggio 2023.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO DI RIETI SEZIONE CIVILE Il Tribunale in composizione monocratica, nella persona del Giudice dott. GIANLUCA MORABITO, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 1557/2020 promossa da: (...) S.P.A., già (...) S.P.S. (C.F. (...)), con il patrocinio dell'avv. Pa.Bo., dell'avv. Gi.Go. e dell'avv. Gi.Ca., elettivamente domiciliata presso il loro studio in Milano, corso (...), come da procura alle liti allegata all'atto di citazione ATTRICE contro COMUNE DI FIANO ROMANO (C.F. (...)) CONVENUTO CONTUMACE FATTO E DIRITTO Con atto di citazione ritualmente notificato la allora (...) S.p.a. conveniva in giudizio - nella asserita veste di cessionaria dei crediti analiticamente indicati nel corpo dell'atto, già facenti capo alle indicate società fornitrici e relativi all'esecuzione di prestazioni oggetto di contratti di somministrazione - il Comune di Fiano Romano, chiedendo accogliersi le seguenti conclusioni: "Voglia l'Ill.mo Tribunale adito così giudicare: - IN VIA PRINCIPALE: per le ragioni e i titoli di cui in narrativa, accertare e dichiarare il diritto di (...) S.p.A. ad ottenere il pagamento da parte del COMUNE DI FIANO ROMANO dei seguenti crediti e, per l'effetto, condannare il COMUNE DI FIANO ROMANO al relativo pagamento in favore di (...) S.p.A.: I. Euro 89,002.15 per sorte capitale, di cui alle fatture riepilogate nell'elenco prodotto sub doc. (...); II. gli interessi moratori maturati e maturandi sulla predetta sorte capitale: ? "determinati nella misura degli interessi legali di mora" ex artt. 2 e 5 del D.Lgs. n. 231 del 2002 come novellato dal D.Lgs. n. 192 del 2012 e ? con le seguenti decorrenze: o con riferimento alle fatture emesse da (...) S.r.l., in forza di quanto previsto dal relativo contratto di cessione dei crediti sottoscritto tra la predetta società e (...) (doc. 6), gli interessi sono dovuti a (...) con decorrenza dal giorno successivo a quello della data di sottoscrizione del predetto contratto di cessione - data di sottoscrizione riportata nel contratto - sino al saldo, o con riferimento alle fatture emesse dalle restanti società cedenti, gli interessi sono dovuti a (...) con decorrenza dal giorno successivo a quello di scadenza del relativo termine di pagamento - scadenza indicata in relazione a ciascuna fattura nell'elenco prodotto sub doc. (...) (colonna "Data Scadenza") - sino al saldo; ? si precisa che alla data del 27 ottobre 2020 gli interessi moratori ammontano ad Euro 13,589.49; III. gli interessi anatocistici prodotti dagli interessi moratori maturati sulla predetta sorte capitale che, alla data di notifica del presente atto, sono scaduti da oltre sei mesi, ai sensi dell'art. 1283 c.c.: ? nella misura "degli interessi legali di mora" ai sensi degli artt. 2 e 5 del D.Lgs. n. 231 del 2002 come novellato dal D.Lgs. n. 192 del 2012, ? con decorrenza dalla data di notifica del presente atto; IV. Euro 10.560,00 ai sensi dell'art. 6, comma 2, del D.Lgs. n. 231 del 2002 come novellato dal D.Lgs. n. 192 del 2012, per il mancato pagamento delle fatture costituenti la predetta sorte capitale; V. Euro 13,293.64 a titolo di interessi di mora - ulteriori rispetto a quelli maturati e maturandi sulla predetta sorte capitale, indicati nelle presenti conclusioni sub (...) - in quanto maturati a causa del tardivo pagamento, da parte del Comune, di crediti diversi da quelli costituenti la sorte capitale insoluta indicata nelle presenti conclusioni sub (...); VI. gli interessi anatocistici prodotti dai predetti interessi di mora oggetto della Nota Debito, interessi di mora che, alla data di notifica del presente atto, sono scaduti da oltre sei mesi, ai sensi dell'art. 1283 c.c.: ? nella misura "degli interessi legali di mora" ai sensi degli artt. 2 e 5 del D.Lgs. n. 231 del 2002 come novellato dal D.Lgs. n. 192 del 2012, ? con decorrenza dalla data di notifica del presente atto; VII. Euro 21.680,00 ai sensi dell'art. 6, comma 2, del D.Lgs. n. 231 del 2002 come novellato dal D.Lgs. n. 192 del 2012, corrispondente all'importo di Euro 40 moltiplicato per ciascuna delle n. 542 fatture il cui tardivo pagamento da parte del Comune ha generato gli interessi di mora oggetto della Nota Debito; - IN VIA SUBORDINATA: per le ragioni e i titoli di cui in narrativa, accertare e dichiarare il diritto di (...) S.p.A. ad ottenere il pagamento da parte del COMUNE DI FIANO ROMANO e, per l'effetto, condannare il COMUNE DI FIANO ROMANO al pagamento in favore di (...) S.p.A. di ogni diversa somma che fosse ritenuta dovuta a (...) S.p.A. per: ? sorte capitale, ? interessi moratori maturati e maturandi sulla sorte capitale: o "determinati nella misura degli interessi legali di mora" ex artt. 2 e 5 del D.Lgs. n. 231 del 2002 come novellato dal D.Lgs. n. 192 del 2012 e o con le seguenti decorrenze: con riferimento alle fatture emesse da (...) S.r.l., in forza di quanto previsto dal relativo contratto di cessione dei crediti sottoscritto tra la predetta società e (...) (doc. 6), gli interessi sono dovuti a (...) con decorrenza dal giorno successivo a quello della data di sottoscrizione del predetto contratto di cessione - data di sottoscrizione riportata nel contratto - sino al saldo, con riferimento alle fatture emesse dalle restanti società cedenti., gli interessi sono dovuti a (...) con decorrenza dal giorno successivo a quello di scadenza del relativo termine di pagamento - scadenza indicata in relazione a ciascuna fattura nell'elenco prodotto sub doc. (...) (colonna "Data Scadenza") - sino al saldo; ? interessi anatocistici prodotti dagli interessi moratori maturati sulla sorte capitale: o nella misura "degli interessi legali di mora" ai sensi degli artt. 2 e 5 del D.Lgs. n. 231 del 2002 come novellato dal D.Lgs. n. 192 del 2012, o con decorrenza dalla data di notifica del presente atto; ? importo dovuto ai sensi dell'art. 6, comma 2, del D.Lgs. n. 231 del 2002 come novellato dal D.Lgs. n. 192 del 2012, in relazione alla sorte capitale; ? importo dovuto a titolo di interessi di mora ulteriori rispetto a quelli maturati e maturandi sulla sorte capitale in quanto maturati a causa del tardivo pagamento, da parte del Comune, di crediti diversi da quelli costituenti la sorte capitale; ? interessi anatocistici prodotti dagli interessi di mora oggetto della Nota Debito: o nella misura "degli interessi legali di mora" ai sensi degli artt. 2 e 5 del D.Lgs. n. 231 del 2002 come novellato dal D.Lgs. n. 192 del 2012, o con decorrenza dalla data di notifica del presente atto; ? importo dovuto ai sensi dell'art. 6, comma 2, del D.Lgs. n. 231 del 2002 come novellato dal D.Lgs. n. 192 del 2012, in relazione alle fatture il cui tardivo pagamento ha generato gli interessi di mora di cui alla Nota Debito; - IN ULTERIORMENTE SUBORDINATA: per l'eventualità in cui la parte convenuta dovesse sollevare contestazioni in ordine ai rapporti contrattuali posti a fondamento delle domande di pagamento formulate oppure dovessero essere formulati rilievi officiosi, accertare e dichiarare il diritto di (...) S.p.A. ad ottenere il pagamento da parte del COMUNE DI FIANO ROMANO e, per l'effetto, condannare il COMUNE DI FIANO ROMANO al pagamento in favore di (...) S.p.A. di ogni diversa somma che fosse ritenuta dovuta a (...) S.p.A. per capitale, interessi e rivalutazione monetaria dal dovuto al saldo a titolo di indennizzo per ingiustificato arricchimento ex art. 2041 c.c.; - IN OGNI CASO: con vittoria di compensi e spese del giudizio, oltre rimborso forfettario nella misura del 15% ex D.M. n. 55 del 2014, oltre CPA, IVA, contributo unificato, marca e successive.". Nessuno essendosi costituito per il Comune di Fiano Romano, nonostante la ritualità della notifica, era dichiarata la contumacia di parte convenuta e venivano assegnati i termini ex art. 183, VI co., c.p.c. e in sede di memoria istruttoria n. 1 la difesa della società attrice precisava "...che, rispetto a quelli azionati, i crediti per i quali (...) prosegue il giudizio sono i seguenti: - Euro 45.514,19 per sorte capitale, di cui alle fatture riepilogate negli elenchi che si producono sub doc.(...) - gli interessi di mora, maturati e maturandi sulla maggior sorte capitale di Euro 89.002,15 azionata con l'atto di citazione, "determinati nella misura degli interessi legali di mora" ex artt. 2 e 5 del D.Lgs. n. 231 del 2002 come novellato dal D.Lgs. n. 192 del 2012 e con decorrenza dal giorno successivo a quello di scadenza del termine di pagamento delle fatture costituenti la predetta sorte capitale - scadenza riportata nel predetto elenco (colonna "Data Scadenza"), nei quali son indicate anche le fatture azionate con residuo "0" - sino al saldo; - gli interessi anatocistici prodotti dagli interessi moratori maturati sulla predetta maggior sorte capitale di Euro 89.002,15 azionata con l'atto di citazione che, alla data di notifica della citazione, sono scaduti da oltre sei mesi, ai sensi dell'art. 1283 c.c., nella misura "degli interessi legali di mora" ai sensi degli artt. 2 e 5 del D.Lgs. n. 231 del 2002 come novellato dal D.Lgs. n. 192 del 2012. Ciò in virtù del richiamo operato a tale normativa dall'art. 1284 comma 4 c.c., con decorrenza dalla data di notifica dell'atto di citazione - Euro 10.560,00 ai sensi dell'art. 6, comma 2, del D.Lgs. n. 231 del 2002 come novellato dal D.Lgs. n. 192 del 2012, corrispondente all'importo di Euro 40 moltiplicato per ciascuna fattura costituente la predetta maggior sorte capitale azionata di Euro 89.002,15 - Euro 13.293,64 a titolo di ulteriori interessi di mora - ulteriori, appunto, rispetto a quelli maturati e maturandi in relazione alla sorte capitale - in quanto maturati a causa del tardivo pagamento di crediti diversi da quelli costituenti la sorte capitale. Tali interessi di mora sono già stati fatturati mediante le "Note Debito Interessi" riepilogate negli elenchi prodotti con l'atto di citazione sub doc. (...). - gli interessi anatocistici prodotti dai predetti interessi di mora oggetto delle Note Debito, interessi di mora che, alla data di notifica della citazione, sono scaduti da oltre sei mesi, ai sensi dell'art. 1283 c.c., nella misura "degli interessi legali di mora" ai sensi degli artt. 2 e 5 del D.Lgs. n. 231 del 2002 come novellato dal D.Lgs. n. 192 del 2012. Ciò in virtù del richiamo operato a tale normativa dall'art. 1284 comma 4 c.c., con decorrenza dalla data di notifica della citazione - Euro 21.680,00 ai sensi dell'art. 6, comma 2, del D.Lgs. n. 231 del 2002 come novellato dal D.Lgs. n. 192 del 2012, corrispondente all'importo di Euro 40 moltiplicato per ciascuna delle sottostanti fatture (indicate in ciascuna delle Note Debito) il cui tardivo pagamento ha generato gli interessi di mora oggetto delle Note Debito emesse da (...) e prodotte sub doc. (...)". All'esito, in assenza di richieste istruttorie, la causa veniva trattenuta in decisione, previa assegnazione dei termini ex art. 190 c.p.c.. Preliminarmente, deve osservarsi che corretta è la declaratoria di contumacia del Comune di Fiano Romano, non costituitosi, pur essendo stato regolarmente citato a comparire, al riguardo essendo senz'altro valida la notifica eseguita presso il domicilio digitale ricavabile dall'IPA, atteso che l'art. 28 del D.L. 16 luglio 2020, n. 76, nella stesura rinveniente dalla Legge di Conversione n. 120 dell'11.9.2020, ha reintrodotto l'IPA nell'elenco dei registri utilizzabili per le notifiche in proprio a mezzo pec da parte degli Avvocati ex L. n. 53 del 1994 e che tale norma, nel modificare l'art. 16 ter del D.L. n. 179 del 2012, ha previsto che laddove l'indirizzo pec della PA destinataria della notificazione non sia inserito nel registro PP.AA. - come nella specie, avendo parte attrice esaurientemente documentato tale circostanza attraverso la produzione delle relative schermate di ricerca - la notificazione degli atti in materia civile, penale, amministrativa, contabile e stragiudiziale deve intendersi validamente effettuata all'indirizzo pec inserito nell'IPA. Venendo al merito, deve in linea generale osservarsi: che il creditore, il quale agisca per far accertare l'altrui inadempimento, è tenuto a fornire la prova del titolo e dell'esigibilità della prestazione, potendo limitarsi ad allegare l'inadempimento del debitore, sul quale graverà la prova del fatto estintivo, costituito dall'intervenuto adempimento (cfr. Cass. Civ., SS.UU., n. 13533/01); che ai sensi dell'art. 2697, II co., c.c. in tema di riparto dell'onere della prova, chi eccepisce l'inefficacia dei fatti posti a fondamento del diritto ex adverso azionato in giudizio, ovvero eccepisce che il diritto si è modificato o estinto, deve provare i fatti su cui l'eccezione si fonda. Nel caso che ci occupa, parte attrice ha documentato la attuale titolarità, in capo alla stessa, delle pretese creditorie azionate con l'atto di citazione introduttivo del giudizio e relative a somministrazione di prestazioni periodiche di cose eseguite in favore del Comune di Fiano Romano da parte di (...), (...), (...) S.r.l., (...), (...) S.r.l., (...) S.p.a., (...) ed (...), cedute alla allora soc. (...) attraverso i contratti versati in all.ti 6, 10, 13, 17, 18, 19 e 20 al fascicolo di parte attrice atti (non risulta prodotta la sola cessione del contratto di (...)). Può ritenersi, pertanto, raggiunta la prova in ordine all'attuale titolarità, in capo alla (...) S.p.a. (già (...) S.p.a.), dei rapporti di cui sopra. Tanto precisato, con riferimento alla materia dei contratti di somministrazione di energia e gas naturale, costituisce orientamento condiviso nella giurisprudenza quello secondo cui a fronte della specifica contestazione, da parte dell'utente, della congruità dei consumi esposti nelle bollette e della conformità dei consumi effettivi, spetta al somministrante la prova del quantum della merce fornita e del quantum del corrispettivo secondo i criteri di riparto stabiliti dagli artt. 1218 e 2697 c.c. e in applicazione del principio della vicinanza della prova, seguendone che la bolletta è sì idonea a dimostrare l'entità dei consumi della somministrazione, ma ciò solo in caso di mancata contestazione da parte dell'utente e che nella diversa ipotesi di contestazione, il somministrante deve provare la quantità di consumo registrato, il corretto funzionamento del contatore e la corrispondenza fra quanto riportato in bolletta e quanto emergente dal contatore (Trib. Milano, 27.11.2015). E' stato, altresì, sul tema evidenziato che la rilevazione dei consumi mediante contatori è assistita da una presunzione semplice di veridicità, sicché, in caso di contestazione, grava sul somministrante (fornitore) l'onere di provare che il contatore era perfettamente funzionante, mentre il fruitore (utente) deve dimostrare che l'eccessività dei consumi è dovuta a fattori esterni al suo controllo e che non avrebbe potuto evitare con un'attenta custodia dell'impianto, ovvero di aver diligentemente vigilato affinché eventuali intrusioni di terzi non potessero alterare il normale funzionamento del misuratore o determinare un incremento dei consumi: pertanto, se l'utente contesta i consumi rilevati dal contatore, spetterà al fornitore dell'utenza provare il corretto funzionamento dello stesso, nonché la corrispondenza tra il dato fornito e quello trascritto nella bolletta (v., tra le altre, Cass. civ. n. 07045/18; n. 23699/2016; n. 10313/2004; n. 1236/2003; n. 17041/2002; Trib. Roma, n. 9663/18). Tornando al caso che ci occupa, non si rinvengono in atti tutte le fatture poste alla base delle pretese creditorie azionate in giudizio dalla allora (...) S.p.a. (oggi, (...) S.p.a.), dalle quali dovrebbe evincersi la prova dei consumi rilevati e, quindi, della effettiva esecuzione delle relative prestazioni da parte delle società cedenti. In particolare, tali fatture non risultano indicate nell'elenco dei documenti allegati all'atto di citazione (v. pagg. 22-23). In sede di memoria istruttoria n. 1 la difesa dichiara, invero, di depositare come "doc. 19 le fatture costituenti la sorta capitale emesse a fronte delle prestazioni eseguite in favore del Comune, in uno alla relativa documentazione contrattuale". Tuttavia, in detto allegato si rinvengono esclusivamente: nn. (...) fatture di (...) per un importo complessivo di Euro3.088,86; n. (...) fattura di (...) per Euro76,26; n. (...) fattura di (...) S.p.a. per Euro1.717,08 (i documenti prodotti in versione "xml" alla voce "Fiano Romano xml" risultano non visualizzabili in pct). Ancora, con la seconda memoria la difesa dichiara di produrre quali "doc. 20 le fatture costituenti la sorta capitale emesse a fronte delle prestazioni eseguite in favore del Comune, in uno alla relativa documentazione contrattuale; doc. 21 le fatture il cui tardivo pagamento ha generato l'emissione delle Note Debito Interessi". In all. 20 si rinvengono, peraltro, esclusivamente: n. (...) una fattura di Gruppo (...) per Euro272,94; nn. (...) fatture di (...) per complessivi Euro 5.137,62. L'importo totale portato dalle fatture versate in atti per quel che attiene alla sorte capitale ammonta, quindi, a Euro10.292,76 (Euro3.088,86+Euro1.717,08+Euro76,26+Euro272,94+Euro5.137,62). Quanto sopra consente - alla stregua della sopra richiamata impostazione giurisprudenziale - di ritenere provata l'esecuzione delle relative prestazioni avuto riguardo al solo importo di Euro10.292,76, scaturente dalla sommatoria delle fatture versate in atti, dovendo le stesse considerarsi idonee a dimostrare l'entità dei consumi, attesa l'assenza di una specifica contestazione da parte del Comune, rimasto contumace per tutta la durata del giudizio, al riguardo essendo appena il caso di rilevare che l'orientamento giurisprudenziale secondo cui la contumacia non equivale a non contestazione appare nella specie non utilmente invocabile, occorrendo, per l'appunto, una contestazione non generica, ma sufficientemente specifica, il che avrebbe imposto la costituzione in giudizio dell'ente. Si consideri, altresì, che le fatture versate in atti contengono una analitica indicazione delle prestazioni di somministrazioni adempiute, attraverso l'indicazione specifica dei quantitativi di prestazione erogati in favore dell'utente con riferimento ai vari periodi temporali presi in considerazione. Si osservi, ancora, che la giurisprudenza di merito è tendenzialmente orientata ad ammettere la fatturazione a stima ed a conguaglio una volta ricevuti i dati di consumo da parte del Distributore Locale (cfr. Corte di Appello di Genova, Sezione III, 25 giugno 2018, n. 1047 e Tribunale di Milano, 19 ottobre 2016, n. 11450). Con riferimento alle ulteriori pretese, viceversa, l'omessa produzione delle fatture non consente di ritenere soddisfatta quella presunzione semplice di veridicità che, in assenza di contestazioni da parte del debitore, è idonea a comprovare l'esecuzione delle relative prestazioni, alla stregua dell'impostazione giurisprudenziale sopra richiamata. Ad avviso del Tribunale risulta, in conclusione, provata l'originaria spettanza, in capo alle società cedenti, del credito per sorte capitale di Euro10.292,76. Il Comune di Fiano Romano dovrà essere, in conclusione, condannata a corrispondere all'attuale titolare del credito (...) S.p.a., per i titoli di cui in motivazione, il suddetto importo di Euro 10.292,76. Parte convenuta dovrà essere, altresì, condannata a corrispondere a parte attrice gli interessi moratori ex artt. 1224 c.c., 2 e 5 D.Lgs. n. 231 del 2002, con decorrenza dalle singole scadenze e sino al saldo effettivo, venendo pacificamente in considerazione un debito di valuta originariamente in essere tra impresa e pubblica amministrazione, nonché gli interessi anatocistici ex artt. 1283 c.c. e 1284, IV co., c.c. sugli interessi moratori dovuti almeno per sei mesi, con decorrenza dalla data della domanda giudiziale, stante il principio secondo cui gli interessi sugli interessi (anatocistici) sono dovuti ove siano contemporaneamente dovuti anche gli interessi principali, il credito sia esigibile, il debitore sia in mora e sia stata, altresì, proposta la domanda giudiziale, avente non solo il ruolo di condizione, alternativa alla convenzione tra le parti, dell'anatocismo, ma anche il ruolo di termine iniziale per la produzione di interessi secondari (v. Cass. civ., Sez. I, n. 1164/17; n. 12512/15; n. 12043/04); condizioni, tutte, ricorrenti nel caso di specie. Il Comune di Fiano Romano essere, altresì, condannato a versare a parte attrice l'ulteriore importo di Euro600,00 ex art. 6, II co., D.Lgs. n. 231 del 2002 come novellato dal D.Lgs. n. 192 del 2012, quale importo forfettario dovuto a titolo di risarcimento del danno da parte del debitore per il mancato pagamento delle 15 fatture costituenti la sorte capitale. Per quel che concerne le fatture poste alla base delle cd. "note debito interessi", in all. 21 si rinvengono, infine, esclusivamente nn. 3 fatture di Gruppo (...) per complessivi Euro599,13 (i files depositati in formato "xml" risultano non visualizzabili in pct): la pretesa creditoria della (...) S.p.a. al pagamento dei relativi interessi moratori risulta, pertanto, provata avuto esclusivo riguardo al succitato importo, seguendone che il Comune di Fiano Romano dovrà essere condannato a versare a parte attrice, su detta somma, gli interessi moratori nella misura precedentemente indicata, oltre che - per le ragioni in precedenza esplicitate - gli interessi anatocistici prodotti dai citati interessi moratori. Il Comune di Fiano Romano essere, infine, condannato a versare a parte attrice l'ulteriore somma di Euro120,00 ex art. 6, II co., D.Lgs. n. 231 del 2002 come novellato dal D.Lgs. n. 192 del 2012, quale importo forfettario dovuto a titolo di risarcimento del danno da parte del debitore per il mancato tempestivo pagamento delle 3 fatture costituenti poste alla base delle cd. "note debito interessi". La domanda subordinata ex art. 2041 c.c., pure proposta da parte attrice e da scrutinare in considerazione dell'accoglimento solo parziale della domanda principale, deve essere respinta siccome infondata, per difetto del requisito della sussidiarietà ex art. 2042 c.c., tenuto conto dell'orientamento giurisprudenziale secondo cui l'azione generale di arricchimento ingiustificato, avendo natura sussidiaria, può essere esercitata solo quando manchi un titolo specifico sul quale fondare un diritto di credito, con la conseguenza che il giudice, anche d'ufficio, deve accertare che non sussista altra specifica azione per le restituzioni ovvero per l'indennizzo del pregiudizio subito, contro lo stesso soggetto arricchito o contro soggetti terzi (v. Cass. civ. n. 26199/2017), laddove nel caso che ci occupa parte attrice aveva a disposizione, ai fini di cui sopra, l'azione di adempimento contrattuale in concreto, del resto, esercitata. Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo, tenuto conto dell'assenza di istruttoria orale e del deposito della sola comparsa conclusionale, stante la contumacia di parte convenuta. P.Q.M. Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni diversa domanda, istanza ed eccezione disattesa o assorbita, così dispone: - accerta e dichiara che la (...) S.p.a., già (...) S.p.a., è la attuale titolare dei crediti oggetto di cessione, di cui in parte motiva ed ha, pertanto, diritto ad ottenere il relativo pagamento; - accerta e dichiara come provata l'attuale spettanza in capo alla (...) S.p.a., per il titolo di cui al punto che precede, del credito per sorte capitale di Euro10.292,76; - per l'effetto, condanna il Comune di Fiano Romano a corrispondere alla società attrice il suddetto importo di Euro10.292,76; - condanna parte convenuta a corrispondere a parte attrice, sull'importo di cui al punto che precede, gli interessi moratori ex artt. 1224 c.c., 2 e 5 D.Lgs. n. 231 del 2002, con decorrenza dalle singole scadenze e sino al saldo effettivo; - condanna il Comune di Petrella Salto a corrispondere alla (...) S.p.a. gli interessi anatocistici ex artt. 1283 c.c. e 1284, IV co., c.c. sugli interessi moratori dovuti almeno per sei mesi, con decorrenza dalla data della domanda giudiziale; - condanna parte convenuta a versare a parte attrice l'ulteriore somma di Euro600,00 ex art. 6 D.Lgs. n. 231 del 2002, quale importo forfettario dovuto a titolo di risarcimento del danno da parte del debitore per il mancato pagamento delle 15 fatture costituenti la sorte capitale; - condanna l'ente convenuto a versare a parte attrice gli interessi moratori - nella misura precedentemente indicata - maturati sull'importo di Euro599,13, nonché gli interessi anatocistici prodotti dai citati interessi moratori; - condanna parte convenuta a versare a parte attrice l'ulteriore somma di Euro120,00 ex art. 6 D.Lgs. n. 231 del 2002, quale importo forfettario dovuto a titolo di risarcimento del danno da parte del debitore per il mancato tempestivo pagamento delle 3 fatture poste alla base delle cd. "note debito interessi"; - respinge la domanda subordinata ex art. 2041 c.c., pure proposta da parte attrice; - condanna il Comune di Fiano Romano a rifondere alla (...) S.p.a. le spese di lite, che liquida nel complessivo importo di Euro 4.173,00, di cui Euro 3.387,00 a titolo di compensi professionali ed Euro 786,00 per esborsi, oltre alle spese forfettarie ex art. 2 D.M. n. 55 del 2014 ed oltre ad IVA e CPA come per legge. Così deciso in Rieti il 26 aprile 2023. Depositata in Cancelleria il 26 aprile 2023.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO DI RIETI SEZIONE CIVILE Il Tribunale, in composizione collegiale nelle persone dei seguenti magistrati: dott. Pierfrancesco de Angelis - Presidente dott. Barbara Vicario - Giudice dott. Francesca Sbarra - Giudice Relatore ha pronunciato la seguente SENTENZA Nella causa civile iscritta al n. 1650 del ruolo generale affari contenziosi dell'anno 2019 trattenuta in decisione all'udienza del 10.01.2023, TRA (...) ((...)) e (...) ((...)), rappresentate e difese dall'Avv.to Al.Br. in virtù di mandato in calce all'atto di citazione. ATTRICI E (...) ((...)) e (...) ((...)), rappresentati e difesi dall'Avv.to Fa.Fe. giusta procura in calce all'atto di intervento volontario, quali eredi della originaria convenuta (...) ((...)). INTERVENTORI/CONVENUTI OGGETTO: divisione dei beni ereditari. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con atto di citazione notificato in data 21.10.2019, (...) e (...) convenivano in giudizio (...), chiedendo di accogliere le seguenti conclusioni: "Voglia l'Ill.no Tribunale adito, disattesa ogni contraria istanza, per i motivi tutti sopra esposti: nel rispetto della volontà testamentaria, così come manifestata dal testatore con le disposizioni del 16.03.2009 e del 15.10.2016, volta ad attribuire alla sig.ra (...) la porzione disponibile della sua eredità ed alla figlia (...), a titolo di legittima, l'azienda commerciale di sua proprietà sita in R., al viale L. M. n. 1; disporre lo scioglimento della comunione ereditaria costituitasi a seguito della morte del Sig. (...) ed ordinare la divisione dei cespiti ereditari sopra descritti; attribuire ai singoli condividenti la quota ad ognuno di essi spettante, riequilibrando, a mezzo conguagli, eventuali sperequazioni tra condividenti. Con vittoria di spese e compensi professionali". Si costituiva (...), con comparsa del 04.02.2020, chiedendo al Tribunale di accogliere le seguenti conclusioni: "A)- rigettare le domande attrici, sia nella parte in cui esse hanno limitato i cespiti facenti parte dell'asse ereditario relitto del de cuius Sig. (...), senza tenere conto di quelli ulteriori indicati nella comparsa di costituzione, sia nella parte in cui hanno esposto una stima dei beni presi in considerazione in misura inferiore rispetto a quella reale, così come risulta dalle menzionate CTP del Commercialista (...) e della (...); B)- in via riconvenzionale: 1)- accertata, in capo alla Dr.ssa (...), la qualità di erede legittima del defunto genitore, Sig. (...), dichiarare l'apertura della successione per causa di morte dello stesso; 2)- dichiarare lo scioglimento della comunione ereditaria del predetto de cuius e procedere alla divisione dei beni che ne fanno parte, con attribuzione a ciascuna delle eredi di porzioni corrispondenti alle rispettive quote loro spettanti; 2)- a tal fine, ricostruire la massa ereditaria del Sig. (...), computando il relictum, le donazioni e le somme, come esposte nella comparsa di costituzione; 3)- condannare le Sig.re (...) e (...) a conferire alla massa ereditaria i frutti percetti sui beni in comunione ereditaria, nella misura che verrà accertata nel corso del giudizio, nonché le somme che dovessero risultare appartenere alla massa stessa all'esito dell'esame del rendiconto relativo a tutto il periodo (anche anteriore alla morte del de cuius) in cui le controparti hanno curato la gestione e/o avuto in qualche modo la disponibilità. All'uopo, la Sig.ra (...) chiede che codesto Tribunale Voglia ordinare, alle medesime Sig.re (...) e (...), di presentare il rendiconto di cui sopra; 4)- in ipotesi che le somme per complessivi Euro 63.500,00, riscosse dalle Sig.re (...) e (...) nel periodo 13.06.2016-06.03.2017, costituissero donazioni, dichiarare la nullità per vizio di forma, e, in ogni caso, previa collazione, riconoscere e dichiarare tenute le medesime attrici a conferire all'asse ereditario l'importo di che trattasi e quindi procedere alla relativa ripartizione tra gli eredi della massa, secondo le rispettive quote, e, comunque, a restituire alla odierna comparente la relativa quota di spettanza; 5)- previa divisione degli importi innanzi specificati, pari a complessivi Euro 260.910,13 (Euro 195.004,00 + Euro 1.406,13 + Euro 63.500,00), o a quello diverso ritenuto di giustizia, salvo gravame, condannare le Sig.re (...) e (...) a corrispondere, alla Dr.ssa(...) il valore totale della quota legittima spettante alla predetta loro dante causa, pari a Euro 65.227,53, o a quello diverso ritenuto di giustizia salvo gravame, oltre interessi decorrenti dalla data del decesso del Sig. (...) o da quella diversa ritenuta di giustizia; 6)- ordinare la divisione giudiziale del 50% dell'appartamento sito in R., Via S. S. n.41, di proprietà, per il restante 50%, della Sig.ra (...), previa determinazione della sua consistenza attuale, attribuendo ad ognuno dei compartecipi la parte corrispondente alla propria quota ideale, secondo il progetto divisionale predisposto con l'ausilio di un Consulente Tecnico d'Ufficio da nominarsi; 7)- in subordine, disporre l'attribuzione del bene indiviso in favore delle attrici, con obbligo per le stesse di provvedere al conguaglio in danaro pari a Euro 42.328,13 (1/4 di Euro 169.312,50), o quello diverso ritenuto di giustizia, salvo gravame, in favore della concludente; 8)- in via più gradata, laddove dovesse accertarsi l'indivisibilità del bene e rigettarsi la richiesta sub 7) che precede, ordinare la vendita dell'immobile in questione ai sensi dell'art. 788 c.p.c. (a mezzo di professionista, all'uopo delegato) e provvedere alla ripartizione tra gli eredi della somma ricavata, in proporzione delle rispettive quote; 9)- nella non creduta ipotesi in cui la disposizione di cui al 2 testamento fosse interpretata come legato in favore della coerede (...), ridurre lo stesso nei limiti necessari a reintegrare la quota di legittima della medesima convenuta; 10)- ordinare al Conservatore dei Registri Immobiliari territorialmente competente di trascrivere gli emanandi provvedimenti con esonero da ogni responsabilità; 11)- condannare le Sig.re (...) e (...), in caso di opposizione, in solido tra di loro, al pagamento delle spese di lite". Instaurato il contraddittorio ed assegnati in termini ex art. 183 co. VI c.p.c., in data 11.06.2020, si costituivano, mediante comparsa di intervento volontario, (...) e (...), rappresentando che la convenuta (...) è deceduta in data 19.02.2020 senza lasciare testamento e di essere unici eredi legittimi (quali, rispettivamente, marito ed unico figlio della de cuius). Si riportavano integralmente alla "comparsa di costituzione con domanda riconvenzionale" e a tutti gli atti, difese, eccezioni, istanze e domande avanzati dalla Dr.ssa (...), reiterando le conclusioni rassegnate nella citata comparsa di costituzione. In sede di memorie istruttorie, inoltre, (...) e (...) non si opponevano alla richiesta di attribuzione della abitazione sita in R., via S. S. n. 41, alla (...) né di attribuzione del complesso aziendale a (...), fermo l'obbligo di conguaglio a carico delle attrici. Instaurato il contraddittorio, espletata la c.t.u. e disposta una integrazione in seguito alle osservazioni svolte dalla difesa attrice, il G.I. rigettava l'istanza ex art. 196 c.p.c. formulata dalla difesa attrice con ordinanza motivata del 24.02.2022; all'udienza del 10.01.2023 la causa era trattenuta in decisione. MOTIVI DELLA DECISIONE Le attrici, con il proprio atto di citazione, assumevano quanto segue: 1. Che in data 10.03.2017 decedeva in (...), coniugato con (...), padre di (...) e (...); 2. Che il de cuius disponeva delle proprie sostanze mediante: (i) testamento olografo redatto in data 16.03.2009, depositato presso il Notaio (...) di R. in data 19.10.2009 n. (...) rep. e pubblicato con verbale ricevuto dal Notaio in data (...), rep. n. (...) racc. n. (...), registrato a Rieti il 10.04.2017 al n. 1100 serie 1/T, con il quale lo stesso (...) lasciava la porzione disponibile della sua eredità alla moglie (...); (ii) testamento olografo redatto in data 15.10.2016, pubblicato con Verbale ricevuto dal Notaio P.G. di R. in data 20.03.2017 al n. (...) rep., registrato a Rieti il 20.03.2017 al n. 875 Serie 1/T, con il quale assegnava, a titolo di legittima, l'azienda commerciale di sua proprietà sita in R., al viale M. n. 1 alla figlia (...); 3. Che, pertanto, in forza dei due testamenti olografi, la quota disponibile dell'eredità è devoluta alla coniuge e l'azienda commerciale sita in R., al viale M. n. 1 alla figlia (...), mentre la parte di patrimonio residua, di cui il de cuius non disponeva per testamento, è devoluta alla (...) ed alle figlie T. e (...), secondo le norme in materia di successione legittima; 4. Che, al momento dell'apertura, l'asse ereditario era così composto: (i) 50% immobile sito in R., via S. S. fg. (...) part. (...) sub. (...); (ii) 50% immobile sito in R., via S. S. fg. (...) part. (...) sub. (...); (iii) (...)% immobile sito in R., via S. S. fg. (...) part. (...) sub. (...); (iv) complesso aziendale relativo alla Impresa Individuale (...), con esercizio commerciale in R., al viale M. n. 1/c comprensivo di immobili ad essa strumentali così individuati: fg. (...) part. (...) sub. (...); fg. (...) part. (...) subb. (...); (v) saldo attivo di Euro 1.406,13 presente, alla data di apertura della successione, sul c/c intestato al de cuius in essere presso la (...) - complessivamente stimato in Euro 464.038,63, di cui Euro 331.632,50 quanto al complesso aziendale, Euro 131.000,00 quanto all'abitazione a via S.S. (quota parte di proprietà esclusiva del de cuius pari al 50%) ed Euro 1.406,13 quanto al saldo attivo di c/c; 5. Che, alla luce della disposizione testamentaria del 2017, le condividenti risulterebbero titolari delle seguenti quote: (i) (...), quota di 1/2; (ii) (...), quota di 1/4; (iii) (...), quota di 1/4; 6. Che (...) gode, sulla casa di abitazione, della titolarità esclusiva del diritto di abitazione mentre (...) ha sostenuto, per i debiti aziendali anteriori all'apertura della successione, esborsi in contanti pari ad Euro 8.571,92 - elementi di cui tenere conto in sede di divisione ereditaria. Parte convenuta replicava quanto segue: - Che l'assegnazione dell'azienda commerciale con il secondo testamento olografo configurerebbe una institutio ex re certa ai sensi dell'art. 588 co. I c.c., assegnando la res come quota del patrimonio relitto; - Che il patrimonio relitto consterebbe dei seguenti cespiti, solo parzialmente considerati dalle attrici: (i) 50% dell'appartamento sito in R., via S. S. n. 41 (di proprietà, per la restante parte, della coniuge (...)), di valore complessivo pari ad Euro 338.625,00 (ovvero Euro 169.312,50 quanto alla quota caduta in successione); (ii) complesso aziendale relativo alla Impresa Individuale (...), con esercizio commerciale in R., al viale M. n. 1/c, valutato in Euro 537.766,00; (iii) Euro 195.004,00 pari alla somma riscossa sul c/c (...) intestato al de cuius, in data 10.03.2017, da (...), con operazione di addebito con bonifico a suo favore alle ore 10.50 (ovvero successivamente all'orario del decesso del (...) - ore 10.39); (iv) Euro saldo attivo di Euro 1.406,13 presente, alla data di apertura della successione, sul c/c intestato al de cuius in essere presso la (...); - Che, inoltre, tra il 13.06.2016 ed il 06.03.2017, le attrici avrebbero prelevato dal citato c/c (...) intestato al de cuius, somme mensili per un totale di Euro 63.500,00, da conferire alla massa ereditaria; - Che pertanto il valore complessivo del patrimonio ereditario è pari ad Euro 966.988,63, sicchè la quota di legittima (25%) spettante a (...) sarebbe pari ad Euro 241.746,16; ove la disposizione testamentaria del 2017 fosse interpretata quale legato in favore della coerede avrebbe carattere lesivo della legittima della convenuta; - Che difetterebbe alcuna prova dell'esborso, da parte della sorella (...), di Euro 8.571,92 a titolo di debiti pregressi. Il presente giudizio ha ad oggetto la domanda di divisione ereditaria avanzata dalle odierna attrici quanto al compendio ereditario di cui alla successione di (...), sulla base della massa ereditaria come descritta in sede di atto di citazione e dei testamenti olografi redatti in data 16.03.2009 ed in data 15.10.2016, cui si contrappone l'avversa domanda di divisione della massa ereditaria, previa collazione degli importi di Euro 63.500,00, ed eventuale riduzione della disposizione di cui al testamento del 15.10.2016, ove considerata alla stregua di un legato, con condanna delle attrici a conferire alla massa ereditaria i frutti percetti sui beni in comunione ereditaria ed a presentare il rendiconto relativo a tutto il periodo. Onde procedere all'esame delle avverse domande, occorre, in primo luogo, ricostruire la vicenda successoria attraverso l'analisi delle due disposizioni testamentarie dettate dal de cuius (...). Con testamento olografo redatto in data 16.03.2009, depositato presso il Notaio (...) di R. in data 19.10.2009 n. 161 rep. e pubblicato con verbale ricevuto dal Notaio in data (...), rep. n. (...) racc. n. (...), registrato a Rieti il 10.04.2017 al n. 1100 serie 1/T (cfr. all. n. 2 atto di citazione), (...) così disponeva: "lascio tutta la porzione disponibile della mia eredità a mia moglie (...); il resto come per legge". Con la predetta disposizione testamentaria, pertanto, il de cuius ha intesto disporre della sola quota disponibile, ovvero di quella parte del patrimonio caduto in successione della quale il testatore può liberamente disporre, senza alcun vincolo, in favore della moglie, rimettendo la devoluzione della restante massa secondo le disposizioni di legge. Nel dettaglio, si ricorda che, in materia di diritti riservati ai legittimari, in base all'art. 542 c.c., nel caso di concorso tra coniuge e due o più figli, ad essi è complessivamente riservata la metà del patrimonio e al coniuge spetta un quarto del patrimonio del defunto; la divisione tra tutti i figli è effettuata in parti uguali. Sicchè, dalla lettura di tale prima disposizione testamentaria, emerge che il (...) abbia attribuito la quota disponibile del 25% della massa ereditaria alla moglie (...), alla quale, inoltre, spetta, per legge, la quota riservata pari all'ulteriore 25%; alle figlie spetta, in base alle disposizioni di legge cui fa richiamo il medesimo de cuius, la quota (per ciascuna) del 25% (pari alla metà del 50%). In seguito, con il testamento olografo redatto in data 15.10.2016, pubblicato con Verbale ricevuto dal Notaio P.G. di R. in data 20.03.2017 al n. 14022/8530 rep., registrato a Rieti il 20.03.2017 al n. 875 Serie 1/T, (...) così disponeva: "dispongo che alla mia morte l'azienda commerciale di mia proprietà sita in R. in viale L. M. n. 1 CDE venga assegnata a titolo di legittima a mia figlia (...), nata a R. il (...)" (cfr. all. n. 3 atto di citazione). Ebbene, in base all'art. 588 c.c. le disposizioni testamentarie, qualunque sia l'espressione o la denominazione usata dal testatore, sono a titolo universale e attribuiscono la qualità di erede, se comprendono l'universalità o una quota dei beni del testatore; le altre disposizioni sono a titolo particolare e attribuiscono la qualità di legatario. Se, tuttavia, risulta che il testatore ha inteso assegnare quei beni come quota del patrimonio, l'indicazione di beni determinati o di un complesso di beni non esclude che la disposizione sia a titolo universale. Ricorre, pertanto, la fattispecie della cd. institutio ex re certa di cui all'art. 588, comma II c.c. allorquando il testatore, anziché indicare una frazione aritmetica del proprio patrimonio, faccia riferimento a determinati beni o a un complesso di beni, con l'intenzione tuttavia di assegnarli come quota dell'intero asse ereditario. A ben vedere, l'istituto presenta indubbiamente notevoli affinità con la figura del legato, dato che anch'esso consiste per natura nell'attribuzione di uno o più cespiti determinati. Secondo il costante orientamento della giurisprudenza di legittimità, in tema di distinzione tra erede e legatario ai sensi dell'art. 588 c.c., l'assegnazione di beni determinati configura una successione a titolo universale (institutio ex re certa) qualora il testatore abbia inteso chiamare l'istituito nell'universalità dei beni o in una quota del patrimonio relitto, mentre deve interpretarsi come legato se egli abbia voluto attribuire beni singoli ed individuati (cfr. da ultimo, Cass. civ., Sez. II, Sent., (data ud. 28/04/2022) 28/09/2022, n. 28259; ex multis, Cass. 2 civ., 31.12.2021, n. 42121; Cass. 6-2, 06.03,2020, n. 6125; Cass. 2 civ., 06.10.2017, n. 23393;, Cass. 25.12.2013, n. 24163; Cass. 01.03.2002, n. 3016). Ciò che è essenziale, pertanto, ai fini del riconoscimento del carattere universale della disposizione è la possibilità di una partecipazione anche dell'erede istituito ex re all'acquisto di altri beni e quindi la sua attitudine a raccoglierli in proporzione della sua quota, da determinarsi in concreto attraverso il rapporto proporzionale tra il valore delle res certae attribuite e il valore dell'intero asse (Cass. 2 civ., 31.12.2021, n. 42121). Solo se non vi è quell'attitudine, e l'acquisto è limitato esclusivamente a beni determinati, il chiamato, anche se designato erede, è considerato legatario. Indicativa della volontà del testatore di attribuire una quota del patrimonio ereditario potrà essere, ad esempio, l'assegnazione di una classe o di un gruppo di beni (cfr. C. 6516/1986; T. Monza 9.10.2006), ovvero il lascito generico di tutti i beni residui dei quali il testatore non abbia già disposto a titolo particolare (cfr. C. 2556/1989), ovvero il riferimento del testatore alla quota di legittima spettante all'istituito (cfr. C. 1866/2007). Calando tali coordinate nella vicenda in esame, deve ritenersi che con la disposizione testamentaria in oggetto - da leggersi anche unitamente al primo testamento olografo del 2009 - (...) abbia inteso attribuire alla figlia (...) l'azienda di viale (...) non già come cosa singola, ma come "totalità o quota del proprio patrimonio" - così venendo in rilievo una ipotesi di institutio ex re certa. In tal senso depone, in primo luogo, l'obiettiva consistenza della disposizione, laddove il (...) espressamente assegnava l'azienda commerciale "a titolo di legittima a mia figlia (...)" - così ancorando l'attribuzione alla quota di eredità (appunto) riservata dalla legge, agli artt. 536 e ss. c.c., ai soggetti (legittimari) ivi individuati (tra i quali i figli). Inoltre, sotto il profilo soggettivo dell'intenzione del testatore, la lettura congiunta dei due testamenti, ovvero della disposizione del 2009 - con la quale il de cuius assegnava la quota disponibile alla moglie, rimettendo la devoluzione della restante massa secondo le disposizioni di legge (e dunque, alla disciplina di cui agli artt. 536 e ss. c.c., in base ai quali eredi legittimi risultano, in concorso tra loro, il coniuge ed i figli, in base alla quota legittima stabilita dalla legge) - e della disposizione del 2016 - con la quale il de cuius assegnava, a titolo di legittima, l'azienda commerciale alla figlia (...), conferma la volontà del (...) di assegnare il complesso quale quota del proprio patrimonio unitariamente considerato (ancorandolo alla quota di legittima spettante alla figlia), includendo (e non escludendo) l'istituzione nell'"universum ius". Così ricostruita la natura della disposizione testamentaria, si ricorda che l'institutio ex re certa attribuisce soltanto i beni che formano oggetto della disposizione, mentre i beni non assegnati vanno attribuiti esclusivamente agli eredi legittimi, in essi compresi, se hanno tale qualifica, anche gli eredi istituiti ex re certa. Dunque, il principio che la forza espansiva della vocazione a titolo universale opera anche in favore dell'istituito ex re certa va inteso nel senso che l'acquisto di costui non è limitato in ogni caso alla singola cosa attribuita come quota, ma si estende proporzionalmente ai beni ignorati dal testatore o sopravvenuti (cfr. C. 17868/2019). La ricostruzione della disposizione testamentaria del 2016 determina, dunque, il venir meno della domanda riconvenzionale proposta dalla convenuta - ancorata alla qualificazione come legato delle volontà di cui al secondo testamento olografo - domanda che comunque ha imposto la pronuncia della presente sentenza da parte di questo collegio ai sensi dell'art. 50-bis, n. 6, c.p.c. (nella versione ratione temporis applicabile al presente procedimento) dovendosi determinare la composizione dell'organo chiamato alla decisione della causa in ragione delle domande proposte. Venendo, dunque, all'analisi della domanda di divisione, si impone, in primo luogo, la determinazione della massa ereditaria, comprensiva del relictum e del donatum. Quanto alla massa dei beni relitti, venendo ai valori mobiliari residui al momento dell'apertura della successione, le attrici, come visto, individuano il solo saldo attivo di Euro 1.406,13 presente sul c/c intestato al de cuius in essere presso la (...), mentre i convenuti deducono che (...) avrebbe riscosso la somma di Euro 195.004,00 sul c/c (...) intestato al de cuius, in data 10.03.2017 con operazione di addebito con bonifico a suo favore alle ore 10.50 (ovvero successivamente all'orario del decesso del (...) - ore 10.39). In linea generale, si ricorda che, successivamente al decesso del titolare del conto corrente, l'erede con delega sul conto corrente del defunto deve astenersi dal prelevare i soldi, non almeno prima che sia stata effettuata la dichiarazione di successione e si sia provveduto a dividere la giacenza con tutti gli altri eredi; in caso contrario dovrà restituire importo alla massa, insieme agli interessi. Dall'analisi della documentazione versata in atti, risulta, in effetti, intestato a (...) il c/c (...) presso la (...), a far data dal 02.03.2015, con delega di firma a favore della coniuge (...). In base alla documentazione rilasciata dalla banca (cfr. all. n. 9 comparsa di costituzione; si veda, altresì, estratto conto al 31.03.2017 ultima pagina, all. n. 12), è stata svolta sul predetto conto operazione di addebito di Euro 195.004,00 in data 10.03.2017 (ovvero il giorno del decesso del titolare), mediante bonifico disposto dalla (...) a suo favore, alle ore 10.50 (ovvero successivamente alla morte del coniuge, avvenuta alle ore 10.39; cfr. estratto per riassunto dai registri degli atti di morte, all. n. 10 comparsa di costituzione). La documentazione in atti - non contestata dalla difesa attrice - dimostra inequivocabilmente come l'operazione di prelievo dal c/c (...) presso la (...) sia avvenuta successivamente (seppure di pochi minuti) al decesso dell'intestatario. Sul punto, ribadisce il Collegio l'inammissibilità delle richieste di prova orale articolate dalla difesa attrice sul punto, in assenza di contestazione alcuna del certificato di morte ovvero della certificazione rilasciata dalla banca e non rilevando, sul punto, che la (...) sia uscita di casa ed abbia semplicemente fatto ingresso nella filiale dell'istituto di credito mentre il marito era ancora in vita. Il denaro oggetto dell'operazione in commento, pertanto, dovrà essere imputato alla massa dei beni relitti, per Euro 195.004,00, unitamente al saldo attivo di Euro 1.406,13 presente, alla data di apertura della successione, sul citato conto (cfr. all. n. 1 comparsa di costituzione). Dalla documentazione versata in atti da parte attrice (cfr. all. n. 19 memorie istruttorie), emerge, inoltre, l'esistenza di ulteriore rapporto di c/c ordinario n. (...) presso (...) filiale n. (...) con saldo a credito al momento dell'apertura della successione pari ad Euro 24.897,59. Ancora, quanto alla ulteriore somma di Euro 63.500,00 asseritamenta prelevata dalle odierne attrici, nel periodo dal 13.06.2016 al 06.03.2017, dal predetto c/c (...), si osserva che dagli estratti conto prodotti (cfr. all. n. 12 comparsa di costituzione) è dato unicamente verificare la ricorrenza di una serie di prelievi, a cadenza inframensile e regolari nell'ammontare (in via alternata, per Euro 500,00 ovvero per Euro 2.000,00), dal giugno 2016 sino al 04.03.2017. La predetta documentazione, tuttavia, non dimostra né che i prelievi siano stati fatti dal delegato con potere di firma (la G.) ovvero dalla figlia (...), né che siano stati fatti dalle attrici senza autorizzazione del correntista - ben potendo tali operazioni essere state svolte su richiesta/mandato del de cuius ovvero ancora onde provvedere a spese concernenti il medesimo. Per le medesime motivazioni, la prova orale è stata giudicata inammissibile, in quanto, appunto, inidonea, per come formulata, ad escludere che siffatti prelievi, ove anche svolti dalle attrici, non fossero effettuati su delega del (...) ovvero al fine di far fronte a spese destinate alla sua persona. Ne deriva che le suddette somme non possono essere conferite alla massa ereditaria - non sussistendo alcuna prova che dette operazioni possano qualificarsi come donazione diretta o indiretta in favore delle odierne attrici. Sicchè il valore complessivo dei beni mobili rientranti nella comunione ereditaria è pari ad Euro 221.307,72. Ed ancora, venendo ai beni immobili, è pacifico che, al momento dell'apertura della successione, (...) fosse titolare della quota del 50% dell'immobile sito in R., via S. S. fg. (...) part. (...) sub. (...); della quota del 50% immobile sito in R., via S. S. fg. (...) part. (...) sub. (...); della quota del 50% immobile sito in R., via S. S. fg. (...) part. (...) sub. (...); del complesso aziendale relativo alla Impresa Individuale (...), con esercizio commerciale in R., al viale M. n. 1/c comprensivo di immobili ad essa strumentali così individuati: fg. (...) part. (...) sub. (...); fg. (...) part. (...) subb. (...). Si ricorda, sul punto, che secondo la giurisprudenza, in materia di divisione, la stima dei beni per la formazione delle quote va compiuta con riferimento al loro valore venale al tempo della divisione (ex plurimis, Cass. n. 29733 del 2017; Cass. n. 21632 del 2010; Cass. n. 15634 del 2006).Cass. civ. sez. II del 21 giugno 2019 n. 16767) mentre quando l'azienda ereditaria è oggetto di attività di impresa, se l'impresa è esercitata da uno solo dei coeredi, la comunione è limitata all'azienda esistente al momento dell'apertura della successione, mentre gli incrementi (e così, viceversa, anche i decrementi) apportati all'azienda dal coerede che esercita l'attività di impresa non possono che essere imputati a quest'ultimo (cfr. Cassazione 11.4.2019 n. 10188). Al riguardo, il c.t.u., cui il Tribunale delegava l'accertamento in ordine alla esatta consistenza dell'asse ereditario all'epoca dell'apertura della successione, rappresentava quanto segue: 1. Quanto all'appartamento e n. 2 locali autorimessa-magazzino ubicati in R. via S. S. n. 41 - a) Quota pari al 50% di un appartamento destinato ad uso residenziale sito al piano secondo di un edificio condominiale sito in R. via S. S. n. 41, censito nel catasto fabbricati di detto Comune al fg. (...) part. (...) sub. (...); b) Quota pari al 50% di un'autorimessa sita al piano seminterrato del medesimo edificio condominiale sito in Rieti via S. S. n.41, censito nel catasto fabbricati di detto Comune al fg. (...) part. (...) sub. (...); c) Quota pari al 50% di un'autorimessa sita al piano seminterrato del medesimo edificio condominiale sito in R. via S. S. n.41, censito nel catasto fabbricati di detto Comune al fg. (...) part. (...) sub. (...): l'appartamento è ubicato all'ultimo piano della palazzina condominiale, è costituito da n. 11 vani catastali aventi nel complesso una superficie lorda di circa 268,00 mq. cui corrisponde una superficie utile di circa 234,00 mq. oltre a balconi per circa 38,30 mq. Lo stato di fatto risulta pressochè conforme alla planimetria catastale allegata all'atto di compravendita del 1979, pertanto gli immobili in via S.S. non hanno subito variazioni. Esso si presenta in perfette condizioni di manutenzione con finiture, seppur non recenti di qualità medio-alta. La palazzina è dotata di ascensore ed è ubicata in zona semicentrale in una delle migliori zone della Città di Rieti. Le n. 2 (...) destinate a cantina-deposito-box auto censite al fg. (...) part. (...) sub. (...) e (...) sono ubicate al piano interrato della medesima palazzina condominiale e sono entrambe costituite da unico vano dotato di accesso carrabile. Il sub. (...) ha una superficie lorda di circa 70,00 mq., cui corrisponde una superficie utile di circa 64,00; il sub. (...) ha una superficie lorda di circa 32,00 mq. cui corrisponde una superficie utile di circa 25,50 mq. Entrambe, le (...) si presentano in condizioni ordinarie. In base ad indagini di mercato presso le località interessate secondo le quotazioni immobiliari di riferimento sia all'epoca dell'apertura della successione (10/03/2017) sia all'attualità (2021), tenuto conto delle locandine e delle pubblicazioni delle Agenzie Immobiliari quanto ad immobili simili a quelli oggetto di stima nonché dei valori pubblicati dall'OMI, Osservatorio del Mercato Immobiliare dell'Agenzia delle Entrate relativi al Comune di Rieti, il c.t.u. valutava: (i) quota del 50% dell'Appartamento in via S.S. n. 41 - Rieti, al momento dell'apertura della successione, in Euro 187.000,00; all'attualità (2021), in Euro 175.000,00; (ii) quota del 50% Box autorimesse - deposito - in R. via S. S. n. 41, al momento dell'apertura della successione, in Euro 41.000,00; all'attualità (2021), in Euro 32.000,00; 2. Quanto al locale commerciale e sottonegozio via L. M. n. 1 c/d - ovvero al locale commerciale costituito dal negozio e sottonegozio ove viene esercitata l'azienda (di cui alla seconda disposizione testamentaria) - lo stesso si compone di: (i) negozio al Fg. (...) part. (...) sub.(...) - Cat. (...), cl.(...), mq.134, piano T, sup. cat. (...) mq, rendita Euro. 2.989,67, intestato ai coniugi (...) e (...), per la quota del 50% ciascuno; (ii) sottonegozio Fg. (...) part. (...) sub.50 - Cat. (...), cl.(...), mq.167, piano S1, sup. cat. (...) mq, rendita Euro. 1.414,47, intestato ai coniugi (...) e (...), per la quota del 50% ciascuno. Entrambe le (...) sono parte integrante di un edificio condominiale destinato ad uso residenziale misto nel quale sono presenti uffici, locali commerciali, autorimesse, locali di deposito, abitazioni. Entrambe le (...), collegate da una scala interna, sono state utilizzate per l'esercizio di attività commerciale intestata al de cuius (...) e costituite da n. 1 vano di piano terra con relativi accessori destinato ad uso negozio (sub.(...)) avente una superficie lorda di circa mq. 143,00 cui corrisponde una superficie utile di circa 119,20 mq e da vani accessori-sottonegozio (destinati a deposito rimessa ecc.) posti al piano interrato aventi nel complesso una superficie lorda di circa 170,00 mq cui corrisponde una superficie utile di circa 148,00 mq. In base al metodo del "M. comparison approach", applicando alla superficie commerciale lorda di ogni immobile appositi coefficienti di ponderazione che tengono in considerazione le peculiarità degli immobili ed i prezzi medi desunti dalle indagini di mercato, il c.t.u. valutava: (i) quota del 50% del Negozio e sottonegozio part. (...) sub. (...), al momento dell'apertura della successione, in Euro 194.000,00; all'attualità (2021), in Euro 162.000,00; 3. Azienda commerciale, intestata a (...) con partita iva (...) iscritta al R. n. RI-12410: era insediata nei locali di cui il de cuius era comproprietario per la quota di 1/2 ubicati in R. Viale M. n. 1c/d censiti al fg. (...) part. (...) sub. (...) e sub. (...). L'impresa è stata costituita inizialmente in data 30/01/1954 e cancellata in data 11/04/2017 a seguito della morte del G.; successivamente, in data 30/03/2017, (...) ha iscritto presso la C.C.I.A.A. di Rieti-Viterbo, al R. n. RI-72789 nuova ditta individuale a lei intestata, con medesimo codice ATECO, c.f. (...) e nuova partita IVA (...). La nuova attività viene esercitata nei medesimi locali ove era insediata quella del de cuius di cu tra l'altro ha in parte mantenuto l'intestazione " GIANCARLI BENIAMINO DI GIANCARLI F." . Onde valutare l'azienda, il c.t.u. adottava il metodo misto reddituale-patrimoniale, quale più diffuso a livello accademico per simili valutazioni ed adottato dai medesimi c.t.p., ritenendo di tenere conto della potenzialità di reddito dei locali e della tipologia di Azienda e comunque del fatto che il locale commerciale in questione non è legato indissolubilmente all'attività ivi insediata, in quanto esso può essere locato a terzi o utilizzato per lo svolgimento di altra attività commerciale, pertanto, di per sè ha una potenzialità di reddito ed un proprio valore di mercato che prescinde dalla sua strumentalità. Riteneva, al riguardo, il c.t.u. che il valore dell'immobile riportato a bilancio al 31/12/2016, in quanto palesemente inferiore agli effettivi prezzi di mercato (Euro 36.632,00), deve essere rettificato per tenere conto del suo valore effettivo, ovvero ad Euro 385.000,00 valore effettivo di mercato al 2017 e ad Euro 328.000,00 riferite all'attualità; che per la valutazione dell'attività al 2017 si ritiene opportuno considerare un reddito medio atteso non inferiore a 20.000,00 Euro./annui, tenuto conto dei dati reddituali evidenziati dal CT di parte attrice per gli anni 2015 e 2014, della circostanza che non sussistevano all'epoca situazioni di crisi economica e che la locazione a terzi avrebbe consentito di ricavare un reddito netto medio annuo pari a Euro 22.584,00; che pertanto, utilizzando il medesimo criterio di stima (metodo misto patrimoniale-reddituale), dalla combinazione tra il R. medio atteso nel periodo ed il Valore del patrimonio netto rettificato, unitamente ai coefficienti di rendimento e attualizzazione, il valore azienda al momento dell'apertura della successione è pari ad Euro 557.000,00 + 45.939,00 = 602.939,00. Quanto alla valutazione dell'Attività allo stato attuale, il valore dell'azienda risulta pari ad Euro 533.234,00, tenuto conto della diminuzione di valore del locale commerciale, pertanto, riparametrando la situazione patrimoniale all'attualità. Con riferimento alle osservazioni svolte dai c.t.p. di parte attrice, il c.t.u. replicava che, da un lato, l'azienda non è proprietaria esclusiva di beni immobili in quanto l'attività veniva esercitata in un locale commerciale di proprietà per ½ del (...) e per ½ di proprietà dell'attrice (...) - sicchè il metodo patrimoniale puro, utile per la valutazione di aziende con forte patrimonializzazione, a prescindere dall'efficienza produttiva dell'azienda, non sarebbe adatto per la valutazione di cui ci occupa. Dall'altro lato, ribadiva l'ausiliario la necessità, quanto al reddito medio, di analizzare i dati contabili-reddituali degli anni precedenti e di non limitare la verifica ai dati consuntivi del periodo 2018-2019, quando l'originaria attività era stata dichiarata cessata (anno 2017) e proseguita in via esclusiva dall'attrice. Tale notazione appare condivisibile dal Tribunale e rispettosa dell'insegnamento giurisprudenziale, al quale era ispirato il quesito, in base al quale se della massa ereditaria oggetto di divisione tra i coeredi fa parte anche un'azienda, gestita da uno solo dei coeredi dall'apertura della successione in avanti, gli incrementi e l'avviamento dell'azienda imputabili a questa attività di gestione svolta solo da taluno dei coeredi sono correlati unicamente a costoro (e così, viceversa, anche i decrementi) e, pertanto, il valore da considerare nella divisione è quello che l'azienda aveva al momento di apertura della successione (cfr. Cassazione nella sentenza 10188/2019) - sicchè appare certamente corretto, quanto alla valutazione del reddito medio, analizzare i dati contabili-reddituali degli anni precedenti alla data del decesso del de cuius e non quelli relativi al biennio successivo. Chiariva, inoltre, il consulente che nelle stime immobiliari non si utilizzano più i prezzi per metro quadrato di superficie netta, ma la superficie commerciale lorda; così anche i valori pubblicati dall'OMI sono dichiaratamente basati sull'utilizzo di superfici lorde, come da UNI 11558/2014 - UNI 11612/2015 (cfr. altresì l'integrazione alla perizia del 19/01/2022). Al riguardo, in sede di risposta alle osservazioni depositata in data 11.03.2022, il c.t.u. richiamava, altresì, il Manuale della Banca dati quotazioni del mercato immobiliare, ed in particolare le pag. da 32 a 60 delle Istruzioni per la determinazione della consistenza degli immobili urbani per la rilevazione dei dati dell'osservatorio del mercato immobiliare (all. nn. 1 e 5), nonché la "Raccolta Provinciale degli usi 1990", edita dalla Camera di Commercio Industria Artigianato e Agricoltura di Rieti (quanto al Titolo III "Compravendita e Locazioni di immobili urbani"; cfr. all. n. 3). Ancora, rappresentava il c.t.u., con riguardo al valore degli immobili, di avere esaminato il loro stato di conservazione ed esperito i relativi accertamenti tecnici, condotto apposite indagini di mercato presso le località interessate ricostruendo le quotazioni immobiliari di riferimento, assunto informazioni generiche sui luoghi e consultate le locandine e le pubblicazioni delle Agenzie Immobiliari che detengono in vendita immobili simili, consultando, altresì ed in aggiunta alle verifiche indicate, i valori pubblicati dall'OMI, Osservatorio del Mercato Immobiliare dell'Agenzia delle Entrate relativi al Comune di Rieti. In questo modo, sono state valutate le seguenti variabili: le "condizioni di ordinarietà" che caratterizzano il mercato immobiliare nella zona interessata al momento attuale e al momento dell'apertura della successione; i "prezzi" richiesti nelle transazioni immobiliari sia al momento attuale che alla data di apertura della successione; la "suscettivita" o "potenzialità" che hanno i beni oggetto di stima di incrementare il loro valore; la "redditività" allo stato locativo degli immobili da stimare, paragonandoli ad altri esistenti nelle zone interessate che presentano simili caratteristiche; la situazione politico-sociale ed economica della località in cui sono ubicati i beni da valutare; le peculiarità che caratterizzano i beni da stimare ivi compresi i fattori intrinseci ed estrinseci che possono costituire apprezzamenti di valutazione - applicando le opportune aggiunte e detrazioni che tengono conto anche della vetustà degli immobili. Rilevava, pertanto, che, differentemente da quanto sostenuto dal c.t.p. di parte attrice, i valori unitari utilizzati per le stime tenendo conto degli effettivi prezzi di mercato sono inferiori alle quotazioni "(...)" e che nell'ambito del range determinato attraverso le indagini di mercato sono stati applicati valori di stima vicini ai minimi. Tutte le considerazioni sin qui svolte consentono di confermare le conclusioni raggiunte dal G.I. in sede di ordinanza del 24.02.2022, ovvero che ai sensi dell'art. 196 c.p.c., la rinnovazione della CTU, con sostituzione del consulente, deve essere giustificata dalla sussistenza di gravi motivi, ovvero dal riscontro di rilevanti inadempienze nello svolgimento, da parte del medesimo, dell'incarico conferitogli. L'istanza di rinnovo, in altre parole, non può basarsi unicamente sulla sussistenza di palesi divergenze tra i contenuti dell'elaborato peritale del CTU e quelli dell'elaborato del CTP tanto più se, come nel caso di specie, è stato offerto ampio spazio, alla parte interessata, per il deposito di osservazioni, ed, in forza delle contestazioni avanzate dalla medesima, il Consulente è stato convocato a chiarimenti rispondendo per iscritto ai rilievi critici sollevati (cfr. sul punto T. Vicenza, 18.6.2010). A fronte delle osservazioni e delle repliche svolte dal c.t.u. e tenuto, altresì, conto della composizione della massa ereditaria, come effettuata da entrambe le parti, le quali comprendevano, da un lato, la sola abitazione di via S.S. e, dall'altro, il complesso aziendale, comprensivo degli immobili ad essa strumentali, si rende opportuna una precisazione. Se è vero che l'azienda in oggetto non è proprietaria esclusiva dei beni immobili nei quali è esercitata l'attività (di proprietà per ½ del (...) e per ½ di proprietà dell'attrice (...)), è pur vero che i medesimi locali hanno carattere, come riconosciuto da entrambe le parti (si vedano altresì, sul punto, le perizie allegate ai rispettivi atti introduttivi), strumentale all'attività commerciale esercitata dall'impresa individuale "(...)", risultando, peraltro, dalla visura allegata alla relazione tecnica, quale sede legale dell'impresa. Ne deriva che l'azienda commerciale - attribuita dal de cuius alla figlia (...) a titolo di legittima con la seconda disposizione testamentaria - quale complesso dei beni organizzati dall'imprenditore per l'esercizio dell'impresa, deve ritenersi comprensiva, altresì, della quota parte (50%) degli immobili ad essa strumentali e dei quali il de cuius disponeva, per l'esercizio dell'impresa individuale, in quanto comproprietario. Sicchè appare corretto ritenere che, con il testamento olografo redatto in data 15.10.2016, pubblicato con Verbale ricevuto dal Notaio P.G. di R. in data 20.03.2017 al n. 14022/8530 rep., registrato a Rieti il 20.03.2017 al n. 875 Serie 1/T, (...), disponendo "... che alla mia morte l'azienda commerciale di mia proprietà sita in (...) n. 1 CDE venga assegnata a titolo di legittima a mia figlia (...), nata a R. il (...)", abbia inteso attribuire alla stessa non solamente il complesso dei beni mobili (rimanenze, magazzino, crediti ...) ma altresì la quota parte di sua proprietà dei locali ubicati in R. Viale M. n. 1c/d censiti al fg. (...) part. (...) sub. (...) e sub. (...). Una diversa lettura non appare compatibile col dato letterale (vedasi il riferimento all'azienda "di mia proprietà") e risulta inidonea a realizzare la volontà del de cuius, il quale evidentemente intendeva attribuire alla figlia (...) l'attività commerciale, condotta nei locali ubicati in R. Viale M. n. 1c/d, di proprietà (in parte qua) del (...) medesimo. D'altronde, le medesime parti, ed i rispettivi c.t.p., nel valutare l'azienda, quale comprensiva dei beni immobili ad essa strumentali, mostrano di aderire alla interpretazione resa dal Collegio - così ritenendo l'azienda comprensiva della quota parte (50%) degli immobili ad essa strumentali e dei quali il de cuius disponeva, per l'esercizio dell'impresa individuale. Ne deriva che, da un lato, la quota parte di proprietà del (...) dei locali u.I.R.V.M. n. 1c/d censiti al fg. (...) part. (...) sub. (...) e sub. (...) concorrerà alla valutazione del relictum solamente all'interno della stima del complesso aziendale - diversamente giungendosi ad una inammissibile duplicazione del valore. Dall'altro lato, nella stima dell'azienda dovrà tenersi conto - quanto al Valore del patrimonio netto rettificato - solamente del 50% del valore dei locali commerciali alla stessa conferiti. Pertanto, il patrimonio netto rettificato (di Euro 576.105,00 - Euro 18.965,00, rectius 579.105,00 - Euro 18.965,00; in quanto erroneamente il valore dei fabbricati è stato riportato per Euro 385.000,00 in luogo di Euro 388.000,00, come da stima al punto precedente), sottratto l'importo di Euro 194.000,00 (quota parte di proprietà di (...)), è pari ad Euro 366.140,00. Sicchè, inalterati gli ulteriori valori individuati dal c.t.u., si ha che W ovvero il valore dell'attività riferita al momento dell'apertura della successione = (...), ovvero 366.140,00 + 45.939,00 = Euro 412.079,00. Di guisa che il valore finale della massa dei beni immobili al momento dell'apertura della successione, secondo le regole dinanzi enunciate, tenuto conto del valore venale dei beni immobili al tempo della divisione (valore al 2021 che può considerarsi corrispondente a quello attuale, stanti il limitato tempo trascorso dalla data della valutazione nonché la notaria stasi del mercato immobiliare negli ultimi anni) e del valore dell'azienda esistente al momento dell'apertura della successione, equivale a complessivi Euro 619.079,00. Quanto alle spese asseritamente sostenute, con riguardo ai beni ereditari, dalla figlia (...), si evidenzia come non costituisce prova che la prestazione sia stata resa con riguardo ai beni del de cuius in data precedente al suo decesso la fattura di cui all'all. n. (...), n. (...), n. (...), n. (...) (periodo di riferimento successivo al decesso), né, in assenza delle relative fatture (da cui evincere le coordinate temporali della relativa prestazioni) la contabile del bonifico di cui all'all. n. 14. Risultano, invece, documentate spese relative a prestazioni inerenti il de cuius ovvero le sue attività, sostenute, prima del decesso, dall'attrice (all. n. (...), Euro 573,69; all. nn. 15 e 16, essendo indicata la scadenza della fattura ad una data anteriore al 10.03.2017, Euro 980,83 ed Euro 222,43), per un totale di Euro 1.776,(...) - da considerarsi, dunque, in sede di valutazione della quota dell'attrice. Risultano documentati pagamenti svolti in favore di fornitori della ditta individuale (...), sul c/c al de cuius intestato per Euro 5.898,55, in data 28.03.2017. Risulta documentato un pagamento (ma non l'artefice), in data 30.03.2017, per Euro 361,00, relativo ad una cartella di pagamento indirizzata al de cuius, per un debito nei confronti di Comune di Rieti - servizi finanziari. Risultano documentati debiti nei confronti del gestore servizio gas, relativi all'azienda commerciale, per Euro 495,74 (da pagarsi sull'I. indicato salvo buon fine; all. n. 24); del gestore del servizio telefonico, per Euro 131,32 (all. n. 26); del gestore servizio acque, per Euro 70,38 (all. n. 10); della S. per abbonamento annuale 2017, per Euro 70,00 (all. n. 13); per somministrazione lavoro tempo determinato febbraio 2017, per Euro 362,50 (all. n. 20); del gestore del servizio elettrico, per Euro 260,60 (all. n. 21) - per un totale di Euro 7.650,09. Ciò posto, in ordine alle modalità di scioglimento della comunione, si osserva, stante l'evidente impossibilità di una divisione in natura risultando gli immobili non comodamente divisibili (vedasi sul punto pag. 71 relazione tecnica del 08/10/2021), che: - (...) ha chiesto l'attribuzione del bene immobile, sito in R., alla Via S. S. n. 41; - (...) ha chiesto l'attribuzione del complesso aziendale relativo alla Impresa Individuale "(...)", con esercizio commerciale in R., al Viale M. n. 1/c, comprensivo degli immobili, alla stessa strumentali; - (...) e (...) non si sono opposti alla richiesta di attribuzione, fermo l'obbligo di conguaglio a carico delle attrici. Tenuto conto dell'accordo delle parti sul punto e del valore degli immobili come sopra ricostruito (pari ad Euro 619.079,00), emerge quanto segue: A. (...): attribuzione della quota del 50% dell'appartamento e n. 2 locali autorimessa-magazzino ubicati in R., al Viale M. n. 41 (Quota pari al 50% di un appartamento destinato ad uso residenziale sito al piano secondo di un edificio condominiale sito in R. via S. S. n. 41, censito nel catasto fabbricati di detto Comune al fg. (...) part. (...) sub. (...); Quota pari al 50% di un'autorimessa sita al piano seminterrato del medesimo edificio condominiale sito in R. via S. S. n.41, censito nel catasto fabbricati di detto Comune al fg. (...) part. (...) sub. (...); Quota pari al 50% di un'autorimessa sita al piano seminterrato del medesimo edificio condominiale sito in R. via S. S. n.41, censito nel catasto fabbricati di detto Comune al fg. (...) part. (...) sub. (...)). Valore al momento della divisione pari ad Euro 207.000,00; valore della quota legittima e della quota disponibile, assegnatale dal de cuius in sede di primo testamento olografo, pari ad Euro 154.769,75 x 2= Euro 309.539,50. Residua un credito di Euro102.539,50; B. (...): attribuzione della Azienda commerciale, intestata a (...) con partita iva (...) iscritta al R. n. RI-12410, comprensiva della quota di proprietà del 50% dei locali ubicati in R. Viale M. n. 1c/d censiti al fg. (...) part. (...) sub. (...) e sub. (...) (negozio al Fg. (...) part. (...) sub.(...) - Cat. (...), cl.(...), mq.134, piano T, sup. cat. 138 mq, rendita Euro. 2.989,67; sottonegozio Fg. (...) part. (...) sub.(...) - Cat. (...), cl.(...), mq.167, piano S1, sup. cat. (...) mq, rendita Euro. 1.414,47). Valore all'apertura della successione pari ad Euro 412.079,00; valore della quota legittima sui beni immobili pari ad Euro 154.769,75: importo a debito della massa = Euro 257.309,25; C. (eredi) (...): valore della quota legittima sui beni immobili pari ad Euro 154.769,75. Deve, pertanto, essere disposto in capo alla erede (...), per l'attribuzione dei beni di cui al punto B, l'obbligo di conguaglio della somma di Euro 102.539,50 in favore di (...); di Euro 154.769,75 in favore di (...) e (...) (nel dettaglio, Euro 77.384,87 per ciascuno), quali eredi di (...). Quanto ai valori mobiliari, deve essere disposta la condanna di (...) alla restituzione alla massa ereditaria della somma di Euro 195.004,00 per tutte le ragioni sopra esposte. Sicchè, il complesso dei beni mobili confluiti in comunione ereditaria è pari ad Euro 221.307,72, da cui vanno detratti i debiti del de cuius sopra indicati e pari ad Euro 7.650,09, per un totale di Euro 213.657,63. Di questi importi, deve essere attribuita la somma di Euro 53.414,40 (pari alla quota di 1/4) alla (...); la somma di Euro 53.414,40 (pari alla quota di 1/4) agli eredi di (...) (nel dettaglio, Euro 26.707,20 per ciascuno); la somma di Euro 106.828,80 (pari alla quota di 1/4 + 1/4) a (...). Passando all'esame delle domande di natura obbligatoria, è documentato il pagamento, da parte di (...), di debiti del defunto, ammontanti ad Euro 1.776,(...), con conseguente diritto dell'erede che li ha sostenuti in via anticipata ad ottenerne il rimborso dagli altri (cfr. Cass., 3.1.2002, n. 28). In applicazione del predetto principio, (...) ha quindi diritto, ai sensi degli artt. 752 e 754 c.c., alla ripetizione nei confronti degli eredi di (...) della somma di Euro 444,23 (pari alla quota di 1/4); di (...) della somma di Euro 888,46 (pari alla quota di 1/4 + 1/4). Somma sulla quale vanno altresì computati gli interessi legali dalla data della domanda (15.10.2019). Quanto alla domanda riconvenzionale di corresponsione di un indennizzo per il godimento esclusivo dell'immobile ereditario da parte delle attrici, si ritiene la domanda infondata quanto a (...), in quanto l'immobile di via S.S. n. 41 (di cui peraltro la medesima risulta comproprietaria, pro indiviso, per la quota del 50%) risulta pacificamente adibito a residenza familiare, con conseguente operatività dei diritti di abitazione e d'uso riservati al coniuge superstite dall'art. 540, secondo comma, c.c.. Con riguardo, invece, all'azienda, si ricorda che la medesima è stata attribuita a (...), in forza di institutio ex re certa ex art. 588 co. II c.c. - sicchè l'"utilizzo" esclusivo della medesima, da parte dell'attrice, sin dalla apertura della successione costituisce esatta attuazione della volontà del de cuius, il quale ha inteso attribuire alla figlia tale complesso a titolo di legittima. D'altra parte, si ribadisce che l'azienda, diversamente dagli altri beni ereditari, non costituisce oggetto di godimento mero bensì di esercizio economico-produttivo - sicché il relativo valore venale è la risultante dell'esercizio di un'impresa. Per tale motivo, come sopra ricordato, la Suprema Corte ha affermato che l'azienda ereditaria forma oggetto di comunione fin tanto che rimangano presenti gli elementi caratteristici della comunione, e cioè fino a quando i coeredi si limitino a godere in comune l'azienda relitta dal de cuius, negli elementi e con la consistenza in cui essa è caduta nel patrimonio comune, come può avvenire nel caso di affitto dell'azienda stessa. Allorché, invece, quest'ultima viene ad essere esercitata, successivamente al decesso del de cuius, con fine speculativo, con nuovi incrementi e con nuovi utili derivanti dal nuovo esercizio, solamente da uno dei coeredi, allora la comunione incidentale è limitata all'azienda come relitta dal de cuius, con gli elementi - materiali e immateriali - esistenti al momento dell'apertura della successione mentre il successivo esercizio, con gli incrementi personalmente apportati dal coerede o dai coeredi che lo effettuano e con gli utili e le perdite conseguenti, non può essere imputato che al coerede o ai coeredi predetti. Con la conseguenza che gli incrementi, come pure le spese o i decrementi aziendali successivi al decesso del (...), sono ascrivibili all'attività imprenditoriale della figlia (...), istituita ex re certa dal padre quanto alla medesima azienda e non possono essere considerati comuni (cfr. Cass., civ. sez. II, del 11 aprile 2019, n. 10188). Le medesime ragioni sopra evidenziato conducono, altresì, al rigetto della domanda di rendiconto avanzata nei confronti delle attrici con riguardo all'utilizzo dei medesimi beni. La natura e l'esito della controversia giustificano l'integrale compensazione tra le parti delle spese legali di lite. Le spese della consulenza tecnica d'ufficio, liquidata come da separato decreto, può porsi a carico delle parti in proporzione alle rispettive quote di partecipazione alla comunione. P.Q.M. Il Tribunale di Rieti, definitivamente pronunciando sulla causa civile iscritta a R.G. n. 1650/2020 e vertente tra le parti di cui in epigrafe, così provvede: 1. Dichiara aperta la successione di (...), nato a Borgocollefegato (oggi Borgorose) il 25 aprile 1928 e deceduto a Rieti il 10 marzo 2017, lasciando quali eredi ex lege la moglie (...) e le figlie (...) e (...); 2. Dichiara che il compendio ereditario relitto è costituito da: a) Quota pari al 50% di un appartamento destinato ad uso residenziale sito al piano secondo di un edificio condominiale sito in R. via S. S. n. 41, censito nel catasto fabbricati di detto Comune al fg. (...) part. (...) sub. (...); b) Quota pari al 50% di un'autorimessa sita al piano seminterrato del medesimo edificio condominiale sito in R., via S. S. n.41, censito nel catasto fabbricati di detto Comune al fg. (...) part. (...) sub. (...); c) Quota pari al 50% di un'autorimessa sita al piano seminterrato del medesimo edificio condominiale sito in R., via S. S. n.41, censito nel catasto fabbricati di detto Comune al fg. (...) part. (...) sub. (...); d) Azienda commerciale, intestata a (...) con partita iva (...) iscritta al R. n. RI-12410, comprensiva della quota pari ad 50% dei locali ubicati in R. Viale M. n. 1c/d censiti al fg. (...) part. (...) sub. (...) e sub. 50 (negozio al Fg. (...) part. (...) sub.(...) - Cat. (...), cl.(...), mq.134, piano T, sup. cat. (...) mq, rendita Euro. 2.989,67; sottonegozio Fg. (...) part. (...) sub.(...) - Cat. (...), cl.(...), mq.167, piano S1, sup. cat. (...) mq, rendita Euro. 1.414,47); e) saldo attivo su c/c (...) presso la (...) pari ad Euro 196.410,13; f) saldo attivo su c/c n. (...) presso (...) filiale n. 04775 pari ad Euro 24.897,59; 3. Condanna (...), per le ragioni di cui in motivazione, a restituire alla massa ereditaria l'importo di Euro 195.004,00; 4. Dispone lo scioglimento della comunione ereditaria di cui al punto 2 mediante: a) l'assegnazione a (...) della quota del 50% dell'appartamento e n. 2 locali autorimessa-magazzino ubicati in R. via S. S. n. 41 (Quota pari al 50% di un appartamento destinato ad uso residenziale sito al piano secondo di un edificio condominiale sito in R. via S. S. n. 41, censito nel catasto fabbricati di detto Comune al fg. (...) part. (...) sub. (...); Quota pari al 50% di un'autorimessa sita al piano seminterrato del medesimo edificio condominiale sito in R. via S. S. n.41, censito nel catasto fabbricati di detto Comune al fg. (...) part. (...) sub. (...); Quota pari al 50% di un'autorimessa sita al piano seminterrato del medesimo edificio condominiale sito in R. via S. S. n.41, censito nel catasto fabbricati di detto Comune al fg. (...) part. (...) sub. (...)) nonché della somma di somma di Euro 106.828,80; b) l'assegnazione a (...) della Azienda commerciale, intestata a (...) con partita iva (...) iscritta al R. n. RI-12410, comprensiva della quota di proprietà del 50% dei locali u.I.R.V.M. n. 1c/d censiti al fg. (...) part. (...) sub. (...) e sub. (...) (negozio al Fg. (...) part. (...) sub.(...) - Cat. (...), cl.(...), mq.134, piano T, sup. cat. (...) mq, rendita Euro. 2.989,67; sottonegozio Fg. (...) part. (...) sub.(...) - Cat. (...), cl.(...), mq.167, piano S1, sup. cat. (...) mq, rendita Euro. 1.414,47) nonché della somma di Euro 53.414,40 ; c) l'assegnazione agli eredi di (...) (A. e (...)) della somma di Euro 53.414,40 (nel dettaglio, Euro 26.707,20 per ciascuno); 5. Dispone che l'assegnataria (...) versi un conguaglio in denaro della somma di Euro 102.539,(...) in favore di (...); di Euro 154.769,75 in favore di (...) e (...) (nel dettaglio, Euro 77.384,87 per ciascuno), quali eredi di (...); 6. Condanna (...) e (...), quali eredi di (...), al rimborso, in favore di (...), della somma di Euro 444,23, oltre interessi legali dal 15.10.2019; 7. Condanna (...) al rimborso, in favore di (...), della somma di Euro 888,46, oltre interessi legali dal 15.10.2019; 8. Rigetta la domanda riconvenzionale di condanna delle attrici al conferimento alla massa ereditaria dei frutti precetti sui beni in comunione e di presentazione del rendiconto; 9. Dichiara integralmente compensate tra le parti le spese legali del giudizio; 10. Pone definitivamente a carico delle parti, in proporzione alle rispettive quote di partecipazione alla comunione, le spese della consulenza tecnica d'ufficio, liquidate con separato decreto. Sentenza provvisoriamente esecutiva per legge. Così deciso in Rieti il 20 aprile 2023. Depositata in Cancelleria il 26 aprile 2023.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO di RIETI SEZIONE CIVILE Il Tribunale in composizione monocratica, nella persona del Giudice dott. GIANLUCA MORABITO, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 1194/2018 promossa da: (...) S.N.C. (C.F. (...)), con il patrocinio dell'avv. Gi.Ra., elettivamente domiciliata presso il suo studio in Terni, via (...), come da procura in calce all'atto di citazione ATTRICE contro (...) (C.F. (...)), con il patrocinio dell'avv. Fa.Cl. e dell'avv. Li.Fr., elettivamente domiciliato presso il loro studio in Rieti, via (...), come da procura in calce alla comparsa di costituzione e risposta con domanda riconvenzionale e chiamata di terzo in causa CONVENUTO e nei confronti di (...) (C.F. (...)), con il patrocinio dell'avv. Fo.Tr. e dell'avv. Gi.Vi., elettivamente domiciliato presso lo studio di quest'ultima in Rieti, via (...), come da procura a margine della comparsa di costituzione con domanda riconvenzionale e dichiarazione di chiamata in causa del terzo e di (...) S.P.A. (C.F. (...)), con il patrocinio dell'avv. Cr.Fi., elettivamente domiciliato presso il suo studio in Rieti, via (...), come da procura in calce alla comparsa di costituzione e risposta TERZI CHIAMATI IN CAUSA FATTO E DIRITTO Con atto di citazione ritualmente notificato la (...) S.n.c. conveniva in giudizio (...) esponendo, tra l'altro, a sostegno: che il convenuto le aveva commissionato i lavori di ristrutturazione dell'immobile sito in L., Voc. M. della L., 46; che l'appalto era verbale, non essendoci un contratto scritto poiché si trattava di "opere in economia" eseguite sul fabbricato di esclusiva proprietà, ad oggi, del signor (...); che prima dell'esecuzione delle opere era stato redatto un computo metrico indicativo (doc. n. 1); che le lavorazioni erano iniziate il 16.02.2016 e si erano concluse nel luglio 2017; che in corso d'opera il committente aveva richiesto la fornitura e l'esecuzione di lavorazioni aggiuntive rispetto a quelle del primo computo metrico del 1.9.2015 (doc. n. 1); che tali opere aggiuntive (rectius migliorie), con le relative forniture, risultavano dettagliatamente specificate nel computo finale del 4 giugno 2018 (doc. n. 3) ed erano state accettate con espresso gradimento da parte del committente; che le opere erano state ultimate e consegnate al committente nel luglio 2017; che il computo finale delle opere di ristrutturazione, comprese le migliorie, riportava il prezzo di Euro 122.486,15 - iva esclusa (doc. n. 3), delle quali la committenza, a tutt'oggi, aveva pagato all'appaltatore la sola somma di Euro 75.000,00 i.c. essendo pertanto debitrice del residuo importo di Euro 54.986,15 iva esclusa; di avere ricevuto in data 05.02.2018 dal direttore dei lavori Arch. (...) l'(...) n. 02 (doc. n. 4) con il quale: a) veniva dato atto che i lavori relativi alla SCIA del 19.11.2015, prot. 2297, alla data del 5 febbraio 2018, sarebbero risultati ancora in corso; b) veniva comunicato che a seguito dei sopralluoghi effettuati il 5 febbraio 2018 dal Direttore dei Lavori, sarebbero stati eseguiti lavori edili ed impiantistici difformi rispetto al progetto e non a norma; c) veniva pertanto ordinato alla (...) ... di rimuovere e/o ripristinare i lavori edili ed impiantistici come da progetto, entro il 06/02/2018; di avere replicato che i lavori erano stati eseguiti "in economia" dal signor (...), sulla base delle indicazioni fornite dallo stesso committente e direttore dei lavori, che i lavori erano terminati da oltre sette mesi, che, durante la loro esecuzione, i lavori erano stati visionati dal committente (...) e dallo stesso DL, senza che venisse mai sollevata alcuna contestazione all'appaltatore e che l'(...) si palesava generico e contraddittorio, non essendo state specificate le lavorazioni asseritamente difformi dal progetto, peraltro non allegato; che il direttore dei lavori aveva risposto semplicemente rimarcando la propria asserita estraneità ai rapporti credito/debito tra committente e appaltatore, nulla replicando in ordine alle altre contestazioni dell'impresa; che in data 9 febbraio 2018 il signor (...), in risposta all'(...) n. 02 (doc. n. 7) emesso dalla direzione lavori, aveva asserito: che i lavori di ristrutturazione affidati alla soc. (...) riguardavano il piano terra del fabbricato di sua proprietà e, più nello specifico, la ristrutturazione interna, ivi compresi gli impianti e gli infissi, nonché il cambio di destinazione d'uso ... da cantine a civile abitazione; che in seguito al sopralluogo del Comune di Labro del 5 agosto 2016, era stata emessa dal Comune l'ordinanza di sospensione dei lavori del 29 marzo 2017 con riferimento alla SCIA del 19.11.2015, prot. n. (...); che nell'autunno 2017 il direttore dei lavori aveva ottenuto l'autorizzazione necessaria ai sensi dell'art. 93 D.P.R. n. 380 del 2001 e che i lavori avevano ripreso quindi il loro corso; che il committente avrebbe affidato altro incarico ad altro tecnico per la verifica della correttezza urbanistica delle lavorazioni e degli impianti, rispetto al progetto presentato; che ... Sul finire dell'anno 2017 il Sig. (...) veniva a conoscenza che la ristrutturazione dell'immobile di sua proprietà sito a L. in Località M. della L., eseguita dall'impresa I. snc e diretta dall'Arch. (...) era stata realizzata in sostanziale difformità rispetto al progetto presentato ed assentito; di non avere, prima della comunicazione dell'(...) n. 02, mai ricevuto alcuna contestazione sulla presunta non conformità urbanistica delle opere da parte della committenza; di avere precisato nuovamente che le opere di ristrutturazione erano state commissionate in economia, che i lavori erano terminati nel luglio 2017 e che nessuna contestazione era mai stata inoltrata dalla committenza; di avere quindi insistito per il pagamento delle proprie spettanze (doc. n. 8); che solo successivamente alla ultimazione dei lavori (dopo oltre sette mesi) all'appaltatore era stato indirizzato l'(...) n. 02, del 5 febbraio 2018 da parte della D.L. e la successiva contestazione di asserite difformità urbanistiche riscontrate dal committente addirittura a fine dicembre 2017 e mai comunicate ad essa attrice; che entrambe le contestazioni non esulavano la committenza dal pagamento delle somme dovute all'appaltatore, ed infatti: l'(...) n. 02, del 5 febbraio 2018 non costituiva valida contestazione sulla regolare esecuzione dei lavori da parte dell'appaltatore, risultando generico, infondato e contraddittorio; che la contestazione sulla difformità urbanistica avanzata dal committente per il tramite dell'Avv. (...), del 9.2.2018, non rappresentava una contestazione di vizi o difetti tale da inficiare il contratto di appalto e ciò in quanto: a)la contestazione era innanzitutto strumentale, posto che era intervenuta a distanza di due mesi dopo la asserita scoperta delle difformità urbanistiche da parte di sconosciuti tecnici nominati dal committente; b) del pari, l'(...) inoltrato dalla DL era generico e decontestualizzato, posto che non venivano specificati quali sarebbero le lavorazioni e/o gli impianti ritenuti difformi da quanto assentito dall'Ufficio tecnico del Comune di Labro, né veniva allegato alcun progetto; che ogni asserita difformità urbanistica della ristrutturazione de qua risultava già sanata, come anche affermato dalla committenza nella comunicazione del 9 febbraio 2018 nella quale veniva dato atto della ripresa dei lavori a seguito di apposito intervento della DL; che, di conseguenza, nessun inadempimento sulla regolarità delle opere realizzate le era opponibile; che l'opera era stata ultimata, comprensiva delle migliorie e come tale era rimasta, per quanto noto, a tutt'oggi, perfettamente fruibile da parte della committenza. Tanto premesso, la soc. (...) concludeva come segue: "Voglia l'Ecc.mo Tribunale di Rieti: 1)in via principale accertare e dichiarare il diritto della (...) Snc ad ottenere il pagamento del residuo prezzo d'appalto, pari Euro 54.986,15, ai sensi degli artt. 1657 e 1665 cc e, per l'effetto, condannare (...) al pagamento della ridetta somma di Euro 54.986,15 oltre iva se dovuta e nella misura in cui dovuta, ovvero ad altra somma ritenuta equa e di giustizia, oltre interessi dalla data del dovuto sino all'effettivo soddisfo; 2)Con vittoria di spese e compenso professionale, oltre al rimborso forfettario 15%, oneri e accessori di legge". (...), costituitosi in giudizio, in via preliminare eccepiva la nullità, ai sensi dell'art. 164 comma 4, c.p.c. in relazione all'art. 163 nn. 3 e 4 c.p.c., dell'atto di citazione per assoluta incertezza ed indeterminatezza della domanda, sempre in via preliminare chiedeva "in rito, autorizzare la chiamata in causa dell'Arch. (...), con sede in T. alla Via M. di B. n. 123 - 05100, e, a tal fine, fissare una nuova udienza per consentire la chiamata in causa del suddetto terzo, per le motivazioni tutte esposte nella premessa del presente atto" e nel merito contestava integralmente le domande avversarie deducendo, tra l'altro: che l'impresa (...) Snc aveva redatto un contratto d'appalto per l'importo di Euro 69.830,00, soggetto ad iva ed al netto della stessa, che però non era stato sottoscritto dalle parti, in quanto le medesime si erano accordate solo verbalmente, stabilendo di applicare uno sconto pari all'8% (all. 4); di avere, pertanto, versato alla (...) Snc, in maniera anticipata, la somma complessiva di Euro 70.000,00 mediante due bonifici: uno di Euro 20.000,00 in data 10.12.2015 (all. 5) ed un altro di Euro 50.000,00 in data 29.12.2015 (all. 6); che, nel frattempo, era stata inoltrata in data 19.11.2015 al Comune di Labro la Segnalazione Certificata di Inizio Attività (c.d. SCIA) per i lavori di manutenzione straordinaria dei sopra citati locali, con elaborati - tra cui la relazione tecnica del progettista corredata dagli elaborati progettuali e degli elementi ivi indicati - a firma del solo Arch. (...), ed assunta al protocollo comunale n. (...) (all. 7); che i lavori erano iniziati formalmente il 16.02.2016 e l'impresa (...) Snc aveva proceduto all'esecuzione delle opere di ristrutturazione del piano terra del fabbricato oggetto di causa, quale ditta esecutrice sotto la direzione dell'Arch. (...); che in data 05.08.2016 personale del Comune di Labro aveva effettuato un sopralluogo esterno all'immobile; che i lavori, quindi, erano proseguiti ed in data 10.01.2017 esso convenuto aveva corrisposto alla ditta (...) snc l'ulteriore somma di Euro 5.000,00 quale differenza sul costo dei sanitari e degli infissi, oltre all'installazione del pannello solare, opere queste parzialmente differenti da quelle originariamente concordate (all. 13); che, tuttavia, il 29.03.2017 il responsabile dell'ufficio tecnico del Comune di Labro gli aveva notificato la nota prot. n. (...), con cui "visto il sopralluogo eseguito in data 05.08.2016 (...); considerato che dalle risultanze del sopralluogo e dall'esame degli atti d'ufficio sono state accertate delle difformità rispetto ai titoli autorizzativi dell'immobile (...)", ordinava la sospensione dei lavori di ristrutturazione interna per carenza dell'autorizzazione sismica ai sensi dell'art. 93 del D.P.R. n. 380 del 2001 (all. 14); che a seguito di tale ordinanza, aveva contattato l'Arch. (...) al fine di avere informazioni e spiegazioni; che quest'ultimo, però, aveva provveduto a rassicurarlo affermando che avrebbe risolto la sopra esposta spiacevole situazione, integrando il progetto e sanando, se opportuno e/o necessario, le mancanze presso il Genio Civile; che in ogni caso, l'Arch. (...) aveva affermato che anche se vi fosse stata qualche opera difforme, la stessa si sarebbe potuta regolarizzare durante l'esecuzione dei lavori e, comunque, in corso d'opera; che, pertanto, il Direttore dei Lavori lo aveva tranquillizzato sulla regolarità di quanto progettato ed eseguito; che, infatti, in data 29.04.2017 con prot. n. (...) era stata trasmessa alla piattaforma OPENGENIO la pratica strutturale relativa agli interventi da eseguire al piano terra del fabbricato, consistenti essenzialmente nello spostamento di vani di porta nei muri portanti dell'edificio, con certificazione di avvenuto deposito con posizione n. (...) (all. 15); che a seguito degli accessi effettuati da parte dei Vigili del Fuoco di Rieti, della richiamata ordinanza di sospensione disposta dal Comune di Labro e di un nuovo computo metrico (datato 02.04.2017), predisposto dalla (...) Snc (all. 17), verso la fine dell'anno 2017 aveva incaricato un tecnico di sua fiducia, Geom. (...), chiedendogli di verificare l'entità e la correttezza dei lavori eseguiti nel proprio fabbricato nonché la corretta esecuzione delle opere, dell'iter burocratico e della congruità del computo rimesso da parte attrice; che a seguito dei rilievi formulati da quest'ultimo, il Direttore dei Lavori aveva disposto in data 05.02.2018 l'(...) n. 02, diretto alla sola ditta (...) snc, laddove: "accertato che i lavori di cui all'oggetto consegnati all'impresa in data 16/02/2016 procedono da parte dell'impresa appaltatrice dei lavori edili denominata (...) s.n.c. e da sopralluogo effettuato in data odierna da parte della D.L. Arch. (...), nel cantiere suddetto, risultano eseguiti lavori edili ed impiantistici difformi rispetto al progetto e non a norma, ordina all'impresa edile (...) snc di rimuovere e/o ripristinare i lavori edili ed impiantistici come da progetto entro il giorno 06/02/2018. In caso contrario sarà dato incarico ad altra ditta di ripristinare e mettere a norma lo stato dei luoghi del cantiere edile" (cfr. all. 4 all'atto di citazione); che parte attrice, quindi, aveva risposto all'Arch. (...) tramite l'Avv. (...) con nota del 07.02.2018, laddove pur strumentalmente asserendo che le opere erano state ultimate nel mese di luglio 2017, indirettamente ammetteva che le stesse erano ancora in corso, in quanto affermava: "appare ben difficile ritenere che sia possibile a qualunque Impresa eseguire entro il giorno 6/02/2018 quanto statuito in un (...) pervenuto nella serata del 5 febbraio 2018" (cfr. doc. n. 5 allegato all'atto di citazione). Inoltre, in tale nota di febbraio 2018 l'importo che la ditta sostiene oggi esserle asseritamente ancora dovuto veniva individuato in "Euro 79.125,00"; che, stante quanto sopra, con nota del 09.02.2018, avente ad oggetto: "cantiere sito in L. alla Località M. della L. n. 46 - O. di sospensione dei lavori e contestazione formale degli stessi", aveva contestato formalmente la regolarità dei lavori e la conformità degli stessi, invitando e diffidando tanto la ditta (...) Snc che l'Arch (...) "a sospendere immediatamente ogni attività d'esecuzione e/o di direzione dei lavori nonché ad accedere nel cantiere di lavoro sito in L. alla Località M. della L., preavvertendo che il Sig. (...) si riterrà esonerato da qualsivoglia responsabilità in merito, riservandosi, fin d'ora, di agire per la tutela dei propri diritti e/o interessi nelle sedi che si riterranno più opportune" (all. 19); che il 28.07.2017 con prot. n. (...), era stata trasmessa la comunicazione di inizio dei lavori strutturali, comunicazione sottoscritta anche dalla impresa (...) Snc quale costruttore (all. 16); che a tale comunicazione l'Avv. (...) aveva risposto in medesima data, affermando che "i lavori in questione risultano terminati da oltre sette mesi e, nel corso dell'esecuzione degli stessi, risultano essere state effettuate molteplici visite in cantiere sia da parte del Sig. (...), sia da parte dell'Arch. (...). A seguito di tali accessi e verifiche, nessuna contestazione è stata effettuata alla Ditta mia assistita (...)" (all. 20); di avere convocato il Direttore dei Lavori e l'Impresa, unitamente al geom. (...), presso il cantiere, per verificare lo stato delle cose; che in tale incontro il tecnico (...) aveva esposto tanto all'Arch. (...) che alla impresa esecutrice (...) Snc (cfr. all. 15 cit.): l'incongruità tra il grafico in possesso dello (...) e quello depositato in comune, con riferimento alla destinazione d'uso dei locali, evidenziando l'impossibilità di effettuare una trasformazione d'uso da cantina/sgombero ad abitazione dei locali al piano terra, essendo scaduti i termini per l'applicazione dell'art. 5 comma 1 della L.R. n. 21 del 200 (così detto (...)) e non consentendo, la nuova normativa regionale (L. n. 7 del 18 luglio 2017), il cambio d'uso a fini abitativi dei fabbricati in zona agricola; la realizzazione di opere che comportavano l'aumento della volumetria urbanistica del fabbricato, in contrasto con la norma vigente nella Regione Lazio che regola l'edificazione in zona agricola (L. n. 38 del 1999 e s.m.i.) - riguardo dette opere il Direttore dei Lavori intimava alla (...) Snc la demolizione delle suddette con l'(...) sopra citato; la realizzazione di interventi all'interno del piano terra del fabbricato non conformi alla destinazione d'uso assentita, ed in particolare la realizzazione dell'impianto termico, la realizzazione del secondo bagno; la realizzazione di finiture decorative particolari (pitture murarie, accessori bagno, etc.) - opere, queste ultime, in seguito parzialmente rimosse; di avere sospeso, quindi, ogni rapporto con l'impresa attrice la quale, successivamente a febbraio 2018 aveva smontato tutto, seppur mantenendo la detenzione delle chiavi dell'immobile di proprietà del convenuto; di avere, inoltre, sollecitato il direttore dei lavori a sanare la gravosa situazione ma, ad oggi, nulla era stato fatto; di essere venuto a conoscenza del computo metrico del 04.06.2018 solo tramite l'accesso al fascicolo telematico di controparte, non essendogli stato tale documento mai consegnato; che parte attrice confondeva la sanabilità delle opere strutturali di cui all'autorizzazione concessa dal Genio Civile di Rieti, con le difformità urbanistiche attinenti alla diversità tra il progetto assentito e quello consegnatogli; che se era vero che l'opera strutturale era stata eseguita solo a seguito dell'autorizzazione da parte del Genio Civile, e quindi successivamente al mese di luglio 2017, contrariamente a quanto ripetutamente asserito da controparte, così non poteva dirsi rispetto alla paventata sanatoria di un progetto urbanistico difforme (e ritualmente eseguito dalla impresa (...) Snc) rispetto a quello autorizzato; di contestare, infine, le dedotte circostanze secondo cui con la nota del 09.02.2018 "il saldo delle opere e delle migliorie realizzate dall'appaltatore è stato riconosciuto dal committente"; che ad una attenta lettura della richiamata nota del 09.02.2018 (cfr. all. 16 cit.), era chiaro e di solare evidenza che alcun riconoscimento e/o gradimento era stato espresso rispetto alla difformità delle opere compiute ma, semmai, rispetto alla conformità dei lavori realizzati sulla base di un progetto che in realtà era illegittimo perché non assentito e, sostanzialmente, diverso rispetto a quello depositato in Comune; che, invero, attualmente la situazione paradossale venutasi a creare era la seguente: il Sig. (...), pur avendo pagato alla ditta (...) Snc ben Euro 75.000,00 e corrisposto una ulteriore somma quale onorari del progettista e direttore dei lavori, aveva un immobile non conforme, non utilizzabile come abitazione, non fruibile - a differenza di quanto sostenuto da controparte - e parzialmente demolito (la ditta, infatti, come sopra detto, aveva provveduto alla demolizione della chiusura del portico esterno e delle pareti dell'ingresso, alla rimozione dei sanitari, degli infissi interni e di parte dell'impianto termico ed elettrico); che, inoltre, non essendo stati certificati gli impianti e le opere compiute all'interno dell'immobile, né essendoci una attestazione di conformità, non era possibile neppure richiedere le forniture idriche, elettrice e del gas agli organi preposti; di essere, da ultimo, decaduto dalla possibilità di effettuare il cambio della destinazione d'uso da cantina ad abitazione, in quanto erano scaduti i termini per l'applicazione dell'art. 5 comma 1 della L.R. n. 21 del 2009 (c.d. (...)) e la nuova normativa regionale (la L. n. 7 del 18 luglio 2017) non consentiva tale cambio d'uso; che, nel caso di specie, doveva sicuramente escludersi che la (...) Snc lo avesse messo in grado di operare una verifica e, tanto meno l'avesse invitato a farla, non potendosi ciò desumere dal depositato computo metrico del 4 giugno 2018, atto unilaterale mai accettato dal committente, anche in considerazione del fatto che lo stesso non lo aveva mai visto prima dell'odierno giudizio né lo aveva firmato, né vi era mai stato alcun scambio di corrispondenza sul punto; che nel caso in esame le opere appaltate non erano state neppure formalmente riconsegnate dalla impresa esecutrice dai lavori, posto che la stessa, pur avendo eseguito la rimozione di opere e strutture, non gli aveva restituito le chiavi; che in ogni caso, comunque, dette lavorazioni non erano mai state accettate dalla committenza, avendo contestato alla controparte una serie di vizi e difetti relativi alle opere eseguite, nonché alla difformità urbanistica, una volta venutone a conoscenza; che l'appaltatore, il progettista ed il direttore dei lavori sono tenuti a realizzare ogni opera a regola d'arte, osservando, nell'esecuzione della prestazione, la diligenza qualificata ai sensi dell'art. 1176, comma 2, c.c. quale modello astratto di condotta, che si estrinseca nell'adeguato sforzo tecnico, con impiego delle energie e dei mezzi normalmente ed obiettivamente necessari od utili in relazione alla natura dell'attività esercitata, volto all'adempimento della prestazione dovuta ed al soddisfacimento dell'interesse del committente, nonché ad evitare possibili eventi dannosi; che ciò non era avvenuto nel caso di specie, laddove tanto l'Arch. (...) in qualità di direttore dei lavori, quanto la (...) Snc in qualità di impresa esecutrice, avrebbero dovuto osservare i precetti normativi e tecnici propri delle rispettive professionalità senza, come diversamente fatto, riversare tali competenze sulla committenza; che, quindi, dalla condotta della impresa esecutrice e del direttore dei lavori era derivato al committente un grave danno, che andava quantificato in misura pari alla differenza tra l'aumento di valore dei locali oggetto di intervento ed il costo effettivamente sostenuto per l'esecuzione delle migliorie, per un importo così dovuto di Euro40.741,00. Il convenuto concludeva, all'esito, come segue: "Voglia l'Ill.mo Tribunale Civile di Rieti, contrariis reiectis: In via preliminare: - in rito, autorizzare la chiamata in causa dell'Arch. (...), con sede in T. alla Via M. di B. n. 123 - 05100, e, a tal fine, fissare una nuova udienza per consentire la chiamata in causa del suddetto terzo, per le motivazioni tutte esposte nella premessa del presente atto; Nel merito: in via preliminare, in accoglimento della spiegata eccezione sollevata, dichiarare la nullità dell'atto di citazione notificato per le motivazioni meglio rappresentate nella premessa del presente atto, con ogni conseguenza di legge; - in via principale, rigettare integralmente le domande attoree in quanto infondate in fatto ed in diritto per le motivazioni di cui sopra; - in via subordinata, nella denegata e non creduta ipotesi di accoglimento anche parziale della avversa pretesa, rideterminare la eventuale minor somma dovuta, detratti gli importi già corrisposti; - in via riconvenzionale, in accoglimento della spiegata domanda riconvenzionale, condannare (...) Snc, o chi ritenuto di giustizia, al pagamento in favore del convenuto della somma di Euro 40.741,00, a titolo di ristoro di tutti i danni, patrimoniali e non patrimoniali, subiti e subendi, dal Sig. (...) per le motivazioni meglio esposte nella premessa del presente atto; In ogni caso: - con vittoria di spese, compensi professionali del giudizio, oltre rimborso forfettario e cpa come per legge". L'Arch. (...), a sua volta costituitosi a seguito dell'autorizzazione alla chiamata in causa, in via preliminare eccepiva la nullità dell'atto di citazione per chiamata in causa, rilevando che il convenuto nella comparsa di costituzione e nella citazione notificata al comparente non aveva chiarito se la chiamata in giudizio del terzo fosse fondata sulla comunanza di causa per connessione oggettiva o di altro elemento oggettivo dell'originario processo con il terzo (...), oppure su un rapporto di garanzia e che, inoltre, (...) non aveva reso alcuna conclusione nei propri confronti, essendosi limitato a richiedere il rigetto della domanda dell'attrice (...) snc e la condanna soltanto di questa al risarcimento degli asseriti danni. Nel merito, il terzo contestava la ricostruzione dei fatti avversaria deducendo, tra l'altro: che nella fase iniziale delle ipotesi progettuali, i committenti (...) e la madre (...) avevano manifestato la intenzione di realizzare un nuovo appartamento al piano terra del fabbricato bifamiliare di loro proprietà, sui locali adibiti a cantina, sgombero- autorimessa, che erano funzionali alla abitazione che era posta al piano primo; che in tal senso i committenti avevano interpellato la (...) snc.; di non avere avuto alcuna conoscenza del computo metrico estimativo datato 1 settembre 2015, di cui si leggeva negli atti di causa e del quale aveva appreso soltanto in sede di giudizio; che durante la fase di studio preliminare e di istruttoria del progetto era emerso che la variazione di destinazione di uso dei locali al piano terra non era consentita dalla normativa urbanistica all'epoca vigente; che l'argomento era stato approfondito con i committenti con un sopralluogo sul posto; che lo stesso (...), informato della impossibilità normativa della trasformazione di destinazione d'uso da cantina-autorimessa ad abitazione, aveva deciso di mantenere la destinazione d'uso che i locali al piano terra avevano; che la progettazione dei lavori edili era stata dunque indirizzata, secondo le disposizioni dei committenti, al rifacimento ed ammodernamento delle finiture dei locali al piano terra, in particolare con la realizzazione di un nuovo WC- lavanderia e locale stireria, oltre a locali utilizzabili come accessori dell'abitazione del piano primo; che su questo piano primo si sarebbero sostituiti gli infissi e l'integrale impianto di riscaldamento, il tutto senza alcun cambio di destinazione d'uso; che il progetto allegato alla SCIA era stato dunque elaborato secondo le disposizioni dei committenti e da loro sottoscritto; che la SCIA con il progetto era stata dunque presentata al Comune di Labro con protocollo del 9.11.2015 ed inizio dei lavori previsto il 16.2.2016; che non era, pertanto, assolutamente vero che (...) stesse realizzando un nuovo appartamento; che si trattava, invece, dell'ammodernamento dei locali accessori alla abitazione con un'unica unità immobiliare a servizio di una sola famiglia, senza frazionamento del fabbricato in due appartamenti, come confermato appunto dalla SCIA e dal progetto alla stessa allegato (doc. 1 con allegati- doc. 2- doc. 3); che esisteva un solo progetto, che era quello presentato con la SCIA; di avere elaborato il progetto secondo le istruzioni dei committenti, che lo avevano sottoscritto; che i committenti (...) e (...) erano dunque perfettamente a conoscenza che i lavori che si potevano realizzare non consentivano il frazionamento dell'immobile per ottenere un nuovo appartamento nei locali al piano terra, perché ciò non era consentito con le norme edilizie-urbanistiche all'epoca vigenti del Comune di Labro; che i committenti successivamente gli avevano comunque chiesto di elaborare un disegno dell'arredamento del piano terra per l'ipotesi che in futuro tali locali potessero essere trasformati in abitativi; che si trattava di un semplice "schizzo progettuale" redatto soltanto per valutare se ci fossero stati gli spazi per poter ipotizzare un uso abitativo dei locali del piano terra da perseguire in futuro, qualora fossero cambiate le disposizioni normative edilizie-urbanistiche del Comune di Labro; che questo disegno era datato 12 dicembre 2015 ed era quindi successivo alla SCIA ed al progetto con la stessa depositato; che l'elaborato era ovviamente diverso da quello depositato al Comune di Labro con la SCIA perché si trattava soltanto di uno schizzo progettuale, per valutare gli ingombri di un possibile futuro arredamento di civile abitazione dei locali a piano terra; che fuorviante, non vera e di malafede era dunque la narrazione del convenuto (...), che capovolgendo la realtà aveva inteso far credere che questo schizzo progettuale fosse il progetto commissionato mentre come si era più volte detto l'elaborato progettuale firmato dai committenti per la esecuzione dei lavori era quello depositato con la SCIA in data anteriore; che all'epoca della presentazione della SCIA la normativa edilizia-urbanistica e la condizione del fabbricato non permettevano, infatti, la variazione di destinazione d'uso, per una pluralità di ragioni; che la L.R. Lazio n. 21 del 2009, così detta (...), non era applicabile al fabbricato del convenuto, all'epoca della presentazione della SCIA, perché quella consentita poteva riguardare soltanto il 20%-30% della superficie abitabile, che era quindi insufficiente rispetto alla maggiore superficie del piano terra; che la stessa L.R. Lazio n. 21 del 2009 escludeva, inoltre, interventi di variazione d'uso nelle ZONE E - zona agricola, così classificata dal D.M. n. 1444 del 1968, nella quale ricadeva il fabbricato del convenuto (...); di avere svolto con competenza e diligenza professionale l'incarico; che non sussisteva quindi alcuna responsabilità professionale del direttore dei lavori; che, accortosi della realizzazione di talune opere in difformità dal progetto, dopo aver contestato verbalmente la realizzazione delle opere difformi al committente (...) ed alla impresa appaltatrice, aveva emanato l'(...) n. 2 che ingiungeva il ripristino e la eliminazione dei lavori difformi; che l'ordine dei lavori era stato ottemperato e dunque il muretto era stato demolito, le porte interne ed i radiatori erano stati smontati; di avere diritto al compenso per l'attività prestata, liquidato secondo il contratto (doc. 5) ed i parametri ministeriali; che la parcella ammontava ad Euro11.417,17 (doc. 6); che il committente (...), invece, non aveva eseguito la principale obbligazione a suo carico, costituita dal pagamento del compenso al professionista, al quale aveva versato soltanto l'acconto di Euro. 1.433,00, che risultava dalla fattura n. (...) (doc. 7); di avere quindi diritto al pagamento del residuo importo della parcella di Euro10.016,84 (11.417,17-1.433,00=10.016,84), oltre agli interessi e rivalutazione monetaria dalla domanda al saldo e pertanto di chiedere la condanna in via riconvenzionale del convenuto (...) all'esatto adempimento; che, fermo restando quanto sino ad ora esposto e dunque ribadendo la assoluta mancanza di responsabilità in capo al chiamato in causa e la inesistenza comunque del danno, era proprio interesse essere manlevato, nella ipotesi in cui le pretese avversarie fossero state in tutto o in parte accolte, dall'assicuratore (...), che lo garantiva per la responsabilità civile derivante dall'esercizio dell'attività professionale con la polizza n.(...) (doc. 8); di avere denunciato in via cautelativa il sinistro all'assicuratore; che la polizza dimostrava la sussistenza del rapporto di garanzia. L'arch. (...) concludeva come di seguito: "il Tribunale di Rieti, voglia 1)preliminarmente dichiarare la nullità della citazione per la chiamata in causa del convenuto (...) nei confronti dell'arch. (...); 2)nel merito rigettare tutte le eccezioni e domande del chiamante in causa (...), assolvendone nel migliore dei modi il comparente arch. (...); 3)in via riconvenzionale, accertato l'esatto adempimento della prestazione professionale dell'arch. (...) e l'inadempimento del committente (...) per il mancato pagamento del compenso, condannare il medesimo (...) al pagamento ad (...) del residuo importo della parcella di Euro. 10.016,84, già detratto l'acconto, ovvero dell'importo maggior o minore che risulterà dalla istruttoria di causa ed in subordine da liquidarsi secondo equità, oltre agli interessi di mora ed alla rivalutazione monetaria, dalla domanda al saldo; 4)in via subordinata, nell'ipotesi in cui le pretese del chiamante in causa (...) dovessero essere in tutto od in parte accolte, condannare la (...) spa a tenere indenne l'arch. (...) e condannare lo stesso assicuratore a pagare direttamente quanto eventualmente fosse dovuto, in conformità alla polizza. In ogni caso sia in tesi che in ipotesi, con vittoria di spese e compenso professionale". La (...) S.p.a., a sua volta costituitasi, in via preliminare eccepiva l'inammissibilità/nullità della chiamata in causa dell'arch. (...), atteso che il chiamante non aveva spiegato alcuna domanda, né preso alcuna conclusione nei confronti del professionista, ma aveva chiesto semplicemente che il giudizio venisse esteso allo stesso per motivi di opportunità e nel merito contestava la fondatezza delle domande svolte nei confronti del proprio assicurato e la mancanza di copertura assicurativa della polizza invocata ex adverso, concludendo come segue: "Piaccia all'Ill.mo Tribunale adito, contrariis rejectis; - IN VIA PRELIMINARE accertare e dichiarare la nullità/inammissibilità della citazione della chiamata in causa dell'Arch. (...); - nel merito RIGETTARE la domanda spiegata nei confronti dell'Arch. (...), a qualunque titolo avanzata, perché assolutamente infondata in fatto ed in diritto; - IN VIA SUBORDINATA, nella sola denegata ipotesi in cui venisse accolta la domanda avversa spiegata nei confronti dell'Arch. (...), rigettare e/o ridursi la richiesta di condanna per inesistenza dei danni così come richiesti, limitando l'eventuale condanna ai soli danni causalmente collegati alla condotta dell'Arch. (...) in relazione ai fatti per cui è causa; - Sempre in via gradata, ove dovesse essere riconosciuta una responsabilità in capo dell'Arch. (...), ed in relazione alla domanda di garanzia e manleva spiegata dall'Arch. (...) nei confronti della (...) S.p.a. e, ACCERTARE E DICHIARARE la mancanza di copertura assicurativa della polizza invocata dall'Arch. (...) chiamante in causa per le motivazioni sopra esposte, e quindi RIGETTARE la domanda di garanzia a manleva spiegata dal professionista nei confronti della (...); - In via subordinata, sempre in relazione alla la domanda di garanzia a manleva spiegata dal professionista nei confronti della (...) S.p.a., ACCERTARE E DICHIARARE l'applicazione di una franchigia di Euro 500,00; - In ogni caso LIMITARE l'eventuale soccombenza della compagnia assicurativa nei limiti contrattuali (operatività, scoperti, franchigie, massimali e esclusione del vincolo di solidarietà) di cui alla polizza assicurativa in vigore con dell'Arch. (...). Con vittoria comunque delle spese di lite nei confronti di chi di dovere". Era espletata CTU volta all'accertamento delle modalità di esecuzione delle opere oggetto di causa e all'esito, respinte le ulteriori richieste istruttorie delle parti, la causa veniva trattenuta in decisione all'udienza di precisazione delle conclusioni del 12.01.2023, previa assegnazione dei termini ex art. 190 c.p.c.. In via preliminare, deve essere vagliata la domanda svolta dal Convenuto (...) nel costituirsi in giudizio, volta all'accertamento e alla declaratoria della "nullità, ai sensi dell'art. 164 comma 4, c.p.c. in relazione all'art. 163 nn. 3 e 4 c.p.c., dell'atto di citazione per assoluta incertezza ed indeterminatezza della domanda". La domanda è palesemente infondata e come tale deve essere respinta. Ed invero, la difesa di parte attrice ha chiarito in modo sufficientemente specifico il petitum e la causa petendi della domanda svolta nei confronti del convenuto (...), che viene qualificata come volta alla condanna dello stesso all'esatto adempimento degli obblighi scaturenti dal contratto di appalto inter partes e, quindi, al pagamento del credito residuo asseritamente spettante in capo alla soc. (...), per come quantificato nelle conclusioni dell'atto di citazione. Del resto, a dimostrazione del pieno rispetto del principio del contraddittorio, deve evidenziarsi che il convenuto sin dalla comparsa di risposta (di ben 36 pagine) ha preso compiutamente posizione sui fatti posti da parte attrice a fondamento della domanda, chiarendo punto per punto le ragioni della asserita infondatezza delle pretese avversarie. Ne segue l'inevitabile rigetto della domanda de qua. Sempre in via preliminare, devono essere vagliate le domande proposte dall'arch. (...) e dalla (...) S.p.a., tese all'accertamento e alla declaratoria della nullità/inammissibilità della citazione per chiamata in causa del terzo da parte del convenuto (...). Dette domande sono infondate e come tali devono essere respinte. Sostengono le difese che il convenuto non avrebbe svolto alcuna domanda, né preso alcuna conclusione nei confronti del terzo chiamato in causa. Tuttavia, nella narrativa della comparsa di costituzione e risposta la difesa del sig. (...) evidenzia e sottolinea, tra l'altro, molteplici profili di responsabilità contrattuale a suo dire ascrivibili al tecnico arch. (...), con riferimento alla asseritamente non corretta esecuzione delle prestazioni derivanti dal contratto d'opera professionale in essere con lo stesso, incaricato dal convenuto della redazione del progetto relativo alle opere oggetto della SCIA in atti, nonché della direzione dei lavori, di cui al contratto di appalto stipulato con la soc. E... Nelle conclusioni dello scritto difensivo il convenuto conclude, poi, in via riconvenzionale per la condanna della società attrice "o chi ritenuto di giustizia" - da identificarsi necessariamente nel terzo chiamato in causa arch. (...), unica altra parte del giudizio, dallo stesso (...) chiamato in causa - al pagamento in suo favore della somma di Euro40.741,00, a titolo di risarcimento dei danni asseritamente subiti dal sig. (...) in conseguenza del non corretto adempimento, da parte dei suddetti soggetti, agli obblighi sugli stessi gravanti in virtù dei descritti rapporti contrattuali. Deve, in definitiva, ritenersi che il convenuto con l'atto di chiamata in questione - da qualificarsi, evidentemente, come chiamata per comunanza di causa ex art. 106 c.p.c. - abbia proposto la suddetta domanda e spiegato le richiamate conclusioni anche nei confronti del terzo (...). Si aggiunga che quest'ultimo ha addirittura proposto in via autonoma una domanda di pagamento delle proprie spettanze professionali nei confronti del convenuto chiamante, il che postula implicitamente la corretta instaurazione del rapporto processuale tra l'arch. (...) e il sig. (...), nei cui confronti non sarebbe stato possibile, diversamente, proporre domande di sorta. In altri termini, la pretesa ad una declaratoria in rito di nullità/inammissibilità della chiamata appare contraddetta dalla stessa condotta processuale del terzo, che si avvale della presenza in giudizio del convenuto per proporre - si bai bene, in via principale e non subordinata alla eventualmente ritenuta ammissibilità della chiamata - una autonoma domanda nei suoi confronti, così violando palesemente il principio immanente al nostro ordinamento civilistico del divieto di venire contra factum proprium, espressione della regola generale della buona fede, a sua volta emanazione del principio solidaristico di cui all'art. 2 Cost.. Ne segue l'inevitabile reiezione delle suddette domande proposte dal sig. (...) e dalla soc. (...) S.p.a., siccome giuridicamente infondate. Venendo al merito, la domanda di esatto adempimento contrattuale proposta dalla (...) S.n.c. nei confronti di (...) è infondata e deve essere, pertanto, respinta, fondata risultando, viceversa, l'eccezione di inadempimento sollevata dalla difesa del convenuto, per le ragioni di seguito esposte. Va premesso in linea generale che in tema di onere della prova dell'adempimento delle obbligazioni ex artt. 1218 ss. c.c., alla luce dell'orientamento ormai pacifico della Corte di Cassazione (v. Cass. civ., SS.UU., n. 13533/01; Sez. L., n. 2387/04; Sez. III, n. 20073/04; Sez. II, n. 9351/07) il creditore che agisca per ottenere, tra l'altro, l'accertamento dell'inadempimento del debitore è tenuto esclusivamente a fornire la prova del titolo e della esigibilità della prestazione richiesta, potendo limitarsi ad allegare l'altrui inadempimento. Graverà, viceversa, sul debitore - in applicazione di principi di persistenza del diritto di credito e di vicinanza dell'onere della prova - l'onere di provare il fatto estintivo dell'obbligazione, costituito dall'adempimento. Eguale criterio di riparto dell'onere della prova deve ritenersi applicabile al caso in cui il debitore convenuto per l'adempimento, la risoluzione o il risarcimento del danno si avvalga dell'eccezione di inadempimento ex art. 1460 c.c., risultando in tal caso invertiti i ruoli delle parti in lite, poiché il debitore eccipiente si limiterà ad allegare l'altrui inadempimento ed il creditore agente dovrà dimostrare il proprio adempimento (cfr. sempre Cass. Civ., SS.UU., n. 13533/01, cit.). Tornando al caso che ci occupa, con riguardo alla prova del titolo, è pacifica l'intervenuta stipula in forma orale, tra la (...) S.n.c. e il sig. (...), di un contratto di appalto avente ad oggetto l'esecuzione, da parte della società attrice, di opere di "Ristrutturazione edilizia con modifiche interne" all'interno fabbricato sito in L. (R.), V. M. della L. n. 46, distinto in Catasto Fabbricati al foglio (...), particella (...), di proprietà del sig. (...) e della madre (...)B.. Vi è, quindi, la prova del titolo. Quanto allo specifico oggetto dell'appalto, soccorre il tenore della SCIA prot. (...) del 19.11.2015 (v. all. 7 al fascicolo di parte convenuta) presentata al Comune di Labro dal progettista e direttore dei lavori arch. (...), nella cui relazione illustrativa si legge, tra l'altro, che i lavori riguarderanno "...la modifica di impianti, spostamenti di vani porte, realizzazione di wc, massetti, pavimenti e rivestimenti, sostituzione infissi tinteggiatura. Detto intervento si configura come Ristrutturazione edilizia (D.P.R. n. 380 del 2001 art. 3 lett.d). L'intervento prevede opere su tutto il fabbricato, in particolare il ripristino del piano terra del fabbricato di civile abitazione. Le lavorazioni previste saranno svolte nel rispetto delle norme di sicurezza consistono: allestimento del cantiere, modifica della distribuzione del piano terra con apertura e chiusura di vani porte; realizzazione di un wc con nuovi tramezzi, ampliamento degli impianti idraulici, elettrici e di riscaldamento, realizzazione intonaci, realizzazione di massetti pavimenti e rivestimenti, montaggio sanitari radiatori sostituzione infissi esterni ed interni, tinteggiature interne ed esterne, smantellamento cantiere" (v. anche a pag. 6 della CTU espletata dall'arch. Maria Cristina Orsi). Non contestata è, del pari, l'esecuzione dei lavori da parte della società appaltatrice che, tuttavia, il convenuto sostiene non essere avvenuta a regola d'arte, in ragione dei plurimi inadempimenti allegati in comparsa di risposta e a suo dire ascrivibili tanto alla soc. (...)., quanto al progettista e direttore dei lavori chiamato in causa arch. (...). Pacifico è, altresì, l'intervenuto versamento, da parte del sig. (...), dell'importo di Euro75.000,00, a fronte di una richiesta complessiva di Euro122.486,15 IVA esclusa (v. computo metrico del 04.06.2018 - all. 3 al fascicolo di parte attrice) da parte della società attrice che ha, quindi, agito per la condanna del convenuto al pagamento dell'asserito debito residuo di Euro54.986,15: la soc. (...) rileva, al riguardo, che l'originario computo metrico dell'01.09.2015 (v. all. 3 al fascicolo di parte convenuta) sarebbe stato successivamente rivisto ed integrato alla luce della richiesta di opere aggiuntive e relative forniture da parte del sig. (...), interventi tutti regolarmente eseguiti dalla società appaltatrice. Ciò posto ed al fine di accertare le modalità di esecuzione delle opere oggetto del contratto di appalto, questo giudice ricorreva a CTU, le cui risultanze, siccome logiche, coerenti ed esenti da profili di censura, vengono fatte proprie dal Tribunale. Al riguardo è, del resto, sufficiente osservare che per giurisprudenza costante (v., tra le tante, Cass. civ., Sez. II, n. 21504/18): 1) ove il giudice di merito riconosca convincenti le conclusioni del consulente tecnico d'ufficio, non è tenuto ad esporre in modo specifico le ragioni del suo convincimento, poiché l'obbligo della motivazione è assolto già con l'indicazione delle fonti dell'apprezzamento espresso, dalle quali possa desumersi che le contrarie deduzioni delle parti siano state implicitamente rigettate; 2) il giudice del merito, quando aderisce alle conclusioni del consulente tecnico che nella relazione abbia tenuto conto, replicandovi, dei rilievi dei consulenti di parte, esaurisce l'obbligo della motivazione con l'indicazione delle fonti del suo convincimento; non è, quindi, necessario che egli si soffermi anche sulle contrarie allegazioni dei consulenti tecnici di parte che, seppur non espressamente confutate, restano implicitamente disattese perché incompatibili con le conclusioni tratte. I lavori risultano in concreto iniziati il 16.02.2016, data indicata nella relativa comunicazione prot. (...) del 15.02.2016 inoltrata dall'arch. (...) al Comune di Labro, con indicazione della soc. (...) quale impresa realizzatrice degli stessi (v. all. 12 al fascicolo di parte convenuta). Nell'esaminare gli atti di causa il CTU ha, peraltro, riscontrato: che già il 05.08.2016 l'arch. V.D. "...nella sua qualità di Responsabile Ufficio tecnico del Comune di Labro assistito dagli Agenti della Stazione del Corpo Forestale di Rivodutri effettua un sopralluogo nelle proprietà (...) identificate al foglio (...) part. (...)-(...)-(...)-(...)-(...)" (v. a pag. 7, punto n. 9); che "Il 29.03.2017 con nota prot. (...) il Responsabile dell'Ufficio tecnico del Comune di Labro Arch. V.D. da comunicazione di: "Avvio procedimento amministrativo e ordine di sospensione dei lavori della SCIA del 19.11.2015 prot. (...)" a seguito di sopralluogo eseguito in data 5.08.2016 in cui vengono rilevate irregolarità inerenti l'istanza in quanto le opere risultano essere soggette ad autorizzazione simica ai sensi del D.P.R. n. 380 del 2001 art. 93 e che la pratica risulta priva della documentazione richiesta dall'art. 94 del D.P.R. n. 380 del 2001. Per effetto di tale provvedimento si ordinava l'immediata sospensione dei lavori" (v. punto n. 9, circostanza confermata dal tenore dell'ordinanza di sospensione dei lavori emessa dal Comune con nota prot. (...) del 29.03.2017 - all. 14 al fascicolo di parte convenuta); che "Il 2.04.2017 la (...) snc presenta al sig. (...) un nuovo computo estimativo di cui l'oggetto è: " Lavorazioni da aggiungere alle voci computo iniziale e lavorazioni nuove" di importo pari da Euro 42.986,89 oltre IVA e in cui viene specificato che vi sono Euro 1.342,00 da pagare fuori computo per soglie cimitero" (v. all. 17 al fascicolo di parte convenuta e punto n. 10 della CTU); che "Il 29.04.2017 con prot. (...) veniva trasmessa alla piattaforma OPENGENIO Regione Lazio la pratica strutturale relativa agli interventi da eseguire al piano terra del fabbricato consistenti nello spostamento di vani porta nei muri portanti dell'edificio e ne veniva certificato l'avvenuto deposito con posizione n. (...)" (v. all. 15 al fascicolo di parte convenuta e a pag. 7, punto n. 10 della CTU); che "Il 28.07.2017 con prot. n. (...) veniva trasmessa la comunicazione di inizio dei lavori strutturali, comunicazione sottoscritta anche dalla impresa (...) Snc quale costruttore" (v. all. 16 al fascicolo di parte convenuta e punto n. 12 della relazione); che "Il 29.07.2017 con prot. (...) l'Arch. (...) comunica al Comune di Labro la ripresa dei lavori sull'edificio identificato al NCEU al Foglio (...) part. (...)" (v. punto n. 13); che "Il Direttore dei Lavori in data 05.02.2018, emetteva l'(...) n. 02, diretto alla sola ditta (...) snc, ove: "accertato che i lavori di cui all'oggetto consegnati all'impresa in data 16/02/2016 procedono da parte dell'impresa appaltatrice dei lavori edili denominata (...) s.n.c. e da sopralluogo effettuato in data odierna da parte della D.L. Arch. (...), nel cantiere suddetto, risultano eseguiti lavori edili ed impiantistici difformi rispetto al progetto e non a norma, ordina all'impresa edile (...) snc di rimuovere e/o ripristinare i lavori edili ed impiantistici come da progetto entro il giorno 06/02/2018. In caso contrario sarà dato incarico ad altra ditta di ripristinare e mettere a norma lo stato dei luoghi del cantiere edile" (v. a pag. 8, punto n. 16 della CTU); che "Il 13.02.2018 l'Arch. (...) nella sua qualità di Responsabile dell'Ufficio tecnico del Comune di Labro vista la richiesta della procura relativamente alla comunicazione dell'esito di ulteriori accertamenti effettuava un nuovo sopralluogo in cui rilevava: difformità nelle partizioni interne rispetto alla SCIA del 19.11.2015 come integrata in data 25.01.2016; L'apertura di una finestra nel locale lavanderia non presente nella SCIA.... L'ing (...) affermava inoltre che: le difformità risultavano sanabili relativamente alle partizioni interne, e che i lavori in corso d'esecuzione denotavano finiture interne tali da poter far pensare ad una destinazione d'uso difforme dal progetto (v. a pag. 9, punto n. 20 della CTU)". Dopo avere così ricostruito il succedersi degli eventi ed individuato la normativa di riferimento (v. a pag. 10, 5), il CTU ha in prima battuta provveduto a quantificare l'importo dei lavori eseguiti dalla soc. (...), stimati in complessivi Euro112.657,52 (v. a pag. 13). L'arch. Orsi è passata, quindi, ad esaminare nello specifico le modalità di esecuzione delle prestazioni a carico della società appaltatrice e del progettista. Ritiene il Tribunale, alla luce delle risultanze peritali, che nella specie ricorra una responsabilità contrattuale della appaltatrice (...) S.r.l., con conseguente fondatezza della eccezione di inadempimento sollevata ex art. 1460 c.c. dal committente. Va premesso in linea generale, in ordine agli specifici obblighi contrattuali gravanti sull'appaltatore, che lo stesso è tenuto non solo ad eseguire a regola d'arte il progetto, ma anche a controllare, con la diligenza richiesta dal caso concreto e nei limiti delle cognizioni tecniche da lui esigibili, la congruità e la completezza del progetto stesso e della direzione dei lavori, segnalando al committente, anche nel caso di ingerenza di costui, gli eventuali errori riscontrati, quando l'errore progettuale consiste nella mancata previsione di accorgimenti e componenti necessari per rendere il prodotto tecnicamente valido e idoneo a soddisfare le esigenze del committente (Trib. Milano n. 8377/18). In tale prospettiva, è stato evidenziato che "L'appaltatore, dovendo assolvere al proprio dovere di osservare i criteri generali della tecnica relativi al particolare lavoro affidatogli, è obbligato a controllare, nei limiti delle sue cognizioni, la bontà del progetto o delle istruzioni impartite dal committente e, ove queste siano palesemente errate, può andare esente da responsabilità, soltanto, se dimostri di avere manifestato il proprio dissenso e di essere stato indotto ad eseguirle, quale "nudus minister", per le insistenze del committente ed a rischio di quest'ultimo. In mancanza di tale prova, l'appaltatore è tenuto, a titolo di responsabilità contrattuale, derivante dalla sua obbligazione di risultato, all'intera garanzia per le imperfezioni o i vizi dell'opera, senza poter invocare il concorso di colpa del progettista o del committente, né l'efficacia esimente di eventuali errori nelle istruzioni impartite dal direttore dei lavori" (Cass. civ., Sez. I, n. 23594/17; Corte d'Appello Milano Sez. IV Sent., 17/01/2020). Tornando al caso che ci occupa, a fronte della eccezione di inadempimento sollevata dal convenuto ex art. 1460 c.c., la società appaltatrice non si è offerta, in esecuzione dell'obbligo di assolvere ai propri doveri osservando i criteri generali della tecnica relativi al lavoro affidatole, di provare - a fronte dei vizi e delle difformità riscontrati dal CTU - di avere diligentemente controllato la bontà del progetto e delle istruzioni impartite dal committente, né di avere manifestato il proprio dissenso e di avere, quindi, agito quale nudus minister del committente. Ma vi è di più. Il CTU ha, invero, individuato svariati profili di inadempimento, da parte della soc. (...) e dell'arch. (...), agli obblighi di diligenza professionale ex art. 1176, II co., c.c. sugli stessi gravanti in virtù della stipula dei contratti di appalto e opera professionale con il sig. (...). Nello specifico, l'arch. Orsi ha rilevato (v. a pag. 14) che "La procedura urbanistica ha avuto inizio con la presentazione della SCIA il 19.11.2015". Il CTU, pur ritenendo che "...valutate le norme di PRG, la tipologia delle opere da effettuare e quanto presentato dall'Arch. (...)...la SCIA costituiva sicuramente il documento appropriato da presentare", ha tuttavia evidenziato che "...l'oggetto della SCIA, in relazione ai lavori effettuati, doveva essere un "intervento di recupero di superfici esistenti "a norma dell'art. 5 della L.R. n. 21 del 2009 e non una "Ristrutturazione edilizia", cosi come riportato nella relazione tecnica, che tra l'altro non era ammessa dall'art. 9 delle NTA per il fabbricato in oggetto. Unitamente alla SCIA doveva essere consegnata l'attestazione di avvenuto deposito per opere strutturali in quanto il progetto prevedeva lo spostamento di vani porta su muri perimetrali. La SCIA comunque non poteva prevedere un aumento di superficie utile tramite la chiusura del portico in quanto in contrasto con le norme. A fronte di ciò, pertanto, la procedura urbanistica adottata per la ristrutturazione dell'immobile non è corretta". Il progettista e direttore dei lavori ha errato, quindi, nel non considerare che l'intervento perseguito dalla committenza avrebbe potuto e dovuto essere realizzato alla stregua non di ristrutturazione edilizia, non consentita dalla normativa tecnica di riferimento, bensì di intervento di recupero di superfici esistenti a norma dell'art. 5 della L.R. n. 21 del 2009. In tale prospettiva, il CTU ha ulteriormente specificato (v. a pag. 15, lett. d)) che "Volendo effettuare un cambio di destinazione d'uso dei locali ubicati al piano terra, cosi come il risultato degli interventi eseguiti fanno pensare anche vedendo le foto allegate agli atti di causa, questo poteva tranquillamente essere effettuato con la SCIA presentata grazie alla L.R. n. 21 del 2009 che all'epoca permetteva attraverso l'art. 5 "Interventi di recupero degli edifici esistenti" comma 1 lettera b, il recupero ai fini residenziali di volumi accessori e pertinenziali degli edifici ubicate in zone destinate all'agricoltura, purché il cambio di destinazione non superi il 50% della superficie della parte residenziale preesistente. A fronte di ciò, quindi, essendo la parte residenziale preesistente, ubicata al piano primo, pari ad una SUL di mq 96,57 la superficie oggetto di cambio di destinazione d'uso poteva riguardare una SUL di mq. 48,28. L'istanza presentata non ha tenuto conto di questa possibilità in deroga alle norme di PRG". Ebbene, se la riconoscibilità del sopra richiamato errore tecnico poteva essere ragionevolmente esigibile in capo non tanto all'impresa appaltatrice, quanto al progettista e direttore dei lavori arch. (...) (sulla cui posizione v. infra), diverso ragionamento deve essere fatto, ad avviso di questo Tribunale, avuto riguardo alle lavorazioni eseguite dalla soc. (...)., in esecuzione della SCIA, al piano terra del fabbricato. Al riguardo, il CTU sottolinea che "Nella SCIA in esame, che cosi come elaborata non prevedeva "cambi d'uso" ciò che appare inusuale è che nella relazione illustrativa ove si riporta il "ripristino del piano terra del fabbricato di civile abitazione vengano indicate lavorazioni non fattibili con la destinazione d'uso dei locali al piano terra destinati a cantina sgombero lavanderia ma sicuramente consone ad una destinazione di tipo residenziale. All'interno di locali destinati a cantina sgombero lavanderia la dotazione impiantistica è minima e certamente non vi è il riscaldamento. Pertanto a fronte di ciò per la congruenza tra grafico e relazione la stessa doveva descrivere solo opere di ristrutturazione eseguibili in quella specifica destinazione d'uso non residenziale" (v. a pag. 15, lett. e)). Ebbene, ciò di cui ben avrebbe potuto e dovuto accorgersi la società appaltatrice, nei limiti delle sue cognizioni, era che al piano terra dell'immobile venivano eseguiti lavori assolutamente incompatibili con la originaria destinazione d'uso (cantina sgombero lavanderia), la cui modifica non era prevista nella SCIA presentata dall'arch. Orsi e, piuttosto, tipici di una destinazione di tipo residenziale. La circostanza è stata sottolineata dalla stessa CTU, la quale alle pagg. 17 e 35 della relazione evidenzia, tra l'altro, che "...se è pur vero quindi che è mancato il professionista...è sicuramente altrettanto vero che anche l'impresa con superficialità ha eseguito lavori che erano in contrasto con il progetto", concludendo nel senso che "l'impresa non ha controllato la congruità e la completezza del progetto adeguandosi a ordini di lavorazioni in contrasto con la natura del progetto". Ancora - e in risposta alle osservazioni del CTP di parte attrice - la CTU rileva che "Inoltre per ciò che riguarda i profili di responsabilità da attribuire all'impresa questa non si è posta il problema di controllare la congruità del progetto con ciò che stava realizzando e non ha sicuramente assunto il DL come suo interlocutore principale con cui confrontarsi e da cui ricevere ordini circa le lavorazioni da eseguire". In modo ancor più evidente, a pag. 17 della relazione il CTU sottolinea che "l'impresa e il direttore dei lavori hanno, rispettivamente ognuno nel proprio ruolo, eseguito e diretto lavori in difformità rispetto a quanto assentito specificando che ai fini del contrasto alle norme ciò che non poteva essere assolutamente consentito era la chiusura del portico configurabile in un aumento di superficie e di volume e il recupero di tutta la superficie del piano terra" (v. a pag. 17). L'appaltatore non ha, quindi, assolto al proprio dovere di controllare, nei limiti delle sue cognizioni, la bontà del progetto o delle istruzioni impartite dal committente e, soprattutto, la coerenza e congruità delle lavorazioni eseguite rispetto al progetto medesimo, sotto i profili tutti in precedenza richiamati. Ne segue che non essendosi parte attrice offerta di provare di avere manifestato il proprio dissenso e di essere stata indotto ad eseguirle, quale "nudus minister", per le insistenze del committente ed a rischio di quest'ultimo, deve ritenersi sussistere - alla stregua della sopra richiamata impostazione giurisprudenziale - l'inadempimento della (...) S.n.c., come eccepito ex art. 1460 c.c. dal sig. (...) nel costituirsi in giudizio. La conseguenza di tale riscontrato inadempimento è la inesigibilità - alla stregua del meccanismo previsto dalla succitata disposizione codicistica - della pretesa creditoria di parte attrice, come confermato anche dalla giurisprudenza di legittimità, ad avviso della quale, in tema di inadempimento del contratto di appalto: 1) spetta all'appaltatore, che agisca in giudizio per ottenere il pagamento del corrispettivo, di provare l'esatto adempimento della propria obbligazione e, quindi, l'esecuzione dell'opera conformemente al contratto e alle regole dell'arte, ove il committente eccepisca l'inadempimento (v. Cass. civ. n. 98/2019; n. 3472/08); 2) la domanda di condanna del committente al pagamento non può essere accolta nel caso in cui quest'ultimo contesti l'adempimento dell'appaltatore e tale contestazione risulti fondata (v. Cass. civ., n. 5840/18; n. 936/10). Non può, del resto, ritenersi intervenuta una qualche forma di consegna ex art. 1662 c.c. e/o di accettazione dell'opera da parte della committenza, come sostenuto dalla difesa di parte attrice (v pagg. 2, 4 e 5 dell'atto di citazione): al riguardo è, infatti, appena il caso di rilevare che la circostanza riferita dalla soc. (...) secondo cui i lavori sarebbero stati "consegnati" nel mese di luglio 2017, ciò che dimostrerebbe l'accettazione dell'opera, è palesemente smentita sia dal tenore del più volte citato (...) n. 2 del 05.02.2018, con cui il direttore dei lavori arch. (...) accertava la difformità delle opere rispetto al progetto e ordinava alla società appaltatrice di dar corso ai necessari ripristini, sia dalla nota del 09.02.2018 a firma dell'avv. Fabio (...), con cui si diffidava la soc. (...) a "sospendere immediatamente ogni attività di esecuzione e/o direzione dei lavori nonché ad accedere nel cantiere di lavoro sito in L. alla Località M. della L., preavvertendo che il sig. (...) si riterrà esonerato da qualsivoglia responsabilità in merito, riservandosi, fin d'ora, di agire per la tutela dei propri diritti e/o interessi nelle sedi che si riterranno più opportune"; dati di fatto, tutti, apertamente contrastanti con la tesi dell'intervenuta accettazione delle opere, in assenza, oltre tutto, di qualsiasi prova in tal senso. Stante quanto sopra, la domanda proposta da parte attrice nei confronti di (...) dovrà essere necessariamente respinta, siccome giuridicamente infondata, fondata risultando, viceversa, l'eccezione di inadempimento sollevata dal convenuto ex art. 1460 c.c.. La domanda di condanna al risarcimento dei danni patrimoniali svolta dal convenuto (...) nei confronti della (...) S.n.c. e del terzo arch. (...) deve essere respinta, sia perché l'obbligo a carico del debitore di risarcire il danno ex art. 1218 c.c. presuppone un inadempimento allo stesso imputabile, laddove nella specie non viene individuato alcun collegamento tra l'esecuzione delle "migliorie" di cui a pag. 33 dell'atto di citazione e uno specifico inadempimento della società attrice e/o del terzo del terzo, sia per essere rimasta totalmente sfornita di prova, al riguardo essendo appena il caso di rilevare che le spese per l'esecuzione delle succitate "migliorie" avrebbero dovuto essere in ogni caso sostenute dal committente e non rappresentano, quindi, un danno risarcibile. La domanda proposta dall'arch. (...) nei confronti del sig. (...), volta alla condanna dello stesso al pagamento delle proprie spettanze professionali, deve essere respinta, siccome giuridicamente infondata, anche in questo caso risultando fondata - alla stregua della sopra richiamata impostazione giurisprudenziale - l'eccezione di inadempimento sollevata dal convenuto ne confronti del terzo. Pacifico anche in questo caso è la prova del titolo, costituito dal contratto d'opera professionale inter partes prodotto in all. 5 al fascicolo del terzo. Ciò posto, evidente risulta - ad avviso del Tribunale - la responsabilità contrattuale del progettista e direttore dei lavori, in ordine alle sopra evidenziate gravi carenze verificatesi sia in fase progettuale che in fase esecutiva; carenze che, come ampiamente evidenziato, si traducono tanto nell'inosservanza delle norme tecniche di settore vigenti all'epoca della redazione dei progetti, quanto nella violazione delle "regole dell'arte" che presiedono alla corretta progettazione strutturale. Del resto, in materia di adempimento delle obbligazioni assunte dal professionista, la giurisprudenza di legittimità è dell'avviso che in tema di contratto d'opera per la redazione di un progetto edilizio, pur costituendo il progetto, sino a quando non sia materialmente realizzato, una fase preparatoria, strumentalmente preordinata alla concreta attuazione dell'opera, il progettista deve assicurare la conformità del medesimo progetto alla normativa urbanistica ed individuare in termini corretti la procedura amministrativa da utilizzare, così da assicurare la preventiva soluzione dei problemi che precedono e condizionano la realizzazione dell'opera richiesta dal committente (Cass. civ., Sez. II, n. 8014/12). Del pari, si è ritenuto che l'ingegnere, come l'architetto o il geometra, nell'espletamento dell'attività professionale - sia questa configurabile come adempimento di un'obbligazione di risultato o di mezzi - è obbligato ad usare la diligenza del buon padre di famiglia, con la conseguenza che l'irrealizzabilità dell'opera, per erroneità o inadeguatezza (anche per colpa lieve) del progetto affidatogli, costituisce inadempimento dell'incarico ed abilita il committente a rifiutare di corrispondere il compenso, avvalendosi dell'eccezione di inadempimento di cui all'art. 1460 c.c. (Cass. civ., Sez. I, n. 22487/04). A ciò si aggiunga che l'ipotesi (quale è quella che qui ci occupa) in cui le previsioni progettuali si discostino dalle regole dell'arte e siano difformi dalla normativa edilizia, che implica conoscenze altamente specialistiche, è "...imputabile ai progettisti a titolo di responsabilità professionale, secondo il criterio della specifica diligenza in concreto esigibile ai sensi dell'art. 1176, comma 2, c.c. non risultando la necessità di risoluzione di problemi tecnici di speciale difficoltà ex art. 2236 c.c." (cfr., tra le tante, Cass. civ. 11.03.2019, n. 6917). Ancora, la Cassazione ha opinato nel senso che in tema di responsabilità conseguente a vizi o difformità dell'opera appaltata "...il direttore dei lavori, pur prestando un'opera professionale in esecuzione di un'obbligazione di mezzi e non di risultato, è chiamato a svolgere la propria attività in situazioni involgenti l'impiego di peculiari competenze tecniche e deve utilizzare le proprie risorse intellettive e operative per assicurare, relativamente all'opera in corso di realizzazione, il risultato che il committente-preponente si aspetta di conseguire, onde il suo comportamento deve essere valutato non con riferimento al normale concetto di diligenza, ma alla stregua della "diligentia quam in concreto". Rientrano nelle plurime obbligazioni del direttore dei lavori l'accertamento della conformità sia della progressiva realizzazione dell'opera al progetto, sia delle modalità dell'esecuzione di essa al capitolato e/o alle regole della tecnica, nonchè l'adozione di tutti i necessari accorgimenti tecnici volti a garantire la realizzazione dell'opera senza difetti costruttivi. Non si sottrae a responsabilità il professionista che ometta di vigilare e di impartire le opportune disposizioni al riguardo, nonché di controllarne l'ottemperanza da parte dell'appaltatore e, in difetto, di riferirne al committente" (Cass. civ. n. 1004/2021). Si sottolinea, infine (Cass. civ. Sez. III, Ord., 09/07/2019, n.18342), che "In tema di contratto d'opera per la redazione di un progetto edilizio, pur trattandosi di una fase preparatoria rispetto all'esecuzione dell'opera, il professionista (che nella specie abbia cumulato l'incarico di progettista e di direttore dei lavori), deve assicurare la conformità del medesimo progetto alla normativa urbanistica ed individuare in termini corretti la procedura amministrativa da utilizzare, così da prevenire la soluzione dei problemi che precedono e condizionano la realizzazione dell'opera richiesta dal committente. Ne consegue che ne sussiste la responsabilità per l'attività espletata sia nella fase antecedente all'esecuzione delle opere in relazione alla scelta del titolo autorizzativo occorrente per il tipo di intervento edilizio progettato sia in quella successiva di controllo e verifica della difformità dell'opera progettata rispetto a quella eseguita, non costituendo la riscontrata difformità di per sè indice di un accordo illecito volto alla realizzazione di un abuso edilizio, trattandosi di un obbligo del professionista giustificato dalla specifica competenza tecnica necessariamente richiesta a chi abbia assunto l'incarico del progetto e della direzione dei lavori". Tornando al caso che ci occupa, si richiamano gli evidenti e gravi profili di responsabilità del progettista evidenziati dal CTU e riportati a pag. 24 della presente decisione, che impongono senz'altro di affermare l'inadempimento dello stesso agli obblighi di diligenza professionale di cui agli artt. 1176, II co e 2229 ss. c.c.. Ed invero, già in sede progettuale e di individuazione dei contenuti della SCIA del 19.11.2015 sono stati commessi rilevanti errori tecnici, atteso che pur costituendo la segnalazione certificata di inizio attività - "...valutate le norme di PRG, la tipologia delle opere da effettuare e quanto presentato dall'Arch. (...)" - il titolo idoneo su cui fondare gli interventi richiesti dalla committenza, ad essere errato è stato "...l'oggetto della SCIA, in relazione ai lavori effettuati", che avrebbe dovuto essere costituito da "intervento di recupero di superfici esistenti "a norma dell'art. 5 della L.R. n. 21 del 2009 e non una "Ristrutturazione edilizia", non ammessa - tra l'altro - dall'art. 9 delle NTA per il fabbricato in oggetto (v. a pag. 14 della CTU). Come si è in precedenza evidenziato, il CTU sul punto ha ulteriormente chiarito l'ubi consistam dell'errore commesso dall'arch. (...), specificando che "Volendo effettuare un cambio di destinazione d'uso dei locali ubicati al piano terra, cosi come il risultato degli interventi eseguiti fanno pensare anche vedendo le foto allegate agli atti di causa, questo poteva tranquillamente essere effettuato con la SCIA presentata grazie alla L.R. n. 21 del 2009 che all'epoca permetteva attraverso l'art. 5 "Interventi di recupero degli edifici esistenti" comma 1 lettera b, il recupero ai fini residenziali di volumi accessori e pertinenziali degli edifici ubicate in zone destinate all'agricoltura, purchè il cambio di destinazione non superi il 50% della superficie della parte residenziale preesistente. A fronte di ciò, quindi, essendo la parte residenziale preesistente, ubicata al piano primo, pari ad una SUL di mq 96,57 la superficie oggetto di cambio di destinazione d'uso poteva riguardare una SUL di mq. 48,28. L'istanza presentata non ha tenuto conto di questa possibilità in deroga alle norme di PRG" (v. a pag. 15 dell'elaborato peritale). Il CTU sottolinea, ancora, che "Nella SCIA in esame, che cosi come elaborata non prevedeva "cambi d'uso" ciò che appare inusuale è che nella relazione illustrativa ove si riporta il "ripristino del piano terra del fabbricato di civile abitazione vengano indicate lavorazioni non fattibili con la destinazione d'uso dei locali al piano terra destinati a cantina sgombero lavanderia ma sicuramente consone ad una destinazione di tipo residenziale. All'interno di locali destinati a cantina sgombero lavanderia la dotazione impiantistica è minima e certamente non vi è il riscaldamento. Pertanto a fronte di ciò per la congruenza tra grafico e relazione la stessa doveva descrivere solo opere di ristrutturazione eseguibili in quella specifica destinazione d'uso non residenziale" (v. a pag. 15, lett. e)). Il progettista e direttore dei lavori ha errato, quindi, nel non considerare che l'intervento perseguito dalla committenza avrebbe potuto e dovuto essere realizzato alla stregua non di ristrutturazione edilizia, non consentita dalla normativa tecnica di riferimento, bensì di intervento di recupero di superfici esistenti a norma dell'art. 5 della L.R. n. 21 del 2009 e, altresì, nel prevedere nel progetto interventi sostanzialmente volti a perseguire una modifica della destinazione d'uso dei locali al piano terra, pur senza prevederla espressamente nella SCIA e nella allegata relazione. Ulteriore errore commesso nella fase progettuale è quello della mancata verifica della necessità della specifica autorizzazione per gli interventi da eseguire in zone a rischio sismico, avendo il CTU accertato che "Unitamente alla SCIA doveva essere consegnata l'attestazione di avvenuto deposito per opere strutturali in quanto il progetto prevedeva lo spostamento di vani porta su muri perimetrali". L'arch. Orsi evidenzia, ancora, che "La SCIA comunque non poteva prevedere un aumento di superficie utile tramite la chiusura del portico in quanto in contrasto con le norme. A fronte di ciò, pertanto, la procedura urbanistica adottata per la ristrutturazione dell'immobile non è corretta", così segnalando anche il mancato rispetto, nella redazione del progetto, delle disposizioni tecniche di settore. Le problematiche di cui sopra sono state riscontrate anche dall'amministrazione comunale, in persona dell'arch. V.D., quale Responsabile dell'Ufficio tecnico del Comune di Labro, che con nota prot. (...) del 29.03.2017 comunica "Avvio procedimento amministrativo e ordine di sospensione dei lavori della SCIA del 19.11.2015 prot. (...)" a seguito di sopralluogo eseguito in data 5.08.2016 in cui vengono rilevate irregolarità inerenti l'istanza in quanto le opere risultano essere soggette ad autorizzazione simica ai sensi del D.P.R. n. 380 del 2001 art. 93 e che la pratica risulta priva della documentazione richiesta dall'art. 94 del D.P.R. n. 380 del 2001". Il riscontrato errore determinava la necessità di rivedere il progetto, al punto che "Il 29.04.2017 con prot. (...) veniva trasmessa alla piattaforma OPENGENIO Regione Lazio la pratica strutturale relativa agli interventi da eseguire al piano terra del fabbricato consistenti nello spostamento di vani porta nei muri portanti dell'edificio e ne veniva certificato l'avvenuto deposito con posizione n. (...)" (v. all. 15 al fascicolo di parte convenuta e a pag. 7, punto n. 10 della CTU), che "Il 28.07.2017 con prot. n. (...) veniva trasmessa la comunicazione di inizio dei lavori strutturali, comunicazione sottoscritta anche dalla impresa (...) Snc quale costruttore" (v. all. 16 al fascicolo di parte convenuta e punto n. 12 e che "Il 29.07.2017 con prot. (...) l'Arch. (...) comunica al Comune di Labro la ripresa dei lavori sull'edificio identificato al NCEU al Foglio (...) part. (...)" (v. punto n. 13). Essendo stato, peraltro, l'arch. (...) pacificamente nominato anche direttore dei lavori, lo stesso avrebbe dovuto - in esecuzione dei relativi obblighi contrattuali - accertare, altresì, la conformità sia della progressiva realizzazione dell'opera al progetto, sia delle modalità dell'esecuzione di essa al capitolato e/o alle regole della tecnica, nonché adottare i necessari accorgimenti tecnici volti a garantire la realizzazione dell'opera senza difetti costruttivi, essendo opinione condivisa in giurisprudenza quella secondo cui non si sottrae a responsabilità il direttore dei lavori che - omettendo di vigilare e impartire le opportune disposizioni al riguardo, nonché di controllarne l'ottemperanza da parte dell'appaltatore e di riferirne al committente - non eserciti correttamente l'incarico di alta sorveglianza delle opere, "che, pur non richiedendo la presenza continua e giornaliera sul cantiere né il compimento di operazioni di natura elementare, comporta il controllo della realizzazione dell'opera nelle sue varie fasi e pertanto l'obbligo del professionista di verificare, attraverso periodiche visite e contatti diretti con gli organi tecnici dell'impresa, da attuarsi in relazione a ciascuna di tali fasi, se sono state osservate le regole dell'arte e la corrispondenza dei materiali impiegati" (così, Cass. Civ. n. 10728/2008). Gli obblighi di cui sopra non risultano essere stati, evidentemente, rispettati dal professionista (...). Si intende, in particolare, fare riferimento all'(...) del Direttore dei Lavori n. 2 con cui il terzo solo in data 05.02.2018 (i lavori, lo si rammenta, erano iniziati due anni prima) "accertato che i lavori di cui all'oggetto consegnati all'impresa in data 16/02/2016 procedono da parte dell'impresa appaltatrice dei lavori edili denominata (...) s.n.c. e da sopralluogo effettuato in data odierna da parte della D.L. Arch. (...), nel cantiere suddetto, risultano eseguiti lavori edili ed impiantistici difformi rispetto al progetto e non a norma, ordina all'impresa edile (...) snc di rimuovere e/o ripristinare i lavori edili ed impiantistici come da progetto entro il giorno 06/02/2018. In caso contrario sarà dato incarico ad altra ditta di ripristinare e mettere a norma lo stato dei luoghi del cantiere edile" (v. a pag. 8, punto n. 16 della CTU). Si richiama, ancora, il sopralluogo effettuato il 13.02.2018 dall'Arch. (...) nella sua qualità di Responsabile dell'Ufficio tecnico del Comune di Labro, il quale "...vista la richiesta della procura relativamente alla comunicazione dell'esito di ulteriori accertamenti effettuava un nuovo sopralluogo in cui rilevava: difformità nelle partizioni interne rispetto alla SCIA del 19.11.2015 come integrata in data 25.01.2016; L'apertura di una finestra nel locale lavanderia non presente nella SCIA.... L'ing. (...) affermava inoltre che: le difformità risultavano sanabili relativamente alle partizioni interne, e che i lavori in corso d'esecuzione denotavano finiture interne tali da poter far pensare ad una destinazione d'uso difforme dal progetto (v. a pag. 9, punto n. 20 della CTU)". E' del tutto evidente che tali difformità tra esecuzione materiale delle opere e progetto avrebbero dovuto essere riscontrate tempestivamente dal direttore dei lavori e non certo due anni dopo l'inizio delle lavorazioni, il che evidenzia la negligenza del professionista, evidentemente non presente nel cantiere con la necessaria continuità. Il CTU ha, a conferma, rilevato: "...una carenza nella conoscenza normativa e procedurale da parte del Progettista/direttore dei lavori Arch. (...) il quale non conoscendo appieno le norme urbanistiche ha fornito alla committenza, la quale voleva effettuare lavori volti alla trasformazione in abitazione dei locali al piano terra, informazioni errate sulla fattibilità degli interventi e di conseguenza ha sbagliato il tema della SCIA e ha permesso che venissero realizzati lavori in contrasto con quelli assentiti nella SCIA. Inoltre ha omesso la presentazione dell'istanza per il nulla osta sismico che ha dato inizio all'avvio del procedimento amministrativo con conseguente sospensione dei lavori da parte del Comune" (v. a pag. 16 dell'elaborato peritale); che "l'Arch. (...) non ha osservato, durante il proprio operato, i precetti normativi e tecnici propri della rispettiva professionalità"; che "l'Arch. (...) non ha adempiuto esattamente e correttamente il contratto di prestazione professionale, secondo la diligenza a questi richiesta"; che "l'impresa e il direttore dei lavori hanno, rispettivamente ognuno nel proprio ruolo, eseguito e diretto lavori in difformità rispetto a quanto assentito specificando che ai fini del contrasto alle norme ciò che non poteva essere assolutamente consentito era la chiusura del portico configurabile in un aumento di superficie e di volume e il recupero di tutta la superficie del piano terra" (v. a pag. 17); lacune, tutte, ulteriormente sintetizzate e ribadite dall'arch. Orsi alle conclusioni dell'elaborato, contenute alle pagg. 34 e 35 dello stesso. Alla stregua delle risultanze istruttorie risulta, in definitiva, senz'altro fondata l'eccezione di inadempimento sollevata dal convenuto (...), avuto riguardo alle prestazioni eseguite nella duplice veste di progettista e direttore dei lavori dall'arch. (...), il cui inadempimento agli obblighi scaturenti dal contratto d'opera professionale ex art. 2229 c.c. determina l'inesigibilità ex art. 1460 c.c. della pretesa creditoria azionata dal professionista. Né colgono nel segno le considerazioni - svolte dalla difesa del terzo al fine di sconfessare l'operato del consulente - secondo cui il CTU sarebbe giunto alle conclusioni del proprio elaborato ponendo in essere "attività non consentite ed illegittime" quali "la visione e l'acquisizione di documenti presso l'Ufficio Tecnico Comunale, le indagini svolte presso il responsabile dell'Ufficio (senza neppure la convocazione del chiamato in causa arch. (...), né la verbalizzazione), l'acquisizione sempre da parte del CTU della "pennetta" del consulente tecnico dello (...), asseritamente contenente il fascicolo depositato sulla piattaforma Open Genio, documenti non ritualmente depositati in giudizio", nonché omettendo "di comunicare il contenuto della "chiavetta" al CTP dell'arch. (...), adempimento che se svolto non avrebbe comunque consentito il superamento della nullità". Al riguardo, è appena il caso di rilevare che in sede di conferimento dell'incarico (v. udienza dell'01.02.2022) la consulente è stata espressamente autorizzata - evidentemente, sull'accordo delle parti, nessuna delle difese essendosi opposta - ad "accedere presso pubblici uffici", evidentemente al fine di acquisire ulteriore documentazione relativa alle pratiche amministrative relative ai lavori, utile a consentirle di valutare la condotta della società appaltatrice e del professionista. Si aggiunga che ad avviso della giurisprudenza "...in materia di consulenza tecnica d'ufficio il consulente nominato dal giudice, nei limiti delle indagini commessegli e nell'osservanza del contraddittorio delle parti, può acquisire, anche prescindendo dall'attività di allegazione delle parti, non applicandosi alle attività del consulente le preclusioni istruttorie vigenti a carico delle parti, tutti i documenti che si rende necessario acquisire al fine di rispondere ai quesiti sottopostigli, a condizione che essi non siano diretti a provare i fatti principali dedotti a fondamento della domanda e delle eccezioni che è onere delle parti provare e, salvo quanto a queste ultime, che non si tratti di documenti diretti a provare fatti principali rilevabili d'ufficio" (v., da ultimo, Cass. civ., SS.UU., n. 3086/22 dell'01.02.2022). Lo stesso CTU, sentito a chiarimenti all'udienza del 22.11.2022, ha riferito che "...dopo essere stata al Comune di Labro e avere contattato il Genio civile del Comune di Rieti, non essendo riuscita ad accedere al Genio, il 05.03.2022 ha mandato una pec ad avvocati e CTP, ha convocato il sopralluogo in data 10.03.2022 e ha chiesto di mettere a disposizione durante il sopralluogo l'istanza di autorizzazione sismica presentata, completa di documenti ed elaborati", che "il 15.03.2022 ha trasmesso una pec a tutti i CTP, inviando agli stessi tutto il contenuto della pennetta" e che "non è vero che il verbale di sopralluogo richiesto con nota del 10.05.2022 sia stato indebitamente esaminato, trattenuto e non ri-depositato: lo stesso è stato infatti depositato in allegato alla CTU"; circostanze, tutte, non espressamente contestate dalle difese. Non ricorrendo, in definitiva, alcuna lesione del contraddittorio, le eccezioni di nullità dell'elaborato peritale sollevate in particolare dalla difesa dell'arch. Orsi vanno necessariamente respinte. Le considerazioni che precedono impongono, in conclusione, l'inevitabile reiezione della domanda proposta dal terzo nei riguardi del sig. (...), siccome giuridicamente infondata, fondata risultando l'eccezione di inadempimento sollevata da quest'ultimo. La soccombenza reciproca implica la compensazione ex art. 92, II co., c.p.c., in misura pari a 1/3, delle spese di lite relative ai rapporti processuali tra la soc. (...) e (...) (soccombente sulla domanda risarcitoria), liquidate come in dispositivo, con condanna dell'attrice a rifondere al convenuto la restante quota dei 2/3. La soccombenza reciproca comporta, altresì, la compensazione integrale ex art. 92, II co., c.p.c. delle spese di lite relative ai rapporti processuali tra il convenuto-chiamante in causa (soccombente sulla domanda risarcitoria proposta con l'atto di chiamata) e il terzo-chiamato in causa arch. (...). Con riferimento ai rapporti processuali tra l'arch. (...) e la chiamata in garanzia (...) S.p.a., deve evidenziarsi che per giurisprudenza costante: attesa la lata accezione con cui il termine "soccombenza" è assunto nell'art. 91 c.p.c., di regola il rimborso delle spese processuali sostenute dal terzo chiamato in garanzia dal convenuto deve essere posto a carico dell'attore, ove la chiamata in causa si sia resa necessaria in relazione alle tesi sostenute dall'attore stesso e queste siano risultate infondate, a nulla rilevando che l'attore non abbia proposto nei confronti del terzo alcuna domanda (Cass. civ., Sez. III, n. 12301/05); la palese infondatezza della domanda di garanzia proposta dal convenuto nei confronti del terzo chiamato comporta, al contrario, l'applicabilità del principio della soccombenza nel rapporto processuale instaurato tra convenuto e terzo chiamato, anche quando l'attore principale sia a sua volta soccombente nei confronti del convenuto, atteso che il convenuto chiamante sarebbe stato soccombente nei confronti del terzo anche in caso di esito diverso della causa principale (v. Cass. civ., Sez. III, n. 8363/10). Applicando tali coordinate interpretative al caso che ci occupa, la domanda di garanzia proposta dall'arch. (...) non risulta palesemente infondata, specie alla luce di quanto evidenziato a pag. 17 della memoria di replica dalla difesa del terzo, che richiama il capitolo intitolato "Responsabilità civile" delle condizioni di polizza (v. doc. n. 1 allegato alla memoria istruttoria n. 1) secondo cui l'assicuratore è obbligato "...a tenere indenne l'assicurato di quanto questi sia tenuto a pagare quale civilmente responsabile, ai sensi di legge, a titolo di risarcimento (capitale, interessi e spese) di danni corporali, di danni patrimoniali e perdite patrimoniali...". Ne segue che le spese relative ai rapporti processuali tra l'arch. (...) e la (...) S.p.a. - liquidate come in dispositivo tenuto conto del quantum della pretesa risarcitoria con riferimento alla quale è stata avanzata la domanda di manleva - andranno necessariamente poste a carico del convenuto (...) (assimilabile all'attore principale del precedente giurisprudenziale di cui sopra), la cui domanda proposta nei confronti dell'arch. (...), basata su tesi rivelatesi infondate, ha provocato la chiamata in causa della compagnia assicuratrice ad opera di quest'ultimo. Le spese di CTU, liquidate con separato provvedimento, devono essere poste definitivamente a carico della soc. (...).. P.Q.M. Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni diversa domanda, istanza ed eccezione disattesa o assorbita, così dispone: - respinge la domanda proposta dalla (...) S.n.c. nei confronti di (...); - respinge la domanda di risarcimento dei danni patrimoniali proposta dal convenuto nei confronti della società attrice e del terzo chiamato in causa arch. (...); - respinge la domanda proposta dal terzo arch. (...) nei confronti del convenuto; - compensa in ragione di 1/3 le spese di lite relative ai rapporti processuali tra la (...) S.n.c. e (...), che liquida in complessivi Euro14.103,00 a titolo di compensi professionali, oltre alle spese forfettarie ex art. 2 D.M. n. 55 del 2014 ed oltre ad i.v.a. e c.p.a. come per legge, condannando la società attrice a rifondere al convenuto la restante quota dei 2/3; - compensa integralmente le spese di lite relative ai rapporti processuali tra il convenuto chiamante in causa e il terzo chiamato in causa arch. (...); - condanna (...) a rifondere alla (...) S.p.a. le spese di lite relative alla chiamata in causa della stessa ad opera dell'arch. (...), che liquida in complessivi Euro5.077,00 a titolo di compensi professionali, oltre alle spese forfettarie ex art. 2 D.M. n. 55 del 2014 ed oltre a IVA e CPA come per legge; - pone le spese di CTU, liquidate con separato provvedimento, definitivamente a carico della società attrice. Così deciso in Rieti l'11 aprile 2023. Depositata in Cancelleria l'11 aprile 2023.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE DI RIETI SEZIONE CIVILE Il Tribunale, nella persona del Giudice dott.ssa Antonella Tassi, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile iscritta al n. 1000 del Ruolo Generale degli affari contenziosi dell'anno 2020 TRA (...) ( CF (...)) rapp.to e difeso dall'avv. Ar.Di. giusta procura in atti Attore CONTRO (...) SOCIETÀ COOPERATIVA AGRICOLA EZOOTECNICA A R.L. ( p.iva (...),) rapp.to e difesa dall'avv. Cr.Eu. giusta procura in atti Convenuto CONTRO (...) (...) (...) fu (...) (...) fu (...) (...) fu (...) (...) fu (...) (...) fu (...) (...) (...) Fu (...), (...) (...) (...) Convenuti contumaci OGGETTO: Usucapione. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con atto di citazione, ritualmente notificato per pubblici proclami ex art. 150 c.p.c., (...) chiedeva al Tribunale di Rieti di accertare e dichiarare la acquisizione della proprietà per usucapione ex art. 1159 c.c. di fondi ed immobili siti in A. (R.), località (...) S., distinti al Catasto Terreni Foglio (...), Particella (...), terreno di ha 0120; Particella (...), seminativo con r.d. di Euro 0.21 e con r.a. di Euro 0.21; Particella (...), seminativo con r.d. di Euro 2 m38 e r.a. di Euro 2,61; Particella (...),vigneto con r.d. di Euro 11,24 e r..a. di Euro 12,64; Particella (...), prato, con r.d. di Euro 6,51 e r.a. di Euro 5.06; Particella: (...), seminativo con rd di Euro 3,29 e r.a. di Euro 3,95 nonché al Catasto fabbricati al Foglio (...) Particella (...) Subalterno (...), porzione di fabbricato rurale senza redditi; Particella (...) Sub. (...), categoria (...) con rendita catastale di Euro 39,38; Particella (...), categoria (...) con rendita catastale di Euro 491,67; Particella (...), categoria (...) con rendita catastale di Euro 26,90. Riferiva l'attore di possedere i beni di cui è causa per averli acquistato dal sig. (...), nel 2004 mediante una cessio bonorum delle quote giusto atto di vendita per Notar (...) - Rep. (...) di Repertorio e n. (...) di Raccolta trascritto presso la Conservatoria di Rieti in data 19.07.2004. Aggiungeva di aver coltivato i terreni, anche tramite la manodopera locale, provvedendo alla manutenzione ordinaria e straordinaria degli immobili, nonché di aver provveduto alla ristrutturazione dei medesimi fino a quando il terremoto di Accumuli del 2016 lesionava i fabbricati. Si costituiva in giudizio la Società Cooperativa (...) a responsabilità limitata la quale contestava la domanda di parte attrice, eccependo l'omessa instaurazione del contraddittorio per inosservanza degli artt. 101 e 102 c.c.., l'improcedibilità della domanda per mancato esperimento della mediazione obbligatoria di cui all'art. 5 D.Lgs. n. 28 del 2010, la violazione dei numeri 3), 4) dell'art. 163 c.p.c., finanche la procura alle liti del difensore. Alla udienza di prima comparizione del 15.01.2021, che si svolgeva con modalità cartolare, il Giudice, verificata la regolarità delle notifiche, disponeva che parte attrice procedesse alla introduzione del procedimento di mediazione entro 15 giorni dalla comunicazione del provvedimento e rinviava la causa alla udienza del 18.06.2021 per la verifica dell'esito del tentativo di mediazione obbligatoria, riservando, all'esito, ogni ulteriore provvedimento. In tale udienza, il Giudice, lette le note a trattazione scritta depositate da ambo le parti e visionata la documentazione prodotta, rilevava che il procedimento di mediazione era stato correttamente incardinato, concedeva i termini di cui all'art. 183 - 6° comma - c.p.c., rinviando la causa per ammissione mezzi istruttori alla udienza del 10.12.2021. Venivano ammesse le prove dirette e contrarie articolate dalle parti e la causa veniva rinviata per interrogatorio formale del sig. (...) e prova testi. Escussi i testi all'udienza del 18.01.2022, parte attrice e parte convenuta costituita davano atto di aver raggiunto un accordo transattivo, che depositavano telematicamente, con il quale la convenuta rinunciava ad ogni opposizione sulla domanda formulata da parte attrice relativamente alla sua quota di comproprietà dei beni.. Il Giudice riservava al momento della decisione la richiesta di estromissione dal processo della società convenuta e fissava l'udienza dello 03.02.2023 per sentire l'ultimo teste di parte attrice (...). Escusso il teste, la causa veniva rinviava all'udienza dello 03.03.2023 per la precisazione delle conclusioni. La causa veniva trattenuta a decisione con rinuncia ai termini di cui all'art. 190 c.p.c. da parte del difensore del (...). MOTIVI DELLA DECISIONE L'usucapione, come è noto, è un modo di acquisto della proprietà per effetto del possesso di un bene protratto per un certo tempo. Possesso e tempo sono i due requisiti base per l'istituto. Il possesso, che consente l'usucapione, deve essere pacifico e non clandestino e deve svolgersi, in modo continuativo, per il periodo prescritto dalla legge e non deve subire interruzioni. La Suprema Corte di Cassazione (Sezione II, 2 settembre 2015, n. 17459) ha sancito che per la configurabilità del possesso "ad usucapionem", è necessaria la sussistenza di un comportamento continuo e non interrotto inteso inequivocabilmente ad esercitare sulla cosa, per tutto il tempo all'uopo previsto dalla legge, un potere corrispondente a quello del proprietario o del titolare di uno "ius in re aliena", un potere di fatto, corrispondente al diritto reale posseduto, manifestato con il compimento puntuale di atti di possesso conformi alla qualità e alla destinazione della cosa e tali da rilevare, anche esternamente, una indiscussa e piena signoria sulla cosa stessa contrapposta all'inerzia del titolare del diritto. Colui che afferma di aver usucapito il bene deve fornire la dimostrazione del come e del quando abbia cominciato a possedere uti dominus, non essendo sufficiente a tal fine una semplice dichiarazione di aver posseduto. ( cfr. Cassazione Civile, sezione VI, 7 settembre 2018, n. 21873.) È orientamento consolidato della giurisprudenza che "il possesso continuato e indisturbato va dimostrato da chi pretende di aver acquistato il bene per usucapione" e "chi agisce in giudizio per ottenere di essere dichiarato proprietario di un bene affermando di averlo usucapito, deve dare la prova di tutti gli elementi costitutivi della dedotta fattispecie acquisitiva e quindi, tra l'altro, non solo del corpus, ma anche dell'animus" (cfr Cassazione civile, sentenza n. 9325 del 26 aprile 2011). La Suprema Corte ha statuito che la prova deve essere fornita mediante testimonianza non essendo sufficienti atti soltanto di gestione consentiti o tollerati dal proprietario (cfr. Cass. Civ. ordinanza n. 6688 del 7 marzo 2019). L'espletata istruttoria, orale e documentale, ivi compreso l'accordo transattivo sottoscritto tra parte attrice e la comproprietaria Società Cooperativa (...) convenuta in giudizio con il quale quest'ultima rinunciava a qualsivoglia opposizione alla domanda di acquisto per usucapione dei beni oggetto di causa, ha dimostrato in capo all'attore l'esistenza dei requisiti richiesti per l'usucapione decennale ai sensi dell'art. 1159 c.c., requisiti idonei a poter riconoscere l'acquisto dei beni in capo al (...). P.Q.M. Il Tribunale, definitivamente pronunciando, così provvede: Accoglie la domanda di (...) e dichiara in suo favore l'avvenuto acquisto per usucapione a titolo originario ex art.1159 c.c. della piena, intera ed esclusiva proprietà dei seguenti beni siti in A. (R.), località (...) S. censiti a) al Catasto Terreni al Foglio (...), Particella (...), terreno di ha 0120; Particella (...), seminativo con r.d. di Euro 0.21 e con r.a. di Euro 0.21; Particella 82, seminativo con r.d. di Euro 2,38 e r.a. di Euro 2,61; Particella 180,vigneto con r.d. di Euro 11,24 e r..a. di Euro 12,64; Particella (...), prato, con r.d. di Euro 6,51 e r.a. di Euro 5.06; Particella: (...), seminativo con rd di Euro 3,29 e r.a. di Euro 3,95 b) al Catasto Fabbricati al Foglio (...) Particella (...) Subalterno (...), porzione di fabbricato rurale senza redditi; Particella (...) Sub. (...), categoria (...) con rendita catastale di Euro 39,38; Particella (...), categoria (...) con rendita catastale di Euro 491,67; Particella (...), categoria (...) con rendita catastale di Euro 26,90. - Conseguentemente e, per l'effetto, ordina alla Conservatoria dei Registri Immobiliari competente la relativa trascrizione ed all'Ufficio Tecnico Erariale del Comune competente di eseguire le relative volture, con esonero di responsabilità. - Dispone la estromissione della convenuta Società Cooperativa (...) a r.l. - Spese compensate. Così deciso in Rieti il 3 marzo 2023. Depositata in Cancelleria il 14 marzo 2023.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO di RIETI SEZIONE CIVILE Il Tribunale in composizione monocratica, nella persona del Giudice dott. GIANLUCA MORABITO, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 1050/2020 promossa da: (...) S.P.A., già (...) S.P.S. (C.F. (...)), con il patrocinio dell'avv. (...), elettivamente domiciliata presso il loro studio in Milano, (...), come da procura in calce all'atto di citazione ATTRICE contro COMUNE DI ORVINIO (C.F. E P.IVA 00109530576), con il patrocinio dell'avv. (...), elettivamente domiciliato presso il suo studio in (...), come da delega in calce all'atto di opposizione CONVENUTO CONCLUSIONI I difensori hanno concluso come da verbale all'udienza di precisazione delle conclusioni del 18.10.2022 e la causa è stata, all'esito, trattenuta in decisione, previa assegnazione di nuovi termini ex art 190 c.p.c.. FATTO E DIRITTO Con atto di citazione ritualmente notificato la (...) S.p.a. conveniva in giudizio il Comune di Orvinio esponendo, tra l'altro: di essersi resa cessionaria dei crediti vantati nei confronti del convenuto da vari fornitori dello stesso (Enel Energia S.p.a., Eni Gas e Luce S.p.a.) di seguito meglio specificati: i. Euro18.336,37 per sorte capitale, di cui all'elenco in all. 3; ii. gli interessi moratori maturati sulla predetta sorte capitale, "determinati nella misura degli interessi legali di mora" ex artt. 2 e 5 del D.Lgs. n. 231/02 come novellato dal D.Lgs. n. 192/12, con decorrenza dalla data di scadenza di ciascuna fattura al saldo; iii. gli interessi anatocistici prodotti dagli interessi moratori maturati sulla predetta sorte capitale che, alla data di notifica del presente atto, erano scaduti da oltre sei mesi, ai sensi dell'art. 1283 c.c., con decorrenza dalla data di notifica della citazione; iv. Euro920,00 ai sensi dell'art. 6, comma 2, del D.Lgs. n. 231/02 come novellato dal D.Lgs. n. 192/12, corrispondente all'importo di Euro 40,00 moltiplicato per ciascuna delle n. 216 fatture costituenti la predetta sorte capitale oggetto del giudizio; che i crediti di cui sopra erano stati acquistati in forza degli atti di cessione prodotti in all. 4, stipulati in forma di scrittura privata autenticata da notaio e regolarmente notificati alla parte debitrice; di essere, dunque, divenuta titolare di tali crediti e di essere, pertanto, in tale qualità legittimata a chiedere la condanna del Comune al pagamento in proprio favore; che l'ente convenuto, anche dopo il ricevimento delle fatture, la notifica degli atti di cessione e le intimazioni di pagamento, non aveva sollevato contestazioni in ordine all'esistenza e all'ammontare dei crediti, né, a monte, in ordine all'esecuzione delle prestazioni da cui i crediti avevano tratto origine; che in subordine si avanzava domanda ex art. 2041 c.c., di condanna della controparte al pagamento delle suddette somme a titolo di indennizzo per ingiustificato arricchimento. Concludeva la società attrice come di seguito: "Voglia l'ill.mo Tribunale adito, rigettata ogni contraria istanza, così giudicare: In via principale, nel merito: accertare e dichiarare che, per le ragioni esposte in narrativa, (...) è creditrice nei confronti del Comune di Orvinio dei seguenti importi: a. Euro 18.336,37 in linea capitale portato dalle fatture indicate nell'elenco prodotto quale doc. 03; b. gli interessi moratori, nella misura prevista dall'art. 5, D.Lgs. n. 231/02, maturati e maturandi sull'importo di cui alla precedente lettera a., con decorrenza dalla data di scadenza di ciascuna fattura al saldo; c. gli ulteriori interessi anatocistici, nella misura prevista dall'art. 5, D.Lgs. n. 231/02 in forza del rinvio di cui all'art. 1284, comma IV, c.c., prodotti dagli interessi di cui alla precedente lettera b., scaduti da al-meno sei mesi, con decorrenza dalla data di notifica del presente atto al saldo; d. Euro 920,00 ai sensi dell'art. 6, comma 2, D.Lgs. n. 231/02 in ragione di Euro 40,00 per ciascuna delle fatture indicate nell'elenco prodotto quale doc. 03; e conseguentemente condannare il Comune di Orvinio, in persona del legale rappresentante pro tempore, al relativo pagamento in favore di (...); In via subordinata, nel merito: accertare e dichiarare che (...) è creditrice nei confronti del Comune di Orvinio delle diverse somme, a titolo di: a. sorte capitale; b. interessi moratori sugli importi dovuti in linea capitale; c. interessi anatocistici sugli interessi moratori sugli importi dovuti in linea capitale; d. costi di recupero ex art. 6, comma 2, D. Lgs n. 231/02 in relazione alle fatture per sorte capitale; che risulteranno provate in corso di causa e conseguentemente condannare il Comune di Orvinio, in persona del legale rappresentante pro tempore, al relativo pagamento in favore di (...); In via ulteriormente subordinata, nel merito: condannare il Comune di Orvinio in persona del legale rappresentante pro tempore al pagamento in favore di (...) di tutte le somme che risulteranno dovute dal Comune di Orvinio a qualsiasi titolo, anche per ingiustificato arricchimento ex art. 2041 c.c.". Il Comune di Orvinio, costituitosi in giudizio, preliminarmente ed in rito rilevava il mancato esperimento, da parte della Società attrice, del tentativo di negoziazione assistita e chiedeva che il Giudice dichiarasse l'improcedibilità della domanda, in subordine, sempre in rito, eccepiva la nullità dell'atto di citazione laddove si faceva riferimento a crediti vantati dall'attrice non in proprio, ma per effetto di una pretesa cessione a suo favore di crediti conseguenti a fatture emesse dalla cedente ENEL ENERGIA S.p.a. nei confronti del Comune di Orvinio, senza tuttavia allegare né descrivere le fatture medesime e, con ciascuna di esse, i quantitativi dell'energia e/o degli ulteriori e diversi eventuali servizi/prestazioni che si assumono rese dalla cedente in favore dell'Ente convenuto, avendo l'attrice fatto mero rinvio all'atto n. 224.467 di rep. del 21.12.2015 autenticato dal notaio (...) di Roma col quale sarebbe stata convenuta la cessione di molteplici crediti vantati dalla cedente Enel Energia Spa alla cessionaria (...) Spa, peraltro senza l'indicazione nell'atto in esame né del corrispettivo né del metodo utilizzato per il pagamento del medesimo ed in assenza, altresì, delle fatture e della descrizione delle prestazioni rese, anche alla luce del fatto che l'ente aveva ripetutamente contestato ad Enel Energia di aver emesso fatture sulla base di un consumo esclusivamente stimato, ma mai verificato, tanto da aver addebitato al Comune consumi anche per un contatore che in verità risultava da tempo distrutto da un fulmine e per un altro manifestamente guasto, come riconosciuto dalla stessa Enel Energia Spa.. Nel merito, il Comune di Orvinio eccepiva l'intervenuta prescrizione dei crediti vantati dall'attrice, almeno per le fatture anteriori al quinquennio e in subordine, relativamente ai crediti prescritti e, in via principale, per gli ulteriori crediti, contestava l'ammissibilità della cessione dei crediti a favore dell'odierna attrice ai sensi dell'art. 117 del D.Lgs. 163 del 12.4.2006, non sussistendone i presupposti di legge e in ulteriore subordine, rilevava la nullità dei contratti di fornitura conclusi a trattativa privata laddove in violazione dell'art. 1 D.L. 06.7.2012 n. 95. In ulteriore subordine, relativamente ai contratti validi, l'Amministrazione comunale contestava l'esistenza della fornitura di energia che si assumeva riportata nelle fatture e comunque l'importo del preteso credito di ENEL Energia Spa e, dunque, dell'odierna Società attrice quale cessionaria del credito preteso, deducendo, tra l'altro: che l'Amministrazione comunale aveva provveduto nei tempi dovuti a corrispondere gli importi dovuti per gli effettivi consumi di energia elettrica contestando nei casi in cui si era reso necessario, direttamente ad ENEL Energia Spa, le indicazioni relative ai consumi e, di conseguenza, gli importi delle fatture a suo tempo trasmesse, ottenendo ragione dalla stessa ENEL che aveva infatti stornato importi rilevantissimi, come da documentazione allegata, così come aveva contestato anche all'odierna (...) S.p.a., allorché era stata notificata, la cessione di pretesi crediti ritenuti insussistenti; che, quanto alla utenza n. POD IT001E00230108 sita in loc. Cretoni di Orvinio, Enel Energia S.p.a. aveva sempre e soltanto calcolato presuntivamente il consumo quando in verità la suddetta 'presa' adduceva energia alla pompa che attingeva acqua per l'acquedotto comunale solo nei mesi estivi, ovvero luglio, agosto e parte di settembre, allorché il maggior afflusso di residenti comportava maggiori necessità, mentre per il resto dell'anno la presa risultava inutilizzata poiché l'acquedotto si alimentava per caduta e non in modo forzato, quindi il consumo era inesistente, derivandone che la fornitura di energia (in atti neppure specificata) non poteva essere reale ed effettiva ed il relativo preteso credito era insussistente; che la stessa Enel Energia Spa aveva riconosciuto la fondatezza delle doglianze ad essa già manifestate del Comune di Orvinio e reiterate nei confronti dell'odierna attrice, tanto da aver emesso per il periodo 2008 - 2012 le note di credito n. 2403299975 del 28.01.2013 per Euro 13.316,93 (anno 2008), n. 2403384242 del 07.02.2013 per Euro 8.710,44 (anno 2009), n. 2404052062 del 09.02.2013 per Euro 24.433,94 (anno 2010), e n. 2404052070 del 09.02.2013 per Euro16.806,22 (anni 2011 - 2012) notificando peraltro la sua determinazione con nota n. 2-51YYURU dell'11.02.2013; che non risultavano invece mai pervenute le seguenti fatture per le quali quindi l'Ente, contestando la domanda in quanto infondata in fatto e diritto, non poteva che riservare ogni necessaria verifica ed eventuale eccezione: FT. n. 2545913556 del 14/11/2014; FT. n. 4600698214 del 25/08/2015. Fatt n. 4600559700 con scadenza 28.07.2015 che si assumeva di Euro 742,31, Fatt. n. 4600685238 con scadenza 24.08.2015 che si assumeva per Euro 639,50; Fatt n. 4601316711 con scadenza 24.12.2015 per pretesi Euro 69,19; Fatt n. 2540351579 con scadenza 09.10.2014 per richiesti Euro131,41; Fatt. n. 2506701131 con scadenza al 26.02.2014 per asseriti Euro 112,00; che quanto alle fatture 2000999664 del 09/02/2009, 2004755178 del 04/05/2009, 2010253723 del 31/08/2009, 2016884768 del 02/12/2009, 2002002297 del 02/03/2009, 2005894375 del 03/06/2009 e 2011166001 del 29/09/2009, ferma l'eccezione già sollevata di prescrizione del credito, esse, nel merito, in mero subordine, erano riferite alla presa avente IPOD IT001E60004505 in località 'Pantano' per la quale l'Ente aveva più volte eccepito ad ENEL ENERGIA Spa la non corrispondenza, per eccesso, degli importi richiesti rispetto ai consumi effettivi, trattandosi, anche in tal caso, di presa utilizzata per soli due mesi all'anno nel periodo estivo, motivo per il quale anche in questa Sede si contestava in fatto l'esistenza stessa della fornitura di energia per la quale si chiedeva oggi il pagamento, o almeno l'entità del volume di energia che si assumeva ex adverso fornito all'Ente, in quanto non corrispondente alla misura del contatore ed indicato invece da ENEL Energia Spa, anche in tal caso, soltanto in via presuntiva; che per l'effetto, ove non prescritto, si contestava il preteso credito portato dalle relative fatture e si chiedeva il rigetto della domanda anche nel merito; che quanto alla Fattura n. 4600754319 del 13.08.2015 di Euro7.105,45, essa era riferita al IT 001E04264058 e all'anno 2014 che invece all'Ente risultava del tutto pagato come attestavano i mandati allegati e le corrispondenti fatture e come l'Ente stesso aveva eccepito direttamente ad ENEL Energia Spa prima e poi all'odierna attrice, contestando la cessione del preteso credito; quanto al diritto agli interessi, che il D.Lgs. 192/2012 era applicabile solo ai contratti conclusi successivamente al gennaio 2013 (art. 3) mentre, nel caso di specie, i contratti di fornitura alla base delle fatture che si assumevano cedute, erano precedenti, così come molte delle fatture indicate ex adverso (2009), il che escludeva alla radice sia il diritto del creditore cedente che quello del cessionario a vedersi riconosciuti interessi di mora nella misura prevista dal citato Decreto Legislativo così come pretese spese di recupero forfettarie, introdotte proprio dal D.Lgs. 192/2012; che era anzi vero che il D.L. n. 95 del 06.7.2012, convertito dalla L. 07.08.2012 n. 135, aveva stabilito la nullità di tutti i contratti stipulati dalle Pubbliche Amministrazioni al di fuori delle procedure gestite da centrali di appalto pubbliche o CONSIP, salvo che le relative tariffe non risultassero migliorative rispetto ai prezzi individuati dalle predette centrali; che ne derivava che l'attuale parte attrice non poteva vantare crediti sulla base di tali contratti; che pur essendo accertato che le Amministrazioni Pubbliche rientravano tra i soggetti nei confronti dei quali poteva applicarsi il tasso di mora in caso di ritardi nei pagamenti, era altresì innegabile che la ratio che aveva condotto all'introduzione e determinazione del tasso di mora nelle transazioni commerciali (D.Lgs. 231/2002 e quindi D.Lgs. 192/2012), sarebbe risultata del tutto stravolta laddove il credito fosse stato ceduto dall'impresa fornitrice a professionisti del recupero; che per tali ragioni si rilevava l'incostituzionalità del D.Lgs. 192 /2012 laddove, all'art. 1 non prevedeva che le maggiorazioni dell'interesse di mora, fossero inapplicabili - oltre che ai casi previsti - anche a favore del cessionario in caso di cartolarizzazione e cessione del credito, dietro corrispettivo e non quale eventuale anticipazione su fatture, facendo così lievitare in modo abnorme la spesa pubblica in violazione del DL 95/2012 e norme correlate, in violazione dell'art. 41 co. 2 e 119 co. 6 Cost.; che quanto alla domanda dell'attrice di essere pagata sulla base del disposto dell'art. 2041 c.c., si eccepiva il difetto di legittimazione attiva, stante il carattere meramente residuale dell'azione ed il fatto che, anche per tale ragione, l'azione stessa non poteva ritenersi inclusa nella cessione del credito intercorsa interpartes e, comunque, l'infondatezza della stessa. Il Comune di Orvinio rassegnava le seguenti conclusioni: " Voglia il Tribunale, contrariis reiectis, a) dichiarare improcedibile la domanda della Banca (...) spa in quanto non preceduta dal rituale esperimento della negoziazione assistita; b) dichiarare la nullità dell'atto di citazione per difetto indispensabili alla identificazione della causa petendi ai sensi degli artt. 164 e 163 n. 3 e 4 c.p.c.; c) in subordine, accertare la nullità dell'atto di cessione del credito in assenza delle condizioni di cui all'art. 117 del Dlgs 163/2006; d) In ulteriore subordine, respingere la domanda di pagamento in quanto prescritta, relativamente alle fatture oggetto di giudizio e dichiarate emesse dall'anno 2009 al 2013, e comunque infondata e non provata nel merito, stante la nullità dei contratti conclusi successivamente al 2012 e comunque in considerazione della contestazione dell'Ente convenuto circa la effettività e la quantità delle singole forniture che si assumono eseguite da ENEL Energia Spa e l'assenza in atti delle fatture che si assumono emesse a carico dell'Ente convenuto; e) Respingere la domanda relativa al riconoscimento del credito per interessi moratori in applicazione del Dlgs 231/2002 in quanto non dovuti, previa, occorrendo, denunzia di incostituzionalità della normativa indicata in premesse. In subordine, qualora fossero dovuti interessi, riconoscerli secondo il dovuto e provato; f) Respingere la domanda circa il riconoscimento di una somma forfettaria per ogni fattura per generiche spese di recupero del credito, in quanto infondata in fatto e diritto anche per le ragioni dedotte sub d) che precede. g) Respingere la domanda proposta ai sensi dell'art. 2041 c.c. per difetto di legittimazione attiva nell'attrice e, in subordine, in quanto infondata in fatto e diritto. Rifuse le spese giudiziali a favore dell'Amministrazione convenuta o compensate all'esito del giudizio". Era assegnato il termine per l'espletamento della negoziazione assistita, erano assegnati i termini ex art. 183, VI co., c.p.c. e all'esito, respinte le richieste istruttorie avanzate dalla sola parte convenuta, la causa veniva trattenuta in decisione all'udienza del 25.10.2022, previa assegnazione dei termini ex art. 190 c.p.c.. La domanda di parte convenuta, volta alla declaratoria di improcedibilità della domanda attorea per omesso/non tempestivo espletamento del tentativo obbligatorio di negoziazione assistita, è infondata e come tale deve essere respinta, considerato che con provvedimento del Tribunale dell'01.12.2020 è stato assegnato il termine per l'espletamento della negoziazione assistita, che la stessa è stata pacificamente tentata e che il termine di quindici giorni previsto per la proposizione del tentativo di negoziazione non è perentorio, non essendo espressamente qualificato tale dalla norma (D.L. 132/14 conv. in L. 162/14), seguendone che dal mancato rispetto dello stesso non può farsi discendere l'intempestività della instaurazione della relativa procedura e, quindi, l'improcedibilità della domanda. La domanda del Comune di Orvinio, tesa all'accertamento e alla declaratoria di nullità dell'atto di citazione per genericità ed indeterminatezza della domanda, è infondata e come tale deve essere respinta, atteso che dal contenuto dell'atto introduttivo si evincono in modo chiaro petitum e causa petendi, essendo stata richiesta, da parte della (...) S.p.a., la condanna del Comune di Orvinio al pagamento del corrispettivo della somministrazione di servizi idrici e di gas asseritamente effettuate da Enel Energia S.p.a. e da ENI S.p.a., sulla base dei rapporti negoziali già in essere tra le stesse e l'amministrazione convenuta, oggetto di cessione in favore della società odierna attrice. Passando al merito, il Comune di Orvinio ha chiesto in via preliminare accertarsi e dichiararsi l'intervenuta prescrizione dei crediti vantati dall'attrice, "quantomeno per le fatture anteriori al quinquennio". La domanda è parzialmente fondata e deve essere, pertanto, accolta nei termini e nei limiti di cui appresso. Sul tema, deve rammentarsi che se il rapporto di somministrazione si estingue nell'ordinario termine decennale ex art. 2946 c.c., le singole prestazioni si estinguono in cinque anni ai sensi dell'articolo 2948 n. 4, secondo cui, appunto, si prescrivono in cinque anni, tra l'altro, gli interessi e, in generale, tutto ciò che deve pagarsi periodicamente ad anno o in termini più brevi (come pacificamente accade per le prestazioni periodiche di cose tipiche di tali tipologie di rapporti). Al riguardo, come rammentato dalla costante giurisprudenza della Corte di Cassazione, "il prezzo della somministrazione di energia elettrica, gas o acqua da parte di un Ente fornitore di servizi, che venga pagato dall'utente annualmente o a scadenze inferiori all'anno, in relazione ai consumi verificatesi per ciascun periodo, configura una prestazione periodica, con connotati di autonomia nell'ambito di una "causa debendi" di tipo continuativo e deve ritenersi, pertanto, incluso nella previsione dell'art. 2948 n. 4 c.c., con l'ulteriore conseguenza dell'assoggettamento a prescrizione breve quinquennale del relativo credito, il cui principio informatore è quello di liberare il debitore dalle prestazioni scadute e non richieste tempestivamente dal creditore (v., tra le tante Cass. Civ. Sez. I, n. 2429 del 1994; SS.UU., n. 6458 del 1985). Tornando al caso che ci occupa, a fronte della specifica eccezione sollevata dalla difesa di parte convenuta, la (...) S.p.a. si è limitata a fare riferimento ai doc.ti nn. 05.01 e 05.06 allegati al proprio fascicolo. Tuttavia, dall'esame della relativa documentazione emerge che la notifica -regolarmente effettuata a mezzo pec all'indirizzo del Comune [email protected] - del primo atto interruttivo della prescrizione risale al 06.04.2017: ne segue che dovrà accertarsi e dichiararsi l'intervenuta prescrizione di tutti i crediti portati dalle fatture risalenti a data anteriore al 2012 e, quindi, senz'altro di quelli di cui alle seguenti fatture, relative agli anni 2009 e 2011: nn. 2000999664; 2002002297; 4601316701; 2002672156; 2004755178; 2005894375; 2007516206; 2010253723; 2011166001; 2012815782; 2016884768; 2021114745; 2239375439. Quanto alle restanti fatture, il Comune di Orvinio ha chiesto accertarsi "l'inammissibilità della cessione dei crediti a favore dell'odierna attrice ai sensi dell'art. 117 del Dlgs 163 del 12.4.2006 non sussistendone i presupposti di legge". La contestazione risulta generica, in quanto formulata - nei termini di cui sopra - senza alcuna indicazione delle ragioni per cui la cessione in questione non dovrebbe essere considerata "ammissibile" e, comunque, infondata, posto che come chiarito dalla difesa di parte attrice, la notifica degli atti di cessione (v. all.ti 04.01 e 04.02 al fascicolo di parte attrice) è stata effettuata, con le modalità di cui all'art.-106, XIII co., D.Lgs. n. 50/16, sempre all'indirizzo dell'ente sopra richiamato e che l'amministrazione comunale non ha fatto pervenire alcun rifiuto - tale non potendo essere considerato l'atto di mera contestazione del credito del 03.02.2016 - nel termine di cui all'art. 106, comma 13, D.Lgs. n. 50/16; il tutto, senza considerare che la notifica della cessione può pacificamente avvenire anche attraverso la notifica dell'atto introduttivo del giudizio, cui nella specie non ha fatto seguito alcuna manifestazione della volontà, da parte dell'ente, di non accettare la cessione. Ne segue il rigetto della relativa domanda, siccome giuridicamente infondata. In ulteriore subordine, il Comune di Orvinio ha chiesto di accertare la nullità dei contratti di fornitura conclusi a trattativa privata laddove in violazione dell'art. 1 D.L. 06.7.2012 n. 95. Tuttavia, è lo stesso ente a specificare, nella narrativa della comparsa di costituzione e risposta, che "il D.L. n. 95 del 06.7.2012, convertito dalla L. 07.08.2012 n. 135, aveva stabilito la nullità di tutti i contratti stipulati dalle Pubbliche Amministrazioni al di fuori delle procedure gestite da centrali di appalto pubbliche o CONSIP ed in particolare l'art. 1 co. 7, relativamente alle forniture di energia elettrica e gas, salvo che le relative tariffe non risultassero migliorative rispetto ai prezzi individuati dalle predette centrali": trattasi, pertanto, di norma che non può trovare applicazione con riferimento ai contratti stipulati precedentemente alla data di entrata in vigore della stessa e, quindi, anche ai contratti di somministrazione oggetto del presente giudizio. Ne segue l'inevitabile reiezione anche di tale domanda, siccome giuridicamente infondata. Occorre ora passare allo scrutinio, nel merito, delle pretese creditorie non prescritte e, cioè, di quelle inerenti alle fatture nn. 2506701131, 2540351579, 2545913556, 4600248454, 4600559700, 4600685238, 4600698214 e 4600754319 definitiva, pari a complessivi Euro9.414,65. Al riguardo, deve in linea generale osservarsi: che il creditore, il quale agisca per far accertare l'altrui inadempimento, è tenuto a fornire la prova del titolo e dell'esigibilità della prestazione, potendo limitarsi ad allegare l'inadempimento del debitore, sul quale graverà la prova del fatto estintivo, costituito dall'intervenuto adempimento (cfr. Cass. Civ., SS.UU., n. 13533/01); che ai sensi dell'art. 2697, II co., c.c. in tema di riparto dell'onere della prova, chi eccepisce l'inefficacia dei fatti posti a fondamento del diritto ex adverso azionato in giudizio, ovvero eccepisce che il diritto si è modificato o estinto, deve provare i fatti su cui l'eccezione si fonda. Nel caso che ci occupa, parte attrice ha documentato la attuale titolarità, in capo alla stessa, dei rapporti contrattuali di cui agli atti di cessione prodotti in all.ti 04.01 e 04.02 al proprio fascicolo, fonte dei crediti azionati con l'atto di citazione introduttivo del giudizio ed asseritamente maturati a seguito di somministrazione di prestazioni periodiche e continuative eseguite in favore del Comune di Orvinio da parte di Enel Energia S.p.a. e di Eni Gas e Luce S.p.a.. Tanto precisato, con riferimento alla materia dei contratti di somministrazione di energia e gas naturale, costituisce orientamento condiviso nella giurisprudenza quello secondo cui a fronte della specifica contestazione, da parte dell'utente, della congruità dei consumi esposti nelle bollette e della conformità dei consumi effettivi, spetta al somministrante la prova del quantum della merce fornita e del quantum del corrispettivo secondo i criteri di riparto stabiliti dagli artt. 1218 e 2697 c.c. e in applicazione del principio della vicinanza della prova, seguendone che la bolletta è sì idonea a dimostrare l'entità dei consumi della somministrazione, ma ciò solo in caso di mancata contestazione da parte dell'utente e che nella diversa ipotesi di contestazione, il somministrante deve provare la quantità di consumo registrato, il corretto funzionamento del contatore e la corrispondenza fra quanto riportato in bolletta e quanto emergente dal contatore (Trib. Milano, 27.11.2015). E' stato, altresì, sul tema evidenziato che la rilevazione dei consumi mediante contatori è assistita da una mera presunzione semplice di veridicità, sicché, in caso di contestazione, grava sul somministrante (fornitore) l'onere di provare che il contatore era perfettamente funzionante, mentre il fruitore (utente) deve dimostrare che l'eccessività dei consumi è dovuta a fattori esterni al suo controllo e che non avrebbe potuto evitare con un'attenta custodia dell'impianto, ovvero di aver diligentemente vigilato affinché eventuali intrusioni di terzi non potessero alterare il normale funzionamento del misuratore o determinare un incremento dei consumi: pertanto, se l'utente contesta i consumi rilevati dal contatore, spetterà al fornitore dell'utenza provare il corretto funzionamento dello stesso, nonché la corrispondenza tra il dato fornito e quello trascritto nella bolletta (v., tra le altre, Cass. civ. n. 07045/18; n. 23699/2016; n. 10313/2004; n. 1236/2003; n. 17041/2002; Trib. Roma, n. 9663/18). Applicando le sopra evocate coordinate ermeneutiche alla fattispecie oggetto del presente giudizio, parte convenuta ha specificamente contestato la determinazione esclusivamente presuntiva ed unilaterale dei consumi, in quanto mai accertati in loco e a suo avviso non rispondenti a quelli reali e l'incongruità e contraddittorietà delle fatturazioni. In particolare, il Comune ha dedotto, tra l'altro: di avere provveduto, nei tempi dovuti, a corrispondere gli importi dovuti per gli effettivi consumi di energia elettrica, contestando - nei casi in cui si è reso necessario - direttamente ad ENEL Energia Spa le indicazioni relative ai consumi e, di conseguenza, gli importi delle fatture a suo tempo trasmesse; che a seguito di tali contestazioni ENEL ebbe a stornare dal credito preteso importi di rilevante entità, come da documentazione allegata; che identica contestazione venne rivolta alla allora (...) Spa, allorché fu notificata al Comune la cessione di pretesi crediti ritenuti insussistenti; che, quanto alla utenza n. POD IT001E00230108 sita in loc. Cretoni di Orvinio, Enel Energia S.p.a. aveva sempre e soltanto calcolato presuntivamente il consumo, quando in verità la suddetta 'presa! adduceva energia alla pompa che attingeva acqua per l'acquedotto comunale solo nei mesi estivi, rimanendo inutilizzata per il resto dell'anno; che la stessa Enel Energia Spa riconobbe la fondatezza delle doglianze ad essa già manifestate del Comune di Orvinio e reiterate nei confronti della odierna opposta, tanto da avere emesso per il periodo 2008 - 2012 le note di credito n. 2403299975 del 28.01.2013 per Euro13.316,93 (anno 2008), n. 2403384242 del 07.02.2013 per Euro8.710,44 (anno 2009), n. 2404052062 del 09.02.2013 per Euro24.433,94 (anno 2010) e n. 2404052070 del 09.02.2013 per Euro - 16.806,22 (anni 2011 - 2012); che le fatture nn. 2540351579 del 09.10.2014, 4600986530 del 22.10.2015 e 4601141600 del 23.11.2015 erano riferite alla presa avente IPOD IT001E60004505 in loc. Pantano, per la quale l'ente aveva più volte eccepito ad ENEL Energia S.p.a. la non corrispondenza, per eccesso, degli importi richiesti rispetto ai consumi effettivi, trattandosi - anche in tal caso - di presa utilizzata per soli due mesi all'anno nel periodo estivo, in presenza, ancora una volta, di misurazione effettuata in via presuntiva; che, quanto alla Fattura n. 4600754319 del 13.08.2015 di Euro7.105,45, essa era riferita al IT 001E04264058 e all'anno 2014 che, invece, all'Ente risultava del tutto pagato, come attestavano i mandati allegati e le corrispondenti fatture e come l'Ente stesso aveva eccepito direttamente ad ENEL Energia Spa prima e poi all'odierna attrice. A fronte di tali specifiche contestazioni, gravava sulla parte attrice l'onere di provare il proprio esatto adempimento e cioè la quantità di consumo registrato, il corretto funzionamento del contatore, la corrispondenza fra quanto riportato in bolletta e quanto emergente dal contatore e - quanto alla fattura da ultimo indicata - il mancato incasso delle somme di cui agli allegati mandati di pagamento. La (...) S.p.a., già (...) S.p.a. non si è, tuttavia, offerta di provare nulla al riguardo e, men che meno, i consumi effettivi del Comune (in sede di memoria istruttoria n. 2 non risultano avanzate richieste istruttorie), essendosi limitata a versare in atti fatture e solleciti di pagamento, da ritenersi inidonei - alla luce delle coordinate ermeneutiche poc'anzi richiamate, a fronte delle specifiche contestazioni sollevate dal Comune sin dalla sede stragiudiziale e trattandosi, oltre tutto, di documenti a formazione unilaterale, provenienti dalla stessa parte - a fornire la prova dell'asserito credito nel contesto dell'instaurato giudizio di merito, volto all'accertamento della concreta sussistenza del credito stesso. Né l'attrice ha, del resto, contestato che la determinazione dei consumi sia stata sempre effettuata in modo presunto e mai a mezzo di concreti accertamenti eseguiti in loco. Ne segue che in difetto di prova del credito, la domanda principale dovrà essere necessariamente respinta. L'azione subordinata di indebito arricchimento proposta dalla (...) S.p.a. è infondata e non può trovare accoglimento, per difetto del requisito della residualità, trattandosi di domanda pacificamente non proponibile, ai sensi dell'art. 2042 c.c., quando il danneggiato possa - anche solo astrattamente - esercitare un'altra azione per farsi indennizzare il pregiudizio subito, laddove nel caso che ci occupa la società attrice aveva appunto a disposizione l'azione contrattuale che è stata, peraltro, respinta per difetto di prova. Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo, tenuto conto dell'assenza di istruttoria orale. P.Q.M. Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni diversa domanda, istanza ed eccezione disattesa o assorbita, così dispone: - accerta e dichiara l'intervenuta prescrizione delle pretese creditorie di cui alle fatture nn. 2000999664, 2002002297, 4601316701, 2002672156, 2004755178, 2005894375, 2007516206, 2010253723, 2011166001, 2012815782,2016884768,2021114745 e 2239375439; - con riferimento alle restanti fatture nn. 2506701131, 2540351579, 2545913556, 4600248454, 4600559700, 4600685238, 4600698214 e 4600754319, pari a complessivi Euro9.414,65, respinge la domanda principale proposta dalla (...) S.p.a., già (...) S.p.a.; - respinge la domanda ex art. 2041 c.c. avanzata in via subordinata da parte attrice; - condanna parte attrice a rifondere a parte convenuta le spese di lite, che liquida nel complessivo importo di Euro4.237,00 a titolo di compensi professionali, oltre alle spese forfettarie ex art. 2 D.M. n. 55/14 ed oltre ad IVA e CPA come per legge. Rieti, 31 gennaio 2023. Depositata in Cancelleria il 1 febbraio 2023.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI RIETI SEZIONE LAVORO Il Tribunale di Rieti, in persona del giudice, dott. Rosario Carrano, ha pronunciato la seguente SENTENZA ex art. 429 c.p.c., nella causa civile iscritta al n. 996 del Ruolo Generale Affari Contenziosi dell'anno 2021, vertente TRA (...), elettivamente domiciliata in Fara in Sabina, via (...), presso lo studio dell'avv. Vi.Pi., che la rappresenta e difende giusta procura in atti RICORRENTE E MINISTERO DELL'ISTRUZIONE, Ufficio Scolastico Regionale per il Lazio (Ufficio IX Ambito territoriale di Rieti) rappresentato e difeso ai sensi dell'art. 417 bis c. 1, c.p.c., dal dott. Gi.Am., funzionario dipendente della stessa amministrazione, domiciliato in Rieti, Viale (...); CONVENUTO FATTO E DIRITTO Con ricorso depositato in data 26.10.2021, la parte ricorrente ha convenuto in giudizio il Ministero dell'Istruzione chiedendo di "-disapplicare, sospendere e/o annullare con effetto ex tunc il decreto dell'08/07/2021 prot. n. (...) a firma del D.S p.t. dell'I.C. Fara Sabina nonché il provvedimento del MIUR - USR per il Lazio reg. decreti R. 0000254.07/07/2021 con il quale a seguito del depennamento dalle GAE veniva trasformato il contratto di lavoro sottoscritto in data 10/09/2019 dalla ricorrente, da tempo indeterminato a tempo determinato con scadenza al 30/06/2021, di fatto risolvendo detto rapporto di lavoro su iniziativa unilaterale del datore, ed ogni altro atto con esso connesso e consequenziale; -accertata e dichiarata la illegittimità/nullità del decreto n. prot. (...) dell'08/07/2021 a firma del (...) dell'I.C. di Fara in Sabina, -dichiarare il diritto della Sig.ra (...) ad essere reintegrata nell'immediatezza nel posto di lavoro dalla medesima occupato sino alla risoluzione del contratto di cui in premessa, ad opera del decreto dell'08/07/2021 prot. N. (...) a firma del (...) dell'I.C. Fara Sabina". A sostegno della propria domanda, ha allegato che, con provvedimento dell'Ufficio scolastico regionale del 21/08/2019 veniva individuata quale destinataria di proposta di contratto individuale di lavoro, in quanto inserita nella graduatoria ad esaurimento degli aspiranti al ruolo in qualità di docente di scuola dell'infanzia; che, a seguito dell'accettazione di tale proposta contrattuale, la stessa veniva assunta nei ruoli dell'amministrazione in virtù di un contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, con decorrenza giuridica dal 01/09/2019 ed economica dalla data di effettiva assunzione in servizio per n. 25 ore settimanali di lezione, con successiva conferma in ruolo a seguito del positivo superamento dell'anno di prova; che, tuttavia, con sentenza n. 10201/2020 emessa dal TAR del Lazio pubblicata l'08/10/2020 veniva rigettato il ricorso promosso dai docenti in possesso di diploma magistrale conseguito entro l'anno scolastico 2001/2002 tra cui la ricorrente, con conseguente depennamento dalle GAE dei ricorrenti medesimi; che, attualmente, pende dinanzi al Consiglio di Stato l'impugnazione avverso la suddetta sentenza; che, in esecuzione della suddetta sentenza del TAR Lazio, il Dirigente Scolastico p.t. dell'Istituto Comprensivo Fara in Sabina in persona della Dott.ssa I.T., con decreto del 08/07/2021 prot. n. (...) trasformava il contratto a tempo indeterminato relativo alla docente (...) in contratto a tempo determinato con termine finale al 30/06/2021, anche alla luce della relativa nota prot. n. (...) del 07/07/2021 dell'Ufficio IX A.T.P. di Rieti; che, infine, la ricorrente oltre ad aver conseguito il diploma magistrale entro l'anno scolastico 2001/2002 è altresì in possesso di diploma di maturità professionale di "assistente di comunità infantile" conseguito nell'anno 1999, titolo valido per l'insegnamento nelle scuole dell'infanzia purché conseguito entro l'anno 2001/2002. Con apposita memoria, si è costituito il Ministero chiedendo il rigetto del ricorso. La domanda è infondata e non può trovare accoglimento. Invero, deve rilevarsi che l'assunzione della ricorrente è avvenuta con "riserva" ossia proprio in ragione della pendenza del contenzioso amministrativo, con la conseguenza che venendo meno il titolo (inserimento nella graduatoria ad esaurimento) in base al quale è stato stipulato il contratto di lavoro, il successivo rapporto di impiego deve ritenersi affetto da nullità. Sul punto, peraltro, giova richiamare il principio di diritto costantemente affermato secondo cui "nell'impiego pubblico contrattualizzato, poiché alla stipula del contratto di lavoro si può pervenire solo a seguito del corretto espletamento delle procedure concorsuali previste dall'art. 35, comma 1, lett. a) del D.Lgs. n. 165 del 2001 o, per le qualifiche meno elevate, nel rispetto delle modalità di avviamento di cui al combinato disposto del richiamato art. 35, comma 1, lett. b) e degli artt. 23 e seguenti del D.P.R. n. 487 del 1994, la mancanza o l'illegittimità delle richiamate procedure si traduce in un vizio genetico del contratto, affetto, pertanto, da nullità, che l'amministrazione, in quanto tenuta a conformare il proprio comportamento al rispetto delle norme inderogabili di legge, può fare unilateralmente valere, perché anche nei rapporti di diritto privato il contraente può rifiutare l'esecuzione del contratto nei casi in cui il vizio renda il negozio assolutamente improduttivo di effetti giuridici" (cfr. Cass., n. 30992 del 2019). Nel caso di specie, quindi, la sentenza del TAR Lazio con la quale la ricorrente è stata depennata dalla graduatoria ad esaurimento, sulla base della riconosciuta inidoneità del diploma magistrale ai fini dell'inserimento in tali graduatorie, ha fatto venire meno il titolo in base al quale è stato stipulato il contratto di lavoro, con la conseguenza che il successivo rapporto di impiego deve ritenersi affetto da nullità, con la conseguenza di dover ritenere del tutto legittimo l'inserimento della clausola risolutiva connessa alla perdurante pendenza del contenzioso giudiziario. Inoltre, occorre evidenziare come l'apposizione delle clausole di riserva sia espressamente previsto dalla legge, in particolare dall'art. 1 quinquies L. n. 159 del 20 dicembre 2019 (cd. Decreto Scuola), secondo cui: "1. Al fine di contemperare la tutela dei diritti dei docenti inseriti a pieno titolo nelle graduatorie concorsuali, a esaurimento o di istituto e le esigenze di continuità didattica, le decisioni giurisdizionali in sede civile o amministrativa relative all'inserimento nelle predette graduatorie, che comportino la decadenza dei contratti di lavoro di docente a tempo determinato o indeterminato stipulati presso le istituzioni scolastiche statali, sono eseguite entro quindici giorni dalla data di notificazione del provvedimento giurisdizionale al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, ai sensi del comma 1-bis. 1-bis. Al fine di salvaguardare la continuità didattica nell'interesse degli alunni, il Ministero dell'istruzione dell'università e della ricerca provvede, nell'ambito e nei limiti dei posti vacanti e disponibili, a dare esecuzione alle decisioni giurisdizionali di cui al comma 1, quando notificate successivamente al ventesimo giorno dall'inizio delle lezioni nella regione di riferimento, trasformando i contratti di lavoro a tempo indeterminato stipulati con i docenti di cui al comma 1 in contratti di lavoro a tempo determinato con termine finale fissato al 30 giugno di ciascun anno scolastico, nonché modificando i contratti a tempo determinato stipulati con i docenti di cui al comma 1, in modo tale che il relativo termine non sia posteriore al 30 giugno di ciascun anno scolastico". In senso contrario, non vale richiamare la valutazione finale dell'idoneità per la conferma in ruolo all'esito del positivo superamento dell'anno di prova. Sul punto, infatti, va precisato che con tale valutazione la pubblica amministrazione doveva solamente verificare se le capacità dimostrate durante l'anno di insegnamento portassero o meno ad una verifica positiva dell'idoneità alle mansioni assegnate. La relazione utile per la conferma in ruolo che è stata trasmessa alla ricorrente alla fine del periodo di prova attesta unicamente che la stessa ha dimostrato idoneità all'insegnamento, ma non anche che l'amministrazione abbia rinunciato alla riserva apposta al momento dell'instaurazione del rapporto di lavoro. Inoltre, nessun legittimo affidamento poteva sorgere in capo alla ricorrente, stante la sua piena consapevolezza di aver instaurato un rapporto di lavoro subordinato all'esito positivo del contenzioso giudiziario. Infine, nessuna rilevanza assume nel caso in esame la perdurante pendenza del giudizio di appello avverso la sentenza di primo grado del TAR, anche avuto riguardo all'orientamento del Consiglio di Stato (Adunanza Plenaria, del 15 novembre 2017 e successive conformi) che ormai è consolidato nel senso di escludere valore abilitante al diploma magistrale. Stesse considerazioni, peraltro, valgono anche con riguardo al titolo del diploma di maturità professionale di "assistente di comunità infantile" conseguito nell'anno 1999, il quale, analogamente al diploma magistrale, non è idoneo a costituire un valido titolo di abilitazione all'insegnamento. Per quanto riguarda, poi, l'allegazione relativa al superamento di un concorso straordinario, deve ritenersi che tale questione esuli dal thema decidendum, che nella specie è circoscritto alla legittimità dell'apposizione del termine al contratto di lavoro a seguito di depennamento dalla graduatoria ad esaurimento disposto dalla sentenza del giudice amministrativo. In conclusione, quindi, il ricorso deve essere rigettato. La particolare complessità e controvertibilità delle questioni trattate, costituiscono gravi ed eccezionali ragioni analoghe alla novità della questione e al mutamento di giurisprudenza (cfr. Corte Cost. 77/2018) che consentono una integrale compensazione delle spese di lite, sia per la fase cautelare che per quella di merito. P.Q.M. Il Tribunale, definitivamente pronunciando, così provvede: - rigetta il ricorso; - compensa le spese di lite. Così deciso in Rieti il 26 gennaio 2023. Depositata in Cancelleria il 26 gennaio 2023.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE DI RIETI SEZIONE LAVORO in persona del giudice, dott. Rosario Carrano, ha pronunciato la seguente SENTENZA ex art. 429 c.p.c., nella causa civile iscritta al n. 938 del Ruolo Generale Affari Contenziosi dell'anno 2020, vertente TRA (...), elettivamente domiciliato in Roma, Salita (...), presso lo studio dell'avv. Do.Na., che lo rappresenta e difende giusta procura in atti RICORRENTE E M.I.U.R. - MINISTERO ISTRUZIONE UNIVERSITA' E RICERCA SCIENTIFICA, Ufficio Scolastico Regionale per il Lazio (Ufficio IX Ambito territoriale di Rieti) rappresentato e difeso ai sensi dell'art. 417 bis c. 1, c.p.c., dal dott. Gi.Am., funzionario dipendente della stessa amministrazione, domiciliato in Rieti, Viale (...); CONVENUTO E I.N.P.S. - Istituto Nazionale della Previdenza Sociale, in persona del Direttore pro tempo-re, elettivamente domiciliato in Rieti, alla Via (...) presso l'Ufficio legale della Sede Inps di Rieti, rappresentato e difeso dall'avv. S.Ca.; CONVENUTO OGGETTO: ricostruzione carriera - riconoscimento integrale del servizio pre-ruolo - personale docente. FATTO E DIRITTO 1. - Con ricorso depositato in data 12.12.2020, il ricorrente, premesso di essere dipendente del Miur a tempo indeterminato, in qualità di "Docente di scuola secondaria di primo grado" a decorrere dal 1.9.2007, e di aver in precedenza svolto servizio pre-ruolo in scuole statali in virtù di una serie di contratti a termine, via via reiterati, dall'a.s. 1987/1988 fino al 2006/2007, ha convenuto in giudizio il Ministero chiedendo di "1. ACCERTARE E DICHIARARE il diritto del ricorrente al riconoscimento, relativamente al periodo in cui ha prestato servizi in virtù di contratti di lavoro a tempo determinato stipulati con il MIUR, della progressione stipendiale prevista dal CCNL relativo al personale del Comparto Scuola e dei relativi aumenti stipendiali previsti 2. ACCERTARE E DICHIARARE il diritto del ricorrente ad ottenere, una volta conseguita l'immissione in ruolo, la ricostruzione integrale della propria carriera con riconoscimento come servizio di ruolo, utile ai fini giuridici ed economici, dell'intero servizio pre-ruolo svolto prima dell'assunzione a tempo indeterminato; E PER L'EFFETTO 3. CONDANNARE l'Amministrazione resistente ad effettuare nuovamente la ricostruzione di carriera del ricorrente in ossequio al principio di non discriminazione di cui alla clausola 4 dell'accordo quadro sul lavoro a tempo determinato allegata alla direttiva n. 1999/70/CE, previa disapplicazione delle disposizioni nazionali interne contrastanti e del decreto di ricostruzione carriera già emanato; 4. CONDANNARE l'Amministrazione resistente ad inquadrare il ricorrente, a decorrere dal 01.09.2008, nella terza fascia stipendiale 9-14 anni con la qualifica di "docente di scuola secondaria di primo grado" e con l'anzianità di servizio utile sia ai fini giuridici che economici di anni 13 Mesi 4 giorni 13, o comunque a collocarlo nella posizione maturata; 5. CONDANNARE l'Amministrazione resistente al pagamento in favore del ricorrente della somma di EURO 26.585,65 oltre i ratei di 13esima mensilità, dovuta a titolo di differenze stipendiali maturate a seguito del riconoscimento per il periodo di precariato svolto alle dipendenze del MIUR della progressione stipendiale e dei relativi incrementi retributivi previsti dal CCNL del Comparto Scuola, nonché in ragione della ricostruzione integrale di carriera all'atto di immissione in ruolo e del conseguente inquadramento nella posizione maturata, tenuto conto del C.C.N.L. Comparto Scuola e delle tabelle annesse al citato contratto, o nella maggiore o minore somma che sarà ritenuta di Giustizia, oltre interessi e rivalutazione monetaria dalla maturazione al saldo; 6. CONDANNARE l'Amministrazione resistente al pagamento in favore del ricorrente di un aumento di EURO 80,00 sullo stipendio mensile percepito, corrispondente al nuovo inquadramento raggiunto e fino al raggiungimento del successivo gradone stipendiale. 7. ORDINARE al Ministero resistente la regolazione contributiva e previdenziale del ricorrente in seguito al riconoscimento delle differenze di retribuzione riconosciute. Il tutto con vittoria di spese, competenze e onorari, IVA e CPA da distrarsi a favore del difensore costituito che si dichiara antistatario, oltre al rimborso del CU versato". Con apposita memoria si è costituita la parte convenuta che ha chiesto il rigetto del ricorso. A seguito di integrazione del contraddittorio si è costituito l'INPS che ha eccepito la prescrizione dei contributi omessi. Senza sviluppi istruttori, la causa è stata decisa all'odierna udienza. 2. - La parte ricorrente ha proposto una domanda di condanna al pagamento delle differenze retributive derivanti dal mancato riconoscimento della medesima progressione stipendiale prevista per i dipendenti a tempo indeterminato rispetto a quelli assunti con contratto a termine, sulla base del principio di non discriminazione di cui alla clausola 4 dell'Accordo quadro sul rapporto a tempo determinato recepito dalla direttiva n. 1999/70/CE. Inoltre, ha proposto una domanda di riconoscimento integrale del servizio pre-ruolo ai fini della ricostruzione della carriera, con conseguente attribuzione della corretta fascia stipendiale. Infine, ha proposto una azione di regolarizzazione contributiva. 3. - La domanda di condanna al pagamento delle differenze retributive derivante dal mancato riconoscimento della medesima progressione stipendiale prevista per i dipendenti a tempo indeterminato è fondata. Invero, risulta non contestato, oltre che documentalmente dimostrato, che la parte ricorrente ha svolto servizio pre-ruolo in scuole statali in virtù di una serie di contratti a termine, via via reiterati, mantenendo sempre la medesima posizione stipendiale. Infatti, l'art. 526 del D.Lgs. 16 aprile 1994, n. 294 (T.U. in materia di istruzione) dispone che "Al personale docente ed educativo non di ruolo spetta il trattamento economico iniziale previsto per il corrispondente personale docente di ruolo". Sul punto, deve essere richiamato il consolidato orientamento della Suprema Corte di Cassazione, secondo cui "la clausola 4 dell'Accordo quadro sul rapporto a tempo determinato recepito dalla direttiva n. 1999/70/CE, di diretta applicazione, impone di riconoscere la anzianità di servizio maturata al personale del comparto scuola assunto con contratti a termine, ai fini della attribuzione della medesima progressione stipendiale prevista per i dipendenti a tempo indeterminato dai c.c.n.l. succedutisi nel tempo. Vanno conseguentemente disapplicate le disposizioni dei richiamati c.c.n.l. che, prescindendo dalla anzianità maturata, commisurano in ogni caso la retribuzione degli assunti a tempo determinato al trattamento economico iniziale previsto per i dipendenti a tempo indeterminato" (Cass. sez. lav., 7 novembre 2016, n. 22558; Cass. sez. lav. 5 agosto 2019, n. 20918). Pertanto, applicando tale principio di diritto alla fattispecie in esame, ne deriva l'accoglimento della domanda, con conseguente condanna dell'amministrazione al pagamento delle differenze retributive derivanti dal mancato riconoscimento della medesima progressione stipendiale prevista per i dipendenti a tempo indeterminato. 4. - La domanda di riconoscimento integrale del servizio pre-ruolo ai fini della ricostruzione della carriera, con conseguente attribuzione della corretta fascia stipendiale, è fondata. L'art. 485 del D.Lgs. n. 297 del 1994 prevede che "1. Al personale docente delle scuole di istruzione secondaria ed artistica, il servizio prestato presso le predette scuole statali e pareggiate, comprese quelle all'estero, in qualità di docente non di ruolo, è riconosciuto come servizio di ruolo, ai fini giuridici ed economici, per intero per i primi quattro anni e per i due terzi del periodo eventualmente eccedente, nonché ai soli fini economici per il rimanente terzo. I diritti economici derivanti da detto riconoscimento sono conservati e valutati in tutte le classi di stipendio successive a quella attribuita al momento del riconoscimento medesimo. 2. Agli stessi fini e nella identica misura, di cui al comma 1, è riconosciuto, al personale ivi contemplato, il servizio prestato presso le scuole degli educandati femminili statali e quello prestato in qualità di docente elementare di ruolo e non di ruolo nelle scuole elementari statali, o parificate, comprese quelle dei predetti educandati e quelle all'estero, nonché nelle scuole popolari, sussidiate o sussidiarie. 3. Al personale docente delle scuole elementari è riconosciuto, agli stessi fini e negli stessi limiti fissati dal comma 1, il servizio prestato in qualità di docente non di ruolo nelle scuole elementari statali o degli educandati femminili statali, o parificate, nelle scuole secondarie ed artistiche statali o pareggiate, nelle scuole popolari, sussidiate o sussidiarie, nonché i servizi di ruolo e non di ruolo prestati nelle scuole materne statali o comunali". Inoltre, l'art. 489 stabilisce che "Ai fini del riconoscimento di cui ai precedenti articoli il servizio di insegnamento è da considerarsi come anno scolastico intero se ha avuto la durata prevista agli effetti della validità dell'anno dall'ordinamento scolastico vigente al momento della prestazione. 2. I periodi di congedo e di aspettativa retribuiti e quelli per gravidanza e puerperio sono considerati utili ai fini del computo del periodo richiesto per il riconoscimento". Tale norma, peraltro, deve essere letta in combinato disposto con l'art. 11, comma 14, della L. n. 124 del 1999 secondo cui "Il comma 1 dell'art. 489 del testo unico è da intendere nel senso che il servizio di insegnamento non di ruolo prestato a decorrere dall'anno scolastico 1974-1975 è considerato come anno scolastico intero se ha avuto la durata di almeno 180 giorni oppure se il servizio sia stato prestato ininterrottamente dal 1 febbraio fino al termine delle operazioni di scrutinio finale". La clausola 4 dell'Accordo Quadro sul lavoro a tempo determinato, trasfuso nella Direttiva 99/70/CE del 28 giugno 1999, stabilisce che i lavoratori a tempo determinato non possono essere trattati in modo meno favorevole dei lavoratori a tempo indeterminato comparabili per il solo fatto di avere un contratto o rapporto di lavoro a tempo determinato, a meno che non sussistano ragioni oggettive; e che i criteri del periodo di anzianità di servizio relativi a particolari condizioni di lavoro dovranno essere gli stessi sia per i lavoratori a tempo determinato sia per quelli a tempo indeterminato, eccetto quando criteri diversi in materia di periodo di anzianità siano giustificati da motivazioni oggettive. 4.1. - Sul punto, occorre subito precisare che l'applicabilità alla fattispecie della clausola 4 dell'Accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato allegato alla direttiva 1999/70/CE non può essere esclusa per il fatto che il rapporto dedotto in giudizio abbia ormai acquisito stabilità attraverso la definitiva immissione in ruolo, perché la Corte di Giustizia ha da tempo chiarito che la disposizione non cessa di spiegare effetti una volta che il lavoratore abbia acquistato lo status di dipendente a tempo indeterminato. Della clausola 4, infatti, non può essere fornita un'interpretazione restrittiva poiché l'esigenza di vietare discriminazioni dei lavoratori a termine rispetto a quelli a tempo indeterminato viene in rilievo anche qualora il rapporto a termine, seppure non più in essere, venga fatto valere ai fini dell'anzianità di servizio (cfr. Corte di Giustizia 8.11.2011 in causa C- 177/10 Rosado Santana punto 43; Corte di Giustizia 18.10.2012 in cause riunite da C- 302/11 a C-305/11, Valenza ed altri, punto 36). 4.2. - Orbene, come è noto, sulla questione oggetto del presente giudizio è intervenuta la Suprema Corte di Cassazione, la quale ha fissato i seguenti principi di diritto: a) l'art. 485 del D.Lgs. n. 297 del 1994, che anche in forza del rinvio operato dalle parti collettive disciplina il riconoscimento dell'anzianità di servizio dei docenti a tempo determinato poi definitivamente immessi nei ruoli dell'amministrazione scolastica, viola la clausola 4 dell'Accordo Quadro allegato alla direttiva 1999/70/CE, e deve essere disapplicato, nei casi in cui l'anzianità risultante dall'applicazione dei criteri dallo stesso indicati, unitamente a quello fissato dall'art. 489 dello stesso decreto, come integrato dall'art. 11, comma 14, della L. n. 124 del 1999, risulti essere inferiore a quella riconoscibile al docente comparabile assunto ab origine a tempo indeterminato; b) il giudice del merito per accertare la sussistenza della denunciata discriminazione dovrà comparare il trattamento riservato all'assunto a tempo determinato, poi immesso in ruolo, con quello del docente ab origine a tempo indeterminato e ciò implica che non potranno essere valorizzate le interruzioni fra un rapporto e l'altro, né potrà essere applicata la regola dell'equivalenza fissata dal richiamato art. 489; c) l'anzianità da riconoscere ad ogni effetto al docente assunto a tempo determinato, poi immesso in ruolo, in caso di disapplicazione dell'art. 485 del D.Lgs. n. 297 del 1994 deve essere computata sulla base dei medesimi criteri che valgono per l'assunto a tempo indeterminato (cfr. Cass. sez. lav. 28 novembre 2019, n. 31149). 5. - Applicando tali principi al caso di specie, la domanda è fondata. Come statuito dalla Suprema Corte nella richiamata sentenza "un problema di trattamento discriminatorio può fondatamente porsi nelle sole ipotesi in cui l'anzianità effettiva di servizio, non quella virtuale ex art. 489 D.Lgs. n. 197 del 1994, prestata con rapporti a tempo determinato, risulti superiore a quella riconoscibile ex art. 485 D.Lgs. n. 297 del 1994, perché solo in tal caso l'attività svolta sulla base del rapporto a temine viene ad essere apprezzata in misura inferiore rispetto alla valutazione riservata all'assunto a tempo indeterminato" (Cass. sez. lav. 28 novembre 2019, n. 31149, cit.). 5.1. - Nel caso di specie, l'anzianità effettiva di servizio della parte ricorrente, esclusi i periodi di intervallo tra un incarico e l'altro, risulta essere superiore a quella riconosciuta nel decreto di ricostruzione della carriera (ex art. 485 D.Lgs. n. 297 del 1994). In particolare, risulta che il servizio pre-ruolo effettivamente prestato è pari ad anni 12, mesi 4, giorni 13 (immissione in ruolo 1.9.2007), mentre il decreto di ricostruzione di carriera prodotto in atti (cfr. decreto di ricostruzione di carriera - doc. 1 del ricorso), riconosce come servizio preruolo complessivi anni 12, ossia in misura inferiore a quello effettivamente prestato. 5.2. - Invero, come statuito dalla Suprema Corte nella richiamata sentenza "L'applicazione diretta della clausola 4 chiama il giudice nazionale a seguire un procedimento logico secondo il quale occorre: a) determinare il trattamento spettante al preteso "discriminato"; b) individuare il trattamento riservato al lavoratore comparabile; c) accertare se l'eventuale disparità sia giustificata da una ragione obiettiva. Nel rispetto di queste fasi perché il docente si possa dire discriminato dall'applicazione del D.Lgs. n. 297 del 1994, art. 485, che, si è già detto al punto 5, è la risultante di elementi di sfavore e di favore, deve emergere che l'anzianità calcolata ai sensi della norma speciale sia inferiore a quella che nello stesso arco temporale avrebbe maturato l'insegnante comparabile, assunto con contratto a tempo indeterminato per svolgere la medesima funzione docente. Ciò implica che il trattamento riservato all'assunto a tempo determinato non possa essere ritenuto discriminatorio per il solo fatto che dopo il quadriennio si operi un abbattimento, occorrendo invece verificare anche l'incidenza dello strumento di compensazione favorevole, che pertanto, in sede di giudizio di comparazione, va eliminato dal computo complessivo dell'anzianità, da effettuarsi sull'intero periodo, atteso che, altrimenti, si verificherebbe la paventata discriminazione alla rovescia rispetto al docente comparabile. In altri termini un problema di trattamento discriminatorio può fondatamente porsi nelle sole ipotesi in cui l'anzianità effettiva di servizio, non quella virtuale ex art. 489 D.Lgs. n. 197 del 1994, prestata con rapporti a tempo determinato, risulti superiore a quella riconoscibile ex art. 485 D.Lgs. n. 297 del 1994, perché solo in tal caso l'attività svolta sulla base del rapporto a temine viene ad essere apprezzata in misura inferiore rispetto alla valutazione riservata all'assunto a tempo indeterminato" (Cass. sez. lav. 28 novembre 2019, n. 31149, cit., punto 9.1 della motivazione). Pertanto, ha aggiunto la Corte che "Nel calcolo dell'anzianità occorre, quindi, tener conto del solo servizio effettivo prestato, maggiorato, eventualmente, degli ulteriori periodi nei quali l'assenza è giustificata da una ragione che non comporta decurtazione di anzianità anche per l'assunto a tempo indeterminato (congedo ed aspettativa retribuiti, maternità e istituti assimilati), con la conseguenza che non possono essere considerati né gli intervalli fra la cessazione di un incarico di supplenza ed il conferimento di quello successivo, né, per le supplenze diverse da quelle annuali, i mesi estivi, in relazione ai quali questa Corte da tempo ha escluso la spettanza del diritto alla retribuzione (Cass. n. 21435/2011, Cass. n. 3062/2012, Cass. n. 17892/2015), sul presupposto che il rapporto cessa al momento del completamento delle attività di scrutinio" (punto 9.2 della motivazione). Ne consegue, quindi, che "Qualora, all'esito del calcolo effettuato nei termini sopra indicati, il risultato complessivo dovesse risultare superiore a quello ottenuto con l'applicazione dei criteri di cui al D.Lgs. n. 297 del 1994, art. 485, la norma di diritto interno deve essere disapplicata ed al docente va riconosciuto il medesimo trattamento che, nelle stesse condizioni qualitative e quantitative, sarebbe stato attribuito all'insegnante assunto a tempo indeterminato, perché l'abbattimento, in quanto non giustificato da ragione oggettiva, non appare conforme al diritto dell'Unione" mentre "Non è consentito, invece, all'assunto a tempo determinato, successivamente immesso nei ruoli, pretendere, sulla base della clausola 4, una commistione di regimi, ossia, da un lato, il criterio più favorevole dettato dal T.U. e, dall'altro, l'eliminazione del solo abbattimento, perché la disapplicazione non può essere parziale né può comportare l'applicazione di una disciplina diversa da quella della quale può giovarsi l'assunto a tempo indeterminato comparabile". (punto 9.3 della motivazione). Pertanto, in applicazione dei suddetti principi, la domanda deve essere accolta, con diritto della parte ricorrente all'inserimento nella terza fascia stipendiale 9-14 anni a decorrere dalla conferma in ruolo del 01.09.2008. 6. - La domanda di regolarizzazione contributiva è parzialmente fondata. Invero, l'eccezione di prescrizione quinquennale deve ritenersi fondata, non sussistendo validi atti interruttivi prima della data di notifica del ricorso. 7. - In ordine al quantum, dai conteggi di parte ricorrente, non specificamente contestati dalla parte convenuta, risultano differenze retributive in relazione alle suddette domande per complessivi Euro 26.585,65, oltre Euro 80,00 da corrispondere sul compenso mensile della ricorrente sino al raggiungimento del successivo gradone. 8. - Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo, in considerazione della natura della controversia (causa di lavoro) e dello scaglione di riferimento (da Euro 26.000,00 ad Euro 52.000,00) individuato in base al valore della domanda (superiore ad Euro 26.000,00), tenendo conto dei valori minimi, stante la serialità del tipo di contenzioso, escludendo la fase istruttoria, stante la natura documentale della causa. P.Q.M. Il Tribunale, definitivamente pronunciando, così provvede: - accoglie il ricorso e, per l'effetto, dichiara il diritto di (...) al pagamento delle differenze retributive derivanti dal mancato riconoscimento della medesima progressione stipendiale prevista per i dipendenti a tempo indeterminato durante il periodo di servizio pre-ruolo; - dichiara il diritto della parte ricorrente al riconoscimento come servizio di ruolo, sia ai fini economici sia giuridici, del servizio di insegnamento non di ruolo effettivamente prestato prima dell'assunzione a tempo indeterminato pari ad anni 12, mesi 4, giorni 13 di servizio effettivo; - condanna il Ministero ad inquadrare la ricorrente nella corretta fascia stipendiale 9-14 anni a decorrere dalla conferma in ruolo del 01.09.2008, a seguito della esatta ricostruzione di carriera, oltre al pagamento in favore della stessa della somma di Euro 26.585,65, oltre ratei di tredicesima mensilità, nonché al pagamento in favore della parte ricorrente di un aumento sullo stipendio mensile di Euro 80,00 fino al raggiungimento del successivo gradone stipendiale, con rivalutazione monetaria e interessi legali, nei limiti del divieto di cumulo di cui all'art. 22, co. 36, L. n. 724 del 1994; - condanna il Ministero alla regolarizzazione contributiva nei confronti dell'INPS nei limiti della prescrizione quinquennale; - condanna il MIUR al pagamento delle spese di lite in favore del procuratore antistatario che li liquidano in complessivi Euro 3.689,00, oltre rimborso forfetario al 15%, IVA e CPA. Così deciso in Rieti il 26 gennaio 2023. Depositata in Cancelleria il 26 gennaio 2023.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO DI RIETI SEZIONE CIVILE Il Tribunale in composizione monocratica, nella persona del Giudice dott. GIANLUCA MORABITO, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di APPELLO iscritta al n. R.G. n. 1034/2021, posta in decisione all'udienza del 27.10.2022 e vertente TRA (...) (C.F. (...)), (...) (C.F. (...)), (...) (C.F. (...)) E (...) S.A.S. DI (...) (C.F./P.IVA (...)), rappresentati e difesi dall'Avv. An.Pe., come da mandato in calce all'atto di appello ed elettivamente domiciliati presso il suo studio in Roma, Viale (...) appellanti E A. S.P.A. (C.F. (...)), rappresentata e difesa dall'avv.to Fa.Ca., elettivamente domiciliata presso il suo studio in Roma, via (...), come da delega a margine della comparsa di costituzione e risposta in appello appellata E (...) appellata contumace OGGETTO: appello avverso la sentenza n. 15/2021 del Giudice di Pace di Rieti depositata in data 08.01.2022 FATTO E DIRITTO Con atto di citazione ritualmente notificato (...), la (...) S.a.s. di (...), (...) e (...) convenivano in giudizio davanti al Giudice di Pace di Rieti (...) e la (...) S.p.a., chiedendone la condanna solidale al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali asseritamente subiti in conseguenza del sinistro verificatosi il 12.12.2017 alle ore 17,00 circa in R. alla via (...), che aveva visto coinvolta l'autovettura Volkswagen Golf tg. (...), assicurata con (...) S.p.a., di proprietà della sig.ra (...) (la quale in seguito avrebbe ceduto il credito risarcitorio alla (...) S.a.s. di (...)) e condotta dal sig. (...), a bordo della quale si trovavano quali passeggeri trasportati (...) e (...) e che, mentre si trovava incolonnata dietro ad altro veicolo, ferma al segnale di stop, era stata violentemente tamponata dall'autovettura Fiat Punto tg. (...), di proprietà della sig.ra (...) e condotta dal sig. (...), assicurata con la (...) S.p.a. - polizza n. (...). La (...) S.p.a., costituitasi in giudizio, in via preliminare eccepiva la carenza di legittimazione attiva della soc. (...) e nel merito chiedeva il rigetto delle domande avversarie siccome infondate in fatto e in diritto, rilevando incongruenze in ordine alla gestione stragiudiziale del sinistro da parte degli attori, affermando l'assenza di prova in ordine al verificarsi del sinistro e ritenendo, altresì, non provati né il danno materiale, che il danno fisico richiesti. Nessuno essendosi costituito per la convenuta (...), era espletato l'interrogatorio libero del sig. (...), non citato a comparire, si dava atto della mancata risposta della convenuta contumace (...) all'interrogatorio formale deferitole ed era espletata CTU medico-legale, all'esito della quale la causa era trattenuta in decisione. Con sentenza n. 15/2021 depositata l'08.01.2022 il Giudice di Pace di Rieti, dopo avere respinto la domanda della convenuta soc. (...), tesa alla declaratoria di difetto di legittimazione attiva della (...) S.a.s. di (...), respingeva la domanda in quanto non provata, ponendo a carico degli attori le spese di CTU e le spese di lite ed osservando, per quanto qui interessa: che la dichiarazione confessoria resa nel modulo di constatazione amichevole del sinistro dal responsabile del danno non aveva valore di piena prova neppure nei confronti del confitente, ma doveva essere liberamente apprezzata dal giudice, applicandosi l'art. 2733, III co., c.c.; che identico discorso doveva farsi per la mancata risposta della convenuta (...) all'interrogatorio formale; che, quindi, i suddetti elementi avrebbero dovuto essere valutati unitamente ad ulteriori risultanze probatorie "confermative della domanda formulata dall'attore"; che, al contrario, le ulteriori risultanze probatorie erano contrarie a quanto dedotto dagli attori; che, invero, la (...) S.p.a. aveva versato in atti una richiesta risarcitoria redatta dallo (...) che, nel fare riferimento al sinistro occorso il 14.12.2017 in via (...), citava un ulteriore veicolo (Renault Clio) cui gli istanti non avevano fatto alcun riferimento; che, ancora, alla (...) S.p.a. era stato trasmesso, da parte del conducente del veicolo da ultimo indicato, un modello CAI del tutto dissimile da quello versato in atti dagli attori; che, infine, erano state depositate in atti fotografie del veicolo Fiat Punto non riparato, che presentava alcune lievi ammaccature nella parte frontale del tutto incompatibili con un urto di "media entità". Avverso tale decisione proponevano appello (...), la (...) S.a.s. di (...), (...) e (...), lamentando con un primo motivo "Omessa e/o contraddittoria motivazione della Sentenza di primo grado in punto di non attribuzione della responsabilità unica ed esclusiva nella causazione dell'incidente a carico del sig. (...), quale conducente dell'autovettura Fiat Punto, tg. (...). Omessa valutazione dei propri mezzi istruttori e prove come svolti nel giudizio di primo grado segnatamente: le rese deposizioni e la svolta CTU medico legale (riferimento pag. 4 Sentenza di primo grado) violazione art. 143, co. 2 D.Lgs. n. 209 del 2005" ed esponendo, tra l'altro, a sostegno: che la sentenza del Giudice di Pace del tutto apoditticamente non aveva valutato e/o considerato, nella giusta ottica e misura, la prodotta documentazione da parte degli attori, segnatamente la confessione stragiudiziale resa dai conducenti dei veicoli coinvolti (Fiat Punto sig. (...)) e (Volkswagen Golf sig. (...)), i quali avevano descritto la dinamica del sinistro con chiara attribuzione di responsabilità nella causazione del sinistro, da parte del conducente della Fiat Punto, sig. (...); che il modello CAI era stato puntualmente inviato in sede stragiudiziale alla costituita società assicuratrice, oggi appellata, in data 30.10.2018, come da documentazione versata negli atti del fascicolo di primo grado degli appellanti, ricevendone riscontro in data 8.11.2018, da parte dell'appellata per ritenuta incompatibilità del sinistro (riscontro della società (...)); che da parte attorea erano stati puntualmente richiesti, a conforto della prodotta documentazione (modulo CAI), tanto l'interrogatorio formale della proprietaria del veicolo danneggiante Fiat Punto sig.ra (...) - che, ritualmente chiamata in giudizio, non era comparsa -, quanto l'interrogatorio libero del sig. (...), quale conducente del veicolo danneggiante e sottoscrittore del modulo "CAI" prodotto in giudizio; che quest'ultimo, oltre a confermare tutte le circostanze della dinamica del sinistro, articolate anche in atto di citazione, aveva riconosciuto come propria la sottoscrizione apposta sul modulo stesso; che tutti gli elementi prodotti non erano stati per nulla contrastati, con adeguata valenza probatoria di riscontro, ad opera dell'appellata, avvalorando, in tale modo le allegazioni degli attori. Con un secondo motivo gli appellanti censuravano "Contraddittorietà della Sentenza di primo grado per omessa valutazione della CTU medico - legale" deducendo, tra l'altro, che nella depositata Relazione peritale, testualmente l'interpellato perito aveva dichiarato tanto per la posizione dell'attrice (...), quanto per il sig. (...), che "Il nesso causale tra l'evento traumatico e le conseguenze derivatene appare verificato sotto il profilo cronologico, topografico e modale" e che per l'effetto la oggi gravata decisione appariva carente e/o lacunosa se non contraddittoria, anche sotto questo ulteriore profilo, laddove faceva discendere la reiezione della domanda risarcitoria solo dalla considerazione che le risultanze istruttorie precisamente fornite dagli attori assumessero mero valore di prova "liberamente apprezzabili", senza nulla fornire, in punto di motivazione, circa la ritenuta "irrilevanza" di tali, invece esaustive risultanze peritali, peraltro svolte nel pieno contraddittorio delle parti. Tanto premesso, gli appellanti concludevano come segue: "Piaccia all'Ill.mo Tribunale, adito e competente, ogni contraria eccezione, deduzione e conclusione respinta, in accoglimento del presente appello ed in riforma dell'impugnata Sentenza n. 15/21 - R.G. 963/2019 pubblicata mediante deposito l'08.01.2021, nei confronti degli odierni appellati ed in favore degli appellanti signori: (...), (...), (...) sas e così di seguito statuire e decidere: A) In riforma dell'impugnata sentenza di primo grado dichiarare la responsabilità del sinistro stradale verificatosi in Rieti, il 12.12.2017 ad esclusivo carico del sig. (...), quale conducente dell'autovettura Fiat Punto, tg. (...) di proprietà della sig.ra (...), assicurata per la RCA con la società (...) S.P.A., giusta la polizza n. (...) in vigore al momento dell'occorso sinistro; B) Per quanto sopra, condannare gli appellati in solido tra loro e per essi la società (...) s.p.a. in persona del legale rappresentante p.t. al risarcimento dei danni fisici subiti dagli appellanti e così precisati: quanto al sig. (...) nella misura stabilita sulla base della documentazione medica versata negli atti del giudizio oltre ad Euro 692,00 per le spese mediche documentate; per il sig. (...) al ristoro dei danni fisici nella misura liquidata con la CTU medico legale svolta nel giudizio di primo grado ed Euro 720,00 per spese mediche documentate riconosciute nella CTU medico legale; quanto alla sig.ra (...) al ristoro dei danni da lesioni fisiche indicati nella CTU del dott. Mario Ferrigno oltre ad Euro 992,00 per spese mediche riconosciute in CTU; in favore della società (...) sas, nella di lei spiegata qualità, per il ristoro dei danni materiali pari ad Euro 1.635,61; C) Condannare i convenuti in solido tra loro alle spese e compensi del doppio grado di giudizio da liquidarsi separatamente a favore del sottoscritto procuratore dichiaratosi antistatario". La (...) S.p.a., costituitasi in giudizio, contestava l'appello siccome infondato in fatto e in diritto e rassegnava le seguenti conclusioni: "che l'Ecc.mo Tribunale di Rieti, adito in funzione di Giudice del gravame, ogni contraria istanza, eccezione e deduzione disattesa e respinta, Voglia: - in via preliminare: dichiarare l'inammissibilità dell'appello proposto, ex art. 348 bis c.p.c., poiché lo stesso non ha ragionevole probabilità di essere accolto per i motivi sopra esposti; - in via principale: rigettare l'appello proposto, in quanto infondato in fatto e in diritto, per tutti i motivi spiegati in narrativa, confermando, per l'effetto, la sentenza impugnata n. 15/2021 (resa dal Giudice di Pace di Rieti, in data 8.1.2021, a definizione del giudizio recante R.G. 963/2019), con vittoria delle spese del presente grado di giudizio; - in via subordinata: nella denegata e non creduta ipotesi di accoglimento, anche parziale, del gravame proposto, accertare e dichiarare l'infondatezza della determinazione del danno, come formulato dagli appellanti, contenendo l'eventuale risarcimento nella minor somma che sarà ritenuta congrua e di giustizia, tenuto conto della CTU medico legale effettuata nel giudizio di primo grado". (...), regolarmente citata a comparire, non si costituiva. La causa, respinte le richieste istruttorie di parte appellante, veniva trattenuta in decisione - sulle conclusioni rassegnate dalle parti costituite in sede di note autorizzate depositate il 25.10.2022 - all'udienza del 27.10.2022, svoltasi con contraddittorio cartolare, come stabilito dal Tribunale con Provv. del 20 ottobre 2022. Preliminare è la declaratoria di contumacia di (...), non costituitasi, pur essendo stata regolarmente citata a comparire. Nel merito, il primo motivo di appello è infondato e come tale deve essere respinto. Ed invero, del tutto correttamente il giudice di primo grado ha ritenuto che le dichiarazioni rese dai conducenti dei veicoli coinvolti (Fiat Punto - sig. (...)) e (Volkswagen Golf - sig. (...)) e la mancata risposta della convenuta contumace (...) all'interrogatorio formale non fossero idonee a dar prova in ordine al verificarsi del sinistro e alla sua dinamica. Al riguardo, per giurisprudenza costante la dichiarazione confessoria contenuta nel modulo di constatazione amichevole del sinistro (cosiddetto "modulo CAI") non ha valore di piena prova nemmeno nei confronti del solo dichiarante, ma deve essere liberamente apprezzata dal giudice: trova, infatti, in subiecta materia applicazione la norma di cui all'art. 2733, III co., c.c., secondo cui in caso di litisconsorzio necessario, la confessione resa da alcuni soltanto dei litisconsorti è liberamente apprezzata dal giudice e ciò sia nell'ambito del giudizio promosso dal danneggiato nei confronti dell'assicuratore della responsabilità civile da circolazione stradale, sia in quello promosso ai sensi dell'art. 149 cod. ass. nei confronti della propria compagnia di assicurazione (v., tra le altre, Cass. civ. n. 26975/19). Nella specie, il giudice di pace ha ritenuto che il modulo in questione non costituisse prova delle modalità di verificazione del sinistro, alla luce degli ulteriori elementi emersi in corso di causa (su cui, v. infra): la decisione risulta, pertanto, non censurabile sotto tale profilo, a maggior ragione in considerazione del fatto che la dichiarazione del sig. (...) è stata resa non dal litisconsorte necessario (e cioè la proprietaria (...)), bensì dal mero conducente, oltre tutto neppure citato nel presente giudizio, con conseguente dubbia applicabilità anche dell'art. 2733, III co., c.c., siccome contenente il riferimento ai soli litisconsorti necessari e che, ovviamente, nessuna rilevanza confessoria può essere attribuita a quanto riferito dal sig. (...), che ha reso dichiarazioni di fatti a sé favorevoli. Del pari, corretto appare il non avere il giudice primo grado attribuito rilevanza probatoria alla sola mancata risposta della convenuta (...) all'interrogatorio formale, posto che ai sensi dell'art. 232, I co., c.p.c. se la parte non si presenta o rifiuta di rispondere senza giustificato motivo, il giudice, valutato ogni altro elemento di prova, può ritenere come ammessi i fatti dedotti nell'interrogatorio e che, quindi, non solo trattasi di potere discrezionale, ma lo stesso può essere esercitato nel senso di attribuire efficacia alla mancata presentazione solo in presenza di ulteriori elementi a sostegno; elementi che, nella specie, il giudice ha ritenuto non sussistere, con valutazione logica ed immune da censure, essendo stata, anzi, riscontrata la presenza di elementi deponenti in senso contrario alla prova della verificazione dei fatti secondo quanto riferito dagli appellanti (l'avere la (...) S.p.a. versato in atti una richiesta risarcitoria redatta dallo (...) che, nel fare riferimento al sinistro occorso il 14.12.2017 in via (...), citava l'ulteriore veicolo Renault Clio cui gli istanti non avevano fatto alcun riferimento; l'essere stato trasmesso alla (...) S.p.a., da parte del conducente del veicolo da ultimo indicato, un modello CAI del tutto dissimile da quello versato in atti dagli attori; l'intervenuto deposito in atti di fotografie del veicolo Fiat Punto non riparato in cui erano visibili solo lievi ammaccature nella parte frontale, incompatibili con la dinamica del sinistro descritta dagli appellanti). Alla luce delle superiori considerazioni, il primo motivo di appello dovrà essere, pertanto, respinto, siccome giuridicamente infondato. Il secondo motivo di appello risulta, del pari, infondato e come tale deve essere respinto, atteso che le risultanze della consulenza medico-legale svolta sulle persone degli attori nulla prova, ovviamente, in merito alla dinamica del sinistro e alla responsabilità del conducente del veicolo Fiat Punto (peraltro, lo si ripete, nella specie neppure citato in giudizio) in ordine al medesimo, alla stessa potendo essere attribuita efficacia probatoria, al più, con riguardo all'accertamento del nesso causale tra un impatto e danni fisici dallo stesso scaturenti. L'appello dovrà essere, in conclusione, respinto, con conseguente ed integrale conferma della sentenza di primo grado. Le spese del presente grado di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo, tenuto conto dell'assenza di fase istruttoria. Non luogo a provvedere sulle spese avuto riguardo alla posizione processuale di (...), rimasta contumace. Dovrà, infine, darsi atto dell'esistenza dei presupposti per il versamento, da parte degli appellanti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per l'appello, ai sensi e per gli effetti dell'art. 13, comma 1quater, D.P.R. n. 115 del 2002, trattandosi di rigetto di impugnazione. P.Q.M. Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni altra istanza disattesa o assorbita, così dispone: - dichiara la contumacia di (...); - respinge l'appello proposto da (...), (...) S.a.s. di (...), (...) e (...) avverso la sentenza del Giudice di Pace di Rieti n. 15/2021 depositata in data 08.01.2022, che per l'effetto conferma integralmente; - condanna gli appellanti, in solido tra loro, a rifondere alla (...) S.p.a. le spese del presente grado di giudizio, che liquida in complessivi Euro 1.701,00 a titolo di compensi professionali, oltre alle spese forfettarie ex art. 2 D.M. n. 55 del 2014 ed oltre ad IVA e CPA come per legge; - non luogo a provvedere sulle spese avuto riguardo alla posizione processuale di (...); - dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della società appellante, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, ai sensi e per gli effetti dell'art. 13, comma 1quater, D.P.R. n. 115 del 2002. Così deciso in Rieti il 17 gennaio 2023. Depositata in Cancelleria il 17 gennaio 2023.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE DI RIETI SEZIONE CIVILE Nella persona del Giudice dott.ssa Antonella Tassi ha emesso la seguente SENTENZA nella causa civile iscritta al n. 421 del Ruolo Generale degli affari contenziosi dell'anno 2020 TRA (...) (C.F. (...)) rappresentata e difesa dall'avv. (...), giusta procura in atti - opponente CONTRO (...) S.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti (...) giusta procura in atti - opposta OGGETTO: opposizione avverso Decreto ingiuntivo per il pagamento di somme di denaro. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con atto di citazione ritualmente notificato (...) proponeva opposizione al decreto ingiuntivo n. 650/2019 emesso il 27.11.2019 dal Tribunale di Rieti in favore della (...) srl con il quale veniva richiesto all'opponente il pagamento dell'importo di euro 5.935,43 oltre interessi e spese di lite. Veniva eccepita la nullità del ricorso e del decreto per genericità ed indeterminatezza della domanda avendo parte ricorrente fatto riferimento nel ricorso a generici rapporti contrattuali, disconoscimento della scrittura privata del 11.20.2000, nullità della clausola di pattuizione degli interessi, spiegando le seguenti conclusioni: "Voglia l'Ill.mo Tribunale adito, ogni contraria istanza, eccezione e deduzione disattesa, accogliere la presente opposizione e per l'effetto: 1) revocare il decreto ingiuntivo n. 650/2019 poiché inefficace, nullo, annullabile, illegittimo ed infondato per tutti i motivi esposti nelle premesse del presente atto; 2) condannare l'opposta al pagamento delle spese processuali, oltre 15% rimborso forfettario, 4% Ca e 22% Iva.". Si costituiva in giudizio la (...) SRL impugnando e contestando quando dedotto da parte opponente e precisando le seguenti conclusioni: "Voglia l'Ill.mo Giudice adito, disattesa ogni contraria istanza, eccezione o deduzione, In via preliminare, nel merito, concedere la provvisoria esecutorietà dell'opposto decreto ingiuntivo n. 650/2019, R.G. n. 1894/2019, del 27/11/2019 emesso dal Tribunale di Rieti stante la ricorrenza dei presupposti di cui all'art. 648 C.p.c. In via principale, nel merito, rigettare l'opposizione proposta e tutte le domande in essa formulate, perché infondate in fatto ed in diritto, per i motivi tutti indicati in narrativa e, per l'effetto, confermare il decreto ingiuntivo n. 650/2019, R.G. n. 1894/2019, del 27/11/2019 emesso dal Tribunale di Rieti. In via subordinata, nel merito, condannare, in ogni caso, la Sig.ra (...) al pagamento in favore della società (...) S.r.l. della diversa, maggiore o minore somma che risulterà all'esito dell'espletanda attività istruttoria. In ogni caso con vittoria di spese e compensi, oltre Iva e Cpa, nonché successive occorrende." In via istruttoria parte opposta chiedeva la verificazione ai sensi dell'art. 216 C.p.c. e ss. della firma della (...) apposta sul contratto, con richiesta di ordine all'opponente ex art. 210 C.p.c. dell'esibizione di scritture di comparazione - passaporto, documento d'identità, patente di guida -risalenti al periodo in cui veniva sottoscritto il contratto in parola, quali mezzi di prova necessari per l'espletamento di un giudizio comparativo da parte del consulente tecnico. Alla udienza di prima comparizione il Giudice, rilevato che la materia oggetto di causa (contratto bancario) ai sensi dell'art. 5 comma 1 D.Lgs. 28/10 prevede l'espletamento di un procedimento di mediazione a pena di improcedibilità del giudizio di opposizione ("chi intende esercitare in giudizio un'azione relativa ad una controversia in materia di ...contratti assicurativi, bancari e finanziari è tenuto preliminarmente ad esperire il procedimento di mediazione") assegnava a parte opposta termine di giorni 15 dalla notifica del provvedimento per la introduzione della procedura di mediazione obbligatoria. Alla successiva udienza del 5.02.2021 svolta con la modalità di trattazione scritta con deposito note, veniva dato atto che non risultava depositato il verbale relativo all'espletamento del tentativo obbligatorio di mediazione, la causa veniva rinviata per la precisazione delle conclusioni. La causa veniva alla successiva udienza trattenuta in decisione con termini di legge per deposito di comparse conclusionali e repliche. MOTIVI DELLA DECISIONE. Ai fini della decisione della controversia appare assorbente la eccezione pregiudiziale svolte dalla parte opponente. Come è noto, il D.Lgs. n. 28/2010 istituisce un procedimento obbligatorio di mediazione: chi intende esercitare un'azione in giudizio per alcune materie di diritto deve necessariamente prima esperire un tentativo di conciliazione. L'art. 5 D.Lgs. n. 28/2010, di attuazione della direttiva comunitaria, prevede uno spettro molto ampio di contenzioso, che va dalle controversie in materia di condominio, diritti reali, divisione, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione, comodato, affitto di aziende, risarcimento del danno derivante dalla circolazione di veicoli e natanti, sino alla responsabilità medica e da diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di pubblicità, nonché ai contratti assicurativi, bancari e finanziari. Nel contesto bancario l'art. 5, comma 1, D.Lgs. n. 28/2010 prevede, più in particolare, che il potenziale attore debba preliminarmente esperire il procedimento di mediazione disciplinato da tale decreto oppure, in alternativa, il procedimento istituito in attuazione dell'art. 128-bis t.u.b. Il testo è inequivocabile: "Chi intende esercitare in giudizio un'azione relativa a una controversia in materia di condominio, diritti reali, divisione, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione, comodato, affitto di aziende, risarcimento del danno derivante da responsabilità medica e sanitaria e da diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di pubblicità, contratti assicurativi, bancari e finanziari, è tenuto, assistito dall'avvocato, preliminarmente a esperire il procedimento di mediazione ai sensi del presente decreto" ovvero i procedimenti..." speciali all'uopo previsti (rileva in questa sede quello dell'art. 128 bis TUB). L'aver reso preventiva la mediazione quale condizione di procedibilità dell'azione in giudizio risponde ad una precisa scelta del nostro legislatore, che oltre a favorire soluzioni basate sulle esigenze delle parti, risponde ad una logica chiaramente deflattiva, volta cioè a contenere i costi ed i tempi della giustizia civile senza al contempo rendere particolarmente complesso l'accesso alla stessa, qualora il previo tentativo abbia esito negativo. La Suprema Corte di Cassazione a Sezione Unite, con sentenza n. 19596 del 18.09.2020 così enunciava il principio di diritto: "Nella controversia soggetta a mediazione obbligatoria ex art. 5 comma 1bis del D.Lgs. n. 28 del 2010 i cui giudizi vengono introdotti con un decreto ingiuntivo, una volta instaurato il relativo giudizio di opposizione e decise le istanze di concessione o sospensione della provvisoria esecuzione del decreto, l'onere di promuovere la procedura di mediazione è a carico della parte opposta; ne consegue che ove essa non si attivi alla pronuncia di improcedibilità di cui al citato art. 5 comma 1bis del D.Lgs. n. 28 del 2010 conseguirà la revoca de decreto ingiuntivo". Parte opposta nonostante il provvedimento del Giudice che la invitava a promuovere il tentativo di mediazione, non ha ottemperato all'onere. In mancanza di proposizione di mediazione obbligatoria e in applicazione a quanto disposto dalla Cassazione con la recente pronuncia del 2020, il presente giudizio deve ritenersi improcedibile ed il decreto ingiuntivo n. 650/2019 deve essere revocato. Le spese legali seguono la soccombenza. P.Q.M. il Tribunale di Rieti, definitivamente pronunciando, così provvede: - Ritenuta non soddisfatta la condizione di procedibilità dell'avvio della mediazione, ex art. 5, c. 2, D.Lgs. 28/2010, da parte di (...) srl dichiara improcedibile il giudizio di opposizione e revoca il decreto ingiuntivo opposto n. 650/2019 emesso dal Tribunale di Rieti in data 27.11.2019 - Condanna parte opposta alla refusione delle spese di lite che liquida in ragione di euro 2.417,50 oltre accessori di di legge che dovranno essere versate in favore dello Stato posto che la parte opponente è stata ammessa al gratuito patrocinio. Così deciso in Rieti 15 gennaio 2023. Depositata in Cancelleria il 16 gennaio 2023.
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