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Il grave inadempimento del conduttore all'obbligo di pagamento del canone di affitto agrario, anche per le annualità successive alla prima, comporta l'accertamento giudiziale di tale inadempimento contrattuale, nonostante la sopravvenuta improcedibilità della domanda di condanna al pagamento dei canoni a causa della confisca del patrimonio della società conduttrice. Tale accertamento mero dell'inadempimento contrattuale può essere rilevante per il locatore al fine di far valere in futuro le proprie ragioni, anche in relazione all'inopponibilità del contratto di affitto ai creditori pignoranti il fondo. Il tentativo obbligatorio di conciliazione previo all'introduzione della domanda giudiziale costituisce condizione di proponibilità della domanda, non integrabile successivamente, con conseguente improponibilità delle domande riconvenzionali non precedute dal medesimo tentativo. Le spese di lite sono integralmente compensate in considerazione dell'assoluta peculiarità della controversia, caratterizzata dall'emersione in corso di causa di numerose circostanze del tutto singolari.
La clausola compromissoria contenuta nello statuto di un consorzio, che devolve all'arbitrato irrituale le controversie relative all'interpretazione ed esecuzione del contratto consortile, è valida ed efficace, e comporta l'improponibilità della domanda giudiziale avente ad oggetto l'impugnazione di una delibera assembleare del consorzio, in quanto la relativa controversia rientra nell'ambito di applicazione della clausola arbitrale. Tale clausola compromissoria non può essere derogata mediante una successiva modifica statutaria approvata a maggioranza, in quanto l'art. 2607 c.c. richiede il consenso unanime dei consorziati per la modifica del contratto consortile, salvo diversa pattuizione, non ravvisabile nella fattispecie. L'eccezione di arbitrato irrituale, a differenza di quella di arbitrato rituale, non determina l'incompetenza del giudice ordinario, ma l'improponibilità della domanda, che deve essere sollevata tempestivamente dalla parte interessata.
Il proprietario di un immobile sito in un comprensorio privato, oggetto di convenzioni di lottizzazione stipulate tra il Comune e la società lottizzante, è tenuto a contribuire ai costi di mantenimento e gestione delle opere, degli impianti e dei servizi comuni, anche se l'acquisto dell'immobile è avvenuto in un momento antecedente rispetto alla costituzione dell'associazione che gestisce tali beni e servizi. Tale obbligo di contribuzione discende direttamente dal contratto di acquisto dell'immobile, il quale richiama espressamente gli obblighi derivanti dalle convenzioni di lottizzazione, nonché dai principi generali in materia di comunione e condominio. L'associazione che gestisce i beni e servizi comuni ha pertanto il diritto di richiedere il pagamento della quota di spese dovuta dal proprietario, la cui determinazione deve avvenire sulla base dei criteri stabiliti nell'atto costitutivo dell'associazione e nella documentazione contabile prodotta. In caso di inadempimento, il proprietario è tenuto a corrispondere gli interessi legali dalla data della domanda giudiziale, mentre le spese di lite seguono il principio della soccombenza, con possibilità di riduzione in assenza di questioni di fatto e di diritto.
Il matrimonio può essere dichiarato sciolto quando la separazione personale dei coniugi si è protratta ininterrottamente per oltre sei mesi, indipendentemente dalla causa che l'ha determinata. In tal caso, il giudice deve accertare la sussistenza dei presupposti per il riconoscimento dell'assegno divorzile in favore del coniuge economicamente più debole, valutando comparativamente le condizioni economico-patrimoniali delle parti, il contributo fornito dal richiedente alla conduzione della vita familiare e alla formazione del patrimonio comune e personale di ciascuno, la durata del matrimonio e l'età dell'avente diritto. L'assegno divorzile assolve una funzione assistenziale, perequativa e compensativa, volta a ristorare il coniuge che abbia sacrificato le proprie ambizioni professionali in ragione di scelte familiari condivise, evitando il rischio di locupletazione ingiustificata. Ove il coniuge richiedente risulti privo di redditi propri e non possa procurarseli per ragioni oggettive, il giudice deve riconoscergli un assegno divorzile idoneo a garantirne il mantenimento, tenendo conto della capacità reddituale dell'altro coniuge. Il figlio maggiorenne portatore di handicap grave, la cui condizione è equiparata a quella dei figli minori, ha diritto al mantenimento da parte di entrambi i genitori, con assegnazione della casa familiare al genitore convivente.
La mancata convocazione di un condomino all'assemblea condominiale determina l'annullabilità e non la nullità della delibera assembleare, la quale è valida ed efficace nei confronti di tutti i condomini se non impugnata entro il termine di 30 giorni dalla comunicazione per i condomini assenti e dall'approvazione per quelli dissenzienti. L'interesse ad agire per l'impugnazione di una delibera assembleare presuppone l'effettivo svolgimento dell'assemblea e l'adozione di una delibera, onere probatorio che incombe sul condomino che agisce in giudizio. In assenza di prova dell'avvenuto svolgimento dell'assemblea e dell'adozione di delibere, difetta l'interesse ad agire e la domanda di annullamento della delibera è infondata. La mera mancata convocazione di un condomino, in assenza di prova dell'effettivo svolgimento dell'assemblea e dell'adozione di delibere, non costituisce valido motivo per l'impugnazione giudiziale, essendo necessario che il condomino si informi preventivamente presso l'amministratore circa lo svolgimento dell'assemblea e l'adozione di delibere prima di promuovere un giudizio. La cessazione della materia del contendere presuppone il venir meno dell'interesse ad agire per fatti sopravvenuti e l'accordo delle parti sulla portata delle vicende sopraggiunte, non sussistendo nel caso in cui l'interesse ad agire fosse carente sin dall'inizio.
Il contratto di affitto di fondo rustico, regolato dalla legge n. 203/1982, cessa di produrre effetti alla scadenza pattuita, senza che l'affittuario possa pretendere il riconoscimento di indennità per presunti miglioramenti apportati, ove non abbia fornito prova documentale della preventiva autorizzazione del proprietario e della concreta realizzazione di interventi straordinari idonei ad aumentare in modo significativo il valore del fondo. L'affittuario è tenuto a rilasciare il fondo e le attrezzature agricole alla scadenza del contratto, senza poter opporre un diritto di ritenzione per crediti non adeguatamente provati. Il tentativo obbligatorio di conciliazione, quale condizione di proponibilità della domanda, deve riguardare specificamente le domande proposte in sede giudiziale, non essendo sufficiente un generico riferimento a diritti di compensazione o crediti vantati dall'affittuario.
La separazione giudiziale può essere pronunciata quando l'irreversibile crisi del rapporto coniugale sia riconducibile ai comportamenti volontariamente e consapevolmente contrari ai doveri nascenti dal matrimonio di uno o di entrambi i coniugi, in assenza di un nesso di causalità tra tali condotte e il determinarsi dell'intollerabilità della ulteriore convivenza. Ai fini dell'addebito, l'indagine sull'intollerabilità della convivenza deve essere svolta sulla base della valutazione globale e della comparazione dei comportamenti di entrambi i coniugi, non potendo la condotta dell'uno essere giudicata senza un raffronto con quella dell'altro. Ove non emerga che la frattura del rapporto coniugale sia riconducibile alle violazioni degli obblighi nascenti dal matrimonio, la separazione sarà pronunciata senza addebito. Nell'ipotesi di grave conflittualità tra i genitori, il Tribunale può disporre l'affidamento del figlio minore ai servizi sociali, con collocamento presso la residenza materna, prescrivendo percorsi di sostegno psicologico per il minore e limitando le visite del padre in luogo neutro alla presenza di un operatore, fino a quando il genitore non dimostri un significativo cambiamento nella modalità comunicativa e relazionale con il figlio. Il genitore non collocatario è tenuto a corrispondere un assegno di mantenimento per il figlio, proporzionato alle sue sostanze e capacità di lavoro, oltre a contribuire al 50% delle spese straordinarie.
Il creditore che agisce in revocatoria ai sensi dell'art. 2901 c.c. ha l'onere di provare la titolarità del credito vantato nei confronti del debitore, mediante la produzione di idonea documentazione che dimostri l'inclusione del credito specifico nell'operazione di cessione in blocco, in conformità ai requisiti di forma e pubblicità previsti dall'art. 58 del T.U.B. La mera pubblicazione dell'avviso di cessione in Gazzetta Ufficiale e l'iscrizione nel registro delle imprese non sono di per sé sufficienti a provare la titolarità del credito in capo al cessionario, essendo necessaria la produzione del contratto di cessione e la dimostrazione che il credito oggetto di causa rientri tra quelli effettivamente ceduti, anche in considerazione dell'eventuale presenza di ulteriori cessioni aventi ad oggetto crediti dello stesso cedente nello stesso periodo. In assenza di tale prova documentale, il giudice deve rilevare d'ufficio il difetto di legittimazione attiva del cessionario a proporre l'azione revocatoria, non potendo tale carenza essere sanata dal principio di non contestazione di cui all'art. 115 c.p.c.
L'annullamento in sede tributaria dell'atto impositivo presupposto per la pretesa contributiva dell'INPS fa venir meno il titolo su cui si fonda tale pretesa, privandola del supporto che la legittima. In assenza di ulteriori elementi di prova della sussistenza della pretesa contributiva, oltre all'atto tributario annullato, l'INPS, gravato dell'onere di dimostrare la fondatezza della propria pretesa, non può procedere al recupero dei contributi. Pertanto, l'avviso di addebito emesso dall'INPS sulla base di un accertamento tributario annullato deve essere annullato, in quanto privo del necessario titolo giustificativo. Inoltre, la sentenza di annullamento dell'atto impositivo presupposto, anche se non definitiva, fa venir meno il titolo su cui si fonda la pretesa contributiva, privandola del supporto che la legittima, indipendentemente dal passaggio in giudicato della pronuncia tributaria. Infine, l'INPS, quale soggetto titolare della pretesa contributiva, è onerato della prova della sussistenza della stessa, non potendo far valere un titolo già annullato in sede giurisdizionale.
Il datore di lavoro cooperativo, pur non essendo vincolato nella scelta del contratto collettivo da applicare, è tenuto a corrispondere al socio lavoratore subordinato un trattamento economico complessivo non inferiore ai minimi previsti dalla contrattazione collettiva nazionale del settore o della categoria affine, in ossequio al principio costituzionale di proporzionalità e sufficienza della retribuzione di cui all'art. 36 Cost. Pertanto, la scelta del CCNL da parte del datore di lavoro cooperativo non può comportare l'applicazione selettiva e parziale degli istituti contrattuali, dovendo invece assicurare l'integrale applicazione di tutte le voci retributive e normative previste dal contratto collettivo prescelto, quale parametro di riferimento per la determinazione di un trattamento economico complessivo proporzionato alla quantità e qualità del lavoro prestato dal socio lavoratore e comunque sufficiente ad assicurare a quest'ultimo e alla sua famiglia un'esistenza libera e dignitosa. Solo in tal modo il CCNL scelto dal datore di lavoro cooperativo può costituire valido parametro per l'individuazione della retribuzione dovuta al socio lavoratore subordinato, in conformità al dettato dell'art. 3 della Legge n. 142/2001. Diversamente, la scelta arbitraria e parziale degli istituti contrattuali da applicare da parte del datore di lavoro cooperativo, svincolata dal rispetto del parametro costituzionale, determinerebbe una violazione del diritto del socio lavoratore a percepire un trattamento economico proporzionato e sufficiente ai sensi dell'art. 36 Cost.
Il reato di maltrattamenti in famiglia si configura quando l'imputato pone in essere, in modo abituale, una serie di comportamenti volti a umiliare, ingiuriare, intimidire e sopraffare il soggetto passivo, sottoponendolo a un regime di vita familiare abitualmente doloroso, afflittivo e teso, che determina nella vittima uno stato di prostrazione, paura, sottomissione e sofferenza morale. Tali condotte, espressione di un atteggiamento di prevaricazione e di realizzazione di un sistema relazionale familiare fondato sull'intimidazione e sulla violenza, devono essere poste in essere con coscienza e volontà dell'agente di sottoporre il soggetto passivo a tale trattamento. Il reato si configura anche quando le condotte violente e minacciose vengono compiute in presenza di figli minori, integrando in tal caso l'aggravante prevista dalla legge. Il giudice, nel commisuare la pena, deve tenere conto della gravità complessiva delle condotte, della loro reiterazione nel tempo e dell'impatto sulla vittima, potendo applicare aumenti di pena per la continuazione tra i diversi episodi di violenza e per la presenza di minori. Sussiste altresì il reato di lesioni personali, con le relative circostanze aggravanti, quando l'imputato cagiona alla vittima una malattia, intesa come qualsiasi limitazione funzionale dell'organismo o significativa alterazione patologica, anche sotto forma di contusioni, con coscienza e volontà di provocare tali conseguenze.
Il reato di lesioni personali gravi è configurabile quando l'azione violenta dell'aggressore cagiona alla vittima una malattia di durata superiore ai 40 giorni, come accertato da idonea documentazione medica, anche in assenza di una volontà diretta alla produzione di determinate conseguenze lesive. Tuttavia, qualora l'azione violenta sia originata in un contesto di alterazione alcolica e il conflitto tra autore del reato e vittima risulti cessato per effetto della remissione di querela, possono trovare applicazione le circostanze attenuanti generiche in giudizio di equivalenza rispetto all'aggravante contestata, determinando una pena detentiva inferiore al massimo edittale, con possibilità di concessione della sospensione condizionale della pena. La condanna dell'imputato al pagamento delle spese processuali consegue alla declaratoria di penale responsabilità.
Il ricorso alla violenza fisica, anche in contesti di relazioni sentimentali conflittuali, integra il reato di lesioni personali dolose, essendo irrilevanti lo stato di nervosismo o risentimento dell'agente. Il dolo generico, quale coscienza e volontà di cagionare lesioni, sussiste anche quando l'azione violenta si sia propagata a più riprese e con più atti aggressivi, cagionando gravi conseguenze permanenti alla vittima, come l'inserimento di mezzi di sintesi metallici nel volto. In tali casi, la pena detentiva inflitta deve essere adeguata alla gravità del fatto, senza che possano essere riconosciute circostanze attenuanti generiche in assenza di elementi positivi di valutazione a favore dell'imputato. Inoltre, l'imputato è tenuto al risarcimento del danno morale subito dalla parte offesa, con la concessione di una provvisionale immediatamente esecutiva, nonché al rimborso delle spese legali sostenute dalla stessa.
Il falso testimone, pur essendo a conoscenza della reale situazione possessoria di un immobile, rende dichiarazioni mendaci in un giudizio civile al fine di favorire indebitamente la parte attrice nell'ottenimento della proprietà per usucapione, violando così il dovere di verità e lealtà processuale. Tale condotta, configurando il reato di falsa testimonianza, è punita in quanto lede il corretto svolgimento del processo e la funzione di accertamento della verità affidata all'autorità giudiziaria. Il giudice, nel valutare la responsabilità penale del falso testimone, deve tenere conto della rilevanza e pertinenza delle dichiarazioni rese rispetto all'oggetto del giudizio civile, a prescindere dall'esito finale dello stesso, essendo sufficiente che le affermazioni mendaci fossero idonee, secondo un giudizio ex ante, a fuorviare le determinazioni del giudice. Inoltre, la concessione delle attenuanti generiche e della sospensione condizionale della pena è subordinata alla valutazione positiva della prognosi di futura astensione dalla commissione di ulteriori reati, in considerazione delle circostanze del caso concreto, quali l'incensuratezza dell'imputato e l'efficacia general-preventiva della minaccia di esecuzione della pena.
Il Giudice, nell'esaminare la fattispecie concreta, ritiene che non sia stata provata al di là di ogni ragionevole dubbio la fittizietà delle operazioni economiche sottese alla fatturazione passiva contabilizzata dall'imputata. Infatti, la documentazione prodotta dalla difesa e la consulenza tecnica di parte hanno fondato un ragionevole dubbio in ordine alla possibilità che le operazioni economiche oggetto di contestazione fossero effettivamente esistenti. In particolare, la presenza dei documenti di trasporto, la prova dell'effettivo pagamento delle fatture da parte dell'imputata, nonché l'analisi dei codici di lavorazione dei prodotti indicati nelle fatture di acquisto e di vendita, hanno dimostrato l'esistenza di un reale rapporto commerciale tra l'imputata e i fornitori. Inoltre, l'annullamento parziale delle contestazioni erariali in sede conciliativa non è stato ritenuto dirimente, in quanto tale accordo è stato raggiunto anche in ottica di deflazione del contenzioso tributario e non implica necessariamente l'accertamento della fittizietà delle operazioni. Pertanto, in assenza di una prova certa della inesistenza oggettiva delle operazioni fatturate, il Giudice ritiene che l'imputata debba essere assolta dal reato contestato perché il fatto non sussiste.
L'amministratore o liquidatore di una società che, nei tre anni antecedenti alla dichiarazione di insolvenza, omette di tenere regolarmente la contabilità obbligatoria o la tiene in maniera irregolare o incompleta, risponde del reato di bancarotta semplice documentale, a titolo di dolo o colpa, a prescindere dalla sussistenza di un effettivo pregiudizio economico per i creditori e dall'avvenuta ricostruzione del patrimonio sociale da parte del curatore. Tale obbligo di regolare tenuta delle scritture contabili permane anche in caso di cessazione dell'attività di impresa, fino alla formale cancellazione della società dal Registro delle Imprese, in quanto finalizzato in chiave preventiva alla tutela dell'interesse dei creditori alla conoscenza dell'effettiva consistenza patrimoniale della società. L'elemento soggettivo del reato può essere integrato anche dalla mera negligenza dell'agente, consistente nel disinteresse dimostrato nei confronti della vita societaria e, in particolare, della contabilità, non esclusa dalla mancata consapevolezza degli obblighi discendenti dall'assunzione della carica gestoria, che avrebbe dovuto imporre all'amministratore o liquidatore di astenersi dal coinvolgimento nell'impresa. Pertanto, il soggetto formalmente investito della carica di amministratore o liquidatore risponde del delitto di bancarotta semplice documentale, ove ricorrano gli estremi oggettivi e soggettivi della fattispecie, anche laddove sia una mera "testa di legno" nell'ambito di una società gestita di fatto da altri.
Il conducente di un veicolo che, in stato di alterazione psico-fisica conseguente all'assunzione di sostanze stupefacenti, ometta di fermarsi allo stop e di dare la dovuta precedenza ad altro veicolo, cagionando a quest'ultimo lesioni personali gravi, risponde dei reati di lesioni personali gravi e di guida in stato di alterazione psico-fisica per uso di sostanze stupefacenti. Tuttavia, qualora il processo a suo carico sia sospeso per mancata conoscenza della pendenza del processo da parte dell'imputato, il giudice pronuncia sentenza di non doversi procedere, disponendo la prosecuzione delle ricerche dell'imputato per un periodo massimo pari al doppio dei termini di prescrizione dei reati contestati, calcolati tenendo conto degli atti interruttivi e della sospensione del processo. In caso di rintraccio dell'imputato entro tale termine, il processo potrà essere riaperto, con fissazione dell'udienza per la prosecuzione secondo criteri predeterminati, e l'imputato sarà rappresentato dal suo difensore anche in caso di mancata comparizione senza legittimo impedimento.
Il licenziamento per giusta causa o giustificato motivo soggettivo è legittimo solo quando il fatto addebitato al lavoratore, pur sussistente nella sua materialità, rivesta carattere di notevole inadempimento degli obblighi contrattuali e sia di non scarsa importanza, tale da compromettere irrimediabilmente il rapporto fiduciario tra le parti. Pertanto, la richiesta di rimborso di spese non rientranti tra quelle espressamente previste dalla contrattazione collettiva o dalla policy aziendale, pur costituendo un inadempimento, non integra gli estremi della giusta causa o del giustificato motivo soggettivo di licenziamento, qualora l'ammontare delle spese non autorizzate sia di modesta entità e non risulti una condotta abituale o gravemente lesiva dell'elemento fiduciario. In tali casi, il licenziamento è illegittimo e il lavoratore ha diritto alla corresponsione di un'indennità risarcitoria, in misura proporzionata all'anzianità di servizio e alle condizioni delle parti, senza possibilità di reintegrazione nel posto di lavoro.
Il principio di diritto fondamentale che emerge dalla sentenza può essere così formulato: Il beneficio della carta elettronica per l'aggiornamento e la formazione del personale docente, previsto dall'art. 1, comma 121 della Legge n. 107 del 2015, deve essere riconosciuto anche ai docenti assunti con contratto a tempo determinato, in quanto l'obbligo di formazione continua grava su tutto il personale docente, a tempo indeterminato e determinato, senza distinzioni. L'esclusione dei docenti a tempo determinato dal godimento di tale beneficio economico, destinato a sostenere lo sviluppo delle competenze professionali, costituisce una discriminazione vietata ai sensi della Direttiva 1999/70/CE sul lavoro a tempo determinato e degli artt. 3, 35 e 97 della Costituzione. Pertanto, il diritto al riconoscimento della carta elettronica del docente deve essere esteso anche ai docenti assunti con contratto a tempo determinato, i quali hanno svolto le medesime mansioni e sono stati soggetti agli stessi obblighi formativi del personale di ruolo. Il beneficio economico di 500 euro annui, previsto dalla normativa, non è strettamente dipendente e funzionale al singolo anno scolastico di riferimento, ma costituisce un diritto soggettivo del docente, il cui importo eventualmente non utilizzato nell'anno scolastico di riferimento rimane nella disponibilità del titolare per l'anno scolastico successivo.
Il passaggio in giudicato della sentenza di separazione giudiziale tra i coniugi rappresenta un presupposto indefettibile per la proposizione della domanda di cessazione degli effetti civili del matrimonio, ai sensi dell'art. 3, comma 2, lett. b) della Legge n. 898 del 1970. La domanda di divorzio non può essere accolta né nell'ipotesi in cui non sia ancora passata in giudicato la pronuncia sulla separazione personale, né nell'ipotesi in cui il termine dilatorio di almeno dodici mesi dalla comparizione dei coniugi innanzi al Presidente del Tribunale nella procedura di separazione personale non sia integralmente decorso. Il legislatore, pur avendo ridotto il lasso temporale originariamente previsto per la proposizione della domanda di divorzio, ha mantenuto inalterati i presupposti dell'istituto del divorzio indiretto, confermando la volontà di escludere la facoltà dei coniugi di chiedere lo scioglimento del vincolo coniugale prima che il procedimento di separazione sia concluso, quanto meno sullo stato di separati, con una pronuncia irrevocabile. Pertanto, la domanda di cessazione degli effetti civili del matrimonio proposta prima del passaggio in giudicato della sentenza di separazione giudiziale è improponibile.
Il colpo inferto con la mano aperta al petto della persona offesa, cagionandole una contusione all'emitorace sinistro, integra il reato di lesioni personali, anche in assenza di un referto medico che attesti la "malattia" derivata dalla condotta lesiva, essendo sufficiente la prova della sussistenza di un'alterazione anatomica, come l'ematoma, che comporti un naturale processo riabilitativo. La responsabilità dell'imputato può essere provata sulla base delle dichiarazioni della persona offesa, purché positivamente valutate dal giudice, anche in mancanza di testimoni oculari, quando tali dichiarazioni risultino compatibili con gli elementi di prova acquisiti, come i verbali di intervento delle forze dell'ordine e gli accertamenti sanitari effettuati nell'immediatezza dei fatti. In tali casi, il giudice non può assolvere l'imputato per insussistenza del fatto, ma deve condannarlo al risarcimento del danno morale subito dalla parte civile, liquidato in via equitativa.
Il mancato o parziale adempimento degli obblighi di natura economica stabiliti nell'accordo di separazione consensuale omologato dal tribunale, quali il versamento dell'assegno di mantenimento per i figli minori e il pagamento delle spese straordinarie, integra il reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare di cui all'art. 570-bis c.p., indipendentemente dalla sussistenza di uno stato di bisogno della persona offesa. L'elemento oggettivo del reato si realizza con l'omissione o l'inadempimento degli obblighi economici dovuti, mentre l'elemento soggettivo è integrato dalla mera volontarietà della condotta, senza che rilevi l'incapacità economica dell'obbligato, a meno che questa non sia assoluta, persistente, oggettiva e incolpevole. Gli effetti dell'omologazione della separazione consensuale, compreso il diritto all'assegno di mantenimento, retroagiscono al momento dell'udienza di prima comparizione dei coniugi, in applicazione del principio per cui un diritto non può restare pregiudicato dal tempo necessario per farlo valere in giudizio. Pertanto, il mancato o parziale versamento dell'assegno di mantenimento e delle spese straordinarie, anche se antecedente all'omologazione, integra il reato di cui all'art. 570-bis c.p.
Il furto commesso con destrezza ai danni di una persona anziana che si trova nell'atto di fruire del servizio bancomat, approfittando della sua minorata capacità di difesa, integra il reato di furto aggravato. Infatti, nel momento in cui la persona offesa, digitando il codice, entra nella disponibilità delle somme di sua proprietà, l'intervento dell'imputato, che digita la somma da prelevare e distrae la vittima in modo da consentire a un complice di sottrarre il denaro erogato, rientra nello schema tipico del furto, non potendosi invece configurare il reato di indebita utilizzazione di carte di pagamento. L'aggravante della destrezza sussiste quando l'agente pone in essere, prima o durante l'impossessamento, una condotta caratterizzata da particolari abilità, astuzia o avvedutezza idonea a sorprendere, attenuare o eludere la sorveglianza del detentore. Integra altresì l'aggravante della minorata difesa il fatto che la vittima, a causa della sua età avanzata, difetti di un livello di attenzione, lucidità e avvedutezza sufficienti a impedire le manovre dell'imputato e del suo complice, dimostrando una particolare vulnerabilità di cui l'imputato si è avvantaggiato consapevolmente.
Il genitore che, nell'esercizio della potestà genitoriale, pone in essere condotte violente nei confronti del figlio minore, cagionandogli lesioni, commette il reato di abuso dei mezzi di correzione e di disciplina di cui all'art. 571 c.p., comma 2, a prescindere dalla causa scatenante dell'atto e dalla finalità educativa perseguita. Tale reato, che non ha natura di reato necessariamente abituale, può ritenersi integrato da un unico atto espressivo dell'abuso, ovvero da una serie di comportamenti lesivi dell'incolumità fisica e della serenità psichica del minore, che, mantenuti per un periodo di tempo apprezzabile e complessivamente considerati, realizzano l'evento. L'elemento soggettivo del reato è integrato dal dolo generico di porre in essere l'atto violento, non essendo richiesto il dolo specifico. Inoltre, non può essere invocata l'esimente culturale, in quanto l'ordinamento italiano tutela in via prioritaria la centralità della persona umana, quale principio in grado di armonizzare le culture individuali rispondenti a culture diverse. Pertanto, il genitore che pone in essere condotte violente nei confronti del figlio minore, cagionandogli lesioni, è punito ai sensi dell'art. 571 c.p., comma 2, con la pena prevista dagli artt. 582 e 583 c.p., diminuita di due terzi, fermo restando la possibilità di concedere le circostanze attenuanti generiche e il beneficio della sospensione condizionale della pena.
Il tentativo di furto aggravato dalla violenza sulle cose e dall'esposizione del bene alla pubblica fede, pur non essendo portato a termine per cause indipendenti dalla volontà dell'agente, integra il reato di tentato furto pluriaggravato, in quanto la condotta dell'imputato, consistita nell'infrangere il vetro anteriore di un'autovettura parcheggiata sulla pubblica via per impossessarsi dei beni ivi contenuti, è stata ritenuta idonea e diretta in modo non equivoco al compimento del delitto, nonostante l'intervento della vittima abbia impedito il perfezionamento del reato. La qualificazione giuridica del fatto come tentato furto aggravato, anziché come mero danneggiamento, dipende dalla finalità della condotta, da valutarsi sulla base delle modalità dell'azione, dei mezzi impiegati e delle caratteristiche strutturali della cosa mobile, al fine di stabilire se l'intenzione dell'agente fosse diretta all'impossessamento della cosa o al mero deterioramento della stessa. Ai fini della concessione delle circostanze attenuanti generiche, non è sufficiente lo stato di incensuratezza dell'imputato, essendo necessaria la presenza di elementi o circostanze di segno positivo, a maggior ragione dopo la modifica dell'art. 62-bis c.p., che ha reso più stringenti i requisiti per la loro applicazione. Inoltre, il negativo comportamento processuale dell'imputato, improntato alla menzogna, costituisce un ulteriore elemento ostativo al riconoscimento delle attenuanti. Tuttavia, considerata l'effetto deterrente della condanna e l'incensuratezza dell'imputato, è possibile concedere il beneficio della sospensione condizionale della pena.
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