Sentenze recenti Tribunale Rimini

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  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO DI RIMINI SEZIONE UNICA CIVILE Il Tribunale, nella persona del Giudice dott.ssa Chiara Zito ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 2802/2019 promossa da: (...) (C.F. (...)), con il patrocinio dell'avv. SI.FA. elettivamente domiciliato in Indirizzo Telematico presso il difensore avv. SI.FA. ATTORE/I contro (...) (C.F. (...)) (...) S.P.A., (C.F. (...)), con il patrocinio dell'avv. CE.RO., elettivamente domiciliato in VIA (...) 47923 RIMINI presso il difensore avv. CE.RO. CONVENUTO/I ISTITUTO NAZIONALE DI PREVIDENZA SOCIALE (C.F. (...)), con il patrocinio dell'avv. FR.BE. (C.F. (...)) e dell'avv. AN.CI. INTERVENUTO CONCISA ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE 1. Con atto di citazione ritualmente notificato, (...) conveniva in giudizio (...) e la (...) S.P.A., rispettivamente proprietario/conducente e assicuratore dell'autoveicolo Opel Astra S.W. con targa (...), per sentirli condannare in solido al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali subiti, previa declaratoria che il sinistro stradale avvenuto a Cattolica in data 17/7/2012 si è verificato per responsabilità esclusiva del conducente della predetta autovettura. Esponeva, in particolare, l'attore che quella mattina, verso le ore 07.40, si trovava a Cattolica alla guida della propria motocicletta modello G. "Nevada" 750 targata (...) quando, provenendo da Via T., direzione mare-monte, si immetteva nella rotatoria presente all'incrocio con Via E. R.. Giunto all'altezza della prima uscita (in corrispondenza di Via E. R.), vedeva improvvisamente sopraggiungere con direzione di marcia Rimini-Pesaro l'automobile condotta dal (...), il quale, senza arrestarsi al segnale orizzontale di dare la precedenza e senza avvedersi del motociclo già presente all'interno della rotatoria, si immetteva nella stessa causando la caduta a terra dell'attore, che cercava in ogni modo di evitare l'impatto frenando e sterzando in direzione opposta a quella dell'auto. In conseguenza della caduta, l'attore riportava lesioni e veniva trasportato in ambulanza al Pronto Soccorso dell'Ospedale di Riccione dove, dopo le cure e i necessari accertamenti, gli venivano riscontrate: "lussazione scapolo-omerale sinistro, abrasione emitorace sinistro e ginocchio sinistro" con una prognosi di gg. 20 salvo complicazioni. Sul posto interveniva la Polizia Municipale di Cattolica che effettuava i rilievi del sinistro. Successivamente al sinistro, l'attore si sottoponeva a numerose visite specialistiche e, in data 11/03/2014, veniva sottoposto a intervento secondo Bristow-Laterjet con stabilizzazione con vite, per riduzione cruenta di lussazione della spalla; tutore per 25 gg. per poi essere dimesso con una prognosi di gg. 90. L'attore rilevava di avere riportato nell'incidente lesioni comportanti invalidità permanente e danni materiali al proprio veicolo. Pertanto, formulava la richiesta di risarcimento danni, ricevendo risposta negativa dalla compagnia assicurativa del veicolo antagonista, la quale riteneva che non fosse ravvisabile alcuna responsabilità a carico del proprio assicurato. Nel presente giudizio, preceduto dall'invito alla stipula di una convenzione di negoziazione assistita, l'attore domandava quindi l'accertamento della responsabilità esclusiva del (...) nella causazione del sinistro e la condanna dei convenuti al risarcimento del danno, quantificato in Euro 143.558,01. Si costituiva in giudizio (...) S.P.A. (da ora in avanti solo A.), contestando la domanda dell'attore ed eccependo la mancanza di prova della dinamica dei fatti, come descritti in atto di citazione. In particolare, la convenuta evidenziava che sul luogo del sinistro non erano stati rinvenuti testimoni oculari e che non era provato né che (...) avesse omesso di concedere la precedenza immettendosi nella rotatoria, né che (...) circolasse già all'interno della stessa. Il sinistro era invece da ricondursi, in via esclusiva o quanto meno concorrente, alla condotta di guida dell'attore, il quale aveva perso il controllo del proprio mezzo, forse anche a causa della velocità non consona al luogo percorso, così violando il disposto di cui all'art. 141 C.d.s.. In ogni caso, la compagnia assicurativa contestava la quantificazione del danno operata da parte attrice, negando che sussistessero i presupposti per la c.d. personalizzazione della liquidazione. La stessa concludeva chiedendo il rigetto della domanda. Nessuno si costituiva in giudizio per (...), che all'udienza del 12/02/2020 veniva dichiarato contumace. In data 06/11/2020 spiegava intervento l'INPS, rilevando di aver erogato in favore dell'attore la somma di Euro 2.221,25 a titolo di indennità di malattia per il periodo di assenza dal lavoro e di volersi surrogare nei suoi diritti nei confronti dei responsabili del sinistro. Depositate le memorie ex art. 183, comma VI, c.p.c., la causa veniva istruita mediante la documentazione depositata, l'interrogatorio formale dell'attore e del convenuto (...), le testimonianze richieste dalle parti e la Consulenza Tecnica d'Ufficio medico-legale sulla persona dell'attore, con nomina del dott. (...). Esaurita l'istruttoria, le parti precisavano le conclusioni e la causa veniva trattenuta in decisione, previa assegnazione dei termini di cui all'art. 190 c.p.c.. 2. Tanto premesso quanto allo svolgimento del processo, dall'istruttoria svolta è emerso quanto segue. Dal rapporto di incidente stradale redatto dalla Polizia Municipale di Cattolica (doc. 2 fasc. attrice) risulta che gli Agenti sono giunti sul luogo del sinistro verso le ore 08.00, circa venti minuti dopo l'incidente, dove erano già presenti i Carabinieri di Cattolica, i quali si trovavano casualmente nelle vicinanze. Sul posto non sono stati identificati testimoni oculari, era presente unicamente un soggetto (S.A.) il quale riferiva di non aver assistito all'incidente, di aver chiamato il 118 e di aver parlato col conducente dell'autovettura, che dichiarava che a causa del sole radente non aveva visto la moto sopraggiungere e che non c'era stato contatto fra i veicoli. Gli Agenti davano atto che al loro arrivo i veicoli erano già stati spostati e che il conducente dell'autovettura si era già allontanato per ragioni di lavoro, lasciando i suoi contatti al motociclista. Quanto alle condizioni della strada, gli Agenti hanno annotato: "...Fondo stradale: asciutto. Condizioni della strada: buono. Condizioni del tempo: sereno. Condizioni di luce: giorno. Luce abbagliante". Quanto ai soggetti coinvolti, sono state assunte le dichiarazioni del solo (...), il quale ha riferito che: "A bordo della mia auto dopo aver percorso Via E. R. con direzione Rn/Ps, mi immettevo nella rotatoria formata da Via E. R. stessa, con via O.-T.. Giunto circa a metà della rotonda mi accorgevo, guardando lo specchietto retrovisore esterno, del sopraggiungere alle mie spalle di una moto che mi pareva stesse perdendo il controllo, tanto che, non avendo altre vie di fuga, tentava di superarmi a sx pur non avendo spazio. lo, per evitare la collisione mi spostavo alla mia dx; nonostante ciò il motociclista cadeva senza assolutamente urtare la mia auto. Mi spostavo di qualche metro per non bloccare il traffico e accorrevo sul luogo della caduta per sincerarmi delle condizioni del motociclista. Sembrava incolume e mi assicurava di non aver bisogno di aiuto, tanto che mi invitava ad andarmene. Nonostante ciò mi premuravo di lasciargli il mio biglietto da visita con tutti i miei recapiti, che integravo con altri dati personali. Rassicurato sulle condizioni della persona mi allontanavo anche perché dovevo recarmi con urgenza sul posto di lavoro a Morciano di Romagna, dove avevo l'incombenza di aprire la filiale bancaria del (...)". All'esito degli accertamenti, gli Agenti hanno annotato quanto segue: "Impossibile risalire, allo stato dei fatti, ad una dinamica attendibile dell'evento infortunistico. Si conferma comunque che la vettura interessata, ispezionata il 17 luglio 2012 ore 18:00 c.a., non presenta danni visibili attribuibili al sinistro. Trattasi molto probabilmente i caduta da perdita di controllo, senza urto fra i veicoli. Non si ritiene opportuno contestare infrazioni ai C.d.S. a carico dei conducenti coinvolti". Le risultanze del rapporto di incidente stradale sono state sostanzialmente confermate, in sede testimoniale, da (...) e (...), rispettivamente sovraintendente e assistente di Polizia Municipale, sentiti all'udienza del 10/12/2021. Alla stessa udienza è stata assunta la testimonianza di (...), il quale ha confermato le circostanze dedotte nei capitoli di prova di parte attrice, dichiarando che: "ho assistito al sinistro ed è andata come indicato nel capitolo, adesso non ricordo con precisione i modelli dei mezzi o le targhe... si è vero, ha fatto una brusca virata sulla sinistra andando a cadere sulla sinistra mentre il conducente della vettura veniva da destra...io mi trovavo sulla mia vettura all'inizio dell'imbocco della rotatoria andavo verso Riccione cioè giravo a destra...Preciso che appena ho visto l'incidente ho svoltato a destra e mi sono fermato sulla destra nella Via E. R.. Sono sceso e ho visto che c'era una persona che stava già prestando soccorso a quel punto sono andato via". Interrogato a prova contraria sui capitoli di cui alla seconda memoria istruttoria di parte (...), il testimone ha dichiarato che: "la strada era completamente libera nella rotatoria la momento in cui il motociclista si è fermato per controllare la rotatoria stessa...ricordo che il motociclista si è fermato e poi ha ripreso la marcia dopo aver visto che nessuno sopraggiungeva...quando affrontava la curva cadeva a terra poiché sopraggiungeva una macchina che non gli concedeva la precedenza per cui sterzava verso sinistra cadendo a terra". Quanto ai suoi rapporti personali con l'attore, il testimone ha dichiarato che: "...io non conoscevo (...)...conosco da diverso tempo (...) che è la ragazza del (...) e ci siamo incontrati qualche giorno dopo il sinistro con questo ragazzo che aveva una fasciatura e ho così capito che era il ragazzo in questione e così mi hanno chiesto di testimoniare". Alla successiva udienza è stata assunta la testimonianza di (...), il quale ha dichiarato di non ricordare i fatti, né le sue dichiarazioni alla Polizia Municipale, stante il lungo tempo trascorso dal sinistro. In sede di interrogatorio formale, l'attore e il convenuto (...) hanno confermato le rispettive versioni dei fatti. Il primo ha dichiarato che: "la visuale era libera...non stavo assolutamente omettendo di rallentare ma mi sono fermato e ho guardato a destra e sinistra per verificare se sopraggiungessero vetture...non è vero, ero appena ripartito e la mia moto è una moto da passeggio...si rovinavo a terra ma per evitare l'impatto con la macchina che stava sopraggiungendo in quel momento senza rallentare e senza concedermi la dovuta precedenza in quanto io avevo già occupato la corsia di marcia...". Il secondo ha dichiarato che: "io sono arrivato alla rotonda, ho guardato se arrivava qualcuno e poi mi sono immesso nella rotonda non avendo visto nessuno. Quando stavo uscendo dalla rotonda con la coda dell'occhio ho visto infilarsi tra me e la rotonda una moto che è poi caduta dentro la rotonda lato mare. Io mi sono fermato poi 4-5- metri più avanti sulla destra per vedere cosa era successo. Preciso che non sono stato urtato da tale mezzo...ho solo visto con la coda dell'occhio la moto che si infilava e poi cadeva dentro la rotonda dalla parte lato mare. Il conducente cadeva sbattendo la parte sinistra a terra...". Dal referto del Pronto Soccorso (doc. 1 fasc. attore) emerge che (...) è giunto in ambulanza all'ospedale di Riccione alle ore 08.55 del 17/07/2012 a seguito di sinistro stradale, riferendo ai sanitari di essere stato coinvolto in "incidente stradale con moto (per evitare impatto con auto)". 3. Così riassunti gli esiti dell'istruttoria, deve ritenersi sufficientemente provato che la caduta dell'attore sia stata determinata dalla condotta di guida di (...), il quale, verosimilmente a causa della luce abbagliante del sole, si è immesso nella rotatoria senza concedere la dovuta precedenza. In questo senso depone la testimonianza di (...), il quale ha confermato che la motocicletta condotta da (...) aveva già impegnato la rotatoria, quando l'automobile di (...) si è immessa repentinamente, costringendolo, per evitare l'impatto, a sterzare a sinistra. In relazione a tale testimone, deve osservarsi che non è implausibile che questi non ricordi i modelli e le targhe dei mezzi coinvolti nel sinistro, né che subito dopo il sinistro si sia allontanato in quanto il motociclista caduto a terra era già stato soccorso da altro soggetto (che potrebbe essere lo stesso (...), secondo quanto da lui dichiarato). Tale circostanza spiega perché il testimone non è stato identificato in sede di rilievi svolti dalla Polizia Municipale, ma sia stato indicato dal danneggiato solo in un secondo momento. Anche quanto ai rapporti di conoscenza con l'attore, non appare inverosimile che il testimone conoscesse la compagna di (...) e che i due si siano incontrati casualmente poco dopo il sinistro, essendo residenti in piccoli comuni tra loro molto vicini (l'attore a M.A., (...) a G.). (...), peraltro, è stato indicato come testimone anche nel procedimento penale davanti al Giudice di Pace di Rimini, nel corso del quale ha rilasciato dichiarazioni coincidenti con quelle rese nel presente giudizio (v. verbali di udienza allegati alla seconda memoria istruttoria di parte (...)). L'allegazione a sospetto svolta dalla convenuta non appare, quindi, supportata da sufficienti elementi e non è di ostacolo all'utilizzazione della prova testimoniale. Le dichiarazioni del teste trovano poi indiretta conferma in quanto riferito all'epoca dei fatti da (...) alla Polizia Municipale, vale a dire che subito dopo il sinistro (...) ha dichiarato di non aver visto il motociclista a causa della luce radente (condizione quest'ultima accertata anche dagli Agenti nel loro rapporto). Come sopra riportato, non è significativa la testimonianza resa in questo giudizio da (...), in quanto ha dichiarato di non ricordare i fatti a causa del tempo trascorso, ma non vi è motivo di dubitare della veridicità di quanto da lui riferito alla Polizia Municipale e riportato nel rapporto. A quanto sopra occorre aggiungere che le condizioni della strada descritte nel rapporto (fondo stradale asciutto e senza anomalie) appaiono scarsamente compatibili con la caduta accidentale del motociclo, apparendo maggiormente verosimile che il sinistro sia stato causato dalla interferenza con altro veicolo. Infine, non risulta significativo nemmeno che la Polizia Municipale intervenuta non abbia sanzionato nessuno dei conducenti coinvolti, stante l'impossibilità, nell'immediatezza dei fatti, di ricostruire la dinamica del sinistro, di cui si dà atto nel rapporto. La circostanza che il motociclista sia caduto per perdita del controllo del mezzo, inoltre, non esclude che tale situazione sia stata determinata da un altro utente della strada. 4. Una volta accertato il nesso causale tra la circolazione del veicolo di (...) e il danno subito dall'attore, occorre osservare che la circostanza che non vi sia stato scontro tra i veicoli impedisce l'applicazione della presunzione di uguale concorso di colpa, ma non la presunzione di responsabilità prevista dall'art. 2054 c.c., 1 comma, secondo cui "Il conducente di un veicolo senza guida di rotaie è obbligato a risarcire il danno prodotto a persone o a cose dalla circolazione del veicolo, se non prova di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno". Tale presunzione, infatti, opera a condizione che sia accertato il nesso di causalità tra la circolazione del veicolo e il danno, posto che, in mancanza del nesso causale, non scatta né la presunzione legale né, di conseguenza, l'onere di fornire la prova liberatoria di aver fatto il possibile per evitare il danno (così Cass., Sez. 3 - , Ordinanza n. 5433 del 27/02/2020). Secondo l'orientamento consolidato della giurisprudenza, formatosi soprattutto in materia di responsabilità per investimento di pedoni, la presunzione di responsabilità del conducente coinvolto può ritenersi superata solo nel caso in cui dia prova di aver fatto tutto il possibile per evitare l'evento dannoso, o quando dalle modalità del fatto si evinca con certezza che in alcun modo egli avrebbe potuto evitare il sinistro. Ne consegue che l'accertamento della condotta colposa del danneggiato non è sufficiente per affermare la sua esclusiva responsabilità, essendo necessario, altresì, che il conducente vinca la presunzione di colpa posta a suo carico dall'art. 2054, 1 comma, c.c., dando la prova di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno, tenendo conto che a tal fine, a nulla rileva l'anomalia della condotta del danneggiato, ma occorre dimostrare che la stessa non fosse ragionevolmente prevedibile e che il conducente avesse adottato tutte le cautele necessarie in base al caso concreto, anche sotto il profilo della velocità con cui il veicolo procedeva (Cassazione civile sez. III - 04/04/2017, n. 8663). Ne deriva che la responsabilità del conducente può essere esclusa solo se "risulti provato che non vi era, da parte di quest'ultimo, alcuna possibilità di prevenire l'evento, situazione ricorrente allorché il pedone abbia tenuto una condotta imprevedibile e anormale, sicché l'automobilista si sia trovato nell'oggettiva impossibilità di avvistarlo e comunque di osservarne tempestivamente i movimenti. In caso di investimento del pedone, inoltre, la prova liberatoria, che al conducente spetta fornire, è particolarmente rigorosa, tanto che la responsabilità di quest'ultimo non viene meno neppure nel caso in cui il pedone abbia repentinamente attraversato la strada, sempre che tale condotta anomale del pedone fosse - per le circostanze di tempo e di luogo - ragionevolmente prevedibile" (Cassazione civile sez. III - 28/02/2019, n. 5819; sul punto anche Cassazione civile sez. III, 11/06/2010, n. 14064). Qualora il conducente non riesca a vincere la presunzione di colpa, la condotta colposa del danneggiato può venire in rilievo per ridurre la percentuale di responsabilità, a norma dell'art. 1227 c.c., secondo il quale "se il fatto colposo del creditore ha concorso a cagionare il danno, il risarcimento è diminuito secondo la gravità della colpa e l'entità delle conseguenze che ne sono derivate", applicabile anche alla responsabilità per fatto illecito in forza del richiamo contenuto nell'art. 2056 c.c. Al riguardo, la Cassazione precisa che "La presunzione di colpa del conducente di un veicolo investitore, prevista dall'art. 2054, primo comma cod. civ., non opera in contrasto con il principio della responsabilità per fatto illecito, fondata sul rapporto di causalità fra evento dannoso e condotta umana, e dunque non preclude, anche nel caso in cui il conducente non abbia fornito la prova idonea a vincere la presunzione, l'indagine sull'imprudenza e pericolosità della condotta del pedone investito, che va apprezzata ai fine del concorso di colpa ai sensi dell'art. 1227, primo comma, cod. civ., ed integra un giudizio di fatto che, come tale, si sottrae al sindacato di legittimità se sorretto da adeguata motivazione" (Cassazione civile sez. III - 13/11/2014, n. 24204). 5. Tanto premesso, nel caso in esame i convenuti non hanno dimostrato che (...) abbia fatto tutto il possibile per evitare il danno, essendo emerso al contrario che questi ha violato le norme del Codice della Strada, non concedendo la precedenza al momento dell'immissione della rotatoria, nonché le comuni regole di prudenza, che avrebbero imposto di procedere con particolare cautela visto che la visibilità era ostacolata dalla luce abbagliante del sole. Quanto alla condotta di guida dell'attore, le circostanze emerse inducono a ritenere che nemmeno quest'ultimo si sia del tutto uniformato alle norme che regolano la circolazione stradale. Se fosse vero, infatti, che (...) procedeva a velocità moderata, essendo appena ripartito dopo essersi arrestato al momento di ingresso nella rotatoria, allora sarebbe ragionevole attendersi che, al sopraggiungere del veicolo condotto da (...), sarebbe riuscito a rallentare la marcia o ad arrestarsi, per evitare di dover compiere una brusca sterzata, rischiando di perdere il controllo del veicolo. Egli, dunque, risulta aver viaggiato ad una velocità non conforme a quanto prescritto dall'art. 141 C.d.s., secondo cui "1. È obbligo del conducente regolare la velocità del veicolo in modo che, avuto riguardo alle caratteristiche, allo stato ed al carico del veicolo stesso, alle caratteristiche e alle condizioni della strada e del traffico e ad ogni altra circostanza di qualsiasi natura, sia evitato ogni pericolo per la sicurezza delle persone e delle cose ed ogni altra causa di disordine per la circolazione. 2. Il conducente deve sempre conservare il controllo del proprio veicolo ed essere in grado di compiere tutte le manovre necessarie in condizione di sicurezza, specialmente l'arresto tempestivo del veicolo entro i limiti del suo campo di visibilità e dinanzi a qualsiasi ostacolo prevedibile". Alla luce di quanto sopra, considerata comunque prevalente la responsabilità di (...) nella causazione del sinistro, occorre riconoscere un concorso di colpa a carico dell'attore ai sensi dell'art. 1227, comma 1, c.c., nella misura ritenuta congrua del 25%. Conseguentemente, i convenuti sono tenuti al risarcimento del danno a favore dell'attore nella misura del 75%. 6. Circa i profili afferenti al quantum debeatur, occorre in primo luogo trattare del risarcimento del danno non patrimoniale sofferto dall'attore. In sede di CTU medico -legale è stato accertato che, in conseguenza del sinistro, l'attore ha riportato un politrauma, con ripercussioni funzionali irreversibili, inemendabili e stabilizzate rappresentate da: "Esiti cicatriziali ed algico-trofo-disfunzionali di lussazione traumatica della spalla sinistra, ridotta in narcosi, recidivata per instabilità ed operata di stabilizzazione con tecnica Bristow-Laterjet", cui corrisponde un danno biologico permanente del 14%. Quanto all'inabilità temporanea, essa è stata stimata dal CTU in una inabilità temporanea biologica totale di 45 (quarantacinque) giorni; una inabilità temporanea biologica parziale di 90 (novanta) giorni al 75%; una inabilità temporanea biologica parziale di 60 (sessanta) giorni al 50% e una inabilità temporanea biologica parziale di 60 (sessanta) giorni al 25%. Le conclusioni raggiunte dal CTU devono essere condivise, in quanto congruamente e logicamente motivate e non contestate dai consulenti delle parti. 7. La liquidazione del danno deve essere effettuata facendo applicazione delle tabelle dell'Osservatorio sulla Giustizia Civile di Milano, rivisitate graficamente nella versione del 2021, a seguito dei recenti orientamenti espressi dalla Corte di Cassazione in materia di danno morale. È noto, infatti, che, a seguito delle sentenze delle Sezioni Unite dell'11/11/2008, le tabelle milanesi erano state rielaborate tenendo in considerazione anche il ristoro dovuto per la sofferenza morale soggettiva. Fino alla versione 2018, le Tabelle mostravano, dunque, una liquidazione unitaria del danno non patrimoniale conseguente a "lesione permanente dell'integrità psicofisica della persona suscettibile di accertamento medico-legale", nei suoi risvolti anatomo-funzionali e relazionali, e del danno non patrimoniale conseguente alle medesime lesioni in termini di "dolore", "sofferenza soggettiva", in via di presunzione in riferimento ad un dato tipo di lesione. Con la versione del 2021 l'Osservatorio, prendendo atto dei recenti orientamenti espressi dalla giurisprudenza di legittimità - che hanno nuovamente attribuito una propria autonomia alla categoria del danno morale (o "da sofferenza soggettiva interiore"), distinguendola dal danno biologico/dinamico-relazionale - ha esplicitato in termini monetari la misura dell'aumento per la componente di sofferenza soggettiva. In particolare, considerata l'età del danneggiato al momento del fatto (33 anni), le Tabelle prevedono, per un'invalidità permanente nella misura del 14%, un danno non patrimoniale risarcibile di Euro 40.662,00, di cui Euro 31.279,00 a titolo di danno biologico ed Euro 9.383,00 a titolo di incremento per sofferenza soggettiva, pari al 30% della somma riconosciuta a titolo di danno biologico. Il danno non patrimoniale conseguente alla ritenuta invalidità temporanea va liquidato come segue: Invalidità temporanea totale Euro 4.455,00 Invalidità temporanea parziale al 75% Euro 6.682,50 Invalidità temporanea parziale al 50% Euro 2.970,00 Invalidità temporanea parziale al 25% Euro 1.485,00 Totale danno biologico temporaneo Euro 15.592,50 TOTALE GENERALE: Euro 56.254,50 8. Quanto alla richiesta di parte attrice di riconoscimento della personalizzazione della liquidazione, dalla disamina sopra svolta risulta evidente che la liquidazione secondo le Tabelle milanesi già comprende tali voci, essendo previsti valori monetari "medi", corrispondenti alle conseguenze "standard" della lesione, sia quanto agli aspetti anatomo-funzionali, sia quanto agli aspetti relazionali, sia quanto agli aspetti di sofferenza soggettiva, che possono essere aumentati secondo una determinata percentuale - onde consentire un'adeguata "personalizzazione" della liquidazione - laddove il caso concreto presenti peculiarità che vengano allegate e provate (anche in via presuntiva) dal danneggiato. La versione delle Tabelle 2021, come sopra si è accennato, ha lasciato inalterati tali valori, salvo il loro aggiornamento secondo gli indici ISTAT, limitandosi a distinguere, dal punto di vista grafico, l'aumento in termini monetari per la componente di sofferenza soggettiva. È indubbio, dunque, che la somma sopra riconosciuta tenga già conto sia della componente della sofferenza soggettiva, sia di quella della compromissione della vita di relazione e delle attività quotidiane precedentemente praticate, dovendosi solo accertare se sussistano i presupposti per una personalizzazione della liquidazione, in considerazione delle specifiche ripercussioni lamentate dal danneggiato. Nel caso di specie, dalla testimonianza di M.D., moglie di (...) in regime di separazione dei beni, risulta che "...ha subito un trauma con la moto e nonostante io lo sproni a risalire non riesce più a guidare la moto nemmeno lo scooter di mia proprietà, diventa subito nervoso. per quanto concerne l'auto devo dire che quando fa tratti un po' lunghi incomincia ad avere male alla spalla e a volte capita che in presenza di un veicolo che taglia la strada improvvisamente lui si agita inchioda e ha paura". Si tratta, tuttavia, di conseguenze ordinarie di lesioni della natura e della gravità di quelle riportate dall'attore, che non giustificano la personalizzazione della liquidazione, non essendo emerso, per esempio, che questi avesse la passione delle moto e che la rinuncia ad utilizzare tale mezzo sia stata per lui particolarmente dolorosa. Tali effetti negativi sono stati integralmente ristorati dalle somme riconosciute a titolo di danno da invalidità temporanea e permanente, con la conseguenza che null'altro deve essere riconosciuto a favore dell'attore per il pregiudizio non patrimoniale subìto. 9. Quanto al danno patrimoniale, meritano ristoro le spese mediche documentate e congrue per Euro 2.066,49, come riconosciuto in sede di CTU medico-legale. Parte attrice ha documentato altresì una spesa di Euro 1.031,49 per la riparazione della motocicletta (doc. 9 parte attrice), che va riconosciuta in quanto congrua rispetto ai danni riportati nella caduta. 10. Quanto, infine, alla richiesta di rimborso delle spese sostenute per l'attività stragiudiziale svolta dal difensore, occorre premettere che, come precisato da Cass. Civ., S.U., 10/07/2017, n. 16990, "il rimborso delle spese di assistenza stragiudiziale ha natura di danno emergente, consistente nel costo sostenuto per l'attività svolta da un legale in detta fase precontenziosa. L'utilità di tale esborso, ai fini della possibilità di porlo a carico del danneggiante, deve essere valutata ex ante, cioè in vista di quello che poteva ragionevolmente presumersi essere l'esito futuro del giudizio. Da ciò consegue il rilievo che l'attività stragiudiziale, anche se svolta da un avvocato, è comunque qualcosa d'intrinsecamente diverso rispetto alle spese processuali vere e proprie. Ne deriva che, se la liquidazione deve avvenire necessariamente secondo le tariffe forensi, essa resta soggetta ai normali oneri di domanda, allegazione e prova secondo l'ordinaria scansione processuale, al pari delle altre voci di danno emergente". Nel caso di specie, l'attore ha allegato nota professionale per l'importo complessivo di Euro 3.151,70, corrispondente ai parametri minimi previsti per l'attività stragiudiziale per lo scaglione da Euro 52.001 a 260.000, già comprensivi degli accessori di legge, che vanno riconosciuti in quanto adeguati alla natura dell'attività prestata dal difensore. 11. Sulla somma dovuta a titolo di risarcimento del danno, pari ad Euro 46.878,13 (già sottratto il 25% a titolo di concorso di colpa), andranno corrisposti, previa devalutazione in ragione della stima fattane secondo criteri aggiornati, l'ulteriore rivalutazione, secondo gli indici ISTAT di categoria dalla data del sinistro ovvero dall'esborso (per le spese) alla presente pronuncia, e gli interessi legali, questi ultimi da calcolarsi sulle somme rivalutate anno per anno a decorrere dal sinistro ovvero dall'esborso (cfr. in termini Cass. SU 1712/95) fino alla presente decisione. A seguito della liquidazione qui operata il debito di valore si converte in debito di valuta e su di esso dovranno computarsi gli interessi moratori ex lege fino al saldo effettivo. 12. Occorre, ora, esaminare la domanda ex art. 1916 c.c. dell'INPS, interveniente volontario, diretta a ottenere la ripetizione della somma di Euro 2.221,25, corrisposta al danneggiato (...) a titolo di indennità di malattia, per 46 giornate di lavoro, dal 17/07/2012 al 31/08/2012. Invero, all'assicuratore spetta l'intero ammontare del trattamento previdenziale corrisposto al danneggiato, atteso che il diritto di surrogazione trova il suo presupposto e il suo limite nella corresponsione dell'indennità all'assicurato e comporta che - ovviamente nei limiti di essa - l'assicuratore gli si sostituisca integralmente nel suo credito risarcitorio. La domanda dell'INPS merita, pertanto, accoglimento, con riferimento al valore di Euro 2.221,25, cui andranno applicati, trattandosi di credito di valore (v. Cass., n. 5594/15 e n. 1336/09), gli interessi legali e la rivalutazione monetaria secondo il criterio fatto proprio dalle Sezioni Unite della Cassazione (sent. n. 1712/95) a partire dalla data dell'esborso. 13. Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo secondo i parametri vigenti, nei limiti di quanto riconosciuto a titolo di risarcimento del danno. Le spese di CTU, già liquidate, devono essere definitivamente poste a carico dei convenuti. P.Q.M. Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza ed eccezione disattesa o assorbita, così dispone: 1. accerta e dichiara la responsabilità dei convenuti per il sinistro di cui è causa nella misura del 75% e per l'effetto li condanna in solido a corrispondere all'attore la somma di Euro 46.878,13, oltre interessi e rivalutazione calcolati come in motivazione; 2. condanna i convenuti in solido a corrispondere all'INPS l'importo di Euro 2.221,25, oltre interessi legali e rivalutazione calcolati come in motivazione; 3. condanna i convenuti a rifondere all'attore e al terzo intervenuto le spese di lite, che si liquidano per l'attore in Euro 808,61 per spese ed Euro 7.616,00 per compensi professionali, oltre a spese generali, i.v.a. e c.p.a. di legge; per l'INPS in Euro 1.702,00 per compensi professionali, oltre a spese generali e accessori di legge; 4. pone le spese di CTU, già liquidate con separato decreto, definitivamente a carico dei convenuti; 5. dichiara la sentenza esecutiva ex lege. Così deciso in Rimini il 9 maggio 2023. Depositata in Cancelleria il 10 maggio 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale di Rimini, in composizione monocratica, in persona del Giudice Dott. Lorenzo Maria Lico, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa iscritta al n. 554 del Ruolo generale degli affari contenziosi civili dell'anno 2020 e promossa da: (...) (C.F. (...)), rappresentata e difesa dall'avv. TO.AN. (C.F. (...)), elettivamente domiciliata in VIA (...), BOLOGNA, presso il difensore; ATTORE Contro (...) (C.F. (...)), rappresentato e difeso dall'avv. RI.MA. (C.F. (...)), dall'avv. DE.ST. (C.F. (...)) e dall'avv. IA.LU. (C.F. (...)), elettivamente domiciliato presso gli indirizzi pec dei difensori; CONVENUTO OGGETTO: VENDITA DI COSE IMMOBILI MOTIVI DELLA DECISIONE Con atto di citazione ritualmente notificato (...) adiva il Tribunale di Rimini al fine di ottenere l'accertamento dell'avvenuto trasferimento in suo favore, mediante contratto del 2.11.1993 stipulato per scrittura privata con (...), di una quota di proprietà di un bene immobile sito in R., Via C. n. 299. Allegava, in particolare, parte attrice che: - In data 2.11.1993 (...) e (...) sottoscrivevano una scrittura privata con cui il primo alienava 1/3 della proprietà immobiliare sita in R. in favore di (...); - L'acquirente pagava a titolo di corrispettivo per la vendita Lire 300.000.000, come risulta dalla quietanza rilasciata in suo favore e contenuta nella stessa scrittura privata; - L'atto di compravendita immobiliare non veniva trascritto in forza del legame affettivo tra le parti, che il 24.6.2000 contraevano matrimonio. Si costituiva in giudizio il convenuto, il quale chiedeva il rigetto della domanda in quanto infondata in fatto ed in diritto. In particolare, in via preliminare, parte convenuta disconosceva la sottoscrizione della scrittura prodotta da parte attrice. Inoltre, allegava che: - La domanda doveva ritenersi improcedibile per mancato esperimento del procedimento di mediazione; - La citazione doveva ritenersi nulla ex art. 163 comma 3 n. 7 c.p.c.; - La scrittura privata era nulla ai sensi dell'art. 1325 c.c., in quanto l'oggetto non era determinato né determinabile; - Non vi era la prova del pagamento del corrispettivo da parte dell'attrice; - In ogni caso, l'eventuale atto concluso tra le parti non andava qualificato come atto di compravendita quanto come atto di mutuo sorretto da garanzia immobiliare ed il convenuto aveva restituito l'importo ricevuto in prestito; - In via riconvenzionale, il convenuto deduceva la nullità della scrittura privata per violazione del divieto dei patti commissori di cui agli artt. 1953 e 2744 c.c. Alla prima udienza del 16.9.2020, (...), in conseguenza dell'eccezione di nullità del contratto di compravendita sollevata dal convenuto, formulava in via subordinata la richiesta di condanna di (...) a restituire la somma di Euro 154.937,07, oltre rivalutazioni ed interessi dal 2.11.1993 al saldo, a titolo di indebito oggettivo ex art. 2033 c.c. Con Ordinanza del 16.9.2020, il Giudice rilevava la nullità dell'atto di citazione e fissava, ai sensi dell'art. 164 comma 3 c.p.c., l'udienza del 3.3.2021 per verificare la corretta instaurazione del contraddittorio. Al presente giudizio veniva riunita la causa avente R.G. n. 809/2020 proposta da (...) contro (...) al fine di ottenere lo scioglimento della comunione immobiliare sui beni di cui si prospettava comproprietaria, oggetto della scrittura privata del 2.11.1993. Si costituiva in giudizio (...), il quale chiedeva il rigetto della domanda in quanto infondata in fatto ed in diritto. In particolare, parte convenuta contestava l'identificazione catastale del bene (in quanto indeterminato) e deduceva l'inesistenza dei presupposti per la divisione. La causa veniva istruita mediante produzioni documentali ed espletamento di interrogatorio formale di entrambe le parti. Con nota del 9.9.2021, parte attrice depositava presso il Tribunale l'originale della scrittura privata sottoscritta in data 2.11.1993 (depositata nel fascicolo telematico in data 23.6.2021) chiedendo che sulla stessa venisse effettuato il procedimento di verificazione. Sul punto, parte convenuta contestava la tardività del deposito e rilevava l'inutilizzabilità del documento. All'udienza del 14.12.2022, le parti precisavano le conclusioni ed il Giudice tratteneva la causa in decisione. La domanda è fondata e va pertanto accolta per i seguenti motivi. 1. Sull'autenticità della sottoscrizione della scrittura privata del 2.11.1993 riferibile a (...). Preliminarmente, ritiene il Tribunale che sia tempestivo il deposito dell'originale della scrittura privata effettuato da parte attrice in data 24.6.2021, per le seguenti ragioni. Innanzitutto, parte attrice ha fornito la prova di essersi trovata nell'impossibilità oggettiva di produrre l'originale della scrittura in un momento precedente a tale data per causa a lei non imputabile. In proposito, emerge per tabulas come l'originale della scrittura privata fosse stato affidato in deposito fiduciario dalla stessa parte attrice ad un soggetto terzo, l'avv. (...) (che ne aveva pertanto la materiale disponibilità). In particolare, (...) ha fornito la prova di essersi tempestivamente attivata al fine di reperire tale documento, richiedendone la consegna al soggetto che aveva assunto l'impegno di custodirla prima dello spiare del termine di decadenza della prima memoria istruttoria (vedi documentazione allegata alla nota di deposito del 23.6.2021, contenente lo scambio di corrispondenza con l'avv. (...)). Ancora, da tale documentazione emerge come la causa del mancato deposito dell'originale della scrittura in data antecedente al 23.6.2021 sia riconducibile ad un mancato ritrovamento del documento presso il terzo (che, riconoscendo in tal senso la propria responsabilità, forniva all'odierna attrice gli estremi della propria polizza assicurativa per eventuali finalità risarcitorie derivanti dall'inadempimento della custodia; vedi corrispondenza sopra citata). Sempre in via preliminare, ritiene il Tribunale che sia tempestivo il disconoscimento della scrittura privata effettuato dal convenuto in sede di comparsa di costituzione e ribadito in prima udienza, non potendo ritenersi condivisibile la prospettazione di parte attrice relativa alla necessità che, a fronte della produzione della copia integrale della scrittura in sede di prima memoria, il convenuto fosse onerato di disconoscere ulteriormente tale documento. Ad ogni modo, risulta dagli atti come tutte le produzioni documentali relative alla scrittura privata (in copia ovvero in originale) abbiano costituito oggetto di specifica contestazione da parte del convenuto. Ciò posto, occorre procedere con la verificazione ex art. 216 c.p.c. della scrittura privata e della sottoscrizione di (...), al fine di accertarne l'autenticità. Sul punto, assume rilievo la circostanza per cui, in presenza di un'istanza di verificazione, il Giudice non è tenuto a disporre necessariamente una consulenza tecnica grafologica. Tale conclusione si ricava dalla formulazione letterale dell'art. 217 c.p.c., il quale espressamente attribuisce, tramite l'inciso "quando occorre" con riguardo alla nomina del consulente tecnico, la facoltà (e non l'obbligo) al Giudice di disporre tale attività. Tra l'altro, è altresì pacifico il principio secondo cui il giudice del merito, quand'anche abbia disposto una consulenza tecnica sull'autografia di una sottoscrizione disconosciuta, non è comunque vincolato alle risultanze di quest'ultima, potendo discostarsene laddove ritenute non condivisibili alla luce di altri elementi di prova (che ha il potere-dovere di valutare ai fini del proprio convincimento). Peraltro, sulla stessa linea di pensiero si pone la recente giurisprudenza di legittimità, la quale ha chiarito che il Giudice può scegliere di non disporre la consulenza tecnica per accertare l'autenticità della scrittura "qualora possa desumere la veridicità del documento attraverso la comparazione di esso con altre scritture incontestabilmente provenienti dalla medesima parte e ritualmente acquisite al processo" (vedi Cass. n. 25508 del 2021). In applicazione di tali principi al caso di specie, ritiene il Tribunale che la scrittura privata del 2.11.1993 sia stata sottoscritta da (...), per le seguenti ragioni. Innanzitutto, l'autenticità della sottoscrizione emerge dal confronto con il contenuto della "scheda testamentaria" prodotta in atti e non disconosciuta da parte convenuta (vedi doc. allegato alla nota di deposito del 26.4.2021 di parte attrice). In tale documento, successivo alla redazione della scrittura privata oggetto di disconoscimento in quanto datato 10.11.1993, il convenuto conferma infatti il contenuto della scrittura stessa, dichiarando che il bene immobile sito in R., via C. n. 299 appartiene per un terzo a parte attrice. Nella medesima scheda testamentaria si dà altresì atto della circostanza per cui (...), in relazione a tale operazione di compravendita immobiliare, aveva già corrisposto la somma di L. 300 milioni. Dunque, deve riconoscersi piena efficacia ricognitiva alle dichiarazioni in esso contenute, la cui paternità non è stata espressamente disconosciuta dal convenuto. In proposito, non vale a scalfire tale conclusione la circostanza per cui il convenuto, in sede di interrogatorio formale, ha genericamente contestato l'autenticità del testamento olografo, per le seguenti ragioni. In primo luogo, rileva il Tribunale come l'interrogatorio formale sia un mezzo di prova peculiare in quanto diretto ad ottenere la confessione giudiziale della parte che è chiamata a renderlo. Pertanto, in applicazione delle regole di cui agli artt. 2730 e 2731 c.c., le dichiarazioni rese in sede di interrogatorio formale fanno piena prova contro colui che le rende, con la conseguenza che la prova è limitata alle dichiarazioni a sé sfavorevoli rese dalla parte e non si estende ad altre dichiarazioni. In ogni caso, assume rilievo dirimente la circostanza per cui la difesa di parte convenuta ha dimostrato di volersi avvalere della scrittura testamentaria per sostenere le proprie tesi, confermando dunque quantomeno il contenuto dichiarativo dello stesso (vedi pag. 15 comparsa conclusionale di parte convenuta, in cui viene dato atto che "la scheda testamentaria del convenuto, prodotta ex adverso in copia quale doc. 5 allegato alla prima memoria ex art. 183 c.p.c. ed in originale in data 26/04/2021, conferma la ricostruzione dei fatti nei termini sopra sunteggiati"). Ciò chiarito in ordine alla portata delle dichiarazioni contenute nel testamento olografo in atti (coincidenti con quelle di cui alla scrittura privata del 1993), rileva il Tribunale come tale atto risulti redatto e sottoscritto dal convenuto, con la conseguenza che deve ritenersi provata l'autenticità, sotto il profilo della sottoscrizione riferita a (...), anche della scrittura del 2.11.1993. Infatti, il contenuto delle dichiarazioni negoziali confluite nella scrittura è stato successivamente confermato in sede di redazione di testamento olografo e dunque deve ritenersi provata la provenienza delle stesse da parte di (...), così come (conseguentemente) l'apposizione autografa della sottoscrizione da parte di quest'ultimo. A sostegno della conclusione nel senso di ritenere autografa la sottoscrizione di (...) sulla scrittura privata di cui è causa depone altresì il confronto con la sottoscrizione da questo apposta in calce alla denuncia di detenzione armi di cui al doc. 16 prodotto da parte attrice (di provenienza non contestata da parte convenuta). Le due sottoscrizioni, pur non perfettamente sovrapponibili (com'è da ritenersi fisiologico) presentano tratti comuni che ne disvelano l'univoca provenienza (ad esempio, la realizzazione delle lettere "f", "h" ed "i"). Tale uniformità stilistica si rileva, peraltro, anche se in minore misura, nella sottoscrizione apposta da (...) in calce alla procura alle liti conferita ai fini del presente giudizio. Dunque, anche alla luce di una complessiva valutazione del materiale probatorio in atti, l'istanza di verificazione va accolta e va dichiarata l'autenticità della sottoscrizione apposta alla scrittura del 2.11.1993 riferita a (...). 2. Sulle eccezioni di nullità sollevate da parte convenuta e sulla domanda riconvenzionale di nullità del contratto in quanto stipulato in frode alla legge. Ritiene il Tribunale non meritevole di accoglimento l'eccezione di nullità della scrittura privata sollevata da parte convenuta per indeterminatezza dell'oggetto. Sul punto, rileva il Tribunale come il requisito della determinatezza o della determinabilità dell'oggetto dell'obbligazione (nel caso di specie, alienazione di una quota di proprietà dell'immobile in cambio del pagamento di un corrispettivo), esprime l'esigenza di tutelare le parti del contratto, fissando sin dal principio gli impegni reciprocamente assunti. Dunque, l'indagine relativa alla sussistenza di un oggetto determinato o determinabile deve essere condotta con riferimento alla possibilità in concreto per le parti di identificare in modo inequivoco, sulla base degli elementi indicati in contratto, l'oggetto della prestazione, tenendo altresì conto delle conoscenze pregresse in capo agli stessi circa l'oggetto stesso dedotto in contratto. In applicazione di tali principi al caso di specie, ritiene il Tribunale che l'oggetto della compravendita di cui alla scrittura privata del 1993 sia sufficientemente determinato, in quanto nella scrittura sono indicati elementi idonei ad identificare un bene esistente in natura, collocato in uno spazio determinato (Via C. n. 299) ed ulteriormente definito anche dall'indicazione del soggetto proprietario. Del resto, che le parti non avessero avuto delle incertezze nell'individuare l'immobile oggetto del contratto di compravendita è sintomaticamente dimostrato dal fatto che parte acquirente ha immediatamente pagato il corrispettivo dovuto per l'acquisto (le parti, quindi, non hanno rinviato ad un momento successivo l'individuazione specifica dell'immobile). Peraltro, parte convenuta non ha fornito la prova di essere proprietario di ulteriori beni immobili all'indirizzo indicato in contratto (ovvero, in generale, di ulteriori beni immobili) né ha fornito elementi idonei a far presumere che intendesse limitare la vendita ad una specifica parte dell'immobile, avendo espressamente dichiarato la volontà di alienare un 1/3 dell'intera sua proprietà situata a quell'indirizzo. Milita a favore di tale conclusione anche la successiva condotta tenuta dalle parti e, in particolare, il contenuto del testamento olografo prodotto in giudizio (in cui parte convenuta conferma che un 1/3 della sua proprietà appartiene all'odierna attrice, la quale ha corrisposto per l'acquisto della stessa L. 300 milioni). Con riferimento all'intervenuta modificazione dei dati catastali in conseguenza di alcuni interventi effettuati sull'immobile in data successiva alla conclusione del contratto di compravendita, rileva il Tribunale come tale circostanza non incida sulla determinabilità del bene oggetto di trasferimento. La valutazione sulla determinatezza o determinabilità dell'oggetto, infatti, deve essere effettuata con riferimento al momento in cui è stato concluso il contratto. Tale censura deve pertanto ritenersi irrilevante, essendo il nuovo accatastamento immobiliare un elemento esterno che non implica, di per sé, una variazione incidente sulla idonea identificazione del bene che sia oggetto del contratto di compravendita immobiliare (non incidendo peraltro sugli elementi indicati dalle parti nel contratto, i quali per i motivi sopra esposti devono ritenersi sufficienti a soddisfare il requisito di determinatezza dell'oggetto del negozio). Ciò posto, si impone altresì il rigetto dell'ulteriore eccezione di nullità per difetto di forma avanzata da parte convenuta in sede di seconda memoria istruttoria, posto che l'originale della scrittura è stato acquisito agli atti e risulta sottoscritto da entrambe le parti del rapporto contrattuale, con la conseguenza che il relativo requisito prescritto dalla legge ai fini della validità del contratto di vendita risulta pienamente soddisfatto (non sono infatti richieste dalla legge forme diverse dalla semplice forma scritta e tale requisito, nel caso di specie "copre" tutti gli elementi del contratto). Quanto alla domanda riconvenzionale formulata da parte convenuta avente ad oggetto l'accertamento della nullità del contratto in quanto stipulato in violazione di norme imperative (artt. 1963 e 2744 c.c.), ritiene il Tribunale che la stessa debba essere rigettata, per i seguenti motivi. Innanzitutto, la ricostruzione offerta da parte convenuta risulta smentita dagli atti di causa, dai quali non emerge l'esistenza di un patto commissorio (né coevo né successivo alla stipulazione della scrittura). Ancora, il convenuto non ha fornito la prova di aver concluso il contratto di cui è causa per conseguire un risultato pratico vietato dall'ordinamento, rappresentato dall'illecita coercizione del debitore a sottostare alla volontà del creditore. Diversamente da quanto prospettato da parte convenuta, dal contenuto delle dichiarazioni presenti nella scrittura privata e nel testamento olografo, risulta evidente la volontà di (...) (anche alla luce dei rapporti personali intercorrenti con la parte acquirente) di aver inteso concludere un contratto di compravendita e non un contratto di mutuo sorretto da garanzia immobiliare. Dunque, deve essere rigettata la domanda formulata dal convenuto volta all'accertamento della nullità del contratto stipulato (in frode alla legge) in violazione della disciplina relativa al divieto di patti commissori. Ciò posto, risulta altresì priva di fondamento l'eccezione relativa alla carenza di prova del pagamento del corrispettivo da parte dell'attrice. Sul punto, la scrittura privata del 1993 contiene l'espressa dichiarazione del convenuto di aver ricevuto, a titolo di corrispettivo per l'immobile compravenduto L. 300 milioni e che "il sig. F., con la sottoscrizione della presente rilascia quietanza liberatoria" (vedi doc. n. 1 allegato all'atto di citazione). Tale dichiarazione di scienza, attestante un fatto sfavorevole al dichiarante e favorevole al destinatario della dichiarazione (l'acquirente), soggiace alle regole previste in materia di confessione, con la conseguenza che la stessa non è revocabile ove non sia stata indotta da errore di fatto o da violenza morale (vedi SS.UU. n. 19888 del 2014), circostanze non dedotte da parte convenuta, la quale si è limitata ad affermare, nell'ordine, che non vi era prova del pagamento ovvero che la somma gli era stata corrisposta quale prestito personale (con conseguente nullità dell'intervenuto contratto di mutuo sorretto da garanzia immobiliare). Milita a favore di tale conclusione anche l'espresso riconoscimento, effettuato dal convenuto nel testamento olografo, di aver ricevuto da parte attrice la somma di Euro 300 milioni. Ciò posto, vale la pena chiarire che le prove orali articolate da parte convenuta, per come capitolate, non avrebbero consentito di giungere ad una diversa conclusione. Infatti, a prescindere dalla genericità della formulazione dei capitoli di prova, gli stessi avevano ad oggetto circostanze pacifiche tra le parti ovvero documentalmente provate e, in ogni caso, irrilevanti (come ad esempio i capitoli finalizzati a provare la volontà del convenuto di ottenere liquidità per ripianare debiti dell'ex moglie ovvero l'avvenuta corresponsione della somma di denaro; vedi capitoli 12 e 13 di cui alla seconda memoria del convenuto). Ancora, alcuni capitoli incontravano l'espresso divieto di cui agli artt. 2722 e 2723 c.c. in quanto finalizzati a provare circostanze contrarie alle evidenze documentali ovvero richiedevano al teste di esprimere una valutazione circa le motivazioni poste alla base della corresponsione della somma di denaro. In conclusione, ritiene il Tribunale non meritevoli di accoglimento le censure a vario titolo sollevate dal convenuto con riguardo alla nullità del contratto di compravendita (per indeterminatezza dell'oggetto, per difetto di forma ovvero per violazione della disciplina che vieta la stipulazione di patti commissori). Pertanto, il contratto di compravendita deve ritenersi valido e produttivo di effetti. 3. Considerazioni conclusive e domanda di divisione. Alla luce di quanto sopra esposto, deve ritenersi provato il trasferimento di proprietà di 1/3 del compendio immobiliare sito in R., via C. n. 299, in favore di (...), con la conseguenza che quest'ultima ha acquistato, mediante tale titolo contrattuale, il diritto di proprietà sull'immobile (per la quota di 1/3) a far data dal 2.11.1993. L'immobile in questione va così, più nel dettaglio, individuato: - NCEU FG. (...) part. (...) sub (...) z.c. 3 cat. (...) cl. (...) vani 7,5 sup. 160 mq r. 476,43; - NCEU FG. (...) part. (...) sub (...) z.c. 3 cat. (...) cl. (...) vani 6,5 sup. 132 mq r. 412,91; - NCEU FG. (...) part. (...) sub (...) z.c. 3 cat. (...) cl. (...) vani 8,5 sup. 159 mq r. 539,96; - NCEU FG. (...) part. (...) sub (...) (bene comune non censibile - corte e piscina); - NCEU FG. (...) part. (...) sub (...) cat. area urbana - consistenza 101 mq. CT FG. (...) part. (...) cl. Ente Urbano - sup. are 25.50; - NCEU FG. (...) part. (...) sub (...) z.c. 3 cat. (...) cl. (...) vani 6,0 sup. 148 mq r. 381,15; - NCEU FG. (...) part. (...) sub (...) z.c. 3 cat. (...) cl. (...) vani 8,5 sup. 203 mq r. 539,96; - NCEU FG. (...) part. (...) sub (...) z.c. 3 cat. (...) cl. (...) 173 mq. sup. 46 mq r. 116,15; - NCEU FG. (...) part. (...) sub (...) z.c. 3 cat. (...) cl. (...) 60 mq sup. 68 mq r. 281,99; - NCEU FG. (...) part. (...) sub (...) (bene comune non censibile - corte) CT FG. (...) part. (...) cl. Ente Urbano - sup. are 43.39; Tale individuazione viene operata all'attualità, tenuto conto che i riferimenti catastali attuali, come indicati da parte attrice, non sono specificamente contestati dal convenuto. Così accertata l'esistenza di una comunione sul bene immobile di cui è causa, va presa in considerazione la domanda di divisione avanzata da (...). Rileva, al riguardo, l'art. 785 c.p.c., il quale prevede che "se non sorgono contestazioni sul diritto alla divisione essa è disposta con ordinanza, dal giudice istruttore; altrimenti questi provvede a norma dell'art. 187". Nel caso di specie, atteso che parte convenuta contestava in radice l'esistenza della comunione sul bene oggetto della domanda di divisione, quest'ultima va disposta con la presente pronuncia. Quanto alle spese di lite, la pronuncia sulle stesse è rimessa alla decisione definitiva della causa. P.Q.M. Il Tribunale di Rimini, non definitivamente pronunciando sulle domande proposte da (...) contro (...), disattesa ogni contraria istanza, deduzione ed eccezione, così provvede: - Accerta che la scrittura privata del 2.11.1993 è stata sottoscritta da (...); - Accerta che mediante il contratto del 2.11.1993 (...) ha acquistato da (...) la proprietà, per la quota di 1/3, dei beni immobili siti in R., via C. n. 299, come di seguito attualmente censiti al Catasto Urbano e al Catasto Terreni del Comune di Rimini: - NCEU FG. (...) part. (...) sub (...) z.c. 3 cat. (...) cl. (...) vani 7,5 sup. 160 mq r. 476,43; - NCEU FG. (...) part. (...) sub (...) z.c. 3 cat. (...) cl. (...) vani 6,5 sup. 132 mq r. 412,91; - NCEU FG. (...) part. (...) sub (...) z.c. 3 cat. (...) cl. (...) vani 8,5 sup. 159 mq r. 539,96; - NCEU FG. (...) part. (...) sub (...) (bene comune non censibile - corte e piscina); - NCEU FG. (...) part. (...) sub (...) cat. area urbana - consistenza 101 mq. CT FG. (...) part. (...) cl. Ente Urbano - sup. are 25.50; - NCEU FG. (...) part. (...) sub (...) z.c. 3 cat. (...) cl. (...) vani 6,0 sup. 148 mq r. 381,15; - NCEU FG. (...) part. (...) sub (...) z.c. 3 cat. (...) cl. (...) vani 8,5 sup. 203 mq r. 539,96; - NCEU FG. (...) part. (...) sub (...) z.c. 3 cat. (...) cl. (...) 173 mq. sup. 46 mq r. 116,15; - NCEU FG. (...) part. (...) sub (...) z.c. 3 cat. (...) cl. (...) 60 mq sup. 68 mq r. 281,99; - NCEU FG. (...) part. (...) sub (...) (bene comune non censibile - corte) CT FG. (...) part. (...) cl. Ente Urbano - sup. are 43.39; - Dispone la divisione dell'immobile come sopra individuato; - Adotta con separata ordinanza i provvedimenti necessari per la prosecuzione del giudizio di divisione; - Spese al definitivo. Così deciso in Rimini il 13 aprile 2023. Depositata in Cancelleria il 14 aprile 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO di RIMINI Sezione Unica CIVILE Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. Maura Mancini ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 3008/2016 promossa da: (...) (C.F. (...)) e (...) (C.F. (...)), con il patrocinio dell'avv. (...) del foro di Rimini (PEC (...)), elettivamente domiciliati presso il suo studio in Rimini, Via (...), giusta mandato a margine dell'atto di citazione ATTORI nei confronti di (...) S.R.L. (C.F. e P.IVA (...)), in persona del legale rappresentante pro tempore, con il patrocinio dell'avv. (...) del foro di Rimini (PEC (...), elettivamente domiciliata presso il suo studio in Rimini, Via (...), giusta mandato in calce alla comparsa di costituzione di nuovo difensore e di (...) S.N.C. (C.F. e P.IVA (...)), in persona del legale rappresentante pro tempore, con il patrocinio dell'avv. (...) del foro di Rimini (PEC (...), elettivamente domiciliata presso il suo studio in Rimini, Via (...), giusta mandato in calce alla comparsa di costituzione di nuovo difensore e di (...) (C.F. (...)), con il patrocinio dell'avv. (...) del foro di Rimini (PEC (...)t), elettivamente domiciliato presso il suo studio in Rimini, Via (...), giusta mandato in calce alla comparsa di costituzione e risposta con richiesta di chiamata di terzo e di CONDOMINIO (...) (C.F. (...)), in persona dell'amministratore pro tempore dott.ssa (...), con il patrocinio dell'avv. (...) del foro di Rimini (PEC (...)), elettivamente domiciliato presso il suo studio in Rimini, (...), giusta mandato a margine della comparsa di costituzione e risposta con domande contro altri convenuti CONVENUTI e di (...) (C.F. (...)) CONVENUTO CONTUMACE con la chiamata in causa di (...) (C.F. e P.IVA (...)), in persona del legale rappresentante pro tempore, con il patrocinio dell'avv. (...) del foro di Rimini (PEC (...)) elettivamente domiciliata presso il suo studio in Rimini, (...), giusta mandato a margine dell'atto di citazione notificato e di (...) - (...) (C.F. e P.IVA (...)), in persona del legale rappresentante pro tempore, con il patrocinio dell'avv. (...) del foro di Milano (PEC (...)) e dell'avv. (...) del foro di Rimini (PEC (...)) elettivamente domiciliata presso lo studio del secondo in Rimini, Via (...), giusta mandato in calce alla comparsa di costituzione e risposta TERZE CHIAMATE IN CAUSA avente ad oggetto: accertamento vizi, difformità e mancanza di qualità degli immobili acquistati e risarcimento danni CONCLUSIONI All'udienza del giorno 23 giugno 2021 i Procuratori delle parti hanno precisato le rispettive conclusioni ed il Giudice ha trattenuto in decisione la causa con concessione dei termini ex art. 190 c.p.c. Con ordinanza in data 27 marzo 2022 il Giudice ha disposto la comparizione delle parti. All'udienza del giorno 22 giugno 2022 il Giudice ha illustrato alle parti gli aspetti critici della controversia ed i Procuratori di parte attrice e di parte convenuta attrice in via riconvenzionale trasversale Condominio (...) hanno chiesto termine per il deposito di ulteriori scritti difensivi, i Procuratori di parte (...) S.r.l., (...) S.n.c. (...), ing. (...) e (...) - (...) hanno chiesto che la causa fosse trattenuta in decisione sulla base delle conclusioni precedentemente rassegnate. Il Procuratore di parte (...) - (...) si è rimesso a giustizia. Con ordinanza in data 4 ottobre 2022 la causa è stata trattenuta in decisione sulla base della precisazione delle conclusioni effettuata all'udienza del 23 giugno 2021 IN FATTO Con atto di citazione ritualmente notificato ed iscritto a ruolo in data 12 maggio 2016 i sig.ri (...) e (...) hanno convenuto innanzi al Tribunale di Rimini la società (...) S.r.l., la società (...) S.n.c., l'ing. (...), il Condominio (...) ed il geom. (...) perché fosse accertato che gli immobili che essi avevano acquistato erano affetti da vizi, difformità e mancanza di qualità e perché, conseguentemente, i convenuti (...) S.r.l., (...) S.n.c., ing. (...) e geom. (...) - ciascuno in proporzione della propria quota di responsabilità ed in solido fra loro - fossero condannati a risarcire loro il danno che essi avevano subito; gli attori hanno anche chiesto che fosse accertata l'esistenza e la causa dei danni alle loro proprietà esclusive e che, conseguentemente, il Condominio (...) fosse condannato, ex art. 2051 c.c. ed in via solidale con gli altri convenuti, a risarcire loro tutti i danni sofferti. A sostegno delle pretese azionate gli attori hanno allegato che in data 5 febbraio 2008 essi avevano acquistato dalla società (...) S.r.l. alcune unità immobiliari facenti parte del complesso immobiliare denominato "(...)"; che già dal marzo 2010 essi avevano contestato all'amministrazione condominiale la presenza di difetti costruttivi e di infiltrazioni di acqua nonché il pericolo di progressivi ammaloramenti per umidità alle porti di ingresso ed al vano scala; che l'assemblea condominiale del 21 giugno 2010 aveva dato incarico all'amministratore di nominare un tecnico per la descrizione dello stato dei luoghi e dei difetti costruttivi nonché per l'individuazione delle relative cause; che la relazione del tecnico nominato aveva evidenziato, da un lato, la presenza di muffe e la natura non risolutiva dell'intervento praticato dalla società venditrice e, d'altro lato, la presenza di difetti costruttivi e difformità dal progetto; che con lettera raccomandata del 3 marzo 2011 il Condominio (...) aveva comunicato alla società (...) S.r.l., alla società (...) S.n.c. che aveva costruito il complesso condominiale, all'ing. (...), progettista e D.L., l'esito dell'indagine tecnica; che la società (...) S.r.l. aveva riconosciuto l'esistenza dei vizi e delle difformità costruttive rilevate; che la società (...) S.n.c. aveva dichiarato la propria intenzione di "procedere al ripristino dei vizi evidenziati nella comunicazione"; che in data 27 febbraio 2012 il tecnico nominato dal Condominio (...) aveva effettuato un ulteriore sopralluogo per accertare le cause delle copiose infiltrazioni di acqua verificatesi nei giorni precedenti; che in data 11 settembre 2012 le società convenute (...) S.r.l. ed (...) S.n.c. avevano dichiarato di impegnarsi a comunicare entro e non oltre 10 giorni la data certa di inizio (non oltre il 15 ottobre 2012) e di fine dei lavori (non oltre il 15 dicembre 2012); che tale dichiarazione era stata sottoscritta anche dal geom. (...) che aveva progettato e diretto i lavori dell'isolamento termico durante l'intervento costruttivo; che essi avevano proposto un ricorso per A.T.P. chiedendo l'accertamento dello stato dei luoghi; che l'elaborato peritale aveva confermato i difetti già riscontrati; che inoltre era emersa l'esigenza di rilevazioni puntuali in merito alla problematica acustica, all'isolamento termico, alla qualità dei prodotti utilizzati ed alla presenza di infiltrazioni di acqua ai vari piani. Si è costituita la società (...) S.r.l. che, in via preliminare, ha chiesto di essere autorizzata a chiamare in causa la (...) S.A. al fine di essere manlevata di quanto eventualmente dovuto agli attori; nel merito ha eccepito la decadenza dall'azione degli attori evidenziando come incombesse su questi ultimi l'onere di provare la sussistenza dei presupposti di cui all'art. 1669 c.c.; nel merito ha ancora eccepito l'integrale responsabilità o quantomeno il concorso di colpa dell'ing. (...); da ultimo, nel merito, la convenuta ha evidenziato che, pro bono pacis, essa si era dichiarata disponibile ad effettuare una serie di interventi di ripristino che aveva di fatto iniziato ma che non aveva potuto portare a compimento stante la diffida inoltratale da quattro condomini fra i quali gli attori. Si è costituita anche la società (...) S.n.c. che ha contestato la fondatezza delle pretese azionate dagli attori svolgendo nel merito difese sostanzialmente sovrapponibili a quelle articolate dalla società (...) S.r.l. Si è costituito altresì l'ing. (...) che, in via preliminare, ha chiesto di essere autorizzato alla chiamata in causa di (...) al fine di essere manlevato di quanto eventualmente dovuto agli attori; ancora in via preliminare ha eccepito la nullità dell'atto di citazione per mancata esplicitazione delle ragioni a sostegno della domanda svolta nei suoi confronti; sempre in via preliminare ha eccepito la decadenza degli attori dall'azione ex artt. 1495 e 1669 c.c.; nel merito ha contestato la fondatezza dell'azione spiegata nei suoi confronti evidenziando come, in ipotesi di ritenuta sussistenza dei vizi, difformità e mancanza di qualità lamentati dagli attori, la relativa responsabilità fosse esclusivamente imputabile alla società costruttrice dell'immobile; ancora nel merito ha eccepito il concorso di colpa degli attori e del Condominio convenuto. Si è costituito il Condominio (...) che ha negato ogni propria responsabilità nei confronti degli attori ed in via riconvenzionale trasversale ha chiesto che gli altri convenuti fossero condannati a risarcirgli i danni subiti in conseguenza dei vizi, difetti e mancanze di qualità evidenziati nella propria relazione di parte. Il geom. (...), pur ritualmente notificato, non si è costituito rimanendo contumace. Sono state autorizzate le chiamate in causa richieste. Si è costituita la (...) -(...) che ha contestato la fondatezza delle pretese azionate dagli attori richiamando le argomentazioni svolte dalla propria assicurata società (...) S.r.l. Si è costituita anche la (...) che, in via preliminare, ha eccepito l'inoperatività e comunque i limiti della polizza assicurativa e che, nel merito, ha contestato la fondatezza delle pretese azionate nei confronti del proprio assicurato ing. (...) richiamando le difese svolte da quest'ultimo. I Procuratori delle parti sono stati autorizzati al deposito delle memorie ex art. 183 sesto comma c.p.c. Con ordinanza in data 29 giugno 2018 sono state ammesse le prove documentali, è stato ammesso l'ordine di esibizione ex art. 210 c.p.c. richiesto da parte attrice nei confronti dei convenuti ed avente ad oggetto i documenti specificamente indicati nell'ordinanza, sono state ammesse le prove orali articolate da parte convenuta (...) (...) S.n.c., non sono state ammesse le prove orali articolate dalle altre parti convenute, è stata disposta C.T.U. tecnica. E' stata anche disposta la discussione in contraddittorio in ordine alle modifiche operate dal C.T.U. senza specifico confronto e per la risposta alle osservazioni formulate dalle parti, mentre è stata ripetutamente respinta la richiesta degli attori di integrazione della C.T.U. per assenza di domanda. La causa è stata ritenuta matura per la decisione ed all'udienza del 23 giugno 2021, tenuta a trattazione scritta, il Giudice ha trattenuto in decisione la causa concedendo alle parti i termini di cui all'art. 190 c.p.c. per il deposito delle memorie conclusionali e di replica. La causa è stata rimessa in istruttoria in ragione della necessità di chiarimenti delle parti in relazione alle eccezioni di prescrizione e di decadenza ex art. 1669 c.c. All'esito della discussione orale dei Procuratori delle parti all'udienza del 22 giugno 2022 il Giudice si è riservato e con ordinanza in data 4 ottobre 2022 ha trattenuto la causa in decisione senza concessione di termini. IN DIRITTO In via preliminare deve essere disattesa l'eccezione di nullità dell'atto di citazione sollevata dalla difesa dell'ing. (...) e fondata sull'assunto che gli attori non avrebbero esplicitato le ragioni poste a fondamento della domanda: in proposito si osserva che nell'atto introduttivo del giudizio gli attori hanno allegato di aver acquistato dalla società (...) S.r.l. rispettivamente un appartamento (sig. (...)) e due appartamenti (sig. (...)) e di aver riscontrato vizi rilevanti ex art. 1669 c.c.; di agire nei confronti dei convenuti (...) S.r.l. (venditore), (...) S.n.c. (esecutore dell'opera), ing. (...) (progettista e direttore lavori opere generali) e geom. (...) (progettista isolamento termico ed impianti termici) per il risarcimento dei danni derivati dai vizi allegati; di agire nei confronti del Condominio (...) ai sensi dell'art. 2051 c.c. per il risarcimento dei danni sofferti in conseguenza della pericolosità del bene immobile. Risultano, dunque, sufficientemente esposte le ragioni poste dagli attori a fondamento delle domande azionate. Tale conclusione trova riscontro nel fatto che la difesa dell'ing. (...) ha ben compreso tali ragioni, articolando diffusa difesa su tutte le questioni sollevate da parte attrice. In relazione alla domanda ex art. 1669 c.c. azionata dagli attori (cfr. pag. 24 atto di citazione) si deve, in primo luogo, evidenziare che trattasi di azione extracontrattuale finalizzata al risarcimento del danno (cfr. per tutte da ultimo Cass. 18289/20 e Cass. 22093/19) che presuppone la sussistenza di una deficienza ovvero alterazione nella costruzione che intacchi, in modo significativo sia la funzionalità che la normale utilizzazione dell'opera (cfr. Cass. 1751/18 ed in precedenza in senso conforme Cass. 84/13 con specifico riguardo all'ipotesi di infiltrazione d'acqua e umidità nelle murature del vano scala): nel caso di specie i difetti costruttivi lamentati dai ricorrenti incidono tutti sulla normale utilizzazione degli immobili acquistati e la responsabilità ex art. 1669 c.c. sia del venditore (cfr. Cass. 20877/20) che del Progettista/Direttore dei Lavori (cfr. Cass. 17874/13) risulta pacificamente affermata dalla giurisprudenza di legittimità; ne discende che deve ritenersi l'ammissibilità in linea astratta dell'azione spiegata. Quanto all'eccezione di decadenza sollevata dalle parti convenute per tardiva denuncia dei vizi lamentati si rileva che risulta provato per documenti che gli attori abbiano avuto compiuta conoscenza delle caratteristiche dei difetti costruttivi lamentati in questa sede in data 3 marzo 2011 a seguito dell'accertamento del tecnico di parte geom. (...) (cfr. 11 di parte attrice) con la conseguenza che la denuncia in pari data a firma anche degli odierni attori e ricevuta dai convenuti in date successive prossime (cfr. doc. 12 di parte attrice) risulta tempestiva. In senso contrario non vale obiettare che la vendita degli immobili agli odierni attori era avvenuta nell'anno 2008 con la conseguenza che la consapevolezza della sussistenza dei difetti costruttivi dovrebbe essere collocata in un momento anteriore rispetto alla perizia di parte: sul punto il Supremo Collegio ha chiarito che "Il termine di un anno per la denuncia del pericolo di rovina o di gravi difetti della costruzione di un immobile, previsto dall'art. 1669 c.c. a pena di decadenza dall'azione di responsabilità contro l'appaltatore, decorre dal giorno in cui il committente consegua un apprezzabile grado di conoscenza oggettiva della gravità dei difetti e della loro derivazione causale dall'imperfetta esecuzione dell'opera (nella specie, dalla data del deposito della relazione del consulente, nominato in sede di accertamento tecnico preventivo), non essendo sufficienti, viceversa, manifestazioni di scarsa rilevanza e semplici sospetti" (cfr. da ultimo Cass. 777/20, in precedenza in senso conforme cfr. Cass. 4622/02); l'applicazione del principio di diritto richiamato alla presente fattispecie impone di ritenere che la compiuta conoscenza da parte degli attori della sussistenza e della gravità dei difetti costruttivi lamentati sia stata conseguita solo a seguito dell'acquisizione della conoscenza degli esiti della consulenza tecnica di parte. Occorre, a questo punto, esaminare l'eccezione di prescrizione dell'azione esperita dagli attori sollevata dai convenuti: in proposito il Supremo Collegio ha chiarito che "In tema di appalto per la realizzazione di edifici o altri immobili destinati per loro natura a lunga durata, il termine annuale previsto dall'art. 1669, secondo comma, per l'esercizio del diritto del committente ad essere risarcito dei correlativi danni, decorrente dalla denunzia di rovina o di pericolo di rovina, o di gravi difetti dell'immobile, è, per espressa definizione normativa, un termine prescrizionale. Ne consegue che, a norma dell'art. 2943 cod. civ., il relativo decorso viene interrotto non solo dalla proposizione della domanda giudiziale, ma, altresì, da qualsiasi atto stragiudiziale (nella specie, una lettera) che valga a costituire in mora il debitore. Ciò in quanto detto termine si riferisce non già alla sola azione di responsabilità nei confronti dell'appaltatore, ma al diritto di credito del committente, affiancato, come tutti i diritti, dalla facoltà, per il suo titolare, di farlo valere in giudizio, la quale costituisce un modo di esplicazione dello stesso, e non incide sulla sua disciplina sostanziale, ivi compresa la regolamentazione della prescrizione e delle relative cause di interruzione" (cfr. Cass. 1955/00); nel caso in esame il decorso del termine prescrizionale risulta tempestivamente interrotto dalla missiva in data 10 febbraio 2012 regolarmente ricevuta da tutti i convenuti costituiti (cfr. doc. 17 di parte attrice); dalla successiva missiva in data 29 gennaio 2013 regolarmente ricevuta da tutti i convenuti costituiti (cfr. doc. 24 di parte attrice); dalla successiva missiva in data 24 gennaio 2014 regolarmente ricevuta da tutti i convenuti costituiti (cfr. doc. 29 di parte attrice); dal successivo deposito del ricorso per A.T.P. avvenuto in data 26 agosto 2014 (cfr. doc. 31 di parte attrice) e dalla sospensione del decorso del termine prescrizionale nelle more del procedimento di A.T.P. conclusosi in data 16 luglio 2015; dalla successiva notifica dell'atto introduttivo del presente giudizio. Ne discende che, indipendentemente da ogni questione relativa all'allegato riconoscimento della sussistenza dei vizi da parte dei convenuti l'azione può considerarsi tempestivamente esercitata. Ancora in via preliminare si deve evidenziare che gli attori hanno lamentato una pluralità di vizi incidenti su beni comuni del condominio e chiesto il risarcimento del relativo danno: in relazione a tali vizi deve essere rilevata la carenza di legittimazione attiva degli attori; la giurisprudenza del Supremo Collegio ha, infatti, chiarito che "In tema di condominio, il principio della c.d. "rappresentanza reciproca" e della "legittimazione sostitutiva" - in base al quale il condomino può agire a tutela dei diritti comuni nei confronti dei terzi - non può essere invocato qualora il condomino, nel chiedere il rimborso anche delle spese anticipate dagli altri comproprietari rimasti estranei al giudizio, agisca non a tutela di un bene comune, bensì per far valere l'interesse personale alla reintegrazione del proprio patrimonio individuale; in tal caso il condomino non è legittimato ad agire in giudizio né ad interporre impugnazione per conto e nell'interesse dei condomini estranei al giudizio. (Fattispecie in tema di azione risarcitoria nei confronti del costruttore-venditore per danni conseguenti a gravi difetti di costruzione dell'edificio condominiale)." (cfr. Cass. 18028/10); tale principio di diritto risulta confermato anche dalla giurisprudenza di legittimità più recente che ha affermato "Qualora i vizi di costruzione di un edificio in condominio riguardino soltanto alcuni appartamenti e non anche le parti comuni, l'azione di risarcimento dei danni nei confronti del venditore-costruttore, ex artt. 1669 e 2058 c.c., ha natura personale e può essere esercitata da qualsiasi titolare del bene oggetto della garanzia, senza necessità che al giudizio partecipino gli altri comproprietari. Tale azione va proposta, peraltro, esclusivamente dai proprietari delle unità danneggiate, non sussistendo un'ipotesi di litisconsorzio necessario nei confronti degli altri condòmini, ancorché possa insorgere, in sede di esecuzione ed in modo riflesso, un'interferenza tra il diritto al risarcimento del danno in forma specifica riconosciuto in sentenza ed i diritti degli altri condòmini, dovendo i danneggiati procurarsi il consenso di questi ultimi per procedere, nella proprietà comune, ai lavori necessari ad eliminare i difetti, giacché tale condizionamento dell'eseguibilità della pronuncia costituisce soltanto un limite intrinseco della stessa, che non cessa comunque di costituire un risultato giuridicamente apprezzabile." (cfr. Cass. 6192/21). Deve, invece, affermarsi la sussistenza della legittimazione attiva in capo al convenuto "Condominio (...)" in relazione al risarcimento di tali danni per i quali lo stesso ha svolto domanda riconvenzionale trasversale nei confronti degli altri convenuti, pienamente ammissibile anche senza formulazione dell'istanza ex art. 269 c.p.c., secondo quanto chiarito dal prevalente orientamento del Supremo Collegio (cfr. da ultimo Cass. 9441/22 ed in precedenza in senso conforme Cass. 6846/17 e Cass. 12558/99; in senso contrario Cass. 12662/21 rimasto peraltro isolato), cui questo giudice ritiene di aderire. Nel merito si deve ribadire che l'azione ex art. 1669 c.c. esercitata nell'ambito del presente giudizio ha natura extracontrattuale (cfr. per tutte Cass. 26574/17 "La circostanza che il venditore sia anche il costruttore del bene compravenduto non vale ad attribuirgli la veste di appaltatore nei confronti dell'acquirente con la conseguenza che quest'ultimo non acquista la qualità di committente nei confronti del primo. L'acquirente non può pertanto esercitare l'azione per ottenere l'adempimento del contratto d'appalto e l'eliminazione dei difetti dell'opera a norma degli artt. 1667 e 1668 c.c., spettando tale azione, di natura contrattuale, esclusivamente al committente nel contratto d'appalto, diversamente da quella prevista dall'art. 1669 c.c. di natura extracontrattuale operante non solo a carico dell'appaltatore ed a favore del committente, ma anche a carico del costruttore ed a favore dell'acquirente.") con la conseguenza che incombe sugli attori l'onere di allegazione e prova in ordine a) alla sussistenza dei gravi difetti lamentati che, secondo quanto chiarito dal Supremo Collegio, "non si identificano necessariamente con vizi influenti sulla staticità dell'edificio, ma possono consistere in qualsiasi alterazione che ne menomi il godimento in misura apprezzabile" (cfr. Cass. 27315/17) si sostanziano in "alterazioni che in modo apprezzabile riducono il godimento del bene nella sua globalità" (cfr. Cass. 7992/97), comportano il "perimento o fatiscenza di elementi essenziali alla consistenza e funzionalità dell'opera" (cfr. Cass. 3899/75) e b) al danno sofferto. Dalla disposta C.T.U. con le relative integrazioni - i cui esiti, in quanto esenti da vizi logici e fondati su ragionamento scientifico coerente, sono condivisi da questo giudicante nei limiti di seguito esplicitati dovendosi ritenere integralmente sanata la lesione dell'integrità del contraddittorio lamentata dai Procuratori delle parti (per non aver il C.T.U. ridiscusso in sede di operazioni peritali le conclusioni rassegnate all'esito delle osservazioni formulate dai C.T.P.) dalle ulteriori risposte formulate dal C.T.U. a tutte le osservazioni mosse dalle parti alle conclusioni rassegnate - è emerso quanto segue: 1. INADEGUATO ISOLAMENTO TERMICO DEL VANO SCALE CONDOMINIALE a) Quanto alla presenza di umidità nelle murature di tamponamento: il vizio risulta essere stato eliminato a seguito della realizzazione da parte della convenuta (...) S.r.l. dell'isolamento "a cappotto" sulle pareti esterne del vano scale con la conseguenza che residua, esclusivamente, il ripristino della tinteggiatura sulle pareti interne di proprietà comune a tutte le unità immobiliari che, peraltro, non può essere considerato un vizio essenziale alla consistenza e funzionalità del bene immobile e che, conseguentemente, non può essere ricondotto all'alveo dell'art. 1669 c.c. b) Quanto alla presenza di muffe e ammaloramento dei portoni di ingresso negli appartamenti degli attori: si tratta di vizio che interessa un elemento non essenziale alla consistenza e funzionalità del bene immobile e che non incide sul godimento del bene nella sua globalità essendo stata eliminata la relativa causa con la conseguenza che resta estraneo rispetto al disposto dell'art. 1669 c.c. c) Non è stata riscontrata la presenza di muffe, distacchi della verniciatura ed ammaloramento dell'intonaco su tutte le pareti del vano scale. d) Quanto alla mancanza di corrispondenza fra la muratura prevista in progetto e quella realizzata: si tratta di vizio riscontrato in quanto lo spessore del cappotto termico sulle pareti di tamponamento esterno è di 7 cm e quindi inferiore rispetto a quello previsto dal contratto, ma di fatto l'isolamento termico del vano scale risulta superiore rispetto a quello che sarebbe stato ottenuto sulla base delle previsioni contrattuali fra le parti; ne discende che il vizio non può considerarsi riconducibile all'alveo dell'art. 1669 c.c. non risultando allegato alcun argomento che legittimi la valutazione dell'erroneità della Relazione Tecnica ex l. 10/91 quale vizio incidente su un elemento essenziale alla consistenza e funzionalità del bene immobile che incide sul godimento del bene nella sua globalità. 2. DIFFORMITÀ DELLA RELAZIONE TECNICA EX L. 10/91 a) Quanto alle difformità di quanto realizzato rispetto a quanto indicato nella Relazione Tecnica a firma del geom. (...) ex l. 10/91 ed agli errori in essa contenuti con riferimento all'isolamento termico per errata indicazione delle proprietà di isolamento delle pareti esterne: il vizio è stato riscontrato nel senso che la trasmittanza termica delle pareti esterne dell'edificio risulta pari a 0,346 W/m2K in luogo del valore di 0,517 W/m2K indicato nella Relazione Tecnica ex l. 10/91, e dunque l'isolamento termico di fatto realizzato risulta inferiore rispetto a quanto indicato nella Relazione Tecnica; tale valore effettivo risulta inferiore al valore limite imposto dal D.Lgs. 192/05 per le strutture verticali opache e, ad avviso di questo giudicante, risulta idoneo ad incidere sul godimento del bene nella sua globalità imponendo maggiori spese per la regolazione della temperatura all'interno dell'immobile e delle varie unità abitative con la conseguenza che si rende necessaria, in dipendenza di tale difformità, la realizzazione di un isolamento termico a cappotto sulla proprietà condominiale per un costo stimato di Euro 45.043,49. b) Quanto all'errata indicazione del valore di trasmittanza termica in relazione al solaio di calpestio del piano terra posizionato sopra ai garage per essere superiore rispetto al limite di legge: il vizio non è inerente alla proprietà degli attori e non risulta di interesse condominiale concernendo specificamente la proprietà esclusiva di terzi. c) Quanto alla denunciata mancanza di corrispondenza fra quanto realizzato quale "solaio di calpestio esterno isolato all'estradosso" e quanto indicato nella scheda SL4 gli stessi attori riconoscono che lo stato di fatto di quanto realizzato, salvo la mancanza dell'isolante, risulta "più corretto" rispetto "alla stratigrafia contenuta nella scheda" SL4 allegata alla Relazione Tecnica con la conseguenza che anche in questo caso non può ritenersi il vizio denunciato rientrante nella garanzia di cui all'art. 1669 c.c. d) Quanto alla difformità fra quanto indicato nella Relazione Tecnica e nella scheda SL5 allegata, con riguardo al "solaio di copertura con isolamento termico" si rileva che sebbene, come chiarito dal C.T.U., l'utilizzo di "piastrelle" fra le voci dei materiali utilizzati per la copertura risulti "incongruente" e come, in ogni caso, risulti positivamente che non sia stato previsto lo strato di impermeabilizzazione, tale mancanza non integra gli estremi del vizio di cui all'art. 1669 c.c. rendendo necessario solo l'aggiornamento della Relazione Tecnica che non può essere qualificato quale vizio incidente in maniera apprezzabile sul godimento e sulla funzionalità del bene, in assenza di specifica allegazione sul punto. 3. INFILTRAZIONI - PIANO SOTTOSTRADA, MURO PERIMETRALE IN C.A. CONTROTERRA E PIANO TERRA a) Quanto alla lamentata presenza di stillicidio nel piano garage: il vizio non è stato riscontrato. b) Quanto alla presenza di infiltrazioni di acqua all'interno di autorimesse in prossimità delle prospicienti bocche di lupo: il vizio non è stato riscontrato con riguardo alle proprietà degli attori ed alla proprietà condominiale. c) Quanto alle allegate infiltrazioni di acqua nella parete perimetrale il sig. (...): il vizio non è stato riscontrato. d) Quanto alle numerose infiltrazioni concernenti le aree comuni dell'interrato ove si sono verificati scrostamenti di tinteggiatura ed intonaco: il vizio è stato riscontrato e la relativa causa è stata individuata nella presenza di infiltrazioni all'interno del solaio derivanti da un pluviale sottodimensionato rispetto alla portata d'acqua in entrata con la conseguente necessità di un allungamento del pluviale per la dispersione nel terreno di parte delle acque raccolte dalla copertura e di intervento tramite iniezioni di resine idroespandenti e sigillanti sull'intradosso per un costo complessivo di Euro 776,96; tale vizio integra una fattispecie di cui all'art. 1669 c.c. comportando un pericolo per la durata e la conservazione del bene condominiale. e) Quanto alle copiose infiltrazioni di acqua attraverso il soffitto e le pareti verticali dell'autorimessa del sig. (...): il vizio non è stato riscontrato essendo stati accertati estesi fenomeni di umidità di risalita capillare alla base delle pareti ed essendo stata individuata una traccia di passata infiltrazione al soffitto della quale non è stato possibile stabilire la causa (con conseguente ridondanza in danno dell'attore sig. (...) dell'incertezza probatoria); per la presenza di umidità di risalita (l'indicazione di una diversa eziologia dell'umidità all'interno del garage non può essere ritenuta dirimente in danno dell'attore), il C.T.U. ha chiarito che non si tratta di vizio o difetto (cfr. elaborato peritale pag. 42) trattandosi di normale deterioramento di un muro esposto agli agenti atmosferici per un periodo di circa dieci anni. 1) Quanto alle infiltrazioni nel vano cantina sia sul soffitto, sia sul muro confinante con la rampa carrabile per la presenza di un vetro incollato al muro in luogo dell'infisso apribile: il vizio è stato riscontrato e la relativa causa è stata individuata nella presenza di un vetro fissato direttamente sulla muratura che non impedisce l'infiltrazione dell'acqua; trattasi di vizio che comporta il pericolo per la durata e la conservazione del bene per l'eliminazione del quale è necessario un intervento di installazione di un infisso adeguato per un costo complessivo di Euro 720,37. 4. CEDIMENTI STRUTTURALI a) Quanto alla presenza al piano autorimesse, all'ingresso del corsello del garage ed in prossimità della rampa condominiale, di un cedimento della lastra dal solaio prefabbricato di tipo "predalle" a lastre tralicciate: il vizio è stato riscontrato e la relativa causa è stata individuata nell'erronea puntellatura del solaio al momento della realizzazione e non in un cedimento strutturale con la conseguenza che trattasi di fattispecie estranea all'applicazione della tutela di cui all'art. 1669 c.c. 5. UMIDITA' E INFILTRAZIONI - PIANO AUTORIMESSE PIANO TERRA PLUVIALI a) Quanto ai distacchi del battiscopa in varie posizioni dell'interrato: il vizio è stato riscontrato e la relativa causa è stata individuata nella presenza di umidità di risalita alla base dei muri del piano interrato che, per le ragioni già esposte con riguardo al punto 3.e), non costituiscono vizio riconducibile all'alveo dell'art. 1669 c.c. b) Quanto al fenomeno di umidità di risalita ed alla presenza di infiltrazioni sulle murature in cemento armato a coronamento dello scivolo carrabile: la presenza di umidità di risalita non può essere considerata vizio ex art. 1669 c.c. per le ragioni esposte con riguardo al punto 3.e) risultando pienamente compatibile con l'esposizione agli agenti atmosferici per un periodo di circa dieci anni; è stata invece riscontrata una infiltrazione in corrispondenza di una fessurazione lungo il muro controterra che integra un pericolo per la durata e la conservazione del bene e per la cui eliminazione risulta necessario un intervento tramite resine idroespandenti e sigillanti che consentano di preservare la struttura da altre infiltrazioni di acqua per un costo totale di Euro 350,00. 6. PLUVIALI a) Quanto al discendente che riversa l'acqua raccolta dai piani superiori in un pozzetto con capacità ridotta: l'elemento di fatto allegato è stato riscontrato e dalle informazioni assunte dal C.T.U. non risulta imputabile al costruttore, bensì ad una richiesta dei condomini successiva alla progettazione e realizzazione del fabbricato, ma non risulta configurabile alcun danno dovendosi ritenere che l'intervento di cui al numero 3.d) sani anche tale eventuale vizio. 7. PARAPETTI E BALCONI a) Quanto alla "insufficiente coerenza, su tutti i balconi del condominio, tra gli elementi verticali prefabbricati che formano i parapetti con fessurazioni visibili dall'esterno": il vizio denunciato è stato riscontrato e consiste nella presenza di "riprese della tinteggiatura lungo i punti di contatto degli elementi prefabbricati in muratura costituenti il parapetto" (cfr. elaborato peritale pag. 19) resesi necessarie in ragione delle fessurazioni generatesi per lo scarso "ammorsamento" in corrispondenza degli spigoli dei muretti dei parapetti; si tratta, peraltro di un vizio estetico che non risulta idoneo a compromettere la durata e la conservazione del bene immobile nonché il godimento e la fruizione dello stesso con la conseguenza che non può essere considerato riconducibile alla fattispecie di cui all'art. 1669 c.c.; b) Quanto alla carente impermeabilizzazione dei giunti dei coprimuro dei parapetti: il vizio è stato rilevato e la relativa causa è stata imputata alle scarse proprietà di adesione della colla utilizzata; ad avviso di questo giudicante il vizio rilevato non presenta le caratteristiche per l'insorgenza della responsabilità ex art. 1669 c.c. non compromettendo la durata, la conservazione, il godimento e la fruibilità del bene immobile; c) Quanto alla fessura visibile dall'esterno su tutti i balconi del condominio in corrispondenza della connessione fra la parete del parapetto e la sottostante soletta orizzontale: il vizio è stato riscontrato e la relativa causa è stata individuata nella differenza tra i coefficienti di dilatazione termica della muratura del parapetto e del conglomerato cementizio del solaio del balcone che, in corrispondenza del punto di contatto fra i due, genera una fessura; tale vizio deve ritenersi compreso nella tutela di cui all'art. 1669 c.c. in quanto espone l'immobile di proprietà condominiale al pericolo di infiltrazioni di acqua e la relativa risoluzione presuppone l'introduzione di una rete in fibra di vetro al di sotto dell'intonaco per l'assorbimento della diversa dilatazione termica sopra emarginata per un costo complessivo di Euro 6.194,02. d) Quanto ai lamentati "distacchi dei battiscopa in corrispondenza dei giunti": il vizio non è stato riscontrato. 8. ALTEZZE DELLE RINGHIERE E DEI BALCONI a) Quanto alla presenza di porzioni di parapetto scalabili: il vizio è stato riscontrato in quanto il parapetto dei balconi è stato realizzato in parte in muratura (fino ad un'altezza di circa 30/50 cm) ed in parte in ringhiera di ferro con la conseguenza che la porzione in muratura crea un gradino di altezza inferiore a 70 cm di facile scavalcamento; la causa di tale vizio è stata individuata in un difetto di progettazione; il vizio risulta pienamente idoneo ad incidere significativamente sulla fruibilità e sul godimento del bene immobile nella parte interna di protezione nell'affaccio e, quindi, di proprietà esclusiva dei sig.ri (...) e (...) con la conseguenza che deve ritenersi riconducibile alla previsione di cui all'art. 1669 c.c.; per l'eliminazione della scalabilità dei balconi è necessario un intervento di apposizione di una lastra di vetro che occluda il parapetto metallico per un costo stimato in relazione a ciascuna ringhiera di Euro 630,00. b) Quanto alla non regolare altezza dei parapetti: il vizio è stato riscontrato ma il C.T.U. ha evidenziato che l'altezza rilevata è di valore compreso fra i 96 ed i 99 cm con la conseguenza che, sebbene il Comune di Rimini imponga l'altezza minima di 100 cm per i parapetti, i valori risultano inferiori al limite di tolleranza del 2% quantomeno per i parapetti alti 99 cm; si rileva inoltre che, per quanto non a norma, non risulta allegato e provato che il vizio concernente i parapetti di altezza compresa fra i 96 ed i 98 cm comporti un'apprezzabile compromissione della fruibilità, del godimento, della conservazione e della durata dell'immobile, con la conseguenza che lo stesso non può essere ricondotto all'alveo dell'art. 1669 c.c. 9. PAVIMENTI E MASSETTI - PIANO QUARTO, LASTRICO SOLARE a) Quanto alla dedotta "errata impostazione delle pendenze per lo scolo delle acque meteoriche' con conseguente "ristagno d'acqua in diverse zone del lastrico solare": il vizio è stato riscontrato ed è stato altresì rilevato che il numero di pilette per il deflusso delle acque meteoriche risulta insufficiente; tale vizio unitamente all'inadeguata impermeabilizzazione comporta la possibilità (ed in realtà la presenza di fatto) di infiltrazioni all'interno del solaio con la conseguenza che deve ritenersi riconducibile all'alveo dell'art. 1669 c.c. per un costo complessivo di Euro 15.517,65 necessario per il completo rifacimento della pavimentazione del balcone nell'ottica di ottenere le giuste pendenze e, quindi, il corretto deflusso delle acque meteoriche; il vizio deve ritenersi attinente alla proprietà comune indipendentemente dall'uso esclusivo del condomino sig. (...) in quanto comporta la possibilità di infiltrazioni che minano la durata, il godimento, la conservazione dell'immobile nella sua interezza. b) Quanto alla "insufficiente sigillatura tra gli elementi che compongono la pavimentazione' del balcone del piano attico di proprietà del sig. (...) il vizio è stato riscontrato ma, ad avviso di questo giudicante, non presenta le caratteristiche necessarie per la tutela di cui all'art. 1669 c.c.; tale considerazione resta assorbita dal rilievo che, per l'erronea impostazione delle pendenze, risulta necessario il rifacimento della pavimentazione. c) Quanto alla presenza di "infiltrazioni di acqua provenienti da parte del lastrico solare" nelle proprietà sottostanti il lastrico solare (terzo piano): il vizio è stato riscontrato essendo stata rilevata la presenza di stalattiti di calcine all'intradosso del balcone del piano attico; il vizio risulta imputabile alla presenza di infiltrazioni all'interno del solaio generate dall'inadeguata impermeabilizzazione dello stesso; si tratta, dunque, di vizio che espone il bene immobile al pericolo e, di fatto, alla presenza di infiltrazioni con la conseguenza che risulta ascrivibile alla previsione di cui all'art. 1669 c.c.; il relativo costo di eliminazione risulta compreso nell'intervento di cui al punto 9.a). d) Quanto alla formazione di muffe ed alla sedimentazione di sostanze che attaccano gli stucchi per il ristagno dell'acqua piovana: il vizio è stato rilevato e risulta riconducibile all'erronea impostazione delle pendenze nel massetto del solaio; il vizio, dunque, presenta le caratteristiche di cui all'art. 1669 c.c. e risulta eliminabile con l'intervento previsto al punto 9.a). e) Quanto alla mancata previsione di adeguati sistemi di impermeabilizzazione del solaio: il vizio è stato riscontrato essendo stata rilevata l'assenza di guaina bituminosa o di rete di armatura dello strato di malta impermeabilizzante (che laddove posata non è stata posta in opera correttamente) nel pacchetto del solaio del piano attico. Quanto alla mancanza di materiale isolante nella parte del terrazzo adibita a portico: il vizio non è stato riscontrato. Quanto alla difformità dello strato di poliestere espanso relativo al restante terrazzo rispetto alla previsione di progetto: il vizio, pur non riscontrato nei termini denunciati dagli attori, deve ritenersi positivamente provato in quanto il C.T.U. ha accertato la totale assenza di isolante nella zona di solaio deputata a terrazzo. I vizi sopra emarginati e positivamente riscontrati risultano riconducibili alla previsione dell'art. 1669 c.c. in quanto incidono sull'isolamento termico dell'immobile che risulta esposto al pericolo di infiltrazioni e sono eliminabili con l'intervento di cui al punto 9.a). 10. MUFFE E CONDENSE - PARETI PERIMETRALI (TAMPONAMENTI) a) Quanto alla presenza di muffe e condense: il vizio è stato riscontrato solo sulle pareti perimetrali poste al terzo piano nella proprietà del sig. (...) e la relativa causa è stata individuata nell'insufficienza dell'isolamento termico dei tamponamenti esterni; si tratta di vizio che incide sul godimento e sulla fruibilità del bene in quanto impone più elevate spese per la regolazione della temperatura e, dunque, qualificabile quale vizio ex art. 1669 c.c.; la relativa eliminazione sarà conseguita con l'intervento di cui al punto 2.a). 11. MIASMI - SOTTOTETTO PROPRIETÀ (...) a) Quanto alla fuoriuscita di miasmi dalla nicchia che alloggia la centrale complanare dell'impianto di riscaldamento: il vizio non è stato riscontrato. 12. DIMENSIONI PORTE SOTTOTETTO a) Quanto all'altezza inadeguata delle porte interne nel sottotetto: il vizio non può considerarsi sussistente per non essere il piano sottotetto abitabile. 13. PILETTE RACCOLTA ACQUA - PIANO TERZO a) Quanto alla presenza di infiltrazioni di acqua in corrispondenza di una plafoniera: il vizio non è stato riscontrato ma la relativa sussistenza è stata ritenuta verosimile dal C.T.U. che ha evidenziato l'avvenuto accertamento dell'inadeguata impermeabilizzazione del terrazzo soprastante. Indipendentemente da ogni valutazione in ordine alla rilevanza di tale vizio sotto il profilo dell'art. 1669 c.c., si osserva che l'intervento di cui al punto 9.a) sana anche questo eventuale vizio. 14. CORNICIONE DEL TETTO a) Quanto alle fessure tra le parti assemblate del cornicione: il vizio è stato riscontrato e la relativa causa è stata individuata in una non idonea finitura del cornicione; lo stesso deve ritenersi riconducibile alla tutela di cui all'art. 1669 c.c. per il pericolo di distacco del cornicione stesso; per la relativa eliminazione è necessario l'intervento di cui a pag. 46 della C.T.U. per un costo complessivo di Euro 533,26. b) Quanto alle infiltrazioni di acqua che causano aloni e distacchi: il vizio non è stato riscontrato. 15. DIFETTO DI INSTALLAZIONE DEI PORTONI DI INGRESSO a) Quanto alla posa in opera del portone di ingresso con i cardini in aderenza al pilastro: il vizio è stato riscontrato ma, come si è già illustrato in relazione al punto 1.b), non può essere considerato quale vizio rilevante ai fini del disposto di cui all'art. 1669 c.c. non compromettendo in misura apprezzabile il godimento e la fruibilità del bene immobile e non incidendo in alcun modo sulla conservazione e durata dello stesso. b) Quanto al danneggiamento dei portoni di ingresso per muffa ed umidità: il vizio è stato riscontrato esclusivamente con riguardo al portone di ingresso dell'appartamento del sig. (...) posto al secondo piano; per le ragioni sopra esposte e già illustrate al punto 1.b del presente provvedimento, lo stesso non può ritenersi riconducibile alla tutela dell'art. 1669 c.c. 16. INFISSI ESTERNI. ALLUMINIO AL POSTO DEL LEGNO a) Quanto alla sostituzione degli infissi esterni previsti in legno con infissi esterni in alluminio ed alla presenza di gocce di condensa in misura anormale: è stato riscontrato positivamente che gli infissi esterni sono stati realizzati in alluminio invece che in legno, ma è stato anche chiarito che non può ritenersi positivamente acquisito che tale difformità di materiale incida sul raggiungimento del punto di rugiada; ne discende che non può configurarsi alcun vizio rilevante ai fini dell'art. 1669 c.c. 17. ISOLAMENTO ACUSTICO a) Quanto alla mancanza di corretto isolamento acustico tra le pareti delle unità immobiliari e tra i solai: è stato esclusivamente rilevato che il parametro acustico cogente della pressione sonora da calpestio sui solai interpiano non rispetta i requisiti acustici previsti dal DPCM del 5 dicembre 1997 e che il fenomeno interessa esclusivamente le proprietà private destinate a residenza e rileva esclusivamente sotto il profilo del minor valore sul mercato dell'immobile (oggetto di specifico esame infra). 18. PARTI COMUNI a) Quanto alle crepe e distacchi di intonaco al vano contatori del condominio ed al distacco delle chiusure dal muro: è stato riscontrato che l'intonaco posato lungo il perimetro dello sportello degli armadietti contenenti i contatori posti a piano terra non risulta "ben rifinito" (cfr. relazione peritale pag. 26); tale vizio, all'evidenza, non può essere ricondotto all'alveo dell'art. 1669 c.c. non incidendo significativamente sulla fruibilità, sul godimento, sulla durata e sulla conservazione del bene immobile. b) Quanto alla larghezza delle scale in misura inferiore al minimo di legge: il vizio non è stato riscontrato in quanto la misurazione della distanza tra la facciata interna del vano scala ed il fronte interno della ringhiera della balaustra è stata pari a 120 cm in tolleranza. c) Quanto alla presenza di crepe, distacchi di intonaco con comparsa dei ferri della struttura e di distacchi del battiscopa nei muretti divisori interni al condominio: il vizio è stato riscontrato e la relativa causa è stata individuata nell'utilizzo di uno spessore inadeguato del copriferro utilizzato (dunque per un errore di realizzazione); si rileva, peraltro, che trattasi di proprietà condominiale con la conseguenza che, in assenza di specifica allegazione e prova, non può essere ritenuto riconducibile al disposto di cui all'art. 1669 c.c. non incidendo in misura significativa e comunque apprezzabile sul godimento, sulla conservazione e sulla durata del bene immobile nella sua globalità (cfr. fotografia 36 - Appendice B alla relazione peritale). d) Quanto alla insufficiente apertura del portone di ingresso del condominio in quanto inferiore al minimo di legge di 80 cm: il vizio non può considerarsi riscontrato in quanto il portone di ingresso del condominio è a due ante con la conseguenza che l'apertura di entrambe le ante consente l'apertura netta di 80 cm. e) Quanto al rilievo che il raccogli-acque dei pluviali posto a sud del quarto piano (attico) non è a tenuta stagna e scarica acqua che scende lungo il muro: il vizio è stato riscontrato positivamente e, per il pericolo di infiltrazioni conseguente alla mancanza di tenuta stagna, deve essere considerato riconducibile al disposto di cui all'art. 1669 c.c. La causa di tale vizio è stata individuata in un errore di esecuzione e la relativa eliminazione comporta un intervento (cfr. pag. 48 elaborato peritale) con costo stimabile in Euro 80,00. f) Quanto alla comparsa di una fessura nel muro del vano scale, fra l'ascensore e la finestra che si estende per quasi tutta l'altezza del condominio, da terra fino al quarto piano: il vizio non è stato riscontrato. g) Quanto al rilievo che la coibentazione del tetto di copertura risulta inferiore a quanto previsto nella Relazione Tecnica ex l. 10/91: la censura è stata riscontrata ma deve evidenziarsi che, in difetto di allegazione e prova in ordine all'incidenza di tale difformità esecutiva sul godimento, sulla fruibilità, sulla durata e sulla conservazione del bene immobile, non può essere ricondotta all'alveo dell'art. 1669 c.c. 19. VIZI RILEVATI NELLE PROPRIETÀ DEI SIG.RI (...) E (...) a) Quanto allo sgretolamento della pavimentazione dei due posti auto privati esterni dei sig.ri (...) e (...): il vizio non è stato riscontrato in quanto, pur risultando tali posti auto affetti da un deterioramento piuttosto rilevante, lo stato degli stessi risulta compatibile con il decorso del tempo dalla realizzazione dell'immobile. b) Quanto alle nuove infiltrazioni nel pavimento del balcone posto a nord-est del quarto piano (attico) di proprietà del sig. (...): il vizio non è stato riscontrato. c) Quanto al ridotto spessore dell'isolamento termico dei muri esterni del piano secondo in corrispondenza dell'appartamento del sig. (...) rispetto alla previsione della Relazione Tecnica ex l. 10/91: il vizio lamentato è stato riscontrato ed il relativo danno, indipendentemente da ogni questione in ordine alla sua riconducibilità al dettato dell'art. 1669 c.c. risulta eliminato con l'intervento di cui al punto 2.a). d) Quanto al ridotto spessore dell'isolamento termico dei muri esterni del piano terzo in corrispondenza dell'appartamento del sig. (...) rispetto alla previsione della Relazione Tecnica ex l. 10/91: il vizio lamentato è stato riscontrato ed il relativo danno, indipendentemente da ogni questione in ordine alla sua riconducibilità al dettato dell'art. 1669 c.c. risulta eliminato con l'intervento di cui al punto 2.a). e) Quanto al distacco del battiscopa nell'autorimessa del sig. (...) ed in una delle autorimesse del sig. (...): il vizio è stato riscontrato ma, per le ragioni esplicitate nel punto 3.e) e nel punto 5.a), non può essere ricondotto al disposto dell'art. 1669 c.c. f) Quanto alle nuove infiltrazioni nel soffitto della cantina del sig. (...) (angolo sud-est): il vizio non è stato riscontrato. g) Quanto al rilievo secondo il quale "i valori di trasmittanza sugli elementi opachi ai piani secondo, terzo, quarto e sottotetto sono maggiori rispetto a quelli di progetto" con la conseguenza che l'isolamento è di grado inferiore rispetto a quanto previsto a livello progettuale: il vizio può ritenersi positivamente riscontrato e, indipendentemente da ogni valutazione in ordine alla riconducibilità dello stesso all'alveo dell'art. 1669 c.c., risulta emendato in conseguenza dell'intervento di cui al punto 2.a). h) Quanto al rilievo secondo il quale "lo spessore delle metrature di tamponamento esterno del sottotetto è inferiore rispetto alle previsioni di progetto": la censura può ritenersi positivamente riscontrata e, indipendentemente da ogni valutazione in ordine alla riconducibilità della stessa alla previsione dell'art. 1669 c.c., risulta risolta dall'intervento di cui al punto 2.a). i) Quanto alla mancanza di conformità fra lo stato dei luoghi, frutto delle varianti esecutive in corso d'opera, e le previsioni contrattuali: il vizio risulta positivamente riscontrato, ma come già chiarito al punto 1.d), non integra gli estremi del vizio rilevante ai sensi dell'art. 1669 c.c. j) Quanto al rilievo secondo il quale la Relazione Tecnica ex l. 10/91 comprende, fra i materiali utilizzati nelle abitazione degli attori, "lastre stampate di polistirene espanso" in realtà assenti: il vizio risulta positivamente riscontrato, ma per le ragioni già esposte al punto 1.d) del presente provvedimento, non rientra nella previsione di cui all'art. 1669 c.c. k) Quanto al rilievo secondo il quale "nel sottotetto di (...) vi è nuova umidità di risalita nei muri perimetrali confinanti con il terrazzo; l'umidità si è altresì manifestata anche nel soffitto del vano soggiorno-cottura dell'attico sottostante di proprietà di (...)": il C.T.U. ha chiarito di aver riscontrato la presenza di tracce di umidità alla base dei muri di tamponamento perimetrali confinanti con il terrazzo, ha individuato la relativa causa nella presenza di infiltrazioni fra il solaio del terrazzo ed il paramento murario per l'assenza di adeguata impermeabilizzazione; il vizio, sostanziandosi nella conseguenza delle infiltrazioni di acqua determinate dall'insufficiente impermeabilizzazione, può essere ricondotto all'alveo dell'art. 1669 c.c. in quanto incidente sulla fruibilità e sul godimento del bene immobile; per l'eliminazione di tale vizio è necessario l'intervento descritto alle pagine 51 e 52 dell'elaborato peritale per un costo stimato di Euro 2.250,60; l) Quanto alla "comparsa di nuova crepa con evidente degradamento dei ferri della struttura del balcone posto a sud-ovest del piano quarto di proprietà del sig. (...)": il vizio è stato positivamente riscontrato avendo il C.T.U. verificato visivamente il processo di corrosione in atto dei ferri di armatura e, per la sua stessa natura, risulta idoneo ad incidere sulla conservazione e sulla durata del bene immobile con la conseguenza che rientra nell'ambito di applicazione dell'art. 1669 cc. Per la risoluzione di tale vizio il C.T.U. ha individuato l'intervento di cui a pag. 52 della relazione peritale per un costo stimato di Euro 375,00 che deve ritenersi incidente sulla proprietà condominiale interessando l'affaccio esterno del balcone. m) Quanto allo sgretolamento delle guarnizioni delle persiane negli appartamenti dei sig.ri (...) e (...): il vizio non può considerarsi positivamente riscontrato in quanto il C.T.U. ha chiarito che la secchezza e lo sgretolamento delle guarnizioni delle persiane effettivamente riscontrati sono stati determinati dal normale deterioramento degli infissi in ragione della loro età. n) Quanto alla comparsa di due nuove infiltrazioni nel pavimento del balcone posto a sud del piano quarto del sig. (...): il vizio è stato positivamente riscontrato e, indipendentemente da ogni valutazione in ordine alla riconducibilità del vizio al disposto di cui all'art. 1669 c.c., risulta risolto dall'intervento di cui al punto 9.a) del presente provvedimento. o) Quanto alla difformità della realizzazione dei muri di tamponamento esterno del piano quarto di proprietà del sig. (...) rispetto alla previsione della Relazione Tecnica ex l. 10/91: il vizio risulta positivamente riscontrato, ma per le ragioni esposte nel punto 1.d) del presente provvedimento, non può essere considerato rilevante ai sensi dell'art. 1669 c.c. in assenza di specifica allegazione in ordine alla relativa incidenza sul godimento, sulla conservazione, sulla durata, sulla fruibilità del bene immobile. p) Quanto al rilievo secondo il quale "nei due appartamenti di (...), piano secondo e terzo, ed in quello di (...), piano quarto, parte dei coprimuro dei parapetti dei balconi sono completamente distaccati dai muretti ed altri stanno iniziando a staccarsi': il vizio, pur positivamente riscontrato, integra un danno estetico che, in quanto tale, non può essere considerato rilevante ai sensi dell'art. 1669 c.c. q) Quanto al dedotto aggravamento delle condizioni evidenziate: il C.T.U. ha chiarito che la valutazione tecnica è stata effettuata sulla base dello stato dei luoghi rilevato e che non è stato possibile fare una valutazione oggettiva di ciò che potesse essere inteso quale aggravamento. Dalle risultanze della disposta C.T.U. emerge, altresì, che gli appartamenti dell'attore sig. (...) non possiedono i requisiti acustici passivi stabiliti dalla legge in quanto non risulta soddisfatto il parametro "livello di pressione sonora di calpestio normalizzato" di cui al D.P.C.M. 5 dicembre 1997: si ritiene che tale vizio integri gli estremi di quello rilevante ai sensi dell'art. 1669 c.c. in quanto, comportando immissioni di rumore superiori a quelle valutate come legittime e tollerabili dal legislatore, incide significativamente sul godimento e sulla fruibilità del bene. Il C.T.U. ha anche evidenziato che non risulta "possibile ipotizzare opere di adeguamento di isolamento acustico del solaio attraverso la rimozione del battiscopa ed il successivo distacco del solaio dalle rispettive pareti verticali" in quanto tale opera avrebbe "un risultato non certo a priori' con la conseguenza che tale vizio non può che essere risarcito per equivalente facendo riferimento al deprezzamento del valore del bene immobiliare sul mercato. In proposito il C.T.U. ha chiarito che, tenuto conto del fatto che solo un parametro non risulta soddisfatto, la riduzione del valore immobiliare del bene deve essere determinata nella misura del 6% e, dunque, deve essere stimata complessivamente nella misura di Euro 15.600,00. Il C.T.U. ha altresì chiarito che, tenuto conto del fatto che l'unità immobiliare di proprietà dell'attore sig. (...) è posizionata alla sommità dell'edificio, la stessa non riceve alcun "pregiudizio dal difettoso isolamento acustico dei solai di interpiano nei confronti del calpestio" con la conseguenza che non subisce alcun deprezzamento di valore. Dalle considerazioni che precedono discende che il danno risarcibile al Condominio convenuto attore in via riconvenzionale trasversale deve essere liquidato nella somma complessiva di Euro 69.590,75 (voci 2.a) Euro 45.043,49, 3.d) Euro 776,96, 3.f) Euro 720,37, 5.b) Euro 350,00, 7.c) Euro 6.194,02, 9.a) Euro 15.517,65, 14.a) Euro 533,26, 18.e) Euro 80,00 e 19.l) Euro 375,00), che il danno risarcibile al sig. (...) deve essere liquidato in Euro 2.250,60 e nella somma di Euro 630,00 per ciascuna ringhiera da munire di lastra di vetro posizionate sui balconi afferenti alla unità immobiliare di sua proprietà e che il danno risarcibile al sig. (...) deve essere liquidato nella somma di Euro 630,00 per ciascuna ringhiera da munire di lastra di vetro posizionate sui balconi afferenti alle unità immobiliari di sua proprietà nonché nella somma di Euro 15.600,00 per il deprezzamento degli appartamenti di sua proprietà in conseguenza dell'insufficiente isolamento acustico. Su tali somme, liquidate alla data odierna in ragione della natura di debito di valore del risarcimento del danno, devono computarsi gli interessi legali dalla data odierna al saldo effettivo. In senso contrario non vale eccepire il concorso di colpa dei danneggiati: la relativa allegazione, infatti, non ha trovato idoneo riscontro probatorio salvo che per la modifica del sistema di scolo delle acque meteoriche richiesta dai condomini successivamente alla realizzazione dell'opera; si osserva, peraltro, che i Professionisti non avrebbero dovuto porre in essere la modifica in quanto contraria alle regole di buona tecnica costruttiva e che tale azione dei Professionisti risulta causa efficiente del conseguente danno. Non devono essere esaminate le censure sollevate da parte attrice in corso di causa con riguardo ai vizi dell'isolamento acustico non originariamente contestati in quanto formulate in violazione del divieto di domande nuove. In relazione alle somme sopra determinate e con specifico riguardo al danno riconosciuto in capo al Condominio convenuto attore in via riconvenzionale trasversale sussiste la responsabilità solidale dei convenuti (...) S.r.l., in quanto venditore, (...) S.n.c., in quanto esecutore dell'opera in forza di contratto di appalto con la società (...) S.r.l e dell'ing. (...), in quanto progettista e direttore lavori generali rispetto ai vizi di cui alle lettere 3.d), 3.f), 5.b), 7.c), 9.a), 14.a), 18.e), e 19k) del presente provvedimento in ragione della causa efficiente rispetto a tali danni degli inadempimenti di tali convenuti (cfr. Cass. 3651/16, Cass. 29218/17, in precedenza cfr. Cass. 20294/04). Per le medesime ragioni si deve ritenere la sussistenza della responsabilità solidale dei convenuti (...) S.r.l., in quanto venditore, (...) S.n.c., in quanto esecutore dell'opera in forza di contratto di appalto con la società (...) S.r.l., e del geom. (...), in quanto progettista e direttore lavori dell'isolamento termico e degli impianti termici rispetto ai vizi di cui alla lettera 2.a) del presente provvedimento. Si osserva, infatti che non ha trovato riscontro probatorio l'allegazione di parte ing. (...) secondo la quale il geom. (...) avrebbe effettuato la progettazione e la direzione lavori anche rispetto all'isolamento acustico. In relazione alle somme sopra determinate e con specifico riguardo al danno riconosciuto in capo al sig. (...) sussiste la responsabilità solidale dei convenuti (...) S.r.l., in quanto venditore, (...) S.n.c., in quanto esecutore dell'opera, e dell'ing. (...) in quanto progettista e direttore lavori generali relativamente ai vizi di cui alle lettere 8.a) e 19.k) del presente provvedimento. In relazione alle somme sopra determinate e con specifico riguardo al danno riconosciuto in capo al sig. (...) sussiste la responsabilità solidale dei convenuti (...) S.r.l., in quanto venditore, (...) S.n.c., in quanto esecutore dell'opera, e dell'ing. (...) in quanto progettista e direttore lavori generali relativamente ai vizi di cui alla lettera 8.a) del presente provvedimento ed al deprezzamento del valore dell'immobile in conseguenza del difettoso isolamento acustico. Quanto alla ripartizione interna del danno sofferto dagli attori e dal Condominio convenuto attore in via riconvenzionale trasversale nella misura sopra liquidata si rileva che, sebbene il C.T.U. non abbia risposto al quesito inerente alla ripartizione delle responsabilità fra i convenuti (...) S.r.l., (...) S.n.c., ing. (...) e geom. (...), dalle considerazioni svolte dallo stesso C.T.U. in ordine alla qualificazione degli errori che hanno determinato i vizi accertati e ritenuti rilevanti sotto il profilo dell'art. 1669 c.c. come "errori di realizzazione" ovvero "errori di progettazione", sotto il profilo giuridico può affermarsi che la società venditrice, la società costruttrice ed i direttori lavori sono tenuti a rispondere degli errori di realizzazione, mentre il progettista o i progettisti sono tenuti a rispondere in via esclusiva degli errori di progettazione. Quanto all'ulteriore ripartizione interna del danno sofferto per gli "errori di realizzazione" fra la società venditrice, la società costruttrice ed i direttori lavori si ritiene che la responsabilità debba essere posta nella misura del 60% a carico della società costruttrice (condotta colposa di fatto decisamente prevalente), nella misura del 10% a carico della società venditrice (culpa in eligendo) e nella misura del 15% ciascuno (culpa in vigilando) a carico dei direttori lavori. Ne discende che, tenuto conto del rilievo che il C.T.U. ha qualificato come errori di realizzazione i vizi di cui alle lettere 2.a), 3.d), 3.f), 5.b), 7.c), 9.a), 14.a), 18.e), 19.k) e 19.l) del presente provvedimento nonché il vizio di difettoso isolamento acustico, la società (...) S.r.l., la società (...) (...) S.n.c., l'ing. (...) ed il geom. (...) devono essere considerati tenuti al risarcimento del danno nei confronti del Condominio (...), secondo le quote sopra emarginate, per la somma di Euro 69.590,75; che la società (...) S.r.l., la società (...) (...) S.n.c. e l'ing. (...) devono essere considerati tenuti al risarcimento del danno nei confronti del sig. (...) per la somma di Euro 2.250,60 e nei confronti del sig. (...) per la somma di Euro 15.600,00 rispettivamente nella misura del 15% (culpa in eligendo), del 65% (condotta colposa di fatto posta in essere) e del 20% (culpa in vigilando) avuto riguardo alla rispettiva incidenza causale. Ne discende, altresì, che avendo il C.T.U. qualificato come errore di progettazione il vizio di cui alla lettera 8.a) del presente provvedimento, l'ing. (...) - nella sua qualità di progettista - deve essere considerato tenuto in via esclusiva a risarcire il danno sofferto dai sig.ri (...) e (...) nella misura di Euro 630,00 per ciascuna ringhiera alla quale apporre la lastra di vetro necessaria per eliminare il vizio della scalabilità del parapetto. Si devono a questo punto esaminare le domande di manleva azionate, rispettivamente, dalla società (...) S.r.l. nei confronti della società (...) - (...) e dall'ing. (...) nei confronti della società (...) - (...). Nei rapporti fra la società (...) S.r.l. e la società (...) - (...) si osserva che non può trovare accoglimento l'eccezione di inoperatività della garanzia assicurativa sollevata dalla seconda in forza dell'art. 3 delle Condizioni Generali di Contratto (doc. 2 di parte (...)): si osserva, infatti, che tale clausola generale subordina l'efficacia della garanzia stessa, per quanto di interesse, al fatto "che l'opera sia stata realizzata a regola d'arte, secondo la migliore tecnica costruttiva, in piena osservanza di leggi e regolamenti in vigore o di norme stabilite da organismi ufficiali"; si osserva, inoltre, che il precedente art. 2 - che ha riguardo alla "Delimitazione dell'assicurazione" - esclude dall'oggetto del contratto di assicurazione varie fattispecie fra le quali, sempre per quanto di interesse, i "danni da difettosa impermeabilizzazione". Con riguardo alla distinzione fra clausole limitative della responsabilità e clausole di delimitazione dell'oggetto del contratto di assicurazione il Supremo Collegio ha chiarito che "Nel contratto di assicurazione sono da considerare clausole limitative della responsabilità, agli effetti dell'art. 1341 cod. civ. (con conseguente necessità di specifica approvazione preventiva per iscritto), quelle che limitano le conseguenze della colpa o dell'inadempimento o che escludono il rischio garantito, mentre attengono all'oggetto del contratto - e non sono, perciò, assoggettate al regime previsto dalla suddetta norma - le clausole che riguardano il contenuto ed i limiti della garanzia assicurativa e, pertanto, specificano il rischio garantito. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza che aveva escluso la vessatorietà di una clausola limitativa della responsabilità dell'assicuratore formulata in modo così ampio da risultare finalizzata ad un'indebita eliminazione "in toto" del rischio contrattuale)." (cfr. Cass. 8235/10 e da ultimo in senso conforme Cass. 15598/19): l'applicazione del principio di diritto richiamato alla presente fattispecie impone di ritenere che, mentre le fattispecie individuate dall'art. 2 delle Condizioni Generali di Contratto riguardano i limiti della garanzia assicurativa specificando il rischio garantito (che non comprende le fattispecie individuate), la previsione di cui all'art. 3 delle Condizioni Generali di Contratto non può che essere considerata meramente limitativa della responsabilità dell'assicuratore in quanto, sostanzialmente, esclude il rischio garantito atteso che, nell'ipotesi di realizzazione dell'opera a regola d'arte, secondo la miglior tecnica costruttiva e con il pieno rispetto delle disposizioni normative non sarebbe possibile configurare alcuna responsabilità ex art. 1669 c.c. in capo all'assicurato. Ne discende che la clausola, in quanto vessatoria, doveva essere specificamente approvata ex art. 1341 c.c., circostanza che non risulta in alcun modo comprovata; ne discende ulteriormente che, salvo che per i danni derivati da difettosa impermeabilizzazione la società (...) - (...) deve essere condannata a manlevare la società (...) S.r.l. di quanto dovuto al Condominio (...) ad esclusione degli interventi di cui ai punti 9.a) e 19.k) e di quanto dovuto al sig. (...) nei limiti del massimale di polizza (ben superiore e pari ad Euro 850.000,00 - cfr. doc. 2 di parte (...)) e con la franchigia pattuita del 10% con il limite minimo di Euro 10.000,00. Resta, invece, assorbita dalla franchigia la domanda di manleva per la responsabilità da risarcimento del danno della società (...) S.r.l. nei confronti del sig. (...). Nei rapporti fra l'ing. (...) e la (...) - (...) si osserva, in primo luogo, che la garanzia assicurativa risulta pattiziamente limitata alla responsabilità diretta e non a quella solidale dell'ing. (...) (cfr. doc. 4 pag. 9 di parte (...)): in proposito ed in senso contrario non vale obiettare che la clausola delle condizioni generali di contratto non sarebbe efficace in quanto non specificamente sottoscritta ai sensi dell'art. 1341 c.c. ed in ogni caso in quanto finalizzata ad escludere il rischio assicurato; sul punto si osserva, infatti, che non possono sollevarsi dubbi in ordine alle condizioni generali applicabili al contratto di assicurazione posto dall'ing. (...) a fondamento della propria domanda di manleva atteso che le parti hanno prodotto il medesimo contratto e le medesime condizioni generali di contratto (cfr. doc. 1 di parte (...) e doc. 3 e 4 di parte (...)); dall'esame del contratto di assicurazione emerge che l'ing. (...) ha dichiarato, fra l'altro, di aver ricevuto copia delle condizioni generali di contratto (che d'altronde ha anche prodotto nell'ambito del presente giudizio) ed ha specificamente approvato ai sensi dell'art. 1341 c.c., fra le altre, la clausola contenuta nella parte "RESPONSABILITA' CIVILE/Norme Comuni" espressamente denominata "Delimitazioni - Esclusioni" che, fra l'altro esclude dall'oggetto della garanzia assicurativa la responsabilità solidale dell'assicurato. Si richiamano, in proposito, le considerazioni già svolte in relazione alla distinzione fra clausole limitative della responsabilità e clausole che delimitano l'oggetto del contratto (vedi supra): nel caso di specie non può affermarsi che l'esclusione della garanzia assicurativa per la responsabilità solidale escluda in toto il rischio garantito in quanto quest'ultimo è limitato alla responsabilità diretta. In ogni caso si rileva che la clausola risulta specificamente sottoscritta per approvazione: in senso contrario non vale obiettare che i caratteri sarebbero troppo minuti e l'indicazione delle clausole specificamente approvate troppo confusa; in realtà il Supremo Collegio ha chiarito che laddove il modulo del contratto sia "scarsamente o per nulla leggibile" per essere formato con "caratteri grafici - omissis - eccessivamente piccoli, il contraente debole può esigere dalla controparte che gli venga fornito un modulo contrattuale pienamente leggibile ma, ove ciò non abbia fatto, non può lamentare in sede giudiziale di non aver rettamente compreso la portata" della clausola sottoscritta per specifica approvazione (cfr. Cass. 3307/18 ed in precedenza, in senso conforme, Cass. 2562/73). Quanto alla responsabilità diretta dell'ing. (...) si rileva che fra le "Delimitazioni - Esclusioni" dall'oggetto della garanzia assicurativa sono compresi anche i "danni derivanti da inosservanze e violazioni di vincoli urbanistici, prescrizioni edilizie, altri vincoli imposte dalle Pubbliche Autorità, determinate da colpa grave professionale": nel caso di specie si rileva che la responsabilità diretta dell'ing. (...) è stata accertata solo relativamente alla scalabilità dei parapetti dei balconi in violazione del Regolamento di Igiene del Comune di Rimini; tale violazione integra, ad avviso di questo giudicante, una colpa grave del professionista che risiede ed opera in Rimini, con la conseguenza che deve essere respinta la domanda di manleva dallo stesso azionata nei confronti della (...) - (...). Da ultimo deve essere esaminata l'azione ex art. 2051 c.c. esercitata dagli attori nei confronti del Condominio convenuto, a sua volta attore in via riconvenzionale trasversale: il fondamento dell'azione è argomentato in relazione all'inerzia del Condominio nell'azione contro gli altri convenuti e nella conseguente pericolosità dell'immobile. La censura non può essere condivisa alla luce del rilievo che non risulta allegato e provato in alcun modo il danno che gli attori avrebbero sofferto in conseguenza dell'inerzia lamentata (in relazione all'onere della prova gravante sul danneggiato che agisca ex art. 2051 c.c. cfr. da ultimo Cass. SS.UU. 20943/22); si osserva, inoltre, che tutti i vizi lamentati dagli attori con riguardo alle loro proprietà esclusive risultano non riscontrati o comunque emendati con gli interventi di cui al presente provvedimento con la conseguenza che neppure sotto questo profilo l'azione potrebbe trovare accoglimento. Residua la pronuncia in ordine alle spese di lite in relazione alle quali, avuto riguardo alla reciproca parziale soccombenza, si ritiene la sussistenza delle ragioni di cui all'art. 92 c.p.c. (nel senso emendato da C. Cost. 77/18) per l'integrale compensazione delle stesse. In forza delle medesime ragioni resta a carico di tutte le parti, in via solidale fra loro, le spese di C.T.U. liquidate come da separato decreto. P.Q.M. Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza ed eccezione disattesa o assorbita: 1) Condanna la società (...) S.r.l., la società (...) di (...) S.n.c., l'ing. (...), in solido fra loro, a risarcire al Condominio (...) il danno sofferto nella misura di Euro 24.547,26 oltre interessi legali dalla data odierna al saldo effettivo; 2) Condanna la società (...) S.r.l., la società (...) S.n.c. ed il geom. (...), in solido fra loro, a risarcire al Condominio (...) il danno sofferto nella misura di Euro 45.043,49 oltre interessi legali dalla data odierna al saldo effettivo; 3) Condanna la società (...) S.r.l., la società (...) S.n.c. e l'ing. (...), in solido fra loro, a risarcire al sig. (...) il danno sofferto nella misura di Euro 15.600,00 nonché di Euro 630,00 per ciascuna ringhiera dei balconi afferenti alle sue proprietà esclusive oltre interessi legali dalla data odierna al saldo effettivo; 4) Condanna la società (...) S.r.l., la società (...) S.n.c. e l'ing. (...), in solido fra loro, a risarcire al sig. (...) il danno sofferto nella misura di Euro 2.250,60 nonché di Euro 630,00 per ciascuna ringhiera dei balconi afferenti alla sua proprietà esclusiva oltre interessi legali dalla data odierna al saldo effettivo; 5) Dichiara che, nei rapporti interni fra le parti convenute, la responsabilità deve essere ripartita, con riguardo al danno complessivamente liquidato in favore del Condominio (...), nella misura del 60% con riguardo alla società (...) S.n.c., nella misura del 10% con riguardo alla società (...) S.r.l., nella misura del 15% quanto all'ing. (...) e nella misura del 15% quanto al geom. (...); 6) Dichiara che, nei rapporti interni fra le parti convenute, la responsabilità quanto al danno liquidato nella misura capitale di Euro 15.600,00 in favore del sig. (...) e del danno liquidato nella misura capitale di Euro 2.250,60 in favore del sig. (...) la responsabilità deve essere ripartita nella misura del 65% con riguardo alla società (...) S.n.c., nella misura del 15% con riguardo alla società (...) S.r.l. e nella misura del 20% con riguardo all'ing. (...); 7) Dichiara che, nei rapporti interni fra le parti convenute la responsabilità quanto al danno liquidato in favore del sig. (...) e del sig. (...) incombe esclusivamente sull'ing. (...); 8) Condanna la società (...) -(...) a manlevare la società (...) S.r.l. di quanto dalla stessa dovuto al Condominio (...) ed al sig. (...) in forza dei punti 1, 2, e 4 del presente provvedimento nei limiti del massimale di polizza e con applicazione della franchigia pattuita; 9) Respinge la domanda di manleva azionata dall'ing. (...) nei confronti della (...) - (...); 10) Compensa fra le parti le spese di lite; 11) Pone definitivamente a carico di tutte le parti in via solidale fra loro le spese di C.T.U. liquidate come da separato decreto. Rimini, 28 marzo 2023. Depositata in Cancelleria il 29 marzo 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO di RIMINI Sezione Unica CIVILE Il Tribunale, nella persona del Giudice dott.ssa Chiara Zito ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 4756/2018 promossa da: (...) (C.F. (...)), con il patrocinio dell'avv. (...), elettivamente domiciliato in Indirizzo Telematico presso il difensore avv. (...) ATTORE/I contro (...) (C.F. (...)), con il patrocinio dell'avv. (...), elettivamente domiciliato in VIA (...) 47921 RIMINI presso il difensore avv. (...) CONVENUTO/I CONCLUSIONI Le parti hanno concluso come da verbale d'udienza di precisazione delle conclusioni. Concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione 1. Con atto di citazione ritualmente notificato, (...) conveniva in giudizio l'avvocato (...), per ottenere la risoluzione per inadempimento del contratto d'opera professionale concluso con lo stesso e la condanna al risarcimento dei danni subiti. In particolare, l'attrice esponeva che, nel febbraio del 2014, si era rivolta all'avv. (...) con studio in Rimini per impugnare il licenziamento che le era stato comminato dalla (...) s.r.l. Il licenziamento era da lei ritenuto discriminatorio e comunque illegittimo o nullo perché frutto di discriminazione di genere, atteso che i suoi colleghi uomini di pari anzianità di servizio e che avevano commesso errori simili a quelli posti a motivo del licenziamento non avevano avuto alcun procedimento disciplinare. Inoltre, la discriminazione aveva anche carattere politico, per essere il licenziamento intervenuto successivamente all'iscrizione dell'attrice al sindacato FILCAM CGIL, quando nessuno dei suoi colleghi era iscritto. Anche a voler prescindere dalla discriminazione, il licenziamento intimato risultava illegittimo, perché ingiustificato e comunque sproporzionato rispetto alla condotta di cui la lavoratrice era incolpata. Aderendo alla richiesta dell'attrice l'avv. (...) proponeva ricorso ex art. 1, comma 48, della Legge 92/12 con il quale impugnava il licenziamento. Nel conseguente giudizio si costituiva la società datrice di lavoro, eccependo tra l'altro che il ricorso era inammissibile perché la convenuta non aveva le dimensioni previste dall'art. 18 della legge 300 del 1970. Il ricorso veniva accolto e il Tribunale dichiarava che il licenziamento aveva natura discriminatoria e pertanto non teneva conto dell'eccezione della resistente, non applicandosi il limite dimensionale ai licenziamenti discriminatori. Avverso tale provvedimento proponeva opposizione la resistente, ai sensi dell'art 1 comma 51 della legge 92/12, reiterando, tra le altre difese, anche quella relativa alla eccezione di inammissibilità per carenza del requisito dimensionale. Nel giudizio di opposizione si costituiva l'odierna attrice, sempre a ministero dell'avv. (...), il quale ometteva di approfondire la questione relativa al requisito dimensionale e di formulare mezzi istruttori idonei a superare l'eccezione della controparte, nonostante l'attenzione sul punto fosse stata tempestivamente portata dalla cliente. Sin dai primi incontri e comunicazioni e-mail, e in particolare dopo la costituzione della (...) s.r.l. nel giudizio cautelare, l'attrice aveva rappresentato al professionista che, benché ufficialmente la (...) fin dal 2012 avesse meno di 15 dipendenti, in realtà tra detta società, la (...) e la (...) S.a.s. ci fosse una situazione di interdipendenza economica e funzionale, tale da dar luogo a "quell'unico centro di imputazione del rapporto di lavoro", che secondo la prevalente giurisprudenza acquista rilievo ai fini del requisito numerico per la tutela reale del rapporto di lavoro. La stessa ricorrente poi aveva, nel verbale d'udienza del 26.2.2015, fatto riferimento alla circostanza, cosa che provava come l'avv. (...) fosse a conoscenza della problematica e della necessità di produrre opportune difese sull'argomento. L'avv. (...), tuttavia, nella propria memoria di costituzione nel giudizio di opposizione non contestava l'assunto di controparte, sostenuto dal deposito del Libro Unico del Lavoro (LUL) relativo alla (...) s.r.l., come sarebbe stato rilevante ai fini dell'accoglimento della domanda, formulata in via subordinata, di accertamento dell'illegittimità del licenziamento, ove non fosse ritenuta la sua natura discriminatoria. Il difensore a questo riguardo si limitava a ritenere che l'eccezione non fosse rilevante, stante il dichiarato carattere discriminatorio del licenziamento. Solo dopo la chiusura dell'istruttoria e in sede di memorie conclusive, in seguito alle rimostranze della cliente, l'avv. (...) contestava l'eccezione quando erano ormai maturate le preclusioni di legge sulla formazione del thema decidendum. La questione relativa al requisito dimensionale non veniva esaminata dal primo Giudice, stante l'accoglimento della domanda principale relativa al carattere discriminatorio del licenziamento intimato. La mancata contestazione tempestiva impediva però che la questione potesse essere portata all'attenzione del giudice dell'impugnazione nel caso - poi concretamente verificatosi - che non venisse riconosciuto il carattere discriminatorio del licenziamento. In sede di reclamo innanzi al Corte d'appello la (...) si faceva assistere da altro difensore, essendo cessato il rapporto di fiducia con l'odierno convenuto. La Corte d'appello con la Sentenza n. 876/16 accoglieva il reclamo nella parte in cui lamentava l'accertata natura discriminatoria del licenziamento, che veniva comunque ritenuto sproporzionato ed ingiusto. Considerata l'eccezione proposta e documentata e l'acquiescenza manifestata su di essa dalla difesa della (...), la Corte riteneva che nel caso in esame non potesse essere concessa la tutela reale, ma solo quella obbligatoria. Alla (...) venivano, quindi, riconosciute delle somme di danaro ben inferiori a quelle disposte con la precedente decisione e non veniva assicurato il reintegro nel posto di lavoro prima statuito. Il nuovo e ridotto esito del giudizio veniva dall'attrice attribuito esclusivamente alla condotta dell'avv. (...), che, inadempiente ai propri obblighi e benché reso consapevole dell'importanza della questione relativa al requisito dimensionale, aveva omesso di trattarla adeguatamente e di chiedere mezzi istruttori atti a dimostrare che la (...) s.r.l., la (...) e la (...) costituivano un unico centro di imputazione del rapporto di lavoro. L'attrice documentava gli effetti del ridotto accoglimento delle sue pretese da parte della Corte d'Appello e concludeva chiedendo che il Tribunale di Rimini, in accoglimento delle sue domande: - accertasse e dichiarasse l'inadempimento da parte del convenuto delle obbligazioni connesse con lo svolgimento del mandato professionale; - condannasse l'avv. (...) al risarcimento dei danni e alla restituzione dei compensi ricevuti nella complessiva misura di Euro 800.000 o quella maggiore o minore somma che dovesse risultare nel corso della causa. 2. Si costituiva in giudizio il convenuto, resistendo alla domanda e rilevando come dalla sua difesa fosse scaturita una vittoria totale per la cliente, avendo il primo giudice accolto il ricorso avverso il licenziamento, dichiarandone la natura discriminatoria, e che tale risultato era stato anche confermato in sede di sentenza resa dal Tribunale di Rimini sull'opposizione proposta dalla società resistente. Il cattivo esito era quindi da riferirsi al solo giudizio di reclamo, nel quale sarebbe stato possibile per la nuova difesa della (...) sollecitare la Corte ad assumere nuovi mezzi istruttori utili a dare la prova della sussistenza del requisito dimensionale e, quindi, della possibilità di mantenere la tutela reale in favore della lavoratrice, confermando la reintegrazione nel posto di lavoro. Tale possibilità era riconosciuta dal comma 59 dell'art 1 Legge 92/12 nel testo all'epoca vigente. La decisione della Corte d'appello circa la mancata contestazione del requisito dimensionale per la concessione della tutela reale andava quindi riferita al giudizio d'appello e non ai gradi precedenti. Rilevava poi come la linea difensiva proposta dalla cliente non sarebbe comunque stata tempestiva, in quanto, solo con una comunicazione inviata in data 13 aprile 2016, quando l'avv. (...) aveva segnalato che la difesa della società aveva prodotto il L.U.L. (Libro Unico del Lavoro), dal quale risultava che la stessa aveva un numero di dipendenti inferiore ai 15 richiesti dall'art. 18 della L. 300/70, la cliente aveva chiesto se fosse possibile riaprire l'istruttoria per far valere la circostanza che il numero dei dipendenti andava computato per i tre soggetti costituenti un unico centro di interessi. Solo per accondiscendere alle richieste della cliente, il legale aveva quindi svolto nelle difese finali considerazioni utili per il superamento dell'eccezione. In ogni caso, la cliente non aveva fornito elementi concreti utili a superare l'eccezione della controparte, che appariva fondata, posto che gli altri enti indicati dalla stessa risultavano dotati di una propria autonomia. Il convenuto citava quindi giurisprudenza atta a dimostrare come, benché in astratto fosse possibile considerare nel novero dei lavoratori che costituiscono l'organico utile al computo richiesto dalla legge anche dipendenti di enti diversi, purché soggetti ad unico controllo gerarchico, questo non era possibile nel caso di specie. Le tre entità, infatti, costituivano strutture idonee ad essere singolarmente considerate come "unità produttiva", connotata da indipendenza tecnica e amministrativa tale che in essa si possa concludere una frazione dell'attività produttiva aziendale. Tale caratteristica si ritrovava in ognuno dei tre enti indicati dalla cliente così che ciascuno di essi costituiva una "unità produttiva" ai fini della l'art. 18 della Legge 300/70, senza possibilità di sommatoria tra i diversi dipendenti. Pertanto, le indicazioni fornite dalla cliente su di un possibile uso in comune di attrezzature o una qualche promiscuità tra i rispettivi clienti o lo scambio di favori reciproci non consentivano di coltivare utilmente la tesi della computabilità in unica "Unità produttiva" dei loro dipendenti. La condotta del legale era stata perciò aderente ai canoni di diligenza professionale e diretta alla tutela della cliente. In ogni caso, la difesa del convenuto evidenziava che, in mancanza della condizione prevista dalla giurisprudenza, di preponderante probabilità di esito favorevole della causa in caso di corretto adempimento della prestazione da parte del legale, la domanda doveva essere rigettata. Il convenuto svolgeva poi considerazioni sulla mancata prova del danno e comunque sulla sua insussistenza totale o parziale, anche in forza delle somme percepite dalla attrice e alternative a quelle derivanti dal mancato reintegro. Concludeva quindi chiedendo che il Tribunale volesse respingere tutte le domande o, in subordine, ridurre il risarcimento chiesto da controparte. 3. Depositate le memorie ex art. 183 comma VI c.p.c., la causa veniva istruita mediante la documentazione allegata, l'interrogatorio formale delle parti, le prove testimoniali richieste e l'ordine ex art. 210 c.p.c. ad (...) S.r.l. in liquidazione, ad (...) e ad (...) S.a.s., di esibire documentazione attestante il numero dei propri dipendenti negli anni dal 2011 al 2014. Esaurita l'istruttoria, le parti precisavano le conclusioni la causa veniva trattenuta in decisione all'udienza del 14.09.2022, previa assegnazione dei termini ex art. 190 c.p.c. 4. Così riassunto lo svolgimento del processo, occorre dunque trattare del giudizio in cui l'avv. (...) ha presto la propria opera professionale in favore della (...). Le parti concordano sullo svolgimento dei fatti, tranne alcune divergenze che, per quanto di seguito si dirà, non appaiono significative. In particolare, non appare rilevante l'accertamento del momento in cui l'avvocato (...) sarebbe stato informato dall'attrice della necessità di rappresentare in giudizio che, al numero dei dipendenti della (...) s.r.l., avrebbero dovuto sommarsi quelli della (...) (successivamente divenuta Federalberghi Rimini) e di (...) S.a.s., che si assume costituissero un unico centro di imputazione del rapporto di lavoro. Secondo l'insegnamento della Suprema Corte, infatti, costituisce compito esclusivo del legale la scelta della linea tecnica da seguire nella prestazione dell'attività professionale e la circostanza che una determinata scelta sia stata suggerita o raccomandata dal cliente non ha effetto sulla sua responsabilità qualora dalla scelta derivino conseguenze dannose per il cliente. (Cass., Sez. 3, Sentenza n. 10289 del 20.05.2015). In buona sostanza, spettava all'avvocato (...), dopo aver assunto informazioni dalla cliente, valutare la possibilità di proporre in giudizio la questione della contitolarità del rapporto di lavoro in capo a più soggetti giuridici, ritenuti privi di autonomia e costituenti solo articolazioni di un unico centro di interessi. Si trattava di una domanda da proporre in sede di ricorso, avendo tutte e tre le entità giuridiche interesse all'accertamento in contraddittorio di una circostanza rilevante che avrebbe fatto stato nei loro confronti (v. Cass., Sez. L., Ordinanza n. 6664 del 07.03.2019, secondo cui "Nel caso di domanda del lavoratore intesa ad accertare un rapporto plurisoggettivo, cd. di codatorialità, ai sensi dell'art. 102 c.p.c., è necessaria l'estensione del contraddittorio a tutti i soggetti individuati quali contitolari del rapporto di lavoro, agendo il lavoratore per l'accertamento, con efficacia di giudicato, di un unico centro di imputazione dal lato passivo del rapporto, e non per affermarne l'esistenza con l'unico datore di lavoro effettivo, e negarlo con quello apparente, ipotesi diversa in quanto l'accertamento negativo del rapporto fittizio con il datore di lavoro interposto è conosciuta dal giudice in via soltanto incidentale"). L'eccezione da parte della (...) s.r.l., corroborata dal deposito del Libro Unico del Lavoro (L.U.L.), non copre infatti la circostanza presupposta dall'attrice, ma solo quella della mancanza del numero di dipendenti utile alla applicazione dell'art. 18 Legge 300/1970 relativamente a sé stessa. Dunque, anche indipendentemente dall'eccezione svolta dalla (...), la questione andava portata all'attenzione del Giudice ad iniziativa della difesa della ricorrente in via d'azione e non reagendo ad una eccezione di controparte. Questo, come detto, fin dal ricorso, non potendosi richiedere prove relative a domande che coinvolgano soggetti terzi nel corso dell'istruttoria e men che meno con gli scritti conclusivi o nel giudizio d'appello. Il richiamo da parte del convenuto all'art 1 comma 59 della Legge 92/2012 nel testo vigente fino al 2022 non è condivisibile, posto che la norma prevedeva che: "Non sono ammessi nuovi mezzi di prova o documenti, salvo che il collegio, anche d'ufficio, li ritenga indispensabili ai fini della decisione ovvero la parte dimostri di non aver potuto proporli in primo grado per causa ad essa non imputabile". Si tratta, quindi, di una norma residuale, che non si può applicare alla fattispecie in oggetto, non potendo certo la Corte d'appello esaminare una domanda non proposta dalle parti. Il ricorso, d'altra parte, oltre a puntare sul carattere discriminatorio del licenziamento (che prescinde dalla dimensione dell'impresa e della specifica unità produttiva), era rivolto contro il licenziamento anche per altre prospettazioni per le quali, come poi ebbe a decidere la Corte d'appello, il discrimine del numero di dipendenti era rilevante al fine di attribuire alla ricorrente la tutela reale, con la conseguente reintegrazione nel posto di lavoro, o quella obbligatoria, come poi statuito nella sentenza, che ha deciso il reclamo proposto dalla (...) s.r.l.. Che il numero dei dipendenti fosse rilevante era stato percepito dal legale, il quale aveva svolto una serie di richieste subordinate che comprendevano ipotesi di tutela meramente obbligatoria nel caso fosse inapplicabile l'intera Legge 300 del 1970 o solo l'art. 18 di questa. Poiché, come sopra detto, non può costituire inadempimento dell'avvocato rispetto agli obblighi professionali l'essersi distaccato dalle richieste della cliente in ordine alla linea da perseguire, occorre verificare se tale linea di difesa andasse doverosamente proposta e se avesse probabilità di essere accolta in base al criterio del "più probabile che non". 5. Al riguardo occorre osservare che, in base ad un consolidato orientamento della Corte di Cassazione, la responsabilità per negligenza professionale del prestatore di opera intellettuale nei confronti del proprio cliente implica una valutazione prognostica positiva, che non coincide necessariamente con la certezza, circa il probabile esito favorevole del risultato della sua attività se la stessa fosse stata svolta correttamente e diligentemente. Ne consegue che l'assenza di elementi probatori, volti a giustificare una valutazione prognostica positiva circa il probabile esito dell'attività del legale, porta ad escludere la responsabilità del professionista, in quanto la sua responsabilità non può affermarsi per il solo mancato corretto adempimento dell'attività professionale. Al contrario occorre accertare se, laddove il prestatore d'opera avesse tenuto la condotta dovuta, il suo assistito avrebbe conseguito il riconoscimento delle proprie ragioni, difettando altrimenti la prova del necessario nesso eziologico tra la condotta dell'avvocato ed il risultato derivatone (Cassazione civile sez. III, 28.06.2019 n. 1741; sul punto anche Cass. 22376/2012; v., Cass. n. 9917/2010; Cass. 9638/9013, Cass. 25112/2017). Sul punto il Giudice non può pertanto che fare riferimento al criterio del "più probabile che non", come attestato dalla giurisprudenza della suprema Corte: "In tema di responsabilità professionale dell'avvocato per omesso svolgimento di un'attività da cui sarebbe potuto derivare un vantaggio personale o patrimoniale per il cliente, la regola della preponderanza dell'evidenza o del "più probabile che non", si applica non solo all'accertamento del nesso di causalità fra l'omissione e l'evento di danno, ma anche all'accertamento del nesso tra quest'ultimo, quale elemento costitutivo della fattispecie, e le conseguenze dannose risarcibili, atteso che, trattandosi di evento non verificatosi proprio a causa dell'omissione, lo stesso può essere indagato solo mediante un giudizio prognostico sull'esito che avrebbe potuto avere l'attività professionale omessa" (Cass., Sez. 3 - , Sentenza n. 25112 del 24.10.2017). Va infine puntualizzato che, secondo la Suprema Corte, "la scelta di una determinata strategia processuale può essere foriera di responsabilità solo se la sua inadeguatezza al raggiungimento del risultato perseguito dal cliente sia valutata (e motivata) dal giudice di merito ex ante, restando comunque esclusa in caso di questioni rispetto alle quali le soluzioni dottrinali e/o giurisprudenziali presentino margini di opinabilità - in astratto o con riferimento al caso concreto - tali da rendere giuridicamente plausibili le scelte difensive compiute dal legale" (Cass. Civ., 20.05.2015, n. 10289, richiamata in Cass. Civ., sez. III, 03.09.2019, n. 21982). 6. Nel caso di specie, va quindi considerata non sola l'astratta rilevanza della questione sollevata in questo giudizio dall'attrice, ma anche se la stessa avesse un rilevante grado di probabilità di essere accolta. Va posto mente all'articolo 18 della Legge 300 del 1970 nel comma che interessa la fattispecie: "Le disposizioni dei commi dal quarto al settimo si applicano al datore di lavoro, imprenditore o non imprenditore, che in ciascuna sede, stabilimento, filiale, ufficio o reparto autonomo nel quale ha avuto luogo il licenziamento occupa alle sue dipendenze più di quindici lavoratori o più di cinque se si tratta di imprenditore agricolo, nonché al datore di lavoro, imprenditore o non imprenditore, che nell'ambito dello stesso comune occupa più di quindici dipendenti e all'impresa agricola che nel medesimo ambito territoriale occupa più di cinque dipendenti, anche se ciascuna unità produttiva, singolarmente considerata, non raggiunge tali limiti, e in ogni caso al datore di lavoro, imprenditore e non imprenditore, che occupa più di sessanta dipendenti". Pertanto, ove fosse stata proposta la domanda nei confronti di tutti e tre i soggetti giuridici dei quali si suppone il carattere strumentale, venendo a costituire un unico centro di imputazione degli effetti giuridici derivanti dal rapporto di lavoro della ricorrente, il limite di applicabilità sarebbe stato quello di 15 dipendenti, avendo gli stessi tutti sede a Rimini allo stesso indirizzo di via (...). Dagli accertamenti svolti in corso di causa risulta che tale numero sarebbe stato raggiunto, essendo stati acquisiti ex art. 210 c.p.c. i dati relativi al numero dei lavoratori dipendenti delle tre imprese, senza che sul punto siano state sollevate contestazioni. Per poter utilmente sommare i dipendenti in modo da raggiungere il numero di quindici che sarebbe utile alla difesa della odierna attrice, occorre però dare la prova che le tre entità o almeno due di esse costituissero un unico centro di interessi, così che i dipendenti fossero assoggettati ad unico controllo gerarchico. La stessa giurisprudenza citata da parte attrice, peraltro concernente la diversa ipotesi di imprese gestite da società del medesimo gruppo, ha affermato che ricorre un unico centro di imputazione del rapporto di lavoro "...ogni volta vi sia una simulazione o una preordinazione in frode alla legge del frazionamento di un'unica attività fra i vari soggetti del collegamento economico-funzionale e ciò venga rivelato dai seguenti requisiti: a) unicità della struttura organizzativa e produttiva; b) integrazione tra le attività esercitate dalle varie imprese del gruppo ed il correlativo interesse comune; c) coordinamento tecnico ed amministrativo-finanziario tale da individuare un unico soggetto direttivo che faccia confluire le diverse attività delle singole imprese verso uno scopo comune; d) utilizzazione contemporanea della prestazione lavorativa da parte delle varie società titolari delle distinte imprese, nel senso che la stessa sia svolta in modo indifferenziato e contemporaneamente in favore dei vari imprenditori" (Cass., Sez. L - , Sentenza n. 19023 del 31.07.2017). Ebbene, allo stato delle deduzioni ed acquisizioni svolte nella presente causa, questo risultato non pare raggiungibile secondo il criterio del "più probabile che non", richiesto dalla giurisprudenza prima citata. Dall'istruttoria svolta in questo processo, e perciò senza il contraddittorio con le parti interessate, sembra che le attività o comunque le lavorazioni svolte dai tre soggetti evocati rispondano ad una diversità sostanziale, anche se occasionalmente prestate per i medesimi soggetti. Le prove orali hanno consentito di confermare l'esistenza di alcuni uffici in comune tra i tre fruitori della palazzina di via (...) a Rimini, quali il centralino e l'ufficio cassa, oltre alla contitolarità come direttore per due degli enti in capo allo stesso soggetto. I testi, tuttavia, sono concordi nell'indicare che le attività erano svolte in zone distinte per le varie imprese e con imputazione distinta della gestione del rapporto di lavoro. Va detto peraltro che centralino e ufficio cassa costituiscono strutture tecniche di supporto all'attività delle imprese, motivo per il quale possono avere una collocazione a latere, non incidendo direttamente sui servizi prestati dai tre soggetti. Non sono inoltre stati offerti elementi probanti in ordine alla struttura costitutiva dei tre soggetti e, in particolare, alla identità dell'unico centro di interessi capace di organizzare gerarchicamente le tre distinte funzioni, così da essere considerato un unico datore di lavoro. Le funzioni svolte dalle tre entità sembrano, infatti, distinte e caratterizzate da finalità diverse: la prestazione di servizi alle imprese ((...) S.r.l), la rappresentanza associativa degli esercizi alberghieri della Riviera di Rimini ((...)) e la gestione delle paghe in favore della clientela ((...) S.a.s.). A ciò si aggiunga la diversa forma giuridica delle stesse: una società di capitali, una associazione e una società in accomandita semplice, con conseguenti diversi regimi di rappresentanza e gestione, non facenti parte di un unico gruppo societario. Infine, secondo quanto emerso dall'istruttoria, i movimenti di personale tra i diversi enti sono stati in numero limitato e comunque hanno sempre avuto natura reale e non fittizia. 7. In particolare, la teste (...) ha affermato: "Confermo la circostanza che le ferie venivano chieste al (...).... non so dire se era il referente di tutti". Il teste (...) ha riferito: "Sono stato il direttore (...) per quanto ricordi i miei dipendenti non lavoravano per (...) gestivo le ferie (...) e avevo la delega della Presidente della società di servizi ma non di (...) ...Ogni collaboratore rispondeva al proprio datore anche se la struttura era unica eravamo divisi per aree". La teste (...) ha dichiarato: ".il 1.5.2009 io sono passata da (...) come addetta alle paghe a Federalberghi come responsabile dell'ufficio licenze preciso che sono stata solo io a fare questo passaggio in data 1.5.2009 di altri dipendenti non so. In precedenza era dipendente di (...) in una filiale di Viserba gli uffici sono quelli, utilizziamo programmi esterni, io rispondevo alle direttive del Direttore di Federalberghi". La teste (...) ha affermato: "sono dipendente di (...) Elaborata dal 1.3.2012, sono addetta al reparto paghe, in passato sono stata dipendente di (...) ma non ricordo le date io e un'altra dipendente abbiamo avuto questo passaggio, non ricordo altri passaggi di questo tipo...dal 2011/2012 il reparto è passato in appalto e abbiamo cambiato tantissimi programmi. L'azienda è quella nel senso che è in viale (...) nello stabile c'è (...) (...) e le colleghe delle licenze (...) sindacale o (...). Non posso dire che queste persone fanno parte di un unico gruppo ...Le mie ferie erano autorizzate dal signor (...)". La teste (...), cliente (...), ha dichiarato: "Mi sono sempre interfacciata con le stesse persone che avevano gli stessi incarichi negli stessi uffici". La teste (...) ha riferito che: "in precedenza ero stagionale a volte con (...) a volte con Federalberghi dipendeva dal periodo, ero addetta al centralino'". La teste (...) ha dichiarato che: "Io sono dipendente di Federalberghi da sempre. L'ufficio licenze è uno e siamo in tre". La teste (...) ha riferito che: "...io sono stata assunta a carattere stagionale per cui non c'erano altre persone assunte nella stessa data mia. Gli altri colleghi del reparto paghe mi riferirono che erano stati in precedenza assunti alle dipendenze della (...) in seguito licenziati e poi assunti da (...). Per gli ordini io prendevo direttive da (...) il consulente di (...) società con la quale sono stata assunta; io rispondevo quindi a lui...presumo che il signor (...) poi si rapportasse con (...) perché la struttura era la medesima cioè noi lavoravamo nella stessa struttura io a (...) gli altri colleghi in centrale, io ho sempre e solo prestato la mia attività lavorativa per (...)". 8. Si tratta, quindi, di un insieme probatorio non univoco, che non consente di provare che la (...), (...) (in seguito diventata Federalberghi) e la (...) costituissero in realtà un unico centro di interesse, la cui attività era stata solo apparentemente frazionata in tre enti distinti. La proposizione di un giudizio nei confronti dei tre soggetti non sembra quindi fosse dotata di adeguate probabilità di successo, potendo ben finire, una volta instaurato il contraddittorio con le controparti, con il rigetto della domanda sul punto e la condanna alle spese della attuale attrice nei confronti dei due enti estranei al rapporto di lavoro. Su tale questione il convenuto ha espresso alla cliente le proprie considerazioni negative che, pur avendo solo contenuto prognostico, sono comunque espressione corretta delle difficoltà che un giudizio complesso come quello ipotizzato avrebbe dovuto affrontare, con conseguente non doverosità dell'adozione della scelta di chiamare in causa più soggetti da parte del legale. Concludendo, quindi, non risulta ravvisabile in capo al convenuto alcun inadempimento professionale per non avere esteso il contraddittorio anche ad altri soggetti rispetto a quello formalmente datore di lavoro della cliente, domanda che la avrebbe esposta alle conseguenze di una sentenza negativa sul punto. In ogni caso manca la prova che una simile domanda, ove tempestivamente formulata nel giudizio di impugnazione del licenziamento, potesse avere un sufficiente grado di probabilità di essere accolta. Da ciò consegue che le domande proposte dalla odierna attrice devono essere respinte. 9. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo secondo i valori minimi, tenuto conto della natura della fattispecie. P.Q.M. Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza ed eccezione disattesa o assorbita, così dispone: 1. rigetta le domande di parte attrice; 2. condanna la parte attrice a rifondere al convenuto le spese di lite, che si liquidano in Euro 13,00 per spese ed Euro 16.481,00 per compensi professionali, oltre a spese generali, i.v.a. e c.p.a. di legge. Rimini, 21 marzo 2023. Depositata in Cancelleria il 21 marzo 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO di RIMINI Sezione Unica CIVILE Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. Maura Mancini ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 831/2018 promossa da: (...) (C.F. (...)), con il patrocinio dell'avv. ME.CA. del foro di Rimini (PEC (...)) giusta mandato in calce all'atto di citazione in opposizione a decreto ingiuntivo OPPONENTE contro (...) DI (...) S.P.A., (C.F. (...) ), con il patrocinio dell'avv. En.Be. del foro di Rimini (PEC (...)) giusta mandato in calce alla comparsa di costituzione e risposta OPPOSTA con l'intervento di (...) SPA (C.O.E. 22345 - C.F. (...) (già (...) S.P.A.), con il patrocinio dell'avv. En.Be. del foro di Rimini (PEC (...)) giusta mancato in calce alla comparsa di costituzione ex art. 111 c.p.c.. TERZA INTERVENUTA IN FATTO Con atto di citazione ritualmente notificato ed iscritto a ruolo in data 1 marzo 2018 il sig. (...) ha proposto, innanzi al Tribunale di Rimini, opposizione avverso il decreto ingiuntivo n. 2150/17 emesso nei suoi confronti ed in favore di (...) S.p.A. chiedendo, che in via preliminare ed inaudita altera parte, ne fosse sospesa la provvisoria esecuzione in ragione della totale carenza di prova del credito ex adverso azionato e della conseguente sussistenza dei gravi motivi di cui all'art. 649 c.p.c.; nel merito l'opponente ha chiesto che fosse accertata la nullità, l'improcedibilità, l'inammissibilità e l'inefficacia della domanda monitoria e che, conseguentemente, fosse accertato che egli nulla doveva all'opposta; in via subordinata di merito l'opponente ha chiesto che fosse dichiarata la nullità/inesistenza del contratto di apertura di conto corrente e del contratto di affidamento anche per la mancata sottoscrizione da parte dell'Istituto bancario; ancora in via subordinata di merito l'opponente ha chiesto che fosse accertata l'usurarietà degli interessi e delle condizioni pattuite nonché l'illegittima applicazione di interessi anatocistici, della Commissione di (...) e comunque di commissioni e spese prive di causa negoziale. A sostegno dell'opposizione il sig. (...) ha allegato l'inidoneità della documentazione allegata in sede monitoria e la mancanza di prova del credito azionato; la nullità/inesistenza per difetto di forma del contratto di apertura di conto corrente e del contratto di apertura di credito per difetto di sottoscrizione da parte dell'Istituto bancario anche secondo quanto previsto dalla normativa sammarinese; la mancanza del documento di sintesi/condizioni economiche con conseguente mancanza di pattuizione in ordine agli interessi, commissioni ed oneri e spese applicati; il superamento del tasso soglia per l'usura degli interessi applicati al contratto; l'illegittima applicazione della Commissione di (...) per indeterminatezza dell'oggetto e mancanza di causa; la violazione del divieto di anatocismo. Si è costituita la (...) S.p.A. che ha contestato la fondatezza dell'opposizione evidenziando come la fase monitoria fosse caratterizzata da una cognizione sommaria e che solo con l'introduzione del giudizio di opposizione il credito azionato in via monitoria era oggetto di piena cognizione; come essa nella fase di opposizione depositava l'estratto conto integrale dall'origine del rapporto; come tale documentazione fosse pienamente idonea a comprovare il credito azionato; come il contratto fosse stato firmato anche dal funzionario dell'Istituto di credito opposto sotto la dicitura "benefirma"; come, in ogni caso, non dovesse ritenersi l'esigenza della firma dell'Istituto bancario per il rispetto della forma del contratto; come la normativa italiana ed in particolare il TUB ripetutamente richiamato da parte non fosse applicabile al caso di specie in quanto (...) S.p.A., con la quale il sig. (...) aveva aperto il rapporto bancario, era banca di diritto sammarinese operante sul territorio dello Stato di San Marino e fosse conseguente assoggettata alla normativa bancaria vigente nella Repubblica di San Marino; come la censura in ordine all'applicazione di tassi di interesse usurari fosse del tutto generica e rimessa ad una successiva C.T.U. meramente esplorativa; come l'applicazione della Commissione di (...) fosse legittima e come non potesse essere configurato alcun anatocismo alla luce del rilievo, pur essendo la questione soggetta al diritto sammarinese, anche la normativa italiana prevedeva la legittimità dell'anatocismo in ipotesi di pattuita pari periodicità del conteggio degli interessi, cosa di fatto avvenuta nel caso di specie con specifica doppia sottoscrizione; che, in ogni caso, la sussistenza del credito dell'Istituto bancario opposto era stato riconosciuto dall'opponente con comunicazione del 16 gennaio 2017; come l'opposizione fosse improcedibile per difetto del previo tentativo di mediazione obbligatoria; come l'opposizione fosse priva dei requisiti di cui all'art. 648 c.p.c e come, conseguentemente non sussistessero i gravi motivi di cui all'art. 649 c.p.c. anche alla luce di tutta la documentazione prodotta in sede di opposizione. All'udienza del 3 luglio 2018 è stata sospesa a provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo opposto ed alle parti è stato fissato termine per l'avvio della procedura di mediazione assistita, i Procuratori delle parti sono stati autorizzati al deposito delle memorie ex art. 183 sesto comma c.p.c., è stata disposta C.T.U. ed all'udienza del 9 febbraio 2022, tenuta a trattazione scritta, la causa è stata trattenuta in decisione sulla base della precisazione delle conclusioni risultante dai fogli rispettivamente depositati dalle parti con concessione dei termini ex art. 190 c.p.c. per il deposito delle memorie conclusionali e di replica. IN DIRITTO L'opposizione risulta parzialmente fondata e merita accoglimento nei termini di seguito esplicitati: si deve, in primo luogo, superare l'eccezione di insufficienza della documentazione prodotta in sede monitoria ai fini della prova del credito azionato da parte opposta: in proposito, infatti, il Supremo Collegio ha chiarito che "L'opposizione a decreto ingiuntivo introduce un procedimento ordinario a cognizione piena nel quale il giudice, anche se abbia accertato la mancanza delle condizioni richieste dagli artt. 633 e ss. c.p.c., deve comunque pronunciare sul merito del diritto fatto valere dal creditore, tenuto conto degli elementi probatori esibiti nel corso del giudizio." (cfr. Cass. 7020/19; in precedenza in senso conforme cfr. Cass. 4121/01 e Cass. 15702/04) con la conseguenza che non può farsi riferimento esclusivo alla documentazione prodotta in sede monitoria e si deve, invece, tenere in considerazione tutta la documentazione prodotta da parte opposta e da parte intervenuta ex art. 111 c.p.c. al fine di verificare la sussistenza del credito azionato in via monitoria. In secondo luogo deve essere disattesa l'eccezione di nullità/inesistenza del contratto di apertura del conto corrente e del contratto di apertura di credito sollevata da parte opponente sul rilievo che tali documenti, pur redatti in forma scritta, non risulterebbero sottoscritti dall'Istituto bancario. Nel caso di specie si rileva che entrambi i contratti intercorsi fra le parti sono sorti e sono stati eseguiti nella Repubblica di San Marino e con Istituto di credito sammarinese prima dell'adozione del Regolamento della raccolta del risparmio e dell'attività bancaria n. 07/2007, con la conseguenza che può ritenersi applicabile il principio generale della legge italiana che fa obbligo della forma scritta del contratto bancario in quanto principio posto a tutela del correntista in quanto contraente debole. Il difetto di forma scritta e la conseguente nullità/inesistenza, peraltro, sarebbe riconducibile, secondo la prospettazione di parte opponente, alla mancanza di sottoscrizione da parte dell Istituto bancario. La tesi non può essere condivisa alla luce del rilievo che la Giurisprudenza di legittimità, seppure con riferimento a rapporti con banche italiane, ha chiarito che "In materia di contratti bancari, la omessa sottoscrizione del documento da parte dell'istituto di credito non determina la nullità del contratto per difetto della forma scritta, prevista dall'art. 117, comma 3, del D.Lgs. n. 385 del 1993. Il requisito formale, infatti, non deve essere inteso in senso strutturale, bensì funzionale, in quanto posto a garanzia della più ampia conoscenza, da parte del cliente, del contratto predisposto dalla banca, la cui mancata sottoscrizione è dunque priva di rilievo, in presenza di comportamenti concludenti dell'istituto di credito idonei a dimostrare la sua volontà di avvalersi di quel contratto". (cfr. Cass. 16070/18, ed in precedenza in senso conforme Cass. 14646/18, Cass. 14243/18; successivamente in senso conforme 22385/19). Ne discende la totale irrilevanza della mancanza di firma da parte dell'Istituto bancario essendo chiaro dalla documentazione versata in atti che le parti hanno inteso comunque avvalersi dei contratti stipulati. Del pari deve essere disattesa l'eccezione di mancata produzione del documento di sintesi con le condizioni economiche applicate a rapporti fra le parti: in proposito si osserva, infatti, che tale documento risulta ritualmente prodotto sub doc. 3 allegato alla memoria ex art. 183 sesto comma n. 1 c.p.c. di parte opposta; con la medesima memoria risulta prodotto anche il contrato di apertura del conto corrente sottoscritto dall'opponente sub (...) con la conseguenza che non ritiene questo giudicante che possa essere configurata alcuna carenza di cognizione in ordine al contenuto del contratto in capo al correntista oggi opponente. Quanto all'eccezione di usurarietà dei tassi di interesse applicati si osserva che la censura risulta posta in maniera eccessivamente generica senza che sia stato prodotto un elaborato di parte che desse una qualche consistenza all'eccezione di parte opponente, neppure a seguito della produzione di tutti gli estratti conto relativi ai rapporti fra le parti: ne discende l'inammissibilità della richiesta istruttoria di C.T.U. avanzata da parte opponente in quanto meramente esplorativa (cfr. Cass. 30218/18 "La consulenza tecnica d'ufficio non è mezzo istruttorio in senso proprio, avendo la finalità di coadiuvare il giudice nella valutazione di elementi acquisiti o nella soluzione di questioni che necessitino di specifiche conoscenze. Ne consegue che ilsuddetto mezzo di indagine non può essere utilizzato al fine di esonerare la parte dal fornire la prova di quanto assume, ed è quindi legittimamente negata qualora la parte tenda con essa a supplire alla deficienza delle proprie allegazioni o offerte di prova, ovvero di compiere una indagine esplorativa alla ricerca di elementi, fatti o circostanze non provati" (cfr. Cass. 30218/17, in precedenza in senso conforme Cass. 3130/11; successivamente in senso conforme Cass. 10373/19). Si deve, a questo punto esaminare l'opposizione sotto il profilo della non debenza della Commissione di Massimo Scoperto sia in ragione della mancata pattuizione che in ragione dell'indeterminatezza dell'oggetto: in proposito si rileva che dal documento di sintesi doc. 2 prodotto unitamente alla memoria ex art. 186 sesto comma n. 1 c.p.c. emerge chiaramente che la Commissione di Massimo Scoperto risulta di fatto pattuita in forma scritta: si rileva, peraltro, che la pattuizione prevede solo l'indicazione di una mera misura percentuale, senza che siano indicati le modalità di calcolo e di quantificazione della stessa, con conseguente indeterminatezza dell'oggetto della pattuizione ed illegittimità dei conseguenti addebiti a tale titolo (cfr. Cass. 19825/22 in motivazione ""deve considerarsi nulla per indeterminatezza dell'oggetto la clausola che prevede la commissione di massimo scoperto indicandone semplicemente la misura percentuale, senza specificare le modalità di calcolo e di quantificazione della stessa, posto che, in tal caso, il correntista non è invero in grado di conoscere quando e come sorgerà l'obbligo di dover corrispondere la suddetta commissione alla banca") che , pertanto, dovranno essere espunti dal saldo dare/avere fra le parti. Quanto alla violazione del divieto di anatocismo si osserva che, pur essendo ammessa tale pratica nell'ordinamento sammarinese, il documento di sintesi doc. 2 richiamato esplicita chiaramente la pari periodicità della capitalizzazione degli interessi con conseguente legittimità della clausola anche alla stregua della normativa italiana, come d'altronde riscontrato anche dal C.T.U. Quanto all'illegittima applicazione della Commissione di Massimo Scoperto in ragione dell'indeterminatezza dell'oggetto della clausola si rileva che, dall'esame degli estratti conto prodotti da parte opposta/intervenuta nei doc. "estratto frisoni" da 1 a 35 emerge che siano state illegittimamente addebitati a tale titolo Euro 41,27 (ec 5), Euro165,56 (ec 6), Euro 168,50 (ec7), Euro 171,83 (ec8), Euro 326,03 (ec9), Euro 335,94 (ec10), Euro 362,99 (ec 11), Euro 371,22 (ec 12), Euro 431,08 (ec 13), Euro 441,28 (ec 14), Euro 455,81 (ec 15), Euro 482,01 (ec 16), Euro 482,01 (ec17), Euro 611,88 (ec 18), Euro 643,65 (ec 19), Euro 296,46 (ec 20), Euro 311,94 (ec 21), Euro 301,55 (ec 22), Euro 296,84 (ec 23), Euro 302,29 (ec 24), Euro 312,01 (ec 25), Euro 332,71 (ec 26), Euro 333,09 (ec 27), Euro 368,04 (ec 28), Euro 294,51 (ec29), Euro 310,05 (ec 30), Euro 330,08 (ec 31), Euro 351,00 (ec 32), Euro 356,48 (ec 33) ed Euro 378,57 (ec 34); non risultano addebiti a titolo di Commissione di Massimo Scoperto negli estratti conto 1, 2, 3, 4 e 35. Complessivamente, dunque, risultano addebiti illegittimi in danno dell'opponente per la somma complessiva di Euro 10.336,68 oltre interessi legali dalla domanda al saldo dovendosi ritenere l'indebito di buona fede. Dalle considerazioni che precedono discende che il decreto ingiuntivo n. 2150/17 deve essere revocato; che l'opponente deve essere condannato a pagare all'opposta/terza intervenuta la somma capitale di Euro 68.226,33 oltre interessi come da domanda monitoria e fino al saldo da cui detrarre la somma di Euro 10.336,68 oltre interessi legali dalla domanda giudiziale al saldo effettivo. Residua la pronuncia in relazione alle spese di lite in ordine alla quale, avuto riguardo alla prevalente soccombenza di parte opponente, si devono ravvisare le ragioni di cui all'art. 92 c.p.c. per la parziale compensazione delle spese di lite di parte opposta/intervenuta nella misura del 20%. Tali spese tenuto conto del medio livello di complessità della questione dedotta in causa, delle attività processuali effettivamente espletate e del valore della causa (Euro 68.226,33), sono liquidate per l'intero, quanto ai compensi, in complessivi Euro 13.430,00 oltre rimborso spese generali, IVA (se dovuta) e CNPA secondo quanto previsto dalla Tabella A allegata al D.M. n. 55 del 2014 come modificato dal D.M. n. 37 del 2018 con applicazione dei valori medi per le fasi di studio (Euro 2.430,00), introduttiva (Euro 1.550,00), di trattazione e/o istruttoria (Euro 5.400,00) e decisionale (Euro 4.050,00) che per il residuo 80% restano a carico dell'opponente. In forza delle medesime ragioni restano compensate nella misura dell'80% a carico dell'opponente e nella misura del 20% a carico di parte opposta/intervenuta le spese di C.T.U. liquidate come da separato decreto. P.Q.M. Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza ed eccezione disattesa o assorbita, così dispone: 1) revoca il decreto ingiuntivo n. 2150/17; 2) condanna l'opponente a pagare all'opposta/terza intervenuta la somma capitale di Euro 68.226,33 oltre interessi come da domanda monitoria e fino al saldo da cui detrarre la somma di Euro 10.336,68 oltre interessi legali dalla domanda giudiziale al saldo effettivo. 3) compensa nella misura del 20% le spese di lite di parte opposta/intervenuta che liquida per l'intero in complessivi Euro 13.430,00 oltre rimborso spese generali, IVA (se dovuta) e CNPA che pone per la residua misura dell'80% a carico di parte opponente; 4) pone definitivamente le spese di C.T.U. liquidate come da separato decreto a carico di parte opponente nella misura dell'80% ed a carico di parte opposta/intervenuta nella misura del 20%. Così deciso in Rimini il 30 agosto 2022. Depositata in Cancelleria il 31 agosto 2022.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO di RIMINI Sezione Unica CIVILE Il Tribunale, nella persona del Giudice dott.ssa Chiara Zito ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 4751/2018 promossa da: (...) (C.F. (...) ), con il patrocinio dell'avv. CA.IS., elettivamente domiciliato in Indirizzo Telematico presso il difensore avv. CA.IS. ATTORE/I contro (...) (C.F. (...) ), con il patrocinio dell'avv. CO.MA., elettivamente domiciliato in VIA (...) 40121 BOLOGNA presso il difensore avv. CO.MA. CONVENUTO/I CONCISA ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE 1. Con atto di citazione ritualmente notificato, (...) conveniva in giudizio l'avvocato (...), chiedendo di accertarne la responsabilità professionale nell'espletamento dell'incarico difensivo da lei conferitogli, con condanna al risarcimento di tutti i danni patrimoniali e non patrimoniali subiti. In particolare, l'attrice esponeva che l'avv. (...) era stato suo difensore nel procedimento davanti al Tribunale di Rimini RG 2163/2016, da lei instaurato per ottenere il risarcimento dei danni subiti in conseguenza di un sinistro verificatosi in data 14/06/2014, quando la stessa era caduta salendo i gradini di ingresso dell'abitazione del compagno della propria figlia. Prima della celebrazione della prima udienza di comparizione delle parti, fissata per il 13/07/2016, l'attrice era stata contattata dall'avv. (...), il quale aveva ricevuto dalla compagnia assicurativa della controparte la proposta di definire la controversia mediante il pagamento in suo favore della somma di Euro 5.000,00, oltre ad Euro 3.000,00 a titolo di spese legali. La (...) aveva deciso di rifiutare l'offerta, ritenendola inadeguata, contro il parere dell'avv. (...). Nei mesi successivi, questa non aveva più avuto alcuna comunicazione sull'andamento della causa e, solo a distanza di molto tempo, era a venuta a sapere che l'avv. (...) aveva rinunciato al mandato professionale, non svolgendo più attività difensiva. Tale rinuncia al mandato sarebbe stata comunicata dall'avv. (...) con la lettera raccomandata del 16/06/2016, che tuttavia non era stata consegnata alla (...) ed era stata restituita al mittente per "destinatario sconosciuto". Analogo esito aveva avuto la successiva raccomandata del 30/08/2016, con cui l'avv. (...) le aveva intimato il pagamento del proprio compenso professionale. La (...) si era, quindi, ritrovata, a sua insaputa, priva dell'assistenza del difensore e il giudizio da lei instaurato si era concluso con il rigetto della domanda e la condanna al pagamento delle spese legali del convenuto e della compagnia assicurativa chiamata in causa. Inoltre, l'attrice riferiva che l'avv. (...) aveva instaurato nei suoi confronti il procedimento RG 3541/2016 davanti al Giudice di Pace di Rimini, per ottenere il pagamento dei propri compensi professionali. Tale giudizio si era concluso, in contumacia della convenuta, con la condanna al pagamento della somma di Euro 2.194,00 oltre accessori di legge e spese di lite, portata ad esecuzione forzata dall'avv. (...). Nel presente giudizio, l'attrice lamentava la violazione, da parte dell'avv. (...), dei doveri deontologici e di correttezza professionale su di lui gravanti, poiché, a fronte dell'esito negativo delle due raccomandate da lui inviate, non aveva contattato telefonicamente la cliente per comunicarle la rinuncia al mandato e consentirle di nominare tempestivamente un nuovo difensore. Tale condotta, a parere dell'attrice, aveva determinato il rigetto della domanda da lei instaurata, ritenuta dal Giudice sprovvista di prova. Ella, pertanto, chiedeva la condanna del convenuto al risarcimento del danno patrimoniale, quantificato in Euro 22.570,74, pari alle somme che la stessa aveva dovuto versare a titolo di spese legali al convenuto e alla terza chiamata nel giudizio RG 2163/2016, nonché al compenso dello stesso avv. (...), oltre alle spese del giudizio davanti al Giudice di Pace e del procedimento esecutivo. Ella chiedeva, inoltre, il risarcimento del danno non patrimoniale che le sarebbe spettato in caso di vittoria della causa da lei instaurata, quantificato in Euro 36.449,35. 2. Si costituiva in giudizio l'avv. (...), eccependo l'improponibilità della domanda avversaria, per essere il suo diritto al compenso professionale accertato definitivamente con sentenza del Giudice di Pace di Rimini, passata in giudicato. Nel merito, il convenuto contestava integralmente la domanda svolta dall'attrice, negando di aver tenuto un comportamento negligente o scorretto nell'espletamento dell'incarico difensivo. In particolare, questi sosteneva di aver rinunciato al mandato a fronte della decisione della (...) di non accettare la proposta pervenuta dalla compagnia assicurativa della controparte, da lui ritenuta conveniente. Egli aveva, quindi, informato la cliente della propria decisione sia oralmente, sia mediante lettera raccomandata, poi non consegnata in quanto la (...) non veniva rintracciata all'indirizzo di residenza. Quest'ultima, in ogni caso, era stata resa edotta della rinuncia al mandato anche da parte della dott.ssa (...), conoscenza comune che aveva messo in contatto le parti e che era stata informata per le vie brevi dall'avv. (...). Infine, la rinuncia al mandato era stata formalizzata in sede di prima udienza di comparizione delle parti, alla quale l'avv. (...) aveva presenziato. Mediante tali condotte, il convenuto riteneva di avere assolto a tutti gli obblighi professionali e deontologici previsti a suo carico e respingeva le censure al proprio operato sollevate dall'attrice, la quale era perfettamente a conoscenza della rinuncia al mandato e doveva pertanto essere considerata l'unica responsabile per la mancata nomina di un nuovo difensore. In ogni caso, il convenuto rilevava che la controparte non aveva dimostrato che, se la causa fosse stata istruita, avrebbe avuto un presumibile esito favorevole per l'attrice e chiedeva il rigetto della domanda. Depositate le memorie ex art. 183, comma VI, c.p.c., la causa veniva istruita mediante la documentazione depositata e le prove orali richieste dalle parti. Esaurita l'istruttoria, le parti precisavano le conclusioni e la causa veniva trattenuta in decisione, previa assegnazione dei termini per il deposito di comparse conclusionali e memorie di replica. 3. Tanto riassunto quanto allo svolgimento del processo, in via pregiudiziale deve essere rigettata l'eccezione di improponibilità della domanda sollevata dalla difesa del convenuto. La sentenza emessa dal Giudice di Pace di Rimini all'esito del procedimento RG 3541/2016, infatti, ha statuito con efficacia di giudicato esclusivamente sul diritto dell'avv. (...) al pagamento del proprio compenso professionale, ma non si è pronunciata sull'eventuale responsabilità professionale di quest'ultimo, che ben può essere oggetto di una distinta domanda. 4. Nel merito, dagli atti risulta che l'avv. (...) ha patrocinato la (...) nella causa RG 2163/2016, introdotta dalla stessa davanti al Tribunale di Rimini contro il compagno della propria figlia, tale (...), e volta ad ottenere l'accertamento della responsabilità di quest'ultimo ai sensi degli artt. 2051 o 2043 c.c. per la caduta occorsa all'attrice sui gradini di accesso alla sua abitazione e la condanna al risarcimento dei danni, quantificati in Euro 36.449,35. In tale sede l'attrice sosteneva di essere caduta mentre saliva i gradini di accesso all'abitazione del convenuto, per la presenza di una macchia viscida, tale da costituire un'insidia in quanto non visibile né prevedibile. A sostegno della propria domanda l'attrice aveva depositato la dichiarazione scritta di una propria amica, tale (...), che aveva assistito alla caduta, nonché documentazione sanitaria e perizia medico-legale redatta dal dott. (...). Il convenuto, costituendosi in giudizio, contestava la domanda e sosteneva che sui gradini di accesso della propria abitazione non era presente alcuna macchia viscida. Egli riferiva che i gradini erano semplicemente bagnati a causa della forte pioggia di quel giorno e che, pertanto, la caduta della (...) doveva essere ascritta all'imprudenza di quest'ultima. Con la stessa comparsa il convenuto chiedeva di poter chiamare in causa la (...) S.p.a., per essere da questa manlevato in caso di accoglimento della domanda. Alla prima udienza, tenutasi il 13/07/2016, l'avv. (...) dichiarava di rinunciare al mandato e il difensore del convenuto chiedeva di poter chiamare in causa la compagnia assicurativa, sicché veniva fissata nuova udienza per il 26/01/2017. A tale udienza nessuno era presente per l'attrice e i difensori del convenuto e della terza chiamata chiedevano fissarsi udienza di precisazione delle conclusioni. Con sentenza n. 205/2018 del 23/02/2018 la domanda della (...) veniva, quindi, rigettata, avendo il Giudice ritenuto che i fatti posti a fondamento delle sue pretese erano rimasti sforniti del benché minimo supporto probatorio. 5. Così sintetizzato lo svolgimento del giudizio in cui il (...) ha prestato la propria opera professionale, occorre ora trattare dei rilievi mossi a suo carico dall'attrice, la quale lamenta che il difensore non l'avrebbe informata della propria intenzione di rinunciare al mandato, limitandosi ad inviarle due raccomandate poi non consegnate, in questo modo pregiudicando l'esito della causa. Al riguardo occorre osservare che sull'avvocato incombono una serie di obbligazioni accessorie rispetto alla prestazione principale, le quali risentono anche dell'influenza degli obblighi gravanti sul professionista in ragione delle regole deontologiche cui lo stesso soggiace. Nel caso della professione forense, il Codice Deontologico prevede all'art. 32 che "1. L'avvocato ha la facoltà di recedere dal mandato, con le cautele necessarie per evitare pregiudizi alla parte assistita. 2. In caso di rinuncia al mandato l'avvocato deve dare alla parte assistita un congruo preavviso e deve informarla di quanto necessario per non pregiudicarne la difesa. 3. In ipotesi di irreperibilità della parte assistita, l'avvocato deve comunicare alla stessa la rinuncia al mandato con lettera raccomandata all'indirizzo anagrafico o all'ultimo domicilio conosciuto o a mezzo p.e.c.; con l'adempimento di tale formalità, fermi restando gli obblighi di legge, l'avvocato è esonerato da ogni altra attività, indipendentemente dall'effettiva ricezione della rinuncia. 4. L'avvocato, dopo la rinuncia al mandato, nel rispetto degli obblighi di legge, non è responsabile per la mancata successiva assistenza, qualora non sia nominato in tempi ragionevoli altro difensore ...". Ebbene, nel caso di specie, non può ritenersi che la parte assistita fosse irreperibile, posto che, a fronte dell'esito negativo delle comunicazioni inviate a mezzo posta all'indirizzo di residenza, l'avv. (...) disponeva comunque del recapito telefonico della (...). Proprio per evitare pregiudizi alla parte assistita, quindi, una volta appurato che questa non aveva ricevuto le raccomandate a lei indirizzate, l'avv. (...) avrebbe potuto e dovuto contattarla telefonicamente e convocarla nel proprio studio (come, del resto, aveva fatto poco tempo prima per illustrarle il contenuto della proposta pervenuta dalla (...) S.p.a.), per farle sottoscrivere la comunicazione di rinuncia al mandato. Il convenuto non ha neppure fornito la prova che la (...) fosse comunque a conoscenza della rinuncia al mandato e della necessità di nominare un nuovo difensore. Tale circostanza non è emersa dalle prove orali: la teste T.G., all'epoca dei fatti segretaria dell'avv. (...), ha riferito che "...qualche tempo prima della data fissata in citazione la signora venne convocata in ufficio perché c'era una proposta di definire la pratica. La signora si presentò in compagnia di un'altra signora, l'Avv. (...) li ricevette nel suo studio e sentii l'avvocato riferire la proposta alla signora. (...) La signora non era molto contenta e quando sono uscite ho sentito l'avvocato un po' arrabbiato. Dopo l'avvocato mi ha incaricato di redigere una lettera racc. a/r con la quale rinunciava al mandato...io ero nel mio ufficio e ricordo che telefonicamente l'avvocato (...) informò di tale rinuncia la signora (...)". Quest'ultima circostanza è stata tuttavia smentita dalla teste (...), la quale ha riferito: "non so nulla della rinuncia al mandato so che l'attrice che conosco perché è stata convivente di un amico aveva avuto un sinistro in casa del genero cioè era caduta su un gradino; la signora mi aveva chiesto il nome di qualche legale io sono amica dell'Avv. (...) cognata dell'Avv. (...). (...) so che venne fatta un'offerta di 5.000,00 da parte della compagnia della controparte. In quell'occasione la signora (...) mi parlò mi chiese consiglio e io le spiegai la differenza tra un precedente sinistro che la signora aveva avuto e che era stata liquidata con una somma molto ingente e questo sinistro. (...) non lo ricordo della rinuncia al mandato ho saputo mi pare di essa molto tempo dopo, non credo siano state coeve". In ogni caso, anche a prescindere dalle dichiarazioni contrastanti delle due testimoni, va osservato che non è dimostrato che l'avv. (...) abbia parlato direttamente con la (...), non potendosi considerare equivalente una eventuale comunicazione data ad un soggetto terzo (la dott.ssa (...)), che aveva avuto l'unica funzione di mettere in contatto l'avvocato e la cliente e che non aveva alcun obbligo informativo nei confronti di quest'ultima. Deve, pertanto, ritenersi che l'odierno convenuto non abbia agito con la diligenza professionale media esigibile, ai sensi dell'art. 1176, secondo comma, c.c., e abbia effettivamente esposto la propria assistita a trovarsi senza difesa tecnica nel giudizio da lei instaurato. 6. Tanto accertato, deve tuttavia osservarsi che, ai fini della domanda risarcitoria oggetto del presente giudizio, manca la prova del nesso di causalità tra la condotta negligente del professionista e i presunti danni lamentati dalla (...), consistenti nella perdita del risarcimento del danno che le sarebbe spettato se il giudizio davanti al Tribunale di Rimini avesse avuto esito favorevole e nelle spese legali che questa ha dovuto rifondere al convenuto e alla compagnia assicurativa. In base ad un consolidato orientamento della Corte di Cassazione, infatti, la responsabilità per negligenza professionale del prestatore di opera intellettuale nei confronti del proprio cliente implica una valutazione prognostica positiva, che non coincide necessariamente con la certezza, circa il probabile esito favorevole del risultato della sua attività se la stessa fosse stata svolta correttamente e diligentemente. Ne consegue che l'assenza di elementi probatori, volti a giustificare una valutazione prognostica positiva circa il probabile esito dell'attività del legale, porta ad escludere la responsabilità del professionista, in quanto la sua responsabilità non può affermarsi per il solo mancato corretto adempimento dell'attività professionale. Al contrario occorre accertare se, laddove il prestatore d'opera avesse tenuto la condotta dovuta, il suo assistito avrebbe conseguito il riconoscimento delle proprie ragioni, difettando altrimenti la prova del necessario nesso eziologico tra la condotta dell'avvocato ed il risultato derivatone (Cassazione civile sez. III, 28/06/2019 n. 1741; sul punto anche Cass. 22376/2012; v., Cass. n. 9917/2010; Cass. 9638/9013, Cass. 25112/2017). 7. Ebbene, sulla base degli elementi forniti nel presente giudizio dall'attrice, non è possibile compiere una valutazione prognostica positiva circa la fondatezza della domanda da lei proposta nel giudizio RG 2163/2016. In particolare, se possono considerarsi pacifici tanto la caduta sui gradini di ingresso dell'abitazione del convenuto (...), quanto la circostanza che l'odierna attrice abbia riportato un danno alla salute (comunque accertabile mediante consulenza tecnica d'ufficio), altrettanto non può affermarsi per la sussistenza degli ulteriori elementi costitutivi della responsabilità ex art. 2051 c.c.. È noto, infatti, che tale responsabilità ha natura oggettiva e trova fondamento nella mera relazione intercorrente tra la res e colui che su di essa esercita l'effettivo potere, sicché grava sull'attore - danneggiato la prova del nesso causale. In particolare, secondo l'orientamento consolidato della giurisprudenza di legittimità, "qualora il danno non derivi da un dinamismo interno della "res", in relazione alla sua struttura o funzionamento, ma presupponga un intervento umano che si unisca al modo d'essere della cosa inerte, il danneggiato può provare il nesso causale tra evento dannoso e bene in custodia unicamente dimostrando l'obiettiva situazione di pericolosità dello stato dei luoghi, tale da rendere probabile, se non inevitabile, il danno stesso" (Cass., Sez. 6 - 3, Ordinanza n. 21212 del 20/10/2015). Dunque, "è onere del danneggiato provare il fatto dannoso ed il nesso causale tra la cosa in custodia ed il danno e, ove la prima sia inerte e priva di intrinseca pericolosità, dimostrare, altresì, che lo stato dei luoghi presentava un'obiettiva situazione di pericolosità, tale da rendere molto probabile, se non inevitabile, il verificarsi del secondo, nonché di aver tenuto un comportamento di cautela correlato alla situazione di rischio percepibile con l'ordinaria diligenza, atteso che il caso fortuito può essere integrato anche dal fatto colposo dello stesso danneggiato" (Cass. Sez. 6 - 3, Ordinanza n. 11526 del 11/05/2017). Nel giudizio RG 2163/2016, l'attrice ha allegato che la caduta sarebbe stata determinata dalla presenza di una sostanza viscida sui gradini dell'abitazione del convenuto e ha depositato la dichiarazione scritta da un'amica che avrebbe assistito alla caduta (tale (...)), nella quale si legge che la (...) sarebbe scivolata a causa del pavimento bagnato e cosparso di sapone. A tali ricostruzioni si è opposta la difesa del convenuto, rappresentando che la (...) era effettivamente caduta, ma scivolando sui gradini bagnati dalla pioggia, verosimilmente per sua imprudenza. A fronte di un tale quadro, posto che nel giudizio in questione non è stata svolta attività istruttoria, per valutare la fondatezza della domanda sarebbe stato indispensabile assumere, nel presente procedimento, la testimonianza di almeno una persona che ha assistito alla caduta, in modo che questa confermasse (o smentisse) le circostanze affermate dall'attrice, anche in merito alla pericolosità dello stato dei luoghi. Nessun valore probatorio può, infatti, essere riconosciuto alla dichiarazione scritta della presunta testimone oculare del sinistro, depositata dall'attrice, trattandosi di scrittura privata non riconosciuta, proveniente da soggetto estraneo al giudizio. Non essendo state richieste prove orali in tal senso, non è possibile valutare, in questa sede, se la domanda svolta dalla (...) ai sensi dell'art. 2051 c.c. avrebbe avuto ragionevoli probabilità di essere accolta. Non è dirimente, al riguardo, che la compagnia assicurativa del convenuto avesse fatto pervenire una proposta di definizione della vertenza, posto che l'offerta di una somma di denaro, peraltro molto inferiore rispetto all'entità dei danni richiesti, non comporta alcun riconoscimento delle pretese avversarie e può essere avanzata anche solo per evitare i tempi e gli esiti incerti del processo. Deve, invece, verosimilmente escludersi che nel giudizio in questione sarebbe stata accertata una responsabilità ai sensi dell'art. 2043 c.c., atteso che non è stato allegato un fatto doloso o colposo del convenuto, che avrebbe determinato la caduta della (...). 8. In conclusione, pertanto, non è provato che la (...) abbia subito un danno dalla condotta negligente del proprio difensore. Quanto al danno non patrimoniale, infatti, per le ragioni sopra esposte non è dimostrato che, in caso di nomina di un nuovo difensore nel procedimento RG 2163/2016, l'attrice avrebbe visto il riconoscimento delle proprie ragioni. Quanto al danno patrimoniale, va osservato che la regolamentazione delle spese del giudizio RG 2163/2016 era strettamente dipendente dall'esito dello stesso e, dunque, non potendosi compiere valutazioni prognostiche nel senso dell'accoglimento della domanda, non può nemmeno affermarsi che la (...) non sarebbe stata condannata al pagamento delle spese di lite delle controparti. Quanto al compenso dovuto all'avv. (...) per l'attività prestata a favore dell'attrice, va osservato che la sussistenza di tale credito è stata definitivamente accertata con sentenza del Giudice di Pace di Rimini, passata in giudicato, né può ritenersi che sull'avv. (...) incombesse un obbligo di informare ulteriormente la (...) della pendenza del procedimento, a fronte di regolari notifiche ai sensi dell'art. 143 c.p.c.. Peraltro, è la stessa attrice a rappresentare, nei propri atti difensivi, che la (...) viveva "in un appartamento privo di campanello proprio e dotato di una buchetta della posta comune a tutti i condomini", dunque la stessa era ben consapevole del rischio di non ricevere comunicazioni a mezzo posta lei indirizzate. A favore della odierna attrice non può nemmeno essere riconosciuto un danno da perdita di chance, dal momento che la relativa domanda è stata formulata tardivamente, in sede di comparsa conclusionale. Infine, deve escludersi che all'attrice spetti il risarcimento della somma di Euro 5.000,00, posto che l'offerta pervenuta dalla compagnia assicurativa della controparte era stata rifiutata dalla (...), che pertanto aveva accettato di attendere l'esito del giudizio, con il rischio di non vedere accolta la propria domanda. In conclusione, dunque, in difetto di prova del nesso di causalità la domanda deve essere rigettata. 9. Le spese del giudizio devono essere integralmente compensate, in considerazione delle ragioni della decisione. P.Q.M. Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza ed eccezione disattesa o assorbita, così dispone: 1. rigetta la domanda; 2. compensa le spese di lite. Così deciso in Rimini il 5 luglio 2022. Depositata in Cancelleria il 6 luglio 2022.

  • TRIBUNALE DI RIMINI Sezione Unica Civile Il Tribunale di Rimini, riunito in Camera di Consiglio nelle persone dei magistrati: Dott.ssa Francesca Miconi Presidente Dott.ssa Maria Saieva Giudice Dott.ssa Giorgia Bertozzi Bonetti Giudice Relatore ha pronunciato la seguente SENTENZA sul ricorso Nr. .../2019 R.G. promosso da: X nata a ... (Germania) il 29/09/1965, elettivamente domiciliata a Rimini (Rn) alla Via., presso lo studio dell'Avv. ... che la rappresenta e difende nel presente giudizio come da procura in atti; - ricorrente - nei confronti di Y nato a ... (RN) il 24/08/1959, elettivamente domiciliato a ...(RN) alla presso lo studio dell'Avv. Pancini Aldo che lo rappresenta e difende nel presente giudizio come da procura in atti; - resistente - con l'intervento del PUBBLICO MINISTERO - intervenuto per legge - CONCLUSIONI: All'udienza del 13/10/2021, i difensori delle parti hanno concluso come da verbale di udienza. ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE Dagli atti e dai documenti di causa risulta quanto segue. X e Y hanno contratto matrimonio civile a ... (RN) in data 30/11/1983 ed hanno avuto due figli, S. e A. I coniugi si sono consensualmente separati in forza di verbale del 05/03/2001, successivamente omologato dal Tribunale di Rimini con provvedimento camerale del 16/03/2001. Con ricorso depositato in data 27/05/2019, X ha chiesto che sia pronunciato lo scioglimento del matrimonio alle condizioni ivi formulate. Si è costituito in giudizio Y, non opponendosi alla domanda di scioglimento del matrimonio, ma formulando condizioni difformi da quelle della controparte (cfr. gli atti di causa). All'udienza del 10/09/2019, le parti sono comparse dinnanzi al Presidente del Tribunale il quale, esperito il tentativo di conciliazione con esito negativo, non ha adottato provvedimenti temporanei ed urgenti, non ravvisandone i presupposti e ferma restando l'efficacia delle vigenti condizioni di separazione (cfr. gli atti di causa). All'udienza del 20/11/2019, dinanzi al Giudice Istruttore nominato per la trattazione della causa, i procuratori delle parti hanno chiesto che il Tribunale voglia pronunciarsi preliminarmente sullo status con sentenza non definitiva - rinunciando alla concessione dei termini di cui all'art. 190 c.p.c. - e disporre la successiva rimessione della causa in istruttoria con concessione dei termini di cui all'art. art. 183, comma 6, c.p.c. (cfr. gli atti di causa). Con sentenza n.... /2019, emessa in data 21/11/2019 e pubblicata in data 23/12/2019, il Tribunale di Rimini ha dichiarato lo scioglimento del matrimonio contratto a ... (RN) in data 30/11/1983 da X e Y - matrimonio trascritto al n. 5, Parte I, dell'anno 1983 del Registro degli atti di matrimonio del Comune di ... (RN) - disponendo con separata ordinanza la prosecuzione del procedimento. Assegnati alle parti i termini di cui all'art. 183, comma 6, c.p.c., il Giudice Istruttore, a scioglimento della riserva trattenuta all'udienza del 16/06/2020, ha rigettato le istanze istruttorie formulate dalle parti ed ha fissato l'udienza di precisazione delle conclusioni. All'udienza del 13/10/2021 - svoltasi con modalità "trattazione scritta" ai sensi degli artt. 221, comma 4, del DL n. 34/2020, convertito in Legge n.77/2020, 23 del DL n. 137/2020, convertito in Legge n. 176/2020, e 7 del DL n. 105/2021, secondo quanto indicato nel decreto del 25/09/2021 - il Giudice Istruttore, verificato l'avvenuto deposito delle note di udienza, ha assegnato alle parti i richiesti termini di cui all'art. 190 c.p.c. per il deposito di comparse conclusionali e memorie di replica, disponendo all'esito la rimessione della causa dinanzi al Collegio per la decisione. Il Pubblico Ministero, intervenuto nel procedimento riservandosi di concludere, non ha poi presentato le conclusioni; tale circostanza non integra violazione del precetto di legge in quanto ai fini dell'osservanza delle norme che prevedono l'intervento obbligatorio del P.M. nel processo civile, è sufficiente che gli atti siano comunicati all'ufficio del medesimo per consentirgli di intervenire nel giudizio, mentre l'effettiva partecipazione e la formulazione delle conclusioni sono rimesse alla sua diligenza (cfr. Cass. n. 10894/2005; Cass. n. 2381/2000 secondo cui "Nelle controversie relative alla modifica delle condizioni patrimoniali imposte con sentenza di divorzio, con riferimento al mantenimento dei figli minori, che rientrano tra quelle per le quali è previsto l'intervento obbligatorio del P.M., ai sensi dell'art. 9 della legge n. 898 del 1970,come modificato dall'art. 13 della legge n. 74 del 1987, è sufficiente, al fine di assicurare l'osservanza di detto precetto normativo, che l'ufficio del P.M. venga ufficialmente informato del procedimento, affinché il suo rappresentante sia posto in grado di intervenire e di esercitare i poteri attribuitigli dalla legge, restando irrilevante che in concreto egli non partecipi alle udienze e non formuli conclusioni"). Tutto ciò premesso, va precisato che, essendo già stato pronunciato lo scioglimento del matrimonio, il thema decidendum resta circoscritto alla verifica della sussistenza dei presupposti per la corresponsione dell'assegno divorzile in favore di X. Al riguardo, viene in rilievo, in diritto, l'evoluzione giurisprudenziale in merito all'individuazione dei criteri di determinazione dell'assegno divorzile, anche alla luce del pronunciamento della Corte di Cassazione con la sentenza a Sezioni Unite n. 182887/18. Come noto, il diritto all'assegno di divorzio è riconosciuto ai sensi dell'art. 5, comma 6 Legge 898/70, in seguito all'accertamento dell'inadeguatezza dei mezzi economici del coniuge economicamente più debole per far fronte alle proprie esigenze. Per un lungo periodo, secondo la giurisprudenza costante, il parametro al quale rapportare il giudizio di adeguatezza dei mezzi economici del richiedente l'assegno era quello del "tenore di vita analogo a quello avuto in costanza di matrimonio, o che poteva legittimamente e ragionevolmente fondarsi su aspettative maturate nel corso del matrimonio stesso, fissate al momento del divorzio" (così la sentenza delle S.U. n. 11490 del 1990). Tale consolidato orientamento, tuttavia, è stato sottoposto a revisione critica dalla sentenza n. 11504/2017 che ha individuato il criterio dell'"indipendenza economica", normativamente equivalente a quello di "autosufficienza economica", come nuovo parametro al quale rapportare - nella fase dell'an debeatur volta a verificare l'esistenza del diritto in astratto - l'adeguatezza-inadeguatezza" dei "mezzi" dell'ex coniuge richiedente l'assegno di divorzio e la "possibilità-impossibilità per ragioni oggettive dello stesso di procurarseli". Secondo quanto affermato dalla Suprema Corte, soltanto nella successiva fase del "quantum debeatur" era legittimo procedere ad un "giudizio comparativo" tra le rispettive "posizioni" personali ed economico-patrimoniali degli ex coniugi, sulla base degli specifici criteri dettati dalla L. n. 898 del 1970, art. 5, comma 6, per tale fase del giudizio. Con la recente sentenza a Sezioni Unite n. 18287/18 la Suprema Corte, nel dare una veste interpretativa più aderente alla realtà sociale, ha statuito che il presupposto per riconoscere l'assegno di divorzio non è né il raffronto con il pregresso tenore di vita, né il solo riferimento all'indipendenza o autosufficienza economica del richiedente. E' la stessa funzione dell'assegno di divorzio - che ha non soltanto natura assistenziale ma comprende anche un contenuto perequativo-compensativo - a condurre, quale declinazione costituzionale del principio di solidarietà, "al riconoscimento di un contributo che, partendo dalle condizioni economico patrimoniali dei due coniugi deve tener conto non soltanto del raggiungimento di un grado di autonomia tale da garantire l'autosufficienza secondo un parametro astratto ma, in concreto, di un livello reddituale adeguato al contributo fornito nella realizzazione della vita familiare". Il giudice del divorzio dovrà, pertanto, secondo le Sezioni Unite della Suprema Corte, attenersi al seguente principio di diritto: "il riconoscimento dell'assegno di divorzio, cui deve attribuirsi una funzione assistenziale ed in pari misura compensativa e perequativa, richiede l'accertamento dell'inadeguatezza dei mezzi o comunque dell'impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive, attraverso l'applicazione dei criteri di cui alla prima parte della norma i quali costituiscono il parametro di cui si deve tener conto per la relativa attribuzione e determinazione, ed in particolare alla luce della valutazione comparativa delle condizioni economico patrimoniali delle parti, in considerazione del contributo fornito dal richiedente alla conduzione della vita familiare e alla formazione del patrimonio comune e personale di ciascuno degli ex coniugi, in relazione alla durata del matrimonio e all'età dell'avente diritto". In questo senso rilevano, quali parametri concreti per la valutazione da parte del giudice della situazione di disparità economico patrimoniale delle parti, l'età dei richiedenti, la durata del vincolo, la possibilità o meno di recuperare un percorso professionale, le aspettative eventualmente sacrificate in funzione della costruzione della relazione familiare. Orbene, nel caso di specie va osservato come la X abbia svolto nel corso della vita matrimoniale ed anche dopo la separazione, attività lavorativa saltuaria ed occasionale. In particolare, la ricorrente ha allegato di essere sempre stata impegnata in attività lavorativa part-time, dapprima come tuttofare in cucina, poi come collaboratrice domestica e dal mese di luglio 2021 come donna delle pulizie per n. 25 ore settimanali (cfr. atti di causa). Il Y ha evidenziato come l'eventuale precarietà lavorativa della X sia dipesa unicamente dalla scelta di quest'ultima di intraprendere attività irregolari, probabilmente in quanto maggiormente retribuite, non avendo la stessa formulato alcuna richiesta economica in sede di separazione consensuale. Ciò posto, deve rilevarsi che dagli atti di causa emerge come, in sede di separazione consensuale -intervenuta dopo 18 anni dal matrimonio, quando la ricorrente aveva 36 anni ed i figli della coppia risultavano ancora minorenni (... aveva 17 anni mentre ... 11) -, i coniugi non abbiano previsto alcun contributo al mantenimento in favore della X. Quest'ultima, in questa sede, non ha fornito alcun elemento volto a comprovare di aver sacrificato eventuali aspettative ed aspirazioni professionali per la realizzazione del nucleo familiare o di aver fornito un maggior apporto, rispetto a quello del coniuge, alla formazione del patrimonio familiare. Inoltre, il notevole lasso di tempo (circa 20 anni) trascorso dalla pronuncia di separazione - rispetto alla quale la situazione economico patrimoniale della X risulta sostanzialmente invariata - senza che, peraltro, sia stata chiesta, nelle more, la modifica di quanto ivi pattuito tra i coniugi, induce a ritenere che la X non sia priva dei mezzi necessari per far fronte al proprio sostentamento: non si comprenderebbe, altrimenti, come la stessa abbia potuto far fronte alle proprie esigenze senza l'ausilio di alcun contributo economico. La possibilità di attribuire rilievo, al fine di negare il riconoscimento dell'assegno divorzile, alla mancata previsione di un contributo in sede di separazione intervenuta diversi anni prima della richiesta di un assegno svolta solo nel giudizio di divorzio trova conferma nelle recenti enunciazioni della giurisprudenza di legittimità. La Suprema Corte, infatti, ha cassato la sentenza che aveva riconosciuto il diritto all'assegno divorzile in favore di colei che, in sede di separazione, intervenuta dieci anni prima, non aveva chiesto in proprio favore alcun assegno, domandato solo in sede di divorzio, evidenziando come la predetta circostanza avrebbe dovuto indurre a ritenere comprovato che l'ex coniuge avesse svolto un qualsiasi lavoro, anche irregolare in quanto, altrimenti, la parte non avrebbe potuto vivere in tranquillità per dieci anni" (cfr. Corte di Cassazione, ordinanza n. 25646/2021). In conclusione, alla luce delle suesposte argomentazioni, deve escludersi la sussistenza dei presupposti per il riconoscimento dell'assegno divorzile in favore di X, con la conseguenza che la domanda dalla stessa formulata deve essere rigettata. L'esito del giudizio, determinato anche dalla valorizzazione delle recenti enunciazioni della giurisprudenza di legittimità, giustifica l'integrale compensazione tra le parti delle spese di lite. P.Q.M. Il Tribunale di Rimini, definitivamente pronunciando sulla domanda proposta con ricorso depositato in data 27/05/2019 da X nei confronti di Y, premesso che con sentenza n. .../2019, emessa in data 21/11/2019 e pubblicata in data 23/12/2019, è stato dichiarato lo scioglimento del matrimonio contratto a ... (RN) in data 30/11/1983 da X e Y, matrimonio trascritto al n. ..., Parte ..., dell'anno 1983 del Registro degli atti di matrimonio del Comune di ... (RN), così provvede: - rigetta la domanda con cui X ha chiesto il riconoscimento in proprio favore di un assegno divorzile; - compensa integralmente tra le parti le spese di lite. Così è deciso in Rimini nella Camera di Consiglio del 26 maggio 2022.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale di Rimini, in composizione monocratica, in persona del Giudice Dott. Lorenzo Maria Lico, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa iscritta al n. 2335 del Ruolo generale degli affari contenziosi civili dell'anno 2018 e promossa da: (...) (C.F. (...)), rappresentata e difesa dall'avv. (...), elettivamente domiciliata in CORSO (...), 47921 RIMINI presso lo studio dell'Avv. (...); ATTORE Contro (...) (C.F.(...)), rappresentata e difesa dall'avv. (...), elettivamente domiciliata in VIA (...), 47121 FORLI' presso il difensore avv. (...); CONVENUTA Contro REGIONE EMILIA ROMAGNA (C.F. 80062590379), rappresentata e difesa dall'avv. (...), elettivamente domiciliata in VIA (...), 40122 BOLOGNA presso il difensore avv. (...); CONVENUTA Contro AZIENDA UNITA' SANITARIA LOCALE DELLA ROMAGNA (C.F. 02483810392), rappresentata e difesa dall'avv. (...), elettivamente domiciliata in VIA DE GASPERI 8 c/o AUSL RA 4 8121, RAVENNA; CONVENUTA Nei confronti di COMUNE DI RIMINI (C.F. 0 0304260409), rappresentata e difesa dall'avv. (...) (C.F. (...)), elettivamente domiciliata presso l'indirizzo PEC del difensore ((...)); TERZA CHIAMATA CONCLUSIONI: PER PARTE ATTRICE, come da note di trattazione scritta del 14.2.2022; PER PARTE CONVENUTA CASA DI RESIDENZA PER ANZIANI "(...)", come da note di trattazione scritta del 4.3.2022; PER PARTE CONVENUTA REGIONE EMILIA ROMAGNA, come da note di trattazione scritta del 3.3.2022 PER PARTE CONVENUTA AZIENDA USL DELLA ROMAGNA, come da foglio di precisazione delle conclusioni del 2.3.2022; PER PARTE TERZA CHIAMATA, come da foglio di precisazione delle conclusioni del 3.3.2022. OGGETTO: ALTRI CONTRATTI ATIPICI MOTIVI DELLA DECISIONE Con atto di citazione ritualmente notificato (...) (in qualità di amministratore di sostegno di (...)) adiva il Tribunale di Rimini al fine di ottenere una pronuncia di accertamento negativo quanto all'obbligo di pagamento della retta per il ricovero presso la Casa Residenza per anziani "(...)", con conseguente dichiarazione di nullità ex art. 1418 c.c. degli atti unilaterali d'obbligo a tal fine sottoscritti in data 23.5.2013 e 31.7.2015, oltre che la condanna dei convenuti, in solido tra loro (Casa residenza per anziani "(...)", Azienda unità sanitaria locale della Romagna e Regione Emilia-Romagna, alla restituzione della somma complessiva di euro 85.500,00, oltre interessi (versata a titolo di c.d. "retta alberghiera" e per le prestazioni sanitarie e/o assistenziali erogate a favore dell'attrice). Allegava, in particolare, parte attrice che: - In data 25.5.2013, (...) affetta da morbo di Alzheimer ed invalida al 100%, veniva ricoverata, a tempo indeterminato, presso la Casa residenza per anziani "(...)" sita in Viserbella di Rimini; - In data 23.5.2013, (...), nella sua qualità di amministratrice di sostegno, si obbligava a corrispondere in favore della casa di residenza la retta giornaliera di euro 49,50, successivamente aumentata, in data 31.7.2015, ad euro 50,05. Tale impegno doveva considerarsi nullo ex art. 1418 c.c. per contrarietà a norme imperative o, comunque, per assenza di causa; - Non sussisteva in capo all'attrice alcun obbligo di pagamento della c.d. "retta" per il ricovero, posto che (...) risultava affetta dal morbo di Alzheimer. In particolare, per i soggetti malati di Alzheimer o demenza senile, l'orientamento della maggioritaria giurisprudenza di legittimità, a far data dalla pronuncia n. 4558 del 2012, aveva introdotto una specifica tutela ad hoc, che poneva a carico del servizio sanitario nazionale (ora regionale) i costi di cura per le prestazioni sanitarie, ivi comprese quelle assistenziali; - In ogni caso, le prestazioni erogate in favore della paziente dovevano essere qualificate come "socio sanitarie ad elevata integrazione sanitaria", per cui il costo delle stesse incombeva sull'AUSL, sulla Regione Emilia-Romagna ovvero sul Comune di Rimini, ciascuno per la propria quota; - Ancora, i malati di Alzheimer dovevano ritenersi sempre bisognosi di prestazioni sociosanitarie ad elevata integrazione sanitaria, con la conseguenza che per tali soggetti tutta la spesa doveva ritenersi posta a carico della collettività; - Quanto al D.P.C.M. 14.2.2011 e s.m.i. ed alle leggi regionali di attuazione ed esecuzione vigenti in materia, le stesse dovevano ritenersi contrarie alla legge ed alla Costituzione (in materia sanitaria vi è una riserva di legge a favore dello Stato), con conseguente obbligo per il giudice adito di disapplicare tale normativa e di applicare il c.d. "diritto vivente" enucleato dalla giurisprudenza di legittimità e di merito. Si costituiva in giudizio la convenuta Casa di residenza per anziani "(...)", la quale chiedeva il rigetto integrale delle domande attoree, in quanto infondate in fatto ed in diritto. Allegava, in particolare, che: - Il costo di tutte le prestazioni accreditate che (...) poteva erogare in favore degli utenti del SSN costituiva oggetto di apposita previsione contrattuale sottoscritta in data 30.11.2011 tra il Consorzio, l'Azienda USL della Romagna ed i singoli comuni del circondario di Rimini (contratto successivamente sostituito in data 29.6.2018). Tale contratto distingueva tra prestazioni esclusivamente sanitarie (a carico del bilancio dell'Azienda USL della Romagna e del Fondo Sanitario Regionale) e le "restanti attività", queste ultime in parte a carico della parte pubblica ed in parte versate direttamente dall'utente a titolo di "retta", fatte salve le situazioni di particolare indigenza dell'utente medesimo (in tal caso, all'utente subentrava il Comune di residenza); - Il ricovero di (...) era avvenuto in data 25.5.2013, dunque sotto la vigenza di un quadro normativo, quello del 2001, differente e successivo rispetto a quello preso in esame dalle sentenze citate dall'attrice. La nuova disciplina prevedeva, in materia di prestazioni sanitarie e di livelli essenziali di assistenza che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale, una ripartizione delle spese tra Sistema Sanitario Nazionale, Regione ed utente; - Ancora, in virtù della normativa applicabile ratione temporisr gli atti unilaterali d'obbligo sottoscritti dall'amministratore di sostegno dovevano ritenersi pienamente validi e produttivi di effetti; - La malattia di Alzheimer, per sua stessa natura, non ha una fase post acuta o comunque di durata breve e definita, ma richiede una lunga assistenza. Conseguentemente, le esigenze strettamente sanitarie di (...) risultavano residuali rispetto a quelle socioassistenziali. Infine, chiedeva di essere autorizzata alla chiamata in causa del Comune di Rimini, formulando domanda di manleva sia nei confronti di quest'ultimo che dell'Azienda USL della Romagna, per le relative quote di spettanza, al fine di essere tenuta indenne dal danno economico derivante dall'eventuale obbligo di restituzione delle rette incassate, nonché dell'eventuale mancato incasso delle rette ancora da riscuotere. Si costituiva in giudizio anche AUSL della Romagna, la quale contestava le deduzioni avversarie e ricostruiva la normativa nazionale e regionale in materia, sostenendo la necessaria compartecipazione, secondo una quota forfettariamente predeterminata, tra servizio sanitario nazionale, ora regionale, e malato-utente. In particolare, formulava domanda di chiamata in causa del Comune di Rimini, al fine di consentire una piena integrazione del contraddittorio ed ottenere la propria estromissione dal giudizio, ritenendosi priva di legittimazione passiva. Quanto ai contratti sottoscritti per conto e nell'interesse di (...), gli stessi erano pienamente validi e rientravano nella categoria dei contratti a favore di terzi. La convenuta Regione Emilia-Romagna aderiva alla posizione dell'AUSL della Romagna e della casa di residenza per anziani, evidenziando sia l'infondatezza delle domande formulate dall'attrice sia la carenza di prova circa la natura delle prestazioni fruite da (...) durante il ricovero. Eccepiva, altresì, il proprio difetto di legittimazione passiva rispetto alla domanda di restituzione, posto che la stessa non aveva mai ricevuto le somme oggetto di giudizio. Il Giudice, con ordinanza del 2.7.2019, autorizzava la chiamata in causa del terzo Comune di Rimini, il quale si costituiva aderendo sostanzialmente alle difese delle altre convenute ed eccependo la propria carenza di legittimazione passiva. In particolare, il Comune precisava come non fosse tenuto ad alcun pagamento, stante l'insussistenza, nel caso di specie, di una situazione di indigenza della paziente. In sede di prima memoria ex art. 183, comma 6, c.p.c., parte attrice estendeva la domanda anche nei confronti di parte terza chiamata. La causa veniva istruita mediante produzioni documentali. All'udienza del 9.3.2022, tenutasi con modalità da remoto ai sensi dell'art. 11, comma 4, DL n. 34 del 2020 come modificato dalla L. n. 77 del 2020, le parti precisavano le conclusioni ed il Giudice tratteneva la causa in decisione. La domanda non è fondata e va pertanto rigettata per i seguenti motivi. 1. Sulla disciplina applicabile e sulle eccezioni di difetto di legittimazione passiva sollevate da AUSL Romagna, Regione Emilia-Romagna e Comune di Rimini. Quanto alla disciplina applicabile al caso di specie, ritiene il Tribunale di non poter condividere le argomentazioni prospettate da parte attrice, per le seguenti ragioni. Innanzitutto, si deve osservare come le vicende fattuali del presente giudizio, quanto al ricovero presso la casa di residenza per anziani "(...)" (previsto a tempo indeterminato) ed all'accertamento sulla patologia di cui soffre la paziente (...) (morbo di Alzheimer), non siano state specificamente contestate dalle parti (le quali le hanno addirittura ammesse), costituendo, pertanto, circostanze pacifiche che possono essere poste a fondamento della decisione ai sensi dell'art. 115, comma 1 c.p.c. (vedi documenti nn. 6 e 7, allegati alla comparsa di costituzione della convenuta (...)). Ciò posto, in materia di prestazioni sociosanitarie, assume rilievo una molteplicità di fonti normative (leggi nazionali e regionali, delibere, decreti), i quali hanno introdotto all'interno dell'ordinamento giuridico, a far data dall'anno 2001, un nuovo principio che regola la ripartizione complessiva dei costi relativi alle prestazioni sanitarie ed assistenziali, imputandoli, a seconda dei casi ed in presenza di determinati presupposti, a carico del S.S.R. (Servizio Sanitario Regionale), dell'utente e del comune di residenza di quest'ultimo (vedi in particolare la legge n. 328 del 2000, la legge regionale n. 2 del 2003 e la legge regionale n. 27 del 2004, le delibere nn. 509 del 2007 e 2110 del 2009 della Giunta della Regione Emilia-Romagna, i D.P.C.M. del 14.2.2001, del 29.11.2001 e del 12.1.2017 e s.m.i., i cui testi sono stati allegati dalle convenute in sede di costituzione). In generale, da una lettura complessiva di tale normativa, che si pone in continuità a quanto espressamente previsto ex art. 117 Cost. (che attribuisce alla potestà legislativa esclusiva dello Stato la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni, anche sanitarie, i c.d. L.E.A., ed alla potestà legislativa concorrente delle Regioni la tutela della salute), si ricava che alle Regioni è stato affidato il potere di stabilire la ripartizione sociale e sanitaria dei costi delle prestazioni sociosanitarie per i soggetti non autosufficienti o disabili, nonché di determinare i criteri per il concorso da parte degli utenti al costo delle prestazioni. Quanto alle R.S.A., la quota sociale viene poi gestita fra l'utente ed il comune di residenza, il quale decide come ripartire la spesa sulla base di criteri regionali. Ciò chiarito in punto di normativa che regolamenta la materia, si deve osservare come, nel caso di specie, risulti pacificamente confermato e documentalmente provato che la paziente (...) sia stata ricoverata presso la casa di riposo per anziani "(...)" in data 30.5.2013, dunque in un momento successivo alla data di entrata in vigore della disciplina sopra individuata. In applicazione delle regole generali che disciplinano la c.d. successione di leggi nel tempo, nella fattispecie in esame, deve trovare applicazione la disciplina sopra richiamata, in quanto l'unica esistente al momento in cui è avvenuto il ricovero della paziente. Non può, invece trovare applicazione la precedente disciplina invocata da parte attrice, posto che la stessa si riferisce a ricoveri avvenuti in data anteriore alla riforma del Titolo V della Costituzione che, come sopra già osservato, ha introdotto una ripartizione di competenze tra Stato e Regioni in materia sanitaria, rivoluzionando l'intero sistema che in precedenza regolamentava la suddetta materia. Ad ogni modo, alla luce di quanto sopra, ritiene altresì il Tribunale di non poter accogliere né le eccezioni di carenza di legittimazione passiva sollevate da AUSL Romagna, dalla Regione Emilia-Romagna e dal Comune di Rimini, né la pretesa avanzata dall'attrice di disapplicare i D.P.C.M. del 2001 in quanto fonti secondarie in contrasto con la legge ovvero incostituzionali. Quanto all'eccezione di difetto di legittimazione passiva, è sufficiente osservare come la normativa sopra individuata, come tra l'altro prospettato dalle stesse convenute nei propri scritti difensivi, abbia introdotto una ripartizione "complessa" dei costi relativi alle prestazioni erogate in favore della paziente, a seconda della natura e della classificazione delle stesse. Tale argomento costituisce oggetto di contestazione tra le parti, pertanto risulta evidente l'interesse delle stesse alla partecipazione del giudizio, potendo astrattamente ciascuna di esse essere chiamata alla ripetizione delle somme in favore dell'attrice ovvero avere comunque un interesse ad un accertamento positivo di debenza delle stesse in capo a quest'ultima. Con riferimento alla pretesa avanzata da parte attrice di disapplicazione dei D.P.C.M. del 2001 e s.m.i., ritiene il Tribunale che tali provvedimenti non siano contrari alla legge, bensì ne costituiscano una corretta applicazione. Sul punto, come già osservato, il D.P.C.M. del 14.2.2001, in conformità con l'art. 117 Cost. e con la legge n. 833 del 1978 (legge istitutiva del Sistema Sanitario Nazionale), demanda alla Regione la definizione dei criteri di partecipazione degli utenti alla spesa per le prestazioni sociosanitarie loro erogate. Ancora, il D.P.C.M. del 29.11.2001 trova riscontro in una fonte primaria, essendo richiamato dalla legge finanziaria n. 289 del 2002. Sulla questione di legittimità costituzionale dei D.P.C.M. del 2001, ritiene il Tribunale che la stessa sia inammissibile poiché i provvedimenti in questione costituiscono fonti secondarie del diritto e, in quanto tali, sono escluse dal vaglio di costituzionalità ai sensi dell'art. 134 Cost. In conclusione, ritiene il Tribunale che la disciplina applicabile al caso di specie sia quella richiamata dalle convenute, con particolare riferimento ai D.P.C.M. del 14.2.2001 e del 29.11.2001, nonché successive modifiche ed integrazioni, da leggere in combinato disposto con le altre fonti del diritto che regolamentano la materia sanitaria. 2. Nel merito, sulla domanda formulata da parte attrice. Chiarita la disciplina applicabile al caso di specie, la domanda di restituzione di quanto versato dall'attrice per il ricovero di (...) (affetta dal morbo di Alzheimer) presso la Casa di residenza per anziani "(...)", sul presupposto che tutte le spese dovevano ritenersi a carico del S.S.N. (ora Regionale), deve essere rigettata per le seguenti ragioni. In primo luogo, in linea con il D.P.C.M. del 14.2.2001, il D.P.C.M. del 29.11.2001 prevede espressamente, nel caso in cui la componente socio assistenziale e la componente sanitaria prestata non siano concretamente distinguibili, la compartecipazione forfettaria dell'utente ai costi per l'erogazione di servizi di "lungo assistenza" in favore di anziani non autosufficienti in strutture residenziali (vedi pagine 30 e seguenti del D.P.C.M. citato, allegato dal Comune di Rimini quale documento n. 2 in sede di comparsa). Ciò posto, risulta altresì dirimente osservare come la disciplina relativa ai costi delle prestazioni possa variare non solo da regione a regione, ma anche con riferimento al singolo comune di residenza (nel rispetto del principio di attribuzione ex art. 117 Cost.). Per questi motivi, ritiene il Tribunale che non siano decisive le argomentazioni svolte da parte attrice circa l'applicabilità in astratto di una serie di principi enunciati dalla giurisprudenza di merito formatasi su contesti normativi propri di altri ordinamenti regionali, rendendosi necessario fare esclusiva applicazione, nel caso di specie, della disciplina vigente, ratione loci, nella Regione Emilia-Romagna. Sul punto, la Regione Emilia-Romagna, mediante la delibera n. 2110 del 2009 e s.m.i. (che definisce il sistema di remunerazione dei servizi sociosanitari erogati in regime di accreditamento), ha distinto i costi relativi alle prestazioni di carattere indubbiamente sanitario (a prescindere dalla circostanza che le stesse siano erogate direttamente dall'AUSL territorialmente competente ovvero dal soggetto gestore del servizio accreditato), dalle prestazioni sociosanitarie e socioassistenziali. Nel primo caso, le prestazioni sono state poste integralmente a carico del Servizio Sanitario Nazionale mediante il Fondo Sanitario Regionale; nel secondo caso, per le prestazioni in cui la prevalenza della componente sanitaria rispetto a quella sociale, e viceversa, risulta difficilmente distinguibile, per ogni tipologia di servizio, la regione ha definito un costo di riferimento giornaliero, suddiviso in due quote, una a carico del Fondo Regionale per la non autosufficienza e l'altra a carico dell'utente (vedi punto 4. Delibera regionale n. 2110 del 2009). Ancora, la medesima delibera ha determinato in euro 53,50 il costo pro die dell'assistenza. Dunque, in linea generale spetta all'utente corrispondere la quota parte delle spese relative a prestazioni sanitarie-assistenziali tra loro inscindibili, salvo che la parte che vi ha interesse dimostri di versare in stato di indigenza (in tale ipotesi la quota parte dell'utente viene posta a carico del comune di residenza) ovvero dimostri che le prestazioni erogate in favore del paziente possono essere qualificate come "socio sanitarie ad elevata integrazione sanitaria". Ciò posto, diversamente da quanto sostenuto da parte attrice, le pronunce della Suprema Corte da quest'ultima richiamate, pur introducendo una disciplina di favore in presenza di soggetti affetti da determinate patologie (ivi incluso il morbo di Alzheimer), non affermano la configurabilità di una deroga "automatica" all'applicazione della normativa nazionale e regionale vigente in materia, richiedendo a tal fine la sussistenza di determinati requisiti. Infatti, la gratuità delle prestazioni erogate all'utente non può essere affermata in astratto, richiedendo sempre una valutazione concreta sulla natura delle prestazioni e sulla effettiva inscindibilità delle prestazioni di natura sanitaria da quelle assistenziali. In particolare, la giurisprudenza di legittimità ha precisato che "l'elemento differenziale tra prestazione socio-assistenziale "inscindibile" dalla prestazione sanitaria e prestazione socio-assistenziale "pura" non sta" pertanto, nella situazione di limitata autonomia del soggetto, non altrimenti assistitile che nella struttura residenziale, ma sta invece nella individuazione di un trattamento terapeutico personalizzato che non può essere somministrato se non congiuntamente alla prestazione socio-assistenziale, cosicché se vengono erogate prestazioni aventi sicuramente natura non sanitaria, ossia prestazioni esclusivamente di natura sociale-assistenziale o, laddove non si possa invece evidenziare quali trattamenti sanitari si siano praticati e non sia possibile verificare se la normativa applicabile debba essere ricondotta alla prestazione (sanitaria) integrata, ovvero invece alla prestazione di carattere meramente assistenziale, è stato ritenuto legittimo il potere della Residenza per degenti di convenire con l'utente un importo della retta" (vedi Cass. n. 16409 del 2021; in senso conforme anche Cass. n. 19462 del 2014 e n. 17234 del 2017). Ancora, sulla stessa linea interpretativa, la giurisprudenza di legittimità ha ribadito che "ciò che rileva ai fini dell'assistenza sanitaria obbligatoria è la esistenza di un piano di cura personalizzato. Al contrario, qualora la prestazione socioassistenziale prescinda dalla congiunta realizzazione dello scopo terapeutico (ossia nel caso in cui il ricovero nella struttura residenziale non sia accompagnato da un "piano di cura personalizzato"), la prestazione rimane estranea all'ambito dell'assistenza sanitaria obbligatoria" (vedi Cass. n. 21528 del 2021). In altre parole, non può discutersi in termini generali di un diritto assoluto ed incomprimibile da parte dell'utente, seppur affetto da gravi patologie, di ottenere prestazioni sanitarie a completo carico del sistema sanitario, essendo lo stesso legislatore, alla luce del tessuto normativo sopra sommariamente delineato, a ritenere d'intesa con gli enti territoriali che certe prestazioni assistenziali e sanitarie, laddove erogate in ricoveri di "lungodegenza" ovvero quando risultino operativamente indistinguibili, siano poste anche a carico dell'utente. In applicazione dei principi sopra enunciati al caso di specie, ritiene il Tribunale che il riparto delle spese tra ente pubblico e paziente sia stato applicato in maniera legittima dalla struttura di riferimento, in forza dei più volte citati D.P.C.M. e della delibera attuativa della Regione Emilia-Romagna attualmente vigenti, per le seguenti ragioni. Innanzitutto, l'onere di provare la natura delle prestazioni e la qualificazione delle stesse incombeva sull'attrice, la quale era tenuta a dimostrare i fatti costitutivi del proprio diritto ex art. 2697 c.c. Ebbene, l'attrice non ha fornito alcun elemento utile a consentire al Giudice di individuare la natura e la quantità delle prestazioni erogate in favore della paziente, né ha dato prova della previsione di un trattamento terapeutico personalizzato in favore di (...). Dalle produzioni documentali in atti, infatti, emerge esclusivamente la circostanza, tra l'altro non contestata, che la paziente, al momento del ricovero, fosse affetta dal morbo di Alzheimer e bisognosa di assistenza continua (vedi documenti nn. 6 e 7, allegati dalla casa di residenza per anziani in sede di comparsa), mentre non vi è alcuna prova circa la prevalenza ed esclusività delle prestazioni sanitarie rispetto a quelle assistenziali. In altre parole, la mancata produzione in giudizio delle cartelle cliniche della paziente, di eventuali certificati medici ovvero di ogni altro elemento idoneo a consentire al Giudice di individuare le prestazioni di cui la paziente necessitava (e di cui tutt'ora necessita), rendono infondate le domande di restituzione e di accertamento formulate dall'attrice. Ciò posto, vale la pena chiarire che tale prova non poteva essere raggiunta con l'ammissione della CTU medico legale richiesta dall'attrice in sede di seconda memoria ex art. 183, comma 6 c.p.c. Infatti, pur alla luce della recente evoluzione giurisprudenziale sul punto, può continuare a ribadirsi che la consulenza tecnica d'ufficio non può esimere la parte dal rispetto dell'onere di allegazione e prova dei fatti rilevanti ai fini della decisione, di cui è chiamata a fornire prova a norma dell'art. 2697 c.c. In particolare, va esclusa l'ammissibilità di una consulenza tecnica "esplorativa", dovendosi considerare tale quella che, come nel caso di specie, viene richiesta in assenza, a monte, di una specifica allegazione di fatti costitutivi da porre a fondamento della domanda (a titolo esemplificativo, l'esistenza di un programma terapeutico personalizzato in favore di (...)) nonché, a valle, di un sostrato documentale (di cui la parte ben poteva venire in possesso e far confluire nel giudizio) idoneo ad essere sottoposto all'analisi peritale. Quanto alle ulteriori istanze istruttorie richieste da parte attrice (ordini di esibizione ex art. 210 c.p.c.), le stesse vanno ritenute esplorative, in quanto non è provata la circostanza che la parte si sia infruttuosamente attivata per ottenere la documentazione richiesta (in violazione del principio per cui l'ordine di esibizione si connota come extrema ratio, al fine di evitare aggiramenti dell'onere di allegazione delle parti e non può essere richiesta per acquisire documentazione che la parte avrebbe potuto acquisire e produrre in giudizio). In conclusione, in assenza della prova di un programma terapeutico e di fronte all'esistenza, conclamata ed originaria, nell'anziana (...) di una malattia cronico-degenerativa non suscettibile di regressione ma comportante una fase di lungo assistenza (nella quale, in assenza di prova contraria, la componente sanitaria e quella sociale si devono presumere non operativamente distinguibili), deve ritenersi corretta la ripartizione forfettaria degli oneri, con conseguente rigetto delle domande formulate dall'attrice. È solo il caso di chiarire, con riferimento ai rapporti tra parte attrice ed il Comune di Rimini, che priva di rilevanza sarebbe qualsiasi argomentazione in relazione al profilo dell'indigenza (ai fini dell'eventuale riconoscimento dell'obbligo del Comune di corrispondere il 50% della retta in favore dell'assistita) in quanto dalla documentazione prodotta da parte chiamata si desume l'insussistenza di tale presupposto, alla luce delle somme percepite da (...) a titolo di pensione e di indennità di accompagnamento. Accertata la legittimità della contribuzione alle spese da parte dell'utente, consegue altresì la piena validità dei contratti stipulati dall'amministratrice di sostegno, nell'interesse della paziente, aventi ad oggetto il pagamento della "retta assistenziale". 3. Sulle spese di lite. In ragione della particolare complessità della normativa che regola la fattispecie oggetto di causa, nonché della non omogenea giurisprudenza di merito in ordine all'applicazione in concreto della stessa, ritiene il Tribunale che sussistano giusti motivi che consentono l'integrale compensazione delle spese di lite tra le parti. P.Q.M. Il Tribunale di Rimini, definitivamente pronunciando sulle domande proposte da (...) contro (...), Azienda Unità Sanitaria Locale della Romagna, Regione Emilia-Romagna e nei confronti del Comune di Rimini, disattesa ogni contraria istanza, deduzione ed eccezione, così provvede: - Rigetta la domanda; - Compensa integralmente le spese di lite tra tutte le parti. Rimini, il 10 giugno 2022. Depositata in Cancellaria il 10 giugno 2022.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO DI RIMINI SEZIONE UNICA CIVILE Il Tribunale Ordinario di Rimini, riunito in Camera di Consiglio nelle persone dei magistrati: Dott.ssa Francesca Miconi - Presidente Dott.ssa Elisa Dai Checchi - Giudice Dott.ssa Giorgia Bertozzi Bonetti - Giudice Relatore ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 4542/2017 promossa da: (...) (C.F. (...) ), elettivamente domiciliata a Rimini (RN), alla via (...), presso lo studio dell'avv. An.An. che, con l'avv. An.Al., la rappresenta e difende nel presente giudizio, come da procura alle liti in atti; ATTORE contro (...) (C.F. (...) ), elettivamente domiciliata a Rimini (RN), alla Piazza (...), presso lo studio dell'avv. Cicchetti Rodolfo e dell'avv. Pe.Gu. che la rappresentano e difendono nel presente giudizio, come da procura alle liti in atti; CONVENUTO ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE Con atto di citazione ritualmente notificato, (...) conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di Rimini (...), esponendo di essere, insieme a quest'ultima ed alla madre (...), erede per successione legittima di (...) - padre di (...) e (...) e marito di (...) -, deceduto senza lasciare testamento in data 11.11.2015. L'odierna attrice - rappresentato che, alla data dell'apertura della successione, il de cuius era comproprietario insieme alla moglie, nella misura del 50% ciascuno, di un immobile sito a (...) in via (...) T. n. 18, dal valore stimato di euro 90.700,00 ed era, inoltre, titolare, insieme alla moglie, del libretto di Risparmio Postale n. 24905683 con saldo contabile pari a euro1.207,25 - esponeva che la sua quota di legittima era lesa dall'atto con cui, in data 11.12.1989, il padre (...) aveva donato alla sorella (...) la nuda proprietà dell'immobile sito in (...), alla via M. M. n. 17. Rilevato che il valore del donatum avrebbe dovuto essere riunito al relictum prima di procedere alla divisione, con conseguente incremento dell'asse ereditario, (...) chiedeva di "- accertare e dichiarare l'inefficacia relativa dell'atto di donazione effettuato dal sig. (...) in favore della figlia sig.ra (...) descritto in premessa perché lesivo della quota di legittima spettante alla sig.ra (...) e conseguentemente - disporre la reintegrazione della quota legittima mediante la proporzionale riduzione della predetta donazione eccedente la quota di cui il de cuius, Sig. (...), poteva disporre, nei limiti della quota medesima pari ad Euro 37.138,41 o alla somma che codesto Tribunale vorrà stabilire; - condannare la sig.ra (...) a corrispondere la somma di Euro 21.820,53 o quella diversa maggiore o minore somma che risulterà accertata in corso di causa alla sig.ra (...) a reintegrazione della sua quota legittima di eredità; - condannare la sig.ra (...) alle spese, diritti e onorari del presente giudizio e del procedimento di mediazione". Con comparsa di risposta depositata in data 07.02.2018, si costituiva in giudizio (...) la quale, in primo luogo, esponeva che, con atto dell'11.12.1989, la madre (...) aveva donato all'attrice la nuda proprietà di un appartamento sito in Via M. - e, con atto del 16.09.1991, anche quella degli annessi garage e cantina -, evidenziando come attraverso le donazioni contestualmente disposte in data 11.12.1989 da (...) e (...) in favore, rispettivamente, di (...) e (...), i genitori avevano inteso ripartire equamente il patrimonio familiare assicurando loro un trattamento quanto più possibile paritario. (...) rilevava, poi, che (...) e (...) erano uniti in matrimonio in regime di comunione legale dei beni - e, pertanto, i beni immobili di cui i genitori avevano donato alle figlie la nuda proprietà rientravano nella comunione legale ed erano di proprietà di ciascun coniuge nella misura della metà - con la conseguenza che all'asse ereditario di (...) era venuta meno la quota di comproprietà non solo dell'immobile di via M. alla stessa donato, ma anche degli immobili ricevuti dalla sorella (...) la stima di parte attrice dell'immobile sito in (...), alla via M. M. n. 17, (...) esponeva di aver sostenuto un esborso pari a 72 milioni di L. (Euro 37.184,90) per una serie di interventi strutturali sull'immobile di via (...), maturando quindi un credito nei confronti dell'eredità di cui tener conto nella ricostruzione dell'asse ereditario all'esito della quale emergeva come (...) non avesse subito alcuna lesione nella sua quota di legittima e fosse, invece, tenuta a restituire alla stessa convenuta la somma di euro 8.262,26. (...) chiedeva, quindi, in via principale, il rigetto della domanda attorea in ragione dell'inesistenza del credito vantato e, in via riconvenzionale, domandava di "determinare la quota di legittima spettante alle odierne parti detraendo dal valore dell'eredità il credito vantato dalla convenuta nei confronti dell'eredità del padre (...) per l'importo di Euro 97.410,58 (Euro 37.184,90 maggiorati di interessi legali sino alla data di apertura della successione) per i lavori di ristrutturazione eseguiti a proprie spese sull'immobile ricevuto in donazione in data 11.12.1989 e stimato per la nuda proprietà alla data di apertura della successione, ed all'esito condannare l'attrice al pagamento in favore della sig.ra (...) della somma di Euro 8.262,26, oltre ad interessi legali sino al saldo, ovvero alla diversa somma ritenuta di giustizia all'esito dell'istruttoria del giudizio. Con vittoria di spese, diritti ed onorari di causa". Acquisita la documentazione prodotta in atti, espletata la trattazione della causa e disposta consulenza tecnica d'ufficio per la stima del valore dell'immobile sito in (...), alla via M. M. n. 17 e dell'immobile sito in (...), alla via (...) T. n. 18, all'udienza del 23.06.2021, i procuratori delle parti precisavano le proprie conclusioni; all'esito, il Giudice Istruttore rimetteva la causa dinanzi al Collegio per la decisione, con concessione dei richiesti termini di cui all'art. 190 c.p.c. per il deposito di comparse conclusionali e memorie di replica. Tutto ciò premesso, la domanda di riduzione proposta da (...) è fondata e risulta meritevole di accoglimento nei termini di seguito esposti. Preliminarmente, in diritto, deve osservarsi che, al fine di accertare se vi sia stata lesione della quota di legittima - ossia la quota del patrimonio ereditario riservata dalla legge a determinate categorie di successibili -, occorre procedere alla c.d. riunione fittizia, ossia alle operazioni di natura meramente contabile identificate dall'art. 556 c.c. Più in particolare, secondo quanto previsto dalla disposizione da ultimo citata, è necessario formare la massa dei beni relitti con determinazione del loro valore al momento dell'apertura della successione, detrarre dal "relictum" i debiti, da valutare con riferimento alla medesima data, e, infine, riunire al valore netto dei beni relitti (risultante dalle due operazioni precedenti) il "donatum", costituito dal valore dei beni di cui il de cuius abbia disposto in vita con donazioni e con altri atti di liberalità, da determinare, in relazione ai beni immobili ed ai beni mobili, secondo il loro valore al momento dell'apertura della successione (artt. 747 e 750 c.c.) e, quanto alle donazioni in denaro, con riferimento al valore nominale (art. 751 c.c.). Il risultato delle operazioni così descritte rappresenta il valore del patrimonio ereditario ai fini del calcolo della quota indisponibile: considerato il numero e la qualità dei legittimari ed applicando le norme che individuano le singole quote di riserva, si calcola la porzione riservata a ciascuno di essi e, indirettamente, la quota di cui il de cuius poteva liberamente disporre. Orbene, nel caso di specie, dalla documentazione acquista al presente giudizio risulta che al momento dell'apertura della successione il de cuius era cointestatario del libretto di risparmio postale n. (...) con un saldo contabile di euro 1.207,25 ed era, altresì, comproprietario con (...), per la quota di 1/2 ciascuno, dell'immobile sito in (...), alla via (...) T. n. 18. La c.t.u. disposta nel presente giudizio, descritte le caratteristiche dell'immobile - mediante l'individuazione catastale, urbanistica, edilizia e l'indicazione della sua consistenza e composizione - ne ha stimato il valore alla data dell'apertura della successione - mediante il procedimento sintetico comparativo fondato su prezzi desunti da atti di compravendita aventi per oggetto beni siti nel centro storico di Rimini aventi caratteristiche simili a quello oggetto di stima - in euro 55.552,00. Ne consegue che il relictum ha un valore complessivo di euro 28.379,625, pari ad 1/2, rispettivamente, del saldo contabile del libretto di risparmio postale n. (...) e del valore dell'immobile sito in (...), alla via (...) T. n. 18. Dagli elementi acquisiti al presente giudizio, non è emersa l'esistenza di debiti da detrarre dal valore dei beni relitti, non potendo condividersi la prospettazione dell'odierna convenuta secondo cui la stessa sarebbe titolare di un credito nei confronti dell'eredità pari all'importo delle spese sostenute per gli interventi strutturali realizzati sull'immobile di via (...). La disciplina dei miglioramenti e delle addizioni nell'usufrutto, contenuta negli artt. 985 e 986 c.c., infatti, non riconosce alcun credito nei confronti dell'usufruttario al nudo proprietario che abbia attuato a sue spese opere sul bene oggetto di usufrutto che ne abbiano accresciuto il valore, situazione che può verificarsi in quanto non esiste un divieto, per il nudo proprietario, di effettuare interventi sul bene, con il consenso dell'usufruttuario, come desumibile dall'art. 983 c.c. Le previsioni codicistiche prendono in considerazione solo gli interventi sul bene posti in essere dall'usufruttuario che si traducono, al momento della restituzione, in altrettanti obblighi del nudo proprietario al pagamento di un indennizzo. Alla luce della disciplina dettata dagli artt. 985 e 986 c.c., va escluso, quindi, che (...), nuda proprietaria dell'immobile di via (...), fosse titolare di un credito nei confronti del de cuius per i miglioramenti dalla stessa asseritamente apportati all'immobile oggetto di usufrutto, non essendo stata, peraltro, neppure allegata - e provata - l'assunzione di un impegno, da parte dell'usufruttuario, al rimborso dell'importo corrispondente ai costi sostenuti per gli interventi descritti dall'odierna convenuta. Ne consegue che il predetto importo, non integrando un debito nei confronti di (...) e, quindi, un debito ereditario, non può essere detratto dal valore dei beni relitti al fine di determinare l'entità dell'asse ereditario al tempo dell'apertura della successione. Nel caso di specie, il valore dei miglioramenti apportati da (...) all'immobile oggetto dell'atto di donazione posto in essere dal de cuius l'11.12.1989 - di cui occorre tener conto in sede di riunione fittizia - avrebbe potuto assumere rilevanza nella determinazione del valore della nuda proprietà dell'immobile medesimo. L'art. 556 c.c., nel disporre che, per la determinazione della porzione disponibile, ai beni appartenenti al defunto al tempo della morte si riuniscono fittiziamente i beni di cui sia stato disposto per donazione, richiama per la valutazione di questi ultimi le regole dettate dagli artt. 747 - 750 sulla collazione dei beni nella divisione. Le disposizioni dell'art. 748 c.c. contengono un temperamento al principio generale del riferimento temporale all'epoca dell'apertura della successione per la determinazione del valore dell'immobile (sia ai fini della collazione che dell'imputazione) nel senso che le modificazioni migliorative o peggiorative delle condizioni del bene, intervenute medio tempore tra la data della donazione e quella dell'aperta successione, sono giuridicamente rilevanti ai fini della determinazione stessa quando siano dipese da un atto o fatto volontario del donatario o comunque a questi riferibili. Pertanto, deve essere dedotto dal valore dell'immobile il valore dei miglioramenti apportati dal donatario, sempreché quest'ultimo abbia dato prova delle opere asseritamente realizzate sui beni oggetto di donazione. Orbene, (...) non ha fornito, in questa sede, una simile prova, non avendo prodotto documentazione amministrativa e contabile utile alla precisa identificazione dei lavori dalla stessa asseritamente eseguiti e alla conseguente quantificazione dei relativi costi e non avendo neppure formulato capitoli di prova a tal fine rilevanti. Nella dichiarazione resa da (...), gli interventi che sarebbero stati eseguiti dall'odierna convenuta e dal marito sono genericamente descritti e, inoltre, nessuna indicazione rilevante per determinare quali lavori siano stati effettuati da (...) può trarsi dalla documentazione relativa alla concessione in sanatoria richiesta in data 22.05.1986 concernente le opere abusive già realizzate ed oggetto della sanatoria medesima. Peraltro, deve evidenziarsi, altresì, come il valore della nuda proprietà al tempo dell'apertura della successione, rilevante ai fini della riunione fittizia, sia stato determinato dal c.t.u. mediante il procedimento sintetico comparativo - fondato su prezzi desunti da atti di compravendita aventi per oggetto beni siti nel centro storico di Rimini aventi caratteristiche simili a quello oggetto di stima - che, per i caratteri suoi propri, prescinde completamente dalla considerazione delle migliorie eventualmente apportate all'immobile oggetto di donazione. Ne consegue che, quand'anche fosse stata fornita la prova degli interventi migliorativi realizzati dall'odierna convenuta, dal valore determinato dal c.t.u. secondo il procedimento sintetico comparativo non avrebbe potuto essere scomputato quello dei miglioramenti eseguiti dal donatario. Alla luce delle suesposte argomentazioni, la domanda svolta in via riconvenzionale da (...) deve essere rigettata. In conclusione, al relictum va fittiziamente riunito il valore del donatum, pari ad euro 96.295,20 - dovendo farsi riferimento al valore determinato dal c.t.u. considerando lo stato di fatto al tempo dell'apertura della successione in cui il bene era provvisto di concessione in sanatoria e quindi legittimato nella sua interezza - così ottenendo la somma di euro 124.674,825 su cui calcolare il valore della quota indisponibile alla luce dell'art. 542, comma 2, c.c. che riserva ai figli complessivamente la metà del patrimonio del defunto, da dividere poi in parti uguali, ed al coniuge 1/4 del patrimonio medesimo. Ne consegue che la legittima spettante a ciascuna delle figlie di (...) ha un valore di euro 31.168,7062 - pari ad 1/2 della metà del patrimonio del defunto - mentre la quota c.d. disponibile che residua una volta determinata anche la quota di spettanza del coniuge corrisponde ad euro 31.168,7064. Ciò posto, al fine di verificare se (...) abbia subito la lamentata lesione della sua quota di riserva, va rilevato che la successione di (...) è regolata dalla legge - non avendo il de cuius disposto per testamento - e, pertanto, essendo al medesimo succedute le due figlie e la moglie, trova applicazione l'art. 581 c.c. secondo cui "Quando con il coniuge concorrono i figli, il coniuge ha diritto alla metà dell'eredità, se alla successione concorre un solo figlio, e ad un terzo negli altri casi". Identificandosi nella somma di euro 28.379,625 il relictum devoluto per legge, ne deriva che (...) ha conseguito la quota di valore pari ad euro 9.459,875 in aggiunta alla donazione di valore pari ad euro 96.295,20 - per complessivi euro 105.755,075, valore eccedente quello derivante dalla somma tra la quota di riserva alla stessa spettante e la quota c.d. disponibile - mentre a (...) è pervenuta esclusivamente la quota di valore pari ad euro 9.459,875. Emerge, quindi, come l'odierna attrice abbia subito la lesione della propria quota di legittima che non può essere esclusa dalla circostanza rappresentata da (...) secondo cui (...) e (...) avrebbero inteso ripartire equamente il patrimonio familiare con le donazioni contestualmente disposte in data 11.12.1989 in favore, rispettivamente, di (...) e (...), aventi ad oggetto beni rientranti nella comunione legale - e, in quanto tali, di proprietà di ciascun coniuge nella misura della metà - con la conseguenza che all'asse ereditario di (...) sarebbe venuta meno la quota di comproprietà non solo dell'immobile di via M. donato alla figlia (...), ma anche degli immobili ricevuti dalla sorella (...). Al riguardo, deve rilevarsi come l'odierna convenuta si sia limitata semplicemente ad invocare l'esistenza del regime della comunione legale tra i genitori ma tale circostanza nulla dice in merito al regime giuridico dei singoli beni in mancanza di ogni allegazione - e prova - circa il momento in cui i beni oggetto di donazione sono stati acquistati, rispettivamente, da (...) e (...), la provenienza dei singoli beni e l'eventuale opzione dei coniugi, ove coniugati in epoca anteriore all'entrata in vigore della L. n. 151 del 1975, per l'estensione del regime della comunione legale anche agli acquisiti effettuati in epoca anteriore. Affermata, quindi, la lesione della quota riservata a (...), occorre procedere alla riduzione della donazione per l'importo necessario a reintegrare la predetta lesione. Posto che il bene oggetto della donazione lesiva non è più nel patrimonio di (...) - essendo stato alienato in data 16.07.1992 - l'integrazione della quota di riserva deve avvenire per equivalente monetario e sulla somma determinata facendo riferimento al valore del bene al momento dell'apertura della successione, poi rivalutata, saranno dovuti dal giorno della domanda gli interessi legali, a titolo di risarcimento del lucro cessante conseguente al ritardo nella corresponsione della somma di denaro (cfr. Cass. n. 10564/2005 secondo cui "Il credito del legittimario pretermesso è un credito di valore e non di valuta. Pertanto, ove il legittimario non possa conseguire la quota in natura, affinché il denaro costituisca l'esatto valore della quota che gli sarebbe spettata, bisogna rivalutare tale credito al momento della decisione, facendo riferimento agli indici Istat sul costo della vita. Inoltre, trattandosi di beni fruttiferi bisogna, altresì, corrispondere i frutti non percepiti (o gli interessi compensativi in caso di somma di denaro) dalla data della domanda al saldo"). Ne consegue che (...) va condannata a corrispondere a (...) l'importo di euro 21.708,83, pari alla somma ottenuta all'esito delle operazioni più sopra effettuate al fine di quantificare l'entità della lesione subita dall'odierna attrice, sottraendo all'importo di euro 31.168,7062, corrispondente al valore della quota di legittima spettante a (...), la somma di euro 9.459,875, pari al valore della quota pervenuta all'odierna attrice per effetto della successione legale apertasi a seguito della morte del de cuius. La predetta somma, riferita al tempo dell'apertura della successione di (...), dovrà essere rivalutata all'attualità mediante applicazione degli indici Istat e, inoltre, dovranno essere computati gli interessi legali decorrenti dal giorno della domanda giudiziale al saldo, da calcolarsi sulla somma originaria rivalutata alla data della domanda e via via rivalutata. Le spese di lite seguono la soccombenza si liquidano ai sensi del D.M. n. 55 del 2014 come da dispositivo, tenuto conto del valore della controversia e dell'attività processuale effettivamente svolta. A carico della convenuta soccombente sono poste definitivamente le spese della c.t.u. espletata nel presente giudizio, liquidate con separato decreto del 31.12.2020. P.Q.M. Il Tribunale di Rimini, definitivamente pronunciando nel giudizio di I grado iscritto al R.G. N. 4542/2017, ogni altra domanda, eccezione e deduzione disattesa, così provvede: a) dichiara che, per effetto della donazione posta in essere dal de cuius in favore di (...) in data 11.12.1989, la quota di legittima spettante a (...), di valore pari ad euro 31.168,7062, è stata lesa; b) dispone la riduzione della suddetta donazione e, per l'effetto, condanna (...) al pagamento in favore di (...) della somma di euro 21.708,83 - oltre rivalutazione ed interessi da calcolarsi secondo le modalità indicate in motivazione - necessaria a reintegrare la quota riservata a (...); c) rigetta la domanda svolta in via riconvenzionale da (...); d) condanna (...) alla rifusione, in favore di (...), delle spese di lite che si liquidano in euro 4.835,00 a titolo di compenso professionale ed euro 5.521,70 a titolo di spese, oltre al 15% a titolo di rimborso forfettario spese generali, Iva e Cpa, come per legge; e) pone le spese della c.t.u. espletata nel presente giudizio, liquidate con decreto del 31.12.2020, definitivamente a carico di (...). Manda alla Cancelleria per le comunicazioni e per ogni altro adempimento di sua competenza. Così è deciso in Rimini il 31 marzo 2022. Depositata in Cancelleria il 28 aprile 2022.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO DI RIMINI SEZIONE UNICA CIVILE Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. Elisa Dai Checchi ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 3817/2018 promossa da: (...) con il patrocinio dell'avv. (...) e dell'avv. (...), elettivamente domiciliato in Piazza (...) Rimini ITALIA presso il difensore avv. (...) ATTORE contro CONDOMINIO (...) (C.F. (...)) con il patrocinio dell'avv. (...), elettivamente domiciliato in Via (...) con il patrocinio dell'avv. (...) 47923 Rimini presso il difensore avv. (...) CONVENUTO CONCISA ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE (...) condomino del condominio (...) impugnava la delibera assembleare del 6 giugno 2018, contenente, tra l'altro, l'approvazione del bilancio consuntivo 2017-2018 e del bilancio preventivo 2018-2019, chiedendo che ne venisse sospesa l'efficacia. A fondamento dell'impugnazione, de due èva l'invalidità della delibera che aveva modificato le tabelle millesimali (allegate al regolamento condominiale di natura contrattuale) a maggioranza (invece che all'unanimità) e senza che la modifica fosse indicata nell'ordine del giorno, così procedendo alla ripartizione delle spese condominiali (iscritte nel bilancio preventivo e nel bilancio consuntivo) con un criterio da esse difforme, precisamente con il criterio di cui all'art. 1123 comma 2 c.c.. Ritualmente costituitosi, il condominio convenuto eccepiva l'improcedibilità della domanda giudiziale in ragione dell'invalidità del procedimento di mediazione che l'aveva preceduta, per genericità della istanza introduttiva avanzata dal (...) che non aveva specificato quale delibera intendeva impugnare; nel merito, chiedeva il rigetto della domanda, sostenendo che la delibera impugnata, lungi dal modificare le tabelle millesimali, si era limitata a ripartire le spese tra i condomini sulla base dei criteri previsti dall'art. 1123 c.c.; in particolare, spiegava che le spese più ingenti, quelle relative all'adeguamento del piano seminterrato alla normativa antincendio, erano state ripartite sulla base del criterio di cui al comma 3, ovvero proporzionalmente ai millesimi, ma tra i soli condomini proprietari di porzioni poste in tale piano. Innanzitutto, deve essere rigettata l'eccezione di improcedibilità della domanda, essendo pacifico che il (...) ha avviato il procedimento di mediazione attraverso un'istanza, che indicava come oggetto proprio l'impugnazione della delibera e che addirittura il condominio vi ha partecipato, in persona del suo amministratore, senza nulla eccepire in proposito (come risulta dal relativo verbale, doc. 7 dell'attore); il procedimento di mediazione, dunque, deve considerarsi regolarmente svolto, avendo raggiunto il suo scopo, che non è quello di frapporre ostacoli all'accesso alla giustizia, connessi a rigidi formalismi, ma quello di mettere effettivamente le parti in condizione di conciliare la vertenza. Venendo al merito, la domanda è fondata e deve essere accolta. Come noto, le spese condominiali debbono essere ripartite sulla base dei criteri previsti dall'art. 1123 c.c.: il primo comma riguarda le spese per le cose destinate a servire i condomini in maniera paritaria e dispone che esse siano ripartite proporzionalmente alla quota di proprietà di ciascuno (criterio millesimale); il secondo comma della norma citata, invece, riguarda le spese per le cose comuni destinate a servire i condomini in maniera diversa, ovviamente si tratta dell'oggettiva destinazione della cosa, che - per le sue caratteristiche strutturali e non certo per una scelta soggettiva dei condomini - è destinata a servire in modo diversificato le rispettive porzioni di proprietà solitaria; il comma secondo prevede che tali spese siano ripartite in base all'uso o al godimento che ciascun condomino può trame (cfr. Cass. n. 24166 del 2021). Il comma 3 dell'art. 1123 c.c. - lungi dal prevedere criteri diversi e ulteriori di ripartizione delle spese - si limita a disciplinare l'applicazione dei criteri di cui ai primi due commi nell'ipotesi di c.d. condominio parziale, configurabile ex lege ogni qualvolta un bene risulti, per le sue caratteristiche strutturali o per destinazione, necessario all'esistenza, all'uso o al godimento, non già di tutto l'edificio condominiale, ma di una parte soltanto di esso. Si legga in proposito Cass. 791/2020, secondo cui "mancano i presupposti per l'attribuzione, ex art. 1117 c.c., della proprietà comune a vantaggio di tutti i partecipanti, se le cose, i servizi e gli impianti di uso comune, per oggettivi caratteri materiali, appaiano necessari per l'esistenza o per l'uso, ovvero siano destinati all'uso o al servizio non di tutto l'edificio, ma di una sola parte (o di alcune parti) di esso". In sostanza, allorquando un bene, per le sue obiettive caratteristiche strutturali, è strumentale soltanto a una o più porzioni di proprietà solitaria poste nell5edificio, difetta il presupposto del nesso di condominialità che l'art. 1117 c.c. richiede per il riconoscimento di una contitolarità necessaria di tutti i condomini, sicché quel bene costituisce oggetto di un autonomo diritto di proprietà (in questo senso Cass. 12641/2016). Ovvia conseguenza di questa attribuzione parziale della titolarità di talune parti comuni è che i condomini non sono tenuti a sostenere le spese relative alle cose di cui non hanno la titolarità. Essi, però, all'evidenza, neppure hanno il diritto di partecipare all'assemblea che delibera quelle spese, modificandosi quindi la composizione del collegio e delle maggioranze in relazione alla titolarità delle specifiche parti oggetto della concreta delibera da adottare (cfr. Cass. n. 24166 del 2021; n. 791 del 2020; n. 8292 del 2000). Tanto premesso in linea generale e venendo al caso di specie, si osserva come, la delibera impugnata - approvata dalla maggioranza dei condomini di tutto il condominio azzurro - abbia ripartito le spese relative all'adeguamento del piano interrato alla normativa antincendio esclusivamente tra i condomini proprietari di porzioni (autorimesse, garage ecc.) poste in tale piano (dunque, imputando al (...) la metà di tale spesa, in quanto proprietario di beni corrispondenti a 30,38 millesimi sui 60,99 totali inerenti al piano seminterrato). A sostegno di tale ripartizione, il condominio invoca l'applicazione del citato comma 3 dell'art. 1123 c.c., sostenendo che gli interventi di adeguamento imposti dalla normativa interesserebbero solo le unità immobiliari poste nel piano seminterrato, sicché le relative spese dovrebbero essere sostenute solo dai proprietari di esse (cfr. comparsa di costituzione e risposta, pag. 16). Le argomentazioni del condominio non meritano seguito. Innanzitutto, parrebbe doversi escludere che il piano seminterrato costituisca oggetto di un autonomo diritto di proprietà in capo ai soli proprietari delle autorimesse, sicché parrebbero mancare in radice i presupposti per la configurabilità del c.d. condominio parziale e, dunque, per l'applicazione dell'invocato terzo comma. In effetti, in mancanza di più specifica indicazione sull'effettiva consistenza dei lavori eseguiti o programmati (indicazione che il convenuto, gravato del relativo onere, ha totalmente omesso), deve ritenersi che l'adeguamento alla normativa antincendio del seminterrato di un edificio sia - almeno in parte - funzionale alla sicurezza, non solo di tutti i condomini che (proprietari o non proprietari di unità al piano) vi abbiano accesso, ma anche dell'edificio nel suo complesso. Proprio in tema di adeguamento del seminterrato alla normativa antincendio, peraltro, si registra un precedente di legittimità, Cass. 24166/2021, che ha posto in evidenza la necessità di distinguere - nell'ambito di tali interventi di adeguamento - tra quelli che abbiano determinato un'utilità solo per le singole autorimesse poste nel seminterrato e quelli strumentali a tutto il condominio, chiarendo che, almeno in parte, essi adempiono ad una funzione di prevenzione di eventi - nel caso di specie l'incendio - che potrebbero interessare l'intero edificio condominiale, ciò che impone la ripartizione delle relative spese sulla base del comma secondo dell'art. 1123 c.c.. La delibera impugnata, dunque, è nulla perché l'assemblea ha utilizzato un criterio di ripartizione delle spese non previsto dalla Legge. Si legga in proposito Cass. SS.UU. n. 9839 del 2021, secondo cui sono nulle le deliberazioni con le quali, a maggioranza, siano stabiliti o modificati i generali criteri di ripartizione delle spese previsti dalla legge o dalla convenzione, da valere per il futuro, trattandosi di materia che esula dalle attribuzioni dell'assemblea previste dall'art. 1135 nn. 2) e 3), c.c.. Per aversi tale ipotesi di nullità, non è necessario che l'assemblea preveda espressamente l'applicazione generalizzata e per il futuro di un criterio di ripartizione delle spese difforme da quelli legali, essendo sufficiente che l'assemblea invochi un criterio non previsto dalla Legge, ad esempio stabilendo, come nella specie, che una certa spesa che la Legge imporrebbe di ripartire tra tutti condomini (sia pure proporzionalmente all'utilità, anche indiretta, che ne traggono) sia imputata solo ad alcuni di essi, atteso che non compete all'assemblea individuare i criteri di ripartizione delle spese. È meramente annullabile, invece, la delibera che - fermo il criterio di ripartizione delle spese previsto dalla Legge - erri nell'applicarlo in concreto (ad esempio escludendo erroneamente un condomino, ovvero calcolando in maniera erronea l'utilità differenziata che ciascun condomino può trarre da un determinato bene). In conclusione, la delibera impugnata è insanabilmente nulla, avendo adottato un criterio di ripartizione delle spese non previsto dalla Legge (ovvero la ripartizione tra alcuni soltanto dei condomini di una spesa che competeva a tutti, sia pure in misura proporzionale all'uso). In ogni caso, va evidenziato come la delibera sarebbe nulla anche ove si volesse aderire alla ricostruzione del convenuto, secondo cui le spese per l'adeguamento del seminterrato competono ai soli condomini proprietari di autorimesse in applicazione del comma terzo dell'art. 1123 c.c. In effetti, tale ipotesi ricostruttiva presuppone che il seminterrato formi oggetto di autonomo diritto di proprietà in capo ai soli proprietari delle autorimesse. Ma allora solo a costoro spetterebbe il diritto di deliberare le relative spese, con esclusione di tutti gli altri condomini, che non partecipano al condominio parziale su quella porzione. E, invero, delle due l'una: o gli interventi di adeguamento del seminterrato sono almeno in parte funzionali all'intero edificio, e allora le spese vanno ripartite tra tutti i condomini (sia pure in funzione della diversa utilità che ne traggono, come previsto dall'art. 1123 comma 2 c.c.), oppure i predetti interventi riguardano beni oggetto di un condominio parziale tra i soli proprietari delle autorimesse, ma allora gli altri non hanno alcun titolo per deliberare l'esecuzione delle opere o l'approvazione delle relative spese. In questa seconda ipotesi, la delibera sarebbe nulla perché, all'evidenza, l'assemblea (composta da tutti i partecipanti al condominio) avrebbe deliberato su beni altrui, ovvero su beni oggetto di un autonomo diritto di proprietà dei soli proprietari delle autorimesse (peraltro, nella specie, il (...) è proprietario della metà dei beni in discorso). In conclusione, s'impone, in accoglimento dell'impugnazione, la declaratoria di nullità della delibera condominiale, con condanna del condominio convenuto alla rifusione, in favore dell'attore, delle spese, liquidate in dispositivo in applicazione dei parametri di cui al DM 55/2014. Non può, invece, farsi luogo alla restituzione delle somme pagate dal (...) esecuzione della delibera nulla, stante l'inammissibilità della domanda di ripetizione dell'indebito, avanzata dal predetto solo nella prima memoria depositata ai sensi dell'art. 183 c.p.c.. In proposito, si consideri che l'accertamento della mancanza originaria della causa adquirendi dell'attribuzione patrimoniale comporta l'applicazione della disciplina dell'indebito oggettivo, di cui agli artt. 2033 ss. c.c., con il conseguente sorgere dell'obbligo restitutorio, subordinato, però, alla domanda di parte ed all'assolvimento degli oneri di allegazione e di prova, non potendosi ritenere la relativa domanda implicita in quella di nullità (cfr. Cass. 6664/2018). P.Q.M. Il Tribunale, in accoglimento della domanda, così provvede: - Dichiara la nullità della delibera impugnata adottata dal condominio (...) in data 6 giugno 2018; - Dichiara tenuto e condanna il condominio (...) alla rifusione, in favore di (...) delle spese di lite, che liquida in Euro 5.000,00, oltre rimborso forfettario nella misura del 15%, iva e cpa. Così deciso in Rimini il 6 aprile 2022. Depositata in Cancelleria il 7 aprile 2022.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO di RIMINI Sezione Unica CIVILE Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. Maura Mancini ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 2492/2018 promossa da: (...) SPA (C.O.E. 22345, C.F. (...)), in persona del legale rappresentante pro tempore, con il patrocinio dell'avv. Ro.An. del foro di Urbino (...) e dall'avv. Er.Ca. del foro di Pesaro (...), elettivamente domiciliata presso lo studio della seconda in Rimini, Via (...) giusta mandato in calce all'atto di citazione ATTRICE nei confronti di (...) (C.F. (...)), CONVENUTO CONTUMACE Avente ad oggetto: azione revocatoria ex art. 2901 c.c. IN FATTO Con atto di citazione ritualmente notificato ed iscritto a ruolo in data 28 giugno 2018, la (...) SPA ha convenuto innanzi al Tribunale di Rimini il sig. (...) perché, in via principale, fosse dichiarata l'inefficacia ovvero, in via subordinata, la nullità per simulazione assoluta, dell'atto pubblico di costituzione di Trust del (...), a rogito della Dott.ssa (...), Notaio in (...), ai nn. (...) rep e (...) racc., registrato a Pesaro in data 1 luglio 2013 al n. 2659, serie IT nel quale erano stati conferiti i seguenti beni immobili di sua proprietà in ragione di 1/2: a) "diritti indivisi di comproprietà pari a 1/2 (un mezzo) su terreni con sovrastanti ruderi di fabbricato siti in Comune di R., località 'V. P." censiti in catasto Terreni nel Foglio (...) con le particelle (...)- (...)- (...)- (...)- (...)- (...)- (...)- (...)- (...)- (...)- (...)- (...)-(...)- (...)- (...)- (...)- (...)- (...)- (...)- (...)- (...)- (...)- (...)- (...) e in catasto Fabbricati nel foglio (...) con la particella (...) unità collabente della superficie complessiva di Ha. 9.89.34 (ettari nove are ottantanove e centiare trentaquattro) R.D. Euro 839,43 RA. Euro 644,67 Confini: Viale V., Viale C., proprietà C.-C. salvo altri; b) diritti indivisi di comproprietà pari ad 1/2 (un mezzo) su porzioni del fabbricato sito in Comune di R., L. della L. n. 2 ed esattamente unità ad uso civile abitazione sita al piano nono censita in Catasto Fabbricati nel Foglio (...) con la particella (...) sub (...) ZC.1 Cat. (...) vani 12 R.c. 3.123,53 unità ad uso commerciale site al piano terra, primo e seminterrato censite in Catasto Fabbricati nel Foglio (...) con le particelle (...) sub (...) - (...) sub (...) Zc. 1 Cat. (...) R.C. Euro 4.054,00 627 sub (...) - (...) sub (...) Zc. 1 Cat. (...) R.C. Euro 4.458,00 Confini: detta Via, Viale M. da più lati salvo altri; c) diritti indivisi di comproprietà pari ad 1/2 (un mezzo) su porzione di fabbricato destinata a civile abitazione e terreni siti in Comune di C. (R.) censiti in Catasto Fabbricati nel Foglio (...) con la particella (...) Cat. Firmato Da: CATANI ERICA Emesso Da: A. S.P.A. NG CA 3 Serial: (...) 7 A/4 Cl. (...) vani 8 consistenza mq. 213 R.C. Euro 371,85 e in Catasto Terreni nel Foglio (...) con le particelle (...)-(...)-(...)-(...)-(...)-(...)-(...)-(...) della superficie di Ha.4.33.76 con R.D. Euro 288,32 e R.A. Euro 286,87 Confini: Via del G., Via R. da più lati salvo altri."; di conseguenza, chiedeva che fosse ordinato al Direttore dell'Agenzia del Territorio - Ufficio provinciale di Rimini - Servizio di Pubblicità Immobiliare, di cancellare la trascrizione del trust e di trascrivere l'emananda sentenza e, in ogni caso, di apportare nei registri immobiliari le variazioni necessarie a seguito della emananda sentenza, con vittoria di spese, diritti e onorari. A sostegno delle pretese azionate, l'attrice ha allegato che il sig. (...), a garanzia degli obblighi derivanti da un contratto di conto corrente (sottoscritto in data 10 ottobre 2007) e di un contratto di affidamento su conto anticipi fatture (sottoscritto in data 17 ottobre 2008), si era obbligato, in qualità di fideiussore omnibus della società (...) S.r.l., nei confronti della (...) S.p.A.; che i predetti rapporti bancari erano stati ceduti in blocco dalla (...) S.p.A. alla società (...) S.p.A. (oggi, (...) S.p.A.); che il sig. (...) aveva sottoscritto con i vari Istituti di credito (tra i quali, la società (...) S.p.A.) due pacta de non petendo (il primo con validità fino al 30 settembre 2012 e il secondo fino al 30 giugno 2013); che, all'evidente fine di sottrarsi all'adempimento delle obbligazioni assunte, in data 28 giugno 2013 - due giorni prima dello scadere del secondo patto di non aggressione - il sig. (...) aveva costituito un trust (denominato "(...)") allo scopo di soddisfare le pretese dei vari Istituti di credito in regime di par condicio creditorum; che alcuni beni rientranti nell'istituito trust, in realtà, erano stati alienati a terzi già prima della costituzione del trust stesso; che, per i crediti in parola, la società (...) S.p.A. (già (...) S.p.A.) aveva ottenuto nei confronti del sig. (...), l'emissione del decreto ingiuntivo n. 546/2014 (emesso in data 10 marzo 2014, non opposto e dichiarato definitivo in data 16 ottobre 2014) con il quale il Tribunale di Rimini aveva ingiunto al sig. (...) il pagamento in favore dell'attrice dell'importo di Euro 369.422, 76 oltre interessi e spese; che, in data 6 novembre 2014, la società (...) S.p.A. (già (...) S.p.A.) aveva notificato l'intervenuta cessione al sig. (...), chiedendo contestualmente il pagamento del credito vantato; che, così ricostruita la vicenda, sussistevano i presupposti dell'eventus damni e della scientia fraudis dell'azione revocatoria. Regolarmente notificato l'atto di citazione, non si costituiva il sig. (...), dichiarato contumace all'udienza del 28 novembre 2018. I procuratori di parte attrice sono stati autorizzati al deposito delle memorie ex art. 183, sesto comma c.p.c.. La causa è stata ritenuta matura per la decisione e con ordinanza del 30 giugno 2021, è stata trattenuta in decisione con concessione dei termini di cui all'art. 190 c.p.c. per il deposito delle memorie conclusionali e di replica. IN DIRITTO La domanda azionata dall'attrice risulta fondata e merita accoglimento secondo quanto di seguito esplicitato: invero, deve ritenersi positivamente acquisito al presente giudizio che, alla data di costituzione del Trust (28 giugno 2013), parte convenuta, non costituita, fosse a conoscenza dell'esistenza ed entità dell'ammontare del suo debito nei confronti di parte attrice, attesa la sottoscrizione di due pacta de non petendo (il primo con validità fino al 30 settembre 2012 e il secondo fino al 30 giugno 2013); risulta, inoltre, definitivamente provato il credito vantato da parte attrice, come da decreto ingiuntivo n. 546/2014, non opposto e dichiarato definitivo in data 16 ottobre 2014. La valutazione integrata di tali risultanze probatorie induce a ritenere comprovata la sussistenza dei presupposti dell'azione pauliana e, in particolare, dell'eventus damni e della scientia fraudis. Si evidenzia, infatti, che il Supremo Collegio ha chiarito che "Il presupposto oggettivo dell'azione revocatoria ordinaria (cd. "eventus damni") ricorre non solo nel caso in cui l'atto dispositivo comprometta totalmente la consistenza patrimoniale del debitore, ma anche quando lo stesso atto determini una variazione quantitativa o anche soltanto qualitativa del patrimonio che comporti una maggiore incertezza o difficoltà nel soddisfacimento del credito, con la conseguenza che grava sul creditore l'onere di dimostrare tali modificazioni quantitative o qualitative della garanzia patrimoniale, mentre è onere del debitore, che voglia sottrarsi agli effetti di tale azione, provare che il suo patrimonio residuo sia tale da soddisfare ampiamente le ragioni del creditore" (cfr. per tutte da ultimo Cass. 16221/19): nel caso di specie, la segregazione patrimoniale determinata attraverso il Trust comporta certamente la maggiore incertezza e difficoltà nel soddisfacimento del credito dell'attrice, a nulla valendo l'indicazione dello scopo di garantire il ceto creditorio, atteso che, il vincolo impresso sui beni conferiti in trust, impedendo l'espropriazione diretta dei beni, determina una lesione della garanzia patrimoniale generica (cfr. Cass. 24986/2020). Con riferimento, invece, al presupposto della scientia fraudis si evidenzia che, in fattispecie analoga a quella oggetto del presente giudizio, il Giudice di legittimità ha affermato il principio di diritto secondo il quale "In tema di azione revocatoria ordinaria degli atti a titolo gratuito (nella specie negozio costitutivo di fondo patrimoniale), il requisito della 'scientia damni' richiesto dall'art. 2901, comma 1, n. 1), c.c. si risolve, non già nella consapevolezza dell'insolvenza del debitore, ma nella semplice conoscenza del danno che ragionevolmente può derivare alle ragioni creditorie dal compimento dell'atto" (cfr. da ultimo Cass. 9192/21 ed in precedenza in senso conforme Cass. 13343/15 e Cass. 17418/07): l'applicazione del principio di diritto richiamato alla presente fattispecie, induce a ritenere positivamente acquisita anche la sussistenza del presupposto della scientia fraudis, atteso che parte convenuta - ben consapevole della sua posizione debitoria - ha conferito in Trust i beni indicati in atto di citazione, non solo in data di poco anteriore rispetto alla scadenza del secondo pactum de non petendo (30 giugno 2013), ma, ha anche indicato sé medesimo quale beneficiario della predetta disposizione e non ha provveduto alla dismissione di alcun bene a fronte dello scopo dichiarato. Non risulta, infine, necessaria la prova della sussistenza del presupposto del consilium fraudis, richiesto dall'art. 2901, comma 1, n. 2), c.c. attesa la natura gratuita dell'atto di costituzione del trust, che, vedendo il sig. (...) - si ripete - sia come disponente che come beneficiario, non trova contropartita alcuna (cfr. sulla qualificazione del trust cfr. Cass. 9320/2019). Da ultimo, a conferma di quanto sopra esposto, si osserva che il Tribunale di Rimini si è già pronunciato sulla revocabilità dell'atto istitutivo di trust per cui è causa, con le sentenze n. 448/2018 (procedimento RG 3158/2016) e n.473/2018 (procedimento RG 3150/2016). Entrambe le citate sentenze, appellate dal Sig. (...), sono poi state confermate dalla Corte di Appello di Bologna, rispettivamente con l'ordinanza del 9.1.2019 nella causa civile iscritta al n. 2774/2018 (avverso la sentenza 448/2018) e con la sentenza 804/2020 nella causa civile 3047/2018 (avverso la sentenza 473/2018) Dal complesso delle considerazioni che precedono, discende che deve essere dichiarata l'inefficacia nei confronti della (...) S.p.A. dell'atto di costituzione di Trust del (...), a rogito della Dott.ssa (...), Notaio in (...), ai nn. (...) rep e (...) racc., registrato a Pesaro in data 1 luglio 2013 al n. 2659, serie IT; discende altresì che restano assorbite le ulteriori domande azionate. Non vi è luogo a provvedere in ordine alla domanda avente ad oggetto l'ordine al Direttore dell'Agenzia del Territorio - Servizio di Pubblicità Immobiliare di Rimini ed al Direttore dell'Agenzia del Territorio - Servizio di Pubblicità Immobiliare di Arezzo alla luce del disposto dell'art. 2658 c.c. che impone al Conservatore, su istanza di parte, l'obbligo di provvedere alla trascrizione/annotazione della presente sentenza. Residua la pronuncia in ordine alle spese di lite che, nei rapporti fra l'attrice ed il convenuto contumace, secondo il principio generale di cui all'art. 91 c.p.c., seguono la soccombenza del sig. (...). Tali spese, in considerazione del valore della causa come dichiarato da parte attrice (Euro 369.422,76 - cfr. pag. 19 atto di citazione), del livello di complessità della questione dedotta in giudizio e delle attività processuali effettivamente espletate, sono liquidate, quanto ai compensi, in complessivi Euro 10.730,00 oltre rimborso spese generali, IVA (se dovuta) e CNPA, secondo quanto previsto a titolo di compenso medio nella Tabella A allegata al D.M. n. 55 del 2014 come modificato dal D.M. n. 37 del 2018 ed applicata la riduzione del 50% relativamente ai compensi dovuti per la fase istruttoria e/o di trattazione essendo state depositate le memorie istruttorie, ma non essendo stato espletato alcun incombente probatorio (Euro 2.430,00 per la fase istruttoria, Euro 1.550,00 per la fase introduttiva, Euro 2.700,00 per la fase istruttoria e/o di trattazione, Euro 4.050,00 per la fase decisionale). Quanto alle spese vive si determina il relativo importo in Euro 2.337,71 conformemente a quanto risulta dalla nota spese dimessa in atti da parte attrice. P.Q.M. Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza ed eccezione disattesa o assorbita, così dispone: Dichiara l'inefficacia nei confronti di (...) S.p.A. dell'atto di costituzione di trust del (...), a rogito della Dott.ssa (...), Notaio in (...), ai nn. (...) rep e (...) racc., registrato a Pesaro in data 1 luglio 2013 al n. 2659, serie IT nel quale sono stati conferiti i seguenti beni immobili di sua proprietà in ragioni di ½: 1. "diritti indivisi di comproprietà pari a ½ (un mezzo) su terreni con sovrastanti ruderi di fabbricato siti in Comune di R., località 'V. P." censiti in catasto Terreni nel Foglio (...) con le particelle (...)- (...)- (...)- (...)- (...)- (...)- (...)- (...)- (...)- (...)- (...)- (...)-(...)- (...)- (...)- (...)- (...)- (...)- (...)- (...)- (...)- (...)- (...)- (...) e in catasto Fabbricati nel foglio (...) con la particella (...) unità collabente della superficie complessiva di Ha. 9.89.34 (ettari nove are ottantanove e centiare trentaquattro) R.D. Euro 839,43 RA. Euro 644,67 Confini: Viale V., Viale C., proprietà (...) - (...) salvo altri; - diritti indivisi di comproprietà pari ad 1/2 (un mezzo) su porzioni del fabbricato sito in Comune di R., L. della L. n. 2 ed esattamente unità ad uso civile abitazione sita al piano nono censita in Catasto Fabbricati nel Foglio (...) con la particella (...) sub (...) ZC.1 Cat. (...) vani 12 R.c. 3.123,53 unità ad uso commerciale site al piano terra, primo e seminterrato censite in Catasto Fabbricati nel Foglio (...) con le particelle (...) sub (...) - (...) sub (...) Zc. 1 Cat. (...) R.C. Euro 4.054,00 627 sub (...) - (...) sub (...) Zc. 1 Cat. (...) R.C. Euro 4.458,00 Confini: detta Via, Viale M. da più lati salvo altri; - diritti indivisi di comproprietà pari ad 1/2 (un mezzo) su porzione di fabbricato destinata a civile abitazione e terreni siti in Comune di C. (R.) censiti in Catasto Fabbricati nel Foglio (...) con la particella (...) Cat. Firmato Da: (...) Emesso Da: A. S.P.A. NG CA 3 Serial: (...) 7 A/4 Cl. (...) vani 8 consistenza mq. 213 R.C. Euro 371,85 e in Catasto Terreni nel Foglio (...) con le particelle (...)-(...)-(...)-(...)-(...)-(...)-(...)-(...) della superficie di Ha.4.33.76 con R.D. Euro 288,32 e R.A. Euro 286,87 Confini: Via del G., Via R. da più lati salvo altri." 2. condanna il sig. (...) a rifondere all'attrice le spese di lite liquidate in complessivi Euro 10.730,00 oltre rimborso spese generali, IVA (se dovuta) e CNPA, come per legge, quanto ai compensi ed in complessivi Euro 2.337,71 quanto alle spese vive; Così deciso in Rimini il 21 marzo 2022. Depositata in Cancelleria il 21 marzo 2022.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale di Rimini, in composizione monocratica, in persona del Giudice Dott. Lorenzo Maria Lico, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa iscritta al n. 1653 del Ruolo generale degli affari contenziosi civili dell'anno 2018 e promossa da (...) S.P.A. (C.F. (...)), rappresentata e difesa dall'avv. PA.LU. ed elettivamente domiciliata in Via (...) 47838 Riccione Italia presso il difensore avv. PA.LU.; ATTRICE Contro (...) S.A.S DI (...) (C.F. (...)); (...) SOCIETA' A RESPONSABILITA' LIMITATA SEMPLIFICATA (C.F. (...)); CONVENUTE MOTIVI DELLA DECISIONE Con atto di citazione ritualmente notificato (...) S.p.a. adiva il Tribunale di Rimini chiedendo la dichiarazione di inefficacia nei suoi confronti ex art. 2901 c.c. di due atti di disposizione, registrati in data 22.12.2017 e 14.2.2018, con la quale la società (...) S.a.s. di (...) trasferiva due rami di azienda alla società (...) S.r.l.s., arrecando un vulnus alla garanzia patrimoniale generica del proprio credito. Non si costituivano in giudizio i convenuti, che venivano dichiarati contumaci all'udienza del 3.10.2018. La causa veniva istruita mediante produzioni documentali. All'udienza del 1.12.2021 parte attrice precisava le conclusioni ed il Giudice tratteneva la causa in decisione. La domanda è fondata e va pertanto accolta per i seguenti motivi. In primo luogo, va affermata l'esistenza di una posizione creditoria di parte attrice nei confronti della società (...). Sul punto va chiarito che ai fini dell'integrazione del presupposto dell'esistenza di un credito, richiesto dall'art. 2901 c.c., non è necessario che venga fornita dall'attore la prova dello stesso. Infatti, come è stato chiarito dalla giurisprudenza di legittimità, "l'art. 2901 c.c. accoglie una nozione lata di "credito", comprensiva della ragione o aspettativa, con conseguente irrilevanza della certezza del fondamento dei relativi fatti costitutivi, coerentemente con la funzione propria dell'azione, la quale non persegue scopi restitutori" (Cass. n. 23208 del 2016). Inoltre, la giurisprudenza di legittimità ha ritenuto che anche un credito contestato (persino qualora si tratti di credito derivante da fatto illecito o da contratto contestati in altro e separato giudizio) è idoneo ad essere posto a fondamento dell'azione revocatoria. In particolare, si è ritenuto che "l'accertamento del credito non costituisce l'indispensabile antecedente logico-giuridico della pronuncia sulla domanda revocatoria, né può ipotizzarsi un conflitto di giudicati tra la sentenza che, a tutela dell'allegato credito litigioso, dichiari inefficace l'atto di disposizione e la sentenza negativa sull'esistenza del credito" (Cass. n. 2673 del 2016). È sufficiente, al fine di ritenere provata la sussistenza di tale elemento costitutivo della domanda, la considerazione per cui parte attrice, in data 19.1.2018 otteneva, da parte del Tribunale di Urbino, l'emissione di decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo per l'importo di euro 37.897,91, oltre interessi e spese. Tale circostanza è idonea a far ritenere provata l'esistenza di un credito dell'attrice nei confronti della società (...), secondo i principi sopra enunciati. Sotto il profilo temporale, va rilevato come sebbene l'emissione del decreto ingiuntivo sia successiva al compimento del primo dei due atti di disposizione di cui è causa (avente data 22.12.2017), nondimeno deve ritenersi che il credito vantato da parte attrice sia anteriore rispetto alla data in cui la prima cessione è stata posta in essere, in quanto fondato su fatture relative ad annualità pregresse (2016 e 2017), come emerge dal contenuto del ricorso per decreto ingiuntivo (vedi doc. 3 allegato alla citazione). Inoltre, rileva la circostanza per cui parte attrice già in data 27.10.2017 aveva inoltrato diffida di pagamento nei confronti della società debitrice (vedi doc. 1 allegato alla citazione), la quale pertanto, nel momento in cui disponeva dell'azienda, era a conoscenza della pretesa vantata da (...). Sussiste inoltre il pregiudizio alle ragioni creditorie richiesto dall'art. 2901 c.c.. Con riferimento a tale presupposto deve ritenersi che non sia necessaria la prova che l'atto di disposizione effettivamente arrechi un pregiudizio alla garanzia patrimoniale del credito di cui all'art. 2740, essendo sufficiente che a seguito dell'atto dispositivo il creditore veda potenzialmente deteriorata la garanzia del proprio credito, sotto un profilo quantitativo ovvero anche solo qualitativo. In questa direzione si è pronunciata la giurisprudenza di legittimità, la quale ha affermato che "condizione essenziale della tutela revocatoria in favore del creditore è il pregiudizio alle ragioni dello stesso, per la cui configurabilità, peraltro, non è necessario che sussista un danno concreto ed effettivo, essendo, invece, sufficiente un pericolo di danno derivante dall'atto di disposizione, il quale abbia comportato una modifica della situazione patrimoniale del debitore tale da rendere incerta la esecuzione coattiva del debito o da comprometterne la fruttuosità" (Cass. n. 2971 del 1999). Ad ulteriore specificazione di tale interpretazione del requisito del "pregiudizio" si è anche sostenuto che non sia necessario un indebolimento "quantitativo" della garanzia patrimoniale del credito, essendo sufficiente che il patrimonio del debitore sia reso qualitativamente meno "sicuro", ad esempio sostituendo a beni immobili, facenti parte dello stesso, somme di denaro. In questo senso si è ritenuto che "a fondamento dell'azione revocatoria ordinaria non è richiesta la totale compromissione della consistenza patrimoniale del debitore, ma soltanto il compimento di un atto che renda piùincerto o difficile il soddisfacimento del credito, che può consistere non solo in una variazione quantitativa del patrimonio del debitore, ma anche in una modificazione qualitativa di esso. A questo proposito, la sostituzione di un immobile con il denaro derivante dalla compravendita comporta di per sé una rilevante modifica qualitativa della garanzia patrimoniale, in considerazione della maggiore facilità di cessione del denaro" (Cass. n. 1896 del 2012). Con specifico riferimento all'onere della prova, la Cassazione ha peraltro sostenuto che "grava sul creditore l'onere di dimostrare tali modificazioni quantitative o qualitative della garanzia patrimoniale, mentre è onere del debitore, che voglia sottrarsi agli effetti di tale azione, provare che il suo patrimonio residuo sia tale da soddisfare ampiamente le ragioni del creditore" (Cass. n. 19207 del 2018). Nel caso di specie tale potenziale depauperamento della garanzia patrimoniale a favore della società attrice deve ritenersi sussistente. Deve, infatti, rilevarsi come la cessione, da parte della società debitrice, in favore di soggetto terzo di beni aziendali (tra cui attrezzature funzionali all'esercizio dell'attività commerciale di bar e pasticceria svolta da (...)) sia idonea ad arrecare un vulnus alla garanzia patrimoniale generica (di cui all'art. 2740 c.c.) sulla quale i creditori possono avanzare pretese ai fini di vedere soddisfatto il proprio credito. In questa prospettiva, deve ritenersi che la sostituzione del denaro a beni mobili e mobili registrati (in particolare un autoveicolo) contribuisca a generare un potenziale pregiudizio alle ragioni creditorie alla luce della maggiore difficoltà dell'esercizio delle prerogative creditorie (in sede esecutiva) sul denaro piuttosto che su beni mobili aziendali, i quali possono essere aggrediti più facilmente. In tale contesto, la mancata costituzione in giudizio di parte convenuta non ha consentito di far emergere circostanze ed elementi di fatto eventualmente apprezzabili in senso opposto, dovendosi pertanto ammettere la sussistenza, nel caso di specie, del presupposto dell'eventus damni. Va altresì affermata la sussistenza del presupposto soggettivo in capo alla società (...), vale a dire la conoscenza del pregiudizio arrecato alle ragioni creditorie mediante gli atti di cui è causa. Deve infatti ritenersi verosimile, secondo un canone di comune esperienza (id quod plerumque accidit), che la legale rappresentante della società (...), a conoscenza dell'esistenza del credito in capo alla società (...), fosse altresì a conoscenza (o potesse esserlo mediante l'impiego della comune diligenza) della circostanza per cui l'alienazione di un ramo di azienda avrebbe avuto, come concreta conseguenza nei rapporti con i creditori, la sottrazione di beni mobili e mobili registrati dal patrimonio sociale, ed avrebbe pertanto determinato un indebolimento della garanzia patrimoniale generica di cui all'art. 2740 c.c. Eguale coefficiente soggettivo va ritenuto esistente in capo al legale rappresentante della società (...) S.r.l.s. Sul punto parte attrice allegava l'esistenza di un rapporto sentimentale tra il legale rappresentante della società acquirente (...) S.r.l.s., (...), e la legale rappresentante della società cedente (...), (...). La circostanza può ritenersi provata sulla base dell'elemento indiziario costituito dalla coincidenza tra la sede legale della società (...) S.a.s. di (...), la sede legale della società (...) S.r.l.s. e la residenza del legale rappresentante di quest'ultima (...), in (...), Via B. n. 12/B (vedi visura camerale della società (...), visura camerale della società (...) e certificato di residenza relativo a (...), rispettivamente documenti 1, 9 e 10 allegati alla citazione). Ritiene il Tribunale che tale triplice coincidenza consenta di ritenere fondata la prospettazione circa l'esistenza di uno stretto "collegamento" tra i legali rappresentanti delle società in questione tale da far ritenere verosimile che anche (...), che agiva in rappresentanza della società acquirente, fosse o potesse essere a conoscenza del pregiudizio che l'atto di disposizione arrecava alle ragioni creditorie. Per tali motivi la domanda revocatoria va accolta e va dichiarata l'inefficacia, nei confronti di parte attrice, dei due contratti di cessione di ramo di azienda di cui è causa. Le spese di lite seguono la soccombenza e vanno poste, in solido, a carico dei convenuti. Nella determinazione delle stesse si tiene conto dei valori minimi di tutte le fasi, alla luce dell'attività difensiva resasi in concreto necessaria ai fini della decisione. P.Q.M. Il Tribunale di Rimini, definitivamente pronunciando sulle domande proposte da (...) S.p.a. contro (...) S.a.s. di (...) e (...) S.r.l.s., disattesa ogni contraria istanza, deduzione ed eccezione, così provvede: - Accoglie la domanda e dichiara l'inefficacia, nei confronti di parte attrice, dei contratti di cessione di ramo di azienda stipulati da (...) S.a.s. di (...) e (...) S.r.l.s. e registrati in data 22.12.2017 e 14.2.2018; - Condanna i convenuti, in solido tra loro, al pagamento in favore di parte attrice delle spese di lite, determinate in euro 545,00 per anticipazioni ed euro 3.972,00 per compensi professionali, oltre rimborso forfettario al 15%, IVA e CPA come per legge. Così deciso in Rimini l'1 marzo 2022. Depositata in Cancelleria il 2 marzo 2022.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO DI RIMINI SEZIONE UNICA CIVILE Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. Rossi Silvia ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. (...) promossa da: (...) con il patrocinio dell'avv. (...), elettivamente domiciliato presso il difensore avv. (...) con il patrocinio dell'avv. (...), (...) con il patrocinio dell'avv. (...), elettivamente domiciliato presso il difensore avv. (...) con il patrocinio dell'avv. (...), (...) con il patrocinio dell'avv. (...), elettivamente domiciliato presso il difensore avv. (...) con il patrocinio dell'avv. (...), opponenti contro (...) (C.F. (...)), con il patrocinio dell'avv. (...), elettivamente domiciliato in presso il difensore (...) opposto (...) con il patrocinio dell'avv. (...) e elettivamente domiciliato presso il difensore avv. (...) intervenuta CONCISA ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE Con atto di citazione notificato in data 12.6.2017 la società (...) (in seguito anche senza l'indicazione del tipo sociale), in qualità di debitore principale, e (...), in qualità di garanti (questi fino al minor importo di Euro (...) ciascuno) proponevano opposizione avverso il decreto ingiuntivo n. (...) con il quale (...) aveva ingiunto il pagamento della somma di Euro (...) oltre interessi e spese di lite. Eccepivano gli opponenti la carenza documentale non avendo la banca prodotto né il contratto di finanziamento estero che aveva portato ad un presunto debito di Euro (...) né le condizioni economiche di cui al contratto di saldo corrente n. (...) il cui saldo debitorio era di Euro (...). Gli opponenti davano atto che era stato prodotto un solo contratto, quello del 24.7.2009, modificativo del predetto rapporto di conto corrente, anch'esso, tuttavia, mancante delle condizioni economiche. In ogni caso, sulla base della perizia econometrica commissionata, era stata individuata applicazione di tassi usurari. Per tali ragioni, gli opponenti chiedevano la revoca del decreto ingiuntivo opposto, rassegnando le seguenti conclusioni: "In via principale: - accertato che il decreto ingiuntivo n. (...) del 13.04.2017 R.G. n. (...) emesso dal Tribunale di Rimini nei confronti degli attuali opponenti veniva emesso in difetto di forma scritta per tutti i motivi esposti in citazione ed, in particolare, per quanto dedotto al punto n. 1, dichiararne l'illegittimità per nullità/ annullabilità/ inesistenza/ inefficacia e ordinarne la revoca; - in ogni caso, accertata che la pretesa creditoria azionata da (...) mediante il decreto ingiuntivo ivi opposto risulta assolutamente ed insanabilmente indeterminata, per tutti i motivi esposti in narrativa, dichiarare l'illegittimità per nullità/annullabilità/inesistenza/inefficacia e ordinarne la revoca; In via subordinata: - nella denegata ipotesi in cui non fosse accolta la domanda avanzata in via principale, accertare che il rapporto di conto corrente n. (...) veniva regolato secondo le condizioni economiche contenute nel contratto n. (...) sottoscritto tra la società (...) e parte opposta, allegato al presente atto, e che tuttavia il rapporto appare viziato da nullità derivante da indeterminatezza con riferimento alla mancata indicazione delle condizioni economiche applicate alle operazioni di messe a disposizione di somme per acquisto/rivendita valuta estera collegate sul medesimo conto corrente, nonché per nullità (...) delle clausole di interesse derivante dall'applicazione di interessi usurai, per tutti i motivi come meglio esposti in narrativa e per tutte le risultanze di cui alla relazione econometrica ivi allegata sottoscritta dal perito (...); - per l'effetto, pertanto, dichiarare l'illegittimità del decreto ingiuntivo ivi opposto per nullità/ annullabilità/ inesistenza/ inefficacia e revocare lo stesso in quanto la somma così come ingiunta non è dovuta; - in estremo subordine: qualora il saldo di cui al conto corrente n. (...) riconosciuto pari ad Euro (...) alla data del 31 gennaio 2017 (così come dichiarato da parte opposta nella lettera di messa in mora datata 31 gennaio 2017 e prodotta in atti) e fosse ritenuto come effettivamente dovuto, dichiarare la compensazione della predetta somma con la somma riconosciuta come illegittimamente versata da parte della società (...) in forza della relazione econometrica ivi allegata ovvero con la diversa somma che risulterà accertata in corso di causa. Con vittoria di spese, competenze e onorari da distrarsi in favore del sottoscritto procuratore". Con comparsa di costituzione e risposta depositata in data 29.9.2017 si costituiva in giudizio (...) (nel prosieguo indicata anche con l'acronimo (...)), chiedendo il rigetto delle avverse domande in quanto infondate in fatto e in diritto. In particolare, (...) dava conto di come il finanziamento estero di cui alla lettera di messa in mora fosse stato estinto e girato sul conto corrente n. (...) conto corrente le cui condizioni economiche erano documentate in atti. L'opposta negava poi la sussistenza di usura ed eccepiva l'assenza di legittimazione in capo a (...) per mancanza della delibera assembleare di autorizzazione alla promozione del giudizio di opposizione. Da ultimo, (...) eccepiva prescrizione e decadenza per mancata contestazione degli estratti conto nei termini di legge. Concessa la sospensione della provvisoria esecutività ex art. 649 c.p.c. con decreto del 29.8.2018 ed esperita con esito negativo la mediazione, all'udienza del 15.1.2019 venivano concessi i termini ex art. 183 co. 6 c.p.c.. Con atto di intervento ex art. 111 c.p.c. del 4.6.2019 si costituiva in giudizio (...) quale cessionaria del credito di (...) facendo proprie tutte le difese dell'opposta. La causa veniva istruita mediante consulenza tecnica come da ordinanza del 22.7.2020 come integrata con ordinanza resa a verbale nell'udienza del 23.3.2021. Depositata la relazione peritale in data 2.8.2021, le parti precisavano le conclusioni all'udienza del 30.11.2021. La circostanza per la quale Io svolgimento del processo non è più elemento indefettibile della sentenza alla luce del novellato art. 132 c.p.c. consente di limitare a quanto sopra la ricostruzione della vicenda processuale. Per quanto non espressamente riportato ci si richiama agli atti e ai documenti di causa. La domanda deve essere accolta nei limiti di cui in motivazione. Deve, in primo luogo, respingersi l'eccezione di prescrizione e decadenza fatta valere dalla banca sin dalla comparsa di costituzione e risposta. Parte opposta ancora l'eccezione, in cui viene accomunato il concetto di prescrizione e decadenza, sotto l'accezione per la quale "tutte le comunicazioni periodiche sono sempre state inviate alla società e verosimilmente contabilizzate e mai alcun reclamo o rilievo verbale o scritto" (cfr. par. G della comparsa di costituzione e risposta). Ebbene, l'eccezione - come formulata da (...) - è notoriamente infondata posto che è principio consolidato quello per il quale "nel contratto di conto corrente, l'approvazione anche tacita dell'estratto conto, ai sensi dell'art. 1832, primo comma, c.c., preclude qualsiasi contestazione in ordine alla conformità delle singole annotazioni ai rapporti obbligatori dai quali derivano gli accrediti e gli addebiti iscritti nell'estratto conto, ma non impedisce di sollevare contestazioni in ordine alla validità ed all'efficacia dei rapporti obbligatori dai quali derivano i suddetti addebiti ed accrediti, e cioè quelle fondate su ragioni sostanziali attinenti alla legittimità, in relazione al titolo giuridico, dell'inclusione o dell'eliminazione di partite del conto corrente" (Sez. 6-1, Ordinanza n. 30000 del 20/11/2018, Rv. 651869 - 01). E' evidente come nel caso in esame gli opponenti non facciano valere l'erroneità contabile di singoli addebiti o accrediti sul conto corrente per difformità rispetto alla previsione negoziale, ma facciano - al contrario - valere la illegittimità della clausole contrattuali stesse o la infondatezza della pretesa attorea sotto il profilo probatorio, con ciò ponendosi le eccezioni su un piano diverso da quello della opposizione all'annotazione di cui all'estratto conto. Ciò chiarito, deve rilevarsi come l'importo ingiunto dalla banca in sede monitoria alla società - legittimamente presente in giudizio in persona del l.r.p.t. - e ai fideiussiori sia dato da due distinti rapporti giuridici: i) il saldo del finanziamento estero n. 1305; ii) il saldo di conto corrente n. (...). Circa i rapporto sub i) l'istituto di credito deduce di aver estinto il finanziamento e aver girocontato il debito sul saldo di conto corrente. Anche a voler ritenere che la banca abbia provato il giroconto con la produzione del saldaconto in sede di seconda memoria ex art. 183 co. c.p.c., il dato rilevante e preclusiva ad ogni ulteriore indagine è la mancata produzione in giudizio di qualsiasi documento attinente tale rapporto sia per quanto attiene il momento genetico del rapporto sia per quanto attiene al suo successivo sviluppo. Pertanto, in difetto di prova ex art. 2697 co. 1 c.c., qualsiasi addebito effettuato sul conto corrente n. (...) concernente il suddetto finanziamento non può essere ritenuto dovuto dal cliente. Quanto al rapporto sub ii) si rileva che la banca ha prodotto sin dalla fase monitoria il contratto sottoscritto in data 13.8.2007 privo, tuttavia, delle condizioni economiche allo stesso applicate. Anche il doc. 2 allegato alla comparsa di costituzione e risposta (riportato negli stessi termini anche quale allegato 2 alla seconda memoria ex art. 183 co. 6 c.p.c.) si limita a riportare le norme generali del conto senza alcuna sottoscrizione delle condizioni economiche allo stesso applicate. Le modifiche apportate in data 24.7.2009 (doc. 4 allegato all'atto di citazione) non possono poi ritenersi valide in quanto trattasi di mera variazione unilaterale non sottoscritta dalla società opponente, così come ogni ulteriore modifica non concordata, come già rilevato con ordinanza del 23.3.2021 qui di seguito riportata per la parte di interesse: "invero, il contratto di conto corrente sottoscritto in data 13.08.2007 non riporta le condizioni economiche; conseguentemente, per aversi in giudizio prova di una valida nuova pattuizione delle stesse è necessario che la banca produca nuova sottoscrizione da parte del cliente. I documenti prodotti dall'opposta, invece, ivi incluse le condizioni economiche del 31.12.2007 sono solamente comunicazioni ex art. 119 TUB o variazioni unilaterali ex art. 118 TUB e, come tali, insufficienti ad integrare il requisito di una forma scritta mancante ab origine". Conseguentemente, non conferente è la copiosa produzione giurisprudenziale della banca in punto di riparto dell'onere probatorio e sufficienza della produzione del solo contratto e degli estratti conto da parte della banca, atteso che ciò che difetta sul piano probatorio in questa sede è esattamente la produzione del contratto comprensivo delle pattuizioni economiche. Conseguentemente, con riferimento al conto corrente n. (...) non può tenersi in considerazione alcun addebito effettuato dalla banca di cui non vi sia evidenza negoziale; da qui la necessità di ricalcolo del saldo con espunzione di ogni addebito non pattuito e con applicazione dei soli interessi al saggio di cui all'art. 117 TUB. Non può, di contro, essere accolta l'eccezione di usura sollevata in atto di citazione dagli opponenti, atteso che l'eccezione si fonda su premesse metodologiche non corrette: come già rilevato nel corso di causa, infatti, la verifica del superamento del tasso soglia per il conto corrente viene svolta non comparando il tasso applicato con il TEGM, come da previsione normativa ex art. 644 c.p., ma con il TAEG, ossia un indicatore di costo globale che non attiene alla materia dell'usura, né oggettiva né soggettiva. Pertanto, l'eccezione non può trovare ingresso nel presente giudizio. Alla luce di quanto sinora esposto, si concorda con la rideterminazione del saldo di conto corrente n. (...) dal CTU nel proprio elaborato peritale, ove - in applicazione dei principi sopra esposti - si dà conto di un saldo che passa da un valore negativo di Euro (...) ad un valore positivo di Euro (...) con una differenza, dunque, di Euro (...). Deve rilevarsi come il saldo sia stato ricalcolata alla data del 31.12.2016 atteso che la banca ha prodotto gli estratti conto solo fino a tale data, nonostante il rapporto sia stato passato in sofferenza in data 8.3.2017. Alcuna integrazione, rispetto alla documentazione prodotta in giudizio dalle parti, può essere effettuata dal CTU in sede istruttoria con riferimento ad elementi che la parte avrebbe dovuto produrre ai sensi dell'art. 2697 c.c. entro i termini istruttori di legge. Anche con recente intervento nomofilattico, la Corte di Cassazione ha, infatti, ricordato che "in materia di consulenza tecnica d'ufficio, il consulente nominato dal giudice, nei limiti delle indagini commessegli e nell'osservanza del contraddittorio delle parti, può acquisire, anche prescindendo dall'attività di allegazione delle parti - non applicandosi alle attività del consulente le preclusioni istruttorie vigenti a loro carico -, tutti i documenti necessari al fine di rispondere ai quesiti sottopostigli, a condizione che non siano diretti a provare i fatti principali dedotti a fondamento della domanda e delle eccezioni che è onere delle parti provare e salvo, quanto a queste ultime, che non si tratti di documenti diretti a provare fatti principali rilevabili d'ufficio" (Sez. U -, Sentenza n. 3086 del 01/02/2022, Rv. 663786 - 03). Ad ogni buon conto deve rilevarsi come gli opponenti, nel presente giudizio, non abbiano svolto in via principale alcuna domanda riconvenzionale di condanna. Si ricorda, infatti, come gli stessi abbiano svolto in via principale le seguenti domande: "In via principale: - accertato che il decreto ingiuntivo n. (...) del 13.04.2017 R.G. n. (...) emesso dal Tribunale di Rimini nei confronti degli attuali opponenti veniva emesso in difetto di forma scritta per tutti i motivi esposti in citazione ed, in particolare, per quanto dedotto al punto n. 1, dichiararne l'illegittimità per nullità/ annullabilità/ inesistenza/ inefficacia e ordinarne la revoca; - in ogni caso, accertata che la pretesa creditoria azionata da (...) mediante il decreto ingiuntivo ivi opposto risulta assolutamente ed insanabilmente indeterminata, per tutti i motivi esposti in narrativa, dichiararne l'illegittimità per nullità/annullabilità/inesistenza/inefficacia e ordinarne la revoca". Le ulteriori domande sono state svolte espressamente in via subordinata nella sola "denegata ipotesi in cui non fosse accolta la domanda avanzata in via principale". Ne consegue, atteso il disposto dell'art. 112 c.p.c., che l'accoglimento della domanda svolta in via principale dagli opponenti, impone la sola revoca del decreto ingiuntivo opposto alla luce delle illegittimità accertate in sentenza, con esclusione di ogni pronuncia di natura accertativa circa il ricalcolo del saldo di conto corrente alla data del 31.12.2016 o condannatoria verso l'istituto di credito. E', del resto, principio pacifico quello per il quale "Il principio di corrispondenza fra il chiesto ed il pronunciato, impedisce al giudice, che accolga la domanda principale di una parte, di esaminare e decidere la domanda che quest'ultima abbia proposto solo in via subordinata al mancato accoglimento della prima, a nulla rilevando che le due domande si trovino in rapporto di obiettiva compatibilità (Sez. 1, Sentenza n. 19304 del 12/09/2014, Rv. 632398 - 01)". L'accertamento della non debenza dell'importo ingiunto con conseguente revoca del decreto ingiuntivo opposto determina comunque la soccombenza dell'opposta e di parte intervenuta circa la domanda svolta in via principale dagli opponenti. Le spese di lite, dunque, vengono liquidate a carico di parte opposta e intervenuta, in solido fra loro, nella misura inedia di cui al DM 55/2014 per tutte le fasi di giudizio non essendovi ragioni per discostarsene. Non si effettua alcun aumento per il numero delle parti difese atteso che i motivi di opposizione concernono la sola posizione della società e alcun rilievo viene mosso con riguardo alla distinta posizione dei fideiussori. Si precisa che alcuna refusione delle spese specifiche viene disposta attesa la mancata evidenza del relativo pagamento. Le spese della CTU, già liquidate con decreto del 20.8.2021, vengono definitivamente poste a carico di parte opposta e intervenuta in solido fra loro (e nella misura del 50% nei rapporti interni). La totale adesione di parte intervenuta alle difese di parte opposta comporta, infatti, anche in capo a (...) la soccombenza in questo giudizio. P.Q.M. Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza ed eccezione disattesa o assorbita, così dispone: 1. ACCOGLIE l'opposizione e per l'effetto 2. REVOCA il decreto ingiuntivo n. (...) emesso dal Tribunale di Rimini. 3. CONDANNA (...) e (...) a pagare, in solido, a (...) le spese di lite del presente giudizio che si liquidano in Euro (...) a titolo di compensi, oltre il 15% della somma che precede a titolo di spese generali, IVA e CASSA come per legge. 4. PONE definitivamente le spese della CTU a carico (...) in solido fra loro (e nella misura del 50% nei rapporti interni). Così deciso in Rimini l'1 marzo 2022. Depositata in Cancelleria l'1 marzo 2022.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO DI RIMINI SEZIONE UNICA CIVILE Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. Maura Mancini ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 4069/2018 promossa da: AVV. (...) (C.F. (...)), in proprio (PEC (...)) elettivamente domiciliato presso il proprio indirizzo telematico (cfr. Cass. (...)) e (...) (C.F. (...)) con il patrocinio dell'avv. (...) del foro di Roma (PEC (...)) ed elettivamente domiciliato all'indirizzo telematico del difensore giusta mandato in calce all'atto di citazione ATTORI nei confronti di (...) (C.F. (...)), con il patrocinio dell'avv. St.Ca. del foro di Rimini (PEC (...)) ed elettivamente domiciliato presso il suo studio in Riccione, Viale (...) giusta mandato a margine della comparsa di costituzione e risposta nonché nei confronti di (...) (C.F. (...)), CONVENUTA CONTUMACE con l'intervento di (...) (C.F. (...)), con il patrocinio dell'avv. Fr.Co. (PEC (...)) e dell'avv. Le.Il. (PEC (...)) entrambi del foro di Roma ed elettivamente domiciliato all'indirizzo elettronico dei difensori (cfr. Cass. (...)) giusta mandato su foglio separato allegato alla comparsa di intervento INTERVENUTO Avente ad oggetto: azione revocatoria ex artt. 2901 e 1414 c.c. IN FATTO Con atto di citazione ritualmente notificato ed iscritto a ruolo in data 12 novembre 2018 i sig.ri (...) e (...) hanno convenuto innanzi al Tribunale di Rimini i sig.ri (...) e (...) perché fosse dichiarata, ai sensi dell'art. 2901 c.c., l'inefficacia nei loro confronti dell'atto pubblico di compravendita immobiliare intervenuto fra i convenuti avente ad oggetto l'immobile sito nel Comune di (...), Via N. C. n. 15 e specificamente un appartamento sviluppato su due livelli identificato al Catasto Fabbricati di Rimini al foglio (...), particella (...), subalterno (...) ed al foglio (...), particella (...), subalterno (...); in via subordinata gli attori hanno chiesto che fosse accertata la simulazione del contratto di compravendita e che, conseguentemente, fosse dichiarata la nullità e l'inefficacia dello stesso. A sostegno della pretesa azionata gli attori hanno allegato che essi erano creditori, unitamente al fratello sig. (...), della sig.ra (...) in forza di due sentenze definitive e per l'importo complessivo in linea capitale di Euro 19.536,99; che in data 20 settembre 2016 la convenuta sig.ra (...) aveva ceduto al convenuto sig. (...) l'immobile ubicato in Misano Adriatico di sua proprietà; che tale cessione era avvenuta in danno dei creditori e pertanto doveva essere dichiarata inefficace ai sensi dell'art. 2901 c.c.; che in ogni caso la cessione era simulata dovendosi ritenere che la sig.ra (...) avesse conservato la disponibilità dell'immobile. Si è costituito il sig. (...) che ha contestato la pretesa azionata dagli attori evidenziando che, per l'acquisto dell'immobile, egli aveva contratto un mutuo per l'acquisto della prima casa con conseguente iscrizione ipotecaria di primo grado in favore della banca mutuataria e che egli aveva integralmente pagato il prezzo pattuito. Il convenuto ha altresì evidenziato che difettava l'allegazione e la prova dell'elemento soggettivo della sua conoscenza del pregiudizio arrecato ai creditori con la cessione; che la cessione era stata effettiva e non simulata. Nelle more della prima udienza è intervenuto il sig. (...) aderendo alle domande spiegate dagli attori. E' stata disposta la notifica della comparsa di intervento alla sig.ra (...) che non si è costituita rimanendo contumace anche rispetto alla domanda del terzo intervenuto. I Procuratori delle parti sono stati autorizzati al deposito delle memorie di cui all'art. 183 sesto comma c.p.c. Con ordinanza in data 27 maggio 2020 la causa è stata ritenuta matura per la decisione ed all'udienza del (...) maggio 2021, tenuta a trattazione scritta, la presente controversia, all'esito della precisazione delle conclusioni delle parti, è stata trattenuta in decisione con concessione dei termini di cui all'art. 190 c.p.c. per il deposito delle memorie conclusionali e di replica. IN DIRITTO Le pretese azionate dagli attori e dal terzo intervenuto non possono trovare accoglimento alla luce delle considerazioni che seguono: invero, ai sensi dell'art. 2901 c.c. ai fini dell'accoglimento dell'azione revocatoria è necessaria la contemporanea sussistenza dei presupposti dell'eventus damni in capo al creditore, della scientia damni in capo al debitore e del partecipatio fraudis in capo al terzo acquirente laddove, come nel caso di specie, l'atto traslativo sia a titolo oneroso. In proposito il S.C. ha chiarito che "Ai fini dell'azione revocatoria ordinaria, è sufficiente la consapevolezza, del debitore alienante e del terzo acquirente, della diminuzione della garanzia generica per la riduzione della consistenza patrimoniale del primo, non essendo necessaria la collusione tra gli stessi, né occorrendo la conoscenza, da parte del terzo, dello specifico credito per cui è proposta l'azione, invece richiesta qualora quest'ultima abbia ad oggetto un atto, a titolo oneroso, anteriore al sorgere di detto credito" (cfr. Cass. 16825/13 e da ultimo in senso conforme Cass. 28423/21) e che "Nell'azione revocatoria ordinaria, il pregiudizio arrecato alle ragioni del creditore consiste nella insufficienza dei beni del debitore ad offrire la garanzia patrimoniale, essendo irrilevante una mera diminuzione di detta garanzia; è invece rilevante ogni aggravamento della già esistente insufficienza dei beni del debitore ad assicurare la garanzia patrimoniale" (cfr. Cass. 5269/18 e da ultimo Cass. 28423/21). Nel caso di specie, si rileva che neppure risulta dedotta l'insufficienza del patrimonio della sig.ra (...) a soddisfare il credito degli attori e del terzo chiamato anche alla luce del rilievo che, dalla stessa documentazione versata in atti da parte attrice, emerge che la sig.ra (...), prima delle pronunce che attestano il credito degli attori e del terzo chiamato, ha ceduto un immobile ubicato in Roma per il prezzo di Euro 600.000,00 (cfr. doc. 1 di parte attrice) mentre non risulta in alcun modo allegato e provato che tale importo sia stato disperso dalla sig.ra (...), essendo invece stato allegato che ella, con parte del ricavato dalla vendita, ha acquistato l'immobile che poi ha parzialmente ceduto al sig. (...); tale conclusione trova conforto nell'elenco subalterni allegato al contratto di compravendita (cfr. doc. 2 di parte (...) pag. 14) e nei certificati di residenza doc. 1 e 2 di parte intervenuta allegati alla memoria ex art. 183 sesto comma n. 2 c.p.c., dall'esame dei quali emerge che l'unità immobiliare all'interno 1 è distinta rispetto all'unità immobiliare all'interno 4 e che la sig.ra (...) è residente in (...), Via N. C. n. 15 all'interno 1, mentre il sig. (...) è residente in (...), Via N. C. n. 15 all'interno 4, immobile che è unico oggetto della compravendita di cui è chiesta la revocatoria. Sulla base degli elementi sopra emarginati appare difficile configurare il presupposto dell'eventus damni non risultando comprovato che vi sia stata una diminuzione patrimoniale in capo alla sig.ra (...) idonea ad incidere sul diritto del creditore alla realizzazione del proprio credito. D'altronde quand'anche volesse ammettersi la sussistenza del presupposto dell'eventus damni in ragione della variazione qualitativa del patrimonio che rende maggiormente difficile la realizzazione del credito (cfr. da ultimo Cass. 16221/19) e la sussistenza del presupposto della scientia damni in capo alla sig.ra (...), per la consapevolezza di arrecare un pregiudizio ai propri creditori, si deve decisivamente rilevare come non possa ritenersi positivamente acquisita la prova (il cui onere gravava sugli attori e sul terzo intervenuto) in ordine alla partecipatio fraudis in capo al terzo acquirente: in proposito, infatti, anche facendo ricorso alle presunzioni semplici (cfr. da ultimo Cass. 23650/21) non può in alcun modo ritenersi comprovata la consapevolezza del terzo acquirente della diminuzione della garanzia generica del creditore per la riduzione della consistenza patrimoniale del debitore atteso che nulla è stato dedotto in ordine alla natura vile, rispetto al valore di mercato, del prezzo pagato per l'immobile ceduto dalla sig.ra (...) al sig. (...) (che in realtà risulta corrispondente al valore della convenzione e comunque superiore rispetto al valore catastale) ed anzi dagli atti di causa emerge che il sig. (...) ha contratto un mutuo per l'acquisto dell'immobile quale prima casa (cfr. doc. 3 di parte convenuta di parte S.). In senso contrario non vale far leva sulla mail in data 22 luglio 2015 proveniente dall'indirizzo di posta elettronica verosimilmente riconducibile al sig. (...) in cui sono formulate richieste al precedente legale della sig.ra (...) da parte di quest'ultima: si rileva in primo luogo, infatti, che la mail, in quanto tale, non legittima l'imputazione del relativo contenuto all'apparente mittente difettando di sottoscrizione; si osserva, inoltre, che, anche ammettendo che la mail sia stata inviata dal sig. (...) per conto della sig.ra (...), tale circostanza non risulta idonea ad integrare la presunzione che il sig. (...) abbia stipulato l'atto di compravendita per cui è causa con la consapevolezza di diminuire la garanzia patrimoniale della sig.ra (...) (diversamente dovrebbe ritenersi integrata la presunzione in ogni ipotesi di vendita di un bene) neppure nell'ipotesi in cui, unitamente a tale mail, si valuti la richiesta di autorizzazione alla vendita anticipata rispetto alla scadenza del termine posto dalla convenzione di edilizia convenzionata - autorizzazione di cui, d'altronde, la sig.ra (...) si è giovata in precedenza per l'acquisto dell'immobile. Del tutto irrilevante quanto alla posizione del sig. (...) la circostanza che il prezzo sia stato pagato per contanti avendo egli documentato l'avvenuto pagamento a mezzo di assegno circolare (cfr. doc. 2 pag. 10 di parte S.). Si osserva, decisivamente, che gli elementi emarginati da parte attrice ed intervenuta, senza che sia stato allegato un legame di qualsiasi genere o comunque una conoscenza qualificata fra i convenuti (non legati da parentela in linea retta o da vincolo di coniugio - come emerge dall'atto di compravendita), rimangono neutri rispetto all'onere probatorio gravante su parte attrice ed intervenuta. Non vi è luogo a provvedere sulle spese di lite nei rapporti fra parte attrice ed intervenuta, da un lato, e parte convenuta contumace (sig.ra (...)) alla luce della mancata costituzione di quest'ultima. Residua la pronuncia in ordine alle spese di lite, nei rapporti fra parte attrice ed intervenuta, da un lato, e parte convenuta costituita, dall'altro lato: tali spese, secondo la regola generale (art. 91 c.p.c.), seguono la soccombenza degli attori e del terzo intervenuto (in via solidale e con ripartizione interna nella misura di 1/3 per ciascuno) e che, tenuto conto del valore della causa dichiarato (Euro 20.000,00 corrispondente alle ragioni di credito delle parti attrice ed intervenuta), delle attività processuali effettivamente espletate e del modesto livello di complessità della questione dedotta in giudizio, sono liquidate, quanto ai compensi, in complessivi Euro 4.035,00 oltre rimborso spese generali, IVA (se dovuta) e CNPA, sulla base dei compensi medi previsti per lo scaglione di valore dalla Tabella A allegata al (...) n. 55 del 2014 come modificato dal (...) n. 37 del 2018 (Euro 875,00 per la fase di studio, Euro 740,00 per la fase introduttiva, Euro 800,00 per la fase di trattazione e/o istruttoria (con applicazione della riduzione del 50% ai sensi dell'art. 4 comma 1 (...) n. 55 del 1925 come modificato dal (...) n. 37 del 2018, Euro 1.620,00 per la fase decisionale). P.Q.M. Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza ed eccezione disattesa o assorbita, così dispone: 1) respinge le domande azionate da parte attrice e da parte intervenuta; 2) non luogo a provvedere in ordine alle spese di lite nei rapporti fra i sig.ri (...), (...) e (...); 3) condanna i sig.ri (...), (...) e (...), in solido fra loro e con riparto interno di un terzo ciascuno, a rifondere al sig. (...) le spese di lite liquidate in complessivi Euro 4.035,00 oltre rimborso spese generali, IVA (se dovuta) e CNPA. Così deciso in Rimini il 28 febbraio 2022. Depositata in Cancelleria l'1 marzo 2022.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO DI RIMINI SEZIONE UNICA CIVILE Il Tribunale di Rimini, riunito in Camera di Consiglio nelle persone dei magistrati: Dott.ssa Francesca Miconi - Presidente Dott.ssa Maria Saieva - Giudice Dott.ssa Giorgia Bertozzi Bonetti - Giudice Relatore ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 3894/2012 promossa da: (...) (C.F. (...)), M.B. (C.F. (...)) e F.B. (C.F. (...)), elettivamente domiciliati a Santarcangelo di Romagna (RN), alla via (...), presso lo studio dell'avv. St.Si. che li rappresenta e difende nel presente giudizio, come da procura alle liti in atti; - attori - (...) (C.F. (...)), elettivamente domiciliato a Santarcangelo di Romagna (RN), alla via (...), presso lo studio dell'avv. St.Si. che lo rappresenta e difende nel presente giudizio, come da procura alle liti in atti; - intervenuto - contro (...) (C.F. (...)), elettivamente domiciliato a Rimini, al Corso (...), presso lo studio dell'avv. Am.Al. e dell'avv. Ol.Gi. che lo rappresentano e difendono nel presente giudizio, come da procura alle liti in atti; - convenuto - e nei confronti di (...) (C.F. (...)), elettivamente domiciliata a Cesena, alla via Uberti n. 99, presso lo studio dell'avv. De.Ar. che la rappresenta e difende nel presente giudizio, come da procura alle liti in atti; - convenuto - CONCISA ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE Con atto di citazione ritualmente notificato, (...), (...) e (...) proponevano azione di petizione ereditaria ai sensi dell'art. 533 c.c. chiedendo il riconoscimento della propria qualità di eredi legittimi del de cuius (...) - essendo (...) fratello del de cuius e (...) e (...) nipoti dello stesso - allo scopo di ottenere la restituzione dei beni ereditari in possesso di (...), istituito dal de cuius suo erede universale con testamento olografo del 07.12.2011. A fondamento della domanda, gli attori deducevano la nullità del predetto testamento ai sensi dell'art. 602, comma 1, c.c. per carenza del requisito dell'autografia, nonché la nullità dello stesso ai sensi dell'art. 591, comma 2, n. 3, c.c., per incapacità di intendere e volere del testatore. Con comparsa di risposta depositata in data 18.01.2013, si costituiva in giudizio (...), il quale concludeva chiedendo, in via preliminare, la declaratoria di inammissibilità delle domande attoree per carenza di interesse ad agire; nel merito, il rigetto delle avverse domande in quanto infondate in fatto e in diritto. Più in particolare, il convenuto deduceva che, in ragione dell'esistenza di un testamento pubblico reso da (...) in data 05.02.2004 con cui quest'ultimo aveva istituito eredi universali (...) e la di lui moglie (...) (oggi (...)), gli attori non potevano vantare alcun interesse ad agire in quanto, ove fosse stata accertata l'invalidità del testamento olografo impugnato, la successione del de cuius sarebbe stata regolata dal predetto testamento pubblico e, pertanto, gli stessi non avrebbero potuto succedere a (...). Inoltre, il convenuto contestava la prospettazione attorea, affermando la validità del testamento olografo del 07.12.2011 e la piena capacità di intendere e di volere del de cuius al momento della redazione dello stesso. Disposto dal Giudice Istruttore l'ordine di integrare il contraddittorio nei confronti degli altri chiamati all'eredità di (...) in forza del testamento pubblico del 05.02.2004, si costituiva in giudizio (...) la quale - per tutte le ragioni ivi meglio dedotte, illustrate ed argomentate - chiedeva al Tribunale di: accertare e dichiarare la nullità del testamento olografo a firma (...) datato 07.12.2011 per falsità dello stesso e carenza di autografia o, in subordine, per incapacità di intendere e volere del testatore all'atto della redazione del testamento ex art. 591 c.c.; accertare e dichiarare l'indegnità ex art. 463 c.c. di (...) per aver falsificato e/o per aver utilizzato un testamento falso e, per l'effetto, escluderlo dalla successione di (...) anche in relazione al testamento del 05.02.2004 pubblicato il 17.12.2012; accertare l'avveramento della condizione sospensiva apposta dal testatore e, per l'effetto, dichiarare (...) erede universale di (...) in forza del testamento pubblico del 05.02.2004; in subordine, qualora (...) non dovesse essere ritenuto indegno a succedere, dichiarare (...) e (...) eredi in parti uguali di (...) in forza del predetto testamento pubblico. Con comparsa di intervento volontario adesivo litisconsortile ex art. 105 c.p.c., si costituiva in giudizio (...) - quale erede legittimo di (...) in quanto figlio del fratello premorto del de cuius, (...) - facendo proprie le domande già proposte dagli attori e chiedendo il riconoscimento della propria qualità di erede del de cuius, con conseguente condanna di (...) alla restituzione dei beni ereditari. Al giudizio iscritto al R.G. Nr. 3894/2012 veniva riunito il procedimento iscritto al R.G. Nr. 1979/2013, introdotto da (...), (...), (...) e (...) i quali chiedevano al Tribunale di: accertare e dichiarare l'indegnità a succedere di (...) per aver falsificato e/o per aver utilizzato un testamento falso e, per l'effetto, escluderlo dalla successione di (...) anche in relazione al testamento pubblico del 05.02.2004 con cui il de cuius aveva istituito eredi universali (...) e (...) a condizione che avessero continuato ad assisterlo e a stargli vicino fino alla morte; accertare e dichiarare il mancato avveramento della condizione apposta nel predetto testamento del 2004 nei confronti di (...) e, per l'effetto, dichiarare che la stessa non aveva acquistato la qualità di erede di (...); accertare e dichiarare in capo a (...), (...), (...) e (...) la qualità di eredi legittimi di (...) e, per l'effetto, condannare (...) e (...) alle conseguenti restituzioni. Si costituivano nel predetto procedimento (...) - rassegnando le stesse conclusioni già formulate nel procedimento iscritto al R.G. Nr. 3894/2012 - e (...) il quale chiedeva il rigetto della domanda di accertamento dell'indegnità ex art. 463 c.c., il rigetto della domanda di accertamento della qualità di eredi di (...) in capo agli attori, il rigetto della domanda proposta da (...) al fine di ottenere l'accertamento dell'intervenuto avveramento della condizione sospensiva apposta dal de cuius al testamento pubblico del 05.02.2004 e, per l'effetto, il rigetto della domanda con cui (...) chiedeva l'accertamento della sua qualità di erede di (...), dichiarando (...) unico erede dello stesso. Espletata la trattazione della causa, assunti gli interrogatori formali delle parti, escussi i testimoni sui capitoli di prova ammessi, con dichiarazione sottoscritta personalmente da (...), (...), (...) e (...) ed inserita nel verbale di udienza del 01.07.2015, veniva ritualmente proposta querela di falso del testamento olografo datato 07.12.2011. All'udienza del 28.06.2016, (...), chiamato all'interpello ex art. 222 c.p.c., dichiarava di volersi avvalere del predetto testamento e, con ordinanza del 19.01.2017, il Giudice Istruttore autorizzava la presentazione della querela di falso. All'udienza del 22.02.2017, presentata la querela di falso, veniva disposta la sospensione del procedimento principale. Con sentenza n. 105/2020, emessa in data 09.01.2020 e pubblicata in data 04.02.2020, il Tribunale di Rimini dichiarava la falsità del testamento olografo, datato 07.12.2011, sottoscritto "(...)", pubblicato dal Notaio (...) con verbale del (...), repertorio n. (...), Raccolta n. (...), e disponeva la cancellazione del predetto testamento, nelle forme di cui all'art. 675, comma 2, c.p.p., condannando (...) alla rifusione delle spese di lite e al pagamento ai sensi dell'art. 96, comma 3, c.p.c. della somma di euro 5.822,08, oltre interessi legali, in favore di (...), (...), (...) e (...). Fissata l'udienza per la prosecuzione del procedimento principale a seguito di ricorso presentato da (...), (...), (...) e (...), il Giudice Istruttore, a scioglimento della riserva trattenuta all'udienza del 29.09.2020, confermava il rigetto delle richieste istruttorie formulate da (...), già disposto dal precedente Giudice Istruttore con ordinanza del 16.10.2014, rigettava l'istanza di sospensione del giudizio svolta dallo stesso (...) in ragione dell'appello dal medesimo interposto avverso la sentenza pronunciata sulla querela di falso e fissava l'udienza di precisazione delle conclusioni. All'udienza del 05.05.2021 - tenutasi con modalità "trattazione scritta" ai sensi dell'art. 221, del D.L. n. 34 del 2020, convertito in L. n. 77 del 2020, dell'art. 23 del D.L. n. 137 del 2020 e dell'art. 6 del D.L. n. 44 del 2021 - i procuratori delle parti precisavano le rispettive conclusioni e, all'esito, il Giudice Istruttore, concedeva agli stessi i richiesti termini ex art. 190 c.p.c. per il deposito di comparse conclusionali e memorie di replica. Preliminarmente, va confermata in questa sede la statuizione con cui, con ordinanza del 26.01.2021, il Giudice Istruttore - "rilevato che, ai fini del legittimo esercizio del potere di sospensione discrezionale del processo, previsto dall'art. 337, comma 2, c.p.c., è indispensabile un'espressa valutazione di plausibile controvertibilità della decisione di cui venga invocata l'autorità in quel processo, sulla base di un confronto tra la decisione stessa e la critica che ne é stata fatta, con la conseguenza che la sospensione discrezionale è ammessa ove il giudice del secondo giudizio motivi esplicitamente le ragioni per le quali non intende riconoscere l'autorità della prima sentenza, già intervenuta sulla questione ritenuta pregiudicante, chiarendo perché non ne condivide il merito o le ragioni giustificatrici (cfr. Cass. n. 24046/2014; Cass. n. 14738/2019)" - ha rigettato l'istanza di sospensione del presente giudizio ai sensi dell'art. 337 c.p.c., formulata da (...), ritenendo che "le censure svolte da (...) avverso la sentenza pronunciatasi sulla querela di falso non appaiono condivisibili, in quanto il Collegio ha puntualmente motivato l'adesione alle conclusioni rassegnate dai c.t.u. ed ha confutato i rilievi critici sollevati dai consulenti tecnici di parte" ed escludendo, pertanto, la sussistenza di ragioni ostative al riconoscimento dell'autorità della predetta sentenza. In sede di comparsa conclusione, il convenuto - il quale ha reiterato l'istanza di sospensione del giudizio in sede di precisazione delle conclusioni - ha segnalato che "le critiche avverso la sentenza in questione sono state puntualmente (e necessariamente) svolte nell'atto di appello che, tuttavia, in questa sede non è mai stato depositato, avendo questa difesa solo fatto cenno e riferimento al procedimento di impugnazione proposto contro detta sentenza", ed ha rilevato che "non si comprende come sia stato possibile valutare come "non condivisibili" i motivi di impugnazione svolti con l'atto di appello introduttivo del procedimento R.G. n. 874/2020, ancora oggi pendente avanti la Corte di Appello di Bologna, nell'ambito del quale - èbene precisarlo nuovamente - è stata chiesta la rinnovazione della CTU grafologica espletata in primo grado". Al riguardo, deve evidenziarsi come (...) non abbia prodotto in questa sede l'atto di appello dallo stesso proposto avverso la sentenza emessa all'esito del procedimento di querela di falso e, pertanto, ogni valutazione ai fini dell'esercizio del potere di sospensione discrezionale del processo, previsto dall'art. 337, comma 2, c.p.c., è stata compiuta sulla base delle circostanze dallo stesso rappresentate, ritenute con ordinanza del 26.01.2021 inidonee a determinare la sospensione del presente giudizio. Non avendo (...) allegato elementi ulteriori a supporto dell'istanza dallo stesso reiterata precisando le proprie conclusioni, va, quindi, condivisa e ribadita la statuizione con cui è stata rigettata la richiesta di sospensione del processo ai sensi dell'art. 337, comma 2, c.p.c. Sempre in via preliminare, occorre rilevare come (...) abbia prospettato la carenza di interesse ad agire in capo agli attori al momento dell'introduzione del giudizio - iscritto al R.G. Nr. 3894/2012 - avente ad oggetto l'impugnazione del testamento olografo a firma (...), in ragione della mancata proposizione della domanda di indegnità a succedere del (...) e "considerata la sussistenza del testamento pubblico 05.02.2004, immune da ogni contestazione, che li escludeva (in ogni caso) dall'eredità del (...)", evidenziando che "gli attori, ben prima della instaurazione del primo procedimento avente ad oggetto l'impugnazione del testamento olografo del 2011 (e quindi, ovviamente, anche del successivo avente ad oggetto l'impugnazione del testamento pubblico del 2004), erano stati tempestivamente e compiutamente posti a conoscenza dell'esistenza di detto testamento pubblico che in ogni caso li escludeva da ogni diritto successorio e pertanto li privava di ogni interesse ad agire, come risulta dalla comunicazione datata 06.04.2012 inviata dall'Avv. Ollà all'Avv. Stargiotti". Orbene, le predette argomentazioni non meritano di essere condivise in quanto gli attori hanno avuto effettiva conoscenza dell'esistenza e dell'integrale contenuto del testamento pubblico del 05.02.2004 solo a seguito della rituale pubblicazione del predetto testamento da parte del notaio (...) il 17.12.2012, ossia in data successiva all'introduzione del giudizio con cui gli stessi, sul presupposto della ritenuta nullità del testamento olografo del 07.12.2011, hanno chiesto il riconoscimento della propria qualità di eredi legittimi del de cuius (...). Deve ritenersi, pertanto, che nel momento in cui (...), (...) e (...) hanno promosso il procedimento iscritto al R.G. Nr. 3894/2012 gli stessi avessero un concreto interesse ad agire al fine di ottenere la declaratoria di nullità del testamento olografo in assenza della quale, peraltro, gli attori non avrebbero potuto aggredire il testamento pubblico del 05.02.2004, anteriore rispetto a quello olografo del 07.12.2011. Parimenti, non risultano condivisibili le argomentazioni svolte dal (...) a fondamento della ritenuta inammissibilità dell'intervento volontario adesivo litisconsortile ex art. 105 c.p.c. di (...) e delle domande dallo stesso formulate, osservando "che gli interventi "principale" e "litisconsortile", con cui il terzo propone sempre una "domanda nuova", devono ritenersi soggetti al regime di preclusioni delineato dagli artt. 166 e 167 c.p.c., conformemente al principio della durata ragionevole del processo di cui all'art. 111 Cost.". Al riguardo, la giurisprudenza di legittimità, con orientamento costante, ha precisato che "La preclusione per il terzo interveniente di compiere atti che al momento dell'intervento non sono più consentiti ad alcuna parte, ai sensi dell'art. 268, secondo comma, cod. proc. civ., opera esclusivamente sul piano istruttorio, e non anche su quello assertivo, attesa la facoltà di intervento, attribuita dal primo comma della stessa disposizione, sino a che non vengano precisate le conclusioni. Ne consegue che è ammissibile la formulazione da parte del terzo di domande nuove ed autonome rispetto a quelle già proposte dalle parti originarie, in quanto attività coessenziale all'intervento stesso" (cfr. Cass. n. 11681/2014). In applicazione del predetto principio, va esclusa, quindi, l'inammissibilità dell'intervento svolto da (...) e delle domande dallo stesso formulate nel presente giudizio. Ciò posto, occorre procedere alla disamina nel merito delle domande svolte da (...), (...), (...) e (...) i quali hanno chiesto, in primo luogo, che - "accertata e dichiarata, come da sentenza del Tribunale di Rimini n. 105/2020, del 04.02.2020, la falsità del testamento olografo, datato 07.12.2011, sottoscritto da (...), pubblicato dal Notaio (...)" - sia accertata e dichiarata "l'indegnità di (...) per avere falsificato e/o per avere utilizzato un testamento falso (datato 07.12.2011 a nome (...)) e per l'effetto escluderlo dalla successione ex art. 463 c.c.". La predetta domanda risulta meritevole di accoglimento alla luce delle statuizioni della sentenza n. 105/2020, emessa in data 09.01.2020 e pubblicata in data 04.02.2020, con cui è stata dichiarata la falsità del testamento olografo, datato 07.12.2011, sottoscritto "(...)", dichiarazione che - eliminando totalmente dal modo del diritto l'atto di ultima volontà, di guisa che questo è completamente inidoneo ad ogni effetto (in tal senso, Cass. n. 1689/1964) - rende la scheda testamentaria non semplicemente nulla ma inesistente, escludendo in radice la riconducibilità della stessa al testatore. La sentenza emessa all'esito del procedimento di querela di falso ha accertato che sia il testo sia la sottoscrizione del testamento olografo, datato 07.12.2011, sottoscritto "(...)" sono riconducibili alla mano di (...). Quest'ultimo, pertanto, avendo formato un testamento falso apparentemente riconducibile a (...), deve essere escluso dalla successione dello stesso alla luce del disposto dell'art. 463, comma 1, n. 6, c.c. A tale conclusione non ostano i principi enunciati dalla giurisprudenza di legittimità - e richiamati dal (...) - secondo cui "La formazione o l'uso consapevole di un testamento falso è causa d'indegnità a succedere, se colui che viene a trovarsi nella posizione d'indegno non provi di non aver inteso offendere la volonta' del "de cuius", perche' il contenuto della disposizione corrisponde a tale volonta' e il "de cuius" aveva acconsentito alla compilazione della scheda da parte dello stesso nell'eventualita' che non fosse riuscito a farla di persona, ovvero che il "de cuius" aveva la ferma intenzione di provvedervi per evitare la successione "ab intestato"." (cfr. Cass. n. 19045/2020). Deve rilevarsi, infatti, come il (...) non abbia comprovato - e, invero, neppure tempestivamente allegato - che (...) - il quale, secondo quanto dal medesimo prospettato, avrebbe espressamente manifestato la propria volontà di cambiare il precedente testamento pubblico al fine di nominarlo come unico erede - abbia acconsentito alla compilazione della scheda testamentaria da parte dello stesso non potendo provvedervi di persona. Le istanze istruttorie articolate dal (...) appaiono inidonee a fornire la prova della predetta circostanza rilevante al fine di escludere, in concreto, l'indegnità a succedere, dovendo, pertanto, essere confermato e ribadito in questa sede il rigetto delle istanze medesime, già disposto dal precedente Giudice Istruttore. Affermata l'esclusione del (...) dalla successione di (...), occorre esaminare le disposizioni del testamento pubblico del 05.02.2004 con cui il P. ha nominato suoi eredi universali (...) e (...) - allora moglie del (...) - "a condizione che continuino ad assistermi e a starmi vicino fino al giorno della mia morte". Gli attori hanno chiesto di "accertare e dichiarare il mancato avverarsi della condizione apposta nel testamento pubblico 05.02.2004 nei confronti di (...) e, per l'effetto, dichiarare che S., già (...), Vitore non ha acquistato la qualità di erede per mancato rispetto e avverarsi della condizione". (...), invece - rappresentato di essersi separata da (...) e di essersi trasferita nel 2011 insieme ai figli nel Comune di Bertinoro (FC) dopo che, con il marito, aveva fissato la residenza familiare presso l'abitazione di proprietà del P., convivendo con quest'ultimo e fornendo allo stesso compagnia, nonché, se e quando necessario, aiuto e assistenza - ha chiesto di accertare e dichiarare l'avveramento della condizione sospensiva apposta nel testamento pubblico del 05.02.2004 e di dichiarare, per l'effetto, che la medesima è erede universale di (...) in forza del predetto testamento. Per suffragare le proprie istanze, (...) ha rappresentato che, al fine di valutare e interpretare secondo i principi di buona fede e correttezza l'avveramento della condizione, è necessario che questa venga contestualizzata e valutata alla luce del mutamento degli eventi, dovendo pertanto interpretarsi il criterio della "assistenza e vicinanza" della stessa al de cuius in modo estensivo, "ovvero non in senso materiale e fisico bensì in senso morale ed affettivo, ossia come prosecuzione dell'affezione personale anche dopo la separazione dei coniugi e l'allontanamento dall'immobile di Via Carpinello, peraltro avvenuto contro la volontà di (...) e per forza maggiore (separazione dal coniuge violento)". Orbene, tale conclusione non può essere condivisa in quanto la volontà espressa dal P. nell'istituire (...) e (...) suoi eredi universali "in quanto mi sono sempre stati vicini, mi assistono con amore, ed a condizione che continuino ad assistermi e a starmi vicino fino al giorno della mia morte" deve essere interpretata nel senso che il de cuius abbia inteso subordinare la propria disposizione alla circostanza che (...) e (...), con lui conviventi al momento della redazione del testamento, avessero continuato a prestargli quella stessa assistenza di cui all'epoca godeva con continuità ed assiduità per il fatto di vivere con (...) e (...) nella medesima abitazione. Non può ritenersi, quindi, che l'aver mantenuto con il P. "rapporti affettivi continuativi ? ora facendogli visita assieme ai figli, a cui il de cuius era legatissimo, ovvero tramite costanti contatti telefonici, ora manifestandogli comunque la propria presenza per aiutarlo e assisterlo ove di bisogno, anche durante la degenza ospedaliera" sia sufficiente al fine di ritenere avverata nei confronti di (...) la condizione sospensiva in quanto le espressioni utilizzate dal P., anche in considerazione delle circostanze esistenti all'epoca di redazione del testamento, inducono a ritenere che lo stesso abbia inteso condizionare l'istituzione di erede ad un'assistenza da ricevere nel corso degli anni con quei caratteri che solo una convivenza può assicurare. Pertanto, non può dirsi avverata la condizione sospensiva apposta alla istituzione di (...) quale erede di (...) con la conseguenza che, escluso il (...) dalla successione per indegnità, devono essere dichiarati eredi di (...), (...), (...) e (...). Questi ultimi hanno assolto agli oneri probatori sugli stessi gravanti al fine di ottenere il riconoscimento della propria qualità di eredi anche allo scopo di ottenere la restituzione dei beni ereditari ai sensi dell'art. 533 c.c. (...), (...), (...) e (...), infatti, hanno chiesto non solo di accertare e dichiarare che gli stessi sono eredi legittimi del defunto (...) ma, altresì, di condannare, per l'effetto, (...) e (...) - ove ne fosse in possesso - "a restituire e rilasciare in favore di parte attrice tutti i beni caduti in successione, compresi i frutti civili e naturali, maturati e maturandi, prodotti dai beni ereditari dal giorno dell'apertura della successione oltre ad interessi e corrispettivo di rivalutazione monetaria, il tutto sino al giorno della restituzione e del rilascio". Al riguardo, vengono in rilievo i principi enunciati dalla giurisprudenza di legittimità, secondo cui "La "petitio hereditatis" si differenzia dalla "rei vindicatio", malgrado l'affinità del "petitum", in quanto si fonda sull'allegazione dello stato di erede ed ha per oggetto beni riguardanti elementi costitutivi dell'"universum ius" o di una quota parte di esso; consegue, quanto all'onere probatorio, che, mentre l'attore in "rei vindicatio" deve dimostrare la proprietà dei beni attraverso una serie di regolari passaggi durante tutto il periodo di tempo necessario all'usucapione, nella "hereditatis petitio" può invece limitarsi a provare la propria qualità di erede ed il fatto che i beni, al tempo dell'apertura della successione, fossero compresi nell'asse ereditario" (cfr. Cass. n. 13785/204; Cass. n. 7871/2021). Orbene, (...), (...), (...) e (...) hanno allegato, quale titolo della delazione ereditaria, la legge e, pertanto, ai fini della prova della qualità di eredi di (...), occorre dimostrare l'esistenza di un vincolo di parentela con il defunto. Nel caso di specie, gli odierni attori hanno comprovato la predetta circostanza mediante la produzione in giudizio dello stato di famiglia e delle certificazioni anagrafiche da cui risulta che (...) è il fratello del de cuius mentre (...), (...) e (...) sono i nipoti di (...) - i primi due, figli della sorella premorta del de cuius, (...), ed il terzo, figlio del fratello premorto del de cuius, (...) -. (...) è, quindi, erede legittimo di (...) ai sensi dell'art. 570 c.c. mentre (...), (...) e (...) sono eredi legittimi dello stesso succedendo per rappresentazione ai sensi degli artt. 468, comma 1, e 570 c.c. e subentrando, rispettivamente, alla sorella ed al fratello de cuius. Quanto, invece, alla prova dell'inclusione dei beni nell'asse ereditario al tempo dell'apertura della successione, (...), (...), (...) e (...) hanno prodotto una visura a nome (...) datata 03.02.2012 da cui emerge che, al momento della morte del de cuius, quest'ultimo era proprietario delle unità immobiliari - indicate in atto di citazione - site nel Comune di R., alla via (...), distinte al Catasto Fabbricati del predetto Comune al foglio (...), particelle nn. (...) sub (...), (...) sub (...), (...) sub (...), (...) sub (...), e al Catasto Terreni del medesimo Comune al foglio (...), particelle nn. (...) e (...). Inoltre, dalla visura a nome (...), prodotta dagli odierni attori, risulta che quegli stessi immobili, ricompresi nell'asse ereditario al tempo dell'apertura della successione, sono, al 03.04.2013, di titolarità di (...). In assenza della prova dell'inclusione di ulteriori beni nell'asse ereditario - prova che, in ossequio ai principi più sopra riportati, avrebbe dovuto essere fornita dagli odierni attori, non potendo una eventuale c.t.u. essere utilizzata al fine di sopperire alle carenze probatorie e, ancor prima assertive, delle parti -, la condanna alla restituzione dei beni ereditari deve essere emessa nei confronti di (...) e limitata agli immobili di cui quest'ultimo risulta aver conseguito la titolarità alla luce della documentazione prodotta da (...), (...), (...) e (...). Inoltre, va esclusa la possibilità di estendere la pronuncia di condanna ai frutti, civili e naturali, dei beni ereditari - così come invece richiesto dagli odierni attori - in quanto (...), (...), (...) e (...) non hanno provato e, ancor prima dedotto, che i predetti beni abbiano prodotto frutti o siano stati posti a frutto dal M.. Le spese di lite seguono la soccombenza di (...) e (...) e si liquidano ai sensi del D.M. n. 55 del 2014 come da dispositivo in favore della parte attrice, tenuto conto del valore della controversia - indeterminabile di alta complessità - e dell'attività processuale effettivamente svolta, applicando i valori medi per tutte le fasi e precisando che le fasi studio e introduttiva si liquidano sia per il procedimento iscritto al R.G. N. 3894/2012 sia per il giudizio iscritto al R.G. N. 1979/2013 riunito al primo anteriormente allo svolgimento della fase trattazione/istruttoria. P.Q.M. Il Tribunale di Rimini, definitivamente pronunciando nel giudizio di I grado iscritto al R.G. N. 3894/2012, ogni altra domanda, eccezione e deduzione disattesa, così provvede: - dichiarata con sentenza n. 105/2020 - emessa dal Tribunale di Rimini in data 09.01.2020 e pubblicata in data 04.02.2020 - la falsità del testamento olografo, datato 07.12.2011, sottoscritto "(...)", pubblicato dal Notaio (...) con verbale del (...), repertorio n. (...), Raccolta n. (...), dichiara (...) escluso dalla successione di (...) come indegno ai sensi dell'art. 463, comma 1, n. 6, c.c.; - accerta il mancato avveramento della condizione sospensiva apposta da (...) all'istituzione di (...), già (...), quale sua erede universale con il testamento pubblico datato 05.02.2004, pubblicato dal Notaio (...) con verbale del (...), repertorio n. (...), Raccolta n. (...), e, per l'effetto, dichiara che (...), già (...), non ha acquistato la qualità di erede universale di (...); - dichiara, per l'effetto, aperta la successione legittima di (...); - dichiara (...), (...), (...) e (...) eredi legittimi di (...); - condanna (...) a restituire a (...), (...), (...) e (...) i beni ereditari costituiti dalle unità immobiliari site nel Comune di R., alla via C., distinte al Catasto Fabbricati del predetto Comune al foglio (...), particelle nn. (...) sub (...), (...) sub (...), (...) sub (...), (...) sub (...), e al Catasto Terreni del medesimo Comune al foglio (...), particelle nn. (...) e (...); - condanna (...) e (...) in solido al pagamento in favore di (...), (...), (...) e (...) delle spese di lite che si liquidano in euro 17.410,00 a titolo di compenso professionale ed euro 1.514,00 a titolo di spese, oltre al 15% a titolo di rimborso forfettario spese generali, Iva e Cpa, come per legge. Manda alla Cancelleria per le comunicazioni e per ogni altro adempimento di sua competenza. Così deciso in Rimini il 27 gennaio 2022. Depositata in Cancelleria il 23 febbraio 2022.

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